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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 325 di giovedì 9 aprile 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 14.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a partire dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente quarantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 8 aprile, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente alle Commissioni riunite VI (Finanze) e X (Attività produttive):

“Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali” (2461) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), III, IV, V, VII, VIII, IX, XI, XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 7 aprile 2020, la Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi la senatrice Valeria Fedeli, in sostituzione del senatore Salvatore Margiotta, entrato a far parte del Governo.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 14,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e iniziative in ordine alle decisioni assunte dalle istituzioni europee in relazione all'emergenza COVID-19, con particolare riferimento alle misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi in atto - n. 2-00719)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno, Galizia ed altri n. 2-00719 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Battelli se intenda illustrare l'interpellanza: fa segno di sì. Prego, onorevole Battelli, ha 15 minuti.

SERGIO BATTELLI (M5S). Grazie, Presidente, grazie, Ministro Amendola, colleghi, l'11 marzo l'Organizzazione mondiale della sanità ha qualificato come situazione pandemica la crisi globale generata da un nuovo ceppo di Coronavirus mai identificato prima dall'uomo, il cosiddetto SARS-CoV-2. In ragione dell'insorgenza della pandemia e della sua rapida diffusione a livello globale, sono state adottate una serie di misure a livello nazionale ed internazionale dirette a prevenirne e arginarne l'espansione. Pertanto, alla gravissima crisi sanitaria ancora in atto se n'è affiancata una economica nazionale, dell'Unione europea e, più in generale, internazionale, con severe ripercussioni, che purtroppo appaiono destinate ad aggravarsi, a continuare e a presentare i suoi effetti nei mesi a venire. Perché, Presidente, noi sconfiggeremo questo virus, ma avremo una pandemia economica da curare. E nessuno Stato è immune, neanche dai problemi economici che affronteremo, perché la pandemia questo anche ci lascerà in eredità. E questo lo dico quando sento parlare di egoismi in ogni dove in Europa, perché non ci sono muri, non ci sono confini, non ci sono frontiere che possano arginare il virus e le conseguenze che questo provocherà. Appunto, la crisi provocata dalla pandemia di COVID-19 presenta contemporaneamente una dimensione umana estremamente significativa e un notevole impatto negativo a livello socio-economico. È pertanto essenziale - essenziale - che l'Unione e i suoi Stati membri agiscano insieme congiuntamente e con decisione in uno spirito di solidarietà, al fine di contenere la diffusione del virus e aiutare i pazienti, frenare le ricadute economiche e attenuare gli effetti sociali negativi. È fondamentale, in questo momento, che l'Unione non sia solo il nome, ma che siano anche i fatti, che abbia un profondo significato la parola Unione europea. La parola Unione deve avere un nuovo significato, anzi il vero significato, che è quello un po' dell'idea fondante di quello che era l'Unione europea. L'unità degli Stati europei nasce dalle ceneri degli Stati nazionali emersi dalla seconda guerra mondiale, ed è proprio in questo contesto complicato e difficile che deve ritrovare e rinnovare il significato dei valori chiaramente enunciati nei Trattati che la tengono insieme.

Alla luce di quanto detto, possiamo considerare che, seppure con tempi e modalità diverse, vi sia stata una risposta da parte di tutte le istituzioni europee. Iniziamo dalla BCE, che posso definire un epic fail la prima uscita della Lagarde, un errore gravissimo che tutti abbiamo fortemente criticato, tutti. La BCE, dopo questo epic fail, ha attivato, in aggiunta ai programmi già esistenti, quello che viene comune che comunemente definito dai nostri organi di stampa un bazooka, ovvero il cosiddetto PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme), che ha messo in campo 750 miliardi di euro in programmi di acquisto per il 2020. Importanti, nei limiti del possibile, in considerazione delle limitate risorse a sua disposizione, risultano le proposte fatte sino ad ora dalla Commissione europea, tra le quali ricorderò solo le principali, quali: la tempestiva istituzione di una squadra di pronto intervento con funzioni di coordinamento a livello politico, composta dai cinque Commissari responsabili per gli ambiti strategici maggiormente interessati; la comunicazione relativa a una risposta economica ordinata all'emergenza COVID-19, pubblicata il 13 marzo 2020; l'iniziativa investimenti in risposta al Coronavirus per un uso flessibile dei fondi strutturali europei per rispondere alle necessità crescenti nei territori più esposti, quali la sanità, le PMI, i mercati del lavoro e per venire in aiuto delle zone più colpite degli Stati membri e dei loro cittadini, entrata in vigore il 30 marzo; il quadro di riferimento temporaneo sugli aiuti di Stato per consentire agli Stati membri di utilizzare appieno la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato e per sostenere le loro economie; la richiesta al Consiglio di garantire che le istituzioni dell'Unione attivino la clausola di salvaguardia generale prevista dal Patto di stabilità e crescita; la proposta della Commissione di estendere l'ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea; e il nuovo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi della disoccupazione in un'emergenza, il cosiddetto SURE.

In questo contesto, anche il Consiglio, a tutti i livelli e in tutte le formazioni, sta facendo importanti e costanti sforzi. Ricordo, inoltre, che pure il Consiglio europeo si è riunito svariate volte in videoconferenza (il 10, 17 e 26 marzo 2020), e di cui si attende una nuova riunione. Risulta pertanto di primaria importanza per questo Parlamento, in particolar modo per gli interpellanti, avere un quadro quanto più aggiornato delle recenti iniziative assunte dalle varie istituzioni europee in merito alla risposta comune nei confronti dell'epidemia di Coronavirus, con particolare riferimento alle misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi nell'Unione europea.

In particolare, le saremmo grati, signor Ministro, se potesse soffermarsi sull'attivazione della clausola generale di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita, sull'estensione della portata prevista dal quadro temporaneo degli aiuti di Stato e sullo stato della richiesta di autorizzazione alla Commissione europea del pacchetto ricompreso nel decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri il 6 aprile scorso.

Vorremmo, inoltre, chiederle, Ministro, ulteriore delucidazioni sulla situazione attuale contingente e, in particolare, sulla posizione che il Governo italiano intende sostenere nei prossimi tavoli europei, anche in merito alla valutazione, nel quadro dell'auspicata proposta di un European Recovery and Reinvestment Plan, o, a prescindere dalla denominazione, che sarà, del pacchetto di strumenti, sia nuove sia già esistenti, come il Fondo SURE, che abbiamo già citato, di un possibile sostegno da concretizzarsi attraverso la BEI, la flessibilità nell'utilizzo dei fondi strutturali ancora spesi, in vista dei prossimi vertici e delle riunioni ministeriali.

PRESIDENTE. Il Ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, ha facoltà di rispondere. Prego, onorevole Amendola.

VINCENZO AMENDOLA, Ministro per gli Affari europei. Grazie, Presidente. Ringrazio i deputati per l'interpellanza rivolta al Governo, che ci consente di fornire un quadro aggiornato delle iniziative in risposta all'emergenza COVID-19, quelle già intraprese dall'Unione europea e quelle su cui la discussione è ancora in corso proprio in queste ore. La crisi, come lei ricorda, che viviamo in questi giorni, rappresenta un'emergenza senza precedenti, non solo per l'Italia, ma a livello globale, e ci obbliga a risposte rapide ed efficaci. La nostra priorità è stata, ed è tuttora, la tutela della salute dei cittadini, e parallelamente dobbiamo sin da oggi guardare al dopo, a quello che verrà quando tutto questo sarà finito e ci sarà da rimettere in moto l'economia sostenendo imprese, lavoratori e famiglie. I costi sanitari di questa crisi sono drammatici, dobbiamo fare in modo che quelli economici e sociali, per quanto possibile, siano minimizzati. L'Italia, probabilmente per prima in Europa, ha immediatamente compreso la gravità della situazione e la necessità di una risposta europea alla minaccia pandemica, come testimoniato dalla richiesta del Ministro Speranza di convocare il 13 febbraio un Consiglio straordinario dei Ministri della salute per avviare un coordinamento rafforzato.Da questo coordinamento sono scaturite alcune decisioni. Cito solo le principali: in materia di rimozione delle strozzature alla libera circolazione di beni essenziali, a cominciare dal materiale medico; adozione di procedure europee per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale; divieto di esportazione dall'Unione europea dei dispositivi; creazione di un gruppo consultivo sul COVID-19, composto da esperti, per formulare orientamenti sulle misure di gestione del rischio coordinate e basate su dati scientifici; sospensione temporanea dei dazi e dell'IVA sui beni medici importanti; trasferimento dei pazienti all'interno dell'Unione europea.

Superata la fase iniziale, dopo un po' di scetticismo da parte di alcuni, che probabilmente non hanno avuto la percezione esatta della dimensione e della tragicità della crisi, il 10 marzo scorso i Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea hanno chiesto alle istituzioni europee di intervenire rapidamente, non solo in relazione agli aspetti sanitari ma anche a quelli delle ricadute socio-economiche. Da quel momento, a partire dal 13 marzo, si sono succedute numerose misure ed iniziative, e vorrei ricapitolare con lei solo le principali.

La Commissione il 13 marzo ha adottato la comunicazione relativa alla risposta economica coordinata all'emergenza COVID-19: tra le altre cose è stata avviata la sorveglianza per evitare blocchi nel movimento di articoli medicali e istituito il CRII (Iniziativa di investimento in risposta al Coronavirus), con risorse pari a 37 miliardi di euro. Si sono così promossi investimenti attraverso la mobilizzazione delle risorse di liquidità disponibili all'interno dei fondi strutturali e di investimento europei. Successivamente, ad inizio aprile la Commissione ha deciso di concedere una completa flessibilità dei fondi strutturali. L'iniziativa include l'anticipazione dei pagamenti, il riorientamento dei fondi di coesione e l'assistenza agli Stati membri nel convogliare i fondi dove sono più necessari il più rapidamente possibile. In particolare, la Commissione propone di mobilitare le risorse di liquidità provenienti dai fondi strutturali. Questo consente immediata liquidità ai bilanci degli Stati membri: per l'Italia ciò significa la possibilità di anticipare l'impiego dei 37 miliardi ancora disponibili nell'attuale bilancio 2014-2020 sul Fondo europeo sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo, che le regioni e alcuni Ministeri dovranno spendere entro il 2023. La Commissione consentirà l'ammissibilità di tutte le spese connesse alla crisi, applicando la massima flessibilità sulle norme. Questo significa che tutte le risorse potranno essere riassegnate per sanità, sostegno alle piccole e medie imprese e al mercato del lavoro, senza bisogno di cofinanziamento nazionale e in qualsiasi parte del territorio nazionale.

Sempre il 13 marzo la Commissione ha deciso l'attivazione del Fondo europeo di solidarietà per l'emergenza pandemica per il finanziamento d'emergenza per Stati membri e Paesi candidati. Il 16 marzo ha riallocato 1 miliardo come garanzia del Fondo europeo di investimento per favorire il credito delle banche alle piccole e medie imprese. Il 19 marzo ha adottato una comunicazione sugli aiuti di Stato che, oltre a consentire gli interventi ex articolo 107.2 del Trattato per la compensazione del danno, elevando il limite de minimis ad 800 mila euro, ha definito un quadro temporaneo in base all'articolo 107.3 che consente di intervenire a garanzia della liquidità delle imprese, soprattutto le piccole e medie. Si tratta di innovazioni ad hoc, che espandono notevolmente il perimetro degli interventi statali, come chiesto per prima dall'Italia. Il Temporary Framework è stato poi ulteriormente ampliato dalla Commissione lo scorso 3 aprile. Peraltro, come sapete, la Commissione sta autorizzando i regimi di aiuti notificati agli Stati membri praticamente a vista. La Commissione ha proposto all'Ecofin, che l'ha approvata il 23 marzo, la General Escape Clause, che sospende il percorso di aggiustamento di bilancio, derogando dalle regole del Patto di stabilità e crescita. Si tratta di un'iniziativa fondamentale, che consente agli Stati membri di disporre di uno spazio di manovra rilevante per agire anche a livello nazionale. Il 24 marzo la Commissione ha sospeso i termini delle procedure di infrazione fino al 15 giugno 2020. Il 2 aprile, sulla base dell'articolo 122.2 del Trattato sul funzionamento, ha adottato la proposta relativa allo strumento Sure: si tratta di un fondo europeo di sostegno a strumenti nazionali per la lotta alla disoccupazione, che dovrebbe essere finanziato con l'emissione di titoli di debito da parte della Commissione fino a 100 miliardi, con una garanzia del 25 per cento messa dagli Stati membri a fronte della scarsa disponibilità del bilancio europeo a fine ciclo settennale.

In base ai suoi criteri il regolamento, una volta formalmente adottato, consentirà alla Commissione di raccogliere risorse sui mercati, emettendo bond con tripla A, quindi a tassi bassissimi, vantaggio che verrà utilizzato dagli Stati membri.

Infine, la Commissione sta lavorando con gli Stati membri per: evitare il blocco della libera circolazione dei beni essenziali, a cominciare dal materiale medico, come mascherine o ventilatori per gli ospedali; coordinare e finanziare il rientro degli europei ai loro rispettivi domicili; lanciare appalti internazionale per l'acquisto in comune a prezzi più convenienti di materiale medico; e stimolare la produzione di mascherine, respiratori e altri dispositivi di protezione individuale, costituendo una scorta strategica di attrezzature mediche.

La Banca centrale europea già il 18 marzo ha, da parte sua, ha avviato il PEPP, Pandemic Emergency Purchase Programme, un programma di acquisto straordinario di titoli per un ammontare supplementare di 750 miliardi di euro, eliminando anche i limiti di acquisto di titoli per ogni Paese emettente, portando complessivamente la capacità di intervento oltre i 1.100 miliardi di euro. L'iniziativa comporta l'acquisto temporaneo di titoli del settore pubblico e privato, per contrastare i gravi rischi della pandemia per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria e le prospettive per l'area dell'euro. Si tratta in particolare di tre tipi di azioni: acquisti di titoli del settore pubblico; ampliamento della gamma di attività idonee nel quadro del programma di acquisto del settore aziendale sui non-financial commercial paper; e una misura che tutela anche le grandi aziende, con l'allargamento del campo di applicazione degli Additional Credit Claims. La BCE ha già comprato 30,2 miliardi di euro di bond nei primi giorni di attivazione di questo programma.

La Banca europea per gli investimenti ha adottato il 16 marzo un piano per attivare fino a più di 40 miliardi di finanziamenti destinati alle piccole e medie imprese, per alleviarne la crisi di liquidità anche in collaborazione con le banche nazionali, mediante prestiti ponte utili alla sospensione dei rimborsi di credito veicolati attraverso il Fondo europeo per gli investimenti. Il pacchetto di finanziamento proposto dalla BEI comprende: schemi di garanzia dedicati alle banche basati sui programmi già esistenti, mobilitando fino a 20 miliardi di euro di finanziamento; 10 miliardi di euro di linee di liquidità integrative dedicate alle banche per garantire un ulteriore sostegno al capitale circolante per le piccole e medie imprese e le società a media capitalizzazione; e programmi di acquisto di titoli garantiti da attività per consentire alle banche di trasferire il rischio sul portafoglio di prestiti alle piccole e medie imprese, mobilitando un ulteriore sostegno di 10 miliardi di euro. In accordo con la Commissione europea, e sempre attraverso la BEI, saranno messi in campo anche ulteriori strumenti di garanzia - come ad esempio InnovFin - per finanziare investimenti urgenti per il miglioramento delle infrastrutture sanitarie esistenti, per l'acquisto di nuove e per lo sviluppo di cure e vaccini contro il COVID-19. Saranno previsti anche finanziamenti diretti alle imprese per incentivare progetti di ricerca e innovazione di qualsiasi dimensione, sia all'interno dell'Unione che nei Paesi aderenti al programma Horizon 2020.

Caro deputato, ritengo sia giusto sottolineare come le misure adottate da Commissione europea, BCE e BEI abbiano creato le condizioni per alleviare almeno in parte una situazione che altrimenti sarebbe stata ben più drammatica. La deroga del Patto di stabilità ha garantito più ampi margini di azione per far fronte all'emergenza pandemica e alle sue conseguenze sulla salute pubblica e sul tessuto socio-economico. Il programma di acquisto di titoli da parte della BCE ha creato le condizioni per continuare a trovare sul mercato le risorse necessarie. Lo stesso importante provvedimento di sostegno a imprese e lavoratori deciso lunedì dal Governo, che stabilisce interventi in 400 miliardi, è stato possibile anche grazie all'apertura della Commissione europea sulla revisione del regime sugli aiuti di Stato.

È tuttavia indubbio come ciò rappresenti il primo passo verso una strategia complessiva che guardi a un orizzonte di medio e lungo periodo per porre ora le basi per minimizzare l'impatto socio-economico della crisi. È ora che l'Unione europea deve confermare la sua capacità di rispondere ai bisogni dei suoi cittadini, mostrandosi in grado di dare una soluzione europea a una crisi globale. Come Italia abbiamo quindi ripetutamente sostenuto la necessità di un Recovery Plan europeo, come lo ha definito il commissario Gentiloni, capace di ricostruire e rinnovare il tessuto socio-economico del continente.

Questa nostra visione è stata ribadita con forza dal Presidente Conte in occasione del Consiglio europeo straordinario del 26 marzo, in cui ci siamo opposti a soluzioni al ribasso, insistendo sulla necessità di far prevalere una visione di lungo periodo.

Il dibattito su questo punto, come sapete, si aggiorna continuamente e, solo per dare il polso della situazione, in occasione del citato Consiglio europeo straordinario del 26 marzo, da parte italiana è stata costruita un'alleanza insieme ad altri otto Stati membri, confermata nella lettera inviata dai nove Capi di Stato e di Governo alla vigilia della riunione, con la quale abbiamo chiesto misure più ambiziose per creare uno strumento di debito comune di dimensioni sufficienti a lunga scadenza per garantire la disponibilità di risorse raccolte sui mercati.

Nella dichiarazione comune del 26 marzo scorso, i ventisette Capi di Stato e di Governo non hanno trovato una posizione condivisa su questo punto e hanno dato mandato all'Eurogruppo del 7 aprile di lavorare su più possibili proposte. I commissari Gentiloni e Breton hanno presentato, ad inizio di questa settimana, un'iniziativa per un fondo europeo per la rinascita espressamente concepito per emettere obbligazioni a lungo termine e con una governance che consenta di evitare ogni moral hazard. L'obiettivo sarebbe di mobilitare risorse per circa il 10 per cento del PIL europeo, pari a circa 1.500-1.600 miliardi di euro.

Dall'inizio dell'emergenza ad oggi, l'impulso del Governo italiano è stato progressivamente portato e raccolto da altri Stati Paesi, dando vita ad un intenso dibattito. Prima del Consiglio europeo del 26 marzo e del successivo Eurogruppo del 7 aprile l'unico strumento immaginato come politica fiscale comune per contrastare gli effetti economici del COVID era il Meccanismo europeo di stabilità. Ora, dopo il Consiglio europeo e l'Eurogruppo di questa settimana che si aggiornerà oggi, non è più così.

Nonostante l'aggiornamento della riunione dell'Eurogruppo, abbiamo lavorato, si è lavorato e si continuerà a lavorare su un menu possibile di strumenti da proporre al prossimo Consiglio europeo, una cassetta di attrezzi più articolata composta in sostanza dai seguenti elementi.

Il primo, interventi a sostegno della liquidità da parte della BEI attraverso la creazione di un fondo paneuropeo di garanzia che, attraverso una dotazione di 25 miliardi, possa garantire linee di credito, prestiti ponte, capitale circolante, mobilitando circa 200 miliardi di euro e garantendo agli Stati che lo adoperano prestiti con rating AAA.

Secondo, la proposta della Commissione, cosiddetta Sure, in materia di sostegno a strumenti nazionali per la lotta alla disoccupazione, di cui ho fatto cenno, con un fondo pari a 100 miliardi di euro per combattere la disoccupazione in Europa.

Terzo, il possibile ricorso alla linea di credito precauzionale del Meccanismo europeo di stabilità. È uno strumento che sappiamo esiste dal 2012, pensato per crisi simmetriche di natura finanziaria e, pertanto, per quanto riguarda il Governo, non adeguato alla crisi attuale e lo abbiamo sostenuto in più sedi, anche in quelle ufficiali del Parlamento. Nel negoziato si sta discutendo un cambiamento radicale della modalità di funzionamento con l'abbandono delle condizionalità. È chiaro, tuttavia, come il Governo rimarrà fermo sulle sue posizioni che considerano tale strumento inadeguato a fronteggiare la natura della crisi attuale.

Quarto, la costituzione di un “Fondo per la ripresa” finanziato attraverso l'emissione di titoli comuni e sulla base di contributi o garanzie dei Paesi membri che possa dispiegare risorse ingenti con una operatività di lungo periodo. Anche in questo caso, si sta negoziando sui dettagli tecnici e sulle modalità operative. È un passaggio delicato ma anche molto significativo nella storia dei negoziati europei che segnerebbe un cambiamento radicale nell'approccio verso la mutualizzazione del rischio di fronte alle crisi comuni. Una novità questo fondo per la ripresa che marcherebbe l'effettiva volontà dell'Unione di dotarsi di strumenti non solo efficaci ma anche genuinamente condivisi.

Quinto, il riorientamento del prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 verso la ripresa post-COVID. La Presidente Ursula von der Leyen ha già indicato come ritenga opportuno che il prossimo bilancio sia una sorta di nuovo “Piano Marshall”.

Come ho avuto modo di chiarire in una telefonata della scorsa settimana con il commissario al bilancio Hahn, il prossimo bilancio dovrà avere caratteristiche di flessibilità e di forza economica tali da poter affrontare eventuali crisi che si dovessero presentare nel corso del settennato. Lo stesso commissario ha, peraltro, anticipato come intenda proporre un QFP “robusto” che possa mobilitare risorse pari almeno al 2 per cento del reddito nazionale lordo dell'Unione europea.

Per giungere a una soluzione c'è una sola possibilità, cioè continuare il confronto e negoziare nell'Eurogruppo e nel prossimo Consiglio europeo con un obiettivo chiaro: va trovata una soluzione che sia adeguata alla sfida che l'Unione europea e l'Italia si trovano di fronte.

Non è il momento di soluzioni di compromesso, di equilibrismi negoziali, di rigidità e di tatticismi. E' il momento della responsabilità e del coraggio. Responsabilità di fronte ai nostri cittadini che vivono uno dei tornanti più drammatici della storia recente del nostro continente. Coraggio di fronte a una sfida che richiede risposte immediate ed efficaci e strumenti nuovi, come quello indicato in Sure, come quello indicato nel fondo BEI, come quello su cui si sta lavorando e negoziando di un fondo per la ripresa che sarebbe una novità importante nel panorama delle scelte europee accanto a quelle già promosse dalla Commissione, dalla BEI e dalla BCE che noi sosteniamo ma che hanno bisogno oggi, oltre alla politica monetaria e alla politica delle regole, anche di una politica fiscale comune che sia all'altezza della sfida.

Siamo di fronte ad una crisi globale con caratteristiche senza precedenti, una crisi che può essere affrontata e risolta solo con questo sforzo comune e strumenti integrati a livello europeo perché, come abbiamo ripetuto in queste settimane, da questa crisi nessuno si salva da solo ed è necessario, ora più che mai, che l'Europa si comporti da Unione.

PRESIDENTE. Il deputato Battelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SERGIO BATTELLI (M5S). Grazie, Presidente. Sì, sono assolutamente soddisfatto e ringrazio il Ministro per questo dettagliato resoconto. Volevo, quindi, fare un plauso a lei, Ministro, alla sottosegretaria Agea, al Governo intero e, soprattutto, al Presidente Conte che sta facendo un lavoro mai visto prima in questa fase.

L'Eurogruppo è in corso e, come lei ha detto giustamente, l'Italia è ferma sulle sue posizioni. Noi oggi, come ha detto lei, abbiamo sottoscritto e l'Italia è stata capofila della sottoscrizione di una lettera con nove Paesi, e non nove Paesi a caso ma nove Paesi molto importanti tra cui la Spagna, la Francia, il Portogallo, la Grecia, il Belgio. È stato un passo molto importante per quanto riguarda la difficile trattativa, e nessuno nega che non sia una trattativa facile: è stato un passo molto importante non solo per affrontare la crisi ma credo che sia arrivato anche il tempo per utilizzare - passatemi la parola - questa crisi per cambiare radicalmente l'assetto della governance e della struttura dell'Unione Europea. Mai come oggi possiamo affrontare e utilizzare la crisi per cambiare finalmente l'Unione europea.

Noi proseguiamo su questa strada che lei ha ricordato: ci sono diversi strumenti messi sul piatto ma noi proseguiamo senza indugi sulla strada dell'Eurobond. Noi vogliamo questo strumento attivo per affrontare la crisi in questo momento straordinario che, come momento straordinario, ha bisogno di strumenti straordinari che siano strumenti completamente nuovi e ambiziosi.

Vorrei fare un attimino un paio di considerazioni. La prima è la seguente: noi non possiamo combattere un nemico nuovo, un nemico invisibile con armi vecchie, cioè non possiamo affrontare una crisi di questo tipo con armi che hanno la punta spuntata; quindi, noi non possiamo permetterci di alimentare dibattiti e portare avanti dibattiti che ci propongono strumenti che non sono all'altezza della situazione.

Come ho detto, la partita è difficile, però ci tengo a precisare una questione: l'Italia ha, aveva i conti in ordine, cioè noi questa crisi non l'abbiamo creata, non l'abbiamo cercata.

Questa crisi la stiamo combattendo tutti e la dobbiamo combattere tutti assieme. Questa è anche la mia risposta a tutti quei Paesi che, per una ragione o per l'altra, vogliono affidarsi a qualcosa che è già superato da tempi che non erano gli stessi di oggi, perché oggi non stiamo affrontando una crisi di uno Stato, ma - ricordo - l'OMS, quindi non Battelli, non il Governo italiano, parla di pandemia, e quando si parla di pandemia vuol dire che tutto il mondo è oggi coinvolto in questa crisi enorme, che non sappiamo ancora quanti disastri potrà provocare. In tutto questo tutti stanno facendo la loro parte: tutti. Tutti i protagonisti coinvolti stanno facendo la loro parte: ci sono i ricercatori, che stanno sperimentando il vaccino, perché è fondamentale oggi avere uno strumento come il vaccino che sia funzionale e che stanno studiando degli strumenti per fare diagnosi veloce, per capire velocemente se una persona è positiva o non è positiva; poi ci sono i medici e gli infermieri, che non finirò mai di ringraziare per quello che hanno fatto in questi mesi, che stanno sperimentando terapie, delle terapie nuove, perché, anche qui, la novità è anche per il tutto il comparto medico, perché affrontiamo un qualcosa di nuovo; poi c'è l'utilizzo di farmaci nuovi, perché si stanno sperimentando diversi farmaci, che servivano ad altre cose ma che possono venire utili per combattere il COVID-19; poi ci sono le aziende che stanno fornendo strumenti tecnologici per monitorare la diffusione, con le app dello smartphone e con altri sistemi tecnologici. Infine c'è il turno della politica: la politica non si può permettere oggi di presentarsi sul palcoscenico europeo e dire “utilizziamo strumenti vecchi”. Quindi, oggi, come tutti i protagonisti che stanno affrontando questa crisi, dobbiamo essere coraggiosi e affrontare con strumenti efficaci e nuovi questa crisi.

Ci sono anche stati molti colleghi, tra cui anche colleghi del mio gruppo, che si sono lamentati del fatto che la prima sessione dell'Eurogruppo sia durata sedici ore e sia arrivata, poi, a un rimando. Credo che quello non sia stato un fallimento. Non sono d'accordo perché sedici ore di un Eurogruppo vuol dire che l'Italia non è andata, come sempre e come è successo molte volte, a farsi dare il compitino. L'Italia è andata lì con un mandato della maggioranza intera, quindi di tutti - e il Governo è super compatto in questa questione - chiedendo l'adozione di uno strumento specifico, che possa essere eurobond, COVID-bond, recovery fund, chiamiamolo come vogliamo, la semantica oggi non conta, conta il contenuto. Quindi la sessione è durata così tanto perché l'Italia, prima in Consiglio con il Presidente Conte, che ha detto chiaramente: “o questo o non andiamo da nessuna parte”, con il Ministro Gualtieri ha portato avanti la stessa identica posizione all'Eurogruppo. È per quello che l'Italia, che non è un Paese qualunque, ha messo sul piatto una questione fondamentale e, di fatto, si sono cambiati gli equilibri a livello di Eurogruppo. Vediamo che ci sono nuovi fronti: la Francia con la Spagna e l'Italia, la Germania e l'Olanda che dicono altro, però il fatto che stia durando tanto sta dimostrando che l'Italia oggi è protagonista nella trattativa e questo è fondamentale in questa fase. Come ha detto giustamente il Ministro Amendola, ovviamente sul piatto ci sono anche altri strumenti. La sospensione del Patto di stabilità va benissimo, assolutamente: ottimo e facciamo un plauso anche alla Commissione, che per me si è mossa molto velocemente per affrontare questa crisi. Lo SURE è uno strumento che secondo me è buono, che va utilizzato. La BCE, che - lo ripeto - dopo l'epic fail della Lagarde, ha subito ripreso e innestato la marcia e sta andando molto bene, perché oggi è fondamentale; la BEI servirà assolutamente. Quindi, tutti questi strumenti serviranno all'Italia e all'Unione per la ripresa, tutti strumenti che noi accetteremo, però, ripeto, noi vogliamo uno strumento di condivisione: vogliamo gli eurobond e su questo noi terremo la barra dritta, perché non è fondamentale solo per 60 milioni di italiani oggi; ciò è fondamentale per 500 milioni di cittadini dell'Unione europea. Da questa crisi ne usciremo sicuramente. Come ho detto prima, secondo me, paradossalmente, il Coronavirus, questa pandemia, potrebbe essere - sarà un paradosso - la cura per salvarci dai mali ormai che ci portiamo avanti da anni di quella che è l'Unione europea. Alcuni forse utilizzano questi software che hanno alcuni partiti, che vedono la parola “Europa” che compare e quindi cominciano con la solita litania del fatto di uscire dall'Unione per poi rimangiarsela mezz'ora dopo. Io credo che oggi possiamo uscire dalla crisi rimanendo uniti e non invocando di chiuderci in un bunker da soli: questo è quello che dobbiamo fare. Ho scritto qualche giorno fa - e alcuni anche lo hanno ripetuto - che oggi l'Europa deve cambiare o l'Europa muore perché, di fatto, oggi è fondamentale portare avanti strumenti innovativi. Lo ripeto, poi ci sono tante cose che dovremmo affrontare anche nel post crisi, perché oggi è fondamentale che l'Eurogruppo e poi il Consiglio porti avanti quella posizione e su questo l'Italia non mollerà. Tuttavia, quando parleremo di quello che sarà il post crisi dovremo affrontare anche questioni che sono molto importanti, vedi la fiscalità; dovremo cominciare a un dibattito su questo. Ci sono Stati, membri dell'Unione, che oggi sono, di fatto, paradisi fiscali: possiamo accettare questo nell'Unione europea? No! Ci sono Paesi che oggi chiedono rigore ma che, di fatto, poi attuano politiche fiscali molto aggressive anche già nei confronti di Stati membri. Finisco, Presidente. Mi auguro che il dibattito vada avanti e sono molto fiducioso del fatto che l'Italia stia facendo veramente un fronte comune molto forte, innovativo: riusciremo sicuramente, uniti, ad affrontare questa crisi.

(Chiarimenti in ordine alla costituzione e ai parametri di riferimento dell'attività dell'Unità di monitoraggio istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per il contrasto delle cosiddette fake news relative al COVID-19 - n. 2-00723)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lollobrigida ed altri n. 2-00723 (Vedi l'allegato A). Il deputato Mollicone rinuncia all'illustrazione e quindi si riserva di intervenire in sede di replica. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Andrea Martella, ha facoltà di rispondere.

ANDREA MARTELLA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, signor Presidente e onorevoli deputati. Vorrei ringraziare l'onorevole Lollobrigida, l'onorevole Meloni, l'onorevole Mollicone e gli altri deputati interpellanti per avermi offerto l'opportunità di chiarire all'Assemblea il profilo dell'iniziativa che ho assunto il 4 aprile scorso, istituendo l'Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al COVID-19 sul web e sui social network, che d'ora in poi chiamerò Unità di monitoraggio.

In questi giorni così difficili e convulsi si è inevitabilmente compresso lo spazio che sarebbe stato opportuno dedicare alla presentazione di questa iniziativa, tanto che, pur nell'ambito di un generale apprezzamento, alcune delle reazioni con le quali è stata accolta riflettono un'incomprensione della natura e delle finalità di questo organismo consultivo, che intendo qui dissipare.

Preliminarmente, intendo esprimere con forza e senza esitazione alcuna la mia piena condivisione verso le affermazioni di principio riportate nelle stesse premesse dell'interpellanza, con particolare riferimento ai richiami ai valori costituzionali e ai principi e ai diritti sanciti dall'articolo 21 e dall'articolo 15 della nostra Costituzione. In proposito, vorrei subito rassicurare l'Assemblea circa la natura delle attività che il decreto affida all'Unità di monitoraggio e che non interferiscono minimamente, neppure in via indiretta, sulla libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, né tantomeno sulla libertà di espressione e sul diritto all'informazione; al contrario, intendono semmai tutelare tali diritti, come spiegherò meglio nel corso della mia risposta.

In proposito, vorrei qui ricordare che le funzioni in materia di informazione e di editoria che mi sono state delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri traggono la loro ragione d'essere proprio dal principio, costituzionalmente tutelato, del pluralismo informativo, fondato sui diritti sanciti dall'articolo 21 della Costituzione relativamente alla libertà di espressione. Sono quindi particolarmente consapevole e sensibile ai principi costituzionalmente evocati dagli interpellanti, né potrebbe essere altrimenti, in quanto la promozione e la tutela di tali principi rappresenta l'oggetto principale della delega che mi è stata affidata ed è anche - voglio dirlo - mio personale, culturale, politico convincimento.

Partendo qui da una condivisione di principio delle premesse dell'interpellanza, mi è particolarmente agevole rispondere puntualmente e a tutti i quesiti sollevati, sciogliendo ogni possibilità di equivoco e fornendo gli elementi informativi e fattuali che mi sono stati richiesti in merito ai diversi aspetti dell'Unità. In primo luogo, mi sembra fondamentale superare ogni possibile fraintendimento circa i profili costituzionali dell'iniziativa, la quale, come ho già accennato, nell'attuale situazione emergenziale mira proprio a rafforzare i principi tutelati dall'articolo 21, fondati sul «diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto od ogni altro mezzo di diffusione». La circolazione di notizie e l'espressione delle opinioni sono evidentemente elementi imprescindibili della democrazia, che favoriscono il pieno godimento di altri diritti individuali costituzionalmente rilevanti, tra i quali anche il diritto alla salute, il diritto alla tutela della salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione stessa, che prevede che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività». La giurisprudenza costituzionale ha da sempre coerentemente declinato l'articolo 21, sia nel diritto alla libertà di informare e di manifestare le proprie opinioni e pensieri, sia nel diritto ad essere informati. Con riferimento a questa ultima accezione, numerose sentenze della Corte costituzionale – in particolare, la n. 105 del 1972 la n. 112 del 1994 – hanno affermato il diritto delle persone ad essere correttamente informate e a ricevere un'informazione corretta, completa e continua, cioè aggiornata in base all'evoluzione dei fatti di interesse pubblico. In circostanze eccezionali come quelle che stiamo vivendo in questi giorni, con pericoli reali per la salute dei cittadini, emerge con evidenza il nesso funzionale tra le esigenze di comunicazioni di pubblica utilità e gli interventi a difesa della salute. Di fronte all'emergenza epidemiologica, l'elemento informativo acquista pertanto un rilievo speciale, che giustifica una particolare attenzione al diritto all'informazione, stante la sua diretta interazione con la salute pubblica.

Alla luce di tali considerazioni, un'Unità di monitoraggio chiamata a rendere maggiormente riconoscibili in rete i contenuti autentici, riconducibili a fonti ufficiali e istituzionali, distinguendoli da quelli fuorvianti e privi di certificati ancoraggi verità scientifiche, può agevolare il godimento del diritto individuale ad una adeguata informazione, senza in alcun modo tradursi in censure, senza menomare il pluralismo delle opinioni, né limitare l'esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta appunto dall'articolo 21 della Costituzione.

Del resto, mi sembra rilevante ricordare che, nell'attuale assetto istituzionale, gli interventi di contrasto alle fake news competono, per diversi profili di competenza, alla Polizia postale, alla giustizia ordinaria, al Copasir e all'Agcom. L'Autorità garante per le comunicazioni, in particolare, ha già istituito quattro tavoli tematici per affrontare l'emergenza COVID-19; uno di essi, il tavolo permanente su big data e piattaforme on line, è anch'esso focalizzato sul contrasto della disinformazione on line su temi medico-sanitari e relativi al contagio e, appunto, l'Agcom parteciperà come osservatore alle attività dell'Unità di monitoraggio, secondo quello spirito di collaborazione e scambio interistituzionale che deve improntare ogni azione pubblica, a maggior ragione in condizioni di emergenza.

Dal canto suo, la neoistituita unità di monitoraggio non ha alcun potere di vigilanza e tanto meno sanzionatorio o inibitorio, in quanto la sua natura è semplicemente quella di un gruppo di lavoro chiamato a focalizzare il fenomeno delle fake news e a fornire strumenti conoscitivi ai cittadini utenti del web, rafforzando il diritto ad essere informati e favorendo l'individuazione delle fonti istituzionali e accreditate.

Dopo aver doverosamente chiarito la piena coerenza, quindi, nei confronti dei valori costituzionali, nell'auspicio di avere sciolto definitivamente ogni equivoco, vorrei passare a rispondere agli altri specifici quesiti sollevati nell'interpellanza. Per quanto riguarda la procedura amministrativa seguita per l'individuazione degli esperti, evidenzio che la delega che mi è stata attribuita si estende esplicitamente alla costituzione di commissioni di studio e consulenza ai gruppi di lavoro in materia di informazione e di editoria. Al riguardo, rimando all'articolo 3, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2019, con il quale mi è stata conferita la delega in materia di informazione ed editoria e che viene espressamente richiamata anche nel preambolo dell'atto di istituzione dell'unità. In piena trasparenza quindi e legittimità, ho operato una selezione intuitu personae nell'individuazione degli esperti dei quali si avvalgono i tre componenti istituzionali dell'Unità. Peraltro, pur essendo noto, mi sembra rilevante sottolineare in questa sede che la partecipazione alle attività delle unità di monitoraggio, sia da parte dei componenti istituzionali che da parte degli esperti, è a titolo gratuito, non è previsto nessun rimborso e non comporta quindi oneri di alcun genere per la finanza pubblica.

In riferimento al mandato attribuito l'Unità di monitoraggio, è opportuno ribadire che la stessa riveste un carattere temporaneo, giustificato dalla fase emergenziale e che, come è esplicitamente riportato nelle motivazioni del decreto di istituzione dell'Unità, l'ambito di attività è circoscritto alle tematiche afferenti la diffusione del contagio da COVID-19 e la finalità è specificamente rivolta a contenere il pericolo che la diffusione di disinformazione e di contenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti, nel perdurare dell'emergenza epidemiologica, possa indebolire le misure di contenimento del contagio virale ed accentuare la difficoltà della gestione emergenziale. Di conseguenza, l'organizzazione dell'Unità è estremamente leggera e le attività che è chiamata a svolgere sono chiaramente definite dal decreto di istituzione, come è evidente dalla lettura del comma 1 dell'articolo 2 del decreto e, come ho già accennato in precedenza, la natura di tali attività è essenzialmente analitica, ricognitiva, di studio e sensibilizzazione. I compiti attribuiti si riferiscono sostanzialmente all'analisi del fenomeno e alla promozione di campagne di adeguata informazione istituzionale, all'interlocuzione con i diversi soggetti del web, con i principali motori di ricerca e piattaforme sociali, in aperta sinergia con gli altri soggetti istituzionali che hanno avviato iniziative complementari, in primis, come detto, l'Agcom.

Si tratta quindi di un'iniziativa che intende semplicemente contribuire a ridurre i rischi di confusione cognitiva su tematiche direttamente collegate al COVID-19, aiutando i cittadini e gli utenti della rete ad orientarsi tra contenuti condivisi e scambiati, con l'esclusivo obiettivo di rafforzare l'efficacia delle misure di prevenzione e contenimento della diffusione del contagio nel nostro Paese. Allo stesso tempo, tale iniziativa mira ad agevolare l'azione comunicativa delle istituzioni che si trovano in prima linea nell'affrontare l'emergenza epidemiologica, quale il Ministero della Salute e la sua articolazione e la Protezione Civile.

Per quanto riguarda il perimetro dell'ambito specifico di intervento dell'Unità, il motivo per il quale l'ambito di intervento è prioritariamente individuato nel web e nei social network è riconducibile alla considerazione che l'informazione nell'ambiente digitale si propaga ad una velocità elevatissima, raggiungendo milioni di persone in pochissimo tempo. D'altra parte, l'informazione prodotta nei media tradizionali è maggiormente assoggettata alla verifica delle fonti rispetto ai parametri dell'attendibilità e della veridicità dei contenuti. Ai fini del contenimento del contagio da COVID-19, la problematicità della questione si declina nell'evidenza dimostrata che una fake news si diffonde molto più velocemente rispetto a una notizia veritiera e che, come è ampliamente noto, le fake news possono essere generate da software in grado di creare automaticamente profili falsi e di rilanciare contenuti mirati in maniera passiva. In proposito, intendo incidentalmente chiarire che l'espressione letterale utilizzata nel decreto si riferisce implicitamente al fenomeno appena richiamato delle fake news generate dai sistema di intelligenza artificiale, i cosiddetti deepfake citati nelle stesse premesse dell'interpellanza.

In definitiva, i compiti affidati all'Unità di monitoraggio - i quali, lo ripeto, sono meramente consultivi e non prevedono né potrebbero prevedere alcun potere di vigilanza sanzionatorio o inibitorio - lungi dal porsi in contrasto, mirano semmai a tutelare i principi e i diritti di libertà riconosciuti dalla Costituzione, in quanto favoriscono il diritto alla libera informazione pluralista, individuando, per quanto possibile, gli elementi di disturbo che inevitabilmente offuscano la capacità di discernimento dei cittadini e riducono la loro possibilità di essere correttamente informati e, di conseguenza, di adottare i comportamenti più appropriati a tutela della propria salute.

Da ultimo, segnalo, a titolo informativo, che l'Unità di monitoraggio si è riunita ieri per la prima volta. Il gruppo di esperti che vi partecipa ha ritenuto di diffondere una nota con cui ha ribadito che il loro contributo sarà quello di supportare le istituzioni attraverso proposte, analisi e strumenti che facilitino la diffusione di informazioni scientificamente affidabili sull'emergenza sanitaria, nella convinzione che il miglior contrasto alla cattiva informazione sia la capacità di ciascun cittadino di saper trovare da sé le notizie e le risposte di cui ha bisogno. Hanno, inoltre, affermato - leggo testualmente - che “come da provvedimento istitutivo, l'obiettivo non è in nessun modo quello di esercitare censure o limitare la libertà di espressione o il diritto dei cittadini a informarsi. E, quindi, non è intenzione assegnare patenti di veridicità alle notizie”.

Avviandomi a concludere, spero di aver fornito in questa sede ai deputati interpellanti una risposta sufficientemente dettagliata su ciascuno degli aspetti sollevati in ordine alla natura e al ruolo della suddetta unità di monitoraggio che, per espresso mandato istitutivo, resta aperta al contributo di soggetti pubblici e privati, anche esterni alle amministrazioni statali. Confido, in particolare, di aver fornito elementi sufficienti a fugare ogni residua riserva sullo spirito autenticamente democratico che anima questa azione.

Considerata la portata della cosiddetta “infodemia”, non nutro, da parte mia, alcun dubbio sulla forte consapevolezza di tutte le forze politiche, a partire da quella a cui appartengono gli interpellanti, circa i pericoli legati al fenomeno di cui stiamo trattando, un fenomeno che si configura oggi come un'ulteriore sfida tra le tante che ci troviamo a fronteggiare nella grande emergenza sanitaria in corso. Per questo, in ragione degli argomenti qui esposti e della stessa formula di istituzione di questa unità, ritengo e mi auguro che vi possano essere davvero anche le condizioni per una costruttiva e leale collaborazione istituzionale.

PRESIDENTE. Il deputato Federico Mollicone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto o meno per la risposta all'interpellanza.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente, e grazie, sottosegretario Martella, per i toni e anche per il tentativo di rispondere in maniera specifica alla nostra interpellanza. E' un'interrogazione molto importante e che, quindi, travalica anche il suo ruolo e la sua specifica competenza nell'editoria, perché, purtroppo, le fake news sono trasversali rispetto all'attualità, alla grave attualità che stiamo affrontando, e anche rispetto alle competenze del Governo e, quindi, qui oggi in Aula dovrà rispondere anche di questo. Ripeto: grazie per il tentativo di aver risposto in maniera specifica, anche se, in realtà, su alcuni quesiti non ha risposto, ma andiamo dettagliatamente e spieghiamo dettagliatamente il perché di questa nostra interpellanza. Ad un mese e mezzo dall'inizio dell'emergenza avete deciso di istituire una commissione di esperti contro le fake news quando ancora non è stata messa in piedi neppure la sembianza di un'unità di crisi per gestire la comunicazione dell'emergenza, che è poi la migliore misura per portare la fiducia alla cittadinanza e limitare l'impatto delle bufale (queste sono le fake news). In questa guerra, che richiede la mobilitazione di tutta la nazione - perché noi questo lo consideriamo -, disporre di una comunicazione corretta e trasparente ai cittadini, agli operatori sanitari, alle imprese e ai lavoratori è la prima arma per combattere l'epidemia e tutte le sue conseguenze sociali ed economiche così come quelle psicologiche. Invece, abbiamo dirette Facebook in piena notte e decreti che rimbalzano sulle agenzie di stampa, con conseguente panico e resse ai supermercati, e contenuti dei DL che cambiano dopo l'annuncio, di per sé fake news. Vogliamo poi parlare del consulente economico a Palazzo Chigi, Gunter Pauli, che ha messo in correlazione il 5G con l'epidemia? Non è questa una fake news, sottosegretario? E il decreto da 400 miliardi che è stato testé evocato, la potenza di fuoco immediata, anch'esso è una fake news. Patuelli dell'ABI, non certo Fratelli d'Italia, ha detto ieri a MilanoFinanza che - cito letteralmente - “nelle bozze c'è scritto chiaramente che le garanzie della SACE, prima di essere applicate, richiedono il via libera dell'Unione europea”. Ancora, si avrà la possibilità di compilazione più rapida per i prestiti coperti da garanzia statale al 100 per cento - quelli fino a 25 mila euro - mentre sarà sostanzialmente una pratica di fido ordinaria per quelli con garanzie dal 90 per cento in giù. Sostanzialmente, sottosegretario, la comunicazione del Governo, plateale e scenica come al solito tanto da interrompere addirittura le dirette del TG1, è fake news. Il “decreto liquidità” va bene solo per le banche, che potranno così riconvertire i crediti concessi alle imprese con la nuova formula della garanzia, e parzialmente per le microimprese, che con la formula del meno 25 mila euro avranno almeno i soldi, indebitandosi, per pagare le tasse rinviate a giugno, e forse anche per le grandi imprese, che comunque hanno le loro linee di credito già valutate dalle banche, ma certamente non per la gran parte delle imprese italiane piccole e medie che avranno soltanto ulteriori difficoltà ad avere la concessione del credito, anche perché i Confidi saranno presi d'assalto, e non avranno la benché minima possibilità di esaminare la loro parte e soprattutto per le valutazioni che le banche dovranno fare comunque secondo le vecchie procedure - vecchie procedure, sottosegretario! - e tenendo conto che non sono cambiate le norme penali sulla responsabilità. È, quindi, questa una fake news e ci chiediamo se questa unità di crisi, come l'ha chiamata lei, monitorerà anche quelle fake news istituzionali e del Governo.

Non sarà poi una fake news ma la contabilizzazione dei positivi effettivi della consueta conferenza stampa delle 18, che ormai è un rito, non è una verità statistica e per questo, infatti, Giorgia Meloni ha proposto di svolgere test su tutto il campione della popolazione così anche da poter sbloccare le attività produttive, perché, vede sottosegretario, se fa un'unità di crisi sulle fake news è giusto che poi svolga la sua azione a 360 gradi, fermo restando che noi ne critichiamo la composizione, la scelta dei componenti (e poi vedremo più in là), critichiamo il fatto che è stato escluso il Parlamento, il fatto che, come ha detto lei, sono stati scelti intuitu personae ma, in realtà, le fake news sono ovunque, così come ci dimostrano tutte i report al riguardo.

Parallelamente alla più grave pandemia da oltre un secolo, stiamo vivendo una fase, appunto come ricordava anche lei, di “infodemia”, un flusso di informazioni costante e incontrollato che amplifica la minaccia rappresentata dalla diffusione del Coronavirus, ponendo rischi per il sistema sanitario e la sicurezza nazionale. Da una parte, spesso gli utenti si rivolgono in maniera frettolosa all'uso di informazioni online sulla propria salute, il cosiddetto “dottor Internet”; dall'altra, nazioni straniere ostili hanno usato i social media e usano i social media e i mezzi convenzionali per diffondere intenzionalmente la disinformazione sull'origine del virus per influenzare le economie nazionali o per ragioni propagandistiche. Vanno sicuramente messi in campo, quindi, strumenti per il contrasto alla disinformazione in rete, così da evitare soprattutto ricadute sulla salute umana. Non vorremmo però, sottosegretario, che la task force sulle fake news, proposta dal sottosegretario e, appunto, dal Governo nella sua persona, attraverso la sua persona, così come le regole delle piattaforme online per reprimere la diffusione di notizie false sul Coronavirus divengano uno strumento, esse stesse, di censura politica sullo stile orwelliano.

Era un luminoso e freddo giorno d'aprile, e gli orologi battevano tredici colpi: così si apre proprio 1984 di George Orwell, certamente un grandissimo romanzo distopico che consigliamo di rileggere a Palazzo Chigi. Presidente - e per il suo tramite al sottosegretario - Orwell faceva lavorare il protagonista, Winston Smith, nel reparto dell'archivio del Ministero della Verità, il Miniver. Era stato concepito dal Grande Fratello che non aspirava al potere per fini egoistici ma per sviluppare il bene comune (quante assonanze con l'attualità, sottosegretario). Il popolo era formato da uomini incapaci di reggere la libertà o la verità e, quindi, per proteggerli il partito aveva stabilito che il popolo doveva essere ingannato in maniera sistematica da individui più forti. Il Ministero confezionava non solo la verità del presente ma, all'occorrenza, riscriveva anche la storia, e forse qui ci arriveremo. Tutto ciò per far apparire più accettabile la verità più comoda. L'uomo comune è costretto a crollare di fronte alla dissonanza cognitiva che viene indotta dal Grande Fratello senza nemmeno accorgersi delle bugie a cui viene bombardato quotidianamente. Dovrà, quindi, allinearsi completamente all'ortodossia, accettare e credere qualunque menzogna come dogma, anche qualora si dica che due più due fa cinque.

Dopo aver compresso già numerose libertà costituzionali, come quella di circolazione e di riunione, a colpi di DPCM, il Governo sembra ora cimentarsi con la limitazione del diritto di manifestazione del pensiero, di cui, appunto, all'articolo 21 della Costituzione, ampiamente citato in premessa. Ma l'articolo 21 della Costituzione stabilisce che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Il nostro ordinamento, come sa, punisce chi diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, con l'arresto fino a tre mesi, secondo il codice penale. L'ordinamento, però, limita il proprio potere punitivo soltanto a quelle notizie false che possono turbare l'ordine pubblico, quindi non tutte le notizie false, esagerate o tendenziose sono perseguibili. Si badi bene, lo ripetiamo: le fake news sono una cosa seria e vanno combattute, ma come e da chi? Chi controllerà i controllori? I tre nomi pesanti negli esperti, scelti secondo intuitu personae, sono quelli di Riccardo Luna, editorialista di la Repubblica; Francesco Piccinini, direttore di Fanpage e David Puente, di Open; seguono, poi, dei nominativi più tecnici, tra cui il professor Ruben Razzante, la professoressa Luisa Verdoliva, Giovanni Zagni, direttore di Pagella Politica, il medico divulgatore Roberta Villa e la ricercatrice universitaria Fabiana Zollo.

Prima critica. Non è inserito nel decreto di costituzione il modo in cui sono stati individuati e selezionati: lei ci ha risposto, però l'intuitu personae, in un momento così drammatico, da un organo politico, di Governo, non è che ci rassicuri troppo; quale sia il loro curriculum e la specifica competenza di cui dispongono; da chi siano stati scelti e in base a quali criteri e parametri di valutazione: ribadiamo che l'intuitu personae non va bene, perché secondo noi dovevano essere consultate almeno le Commissioni competenti.

Seconda critica. Non è presente uno scienziato né un virologo. La task force, ricordiamo, è per la disinformazione sul COVID-19.

Terza critica. Sono autorevoli e imparziali gli “sbufalatori” di professione? Cosa dovremmo dire, ad esempio, di Riccardo Luna, persona rispettabile, giornalista rispettabile, ma con riferimento al quale sono comparse alcune notizie false, sui propri giornali, sui giornali con cui collabora, come la “nuvola sardina”? Pensate, fu pubblicato un articolo dal titolo sensazionalistico, cosiddetto clickbaiting, con l'avvistamento di una nuvola a forma di sardina sul cielo di Milano, pochi giorni prima della manifestazione degli amici del PD. In realtà, la foto era presa da un social - ironia della sorte, network russo - ed era risalente a un paio d'anni prima. Puente ha approvato anche il debunking di pagine chiaramente a sfondo ironico: e la loro imparzialità, sottosegretario? Sono andato su Open e ho cercato la quantità di articoli di Puente sulle notizie diffuse dai leader politici: su Giorgia Meloni un'enormità, su Di Maio e il MoVimento 5 Stelle qualcuna, su Zingaretti due; e qui, forse, si potrebbe aggiornare con l'acquisto di 11 milioni di mascherine, su cui abbiamo presentato ampie interrogazioni, da parte del presidente della regione Lazio e presidente del Partito Democratico; chissà, magari scopriremo che anche quella è una fake news, però, intanto, i soldi sono veri.

Fanpage, in particolare, su alcuni temi come l'immigrazione ha una chiara visione oriented, orientata, così come si dice in gergo. La Commissione, quindi, ad oggi è sbilanciata. Nelle ultime settimane le informazioni diramate da Palazzo Chigi e da Giuseppe Conte sono state spesso confuse e contraddittorie, basti ricordare le diatribe sulla utilità o inutilità delle mascherine, o i decreti e i loro contenuti, che ormai distribuiscono in edicola come se fossero dei supplementi di giornali e riviste. In pratica, è semplice ed è umano sbagliare, soprattutto in queste difficili fasi, ma un Governo che inciampa in simili errori come può pretendere di stabilire quale informazione sia vera e utile, e quale da rimuovere? All'Unità viene affidato il compito di procedere non solo al monitoraggio, ma anche alla ricognizione e classificazione dei contenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti, creati o condivisi con riferimento al virus, oltre all'analisi e valutazione delle modalità di diffusione delle fonti di origine su detti contenuti; quindi, non esattamente un mandato limitato, sottosegretario.

Si tratta di attività non consentite dall'ordinamento, in quanto in contrasto con i principi e i diritti di libertà riconosciuti e garantiti della Carta costituzionale e dagli articoli 15 e 21 che lei stesso ha citato. Ad ora, l'Unità è priva, nella sua attività di controllo, di qualsiasi garanzia di scientificità, neutralità e legittimità. Diciamolo: parlare di fake news e di post-verità, o di verità dei post significa fondamentalmente parlare di crisi dell'editoria e del giornalismo, e su questo, come sa, sottosegretario, noi stiamo dando una grande mano. Fratelli d'Italia è impegnata per tutta la categoria a sostegno anche delle iniziative del Governo, laddove queste sono a sostegno di una filiera profondamente in crisi. Senza un giornalismo attento, senza giornali riconosciuti per la propria autorevolezza si dà adito alle notizie false di circolare liberamente. La stessa editoria, che è sottovalutata evidentemente dal Governo nei propri provvedimenti, il settore editoriale, la stampa quotidiana e periodica, il servizio radiofonico, già in difficoltà a causa di una generale diminuzione dei ricavi nello scorso decennio, stanno subendo gli effetti della contrazione economica derivanti dall'emergenza epidemiologica, con tagli rilevanti degli investimenti pubblicitari, prevalente fonte di ricavi per le aziende del settore, con cancellazioni delle campagne già pianificate, in particolare di eventi, fiere e concerti già programmati. La Federazione concessionarie pubblicità stima, infatti, per il mercato pubblicitario, una perdita, per il primo semestre del 2020, di circa 450 milioni di euro, pari al 15 per cento degli investimenti complessivi; specificatamente, le stime sul mezzo stampa sono di una perdita del 25 per cento sui quotidiani e del 25 per cento sui periodici, mentre per il settore radiofonico la perdita è pari al 18 per cento.

Nelle prime bozze del decreto “Cura Italia” era trapelata la presenza di un forte investimento sul campo editoriale, ma per un blocco del MoVimento 5 Stelle, sottosegretario, è decaduto tutto. Poi, l'invito da parte del Governo a cercare di migliorare il testo in sede di Commissione. In Senato abbiamo provato ma nulla è servito: ci riproveremo qui alla Camera, facendo fronte comune, quando serve, perché ci chiamiamo “Fratelli d'Italia” e siamo in emergenza nazionale. Le nostre proposte sono chiare: chiediamo, limitatamente al 2020, il regime straordinario di forfetizzazione delle rese con un'applicazione dell'IVA in deroga al regime vigente, in relazione al numero delle copie consegnate e spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione della resa del 100 per cento, invece dell'80 per cento ad oggi previsto. Chiediamo, inoltre, che alle imprese editrici di quotidiani e di periodici iscritte al Registro degli operatori di comunicazione venga riconosciuto un credito d'imposta pari al 10 per cento per la spesa sostenuta nell'anno 2020 per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa; per le emittenti radiofoniche, un credito d'imposta del 50 per cento per le spese sostenute dalle imprese per l'utilizzo di energia elettrica. Condividiamo, poi, con tanti editori una proposta di buon senso e a costo zero per il ripristino dell'obbligo della pubblicità delle aste giudiziarie sui giornali locali e nazionali, anche online, per questioni di maggiore trasparenza e perché, allargando la platea dei possibili acquirenti, si avvicinerebbe agli immobili il loro reale valore di mercato. I giornali, i periodici, le emittenti radiofoniche e le edicole rappresentano un presidio informativo chiave in questa fase emergenziale, che ha molto a che vedere con le fake news. Il Parlamento deve essere coinvolto in questa iniziativa della task force congiuntamente all'ordine dei giornalisti e all'Agcom, che non può essere solo un semplice osservatore, sottosegretario, come lei ha accennato, e che sono già preposti al controllo della qualità informativa, per cui non si capisce il senso di questa Unità di crisi o di monitoraggio, come l'ha definita.

Per mantenere l'equilibrio, un organismo di questo genere va costruito ponendolo in capo all'organismo di massima rappresentanza di tutti gli italiani e delle Autorità di garanzia e, cioè, il Parlamento. Prima della chiusura a causa dell'emergenza sanitaria eravamo intenti a legiferare - e lo citiamo anche nell'interpellanza - fra la Commissione cultura ed editoria e la Commissione telco sulla costituzione proprio di una Commissione d'inchiesta sulla disinformazione online, con proposte di legge di Fiano, di Boschi, del MoVimento 5 Stelle e, unica dell'opposizione, di Fratelli d'Italia, di cui sono primo firmatario. Nella proposta di legge si richiede, negli obiettivi della costituenda Commissione, di valutare una definizione corretta di notizia falsa e chiarire il nesso tra tale fenomeno e l'azione ostile di Stati stranieri o di organizzazioni criminali o terroristiche, sia direttamente che tramite soggetti terzi. Proprio in questi giorni, un'analisi di Alkemy per Formiche ha rivelato un'operazione senza precedenti - e siamo qui a denunciarla - della propaganda cinese sugli aiuti per il Coronavirus: quasi la metà dei tweet con l'hastag #forzaCinaeItalia è opera di bot, i robot che rilanciano automaticamente dei messaggi sui social network. Quindi, ciò a dimostrazione che c'è un'aggressione geopolitica disinformativa da parte di uno Stato straniero e di questo si devono interessare il Parlamento e il Governo.

Riteniamo, inoltre, che sia indispensabile verificare la conformità della regolamentazione adottata dalle piattaforme digitali e dalle reti sociali telematiche alla normativa vigente per la libertà di espressione, di stampa e di opinione.

Tale iniziativa legislativa trova il suo fondamento in discutibili scelte concernenti la cancellazione, spesso arbitraria, di alcuni profili o contenuti, anche di tipo giornalistico, da parte delle principali società proprietarie delle citate piattaforme o reti che, giustificando il loro operato con una lotta al cosiddetto hate speech e alle fake news, appunto, assumono decisioni indipendentemente da qualunque intervento delle competenti autorità giudiziarie o degli organi degli ordini professionali deputati a garantire il rispetto delle regole deontologiche, tanto che l'autorità giudiziaria italiana, rispetto alle piattaforme straniere, ha sanzionato proprio Facebook per queste ragioni in merito ad una cancellazione di un account.

La commissione - quella sulle fake news, se verrà mai istituita - assumerà presto un delicato ruolo di regolamentazione, non solo quindi per nostra visione dei contenuti sul web, ma soprattutto uno strumento per l'affermazione della sovranità digitale - concetto questo che è stato Fratelli d'Italia per primo a introdurre in quest'Aula - contro le nuove nazioni digitali, come appunto Facebook, ma ce ne sono tante altre, che impongono proprie regole, come le condizioni d'uso nelle iscrizioni, che sono vere e proprie Costituzioni digitali, senza curarsi delle norme costituzionali, in un conflitto tra Costituzioni digitali e Costituzioni delle nazioni.

L'intervento di regolamentazione, come detto, è necessario per salvaguardare la sovranità digitale italiana. Lo storico britannico Niall Ferguson ha scritto sul Sunday Times lo scorso giugno: le grandi compagnie in passato si limitavano a rimuovere contenuti terroristici o pedofili, ma oggi sono coinvolte in una censura politica. Google lo ammette apertamente: una presentazione, lo scorso marzo, era intitolata “Il censore buono”. Questo significa che decine di migliaia di moderatori decidono ciò che puoi e non puoi vedere online.

Secondo una larga scuola di sociologi della comunicazione non è affatto vero che gli spazi della rete creano isolamento autoreferenziale e assenza di confronto con le opinioni differenti - le cosiddette “camere dell'eco”, - che alimentano le fake news. Al contrario, mai come oggi è facile accedere a una pluralità di informazioni e opinioni e verificare quanto si apprende; e invece vengono istituite unità e task force sulle notizie false, come è avvenuto anche in RAI recentemente con Di Bella, che rispettiamo nella sua professionalità, ma ci chiediamo: chi decide cosa è vero o cosa è falso?

Avete - vedete - un'ossessione per il controllo della verità ufficiale di decidere la legittimità delle opinioni, un riflesso forse pavloviano di quando la sinistra italiana prendeva ancora ordini dall'Unione Sovietica. Non si possono certo chiudere gli occhi sulla proliferazione di siti e blog sensazionalistici o incentrati su false notizie che deteriorano la qualità dell'informazione. A queste degenerazioni, però, colleghi, si può rispondere incentivando nel cittadino lo spirito critico nel valutare ciò che si legge, vede o ascolta, instillando consapevolezza e senso di responsabilità. In questo senso, le scuole, le università e anche le iniziative di singoli enti innovativi potranno aiutare a formarci.

Il fact checking, il controllo dei fatti, è sicuramente prezioso, da tutelare e incentivare nella misura in cui davvero sia pienamente dedicato all'accertamento dei fatti, ma va evitata la sua strumentalizzazione politica e ideologica, come giudice falsamente oggettivo delle opinioni.

Vedete, dietro al presunto accertamento oggettivo dei fatti, si nasconde spesso un tentativo di delimitare le opinioni, che è legittimo esprimere, delegittimando le altre come false. Ciò invita alla massima prudenza nel contrasto alle fake news, affinché non diventi una censura di parte.

Come avrebbe detto lo stesso Orwell, parlando di libertà di stampa, se libertà vuol veramente dire qualcosa, significa il diritto di dire alla gente quello che la gente non vuol sentire.

Per cui, autorevoli rappresentanti del Governo e membri della Camera, Fratelli d'Italia ritiene questa unità di monitoraggio, come è stata ridefinita dal sottosegretario Martella, assolutamente inutile e intempestiva; e chiediamo, quindi, che venga risolta nel più breve tempo possibile, restituendo così all'attività civile i membri e, invece, andando semmai velocemente a coinvolgere il Parlamento in un'opera di trasparenza e di verità, che possa essere, questa sì, tutelata dalla Costituzione, e a tutelare tutti i cittadini digitali, che sono anche cittadini nella nostra nazione, nel rispetto delle loro opinioni, che sono le opinioni del popolo, e il popolo va sempre tutelato e rispettato.

E concludo dicendo che quello che ci preoccupa di questi tempi è proprio questa distorsione della verità, la distorsione della verità ufficiale. Fate attenzione, perché siamo veramente in emergenza, il tempo è davvero scaduto e tutto ciò che di falso e di impreciso o di disatteso viene comunicato da questo Governo o verrà comunicato da questo Governo poi potrà ricadere su di esso e noi questa volta saremo con il popolo e non certo con voi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

(Tempi di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di riparto dei fondi del 5 per mille a favore delle associazioni di volontariato, anche alla luce delle attività svolte da tali associazioni nell'attuale contesto di emergenza sanitaria - n. 2-00714)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gadda ed altri n. 2-00714 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Gadda se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA CHIARA GADDA (IV). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, l'emergenza sanitaria, che è diventata pandemia, sta mettendo in grandissima difficoltà il nostro sistema economico, ma soprattutto il nostro sistema sociale e persino il nostro modello di welfare. In questa situazione è necessario mettere in campo tutti gli strumenti e tutte le risorse, attraverso anche iniezioni di liquidità, che possano mettere tutti i soggetti nelle condizioni di operare e di rispondere a questa emergenza. Mi riferisco, in particolare, non soltanto agli enti locali, non soltanto al lavoro delle istituzioni, ma soprattutto al lavoro fondamentale che in queste settimane, ma direi soprattutto in questi ultimi anni, gli enti del terzo settore stanno mettendo in campo per rispondere a bisogni sociali crescenti.

Se dobbiamo trarre una considerazione da questa emergenza sanitaria, credo che questa emergenza sanitaria stia mettendo alla luce quanto il mondo del terzo settore - rispondendo peraltro a un articolo di rango costituzionale, l'articolo 118 della Costituzione, che parla proprio di sussidiarietà, di risposta ai bisogni sociali attraverso le parti migliori della nostra società, il volontariato è il cuore pulsante del nostro Paese - in questo momento più che mai sta rispondendo non soltanto alle vecchie, ma soprattutto alle nuove povertà e ai nuovi bisogni; e noi già in questa fase dobbiamo iniziare a pensare e a progettare - il mio gruppo, il gruppo di Italia Viva, l'ha detto più volte - il nuovo domani che verrà per noi e che verrà soprattutto per le persone più fragili, che in questo momento stanno subendo gli effetti di questa crisi.

Da questo punto di vista, alcuni strumenti nel corso del tempo già sono stati messi in atto e credo che si debba fare tesoro del percorso, non soltanto in termini di erogazioni di risorse, ma anche del percorso legislativo che nel corso del tempo ha riconosciuto l'impegno di tanti soggetti nella risposta ad attività di interesse generale.

Quindi, da questo punto di vista, dal momento in cui è stato istituito nella legge finanziaria per il 2006 l'istituto del 5 per mille, si dà la possibilità ai contribuenti di devolvere una quota parte della propria imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'IRPEF quindi, a soggetti che operano in attività di interesse generale.

E se, sottosegretario, andiamo ad osservare, peraltro, quanto ha pubblicato l'Agenzia delle entrate il 3 aprile scorso, quindi pochi giorni fa, credo che dall'elenco dei beneficiari accreditati dalle diverse amministrazioni competenti, ma soprattutto anche dalla quantità e dalla tipologia di risposte che i cittadini italiani hanno dato in questo senso, ci viene non soltanto un interrogativo, ma un programma di lavoro per il futuro: capire anche su cosa puntare in futuro per rispondere alle nuove necessità e ai bisogni emergenti, ma soprattutto per capire anche quali sono le attività di interesse generale su cui dovremo fare leva.

Io citerò qualche numero perché credo sia esemplificativo da questo punto di vista: i beneficiari accreditati dalle diverse amministrazioni competenti, se facciamo riferimento alla dichiarazione dei redditi 2018, quindi anno d'imposta 2017, si sono visti destinare dalla dichiarazione dei redditi dei cittadini italiani una cifra che è pari a 500 milioni di euro; 500 milioni di euro soltanto per l'anno d'imposta 2017; 10.326.160 cittadini italiani - ripeto questo numero - hanno peraltro optato nella loro scelta per il volontariato. E questo cosa significa?

Credo sia utile anche in questa sede capire e ripercorrere come funziona anche la definizione del 5 per mille: i cittadini italiani nella propria dichiarazione dei redditi possono scegliere all'interno di alcune sezioni quali sono le attività di interesse generale da premiare, da sostenere, ma addirittura, indicando il codice fiscale, andare ad indicare in modo puntuale gli enti, le istituzioni a cui si desidera destinare il proprio importo.

E questo cosa ci dice? Ci dice che il radicamento, del Terzo settore, di tutte quelle attività di interesse generale, è presente in modo capillare nelle nostre abitudini e nelle abitudini dei cittadini italiani. Questo lo si vede per il 5 per mille, ma permettetemi di dire che si vede anche e si rende ancora più evidente in questa fase, da quanto sia i cittadini, quindi le persone fisiche, ma anche le imprese, in questa fase stanno destinando, ad esempio in tema di donazioni, di erogazioni liberali in denaro e in natura a favore anche di questa emergenza, a favore anche di tutte le istituzioni che stanno operando in questo momento; e appunto queste richieste rispondono all'esigenza di 8.029 comuni e quasi 57 mila enti, per la precisione 56.908, e appunto in questi 56.908, tra i destinatari principali troviamo proprio il volontariato, 46.312 enti, e le associazioni sportive dilettantistiche, 9.892 enti. E oltre a questi credo sia utile elencare anche gli altri ambiti in cui si dirigono le scelte dei cittadini italiani, gli enti del volontariato, l'ho già detto, e questo ammontare riguarda 331.809.965,51 euro e le altre sezioni riguardano la ricerca scientifica, la ricerca sanitaria – e, in un momento come questo, credo sia ancora più evidente la necessità di sostenere questo tipo di attività - le associazioni sportive dilettantistiche, i comuni, gli enti dei beni culturali e paesaggistici e, una novità, gli enti gestori delle aree protette, ad esempio nei dati che ho appena citato, il primo destinatario è il Parco nazionale regionale d'Abruzzo. Quindi, da queste evidenze, da queste scelte dei cittadini italiani, emerge quanto sia presente e radicato il desiderio di sostenere tutte queste attività, che contribuiscono, e credo sia utile usare questa parola, al benessere e alla qualità della vita a partire dalle persone più fragili e più deboli.

E l'interpellanza che abbiamo voluto porre oggi va proprio in questa direzione perché, vede sottosegretario, in questo momento stiamo affrontando un'emergenza, ma esiste un percorso già avviato, e questo percorso già avviato è iniziato con la riforma del Terzo settore. Il Terzo settore è stato oggetto, nel corso degli anni, nel corso dei decenni di varie normative, che poi si sono stratificate nel tempo e che non hanno dato una visione organica di un mondo che invece, in progressione, ma soprattutto in futuro e nell'immediato, deve essere dotato di strumenti sempre più forti, sempre più efficaci, sempre più strutturati. E, quindi anche in materia di 5 per mille le modalità di definizione degli enti accreditati, le modalità di presentazione della domanda, le modalità di erogazione, ma soprattutto anche le modalità appunto di distribuzione di questa quota parte di questi fondi, nel corso del tempo sono stati definiti da vari DPCM. Con la riforma del Terzo settore, quindi in particolare in attuazione dell'articolo 9 della legge n. 106 del 2016, la legge delega di riforma del Terzo settore, è stato emanato il decreto legislativo n. 111 del 2017, che va a dare delle indicazioni molto precise e definisce un quadro entro cui il Governo e, successivamente, in cui tutti si dovranno muovere, proprio in materia di 5 per mille. E questo decreto legislativo n. 111, poi ne sottolineerò alcuni articoli, in particolare l'articolo 6, va a definire anche i successivi passaggi e demanda a un successivo DPCM proprio l'attuazione e la definizione più puntuale dell'istituto del 5 per mille. Quindi, da qui si evince una prima cosa: la riforma del Terzo settore è frutto di un lungo percorso di ascolto, con gli enti, con le associazioni, con tutto quello che esiste fuori da quest'Aula, e questo lungo percorso deve essere anche peraltro integrato con gli ultimi passaggi legati alla riforma del Terzo settore; ad esempio, e colgo questa occasione per sostenere anche il Governo nel mantenimento del cronoprogramma legato alla definizione del Registro unico nazionale del RUNTS, che dovrà essere fatta entro l'anno. Questo perché oggi, se pensiamo al 5 per mille, possono essere accreditate alcune tipologie di enti, nell'interpellanza noi abbiamo citato le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionali, regionali e provinciali, le fondazioni dotate di qualifica di ONLUS, in riferimento appunto ad alcune norme che gli enti conoscono molto bene, come per esempio la legge n. 383 del 2000, ai sensi del decreto legislativo n. 460 del 1997. Quando il Registro unico nazionale entrerà in vigore, ecco da questo punto di vista potranno accedere a questi benefici anche tutte quelle centinaia di migliaia di enti che oggi non sono iscritte a nessun registro e che quindi peraltro non beneficiano anche di alcune erogazioni, non possono accedere ad alcuni bandi che sono importanti per garantirne la continuità dell'attività.

Quindi, da questo punto di vista, io credo sia importante sollecitare e sostenere il Governo, soprattutto anche il Ministero del Lavoro, nei passaggi che ci porteranno, anche tecnici, ad esempio di definizione della piattaforma e della trasmigrazione dei dati attraverso tutti i registri che sono presenti nelle regioni, perché in modo strutturale si arrivi a quel passaggio. Ma dicevo: perché è fondamentale definire e dare corso al DPCM che è stato definito nel 2017 con la riforma del Terzo settore, coi suoi decreti collegati? Perché questa soluzione è una sorta innanzitutto di vademecum per gli enti, perché va ad indicare in modo preciso tutto l'istituto del 5 per mille ma, soprattutto, trova una soluzione strutturale e rapida all'erogazione delle risorse, perché oggi esiste un problema tecnico, un problema oggettivo che nell'articolo 6 del decreto legislativo n. 111 era già stato evidenziato, legato a quello che avviene con la dichiarazione dei redditi dei cittadini italiani. Ecco, con la dichiarazione dei redditi nel momento in cui viene fatta, viene allo stesso tempo concesso un anno ai contribuenti per fare la dichiarazione integrativa, e questo cosa implica? Implica che le risorse stanziate, allocate e definite per i singoli enti, poi vengono allocate successivamente a questo termine con un grande ritardo quindi rispetto alle aspettative degli enti. Attuare, approvare, firmare il DPCM e non soluzioni legate all'emergenza, significa rendere strutturale questo percorso. Significa non soltanto liberare subito, come noi abbiamo chiesto sin dalle prime settimane di questa emergenza, sin dai primi giorni di marzo, le risorse legate al 2018 e 2019, questo significherebbe liberare circa un miliardo di euro; qui si parla di piani shock e questo sarebbe davvero un piano shock sociale per il Paese, perché inserirebbe liquidità fortissima nel sistema rispetto proprio a questi bisogni sociali che stanno scoppiando e che stanno emergendo. Attraverso questa procedura di semplificazione, appunto, si permetterebbe, come è scritto nella bozza, proprio perché è indicato nel decreto legislativo n. 111, di eliminare questa attesa legata appunto alla dichiarazione integrativa e liquidare immediatamente queste risorse.

Ecco, da questo punto di vista, torno sul DPCM perché so che anche nel dibattito di queste ore si sono discussi anche degli emendamenti sui decreti di emergenza legati al coronavirus, ma noi abbiamo già appunto un percorso avviato, un percorso attuato che non deve essere interrotto; e lo dico anche non soltanto a favore dell'erogazione di questa liquidità fresca, che è frutto della scelta dei contribuenti italiani e dei cittadini italiani nel sostegno al Terzo settore; ecco, da questo punto di vista, noi abbiamo bisogno anche di prendere per mano gli enti, soprattutto i più piccoli, soprattutto quelli radicati sul territorio e dare anche delle indicazioni precise rispetto ad alcuni passaggi. Il DPCM deve contenere le finalità e le modalità di accreditamento fatte dai diversi organismi competenti perché sappiamo che appunto i diversi soggetti che ho citato prima, gli enti di volontariato appunto dipendono in termini di accreditamento dal Ministero del Lavoro, mentre gli altri soggetti, per esempio penso alla ricerca scientifica o alla ricerca sanitaria, dipendono ad esempio dal Ministero dell'Istruzione e dal Ministero della Salute, quindi questo significa anche fare una fotografia della complessità. Mi avvio alla conclusione.

Quindi, questo DPCM, che peraltro include anche la possibilità di avere un elenco permanente degli enti accreditati, quindi senza continuare, come invece viene chiesto oggi agli enti di ripetere annualmente la loro richiesta ed essere accreditati, soprattutto inserisce l'accelerazione delle procedure per il riparto. Quindi, la domanda, dopo questa introduzione, è molto semplice: il percorso è avviato e il nostro gruppo chiede al Governo un impegno affinché questo DPCM venga firmato.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Andrea Martella, ha facoltà di rispondere.

ANDREA MARTELLA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole Gadda, onorevole Silvia Fregolent, come lei ha detto, onorevole Gadda, l'articolo 4 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, disciplina le modalità di accreditamento del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Tale norma prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, da adottare sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per profili finanziari, siano definite le modalità e i termini per l'accesso al riparto del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche degli enti destinatari del contributo, nonché le modalità e i termini per la formazione, l'aggiornamento e la pubblicazione dell'elenco permanente degli enti iscritti e per la pubblicazione degli elenchi annuali degli enti ammessi. Il provvedimento, come è stato ricordato, è volto a semplificare la procedura di accreditamento degli enti beneficiari attraverso la razionalizzazione e l'armonizzazione degli adempimenti a carico degli enti interessati, allo scopo di assicurare la pubblicità e la massima trasparenza della destinazione del contributo del 5 per mille. In particolare, viene delimitato l'ambito soggettivo di applicazione del contributo, individuando gli enti beneficiari, tra i quali sono inseriti gli enti del Terzo settore iscritti nel registro unico nazionale, previsto dall'articolo 47, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. Vengono inoltre definite in maniera specifica modalità e termini di accreditamento per i diversi enti legittimati a concorrere al riparto del 5 per mille. Il provvedimento definisce altresì i criteri per l'attribuzione del contributo, innalzando l'importo minimo erogabile, nonché prevedendo, in caso di scelta effettuata senza l'indicazione dell'ente beneficiario o con l'indicazione di un codice fiscale errato, la ripartizione delle somme corrispondenti in misura proporzionale nell'ambito della stessa categoria. Inoltre, al fine di accelerare le procedure di erogazione delle somme spettanti, si prevede che, a decorrere dal 2019, per la ripartizione del contributo non si tiene conto delle dichiarazioni integrative. All'esito delle interlocuzioni tra le amministrazioni interessate - e qui rispondo quindi alla domanda che lei ha posto alla fine della sua illustrazione -, il 31 marzo scorso il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Riccardo Fraccaro, ha trasmesso lo schema di decreto oggetto della presente interpellanza al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati per l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari ai sensi del richiamato articolo 4 del decreto legislativo n. 111 del 2017. Nell'auspicare che le competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato, anche per le ragioni che lei ha detto e l'importanza di questo provvedimento e dell'intero settore, possano esprimere al più presto il proprio parere, si assicura fin d'ora l'impegno del Governo a completare con la massima celerità l'iter per l'adozione del provvedimento, una volta acquisiti tali pareri.

PRESIDENTE. La deputata Maria Chiara Gadda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA CHIARA GADDA (IV). Presidente, sono pienamente soddisfatta, e ringrazio il sottosegretario per avere colto i passaggi fondamentali di questo DPCM, ma soprattutto per avere colto l'esigenza e la grande richiesta che è provenuta da tutto il mondo del volontariato in queste ore, che chiedeva di continuare un percorso condiviso e un percorso avviato. Lei ha citato un altro passaggio, che credo sia fondamentale anche nell'ottica del percorso futuro che dovremo fare: grazie alla riforma del Terzo settore si è inserito un principio essenziale, che è quello della trasparenza. Il Terzo settore ha vissuto, come dicevo prima, di tante norme, spesso contraddittorie, ma soprattutto il Terzo settore e anche l'istituto del 5 per mille sono legati a un rapporto fiduciario tra i cittadini, gli enti stessi e lo Stato, che poi eroga queste risorse, e questo rapporto fiduciario deve essere accompagnato da un percorso di trasparenza. La riforma del Terzo settore ci porta ad un percorso sempre più strutturale degli enti per rispondere ai bisogni crescenti della popolazione, bisogni anche molto diversificati, e in questo ambito la trasparenza risulta fondamentale, perché chiedere che venga dato conto di come queste risorse, di come queste scelte che i contribuenti definiscono, anno dopo anno, nella loro dichiarazione dei redditi, è fondamentale anche per renderci tutti più responsabili rispetto alla modalità con cui si risponde ai bisogni. Vorrei anche citare l'emergenza attuale: noi abbiamo bisogno di questo DPCM per il prosieguo della nostra attività, anche per il benessere del nostro Paese e per le attività delle associazioni di volontariato. Ma ricordo anche, oltre a voler ringraziare in questa sede tutti i volontari, tutte le associazioni impegnate in questo momento a fronteggiare l'emergenza, non soltanto, ad esempio, nell'erogazione di beni di prima necessità, ma a rispondere a un'altra emergenza sociale, che è quella della paura e della solitudine (perché gli enti del Terzo settore non rispondono soltanto ai bisogni materiali, ma anche a quel bisogno di relazione di comunità che, in un'emergenza come questa, rischia di andare perso), che il Terzo settore in questo momento sta vivendo alcune difficoltà. Il Terzo settore è rappresentato da circa un milione di lavoratori e oltre 5 milioni e mezzo di volontari: di questi una quota parte è rappresentato anche da pensionati, da persone anziane che decidono di dedicare una quota parte della loro vita per gli altri, per rispondere ai bisogni delle persone più fragili, ma in quest'emergenza noi sappiamo quanto la popolazione anziana sia soggetta anche alla diffusione del virus, quindi tanti enti sono stati costretti e hanno fatto la scelta responsabile di non far operare, ad esempio, i volontari più anziani. Quindi, abbiamo, da un lato, un'emergenza sempre più forte, dall'altro lato, abbiamo meno volontari. Dovremmo pensare, anche nel prossimo futuro, a come rispondere anche a questo bisogno, a come effettuare non soltanto iniezioni di liquidità, di risorse economiche, ma anche di risorse umane sempre più professionalizzate, sempre più formate in questo settore, anche rispetto ad altre esigenze, perché giustamente la responsabilità dei cittadini italiani sta indirizzando molto erogazioni liberali in natura o in denaro agli enti di ricerca, alle situazioni di emergenza sanitaria, e questo significa che una parte tradizionale di risorse, che storicamente sono destinate al Terzo settore, in questo momento non stanno arrivando. Quindi, vi è il bisogno di questa iniezione di liquidità, di questo sblocco di risorse, e, ripeto, soltanto approvando in questi giorni il DPCM, si sbloccherebbero per il Terzo settore, per il volontariato, circa 700 milioni di euro. Questo sarebbe importante per svolgere l'attività di interesse generale, per poter pagare i dipendenti e per poter pagare tutte quelle risorse, tutti quegli acquisti che si stanno facendo in questo momento per rispondere ai bisogni sociali. Da questo punto di vista, mi permetto di fare un'ulteriore richiesta in quest'Aula - ma nel prossimo lavoro parlamentare torneremo su questi temi -: dopo questa risposta importante che ha dato il Governo rispetto all'attuazione e alla firma del DPCM, credo sia importante nel “decreto liquidità” non dimenticarsi che esistono appunto anche gli enti del Terzo settore.

Il “decreto liquidità” si rivolge alle imprese, e per una quota parte alcuni enti del Terzo settore sono ricompresi nell'attività e nelle operazioni di accesso al credito e sostegno alla liquidità - penso alle imprese sociali o alle cooperative sociali -, ma, nelle prossime ore di dibattito parlamentare, dovremo fare un piccolo passo in avanti per inserire nel “decreto liquidità” anche quella quota parte di Terzo settore che è rimasta esclusa.

Dico ciò perché in questo momento il Terzo settore non vede entrare tutte le risorse che storicamente arrivavano, ad esempio attraverso le donazioni; ad esempio, non stanno entrando anche tutte quelle risorse legate alle attività secondarie, perché le giuste regole di contenimento e di restrizione, come hanno riguardato i cittadini, come hanno riguardato le imprese, hanno riguardato anche il terzo settore. Includere, quindi, nelle disposizioni del decreto-legge “liquidità” anche il terzo settore credo sia un passaggio non soltanto doveroso, ma soprattutto necessario, perché - l'abbiamo visto in queste ore - senza l'opera dei volontari, dal comune più piccolo fino alla città più grande, sarebbe davvero complicato arginare l'emergenza sociale che è già in atto e che rischia di esplodere ancora di più nelle prossime settimane, quando le persone non riusciranno ad entrare nel posto di lavoro, non riusciranno a pagare le bollette o non riusciranno, ad esempio, ad acquistare beni di prima necessità. Quindi, da questo punto di vista ben venga la scelta del Governo di avere dato una possibilità, un'iniezione di liquidità anche in questo senso ai comuni, agli enti locali per l'emissione di buoni spesa, che stanno anche arginando alcune difficoltà in questo momento.

Quindi, l'ultima richiesta nel dibattito che abbiamo svolto questo pomeriggio, interessa questo filone: è fondamentale mantenere anche l'impegno di far entrare in vigore il Registro unico nazionale del terzo settore perché questo chiuderebbe il cerchio rispetto a una riforma che, ad esempio dal 1° gennaio 2018, ha già introdotto anche delle agevolazioni fiscali per gli enti del terzo settore, anche proporzionalmente alle caratteristiche dimensionali degli enti. Gli enti infatti sono molto diversi; ci sono piccole strutture, piccoli enti territoriali e poi ci sono anche le grandi reti nazionali, quindi con diversi gradi di complessità, con diverse caratteristiche e con diversi requisiti, ad esempio, di trasparenza. Quindi, finalmente, con la riforma del terzo settore si definisce un percorso in cui tutti possono essere guidati e non fotografati rispetto all'esistente.

La riforma del terzo settore invita tutti noi, ma soprattutto invita chi quotidianamente risponde ai bisogni sociali o ad attività di interesse generale in vari ambiti, dal socio-assistenziale fino a quello culturale, ambientalista, piuttosto che ai diversi ambiti in cui le attività di interesse generale nella riforma sono declinate (per esempio l'agricoltura sociale, lo sport dilettantistico e tutte quelle attività che portano e mirano all'inclusione sociale). È bene, quindi, che questo percorso venga completato e ringrazio per questo il Governo. Ringrazio anche, in questa sede, i cittadini italiani, che con le loro scelte sostengono attività di questo tipo attraverso il 5 per mille, quindi con quella scelta puntuale, specifica, che viene fatta ogni anno nella dichiarazione dei redditi, ma anche attraverso piccolissime erogazioni liberali, in beni, in natura, in denaro, che oggi consentono a tanti enti di sopravvivere e rispondere ai bisogni sociali. Bisogna continuare in questa direzione, assegnando la liquidità necessaria e assegnando anche gli strumenti: la riforma del terzo settore l'ho citata, ma poi esistono altri strumenti legislativi che oggi sono diventati sempre più importanti. Penso, ad esempio, all'articolo 83 della riforma del terzo settore sulle erogazioni per le persone fisiche e le imprese, ma anche alla legge n. 166 del 2016 per il recupero non solo delle eccedenze alimentari, ma anche di farmaci, di beni di prima necessità e di tanti altri beni, che nel primo decreto-legge “Coronavirus” volutamente sono stati inseriti (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

(Elementi e iniziative in merito ai disservizi verificatisi sul sito internet dell'Inps in relazione alla presentazione delle domande per il bonus da 600 euro previsto dal cosiddetto “decreto Cura Italia” - n. 2-00721)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lollobrigida ed altri n. 2-00721 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Donzelli se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). Presidente, questa vicenda dei 600 euro è partita male. È partita male perché fin dall'inizio è vergognoso che uno Stato che dà fisicamente a chi potrebbe lavorare - dà 800 euro per stare sul divano a non fare niente - e poi invece a chi vorrebbe produrre lavoro, a chi normalmente vorrebbe lavorare e non può farlo perché è lo Stato a chiedergli di non lavorare, si ritrova ad elargire come una mancia 600 euro. Già questo quindi è vergognoso: è vergognoso che da un lato ci sono i fannulloni, e magari ladri, magari pedofili, magari ex terroristi che possono prendere il reddito di cittadinanza, stando sul divano di casa, con 800 euro e, al tempo stesso, invece, ci siano i lavoratori autonomi, le partite IVA, i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti i quali vorrebbero lavorare, ma sono costretti a stare a casa e devono impazzire per avere 600 euro.

Dopodiché, questa vicenda è partita male, ma è proseguita peggio, ed è diventata una tragedia quando chi voleva lavorare - ed è costretto a stare a casa per avere l'elemosina di 600 euro - ha scoperto che doveva correre in fretta e furia sul sito dell'INPS a una certa ora, una certa notte, in un certo momento, in una certa mattina, perché altrimenti rischiava di non avere il contributo perché si è sparsa la paura del click day, perché il Governo ha detto: “attenzione, fino ad esaurimento fondi”, quindi un minuto dopo non si sapeva cosa accadeva. Chi già, allora, doveva subire l'umiliazione di chiedere 600 euro, perché invece voleva lavorare e voi, lo Stato, per interesse collettivo gli impediva di lavorare, ora doveva correre sul sito in fretta e furia per poter avere accesso all'elemosina. Poi, dopo la tragedia, siamo arrivati alla farsa. La farsa è stata quando il 1° aprile è collassato il sito dell'INPS. È stata la Caporetto della credibilità dello Stato. Siamo stati presi in giro, siamo stati presi per i fondelli dal mondo intero; le barzellette si sono moltiplicate dovunque e siamo stati anche oggetto di ironia da portali pornografici, che prendevano in giro il portale dell'INPS perché non aveva la capacità di tenere la pressione dei click. Le barzellette si sono moltiplicate, ma poi il sorriso finisce quando facciamo due conti e vediamo quanto si è speso in questi anni per il sito dell'INPS: oltre 12 milioni nel 2005, 121 milioni nel 2009, 203 milioni nel 2011, 172 milioni messi a budget lo scorso anno per i successivi quattro. Totale, dal 2005 al 2019, 336 milioni di euro, a cui dobbiamo aggiungere altri 172 milioni di euro per l'ultimo bando sul digitale, fino al 2022. Totale: oltre 500 milioni di euro. Il Governo, i Governi, lo Stato italiano ha speso oltre 500 milioni di euro per un sito che va in crash, che si blocca immediatamente appena c'è la prima sfida e poi destina 400 milioni per sfamare le famiglie in difficoltà per la vicenda Coronavirus. Già qui sarebbe abbastanza drammatico, ma poi ci risulta un fatto, proprio ieri pomeriggio, in merito al presidente dell'INPS. Qui io mi permetto di dire che, con tutto il rispetto per il presidente dell'INPS, Pasquale Tridico, vorrei sottolineare che noi sappiamo qual è la sua origine, cioè perché è presidente dell'INPS: è presidente dell'INPS perché Di Maio lo aveva indicato come possibile Ministro al welfare; poi è stato “trombato” come Ministro al welfare e allora si doveva dargli un posto e l'abbiamo messo a fare il presidente dell'INPS, perché così è andata. Ieri pomeriggio, il “trombato” Ministro del welfare, oggi, ahimè…

PRESIDENTE. Onorevole Donzelli, può esprimere lo stesso concetto senza scadere nel suo linguaggio.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). Presidente, accetto il suo invito. L'amareggiato, per il mancato incarico, Ministro del welfare e riciclato a presidente dell'INPS, ieri pomeriggio è andato a riferire al CIV, che sarebbe l'organo di controllo delle parti sociali all'INPS, che avrebbero chiesto ulteriori stanziamenti per l'informatica e anche l'assunzione di altri esperti: non bastavano i 508 milioni di euro per un sito che non funziona, è necessario spendere altro, è necessario assumere altri esperti! Perché è necessario assumere altri esperti? Chi dirige all'INPS il settore informatico? E allora bisogna tornare al dicembre 2019, quando a dicembre 2019 questo Governo…Ahimè, mi dispiace che c'è il sottosegretario che appartiene al Partito Democratico, ma oneri ed onori delle alleanze: questi sono tutti disastri in casa 5 Stelle, ne siamo consapevoli, ma, ahimè, c'è lei, purtroppo siete alleati e quindi vi prendete le responsabilità entrambi. A dicembre 2019 avete riazzerato tutta la macchina organizzativa dell'INPS: spostati da una regione all'altra tutti i dirigenti, spostati di ruolo, tutto in base a una selezione politica; chi aveva risposto al partito del MoVimento 5 Stelle veniva premiato, chi non aveva risposto veniva penalizzato. Così è arrivato Vincenzo Caridi, che è stato promosso ed è arrivato a fare il responsabile dell'informatizzazione del sistema informatico INPS. Siamo andati a vedere il curriculum vitae di Vincenzo Caridi; per evitare dubbi siamo andati a prenderlo sul sito dell'INPS (almeno è quello buono e nessuno può accusarci diversamente). È un ottimo curriculum: egli è un dirigente importante, ha avuto un sacco di incarichi.

Laureato con 110 e lode alla Bocconi, grandi titoli di studio; abbiamo un master executive in business administration, abbiamo un master in formazione formatori, abbiamo un diploma di specializzazione in european public management and economic policy, abilitazione all'insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, abilitazione all'insegnamento delle tecniche turistiche: bel curriculum, ma che c'entra con la tecnologia di Internet e con i sistemi informatici? Non c'è una parola che riguarda la sua esperienza nel settore. Allora, siamo andati a cercare bene in tutte e sei le pagine del curriculum e abbiamo visto che una parola - chiedo scusa a lei, Presidente, se ho detto una piccola bugia - una parola c'è. All'ultimo rigo del curriculum, dopo sei pagine di curriculum, quando bisogna dire le competenze informatiche: conoscenze di informatica buone anche in ambiente web, social e mobile. Abbiamo scoperto che è a capo della struttura informatica dell'INPS perché sa andare sui social: questo è il motivo. Con la stessa logica probabilmente dovremmo nominare la Ferragni all'informatizzazione dei servizi segreti perché su sui social è bravissima. E allora perché questa, per carità, bravissima persona, Vincenzo Caridi, si ritrova ai vertici, delicatissimi, dei servizi informatici dell'INPS? Beh, perché è amico di Stefano Buffagni – perché, è inutile girarci intorno, di questo si tratta –, che è l'uomo che per Di Maio gestisce le nomine, che per Di Maio gestisce i rapporti con i poteri forti; non aveva niente a che fare con l'informatica ma, siccome bisognava trovargli un posto, quel posto c'era libero e lì l'abbiamo messo, e poi arrivano i disastri. Questa è la peggiore logica spartitoria che avrebbe fatto impallidire la partitocrazia della Prima Repubblica perché, se li spartivano i posti, ma qualche criterio di nomina lo mettevano. Non mettevano un buon commercialista, che non c'entrava niente con i servizi informatici, ai servizi informatici e magari poi scopriamo che hanno messo un informatico a gestire i conti dello Stato, potrebbe essere visti i disastri che state facendo. E, allora, questa corsa ad accaparrarsi nomine e potere selezionando gli uomini di partito, e non gli uomini competenti, crea disastri e c'è una responsabilità economica e politica ben evidente, che qualcuno deve pagare, perché noi abbiamo visto un movimento, quello dei 5 Stelle, che erano i primi a voler dare lezioni di moralità finché erano all'opposizione, i più insindacabili, i più attaccati, i più violenti moralizzatori, volevano insegnare a tutti come ci si comportava finché erano all'opposizione. Arrivati al Governo, sono diventati degli abilissimi spartitori, ma non a scegliere le persone, abilissimi a soddisfare la propria fame di potere, fame di nomine, fame di gestione solo per gestire, e allora arriviamo a quello che è successo. Arriviamo a questa vicenda incresciosa perché, se si è bloccato il sito INPS è perché c'erano degli incapaci e degli incompetenti a gestire i servizi e le reti informatiche, e chi li ha messi deve rispondere politicamente, e forse anche economicamente, di questo disastro. Perché fa ridere anche la morale di restituire una parte dello stipendio quando poi non si restituisce niente dei danni che si creano alla nazione. Restituite i milioni degli appalti per il sito Internet dell'INPS; restituite gli stipendi degli incompetenti che avete nominato nei posti; restituite i milioni che avete dato alle persone amiche di partito del MoVimento 5 Stelle che avete piazzato a spartirsi il potere; magari restituite anche i milioni che in questi giorni e in queste ore avete dato alla Tunisia e alla Bolivia per farvi belli con i soldi degli italiani e per farvi buoni in un momento in cui non era opportuno e c'era da tenere soldi in Italia.

A questo punto, non si può far finta di niente, a questo punto è necessario andare fino in fondo, perché già a dicembre erano state mosse le prime critiche da parte dei sindacati dell'INPS, che avevano parlato di autoreferenzialità del vertice politico, avevano parlato di un rimescolamento di incarichi non supportato da un'effettiva valutazione di merito dei dirigenti. Oggi come oggi queste accuse suonano evidentemente come una conferma, drammatica, dell'incapacità di chi ci gestisce, e non è un dettaglio chi si occupa delle strutture informatiche e tecnologiche all'INPS, perché gli appalti per le strutture informatiche e tecnologiche assorbono il 35 per cento delle spese di funzionamento dell'INPS, della macchina in via Ciro il Grande. E questo è costato caro agli italiani, perché ci sono lavoratori autonomi che non sono riusciti a connettersi, ci sono persone che hanno visto defraudata la propria privacy e su questo ci può essere una multa che costerà care alle casse pubbliche, di 20 milioni, ed è già partita la procedura da parte del Garante della privacy, perché non basta dire: è arrivato un pirata informatico, non basta, perché chi si occupa di una rete deve fare la rete adeguata a difenderla anche dagli attacchi informatici, adeguata al ruolo della rete. Non basta dire: è arrivato un attacco informatico, bisogna pagarne le conseguenze e purtroppo, se si pagherà la multa di 20 milioni di euro, la pagheremo con i soldi dell'INPS, quindi con le pensioni dei poveri cittadini che non andranno in pensione o che si vedranno la pensione decurtata, non con gli stipendi di Di Maio e dei suoi amici.

È necessario andare fino in fondo perché quanto ci viene raccontato dal direttore - chiedo scusa non, come avevamo detto, Ministro – amareggiato per il mancato incarico da Ministro, Pasquale Tridico, quando dice: va beh, ma cento domande al secondo come si fanno a gestire? Anche lì basterebbe avere andare a fare su Google una piccola ricerca: sono pochissima cosa cento domande al secondo per una rete importante. In ambito informatico è noto ai più il CK10 e-problem. Si tratta di una strategia tecnologica ottimizzata per affrontare improvvisamente le grandi quantità di mole su un sito Internet. Si parla di una decina di migliaia all'improvviso, non cento al secondo, decine di migliaia in un secondo e quando è stata elaborata, questa strategia per risolvere questi problemi? Ieri, ieri l'altro? Nel 1999, ventun anni fa. Allora, forse in ventun anni si poteva trovare il modo di affrontare cento domande in un secondo? Ma è tutto qui l'errore? È tutta qui l'incapacità? Sono tutte queste le persone che stanno al loro posto e non dovrebbero starci? Beh, in tutto questo c'è anche - per carità, sarà una bravissima persona anche lei, non abbiamo motivo di dubitarne - il direttore generale dell'INPS, la dottoressa Gabriella Di Michele, che è già stato detto a tutti che rimarrà lì, come se niente fosse successo; rimarrà lì il responsabile dei servizi Internet; rimarrà lì il presidente dell'INPS; rimarrà lì anche il direttore generale. Peccato però che, in base alla nomina del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, il direttore generale scade tra pochi giorni e, allora, vogliamo vedere: lo rinominerete? Perché a metà aprile, quando sarà nominato il nuovo CDA dell'INPS, in base all'articolo 1 del decreto di nomina del direttore generale, si specifica che l'incarico cessa comunque all'atto di riordino della governance degli enti pubblici previdenziali e assicurativi pubblici. Quindi, vuol dire che scade, il direttore generale: verrà rinominato? Può essere rinominato? Rinominerete il direttore generale dopo il disastro che è successo all'INPS? È questa la logica? Tutto prosegue normalmente? Chi ci ha rimesso sono solo i cittadini? È questa la logica che vuole portare avanti questo Governo? I cittadini disperati che continuano a cliccare perché ancora il sito INPS non funziona fino in fondo e, nel frattempo, chi, invece, ha le nomine e le responsabilità continua a rimanere lì? Proprio in queste ore, ieri per la precisione, l'Associazione nazionale dei consulenti del lavoro ha scritto a questi tre soggetti di cui parlavamo: al presidente INPS Tridico, amareggiato per la mancata nomina a Ministro e quindi ricompensato con la presidenza dell'INPS; alla dottoressa Gabriella Di Michele, che dovrebbe scadere fra poco e vedremo che fine farà; e a Vincenzo Caridi, esperto di tutto, tranne che di informatica, ma che si trova a dirigere l'informatica dell'INPS. I consulenti del lavoro hanno scritto e hanno detto che erano inevitabili queste situazioni perché erano naturali gli sfasamenti finanziari in questa fase, perché si usano strumenti del 1975 per affrontare un'epidemia del 2020. Spiegano anche, i consulenti del lavoro, che i sistemi informatici dell'istituto ancora non funzionano e il sito INPS si blocca in continuazione e dicono chiaramente, i consulenti del lavoro, che avevano detto già nelle settimane prima, scrivendo ufficialmente, che l'INPS non era pronta ad affrontare tutto questo e per questo si definiscono furibondi, i consulenti del lavoro, e dicono banalmente che non funzionava nemmeno prima il sito INPS e quindi si chiedono: ciò che non funzionava in tempi normali mai avrebbe potuto funzionare in questo periodo eccezionale e drammatico?

E, ancora, ci sono gli utenti, che dicono che ci sono migliaia di schermate di mancato accesso al sito, procedure di presentazione della cassa integrazione che sono rimaste invariate rispetto al passato e ci costringono a presentare una pluralità di domande: se in azienda sono presenti apprendisti o part-time, con la conseguente moltiplicazione del numero di istanze. Una situazione che non porta a niente, drammatica. Cosa si poteva fare? Si poteva fare qualcosa in più? Sì, si poteva, per esempio, prevedere l'erogazione automatica; l'INPS ha già tutti i dati, ha già i dati, perché? Perché sono tutti i contribuenti; ha già addirittura l'IBAN perché tramite l'F24 si fornisce anche l'IBAN. L'INPS poteva versare direttamente senza nemmeno far fare le domande: non si è fatto; si poteva coinvolgere maggiormente i consulenti del lavoro: non si è fatto.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). Mi appresto a concludere. Si potevano fare tante cose. Una cosa si può ancora fare: prendersi la responsabilità; chiedere scusa del disastro che si è fatto, informatico, politico, economico e sociale, mandare a casa chi ha le responsabilità, a partire anche da questo Governo, perché in un'azienda privata…

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIOVANNI DONZELLI (FDI). …concludo, se un responsabile Internet in un'azienda privata crea un disastro simile il giorno dopo viene cacciato a calci nel sedere. Voglio sapere se questi dirigenti rimarranno lì e magari prenderanno anche un premio di produzione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Andrea Martella, ha facoltà di rispondere. Prego, signor sottosegretario.

ANDREA MARTELLA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, signor Presidente, onorevoli deputati e onorevole Donzelli. Preliminarmente, in relazione alla presunta inefficienza della riorganizzazione operata nell'Istituto, che non sarebbe stata supportata da un'effettiva valutazione di merito dei dirigenti, va detto che l'affermazione non corrisponde al vero e che tutto il riassetto della struttura è stato reso operativo a decorrere dal 2020, e che pertanto gli effetti del cambio di passo non possono essere ancora effettivamente tangibili. Tale assunto vale anche con riferimento alla nomina del dottor Caridi quale direttore centrale dei Sistemi informativi dell'Istituto, che non ha ancora potuto procedere ad un cambiamento organizzativo né ad una diversa determinazione degli incarichi dirigenziali ed organizzativi interni alla direzione, a causa dell'emergenza Coronavirus che ha impegnato le strutture a tempo pieno da diverse settimane. Tuttavia, corre l'obbligo di segnalare che il direttore responsabile, già dieci giorni dopo l'assunzione del nuovo incarico, e poi in occasione degli Stati generali dell'informatica del 17 e 18 febbraio ultimo scorso, ha illustrato le linee di cambiamento necessarie per la radicale modernizzazione dei sistemi informatici dell'INPS.

In ordine all'affermazione degli interpellanti secondo cui non si sarebbero tenute in conto le critiche mosse dai sindacati sulla riorganizzazione, corre l'obbligo di ricordare che tutti i sindacati hanno accolto la nomina del dottor Caridi molto positivamente. Con riferimento, poi, alla richiesta degli interpellanti su quali siano le misure possibili da adottare per impedire, dopo le difficoltà che si sono create lo scorso 1° aprile nell'accesso alla piattaforma dell'INPS per l'erogazione delle misure previste dal decreto “Cura Italia”, ulteriori disagi, si fa presente che l'Istituto e la direzione competente hanno messo in campo tutte le possibili azioni e accorgimenti necessari per far fronte alla risposta all'utenza, raccogliendo nei giorni seguenti al 1° aprile domande di prestazioni per circa 7,7 milioni di beneficiari, di cui 3,5 milioni di domande per il bonus di 600 euro.

In merito all'automaticità ipotizzata nell'atto di sindacato delle prestazioni ai lavoratori, la previsione normativa contenuta nel decreto-legge n. 18 del 2020 esclude espressamente questa possibilità nei diversi articoli relativi alle cinque indennità una tantum. Tutte le disposizioni prevedono espressamente la preliminare domanda di accesso da parte del lavoratore verso l'Istituto, che deve esaminarle ed eventualmente accoglierle in presenza dei requisiti di legge, nel rispetto dei limiti finanziari stabiliti sempre all'interno delle singole disposizioni istitutive delle stesse prestazioni. Il legislatore ha delineato le prestazioni non come automatiche, ma come misure sulle quali è necessaria un'espressa manifestazione di volontà da parte del lavoratore, condizionata peraltro alle disponibilità finanziarie autorizzate. Va detto, comunque, che l'INPS ha gestito un flusso mastodontico di attività connesse all'emergenza epidemiologica: basti dire che il totale delle prestazioni chieste, in pochi giorni, ha riguardato 4 milioni di domande per circa 7,5 milioni di beneficiari e che, a partire dal 18 marzo, l'Istituto ha ricevuto e gestito oltre 1,9 milioni di richieste di PIN.

Occorre, altresì, sottolineare che, mentre il sito istituzionale era chiuso per manutenzione nel pomeriggio del 1° aprile, venivano contestualmente erogate tutte le altre prestazioni, tra le quali anche le pensioni e le indennità di disoccupazione. In relazione alla domanda su quali siano le misure a tutela della privacy, va detto che il 3 aprile, proprio sul sito Internet, l'Istituto ha informato gli utenti di avere prontamente notificato il data breach al Garante per la protezione dei dati personali, assicurando che, fin dal momento in cui si è avuta conoscenza della possibilità che vi fosse stata violazione di dati personali, ha assunto tutte le misure atte a porre rimedio alla situazione di rischio, attenuando i possibili effetti negativi a tutela dei diritti e delle libertà delle persone fisiche. In tale ambito è stata istituita la casella di posta elettronica violazionedatiGDPR@inps.it, utilizzabile da tutti i soggetti i cui dati siano stati interessati dalla violazione, allegando eventuali evidenze documentali.

L'Istituto, sotto la spinta del Ministero, ha anche chiesto tutti i chiarimenti sui fatti accaduti e si sta impegnando a verificare tutte le segnalazioni ricevute e ad adottare ogni ulteriore misura tecnica e organizzativa adeguata di protezione dei dati personali che dovesse rendersi necessaria. Questo avverrà anche grazie a un importante impegno economico stimato attorno ai 90 milioni di euro già per l'anno scorso e almeno altrettanti per i successivi quattro anni, ad incremento del budget già considerato nell'ambito del pluriennale in essere. Nel frattempo, si stanno verificando, rispetto al sistema in essere, sia le criticità che i punti di miglioramento, oltre che le possibili azioni da poter intraprendere nell'immediato anche attraverso un audit interno, volto a verificare adeguatezza delle procedure, responsabilità e punti di debolezza dell'intero processo e della implementazione e gestione dei provvedimenti COVID-19.

Il Ministero del Lavoro vigilerà su questo corposo processo di rivisitazione degli assetti tecnici ed organizzativi per garantire il miglior servizio possibile ai cittadini, nel rispetto delle norme e procedure vigenti.

PRESIDENTE. La deputata Montaruli ha facoltà di dichiarare se sia o meno soddisfatta per la risposta all'interpellanza.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Presidente, vedo che alle nostre domande non c'è ancora risposta. Infatti, parto dall'ultima: noi avevamo chiesto garanzie circa l'erogazione dei 600 euro. Vedo il Governo assolutamente silente rispetto a questo aspetto, tanto è vero che ancora oggi verte una generale incertezza su quando e a chi verranno erogati questi 600 euro, ma ci arrivo. Presidente e sottosegretario, rimango basita dal fatto di avere un Governo fatto di smanettatori di professione che scivolano proprio sul sito Internet: se questo avviene con il sito dell'INPS, non oso immaginare che cosa avvenga nei blog 5 Stelle piuttosto che nelle piattaforme Rousseau o quant'altro, soprattutto in termini di privacy. Lei oggi ci dice una mail: bastava andare sul sito dell'INPS per vedere che l'INPS ci chiede di mandare una mail nel caso in cui un italiano ritenga che la sua privacy sia violata.

Ma, di grazia, che cosa dovrebbe scrivere nella mail? Scusate, quando ho fatto accesso, ho trovato un nome non mio? Oppure: non sono certo che, come io ho visto il nome di qualcun altro, i dati di qualcun altro, ci siano i miei? Questa mail è un palliativo, è una presa in giro, l'ennesima presa in giro che voi fate nei confronti degli italiani. Voi dovevate venire qui e dirci tecnicamente che cosa ha fatto l'INPS per, in precedenza come adesso, impedire che ci sia una violazione dei dati personali, e in che modo, peraltro, il Garante della privacy intenda relazionarsi con gli italiani rispetto ai dati violati, ma con l'INPS e con il Governo per il fatto di averli violati; non una generica mail che gli italiani dovrebbero mandare per dire che sono stati violati i dati. Ma questo è davanti agli occhi di tutti: forse solo lei non ha visto le foto di persone che accedevano al sito Internet e si vedevano, al posto del proprio nome, nomi di altre persone e altri dati.

Solo voi non lo avete visto. Non c'è bisogno di mandare una mail, non prendeteci in giro e non prendete in giro gli italiani in questo momento dove l'esasperazione è alle stelle, non ai 5 Stelle; forse contro i 5 Stelle tra un po', ma alle stelle. Voi che cosa fate? Mentre tutti gli italiani devono rimanere a casa, giustamente, subire le norme di contenimento, giustamente, far fronte all'ansia del virus, far fronte all'ansia delle conseguenze economiche che derivano dall'emergenza Coronavirus, rispettare tutti i loro doveri, vedono anche i propri diritti, cioè quello di accedere in maniera sicura, di nuovo, ancora una volta, violati.

E va bene, che dal Governo 5 Stelle non potesse nascere nulla di tecnologicamente innovativo potevamo anche aspettarcelo; voglio solo ricordare che questo Governo è riuscito a partorire un Ministro dell'Innovazione tecnologica che ha nominato una task force per proporre soluzioni tecnologiche sull'emergenza Coronavirus il 31 marzo 2020, l'altro ieri, due mesi dopo che è stata dichiarata l'emergenza. Qualcuno lo dica al Ministro Pisano. Ciò detto, però, rimango anche basita rispetto alla risposta, alla non risposta, che il Governo prova a fornire circa le motivazioni per cui il sito dell'INPS sarebbe andato in tilt.

Le faccio una domanda diretta, perché questa è la domanda che si fanno tutti gli italiani e a cui voi dovete rispondere. L'articolo 27, comma 2, del “Cura Italia” mette il limite di spesa, limite di spesa che lei più volte in questa non risposta ci ha voluto ricordare, a 203,4 milioni di euro, che diviso per 600 euro fa 339 mila domande.

Allora, io le chiedo: ma il 1° aprile il sito è mica andato in tilt quando si è arrivati alla trecentotrentanovemillesima domanda? Non è che quando abbiamo violato il numero 339 mila domande il sito è andato in tilt? Mi risponda con un “sì” o con un “no”, in un modo semplice, che possano capire tutte le persone che ci stanno ascoltando fuori da questo palazzo. “Sì” o “no”, perché c'è qualcuno che invece dice che è “sì”, che è proprio così, che visto che si è violato, che si è superato il numero irrisorio di domande ammissibili per il contenimento della spesa previsto dal “Cura Italia” allora, superato questo numero, il sito sarebbe andato appunto in tilt.

È vero o non è vero? Perché se è vero, se fosse vero, poi avreste sottoposto l'Italia a un click day camuffato, quel click day che voi volevate fare ben prima della proposta di fare la domanda sul sito dell'INPS tramite l'accesso al PIN. Un vero click day camuffato! E, allora, la povera partita IVA e il povero richiedente che poteva chiedere questi 600 euro e che non è mai costato un euro allo Stato - un euro! -, perché stiamo parlando di persone che non sono mai costate un euro allo Stato e che hanno solo e sempre pagato tasse, sono stati sottoposti a un processo occulto evidentemente oltre che inefficace, oltre che inefficace; e in tutto questo, in questo click day di fatto, che cosa sentiamo dire dal nostro Presidente del Consiglio? Che abbiamo avuto un attacco hacker. Ma c'è stato o non c'è stato questo attacco hacker? Perché io vorrei ricordare un fatto molto semplice - e non c'è bisogno che lo ricordi io, ma è così -, cioè che denunciare un attacco hacker significa affermare che vi è stato un accesso abusivo e/o un danneggiamento informatico e se lo si fa senza avere un minimo di motivo per dirlo o lo si dice per deresponsabilizzarsi, e quindi scaricare la “patata” all'hacker di turno, è simulazione di reato. Dica al Presidente Conte che è un reato e non esiste emendamento del PD o di chiunque altro che possa togliere da queste responsabilità perché non c'è scudo - il famoso scudo che volevate fare e che, grazie a Dio, abbiamo scovato - che copra da affermazioni come queste.

Quindi, sulla base di che cosa voi avete detto all'Italia che il sito dell'INPS è sotto attacco degli hacker? Sulla base di cosa avete ingenerato in tutti noi, in tutta Italia, il timore che il sito dell'INPS sia sotto attacco informatico? Sulla base di che cosa? Perché, ad oggi, a questo Parlamento risulta che non ci sia uno straccio, non dico di prova, ma di indizio per il quale il sito dell'INPS sarebbe andato in tilt a causa di un attacco cibernetico. Non esiste! Si alzi lei per dire se, invece, è esistito o meno o ha la contezza di questo. Ce lo spieghi, ci dica se è così, visto che la Repubblica italiana e l'INPS vengono presi in giro addirittura da Anonymous su Internet.

Presidente, lei ha censurato il collega Donzelli sulla parola “trombati”, ma francamente ci sono stati dei siti che su questo tema potrebbero dirla di gran lunga e ci hanno preso in giro, in giro, per il sistema con cui l'INPS è andato totalmente in tilt.

Ci state facendo fare una figuraccia dopo l'altra, una figuraccia dopo l'altra, senza avere una bussola, perché oggi - e ritorno all'inizio del mio discorso - il Governo, dopo che Conte in conferenze stampa o in dirette Facebook fatte quando ancora non aveva uno straccio di decreto in mano annunciava che i 600 euro sarebbero dovuti entrare nelle tasche degli italiani entro il 15 aprile, invece, membri del Governo ci stanno venendo a dire, proprio oggi, che questi 600 euro entro il 15 aprile non ci saranno, non arriveranno nei conti degli italiani, e arriveranno ben dopo.

Allora, ci dica anche su questo: è vero o non è vero che non arriveranno entro il 15 aprile e arriveranno successivamente? Ma quante balle volete raccontare a questo Parlamento e quante balle volete raccontare all'Italia?

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Montaruli…

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Ecco, capito che su Internet non siete bravissimi, vi lascio alle dirette Facebook. Purtroppo, la politica e il governare sono un'altra cosa.

PRESIDENTE. Sospendiamo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 16,25.

La seduta, sospesa alle 16,15, è ripresa alle 16,25.

(Iniziative volte a garantire adeguate forniture di dispositivi di protezione a favore del personale medico-sanitario, nonché volte all'effettuazione dei tamponi nei confronti di tutti gli operatori sanitari in relazione all'emergenza COVID-19 - n. 2-00707)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bellucci e Lollobrigida n. 2-00707 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Bellucci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prendo atto che non intende illustrare. La sottosegretaria di Stato per la Salute, Sandra Zampa, ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Grazie, signor Presidente. Onorevole Bellucci, grazie per l'interpellanza che lei ha voluto rivolgere al Governo su un tema così cruciale e oggetto di un ampio e largo confronto non solo in quest'Aula.

Per rispondere ai quesiti che lei pone con la sua interpellanza e per quanto concerne i dispositivi di protezione individuale, voglio segnalare che il Ministero della salute, in coerenza con le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e con l'ECDC, ovvero il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha diramato fin da subito indicazioni sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale - i cosiddetti DPI - in ambito sanitario e lo ha fatto con una circolare datata 22 gennaio 2020 - si tratta della circolare n. 1997 - e durante i controlli nei porti e negli aeroporti; anche in questo caso, faccio riferimento ad una circolare del 12 febbraio 2020, n. 4373.

Le indicazioni sono state successivamente aggiornate con la circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020, che individua i dispositivi di protezione individuale di cui deve essere dotato il personale sanitario non solo in ambito ospedaliero, ma anche sul territorio. In tali circolari si è preso atto in modo specifico di quanto indicato dall'Organizzazione mondiale della sanità, che ha equiparato le mascherine chirurgiche ai dispositivi di protezione individuale. Sulla base di questa indicazione, il Ministero della salute ha avviato le conseguenti iniziative, dando priorità alla tutela di tutto il personale sanitario a cui prioritariamente dovrà e deve essere distribuito il materiale reperito dalla Protezione civile e dal commissario straordinario per l'emergenza.

È di tutta evidenza, che l'indicazione dell'OMS debba essere adeguata ai casi concreti e ai differenti rischi a cui il personale sanitario e anche quello non sanitario si trovano ad essere esposti. In questa ottica, sono state emanate due circolari di seguito indicate: la circolare n. 11257 del 31 marzo 2020 sulle indicazioni per gravida-partoriente, puerpera, neonato e allattamento; la circolare n. 11285 del 1° aprile 2020, che reca indicazioni emergenziali connesse all'epidemia COVID-19 riguardante il settore funebre, cimiteriale e della cremazione; le circolari n. 9335 del 18 marzo 2020 e n. 11392 del 1° aprile 2020 sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale da parte degli operatori di polizia locale.

Peraltro, il 25 marzo è stato firmato il “Protocollo per la prevenzione e la sicurezza dei lavoratori della sanità pubblica e privata in ordine all'emergenza sanitaria da COVID-19” tra il Governo e le maggiori sigle sindacali, ove si disciplina la fornitura di dispositivi di protezione individuale e test diagnostici in via prioritaria in quantità adeguata.

Ancora in questa direzione va la circolare n. 11715 del 3 aprile 2020, di aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri per le priorità.

Nel merito, la circolare raccomanda che l'esecuzione dei test venga assicurata agli operatori sanitari e assimilati a maggior rischio, sulla base di una definizione operata dalle aziende sanitarie. Fra i soggetti a cui effettuare con priorità i test diagnostici sono individuati gli operatori sanitari esposti a maggior rischio, nonché gli operatori dei servizi pubblici essenziali sintomatici, anche affetti da lieve sintomatologia, operatori, anche asintomatici, delle RSA e di altre strutture residenziali per anziani.

Quanto ai tempi lunghi per la distribuzione dei dispositivi, il Ministero della salute, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, ha predisposto una procedura semplificata per la produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale (mi riferisco alla circolare n. 3572 del 18 marzo 2020). Ciò in linea con quanto disposto, per promuovere le nuove produzioni e l'importazione, dalle disposizioni del decreto-legge 17 marzo 2020.

A tale fine, sono state adottate procedure di valutazione che fanno capo all'Istituto superiore di sanità e all'INAIL e che contemplano deroghe alla normativa vigente, limitatamente alla tempistica e non anche agli standard tecnici, atteso che la qualità dei prodotti deve essere sempre garantita.

Infine, con l'ordinanza del Ministro della Salute, in data 2 aprile 2020, è stata disposta una procedura accelerata per l'importazione, non a fini commerciali, dei beni mobili occorrenti per contrastare il COVID-19.

Ai fini di monitoraggio delle procedure di distribuzione, è disponibile online il sistema “Analisi Distribuzione Aiuti”, aggiornato in tempo reale, dedicato a dispositivi e apparecchiature per il contrasto al Coronavirus. Come noto, si tratta di distribuzioni giornaliere, da parte della Protezione civile, alle regioni e alle province autonome per fronteggiare l'emergenza, che chiunque può quotidianamente verificare.

Il sistema è stato realizzato dagli uffici del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica. Navigando sul sito dedicato è possibile conoscere l'articolazione, sia quantitativa sia qualitativa, dei materiali distribuiti nelle singole regioni e province autonome, attraverso una consultazione del dato capillare che consente di arrivare al dettaglio della singola giornata. L'elenco completo dei materiali - oltre 40 diverse categorie - è rappresentato sulla mappa, permettendo quindi un'analisi della distribuzione sul territorio nazionale aggiornata in tempo sostanzialmente reale.

Inoltre, l'Italia ha partecipato alle iniziative della Comunità europea per l'acquisto congiunto sia di dispositivi di protezione individuale che di materiale di laboratorio e di attrezzature mediche.

Per quanto riguarda, invece, i test a risposta rapida, si rappresenta che la circolare n. 11715 del 3 aprile scorso della Direzione della prevenzione di questo Ministero, aggiorna l'indicazione sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità.

Occorre dire che, secondo l'OMS, sebbene l'impiego di kit commerciali di diagnosi rapida virologica sia auspicabile e rappresenti un'esigenza in situazioni di emergenza come quella attuale, gli approcci diagnostici al momento tecnicamente più vantaggiosi, attendibili e disponibili, rimangono quelli basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie.

L'esecuzione del test diagnostico va riservato prioritariamente ai casi clinici sintomatici o paucisintomatici e ai contatti a rischio familiari e/o residenziali sintomatici, focalizzando l'identificazione dei contatti a rischio nelle quarantotto ore precedenti l'inizio della sintomatologia del caso positivo o clinicamente sospetto, così come indicato nella circolare n. 9774 del 20 marzo 2020.

Per garantire la sua efficacia nella strategia di ricerca dei casi e dei contatti, l'esecuzione del test deve essere tempestiva. L'esecuzione dei test va assicurata agli operatori sanitari e assimilati, sulla base di una definizione operata dalle aziende sanitarie, che sono tenute ad effettuarla quali datori di lavoro. In caso di necessità viene, inoltre, raccomandato di effettuare i test diagnostici agli operatori sanitari esposti a maggior rischio - e qui si comprende il personale dei servizi di soccorso ed emergenza, nonché il personale ausiliario e i tecnici verificatori - per tutelare gli stessi operatori sanitari e ridurre il rischio di trasmissione nosocomiale.

Si raccomanda, inoltre, di effettuare i test agli operatori dei servizi pubblici essenziali sintomatici, anche affetti da lieve sintomatologia, per decidere l'eventuale sospensione dal lavoro, agli operatori anche asintomatici delle residenze sanitarie assistite e alle altre strutture residenziali per anziani.

Con specifico riferimento alle RSA, la Direzione della programmazione del Ministero, con la circolare del 25 marzo 2020, di aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri territoriali in corso di emergenza COVID-19, anche questo nell'ambito delle strategie di prevenzione e assistenza e controllo del contagio, ha segnalato che l'emergenza connessa agli ospiti o ai pazienti ivi ricoverati rende necessario attivare una stretta sorveglianza e un monitoraggio, nonché il rafforzamento dei setting assistenziali. Infatti, nelle RSA alberga la popolazione più fragile ed esposta al maggior rischio di complicanze fatali associate all'infezione da COVID-19.

Considerata l'esperienza delle regioni precocemente colpite dalla pandemia, è necessario identificare prioritariamente strutture residenziali assistenziali dedicate, ove trasferire pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, per evitare il diffondersi del contagio e potenziare il relativo setting assistenziale.

Si è ribadita, inoltre, l'importanza di predisporre percorsi formativi di prevenzione specifica per tutto il personale ivi operante, ribadendo comunque la necessità di potenziare il personale in servizio presso queste strutture anche attraverso i meccanismi di reclutamento straordinario già attivato per le strutture di ricovero ospedaliero, nonché la possibilità di ricorrere a personale già impiegato nei servizi semiresidenziali e domiciliari.

È stato raccomandato di effettuare in maniera sistematica tamponi per la diagnosi precoce delle infezioni a carico degli operatori sanitari e sociosanitari e di dotarli dei dispositivi di protezione individuale, nonché di garantire la continuità dei servizi di mensa, lavanderia, pulizia e servizi connessi, estendendo anche a questi operatori le misure mirate a definire una eventuale infezione da SARS-COV-2.

In conclusione, tengo a ribadire che tutte le misure adottate e descritte sono, comunque, soggette a continua revisione evidentemente in base alle nuove risultanze scientifiche e alla evoluzione epidemiologica.

PRESIDENTE. La deputata Maria Teresa Bellucci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta o meno per la risposta all'interpellanza.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Zampa, ho ascoltato attentamente le sue parole e, soprattutto, ho ascoltato l'elenco delle tante circolari che sono state emanate dal Dicastero che lei rappresenta. Le ho ascoltate così attentamente e puntualmente perché devo dire che mi hanno stupito. Se fossi al suo posto sarei quasi imbarazzata, costernata certamente, e avrei anche una certa difficoltà a fare l'elenco di tutte quelle circolari, perché confermano la gravità di quello che è stato portato avanti in questi giorni, in queste settimane, in questi mesi.

Inizio, però, a dirle che Fratelli d'Italia ha certamente dato da subito la propria disponibilità a collaborare e a potersi mettere a servizio in nome di quella unità che spesso avete proposto e richiesto a parole, ma che certamente vi ha visto poi disconfermarla in tutta una serie di occasioni.

Abbiamo proposto quella modalità collaborativa non tanto per questo Governo, su cui certamente non abbiamo fiducia. Ci avete dimostrato in più occasioni che è difficile avere fiducia sulla vostra capacità di porre al centro dell'attenzione il bene degli italiani. Vi abbiamo proposto quella collaborazione e quell'unità perché avevamo come obiettivo quello di proteggere gli italiani prima di tutto e prima di ogni cosa. E ci siamo messi al servizio, al di là delle fazioni e al di là delle ideologie. Ma ci avete dimostrato, sin dall'inizio, che le nostre proposte venivano lette da quello che voi avete un po' come il furore dell'ideologia: qualsiasi cosa arriva dall'opposizione o arriva da Fratelli d'Italia sembra che venga letta con un unico occhiale, quello del pregiudizio ideologico. L'avete fatto quando vi abbiamo detto di aprire la finestra vaccinale, era un'idea buona, un'idea necessaria.

Capiamo che, con i vostri colleghi, i vostri soci del Movimento 5 Stelle sia difficile trattare da certi temi. D'altronde, c'era chi saliva sugli scranni di quest'Aula e proponeva con forza e con vigore: “no vax”. Oggi tacciono, stanno zitti, certo il silenzio è d'oro, però continuo a dire che bisognerebbe un po' vergognarsi. Abbiamo proposto la nostra collaborazione quando vi abbiamo detto: inserite la quarantena. La quarantena è necessaria, è necessaria per proteggere la popolazione, per proteggere gli operatori, per proteggere tutti. Ma anche lì il furore ideologico vi ha portato a dire che bisognava andare ad abbracciarli i cinesi, che bisognava andare ad abbracciare tutte quelle persone che provenivano dalla Cina, anche insomma per festeggiare il Capodanno, giustamente festeggiarlo, ma che andavano abbracciati perché non c'era niente di cui preoccuparsi. Non c'era niente di cui preoccuparsi e poi lei dice che il 22 gennaio del 2020 avete emanato una circolare in cui davate indicazioni puntuali sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Il 22 gennaio davate questa indicazione e immagino che la davate perché eravate preoccupati rispetto ad una questione che riguardava il Coronavirus e di cui vi dovevate occupare; ve ne siete occupati con i pezzi di carta e non nei fatti e nella sostanza. Perché se date indicazioni su come utilizzare i dispositivi di protezione individuale, dovreste anche verificare se in Italia ci sono i dispositivi di protezione individuale! Invece avete ben pensato di non verificare, di non controllare e, in data 25 febbraio, di inviare come Governo, con un bel pacco con sopra la bandiera italiana, 2 tonnellate di dispositivi di protezione individuale alla Cina. Certo che la collaborazione, la reciprocità è fondamentale e che la cooperazione è fondamentale, ma se avete emanato una circolare il 22 febbraio, come ha detto bene lei, in cui disponevate delle indicazioni su come i nostri operatori, le nostre professionalità della salute dovessero utilizzare quei dispositivi, bisognava anche occuparsi di comprendere se in Italia c'erano i dispositivi sufficienti. Perché in Italia invece non c'erano i dispositivi sufficienti e non ci sono i dispositivi sufficienti. Tant'è vero che poi avete continuato, perché il 31 gennaio avete dichiarato lo stato di emergenza nazionale. L'avete dichiarato voi, è ancora lì, dovevate essere più consapevoli anche a fronte dello sbaglio dichiarato dall'Organizzazione mondiale della sanità il 30 gennaio, che diceva che non era lieve il pericolo, non era di lieve entità, ma anzi invece era di grave entità. Allora siete corsi giustamente a emanare e a dichiarare lo stato di emergenza il 31 gennaio e anche lì, a fronte della dichiarazione dello stato di emergenza, dovevate verificare, controllare che i dispositivi di protezione individuale fossero a disposizione. E lo dovevate fare perché sul vostro sito, come lei ha riportato in più occasioni nella risposta che ha voluto avere il buon garbo di darci, nel vostro sito scrivete proprio che, sulla base dell'epidemia che ha caratterizzato la SARS e la Mers, sulla base di quello la preoccupazione prima doveva essere per le infezioni del personale sanitario, perché quella era la popolazione più a rischio. Anche qui scritto a parole, scritto su carta, scritto su un sito, su un video, ma è rimasto lì appeso, non è entrato nella vita reale degli operatori sanitari e degli italiani. Perché quello che è accaduto invece è un'altra storia, è un'altra storia, sottosegretario, rispetto a quella che lei ha avuto il garbo di raccontare nelle tante circolari di cui ha parlato. La storia invece che ha riguardato la nostra Italia in questi due mesi è una storia che è stata caratterizzata da oltre 139 mila contagi, è una storia che ha visto quasi 18 mila persone perdere la vita. La nostra Italia è la nazione che al mondo ha più deceduti per Coronavirus.

La nostra Italia non è stata protetta e nella nostra Italia a morire anche sono stati proprio quegli operatori sanitari che, con coraggio, dignità, forza e onore, hanno cercato di proteggere gli italiani nonostante questo Governo, nonostante la mancanza dei dispositivi di protezione individuale, le mascherine, gli occhiali, nonostante tutto quello che poteva servire ad aiutarli. Ci hanno fatto vedere scene incredibili in cui cercavano di recuperarle in tutti i modi, in cui se le scambiavano, in cui davano e offrivano aiuto nonostante loro stessi non fossero protetti. Ci hanno raccontato di come per proteggere gli altri si sono allontanati dalla loro famiglia e anche per proteggere le proprie famiglie medici, infermieri, professionisti sanitari tutti, che hanno allontanato la propria moglie, il proprio marito, i propri figli e hanno iniziato a vivere da soli per giorni, per settimane stanno vivendo da soli, nel tentativo di offrire un aiuto, sapendo di non essere protetti successivamente. Perché quando lei parla di quello che si dovrà e si deve fare in termini di distribuzione, quello che si dovrà e si dovrebbe fare, questo non viene fatto. Abbiamo richieste di aiuto da parte di tutte le categorie professionali. Il presidente Anelli, che è il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, vi ha, in maniera accorata, richiesto di intervenire rispetto alla mancanza di sufficienti dispositivi di protezione. Vi hanno richiesto un maggiore intervento i medici anche dell'ospedale di Bergamo Papa Giovanni XXIII, anche rispetto ai tamponi, perché, sulla popolazione generale, si può anche fare un dibattito; certo, Fratelli d'Italia si è definita, crede che sarebbe necessario anche per far ripartire l'Italia, che vi fosse una diffusione di questa verifica. Ma non ci possono essere dubbi invece per quanto riguarda il personale sanitario. E invece soltanto alla fine di marzo avete deciso di proporre i tamponi al personale sanitario anche laddove non è così gravemente sintomatico, perché i contagi si sono diffusi anche perché questa valutazione, questa analisi, questa verifica, questo tracciato della diffusione attraverso il personale sanitario, non è stato proprio fatto in questi due mesi e quindi quella che si è generata è una diffusione del contagio stesso. Per non parlare poi degli altri operatori della sanità che non sono mai stati oggetto nemmeno delle vostre parole. Perché a me arrivano richieste d'aiuto dai SerD, i servizi per le dipendenze che continuamente, ogni giorno continuano ad assistere fra l'altro una popolazione particolarmente grave e anche fragile, non soltanto per la loro stessa salute, ma anche per essere ovviamente veicolo di contagio per altre persone. Quegli operatori sono totalmente soli, senza dispositivi di protezione individuale. In quei servizi per le dipendenze medici e infermieri continuano ad andare ad assolvere il loro compito, quello di assistere persone con dipendenza patologica, nonostante questo Governo. E questo riguarda anche i dipartimenti di salute mentale che si trovano nella stessa condizione: anche lì ci sono operatori sanitari. Per non parlare poi dei volontari del 118, che vedono presenti gli operatori del Terzo Settore: anche qui vi hanno scritto delle lettere, vi hanno detto come sono sguarniti di dispositivi di protezione individuale, come continuano ad andare ad assolvere il loro compito e a volte si ammalano e ovviamente spesso sono in quarantena per questo, perché hanno rinunciato a proteggere loro stessi per mettersi a servizio dell'Italia e proteggere gli altri. Tra l'altro, succedono delle cose che, in una situazione diversa da quella che stiamo vivendo di emergenza nazionale, potremmo definire grottesche; adesso possiamo definirle soltanto drammatiche.

Il 31 marzo il commissario straordinario Arcuri invia una lettera proprio all'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri in cui dice che le mascherine FFP2, dove c'è scritto equivalenti, non devono essere distribuite, bisogna sospendere immediatamente la distribuzione, perché non sono autorizzate per uso sanitario. Quindi, addirittura quelle che vengono distribuite non sono neanche idonee a poter essere utilizzate.

Ma non solo, assistiamo a delle altre cose grottesche: la regione Lazio proprio si è scoperto che ha anticipato 11 milioni di euro per comprare una partita di mascherine di 35 milioni di euro, e le ha acquistate da una società, una piccola società, che è specializzata nella distribuzione e nella vendita di lampadine LED e che è partecipata al 49 per cento da una persona cinese. E queste mascherine - pensate, nonostante vengano dei dubbi rispetto all'ente, alla società alla quale ci si è rivolti -, dopo aver pagato 11 milioni di euro, non sono state viste nella regione Lazio, non sono mai arrivate. Adesso la regione Lazio si sta preoccupando su come mai non sono arrivate, beh, forse si sarebbe dovuta preoccupare prima, quando ha fatto un affidamento diretto ad una società che aveva un capitale inferiore ai 10 mila euro, per un'attribuzione di un appalto di 35 milioni di euro, per delle mascherine che in questo momento riguardano la vita, riguardano la vita; la vita dei nostri operatori sanitari e dei nostri italiani, riguardano il mantenimento in vita della nostra Italia. E non ci dovrebbe essere priorità maggiore che controllare che ogni procedura che è tesa all'acquisizione di dispositivi di protezione individuale venga fatta nella piena trasparenza e nel pieno raggiungimento dell'obiettivo, che è quello di fare arrivare le mascherine agli infermieri, ai medici e ai professionisti della salute in ogni dove si trovino, e anche agli italiani, perché, nel momento in cui noi diciamo alle persone che devono avere delle mascherine, beh, dovremmo anche fornirle queste mascherine, dovremmo quasi regalargliele - dico quasi perché sembra quasi osare dirlo -, mentre quello che vediamo nella nostra Italia è una speculazione, un aumento del 300 per cento del costo dei dispositivi di protezione individuale e delle mascherine, a cui assistiamo. Una speculazione che riguarda la nostra Italia e che certamente ci deve lasciare ancora più atterriti, perché poi il mio sguardo inevitabilmente va verso anche l'Europa. E su questo noi dobbiamo essere indignati, drammaticamente indignati, perché nel momento in cui l'Italia regalava 2 tonnellate di mascherine alla Cina, beh, pochi giorni dopo, quando invece ci trovavamo noi nella situazione di essere afflitti dal Coronavirus, vedevamo che l'Europa, le sedicenti nazioni come la Germania, la Francia, l'Olanda, si rifiutavano di offrirci i dispositivi di protezione individuale. Beh, certamente non hanno timore di noi, ma certo, con i Governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni, che si sono sempre inginocchiati davanti alla Germania, davanti ad Angela Merkel, davanti alla Francia, certamente quel rispetto i Governi che si sono succeduti non l'hanno guadagnato presso quelle nazioni che si girano dall'altra parte nel momento in cui una nazione dell'Unione europea è in difficoltà. E ancora noi ci stiamo però pensando - anzi voi - a come istruire gli operatori sanitari e a come non verificare che invece le mascherine fossero effettivamente a disposizione, fossero all'interno della nostra Italia. La cosa sconvolge, perché alcuni esponenti del PD, anche oggi, dicono che no, l'Unione europea si rialzerà più forte dopo questa pandemia. Io mi chiedo: ma sulla base di cosa fanno queste dichiarazioni? Sulla base di quali elementi sostengono che l'Europa si rialzerà più forte? Un'Europa egoista, un'Europa che guarda soltanto il proprio interesse, e non solo nella difesa della salute, ma che guarda al proprio interesse nella difesa e nella speculazione economica dei propri interessi.

Io capisco che lei è particolarmente atterrita, preoccupata, lo sarei anch'io, sottosegretario. Anch'io porrei le mie mani sulla fronte e penserei: ma come ne usciamo da questo disastro? Come possiamo uscire da questa drammatica situazione? Beh, forse non leggendo soltanto le circolari, ma guardando quello che accade veramente, andando a parlare di quei 94 medici che sono morti e di quei 25 infermieri che sono morti e intanto a dire prima di tutto: scusa. Scusa a loro che hanno perso la vita; scusa per non essere stati più fieri di loro, più orgogliosi di loro, con più onore di loro, perché di onore ne hanno avuto tanto: persone che erano in pensione, che hanno deciso di andare al fronte sapendo di andarci senza protezioni, a mani nude, e che poi hanno perso la vita. Persone che potevano girarsi dall'altra parte, ma non l'hanno fatto, che continuamente hanno chiesto a noi italiani di aiutarli, ma che hanno chiesto anche a questo Governo di aiutarli. E, allora non sono le circolari che danno delle risposte, perché non bastano, perché quando quelle circolari non diventano vita, non diventano corpo, non diventano realtà nei reparti di urgenza, negli ospedali, anche nei servizi che si occupano di dipendenze patologiche e di salute mentale, beh, allora quelle circolari non sono servite a nulla.

E un ultimo mio pensiero lo sa a chi va, sottosegretario? A quelle due infermiere che si sono tolte la vita lo scorso mese, un'infermiera che ancora non sapeva neanche, in un caso, se avesse contratto il Coronavirus, ma aveva fatto il tampone, e l'altra invece che aveva scoperto di avere il Coronavirus, e che hanno proposto, dopo quella notizia, un ultimo estremo atto, quello di togliersi la vita, di rinunciare alla propria vita, perché il loro pensiero è stato quello di non poter più aiutare nessuno. Beh, quelle infermiere sono state lasciate sole, perché oltre a non avere i dispositivi di protezione individuale non hanno avuto nemmeno il supporto emotivo, psicologico, l'aiuto per continuare ogni giorno, con turni massacranti, a prestare il loro lavoro. Ve lo ha chiesto, ve l'ha chiesto la Federazione nazionale degli infermieri, ve l'hanno chiesto le professioni sanitarie tutte, vi hanno chiesto di poter dare anche un supporto psicologico a questi professionisti della salute che ogni giorno operano. Oggi esiste soltanto in una drammatica macchia di leopardo, e soltanto a fronte di qualche associazione di volontariato che, come al solito, viene in soccorso ad una Italia che non ce la fa a camminare da sola. Anche qui ancora attendiamo, ancora attendiamo che anche questo aspetto di protezione e di aiuto venga dato agli infermieri, ai medici, a tutti coloro i quali operano per difendere la salute degli italiani.

Beh, a fronte di questo, certo che non sono assolutamente soddisfatta della sua risposta: è mancata di sostanza, è mancata di profonda conoscenza della realtà in cui si opera oggi nel Sistema sanitario nazionale, che è un sistema che, fra l'altro, è vero che è il quarto al mondo, ma è anche vero che in questi ultimi dieci anni, i Governi che si sono succeduti, che hanno protagonisti anche in questo Governo, non hanno fatto altro che minarlo profondamente: abbiamo avuto una diminuzione di 10 mila medici, una diminuzione di 55 mila infermieri, siamo una nazione in cui il 25 per cento dei nostri medici ha oltre i 60 anni, tra i 60 e i 70 anni, e soltanto l'1,5 per cento ha un'età inferiore ai 35. Certo che l'abbiamo minato tanto.

Se regge, è soltanto grazie all'animo, alla qualità di queste persone, di noi italiani, perché sa, noi italiani siamo nati nella bellezza, cresciuti nella bellezza, siamo la nazione più bella al mondo, e la bellezza salverà il mondo, è vero. Di questa ci nutriamo e di questa, quindi, non facciamo che esprimere la nostra generosità, il nostro cuore enorme. E quando l'Italia soffre, nonostante i Governi, sono gli italiani che la fanno rialzare. In questi dieci anni questo ha fatto il sistema sanitario. Nonostante tutto, nonostante le violenze, le percosse, la non difesa puntuale; ancora aspettiamo una legge che possa difendere giustamente dagli attacchi di violenza e dalle aggressioni gli operatori sanitari. Ebbene, l'unica cosa a cui siete stati capaci di dare attenzione è un aumento della pena; eppure anche in questo caso vi hanno detto in ogni modo che gli operatori della salute non hanno bisogno soltanto di pene più alte per coloro i quali perpetrano violenza, hanno bisogno di supporto, di aiuto organizzativo, di maggiori risorse umane, di questi dispositivi di protezione; invece non è quello che si è costruito in questi dieci anni. E a chi del MoVimento 5 Stelle dice “guardate che abbiamo fatto, quanti posti letto abbiamo aumentato”, ebbene, vorrei ricordare che nel primo anno di Governo del MoVimento 5 Stelle, il Dicastero che era proprio guidato dal MoVimento 5 Stelle ha avuto una diminuzione del fondo, per quanto riguarda la sanità, di 600 milioni di euro. Quindi, la prima iniziativa non è stata quella di guardare e di attenzionare la stella della salute, ma di dare un altro colpo a quella salute che già era precaria e in difficoltà.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). E allora - e davvero concludo -, da ultimo, ribadisco che le proposte di Fratelli d'Italia sono state tante: non le avete accolte, non le avete recepite, non avete dato seguito a quella dichiarazione che avevate fatto di unità, né con il decreto-legge “Cura Italia”, né con il decreto-legge “Coronavirus” prima. Noi saremo, nonostante voi, ancora qui a darvi tutto il nostro aiuto, tutte le nostre competenze, ma, ovviamente, non vi faremo sconti nel caso in cui voi non offrirete all'Italia quello di cui ha bisogno; soprattutto, non vi faranno sconti gli italiani. Per ultimo, vi chiedo una cosa. Abbiamo presentato proprio in questi giorni una proposta di legge, per riconoscere come vittime…

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bellucci.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). …gli operatori sanitari, vittime di servizio, vittime della missione che essi portano avanti. Ebbene, vi chiedo di riconoscere proprio come vittime del dovere questi operatori sanitari, perché debbono essere riconosciuti con i fatti, con le parole e con la sostanza (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative volte a garantire efficaci misure di ordine sanitario e controlli di sicurezza in Sicilia in relazione all'emergenza COVID-19, con particolare riferimento al territorio di Messina - n. 2-00717)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Siracusano e Gelmini n. 2-00717 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla collega Siracusano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Presidente Rosato, sottosegretario Zampa, onorevoli colleghi, noi sappiamo, perché lo ripetiamo ogni giorno, ed è consapevolezza diffusa che vi è una parte del Paese, il Mezzogiorno d'Italia, nella quale se l'emergenza Coronavirus - se il virus - si diffondesse ulteriormente, provocherebbe una vera e propria ecatombe. Lo sappiamo, lo ripetiamo ogni giorno e siamo tutti consapevoli che stiamo scontando i numerosi tagli che sono stati effettuati in riferimento alla sanità; lo scontiamo in termini di mancanza di posti letto, di attrezzature sanitarie, di terapie intensive, di personale medico, che oggi sarebbe indispensabile.

Lo sappiamo e lo scopo di questa interpellanza, sottosegretario, non è soltanto quello di ripeterlo, ma è quello di stimolare il Governo ad intervenire con maggiore efficacia affinché prevenga il peggio. Una cosa l'abbiamo imparata da questa drammatica emergenza che stiamo vivendo, probabilmente dagli errori che sono stati commessi: abbiamo imparato che il tempo è determinante in questa vicenda, che la mancanza di tempestività ha causato grossi errori. La mia regione, la Sicilia, è stata investita da veri e propri esodi, da flussi incontrollati di cittadini che si sono spostati dalle regioni del Nord a seguito - ahimè - della comunicazione sciagurata del Governo. Sottosegretario, l'abbiamo detto e occorre riconoscerlo: la sciagurata comunicazione del Governo ha anticipato misure di chiusura di regioni, prima della Lombardia e poi di tutto il territorio nazionale, senza creare le condizioni per impedire questi flussi e per mettere in condizione i presidenti di regione di controllare i confini. Sì: i presidenti di regione sono stati lasciati da soli. Sappiamo che i presidenti di regione non possono avvalersi delle forze di polizia e dell'Esercito per il controllo sul territorio. Bene ha fatto il presidente Musumeci a richiedere l'applicazione dell'articolo 31 dello statuto speciale della Regione siciliana. Approfitto di questa sede per condannare apertamente gli attacchi strumentali che sono stati posti in essere da membri di partiti di maggioranza nei confronti del presidente Musumeci, associando questa richiesta alla richiesta fatta dal Presidente Orbán: non c'entra assolutamente nulla e non si trattava certamente di pieni poteri, ma di una prerogativa prevista dallo statuto della Regione siciliana, quindi costituzionalmente garantita. Quale momento più opportuno per far sì che il presidente della regione possa avvalersi dell'Esercito, delle forze di polizia per presidiare i confini della regione? Questo è quello più opportuno!

Parlo, poi, della mia città, una delle città più esposte della regione Sicilia, che è Messina, una città più esposta e più vulnerabile perché è una città di frontiera; a Messina passano tutti coloro che giungono in Sicilia, che si spostano dal continente all'isola attraverso l'automobile. Questo ha preoccupato moltissimo i cittadini messinesi, nonostante i casi siano, grazie a Dio, ancora contenuti. Di questo devo ringraziare la maturità dei cittadini messinesi, che hanno rispettato con grande rigore le regole di contenimento, e l'abnegazione del sindaco De Luca, che ha predisposto ordinanze talvolta più restrittive di quelle del Governo, anticipando anche le mosse del Presidente del Consiglio, generando anche qualche scontro che si sta verificando nelle ultime ore. Sottosegretario, approfitto per chiedere che il Governo si adoperi per avere atteggiamenti distensivi, in questo caso, nei confronti dei sindaci e degli amministratori locali che stanno in trincea in questo momento e che sono esasperati dalla preoccupazione dei cittadini. Mi creda, i cittadini non capiscono in questo momento come un sindaco possa essere denunciato per eccesso di operosità: eventualmente comprenderebbero che un sindaco fosse denunciato, in questo momento così drammatico, per difetto di operosità. Quindi, la prego, sottosegretario, di intercedere con il Governo affinché magari faccia qualche telefonata in più e qualche denuncia in meno, per far sentire ai cittadini la vicinanza dello Stato, per far sentire ai cittadini che in questo momento così drammatico per la loro vita lo Stato è amico e non avversario. Anche perché, guardi, i numeri che hanno interessato gli sbarchi sono stati addirittura migliaia, sono preoccupanti: dal 13 al 22 marzo si sono registrati circa 12.265 rientri su 3.689 auto, quindi oltre 1.700 passeggeri entrati in Sicilia ogni giorno. Alcuni di questi sono pendolari, ma moltissimi altri non lo sono; ad esempio, la sera del 4 aprile sono arrivati due camper e persino uno dal Belgio, quindi molti cittadini che attraversano lo Stretto non sono pendolari; sono numeri che spaventano giustamente i cittadini di Messina. Mi preme ringraziare comunque gli agenti della Polizia, che stanno svolgendo un lavoro straordinario in questo momento per effettuare i controlli sulle autocertificazioni. Mi chiedo se possono bastare le autocertificazioni o se magari non si potesse fare molto di più per rendere più accurati questi controlli. Ad esempio, con riguardo al controllo sulla temperatura corporea, sottosegretario, io di recente ho attraversato lo Stretto e la temperatura corporea mi è stata controllata allo sbarco; magari sarebbe opportuno che si controllasse all'imbarco, così i sintomatici eventualmente eviterebbero di contagiare i cittadini che passano sulla nave. Inoltre, perché non prevedere anche magari i test rapidi per chi arriva sull'isola? I tempi di attesa al momento sono molto lunghi anche per attraversare lo Stretto, quindi si potrebbero utilizzare anche per effettuare questi test rapidi; ciò sarebbe certamente opportuno e consigliabile. E - perché no? - si potrebbero anche censire questi passeggeri in un'apposita banca dati, a disposizione del presidente della regione e dei sindaci, affinché siano effettivamente nelle condizioni di accertare che i passeggeri arrivati sull'isola si pongano in quarantena.

E poi, sottosegretario, mi preme sottolineare un aspetto molto problematico che riguarda la città di Messina, e di cui ho parlato molto spesso in quest'Aula e attraverso atti parlamentari: la presenza di insediamenti degradati che sono le baraccopoli di Messina, dove è di fatto impossibile mantenere il distanziamento sociale e in cui vi è una situazione veramente, veramente drammatica, sottosegretario. Se ci fosse un solo caso, lì sarebbe una tragedia perché è accertato dall'azienda sanitaria che i cittadini in quelle zone hanno già patologie respiratorie e polmonari diffuse a causa dell'esposizione all'Eternit, all'aria malsana, all'umidità. Quindi, vi prego di vigilare su questa realtà e di intervenire affinché si possano rispettare le regole che il Governo chiede, perché se il Governo chiede ai cittadini di mantenere il distanziamento sociale e questi cittadini nella baraccopoli, per struttura di queste baracche, non possono mantenerla, allora magari il Governo deve intervenire per spostare questa gente, magari farlo spostando queste persone negli alberghi attualmente, finché non finirà l'emergenza.

Inoltre, abbiamo proposto anche una soluzione in riferimento alla mancanza di posti letto nella città di Messina che è una soluzione praticabile, molto utile e sarebbe anche rapida, che è la conversione dell'ospedale militare di Messina che ha spazi enormi, non utilizzati. Quindi, abbiamo individuato tre plessi che potrebbero essere convertiti rapidamente in reparti COVID per l'isolamento, per trattare anche casi lievi di Coronavirus e si tratta di una soluzione veramente efficace e anche rapida che si potrebbe realizzare in breve tempo, perché ripeto, sottosegretario, il tempo è importante, molto importante, è determinante in questa vicenda. Quindi, vi prego di darmi delle risposte, però non risposte di circostanza ma risposte autentiche, vere e concrete e soprattutto di garantire che le risposte che mi dirà si realizzino in tempi brevi. Chiediamo il tempismo, sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Salute, Sandra Zampa, ha facoltà di rispondere. Prego.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Onorevole Siracusano, grazie per l'interpellanza che ha voluto rivolgere al Governo. A fronte dell'emergenza dichiarata il 31 gennaio 2020, il Governo ha adottato, come noto, numerosi provvedimenti che sono finalizzati anche a garantire il distanziamento sociale come misura fondamentale per limitare la diffusione del COVID-19. Il Ministero dell'Interno, che è stato interpellato ovviamente dal Ministero che ho l'onore di rappresentare, ha fornito i dati relativi alle attività di controllo espletate dalle Forze di polizia e dalla capitaneria di porto finalizzate al rispetto delle misure di prevenzione. Dall'11 marzo 2020 al 7 aprile 2020 sono state controllate 45.113 persone con specifico riferimento all'emergenza sanitaria. In dettaglio, sono state denunciate per inosservanza di provvedimenti dell'autorità amministrativa 562 persone; 498 sono state sanzionate; 23 sono state denunciate per false dichiarazioni. Sono state denunciate inoltre per inosservanza del divieto assoluto di allontanamento dalla propria abitazione 3 persone. Sono state infine controllati per le medesime finalità 2.225 esercizi commerciali. Dai dati richiamati emerge mi pare con chiarezza il massimo impegno organizzativo che le Forze dell'ordine hanno posto per assicurare il pieno rispetto delle misure di prevenzione che sono state messe in campo dalle istituzioni.

La prefettura di Messina, in ordine alle questioni che lei ha rappresentato e illustrato proprio in questo momento, ha precisato quanto segue: a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020 sono stati pianificati controlli nei punti sensibili della città. Con ordinanza del questore sono stati disposti specifici controlli sia presso lo scalo ferroviario che presso quello portuale e in quest'ultimo caso sia nei confronti dei passeggeri a piedi che nei confronti di quelli a bordo dei veicoli. Altri controlli sono stati condotti presso i terminal degli autobus, ai caselli autostradali, sulla A18, a Villafranca Tirrena nonché presso il porto di Milazzo. A questo fine è stato anche incrementato il contingente di personale dedicato ai controlli. Dal 18 marzo 2020 la regione Sicilia ha allestito presidi dedicati ai passeggeri in arrivo o in transito presso la rada San Francesco nel porto di Messina e presso la stazione ferroviaria. Dal 23 marzo 2020 sono state, inoltre, previste iniziative speciali per incrementare gli standard di sicurezza e garantire un controllo capillare sul territorio, tra cui il pattugliamento dinamico e posti di controllo in alcuni nodi viari di particolare importanza.

Per quanto riguarda la gestione medico-sanitaria si evidenzia che, presso il Policlinico universitario di Messina, un intero padiglione – si tratta del padiglione H – è stato destinato ai pazienti COVID-19, per un totale di 70 posti letti e si sta procedendo alla riconversione di un altro reparto al fine di incrementare l'offerta di ulteriori 90 posti letto. Presso la terapia intensiva sono già attivi 22 posti letto che a breve saranno ulteriormente incrementati. L'Azienda ospedaliera universitaria ha altresì dedicato un padiglione ad attività chirurgiche non COVID, mantenendo il proprio pronto soccorso, sia generale che pediatrico.

Venendo alle altre aziende ospedaliere della città di Messina, l'Azienda ospedaliera Papardo ha dedicato un intero reparto alla gestione COVID con 24 posti letto, mentre l'Ospedale Piemonte sta attivando posti letto per COVID, per ulteriori 90 posti.

Per quanto concerne l'ipotesi di conversione del dipartimento militare di medicina legale, ovviamente di Messina, in reparto funzionale all'emergenza COVID-19, si segnala che la stessa è già stata presa in considerazione dal Ministero della Difesa che ha disposto una ricognizione sulla struttura da parte del genio militare effettuata di concerto con il direttore del dipartimento. All'esito delle attività di verifica sono stati stimati interventi per circa 1,2 milioni di euro, IVA inclusa, su tre plessi caratterizzati da un evidente stato di vetustà, nella prospettiva di potervi realizzare 46 posti letto per la quarantena, l'isolamento o il trattamento di sintomatologie lievi o moderate. In sintesi, questa ipotesi comporta oneri infrastrutturali per circa 1,2 milioni di euro e tempi di realizzazione stimabili in ventun mesi, con variabili al momento non ponderabili in quanto correlate, per esempio, agli esiti delle verifiche sismiche, ad eventuali contenziosi in esito all'affidamento della progettazione e dell'esecuzione dei lavori e ad eventuali ritardi dei cantieri.

Passando alla provincia di Messina, a Barcellona Pozzo di Gotto il COVID Hospital comprende 70 posti letti. Inoltre, presso il medesimo presidio, è in programma l'attivazione di altri 10 posti letto. Sant'Agata di Militello ne ha, invece, 37.

Quanto alle iniziative assunte in materia di dispositivi di protezione individuale e alle cautele assunte a protezione del personale sanitario delle Forze dell'Ordine, il Ministero della Salute, in linea con le raccomandazioni OMS e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), ha diramato immediatamente indicazioni sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuali, i cosiddetti DPI, in ambito sanitario con la circolare, citata poc'anzi, 22 gennaio 2020 n. 1997 e durante i controlli in porti e aeroporti con la circolare 12 febbraio 2020 n. 4373. Le indicazioni sono state aggiornate con la circolare 22 febbraio 2020 n. 5443 che individua i DPI di cui deve essere dotato il personale sanitario non solo in ambito ospedaliero, ma anche sul territorio. In queste circolari si è preso atto in modo specifico di quanto indicato dall'OMS, che ha equiparato le mascherine chirurgiche a dispositivi di protezione individuale.

Sulla base di questa indicazione il Ministero della Salute ha avviato le conseguenti iniziative dando priorità alla tutela di tutto il personale sanitario a cui prioritariamente dovrà essere distribuito il materiale reperito dalla Protezione civile e dal commissario straordinario per l'emergenza.

È di tutta evidenza che l'indicazione dell'OMS debba essere adeguata ai casi concreti e ai differenti rischi a cui il personale sanitario e non si trova a essere esposto. In tale ottica, sono state emanate due circolari di seguito indicate: circolare 11257 del 31 marzo 2020, circolare 9335 del 18 marzo 2020 e 11392 del 1° aprile 2020. Peraltro, il 25 marzo è stato firmato il Protocollo per la prevenzione e la sicurezza dei lavoratori della sanità pubblica e privata tra il Governo e le maggiori sigle sindacali, ove viene disciplinata la fornitura di dispositivi di protezione individuali e test diagnostici. Ancora in questa direzione va anche la circolare del 3 aprile 2020, n. 11715, di aggiornamento delle indicazioni, e fra i soggetti cui effettuare con priorità i test diagnostici sono stati individuati operatori sanitari esposti a maggior rischio e operatori dei servizi pubblici essenziali.

Inoltre, alla data di oggi, come evidenziato anche nel sito istituzionale del Dipartimento della protezione civile, il numero dei materiali distribuiti è di 88.664.245 sull'intero territorio nazionale tra dispositivi di protezione individuale e macchinari, ovvero strumenti necessari alle strutture sanitarie.

Per quanto riguarda in particolare la regione Sicilia, il numero totale di materiale sanitario distribuito alle strutture è di 3.308.347.

In merito alla questione degli approvvigionamenti, dobbiamo ovviamente rappresentare che il commissario straordinario, nell'esercizio dei poteri di requisizione di cui all'articolo 122 del decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18, ha emanato l'ordinanza commissariale n. 6 del 28 marzo 2020, che autorizza una procedura di sdoganamento in favore di regioni, province, pubbliche amministrazioni, strutture ospedaliere pubbliche ovvero private accreditate ed esercenti dei pubblici servizi essenziali.

Sulla base di questa ordinanza, l'Agenzia delle dogane ha pubblicato un modello di autocertificazione per accelerare lo sdoganamento delle importazioni di dispositivi medici. Poiché la carenza di dispositivi di protezione individuale e altri materiali è un problema mondiale ed europeo, l'Italia ha partecipato all'iniziativa della Comunità europea per l'acquisto congiunto, il cosiddetto joint procurement, di DPI, materiali di laboratorio e attrezzature mediche.

PRESIDENTE. La deputata Siracusano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta o meno per la risposta alla sua interpellanza.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, non sono affatto soddisfatta, perché comunque l'approccio non era quello che chiedevamo, cioè l'approccio non è quello giusto. Siamo nell'approccio dell'urgenza assoluta, non è tempo di leggere circolari, di allungare i tempi per la realizzazione di cose necessarie.

Apprezzo lo sforzo, e infatti riconosco il grande sforzo che è stato fatto dagli ospedali messinesi per riservare alcuni reparti ai reparti di Coronavirus, ma sono comunque pochi, ne servirebbero altri. Sull'ospedale militare, 21 mesi per realizzarlo è un po' troppo, non è tempo. Invece, si potrebbe fare rapidamente sul modello del ponte Morandi. Dobbiamo operare in questo senso in questo momento, non possiamo allungarci in procedure complesse, vedere che è tutto a posto. È un momento drammatico in cui servono posti letto per ricoverare le persone che sono affette da Coronavirus, e quelli che abbiamo sono troppo pochi; quindi, ci vuole uno stimolo in più da parte del Governo per superare tutti questi ostacoli, altrimenti sarà un disastro. Sarà un disastro, sottosegretario.

Non mi ha detto assolutamente nulla sull'emergenza della baraccopoli e, ribadisco, quella è una situazione drammatica, dove la gente sta attaccata, perché sta in capanne, con i tetti in eternit, i topi, le fogne a cielo aperto, i bambini che giocano in mezzo ai topi. E lì ci sono tantissime patologie polmonari, per cui, se arrivasse lì un caso di Coronavirus, sarebbe un disastro, sarebbe un disastro.

Quindi accertamenti clinici devono essere fatti, accertamenti sanitari sulle persone sintomatiche, quelle devono essere spostate; e le persone che non possono rispettare il distanziamento sociale che è chiesto dal Governo devono essere spostate da lì. Quindi, sottosegretario, non sono assolutamente soddisfatta.

Invece, apprezzo quanto mi ha detto in riferimento all'operato dell'assessorato alla sanità regionale. Sono cosciente e apprezzo il grande sforzo che è stato fatto dal presidente Musumeci e dall'assessore Razza, però le chiedo anche qui di garantire un maggior supporto da parte del Governo, di stare più vicino alla regione, di fare di più, perché quello che ci risulta oggi deve essere fatto doveva essere fatto ieri e i problemi li stiamo scontando.

Le chiedo anche di invitare il commissario straordinario Arcuri, visto che ci giunge notizia che è pervenuta una fornitura Consip per i ventilatori polmonari, affinché il commissario Arcuri si adoperi per distribuirle equamente su tutto il territorio nazionale, anche qui in tempi brevi, perché non possiamo permetterci di ascoltare informazioni che ci annunciano che si pensa che molti ventilatori arriveranno alla fine dell'emergenza. Non è possibile, non è il momento di agire in questo modo. Guardi, non è polemica, non è voler fare polemica, perché noi polemiche non ne abbiamo fatte.

Un conto è la speculazione politica, un conto è rappresentare le problematiche, e il nostro lavoro è quello di stimolare il Governo a fare meglio e a fare di più, perché questo non è un momento come gli altri, non è un momento ordinario, e noi dobbiamo agire sulla stessa direzione, ma dire le cose come stanno e incalzare il Governo quando sbaglia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative a favore delle scuole paritarie, alla luce delle ripercussioni sul tessuto economico e sociale derivanti dall'emergenza sanitaria in atto - n. 2-00711)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gelmini ed altri n. 2-00711 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Spena se intenda illustrare l'interpellanza. Prego.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente, e grazie al sottosegretario De Cristofaro. Dunque, con questa interpellanza, Presidente e sottosegretario, vogliamo parlare delle libertà, delle libertà delle famiglie e delle libertà dei genitori di poter iscrivere e di poter scegliere quale percorso formativo ed educativo riservare ai propri figli, e anche quindi della possibilità di poter iscrivere i propri figli presso le scuole paritarie che fanno parte del nostro sistema di istruzione.

Sappiamo che in Italia ci sono circa 200 mila scuole paritarie, 900 mila sono gli studenti che siedono su quei banchi e 140 mila i lavoratori, tra personale docente e amministrativo. Quindi, è tutto un mondo parallelo che cammina insieme a quella che è l'istruzione pubblica per far crescere e per formare i nostri bambini, i nostri adolescenti, fino ai nostri ragazzi, quando si parla di scuola secondaria di secondo grado.

Il sistema scolastico, è inutile ricordarlo, è improntato al pluralismo educativo, così come previsto dalla Costituzione, così come previsto anche dal diritto europeo fino alla legge n. 62 del 2000 sulle norme della parità scolastica.

Ma fino ad oggi abbiamo avuto un riconoscimento soltanto puramente formale, vista l'equiparazione dei titoli di studio tra scuola pubblica e scuola paritaria, ma nulla ancora di sostanziale, di concreto e di materiale, soprattutto in un periodo come questo, sottosegretario, che è chiaramente un momento di grave emergenza per tutto quanto il Paese, il cui tessuto sociale ed economico, lo sappiamo, è costituito in gran parte dalle nostre famiglie.

Lo stato di emergenza che stiamo affrontando, quindi, fa sì che molte scuole paritarie debbano chiudere, e quindi il rischio è che non possano più riaprire a settembre. Le scuole si sono trovate da un momento all'altro - ma, lo devo dire, è chiaro che mi riferisco a tutto quanto il sistema scolastico nazionale - a cimentarsi con un nuovo modo di lavorare, la cosiddetta didattica a distanza; a questo, chiaramente, si sono attenute anche tutte quante le nostre scuole paritarie. Tutto il Paese, anche questo settore strategico, ripeto, per la nostra crescita, che è quello dell'istruzione, ha risposto all'improvvisa richiesta di innovazione e cambiamento mettendo a disposizione tutte le risorse possibili, risorse umane e tanta buona volontà, ma poche risorse economiche, soprattutto per il mondo delle scuole paritarie.

Le scuole paritarie in questo momento hanno fatto un po' la parte delle cenerentole e sono state quasi ignorate: pochi fondi all'inizio per la sanificazione e per la pulizia degli ambienti scolastici proprio per affrontare l'emergenza. Questo, devo dire, fino a ieri, perché dobbiamo anche dire il vero e quindi salutare sicuramente con la massima positività questo segnale che ci avete mandato, ovvero la decisione di accogliere la richiesta di prevedere un sostegno per la didattica a distanza anche per le scuole paritarie, una richiesta che noi di Forza Italia abbiamo sostenuto sin dai primi giorni di sospensione della didattica frontale, quando ci si è dovuti cimentare, appunto, con questa nuova modalità della didattica a distanza.

Sappiamo che la crisi economica, per le tante famiglie del nostro tessuto sociale e del nostro Paese, sicuramente non darà la possibilità a molti genitori di pagare le rette scolastiche delle scuole paritarie, quindi molte famiglie si troveranno nell'impossibilità di esercitare in concreto la scelta educativa per i prossimi mesi. Non dimentichiamo, oltretutto, che il servizio delle scuole paritarie abbraccia un segmento importante per la genitorialità e per il sostegno alle famiglie, che è quello, appunto, degli asili nido e delle scuole dell'infanzia. Sappiamo della carenza di strutture, che è ormai antica; infatti è da anni che parliamo, appunto, delle strutture degli asili nido e da anni parliamo delle liste d'attesa, quindi di quei tanti genitori che vogliono iscrivere i propri piccoli agli asili nido ma non trovano la possibilità di ingresso in quelli comunali e in quelli pubblici; così è anche per la scuola dell'infanzia.

Chiediamo, allora, con voce forte, che siano introdotti degli ammortizzatori sociali a sostegno delle famiglie, così come avviene anche per i lavoratori e così come avviene per gli altri settori della nostra vita e del nostro Paese. Quindi ci aspettiamo - ripeto - l'adozione di misure urgenti volte a salvaguardare il riconoscimento della detraibilità per l'anno 2020 delle rette versate dalle famiglie per la frequenza delle scuole paritarie, l'istituzione di un fondo per le esigenze emergenziali delle scuole paritarie, al fine di garantire la continuità del servizio svolto da queste e, soprattutto, l'equiparazione del personale, perché le scuole paritarie sono fatte soprattutto, oltre che dai ragazzi che le frequentano, dai tanti docenti e dai tanti lavoratori. Quindi, richiediamo l'equiparazione del personale delle scuole paritarie alle altre categorie di lavoratori a favore dei quali sono previsti interventi, come per esempio quelli per la cassa integrazione nonché l'accesso al Fondo d'integrazione salariale e tutti quanti gli ammortizzatori sociali, al pari di tutte quante le altre realtà. Infine, chiediamo la sospensione per l'anno 2020 di qualsiasi tipologia di imposta o tributo locale per le scuole paritarie no profit, o altrimenti, comunque, un rinvio, con la possibilità di rateizzare fino al 31 dicembre. Credo, sottosegretario, che dobbiamo venire incontro un po' a tutte quante le esigenze, perché - lo ricordo - anche se a settembre, per esempio, alcune di queste scuole non potessero riaprire e non potessero erogare di nuovo questo servizio nei confronti delle tante famiglie che frequentano queste scuole, ciò sarebbe chiaramente anche un aggravio per tutto quanto lo Stato e per il nostro Paese, che da quel momento, soprattutto da settembre in poi, non sarebbe in grado di poter dare risposte alle tante domande di quei docenti e di quei ragazzi che dovrebbero fuoriuscire dalle scuole paritarie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, Giuseppe De Cristofaro, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE DE CRISTOFARO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Onorevole Spena, grazie della domanda. Sin da subito questo Governo si è adoperato per sostenere la didattica a distanza avviata dalle istituzioni scolastiche, incluse le scuole paritarie, che stanno così assicurando continuità al diritto all'istruzione garantito dall'articolo 34 della nostra Carta costituzionale.

Il decreto-legge n. 18, cosiddetto “Cura Italia”, è attualmente all'esame del Parlamento per la conversione. Nella seduta di lunedì scorso nel corso dei lavori della Commissione di merito il relatore ha presentato un apposito emendamento, sostenuto dal Ministero, volto a incrementare di 2 milioni le somme disponibili proprio a favore delle scuole paritarie, affinché anche tali istituzioni scolastiche possano attingere a nuove risorse per dotarsi di piattaforme e di strumenti digitali utili alla didattica a distanza e per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti dispositivi digitali individuali e connessione alla rete. Con la proposta emendativa, che incontra il favore del Ministero, si potrà provvedere alla ripartizione delle risorse aggiuntive adottando i medesimi criteri usati per il decreto n. 187, così da tener conto dell'effettiva condizione degli studenti. In questo modo anche le scuole paritarie potranno accedere agli stanziamenti erogati dal Governo per sostenere e promuovere la didattica a distanza.

Varie sono state anche le proposte emendative presentate nella Commissione bilancio del Senato della Repubblica al decreto-legge n. 18 del 17 marzo scorso e che prevedono, in diversa misura e con diverse modalità, agevolazioni fiscali in favore delle famiglie che hanno iscritto i propri figli alle scuole paritarie (che, lo ricordo, già esistono a legislazione vigente). Ricordo, infatti, che l'attuale normativa fiscale prevede, all'articolo 15, comma 1, lettera e-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, la detraibilità dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento delle spese per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo d'istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale d'istruzione, che ai sensi dell'articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62 è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La detrazione spetta per ciascun alunno o studente e per un importo massimo fissato, a decorrere dall'anno 2019, in 800 euro l'anno.

È prevista inoltre, ai sensi dell'articolo 2 della legge 22 dicembre 2008, n. 203, la detrazione dall'imposta lorda, nella misura del 19 per cento, per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati, originariamente introdotta dall'articolo 1, comma 335, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Tale detrazione spetta per un importo massimo di 632 euro all'anno per ogni figlio. Ciò posto, è evidente che l'attuale normativa fiscale già prevede la detrazione delle spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie. Anche in questo caso stiamo seguendo con attenzione l'evolversi dei lavori parlamentari sino alla conversione del decreto, conservando l'attenzione sul tema.

Sulla questione della partecipazione delle famiglie al funzionamento del sistema scolastico ritengo, però, opportuno fornire alcune precisazioni alla luce del vigente quadro normativo. Giova ricordare che il sistema nazionale di istruzione e formazione comprende sia le scuole statali che le scuole paritarie e queste ultime sono a gestione pubblica o privata. La frequenza delle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado e delle scuole paritarie dell'infanzia a gestione pubblica - lo ricordo - è gratuita. Pertanto, è a carico delle famiglie degli studenti che frequentano queste scuole la sola retta per la fruizione del servizio mensa, utilizzato prevalentemente dai bambini delle sezioni a tempo normale della scuola dell'infanzia e dagli alunni delle classi a tempo pieno della scuola primaria. Tali rette vengono versate in forma diretta o in forma indiretta all'ente locale quale soggetto titolare della gestione del servizio di refezione scolastica, che nel periodo di sospensione dell'attività didattica in presenza non è evidentemente erogato.

In merito, invece, alle scuole primarie e secondarie di primo grado e di secondo grado a gestione privata, occorre ricordare che la frequenza delle stesse è subordinata al pagamento di una retta a carico delle famiglie. A tale riguardo occorre rilevare che a normativa vigente non rientra nelle competenze del Ministero dell'istruzione consentire l'esenzione dal pagamento di tale rette, la cui entità, come è noto, è determinata dalla singola istituzione scolastica. Anche la frequenza dei servizi educativi, sia pubblici che privati, per bambini dalla nascita fino ai tre anni di età è soggetta al pagamento di una retta da parte delle famiglie. In quest'ultimo caso l'associazione nazionale comuni italiani ha comunicato che la quasi totalità dei comuni ha già sospeso le rette per tutti i servizi educativi, anche quelli relativi al servizio di trasporto e mensa, e in alcuni casi è stato disposto il recupero a favore delle famiglie delle rette versate in anticipo.

In ogni caso, anche alla luce degli ammortizzatori sociali straordinari recentemente previsti dal Governo - mi riferisco naturalmente all'articolo 22 del decreto-legge n. 18 - le decisioni in merito alla partecipazione delle famiglie in costanza dell'emergenza non possono che restare, a legislazione vigente, in capo all'ente gestore che deve valutare gli equilibri complessivi della gestione scolastica.

Tornando sul merito delle risorse cui le scuole paritarie possono attingere, stanziate dal più volte citato decreto-legge n. 18, ricordo inoltre che l'articolo 77 ha previsto una dotazione pari ad euro 43,5 milioni da destinare alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale d'istruzione, ivi incluse le scuole paritarie, per l'acquisto di beni finalizzati a garantire idonee condizioni igienico-sanitarie dei locali, ovvero dispositivi di protezione e igiene personale per l'intera comunità scolastica.

Le risorse economiche stanziate costituiscono, evidentemente, un finanziamento straordinario, volto a supportare le istituzioni scolastiche nella gestione dell'emergenza sanitaria. Le singole istituzioni scolastiche individueranno gli interventi da attivare e i prodotti da acquistare, tenuto conto delle specifiche esigenze e delle indicazioni di cui alla circolare del Ministero della Salute del 22 febbraio scorso.

Al riguardo, richiamo anche la nota del 28 marzo scorso con cui il Ministero precisa che per l'erogazione delle suddette risorse nei confronti delle istituzioni scolastiche paritarie si sta procedendo con massima tempestività.

Venendo, infine, al quesito da lei posto, sull'accelerazione delle procedure necessarie a rendere disponibili i fondi pregressi 2019-2020, le comunico che, sulla base degli stanziamenti finanziari previsti dalla legge del 2019 n. 160, è stato predisposto il decreto del Ministro che stabilisce i criteri e i parametri per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie. Lo scorso 7 aprile il decreto è stato trasmesso per il visto alla Corte dei conti, che dovrà provvedere alla relativa registrazione entro i termini stabiliti dall'articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000. Non appena tale provvedimento sarà debitamente registrato, si provvederà rapidamente all'emanazione dei decreti di assegnazione agli uffici scolastici regionali, compresa la regione Valle d'Aosta, dei relativi fondi, affinché gli stessi possano provvedere alla erogazione dei contributi direttamente alle scuole paritarie di ogni ordine e grado.

PRESIDENTE. La deputata Maria Spena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta o meno per la risposta alla sua interpellanza. Prego.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente. La risposta del sottosegretario, più o meno, nella parte che riguarda le scuole paritarie non mi ha detto nulla di nuovo, fermo poi restando che tutto quanto il resto apparteneva al sistema di istruzione pubblico. Già le ho detto prima, sottosegretario, che abbiamo accolto con grande soddisfazione quelli che sono stati gli stanziamenti di 2 milioni di euro per quanto riguarda la didattica a distanza. Chiaramente, non siamo soddisfatti per quelli sull'agevolazione fiscale, quindi sulla detraibilità delle rette da parte delle famiglie chiediamo un costo standard di 5. 500 euro l'anno per alunno, così come per i lavoratori delle scuole paritarie. Forse lo saprà meglio di me, sottosegretario, visto che è della Pubblica istruzione: molti docenti delle scuole paritarie, grazie proprio al lancio, alla loro esperienza che fanno nelle scuole paritarie - molti di questi si formano anche lì e sono docenti sicuramente rispettabilissimi e preparatissimi -, dopo hanno anche la possibilità di accedere ai famosi concorsi riservati per le scuole pubbliche, quindi dobbiamo considerarli come lavoratori di un unico sistema di istruzione. E quindi, soprattutto in quelle scuole della prima infanzia, come gli asili nido e le scuole dell'infanzia, che non possono, chiaramente, fare didattica a distanza, chiediamo che questi vengano tutelati, garantendo anche per loro un rapido accesso alla cassa integrazione in deroga. Poi, come mi diceva lei, con riferimento agli stanziamenti del 2019, lei mi ha detto il 7 aprile, quindi ancora ci sarà da aspettare il rimborso dei contributi ordinari per le scuole paritarie. Vede, credo che siamo figli tutti quanti di una stessa Patria, di uno stesso Paese: oggi, in questa situazione di emergenza in cui il Paese si trova, sicuramente, non possiamo discriminare le famiglie, i nostri giovani, in base a quale tipo di istruzione di cui, fino ad oggi, hanno usufruito, facendo quindi differenze tra istituzioni pubbliche e private, anche perché tutte le famiglie, pagando i contributi sono contribuenti e, quindi, sostengono tutto il sistema nazionale. Quindi, il sistema nazionale di istruzione è grazie anche a loro che può essere in piedi. Poi, voglio ricordare che il momento che stiamo vivendo, i nostri giovani, i nostri bambini, i nostri ragazzi, questa crisi economica, sanitaria e sociale che ha colpito il nostro Paese, la stiamo vivendo sicuramente in un modo che nessuno mai avrebbe immaginato di vivere: è destinato a cambiare il nostro stile di vita e cambia anche la nostra storia. Io credo che le prossime generazioni studieranno tutto ciò che è capitato, nei libri di storia, ma sarebbe opportuno che, invece, questa storia la raccontassero, anzi, la scrivessero proprio i nostri ragazzi. Quindi, io le faccio un invito, sottosegretario, attraverso il suo Dicastero di avviare anche un progetto di documentazione collettiva in tutte le scuole, anche in collaborazione con il servizio televisivo pubblico, iniziando finalmente, proprio con la scrittura di queste pagine di storia che i nostri ragazzi, insieme con i loro insegnanti e, chiaramente, anche insieme alle loro famiglie, stanno vivendo, ad offrire ai nostri studenti quel ruolo da protagonista culturale e sociale che dovranno assumere, poi, responsabilmente, nella costruzione del futuro, loro e del nostro Paese. Le pagine di questa storia, di questo momento storico del nostro Paese, dovranno essere scritte anche da loro. Quindi, è da qui che dobbiamo ripartire, senza lasciare indietro nessun ragazzo e nessuna famiglia.

(Elementi e iniziative in materia di traffico aereo in relazione all'emergenza COVID-19 - n. 2-00720)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Marrocco ed altri n. 2-00720 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Marrocco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, mi consenta di fare un passo indietro per cercare di ricostruire l'arrivo del COVID-19 in Italia con le informazioni che abbiamo fino ad oggi. Come dichiarato recentemente dall'epidemiologo Walter Pasini, direttore del centro Travel Medicine and Global Health, è probabile che l'infezione sia arrivata in Italia attraverso tre voli internazionali da e per Wuhan, prima che le nostre autorità bloccassero i voli dalla Cina, ovvero che il virus possa essere stato portato in Italia e in altri Paesi nel mondo dalla miriade di voli che hanno collegato l'epicentro della pandemia – il focolaio di Wuhan – con migliaia di altre città. L'aeroporto di Wuhan aveva, infatti, contatti con le principali città cinesi e del mondo e non si può sottovalutare il fatto che le autorità cinesi abbiano imposto il cordone sanitario a Wuhan dopo aver lasciato uscire 5 milioni di abitanti.

Era evidente, a quanto sostenuto sempre da Pasini, che attraverso l'enorme flusso di viaggi internazionali il virus sarebbe arrivato in Italia. Così settimane preziose sono state lasciate passare senza acquisire dispositivi di protezione individuale, addestrare personale e mettere in atto il sistema di sorveglianza epidemiologica.

Quando l'epidemia da COVID-19 in Cina è apparsa talmente estesa da far adottare misure restrittive nei confronti dei voli provenienti da quel Paese, nei protocolli di sicurezza posti in essere si sono registrate comunque delle falle, come quelle relative ai voli oggetto di triangolazioni aeree, cioè che trasportavano passeggeri partiti dalla Cina, ma non direttamente provenienti in Italia dalla Cina, bensì da un altro Stato europeo o extraeuropeo ove avevano effettuato uno scalo.

Alla luce di quanto sopra, è molto probabile che proprio il trasporto aereo abbia rappresentato il principale canale di trasmissione del COVID-19 in Italia. L'Italia è ad oggi il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per contagiati. La virulenza o meglio la cattiveria con cui il COVID-19 si è diffuso in Italia ha imposto, a partire dal mese di marzo, l'adozione di misure più restrittive della mobilità personale e di sospensione di molte attività commerciali e produttive, finalizzate a limitare la diffusione dei contagi. E anche qui ci tengo a sottolineare che il centrodestra chiedeva tali misure già da due settimane prima.

Tra tali misure vi è l'ordinanza dei Ministri della Salute e delle Infrastrutture e dei trasporti del 28 marzo, che, pur limitando la possibilità di accesso al territorio nazionale da persone provenienti dall'estero ai casi di necessità, tra i quali esigenze di natura lavorativa, non ha previsto la totale chiusura del trasporto aereo, come è avvenuto invece in altri Stati anche europei. In particolare, è stato previsto dall'articolo 1 di detta ordinanza che le persone che intendevano entrare in Italia tramite trasporto di linea aerea ferroviario o marittimo, debbano fornire una serie di indicazioni che dovranno essere acquisite e verificate dai vettori prima dell'imbarco. Sempre nella medesima ordinanza, si prevede che i soggetti che entrano in Italia dall'estero siano obbligati all'effettuazione della quarantena fiduciaria. A questo punto la domanda sorge spontanea: se sono obbligato a una quarantena fiduciaria, che ci vengo a fare in Italia per lavoro?

Sempre alla luce di detta ordinanza, continua a rimanere aperto il principale aeroporto italiano come quello di Roma-Fiumicino, ove, seppure con limitazioni, continuano ad arrivare voli dall'estero. Ma, cosa estremamente grave è la prassi dei controlli in aeroporto, praticamente inesistente, sottovalutando il ruolo degli asintomatici, cioè persone infette ma apparentemente perfettamente sane.

Seppure le disposizioni previste dall'ordinanza del 28 marzo prevedano un periodo obbligatorio di isolamento fiduciario in un luogo noto alle autorità pubbliche per le persone che arrivano dall'estero, è molto forte il rischio che la concreta applicazione dell'obbligo di isolamento fiduciario non sia sottoposta a controlli effettivi, con il conseguente rischio di propagazione dei contagi e, purtroppo, ad oggi, non si può ancora parlare di inversione di tendenza.

Anche in considerazione delle misure restrittive adottate da numerosi Paesi europei, appare opportuna una attenta ponderazione delle misure adottate in materia di traffico aereo per l'Italia, al fine di valutare se siano effettivamente efficaci per il contenimento della diffusione dei contagi nell'ambito del quadro complessivo delle misure restrittive adottate per imporre l'isolamento sociale.

Chiediamo se il Governo non intenda adottare ulteriori misure in materia di traffico aereo per l'Italia, volte a garantire la sicurezza in ordine alla possibilità che si possano verificare nuovi focolai di contagi nel nostro Paese; quanti siano i cittadini non italiani giunti in Italia con voli di linea aerea per motivi di lavoro dal 28 marzo e quali siano state le misure adottate al fine di verificare l'effettivo svolgimento, da parte di questi, del periodo di quarantena fiduciaria; di intensificare i controlli sanitari all'arrivo in aeroporto, in coordinamento con il Ministro della Salute.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, senatore Salvatore Margiotta, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MARGIOTTA, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Grazie onorevole Marrocco, il suo quesito, particolarmente interessante, devo dire che negli ultimi giorni diverse persone lo hanno posto, coinvolge competenze di vari Ministeri e sono stati consultati tutti nel preparare la nota di cui do lettura, che mi auguro possa essere - come dire - di chiarimento e di ausilio su queste tematiche.

Rispondo ai quesiti posti anche sulla base di quanto comunicato dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Ministero della Salute e dal Ministero dell'Interno.

In applicazione della comunicazione della Commissione europea del 16 marzo scorso sulla restrizione dei viaggi non essenziali nell'area UE+ - che include tutti gli Stati membri Schengen, gli Stati associati Schengen (Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein), l'Irlanda e il Regno Unito nella misura in cui facciano proprie le linee guida della Commissione - il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ha immediatamente dato istruzioni alle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane di sospendere il servizio di emissione di visto di ingresso nei confronti dei cittadini stranieri sottoposti a tale obbligo in base al Regolamento europeo 2018/1806.

Le restrizioni non si applicano ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati associati Schengen, ai loro familiari e ai cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari di visti nazionali di lungo periodo.

Tra le limitate eccezioni previste si segnalano: gli operatori e i ricercatori sanitari ed i professionisti dell'assistenza agli anziani, i lavoratori frontalieri, il personale addetto ai trasporti, i diplomatici, il personale militare e gli operatori umanitari nell'esercizio delle loro funzioni.

In occasione della videoconferenza dei membri del Consiglio europeo del 17 marzo scorso, gli Stati membri hanno fatto propri gli orientamenti proposti dalla Commissione per limitare la diffusione del virus a livello globale.

Quanto al quesito posto circa le azioni intraprese a livello nazionale in materia trasportistica per prevenire e contenere la diffusione del virus COVID-19, evidenzio che il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della Salute, ha adottato plurimi decreti, tutti attualmente vigenti ed efficaci.

Sinteticamente segnalo il decreto n. 112 del 12 marzo 2020, con cui sono stati individuati gli aeroporti presso i quali continua ad essere garantito il trasporto aereo; i decreti nn. 113, 114, 116, 117 e 118 del mese di marzo 2020, con i quali sono state previste riduzioni dei servizi automobilistici interregionali, riduzioni dei servizi di trasporto ferroviario e soppressioni di quelli notturni, riduzioni e soppressioni dei servizi aerei e marittimi da e per la Sardegna e da e per la Sicilia; il decreto n. 120 del 17 marzo, con il quale sono state disciplinate, tra l'altro, le prime misure specifiche in materia di ingresso in Italia e le relative prescrizioni, al fine di evitare la diffusione del contagio del COVID-19; il decreto n. 122 del 18 marzo, che ha disciplinato le misure d'ingresso in Italia di particolari categorie di persone, previsto ulteriori riduzioni e soppressioni di servizi marittimi da e per la Sicilia, introdotto nuove limitazioni dei servizi di trasporto ferroviario e disciplinato i voli privati; il decreto n. 125 del 19 marzo, che ha disciplinato le misure di ingresso dei passeggeri e dell'equipaggio di navi di bandiera italiana o estera impegnati in servizi di crociera.

Come ricordato dagli onorevoli interpellanti, il 28 marzo 2020 è stata adottata dal Ministro della Salute, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, l'ordinanza con cui sono state introdotte ulteriori misure finalizzate a disciplinare le procedure di ingresso nel territorio nazionale tramite trasporto di linea aereo, marittimo, lacuale, ferroviario o terrestre.

Tutti i provvedimenti che ho menzionato si fondano sull'esigenza di operare un bilanciamento tra diversi interessi concorrenti - libertà di circolazione e diritto alla mobilità, da un lato, e tutela della salute, come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività - che è stato operato privilegiando il secondo (il diritto alla salute) rispetto al primo (libertà di circolazione, consentita soltanto per comprovati motivi di lavoro, motivi di salute o di assoluta urgenza).

Con specifico riguardo ai trasporti da e per l'estero, detto bilanciamento è stato operato, tenendo conto della tutela della salute collettiva, da un lato, ed il diritto dei cittadini italiani di rientrare nel proprio Paese e quello degli stranieri di tornare in quelli di appartenenza, dall'altro.

Come già evidenziato nella risposta fornita dal Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti ad un recente question time sull'argomento, occorre ribadire che l'Italia ha assicurato ed assicura in modo costante e continuo il diritto dei propri cittadini di farvi rientro, a condizione che si rispettino tutte le prescrizioni sanitarie impartite.

Una volta dichiarato lo stato di pandemia e individuata come misura di contenimento anche la limitazione della libera circolazione all'interno del territorio nazionale (consentita nei soli casi eccezionali sopra ricordati), si è provveduto dunque a stabilire che anche i trasferimenti da e per l'Italia sono consentiti soltanto nei casi in cui è ammesso lo spostamento sul territorio nazionale e comunque con un costante tracciamento sanitario dei soggetti presenti sul territorio nazionale.

Infatti, con l'ordinanza del 28 marzo 2020 è stato previsto che chiunque intenda fare ingresso in territorio nazionale, tramite trasporto di linea aereo, marittimo, lacuale, ferroviario o terrestre, è tenuto a consegnare al vettore all'atto dell'imbarco apposita dichiarazione recante l'indicazione dei motivi che giustificano l'ingresso nel territorio italiano e del mezzo - esclusivamente proprio o privato - da utilizzare per raggiungere la propria residenza, domicilio o dimora, dove effettuare obbligatoriamente (e dunque anche in assenza di sintomi o di accertato caso di contagio) l'isolamento fiduciario per quattordici giorni.

Il vettore, in particolare quello aereo, ha inoltre l'obbligo di verificare preliminarmente lo stato febbrile e di predisporre trasporti in cui sia rispettata la distanza di sicurezza, raccomandando l'uso dei mezzi di protezione individuali e provvedendo, in caso di trasporto aereo, a dotare i passeggeri degli stessi qualora ne siano sprovvisti. Al contempo, è stato previsto che, qualora non sia possibile anche in via temporanea raggiungere la residenza, il domicilio o la dimora in Italia indicata all'atto dell'imbarco, la persona che fa ingresso in Italia è sottoposta a proprie spese ad un periodo di isolamento domiciliare fiduciario presso il luogo indicato dall'autorità di protezione civile regionale territorialmente competente. Analoghe misure sono state inoltre introdotte per coloro i quali fanno ingresso in Italia con mezzo proprio o privato.

In coerenza con le previsioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2020 e considerate le ulteriori misure urgenti previste dall'ordinanza del 28 marzo 2020, con il decreto n. 145 del 3 aprile scorso, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, oltre a prorogare fino al prossimo 13 aprile l'efficacia di tutte le misure limitative in materia di trasporti adottate a seguito dell'emergenza COVID-19, ha introdotto ulteriori misure dirette a disciplinare gli ingressi per motivi di lavoro nel territorio nazionale (consentiti esclusivamente per un massimo di 72 ore, salvo motivata proroga per specifiche esigenze di ulteriori 48 ore) e i transiti sul territorio nazionale. In particolare, detti soggetti, pur non essendo sottoposti alla misura della “quarantena”, sono comunque tenuti a consegnare al vettore una dichiarazione resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del DPR n. 445 del 2000, recante i motivi del viaggio, dettagliati elementi informativi ai fini della propria localizzazione, nonché a sottoscrivere di essere a conoscenza delle prescrizioni di carattere sanitario. I vettori e gli armatori sono tenuti ad acquisire e a verificare prima dell'imbarco la sopra indicata documentazione. Inoltre, quanto ai passeggeri in transito negli aeroporti italiani, è stato espressamente previsto il divieto di allontanamento dagli spazi ad essi specificamente dedicati (la cosiddetta area transiti) all'interno degli aeroporti. Infine, sono state confermate le deroghe, già previste dal DM n. 120 del 2020, per i frontalieri, gli equipaggi dei mezzi di trasporto e il personale viaggiante di imprese aventi sede legale in Italia e per il personale sanitario. Quanto ai controlli alla frontiera, evidenzio che la direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere ha diramato agli uffici territoriali con competenza di polizia di frontiera una circolare recante specifiche indicazioni operative.

Con specifico riguardo all'aeroporto di Fiumicino, nel periodo intercorrente fra il 12 marzo e il 5 aprile scorso, evidenzio che sono state presentate 80.169 autodichiarazioni, di cui 25.126 a partire dal 28 marzo. Sulla base delle verifiche effettuate dall'autorità di polizia sono state elevate 25 denunce ex articolo 650 del codice penale, convertite in sanzioni amministrative ai sensi del decreto legge n. 19 del 2020, due denunce ex articolo 452 del codice penale, 19 sanzioni ex decreto legge n. 19 del 2020. Quanto ai controlli sul territorio di tipo sanitario, evidenzio che essi sono assicurati dalle autorità di polizia e dai competenti dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali.

Concludo rappresentando che il Governo, sulla base del costante monitoraggio della situazione epidemiologica nazionale e internazionale, ha effettuato scelte ed introdotto restrizioni che, con l'obiettivo precipuo di garantire la piena tutela del diritto alla salute come bene individuale e collettivo, hanno comportato nel settore una drastica riduzione di tutto il traffico di linea, interna e internazionale, secondo modalità che hanno comunque garantito il diritto al lavoro e consentito il rientro dall'estero dei nostri connazionali. Come negli altri settori, anche in quello del trasporto il Governo, sulla base degli esiti del monitoraggio in corso, valuterà se inasprire o attenuare le misure adottate e per quanto tempo.

PRESIDENTE. La ringrazio signor sottosegretario Margiotta. La collega Marrocco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta o meno della risposta alla sua interpellanza.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Sottosegretario, la ringrazio per aver dato la sua disponibilità ad essere in Aula, per aver cercato di darci delle risposte e per aver rappresentato, anche con un po' di imbarazzo, il suo Dicastero - e non solo il suo - e anche per la numerosa lista di decreti che ha menzionato, che appunto tali rimangono: decreti sulla carta, ma poi la realtà purtroppo è un'altra. Vede, qui non si tratta di un'interpellanza fatta dall'opposizione alla quale voi dovete rispondere; qui si tratta di dare delle risposte agli italiani, di dare risposte chiare a tutti quegli italiani che il Governo ha costretto a stare a casa per far fronte a questo maledetto virus. Le ricordo, cosa non di poco conto, che gli aeroporti sono luoghi di assembramento di per sé; non erano luoghi da identificare; occorreva avere maggiore attenzione e maggiori risorse.

E' evidente che sono stati commessi degli errori, il primo fra tutti non prepararsi all'arrivo del virus. In conferenza stampa, a Ginevra, il direttore generale dell'OMS ha confermato di aver avvertito tutti i Paesi dell'arrivo del virus il 5 gennaio con specifiche su come rilevare, testare, gestire e proteggere anche gli operatori sanitari: il 5 gennaio. Ci sarà tempo per verificare sia le responsabilità che i meriti; ora è il tempo di cercare di recuperare, o anzi, diciamo meglio, di cercare di recuperare e anche di farlo abbastanza in fretta.

E' di pochi giorni fa, sottosegretario, la denuncia di un ragazzo, un nostro connazionale, che è arrivato da Londra con volo Alitalia a Fiumicino, il quale racconta che, al controllo dei passaporti, una massa di gente accalcata cercava il modulo di autocertificazione distribuito in aeroporto, senza nessuna distanza di sicurezza. Inoltre, notava che alcuni agenti della Polizia erano sprovvisti sia di guanti che di mascherine. Ora, purtroppo noi siamo abituati a questo; siamo abituati a vedere i nostri operatori sanitari, siamo abituati a vedere le nostre forze dell'ordine, siamo abituati a vedere tutte quelle persone che stanno lottando in prima linea senza il supporto dei kit individuali per proteggere la salute degli altri e anche la propria di salute.

Ma torniamo sempre a Fiumicino. In aeroporto, tra l'altro, era presente un solo addetto del Ministero della salute con un termoscanner manuale: erano circa 300 persone, ma un solo addetto con un solo termoscanner manuale; ovviamente, la temperatura è stata rilevata a pochissime persone. Ora, considerato il flusso dei voli che arrivano a Fiumicino, anche se i voli sono stati ridotti, come lei mi ha appena detto, quante persone entrano nel nostro Paese e non vengono controllate? Non mi ha dato questo dato. Dove sono i controlli per difenderci da questo virus? In base a questa denuncia, così come a tante altre, non mi pare che ci siano tutti questi controlli per poterci proteggere da questa pandemia a livello mondiale. E i contagi sommersi? E gli asintomatici? Allora, vede, purtroppo lo conosciamo tutti, questo virus è subdolo e invisibile, arriva da noi sul suo cavallo di Troia e sta a noi cercare di non farlo entrare, forse anche con un po' di astuzia, no? E' illogico far restare a casa milioni di italiani, giustamente, e far entrare nel nostro Paese chiunque senza i controlli adeguati. Allora, italiani all'estero a parte ovviamente, non mi ha neanche risposto su chi controlla questo isolamento di questa quarantena fiduciaria: la ricetta non è e non può essere solo l'autocertificazione. La priorità è controllare ed attuare. Stiamo parlando della sicurezza della nostra salute, che tu, Governo, deve garantirmi, non solo con decreti e con slogan. Con cauto ottimismo, tra poco noi ci ritroveremo nella fase 2, dove, a questo punto, dovete partire un po' prima; quindi, dovete programmare per tempo, disporre risorse, disporre uomini per cercare di arginare e cercare di vincerla questa battaglia, perché una ricaduta sarebbe devastante per il nostro Paese.

In questa fase si deve progettare il nostro domani, si deve progettare il nostro futuro, con tutte le nuove necessità di cui abbiamo bisogno. Non possiamo mandare i nostri soldati in trincea senza armi e senza munizioni. Servono meno parole, servono meno decreti mediocri, per non dire “decreti fake”, e più competenza. Questo è ciò che serve al nostro Paese e ci auguriamo che, superata questa crisi pandemica, tutto possa ritornare al proprio posto meglio di prima e che l'unico ad andare a casa e a restarci sia questo Governo giallo-rosso, che - mi auguro - perlomeno faccia i conti con la propria coscienza.

(Iniziative volte a garantire, nell'attuale contesto socio-economico determinato dall'emergenza sanitaria in atto, contributi aggiuntivi e lo sblocco dei fondi pregressi a favore delle scuole paritarie, nonché la detraibilità fiscale delle relative rette - n. 2-00716)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lupi ed altri n. 2-00716 (Vedi l'allegato A).

Il collega Lupi è già pronto per illustrarla. Prego, onorevole Lupi.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, signor Presidente. Signor sottosegretario, innanzitutto mi permetta di ridire con forza un grazie anche ai presidi, ai professori, a tutto il personale docente, che in questo periodo di scuola chiusa sta dimostrando come l'educazione, la formazione e l'istruzione sono una risorsa fondamentale per il nostro Paese. La didattica a distanza, nonostante le difficoltà in cui essa si svolge, sta permettendo al personale docente e ai nostri studenti di continuare a lavorare e a studiare insieme, e mai come in questo momento ci stiamo accorgendo di come sia importante la scuola per un sistema come il nostro.

Proprio perché dovremmo iniziare a pensare alla ripresa, dobbiamo riporre al centro ancora di più il tema dell'educazione, dell'istruzione, della formazione e della cultura, sono la vera risorsa con cui uno può affrontare cambiamenti epocali inimmaginabili come quelli a cui noi siamo sottoposti. Ed è per questo che abbiamo chiesto, signor Presidente - e lo ridiciamo ancora - che il Ministro dell'Istruzione venga in quest'Aula a svolgere un'informativa, perché c'è questo decreto-legge che è stato appena approvato dal Consiglio dei ministri, ma credo che un confronto con il Parlamento, rispetto ai tanti annunci dati dal Ministro dell'Istruzione, che tanta preoccupazione e tanto disorientamento hanno creato nel corpo docente, nelle famiglie e negli studenti, sia assolutamente indispensabile, come accade in questi casi un confronto serio con il Parlamento. Certamente, l'occasione del decreto-legge darà questa opportunità.

Ma perché ho iniziato con un ringraziamento ai presidi, ai professori, alla didattica e al modo con cui, in maniera veramente incredibile, tutte le scuole stanno svolgendo questo lavoro, stanno rispondendo ad un cambiamento che mai si sarebbero immaginato? Perché è evidente come la scuola sia pubblica, e la scuola pubblica, mai come in questo momento - basta guardare alle famiglie, agli studenti e ai nostri docenti - è la scuola statale e la scuola paritaria. Lei, nella risposta alla collega Spena, ha già sottolineato questo aspetto, di come ormai, dalla riforma Berlinguer del 2000, questo, almeno da un punto di vista della legislazione, sia un fatto acclarato, anche se poi nei fatti non lo è: ancora tanta distanza esiste tra la scuola statale e la scuola paritaria. Le faccio un semplice esempio, ma prima dell'emergenza drammatica Coronavirus: è stato assegnato un buono di 500 euro dal precedente Governo, non da questo, nella scorsa legislatura, giustamente, per la formazione e l'aggiornamento dei nostri docenti, ma ovviamente si devono formare e si devono aggiornare solo i docenti delle scuole statali, non i docenti delle scuole paritarie, come se i docenti delle scuole paritarie fossero docenti di serie B rispetto ai docenti delle scuole appunto statali; non sono neanche inclusi i precari in questo tipo di buono scuola che appunto viene dato, ciò proprio per fotografare la situazione.

Allora, perché insisto e insistiamo di nuovo, nonostante la risposta alla collega Spena, su questo tema? Perché è evidente - e lo dico con chiarezza - che quello a cui stiamo assistendo è un evento che stravolge complessivamente tutto il mondo a cui noi stiamo assistendo, le risorse che abbiamo a disposizione, la modalità con cui queste risorse vengono impiegate, il modo con cui le nostre famiglie, le imprese, i docenti stessi dovranno affrontare cambiamenti epocali.

E non è un caso, signor sottosegretario, che abbiamo appena assistito, con il “Cura Italia”, a 25 miliardi di stanziamenti aggiuntivi; nel confronto tra noi opposizioni e il Presidente del Consiglio e il Ministro Gualtieri vedremo quanti altri miliardi di scostamento saranno chiesti al Parlamento per investire ulteriori risorse: noi abbiamo chiesto altri 75 miliardi; ma quanti di questi miliardi andranno alla scuola? E quanti di questi miliardi andranno alla scuola e anche alla scuola paritaria?

Novecento mila studenti, sono studenti di serie B o sono studenti come tutti gli altri? Le famiglie, che si accollano il costo, legittimo, della libertà di educazione e di scelta per un servizio e per una scuola pubblica adeguata, hanno lo stesso diritto delle altre famiglie oppure no? Non ci sono, tra le famiglie che mandano i loro figli alle scuole paritarie, quelli che sono andati in cassa integrazione, quelli che stanno perdendo il lavoro, quelli che non hanno neanche le risorse per poter pagare? E le scuole paritarie devono continuare a pagare gli affitti delle scuole dove studiano gli studenti oppure no? Lo sa lei quanti sono gli studenti? Certo che lo sa, perché ha risposto: siamo di fronte a 900 mila studenti. Una scuola statale non paga l'affitto di quella scuola, una scuola paritaria in questo momento paga l'affitto, paga tutto il personale, investe, continua a fare didattica a distanza, e giustamente, con grandi sacrifici, ancora le famiglie continuano a pagare quelle rette.

È un problema o non è un problema che riguarda non solo quelle famiglie ma l'intero Governo e l'intero Parlamento, proprio per quello che abbiamo detto all'inizio, ossia che sia lei che io crediamo - non so il Ministro dell'Istruzione se ci crede veramente, al di là degli annunci che fa - che l'investimento sull'educazione, sulla formazione e sulla scuola sono l'investimento principale?

Sottosegretario - poi vengo alla domanda che abbiamo posto, illustrando una lettera che è stata mandata al suo Ministro, che spero abbia la cortesia e la bontà di leggerla, altrimenti mi farò portavoce nel leggerla qui in Parlamento -, questa sensibilità ormai non è più di un partito o di un altro, di un blocco sociale o di un altro, di uno scontro ideologico tra scuola privata e scuola statale eccetera, perché grazie a Dio, come lei ha sottolineato nella sua risposta, si è superato. Non a caso, questa interpellanza è stata firmata non solo da me: penso al gruppo di Italia Viva, con i colleghi Toccafondi e Colaninno, penso agli amici della Lega, penso a tutta l'opposizione del centrodestra; ho visto anche la posizione dell'ex Ministro dell'Istruzione del Partito Democratico, Fedeli, che ha sottolineato come sia importante sostenere e aiutare in questo momento anche le scuole paritarie perché non chiudano. Se dovessero chiudere a settembre, adesso, le scuole paritarie, dove andranno i 900 mila studenti?

Lo Stato ha 6 miliardi e 200 milioni a disposizione per accollarsi il costo di questi studenti, al di là del grande tema della libertà di educazione che c'è in gioco, della libertà di scelta, della possibilità che, indipendentemente dal proprio reddito, un cittadino italiano o una famiglia italiana possa scegliere come educare il proprio figlio, quale scuola scegliere indipendentemente dal proprio reddito?

Il tema che noi poniamo e che vi poniamo con questa interpellanza e che porremo adesso, quando si scriverà il “COVID 7”, cioè quando si stanzieranno gli altri 20, 30, 40, 50 miliardi, quelli che si decideranno di mettere per aiutare interamente il Paese a sopportare questa sfida, è esattamente questo: il Governo, il Ministro dell'Istruzione, si farà parte attiva nella discussione con il Ministro dell'Economia, con il Presidente del Consiglio perché le scuole paritarie siano ricomprese in un aiuto chiaro?

Quando le diciamo di fare in concreto, quando le diciamo di mettere un fondo a disposizione proprio per aiutare le scuole paritarie in questo momento, non è che non conosciamo quanto è stato fatto prima, ci mancherebbe altro, che non sappiamo dei 560 e dei 600 milioni, ma c'erano lo stesso altri soldi per l'istruzione, c'erano lo stesso altri soldi per le imprese, ma se stiamo a destinare 100 miliardi di euro in più - 100 miliardi di euro in più! - per affrontare l'emergenza, quanti di questi 100 miliardi andranno alla scuola? E complessivamente, quanti di questi alla scuola statale, alla scuola pubblica e alla scuola paritaria? Questo è il tema che le stiamo ponendo. Ma può essere la risposta che lei ci dà, che c'è già la detrazione del 19 per cento fino a 600 euro? Ma una retta costa a qualunque famiglia almeno 3.500 euro, 3 mila euro! E non ci sono solo gli asili nelle scuole paritarie: ci sono gli asili, le scuole elementari, le scuole medie, le scuole superiori, di primo e secondo grado.

Allora, possiamo iniziare a capire che anche questo è interesse appunto del pubblico, cioè della scuola pubblica e del Ministro dell'Istruzione di questa scuola pubblica? Poi discuteremo delle altre cose.

Ecco, mi sono accaldato semplicemente perché concludo il contenuto di questa nostra interpellanza proprio per leggere la lettera che oltre 110 dirigenti scolastici, rappresentanti 70 istituti paritari, oltre 20 mila studenti, hanno appena mandato al Ministro dell'Istruzione.

Caro Ministro, in questi giorni difficili la scuola continua ad esistere, a funzionare, a rappresentare l'unico luogo di cultura per tanti giovani: merito del personale direttivo, docente, amministrativo, che ha a cuore il bene delle nuove generazioni di studenti. Siamo direttori, presidi, rettori di istituti scolastici paritari, e il nostro lavoro continua ad essere al servizio di docenti e studenti affinché, anche in una forma forzatamente diversa, la scuola continui ad essere una proposta culturale fondata sulla relazione interpersonale. Siamo scuole paritarie: non crede lei sia venuto il momento - in questo momento, proprio in questo momento, è un'opportunità enorme che abbiamo a disposizione di tutti noi! - di superare divisioni che non hanno più ragion d'essere, e finalmente di considerare pubblica ogni esperienza formativa che, nel rispetto delle norme democratiche, cerchi di rispondere al bisogno educativo delle giovani generazioni? Noi crediamo di sì: crediamo che lei, signor Ministro, condivida tale preoccupazione e che essa sia urgente. Vi attendono decisioni delicate e difficili. Conoscere l'esperienza delle scuole paritarie, accanto alle tante che in Italia stanno contribuendo, anche quelle statali, ad assicurare che la scuola non cessi di essere scuola, pur nei limiti che l'epidemia impone, può essere un aiuto importante a chi ha il compito di sostenere, governando il nostro sistema formativo. E qui l'appello, drammatico: Le famiglie di questi alunni e di tutti gli alunni delle scuole paritarie (parliamo di poco meno di un milione di alunni, secondo i dati forniti dal Ministero dell'Istruzione) dovranno presto sostenere l'onere di spesa per una scuola paritaria nel mezzo di una crisi economica già attuale e ancora più incombente. A lei perciò chiediamo un intervento del Governo che provveda ad aiuti economici a quelle famiglie, perché possano ancora sostenere i costi delle scuole e non le abbandonino. Le scuole paritarie, lo ricordiamo, sono a tutti gli effetti, legali, culturali, sociali, pubbliche e aperte a chiunque, senza nessuna discriminazione, se non quella economica che è di grave pregiudizio alla libera scelta educativa: le famiglie pagano una retta. Ma bisogna sapere che i genitori dei nostri ragazzi non sono per lo più abbienti, come invece comunemente si pensa: molti di loro oggi sono già in cassa integrazione, all'80 per cento di stipendio; altri sono stati costretti a chiudere le loro piccole imprese, ristoranti, commercianti; e altri ancora hanno perso e perderanno il loro lavoro di regolari dipendenti. E per sopperire alla difficoltà di versare la retta annuale, oltre all'eroico sacrificio di tanti genitori, sono le scuole stesse ad offrire borse di studio o dilazioni nei pagamenti, pur di assicurare ai ragazzi la frequenza delle lezioni. L'intervento quindi che le chiediamo è non già un favore alla conservazione di un privilegio, bensì un materiale sostegno a tanti cittadini italiani che sono a pieno diritto cittadini italiani. Firmato, Luca Montecchi e altri 110 dirigenti scolastici.

Questo è l'accorato appello che le rivolgiamo. Ascolterò ovviamente con attenzione la sua risposta, che credo ovviamente, conoscendo, sia stata preparata dai suoi uffici; ma le chiedo nella sua risposta la sensibilità a comprendere quanto qui stiamo ponendo, in quest'Aula del Parlamento, tutti insieme, tutti i gruppi parlamentari. Mi auguro anche il gruppo del MoVimento 5 Stelle, che tanto pregiudizio ha avuto nei confronti delle scuole paritarie; ma in questo momento l'emergenza Coronavirus sta, credo, aiutando tutti noi a cambiare modalità di approccio nei confronti di una realtà, che è tanto così drammatica ma può essere tanto una così grande opportunità, in particolare per l'educazione, l'istruzione, la formazione e la cultura, che sono la prima risorsa che noi abbiamo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, Giuseppe De Cristofaro, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE DE CRISTOFARO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Onorevole Lupi, no, assolutamente non c'è nessun pregiudizio di nessun genere. Come è noto, come lei sa, il regolare versamento delle rette serve a garantire la continuità e la qualità dell'istruzione, che le scuole paritarie stanno assicurando attraverso la didattica a distanza imposta dalla pandemia, e a permettere agli insegnanti di portare a termine l'anno scolastico, coerentemente con le indicazioni del Ministero, per assicurare il diritto all'istruzione protetto dalla Carta costituzionale. A legislazione vigente, le decisioni in merito alla partecipazione delle famiglie, anche in questa circostanza d'emergenza, restano in capo all'ente gestore, che deve valutare gli equilibri complessivi della gestione scolastica, anche alla luce degli ammortizzatori sociali straordinari di recente previsti dal Governo. A tal proposito, si può ritenere che la riformulazione dell'articolo 22 del decreto-legge n. 18 del 2020 non contempli l'esclusione dalla cassa integrazione in deroga per COVID-19 dei lavoratori da lei richiamati.

Altra previsione favorevole contenuta nel citato decreto-legge è l'articolo 61, che prevede la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria anche per i soggetti che gestiscono servizi educativi e didattici.

In merito poi alla questione da lei rappresentata, se non si ritenga necessario adottare iniziative per permettere la detraibilità fiscale delle rette pagate dalle famiglie, occorre preliminarmente osservare che l'attuale normativa fiscale prevede all'articolo 15 del Testo unico la detraibilità dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento, come abbiamo ricordato anche prima, delle spese per la frequenza di scuole dell'infanzia di primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale d'istruzione. Ho già descritto in realtà precedentemente, nella risposta all'interrogazione della sua collega, l'attuale normativa fiscale; aggiungo che, nel corso dei lavori parlamentari presso la V Commissione (Bilancio) del Senato, sono state presentate varie proposte emendative al decreto-legge n. 18 del 17 marzo scorso finalizzate a prevedere agevolazioni fiscali in favore delle famiglie i cui figli frequentano scuole paritarie. Il Ministero, anche in questo caso, ha seguito l'andamento dei lavori parlamentari, manterrà alta l'attenzione sul tema sino alla conversione di questo e degli altri decreti-legge volti a fronteggiare le molteplici criticità dovute alla crisi sanitaria; tuttavia, è evidente che la detrazione delle rette scolastiche in misura integrale o maggiore di quella allo stato prevista deve fare i conti con gli effetti finanziari di minor gettito, sicuramente non irrilevanti.

Inoltre, quanto allo specifico quesito circa l'accelerazione delle procedure necessarie a rendere disponibili i fondi pregressi 2019-2020, posso assicurare che il Ministero si è già adoperato, e, sulla base degli stanziamenti previsti dalla legge di bilancio per l'anno finanziario 2020, ha predisposto l'apposito decreto del Ministro che stabilisce criteri e parametri per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie. Il decreto è al visto della Corte dei conti; dopo la sua registrazione si provvederà rapidamente all'emanazione dei decreti per il conferimento delle risorse agli uffici scolastici regionali, perché gli stessi provvedano all'erogazione dei contributi direttamente alle scuole paritarie di ogni ordine e grado.

Infine, in merito al suo quesito sulla previsione di accesso ai fondi previsti per le piattaforme didattiche a distanza, anche per le scuole paritarie risulta approvato l'emendamento 120.2001, che il relatore, d'intesa con il Ministero, ha presentato al decreto-legge n. 18, attualmente all'esame del Parlamento per la sua conversione (ne abbiamo parlato anche poco fa), così da incrementare di 2 milioni le somme disponibili proprio a favore delle scuole paritarie. Tali istituzioni scolastiche attingeranno a queste risorse aggiuntive per dotarsi di piattaforme e di strumenti digitali utili alla didattica a distanza e per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti dispositivi digitali individuali e connessioni alla rete.

PRESIDENTE. Il deputato Lupi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto o meno per la risposta alla sua interpellanza.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Signor sottosegretario, proviamo a fare questo tipo di percorso. Come l'onorevole Spena prima, non posso dirmi soddisfatto riguardo alla risposta che lei ha dato; posso solo dire che, se la prendo sul serio e prendo sul serio il Ministero dell'Istruzione, e se non esiste alcun pregiudizio - come è stato detto anche nella risposta alla mia interpellanza - nei confronti delle scuole paritarie, la scuola è pubblica ed è statale e paritaria, allora colga le nostre interpellanze, ma anche la trasversalità della posizione che le sto rappresentando. Le ho detto prima, non c'è solo l'opposizione: ci sono l'opposizione e la maggioranza che, con diverse sensibilità, le stanno dicendo e stanno dicendo al Ministero dell'Istruzione: “fai sentire la tua voce”. Perché è evidente che le risposte che i suoi funzionari hanno preparato (glielo dice qualcuno che conosce un po' come funziona il meccanismo, appunto, dei diversi Ministeri) sono risposte che fotografano la situazione, ma noi non stiamo dicendo “a situazione attuale”. Noi stiamo lavorando tutti insieme, il Governo e il Parlamento, nel dialogo tra maggioranza e opposizione, con la posizione che abbiamo più volte espresso noi opposizione anche al Presidente del Consiglio, quando io e gli altri colleghi siamo andati più volte dal Presidente del Consiglio a dire la disponibilità delle opposizioni non ad entrare nella maggioranza, perché il nostro giudizio sul Governo rimane negativo e continuerà ad esserlo, ma in questa fase a collaborare con proposte concrete.

Bene, nella situazione straordinaria dei soldi, delle nuove risorse che Gualtieri e Conte hanno detto che saranno messe a disposizione, andremo contro, non c'è più il pareggio, si può sfondare il deficit del 3 per cento, l'Europa ci ha dato il via libera e vedremo cosa succede, quanto budget sarà destinato alla scuola? E in questo, all'interno della scuola, c'è una preoccupazione seria ossia che bisogna dare un aiuto straordinario rispetto all'aiuto attuale alle famiglie che devono giustamente, come lei hai detto, continuare a pagare le rette? Quando noi le diciamo - tra l'altro è un piccolissimo aiuto - di far detrarre tutto: lo so perché eravamo presenti io e l'attuale Vicepresidente Rosato in quest'Aula quando, nel precedente Governo, abbiamo introdotto la possibilità di detraibilità delle rette scolastiche e abbiamo dovuto fare i conti con le risorse che c'erano e le coperture. Per cui a ragione era un principio che finalmente si affermava, la detraibilità delle rette pagate dalle famiglie, ma si scontrava con le risorse a disposizione limitate. Oggi le risorse ci saranno. Quando le diciamo: date un segnale e prendete l'intera retta è evidente che è un costo aggiuntivo, come sono costi aggiuntivi tutti quelli che stiamo mandando a debito pubblico. Ma usiamolo bene il debito pubblico; non facciamo fallire le imprese; non facciamo fallire le piccole, medie e grandi imprese ma non ammazziamo le famiglie e non facciamo fallire o chiudere le scuole paritarie senza sapere dove andranno 900 mila studenti. Garantiamo la libertà di scelta e di educazione: è quello che le stiamo dicendo. Quando le diciamo mettete un fondo straordinario, oltre i 560-600 milioni che ci sono, mettete 100 milioni, 200 milioni su 50 miliardi, su 30-40 miliardi, stiamo dando una mano al Ministero dell'Istruzione e dia un suggerimento al suo Ministro. Glielo do con umiltà, senza presunzione: se va in conferenza stampa ad annunciare che ha dato per la didattica a distanza ben 70 milioni di euro in più per l'acquisto dei computer, faccia una semplice divisione o, meglio, glielo dico io. Sa quanti soldi sono arrivati per acquistare computer alla scuola media di Buccinasco e al comprensorio di Buccinasco in provincia di Milano con 1.200 studenti? Ottomila euro. Secondo lei, 8.000 euro diviso un costo medio del computer - faccia lei 300 euro, 400, 200, 100, dica lei - per 1.200 studenti, sono sufficienti quei 70-80 milioni? Allora è evidente che è un segnale. Lo sto suggerendo ma non dica che quello è sufficiente perché in questo momento stiamo pagando un'arretratezza sulla didattica a distanza e sugli strumenti dati alla scuola enorme ma cogliamo l'occasione per farla diventare un'opportunità. Mi fa piacere che avete sbloccato i fondi pregressi e devo dire che qui l'onorevole Toccafondi ha fatto molto nel dialogo con il Ministro perché questo potesse essere fatto. Ma quando vi chiediamo di dare la possibilità per un anno straordinario, solo per quest'anno, non stiamo dicendo per sempre di un credito d'imposta per l'anno 2020 per le rette. Non volete la detraibilità? Dategli un credito d'imposta per l'anno 2020, cioè permettete che la libertà di educazione, che le scuole paritarie possano continuare a vivere perché è una risorsa per tutti, non una risorsa per qualcuno, non un privilegio per qualcuno, e lo stiamo dicendo proprio perché lo abbiamo a cuore.

Concludo e poi terminerò con una lettera che dice esattamente ciò che accade nelle nostre scuole al di là dei nostri limiti e al di là della nostra capacità, al di là della discussione che faremo presto con il Ministro dell'Istruzione, mi auguro, in quest'Aula. Infatti, la valutazione è un elemento fondamentale e, a due mesi di distanza, non si dice agli studenti che stanno facendo la didattica a distanza e che sono a casa, con i sacrifici che i nostri docenti stanno facendo: sarete tutti promossi. Ma in quale mondo si è vista questa cosa qui? E poi ci viene a dire che non c'è 6 politico, ma io dico che ci vuole buonsenso in queste cose; ma stiamo sperimentando una fase nuova e uno degli elementi educativi più importanti nel rapporto tra docente e studente è il tema della valutazione, è il tema del rispondere, è il tema del dire “devi stare a quel computer e devi seguire la didattica a distanza” e sappi che ti valuterò; non “sappi che sei promosso in ogni caso”, che è diseducativo. Certo, è una cosa nuova, non sappiamo come farla, è una cosa nuova ma la strada più semplice non è la migliore: tutti promossi. Non è la migliore la strada più semplice; è una sfida che abbiamo; facciamola tutti insieme; ascoltiamo le diverse proposte: non è polemica, è veramente desiderio che la scuola rimanga la principale risorsa che noi abbiamo.

Avete un alleato nel Parlamento, ma dovete introdurlo, dovete aiutarci a raggiungere questo obiettivo. Per questo motivo ovviamente abbiamo fatto questa interpellanza, per questo motivo ne abbiamo fatto diverse, ci sono anche interrogazioni a risposta scritta. Vi accompagneremo. Credo che il nuovo “decreto Cura Italia” - concludo - adesso passerà in Parlamento, ma lì ormai le risorse non ci sono e lo sappiamo ma il decreto di aprile con i nuovi stanziamenti “COVID 7” arriverà alla Camera dei deputati nel primo passaggio. Sappia che ci troverete insieme a sostegno laddove il Ministero voglia mettere più risorse e voglia tutelare le famiglie e non voglia discriminare le famiglie; altrimenti ci troverete qui ogni giorno, ogni sera, ogni notte a controllare che questa discriminazione non avvenga. Decidete voi come utilizzare questa sensibilità, che non è solo di un gruppo politico, ma è di tutto il Paese, proprio per la bontà delle istituzioni e dell'istruzione.

Concludo leggendo una lettera proprio per dire da dove ero partito: una lettera che viene dal mondo della scuola. L'ha scritta una madre alla preside della scuola di sua figlia: “Cara preside, mi permetto di scriverle per ringraziarla del lavoro che lei e tutti i docenti state svolgendo per i nostri ragazzi. Mia figlia ieri mi ha detto: mi sento di nuovo viva. In un momento di emergenza come questo, ci accorgiamo delle cose essenziali: compreso per uno studente che è importante andare a scuola non solo per imparare, per apprendere, ma come luogo della comunità, come luogo dell'essere vivo e protagonista. L'organizzazione che avete messo in piedi funziona. Soprattutto mi permetto di dirle che i nostri docenti sono tutti i meravigliosi, si sono tutti messi in gioco personalmente: la condivisione di video, PDF, Power Point, link, file, audio, messaggi, precisi, professionali, generosi trasportano una carica di affetto che arriva non solo ai ragazzi ma anche a noi genitori di riflesso, felici per i nostri figli e grati a voi. Dio è presente e ci aiuta sempre. Noi qui possiamo solo fare meglio quello che possiamo fare e voi lo state facendo. Grazie”. È un grazie alla scuola e noi però, da questo punto di vista, in questo grazie alla scuola, dobbiamo tener conto delle tante fatiche che si fanno, comprese delle famiglie che magari, in 50-60 metri quadri, con due figli, con un computer a disposizione e magari c'è anche lo smart working, non sanno come poter aiutare i propri figli a seguire quella didattica a distanza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Questa è la grande responsabilità che abbiamo e ce l'abbiamo tutti insieme: ho utilizzato tutto il tempo ma per valorizzare molto anche il Presidente Rosato, che dimostra sempre la sua autorevolezza in quest'Aula piena ovviamente di persone che la stanno ascoltando, cedo la parola agli altri colleghi per le altre interpellanze.

(Iniziative a favore delle scuole paritarie, nonché per l'aggiornamento delle graduatorie di terza fascia, alla luce dell'emergenza COVID-19 - n. 2-00722)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sasso ed altri n. 2-00722 (Vedi l'allegato A).

Il deputato Sasso ha facoltà di illustrare la sua interpellanza. Prego.

ROSSANO SASSO (LEGA). Grazie, Presidente e ben trovato. Dobbiamo ricordare per suo tramite, Presidente, al Ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, ahimè assente, ma degnamente rappresentata dal sottosegretario De Cristofaro, che è un uomo che ha conoscenza della materia scolastica, che le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico, sono inserite nel sistema nazionale di istruzione contribuendo alla realizzazione delle finalità di formazione e di educazione che la Costituzione assegna alla scuola. Non sono scuole per ricchi, come spesso sento sostenere dai colleghi della sinistra estrema o dal MoVimento 5 Stelle: queste scuole riguardano 900 mila alunni, allievi, bambini dell'età prescolare - l'hanno ricordato prima i miei colleghi - sono oltre 13 mila in tutta Italia e danno da lavorare ad oltre 130 mila persone, 130 mila cittadini italiani tra personale docente e personale amministrativo. Le richieste delle scuole paritarie hanno il fine di valorizzare il pluralismo dell'istruzione in Italia, partendo dal presupposto che sostenere concretamente la scuola in questo difficile momento storico costituisce il migliore investimento per il futuro e per le nuove generazioni.

Soprattutto per l'età prescolare, il primo grado della scuola per la scuola primaria, alle paritarie si affiancano, a copertura di un'offerta carente da parte dello Stato, le scuole private paritarie, le cui rette rappresentano, in questa fase emergenziale di rischio di perdita di lavoro per quei famosi ricchi che iscrivono i figli alle scuole paritarie, un costo improvvisamente difficile da sostenere e, per le strutture educative medesime, in mancanza di quelle rette, una serie di spese insopportabili da sostenere - i fitti, le utenze e gli stipendi degli insegnanti - senza avere entrate. Se, infatti, bisogna tutelare le famiglie che giustamente, loro malgrado, si ritrovano prive della possibilità di poter continuare a pagare queste rette, perché non hanno più un reddito certo a fine mese (si pensi, ad esempio, ai tanti lavoratori autonomi, alle partite IVA, che molto spesso ricorrono a scelte di iscrizione in istituti privati per necessità di orari correlati alla propria professione), è anche vero, però, che per ogni struttura ci sono altrettanti padri e madri che lavorano e meritano tutele al pari degli altri genitori.

L'emergenza sanitaria che sta attanagliando la nazione sta inevitabilmente investendo il settore scolastico. La mancata approvazione di una serie di interventi aggiuntivi a favore di tali strutture comporterebbe il fallimento di tantissime di queste scuole private e lo Stato si troverebbe poi nell'impossibilità di adottare 900 mila alunni, perché questo succede se lasciamo fallire le scuole private e le scuole paritarie. Dovremmo andare a formare ulteriori e nuove classi per far confluire gli alunni improvvisamente privi dei propri istituti, dovendo comunque scongiurare la formazione delle cosiddette classi pollaio, tanto care alla Ministra Lucia Azzolina, ed assicurare appunto, come preannunciato dal Ministro Azzolina, una distanza minima in classe tra gli alunni ai fini preventivi di possibile contagio: cioè, se chiudono le scuole paritarie, noi ci troveremo di fronte a questa difficoltà. Il sistema scolastico privato e parificato è importante per l'intero sistema dell'istruzione e, se lo Stato lo ignora e non interviene, rischia di collassare. È irresponsabile, a parere del gruppo Lega, che il Ministro Azzolina in questa fase emergenziale non dia risposte concrete, non solo in merito alle scuole e alle strutture educative paritarie private, ma anche e soprattutto con riguardo all'altra grande importante questione che è oggetto di questa interpellanza, cioè i precari della scuola. In occasione della conferenza stampa di qualche sera fa, se non ricordo male di lunedì sera, 6 aprile, il Ministro interpellato si è limitato a chiedere scusa a tutti i precari della scuola perché, cito testualmente: “…non riusciamo ad aggiornare le graduatorie di istituto”, senza alcuna aggiunta di previsione sul quando la questione possa trovare una soluzione effettiva.

In proposito, si ricorda che il Ministero dell'istruzione ha abrogato per l'anno scolastico 2020/2021, contrariamente alle aspettative, la possibilità per i docenti iscritti alle graduatorie di istituto di aggiornare la propria posizione, e per altri docenti, invece, quella di iscriversi per la prima volta, con il relativo punteggio legato ai nuovi titoli e servizi conseguiti, posticipandola all'anno scolastico successivo, cioè il 2021/2022. Il Ministro Azzolina dovrebbe ricordare, visto che è una ex insegnante, nonché ex sindacalista della scuola, che, per poter aggiornare e migliorare la propria posizione in graduatoria, gli insegnanti hanno sostenuto sia sacrifici economici dovuti al conseguimento di titoli, di master, di corsi di perfezionamento, di crediti formativi, sia personali, cioè sacrifici personali, familiari; molti tra questi sono stati costretti ad accettare incarichi di supplenze anche di quindici giorni lontano da casa, pur di racimolare quei famosi due punti ogni 16 giorni di servizio, quindi, dopo tre anni aspiravano, giustamente, legittimamente, a poter aggiornare la propria graduatoria; invece no, il Ministro Azzolina ha detto di no.

La motivazione ufficialmente addotta, poi, dal Ministro risiederebbe nella impossibilità di analizzare, cito ancora una volta testualmente: “…un milione di raccomandate e domande cartacee”. A noi tutto questo appare pretestuoso, considerato che per le domande di mobilità e di trasferimento del personale scolastico il Ministero ha autorizzato l'invio delle domande per via telematica; c'è la didattica a distanza, sono stati stanziati 75 milioni di euro, viviamo nel 2020. Considerando, appunto, le risorse recentemente stanziate per la digitalizzazione e per la didattica a distanza, e visto che si prevede la possibilità di presentare la domanda per l'aggiornamento entro il 31 agosto 2020, noi ci chiediamo perché il Ministero non si dia da fare per dare la possibilità a questi ragazzi, a questi giovani e anche meno giovani (perché c'è anche gente che lavora da dieci o quindici anni, ha superato anche a volte la soglia dei cinquant'anni) di poter aggiornare la propria posizione in graduatoria. Per cui, per tutti questi motivi e per quelli citati precedentemente, come gruppo Lega noi chiediamo l'immediata erogazione dei contributi già assegnati alle scuole paritarie con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; l'erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie private per l'anno scolastico 2019/2020 - e, possibilmente, non 2 milioni di euro, che, diviso per 13 mila scuole, fanno 150 euro - per la didattica a distanza, ma anche al fine di esonerare i genitori dal pagamento delle rette per tutta la durata dell'emergenza sanitaria; la detraibilità integrale delle rette pagate dalle famiglie per la frequenza scolastica e per i servizi educativi nelle scuole paritarie private per l'anno 2019/2020; estendere agli alunni delle scuole paritarie la possibilità di accesso ai fondi previsti per l'implementazione delle piattaforme didattiche a distanza; estendere alle scuole private il credito di imposta per gli affitti previsto per botteghe e negozi, a prescindere dalle categorie catastali di appartenenza e il credito di imposta per le spese relative alle utenze; e, per concludere, di poter procedere, in riferimento ai precari della scuola, all'inserimento e all'aggiornamento delle graduatorie di terza fascia attraverso domanda telematica, utilizzando - fate voi - istanze online, il portale SIDI, insomma utilizzando qualsiasi forma digitale sia possibile. Proprio poche ore fa è soggiunto in ausilio del Ministro dell'istruzione il presidente della Commissione cultura del Senato, il collega senatore Mario Pittoni, che dice testualmente: per rimediare al pasticcio che costringe al rinvio dell'aggiornamento delle graduatorie di istituto, il Ministro dell'istruzione innanzitutto non deve fare altro che ammettere l'errore, presentando un provvedimento correttivo straordinario che faccia slittare la provincializzazione delle graduatorie al prossimo triennio, consentendo la riapertura delle graduatorie con le vecchie regole. Ci sarà poi tutto il tempo per sviluppare il nuovo regolamento e la reingegnerizzazione del sistema informativo del Ministero di riferimento a graduatorie e nomine di competenza dei dirigenti scolastici. Per il presente, posto che la seconda fase della procedura, cioè la scelta delle scuole, è già informatizzata, basterebbe sostituire la consegna a mano delle domande con l'invio tramite mail o tramite PEC con allegati in formato PDF. Non è così difficile, quindi queste sono le richieste e adesso attendo la replica del cortese sottosegretario De Cristofaro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, Giuseppe De Cristofaro, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE DE CRISTOFARO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Onorevole Sasso, grazie della domanda. In merito alle diverse questioni che lei ha voluto rappresentare relative alle istituzioni scolastiche paritarie mi rimetto a quanto ho già avuto modo di riferire in risposta alle interpellanze dei suoi colleghi che hanno sollevato, come abbiamo ascoltato, analoghe tematiche. In merito, invece, al quesito da lei posto sull'aggiornamento delle graduatorie di terza fascia, le segnalo che il dato che si attende è di circa un milione di domande cartacee, con una mobilitazione fisica sia per la fase di presentazione che di valutazione di almeno il doppio di persone, in un momento complesso come questo con un'emergenza sanitaria in corso. La situazione di emergenza rende estremamente complicato, entro l'avvio del prossimo anno scolastico, di aggiornare le graduatorie di istituto per il numero elevatissimo di domande, in quanto una parte sostanziale della procedura, quella relativa alla stessa domanda e alla trasmissione dei titoli, avviene su modello cartaceo a mano o per raccomandata con ricevuta di ritorno o trasmesso in formato PDF per posta certificata.

La procedura è già molto difficile in tempi normali: basti pensare che le graduatorie di istituto di ogni provincia, stante il meccanismo dell'incrocio, possono diventare efficaci solo quando tutte le scuole capofila hanno completato l'analisi delle domande di competenza. Basta, quindi, che una sola scuola ritardi perché ritardi l'intera provincia. Il passaggio della trasmissione da cartacea a online sarebbe possibile, ma non eliminerebbe la fase di valutazione dei titoli, che è di particolare complessità e che implica la trattazione di ogni singola pratica da parte di più persone, pena continui errori e conseguenti ricorsi e rielaborazioni su una piattaforma che sarebbe nuova. In tale circostanza emergenziale, sarebbe stato naturalmente molto difficile, irresponsabile addirittura, immaginare di far rientrare a pieno regime il personale delle segreterie scolastiche.

Inoltre, tramite il “decreto-legge scuola”, approvato nell'ultimo Consiglio dei Ministri del 6 aprile scorso, è stato garantito l'inserimento nelle attuali graduatorie tramite una finestra annuale di tutti coloro che nel frattempo si sono abilitati o hanno conseguito il titolo di specializzazione sul sostegno.

PRESIDENTE. L'onorevole Sasso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ROSSANO SASSO (LEGA). Grazie, Presidente. Evidentemente, come i miei colleghi, per quanto riguarda le scuole paritarie e le scuole private non mi ritengo assolutamente soddisfatto. C'è bisogno di mettere mano al portafoglio: i soldi ci sono, le risorse aggiuntive ci sono e ci sono le famiglie di circa 900 mila alunni che chiedono un aiuto. Ci sono 13 mila scuole paritarie in tutta Italia che sono a rischio default, ci sono 130 mila lavoratori delle scuole paritarie che corrono il rischio di perdere il posto di lavoro.

Per quanto riguarda l'emergenza, l'altra emergenza dei precari della scuola che riguarda circa 200 mila cittadini italiani, Presidente per suo tramite mi rivolgo al Ministro assente, Lucia Azzolina, e al sottosegretario De Cristofaro. Io capisco tutti gli affanni tecnici, sottosegretario, ma non è che si può dire ai lavoratori “mi dispiace, ne riparliamo l'anno prossimo”. Sono parole sue, sono parole che lei questa mattina - o meglio ieri - ha dato ai cronisti de Il Manifesto e ad OrizzonteScuola. Per cui, io voglio capire adesso se c'è una crisi all'interno della maggioranza, perché lei si è spinto, da un punto di vista intellettuale molto onestamente e al di là di questo parlando anche di concorsi (ma ci arriviamo subito), e parlando della maggioranza che tiene in ballo questo Governo, MoVimento 5 Stelle, PD, LEU, Sinistra Italiana e Italia Viva, non si sa più cosa volete combinare a questi poveri precari della scuola. Avete chiesto ai docenti di imparare a fare in poco tempo didattica a distanza, pur senza alcun obbligo contrattuale, di non perdere il rapporto con i ragazzi e di tranquillizzarli, e i docenti lo hanno fatto; avete chiesto ai genitori di adeguarsi alla didattica a distanza e di seguire costantemente i figli in questo nuovo percorso, tra mille sacrifici e difficoltà per sopperire alle mancanze dello Stato, e i genitori lo hanno fatto; avete chiesto agli studenti l'impegno nell'affrontare la didattica a distanza, di fare le verifiche online, di prestare attenzione, di partecipare nonostante il Ministro non voglia valutarli, nonostante il Ministro abbia promesso la promozione per tutti, e gli studenti si stanno impegnando ugualmente. Infine, avete stanziato 85 milioni di euro per il digital divide, il divario digitale, e adesso dite ai precari che non possono inserirsi e non possono aggiornare la propria posizione in graduatoria perché dal punto di vista informatico la macchina ministeriale non ce la fa a smaltire le domande cartacee e le raccomandate con ricevuta di ritorno.

Qualche giorno fa il Ministro Lucia Azzolina ha ringraziato in una conferenza stampa a reti unificate la comunità scolastica. Ha ringraziato i docenti perché con scarsi mezzi, come dicevo prima, si sono adoperati per la didattica a distanza, però poi ha annunciato, per quegli stessi insegnanti, la negazione del loro diritto all'inserimento e all'aggiornamento nelle graduatorie, e questo perché? Perché? Noi lo vorremmo sapere dal Ministro Lucia Azzolina. Forse il Ministro vorrebbe farci credere che lo Stato nel 2020, con tutte le conquiste, con tutti i progressi, tra didattica a distanza, portale SIDI e istanze online che tutti i docenti conoscono, non riesca ad accettare domande digitali? Io sinceramente non ci credo e, come me, non ci credono 200 mila precari italiani. Io penso che sia piuttosto una mancanza di volontà da parte del MoVimento 5 Stelle e del PD, cioè il presente e il passato del disastro della scuola pubblica italiana.

O, meglio, forse c'è una volontà, anzi credo sia un preciso disegno politico: la prosecuzione del disegno politico che partì nel 2015 con la “Buona Scuola” di Renzi e oggi c'è con la “buona scuola” di Lucia Azzolina, cioè quello di affossare i precari, gli oltre 200 mila precari della scuola italiana. State facendo di tutto contro di loro: negate l'inserimento e l'aggiornamento delle graduatorie, negate il bonus di 500 euro previsto per gli insegnanti di ruolo, come se un precario fosse straricco e non ne avesse bisogno, negate la stabilizzazione prevista dalla direttiva europea n. 70 del 1999, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 368 del 2001, che dice che dopo 36 mesi di servizio si assume un lavoratore perché altrimenti si verifica un abuso nella reiterazione dei contratti a termine e questo il Ministro Azzolina se lo ricorda bene perché in campagna elettorale lo andava dicendo in tutto il territorio nazionale. Bandite un concorso straordinario in un periodo del genere - e, sottosegretario, qui so che lei mi capisce - prevedendo l'assunzione solo per pochi precari, 24 mila, tra l'altro attirandovi le critiche del sottosegretario De Cristofaro, che intellettualmente in maniera onesta ha detto che bisogna farsi un bagno di realismo. Ministro Azzolina, per suo tramite Presidente, si faccia un bagno di realismo, perché non è possibile bandire dei concorsi di cui non si sa quando inizieranno le prove, salvo retrodatarli poi giuridicamente al 1° settembre. E non solo le giuste critiche del sottosegretario De Cristofaro, che ringrazio, ma anche le critiche del Consiglio superiore della pubblica istruzione, che non è il deputato della Lega Rossano Sasso della Commissione cultura ma è il massimo organo rappresentativo composto da gente che di scuola ne capirà qualcosa penso; Consiglio superiore della pubblica istruzione che invita, invece, a prevedere ampie stabilizzazioni per titoli e servizi, non il quizzone, il super quiz con 80 domande in 80 minuti.

Eppure, questi insegnanti precari lavorano da anni nelle nostre scuole, hanno fatto sacrifici economici e familiari enormi per poter acquisire punteggio accettando incarichi lontano da casa, iscrivendosi e pagando per poter conseguire attestati rilasciati dalle università o master e corsi di perfezionamento, e adesso questo Governo non vuole nemmeno che possano essere sfruttati nelle graduatorie.

Vedo solo tanta cattiveria, vedo avversione, un'avversione totale, ideologica, umana e politica nei confronti dei precari, un totale dissenso e distacco dalla vita di queste persone da parte soprattutto del MoVimento 5 Stelle e poi anche del PD, ovvero passato e presente dell'umiliazione dei lavoratori della scuola, dei precari. E perché? Perché mai tutto questo? Perché? Perché, per usare le parole di alcuni esponenti del MoVimento 5 Stelle, forse i precari di terza fascia non sarebbero degni del ruolo?

Qualcuno ha parlato di merito in tutti questi anni. Vi cito velocemente una lettera che ho ricevuto nelle ultime ore da una delle tante precarie e citerò solo il suo nome per ovvie ragioni. Si chiama Elvira e mi scrive: “Salve, mi chiamo Elvira. Sono una docente precaria di terza fascia, ho 34 anni, ho ben tre lauree” - non una, non due: tre lauree -, “due master, sette anni di esperienza come precaria e non so che fine farò. Mi creda: la frustrazione, dopo anni e anni di sacrifici, di studio e di lavoro, è tanta. Metto molta dedizione e passione in quel che faccio ma ho una paura terribile di finire per strada. Ho dato tutto e non mi ritrovo niente. Vi prego, non lasciateci soli”. E come questa professoressa, di nome Elvira, ce ne sono centinaia, centinaia e centinaia, decine di migliaia fino ad arrivare alla cifra di 200 mila insegnanti precari.

Qualcuno mi deve spiegare se il Governo intenda per merito superare un concorso, mettendo 80 crocette, come dicevo prima, su 80 domande in 80 minuti, oppure se sia più opportuno procedere per titoli e servizio, come vuole il Consiglio superiore della pubblica istruzione, come vuole la Lega e come ha suggerito il sottosegretario al Ministero dell'Istruzione De Cristofaro. Noi preferiamo l'esperienza acquisita sul campo in anni e anni di insegnamento, l'empatia con gli alunni, le competenze acquisite in classe; il Ministro Azzolina preferisce il super quizzone.

Ma il Ministro Azzolina non ha mai nascosto la sua avversione, un'avversione malcelata l'altra sera in conferenza stampa quando ha chiesto scusa - cito testualmente - agli italiani “a nome di tutti i precari”; forse voleva chiedere scusa ai precari. Lei non può permettersi di parlare a nome dei precari perché semplicemente non li rappresenta, non li rappresenta. Se il Ministro Azzolina vuole farsi perdonare, perché in ciascuno di noi, Presidente, alberga un senso di colpa (o almeno spero), cerchi di rimediare immediatamente e consenta ai precari l'inserimento e l'aggiornamento delle graduatorie. I mezzi ci sono. Bisogna disinnescare questa bomba sociale che prevede la perdita dei posti di lavoro per decine e decine di migliaia di lavoratori a partire dal 1° settembre. Si chiama “piano straordinario di stabilizzazione”.

Nei prossimi giorni la Lega depositerà in Commissione cultura una risoluzione proprio per questo. Noi siamo disponibili a dialogare con chiunque. È un momento tristissimo per la nostra patria e per la nostra nazione. È il momento di unirsi, è il momento di essere in armonia e di cercare di risolvere i problemi della gente. Siamo disposti a votare qualsiasi cosa che preveda una risoluzione in questo senso. Sediamoci a un tavolo.

Lo ripeto: noi siamo più che disponibili. Il Ministro Azzolina, non perseveri nelle ostilità, nelle violazioni dei diritti e delle aspettative, nel vilipendio delle ambizioni dei docenti che hanno tenuto in piedi la scuola italiana per anni. Si fermi, altrimenti non basteranno più le sue scuse.

Il mondo della scuola è in rivolta: dal personale ATA, sottopagato, al personale educativo, il cui organico non viene sbloccato, dagli insegnanti di religione, che pur avendo superato un concorso da quindici anni sono ancora precari, dagli aspiranti dirigenti del concorso del 2017, lo stesso del Ministro Azzolina: sono stati illegittimamente bocciati e c'è una causa pendente al Consiglio di Stato dopo che il TAR aveva già dato loro ragione. Ci sono i diplomati magistrali, ci sono i vincitori del concorso del 2016, ci sono tanti precari di tutte le categorie: si stanno unendo e non hanno più voglia di sostenere guerre tra poveri. A loro va la mia totale solidarietà e la promessa di continuare a rappresentarli in quest'Aula e ovunque.

Governo, Ministri, abbiate rispetto per questa gente, abbiate rispetto per questi cittadini, abbiate rispetto per i precari della scuola, abbiate rispetto per questi italiani.

(Elementi in merito alla situazione negli istituti penitenziari nell'attuale contesto di emergenza sanitaria e iniziative in relazione al sovraffollamento carcerario - n. 2-00712)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Magi e Schullian n. 2-00712 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Magi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). La ringrazio, Presidente. Sottosegretario, l'interpellanza urgente a mia prima firma chiede al Governo delle risposte chiare e un'assunzione di responsabilità all'altezza della gravissima situazione delle carceri italiane in queste fasi di emergenza sanitaria. La situazione, Presidente, è gravissima, perché è gravissimo il rischio che nelle carceri si sta correndo, un rischio per la salute di tutta la comunità penitenziaria e dell'intero Paese.

Come è noto, a causa della cronica condizione di sovraffollamento degli istituti italiani, in carcere è impossibile attuare le più basilari misure di prevenzione contro il diffondersi del contagio, quali il distanziamento o l'isolamento. In queste ore, in queste settimane, ci stanno arrivando, dall'interno degli istituti penitenziari, degli appelli drammatici, delle lettere drammatiche: dimostrano tutte non solo la paura, ma anche un senso delle istituzioni che, purtroppo, non abbiamo ascoltato da parte dei rappresentanti del Governo che hanno riferito in quest'Aula nelle ultime settimane.

Quale distanziamento sociale, Presidente, è possibile attuare nella situazione delle carceri italiane? Quale isolamento è possibile attuare nella situazione delle carceri italiane rispetto a detenuti che siano positivi o che siano venuti a contatto con altri detenuti positivi? A queste domande c'è una sola risposta: nessuna di queste misure di prevenzione può, al momento, essere garantita. Se c'è una cosa che abbiamo imparato, purtroppo, in queste settimane di grave emergenza sanitaria nel nostro Paese, è che i luoghi nei quali le persone vivono la propria quotidianità a stretto contatto con le altre, trascorrono le giornate e le nottate - così gli ospedali, così le residenze per anziani - sono i luoghi che sono diventati i più tragici focolai del contagio. E questa è la condizione tipica e abituale degli istituti penitenziari nel nostro Paese. La situazione è resa ancora più pesante perché l'epidemia COVID-19 investe una condizione delle carceri che già vive una strutturale sofferenza; basti pensare alla percentuale alta di detenuti che hanno altre patologie, anche gravi, basti pensare alla percentuale alta che caratterizza la popolazione penitenziaria del nostro Paese di detenuti con un'età avanzata, anche rispetto alla media degli altri Paesi europei. Nelle scorse settimane, Presidente, abbiamo avuto la netta impressione che al Governo ci fosse qualcuno non consapevole di questa realtà oppure qualcuno fortemente irresponsabile nei confronti del Paese. Abbiamo ascoltato in quest'aula il Ministro Bonafede svolgere la sua informativa urgente l'11 marzo sui fatti gravi avvenuti il 7, l'8 e il 9 marzo, le proteste e le rivolte in alcuni istituti penitenziari che hanno portato alla morte di 13 persone; abbiamo ascoltato, successivamente, il 25 marzo, lo stesso Ministro Bonafede rispondere al question time. Purtroppo, nessuna di quelle parole, nessuna di quelle rassicurazioni, a distanza di tempo, si sono dimostrate all'altezza della situazione e, quindi, siamo costretti a porre ancora, qui, formalmente, delle domande.

La prima questione è quella che riguarda proprio quei tragici fatti che hanno coinvolto migliaia di detenuti in diverse carceri italiane all'inizio del mese di marzo, appunto. Sono passate tre settimane dalla morte di quelle tredici persone: solo dopo molti giorni si sono saputi i nomi dei detenuti morti e li abbiamo saputi, in modo informale, dagli organi di stampa e le cause e le dinamiche sono tuttora ignote. Facevo riferimento all'informativa del Ministro Bonafede dell'11 marzo, nella quale ha affermato, il Ministro, che il tempo che gli era concesso non gli consentiva di riferire nel dettaglio dei singoli casi in ogni città e che, pertanto, avrebbe trasmesso il giorno stesso una relazione dettagliata del DAP. Da questa relazione, che poi è stata depositata solo dopo diversi giorni, purtroppo, non si evincono le informazioni più importanti relative a quegli episodi, ma solo delle notizie sommarie, che erano, poi, le stesse che avevamo potuto leggere sui giornali. L'associazione Antigone ha denunciato di avere ricevuto numerose segnalazioni di violenze e abusi che sarebbero stati perpetrati ai danni di persone detenute successivamente a quegli episodi di rivolta, in particolare nell'istituto di pena di Milano-Opera. Ma, ancora: in queste ore stanno arrivando analoghe denunce sui fatti che si sono svolti all'interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere quando ci sono state, nella giornata di ieri, delle proteste da parte dei detenuti alla notizia del primo contagio per Coronavirus all'interno di quel carcere. La stessa associazione Antigone ha depositato un esposto alla procura competente per i fatti del carcere di Milano-Opera.

E veniamo ora all'altro capitolo altrettanto drammaticamente urgente su cui dobbiamo avere una parola e una rassicurazione del Governo: quello delle misure prese per garantire un'azione deflattiva rispetto al sovraffollamento delle carceri. Il 25 marzo, il Ministro Bonafede, con riferimento alle misure contenute nel decreto n. 18 del 2020, in particolare, come sappiamo, agli articoli 123 e 124, ha affermato che il numero degli effettivi destinatari della nuova legge, testualmente, tra i 6 mila detenuti circa non condannati per reati cosiddetti ostativi e con una pena residua fino a 18 mesi, dipenderà da diversi requisiti variabili. Poi ha aggiunto che a quella data, cioè al 25 marzo, circa 50 detenuti avevano beneficiato della misura di cui all'articolo 123 e 150 delle misure previste dall'articolo 124.

Ascoltare quelle parole dal Ministro in quest'Aula, per certi versi, ha suonato come una rivendicazione, per altri, come una presa in giro. Noi stiamo parlando della necessità che ci sia una uscita urgente di almeno 10 mila, 12 mila detenuti e il Ministro ha rivendicato che, in quei giorni, uscivano 2 mila persone. Ovviamente, nei giorni scorsi abbiamo appreso, dalle stesse notizie fornite dal DAP e, poi, dal Garante nazionale per la tutela delle persone detenute che, al momento, circa 4 mila sarebbero le persone che, dall'inizio dell'emergenza sanitaria, sono uscite dalle carceri. È ovvio che si tratta ancora di circa un terzo, o meno di un terzo, di quelli che dovrebbero uscire per garantire condizioni di sicurezza minime.

Il punto è evidente: il punto sono gli ostacoli enormi che si pongono rispetto all'effettiva scarcerazione e a una sorta di automatismo di questa uscita dagli istituti penitenziari e, in particolare, la questione del braccialetto elettronico. È stato reso noto dal capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel provvedimento che ha assunto d'intesa con il capo della polizia e che era attuazione delle misure del decreto, che i dispositivi di braccialetto elettronico disponibili sarebbero complessivamente 5 mila, di cui 920 disponibili alla data della firma del documento, che era il 27 marzo e, poi, prevedeva l'installazione di un massimo di 300 apparecchi a settimana.

Ora, anche qui, è evidente che, se questo è il ritmo della disponibilità del dispositivo del braccialetto elettronico, noi riusciremo ad avere una effettiva efficacia di quel provvedimento e, quindi, la scarcerazione di queste persone e il passaggio a misure alternative come il braccialetto elettronico solamente tra tre mesi, cioè quando auspichiamo tutti che l'emergenza sanitaria sarà, se non conclusa, in un'altra fase.

Ma soprattutto, qual è la ratio, qual è il motivo, qual è il senso di prevedere questa condizione del braccialetto elettronico, che serve evidentemente a individuare tempestivamente coloro che dagli arresti domiciliari dovessero evadere, nel momento in cui noi abbiamo le città italiane, l'intero Paese, completamente in quarantena, completamente deserto, e in cui abbiamo un controllo del territorio da parte delle Forze dell'ordine che forse non ha precedenti, tanto è vero che stiamo leggendo, Presidente, in queste ore di diversi, come dire, anche latitanti o altri dediti ad attività illegali che facilmente vengono arrestati perché sono, nei fatti, gli unici a circolare.

Concludo ponendo quindi e chiarendo quali sono i quesiti: da una parte, il chiarimento da parte del Governo sulla dinamica dei fatti - mai chiarita in sede formale e di fronte al Parlamento dal Ministro - del 7, 8 9 marzo, che portarono alla morte tragica di quelle tredici persone e, dall'altra, la richiesta al Governo, se non intenda assumere con urgenza dei provvedimenti che, a differenza di quanto si stanno dimostrando in grado di fare quelli contenuti nel decreto cosiddetto “Cura Italia”, possano davvero operare rapidamente una uscita dalle carceri italiane tale da consentire anche in quei luoghi l'adozione delle misure di prevenzione per la diffusione del contagio, e quindi, come minimo, il distanziamento sociale e la possibilità di avere delle misure di isolamento per coloro che dovessero risultare positivi e, quindi, tutte quante le cure mediche e l'assistenza anche in quei luoghi, che sono luoghi in cui si deve scontare una pena che rispetti il nostro dettato costituzionale e non una pena che lo vada a negare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, Giuseppe De Cristofaro, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE DE CRISTOFARO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Onorevole, gli interpellanti, con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto, dopo aver ricordato i gravi episodi di rivolta nelle carceri italiane a inizio marzo e il decesso di 13 detenuti, hanno riferito che l'associazione Antigone avrebbe ricevuto numerose segnalazioni di violenze e abusi subiti dai detenuti successivamente alle rivolte e che numerose voci nella società civile si sarebbero alzate per sottolineare la necessità di interventi rivolti al mondo penitenziario al fine di fronteggiare l'emergenza derivante dalla pandemia in corso.

Hanno quindi chiesto di sapere: quali siano le cause della morte per ognuna delle tredici persone decedute, come accertate dall'autopsia, e nello specifico, ove la morte sia dovuta all'assunzione di farmaci, quali farmaci siano stati assunti e se fossero opportunamente custoditi; quante morti siano avvenute nei luoghi della protesta e quante durante o a seguito delle traduzioni ad altro carcere, dettagliando luoghi, circostanze e tempistica; se prima del trasferimento ad altro carcere i detenuti siano stati sottoposti a visita medica, anche in considerazione della avvenuta sottrazione di farmaci dall'infermeria; se il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia avviato delle indagini interne sui pestaggi denunciati da Antigone; quale sia il dato aggiornato relativo al numero di detenuti che abbiano beneficiato delle misure di cui agli articoli 123 e 124 del decreto-legge n. 18 del 2020; se, alla luce delle informazioni riportate in premessa, il Governo non intenda assumere iniziative che siano concretamente in grado di incidere sul sovraffollamento carcerario in modo da consentire il rispetto delle norme sul distanziamento e l'adozione di misure di isolamento idonee, senza che le misure alternative siano condizionate all'uso del braccialetto elettronico, che appare del tutto superfluo in un momento in cui la libertà di movimento dei cittadini è ridotta al minimo, mentre massimo è il controllo del territorio da parte delle Forze di polizia.

Giova evidenziare che le manifestazioni di protesta verificatesi dal 7 al 10 marzo 2020 hanno interessato circa 84 istituti penitenziari e che in una trentina di istituti si è trattato di vere e proprie rivolte. A causa di tali azioni molte strutture detentive hanno riportato danni consistenti – quantificabili, allo stato, in circa 20 milioni di euro –, tali da rendere inagibili, in alcune situazioni, intere strutture penitenziarie – come nel caso di Modena, dove un intero istituto per circa 500 posti è divenuto inutilizzabile – e, in altre, le camere detentive, gli spazi comuni e anche gli uffici dell'amministrazione penitenziaria. La conseguente necessità di ripristinare la piena funzionalità e garantire le condizioni di sicurezza ha determinato l'intervento normativo di cui all'articolo 86 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020. L'inagibilità delle strutture, inoltre, ha reso necessario il trasferimento di un congruo numero di detenuti, circa 1.600, presso altre sedi penitenziarie. Sulla base delle comunicazioni pervenute dagli istituti, risulta che oltre 100 appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria siano stati costretti a fare ricorso alle cure mediche, con un numero di contusi particolarmente elevato in talune sedi, come Napoli Poggioreale, Modena e Milano Opera.

Nell'immediato si è data comunicazione del fatto che, in conseguenza delle rivolte verificatesi nelle case circondariali di Modena, Rieti e Bologna, sono deceduti tredici detenuti. Anche nella relazione aggiornata inviata al Parlamento si era riferito che nove detenuti erano deceduti in conseguenza della rivolta presso il carcere di Modena (cinque presso l'istituto di Modena, uno presso la casa circondariale di Parma, uno presso la casa circondariale di Verona, uno presso la casa di reclusione di Alessandria e uno presso la casa circondariale di Ascoli), tre in conseguenza della rivolta verificatesi presso la casa circondariale di Rieti e uno, invece, per la rivolta avvenuta a Bologna. Dalle relazioni del personale è emerso che in tutti i casi numerosi detenuti, una volta armatisi e usciti dalle sezioni di provenienza, si erano recati presso l'infermeria e l'avevano saccheggiata, scardinando porte, armadietti, impadronendosi del metadone custodito in un mobile blindato e facendo uso di tutti i farmaci presenti.

Le circostanze riferite sono state dettagliate anche nelle relazioni al Parlamento inviate in data 11 e 25 marzo 2020, il contenuto delle quali è stato definito in base alle relazioni di servizio redatte dal personale che aveva operato in occasione dei tumulti e che aveva proceduto ad informare l'autorità giudiziaria competente mediante trasmissione di idonea comunicazione di notizia di reato. Tutti i dettagli e le informazioni contenute negli atti trasmessi alle procure della Repubblica costituiscono fatti coperti dal segreto investigativo e ovviamente non possono essere disvelati. Allo stesso modo, non sono disponibili gli esiti delle autopsie, effettuate su disposizione dell'autorità giudiziaria, che, all'esito dei percorsi di indagine, potrà valutare la desecretazione degli atti che sono stati compiuti. La riconducibilità causale dei decessi al presumibile utilizzo di farmaci è stata evidenziata in base agli accertamenti e alle evidenze acquisite dal personale che ha operato in occasione dei tumulti: i farmaci e le altre sostanze erano custoditi nelle infermerie degli istituti, nel pieno rispetto dei protocolli sanitari.

Da quanto emerge dalla relazione del personale sanitario della casa circondariale di Modena, i detenuti, prima del trasferimento, sono stati sottoposti a controllo medico da parte del personale sanitario del carcere o dei medici del 118.

Relativamente alle segnalazioni di violenze e abusi perpetrati ai danni di persone detenute successivamente alle rivolte, agli atti del Dipartimento penitenziario nulla risulta formalmente circa la casa di reclusione di Milano Opera. Interpellati gli uffici competenti, risulta che, per quanto esposto dall'associazione Antigone, sono in corso le valutazioni preliminari. In ogni modo, a seguito di specifiche segnalazioni che avrebbero visto coinvolti come vittime alcuni detenuti, sono stati svolti da parte del nucleo investigativo centrale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria mirati accertamenti su situazioni verificatesi presso la casa circondariale di Foggia.

Alla data dell'8 aprile 2020, risultavano essere positivi al COVID-19 quarantadue detenuti, di cui trentatré gestiti all'interno degli istituti penitenziari in camere di pernottamento e nove ricoverati presso strutture esterne di cura; i poliziotti penitenziari positivi al virus erano centosessantasei e cinque gli appartenenti al comparto funzioni centrali. Come è noto, l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n 18, nasce dall'esigenza di misure straordinarie e urgenti per contrastare l'emergenza da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi.

Le soluzioni adottate riguardano principalmente quella platea di soggetti la cui pena non sia superiore ai 18 mesi, anche se costituisce parte residua di maggior pena, con talune esclusioni concernenti la gravità dei reati commessi e la condotta tenuta durante il regime detentivo; è stata comunque rimessa al magistrato di sorveglianza la valutazione in ordine alla opportunità di escludere dall'applicazione le ipotesi di cui ravvisi la sussistenza di gravi motivi. La previsione secondo cui la misura della detenzione domiciliare, in deroga alla normativa vigente, sia accompagnata dall'adozione di procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, è stata comunque esclusa per i condannati minorenni o per i condannati la cui pena da eseguire non sia superiore a sei mesi.

Sono state adottate altresì misure idonee a gestire l'utilizzo ragionato ed equo degli strumenti disponibili, prevedendo che la concreta assegnazione dei predetti strumenti di controllo avvenga progressivamente a partire dai detenuti che debbono scontare la pena residua inferiore. L'articolo 124 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, interviene sulla disciplina delle licenze concedibili ai condannati ammessi al regime di semilibertà, consentendo che l'estensione temporale delle licenze godute sino al 30 giugno 2020 possa eccedere l'ordinario ammontare di 45 giorni previsto in via ordinaria come limite complessivo massimo della loro durata. Ciò consentirà dunque di limitare il flusso di persone che giornalmente escono e fanno rientro negli istituti penitenziari, permettendo ai detenuti interessati di pernottare presso il proprio domicilio.

Si rappresenta che il numero di provvedimenti concessori della detenzione domiciliare alla data di oggi ammontava a 270, mentre per quanto concerne l'articolo 124 del decreto legge n. 18, allo stato attuale sono 415 i detenuti ammessi al regime di semilibertà, per il quale è stato emesso provvedimento di concessione di licenze ai sensi del richiamato articolo 124.

Presso la direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è stato istituito, in data 26 marzo, un apposito gruppo di lavoro per gli adempimenti esecutivi di cui all'articolo 123 del decreto legge n. 18 e sono state date le necessarie indicazioni operative alle direzioni penitenziarie e ai provvedimenti regionali. Si rappresenta comunque che, alla data del 17 marzo 2020, i detenuti presenti negli istituti penitenziari erano 60.176, mentre ad oggi le presenze sono pari a 56.517, con 1.545 detenuti per i quali è stata disposta la detenzione domiciliare in forza del decreto legge n. 18 del 2020.

Circa la segnalazione da parte degli interpellanti in ordine alle prassi che si seguono in alcuni uffici, si evidenzia che il sistema dell'esecuzione penale, al procuratore della Repubblica, ovvero al procuratore generale presso la Corte d'appello, è riservato il potere-dovere di dare avvio all'esecuzione della pena con l'emissione dell'ordine di carcerazione.

In linea generale e in estrema sintesi, tale ordine deve essere accompagnato da un contestuale decreto di sospensione quando la pena residua da eseguire non sia superiore a quattro anni di reclusione. Peraltro, il PM, pur in presenza di una pena residua superiore addetti limiti, non può emettere l'ordine di carcerazione nei casi in cui, sottraendo virtualmente dalla medesima i giorni di liberazione anticipata di cui il condannato potrebbe beneficiare in relazione alla detenzione presofferta, la pena che sarebbe effettivamente da scontare sia contenuta entro i citati limiti. Invero, in tal caso, il PM deve trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza competente in relazione alla concessione della liberazione anticipata e dovrà provvedere solo all'esito della decisione di quest'ultimo. D'altra parte, sempre in termini generali, pur in presenza di una pena astrattamente idonea a consentire la sospensione dell'ordine di carcerazione, il PM non può procedervi nei casi in cui il condannato si trovi in stato di custodia cautelare in carcere al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ovvero nei casi in cui si proceda per uno dei reati cosiddetti ostativi alla sospensione indicati alla lettera a) del comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale. Una disciplina speciale è prevista, poi, per i condannati che, al momento del passaggio in giudicato della condanna, si trovano agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della sentenza da eseguire. Invero, in tal caso l'ordine di carcerazione viene sospeso ma il condannato deve restare nello stato detentivo domiciliare fino alla decisione del magistrato di sorveglianza.

Al solo procuratore generale presso la Corte di appello, invece - a prescindere dalla competenza a eseguire, di volta in volta, le singole sentenze di condanna - è attribuibile il potere di partecipare alle udienze davanti al tribunale di sorveglianza per la concessione delle misure alternative alla detenzione previste dall'ordinamento penitenziario.

Diverso discorso vale per la misura dell'esecuzione di pena detentiva presso il domicilio -introdotta dalla legge n. 199 del 2010 e richiamata all'articolo 123 del decreto legge n. 18 del 2020 - applicata, previa istruttoria del PM, dal magistrato di sorveglianza.

Con riferimento specifico alla citata misura dell'esecuzione della pena presso il domicilio, si segnalano iniziative volte a poter estendere tale tipo di misura, anche attraverso il reperimento di soluzioni abitative con progetti promossi in collaborazione con le regioni.

Per completezza, si rappresenta che alla data del 21 febbraio 2020 erano presenti presso i 17 istituti penali per minorenni 368 detenuti, mentre alla data del 5 aprile 2020 ne risultavano presenti 320. Nel corso dell'attuale emergenza sanitaria il numero di presenze è rimasto costante per alcuni giorni a 365, per poi subire una netta diminuzione dalla seconda metà di marzo a 320. Su tale fenomeno hanno inciso l'introduzione, con l'articolo 123 nel D.L. n. 18, della detenzione domiciliare speciale, sia gli indirizzi dipartimentali che richiedevano agli istituti, unitamente agli uffici di servizio sociale ministeriali, di verificare con attenzione la situazione specifica di ogni ragazzo presente nei servizi residenziali, con riferimento tanto alla posizione giuridica, quanto allo stato di salute e alla situazione familiare, al fine di sottoporre all'autorità giudiziaria competente tutti gli elementi utili per valutare l'eventuale adozione di provvedimenti.

Nel periodo dal 17 marzo 2020 sono usciti dai 17 IPM 80 minorenni, di cui 19 ai sensi dell'articolo 123. Numerose sono state anche le uscite per modifica della misura della custodia cautelare, 31, trasformate in collocamento in comunità o permanenza in casa.

Infine, allo stato, risultano essere approvati in materia alcuni emendamenti parlamentari che intendono specificare meglio l'ambito delle disposizioni in vigore. In particolare, riguardo all'articolo 123, uno di essi specifica l'ambito di operatività delle disposizioni in materia di detenzione domiciliare e prevede la non attivazione delle procedure di controllo nei confronti dei detenuti per i quali la pena residua da espiare non superi di trenta giorni la pena oltre la quale è imposta l'applicazione delle procedure suddette. Riguardo alla disposizione dell'articolo 124, l'unico emendamento approvato prevede la fruizione di licenze con durata predeterminata sino al 30 giugno 2020 per tutti i detenuti in regime di semilibertà, con la sola eccezione di quelli nei cui confronti il magistrato di sorveglianza ravvisi gravi motivi ostativi. Governo e Ministero della giustizia continueranno a lavorare incessantemente per garantire ogni misura necessaria ad affrontare le emergenze in corso, al fine di dotare gli istituti penitenziari di tutti gli strumenti idonei per far fronte ad ogni situazione che si dovesse presentare.

PRESIDENTE. Grazie signor sottosegretario. Il deputato Riccardo Magi ha facoltà di dichiararsi soddisfatto o meno della risposta alla sua interpellanza.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). La ringrazio sottosegretario, anche per il livello di dettaglio della risposta, che però, purtroppo, ci conferma ancora una volta che è come se l'Esecutivo non cogliesse la straordinaria gravità di questo momento e quanto il fattore tempo, nel mettere in campo delle risposte adeguate, sia essenziale per scongiurare che nelle carceri italiane avvenga qualcosa che noi tutti auspichiamo non avvenga. Però, se noi vediamo, Presidente, anche qual è stato il passato di epidemie che sono avvenute nei paesi e il modo con cui hanno interessato gli istituti penitenziari, è tristemente sempre avvenuto che in un primo momento le epidemie hanno riguardato la cittadinanza libera e solo in un momento successivo, come può avvenire con una comunità che comunque è chiusa, isolata, è reclusa per definizione, hanno interessato con forza in una seconda fase esattamente gli istituti penitenziari.

Io apprezzo gli sforzi e anche il tentativo di voler utilizzare tutti quanti gli spazi che quei due articoli, e anche l'emendamento che è sopraggiunto, di cui lei ci ha dato notizia, mettano a disposizione, il punto è che quegli spazi non sono adeguati, sia in termini di numeri, in termini di quantità di persone che possono uscire e liberare spazio e posti all'interno delle carceri italiane, sia in termini di rapidità delle procedure. Non sono, queste che il Governo ha messo in campo, delle procedure adeguate a questa situazione. Non sono solamente esponenti di associazioni che si occupano del settore della vita delle carceri, dei diritti dei detenuti, né esponenti politici, sono i massimi esponenti della magistratura italiana che in questo momento si stanno rivolgendo al Governo: è il procuratore generale della Corte di cassazione che ha mandato una nota a tutti i procuratori generali presso le corti di appello; sono una serie di presidenti dei tribunali di sorveglianza. Il punto evidentemente non è solo quello di far uscire le persone, ma è anche quello di bloccare nuovi ingressi, e risulta tra l'altro incredibile ascoltare invece, nel dibattito pubblico, ancora qualcuno che propone misure che portino di nuovo a carcerazioni. Ancora, è il Consiglio d'Europa, è stato il Pontefice, è stata l'Organizzazione mondiale della sanità. E guardiamo quello che sta avvenendo in altri Paesi, anche in altri Paesi che non potrebbero essere definiti delle democrazie mature, e tanto meno dei Paesi in cui lo Stato di diritto vige: una delle misure più immediate che sono state adottate in una serie di Paesi è stata la liberazione di migliaia di persone dalle carceri, proprio per evitare che accada il peggio. Purtroppo non ci siamo, non ci siamo ancora: le parole ancora di ieri del Presidente del Consiglio, Conte, che ha detto a mezzo di una dichiarazione, di una nota stampa, che il Governo non volta le spalle alla situazione delle carceri, purtroppo ad oggi, al momento, dobbiamo dire che non si sono fatte seguire da provvedimenti adeguati. A questo punto, il Governo si deve rendere conto di una cosa. Devo dire, mi consenta, sottosegretario, sulla sua presenza qui - ovviamente io la ringrazio per la sua presenza -, che lei non ha le deleghe proprie della giustizia, però questo ci rivela e ci ricorda anche un'altra cosa: la sua presenza qui ci ricorda che le responsabilità sono collegiali, del Governo; le responsabilità non sono di questo o di quel Ministro, le responsabilità sono dell'intero Governo. Quindi, ancora una volta, nel dichiararmi non soddisfatto della risposta del Governo che è arrivata oggi, faccio un appello all'Esecutivo, ma soprattutto credo che, a questo punto, debba essere il Parlamento a mettere mano a delle norme. Purtroppo l'urgenza della situazione avrebbe meritato, invece, è di tutta evidenza, un intervento del Governo, che ha i mezzi, gli strumenti e la rapidità per farlo, ma questo intervento ancora non c'è. In queste ore stanno arrivando notizie dei numeri dei contagi che salgono. Lei ha citato la polizia penitenziaria, alla quale va il nostro ringraziamento, per il lavoro che svolge in condizioni sempre più difficili, straordinariamente difficili. Sono le stesse organizzazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria che chiedono, anche loro, misure che abbiano un'altra portata, che esprimano un'altra consapevolezza del rischio che tutti noi abbiamo davanti. La ringrazio e spero davvero che nei prossimi giorni sia il Parlamento italiano, a questo punto, che sappia modificare, nella direzione che merita la nostra democrazia e il rispetto della nostra Costituzione, anche le misure che riguardano il carcere e l'esecuzione della pena in questo momento di emergenza sanitaria.

(Misure a favore del settore lattiero-caseario, pesantemente colpito dagli effetti dell'emergenza sanitaria in atto, con particolare riferimento al raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai fini dell'adozione del decreto ministeriale in materia di tracciabilità delle importazioni di latte e dei suoi derivati - n. 2-00718)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cillis ed altri n. 2-00718 (Vedi l'allegato A).

Prego, deputato Luciano Cillis, che vedo già pronto, la intende illustrare.

LUCIANO CILLIS (M5S). Sì, grazie, Presidente. La tracciabilità del latte nel suo insieme è stata una delle prime attività messe al centro del dibattito della Commissione agricoltura alla Camera, sin dagli inizi della legislatura. Ci siamo occupati di verificare dal punto di vista legislativo in che modo fosse regolamentata la materia e ci siamo subito resi conto che gli unici e pochi dati di cui si poteva disporre erano relativi al solo latte bovino, mentre per quanto riguarda il latte di produzione ovina e caprina non era prevista alcuna forma di tracciatura e contabilizzazione dei quantitativi. Altro aspetto che abbiamo evidenziato è che non erano disponibili nemmeno dati certi riguardo ai sottoprodotti e ai quantitativi di prodotto finale in seguito alla trasformazione del latte. La parziale ed incompleta registrazione dei dati del latte bovino e l'assoluta mancanza di quella di altre origini hanno di fatto, nel corso degli anni, favorito e facilitato il ricorso da parte dei trasformatori all'importazione di latte e di sottoprodotti di altri Paesi con prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli del nostro mercato interno. A conferma della bontà della nostra azione legislativa, volta a disciplinare in maniera più chiara l'intero settore, nella primavera dello scorso anno abbiamo tutti assistito alla protesta, balzata all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale, dei pastori sardi, che, esasperati dalla mancata remunerazione del loro prodotto, hanno in modo plateale buttato il latte per le strade. Questo gesto così eclatante ha fatto emergere prepotentemente le problematiche dell'intero comparto lattiero-caseario, ed è stato per noi un ulteriore stimolo nel portare avanti i lavori della riforma nel settore riguardo la tracciabilità del latte. Infatti, con il decreto cosiddetto emergenze in agricoltura abbiamo previsto la registrazione dei quantitativi di latte prodotto, sia bovino che ovino e caprino, nonché dei sottoprodotti dei quantitativi di latte trasformato e stoccato. Successivamente, con il “decreto Milleproroghe”, abbiamo anche allungato, per andare incontro alle esigenze dei trasformatori, i tempi per la registrazione da parte delle aziende produttrici, per l'appunto. Purtroppo i tempi per l'approvazione del provvedimento si sono allungati, prima per la crisi di Governo dell'estate scorsa, poi per le richieste di modifiche e di approfondimenti da parte delle regioni. Oggi, purtroppo, l'avvento della pandemia da COVID-19 e la conseguente crisi sanitaria che stiamo vivendo hanno acuito e peggiorato la già precaria condizione del settore in oggetto, sommando ulteriori difficoltà a quelle già esistenti. Pertanto, riteniamo urgente, in questo momento delicato, un intervento per bloccare l'iter e l'approvazione del provvedimento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe L'Abbate, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE L'ABBATE, Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, faccio preliminarmente presente che, in applicazione dell'articolo 3 del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2019, n. 44, riguardante il monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importato da Paesi dell'Unione europea e da Paesi terzi, è stato predisposto il relativo schema di decreto. Quest'ultimo, recante le mirate modalità di attuazione, una volta discusso con le categorie interessate, è stato inoltrato, per l'acquisizione della prescritta intesa, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Tuttavia, come eccepito dagli stessi interpellanti, l'iter di adozione del provvedimento non si è concluso, stanti le forti resistenze espresse in sede di esame tecnico da talune regioni con riguardo all'adozione di un sistema unico per la tracciabilità del latte di specie diverse.

In via parallela, con il decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, il citato articolo 3 è stato modificato con la previsione, per le aziende che producono prodotti lattiero-caseari, di una comunicazione trimestrale invece che mensile, nonché di un diverso periodo temporale per l'assolvimento degli obblighi di registrazione da parte dei piccoli produttori. A seguito di tale novella normativa, la discussione in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano è stata momentaneamente sospesa, nelle more dell'elaborazione di un nuovo testo di decreto. Le criticità discendenti dall'emergenza determinata dal COVID-19 hanno tuttavia rallentato le fasi di predisposizione del nuovo provvedimento. Quanto sopra non esaurisce comunque l'impegno del MiPAAF, nella consapevolezza dell'importanza del provvedimento; sicché è intenzione di questo Ministero riprendere al più presto il confronto con le regioni e con le categorie interessate, per verificare tutte le condizioni atte a consentire il superamento delle resistenze e la risoluzione delle criticità. A tal fine, proprio per agevolare l'espressione dell'intesa da parte delle regioni, si sta valutando l'opportunità di procedere all'adozione di due distinti decreti ministeriali per la disciplina della tracciabilità del latte bovino e di quello delle altre specie.

PRESIDENTE. L'onorevole Cillis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto o meno per la risposta alla sua interpellanza.

LUCIANO CILLIS (M5S). Presidente, anticipo la mia soddisfazione per la risposta del sottosegretario, la quale ci ha fornito la conferma dell'attenzione che il Governo sta ponendo, e in particolare il Ministero dell'agricoltura, rispetto a questa problematica. Ribadisco: siamo nel pieno di un'emergenza sanitaria mondiale, che oltre alla subdola ed invisibile pericolosità per la vita umana, ha messo in crisi il nostro sistema economico. Tutto è cambiato sotto i nostri occhi nel volgere di poche settimane: stiamo vivendo un momento storico epocale, che cambierà per sempre le nostre vite, nostro malgrado. Niente potrà più essere come prima, e per questo dovremo essere capaci, ed anche veloci, nell'adottare nuovi comportamenti. In questi frangenti la politica deve farsi trovare pronta, per fare scelte, per andare incontro alle mutate esigenze della società e delle categorie produttive. Sarebbe anche opportuno però capire, nella consapevolezza che probabilmente i provvedimenti predisposti non rappresentano la soluzione dei problemi del settore, le motivazioni che hanno portato alla mancata approvazione del provvedimento; quali sono gli interessi che si stanno tentando di coprire e/o tutelare, e soprattutto come si può essere contrari ad un'approvazione di trasparenza e semplificazione, che allo stesso tempo proprio da alcune regioni viene invocata. È il momento di decidere, è il momento della responsabilità; ed è per questo che colgo l'occasione per rivolgere un invito pressante a tutti i soggetti istituzionali coinvolti, ed in modo particolare ai presidenti regionali, affinché si possano superare lo stallo e la difficoltà e procedere all'approvazione definitiva del decreto, anche con le modificazioni che testé il sottosegretario ha illustrato. Solo così potremo avere finalmente maggiore chiarezza e trasparenza. Noi, come maggioranza e come ha ribadito oggi il Ministero, siamo pronti e disponibili al dialogo, ma non possiamo più permetterci atteggiamenti simili, per di più in frangenti come quelli che stiamo vivendo. La risposta di tutte le istituzioni deve essere rapida, certa ed univoca. Pertanto, mi dichiaro soddisfatto.

PRESIDENTE. Onorevole Cillis, la ringrazio anche per la sintesi che avete adottato nell'interpellanza. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, come già anticipato per le vie brevi a tutti i gruppi, nella seduta di giovedì 16 aprile, alle ore 10, avrà luogo un'informativa urgente del Governo, con la partecipazione della Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, sulle iniziative di competenza del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per fronteggiare l'emergenza epidemiologica del COVID-19. Nella stessa giornata di giovedì 16 aprile, alle ore 12, avrà luogo un'ulteriore informativa urgente del Governo, con la partecipazione della Ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, sulle iniziative di competenza del suo Ministero. Lo svolgimento di entrambe le informative avrà luogo con ripresa televisiva diretta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 15 aprile 2020 - Ore 10:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, recante disposizioni urgenti per l'organizzazione e lo svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 e delle finali ATP Torino 2021-2025, nonché in materia di divieto di pubblicizzazione parassitaria. (C. 2434-A)

Relatore: DE MENECH.

(ore 15)

2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16)

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, recante disposizioni urgenti per l'organizzazione e lo svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 e delle finali ATP Torino 2021-2025, nonché in materia di divieto di pubblicizzazione parassitaria. (C. 2434-A)

Relatore: DE MENECH.

La seduta termina alle 19,45.