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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 286 di venerdì 10 gennaio 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,40.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Brescia, Giachetti, Iovino, Liuni, Lollobrigida, Molinari, Ruocco e Vignaroli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che i deputati Massimiliano De Toma e Rachele Silvestri, già iscritti al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, hanno dichiarato di aderire al gruppo Misto, cui risultano pertanto iscritti.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito all'attuazione del piano di gestione dei rifiuti della regione Lazio del 2012 e iniziative di competenza volte a superare un approccio emergenziale e a garantire il rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e inclusione – n. 2-00608)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Brunetta e Gelmini n. 2-00608 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Renato Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RENATO BRUNETTA (FI). Certo, signor Presidente, e la ringrazio. Ringrazio il Presidente e ringrazio il signor sottosegretario. Intervengo, ancora una volta, per parlare della crisi della gestione del ciclo rifiuti a Roma e del relativo allarme sociale. Faccio seguito alla precedente interpellanza, già discussa il 13 dicembre 2019, con la quale veniva evidenziata l'incertezza e l'incapacità di governo delle problematiche di gestione dei rifiuti nella città di Roma, Roma capitale, la capitale dell'Italia.

Ricordo al Presidente, a noi stessi, all'Aula e al sottosegretario che la direttiva europea 2008/98/CE stabilisce il quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti all'interno dell'Unione e, cioè, esiste una base giuridica consolidata europea con la quale si regola l'intero sistema dello smaltimento dei rifiuti nell'Unione e a questa direttiva ciascun Paese, ciascuna regione e ciascun territorio devono attenersi. Ricordo altresì che la Commissione europea, con una recente nota indirizzata al Ministero dell'Ambiente, che qui è chiamato a rispondere, alla regione Lazio e al comune di Roma, chiede - la Commissione europea - nuove informazioni alla luce delle allarmanti notizie che sono apparse sui grandi quotidiani nazionali e internazionali poiché il piano rifiuti 2012, cioè il piano rifiuti di ben otto anni fa ancora in vigore, è in gran parte inattuato, con impianti previsti non in esercizio o addirittura chiusi ed esprime forti perplessità, la Commissione europea, in merito al mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, sulla mancanza di impianti di compostaggio e sulla insufficienza delle discariche esistenti. In altri termini, questa è la premessa per l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, in particolar modo riguardo al territorio del Lazio e della città di Roma. Cioè, l'Italia, il Lazio e Roma sono largamente inadempienti rispetto all'attuazione delle direttive europee e rispetto al loro stesso piano del 2012. Rispetto a questo piano sugli impianti mancanti, ricordo a me stesso che la previsione dei quattro impianti di termovalorizzazione era stata confermata anche dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016 - quattro impianti di termovalorizzazione -, il cosiddetto “sblocca impianti” (il DPCM del 2016). Infatti, a fronte del fabbisogno di valorizzazione regionale, calcolato essere pari a 879.382 tonnellate all'anno, il decreto, oltre agli impianti di San Vittore e Colleferro in esercizio e a quello di Malagrotta, autorizzato e costruito per una linea ma non in esercizio, prevede un quarto impianto che nel piano regionale del 2012 - sempre quello - era quello di Albano. L'esigenza del termovalorizzatore a Roma è confermata anche dalle recenti dichiarazioni del nuovo amministratore unico di AMA, dottor Stefano Zaghis, che lo aveva previsto nel piano industriale di AMA da lui presentato di recente ma, come ben sappiamo, i pregiudizi di tipo ideologico hanno di fatto cancellato anche questa evenienza. In altri termini, c'è un piano del 2012, l'Europa ci chiede di attuarlo, non viene attuato e nel frattempo la città, la capitale dell'Italia, precipita nel caos rifiuti, nell'ennesimo caos rifiuti, mettendo in allarme l'intera popolazione di Roma capitale. Vede, signor Presidente, il gioco che a questo punto si continua a realizzare, il gioco simile a quello di oltre sei anni fa, è sempre lo stesso: per coprire le vergogne dell'incapacità di gestione di un piano, che pure aveva avuto la sua qualificazione europea, si pensa di ricorrere all'emergenza e, cioè, stato di emergenza, commissariamento, non rispetto delle direttive, dei piani, delle leggi nazionali e delle regolazioni locali. Ecco, questo è il modo di rispondere in questo momento da parte della regione Lazio, da parte del comune di Roma, da parte delle autorità competenti e, cioè, andare contro la legge e andare contro le direttive europee e non importa se si mette in uno stato di angoscia la popolazione della capitale dell'Italia, di una delle capitali più importanti dell'Unione europea. Ecco, questa è la forsennata, folle logica degli enti e delle autorità di governo e, a questo punto, mi sento anche di dire nazionali per le proprie competenze, regionali e locali.

Vede, lo specifico della mia interpellanza urgente di oggi, data questa premessa, è rivolto al Governo perché spieghi, dentro questo poco commendevole quadro, perché la discarica di Colleferro chiude il 16 gennaio, cioè la prossima settimana, mettendo in crisi, se ce n'era bisogno, l'intero ciclo di rifiuti di Roma capitale con relativo allarme sociale, perché dentro questo quadro, cioè di mancata attuazione del piano regionale del 2012 per tutte le ragioni che abbiamo evidenziato, c'è un elemento che fa scattare l'imbroglio e, cioè, come rispondere alla incapacità, alla stupidità e al fallimento dei vari livelli di governo attraverso l'emergenza, cioè un'emergenza procurata. Appare sempre più evidente, infatti, che la crisi della gestione dei rifiuti a Roma sia artificialmente indotta per ragioni che poco hanno a che vedere con la mancanza di soluzioni, perché basterebbe attuare il piano del 2012, e che questa situazione di opacità politica nel Lazio favorisce non solo caos e illegalità ma produce un insopportabile allarme sociale. Quello che è avvenuto in questi ultimi mesi da un quartiere all'altro, da una mobilitazione all'altra, da un comitato all'altro, è allarme sociale e angoscia nelle singole popolazioni che si vedono passare, come dire, lo spettro della discarica nel proprio territorio. Non si capisce, inoltre, perché mentre nel documento tecnico allegato all'ordinanza della regione Lazio del 27 novembre 2019 veniva chiaramente pronunciato un parere negativo di Roma capitale rispetto all'ampliamento della discarica di via Canestrini di proprietà della Adrastea Srl invece la stessa regione Lazio, con determinazione del 23 dicembre 2019 e, quindi, di poche settimane fa, ne autorizzava l'ampliamento di 500 mila metri cubi, tra l'altro senza tener conto che su quell'impianto incombe da giugno 2019 un'indagine della magistratura per sversamento abusivo di rifiuti.

Cioè, dentro questo quadro caotico e fallimentare c'è il gioco delle discariche che si ampliano, delle discariche che si individuano, delle discariche che si promettono, delle discariche che vengono annunciate senza tener conto in nessun modo del territorio, delle esigenze della gente, delle leggi, della salute dei cittadini, tutto sulla testa dei cittadini. Inoltre, ad aggiungersi a tutto questo quadro, la discarica di Colle Fagiolara, nel comune di Colleferro, è autorizzata dalla regione Lazio ad abbancare rifiuti non pericolosi con autorizzazione AIA del 2017, la quale stabilisce che, in conformità alla legge, tale autorizzazione ha la durata di 10 anni a partire dal 2012. Pertanto, la discarica di Colle Fagiolara è autorizzata a ricevere fino al 5 aprile del 2022. Perché parlo di Colleferro e della discarica di Colle Fagiolara? Sempre l'annunciata chiusura della discarica di Colleferro, dove attualmente viene conferita la FOS della città di Roma, rappresenta la vera ragione, attuale, della crisi dei rifiuti nella capitale d'Italia, e cioè: la crisi dei rifiuti della capitale d'Italia è stata, almeno nei tempi recenti, nelle settimane recenti, innescata dalla annunciata chiusura, come si suol dire, di Colleferro. Questa è la ragione della crisi. Quindi, la ragione crisi-commissariamento, quindi la ragione crisi-commissariamento-ordinanza Zingaretti di commissariamento del sindaco di Roma e, quindi, il fatto di costringere il sindaco di Roma a correre ai ripari e a individuare una discarica provvisoria, in vista di una definitiva. Ma pensate la follia, pensate alla perversione di questo modo di fare politica, senza tener conto della gente, dei cittadini, delle leggi, della democrazia, dell'inclusione e della condivisione, come recita la mia interpellanza urgente. Ma andando allo specifico, ma chi ha detto che la discarica di Colleferro deve chiudere? Allora, a pensar male si può dire: serve la crisi per nominare un commissario, per bypassare le leggi e le norme. Si potrebbe dire: ma Colleferro ha delle ragioni oggettive di chiusura: non le ha individuate nessuno.

Sempre su Colleferro, l'annunciata chiusura della discarica di Colleferro rappresenta la vera ragione della crisi dei rifiuti nella capitale, in quanto la concessione per la sua gestione è affidata alla società a capitale interamente regionale Lazio Ambiente Spa, scaduta il 31 dicembre 2019, ma prorogata fino al fatidico 16 gennaio 2020, data stabilita, non si sa perché, dalla regione Lazio per la chiusura della discarica. Perché questa chiusura? Lo richiedo, signor Presidente e signor sottosegretario, e spero che lei mi dia una risposta: quali le ragioni tecnico-ambientali? In realtà, le cose sono un po' più complicate. È previsto che la gestione dell'impianto di Colle Fagiolara passerà da Lazio Ambiente Spa, regionale, allo stesso comune di Colleferro, proprietario del sito, che dovrebbe continuarne la gestione, sia per il nuovo Consorzio intercomunale Minerva, sia per la successiva fase ventennale-trentennale di fine vita della discarica stessa. Quindi, apprendiamo che la regione se ne lava le mani, Lazio Ambiente, decide la chiusura e affida la gestione al comune di Colleferro. In tale quadro sembrano, però, non esistere ragioni ostative che anticiperebbero la chiusura dell'impianto. Non si comprende, quindi, il motivo di vietare - attenzione - il conferimento alla sola città di Roma, causando, come detto in premessa, una artificiale situazione di emergenza. Sostanzialmente, la regione se ne lava le mani, affida al comune, il comune dice alla città di Roma: non voglio più i tuoi rifiuti, ma continuo ad assorbire i rifiuti di altri o del Consorzio intercomunale. Anche perché - e qui c'è un punto tecnico, signor Presidente, ancora pochi minuti - la conformazione morfologica di progetto della discarica di Colle Fagiolara prevede che la parte centrale debba essere necessariamente colmata, e cioè ogni discarica ha un suo ciclo di vita e il ciclo di vita deve finire - lo spiego in parole semplici - a panettone…

PRESIDENTE. Si avvii a concludere, ha finito il tempo.

RENATO BRUNETTA (FI). Certamente. Se non finisce a panettone, dal punto di vista ambientale si forma una cavità, un lago, che, dal punto di vista ambientale, diventa spaventosamente pericoloso. Quindi, la discarica di Colle Fagiolara…

PRESIDENTE. Concluda.

RENATO BRUNETTA (FI). …deve necessariamente continuare ad accettare i rifiuti fino al suo completamento. Quindi, la sua anticipata chiusura, oltre che produrre lo stato di crisi nella città di Roma, produrrebbe anche, se fosse realizzata, un danno ambientale di gravità inestimabile. Allora, io mi chiedo…

PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Brunetta.

RENATO BRUNETTA (FI). Ho finito. …e chiedo al sottosegretario: perché…

PRESIDENTE. Lo può chiedere anche nella replica.

RENATO BRUNETTA (FI). …chiude la discarica di Colleferro? Ci sono elementi tecnici, ambientali, o solamente ragioni di tipo politico? Giudicherò dalla sua risposta e ne riparleremo in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Roberto Traversi, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO TRAVERSI, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie Presidente e grazie all'onorevole interpellante. Rispondo sugli elementi forniti dal Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con riferimento alle questioni poste, nel far seguito all'interpellanza discussa il 13 dicembre scorso, viene chiesto, in primo luogo, al Ministro dell'Ambiente quali iniziative intenda assumere per chiarire alle istituzioni europee le linee guida che lo Stato italiano vuole perseguire al fine di garantire il rispetto della normativa vigente, nonché per modificare l'approccio alla tematica dei rifiuti e superare la logica emergenziale attraverso un'ampia ed approfondita pianificazione del ciclo dei rifiuti fondato sui principi di trasparenza, pubblicità ed inclusione. Al riguardo sono in corso di svolgimento i lavori di recepimento della direttiva 2018/851/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, con l'intento di trasporre nell'ordinamento interno quanto previsto dal diritto eurounitario in materia di rifiuti. La direttiva 2018/851/UE reca modifiche ed integrazioni alla direttiva quadro in materia di rifiuti 98/2008/CE e contiene disposizioni finalizzate a favorire la transizione verso un modello di economia circolare che dovrebbe contribuire al raggiungimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, e creare nuove importanti opportunità di crescita e sviluppo per l'Unione e per l'Italia.

Tale direttiva ridisegna il quadro delle norme sulla gestione dei rifiuti e, soprattutto, definisce nuovi ambiziosi obiettivi per le politiche di settore. Le novità introdotte riguardano importanti questioni, come la definizione di rifiuto urbano, l'obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti organici, il divieto di conferimento in discarica di rifiuti urbani recuperabili, la definizione di un metodo unico per calcolare il tasso di riciclaggio. La direttiva introduce, altresì, nuovi obiettivi specifici quali: il 65 per cento di riciclaggio dei rifiuti urbani da conseguire entro il 2035; il 70 per cento di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 2030; il 10 per cento (massimo) di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani da conseguire entro il 2035.

L'articolo 16 della legge n. 117 del 2019, rubricato “Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio” dispone che, nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2018/851, il Governo, oltre ai principi e ai criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, comma 1, è tenuto anche a procedere a una razionalizzazione complessiva del sistema delle funzioni dello Stato e degli enti territoriali e del loro riparto.

In tale contesto normativo è prevista l'istituzione di una funzione di pianificazione nazionale della gestione dei rifiuti con efficacia conformativa della pianificazione regionale, con l'individuazione di obiettivi, flussi e criteri, nonché di casi in cui promuovere la realizzazione di gestioni interregionali in base a specifici criteri, fra i quali devono essere considerate la conformazione del territorio e le caratteristiche socio-urbanistiche e viarie, anche al fine di ridurre, quanto più possibile, la movimentazione dei rifiuti e di sfruttare adeguatamente le potenzialità degli impianti esistenti.

Dunque, i principi e criteri direttivi posti dall'articolo 16 della legge n. 117 del 2019 recano la previsione di una funzione di pianificazione nazionale puntando su uno sviluppo ulteriore della pianificazione strategica in materia di gestione dei rifiuti. Inoltre, si sta procedendo al riordino delle funzioni normative e amministrative in materia di rifiuti, anche se tale attività non è stata imposta dalle direttive eurounitarie. Infatti, l'esigenza di procedere alla razionalizzazione complessiva del sistema delle funzioni dello Stato e degli enti territoriali e del loro riparto è sollecitata dalle numerose innovazioni al sistema di gestione dei rifiuti rese necessarie dal recepimento delle direttive dell'Unione europea.

I princìpi e i criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione europea 2018 hanno lo scopo di guidare tale opera di riorganizzazione, dando al Governo l'opportunità di incidere in modo particolarmente significativo sul sistema delle funzioni, attribuendo specifiche e precise responsabilità a regioni, province e comuni.

Per quanto concerne in particolare la gestione del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti in Roma Capitale, la regione Lazio ha completato la procedura amministrativa per l'aggiornamento del Piano di gestione dei rifiuti, dopo averlo sottoposto alla procedura di valutazione ambientale strategica che ha comportato la consultazione pubblica di tutti i soggetti interessati. Il nuovo Piano di gestione è stato inviato per la definitiva approvazione al consiglio regionale con la delibera di giunta regionale del 5 dicembre 2019.

L'8 gennaio scorso è stata firmata l'ordinanza n. Z0001 del presidente della regione Lazio che fa cessare gli effetti dell'ordinanza del 27 novembre 2019, a cui si faceva riferimento nella risposta alla precedente interpellanza, prevedendo misure finalizzate alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente in Roma capitale.

Nell'ultima ordinanza si prende atto della deliberazione della giunta capitolina n. 325 del 31 dicembre 2019, recante la localizzazione del sito per la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti prodotti dal territorio di Roma Capitale alla luce dei contenuti del Piano regionale di gestione dei rifiuti approvato dalla giunta regionale e in corso di approvazione da parte del consiglio regionale. Nell'ordinanza, inoltre, si impartiscono misure a breve termine, disponendo che AMA e le altre società di gestione dei rifiuti: innanzitutto, operino a breve termine fino al 15 gennaio 2020 al massimo della capacità di trattamento autorizzata su base giornaliera, garantendo i trattamenti anche nei giorni festivi; privilegino, fino al 15 gennaio, la predetta capacità di trattamento con i rifiuti aventi CER 200301 e degli scarti derivanti dal loro trattamento; procedano allo svuotamento delle fosse di ricezione dei rifiuti indifferenziati per quanto ciò sia possibile, anche in deroga a specifiche prescrizioni indicate nelle autorizzazioni integrate ambientali; ricorrano al deposito temporaneo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, per necessità riconducibili all'allontanamento degli scarti in siti a propria disposizione, dandone comunicazione all'autorità competente; incrementino il numero dei mezzi destinati alla raccolta dei rifiuti, sia essa differenziata o indifferenziata, stradale o porta a porta, al fine di minimizzare la permanenza dei rifiuti per le strade, anche con ricorso, nella misura strettamente necessaria, alla procedura di cui all'articolo 63, comma 2, lettera c) del decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016. Inoltre, l'ordinanza della regione Lazio dell'8 gennaio scorso dispone la proroga della ricezione della discarica di Colle Fagiolara, gestita da Lazio Ambiente Spa presso il comune di Colleferro, fino al 15 gennaio 2020. Per quanto concerne la pianificazione e la programmazione impiantistica, Roma Capitale ha rappresentato altresì che AMA Spa sta predisponendo il piano industriale 2020-2024 che, tenendo conto degli attuali flussi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti, sia da raccolta differenziata che indifferenziata, presenta un'analisi per colmare l'attuale gap impiantistico nel rispetto della sostenibilità ambientale e dell'attuale stato dell'arte tecnologico ed industriale. Secondo quanto rappresentato da Roma Capitale, il piano industriale sarà ultimato entro il mese di marzo 2020.

Il Ministero dell'ambiente, dal canto suo, ha istituito una cabina di regia sul tema dei rifiuti nella Capitale, nell'ambito della quale, corre l'obbligo di ribadirlo, svolge il ruolo di “facilitatore” non avendo competenza diretta nella vicenda e continuerà ad assicurare il proprio massimo impegno affinché le istituzioni competenti adottino le misure necessarie per garantire il rispetto di adeguati livelli di servizio per la collettività.

PRESIDENTE. Il deputato Renato Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RENATO BRUNETTA (FI). Al di là della gentilezza del sottosegretario, che ringrazio, non posso dirmi soddisfatto, perché la domanda era ben chiara e cioè perché chiude la discarica di Colle Fagiolara di Colleferro. Il sottosegretario ci ha raccontato le magnifiche sorti progressive rinvenienti dalla nuova direttiva europea del 2018 che attua quella del 2008 - bene, dover essere - salvo che quello che sta avvenendo nella città di Roma contraddice totalmente tanto la direttiva del 2008 quanto le buone intenzioni e le buone regole, magari potessimo realizzarle e attuarle, di quella del 2018.

Quello che è avvenuto e sta avvenendo in questa città - le angosce, i dibattiti, le sollevazioni dei vari comitati, quartiere per quartiere, in ragione delle notizie vere o infondate sull'apertura di questa o quella discarica provvisoria - fa riferimento, e lo ripeto ancora una volta e mi scuso per la ripetizione, al dato emergenziale, che si vuole cancellare, giustamente, prodotto dalla chiusura della discarica di Colleferro.

Allora, io continuo a chiedere - e chiedo anche l'accesso agli atti, a questo punto, e manderò il testo di questa mia interpellanza urgente alla procura della Repubblica, nonché a tutte le autorità competenti - sulla base di quale analisi tecnico-ambientale è stata decisa la chiusura di Colle Fagiolara a Colleferro, se il precipitare emergenziale, tutto, dipende da quella chiusura, in ragione dell'impossibilità di attuare nei tempi previsti la direttiva del 2008 o del 2018, nonché i piani industriali che i vari enti preposti stanno predisponendo; ebbene, se il quadro emergenziale è figlio della chiusura di Colle Fagiolara, io sto chiedendo al Ministero, nella sua funzione di controllo, di verifica, di facilitatore, lo sto chiedendo alla cabina di regia, perché chiude Colle Fagiolara, quando l'AIA prevede la possibilità di abbancamento fino al 2022, quando analisi tecniche effettuate mostrano la disponibilità, notevole ancora, di possibilità di raccolta rifiuti, quando recenti lavori sullo spostamento di un traliccio, costati 300 mila euro, facevano ritenere che lo spostamento di questo traliccio, situato al centro della discarica, fosse prodromico alla raccolta e alla continuazione della funzione della stessa.

Perché questa data fatidica del 16 gennaio, la prossima settimana? Perché? Questo era il senso della mia richiesta, senza nessuna malizia: quali sono le ragioni? Perché se chiude Col Fagiolara, tutte le buone intenzioni del Ministro (e gliene do atto) di attuazione delle direttive europee, del rispetto delle regole, vanno a farsi benedire! La chiusura individuata dalla regione, voluta dalla regione, di Col Fagiolara ha costretto la sindaca Raggi a un'estenuante ricerca di discariche provvisorie, fino alla delibera di fine anno, che ha messo in angoscia l'intera popolazione di Roma: questo è il punto!

Mi si spieghi perché Col Fagiolara chiude: di proprietà della regione, di gestione, adesso in totale disponibilità del comune di Colleferro, perché chiude? Quali sono le ragioni della chiusura? Perché se la chiusura fosse una chiusura indotta non da ragioni tecniche - è satura - ma da ragioni politiche, avremmo modo, ovviamente, di emettere dei giudizi politici, lo sappiamo tutti. Ma è corretto dichiarare la chiusura di un sito di raccolta dei rifiuti della capitale d'Italia, mettendo nell'angoscia amministrazione, popolazioni dei vari siti e dei vari quartieri, sulla base di che cosa? Di quale evidenza tecnico-ambientale? Io questo chiedo! Se il Ministero non può rispondere lo chiederò alla magistratura, alla procura della Repubblica, perché questo si configura come un procurato allarme, una procurata emergenza, che dovrebbe far scattare poi l'imbroglio del commissariamento, più volte evocato dalle ordinanze Zingaretti, e costringere un'autorità democraticamente eletta come il sindaco di Roma Capitale a sbattere la testa di qua e di là per trovare un'improbabile discarica provvisoria, e sappiamo tutti nel nostro Paese il significato della parola, dell'aggettivo “provvisorio”: non c'è nulla di più definitivo in Italia del provvisorio. E sappiamo tutti il danno ambientale di una discarica provvisoria, dovunque localizzata; ma le direttive da lei citate, signor sottosegretario, del 2008 e del 2018, non prevedono più discariche dentro i centri urbani! Lo impediscono! Dicono altro: raccolta differenziata, termovalorizzatori, impianti; dicono altro! E noi dobbiamo baloccarci ancora, tragicamente, con le discariche dentro i centri urbani? Ma vi rendete conto, signor sottosegretario e signor Presidente, della gravità della situazione: stiamo parlando della capitale d'Italia, della città di Roma, e dell'angoscia di centinaia di migliaia di abitanti della città di Roma, che vedono messi in pericolo la loro salute, i loro beni, la loro vita, le loro attività economiche, perché gira questa angosciosa minaccia di una discarica provvisoria a poche centinaia di metri, sia che essa sia a Nord, al centro, al Sud della città, di una discarica che distruggerebbe la loro vita, le loro attività, la loro salute.

Allora, io chiedo razionalità. Inclusione, diceva il suo Ministro: perfetto. Il completamento della filiera della gestione dei rifiuti deve essere sempre affrontato insieme ai cittadini e mai contro qualcuno: quando mai è stato fatto, signor sottosegretario? Queste sono le parole del bravo Ministro Costa. Ciò dice Costa, ricevendo il presidente Vignaroli: perfetto. In particolar modo, il Ministro Costa, che segue il dossier con la massima attenzione, pur non avendo competenze dirette - e su questo non sono d'accordo - auspica che qualsiasi decisione sia assunta dalla regione Lazio, dalla Città metropolitana di Roma e da Roma Capitale, essa debba sempre tener conto delle osservazioni tecniche dei comitati e dei municipi o dei soggetti esponenziali. Quando mai è stato fatto questo? Inclusione, quando mai? Ascolto, quando mai? Ma vi rendete conto di quello che è successo? Sei anni e mezzo fa è successa la stessa pantomima; oggi è successa la stessa cosa e sta succedendo la stessa cosa, e - lo ribadisco ancora una volta - il tutto usando come grimaldello una chiusura non altrimenti specificata e motivata di una discarica che potrebbe accogliere ancora per un anno o due il FOS di Roma. Allora, se il gioco è sempre quello dell'emergenza, del commissariamento, del non rispetto delle direttive e delle leggi, questo è un gioco - scoperto - che non passerà. Io chiedo, quindi, l'accesso agli atti sulle motivazioni della chiusura, almeno per i rifiuti di Roma, di Col Fagiolara, e, signor Presidente, le comunico che invierò il testo di questa interpellanza urgente e della risposta del gentile sottosegretario alla procura della Repubblica di Roma perché verifichi le responsabilità di questo procurato stato di emergenza, al fine di non rispettare le leggi. Grazie, signor Presidente.

(Chiarimenti in merito al fenomeno delle cosiddette “auto fantasma” e alla mancata emanazione dei decreti attuativi previsti dall'articolo 94-bis del codice della strada– n. 2-00565)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Grippa ed altri n. 2-00565 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Marco Rizzone se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARCO RIZZONE (M5S). Presidente, con questa interpellanza urgente il MoVimento 5 Stelle intende far luce sul crescente, nonché increscioso, fenomeno dell'intestazione fittizia dei veicoli, noto anche al grande pubblico come il fenomeno delle cosiddette “auto fantasma”. Si tratta di una pratica che il codice della strada, ovviamente, vieta, individuando sanzioni applicabili da parte della Polizia stradale in caso di infrazione. Ciononostante, secondo quanto riportato in un articolo del Corriere della Sera del 18 novembre 2019, firmato da Milena Gabanelli e Alessio Ribaudo, in Italia circolerebbero circa 97 mila auto intestate a sole 430 persone, una media di 225 veicoli a intestatario: un fenomeno davvero preoccupante, anche perché, molto spesso, tali proprietari risultano irreperibili o nullatenenti e possono quindi, di fatto, sfuggire alle responsabilità connesse all'intestazione dei veicoli. Per questo motivo tali auto vengono definite appunto “fantasma” e sono impiegate talvolta dalla criminalità organizzata per commettere reati, nonché da clandestini che, proprio per il loro status, non possono acquistare o affittare auto. Ma non pensiamo che il fenomeno riguardi solo malavitosi o stranieri che risiedono illegalmente in Italia: anzi, in molti casi tale sistema è utilizzato da comuni cittadini per evitare di pagare parcheggi, di pagare pedaggi, di pagare multe, bollo e assicurazione. L'ANIA, l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, stima che in Italia circolino circa ben 2,8 milioni di veicoli senza copertura assicurativa e tra questi ci sono, ovviamente, anche le auto fantasma. Dall'archivio dei dati della Motorizzazione civile, risulta infatti che in Italia più del 10 per cento dei veicoli circola senza un'assicurazione valida: un dato che è veramente preoccupante, un dato allarmante che ci deve far riflettere. Una situazione che finisce per pesare sulle spalle di chi è onesto e questo non va assolutamente bene.

In caso di incidenti gravi con un veicolo senza assicurazione, o qualora la persona alla guida del veicolo colpevole scappi e non sia identificabile - è il caso dei cosiddetti pirati della strada - a pagare il risarcimento è fortunatamente un fondo, chiamato Fondo di garanzia per le vittime della strada. Tale fondo, istituito nel 1969 e attivo dal 1971, si alimenta tramite un prelievo percentuale sui premi versati dagli automobilisti che sono assicurati, quelli onesti, e attualmente questo fondo riceve il 2,5 per cento dell'importo dei premi assicurativi pagati alle compagnie. Le indagini per individuare gli approfittatori che delinquono sfruttando il meccanismo delle intestazioni fittizie sono purtroppo abbastanza complesse. Nell'articolo citato prima si legge che la procura di Milano ha creato, insieme ai carabinieri, una squadra che si avvale dell'esperienza informatica dei vigili di Verona che facilita la ricerca incrociando i dati delle banche dati della motorizzazione civile e del pubblico registro automobilistico. Non appena si individuano le targhe dei prestanome viene chiesto al PRA di emettere un blocco anagrafico per rendere impossibile nuove compravendite. Tale sistema, da febbraio 2018 a oggi, ha portato al sequestro di 15.500 mezzi intestati a 112 persone.

Andiamo a vedere cosa è previsto sotto il profilo legislativo. L'articolo 15, comma 8-octies del decreto-legge n. 78 del 2009, apportando modifiche all'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187, concernente norme in materia di tasse automobilistiche e automazione degli uffici del pubblico registro automobilistico, ha disposto, al comma 7-bis, che ove si accerti che una singola persona fisica risulti proprietaria di dieci o più veicoli gli uffici del pubblico registro automobilistico siano tenuti ad effettuare una specifica segnalazione all'Agenzia delle entrate, alla Guardia di finanza e alla regione territorialmente competente. Successivamente, con la legge del 29 luglio 2010, n. 120, concernente disposizioni in materia di sicurezza stradale, è stato inserito nel codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, l'articolo 94-bis, dal titolo” Divieto di intestazione fittizia”, che vieta immatricolazioni e iscrizioni al PRA qualora risultino situazioni di intestazione o cointestazione simulate o che eludano o pregiudichino l'accertamento del responsabile civile della circolazione di un veicolo. Inoltre, al comma 2 del medesimo articolo 94-bis, si dispone che, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque richieda o abbia ottenuto il rilascio di documenti di cui al comma 1 in violazione di quanto disposto dal medesimo comma 1 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.000. La sanzione di cui al periodo precedente si applica anche a chi abbia la materiale disponibilità del veicolo al quale si riferisce l'operazione, nonché al soggetto proprietario dissimulato. Il medesimo articolo prevedeva per le disposizioni applicative della disciplina menzionata l'emanazione di decreti attuativi da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con i Ministri della Giustizia e dell'Interno. Cosa è stato fatto? A che punto siamo? A distanza di nove anni dall'approvazione della legge citata, nonostante tale fenomeno sia in costante crescita, non sono ancora stati emanati i decreti attuativi. L'ACI, nell'ultimo semestre, ha segnalato 22.087 codici fiscali di persone da verificare che possiedono 412.500 veicoli, e su ordine delle forze di Polizia sono stati radiati 5.886 mezzi. Fatte tutte queste premesse, chiediamo dunque se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e se in questi anni gli uffici del pubblico registro automobilistico abbiano effettuato le dovute segnalazioni secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2009; quali siano le cause della mancata adozione dei decreti previsti dalla normativa vigente e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza al fine di provvedere all'emanazione di questi ultimi per arginare il fenomeno delle auto fantasma descritto, che costituisce indubbiamente un grave danno per la collettività.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Roberto Traversi, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO TRAVERSI, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie Presidente, e grazie al collega onorevole. In premessa rappresento che l'articolo 94-bis del codice della strada disciplina il divieto di intestazione fittizia di veicoli, definendo sia la fattispecie che le relative sanzioni, ed è quindi pienamente applicabile da parte degli organi di Polizia stradale. Le previste disposizioni di attuazione, infatti, sono volte all'individuazione di situazioni sintomatiche, anche legate all'elevato numero dei veicoli intestati a nome di un medesimo soggetto tale da richiedere una verifica preventiva al rilascio dei documenti di circolazione e all'effettuazione di iscrizioni o trascrizioni nel pubblico registro automobilistico. Ciò premesso, ricordo che dal 1° gennaio 2020, la carta di circolazione costituisce il documento unico di circolazione, contenente i dati di circolazione e di proprietà degli autoveicoli, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 98 del 2017. Il fenomeno delle intestazioni fittizie è all'attenzione del Ministero e, nell'ambito dell'implementazione delle procedure telematiche per il rilascio del predetto documento unico, è previsto lo sviluppo di una apposita funzione per sospendere l'esito del rilascio del documento stesso in presenza di fattispecie sintomatiche, in cooperazione applicativa con il sistema informatico di ACI-PRA. Il tavolo tecnico con i Ministeri della Giustizia e dell'Interno, istituito proprio per l'individuazione di dette fattispecie, riprenderà i lavori nel corrente mese di gennaio, per la definitiva condivisione del decreto di cui al comma 4 del citato articolo 94-bis. Aggiungo che con gli stessi Ministeri sono in corso di definizione nuove modalità di comunicazione telematica dei provvedimenti di sequestro e confisca dei veicoli da annotare nel documento unico di circolazione e proprietà. Rappresento inoltre che l'articolo 1, comma 667, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, dispone che il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, sentiti l'ACI e le organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese esercenti l'attività di consulenza per la circolazione di mezzi di trasporto, con uno o più decreti definisce le modalità e i termini per la graduale utilizzazione, da completare comunque entro il 31 ottobre 2020, delle procedure telematiche per il rilascio del documento unico, specificando anche le cadenze temporali delle fasi di verifica delle funzionalità da effettuare presso gli sportelli telematici dall'automobilista appositamente individuati dal medesimo Ministero.

Tale disposizione consente la completa informatizzazione delle procedure di rilascio del documento unico, oltre ad una più facile individuazione delle fattispecie sintomatiche di intestazione fittizia dei veicoli, con conseguente inibizione, in attesa dei necessari controlli di Polizia, dell'immatricolazione di ulteriori veicoli a nome di determinati soggetti. Da ultimo evidenzio che il Ministero dell'Economia e delle finanze ha rappresentato che la Guardia di finanza, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 7, comma 7-bis, della legge n. 187 del 1990, riceve dall'ACI-PRA, con cadenza semestrale e mediante un applicativo informatico, la comunicazione dei dati relativi ai soggetti che risultano essere intestatari o ultimi intestatari, in caso di presenza di dichiarazione di perdita di possesso di almeno dieci veicoli, nonché di ulteriori informazioni di dettaglio. I predetti dati sono oggetto di approfondimento a livello centrale da parte del Nucleo speciale entrate della Guardia di finanza e valorizzati con ulteriori elementi conoscitivi disponibili relativi ai soggetti segnalati, per individuare fattori di rischio indicativi della commissione di illeciti economico-finanziari e per effettuare i relativi interventi mirati.

PRESIDENTE. Il deputato Marco Rizzone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MARCO RIZZONE (M5S). Presidente, ringrazio il sottosegretario e, per suo tramite, il Ministro per la risposta, della quale ci riteniamo soddisfatti. La grave situazione da noi descritta in questa interpellanza urgente, come già detto prima, è stata messa in luce sul Corriere della Sera dai giornalisti Milena Gabanelli e Alessio Ribaudo, che colgo l'occasione di ringraziare pubblicamente. Quando giornalisti e politici giocano di sponda, facendo entrambi bene il proprio lavoro, tutti ne beneficiano. Siamo altresì soddisfatti nell'apprendere che i vari Ministeri, dei Trasporti, della Giustizia e dell'Interno, stiano lavorando ad un tavolo tecnico con la finalità di individuare a livello operativo soluzioni concrete al problema, così come pure del fatto che ci sia un'attenzione vigile da parte del Ministero dello Sviluppo economico e da parte del Nucleo speciale entrate della Guardia di finanza per monitorare i soggetti segnalati possessori di più veicoli, al fine di ridurre drasticamente il fenomeno che abbiamo segnalato e denunciato in questa interpellanza.

Ci auguriamo, inoltre, che il documento unico di circolazione, entrato in vigore il 1° gennaio di quest'anno e della cui efficacia siamo ottimisti, possa costituire un ulteriore strumento utile per effettuare controlli più rapidi e approfonditi. Concludo con una riflessione. I malviventi che organizzano queste truffe tramite le auto fantasma utilizzano come prestanomi per lo più pensionati, ottantenni, pregiudicati, detenuti, ma anche disoccupati cronici e persone insospettabili in condizioni di povertà, che magari per 30 euro si offrono in rete di fare da prestanomi. Ecco, pensiamo a queste categorie deboli che per arrivare a fine mese diventano facili prede e che finiscono per delinquere. Ecco, politiche volte a ridurre la povertà come il reddito di cittadinanza, che come MoVimento 5 Stelle, come sapete, abbiamo fortemente caldeggiato e introdotto, possono contribuire in maniera concreta ad arginare il fenomeno. Ricordiamocelo!

(Iniziative di competenza volte a contrastare azioni violente di gruppi studenteschi in ambito universitario e a tutelare il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero in tale ambito, alla luce di recenti episodi verificatisi presso l'università Statale di Milano – n. 2-00605)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Frassinetti ed altri n. 2-00605 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Marco Osnato se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARCO OSNATO (FDI). Grazie, Presidente. Sì, ci tengo a illustrare perché questa interpellanza nasce da un fatto sicuramente grave e sicuramente non isolato e non nuovo nelle aule e nei palazzi universitari della nostra città di Milano. Il fatto si riferisce a un evento appunto dell'11 dicembre 2019, quando negli spazi di via Festa del Perdono a Milano, dove c'è la sede dell'università statale, un banchetto informativo della rappresentanza studentesca di un'organizzazione rappresentata ovviamente all'interno degli organismi universitari, Azione Universitaria, che appunto insieme a otto militanti stava raccontando, insomma, un po' la propria attività di rappresentanza studentesca, è stata aggredita da una cinquantina di militanti facenti parte - e identificati poi anche dalle forze di polizia - di un collettivo studentesco che occupa abusivamente un'aula lì vicino all'interno dell'università statale.

Dicevo che non è un caso isolato, perché negli anni e anche negli anni più recenti questa protervia, diciamo, di alcune organizzazioni più o meno riconosciute che gravitano all'interno dell'università statale ha impedito sostanzialmente anche la libera partecipazione democratica degli organismi studenteschi all'interno dell'università stessa, sia nelle aule di via Festa del Perdono sia nelle aule di scienze politiche in via Conservatorio ma anche in altre in altre realtà. Purtroppo, non è quindi un caso isolato e sono anni che alcuni spazi dell'università statale sono occupati abusivamente da sedicenti collettivi studenteschi e il fatto ancor più grave è che, purtroppo, c'è anche una connivenza di alcuni settori dei professori dell'università statale. Nel caso specifico, il professor Luca Bernardini, che è ordinario presso la suddetta università statale, nel suo profilo Facebook dopo quello che è successo ha scritto: “Avvertite - leggo il virgolettato, Presidente - appena lo sapete: come docente sarò felice di venire a portarvi la mia solidarietà antifascista”. Ecco, io credo che sia il momento in cui noi cerchiamo tutti insieme di fare un passo avanti rispetto alla libera fruizione dell'insegnamento universitario, della presenza dei giovani nell'università e della rappresentanza studentesca nell'università. Credo che bisogna superare alcune contaminazioni, diciamo, che non fanno più parte del nostro tempo. Credo che alcuni professori possano anche capire che il loro ruolo è diverso da quello di cattivi maestri in questo caso, perché chiaramente chi tenta di giustificare la violenza di altri è un cattivo maestro e credo che sia il momento in cui anche gli organismi universitari, col supporto del Ministero, comincino a prendere provvedimenti. Questo lo dico anche alla luce di un'odierna intervista - e credo che sia una coincidenza - che il rettore dell'università statale fa oggi su Il Giornale nelle pagine di Milano in cui denuncia purtroppo proprio questo fatto.

Noi apprendiamo con piacere e con soddisfazione la volontà del rettore di cercare di liberare questi spazi occupati abusivamente, di creare situazioni di aggregazioni diverse più libere e più democratiche e ci fa piacere che ricordi anche che il suo predecessore questo non l'ha fatto (i suoi predecessori questo non l'hanno fatto). Quindi, sicuramente c'è un vulnus all'interno degli spazi universitari milanesi rispetto a una tolleranza di alcuni aspetti, insomma, di protervia politica e di violenza politica nei confronti di chi non la pensa come appunto questi sedicenti collettivi.

Devo anche evidenziare che, purtroppo, quando è successo il fatto circostanziato nella nostra interpellanza erano presenti, come capita spesso, anche degli organi della questura, che purtroppo non sono intervenuti. Quindi, anche su questo io chiedo una maggiore attenzione, perché è chiaro che nessuno vuole militarizzare le università e nessuno vuole che si faccia politica sotto scorta della polizia, però evidentemente se c'è un problema di incolumità e di ordine pubblico per chi svolge il banchetto, per gli altri studenti e per chi, appunto, fruisce dell'università forse anche la questura dovrebbe intervenire in maniera sicuramente diversa. Questo succede appunto a Milano, succede a La Sapienza di Roma, succede a Trento, succede a Bologna. Abbiamo visto addirittura giornalisti impediti più volte di presentare propri libri e partecipare a conferenze e addirittura con spintonamenti e con picchetti che hanno visto anche come vittime professori e rettori di università. Io credo, quindi, che sia il momento in cui anche - e qui chiedo, appunto, l'intervento del Governo - il Ministero supporti o indirizzi, nel caso questo non sia ancora stato fatto, i rettori a cercare di liberare le università e di renderle veramente quello per cui sono state create, ovvero per l'insegnamento e per la libera esposizione del pensiero in modo pacifico, sereno e democratico.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe De Cristofaro, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE DE CRISTOFARO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Gentili onorevoli, al fine di fornire adeguato riscontro alla questione da voi segnalata il dicastero ha interpellato l'università statale di Milano e anche il Ministero dell'Interno. Dalle note pervenute rispettivamente dal rettore dell'ateneo e dal prefetto della città di Milano si evince che l'ufficio attività culturali ed eventi dell'ateneo in questione ha accolto la richiesta del responsabile dell'associazione studentesca Azione Universitaria di allestire per il giorno 11 dicembre 2019 un banchetto con volantini e altro materiale all'interno della sede universitaria di via Festa del Perdono al fine di promuovere l'attività della stessa associazione. Nella tarda mattinata un gruppo di circa una ventina di studenti ha manifestato le proprie rimostranze attraverso proteste verbali e azioni volte a disperdere il materiale informativo. Tra i due gruppi è scaturito, quindi, un diverbio culminato in qualche spintonamento, sino a quando gli studenti di Azione Universitaria hanno abbandonato la propria postazione e gli altri studenti si sono a loro volta allontanati. La polizia allertata per quanto stava accadendo - si riferisce nella nota della prefettura - ha individuato alcuni studenti ma per l'aggressione subita nessuno è stato intenzionato a sporgere denuncia o si è dovuto ricorrere a cure mediche.

L'ateneo, nella nota trasmessa al Ministero, ha aggiunto che nella stessa giornata ignoti hanno appeso al secondo piano del settore didattico uno striscione successivamente rimosso. Viene riferito altresì che con comunicazione mail del 12 dicembre scorso il responsabile dell'associazione studentesca ha segnalato al rettore un post di un professore associato in merito alla vicenda. Al riguardo, il rettore ha precisato di aver avviato un confronto con il professore in questione per avere chiarimenti sulle sue dichiarazioni a esito del quale il rettore dichiara di trasmettere informazioni.

Concludo con una valutazione politica, affermando che l'università debba essere il luogo ove la libertà di parola e di espressione debbano essere sempre salvaguardate e manifestate attraverso il confronto dialettico e democratico, nel pieno rispetto della nostra Costituzione repubblicana.

PRESIDENTE. La deputata Paola Frassinetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Ha un problema di microfoni? Prego, riproviamo... Provi a cambiare postazione, cortesemente. Niente, c'è un blackout? Vediamo se i tecnici riescono a risolvere il problema. Cambiamo fila? Provi un po' a cambiare settore, più che fila, non so… vediamo…no, è come se fosse disattivato l'intero settore. Dovrebbe usare la cortesia di trasferirsi nel settore affianco, vediamo…no, c'è qualcosa che non va. Penso che mi trovo costretto a sospendere per qualche minuto. Aspetti, proviamo un ultimo tentativo dal banco del comitato dei nove, altrimenti sospendiamo e diamo tempo ai tecnici…ecco, dal banco del comitato dei nove il microfono funziona. Le chiedo scusa per questo inconveniente, deputata Frassinetti, a lei la parola.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il sottosegretario per la risposta, ma non mi posso dichiarare soddisfatta. Non mi posso dichiarare soddisfatta da questa risposta in quanto, innanzitutto, vorremmo sapere quali sanzioni disciplinari e quali misure disciplinari l'ateneo abbia preso nei confronti di questi studenti, che sono studenti interni all'università, perché il problema è proprio questo. La stessa riflessione l'ho fatta qualche settimana fa, in occasione di un'altra interpellanza sull'interruzione e sull'aggressione verbale al giornalista Biloslavo, all'Università di Trento. Anche lì, finivo il mio intervento chiedendo quali fossero state le misure disciplinari e a questo non c'è mai risposta.

Io sono soddisfatta della conclusione dell'intervento del sottosegretario, che auspica che le università siano luogo di confronto, luogo di studio e di conoscenza, e mai di violenza, però non basta, perché questi fatti accadono; sono fatti concreti, che accadono, che riguardano un'organizzazione universitaria vicina a un partito politico, Fratelli d'Italia, rappresentato ampiamente in Parlamento. Se noi torniamo a quell'immagine di studenti che si organizzano in uno spazio interno all'università statale e che escono dall'università correndo e mettendo in fuga gli altri per la grande superiorità anche numerica - non mi sembra fossero venti, ma mi sembra fossero cinquanta gli studenti che dai collettivi sono usciti - al fine di spazzare via - questo era l'intento - il banchetto, il gazebo informativo, degli studenti di Azione universitaria, questa è un'immagine molto brutta. È un'immagine che riporta a tempi in cui all'università statale qualcuno non si poteva neanche iscrivere, a tempi nei quali chi era stato sostanzialmente segnalato come studente non vicino a certe idee politiche, doveva andare a sostenere l'esame alle volte anche accompagnato dalle forze dell'ordine. Ecco, noi sappiamo quali sono le derive politiche violente che si vanno a determinare se non si interviene in tempo.

Quindi, si chiedono delle misure molto determinate per evitare queste derive che già conosciamo. Quindi, noi abbiamo un'ulteriore responsabilità, i vertici degli atenei hanno un'ulteriore responsabilità, quella di sapere ciò, perché purtroppo negli anni passati sono successe e sono partite dall'università tante azioni violente, pertanto noi sappiamo benissimo che, se non si interviene in maniera drastica, potrebbero riproporsi quelle immagini e quelle violenze. Ma la cosa più ipocrita è che c'è stato un intervento, un intervento del professor Simonetta, il quale ha pensato bene, in consiglio di amministrazione, di portare una proposta dove si dice che per poter ottenere degli spazi bisogna sottoscrivere una dichiarazione di antifascismo. Ecco, questo sicuramente - e lo dico ironicamente - è un modo per sanzionare e per delimitare le violenze. Così avremo il paradosso che chi firma la dichiarazione antifascista, esce a spazzare magari via un gazebo di ragazzi che non l'hanno sottoscritto. Voglio dire, le soluzioni burocratiche, soprattutto dopo un'azione così violenta, lasciano il tempo che trovano. Evidentemente, il docente Simonetta non aveva ben altro a cui pensare nel momento in cui ha partorito questa misura, che è del tutto inutile per cercare di tamponare le violenze dall'ateneo, perché si organizzano in un'aula della statale, questi studenti, e questa è la cosa grave.

Quindi, noi auspichiamo che anche il nuovo Ministro, il rettore Manfredi, intervenga su queste questioni, anche se non sono molto ottimista, vista la dichiarazione che lo scorso anno il magnifico rettore Manfredi ha effettuato sui centri sociali, dichiarando che i centri sociali sarebbero un'utile forma di aggregazione. E proprio in quella occasione aggiunse: “…bisogna fare in modo che queste esperienze possano essere messe a sistema, per far crescere la città e dare ai giovani l'opportunità di potersi esprimere”.

Ecco, ha ragione il Ministro Manfredi: diamo l'opportunità ai giovani di potersi esprimere, ma, Ministro - e tramite lei, sottosegretario, mi piacerebbe che questo appello gli fosse rivolto -, la facoltà di poter intervenire ed esprimersi, c'è qualcuno che ancora in università, in città importanti come Milano, non ce l'ha! Quindi lui, da Ministro, dovrà garantire la possibilità di esprimersi a tutti gli studenti, di qualsiasi parte politica. Mi auguro che la nuova attività del Ministro Manfredi inizi sotto l'egida del confronto e della ferma opposizione e condanna dei gesti violenti che, purtroppo, stanno accadendo in troppe università in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

(Iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a contrastare il fenomeno della mafia nigeriana, anche alla luce dei recenti arresti operati dalla squadra mobile di Bari – n. 2-00596)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galantino ed altri n. 2-00596 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Davide Galantino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Sì, grazie Presidente. Il 3 dicembre 2019 due pericolose associazioni mafiose nigeriane, con ramificazioni in tutta Italia, sono state arrestate dalla squadra mobile di Bari al termine di un'indagine della direzione distrettuale antimafia. Gli indagati, trentadue tra capi e gregari, devono rispondere di associazione per delinquere, tratta, riduzione in schiavitù, estorsione, rapina, lesioni, violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione. Le misure cautelari sono state eseguite anche in altre città della Puglia, in Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna, Veneto e, all'estero, in Germania, Francia, Olanda e Malta. Le indagini sono state avviate dopo che il pastore della comunità religiosa presente nel CARA di Bari ha inviato una lettera alla polizia, spiegando che il centro di accoglienza era il luogo in cui le gang avevano il loro centro operativo. Oltre al CARA, capi e gregari abitavano soprattutto nel quartiere Libertà di Bari, dove sono stati individuati i due clan, ognuno con i propri capi, colonnelli e un esercito di soldati, che controllavano le varie attività criminali, dallo sfruttamento della prostituzione al traffico di droga. Secondo la procura antimafia, il modello organizzativo dei due gruppi era ispirato alle «3 D»: donne, denaro e droga, ovvero sfruttamento della prostituzione, che costituiva la base per raccogliere il denaro da reinvestire nei traffici. Un altro ambito di arricchimento per i due gruppi era rappresentato dall'accattonaggio, con il controllo di decine di connazionali, che stazionavano davanti ai supermercati e ai centri commerciali di Bari e della provincia, suddivisi in tre turni giornalieri, essendo obbligati a versare parte del guadagno ai capi clan. Le indagini non hanno portato alla luce rapporti d'affari con la criminalità barese ma «una sorta di tolleranza da parte della mafia locale». La presenza di gang nigeriane in forma associativa costituisce una realtà sempre più diffusa sul territorio nazionale, se solo si considera la crescita esponenziale dei flussi di denaro dall'Italia verso la Nigeria rilevata nel corso degli ultimi anni.

Soltanto nell'anno 2018 le rimesse in denaro dall'Italia alla Nigeria sono state pari a 74,79 milioni di euro, come rilevato dalla Banca d'Italia. Al 30 giugno 2019, il dato della popolazione nigeriana presente in Italia è stato stimato in circa 105 mila presenze, in prevalenza uomini, con il più alto tasso di disoccupazione. La Direzione investigativa antimafia, nella relazione del primo semestre del 2018, ha confermato che le cosche nere comandano in almeno sette regioni, tra cui anche la Puglia, dove trattano con la malavita italiana, e ci sono otto città che sono i loro capisaldi: Torino, Verona, Bologna, Roma, Napoli, Palermo, Caserta e Bari.

Le numerose attività investigative e processuali hanno rilevato che anche Padova, Macerata e Ferrara sono entrate a far parte di questo elenco e che in Sardegna, a Cagliari in particolare, c'è un forte radicamento dei Supreme Eiye, mentre in Lombardia cominciano ad emergere i colletti bianchi della mafia nera nel bresciano, nell'hinterland milanese e nella bergamasca.

Nonostante la preoccupante dimensione del fenomeno, l'attenzione dedicata dalle istituzioni alla criminalità organizzata nigeriana si è dimostrata insufficiente, consentendone la crescita della struttura operativa.

Vorremmo sapere, considerando la gravità dei fatti esposti, quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intendete adottare per contrastare il fenomeno della mafia nigeriana e quali sono i dati ad oggi disponibili sulla portata e se non si ritenga opportuno un monitoraggio dello stesso, ai fini di un intervento mirato ed efficace anche in termini di prevenzione.

PRESIDENTE. Ne approfitto per salutare gli alunni e gli insegnanti della scuola primaria “Papa Giovanni XXIII” di Margherita di Savoia, in provincia di Barletta-Andria-Trani, che stanno assistendo dalla tribuna ai nostri lavori. Ricordo loro che sono presenti in Aula soltanto i deputati che hanno presentato delle interpellanze e i rappresentanti del Governo che sono tenuti a rispondere a queste interpellanze. Nella fattispecie, il sottosegretario di Stato, Giuseppe De Cristofaro, ha facoltà di rispondere all'interpellanza del deputato Galantino che abbiamo appena ascoltato.

GIUSEPPE DE CRISTOFARO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Presidente, onorevoli deputati, in relazione ai fatti enunciati dagli interroganti desidero, innanzitutto, ribadire che l'incisiva azione di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso costituisce una priorità politica per questo Governo. I gruppi criminali nigeriani presentano una struttura verticistica con caratteristiche organizzative e comportamentali tipiche del sistema mafioso, quali la forza di intimidazione del vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e di omertà, il ricorso alla violenza. Le attività info-investigative svolte hanno evidenziato come la criminalità nigeriana sia in costante evoluzione, risultando estremamente versatile e penetrante in diverse regioni, comprese quelle ove risulta forte il controllo della criminalità endogena, come la Sicilia e la Campania.

I principali ambiti d'interesse riguardano il traffico internazionale di sostanze stupefacenti, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani, finalizzata anche allo sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero. I proventi conseguiti nelle attività illegali sono per lo più rimessi in madrepatria, attraverso reti di raccolta e trasferimento di denaro, mentre in misura minore sono anche oggetto di riciclaggio e di investimento sul territorio in phone-center, Internet point o african shop che costituiscono punti di aggregazione dei connazionali, oltre che di controllo per i traffici illeciti.

Il Ministero dell'interno, tramite il Dipartimento della pubblica sicurezza, coordina le attività investigative di contrasto alle organizzazioni criminali nigeriane attive in Italia, mentre sul piano internazionale l'azione si sviluppa tramite Europol. Il Ministero dell'interno promuove già da anni progetti di cooperazione internazionale di polizia, dedicati all'approfondimento e al monitoraggio del fenomeno, fra i quali: il progetto denominato “ETUTU”, volto a contrastare il fenomeno della tratta degli esseri umani e di sfruttamento sessuale da parte degli appartenenti alle consorterie criminali di estrazione nigeriana; il progetto EMPACT FII, di cui l'Italia, unitamente all'Austria, è dal 2016 co-driver; il progetto AFIC, finanziato dall'Unione europea, al quale partecipa il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, unitamente a Frontex e ad Europol, nonché a rappresentanti di Eritrea, Gambia, Marocco, Niger, Nigeria, Guinea, Libia, Costa d'Avorio, Sudan, Ghana, Senegal e Mali. L'obiettivo è quello di mantenere costantemente aggiornati i dati strategici sui flussi migratori e sulla criminalità transfrontaliera e con essi la conoscenza del modus operandi dei gruppi criminali. L'impegno delle forze di polizia è dunque costante. Lo confermano le diverse operazioni di polizia giudiziaria svolte in tutta Italia anche nell'ultimo anno, nel corso delle quali sono stati eseguiti numerosi provvedimenti restrittivi nei confronti di cittadini nigeriani, accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso e di altri reati connessi. Tra le altre, anche quella evidenziata nell'interpellanza, all'esito delle indagini della squadra mobile barese che hanno avuto inizio circa due anni fa, prendendo avvio da varie forme di violenza nei confronti di alcuni cittadini nigeriani ospiti nel Centro accoglienza richiedenti asilo di Bari, da parte di alcuni loro connazionali che volevano obbligarli ad aderire al cosiddetto gruppo dei Vikings.

Proprio in conseguenza di tali indagini, lo scorso 3 dicembre, è stata eseguita, in diverse regioni italiane, nonché in altri Paesi europei, un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del tribunale di Bari a carico di 32 persone di nazionalità nigeriana. I capi di imputazione contestati riguardano il reato di associazione mafiosa finalizzata al favoreggiamento di alcuni reati, tra i quali: immigrazione clandestina, tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù. Gli indagati sono accusati di aver fatto parte di due distinte associazione a delinquere di stampo mafioso, operanti nella provincia di Bari, quali cellule autonome di due gruppi criminali di livello internazionale. Si è trattato dell'intervento di contrasto alla mafia nigeriana con il più alto numero di arresti in Italia. Peraltro, preciso che, tra gli immigrati nigeriani allora presenti nel CARA di Bari, per colui che è stato raggiunto da un ordine di custodia cautelare in carcere, ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale, la questura di Bari ha immediatamente proposto la misura della revoca dell'accoglienza.

Quanto alla richiesta di intervento delle Forze armate ricordo che ne è già previsto l'impiego nell'ambito dell'operazione “Strade sicure” che, come è noto, consente di recuperare personale delle forze di polizia da impiegare nel diretto contrasto della criminalità. L'operazione “Strade sicure” è stata confermata dalla legge di bilancio 2020 che, nel rifinanziare la missione fino al 31 dicembre 2020 con un contingente pari a 7.050 militari delle Forze armate, ne ha previsto l'operatività “limitatamente ai servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili”, con esclusione quindi del concorso in attività di “perlustrazione e pattuglia”. Questa modalità operativa è stata introdotta già a decorrere dal 1° gennaio 2015, in considerazione anche delle raccomandazioni formulate dalla Corte dei conti circa l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'intera operazione.

Quanto a possibili interventi normativi, evidenzio che grazie al livello sempre elevato di attenzione delle politiche volte alla sicurezza del nostro Paese, l'Italia, come riconosciuto unanimemente, ha una delle più avanzate e aggiornate legislazioni antimafia a livello mondiale.

PRESIDENTE. Il deputato Davide Galantino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

DAVIDE GALANTINO (FDI). Presidente, è stato fatto un elenco dei crimini commessi dalla mafia nigeriana, ma io non ho presentato una semplice interrogazione a risposta scritta, ho presentato un'interpellanza urgente che, secondo il nostro Regolamento, deve essere firmata da almeno trenta parlamentari. Ciò significa che una buona parte di questa Assemblea ha una grande preoccupazione. Lei, sottosegretario, ha confermato che esiste un'organizzazione mafiosa, un'organizzazione radicata, un'organizzazione pericolosa dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, al favoreggiamento della prostituzione, a crimini di ogni genere, non posso non citare l'omicidio di Pamela Mastropietro, sappiamo bene che anche in quel caso la mafia nigeriana ha avuto un ruolo. Sottosegretario, la ringrazio, ma noi non possiamo ritenerci soddisfatti, chiedevamo, infatti, cosa intenda fare di concreto questo Governo per contrastare quello che oggi è un fenomeno molto pericoloso.

Il 27 febbraio 2019 la Camera dei deputati ha approvato una nostra mozione presentata per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della mafia nigeriana che ricalca una delle storiche battaglie di Fratelli d'Italia. Purtroppo, continuiamo a notare una grave sottovalutazione di questo fenomeno e lo abbiamo visto con tutti i Governi precedenti. Si parla di mafia in ogni contesto, si parla pochissimo di mafia nigeriana; eppure, i media locali e nazionali ci spingono a pensare che il fenomeno sia in costante crescita.

Non posso non citare la recentissima notizia dell'8 gennaio sulla banda con base in Olanda che per mesi ha riempito di droga la città di Prato; in un anno e mezzo sono stati arrestati 200 corrieri, grossi quantitativi di cocaina ed eroina trasportati dagli ovulatori, vale a dire giovani disposti per pochi spiccioli ad ingerire lo stupefacente da consegnare agli spacciatori. Più di 200 arresti, più di 100 chili tra cocaina ed eroina, sequestrati insieme a oltre 150 mila euro in banconote di piccolo taglio: un fiume di denaro trasportato per mezza Europa fino all'Italia da corrieri nigeriani e ghanesi, disposti ad ingerire anche decine di ovuli ogni volta pur di consegnare il carico agli spacciatori e intascare quattro soldi. Continuiamo a rivolgere un plauso alle forze dell'ordine, che da sempre combattono tutti i fenomeni criminali sul nostro territorio, compreso anche quello della mafia nigeriana; ma cerchiamo anche di stimolare il Governo affinché faccia qualcosa in più. Non so di cosa altro possa esserci bisogno per comprendere l'elevata portata delle azioni che la mafia nigeriana compie. Non voglio essere crudo nell'esposizione, ma qui parliamo di riti di affiliazione tribali, gli aspiranti affiliati costretti a bere sangue umano e le donne costrette ad avere rapporti sessuali con i capi. Nella sola operazione dello scorso dicembre a Bari si contano 17 donne vittime di violenze sessuali e di sfruttamento della prostituzione, alcune delle quali hanno cercato di ribellarsi e sono state vittime di ulteriori atrocità. Mi rivolgo alle donne di questa Assemblea, soprattutto quelle che ogni giorno rivendicano - giustamente, sia chiaro - i diritti delle donne: vogliamo continuare a parlare di razzismo e disumanità, di una parte politica che intende gestire il problema dell'immigrazione in modo diverso da voi o invece vogliamo prendere atto di questa condizione disumana in cui poi queste donne sono costrette a vivere? Ricordo a me stesso, a tutti noi che la nazionalità nigeriana è quella maggiormente dichiarata al momento degli sbarchi, e che quello nigeriano è uno dei più efficienti e pericolosi sistemi criminali africani a livello transnazionale. I nigeriani sono i primi nelle richieste di asilo: nel 2017 il 20 per cento, nel 2016 il 22. Il dato è ancora più strano se comparato all'altissima percentuale di dinieghi; infatti, nel 2017 l'asilo è stato concesso solo al 5 per cento, e hanno avuto uno dei più alti tassi di diniego; praticamente oltre il 90 per cento di chi sbarca non dovrebbe avere alcuna forma di protezione. Inoltre, la storia insegna che percorsi di accoglienza e integrazione sono lunghi e mai scontati, e insegna anche che i trasferimenti hanno portato a guerre che poi hanno scritto la storia dell'Italia. La sinistra ogni giorno dice, attraverso media, social, che noi fomentiamo l'odio: l'odio invece lo fomentate voi, ogni giorno, ogni giorno che accogliete potenziali criminali. Perché mentre voi girate con la scorta e prendete decisioni lontano dalla realtà, il popolo che vive fuori da questi palazzi è lo stesso popolo che prende i mezzi pubblici la sera sul tardi dopo il lavoro, quella mamma che rientra a casa al buio nelle periferie, che esce dal supermercato da sola la sera e trova la risorsa che batte cassa: tutto questo provoca uno stress non indifferente negli italiani. Possiamo anche immaginare perché finora ci sia stata omertà sulla mafia nigeriana: perché tra gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste i nigeriani sono tra i più numerosi, tra le persone che sbarcano sul territorio italiano, e mi sembra lecito pensare che ci sia un collegamento tra l'immigrazione di massa illegale e la mafia nigeriana. Riconoscere questa nuova forma di realtà mafiosa è quanto mai necessario: non vogliamo che ci sia un'altra Pamela Mastropietro, né che questa nuova mafia si radichi e si espanda nelle nostre città, nelle nostre comunità, tra i nostri concittadini. Oltre a doverla riconoscere, va dato atto dell'inconsistenza e dell'inefficacia delle politiche di accoglienza messe in campo da questo Governo; politiche peraltro bocciate dagli elettori il 4 marzo 2018, quando la maggioranza degli italiani ha votato programmi come “sbarchi zero”, “porti chiusi”, “blocco navale”. Ora per esempio l'Unione europea propone il blocco navale in Libia; ma vede, non esistono armi pericolose se non utilizzate da uomini pericolosi. I porti aperti ad ogni costo, la gestione scellerata degli sbarchi, senza una pianificazione e in assenza di modelli di integrazione che diano dignità a quegli esseri umani che partono dai loro Paesi in cerca di fortuna, non vi rende, non ci rende un Paese accogliente e umano (Applausi di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mara Lapia. Ne ha facoltà.

MARA LAPIA (M5S). Presidente, dalla Sardegna una storia di sperpero di soldi pubblici e di una vergognosa inadempienza della tutela della salute pubblica: 850 mila euro di fondi comunitari investiti, 8 anni trascorsi dalla sua realizzazione, 3 soli mesi di piena operatività, collaudi e test sperimentali conclusi con esito positivo; questi sono solo alcuni numeri che fanno riferimento alla sala di emodinamica del presidio ospedaliero “Nostra Signora della Mercede” di Lanusei, una struttura di primaria importanza per la salute e la vita di circa 350 persone cardiopatiche, indispensabile e funzionante ma mai aperta, Presidente. Pazienti, cittadini, che ogni anno potrebbero usufruire di un servizio sanitario di eccellenza, che vedono negarsi ancora oggi la possibilità di accedere alle cure. Tutto questo per un passaggio burocratico mancante: una firma, una sola firma che oggi blocca un'intera comunità. Mentre io porto in Aula questa loro voce, la voce dei pazienti cardiopatici di Lanusei, loro hanno deciso di protestare da oggi, con lo sciopero dei farmaci salvavita. Sono preoccupata, Presidente, per una scelta amara e coraggiosa, che mette in pericolo la loro salute e che è uno schiaffo all'inerzia delle istituzioni, la regione autonoma della Sardegna in primis. Nelle ultime ore ho sollecitato l'assessore Nieddu e il Ministro Speranza ad intervenire per porre fine a questo abuso nei confronti di una comunità; ho chiesto un'immediata verifica di quanto sta accadendo e delle reali motivazioni di questo sopruso, al fine di far emergere anche eventuali responsabilità personali, riconducibili magari a qualche volontà politica di becero ostruzionismo, perseguibile moralmente e penalmente.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 13 gennaio 2020 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, recante misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria. (C. 2284-A)

Relatore: LUCIANO CANTONE.

La seduta termina alle 11,10.