Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 332 di mercoledì 29 aprile 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 24 aprile 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Azzolina, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Castelli, Cirielli, Colletti, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giorgis, Grande, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Orrico, Parolo, Rizzo, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Spadafora, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Presidente, in relazione all'ordine dei lavori, io le chiedo quali provvedimenti siano stati assunti nei confronti dell'atteggiamento del Presidente Conte ieri a Genova e dell'assembramento che ha creato il suo atteggiamento, dal momento in cui evidentemente o siamo di fronte ad un atto concludente che supera i suoi stessi decreti, oppure il Presidente Conte ha violato i suoi stessi decreti. Peraltro, creando un imbarazzo davanti all'Italia intera, come dimostrano trasmissioni televisive che hanno dovuto interrompere il collegamento a fronte dello spettacolo indecoroso che era evidente davanti a tutta Italia. Se il Presidente Conte ha bisogno di lezioni su come si tengono le distanze, pur manifestando legittimamente, può prendere esempio da Fratelli d'Italia, che ieri nella sua manifestazione, senza violare nessuna regola, nessuna (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), ha manifestato legittimamente, dando voce a tanti italiani…

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). …che in questo momento lo stanno guardando francamente basiti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio. Non le sfuggirà che la competenza dell'Assemblea relativamente al comportamento del Governo in questo momento non c'è, e quindi la sua domanda andrebbe posta eventualmente a chi di competenza, immagino al Ministro dell'Interno per esempio.

Ha chiesto di parlare il deputato Fusacchia. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-CD-RI-+E). Presidente, abbiamo appreso a mezzo stampa, a mezzo Facebook come al solito - perché questa ormai è la prassi anche di tanti colleghi - che il collega Alberto Gusmeroli è stato chiamato dagli uffici della Camera - a quanto riferisce lui, quindi riferisco le informazioni che ho appreso, come dicevo prima - per mettersi in quarantena perché sarebbe risultato vicino ad un collega che la settimana scorsa era in Aula ed è poi risultato invece positivo al COVID-19. Conosco abbastanza bene la cosa, non fosse altro che avevo ricevuto ai tempi del “caso Pedrazzini” (chiamiamolo così), quindi il primo caso che fu trovato qui, una telefonata analoga, e sono stato anch'io in quarantena per il semplice fatto che, essendo del gruppo Misto, sono stato considerato a suo tempo tra quelli che potevano essere stati contagiati. Mi risulta contestualmente che ci siano altri 6-7 colleghi che avrebbero ricevuto una telefonata simile, e quindi a cui la Camera avrebbe, come dire - raccomandato, mettiamola così, di stare in quarantena e di non venire.

Prima di questo caso, sempre intercorso successivamente alla seduta, che abbiamo tutti vissuto con una certa attenzione ed apprensione del voto sul “Cura Italia”, visto il numero di colleghi che erano qui in Aula, c'era stato il caso, sempre riportato a mezzo stampa, di un altro collega al quale sembrerebbe che, al momento di misurare la temperatura corporea, fosse risultata una temperatura eccessiva, e che però avrebbe comunque insistito per entrare, che sarebbe stato comunque presente in Aula. Il collega, di cui ovviamente non credo sia opportuno fare il nome, sicuramente non devo farlo io, è poi anche intervenuto, quindi c'è poco da discutere su questo.

Terzo elemento, e poi avanzo la richiesta alla Presidenza. È venuto alla luce del sole, durante la discussione sul decreto-legge “Cura Italia”, che non c'era alcun accordo fra gentiluomini e che non c'era alcun accordo e alcuna intesa; al netto poi di valutare che, nel caso in cui ci fosse stato, come io ho imparato, gli accordi devono poter essere attuati, devono poter essere rispettati, e se non sono attuati e rispettati ci sono delle sanzioni, cosa che anche in un accordo fra gentiluomini qui mi parrebbe complicato da avere. Ma ammesso questo, è venuto fuori chiaramente che non c'era alcun accordo, per ragioni che adesso non mi interessa evidenziare; tant'è che, non essendoci quell'accordo, alcune forze politiche sono venute in forze, e altre forze politiche ovviamente, per non far mancare il voto di fiducia al Governo, sono venute in forze. Risultato: è come se quell'accordo non ci fosse mai stato, tant'è che è stato denunciato che non c'era mai stato un accordo, e ci siamo ritrovati un po' troppi qui dentro.

Non devo giudicare se eravamo troppi, pochi, se stavamo sufficientemente a distanza o no, ma sicuramente posso valutare che era stato costruito un principio, un ragionamento per trovare un contingentamento dei deputati, cosa che io contesto, perché non credo che la nostra Costituzione abbia mai previsto un contingentamento e una delega da deputato a deputato, francamente, perché altrimenti riscriviamo la Costituzione. Al netto di questo, comunque, il ragionamento che ha fatto la Presidenza della Camera era quello di un contingentamento dei colleghi e dei deputati, che quindi era l'unico principio, o uno dei principi centrali su cui la Presidenza della Camera riteneva che questo Parlamento potesse continuare a lavorare e a funzionare, proprio per rispettare quelle misure di sicurezza minime che stiamo chiedendo a tutto il Paese, che il Governo sta chiedendo a tutto il Paese.

Quell'accordo platealmente e palesemente è stato denunciato qui come non raggiunto. Abbiamo tutti scommesso mi verrebbe da dire, con un plurale forzato, che andava bene, che non sarebbe successo niente; poi scopriamo che dei colleghi con la febbre entrano, poi scopriamo che qualcuno si ammala, scopriamo che tre giorni dopo chiamiamo dei colleghi che stavano qui la settimana scorsa, con altri qualche centinaio di colleghi, chiedendo loro di stare in quarantena.

Ci aggiungo un elemento, Presidente, e mi perdonerà per la lunghezza, ma credo che sia rilevante quello di cui stiamo discutendo: capisco la difficoltà della Presidenza della Camera, per non parlare dei dipendenti della Camera, di fermare un deputato che vuole entrare in Parlamento, Presidente; lo capisco questo, perché è parte della sua prerogativa costituzionale.

La Presidenza della Camera ha lavorato sul principio di buonsenso? Cioè noi vogliamo far funzionare l'istituzione democratica più importante del Paese, mi permetto di dire, sulla base del buonsenso, per cui 600 e passa colleghi avranno tutti buonsenso e non avranno delle valutazioni di opportunità, politiche, personali, di altra natura?

Noi abbiamo mandato una lettera al Presidente Fico, e quindi questo è il punto per cui chiedevo di parlare sull'ordine dei lavori, Presidente.

PRESIDENTE. Concluda.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-CD-RI-+E). Insieme ad altri 66 colleghi di maggioranza, e anche di alcune forze di opposizione, per chiedere come ci dobbiamo regolare, per chiedere che misure vengono prese per la sicurezza, e - posso dire una cosa? - non solo e non tanto per la sicurezza personale nostra, e voglio ricordare a tutti che ci sono dei colleghi a rischio anche fra di noi. Io sto in perfetta salute, almeno per il momento, ma non è questo il punto. Il punto è: stiamo seriamente rischiando di minare un'istituzione democratica e il funzionamento di un'istituzione democratica in un momento come questo? Voglio essere ricordato per uno dei parlamentari che ha cercato, al meglio delle possibilità e delle capacità, di contribuire a risolvere il problema del COVID, non come uno che, nella storia, ha trasformato il Parlamento in un altro focolaio. Allora, l'inadeguatezza delle decisioni e delle misure…

PRESIDENTE. Deve concludere, ha esaurito abbondantemente il tempo a sua disposizione.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-CD-RI-+E). Chiudo, Presidente, e la ringrazio per la cortesia. Le misure prese fino ad oggi sono inadeguate. Il Governo avvia la “fase 2”, noi stiamo alla “fase meno 1”. Questo Parlamento ha bisogno di dirci come lavoriamo in sicurezza e di accettare, una volta per tutte, che siamo nel 2020 e che un po' di tecnologia, per fare un po' di Parlamento agile e ridurre al minimo la presenza fisica, per tutto quello che si può fare da remoto e a distanza, permettendo a tutti i deputati di lavorare, si faccia.

PRESIDENTE. C'è qualche altra richiesta? Chiedo scusa, vedevo che faceva dei cenni.

Ha chiesto di parlare il deputato Fiano. Ne ha facoltà. Prego, chiedo scusa ancora.

EMANUELE FIANO (PD). E di che Presidente? La ringrazio. Mi perdoni, voglio intervenire sull'ordine dei lavori sulla falsariga degli argomenti trattati dal collega Fusacchia e voglio chiarire una cosa che non trovo nella lettera che i 66 colleghi hanno scritto al Presidente della Camera, posto che anch'io penso che si debba trovare un equilibrio tra necessità istituzionale di funzionamento a pieno regime del Parlamento, prerogative costituzionali dei parlamentari e salvaguardia della nostra salute.

Nella seduta del 4 marzo scorso della Giunta per il Regolamento, a verbale, il sottoscritto e anche il collega Fornaro hanno proposto sia il voto telematico in remoto sia l'utilizzo di altre aule della Camera dei deputati - parliamo, sostanzialmente, di 60 giorni fa -, al fine di mantenere la possibilità del plenum di funzionamento dell'Aula nella salvaguardia delle nostre condizioni di salute.

Certamente, è giusto rivolgersi al Presidente della Camera, ma voglio ricordare, Presidente, a lei e ai colleghi, che in quella seduta un diniego politico dell'intero centrodestra e, in quel momento, anche del gruppo del MoVimento 5 Stelle ha dato il proprio dissenso alla richiesta di un voto telematico in remoto e sull'uso di aule alternative, a parte la proposta fatta dal collega Fornaro sempre nel Palazzo di Montecitorio, e anche su quello non mi pare ci sia stato un grande consenso.

Chiarisco questo, per il suo tramite, all'onorevole Fusacchia perché le cose vanno chiamate per nome e per cognome, perché in questo Parlamento 60 giorni fa sono state previste le complicazioni che stiamo vivendo, sono state fatte delle proposte, secondo noi, percorribili e, al di là del ruolo del Presidente della Camera, ci sono stati dinieghi politici a verbale dei rappresentanti dei gruppi.

Quindi, quando si fa una lettera per dire che si considera pericolosa l'attuale gestione per i problemi che in più si stanno manifestando, e cioè di nuovi colleghi risultati positivi o febbricitanti, bisogna ricordarsi del perché si è arrivati a questa situazione.

Detto questo, ritengo improrogabile il fatto che, oltre alla fattispecie che utilizzeremo da domani, cioè al voto di 138 colleghi dalle tribune in aggiunta ai 335 che per il distanziamento potrebbero sedere in Aula, visto che c'è una riserva costituzionale di alcuni sull'uso del voto a distanza, perché si considera - io sono in disaccordo - che il testo costituzionale imponga la presenza fisica - io sono in disaccordo su questo -, ma, visto che si considera da parte, al momento del 4 marzo, della maggioranza dei presenti rappresentanti in quest'Aula, e comunque ancora del voto a distanza, è improrogabile l'esercizio del voto anche in un'altra aula di questo palazzo per permettere il plenum, anche perché legittimamente non c'è più affatto nessun clima di pace politica tra noi, si preannuncia, perché legittimamente le forze politiche di opposizione contrastano le attuali decisioni, le modalità, tutto quello che volete, e dunque bisogna predisporsi ad una presenza completa di tutti i gruppi, altrimenti da questo problema non si esce. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Grazie al collega Fusacchia e al collega Fiano per avere fatto la declaratoria, diciamo così, delle problematiche che andranno affrontate dagli organismi preposti. Ricordo che comunque gli argomenti tracciati sono all'ordine del giorno delle riunioni già convocate, una delle quali mi pare che sia prevista tra i capigruppo alle ore 12 di questa mattina…no, alle 19. In ogni caso, è convocata una riunione che dovrà approfondire le vicende che sono state qui esposte anche alla luce del mutato clima, e quindi delle mutate condizioni di carattere generale, politico, che hanno visto comunque un atteggiamento diverso da parte delle forze politiche in questi giorni.

Quindi sono convinto che, oltre alla lettera che è stata inviata e che è all'attenzione del Presidente Fico, comunque di qui alle prossime ore ci saranno delle decisioni che potranno fornire delle risposte adeguate ai temi sollevati.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su cosa, deputato Zucconi? Prego, aspetti, che non ha la voce. Sull'ordine dei lavori?

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Esatto. Mi scusi, siccome si è visto che si è aperto un po' un dibattito su questa questione, dieci secondi in modo telegrafico per dirle, da parte di Fratelli d'Italia: no, collega Fiano. Noi ci siamo resi disponibili a lavorare sette giorni su sette in Parlamento e fisicamente, senza porre alcun limite. Poi, fisicamente, se questo Parlamento non riesce ad organizzarsi, e la prova che faremo domani credo che sia un passo in avanti, ma non si dica che le opposizioni non si sono rese disponibili a lavorare in Parlamento. Solo per questo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)

NICOLA PROVENZA (M5S). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Sempre sull'ordine lavori, immagino, sullo stesso argomento.

NICOLA PROVENZA (M5S). Mi scusi, Presidente. Era solo per precisare in questo dibattito che è opportuno che in quest'Aula si utilizzi un linguaggio di chiarezza e soprattutto di responsabilità, per cui eviterei di strumentalizzare questo argomento, che è all'ordine del giorno, è sicuramente importante, ma che non deve vederci contrapposti, in quanto ne va della sicurezza e della salute di tutti i cittadini, e anche dell'equilibrio dei nostri lavori, per cui la presenza in Aula massiccia di alcune forze politiche in alcune sedute non testimonia questo tipo di atteggiamento. Quindi, mi augurerei da qui in poi (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Commenti del deputato Deidda)

PRESIDENTE. Deputato Deidda, riprenda cortesemente il suo posto e faccia concludere il deputato Provenza.

NICOLA PROVENZA (M5S). Mi augurerei, senza un clima di aggressione, che si possano usare parole di verità (Commenti del deputato Deidda).

PRESIDENTE. Deputato Deidda, hanno preso la parola due colleghi per il suo gruppo, quindi la prego di essere rispettoso nei confronti degli altri colleghi di altri gruppi che prendono la parola e hanno il pieno diritto di manifestare le proprie opinioni.

Vale più o meno quello che ho detto prima, quindi, sappiamo tutti che c'è una variazione di scenario e, conseguentemente, le forze politiche… noi qui non è che possiamo discutere dell'andamento delle regole nell'Assemblea plenaria perché va da sé che sarebbe inconcludente. Quindi, il fatto che esistano delle denunce, delle posizioni, delle sollecitazioni va più che bene, però non si può concludere qui in Aula questa discussione con delle proposte risolutive, che, come ho detto prima, sono comunque all'ordine del giorno di riunioni già convocate.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (A.C. 2447-A) (ore 9,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2447-A: Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2447-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari Sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, presidente della Commissione Affari sociali, deputata Marialucia Lorefice.

MARIALUCIA LOREFICE, Relatrice. Presidente, colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 19 del 2020, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. Lo scorso 26 febbraio, come ricorderete, quest'Assemblea esaminò il decreto-legge n. 6 del 2020, il primo provvedimento legislativo d'urgenza recante misure di contrasto all'epidemia, poi convertito in legge con la legge n. 13 del 2020. Quest'epidemia ha manifestato, purtroppo, nel nostro Paese un carattere perdurante e particolarmente diffusivo, che ha portato drasticamente ad un incremento del numero dei casi e dei decessi. Le misure già previste dal decreto-legge n. 6 sono state quindi ritenute non più sufficienti rispetto alle dimensioni del problema, da affrontare con tutte le sue implicazioni; pertanto quel provvedimento viene ora abrogato e sostituito dalla normativa recata dal decreto-legge n. 19, che, analogamente al precedente decreto, è volta a tipizzare in un atto di rango primario le misure potenzialmente applicabili in relazione all'emergenza epidemiologica. Anche il decreto in esame, quindi, costituisce una sorta di cornice giuridica nel cui ambito potranno intervenire, come già accaduto in numerose occasioni, anche molto recenti, i singoli provvedimenti emergenziali attuativi, cui spetta il compito di individuare concretamente, a seconda del momento e del luogo, le misure di cui si ritenga esservi maggiore bisogno per fronteggiare nel modo più opportuno ed efficace l'emergenza stessa. Il provvedimento oggi in esame, pertanto, si muove in conformità con la riserva di legge prevista dalla Costituzione per poter apportare limitazione ad alcuni diritti di libertà quali la libertà personale, di circolazione e di soggiorno, di riunione, la libertà di iniziativa economica privata, di cui rispettivamente agli articoli 13, 14, 16, 17 e 41 della Costituzione, giustificate da altri interessi costituzionali, quali, nel caso di specie, la tutela della salute pubblica, di cui all'articolo 32 della Costituzione. L'intento perseguito anche nel corso dell'esame svoltosi presso la Commissione Affari sociali è stato quello di individuare una definizione dettagliata ed esaustiva di tutte le misure potenzialmente applicabili per contrastare l'emergenza, predefinendo quindi confini precisi per i singoli provvedimenti attuativi. Ma, prima di entrare nel merito del contenuto, voglio sottolineare come nel corso dell'esame in sede referente presso la Commissione Affari sociali si sia registrato un atteggiamento responsabile e collaborativo da parte di tutti i gruppi parlamentari, della maggioranza e dell'opposizione, pur con le diversità delle posizioni assunte sulla materia; sono stati approvati alcuni emendamenti presentati da vari gruppi, altri derivanti dai pareri espressi dalle Commissioni competenti in sede consultiva e dal Comitato per la legislazione.

A questo punto passo al provvedimento. Il provvedimento si compone di sei articoli, compresa la disposizione concernente l'entrata in vigore. L'articolo 1 dispone che, allo scopo di contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione dell'epidemia da COVID-19 sul territorio nazionale o su specifiche parti di esso, possono essere adottate una o più misure tra quelle previste dall'articolo stesso per periodi predeterminati e ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, che sono però reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, che è il termine dello stato di emergenza dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne nell'applicazione, in aumento o in diminuzione, a seconda dell'andamento epidemiologico del virus. Queste misure sono dettagliate nel comma 2 dell'articolo 1. In questa sede, però, mi soffermerò per ragioni di tempo solo su alcune di esse, quali: la limitazione della circolazione delle persone se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità e urgenza, da motivi di salute o altre specifiche ragioni, che saranno individuate sulla base del momento e del luogo di applicazione. Questo è quanto previsto alla lettera a).

In seguito ad un'integrazione approvata in sede referente, viene consentito, ai soggetti con disabilità motorie o con disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettive e sensoriali o problematiche psichiatriche e comportamentali, con necessità di supporto certificate ai sensi della legge n. 104 del 1992, di uscire dall'ambiente domestico con un accompagnatore qualora ciò sia necessario al benessere psicofisico della persona e purché siano pienamente rispettate le condizioni di sicurezza sanitaria. Quindi, particolare attenzione anche per la disabilità. Altra misura è quella che prevede la quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva e diffusiva, o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano. È quanto previsto alla lettera d).

Poi vi è l'assoluto divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus. Tale specificazione è stata aggiunta in sede referente. Ancora, vi è la limitazione o sospensione di manifestazioni di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione o di assembramento, previste alla lettera g). Poi, la sospensione delle cerimonie civili e religiose, la limitazione dell'ingresso nei luoghi destinati al culto, la limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia, delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università, e di corsi e attività formative o prove di esame, ferma la possibilità del loro svolgimento in attività in modalità a distanza. Inoltre, la limitazione della presenza fisica dei dipendenti negli uffici delle amministrazioni pubbliche, fatte comunque salve le attività indifferibili e l'erogazione dei servizi essenziali prioritariamente mediante ricorso a modalità di lavoro agile. Ancora, la limitazione o sospensione delle procedure concorsuali e selettive, ad esclusione dei concorsi per il personale sanitario e socio-sanitario finalizzate all'assunzione di personale presso datori di lavoro pubblici e privati; anche quest'esclusione è stata introdotta in sede referente. E poi, la limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti; la limitazione o sospensione di altre attività d'impresa o professionali, nonché di lavoro autonomo, prevedendo, laddove non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio come principale misura di contenimento, l'adozione di adeguati strumenti di protezione individuale. Poi, il divieto o la limitazione dell'accesso di parenti e visitatori in strutture di ospitalità e lungodegenza, residenze sanitarie assistite (le cosiddette RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per persone con disabilità o per anziani, autosufficienti e non, nonché gli istituti penitenziari e gli istituti penitenziari per minori, e la sospensione dei servizi nelle strutture semiresidenziali e residenziali per minori e per persone con disabilità o non autosufficienti, per persone con disturbi mentali e per persone con dipendenza patologica. Poiché, come ho già avuto modo di chiarire, il decreto definisce le misure potenzialmente applicabili, esso prevede anche le modalità con cui possono essere adottati i provvedimenti applicativi di rango non primario. L'articolo 2, quindi, stabilisce le modalità di adozione delle misure citate, mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute e sentiti gli altri Ministri competenti per materia e i presidenti delle regioni interessate, ovvero su proposta delle regioni stesse, salva, nelle more dell'adozione di tali decreti e con efficacia limitata fino a tale momento, la possibilità di adozione delle misure citate con ordinanza del Ministro della salute in casi di estrema necessità ed urgenza. È previsto che tali provvedimenti siano adottati sentito di norma il comitato tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del capo del dipartimento della Protezione civile del 3 febbraio 2020, la n. 630, per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità.

Si prevede altresì che i provvedimenti adottati in attuazione della citata disposizione siano pubblicati in Gazzetta Ufficiale e comunicati alle Camere, e che il Presidente del Consiglio o un Ministro da lui delegato riferisca ogni quindici giorni alle Camere sulle misure adottate.

Un altro tema importante affrontato dal provvedimento in esame riguarda la disciplina posta dall'articolo 3 del rapporto tra le misure statali adottate con decreto del Presidente del Consiglio per fronteggiare l'emergenza epidemiologica e i provvedimenti degli enti territoriali posti in essere per la medesima finalità. Si prevede in particolare che le regioni, nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio e con efficacia limitata fino a tale momento, possano adottare misure ulteriormente restrittive esclusivamente nelle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle a rilevanza strategica nazionale. Si disciplina altresì il potere di ordinanza dei sindaci, stabilendo che questi ultimi non possano adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contrasto con le misure statali e regionali. Quest'ultima precisazione è stata aggiunta in sede referente.

L'articolo 4 delinea il quadro sanzionatorio per la violazione delle misure di contenimento del contagio, prevedendo prevalentemente sanzioni amministrative, pecuniarie e interdittive e, solo nei casi più gravi, una sanzione penale. In particolare, il comma 1 esclude che la violazione delle misure di contenimento comporti l'applicazione della pena prevista dall'articolo 650 del codice penale. Viene dunque meno la contravvenzione per l'inosservanza degli ordini dell'autorità punita con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 206 euro, già prevista dall'articolo 4 del decreto-legge n. 6 del 2020, che viene conseguentemente abrogato. Pertanto, chiunque violi le misure di contenimento previste da decreti del Presidente del Consiglio, provvedimenti della regione ovvero ordinanze del sindaco è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma che va da 400 a 3.000 euro; la sanzione è aumentata fino a un terzo, quindi da 533 euro a 4.000 euro, se la violazione avviene con l'utilizzo di un veicolo. Si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni per violazioni che riguardino specifiche attività ricreative, commerciali o professionali. Il comma 3, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, delinea il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative. Il comma 6 introduce il nuovo reato contravvenzionale di inosservanza della quarantena: la sanzione per il nuovo reato è individuata attraverso un rinvio alla pena prevista per il reato contravvenzionale dell'inosservanza di un ordine legalmente dato per impedire l'invasione o la diffusione di una malattia infettiva sull'uomo, di cui all'articolo 260 del Testo unico delle leggi sanitarie, così come modificato dal comma 7 dell'articolo in esame. Essa consiste dunque nell'arresto da 3 a 18 mesi e nell'ammenda da 500 a 5.000 euro.

Il comma 8 regola i profili di diritto intertemporale con riguardo alle violazioni delle misure di contenimento legate all'emergenza commesse nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del decreto-legge n. 6 del 2020 e la sua abrogazione ad opera del decreto-legge in esame. Il comma 9 dell'articolo 4 attribuisce la qualifica di agente di pubblica sicurezza al personale militare impiegato nelle misure di contenimento previste dal decreto-legge. Il richiamato personale potrà quindi procedere al fermo e all'identificazione delle persone sottoposte a controllo. Sempre il medesimo comma 9 prevede, inoltre, che il prefetto, informando preventivamente il Ministro dell'Interno, assicuri l'esecuzione delle misure previste dal decreto-legge avvalendosi delle forze di Polizia, del personale delle Polizie municipali munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza - questo riferimento specifico è stato introdotto in sede referente - e possa anche far riferimento, ove occorra, alle Forze armate sentiti i competenti comandi territoriali.

L'articolo 5 infine reca disposizioni finali, disponendo l'abrogazione, ad eccezione di alcune specifiche disposizioni, del più volte richiamato decreto-legge n. 6 del 2020 e introducendo disposizioni di coordinamento con norme contenute in altri provvedimenti.

Sono previste, infine, la clausola di salvaguardia delle autonomie speciali e la clausola di invarianza finanziaria. Questo, Presidente, è in sintesi il contenuto del provvedimento in esame che ha il merito di fungere da riferimento giuridico rispetto alle misure di contenimento potenzialmente applicabili nel periodo dell'emergenza epidemiologica, prevedendone un dettagliato elenco, di stabilire le modalità di adozione di tali misure e di disciplinare il rapporto tra le misure statali adottate per fronteggiare l'emergenza sanitaria in atto e quelle degli enti regionali e locali, nonché di definire le sanzioni prevalentemente amministrative a fronte della violazione delle misure di contenimento del contagio (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, sottosegretaria Zampa.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Rinvio ad un'eventuale dichiarazione prima del voto.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata D'Arrando. Ne ha facoltà.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). Grazie, Presidente. Stiamo per convertire in legge un decreto contenente misure che hanno come obiettivo di proseguire nel contrasto alla pandemia da COVID-19 e che ridefinisce la cornice normativa già delineata con il precedente decreto-legge n. 6 del 2020 all'interno del quale si collocano le misure di contenimento sia in specifici ambiti territoriali sia nell'intero territorio nazionale. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri emanato il 26 aprile 2020 si è dato inizio alla “fase 2” che partirà ufficialmente il 4 maggio. Sarà una fase graduale e programmata che consentirà di monitorare la curva dei contagi in un iniziale momento di convivenza con il virus, dove saranno più che mai necessarie le misure igienico-sanitarie come il distanziamento sociale di almeno un metro e come la prescrizione di indossare guanti e mascherine; rispetto a queste ultime il Governo si è impegnato proprio a renderle accessibili a tutti calmierando i costi ed evitando così eventuali speculazioni. L'Italia e gli italiani non erano sicuramente pronti ad affrontare e a vivere una pandemia e, nonostante tutto, hanno reagito con forte senso di responsabilità. Nessun Paese lo è stato, ma noi siamo arrivati a questo drammatico appuntamento con la storia con un Servizio sanitario nazionale smantellato dalle politiche degli ultimi dieci anni che hanno fatto tagli lineari di ben 37 miliardi, cifre detratte al Sistema che hanno cancellato ogni anno posti letto, posti di terapia intensiva, hanno depotenziato una medicina di territorio dimenticata, burocraticamente razionalizzata dall'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 70 che ha, sì, riorganizzato la rete ospedaliera ma lo ha fatto chiudendo quegli ospedali che in alcuni territori rappresentavano presidi essenziali e punti di riferimento per la cittadinanza. Oggi abbiamo l'occasione di poter ripensare ad una medicina di territorio, organizzando una nuova rete territoriale socio-sanitaria di assistenza che preveda un ripensamento di tutta l'offerta sanitaria e socio-sanitaria, ponendo concretamente il paziente al centro di ogni processo socio-assistenziale, facilitandone l'accesso ai servizi territoriali e all'iter assistenziale complessivo adottando un approccio multidisciplinare integrato e personalizzato. Abbiamo l'opportunità, attraverso la definizione dei livelli essenziali di prestazione, di garantire adeguata assistenza alle fasce più fragili della popolazione e di promuovere un welfare di comunità, intervenendo con misure di contrasto alla povertà, alle fragilità sociali e al disagio giovanile, di tutela dell'infanzia, di cura e assistenza agli anziani e alle persone con disabilità, di inclusione socio-lavorativa. Con questa situazione, in questo contesto di svuotamento strutturale del Sistema sanitario nazionale operato negli scorsi decenni, con una lungimiranza politica ridicola, questo Governo e questo Paese sono riusciti a contenere e a contrastare la pandemia e a parlare oggi di una “fase 2” e che, con tutta la prudenza necessaria a non innalzare la curva dei contagi, è l'avvio di una fase di uscita, come ci indicano i dati, a cui siamo arrivati grazie all'impegno di tutti. Tra questi voglio ricordare l'impegno esemplare di tutto il personale sanitario e socio-sanitario, anche il personale addetto alle pulizie negli ospedali e nelle strutture che presidiano il territorio, che ha operato nella prima linea del contagio con enormi sacrifici, anche personali, e degli oltre 16.650 operatori sanitari contagiati, dei 152 medici e dei 37 infermieri deceduti per il COVID-19.

Le misure previste dal decreto in esame ci hanno permesso e ci permettono di contenere e contrastare la pandemia, prima fra tutte la restrizione della circolazione delle persone, se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio, motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità e urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni. Per quei soggetti con disabilità motorie o con disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettiva e sensoriale, o problematiche psichiatriche e comportamentali con necessità di supporto, certificate ai sensi della legge n. 104, nel pieno rispetto delle condizioni di sicurezza sanitaria, sono consentite, qualora necessarie al loro benessere psicofisico, uscite controllate dall'ambiente domestico con un accompagnatore. Questa è una delle modifiche al testo originario, che abbiamo portato in XII Commissione, perché sappiamo con quanto disagio, sacrificio e coraggio le persone con disabilità e le loro famiglie stanno affrontando questa emergenza.

Con questo decreto si prosegue con la sospensione delle attività didattiche in presenza di tutte le scuole di ogni ordine e grado: un provvedimento eccezionale, ma necessario a garantire l'incolumità di studenti, docenti e famiglie. Come ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, le scuole chiuse sono una ferita per tutti, perché la scuola non è soltanto il luogo di apprendimento, ma la dimensione sociale fondamentale, dove cresce e si sviluppa la personalità di ogni ragazzo o ragazza, e quindi ciò che saranno nella loro vita futura. La scuola ha avuto, comunque, la capacità, attraverso la didattica a distanza, di reagire alle difficoltà di questo periodo, cercando di non lasciare indietro nessuno. A questo proposito, voglio dedicare un mio personale grazie alle famiglie dei nostri ragazzi, a quei 17 milioni di docenti, di ruolo e precari, che lavorano, giorno dopo giorno, per garantire ai propri allievi e ai propri ragazzi la continuità didattica, rimettendosi in gioco per imparare ad usare gli strumenti tecnologici; quegli stessi insegnanti che sono anche, nella maggior parte dei casi, padri e madri, e che, a loro volta, vivono disagi e difficoltà. Per alcuni studenti la didattica a distanza non è stato un passaggio semplice, anche perché, secondo i dati dell'Istat, un terzo delle famiglie non ha un computer in casa e nelle regioni del sud 4 su 10 sono senza PC o tablet; un'emergenza che il Governo ha affrontato stanziando 85 milioni di euro, di cui 70 per permettere agli istituti scolastici di acquistare PC e tablet per tutti gli studenti che non potevano disporne.

Alla limitazione della presenza fisica dei dipendenti negli uffici delle amministrazioni pubbliche, fatte salve le attività indifferibili e le erogazioni dei servizi essenziali, la macchina dello Stato ha risposto con un enorme sforzo ed impegno nel garantire il proseguimento delle attività. Una scommessa vinta con i dati: attualmente circa l'80 per cento dei dipendenti pubblici delle amministrazioni centrali opera da remoto, il 69 per cento quelli delle regioni; uno strumento di lavoro efficace, che abbiamo sperimentato, e abbiamo intenzione di garantire questa possibilità anche dopo la fine della pandemia, perché può rappresentare un valore aggiunto alla sburocratizzazione della pubblica amministrazione e ad un nuovo modo di pensare al lavoro e alle modalità di lavoro.

Questo provvedimento pone il divieto o limitazione all'accesso di parenti e visitatori in strutture di ospitalità a lunga degenza, residenze sanitarie assistite, le cosiddette RSA, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per persone con disabilità o per anziani autosufficienti e non, proprio perché dobbiamo tutelare le persone che vivono all'interno di queste residenze. E questo è un tema che vorrei approfondire, è stato anche affrontato in discussione nella XII Commissione: la RSA, residenza socio-assistenziale. Poiché non mi piace dare nulla per scontato, voglio dire che queste residenze sono veramente i presidi sul territorio, che ospitano i nostri nonni, persone che non vivono più nella propria casa, che vivono insieme ad altre persone e che hanno bisogno di tutta l'assistenza per poter vivere e continuare a vivere una vita dignitosa anche quando sono, appunto, anziani. Ma anche le persone che lavorano dentro le strutture, le RSA, che non sono solo infermieri ed operatori sociosanitari, che stanno facendo un grande lavoro e che, nella maggior parte delle RSA, sono state contagiate, ma anche agli addetti delle pulizie, perché, lo ricordo, tutto il personale che lavora nelle nostre strutture, sul nostro territorio, nelle nostre reti territoriali, ha necessità di essere, come dire, tutelato, e queste strutture sono diventate dei veri e propri focolai in regioni come, per esempio, Piemonte e Lombardia.

I dati sul contagio da COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie in Italia, contenuti nel terzo report dell'Istituto superiore di sanità, rivelano che dal 1° febbraio al 14 aprile sono deceduti ben 6.773 anziani e che nel 40,2 per cento, ovvero 2.724 casi, le morti sono avvenute per infezioni da COVID-19. La percentuale maggiore di decessi per COVID-19 e sintomi riconducibili, è stata registrata in Lombardia (1.625), Veneto (226) e Piemonte (172), ma potrebbero essere molti di più se consideriamo che solo un terzo delle strutture contattate (1.082 su 3.420) hanno fornito i dati richiesti dall'Istituto superiore di sanità. L'8 marzo il Consiglio dei ministri ha varato ulteriori misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza da COVID-19 e nello stesso giorno una scellerata delibera di alcune regioni, tra cui la Lombardia ma anche il Piemonte, ha autorizzato le RSA, su base volontaria, ad ospitare pazienti di COVID-19 dimessi dagli ospedali.

Sull'elevato numero di contagi e decessi di anziani avvenuti nelle residenze lombarde, la Procura di Milano ha avviato un'inchiesta per epidemia colposa ed omicidio colposo, che ha al centro il Pio Albergo Trivulzio (143 decessi), allargatasi ad altre RSA dell'hinterland milanese.

Anche la regione Piemonte, con delibera del 20 marzo, ha autorizzato il trasferimento di pazienti COVID-19 nelle residenze sanitarie assistenziali: una decisone da subito osteggiata dal MoVimento 5 Stelle, a livello regionale, a livello territoriale, e anche da CGIL, CISL, UIL e Fisascat, secondo cui, a livello strutturale, le RSA non sono dotate di padiglioni isolati, atti a garantire la separazione fisica degli spazi. Sui decessi nelle RSA piemontesi la magistratura ha avviato numerose inchieste. La procura di Vercelli ha aperto un fascicolo su 41 decessi avvenuti nella casa di riposo di via Mazzini, e quella di Cuneo per fare chiarezza sulle morti registrate nella casa di riposo di Villanova Mondovì. Altri otto fascicoli sono stati aperti dalla Procura di Ivrea. A Torino la procura indaga sulle morti alla RSA San Giuseppe di Grugliasco, ma i carabinieri dei NAS hanno eseguito controlli in almeno venti strutture, tra capoluogo e provincia. Ci sono ancora altre situazioni drammatiche evidenziate in questi giorni, come la RSA Al Castello, di Alpignano, dove, su cento tamponi eseguiti sugli anziani, oltre il 50 per cento è risultato positivo al COVID-19. Secondo gli ordini dei medici provinciali, i decessi nelle RSA potevano essere evitati con una strategia preventiva che non è mai stata attuata ed è in cima alla lista delle falle nella gestione dell'epidemia in Piemonte. Altre procure nazionali stanno indagando sulle RSA nei territori di competenza per le morti sospette e gli elevati casi di contagio verificatisi nel corso della pandemia, e alcuni familiari denunciano che la situazione non è migliorata e che i loro anziani continuano a morire. Quanto sta emergendo dalle inchieste su questa strage di una generazione tanto preziosa per le nostre famiglie, testimonia le falle di alcune regioni, soggetti autonomi e responsabili, nella gestione della pandemia, soprattutto in luoghi come le RSA, dove gli ospiti sono persone fragili, prova la necessità di una revisione normativa delle modalità di gestione e di accredito e controllo delle RSA, perché le misure di protezione di questi anziani sono state decretate, previste, ed oggi le convertiremo in legge, ma se non vengono rispettate, se si trasferiscono per decisioni regionali i malati di COVID-19 nelle RSA, dobbiamo cambiare questo sistema, a tutela anche futura del diritto costituzionale alla tutela della salute. E di questi eventi il Parlamento dovrà occuparsene.

Le misure contenute in questo decreto varato dal Governo, come gli altri che abbiamo votato e che voteremo, hanno reso possibile il contrasto di una pandemia mai vissuta dal nostro Paese con queste drammatiche dimensioni, riuscendoci, come ci dicono i dati, anche grazie ad un Paese che si è dimostrato all'altezza di una battaglia così importante e difficile e che vogliamo ringraziare per il sacrificio che ha compiuto e per il coraggio che ha dimostrato. Insieme stiamo affrontando un nemico invisibile, che dovrà essere definitivamente sconfitto e solo restando uniti ci riusciremo.

Sicuramente le persone, i cittadini, le nostre famiglie, i nostri amici, vivono situazioni difficili, trovandosi privati della propria libertà personale, privati della possibilità di lavorare, di provvedere al proprio sostentamento e a quello della propria famiglia. Alcuni di loro sono soli, altri in difficoltà, non solo economica ma anche di salute e di fragilità sociale. Qualcuno, nonostante che tutto il Paese viva questa emergenza e la viva sulla propria pelle, continua a creare confusione nelle persone, a fare propaganda, a strumentalizzare, a dare false informazioni, aumentando inevitabilmente quella che si chiama tensione sociale, la paura, e alimentando le divisioni gli uni dagli altri. Mai come ora questi comportamenti fanno male al Paese, mai come ora è necessario essere uniti per superare il presente e poter guardare il futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Foscolo. Ne ha facoltà.

SARA FOSCOLO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Governo, oggi ci troviamo qui in Aula per discutere l'ennesimo provvedimento che riguarda l'epidemia del Coronavirus che, ormai, da più di due mesi ha colpito duramente il nostro Paese e il mondo intero. Una pandemia che non ha risparmiato nessuno, una situazione di emergenza con la quale stiamo convivendo tutti, nella quale i cittadini italiani hanno dato prova di grande valore e spirito di sacrificio, ma alla quale non ci vogliamo e non ci dobbiamo abituare, consapevoli della necessità di ripartire quanto prima, nel rispetto delle norme di sicurezza.

Abbiamo attraversato tutte le fasi: quella in cui il Governo minimizzava e diceva che il rischio del contagio era minimo, quella in cui ci dicevano che era poco più di un'influenza, quella delle cene nei ristoranti cinesi, perché, all'epoca, la minaccia era il razzismo e non il virus, quella degli aperitivi in piazza a Milano, quella in cui il Governo ha detto pubblicamente di essere preparatissimo ad affrontare l'emergenza, salvo, poi, trovarsi a discutere di mascherine ancora dopo due mesi dall'inizio.

Così, dopo un primo momento in cui sembrava quasi si volesse negare la gravità della situazione, in cui chi chiedeva a gran voce di prendere dei provvedimenti seri veniva tacciato di allarmismo o accusato di essere uno sciacallo, poi anche il Governo ha dovuto ammettere la grande minaccia che questo virus rappresentava o, meglio, se si pensa che lo stato di emergenza veniva dichiarato il 31 gennaio e si allestiva, di fatto, un piccolo ospedale a Palazzo Chigi, forse, qualcosa si sospettava. E questo senza neppure soffermarsi sull'argomento legato all'esistenza di un piano segreto, sul quale qualcuno dovrà rispondere prima o poi, facendo chiarezza con i cittadini, perché è proprio in queste situazioni che è richiesta la massima chiarezza, la massima trasparenza, cose che però, purtroppo, sono venute a mancare. Ma questo è il passato.

Il Coronavirus ha causato più di 27 mila vittime nel nostro Paese, oltre 200 mila i contagiati. Ogni decesso è una tragedia, ogni vita che si spegne è un dolore terribile ed è stato altrettanto doloroso per i parenti, gli amici, le persone care non aver potuto neppure celebrare i funerali dei propri defunti: una sofferenza che si aggiunge al momento di difficoltà.

Forse qualcuno ha la memoria corta, noi no. Noi eravamo in quest'Aula, lo scorso 24 febbraio, a discutere il primo provvedimento: allora i morti erano una decina e poche centinaia i contagiati e, allora, era stata la Lega, con i partiti dell'opposizione, a spingere perché il provvedimento venisse votato con urgenza, perché ci fosse un'inversione dell'ordine del giorno e perché quel provvedimento venisse votato prima di altri che la maggioranza riteneva più rilevanti, come, ad esempio, il “decreto intercettazioni”. Da allora ancora tanti contagi e, purtroppo, tante, troppe vittime; tanti contagi e tanti morti tra la gente e anche tra chi operava in prima linea: i medici, sia ospedalieri che di medicina generale, infermieri, operatori sanitari, persone che hanno lavorato giorno e notte per salvare vite umane, senza risparmiarsi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). A loro va il nostro grazie e deve andare la nostra eterna gratitudine.

Abbiamo un sistema sanitario eccellente, che anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha giudicato tra i migliori del mondo, un'eccellenza riconosciuta a livello internazionale che, nonostante tutto, è stata messa in discussione dalle sconsiderate dichiarazioni del Premier Conte, noi non ci dimentichiamo.

Oggi voglio nuovamente ringraziare tutti: grazie a tutti i volontari, che hanno dedicato il loro tempo per il bene del prossimo, ai militi della Croce Rossa, delle pubbliche assistenze, ai vigili del fuoco e ai volontari della Protezione civile. Il virus ha causato vittime anche tra le forze dell'ordine, anche loro in prima linea per far rispettare le regole e per cercare di arginare il contagio. E grazie anche a tutte quelle categorie che, nonostante la chiusura delle attività, in queste settimane hanno continuato a lavorare nella logistica, nei trasporti, nell'agroalimentare, offrendo un servizio importantissimo a tutti i cittadini.

Come dicevo poc'anzi, il virus non ha risparmiato nessuno, ha colpito duramente alcuni territori, più di altri. Tutti abbiamo ancora negli occhi le immagini dell'Esercito che porta via le bare dal cimitero di Bergamo, un'immagine che ha segnato tutti noi e che resterà impressa nelle memorie per gli anni a venire. E non è ancora finita, purtroppo, perché ancora dovremo convivere con il pericolo del contagio.

Ma i rischi legati all'emergenza economica, caro Presidente, cari colleghi, non sono minori rispetto a quelli dell'emergenza sanitaria, anzi. A causa di questa pandemia, tante persone e famiglie, aziende, piccoli imprenditori dovranno affrontare una crisi di dimensioni immense, una sfida senza precedenti, peggiore di quella del 2008, qualcosa che nessuno nelle nostre generazioni ha mai vissuto.

Il Coronavirus rischia di lasciare in ginocchio intere categorie: turismo, agricoltura, industria, piccola e media impresa, partite IVA, professionisti.

Ricordo che, fin da subito, la Lega ha portato avanti un atteggiamento di collaborazione, nell'interesse dell'Italia e degli italiani, proponendo emendamenti di buon senso ai provvedimenti che, via via, si sono affrontati nelle Aule di Camera e Senato, proposte che volevano migliorare i provvedimenti sulla base delle segnalazioni delle categorie, degli amministratori, dei territori, proposte che ci sono state sempre bocciate, alla faccia della coesione nazionale e della collaborazione. Molto spesso si invoca l'opposizione responsabile: ecco, qui è il caso di invocare a piena voce un Governo responsabile, che, magari, dia ascolto non solo alle oltre 450 persone chiamate a far parte delle sue task force, ma anche agli eletti di questo Parlamento, che è sovrano.

Nel merito del provvedimento in discussione oggi, non possiamo non evidenziare alcune criticità, in primis, dal punto di vista della legittimità costituzionale, la stessa richiamata per i provvedimenti di questo Governo anche da importanti esponenti della stessa maggioranza. Questo decreto, come quello precedente, attribuisce una delega in bianco al Governo, consentendogli di limitare l'esercizio delle libertà fondamentali e il godimento dei diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione. Io capisco lo stato di emergenza, ma qui si parla di diritti e libertà dei cittadini, di garanzie fondamentali, come la libertà personale, la libertà di circolazione, la libertà di riunione, la libertà di associazione, la libertà di culto, solo per citarne alcune; tutte sospese dai provvedimenti sottratti al vaglio del Parlamento, un particolare per noi impossibile da ignorare.

Nessuno vuole negare il momento straordinario che sta attraversando il Paese, ma sicuramente le cose si potevano fare meglio e si possono fare tuttora meglio rispetto a quanto non stia facendo il Governo. Non si può pensare ad una ripartenza se il Parlamento continua a rimanere tagliato fuori dalle decisioni che incidono sui diritti inviolabili dei cittadini. Questo non è il Grande Fratello: la riapertura va dibattuta in Aula, non decisa a tavolino e, poi, spiegata in conferenza televisiva.

Nessuno crede che il Paese si sia trovato in una situazione facile: purtroppo, l'incapacità di questo Governo si è mostrata fin dall'inizio, con i messaggi contraddittori e incerti, ritardi nelle chiusure e nella consegna di mascherine, dispositivi vitali per combattere il virus, con ipertrofia legislativa e un eccesso di decreti, spesso confusi, a cui si sono sommati errori di comunicazione, con conferenze stampa a notte fonda e italiani in angoscia, un Parlamento di fatto inattivo e nessun ascolto delle opposizioni.

Ed è stato proprio il mancato coinvolgimento del Parlamento e di tutte le parti interessate a rendere l'ultimo DPCM il peggiore di tutti: misure incomprensibili, sproporzionate, inique e in alcuni casi neppure adeguatamente giustificate sotto il profilo della tutela della salute pubblica. Sono ben pochi i cittadini che hanno capito qualcosa degli ultimi provvedimenti del Governo: tanta confusione, poca chiarezza. Mentre gli italiani volevano certezze sulle riaperture, sul proprio futuro, il Governo dava spiegazioni sui congiunti e sugli affetti. Un provvedimento a metà, che non soddisfa e non tutela nessuno, mentre scontenta tutti: industriali, commercianti, governatori delle regioni, sportivi, persino la CEI e anche la maggioranza.

Non c'è stata una voce a favore dell'operato del Governo e nessuno può dire, di fronte a questa levata di scudi, che non è il momento delle polemiche; invece sì, oggi più che mai, perché gli italiani non possono più aspettare.

De Gasperi diceva che “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione”: qui, invece, si fa fatica persino a capire cosa accadrà nelle prossime settimane, nessuno sa quale sia il piano per uscire dalla crisi, sono troppe le parti contraddittorie e lacunose. E condividiamo l'allarme lanciato dalle categorie: ogni giorno di chiusura mette a rischio imprese e lavoro. Rischiano di scomparire interi comparti, come il commercio, l'estetica e il turismo, che, ovviamente, sono tra i più penalizzati.

Io che vengo dalla Liguria, quotidianamente, ricevo testimonianza delle difficoltà e dei timori dei settori dell'ospitalità turistica, dei balneari, di tutta la filiera, che rappresenta una delle punte di diamante dell'economia italiana, e hanno bisogno di risposte. E alla beffa per la non riapertura, si aggiunge, poi, l'assoluta insufficienza delle misure congegnate dal Governo nei vari altri decreti - “decreto Liquidità” e “Cura Italia”, per sostenere le categorie maggiormente colpite dalla crisi.

Se l'intenzione è quella di continuare con i DPCM a tempo indeterminato servono fondi veri, a fondo perduto, e non finti prestiti che garantiscono alla banca un credito garantito dallo Stato, mentre nel bilancio del singolo cittadino non cambiano e non spostano assolutamente nulla. Bisogna aumentare l'importo dei bonus per le partite IVA - a molti di loro non sono neppure arrivati i famosi 600 euro - e serve una tutela per le persone con la disabilità, che addirittura con il “decreto Liquidità” sono state discriminate e tagliate fuori dall'accesso al reddito di ultima istanza.

Mi sia consentito, infine, pensare alle famiglie, allo stremo dopo due mesi di quarantena forzata: alla ripresa graduale dall'attività non corrisponderà una parallela ripresa delle scuole, dei centri estivi, degli oratori. Sarebbero importanti i congedi, ma quello previsto dal “Cura Italia” è riconosciuto per un totale complessivo di appena 15 giorni, con una retribuzione limitata al 50 per cento e per di più in via alternativa rispetto al bonus per l'acquisto dei servizi di babysitting. I genitori che lo utilizzeranno, dunque, subiranno un taglio della retribuzione e non potranno accedere al bonus per l'acquisto dei servizi di babysitting e rimarranno scoperti per i rimanenti 15 giorni del mese, durante i quali non potranno contare, per la gestione dei figli, né sulle scuole, né sui nonni, che sono più degli altri esposti alle gravi complicazioni del COVID-19. Gentile Presidente e onorevoli colleghi, è ora che questo Governo e la maggioranza che lo sostiene si assumano le loro responsabilità. Diciamolo chiaro agli italiani in ascolto: con questo decreto la maggioranza si appresta a rendere stabile e duratura la stagione dei DPCM, quindi a mettere nelle mani del Governo la disponibilità delle libertà fondamentali degli individui per i prossimi mesi. Tutto questo senza che neppure il Governo sia riuscito, in questi mesi, ad approntare le misure minime necessarie per tutelare adeguatamente le famiglie, i lavoratori e le imprese. Questa situazione non può andare avanti in questo modo. Le scelte e le indecisioni del Governo Conte rischiano di affossare definitivamente il tessuto sociale e la democrazia del nostro Paese. In più di un'occasione il Premier Conte ed esponenti dell'Esecutivo hanno utilizzato l'espressione “modello Italia”, presentando la risposta del Governo all'emergenza come un esempio per il resto del mondo. L'impressione è che il resto del mondo abbia davvero guardato all'Italia, ma non per seguire le scelte del suo Esecutivo, bensì per evitare di ripercorrere gli stessi errori. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Grazie a lei deputata Fusco. È iscritto a parlare il deputato Andrea Cecconi. Ne ha facoltà.

ANDREA CECCONI (MISTO-MAIE). Grazie Presidente, veniamo da un periodo molto difficile dal punto di vista istituzionale, con le difficoltà del Governo a gestire una situazione emergenziale di crisi così e il suo operato chiaramente evidenziano che non è stato facile; ciò non è stato facile per le regioni, non è stato facile per gli 8.000 comuni del nostro Paese, ma non è stato facile neanche per tutti i cittadini italiani. Personalmente, penso che ognuno di noi, siccome siamo cittadini anche noi, avrà avuto le sue difficoltà, per l'apprensione per un genitore anziano, un congiunto o un amico ricoverato o chi ha perso la vita, per avere dei bambini a casa da un giorno all'altro, con la difficoltà della gestione di una nuova vita, senza riuscire a spiegare loro efficacemente che cosa stava succedendo. Noi siamo oggi qui a convertire un decreto di riordino, se vogliamo chiamarlo così, a seguito di un primo decreto fatto in piena emergenza - il n. 6 - a fine a fine febbraio, a cui sono susseguiti una serie di DPCM anche diciamo con una certa cadenza, anche giornaliera, per inseguire, per riuscire a mettere una pezza a destra e a sinistra ai problemi che giorno dopo giorno si stavano verificando e sui quali neanche la scienza - quindi, di conseguenza, neanche il Governo - aveva piena contezza; ancora a tutt'oggi, infatti, non sappiamo bene come il virus si muove, come contagia, come si sposta nel Paese, tanto che anche l'Istituto Superiore di Sanità nella sua relazione su molte cose rimane fortemente in dubbio, fino ad arrivare a questo ulteriore decreto, che - lo voglio dire - non è perfetto. È vero, ci sono degli errori anche evidenti su alcune parti e anche io ho dubbi in merito alla costituzionalità di alcune misure, però ricordo comunque a tutti che, in una situazione di rincorsa e di corsa, qualche errore è ammesso e concesso. Quello che però personalmente incomincio a non gestire più, a non comprendere più nell'operato e nella modalità dell'operato del Governo rispetto al Parlamento, che noi presediamo e rappresentiamo, è che non è possibile tagliare fuori questa Istituzione, in questa maniera, per così tanto tempo. Leggo oggi dalle pagine di giornale che un deputato, il collega Ceccanti, depositerà un emendamento su questo decreto-legge per cercare, in qualche modo, di parlamentarizzare i DPCM. Io immagino che il Governo non sia d'accordo su questo emendamento, che ci sia un problema anche di gestione da parte dell'Esecutivo nel dover fare questo passaggio parlamentare, ma io credo che sia invece arrivato il momento che il Parlamento riparta, che dopo questa fase riparta a fare il Parlamento in maniera impegnata, onesta e precisa sui provvedimenti. Anche su questo decreto, che sostanzialmente dà una linea al Governo su come si può muovere nel fare i DPCM, seppure con tutte le difficoltà, laddove la Commissione si è riunita, l'ha analizzato, è mancato tutto un contorno e sono mancate tutte le audizioni. Per esempio, personalmente, mi è mancato non aver potuto ascoltare il Comitato tecnico-scientifico, non aver potuto ascoltare Colao e la sua task force perché, chiaramente, questo dà una linea anche a noi nella formulazione degli emendamenti e nella proposizione, in questo decreto-legge, di alcune modifiche che, probabilmente, avrebbero aiutato anche il Governo. Si parla tanto - è già stato ripetuto anche dalla collega della Lega - di unità nazionale e io appoggio la maggioranza convintamente. Di molte persone, Ministri e sottosegretari che conosco personalmente ho profonda stima, però io credo che l'unione nazionale, in un periodo così, sia necessaria e vada trovata ad ogni costo e ricordo che chiedere all'opposizione di essere ragionevole è un'operazione molto difficile. L'opposizione generalmente non è mai ragionevole: guardate, qualcuno in quest'Aula si ricorderà quando anche io facevo opposizione

PRESIDENTE. Chiedo scusa deputato Cecconi, sono costretto a chiedere ai colleghi di mantenere il distanziamento sociale che tutti conoscono bene. Collega Montaruli, per cortesia, si allontani. Prego, riprenda.

ANDREA CECCONI (MISTO-MAIE). Insomma, quando dall'altra sponda si faceva opposizione, anche dura, non eravamo molto ragionevoli e io credo che l'opposizione sia stata, seppur con qualche scivolone - che riconosco - anche troppo ragionevoli da alcuni punti di vista, ed è obbligo del Governo e della maggioranza sempre - e ripeto, sempre - trovare un accordo con l'opposizione, mai il contrario. Io credo che questo accordo vada a un certo punto trovato, perché le minoranze e le opposizioni rappresentano una fetta importante del Paese, che il Governo, in questo periodo di difficoltà, deve avere dalla sua parte, che non può avere contrapposta, perché il periodo che si prospetta davanti all'inizio di questa nuova “fase 2”, e ancora oltre, sarà molto, molto complesso. Questo percorso va fatto insieme, va fatto anche insieme alle regioni, va fatto anche insieme ai comuni e dispiace quando uno legge dichiarazioni o vede Ministri della Repubblica dire che chi sbaglia paga, puntando il dito nei confronti di regioni che chiedono di poter intervenire in maniera diversa. Qui chi sbaglia o chi non sbaglia, francamente, è difficile individuarlo; può darsi che anche il Governo abbia sbagliato; io non lo so e faccio fatica a dire se le misure che noi abbiamo messo in campo sono francamente tutte giuste e tutte efficaci, o se abbiamo fatto un eccesso da una parte o una mancanza da un'altra. Quello che so è che noi stiamo prendendo decisioni importanti sulla libertà personale dei cittadini italiani ed è una cosa su cui, io credo, noi dobbiamo porre estrema attenzione. L'altra cosa che, francamente, mi lascia un po' perplesso è che noi, voi che siete al Governo, avete l'obbligo di gestire l'emergenza.

Siete voi che dovete gestire l'emergenza, non abbiamo per Costituzione un articolo che definisce come va gestita, non abbiamo una legge dello Stato che ci dice come, di fronte a un'emergenza, ci dobbiamo muovere, e, quindi, vi siete mossi, dal mio punto di vista, anche bene, molto bene, per cercare di affrontare la situazione. Ed è un onere del Governo trovare le soluzioni e muoversi nel gestire l'emergenza, però, noi non siamo la Francia o gli Stati Uniti, dove il Governo ha un potere totalizzante e generalizzato nella gestione dei fondi e delle regole del Paese; purtroppo o per fortuna, secondo i punti di vista, noi siamo una Repubblica parlamentare e il Governo è legato a doppio filo con questa istituzione e questa istituzione va necessariamente messa al corrente, da oggi in avanti, di tutto. Non è più possibile avere una conferenza stampa del Presidente del Consiglio che parla a tutta la nazione, in cui dice che cosa si potrà fare o non si potrà fare, quindi quali libertà verranno compresse e quali libertà verranno date, per poi scoprire, il giorno dopo o due giorni dopo, che le scelte del Governo sono state fatte secondo un report del comitato tecnico-scientifico di cui nessuno era al corrente, tanto meno il Parlamento. Queste persone che voi chiamate, perché sono esperti e, giustamente, chiamate degli esperti per prendere delle decisioni, prendono delle decisioni che sono tecniche, dopodiché la politica decide se quelle decisioni sono tutte da prendere, alcune da lasciare o da modificare, ed è una scelta del Governo, dell'Esecutivo decidere come muoversi su questo aspetto; ma che il Parlamento non sappia cosa sta facendo il comitato tecnico-scientifico prima che il Governo prenda una decisione è, secondo me, un errore per l'andamento democratico di questo Paese e per mettere al corrente tutti, inclusi i cittadini, che c'è un gruppo di esperti che ci dice che, se noi apriamo, secondo lui succederà una cosa e che il Governo, secondo quel principio, ha fatto delle scelte.

È difficile leggere, poi, il giornale e vedere Colao che ci declina minuziosamente come verrà fatta la “fase 2” e non sentirlo dire dal Presidente del Consiglio prima e non avere noi, Parlamento, nozione di cosa stia facendo questo comitato. Sono persone che lavorano per la pubblica amministrazione, per lo Stato, per l'Esecutivo; secondo quei documenti, quei report che vi vengono trasmessi, voi decidete della libertà personale dei cittadini e noi, Parlamento, ci troviamo a cose fatte.

Guardi, sottosegretaria Zampa, io, dopo, alle 14, le presento un question time in cui le chiedo quali saranno le linee guida sui COVID-hospital, perché le linee di indirizzo sono vetuste e i COVID-hospital sono un principio importante della “fase 2”, tra quei cinque cardini che il Ministro Speranza aveva indicato per l'avvio della “fase 2”; l'interrogazione è stata depositata ieri l'altro. Io, ieri, leggo un giornale, dove c'è scritto che sul “decreto Aprile”, che ormai verrà fatto a maggio, ci saranno le linee guida per i COVID-hospital. È vero che noi, Parlamento, abbiamo la possibilità di fare interrogazioni, question time, per svolgere sul Governo la nostra operazione di controllo, ma se io avessi saputo che il Governo aveva già le linee guida, che domani o domani l'altro nel decreto mi presenterà, è chiaro che io, forse, avrei avuto altri dubbi da chiarire e avrei fatto un question time differente rispetto a quello, perché ci sono tanti dubbi e non è possibile che io - che rappresento un territorio, perché il question time che ho portato, l'ho portato perché il territorio aveva bisogno di un chiarimento, come tutti, - non posso più, veramente più, trovarmi in questa situazione di limbo, in cui noi apprendiamo tutto, ma veramente tutto, da Facebook o dalla stampa. Non abbiamo la possibilità, neanche, di fare la classica operazione accademica di ascoltare in audizioni, anche informali, le persone che danno le linee di indirizzo che il Governo prende in mano per fare delle scelte importantissime, fondamentali, per le libertà personali. Guardate, sembrerà che, in emergenza, le libertà si possano toccare, togliere o mettere secondo quelle che sono le necessità, ma il mio cruccio non è quello che noi stiamo facendo adesso, perché è necessario farlo e si fa, è quello che rimarrà dopo, quanto di quello che noi facciamo adesso si strascicherà nella libertà, nella privacy, nei dati che lo Stato gestirà, perché una volta fatto il passo avanti, tornare indietro è sempre complicato, è stato sempre complicato in tutti i Paesi; gli Stati Uniti ne sono l'esempio più classico: a seguito di un'emergenza, hanno inserito delle norme di compressione delle libertà che, tuttora, permangono, nonostante il rischio non ci sia più. Quindi, io credo che il Parlamento debba, a un certo punto, essere la voce chiara rispetto alla gestione, non dell'emergenza, che spetta all'Esecutivo, ma nella gestione di quello di cui i cittadini si vedono privati o non privati.

Io sto vivendo questa situazione di lockdown con estrema difficoltà personale per questioni mie personali; molte cose, secondo me, non sono prese in considerazione in maniera adeguata e il Parlamento serve anche a questo, a mettere la pulce o a spingere il Governo a valutare alcune situazioni che non vengono assolutamente trattate. La difficoltà è mia e di tantissimi cittadini italiani e, anche, probabilmente, di tanti colleghi ed è per questo che il decreto, nonostante, lo ripeto, abbia qualche pecca, sostanzialmente cerca di riorganizzare, ma io credo che sia arrivato il momento che il Governo passi più spesso qui, quando deve chiedere, quando deve formulare nuove ipotesi, nuove fasi, nuove aperture o chiusure, che sia il Parlamento a decidere delle libertà o meno dei cittadini italiani. Poi il Governo pensi alla dotazione strumentale, alle mascherine, a come mettere i soldi, a come gestire le Forze dell'ordine, gli ospedali e tutta quella che è l'amministrazione pubblica del nostro Paese, però, io credo che l'emendamento che il collega Ceccanti depositerà a questo provvedimento, che ha annunciato, sia almeno un passo avanti per ridare dignità a questo Parlamento. Dopodiché, si può parlare o meno del voto elettronico da casa, su cui io non sono d'accordo col collega Fiano; non penso che sia tanto questione di legittimità costituzionale, quanto del convincimento che il parlamentare ha stando qui, ascoltando i colleghi, ascoltando il Governo, parlando coi colleghi in corridoio e facendosi un'idea di che cosa si voterà, cosa si sceglierà, perché si vota un emendamento in un modo o nell'altro; quindi, io credo che non sia una questione costituzionale, ma una questione di rapporti umani che non possono essere fatti attraverso un tablet. Il Presidente della Camera deve garantire, soprattutto alle minoranze, la partecipazione totale, ampia e totale a queste sedute, perché non è più accettabile che ci sia una compressione del numero e delle persone. I Regolamenti sono fatti maggiormente a tutela delle minoranze e delle opposizioni, perché le maggioranze hanno tutta la forza e tutti gli strumenti per poter fare esattamente come vogliono o come credono giusto e le minoranze, invece, hanno una tutela che è regolamentare e che il Presidente della Camera però deve assicurare, si deve far carico di adoperare. Dopodiché, io confermo la mia fiducia nell'operato del Governo, ma gli chiedo, veramente, umilmente, di incominciare a trattare il Parlamento in maniera più dignitosa, perché, francamente, io, da parlamentare - nonostante sia un parlamentare singolo del Misto e, quindi, comprendo la mia importanza anche relativa nella dinamica della maggioranza -, voglio essere messo nelle condizioni di poter lavorare da parlamentare quale sono e, come, credo, tutti i parlamentari qui dentro, sento la volontà e la voglia di poter contribuire allo sviluppo, alla risoluzione, alla gestione di questa emergenza in maniera efficace e anche personale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Colucci. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO COLUCCI (M-NI-USEI-C!-AC). Presidente, colleghi deputati, membri del Governo, in questi giorni la politica e l'opinione pubblica si stanno confrontando e stanno dibattendo sul famoso tema della riapertura, la “fase 2”; e oggi in Aula noi discutiamo di un decreto-legge che ha previsto già da tempo la limitazione della libertà dei cittadini, ha prodotto già i suoi effetti, e sinceramente stiamo affrontando questo dibattito in un momento assolutamente tardivo rispetto a quando il Parlamento avrebbe dovuto affrontare questo tema. La vera sensazione che abbiamo è che questo decreto-legge sia stato creato per mettere al riparo il Governo dal rischio di utilizzare strumenti sbagliati o di agire in modo anticostituzionale: perché diversi sono i rilievi che vengono avanzati sullo strumento del decreto del Presidente del Consiglio per compiere alcune scelte in questa fase di emergenza e soprattutto, per quanto riguarda argomenti su cui si interviene in termini costituzionali, il Parlamento deve essere il luogo dove prima che prendano efficacia si discute sul loro contenuto.

Io vorrei ricordare in quest'Aula che la prima parte della Costituzione, dall'articolo 13 all'articolo 57, interviene proprio sui diritti inviolabili dell'uomo: riconosce la libertà personale inviolabile, riconosce che ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, riconosce che i cittadini hanno diritto di riunirsi. Riconosce inoltre che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, e riconosce la libera iniziativa imprenditoriale e il diritto al lavoro, il diritto all'istruzione. In periodi di emergenza questi diritti possono essere in parte limitati, e noi su questo tema siamo anche d'accordo, sul fatto che era necessario in un momento di emergenza intervenire per cercare di rallentare la diffusione del contagio del virus. Il tema su cui non siamo d'accordo è relativo ai termini con cui si è operato, e soprattutto non siamo certi su alcuni passaggi costituzionali. E più che dirlo io, lo dicono con chiarezza alcuni autorevoli personaggi. Uno fra tutti, Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, che già ha fatto il Presidente della Corte: probabilmente in questa materia è il più grande giurista italiano in vita, che su Il dubbio del 14 aprile afferma che il decreto del Presidente del Consiglio è un decreto illegittimo.

Ma oltre a Cassese, ci sono diversi rilievi che in questa fase vengono avanzati da autorevoli personalità. Mi viene in mente l'intervista di questa mattina sul Corriere della Sera della Presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia, che sottolinea l'importanza della leale collaborazione tra istituzioni come valore costituzionale. E poi non vorrei ricordare quello che più volte è stato sottolineato da me, ma da tanti colleghi, il richiamo del Presidente della Repubblica: in questa fase sono necessari il coinvolgimento, la condivisione, la concordia e l'unità di intenti; in una parola, l'unità nazionale.

Io credo allora che a questo punto sia veramente grave il problema di metodo: non possiamo in una fase come questa, limitando la libertà dei cittadini, avere come unica interlocuzione il televisore e le conferenze stampa del Presidente Conte; tra l'altro sulle reti nazionali, agli orari quando c'è l'audience più alta dei cittadini, quasi a comportarsi come se fossimo in uno Stato autoritario: io non vorrei che il Paese di riferimento da questo punto di vista per il Governo sia ciò che accade in un Paese come la Cina.

Io vorrei democrazia, confronto, discussione anche nella fase di emergenza sanitaria, e soprattutto nella fase di emergenza sanitaria. Perché, per entrare nel merito, non c'era dubbio che fosse necessario intervenire sulla libertà di movimento nel nostro Paese. Nella fase iniziale avevamo a che fare con un virus totalmente sconosciuto; in alcune regioni d'Italia ha travolto chi governa e il popolo, un vero e proprio tsunami: il numero dei contagiati diventava ogni giorno esponenziale, per non parlare dei numeri dei decessi, gli ospedali erano affollati e le terapie intensive non avevano più spazio. Sicuramente era necessario fermare tutto, rallentare la diffusione e mettere il Paese in sicurezza.

Però ora, visto che è veramente tardivo il dibattito su quel decreto perché ha prodotto i suoi effetti, è necessario ripartire. E lo dico da lombardo, con tutta la fatica che un lombardo può avere nel chiedere di riaprire, dopo tutte le morti che ci sono state: nel momento in cui ancora oggi piangiamo la scomparsa di persone care, la parte più scossa del Paese chiede che si ricominci, che si riparta. Anche perché il virus oggi lo conosciamo: sappiamo quali devono essere i comportamenti che dobbiamo avere. Il Governo quindi ci deve dare indicazioni chiare, e magari dobbiamo decidere insieme le procedure con cui poter ripartire: per quanto riguarda i comportamenti, per quanto riguarda i criteri con cui gli ambienti di lavoro devono essere adattati in questa fase di convivenza con il virus.

E soprattutto affidandoci alla responsabilità degli italiani. Ancora oggi sottolineiamo il tema della fiducia. Nella fase iniziale il Governo ha solo dovuto scrivere delle regole, sperando che i cittadini responsabilmente le rispettassero; perché non si può fare la stessa cosa oggi, visto che abbiamo un dato certo: che gli italiani hanno dimostrato serietà e responsabilità, e le regole le hanno rispettate? E allora a questo punto si può certamente, con nuove regole, avere la possibilità di riaprire, e il Governo deve assolutamente fare la sua parte, parlando in modo chiaro e dando certezze e non incertezze.

Certamente un esempio non emblematico dal punto di vista della chiarezza, anzi tutt'altro, nel creare confusione, è stato proprio la conferenza stampa del Presidente del Consiglio di domenica scorsa, che ha creato una confusione incredibile. Qualche collega ha già ricordato il tema dei congiunti, la possibilità di incontrare i congiunti; poi successivamente il Governo con un'ANSA ha sottolineato che congiunti vuol dire parenti e affini, coniugi, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili, tutte terminologie che io vorrei vedere interpretate dai giovani ragazzi che appartengono alle forze dell'ordine, che quotidianamente fermano chi circola nel Paese, capire come con l'interpretazione di una norma possano comprendere se si sta circolando perché ci si affida a un incontro con fidanzati stabili o affetti stabili. È qualcosa veramente di incredibile: si sperava domenica di avere certezze, dal lunedì abbiamo aumentato l'incertezza e la confusione.

Così come il tema delle messe: dire una cosa e poi ritornare, violando anche in questo caso il tema della libertà di culto riconosciuto dalla Costituzione. O pensare di intervenire su alcune attività come bar e ristoranti nella ripartenza dal 1° giugno: stiamo parlando di 320 mila imprese, 1 milione e 200 mila addetti. Dopo la preoccupazione di morire di COVID-19 c'è la grande preoccupazione di non riuscire a garantirsi i mezzi di sostentamento, e quindi la grande preoccupazione dell'equilibrio sociale da garantire. C'è fame in Italia, ci dobbiamo rendere conto che inizia ad esserci fame, grande preoccupazione, e noi diciamo a bar e ristoranti che apriranno al 1° giugno, quando nelle altre parti del mondo si stanno muovendo in modo totalmente diverso.

Il problema vero è che da domenica non è cambiato assolutamente nulla. Forse, da questo punto di vista, il decreto di oggi è assolutamente attuale, il decreto di cui è oggetto il dibattito di quest'oggi, però una cosa è molto chiara agli italiani ed è assordante il silenzio da parte anche della maggioranza su questo tema: il Governo ha liberato mafiosi e ha incarcerato gli italiani, perché ciò che è successo è sotto gli occhi di tutti, ed è assordante come nessuno su questo tema stia intervenendo in modo anche animato. Allora, vi esortiamo a cambiare atteggiamento: non solo a intervenire in modo serio e chiaro sulla riapertura, ma ad attivare un confronto proficuo e importante all'interno dell'Aula parlamentare. È il luogo dove insieme possiamo anche determinare una coesione sociale nel Paese, perché ciascuno rappresenta dei territori, rappresenta delle comunità.

Mi auguro veramente che il Governo questo riesca a farlo, perché neanche l'opposizione può sperare che fallisca il Governo in un momento di grave difficoltà come questo, in un momento di emergenza dove da sempre abbiamo ribadito l'importanza e il valore di dare disponibilità a collaborare e a lavorare insieme.

Bettino Craxi in quest'Aula il 2 luglio del 1992 disse una cosa importante: che nella vita democratica di una nazione non c'è niente di peggio del vuoto politico. Purtroppo in questi giorni quello che sto registrando, noi stiamo registrando, è che c'è un grande, enorme vuoto politico determinato dal Governo, e veramente di cuore spero che sappiate colmare questo vuoto, perché altrimenti il Governo non è adeguato ad affrontare questa emergenza.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rostan. Ne ha facoltà.

MICHELA ROSTAN (IV). Grazie, Presidente. Lo scorso 31 gennaio il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza in conseguenza di un grave rischio sanitario collegato alla diffusione di questo nuovo Coronavirus. La dichiarazione seguiva quella dell'Organizzazione mondiale della sanità, che il 30 gennaio dichiarava, per l'appunto, un'emergenza internazionale di salute pubblica. Con quell'atto, dunque, cominciava ufficialmente la storia di questa pandemia, una pandemia che ha messo sotto scacco il mondo intero e che ha colpito diversi territori, vasti territori, diversi continenti.

Una situazione di crisi internazionale che obbligava i livelli istituzionali a prepararsi alla necessità di realizzare azioni immediate, straordinarie ed urgenti. Quasi tutto il mese di febbraio è poi trascorso in una sconcertante attesa, dove forse ci si è collegati più all'auspicio che quella dichiarazione fosse un mero protocollo rituale piuttosto che non all'effettivo arrivo dell'emergenza. Però, poi il contagio è arrivato e ha travolto tutto e tutti. Benché si fosse stati tempestivi nel dichiarare lo stato di emergenza appena 24 ore dopo la medesima dichiarazione dell'OMS, si è praticamente perso sostanzialmente un mese per strutturare le prime vere misure di tutela nazionale. I primi atti sono arrivati con un'onda di tsunami che cresceva e correva impetuosa sulla nostra vita collettiva, sulla pelle dei cittadini, che, nel frattempo, perdevano affetti cari, ai quali non hanno potuto rivolgere neppure un ultimo abbraccio, un vero e proprio strazio.

E aveva cominciato, dunque, da qualche parte a fare danni, senza che nemmeno ce ne accorgessimo fino in fondo. Dal punto di vista normativo, si è proceduto nei primissimi tempi con atti che hanno inevitabilmente risentito della fretta e anche dell'urgenza. Un primo decreto, il n. 6 del 23 febbraio, ha poi fatto derivare una serie di decreti del Presidente del Consiglio, gli ormai famosi DPCM dell'epidemia, che sono intervenuti sulla vita pubblica, civile, economica e sociale in una maniera come forse mai si era vista nell'Italia repubblicana. Il disegno di legge di conversione del decreto n. 19 oggi in discussione prova ex post a mettere un po' di ordine nella legislazione di emergenza che si è formata nelle settimane scorse. Innanzitutto, si abroga del tutto la legge n. 13, che aveva convertito il primo decreto, il n. 6, e poi si assorbono e si coordinano con lo strumento giusto, cioè con una legge dello Stato, tutte le misure successivamente assunte.

Se possiamo dire che l'emergenza è cominciata il 31 gennaio, data della dichiarazione del Consiglio dei ministri, benché per gran parte di febbraio si sia fatto poco o nulla, possiamo dire che solo con il decreto n. 6 del 23 febbraio si è aperta la strada a una serie di misure di contenimento che sono state il tema portante di questa prima fase dell'epidemia; misure assunte, ripeto, con urgenza, spesso entrate un po' in contraddizione con loro stesse, a volte smentite nel giro di qualche giorno, ma che hanno fatto sostanzialmente sperimentare al Paese la prima esperienza forte e collettiva di una grande limitazione delle libertà personali. Milioni di italiani chiusi in casa, bambini lontani dai nonni, dalla semplice possibilità di passeggiare all'aria aperta, anziani che hanno perso i loro punti di riferimento, per non parlare poi delle famiglie con disabili, che più di tutti hanno sofferto il lockdown.

E dunque il decreto che discutiamo oggi prova, come detto, a mettere un po' di ordine normativo: armonizza la fonte iniziale con gli strumenti successivi e chiarisce in maniera opportuna molti punti, anche sul profilo sanzionatorio, per il quale si è con un po' di saggezza chiarito che non si può dare corso a procedimenti penali per la violazione delle norme di contenimento, visto, peraltro, il paradosso che le misure stesse riguardano anche l'esercizio di molte funzioni di giustizia. Appare, inoltre, più utile procedere prevalentemente a sanzioni amministrative e pecuniarie.

Nel decreto in discussione si normano anche altri aspetti delicati, come la chiusura di intere zone in entrata e in uscita, la sorveglianza attiva, la quarantena e le sanzioni per la sua violazione. Sostanzialmente, si offre una cornice normativa unitaria a una serie di provvedimenti che per loro natura hanno una delicatezza e un equilibrio complesso, stretti come sono fra l'imprescindibile tutela della salute pubblica e l'importanza di tutelare anche diritti e libertà personali.

Sono diversi i DPCM che trovano nell'atto in discussione oggi una forma di armonizzazione legislativa: si va da quello del 4 marzo, e poi dell'8 marzo, che costituiscono le cosiddette zone arancioni, poi estese di proroga in proroga, con vari aggiustamenti, fino al 4 maggio, e ora per molti versi, possiamo dirlo, fino al 18 maggio, a molti altri su vari aspetti dell'emergenza. Dentro questi atti, uno dopo l'altro, sono entrati la sospensione - è bene ricordarlo - delle attività scolastiche, delle attività convegnistiche, degli spostamenti personali, delle attività economiche e, via via, tutte le limitazioni che in queste settimane abbiamo imparato, ognuno di noi, a conoscere.

I sei articoli del provvedimento hanno ovviamente in questa fase uno specifico più tecnico-normativo che politico, dal momento che sostanzialmente inquadrano decisioni già assunte e che hanno già dispiegato i loro effetti e le loro conseguenze sul Paese. E dunque non è tanto sul merito dell'articolato, quindi, che oggi vale la pena ragionare, quanto sulle implicazioni che da esso sono derivate in queste settimane. Qualche sfasatura, contraddizioni, problemi che hanno determinato confusione e qualche difficoltà oggettiva, su cui sarebbe bene operare una riflessione di insieme, di sistema, per impedire che si ripetano gli stessi errori. Uno dei temi emersi con forza è stata l'oggettiva difficoltà a costruire una dinamica uniforme sull'intero territorio nazionale.

Le norme si sono dispiegate sui territori in una maniera davvero troppo fantasiosa, spesso fantasiosa, ad opera delle regioni, per cui lo stesso contenimento per la stessa epidemia ha dato luogo a restrizioni differenziate a seconda dei luoghi. Questo si può anche capire laddove il contagio territoriale dà luogo a situazioni ovviamente straordinarie, a cui rispondere con provvedimenti mirati, ma è stato sempre così in queste settimane? Le differenziazioni hanno sempre corrisposto a quelli che erano gli effettivi livelli di contagio? Abbiamo assistito al paradosso che regioni con numeri più bassi adottassero normative più rigide di regioni con numeri più alti, oppure che si aprissero nelle stesse normative falle grottesche, come quelle per le quali un fattorino poteva, ad esempio, bussare ad ogni casa per portare la spesa alimentare, ma non poteva farlo per portare un cibo cotto, e cose così.

Varie interpretazioni localistiche, che non hanno fatto bene alla costruzione di quel sentimento unitario, di coesione, che invece sarebbe servito in una fase come questa. Ad ogni modo, nessuno - ripeto, nessuno -, dal piano nazionale a quello più strettamente locale, è esente da eventuali errori e responsabilità, questo è bene ricordarlo. Proseguendo nel solco del disegno di legge in discussione, l'articolo 3 entra poi proprio sul tema del rapporto fra le misure statali e quelle regionali in ordine all'epidemia. Ecco, io penso che lo Stato debba riappropriarsi di un ruolo più determinato e più deciso nel delineare una strategia nazionale, fermo restando che la febbre dell'epidemia deve essere misurata anche sui livelli locali e che si debba agire per circoscrivere sempre di più i focolai territoriali. Ma attenzione, tutto questo va fatto centralmente, con una visione di insieme: non si può rinunciare ad un forte coordinamento statale, altrimenti si dà la sensazione di un ordine sparso, che determina confusione e sensazione di caos istituzionale. Fa bene la norma a chiarire quello che in verità appariva già ovvio: la normativa nazionale prevale sui provvedimenti locali, cioè sulle ordinanze di sindaci e presidenti di regione. I livelli locali possono adottare misure più restrittive, se esistono i presupposti nella situazione di emergenza sanitaria locale, ma non certamente più permissivi, e comunque nelle aree tematiche di loro competenza, che sono ben delimitate. A margine vorrei fare anche un'ulteriore annotazione: credo che debbano essere coinvolti maggiormente i sindaci in questa vicenda e forse un po' meno i presidenti di regione. È chiaro che le regioni, avendo una competenza sull'organizzazione della sanità, sono state subito coinvolte come protagoniste: l'epidemia ha attivato innanzitutto un allarme sanitario (organizzare l'assistenza, strutturare la rete ospedaliera, le terapie intensive, i tamponi, i test, tutta la medicina del territorio), ma ben presto la storia di quest'epidemia è diventata anche una storia sociale, una storia economica, una grande questione complessiva, non più soltanto sanitaria; e qui credo che i sindaci possano essere particolarmente utili come interlocutori, anche rispetto alle regioni, sia perché sui loro territori sono autorità sanitaria locale, sia perché hanno un ruolo nell'ordine pubblico, hanno un corpo di polizia municipale ed hanno il rapporto più stretto, più forte, più diretto con le comunità, le conoscono meglio, possono intervenire prima e possono farlo in modo ottimale. Allora, di qui in avanti, auspico, come già si è cominciato a fare con le misure di assistenza sociale, un ruolo più forte dei sindaci, più fattivo, più concreto.

In conclusione, Presidente, è chiaro che ci siamo trovati in una situazione per tutti noi inedita, complessa, difficile, che per certi versi coglie inevitabilmente tutti impreparati; si è reagito con procedure e atti a volte imperfetti, il delicato punto di equilibrio fra le istituzioni del Paese e la tutela dei diritti contrapposti è stato molto spesso raggiunto. Mi pare di poter dire che il nostro sistema democratico fin qui abbia retto, ma attenzione perché non è finita qui, ovviamente. Non sfugge a nessuno che questa emergenza avrà tempi lunghi, molto lunghi, fintanto che non si troverà un vaccino e una terapia adeguata, e che lo sforzo prolungato ci obbliga a misure più mirate, meno severe ma vigilanti. La “fase 2”, che al momento non si vede ancora, neppure efficacemente nella programmazione, sarà la fase della responsabilità; saremo tutti chiamati a rispettare quelle poche regole che dobbiamo darci per non contagiare e non contagiarci. Poche regole, ma grande organizzazione. Queste le parole chiave: responsabilità ed organizzazione, e questo sarà il nostro compito. La piena attuazione della Costituzione - ha detto bene la Presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia - richiede un impegno corale. La Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, ma offre la bussola, anche per navigare nell'alto mare aperto nei tempi di crisi. Allora, prendiamo questa bussola, Presidente, e d'ora in poi proviamo ad utilizzarla con maggiore saggezza (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Bagnasco. Ne ha facoltà.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Presidente, colleghi, parlare di questo disegno di legge mette ognuno che ha seguito l'evolversi della situazione in qualche difficoltà, per il semplice motivo che tutti voi conoscete che di fatto questo disegno di legge è la sommatoria dei DPCM che il Governo ha portato avanti in questi mesi escludendo totalmente la partecipazione del Parlamento. È chiaro: non possiamo e non vogliamo nascondere la situazione assolutamente straordinaria; difficile fare paragoni, anche perché è una situazione che, almeno nel dopoguerra, non si è mai rivelata in questa drammaticità. È una situazione che vede non solamente il nostro Paese in straordinaria difficoltà, ma anche, purtroppo, tanti altri Paesi della nostra vicina Europa, e anche Paesi che non sono così vicini, come il Brasile, come gli Stati Uniti, come l'India, l'Australia e tantissime altre realtà del mondo, colpiti proprio dalla pandemia di cui, per molto tempo, non abbiamo voluto in qualche modo prendere atto. Ricordate le polemiche su come si chiamava? Si chiamava epidemia, non pandemia, perché non aveva una validità internazionale mondiale, ma purtroppo dall'epidemia si è passati alla pandemia. Ora, nonostante ci siano state queste avvisaglie - abbiamo visto con amarezza straordinaria le immagini dei carri funebri, soprattutto quelli che si allontanavano da Bergamo - dovremmo però ricordarci - parlo evidentemente per il sottoscritto, per primo - che quando vedevamo queste immagini in Cina, che sicuramente guardavamo con amarezza e con preoccupazione, era una preoccupazione lontana, quasi come non toccasse ciascuno di noi ma qualchedun altro, anche se fratelli, anche se Paesi evidentemente più o meno amici. Ci siamo fatti trovare, dopo qualche mese, in una situazione, quindi, di assoluta impreparazione e questo bisogna dirlo con grande chiarezza. Io non so se non si è voluto prendere atto della situazione in maniera ufficiale per non mettere in crisi il Paese prima di quando poi si sono svolte le situazioni più drammatiche: non lo so. Se c'è una motivazione di questo genere penso che sia stata sbagliata, ma evidentemente può anche essere così. Certamente, dal 31 gennaio si è decretato uno stato di crisi e, se ricordate bene, questo stato di crisi è passato quasi inosservato. Al Presidente Conte, con molta semplicità, rivolgo un'osservazione, cioè se avesse impiegato magari due minuti per dire al Paese, alle otto e mezza o alle otto e un quarto, nell'ora di maggiore interesse evidentemente per i nostri network: “Ho firmato in questo momento lo stato di crisi”, credo che questo sarebbe stato forse il modo migliore per rendere partecipi tutti noi della via crucis sempre più drammatica che ci sarebbe stata poi.

Invece lo stato di crisi è stato sicuramente promulgato, ma è passato quasi inosservato: credo che di questo non possiamo non prenderne atto. Come in altre occasioni devo dire che la conduzione della presidenza della Commissione, a cui ho l'onore di partecipare, è stata come sempre particolarmente equilibrata e di questo devo dargliene atto e sarei veramente ipocrita se non lo facessi. Purtroppo, ciò non può bastare evidentemente per dare al disegno di legge la dignità che avrebbe avuto se fosse arrivato in Aula qualche tempo fa, un mese e mezzo fa, almeno un mese fa. Adesso arriva a ratificare di fatto quanto è già stato deciso sopra le nostre teste e che noi andiamo, in qualche modo, a sanzionare per dargli - bontà evidentemente del Presidente del Consiglio, ma in questo caso non so se per bontà o per necessità - il rango di legge dello Stato, che sicuramente è molto diverso da quello di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che presenta delle limitazioni intrinseche di per sé. Il disegno di legge, quindi, arriva in Aula dopo essere stato esaminato in sede referente, direi bene, per quanto possibile, dalla Commissione affari sociali. Forza Italia è intervenuta con molti emendamenti. Devo dire, con la stessa chiarezza con cui ho dato atto al presidente del suo lavoro, che dei molti emendamenti presentati ne sono passati veramente pochi, altri colleghi prima di me hanno detto che non ne è passato nessuno. Allora siamo stati particolarmente fortunati; non lo so, ma certamente era una gara molto misera. Ne voglio ricordare uno che mi sembra particolarmente qualificante: quello a prima firma dell'onorevole Spena, con deroghe alla prevista limitazione delle persone in relazione all'allontanamento dalla propria abitazione qualora si sia in presenza di soggetti con disabilità motorie o con disturbi dello spettro autistico o altre problematiche di tipo psichiatrico. In questo caso, qualora siano necessarie al benessere psicofisico della persona, si possono effettuare uscite controllate dall'ambiente domestico. Ritengo sia un fatto molto importante perché vivere con persone con problematiche psichiche o anche di tipo autistico e non potersi muovere, penso - dico “penso”, ma penso sia facilmente comprensibile - sia un fatto particolarmente difficile e drammatico. A differenza degli altri decreti di urgenza finora emanati sul COVID-19, una buona parte di questo decreto ripropone, come dicevo prima, e conferma divieti e limitazioni già previsti fino al 22 marzo scorso, inserendo nel decreto-legge divieti e limitazioni adottati finora con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ma anche solamente con ordinanze e decreti ministeriali. Questi provvedimenti vengono elevati, come ho già chiarito, al rango di legge e, quindi, sicuramente hanno una diversa effettività. Sono divieti e limitazioni che incidono inevitabilmente sui diritti costituzionali garantiti, quali la libertà personale di circolazione, di soggiorno, di riunione, di libertà di iniziativa economica, privata o non privata, di libertà - come ultimo e ne abbiamo sentito parlare in maniera particolare con le polemiche di questi giorni su cui non voglio entrare perché non penso di poter dare un contributo di tipo positivo - di professare la propria fede o la propria religione: questo è stato per la Chiesa cattolica che ha alzato gli scudi, ma anche per tutte le altre fedi religiose.

Si prevedono limitazioni agli spostamenti, sia all'interno che in entrata, nel territorio nazionale; si vietano assembramenti; addirittura non si può uscire dal proprio comune, altro che territorio nazionale o regione; si vietano assembramenti e cerimonie; si prevede la possibilità di chiusura al pubblico di strade urbane, parchi, aree gioco o altri spazi pubblici. Le misure di contenimento sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri molto spesso, devo dire, sentite le regioni e i Ministeri interessati. Le suddette limitazioni e misure di contenimento potranno essere adottate per periodi predeterminati di durata non superiore a trenta giorni: dobbiamo ricordarlo con molta chiarezza. Sono misure reiterabili, come sono state reitirate già fino ad oggi, modificabili anche più volte fino però - vorrei rimarcarlo - al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza. Mi auguro, quindi, avendo un termine temporale per lo stato di emergenza, che si possa lavorare in maniera totalmente diversa, impostando le cose e non più sotto la pressione dell'urgenza, avendo conoscenza di come si possono evolvere determinate situazioni, lavorando, coinvolgendo finalmente - dico finalmente, ma forse è poco - il Parlamento in scelte che fino ad oggi sono passate assolutamente al di sopra e al di fuori del dibattito parlamentare. Lo stato di emergenza da COVID, quindi durerà fino al 31 luglio 2020 e da quella giornata le decisioni dovranno passare dal Parlamento. Le regioni potranno introdurre misure ulteriormente restrittive, così come anche i comuni, nei casi di interesse specifico, potranno ulteriormente portare elementi di restrizione ma non sicuramente di allargamento. Ad esempio, le regioni non possono intervenire sulle attività produttive e le attività di rilevanza strategica per l'economia nazionale. Sono previste sanzioni amministrative di vario genere e in qualche caso si può arrivare anche all'arresto. Quindi, i DPCM emanati dovranno essere portati a conoscenza delle Camere il giorno dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ossia entro il giorno successivo, e ciò finalmente per dare almeno un po' di conoscenza ai rami del Parlamento. Inoltre, il Presidente del Consiglio o Ministro da lui delegato dovrà riferire ogni quindici giorni alle Camere.

Tra i divieti, ricordo le limitazioni dell'accesso dei parenti visitatori in strutture di ospitalità e lungodegenza come le RSA, hospice, istituti penitenziari ed altre situazioni. Su questo vorrei intervenire un attimo anche perché, nel dibattito molto limitato che c'è stato questa mattina, ho sentito parlare delle RSA in maniera che mi ha un pochino amareggiato. Vedete, prendo atto della necessità assoluta che la magistratura, quando lo ritiene, intervenga dove meglio ritiene di dover intervenire. In questo caso la magistratura sta lavorando seguendo determinate situazioni soprattutto in regione Lombardia ma non credo solamente in regione Lombardia e vedremo fra qualche tempo i risultati; su questo nulla osta evidentemente.

Ciò che invece mi dispiace - lo dico con una certa amarezza perché poi si riflette sempre sul discorso della collaborazione tra Governo, tra partiti di Governo e partiti di opposizione - è la polemica assolutamente strumentale e pesantissima, che si è fatta in questi giorni e che si sta ancora facendo, nei confronti delle RSA della Lombardia, soprattutto, ma non certamente per colpire le RSA della Lombardia, ma per colpire delle istituzioni importanti e decisive, soprattutto in questa fase, come le regioni. Questo è un errore clamoroso ed è una mancanza di equilibrio politico e di sensibilità politica, in cui il Governo, purtroppo, e anche i partiti che sostengono il Governo, hanno gravissime responsabilità. Il problema delle RSA è un problema che è uscito in maniera esplosiva, direi, parlando delle situazioni della Lombardia, in particolare l'Opera pia Trivulzio, di cui tutti noi abbiamo sentito parlare, tutti i giorni in queste ultime settimane, ma è una problematica nazionale. Io ricordo che, un mese e mezzo, due mesi fa, prima che scoppiasse questa disgraziatissima, incredibile pandemia, ho avuto modo di contattare dei responsabili di strutture RSA, certamente non della grandezza, come numero, di utenti dell'Opera pia Trivulzio, ma sicuramente importanti; e allora mi dissero, ricordo con grande piacere, anche perché poi le cose si sono rivelate positive, mi han detto: guardi, onorevole, l'unico modo per impedire che la pandemia arrivi anche nelle nostre strutture, facendo stragi, è quello di chiudere completamente la struttura. Uno di questi direttori sanitari, anzi, mi disse: io ho convinto tutto il personale a rimanere all'interno della struttura, senza uscire per almeno una ventina di giorni, poi si farà un cambio in maniera molto attenta, in modo da evitare in maniera assoluta gli scambi con l'esterno. Bene, in questa struttura, che è collegata ad altre e che quindi ha una sua dimensione importante anche dal punto di vista numerico, ad oggi, e tocco ferro evidentemente, non c'è stato alcun caso. Quindi questo vuol dire che forse si potevano preparare le cose un pochino meglio, ma questo, evidentemente, non riguarda solamente la regione Lombardia, ma riguarda tutte le altre regioni italiane, riguarda le RSA della Spagna, le RSA degli Stati Uniti - ammesso che ce ne siano come dovrebbero essercene, perché non conosco la situazione americana, ma sicuramente quella spagnola è stata, in qualche modo, evidenziata in maniera molto chiara - e le RSA di tante altre nazioni. E qui un inciso sulle RSA io credo che dobbiamo farlo, è molto importante: nei prossimi mesi io credo che sulle RSA del nostro Paese dovremo poter fare dei grossi investimenti. Non è che “passata la festa (chiamiamola festa), gabbato lo santo”. Questo problema, purtroppo, si potrà ripresentare in maniera anche diversa, perché non è detto che si ripresenti nella stessa identica maniera, ma la situazione delle nostre RSA non è degna di un Paese civile, anche se, ripeto, credo che non sia diversa da quella di tanti altri Paesi.

E vorrei finire con qualche riflessione molto, molto breve su quello che si sta facendo e come stiamo andando avanti, una piccola riflessione di tipo politico, e mi rivolgo al Presidente del Consiglio. Il Presidente del Consiglio è stato invitato in maniera estremamente chiara dal Presidente della Repubblica, dall'onorevole Mattarella, a portare avanti, pur nella diversità ovvia dei ruoli, un discorso di unità nazionale. Bene, le forze del centrodestra hanno recepito questo tipo d'invito, ci sono stati una serie di incontri, che però si sono rivelati solamente il modo, quando andava bene, per venire a conoscenza di situazioni ormai già determinate e sulle quali non si poteva dare alcun tipo di contributo positivo. Non è questo il modo con cui il centrodestra, ma Forza Italia in particolare, ritiene che si debba dare un contributo. Il contributo non può essere solamente ed esclusivamente, quando va bene, conoscitivo. Dico quando va bene, perché molto spesso le cose non le abbiamo sapute dal Governo, dal Presidente del Consiglio, dai Ministri, ma le abbiamo sapute dalla televisione, da Facebook o da altri network di vario genere. Il contributo deve essere quello di partecipazione attiva alle scelte, partecipazione attiva che non c'è stata in alcun modo, da cui siamo stati assolutamente esclusi. Questo non vuol dire… non si devono creare problematiche a nessuno di ipotetiche possibili entrate, di aiuti esterni… no, non c'è nessuna entrata, non c'è nessuna volontà di aiuto esterno a questo Governo, perché devo dire che di questo Governo in questi mesi abbia già rivelato le manchevolezze; e quindi non abbiamo nessuna volontà, neanche lontana, neanche nascosta, neanche, non so come dire, di fare da ruota di scorta. Quello che, però, avevamo volontà di fare era dare un contributo importante e qualificante, per cercare di uscire da questa situazione: una situazione che vede il Paese in straordinaria crisi, una situazione che vede i nostri cittadini sempre più drammaticamente preoccupati. E qui non si tratta più “solamente”, purtroppo, e dico “solamente” tra virgolette, di un fatto sanitario, ma di un fatto di sopravvivenza. Abbiamo sentito parlare, abbiamo sentito dire: interveniamo col bazooka, interveniamo con denari in qualche modo quasi a pioggia. Non è questo che volevamo. Volevamo degli interventi anche mirati, ma veloci, necessari. Le persone, le piccole aziende, le persone fisiche, non hanno la forza di andare avanti, ce lo dicono, ce lo urlano, ci fermano; quando rientriamo nei nostri collegi veniamo subissati da richieste di persone che mai avremmo pensato già in condizioni difficilissime. Questo vuol dire che, se il Governo non interverrà da subito - da ieri! - con iniezioni importanti di liquidità, queste realtà non verranno più recuperate nei prossimi mesi e tante piccole e medie aziende non riprenderanno la loro attività. Questo, evidentemente, è assolutamente negativo per il titolare di queste aziende, ma è altrettanto negativo - e le preoccupazioni sono anche per queste persone, evidentemente - per tutti i loro collaboratori, che, a breve scadenza, si troveranno, senza alcuna garanzia di nessun genere, sulla strada, senza un lavoro, senza la possibilità di dare da mangiare ai propri figli.

Si potrebbero dire molte altre cose, evidentemente. Il canale bancario - che è quello su cui il nostro Governo ha puntato in maniera particolare - si sta rilevando, purtroppo, lo dico, ancora una volta inadeguato. Qualche banca sta lavorando discretamente, tante altre invece creano difficoltà. Ma anche in questo caso, se mi consentite - e lì bisognerebbe verificare meglio -, le difficoltà sono dovute sia alle banche, sia al modo con cui il Governo è intervenuto per garantire le banche, che, in qualche modo, come sempre, difetta di chiarezza e mette in piedi una serie di difficoltà burocratiche, che, di fatto, non si rivelano negative per le banche, ma si rivelano negative per i fruitori dei denari delle banche.

Un'ultima considerazione riguarda l'intervento che, proprio ieri, ha fatto il Presidente della Corte costituzionale. Anche in questo caso, dopo il monito del Presidente della Repubblica perché il Governo, in qualche modo, fruisca della collaborazione di tutte le forze parlamentari, il secondo monito arriva oggi, importante, qualificato, di altissimo livello: è quello del Presidente della Corte costituzionale, che ci ricorda la Carta costituzionale come elemento da cui non possiamo prescindere.

L'augurio che faccio, che mi faccio, ma, soprattutto, che faccio al nostro Paese, è che il Presidente Conte e il Governo non abbiano bisogno di un altro monito, perché, in questo caso, evidentemente, non è una preoccupazione che ho per il Presidente Conte o per il Governo, ma è una preoccupazione che ho per il Paese e per gli italiani.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rizzo Nervo. Ne ha facoltà.

LUCA RIZZO NERVO (PD). Grazie, Presidente. Per discutere con oggettività, fra di noi, di questo decreto, come delle diverse scelte che sono state assunte per la difficile gestione di questa crisi sanitaria, io credo sia necessario ribadire e ricordare a noi stessi, una volta di più, di cosa stiamo parlando: della straordinarietà di un evento senza precedenti. Siamo di fronte ad una pandemia globale, asimmetrica nelle dinamiche di propagazione, aggressiva come mai nessun virus era stato in precedenza, inedita e sconosciuta, di complessa interpretazione anche per le massime e indipendenti autorità sanitarie mondiali, che si sono trovate ad evidenziare, di volta in volta, evoluzioni impreviste, clamorose smentite, dinamiche inattese.

Abbiamo scoperto, lungo questi due lunghi, faticosi mesi, che anche la scienza, a cui guardiamo sempre con attesa di certezze fondate ed immutabili, non è stata talvolta in grado di offrirne, tantomeno in modo univoco, davanti ad un evento virale di questa portata e novità, se non procedendo per determinazioni successive, approssimazioni e monitoraggio delle evoluzioni, anche quelle - torno a dire - impreviste. Abbiamo assistito a dinamiche epidemiologiche differenti e condizionate da un'enormità di fattori, anch'essi non tutti coerenti e lineari, con marcate caratterizzazioni territoriali.

Per tutte queste ragioni e molte altre, COVID-19 è uno tsunami, che non ha possibili termini di paragone e ha posto le autorità a cui è affidato il potere decisionale nella necessità di assumere un atteggiamento informato alla massima prudenza, alla flessibilità delle misure, in una concatenazione continua fra esiti delle misure precedenti e programmazioni delle successive, e ad una declinazione dei provvedimenti collegata strettamente all'andamento epidemiologico che ha avuto le caratteristiche che ho appena detto. Lo hanno fatto lavorando quotidianamente, ora per ora, a fianco del comitato scientifico, che proprio questo decreto definisce nel ruolo e nelle funzioni e che ha orientato le scelte intorno alle progressive evidenze di questa pandemia virale. Sono state, insomma, necessarie scelte rapide, in emergenza; c'è stato bisogno di strumenti straordinari, c'è stata la necessità anche di rivoluzionare interi settori della risposta pubblica ai problemi di salute: penso al settore dell'emergenza-urgenza, penso alle terapie intensive, dove si è fatto uno sforzo straordinario. Noi siamo partiti con una dotazione di posti in terapia intensiva di poco più di 5.240 posti, oggi siamo oltre 9 mila: uno sforzo straordinario, che ha voluto dire non solo aumentare quei posti, assumere personale, ma ha voluto dire riorganizzare complessivamente la risposta di salute del nostro Paese.

Da tutto questo, da queste dinamiche che, a volte, sono apparse confuse o contraddittorie, ma che sono, appunto, invece, l'esito di un approccio necessariamente progressivo delle decisioni, sono nate discussioni legittime, normali in una dialettica democratica, su cosa si poteva fare di più e meglio, se ha funzionato o meno il rapporto fra potestà dello Stato e riserva di competenza regionale nella gestione della crisi sanitaria, se quel codice Ateco era giusto autorizzarlo o meno.

Un dibattito legittimo, badate bene, ribadisco, forse solo anticipato rispetto ai tempi propri di un dibattito di questo genere che, a mio avviso, dovrebbe avvenire, sarebbe normale e giusto che si svolgesse alla fine dell'emergenza e non a emergenza ancora pienamente in corso.

Quindi, tutto è legittimamente oggetto di dibattito, di una pluralità di giudizi, tranne la scelta che contiene il decreto di cui oggi discutiamo: il distanziamento sociale, il contenimento prodotto dal lockdown, la pur dolorosa limitazione di alcuni diritti di libertà, quali la libertà personale, di circolazione, di soggiorno, di riunione, la libertà di iniziativa economica privata, di cui agli articoli 13, 14, 16 e 41 della nostra Costituzione, giustificate da altri interessi costituzionali, quali, nel caso di specie, la tutela della salute pubblica, di cui all'articolo 32 della nostra Costituzione. Insomma, il distanziamento sociale, il contenimento, di cui oggi discutiamo nella conversione di questo decreto, è stato ed è il più efficace antidoto alla diffusione del virus. Il confinamento ha impedito il contagio di 600 mila persone, un ricovero di almeno 200 mila persone in Italia. Le restrizioni alla mobilità e alle interazioni umane hanno ridotto il tasso di trasmissione del 45 per cento: sono dati non miei, sono studi che si sono susseguiti in queste settimane.

Insomma, le drastiche misure adottate dal Governo italiano, di cui discutiamo oggi nel percorso di conversione di questo decreto, hanno avuto un effetto decisivo ed hanno impedito il tracollo delle infrastrutture medico-sanitarie del nostro Paese. Cioè, oggi dibattiamo di misure che, al netto del giudizio politico, plurale, legittimo, hanno prodotto un esito scientificamente determinato, misurabile in decine di migliaia di vite umane sottratte ad un esito di morte. Scelte assunte con tempestività e mantenute in una ferma coerenza, a differenza - mi si permetta - di molti altri Paesi, che abbiamo visto prima sottovalutare, poi allarmarsi, poi inseguire questa o quella soluzione terapeutica, in definitiva, ancora oggi, farsi strattonare in maniera ondivaga dalla pluralità di punti di vista della propria comunità scientifica, della propria opinione pubblica. Qui non è avvenuto e i contenuti di questo decreto sono l'espressione di una scelta politica difficile, ma risoluta, a cui ha corrisposto un atteggiamento di responsabilità straordinaria degli italiani.

Lungo il racconto anche pubblico, anche attraverso i canali televisivi o i social media, si sono sottolineate spesso, in una spesso cinica ricerca del malfunzionamento del nostro Paese, le eccezioni negative: il numero di multe fatte in una giornata a chi violava i divieti, i sindaci e i presidenti di regione alle prese con cittadini riottosi ad accettare le misure nelle città. Tutto vero, ma se oggi possiamo parlare di un progressivo successo delle misure di distanziamento sociale è perché gli italiani hanno risposto in modo encomiabile alla richiesta di collaborazione, anche quando questo ha voluto dire sofferenza perché, magari, questo è avvenuto in situazioni abitative che hanno reso eroica questa resistenza.

E ci tengo a fare tre fotogrammi di questi eroi, di questi protagonisti di questa collaborazione: le famiglie, le famiglie italiane, che hanno dimostrato una capacità straordinaria di resilienza in condizioni difficili nella gestione della propria dinamica di vita e di lavoro, nel rapporto con dei figli, spesso, privati del diritto all'infanzia, del loro diritto alla socializzazione con i propri simili e che, ciononostante, hanno prodotto con straordinaria creatività, con straordinaria empatia, soluzioni e collaborazione per questa situazione. Poi, i professionisti sanitari: ce ne siamo ricordati, abbiamo parlato di eroi anche in quel caso, parlando di persone che hanno svolto, come fanno quotidianamente, come hanno fatto anche prima del COVID, il loro lavoro.

E' un lavoro straordinario, un lavoro importantissimo, di cui sarà bene ricordarci non solo lungo l'emergenza COVID, ma anche nelle successive scelte, nelle successive risorse che destineremo al Sistema sanitario italiano; abbiamo avuto l'evidenza di uno straordinario capitale di competenze per il nostro Paese. Infine, un terzo fotogramma è il mondo della scuola: gli insegnanti, i docenti, gli educatori, che hanno provato e sono riusciti a offrire alle famiglie e ai ragazzi una continuità scolastica, certo offerta in modo difficile e complesso, ma ciò nonostante con una straordinaria abnegazione e con la voglia di guardare al futuro con ottimismo, senza appunto farsi sopraffare dalla situazione data. Ebbene, dunque, per tutti loro dobbiamo proseguire questa strategia di attenzione e di prudenza, e questo provvedimento svolge un ruolo importante. laddove si propone di razionalizzare le misure di contrasto e di contenimento alla diffusione dell'epidemia, il procedimento e gli strumenti giuridici di loro applicazione, anche in funzione dei rapporti fra lo Stato e le regioni, e infine la determinazione delle sanzioni applicabili. E' un provvedimento diretto a tipizzare in atto di rango primario, in norma di legge, le misure applicabili su tutto il territorio nazionale per un periodo di tempo predeterminato al fine di contenere e contrastare i rischi sanitari. Un provvedimento, insomma, per mettere ordine, con misure che devono corrispondere a principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio, anche eventualmente su singole parti del territorio nazionale, il che prefigura, insieme alla disciplina di misure urgenti di carattere regionale e infraregionale - che ci sono state -, la possibilità di un'evoluzione differenziata delle misure di contenimento che sono state per un lungo periodo omogenee e sono per tutto il Paese. Questo, credo, sarà decisivo anche per la gestione della “fase 2”, immaginando delle ripartenze anche su base regionale, in base a dei dati epidemiologici territoriali, che come sappiamo sono differenti. Vi è, quindi - ribadisco - la volontà, con questo atto, di sistematizzare e rendere certe le limitazioni che di volta in volta sono state previste, diversamente modulate in ragione dell'evolversi della situazione epidemiologica. Questo decreto rappresenta, poi, la base giuridica - lo dicevo - del potere di ordinanza regionale di carattere contingibile e urgente, e fissa i limiti, gli ambiti di intervento, le finalità del potere relativo, i tempi di durata dei provvedimenti. In particolare, il provvedimento stabilisce che le regioni possano emettere ordinanze contingibili e urgenti nella materia della tutela della salute pubblica al verificarsi di specifiche situazioni di aggravamento sopravvenute dal rischio sanitario del proprio territorio. Io credo nel dibattito che si è scatenato fra diciamo competenze regionali e ruolo, invece, di omogeneizzazione e di equità territoriale che lo Stato deve garantire, io credo che in questa vicenda tutte le parti abbiano, nell'emergenza, svolto un ruolo decisivo. Poi, certo, ci sarà la necessità, alla fine di questo percorso, di affrontare in maniera risoluta il tema del rapporto fra le competenze statali e regionali. Ci tengo anche a sottolineare il lavoro - è stato già richiamato in precedenza da alcuni interventi - svolto in sede referente dalla XII Commissione Affari sociali. Anche io ringrazio la Presidente per la conduzione che ha consentito un lavoro prezioso ed efficace nel migliorare questo decreto, a riprova che le prerogative, le relazioni, la capacità di ascolto fuori da quest'Aula dei parlamentari sono una risorsa di cui avvalersi nella gestione della crisi: è la democrazia parlamentare, non lo stato di eccezione, che ci aiuterà a uscire da questa situazione. Io credo che anche le proposte che sono in corso di formulazione - qualcuno ne faceva accenno - di parlamentarizzare le scelte, anche in relazione allo strumento del DPCM, ci possano aiutare in questa direzione. Dicevo, il lavoro in sede referente della XII Commissione ha portato alcuni miglioramenti. Alcuni hanno anche raccolto - lo dico anche rispetto a quanto veniva detto - delle proposte giuste che venivano dall'opposizione. Abbiamo, ad esempio - raccogliendo quello che poi è stato un emendamento della collega Bellucci e che ha visto anche la uguale, analoga, presa di posizione da parte delle forze di maggioranza - previsto che, nel rispetto delle condizioni di sicurezza sanitaria, potessero essere consentite le uscite necessarie al benessere psicofisico delle persone con disabilità motoria, con disturbi dello spettro autistico, con disabilità intellettive e sensoriali. Insomma, abbiamo riconosciuto come, nel quadro di una norma di portata generale, fosse necessario contemplare anche dei bisogni particolari e rendere possibile la loro soddisfazione. Abbiamo previsto che, laddove si dice che si sospendono le procedure concorsuali, questa sospensione non riguardasse i concorsi del personale sanitario e sociosanitario; questo certamente per una ragione di ovvio buonsenso, in quanto abbiamo ancora adesso bisogno di personale sanitario, posto che c'è stata una fase straordinaria di competenze sanitarie da mettere a disposizione di questa crisi; tuttavia, io credo che questa scelta insista anche sul piano del simbolico. In questi mesi, in queste settimane, noi abbiamo dovuto ricorrere, per appunto sopperire a uno straordinario bisogno di personale sanitario, medico, infermieristico, a contratti di collaborazione a tempi determinati, che sono stati attivati dalle aziende sanitarie, di contratti di modalità di lavoro sanitario attraverso lo strumento delle partite IVA. Insomma, abbiamo messo in campo qualunque strumento necessario nell'urgenza, ma la strada maestra, che ci insegna ancor di più, una volta di più questa emergenza, è che noi dobbiamo investire sul capitale professionale dei professionisti sanitari, dei medici, degli infermieri e di tutto il personale sanitario, quindi la prospettiva è quella dei concorsi, è quella della stabilizzazione, è quella - ripeto - di un investimento straordinario in quelle competenze e questo emendamento credo che dica che questa strada è da percorrere. Ancora, abbiamo affrontato - è stato detto - il tema delle RSA per prevedere il divieto finanche dell'accesso di parenti e visitatori nelle strutture di ospitalità e lungodegenza. Certo, fatto doloroso, forse uno degli aspetti quasi eticamente più tragici di questa vicenda è dato dalle distanze che si sono dovute produrre anche fra i parenti e le persone che erano in degenza, ma abbiamo, credo, colto l'esigenza di tutelare un contesto, come quello delle strutture sociosanitarie, particolarmente delicato, particolarmente vulnerabile. Dico ciò anche rispetto a quanto diceva un attimo fa l'onorevole Bagnasco, poiché io non entro nelle verifiche giudiziarie che sono in corso, non entro nelle indagini, che pur stanno evidenziando mancanze drammatiche, ma dico all'onorevole Bagnasco che non si tratta di fare polemica sulle RSA, come lui ha detto, quando si sottolinea come inopportuna la scelta di alcune regioni di avere immaginato, in piena crisi, di portare malati COVID-19 all'interno di strutture sanitarie sociosanitarie che ospitano persone anziane, cioè la parte di popolazione dichiarata unanimemente più vulnerabile e più sofferente rispetto ai rischi del Coronavirus. Tuttavia, rispetto a una volontà che non è quella della polemica, io credo che questa vicenda ci dica anche, rispetto alle strutture sociosanitarie, che va ripensata complessivamente la risposta socioassistenziale per gli anziani. Noi lo diciamo spesso: il territorio, la presa in carico, la necessità di una conoscenza più approfondita di cluster territoriali o di cluster legati all'età, per avere una capacità di presa in carico più tempestiva e più efficace nei suoi esiti. Ecco, adesso è arrivato il momento davvero di fare ciò, di produrre, anche qui, un grande investimento che veda nella risposta sociosanitaria non la “sorella povera” della risposta ospedaliera, ma un pezzo fondamentale e complementare della risposta ai bisogni di salute e sociali della nostra popolazione. Poi, ancora, in sede referente abbiamo fatto una scelta che credo giusta, ossia abbiamo precisato che i prefetti possono assicurare l'esecuzione di misure di contenimento nei luoghi di lavoro avvalendosi delle competenze del personale ispettivo delle aziende sanitarie e dell'Ispettorato nazionale del lavoro.

Quindi, anche in questo caso un controllo che non è semplicemente un controllo formale, ma è un controllo competente anche rispetto a chi ha il compito di collaborare per garantire la sicurezza sul lavoro.

Dunque, credo che nel lavoro parlamentare si sia migliorato questo decreto e credo che un profilo di coerenza e di flessibilità, in un rapporto che eviti contraddizioni fra la coerenza e la flessibilità, abbia caratterizzato le misure di distanziamento sociale e di contenimento che oggi discutiamo; ora, coerenza e flessibilità serviranno anche nella delicatissima fase della progressiva riapertura che dovrà essere fatta assumendo lo stesso criterio di prudenza, supportando le attività produttive del nostro Paese in una inevitabile riorganizzazione logistica e produttiva del proprio lavoro e del concetto stesso di sicurezza sul lavoro e servirà uno straordinario sforzo di monitoraggio epidemiologico, per garantire una rapidità di scelte che dovessero imporsi per evitare che lo straordinario sforzo civico messo in atto dagli italiani in questi mesi risulti vano; si tratta, dunque, di un profilo di coerenza e flessibilità che dovrà proseguire. Io credo anche, invece, rispetto, come dicevo, al monitoraggio epidemiologico, che andranno rafforzati e maggiormente coordinati, lo dico alla sottosegretaria Zampa, i presidi e i dipartimenti di sanità pubblica che hanno svolto uno straordinario lavoro in questa fase, ma, certamente, il tema del public health diventa fondamentale nella ripartenza; occorre rafforzare quella risposta per garantire, lo ripeto, la rapidità delle scelte che dovranno realizzarsi. Insomma, abbiamo di fronte a noi una strada ancora lunga e complessa che chiederà lo sforzo di tutti, del Governo e del Parlamento nella pienezza delle sue funzioni, e che chiede, nella pluralità delle opinioni, il massimo dell'unità del Paese, per dimostrarsi all'altezza di questa sfida immane, compito che proveremo a corrispondere con responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Teresa Baldini. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BALDINI (FDI). Grazie, Presidente. Credo che ormai sia sotto gli occhi di tutti l'operazione di complessa ingegneria legislativa con cui si sta affrontando l'emergenza epidemiologica in atto, fatta di sovrapposizioni normative e di decreti-legge che nella loro conversione diventano vetusti, di abrogazioni di disposizioni di decreti-legge ancora in fase di conversione e di DPCM, a cadenza bisettimanale, che includono elementi che, invece, dovrebbero essere messi in un decreto-legge, con la conseguenza che un provvedimento come quello in esame, sebbene emanato il 25 marzo, debba essere letto in combinato disposto con l'ultimo DPCM, emanato esattamente un mese dopo, e che, paradossalmente, riguarda una fase successiva rispetto a quella di emanazione del decreto-legge in oggetto.

Sappiamo bene che il decreto-legge in esame dovrebbe essere una base giuridica inclusiva delle disposizioni imprescindibili che dovrebbero orientare gli attuativi governativi, ma non è così. Limitandosi questo a un'articolazione di espressioni vuote e inefficaci che attendono di essere capite con ambizione soltanto quando sono declinate nelle norme del DPCM di turno e, nel frattempo, il Parlamento resta un soggetto veramente defilato, silente, una caricatura di quello che la Costituzione preveda debba essere. La gestione dell'emergenza non è una deroga alla Costituzione, determinate misure meritano di essere trattate, discusse e condivise con il Parlamento, ma da circa due mesi questo non avviene (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ritornando al provvedimento, ricordo che tra le misure per la gestione dell'emergenza da COVID-19, all'articolo 1, comma 2, lettera e), vi è l'adozione di misure di informazione e di prevenzione rispetto al rischio epidemiologico; si tratta di un'eccezione piuttosto ampia che si declina in maniera discrezionale e variegata nei vari DPCM. Sarebbe stato auspicabile e legittimo che in sede parlamentare si fosse discusso delle specifiche di tali misure in capo ai singoli cittadini, agli esercizi commerciali e alle attività attualmente operative e, soprattutto, a quelli che nelle prossime settimane dovrebbero riaprire che, praticamente, brancolano nel buio. Come è noto, mi sono fatta promotrice, fin da febbraio, dell'urgenza di prevedere un obbligo di mascherine e strumenti di protezione tattile, come guanti monouso, e si fa sinceramente fatica a capire il perché questo obbligo sia arrivato così in ritardo e soltanto in un DPCM, così come avevo immaginato. Una mia proposta emendativa prevedeva quest'obbligo a chiunque si rechi fuori dalla propria abitazione o da qualsiasi altro luogo, non sicuramente limitandolo ai luoghi pubblici, anche perché la pratica del “metti e togli” la mascherina non è assolutamente esente da rischi. L'obbligo, pertanto, meritava di essere presente in questo decreto-legge, consentendoci di avere un vantaggio di almeno un mese e consentendo di evitare qualche migliaio, se non più, di contagi. Ma il tempo delle responsabilità credo sia ancora lontano. Nell'attuale fase di contenimento, così come nella successiva fase di riattivazione socio-economica, sarebbe stato opportuno prevedere l'istituzione di cellule sanitarie mobili sul territorio nazionale, presso le quali attuare la distribuzione gratuita di mascherine, di soluzioni idro-alcoliche o di altri dispositivi di protezione personale, atti proprio al contenimento della propagazione del COVID-19, anche al fine di contenere la speculazione commerciale correlata all'emergenza e di garantire sicurezza a tutti i cittadini. In questa prospettiva, ci auguriamo che possa esserci l'opportunità di affrontare il tema delle cellule sanitarie in tutte quelle strutture, in primis i complessi scolastici, in cui l'alto assembramento o la potenziale rapidità di propagazione virale possono rappresentare degli elementi di particolare sensibilità da tenere sotto controllo.

Con riferimento alla lettera u) dell'articolo 1, comma 2, dove viene evidenziato l'obbligo a carico del gestore di esercizi commerciali di predisporre le condizioni per garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o a ridurre il rischio di contagio, alla luce del recente DPCM, sappiamo che vi sarà un rimando all'ennesimo protocollo. Ciò non fa altro che complicare le idee ai commercianti, rimandando ancora una volta l'opportunità di attivarsi e dotarsi degli strumenti e delle condizioni indispensabili per poter ripartire. Perché non si è voluto avviare in sede parlamentare un ragionamento approfondito in materia di dispositivi di sicurezza? Non si è mai parlato dell'installazione di adeguate barriere di protezione in vetro o in plexiglas, ad esempio, presso i banchi cassa degli esercizi commerciali di vendita al dettaglio. Molti supermercati, in maniera autonoma, si sono dotati di barriere in plastica, messe su aste di legno, in assenza di indicazioni precise da parte delle autorità competenti. Non è possibile lasciare i commercianti e gli imprenditori anche con l'onere di provvedere in maniera autonoma a questi strumenti, ma dovrebbe essere lo Stato a sostenerne i costi. Fin dalle prime battute della gestione emergenziale si è inteso salvaguardare il prosieguo delle attività necessarie per assicurare la reperibilità dei generi agricoli, alimentari e di prima necessità, ma si è trascurato un aspetto tipico degli scenari di crisi e di confusione: il rischio di una speculazione sul prezzo di questi prodotti che, sebbene garantiti, rischiano di essere inaccessibili per alcune categorie. Da giorni, sto segnalando il rischio di una vera e propria emergenza alimentare, fatta di caro prezzi, con rincari anche del 300 per cento di prodotti primari come frutta e verdura, con conseguente inaccessibilità dei più poveri a un'alimentazione di qualità e, quindi, di salute. Le pratiche speculative risultano essere una costante in assenza di iniziative delle istituzioni che mirino a prevedere un blocco straordinario dei prezzi e un monitoraggio attivo sul mercato. Ricordo quanto sta accadendo, invece, per il latte, prodotto alla base di molte diete, soprattutto, dei più fragili e come alimento completo, di cui l'Italia rappresenta un presidio produttivo di altissima qualità; in queste settimane di emergenza gli allevatori, che, lo ricordo, sono una garanzia per il territorio in termini di sicurezza, pulizia e monitoraggio, sono in ginocchio per le condizioni a cui sono stati sottoposti, invitati a ridurre la quantità di produzione, e a cui sono stati imposti prezzi per tonnellata assolutamente irrisori, tali da mettere in crisi lo stesso comparto e, paradossalmente, agevolare la filiera dell'importazione. Ci troviamo dinanzi a un paradosso tutto italiano, in cui la qualità viene compromessa con il rischio di compromettere l'intera filiera in maniera davvero irreversibile. Con l'ordinanza n. 11/2020, il commissario Arcuri ha stabilito il prezzo finale di vendita al consumo dei prodotti e delle mascherine praticato dai rivenditori finali, argomento su cui è stata scritta una delle pagine più vergognose della storia economica recente. Sarebbe il caso che per la durata dell'emergenza venissero monitorati i prezzi dei prodotti basilari nella dieta di una famiglia, soprattutto dove ci sono bambini e anziani.

Un piano per uscire dalla crisi è un piano sanitario che tenga conto delle specifiche competenze e relative responsabilità da parte di ciascuna professionalità e competenza: un piano sanitario che tenga conto che la vera rivoluzione sanitaria è la prevenzione; ma andrei oltre: la vera rivoluzione sanitaria è l'educazione sanitaria. E proprio come sosteneva il cardinal Martini, educare, educare ancora, come progetto per superare le difficoltà. Occorre tecnica, occorrono tanti presidi, occorrono tante competenze, ma occorre anche anima e assunzione di responsabilità: il Governo deve educare e aiutare chi ancora sta sottovalutando il problema o magari non è capace di affrontarlo, con regole chiare, precise. Non mi pare lo stia facendo, a partire proprio dall'uso delle mascherine. Nelle varie conferenze stampa c'è chi sostiene ancora che la mascherina non la userà mai: questa è educazione o confusione informativa? O crea un disorientamento, certamente, a chi ascolta? Ma chi sostiene questo prima o poi dovrà assumersene tutte le responsabilità sulla diffusione del COVID-19 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Erasmo Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Signor Presidente, questa discussione generale è l'occasione per portare in quest'Aula una discussione e una riflessione anche sul futuro. Io non credo ovviamente che dobbiamo trasformare questo consesso in un consesso di virologi, ma pur senza farlo è chiaro, credo a tutti noi, che con questo virus dovremmo prepararci a convivere a lungo. Non è infatti all'ordine del giorno la possibilità che si esca da questa condizione di pandemia a breve, né che un vaccino si presenti a noi nei prossimi mesi. E allora probabilmente dovremmo cominciare a ragionare, oltre che delle misure di contenimento che fino a qui il Governo ha assunto, dovremmo cominciare a pensare anche a come attrezzare la nostra società e il nostro Paese a convivere con questo virus.

Quanto fin qui deciso riguarda il presente, riguarda la necessità di garantire la sicurezza di tutti i cittadini; ed è quanto questo Governo ha fin qui fatto, con una risposta adeguata e proporzionata alla minaccia che il virus rappresentava. Sottovalutare il virus, la violenza con cui colpisce soprattutto le persone più vulnerabili, sarebbe un errore fatale. Abbiamo visto che cosa questo ha comportato, che cosa ha significato gestire con leggerezza il virus. In Lombardia la delibera con cui si disponeva che i malati COVID-19 venissero portati nelle RSA è stata causa di un aumento della diffusione del virus e di migliaia di morti; ed è evidente che essa è stata dovuta alla considerazione che si potesse gestire questa emergenza sanitaria come sempre, come se nulla fosse successo, e quindi pensare che potesse essere anche un'occasione per alimentare, attraverso l'emergenza, la privatizzazione del sistema sanitario. Su questo andranno accertate delle responsabilità politiche: è compito della magistratura, ma credo che questo Parlamento dovrà in futuro occuparsi di andare a verificare che cosa è successo in quella che viene chiamata la strage delle RSA con una Commissione d'inchiesta.

Ma da qui vorrei far partire una prima considerazione sul futuro: possiamo davvero permetterci che il sistema sanitario continui ad essere regionalizzato, con una risposta diversa per ogni regione? E possiamo continuare a permetterci una strisciante privatizzazione del Servizio sanitario nazionale dopo quello che è accaduto? Abbiamo visto cosa negli ultimi vent'anni ha comportato questo processo lento di privatizzazione e di affidamento al privato dei servizi essenziali, e abbiamo visto che cosa ha comportato dal punto di vista della gestione il combinato disposto di queste due cose, la regionalizzazione da una parte e il sistema di privatizzazione strisciante del sistema sanitario dall'altro: l'aumento e la crescita di corruzione e speculazione che si sono scaricate sulla pelle e sulla vita in questo caso dei cittadini. E da questo punto di vista la Lombardia continua ad essere un punto di riferimento, purtroppo, in negativo: le centinaia di indagini che hanno visto il sistema sanitario lombardo al centro di operazioni corruttive e speculative dimostrano esattamente questo. Non solo la Lombardia, purtroppo, ma è un po' un caso generalizzato in Italia: il sistema sanitario abbiamo visto come spesso sia al centro di fenomeni corruttivi, che anche proprio per la diffusione della regionalizzazione si manifestano più facilmente.

E allora proverei proprio a partire da qui: non sottovalutare il virus significa assumersi delle responsabilità. In primo luogo quella di dire: non siamo pronti per allentare le misure di contenimento. È presto, non siamo pronti perché il virus è ancora in una fase di diffusione molto alta, e soprattutto perché il Paese non è ancora attrezzato. Non siamo pronti perché non lo eravamo davanti a questa minaccia, non lo eravamo noi come non lo era nessuno. Siamo il Paese che al mondo ha dato la risposta più tempestiva, e che è riuscito a contenere il virus laddove si è manifestato per primo, lasciando in condizioni di sicurezza buona parte del Paese. Non voglio neanche immaginare che cosa sarebbe successo se si fosse perso del tempo a chiudere il Paese, con la diffusione del virus con la stessa violenza della Lombardia in tutto il territorio nazionale.

E vorrei quindi chiedere a voi, che siete venuti qui oggi a dire che bisogna riaprire tutto, se vi siete chiesti come mai proprio il Nord sia stato colpito più duramente dal virus. Al netto delle differenziazioni che proprio qui citavo rispetto alla gestione regionale, la causa adesso… Proprio per uscire fuori da quella che può sembrare una polemica squisitamente politica, basta vedere che il modo diverso in cui è stata affrontata l'emergenza sanitaria in Lombardia e Veneto, due regioni amministrate dallo stesso partito, ci ha dimostrato che nello stesso momento in cui si è manifestato il primo focolaio in Lombardia e in Veneto, le gestioni separate, diversificate hanno portato da una parte una regione che ha la stessa caratteristica, anche dal punto di vista dell'industrializzazione, della Lombardia a contenere quel contagio e a riuscire in qualche modo oggi a trovarsi in una condizione diversa, e dall'altra parte invece abbiamo visto il disastro della Lombardia. Ma al netto di questa differenza, perché il virus si è diffuso così al Nord invece che nel resto del Paese? Perché dopo le RSA, i luoghi di lavoro sono stati i principali luoghi di contagio e diffusione del virus; perché è chiaro che la parte più industrializzata nel Paese, nel ritardo anche nel chiudere alcune attività produttive, ha favorito la diffusione del virus soprattutto tra i lavoratori.

E allora io penso che oggi dovremmo provare a discutere di questo. Vedo invece molto concentrata l'opposizione a discutere della legittimità degli strumenti e del ruolo del Parlamento: discussione importantissima, e su questo vorrei dire due cose. La prima: in questo decreto-legge che sta discutendo oggi in Parlamento c'è sostanzialmente la delega ad emanare ordinanze attraverso lo strumento del DPCM al Presidente del Consiglio per misure di contenimento urgenti. In questo momento il Parlamento ha il potere, e quindi la legittimità, di cancellare quella delega, di condizionarla, di cambiare tutte le misure contenute nei DPCM: per cui farei molta attenzione a gridare al furto di democrazia, alla limitazione della sovranità popolare, perché qui oggi noi tutti parlamentari in quest'Aula abbiamo la possibilità di esercitare il nostro pieno ruolo e modificare, integrare tutto quello che sta accadendo. C'è un emendamento del collega Ceccanti che per esempio propone di avviare un processo di parlamentarizzazione dei DPCM, e quindi di controllo parlamentare su quello strumento. Questo decreto-legge prevede che questa modalità sia valida fino al 31 luglio, data di fine, di scadenza del periodo di emergenza: c'è tutta la possibilità di questo Parlamento di farlo. Io credo che il Parlamento debba essere messo nelle condizioni di partecipare e vagliare soprattutto le misure che incidono e impattano sulla libertà dei cittadini, e di trovare tempestivamente il modo di intervenire e legittimare le decisioni che sono state assunte.

Però su questo mi permetta, Presidente, di approfondire e di mettere in campo un altro elemento di riflessione: ovvero il ruolo del Parlamento, che non oggi è già stato compromesso.

Noi assistiamo da anni a un sostanziale scivolamento del potere legislativo in capo a quest'Aula verso il Governo. L'abuso della decretazione d'urgenza e il ricorso continuo al voto di fiducia sono stati lo strumento con cui negli anni si è svuotato e si è limitato il ruolo del Parlamento come luogo di elaborazione e di proposizione legislativa. Questa limitazione oggi si manifesta con maggiore difficoltà nel momento in cui il Parlamento non è stato in grado di reagire in tempi rapidi e di adeguarsi a una modalità di lavoro che permettesse di esercitare appieno le sue funzioni. Lo dico perché oggi noi vediamo i lavori che si stanno facendo in quest'Aula per attrezzarla, ma noi abbiamo avuto le prime settimane in cui il Parlamento oggettivamente non era in grado di riunirsi e di esercitare appieno le sue funzioni, se non per la gestione degli atti di indirizzo.

Oggi vediamo con quali difficoltà - e l'inizio di questa seduta lo ha dimostrato - il Parlamento è in grado di lavorare. Le misure che si stanno adottando e la scelta del contingentamento della presenza in Aula non sono sicuramente sufficienti. Il rischio non è il tema di avere paura di un contagio dentro quest'Aula. Credo che ognuno di noi sa bene qual è il proprio dovere e la propria responsabilità, ci sono altri lavoratori che rischiano la propria vita. Non credo che noi possiamo essere da meno nel portare avanti con onore il ruolo che ci è stato assegnato, però c'è un problema reale: se questo luogo diventa un luogo di contagio e se, come è accaduto nella scorsa seduta, noi mettiamo a rischio alcuni parlamentari, che poi devono essere messi in isolamento, rischiamo di limitare ulteriormente la possibilità che questo luogo eserciti la sua funzione.

Per questo penso che sia utile cominciare una riflessione sul fatto che, se è vera la prima considerazione, ovvero che con questo virus dovremo conviverci, è bene che noi cominciamo a ragionare di come attrezzare e di come rivedere i regolamenti parlamentari e l'attività parlamentare in funzione di una lunga permanenza, e quindi anche mettere in condizioni le Commissioni parlamentari e anche l'Aula di lavorare da remoto, magari immaginando formule in cui… perché condivido le riflessioni, fatte anche da altri colleghi dell'opposizione, che sicuramente la presenza e la discussione, e non solo il voto, sono elementi fondamentali dell'attività di quest'Aula, però esistono modalità con cui queste discussioni e questa parte dell'attività si possono svolgere in piena sicurezza anche evitando lo spostamento di centinaia di persone in una condizione in cui nel Paese è anche difficile muoversi, perché c'è una limitazione dei mezzi di trasporto.

Allora, su questo mi unisco a chi oggi in quest'Aula ha chiesto che venisse ulteriormente rivista l'organizzazione del lavoro parlamentare per mettere in condizioni il Parlamento di lavorare, anche ricorrendo agli strumenti digitali che oggi la tecnologia offre a tutti noi.

Ma dicevo prima a proposito della responsabilità, la condivisione delle scelte che si prendono in questo momento, il richiamo all'unità nazionale, alla necessità che il Governo si confronti con l'opposizione presuppone una responsabilità, che si esercita anche dal punto di vista mediatico. Credo che, da questo punto di vista, ci sia un problema che dobbiamo affrontare: se si chiede di condividere quella responsabilità, bisogna anche dismettere il clima da campagna elettorale permanente, e questo purtroppo non è stato fatto.

È chiaro che le opposizioni hanno modulato diversamente questo atteggiamento, ma devo dirvi che sono stanco di sentire il senatore Salvini che, a fasi alterne, ogni settimana decide che bisogna aprire tutto, che bisogna chiudere tutto, in base a che cosa ha detto il Governo, in modo tale da posizionarsi su una condizione diversa per potere cercare di lucrare consenso su quella parte del Paese che può essere scontenta di una decisione.

Responsabilità significa questo: significa, in primo luogo, scegliere che ci sono dei luoghi dove agisce anche la conflittualità politica, ma che nella comunicazione istituzionale e pubblica ci si assume la responsabilità di mantenere unito il Paese in un momento come questo, cosa che non è accaduta.

E invece, dall'altra parte, molta più responsabilità è stata dimostrata dai cittadini, e su questo credo che arrivi un segnale importante al Governo. La responsabilità che hanno dimostrato i cittadini italiani nel rispettare le misure di contenimento, nel compiere un sacrificio straordinario per sé e per le proprie famiglie, nel sopportare gli effetti di un lockdown, che non sono solo quelli psicologici, morali, dello stare confinati dentro la propria casa, che non sempre è una condizione piacevole, soprattutto per chi non può permettersi case agiate o per chi ha condizioni familiari difficili, ma quella responsabilità credo che debba essere ripagata dal Governo, e che, se c'è qualcuno che oggi merita fiducia, sono i cittadini italiani.

Penso che dal 18 maggio bisogna allentare le misure di contenimento e garantire di nuovo delle libertà individuali, con la possibilità che siano i cittadini a farsi carico di mantenere il distanziamento sociale. Questo comporta per il Governo una responsabilità aggiuntiva, perché comporta la responsabilità di mettere i cittadini in condizione di mantenere il distanziamento sociale, e quindi di attrezzare e di fornire tutti i dispositivi di protezione individuale a tutti i cittadini che ne hanno la necessità e anche di adeguare il sistema di trasporto, quello che significa ripensare le città in modo tale che ci possa essere distanziamento sociale, ma su questo arriverò.

Nell'ultimo DPCM c'è una scelta difficile che il Governo ha fatto: aprire le imprese è un rischio in questo momento per le cose che dicevamo prima. Non siamo in una fase che permette oggi di immaginare una riduzione del contagio, e riaprire le imprese, come sta accadendo in altri Paesi che hanno scelto di riaprire alcuni settori, può comportare un rischio notevole.

Abbiamo visto Germania e Francia che stanno tornando indietro su decisioni che avevano preso, quindi su questo voglio dire che è un rischio notevole quello che si è assunto il Governo nel farlo, nel tentativo, ovviamente, di dare fiato a un pezzo del mondo produttivo che è in grande difficoltà in questo momento, ma è una decisione che comporta anche altri e ulteriori sacrifici. Aprire le imprese e tenere chiuse le scuole significa colpire ancora duramente le famiglie, significa mettere in difficoltà la condizione familiare e, soprattutto, sottovalutare l'impatto che questa dinamica può avere sui ragazzi e sui bambini. E allora, anche qui, noi possiamo decidere che le scuole si tengano chiuse fino a settembre, ma non possiamo immaginare di tenere i nostri ragazzi chiusi in casa fino a settembre.

Noi abbiamo la necessità, mentre attrezziamo le scuole per riaprire a settembre in condizioni di sicurezza, di immaginare come l'istituzione scolastica sia protagonista di una serie di attività che impegnino i ragazzi e che gli diano di nuovo un processo formativo, che magari non potrà essere la ripresa ordinaria dei cicli didattici, ma che sicuramente possono essere attività che facilitano in questo momento la ripresa della socialità tra i ragazzi e anche percorsi formativi che preparino alla ripresa a settembre e permettano di recuperare quel che si può recuperare in questo momento, da unire, ovviamente, agli sforzi che sono stati fatti per una didattica a distanza che ha funzionato a macchia di leopardo, perché, ovviamente, si scontrava, anche lì, con un Paese che non era pronto a questa dinamica, con un personale docente che non era formato per la didattica a distanza e con un livello di disuguaglianze sociali e di accesso agli strumenti informatici nel Paese che ha tagliato fuori migliaia e migliaia di ragazzi.

E allora penso che dobbiamo avere il tempo per prepararci e dobbiamo fare attenzione, nel predisporre strumenti per la ripartenza, alla complessità della nostra società, dobbiamo fare attenzione a non dimenticarci le differenze sociali che ci sono nel nostro Paese. Lo dico perché molte delibere regionali, per esempio, adesso stanno concedendo libertà per andare a fare i lavori di manutenzione delle seconde case.

Qualcuno addirittura delle imbarcazioni da diporto. Questo, però, è un segnale molto negativo che si dà al Paese: noi non possiamo immaginare che concediamo nelle libertà individuali a chi ha la fortuna di potersi permettere una seconda casa, un'imbarcazione da diporto, mentre i poveracci li lasciamo chiusi a casa perché non hanno una seconda casa da andare a manutenere. Le libertà vanno garantite sempre a tutti: facciamo attenzione anche su questo; siccome molte regioni stanno facendo ordinanze in questo senso, credo che il Governo debba controllare. L'altra cosa riguarda, ovviamente, non questo decreto nello specifico, ma dà il senso di un insieme di misure che questo Governo sta prendendo per tamponare quest'emergenza, perché quest'emergenza ha un risvolto sanitario e questo decreto si occupa di questo, cioè di tenere in piedi il sistema sanitario e di evitare la diffusione del virus. Questa emergenza, però, è un'emergenza anche dal punto di vista economico, con lo scostamento di bilancio che andremo a votare oggi, di ulteriori 55 miliardi che si uniscono ai 25 miliardi già votati e che saranno la base del nuovo decreto che il Governo dovrà emanare per affrontare l'emergenza economica dei prossimi mesi; in tal senso, questa è una risposta che sicuramente agisce sul presente e, da questo punto di vista, devo dire che sono grato al Governo per avere messo in campo una risposta così complessa e articolata che è stata in grado di fornire assistenza immediata alle famiglie, alle imprese e agli individui, nonché di fornire un'assistenza al reddito direttamente, come è stato fatto. Penso che nel decreto futuro si debba necessariamente immaginare una misura, come il reddito di emergenza, che possa coprire quella fascia di popolazione che non rientra, non è coperta dagli strumenti di welfare attuali, come il reddito di cittadinanza e che però non rientra in una delle condizioni lavorative che permette l'accesso agli strumenti di emergenza che sono già stati attivati. Siccome parliamo, anche lì, di milioni di persone che rischiano di scivolare sotto la soglia di povertà assoluta a causa di quest'emergenza, credo che questo Governo non si possa permettere il lusso di lasciare indietro nessuno. Voglio dire anche, rispetto a questo, che abbiamo un'altra grande questione da affrontare, cioè il tema del futuro: che futuro ci aspetta? Mentre ci occupiamo di mettere in campo tutte le misure per contenere la diffusione del virus e per contenere gli effetti sull'economia delle misure restrittive e di contenimento, abbiamo la necessità di mettere in campo una programmazione all'altezza della sfida che abbiamo davanti. Lo dicevo prima rispetto alle scuole: noi non siamo pronti, ma non è che a settembre la situazione sarà migliore. Se è vero che probabilmente la stagione estiva potrà ridurre la morbilità del virus e quindi ridurre possibilmente la dimensione del contagio, è vero che la stagione autunnale sarà quella di massima espansione del virus e noi non siamo in grado di affrontare tutto questo, perché nelle nostre scuole c'è un ritardo enorme dal punto di vista delle condizioni strutturali e dell'edilizia scolastica. Noi abbiamo un sistema scolastico dove ci sono le classi pollaio con più di 30 ragazzi: come pensiamo di affrontare quest'emergenza? Come ci stiamo attrezzando? È lì che dobbiamo mettere il massimo sforzo e utilizzare questo periodo, questo tempo, per investire risorse, energie e competenze che questo Paese, soprattutto nei momenti di difficoltà, ha dimostrato di sapere mettere in campo. Io credo che dobbiamo far ciò e dobbiamo farlo a partire dalle scuole, perché a settembre sia ripristinato il diritto allo studio di tutti i ragazzi e le ragazze di questo Paese; dobbiamo farlo ripensando le città e il sistema del trasporto pubblico, perché è chiaro che quello che avevamo conosciuto non è un mondo che potrà ritornare così com'era. Allora, ripensare il sistema di trasporto pubblico non significa adottare solo qualche misura di distanziamento dentro quello attuale, ma significa proprio ripensare il modello della mobilità urbana, significa ripensare l'architettura delle città: è questa la sfida che noi abbiamo davanti a noi e i mesi estivi saranno decisivi.

Se noi non saremo in grado di ripensare tutto quello che riguarda la vita nelle città, la vita nelle nostre società in base alle nuove misure di distanziamento sociale, noi rischiamo di ritrovarci in autunno con un nuovo lockdown, che questa volta sarà esiziale per il nostro Paese e per la nostra economia. Questo è un tema che riguarda noi, questo è un tema che riguarda gli altri Paesi europei, questo è un tema che riguarda oggi tutto il mondo, però penso che da questo punto di vista l'Italia sia stata la prima a doversi confrontare nel mondo occidentale con questo virus; è stato il Paese che ha dato la risposta migliore in termini di contenimento e di misura, tanto che molti Paesi ci hanno inseguito, ci hanno seguito, dopo che, all'inizio, si diceva che eravamo esagerati, che avevamo chiuso tutto, quando in realtà poi si è visto quali sono stati gli effetti. Dico ciò soprattutto a chi ha come riferimento politico il Presidente degli Stati Uniti d'America, che sta dimostrando quanto il populismo e la demagogia non servano a contrastare il virus. Serve invece avere il coraggio di assumersi delle decisioni e se c'è una cosa che questo Governo ha fatto è stato il coraggio di assumersi decisioni difficili, di chiudere tutto il Paese, di chiedere ai propri cittadini di pagare di pagare un costo alto…

SALVATORE DEIDDA (FDI). Ma quando! Il piano segreto!

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Sì, capisco, però qualche iniezione di disinfettante sono sicuro che le schiarirà le idee, onorevole (Commenti del deputato Deidda).

PRESIDENTE. Onorevole Deidda, non so bene nel corso della mattinata che cosa… Le dispiace far parlare il suo collega, che ne ha pieno diritto? Quando sarà il suo turno, lei potrà rispondere a microfono aperto.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Ho concluso, Presidente. Il mio intervento oggi è quindi qui una dichiarazione di voto favorevole a questo decreto, è una dichiarazione di consapevolezza della complessità della situazione che stiamo affrontando e di assunzione di responsabilità; allo stesso tempo è un richiamo alla responsabilità di tutti, in particolare del Governo, che deve sapere che, per quanto necessarie, le misure che vengono adottate devono godere del consenso della popolazione, devono essere misure proporzionate, ma soprattutto devono essere misure che non lasciano indietro nessuno, facendo attenzione a che la richiesta di riduzione delle libertà individuali sia sempre corroborata da una decisione e da un vaglio di questo Parlamento, affinché non ci siano abusi degli strumenti che limitano la libertà individuale e che al contempo ci sia la consapevolezza dell'urgenza di adeguare il nostro Paese a una lunga fase di transizione e di convivenza con il virus. È questa la sfida che abbiamo davanti, è questa la sfida su cui non possiamo fallire. Penso che questo Governo si debba assumere fino in fondo questa responsabilità e che saranno poi i cittadini a valutare se ha operato bene o se ha operato male, se queste scelte hanno prodotto un risultato o se non lo hanno prodotto. Altri oggi possono permettersi il lusso di criticare l'azione di questo Governo, sapendo che le loro scelte o le loro opinioni non incideranno sulla vita di milioni di cittadini.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, l'esame di questo provvedimento arriva in un momento cruciale, e impone alcune considerazioni di carattere giuridico, ma soprattutto di carattere politico. Siamo impegnati nella conversione del decreto che avrebbe dovuto mettere ordine nelle fonti che stanno disponendo gli strumenti per affrontare questa crisi e che avrebbe dovuto fornire legittimità al modo e agli strumenti con cui il Governo sta intervenendo. In questi giorni, in queste settimane, si è sviluppato un dibattito nel nostro Paese che ha visto impegnati molti costituzionalisti…

PRESIDENTE. Chiedo scusa. Se il deputato Magi può attendere, mi pare che sia mancante il Governo in questo momento, quindi se può pazientare.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). La ringrazio, Presidente, è opportuno.

PRESIDENTE. Se la sottosegretaria è nei paraggi, attendiamo qualche istante, altrimenti sospendo brevemente per qualche minuto. La seduta è sospesa per pochi minuti.

La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 12,48.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Restituisco la parola al deputato Riccardo Magi.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). La ringrazio, Presidente, perché ritengo che alcune delle cose che ho da dire possano essere persino utili al Governo. Dicevo che ci troviamo in questo momento impegnati nella conversione del decreto che avrebbe dovuto rimettere ordine alla gerarchia delle fonti normative con le quali si sta affrontando l'emergenza sanitaria. Nelle settimane e nei giorni scorsi si è sviluppato un dibattito che ha coinvolto numerosi costituzionalisti, giudici emeriti e presidenti emeriti della Corte costituzionale che hanno segnalato con forza alcuni motivi di illegittimità costituzionale di strumenti ormai diventati stranoti e arcinoti a tutti gli italiani, con i quali il Governo ha disposto alcune misure particolarmente forti e impattanti sulle libertà dei cittadini. Questo è proprio il tema del decreto che stiamo esaminando. Come ha affermato la Presidente della Corte Costituzionale Cartabia nella sua relazione, nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che, in tempi di crisi, consentano alterazioni dell'assetto dei poteri. È ormai evidente a chiunque voglia affrontare con senso delle istituzioni la grave crisi in cui ci troviamo, che il rispetto e la tenuta dello Stato di diritto costituzionale sono condizione indispensabile a conquistarci la possibilità di uscire dalla crisi evitando l'avvitamento in una spirale di crisi economica, ingovernabilità, conflittualità sociale e rischi di tenuta democratica. Credo che sia ora che il Parlamento intervenga sui decreti del Governo in conversione in questi giorni a partire da questo con la propria potestà legislativa, facendo coincidere con l'avvio della seconda fase di gestione dell'emergenza sanitaria anche il rientro nella legalità costituzionale.

Il Parlamento deve riaffermare che sono inaccettabili le limitazioni a tutte le libertà fondamentali sancite dalla Costituzione, libertà il cui esercizio durante l'emergenza sanitaria deve essere garantito nel rispetto delle norme di distanziamento e delle altre misure igienico-sanitarie finalizzate a prevenire la diffusione del contagio. Questo vuol dire negare l'emergenza, vuol dire negare il virus, vuol dire negare la morte, il lutto e il dolore di migliaia di persone, vuol dire che bisogna riaprire tutto subito? Niente affatto, anzi ritengo sia inaccettabile che ogni volta che si prova a porre questa questione vi sia questo slittamento del dibattito e quindi sostanzialmente si dica: nessuno disturbi il manovratore. Significa invece a mio avviso riaffermare che al Governo spetta il compito di indicare nel dettaglio le condizioni nelle quali vanno esercitate queste libertà fondamentali; non spetta certo il compito di comprimere tali libertà con atti amministrativi o di stilare una sorta di gerarchia tra esse, come sembrano proporre alcuni a seguito del dibattito sulla libertà di culto avviatosi dopo l'intervento dei vescovi italiani. Per questi motivi ho presentato un emendamento al provvedimento per far sì che, a partire dal 4 maggio, sia garantito l'esercizio della libertà personale e della libertà di circolazione e di soggiorno e di riunione e manifestazione nel rispetto delle misure igienico-sanitarie e di distanziamento e di protezione individuale che starà al Governo dettagliare con decreto del Ministro della Salute che preveda, quindi, delle disposizioni tecnico-attuative. Questo, a mio avviso, è un modo per rimettere davvero ordine nella gerarchia delle fonti e nelle prerogative istituzionali. Ora, colleghi, da più parti e in modo pressante sentiamo proteste contro l'abuso dei DPCM anche da parte di autorevoli esponenti di forze politiche che dispongono di decine e centinaia di parlamentari anche di maggioranza, anche oggi sui quotidiani con interviste. Credo che i principali gruppi politici debbano smettere intanto di cercare degli accordi fuori dalla sede e fuori dai lavori parlamentari finendo per essere complici della mortificazione del ruolo del Parlamento. La mia non è un'invenzione: è un diretto riferimento a quanto, ad esempio, è accaduto con l'esame del “decreto Cura Italia”. Nonostante ci trovassimo di fronte a un decreto che non era in scadenza che era quindi perfettamente vigente, nonostante ci fosse stato l'impegno esplicito anche da parte del Presidente della Camera ad assicurare effettive doppie letture dei decreti in conversione, nonostante molte altre cose che voi tutti sapete, l'esame effettivo di quel decreto è constato di tre ore notturne con un rinvio in Aula senza l'esame degli emendamenti e addirittura con l'uso di una pratica che solo in momenti eccezionali, non brillanti della storia del Parlamento avevamo visto, cioè gli emendamenti super segnalati. Questa, colleghi, non è responsabilità del Governo che evidentemente ha altri tipi di responsabilità nel comprimere il ruolo del Parlamento in questa fase e alcuni li ho detti e altri li dirò. Questa è piena responsabilità del Parlamento e in particolare dei gruppi principali nel tentare di raggiungere accordi non in sedi parlamentari, accordi che poi come è evidente sistematicamente sono saltati, e nei fatti di impedire un lavoro nelle Commissioni, un lavoro che rispetti la rappresentanza di ogni singolo parlamentare e che rispetti anche il fatto di dare conto alla luce del sole e pubblicamente ai cittadini di cosa si vuole fare e di cosa si propone. Dicevo che leggevamo da più parti le proteste per l'uso dei DPCM: non è più il momento della protesta, ma è il momento dell'iniziativa parlamentare alla luce del sole. Un tale intervento parlamentare aiuterebbe a chiarire cosa non può fare il Governo e cosa invece deve fare il Governo; sarebbe un richiamo forte al Governo perché proponga finalmente alle Camere e al Paese una strategia di uscita dal lockdown fatta di azioni efficaci e chiare nella loro attuazione, oltre che legittime. Colleghi, Presidente, l'impatto delle misure del Governo sulla libertà dei cittadini è tanto più pesante e indiscriminato quanto più sembra mancare questa strategia.

La segregazione di tutti gli italiani doveva servire a diluire il peso sulle corsie degli ospedali e a guadagnare tempo per organizzare la diagnostica e in grado di interrompere le catene del contagio. Ormai, più di un mese fa, 300 scienziati e ricercatori italiani avevano rivolto al Governo un appello per l'adozione di un piano nazionale anti-contagio, basato sull'implementazione dei tamponi, utilizzando tutti i laboratori disponibili, anche convertendoli da altri usi. Ho sollevato la questione in presenza del Presidente del Consiglio proprio qui, in quest'Aula, in replica alla sua informativa di marzo. È trascorso più di un mese, ma anche quella richiesta è rimasta inascoltata. A tre mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza, il Ministero della salute, da quello che mi risulta, non ha emanato linee guida con i criteri con cui fare i test e ogni regione continua ad andare per conto suo.

Ieri, il Primo Ministro francese è intervenuto davanti all'Assemblea nazionale per presentare la strategia nazionale di deconfinamento. Credo che questo sia un momento da vivere con grande responsabilità, con grande senso delle istituzioni e, quindi, anche con grande umiltà. È il momento, quindi, di guardare anche all'esperienza di altri Paesi, di altre democrazie, che, forse, sotto alcuni profili, si dimostrano un po' più mature della nostra; e in questo ci metto tutto, ci metto il Parlamento, ci metto il Governo, ci metto il sistema dell'informazione. Ieri il Primo Ministro, davanti all'Assemblea nazionale, ha parlato del punto del testare, perché i tre pilastri di questa strategia di uscita dal lockdown, dal deconfinamento, come lo chiamano i cugini francesi, sono quelli del proteggere, testare, isolare. A proposito del testare, “quando usciremo” - ha detto il Primo Ministro Philippe - “dal contenimento, saremo in grado di massificare i nostri test. Ci siamo posti l'obiettivo di realizzare almeno 700 mila test virologici a settimana, all'11 maggio. Perché 700 mila? Perché il consiglio scientifico ci dice, a questo punto, che i modelli epidemiologici prevedono tra 1000 e 3000 nuovi casi al giorno, a partire dall'11 maggio, perché ad ogni nuovo caso corrisponderà in media il test di almeno 20-25 persone che lo hanno incrociato nei giorni precedenti: 3000 mila volte per 25 per 7, fa 525 mila test a settimana; 700 mila test ci dà il margine che ci permetterà, oltre ai test delle catene di contagio, di attuare campagne di screening, come abbiamo già assunto”, eccetera. “Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo fatto saltare gli impedimenti che impedivano la partecipazione dei laboratori di ricerca e dei laboratori veterinari a questo sforzo collettivo” (l'appello, a cui facevo riferimento prima, dei 300 ricercatori e scienziati italiani di più di un mese fa, che non ha trovato risposta). “La capacità di far saltare questi impedimenti” - prosegue Philip - “sul terreno, non solo nei discorsi, è un esercizio che incita anche qui, posso dirvi, ad una grande umiltà. Abbiamo avviato la mobilitazione congiunta dei laboratori pubblici e privati, che oggi possono arrivare a piena potenza molto rapidamente in termini di capacità. Questa mobilitazione permetterà di garantire su tutto il territorio nazionale una prossimità ai prelievi. Stiamo finalmente portando al 100 per cento l'assistenza per questi test, attraverso l'assicurazione sanitaria. In una parola, tutto deve essere fatto per rendere la realizzazione del test facile e veloce. Una volta che una persona è risultata positiva, avvieremo un lavoro di identificazione di prova di tutti coloro, sintomatici o meno, che hanno avuto un contatto ravvicinato con essa. Tutti questi contatti saranno testati e invitati a isolarsi, tenendo conto delle incertezze sulla durata dell'incubazione. Questa regola è abbastanza semplice da formulare, ma richiede, per essere applicata sistematicamente, ovunque, in Francia, mezzi considerevoli”. E si sofferma, il Presidente Philippe, sui mezzi considerevoli.

È troppo, sottosegretario, chiedere delle informazioni di questo tipo, in questa Aula, arrivati a questo punto della epidemia?

Ovviamente, poi, il Presidente Philippe ha parlato, davanti all'Assemblea nazionale, della strategia dell'isolamento; ha parlato poi della app - anche in Francia evidentemente c'è la questione della app - e dice: “potremo o dovremo, per essere più efficaci, attingere alle straordinarie risorse degli strumenti digitali? Un consorzio europeo ha avviato un lavoro per la creazione dell'applicativo Stop-COVID”. Evidentemente, ci si è rivolti in prima battuta ad un consorzio europeo, a differenza di quanto è avvenuto qui.

Poi però arriva a dire: “difficile avvertire chi abbia condiviso il vostro percorso in metro dalle 7,46”, eccetera, “quindi è evidente che ci servirà questo strumento. Però, tutte le domande che nascono” - i dubbi sull'uso della app evidentemente anche nel dibattito francese sono nati - “devono essere poste, devono essere discusse, e ho anche l'impressione che debbano essere oggetto di una votazione. Per il momento, tenuto conto delle incertezze su questa applicazione, mi dispiacerebbe dirvi se funziona e come funzionerà. Sono certo che gli ingegneri lavoreranno, ma dal momento che non abbiamo certezze, onorevoli deputati, mi sembra che la discussione sia un po' prematura”. Esattamente il capovolgimento rispetto a quello che sta avvenendo nel nostro Paese.

E infine, l'altro aspetto centrale della strategia di deconfinamento, che è stata presentata ieri nell'Assemblea francese, omologa della nostra, è quello che riguarda una modulazione. Ora, il punto della modulazione è un punto centrale, perché nello stesso decreto che noi abbiamo in esame si dispone la possibilità, per il Governo, di sospendere o di limitare alcune libertà fondamentali, modulando gli interventi in base alla specifica situazione - che si apprezza e che va dimostrata e che è elemento fondamentale per costituire la legittimità - di diffusione del virus a livello territoriale. Noi, invece, nell'ultima fase, diciamo così, a parte la primissima fase delle zone rosse, abbiamo visto e ancora, con l'ultimo DPCM, vediamo un provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, che agisce in maniera erga omnes, in maniera indiscriminata su tutto quanto il territorio nazionale. E questo è uno dei motivi per cui, ad esempio, a mio avviso, qualora dovesse arrivare davanti alla Corte, l'ultimo DPCM non reggerebbe ad un esame di legittimità costituzionale; ma soprattutto non regge, come dire, la sproporzione dell'impatto che ha sulle libertà fondamentali, perché non tiene conto di questa non omogeneità della diffusione del contagio.

E di nuovo, per citare con umiltà e anche con un po', come dire, di invidia quello che ha detto ieri il Primo Ministro francese, egli ha indicato chiaramente quali sono i parametri da prendere in considerazione delle varie zone: i parametri sono il numero di abitanti, il numero di nuovi contagi per giorno e il numero dei posti letto. Questo consentirà… e spiega perché, il Primo Ministro, dice: “la Direzione generale della sanità ha stabilito una serie di criteri che permettono di identificare i dipartimenti in cui il decongestionamento deve assumere una forma più rigorosa: che il tasso di nuovi casi nella popolazione su un periodo di sette giorni rimanga elevato, il che dimostrerebbe che la circolazione del virus rimane attiva o che le capacità ospedaliere regionali in rianimazione restano tese o che il sistema locale di analisi e individuazione dei casi di contatto non sia sufficientemente pronto. Questi indicatori - la loro lettura - saranno cristallizzati il 7 maggio per determinare quali Dipartimenti passano l'11 maggio in categoria diciamo rossa (circolazione elevata) o verde (circolazione limitata). A partire da giovedì, il direttore generale della sanità presenterà ogni sera la mappa di questi risultati, dipartimento per dipartimento. Questa Carta guiderà, così, ogni dipartimento nella preparazione dell'11 maggio” - noi dobbiamo prepararci al 4 maggio - “ricordando l'obiettivo di un contenimento rigoroso per far diminuire la circolazione del virus, ma anche la necessità di rimettere in piedi il sistema ospedaliero e di istituire un sistema di test e di individuazione di casi di contatto efficaci.

E poi, un lungo elenco articolato di misure che riguardano le scuole. Ora, io non so se sono io e qualche altro milione di italiani ad avere una ipersensibilità sul tema delle scuole, avendo un bambino in età di asilo nido, ma mi risulta un silenzio incredibile, quello che abbiamo per quanto riguarda i servizi all'infanzia e alle varie scuole.

All'Assemblea Nazionale francese - insisto su questo punto, a costo di diventare parossistico, insisto - ieri, all'Assemblea Nazionale francese, è stato fornito un dettaglio di quali ordine e grado di scuole riprenderanno, con quali condizioni, con quanti alunni in classe, con diversi tipi di mascherine per le diverse età di bambini e quali sono le procedure da tenere qualora un bambino abbia dei sintomi o determinate situazioni.

Questa che ho provato ad esemplificare, ad illustrare non è la situazione del nostro Paese in questo momento. Come dicevo, da quello che ci risulta, noi non abbiamo un piano nazionale anti-contagio, che, ad esempio, provi - ad esempio, non lo so, ma qualche altra proposta da chi ha delle conoscenze scientifiche o sicuramente un numero di consulenti maggiori di quelli che posso avere io - ad estendere, magari con i criteri che sono assumibili dall'esperienza francese, l'approccio adottato in Veneto dal professor Crisanti, che ha dimostrato di essere il modo più efficace per spegnere i focolai e anticiparlo, il contagio, anziché inseguirlo.

Con il ritorno al lavoro di decine, centinaia, milioni di persone e la conseguente intensificazione dei contatti sociali, che cosa si farà per fare questi test? Si rafforzerà la sanità territoriale oppure si manderanno - penso, ad esempio, alla situazione di una grande città, di una metropoli come Roma - migliaia di persone a settimana nelle uniche grandi strutture che, in questo momento, sono quelle in grado di fare alti numeri di test, le poche che ci sono, creando così delle situazioni a rischio elevato? Sono domande che fluttuano. Trascorrono le settimane e queste domande continuano a fluttuare, non trovano una risposta: non la trovano nelle Commissioni, non la trovano nelle informative del Governo, non la trovano, purtroppo, neanche nelle conferenze stampa.

A proposito di questo, devo dire che è particolarmente apprezzabile - e questa è l'ultima citazione che faccio del Primo Ministro francese di ieri - la parte finale del suo intervento, in cui il Primo Ministro Philippe ha detto: nulla nella nostra Costituzione imponeva al Governo di presentare all'Assemblea nazionale la strategia che ho appena esposto. Per il Governo sarebbe stato possibile procedere a questa presentazione nel corso di un telegiornale o di una conferenza stampa: abbiamo scelto di riservare all'Assemblea nazionale questi annunci. Questa scelta si basa su diverse ragioni: in primo luogo, il posto di rilievo di questa Assemblea nella nostra democrazia, eccetera, eccetera. E poi in un invito di nuovo all'umiltà e alla responsabilità con cui ogni parlamentare vive ed interpreta il proprio mandato.

Credo, Presidente - e mi avvio alla conclusione - che porre oggi, in occasione della conversione di questo decreto, l'obiettivo di un rientro nella legalità costituzionale può apparire come una fuga in avanti solamente a chi vive poco e male il senso delle istituzioni, solamente a chi si sta facendo prendere la mano, mostrando, nei toni che utilizza, sempre maggiore paternalismo, moralismo e familismo, anziché provare a fare - ripeto - quello che il Governo deve fare, cioè l'indicazione chiara, puntuale, dettagliata, articolata di un piano per l'uscita dal lockdown: cominciare, cioè, a trattare i cittadini come cittadini, come persone adulte, anche i parlamentari se è possibile, che li rappresentano, ponendoli di fronte a delle responsabilità. Ho l'impressione che tutta la gestione nel nostro Paese sin dall'inizio, invece, sia stata improntata ad una convinzione: la convinzione che, comunque, gli italiani non sono tendenzialmente delle persone responsabili, che comunque gli italiani, se gli dici di mettere la mascherina, poi pensano di poter fare tutto e, quindi, è meglio dirgli, inizialmente, che la mascherina non serve; i test si fanno solamente a chi ha sintomi, si fanno solamente a chi ha determinati sintomi e, in più, ha il doppio fattore, il link con qualcuno che è positivo.

Il Presidente francese lo ha detto chiaramente: ci siamo sbagliati, inizialmente questa era la nostra strategia, ci siamo resi conto che la strategia era sbagliata. Anche l'OMS aveva dato delle indicazioni non chiare. Non è un problema, in una situazione del genere, ammettere degli errori: il problema è perseverare e il problema è non avere l'umiltà di dire le cose chiare.

I cittadini italiani hanno mostrato, negli ultimi mesi, nelle ultime settimane, un enorme senso di responsabilità, un enorme senso delle istituzioni e continuare, nelle comunicazioni pubbliche e nelle comunicazioni del Governo, a indulgere sul fatto che ci sono i furbetti, che vanno via… quando sappiamo benissimo tutti che hanno rappresentato una percentuale minima dei cittadini; piuttosto, in molti casi - e le segnalazioni sono numerose - c'è chi si è fatto prendere la mano: sono numerose, purtroppo, le segnalazioni di piccoli e grandi abusi nei confronti dei cittadini.

Allora, io spero davvero - e concludo - che domani noi avremo, nell'informativa del Presidente, un piano strategico, l'illustrazione alle Camere di un piano strategico, articolato, serio, puntuale e spero anche che, in occasione dell'esame e della conversione di questo decreto, ci sia un Parlamento che sia in grado di riappropriarsi delle proprie funzioni davanti al Paese e, cioè, sostanzialmente, di avviare un rientro nella legalità costituzionale. Fare questo, a mio avviso, è il più grande apporto che il Parlamento può fare in questo momento, perché significa, appunto, interpretare il proprio ruolo e ricordare al Governo quello che non può fare e quello che, invece, deve fare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. L'utilità del riunire il Parlamento nell'Aula della Camera dei deputati è perché, poi, emergano delle prese di posizione che è utile che i cittadini ascoltino, come stamattina abbiamo sentito che un deputato dei 5 Stelle ha definito “provocatoria” la presenza dell'intero gruppo di Fratelli d'Italia in quest'Aula, quando il nostro capogruppo non ha mai accettato gli accordi chiamati “da gentiluomini”, in cui si chiedeva di contingentare la nostra presenza e, quindi, limitare il nostro mandato istituzionale. Non abbiamo mai detto che dobbiamo stare tutti accalcati: abbiamo chiesto delle misure che ci permettessero di svolgere il nostro compito, ma, evidentemente, stare in maggioranza fa dimenticare cosa vuol dire anche stare all'opposizione, si è allergici alle critiche, si è allergici alle contestazioni, si è allergici a un gruppo parlamentare che ha dimostrato la propria correttezza in tutte le sue iniziative e in tutte le sue dichiarazioni, senza mai eccedere nei toni, anche nei momenti più difficili (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Sembra quasi che i componenti della maggioranza si dimentichino di essere al Governo, si dimentichino di esprimere Ministri, sottosegretari, Vice Ministri, si dimentichino che hanno quel ruolo che essere maggioranza impone, di decidere. Sembra quasi che se ne faccia una colpa all'opposizione, che la colpa di questa pandemia e dei danni che ne conseguono sia dell'opposizione che si fa portavoce dei problemi, che sia colpa delle regioni. Ma io vorrei ricordare che quando c'è stata l'audizione del Ministro Speranza - era fine gennaio, inizio febbraio - tutte le forze politiche di opposizione hanno accolto le parole del Ministro Speranza e si sono fatte portavoce nei territori di quella tranquillità che il Governo chiedeva.

Il Ministro Speranza aveva detto di stare tranquilli, che l'Italia era pronta ad affrontare questa emergenza, che l'Italia aveva tutto sotto controllo e che non c'era bisogno sicuramente di allarmare i cittadini, tant'è che il segretario del PD prendeva gli aperitivi a Milano con il sindaco di Milano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e diceva - tant'è - che dovevamo abbracciare le comunità cinesi in segno di vicinanza e solidarietà. Nessuno, in quel tempo, dall'opposizione ha protestato o ha fatto le barricate, anzi io mi dolgo, ancora tutt'oggi, di essermi fatto portavoce in Sardegna di quella tranquillità che il Ministro Speranza chiedeva, per cui dovevamo rispettare le regole, le distanze, ma non c'era nessun tipo di allarme sociale o di pandemia che doveva incorrere. Poi scopriamo dai giornali - non che lo tira fuori un componente dell'opposizione - che esce fuori un piano segreto, cioè l'Italia sapeva tutto, dall'inizio di gennaio; aveva predisposto un piano scaglionato, ma solo per il timore del caos sociale aveva tenuta segreta la notizia ai cittadini e soprattutto ai parlamentari. Il Copasir ha chiesto l'audizione dei Ministri e del Presidente Conte per sapere se era così o non era così, ma questa notizia non è imputabile all'opposizione. Questa verità è uscita sui quotidiani, come sui quotidiani è uscita la notizia dell'approvvigionamento del Presidente Conte per Palazzo Chigi, mentre le regioni, quelle messe sotto accusa dai componenti della maggioranza, annaspavano alla ricerca di un fornitore di mascherine, perché la Protezione Civile non ne ha fatte arrivare per settimane neanche una in alcune regioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), se non quelle che sono state definite “il panno”, che il Ministro Boccia ironizzava nelle conferenze stampa, tenendosela appesa dietro l'orecchio, attaccata all'orecchio. Anche presi in giro, quindi, perché poi l'arroganza - e non parlo della maggioranza questa volta, parlo del Governo - di alcuni componenti è anche prendere in giro e polemizzare anche con chi sta nei territori. Quando non sapevamo dove prendere una sola mascherina, dovevamo cercare, noi deputati, per aiutare le regioni e i comuni, i fornitori adatti e capitava di pagarle anche due volte il prezzo normale. Di quello ne parlano tutti, anche quelle forze dei 5 Stelle e del PD, cioè che nei territori non hanno tenuto la pace e l'unità nazionale. Quando qui dentro noi non venivamo convocati e tenevamo un profilo basso, nei territori, nei consigli regionali, nei comuni, gruppi dei Cinque Stelle, del PD, di LEU, attaccavano i governatori chiedendo: “Non ci sono mascherine! Non ci sono soldi! Non fate finanziamenti a fondo perduto!”, facendo una squallida propaganda, dimenticandosi che qui gli esponenti dei propri partiti erano seduti e tenevano all'oscuro e non prendevano i provvedimenti necessari.

Che dire del Ministro De Micheli? Quando il Governatore della Sardegna aveva chiesto di chiudere la Sardegna e lei aveva risposto che era un provvedimento discriminatorio, perché la pandemia non era su tutto il territorio nazionale? Per poi adottare e accettare il provvedimento della Sardegna una settimana dopo, dopo che erano arrivate 13.000 persone nella regione. Ma quindi chi parla e chi accusa l'opposizione e i partiti dell'opposizione dovrebbe fare mea culpa e guardare la trave che c'è negli occhi dei componenti di questo Governo, e non scaricare le responsabilità su chi non ha questo potere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Continuiamo a parlare di responsabilità, continuiamo a parlare dei provvedimenti; ho sentito parlare delle seconde case, quelle tartassate dalle imposte, dove dobbiamo pagare le imposte e l'IMU. Tutte ville? Tutte grandi case? O forse parliamo di seconde case nei piccoli centri montani, che dobbiamo mantenere e dobbiamo ristrutturare, affinché, poi, arrivando alla stagione invernale non cadrà il tetto sotto il peso della neve. Cosa dovremmo fare? Quindi la maggioranza, che è espressa anche dal gruppo di LEU dal collega Palazzotto, deve dire ai proprietari delle seconde case che le devono forse a regalare ai comuni, o non devono assicurare il loro efficientamento, o forse dobbiamo dire che i piccoli paesi devono morire, perché non dobbiamo più avere seconde case o le dobbiamo demolire in nome del proletariato diseguale del collega Palazzotto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Oggi si è continuato poi a parlare della malasanità. Sempre la relazione della collega dei 5 Stelle ha parlato degli ultimi dieci anni, ma chi ha governato negli ultimi dieci anni? Ma, forse deve guardare alla sua destra e guardare chi era nel Governo Renzi, deve chiedere al suo gruppo perché ha votato come commissario europeo Gentiloni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), deve incominciare a controllare chi sono i suoi alleati. E mi chiedo: i suoi alleati, perché non ricordano alla collega dei 5 Stelle che forse deve portare più rispetto per le forze politiche che gli consentono di stare al Governo? Perché, poi, dobbiamo smetterla con questa ipocrisia: parliamo di malasanità e corruzione ma il collega Palazzotto si è dimenticato di citare il caso Umbria; si è dimenticato di citare il caso Zingaretti, delle mascherine che son state pagate e che non sono mai arrivate perché ci si è rivolti a una ditta di lampadine. Ma qui, allora, di che cosa stiamo parlando? La colpa è dell'opposizione, ma perché il Governo non fa chiarezza? L'opposizione sarebbe stata molto contenta se, al di là poi di questi continui DPCM, i suoi Ministri e sottosegretari rispondessero alle interrogazioni e agli atti ispettivi che l'opposizione fa, che continuerà a denunciare questo atteggiamento. I Ministri e i sottosegretari non rispondono mai a nessun atto di sindacato ispettivo, se non in sede di question time, dove sono obbligati, o di question time in Commissione. Tutti gli altri atti ispettivi cadono nel vuoto, sia in emergenza COVID-19 che nella realtà normale. Questo Governo non ha mai rispettato il Parlamento e la Camera dei deputati, perché altrimenti noi avremmo potuto rispondere ai cittadini che oggi chiedono risposte e che sono stufi di alcuni provvedimenti, dove non si capisce l'inizio e non si capisce neanche la fine. È vero - sì - i Paesi vengono a prenderci ad esempio, come per la faccenda dei congiunti, come per la questione dei parenti, come per il fatto che su certe questioni non vengono emanati né provvedimenti, né del Ministero ma vengono emanate solamente comunicazioni tramite le FAQ, quei famosi chiarimenti da mettere nel sito: quello è pieno! Si continua, giorno dopo giorno, a dare chiarimenti; le polizie municipali e le forze dell'ordine sono nella più completa difficoltà ad interpretare quelle regole, con i sindaci e con gli amministratori locali che devono capire cosa fare. Allora ecco perché le regioni e i sindaci si sono messi a fare da soli, perché non c'è una linea chiara, non c'è mai stata una linea chiara; non c'è mai stata una verità ed è quello che noi rimprovereremo sempre a questo Governo, cioè la mancanza di chiarezza, una mania di protagonismo, un chiedere di rispettare le regole a tutti i cittadini, quando questo Governo, come ho già detto, non rispetta neanche il Regolamento che la Camera dei deputati si è data. Questo, Presidente, lo riporti di nuovamente al Presidente Fico, che deve controllare e deve imporre al Governo di rispettare il Regolamento di questa Camera dei deputati, perché non è giusto che - continuo a dire - i deputati vengano sviliti nel loro ruolo da un atteggiamento che sicuramente è irrispettoso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Torniamo al provvedimento. Qui si parla, per esempio, della difesa e io riconosco, come ho già detto - il collega Borghi del PD ne è testimone perché in quella seduta noi abbiamo fatto i complimenti al Ministro Guerini e ai sottosegretari della difesa - che si è provveduto anche a dotare di maggiori fondi per gli straordinari il personale impegnato in questa vicenda del COVID-19. Ringraziamo sempre l'operato delle Forze armate che, in questi giorni, stanno girando proprio per le RSA per fare i test, per portare sicuramente delle dotazioni di sicurezza e per portare anche un po' di conforto. Quella è una buona notizia ed un merito che non abbiamo mai negato al Governo, perché quando le cose si fanno insieme e quando si lavora insieme, i risultati poi arrivano e non abbiamo problemi a dare il merito a chi lavora insieme. I problemi sono altri. Per esempio, se proprio dobbiamo guardare, nelle risoluzioni delle Commissioni era previsto che anche i militari di “Strade sicure” dovessero essere dotati di tutti i dispositivi di sicurezza, così anche le forze di Polizia, le Forze armate, ma poi guardiamo anche gli agenti di Polizia penitenziaria, che devono essere dotati di tutte le dotazioni di sicurezza. Parliamo delle RSA: mi chiedo perché vengono sempre citate le RSA, per esempio della Lombardia?

Certo, è un triste caso, ma perché non vengono mai citate le RSA dell'Emilia-Romagna (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Perché non vengono mai citate le RSA del Lazio che hanno adottato anche provvedimenti simili? Invece, vengono sempre citate, da parte della maggioranza, sempre questo attacco politico, quelle della Lombardia, come se, poi, attaccare la Lombardia fosse il simbolo che risolve tutto; lì, certo, il dramma è più evidente, ma ripeto anche che, forse, c'è un mea culpa di chi lì andava a fare gli aperitivi.

Vorrei continuare a ricordare che, oggi, esaminare un provvedimento targato 25 marzo è difficile, perché viene da parlare dell'ultimo provvedimento. Ieri, qualcuno si è scandalizzato della protesta, anzi, ha detto che abbiamo addirittura violato la legge, andando semplicemente a chiedere rispetto per il Parlamento; ringrazio il collega Silvestroni che ha presentato, come gruppo di Fratelli d'Italia, un emendamento per mettere fine a questa proliferazione di decreti del Presidente del Consiglio, perché, poi, anche l'ultima conferenza stampa dovrebbe far preoccupare, anche se mi conforta leggere - ormai le nostre fonti sono i giornali o Facebook - per esempio che anche nella maggioranza sono in molti che si stanno domandando se è giusto che Conte agisca in questo modo, che i Ministri agiscano in questo modo.

A proposito di questa eccessiva foga nel presentare la “fase 2”, quando forse non si era ancora pronti o non c'erano tutte le risposte esaurienti, ritengo che, forse, bisognava aspettare, lo ripeto, forse bisognava aspettare, forse bisognava concordare maggiormente con i presidenti di regione, come avviene in Germania, come ha ricordato anche il collega, con cui non è che andiamo sempre d'accordo, tranne quando si dicono cose condivisibili; in Francia si riunisce l'Assemblea nazionale, c'è un maggiore dialogo, una maggiore informazione istituzionale e, qui, andiamo avanti a furia di conferenze stampa, comunicati su Facebook, non solo del Presidente Conte, ma anche dei sottosegretari che, invece di rispondere alle interrogazioni - ci ritornerò sempre, sono un po' noioso - dei deputati, danno queste notizie su Facebook, con dirette Facebook, con post su Facebook. Addirittura, ovviamente, poi, si indignano perché gli chiedi notizie, ma loro le danno come se fossero patrimonio loro; sembra quasi che noi parlamentari siamo qui solamente per passare il tempo, per dare notizia forse di noi, per fare bella esposizione, quando, invece - mi pare che basti guardare gli atti depositati e pubblicati nel sito - molte delle polemiche che nascono sono proprio frutto della notizie distorte che diffondono i componenti del Governo. Presidente, poi, per esempio, a proposito delle mascherine, noi abbiamo chiesto l'intervento del Garante dei prezzi, di questo Mister Prezzi che è il segretario del Ministero dello Sviluppo economico; mi pare sia un ruolo o che non serve o che non viene utilizzato, perché, poi, se per le mascherine e i beni di prima necessità i prezzi stanno continuando ad aumentare, mi chiedo a cosa serva quella figura se non c'è un intervento per calmierare i prezzi, per chiedere e punire gli eventuali abusi. E anche questa questione viene lasciata, poi, a quei presidenti di regione che decidono di intervenire, preoccupati dalla crisi economica che sta intervenendo. Allora, anche qui, rinnoviamo l'appello affinché ci sia un intervento di questa figura, del Garante dei prezzi, per i beni di prima necessità.

Mi avvio alla conclusione, Presidente, augurandomi che, come ha fatto qualche altro collega, ci sia il voto di tutte le forze politiche per ridare centralità al Parlamento, perché è inutile chiedere l'unità nazionale, chiedere che ci sia la condivisione di tutte le forze politiche se, poi, le opposizioni sono sempre escluse e veniamo a sapere dei provvedimenti, come tutti i cittadini, attraverso i canali Tv, tramite i canali Facebook; così come assistiamo, poi, alla mancate – lo ripeterò sempre - risposte alle interrogazioni, perché poi ci sarà da chiarire anche quello che è accaduto ieri. Ieri, circolava una foto col Presidente Conte in bella mostra, con tutti i fotografi accalcati a Genova dentro un recinto costruito, e poi ci chiediamo perché gli italiani si stanno esasperando nel rispettare le regole, quando neanche il Presidente del Consiglio lo fa. La ringrazio, Presidente; le rinnovo l'appello da portare al Presidente Fico, nel rispetto del Regolamento della Camera, degli articoli da 129 in poi, che riguardano tutte le interrogazioni e gli atti ispettivi dei deputati, perché non si può chiedere il rispetto per un Esecutivo che, da sempre, ha mancato di rispetto a tutti i deputati, non solo a quelli di opposizione, ma a tutti i deputati e che continua, con arroganza, ad avere un potere che nessuno gli ha dato, perché se siamo una democrazia parlamentare, fuori, questa maggioranza non è quella scelta dai cittadini, ma la grande maggioranza vorrebbe sicuramente uno stop a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

MARCO SILVESTRONI (FDI). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO SILVESTRONI (FDI). Presidente, chiedo questo intervento perché credo che sia necessaria la presenza del Ministro dello Sviluppo economico, qui, in questa sede, durante l'esame di questo DPCM, visto quello che sta all'articolo 1 di questo DPCM e visto quello che sta accadendo. È notizia di oggi, la consegna di chiavi di negozi, da Milano fino alla Sicilia. Quindi, io credo che sia importante richiamarne la presenza. Io ho qui, Presidente, un mazzo con 400 chiavi, questi sono negozianti, commercianti del comune di Albano Laziale (Il deputato Silvestroni mostra mazzi di chiavi – Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)

PRESIDENTE. Abbiamo capito il concetto, tenga giù…

MARCO SILVESTRONI (FDI). …ma valgono quelle di tutta la provincia di Roma…

PRESIDENTE. Tenga giù, cortesemente metta giù. Ecco grazie. Abbiamo ricevuto il messaggio, lei chiede che sia presente il Ministro.

MARCO SILVESTRONI (FDI). Sì, che sia presente, perché queste persone non potranno riaprire, ci sono famiglie, ci sono speranze, ci sono i sacrifici di queste famiglie che con questo nuovo DPCM fatto dal Presidente Conte non potranno riaprire e, allora, è necessario, in una situazione grave come questa, che sia presente il Ministro e, poi, le consegnerò anche una lettera con delle richieste che loro fanno per vedere di poterle inserire in un'eventuale modifica di questo DPCM, nello specifico all'articolo 1 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Abbiamo ascoltato la sua richiesta, la sua segnalazione.

Interrompiamo a questo punto la discussione sulle linee generali del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 14.

Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14, per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno la Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti e il Ministro della Giustizia. Invito gli oratori a un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Iniziative di competenza in relazione al versamento del contributo annuale a favore dell'Autorità di regolazione dei trasporti da parte degli operatori del settore – n. 3-01494)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Rixi ed altri n. 3-01494 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Rixi se intenda illustrare la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica.

EDOARDO RIXI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, sono a chiederle di capire come mai non sia stato deciso di sospendere, almeno, o di eliminare il contributo ART soprattutto al settore della logistica e dell'economia del mare; contributo che non solo crea alcuni problemi in questo momento ed è stato sempre inviso agli operatori del settore, che hanno dovuto lavorare anche durante queste giornate di quarantena e di emergenza COVID, e a cui, di fronte a nessuna misura, di fatto, per garantire loro liquidità, si chiede quest'anno un ulteriore balzello.

Quindi, forse, sarebbe stato il caso di evitare che nel 2020 questo contributo andasse a colpire anche queste categorie di imprese. Oltretutto, devo dire che nel Documento di programmazione economica e finanziaria di oggi l'intera Commissione trasporti della Camera, in maniera bipartisan, ha messo nella risoluzione la sospensione di questo contributo almeno per il 2020. Quindi, sono a chiederle le motivazioni e il perché non si sia andati dietro invece alle richieste dell'intero settore della logistica italiana.

PRESIDENTE. La Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. La ringrazio, Presidente. Come evidenziato dagli onorevoli interroganti, la contribuzione dell'Autorità di regolazione dei trasporti è definita nella legge istitutiva e nei successivi atti attuativi approvati con specifici decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, l'ultimo dei quali è stato adottato il 20 gennaio del corrente anno.

In particolare, l'Autorità ha comunicato di avere escluso dall'obbligo contributivo gli operatori del settore dei servizi logistici e accessori ai servizi dei trasporti, gli operatori del settore del trasporto di merci su strada con parco mezzi a capacità di carico ridotte, che sono stati ritenuti non riconducibili al servizio di trasporto su strada connesso ai porti, scali ferroviari merci, aeroporti, interporti, così come già concordato con il precedente Governo.

Inoltre è intervenuta una sospensione, in via cautelativa, fino alla definizione dei giudizi pendenti dinanzi al giudice amministrativo anche dei versamenti da parte degli operatori tenuti alla contribuzione che esercitano le attività di trasporto merci su strada connessi con i porti, scali ferroviari merci, aeroporti, interporti di trasporto di merci via mare e per le vie navigabili interne e di trasporto aereo di passeggeri e/o merci.

La misura prevista per l'anno 2020 individuata dall'Autorità è pari ad un valore corrispondente a poco più della metà di quello massimo, che è previsto all'1 per mille del fatturato risultante dall'ultimo bilancio approvato al 12 febbraio 2020, a cui si aggiungono varie soglie di esenzione. È evidente a tutti che l'emergenza sanitaria da COVID-19 sta causando una grave contrazione nei sistemi produttivi e di mobilità del nostro Paese, con pesanti ricadute negative sulla libera circolazione di persone e di merci, il cui settore richiede, pertanto, ogni adeguato sostegno.

Già nell'ultimo decreto si è prevista, infatti, la sospensione delle imposte per tutti gli operatori dei servizi merci e dei servizi della logistica, e in un prossimo decreto saranno previsti una serie di interventi per i settori, oltre che del trasporto merci, del trasporto passeggeri, che in questo contesto stanno vivendo una situazione particolarmente complessa.

PRESIDENTE. L'onorevole Rixi ha facoltà di replicare.

EDOARDO RIXI (LEGA). Grazie, Presidente. Non mi trovo assolutamente soddisfatto della risposta, perché non ha detto il motivo per cui si è deciso di non sospendere il contributo, e lo dico perché a me risulta che si siano continuati a fare degli aumenti del personale in ART e che la necessità sollevata dal MEF sia stata quella di coprire i costi dell'Authority, che sono aumentati in un momento in cui si chiede alle imprese di fare sacrifici, senza dare loro dei corrispettivi. Non è accettabile che in questo momento noi abbiamo più gente che controlla che gente che lavora, e i pochi che lavorano devono sostenere tutti quelli che controllano.

Questo è un tema che non solo hanno portato avanti le varie associazioni di categoria e i vari cluster sia marittimi che dei trasporti, ma vorrei ricordare che c'è stato un crollo dell'88 per cento dei traffici sul trasporto aereo, del 98 sul trasporto ferroviario, del 70 per cento sul trasporto regionale e del 25 per cento sul trasporto merci. Tra passeggeri e merci si è più che dimezzato il traffico, con aziende che oggi non riescono neanche a incassare le fatture dei propri clienti, e ancora gli si chiede di sborsare 20 milioni di euro per mantenere un aumento dell'organico di questo ente.

E allora, da questo punto di vista, mi sarebbe piaciuto che anche il parere, fatto all'unanimità, della Commissione trasporti venisse considerato dal Governo e ci sia una ridefinizione, almeno la sospensione del contributo per il 2020, per ridiscuterlo nel 2021. Sarebbe un'attenzione che sarebbe molto apprezzata da tutto il settore della logistica sia del trasporto merci che di quello passeggeri (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

(Iniziative di competenza volte a garantire un'adeguata mobilità in vista della ripresa dell'attività lavorativa nella cosiddetta “fase 2” – n. 3-01495)

PRESIDENTE. L'onorevole Pastorino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01495 (Vedi l'allegato A).

LUCA PASTORINO (LEU). Grazie, signora Presidente. L'ultimo decreto del Presidente del Consiglio apre questa “fase 2” con il superamento delle misure restrittive e la graduale riapertura dei settori produttivi essenziali, ma anche con la finalità di tutelare la salute di quanti continueranno e saranno chiamati a prestare attività lavorative. Questo necessariamente determina, appunto, la necessità di garantire la mobilità e i trasporti, che vengano svolti sia con mezzi pubblici che con mezzi privati, in condizioni di assoluta sicurezza.

Questo logicamente è un tema condizionato alla persistente criticità della mobilità stradale a causa delle condizioni di precarietà strutturale dei ponti e viadotti. Vengo dalla Liguria, come lei sa: per esempio, ci sono anche questioni collaterali, quali un problema di quattro caseggiati sotto il viadotto Bisagno che attendono ancora da Autostrade una risposta in termini non solo di indennizzi, ma anche di riallocazione abitativa degli stessi, e quindi anche su questo si pongono tante questioni.

E poi, tornando al trasporto, occorre un adeguato trasporto pubblico locale su gomma, metropolitano e ferroviario, che dovrà consentire di muoversi in sicurezza. Quindi, la domanda è quali iniziative abbia assunto o intenda assumere, anche d'intesa con le regioni, le amministrazioni locali e i gestori del trasporto pubblico locale per garantire un'adeguata mobilità a quanti continueranno o saranno chiamati a prestare l'attività lavorativa in relazione alla progressiva ripresa prevista dalla cosiddetta “fase 2”.

PRESIDENTE. La Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. Il DPCM del 26 aprile scorso stabilisce, tra l'altro, i tempi e le regole per la riapertura graduale delle attività produttive e industriali dei cantieri, sia pubblici che privati, e del commercio all'ingrosso. Con la “fase 2” si metteranno in movimento circa 3 milioni di persone sull'intero territorio nazionale, non molte delle quali utilizzeranno i mezzi pubblici, dalle analisi dei flussi circa il 10 per cento. Occorre quindi che sia le aziende dei trasporti che l'utenza si attengano all'osservanza di misure necessarie a garantire un regolare svolgimento di questa seconda fase, al fine di ulteriormente contenere il diffondersi del contagio.

Al riguardo, segnalo che con apposito protocollo, condiviso con le associazioni del settore e con tutti i sindacati, sono state individuate una serie di misure finalizzate al contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica e adottate specifiche linee guida che stabiliscono le modalità di informazione agli utenti, nonché le misure organizzative da attuare nelle stazioni, negli aeroporti e nei porti.

Il protocollo prevede adempimenti per ogni specifico settore in ambito trasportistico e logistico per tutti i dipendenti, tra cui ricordo l'obbligo dell'informazione sul corretto uso e gestione dei dispositivi di protezione individuale, l'appropriata e frequente sanificazione e igienizzazione dei locali, dei mezzi di trasporto e dei luoghi di lavoro, l'installazione di dispenser di disinfettanti ad uso dei passeggeri.

Le linee guida organizzative, invece, ove possibile, prevedono il contingentamento della vendita dei biglietti al fine prioritario di far osservare tra i passeggeri la distanza di almeno un metro, unitamente all'incentivazione della vendita in modalità telematica, per poter contingentare la vendita dei biglietti.

Inoltre, apposita segnaletica e percorsi guidati garantiranno i flussi unidirezionali in entrata e uscita dalle stazioni e sui mezzi, i quali viaggeranno, appunto, con posti contingentati. Chiaramente, tutti questi adempimenti dovranno essere accompagnati da misure di sistema per consentire la riduzione dei picchi di traffico e in particolare la riduzione dei picchi di utilizzo del trasporto pubblico collettivo, misure modulate in relazione alle esigenze del territorio e del bacino d'utenza, specialmente nelle aree metropolitane e ad alta urbanizzazione, con l'obiettivo di cambiare il concetto di ora di punta nella mobilità cittadina.

Per raggiungere tale obiettivo è indispensabile l'attuazione di misure sinergiche che coinvolgano le istituzioni, anche quelle locali, le autorità di controllo dei trasporti, i singoli gestori dei servizi di mobilità e il mondo produttivo del lavoro, anche attraverso specifici accordi aziendali. Naturalmente, la collaborazione dell'utenza dei servizi di trasporto pubblico nell'osservanza delle prescrizioni riveste un ruolo essenziale per garantire il distanziamento sociale ed evitare il rischio di contagio, come ad esempio l'uso delle mascherine, che comunque, secondo le ultime raccomandazioni del comitato tecnico-scientifico, è importante per assicurare un'efficacia della protezione delle prime vie respiratorie per ridurre al massimo la trasmissione di COVID-19. Le linee guida in materia di trasporto sono soggette ad una continua interlocuzione con tutti gli operatori del settore e, sabato prossimo, è prevista un'ulteriore riunione con le associazioni di categoria. Ho proposto l'adozione di un pacchetto di misure da inserire nel decreto-legge di prossima adozione che, in estrema sintesi, prevede un'ipotesi di mobilità alternativa ai mezzi pubblici, modifiche al codice della strada per consentire l'apertura di piste ciclabili anche in via transitoria solo con segnaletica orizzontale, l'abbassamento a cento dipendenti della soglia minima oltre la quale le aziende devono avere mobility manager, che avrà il compito di consigliare le migliori modalità di trasporto per i dipendenti.

PRESIDENTE. Ministro, la invito alla conclusione, perché il tempo a sua disposizione è esaurito.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. Scusi, Presidente. Quanto alle criticità richiamate dagli onorevoli circa la mobilità stradale sul territorio ligure, segnalo che, in ottemperanza alle indicazioni del mio Ministero, le società concessionarie hanno avviato il programma di valutazione dello stato delle infrastrutture con l'analisi della sicurezza e anche l'analisi della transitabilità. Tali attività hanno riguardato in particolar modo proprio la regione Liguria per la sua particolare conformazione, che presenta oltretutto la maggiore concentrazione di viadotti. A tal fine è stata disposta l'esecuzione di interventi di ripristino per assicurare la viabilità preesistente. In tal senso, anche il viadotto del Bisagno rientra nell'ambito delle infrastrutture verificate e per le quali sono stati programmati interventi di riqualificazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Pastorino ha facoltà di replicare.

LUCA PASTORINO (LEU). Presidente, ringrazio il Ministro per la risposta, per la quale ci riteniamo soddisfatti. È chiaro che la questione dell'applicabilità e della conoscenza di questi protocolli diventerà nodale, nel momento in cui, in ogni caso, impareranno i cittadini e i lavoratori a conoscere percorsi di vita ai quali non erano abituati. Quindi, maggiore sarà l'impegno del Governo e delle parti sociali e la chiarezza di questi protocolli, più ampio e migliore sarà il risultato, perché comunque, evidentemente, il mantenimento del distanziamento sociale e quant'altro saranno temi con cui dovremo convivere nei prossimi mesi. Quindi, la ringrazio per la risposta. Un piccolo cenno alla questione della viabilità ligure. Mentre ieri abbiamo applaudito alla posa dell'ultimo impalcato del ponte Morandi di Genova, è chiaro che la Liguria è una regione caratterizzata da tantissimi viadotti, quindi plaudo anche al programma di manutenzione che è stato approvato. Sulla questione del viadotto Bisagno, che è un viadotto lunghissimo, dal quale sono caduti anche dei pezzi di calcinaccio o cose simili, alla metà di giugno partiranno, come diceva lei, i lavori, che dureranno però due anni; ci sono quattro stabili proprio sotto una parte di questo viadotto e già interlocuzioni con Autostrade avevano avviato un percorso non solo rivolto all'indennizzo ma proprio alla possibilità di spostare queste famiglie, che poi sono poche, sono 21 appartamenti, in altra sede; sono case, come nel caso del Morandi, che sono venute prima del ponte.

Io mi auguro che il Governo, anche in questo senso, si prodighi affinché l'interlocuzione che con Autostrade vada a buon fine in tempi ragionevolmente molto brevi, visto che i lavori iniziano a giugno e dureranno, come detto, due anni e quelle persone lì sotto non possono stare.

(Iniziative per un piano di potenziamento del trasporto locale, ferroviario e marittimo, anche tramite trasferimento di adeguate risorse agli enti locali, in vista della ripartenza economico-produttiva – n. 3-01496)

PRESIDENTE. L'onorevole Nobili ha facoltà di illustrare l'interrogazione Paita ed altri n. 3-01496 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

LUCIANO NOBILI (IV). Presidente, signora Ministro, la ripresa delle attività, la cosiddetta “fase 2”, che Italia Viva chiede da molto tempo di pianificare e di organizzare per consentire al Paese di ripartire, ha un nodo cruciale nella questione della mobilità dei cittadini, nella possibilità per loro di spostarsi in sicurezza. In particolare, è urgente fornire indicazioni chiare e univoche a comuni e cittadini sulle modalità di utilizzo del trasporto pubblico locale. Non sono ancora chiare le linee guida, a cinque giorni dal 4 maggio, sull'eventuale obbligo di dispositivi di sicurezza individuale, sul numero di passeggeri, sul conseguente necessario aumento di mezzi, sulla conseguente necessità per i comuni di rivedere i contratti di servizio con le aziende, su chi eseguirà e come i controlli. Come ben sa, la mobilità di questo Paese necessita di una vera e propria rivoluzione, i cui costi non possono ricadere sui comuni e i cui rischi non possono ricadere sui cittadini. Cosa facciamo con i lavoratori pendolari, con le linee ferroviarie ancora bloccate, con chi ha diritto al rimborso degli abbonamenti non utilizzati? E come favoriamo finalmente una mobilità sostenibile, elettrica, dal car sharing alle piste ciclabili fino ai monopattini, per utilizzare questo appuntamento e quest'occasione per modificare e migliorare anche le nostre abitudini di trasporto in sicurezza?

PRESIDENTE. La Ministra delle infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. Presidente, le risposte ai quesiti posti dall'onorevole Nobili sono contenute nell'allegato 8 e nell'allegato 9 al DPCM del 26 aprile, che ha avuto e avrà un tempo sufficiente per essere realizzato, ma soprattutto è stato discusso con le parti sindacali, con gli assessori ai trasporti e con le associazioni di categoria. Con particolare riguardo al settore dei trasporti e della logistica, l'allegato 8 del DPCM indica gli adempimenti da osservare per le modalità di trasporto, in particolar modo per proteggere i lavoratori. Si tratta di modalità finalizzate ad assicurare condizioni di viaggio in sicurezza. Evidenzio alcune delle misure previste: la regola del distanziamento sociale, l'obbligo dell'uso dei dispositivi di protezione individuale, la sistematica sanificazione dei locali e dei mezzi, nonché l'indicazione dei percorsi guidati. Le modalità di pianificazione organizzative potranno subire nel tempo integrazioni sulla base dei monitoraggi dei flussi effettuati sull'utenza. Sono in atto interlocuzioni continue con il Comitato tecnico-scientifico ed è prevista una riunione per sabato con gli operatori del settore. Quanto alle risorse, ricordo che è stato recentemente approvato il Documento di economia e finanza, e il MIT ha predisposto l'allegato infrastrutture, non ancora approvato dal Consiglio dei ministri in quanto collegato al Piano nazionale di riforme, definendo la stima economica degli interventi con la specifica declinazione delle risorse stanziate per la realizzazione di tutti gli investimenti che rivestono carattere di assoluta priorità, tenuto conto soprattutto della condizione di pandemia in essere. Il piano prevede circa 200 miliardi di investimenti, di cui 77 già disponibili per interventi immediatamente cantierabili nel breve e medio termine per contrastare gli effetti economici e sociali del COVID. Si prevede con esso il rilancio degli investimenti e della spesa pubblica nel settore delle infrastrutture e, ovviamente, dei trasporti. Inoltre, ricordo che si tratta di risorse immediatamente erogabili, soprattutto per la parte relativa alla sostituzione dei mezzi di trasporto. A ciò aggiungo gli ulteriori 11 miliardi che abbiamo reso immediatamente utilizzabili, dei quali 4,5 miliardi relativi alle opere e 6,5 miliardi relativi a programmi settoriali di intervento trasportistico. Concludo inoltre riassumendo le misure di sostegno al trasporto pubblico locale, ferroviario e portuale, di cui ho proposto l'inserimento nel decreto-legge di prossima emanazione: la costituzione di un fondo per equilibrare i contratti di servizio del settore dei trasporti; l'istituzione di un apposito Fondo per la compensazione dei danni subiti; l'anticipazione di cassa dell'80 per cento dello stanziamento del Fondo TPL e l'incremento di 58 milioni del Fondo nazionale dell'autotrasporto; la riduzione della quota parte del canone di accesso all'infrastruttura ferroviaria; lo stanziamento di 122 milioni di euro a favore di Rete ferroviaria italiana per la compensazione della contrazione degli introiti; la riduzione dei canoni concessori per gli operatori portuali; la proroga di un anno delle concessioni dei servizi portuali in scadenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Paita ha facoltà di replicare.

RAFFAELLA PAITA (IV). Grazie Presidente e grazie signora Ministro. Noi abbiamo posto il quesito perché abbiamo la piena consapevolezza che, se l'obiettivo reale è una ripartenza immediata del Paese, una ripartenza di tutte le attività produttive, abbiamo la necessità di renderci conto che c'è bisogno di un piano articolato, serio, programmato e nazionale - sottolineo questa parola - di trasporti. Nessuna delle categorie che noi auspichiamo come Italia Viva riparta - riparta nel lavoro, riparta nelle attività di produzione - potrà essere tale se noi non sapremo davvero garantire trasporti all'altezza. Allora certamente abbiamo bisogno di risposte sul tema della sicurezza: far trasportare le persone in assoluta sicurezza e ovviamente anche i lavoratori, ma dobbiamo renderci conto che questo settore avrà la necessità di un ripensamento complessivo, di una rivoluzione perché noi avremo bisogno di più mezzi e avremo persone che avranno la necessità di essere distanziate in questi mezzi. Per questo c'è bisogno di un forte investimento di risorse che oggi - la ringrazio per le precisazioni che lei ha fatto - al momento non è ancora sulla carta e deve essere ratificato nei prossimi decreti. Quindi, chiediamo al Governo che lo stanziamento sul tema delle ferrovie, sul tema dei trasporti, sul tema della mobilità sostenibile nelle città avvenga in tempi rapidissimi e in termini economici convincenti. Questo perché non potremo mai far ricadere sui comuni il costo delle nuove necessità. I comuni sono già molto in difficoltà in questo momento perché devono sostenere una situazione che non era prevista e che è davvero inimmaginabile. Dobbiamo aiutarli attraverso un fondo nazionale che sia sufficientemente capiente e che consenta alle persone di muoversi liberamente in questo Paese per poter raggiungere l'obiettivo reale di una ripartenza che è e rimane l'obiettivo fondamentale di Italia Viva (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

(Misure per assicurare un efficiente utilizzo dei mezzi pubblici, in condizioni di sicurezza, e per favorire altre forme di mobilità nell'ambito della cosiddetta “fase 2” – n. 3-01497)

PRESIDENTE. L'onorevole Gariglio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01497 (Vedi l'allegato A).

DAVIDE GARIGLIO (PD). Grazie, Presidente. Buongiorno, signor Ministro. Come dimostrano le domande dei colleghi che si sono concentrati tra le sue tante competenze proprio sul tema del trasporto pubblico locale, il settore del trasporto pubblico locale è uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi economica e maggiormente chiamati a uno sforzo nella fase cosiddetta 2 della pandemia. Attraverso il trasporto pubblico locale si avvierà la ripartenza delle nostre città e delle nostre comunità. Noi abbiamo chiesto attraverso l'interrogazione di sapere quali misure ulteriori il suo Ministero abbia allo studio dal punto di vista delle misure di sistema per pensare a una riorganizzazione complessiva del settore dei trasporti e dei tempi di vita delle città e per favorire altre forme di mobilità dei cittadini proprio per far fronte ai problemi strutturali ineludibili del trasporto pubblico locale.

PRESIDENTE. La Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente. Relativamente al trasporto pubblico locale con i protocolli, allegato 8 e allegato 9, al DPCM del 26 aprile abbiamo condiviso con le associazioni di settore, con i sindacati e con gli assessori ai trasporti alcune linee guida e si è stabilito di procedere lungo tre direttrici fondamentali. La prima, misure di sanificazione dei mezzi pubblici, forme di contingentamento e monitoraggio dei flussi di passeggeri; la seconda, mobilità alternativa ai mezzi pubblici; la terza, misura di sostegno al settore del trasporto pubblico locale. Riguardo al primo punto, le linee guida in materia di trasporti, accolte con il DPCM, si basano sul presupposto di adottare tempi di lavoro flessibili tali da precludere i picchi di accesso ai servizi pubblici. Inoltre, vengono confermate le regole fondamentali per la necessaria protezione individuale tramite il distanziamento sociale e l'utilizzo dei dispositivi di protezione. Attraverso l'impiego di adeguati sistemi verranno monitorati e contingentati, ove necessario, i flussi di passeggeri anche per adeguare o intraprendere ulteriori misure per le quali ovviamente il Ministero e il Ministro sono sempre disponibili. Inoltre, con il decreto-legge di prossima adozione, al fine di evitare un incremento non sostenibile del traffico privato e dei relativi problemi di congestione e di inquinamento, ho proposto, d'intesa con il Ministro Costa, la promozione di forme di mobilità alternativa, la diffusione della micro-mobilità elettrica e l'utilizzo di mezzi di trasporto innovativi e sostenibili. È allo studio il riconoscimento di un buono mobilità alternativa per i residenti nelle città metropolitane e aree urbane con più di 60 mila abitanti pari ad euro 200 per l'acquisto di biciclette anche a pedalata assistita, nonché di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, i monopattini, ovvero anche per l'utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale. Per le medesime finalità, inoltre, si è proposto di introdurre nel codice della strada la definizione di bikeline ovvero una corsia con destinazione prioritaria alla circolazione dei velocipedi nella quale è consentita la circolazione anche dei veicoli a motore con numero totale di ruote non superiore a tre, come ad esempio i ciclomotori, motocicli e tricicli: avremo così indubbi vantaggi sulla sicurezza e lo snellimento della circolazione. Ancora, intendiamo rendere obbligatoria la predisposizione del piano degli spostamenti casa-lavoro con la nomina del responsabile della mobilità aziendale per le aziende e gli enti pubblici con più di 100 dipendenti (a legislazione vigente sono 300) aventi sede in città metropolitane o comuni con più di 60 mila abitanti. Per il resto rinvio gli onorevoli interroganti anche alle altre risposte che ho già dato ai colleghi sia per le misure già attivate che per quelle da attivare. Concludo solo, Presidente, evidenziando la prosecuzione dell'impegno circa il piano per il rinnovo del parco rotabile urbano per cui sono già stati stanziati, ripartiti e trasferiti 2 miliardi e 600 milioni alle regioni e ai comuni, mentre ulteriori 400 milioni saranno ripartiti nel prossimo mese di maggio.

PRESIDENTE. L'onorevole Gariglio ha facoltà di replicare.

DAVIDE GARIGLIO (PD). Presidente, signor Ministro, siamo soddisfatti della risposta. La ringraziamo per il lavoro fatto: sia per il lavoro che ha portato alle misure recepite nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile sia per queste misure che speriamo vedano la luce al più presto. Sappiamo che il trasporto pubblico locale sarà un elemento cruciale per l'avvio in sicurezza della fase 2. Per far sì che tutto funzioni al meglio sono necessarie misure strutturali: sicuramente il cambiamento degli orari di vita delle città per evitare flussi maggiori nelle ore di punta, ma anche misure di mobilità alternative. Quelle citate sono misure che possono essere attuate in un arco di tempo assolutamente ragionevole. Spingiamo perché questo avvenga. Abbiamo apprezzato molto anche la disponibilità del Governo a recepire, in sede di esame del Senato, la modifica introdotta dal gruppo parlamentare del PD all'articolo 92 che ha stabilito che le aziende di trasporto pubblico locale non possono vedersi decurtati i corrispettivi dei contratti di servizio a fronte della riduzione dei chilometri dovuta alla pandemia e apprezziamo altresì l'attenzione che il Ministero ci ha detto sta dando anche al tema dell'integrazione dei mancati ricavi derivanti dal crollo delle vendite di biglietti e quindi dal crollo dei ricavi tariffari delle aziende di trasporto pubblico locale. Ci tengo a dire che, senza queste misure, tutto il sistema del trasporto pubblico locale sia che si tratti di aziende pubbliche sia che si tratti di aziende private andrebbe inesorabilmente in default. Grazie e buon lavoro.

(Iniziative volte a incentivare forme di mobilità sostenibile in alternativa all'uso di autoveicoli privati in vista della cosiddetta “fase 2” – n. 3-01498)

PRESIDENTE. L'onorevole De Lorenzis ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01498 (Vedi l'allegato A).

DIEGO DE LORENZIS (M5S). Grazie Presidente, grazie signora Ministra per la sua presenza. L'epidemia in corso ha comportato l'adozione di misure di distanziamento sociale e ha diffuso giustamente il timore di frequentazione di luoghi affollati e per questo è prevedibile una riduzione nell'uso del trasporto pubblico compresa tra il 50 e l'80 per cento. Quando le restrizioni cesseranno e le attività economiche, soprattutto quelle didattiche a settembre, riprenderanno, si ipotizza un aumento enorme dell'uso delle automobili private e quindi una paralisi della mobilità nelle aree urbane, dato che le forme di lavoro da remoto e la flessibilità degli orari nelle attività produttive commerciali e scolastiche verosimilmente non saranno sufficienti ad evitare la congestione dovuta appunto all'impiego massivo di autovetture. Le amministrazioni locali quindi saranno costrette, per scongiurare questo scenario ed evitare il collasso dei sistemi urbani di trasporto, a predisporre concrete soluzioni alternative di mobilità per garantire il diritto allo spostamento e alla tutela della salute dei cittadini.

Per queste ragioni chiedo al Governo quali siano le misure che si intendano adottare o che siano state già adottate per incentivare forme di mobilità sostenibile, sostenere gli enti locali nell'adozione di queste alternative ed evitare, quindi, che la quota di spostamenti non più assorbita dal trasporto pubblico si orienti verso l'uso di autoveicoli privati.

PRESIDENTE. La Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente. Come anticipato, nel DPCM del 26 aprile del 2020, con gli allegati 8 e 9, abbiamo disciplinato il modello organizzativo del trasporto pubblico locale per l'avvio della “fase 2”. Si tratta di misure indirizzate alle aziende dei trasporti e all'utenza, fondamentali per assicurare la mobilità delle persone in condizioni di sicurezza. A tal fine, da una parte con il protocollo (allegato 8), condiviso con le associazioni di settore, e con le linee guida (allegato 9), sono state stabilite modalità di informazioni ai lavoratori, agli utenti, nonché misure organizzative da attuare nelle stazioni, negli aeroporti e nei porti.

Tutti questi adempimenti, ovviamente, dovranno essere accompagnati da altre misure, che, in sinergia tra loro, potranno consentire la riduzione dei picchi di traffico. In particolare, per il possibile decongestionamento del trasporto pubblico collettivo sarà necessario attuare politiche in relazione al bacino di riferimento di utenza, coinvolgendo enti locali ed imprese che riapriranno.

Per raggiungere tale obiettivo, è necessaria comunque e sempre una responsabilizzazione dei comportamenti individuali, peraltro ampiamente e meritoriamente dimostrata in questi ultimi due mesi, nonché la collaborazione delle diverse istituzioni e autorità.

Oltre ai più diffusi e tradizionali mezzi di trasporto, però, vogliamo incentivare modalità alternative e sostenibili, soprattutto nelle aree metropolitane, dove l'uso dei mezzi pubblici e delle automobili private non sarà agevolmente praticabile come in passato, promuovendo una nuova cultura della mobilità urbana. In tale contesto, come ho già rappresentato anche in alcune delle risposte precedenti, sono allo studio forme di incentivazione economica per la mobilità alternativa e sostenibile, ad esempio il buono della mobilità alternativa, che stiamo costruendo insieme al collega Costa, pari a 200 euro per ogni acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, di veicoli a propulsione prevalentemente elettrica, monopattini, e anche un buono per i servizi di mobilità condivisa ad uso individuale.

E ancora, la previsione della bikeline e di linee di arresto avanzato per le stesse rispetto alle auto, a tutela della sicurezza dei cosiddetti utenti deboli della strada. Inoltre, una maggiore presenza anche in imprese ed enti pubblici con un minor numero di lavoratori, del mobility manager, che saprà meglio individuare le forme di trasporto che consentiranno il decongestionamento del traffico.

Sono certa che tale situazione può rappresentare l'occasione per dimostrare che si può migliorare il sistema complessivo di vita, anche sperimentando un nuovo sistema di mobilità urbana, ma non mi nascondo che, soprattutto nella fase di avviamento, ci saranno problemi e lentezze. Per questa ragione, ho già dato la massima disponibilità alle associazioni, alle imprese e agli enti locali, di poter monitorare con cadenza di qualche giorno l'avvio di questa “fase 2” anche per il sistema trasportistico urbano.

PRESIDENTE. L'onorevole De Lorenzis ha facoltà di replicare.

DIEGO DE LORENZIS (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la Ministra per la risposta che ha dato. È evidente, Ministra, che, dopo la “fase 2” e nella “fase 2”, nulla sarà più come prima. Però, per abilitare questo nuovo cambiamento, non dobbiamo reinventare la ruota, dobbiamo semplicemente rifarci a quelle pratiche, alcune delle quali lei ha richiamato, che sono già delle buone pratiche diffuse in tanti Paesi europei ed extraeuropei e sulle quali misure il nostro Paese è rimasto fortemente indietro nei passati decenni.

Siamo il Paese europeo con il più alto tasso di motorizzazione privata e dobbiamo cogliere questa difficile sfida, questa situazione tragica, come un'opportunità per adeguare il nostro sistema di mobilità nazionale, ma soprattutto urbano, alle migliori pratiche già diffuse altrove.

La correlazione che è stata evidenziata in queste ultime settimane da alcuni studi tra inquinamento dell'aria e la diffusione dell'epidemia ha due fattori fondamentali: il particolato come vettore e anche l'indebolimento del sistema immunitario di molte persone, che vivono in un ambiente con una qualità dell'aria pessima.

Avevamo dei costi sociali, lo scorso anno, pari a 19 miliardi di euro, costi sociali attribuibili alle morti - oltre 3.300 persone morte per le strade e oltre 240 mila ferimenti gravi - e questi costi non sono mai conteggiati nella finanza pubblica, ma sono dei costi che sosteniamo tutti noi.

Io credo che un sistema di mobilità che renda più sicure e più vivibili le nostre strade e che aumenti la qualità di benessere della vita dei nostri cittadini, sia anche funzionale all'abbattimento di questi costi; e si prevede anche una contrazione dei redditi, perché evidentemente ci sarà anche una crisi economica.

Concludo, Presidente. Oggi mantenere un'auto privata costa 4 mila euro, più o meno, mediamente all'anno. Quindi, dare delle forme alternative di mobilità è un diritto costituzionale a consentire gli spostamenti senza doversi sobbarcare di costi insostenibili.

PRESIDENTE. Concluda.

DIEGO DE LORENZIS (M5S). E poi c'è - e concludo, Presidente - il tema della democrazia dello spazio. Oggi lo spazio pubblico deve essere recuperato come spazio di relazione sociale e le infrastrutture leggere e le risorse strutturali devono essere consentire in qualche modo alle amministrazioni locali per dare queste alternative alla popolazione come alternative concrete ogni giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza volte all'accertamento delle cause e delle responsabilità amministrative relative al crollo del viadotto di Albiano Magra, in provincia di Massa-Carrara, nonché intendimenti in ordine al riconoscimento dello stato di emergenza in Liguria e alla nomina del presidente della regione quale commissario per l'emergenza viabilità – n. 3-01499)

PRESIDENTE. L'onorevole Gagliardi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01499 (Vedi l'allegato A).

MANUELA GAGLIARDI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, Presidente. Signor Ministro, l'8 aprile scorso è crollato un altro ponte in Italia, il ponte di Albiano, un viadotto che collega due regioni, la Toscana e la Liguria, e per una serie di circostanze, direi fortunose, non siamo qui, oggi, a piangere delle vittime. Però, nonostante questo, naturalmente ci dobbiamo porre delle domande e fare qualche riflessione.

Questo crollo dimostra una volta di più, se mai ce ne fosse la necessità, la fragilità e l'inadeguatezza delle nostre infrastrutture, ma anche, purtroppo, l'immobilismo del suo Ministero.

La domanda che le pongo è: quali iniziative urgenti intenda assumere per accertare le responsabilità del crollo e quali iniziative intenda porre in essere per ripristinare la viabilità interrotta in Toscana e se tra queste iniziative c'è anche la nomina del commissario per l'emergenza per la viabilità in Liguria, nella presenza del presidente Giovanni Toti.

PRESIDENTE. La Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente. A seguito del crollo del ponte sul fiume Magra, ho immediatamente istituito una Commissione ispettiva, presieduta dal direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture autostradali (ANSFISA), per fare chiarezza sull'accaduto e accertarne le responsabilità, congiuntamente agli accertamenti in capo ovviamente all'autorità giudiziaria. Anche ANAS ha costituito una sua commissione per accertare la dinamica e le cause del collasso del ponte. Entro la prima decade del prossimo mese di maggio, la Commissione elaborerà una relazione dettagliata sui fatti.

Segnalo che, al fine di accelerare la ricostruzione del ponte crollato, con apposito DPCM è stata individuata l'opera di ricostruzione del ponte quale intervento prioritario e il presidente della regione Toscana è stato nominato commissario straordinario. Questo DPCM è stato trasmesso il 20 aprile scorso alle Camere per il prescritto parere previsto dalla legge. Nelle more della ricostruzione dell'opera, ANAS progetterà un ponte provvisorio per ripristinare la viabilità locale, che verrà completato entro questo mese.

Al contempo, la concessionaria SALT ha accolto la richiesta del Ministero di sospendere, fino al 3 maggio 2020, il pagamento del pedaggio tra i caselli di Aulla e di La Spezia-Santo Stefano di Magra e si sta procedendo alla definizione di un nuovo protocollo con la citata concessionaria per definire e prorogare ulteriori forme di agevolazione tariffaria per gli automobilisti.

Un ulteriore possibile intervento in fase di approfondimento potrebbe essere l'uso promiscuo dei tronchi autostradali gestiti da SALT, ovvero la A12 e la A15, adibendo parte dell'infrastruttura alla viabilità esterna. Più in generale, però, per la viabilità locale del territorio interessato dal crollo del ponte, segnalo che è stato istituito presso il Ministero un apposito tavolo tecnico, con il mandato di interloquire con i rappresentanti delle amministrazioni territoriali coinvolte, per definire un quadro organico e contestualizzato degli interventi.

Tale tavolo tecnico è coordinato dal sottosegretario Traversi e, all'esito di tale confronto, si potrà valutare ogni ulteriore iniziativa utile al superamento dell'emergenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Gagliardi ha facoltà di replicare.

MANUELA GAGLIARDI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, Presidente. Ringrazio il signor Ministro, però, purtroppo, non mi posso ritenere totalmente soddisfatta. Ritengo che ci sia un inizio di attività, colgo favorevolmente, naturalmente, la nomina del presidente della regione Toscana quale commissario straordinario per la ricostruzione del ponte - perché il ponte crollato, lo ribadisco, è in Toscana, non è in Liguria - però vorrei anche ricordare al Ministro che la regione Liguria soffrirà molto perché, una volta terminata l'emergenza data dal Coronavirus, quindi terminato il lockdown, ci troveremo ad avere strade intasate di traffico, senza la possibilità di adottare quel sistema di deroghe, se non attraverso, appunto, la nomina di un commissario straordinario, di uno stato di emergenza per la viabilità in Liguria. Perché la mia provincia, che è la provincia di La Spezia, che è quella che è direttamente collegata con la provincia di Massa Carrara attraverso quel viadotto, purtroppo ha una viabilità già molto congestionata.

La dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Ministero potrebbe ridurre tutti quegli iter e tutti quei tempi che, normalmente, richiede un'opera pubblica. Siccome ci sono delle opere che sono anche già finanziate - parlo del secondo e del terzo lotto della strada della Ripa, parlo dell'asfaltatura della strada tra Bolano e Podenzana e parlo del ponte di Ceparana -, se il Ministro concedesse lo stato di emergenza e la nomina di un commissario straordinario, quelle opere si potrebbero realizzare in tempi molto più rapidi, ovviando alle gravi difficoltà di viabilità che, invece, si andrebbero a creare nel momento della riapertura.

Pertanto, io invito il Ministro, per quanto possibile, a fare un'ulteriore riflessione, perché la richiesta non le è arrivata soltanto dal presidente della regione Liguria, non è, signor Ministro, una bandierina politica o partitica, le è arrivata dai territori, le è arrivata dai sindaci che sono di partiti politici diversi, le è arrivata dal presidente della provincia di La Spezia e, oggi, le arriva anche dai parlamentari che rappresentano quel territorio.

Per cui, io insisto, le chiedo di fare un'ulteriore riflessione proprio perché è indispensabile derogare a quel sistema che oggi, purtroppo, è troppo inzeppato di regole. Lei stessa lo ha ammesso, perché lo ha dichiarato anche ieri in un'intervista, che fino a quando non si attuerà attraverso una normativa nuova, sarà necessario derogarlo. Pertanto, le chiedo di intervenire e di intervenire immediatamente.

(Iniziative per rilanciare la politica infrastrutturale, con particolare riferimento all'individuazione di opere prioritarie e alla nomina di appositi commissari straordinari che ne accelerino la realizzazione – n. 3-01500)

PRESIDENTE. L'onorevole Gelmini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01500 (Vedi l'allegato A).

MARIASTELLA GELMINI (FI). Grazie, Presidente. Come gruppo di Forza Italia poniamo all'attenzione del Ministro il tema del blocco, della paralisi delle infrastrutture e dei cantieri, un tema molto serio per il quale il Paese ha già pagato un prezzo pesante in termini di posti di lavoro: 600 mila sono i posti persi e 120 mila le aziende che hanno chiuso.

Far ripartire le grandi opere e dare ossigeno alle infrastrutture significherebbe anche agevolare una ripartenza che per tanti, troppi italiani è particolarmente difficile. Ci rendiamo conto che il Ministro riceve un'eredità difficile, quella di Toninelli, ma lei, Ministro, un mese e mezzo fa, ha promesso di individuare 25 grandi opere urgenti, di individuare 12 commissari e 6 miliardi di investimenti in sei mesi. Noi le chiediamo di documentare con atti concreti queste proposte e capire quando si passerà dalle parole ai fatti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente. Da quando, a settembre scorso, abbiamo avviato il monitoraggio della situazione delle opere, ad oggi, abbiamo reso pienamente ed immediatamente utilizzabili 11 miliardi di euro, dei quali 4,5 miliardi relativi a specifiche opere infrastrutturali, tra cui la strada 106 “Jonica”, la strada 4 “Salaria”, e ci sono 6,5 miliardi relativi a programmi di intervento settoriale - trasporto rapido di massa, rinnovo parco autobus, manutenzione strade provinciali, sicurezza ferrovie non interconnesse - che sono già stati trasferiti e, quindi, sono nelle casse, degli enti preposti all'utilizzo di queste risorse.

Voglio segnalare che le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria di strade e autostrade, compresi i ponti, i viadotti e le gallerie, sono proseguite, per scelta del Governo, anche durante la fase di lockdown.

Sempre in tema di rilancio della politica infrastrutturale, informo l'onorevole Gelmini che, nell'ambito dell'aggiornamento 2018-2019 del contratto di programma 2016-2020, tramite ANAS, sono previsti 2 miliardi e 650 milioni di euro di interventi per la manutenzione dei ponti e dei viadotti per la rete gestita da ANAS, nonché 641 milioni, oltre ai 440 che abbiamo già assegnato, per le manutenzioni straordinarie delle ex strade provinciali che sono, poi, state trasferite ad ANAS. Sono anche stati trasferiti 2,6 miliardi per gli interventi manutentivi della rete viaria provinciale e delle città metropolitane; l'ultimo trasferimento è avvenuto qualche settimana fa. Inoltre, verrà sottoposta all'approvazione della prossima Conferenza Stato-regioni una ripartizione di ulteriori 460 milioni per la manutenzione delle strade provinciali e comunali.

Più in generale, per rispondere all'esigenza di ridurre i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, che, però, non sono bloccate, sono state sospese, in alcuni casi, durante il lockdown, stiamo mettendo in campo un pacchetto di norme necessarie alla semplificazione, insieme alla prossima approvazione del regolamento di attuazione del codice degli appalti e dei contratti.

Inoltre, ho altresì proposto nel prossimo decreto-legge in materia di semplificazioni apposite misure di accelerazione della spesa, che prevedono anche l'individuazione di 29 opere, che sono però caratterizzate non tanto da una priorità, perché le opere strategiche sono tutte in corso e, peraltro, in molti casi, in stato avanzato, ma sono caratterizzate da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa oppure da complessità delle procedure tecnico-amministrative, con rilevante impatto sul tessuto socio-economico del territorio.

Inoltre, per questioni di tempo, rinvio a quanto detto nella risposta precedente in merito al testo dell'allegato infrastrutture al piano nazionale di riforme che verrà a breve approvato dal Consiglio dei ministri, nel quale potrò dettagliare ulteriormente il piano delle infrastrutture del nostro Paese previsto dal Ministero.

PRESIDENTE. L'onorevole Gelmini ha facoltà di replicare.

MARIASTELLA GELMINI (FI). Grazie, signor Ministro, noi prendiamo atto delle sue parole, ci sarebbe bastato conoscere in cosa consiste questo elenco delle 25 grandi opere. Vede, non possiamo dirci soddisfatti perché, proprio ieri, è stata fissata l'ultima campata del ponte Morandi, un grande successo italiano e un modello che ci riempie di orgoglio e che dovrebbe essere non solo un modello ligure, ma un modello nazionale. È fatto da una politica capace di decidere, con il coraggio di mettere da parte, forse di stracciare, il codice degli appalti, non di modificarlo, ma di eliminarlo; una politica capace di azzerare la burocrazia, di agire con la logica dei commissari, insomma di cambiare completamente registro.

Ad oggi, questo al Governo non sta accadendo e, nonostante noi crediamo sicuramente alla sua buona fede, signor Ministro, ad oggi, noi ci domandiamo che fine abbiano fatto alcune grandi opere non ancora completate: penso alla tratta dell'Alta velocità Milano-Genova, piuttosto che la Brescia-Verona-Vicenza, al ritardo della Bari-Napoli, piuttosto che al raccordo ferroviario di Firenze. E, poi, ci domandiamo perché ancora non si riescono ad utilizzare quei fondi europei per le molte infrastrutture di cui il Mezzogiorno avrebbe bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

I ritardi sono oramai davvero insopportabili e, con la crisi COVID, noi chiediamo al Governo davvero non delle promesse, che ricordano tanto quegli spot che promettono di dimagrire sette chili in sette giorni: noi vorremmo delle promesse concrete e attuate. Ad oggi questo non sta accadendo e se voi vi ostinerete a tenere il codice degli appalti, a non modificare il reato d'abuso d'ufficio, la nostra paura - e lo dico con rammarico - è che le grandi opere, in questo Paese, non vedano mai la luce (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Intendimenti in ordine a recenti scarcerazioni di detenuti sottoposti al regime del “carcere duro”, in relazione alle misure adottate dall'amministrazione penitenziaria con riferimento all'emergenza COVID-19 – n. 3-01501)

PRESIDENTE. L'onorevole Varchi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lollobrigida ed altri n. 3-01501 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie Presidente, noi siamo perplessi ed indignati, e con noi milioni di italiani, per quello che sta accadendo nelle carceri. Due mesi fa abbiamo visto le immagini dei tumulti e adesso arrivano le notizie delle scarcerazioni, alcune delle quali eccellenti. Abbiamo ascoltato il Governo scaricare il peso di queste scelte sulla magistratura di sorveglianza e parlare di ispezioni, ma non abbiamo ascoltato una sola parola in ordine alle effettive condizioni delle carceri e soprattutto in ordine alle responsabilità del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Noi vogliamo sapere con chiarezza se questo Governo intende difendere il regime del 41-bis e con esso gli importanti risultati conseguiti sul fronte della lotta alla criminalità organizzata, se vuole rafforzare la procedura, centrando anche ai procedimenti per la revoca, come chiede Fratelli d'Italia e quali sono i provvedimenti che questo Governo intende assumere in ordine ai fatti incresciosi di cui ho parlato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO BONAFEDE, Ministro della Giustizia. Grazie Presidente, ringrazio sinceramente gli interroganti perché mi danno l'occasione di fare chiarezza su qualcosa che, peraltro, Costituzione alla mano, è già lapalissiana. Chiariamolo subito: la lotta alle mafie è una cosa seria e stiamo parlando di fatti allarmanti da analizzare, su cui, nell'ambito delle proprie competenze, non si può e non si deve rimanere inerti, informando però contestualmente e correttamente i cittadini sulla reale natura della questione, questione intorno alla quale - e non mi riferisco alla all'interrogazione - si è invece sviluppato un dibattito pubblico che, denotando in alcuni casi l'assenza totale di conoscenza dell'abbiccì della Costituzione, mira a strumentalizzare fatti gravi per attaccare il Governo e alimentare una violenta polemica politica, gravemente irresponsabile per il tema trattato e ancor più in questo momento di emergenza. Facciamo quindi chiarezza. I principi e le norme della nostra Costituzione sono univocamente orientati ad affermare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Ciò vuol dire che non c'è alcun Governo che possa imporre o anche soltanto influenzare le decisioni dei giudici, in questo caso dei giudici di sorveglianza. Punto. Questo non è un principio liberamente interpretabile o su cui ci si può girare intorno. La Costituzione non lascia spazio ad ipotesi in cui la circolare di un direttore generale, di un dipartimento o di un Ministero possa dettare la decisione di un magistrato. Le scarcerazioni richiamate sono decisioni giurisdizionali, di natura discrezionale, impugnabili secondo la relativa disciplina. Diciamolo senza giri di parole: il messaggio per cui il Governo starebbe scarcerano i mafiosi non è semplicemente fuorviante, e totalmente e inequivocabilmente falso. Come correttamente sottolineano gli interroganti, nel decreto-legge “Cura Italia” i mafiosi vengono esplicitamente esclusi dall'accesso alla detenzione domiciliare e, come dicevo, non bisogna comunque rimanere inerti. Come è noto, il Consiglio dei ministri, con molta probabilità questa sera, approverà un decreto-legge che stabilisce, per questo tipo di scarcerazioni, che debbano essere obbligatoriamente acquisiti, un po' nella direzione indicata anche nell'interrogazione, il parere della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo. Il Governo risponde con i fatti e sia chiaro che non si tratta di sfiducia nei confronti dei giudici di sorveglianza, che meritano rispetto e che in generale stanno facendo un lavoro importantissimo, con grande sacrificio personale e impiego di energie; si fa semplicemente in modo che il giudice abbia un quadro chiaro e completo della pericolosità del soggetto. Riguardo alle mie competenze, vi sono tutta una serie di accertamenti in corso, a seguito dei quali verranno prese tutte le determinazioni opportune e necessarie.

Sempre per quanto riguarda le mie competenze - e ho concluso - gli interroganti ricordano correttamente, nelle loro premesse, che la decisione finale sull'applicazione del regime del 41-bis viene presa dal Ministro della giustizia, che, anche in ragione di questo, vive costantemente sotto il più alto livello di scorta. Ecco, basta questo per ricordare che, a parte le proroghe, ci sono circa 100 detenuti sottoposti al regime di 41-bis in virtù della mia firma. Grazie Presidente.

PRESIDENTE. Ministro, non l'ho interrotta e l'ho lasciata parlare perché davanti a sé non aveva nessuno, però la invito ad indossare la mascherina anche nel corso di un intervento, sempre.

L'onorevole Delmastro delle Vedove ha facoltà di replicare.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Siamo assolutamente insoddisfatti della sua risposta, Ministro: non una parola di scusa, non un accenno ad un'autocritica, neanche un accenno di consapevolezza del disastro che lei ha causato con quotidiane scarcerazioni di mafiosi in Italia. Le plurime, quotidiane scarcerazioni che offendono la coscienza civile di questa nazione, originano dalla pervicacia con cui lei ha voluto introdurre nel “decreto Cura Italia”, l'articolo 123, ovverosia la detenzione domiciliare speciale per gli ultimi 18 mesi, sul presupposto, falso e scientificamente indimostrato e indimostrabile, del nesso di causalità fra la detenzione e la propagazione del contagio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e lo faceva mentre il suo Governo rinchiudeva ai domiciliari gli italiani senza pene e senza colpe, e dicevate che per fronteggiare il medesimo virus bisognava scarcerare i detenuti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Vorrei terminare e vorrei recuperare anche. Ma vi è di più. Dopo questo sciagurato provvedimento, lei, il suo Ministero, il DAP, ha diramato delle circolari in cui chiedevate, con la massima solerzia, a tutti i direttori degli istituti penitenziari d'Italia, di segnalare eventuali profili di incompatibilità di prosecuzione della vita carceraria con il Coronavirus, sempre mentre dicevate che l'unico modo per affrontarlo, per gli italiani era rinchiuderli, per gli altri era liberarli (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

Allora, vede, Ministro, il 5 aprile, prima che anche un solo mafioso uscisse dalle carceri, Fratelli d'Italia - e termino - depositava un'interrogazione in cui lei diceva che questi suoi provvedimenti avrebbero influenzato le decisioni della magistratura di sorveglianza oltre i confini stessi stabiliti dalla norma. Lei ci accusava di becera propaganda. La storia si è incaricata di dire se eravamo noi a fare becera propaganda o se lei è il più infausto e sciagurato Ministro della Giustizia italiana. Francesco Bonura, colonnello di Provenzano, libero: vergogna! Francesco La Rocca, “O zu Cicciu”, boss mafioso di Caltagirone, libero: vergogna! Rocco Filippone, 'ndranghetista, libero: vergogna! Vincenzino Iannazzo 'ndranghetista, libero: vergogna! Pasquale Zagaria - e termino - clan dei Casalesi, mente economica del clan dei Casalesi, libero: vergogna! Lei oggi - e termino - avrebbe dovuto presentarsi col capo cosparso di cenere a chiedere scusa agli italiani, ai parenti delle vittime, alle forze dell'ordine che ogni giorno fronteggiano la criminalità organizzata, ma non lo ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ora, ha un solo modo per riabilitarsi: le dimissioni, ma anche per quelle ci vuole un senso delle istituzioni e dello Stato che anche oggi in quest'Aula lei non ha dimostrato (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,10.

La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del Documento di economia e finanza 2020 (Doc. LVII, n. 3).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2020 (Doc. LVII, n. 3).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 aprile 2020 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 aprile 2020). Avverto, inoltre, che al Documento di economia e finanza è annessa una Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012.

A tale proposito, ricordo che, ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e del richiamato articolo 6, commi 3 e 5, della legge n. 243 del 2012, la deliberazione delle Camere che autorizza l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio periodo deve essere approvata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti. Pertanto, l'esame del Documento di economia e finanza si concluderà con l'approvazione di due distinti atti di indirizzo: il primo relativo alla Relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, concernente l'autorizzazione all'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio periodo, da votare a maggioranza assoluta; il secondo relativo al Documento di economia e finanza, da votare a maggioranza semplice, sulla base degli esiti della precedente deliberazione.

Ricordo che, dopo l'intervento del relatore e del rappresentante del Governo, avrà luogo la discussione entro la quale dovranno essere presentate le risoluzioni riferite alla Relazione e quelle relative al Documento di economia e finanza. Interverrà, quindi, in sede di replica, il rappresentante del Governo che dovrà dichiarare quale intenda accettare con riferimento alla Relazione sullo scostamento e quale intenda accettare con riferimento al Documento di economia e finanza. Avranno, quindi, inizio le dichiarazioni di voto, al termine delle quali, e comunque non prima delle ore 19, avranno luogo due votazioni che si svolgeranno per appello nominale. In entrambi i casi, a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, verrà posta in votazione per prima la risoluzione accettata dal Governo che, in caso di approvazione, precluderà le altre.

(Discussione – Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ha facoltà di parlare la relatrice, onorevole Madia.

MARIA ANNA MADIA, Relatrice. Grazie, Presidente. Per quanto concerne il quadro macroeconomico il DEF evidenzia innanzitutto come l'epidemia causata dal nuovo Coronavirus, COVID-19, che ha colpito dapprima la Cina e si è poi diffusa su scala globale, abbia determinato una battuta d'arresto della crescita globale, già indebolita nel corso degli ultimi due anni. Secondo le stime più recenti, diffuse dal Fondo monetario internazionale, ad aprile, a causa della pandemia, l'economia globale dovrebbe contrarsi del 3 per cento nel 2020, una contrazione peggiore di quella sperimentata durante la crisi finanziaria del 2008-2009. Tali previsioni di crescita sono ridotte di oltre 6 punti percentuali rispetto alle proiezioni del Fondo monetario internazionale di ottobre 2019 e di gennaio 2020. In ogni caso, il Fondo monetario sottolinea che nonostante il recupero atteso per il 2021, anche con tassi di crescita superiori al previsto, il livello del PIL nel 2021 rimarrà comunque al di sotto del trend pre-virus; i rischi per esiti ancora più gravi, tuttavia, sono possibili.

Per l'Eurozona, che è diventata il secondo epicentro della pandemia dopo la Cina, si prospetta per il 2020 una contrazione dell'attività economica particolarmente ampia. Le recenti previsioni del Fondo monetario internazionale di aprile 2020 pongono la contrazione del PIL dell'area dell'euro a meno 7,5 per cento nel 2020, ipotizzando una ripresa al 4,7 per cento nel 2021.

Per quanto concerne le prospettive dell'economia italiana, l'orizzonte delle previsioni viene presentato limitatamente al biennio 2020-2021 e con riferimento al solo andamento tendenziale. Il Documento non presenta, dunque, il quadro programmatico, anche in considerazione del fatto che, coerentemente con l'orientamento espresso anche da altri Paesi europei e alla luce delle linee guida riviste dalla Commissione europea, il Governo ha deciso di posporre la presentazione del Programma nazionale di riforma. Il nuovo quadro macroeconomico tendenziale 2020-2021 è stato validato dall'Ufficio parlamentare di bilancio in data 16 aprile 2020. Lo scenario a legislazione vigente esposto nel DEF 2020 riflette l'effetto dei drammatici eventi causati dalla pandemia di COVID-19 che, diffusasi su scala globale, ha interessato in misura più severa l'Italia nella seconda metà di febbraio. Nel mese di marzo l'attività economica, che a inizio d'anno aveva ripreso vigore, dopo la battuta d'arresto del quarto trimestre del 2019, ha subito una caduta senza precedenti.

Il repentino aumento dei contagi da COVID-19 intorno al 20 febbraio ha drasticamente cambiato il quadro macroeconomico. Le misure di contenimento hanno determinato uno shock congiunto sia dell'offerta che della domanda; nel quadro macroeconomico tendenziale un'ulteriore flessione del PIL si prevede anche per il mese di aprile, seguita da un miglioramento della situazione economica soltanto a partire dal mese di maggio.

Nel complesso, in considerazione della caduta della produzione e dei consumi già registrata e delle difficili prospettive di breve termine, il DEF stima che l'economia registrerà una complessiva caduta del PIL reale, nel 2020, di 8 punti percentuali. Tale previsione macroeconomica è costruita in base all'ipotesi che le misure di chiusura dei settori produttivi non essenziali vengano attenuate a partire dal mese di maggio e l'impatto economico dell'epidemia si esaurisca completamente nel primo trimestre del 2021. Gli interventi adottati a sostegno dei redditi e dell'occupazione già attuati alla data di chiusura della previsione sono inclusi nello scenario a legislazione vigente. In particolare, ricordo gli interventi del decreto cosiddetto “Cura Italia” a cui si associa un impatto positivo sulla crescita di quasi 0,5 punti percentuali di PIL. La crescita del PIL tornerebbe in territorio positivo nel 2021 con un incremento del 4,7 per cento. Si tratta, comunque, di una previsione considerata dal DEF “prudenziale” che sconta il rischio che la crisi pandemica non venga superata fino all'inizio del prossimo anno. Tutti gli indicatori macroeconomici manifestano nell'anno 2020 un forte calo rispetto al 2019.

Rispetto allo scenario tendenziale descritto, i rischi della previsione si concentrano evidentemente sul possibile peggioramento della dinamica epidemica nel corso dell'anno e su come questa possa eventualmente influenzare anche i risultati del prossimo anno. Il mantenimento più a lungo termine di misure di contenimento molto restrittive determinerebbe una maggiore flessione dell'attività economica anche a maggio, con il conseguente aggravarsi della flessione del PIL attesa nel secondo trimestre. In alternativa o in aggiunta a questo, una recrudescenza dell'epidemia nei mesi autunnali causerebbe un'ulteriore perdita di prodotto e ritarderebbe la fase di ripresa prevista nello scenario tendenziale. Va considerato, inoltre, l'evolversi della situazione negli altri Paesi europei, come ricordava oggi, in audizione, Banca d'Italia, tra cui rientrano molti dei principali partner commerciali italiani.

In relazione ai suddetti rischi della previsione, il DEF considera anche uno scenario alternativo in cui la ripresa sarebbe più graduale e non si radicherebbe fino al secondo trimestre del 2021. Come richiesto dalle linee guida concordate a livello europeo, il documento presenta, infatti, anche alcune ipotesi di scenari di rischio in cui l'andamento e la durata dell'epidemia sarebbero più sfavorevoli, causando una maggiore contrazione del PIL nel 2020 e una ripresa più debole nel 2021 oltre, ovviamente, a un ulteriore aggravio sulla finanza pubblica.

Per quanto concerne il mercato del lavoro, nonostante il rallentamento dell'attività economica del 2019 esso ha conservato un andamento positivo. Il numero degli occupati è aumentato in misura maggiore rispetto al PIL, con una dinamica della produttività sostanzialmente invariata. Le previsioni tendenziali per il mercato del lavoro riportate nel DEF considerano per l'anno in corso, il 2020, una contrazione dell'occupazione nettamente più contenuta di quella dell'economia reale e questo grazie al ricorso agli ammortizzatori della cassa integrazione straordinaria e, soprattutto, della cassa in deroga, eccezionalmente estesi nel loro ambito di applicazione dal decreto cosiddetto Cura Italia. Si prevede un miglioramento graduale del mercato del lavoro nell'anno successivo, il 2021, in linea con la ripresa dell'attività economica. Infine, il tasso di disoccupazione peggiora nel 2020, arrivando all'11,6 per cento, e recupera parzialmente nel 2021, scendendo all'11 per cento.

La pressione fiscale incrementa dal 41,9 per cento del 2018 al 42,4 per cento del 2019. Considerando, però, il beneficio degli 80 euro, il DEF segnala che la pressione fiscale del 2019 scenderebbe al 41,9 per cento. Si evidenzia, inoltre, che le entrate tributarie includono gli effetti dell'attività di contrasto all'evasione fiscale. Nel 2019 l'attività di recupero dell'evasione ha fatto registrare incassi per un ammontare pari a 19,9 miliardi, con un incremento del 3,4 per cento rispetto al 2018. Quanto alle entrate totali, si stima un iniziale contrazione nel 2020 e una ripresa successiva nel 2021. Tra i fattori che incidono sull'andamento crescente delle entrate totali in rapporto al PIL il DEF segnala, tra le altre, l'andamento delle entrate dell'Unione europea. In particolare, sono le entrate tributarie a calare molto nel 2020 e ad avere successivamente nel 2021 una ripresa. La pressione fiscale, al netto del beneficio degli 80 euro, diventati 100 euro per i titolari di reddito complessivo lordo non superiore a 28 mila euro, passa dal 41,9 per cento del 2019 al 41,8 per cento del 2020.

Il DEF evidenzia, inoltre, che il Governo intende includere nel decreto-legge di prossima emanazione l'eliminazione degli aumenti dell'IVA e delle accise previsti dal 2021. Gli effetti di tale provvedimento non sono ovviamente inclusi nelle predette stime, che sono a legislazione vigente. Il DEF informa, dunque, che, considerando anche gli effetti del futuro provvedimento in corso di preparazione, nel 2021 il valore della pressione fiscale scenderebbe ulteriormente, arrivando al 41,4 per cento. Con specifico riferimento alla spesa sanitaria, il DEF indica per il 2020 una previsione di spesa con un tasso di crescita del 3,6 per cento rispetto all'anno precedente e nel 2021 è previsto un ulteriore aumento dell'1,3 per cento.

Quanto alla spesa per interessi, l'andamento stimato indica un aumento della spesa per interessi più contenuta nel primo anno e di maggiore rilevanza - ulteriori 2,8 miliardi - nel 2021, anno nel quale la spesa raggiunge il valore di 63,4 miliardi. In termini di incidenza sul PIL, la spesa presenta un andamento costante, attestandosi su un valore di 3,6 punti percentuali sia nel 2020 sia nel 2021.

Per quanto concerne il rapporto debito-PIL, la stima preliminare per il 2019 indica un livello invariato al 134,8. Non appare, pertanto, essersi materializzata la previsione in aumento di 0,9 punti percentuali prevista dalla NADEF 2019 e dal Documento programmatico di bilancio 2020. Il risultato, migliore rispetto alle stime, viene spiegato dal DEF con un tasso di crescita del PIL nominale maggiore di 0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni e un'accumulazione di debito minore di 0,6 punti percentuali.

Quanto alle previsioni per effetto delle ripercussioni economiche della crisi da COVID-19, il rapporto debito-PIL è stimato in aumento di 17 punti percentuali fino al 151,8 per cento nel 2020 nello scenario a legislazione vigente. A ciò contribuiscono, innanzitutto, gli effetti finanziari delle misure di risposta alla crisi approvate finora, pari a circa 20 miliardi di euro in termini di indebitamento netto e di 25 miliardi di euro in termini di saldo netto da finanziare. Il DEF attribuisce un carattere temporaneo al peggioramento delle condizioni della finanza pubblica conseguente alla crisi da COVID-19, da cui deriverebbe, nell'anno 2021, una previsione a legislazione vigente di riduzione del rapporto debito PIL al 147,5 per cento.

Unitamente al DEF, il Governo ha trasmesso al Parlamento la relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine per la finanza pubblica, ai fini dell'autorizzazione parlamentare allo scostamento di bilancio necessario al finanziamento degli ulteriori interventi urgenti che il Governo intende assumere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. La relazione allegata al DEF segue quella trasmessa dal Governo il 5 marzo 2020, con la relativa integrazione dell'11 marzo, che, a seguito dell'approvazione parlamentare, ha autorizzato uno scostamento di bilancio di 25 miliardi per il 2020 utilizzati a copertura delle misure introdotte con il decreto cosiddetto Cura Italia. La nuova relazione riferisce che il 20 marzo la Commissione europea ha disposto l'applicazione della clausola cosiddetta “general escape” per l'anno in corso al fine di definire il necessario spazio di manovra fiscale nell'ambito del bilancio dei Paesi membri, spazio di manovra fiscale indispensabile al sostenimento delle spese sanitarie per l'emergenza epidemiologica e per il contrasto degli effetti recessivi sull'economia europea della diffusione del COVID-19. Ciò dovrebbe ovviamente determinare una temporanea deviazione dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, a condizione, però, che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo.

Con la presentazione della nuova relazione al Parlamento, si valuta che gli interventi fin qui attivati hanno rappresentato solo una prima risposta per proteggere la salute dei cittadini e la salvaguardia del funzionamento del sistema sanitario e per fronteggiare le più immediate esigenze di natura economica legate all'emergenza sanitaria. Con la nuova relazione il Governo richiede, quindi, al Parlamento l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento per l'anno 2020 di 55 miliardi di euro, per l'anno 2021 di 24,85 miliardi di euro, per l'anno 2022 di 32,75 miliardi di euro, per il 2023 di 33,05 miliardi di euro, 33,15 nel 2024, 33,25 a partire dal 2025 fino al 2031 e 29,2 dal 2032. Il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è, quindi, fissato al 10,4 per cento del PIL nel 2020 e al 5,7 per cento nel 2021. Quanto al livello del debito pubblico, lo stesso è previsto attestarsi al 155,7 per cento del PIL nel 2020 e al 152,7 per cento del PIL nel 2021.

Circa il piano di rientro dello scostamento previsto, la relazione evidenzia che l'elevato rapporto debito-PIL, seppur in discesa nel 2021 rispetto al picco che si registra quest'anno, consente di delineare un sentiero di rientro solo a partire dagli anni successivi. A tale proposito certifica, comunque, la sostenibilità del debito pubblico dell'Italia, il cui rapporto debito-PIL verrà ricondotto verso la media dell'area euro nel prossimo decennio attraverso una strategia di rientro che, oltre al conseguimento di un adeguato surplus di bilancio primario, si baserà principalmente sul rilancio degli investimenti privati e pubblici grazie anche alla semplificazione delle procedure amministrative.

Ecco, chiariti i numeri del quadro macroeconomico e di finanza pubblica previsto dal DEF, io credo sia necessario fare alcune considerazioni di carattere più generale, tutte emerse nelle diverse audizioni che si sono tenute in Commissione tra ieri e oggi, perché dentro a una situazione eccezionale, come quella in cui ci troviamo, è irrealistico non considerare lo scenario nel suo complesso. L'efficacia dei provvedimenti economici, che il Governo ha già preso e assumerà (comunque la descrizione del Documento di economia e finanza ci presenta degli scenari alternativi che noi potremmo avere davanti), dipende, a mio avviso, sintetizzando ciò che è stato detto anche nelle audizioni, da tre fattori che sono tra loro interconnessi.

Il primo riguarda gli investimenti, il potenziamento e la strategia sul sistema sanitario: strategia sui test, sulle misure di contenimento, protocolli di reazione in caso di nuovi picchi; il tema del tracciamento dei contatti, su cui spero molto presto potremo in questo Parlamento discutere dei contenuti di una norma primaria sull'oggetto del tracciamento dei contatti. Ecco, se non ci attrezziamo in maniera efficace su questo fronte, sul fronte sanitario, rischiamo o di dover insistere a lungo con misure socialmente ed economicamente non sostenibili, oppure di dover ricorrere a repentini nuovi lockdown per l'insorgere di nuovi focolai. Quindi, una strategia ben strutturata è importante per la “fase 1”, è importante per contenere al minimo i rischi di ritorno alla “fase 1”, è importante per la “fase 2”, ed è importante perché quanto più sarà efficace, quanto meno costerà all'economia del Paese la convivenza con il virus.

Il secondo punto che è emerso dalle varie audizioni e dalla discussione è che è del tutto evidente che il Governo stia affrontando con uno sforzo finanziario enorme una situazione senza precedenti. Davanti ad una crisi di queste dimensioni non esistono soluzioni miracolose, non esistono ricette già preconfezionate, chi dice che esistono mente; e proprio per questo, perché è una strada sconosciuta, non si può che andare avanti anche riconoscendo passo passo ciò che potrebbe funzionare meglio. C'è un'esigenza oggettiva che le misure approvate divengano velocemente concretezza nella vita delle persone, nell'urgenza dei disagi e dei bisogni delle famiglie e delle imprese. Ed è per questo che occorre agire, da una parte semplificando al massimo gli oneri burocratici preventivi, prima le risorse e poi i controlli, e dall'altro prevedendo - se ne è discusso anche in audizione con il Ministro ieri - almeno una quota di risorse a fondo perduto, perché rispetto a questo shock che, dicevamo, è uno shock sia della domanda che dell'offerta, è uno shock extra-economico, le famiglie e le imprese non possono nulla, perché è uno shock causato dal lockdown imposto per ragioni sanitarie. Ed è per questo che le politiche economiche necessarie e indispensabili devono con velocità arrivare alle famiglie e alle imprese.

Il terzo punto, strettamente connesso a questi due e da cui dipende ovviamente l'efficacia del quadro descritto, è il punto che riguarda tutto ciò che ruota intorno all'Unione europea. Io credo che almeno quando parliamo di numeri bisognerebbe fare una moratoria sul sovranismo ideologico, perché da questo quadro che abbiamo descritto è evidente che è solo la strada europea che evita ai cittadini italiani o una maggiore tassazione o un rischio sul debito sovrano. Ed è per questo che, seppur riconoscendo tutto ciò che di imperfetto ancora c'è nell'Unione europea, è opportuno elencare ciò che è stato fatto nell'ultimo mese: la sospensione del Patto di stabilità, il fatto che si possano erogare aiuti di Stato, l'acquisto da parte della BCE dei titoli di Stato che sta al momento garantendo la vera tenuta del sistema…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA ANNA MADIA, Relatrice. …il SURE, la linea di credito privilegiata sulla spesa sanitaria del MES, il Recovery Fund; tutti aspetti che anche qui, qualora l'Italia sceglierà di utilizzarli, dovranno arrivare velocemente al nostro Paese. E, quindi, è importante, proprio parlando dei numeri sul Documento di economia e finanza e sul quadro macroeconomico, che non ci si perda dietro surreali dibattiti interni e che si guardi l'essenza delle cose, e cioè dei numeri.

Concludo, Presidente, solo ricordando che non esiste pandemia o crisi economica che possa anche solo per un istante sospendere gli istituti e i processi costituzionali che sono alla base delle nostre libertà e della nostra democrazia; è questo Parlamento che rimane il luogo principale dove discutere e assumere le decisioni fondamentali per i cittadini e per il destino del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

ROBERTO GUALTIERI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Presidente, onorevoli deputati, oggi sottoponiamo al voto di quest'Aula la Relazione con cui il Governo chiede al Parlamento l'autorizzazione a realizzare uno scostamento dai precedenti obiettivi di finanza pubblica, e presentiamo anche un Documento di economia e finanza in formato ridotto e semplificato, sulla scorta delle linee guida adottate dalla Commissione europea.

Come ricordato dalla relatrice, lo scostamento richiesto è molto rilevante: ammonta a 55, più 300 milioni per gli interessi, miliardi di indebitamento nel 2020, a un incremento del fabbisogno del settore pubblico di 65 miliardi e del saldo netto da finanziare di 155 miliardi. Si tratta con ogni evidenza di cifre imponenti, il cui impiego è tuttavia necessario per proseguire e rafforzare il sostegno economico alle famiglie e alle imprese, già avviato con i precedenti provvedimenti per affrontare l'emergenza economica e sanitaria determinata dal Coronavirus e per aiutare la ripresa dell'economia.

Lo shock che ci ha investito ha completamente ribaltato lo scenario che iniziava a delinearsi all'inizio anno. Vorrei ricordarlo, il consuntivo per il 2019: i dati relativi ai primi mesi dell'anno mostravano infatti andamenti pienamente in linea con le previsioni formulate dal Governo in autunno; il deficit era al di sotto delle aspettative, il profilo della crescita, che si era gradualmente indebolito alla fine del 2019, sulla base degli indicatori faceva ritenere che l'economia si fosse stabilmente avviata sul sentiero di moderata ripresa precedentemente prefigurato nella NADEF. Le stringenti misure di contenimento dell'epidemia, che il nostro Paese si è trovato a dover adottare per primo tra le nazioni europee, hanno avuto un impatto senza precedenti sull'economia, e in questo contesto è ragionevole attendersi una rilevante caduta del PIL nei mesi di marzo e aprile, a cui dovrebbe seguire un parziale recupero con un'attenuazione di questo calo a partire da maggio, e successivamente un rimbalzo nella seconda metà dell'anno, favorito anche dalle misure adottate dal Governo per contenere la diffusione del virus e proteggere le imprese e l'occupazione. Tuttavia, nel complesso l'evoluzione descritta comporterebbe comunque una rilevante contrazione del PIL per l'anno in corso, che nel quadro tendenziale del DEF è appunto valutabile, come veniva ricordato, nell'8 per cento, seguita nel 2021 da una crescita del 4,7 per cento.

Questa ripresa attesa rappresenta una valutazione prudenziale, basata sull'ipotesi che la crisi epidemiologica non venga completamente superata prima dell'inizio del prossimo anno. È poi presente, come richiesto dalle linee guida concordate a livello europeo, anche uno scenario di rischio, in cui l'andamento e la durata dell'epidemia ed il suo impatto quindi sull'economia sarebbero invece più sfavorevoli.

Ricordo a quest'Aula che le previsioni macroeconomiche contenute nel Documento, come previsto dalla normativa vigente, sono state validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio.

Di fronte a questo shock inaspettato e così consistente, reso ancora più forte dal fatto che in modo simmetrico sono state colpite le economie di tutti i principali Paesi europei e mondiali, il Governo ha risposto con interventi tempestivi e di considerevole portata.

In una sequenza, abbiamo fornito innanzitutto il necessario immediato supporto alla sanità e alla Protezione civile e offerto un primo sostegno per evitare crisi di liquidità e perdite di posti di lavoro e per sostenere il reddito dei cittadini. Abbiamo introdotto il blocco dei licenziamenti, finanziato ed esteso la cassa integrazione a tutti i lavoratori dipendenti, varato una prima indennità per i lavoratori autonomi e introdotto misure urgenti di supporto alla liquidità, come la moratoria ex lege sui finanziamenti e sull'apertura di credito e il potenziamento del Fondo centrale di garanzia.

Successivamente, con il “decreto Liquidità”, reso possibile dalle modifiche del Temporary Framework adottate nel frattempo dalla Commissione europea, e che è attualmente all'esame del Parlamento, abbiamo rafforzato il sostegno alle attività produttive con misure che favoriscono l'erogazione di credito, riducono le tensioni di liquidità e creano un quadro temporaneo volto a salvaguardare la continuità aziendale. Le norme del “decreto Liquidità” stanno ora entrando a regime e, a ieri, hanno generato già a 3,6 miliardi di finanziamento, di cui 450 cinquanta milioni di euro per le quasi 21 mila operazioni per i finanziamenti fino a 25 mila euro. Ci attendiamo nei prossimi giorni una crescita molto significativa di questi numeri e auspichiamo un superamento dei problemi iniziali che alcune di queste misure hanno avuto nei primissimi giorni. L'impatto delle misure fin qui approvate è scontato nel quadro tendenziale di finanza pubblica. Come, fin dall'inizio, annunciato dal Governo, a queste prime misure ne sarebbero seguite delle altre per proseguire e rafforzare il sostegno economico alle famiglie e alle imprese, ed è questo, appunto, l'obiettivo della richiesta di scostamento che oggi discutiamo e che non riguarda solo il 2020. Il Governo chiede, infatti, l'autorizzazione a intervenire anche negli anni successivi per eliminare completamente e definitivamente l'incremento delle aliquote IVA e delle accise previsto a partire dal 2021, e per sostenere con risorse aggiuntive gli investimenti. L'eliminazione degli aumenti dell'IVA e delle accise previsti dal 2021 costituisce anche una fondamentale operazione di pulizia del bilancio pubblico che, da un lato, aumenta la trasparenza e la credibilità delle nostre previsioni di finanza pubblica e, dall'altro, non è solo finalizzata a una riduzione della pressione fiscale nella fase della ripresa, quando l'intonazione della politica fiscale dovrà rimanere espansiva per un congruo periodo di tempo, pur nei limiti di una gestione oculata della finanza pubblica e di una riduzione del debito, ma punta a restituire maggiori margini di politica economica, che in questi anni sono stati compressi, trasformando spesso le leggi di bilancio in un esercizio focalizzato pressoché esclusivamente sull'eliminazione degli aumenti dell'IVA per l'anno in corso e sul loro stesso incremento per gli anni successivi.

Per stimolare la crescita agiremo anche attraverso la previsione di specifici incentivi, destinando parte delle maggiori risorse richieste per il 2021 e per gli anni successivi, circa 6 miliardi ogni anno, aggiuntivi fino al 2031, al sostegno degli investimenti. Se prendiamo in considerazione anche le risorse previste già dal precedente scostamento e queste inserite nello scostamento sul quale chiediamo oggi l'autorizzazione, si tratta complessivamente di circa 75 miliardi aggiuntivi per il solo 2020 in termini di indebitamento netto e di 180 miliardi di stanziamenti di bilancio. È, con ogni evidenza, una manovra espansiva poderosa, di un'entità mai raggiunta dal dopoguerra ad oggi. Ma, nonostante questo scostamento abbia una dimensione così rilevante, tale da portare nel 2020 l'indebitamento netto al 10,4 per cento e il debito pubblico al 155,7 per cento del PIL, esso non mette assolutamente a repentaglio la sostenibilità della finanza pubblica, anzi è condizione per il suo rafforzamento. Lasciatemi ricordare che relativamente al debito pubblico la situazione pre-crisi si presentava in termini positivi: abbiamo chiuso il 2019 al 134,8 per cento, con una variazione nulla rispetto all'anno precedente, mentre invece nella NADEF si prevedeva un incremento di quasi un punto percentuale.

In questo contesto, i rendimenti sui titoli di Stato, pur in presenza di periodi di volatilità, avevano mostrato un profilo stabile o discendente. La crisi in corso ha inevitabilmente innescato una salita dei rendimenti, ma va detto che gli interventi adottati dalla BCE già a partire dalla seconda metà di marzo hanno riportato sui mercati condizioni di funzionamento sicuramente migliori. D'altra parte, la dimensione quantitativa del pacchetto messo in campo dalla Banca centrale è tale da garantire un sostegno commisurato all'entità del maggior debito che tutti i Paesi dovranno collocare per fronteggiare la crisi.

Anche quest'anno il nostro tasso di interesse medio del debito continuerà a scendere e l'anno prossimo, considerando la crescente porzione di debito detenuta dalla BCE, i pagamenti, al netto della quota che ci viene retrocessa dalla Banca d'Italia, saranno in linea con quelli attuali. In ogni caso, sia il deficit, sia il rapporto debito/PIL scenderanno in misura significativa già nel 2021 e per gli anni successivi imposteremo una strategia di rientro che sia anche compatibile e coerente con gli obiettivi di inclusione sociale, di crescita e di sostenibilità ambientale che questo Governo e l'Europa si sono dati, e che si baserà sul rilancio degli investimenti pubblici e privati, sulla semplificazione delle procedure amministrative e sul perseguimento di una politica di bilancio responsabile. Infine, l'azione del Governo sarà indirizzata all'introduzione di innovativi strumenti europei che possano assicurare una risposta adeguata e comune della politica di bilancio, e, al contempo, migliorare le prospettive di crescita di lungo termine e la sostenibilità delle finanze pubbliche di tutti i Paesi membri.

Questo perché, a fronte di uno shock simmetrico come quello che ha colpito l'intera Unione europea, è infatti evidente che occorre che anche la risposta macroeconomica sia di carattere simmetrico e comune, per evitare divergenze all'interno dell'Unione e dell'area euro. Vogliamo sostenere un tessuto economico messo a dura prova da questa crisi e ridare speranza a un intero Paese che, nonostante l'impegno incondizionato e assoluto degli operatori sanitari, della Protezione civile, di tutti coloro che sono impegnati nel contenimento e nel contrasto dell'epidemia, ha visto improvvisamente scomparire familiari, amici, colleghi, persone da cui non avrebbe mai pensato di doversi separare così repentinamente. A queste persone, che hanno pagato un prezzo altissimo, va il nostro pensiero di cordoglio e il nostro impegno a lavorare duramente per sostenere l'Italia. Stiamo definendo i dettagli degli interventi che saranno contenuti nel prossimo decreto-legge. Le maggiori risorse che si renderanno disponibili, se il Parlamento concederà l'autorizzazione allo scostamento, serviranno, da un lato, a rafforzare e a prolungare nel tempo gli interventi che stanno già operando, dall'altro, a introdurre nuovi strumenti a sostegno del tessuto produttivo che favoriscano e accelerino la fase della ripresa. Sarà previsto, innanzitutto, il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e degli strumenti di supporto al reddito già in vigore. Come detto più volte, nessuno deve perdere il lavoro a causa dell'epidemia. Il sostegno che stiamo fornendo ai lavoratori è perciò fondamentale e sarà erogato finché ce ne sarà bisogno. Il bonus per il lavoro autonomo sarà rinnovato e rafforzato con procedure che ne rendano molto rapida l'erogazione della prossima tranche. Stiamo inoltre ragionando su un nuovo strumento temporaneo in favore dei nuclei familiari che non hanno reddito, pensioni o sussidi pubblici e oggi si trovano in difficoltà economiche. Verrà prorogata la NASpI a favore di coloro che hanno il sussidio di disoccupazione in scadenza e sarà previsto un indennizzo a favore di colf e badanti che, a causa dell'emergenza, non hanno potuto lavorare in questo periodo. Per quanto riguarda le misure fiscali, saranno riproposte e rafforzate sospensioni, semplificazioni e agevolazioni. Per sostenere le spese dei cittadini e delle imprese per l'acquisto di presidi e dispositivi sanitari di protezione individuali, esenteremo integralmente dall'IVA le cessioni di questi beni per tutto il 2020 e a regime, dal 1° gennaio 2021, ridurremo l'aliquota IVA al 5 per cento. Inoltre, verrà incrementato lo stanziamento per il credito di imposta concesso alle imprese che procedono alla sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro e che acquistano dispositivi necessari a tutelare la salute dei lavoratori. A questo si aggiungerà un importante pacchetto di nuovi interventi di supporto alle imprese, che terrà conto sia della loro dimensione che dell'impatto avuto dalla crisi. Come veniva anche ricordato dalla relatrice, per assicurare la tenuta del sistema delle imprese è necessario anche introdurre forme di sostegno a fondo perduto per chi ha subito l'impatto della crisi.

Con alcuni interventi mirati andremo inoltre ad intervenire su alcuni dei deficit strutturali dell'economia italiana, come, ad esempio, la scarsa patrimonializzazione delle imprese.

Al riguardo stiamo lavorando a misure volte al rafforzamento patrimoniale di imprese per contribuire all'assorbimento delle perdite generate dalla crisi e per sostenerle con prospettive di rilancio degli investimenti per la ripresa e per la crescita, in linea con le riflessioni in corso a livello europeo che porteranno probabilmente a un nuovo rivisto quadro Temporary framework nei prossimi giorni. Per quanto riguarda l'innovazione, cercheremo di ampliare il già esistente piano del Green new deal, nell'ottica di una maggiore sostenibilità potrebbe essere rafforzato anche da una maggiore digitalizzazione dell'economia, come risulta evidente in questa fase. Saranno previste anche misure di stimolo degli investimenti, che dovranno aumentare sia la sostenibilità che la resilienza dell'economia, e una spinta agli investimenti sarà fornita anche dall'intervento sui vincoli burocratico-amministrativi e su interazione tra il settore produttivo e la pubblica amministrazione. Gli interventi che ho sommariamente descritto, che verranno poi presentati al Parlamento e discussi dal Parlamento, anticipano parte delle riforme che successivamente confluiranno nella strategia pluriennale che sarà compiutamente definita nel PNR. Infine, prevediamo anche - per 12 miliardi - un importo di liquidità per la riscossione dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, specifici interventi per gli enti territoriali. Tutto questo, naturalmente, come veniva richiamato, va poi collocato nell'ambito delle misure di risposta alla pandemia adottate a livello europeo. Sono note le misure già realizzate per quanto riguarda il Patto di stabilità, gli aiuti di Stato, ed è noto il risultato del Consiglio europeo del 23 aprile, che ha prefigurato la predisposizione e l'attivazione di una serie di strumenti aggiuntivi per sostenere l'economia e gli Stati membri. Stiamo parlando del programma SURE, che potrebbe arrivare fino a 100 miliardi, dell'ampliamento delle risorse della BEI, per garantire fino a 200 miliardi di nuovi prestiti alle imprese, di una linea di credito priva di condizionalità del MES, che potrà arrivare fino al 2 per cento del PIL dei Paesi che vorranno farne richiesta, e infine - questo è un punto su cui l'Italia, come è noto, ha molto insistito - su un Recovery Fund, che, con risorse reperite attraverso l'emissione di titoli europei, possa sostenere, anche con trasferimenti a fondo perduto, interventi di sostegno all'economia e alla ripresa, soprattutto nei Paesi e nei settori maggiormente colpiti dalla crisi. Si tratta di un'agenda di lavoro, di obiettivi di cui sia riconosciuta la necessità e l'urgenza, di un risultato molto positivo, vorrei dire anche inimmaginabile fino a poche settimane fa, che rappresenta un primo importante successo per i Paesi che, come l'Italia, insieme all'Italia, hanno sostenuto la necessità dell'attivazione di questi nuovi strumenti. A questo punto sarà essenziale definire adeguatamente dimensione, composizione, tempistica del varo di questi strumenti, in primo luogo del Recovery Fund, e il Governo è impegnato a garantire che la realizzazione di questo strumento sia la migliore possibile per l'Italia e per l'Europa. A tutto ciò naturalmente si aggiunge, come ho già ricordato, l'importante sostegno di politica monetaria per l'integrità della zona euro garantito dalla Banca centrale europea.

Onorevoli deputati, attraversiamo una fase estremamente difficile, che ogni giorno ci mette di fronte alle difficoltà poste dalla grave crisi epidemiologica che ci ha colpito così profondamente. Stiamo pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane, che lasceranno un dolore profondo nella vita di tutti noi. La strategia di politica economica che il Governo sta attuando è di forte sostegno ai cittadini, ai lavoratori e alle imprese, e a questo sostegno, necessario e opportuno, si deve affiancare un piano di rilancio articolato basato su innovazione, ricerca, investimenti pubblici, snellimento delle procedure amministrative. Prima della crisi stavamo già lavorando su importanti riforme in tema di fisco, spesa pubblica e investimenti, Green and innovation deal, questo lavoro riprenderà e sarà ultimato non appena le condizioni lo consentiranno.

La politica di bilancio sarà espansiva sia nel 2020 che nel 2021. Negli anni successivi dovremo ridurre il deficit e il rapporto debito-PIL, ma i risultati conseguiti nel 2019 mostrano che non è necessario imporre misure lacrime e sangue, ma si può continuare a lavorare per far crescere il gettito fiscale, a parità di aliquote, attraverso una seria politica di contrasto all'evasione supportata da innovazione, organizzazione e risorse umane qualificanti. Ci aspettano periodi ancora difficili, ma lo spirito di unità che ha pervaso il Paese in questo drammatico periodo, che auspico potrà riflettersi in un ampio e costruttivo dialogo sulle misure da varare e in un largo sostegno alla richiesta di scostamento che questo Governo rivolge al Parlamento, mi fa ritenere che con costanza e determinazione riusciremo a superare questo momento di difficoltà senza precedenti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

CARMELO MASSIMO MISITI (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, il Documento di economia e finanza, sulla base della valutazione del percorso compiuto e dei risultati finora conseguiti, nonché delle stime di crescita, delinea una strategia di programmazione economica di natura pluriennale i cui i principali obiettivi sono il rilancio della crescita e dell'occupazione. Il DEF descrive l'andamento dei conti pubblici nell'ottica del consolidamento delle finanze pubbliche e del rispetto dei patti e dei parametri europei indicati nel Patto di stabilità e crescita. Oggi ci apprestiamo a varare questa proposta di Documento di economia e finanza, e lo facciamo a margine di una “fase 1” della pandemia da COVID-19 che ha visto il nostro Paese rinchiudersi per contenere il diffondersi del contagio. Gli italiani, con senso di responsabilità, hanno cambiato drasticamente le proprie abitudini, e quello che doveva essere un anno importante per il rilancio della nostra economia si è trasformato in un anno nefasto. Tutti gli studi avevano previsto un'importante crescita del Paese, determinandone una significativa espansione nel primo trimestre dell'anno, rendendo raggiungibile la previsione di crescita annua dello 0,6 per cento formulata con la nota del DEF dello scorso settembre. Ma c'è uno scenario ben peggiore, qualora non si adottassero misure importanti con una ricaduta dell'epidemia e senza un vaccino: il PIL potrebbe precipitare almeno del 10,6 per cento nel 2020; uno scenario da scongiurare, e per il quale bisogna adottare fin da subito gli strumenti idonei. Nel 2020 i redditi dei lavoratori dipendenti in Italia diminuiranno del 5,7 per cento, anche per il ricorso massiccio alla cassa integrazione, ma la riduzione sarà comunque più contenuta di quella della spesa delle famiglie, la cui propensione al risparmio aumenterà, superando il 13 per cento su base annua. I redditi dovrebbero tornare a crescere nel 2021, con un aumento del 4,6 per cento. I consumi dovrebbero registrare quest'anno un calo del 7,2 per cento, e gli investimenti fissi lordi del 12,3 per cento. Le esportazioni sono previste crollare del 14 per cento e le importazioni del 13,5 per cento. Si tratta in questo caso di andamenti analoghi a quelli riscontrati in occasione della precedente crisi globale del 2008-2009. Proprio per tutto ciò bisogna agire subito, con coraggio e lungimiranza, adottando quella che il Ministro Fraccaro ha definito come una delle più grandi manovre di sempre. Approvare uno scostamento di bilancio pari a 55 miliardi di euro, seppur sembrerà un intervento scioccante, resta l'unica cura possibile per affrontare questa fase di difficoltà che il Paese sta attraversando. Da qui la necessità di rimettere in moto una macchina, oliare il sistema Italia adottando un pacchetto di misure di una drastica semplificazione in settori cruciali per il rilancio degli investimenti che interessino appalti, edilizia, commercio e controlli, accelerare sul processo di digitalizzazione, in alcuni casi anche con l'adozione di misure di deroga eccezionali o comunque temporanee nel rispetto dei principi generali. Onorevoli colleghi, dobbiamo far tesoro di quest'esperienza ed avere il coraggio di adottare strumenti semplificativi di tipo permanente e non più di tipo eccezionale. Ciò per far accelerare la ripartenza economica riducendo gli oneri amministrativi e semplificando il regime dei controlli, ma tutto deve necessariamente avvenire attraverso un passaggio fondamentale: la costruzione di una disciplina a regime ampiamente semplificata, ricondotta a livelli minimi richiesti dalla normativa europea, orientata alla crescita e all'innovazione con tempi certi. Il tutto con un obiettivo chiaro, quello del parziale recupero del PIL a partire dal terzo trimestre fino alla fine dell'anno, tutelando la salute dei cittadini, proteggendo le imprese e l'occupazione, agevolando una rapida ripresa dell'attività economica.

Per una progressiva ripresa economica non bisogna in alcun modo sottovalutare il dato negativo relativo al crollo dei consumi privati, pari al 7,2 per cento per il 2020, crollo che comunque sarà ridimensionato nel 2021, dove le stime parlano di una netta ripresa identificabile intorno al 4 per cento. Ripartire è la parola d'ordine e bisogna farlo in modo cosciente e consapevole per il benessere sanitario del cittadino, fermando l'impatto dello shock diretto del lockdown in atto da marzo in tutto il Paese e dell'accresciuto livello di incertezza: otto settimane di chiusura dell'attività economica confermano quanto stimato dai principali analisti, cioè una perdita di 0,75 punti di PIL per ogni settimana di blocco dell'attività e, sommando l'incidenza sulla spesa delle famiglie, otteniamo un impatto calcolato nell'ambito di un quadro macroeconomico in cui il PIL, in base ai dati destagionalizzati, dovrebbe registrare un calo dell'8,1 per cento nel 2020. Dunque, ripartire è garantire la massima efficacia degli interventi adottati dal Governo affinché le perdite economiche da affrontare quest'anno rimangano temporanee e non vadano a intaccare in misura strutturale il sistema produttivo e il potenziale di crescita dell'economia. Occorre, in particolar modo, scongiurare un ridimensionamento del tessuto aziendale e proteggere l'occupazione; proseguire con il processo di privatizzazione per contenere il debito pubblico e, proprio a tal riguardo, nel documento in questione il Governo indica un target di oltre 3 miliardi l'anno sia per il 2020 che per il 2021, lo 0,2 per cento del PIL da privatizzazioni e altri proventi finanziari mantenendo, nonostante il COVID, quanto già indicato nella Nota di aggiornamento dell'inverno scorso. Infatti si prevedevano per quest'anno e il prossimo le stesse percentuali comprensive però dei dividendi straordinari delle partecipazioni pubbliche.

Ma la nostra sfida di ricrescita socio-economica del Paese parte da un'idea differente di sanità. Fermo restando quanto indicato come obiettivo prioritario della strategia seguita dall'Italia in relazione all'emergenza sanitaria nonché la minimizzazione delle perdite umane e del numero dei ricoveri ospedalieri, in particolare in terapia intensiva, pur segnando nello stesso tempo un forte incremento della capacità del sistema ospedaliero di erogare prestazioni sanitarie al punto che, a metà di aprile, il numero di posti letto per terapia intensiva risultava aumentato di due terzi in confronto alla fine di febbraio ed evidenziato infine da un drastico cambio di rotta sulla spesa sanitaria quantificato in 119 miliardi pari a un tasso di crescita del 3,6 per cento rispetto all'anno precedente. Appare improcrastinabile prevedere interventi finalizzati all'aumento del finanziamento nonché all'ulteriore potenziamento di strumenti e dotazioni del sistema sanitario. A supporto di ciò, è importante quanto disposto lo scorso 20 marzo dalla Commissione europea che consente l'applicazione della cosiddetta general escape clause per l'anno in corso, assicurando agli Stati membri il necessario spazio di manovra nell'ambito del proprio bilancio per il sostenimento delle spese sanitarie necessarie ad affrontare l'emergenza epidemiologica e per contrastare gli effetti recessivi sull'economia europea dalla diffusione del COVID-19. E allora ben vengano l'adozione di misure volte a tutelare la sicurezza sui luoghi di lavoro anche attraverso la revisione dei protocolli e l'adeguamento delle strutture, in particolare per quanto attiene a quelle sanitarie, di degenza, delle università, delle scuole.

Fondamentale, infine, l'adozione di altri strumenti in ambito sociale come l'istituzione dell'Anagrafe digitale delle persone con disabilità, l'aumento del Fondo per la disabilità e la non autosufficienza diretto a finanziare interventi sul riordino delle politiche di sostegno della disabilità con la previsione di nuove risorse per i lavoratori disabili, per il trasporto degli alunni con disabilità e il sostegno dei caregiver e degli audiolesi: strumento da un valore complessivo di 0,5 miliardi nel 2020 e di 0,27 miliardi per il 2021.

Proteggere la salute dei cittadini, salvaguardando il buon funzionamento del sistema sanitario, ospedaliero e territoriale restano obiettivi primari nelle scelte economiche future del Paese. Significativo e proprio in tale direzione va il credito d'imposta in favore dei policlinici universitari non costituiti in azienda riconosciuto per gli anni dal 2020 al 2023 finalizzato a favorire la ricerca scientifica e la formazione di figure professionali in ambito clinico. Come d'altronde fondamentale è stato il contributo messo in atto in piena emergenza per sostenere l'attivazione in modalità continuativa dell'ospedale Spallanzani di Roma.

Come dicevamo, strumenti tampone ed eccezionali che non possono restare semplicemente tampone ed eccezionali per l'esigenza di una necessaria rimodulazione del sistema sanitario nazionale che non sia identificabile per collocazione geografica ma idonea e all'altezza della sfida in ogni dove. Bisogna cambiare mentalità investendo più nella sanità del domani e non continuare a cercare di garantire il sistema sanitario di ieri. È fondamentale raggiungere i livelli egualmente sufficienti in tutto il territorio nazionale, evitando sperequazioni regionali. Bisogna farlo continuando attraverso l'adozione di strumenti già messi in atto volti a garantire l'assunzione di medici e personale sanitario rafforzando le reti di assistenza territoriale pubblica e quelle in regime convenzionato determinandone l'aumento dei posti letto.

Il Patto per la salute, in qualche modo, fra le altre cose, determina e assicura l'equilibrio economico nel settore sanitario tramite l'integrale copertura di eventuali disavanzi a fronte del finanziamento statale del Servizio sanitario nazionale. Si rende sempre necessario che la voragine creata in termini regionali dalla spesa sanitaria venga governata con la non più rinviabile adozione dei costi standard e di una inflessibile penalizzazione di tutte le istituzioni che si rendono responsabili di spese ingiustificate, avendo il coraggio di individuare i necessari costi di produzione di ogni prestazione pubblica, da quella sanitaria a quella di ogni ente locale, e accentrare, se del caso, le attività che non trovino giustificazione e razionalità di risparmio nella polverizzazione del decentramento, a partire dalle centrali di acquisto. La politica sanitaria pertanto non viene percepita come un investimento capace di ridurre le spese di salute del domani ma come un costo allo stato puro.

Il Servizio sanitario nazionale italiano è ritenuto in molte valutazioni internazionali tra i migliori al mondo. Sempre più frequentemente esso non è tuttavia percepito con eguali giudizi dei cittadini, siano essi pazienti o operatori sanitari, soprattutto oggi alla luce di quanto visto in un momento di piena emergenza. Bisogna fare i conti con il costante invecchiamento della popolazione che rende del tutto superfluo uno dei criteri di distribuzione del Fondo sanitario nazionale, discriminante fondamentale per ottenere maggiori risorse. Oggi la vita media si allunga grazie a un servizio sanitario che distribuisce salute ma di cui si richiede la rimodulazione delle prestazioni assistenziali con caratteristiche sempre più sociali, territoriali, domiciliari. Alla luce di tutto ciò non è serio immaginare rimedi tampone ma la vera sfida va oltre lo status quo. Qualora avessimo avuto bisogno di conferme, con l'epidemia in corso dovuta al COVID-19 abbiamo assistito come molti ospedali siano rimasti satelliti non di centri di eccellenza ma presidi di campanilismo politico, centri di spesa non fruttiferi, palle al piede di un sistema che si muove con sempre maggiore difficoltà a parità di risorse umane ed economiche. Tutti noi, cari colleghi, senza distinzione partitica o ideologica, abbiamo avuto la percezione che in questo sistema a diverse velocità si sia favorito da tempo lo sperpero, la corruzione, il declino di un settore divenuto luogo costante di disquisizioni economiche, un sistema che ha generato nell'ultimo ventennio moltissimi casi di insoddisfazione da parte dei pazienti, senso di abbandono per i professionisti impegnati senza speranza di riconoscimento professionale, disservizi, casi di malasanità e di denunce costanti. Abbiamo più volte in quest'Aula sollevato la questione relativa alla fuga dalle specializzazioni più complesse dei giovani medici e bisogna dare atto a questo Governo dell'impegno profuso per porre un freno. Ci siamo ritrovati in questi anni a valutare l'incremento degli indici progressivi delle liste d'attesa e in diverse occasioni, anche in questo caso, abbiamo dovuto apportare soluzioni tampone, forme di disincentivo alla crescente attesa di sanità. Abbiamo fin troppo espresso criticità sul pessimo funzionamento del fascicolo sanitario elettronico: pessimo non per la sua funzionalità ma per l'impiego che se ne fa. È inconcepibile pensare che, laddove il fascicolo sanitario funziona, sia ricevibile e quasi incomprensibile in un altro sistema sanitario regionale differente. La sanità del domani, dalla quale bisogna ripartire, ha bisogno di omogeneità, di uguaglianza sociale: non perdiamo questa occasione. La pandemia da COVID-19 ha avuto impatti differenti ed è stata affrontata in modo diseguale sul territorio nazionale. Superare la frammentazione del sistema iniziando, ad esempio, dalla reale introduzione dei fabbisogni e costi standard con nuove e oggettive analisi del bisogno è necessario. È tempo che quest'Aula si interroghi su quale possa essere l'obiettivo reale per giungere all'integrazione socio-sanitaria completa al fine di evitare inutili sovrapposizioni, sprechi e disservizi. È tempo di pensare a una inevitabile riforma costituzionale che rimetta mano al Titolo V che ha sancito l'erogazione del servizio a macchia di leopardo, una proliferazione di debiti di regione in regione, sacrificando l'obiettivo primario: la tutela della salute in egual modo per ogni cittadino in qualsiasi parte d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Silli. Ne ha facoltà.

GIORGIO SILLI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie signor Presidente e grazie signor Ministro per quello che ci detto. Avendo a disposizione pochi minuti come componente Cambiamo! del gruppo Misto, la nostra vuole essere non tanto un'analisi tecnica riguardo al provvedimento di quest'oggi, quanto una sorta di esortazione.

Abbiamo avuto modo di dirlo, di ripeterlo molte volte, durante gli incontri tra Governo e opposizione; abbiamo avuto modo di ripeterlo, di dirlo sui social, sui mass media. Noi purtroppo siamo ossessionati dal rilancio del Paese che passa attraverso le imprese; noi siamo ossessionati da quello che deve essere un nuovo decollo di questo Paese, che, purtroppo, sta perdendo quota.

Chi fa parte del mondo dell'impresa, chi viene dal manifatturiero, si rende conto perfettamente che nel nostro Paese, da più di dieci anni, le aziende che hanno subito la globalizzazione sono in ginocchio; con questa emergenza COVID rischiano di avere il colpo di grazia, la spallata definitiva.

E, allora, c'è necessità assoluta di un grande coraggio da parte del Governo, ci vuole coraggio, bisogna guardare al futuro, non si può pensare con una manciata di miliardi di poter sopperire a questo enorme problema che ha creato l'emergenza COVID. Non si possono fare le nozze con i fichi secchi, signor Ministro.

Alla fine, può essere interessante quello che ci ha detto, può essere un bel libro dei sogni, ma se tiriamo una riga e facciamo la somma dei denari che il Governo intende investire per il rilancio del Paese, sono pochi, ma soprattutto non sono arrivati, non stanno arrivando e le imprese non hanno la minima idea di come potranno fare a guardare al futuro, soprattutto se non iniziamo a parlare di fondo perduto per le imprese.

Ebbene, noi crediamo fermamente che il rilancio passi attraverso le imprese e attraverso le grandi opere pubbliche, lo sblocco delle grandi opere pubbliche, dei grandi cantieri pubblici: denari pubblici che vengano iniettati nel sistema economico attraverso le opere pubbliche. Non è un segreto e non c'è bisogno di essere professori di economia politica o di politica economica per capire che, iniettando denaro pubblico, si ha un effetto moltiplicatore, come lo chiamava Keynes, che può fare in modo di rilanciare tutta l'economia di un Paese.

Un esempio lampante è quello che è avvenuto proprio ieri, con la visita del Presidente Conte in Liguria, di fronte a un'opera pubblica che siamo riusciti a portare in fondo in appena un anno e mezzo, grazie al governo della regione Liguria, attraverso il governatore Toti. Questo ci dimostra che nella Repubblica italiana, quando vogliamo, siamo in grado di fare le cose e di farle bene.

Signor Ministro, ci dia i soldi, metta soldi a disposizione dell'impresa e delle opere pubbliche e vedrà che questo Paese farà il resto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mor. Ne ha facoltà.

MATTIA MOR (IV). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, in questi giorni in casa io riflettevo sul termine “coraggio”. Abbiamo festeggiato il 25 aprile e il coraggio degli italiani nell'affrontare cinque anni di guerra. In questi mesi abbiamo visto il coraggio degli operatori sanitari, i nostri concittadini, in un modo inaspettato e mai visto, fermi dentro le loro case, limitando la propria libertà. L'Italia ha sfidato con responsabilità un virus prevaricatore delle nostre libertà individuali, che ha sfigurato la nostra normalità, inducendo tutti noi a fare i conti con l'incertezza.

Dal nostro punto di vista, oggi è necessario il coraggio di proporre soluzioni, senza fare polemiche e senza alzare steccati. Italia Viva in questo periodo ha lavorato per trovare soluzioni con l'intenzione di non lasciare nessuno a piedi. Abbiamo lavorato e continuiamo a farlo per portare sul tavolo del Governo proposte con lo sguardo proteso, da una parte, verso chi affronta l'emergenza sanitaria, verso chi sta affrontando l'emergenza economica, così come verso le difficoltà delle famiglie chiuse nelle loro abitazioni.

Abbiamo lavorato per l'Italia in Europa e ci siamo compiaciuti di una Unione che ha ascoltato, seppure in ritardo, tutte le nostre istanze, fornendoci quegli strumenti per poter discutere con maggiore tranquillità del Documento di economia e di finanza, che oggi portiamo in Aula.

Il MES ci permetterà di finanziare la sanità pubblica ad un tasso di interesse agevolato e senza condizionalità. Questo è per noi il coraggio di guardare avanti, di ammettere che l'Europa c'è, ci serve e sta fornendo delle risposte. Per noi altre strade non ci sono: o l'Europa, o l'alternativa sarà consegnarci nelle mani della speculazione e della sfera di influenza di chi si bea della democrazia illiberale. E se questa è la velleità di alcuni, noi ci opporremo sempre con coraggio e con risolutezza: l'Italia resta e resterà a lungo in Europa.

Ma dobbiamo avere oggi anche il coraggio, la serietà e la responsabilità di guardare in faccia i nostri concittadini, fare tutto il possibile senza però nascondere le difficoltà a cui andremo incontro.

E la realtà di cui parliamo oggi racconta nel DEF che, in considerazione della caduta della produzione e dei consumi, abbiamo una previsione ufficiale del PIL per il 2020 al meno 8 per cento, che sconta una caduta di oltre il 15 per cento nel primo semestre e un successivo rimbalzo nella seconda metà dell'anno; ma, come richiesto dalle linee guida europee, presenta anche uno scenario di rischio in cui l'andamento e la durata dell'epidemia potrebbero essere più sfavorevoli, causando una maggiore contrazione del 10,6 per cento addirittura nel 2020.

Le misure stringenti adottate per il contenimento del virus hanno determinato dal lato dell'offerta un brusco arresto dell'attività in molti settori, producendo un impatto estremamente forte soprattutto sul settore dei servizi e, in particolare, su quelli rientranti negli ambiti del trasporto, del turismo, delle attività ricreative, del commercio al dettaglio e di molti servizi alla persona. Sul fronte dell'industria, l'impatto è stato, comunque, rilevante nel momento in cui è stato necessario adottare le ulteriori misure di sicurezza.

Dal lato della domanda, invece, le stesse misure di distanziamento stanno comportando una inevitabile contrazione di alcune categorie di consumo, che potrebbe in parte continuare anche dopo il ripristino di condizioni di normalità, a causa della diminuzione del reddito e di cambiamenti nei comportamenti dei consumatori.

Attraverso il “decreto Cura Italia” siamo intervenuti per mitigare l'impatto sul sistema economico e scongiurare il rischio che questo shock potesse intaccare il potenziale di crescita nel medio e lungo termine del Paese. Le misure assunte hanno rappresentato una prima risposta per proteggere la salute dei cittadini e salvaguardare il funzionamento del sistema sanitario, nonché per fronteggiare le più immediate esigenze di natura economica e sociale.

Il DEF ascrive a tali misure un impatto positivo nella misura dello 0,5 per cento, a riduzione dello shock provocato dalla crisi: poco, purtroppo, di fronte a quanto stiamo vivendo.

Più recentemente, il Governo ha messo a punto un secondo provvedimento, il “decreto Liquidità”, che rafforza le misure per il sostegno della liquidità di famiglie e imprese, al fine di garantire un'erogazione di credito all'economia per 400 miliardi.

Nei prossimi giorni, invece, in seguito all'intervento di scostamento rispetto all'equilibrio di bilancio che oggi andremo a votare, attendiamo un decreto-legge che estenderà gli interventi del “Cura Italia”, rafforzandoli, prolungandoli nel tempo, e prevedrà misure aggiuntive per il rilancio dell'economia.

Questo decreto, signor Ministro, deve per forza di cose essere l'occasione per prendere decisioni che abbiano effetti veloci, seri e duraturi. Vogliamo vedere lì il coraggio di cui ha bisogno il nostro Paese, il coraggio di investire sulle milioni di imprese del Paese, sui loro lavoratori e non immaginare di vivere soltanto di assistenzialismo; di sburocratizzare le procedure e permettere a chi ha la volontà di scommettere sul futuro, di non arenarsi fra troppe regole e troppi codici.

Auspichiamo, dunque, che il Governo riconosca nel decreto in arrivo le seguenti priorità: credito, liquidità e capitalizzazione delle imprese, rinvio di alcuni adempimenti fiscali e sostegno alle famiglie, alle imprese e ai lavoratori autonomi, misure di supporto a imprese e lavoratori nei settori sottoposti a chiusure e a prolungato distanziamento sociale, misure per lavoratori, operatori e imprese del turismo e della cultura, innovazione tecnologica e attrazione di investimenti privati italiani ed esteri, investimenti sull'educazione, la scuola, la formazione e la ricerca, sviluppo sostenibile.

L'intervento sul 2020 è equivalente, dunque, al 3,3 per cento del PIL, che, sommato agli effetti del “Cura Italia” porta al 4,5 per cento del PIL il pacchetto complessivo di sostegno all'economia.

Viene poi annunciato un ulteriore pacchetto di misure urgenti di natura ordinamentale, che sarà dedicato a una drastica semplificazione delle procedure amministrative in alcuni settori cruciali per il rilancio degli investimenti, favorendo la diffusione della digitalizzazione e l'accelerazione del processo di innovazione tecnologica, in coerenza con le raccomandazioni del Consiglio europeo, che ha posto come priorità degli investimenti anche l'aumento delle risorse per la ricerca, l'innovazione, la digitalizzazione e le infrastrutture.

Preso atto di tutto ciò, sappiamo che lo scostamento che stiamo andando a votare ci porterà alla manovra più grande della nostra storia, sfondando il tetto del 10 per cento di deficit. Indebitiamoci, ma partiamo da un assioma: i sacrifici devono servire per investire sul futuro e non per preservare il presente. Se non prenderemo queste scelte con serietà e con lungimiranza, l'Italia affronterà i mesi di crisi che verranno in misura potenzialmente peggiore rispetto a quanto leggiamo nel DEF e faremo pagare alle nuove generazioni un debito opprimente.

Se non approfittiamo del cambio di passo dell'Europa e della possibilità di muoverci con maggiore libertà nell'ambito dei conti pubblici per ripensare alle priorità della nostra economia, a come mettere in piedi una politica industriale di lungo periodo, come coniugare innovazione e sostenibilità all'interno di un'idea precisa di Paese, alla necessità di snellire le procedure burocratiche, questa crisi potrà essere un'occasione persa, e potrebbe esserlo anche il voto di oggi.

Noi abbiamo voluto questo Governo per evitare che le forze sovraniste prendessero in mano le redini del Paese: se avessero ottenuto pieni poteri, oggi rischieremmo di avere un'Europa che ci avrebbe voltato le spalle, saremmo rimasti isolati e preda degli speculatori. Per fortuna così non è, ma oggi i cittadini ci guardano in cerca di risposte, vogliono comprendere, vogliono essere confortati. Su la Repubblica del 23 aprile, secondo un'indagine condotta da Ipsos, i giovani italiani sono i più pessimisti d'Europa; pensiamo che in questo momento sia necessario dare loro delle risposte, a una generazione che lo chiede con estrema urgenza. Al nostro Paese, signor Ministro, serve coraggio, lo stesso che ebbe Roosevelt quando decise di puntare sullo sviluppo infrastrutturale in America o Churchill quando pronunciò il discorso in cui annunciava sangue, fatica, lacrime e sudore.

Per reagire a questa catastrofe e alle macerie e sociali ed economiche che già vediamo serve un grande progetto condiviso; abbiamo bisogno di donne e di uomini coraggiosi al timone del nostro Paese, che ascoltino le famiglie chiuse in casa, le ringrazino, le confortino; che ascoltino i ristoratori, i commercianti, che diano loro le risposte su come affrontare i prossimi mesi. Ascoltiamo i lavoratori autonomi che hanno smesso di fatturare e vedono i propri risparmi assottigliarsi settimana per settimana, gli imprenditori che non sanno se riapriranno la propria impresa e che, magari, investono in essa per tutelare il lavoro dei propri dipendenti, i giovani che non sanno se troveranno lavoro e gli adulti, ad un passo dalla pensione, che magari, non si rassegnerebbero a vivere solo di cassa integrazione.

Abbiamo bisogno di leader che capiscano la difficoltà delle mamme a lavorare senza le scuole che svolgono il loro proprio essenziale servizio sociale e che vedono con lungimiranza l'importanza della cultura per sostenere l'animo di un Paese e il suo essere fonte di lavoro e di sviluppo. Bisogna arginare la povertà e mantenere le aziende nelle condizioni di tirare avanti per poi tornare ad assumere, ma è necessario intervenire sul sistema fiscale con grande forza. Oggi, con le possibilità concesse dalla sospensione del Patto di stabilità, dobbiamo intervenire: siamo obbligati ad intervenire.

Italia Viva porta sul tavolo del Governo proposte di continuo per contribuire ad un dibattito troppo concentrato su una visione miope, tra contrapposizione tra salute ed economia, e poco propenso ad un dialogo costruttivo. Noi non eravamo pazzi quando parlavamo, un mese fa, di ripartenza graduale e organizzata; non lo siamo oggi che parliamo di riprogrammazione e non lo saremo domani, quando continueremo a proporre soluzioni. Dopo l'ecatombe della guerra, l'Italia è risorta, ma lo ha fatto perché ha scommesso su se stessa, sulle proprie intelligenze, sulla capacità di ingegnarsi. Ecco, in questa crisi noi vediamo la straordinaria voglia dei nostri concittadini di tornare a lavorare e dei nostri studenti di tornare sui loro banchi di scuola. I cittadini sono pronti a rimboccarsi le maniche, signor Ministro, ma diamogli ossigeno con la liquidità, diamogli strumenti e certezze, e una strada da seguire. Questa sera voteremo favorevolmente al DEF per quella responsabilità che sempre ci ha contraddistinto e che ci contraddistingue, ma - lo ripeto - ci sono momenti in cui, per essere responsabili, serve coraggio. Noi il coraggio lo dimostriamo con le nostre proposte continue, il Governo lo dimostri con le sue scelte e con le sue decisioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

STEFANIA PRESTIGIACOMO (FI). Grazie, Presidente. Colleghi, il Documento di economia e finanza in votazione oggi, insieme allo scostamento di bilancio, ha una narrativa tutta rivolta al passato; un mondo che ormai, purtroppo, non esiste più e dice pochissimo sul futuro, tanto più che, incredibilmente, quest'anno non contiene nemmeno il piano nazionale delle riforme con cui, normalmente, si programmano gli interventi futuri; e anche le previsioni macroeconomiche sono limitate al biennio 2020-2021, senza, quindi, alcuna prospettiva di lungo periodo. Così come non è ancora dato sapere come il Governo intende utilizzare le risorse derivanti dal maggiore deficit e dal maggiore debito che oggi ci chiede di autorizzare, anche a causa della mancata interlocuzione con le opposizioni, nonostante gli inviti del Presidente della Repubblica. Questo porterà il rapporto deficit/PIL del nostro Paese nel 2020 al 10,4 per cento, il rapporto debito/PIL al 155,7 per cento; il tasso di disoccupazione è previsto salire dell'11,6 per cento. Certamente, molta parte di questi numeri drammatici dipende dall'esplosione della pandemia da Coronavirus, ma non possiamo dimenticare che, anche prima dello scoppio dell'emergenza economica italiana, l'economia non andava a gonfie vele a causa della gestione tutta orientata alla spesa pubblica improduttiva e poco agli investimenti, tanto del Governo giallo-verde quanto del Governo giallo-rosso.

Ma come non c'è stata una gestione condivisa dell'emergenza, dalle decisioni del lockdown a quelle sulla riapertura, fino alle misure economiche per chi ha perso il lavoro o chiuso l'azienda per via del blocco forzato delle attività, non ci sono, dal nostro punto di vista, neanche idee chiare su quella che sarà la ricostruzione, una volta superato il momento critico. Eppure, sarebbe un momento cruciale per prendere decisioni che cambino, dal punto di vista economico e sociale, una volta per tutte il nostro sistema Paese. Le risorse messe a disposizione dall'Europa non sono poche, dalla sospensione del Patto di stabilità alla possibilità di utilizzare i fondi strutturali scadenza. Certo, bisognerebbe avere però le idee chiare su come utilizzare queste risorse. Ad oggi, tutte le categorie produttive sono insoddisfatte dei provvedimenti varati dal Governo; lo hanno detto chiaramente, Ministro, nelle audizioni che abbiamo ascoltato ieri, eppure il Presidente del Consiglio e lei avreste la strada segnata se davvero voleste rimettere in moto l'economia. Ci sono gli esempi degli altri Paesi europei che, proprio per la qualità delle misure adottate, hanno avuto una minore ricaduta negativa sull'economia dalla pandemia, ma soprattutto ci sono le indicazioni, le richieste delle parti interessate. Gli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, gli operatori del turismo, i liberi professionisti, le partite IVA chiedono liquidità subito, chiedono contributi a fondo perduto, chiedono chiarezza, chiedono un piano definito; chiedono soprattutto che il Governo prenda spunto dalla situazione emergenziale per avviare quelle riforme che, per quanto necessarie, da tempo sono ferme nel nostro Paese, dalla riforma della burocrazia alla riforma del codice degli appalti e a tutto quello che oggi blocca il fare impresa in Italia.

Per noi di Forza Italia, poi, imprescindibile è la riduzione delle tasse. Prendiamo atto che la nostra battaglia contro “plastic tax” e “sugar tax” ha portato il Governo a fare marcia indietro su queste odiose tasse, ma segnaliamo che non basta solo sospenderle: bisogna cancellarle per sempre. Così come non basta il rinvio di qualche settimana dei versamenti di tasse e contributi: serve almeno un semestre bianco fiscale, altrimenti le risorse per le categorie produttive ricevute bastano soltanto per pagare le tasse, perché fino a quando, Ministro, non ci sarà una ripresa dei fatturati, tutti i versamenti fiscali dovrebbero essere cancellati, a meno che non si decida di uccidere scientemente le aziende, distruggendo così il tessuto produttivo e sociale del Paese.

Lei, Ministro, in Commissione Bilancio, per la prima volta, ha pronunciato la locuzione “fondo perduto”. Bene, noi auspicavamo questo intervento da parte del Governo, però è stato ancora molto, molto vago. Desideriamo capire come queste parole, “fondo perduto”, si sostanzino concretamente, come il Governo intende erogare questi fondi, perché se le modalità sono quelle dei prestiti dalle banche, per cui per avere 25 mila euro bisogna compilare diciannove moduli complicatissimi, allora questo è soltanto uno slogan, è propaganda. Noi, poi, Ministro, riteniamo che troppo debole sia nel DEF l'impegno del Governo per il Mezzogiorno. La preoccupazione di tutti, per una volta unanimi, nordisti e sudisti, era che il Coronavirus arrivasse al sud e che il sistema meridionale non reggesse il colpo. Per fortuna ciò non è avvenuto, ma più per miracolo che per bravura del Governo, ed è questo, quindi, il momento giusto per un grande piano che, superata l'emergenza, riallinei livelli di prestazioni della sanità del Sud a quelli del Nord. Usciremmo dalla pandemia con un Paese che, almeno in questo campo, ha colmato il gap Nord -Sud, per passare, poi, ad affrontare le differenze in materia infrastrutturale, di istruzione, da cui derivano differenze economiche, di occupazione e sociali, smentendo, ancora una volta per tutte, la leggenda - purtroppo vera - per cui l'Italia chiede continuamente soldi all'Europa per fare le riforme, ma poi li spende in bonus e sussidi, senza mai mantenere la parola data.

Non solo: Germania, Olanda e gli altri Paesi che ci prendono in giro comincerebbero forse a guardarci con occhi diversi e noi riusciremmo finalmente a cambiare qualcosa. Veniamo alla sanità: secondo i dati dell'ultimo rapporto Svimez, la spesa sanitaria al Sud è inferiore del 25 per cento rispetto al settentrione, ogni 1.000 abitanti il Centro-nord dispone di 3,37 posti letto di degenza ordinaria rispetto ai 2,82 del Mezzogiorno; 8 milioni di cittadini residenti al Sud non si curano perché non possono permetterselo e ogni anno circa il 10 per cento dei ricoverati per interventi chirurgici acuti si sposta dal Sud verso il Nord. E allora è abbastanza semplice fare il calcolo di quello che serve e delle relative risorse da stanziare alle regioni rimaste indietro, per far sì che preoccupazioni come quelle che abbiamo vissuto nella fase iniziale del COVID non ritornino. Per la sanità in Italia si spendono ogni anno 120 miliardi, significa che con i 37 messi a disposizione dal MES potremmo aumentare gli investimenti sulla salute di quasi un terzo, rifacendo gli ospedali esistenti e costruendone di nuovi, che significa stimolo all'edilizia acquistando materiale medicale e strumenti all'avanguardia, che significa aumento della produzione industriale, assumendo medici e infermieri e aumentandone, così come si meritano, gli stipendi.

PRESIDENTE. Deve concludere onorevole Prestigiacomo.

STEFANIA PRESTIGIACOMO (FI). Concludo Presidente, si creerebbero posti di lavoro, piuttosto che ridurre drasticamente, come dicono ora le previsioni e forse, al posto del -8 per cento come dato di crescita del PIL scritto nel DEF, lo stesso Governo avrebbe potuto inserire un numero migliore, restituendo fiducia agli italiani. Allora Presidente, Forza Italia intende promuovere la rinascita industriale e occupazionale delle regioni del Mezzogiorno: ha inserito nella sua risoluzione una serie di punti che riguardano proprio il Mezzogiorno e noi vi aspettiamo su questo in Parlamento, perché da parte di Forza Italia c'è un atteggiamento che, come più volte vi abbiamo ribadito, ha preso alla lettera l'invito del Presidente della Repubblica di collaborare in una fase di emergenza. Tuttavia, noi aspettiamo gli interventi concreti e anche valuteremo caso per caso se questo Governo è capace di ascoltare anche le proposte utili e concrete che arrivano dall'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

FEDERICO CONTE (LEU). Grazie Presidente e onorevoli colleghi, va dato atto al Governo di due momenti, in particolare, che hanno qualificato la sua azione, in una fase così difficile della storia del Paese: l'aver affrontato l'emergenza scegliendo di affidarsi alle competenze e non agli umori; e la persuasività di una trattativa europea che ha favorito un'interpretazione dei Trattati estensiva, vorrei dire riformatrice e che ha predisposto una serie di strumenti finanziari importanti, che rappresenteranno un punto di riferimento per l'azione del futuro, con buona pace dei sovranisti nazionali e comunitari. Anche per questo lavoro, oggi qui possiamo affrontare questa discussione cercando di dare un taglio politico, un taglio più complesso al dibattito sul primo Documento di economia e finanza che si approva in una condizione di emergenza da economia di guerra, per fare da contrappeso a quella necessitata esiguità tecnica - ricordava il Ministro - di un Documento che evidentemente non può limitarsi e né è capace di progettare il bilancio dell'anno prossimo o dei prossimi tre anni, ma che può essere lo strumento, deve essere lo strumento, l'occasione per tratteggiare e delineare un progetto di più lungo respiro, un progetto Italia che vada nel futuro, un programma nazionale dell'economia e del lavoro, aggiungo, della buona vita e dei saperi, su cui costruire l'Italia nuova. Ovviamente una prospettiva di questo tipo presuppone un chiarimento preliminare e iniziale su quello che sarà il ruolo dello Stato nell'economia e nella società, nel nostro prossimo futuro.

Resterà uno Stato programmatore e in alcuni casi attuatore o diventerà Stato imprenditore? Alcune scelte fatte, altre che si annunciano, una Relazione complessa e compiuta che oggi il Ministro ha rappresentato qui in Aula, e l'ampiezza dello scostamento richiesto mi fanno pensare - ed è il mio auspicio - che si voglia ripetere o comunque utilizzare il modello del primo centrosinistra, quello degli anni Sessanta, quello della nazionalizzazione dei settori strategici, delle partecipazioni statali, della programmazione pluriennale, quello che ha predisposto anche lo Statuto dei lavoratori. Ebbene, se questa è la prospettiva, evidentemente una discussione ci vuole - e il Parlamento è la sede più adatta per svolgerla - sugli obiettivi, i criteri e anche i limiti di questo intervento, perché non si ripetano gli errori del passato. Io credo che questo intervento possa svolgersi sulla direttrice di tre “R”: ristrutturazione, riconversione e riequilibrio. Tre “R” che fanno l'eco alle tre “R” che Pertini amava ricordare essere state fondative dell'Unità d'Italia: Risorgimento, Resistenza, Repubblica.

Ristrutturazione perché il nostro sistema produttivo va ammodernato, adeguato alla sfida dei tempi, per riconvertirlo verso gli standard e i parametri dell'economia sostenibile, per intercettare quella tassonomia di attività che sarà attrattore di finanza locale e lo Stato lo deve fare a più livelli e in maniera diversa, non in maniera omologa, intervenendo direttamente sulle grandi aziende per creare nuovi competitors di livello nazionale, sì, Ministro, favorendo la capitalizzazione dell'azionariato delle medie società, ma anche qui senza remunerazione, ma utilizzando lo strumento delle condizionalità, perché questa ricapitalizzazione venga orientata verso finalità virtuose ambiente e lavoro, ambiente e occupazione prima di ogni cosa. Sostenere il sistema delle piccole e medie imprese, che rappresentano l'ossatura del Paese, ma non limitandosi - attenzione - alla invocazione continua della sovvenzione delle piccole imprese, al gettito di danaro liquido, che va bene, sì, per la fase dell'emergenza, ma non crea il sistema in prospettiva, che invece va ritagliato sulle specificità tematiche e territoriali delle PMI, che hanno una fisionomia diversa nel nostro Paese.

Ristrutturare l'organizzazione dello Stato: va riformata la pubblica amministrazione, che va adeguata alla sfida di uno Stato imprenditore. Più semplificazione, meno burocrazia, non significa meno pubblica amministrazione, significa una pubblica amministrazione più competente e più trasparente, che è una esigenza dello Stato imprenditore. Riformare le regioni, che hanno fallito il loro ruolo istituzionale, come la emergenza sanitaria ha testimoniato oltre ogni ragionevole dubbio, perché l'autonomia diventi per le regioni una funzione e non uno status da rivendicare alternativamente, in contrapposizione allo Stato nazione.

Riformare la sanità per riconvertirla su tre versanti: medicina di territorio, rete ospedaliera, ricerca, chiarendo definitivamente un punto di equilibrio diverso tra il pubblico e il privato, perché la buona vita non sia soltanto un costo, ma diventi un investimento.

Riequilibrare - questo è il punto più delicato, Ministro - la società, ridurne le diseguaglianze tra ricchi e poveri: allora sì, mi associo, lavorare finalmente per la realizzazione del livello essenziale delle prestazioni sociali e civili su tutto il territorio nazionale; predisporre un nuovo Statuto dei lavori, non più del lavoro, che corrisponda alle complessità e alle asimmetrie del mercato del lavoro; le diseguaglianze tra il centro e le periferie: scegliamo di investire sulle reti urbane integrate; la diseguaglianza tra il Nord e Sud, il punto che più mi sta a cuore: qui l'obiettivo è l'Italia mediterranea, torna a essere l'idea di uno spostamento dell'asse di sviluppo e di interesse dell'Europa, che riequilibri quello svolto verso l'est, verso i popoli del Mediterraneo, tutti i Paesi che affacciano sul Mediterraneo. La trattativa europea sul Recovery fund ci dà una traccia politica di come questo sia possibile. Italia mediterranea significa Mezzogiorno d'Italia, significa la parte del Paese più debole, ma anche quella che rappresenta la maggiore opportunità. La storia ci insegna, Presidente, che l'Italia si è sempre risollevata delle sue crisi quando ha investito al Sud, ha messo il Sud al centro delle sue politiche di sviluppo: è successo nel dopoguerra, e qui è stato più volte rievocato, con la Cassa per il Mezzogiorno; è successo dopo la profonda crisi degli anni Settanta, quando negli anni Ottanta si è dato seguito a un investimento straordinario nel Mezzogiorno e in quegli anni l'Italia divenne la quinta potenza mondiale.

Alla crisi del 2007 - e non è un caso - si è data, invece, una risposta liberista che ha ucciso il Mezzogiorno e di cui non ha beneficiato di certo il resto del Paese. Per capire - questo è il tema - che qui non si svolge una mera rivendicazione ma si offre una traccia per la prospettiva del Paese, per capire come il Mezzogiorno sia un'opportunità basta un dato: per ogni 100 euro di spesa pubblica fatta al Sud 40 tornano al Nord per acquistare beni e servizi e 20 tornano al Centro per la fiscalità. Il Sud può essere un'opportunità per l'investimento del Paese in prospettiva, un nuovo equilibrio avanzato verso il Mediterraneo per riappropriarci della ricchezza del Mediterraneo, può essere un argomento per convincere l'Europa, Ministro, a uno specifico piano di riequilibrio territoriale che può approfittare anche del meccanismo della transizione giusta che sorregge una parte dell'European Green Deal, transizione giusta verso territori, verso società, verso popolazioni che non godono e non beneficiano di condizioni di uguaglianza rispetto agli altri cittadini europei. Sarebbe questo un modo qualitativo di realizzare l'unione politica ma anche di realizzare l'unione economica. Il Sud del Paese può essere il volano, la dinamo di un investimento di questo tipo. Dunque, il Sud come opportunità per il Paese e come opportunità per l'Europa.

Al Sud - e concludo, Presidente - evidentemente non basta ristrutturare e riconvertire. Nella sua ampia e molto dettagliata relazione il Ministro ci ha parlato di una serie molto diffusa e variegata di interventi. Stiamo attenti, ché spesso gli interventi orizzontali vanno a favorire la dimensione economica lì dove già c'è e non colgono, invece, la realtà dove questa realtà non c'è. Al Sud non c'è neanche un sistema produttivo che può beneficiare appieno di questi interventi giusti e sacrosanti. Lì c'è bisogno di un intervento mirato, lì lo Stato dev'essere non solo programmatore e imprenditore ma dev'essere innovatore, deve, cioè, creare ex novo le condizioni dello sviluppo. La ricetta è nota, è condivisa, è patrimonio comune di questo Governo: le infrastrutture materiali e immateriali, l'ambiente, il turismo, l'agricoltura. Per dirlo con le parole della Mazzucato, un investimento al Sud potrebbe renderlo, per il Paese tutto, un creatore di valore. Io credo che questo sia un tema profondo, delicato e importante, Presidente, che meriterebbe la trattazione di una sessione straordinaria, di una seduta straordinaria di quest'Aula durante la sessione di bilancio. In questo senso mi rivolgo a lei perché si faccia carico di questa richiesta.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gava. Ne ha facoltà.

VANNIA GAVA (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, non è retorica continuare a ribadire che ci troviamo in un momento difficile per il Paese. È fondamentale ricordare che stiamo affrontando qualcosa di sconvolgente e che piangiamo oltre 27 mila vittime. Non è retorica ricordarlo perché il primo punto fermo è il dovere di collaborare per la responsabilità nazionale e almeno per noi finora è stato veramente così. È stato giusto prendere delle misure adeguate, responsabilizzare i cittadini, assumere le scelte fatte e abbiamo visto i cittadini rispettare le regole, abbiamo visto le attività produttive, seppure con il pianto nel cuore, abbassare le saracinesche, abbiamo visto un Paese che ha reagito con senso civico e responsabilità. Ma proprio per questo senso di civiltà e per rispetto ai sacrifici fatti, dobbiamo - e soprattutto dovete voi - decidere di dare un segnale diverso. Non possiamo far morire questo Paese, che è diventato la seconda potenza economica europea e la settima a livello mondiale non per merito dei Governi che si sono succeduti negli anni ma per merito dell'intraprendenza, delle idee e dei sacrifici dei nostri imprenditori.

Ora abbiamo tutti un compito: quello di mettere in atto delle misure serie, ragionate e adeguate ad aiutare le imprese, lavoratori e famiglie che stanno vivendo il dramma di questa crisi economica e che stanno perdendo le speranze. La Lega ha chiesto che venissero fatti nel frattempo dei piani concreti di riapertura, proprio per fare chiarezza e scongiurare il rischio di trovarsi impreparati. Sapevamo, perché vi conosciamo, che avreste trovato la risposta più semplice: “teniamo chiuso”. Semplice per non prendervi la responsabilità e per continuare ad accentrare il potere su di voi. Abbiamo audito in Commissione i rappresentanti economici, abbiamo visto la nota dell'ufficio parlamentare di bilancio e i dati dell'Istat che sono drammatici. Sono numeri mai visti prima: un PIL che scenderà di almeno 8 punti percentuali.

Purtroppo, abbiamo anche letto il vostro Documento di economia e finanza, ma in quello che doveva essere il vero progetto economico di ripartenza non abbiamo trovato nulla di quello che serve concretamente al Paese. La famosa “potenza di fuoco”, annunciata in una delle tante dirette notturne, si è rivelata una miccetta e oggi il vostro Presidente del Consiglio chiede alle banche un “atto d'amore” (testuale: “un atto d'amore”). Fermo restando che sappiamo quanto siete congiunti in modo stabile alla grande finanza, ma vi rendete conto di che cosa parlate? Le banche sono depositarie dei risparmi degli italiani, sono quelli i loro tesori e voi gli chiedete un atto d'amore.

La sostanza è che si sta mettendo sotto regime un popolo per decreto. Lo dicono tutti, dal Presidente della Consulta a un esercito di giudici costituzionalisti e soprattutto il capo politico del partito che detiene la golden power di questa maggioranza, il che sinceramente è ancora più ridicolo della richiesta dell'atto d'amore. E vi meravigliate che le vostre amate e adorate agenzie di rating vi diano una mazzata, come ha fatto ieri la Fitch. Ma che credibilità ha un Governo che apre le librerie e chi tiene chiuse le scuole? Se non si impara a leggere è inutile acquistare i libri. Il problema è che la mazzata dell'agenzia non solo la prende in testa il Ministro Gualtieri ma il dolore e le ferite di questa botta sono per tutti gli italiani.

Non consentite al Parlamento di votare sulle misure da chiedere all'Europa. Volete fare da soli con le task force, ben 400 persone al servizio, e con norma di rango secondario si decide chi può e non può lavorare, chi deve rimanere chiuso un altro mese e forse ci consente di andare a un funerale ma non ci consente di andare dal parrucchiere. Noi condividiamo in pieno il grido di aiuto di commercianti, bar, abbigliamento, parrucchieri, estetisti e ristoranti che vedono andare in fumo i loro sacrifici e vogliono lavorare in sicurezza ma lavorare. Governare è qualcosa di diverso: è prendersi delle responsabilità e avere il coraggio di prendere delle decisioni per il bene del Paese. Capiamo il disagio di chi governa senza essere delegato dal popolo ma almeno si condividono le proposte con il Parlamento se si è convinti di avere qui quella maggioranza che nel Paese non si ha.

Ma torniamo ai numeri e alle misure messe in campo per dare fiato alle imprese e aiutare le nostre famiglie. Per le partite IVA avete messo in campo 600 euro con la promessa che diventeranno soldoni nel “decreto Liquidità”, arrivando a 800 euro. Ma sapete che una parrucchiera, un'estetista o un bar non pagano neanche la corrente elettrica con quei soldi? Per le imprese avete messo delle garanzie con il compiacimento delle banche, la cassa integrazione ai lavoratori che non arriva e però vi siete scusati in diretta televisiva, i figli a casa a scuola con tutti i disagi economici e sociali che ne derivano e non avete idea di come uscirne. Il Presidente Conte è stato in Europa e ha confermato di fatto l'attivazione del MES, facendoci prestare dei soldi per la spesa sanitaria con la condizionalità di impegnarci a fare tagli e rigore sul nostro bilancio, senza ricordare che se negli ultimi anni non si è investito in sanità e sono stati chiusi gli ospedali è stato proprio per sottostare alle rigide regole europee. Avete sbandierato come un successo il Recovery Fund senza dire che questo Fondo per la ripresa non sarà accessibile che entro fine anno. Ma le aziende non attendono il 2021, non attendono neanche il giugno 2020. Infatti, ci sono dati drammatici che ci dicono che il 22 per cento delle piccole aziende neanche riapriranno. Il 14,4 per cento in meno di export è la quota persa dalle nostre aziende, ma queste fette di mercato verranno immediatamente riprese da qualche azienda all'estero che, nel frattempo, non ha chiuso ma ha solo rallentato. Il cosiddetto Salone del Mobile - permettetemi un esempio che mi sta a cuore - è un settore trainante per l'export ma con grande responsabilità prima delle misure emergenziali si è deciso di non svolgerlo. Dunque, il fondamentale Salone del Mobile è in attesa di risposte. Che senso ha riaprire se poi non si può effettuare la vendita perché i rivenditori di dettaglio sono chiusi?

Una cosa giusta l'Europa ha fatto il 19 marzo decidendo di allentare le regole per gli aiuti di Stato alle aziende e consentendo sussidi fino a 800 mila euro. Dunque, mentre la Germania, la Svezia e la Danimarca ne hanno approfittato subito, voi avete ancora la bozza di accordo Stato-regioni che gira per i ministeri. Quella è la strada giusta: nessun vincolo per gli investimenti infrastrutturali, sanitari e ambientali. Inoltre, non capiamo come mai il Presidente del Consiglio continua a dire che gli altri Paesi ci guardano e ci prendono ad esempio mentre gli altri Paesi fanno tutt'altro.

Abbiamo chiesto la pace fiscale. Invece di affidarvi alle task force, affidatevi a chi ha governato territori e sa gestire le emergenze e sa dare risposte concrete; e, invece, voi avete ancora il coraggio di polemizzare con le regioni, che ad oggi restano l'unica istituzione governata per la scelta del suo popolo.

Come Lega abbiamo proposto la cancellazione delle assurde sugar e plastic tax; anzi, ve lo avevamo proprio detto in legge di bilancio di non introdurle, perché di ambientale non avevano nulla, ma servivano solo a fare cassa, penalizzando le aziende ma soprattutto sacrificando posti di lavoro. Avevamo proposto l'anno fiscale bianco, e per quest'anno non si sarebbero pagate le tasse ripartendo dal prossimo anno, cosa poi condivisa ieri dai rappresentanti di categoria.

Abbiamo proposto che sia la BCE a farsi carico di tutto il debito aggiuntivo, acquistando titoli di Stato a tasso zero, e che il nostro debito resti in Italia; avanzato proposte sulla sospensione ai limiti al contante, i voucher in agricoltura, lo sblocco dell'avanzo di amministrazione ai comuni, ma non abbiamo trovato nulla, e non abbiamo avuto alcun riscontro collaborativo: siete prigionieri della vostra ideologia, della patrimoniale, della multa, della sanzione e della gabella, nella vostra perversione ad entrare nelle vite degli altri. Ballate sul dramma di una nazione fiaccata da una malattia nuova e terribile, figlia dell'ultima dittatura mondiale; vi nascondete dietro la scienza per non decidere. Però, ci dispiace ricordarvi che, nonostante voi, l'Italia risorgerà, ancora una volta, dal Friuli-Venezia Giulia alle coste siciliane (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MANCINI (PD). Signora Presidente, colleghe e colleghi, Ministro, esponenti del Governo, credo che abbiamo tutti chiaro che il Documento di economia e finanza che ci accingiamo a votare è un documento diverso dal solito, un testo che ha dovuto tener conto di un'emergenza senza precedenti in Italia e nel mondo. Discutiamo dentro uno scenario di grande incertezza, che rende difficile la predisposizione di previsioni economiche e finanziarie, non solo per l'Italia ma anche per tutti gli altri Paesi investiti dalla crisi. Questo ha spinto inevitabilmente la Commissione europea ad emanare linee guida che riducono e rivisitano il contenuto e i termini di presentazione dei documenti programmatici elaborati dagli Stati membri dell'Unione europea.

Il DEF 2020 presenta quindi uno scenario di previsione limitato al solo biennio 2020-2021, ed è chiaro che l'emergenza Coronavirus ha mutato profondamente lo scenario in cui questo DEF si colloca. Il consuntivo per il 2019, infatti, unito ai dati relativi ai primi mesi del 2020 mostrava un andamento in linea con le previsioni formulate lo scorso autunno. Il 2019 si è chiuso con una crescita dello 0,3 per cento e un deficit delle amministrazioni pubbliche all'1,6 per cento del PIL. Inoltre, il forte rimbalzo della produzione industriale registrato in gennaio, cui si aggiungevano i dati positivi che venivano dalle esportazioni e dalla ripresa del settore delle costruzioni, facevano ritenere che l'economia si fosse stabilmente avviata su un percorso di moderata ripresa, come già avevamo discusso in sede di formazione del bilancio 2020.

Invece, l'Italia è stato il primo tra i Paesi europei che si è dovuto misurare con l'emergenza sanitaria e con i suoi effetti economici. Abbiamo tutti ben presente la chiusura delle attività, dei negozi, dei laboratori artigiani, delle fabbriche; il distanziamento sociale, il blocco delle attività hanno portato anche a un blocco inevitabile dell'attività economica. Ne dobbiamo discutere con chiarezza davanti al Paese, senza nascondere i problemi, ma anche consapevoli della forza che i fondamentali dell'Italia hanno. E questa discussione sarà tanto più utile, quanto più noi saremo in grado di discutere con chiarezza davanti al Paese sul nostro obiettivo di utilizzo di queste risorse.

Noi ragioniamo su un voto oggi che non solo autorizza il Documento di economia e finanza, ma autorizza lo scostamento di 55 miliardi di euro: una somma ingente, una misura che non ha precedenti nella storia recente, una misura per la quale forse non abbiamo più neanche le parole per definire gli strumenti con cui affrontare un deficit così ampio.

Ma dobbiamo anche essere consapevoli che questa manovra è un una tantum, non può essere una prassi di spesa in deficit che si inaugura, e che la ripresa del prossimo anno che è descritta nel DEF dipende in gran parte dall'efficacia delle misure che noi andremo ad adottare.

Quindi, signor Ministro, noi siamo favorevoli come Partito Democratico a che queste risorse, a fianco alle misure sul lavoro e la spesa sociale che sono state annunciate, siano fortemente indirizzate e concentrate a sostegno dell'impresa e della sua capacità di riconquistare rapidamente quote di mercato e capacità produttiva, anche intervenendo con forza sulla capitalizzazione delle aziende, così come è stato prefigurato nel suo intervento. E anche la stessa discussione sul ruolo pubblico conseguente alla crisi, ma che sta dentro anche trasformazioni in corso non solo in Italia, che già ci avevano visto discutere in quest'Aula - per esempio nel “Cura Italia” sulle scelte compiute su Alitalia, ma anche su altre scelte di politica industriale in questi mesi - anche la necessità di un ruolo pubblico forte in questo momento richiede una capacità di esercizio misurato.

Non dobbiamo confondere il ruolo forte del pubblico nell'economia con un'idea di comando della politica sull'economia: dobbiamo avere tutti il senso della misura, la consapevolezza che queste scelte che andiamo a compiere danno grande forza, danno grande responsabilità al Governo e al Parlamento e alla classe politica nel suo insieme, ma richiedono anche una grande capacità di misura, e quindi di confronto con le forze sociali, imprenditoriali, i sindacati, con i corpi intermedi, le associazioni di categoria, perché il ritorno alla normalità è anche il ritorno ad una capacità di concertazione con le grandi forze del Paese sulle scelte economiche che ci attendono.

È, quindi, un mandato che si dà al Governo, assieme a questa autorizzazione allo scostamento, a fare una manovra economica importante, che concentri le risorse guardando ad una ripresa che non è scontata, perché il Documento prefigura uno scenario migliore e peggiore rispetto all'andamento della pandemia, ma anche gli stessi risultati di ripresa del 2021 e gli effetti sul PIL dipenderanno dall'andamento sanitario, ma anche dalla nostra capacità di compiere scelte forti.

Questo DEF e questo scostamento si collocano dentro altri provvedimenti, cioè nella cornice di altri provvedimenti: il “Cura Italia” è stato già approvato, il “Liquidità” è in corso di discussione in Parlamento, il decreto di spesa dei 55 miliardi sarà ovviamente preparato dopo il voto e il dibattito parlamentare.

È, quindi, inevitabile che la nostra discussione metta assieme anche aspetti diversi. Con il “Cura Italia” noi abbiamo compiuto un intervento che è stato prevalentemente un intervento sull'emergenza, che stanziava forti risorse sulla sanità e introduceva provvedimenti emergenziali per aiutare la gente a stare a casa: cassa integrazione generalizzata, assegni per le partite IVA, rassicurazione sul fatto che questi mesi in emergenza sarebbero stati affrontati senza licenziamenti e senza lasciare nessuno in difficoltà.

Il “decreto Liquidità” già si colloca in una via intermedia: continua ad affrontare l'emergenza, ma già prefigura una fase nuova di ripartenza. Voglio dirlo ad alcuni colleghi, che su questo fanno un racconto eccessivamente preoccupato della ricaduta concreta di queste misure.

Questa mattina in Commissione banche è stato chiarito in maniera inequivocabile, ed apprezzato da tutte le forze politiche presenti, il fatto che la Banca d'Italia, la direzione del MEF preposta al funzionamento del sistema bancario e finanziario hanno fornito al Parlamento dati chiari. La moratoria sui mutui ha già riguardato un milione e 300 mila posizioni per circa 70 miliardi di mutui sospesi; la misura dei 25 mila euro è ormai, dopo i chiarimenti intercorsi, fortemente avviata e sono mediamente 4 mila le domande che ogni giorno vengono accolte per l'erogazione dei 25 mila euro; le misure del Mediocredito centrale, le garanzie, le scelte sulle procedure fallimentari, sui protesti, danno certezza, stanno dando certezza, alle imprese che ci può essere continuità della loro attività, anche in presenza del blocco. Ma, assieme a queste misure che stanno affrontando l'emergenza, dobbiamo cominciare a discutere e a predisporre le misure della ripartenza. In questo, già nel “decreto Liquidità” la parte relativa all'intervento sul sistema produttivo, le misure predisposte con le garanzie statali attraverso SACE per le medie e grandi aziende definiscono non solo la capacità di affrontare l'emergenza, ma anche di cominciare a discutere di una nuova stagione di politiche industriali.

Il decreto che seguirà lo scostamento dovrà muoversi in questo solco e noi, come Partito Democratico, Ministro, ci attendiamo scelte coraggiose dentro il decreto. Mi permetto di concludere con una considerazione politica. Ieri, in maniera un po' inaspettata, abbiamo subito un declassamento da parte di un'agenzia di rating; quattro giorni prima un'altra importante agenzia non aveva fatto la stessa cosa, eppure i dati dell'economia italiana sono gli stessi. Cosa cambia tra Fitch e Standard & Poor's? Cambia il fatto, a mio avviso, Presidente, che nel frattempo si è presa l'incredibile iniziativa politica di presentare una mozione di sfiducia individuale contro il Ministro dell'economia, nel pieno di una crisi economica. E allora, a proposito di chi aiuta la speculazione contro l'Italia, chi ci guarda è in grado di misurare anche il grado reale di coesione del Paese e, dopo avere preso un'iniziativa che rompe l'unità del Paese in maniera così strumentale, non ci si può stupire se qualcuno prova a giocare contro l'Italia.

E allora, Presidente, colleghe e colleghi, noi, come Partito Democratico, votiamo per il DEF, votiamo lo scostamento, siamo aperti al confronto e a costruire assieme soluzioni ambiziose, siamo per un processo unitario dentro questo Parlamento che ci consenta di fare le scelte necessarie, ma allo stesso tempo richiamiamo tutti alla responsabilità di lavorare per il Paese e non contro l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Ministro, innanzitutto mi permetta di rallegrarmi, perché in due giorni siamo riusciti a vederla due volte, quando per otto mesi la Commissione bilancio e la Commissione finanze, anche durante i question time, non avevano avuto questo onore. E allora, visto che è qui, colgo l'occasione per fare alcune considerazioni. Infatti, a me è dispiaciuto del suo intervento, della sua relazione, di quello che ha raccontato a quest'Aula, che ci sia stata un po' la volontà di nascondersi dietro quello che c'era prima del COVID. In un momento di emergenza, in un momento in cui viviamo una catastrofe economica, non lo trovo serio, non trovo serio che si dica: però ricordiamoci che prima del COVID la situazione non era buona ugualmente. Non lo trovo serio, non lo trovo istituzionale, non lo trovo rispettoso verso tutte quelle persone, quelle famiglie, quegli imprenditori che stanno vivendo momenti drammatici, perché poi il Documento di economia e finanza questa drammaticità l'ha individuata. Infatti, non sarà sfuggito, o probabilmente è sfuggito ai colleghi del MoVimento 5 Stelle e del PD, che non hanno voglia di approfondire e rimangono un po' sul superficiale - cosa abbastanza scontata, perché è più facile rimanere sul superficiale -, che comunque il DEF dà una panoramica della catastrofe economica che stiamo vivendo in questo momento e dà una panoramica molto esaustiva. Il rapporto deficit/PIL lieviterà al 10,4 per cento, il debito previsto…grazie per andare, Ministro. Sottosegretario, parlerò con lei e poi, magari, potrà riferire al Ministro, però, ecco, mi ero appena rallegrata della sua presenza e devo prendere atto che purtroppo al Ministro, quando parla Fratelli d'Italia, non piace (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

EMANUELE FIANO (PD). E' andato al Senato.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Il rapporto deficit/PIL, dicevo, lieviterà al 10,4 per cento, il debito previsto è al 155,7 per cento del PIL, sempre che, ovviamente, in autunno vada tutto bene e non ci siano ulteriori effetti, che gli effetti della crisi si arrestino davvero, come previsto nel primo trimestre 2021. Nonostante il sottosegretario sia al telefono, probabilmente con il Ministro, così gli fa sentire in diretta quello che sto dicendo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), vorrei rappresentare che il fabbisogno si porterà a 160 miliardi abbondanti, che è un tetto mai toccato prima nella storia italiana. Caleranno i consumi privati, scenderà il valore degli stipendi e quindi avremo redditi da lavoro dipendente che caleranno del 5,7 per cento; le esportazioni fletteranno del 14 per cento, le importazioni del 13, gli investimenti fissi del 12,3 per cento. L'unica cosa che salirà è la disoccupazione, all'11,6 per cento. Ecco, questo è il quadro che ci dà il Documento di economia e finanza. A fronte di questo quadro, davvero catastrofico, purtroppo, mancano le risposte, perché secondo i conti del Governo, per rientrare nella media europea quanto al rapporto deficit/PIL ci vorrà un decennio, cioè, sostanzialmente, di qui al 2032 si chiede uno scostamento di 440 miliardi.

Di fronte a tutto questo noi ci saremmo aspettati perlomeno un'indicazione chiara e onesta di quelle che sono le intenzioni del Governo, di dove vogliamo andare e di come vogliamo arrivarci; invece nella relazione si legge che è prematuro definire i dettagli della strategia. Beh, se non è questo il momento, se la presentazione del Documento di economia e finanza non è il momento in cui dare quelle indicazioni, davvero ho difficoltà a immaginare quando sia quel momento.

Dicevo che, effettivamente, la panoramica del disastro è chiara, le soluzioni per fronteggiarlo invece mancano e, se ci sono, sono una presa in giro per chi gli atti di legge, perché la soluzione portata dal Governo parla ancora una volta di lotta all'evasione fiscale, di green tax e di riformulare la pressione fiscale in Italia. Allora, vedete, indipendentemente dall'essere in questi palazzi o fuori da questi palazzi, chiunque guardi un telegiornale sa che queste soluzioni esistono sul piatto e vengono messe sul piatto costantemente da tutti i Governi da circa vent'anni. Il problema è che viviamo un'emergenza diversa, viviamo un momento diverso e dovremmo avere la forza e la capacità di immaginare un modo diverso di affrontare il problema. Conte e Gualtieri ci avevano parlato di questo DEF e del “decreto Aprile” come delle soluzioni per dare rilancio all'Italia, per ricostruire il nostro Paese. Però se la ricetta per la ricostruzione è vecchia di vent'anni, ho difficoltà ad immaginare come effettivamente si voglia ricostruire e si possa ricostruire.

In questa situazione, nella situazione che viviamo, avremmo voluto, almeno questa volta, un'idea chiara su cosa questo Governo volesse fare e come volesse realizzarlo, invece continuiamo a leggere, come dicevo, delle soluzioni vecchie a problemi nuovi.

Le entrate non sono indicative, non basta dire che ci sarà la spending review per darci ossigeno. Soprattutto, non basta dire che ricorreremo all'Europa, perché un fatto che secondo me è fondamentale di questa relazione è che a un certo punto ci dice che dobbiamo guardare all'Europa, dobbiamo fare riferimento all'Europa, sicuramente ci saranno strumenti innovativi che l'Europa ci darà per risolvere questo problema, ma, al di là del fatto che obiettivamente di nuovo ancora in Europa non è stato fatto niente, io ho il sospetto, anzi direi forse il terrore, che sotto quella frase ci sia la dichiarazione che questo Governo già sa oggi che prima o tardi, prima o poi, noi chiederemo di accedere al MES, e quello sarà un momento tragico. Noi l'abbiamo chiesto ieri in Commissione al Ministro che era in audizione, ma non siamo riusciti ad ottenere risposta, lo chiedo nuovamente. Tornando però alle soluzioni, mi viene da dire che forse potreste chiedere qualche soluzione innovativa a una delle task force che ormai vanno di moda, chiedere se c'è qualche nuova soluzione, qualche nuova idea. Anzi, fate così, chiedete a Fratelli d'Italia, perché noi abbiamo le energie, la competenza, le idee, e non abbiamo problemi a metterli a disposizione di questo Governo. Del resto, il Ministro Gualtieri proprio prima parlava di questa liquidità a fondo perduto alle imprese: bene, siamo contenti, noi raccontiamo di questa necessità da circa due mesi e mezzo, e siamo contenti che finalmente se ne sia reso conto, però ancora oggi non ci ha saputo dire come, su quali basi. Allora, noi mettiamo a disposizione le nostre proposte, e chiediamo, per esempio, che si parli nuovamente della possibilità di introdurre la flat tax al 15 per cento dei redditi incrementali, che darebbe un respiro sulla tassazione; una tassazione che, in base a questo DEF, è destinata ad aumentare. Nessuno ha il coraggio di dire che le tasse per i nostri cittadini aumenteranno, questa è la vera tragedia. In un momento in cui invece avremmo dovuto dare soluzioni per dare respiro, il Governo fa delle operazioni che non solo non daranno quel respiro ma aggraveranno ancora di più la crisi economica che ci troveremo ad affrontare. Allora, parlando di soluzioni, davvero ce ne sono tantissime: ho parlato della flat tax al 15 per cento, sia per le famiglie che per le imprese; le premialità economiche per i lavoratori e le premialità economiche per le aziende. Ancora una volta noi abbiamo difficoltà a capire perché un'azienda fino a cinque dipendenti debba passare da una contrattazione obbligatoria con i sindacati, che non è altro che l'aggravamento di quella burocrazia che il Governo e i partiti di maggioranza dicono di volere eliminare. Ma se vogliamo eliminarla, iniziamo a farlo da subito. Se vogliamo eliminare la burocrazia, se vogliamo dare uno slancio a questo Paese, perché lo merita, perché è il momento di farlo, allora iniziamo da quello che abbiamo fra le mani. Potevamo iniziare con il “Cura Italia”, potevamo iniziare dal “decreto fiscale”, che è stato il primo atto che abbiamo fatto un mese fa dopo il momentaneo blocco per il COVID. Insomma, iniziamo. Noi abbiamo pensato, per esempio, anche a tutte quelle imprese, quei professionisti, quegli autonomi che hanno degli studi legali, che hanno degli uffici, che hanno dei costi fissi che non possono essere coperti. Pensiamo alle aziende: siamo al 29 di aprile e ancora non è arrivata la cassa integrazione. Ecco, questi sono i problemi reali, e sono problemi ai quali il DEF sostanzialmente non solo non dà una risposta ma non dà neanche una linea. Questo vuol dire togliere agli italiani la speranza, che è la cosa peggiore che si possa fare; la speranza di ripartire, la speranza di rinascere, la speranza di potercela fare. Quando diciamo “andrà tutto bene”, noi dobbiamo dare gli strumenti ai cittadini perché ci possano credere, perché quella non sia solo una frase. Presidente, concludo. Io davvero sono molto rammaricata per quello che ho letto, sono molto rammaricata per tutte le discussioni, attraverso conferenze stampa, atti amministrativi che superano la Costituzione e i principi costituzionali, ma c'è una frase alla quale sono molto affezionata di Benjamin Franklin, che dice che ben fatto è meglio di ben detto, quindi mi auguro e spero che sia arrivato il momento di terminare con le parole e finalmente di passare ai fatti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buompane. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BUOMPANE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghe, colleghi, signora Vice Ministro, il Parlamento si accinge a votare il Documento di economia e finanza 2020. Nei primi mesi di quest'anno gli effetti della pandemia da COVID-19 si sono rapidamente riflessi sull'economia globale. Ad un deciso e progressivo deterioramento delle prospettive delle attività economiche e dei flussi commerciali globali per l'anno in corso si accompagna una forte accentuazione dei rischi di ulteriore ribasso. In risposta a tali eventi, nei maggiori Paesi le autorità hanno adottato misure molto espansive per sostenere i redditi di famiglie e imprese: il credito all'economia e la liquidità sui mercati. Inoltre, al momento, l'incertezza sull'ampiezza e sull'intensità della diffusione globale della pandemia e sui tempi del suo contenimento rendono estremamente complesso quantificare l'impatto negativo sulla crescita mondiale e soprattutto nazionale. A differenza di altri shock all'economia globale, quello attuale sta colpendo più il terziario che l'industria, soprattutto nei servizi di ristorazione, intrattenimento e accoglienza. Nel breve termine, all'interruzione delle attività produttive nei settori soggetti a maggiori restrizioni si sommano l'arresto dei flussi turistici e la caduta della domanda di beni e servizi a livello globale, l'ulteriore ridimensionamento dei consumi dovuti alla perdita di posti di lavoro e la riduzione degli investimenti in conseguenza dell'aumento dell'incertezza. Nel medio termine, un rapido ritorno alla crescita dipende da diversi fattori. In primo luogo dalla possibilità che le politiche economiche riescano ad evitare che gli effetti della crisi siano amplificati da fallimenti delle imprese e dalla distruzione delle catene globali del valore. In secondo luogo, dalla capacità di recupero dell'economia, che potrebbe essere ridotta dalle tensioni sui mercati finanziari. Va inoltre contrastato il rischio che il deterioramento della fiducia delle famiglie, la perdita di reddito e di posti di lavoro e la possibile uscita di imprese dal mercato comportino un indebolimento duraturo dell'economia. Secondo le recenti stime della Banca d'Italia, le ricadute del contagio sugli scambi internazionali potrebbero comportare una contrazione del commercio globale nel 2020 nell'ordine del 10 per cento, un'intensità analoga a quella registrata nel 2009. Le prospettive di medio termine non potranno che dipendere dalla capacità delle politiche economiche di agire aggressivamente e con tempestività per evitare che l'impatto della pandemia abbia effetti persistenti sulla fiducia, sugli investimenti e sulla solidità dei sistemi finanziari. Come evidenziato dal DEF, la pandemia ha cambiato in modo repentino e drammatico la vita degli italiani e le prospettive economiche del Paese. L'Italia ne è stata investita prima di altre nazioni europee ed occidentali, ed ha aperto la strada sia in termini di misure di controllo del contagio e di distanziamento sociale sia nell'ampliamento della capacità ricettiva delle strutture ospedaliere e nell'attuazione di misure economiche di sostegno. Queste ultime sono diventate necessarie man mano che si è dovuto disporre la chiusura di molteplici attività nella manifattura e nel commercio, nella ristorazione e nei comparti dell'alloggio, dell'intrattenimento e dei servizi alla persona. La capacità di recupero dipenderà in buona parte dalla risposta delle politiche economiche, fiscali, monetarie e prudenziali in corso di attivazione nel nostro Paese, a livello europeo e a livello globale, e dalla misura in cui tali politiche saranno in grado sia di compensare la caduta dei redditi e di contrapporsi alle tensioni finanziarie e al peggioramento dell'incertezza, sia in prospettiva di sostenere la domanda aggregata.

La crisi ha colpito fortemente il nostro sistema produttivo. Tuttavia, le imprese, la cui leva finanziaria si è ridotta significativamente negli ultimi anni, e le famiglie, il cui indebitamento è molto basso nel confronto internazionale, affrontano questa difficile fase congiunturale con una struttura finanziaria sostanzialmente più equilibrata rispetto a quella che avevano alla vigilia della crisi del debito sovrano. La posizione debitoria del Paese sull'estero è sostanzialmente in equilibrio; le banche partono da condizioni patrimoniali e di liquidità più robuste che in passato; tutti gli scenari sull'andamento del PIL italiano incorporano un'evoluzione fortemente negativa nella prima metà dell'anno, seguita da un verosimile recupero nella seconda metà e da un'accentuata ripresa dell'attività nel 2021. La produzione industriale, che era tornata ad aumentare a gennaio di quest'anno, è fortemente caduta a marzo.

Di fronte a questa difficile situazione, il Governo ha varato una serie di misure per limitare le conseguenze economiche e sociali della chiusura delle attività produttive e del crollo della domanda interna e mondiale. Gli sforzi che il Governo in questa fase sta affrontando rispondono all'esigenza di aumentare ulteriormente le risorse per il sistema sanitario, la Protezione civile e la sicurezza pubblica. Con il decreto-legge n. 18 del 2020, il Governo ha utilizzato pienamente il maggior disavanzo autorizzato dal Parlamento. Le principali misure sono finalizzate al potenziamento del Servizio sanitario nazionale e al sostegno di lavoratori, famiglie e imprese. In particolare sono state previste maggiori spese in favore del sistema sanitario finalizzate anche all'assunzione di medici, infermieri e all'incremento dei posti in terapia intensiva; misure di sostegno al reddito delle famiglie attraverso una molteplicità di strumenti, in maggioranza destinati al rafforzamento degli ammortizzatori sociali, su tutto il territorio nazionale per i lavoratori dipendenti e per i lavoratori autonomi e di settori specifici; interventi in favore dei genitori lavoratori a seguito della sospensione del servizio scolastico, congedi parentali, bonus per servizi di babysitting; misure di supporto alle imprese principalmente finalizzate a sostenerne la liquidità attraverso il sistema bancario e all'utilizzo del Fondo centrale di garanzia; altre misure per la gestione dell'emergenza tra cui la sospensione dei termini per l'attività di riscossione e quella dei versamenti fiscali e contributivi.

Gli interventi a sostegno della liquidità delle imprese sono stati poi potenziati lo scorso 8 aprile dal decreto-legge n. 23 del 2020 che ha rafforzato il ruolo delle garanzie pubbliche. Il decreto ha previsto inoltre lo slittamento delle scadenze di aprile e maggio dei principali versamenti fiscali per le imprese e per i lavoratori autonomi che abbiano registrato un calo di fatturato superiore a determinate soglie. Questi strumenti nelle valutazioni ufficiali avranno un impatto sostanzialmente nullo sui conti pubblici del 2020 sia in termini di indebitamento netto che di fabbisogno. Le garanzie avranno un impatto sia sull'indebitamento sia sul debito solo al momento dell'eventuale escussione. I sostegni ai redditi dei lavoratori e degli imprenditori più colpiti dalla crisi, all'occupazione, alla liquidità delle imprese, all'erogazione di credito all'economia, già messi in campo dal Governo nel mese di marzo, saranno estesi e rafforzati. Nello specifico il prossimo decreto annunciato anche in questa sede dal Ministro Gualtieri con le misure urgenti di rilancio economico sarà organizzato orientativamente nei seguenti ambiti principali: maggiori risorse per il sistema sanitario e la protezione civile, Forze di polizia, Forze armate, credito, liquidità, capitalizzazione delle imprese, misure per l'accelerazione dei tempi di pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, estensione della cassa integrazione in deroga e indennità ai lavoratori autonomi, alle colf e badanti, sostegno al reddito dei cittadini non coperti da altre forme di assistenza, quali i lavoratori stagionali e intermittenti, nonché il rafforzamento delle misure per la conciliazione dei tempi vita-lavoro, rafforzamento delle misure di vigilanza e di controllo della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, misure di sostegno alle famiglie, sostegno alle politiche di inclusione e agli investimenti degli enti territoriali. Sarà poi previsto il rinvio di alcuni adempimenti fiscali a sostegno delle imprese e lavoratori autonomi e soprattutto dovranno essere previsti ristori a fondo perduto per le imprese fortemente colpite da questa crisi: interventi mirati a favore dei settori più impattati dall'emergenza quali, ad esempio, misure di supporto a imprese e lavoratori nei settori sottoposti a chiusure le cui misure di distanziamento sociale potrebbero essere confermate nei prossimi mesi; interventi immediati a favore dei trasporti e della logistica; misure per i lavoratori, operatori, imprese e per il sostegno della domanda e il rilancio dei settori del turismo e della cultura. Saranno poi previsti interventi per l'efficiente ripresa dell'attività giudiziaria e impulso all'innovazione tecnologica del sistema giustizia.

In materia di istruzione e scuola saranno poi previsti investimenti e semplificazioni in materia di innovazione tecnologica, edilizia scolastica, formazione terziaria non universitaria, sostegno alla rete dei servizi educativi del segmento 0-6 anni. Sono poi annunciate misure a sostegno della funzionalità delle università, dell'alta formazione artistica e degli enti pubblici di ricerca e innovazione tecnologica. Quindi, parliamo di digitalizzazione, semplificazione, innovazione tecnologica della pubblica amministrazione e del Paese. Sarà prevista poi la soppressione degli aumenti dell'Iva e delle accise previste dalla legislazione vigente per il 2021 e gli anni a seguire. Va sottolineato che, una volta inclusi gli effetti del nuovo decreto, la pressione fiscale scenderà dal 41,9 per cento del 2019 al 41,8 per cento nel 2020 e al 41,4 per cento nel 2021, al netto del beneficio degli 80 euro mensili che diventeranno 100 con il taglio del cuneo fiscale sul lavoro già legiferato.

Un ulteriore pacchetto di misure urgenti di natura ordinamentale sarà dedicato poi a una drastica semplificazione delle procedure amministrative in alcuni settori cruciali per il rilancio degli investimenti pubblici e privati, soprattutto appalti, edilizia, green economy, procedure complesse per l'avvio delle attività di impresa e per le opere pubbliche. Al tempo stesso sarà accelerata l'attuazione del Piano Sud 2030 a partire dalle linee coerenti con le strategie nazionali per affrontare l'emergenza COVID-19 al fine di attivare il potenziale di crescita inespresso in alcune aree del Paese per il rilancio durevole e robusto del processo di sviluppo. L'emergenza COVID-19 impone di accelerare il processo di digitalizzazione e, in alcuni casi, di adottare misure di deroga eccezionale o comunque temporanee nel rispetto dei principi generali. Questa esperienza può essere di insegnamento per introdurre semplificazioni di tipo permanente e non più solo eccezionale. Tenuto conto dell'impatto finanziario del decreto con le misure urgenti di rilancio economico, l'indebitamento netto è stimato in base alla previsione del PIL tendenziale, validata dall'Ufficio parlamentare di bilancio, pari al 10,4 per cento di quest'anno e al 5,7 per cento nel 2021. Lo stock del debito pubblico è previsto pari al 155,7 per cento del PIL a fine 2020 e al 152,7 per cento a fine 2021.

Il Governo elaborerà nuove previsioni macroeconomiche e programmatiche quando sarà superata la fase emergenziale più acuta alla luce della versione finale delle nuove politiche urgenti, nonché dell'evoluzione globale della pandemia, della strategia adottata per la riapertura dei settori produttivi e dei dati economici che si renderanno disponibili nel frattempo, ma in ogni caso va sottolineato che l'adozione del PIL tendenziale assicura una valutazione prudenziale circa l'andamento del deficit e del debito della pubblica amministrazione in rapporto al PIL. Per quanto riguarda il 2021, infatti, la disattivazione degli aumenti delle imposte indirette ridurrà l'aumento previsto del deflatore del PIL ma darà anche luogo a maggior crescita reale.

In conclusione vorrei sottolineare come una grande fascia della popolazione risultava essere in condizioni di estrema difficoltà già prima dell'inizio dell'emergenza. Non possiamo dimenticarci di loro: in questa fase occorre quindi ripensare l'intero assetto delle misure di welfare. Negli ultimi anni, ad esempio, con la riforma Fornero prima e con il decreto Poletti del 2014 poi, tante sono le situazioni di discriminazione ai danni di lavoratori. Molti dei cosiddetti bacini di crisi versavano già in condizioni di estrema difficoltà, esclusi da qualsiasi forma di ammortizzatore sociale. L'attuale emergenza generata dall'insorgere del COVID-19 ha particolarmente aggravato la situazione di migliaia di famiglie e lavoratori. Per questo spero che il Governo accolga il loro appello e, in particolare, spero mantenga l'impegno che ha assunto la scorsa settimana a seguito dell'approvazione di un mio ordine del giorno il quale prevede per il lavoratore, al quale non è riconosciuto alcun tipo di ammortizzatore sociale, l'estensione di misure straordinarie e di emergenza per il sostegno al reddito. Penso che il reddito di emergenza vada proprio in questa direzione.

Ciò non basta: ritengo anche che sia arrivato il momento di rivedere, incrementare e potenziare il reddito di cittadinanza che così bene sta funzionando. Mi sia concessa una parentesi, Presidente: cosa sarebbe stato delle famiglie percettrici del reddito di cittadinanza se non fosse stato introdotto? Per tale ragione, anche quando sarà dichiarata la fine dello stato di emergenza, è auspicabile che tutti i lavoratori e i cittadini in generale, caduti loro malgrado in coni d'ombra di tutela creati dalle passate legislazioni, siano ricompresi nelle misure di politiche attive del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cattaneo. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CATTANEO (FI). Grazie, Presidente. I numeri di questo DEF ci danno tutta la drammaticità del momento. Mentre prima di questa crisi eravamo qui, a misurarci sullo “zero virgola” del PIL, per confortarci o porre in essere iniziative diverse, oggi il PIL crolla al meno 8 per cento; mentre prima avevamo il vincolo del 3 per cento del rapporto tra deficit e PIL, e sembrava quasi impensabile arrivare a sforarlo, oggi parliamo, in questo rapporto, di un 10,4 per cento. Capite bene che è cambiato tutto e nulla probabilmente sarà più come prima. Il nostro debito-PIL, invece, corre, corre veloce verso il 155,7 per cento; la disoccupazione, anche qua, lo troviamo nel documento, arriva a sfiorare il 12 per cento. Numeri drammatici.

Dietro questi numeri, cosa c'è? C'è un'Italia che si è fermata: famiglie, botteghe, imprenditori, che hanno dovuto, per senso di responsabilità, personale e collettivo, spegnere i motori per fare il bene dell'Italia. Vogliamo per una volta anche ringraziare questo Paese, vogliamo per una volta ringraziare gli italiani, che, se questa doveva essere una prova di responsabilità personale e collettiva, allora gli italiani quella prova la stanno vincendo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)?

E, invece, mi domando e vi domando: la politica, di fronte a questo scenario, è stata all'altezza del popolo italiano? Ebbene, io credo, purtroppo, drammaticamente di no. Eravamo tutti tenuti, ne sono convinto, ad avere un rapporto diverso tra opposizione e maggioranza. E noi abbiamo provato in ogni sede a fare delle proposte costruttive, a non scivolare in un gioco delle parti tra maggioranza e opposizione, sterile, ma non ce lo avete consentito. Ci avete riempito di DPCM a ogni ora del giorno e della notte, avete abusato di conferenze stampa, avete abusato del ruolo di Primo Ministro, caro Presidente Conte. E tutto ciò addirittura in nome - qualcuno ha iniziato a dire - del fatto che, in un'emergenza come questa, anche la Costituzione, tutto sommato, va sospesa, va ritenuta in qualche modo messa in pausa anche lei.

Per fortuna oggi sono arrivate le parole chiare e lapidarie della Presidente Cartabia, che ha detto che, proprio in questo momento, invece, è nella Costituzione che si trova la via per uscire dalla crisi, e noi ne siamo convinti.

E se abbiamo spento le libertà individuali, non pensiamo che riaccendendo, quando sarà il tempo, con un pulsante, riusciremo a ripartire automaticamente. Perché c'è un concetto che vi sfugge: le libertà individuali sono direttamente connesse alla libertà economica dell'individuo. È di questo che noi ci vogliamo occupare e ci stiamo occupando. E vi proponiamo e vi abbiamo da sempre proposto tre linee di lavoro: la liquidità, la meno burocrazia e le meno tasse. Siamo stati totalmente inascoltati.

Sulla liquidità, le partite IVA hanno dovuto affrontare un calvario per ottenere 600 euro, che in molti casi non sono ancora arrivati. Ma quale successo del reddito di cittadinanza, caro collega 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Se il reddito di cittadinanza avesse funzionato, non avremmo avuto i problemi di povertà e la mortificazione di chi lavora in questo Paese, che si vede riconosciuti i 600 euro con un grave ritardo e dopo mille e mille difficoltà e 780 euro a chi sta seduto sul divano. Questa non è l'Italia che ci piace.

E poi ancora, la liquidità che non arriva alle imprese che hanno chiesto un finanziamento di 25 mila euro, 19 documenti per riuscire ad ottenere qualcosa, la cassa integrazione che anche in questo caso non è ancora arrivata agli operai e ai lavoratori che sono stati messi in cassa integrazione, se non fosse per qualche regione virtuosa, come la regione Lombardia, che si è messa di mezzo e ha garantito l'afflusso di quei denari sui conti corrente, e di questo abbiamo già parlato.

Potremmo andare avanti a dirvi anche che c'è una voce che è inaccettabile per questo tempo che viviamo: 60 miliardi di debiti della pubblica amministrazione verso i privati, cioè i privati stanno morendo, lo Stato deve loro dei denari e non vengono loro riconosciuti.

E ancora, vi abbiamo proposto la sospensione dell'articolo 4 del “DL fiscale”, quello con cui avete reso la vita impossibile a un datore di lavoro, a un imprenditore nel settore edile, che deve fare i versamenti e i controlli delle ritenute. Con questa sospensione risparmiate 2 miliardi. Niente da fare, non avete voluto fare neanche questo.

E poi ancora, senza muovere un denaro in più, ci sono già oggi nelle casse di comuni e regioni 39 miliardi, che potrebbero subito diventare cantieri. Peccato che c'è una burocrazia che non lo consente. Ed è inutile che vi beate del ponte Morandi, perché il ponte Morandi siamo riusciti a farlo solo perché c'è un'emergenza straordinaria, solo perché è dovuto accadere ciò che è accaduto per riuscire finalmente a intraprendere una strada rapida, veloce, che ha dimostrato al mondo che nell'ingegneria, nelle costruzioni, possiamo essere ancora i primi del mondo.

Questo Paese senza burocrazia può fare tutto; con la burocrazia non riesce a fare niente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! Questa è la verità, questa è la verità!

E allora, a proposito di codice appalti, visto che volete prendere a spunto il ponte Morandi, siete disposti a sospenderlo? Noi ci stiamo, da subito: sospendiamo il codice appalti. O non è che poi, magari tra qualche mese, accadrà che a un sindaco che si è adoperato per fare le cose velocemente o a un imprenditore che ha buttato il cuore oltre l'ostacolo, gli arriverà un'indagine per abuso d'ufficio, gli arriverà la notifica del danno erariale o altro? Perché questo è il Paese vero, reale, dove, in questo Paese, ormai, chi si assume la responsabilità, è sempre oggetto di vessazioni, di ostacoli, di grane giudiziarie. Questo non è il mio Paese e questa poteva essere l'occasione per cambiare tutto ciò, per rivoluzionare copernicanamente le cose.

Vi abbiamo chiesto di sospendere il “decreto Dignità” per dare fiato con i voucher al turismo, all'agricoltura, allo sport. Lo sport vale il 3 per cento del nostro PIL, 70 mila aziende che ci operano: niente, ve ne siete disinteressati.

E poi ancora, meno tasse: perché noi continuiamo a dire “meno tasse”? Perché noi crediamo in due principi semplici: la fiducia e la libertà. La libertà ce la togliete, perché con questo DEF ipotecate, con 411,5 miliardi da qui al 2031, il futuro anche dei nostri figli; e la fiducia, perché voi non potete dire di avere fiducia nell'operosità degli italiani, perché avete una visione nei fatti totalmente diversa da quella che ogni tanto andate dicendo.

E allora, se voi mandate 8 milioni e mezzo di lettere di accertamenti a chi fa impresa, noi proponiamo, invece, un patto fiscale per azzerare ciò che è stato, dare uno sconto del 40 per cento e guardare avanti. Se voi pensate, in maniera nemmeno troppo celata, alla patrimoniale e a tassare i redditi alti, noi al contrario chiediamo che sia ora di fare la flat tax, di più e meglio di quanto è stata fatta.

A noi rimane solo un grande nemico dopo questa crisi: il nemico è l'inadeguatezza. Io spero che gli italiani si accorgano quanto è importante avere al timone di comando persone competenti e credibili. Voi, mi spiace, ma non lo siete (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cattoi. Ne ha facoltà.

VANESSA CATTOI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, a suon di DPCM e decreti elaborati con la collaborazione di 15 task force, di 400 scienziati, di esperti, esautorando il Parlamento e non consentendo ai parlamentari di partecipare ai lavori come si dovrebbe, arriviamo alla discussione del DEF, quel documento economico-finanziario che dovrebbe costituire il principale documento di programmazione.

Però, vede, Presidente, per programmare, il Governo deve sapere dove vuole andare e questo non è chiaro. Che manchi una visione, una prospettiva, ma non solo di medio e lungo termine, ma nemmeno da qui a dicembre, è chiaro. E questo non siamo solo noi, deputati della Lega, i brutti e cattivi deputati dell'opposizione, a dirlo, ma sono le stesse categorie, che ieri, durante le audizioni al DEF, hanno dichiarato proprio questo: che manca la capacità di avere una visione, di dare quella sicurezza a coloro che creano le attività economiche, a coloro che sostengono il prodotto interno lordo di questo nostro Paese.

Ebbene, sarebbe stato utile per la maggioranza partecipare almeno al ciclo di audizioni di ieri, almeno i deputati di maggioranza, se non i rappresentanti del Governo, perché avrebbero capito molte cose, soprattutto dalle rappresentanze economiche; Confindustria, Confesercenti, Confartigianato, hanno detto tutte la stessa cosa, le stesse proposte che noi della Lega, noi parlamentari del gruppo Lega, sia alla Camera che al Senato, sono settimane che andiamo proponendo al Governo, ma non ci vogliono ascoltare.

Quelle proposte che, entrando proprio nel merito del loro contenuto, volevano dare un rilancio per questo nostro Paese. Proposte sensate, soprattutto perché il Paese chiede tempestività, mentre il Governo cosa fa? Il primo provvedimento lo va ad approvare a due mesi di distanza dal primo caso evidenziato in Italia di Coronavirus. È evidente che qualche problema c'è! Perché, vede, Presidente, il decreto che doveva essere ‘decreto aprile', ormai siamo arrivati alla fine di aprile, ma il decreto dobbiamo ancora vederlo, e questo non è essere tempestivi. In una pandemia, in piena pandemia il Governo deve essere veloce, perché le aziende non aspettano, perché la gente muore: muore di Coronavirus, ma muore anche di fame.

E poi noi dell'opposizione dovremmo stare zitti e buoni, perché dobbiamo essere collaborativi!

Ma vedete, colleghi, noi dell'opposizione siamo stati molto responsabili e collaborativi: abbiamo subito approvato lo scostamento del bilancio, poi abbiamo avanzato proposte, vedendo di far passare un unico solo emendamento al Senato sul “Cura Italia”.

E poi, allo stesso tempo, abbiamo il Presidente del Consiglio Conte che, oltre ad esercitare i pieni poteri, chiede al popolo italiano di scacciare via la rabbia e il risentimento, così dice il Presidente Conte. Dopo due mesi che gli italiani sono rinchiusi nelle loro case e molti dei quali non possono nemmeno lavorare perché lo Stato glielo impedisce, ci sentiamo dire che dobbiamo scacciare via la rabbia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? Ma qui l'unica cosa che deve essere scacciata è la supponenza di questo Governo, che pensa di sapere che cosa sta accadendo fuori da questo Palazzo, da questo Palazzo dorato; ma c'è un'altra realtà, la realtà della vita vera. Questo Governo non conosce nulla e, soprattutto, fa finta di nulla, perché, vedete, onorevoli colleghi, fuori da questo Palazzo c'è la vita vera; fuori da questo Palazzo c'è il popolo italiano che non canta più fuori dai balconi, perché - è inutile che continuiamo a dirlo e ribadirlo - ormai non ha più soldi, non arrivano le casse integrazioni, non arrivano tutti gli aiuti proclamati e sbandierati, non stanno arrivando alle famiglie italiane.

E noi non lo diciamo solo per essere soprattutto contro tutto quello che viene dal Governo, ma perché questo ci chiede il popolo italiano; ci chiede di portare la voce delle famiglie che sono insoddisfatte, che ormai sono frustrate dal fatto che non arrivano a fine mese - ormai è il secondo mese che non ricevono lo stipendio - e il Governo non gli fa arrivare nulla. Abbiamo un Presidente Conte che chiede scusa per i ritardi di erogazione della cassa integrazione e questo dovrebbe farci pensare, perché, vede, non servono aiuti roboanti oppure annunci del Governo; bisogna essere concreti nelle cose, bisogna fare arrivare i soldi alle famiglie italiane. Fuori c'è un popolo che ha un grande senso civico e lo sta dimostrando; con uno spirito di assoluta obbedienza subisce le violazioni delle proprie libertà fondamentali, subisce le violazioni della libertà di movimento. E il Governo cosa decide? Decide che chi vuole lavorare in totale sicurezza, rispettando le distanze e con gli opportuni dispositivi, deve rimanere chiuso in casa e chi, invece, dovrebbe rimanere chiuso in carcere, viene liberato, in tempi da Coronavirus, con due articoli all'interno del “decreto Cura Italia”. Questo a noi sembra paradossale, perché mentre il Governo lascia uscire chi dovrebbe rimanere in carcere, in barba alle famiglie vittime, in barba alle forze dell'ordine e alle forze di polizia che hanno rischiato la loro vita per catturare i delinquenti e rinchiuderli in carcere, vede, Presidente, abbiamo il Governo che pensa a fare questo. Abbiamo, nel mondo reale, parrucchieri, estetisti, baristi, commercianti, imprenditori, artigiani che si incatenano. E che previsione vogliamo fare all'interno di questo DEF? Ma di cosa stiamo parlando? Torniamo alla vita vera! Se il Governo non ha la consapevolezza di cosa accade fuori da questo Palazzo, ma che Documento economico-finanziario vogliamo pensare, vogliamo proporre (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? Ieri sera molti di questi commercianti hanno manifestato in tutte le piazze italiane, per poi dare le chiavi delle loro attività, delle loro botteghe, dei loro negozi ai sindaci per portarle qui a Roma, al Governo, in modo simbolico. Vede, Presidente, noi pensiamo che questo Governo si stia lodando alquanto, ma purtroppo cerca semplicemente un autocompiacimento per il suo non operato, quando invece dovrebbe fare un gesto d'amore nei confronti del popolo italiano e togliere il disturbo, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Non è possibile che si rimanga ciechi e, soprattutto, inerti davanti a certe manifestazioni di sofferenza, perché, lo ripeto, da parte nostra questo Governo manca di atti di umiltà. È inutile richiedere che le banche dimostrino amore nei confronti degli imprenditori, quando lo stesso Presidente Conte, a suon di DPCM, discrimina tra quelle che sono aziende di serie A e aziende di serie B. Violare la possibilità di un'azienda di operare la propria attività di impresa, oppure farlo dando la possibilità ad alcuni di aprire prima e ad altri di aprire dopo, lo troviamo veramente un gesto di non amore nei confronti di quello che dovrebbe essere il proprio territorio e il proprio popolo, che si sta sforzando in tutti i modi di combattere questa terribile pandemia.

Per la vostra mancanza di coraggio da parte del Governo e, soprattutto, di prospettiva, il Presidente, a suon di DPCM, sta cancellando un'epoca imprenditoriale italiana; a suon di decreti, si sta annientando il tessuto economico del nostro Paese. Un imprenditore può arrivare a chiudere la propria attività perché ha un'incapacità ad esercitare la propria attività di impresa; questo può succedere, ma non può succedere che, invece, un imprenditore sia costretto a chiudere per colpa dello Stato incapace. Questo non è tollerabile, né accettabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Quindi, dicevamo, la tempestività non c'è stata e questo è stato confermato a più voci, soprattutto durante le audizioni. Però, vede, Presidente, la tempestività in questi casi è tutto, perché è come la tempestività di intervento dei medici nei confronti dei malati COVID: prima intervieni e più probabilità avrai di salvare una vita. Allo stesso tempo, prima il Governo interviene nei confronti delle aziende e prima c'è la possibilità che queste aziende non muoiano.

Quindi, appurato da tutti che la tempestività da parte del Governo non c'è stata, veniamo alle terapie. Vede, Presidente, noi abbiamo proposto una serie di terapie: abbiamo detto che bisogna cancellare le tasse in carico agli imprenditori, non sospenderle oppure rinviarle; dobbiamo completamente cancellarle. Dobbiamo combattere l'evasione, ma per combattere l'evasione bisogna iniettare liquidità prima che arrivino gli usurai, soprattutto, bisogna cercare di darla quella liquidità che il Governo non sa dare. Bisogna dare una prospettiva per l'anno prossimo, abbassare le tasse in modo indeterminato, in modo deciso e strutturale, prevedere una forma di flat tax anche per l'anno venturo, perché dobbiamo creare questa visione, questa prospettiva, ai nostri imprenditori.

Vede, Presidente, le nostre proposte sono state molte, ma sono state inascoltate, ma c'è una gran voce che è stata inascoltata all'interno di questi DPCM, di questi decreti, ed è soprattutto quella delle famiglie, delle famiglie che sono abbandonate a loro stesse, non solo sotto l'aspetto sociale ma anche sotto l'aspetto economico. La rabbia sta salendo perché molti italiani stanno andando al banco dei pegni per avere dei soldi veri, per avere la liquidità che non ricevono da parte dello Stato per cercare di accudire i propri figli, perché per questo Governo i figli, i bambini, sono completamente spariti. Noi riteniamo, invece, che i bambini e le famiglie abbiano un ruolo centrale, abbiano un ruolo molto importante all'interno della nostra società. Ci sono bambini, figli di disabili o di famiglie che hanno difficoltà, che devono essere sostenuti, soprattutto in momenti come questi; queste famiglie si sentono totalmente abbandonate da parte di uno Stato che non le cita all'interno di nessun provvedimento. Questo è vergognoso, perché se vogliamo pensare che la nostra società si fonda soprattutto sulle famiglie, non pensare a ciò che serve in questo momento alle famiglie italiane è una cosa vergognosa.

Vado a concludere, Presidente, tornando al punto di partenza. Manca una visione, manca la programmazione, manca una prospettiva e non siamo solo noi parlamentari brutti e cattivi della Lega a dirlo, ma sono le categorie economiche e gli italiani tutti a dirlo. Non pensate di fare un torto a noi a non ascoltare i nostri suggerimenti e i nostri emendamenti, perché il torto vero lo state facendo a tutto il popolo italiano e spero che almeno questo vi sia abbastanza chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Colleghi, mi rendo conto della difficoltà di parlare con la mascherina, ma invito tutti i deputati ad indossarla in maniera corretta, in modo che possa coprire il naso e la bocca, anche nel corso degli interventi, per evitare di vanificare gli sforzi di sicurezza che stiamo facendo a tutela di tutti.

È iscritto a parlare l'onorevole Adelizzi. Ne ha facoltà.

COSIMO ADELIZZI (M5S). Grazie, Presidente. Viceministra Castelli, colleghe, colleghi, oggi in quest'Aula siamo riuniti per esaminare il DEF, il Documento di economia e finanza 2020; siamo chiamati a farlo in un contesto di totale cambiamento per via di una tragedia che ha cambiato e cambierà la vita di miliardi di esseri umani. Il nostro Paese sta affrontando una crisi pandemica senza precedenti, mai vista fin dai tempi della Seconda guerra mondiale. Gli italiani, che voglio qui ringraziare per come si stanno comportando, all'improvviso sono stati costretti a fare dei sacrifici enormi. In molti hanno dovuto piangere la scomparsa dei propri cari, senza nemmeno poterli salutare per un'ultima volta e tutti ci siamo ritrovati ad affrontare una situazione devastante. Uno scenario, questo, che ha reso necessario un intervento immediato, eccezionale ed urgente, da parte di un Governo che, per far fronte alla grave emergenza, sta mettendo in campo una serie di misure indispensabili, anche attraverso il Documento in esame. Si tratta di uno dei più significativi interventi economici della storia italiana, grazie ad uno stanziamento di ulteriori 55 miliardi di euro da utilizzare subito e che dà seguito a quanto già fatto con il “decreto Cura Italia” e con il “decreto Liquidità”.

Con il “Cura Italia” erano stati già stanziati 25 miliardi, con i quali è stato compiuto solo il primo passo per affrontare l'emergenza. È stato un decreto ampio e che ha toccato varie questioni, dal sostegno alle famiglie e ai lavoratori, alla sospensione dei pagamenti per imprese e autonomi, con un occhio di riguardo per la nostra sanità, quella sanità depredata costantemente nei decenni passati e che, nonostante le grandi eccellenze che tutto il mondo ci invidia e l'abnegazione di migliaia di professionisti, ai quali va la mia profonda riconoscenza, a causa dei numerosi tagli ha mostrato purtroppo anche il suo lato debole. Ma avevamo promesso di fare di più per le imprese e lo abbiamo fatto con il “decreto Liquidità”, un secondo passo che consentirà di mobilitare fino a 400 miliardi di crediti aggiuntivi rispetto ai 350 mobilitati con il “Cura Italia”. Perciò, fino al 31 dicembre di quest'anno le aziende, in base al proprio fatturato, hanno la possibilità di richiedere un finanziamento fino a 25 mila euro, con garanzia dello Stato al 100 per cento e senza valutazione del merito creditizio, che le banche possono erogare subito, senza attendere il via libera del fondo di garanzia; fino a 800 mila euro con garanzia dello Stato al 90 per cento, senza valutazione andamentale e fino a 5 milioni di euro con garanzia dal 70 al 90 per cento e sempre senza valutazione andamentale. Ci sarà ovviamente bisogno di un po' di tempo affinché queste misure vadano a regime; infatti, nonostante nel giro di pochi giorni siano già stati accreditati sui conti correnti delle imprese italiane migliaia di prestiti, per un ammontare complessivo di alcuni miliardi di euro, ci sono ancora troppi rallentamenti e ostacoli, che vanno assolutamente superati. Siamo fortemente convinti che mai come in questo momento occorre abbattere la burocrazia per sostenere e proteggere le nostre imprese. Lo abbiamo fatto potenziando il golden power, che letteralmente significa potere d'oro ovvero uno strumento che consente all'Esecutivo di tutelare le attività dei settori strategici del nostro Paese. Grazie alle novità che abbiamo introdotto, lo Stato potrà bloccare le acquisizioni dei nostri gioielli da parte di aziende di Stati esteri, adesso anche europei, in tanti altri settori che prima non erano sufficientemente tutelati. Mi riferisco in particolare all'agroalimentare e al comparto sanitario, proteggendo finalmente anche le piccole e medie imprese da scalate ai danni del nostro patrimonio produttivo e industriale. Ma non basta: appare evidente a tutti (famiglie, lavoratori, imprese e professionisti), che in una fase come quella che stiamo vivendo qualsiasi intervento non sarà mai sufficiente ad azzerare le pesanti ripercussioni del Coronavirus sulla nostra economia. Nulla sarà come prima e proprio per questo siamo chiamati a compiere il massimo sforzo. Infatti, ai due provvedimenti già emanati seguirà nei prossimi giorni un terzo decreto, ancora più rilevante, a cui si fa riferimento proprio nel Documento di economia e finanza che stiamo adesso esaminando. Al Paese serve subito una risposta forte e costante, ce lo chiedono a gran voce quei circa 2 milioni e mezzo di cittadini che ad oggi sono rimasti esclusi da qualsiasi misura e ai quali riconosceremo un reddito di emergenza. Ce lo chiedono i lavoratori, ai quali rinnoveremo la cassa integrazione, prorogheremo la sospensione dei licenziamenti e prolungheremo la NASpI, se sono in disoccupazione, e ovviamente se lo aspettano giustamente anche le partite IVA e gli autonomi, che vedranno aumentare i 600 euro di bonus che hanno ricevuto o stanno ricevendo per il mese di marzo, a 800 euro per i successivi due mesi, erogati in modo automatico e veloce per aprile e in modo selettivo per il mese di maggio. Parliamo però pur sempre di piccole cifre, non sufficienti certamente a tamponare le enormi perdite che imprenditori e professionisti stanno subendo. E allora questo decreto conterrà, oltre a un abbattimento dei costi delle bollette di luce e gas delle aziende, attraverso la riduzione degli oneri di sistema e l'estensione del credito d'imposta per i canoni di affitto, anche dei contributi a fondo perduto per quelle piccole imprese che, continuando a sostenere dei costi fissi molto alti, hanno visto azzerarsi o ridursi drasticamente il proprio fatturato. Ma a tutto questo si dovranno necessariamente affiancare anche il rinnovo dei congedi straordinari e del bonus babysitter per aiutare i genitori con figli piccoli a casa, un indennizzo per colf e badanti regolari, la creazione di un fondo speciale per il turismo e la definitiva sterilizzazione delle clausole IVA, perché in una fase come questa non può essere nemmeno lontanamente pensabile un aumento dell'IVA, che avrebbe ripercussioni pesantissime sulle tasche dei cittadini e di tutte le imprese. Bisogna infatti fare tesoro di questa drammatica esperienza per correggere tutti gli errori del passato. L'Italia ha pagato un tributo altissimo in termini di perdita di vite umane e per questo tutti noi, maggioranza e opposizione, abbiamo il dovere di collaborare per il bene di tutta l'Italia, da Nord a Sud, impegnandoci una volta per tutte a ridurre il divario che c'è tra le due parti del nostro Paese. Lo dobbiamo fare però mettendo da parte gli attacchi strumentali e le strategie politiche, perché non è quello di cui hanno bisogno adesso i cittadini. E la stessa collaborazione, Presidente, deve arrivare dall'Europa, quella unione di Stati alla quale tanti italiani non credono più, perché a parte alcuni piccoli passi in avanti, ancora non è tangibile quel sentimento di solidarietà europea di cui tanto si parla. È ora di dire basta all'austerità, di gettare il cuore oltre l'ostacolo e non avere il timore di mettere in campo ogni misura espansiva necessaria a fronteggiare la crisi che stiamo attraversando. Questa potrebbe essere l'ultima occasione e non va assolutamente sprecata. Mi consenta Presidente, a tal proposito, di citare Papa Francesco, leggendo alcune parole che egli stesso ha pronunciato di recente durante il messaggio urbi et orbi: “Oggi l'Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero: non si perda l'occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative”. Concludo, ribadendo che gli italiani hanno in questo momento un urgente bisogno di risposte e noi non li dobbiamo assolutamente deludere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giacometto. Ne ha facoltà.

CARLO GIACOMETTO (FI). Grazie Presidente, Vice Ministro, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, la discussione di oggi sul Documento di economia e finanza, cioè uno dei provvedimenti più importanti e strategici per la definizione di una legge di bilancio, quel provvedimento in cui il Governo dovrebbe evidenziare le politiche che vuole adottare sulla base di determinate previsioni di crescita, si svolge in assenza della sua sezione più importante ovvero il Programma nazionale di riforma. Manca quindi l'elencazione sia puntuale degli obiettivi di politica economica e sia delle riforme che l'Italia dovrebbe attuare nel prossimo triennio. La decisione di proporre un DEF che potremmo definire semplificato e che si limita al biennio 2020-2021, dunque, non ci consente di confrontarci nel merito sulle misure perché, al di là delle dichiarazioni in audizione o sui media del Ministro Gualtieri, non abbiamo un vero e proprio piano messo nero su bianco da parte del Governo in un Documento in discussione in Aula. Abbiamo però appreso, ad esempio, che il sostegno agli investimenti avverrà attraverso la dotazione finanziaria di 6 miliardi all'anno di qui al 2031, ma al momento siamo nel campo degli annunci. Ci torneremo. Adesso però analizziamo il peraltro corposo testo, avrei voluto dire poderoso, ma mi sembra che sia un aggettivo un po' abusato in questo periodo. Questo corposo testo, dicevo, in discussione oggi, ha alcuni indicatori che meritano di essere riproposti, tralasciando però la quasi totalità dei dati del biennio 2018-2019, su cui pure potremmo fare molte considerazioni. Di questi cito solo un aspetto che noi di Forza Italia avevamo anticipato a suo tempo, inascoltati, un aspetto che, con grande nostra sorpresa, abbiamo visto rilevato nel vostro DEF.

Scrivete, infatti, che il più che dimezzamento della crescita del PIL tra il 2018 e il 2019 - si è passati, nel 2018, dallo 0,8 per cento allo 0,3 del secondo anno - è stato determinato, oltre che dal risultato negativo di industria e costruzioni nel quarto trimestre 2019, soprattutto dal ridimensionamento della domanda interna e, cioè, principalmente dei consumi privati, “tutto ciò - e cito testualmente il DEF - nonostante l'attivazione da maggio 2019 del reddito di cittadinanza”, che, lo ricordo, aveva due obiettivi principali: favorire l'incontro fra offerta e domanda di lavoro e sostenere, appunto, la domanda interna alimentando i consumi privati. Sul primo obiettivo direi che, a parte l'assunzione dei navigator, non abbiamo altri indicatori sensibili del risultato e sul secondo mi rifaccio direttamente alle parole del vostro Governo che ho appena citato.

Quanto ai dati del biennio 2020-2021, gli indicatori che meritano di essere riproposti sono certamente: il maggiore indebitamento, che arriverà fino al 10,4 per cento del PIL per quest'anno e al 5,7 per il prossimo; il crollo del prodotto interno lordo, che registrerà nel 2020 un dato negativo di ben 8 punti percentuali secondo le previsioni del DEF - altre istituzioni economiche, per la verità, arrivano a cifre ancora più ampie -, che è pari a 130 miliardi in meno in termini assoluti di prodotto interno lordo; la netta diminuzione delle entrate tributarie nel 2020 per circa 40 miliardi, che però verrebbe addirittura più che compensata da 50 miliardi di nuove entrate tributarie nel 2021 portando il totale al 48 per cento del PIL, un numero imponente che ci preoccupa perché sarebbero dieci miliardi in più rispetto al 2019 che è un anno che non ha avuto shock come quello del Coronavirus. Ciò farebbe il paio con la crescita della pressione fiscale al 43,3 per cento nel 2021 a legislazione invariata - ripeto - visto che nel decreto di aprile, quello, cioè, che dovrebbe disinnescare una volta per tutte le clausole di salvaguardia relative all'aumento dell'IVA dal 10 al 12 per quella ridotta e dal 22 al 25 per quella ordinaria, di quel decreto, dicevo, non vi è ancora alcuna traccia.

Quanto alle spese, nel 2020 si arriverà a un totale di circa 911 miliardi di euro, il 54,8 per cento del prodotto interno lordo, con un aumento di 40 miliardi rispetto al 2019, mentre nel 2021 addirittura 921,6 miliardi, che sarà pari al 52,3 per cento del PIL, a seguito di un sensibile aumento delle spese per redditi da lavoro dipendente, per consumi intermedi, per prestazioni sociali e pensionistiche, per la sanità e per gli interessi sul debito pubblico. Quest'ultimo, infine, aumenterà di ben 17 punti percentuali in rapporto al PIL alla fine di quest'anno, una cifra mai raggiunta neanche nel periodo postbellico e arriveremo, secondo la relazione sullo scostamento, al 155,7 per cento nel 2020.

Fra le note positive - pochissime, come ho accennato prima - c'è senza dubbio l'impegno, perché al momento di questo si tratta, a cancellare gli aumenti dell'aliquota IVA e delle accise che a legislazione vigente scatteranno fra poco più di otto mesi. Questo provvedimento, che ci aspettiamo di vedere nel decreto di aprile-maggio, risponde a una battaglia storica di Forza Italia a difesa dei consumatori, a tutela di un mercato interno che ristagna da troppi anni e, perché no, anche a tutela del livello complessivo del gettito di tassazione indiretta che, per la ben nota curva di Laffer, crollerebbe, a fronte dell'ennesimo aumento dell'aliquota ordinaria, addirittura al 25 per cento.

Quanto alle tante note negative, certamente c'è quella che le comprende tutte e, cioè, l'ampliamento del perimetro dello Stato in rapporto alla capacità del nostro Paese di produrre valore, un ampliamento che porterà, per citare il presidente Brunetta che vedo qui, alla sovietizzazione della nostra economia, perché se è pur vero che le risorse che stiamo incamerando con lo scostamento dell'11 marzo e con quello odierno sono impegnate per tutelare temporaneamente i lavoratori dipendenti tramite il ricorso alla cassa integrazione e per sostenere, secondo noi in modo ancora del tutto insufficiente, i lavoratori autonomi - a proposito: i famosi 600 euro di marzo devono ancora arrivare a circa il 20 per cento dei destinatari e siamo a maggio - è altrettanto vero che alla scadenza di queste misure saranno a rischio centinaia di migliaia di imprese e milioni di posti di lavoro, determinando pericolosamente una spaccatura tra un'Italia garantita e un'Italia che tutte le mattine apre bottega e si confronta con il mercato. Cosa succederà quando finiranno le settimane di cassa integrazione e i bonus? Di questo nel DEF non vi è traccia.

Peraltro, proprio sul problema del lavoro lo stesso DEF, che vi apprestate a votare, contiene una tabella che ci svela come la promessa secondo cui nessuno perderà il posto di lavoro per colpa del Coronavirus sia stata, in realtà, uno slogan buono per le dirette televisive ma che non ha alcuna attinenza con la realtà. Per stessa ammissione di questo documento, infatti, il tasso di disoccupazione del 2020 andrà all'11,6 per cento, con una perdita in termini assoluti - e concludo, Presidente - di circa 500 mila posti di lavoro. Poiché come Forza Italia riteniamo, al contrario, che la sostenibilità futura economica e sociale della nostra comunità nazionale dipenda dalle politiche pro-crescita, abbiamo proposto una serie di interventi che sovverranno e che sono stati declinati nella risoluzione di maggioranza e che elenco velocissimamente: una moratoria…

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Giacometto.

CARLO GIACOMETTO (FI). Certo. Una moratoria fiscale per tutto il 2020, interventi decisivi per i lavoratori autonomi con liquidità a fondo perduto per evitare laddove è possibile l'indebitamento, una pace fiscale con lo stralcio delle cartelle, l'impiego produttivo del risparmio degli italiani prevedendo strumenti finanziari completamente detassati, la semplificazione e la decertificazione e, infine, un pacchetto di interventi nutrito per dare centralità agli enti del Terzo settore, a cominciare dallo sblocco immediato delle ultime due annualità della quota spettante del 5 per mille. Su queste misure, su misure come queste - e concludo - siamo sempre pronti al confronto in Parlamento, perché noi davvero riteniamo di doverne valorizzare la centralità, e lo facciamo perché sentiamo la responsabilità, come Forza Italia e come intero centrodestra, di rappresentare, noi sì, la maggioranza assoluta degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Tomasi. Ne ha facoltà.

MAURA TOMASI (LEGA). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, membri del Governo, è innegabile che questa emergenza sanitaria stia avendo pesanti contraccolpi sull'economia del Paese. Questa crisi, come tutte le crisi, acuisce le criticità mai risolte. In questo caso svela, però, anche l'impreparazione, a tratti pure l'improvvisazione, nell'adottare risposte chiare ed efficaci per affrontare questo evento eccezionale. Tra gli strumenti che certamente non possono annoverarsi nell'armamentario legislativo e amministrativo per intervenire efficacemente c'è sicuramente il DEF. Il Documento di economia e finanza, lo dicemmo anche l'anno scorso, è intrinsecamente inutile in tempi normali, poiché si basa su previsioni che necessitano sempre di essere corrette con la nota di aggiornamento; figuriamoci quali simulazioni e, quindi, quali previsioni possano essere contenute in questo documento quando ci troviamo al cospetto di una crisi sanitaria ed economica con pochi precedenti nella storia. L'impegno delle Commissioni nei giorni scorsi e dell'Aula qui oggi è il tributo che dobbiamo pagare a questo europeismo liturgico (così lo chiamerei): tutti riuniti a discutere parole che non valgono la carta su cui sono stampate. È bene che i cittadini lo sappiano e sarebbe anche interessante che riflettessimo sul tempo dei lavori parlamentari. Sarebbe stato più proficuo impegnare le Commissioni permanenti in una effettiva e settoriale opera di coinvolgimento dei corpi intermedi per la pianificazione del rilancio del Paese. Ciò avrebbe consentito di evitare il proliferare di task force

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Tommasi, se la disturbo e la interrompo. Dovrebbe coprire il naso con la mascherina.

MAURA TOMASI (LEGA). Ha ragione, però mi si appannano gli occhiali.

PRESIDENTE. Me ne rendo conto e capisco la difficoltà.

MAURA TOMASI (LEGA). Non vedo nulla.

PRESIDENTE. Lo capisco. Purtroppo…

MAURA TOMASI (LEGA). Mi perdoni. Comunque, ci provo…

PRESIDENTE. Altrimenti può parlare senza mascherina al centro dell'emiciclo.

MAURA TOMASI (LEGA). Ma no, finiamo di qui, grazie.

Il DEF ci riepiloga il quadro tendenziale programmatico, oltre a una panoramica generale. Conosciamo tutti la genesi della confusione normativa iniziata con l'adozione dei DPCM, le cui criticità proprio in questi giorni, evidentemente dopo un nostro intervento nell'Aula del Senato, stanno uscendo non più e non solo dalle barbare bocche leghiste ma anche da quelle di accademici e giuristi. Sono dovuti intervenire i decreti - i decreti-legge - per ricondurre nell'alveo della legalità le misure adottate ed evitare lo svilimento della nostra Costituzione a colpi di DPCM.

Dopo, quindi, aver provato a scalfire le libertà personali e collettive con atti amministrativi, il Governo è intervenuto per dare risposte all'economia. Era il decreto-legge Cura Italia, quello che volevate finanziare con soli 3 miliardi, e vi siete ritrovati dopo averci ascoltato a metterne 25. Era una prima risposta, palesemente insufficiente, ma il cui miglioramento avete accuratamente evitato in sede di conversione. Sì, perché in quel Parlamento, quel Parlamento che il Presidente del Consiglio considera centrale solo a parole, erano state depositate centinaia di proposte emendative, il confronto sulle quali (che poi si è rivelato solo fittizio) si è arenato in una cabina di regia.

Di fronte ai finti hacker dell'INPS, alla cassa integrazione che non arriva, all'esclusione dei vigili del fuoco volontari o dei percettori di pensioni di invalidità dal bonus ed all'insufficienza delle misure per aiutare le imprese, state pensando ad un “decreto Aprile”; ma, signor Presidente, aprile domani è finito, per cui non capisco quale decreto-legge sarà. Quel decreto-legge “aprile”, che ha saldi pari a due leggi di bilancio, e la legge di bilancio ordinaria, cioè quella vera e propria, adottata con le procedure previste dai Regolamenti, vi impongono oggi una doppia ponderazione, perché state sostanzialmente spacchettando la legge di bilancio in due provvedimenti. Da un lato, si imporrà il coinvolgimento parlamentare, come invece non è avvenuto con il “decreto Cura Italia”; e, dall'altro, andrà evitato che la legge di bilancio debba correggere nuovamente i saldi per sanare la vostra incapacità di programmazione. Ve lo diciamo ora, ricordatelo: 55 miliardi non bastano, il nostro Paese è in ginocchio.

Poi, contrapposta alla realtà, che a breve vi descriverò, c'è quell'ossequio onirico all'Unione europea. Ci è stato raccontato nel 2012 che andava disinnescata la bomba dell'IVA; però, nel 2013 il Governo Letta la alzò. Noi non lo dimentichiamo, e lo ricordano bene gli artigiani, lo ricordano bene i commercianti e anche i consumatori. Ebbene, quest'anno ci dite che gli aumenti IVA saranno totalmente sterilizzati: quindi, dobbiamo ritenere che l'aumento voluto dai colleghi del Partito Democratico nel 2013 non era obbligatorio, ma esprimeva il loro tratto genetico, l'odio nei confronti del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

La realtà è quella emersa anche nelle audizioni: il Cerved ha comunicato che oltre il 40 per cento dei nostri concittadini sta erodendo i propri risparmi personali per far fronte a questa emergenza. Gli enti locali, signor Presidente, cominciano a non essere più in grado di affrontare dignitosamente le situazioni di bisogno crescente tra la popolazione; e, ancor peggio, il procuratore nazionale antimafia segnala il pericolo, confermato anche dal Ministero dell'Interno, di infiltrazioni della criminalità organizzata, che certo non deve aspettare il modulo giusto da compilare.

C'è un problema di comunicazione noto a tutti e un problema di efficacia, già da noi segnalato in Parlamento e della cui evidenza si stanno accorgendo anche quei cittadini e quegli imprenditori che pensavano di trovare nello Stato un alleato, un socio, e invece hanno scoperto le ordinarie vessazioni che sono stampate sulle pagine delle cronache.

Il compito di garantire ed attuare i basilari principi costituzionali, come quello relativo alla libertà di impresa, la famosa iniziativa economica privata, e la rimozione delle disuguaglianze, non sono minimamente affrontati, e lo scenario che viene tratteggiato nel DEF non è sicuramente incoraggiante da questo punto di vista. Le imprese, infatti, lamentano le molteplici difficoltà nell'accedere agli strumenti che il Governo ha messo in campo, e proprio con il decreto-legge Liquidità si sarebbe dovuto intervenire per aiutare gli operatori economici che sono stati chiusi con un provvedimento dello Stato, non hanno scelto loro di chiudere.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURA TOMASI (LEGA). Tutto questo ha generato e sta generando non solo una fortissima contrazione della liquidità aziendale… Chiedo scusa, ma non ci vedo. Mi perdoni.

Quindi, tutto questo ha generato e sta generando non solo una fortissima contrazione della liquidità aziendale, ma rischia di ripercuotersi sulle previsioni che avete fatto, perché la desertificazione del tessuto produttivo, unita all'introduzione dell'enorme gamma di balzelli che scatteranno da luglio, farà crollare gli indicatori economici.

Serve un provvedimento con risorse molto più consistenti dell'attuale per sostenere i redditi persi e il fatturato in calo, similmente, cari colleghi, a quanto avviene nel resto del mondo, ma soprattutto e semplicemente nella vicina Germania. Guardate quanto hanno messo per sostenere le loro imprese: decine di miliardi.

Presidente, il progetto euro-unitario ha tra i molti pregi quello insostituibile di rendere asimmetriche crisi simmetriche, come la pandemia, cioè di peggiorare le condizioni di quei Paesi che già erano invisi alla burocrazia di Bruxelles.

PRESIDENTE. Concluda.

MAURA TOMASI (LEGA). Concludo. Da tutto questo, da quanto detto, emerge quindi che forse mi sono sbagliata prima, l'unica utilità del DEF… E quindi devo correggermi rispetto a quanto detto prima: servirà a smentire i rappresentanti del Governo, non solo sulle trattative europee per attivare il MES in violazione della legge del 2012, ma per affermare che ogni giorno di permanenza in carica in più di questo Governo è un danno al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Si è cosi conclusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni - Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Gelmini e altri n. 6-00104, Molinari ed altri n. 6-00105 e Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00107 riferite alla Relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

Avverto che sono state altresì presentate le risoluzioni Molinari, Gelmini, Lollobrigida e Lupi n. 6-00106 e Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00108 riferite al Documento di economia e finanza 2020, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Repliche e parere del Governo - Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze, che invito anche a dichiarare quale risoluzione intenda accettare con riferimento alla Relazione sullo scostamento e quale risoluzione intenda accettare con riferimento al Documento di economia e finanza 2020.

LAURA CASTELLI, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Presidente, ritengo che i contenuti dell'esposizione del Ministro Gualtieri fossero pieni dei contesti degli interventi della discussione generale, e per questo vorrei ringraziare tutti i deputati che sono intervenuti e il lavoro che è stato svolto in questi giorni.

Presidente, con riguardo alla Relazione sullo scostamento, il Governo accetta la risoluzione Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00107; quanto al Documento di economia e finanza, il Governo accetta la risoluzione Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00108.

(Dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 3)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI (MISTO-CD-RI-+E). Signor Presidente, signora Vice Ministro, nella consapevolezza della drammatica fase che stiamo attraversando, la nostra componente vota sia la risoluzione di maggioranza sul Documento di economia e finanza presentato dal Governo in modalità ridotta, senza il Piano delle grandi riforme, sia lo scostamento di 55 miliardi per il 2020 con un relativo maggiore indebitamento che servirà da base finanziaria per la copertura del decreto-legge in via di definizione.

Certo, questo DEF è molto molto diverso da quello auspicato ad inizio dell'anno, ma la pandemia ha determinato un quadro economico e sociale talmente negativo da temere il precipitare in una crisi economica che rischia di farci arretrare di una generazione.

Il mondo sviluppato era del tutto impreparato ad affrontare questa prova; ora si tratta di non mettere a repentaglio i sacrifici straordinari compiuti dai nostri concittadini che sono stati toccati o sfiorati dalla morte e dal dolore. Questo cambierà in profondità i comportamenti di tutti, ne saremo trasformati, ma con una nuova fiducia cercheremo di ricostruire quello che abbiamo perduto o parte di esso. Abbiamo di fronte una manovra economica e sociale molto complessa; sarebbe necessaria una grande unità nel Paese. L'Europa, per ora, ha dimostrato una certa capacità di risposta. Gli interventi adottati dalla Banca centrale europea hanno consentito di reggere la necessaria sostenibilità nella collocazione del debito, malgrado l'agenzia di rating Fitch di ieri; tra l'altro, devo osservare come lo spread sia passato da 221 a solo 227; in condizioni diverse avrebbero affossato la tenuta del nostro debito. Quindi - sto concludendo - grazie alla BCE, che è il nostro ombrello. Tuttavia, superata la crisi, si dovrà organizzare un'adeguata strategia di rientro. È stato giusto avere colto l'occasione per prevedere l'eliminazione completa delle clausole di salvaguardia; questo consente una complessiva operazione trasparenza nel nostro bilancio, ma ora bisogna ricostruire un clima di fiducia nel Paese, operazione che passa anche attraverso la piena riscoperta della competenza e della professionalità, che non può prescindere dalla cultura politica istituzionale. Sarebbe bello se ogni concittadino immaginasse se stesso nel compito di affrontare un groviglio di queste proporzioni, che si sostanzia in una stratificazione di problemi più subdola anche del tempo di guerra. Così si eviterà nel futuro di esaltarci come popolo di fronte ai teorici della inesperienza assoluta e ai praticanti della confusione istituzionale, e penso che sarà meglio per tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tondo. Ne ha facoltà.

RENZO TONDO (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, signora Presidente. La drammaticità di questa situazione si riassume in due numeri su tutti: l'8 per cento del PIL in meno e il 157 per cento del debito. Una cosa è chiara davanti a tutto questo: aumento della povertà nei prossimi mesi, aumento della disoccupazione, marginalità sociale per intere fasce di popolazione e a rischio la tenuta sociale di tutto il Paese. In questo contesto drammatico, due scenari di carattere politico: da un lato l'Europa, dall'altro il Paese e il Governo. L'Europa si gioca un appuntamento come mai prima d'ora importante: se lo fallisce, l'Europa non c'è più; noi ci auguriamo che non lo fallisca. Dall'altro il Governo ha un compito immane, da affrontare con autorevolezza e coesione, coesione politica e sociale. È legittimo pensare che entrambe le questioni, Ue e Governo, rischiano di non avere per ora una risposta adeguata. Non possiamo negarci che l'Unione europea è partita in salita; le dichiarazioni della von der Leyen e della Lagarde non hanno certo aiutato a creare un clima di fiducia e hanno determinato una percezione di scarsa convinzione dell'Europa. Tra l'altro, poi, non si capisce perché la Germania debba restituire il suo debito in 6 anni e l'Italia in 10. L'Italia, il Governo italiano, il nostro Paese non solo non trova una sintesi tra maggioranza e opposizione - lo vediamo quotidianamente -, ma è in difficoltà, almeno sembra - io credo lo sia - anche all'interno della coalizione del Governo, basti pensare alle diverse posizioni sul MES. Noi manteniamo molte riserve su quello che è stato fatto in questa fase, ma non è questo il momento delle polemiche; si affronteranno più avanti. Però una cosa voglio dirla prima di tutte. Qualche deputato prima diceva che manca la visione, mentre io sono ancora più pessimista: manca anche la percezione della realtà.

Noi riteniamo che il Presidente del Consiglio ci rappresenti una realtà diversa, un file diverso da quello che c'è, senza contare che il protagonismo mediatico del Presidente Conte, accompagnato da un'incertezza comunicativa che tutte le famiglie e tutte le persone che lo hanno ascoltato in queste settimane possono confermare, non fa chiarezza sulla situazione. Quando si dice che abbiamo una potenza di fuoco di risorse da liberare, credo che diciamo cose che non corrispondono alla realtà: soldi ce n'è tanti, ma certamente non saranno sufficienti ad affrontare tutto il tema di cui abbiamo bisogno. Già negli interventi precedenti i colleghi del mio gruppo, Lupi e Colucci, hanno sottolineato la necessità di ripartire. Noi riteniamo che lo si debba fare subito e la ripartenza debba essere impostata su due pilastri fondamentali: da un lato un intervento finanziario e di liquidità a fronte della drammatica situazione, intervento finanziario e di liquidità a favore delle famiglie delle imprese; la seconda, quella che ci caratterizza ancora di più, la libertà di fare e la fiducia nella comunità e nella nostra gente. Per il primo punto, quello della liquidità, un invito a non sprecare le importanti risorse che ci sono e che verranno pagate dalle future generazioni. Non possiamo permetterci di sprecare questi soldi: li pagheranno i nostri nipoti; puntiamo sulle infrastrutture, puntiamo sul turismo come elemento fondamentale. Il secondo tema è favorire la libertà di impresa. Presidente, rappresentante del Governo, ho fatto l'esperienza del Friuli quarant'anni fa: lo Stato credeva nella regione, la regione credeva nel comune, il comune credeva nelle famiglie e le famiglie credevano nelle imprese. Ognuno si sentiva partecipe della rinascita. La stessa situazione, mi dicono i vecchi, si era creata dalle nostre parti dopo la guerra; la voglia di fare, sentirsi partecipe della ripresa. Solleviamo le imprese, con un semestre bianco, dagli oneri fiscali. Non possiamo pensare che spostare di qualche mese i contributi sia risolutivo; una volta passato il periodo delle sospensioni, le partite IVA si ritroveranno a dover pagare i contributi di adesso e quelli di prima. Un semestre bianco è quello che ci serve dal punto di vista di fiducia nelle imprese. Mi avvio a conclusione, signor Presidente. Abbiamo necessità di dare fiducia e soprattutto libertà, libertà di fare. I nostri vecchi, quando dovevano fare un accordo con una banca, si stringevano la mano; oggi, per 25 mila miseri euro da dare a un'impresa, pretendiamo diciotto carte. Anni fa, per fare una casa, bastava un fascicolo con cinque o sei disegni; oggi serve un contenitore di carte che non finisce più. Torniamo a quelle modalità, attribuiamo un pensiero positivo alla nostra gente e non assistenzialistico, crediamo nella possibilità di fare. Solo dando fiducia alla nostra gente e la libertà di operare noi potremo riprenderci quel ruolo che ci spetta ed essere ottimisti su un futuro che si presenta molto difficile (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Vorrei provare a fare qualche valutazione in merito a quella che il Ministro prima ha chiamato strategia di politica economica e anche qualche proposta. Vorrei provare ad articolare l'intervento intorno all'indicatore che mi pare più rilevante per la fase che stiamo attraversando, il rapporto fra debito pubblico e PIL. Comincio dal PIL, dal denominatore. A me pare che le valutazioni che sono incluse nel DEF abbiano bisogno di qualche approfondimento e di qualche integrazione. L'evento è temporaneo, tuttavia le conseguenze che determina temo che non siano temporanee: c'è una componente congiunturale e c'è una componente strutturale. Il mondo che troviamo dopo la fine dell'emergenza sanitaria è un mondo che non avrà le caratteristiche di quello che abbiamo lasciato. Gli esempi potrebbero essere tanti, ma mi limito a sottolineare quanto meno rilevante sarà l'intensità delle esportazioni ai fini della crescita; era un fattore in depotenziamento anche prima dell'esplosione della pandemia e questo depotenziamento sarà ancora maggiore.

Cambieranno, stanno cambiando, le abitudini, i comportamenti e i modelli di consumo; quindi sarà un altro quadro, dove dovremo affrontare anche le conseguenze strutturali. E poi il numeratore, il debito pubblico. Dobbiamo riconoscere che nel quadro in cui siamo, con un debito che raggiunge il 160 per cento del PIL - il DEF dice un pochino meno, altri dicono di più -, problemi di sostenibilità esistono, in un contesto strutturalmente deflattivo come quello del mercato unico europeo e dell'Eurozona; in un quadro in cui la Banca centrale europea in via ordinaria non ha quelle possibilità che hanno altre banche centrali.

Allora, su questo sinteticamente abbozzato quadro di analisi il Documento di economia e finanza declina poi gli interventi.

Ha ragione il Ministro Gualtieri a dire che sono interventi di entità mai raggiunta prima - senza precedenti, sentiamo ripetere -, tuttavia senza precedenti non vuol dire meccanicamente che sono adeguati, perché è drammaticamente senza precedenti anche la situazione che stiamo vivendo, la caduta del PIL, non solo in un Paese ma a livello quadro. Allora ritengo che gli interventi predisposti vadano potenziati, in riferimento innanzitutto a quelle fasce sociali che nella prima fase non hanno avuto sostegno. Penso a quel milione di famiglie, quasi tre milioni di persone, che sono fuori da tutti gli strumenti di integrazione al reddito, sono fuori dalle una tantum per le partite IVA, sono fuori dal reddito di cittadinanza. Il reddito che abbiamo chiamato di emergenza deve essere un reddito che gli consente di sopravvivere, di affrontare una fase che non sarà breve, come pure quelle milioni di famiglie che vivono in affitto e che devono avere un sostegno, altrimenti davvero non ce la fanno. Prima di me, in discussione generale, è intervenuto il collega Conte, che ha sottolineato l'importanza del Mezzogiorno ai fini della specificazione di una corretta iniziativa di investimenti, e in questo quadro dobbiamo essere molto precisi, quando facciamo riferimento alle misure messe in campo dall'Unione europea. Ora non c'è tempo di argomentare, ma è difficile davvero, con tutta la buona volontà, vedere qualcosa di significativo nel cosiddetto SURE, quel programma di sostegno al reddito che è fatto su base volontaria: la partecipazione dei Paesi è su base volontaria e non sarà attivato finché tutti i Paesi non liberano, non attribuiscono le garanzie necessarie. Gli interventi della Banca europea per gli investimenti sono assolutamente limitati nel loro importo, sono una frazione di quello che l'Italia punta ad attivare con le garanzie messe a disposizione, e lo deve fare la Banca europea per gli investimenti per tutta Europa. Sul Recovery Fund vedremo, ma il fatto che è agganciato al bilancio europeo e che dalle bozze che sono girate dei lavori preparatori gli importi effettivi si prefigurano decisamente inferiori, in termini di ordine di grandezza, a quelli che sono stati annunciati, rende questo pacchetto sostanzialmente marginale rispetto all'obiettivo di sostenere il prodotto italiano in questa fase e in prospettiva. Rimane il MES, sul quale non voglio discutere qui ora, ma è evidente, lasciando stare le conseguenze in termini di attivazione di un programma macroeconomico e di aggiustamento strutturale, che sono 36 miliardi che vanno in un quadro dove la necessità di intervento che abbiamo, ripeto, è di ordine di grandezza superiore. Allora qual è il punto rilevante sul quale voglio concentrare l'attenzione, ai fini di quel rapporto e della necessità di rendere sostenibile il nostro debito pubblico?

Prima il Ministro ha ricordato quella che è una parte del Documento di economia e finanza, soffermandosi sulla strategia di rientro, ed ha sottolineato la rilevanza degli investimenti pubblici e privati, perché è evidente che c'è innanzitutto un problema di domanda proprio per le ragioni che dicevo all'inizio, cioè il depotenziamento dell'esportazione come motore di crescita, quindi bene gli investimenti pubblici, devono essere di dimensione adeguata. La semplificazione: chi può essere contro la semplificazione? Comincia ad esserci qualche problema quando si sottolineano le politiche di bilancio responsabili, perché è evidente che noi non rompiamo il circolo vizioso nel rapporto fra debito e PIL attraverso l'innalzamento di avanzi primari, questo film lo abbiamo già visto durante il Governo Monti, l'ultima manovra del Governo Berlusconi, la manovra del Governo Monti, con 50 miliardi di interventi sul deficit e un debito pubblico che è aumentato di 13 punti percentuali. Quindi, non può essere l'avanzo primario la strada, allora dobbiamo guardare con grande attenzione a quello che è l'unico strumento che può portare i debiti pubblici su un sentiero di sostenibilità e non soffocare le prospettive di crescita in un ambiente economico che sarà radicalmente diverso da quello dal quale siamo venuti, e quest'unico strumento è la Banca centrale europea. Da questo punto di vista, sottolineo che noi avremmo dovuto e dovremmo ancora concentrare tutto il capitale politico del nostro Paese e di quei Paesi che con noi hanno firmato qualche settimana fa la lettera al Presidente del Consiglio europeo per dare quella legittimazione politica alla Banca centrale europea a fare fino in fondo quello che ancora non riesce a fare, e lo dicono i tassi di interesse sui titoli di Stato; per quanto poco rilevante, anche il declassamento di Fitch di ieri sera indica esplicitamente nelle motivazioni tutti i problemi relativi all'intervento della Banca centrale europea, che deve essere un intervento che riguarda il flusso di emissioni dei titoli nei prossimi mesi ma deve essere un intervento che riguarda anche lo stock di debito. Quello è il punto fondamentale! Noi non possiamo dare respiro alla nostra economia e alle nostre imprese con quella zavorra di debito sulle spalle, c'è bisogno di un intervento della Banca centrale europea che, in linea con quello che fanno tutte le altre Banche centrali, sterilizzi quella quota di titoli di Stato che è nella pancia delle Banche centrali nazionali. Chiudo con un punto politico, e mi rivolgo alla Presidenza: abbiamo bisogno di costruire quella coesione nazionale da tutti invocata, a partire dal Presidente della Repubblica. Chiudo sottolineando un punto: è fondamentale che il Governo riservi una quota dello scostamento che oggi andremo ad approvare alle iniziative parlamentari. La coesione nazionale la costruisci se consenti a tutte le forze politiche che stanno in Parlamento di poter dare un contributo attivo. Quindi, la mia richiesta al Governo è che riservi una quota dello scostamento per le iniziative parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Il “Cura Italia” non abbiamo potuto affrontarlo come avremmo voluto e come avremmo dovuto, questa è un'occasione che non possiamo perdere (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marattin. Ne ha facoltà.

LUIGI MARATTIN (IV). Presidente, onorevoli colleghi, da quando è iniziata questa vicenda gli italiani ci guardano, e a me, non so a voi, piace pensare che ci guardino cercando in noi una classe politica in grado di fare adesso due grandi tipi di scelte…

PRESIDENTE. Onorevole Marattin, mi scusi, devo interrompere anche lei: deve indossare bene la mascherina, coprendo anche il naso.

LUIGI MARATTIN (IV). Ha ragione.

PRESIDENTE. Chiedo un sacrificio a tutti i colleghi, ma veramente a tutela della sicurezza di tutti.

LUIGI MARATTIN (IV). Dicevo che le due grandi scelte che dobbiamo affrontare sono le scelte per ora e le scelte per il dopo, ma sono entrambe scelte che dobbiamo prendere adesso. Per ognuna di queste scelte c'è il modo serio e il modo populista: uno può aiutarci a farci uscire da questa situazione ed evitare guai peggiori, magari anche a farci diventare migliori; l'altro modo può essere molto, molto pericoloso. Allora cominciamo con le scelte per adesso, quelle da compiere adesso per adesso. Il modo populista è far credere - lo sentiamo tutti i giorni, qui dentro e fuori - che ci sia un pozzo senza fondo da qualche parte nel centro di Bruxelles o di Francoforte, circondato da guardie tedesche o olandesi - ultimamente vanno di moda molto anche quelle - che ci impediscono, con la minaccia armata, di andarci ad abbeverare fin quando vogliamo.

Il modo populista è ripetere come ha fatto anche oggi in discussione generale una deputata della Lega, senza neanche arrossire dalla vergogna, che la linea di credito del MES, ribadita dal Consiglio europeo del 23 aprile per la pandemia, ci imponga condizionalità in termini di tagli di bilancio come già è avvenuto in passato, ha avuto anche il coraggio di dire. Il modo populista è dire che sia possibile affermare che nessuno paga le tasse nel 2020, senza ricordare che, se nel 2020 le tasse non le paga nessuno, lo Stato non ha in cassa i soldi per pagare gli stipendi dei medici, degli infermieri, la cassa integrazione e tutto il resto né ce li può avere. È il modo populista quello di dire che la BCE può comprare in asta sul mercato primario come fanno tutte le banche centrali del mondo, oppure sento ripetere anche adesso sterilizzare i titoli di Stato nel proprio bilancio, senza affermare che al mondo non c'è una banca centrale né che compri in asta a parte quella del Venezuela, che ho già detto essere una destinazione per i tanti che continuano a ripetere questa scemenza, né al momento c'è nessuna banca centrale, onorevole Fassina, che prende i titoli di Stato in pancia dall'attivo patrimoniale e li cancella: non esiste nessuna banca centrale al momento che lo fa. Il modo populista è dire che l'Europa non ha fatto nulla, continuare a individuare un colpevole - abbiamo sempre bisogno di un colpevole - quando la BCE - ce lo ricordava l'Ufficio parlamentare di bilancio questa mattina - quest'anno nella peggiore delle ipotesi ogni 100 euro di debito che emettiamo ne acquisterà sul mercato secondario 35, facendo sì addirittura che la quota che deve essere assorbita dai risparmiatori privati quest'anno sia più bassa dell'anno scorso. E quando diciamo così, i populisti dicono: vedete bisogna continuare a far così, cioè vogliono la BCE, cioè la Banca centrale dell'area euro, ma non vogliono l'euro. Questa è la contraddizione più folle dei populisti perché hanno identificato nella BCE Babbo Natale, non la Banca centrale della nostra area monetaria. Perché è questo il messaggio che state facendo credere agli italiani che esista qualcuno, comunque lo vogliamo chiamare, che possa sempre comunque pagare per noi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

Il modo serio, invece, che cosa fa per fare le scelte di adesso? Cerca di reperire quante più risorse possibili, perché abbiamo bisogno di un sacco di risorse, al minor costo possibile, senza pregiudicare la stabilità economico-finanziaria e soprattutto sapendole spendere bene. Settantacinque miliardi quest'anno sono una cifra enorme, ma non ci esime dal dovere di spenderli bene, esattamente come spenderemmo i nostri soldi privati in questo caso. Il modo serio utilizza il MES, se sarà confermata quell'unica condizionalità; utilizza lo SURE, sperando che non arrivi quando non ci sarà più bisogno della cassa integrazione, perché si tratta pur sempre di un nuovo strumento europeo da mettere in campo; utilizza la BEI e lotta affinché da questa crisi nasca, anche in questo caso senza affezionarsi troppo agli slogan, un nuovo passo dell'integrazione europea che riesca ad allargare il bilancio comunitario e riesca ad aumentare la condivisione dei rischi fiscali ma fuggendo dalla presentazione buoni contro cattivi. Non ci sono in Europa i buoni e i cattivi. Siamo stati anche noi tedeschi. Quando si è trattato di pagare per la Grecia, tutti quanti in quest'Aula dicevamo: io non butto soldi in un Paese che manda in pensione la gente a cinquant'anni; se ci devo mettere dei soldi, almeno che possa assicurarmi che quelle condizioni non tornino più fra tre anni. Eravamo noi a dir così, tutti noi: quindi non esistono buoni o cattivi; esiste la difficoltà politica di un processo di integrazione che deve coniugare la condivisione dei rischi con la responsabilità delle scelte fiscali.

Il modo serio - mi si consenta una piccola deviazione - non fa neanche il terrorismo psicologico che sto sentendo in queste ore. Dire che, se si apre tutto - poi mi devono spiegare chi è che vuole aprire tutto perché semmai c'è stato chi ha chiesto un piano per la riapertura graduale - 151 mila italiani vanno in terapia intensiva, vuol dire che ci sarebbero milioni di morti in questo Paese; quindi occhio anche al modo in cui si comunicano certe cose perché significa fare del terrorismo psicologico di cui onestamente non c'è bisogno.

Le scelte per il dopo: adesso noi siamo chiamati a prendere anche le scelte per il dopo pandemia. Il modo populista di prendere le scelte per il dopo è dire: ci penseremo dopo, non è il momento; oppure far credere che, come avvenne settantacinque anni fa, ci sarà una potenza mondiale a salvarci. Qualcuno l'ha pure detto e ha fatto nomi e cognomi: verrà la Cina che vincerà la terza guerra mondiale senza sparare un colpo e ci salverà con un piano che non si chiamerà Marshall ma si chiamerà come il segretario di Stato cinese di cui onestamente non ricordo il nome.

Il modo serio, invece, di fare le scelte per il dopo cerca due missioni impossibili. Se sono impossibili come fa a farle? Se avessimo cercato le cose facili, non saremmo stati qua. La prima missione impossibile è che la politica racconti agli italiani quello che gli italiani non vogliono sentirsi dire; la seconda missione impossibile è sfruttare quanto ci è capitato per risolvere alcuni dei nostri problemi più antichi. La buona notizia è che la prima missione implica la seconda cioè, se troviamo il coraggio di dire agli italiani quello che non necessariamente vogliono sentirsi dire, vuol dire che avremo trovato il coraggio per risolvere alcuni dei nostri problemi più antichi. Che cosa voglio dire? Voglio dire che usciremo da questa crisi con quello che probabilmente sarà il debito pubblico più pesante del mondo, perché quello giapponese, molto più alto del nostro, è tutto detenuto all'interno, il nostro no e con questi livelli di debito pubblico, di cui un terzo o forse probabilmente meno alla fine di questa storia detenuto all'esterno, sarà il fardello più grande del mondo. Poiché per abbassarlo ci sono solo due modi o stringere la cinghia fiscale un po' oppure far partire la crescita in questo Paese ma una crescita che non ha bisogno di iniezioni di spesa pubblica, dico che o questo Paese sfrutta l'opportunità che ha adesso di creare le possibilità per una crescita che non necessariamente gravi sulle casse pubbliche, oppure non ci sarà modo di rientrare da quel debito pubblico così elevato se non facendo appello alla Banca centrale che prenda e lo cancelli. Che cosa voglio dire? Il DEF dice che nel 2021 gli investimenti pubblici aumenteranno di 5 miliardi da un anno all'altro. Vedete, per aumentare di 5 miliardi finora ci hanno messo sette anni e negli ultimi dieci anni, in cui hanno governato tutti in questo Parlamento, il flusso annuale degli investimenti pubblici è aumentato solo di 8 miliardi. Tutti abbiamo governato in questi dieci anni e il flusso di investimenti pubblici è aumentato solo di 8 miliardi: stiamo dicendo che ce ne saranno cinque o sei in più da un anno all'altro. Che cosa vuol dire? Vuol dire che tutte le strade provate finora da tutti noi non hanno funzionato e, se veramente vogliamo che gli investimenti pubblici in questo Paese nel 2021 siano di 46 miliardi, dobbiamo fare un'opera senza precedenti di semplificazione delle procedure per gli appalti, tutta la fase di implementazione degli investimenti, come noi abbiamo presentato qualche mese fa nero su bianco in mano al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'Economia (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva) e di cui non si è più avuto traccia. Significa rifare il sistema fiscale da capo, in modo più semplice e in modo che pressi meno su chi lavora e produce. Significa fare una riforma senza precedenti del diritto amministrativo di questo Paese, perché chiunque di noi ha provato a semplificare la macchina burocratica non ci è riuscito perché o metti le mani alla struttura del diritto amministrativo o “no burocrazia” continuerà nella migliore delle ipotesi ad essere uno slogan che ripetiamo qui dentro o nei talk show per prendere gli applausi immancabili e, a fronte del quale, poi non succede nulla. Dobbiamo far crescere l'economia senza necessariamente dipendere dalla spesa pubblica, altrimenti, nel dopo crisi, rischieremo di non uscire mai da un altro tipo di crisi. Crescere senza soldi significa anche ripensare il funzionamento delle nostre istituzioni. Anche qui ci abbiamo provato tutti e nessuno ci è riuscito, ma guardando il funzionamento delle nostre istituzioni oggi durante questa crisi, qualcuno di noi può guardarsi allo specchio e dire che questo è il miglior modo possibile di far funzionare istituzioni repubblicane nel XXI secolo? Vedete, non so se il modo serio sia di destra o di sinistra…

PRESIDENTE. Concluda.

LUIGI MARATTIN (IV). …so che è l'unico che possiamo percorrere. Ho fatto un brutto sogno l'altra notte: ho sognato che nei prossimi mesi non ci sarà una corsa ad andare al Governo, ci sarà una corsa per uscire dal Governo, perché la fase in cui stiamo entrando chiederà a tutti noi di rinunciare per sempre a slogan, propaganda e balle e affrontare invece le decisioni che dovremmo prendere con coraggio, competenza e forza. Ecco perché ho paura che la corsa sarà per uscire dalla responsabilità di Governo e non per entrare. Per quanto ci riguarda noi le responsabilità di un Governo serio e di una classe politica che fugge dagli slogan e costruisce il futuro ce la prendiamo e ce la prendiamo sempre tutta (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bignami. Ne ha facoltà.

GALEAZZO BIGNAMI (FDI). Grazie, Presidente. Quest'oggi noi dobbiamo evidentemente dare due voti, uno in ordine allo scostamento di bilancio, con cui si possano reperire i 55 miliardi utili a sistemare una situazione su cui dirò qualcosa anche in ordine all'adozione dei provvedimenti sinora assunti, e poi l'altro, in ordine al Documento di economia e finanza presentato dal Governo, su cui abbiamo ben più di un dubbio.

Sullo scostamento voteremo a favore, convinti del fatto che quei denari sono necessari, probabilmente non sufficienti, e anche su questo mi permetterò di dire due parole. Sul DEF, con rammarico, non potremo votare a favore; e non potremo votare a favore perché, ancora una volta, vediamo numeri, cifre, dati, che non ci convincono, e questo lo diciamo con la preoccupazione di chi vede, nella diagnosi sbagliata, l'annuncio di una cura sbagliata.

Non vogliamo dire che va meglio o che va peggio, vogliamo che si dica con chiarezza agli italiani qual è la situazione che dobbiamo affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E quando leggiamo nel DEF che ci sarà un calo dell'8 per cento del PIL, vediamo che, però, il Fondo monetario internazionale stima come il calo in Italia più probabile è pari al 9,1 per cento del PIL, ebbene, perdonateci, uno scostamento di un punto non è roba da poco. Analogamente, sentiamo il Governo annunciare e scrivere nel DEF che la disoccupazione si innalzerà all'11,6 per cento, quando sempre il Fondo monetario internazionale, che certamente non è amico dei sovranisti, per rispondere anche a chi da sinistra tutto il giorno sta provocatoriamente attaccando la destra, negando quel clima di dialogo che poi nelle segrete stanze qualcuno professa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), ma nonostante questo ancora siamo qua a formulare le nostre proposte perché per noi prima viene l'Italia, poi l'Italia e poi ancora l'Italia, beh, il Fondo monetario, invece, ci dice: attenzione, perché la disoccupazione sarà intorno al 12,7 per cento, sottolineando che questi dati si espongono non solo ad un possibile peggioramento, ma ad un probabile peggioramento.

Sbagliare la diagnosi significa sbagliare la cura, e noi questo lo stiamo sostenendo da tempo anche con riguardo a questo documento, perché, se appunto nel DEF c'è scritto che il calo dell'Eurozona stimato è del 7,5 per cento, e l'Italia voi la collocate con un calo dell'8 per cento, perdonatemi, ma come potete pensare che ci sia soltanto uno 0,5 per cento di differenziale, quando la realtà ci dice altro? Dovete guardare che cosa succede nel Paese reale, perché, se in Germania c'è un calo del consumo di energia elettrica del 4 o 5 per cento, in Spagna del 7 o 8 per cento e in Italia del 27 per cento, anche se continuate a far pagare le bollette, questo vuol dire che l'Italia non sta producendo, e non è possibile immaginare uno scostamento solo dello 0,5 per cento rispetto al calo dell'Eurozona.

Ma sono tante le cose su cui Fratelli d'Italia aveva detto “attenzione”: a inizio marzo avevamo chiesto di potenziare gli strumenti di golden power, ci avete riso in faccia e poi, la settimana scorsa, quando ormai è stato saccheggiato già quello che in larga parte le borse potevano fare, e su questo anche sottolineerò un passaggio, beh, la scorsa settimana siete venuti qua a dire: potenzieremo gli strumenti di golden power, quello che Fratelli d'Italia chiedeva.

A inizio marzo avevamo chiesto di bloccare subito le vendite allo scoperto, e invece avete lasciato che qualcuno, improvvido, andasse a rilasciare dichiarazioni che hanno determinato il crollo del 17,5 per cento della Borsa italiana. Avevamo chiesto e presentato emendamenti, dicendo “azzerate l'IVA sulle mascherine da subito”, ci avete riso in faccia e poi, la settimana scorsa, il Presidente del Consiglio ha detto: azzeriamo l'IVA sulle mascherine.

Stiamo invocando da metà marzo contributi a fondo perduto alle imprese, ci avete deriso dicendo che era impossibile, oggi sentiamo il Ministro Gualtieri finalmente dire: contributi a fondo perduto alle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

Perché non volete ascoltare le proposte che vengono dalla nostra formazione? E questo lo diciamo anche con riguardo a quello che avete fatto. Avete detto: il “Cura Italia” sarà la risposta, una prima parziale risposta. Dovete dirlo agli italiani che in questo documento stimate che il “Cura Italia” ha potuto determinare un incremento del PIL dello 0,5 per cento, ma sempre in questo documento scrivete che ogni settimana di lockdown significa perdere lo 0,75 per cento; quindi significa che quello strumento, il “Cura Italia”, che doveva curare l'Italia, non è neanche in grado di rispondere a una settimana di lockdown.

Avete chiamato il DL “Liquidità”, dicendo che avrebbe dato 400 miliardi di liquidità. Non Fratelli d'Italia, l'Unione europea ha stimato un massimo di 200 miliardi di liquidità. Il Ministro Gualtieri, a fine marzo, ha detto: il ‘DL Aprile' deve essere assunto con urgenza perché gli italiani aspettano risposte subito. È il 29 aprile e il ‘DL Aprile' non si vede! Ma questo non è un problema nominalistico, è un problema di risposte nel Paese reale, nella nazione che attende dei riscontri dalla politica.

E allora ve lo dobbiamo chiedere: ma voi sapete che cosa sta succedendo fuori? Lo sapete che nelle norme, che ne so, riguardanti i commercianti, sul credito di imposta che voi avete varato, contravvenendo a una proposta che Fratelli d'Italia aveva fatto, avete detto: beh, il credito d'imposta degli affittuari può essere erogato se gli affittuari pagano l'affitto. Ma se non hanno i soldi, come possono pagare l'affitto a marzo, aprile, maggio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Perché non avete accettato la proposta di chi, come Fratelli d'Italia, diceva: cedetelo a chi, come i proprietari, poi magari possa anche tradurlo con altri meccanismi nei confronti delle banche. Lo sapete che non è stato erogato un centesimo di cassa integrazione a nessun lavoratore italiano. Lo sapete, lo sapete! E sono quelli anticipati dalle aziende che ancora volete penalizzare; i 600 euro agli imprenditori, alle partite IVA, agli autonomi, che avevate detto sarebbero stati erogati entro metà aprile: ancora oggi ci sono decine e decine di migliaia di partite IVA che li attendono.

Avevate detto il via alle liquidità, uno o due giorni e verrà data la liquidità, e stanno iniziando forse a sbloccarsi adesso le prime pratiche ‘via alle liquidità', che nessuno ci toglie dalla testa essere solo un'enorme partita di giro per garantire in realtà le banche, perché ormai, per questo Governo, che ancora si dice di centrosinistra, prima vengono le banche, poi vengono i lavoratori; per noi vengono prima i lavoratori e poi vengono le banche (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Basta aiutare chi ha già avuto abbastanza dagli italiani!

È per questo che su questo DEF non potremo votare a favore, con rammarico, perché neanche ci dite che cosa intendete fare con questi 55 miliardi. Abbiamo presente che cosa intendete fare da lunedì: una riapertura parziale, ed è un altro errore. Fratelli d'Italia aveva detto: riapra chi può aprire, regole certe, protocolli netti, chiarezza, ma chi può aprire, apra, rispetto alle disposizioni che il Governo darà, purché dica chi deve fare cosa e come va fatto.

È da marzo che chiediamo che si inizi a studiare l'adozione della “fase 2”, e invece non avete fatto nulla; e oggi dite agli italiani: vi consentiamo di uscire, vi consentiamo di fare. Beh, forse è bene ricordare a qualcuno che non è lui a consentire agli italiani qualcosa, ma che è il popolo italiano che gli consente di stare al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Perché l'articolo 1 della Costituzione, di cui voi spesso parlate ma che altrettanto spesso dimenticate, afferma: “l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e la sovranità appartiene al popolo”. Ed è quella sovranità che noi vogliamo difendere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), non il sovranismo che voi ci imputate. È la sovranità di chi ama l'Italia e che, proprio per questo, lo dice con molta franchezza.

Il problema è che le proposte vengono da Fratelli d'Italia? Il problema è che il primo firmatario è Giorgia Meloni? Il problema è che non vengono partorite nel ventre della maggioranza? Prendetele, ma attuatele subito, perché non è possibile ancora attendere e non è possibile ancora costringere gli italiani a subire una situazione di stallo, che quel documento, che noi non possiamo accettare nei numeri, stima, come dicevo prima, in una perdita di 0,75 per cento di PIL a settimana.

In queste condizioni, purtroppo, temiamo che anche questo provvedimento e anche il “decreto Aprile” rischieranno di essere misure insufficienti. Questo è il motivo per cui Fratelli d'Italia voterà contro il DEF (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Padoan. Ne ha facoltà.

PIETRO CARLO PADOAN (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, è stato già detto da molti: questa crisi è diversa dalle altre, è una crisi molto più grave, ma è anche qualitativamente diversa; non è una crisi finanziaria, anche se ha aspetti finanziari molto importanti; è piuttosto una crisi esogena che ricorda le guerre, gli scontri bellici. È una crisi simmetrica, come è stato detto autorevolmente, ma che ha effetti asimmetrici e, cioè, diversi da Paese a Paese. Questo è un dato molto più importante di quanto mi sembra il dibattito riconosca, perché se ci sono effetti asimmetrici e questi effetti asimmetrici non scompaiono o non si attenuano nel perdurare della crisi, vuol dire che usciremo dalla crisi peggio, anche per ragioni di squilibri che aumentano tra Paesi, tra regioni, tra cittadini. Quindi abbiamo bisogno di non dimenticare che risolvere la crisi significa anche aggredire queste diversità. Ma le diversità offrono anche aspetti comuni, sfide comuni, opportunità comuni e questo è rilevante per quello che, a mio avviso, è l'aspetto principale del tema di cui si discute: come collegare l'emergenza, sanitaria in primo luogo ma non solo, con l'uscita e la sostenibilità; come comprendere che se la gestione dell'emergenza è in qualche modo inefficace, ne risentirà la crescita di medio termine e rischieremo di trovarci di fronte a situazioni peggiori di quanto si possa aspettare.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 19)

PIETRO CARLO PADOAN (PD). Tutti i previsori - domestici, nazionali, internazionali - propongono uno scenario, come si come si dice, a forma di “V” e, cioè, una grave recessione che, inevitabilmente, dovremo attraversare, ma che sarà rapidamente seguita da una ripresa. Questo scenario io mi auguro che sarà verificato, ma temo che sia un tantino ottimistico. Ci sono molti rischi che militano contro questo scenario: rischi finanziari, rischi sanitari, rischi di un'economia internazionale che si riprenda più tardi di quanto atteso. Se non ci sarà una ripresa a “V” dell'economia italiana e di quella di molti altri Paesi europei, ci sarà - sempre seguendo il gergo alfabetico degli economisti - una uscita a “L”, che vuol dire, traducendola, una permanenza dell'economia in uno stato di stagnazione molto prolungata. Questo avrebbe danni incalcolabili aggiuntivi rispetto a quelli che stiamo vivendo e che riguarderebbero le famiglie, le imprese, il debito, la sostenibilità della finanza pubblica.

Un modo per uscire da questa situazione di rischio è quello di riconoscere, nei fatti e non solo nelle parole, che l'integrazione europea è un bene, che funziona per tutti i Paesi che ne fanno parte. È nei nostri interessi che i Paesi vicini crescano di più, perché è nei nostri interessi che portino appresso la domanda e la facciano debordare positivamente nei nostri confronti. La risposta della politica economica fino adesso è stata nazionale, è stata lasciata alle azioni dei singoli Governi, ma è avvenuta in un contesto molto diverso rispetto al passato, in un contesto europeo in cui il Patto di stabilità è stato sospeso, c'è stato un significativo ammorbidimento delle regole degli aiuti di Stato, un sostegno incondizionato e innovativo della Banca centrale europea. In questo contesto, in cui i vincoli di bilancio sembrano scomparire - ma, attenzione, non è così -, lo scostamento di bilancio che siamo chiamati ad approvare è pienamente giustificabile e, anzi, segna l'attività del Governo, la propositività del Governo in questo senso: approfittare al massimo di questa situazione per rispondere adeguatamente alla crisi.

Ma questo aspetto deve essere collegato al medio periodo. Nel breve periodo non starò a ripetere l'insieme di misure di sostegno a tutta l'economia, alle famiglie, alle imprese, al sistema creditizio, che rimane il volano essenziale per permettere al sistema privato di crescere, di investire. Questo sostegno deve essere collegato a una visione, come dicevo, di medio periodo e il legame tra breve periodo e medio periodo non può che essere il sostegno agli investimenti, pubblici e privati. E qui la storia è ben nota, è stata ripetuta da colleghi che mi hanno preceduto: richiede risorse, ma paradossalmente le risorse non sono oggi, nell'immediato, il problema principale; richiede di costituire la fiducia soprattutto e questo è il problema principale; richiede che la fiducia si traduca in azione, per esempio, la fiducia è ingrediente essenziale affinché quel grande patrimonio che è il nostro risparmio sia indirizzato a finanziare investimenti e attività economica; richiede di attivare il più rapidamente possibile i nuovi strumenti europei, il cui utilizzo, checché se ne dica, è volontario, quindi la storia che noi si sia obbligati a chiedere l'elemosina e a pagare l'elemosina a istituzioni europee è semplicemente falsa.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 19,10)

PIETRO CARLO PADOAN (PD). Ma ci sono altri aspetti di lungo termine che vanno presi in considerazione subito. Due ne ricordo, anch'essi, in parte, già discussi da chi mi ha preceduto. Il primo è che ci sarà più debito pubblico nell'immediato, dopo la crisi; il secondo è che ci sarà più Stato nelle imprese. Che atteggiamento vogliamo prendere di fronte a questi due aspetti? Il debito pubblico, nell'immediato, crescerà: possiamo discutere se arriverà a 155, 160, 170. Paradossalmente questo conta di meno, quello che conta è un'altra cosa: se questo debito, una volta raggiunte quelle altezze, ricominci a scendere il più rapidamente possibile. Se ciò non avverrà, allora saremo in una trappola del debito che potrebbe autoalimentarsi.

Ma il debito è sostenibile - lo sappiamo - se c'è crescita e c'è più crescita del costo del debito, se il tasso di crescita nominale è più alto del tasso d'interesse. Il tasso di interesse è tenuto a bada, in qualche misura, con la Banca centrale europea che, anch'essa, è stata chiamata in causa. La mia opinione è che la Banca centrale europea, in questi anni, abbia fatto sforzi enormi di cambiamento qualitativo e quantitativo che sono ancora in corso ed è la Banca centrale europea che, in questo momento, permette di mantenere quel legame tra sforzi nazionali e quadro europeo che deve essere il nostro quadro di riferimento.

Ma la politica monetaria da sola non basta; questo era vero prima del Coronavirus e lo è a, maggior ragione, adesso; ci vuole azione fiscale, sia a livello nazionale che a livello europeo, ci vogliono misure per la crescita o quello che una volta si chiamava lo sforzo di riforma strutturale. Ci troviamo, comunque, signora Presidente, di fronte ad uno sforzo senza precedenti del Governo, della politica economica, ma soprattutto del Paese nella sua interezza, la cui capacità di risposta è di gran lunga maggiore di quanto, molto spesso, ci venga attribuito da osservatori stranieri, a volte in malafede; sicuramente non è riflettibile nel giudizio negativo di un'agenzia di rating, come è stato ricordato oggi.

Il DEF offre - mi avvio a conclusione - un quadro realistico e ambizioso per poter preparare questa risposta collegando il breve, al medio, al lungo. Il quadro di finanza pubblica risente, ovviamente, della grande incertezza del contesto in cui ci troviamo, oltre, naturalmente, alla necessità di dare risposte immediate ai cittadini e alle imprese. È giusto e bene che il Governo abbia predisposto, come altri Governi in Europa, uno scenario critico, in cui la criticità maggiore deriva da una pandemia che rischia di riproporsi. In questo scenario critico, naturalmente, le risposte saranno diverse e sarebbe importante che il Governo avesse predisposto, magari, eventualmente, in modo generale, un piano “B”. Bene, inoltre, ha fatto il Governo ad iniziare ad affrontare la questione delle clausole di salvaguardia, perché questo sarà un modo per ridare flessibilità al bilancio, già a partire dalla prossima legge. In definitiva, ci sono i presupposti per navigare su questa crisi e affrontarla e, in questo contesto, io annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brunetta. Ne ha facoltà.

RENATO BRUNETTA (FI). Grazie signora Presidente e signori del Governo. DEF. Discontinuità. Dati i tempi, mi sembra che stiamo parlando di esoterismo, di sesso degli angeli. Vede signora Presidente, io sono figlio di un venditore ambulante, ho fatto il venditore ambulante. Ci sono 60 mila imprese di venditori ambulanti abbandonate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), che hanno manifestato un grido di dolore silenzioso, 60 mila, 200.000-300.000 persone, aziende, Partite IVA, abbandonati; 60 mila imprese: chi si è occupato di loro? Chi si sta occupando dei più deboli? E lo dico come corresponsabilità: chi si sta occupando di loro? Di tutti i dimenticati, di tutti gli invisibili, di tutti quelli che hanno dovuto chiudere, che hanno perso lavoro, reddito, ogni risparmio e che non hanno voce, che non sono riusciti a farsi sentire: alberghi, ristoranti, bar, artigiani, commercianti, liberi professionisti, agenti di commercio, agenti immobiliari. A chi vendono le case gli agenti immobiliari? Circoli sportivi, circoli ricreativi, parrucchieri, barbieri, piccolissime imprese, tutto il mondo dello spettacolo, i caregiver, i badanti, i collaboratori domestici, insomma tutta l'Italia che lavora, che sta vicino agli altri, che dà assistenza, tutto il lavoro autonomo, ma anche tanta parte del lavoro dipendente. Vede, signora Presidente, signor sottosegretario, nel Paese sta montando la rabbia, lo sentiamo tutti, sta montando il rancore, la paura, la disperazione. Per questo mi vergogno un po' a parlare di DEF e di scostamento in prima persona. Lo Stato e il Governo sono visti come lontani, equiparati, la gente non distingue lo Stato e il Governo, sono visti come lontani, assenti, solo decreti illeggibili, DPCM cervellotici, incostituzionali, solo in pochi perversi sanno cosa significhi l'acronimo DPCM, perversi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Però tutti noi vediamo i divieti, le chiusure, le limitazioni della nostra libertà e vediamo tanta, tanta burocrazia, tanta burocrazia deteriore, tanta inefficienza, tanta diffidenza, tanta distanza dalla vita reale della gente. Sta vincendo la burocrazia, sta vincendo la cattiva burocrazia, sta montando la rabbia. Vedevo oggi: diminuiti del 66 per cento i reati di rapine, più il 10 per cento l'usura. Sta cambiando anche il panorama della devianza. Redditi da lavoro, zero. Stanno finendo i risparmi.

Il 60 per cento degli acquisti nei supermercati in meno, 60 per cento, vuol dire che non ci sono più soldi. Si comincia ad aver paura non del virus, ma del futuro, del futuro nostro e dei nostri figli. Ecco signora Presidente e signor sottosegretario, questa è la colpa più grave del Governo: non siete stati in grado mai di dare speranza a questo Paese, di dare risposte, di dare speranza, di risolvere i problemi dell'oggi, ma anche nel contempo di parlare chiaro. Vede, ho sentito per caso la conferenza stampa del dottor Arcuri, che voleva fare una lezione di economia: domanda, offerta, prezzo delle mascherine. Dottor Arcuri, lasci fare ai tanti, troppi professori di economia queste cose (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) e glielo dice un professore di economia. Parafrasando qualcuno, non mi importa di che colore sia il gatto, deve acchiappare i topi: dottor Arcuri, io voglio le mascherine (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! Lunedì ci saranno le mascherine. Ma quale lunedì, di quale mese? Sono due mesi che ci dicono che ci sono le mascherine, che ci saranno le mascherine, che ci sono 110 aziende abilitate a produrre mascherine e devo sentire una conferenza stampa di un commissario, che dovrebbe fare il commissario e non conferenze stampa e far trovare le mascherine. Ecco, questo è quello che è insopportabile. Vergogna, fatemi dire una cosa retorica: vergogna, che dopo due mesi non ci sono le mascherine! Mancano dati certi, non ci sono dati statistici. Io mi illudo tutti i giorni, alle ore 18, sentendo il bravo commissario Borrelli, a sentire i numeri, ma sappiamo tutti che quei numeri non sono buoni, non sono statisticamente corretti, perché a seconda del numero dei tamponi cambia il numero dei contagiati e sono metri elastici e ci illudiamo, speriamo e ci illudiamo, manca qualsiasi analisi statistica fatta per capire quanti sono gli asintomatici, che è la cosa principale. E bastava fare un'indagine campionaria con i tamponi, per capire l'ordine di grandezza. Perché non è stata fatta? Tutto è pressappoco: task force improbabili, mi scusi la scivolata, come se piovesse. Ma abbiamo bisogno ad ogni piè sospinto di una task force? Perché non ci sono i Ministeri, non ci sono i consiglieri dei Ministeri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? E poi leggiamo le improbabili interviste del dottor Colao da Londra, che scopre l'acqua calda. Ma abbiamo bisogno proprio del dottor Colao da Londra, che è rimasto lì a scoprire l'acqua calda (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? A voi del Governo vi tocca, siete voi al Governo, incapaci di rassicurare la gente e la prima cosa che rassicura la gente è dire la verità, facendo trasparenza e facendo magari autocritica. Professor Conte, non è accettabile che tu dica: “Se tornassi indietro, rifarei tutto”. Chi, nella nostra vita, se tornasse indietro rifarebbe tutto? Nessuno di noi, abbiamo fatto tante di quelle stupidaggini, tutti noi, e caro Conte, anche tu hai fatto le stupidaggini, anche voi avete fatto le stupidaggini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) e fare autocritica ci porta vicino alla gente, rassicura la gente. Abbiamo sbagliato, ma non sbagliamo più, altro che dire: “Se tornassi indietro, rifarei tutto”.

Signor Ministro che non c'è, potrei disquisire, forse con qualche competenza, di deficit, debito, indebitamento netto, fabbisogno, saldo netto da finanziare. Queste cose le ho insegnante e so anche usarle in maniera anch'io esoterica e opaca, ma questo non è il momento dell'esoterismo e dell'opacità: questo è il momento della verità. Non ci puoi dire, Gualtieri, che ci sono 155 miliardi di discostamento. No! Quello è il saldo netto da finanziare. Lo scostamento è 55 e i 25 non sono 25 ma sono 19 e rotti e il totale fa quasi 75. E quando hai fatto, Gualtieri, il “decreto Liquidità”, che sta mobilitando banche, imprese eccetera, non era coperto, perché la copertura viene adesso o verrà adesso dopo questo discostamento con i 30 miliardi per la SACE non standardizzata, perché la parte standardizzata era messa dall'altra parte. Ma sono trucchi questi e non abbiamo bisogno di trucchi, non abbiamo bisogno di imbrogli, non abbiamo bisogno di opacità; abbiamo bisogno di verità e io vi dico una verità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Brunetta.

RENATO BRUNETTA (FI). Concludo. Non bastano i 75 miliardi: ce ne vogliono più di cento. Poi ci vogliono tutti quelli del pacchetto europeo, poi ci vuole la legge di bilancio anticipata al mese di giugno per un altro discostamento. Ci vuole non tanto il fondo perduto ma i risarcimenti alle imprese dentro il nostro bilancio e col bilancio europeo e, soprattutto, una cosa: ci vuole il piano nazionale delle riforme. Non averlo messo è una colpa gravissima (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) perché solo il Piano nazionale delle riforme ci avrebbe dato l'idea di futuro che voi dovete dare a questo Paese: quale fisco, quale giustizia, quale mercato del lavoro, quale burocrazia, quali infrastrutture. Non avete detto niente…

PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, deve concludere.

RENATO BRUNETTA (FI). …e spendete tutti questi soldi per fare che cosa? Reddito di cittadinanza? Per sovietizzare le nostre imprese entrando nel capitale di rischio come equity (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Per questa ragione voteremo contro sul Documento di economia e finanza e per carità di patria voteremo a favore sul discostamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)

PRESIDENTE. Grazie.

RENATO BRUNETTA (FI). …sperando che ce ne sia un altro e un altro ancora e che ci sia insieme, scritto insieme in Parlamento, il piano nazionale (Vivi applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brunetta.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, la Lega voterà contro su questo DEF sbagliato e insufficiente e a favore, come diceva adesso il collega Brunetta, sullo scostamento di bilancio, il primo scostamento di bilancio che si farà quest'anno, insufficiente.

Colleghi, questa è una crisi mai vista. Il virus cinese avrà un impatto economico almeno due volte rispetto alla crisi del 2009. In più rispetto al 2009 oggi siamo tutti noi italiani privati delle nostre libertà, in gabbia, chiusi a casa, e tantissimi di noi privati della possibilità e della libertà di lavorare. L'Italia è il secondo Paese - era e speriamo che lo sia ancora - manifatturiero d'Europa ma i consumi di energia elettrica in Italia sono crollati del 27 per cento, in Spagna del 10 e in Germania del 4-5. Quindi, per noi l'impatto sarà molto più forte rispetto agli altri Paesi. Perdiamo mezzo punto di PIL alla settimana, 10 miliardi alla settimana. Il mitico “decreto Cura Italia”, 19 miliardi, in due settimane ce lo siamo bruciato. Ma siamo fermi da due mesi. Finiremo a meno 10 di PIL quest'anno se va bene, però siamo forti per il turismo.

Certo, Paese manifatturiero forte per il turismo: 13 per cento di PIL e 5 milioni di addetti. Il 2020 è andato e per il 2021 vedremo. Speriamo nello stellone. Insomma, è un disastro e, infatti, ieri è arrivato il declassamento. Era ovvio, purtroppo, il declassamento. Certo, per la crisi del virus cinese - certo! - ma anche per la risposta del Governo, debole, confusa e divisiva. Risposta debole e basta guardare i numeri: siamo gli ultimi tra i Paesi europei come risorse che abbiamo messo in economia, gli ultimi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), tanto che la famosa potenza di fuoco del “decreto liquidità” - zero euro di copertura e forse un pezzo di copertura arriva adesso - la copertura vera arriverà dal 2022 in poi perché avete messo la polvere sotto il tappeto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e questo lo sanno tutti, lo sanno anche i muri e l'ha detto anche Bankitalia stamattina che ha ribadito quello che aveva già detto il 27 aprile. Il 10 per cento almeno di queste garanzie avranno purtroppo esito negativo. Queste cose vanno coperte e se non le coprì lasci un buco che pagheranno i Governi futuri.

In più, oltre a essere scoperto il “decreto Liquidità” non funziona. Le risorse, purtroppo, non arrivano in misura necessaria alle aziende, tant'è che il Presidente Conte ieri in uno slancio onirico ha detto che serve un atto d'amore da parte delle banche. Fantastico! Insomma, la potenza di fuoco del Governo si basa su un atto d'amore della banca verso l'imprenditore. Ridicolo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Ma era così difficile fare come gli altri Paesi? Soldi e vere garanzie. Garanzia dello Stato al 100 per cento, una procedura semplice e automatica e soldi a fondo perduto. Zero! Poi, arriva il declassamento, certo, ma è tutta responsabilità del Governo, è tutta responsabilità del Governo che agisce in autonomia, anzi in superautonomia perché il Presidente del Consiglio agisce senza che il Parlamento possa incidere.

E poi la risposta del Governo è confusa. Non si capisce quando, come e chi riparte. E poi la risposta del Governo è divisiva, cosa particolarmente grave in una situazione del genere, uno scaricabarile continuo. Il Governo contro l'opposizione, il Governo contro gli enti locali, mai assumersi una responsabilità. Va beh, serve un atto d'amore.

Ma passiamo all'analisi e alle proposte. Luca Ricolfi ha scritto tantissimi bei libri e ne ha scritto uno bellissimo: “Le tre società”. Le tre Italie: due vasi di ferro e un vaso di coccio. Il primo vaso di ferro è l'Italia del malaffare. Purtroppo, è l'unica tranquilla in questa crisi l'Italia del malaffare. I droni per chi va in spiaggia, per chi fa la grigliata sul tetto e i mafiosi al 41-bis vengono scarcerati (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Il secondo vaso di ferro, il secondo vaso di ferro che, purtroppo per lui, non è più di ferro: l'Italia dei garantiti che non sono più così garantiti: i dipendenti della pubblica amministrazione, i dipendenti delle grandi aziende. Finora nessun rischio e lo stipendio è certo, ma dipende dalla tenuta delle aziende, dipende dal vaso di coccio che paga le imposte. In Grecia con il MES e con l'aiuto dell'Europa è saltato il banco e chi pensava di essere al sicuro nel vaso di ferro si è trovato nella stessa barca del vaso di coccio, si è trovato nella stessa barca degli autonomi e senza il becco di un quattrino.

Se un'azienda chiude e l'azienda non c'è più, lo stipendio non c'è più per tutti. Se un'azienda chiude, lo stipendio non c'è, come per i commercianti e per gli artigiani oggi, che non possono tirare su la clèr. Se tante aziende chiudono non ci sono entrate a sufficienza per pagare gli stipendi della pubblica amministrazione e le pensioni: non si salva più nessuno.

E infine tra i due vasi di ferro, uno un po' meno di ferro adesso, c'è il vaso di coccio: l'Italia che vive del suo, chi esce la mattina, tira su la clèr, toglie il lucchetto del capannone, del laboratorio, entra ed inizia a lavorare; i dipendenti di queste aziende, tutte nella stessa barca e nella stessa squadra. È l'Italia che fa il PIL, è l'Italia che ha fatto grande l'Italia, l'Italia di questi pazzi imprenditori e lavoratori che insieme a loro han fatto grande l'Italia. Per loro in questo DEF non c'è nulla: le tasse sono solo rinviate, i prestiti che servono per pagare le tasse non arrivano. E voi che cosa proponete nel DEF, che cosa proponete con la vostra azione di Governo? Il recupero dell'evasione. Ma se le aziende chiudono che cosa recuperi? Non c'è più evasione, non c'è più niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Oggi l'imperativo è e deve essere mantenere la base imponibile, come tra l'altro ha detto uno che ne capisce, un tal Draghi. E voi che cosa fate, invece? Mandate 8 milioni e mezzo di cartelle, voi volete recuperare l'evasione. Invece va tirata una riga e va fatto un patto: facciamolo un patto, dobbiamo fare squadra tutti insieme. Va bene, lotta senza quartiere al primo vaso di ferro, l'Italia del malaffare, e ci mancherebbe altro; e poi tutti uniti, tutti insieme, l'Italia dei produttori con forza e coraggio, riprendiamo, torniamo liberi di fare PIL, tutti insieme. Anche - e non è una provocazione - i percettori del reddito di cittadinanza. Certo, perché no? Mentre i navigator non si sa che fine hanno fatto, mentre il capo dei navigator ha preso un volo in business ed è tornato negli Stati Uniti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), l'agricoltura ha bisogno di manodopera. E, allora, una proposta semplice: bene, abbiamo i comuni; si affigge all'albo pretorio un bel foglio con le richieste di lavoro, i comuni hanno i nominativi, chiamano ed è fatto il match offerta e domanda di lavoro. Tre volte rifiuti, perdi il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier): semplice, non serve un software.

Tutti insieme ce la facciamo, l'Italia dei produttori ce la farà: basta lasciarci liberi di lavorare. Torniamo liberi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gubitosa. Ne ha facoltà.

MICHELE GUBITOSA (M5S). Presidente, colleghi, colleghe, il DEF di quest'anno arriva in un momento inatteso della storia del nostro Paese: da due mesi gli italiani sono costretti a compiere sacrifici enormi sotto tutti i punti di vista. Alcuni di noi hanno perso i loro cari, senza nemmeno la possibilità di un ultimo saluto, tantissimi lavoratori sono finiti in cassa integrazione, milioni di professionisti e imprenditori hanno visto ridursi drasticamente il loro fatturato, tutti hanno dovuto sopportare restrizioni gravose.

Va detto che gli italiani in questa situazione senza precedenti hanno mostrato una disciplina davvero encomiabile: per questo a loro va il mio e il nostro profondo ringraziamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E se non ci fosse un intervento rapido e deciso dello Stato l'Italia rischierebbe di perdere un patrimonio immenso in termini di occupazione e di imprese. Le ansie e le paure di gran parte delle imprese italiane sono anche le mie: lo dico da imprenditore che da 22 anni sperimenta ogni giorno sul campo le difficoltà di portare avanti un'attività, con la responsabilità di centinaia di famiglie sulle proprie spalle. Sono le ansie di un popolo che da troppi anni è abbandonato.

Vede, Presidente, in tutte le crisi che abbiamo attraversato negli ultimi decenni gli imprenditori italiani hanno sempre avuto chiaro un concetto, e cioè che avrebbero dovuto dare più degli altri per sostenere e supportare il Paese; da sempre nei momenti difficili hanno dovuto riempire vuoti normativi, anticipare risorse e molto spesso si sono oltremodo sacrificati pur di consentire al Paese di andare avanti.

Presidente, può far stare un po' in silenzio i colleghi, per cortesia? Ascoltate pure voi.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, consentiamo all'onorevole Gubitosa di svolgere il suo intervento.

MICHELE GUBITOSA (M5S). Oggi questo mondo soffre con grande dignità e ha bisogno di un sostegno forte da parte dello Stato. Questa emergenza deve essere allora l'occasione non solo per ripartire, ma per cambiare direzione alla politica: il DEF è una tappa fondamentale per l'Italia di oggi e di domani.

Il Governo sta facendo la sua parte, e gliene viene dato atto. Lo sforzo messo in campo lo si vede nei numeri: gli interventi di politica economica programmati spingeranno il disavanzo pubblico del 2020 fino al 10,4 per cento stimato, un livello impensabile fino a qualche mese fa. Prima dell'emergenza il disavanzo avrebbe dovuto fermarsi al 2,2 per cento: c'è una differenza di oltre 8 punti percentuali di PIL, dovuta in parte al mancato gettito e in parte all'intervento diretto dello Stato.

I decreti economici del Governo si tradurranno in un disavanzo aggiuntivo di circa 80 miliardi, pari al 4,5 per cento del PIL: mi riferisco, in particolare, al “decreto Cura Italia” e al “decreto Aprile”, che è atteso a breve. Con il “Cura Italia”, già convertito in legge in Parlamento, abbiamo dato una prima risposta urgente nel periodo di massima emergenza: un decreto-legge importantissimo, pensato per tante categorie, che ha stanziato 25 miliardi di euro per affrontare la prima fase dell'epidemia; di certo solo il primo passo, in una situazione che è esplosa in pochi giorni, così come il MoVimento 5 Stelle ha sempre chiarito dall'inizio.

Il secondo passo è stato il “decreto Liquidità”, che ha esteso il piano di garanzie pubbliche facendo entrare in gioco anche la Sace, la società di Cassa depositi e prestiti specializzata nelle operazioni di credito garantito, che si affiancherà al Fondo centrale di garanzia per le PMI. Questo consentirà di offrire prestiti garantiti dallo Stato al 100 per cento per gli importi che arrivano fino a 800 mila euro.

Manca, però, un terzo e decisivo passo. Per questo, come Parlamento, siamo pronti a votare un secondo significativo scostamento di bilancio: la sua approvazione aprirà la strada al terzo rilevante decreto-legge a cui si fa riferimento nel Documento di economia e finanza, un decreto da 55 miliardi in termini di maggior indebitamento netto per quest'anno e 5 miliardi per il prossimo; in termini di PIL si tratta di un equivalente del 3,3 per cento, che sommato agli interventi precedenti porta il pacchetto complessivo di sostegno all'economia al 4,5 per cento. È uno sforzo straordinario, praticamente una seconda legge finanziaria in poche settimane.

Presidente, può interrompere i colleghi: chi parla al telefono… Mi scusi…

PRESIDENTE. Colleghi, posso chiedervi, anche ai banchi del Governo… Onorevole Gubitosa, continui, ci sono le condizioni per svolgere il suo intervento.

MICHELE GUBITOSA (M5S). Con le nuove risorse occorrerà prima di tutto dare benzina a quelle garanzie pubbliche che gli imprenditori chiedono, ma ancora più importante sarà dare un riscontro economico a fondo perduto e a favore degli imprenditori colpiti dalle restrizioni: lo ritengo un tema imprescindibile. Sospendere le tasse non basta, è una misura tampone urgentissima, ma nessuno ha mai pensato che le imprese, il cui fatturato è crollato o si è azzerato, e che già dovevano sopportare costi fissi considerevoli, possano rispondere “presente” alle prossime scadenze fiscali.

L'unica via per queste imprese è ricevere un finanziamento diretto dallo Stato che le compensi almeno in parte dei danni subiti. Mi riferisco, in particolare, alle piccole imprese, che costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto produttivo; parliamo del 96 per cento delle aziende, molte delle quali a conduzione familiare, tra cui spiccano vere e proprie eccellenze. Per un sostegno a queste aziende 8 miliardi sono la base di partenza; inoltre, dove è necessario, lo Stato dovrebbe intervenire direttamente, acquistando quote del capitale delle imprese ritenute di importanza strategica. Sappiamo che il Governo sta lavorando alla creazione di un patrimonio di Cdp destinato a questo tipo di operazioni. Per le imprese più grandi con meno di 250 dipendenti si punta alla realizzazione di un fondo per la ricapitalizzazione delle stesse, che abbia come fine quello di sostenere gli aumenti di capitale deliberati dalle aziende.

Tornando ai costi fissi, che ogni cittadino e imprenditore deve comunque continuare ad affrontare in questo momento, è altrettanto importante una misura per alleggerire l'onere degli affitti, e si può fare estendendo il credito d'imposta al 60 per cento introdotto già con il “Cura Italia”. Anche sulle bollette, allo stesso modo, serve una stretta, e stiamo lavorando affinché a breve si arrivi ad una soluzione, abbattendo gli oneri di sistema e centrando i costi della bolletta sul consumo effettivo. Una riforma di sistema che l'Italia doveva affrontare molto tempo fa, ma purtroppo non è mai stato fatto in passato e adesso risulta tanto più necessario in un momento come questo.

Presidente, è chiaro che lo sforzo profuso da Governo e Parlamento è massimo, ma non dobbiamo abbassare la guardia. Questo è il momento di ottenere un aiuto serio anche e soprattutto dall'Europa, dove, nonostante segnali positivi, continua per ora a prevalere la logica del più forte, ovvero di quel blocco di Paesi che dal mercato unico europeo hanno ottenuto solo vantaggi sproporzionati e che ora non intendono condividere gli oneri nel momento di massimo bisogno. A tal proposito, rivolgo un appello ai colleghi di ogni schieramento: questo è il momento di fare quadrato per sostenere l'Italia. Il Presidente Conte non si è presentato ai tavoli europei in rappresentanza di una sola parte politica, ma di ogni singolo cittadino italiano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Dobbiamo essere tutti consapevoli che dalle scelte di oggi dipenderà la vita di milioni di persone, e oggi siamo chiamati tutti a compierle. Ci avviamo verso la fase della ripartenza e del graduale ritorno alla normalità: dal 4 maggio quasi 5 milioni di persone torneranno nei loro luoghi di lavoro; un primo passo a cui ne dovranno seguire di nuovi, un segnale positivo per un Paese che si deve mettere in cammino. Presidente, in questa fase uno deve essere il nostro obiettivo, e cioè che, quando l'epidemia sarà sconfitta, gli imprenditori dovranno avere lì le loro aziende e i lavoratori dovranno avere ancora lì il loro posto di lavoro. Da quando sono entrato nelle istituzioni da semplice cittadino ho capito l'immenso valore del ruolo che siamo chiamati a coprire. Oggi, in Parlamento, insieme a tutti i colleghi del MoVimento 5 Stelle, sento forte il peso della responsabilità; proprio per questo, insieme al Governo, siamo chiamati ad una prova di grande coraggio.

Per tutte queste ragioni, annuncio il parere favorevole allo scostamento di bilancio e al Documento di economia e finanza da parte del gruppo MoVimento 5 Stelle; un documento ambizioso che continueremo a riempire di contenuti a partire dal prossimo importantissimo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI (M-NI-USEI-C!-AC). Mentre indico il mio voto negativo su entrambe le proposte del Governo, irritualmente indicate a una Camera disabilitata, osservo che nella sistemazione che vediamo si avverte che qualcosa non ha funzionato nella scienza dominante, perché fino al 15 di aprile parlavamo dai nostri posti, la settimana scorsa parlavamo dall'emiciclo, da qui, dal gruppo del Comitato, e adesso parliamo, invece, da una specie di palchetto in avanti, come se fosse capitato qualcosa. Ma possiamo dire che c'è un declino del Coronavirus o che non ancora sappiamo cosa sia, pur prendendo posizioni così certe? È evidente che un Governo deve avere una strategia, deve avere un'idea; non deve essere succubo degli orientamenti di scienziati che dicono le cose più altalenanti da una settimana all'altra. Possiamo pensare che ci sarà in autunno una ripresa? Che ci sarà una ricaduta? Osserviamo che c'è un declino del Coronavirus?

Allora è chiaro che rispetto a chi lavora, rispetto a tutte le attività commerciali, rispetto a tutto quello che non aprirà il 4, ma è stato spostato in avanti, il 18 i musei, il 1° giugno, lunedì, i parrucchieri, il giorno di chiusura, tutto questo nasce da una totale mancanza di chiarezza nella mente del Presidente del Consiglio. Quindi noi dobbiamo votare su proposte poco chiare, nate da qualcuno che non sa se votare per avere 37 miliardi o averli in prestito. Se siamo Europa, quei danari devono essere dati all'Europa, cioè a noi, senza doverli restituire. Ogni misura di condizioni rispetto all'Europa è la negazione dell'Europa stessa (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo adesso alla votazione per appello nominale della risoluzione Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00107 riferita alla Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, accettata dal Governo.

Ricordo che, a norma dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6, commi 3 e 5, della legge n. 243 del 2012, per l'approvazione di tale risoluzione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Camera.

Ricordo che le votazioni su tale risoluzione, nonché su quella riferita al Documento di economia e finanza, avranno luogo per appello nominale e che le chiame avranno luogo per ordine alfabetico, a partire dalla lettera “A”.

Avverto che, come già avvenuto nelle precedenti votazioni per appello nominale, eventuali richieste di anticipazione del voto, ad eccezione di quelle dei Ministri che ne hanno fatto richiesta e di coloro che parteciperanno alla riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo, che è convocata contestualmente all'inizio di questa chiama, non saranno accolte e che non saranno effettuati reinserimenti nell'elenco dei nominativi dei deputati che non abbiano risposto alla chiama, i quali potranno comunque esprimere il proprio voto in una seconda chiama.

Avverto, inoltre, che sono state stabilite e comunicate apposite fasce orarie per regolare l'accesso dei deputati, i quali faranno ingresso in Aula dal lato sinistro all'orario stabilito per ciascuna fascia e vi prenderanno posto; al momento della chiama sono invitati a scendere al centro dell'emiciclo e dichiarare il voto, e quindi a lasciare l'Aula dall'ingresso del lato destro e a non assembrarsi negli spazi antistanti l'Aula.

Indico a questo punto la votazione sulla risoluzione Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00107 riferita alla Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, che è stata accettata dal Governo.

Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

( S egue la chiama) .

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 20,10)

(Segue la chiama) .

Onorevole Sgarbi, in aula si sta con la mascherina, grazie.

(Segue la chiama ).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti:………………………….513

Maggioranza assoluta dei componenti…… 316

Hanno votato sì ……………………………512

Hanno votato no……………………………..1

La Camera approva.

Hanno risposto sì:

Acunzo Nicola

Adelizzi Cosimo

Aiello Davide

Aiello Piera

Alaimo Roberta

Alemanno Maria Soave

Amitrano Alessandro

Andreuzza Giorgia

Annibali Lucia

Anzaldi Michele

Aresta Giovanni Luca

Ascani Anna

Ascari Stefania

Azzolina Lucia

Badole Mirco

Bagnasco Roberto

Baldelli Simone

Baldini Maria Teresa

Baldino Vittoria

Baratto Raffaele

Barbuto Elisabetta Maria

Barelli Paolo

Baroni Annalisa

Baroni Massimo Enrico

Bartolozzi Giusi

Barzotti Valentina

Battelli Sergio

Battilocchio Alessandro

Bazoli Alfredo

Bazzaro Alex

Bella Marco

Bellachioma Giuseppe Ercole

Bellucci Maria Teresa

Belotti Daniele

Benamati Gianluca

Bendinelli Davide

Benedetti Silvia

Benvenuto Alessandro Manuel

Berardini Fabio

Bergamini Deborah

Berlinghieri Marina

Bersani Pier Luigi

Berti Francesco

Bianchi Matteo Luigi

Bignami Galeazzo

Billi Simone

Bilotti Anna

Bisa Ingrid

Bitonci Massimo

Boccia Francesco

Boldrini Laura

Bonafede Alfonso

Bond Dario

Boniardi Fabio Massimo

Bonomo Francesca

Bordo Michele

Bordonali Simona

Borghi Claudio

Borghi Enrico

Boschi Maria Elena

Braga Chiara

Brescia Giuseppe

Brunetta Renato

Bruno Raffaele

Bruno Bossio Vincenza

Bubisutti Aurelia

Bucalo Carmela

Buffagni Stefano

Buompane Giuseppe

Buratti Umberto

Butti Alessio

Cabras Pino

Cadeddu Luciano

Caffaratto Gualtiero

Caiata Salvatore

Campana Micaela

Cannizzaro Francesco

Cantalamessa Gianluca

Cantini Laura

Cantone Carla

Cantone Luciano

Caparvi Virginio

Capitanio Massimiliano

Cappellacci Ugo

Cappellani Santi

Carabetta Luca

Carelli Emilio

Caretta Maria Cristina

Carfagna Maria Rosaria

Casa Vittoria

Casciello Luigi

Caso Andrea

Cassese Gianpaolo

Castiello Giuseppina

Cataldi Roberto

Cattaneo Alessandro

Cattoi Maurizio

Cattoi Vanessa

Cavandoli Laura

Ceccanti Stefano

Cecchetti Fabrizio

Cecconi Andrea

Cenni Susanna

Centemero Giulio

Cestari Emanuele

Chiazzese Giuseppe

Ciaburro Monica

Cillis Luciano

Cimino Rosalba

Ciprini Tiziana

Coin Dimitri

Colaninno Matteo

Colla Jari

Colletti Andrea

Colmellere Angela

Colucci Alessandro

Comaroli Silvana Andreina

Cominardi Claudio

Conte Federico

Corda Emanuela

Corneli Valentina

Costa Enrico

Costanzo Jessica

Covolo Silvia

Crippa Andrea

Crippa Davide

Critelli Francesco

Cubeddu Sebastiano

Dadone Fabiana

Daga Federica

Dal Moro Gian Pietro

D'Alessandro Camillo

Dall'Osso Matteo

D'Ambrosio Giuseppe

Dara Andrea

D'Arrando Celeste

D'Attis Mauro

De Angelis Sara

De Carlo Luca

De Carlo Sabrina

De Filippo Vito

De Giorgi Rosalba

De Girolamo Carlo Ugo

De Lorenzis Diego

De Luca Piero

De Maria Andrea

De Martini Guido

De Menech Roger

De Micheli Paola

De Toma Massimiliano

Deiana Paola

Deidda Salvatore

Del Basso De Caro Umberto

Del Grosso Daniele

Del Re Emanuela Claudia

Delmastro Delle Vedove Andrea

Delrio Graziano

D'Eramo Luigi

D'Ettore Felice Maurizio

Di Giorgi Rosa Maria

Di Lauro Carmen

Di Maio Luigi

Di Maio Marco

Di Muro Flavio

Di Sarno Gianfranco

Di Stasio Iolanda

Di Stefano Manlio

Dieni Federica

D'Incà Federico

D'Ippolito Giuseppe

Donina Giuseppe Cesare

Donno Leonardo

Donzelli Giovanni

Dori Devis

D'Orso Valentina

Durigon Claudio

D'Uva Francesco

Ehm Yana Chiara

Emiliozzi Mirella

Epifani Ettore Guglielmo

Ermellino Alessandra

Fantinati Mattia

Faro Marialuisa

Fassina Stefano

Fassino Piero

Federico Antonio

Ferraresi Vittorio

Ferri Cosimo Maria

Ferro Wanda

Fiano Emanuele

Ficara Paolo

Flati Francesca

Fogliani Ketty

Fontana Gregorio

Fontana Ilaria

Fontana Lorenzo

Forciniti Francesco

Formentini Paolo

Fornaro Federico

Foscolo Sara

Foti Tommaso

Fragomeli Gian Mario

Frailis Andrea

Franceschini Dario

Frassinetti Paola

Fratoianni Nicola

Fregolent Silvia

Frusone Luca

Furgiuele Domenico

Fusacchia Alessandro

Gadda Maria Chiara

Gagnarli Chiara

Galantino Davide

Galizia Francesca

Galli Dario

Gallinella Filippo

Gallo Luigi

Garavaglia Massimo

Gariglio Davide

Gava Vannia

Gebhard Renate

Gelmini Mariastella

Gemmato Marcello

Gerardi Francesca

Giaccone Andrea

Giachetti Roberto

Giacomelli Antonello

Giacometti Antonietta

Giacometto Carlo

Giacomoni Sestino

Giannetta Domenico

Giannone Veronica

Giarrizzo Andrea

Giglio Vigna Alessandro

Giordano Conny

Giorgetti Giancarlo

Giorgis Andrea

Giuliano Carla

Giuliodori Paolo

Gobbato Claudia

Golinelli Guglielmo

Grande Marta

Gribaudo Chiara

Grillo Giulia

Grimaldi Nicola

Grippa Carmela

Gualtieri Roberto

Gubitosa Michele

Guerini Lorenzo

Guidesi Guido

Iezzi Igor Giancarlo

Incerti Antonella

Invernizzi Cristian

Invidia Niccolò

Iorio Marianna

Iovino Luigi

L'Abbate Giuseppe

Labriola Vincenza

Lacarra Marco

Lapia Mara

Latini Giorgia

Legnaioli Donatella

Lepri Stefano

Librandi Gianfranco

Licatini Caterina

Liuni Marzio

Liuzzi Mirella

Locatelli Alessandra

Lolini Mario

Lollobrigida Francesco

Lombardo Antonio

Lorefice Marialucia

Lorenzin Beatrice

Lorenzoni Eva

Lorenzoni Gabriele

Losacco Alberto

Loss Martina

Lotti Luca

Lovecchio Giorgio

Lucaselli Ylenja

Lucchini Elena

Lupi Maurizio

Maccanti Elena

Macina Anna

Madia Maria Anna

Magi Riccardo

Maglione Pasquale

Manca Alberto

Manca Gavino

Mancini Claudio

Mandelli Andrea

Mantovani Lucrezia Maria Benedetta

Manzato Franco

Manzo Teresa

Maraia Generoso

Marattin Luigi

Marchetti Riccardo Augusto

Mariani Felice

Marin Marco

Marino Bernardo

Marrocco Patrizia

Martina Maurizio

Martinciglio Vita

Maschio Ciro

Masi Angela

Maturi Filippo

Mauri Matteo

Mazzetti Erica

Melicchio Alessandro

Melilli Fabio

Meloni Giorgia

Menga Rosa

Miceli Carmelo

Micillo Salvatore

Migliore Gennaro

Migliorino Luca

Minniti Marco

Misiti Carmelo Massimo

Molinari Riccardo

Mollicone Federico

Molteni Nicola

Montaruli Augusta

Mor Mattia

Morani Alessia

Morassut Roberto

Morelli Alessandro

Moretto Sara

Morgoni Mario

Morrone Jacopo

Moschioni Daniele

Mugnai Stefano

Mulè Giorgio

Mura Romina

Murelli Elena

Muroni Rossella

Napoli Osvaldo

Nappi Silvana

Nardi Martina

Nesci Dalila

Nevi Raffaele

Nobili Luciano

Novelli Roberto

Occhionero Giuseppina

Occhiuto Roberto

Olgiati Riccardo

Orfini Matteo

Orlando Andrea

Orrico Anna Laura

Orsini Andrea

Osnato Marco

Padoan Pietro Carlo

Pagani Alberto

Pagano Alessandro

Pagano Ubaldo

Paita Raffaella

Palazzotto Erasmo

Panizzut Massimiliano

Paolini Luca Rodolfo

Papiro Antonella

Parentela Paolo

Parisse Martina

Pastorino Luca

Patassini Tullio

Patelli Cristina

Paternoster Paolo

Paxia Maria Laura

Pella Roberto

Pellicani Nicola

Penna Leonardo Salvatore

Pentangelo Antonio

Perantoni Mario

Perconti Filippo Giuseppe

Pezzopane Stefania

Piastra Carlo

Picchi Guglielmo

Piccoli Nardelli Flavia

Piccolo Tiziana

Pignatone Dedalo Cosimo Gaetano

Pini Giuditta

Pittalis Pietro

Plangger Albrecht

Pollastrini Barbara

Polverini Renata

Porchietto Claudia

Portas Giacomo

Prestigiacomo Stefania

Prestipino Patrizia

Pretto Erik Umberto

Provenza Nicola

Quartapelle Procopio Lia

Racchella Germano

Raciti Fausto

Raduzzi Raphael

Raffa Angela

Raffaelli Elena

Rampelli Fabio

Ribolla Alberto

Ricciardi Riccardo

Ripani Elisabetta

Rixi Edoardo

Rizzetto Walter

Rizzo Gianluca

Rizzo Nervo Luca

Rizzone Marco

Romaniello Cristian

Romano Andrea

Rosato Ettore

Rospi Gianluca

Rossello Cristina

Rossi Andrea

Rossini Roberto

Rostan Michela

Rotelli Mauro

Rotondi Gianfranco

Rotta Alessia

Ruffino Daniela

Ruggiero Francesca Anna

Ruocco Carla

Russo Giovanni

Russo Paolo

Saitta Eugenio

Salafia Angela

Saltamartini Barbara

Sarli Doriana

Sarti Giulia

Sasso Rossano

Savino Sandra

Scagliusi Emanuele

Scalfarotto Ivan

Scanu Lucia

Scerra Filippo

Schullian Manfred

Scoma Francesco

Sensi Filippo

Serracchiani Debora

Serritella Davide

Siani Paolo

Sibilia Carlo

Sibilia Cosimo

Silli Giorgio

Silvestri Francesco

Silvestri Rachele

Silvestroni Marco

Siracusano Matilde

Siragusa Elisa

Sodano Michele

Soverini Serse

Sozzani Diego

Spadoni Maria Edera

Spena Maria

Speranza Roberto

Sportiello Gilda

Squeri Luca

Stefani Alberto

Stumpo Nicola

Suriano Simona

Sut Luca

Sutto Mauro

Tabacci Bruno

Tartaglione Annaelsa

Tasso Antonio

Tateo Anna Rita

Termini Guia

Terzoni Patrizia

Testamento Rosa Alba

Tiramani Paolo

Toccafondi Gabriele

Toccalini Luca

Tofalo Angelo

Tombolato Giovanni Battista

Tondo Renzo

Tonelli Gianni

Topo Raffaele

Torto Daniela

Trancassini Paolo

Traversi Roberto

Tripiedi Davide

Tripodi Elisa

Trizzino Giorgio

Troiano Francesca

Tucci Riccardo

Turri Roberto

Tuzi Manuel

Ungaro Massimo

Vacca Gianluca

Valente Simone

Valentini Valentino

Vallascas Andrea

Vallotto Sergio

Varchi Maria Carolina

Varrica Adriano

Vazio Franco

Verini Walter

Versace Giuseppina

Vianello Giovanni

Vignaroli Stefano

Villani Virginia

Villarosa Alessio

Vinci Gianluca

Viscomi Antonio

Vitiello Catello

Volpi Leda

Zan Alessandro

Zanella Federica

Zangrillo Paolo

Zanichelli Davide

Zardini Diego

Zicchieri Francesco

Ziello Edoardo

Zoffili Eugenio

Zolezzi Alberto

Zucconi Riccardo

Hanno risposto no:

Sgarbi Vittorio

Si sono astenuti:

Nessuno

Sono in missione:

Businarolo Francesca

Cancelleri Azzurra Pia Maria

Carbonaro Alessandra

Castelli Laura

Cirielli Edmondo

Fraccaro Riccardo

Grimoldi Paolo

Mammì Stefania

Parolo Ugo

Spadafora Vincenzo

Tomasi Maura

Trano Raffaele

Volpi Raffaele

Essendo stata approvata la risoluzione Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00107 riferita alla Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, sono precluse le altre risoluzioni riferite alla medesima Relazione.

Passiamo ora alla votazione della risoluzione Davide Crippa, Delrio, Boschi e Fornaro n. 6-00108 riferita al Documento di economia e finanza 2020, accettata dal Governo, per la quale varranno le medesime indicazioni seguite nella votazione precedente per l'accesso in Aula dei deputati.

Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

( S egue la chiama) .

Colleghi, chi deve votare aiuta senz'altro, visto che c'è la mascherina, mostrando anche il dito.

( S egue la chiama) .

Colleghi! Colleghi, vi pregherei di tenere la distanza prevista, anche perché dopo alcuni di voi vengono a dire a me di richiamare: probabilmente sono gli stessi che poi stanno attaccati ai colleghi.

( S egue la chiama) .

Pregherei cortesemente di rispettare le regole che faticosamente ci siamo dati.

( S egue la chiama) .

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti:…………………………………..486

Maggioranza:……………………………………….244

Hanno votato ………………………………….....295

Hanno votato no:…………………………………...191

La Camera approva.

Hanno risposto sì:

Acunzo Nicola

Adelizzi Cosimo

Aiello Davide

Aiello Piera

Alaimo Roberta

Alemanno Maria Soave

Amitrano Alessandro

Annibali Lucia

Anzaldi Michele

Aresta Giovanni Luca

Ascani Anna

Ascari Stefania

Baldino Vittoria

Barbuto Elisabetta Maria

Baroni Massimo Enrico

Barzotti Valentina

Battelli Sergio

Bazoli Alfredo

Bella Marco

Benamati Gianluca

Bendinelli Davide

Berardini Fabio

Berlinghieri Marina

Bersani Pier Luigi

Berti Francesco

Bilotti Anna

Boldrini Laura

Bonafede Alfonso

Bonomo Francesca

Bordo Michele

Borghi Enrico

Boschi Maria Elena

Braga Chiara

Brescia Giuseppe

Bruno Raffaele

Bruno Bossio Vincenza

Buffagni Stefano

Buompane Giuseppe

Buratti Umberto

Cabras Pino

Cadeddu Luciano

Campana Micaela

Cantini Laura

Cantone Carla

Cantone Luciano

Cappellani Santi

Carabetta Luca

Carelli Emilio

Casa Vittoria

Caso Andrea

Cassese Gianpaolo

Cataldi Roberto

Cattoi Maurizio

Ceccanti Stefano

Cecconi Andrea

Cenni Susanna

Chiazzese Giuseppe

Cillis Luciano

Cimino Rosalba

Ciprini Tiziana

Colaninno Matteo

Colletti Andrea

Cominardi Claudio

Conte Federico

Corda Emanuela

Corneli Valentina

Costanzo Jessica

Crippa Davide

Critelli Francesco

Cubeddu Sebastiano

Dadone Fabiana

Daga Federica

Dal Moro Gian Pietro

D'Alessandro Camillo

D'Ambrosio Giuseppe

D'Arrando Celeste

De Carlo Sabrina

De Filippo Vito

De Giorgi Rosalba

De Girolamo Carlo Ugo

De Lorenzis Diego

De Luca Piero

De Maria Andrea

De Menech Roger

Deiana Paola

Del Basso De Caro Umberto

Del Grosso Daniele

Del Re Emanuela Claudia

Delrio Graziano

Di Giorgi Rosa Maria

Di Lauro Carmen

Di Maio Luigi

Di Maio Marco

Di Sarno Gianfranco

Di Stasio Iolanda

Dieni Federica

D'Inca' Federico

D'Ippolito Giuseppe

Donno Leonardo

Dori Devis

D'Orso Valentina

D'Uva Francesco

Ehm Yana Chiara

Emiliozzi Mirella

Epifani Ettore Guglielmo

Ermellino Alessandra

Faro Marialuisa

Fassina Stefano

Fassino Piero

Federico Antonio

Ferri Cosimo Maria

Fiano Emanuele

Ficara Paolo

Flati Francesca

Fontana Ilaria

Forciniti Francesco

Fornaro Federico

Fragomeli Gian Mario

Frailis Andrea

Fratoianni Nicola

Fregolent Silvia

Frusone Luca

Fusacchia Alessandro

Gadda Maria Chiara

Gagnarli Chiara

Galizia Francesca

Gallinella Filippo

Gallo Luigi

Gariglio Davide

Gebhard Renate

Giachetti Roberto

Giacomelli Antonello

Giarrizzo Andrea

Giordano Conny

Giorgis Andrea

Giuliano Carla

Giuliodori Paolo

Grande Marta

Gribaudo Chiara

Grillo Giulia

Grimaldi Nicola

Grippa Carmela

Gubitosa Michele

Incerti Antonella

Invidia Niccolo'

Iorio Marianna

Iovino Luigi

L'Abbate Giuseppe

Lacarra Marco

Lapia Mara

Librandi Gianfranco

Licatini Caterina

Liuzzi Mirella

Lombardo Antonio

Lorefice Marialucia

Lorenzin Beatrice

Lorenzoni Gabriele

Losacco Alberto

Lovecchio Giorgio

Macina Anna

Madia Maria Anna

Maglione Pasquale

Manca Alberto

Manca Gavino

Mancini Claudio

Manzo Teresa

Maraia Generoso

Mariani Felice

Marino Bernardo

Martina Maurizio

Martinciglio Vita

Masi Angela

Mauri Matteo

Melicchio Alessandro

Melilli Fabio

Menga Rosa

Miceli Carmelo

Micillo Salvatore

Migliore Gennaro

Migliorino Luca

Minniti Marco

Misiti Carmelo Massimo

Mor Mattia

Morani Alessia

Morassut Roberto

Moretto Sara

Morgoni Mario

Mura Romina

Muroni Rossella

Nappi Silvana

Nardi Martina

Nesci Dalila

Nobili Luciano

Occhionero Giuseppina

Olgiati Riccardo

Orfini Matteo

Orlando Andrea

Orrico Anna Laura

Padoan Pietro Carlo

Pagani Alberto

Pagano Ubaldo

Paita Raffaella

Palazzotto Erasmo

Papiro Antonella

Parentela Paolo

Parisse Martina

Pastorino Luca

Paxia Maria Laura

Pellicani Nicola

Penna Leonardo Salvatore

Perantoni Mario

Perconti Filippo Giuseppe

Pezzopane Stefania

Piccoli Nardelli Flavia

Pignatone Dedalo Cosimo Gaetano

Pini Giuditta

Plangger Albrecht

Pollastrini Barbara

Portas Giacomo

Prestipino Patrizia

Provenza Nicola

Quartapelle Procopio Lia

Raciti Fausto

Raduzzi Raphael

Raffa Angela

Ricciardi Riccardo

Rizzo Gianluca

Rizzo Nervo Luca

Rizzone Marco

Romaniello Cristian

Romano Andrea

Rospi Gianluca

Rossi Andrea

Rossini Roberto

Rostan Michela

Rotta Alessia

Ruggiero Francesca Anna

Ruocco Carla

Russo Giovanni

Saitta Eugenio

Salafia Angela

Sarli Doriana

Sarti Giulia

Scagliusi Emanuele

Scalfarotto Ivan

Scanu Lucia

Scerra Filippo

Schullian Manfred

Sensi Filippo

Serracchiani Debora

Serritella Davide

Siani Paolo

Sibilia Carlo

Silvestri Francesco

Siragusa Elisa

Sodano Michele

Soverini Serse

Spadoni Maria Edera

Sportiello Gilda

Stumpo Nicola

Suriano Simona

Sut Luca

Tabacci Bruno

Tasso Antonio

Termini Guia

Terzoni Patrizia

Testamento Rosa Alba

Toccafondi Gabriele

Tofalo Angelo

Topo Raffaele

Torto Daniela

Traversi Roberto

Tripiedi Davide

Tripodi Elisa

Troiano Francesca

Tucci Riccardo

Tuzi Manuel

Ungaro Massimo

Vacca Gianluca

Valente Simone

Vallascas Andrea

Varrica Adriano

Vazio Franco

Verini Walter

Vianello Giovanni

Vignaroli Stefano

Villani Virginia

Villarosa Alessio

Viscomi Antonio

Vitiello Catello

Volpi Leda

Zan Alessandro

Zanichelli Davide

Zardini Diego

Zolezzi Alberto

Hanno risposto no:

Andreuzza Giorgia

Badole Mirco

Bagnasco Roberto

Baldelli Simone

Baldini Maria Teresa

Baratto Raffaele

Barelli Paolo

Baroni Annalisa

Bartolozzi Giusi

Battilocchio Alessandro

Bazzaro Alex

Bellachioma Giuseppe Ercole

Bellucci Maria Teresa

Belotti Daniele

Benedetti Silvia

Benvenuto Alessandro Manuel

Bianchi Matteo Luigi

Bignami Galeazzo

Billi Simone

Bisa Ingrid

Bitonci Massimo

Bond Dario

Boniardi Fabio Massimo

Bordonali Simona

Borghi Claudio

Bubisutti Aurelia

Bucalo Carmela

Butti Alessio

Caffaratto Gualtiero

Cannizzaro Francesco

Cantalamessa Gianluca

Caparvi Virginio

Capitanio Massimiliano

Caretta Maria Cristina

Casciello Luigi

Castiello Giuseppina

Cattaneo Alessandro

Cattoi Vanessa

Cavandoli Laura

Cecchetti Fabrizio

Centemero Giulio

Cestari Emanuele

Ciaburro Monica

Coin Dimitri

Colla Jari

Colmellere Angela

Colucci Alessandro

Comaroli Silvana Andreina

Costa Enrico

Covolo Silvia

Crippa Andrea

Dall'Osso Matteo

Dara Andrea

D'Attis Mauro

De Angelis Sara

De Carlo Luca

De Martini Guido

De Toma Massimiliano

Deidda Salvatore

Delmastro Delle Vedove Andrea

D'Eramo Luigi

D'Ettore Felice Maurizio

Di Muro Flavio

Donina Giuseppe Cesare

Donzelli Giovanni

Durigon Claudio

Ferro Wanda

Fogliani Ketty

Fontana Gregorio

Fontana Lorenzo

Formentini Paolo

Foscolo Sara

Foti Tommaso

Frassinetti Paola

Furgiuele Domenico

Galantino Davide

Galli Dario

Garavaglia Massimo

Gava Vannia

Gelmini Mariastella

Gemmato Marcello

Gerardi Francesca

Giaccone Andrea

Giacometti Antonietta

Giacometto Carlo

Giacomoni Sestino

Giannetta Domenico

Giannone Veronica

Giglio Vigna Alessandro

Giorgetti Giancarlo

Gobbato Claudia

Golinelli Guglielmo

Guidesi Guido

Iezzi Igor Giancarlo

Invernizzi Cristian

Labriola Vincenza

Latini Giorgia

Legnaioli Donatella

Liuni Marzio

Locatelli Alessandra

Lolini Mario

Lollobrigida Francesco

Lorenzoni Eva

Loss Martina

Lucaselli Ylenja

Lucchini Elena

Lupi Maurizio

Maccanti Elena

Mandelli Andrea

Mantovani Lucrezia Maria Benedetta

Manzato Franco

Marchetti Riccardo Augusto

Marin Marco

Marrocco Patrizia

Maschio Ciro

Maturi Filippo

Mazzetti Erica

Molinari Riccardo

Mollicone Federico

Molteni Nicola

Montaruli Augusta

Morelli Alessandro

Morrone Jacopo

Moschioni Daniele

Mugnai Stefano

Mule' Giorgio

Murelli Elena

Napoli Osvaldo

Nevi Raffaele

Novelli Roberto

Occhiuto Roberto

Orsini Andrea

Osnato Marco

Pagano Alessandro

Panizzut Massimiliano

Paolini Luca Rodolfo

Patassini Tullio

Patelli Cristina

Paternoster Paolo

Pella Roberto

Pentangelo Antonio

Piastra Carlo

Piccolo Tiziana

Pittalis Pietro

Porchietto Claudia

Prestigiacomo Stefania

Pretto Erik Umberto

Racchella Germano

Raffaelli Elena

Rampelli Fabio

Ribolla Alberto

Ripani Elisabetta

Rixi Edoardo

Rizzetto Walter

Rossello Cristina

Rotelli Mauro

Rotondi Gianfranco

Ruffino Daniela

Ruggieri Andrea

Russo Paolo

Saltamartini Barbara

Sasso Rossano

Savino Sandra

Sgarbi Vittorio

Sibilia Cosimo

Silvestri Rachele

Silvestroni Marco

Siracusano Matilde

Sozzani Diego

Spena Maria

Stefani Alberto

Sutto Mauro

Tartaglione Annaelsa

Tateo Anna Rita

Tiramani Paolo

Toccalini Luca

Tombolato Giovanni Battista

Tondo Renzo

Tonelli Gianni

Trancassini Paolo

Turri Roberto

Valentini Valentino

Vallotto Sergio

Varchi Maria Carolina

Versace Giuseppina

Zanella Federica

Zangrillo Paolo

Zicchieri Francesco

Ziello Edoardo

Zoffili Eugenio

Zucconi Riccardo

Si sono astenuti:

Nessuno

Sono in missione:

Businarolo Francesca

Cancelleri Azzurra Pia Maria

Carbonaro Alessandra

Carfagna Maria Rosaria

Castelli Laura

Cirielli Edmondo

Fraccaro Riccardo

Grimoldi Paolo

Mammi' Stefania

Parolo Ugo

Spadafora Vincenzo

Tomasi Maura

Trano Raffaele

Volpi Raffaele

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato convenuto che, nella parte pomeridiana della seduta di domani, a partire dalle ore 14, si concluderà la discussione generale del decreto-legge recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e avranno luogo le eventuali repliche, mentre il seguito dell'esame del provvedimento sarà rinviato alla seduta di martedì 5 maggio.

È stata altresì convenuta la seguente articolazione dei lavori dell'Assemblea per la prima settimana del mese di maggio:

Martedì 5 maggio (ore 16 - 19) e mercoledì 6 maggio (ore 9 - 12)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2447 - Conversione in legge del decreto-legge recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (da inviare al Senato – scadenza: 24 maggio 2020).

Mercoledì 6 maggio (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Mercoledì 6 maggio (ore 16)

Informativa urgente del Ministro per il Sud e la coesione territoriale sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di una quota di investimenti dello Stato.

Mercoledì 6 maggio (ore 17.30 - 19) e giovedì 7 maggio (ore 9 - 12)

Eventuale seguito dell'esame del disegno di legge n. 2447 - Conversione in legge del decreto-legge recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (da inviare al Senato – scadenza: 24 maggio 2020).

Esame della mozione Molinari, Gelmini, Lollobrigida e Lupi n. 1-00346 concernente iniziative volte al superamento delle limitazioni delle liberà costituzionalmente garantite e delle criticità normative emerse in relazione alla gestione dell'emergenza da COVID-19.

Giovedì 7 maggio (ore 12)

Informativa urgente del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo sulle iniziative di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali per fronteggiare l'emergenza da COVID-19.

Giovedì 7 maggio (ore 15)

Svolgimento di interpellanze urgenti.

L'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione n. 1-00346 sarà pubblicata nell'Allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

PRESIDENTE. Comunico che in data 28 aprile 2020 il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza la deputata Rossella Muroni, in sostituzione del deputato Ubaldo Pagano, dimissionario.

Modifica nella Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”.

PRESIDENTE. Comunico che in data 28 aprile 2020 il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto” il deputato Luca Pastorino, in sostituzione del deputato Gabriele Toccafondi, dimissionario.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ci sono alcune richieste di commemorazione, per cui chiederei all'Aula il dovuto silenzio.

Ha chiesto di parlare il collega Sgarbi. Ne ha facoltà. È assente: s'intende che vi abbia rinunziato.

Pregherei di non fare proprio i film, collega.

Ha chiesto di parlare la collega Spadoni. Ne ha facoltà.

MARIA EDERA SPADONI (M5S). Grazie, Presidente. Il 28 aprile ci ha lasciato Mario Monducci, un protagonista della vita politica reggiana. Si dimise dopo un anno e mezzo come parlamentare ad inizio degli anni Ottanta, e ha sempre lottato per il bene comune, per l'ambiente e per l'acqua pubblica. Si è battuto anche contro la cementificazione selvaggia della mia regione e contro le infiltrazioni ‘ndranghetiste. Me lo ricordo l'8 settembre 2007: era un consigliere comunale e ci aiutava a certificare le firme che stavamo raccogliendo durante il V-Day 1 per non permettere ai condannati di candidarsi in Parlamento. Ha sempre messo al centro le idee e i temi, e spero veramente che Reggio Emilia possa offrirgli il tributo che merita.

Ciao Mario, che la terra ti sia lieve (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signor Presidente, oggi è morto a Milano Germano Celant: era ricoverato in terapia intensiva a seguito delle complicazioni dovute al Coronavirus. Credo sia importante che in quest'Aula si possa ricordare uno straordinario italiano.

Celant è stato un intellettuale raffinatissimo, un critico intransigente, l'animatore di movimenti artistici di rilevanza mondiale; soprattutto, se dovessi e se potessi definirlo con una sola parola, nonostante sia impossibile farlo, un rivoluzionario alla costante ricerca di linguaggi, stimoli, modalità espressive che sapessero cogliere lo spirito del tempo.

Non aveva ancora trent'anni quando, alla fine degli anni Sessanta, divenne l'artefice del più rilevante movimento artistico del secondo dopoguerra, l'arte povera, con artisti del calibro di Boetti, Fabro, Pistoletto, Paolini, Kounellis, Pascali, che furono protagonisti insieme a lui - in molti casi lo sono ancora - di eventi artistici straordinari.

Le sue prime mostre, quelle de La Bertesca, o quella degli Arsenali d'Amalfi, insieme a Marcello Rumma, che proprio in occasione di una mostra a Napoli ebbe una delle sue ultime presenze in eventi pubblici, lo proiettarono sulla scena internazionale. Ebbe a dire che da un lato c'era l'arte complessa, e qui c'era l'arte povera, impegnata con la contingenza, l'evento, l'astorico, con il presente, con l'uomo reale. Sono parole sue che ritengo possano essere iscritte tra quelle più importanti dell'arte di questo secolo e del secolo scorso.

Fino all'ultimo istante della sua vita fu impegnato, anche come direttore della Fondazione Prada, nel contribuire alla grandezza e al prestigio dell'Italia, ed è per questo motivo che questo animo libero, inquieto, curioso e profondo ha dato lustro al Paese. E vada il nostro cordoglio alla moglie Paris e al figlio Argento, e soprattutto il ringraziamento per una vita davvero esemplare e meravigliosa (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras: non c'è.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, il 29 aprile di 45 anni fa, a Milano, moriva Sergio Ramelli, studente del Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano. Morì dopo 47 giorni di agonia, in quanto il 13 marzo un commando del servizio d'ordine di Avanguardia operaia della facoltà di medicina lo aspettò sotto casa e davanti agli occhi della madre, mentre stava legando il suo motorino, lo aggredì a colpi di chiave inglese. Ramelli fece 47 giorni al Policlinico e spirò il 29 aprile. Purtroppo, in quel giorno una parte del consiglio comunale di Milano applaudì. Sono cose assurde, pensate e raccontate oggi. Ma Ramelli ha avuto una colpa, la colpa di scrivere un tema contro le Brigate Rosse all'istituto “Molinari” che frequentava. Quel tema è stato sottratto da un'insegnante, dato agli estremisti della scuola, ed è stato uno dei motivi dell'allontanamento dalla sua scuola tra calci e pugni, quando, barricato in presidenza col padre, ha dovuto arrendersi e iscriversi a una scuola privata. Ramelli è un simbolo. Ramelli rappresenta quegli anni. Ramelli può, però, essere in qualche modo gratificato; ci può essere un modo per fare veramente giustizia e lo chiedo, Presidente, tramite lei, al Ministro all'Istruzione: il modo è quello di intitolargli il “Molinari”, che diventi istituto “Sergio Ramelli”, così come è successo per studenti di sinistra uccisi. Noi chiediamo al Ministro Azzolina che faccia giustizia e che intitoli questa scuola, dove è maturato questo pazzesco e assurdo omicidio, allo studente Sergio Ramelli (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sulla stessa commemorazione l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei unirmi alle parole della collega Frassinetti nel ricordo di Sergio Ramelli. Sergio Ramelli, molto brevemente, era un ragazzo che aveva delle idee, delle idee legittime, era una persona pacifica che aveva l'unico torto di volerle liberamente esprimere. Fu ucciso per questo. Fu ucciso in nome di un'ideologia totalitaria - chiamiamola col suo nome, un'ideologia totalitaria comunista -, ma fu ucciso anche dal conformismo di tanti: fu ucciso dal conformismo dei suoi insegnanti; fu ucciso dal conformismo della sua preside; fu ucciso dal conformismo di tutti quelli che in quegli anni non volevano vedere la violenza e la prevaricazione che c'era nelle strade, nelle piazze, nelle scuole, nelle università.

Io lo ricordo molto bene quel clima, ero uno studente a Milano. Avevo idee diverse da quelle di Sergio Ramelli - io sono sempre stato un liberale, lui era un ragazzo di destra - ma come lui ho vissuto un clima di prevaricazione, un clima di violenza, un clima di sopraffazione. Io non ho avuto personalmente conseguenze così gravi, ma ho visto tanti ragazzi di destra, tanti ragazzi cattolici, tanti ragazzi liberali, tanti ragazzi di sinistra moderata colpiti, prevaricati, a volte massacranti per le loro idee.

Rendere omaggio oggi a Sergio Ramelli è doveroso – e concludo, Presidente - , non soltanto perché è doveroso anche in questo Parlamento rendere omaggio alla memoria di un ragazzo che credeva nelle sue idee e rivendicava il diritto di esprimerle, ma anche per ricordarci che la libertà è un patrimonio prezioso e fragile, non è mai un patrimonio acquisito per sempre. È un patrimonio che dobbiamo custodire e difendere ogni giorno da pericoli vecchi e nuovi (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Intervengo, Presidente, perché mi capitò, da capogruppo dei Democratici di Sinistra in consiglio comunale, di partecipare - era la prima volta che partecipava un consigliere comunale dei Democratici di Sinistra, forse Paola Frassinetti se lo ricorda - all'inaugurazione dei giardini intitolati a Sergio Ramelli. Io personalmente - ma questo vale per tutto il Partito Democratico - combatterò sempre la violenza politica, da qualsiasi parte arrivi, e credo che questo Paese sarebbe migliore se tutti combattessimo sempre la violenza politica che c'è stata nella storia di questo Paese, da qualsiasi parte è arrivata.

Forse ho qualche anno di meno del collega Orsini, ma sono stati quelli tempi in cui la violenza politica non c'era da una parte sola, c'era purtroppo una violenza becera da molte parti, ma una giovane vita spezzata barbaramente, come fu l'episodio che portò alla morte, dopo un lungo coma, Sergio Ramelli per un'aggressione, è una vita persa, e la politica non dovrebbe mai in alcun modo essere questo. E penso che serva alla democrazia di questo Paese riconoscersi, riconoscere le differenze, che esistono, e sono e sempre saranno nelle idee di questo Paese, ed è giusto che ci siano, ma saremo sempre contro la violenza che uccide una giovane vita, e così abbiamo fatto anche nel caso di Sergio Ramelli; quindi, ci è sembrato giusto ricordarlo insieme a voi questa sera (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Provenza. Ne ha facoltà.

NICOLA PROVENZA (M5S). Presidente, commemorare oggi in quest'Aula Aldo Masullo significa innanzitutto ricordare che la sua attività politica fu permeata da precisione, garbo e signorilità, caratteristiche proprie della sua personalità. Ci ha lasciato, con Aldo Masullo, un maestro della filosofia e un maestro di vita, un fine politico e un uomo profondamente colto.

Ed allora voglio lasciare agli atti di quest'Aula, nella solennità di quest'Aula, le sue parole sul futuro della democrazia: il nostro è un futuro problematico e quindi dobbiamo porci una domanda, quale può essere il futuro della democrazia.? Concettualmente la democrazia è una figura tragica. Tragico è ogni pensiero che, nell'economia della mente, è al tempo stesso necessario e impossibile, pertanto la democrazia è al tempo stesso necessaria e impossibile. Dobbiamo pertanto provare a smontare il concetto di architettura verticale del potere, poiché ogni uomo partecipa alla pari del potere. Come si fa quindi a giungere ad una decisione finale e condivisa tra una moltitudine enorme di persone?

Vanno bandite le illusioni, poiché portano alle delusioni e, quindi, alla morte della democrazia. Il carattere procedurale della democrazia non è sufficiente, è necessario che si parli di un sentimento democratico, che rappresenti in fondo un sentimento di parità con gli altri individui, quello che può definirsi il sentimento della socievolezza, sentire cioè che ogni altro individuo è nostro alleato.

Queste parole - e chiudo, Presidente - oggi, al tempo del Coronavirus, suonano per tutti quanti noi e per ogni cittadino come un monito, un ulteriore avvertimento, un prezioso invito alla responsabilità personale, spesa nell'interesse generale (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signor Presidente. Commemorare il professor Aldo Masullo per me riveste una particolare emozione in quest'Aula, prima di tutto perché egli prese parte ai lavori di questa Camera nella VI legislatura e poi per tre legislature in età più avanzata fu anche senatore, ma poi perché Aldo Masullo fu il maestro di tanti e tanti ragazzi, che hanno attraversato non solo la facoltà di filosofia, dove lui prima insegnò filosofia teoretica e poi filosofia morale, diventando successivamente il direttore del dipartimento, ma di tanti e tanti ragazzi che seppero da lui imparare il senso più profondo della libertà; un senso profondo che lui seppe coniugare col suo impegno politico e seppe trasferire quello che era il suo studio profondo, a partire dalla fenomenologia di Husserl, fino alle concezioni che lo rendevano ancora protagonista attivo della vita culturale, non solo della città di Napoli, ma di tutto il Paese, fino al 5 aprile di quest'anno, quando ormai aveva già compiuto 97 anni.

Il fatto che sia morto il giorno prima del giorno della liberazione, il 24 aprile di quest'anno, rappresenta per certi versi - e concludo, Presidente - un'indicazione quasi simbolica: un uomo che ha, per tutta la sua vita, non solo lottato, ma ha pensato la libertà, la dividuazione del soggetto, delle relazioni interpersonali come fatto filosofico profondo, ci ha lasciato il giorno prima della celebrazione di quella che è la festa più importante, probabilmente, nel nostro Paese.

Il ricordo commosso va a lui, alla sua famiglia e alle veramente migliaia e migliaia di allievi che ha avuto, diretti e indiretti, perché uomini come lui davvero hanno fatto grande questo Paese (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Grazie. Volevo unirmi anch'io al ricordo di Sergio Ramelli. L'atto di cui è stato vittima rappresenta proprio l'opposto del modo che noi abbiamo di intendere la politica, in cui l'odio diventa eliminazione fisica dell'avversario e in cui si trasforma nell'opposto del dialogo e del confronto, che sempre dovrebbe esserci. Io voglio unirmi a questo ricordo. Sentivo prima i colleghi di Fratelli d'Italia, che, giustamente, come dire, sottolineavano l'appartenenza di movimento di Ramelli. Ecco, io vorrei ricordarlo anche come milanese, nel senso che lui ha rappresentato una pagina importantissima e fondamentale dell'identità e della storia della nostra città. Ed è proprio per questo motivo, da milanese, che ritengo che Milano debba ricordarlo e valorizzarlo nel modo migliore, cosa che fino ad oggi è stata fatta solo in parte. Io mi auguro che, nei prossimi anni, si possa utilizzare quella pagina per riportare la politica con la “P” maiuscola, che è dialogo, confronto, al centro del dibattito della nostra città (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 30 aprile 2020 - Ore 10:

1. Informativa urgente del Presidente del Consiglio dei ministri sulle iniziative del Governo per la ripresa delle attività economiche.

(ore 14)

2. Seguito della discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. (C. 2447-A)

Relatrice: LOREFICE.

La seduta termina alle 22,35.