Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 284 di mercoledì 8 gennaio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA.

La seduta comincia alle 14.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 3 gennaio 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Boschi, Buffagni, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, Dadone, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Losacco, Lupi, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Sisto, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 7 gennaio 2020, il deputato Lorenzo Fioramonti, già iscritto al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, ha dichiarato di aderire al gruppo Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signora Presidente. Questo inizio d'anno ha visto una vicenda di una gravità assoluta avvenuta in Iraq, con l'uccisione del generale iraniano da parte delle Forze armate statunitensi e la successiva risposta avvenuta nella notte di ieri, questa notte anzi, per essere precisi. È del tutto evidente che il Parlamento non può rimanere assente, che il luogo in cui si esprime la volontà popolare non può continuare a rimanere senza una informativa da parte del Governo per comprendere quali siano le intenzioni, quali azioni diplomatiche siano state intraprese e si intendano intraprendere, da un lato perché è del tutto evidente che l'inizio di questa escalation avviene al di fuori di qualsiasi contesto di legittimazione del diritto internazionale e i rischi a cui andiamo incontro sono rischi elevatissimi, a cominciare ovviamente dalle truppe italiane impegnate nella missione in Iraq di addestramento delle Forze armate irachene. Quindi, riteniamo che sia necessario e al tempo stesso urgente - mi rivolgo ovviamente al rappresentante del Governo qui presente - che questo Parlamento abbia la possibilità di avere non solo informazioni, di poter discutere e ogni forza politica, ogni gruppo, di poter esprimere la propria posizione. Tutto ciò in un contesto che è, da un lato, di fortissima preoccupazione, perché credo che anche nel recente passato mai si sia toccato un livello così elevato di tensione internazionale, e ovviamente con un sentimento anche di unità nazionale e di vicinanza ai nostri militari. L'obiettivo, ovviamente, noi crediamo non possa non essere quello della via diplomatica e della ricerca, anche attraverso un'azione dell'Unione Europea e non soltanto del nostro Governo, di vie diplomatiche per cercare di disinnescare ed abbassare innanzitutto la tensione esistente. Poi la situazione è molto complessa, avremo modo, spero presto, di poterne discutere, però è del tutto evidente che - lo dico e concludo - i Parlamenti di tutto il mondo in queste ore stanno discutendo di questo tema e credo che sia assolutamente giusto, necessario e doveroso che anche il Parlamento italiano sia messo nelle condizioni di avere un'informativa da parte del Governo e di poter esprimere la propria posizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghi, sullo stesso tema, immagino. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente. Le notizie di queste ore, che si susseguono con un ritmo incalzante e che fanno seguito anche ai fatti e agli eventi che si sono realizzati in Medioriente nei giorni scorsi, a cui vorrei aggiungere, rispetto alla riflessione condivisibile fatta dal collega Fornaro, anche la situazione relativa al teatro libico, che riguarda direttamente il nostro Paese per una serie di questioni che a nessuno sfuggono, implicano una approfondita analisi e una azione da parte del Parlamento.

Vorrei anche, nella circostanza, comunicare che abbiamo appena concluso l'Ufficio di presidenza della Commissione difesa, avendo calendarizzato, per il prossimo mercoledì 15, la riunione congiunta delle Commissioni III e IV di Camera e Senato, a cui il Governo ha dato certezza di presenza relativamente ai fatti dell'Iraq. Nondimeno, appare opportuno che l'Aula venga investita, proprio per la complessità e per l'importanza della discussione, di comunicazioni o risoluzioni che si riterrà di dover fare e, quindi, riteniamo di dover aderire all'appello, in questa circostanza, al Governo, e quindi chiedendo alla Presidenza di poter segnalare la richiesta anche del Partito Democratico. Noi siamo dell'opinione che su questo tema ci debba essere la più larga analisi, la capacità di poter intervenire da parte del Parlamento in una maniera approfondita, cercando di recuperare, nel limite del possibile e in un quadro ovviamente di pluralismo, uno sforzo di unità nazionale che metta al centro l'interesse della nostra patria, del nostro Paese e, soprattutto, che, anche nella circostanza, metta al centro un pensiero che, anche nella occasione di oggi, vogliamo mandare ai nostri militari impegnati in questi teatri, che, purtroppo, rischiano di trasformarsi in teatri di guerra. L'impegno che noi dobbiamo mettere è quello di far sì che le armi della diplomazia si sostituiscano a quelle che, purtroppo, in queste ore stanno rombando.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (M5S). Grazie, Presidente. Il richiamo ai fatti di questi giorni è importante, è una questione politica di prima grandezza. Lo è sempre, la politica estera, che viene trascurata nella qualità dei reportage giornalistici e viene affrontata spesso distrattamente anche in queste Aule o con qualche piega legata a vicende più semplici da interpretare, mentre la politica estera ha una sua complessità. La vicenda iraniana si pone da subito come un tema rilevantissimo, perché c'è stata una violazione del diritto internazionale, a cui è seguita poi una rappresaglia che potrebbe innescare ulteriori ritorsioni. Questo è pericoloso per tutto l'arco della crisi che si collega con l'area mediorientale, c'è il Vicino Oriente, c'è il Nordafrica, che funzionalmente ha una catena di relazioni che sono messe in discussione proprio in questi giorni e in queste ore. Per cui è importantissima l'azione, l'attivismo del Governo, per rimediare a problemi che vengono da decenni, perché la politica estera - come dicevo all'inizio - è stata a lungo trascurata come tema centrale della politica italiana, e vissuta in modi o vassalli o passivi nello scenario internazionale. Invece questo attivismo serve, serve riferire sulle vicende di queste ore e di questi giorni e, quindi, è importante questa audizione congiunta delle Commissioni affari esteri e difesa, che si svolgerà la prossima settimana, ma è un tema che deve riguardare il Parlamento nel suo insieme. Dobbiamo affermare con forza la priorità del diritto internazionale, dobbiamo disinnescare molti “ordigni” che sono stati messi sulla via della pace, a partire da un traffico incontrollato di armamenti, che è una delle concause dell'aggravarsi della situazione, ad esempio in Libia. Quindi, credo che sia sensato che il Parlamento parli e lo faccia senza le urgenze della propaganda, cercando di capire in quale nuova fase siamo entrati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signora Presidente. Anche Italia Viva si associa alla richiesta avvenuta in quest'Aula di fare un punto della situazione qui e anche abbastanza con urgenza, perché è di soli 15 giorni fa il question time che alcune forze politiche, il Partito Democratico e Italia Viva, fecero al Ministro degli esteri Di Maio sulla questione libica; quindici giorni che sembrano quindici anni, perché nel frattempo è cambiato completamente lo scenario a causa dell'intervento dell'America sull'Iran. In questi giorni alcune forze politiche hanno anche espresso, secondo me in maniera avventata, dei giudizi politici, più pensando probabilmente a una propaganda interna che non a un'analisi della complessa situazione che sta avvenendo nel Medio Oriente, che rischia di far di nuovo riesplodere anche un'altra questione, quella israeliana, mai assopita, con la questione palestinese ancora lì, oggi, a ricordarci che da quei territori la parola “pace” potrebbe essere raggiunta facilmente, ma, di fatto, viene sempre posticipata. Quindi penso che una riflessione generale, in particolare per quel che sta succedendo in Iran, debba essere fatta e anche abbastanza urgentemente, e penso che vada fatta prima del Consiglio europeo di venerdì; tuttavia, qualora questo non possa avvenire, immediatamente dopo, perché l'Italia, che in questi mesi non è stata protagonista brillante della politica sulla Libia e sta recuperando adesso con fatica, deve ritornare a essere protagonista, almeno in Europa, e aiutare l'Unione europea a prendere una posizione, cosa che ad oggi non è ancora avvenuta (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. L'ora è evidentemente grave e ci asterremo dal commentare quello che avremmo voluto vedere: magari le Commissioni esteri e difesa immediatamente convocate, e parlo del 3 gennaio, quando l'asticella nel Medioriente si è alzata così prepotentemente da far comprendere, a qualunque osservatore della politica internazionale, che sarebbe precipitata completamente la situazione; magari avremmo immaginato che il Governo potesse convocare immediatamente maggioranza e opposizione per stabilire una road map trasversale, che avrebbe dovuto unire le garanzie per i nostri soldati di stanza in Iraq, con un barlume di idea dell'Italia nello scacchiere del Medio Oriente che si sta incendiando nella più totale e drammatica irrilevanza dell'Italia. Ciò a maggior ragione con la Libia, tradizionalmente giardino di casa dell'Italia, dalla quale siamo stati espunti, perché financo colui che sarebbe il nostro alleato ha detto: no grazie, ci pensa il sultano Erdogan ad intervenire, l'Italia stia pure a casa.

Ora, di fronte al precipitare di questo scenario, di fronte a questa escalation di violenza che rischia di coinvolgere anche i nostri soldati, di fronte alla drammatica irrilevanza del Governo, noi riteniamo, come Fratelli d'Italia, che non sia più differibile il momento di una informativa urgente da parte del Presidente del Consiglio o del Ministro della difesa, che ci racconti come intende mettere in sicurezza le nostre truppe in Iraq e quale sia il futuro delle nostre truppe in Iraq, nonché del Ministro degli esteri, che ci racconti, magari, nel suo viaggio al sultanato che cosa è capitato, quale sia l'idea della Libia, quale sia anche l'idea in ordine al blocco navale che noi di Fratelli d'Italia abbiamo sempre invocato, che sembrava una fake news, un'invenzione della signora Meloni, del deputato Meloni, e oggi l'Europa ci dice che è una delle soluzioni percorribili perché tutti gli 007 dell'Europa ci stanno dicendo che il sultano Erdogan, in Libia, ha scatenato i miliziani dell'Isis che ha liberato in Siria, per condurre una guerra per procura e che quei miliziani, quei terroristi islamici sono pronti a partire sui barconi; si parla di 7 mila persone che stanno per partire, con forti pericoli di infiltrazioni dell'integralismo islamico.

Ora, a fronte di uno scenario del genere, noi di Fratelli d'Italia riteniamo che il Governo non possa più tergiversare, non possa più nascondersi dietro un dito e debba venire in Aula a riferire con urgenza per la sicurezza nazionale, per la sicurezza internazionale, per la sicurezza dei nostri militari e per la partita dell'approvvigionamento energetico, che non è momento di secondo profilo per questa nazione che sta, per la prima volta da cento anni, per essere clamorosamente espunta dal gioco libico dal sultano Erdogan (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Anche noi, come Lega, riteniamo urgente un'informativa del Governo su quanto sta accadendo nel mondo, posto che al Ministero degli esteri il Ministro si sia accorto di cosa sta succedendo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché noi, davvero, non vediamo più il nostro Paese presente in Libia, il nostro Paese che era il protettore del Governo di Tripoli, il nostro Paese che oggi è stato scacciato dall'arrivo dei turchi, e oggi il Ministro Di Maio non può fare nulla di meglio che andare, davvero, alla corte del sultano Erdogan. Non è così che si fa politica estera, così la politica estera del nostro Paese non esiste, come non esiste la politica estera dell'Unione europea, politica estera dell'Unione europea che non si è mai vista e non lo dice la Lega, lo diceva in un bellissimo editoriale di ieri, sul giornale La Stampa, il vicedirettore; una politica che - diceva - è confusa sull'Iran, mentre noi, come Lega, abbiamo le idee molto chiare; bisogna scegliere, bisogna scegliere se stare con gli Stati Uniti, con la democrazia o con la repressione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. La Presidenza ha raccolto le vostre richieste che, naturalmente, verranno inoltrate al Presidente della Camera Fico, affinché il Governo possa tenere un'informativa sulla vicenda iraniana e su quella libica.

Discussione della mozione Formentini ed altri n. 1-00248 concernente iniziative in sede internazionale volte al rispetto dell'autonomia riconosciuta ad Hong Kong, alla luce delle manifestazioni in corso negli ultimi mesi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Formentini ed altri n. 1-00248 concernente iniziative in sede internazionale volte al rispetto dell'autonomia riconosciuta ad Hong Kong, alla luce delle manifestazioni in corso negli ultimi mesi (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta del 23 dicembre 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 23 dicembre 2019).

Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Lollobrigida ed altri n. 1-00307 e Cabras, Quartapelle Procopio, Migliore, Palazzotto ed altri n. 1-00308 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

Avverto, inoltre, che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Formentini ed altri n. 1-00248 (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare l'onorevole Giglio Vigna, che illustrerà anche la mozione n. 1-00248 di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO GIGLIO VIGNA (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, l'intero pianeta, o meglio, l'intero mondo democratico, guarda in questi mesi ad Hong Kong. Le grandissime manifestazioni di piazza che abbiamo visto svegliano l'Occidente, gli danno uno scossone. Forse diamo troppo per scontata la democrazia, forse tutto questo sistema di regole, di pesi e contrappesi, che determina il nostro modo di gestire lo Stato e di vivere, è per noi qualcosa di talmente familiare che mai ci immagineremmo che qualcuno potesse portarcelo via.

Ecco, onorevoli colleghi, ad Hong Kong sta succedendo questo. La Repubblica Popolare Cinese sta lentamente sottraendo pezzi di democrazia, pezzi di libertà al popolo della regione a statuto speciale di Hong Kong. Le proteste oggi hanno assunto un significato ben maggiore rispetto a quello che avevano quando sono partite. Sebbene i cittadini scendano in piazza con precise richieste, essi manifestano per l'obiettivo più alto di rivendicare la peculiarità della loro regione, peculiarità sancita dagli accordi bilaterali intercorsi tra il Regno Unito e la Repubblica Popolare Cinese, sottoscritti il 19 dicembre 1984 e tuttora in vigore. Tali accordi prevedono la sottoposizione dell'ex territorio britannico a un'ampia forma di autonomia, destinata a durare fino allo spirare del termine di cinquant'anni dal ritorno di Hong Kong alla Cina. Ne sono passati meno della metà. Questo accordo è riassunto nell'assioma: uno Stato, due sistemi, e il sistema che Hong Kong vuole è la democrazia; una democrazia senza se e senza ma, libere elezioni, libertà di pensiero, libertà di parola e di stampa, libertà di costituire partiti politici, libertà di manifestare, libertà di essere giudicati da liberi tribunali.

Il Congresso degli Stati Uniti ha varato una legge a sostegno dei manifestanti: l'Hong Kong Human Rights and Democracy Act, firmato dal Presidente Trump il 27 novembre scorso.

Questa nostra mozione che oggi qui presentiamo chiede che anche l'Italia faccia la sua parte, sostenendo in tutti i fori internazionali competenti il pieno rispetto dello statuto di autonomia concesso ad Hong Kong con la dichiarazione sino-britannica, ovvero sostenere il legittimo diritto di Hong Kong alla democrazia.

Per concludere, onorevoli colleghi, una riflessione: in questo nostro complesso mondo, il popolo di Hong Kong non è un popolo che cerca la democrazia, ma i cittadini di Hong Kong cercano di preservare la loro democrazia, la loro libertà.

Signor Presidente e onorevoli colleghi, non possiamo rimanere freddi pensando che molti dei nostri coetanei di Hong Kong, i cittadini che hanno la nostra età, sono figli della cultura europea e occidentale per quel che riguarda i diritti e le libertà; hanno vissuto in un mondo democratico che ora si vedono portare via. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Hong Kong siamo noi. Solidarietà al popolo della regione a statuto speciale di Hong Kong (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Presidente, nel territorio autonomo di Hong Kong, a partire dal 9 giugno, si susseguono manifestazioni imponenti di piazza. L'occasione fu evidentemente, lo sappiamo tutti, quell'ignobile tentativo di modificare la legge di estradizione di Hong Kong, che da sempre è ritenuta, in quel contesto e in quell'area, la regione autonoma ove i dissidenti, anche cinesi, potevano trovare rifugio rispetto a un regime spietatamente e brutalmente dittatoriale.

Allora la regione autonoma di Hong Kong ha resistito e ha trovato quell'occasione per resistere, ma traspariva sin dai primi momenti delle manifestazioni di piazza che il vero grande tema che animava quei giovani, che andavano in piazza animati solo dall'ansia di libertà, dall'ansia di mantenere un'indipendenza, dall'ansia di mantenere quella autonomia in termini istituzionali, politici, giurisdizionali che fa sì che Hong Kong sia in quell'area comunque un esempio ancora di civiltà e di democrazia: quei giovani erano animati solo da quello, mentre gli sgherri del sistema cinese, la polizia di Carrie Lam gli sparava, li imprigionava. Siamo a 4 mila persone che sono finite nelle prigioni di Hong Kong per richiesta cinese tramite la longa manus di Carrie Lam.

E quei giovani hanno ottenuto formalmente l'assicurazione che l'emendamento sulla legge sull'estradizione, che avrebbe consegnato fatalmente alle autorità cinesi ogni dissidente politico, saltasse, ma hanno continuato a manifestare. E hanno continuato a manifestare richiamando l'Occidente, l'Europa, l'Italia, noi uomini liberi, a guardarli, a osservarli, a difenderli, a difendere l'indipendenza della regione autonoma di Hong Kong, perché sanno, avvertono che si avvicina sempre di più il giogo della dittatura comunista.

Non è tanto il 2047 la dead line per quei giovani che manifestano, per quei giovani che vengono incarcerati senza alcun motivo, per quei giovani che continuano a manifestare nelle piazze chiedendo la liberazione dei loro coetanei che sono stati incarcerati senza alcun motivo; è sentire che la Cina, per esempio, in questo momento, sta ammassando l'Esercito al confine della regione autonoma di Hong Kong; è percepire la brutalità delle dichiarazioni di Xi Jinping che dice: chiunque osi sfidare la Cina finirà con le ossa schiantate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Neanche il peggiore dei satrapi orientali ai tempi di Dario e di Serse poteva pensare di rilasciare delle dichiarazioni del genere.

Allora, ve lo diciamo noi di Fratelli d'Italia, che della difesa dell'indipendenza, delle autonomie e delle libertà di una nazione e di un popolo abbiamo sempre fatto una bandiera: come può non interrogare la nostra coscienza il fatto che dei giovani sfidino questo regime brutale e che questa sia la risposta di questo regime brutale?

Per non parlare di Carrie Lam, che con un mirabile esempio di splendida ortodossia grammaticale e comunista li ha già definiti nemici del popolo. E quando i comunisti definiscono un manifestante nemico del popolo, purtroppo tutti noi, a partire da lei, Presidente della Camera, abbiamo memoria di come finisce quel presunto nemico del popolo.

E ancora, il 24 novembre si sono svolte le elezioni presidenziali, e lì il regime cinese, lo sgherro Carrie Lam, che definisce i manifestanti nemici del popolo, ha dovuto arrendersi al fatto che non solo in questi mesi di manifestazioni milioni e milioni di cittadini della regione di Hong Kong sono scesi in piazza, ma che vi è una schiacciante maggioranza che il 24 novembre, alle elezioni distrettuali, ha dichiarato la volontà di preservare l'indipendenza di Hong Kong, di far sì che in quella regione ancora vi possa essere libertà di impresa, di far sì che in quella regione ancora vi sia un potere giudiziario indipendente dall'Esecutivo, per di più comunista, che è una tragedia; a far sì che in quella regione ancora si possa liberamente manifestare le proprie idee; a far sì che in quella regione i dissidenti cinesi rimangano lì e non vengano consegnati alla Cina, perché poi sappiamo qual è l'ammirabile civiltà della Cina in termini di esecuzione penale, o almeno tutti noi dovremmo saperlo, ci ha resi edotti il China Tribunal, con sede a Londra, organismo indipendente che ha accertato che questi signori, con cui noi sottoscriviamo La Via della Seta, hanno quella mirabile concezione giuridica per cui al detenuto si espiantano gli organi e li si vendono sul mercato degli organi illegali. Credo che neanche ai tempi dell'Unione Sovietica si sia mai assistito ad una cosa del genere.

E l'Occidente in questo momento volta la testa dall'altra parte, così come la volta una mozione di maggioranza che riteniamo ignobile anche nella formulazione letterale, così piena anche di anacoluti, in termini di formulazione, che abbiamo il sospetto sempre più fondato che sia stato dettato da una mano che conosca poco l'italiano e che conosca molto bene il cinese, quella stessa mano che ti dice: dopo che hai sottoscritto La Via della Seta, oggi fai questa mozione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Noi chiediamo con la nostra mozione che l'Italia abbia almeno il coraggio di balbettare quanto ha già detto l'Unione Europea, ovverosia che si chiedano assolutamente totali garanzie sul fatto che la legge dell'estradizione venga stralciata per sempre, che si faccia chiara luce sull'utilizzo delle armi da fuoco da parte della polizia al soldo dei cinesi per affrontare i manifestanti di piazza con violenze e torture, che si liberino immediatamente tutti quei giovani patrioti che hanno difeso l'autonomia della regione di Hong Kong. E ancora, che questo Governo, magari come gli altri Governi europei, eserciti grande attenzione sull'esportazione di quelle tecnologie a favore della Cina che gli permetterebbero, all'interno di Hong Kong, di reprimere ancora più brutalmente i manifestanti per la libertà. Infine, a condannare l'ingerenza costante della Cina negli affari di Hong Kong. E poi una cosa che mi rendo conto essere inesigibile da questa maggioranza, che sarebbe la più semplice: a sollevare la questione delle violazioni dei diritti umani in Cina in occasione di ogni dialogo politico con le autorità cinesi. Ma dato che La Via della Seta non è un pranzo di gala e ha un prezzo, noi il prezzo di questa libertà intellettuale con questo Governo, purtroppo, temo che lo abbiamo perso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Suriano. Ne ha facoltà.

SIMONA SURIANO (M5S). Presidente, la mozione in discussione oggi riguarda eventi che si svolgono a migliaia di chilometri da qui ma che coinvolgono anche il nostro Paese e l'Europa sotto profili interessanti per noi, quali quelli di natura commerciale, ma anche perché vengono alla luce, alla ribalta, valori che ci stanno a cuore: il rispetto dei diritti umani e le libertà di pensiero.

Prima di entrare nel merito delle questioni odierne, vorrei fare un piccolo passo indietro nella storia di Hong Kong, per fornire un quadro un po' più esaustivo.

La storia recente che tutti conosciamo inizia infatti nel 1997, quando il 1° luglio Hong Kong viene devoluta definitivamente alla Cina in seguito alla dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984: è il cosiddetto handover. Punto fondamentale, però, che non tutti ricordano e che è alla base di varie incomprensioni che possono inficiare l'analisi obiettiva degli eventi di oggi, è che quel cambio di sovranità del 1997 non fu altro che la naturale conclusione di un contratto di affitto per 99 anni concesso dalla Cina dei Qing al Regno Unito nel 1898, con la seconda convenzione di Pechino, per l'estensione della colonia di Hong Kong su territorio cinese, contratto regolarmente scaduto il 30 giugno del 1997, quando Hong Kong e Caolun tornano in mano cinese. Secondo la dichiarazione congiunta, la ex colonia dell'Impero britannico avrebbe goduto di un alto grado di autonomia politica, economica e istituzionale per un periodo transitorio di cinquant'anni a decorrere dal trasferimento della sovranità.

Hong Kong è oggi una regione amministrativa speciale in armonia con l'articolo 31 della Costituzione della Repubblica popolare cinese, con un sistema amministrativo autonomo ispirato al principio “un Paese, due sistemi”. Veniamo, quindi, agli episodi dei giorni nostri. Agli inizi del 2019 vi è la scintilla che fa scoppiare l'incendio. Chan Tong-kai, cittadino hongkonghese, accusato di avere ucciso la propria fidanzata incinta a Taiwan, prima di ritornare a Hong Kong, non può essere estradato e processato a Taipei. A quel punto, il Governo locale di Carrie Lam spinge per un emendamento alla legge sulle estradizioni per determinati reati e la popolazione, il 31 marzo del 2019, scende in massa in piazza perché preoccupata che questa possa essere l'ennesima ingerenza del Governo cinese sulle decisioni di Hong Kong.

All'origine delle proteste, in particolare, vi è soprattutto la preoccupazione dei cittadini hongkonghesi che eventuali cittadini incriminati possano essere trasferiti verso la Cina continentale e sottoposti a stati di detenzione in violazione dei diritti umani e che la misura possa essere utilizzata come pretesto per raggiungere i dissidenti politici rifugiatisi a Hong Kong, perché sebbene il piano di estradizione non sia applicato direttamente ai reati politici, poteva innescare rapimenti, a detta dei manifestanti, commissionati da Pechino. Nonostante l'ammorbidimento del provvedimento e la determinazione della governatrice Lam per far approvare le modifiche, l'opposizione, il 9 giugno, porta in piazza circa mezzo milione di persone; scene che ricordano quelle di qualche anno prima con gli ombrelli colorati per le vie di Hong Kong.

Ma è solo l'inizio di una escalation di violenze, che porteranno perfino alla chiusura di uffici governativi, infrastrutture aeroportuali e vari altri servizi pubblici; violenze che vedono l'utilizzo di armi da fuoco e idranti da parte della polizia contro i manifestanti, i quali danno vita a proteste anti sorveglianza, prendendo di mira i lampioni intelligenti dotati di sensori per il riconoscimento facciale, telecamere e reti dati. Nemmeno la decisione finale da parte dell'Esecutivo di Hong Kong, il 15 giugno, di rinviare sine die la proposta di legge ferma la protesta. I manifestanti assaltano pacificamente la sede del Consiglio legislativo il 1° luglio, giorno del ventiduesimo anniversario dell'handover; il 4 ottobre il Governo dichiara lo stato di emergenza e introduce la legge anti maschera e la governatrice Lam definisce i manifestanti nemici del popolo.

La legge sull'estradizione viene ufficialmente ritirata da Carrie Lam in data 24 ottobre, ma la frattura politica è andata ben oltre le aspettative previste, nonostante l'annuncio di un dialogo con i manifestanti basato su tre punti: il pieno sostegno all'Independent Police Complaints Council, l'organismo che ha il compito di fare luce sui reclami contro l'operato della polizia dell'ex colonia; al punto 2 la disponibilità sua e del suo gabinetto ad avviare incontri con le comunità locali; e, terzo, la stesura di un rapporto indipendente sulle cause delle principali questioni sociali che affliggono la città. Le elezioni distrettuali del 24 novembre sanciscono una vittoria schiacciante dell'ala democratica, dimostrando all'opinione pubblica che i giovani delle piazze godono anche dell'appoggio silente di coloro che non avevano precedentemente manifestato.

Tutto questo per raccontare che ad Hong Kong le diseguaglianze sociali spingono molti giovani a percepire la classe politica e imprenditoriale come portatrice di interessi del Governo di Pechino. A giudicare da come è finito il 2019, sembra che questo debba essere ancora l'anno delle piazze, luogo dove la società civile fa sentire la propria voce. Noi siamo favorevoli alle piazze, ma crediamo anche al principio di autodeterminazione dei popoli, concetto sacrosanto che spesso Paesi esterni dimenticano, cercando di pilotare le proteste a proprio vantaggio. Crediamo anche che i Governi di Pechino e Hong Kong debbano lasciare piena libertà di espressione ai propri cittadini per poter raccontare al resto del mondo il proprio punto di vista e non negare l'espatrio ad attivisti come Joshua Wong, cui un tribunale ha negato l'espatrio per l'Europa, dove era atteso per incontri in sedi istituzionali.

Con questa mozione, quindi, noi chiediamo all'Unione europea di attivarsi presso le autorità di Hong Kong per verificare le ragioni del diniego di espatrio di Joshua Wong, come anche le richieste di rilascio dei manifestanti arrestati. Nel frattempo il rapporto con la Cina si modifica perché, se da una parte le proteste logorano i rapporti, dall'altro lo scenario di un intervento per integrare Hong Kong nella Cina continentale è sempre più realtà. Nei mesi scorsi si sono registrati movimenti di truppe armate verso Shenzhen, al confine con Hong Kong, per essere pronti a un'eventuale richiesta da parte delle autorità cittadine o del comitato permanente del Congresso nazionale del popolo nel caso si dichiarasse lo stato di emergenza o di guerra. Cina che, oltretutto, ha già in progetto quello di far rientrare Hong Kong in una grande Greater Bay Area, un'enorme zona a propulsione tecnologica e finanziaria da far concorrenza alla Silicon Valley statunitense. Difficilmente Hong Kong potrà non tenere in considerazione il fatto che metà del proprio export è destinato al mercato cinese; dall'altra parte si registrano le posizioni internazionali a favore di Hong Kong. Ad esempio, il Senato americano il 27 novembre ha approvato all'unanimità il Protect Act, che proibisce la vendita alla Cina di equipaggiamenti per la polizia come manganelli e altri sistemi di controllo delle folle, fatto salutato favorevolmente dai manifestanti, che hanno sostituito i famosi ombrelli colorati con bandiere statunitensi e questo non fa che inasprire i rapporti già tesi dovuti alla guerra commerciale tra Washington e Pechino. Il Parlamento europeo ha votato il 18 luglio del 2019 una risoluzione che invita il Governo di Hong Kong a ritirare la proposta di legge e a seguire da vicino la questione della violazione dei diritti umani in Cina.

Al primo punto di questa mozione, infatti, c'è proprio la richiesta esplicita del Governo di conformarsi alla risoluzione del Parlamento europeo. Chiediamo anche che, sulla scorta di quanto dichiarato dall'allora Alto rappresentante Mogherini il 18 novembre scorso, il Governo si impegni a sostenere un'iniziativa dell'Unione europea per chiedere l'avvio da parte delle autorità di Hong Kong di un'indagine conoscitiva per verificare le ragioni alla base della protesta e le violazioni derivanti dall'uso della forza. Infine, un punto essenziale. All'inizio ho parlato del rispetto dei diritti umani e della libertà di pensiero; sono principi che determinano i nostri rapporti di politica estera, quindi chiediamo con forza e, spero, con unanimità, che il Governo italiano ribadisca alle autorità cinesi che, seppur nel rispetto pieno delle autonomie dei singoli Paesi, un dialogo non può mai prescindere dal rispetto di questi due valori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito di oggi intende accendere i riflettori su quanto da mesi sta accadendo a Hong Kong, una regione che ho avuto modo di visitare lo scorso anno incontrando le nostre autorità diplomatiche presenti in loco. Questa complessa situazione è stata già oggetto di un proficuo dibattito svoltosi lo scorso 3 dicembre presso la Commissione affari esteri della Camera e conclusosi con l'approvazione di una risoluzione a prima firma Lupi e firmata da diversi gruppi parlamentari, che impegnava, tra l'altro, il Governo a ribadire alle autorità cinesi che la tutela della libertà di espressione e i diritti personali, nel pieno rispetto delle autonomie dei singoli Paesi, sono un principio essenziale per la conduzione della nostra politica estera. La cronaca è nota ed è stata ricordata anche dagli interventi dei colleghi: dal 31 marzo 2019 migliaia di persone, in gran parte giovani e studenti sotto i 29 anni, scendono in piazza a Hong Kong per protestare contro la proposta di legge in materia di estradizione sulla quale il Governo guidato da Carrie Lam, sulla spinta delle proteste, aveva introdotto alcuni parziali correttivi.

L'11 maggio, in seno allo stesso Consiglio legislativo, si era creata una divisione tra favorevoli e contrari alle modifiche in materia di estradizione. La portata della legge veniva in parte attenuata, ma gli interventi del Governo, ritenuti tardivi e insufficienti, non avevano convinto gli oppositori, i quali hanno continuato a sfilare per le strade con una partecipazione sempre più ampia.

Va ricordato che, a seguito degli accordi del 1984 con il Regno Unito, dal 1997 Hong Kong, una regione amministrativa speciale cinese con un sistema amministrativo improntato al principio di “un Paese, due sistemi”, gode di una forte autonomia sul piano politico, economico e soprattutto giudiziario fino al 2047. Le recenti proteste contro la legge sull'estradizione sono il sintomo di un più profondo attrito tra Hong Kong e Pechino. Nel 2047 Hong Kong cesserà infatti di avere standard politici, economici e istituzionali diversi e più autonomi rispetto al resto della Cina, la quale sembra avere tutta l'intenzione di erodere il grado di autonomia di Hong Kong. Particolarmente significative le manifestazioni di giugno in cui la protesta assumeva i contorni di una partecipazione di massa importante: quella del 6 giugno, in cui i partecipanti sfilavano vestiti di nero, e quella del 9 giugno che contava più di mezzo milione di persone partecipanti. Di fronte a milioni di persone che hanno continuato a scendere in piazza, la risposta da parte della Polizia è stata ingiustificatamente repressiva, in particolar modo quando una marcia pacifica si dirigeva, nel settembre scorso, con due distinti appuntamenti verso il consolato americano e poi verso il consolato britannico per invocare un aiuto in difesa della causa della libertà ad Hong Kong e per il rispetto dei diritti umani, fino ad arrivare ai recenti scontri nella zona della Polytechnic University, con giornate di grande tensione che hanno davvero fatto temere il peggio. Il 18 novembre scorso, infatti, gli scontri durissimi fra manifestanti arroccati nel Politecnico e la Polizia hanno fatto registrare 38 feriti, di cui 5 in condizioni gravi. Dall'inizio delle proteste ad oggi la polizia ha arrestato 4.401 persone in età compresa tra gli 11 e gli 83 anni. L'ufficio di collegamento del Governo cinese a Hong Kong ha ribadito il massimo sostegno al Governo locale per adottare ogni necessaria misura per fermare i disordini e ripristinare l'ordine appena possibile, arrestare i criminali e punire severamente i loro atti violenti. Verrebbe da dire che la rigidità ideologica ereditata dal maoismo è stata, per così dire, diluita nell'economia ma non nella politica, per cui queste manifestazioni vengono lette come una minaccia. Una protesta così ampia e massiccia in termini di partecipazione e così determinata nel tempo ha trovato motivazioni e fondamento non solo nella richiesta di ritirare la legge sull'estradizione ma nella richiesta di dimissioni di Carrie Lam, in favore del suffragio universale per eleggere il Capo dell'Esecutivo e il Consiglio legislativo, per un'indagine indipendente e democratica sulla condotta della Polizia e la Cancelleria sulle accuse agli arrestati durante le proteste. Particolarmente significativo - ricordato da chi mi ha preceduto - è stato il risultato delle elezioni distrettuali svoltesi lo scorso 24 novembre che hanno visto la vittoria di candidati vicini alle ragioni delle proteste degli attivisti pro-democrazia. L'attivista pro-democrazia (è stato ricordato anche questo) Joshua Wong, già leader del movimento degli ombrelli del 2014 e tra i principali leader delle proteste a Hong Kong, di recente è stato arrestato con l'accusa di non aver rispettato le regole sulla libertà su cauzione. Successivamente rilasciato, ha potuto riprendere l'azione di sensibilizzazione internazionale in difesa della democrazia a Hong Kong, incontrando partiti e rappresentanti istituzionali di alcuni Paesi europei a partire dalla Germania.

Joshua Wong era atteso anche in Italia a fine novembre per un incontro pubblico presso la Fondazione Feltrinelli per incontrare i rappresentanti di vari partiti, analogamente a quanto già fatto a Berlino e negli Stati Uniti, ma tali incontri non sono potuti avvenire per il respingimento, l'8 novembre, da parte del tribunale, della richiesta dell'attivista di lasciare Hong Kong per l'Europa, decisione che sarà confermata dalla Corte suprema. Ad accrescere la gravità del quadro sopradescritto, lo scorso 29 novembre, l'ambasciata cinese a Roma ha rilasciato dichiarazioni, come dire, infelici, inaccettabili e irrispettose delle prerogative del nostro Parlamento in seguito all'attività di alcuni parlamentari italiani che avevano organizzato un collegamento online via Skype con Joshua Wong, un'iniziativa definita come irresponsabile secondo i termini utilizzati dall'ambasciata cinese in Italia. L'imponente manifestazione dello scorso 8 dicembre organizzata ad Hong Kong in occasione della “Giornata dei diritti umani” è stata la più vasta dalle recenti elezioni per il rinnovo del consiglio distrettuale con la partecipazione di oltre 800 mila persone. Particolarmente importante è che la marcia sia stata autorizzata dalle autorità cittadine e che si sia svolta in modo pacifico e senza incidenti. Alla luce di ciò, la mozione di Forza Italia in corso di presentazione impegna il Governo ad esortare il Governo di Hong Kong a intraprendere la strada del dialogo con gli attivisti pro-democrazia scongiurando l'uso della forza; a promuovere un'iniziativa a livello europeo affinché le competenti autorità di Hong Kong rilascino i manifestanti arrestati durante le proteste e modifichino i gravi capi di imputazione a loro attribuiti; ad assumere ogni iniziativa utile nelle competenti sedi europee ed internazionali al fine di assicurare il mantenimento di un alto grado di autonomia di Hong Kong nei rapporti con il Governo della Repubblica Popolare Cinese nel rispetto degli accordi del 1997 ed, infine, ad assumere le iniziative atte a recepire le raccomandazioni agli Stati membri contenute nella risoluzione del Parlamento europeo del 18 luglio 2019. Auspichiamo sul nostro testo un'ampia convergenza.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO (PD). Grazie, signor Presidente, come è già stato sottolineato dai colleghi che hanno preso la parola precedentemente stiamo discutendo di eventi che hanno suscitato una grande inquietudine nel mondo, eventi che in realtà abbiamo già anche avuto modo di conoscere nel passato perché - è stato anche questo ricordato - nel 2014, cioè sei anni fa circa, cinque anni e mezzo fa, ci fu una mobilitazione vasta a Hong Kong nota come la “Rivoluzione degli ombrelli” che già anticipava un fermento democratico e un movimento democratico che poi ha trovato un'espressione ancora più ampia nell'ultimo anno e mezzo. Dal marzo del 2019 ad oggi noi abbiamo avuto un vasto movimento democratico incardinato, in primo luogo, su una vastissima presenza di giovani, ma non solo, che via via si è ampliato sempre di più a una platea di cittadini di ogni ceto sociale e di ogni età e che ha dato voce ad un sentimento di grande malessere e di irritazione e di protesta nei confronti del tentativo delle autorità locali di Hong Kong di subordinare l'autonomia di Hong Kong alle scelte, alle decisioni, alle volontà di Pechino.

Come sappiamo quel movimento prese le mosse dal tentativo di modificare l'autonomia giudiziaria di Hong Kong e già questo rappresentò un passaggio critico particolarmente delicato perché la preoccupazione che mosse tanta gente a scendere in piazza era che, attraverso la modifica dell'autonomia giudiziaria di Hong Kong, si potesse mettere in discussione uno dei cardini dell'autonomia di Hong Kong nei confronti della Repubblica popolare cinese e in particolare, appunto, quello status che fu definito con l'Accordo “un Paese, due sistemi” che prevede che, dal 1997 fino al 2047, Hong Kong goda di un'autonomia amministrativa e politica tale da non essere subordinata né sul piano legislativo né sul piano della vita economica e sociale del territorio alla Repubblica popolare cinese.

Il punto è che però questa protesta, che è nata su questo punto, si è scontrata immediatamente con una sordità, perché per mesi e mesi le autorità locali di Hong Kong si sono rifiutate di prendere in considerazione l'idea di ritirare quel provvedimento che modificava l'autonomia giudiziaria del territorio e di fronte a questa sordità il movimento è venuto ampliandosi; ed è venuto ampliandosi non solo in termini di partecipazione quantitativa ma in termini anche di piattaforma politica e dalla contestazione di un provvedimento, quel movimento è venuto via via assumendo una configurazione sempre più ampia, cioè di un movimento che difendeva l'autonomia di Hong Kong, rivendicava il rispetto dei diritti umani, della democrazia e dei principi di libertà irrinunciabili e il rifiuto dell'omologazione di Hong Kong al regime della Repubblica popolare cinese e, quindi, io penso che vada vista tutta la valenza politica di questo movimento.

Di fronte a un movimento, che ha preso quell'ampiezza, sappiamo bene che le autorità locali hanno risposto con politiche repressive particolarmente dure: oltre 6 mila persone sono state arrestate tra il marzo 2019 e oggi, 1.500 delle quali donne, e nel giro di qualche ora soltanto al politecnico di Hong Kong, qualche mese fa, sono stati arrestati 1.500 studenti.

Ora, tutto questo non poteva e non può che suscitare evidentemente inquietudine, preoccupazione e anche un giudizio particolarmente severo nei confronti sia delle autorità di Hong Kong sia nei confronti indirettamente dell'atteggiamento assunto dalla Repubblica popolare cinese nei confronti di questo movimento.

È un movimento che ha radici profonde e lo si è visto nelle elezioni amministrative di qualche settimana fa, in cui il movimento democratico ha conquistato 278 seggi contro i 20 seggi conquistati dalle liste cosiddette “filo Pechino” e 20 personalità indipendenti. Ebbene, 278 vuol dire che appunto la stragrande maggioranza degli elettori, in un'elezione a cui ha partecipato il 71 per cento degli aventi diritto e, quindi, con un'affluenza molto alta, la stragrande maggioranza di quelli che sono andati a votare, dicevo, ha indicato, con il voto, una scelta chiara: ha votato per il movimento democratico e ha votato, quindi, riconoscendosi, identificandosi e sentendosi rappresentato da quel movimento che ha riempito per mesi e mesi le piazze di Hong Kong.

Il punto è come si esce da questa situazione. Dopo questo risultato elettorale la situazione è entrata in una situazione di stallo. Il potere di Hong Kong non può non tener conto di risultati elettorali così netti e, al tempo stesso, si ha paura di fare i conti con il movimento che ha raccolto quel consenso e si è entrati in una condizione di stallo.

Ora da questa condizione di stallo bisogna uscire e, come è stato già qui ricordato da alcuni colleghi, c'è un punto di riferimento molto chiaro, cioè la risoluzione approvata dal Parlamento europeo che dice delle cose chiare e che io credo siano cose in cui si può riconoscere anche questo Parlamento e in cui ci riconosciamo certamente noi che abbiamo sottoscritto la mozione che io sto illustrando: in primo luogo, la richiesta, sia alle autorità di Hong Kong sia alle autorità di Pechino, di riconoscere pienamente i diritti umani, quei diritti umani che il regime della Repubblica popolare cinese si è impegnato formalmente a riconoscere sottoscrivendo una serie di convenzioni e di atti internazionali in materia di diritti umani ma che noi sappiamo poi non viene ottemperata.

Ecco, intanto si comincino a rispettare a Hong Kong pienamente i diritti umani dei cittadini, si conduca un'indagine chiara, imparziale e terza sulle violazioni che sono state fatte non solo dei diritti umani ma anche sulle azioni repressive che sono state messe in essere contro coloro che manifestavano, si liberino tutti coloro che sono stati arrestati perché delle 6 mila persone che nell'arco degli ultimi mesi sono state arrestate ve ne sono ancora parecchie migliaia in condizione di detenzione e, quindi, c'è il problema di garantire a tutti costoro il ripristino della loro libertà individuale e si rispetti pienamente l'accordo che è stato sottoscritto e che prevede fino al 2047 un regime di autonomia per il territorio di Hong Kong, che non può essere né violato esplicitamente né messo in discussione surrettiziamente con provvedimenti che via via ne restringano l'esercizio concreto.

Termino, signor Presidente, evocando però anche un contesto più generale. Naturalmente il mondo è complesso e tutto ciò che avviene in ogni Paese ha delle ragioni specifiche e guai, come dire, a generalizzazioni troppo semplificatorie. Tuttavia, non può non essere visto che il 2019 è stato un anno che ha fatto registrare in molti Paesi di questo pianeta l'emergere di movimenti civici, civili e democratici di vasta portata. Penso a come in Sudan si sia superato un regime dittatoriale di trent'anni grazie a una grande mobilitazione popolare civica; penso all'Algeria, in cui da mesi e mesi ogni venerdì ci sono manifestazioni di piazza e di popolo; penso al Libano e a come un grande movimento civico abbia messo in discussione e metta in discussione le oligarchie che da più di trent'anni controllano quel Paese; penso all'America Latina, dove dal Venezuela alla Bolivia e al Cile abbiamo avuto l'espressione, sia pure con profili diversi, di grandi movimenti civici.

C'è un filo che tiene uniti questi movimenti pur nella specificità di ogni condizione - ripeto - ed è, appunto, la rivendicazione di una partecipazione democratica, la rivendicazione di un pieno rispetto dei diritti umani, la rivendicazione del rispetto di fondamentali regole di libertà e di democrazia e, badate, non paia questo banale, perché nel passaggio di questo secolo e negli ultimi anni del secolo scorso noi stiamo assistendo a un fenomeno nuovo. Noi siamo tutti abituati, quando guardiamo a un Paese e valutiamo qual è il regime politico, a valutare se c'è la democrazia o se c'è una dittatura (per un lungo periodo è stato così).

Noi oggi siamo di fronte a una terza figura che si sta affermando in molti Paesi, dove le regole fondamentali dell'architettura democratica ci sono e sono rispettate e poi, però, c'è una gestione autocratica e autoritaria del potere pure in un involucro democratico. È quello che sta accadendo in India, è quello che accade in Turchia, è quello che accade nelle Filippine, è quello che accade in Ungheria e si potrebbe continuare.

Allora, c'è un problema di fondo che anche discutendo di Hong Kong io credo noi dobbiamo avere presente e, cioè, che i valori fondamentali di democrazia, di libertà e di tutela dei diritti umani non possono essere messi in discussione.

È entrata nel nostro lessico negli ultimi decenni una parola che usiamo ormai quotidianamente che è “globalizzazione” e quando parliamo di globalizzazione noi facciamo riferimento alla globalizzazione economica in particolare.

Ebbene, è tempo di dire che, oltre alla globalizzazione delle monete, dei mercati, degli scambi e delle tecnologie, c'è anche un grande tema di globalizzare i diritti umani e di garantire che i diritti umani e civili siano tutelati e rispettati sotto ogni cielo e in ogni territorio e liberandoci tutti, soprattutto noi europei, di un modo di leggere situazioni lontane da noi che spesso assume una forma di relativismo culturale inaccettabile. Quante volte, di fronte alla violazione dei diritti in un Paese africano o asiatico, ci è capitato di sentir dire: “Va be', ma sono Paesi fatti così”.

No, attenzione: la specificità delle identità e il loro riconoscimento è una cosa, ma poi ci sono diritti fondamentali, inalienabili per ogni persona, sotto qualsiasi cielo, in qualsiasi terra, qualsiasi sia l'origine culturale, il Dio che si prega, le condizioni sociali, che sono irrinunciabili. E io credo che la vicenda di Hong Kong ci richiami anche a questo tema: di come il nostro Paese, che è un Paese, appunto, democratico, che i diritti umani li ha iscritti nella sua Costituzione, assume la battaglia della globalizzazione dei diritti come una priorità per una governance mondiale di un mondo che sia più giusto e più sicuro (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bianchi. Ne ha facoltà.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, in quest'Aula la Lega, già il 12 novembre, chiese al Ministro degli esteri Luigi Di Maio di venire a riferire relativamente alle posizioni che la Farnesina aveva intenzione di assumere in merito alla crisi di Hong Kong. Tale opportunità non c'è stata e solo due mesi dopo i deputati qui presenti possono dibattere sul tema. Ci rammarichiamo, vista l'importanza, di poterlo fare solo ora, quando l'attenzione mondiale focalizzata su altri contesti, vedasi Iran e Libia.

Il Ministro Di Maio si affrettò a considerare le proteste degli studenti di Hong Kong un fatto strettamente interno alle questioni cinesi. Pochi giorni dopo la polizia di Pechino sparò sui dimostranti che stavano chiedendo maggiori garanzie su democrazia e libertà. Riteniamo che un Paese del G7 importante come l'Italia debba prendere una posizione chiara, scevra dalle frasi di circostanza, soprattutto nei confronti di un partner commerciale così strategico come la Cina. Tradotto: crediamo siano importanti gli accordi di qualsivoglia natura, ma non possiamo tollerare da nostri partner repressioni violente su chi chiede diritti assodati nel mondo occidentale sui temi come i valori democratici. Questa sarebbe stata una posizione chiara da parte della Farnesina, ma non c'è stata.

Nella storia, la Repubblica popolare cinese, monopartitica comunista, non è nuova a reprimere la libertà nei confronti dei popoli. Mi preme citare il caso del Tibet, quando, nel 1959, promisero una strada di collegamento per Lhasa che avrebbe dovuto portare pace e prosperità ai tibetani. In effetti, la strada venne realizzata, ma con essa arrivarono carri armati, fucili e soldati che occuparono l'intero territorio. L'insurrezione dei popoli di quelle terre venne repressa nel sangue dalle truppe di Mao e ben 65 mila tibetani persero la vita nei giorni a seguire. Il quattordicesimo Dalai Lama, guida politica e spirituale dei tibetani, fu costretto a fuggire in esilio in India, dove tuttora risiede. Ancora oggi, in Tibet perdura una situazione di negazione dei diritti fondamentali nel professare la propria pratica spirituale, esprimere la propria cultura linguistica e la propria identità in generale.

Presidente, per suo tramite, chiedo ai membri del Governo italiano: queste situazioni sono tollerabili per una democrazia consolidata come la nostra? Siccome con la Cina vengono sviluppati rapporti di svariato genere, possiamo far finta di non vedere ciò che sta succedendo ad Hong Kong, in Tibet e in altri contesti dove Pechino reprime diritti fondamentali per noi non negoziabili? Io credo di no e credo anche che questo Parlamento debba dare una scossa al nostro Governo affinché lo stesso abbia posizioni chiare e coraggiose. Tali posizioni chiare e coraggiose sono quelle attualmente tenute dai nostri partner storici dall'altra parte dell'Atlantico, cioè gli Stati Uniti. È chiaro che, in un mondo globalizzato, non si può prescindere dall'avere rapporti con un Paese da più di un miliardo di persone, ma a certe condizioni e con alcuni punti fermi, non solo sui principi ma anche sulla sostanza.

Presidente, ci preoccupa il potenziale interesse dei cinesi verso le nostre infrastrutture strategiche, soprattutto quelle di natura digitale, come già ha fatto presente il COPASIR. Crediamo che il Governo debba prendere una posizione urgente anche su questo tema. Crediamo altresì che il MoVimento 5 Stelle, prima forza politica in questo Parlamento che sostiene il Governo, debba chiarire una volta per tutte i rapporti con la Casaleggio Associati, perché quest'ultima ha noti contatti professionali - per carità, del tutto legittimi - con la società cinese Huawei. Ricordo che, il 20 maggio del 2019, su ordine esecutivo del Presidente degli Stati Uniti, è stato disposto un divieto per le aziende informatiche statunitensi di intrattenere alcun tipo di rapporto commerciale con il colosso cinese, non certo per un capriccio di Donald Trump. Ergo, in questo quadro nebuloso, emerge un'enorme preoccupazione per la nostra sicurezza nazionale e di tutto il mondo occidentale che deve far fronte all'avanzata del gigante asiatico, che non brilla certo come portatore dei nostri valori consolidati dalla storia.

Gli Stati Uniti ci hanno messo in guardia e non capiamo per quale strategia geopolitica l'Italia tentenni nel suo posizionamento. Per dovere di cronaca, sulla questione cinese stiamo tenendo una posizione non lontana da quella della Città del Vaticano, che sembra anch'essa non voler dare troppo fastidio al Presidente Xi Jinping, che tuttavia abbiamo visto avere scarsa attenzione verso i diritti umani. In questo quadro, ci hanno preoccupato ed amareggiato le parole che l'ambasciata cinese, di cui Beppe Grillo è assiduo frequentatore, ha rivolto ai parlamentari italiani sul tema di Hong Kong, rimproverandoli per essersi intrattenuti in una videoconferenza con Joshua Wong, uno dei giovani leader delle proteste.

Oggi, sul fronte geopolitico emergono le crisi iraniane ed in Libia: sulla prima, c'è una posizione chiara e decisa degli Stati Uniti e del Regno Unito, avversi alla teocrazia islamica di Teheran, mentre nella seconda emergono come attori nell'area la Turchia e la Russia. Presidente, al pari della questione di Hong Kong, ritengo che l'Italia debba fin da subito prendere una posizione limpida per far valere i propri interessi nazionali. In un mondo che sta abbandonando il multilateralismo, serve fare delle scelte di campo, giocando, a volte, con alleati storici come gli Stati Uniti e, altre volte, in prima persona, come dovrebbe essere necessario in Libia. Purtroppo, queste posizioni stentano ad arrivare ed il traccheggiare non aiuterà oggi, né domani, il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signora Presidente. Ringrazio anche i colleghi, in particolare l'onorevole Fassino, che ha parlato precedentemente di questa delicata questione, che probabilmente possiamo definire una questione che riguarda i diritti umani, ed era prevedibile fin dal lontano 1984, anno in cui veniva sottoscritta la Dichiarazione congiunta tra Regno Unito e Repubblica popolare cinese per ripristinare la sovranità cinese dal 1° luglio 1997, che si sarebbe giunti a questa situazione. Certo, rispetto al 1984, la Repubblica popolare cinese ha avuto una trasformazione economica completamente diversa. Noi conoscevamo una Cina diversa, una Cina prevalentemente agricola, mentre oggi è una potenza economica che investe pesantemente in Europa e in tutto il resto del mondo. Per questo mi fa un po' specie quello che ho sentito dai colleghi della Lega, rinsaviti sulla Via della Seta, che pure hanno firmato anche loro nel precedente Governo e, soprattutto, mi chiedo dov'era la stessa Lega, con il sottosegretario Geraci, sottosegretario allo sviluppo economico che, nel marzo 2019, rappresentava l'Italia in Europa, quando l'Europa ha approvato un regolamento, una modifica del regolamento europeo per gli investimenti stranieri, che ha visto il voto favorevole di tutti i Paesi europei, con l'Italia astenuta. Quindi, mi fa piacere che oggi si scopra l'importanza della Cina e l'importanza dei diritti umani: quando, evidentemente, si era al Governo c'erano altre priorità.

Ma parliamo di quello che sta succedendo a Hong Kong. È grave che un tentativo, quello di consegnare alla giustizia un responsabile di un delitto, si trasformi, poi, nel tentativo fatto di cambiare la legge sull'estradizione. Di qui, quindi, la preoccupazione vera del popolo di Hong Kong, cioè che attraverso questo escamotage si arrivi ad arrestare e processare in Cina i detenuti politici o coloro che esprimono una diversa idea di libertà e di Paese.

È da allora, dal marzo del 2019, che abbiamo continue manifestazioni, con una presenza in massa di giovani manifestanti, con la solidarietà di tutto il ceto produttivo di Hong Kong che, anche se la Cina è un partner importante, di fronte ad un modello di sviluppo - soprattutto un modello democratico, come quello occidentale, che è richiesto dagli abitanti di Hong Kong - decide di sostenere i manifestanti.

Penso che, in questi mesi, abbiamo visto una gioventù senza paura, senza paura degli arresti: sono 6 mila soltanto in queste ultime settimane, 1.500 studenti, 1.500 donne, nei confronti dei quali sono state effettuate soppressioni violente; abbiamo visto anche dei morti, colpi di pistola sparati ad altezza d'uomo dalle forze di Polizia. Ebbene, questa violenza non è riuscita ad impaurire i manifestanti. Il Governo di Hong Kong ha prima temporaneamente sospeso la legge che prevedeva il nuovo tipo di estradizione, e poi, in seguito al continuare delle proteste, e in seguito anche ad un intervento dell'Europa - si è parlato della risoluzione del 18 luglio, dove finalmente l'Europa, nero su bianco, ha indicato come si dovesse eliminare definitivamente questa riforma normativa, e come la Cina dovesse aprire ai diritti umani in maniera definitiva, senza se e senza ma -, ebbene, dopo la risoluzione europea e ovviamente gli interventi dell'ONU, si è arrivati finalmente al ritiro totale della proposta di legge, con però le piazze ancora in subbuglio. Perché? Perché di fatto, come dicevano prima alcuni colleghi, è il modello di democrazia che è in gioco. I manifestanti chiedono che venga riconosciuto loro il ruolo di cittadini britannici, e, quindi, che venga concesso loro un diverso tipo di governo: non sono più disposti ad accettare “un Paese e due sistemi”, cioè l'accordo che fino ad oggi aveva tenuto insieme, in maniera forse fin troppo fragile, l'autonomia di Hong Kong rispetto alla Cina. Loro temono l'arrivo di un Governo, quello della Repubblica Popolare Cinese, che appunto, nonostante i progressi economici, non è altrettanto compatibile con i progressi di democrazia, e vogliono, probabilmente abituati a un modello culturale occidentale, continuare a preservarlo. Con la mozione di maggioranza noi, senza urla e senza quelle parole forse un po' troppo tranchant che ho sentito da alcune forze politiche oggi in quest'Aula, ci siamo adeguati a quello che l'Europa ha previsto con la sua risoluzione, ossia che ai manifestanti di Hong Kong venga riconosciuta la possibilità di continuare a manifestare; che la Cina adotti un modello culturale democratico, dove la possibilità di dissentire dal Governo venga autorizzata, visto che la Repubblica Popolare Cinese ha sottoscritto accordi internazionali che prevedono il riconoscimento dei diritti dell'uomo, e che, quindi, a quelle parole e a quelle firme devono seguire degli impegni precisi affinché quei diritti anche in Cina vengano riconosciuti; ed, infine, si trovi un equilibrio nuovo: le nuove elezioni amministrative hanno visto le forze indipendenti e democratiche trionfare rispetto alle forze filo-cinesi, e probabilmente l'accordo che fu firmato nel 1984 oggi non è così, come l'abbiamo conosciuto, più attuale. I giovani d'oggi hanno una grande possibilità: quella di confrontarsi con i coetanei di tutto il mondo. Non è un caso, come diceva prima l'onorevole Fassino, che dalle piazze di tutto il mondo arrivino delle spallate ai regimi, proprio perché oggi la conoscenza e l'informazione sono molto più difficili da censurare, in quanto basta anche un semplice telefonino, un video fatto da un ragazzo in una piazza dove c'è un blocco di una forza di Polizia o una tortura effettuata, proprio come il caso del ragazzo di Hong Kong ucciso dalle forze di Polizia e filmato dagli stessi manifestanti attorno a lui, a far fare il giro del mondo, a far diventare virale, e a far ritornare la parola “libertà” sulle bocche di tutti. Penso allora che i diritti dei cittadini di Hong Kong devono essere confermati qui, ribaditi qui con la solidarietà di chi, come Italia Viva o altre forze politiche, non hanno nulla da rimproverarsi su quello che hanno sempre detto in occasione di rapporti bilaterali con la Cina, riconoscendo la capacità della Cina di essere una grande potenza economica, ma chiedendo sempre, in ogni occasione, il rispetto dei diritti umani. A noi lezioni non possono esserci impartite da chi, invece, ha sottoscritto nei precedenti mesi la via della seta senza dire nulla (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bazzaro. Ne ha facoltà.

ALEX BAZZARO (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, spiace, ma è doveroso iniziare questo mio intervento ricordando il perché si è dovuti giungere a questa discussione generale, che va ad anticipare la risoluzione che verrà votata domani. Come già anticipato dal mio collega onorevole Bianchi, siamo qui, di fronte alla crisi di Hong Kong e alle proteste di piazza e alla violenta repressione cinese nella regione, perché il nostro Governo, e nella fattispecie il Ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio, sebbene sollecitato da questo Parlamento, non ha ritenuto di dover venire in questa Camera a spiegare quale fosse la posizione italiana. È chiaro agli osservatori internazionali, e dovrebbe esserlo anche a chi siede alla Farnesina, che ciò che accade oggi in quell'area non può essere ascritto alla mera questione interna cinese; e seppur nel rispetto della sovranità nazionale e lungi dal voler effettuare ingerenze, non possiamo sottrarci, cari colleghi, dal ribadire che il nostro Paese, e soprattutto questo Parlamento, hanno a cuore i valori di libertà, democrazia e diritti umani. Già, ingerenza, signor Presidente, ingerenze da non fare ma nemmeno da subire. Perché vede, il Parlamento italiano aveva già svolto la propria funzione quando in data 28 novembre, grazie all'impegno di deputati e senatori di varie forze politiche, aveva audito in videoconferenza uno dei leader delle proteste, Joshua Wong. Peccato che quella che è una delle funzioni del nostro ruolo di rappresentanti degli italiani sia stata etichettata dal Governo di Pechino, tramite l'ambasciata cinese a Roma, come, e vado a citare: “un grave errore e un comportamento inaccettabile”. Di fronte ad un tale sconfinamento del gigante asiatico, ci saremmo aspettati una difesa senza se e senza ma a tutela del tanto conclamato parlamentarismo che avrebbe dovuto essere la stella polare di questo Governo; eppure le uniche parole di biasimo sono venute dal leader dell'opposizione Matteo Salvini, che non aveva esitato a ribadire in quell'occasione come l'Italia non era, ma soprattutto non sarebbe dovuta diventare, una provincia cinese. Come ho detto nelle prime parole del mio intervento, e dei colleghi che mi hanno anticipato e di quelli che seguiranno del gruppo Lega, ribadisco che Hong Kong non può e non dev'essere trattata come una questione limitata o regionale. Siamo di fronte alla volontà di attuare, da parte del Governo cinese, una policy che non tenga più conto delle autonomie ad oggi in essere, a Hong Kong ma anche a Macao e a Taiwan. È chiaro a chiunque si sia anche solo leggermente avvicinato allo studio delle politiche di Pechino che, dopo il secolo da loro definito delle umiliazioni e dopo la momentanea accettazione di quel metodo denominato “un Paese, due sistemi”, oggi il gigante asiatico punti senza troppe riserve a riavere in toto e a riannettere anche Taiwan. Nella nostra mozione non abbiamo voluto escludere l'isola di Taiwan, e i motivi sono più che ovvi. Nel mese di dicembre, con alcuni colleghi deputati e senatori del gruppo Lega, ho avuto il piacere, tramite l'intergruppo di amicizia storicamente presente in questo Parlamento, di partecipare a una serie di incontri istituzionali a Taipei; e lì ci ha colpito non solo il fatto che l'escalation di violenze ad Hong Kong avesse riacceso l'attenzione dei 23 milioni di abitanti di Taiwan sui rapporti con la Cina, tanto da condizionare addirittura i sondaggi delle elezioni presidenziali del prossimo 10 gennaio, che vedevano inizialmente in vantaggio un candidato gradito a Pechino, precipitato poi nel consenso dopo la brutale repressione, ma soprattutto il serio timore da parte del Governo di Taipei per una possibile invasione militare dell'isola. Taiwan gode, a differenza di Hong Kong, di un'autonomia maggiore e di un seppur minimo riconoscimento internazionale, eppure il gigante asiatico sta facendo pressioni, usando la propria forza economica, per ridurre sempre più al minimo lo spazio di manovra di Taipei. Si pensi, ad esempio, al recente boicottaggio per impedirne la partecipazione alla Conferenza mondiale sul clima svoltasi lo scorso novembre a Madrid. Sono 23 milioni di persone, la ventiduesima potenza industriale al mondo, tenuti fuori dalla porta per assecondare l'espansionismo cinese. Come vedete, colleghi, l'area di cui parliamo è al centro di una forte serie di contrasti, e ritengo sia doveroso per noi ribadire con forza la nostra posizione come Paese. Siamo membri dell'Alleanza atlantica, siamo amici degli Stati Uniti, ma soprattutto siamo una democrazia e ci riconosciamo nei suoi valori. Gli scambi commerciali non possono essere la valuta con la quale comprare il nostro silenzio di fronte alle violenze e alla cessazione del rispetto dei diritti umani che è avvenuto e sta ancora avvenendo ad Hong Kong.

Mi chiedo e sono a chiedere, Presidente, per suo tramite, al Ministro, latente, degli Esteri, Luigi Di Maio, se le nostre relazioni con la seconda potenza mondiale siano ormai delegate al privato cittadino Beppe Grillo, di casa all'ambasciata cinese in Italia, e soprattutto quando il Ministro Di Maio abbia comunicato a questo Parlamento che il nostro Paese è passato dall'atlantismo all'essere il cavallo di Troia di Pechino in Europa.

Le posizioni del nostro Governo in politica estera, che in questi giorni abbiamo scoperto essere quasi filo-regime di Teheran, piuttosto che a fianco degli USA, unite a dei preoccupanti ammiccamenti verso il regime di Maduro in Venezuela, piuttosto che verso l'autoproclamatosi sultano del redivivo Impero Ottomano, Erdogan, ci lasciano francamente esterrefatti. Hong Kong, cari colleghi, è la scintilla: migliaia e migliaia di cittadini che non accettano il pensiero unico e il partito unico, e che guardano a quella che speriamo essere ancora la culla della democrazia e attendono risposte. L'Europa tace o va in ordine sparso, ma, come Italia, dobbiamo darle, queste risposte, e se non lo farà questo Governo, che ha delegato la politica estera a praticamente una materia extracurricolare, speriamo che lo faccia almeno il nostro Parlamento.

Concludo, Presidente, con le parole di un Ministro di Taiwan che mi hanno particolarmente toccato: oggi loro ad Hong Kong, domani noi a Taipei. Ebbene, noi non ci stiamo e speriamo anzi che il grido di libertà che si è alzato ad Hong Kong svegli le coscienze nostre e anche di chi, in quell'area, ancora chiude gli occhi di fronte al preoccupante espansionismo cinese. Joshua Wong, cari colleghi, ci ha lasciato un monito: non esistono pranzi gratis con Pechino. Ebbene, faccio mie queste parole e le parafraso, dicendo che quei pranzi non siamo disposti a pagarli con la libertà dei cittadini di Hong Kong, come non siamo disposti a pagare le vie commerciali con la sicurezza dei nostri dati e della nostra privacy.

Il Congresso americano si è già espresso a sostegno dei manifestanti e non posso che terminare ricordando che - in questi giorni, in cui qualcuno tituba tra regimi dispotici e l'alleato a stelle e strisce - una democrazia, seppure incompiuta e farraginosa, come parlamentare, ma soprattutto come cittadino, la preferirò sempre al pensiero e soprattutto al partito unico (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la vicenda di Hong Kong è emblematica e deve esserci da esempio. È una vera e propria linea di faglia, in cui si stanno scontrando visioni diverse della società: da una parte, i diritti politici, le libertà ereditate dalla precedente amministrazione britannica, il libero commercio, la tutela della persona; dall'altra, l'autoritarismo della Repubblica popolare cinese, il dissenso messo a tacere, la mancanza di qualsiasi spazio di espressione e di opinione diversa rispetto al pensiero di Xi. Non è solo retorica, il Centro Studi Freedom House lo dice chiaramente: la Cina è not free, non libera; Hong Kong è partly free, parzialmente libera, fondamentalmente libera. Hong Kong è costretta a vivere sotto il Governo cinese, pur avendo un sistema legale basato sui principi anglosassoni, come la libertà di espressione e il suffragio universale, che non esistono nella Cina dell'entroterra. Gli hongkonghesi vogliono preservare l'autonomia della loro regione contro l'influenza sempre più grande che percepiscono. Per prendere un esempio, il 1° ottobre 2019 è stato il settantesimo anniversario della Repubblica popolare cinese: invece dei festeggiamenti, colleghi, sulle strade di Hong Kong abbiamo visto le rivolte dei manifestanti, con i graffiti “Chinazi” sui muri. La Cina comunista - comunista, colleghi, bisogna ricordarcelo - viola sistematicamente i diritti umani: lo dice Amnesty International, lo dice Nessuno tocchi Caino, lo dice il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Il sistema giudiziario cinese, anche considerando le condizioni disumane in cui vengono mantenuti i dissidenti, presenta gravissime lacune in tema di diritti umani e diritti processuali, oltre ad essere contraddistinto per la sua dipendenza dal potere politico. Gli arresti sommari sono all'ordine del giorno: Ilham Toti, quest'anno insignito del Premio Sakharov, è in carcere solo per aver mostrato al mondo lo stato delle condizioni del popolo uiguro.

Da rivelazioni del New York Times sappiamo che 11 milioni di uiguri sono tenuti in ostaggio in una sorta di panopticon in cui vengono utilizzati droni, tecnologie di riconoscimento facciale ed altre di natura avanzatissima, per controllare la popolazione. Le stesse, colleghi, che un Governo della capitale, a 5 Stelle, con il sindaco Raggi, sta applicando e sta portando qui da noi, ringraziando ovviamente grandi aziende come la Huawei, che ha impiantato il riconoscimento facciale davanti al Colosseo. Il 20 per cento degli arresti in Cina si compie nello Xinjiang, la Cina interferisce anche con i vicini, in quella che è stata definita “diplomazia del debito” e in cui incautamente stiamo cadendo con la firma del Memorandum Italia-Cina, che abbiamo per primi denunciato, nonostante la voce, corale, di approvazione fra le forze di maggioranza e di opposizione. Ci dispiace dover ricordare che fu il sottosegretario Gerace a sottoscrivere, preparare e predisporre il Memorandum Italia-Cina, e quindi siamo contenti che adesso tutte le opposizioni, compatte, sono contro questo memorandum, ma ricordiamo che solo Fratelli d'Italia, con il sottoscritto, con Adolfo Urso, con Delmastro, con Giorgia Meloni, con tutto il partito, ha denunciato, da subito, quella che era un'evidente genuflessione ad un potere autoritario come quello cinese.

Nel luglio 2019 la Cina ha sospeso i permessi turistici cinesi per viaggiare a Taiwan, pensate. La mossa è avvenuta quando dei politici taiwanesi avevano appoggiato le manifestazioni di Hong Kong, avevano osato mettere in discussione l'autorità della Cina. Quando uno dei leader delle proteste, Joshua Wong, era intenzionato a venire in Italia per portare la propria testimonianza in un evento - organizzato, anche questo, da Adolfo Urso e in maniera trasversale con il Partito Radicale e altri colleghi di maggioranza, c'erano anche altri colleghi di maggioranza e opposizione, e Giulio Terzi di Sant'Agata, al Senato – è stato prima negato il visto, poi ai parlamentari presenti, compreso il sottoscritto, sono state mosse accuse, pesantissime, di irresponsabilità, dall'ambasciatore cinese a Roma. Ecco, io vorrei approfittare di questa occasione per dire all'ambasciatore cinese a Roma che non si deve permettere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) di criticare e avanzare insulti e oltraggi a parlamentari della nazione Italia e di un popolo sovrano come l'Italia! Quindi, è un'occasione pubblica, ufficiale, e siccome il Ministro Di Maio non lo ha fatto, come sarebbe stato logico, cioè non ha convocato l'ambasciatore, non ha preteso le scuse ufficiali, da nazione sovrana, approfittiamo di questa occasione per ricordare questo triste episodio ed esigere ancora le scuse ufficiali.

Da sempre abbiamo denunciato la politica predatoria della dittatura comunista cinese nella nostra nazione, che cerca di accaparrarsi i nostri preziosi gioielli industriali e finanziari, i nostri porti, le nostre reti di comunicazione. E il Memorandum, vedete, colleghi, provate a chiedere gli allegati tecnici che sono segretati: in quegli allegati tecnici ci sono tutti gli accordi fatti, che permettono alla Cina di sbarcare nei nostri porti e di avere corridoi diplomatici via gomma per tutta l'Europa, per cui noi saremmo attraversati da merci cinesi, senza peraltro averne benefici economici. Questo rischio è stato rilevato, ovviamente, anche dai Servizi di sicurezza italiani per primi, nell'annuale relazione al Parlamento, e hanno evidenziato in questa i rischi degli atteggiamenti di alcune potenze straniere con intenzioni ostili, che va letto in combinato con le avvertenze dell'Unione europea sulle politiche di Stati extraeuropei non democratici, ovvero comunisti, perché le parole sono importanti, come ci ricorda anche sempre Nanni Moretti.

Tra il 2000 e il 2016, l'Italia è stata al terzo posto tra i Paesi dell'Unione europea come meta degli investimenti cinesi, a quota di 12,8 miliardi di euro, e la presenza della Repubblica popolare cinese in Italia si sviluppa anche su settori strategici della nazione, come appunto le TLC e quindi i nostri dati. La diplomazia del debito della Repubblica Popolare ha letteralmente tolto la terra e il mare alle nazioni africane, con il land grabbing e il sea grabbing, e potenzialmente può intaccare il nostro interesse nazionale. E il nostro Ministro degli Esteri? Nessuna posizione di condanna, mentre i manifestanti ad Hong Kong vengono definiti terroristi o nello Xinjiang la popolazione viene internata nei centri di rieducazione.

Invitiamo il Governo a sostenere la mozione di Fratelli d'Italia e le altre mozioni, con lo stesso obiettivo: la difesa dei diritti umani e il sostegno all'autonomia di Hong Kong, o pezzi della maggioranza hanno possibili conflitti di interesse con aziende partecipate cinesi? Questo ci chiediamo, e concludiamo. Vogliamo citare, in conclusione, per sgombrare il campo da un equivoco importante: noi guardiamo con rispetto e ammirazione alla millenaria cultura e filosofia cinese.

Noi amiamo il popolo cinese, ma proprio per questo vogliamo liberarlo dal sistema autoritario che ne conculca la libertà e citiamo Laozi a tal proposito: fa molto più rumore un albero che cade di una foresta che cresce, e noi siamo a fianco di Hong Kong che è una meravigliosa foresta di libertà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Avverto che è stata appena presentata la mozione Orsini ed altri n. 1-00311; il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

È iscritto a parlare l'onorevole Comencini. Ne ha facoltà.

VITO COMENCINI (LEGA). Presidente, attraverso questo intervento sull'atteggiamento del regime comunista cinese, voglio soffermarmi sulla situazione, cercando di scongiurare quanto rilevato da Olga Mattera su Limes: il fatto che l'opinione pubblica occidentale, proprio quella di cultura cristiana, non concede a questo dramma alcuna attenzione se non in ambienti ristretti. Se è vero che aumentano progressivamente la consapevolezza e le iniziative di denuncia, tuttavia, la persecuzione anticristiana in Cina continua a diffondersi, assumendo forme diverse e trovando nuovi colpevoli. Quello che viene praticato dai fondamentalisti islamici in altre parti del mondo, in Cina è praticato dai funzionari dello Stato.

La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, nel suo ultimo report sulla persecuzione anticristiana, ha esaminato gli sviluppi più significativi nei venti Paesi che destano maggiore preoccupazione, tra cui la Cina. Ebbene, nella Cina di Xi Jinping, la vita dei cristiani è divenuta ancora più difficile dopo l'entrata in vigore, il 1° febbraio 2018, del nuovo Regolamento sugli affari religiosi. Questa normativa ha ulteriormente limitato la libertà di fede. Il Partito Comunista ha, infatti, vietato gli insegnamenti religiosi non autorizzati, così come in alcune province del Paese continuano la demolizione di chiese e la rimozione delle croci, con le norme edilizie che vengono usate dal Governo come dei pretesti per gli abbattimenti. Nel mese di aprile del 2018, in attesa della pubblicazione di una nuova versione delle Sacre Scritture dei cristiani compatibile con il socialismo, è stata vietata la vendita della Bibbia online. In alcune regioni cinesi, l'educazione è usata come strumento di condizionamento sociale. Gli alunni hanno dovuto firmare una dichiarazione in cui sono stati costretti ad affermare che avrebbero promosso l'ateismo e si sarebbero opposti alla fede in Dio. In diverse zone della Cina, i membri del clero sono ancora soggetti ad arresti arbitrari. Nel novembre del 2018, il vescovo Peter Shao Zhumin, di Wenzhou, è stato arrestato per la quinta volta in due anni ed è stato trattenuto in isolamento e assoggettato ad indottrinamento in base all'ideologia comunista, per circa due settimane. Naturalmente, vengono perseguitati i vescovi della Chiesa “sotterranea” nominati dal Papa, non quelli dell'Associazione patriottica cattolica cinese all'interno della quale i vescovi vengono scelti dalle autorità comuniste. Agenti statali hanno distrutto dei santuari mariani nello Shanxi e nel Guizhou. Lo scorso anno, nel marzo 2019, nella città Guangzhou, funzionari pubblici hanno introdotto premi in denaro per coloro che forniscono informazioni in merito a chiese sotterranee e altri luoghi di culto non ufficiali. Ancora, è inutile ricordare i continui fermi di polizia a cui sono sottoposti i cristiani, alcuni dei quali vengono anche picchiati selvaggiamente durante gli arresti.

Parafrasando il professor Ernesto Galli della Loggia dovremmo chiederci: come mai la nostra cultura ha scarsa consapevolezza e memoria di questi fenomeni? Dobbiamo ritornare ai livelli di crudeltà espressi dal famigerato Mao Tse-Tung e della sua persecuzione contro i cristiani per fare qualcosa? Un incalcolabile numero di cinesi cristiani rischia ogni giorno la libertà o la propria vita per la fede in Cristo e nella Chiesa. Come sappiamo bene dalla discriminazione ideologica si passa velocemente a quella legale, per arrivare progressivamente a quella fisica, anche attraverso i laogai, i campi di lavoro forzati cinesi, i nuovi lager, i lager che esistono, nel 2020, e che inviterei il signor Grillo ad andare a vedere, visto che ha deciso di essere amico e di sostenere la Cina (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Last but not least, un altro problema che emerge è quello delle fughe da vari territori per motivi religiosi. Garantire il diritto delle minoranze religiose ad abitare la propria patria potrebbe assicurare un contenimento delle migrazioni forzate, riducendo, al tempo stesso, la tensione sociale che affligge le nazioni che ricevono i migranti nel proprio territorio, come l'Italia stessa. I cristiani perseguitati cinesi esprimono il desiderio di restare in patria e chiedono un aiuto per non essere costretti ad emigrare.

Questa è la situazione che si vive in Cina a causa del regime comunista, oltre a quello che succede a Hong Kong. Mi chiedo come mai anche il Papa, invece di dare semplicemente una sberletta, non intervenga anche su questo. Noi facciamo la nostra parte e sosteniamo di aiutare il popolo cinese, soprattutto i cristiani e, soprattutto, la popolazione di Hong Kong che merita libertà (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Presidente, noi oggi in discussione generale, come Lega, abbiamo voluto dare un contributo ampio su questo tema; del resto, è stata proprio la Lega, per mesi, a volere questa calendarizzazione; infine, grazie alla ferrea volontà del nostro capogruppo, del nostro presidente di gruppo, Molinari, siamo riusciti, alla fine, a ottenere questa calendarizzazione. È un argomento scomodo per la maggioranza, perché, come ben sappiamo, una parte della maggioranza non è assolutamente interessata al dramma dei diritti umani ad Hong Kong; fanno fede le dichiarazioni del Ministro degli esteri Di Maio che, da Shanghai, dichiarò che non bisogna ingerirsi negli affari interni cinesi. Ecco, noi invece crediamo di dover alzare la nostra voce, di far sentire che l'Italia ha una politica estera, una politica estera che sicuramente non ha l'Unione europea, purtroppo, una politica estera che l'Unione europea non può avere, perché divisa al proprio interno.

Si è accusata la Lega di ogni nefandezza in quest'Aula, oggi, quasi un divertimento, da opposizione e da maggioranza. Ebbene, la Lega, tramite Matteo Salvini, tramite il proprio leader, ha sempre ribadito che, sì, si può commerciare con chiunque nel mondo, ma prima viene la sicurezza nazionale, lo ha fatto in tutte le sedi, lo ha fatto sulla “Via della Seta”, lo ha fatto con ancora più forza sul 5G, spesso voce unica e isolata su quel golden power che tante volte avevamo chiesto al Premier Conte di approvare e finché c'è stata la Lega mai ha voluto portare in Consiglio dei ministri.

Questo è l'affresco corale fatto dai nostri deputati, dal gruppo della Lega che ha ricordato, nelle parole del deputato Bianchi, il dramma dei tibetani e del Dalai Lama; con il deputato Bazzaro, invece, abbiamo ricordato la sempre presente e costante emergenza di Taiwan e, ancora, i cristiani, i cristiani che non hanno il diritto di esprimere liberamente la propria fede in quel Paese, un Paese governato da un partito comunista, questo non lo si vuole dire, non lo si dice; dei tanti drammi citati manca ancora qualcosa, manca il dramma degli Uiguri, quegli Uiguri che, nello Xinjiang, sono detenuti nei campi di rieducazione; quell'Arcipelago Gulag descritto mirabilmente da Solženicyn esiste ancora ed è in Cina; un Arcipelago Gulag di laogai, diceva il deputato Comencini poc'anzi, che non si ha la forza di condannare.

Non abbiamo la forza di schierarci con il Congresso degli Stati Uniti d'America che il 3 dicembre scorso ha condannato fortemente la repressione di un popolo, con un milione di persone nei campi o che sono transitate nei campi. Il Congresso degli Stati Uniti ha chiesto al Presidente Trump di sanzionare, cosa mai fatta prima, il Politburo cinese, di colpire con sanzioni i responsabili di questo dramma. Si vogliono cancellare i tratti distintivi di una popolazione nel silenzio mondiale, globale.

Trent'anni fa, quasi 31, ormai, c'è stata la rivolta di Tienanmen, quella rivolta che più nessuno oggi ricorda e che il Governo cinese continua a definire semplicemente un incidente. Noi non crediamo che sia stato un incidente, noi crediamo che, con la Lega, ci si debba schierare a fianco di Trump, a fianco degli Stati Uniti, a fianco di chi difende la libertà, perché, se no, con la repressione, con la dittatura, sarà finita anche la nostra di libertà, non solo quella di Hong Kong; la prossima preda è Taiwan e poi sarà la “colonia” Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Emanuela Claudia Del Re.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Presidente, partecipo come Governo a questa interessante e importante riflessione sulla situazione ad Hong Kong. Continuiamo a seguire con grande attenzione la situazione ad Hong Kong, consapevoli che ciò che sta lì accadendo ha conseguenze di vasta portata, non solo per la sua popolazione ma anche per i cittadini europei e stranieri che risiedono e hanno contatti ed affari con questa regione amministrativa speciale. Sia a livello bilaterale, sia a livello di Unione europea e nei forum multilaterali a cui partecipiamo, abbiamo fin dall'in inizio della crisi reiterato l'invito alla moderazione e all'instaurazione di un processo di dialogo inclusivo e credibile; questo a partire dal vertice G7 di Biarritz, quando abbiamo sostenuto la parte della dichiarazione finale in cui si ribadisce l'esistenza e l'importanza della Dichiarazione sino-britannica del 1984 su Hong Kong e si esorta ad evitare le violenze (dichiarazione giustamente citata nella mozione oggi in discussione). Allo stesso tempo abbiamo sostenuto e partecipato attivamente alla stesura delle diverse prese di posizione dell'allora Alto rappresentante dell'Unione europea, Mogherini, a nome degli Stati membri, nel corso dell'estate e agli inizi di ottobre. L'Alto rappresentante, il 18 novembre scorso, ha da ultimo espresso, a nome degli Stati membri dell'Unione europea, l'estrema preoccupazione per l'intensificarsi degli episodi di violenza a Hong Kong. L'Alto rappresentante ha inoltre ribadito la posizione dell'Italia e dell'Unione europea di invito alla moderazione, alla de-escalation delle violenze e alla ripresa del dialogo quale unica via per una soluzione duratura. L'Italia ha ripetutamente dichiarato con forza come soltanto un approfondito processo di dialogo possa ricostruire una piena fiducia tra le parti. Abbiamo ribadito in ogni occasione l'inaccettabilità di ogni forma di violenza e la necessità di garantire la tutela delle libertà fondamentali e l'autonomia della regione amministrativa speciale in base alla legge fondamentale di Hong Kong e agli accordi internazionali vigenti, tra cui, appunto, la Dichiarazione del 1984. Al riguardo registriamo positivamente il regolare svolgimento senza incidenti delle consultazioni elettorali locali del 24 novembre scorso e le affermazioni della Governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, che ha promesso di ascoltare le opinioni dell'elettorato e di riflettere umilmente. Ci pare un passo nella direzione giusta, che avevamo auspicato sia a livello bilaterale, sia europeo. Abbiamo sempre condannato senza riserve ogni atto di violenza e, nell'ultima dichiarazione dell'Alto rappresentante dell'Unione europea, abbiamo anche evocato l'opportunità di avviare da parte delle autorità di Hong Kong un'indagine conoscitiva per approfondire le ragioni alla base delle proteste e le violenze che ne sono scaturite. Ci felicitiamo del fatto che le autorità di Hong Kong abbiano accettato di nominare una commissione indipendente di analisi del disagio sociale per l'esame delle cause profonde della crisi e l'offerta di soluzioni di lungo periodo. In tale contesto è stata avviata a metà dicembre scorso una missione di esperti dell'Unione europea con il compito di identificare gli interlocutori, tra i diversi partiti e rappresentanti della società civile interessati ad aprire un tavolo di dialogo, che possa evitare una nuova ripresa delle tensioni e degli scontri di piazza. Continueremo, insieme ad altri Paesi dell'Unione europea, a sostenere, nei confronti delle autorità di Hong Kong, l'esigenza che le richieste di rilascio dei manifestanti arrestati durante le proteste siano oggetto di un esame celere e imparziale, sulla base della legislazione locale vigente. Proseguiremo la nostra azione, insieme agli altri Paesi dell'Unione europea, nell'interesse della stabilità di Hong Kong, nel quadro del principio “un Paese, due sistemi” e nel rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali che ne sono fondamento. Lo faremo in linea con la risoluzione già approvata lo scorso 3 dicembre all'unanimità dalla Commissione esteri della Camera e con gli indirizzi ulteriori che il Parlamento in questa sede vorrà dare.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Claudia Del Re, sottosegretaria per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 15,55. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 15,55.

Discussione della mozione Lupi ed altri n. 1-00190 concernente iniziative volte a promuovere le maratone e ad incentivare la partecipazione di atleti stranieri a tali eventi, con particolare riferimento ai profili afferenti alla tutela sanitaria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Lupi ed altri n. 1-00190 concernente iniziative volte a promuovere le maratone e ad incentivare la partecipazione di atleti stranieri a tali eventi, con particolare riferimento ai profili afferenti alla tutela sanitaria (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 23 dicembre 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 23 dicembre 2019).

Avverto che la mozione Lupi ed altri n. 1-00190 è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dal deputato Rossi che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventa il secondo firmatario e, contestualmente, è stato modificato l'ordine delle firme, che risulta pertanto come segue: Lupi, Rossi, Zanella, Occhionero, Lattanzio ed altri.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.

È iscritto a parlare l'onorevole Lupi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00190. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Grazie, signor Presidente. Innanzitutto buon anno anche a lei e auguri di buon lavoro quest'anno. Chiedo ovviamente scusa a lei e ai colleghi, ma - così lo chiariamo anche - non è che eravamo in giro per Roma, ma c'è un'audizione molto importante del Ministro dello Sviluppo economico sul disegno di conversione del decreto-legge Alitalia, e quindi eravamo, in particolare il sottoscritto, lì in audizione. Fatta questa premessa, ovviamente necessaria anche per scusarmi nei confronti dei colleghi e suoi della mia non presenza, voglio illustrare la mozione che è stata iscritta all'ordine del giorno del Parlamento. È una mozione su un tema importante perché affronta un aspetto che riguarda la passione amatoriale di molti, non solo deputati, ma anche italiani e non in tutto il mondo, la passione per l'atletica, per la maratona, per le mezze maratone, per dieci chilometri, la passione per uno sport che può essere amatoriale, non solo professionistico, ma che permette di unire benessere, salute, charity. Le maratone nel mondo sono diventate un grande e formidabile strumento di raccolta di fondi a sostegno del Terzo settore, delle fondazioni, del volontariato, medicina sportiva, ma il fenomeno delle maratone nel mondo sta diventando uno dei più importanti fenomeni di turismo sportivo, di business, di rilancio dell'intero sistema territoriale di un Paese.

Volevo dare alcuni elementi per comprendere, quindi, l'importanza che ha questa mozione e la ragione per cui in maniera molto trasversale, bipartisan, molti colleghi hanno sottoscritto e presentato la seguente mozione. Le maratone e le mezze maratone sono tra gli eventi sportivi agonistici a vocazione popolare più partecipati e diffusi nel mondo. Per chi ci sta ascoltando o per chi leggerà gli atti ricordo che le cosiddette sei major, e dico che purtroppo tra queste sei major non ce n'è nessuna italiana, ma dovrebbe esserci: io sono di Milano e sono stato tra uno dei tre promotori della maratona di Milano, non c'è la maratona di Roma. C'è, invece, la maratona di New York, la maratona di Londra, quella di Berlino, quella di Chicago, quella di Boston e quella di Tokyo.

Oggi queste sei maratone registrano la partecipazione di 250 mila persone, la maggior parte di queste amatoriali, e il giro d'affari che muovono solo queste sei major è intorno ai 2 miliardi di dollari. La maratona più conosciuta è quella di New York: ha circa 60 mila iscritti, è diventata un effetto traino per la città di New York, è la più famosa nel mondo, anche se non la più importante dal punto di vista agonistico anche per le caratteristiche della corsa. Secondo il Sole 24 Ore, un dato riportato nell'articolo del 5 novembre del 2018, l'impatto economico della maratona di New York sulla città è di 415 milioni di dollari. Se poi a questo si aggiunge la raccolta di fundraising che durante la maratona avviene a beneficio delle no profit presenti sul territorio, si comprende come non vada sottovalutato e anche l'Italia non debba sottovalutare questo fenomeno. Tralascio, anche per brevità, i dati riguardanti le altre maratone all'estero e vengo all'Italia.

Questa mozione è stata anche vista e verificata, giustamente e correttamente, come deve fare un Parlamento, anche con i protagonisti di questo settore. In questo caso è la Federazione italiana di atletica leggera, con cui abbiamo sin dall'inizio provato a lavorare per comprendere come il sistema delle maratone italiane e delle mezze maratone possa diventare anche per l'Italia un elemento per appassionare le persone allo sport, allo sport amatoriale, al benessere, alla cura e alla medicina sportiva, ma anche un elemento di traino di un settore che diventa sportivo, di business, di turismo, eccetera. La Federazione di atletica leggera ci comunica che nel dicembre 2018 ha registrato un tesseramento record di 220.724 tesserati, cifra questa che non è mai stata registrata. In questa cifra non ci sono i 51 mila runner tesserati con Runcard, per cui alla fine arriviamo a 271 mila praticanti. Guardate la maratona di Roma, che dovrebbe essere la maratona per eccellenza, pensate che fascino ha la maratona di Roma, lo dice un milanese, purtroppo: ha visto crescere i propri iscritti da 9.100 del 2005 a 13.324 nell'edizione del 2018, con un soggiorno medio per i maratoneti di tre giorni. Siamo, però, lontani mille miglia dalle 60 mila iscrizioni registrate, ad esempio, per la maratona di New York. Qual è il tema che vuole affrontare questa mozione? Un elemento molto importante, fatta la premessa che non vogliamo minimamente mettere in discussione una conquista che c'è stata nello sport amatoriale italiano, cioè appassionare le persone alla pratica sportiva per il proprio benessere, per la cultura anche dello sport, che non è solo benessere, ma è fratellanza, capacità di sacrificio, di educazione e di formazione, ma, contemporaneamente, permettere di controllare questa passione attraverso il rilancio della medicina sportiva, che è uno degli elementi importanti e fondamentali di una conquista di questo Paese. Si fa sport, lo si può praticare, lo si può praticare anche a livello amatoriale, ma è giusto praticarlo accompagnati da un continuo controllo della medicina sportiva. Noi non vogliamo assolutamente mettere in discussione questa conquista e, anzi, nella mozione viene ribadita. Ma che cosa sta accadendo, anche per un regolamento molto vecchio in Italia? Stiamo parlando del 1982 e delle disposizioni legate al Ministero della Salute. Sono importanti le mezze maratone perché diventano eventi se è possibile attrarre da tutto il mondo, non solo gli italiani, i partecipanti. Le maratone citate prima sono le più internazionali. Pensi, Presidente - è un dato che mi piacerebbe sottolinearle, sperando che lei la prossima volta venga con me a fare la maratona di New York: sono solo 42 chilometri e 200 metri, ma so che lei si preparerà assiduamente iscrivendosi al Montecitorio Running Club - che la delegazione degli italiani che partecipa alla maratona di New York è di 3.200 partecipanti, che si muovono per tre o quattro giorni dall'Italia per andare a correre questa maratona. Qual è il vincolo e il limite che in Italia esiste per quanto riguarda non la partecipazione degli italiani, ma la partecipazione degli stranieri? Che i regolamenti antichi italiani, che non hanno tenuto conto di questa evoluzione che abbiamo sottolineato, e la Fidal più volte ha chiesto al Ministero della Salute di modificare questo, non per gli amatori italiani, prevedono che chiunque si iscriva dall'estero ad una maratona italiana debba rispettare la normativa italiana, non quella - parlo della normativa sanitaria - del proprio Paese. Io, che mi iscrivo a molte maratone estere, non devo rispettare la normativa del Paese estero, ma, per esempio, in America mi autocertifico e certifico che, assumendomi, ovviamente, la responsabilità, ho seguito le regole del Paese da cui provengo. Questo ha impedito, di fatto, in particolare per la partecipazione non solo europea, ma anche extraeuropea, alle nostre maratone, alle mezze maratone di crescere. Pensate alla maratona di Roma, a quella di Milano, a quella di Firenze, a quella di Venezia. Non possiamo non paragonare Venezia, Firenze, Roma e Milano a New York, Boston, Chicago, Berlino, Tokyo: hanno lo stesso fascino. Perché quelle si sviluppano e le nostre no? Quindi, un primo punto che si affronta in questa mozione è l'impedimento burocratico a far partecipare dall'estero le persone.

Noi chiediamo che ci si adegui, esattamente come avviene in tutte le altre parti del mondo e che chi si iscrive dall'estero debba seguire le normative, ovviamente non del proprio…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Mi avvio verso la conclusione. Ovviamente, non del proprio Paese; non dell'Italia, ma ovviamente del proprio Paese, autocertificandosi, quindi, come si fa d'altra parte negli altri Paesi. Il secondo elemento che sottolineiamo è il seguente: attenzione, c'è bisogno di fare un sistema, c'è bisogno di comprendere che l'Italia anche in questo settore può diventare da traino e da guida in tutto il fenomeno ormai dello sport amatoriale, dell'atletica amatoriale che si sta sviluppando nel mondo. Non è pensabile che non si faccia - è la seconda richiesta che noi poniamo con questa mozione - che non si adottino iniziative per implementare con attività culturali, con un sistema di promozione, in accordo con la Fidal che ha un calendario generale un sistema di promozione complessivo del sistema delle maratone italiane, di coinvolgimento degli enti locali. Concludo: ci sono comuni che vedono ancora come “un impiccio” una maratona che si svolge.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Concludo veramente. Addirittura ci sono comuni che chiedono agli organizzatori delle maratone - che non si mettono a disposizione e penso a Roma - centinaia e centinaia di migliaia di euro come costi per l'organizzazione, senza comprendere che quello è un grande elemento di promozione e di traino. Insomma - concludo e la ringrazio ancora di cuore - mi auguro che questa mozione che il Parlamento affronterà nella giornata di domani possa dare una svolta, in accordo con la Federazione italiana di atletica in maniera bipartisan e trasversale, che segni una nuova leadership del nostro Paese in tanti settori compreso quello legittimo e doveroso delle maratone e delle mezze maratone in città che non hanno nulla da invidiare al mondo intero (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Prestipino. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Grazie, Presidente. Se vuoi correre un miglio, corri un miglio; se vuoi vivere un'altra vita, corri una maratona. Così esordì il grande Zàtopek che è rimasto negli albi della storia dello sport per la sua passione e la sua efficacia. La moderna maratona è questo: una disciplina olimpica fin dal 1896, un percorso di 42 chilometri e 195 metri, allungati rispetto alla distanza effettiva che c'era tra Atene e la pianura di Maratona quando il famoso Filippide andò ad annunciare, correndo ad Atene, la straordinaria vittoria degli Ateniesi sui Persiani. Quindi la maratona nasce sotto il buon auspicio, nasce sotto la stella di una grandissima vittoria che ha cambiato la civiltà occidentale: la battaglia di Maratona.

La mozione di oggi, come ha già detto il collega Lupi, si propone di sollecitare misure necessarie a promuovere globalmente e in maniera efficace le maratone e le mezze maratone nel mondo; eventi sportivi sempre più popolari, sempre più attrattivi sia per atleti, sia per amatoriali non tesserati. Tale partecipazione spesso, purtroppo, è ostacolata da norme burocratiche interne rigide, in particolare per quanto concerne appunto l'idoneità medico-sportiva che si richiede ai runners stranieri. Quindi era auspicabile una semplificazione della regolamentazione per permettere agli atleti stranieri non tesserati la partecipazione a manifestazioni agonistiche sul territorio italiano, con la mera presentazione della certificazione prevista nel Paese di origine per la stessa attività sportiva. Ciò va a eliminare effettivamente impasse burocratici, ore e giorni di attesa, anche con gravi danni economici sulle spalle dei turisti che vengono in Italia e devono sottostare a questi lunghi tempi di attesa dopo aver sborsato soldoni per le spese di viaggio. Questa normativa vigente risale al decreto del Ministero della Sanità del 1982 denominato “Norme per la tutela sanitaria dell'attività sportiva agonistica” e all'articolo 5 prevede, come condizione indispensabile per la partecipazione ad attività agonistica, un certificato di idoneità rilasciato, appunto, da un medico dello sport. Quindi per poter gareggiare in Italia questo requisito ad oggi deve essere rispettato sia dagli atleti italiani, sia da quelli stranieri sprovvisti di regolare certificato medico, conforme appunto alla normativa, ma chiaramente diventa gravoso per i secondi, come ho già detto, tant'è vero che le trasferte diventano vere e proprie viae crucis quando non si adempie a queste procedure.

Ora le manifestazioni “no-stadia” che nel mondo sono in continua crescita, in Italia sono in espansione ma non reggono il confronto con quelle straniere anche e soprattutto per tali restrizioni. Basti pensare che all'ultima maratona di New York hanno partecipato 50 mila atleti di cui oltre 38 mila statunitensi. Gli italiani erano 2.800 circa: gli italiani amano da morire fare la maratona di New York e io, da assessore allo sport, sono stata più volte ad accompagnarli, a fare da madrina ai nostri runners italiani, e devo dire che partivano e tornavano con un entusiasmo mai - mai - decrescente; quindi gli italiani sono anche il gruppo straniero che è più numeroso, nonostante gli alti costi di partecipazione che la maratona di New York richiede.

Andiamo in Italia. In Italia nel 2019 si sono svolte 59 maratone e le quattro più famose sono Roma, Milano, Firenze, Venezia: le uniche gold secondo i parametri Fidal, che contano complessivamente circa 30 mila partecipanti. Andiamo a quella di Roma: patrocinio dell'Unesco, in quanto si attraversano i più bei siti archeologici, artistici, architettonici del mondo - oltre 500 siti - ed è la più importante d'Italia ma, badate, la ventesima nel mondo. C'è qualcosa che non quadra. Nel 2014 i runners hanno raggiunto quota 19 mila, di cui oltre 8 mila stranieri, provenienti da 100 e passa Paesi. Tra atleti, familiari, accompagnatori e altra roba si sono stimate circa 50 mila presenze, per un business complessivo molto ampio, di circa 35 milioni di euro che entravano nelle casse del comune di Roma. Da ex-assessore allo sport e al turismo posso dire che se c'è qualcosa che fa da volano all'indotto turistico è sicuramente l'evento sportivo: pensiamo alle finali di Champions, pensiamo ai mondiali di nuoto, pensiamo alle Olimpiadi che la sindaca Raggi non ha voluto per Roma, ma che comunque avrebbero portato benefici a un grande indotto. La maratona di Roma, anche grazie alla diretta Rai, ha questa straordinaria vetrina in tutto il mondo. Se queste sono note degne di rilievo, purtroppo nel 2019 abbiamo avuto un brusco calo di presenze, soprattutto di stranieri. Nel 2020, grazie a Dio, l'organizzazione è tornata in mano all'Italia Marathon Club, che ha già ad oggi, a soli meno di tre mesi dalla maratona che si svolgerà il 29 marzo, ha già 8 mila iscrizioni all'attivo, quindi già quante ne aveva avute lo scorso anno a fine iscrizioni. Ora, è vero che a volte ciò dipende dalla scarsa promozione che si fa dell'evento sui mass media e su altri organi di informazione o dalle scarse coperture mediatiche, ma è anche vero che queste limitazioni burocratiche molto rigide possono incidere effettivamente sul numero degli iscritti stranieri. Questi eventi rappresentano anche un'ottima pubblicità in quanto costituiscono una leva per la promozione e la valorizzazione del territorio interessato, quindi è importantissimo che gli enti locali vengano coinvolti. Io mi ricordo che andai a promuovere i mondiali di baseball di Nettuno a New York, che è la sede del baseball mondiale e abbiamo aiutato in qualche maniera l'indotto turistico economico della piccola città di Nettuno in provincia di Roma. Quindi, andare a promuovere questi eventi italiani nel mondo porta sicuramente un indotto perché il turismo sportivo è in costante crescita e sta diventando una risorsa economica sempre più grande, più importante e contribuisce in molte regioni addirittura all'aumento della domanda turistica e del PIL. Il binomio sport e turismo è un'occasione da sfruttare, ma la partecipazione degli stranieri in seguito al decreto Balduzzi si è ridotta. Ora, è vero che la Fidal ha consentito la partecipazione di atleti stranieri senza certificato medico in veste di turisti, ma sappiate che sono estromessi dalla classifica finale, partono in ultima griglia nello schieramento e non possono prendere parte in questa maniera alla competizione vera e propria. Un impasse superabile con maggiore sensibilità e attenzione verso il mondo dello sport che deve essere anche visto, come sarà vista questa mozione, come uno strumento per la crescita dei territori, degli enti locali e del turismo. Ecco perché si prevede la possibilità per gli atleti stranieri di potersi iscrivere a queste manifestazioni nel rispetto di quanto previsto dalle leggi nazionali del loro Paese di residenza. Ora, pensate che a New York basta l'autocertificazione e così è in tanti altri Paesi del mondo.

Se per un atleta la maratona costituisce una sfida ai propri limiti, noi siamo chiamati a superare un importante limite: quello normativo. Infatti, ci troviamo davanti a un fenomeno sportivo che è in perenne crescita e con un notevole potenziale economico, ma che, ancora una volta, viene ostacolato dalle pastoie e dalle lungaggini burocratiche.

Voglio concludere con una citazione molto bella di un anonimo che ben condensa lo spirito sportivo, culturale e sociale della maratona: “La maratona si corre trenta chilometri con le gambe, dieci con la testa, due con il cuore e 195 metri con le lacrime agli occhi” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Baldini. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BALDINI (FDI). Grazie, Presidente. Credo che questa mozione sia molto importante perché comunque mette in luce cose molto importanti per noi, che sono lo sport e il turismo, il turismo sportivo, che hanno sicuramente in Italia una grande possibilità di allargarsi, di creare business e di creare sempre più partecipazione. Pensiamo che a New York effettivamente per andare a fare una maratona non importa avere alcuna certificazione e le persone possono partecipare senza nemmeno fare alcun riferimento alla società che organizza la maratona stessa. Anche altri Paesi, Paesi limitrofi a noi, come l'Austria e anche la Slovenia, si basano su autocertificazioni, e questo ha creato effettivamente in Italia alcune zone specialmente di confine - e parlo della zona di Trieste - dove effettivamente tra la Slovenia e Trieste la partecipazione è molto differenziata ed è a favore proprio della Slovenia, proprio perché non viene richiesta alcuna certificazione.

Ora, in Italia c'è una legge che protegge comunque la salute delle persone. Credo che la sanità italiana sia una delle migliori sanità al mondo e credo anche che fare sport sia importante per educare la mente, educare il corpo, ma educare proprio anche alla salute il cittadino. Quindi, penso che questa sia una prerogativa prettamente italiana e sia una prerogativa davvero importante, che dev'essere mantenuta. Ora, effettivamente lo straniero che arriva in Italia non può usufruire dei servizi che hanno gli italiani, che con 80 euro possono svolgere la loro prevenzione e le loro visite per fare l'attività sportiva. In Italia c'è questa legge: oggi per fare un'attività, anche non agonistica, occorre una certificazione medica, perché chi si assume la responsabilità della persona che si sottopone a un'attività sportiva? Un'autocertificazione?

Allora, bisogna chiarirsi se vogliamo business turistico o se vogliamo, invece, fare dello sport e fare della nostra nazione comunque una terra dove lo sport sia anche sinonimo di salute e anche sinonimo di educazione al proprio corpo e alla propria mente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Io credo che questo dobbiamo veramente considerarlo. Non dobbiamo basarci solo su numeri, su quello che potenzialmente possiamo fare, perché potenzialmente il turismo italiano può avere tantissimo. La bellezza che ha l'Italia non c'è in nessuna nazione al mondo e dall'agroalimentare al monumentale può sviluppare un'attività importante a livello turistico. Io, da medico dico che per poter parlare di persone, che teoricamente possono subire delle problematiche, perché si sottopongono a uno stress fisico molto importante, dato che stiamo parlando di 42 chilometri e stiamo parlando anche di mezze maratone, bisognerebbe parlare, quindi, di persone di cui non conosciamo né l'età, né le loro condizioni fisiche, né le loro condizioni anche di assunzioni magari di sostanze che non possono far bene loro. Chi ti dice questo? Chi ti dice come possiamo agire?

Poi, teniamo presente il sistema sanitario di emergenza-urgenza americano. È un sistema completamente diverso dal nostro; è un sistema dove l'urgenza e l'emergenza vengono fatte in tempi rapidissimi e con modalità efficientissime. L'Italia, purtroppo, ha alcune zone dove l'efficienza di emergenza-urgenza è molto forte, è molto bella ed è molto importante, ma in alcune zone purtroppo questo manca. E, allora, dovremmo trovare magari una sintesi su questa mozione e parlare di poter fare in modo che gli stranieri che si iscrivono in Italia possano usufruire dell'attività sanitaria e di una certificazione con i costi che hanno gli italiani, perché, se vogliamo vedere, l'italiano deve fare la certificazione medica, lo straniero può fare l'autocertificazione. Abbiamo due pesi e due misure e questo credo che ci debba un attimo far riflettere e porre un attimo di attenzione su questa mozione. Chiaramente noi, come Fratelli d'Italia, vogliamo assolutamente favorire lo sport e favorire le maratone. Sono un mezzo per tutti, per tutte le età e per tutti i sessi. Poter partecipare a incontri così importanti dove gli organizzatori, dove gli sportivi, dove anche un mezzo di accoglienza comune possa trovare la sua espressività.

Io credo che oggi dobbiamo un attimo - fino a domani -, come Fratelli d'Italia e con l'altro gruppo, poter parlare e valutare bene in che direzione vogliamo andare. Vogliamo fare numeri o vogliamo far sì che l'Italia rimanga ancora un punto di eccellenza proprio per la salute e la tutela di chiunque possa venire in Italia anche a svolgere un'attività sportiva (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)?

PRESIDENTE. Saluto, intanto, studenti e docenti dell'istituto tecnico “Alfredo Oriani” di Faenza, in provincia di Ravenna, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna del pubblico (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

FELICE MARIANI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, colleghe, intervengo semplicemente per dire che mi trovo pienamente d'accordo con la mozione presentata dall'onorevole Maurizio Lupi, da ex atleta professionista soprattutto. Da molti anni la Federazione italiana atletica leggera, la Fidal, è impegnata nella semplificazione delle norme interne per poter consentire a tutti, cittadini italiani e stranieri, di esprimersi liberamente tramite l'attività sportiva, specialmente l'atletica leggera, nel rispetto della vigente legislazione statale.

Già il 9 marzo 2017, tramite una mozione a firma dell'onorevole Daniela Sbrollini, è stato portato avanti un primo progetto di emendamento alla vigente legislazione in merito alla certificazione medica agonistica, riproposto ora con la mozione dell'onorevole Maurizio Lupi, per dare la possibilità agli atleti stranieri non tesserati di partecipare alle manifestazioni agonistiche che si svolgono sul territorio italiano presentando la certificazione medica prevista nel proprio Paese di origine per la stessa attività. In tal modo verrebbe semplificato l'iter di partecipazione alle gare in Italia, così come già accade nella maggior parte dei Paesi del mondo, soprattutto in quelli che ospitano manifestazioni di carattere internazionale ad alta partecipazione.

Quello che attualmente accade nella maggior parte dei Paesi europei e nel resto del mondo è la possibilità di gareggiare presentando la certificazione medica del proprio Paese, documento senza dubbio necessario per garantire la salute delle persone, ma che non ne limita la partecipazione. La vigente normativa, disposta con il decreto del Ministro della Sanità del 18 febbraio 1982, che prevede l'obbligo di certificazione medica agonistica rilasciata da un medico dello sport iscritto all'albo italiano, penalizza fortemente gli atleti stranieri, per la necessità da parte degli stessi di organizzare il viaggio in Italia giorni prima rispetto alla gara alla quale sono interessati a partecipare, comportando quindi un aggravio di costi e complicazioni, senza la certezza di poter poi gareggiare. Una modifica normativa consentirebbe di superare queste difficoltà di carattere burocratico e certamente vedrebbe incentivata la partecipazione degli atleti stranieri sul territorio italiano e si avrebbe, allo stesso tempo, modo di rilanciare le grandi metropoli e le città d'arte. Ciò gioverebbe in termini di turismo e di PIL, oltre a vedere un incremento occupazionale nelle zone interessate. Roma, capitale culturale del mondo, come si cita nella mozione, è solo alla ventesima maratona proprio perché frenata dal limite dei certificati medici.

Pertanto, auspico fortemente la possibilità che la mozione dell'onorevole Maurizio Lupi venga accolta, in quanto strategica per lo sviluppo delle maratone e delle mezze maratone in Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Si riserva di farlo successivamente.

Il seguito della discussione è quindi rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione D'Alessandro, Fornaro, Macina, Melilli ed altri n. 1-00302 concernente iniziative urgenti volte a far fronte alla rilevante carenza di segretari comunali, anche tramite un'efficace semplificazione e accelerazione delle procedure selettive (ore 16,23).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione D'Alessandro, Fornaro, Macina, Melilli ed altri n. 1-00302 concernente iniziative urgenti volte a far fronte alla rilevante carenza di segretari comunali, anche tramite un'efficace semplificazione e accelerazione delle procedure selettive (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 23 dicembre 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 23 dicembre 2019).

Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Iezzi ed altri n. 1-00306, Ruffino ed altri n. 1-00309 e Lollobrigida ed altri n. 1-00310 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

E' iscritto a parlare il deputato Camillo D'Alessandro, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00302. Ne ha facoltà.

CAMILLO D'ALESSANDRO (IV). Grazie, Presidente. Io considero l'appuntamento di oggi e il voto di domani molto importanti, perché ritengo che mai come questa mozione e, comunque, il dibattito che ci sarà tra pochi minuti, possa aiutare e possa spingere il Governo a dotarsi immediatamente di uno strumento, a partire da un decreto che corrisponda all'esigenza dell'urgenza, perché noi ci troviamo di fronte ad un'emergenza. Si tratta di un'emergenza, diamo i numeri per quelli che sono e cerchiamo di associare le parole senza enfasi, ma per quelle che sono: la carenza di segretari comunali è un'emergenza nel nostro Paese. Non vorrei polemizzare, ma è uno degli ultimi doni, regali, lasciatici dall'ex Ministro dell'Interno, perché la competenza prevalente è quella del Ministero dell'Interno, certo in combinato disposto con il Ministero per la Pubblica amministrazione; perché che si andava a parare così, con la carenza che adesso cercherò di declinare, era noto al Ministero ed erano noti al Ministero anche i tempi che intercorrono tra quando viene bandito un concorso per i segretari comunali e quando esso effettivamente, poi, si svolge e quando esso effettivamente, poi, mette dentro il circuito della pubblica amministrazione delle nuove figure.

Il combinato disposto di un concorso bandito anni fa e non ancora concluso ha dato e dà, più o meno, al 2019, questi numeri: stiamo parlando di circa 1.729 (secondo alcune mie stime di confronto con l'ANCI, anche di più) posti vacanti, cioè di sedi non presidiate da un segretario comunale. E abbiamo delle percentuali in alcune regioni, io vengo da una di quelle che ha il guinness dei primati su questo: l'Abruzzo ha il 61 per cento di sedi non presidiate, la Liguria il 58 per cento, il Piemonte il 56, la Lombardia il 56, e via discorrendo.

Questi dati non sono esattamente, probabilmente, quelli precisi, me ne rendo conto, la stampa specializzata ha dato questi numeri, però ritengo che non siamo molto distanti. Se, però, aggiungiamo l'effetto oggi non calcolato ancora - e credo che il Ministero si dovrà dotare di questa assunzione di ulteriori informazioni -, di “quota 100”, a questi numeri, io credo che i numeri siano molto, ma molto maggiori e aggrediscano soprattutto un segmento della pubblica amministrazione e, cioè, i piccoli comuni e, all'interno del sistema dei piccoli comuni, i comuni delle aree interne, i comuni montani.

Per cui, il Governo deve fare più di una riflessione nel predisporre il decreto e noi vogliamo dare una mano, lo diciamo nella mozione che presentiamo, sottoscritta dalle forze politiche di maggioranza; immagino che il Governo sia aperto ai contributi che possono provenire da tutti, perché è un problema che riguarda tutto il Paese.

Noi ci eravamo fatti carico, come Italia Viva, di interrogare il Ministro, in questo caso, per la Pubblica amministrazione, durante un question time, che perfettamente conosceva il problema. Sono passati mesi da ottobre e, ogni mese, un comune piccolo si trova nella condizione di non poter convocare un consiglio comunale, di non poter convocare delle giunte, di non poter dare seguito, per esempio, alle procedure amministrative che riguardano le gare, gli appalti e, quindi, il blocco degli investimenti nella pubblica amministrazione. Cioè, l'effetto moltiplicatore negativo dell'assenza del segretario comunale sta generando molti problemi, in alcuni casi, anche per le operazioni ordinarie di natura elettorale, che è il massimo presidio che lo Stato dovrebbe garantire su tutti i territori.

C'è un tema anche della continuità della prestazione lavorativa da parte del segretario comunale in quel comune; c'è un tema del rifiuto da parte dell'iscritto all'albo dei segretari comunali di accedere ad una sede, per esempio, distante o, per esempio, in un'area interna o, per esempio, nelle aree interne in particolare, di mettere insieme più comuni per poter raggiungere non solo un proprio ritorno economico di base, ma anche per le esigenze di carenza che hanno soprattutto i piccoli comuni.

Qui va sviluppato un ragionamento da parte del Governo e da parte del Ministero competente, perché o noi stabiliamo un meccanismo che obbliga il segretario comunale ad andare presso una sede vacante, pena la decadenza dall'albo - e io non sono per questa soluzione -, o noi troviamo un meccanismo incentivante affinché il segretario comunale vada lì. Però, rimane la gigantesca questione e, cioè, l'attuale carenza che ho descritto con i numeri, che sono già generosi rispetto, invece, alla reale situazione che andrà sicuramente ad aggravarsi, quindi, con punte del 60 e oltre per cento di carenze, con il meccanismo di “quota 100”.

Allora, noi dobbiamo allargare le maglie di coloro i quali possono accedere e possono prestare questa funzione fondamentale di presidio - prima, era di presidio dello Stato, oggi è una funzione fondamentale amministrativa - e lo dobbiamo fare, innanzitutto, consentendo al personale della pubblica amministrazione, o attraverso la figura del vicesegretario o attraverso degli albi speciali del personale della pubblica amministrazione, di andare presso le sedi vacanti e, quindi, svolgere la propria attività.

Però, anche qui, attenzione: il meccanismo che consente di superare l'emergenza attraverso il ricorso del personale della pubblica amministrazione, poi, però, deve essere un meccanismo che abbia una qualche permanenza all'interno di quel comune. Se dopo qualche mese, quel professionista che viene dalla pubblica amministrazione decide di lasciare quel comune, noi siamo punto e daccapo.

Allora, noi dobbiamo cercare di trovare un modo e dircelo francamente che il meccanismo di reclutamento e, poi, di discrezionalità della scelta da parte dell'iscritto all'albo dei segretari comunali di andare o meno in un comune è un meccanismo che va rivisto. Va rivisto, perché, da un lato, noi non consentiamo l'accesso, perché i concorsi impiegano il tempo che serve, dall'altro, una volta che sono iscritti all'albo, non ci vanno o trovano una sede più comoda - legittimo -, ma alla fine quella sede di quel comune rimane vacante, con tutti gli effetti che ho cercato di dire in precedenza.

Per questo io la ritengo un'emergenza nazionale della pubblica amministrazione, per gli effetti devastanti che ha e anche per degli effetti indotti. Io ho parlato in questi mesi, perché sto affrontando questo tema con diversi sindaci: un effetto indotto da non trascurare è il fatto che molti, nei piccoli comuni e nei piccolissimi comuni, soprattutto delle aree interne, cominciano a dire: chi me lo fa fare ancora di essere un amministratore, non ho neanche la tutela, innanzitutto, giuridica per ogni atto che devo compiere. Già la “Bassanini” non mi obbliga, mi consente di mettere la firma in sostituzione del responsabile del procedimento e mi assumo un pezzo di responsabilità in alternativa a comuni che, invece, hanno il responsabile di procedimento. Già mi prendo un pezzo di responsabilità, però, poi, la legittimità dell'atto amministrativo deriva dalla firma, dalla visione, dalla prefigurazione dell'atto da parte del segretario comunale, la qual cosa oggi, ripeto, in alcune realtà, anche per il 60 per cento dei casi, non avviene. Allora, con franchezza, noi dobbiamo affrontare il problema.

Io ero tra coloro che avevano aperto ad una possibilità: in un confronto di maggioranza, ho ritenuto che prevalga il contributo di riflessione di tutti, per cui la mozione non lo prevede, però è chiaro che c'è un dibattito fuori, nel mondo delle professioni, ad esempio.

Si è consentito in questo Paese, secondo me giustamente, per esempio, all'interno dei tribunali, di sostituire le carenze dei segretari comunali con la figura del giudice onorario, che sono degli avvocati che vanno a svolgere una funzione fondamentale nella giustizia, perché si pronunciano con le sentenze; però questo stesso accesso, che ne so, in un albo specializzato aperto a degli avvocati che abbiano delle esperienze, che abbiano avuto già delle esperienze nella pubblica amministrazione si ritiene che possa essere un eccesso di liberalizzazione (chiamiamolo così), perché la figura del segretario comunale dev'essere una figura terza e la terzietà viene garantita dal percorso di corso-concorso di iscrizione all'albo, e quindi non può essere in qualche maniera il sindaco che sceglie il professionista per fare il segretario comunale. Ora, questa cosa a me non convince, questa argomentazione, al 100 per cento, ma capisco, nella storia e nell'autorevolezza che ha il Ministero dell'interno, che preferisca e prediliga la via della pubblica amministrazione dentro la pubblica amministrazione. Però, se stabiliamo dei meccanismi (e io ci sono), se stabiliamo dei meccanismi che consentono effettivamente di risolvere la carenza, allora dobbiamo affrontare il nodo dell'obbligatorietà. Rinunci una volta, rinunci due, rinunci tre, rinunci quattro, rinunci cinque: a un certo punto, se rinunci sempre fino a quando la sede che tu preferisci non si libera, diventa un tema rimanere all'interno dell'albo. O ancora di più: vai in un comune che ha delle difficoltà per essere raggiunto, io ti premio. Perché altrimenti delle due l'una: o ti premio e ti incentivo ad andare lì, o non puoi rinunciare; le due cose non si tengono insieme, dobbiamo trovare il modo. Perché anche il personale della pubblica amministrazione, che proviene da altri comuni, che proviene dalla regione, che va a svolgere questo servizio, perché ci dovrebbe andare in quel comune piccolo delle aree interne, più o meno a parità di stipendio, e casomai a qualche centinaio di chilometri in più di distanza dalla loro attuale sede lavorativa? Non lo risolviamo, se non c'è un meccanismo incentivante.

Io sto svolgendo queste riflessioni perché spero e ritengo sempre che la funzione del Parlamento con una mozione sia quella di indicare al Governo una possibile via affinché il Governo con lo strumento che ha, con il decreto, possa in qualche maniera normare.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CAMILLO D'ALESSANDRO (IV). Grazie, Presidente, concludo. Io concludo, appunto, ringraziando i colleghi che hanno sottoscritto la mozione, coloro i quali interverranno, coloro i quali hanno presentato ulteriori mozioni; però affrontiamolo con urgenza. Io non posso dare i tempi al Governo, ci mancherebbe altro; però è il Governo che deve dare i tempi al Paese, perché la situazione ormai è diventata ai limiti della fisiologica sopportazione da parte dei pubblici amministratori, dei cittadini, del sistema degli enti locali. Non possiamo perdere ulteriormente tempo: per questo io credo, spero che dal Governo, quando interverrà, possano esserci parole certe sui tempi in cui adotterà il decreto, che cercherà in qualche maniera di dare almeno una risposta alla carenza dei segretari. L'ultima questione: tra le risposte, anche rivedere completamente il meccanismo di selezione, perché se quelli sono i tempi, e non si capisce per quale motivo ad oggi, nel 2020, siano quelli i tempi di selezione, non so come si possa pensare ad un'amministrazione efficiente ed efficace (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bianchi, che illustrerà la mozione n. 1-00306, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MATTEO LUIGI BIANCHI (LEGA). Presidente, colleghi, la riforma delle autonomie locali e del Titolo V della Costituzione ha rivisto la figura del segretario comunale, senza modificare gli ambiti di competenza, e piuttosto attribuendo al sindaco la scelta di assegnargli un ruolo rilevante nell'organizzazione dell'ente o marginalizzarlo con sole mansioni normative e legali. L'introduzione dell'elezione diretta del sindaco e il riconoscimento di un ruolo centrale agli organi politici monocratici, quale espressione della volontà popolare, accresce la discrezionalità nelle scelte di quale modello di segretario comunale adottare nel proprio comune. Inoltre al sindaco è assicurato il compito di predisporre l'organizzazione interna ritenuta più idonea alla realizzazione del programma elettorale, con maggiore responsabilità dal punto di vista economico e finanziario, al punto che l'amministratore locale risponde personalmente per danno erariale nel caso in cui i bilanci del proprio ente non siano in ordine.

In tale contesto, quindi, il segretario comunale è nominato dal sindaco, dopo averlo scelto tra gli iscritti all'albo nazionale, con il quale stabilisce un rapporto di dipendenza per la durata del mandato elettorale, salvo anticipata interruzione a seguito di revoca dell'incarico. I sindaci quindi possono avvalersi di un segretario direttore generale, che dirige, guida e coordina l'attività amministrativa e gestionale dell'ente, con funzioni di manager pubblico, che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell'amministrazione, o in alternativa di un segretario che per previsione dello statuto o dei regolamenti, nonché per espresso conferimento del sindaco, svolge ogni altra funzione, anche con posizioni organizzative. La classica figura del segretario comunale ha di norma le seguenti funzioni: partecipa ed assiste alle riunioni del consiglio e della giunta per redigere il verbale; esprime il parere su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio; sviluppa atti su richiesta dell'ente sui contratti nei quali l'ente stesso è parte e autentica le scritture private e gli atti unilaterali nell'interesse del comune; esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco.

A seguito delle riforme cosiddette Bassanini del 1997, e in particolare con la diretta legittimazione popolare del sindaco, si rafforza la convinzione che gli organi monocratici possano disporre di un potere tale da non tollerare intromissioni esterne sull'indirizzo politico. Anche la riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione ha ulteriormente contribuito a cambiare radicalmente la figura del segretario, tanto che si sono delineati due orientamenti: uno che ha ritenuto che le disposizioni relative ai segretari comunali contenute nel decreto legislativo n. 267 del 2000, il Testo unico sugli enti locali, fossero state sostanzialmente abrogate nei fatti, lasciando alla potestà statutaria la libertà di prevederne o meno la figura; un altro che riconosce invece ancora la validità della figura stessa, ritenendo che le disposizioni relative alla figura del segretario comunale non possano ritenersi abrogate. Tuttavia, è evidente che il segretario comunale dipende dal sindaco di turno, e la cessazione del rapporto dipende dalla scadenza del mandato dell'organo politico.

Oggi la figura del segretario comunale è articolata in tre diverse fasce professionali, A, B e C, distinte in relazione all'entità demografica degli enti locali, e allo stato la categoria risulta caratterizzata da una grave carenza di unità: soprattutto i segretari di fascia C, da destinare allo svolgimento delle funzioni segretariali nei comuni più piccoli, aventi una popolazione fino ai 3 mila abitanti. I piccoli comuni risultano spesso sprovvisti di segretari comunali, e appare necessario un intervento sulla normativa in materia, soprattutto nei comuni con limitate dimensioni demografiche. Invero esistono professionalità qualificate nei piccoli comuni, spesso già con funzioni di vicesegretario, che potrebbero avere le competenze necessarie per coprire il ruolo da segretario. L'ANCI ha sottolineato più volte la necessità di affrontare il problema, attualizzando il quadro relativo per far fronte alle esigenze dei comuni e dei sindaci.

Fatte queste debite premesse, serve razionalizzare la formazione d'accesso alla carriera di segretario, in modo da avere una più rapida immissione in servizio di nuove unità, con standard professionali moderni ed al passo con le esigenze delle autonomie locali. È necessario quindi un livello di professionalità adeguato rispetto agli importanti compiti assegnati dall'ordinamento, con obblighi formativi costanti per raggiungere le sfide che i comuni si prefiggono di affrontare.

Presidente, in questo quadro è altresì importante lasciare alle prerogative del rappresentante dell'ente locale la decisione sull'effettiva presa di servizio e sull'instaurazione del rapporto di lavoro, al quale l'ordinamento attribuisce ogni valutazione di carattere fiduciario circa la scelta del segretario. Ma, cosa più importante, credo che nei comuni con popolazione fino a 10 mila abitanti, in via temporanea e nelle more della nomina del segretario titolare, possa essere garantito l'assolvimento dei compiti fondamentali del segretario dal vicesegretario, così da poter utilizzare e far crescere professionalità interne all'ente, che possano essere di beneficio allo stesso, sia in termini di valore aggiunto che di risparmio economico, così da compensare le attuali carenze numeriche emergenziali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il deputato Battilocchio, che illustrerà anche la mozione n. 1-00309, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, condivido molti degli spunti e delle riflessioni contenuti negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. I segretari comunali e provinciali svolgono un ruolo fondamentale per le autonomie locali, dovendo assicurare la direzione complessiva e il coordinamento dell'intera struttura amministrativa comunale, oltre alle delicate funzioni in materia di trasparenza, prevenzione della corruzione e controlli interni. Il ruolo e la funzione del segretario comunale e provinciale sono stabiliti dall'articolo 97 del Testo unico degli enti locali; quindi, una serie di compiti, i principali dei quali sono di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi elettivi dell'ente, in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto e ai regolamenti. Il segretario, inoltre, ai sensi dell'articolo 97, comma 4, del Testo unico degli enti locali, partecipa con funzioni consultive referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione, esprime il parere di cui all'articolo 49 del Testo unico degli enti locali, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non abbia responsabili di servizi, eroga su richiesta dell'ente i contratti nei quali l'ente è parte e autentica scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente, esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia ed esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo 108, comma 4, del Testo unico degli enti locali.

Mi preme ricordare, inoltre, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 23 del 22 febbraio 2019, ha affermato che le funzioni del segretario comunale costituiscono, oltre ad una garanzia del rispetto della legge e della regolarità delle procedure, anche un fondamentale supporto all'elaborazione dell'indirizzo politico dell'ente e alla direzione apicale dell'intera struttura amministrativa, stante l'immediatezza di rapporto con il vertice del comune. Lo ricordava il collega, parlando di emergenza nazionale: a livello nazionale, il numero dei segretari comunali dal 2010 al 2019 è diminuito di 659 unità, passando dai 3.569, rilevati nel novembre del 2010, ai 2.937 rilevati a giugno 2019, e la situazione si presenta più critica soprattutto nei piccoli comuni. È stato ricordato qualche dato sull'Abruzzo, ma anche altre regioni sono in una situazione altrettanto critica; in Liguria, su un fabbisogno di 238 autonomie locali, alla fine del 2019, resteranno 68 segretari comunali. Quindi, una vera e propria emergenza, tra l'altro, considerato che ciascuna sede riunisce spesso più di un piccolo municipio, anche con poche centinaia di abitanti, nella pratica, un comune su due dei quasi 8 mila totali è amministrato senza l'indispensabile figura del segretario comunale.

Come riportato dalle maggiori agenzie di stampa, l'ANCI e l'UPI, con una lettera inviata già al Governo Conte 1, hanno denunciato una grave carenza di segretari comunali, soprattutto di fascia C, ovvero quelli abilitati per le amministrazioni più piccole, sotto i 3 mila abitanti. La situazione è diventata drammatica, infatti, soprattutto in relazione ai piccoli comuni che si trovano sprovvisti di una figura fondamentale a supporto dei sindaci per la quotidiana attività amministrativa, soprattutto alla luce delle continue interpretazioni normative, che implicano scelte e responsabilità gravose, non solo per il bene comune dei cittadini, ma anche per la tutela e la salvaguardia del ruolo del sindaco stesso; e lo affermo anche in base alla mia esperienza personale di dieci anni alla guida della mia cittadina (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

I meccanismi di reclutamento, già intrinsecamente farraginosi, sono, negli anni, entrati in una fase di stallo. Ad oggi, le uniche procedure di reclutamento aperte sono quelle avviate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 aprile 2018, con il quale è stata prevista l'assunzione di 291 borsisti al sesto corso-concorso di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini delle iscrizioni dei 224 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo, per cui sono state appena concluse le prove scritte, e quella promossa il 20 febbraio 2019 dal consiglio direttivo per l'albo nazionale dei segretari comunali che ha deliberato l'indizione di un ulteriore concorso pubblico per 171 unità.

A ciò si aggiunga che l'espletamento pluriennale del corso-concorso, seppur necessario, rischia di non rappresentare la soluzione decisiva alla carenza cronica delle figure apicali della pubblica amministrazione, se individuato come unica possibilità di reclutamento. Sebbene la programmazione di due procedure concorsuali – lo riconosciamo – sia un fatto certamente positivo, è da considerarsi non sufficiente ad ovviare, nel breve periodo, alle ampie e strutturali carenze che caratterizzano attualmente la categoria. Il Presidente del Consiglio dei ministri Conte, intervenendo ad Arezzo all'Assemblea nazionale ANCI, lo scorso 20 novembre, ha assunto l'impegno di un concorso in tempi celeri, ritenendo decisivo intervenire per assicurare la presenza di segretari comunali nei comuni, soprattutto in quelli più piccoli. Però, ecco, nonostante i proclami del Presidente del Consiglio, si registra ancora oggi l'allarme relativo a questa drammatica carenza di segretari comunali, che rischia di paralizzare a tutti gli effetti anche l'ordinaria attività amministrativa e il buon andamento degli uffici pubblici, assumendo i caratteri - è stato ricordato anche negli interventi di chi mi ha preceduto - di una problematica di portata nazionale, tale da richiedere con urgenza interventi risolutivi.

Con la nostra mozione impegniamo il Governo ad adottare tempestivamente le opportune iniziative, anche di carattere normativo, già, se possibile, in occasione dell'esame di conversione del decreto-legge n. 162 del 2019, quindi del “mille proroghe” al fine di prevedere la riduzione delle tempistiche per l'immissione a ruolo, attraverso l'accorciamento dei rispettivi periodi di didattica e di tirocinio pratico, come previsti dalle procedure di corso-concorso; chiediamo, altresì, nella nostra mozione, di assumere iniziative urgenti, anche di carattere normativo e in via temporanea, volte a prevedere l'attribuzione delle funzioni di segretario comunale a coloro che abbiano svolto le funzioni di vice segretario comunale presso enti locali e, per ultimo, ma non meno importante, di adottare le opportune iniziative al fine di prevedere una maggiore frequenza delle procedure concorsuali dei segretari comunali quale percorso fisiologico di immissione in ruolo. Su questi temi sarebbe decisamente auspicabile tentare di raggiungere una convergenza ampia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzetto, che illustrerà anche la mozione n. 1-00310, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). La ringrazio. Buongiorno, Presidente. Dunque, il tema dei segretari comunali è assolutamente centrale, sottosegretario, rispetto a quanto stiamo vivendo in questi anni. Molto spesso, devo dire, il gruppo di Fratelli d'Italia ha sollevato il tema, però è parso quasi un urlo di dolore nel deserto, nel senso che, forse, negli ultimi anni siamo stati veramente gli unici a sollevare questo tema.

Ho ascoltato con attenzione i ragionamenti appena effettuati da alcuni colleghi, sui quali, tutto sommato, possiamo ritenerci abbastanza d'accordo, però, vede, il problema di oggi, del qui e dell'ora, per quanto riguarda i comuni e quindi il problema della carenza, della gravissima carenza dei segretari comunali, è che i comuni sono a vero rischio paralisi rispetto alle procedure amministrative degli stessi.

Ho sentito parlare e ho letto di sinergie di qualche comune, grazie – devo dire, diciamolo - anche alla buona volontà e non soltanto agli emolumenti che a fine mese queste persone giustamente e legittimamente percepiscono, di persone che si spostano di comune in comune proprio per svolgere questo tipo di attività, però molto spesso c'è un problema territoriale: se io vado in Sardegna, e un segretario comunale, per andare a svolgere il suo ruolo, deve fare 50-60 chilometri tra un comune e l'altro, è un problema; nella regione, da cui mi onoro di provenire, che è il Friuli Venezia Giulia, se lei potesse andare in qualche comune di montagna, ebbene si potrebbe rendere conto che il segretario comunale che gestisce quattro, cinque, sei o sette comuni ha delle difficoltà logistiche, ad esempio d'inverno, a spostarsi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Allora, c'è il problema dei pensionamenti, c'è il problema, già da noi spesso ricordato, di “quota 100”, che in seno alla pubblica amministrazione sta evidentemente creando dei danni, perché non c'è quel ricambio, quel turnover di una persona che se ne va in pensione e subito dopo viene riassunta, perché mancano i concorsi, mancano le procedure. Quindi, noi ci troviamo di fronte ad un fatto compiuto per cui, in più di 8 mila comuni italiani, ci sono circa 3.500 segretari comunali, quindi più del doppio mancano.

Il segretario comunale, vede, non è, secondo noi, Presidente, facente parte di una casta: il segretario comunale è colui che ha una formazione giuridica importante, è colui che ha una preparazione amministrativa altrettanto importante, è colui che collabora continuamente con gli stessi organi municipali, è - passatemi un po' la forzatura - un piccolo sindaco tecnico che gestisce fondamentalmente quasi tutte le pratiche dell'amministrazione comunale; è di fatto quello che, secondo quanto prima ascoltato e secondo anche quanto scritto nelle stesse leggi, è e deve essere il garante o uno dei garanti della legalità nello stesso municipio e nello stesso comune.

Mancano? Sì, ma non mancano i concorsi. Prima, il collega di Forza Italia ha ricordato una data, 24 aprile 2018: il concorso è in pista, ma non viene messo in pista, fondamentalmente, quindi è più di un anno che viene atteso questo concorso, quindi magari qualcuno, la Pubblica amministrazione, dovrebbe svegliarsi, sotto questo punto di vista. Ma Presidente, pur essendoci in fieri un concorso, non viene effettuato il concorso stesso, quindi, da una parte, il Ministro della Pubblica amministrazione annuncia concorsi per la Pubblica amministrazione, ma non mette in pista un concorso che aiuterebbe, e di molto, quello che fondamentalmente i nostri sindaci e i nostri comuni stanno vivendo.

Presidente, in Italia, sotto i 10 mila abitanti, ci sono circa 4 mila comuni, cioè più del 50 per cento dei comuni italiani è sotto i 10 mila abitanti. Entro questi 4 mila comuni ci sono problemi con i segretari comunali, in termini giuridici, in termini di spostamenti, in termini organizzativi, in termini di amministrazione. Senza segretario comunale sono quasi 2 mila di questi comuni, quindi quasi il 50 per cento non hanno il segretario comunale, che deve evidentemente allestire il proprio lavoro in altri modi. È un organo di fatto monocratico del comune. Passa tutto quello che giuridicamente – e non soltanto giuridicamente, anche a livello amministrativo – svolge il comune, attraverso l'ufficio del segretario comunale. Probabilmente in alcuni comuni è il principale alleato del sindaco stesso.

Allora, mi viene un po' da pensare quando leggo la pur virtuosa proposta che viene fatta da parte della maggioranza, da parte di un deputato di Italia Viva, se non erro, soprattutto al secondo impegno, ovvero quando prima il collega ricordava - mi sono segnato due punti del suo intervento - la cosiddetta terzietà e i tempi di selezione, perché è un sillogismo dire ciò che si dice all'impegno 2, ovvero ad adottare iniziative per individuare in via temporanea. Da parte di chi, in via temporanea? Forse doveva esserci scritto. Perché, se questa via è temporanea - e ricordo purtroppo, sottosegretario, che in Italia non ci sono cose più stabili delle cose instabili -, quindi, è molto probabile che noi ci troveremo, una volta fatto il decreto, i vice o i facente funzione per i prossimi tre, quattro, cinque anni. Quella inizia a diventare una casta, quello inizia a diventare un poltronificio, perché se, come giustamente ricordava, i tempi di selezione sono molto lunghi, allora è evidente che i tempi di selezione possono durare due, tre o quattro anni, e i facente funzione, a questo punto, diventano sì – sempre sulla base di un ragionamento anche fatto dall'amministrazione, dalla giunta e dal sindaco, che può essere di destra, di sinistra, di centro – un problema, tant'è vero che noi, Presidente, nella nostra mozione abbiamo inserito un punto che secondo noi, umilmente, è interessante sotto questo punto di vista. Ma come ci siamo arrivati - e mi avvio alle conclusioni -, sottosegretario, a questa situazione, al netto delle mancanze - lo dico - della “Bassanini”, che evidentemente oramai penso ci siano i tempi maturi per poterla emendare in modo più interessante? Abbiamo parlato di blocco delle assunzioni, e quindi di non più un turnover in pancia alla pubblica amministrazione, alveo che non tocca soltanto - attenzione - i segretari comunali, ma molti altri ambiti della pubblica amministrazione, bene, però c'è stato di fatto un blocco delle assunzioni, che viene esattamente da coloro che attualmente stanno al Governo però (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Negli anni il blocco delle assunzioni è stato fatto dal Governo del Partito Democratico, in questo Paese; non sono stati rinnovati i concorsi - sempre in seno e durante, Presidente, quel Governo. E poi c'è il problema fondamentale che queste persone, questi professionisti, che addirittura sono iscritti ad un albo, fanno un doppio, triplo, quadruplo lavoro, al posto che dedicarsi soltanto al loro comune; e quanto bisogno c'è di dedicarsi in questo momento, anche grazie, purtroppo, ad una serie di pensionamenti, che sono piuttosto ampi, al proprio comune? Nulla osta rispetto alla collaborazione dei segretari comunali in altre amministrazioni – ci mancherebbe altro – però dobbiamo dare loro mezzi e numeri per poterlo fare in modo virtuoso. Addirittura, il fortunatamente ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel 2014 e 2015 - per quello mi stupisco, però mi stupisco favorevolmente rispetto alla mozione a prima firma di un deputato di Italia Viva -, all'epoca, nel 2014, il Primo Ministro Renzi proponeva - attenzione - l'abolizione dei segretari comunali, sulla scorta di una rottamazione burocratica - sulla rottamazione Matteo Renzi ci ha fatto una carriera politica - che all'epoca doveva essere fatta. Vede, Presidente, le leggo una cosa simpatica, se ho ancora trenta secondi. Ho trovato un'intervista del 2014 di un sindaco che faceva e fa parte del Partito Democratico, il sindaco di Lodi, e questa intervista diceva: caro sindaco, come ha appreso della volontà di Matteo Renzi di eliminare i segretari? E cosa ha pensato in quel momento? L'ho sentito al telegiornale e ho pensato che Renzi non si ferma. Ha esultato rispetto all'abolizione, e c'è una chiara corrispondenza giornalistica, rispetto a tutto quanto sto dicendo. Però, all'epoca, Matteo Renzi identificava i segretari comunali come una casta da abbattere, quindi siamo contenti che siete venuti dalla nostra parte, cercando evidentemente di capire quanto effettivamente la figura del segretario comunale può essere importante.

La nostra proposta, sottosegretario, si basa, in termini di impegno, su tre alvei piuttosto semplici e, secondo noi, abbastanza intuibili, anche in termini di volontà favorevole nell'accettarli da parte dell'Esecutivo. Si basa, in una prima parte, rispetto alle spese, nel senso che se attualmente noi andiamo avanti con i concorsi, facciamo un decreto, le spese rispetto ai segretari comunali, secondo noi, dovrebbero essere in pancia al Ministero dell'Interno, liberando di queste risorse soprattutto i piccoli comuni che in questo momento stanno soffrendo, le casse dei piccoli comuni soprattutto stanno soffrendo. Quindi, per quanto riguarda l'aspetto economico, deve essere necessariamente in pancia al Ministero dell'Interno.

Il secondo impegno parla, Presidente, di una velocizzazione immediata rispetto ai concorsi, o perlomeno, se non si riesce a bandire un concorso, nello scorrimento delle graduatorie. Ci sarà evidentemente qualcuno, tra gli idonei, che può prendersi questa “cattedra”? Secondo noi sì, quindi è una cosa che si può mettere nel “milleproroghe” immediatamente.

Il terzo impegno della nostra mozione dice fondamentalmente che, sì, va bene, come recita un altro impegno, adottare iniziative per individuare in via temporanea figure che possono garantire la reggenza - quindi dei vice, fondamentalmente - ma questi vice non devono essere espressione dei partiti: non devono essere espressione delle parti politiche, ma devono semplicemente essere quasi sub iudice o subordinati ai titolari stessi delle cattedre. Mi spiego: se un segretario comunale non ce la fa a fare dieci comuni, ma ha in pancia dieci comuni, ne cede tre ai cosiddetti vice, però la gestione dello stesso deve essere sempre a capo del cosiddetto segretario comunale di cattedra in questo caso, altrimenti non riusciremo e non andremo a fare quanto di virtuoso sta scritto - chiudo, Presidente - in queste mozioni e chiaramente andremo per l'ennesima volta a perpetrare di nuovo un antico adagio che parla sempre, come prima ricordato, di poltrone e poltronifici su scelte dirette da parte anche di pubbliche amministrazioni, che molto spesso, anche in questo Paese, non si sono rivelate del tutto virtuose (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Berti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BERTI (M5S). Grazie, Presidente. Le mozioni che sono in discussione oggi alla Camera toccano il tema del personale della pubblica amministrazione, nello specifico il ruolo dei segretari comunali. I segretari comunali sono figure amministrative previste dall'articolo 97 del TUEL e, a norma dell'articolo già citato, svolgono funzioni di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa agli organi dei comuni, esprimono pareri, hanno funzione rogatoria e possono svolgere le funzioni di direttore generale. Con questa mozione la Camera dei deputati riconosce che le difficoltà che gli enti locali incontrano nel reperire una figura così centrale per la tutela dei principi cardine della PA è un problema nazionale. Questo problema è sentito maggiormente nei comuni con popolazione inferiore ai 15 mila abitanti, dove l'organico della pubblica amministrazione è ridotto e dove l'attività di supporto amministrativo alla politica diventa essenziale per svolgere la funzione di indirizzo politico. Si stima che il 40 per cento degli enti locali sia dotato di un segretario comunale, ci sono 1.400 posti vacanti nei piccoli comuni e il numero dei segretari comunali si è ridotto di 700 unità in dieci anni. Il tema della carenza di segretari comunali è stato anche oggetto dell'intervento del Presidente del Consiglio Conte all'assemblea annuale ANCI, il 20 novembre 2019; questa mozione rafforza l'impegno politico della maggioranza perché i tempi sono maturi per spingere le commissioni ministeriali a velocizzare le procedure di assunzione relative al concorso “Coa 6” per 224 segretari. Peraltro, il concorso “Coa 7” è in forte ritardo e, per questo, chiediamo al Ministero dell'Interno di fare in fretta, consci del fatto che esistono tempi non comprimibili per legge. Nella mia attività di relazione istituzionale con i comuni - e credo che questa sia un'esperienza che è condivisa da molti colleghi - ho avuto la possibilità di toccare con mano lo straordinario contributo dei segretari comunali al funzionamento della macchina amministrativa, dato che sono funzionari pubblici dotati di capacità giuridiche ma anche di intelligenza gestionale.

Il loro impatto sulla qualità della legislazione locale e sull'uniformità dell'applicazione della legge in tutto il territorio nazionale, nei limiti delle esigenze dell'autonomia e del decentramento, non può più passare in secondo piano. Per ultimo, questa grave carenza di organico non è soltanto un problema di risorse umane degli enti locali, ma un vero e proprio rischio per la piena attuazione dei princìpi costituzionali circa gli enti locali. Non posso non citare in questa sede gli articoli della Costituzione che ci indicano la via. L'articolo 5 della Costituzione recita che la Repubblica è una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali e attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. L'articolo 97 della Costituzione riguarda l'organizzazione degli uffici pubblici e prevede che per l'organizzazione sia assicurato il buon andamento e l'imparzialità. Ed è proprio per attuare pienamente i principi dell'attività amministrativa che chiediamo al Governo di finalizzare le assunzioni relative al concorso “Coa 6” e velocizzare le procedure per l'espletamento del concorso “Coa 7”.

Un ente locale che non può essere assistito dai segretari comunali in fase di negoziazione con il privato, un ente locale che non può essere aiutato in fase di definizione e attuazione strategica delle linee programmatiche, è un ente locale che sarà più debole nell'attuare proprio quell'indirizzo politico votato dai cittadini nelle elezioni amministrative. Colleghi, Presidente, i comuni sono il presidio istituzionale più vicino al cittadino, il punto di contatto che fa spesso da cerniera e collegamento tra gli uffici pubblici e i servizi disseminati nel nostro vasto territorio nazionale. Ridiamo ai comuni l'importanza e la centralità che la tradizione e la storia italiana gli hanno sempre assegnato. Buon lavoro e grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Presidente, sottosegretario, colleghi, come ha anticipato il mio collega Rizzetto, Fratelli d'Italia è da tempo, dall'inizio della legislatura, che con i suoi diversi componenti ha presentato interrogazioni su questo tema, segnalando casi dal Friuli al Centro Italia e, in ultimo, il 28 settembre, il sottoscritto, denunciando la carenza dei segretari comunali in Sardegna; si presentavano delle interrogazioni per dire, per esempio, che in Sardegna su un territorio di una comunità montana di undici comuni, quella della Barbagia Mandrolisai, solo tre erano i segretari comunali; per questo saltavano i consigli comunali o gli amministratori dovevano spostarsi da comune a comune, o andare a cercare dove era in sede il segretario comunale per fare la giunta comunale, o addirittura il consiglio comunale. La curiosità, però, è che da inizio legislatura denunciamo questo: noi, sia nel Governo Conte uno che nel Governo Conte due, a queste interrogazioni non abbiamo mai avuto risposta.

Non abbiamo neanche avuto la risposta del Presidente Conte, che sono contento che vada all'assemblea dell'ANCI a fare la passerella davanti agli amministratori, presentando o promettendo una risoluzione, quando poi si è scoperto che sia nella prima edizione del Governo con la Lega, che in quella poi con il PD e Italia Viva ci sono stati due rinvii alla pubblicazione del diario delle prove e solamente agli inizi di ottobre c'è stata la pubblicazione: quindi un ritardo dovuto a chi, alla mala amministrazione? Accusiamo lo Stato? No, a chi ha gestito: il Conte uno e il Conte due. E oggi non si può incolpare la luna se qualcosa è andato storto; bisogna prendersi le responsabilità e, soprattutto, ben vengano le mozioni. Quando una forza di maggioranza chiede al proprio Governo, di cui fa parte, “fate qualcosa”, ci viene da interrogarci e chiederci: ma non potevate fare direttamente questa velocizzazione, questo cambio delle norme, chiedere al Governo di fare un decreto, di fare un qualcosa, di inserire nel mille proroghe delle norme, metterle nella legge di stabilità? Per esempio quello che proponiamo. Per esempio, togliere le spese nei piccoli comuni, nei comuni montani, del segretario comunale dalle spese del personale e metterle in capo al Ministero dell'Interno; tutti provvedimenti che il Governo, quando uno è forza di maggioranza, può fare. Non è che si fa la mozione per dire “Governo, farai o ci auspichiamo che tu faccia”: è un problema che c'è realmente dall'inizio della legislatura, ma anche nelle scorse legislature. È colpa della politica, di chi ha amministrato, ma adesso non possiamo sempre rimbalzare le responsabilità in eterno a qualcuno di indefinito. Quindi, ho già fatto pervenire al Presidente Fico una nota scritta di tutte le interrogazioni che secondo il Regolamento dovevano avere risposta entro un tot di tempo e che non hanno mai avuto risposta, tra cui questa sui segretari comunali; poi l'altro problema è che, sì, c'è il diario delle prove, però peccato che riguardi solamente 224 segretari comunali per oltre 1.400 comuni e ci siano 291 borsisti; è un numero che sarà assolutamente una goccia nel mare. E poi, come qualcuno ha detto giustamente, tutti si vorranno accaparrare le sedi più convenienti, cioè tutte le sedi ovviamente dove si guadagna di più, dove è più facile arrivare e nessuno vorrà andare in quelle sedi periferiche dove ovviamente trasferirsi è difficile, perché in un Paese di 600 anime in montagna, dove poi contemporaneamente lo Stato chiude le scuole o comunque chiude tutti quelli che sono i servizi pubblici perché c'è poca gente, viene un po' difficile che un segretario comunale scelga di andare in quella sede. Allora, certo che ci appelliamo: ci appelliamo e siamo contenti che si sia arrivati a una discussione in Parlamento, ma ci appelliamo al Governo non solo per velocizzare, ma per tenere conto delle proposte di Fratelli d'Italia per cercare di venire incontro agli amministratori locali. Soprattutto, questi duecento posti non bastano assolutamente; si possono prendere altri provvedimenti, nel mille proroghe, si possono fare altre proposte e prendere provvedimenti urgenti, perché altrimenti la politica è solamente propaganda e non risolviamo il problema degli amministratori locali. Inoltre, nelle regioni dove non ci sono i segretari comunali non c'è attività.

8Ricordiamoci che c'è una piaga, per esempio, in Sardegna, è un primato di cui non andiamo orgogliosi, dove siamo la regione con più attentati verso gli amministratori locali e quindi, come ha detto giustamente il collega di Italia Viva, c'è la difficoltà anche poi di trovare chi decide di candidarsi a fare l'amministratore. Come ha detto il collega Rizzetto che ha sollevato il problema, la Bassanini è una legge che ha creato più problemi che altro agli amministratori locali e alla politica. Allora cerchiamo di fare le riforme che si deve: noi siamo disponibili però bisogna concretizzare le idee e bisogna metterle nero su bianco (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, credo sia stata una iniziativa molto pertinente quella assunta dai gruppi di maggioranza di portare questa mozione all'attenzione dell'Aula e credo che sia anche un fatto politicamente di rilievo che alla mozione di maggioranza si siano aggiunte una serie di mozioni da parte anche delle altre forze politiche in considerazione del fatto che qui stiamo trattando di un tema che riguarda la salubrità - mi verrebbe da definirla in questi termini - e la terzietà delle istituzioni e quindi è giusto che ciascuno dal proprio punto di vista porti delle opinioni, dei contributi. Così come è altrettanto giusto - qui rispondo al collega - che sia la maggioranza a farsi carico di una problematica. Non abbiamo voluto adottare la politica dello struzzo ma abbiamo al contrario voluto assumere nelle forme più alte e più importanti che un Parlamento si può dare, cioè quelle di un dibattito parlamentare in Aula aperto al contributo di tutti, su una questione che non è una minimale ma che riguarda e afferisce a un tema assolutamente rilevante, cioè quello di come riorganizzare nel nostro Paese la macchina della pubblica amministrazione, in piena aderenza ai dettami e ai precetti costituzionali che, ricordo, sanciscono all'articolo 118, in base al principio della sussidiarietà, il comune come elemento fondamentale dal quale si dirama l'organizzazione democratica del nostro Paese. Poiché questa non è una sede come dire scontata, non è un talk show nel quale si possono fare anche comizi, molto spesso da parte di persone che non sanno assolutamente nulla della materia, ma è una sede appropriata, è necessario fare una riflessione un pochettino più approfondita sui motivi per i quali si generano le emergenze perché questa mozione, che sarà votata insieme ad altre domani, riguarda sostanzialmente un tema che parte da un dato emergenziale che è stato discusso, è stato sviscerato da parte dei colleghi e qui non debbo aggiungere ulteriori dati che rischierebbero di essere ridondanti. Le mozioni nascono da un problema di fondo, cari colleghi, anzi nascono da una malattia: la malattia è che il processo riformatore nel nostro Paese, essendo per definizione irrisolto da oramai trenta, se non quarant'anni, determina, secondo la nota legge del pendolo, una sorta di schizofrenia sulla base della quale alcune figure - capita ai consiglieri comunali, capita ai consiglieri provinciali, è capitato, colleghi, anche ai parlamentari, oggi capita ai segretari comunali - di volta in volta vengono inseriti all'interno di una discussione del tutto impropria, inopportuna e sbagliata che tende a liquidare il tema dell'organizzazione della democrazia esclusivamente all'insegna della demagogia e, quindi, sostanzialmente porta a far sì che queste figure vengano di volta in volta inserite tra le figure che possono essere sacrificate sull'altare di quel populismo demagogico che pensa di risolvere le problematiche semplicemente cancellando con un tratto di penna, di volta in volta alcuni strumenti di organizzazione o della pubblica amministrazione o addirittura delle forme della vita democratica del nostro Paese.

Questo è un problema che ha determinato il fatto che, per rimanere al tema, noi non siamo ancora riusciti a venire a capo di una questione della quale, insieme con il tema della riorganizzazione dello Stato, discutiamo da trent'anni, cioè il tema della riorganizzazione dei poteri locali nel nostro Paese. Infatti sì, signor sottosegretario, stiamo vivendo un dato emergenziale, ma attenzione a non fare l'errore di risolvere il dato emergenziale facendo finta che non esiste il dato strutturale sullo sfondo perché noi rischieremmo di aumentare problemi a problemi. Allora è possibile immaginare di comprimere i tempi ed avviare un percorso di riorganizzazione, almeno sotto il profilo delle forme apicali e dirigenziali della pubblica amministrazione comunale, immaginando già di avere in mente quale possa essere il modello a regime di riorganizzazione della macchina comunale del nostro Paese, perché altrimenti noi rischiamo anche qui di introdurre degli elementi di demagogia se non di falsità nel dibattito. Infatti, colleghi, noi in Italia abbiamo 7.914 comuni. Possiamo dire in tutta leggerezza che in Italia possono esistere 7.914 stazioni appaltanti? Possiamo dire in tutta semplicità che i 7.914 comuni sono tutti uguali? Possiamo ritenere che, facendo esclusivamente una operazione sulla carta, si possa risolvere il problema stabilendo il principio che ad ogni comune spetta un segretario comunale e poi Dio vede e Dio provvede per tutto il resto? Magari dimenticandosi di quello che abbiamo detto ieri perché, signora Presidente, è un po' curioso, si capisce ma è anche un po' curioso che oggi qui ci vengono a fare la predica quelli che qualche anno fa nei banchetti raccoglievano le firme per abolire i prefetti e per abolire i segretari comunali in quanto vissuti come l'emanazione del potere romano. Allora mettiamoci d'accordo: riusciamo a fare una zona franca dalla demagogia, dai comizi di quartiere o di strapaese e immaginare che attorno al tema della ridefinizione delle regole del gioco tra cui vi è il tema della dirigenza, non il tema solo dei segretari comunali, il tema della dirigenza e il modo con il quale non riorganizziamo la burocrazia e la presenza della pubblica amministrazione nel nostro Paese, riusciamo a fare delle discussioni di merito lasciando perdere quella malattia a cui facevo riferimento in precedenza della demagogia spicciola che produce questi esiti nefasti. Infatti coloro che oggi contestano gli effetti di alcune battaglie, ieri erano sugli scudi per chiedere questo tipo di abolizione. Allora proviamo a ripartire da qui: noi come Partito Democratico sottoporremo nei prossimi giorni alle forze politiche la nostra idea in attuazione di un passaggio importante che è stato inserito all'interno della legge di bilancio come collegato di riforma degli enti locali, sottoporremo le nostre idee, le nostre proposte; ci auguriamo che altrettante idee e altrettante proposte possano venire; chiediamo al Governo di iniziare un percorso di risoluzione di questa specifica problematica inserendola all'interno di questo canovaccio e quindi immaginare, per esempio, che sia possibile affrontare la formazione e la costruzione di un sistema nel quale si possa arrivare in maniera temporalmente data nel nostro Paese, soprattutto venendo incontro alle difficoltà dei comuni più piccoli, più fragili, più rarefatti di andare verso una dimensione di aggregazione per fare in modo che almeno sotto il profilo della dirigenza non vi sia la schizofrenia attuale.

E l'esperienza ci dice che se la prendiamo da questo verso forse risolviamo uno dei problemi che in questi anni hanno bloccato il tema della riorganizzazione della rete comunale del nostro Paese, perché noi sappiamo perfettamente che nell'Italia delle cento città e degli 8 mila paesi immaginare di mettere in discussione la dimensione territoriale del comune provoca, per vari motivi che tutti quanti conosciamo, una serie di riserve - e mi avvio alla conclusione, signora Presidente -, una serie di difficoltà e anche una serie di legittime preoccupazioni.

Immaginare quindi, nella salvaguardia della titolarità e della garanzia dell'autonomia comunale, che il percorso di soluzione non passi attraverso un'indifferenziata attribuzione di modalità di assegnazione ai singoli comuni, che restano poi soltanto sulla carta e che affidano alla casualità l'attribuzione della definizione del perimetro della dirigenza, pensando invece che si possa attribuire una sorta di segreteria generale per comuni aggregati sulla base di un minimo numero demografico o sulla base di una dimensione di carattere orografico, vista la complessità e la peculiarità del nostro Paese, è già un passo verso un'ipotesi di riorganizzazione degli enti che può tenere insieme la soluzione dell'emergenza e l'avvio di una bozza di riorganizzazione della rete comunale del nostro Paese, che è uno dei temi che siamo pronti ad affrontare in una piena e leale collaborazione con tutte le forze politiche e in una logica di confronto all'interno di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, sottosegretario Achille Variati.

ACHILLE VARIATI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, non volevo far mancare un pensiero a questa importante discussione che si è creata tra vari gruppi, dalla maggioranza a chi oggi maggioranza non è in questa parte di vita democratica del Paese, riservandomi ovviamente, signora Presidente, di esprimere puntualmente il pensiero del Governo per ogni singola mozione che è stata oggi presentata.

Non c'è ombra di dubbio che sui segretari comunali vi sia una vera e propria emergenza. Questo lo dicono i numeri: alla data odierna sono circa 2.300 le sedi vacanti sulle 4.794 sedi di segreteria disponibili - quindi, un 48 per cento di sedi vacanti - e questo diventa drammatico se guardiamo ai piccolissimi e piccoli comuni fino a 3 mila abitanti, dove le sedi vacanti sono 1.571 su 2.031 (quindi, arriviamo al 77 per cento di sedi vacanti). Quindi, non c'è ombra di dubbio su questa discussione che c'è stata, che peraltro dà merito anche alla professionalità dei segretari comunali di dirigenti che danno garanzia, che accompagnano gli atti, che sono figure essenziali per la vita di un comune e dei suoi organi - tra cui il sindaco e io, che sono stato sindaco per tanti e tanti anni, sapevo quanto era importante il pensiero e la legittimità dell'atto che mi veniva certificato dal segretario - e pensare che così tanti sindaci in Italia non abbiano questo accompagnamento evidentemente è un aspetto assai grave. Il Parlamento oggi ha dimostrato, attraverso queste mozioni, di voler passare subito dalle intenzioni, dalle discussioni, dalle risposte alle interrogazioni a degli atti normativi che mai come in questo caso possono giustificare anche un assetto attraverso decretazione.

Darò domani alcune risposte, ma è assai interessante quello che poc'anzi veniva detto e, cioè, che occorre un po' essere strabici su questa questione dei segretari comunali: da un occhio bisogna guardare alle cose immediate, ed è evidente che il corso-concorso, i meccanismi e le architetture che portano alla definizione dei segretari vanno immediatamente riviste perché non reggono; ma l'altro occhio deve guardare lontano e il Parlamento ricorderà bene quanto sia stato detto in sede di Nota di aggiornamento del DEF quando è stato consegnato al Governo un compito importante che è quello di una revisione organica del TUEL, vecchio di vent'anni ormai e, ahimè, con una stratificazione di normative che in questi vent'anni sono venute e che hanno creato dei veri e propri problemi alla conduzione della vita ordinamentale locale e all'assetto degli 8 mila comuni italiani, tra cui tanti piccoli e piccolissimi comuni che, peraltro, rappresentano identità di tante aree interne del Paese. Dunque, questa frammentazione deve portarci a ipotizzare un cammino non semplice e non banale, ma a mio avviso indispensabile. Ecco perché questi due occhi: l'occhio che guarda subito e, però, l'altro occhio che ti guida a guardare un po' più in là. Quindi, grande soddisfazione intanto per questo approfondimento che i vari gruppi attraverso le mozioni che sono state presentate oggi hanno avuto e mi riservo domani puntualmente di dare delle risposte rispetto alle proposte precise che sono contenute nelle mozioni.

PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario. Naturalmente domani ci sarà poi tempo e modo di esprimere i pareri. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, le questioni pregiudiziali Lollobrigida ed altri n. 1, Iezzi ed altri n. 2 e Sisto ed altri n. 3, riferite al decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica (Vedi l'allegato A).

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, tali questioni pregiudiziali saranno esaminate e poste in votazione nella seduta di domani, quale secondo argomento all'ordine del giorno dopo l'esame e la votazione della questione pregiudiziale riferita al decreto-legge recante misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (M5S). Grazie, Presidente. Gentili colleghi, questo è un momento assai imbarazzante per me, per i cittadini della provincia di Latina e per i suoi rappresentanti politici. Le indiscrezioni giornalistiche, che vedevano un coinvolgimento di una larga fetta di politici del centrodestra in operazioni di compravendita di voti e di altri servizi elettorali collaterali, trovano ora ulteriore conferma nelle dichiarazioni dei pentiti in corso nel processo “Alba Pontina”. Nessuno vuole sostituirsi ai magistrati perché non siamo neppure al primo grado di giudizio, però dobbiamo fare i conti con un tessuto sociale dove i pacchetti di voti danzano da un politico all'altro grazie alla collaborazione di un'organizzazione criminale di origine autoctona tutta pontina e dove questi rapporti avvengono in maniera del tutto spontanea e quasi normale. Ma nel Lazio meridionale sono stati accumulati ricchezze ingenti ed immobili di cui lo Stato si sta faticosamente riapprovando grazie a una notevole azione della prefettura in sinergia con la questura.

Presidente, questa vicenda non può lasciare quest'Aula indifferente, perché dove ci sono ponti verso il malaffare è evidente che ci siano anche i pontieri e sono pontieri che si vestono da Stato e si sostituiscono allo Stato nelle sue forme e nelle sue propaggini amministrative. In questo senso abbiamo tutti una responsabilità.

Personalmente, ho accompagnato alcuni commissari antimafia in provincia di Latina ed ho sollecitato il presidente della Commissione antimafia a fare chiarezza su una provincia dove vi è una concentrazione di ‘ndrangheta, mafia e camorra che comincia a diventare asfissiante e dove i giornalisti, come spiegato in una mia interrogazione parlamentare, subiscono querele preventive ed incontrano difficoltà di ogni genere a raccontare questi fatti.

Sono sicuro che il presidente Morra approfondirà e per questo lo ringrazio e mi auguro che l'impegno preso dal primo Governo Conte sulla creazione di sezioni distaccate della Direzione distrettuale antimafia in zone ad alta densità mafiosa, che si è concretizzato nell'accoglimento di un mio ordine del giorno presentato in occasione del “decreto sicurezza-bis”, trovi al più presto un seguito.

Come MoVimento 5 Stelle - e concludo - saremo sempre dalla parte dei cittadini onesti di questo Paese e contro il malaffare e non ci fermeremo.

Infine, per fare una citazione, ricordando il grande Paolo Borsellino: “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Berti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BERTI (M5S). Grazie, Presidente. Porto all'attenzione di quest'Aula lo stato di un cavalcavia a Pontedera, in provincia di Pisa, nei pressi della zona di Gello, che passa sopra la Strada di grande comunicazione Fi-Pi-Li. Come sapete, in seguito al crollo del ponte Morandi nell'agosto del 2018, c'è stata una forte presa di coscienza collettiva circa lo stato di manutenzione delle nostre strade e delle nostre infrastrutture. Non dobbiamo farci prendere dal panico, ma il rischio di abbandono di interi chilometri di strade è concreto, come ha mostrato il crollo del ponte sulla A6 Torino-Savona, il crollo di un pezzo di tunnel recentemente, sempre a Genova, ma, per restare in Toscana, possiamo parlare del 24 agosto 2018, quando un braccio di metallo lungo 5 metri che reggeva due cartelli è crollato e, per precauzione, si decise di togliere tutti i ventidue cartelli simili lungo la strada.

La situazione a Pontedera appare preoccupante, come emerge anche dalle foto e dai servizi del quotidiano locale il Tirreno, che se ne è occupato in ben due servizi del 6 agosto 2019 e 28 settembre. Lo stato di manutenzione del ponte è finito anche sulla TV nazionale e ormai è chiaro a tutti lo stato dell'infrastruttura che, in alcuni punti, è sprofondata addirittura di mezzo metro, con dei rattoppi costituiti da foglie contenute in sacchi della spazzatura o da tappetini delle macchine.

A quanto pare, il sindaco del comune di Pontedera si è attivato per avere informazioni. La ditta AVR ha confermato le criticità. La regione Toscana ha confermato che è proprietaria della strada, ma sta ancora valutando di chi è la competenza per la manutenzione, dato che, a quanto emerge dai quotidiani locali, anche la città metropolitana di Firenze è indecisa circa la competenza. In questo caso, i cittadini si aspettano risposte chiare e decise: basta lo scaricabarile, la sicurezza stradale riguarda tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. L'ennesima aggressione di destra a Roma, questa volta ai danni di due donne, due giornaliste: Wendy Elliott dell'agenzia di stampa LaPresse e Roberta Benvenuto di Alanews, colpevoli solo di fare il loro lavoro riprendendo la commemorazione della strage di Acca Larentia. Il solito attivista della destra estrema, le solite minacce, “te la spacco la telecamera”, un calcio, gli immancabili saluti romani.

L'anno scorso era toccato a due giornalisti de l'Espresso, Federico Marconi e il fotografo Paolo Marchetti, come se in questa città, nella nostra città, ci fosse una tassa da pagare, un pizzo, quello alla violenza fascista nei confronti della stampa.

Solidarietà alle giornaliste: ricordo, i videomaker sono sempre di più il primo presidio della libertà di informazione e, non solo in Italia, sono spesso più esposti e soli. La richiesta è che il Viminale e il Campidoglio - capirai - si attivino su questa vicenda quanto prima, che è già tardi, troppo tardi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alessandro. Ne ha facoltà.

CAMILLO D'ALESSANDRO (IV). La ringrazio, Presidente, di cuore. È necessario che quest'Aula sappia e che da quest'Aula arrivi un messaggio forte, in particolare, al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, perché quello che sta accadendo in una parte d'Italia, nell'Italia centrale adriatica, è quantomeno scandaloso e quanto di più impossibile solo da immaginare. In questo momento, nei giorni precedenti, durante le festività, non solo l'autostrada è bloccata - parlo della A14 -, ma hanno deviato il traffico pesante, in Abruzzo, sulla statale 16, che è diventata un incubo non solo per chi ci passa, non solo per chi ci lavora con il transito delle merci, ma, soprattutto, per i cittadini che vivono là. Addirittura, ieri, siamo arrivati a leggere sui cartelloni della A14, quattordici ore di fila per fare qualche chilometro.

Allora, io ho portato il caso, in Aula, al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ho scritto alla Ministro nella speranza di avere una risposta e capisco, comprendo gli impegni. Il problema è che non deve rispondere a me, il Ministro; deve rispondere a migliaia di cittadini che, da nord a sud Italia, attraversano la A14 e che non possono più rimanere in queste condizioni. Non è una responsabilità del Ministero, c'è un atto da parte del giudice di Avellino che ha sequestrato i guardrail e, quindi, questa cosa provoca un disastro in termini di circolazione e ambientali. Io mi auguro che, nelle prossime ore e nei prossimi giorni, il Ministero possa dare delle risposte definitive su una situazione intollerabile.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 9 gennaio 2020 - Ore 11:

1. Esame e votazione della questione pregiudiziale riferita al disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, recante misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento. (C. 2302)

2. Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica. (C. 2325)

3. Seguito della discussione delle mozioni Formentini ed altri n. 1-00248, Lollobrigida ed altri n. 1-00307, Cabras, Quartapelle Procopio, Migliore, Palazzotto ed altri n. 1-00308 e Orsini ed altri n. 1-00311 concernenti iniziative in sede internazionale volte al rispetto dell'autonomia riconosciuta ad Hong Kong, alla luce delle manifestazioni in corso negli ultimi mesi .

4. Seguito della discussione della mozione Lupi, Rossi, Zanella, Occhionero, Lattanzio ed altri n. 1-00190 concernente iniziative volte a promuovere le maratone e ad incentivare la partecipazione di atleti stranieri a tali eventi, con particolare riferimento ai profili afferenti alla tutela sanitaria .

5. Seguito della discussione delle mozioni D'Alessandro, Fornaro, Macina, Melilli ed altri n. 1-00302, Iezzi ed altri n. 1-00306, Ruffino ed altri n. 1-00309 e Lollobrigida ed altri n. 1-00310 concernenti iniziative urgenti volte a far fronte alla rilevante carenza di segretari comunali, anche tramite un'efficace semplificazione e accelerazione delle procedure selettive .

La seduta termina alle 17,40.