Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 287 di lunedì 13 gennaio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 14.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO , Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'8 gennaio 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Piera Aiello, Amitrano, Ascani, Ascari, Azzolina, Bartolozzi, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Cantalamessa, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De   Maria,   De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallo, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mauri, Miceli, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Nesci, Orrico, Parolo, Pretto, Rampelli, Rizzo, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Speranza, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della nomina di due Ministri.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 10 gennaio 2020, la seguente lettera: "Onorevole Presidente, informo la S.V. che il Presidente della Repubblica, con propri decreti in data odierna, adottati su mia proposta, ha nominato l'onorevole dottoressa Lucia Azzolina Ministro dell'Istruzione e il professor Gaetano Manfredi Ministro dell'Università e della ricerca. Con viva cordialità, Giuseppe Conte.”

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria (A.C. 2284-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2284-A: Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria.

Ricordo che nella seduta del 10 dicembre 2019 sono state respinte le questioni pregiudiziali Maccanti ed altri n. 1 e Gelmini ed altri n. 2.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2284-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Luciano Cantone.

LUCIANO CANTONE , Relatore. Grazie, Presidente. L'Assemblea è chiamata ad esaminare il disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria.

La vicenda di Alitalia nel corso della scorsa legislatura è stata oggetto di due decreti-legge. Nella legislatura in corso sono stati operati già quattro interventi normativi nell'ambito dei provvedimenti di urgenza. Il provvedimento prevede una serie di misure per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia in amministrazione straordinaria, confermando il prestito di 400 milioni di euro per sei mesi già previsto dall'articolo 54 del cosiddetto “decreto fiscale”, decreto-legge n. 124 del 2019, ma apportando modifiche al programma della procedura di amministrazione straordinaria per il trasferimento dei complessi aziendali e ai poteri dell'organo commissariale, anche in considerazione della mancata formalizzazione dell'offerta di acquisizione entro il termine del 21 novembre 2019.

In particolare, il comma 1 prevede la concessione, nell'anno 2019, di un finanziamento a titolo oneroso di 400 milioni di euro, della durata di sei mesi, in favore di Alitalia S.p.A. e delle altre società del gruppo in amministrazione straordinaria, sia per le loro indifferibili esigenze gestionali, come già previsto dal citato articolo 54 del decreto-legge n. 124 del 2019, che per l'esecuzione del piano di iniziative ed interventi previsti nel successivo comma 3. Il finanziamento è concesso con un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Per quanto riguarda il tasso di interesse, il comma 2 dispone l'applicazione di interessi al tasso Euribor a sei mesi, pubblicato il giorno lavorativo antecedente alla data di erogazione, maggiorato di 1000 punti base. La restituzione è prevista per capitale e interessi in prededuzione, con la priorità rispetto ad ogni altro debito della procedura. Le somme corrisposte in restituzione del finanziamento sono versate alle entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Nel corso dell'esame in Commissione è stato introdotto - al comma 2-bis, che garantisce una tempestiva informazione del Parlamento sulla situazione economico-finanziaria delle società coinvolte nelle procedure - l'obbligo del commissario di inviare alle Commissioni parlamentari i relativi dati entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione e, successivamente, con cadenza semestrale.

I commi 3 e 4 dell'articolo 1 prevedono una modifica al programma della procedura di amministrazione straordinaria per il trasferimento dei complessi aziendali, nonché ai poteri dell'organo commissariale.

In dettaglio, le nuove disposizioni (comma 3) prevedono che il programma della procedura di amministrazione straordinaria di Alitalia e delle altre società del gruppo sia integrato con un piano contenente le iniziative e gli interventi di riorganizzazione ed efficientamento della struttura e delle attività aziendali funzionali alla tempestiva definizione delle procedure di trasferimento dei complessi aziendali.

A seguito di una modifica apportata dalla Commissione, il piano di riorganizzazione e di efficientamento deve tenere conto dei livelli occupazionali e dell'unità operativa dei complessi aziendali. L'integrazione del programma deve essere approvata dal Ministero dello sviluppo economico secondo la disciplina sulla modifica e la sostituzione del programma autorizzato, recata dalla normativa sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (vedi articolo 60 del decreto legislativo n. 270 del 1999).

Il comma 4 prevede che l'organo commissariale della società espleti, entro il 31 maggio 2020, le procedure necessarie per intervenire al trasferimento dei contesti aziendali, quali risultati del nuovo piano, delle iniziative e degli interventi, assicurando la discontinuità anche economica nella gestione da parte del soggetto concessionario, eventualmente anche utilizzando le modalità previste all'articolo 4, comma 4-quater, del decreto-legge n. 347 del 2003, le quali consentono, tra l'altro, ai commissari straordinari di individuare l'affittuario o l'acquirente a trattativa privata, fermo restando il rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione tra i soggetti che garantiscono la continuità, nel medio periodo, del relativo servizio pubblico essenziale.

Come chiarito nel corso dell'istruttoria svolta dalla Commissione, il termine del 31 maggio non è il termine per il closing, ma è il termine entro il quale il commissario straordinario deve espletare la procedura per la cessione. La medesima disposizione richiama poi l'applicazione di alcune norme della legge fallimentare in materia di affitto e vendita di complessi aziendali. Tali disposizioni, tra l'altro, prevedono che, salva diversa conversione, è esclusa la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute sorti prima del trasferimento. Il curatore può procedere alla cessione delle attività e delle passività dell'azienda o dei suoi rami, nonché ai beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell'alienante prevista dall'articolo 2560 del codice civile. Il curatore può anche procedere alla liquidazione mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 del codice civile e osservate le disposizioni inderogabili contenute nella sezione 2 del Capo VI della legge fallimentare.

Il comma 5 dell'articolo 1 prevede, infine, che gli interessi sui prestiti ricevuti da Alitalia siano versati all'entrata del bilancio dello Stato con le modalità dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018. Si tratta della disposizione, come da ultimo modificata dall'articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 34 del 2019, che ha previsto un rimborso del finanziamento a titolo oneroso nell'ambito della procedura di ripartizione dell'attivo dell'amministrazione straordinaria, a valere e nei limiti dell'attivo disponibile di Alitalia-Società Aerea Italiana S.p.A. in amministrazione straordinaria. In base a tale modifica, si applicano pertanto alla restituzione degli interessi sul prestito le stesse modalità già previste per la restituzione della quota capitale del finanziamento e non è più prevista la destinazione di tali risorse ad una imparziale compartecipazione dello Stato con una nuova compagine societaria, alla quale dovessero essere attribuiti i compendi aziendali facenti capo ad Alitalia. Vengono, comunque, fatti salvi gli effetti già prodotti dagli atti eventualmente posti in essere in attuazione della precedente formulazione della norma.

Il comma 6 prevede, infine, la copertura finanziaria mediante l'utilizzo delle risorse già stanziate ai sensi dell'articolo 54 del decreto-legge fiscale, che viene conseguentemente abrogato.

Nel corso dell'esame in Commissione è stata introdotta una modifica di carattere tecnico, volta ad evitare dubbi interpretativi in merito alla sussistenza dell'autorizzazione al finanziamento a favore di Alitalia, anche mediante anticipazioni di tesoreria a valore delle risorse stanziate dall'articolo 59 del decreto-legge fiscale, in considerazione della predetta abrogazione dell'articolo 54.

PRESIDENTE. Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Stefano Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie Presidente, il relatore ha ora ben richiamato il contesto nel quale si inserisce il decreto, un decreto che appunto ha l'obiettivo di assicurare la liquidità, la cassa necessaria all'azienda in amministrazione straordinaria per poter continuare le attività che sta svolgendo; è una vicenda che ha una storia antica, non solo l'amministrazione straordinaria, che il decreto rifinanzia, è iniziata già alla fine della scorsa legislatura, ma è una storia che affonda almeno nell'ultima dozzina d'anni e da qui vorrei partire per provare rapidamente a ricordare alcuni elementi di contesto, di analisi, che, a mio avviso, sono necessari per valutare poi le soluzioni, al di là diciamo dell'emergenza, in questo caso, per quanto riguarda l'ulteriore prestito di 400 milioni previsto nel decreto, per valutare le soluzioni necessarie a raggiungere degli obiettivi che, anche dalla discussione in Commissione, sono amplissimamente condivisi; mi pare infatti che vi sia un orientamento generale a sostenere la necessità di una compagnia di bandiera che possa soddisfare l'interesse nazionale, come c'è una ampia convergenza sulla necessità di salvaguardare l'occupazione. Dopodiché, qualche differenza incomincia ad emergere nel momento in cui si cerca di dare delle risposte specifiche a questi obiettivi condivisi. E allora, ricostruire il quadro in cui matura, ad intervalli regolari, la crisi di Alitalia, forse può essere utile. Innanzitutto va sfatata una leggenda metropolitana: negli ultimi dieci anni precedenti all'ultima amministrazione straordinaria e cioè dal 2008 al 2017, Alitalia è stata una compagnia, un'azienda interamente privata, non è stata pubblica, cioè siamo arrivati all'amministrazione straordinaria non per il fallimento del pubblico, ma perché i privati, quelli che c'erano prima e soprattutto quelli che sono arrivati dopo, hanno determinato le condizioni nelle quali poi si è arrivati all'amministrazione straordinaria. In particolare - lo sottolineo in questa sede come dato politico, poi la magistratura, in particolare la Procura di Civitavecchia, appunto andrà avanti nel procedimento che è in corso - con la gestione di Etihad c'è stata una depredazione sistematica e scientifica della nostra compagnia di bandiera, al vertice della quale sedevano anche importanti esponenti del mondo imprenditoriale italiano, che hanno assecondato un'operazione che ha portato appunto all'impoverimento dell'azienda che si sarebbe dovuta rilanciare. E noi oggi probabilmente saremmo in una condizione drammaticamente peggiore se ad aprile 2017 le lavoratrici e i lavoratori di Alitalia non avessero detto “no” a un'ipotesi di ristrutturazione che ancora una volta scaricava sulle condizioni e sul costo del lavoro problemi invece che, come i dati dimostrano, con il costo del lavoro non hanno nulla a che fare, perché tra i fattori patologici che gravano su Alitalia, che ne determinano la redditività negativa e che ne hanno determinato poi l'amministrazione straordinaria, il costo del lavoro non va ricompreso, perché è un costo del lavoro che è addirittura al di sotto di quella che è la media di compagnie di dimensione analoga. Vanno analizzati due ordini di fattori: il primo ordine riguarda i fattori di contesto.

Tra questi, il fatto che, a differenza di tanti altri Paesi, il nostro Paese, negli anni, ha consentito una diffusione selvaggia e incentivata delle compagnie low cost, incentivata diciamo da tante realtà territoriali che appunto aggravavano gli squilibri competitivi tra Alitalia e le medesime compagnie low cost, che venivano sussidiate per fare voli in determinati aeroporti. Tra questo primo ordine di fattori, tra i fattori di contesto che diciamo concorrono a definire le condizioni negative di redditività di Alitalia, ci sono anche le tariffe, le tariffe aeroportuali: come sapete, Alitalia concentra circa l'80 per cento dei suoi voli su Fiumicino; Fiumicino è un aeroporto che è gestito da una società privata, la stessa che gestisce un pezzo importante di un altro monopolio naturale, che sono le autostrade. Le tariffe praticate a Fiumicino - che ripeto, non è che incidono in modo simmetrico su tutte le compagnie aeree, ma sono concentrate in modo assolutamente prevalente su Alitalia, che ha a Fiumicino l'hub fondamentale - sono completamente fuori misura: sono aumentate del 180, del 150, del 200 per cento su diciamo le attività che appunto stanno nel core business di Alitalia, in una fase in cui, invece, prezzi e quindi diciamo biglietti non hanno avuto la medesima dinamica, anzi hanno avuto una dinamica drammaticamente inferiore. Solo per fare un paio di esempi: le tariffe sugli atterraggi e decolli a Fiumicino sono aumentate, tra il 2006 e il 2019, del 234 per cento su alcuni vettori, quando l'inflazione è aumentata del 19 per cento. È evidente che questo ha comportato effetti molto rilevanti su Alitalia. C'è poi un ordine di fattori che ha a che fare con le scelte aziendali - che sono state fatte negli ultimi anni, ripeto, dai privati che gestivano al cento per cento l'azienda - scelte che appunto, in particolare durante il periodo della gestione Etihad, hanno risposto poco all'obiettivo di migliorare le performance finanziarie di Alitalia. Hanno risposto ad altri obiettivi, probabilmente molto più rilevanti per il socio Etihad, che come ricordate aveva il 49 per cento del capitale di Alitalia: sono stati sottoscritti dei contratti di leasing per gli aerei a canoni decisamente superiori ai canoni di mercato; sono stati sottoscritti contratti per la manutenzione di aerei con costi enormemente superiori ai costi di mercato, in un quadro in cui - credo sia noto questo dato - la manutenzione era uno degli elementi di eccellenza di Alitalia. La AMS è stata di fatto diciamo marginalizzata, sono stati sottoscritti dei contratti di manutenzione con aziende di altri Stati, con contratti, anche in questo caso, con dei costi molto rilevanti. Sono stati fatti dei contratti, per quanto riguarda il carburante, che non hanno consentito, non hanno previsto di attutire le oscillazioni del mercato del greggio.

Insomma, è stata fatta una gestione che certamente, da quello che hanno anche poi documentato i tre commissari che hanno gestito l'amministrazione straordinaria fino a qualche giorno fa, ha determinato in modo significativo quegli squilibri che hanno portato all'amministrazione straordinaria. Non sono stati fatti investimenti sugli aerei, in particolare per le rotte di medio e lungo raggio, cioè quelle rotte sulle quali una compagnia che non è low cost può trovare i margini per fare un po' di utili, e quindi andare avanti. Anzi, il numero di aerei a disposizione per questo tipo di tratte è stato via via ridotto e, ahimè, abbiamo una previsione per i prossimi 18-24 mesi di ulteriore riduzione per scadenza dei leasing o per esigenze di manutenzione straordinaria. Quindi, un quadro che rende evidenti le ragioni strutturali - non di semplici, come dire, incidenti manageriali - per le quali l'azienda arrivava a perdite molto consistenti, nell'ordine di 400-500 milioni l'anno.

Ora, il punto è, sulla base di queste analisi, scegliere una strada che finalmente porti a una soluzione strutturale. La strada che era stata scelta fino a qualche mese fa, e cioè quella che prevedeva, con la guida di Ferrovie dello Stato, il consorzio con Delta e con Atlantia, sarebbe stata una strada di cortissimo respiro; come quella del 2008 con i famosi “capitani coraggiosi” e come quella del 2015 con Etihad, avrebbe determinato nel giro di pochissimo tempo, un paio d'anni, tre anni, lo stesso scenario: ci saremmo ritrovati all'ennesima amministrazione straordinaria di Alitalia. Quella strada è venuta meno perché è prevalsa la consapevolezza di partner privati arrivati nel quadro del rilancio di Alitalia per interessi molto diversi, perché Atlantia aveva interessi che non erano quelli prevalenti e quelli che sarebbero dovuti essere, ma cercava probabilmente di compensare sul versante del trasporto aereo qualche problema che ha registrato sul versante della gestione di Autostrade; dal suo punto di vista, Delta aveva più una presenza interdittiva che un piano vero di sviluppo di Alitalia. Quell'ipotesi è venuta meno e ci troviamo ora in un quadro in cui dobbiamo partire da un dato di realtà, a me pare: oggi vendere Alitalia – vendere Alitalia, oggi – a un soggetto privato vorrebbe dire determinarne la fine in quanto compagnia unitaria; vorrebbe dire vendere a pezzi l'aviation, l'handling, la manutenzione; vorrebbe dire un effetto devastante sull'occupazione; vorrebbe dire una scelta irreversibile in termini di una compagnia aerea che possa avere come missione fondamentale quella dell'interesse del Paese. E non sto qui a motivare le ragioni per le quali non è irrilevante per un Paese importante, attrattore di flussi turistici, con un interscambio commerciale intenso come l'Italia, avere una compagnia di bandiera che possa avere come riferimento l'interesse nazionale. Oggi vendere al mercato, vendere a privati Alitalia vorrebbe dire spezzatino, vorrebbe dire rinuncia a una compagnia aerea, vorrebbe dire conseguenze devastanti sull'occupazione, in particolare a Roma.

Allora, a mio avviso - e mi avvio a concludere - è necessario, nel mandato previsto dal decreto, esplorare tutte le possibilità, non lasciarsi preclusa nessuna possibilità, valutare la possibilità, nel periodo che intercorre dall'emanazione del decreto al 31 maggio, di costruire appunto una newco che possa prevedere la partecipazione dello Stato, una newco che da un lato riceve gli asset di Alitalia e dall'altro riceve l'apporto dello Stato, che conferisce il credito che ha maturato, che è arrivato, come sapete, a un miliardo e 300 milioni, come suo intervento per una società che per una fase ha una gestione pubblica, non per continuare a fare perdite, ma per fare quegli interventi di ristrutturazione necessari e per fare anche qualche investimento sugli aerei necessari ad aggredire quelle cause strutturali della perdita, e fare in modo, in un periodo, quindi per una fase, di 18-24 mesi di gestione pubblica, di ristrutturazione, di investimenti, di trovare un partner privato, un partner strategico, un partner solido, un partner che possa dare ad Alitalia quella proiezione globale che oggi è necessaria per far sopravvivere una compagnia di bandiera, un partner industriale sufficientemente attrezzato da consentire, poi, di fare quelle operazioni di ridimensionamento del ruolo pubblico e di acquisizione della partecipazione privata che però abbia le condizioni strutturali per poter conservare l'unitarietà di Alitalia, avere un impatto assolutamente limitato sull'occupazione e poter svolgere la funzione che serve al Paese per raccogliere quei flussi turistici in crescita e i flussi commerciali che siamo capaci di alimentare, in modo opportuno.

Quindi, concludo: credo che questa dovrebbe essere l'occasione per fare un discorso di verità, per consentire di intervenire su quei fattori, sia intra-aziendali sia extra-aziendali, che rilevano ai fini della capacità competitiva di Alitalia. Su quest'ultimo piano, cioè sui fattori esterni, concludo su un punto importante che è emerso anche nella discussione in Commissione, che è stato sottoposto alla nostra attenzione dalla Ministra De Micheli: per rendere Alitalia sostenibile, oltre agli interventi nell'azienda, è necessario modificare le condizioni di contesto in cui opera. Quel piano nazionale del trasporto aereo che la Ministra De Micheli ha annunciato è rilevantissimo ai fini di raggiungere gli obiettivi auspicati; un piano nazionale del trasporto aereo che rimette in discussione non soltanto l'organizzazione degli aeroporti della Penisola, ma rimette in discussione le modalità con le quali ciascun aeroporto si rapporta al singolo vettore, rimette in discussione il sistema di determinazione delle tariffe aeroportuali in modo che ci sia una qualche connessione tra il livello delle tariffe e i costi effettivamente sostenuti.

Insomma, un intervento sistemico; l'intervento su Alitalia dovrebbe essere parte di un intervento sistemico che riguarda l'organizzazione in generale del trasporto aereo e probabilmente, se si confermasse l'interesse di Ferrovie dello Stato a essere parte del progetto di rilancio dell'Italia, anche per l'organizzazione del trasporto intermodale.

Quindi, auspico che in questo passaggio ci sia una maturazione che non c'è stata nei passaggi precedenti, che non sia soltanto un atto burocratico il decreto con il quale si concedono ulteriori 400 milioni per qualche altro mese per poi ritornare a dove eravamo prima.

Ultimissimo punto, che però rileva, riguarda le lavoratrici e i lavoratori che sono in cassa integrazione. Come sapete, in questi anni la cassa integrazione è stata abbondantemente usata, in particolare dal 2017 in poi; sono oltre un migliaio i dipendenti in cassa integrazione. Come sapete c'è un problema di risorse per il Fondo di solidarietà per il trasporto aereo. Dobbiamo fare in modo che quel Fondo abbia le risorse sufficienti ad assicurare la funzione prevista. In Commissione è stato ritirato un emendamento della maggioranza con il quale si cercava di arrivare all'obiettivo; l'obiettivo deve essere perseguito. Quindi, ciò che chiediamo anche in questo caso al Governo è di fare in modo che vi siano le risorse necessarie per il Fondo per il trasporto aereo, che è importante in generale e tanto più importante in una fase in cui c'è una ristrutturazione in corso, un'amministrazione straordinaria in corso, un periodo complicato in corso, sono stati sottoscritti degli accordi con le rappresentanze sindacali e il Fondo ha bisogno delle risorse necessarie a corrispondere agli accordi che sono stati sottoscritti e assicurare gli ammortizzatori sociali che sono davvero indispensabili per gestire la fase che abbiamo di fronte.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Durigon. Ne ha facoltà.

CLAUDIO DURIGON (LEGA). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, Alitalia rappresenta il più grave buco finanziario di Stato dal dopoguerra, costato ai contribuenti negli ultimi vent'anni qualcosa come circa 10 miliardi di euro tra ricapitalizzazione di Stato, prestiti ponte e ammortizzatori sociali. Ed ora ci troviamo ad esaminare in quest'Aula un provvedimento che, ancora una volta, non costituisce la soluzione del problema ma soltanto un ulteriore tamponamento della falla per evitare il definitivo tracollo di un'azienda che ancora oggi brucia oltre 500 mila euro al giorno. E ciò anche per l'incapacità di questo Governo ad affrontare in maniera consapevole un tema delicato come, per l'appunto, il salvataggio della compagnia di bandiera.

Il dietrofront di Atlantia, che avrebbe dovuto partecipare al salvataggio diventando socio della nuova Alitalia con il 35 per cento del capitale accanto a Ferrovie, Delta e Tesoro, non ci ha colto di sorpresa. Non noi della Lega, perlomeno. Era ipotizzabile, scontato, diciamolo pure: una certezza. Solo dei dilettanti allo sbaraglio potevano pensare che la continua evocazione, da un lato, della revoca delle concessioni autostradali non potesse avere ripercussioni, dall'altro, sulla costituenda cordata FS-Delta-Atlantia.

Le modalità con cui in questi mesi il Governo giallo-fucsia si è approcciato al problema Alitalia è l'ennesimo segnale di un Governo pasticcione, incompetente, appunto dilettante: ha dapprima inserito la norma del prestito ponte nel decreto fiscale; poi, essendo stata stralciata, ha tentato di inserirla come emendamento governativo nella legge di bilancio; dichiarato questo inammissibile dalla Presidente Casellati, ha dovuto infine ricorrere alla decretazione d'urgenza. Una confusione emersa anche nel ciclo di audizioni in Commissione trasporti: il Ministro De Micheli che dice che ad occuparsene è il Ministro Patuanelli; costui che dice di affidarsi al commissario e quest'ultimo che, sempre nelle audizioni, dichiara di volersi affidare per competenza e preparazione al direttore generale. Un rimpallo delle responsabilità, uno scaricabarile che porta ad assistere, a valle di tutto, al Ministro Patuanelli che delega la soluzione del problema alla senatrice dipendente sindacalista di Alitalia.

Ribadisco il concetto: dilettanti allo sbaraglio! Eppure, in gioco c'è non solo la credibilità del nostro Paese fuori confine (considerato, ad esempio, l'interesse di Lufthansa e del magnate colombiano German Efromovich, che con la sua Sinergy Group Aerospace controlla il vettore Avianca e pare abbia presentato alla gestione commissariale un'offerta da un miliardo per la totalità del capitale della nuova Alitalia) e non solo il futuro della sola e unica compagnia di bandiera ma anche e soprattutto il futuro occupazionale di migliaia di lavoratori.

In proposito, ricordo che Fiumicino rappresenta una città industriale di oltre 40 mila dipendenti, il più grande polo occupazionale del Lazio che da oltre un decennio combatte con vertenze, licenziamenti, ammortizzatori sociali. In Alitalia ci sono ancora 800 dipendenti in cassa integrazione, di cui 200 a zero ore e il resto a rotazione. Lo tsunami che si sta per abbattere rischia di colpire circa 1.100 lavoratori tra personale di terra, operai e tecnici; più altri 600 tra assistenti di volo e piloti, tutti in organico Alitalia. Poi c'è l'indotto: ditte di pulizie, autisti, rifornitori di pasti, eccetera. Secondo gli studi sindacali per ogni posto perso nel vettore, due spariranno nelle attività collaterali.

È palese, quindi, quanto tempo prezioso si sia perso per intercettare opportunità e soprattutto individuare soluzioni alternative per il rilancio aziendale. Soprattutto si è perso tempo senza una strategia definita, bruciando di fatto il precedente prestito di 900 milioni di euro. Possiamo certamente affermare che lo stato dell'arte di Alitalia è principalmente dovuto a gestioni manageriali a dir poco discutibili e a scelte miopi che hanno contraddistinto la gestione di questa società, da scelte industriali pessime e dalla mancata previsione delle necessità reali per il suo rilancio.

Le cause di questa situazione di certo non devono essere ricercate nel costo del lavoro, sul quale a più riprese si è tentato di scaricare la responsabilità. Alitalia vanta l'alta professionalità dei propri dipendenti e questo per un'azienda che offre servizi è un valore fondamentale. Il lavoro e il suo costo relativo non è né “il problema” né “un problema” per Alitalia. A titolo di esempio segnaliamo che, da statistiche del 2017 per quanto riguarda il personale, i costi di quello di Alitalia all'epoca in forza hanno inciso sui ricavi per il 19 per cento contro il 23 per cento di Lufthansa che conta circa 107 mila dipendenti di gruppo. Se ci limitiamo ad osservare l'incidenza del personale sui costi operativi totali, per Alitalia è pari al 17 per cento; mentre per Lufthansa è del 26 per cento, ben 9 punti in più.

Per quanto concerne la produttività, è evidente che essa sia il punto di forza di Alitalia. Si consideri, inoltre, che un dipendente Alitalia muove 2.200 passeggeri contro i 900 passeggeri di Lufthansa.

Ciò nonostante, il valore dei ricavi per dipendente Alitalia è soltanto il 7 per cento in più rispetto a Lufthansa, ovvero 310.000 euro per Alitalia contro i 290.000 euro della compagnia tedesca. Il costo del lavoro di Alitalia, nell'anno 2019, per 10.847 dipendenti a tempo indeterminato (circa 22 mila fino a pochi anni fa) e circa 1.000 contrattisti a termine, mediamente in forza, si attesta con salari che sono in linea, se non al di sotto, di quelli di altre compagnie aeree anche low cost.

Questo dimostra che non è il costo del lavoro il problema di Alitalia bensì che la stessa è stata gestita male.

Dimostra anche che, nonostante tutto, la compagnia aerea possiede i fondamentali che potrebbero permettere un reale rilancio. Serve capacità finanziaria per nuovi investimenti sulla flotta ed è necessario penetrare meglio il mercato di lungo raggio, soprattutto quello nord americano, senza ridimensionare il network di medio raggio necessario per sostenerlo ed alimentarlo. Il medio raggio è, infatti, necessario a sostenere il business. Alitalia, se ben gestita, può diventare un punto di eccellenza del Paese.

È un asset strategico che va salvaguardato e per questo motivo deve essere pertanto ribadito con forza: per quanto esposto non potrà quindi essere sostenuta alcuna iniziativa di eventuale ridimensionamento ma, al contrario, ci aspettiamo un piano industriale credibile e di crescita che, partendo dall'attuale perimetro aziendale costituito dai settori del volo, manutenzioni e handling e con eventualmente la possibilità di un ulteriore ampliamento di nuove attività, sia proiettato verso lo sviluppo e la sostenibilità finanziaria.

L'esperienza degli ultimi anni di Alitalia, costellata di fallimenti con altissimi costi sociali e piani industriali lacrime e sangue, ci obbliga a pianificare strategie che non consentano mai più di essere preda di coloro che vogliono ridimensionare, marginalizzare e cristallizzare Alitalia, avendo come unico obiettivo, indipendentemente dallo sviluppo della compagnia, quello di aumentare il posizionamento del loro business nel nostro ricco mercato. Le criticità e i fallimenti degli anni passati hanno ridimensionato l'ambito di attività, il numero di occupati e contestualmente hanno ridotto e contenuto drasticamente le retribuzioni a un livello non più comprimibile e sostenibile. Un'ulteriore azione di contrazione o di parcellizzazione delle attività attualmente svolte dall'azienda rappresenterebbe un colpo mortale all'azienda. Dobbiamo, al contrario, lavorare affinché sia possibile progettare, costruire e alimentare una nuova visione. Tutto questo deve passare prioritariamente attraverso un riposizionamento della compagnia nel segmento del lungo raggio, ma anche attraverso una razionalizzazione del network di medio raggio, che non deve essere ridimensionato. Il tutto senza trascurare le azioni sul feederaggio, diretto e indiretto.

Il nostro Paese ha abbandonato, con scellerate politiche, settori industriali fondamentali ed è per questo che non possiamo più permetterci di continuare ad assecondare azioni di retroguardia industriale che marginalizzano e mortificano le potenzialità che possiamo esprimere. Ecco perché, di fronte a coloro che sembrano tifare per lo smembramento e la riduzione di questa fondamentale realtà industriale, dobbiamo rispondere, tutti insieme, che è possibile, invece, sostenere un progetto industriale di rilancio e di crescita, rilancio e crescita non solo per il trasporto aereo ma per il nostro Paese.

Voglio ricordare che, secondo le previsioni di Cassa depositi e prestiti, l'industria del trasporto aereo italiano è da considerarsi un volano dell'economia e genera un valore pari al 3,6 per cento del prodotto interno lordo nazionale. L'impatto complessivo dell'aviazione civile sulla nostra economia è pari a circa 70 miliardi di euro, di cui 18 da impatto diretto e 53 da indiretto. Le previsioni di crescita per il futuro prevedono di raggiungere 150 miliardi. Il turismo è il nostro petrolio: l'Italia nel 2017 è passata al secondo posto, per numero di stanze di albergo prenotate e vendute, dopo la Spagna. L'alimentazione di questo segmento avviene naturalmente in buona parte attraverso il trasporto aereo. Ogni passeggero genera un indotto diretto di 85 euro ed uno indiretto di circa 400 euro (pernottamenti, ristorazione, intrattenimento e spostamenti) che si vanno a sommare al prezzo del biglietto. Il 25 per cento dei turisti extra Schengen, diretti in Europa, si ferma in Italia e il turismo mondiale presenta uno dei tassi di crescita più alti (più 75 per cento negli ultimi 15 anni). La Cassa depositi e prestiti stima che una crescita del 10 per cento dell'offerta intercontinentale possa determinare un aumento degli investimenti esteri diretti in entrata pari al 4,7 per cento. A livello mondiale passeremo dagli attuali 3,2 miliardi di passeggeri del 2016, ai 7,2 miliardi entro il 2030. Nell'anno 2017 il traffico passeggeri nel nostro Paese è cresciuto del 4,8 per cento; nel 2018 con 185.681.351 passeggeri la crescita è stata pari a 5,9 per cento. Sempre nel 2018 il settore merci è decresciuto, a differenza degli altri indici, dello 0,5 per cento con 1.139.752 tonnellate, a causa della mancanza di infrastrutture adeguate. I movimenti aerei complessivi sono cresciuti del 3,1 per cento, per un complessivo totale di 1.600.873. Nel 2030, in Italia sono previsti - stima prudenziale - circa 255 milioni di passeggeri. Deve essere particolarmente evidenziato che, mediamente, per ogni milione di passeggeri si sviluppano 4 mila posti di lavoro - considerando tra hub principali e non - e che un incremento del 10 per cento dei servizi aerei produce un aumento del 4 per cento del numero degli impianti localizzati in prossimità degli scali aeroportuali.

Purtroppo, però, il nostro Paese non riesce a capitalizzare l'enorme ricchezza rappresentata dal combinato delle potenzialità del mercato del trasporto aereo con quelle della vocazione turistica italiana e ciò - non mi stancherò di ribadirlo - a causa della totale assenza di una vera politica industriale. I dati lo confermano: su 184.810.849 passeggeri trasportati in Italia nel 2018, solo 25.618.375 sono stati trasportati da vettori italiani. Nel 2018, Alitalia, la più grande compagnia aerea italiana, ha trasportato circa 21.987.000 passeggeri. Il primo vettore in Italia nel 2018 è stato Ryanair, con 37.882.000 passeggeri trasportati. Nei primi 15 vettori per numero di passeggeri trasportati in Italia ci sono solo due compagnie aeree italiane: Alitalia, collocata al secondo posto, ed Air Italy, al tredicesimo posto.

Non basta, dunque, un prestito da 400 milioni in attesa di trovare chi entra e chi esce nella newco per salvare la compagnia di bandiera e ciò che essa rappresenta: serve lungimiranza, strategia, un piano industriale di medio-lungo periodo, un piano di gestione integrata e sistemica delle azioni da porre in essere per il rilancio del trasporto aereo e per la risoluzione delle problematiche connesse, inclusa la tutela occupazionale. Non si può prescindere, a mio avviso, dalla definitiva strutturazione degli elementi di sostegno, quali il Fondo di solidarietà del settore e il contratto collettivo nazionale del trasporto aereo, il quale, quest'ultimo, deve divenire lo strumento minimo normativo e retributivo da applicarsi a tutti gli operatori del trasporto aereo che operino nel territorio nazionale. In tal senso abbiamo presentato due emendamenti al provvedimento in esame, che auspichiamo quest'Aula voglia approfondire e appoggiare, specie l'emendamento volto al rifinanziamento del Fondo di solidarietà del trasporto aereo che, nonostante l'impegno del Ministro Patuanelli con i sindacati, non ha avuto buon esito durante l'esame nella Commissione di merito.

Ricordo ai colleghi di quest'Aula e al Ministro Patuanelli che il Fondo di solidarietà, costituito e rinnovato con decreto n. 95269 del 7 aprile 2016, ha lo scopo di erogare nei confronti dei lavoratori di imprese del trasporto aereo, di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché per le imprese del sistema aeroportuale, ai sensi del decreto n. 148 del 2015, interventi volti ad assicurare principalmente le prestazioni integrative della misura dell'indennità di NASpI, CIGS e SOD per la durata dell'ammortizzatore sociale stesso. L'alimentazione del Fondo di solidarietà avviene per effetto di riconoscimento delle addizionali sui diritti d'imbarco, ma il 31 dicembre scorso è terminato, ed ora, più che mai con il perdurare della crisi del settore, assume notevole importanza rifinanziare questo strumento, rendendolo peraltro strutturale. Va, altresì, specificato che questo Fondo è anche alimentato attraverso un contributo ordinario dello 0,50 per cento, ripartito tra azienda e lavoratori, rispettivamente nella misura di due terzi e un terzo, calcolati sulle retribuzioni ai fini previdenziali, ai sensi dell'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo n. 148 del 2015.

A titolo di esempio, segnaliamo che a oggi sono circa 110 le aziende del settore e oltre 12.500 circa gli addetti che utilizzano l'integrazione del Fondo di solidarietà. Nel corso degli anni, il numero di addetti ha raggiunto il numero di circa 17 mila unità interessate. Senza il rinnovo dell'attuale contributo, il Fondo non sarà in grado in futuro di erogare e sostenere le prestazioni integrative per tutte quelle realtà industriali che per effetto della crisi sono costrette a ricorrere all'utilizzo degli ammortizzatori sociali. Si rischia, quindi, di lasciare il settore privo di un importante strumento di ammortizzazione sociale, che ha consentito nell'ultimo decennio di far fronte alle innumerevoli crisi e ai fallimenti aziendali, contribuendo a limitare il ricorso ad azioni di conflitto sindacale o dello sciopero. I dati, evidenziati dal bilancio consuntivo del Fondo, certificati dai revisori contabili e dalla Corte dei conti, confermano un trend di spesa molto importante e, conseguentemente, alimentano la certezza che per questo settore sia fondamentale la presenza di un adeguato strumento di ammortizzazione sociale e, soprattutto, di un fondo che possa integrare le prestazioni base.

Quanto al contratto collettivo nazionale del trasporto aereo, rammento che è stato rinnovato il 31 maggio 2019. A tale rinnovo, è seguito l'avvio del negoziato per le parti specifiche, anche se alcune di esse, come nel caso della sezione Assaereo, risentono del noto ritardo per l'individuazione del consorzio che dovrebbe dar vita alla nuova Alitalia (alla redazione del presente documento ancora non è dato conoscere la decisione finale). Questo fondamentale strumento è una delle priorità, affinché il settore sia dotato di un mezzo di regolazione. È necessario rendere il contratto collettivo nazionale lo strumento unico e minimo di riferimento, ed è altresì fondamentale che il Governo si faccia garante dell'applicazione di questo contratto verso tutti gli operatori del sistema del trasporto aereo, con interventi tempestivi, laddove necessario.

Servono, pertanto, regole chiare pensate per contrastare gli squilibri che determinano pesanti crisi industriali, con conseguenze sul fattore lavoro, sia nelle compagnie aeree, compresa Alitalia, che nell'intero indotto dei servizi aeroportuali. Tra le cause di tale crisi è da ascrivere anche l'avvento, sul mercato, delle compagnie low cost, come Ryanair, alle quali si è permesso di distorcere la concorrenza, godendo di asimmetrie competitive attraverso vantaggi sul piano fiscale, del costo del lavoro e mediante finanziamenti con utilizzo di risorse pubbliche - solo da poco considerate veri aiuti di Stato - mascherate da accordi di “co-marketing”. In tal quadro bisogna eliminare tutte le storture che ora vedono i lavoratori sfruttati e costretti ad operare in assenza delle più elementari tutele previste dal nostro ordinamento (come, ad esempio, la tutela economica in caso di malattia o in stato di gravidanza). Ed è a tale finalità che si rivolge un altro importante emendamento presentato dalla Lega, anche sul quale auspichiamo potrà esserci un attento confronto e un'adeguata valutazione da parte di quest'Aula.

Presidente, chiudo questo discorso ricordando alcune parole dell'ex Ministro dello sviluppo economico Di Maio, che indicava Atlantia come quella società che faceva cadere gli aerei. Ecco, noi siamo in questa condizione ancora oggi per le bugie che ci sono state raccontate (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nobili. Ne ha facoltà.

LUCIANO NOBILI (IV). Grazie, Presidente. La questione che affrontiamo oggi con la conversione del “decreto Alitalia” riguarda l'intero sistema Paese e una crisi che dura da troppo tempo, da troppi anni, che merita, credo, di essere affrontata, come abbiamo provato a fare in Commissione, con uno sforzo di serietà, di responsabilità e di verità, non solo perché affrontiamo una crisi profonda - che è sia finanziaria che gestionale, ormai è assolutamente dimostrato - di un asset magari non più strategico - come sapete, oggi, Alitalia copre solo l'8 per cento del traffico internazionale da e per il nostro Paese -, ma sicuramente importante, che viene da anni difficili e convulsi, perché destiniamo, ancora una volta, ingenti risorse pubbliche dei cittadini per sventarne la chiusura e perché ci sono in ballo gli oltre 10 mila posti di lavoro diretti, di cui abbiamo ripetutamente parlato, oltre a tutti quelli che riguardano i vari livelli dell'indotto.

La crisi finanziaria di Alitalia ha reso necessari - è stato ricordato, ma una cronistoria degli ultimi mesi è importante - una serie di interventi normativi in conseguenza dell'avvio della procedura di amministrazione straordinaria. Sono passati, ormai, quasi due anni e mezzo, era il 2 maggio del 2017 e i commissari straordinari hanno presentato al Parlamento una relazione il 31 ottobre 2018. In quella fase, è partita una nuova fase, che il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato, che ha coinvolto Ferrovie dello Stato, con una prima proroga al 15 luglio del 2019, una seconda proroga ad ottobre e, infine, una proroga a novembre dello scorso anno, sempre autorizzate dal Ministero dello sviluppo economico, perché Ferrovie dello Stato formalizzasse un'offerta vincolante per Alitalia a seguito della costruzione o della costituzione di un'ipotetica cordata per rilevarla. Ebbene, alla scadenza di tale data, come sapete, alcuna offerta è stata formalizzata. E, quindi, con riferimento al decreto che ci apprestiamo a convertire, Italia Viva farà la sua parte, con consueto senso di responsabilità. Abbiamo molte perplessità sul percorso di questi mesi e di questi anni, abbiamo perplessità sul futuro e su alcune cose che vengono ventilate rispetto al futuro delle aziende, eppure, in un momento così emergenziale, non possiamo sottrarci a questo intervento, che, però, per noi deve essere l'ultimo di questo tipo, per avviare finalmente una fase nuova.

Come dicevo, noi confermiamo, con questo decreto, la concessione di un finanziamento di 400 milioni di euro a titolo oneroso della durata di sei mesi. C'è una scadenza fissata nel decreto, che è il 31 maggio del 2020, entro la quale si dovrebbe arrivare ad una procedura, alla definizione di una procedura di cessione e, dentro quel percorso, si chiede al commissario che il MISE ha individuato il 2 dicembre del 2019 - il commissario Leogrande, che abbiamo avuto la possibilità di incontrare nei giorni scorsi -, oltre alla definizione di questa procedura di amministrazione straordinaria e al percorso che porti all'eventualità e alla possibilità di una cessione, anche una cosa nuova e, cioè, gli si chiede di intervenire per una riorganizzazione, per un piano di riorganizzazione e di efficientamento delle strutture e delle attività aziendali in modo da rendere Alitalia più appetibile, più efficace, più funzionale.

È un lavoro molto importante che si chiede, lo si chiede in sei mesi, dopo due anni e passa in cui non è successo praticamente nulla, anzi le performance dell'azienda sono peggiorate: oggi noi raccogliamo un'azienda che sta messa peggio di quando, il 2 maggio del 2017, è cominciata la procedura dell'amministrazione straordinaria.

Devo dire, peraltro, che in questi mesi sono stati concessi molti denari pubblici, perché ai 400 milioni che prevediamo con questo decreto vanno aggiunti 600 milioni del decreto n. 50 del 2017, incrementati, poi, di altri 300 con il decreto n. 148 del 2017, 900 milioni già consumati, come sapete. Più in generale, si stima - lo si ricordava -, che, negli ultimi quindici-sedici anni, il complesso di risorse pubbliche destinate alla vicenda Alitalia sia di circa 9 miliardi di euro: è una somma ingentissima che avrebbe dovuto portare a delle soluzioni e che, invece, ha solo procrastinato i problemi senza mai affrontarli davvero.

Devo dire che nel lavoro in Commissione c'è stato un oggettivo spirito di collaborazione con le opposizioni e questo oggettivo spirito di collaborazione delle opposizioni ha portato anche a dei risultati positivi, all'inserimento nel decreto di alcuni elementi interessanti, come, ad esempio, gli obblighi informativi che avrà il commissario. Entro 30 giorni dall'approvazione del decreto, egli dovrà riferire al Parlamento dello stato dell'arte industriale, dei conti dell'azienda e avrà, poi, un vincolo semestrale a farlo, anche se noi speriamo che i tempi siano rispettati e che non ve ne sia, poi, bisogno. In più, si è chiesto che, dentro il Piano di riorganizzazione e di ristrutturazione, il commissario, nello svolgere il suo lavoro durante l'amministrazione straordinaria, tenga conto della difesa del mantenimento dell'unitarietà e dell'integrità aziendale: sono due proposte che sono arrivate dall'opposizione che noi abbiamo favorevolmente raccolto, insieme al Governo, che pensiamo possano dare un contributo al lavoro che abbiamo davanti e che c'è davanti.

Però, dicevo, serietà, responsabilità e anche verità: allora, se ci dobbiamo dire un po' la verità, ci dobbiamo dire che le audizioni che abbiamo affrontato e il lavoro fatto negli ultimi giorni hanno aumentato le nostre preoccupazioni, invece che ridurle e diminuirle, intanto perché è venuta in Parlamento Lufthansa, che ha comunicato - lo sapevamo già - in maniera definitiva e formale la disponibilità alla sola partnership commerciale e a nessun investimento; al momento, è defunta la cordata che faceva capo a FS. FS, che ci ha comunicato in Commissione di non aver avuto alcuna indicazione da parte del Governo e del commissario, che non hanno ancora neanche incontrato e, quindi, in questo momento, dopo un lavoro di un anno e mezzo, FS non è in nessun modo coinvolta e non ha ricevuto nessuna indicazione strategica da parte del Governo di partecipare all'eventuale futuro di Alitalia. Lo stesso commissario Leogrande si è presentato in Commissione: ovviamente, è stato nominato il 2 dicembre e ha avuto un mese scarso di lavoro, lo rispettiamo, però l'iter del suo lavoro complessivo è di sei mesi, quindi, diciamo, è arrivato non essendo in grado di darci ancora un quadro chiaro della situazione che ha ereditato dai tre commissari che lo hanno preceduto e del piano strategico che intende mettere in campo, non ci ha fornito alcuna indicazione in termini di mission, di visione, di obiettivi, di piano strategico. Questo è obiettivamente preoccupante, speriamo di avere modo di rivederlo al più presto. L'unica indicazione che ci ha dato, contestualmente alla sua audizione in Commissione, è la nomina di un direttore generale, sulla quale noi di Italia Viva abbiamo espresso una critica severa, perché crediamo che sia profondamente sbagliato, prima di presentare un piano industriale per un periodo, peraltro, così contingente come i sei mesi che abbiamo davanti, procedere alla nomina. Sicuramente se ne avvarrà, magari, per la redazione dello stesso piano, però un direttore generale è uno che deve mettere in atto quelle procedure e, quindi, forse, sarebbe il caso, prima, di definire gli obiettivi e, poi, di scegliere, nominare e assumere chi li deve portare avanti.

La grande confusione rispetto al ruolo di Atlantia: perché noi abbiamo un Ministro che ci viene a dire che Atlantia si è tirata fuori dai giochi, così ci parliamo con la franchezza e la verità che è dovuta a un'Aula e a un dibattito del genere e Atlantia ci scrive contestualmente, in maniera ufficiale, che, invece, è assolutamente disponibile a proseguire ogni ragionamento.

Su questo serve un punto di chiarezza: noi dobbiamo capire se è il Governo che sceglie deliberatamente, anche legittimamente, di non interloquire con Atlantia nel momento in cui c'è un altro dossier importante aperto con quella realtà, però, se noi dobbiamo addivenire a una cessione di questo asset come Alitalia da qui a sei mesi, io non so quanti investitori possibili possiamo permetterci di far scappare.

Da questo punto di vista, ci vuole una maggiore chiarezza. Lo stesso Ministro Patuanelli, contraddicendo un po' le indicazioni che erano arrivate fino ad allora dal Governo - io ho rispetto del Ministro e confido molto nel suo lavoro - ci ha detto in Commissione - ripeto, con ammirevole franchezza - che il 31 maggio, data che noi fissiamo in questo decreto che ci apprestiamo a convertire, è una data sulla quale non possiamo dare delle garanzie e non è detto che sia una data in cui metteremo un punto finale a questa vicenda.

Ancora, vi è il ripetuto ventilarsi di soluzioni ipotetiche che non solo non ci convincono ma ci vedono contrarissimi: newco che si tradurrebbero in bad company con tutti i costi scaricati sugli italiani, ipotesi vaghe di nazionalizzazione di un'impresa che oggi è in grande difficoltà.

E, a proposito di verità, forse vale la pena dirci che la compagnia ha chiuso l'estate 2019 – secondo gli ultimi dati che abbiamo a disposizione - con un andamento peggiore rispetto all'intero 2018, con una perdita che si avvicina ai 600 milioni di euro per il 2019 su poco più di 3 miliardi di ricavi. Sono pubblicate solo le relazioni trimestrali, che si limitano a una parte del conto economico, da cui non è ancora possibile ricostruire un bilancio completo, ma l'ultima relazione trimestrale ci annuncia appunto che andiamo verso i 600 milioni di perdite; i 900 milioni del Governo Gentiloni sono stati già consumati, neanche gli interessi sono stati versati al MEF, anzi, poi sono stati cancellati con il “decreto dignità”; si va verso i 700 mila euro di perdite al giorno. Il Ministro Patuanelli, a dicembre, addirittura ha detto: stimiamo che Alitalia rischia di perdere 2 milioni al giorno.

Questi ultimi dati - novembre e dicembre, e gli ultimi di cui siamo in possesso - sono davvero preoccupanti, per un'azienda che ha sicuramente - lo si diceva - dei punti di eccellenza. Penso alla vicenda della sicurezza, che è una sulle quali Alitalia ancora eccelle a livello europeo, penso ai termini di affidabilità e di puntualità dei voli, penso al settore della manutenzione, un settore importante. Ma è un'azienda che oggi ha una flotta decimata, che non sta sul mercato, che non è più in grado di fare il medio e lungo raggio, che - lo ricordavamo - ha una quota di mercato internazionale ormai assolutamente sparuta, per quel che riguarda il nostro Paese. È un'azienda che è arrivata al paradosso che più vola più perde; cioè un'azienda che ha registrato nel 2018 un piccolo incremento in termini di passeggeri e questo incremento ha prodotto una perdita maggiore dell'anno precedente, quindi un'azienda che oggi più vola e più perde, e questo è un problema drammatico.

Allora, noi diciamo che Alitalia ha bisogno di una direzione strategica e di una grande discontinuità, e che questa direzione è bene che Alitalia se la dia subito, perché è una direzione che dovevamo avere ieri, non domani, perché ci sono delle questioni che sono cogenti subito. Ne cito due per brevità: è finito il contratto di alleanza della Star Alliance, il piano di alleanze commerciali e strategiche che Alitalia ha a livello internazionale, e questo andrà rinnovato; c'è in arrivo - ce l'ha annunciato in Commissione il Ministro De Micheli - e si lavorerà, nel corso dell'anno, al piano nazionale sugli aeroporti. Anche lì, le direzioni strategiche in cui muoversi rispetto a queste due questioni non possono essere considerate in maniera separata dal destino che si vuole dare ad Alitalia. È ovvio che queste scelte commerciali, di partnership, le scelte del Governo sugli aeroporti nazionali, sul piano, le tariffe aeroportuali, la possibilità di metterci mano che si ricordava prima, sono tutte questioni che vanno affrontate dentro un ragionamento su cosa sarà di Alitalia. Ed è un ragionamento che dovremmo fare tutti insieme, che però dobbiamo fare in assoluta fretta, per evitare il rischio che questa vicenda si procrastini ancora, si procrastini a lungo, si procrastini sulle spalle degli italiani, al costo degli italiani, senza che si arrivi a soluzioni strategiche. Ripeto: 9 miliardi di euro stimati negli ultimi sedici anni, è una sproporzione di risorse investite rispetto alle soluzioni portate che non è più accettabile per questo Paese.

Proprio due giorni fa è ricorso l'anniversario della scomparsa di un grande cantautore, Fabrizio De André, lo abbiamo ricordato tutti, e a me la vicenda Alitalia fa sempre venire in mente una bellissima canzone scritta a quattro mani con Francesco De Gregori, Canzone per l'estate, il cui ritornello, molto amaro, in una frase sola, è: com'è che non riesci più a volare? Com'è che non riesci più a volare, Alitalia? Questa è la risposta che noi ci aspettiamo dal commissario Leogrande. Ce l'aspettiamo in fretta, ci aspettiamo dal Governo che sia una risposta vera, definitiva, senza ulteriori oneri sulle spalle degli italiani.

Noi faremo la nostra parte, l'abbiamo assicurato al Governo e alla maggioranza in questa occasione: voteremo la conversione di questo decreto, assicuriamo la continuità di questa azienda, però ci vuole una situazione strategica ora. Siamo e restiamo contrari a qualsiasi altra ipotesi, da newco che scaricano debiti sulle spalle dei cittadini a nazionalizzazioni e a “sovranizzazioni” che ci riporterebbero al passato, mentre Alitalia, così come il nostro Paese, ha molto bisogno di futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giorgio Mulè. Ne ha facoltà.

GIORGIO MULE' (FI). Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, noi oggi affrontiamo quella che si definisce nei nostri lavori parlamentari una discussione generale, ma tale è: noi abbiamo davanti un decreto avente forza di legge che ci obbliga con necessità e urgenza a intervenire su Alitalia, eppure noi discutiamo di una non soluzione per Alitalia.

Oggi noi facciamo un'accademica discussione generale che ha un solo punto certo: altri 400 milioni che saranno bruciati nel nome non del salvataggio, ma nel nome del mantenimento di una nuova trasfusione nei confronti della compagnia di bandiera. È molto grave. Noi non dobbiamo allacciare le cinture di sicurezza - per mutuare il linguaggio in aereo -, non c'è una turbolenza in Alitalia, c'è proprio un vuoto, un vuoto d'aria, che è il vuoto pneumatico di un'iniziativa politica seria in capo a un impegno che gli italiani sono chiamati a sottoscrivere con l'erogazione di nuovi 400 milioni di euro. C'è la mancanza di una rotta, manca la rotta, manca la strada da seguire.

Per questo io trasecolo, dopo avere allargato le braccia - come ricordavano giustamente i colleghi che mi hanno preceduto, come con onestà, che gli va riconosciuta, ricordava il collega Nobili - quando in Commissione abbiamo sentito il vuoto assoluto nelle parole del commissario straordinario nominato dal Governo, il quale non è un manager, per sua stessa ammissione, ma un esperto di diritto fallimentare, che non conosce e non sa lo stato di Alitalia. Ma dicevo che sono ancora più prostrato dopo aver letto, stamattina, le uniche parole del Presidente del Consiglio, la persona che è chiamata secondo Costituzione a dirigere la politica del Governo, che, a proposito di Alitalia, dichiara che non vi è nessuna eutanasia, ma è venuto però - “però” è un avversativo - il momento di lavorare a una seria opera di ristrutturazione. Ebbene, il momento di lavorare, il Presidente Conte, che oggi non assiste ai nostri lavori, lo ha cominciato oramai quasi due anni fa. Cosa ha fatto, per due anni, se non cominciare a lavorare a una seria opera di ristrutturazione? Il tempo che è passato è un tempo perso. I 900 milioni che lo stesso Presidente del Consiglio ha voluto per Alitalia, precedenti ai 400 che oggi ancora vengono chiesti, a cosa sono serviti? Non dovevano forse servire ad avviare una seria opera di ristrutturazione? Allora, se la seria opera di ristrutturazione non è stata fatta, evidentemente ci troviamo di fronte a una buffa opera di ristrutturazione, ma non si scherza né con Alitalia, né con i 12 mila dipendenti, né con lo sviluppo del Paese, e non si scherza con i soldi degli italiani. La seria opera di ristrutturazione, che evidentemente deve sostituire la commedia che fino ad oggi abbiamo recitato, deve porre la compagnia in grado di poter competere efficacemente sul mercato dei trasporti. Questo lo posso dire io, questo lo può dire un deputato dell'opposizione, che, opponendosi a un disegno del Governo, chiede una rotta diversa, ma il Presidente del Consiglio mi deve dire in che cosa consiste l'opera di ristrutturazione, perché è una scelta politica che viene trasferita al commissario straordinario nel momento in cui gli viene fornita una dote di 400 milioni e gli vengono date le direttive di ristrutturazione.

Sono molteplici, possono essere le rotte, possono essere i leasing, può essere il personale, può essere una ristrutturazione aziendale; qual è? Ecco, vedete, di fronte a questo noi siamo oggettivamente nelle mani di nessuno, come si dice, perché al Presidente del Consiglio, stamattina, fa eco il Vice Ministro dello Sviluppo economico, titolare, quindi, del dossier, il vice del Ministro Patuanelli, il quale, alla volontà di avviare il momento di lavorare a una seria opera di ristrutturazione, detta dal suo Presidente del Consiglio, definisce il decreto Alitalia – “è l'Alitalia un tema complessissimo” – ci mancava pure che Buffagni stamattina si presentasse e dicesse che è un problema semplice; complessissimo – “che richiede una visione di Paese”. E, qual è, di grazia, la visione del Paese che avete, al netto di eventuali divisioni? Quindi, siamo passati al veltronismo e, adesso, entriamo nel catalanismo, ma è anche un problema di bilancio costantemente in perdita, che drena soldi e che non può rimanere in eterno un buco nero. Ma ci siete voi dentro il buco nero, cioè voi fate parte di quella nebulosa, di quella costellazione del vuoto pneumatico che è, da una parte, un Presidente del Consiglio che si sveglia, all'alba del 12 gennaio e si accorge che è arrivato il momento di lavorare seriamente a un'opera di ristrutturazione; dall'altra, il Vice Ministro che – udite, udite – ci viene a dire che bisogna prendere delle decisioni difficili. Quali, di grazia? Quali sono le decisioni difficili? Vanno prese quando c'è la consapevolezza all'interno del Paese che o si fanno o si continua a posticipare il problema. Allora, o noi qui convochiamo il direttore de La Settimana Enigmistica o qualcuno mi deve politicamente spiegare in che cosa consistono le decisioni difficili prese quando c'è la consapevolezza, all'interno del Paese, che o si fanno o si continua a posticipare il problema. Ma è una sciarada, è un rebus, è un gioco enigmistico? Capite che qui si ragiona sulla pelle dello sviluppo del Paese e di 12 mila dipendenti?

La cosa meravigliosa è che Buffagni plana dal buco nero sulla terra e dichiara: “fino ad oggi sono stati buttati una marea di soldi in quell'azienda”. Ora, siccome non mi risulta che l'onorevole Buffagni sia nel gruppo di Forza Italia, questa cosa la posso dire io, ma lui, che ha voluto 900 milioni e ne chiede altri 400, e mi viene a dire che sono stati buttati una marea di soldi in quell'azienda, evidentemente si fa beffe, prima di tutto della mia intelligenza, poi, dell'intelligenza di tutto il gruppo che oggi io rappresento e, poi, si fa beffa degli italiani, perché se è stata buttata una marea di soldi a cosa servono gli ulteriori 400 milioni che Monsieur de La Palice, altrimenti detto Buffagni, ci chiama a investire ancora dentro l'Alitalia? A che cosa vi servono gli ulteriori 400 milioni?

E andiamo al tema del decreto. Ordunque, il sentiero abbiamo visto che non c'è, il buco nero abbiamo visto come è stato creato, vediamo un po' il decreto che cosa ci dice. Il decreto ci dice di versare 400 milioni dentro le casse di Alitalia; intanto, l'oggetto del decreto è un oggetto che è reiterato nel tempo; vi è stato detto, anzi, ci è stato detto, anche dal Governo, di avere una visione, di avere il sentiero e, quindi, sostanzialmente, finalmente, di usare uno strumento legislativo che non vada a sminuire o a mortificare il lavoro del Parlamento, ma che sia uno strumento legislativo. E questo uso reiterato, questo uso strumentale della forma della decretazione d'urgenza è quello che noi vi abbiamo detto più volte in Commissione e che anche il Comitato per la legislazione, nel parere inviato, sottolinea: abbia cura, il Governo, di evitare in futuro la modifica esplicita di disposizioni contenute in decreti-legge ancora in corso di conversione ad opera di successivi decreti-legge, al fine di evitare forme di sovrapposizione degli strumenti normativi e ingenerare un'alterazione nel lineare svolgimento della procedura parlamentare di esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge, come definita a livello costituzionale e specificata negli stessi Regolamenti parlamentari. Cioè, vi stan dicendo: ragazzi, io gli voglio bene, però non dovete esagerare coi decreti-legge. La storia di Alitalia è una storia di decreti-legge. Ora, se necessità e urgenza potevano esistere tre anni fa, necessità e urgenza, dopo tre anni, non possono esistere, soprattutto se è lo stesso Governo, in carica nel 2019 e nel 2018, che ci chiede ancora nel 2020 di trasformare l'ennesimo decreto-legge, che altro non è che un ulteriore prestito, quindi soldi buttati dalla finestra, nei confronti di Alitalia.

Ma, visto a posteriori, appare quasi inevitabile che il tentativo di cessione di Alitalia, coordinato dal Governo Conte, fosse destinato a fallire, perché l'operazione è stata fatta ruotare su soggetti che si avvicinavano ad Alitalia più per giocare altre partite che non per la convinzione e la convenzione di acquisirla. Atlantia, sappiamo tutto, ha giocato un ruolo in cui evidentemente guardava all'esito di una partita anche legata alle concessioni autostradali e, quindi, sappiamo come è andata a finire. La stessa Ferrovie dello Stato, come è emerso, peraltro, nell'ultima audizione, si è imbarcata nel progetto perché l'azionista pubblico, quindi, il Governo, le ha chiesto - io direi, le ha imposto - di preparare un piano industriale, di mettere su una cordata, ma la freddezza, lo scarso interesse strategico nell'operazione complessiva sono apparsi palpabili nelle parole che sono state dette, in maniera chiarissima, in Commissione.

Allora, se il precedente Governo, il precedente Ministro, Di Maio, è sembrato veramente non accorgersi di sedere a un tavolo di poker, dove l'unico interessato al piatto era lui, gli altri giocatori guardavano ad altri tavoli, l'attuale Ministro, Patuanelli sembra in una situazione ancora più inconsapevole e di confusione. Quando il Governo ha varato, il 2 dicembre, il decreto sembrava credere – o, piuttosto, è stato fatto credere - che in questa occasione ci potesse essere un interesse di Lufthansa all'acquisto; tutto questo, come dire, anche coordinato e guidato dalla senatrice Lupo, che imbraccia, tesse delle cordate come se fosse un advisor del Governo, poi, quando chiediamo al Ministro Patuanelli: “Scusi, ma la senatrice Lupo che ruolo ha?”, lui rivendica la titolarità della senatrice Lupo a occuparsi di un dossier Alitalia dall'alto della sua esperienza, esperienza, che è bene che gli italiani conoscano: una assistente di volo nel piccolo e medio raggio, con un passato di qualche anno da sindacalista; questa è la persona a cui si è affidato il Ministro Patuanelli per tessere e mandare all'aria delle alleanze internazionali. Ma Lufthansa ci ha detto chiarissimamente che non ha nessun interesse a entrare dentro Alitalia se non prima di vederla depurata di almeno 3.500-4.000 esuberi. Sappiamo che questo decreto, tra le prime cose, ci dice: diamo questi 400 milioni.

Ebbene, in Commissione diciamo al Governo: caro Governo, stai attento: noi non ti presentiamo cento o duecento emendamenti, neanche cinquanta, ma neanche dieci, ti presentiamo quattro emendamenti, come se fossero quattro punti cardinali di un'azione politica che non è all'evidenza di tipo ostruzionistico, ma che va nel nome della responsabilità, che ancora oggi riecheggia in quest'Aula, va nella direzione di mettere in salvo e al riparo dalla vostra incompetenza, dalla vostra superficialità questo decreto.

E il primo degli emendamenti che vengono presentati dice che, al comma 2 dell'articolo 1, laddove si parla della procedura, bisogna dire chiaramente che, entro sei mesi dall'erogazione del prestito, venga restituito il prestito, perché, viceversa, questa scadenza, che era preliminarmente prevista dal “decreto fiscale”, è sparita. In pratica, diamo i 400 milioni, ma non scriviamo quando devono essere restituiti, e diciamo: guardate che, se non fate questo, poi vi fate del male perché incorrete nelle alte urla della Commissione europea e, quindi, non è più un salvataggio, ma è un aiuto di Stato mascherato. Non abbiamo fortuna. Nonostante lo spieghiamo insieme a tutti i colleghi della Commissione di Forza Italia in Commissione trasporti, l'emendamento ha il parere contrario da parte dei relatori e, quindi, della maggioranza, e viene bocciato.

Un parere della XIV Commissione politiche dell'Unione europea arriva dopo che l'emendamento è stato bocciato. Cosa dice il parere della Commissione politiche dell'Unione europea inviato alla IX Commissione trasporti? Preso atto che, ai sensi dei predetti orientamenti, gli aiuti per il salvataggio sono per natura una forma di assistenza urgente e temporanea, il cui obiettivo principale è consentire di tenere in vita un'impresa in difficoltà per il breve periodo necessario all'elaborazione di un piano di ristrutturazione o di liquidazione, al fine del rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, si osserva che la restituzione del finanziamento erogato a favore dei complessi aziendali in difficoltà sia determinata entro un termine certo, coerente con gli orientamenti citati in premessa. Cioè, chi l'ha detto? L'ha detto fra' Bonaventura? L'ha detto frate Indovino? Chi vi ha detto: ragazzi andate a sbattere, inserite un termine? Vi avevamo anche detto in Commissione: non volete scrivere sei mesi? Scrivete nove mesi, scrivete un anno, scrivete quello che volete, ma scrivete qualcosa. Non l'avete voluto scrivere e siete andati a sbattere, così come siete andati a sbattere sull'articolo 77 e, quindi, sulla bulimia della decretazione d'urgenza, che avete usato.

Vi avevamo anche proposto alcune semplici modifiche del decreto, una è stata accolta, seppure rimaneggiata, ed è un emendamento che dice al commissario straordinario di fornire al Parlamento i dati aggiornati relativi alla gestione finanziaria economica di Alitalia; dati che peraltro non sono nella disponibilità del Parlamento da molti mesi. E quindi il Parlamento e, quindi, gli italiani saranno finalmente resi edotti delle attività che saranno svolte all'interno di Alitalia da un commissario straordinario che arriva da un'esperienza legata ad un'altra gestione di una procedura straordinaria all'interno di Blue Panorama, che ha dei volumi che sono totalmente inappropriati e in alcun modo applicabili all'Alitalia: un'azienda che fatturava 300 milioni contro un'azienda che fattura oltre 3 miliardi; però, vivaddio, almeno questo piccolo segnale è stato dato.

Per evitare o per dare contezza della linea che non c'è, del sentiero che non c'è, verso il quale era avviata Alitalia, chiedevamo, con un emendamento peraltro, di evitare che, in un'ottica di cessione a una compagnia terza, ad esempio Lufthansa, ci fossero poteri in capo al commissario straordinario per operare tagli di personale, finanziandoli con risorse pubbliche e, quindi, sostanzialmente preparare le condizioni per cedere successivamente la parte risanata, comunque mondata dalle principali criticità. Ovviamente non l'avete accolto, ma non lo avete accolto perché in questo caso vi è mancato il coraggio, cioè vi è mancato il coraggio - che, già in parte stamattina e ancora oggi pomeriggio, è stato detto in quest'Aula - di dire con chiarezza dove volete portare l'azienda: quello che il vostro Presidente del Consiglio oggi non dice, che l'esperto di enigmistica Buffagni non dice, ma che porta inevitabilmente verso la nazionalizzazione di questa azienda. E, come dire, in questo, le parole di una parte della maggioranza, non soltanto audite finora ma che anche in Commissione e altrove sono state sentite, pongono in termini totalmente di divisione le componenti rappresentate all'interno del Governo. Non avete voluto istituire un Comitato parlamentare di controllo, che non serviva a fare da balia a un commissario straordinario, che più o meno adesso comincia a capire dove è planato, ma serviva soltanto, ancora una volta, a monitorare quello che la gestione straordinaria stava sviluppando all'interno di Alitalia. Non l'avete voluto accogliere, ma questo, come dire, non ci meraviglia, dal momento che pensate che nella nebulosa, nel buco nero dove navigate, dove questo Governo naviga con tanto successo, possiate nascondere anche i disastri di Alitalia.

La verità è che sulle criticità non da poco che abbiamo sollevato, perché non è spiegabile che, senza una compagnia di rilievo che venga coinvolta, Alitalia non si vende, è spiegabile soltanto dall'incapacità di far sedere e di dare condizioni di vendita a questa compagnia, che non prevedano tout court il taglio di 3500, di 4 mila persone; però, sulla criticità, su questa criticità, si innesta davvero un punto che non era presente nel “Conte I”, e cioè che uno dei pilastri della maggioranza, come il PD, non vuole che Ferrovie dello Stato sia della partita. E questo è stato detto, è stato detto ancora una volta e non certo a titolo personale dai rappresentanti del PD in Commissione, ma è emerso dall'atteggiamento distaccato che ha avuto il Ministro De Micheli in Commissione. Il risultato, alla fine, che si produce a seguito di questa situazione è che, a fronte di ulteriori 400 milioni, erogati per consentire una cessione di Alitalia, c'è una situazione di totale assenza di soggetti che possono essere interessati all'acquisto.

Il Governo - lo ripeto ancora una volta - ha affrontato questo esame parlamentare in maniera totalmente inadeguata e anche non accettabile da parte del Parlamento e, in particolare, delle opposizioni. Ricordo che il Commissario straordinario, il plenipotenziario, il Cesare di tutte le Gallie della nuova gestione, voluto dal Governo e in particolare dalla senatrice Lupo, si è presentato totalmente impreparato in Parlamento, non solo non riuscendo a fornire alcuna minima - ripeto, minima - indicazione sugli indirizzi futuri della sua gestione, che consentisse alle forze politiche di fare una valutazione ai fini della posizione da assumere sul decreto, ma non ha saputo fornire neppure alcuna indicazione sulla attuale situazione finanziaria di Alitalia, per consentire di sapere da che punto si riparte.

Ricordo che due Ministri auditi, che hanno diverse responsabilità, hanno fornito posizioni diverse, divergenti, in merito ai prossimi atti da compiere su Alitalia: il Ministro Patuanelli, addirittura in due audizioni a distanza di non più di quindici giorni, ha cambiato radicalmente l'obiettivo strategico, passando dalla cessione e dall'ultimo intervento del Governo su Alitalia alla costituzione di una newco, della quale inevitabilmente il Governo farà parte, come ha ancora ricordato l'onorevole Fassina di Liberi e Uguali, mentre allo stesso tempo il decreto sopprime la disposizione già vigente che autorizzava l'ingresso del Governo in un'operazione simile.

Ora, volendo forzare la mano, facendo il confronto tra il testo del decreto e quanto è emerso in Commissione, si potrebbe serenamente definire il testo che sarà approvato una sorta di falso in atto pubblico o qualcosa di molto simile. Lo dico anche perché, soltanto nell'ultima seduta della Commissione trasporti, quando è intervenuto il Ministro Patuanelli, dopo il “Vietnam informativo” fornito dal commissario straordinario, dai manager di Lufthansa e di Ferrovie dello Stato e dalla Ministra De Micheli, è emerso con chiarezza ciò che non era chiaro neanche alle forze di maggioranza, e cioè che la data di scadenza indicata nel decreto, il 31 maggio 2020, non è in alcun modo la data in cui Alitalia sarà ceduta a terzi: non lo è e nessuno lo sapeva.

Siccome questo Parlamento è fatto di persone sicuramente molto più intelligenti di me e non essendo io il più cretino in questo Parlamento, o siamo tutti cretini, o i cretini stanno da un'altra parte, perché è stato fatto credere, è stato detto ed è stato scritto in questo decreto che il 31 maggio 2020 coincideva con l'attività in cui il Commissario Straordinario espleta la procedura di cessione dei due rami dell'azienda; invece, il 31 maggio diventa soltanto l'ennesima boa in cui verrà portato il Parlamento e l'Italia, con 400 milioni, una boa dalla quale si dovrà ripartire per iniziare il procedimento di cessione, che necessiterà inevitabilmente di altri centinaia di milioni di euro; e se la cifra richiesta è quella che Alitalia brucia, tra i 900 e il milione e 200 al giorno - al giorno! - significa che saranno chiesti ulteriori fondi agli italiani, con un decreto che ad oggi - e spero che in questo cambi in Aula l'orientamento, dopo che non i signori dell'opposizione, ma la XIV Commissione del Parlamento italiano dice al Governo: “Inserite, mettete, la data di restituzione”. Ebbene, noi a quella data, al 31 maggio, non sapremo neanche quando saranno restituiti i soldi e questo va sottolineato, perché questa sciatteria con cui il Governo affronta il dossier parlamentare, a proposito del termine esplicito, dimostra in maniera lapalissiana lo stato in cui ci troviamo. Alitalia è un'azienda che sul mercato più passa il tempo e più non è appetibile. È inutile dire che viviamo in un Paese meraviglioso, è inutile dire che questo Paese riceverà nei prossimi anni tra i 20 e 30 milioni di turisti in più rispetto ai 140 milioni che arriveranno nell'Unione europea: è vero, arriveranno, ma non con Alitalia; è vero, visiteranno il Paese meraviglioso, ma non grazie ad Alitalia; è vero, andranno via con la voglia di tornare, ma non lo faranno con Alitalia. Perché? Perché questo Governo, chi rappresenta questo Governo oggi, con il Presidente del Consiglio, non ha la più pallida idea di dove vuol portare Alitalia e dove vuol portare la compagnia di bandiera, se non in quella direzione che vi abbiamo detto e che ci vedrà fermamente contrari. Non si nazionalizzano le perdite, non si nazionalizza un fallimento, si lavora cercando soluzioni di mercato che siano compatibili con quello che è il patrimonio di Alitalia. Per questo motivo, invocando la responsabilità, noi non voltiamo e non volteremo le spalle ad Alitalia, non volteremo le spalle ai suoi lavoratori. Il gruppo di Forza Italia si asterrà nella votazione in Aula del decreto, perché non è voltando le spalle che si risolve il problema, ma quello che sta facendo questo Governo è ancora più grave: questo Governo sta sparando alle spalle di Alitalia. Grazie Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bernardo Marino. Ne ha facoltà.

BERNARDO MARINO (M5S). Grazie Presidente, signora sottosegretario e colleghi, noi tutti conosciamo i motivi del decreto che andiamo a convertire. Tutti noi sappiamo che questo provvedimento rappresenta un passaggio obbligato per consentire ad Alitalia di continuare a volare e sappiamo anche che si tratta però di una nuova tappa, possiamo anche dire l'ennesima tappa, verso un tentativo di soluzione accettabile di una crisi che si trascina da tanti anni e che ha visto impegnati - è bene ricordarlo - numerosi Governi: dai tentativi del Governo Prodi, con il coinvolgimento di KLM e Air France, al primo prestito dello Stato di 300 milioni, che risale al 2008; dall'avvento di Cai ai cosiddetti capitani coraggiosi di berlusconiana memoria, periodo nel quale venne commesso quello che si è rivelato forse il più grave errore strategico, ossia la mancata cessione, in un momento propizio, ad Air France (era proprio quello il momento in cui le condizioni per un salvataggio erano probabilmente le migliori); e poi ancora l'ingresso nell'azionariato di Poste Italiane, l'arrivo di Etihad, fino al tentativo, bocciato dal personale della compagnia, di ristrutturare la compagnia a suon di esuberi. Ricordiamo, infine, i 900 milioni di prestito ponte concessi dal Governo Gentiloni per supportare la gestione commissariale della triade Gubitosi- Laghi-Paleari. Quanto è costata finora Alitalia agli italiani? Il calcolo ha provato a farlo tempo fa il Sole24Ore e la cifra che era venuta fuori era rilevante: si parla di circa 8 miliardi e mezzo, senza gli interessi maturati sui prestiti non rimborsati. Parliamo, insomma, di cifre ingenti, ma questa breve cronistoria serve a ricordare a tutti noi che parliamo di una crisi lunga e complessa, con la quale si sono - come ripeto - cimentati Governi di diverso colore nel corso di oltre un decennio. Quindi volevo anche rispondere al collega della Lega Durigon, che ha dato luogo alla solita fiera di becerità - si può dire? - di insulti gratuiti, parlando di dilettanti allo sbaraglio. Beh, che cosa siete voi, visto che l'operazione “capitani coraggiosi” non portava certo la firma del MoVimento 5 Stelle, ma portava la firma dei parlamentari della Lega? Quindi, quell'operazione porta la loro firma e non la nostra: quindi, se noi siamo dilettanti allo sbaraglio, loro che cosa sono? Quello che andiamo a convertire, colleghi, rappresenta dunque un nuovo tassello, come dicevo, di un puzzle complicato: mettiamo in campo altri soldi, 400 milioni di euro, per consentire ad Alitalia di proseguire la sua attività; poniamo un termine di sei mesi per consentire all'attuale commissario di espletare le procedure per il trasferimento dei complessi aziendali ed è un termine che noi riteniamo congruo. L'esame in Commissione ha consentito peraltro di apportare significative modifiche in senso migliorativo sotto il profilo del controllo parlamentare e questo grazie anche al confronto costruttivo che in Commissione c'è stato - lo ammetto - tra le forze di maggioranza e di opposizione. Il comma 2-bis dispone, ad esempio, che il commissario invii alle Commissioni competenti tutti i dati aggiornati relativi alla situazione economica e finanziaria di Alitalia entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione e dispone anche che tale lavoro di aggiornamento della situazione si ripeta puntualmente a cadenza semestrale: ogni sei mesi avremo gli aggiornamenti sulla situazione finanziaria della compagnia e questo mi pare un fattore rilevante. Un'altra modifica importante riguarda gli interventi di riorganizzazione, perché mettiamo nero su bianco ciò che i rappresentanti dei lavoratori hanno più volte rimarcato durante le audizioni, cioè che si tenga conto dei livelli occupazionali e dell'unità operativa dei complessi aziendali. Alitalia non deve essere, dunque, ridotta a spezzatino e svenduta al miglior offerente: Alitalia vanta un patrimonio di professionalità nella sua forza lavoro, che non può essere disperso. È chiaro che il tentativo è quello di rilanciare la compagnia in un mercato, qual è quello del traffico aereo, che presenta tassi di crescita impressionanti in prospettiva, a detta di tutti gli analisti. Bene, però, nonostante il mercato offra scenari sicuramente positivi in termini di traffico e di crescita, come ha detto - scattando una fotografia lucida, onesta e realistica - il Ministro dello sviluppo economico Patuanelli, ebbene, nonostante ciò, quella che Alitalia si trova oggi a percorrere continua a essere una strada stretta e in salita. Bisogna dunque trovare la soluzione migliore per il salvataggio e il rilancio, e bisogna farlo in fretta, valutando tutte le possibili opzioni. Nel corso delle audizioni svolte in Commissione tutti noi abbiamo avuto modo di farci un'idea su ciò che è accaduto con il tentativo di salvataggio posto in essere da Ferrovie dello Stato, con la partecipazione di Atlantia, ed è giusto e doveroso, in questa sede, svolgere alcune considerazioni che traggono ispirazione da ciò che ci è stato riferito durante quelle audizioni. Abbiamo infatti appreso che Atlantia in particolare ha giocato un ruolo quantomeno ambiguo, per non dire sibillino, nella partita e ce lo ha detto lo stesso Ministro Patuanelli, rivelando il contenuto di una lettera inviata al MiSE, al Ministero dello sviluppo economico, in cui Atlantia manifestava apertamente la condizione necessaria per la sua partecipazione al salvataggio di Alitalia, condizione evidentemente legata all'esito della vertenza aperta con lo Stato sulla partita che riguarda le concessioni autostradali; una sorta di ricatto morale inaccettabile, che conferma, se mai ve ne fosse ancora bisogno, la validità della linea dell'intransigenza che il MoVimento 5 Stelle continua a sostenere nei confronti di Atlantia per quanto concerne la revoca delle concessioni autostradali. Oggi, a maggior ragione, alla luce di un comportamento arrogante e inaccettabile, ribadiamo questa linea. Con Atlantia è storia chiusa, come ha detto il Ministro Patuanelli. Parliamo di una società che, a differenza di Ferrovie, ha anche evitato il confronto in Commissione, preferendo affidarsi a una memoria scritta: lecito - lecito per carità - ma quantomeno disdicevole, considerando l'importanza e la delicatezza dell'argomento. Atlantia che, come abbiamo appreso sempre nel corso delle audizioni, era in disaccordo con il partner di cordata, Ferrovie dello Stato, anche sul soggetto da scegliere per attuare il piano industriale: Atlantia privilegiava Lufthansa, che proponeva, lo ricordo, una semplice partnership commerciale.

Ferrovie invece vedeva come interlocutore principale Delta che, a differenza del vettore tedesco, intendeva investire subito 100 milioni di euro nel capitale sociale di Alitalia e apportare nuove competenze industriali, con ulteriori investimenti negli anni a seguire. Ora, è evidente che ad Alitalia servono anche e soprattutto capitali, considerato che al momento li sta fornendo lo Stato italiano. Atlantia dice di non essersi sfilata dalla cordata, ma, in realtà, ha contribuito pesantemente al fallimento di un'operazione che in alcuni momenti aveva anche dato la sensazione di essere vicina a una positiva conclusione. Siamo invece tornati al punto di partenza con un nuovo commissario e un nuovo direttore generale, che, però, non possono ripartire da zero, perché il lavoro svolto da Ferrovie, che ha speso risorse umane e finanziarie per predisporre un piano industriale, non può essere accantonato. Da quel lavoro si deve ripartire, tenendo in considerazione il fatto che il coinvolgimento di Ferrovie dello Stato, a nostro avviso, era e resta un fattore importante in un'ottica di sviluppo strategico che tenga conto del fattore intermodalità e delle nuove prospettive che l'alta velocità ferroviaria mette a disposizione dei viaggiatori. La domanda che tutti ci poniamo oggi è: può Alitalia, una compagnia con oltre 70 anni di storia, con un brand forte e riconosciuto a livello internazionale, con la funzione sociale che svolge (ricordiamo che collega aeroporti di ogni regione d'Italia con gli hub di Roma e Milano), con il patrimonio di professionalità che possiede, riuscire a trovare la giusta collocazione in un mercato in forte crescita, ma sempre più dominato, soprattutto nel nostro Paese, dai vettori low cost, i cui costi sono nettamente inferiori? E a quale prezzo questa azione di salvataggio e rilancio potrà essere compiuta? È la risposta che attendiamo dalla nuova compagine commissariale, alla quale è affidato il compito di creare le condizioni per trovare la migliore soluzione possibile. Il nostro compito oggi è quello di rendere possibile questo passo ulteriore, è quello di cominciare a percorrere quella strada stretta e in salita di cui parlava il Ministro.

Siamo convinti che sia un passaggio obbligato, anche per evitare che gli sforzi e le risorse spese in tutti questi anni si rivelino inutili. Noi crediamo che ci siano le condizioni per chiudere questa lunga vicenda e, d'altro canto, ci siamo anche andati abbastanza vicini; e il fatto che sia il nuovo commissario sia il direttore generale provengano da una compagnia aerea che è stata salvata da una crisi pesante senza alcun esubero, e parlo di Blue Panorama, al netto delle evidenti e ovvie differenze di fatturato e operatività dei vettori in questione, questo aspetto, però, ci concede un motivo in più per credere in un futuro per Alitalia. Chiudo, Presidente, con un richiamo alla situazione del mercato del trasporto aereo in Italia. Come detto in precedenza, la forte presenza delle compagnie low cost, se da un lato garantisce una maggiore concorrenza a vantaggio dei passeggeri, dall'altro, però, mette a repentaglio la sopravvivenza di vettori storici che devono fronteggiare costi ben più alti. Non solo Alitalia, ma anche la seconda compagnia aerea italiana, la ex Meridiana, oggi Air Italy, non naviga in buone acque e si fanno insistenti le voci secondo cui presto potrebbe abbandonare la storica base di Olbia, dove operano circa 500 dipendenti, per spostare tutto a Malpensa. Questo, Presidente, a dispetto di un salvataggio che è stato definito lacrime e sangue, con una massiccia dose di licenziamenti, molti dei quali, peraltro, dichiarati illegittimi da diversi tribunali; licenziamenti volti a favorire l'ingresso nell'azionariato di Qatar Airways, con il risultato che, a dispetto del dimagrimento e, addirittura, della dismissione graduale di un polo manutentivo che è sempre stato il fiore all'occhiello di quella compagnia, i conti continuano a essere in rosso. E, allora, Alitalia nel 2018 aveva 20 mila dipendenti ed era in crisi; oggi ne ha 11 mila ed è ugualmente in crisi, ce lo hanno ricordato i sindacati di categoria durante le audizioni. Siamo quindi sicuri che il rilancio passi per forza da un piano di esuberi? È urgente una ridefinizione delle regole complessive che riguardano il settore del trasporto aereo in Italia; bisogna provare in qualche modo a incidere sul differenziale del costo del lavoro tra vettori low cost e tradizionali. Servono regole uguali per tutti, perché solo in questo modo si potrà parlare di concorrenza leale e valutare, risultati alla mano, chi sia in grado di offrire realmente il servizio migliore. È una bella sfida, ci stiamo lavorando; bisogna farlo in fretta, velocemente. Non si tratta di un aspetto secondario, ma prioritario; ne va del futuro di Alitalia e non solo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il futuro di Alitalia è sospeso a mezz'aria, ma il Premier Conte qualcosa oggi doveva pur dirla in un'intervista al Corriere e ha tirato fuori la frase più scontata: è venuto il momento di lavorare a una seria opera di ristrutturazione che ponga la compagnia in grado di poter competere efficacemente sul mercato dei trasporti. Il sentiero è l'unico realmente perseguibile. Un cameo, se permettete, sentito e risentito, ormai diventato stucchevole. Alitalia è la metafora del fallimento delle élite pubbliche e private italiane. Secondo Mediobanca i tentativi di salvataggio di Alitalia sono già costati ai contribuenti 9 miliardi e 200 milioni di euro. Noi non siamo, come Fratelli d'Italia, ovviamente contrari al salvataggio della compagnia di bandiera, e anzi ne rivendichiamo la necessità, ma non siamo neanche sfascisti. Però, i Governi precedenti di centrosinistra, con cui governate, colleghi dei 5 Stelle, non hanno mai avuto una particolare idea di futuro per l'aviazione nazionale e hanno bruciato soldi pubblici, giustificando scelte manageriali discutibili e tagli al personale, senza poi dimenticare le scene patetiche di manager e commissari che venivano scelti e poi andavano via, dopo avere fallito, con milionarie stock option, come se avessero raggiunto l'obiettivo.

Proviamo, però, a fare un po' chiarezza e a ricostruire la vicenda: Alitalia venne commissariata nel 2016; nello stesso anno perse 491,9 milioni di euro, circa 1,3 milioni di euro al giorno. Nei primi due mesi dell'anno, quando la compagnia ha perso 203 milioni - erano 174 nello stesso periodo del 2016 -, i conti sono andati ancora peggio. Dopo la bocciatura di un referendum sindacale su una ristrutturazione aziendale, gli azionisti di Etihad decisero ovviamente di non ricapitalizzare l'azienda e chiesero il commissariamento al Governo italiano. Quella dei lavoratori fu una scelta giusta: i precedenti sacrifici subiti, come è stato anche ricordato, soprattutto quelli accettati con l'ingresso di Etihad tra il 2014 e il 2015, non servirono certo a migliorare il conto economico dell'azienda, bensì solo a finanziare l'aumento apparentemente incontrollato di altre voci di costo. Questi piani di ristrutturazione, rappresentanti del Governo e colleghi della maggioranza, alla fine vanno a cadere sempre sulle spalle dei lavoratori, invece che su un management incapace, molto spesso, di gestire il costo aziendale.

Il Governo di centrosinistra dell'epoca, sempre quelli con cui state governando, colleghi 5 Stelle, commise non pochi errori. Due fra i tre commissari avevano ricoperto ruoli in Alitalia, fu sbagliato il loro mandato sull'entità eccessiva del prestito ponte; oltretutto, le informazioni e i dati a nostra disposizione sulla gestione commissariale sono molto limitati - alla faccia della trasparenza - non essendo stati prodotti report periodici, ma solo di fine attività. Agli stessi commissari, Fratelli d'Italia chiese chiarezza sulla vendita degli slot, i diritti di atterraggio e decollo dell'aeroporto Heathrow di Londra. Nel 2015, la precedente gestione, di cui faceva parte Etihad, ha ceduto 7 slot su Heathrow alla controllante Etihad per un importo di 12 milioni, mentre il valore di mercato sembra essere molto, molto più alto. Il Governo di centrodestra ci provò, cercò nella crisi di Alitalia del 2008 di aiutare il mantenimento della compagnia di bandiera con un commissariamento almeno più diligente, relazioni periodiche, per esempio, quello che adesso viene venduto come un grande successo e che, invece, dovrebbe essere obbligatorio. I Governi successivi dilapidarono questi sforzi. È difficile che le autorità europee con questo ulteriore aiuto autorizzino ulteriori prestiti a fondo perduto, ossia veri e propri aiuti di Stato, anche perché dal mercato si stanno alzando delle proteste. Nel suo iter in Commissione il DDL ha subito poche modifiche, fra cui un impegno chiesto da Fratelli d'Italia, tramite i propri rappresentanti in Commissione, Silvestroni e Mauro Rotelli, a tenere conto dei livelli occupazionali. Questa è una battaglia storica che Fratelli d'Italia non fa solo qui in Aula da anni, anche nelle passate legislature, ma che ha fatto anche davanti al Ministero dell'Economia a fianco dei lavoratori ed anche nel visitare gli aeroporti, gli stabilimenti e i luoghi di lavoro. Fratelli d'Italia, che è sempre stata accanto ai lavoratori, rivendica questo ruolo storico. Abbiamo presentato emendamenti, decine, per ribadire questo e per ribadire che siamo l'unica forza vicina a chi tutti i giorni rappresenta e si sente parte di Alitalia, per garantire la presenza dello Stato, per il reintegro dei servizi di manutenzione ora esternalizzati. Da un'analisi condotta da Carlo Scarpa, vent'anni fa la compagnia impiegava circa 23 mila persone, non 20 mila come è stato detto, e oggi meno della metà. Di piloti e tecnici di volo ne impiegava circa 2.500, oggi sono dimezzati. Un esempio: Alitalia Maintenance Systems, AMS - che poi non si è capito perché non poteva essere chiamata sistema di manutenzione Alitalia, ma questa esterofilia ci perseguiterà sempre -, una società creata da Alitalia nel 2003.

Tale azienda, vedete, al momento della costituzione occupava oltre 400 tecnici specializzati, già dipendenti di Alitalia. Era un'eccellenza nel settore motoristico-aeronautico. Ora i dipendenti, dopo l'acquisto della International Aerospace Group e quindi l'uscita da Alitalia, sono ridotti a una settantina. In ordini del giorno presentati da Fratelli d'Italia e accolti dall'Esecutivo, abbiamo ottenuto che il Governo si impegnasse a portare avanti tutte le iniziative possibili per la definizione di un nuovo consorzio societario per Alitalia nel mantenimento degli attuali livelli occupazionali, reintegrando eccellenze come AMS che rappresentano gioielli organizzativi e di formazioni e qualifiche nel campo dell'industria aerea Alitalia manutenzione.

In Commissione, con i colleghi Rotelli e Silvestroni, infatti, abbiamo sostenuto di fronte ai rappresentanti di Lufthansa la storica posizione di Fratelli d'Italia nella tutela dei livelli occupazionali di Alitalia e del ruolo della compagnia di bandiera, come elemento strategico della nostra politica industriale. Nella partnership commerciale delineata dal rappresentante di Lufthansa si legge il tentativo dell'azienda tedesca di fare un passo indietro rispetto all'impegno dell'investimento limitando forse l'interesse solo ad approfittarsi del capitale umano e degli slot della nostra compagnia di bandiera.

Siete riusciti anche in questo risultato, colleghi della maggioranza e del Governo, siete riusciti a far fare un passo indietro anche a Lufthansa dopo il fallimento della cordata Atlantia che, senza visione industriale, prima, giustamente - dice Fratelli d'Italia - obbligate a una revisione delle concessioni e a una maxi-multa e, poi, pretendete che entri anche a salvare Alitalia: ovviamente le due cose sono incompatibili. Quindi, vi siete mossi in maniera disordinata, disorientata, facendo vedere che questo Governo non ha una visione industriale.

L'aeroporto di Fiumicino verrebbe utilizzato come quinto hub di Lufthansa senza potenziamenti delle tratte da e per i centri urbani principali e, nel frattempo, il risanamento voluto dai tedeschi vedrebbe la cancellazione delle tratte e, anche se non si può affermare apertamente, istituzionalizza la formula politicamente corretta della ultima ratio, con tagli al personale. Ma il rappresentate Lufthansa, colleghi - chi era in Commissione l'ha potuto vedere - non ha detto che non erano per i tagli di personale. Semplicemente hanno detto: intanto la risanate, poi noi entriamo come alleati, ci fidanziamo ma non ci sposiamo, poi vediamo perché se non vanno bene i bilanci, bisognerà fare dei tagli di personale.

Il nuovo commissario Leogrande, incalzato dalle nostre domande, è stato totalmente incapace, come ha detto il collega Mulè, di fornire un quadro industriale sui conti economici e il dato patrimoniale di Alitalia. Nessun genere di indicazione strategica costringendoci a fornire noi, un partito d'opposizione in Commissione, una situazione finanziaria che purtroppo non è rosea.

Alitalia ha già impegnato i 900 milioni concessi nel 2017 dal Governo Gentiloni e i conti sono in rosso. L'unica certezza occupazionale per il futuro di Alitalia: un solo nuovo posto di lavoro è stato creato ed è quello del nuovo direttore generale annunciato appunto dal commissario, di prassi nominato dopo la definizione di un piano industriale che ad oggi non c'è.

Ad oggi sappiamo – ironia - che il piano industriale è quello della precedente cordata: quella disciolta, quella rifiutata di FSI. E, quindi, anche qui c'è un'incongruenza che ci dovete spiegare: cioè voi fate fare, pagando, un piano industriale a Ferrovie dello Stato, poi la cordata fallisce e che fate? Viene un nuovo commissario che dovrebbe presentare con il direttore generale un nuovo piano industriale e gli dite: adesso usi il piano industriale di Ferrovie dello Stato, che ovviamente aveva altri presupposti, un'altra visione industriale, un'altra partecipazione di chi avrebbe dovuto far parte della cordata. Quindi, per parafrasare un famoso film, sempre in tema aeronautico, siamo al Governo più pazzo del mondo.

Quindi, come richiesto dai principali sindacati del trasporto aereo, è necessario che si investa nella flotta di lungo raggio, nella manutenzione leggera e pesante internalizzata e in una gestione aeroportuale e industriale non affidata alla sola logica dei facili incassi commerciali con una presenza o, almeno, una direzione da parte dello Stato.

Noi ci chiamiamo Fratelli d'Italia e siamo ovviamente a favore di una compagnia di bandiera che ne rappresenti l'identità, ne rappresenti l'orgoglio, ne rappresenti anche la capacità industriale rispetto agli altri Paesi europei. E, come fa notare un manager di grande esperienza nel settore, l'Olanda lo scorso mese di febbraio ha messo mano al pubblico portafoglio con 680 milioni di euro per acquistare il 13 per cento delle azioni della joint venture Air France-KLM allo scopo di garantire il proprio potere statuale nella governance della comune impresa.

La Germania non ha esitato, a 57 giorni della crisi di Etihad, il 12 ottobre 2017, a ordinare alla Lufthansa di rilevare flotta e dipendenti di Air Berlin. Il Giappone non si è mai tirato indietro dal sostenere le ripetute crisi della sua JAL. La Turchia ha finanziato con lungimiranza la crescita portentosa della sua Turkish, dosando con un'oculata sapienza geopolitica gli enormi investimenti in flotta tra Boeing e Airbus. Questa è una citazione precisa di cosa fanno gli Stati quando la propria compagnia di bandiera è in crisi. Persino la Germania, che va in Europa ad insegnare alle altre nazioni, compresa l'Italia, che non si possono fare interventi di Stato, e poi puntualmente li fa; ma noi stiamo zitti lì in Europa, siamo silenti e ossequiosi.

Citiamo anche ovviamente il nostro Vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, che conduce una battaglia storica su Alitalia a fianco dei lavoratori, che rivendica il diritto dello Stato italiano di tornare in Alitalia. Ne va delle nostre politiche industriali (come del resto nell'indotto dell'acciaio, nel mercato dell'acciaio: anche lì non state facendo una bella figura) e circa del 3 per cento del PIL.

La definizione del nuovo consorzio societario acquirente sembra, però, sempre più fumosa. Lufthansa ha fatto un passo indietro: il Piano non esiste ed FS ha accusato Atlantia che si è sfilata. Atlantia, prima attaccata ferocemente dai grillini per la vicenda autostrade come ricordavo prima, poi è stata cercata con il cappello in mano dal MoVimento 5 Stelle che ha cercato di elemosinare un aiuto per poi annunciare sui giornali che non era più della partita. Strana poi la vicenda in audizione di Patuanelli venuto in Commissione a dire che Atlantia è fuori dai giochi e Atlantia che riconferma l'impegno: quindi, mettetevi d'accordo. Anche qui non c'è stata neanche la capacità di un confronto, di una telefonata, di una mail: i mezzi tecnologici ormai lo permettono.

Il capo azienda di Ferrovie, Battisti, in audizione alla Camera, non ha utilizzato mezzi termini sostenendo che, nel corso dei contatti tra FS e Atlantia per la costituzione di un consorzio per l'acquisizione di Alitalia, era emerso in maniera chiara - leggo letteralmente - come l'approccio di Atlantia al dossier era comunque condizionato alla soluzione di altre vicende che riguardavano il loro gruppo e a incertezze legate alla vicenda Autostrade. Atlantia - ha detto Battisti in sostanza - ritenendo che Delta non desse un impegno particolarmente forte - sempre citato - aveva avanzato anche una richiesta di valutare la ripresa di eventuali contatti con Lufthansa, nonostante la compagnia tedesca non avesse mai espresso formalmente un proprio interesse a entrare nell'equity di Alitalia. Come mai Ferrovie dello Stato è fuori dall'impegno, quindi? In Commissione, Ferrovie ha rivelato di non essere stata coinvolta nella futura definizione del Consorzio societario della newco: Ministro Patuanelli, Ministro De Micheli, Ministro Gualtieri, Premier Conte - ci rivolgiamo a voi - trovate una soluzione di rilancio e tutelate i lavoratori. Ci sono migliaia di famiglie e parte importante della nostra economia che hanno bisogno di questo intervento. La nazione deve avere un vettore nazionale competitivo sul mercato anche grazie alla sua consolidata ed eccellente storia internazionale per affrontare la competizione globale.

Fratelli d'Italia è la sola forza politica scesa in piazza anche d'estate, in agosto, a fianco dei lavoratori per le loro famiglie, per il loro futuro, per l'orgoglio di avere una compagnia di bandiera che faccia volare alto nei cieli il tricolore.

Sappiamo purtroppo che questa emozione, questa sensibilità, questa appartenenza non vi è propria; sappiamo che state lì per caso al Governo della nazione e mi rivolgo in particolare ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: ma almeno una volta qui, in quest'Aula che è importante, alta, nobile e direi sacra, cercate di ritrovare quell'orgoglio di essere italiani e capire che dietro il tricolore di Alitalia c'è il destino di migliaia di famiglie e l'orgoglio di appartenenza di milioni di italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Gariglio. Ne ha facoltà.

DAVIDE GARIGLIO (PD). Grazie, Presidente. La crisi di Alitalia, perlomeno nell'ultima sua esternazione, si manifesta nel marzo 2017 quando i soci privati, come è stato ben ricordato, di Alitalia, la cordata dei capitani coraggiosi, di CAI ed Etihad, decidono di non poter più procedere a ricapitalizzare Alitalia senza prima avere il consenso ampio sul piano di ristrutturazione. Su questo piano si tiene un referendum tra i lavoratori, il piano viene a grande maggioranza rigettato e nel maggio 2017 il consiglio di amministrazione chiede e ottiene l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. Da allora è iniziata una teoria di decreti-legge: nella XVII e scorsa legislatura i decreti-legge n. 50 e n. 55 del 2017, con cui alla compagnia di bandiera vengono assegnati in prestito 600 milioni di euro di denaro pubblico; poi, il decreto n. 148 del 2017, con cui si integra il finanziamento con altri 300 milioni di prestito. Poi inizia la XVIII attuale legislatura e il Governo gialloverde, con la presenza determinante della Lega, ad aprile 2018 vara il decreto-legge n. 38, a dicembre 2018 vara il decreto-legge n. 135 e ad aprile 2019 vara il decreto-legge n. 34. Sono i famosi decreti-legge inefficaci di un Governo incapace a cui probabilmente faceva riferimento il collega Durigon nel suo intervento. Li conosce perché sono decreti di un Governo di cui la sua forza politica faceva parte.

Infine, arriviamo all'attuale Governo. Con questo Governo il problema viene affrontato nel decreto-legge n. 124 del 2019, il cosiddetto “decreto-legge fiscale”, che non viene convertito ma il cui contenuto è trasfuso nell'attuale decreto-legge n. 137 in corso di conversione, con cui si attribuiscono altri 400 milioni di euro di risorse pubbliche per consentire la sopravvivenza di Alitalia. Ora, questo decreto-legge prende atto del fallimento della procedura di cessione per mancanza di un'offerta da parte della cordata che era stata investita dai commissari, cordata guidata da Ferrovie dello Stato. Ora con questo decreto il programma della procedura di amministrazione straordinaria viene integrato da un piano avente a oggetto iniziative di riorganizzazione ed efficientamento della struttura aziendale, cioè un piano che dà la possibilità per la prima volta al commissario di rilanciare l'azienda, ad esempio con nuovi leasing e con nuove definizioni di alleanze internazionali ed è un “passaggio indispensabile” - così recita il testo del decreto-legge - per cercare i compratori, visto che ora ai sensi di legge lo si potrà fare anche a trattativa privata.

Orbene su questo decreto-legge di conversione devo riscontrare un lavoro proficuo e ampiamente trasversale di tutta la IX Commissione, con delle audizioni che sono state illuminanti e significative e che hanno portato a delle modifiche e a miglioramenti del testo, alcuni giunti anche su proposta dei gruppi di opposizione e li cito: è stato introdotto un diritto di informativa parlamentare periodico sulla situazione economico-finanziaria dell'azienda; sono state introdotte delle norme tese a salvaguardare per quanto possibile l'assetto del personale dell'azienda e i livelli occupazionali e una norma tesa a salvaguardare l'unitarietà dei complessi aziendali.

Restano alcune cose da fare, a cui probabilmente potrà assolvere quest'Aula: l'alimentazione del Fondo di solidarietà, e qui c'è una questione ancora in attesa di soluzione con il MEF, e il tema della restituzione del debito, segnalato dalla Commissione XIV che, lo ricordo, è un tema importante non perché si tratti di una technicality ma perché parliamo di una vicenda che è sotto indagine della Commissione europea in tema di aiuti di Stato e, quindi, la soluzione più appropriata di questo nodo non è una battaglia ideologica ma è una questione di buona amministrazione. In Commissione abbiamo anche riscontrato un'unità straordinaria d'intenti tra le forze politiche sul se, sul se del salvataggio e sul se del dare un futuro ad Alitalia. Nessuna forza politica si è levata a dire “no”. C'è una grande unitarietà di intenti sul fatto che la compagnia di bandiera italiana debba essere fatta uscire dalle secche in cui si trova.

Sul come invece, sul quomodo, la discussione ha lasciato aperte molte opzioni. Si pensi alla Lega, di cui abbiamo appena sentito un intervento in apertura di seduta. Il collega che mi ha preceduto ha proposto di cedere, ad esempio, le azioni di Alitalia all'ex amministratore delegato di Avianca, German Efromovich, probabilmente per un fremito di eccitazione derivante dalle origini russe del cognome e, quindi, deve essere scattato un riflesso condizionato. Mi ha particolarmente suggestionato questa ipotesi, perché in effetti ci sarebbe una straordinaria continuità. Ricordo che l'Avianca Brasil è in bancarotta, che l'Avianca Argentina ha sospeso le sue attività per un eccesso di debito e che la Avianca Colombia non è più controllata dalla famiglia Efromovich ma dalla United Airlines, con l'estromissione dell'amministratore delegato German Efromovich per non aver restituito un debito di 456 milioni di euro. Quindi, sostanzialmente ci sarebbe una continuità clamorosa nella gestione di una crisi aziendale in Sudamerica con un'altrettanta importante gestione di una crisi aziendale nel nostro Paese.

Oppure, mi hanno colpito l'intervento che abbiamo appena sentito del gruppo di Forza Italia, che è contraria a interventi pubblici e si dice pro mercato, o anche le parole che abbiamo appena sentito del gruppo di Fratelli d'Italia. Ma a questi gruppi, che vantano un'alleanza politica che risale nel tempo, voglio rispondere facendo un curioso viaggio nel tempo, Presidente se me lo concede, un viaggio nel tempo all'ottobre 2006 quando l'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi prese atto delle situazioni difficili della nostra compagnia di bandiera e tentò un faticoso procedimento di vendita che durò 17 mesi, per il quale pervennero le offerte e le disponibilità ad acquistare Alitalia da parte di Air France, dell'Aeroflot e di Lufthansa. Perché fallisce questo progetto di vendita? Leggerò testualmente da un importante settimanale dell'epoca: “Il motivo del fallimento, il niet del leader del centrodestra Silvio Berlusconi che in campagna elettorale aveva martellato proprio sul mantenimento dell'italianità della compagnia”. Continuo a leggere: “Alla fine, dunque, il conto per il nostro Paese è salatissimo. Si parla di una cifra superiore a 4 miliardi di euro che comprende anche i lavoratori in cassa integrazione messi in mobilità (circa 10 mila maestranze). Tanto gli italiani si sono visti appioppare per vedere impresso ancora il tricolore sulla compagine azionaria di un vettore aereo che forse l'Italia non era in grado di permettersi”. È il 24 settembre 2013 e a scriverlo è Massimo Morici, ma non lo scrive sulle pagine de Il Fatto Quotidiano ma sulle pagine del berlusconianissimo settimanale Panorama. Allora, c'è il fatto che le parole scritte rimangono e, quindi, mi pare interessante prendere questa testimonianza proprio nel momento in cui si vanno a fare le pulci su quello che sta succedendo in questo momento nel nostro Paese.

Detto ciò, le audizioni hanno tuttavia dimostrato che Alitalia rappresenta un grande valore per il marchio che ha, stimato in tutto il mondo per la puntualità che ha, al top nel livello degli operatori internazionali, e per la sicurezza tra i primi al mondo. Si è registrata tra le forze politiche anche una consapevolezza dell'importanza di avere una compagnia nazionale per l'economia del nostro Paese e anche per il turismo.

D'altro canto, credo che sia patrimonio comune che non si si possa non mettere mano all'attuale organizzazione dell'azienda, per il semplice fatto che l'equilibrio tra costi e ricavi in Alitalia non c'è, e questa questione rimane anche nel caso in cui si faccia ricorso alla newco citata in apertura di dibattito dal collega Fassina: non basta fare una newco, se non si mette mano strutturalmente all'organizzazione dell'azienda. Oggi, con questo decreto, la riorganizzazione è fra le possibilità ed i doveri del commissario straordinario. Badate bene, non è solo questione di riorganizzazione e di tagli sul personale, come talvolta semplicisticamente viene detto, perché ricordo che il costo del personale di Alitalia oggi ammonta al 19,2 per cento del fatturato, mentre in Lufthansa ammonta al 19,4 per cento. Quindi, non è una questione meramente di incidenza del costo del personale sul fatturato, è piuttosto una questione più complessa, che tocca l'offerta; la nostra compagnia di bandiera ha abbandonato in gran parte i voli a lungo raggio, più profittevoli, per concentrarsi sul medio raggio; è un problema di ridefinizione dei costi, iniziare dai leasing per gli aeromobili. Sono cose che può fare solo una società che non sia retta da un commissario straordinario che ha un mandato che non traguarda, se non la vendita a breve, perché ovviamente non è nelle condizioni giuridiche anche di procedere a tale ridefinizione dei costi. Oltre che, poi, c'è il problema del costo del carburante: questa, purtroppo, è una variante che non è assolutamente nelle disponibilità di Governo, né del commissario, né del Parlamento italiano. Il contesto è difficile: liberalizzazione dei voli, presenza di molti operatori low cost con voli che sono stati sovvenzionati dalle comunità locali, tariffe aeroportuali, scelte fatte in passato non felici, in particolare sull'esternalizzazione delle manutenzioni, che rappresentavano un importante valore aggiunto della nostra compagnia.

Lo Stato, in questi tre anni, ha investito sul dossier Alitalia oltre un miliardo e mezzo di euro, se guardiamo anche all'ammontare degli interessi che ad oggi non sono stati ancora pagati. Mettere in equilibrio economico l'azienda non è, quindi, solo una necessità per garantire continuità al nostro vettore, ma è un obbligo etico verso i cittadini italiani che hanno pagato le tasse e che hanno visto in quell'azienda impiegati i loro soldi. Ma è anche una sfida per il sistema Paese: al collega di Fratelli d'Italia che ha appena parlato mi permetto di dire che, qui dentro, nessuno ha la titolarità di ergersi a tutore esclusivo dell'italianità e dell'amore della patria. È - grazie a Dio, mi viene da dire - un valore ampiamente diffuso, trasversale e, per quanto questo valore possa incarnarsi in questa battaglia - in parte c'è anche, ma non esclusivamente - c'è un ampio sentire a favore di questo impegno. La sfida per dare un futuro alla nostra compagnia è una sfida ampia, una sfida trasversale, una sfida che vede la mia parte politica ampiamente coinvolta. Io credo che ci siano le intelligenze, le capacità, le possibilità di andare su questo tema oltre le divisioni di parte, oltre le divisioni di collocazione in questo Parlamento, che peraltro sono mutevoli e transitorie, per centrare un obiettivo, purché sia fatto nella logica del bene comune, dell'equilibrio stabile e per creare le condizioni per un'impresa che possa camminare stabilmente con le proprie gambe. Volare in cielo con la forza dei propri motori senza più aiuti esterni: è una sfida difficile, ma ne va dell'orgoglio di questo Paese. Noi siamo qui, oggi, con spirito di servizio, per lavorare per questa impresa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Italia Viva).

PRESIDENTE. Salutiamo i docenti e gli studenti dell'Istituto comprensivo “Narni Scalo” di Narni, in provincia di Terni, che stanno assistendo ai nostri lavori (Applausi).

È iscritta a parlare la deputata Maccanti. Ne ha facoltà.

ELENA MACCANTI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il gruppo della Lega ha avuto e ha tenuto nei confronti di questo decreto un atteggiamento serio, responsabile, costruttivo, mai ostruzionistico, innanzitutto nell'interesse dei soldi - tanti, già spesi, dei contribuenti - ma anche nel rispetto di un'azienda che è strategica, che opera in un mercato, quello del trasporto aereo che è in continua crescita e che rappresenta un tassello fondamentale per la nostra economia. Dove atterra un aereo si genera sviluppo, senza dimenticare anche le peculiarità geografiche del nostro territorio, che richiedono, ad esempio, la necessità di assicurare la continuità territoriale, e, naturalmente, nel rispetto degli oltre 10 mila lavoratori che, tutti i giorni, garantiscono un servizio grazie al quale - lo abbiamo sentito anche in audizione - Alitalia, oggi, è considerata un'eccellenza internazionale in termini di puntualità e di sicurezza. Ma, purtroppo, signor Presidente, come è stato chiaro dalle approfondite audizioni che abbiamo fatto in Commissione e come è stato chiaro anche questo pomeriggio dalla discussione generale, questo decreto e questa vicenda pagano il prezzo della totale confusione, dell'improvvisazione, della mancanza di collegialità e di visione di questo Governo e anche delle profonde divisioni che, ormai è chiaro, attraversano profondamente le forze che sostengono questo Esecutivo, e non soltanto su questo tema.

L'unica certezza è che, a quasi tre anni dall'ultimo commissariamento, durante i quali è stato stanziato un miliardo e trecento milioni di soldi pubblici, esclusi gli interessi e altri oneri, e dopo che una cordata - quella guidata da Ferrovie dello Stato - è andata in fumo (come dicevamo, ciò è stato chiaro dalla discussione in Commissione), è che oggi ci troviamo di fatto all'anno zero, in una sorta di paradossale e assurdo gioco dell'oca e di rimbalzi di responsabilità, dove un Governo senza guida e senza rotta torna sempre alla casella di partenza. Siamo ritornati al “via” e lo ha ammesso in modo cristallino, nella sua seconda audizione, il Ministro Patuanelli, che ringraziamo per la disponibilità, per il rispetto che ha dimostrato nei confronti del Parlamento. Il Ministro lo ha detto chiaramente: il 31 maggio del 2020, che è il termine entro il quale, ai sensi di questo decreto, il commissario deve espletare le procedure necessarie al trasferimento delle attività aziendali, è paragonabile, nella vecchia procedura, alla data del 31 ottobre 2018. Ricordiamo - lo ha ricordato anche l'onorevole Gariglio - che alla data del 31 ottobre 2018 è seguita una lunga serie di proroghe - credo sette - che ci ha portato, appunto, alla fine del novembre 2019, quando Ferrovie dello Stato ha dovuto alzare il velo sul fallimento della cordata che comprendeva anche del Delta e Atlantia, su cui evidentemente è pesato - qualcuno quest'oggi in Aula l'ha detto - anche l'atteggiamento ambiguo, confuso, demagogico del MoVimento 5 Stelle sulla revoca delle concessioni autostradali, rispetto alla quale non si è ancora capito che cosa ne pensi il Partito Democratico, mentre invece è assolutamente chiarissimo che cosa ne pensi Italia Viva.

Sui tempi stretti si è espresso anche il commissario straordinario, Leogrande, che con grande trasparenza ha illustrato come oggi possano esserci soltanto due possibili punti di ricaduta rispetto al mandato che questo decreto gli assegna: la vendita a terzi, a un soggetto che però ad oggi - sono parole del commissario - non c'è, oppure il conferimento in una newco con successiva cessione. Lo ha confermato anche l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato in audizione che, a precisa domanda delle opposizioni, ha ammesso che questo periodo è molto stringente per chiudere una cessione di tale portata.

Si paventa così il rischio concreto che l'attuale copertura da 400 milioni di euro del decreto non sia sufficiente per portare l'azienda fuori dalle secche, ma il Governo sembra non preoccuparsene, salvo ripetere come ha fatto, quasi ossessivamente, il Ministro De Micheli, in audizione in Commissione, che la data del 31 maggio resta comunque fissa. Del resto, il Governo non ha mai lavorato in maniera sinergica, non è mai stata fatta una riunione collegiale sul tema; addirittura, il Ministro De Micheli, la scorsa settimana, in audizione, ci ha riferito di non aver neanche ancora conosciuto il nuovo commissario straordinario. Infatti, le misure del Governo non sono assolutamente allineate tra loro: il Ministro dei Trasporti, in audizione in Commissione, ha annunciato una serie di provvedimenti, tra cui la diminuzione delle tariffe per i servizi di rotta e terminale delle compagnie aeree - ci risulta, tra l'altro, che sia una prescrizione che ci arriva dall'Europa, ma va benissimo -, che però potranno essere in campo e produrre i loro effetti in un tempo decisamente più lungo rispetto al tempo previsto dal decreto.

Ma quel che è peggio è che nel corso delle audizioni - lo hanno sottolineato anche i colleghi di opposizione - è emerso che il Governo ha pochissime idee e molto confuse. Nella prima audizione, prima della pausa per il Natale, il Ministro Patuanelli ha infatti affermato che del nuovo piano industriale se ne sarebbe dovuto occupare il nuovo commissario, al quale infatti questo decreto affida una delega completamente in bianco.

Nuovo commissario che, da noi audito a quasi un mese dalla sua nomina, invece ha detto chiaramente di non aver alcuna competenza sotto il profilo tecnico - non è un manager, ma è un avvocato -, di non aver ancora neanche un quadro preciso dei conti, e soprattutto di non avere ancora un'idea sul nuovo piano industriale da sottoporre al mercato per un'eventuale vendita della compagnia di bandiera. In compenso, lo hanno sottolineato anche gli altri colleghi di opposizione, l'unica novità che ci ha annunciato è stata l'assunzione di un nuovo direttore generale al costo annuo per i contribuenti di 250 mila euro. Ci piacerebbe sapere che cosa ne pensa, da questo punto di vista, il MoVimento 5 Stelle, che da questo punto di vista è sempre stato decisamente ferreo. Governo senza idee, in confusione, maggioranza quanto mai divisa sulle ricette per salvare e rilanciare la nostra compagnia di bandiera, lo abbiamo sentito anche oggi durante la discussione generale. Il Partito Democratico, attraverso il suo capogruppo, l'onorevole Gariglio, si è infatti apertamente dichiarato contrario al coinvolgimento di Ferrovie dello Stato, mentre tanto il Ministro Patuanelli quanto il commissario Leogrande - abbiamo sentito anche oggi il rappresentante del MoVimento 5 Stelle - hanno invece affermato che non si può che ripartire da Ferrovie dello Stato, e anche il Ministro De Micheli, autorevole rappresentante del Partito Democratico, ha sostenuto gli eventuali benefici dell'intermodalità. Italia Viva ha dichiarato con grandissima trasparenza - lo ha fatto anche oggi - di essere contraria a qualsiasi ipotesi di nazionalizzazione e coinvolgimento dello Stato, mentre Liberi e uguali - abbiamo ascoltato con attenzione l'onorevole Fassina - ha da sempre sostenuto la necessità di una newco pubblica come via transitoria per riorganizzare l'azienda e fare una parte degli investimenti necessari. Strada, quest'ultima, che l'Esecutivo pareva anche in un primo tempo voler imboccare, attraverso le parole del Ministro Patuanelli, all'indomani del fallimento della cordata guidata da Ferrovie dello Stato, salvo poi, come sempre, smentirsi nei fatti. Proprio questo decreto, infatti, abroga la norma introdotta dal “decreto crescita” che consentiva di convertire i 145 milioni di euro di interessi passivi legati al primo prestito ponte in partecipazione azionaria del MEF. Tutto ma anche il contrario di tutto, perché, come purtroppo accade anche per altri nodi fondamentali del Paese, anche in questo caso il Governo prende tempo, non decide, tira a campare, insomma, anche per evitare fratture in una maggioranza già a pezzi su molti fronti. In compenso nessuna idea sul nuovo piano industriale, su nuove possibili alleanze e su una vera integrazione con l'alta velocità ferroviaria. E in tutta questa confusione non dimentichiamo un ulteriore convitato di pietra - è stato citato nei precedenti interventi – che è l'Unione europea, e il rischio concreto di una nuova procedura di infrazione, come ha sottolineato anche la XIV Commissione nel suo parere, che è agli atti. Nel decreto, infatti, manca la data entro la quale Alitalia dovrà restituire il prestito, elemento determinante perché non si configurino aiuti di Stato; ma anche in questo caso, mi spiace dirlo, l'arroganza e l'improvvisazione del Governo hanno preso il sopravvento durante la discussione in Commissione. Il tema dell'eventuale procedura di infrazione - oltre al danno della crisi di Alitalia e dei soldi investiti potrebbe infatti aggiungersi la beffa di costosissime multe - era già emerso a cavallo della fine dell'anno, quando la Commissaria europea per la concorrenza, rispondendo a un'interrogazione parlamentare, non aveva escluso proprio l'apertura di una nuova indagine su questo prestito ponte da 400 milioni di euro. Ed è un tema che abbiamo sollevato forte durante le audizioni del Ministro De Micheli, non ricevendo alcuna risposta; ma soprattutto è un tema, l'ha ricordato l'onorevole Mulè, che è stato sollevato con un emendamento di Forza Italia in Commissione, sottoscritto anche dalla Lega, che è stato incredibilmente bocciato. Ed incredibilmente, anche in questo caso, il Governo ha fatto tutto il contrario di tutto, perché nella prima versione del testo sul prestito ponte, quella inserita nel decreto fiscale, la previsione della restituzione a sei mesi era presente, salvo poi sparire nella versione definitiva del decreto. Il tema, lo annuncio già, tornerà domani in Aula: il gruppo della Lega ha presentato proprio su questo tema un emendamento che chiederemo di discutere e di votare domani. E veniamo al testo che approda oggi in Aula. Come sottolineavo all'inizio, il gruppo della Lega, insieme alle altre forze di opposizione, nonostante questo quadro di forte preoccupazione, non ha mai fatto ostruzionismo al decreto, consapevoli della gravità della situazione in cui versa Alitalia.

In Commissione, così come in Aula, ci siamo concentrati con pochi emendamenti di merito sui pochissimi margini di manovra di modifica di un decreto che contiene un solo articolo ed è necessariamente generico. Abbiamo innanzitutto provato a circoscrivere, per quanto possibile, il perimetro di azione del commissario, al quale il Governo aveva invece affidato pieni poteri, con una delega completamente in bianco, rispetto alla missione di organizzare ed efficientare la struttura per poi procedere al trasferimento dei complessi aziendali. E la prima preoccupazione della Lega è stata quella che non si paventasse un gravissimo rischio per il nostro Paese, cioè che, dietro alla riorganizzazione e all'efficientamento, si nascondesse in realtà un'operazione di bassa macelleria sociale per poi arrivare a una svendita a pezzi con oneri pesantissimi in termini di occupazione anche per il bilancio dello Stato e con la perdita irreversibile di potenzialità di sviluppo per l'Italia. Ed è stato proprio grazie all'impegno della Lega se nel decreto sono stati inseriti due paletti importantissimi al lavoro del commissario straordinario: il mantenimento dell'unitarietà dei complessi aziendali e dunque la tutela dell'occupazione e delle professionalità presenti in azienda. Ci spiace invece che il Governo non abbia rispettato l'impegno assunto con i lavoratori per rifinanziare e rendere strutturale il fondo di solidarietà del trasporto aereo. Anche in questo caso, come ha ricordato il collega Durigon, alle promesse del relatore alle organizzazioni sindacali in audizione, alle parole del Ministro Patuanelli, che aveva auspicato in audizione un intervento del Parlamento in questo senso, non sono seguiti i fatti, visto che il Governo, con l'invito al ritiro dell'emendamento di maggioranza, lo ha di fatto bocciato. Anche in questo caso annuncio che abbiamo ripresentato l'emendamento per l'Aula. Così come in Aula torneremo sulla necessità di contenimento dei costi dell'organo commissariale, l'ho detto prima, lo torno a dire oggi: è stato quanto mai inopportuno nominare un direttore generale a 250 mila euro l'anno - non siamo riusciti neanche a capire con quale tipologia di contratto - per una società che è in amministrazione straordinaria e che teoricamente tra quattro mesi e mezzo dovrà essere ceduta; è davvero una questione di mancanza di rispetto nei confronti dei contribuenti. Così come è una questione di rispetto dei cittadini e del Parlamento che, dopo l'approvazione del decreto, il Governo continui a relazionare alle Commissioni competenti non soltanto per quel che riguarda l'andamento dei conti - in questo senso il gruppo della Lega ha sottoscritto l'emendamento di Forza Italia che è stato accolto dal Governo e dalla maggioranza - ma che continui a relazionare anche sul nuovo piano industriale, che non rimanga invece tutto chiuso nelle segrete stanze del MiSE. E proprio in questa direzione va un altro nostro emendamento per l'Aula, che prevede che il Governo relazioni alle Camere, entro trenta giorni dalla data di conversione della legge e successivamente a cadenza trimestrale, proprio per quel che riguarda il nuovo piano industriale; una trasparenza che, quando parliamo di soldi dei cittadini, è assolutamente indispensabile.

Concludo, Presidente, manifestando così tutte le preoccupazioni e le perplessità del gruppo della Lega che, nonostante questo, ha tenuto un atteggiamento responsabile - si è astenuta sul mandato al relatore, questo è l'orientamento che il nostro gruppo ha anche rispetto alla discussione in Aula - augurandoci però che si possa presto tornare davvero al voto per restituire una guida a questo Paese e mettere la parola fine a un Governo che, anche in questo caso, si è dimostrato improvvisato, senza idee e soprattutto profondamente diviso.

PRESIDENTE. Sospendo per una pausa tecnica la seduta, che riprenderà alle ore 16,45. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 16,45.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2284-A.

È iscritta a parlare la deputata Carmela Grippa. Ne ha facoltà.

CARMELA GRIPPA (M5S). Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, sul tema Alitalia ci troviamo a discutere, anche in quest'Aula e di nuovo, che cosa è veramente importante fare per il prosieguo industriale di questa importante compagnia del settore. Stiamo discutendo del suo futuro e, per fortuna, non ancora della sua fine, anche se da alcuni anni il tema ha coinvolto i lavori di questo Parlamento.

Il decreto-legge che stiamo esaminando è molto semplice: questa volta, per la compagnia di volo che nasce nel 1946, che attraversa tutta la fase di ricostruzione del Paese, che segue il favorevole momento industriale, simboleggiando nel mondo efficienza e puntualità, non è escluso che sia necessario l'intervento pubblico, un intervento importante, perché non possiamo buttare via quanto fatto in questi due anni di procedura e perché come alternativa non avremmo che lasciare gli aerei sulle piste degli aeroporti, un'ipotesi che non riteniamo possa essere presa in considerazione dalla maggioranza di questo Governo, perché questo Paese il Governo ce l'ha. Ciò nonostante bisogna andare avanti senza sottovalutare le diverse difficoltà e i nodi da sciogliere che ormai si susseguono da quasi 12 anni per la società del settore aeroportuale. Sappiamo che questo è un aiuto di cui Alitalia necessita, perché priva di un vero piano industriale e in tal senso condivido le parole del nostro Ministro dello sviluppo economico Patuanelli quando afferma che Alitalia, dopo il marchio Ferrari, è uno dei brand italiani più conosciuti al mondo e, pertanto, un Governo non può che essere orgoglioso di dire che Alitalia è e resterà la compagnia di bandiera. Proprio l'assenza di un piano industriale non consentirà una sua cessione il 31 maggio prossimo, ma sappiamo che il closing sarà possibile solo quando materialmente le chiavi saranno prese in carico dal nuovo operatore. È per questo che c'è bisogno di un'immediata interlocuzione tra il commissario straordinario Giuseppe Leogrande, Alitalia, con FS e Delta. I 400 milioni della durata di sei mesi previsti all'articolo 1 del decreto stanziati dal Governo insieme ai 150 milioni di beneficio derivanti dalla rimodulazione degli interessi stabiliti dal MEF e dalla disponibilità di cassa sono sufficienti ad Alitalia per concludere la nuova procedura di cessione a cui sta lavorando il nuovo commissario straordinario.

Cari colleghi, sappiamo inoltre che il decreto-legge n. 137 del 2 dicembre 2019 è l'ultimo provvedimento di una serie, anche recente, che riguarda l'Alitalia, reso necessario come decreto-legge autonomo rispetto all'articolo 54 del decreto “fiscale” che conteneva già uno stanziamento di ulteriori 400 milioni per la conclusione della procedura di amministrazione straordinaria e per la cessione degli asset di Alitalia. È stato necessario perché, dopo una serie di proroghe, l'ultima delle quali era fissata al 21 novembre 2019, Ferrovie dello Stato ha comunicato ai commissari straordinari che non c'erano ancora le condizioni per addivenire a una proposta inderogabile d'acquisto. Preso atto, quindi, di questa nuova situazione, preso atto, nei giorni successivi, delle dimissioni dei commissari, il professor Laghi, l'avvocato Discepolo e il professor Paleari, che mi preme nuovamente ringraziare per il lavoro svolto, così come ringrazio i veri autori della sussistenza della compagnia, cioè i dipendenti di Alitalia che ogni giorno si spendono per la nostra compagnia di bandiera, preso atto, come dicevo, delle dimissioni dei commissari, si è provveduto poi in data 12 dicembre 2019 alla nomina dell'avvocato Giuseppe Leogrande come commissario unico che avrà il compito di proporre, se lo riterrà, delle modifiche al programma di cessione, programma che è stato presentato nel gennaio 2018 e autorizzato a marzo 2018, e che avrà, altresì, il compito di prevedere le attività che riterrà più opportune per limitare i costi del conto economico di Alitalia. Quindi, avrà come compito principale quello di indicare le iniziative necessarie per far sì che si apra una nuova procedura di cessione.

Sappiamo, inoltre, che l'amministrazione straordinaria è regolata da quanto disposto dalla cosiddetta legge Marzano che prevede due finalità: la prima è la ristrutturazione con la retrocessione dei soci, cosa avvenuta una volta in questo Paese con l'applicazione di quella norma, è il caso Parmalat con il Commissario Bondi. Tutte le altre procedure sono sempre state finalizzate alla cessione, che non significa aver già individuato chi acquista. Un aspetto che bisogna sottolineare in modo chiaro e aperto è che il Governo ritiene che ci siano le possibilità di rilanciare la compagnia di bandiera, con la consapevolezza che non è il costo del personale che determina la perdita, ma l'integrità aziendale, nelle forme e nei modi che il commissario riterrà più opportuni; è il valore della compagnia che deve essere mantenuto. Per noi Delta rimane un interlocutore potenziale per il prosieguo della procedura, così come la proposta commerciale che Lufthansa ha fatto al costituendo consorzio, che non è quella di ingresso immediato con equity, ma è di una partnership commerciale, con un cambio evidente di alleanze, perché, come è noto a tutti, al momento Alitalia fa parte di SkyTeam e Lufthansa è partner principale di Star Alliance, quindi, un'altra alleanza internazionale. La proposta di Lufthansa è quella di un accompagnamento al cambio di partnership internazionale. Sono tutte valutazioni che spetteranno al commissario straordinario individuato che ha esperienze di compagnie aeree, avendo gestito la struttura commissariale di Blue Panorama, con una compagnia certamente non paragonabile per dimensioni ad Alitalia, ma che conosce certamente il settore del trasporto aereo, con una procedura straordinaria che possiamo dire di successo nella misura in cui quella compagnia è stata risanata.

Certamente, l'avvocato Leogrande deciderà in totale autonomia le necessità tecniche del team con cui vorrà gestire questo percorso che è oggettivamente complesso, che, però, visti i dati del trasporto aereo in generale, vista la crescita del numero dei passeggeri, visto il riconosciuto miglioramento del servizio in anni di grande complessità da parte della nostra compagnia di bandiera, ci fa pensare che ci siano gli spazi necessari affinché Alitalia diventi finalmente una compagnia che riesca a stare sul mercato e che riesca a fare utili in un settore complesso. È evidente che non basta soltanto agire sulla compagnia per garantire la capacità di Alitalia di stare sul mercato, ma va proposta una riforma del settore che tenga conto delle trasformazioni del mercato e che accompagni in qualche modo le necessità non soltanto della compagnia di bandiera, ma, in generale, di alcuni ulteriori soggetti del trasporto aereo.

Alitalia è stata sull'orlo del fallimento a causa di operazioni che sono state sempre avallate da tutti i Governi in carica, operazioni molto discutibili che hanno eroso e dissipato gradualmente, ma inesorabilmente, i beni e le risorse aziendali, beni e risorse che hanno una quantificazione economica in miliardi di euro, ma, soprattutto, beni e risorse che hanno un valore strategico per la funzione che ricoprono per l'azienda.

In questi anni, le numerose operazioni di cessione e le conseguenti trattative, appunto avallate dai Governi, non hanno allontanato a sufficienza la compagnia aerea dall'orlo del burrone, rappresentato dal fallimento della compagnia. Come è emerso nel corso delle audizioni dei commissari della gestione commissariale sono stati sistematicamente e deliberatamente stipulati contratti assolutamente svantaggiosi, evidentemente a vantaggio di qualcun altro. Faccio soltanto alcuni esempi che sono stati già riportati ampiamente nella discussione generale anche al Senato, ma vale la pena ricordarli anche ai cittadini che ci ascoltano fuori: sono stati sottoscritti accordi svantaggiosi per l'acquisto del carburante, per il noleggio degli stessi aeromobili, per i servizi di manutenzione, arrivando addirittura a smantellare un fiore all'occhiello come l'azienda EMS, ancora, per il sistema di prenotazione di biglietti e per i corsi del personale.

Cari colleghi, questa azienda è stata smembrata, come se non bastasse, anche sottoscrivendo accordi incredibilmente penalizzanti per la vendita degli slot negli aeroporti che hanno un ruolo centrale nel traffico europeo e internazionale, penso a quello di Londra. Alitalia, in seguito a tutto questo percorso, è stata, quindi, infine, ammessa al percorso di procedura di amministrazione straordinaria, secondo quanto previsto dalla cosiddetta legge Marzano. Presidente, voglio approfittare di questa occasione, affinché i colleghi di quest'Aula possano rivolgere con me un momento di attenzione ai lavoratori di questa azienda; anche i commissari hanno dato atto che si tratta di persone, di italiani, che hanno lavorato in un clima di assoluta collaborazione, in un momento in cui sono coinvolti da una grande preoccupazione e da un'incertezza che dura evidentemente da troppo tempo. Concludo, Presidente; noi del MoVimento 5 Stelle siamo certi che questa nuova iniezione di liquidità per la compagnia di volo italiana sia un ulteriore gesto di responsabilità di questo Governo, perché permetterà all'amministrazione straordinaria di completare il suo mandato, definendo con chiarezza la strategia necessaria per permettere la sostenibilità funzionale ed economica di Alitalia.

Solo in questo modo sarà possibile non disperdere il valore di questa compagnia, che rappresenta un simbolo per il Paese e di tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mauro Rotelli. Ne ha facoltà.

MAURO ROTELLI (FDI). Grazie, Presidente. Grazie, colleghi e anche grazie al sottosegretario, che sta pazientemente ascoltando questa serie di interventi. Ci stavamo domandando poco fa, nella pausa che ha decretato il Presidente, quale fosse la finalità, quale potesse essere la finalità di questi interventi in discussione generale. Se ci limitiamo, molto probabilmente, solo a fare un elenco di tutto quello che è successo, addirittura in alcuni casi negli ultimi dieci, dodici anni, nella migliore delle ipotesi negli ultimi due anni o negli ultimi mesi, io penso che non è che ne tiriamo fuori un granché di nuovo.

Molto probabilmente io penso e ritengo, per come è stata l'attività dei gruppi di opposizione in Commissione, che l'attività, l'attenzione debba essere rivolta a qualche cosa che faccia cambiare questa storia, che, altrimenti, Presidente, sembra sempre uguale a se stessa. Si ripete in maniera ciclica, magari cambia qualche attore, naturalmente cambiano gli attori governativi. La risposta dello Stato, però, è sempre la stessa: si prendono delle risorse, in questo caso anche decisamente importanti e impegnative, e si fa un decreto, in questo caso di 400 milioni di euro; questo si va ad aggiungere ad altri interventi già fatti e la delusione, le devo dire sinceramente, è tanta. Ed è per questa delusione che il gruppo di Fratelli d'Italia non potrà votare favorevolmente questo decreto, pur volendo stare vicino alla compagnia, ai lavoratori, a tutte le professionalità che girano intorno al mondo Alitalia.

Sottosegretario, le racconto questo passaggio in Commissione, che è stato abbastanza singolare. Credo che, in tutte le audizioni che noi abbiamo fatto in Commissione trasporti, l'unico intervento che ha riconosciuto valore e unicità alla compagnia, la nostra ex compagnia di bandiera, è stato fatto dal rappresentante delegato di Lufthansa per la questione Alitalia. Con un accento italotedesco, il responsabile delle trattative delegato è venuto a dirci: Alitalia è interessante, è importante il logo, il marchio, ha un valore fondamentale, Fiumicino è un hub strategico. Queste cose non le abbiamo sentite dire da nessun altro.

Le dico che per altri motivi, e quindi per un'altra proposta di legge, nelle settimane precedenti abbiamo audito decine di attori del mondo aeroportuale, definiamolo così, in maniera un pochettino generica e allargata; ognuno di questi è venuto con dati di crescita dei volumi economici relativi al traffico merci, cargo, passeggeri, turistici. E, quindi, noi ci guardavamo in maniera stupita, chiedendoci come fosse possibile che, in tutta questa crescita, che non è semplice da trovare in tutti gli altri settori della vita economica del nostro Paese, per quanto riguarda Alitalia, invece, la situazione è drammaticamente in nero, anzi in rosso in questo caso. Le devo dire che questa è una puntata di questa triste saga di Alitalia, che ha il marchio tutto del MoVimento 5 Stelle. Sono andato a recuperare qualche intervento stampa e mi ricordo che, intorno alla metà di luglio di quest'anno, l'allora Ministro dello Sviluppo economico, Di Maio, diceva e annunciava al Corriere della Sera, ai suoi e al suo staff: lunedì chiudiamo, cioè lunedì la questione Alitalia è chiusa; è rintracciabile su tutti i giornali questo passaggio. A Patuanelli è arrivata una pratica, che è tutto tranne che chiusa, è arrivato questo regalo.

E perché abbiamo chiesto al Ministro… che abbiamo apprezzato, come ha detto la collega Maccanti, quando è tornato in Commissione, cercando di mettere un po' le toppe, come si dice, a una serie di audizioni che ci avevano lasciato veramente esterrefatti e senza parole, in maniera particolare quella del commissario straordinario, per il quale la cosa più importante era la nomina di questo direttore generale, che ci auguriamo salvifico a questo punto, visto anche l'emolumento che gli spetterà. E, per quanto riguarda Patuanelli, siamo rimasti senza parole nel momento in cui il Ministro non ci è sembrato avere veramente la benché minima idea nuova, perché noi pensiamo, come gruppo di Fratelli d'Italia, che il valore si crei soprattutto attraverso una nuova idea per quanto riguarda Alitalia. È possibile che il Governo, lo Stato, debba esclusivamente limitarsi a mettere un obolo un'altra volta?

È immaginabile che non ci sia una modalità diversa di approcciare questa tematica? In un momento nel quale il Ministro degli Affari esteri, che era Ministro dello Sviluppo economico, va in giro per il mondo a tessere rapporti o relazioni, in maniera particolare in Asia (la nostra Commissione è interessata anche da questioni relative alla sicurezza per quanto riguarda le telecomunicazioni), perché quella non è l'occasione per inaugurare accordi con nuove rotte a lungo raggio che possono interessare la nostra compagnia di bandiera, l'Alitalia, che sappiamo sono quelle più redditizie? Oltretutto, in un sistema nel quale il Governo, io penso, possa fare anche qualcos'altro, oltre ad avere una serie di relazioni internazionali che ci aprono a mercati in Asia, in America Latina e non soltanto in Canada e Stati Uniti, tanto per capirci.

Io penso che, oltre a mettere 400 milioni di euro, l'intera idea di Alitalia possa essere l'idea di un Paese, di una nazione, un'idea diversa, nella quale l'alta velocità e Ferrovie fanno il loro ruolo dove arrivano, e Alitalia ne fa un altro dove l'alta velocità e le Ferrovie non riescono ad arrivare; nella quale il Governo mette i puntini sulle “i” alle low cost, e cerchiamo una volta per tutte di definire, rispetto a queste compagnie con costi più bassi - che non sono collegate ad Alitalia, come invece succede a tante compagnie low cost negli altri Paesi europei collegate alle compagnie di bandiera - come il Governo possa cercare di restringere il raggio d'azione e individuare alcuni porti, alcuni aeroporti, alcune situazioni, nelle quali queste compagnie possano operare e non lo stesso hub di Fiumicino, che da tutti è stato individuato come uno degli elementi di estremo pregio di questa operazione, proprio collegata anche all'Italia, in un contesto nel quale Alitalia è un tassello dei trasporti.

Non so se avrà visto, ma penso di sì, il momento nel quale in Commissione è arrivata l'audizione della Ministra dei trasporti, Paola De Micheli. Io in Commissione l'ho definita non imbarazzante, ma imbarazzata. È arrivata quasi non sapendo cosa dover dire su Alitalia, ce l'ha praticamente detto, se non due o tre spot collegati alle tasse di sorvolo, alle tasse aeroportuali: cose importanti, che però danno proprio l'idea di quello che necessita. Necessitiamo di un ennesimo fondo? Molto probabilmente sì, ma non per allungare e prolungare l'agonia, ma per fare in modo che questo periodo, che a noi risulta assolutamente insufficiente (questi sei mesi ci sembrano una farsa rispetto alla problematica di cui stiamo parlando), possa essere un passaggio nel quale si sviluppa la nuova idea di sistema di trasporti dell'Italia, della quale Alitalia è un pezzo, ma poi c'è anche Ferrovie, ci sono le autostrade, provando a scrollarsi di dosso anche questo gelo che noi abbiamo notato in più di un passaggio in Commissione.

È stato straordinario il momento di imbarazzo totale alla presenza dell'amministratore delegato di Ferrovie. Che cosa ha fatto Battisti di così grave da meritarsi questa non accoglienza da parte dei partiti di maggioranza in Commissione? Eppure è un AD che avete nominato voi, sta lì perché aveva molto probabilmente una missione: diciotto mesi di lavoro, che hanno portato una serie di dati che in questo momento sembrano non essere più buoni, o forse sì, perché in mezzo c'era Atlantia. Quindi, ecco l'imbarazzo: Battisti ha messo su un quadro, nel quale poi è rientrato dalla finestra o dalla porta, non lo so, il gruppo Benetton, e ha creato lo sconquasso nei rapporti, e l'abbiamo visto anche direttamente.

È per questo, Presidente e sottosegretario, che non annunciamo qui per la prima volta, perché l'abbiamo già fatto in Commissione, questo voto di astensione da parte del gruppo di Fratelli d'Italia. E diciamo che lo facciamo anche perché pensiamo di aver portato a casa un elemento importante e fondamentale, che è quello della tutela dei livelli occupazionali, di evitare lo spezzettamento della compagnia stessa, e crediamo che il lavoro fatto insieme alle altre forze di opposizione e riconosciuto all'interno della Commissione sia stato importante.

Però, da adesso in poi, non sarà più possibile fare questo lavoro di memoria a ritroso, ripartendo da venti, quindici, dodici, dieci anni fa. Sono due anni quasi che state al Governo, un anno e mezzo. Questi mesi sono stati - penso - necessari, utili e anche importanti per poter approfondire questo dossier, avete avuto la possibilità di poterlo approfondire in ogni modalità e con l'aiuto dei tecnici e dei dati che noi non abbiamo. Perché una cosa ho chiesto a Patuanelli: ma è possibile che questa data sia quella nella quale risolviamo tutto? Perché, o avete qualche cosa che non ci avete raccontato ancora, oppure questa è una data solita di questo passaggio che dovremo aspettare. Vi aspettiamo al varco, proveremo a starvi addosso, a monitorare.

Sarà importante ogni trenta giorni, non ogni sei mesi, cercare di capire a che punto sarà questa vicenda, perché è una vicenda che si sta trascinando da troppo tempo e che riteniamo opportuno finalmente chiudere una volta per tutte, per il bene dei lavoratori, delle loro famiglie e dello sviluppo di un Paese che ha bisogno che questo sia un tassello dell'idea nazionale, che a noi sta particolarmente a cuore (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giuseppe Chiazzese. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CHIAZZESE (M5S). Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, oggi ci troviamo a discutere in Aula circa le misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia, la nostra compagnia, che, come emerso anche in Commissione, gode ancora di tantissimo prestigio legato all'italianità nel mondo, un brand di cui noi italiani siamo e dobbiamo essere orgogliosi, un brand che richiama quello stile di vita italiano ancora tanto desiderato al mondo. Quella che è stata la nostra compagnia di bandiera si trova in difficoltà tali – ovviamente, alla luce del sole -, da richiedere un prestito dello Stato per poter andare avanti e far continuare a volare gli aerei. Io sono profondamente stizzito per il modo in cui la politica in passato ha trattato questa compagnia, i suoi lavoratori e di riflesso tutti gli italiani: usata per fini di propaganda e di clientela, per sbandierare soluzioni dal fiato corto dietro le quali si nascondevano ulteriori danni ed indebitamento. Non mi dilungo in questa sede a ripercorrere i dettagli, peraltro già esaminati a fondo da colleghi, tra cui Marino e Gariglio ad esempio, di quella che non temo di definire una delle pagine buie per la politica di questo Paese. Resta il fatto però che la malapolitica, commista alla mala gestio aziendale, ha prodotto una voragine economica con cui adesso dobbiamo fare i conti, e non sfuggiremo certo al nostro dovere solo perché i danni sono di responsabilità di altri; adesso è il momento del coraggio, e il Governo e la maggioranza parlamentare non intendono tirarsi indietro.

Penso e spero che in quest'Aula nessuno voglia far fallire Alitalia, questo mi sembra sia stato anche abbastanza chiaro in Commissione; e non soltanto ovviamente per ragioni sentimentali legate al brand: c'è da salvaguardare un asset importante, con personale qualificato e motivato e con un indotto importante. Pensiamo soltanto al movimento che Alitalia genera nei nostri aeroporti, ai flussi di persone che porta nelle nostre città da tutto il mondo e che fanno sì che le città italiane siano in cima alle classifiche delle città più visitate al mondo. Un discorso a parte poi come, diceva poc'anzi il collega, merita l'hub Alitalia di Fiumicino, considerato tra i migliori aeroporti al mondo, anche grazie al contributo del personale altamente specializzato di Alitalia che lavora proprio lì a Fiumicino. La parola giusta dunque, Presidente, non è salvataggio, ma rilancio, rilancio di questa compagnia; e se pensiamo all'Alitalia di domani dobbiamo mirare a questo obiettivo non per particolare ambizione, ma perché è l'unico possibile per gli italiani, è l'unico che i cittadini possono volere. Alitalia dev'essere uno degli elementi di traino della nostra economia, anche alla luce di quanto abbiamo ascoltato dai vari soggetti coinvolti in audizione in Commissione trasporti. Stando a quello che hanno detto loro, il rilancio è ancora possibile. Lo ha detto bene anche il Ministro Patuanelli, certamente la strada da percorrere è in salita ed è stretta, per via anche delle normative stringenti da rispettare per una compagnia che è in amministrazione straordinaria, come stabilito da un giudice; ma a fare da contrappeso c'è la motivazione di una maggioranza e di un Governo che lavorano alla luce del sole per costruire una road map, come confermano appunto le audizioni di Ferrovie dello Stato, del Ministro Patuanelli, dell'operatore Lufthansa, dello stesso commissario Leogrande. Il mio invito a quest'Aula è quello a guardare all'interesse della compagnia e del Paese, evitando di strumentalizzare ai fini di propaganda una vicenda grave, della quale - ribadisco - portano le responsabilità diversi Governi del passato.

Se il Parlamento certamente si dimostra unito e coeso saremo in grado di superare questa fase di oggettiva difficoltà e di restituire al Paese un vettore in grado di accompagnare la ripartenza della nostra economia. Nel decreto-legge che ci apprestiamo a votare ci sono misure importanti, come anche il conferimento di maggiori poteri al commissario che vanno proprio in questo senso. Poi, personalmente, sono sempre stato, proprio a livello personale, un appassionato di questo brand, che, come anche ha detto Patuanelli, è il secondo brand italiano più prestigioso al mondo dopo Ferrari, probabilmente perché da ragazzo andavo spesso negli Stati Uniti, e quindi prendevo spesso un volo Alitalia; ma ricordo, proprio quella livrea di un Boeing 747, quel tricolore sulla coda erano motivo certamente di orgoglio per me, per molti cittadini italiani. Notavo come in quell'esperienza tanti turisti, magari americani o chi veniva qui per lavoro, venivano a contatto con l'inconfondibile eleganza e stile italiano. Il nostro obiettivo dev'essere proprio quello di mettere nuovamente a disposizione dei nostri concittadini e dei viaggiatori di tutto il mondo un vettore in grado di garantire standard di sicurezza e di qualità di servizio elevatissimi, perché, bisogna ricordarlo, anche in questo momento di grave disagio di questa compagnia, comunque l'affidabilità e l'arrivo in orario degli aerei è al top per questa compagnia, e questo è ovviamente un motivo di grande prestigio per noi. Non dobbiamo ovviamente accettare né compromessi al ribasso, né ricatti di chi, per altri interessi, promette di impegnarsi in questa fondamentale partita (vedi Atlantia). La road map che disegniamo con questo decreto-legge deve dar vita a una compagnia in grado di stare sul mercato e rappresentare degnamente il made in Italy, e questa è l'unica Alitalia possibile che dobbiamo veder solcare i cieli di tutto il mondo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI (FDI). Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, il primo elemento di rammarico non può che essere il galleggiamento complessivo che si continua a mantenere in vita sulla vicenda del trasporto aereo in quanto tale e di Alitalia nella fattispecie. Abbiamo atteso a lungo: i pochi mesi di vita del Conte-bis sono successivi ad altrettanti mesi, anzi più corposi, del Conte I; quindi, diciamo che un tempo dato per evitare di proseguire la farraginosa sequenza di prestiti-ponte, commissariamenti, il tempo c'è stato per poter pretendere da parte del Parlamento italiano, del popolo italiano per suo conto idee più chiare. Io vorrei approfittare di questa discussione generale per puntualizzare alcune questioni che poi potrebbero tornare utili anche relativamente alla posizione che Fratelli d'Italia prenderà su questo decreto-legge, che non potrà che essere una posizione interlocutoria, visto che non è risolutivo ma è comunque necessario. Prima questione: non dobbiamo e non possiamo parlare di Alitalia come se fosse una qualunque azienda scevra da interconnessioni di vario genere e titolo. Quando parliamo di Alitalia parliamo di trasporto aereo, quando parliamo di trasporto aereo parliamo di infrastrutture; per quello che ci riguarda quando si parla di infrastrutture si parla di infrastrutture sovrane; nell'epoca delle facili privatizzazioni, che hanno svantaggiato l'Italia e gli italiani e hanno avvantaggiato prima taluni soggetti privati, subito appresso taluni soggetti privati e/o pubblici non appartenenti alle tradizioni italiane, quindi noi, piano piano, attraverso quella dissennata stagione di presunte virtuose privatizzazioni, abbiamo svenduto già una serie di asset strategici.

Questo io lo dico affinché si possano accendere, come si dice in gergo, le luci speciali, affinché ci possa essere un monito: noi non vogliamo che il trasporto aereo finisca nelle mani di altre nazioni diverse dall'Italia, perché siamo perfettamente consapevoli… Diversamente da quello che abbiamo ascoltato, perché in questi mesi è stato un esercizio stucchevole vedere taluni personaggi della politica italiana, ma anche taluni rappresentanti autorevoli dei cosiddetti corpi intermedi, dei sindacati di categoria, è stato stucchevole assistere a questa sequenza di negatività: quanto ci è costata e quanto ci costa Alitalia. Non c'è stata una sola persona che ci ha spiegato quanto ci costerebbe non avere Alitalia nel portafoglio dello Stato italiano, quanto ci costerebbe, in futuro, dover cedere la cabina di regia del trasporto aereo di una nazione che fonda la propria economia sulla trasformazione delle materie prime, che prende per conto terzi, non avendole, e poi le esporta, una nazione che di fatto è per vocazione, per statuto, per definizione una sorta di snodo - si direbbe, nel gergo del trasporto aereo, un hub - l'Italia è un grande snodo commerciale e noi siamo favoriti in questo intanto dal nostro genio, dalla nostra capacità creativa e poi dai nostri beni culturali paesaggistici e naturalistici, che abbiamo in dote, non siamo stati bravi, li abbiamo presi in eredità. Si dà il caso che qualche centinaio di milioni di soggetti del mondo vorrebbero avvicinarsi all'Italia per conoscerne le eccellenze che fin qui ho brevemente elencato. Abbiamo, se non vado errato, fin qui 186 milioni di passeggeri; soltanto una quota minoritaria di questo numero è gestita da Alitalia: questo significa che soltanto restando all'interno di questa cornice, senza fare chissà quale volo pindarico, noi, solo cercando di mangiare mercato straniero al mercato italiano, riusciremmo a migliorare ulteriormente le prestazioni che comunque sono state negli ultimi anni positive, quelle di Alitalia. Ciò che è stato negativo è la totale assenza di una cabina di regia del trasporto aereo: non c'è nessuno che si sia mai occupato di queste infrastrutture, che ci abbia mai messo la testa. Quando è andato bene, si è fatto il commissario di Alitalia, ma mai si è determinata la necessità, se non attraverso le chiacchiere accademiche, di mettere in rete i vari tasselli del trasporto aereo e non soltanto aereo. Quasi mai è accaduto che si potesse trasformare questa peculiarità italiana in un valore aggiunto. Non ci si è messa la testa, si è fatto il conteggio di quanti lavoratori “parassiti” stessero all'interno di Alitalia, di come accelerare le procedure per fare lo spacchettamento, le esternalizzazioni e quindi depauperare il patrimonio di Alitalia, si sono venduti, anzi svenduti asset fondamentali, che hanno impoverito - eppure Alitalia ha resistito lo stesso - complessivamente il potenziale del trasporto aereo, si sono tracciate autentiche Autostrade per favorire la concorrenza delle compagnie low cost. L'assenza di una cabina di regia è anche rappresentata da questa tragedia autentica, secondo la quale Alitalia, compagnia di bandiera o ex compagnia di bandiera, come preferite, non può accedere ai fondi statali e quindi neanche ai fondi regionali, ma le compagnie low cost sì: 15 milioni di euro l'anno è l'importo che Ryanair percepisce dalla regione Puglia, per dirne una, senza che nessuno dica niente e senza neanche che ci sia almeno il disagio per quei cittadini che scelgono un'altra compagnia aerea low cost, a prezzi stracciati, di dover prendere un pullman per recarsi nei capoluoghi di regione o di provincia o nella capitale d'Italia, stessi aeroporti. Ma quando mai e dove accade? Non accade a Londra, non accade a Parigi, accade soltanto qui e poi ci si stupisce di che cosa? Del fatto che Ryanair appunto viaggi con oltre 30-40 milioni di passeggeri su 186 complessivi l'anno che volano in Italia? C'è qualcosa che non funziona. Chi è che deve regolamentare? Chi è che deve dire che non può accadere quello che ho appena descritto? Chi è che deve intervenire per evitare che esistano contratti di diritto olandesi applicati ai lavoratori italiani? Chi è che deve porre fine al grande pasticcio dello spacchettamento, che ha arricchito sicuramente molti soggetti, ma ha impoverito il trasporto aereo italiano e ha messo in ginocchio Alitalia? Questi sono i problemi, non gli eventuali problemi di pianta organica, che esistono nella misura in cui la compagnia aerea non riesce a progredire, quindi ad aumentare, implementare, estendere le sue prestazioni. L'Alitalia Maintenance Systems era un'eccellenza di Alitalia, è stata letteralmente svenduta. Gli operai specializzati di AMS - impianto che io ho visitato anche personalmente: magnifico, eccezionale, incredibile, con le più raffinate tecnologie - gli operai specializzati che si sono formati per decenni lì, la gran parte sono stati ricollocati e demansionati. Non so se stanno agli uffici del catasto piuttosto che non so dove, ma sicuramente non svolgono più quel lavoro, che era una peculiarità utile a loro stessi, perché realizzavano così la propria professionalità ed erano in equilibrio esistenziale, ma davano un servizio insostituibile all'Italia. E adesso si vuole procedere con lo spacchettamento per togliere altri pezzi virtuosi, potenzialmente remunerativi, senza rendersi conto che l'unica soluzione possibile per uscire dal guado è proprio quella di rilanciare, non di fare prestiti ponte, non di mettere commissari che apparentemente avrebbero risanato non si sa bene che cosa e poi l'unica cosa che fanno, invece di preoccuparsi di realizzare un piano industriale, si mettono a fare le nomine in periodo natalizio del direttore generale. Si può avere un direttore generale in assenza di un piano industriale? Ogni persona può fare la qualunque? Io posso costruire qualunque piano industriale e chiunque può fare il direttore generale, a prescindere dai contenuti del piano industriale? Cominciamo malissimo, cominciamo malissimo. L'esordio è pessimo, perché di fronte a questa potenzialità noi non siamo - con tutto il rispetto per nazioni storicamente amiche - la Finlandia. Chiunque vorrebbe essere l'Italia ad avere una compagnia aerea di riferimento per fare i soldi sulle caratteristiche italiane, per proiettare il PIL in quota parte dall'attuale quota, comunque significativa, tanto da far gola prima ad Air France poi a Lufthansa, su livelli persino superiori. Dunque, le infrastrutture sovrane. Vi sembra normale - così, per dire, per fare un altro esempio; io non sono un tecnico del settore, sono un curioso: leggo, ascolto, studio, elaboro - ma non vi sembra un paradosso che Atlantia, che gestisce diversi aeroporti italiani, tra cui a Roma, Roma Fiumicino e Ciampino, abbia degli incassi paurosi e faccia di Aeroporti di Roma un business e chi gli porta i passeggeri stia fallendo? Non c'è qualcosa che non quadra? Ve lo siete posto questo problema? C'è una eminenza grigia che abbia voglia di concentrarsi e di mettere in rete queste informazioni, per tirarne fuori un progetto, in questo caso neanche industriale, un progetto strategico nazionale, per difendere le nostre infrastrutture dall'agguato, dall'aggressione costante di altre nazioni, che hanno capito che siamo in confusione e cercano di approfittare di questa confusione, per venire a sottrarci risorse? Ci sarà un motivo per cui a Air France è proprietaria del Charles De Gaulle? Ve lo siete mai posto questo problema?

E anche questa retorica, che qualche collega, anche amico, fa della privatizzazione, del mercato: noi siamo favorevoli al mercato quando il mercato comunque, diciamo così, è nelle condizioni di offrire anche una soluzione al sistema Paese. Abbiamo visto troppe privatizzazioni che non servivano a niente e sono state fatte. Voi sapete che la Francia è presente dentro Air France, sapete che Lufthansa è partecipata dai Länder tedeschi, sapete che Finlandia, Portogallo e Austria hanno lo Stato dentro la compagnia aerea. Quale sarebbe questa pietra dello scandalo se l'Italia, per difendere i propri interessi, mettesse il MEF piuttosto che CDP piuttosto che Trenitalia, comunque un soggetto pubblico statale, all'interno della compagnia per presidiare le infrastrutture sovrane ed evitare, in presenza di vettori stranieri, che il traffico venga dirottato altrove, e che quindi comunque ci sia una punizione? Quella la dovete calcolare, dovete venire a dirci i numeri, il costo della perdita della proprietà da parte del sistema Italia di Alitalia. Non ci dovete soltanto dire quanto ci è costata fino adesso, ci dovete raccontare, perché avete tecnici che sono nelle condizioni sicuramente di enumerare cifre con precisione millimetrica al riguardo, ci dovete dire quanto costerà non avere Alitalia nella proprietà dello Stato italiano almeno in quota parte, non è che debba esserci, non c'è in nessuna parte del mondo, neanche l'Aeroflot russa è al 100 per cento pubblica.

La compagnia aerea turca mi pare che abbia un 50 per cento di partecipazioni dello Stato, i turchi stanno cercando di diventare i soggetti egemoni di riferimento del Mediterraneo. A chi dovrebbero sottrarre il primato? A Roma, all'Italia! Stanno realizzando un aeroporto da 120 milioni di passeggeri, uno snodo nel Mediterraneo fondamentale che si accompagna alle politiche, in politica estera, assai aggressive del sultano Erdogan. Noi che cosa facciamo? Facciamo lo spezzatino? Facciamo un altro prestito ponte? Facciamo, come si dice dalle mie parti, “anghingò”, aspettando non si sa bene che cosa? Quanto vogliamo aspettare ancora? Quanto tempo deve passare per avere chiaro il principio che noi abbiamo comunque sotto le nostre terga un patrimonio inestimabile che dobbiamo mettere a frutto, e, per farlo, abbiamo bisogno di una compagnia di bandiera efficiente? E non si devono fare tavoli sindacali per negoziare i tagli e licenziamenti; bisogna fare tavoli industriali per puntare al futuro, per sconfiggere la concorrenza, per ridimensionare chi è che ha approfittato della nostra debolezza fino a oggi.

Le cose che dico sono documentate: è documentato il fatto che la Francia non solo sia dentro Air France, ma anche dentro la TAV, e probabilmente, se noi non avessimo fatto analoga scelta per Trenitalia, avremmo una situazione ben diversa oggi sul trasporto su ferro. Queste considerazioni, scevre dall'ideologia…perché, se dobbiamo fare confronti accademici, possiamo farne e farli durare assai a lungo, ma il tema è che l'ideologia uccide se non viene calata nelle caratteristiche dei sistemi. Noi non abbiamo, da un punto di vista industriale, grandi realtà tali da offrirci copertura, e forse è anche per questo che, nel tempo, sono nate l'IRI, la Cassa del Mezzogiorno, e qualcuno, più o meno a intervalli regolari, immagina la ripartenza di procedure analoghe. Noi abbiamo bisogno che lo Stato faccia la sua parte per corroborare e potenziare l'economia per sostenere progetti di crescita e di sviluppo, perché il mercato da solo non ce la può fare.

L'unica cosa che può accadere è che in questo vuoto pneumatico, siccome la politica è come la fisica, qualcuno c'entra dentro, e questo qualcuno non sarà un soggetto italiano, sarà qualcuno che già ha dato dimostrazione di avere chiaro in mente cosa fare: prendere il carrello della spesa e attraversare l'Italia per fare bottino pieno, per fare la spesa in Italia. Questo, per carità, anche esagerando nei toni, me ne rendo conto, ma lo faccio volutamente affinché si possa anche celebrare una sorta di scossa, si possa stimolare il Governo ad accelerare i tempi, ma questo ragionamento serve per far capire che noi abbiamo bisogno di questo rilancio. Il Governo ci deve mettere la testa: non deve agire soltanto sulla compagnia aerea, deve rimettere in ordine il sistema del trasporto, deve rimettere in ordine il sistema del trasporto aereo nella fattispecie, deve darsi un obiettivo strategico prima che un obiettivo economico; e poi deve dotarsi, attraverso una scelta possibilmente più lungimirante di quella che è stata fatta qualche mese fa, di un progetto industriale, deve avere un progetto industriale, deve spazzare il campo dalla concorrenza sleale, deve ridimensionare quelli che passeggiano nei nostri aeroporti e fanno ciò che vogliono.

L'aeroporto di Fiumicino è diventato un business perché praticamente non è più neanche un aeroporto; penso sia il più grande parcheggio a rotazione del pianeta, si fanno parcheggi per avere soldi cash quotidianamente. Manca la vocazione industriale, manca il processo strategico, perché è stato abbandonato, Aeroporti di Roma, al soggetto privato, che lo gestisce in maniera completamente scollegata dalla funzione primaria che, a Fiumicino, come negli altri aeroporti italiani, si celebra, che è quella del trasporto aereo, rinunciando a operazioni più complesse di messa a sistema con gli altri sistemi di trasporto, di accentuazione e investimento sulla parte commerciale, che a noi è particolarmente utile, è particolarmente proficua per il sistema Italia; probabilmente non lo è altrettanto per i Benetton, si incassano più soldi con le royalty sui negozietti presenti dentro ai vari aeroporti gestiti da Atlantia oppure con i parcheggi piuttosto che con le questioni strategiche collegate al trasporto, e quindi alla politica estera, alla politica commerciale, al made in Italy, alla geopolitica.

Che cosa volete che gliene importi a questi soggetti della politica estera, della geopolitica, delle politiche commerciali? Queste sono materie che stanno in capo a un Governo e devono essere trattate con precisione millimetrica e con tempestività, perché queste sono le ragioni, le mancate risposte su questi temi, del rischio fallimento di Alitalia. Troppo le cose sono andate bene! Invece noi guardiamo il buco della serratura, non guardiamo quello che dal buco della serratura si intravede, non c'è orizzonte. Siamo lì a intervalli regolari, il Parlamento discute e si fanno le audizioni in Commissione, mesi e mesi a parlare, a confrontarsi su cosa? Sulla compagnia aerea Alitalia, punto. Non se ne potrà mai venire fuori se questo è l'unico approccio di cui siete capaci. Quindi ribadisco che c'è da parte nostra tutta la volontà di essere collaborativi, lo abbiamo sempre fatto, lo faremo ancora, non ci sottrarremo all'assunzione di responsabilità, se il Governo andrà nella direzione giusta, se farà anche una parte delle cose che negli interventi di Fratelli d'Italia fin qui sono state citate, ma saremo implacabili qualora dovesse tornare, su zampe di colomba, la tentazione di prendere e svendere Alitalia, vuoi a Air France prima o a Lufthansa poi o a chiunque altro a seguire.

Lo Stato ci deve stare dentro e deve essere garante della possibilità di utilizzare la compagnia aerea come volano per mettere a frutto le proprie potenzialità. Questo è quello che volevo dire (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2284-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore Luciano Cantone e la rappresentante del Governo rinunciano a intervenire in sede di replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Comunicazioni in relazione alla raccolta di sottoscrizioni per richiesta di referendum ai sensi dell'articolo 138, secondo comma, della Costituzione.

PRESIDENTE. Comunico che il 12 gennaio 2020 sono trascorsi tre mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo di legge costituzionale recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, periodo entro il quale potevano essere presentate richieste di referendum, ai sensi del secondo comma dell'articolo 138 della Costituzione, da un quinto dei membri di una Camera.

Con riferimento alla richiesta di referendum, promossa ai sensi del citato articolo 138 della Costituzione e degli articoli 4 e 6 della legge 25 maggio 1970, n. 352, dai deputati Deborah Bergamini, Roberto Giachetti e Riccardo Magi, di cui è stato dato annuncio nella seduta dell'Assemblea del 16 ottobre 2019, comunico che non è stato raggiunto il prescritto numero di sottoscrizioni da parte di un quinto dei componenti della Camera.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 14 gennaio 2020 - Ore 11:

1. 1 Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni (vedi allegato)

(ore 16)

2. 2 Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria. (C. 2284-A)

Relatore: LUCIANO CANTONE.

3. Seguito della discussione delle mozioni D'Alessandro, Fornaro, Macina, Melilli ed altri n. 1-00302, Iezzi ed altri n. 1-00306, Ruffino ed altri n. 1-00309 e Lollobrigida ed altri n. 1-00310 concernenti iniziative urgenti volte a far fronte alla rilevante carenza di segretari comunali, anche tramite un'efficace semplificazione e accelerazione delle procedure selettive .

La seduta termina alle 17,35.