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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 255 di venerdì 8 novembre 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCIANO CILLIS, Segretario f.f., legge il processo verbale della seduta del 6 novembre 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Carfagna e Serracchiani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza volte a calmierare i prezzi dei biglietti aerei da e per la Sicilia - n. 2-00548)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Bartolozzi ed altri n. 2-00548 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Giusi Bartolozzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Presidente, membri del Governo, colleghi, non riproporrò il testo dell'interpellanza perché sono sicura che il Ministro, il sottosegretario e gli uffici ne avranno avuto piena contezza, quindi, vorrei aggiungere qualcosa che lì non troverete scritto. Il tema delle esose tariffe aeree, epifenomeno di un'intollerabile discriminazione per i cittadini isolani, e della continuità territoriale per la Sicilia torna a essere oggetto di dibattito a causa di gravissimi e non più tollerabili disservizi. Questi i costi di una sola tratta aerea che sono stati appena pubblicati proprio in un articolo di ieri apparso sui giornali, sulla stampa, e ve li dico perché il dato è drammatico: per spostarsi da Palermo a Roma, con un volo di sola andata, occorrono 276 euro, da Catania a Roma 251 euro, da Palermo a Milano 357 euro, da Catania a Milano 341 euro, da Palermo a Bologna 330 euro, da Catania a Bologna 414 euro, da Palermo a Firenze 353 euro, da Palermo a Torino 450 euro, da Catania a Torino 569 euro. Ciò vuol dire, per stare alla tratta, che molti di noi facciamo, andata e ritorno Palermo-Roma, costa oltre 500 euro. Oltre a questo dato sconfortante, c'è anche un'allarmante situazione dei trasporti ferroviari in Sicilia, una situazione disastrosa, e c'è, inoltre, Anas che riserva poca attenzione alle autostrade; lei pensi, sottosegretario, che per ripristinare 300 metri di ponte sulla Palermo-Catania ci sono voluti quattro anni, lo ripeto, quattro anni. E cosa succede nei Paesi, non dico europei, ma fuori dall'Italia? In Cina, un cantiere, che prevedeva la costruzione di 88 chilometri di ferrovia nella provincia del Fujian, viene aperto alle 23,30 e chiuso alle 4 del giorno dopo: 88 chilometri in 4 ore, noi, quattro anni per cento metri. Allora, quello che chiediamo non è un privilegio, è un atto di giustizia. Il Governo deve riconoscere l'uguaglianza sostanziale ai siciliani, di fronte alla devastante degradazione dei diritti sociali, ingenerata dai crescenti divari economico-sociali. Dobbiamo intervenire subito, senza più tentennare, senza misure minimali come quelle che fino adesso sono state apprestate. L'ENAC e l'Assoclearance facciano la loro parte sul piano regolatorio ed intervengano senza esitazione e il Governo appronti, nella prossima legge di bilancio, di cui il Senato a breve inizierà l'esame, le misure finanziarie per sostenere adeguati oneri di servizio pubblico per la Sicilia. In che modo? Basta guardare al recente passato. La legge di stabilità del 2016, la legge n. 208 del 2015, aveva già attribuito alla regione siciliana 20 milioni di euro per il 2016 per i collegamenti aerei da e per la Sicilia, a favore del diritto alla mobilità insulare, anche per i passeggeri non residenti. Questo è un grandissimo lavoro che aveva portato avanti il collega di Forza Italia, il collega Nino Minardo, e che aveva avuto nel Governo un'attenzione particolare, tanto che con quella legge di stabilità portammo a casa 20 milioni di euro per l'annualità. Ebbene, signor Ministro, occorre portare questo stanziamento, se davvero vogliamo risolvere il problema, almeno a 100 milioni. Io sono consapevole che non mi darete 100 milioni, ma perlomeno occorre garantire quello che è stato fatto negli anni passati, almeno i 20 milioni che sino al 2016 c'erano, ci sono stati anche negli anni precedenti. Questo consentirà di non considerare i siciliani figli di una patria minore, consentirà di rispondere alle attese di famiglie di emigrati che ambiscono a rivedere i propri cari per le prossime festività natalizie, consentirà di rispondere ai bisogni delle imprese turistiche e non, per lo sviluppo della loro attività, consentirà di rispondere alle ansie dei giovani che studiano e lavorano fuori dall'isola, purtroppo in numero sempre crescente, come ha dimostrato il recente rapporto Svimez del 2019. Questo consentirà di stabilire il principio che se il cittadino versa in una condizione di permanente oggettiva difficoltà a spostarsi da e verso la Sicilia dovrebbe essere lo Stato a garantirne il diritto alla mobilità, come per tutti gli altri cittadini italiani. E, allora, come affermava don Milani, e concludo, rinviando alle repliche, non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali tra disuguali.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato Sandra Zampa ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Signora Presidente, onorevoli interpellanti, rispondo all'interpellanza urgente, interpellanza che riguarda appunto la necessità di garantire i collegamenti aerei da e per la Sicilia a tariffe sottoposte al cosiddetto price cap, ovvero il tetto massimo, ricordando che nell'ambito del processo di liberalizzazione del trasporto aereo i vettori titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata da uno Stato membro dell'Unione europea hanno la possibilità di scegliere le rotte sulle quali operare e di fissare liberamente le tariffe per il trasporto passeggeri e merci, come stabilito dall'articolo 22 del Regolamento (CE) 1008/2008, del 24 settembre 2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, che reca norme comuni per le prestazioni di servizi aerei nella Comunità. Pertanto, l'opportunità di istituire o di eliminare collegamenti aerei all'interno del territorio europeo, nonché l'aspetto tariffario, sono determinati da logiche imprenditoriali e di mercato e si inquadrano in una dimensione concorrenziale che, come tale, non lascia margini di intervento sulle scelte operate dalle imprese. In tale quadro regolatorio, agli Stati membri non è, quindi, consentito di intervenire presso le compagnie aeree per indirizzarne le politiche tariffarie e di traffico. La possibilità di calmierare il costo dei biglietti aerei è consentita esclusivamente attraverso l'imposizione di oneri di servizio pubblico qualora ricorrano i presupposti di cui all'articolo 16 del Regolamento citato. Per le rotte destinate a garantire la continuità territoriale e soggette a oneri di servizio pubblico è possibile praticare tariffe distinte tra residenti e non, nonché gratuità e sconti per alcune categorie di passeggeri, quali, ad esempio, malati e loro accompagnatori, disabili, studenti, sportivi. In sede di Conferenza dei servizi sono individuate le rotte su cui imporre oneri di servizio pubblico per assicurare la giusta mobilità dei cittadini, per ridurre i disagi derivanti dalla condizione di insularità e per assicurare servizi aerei di linea continui, regolari e a ridotta tariffazione. Sono stati già adottati alcuni provvedimenti destinati ad assicurare la continuità territoriale aerea delle isole minori della Sicilia. Il decreto ministeriale n. 550 del 28 novembre 2017 prevede l'imposizione di oneri di servizio pubblico per i collegamenti tra le isole di Pantelleria e Lampedusa e la Sicilia; inoltre, d'intesa con la regione Sicilia, con decreto ministeriale n. 322 del 16 luglio 2019, è stata prevista l'imposizione, a far data dal 29 marzo 2020, di oneri di servizio pubblico su alcuni collegamenti aerei da e per gli scali di Trapani e Comiso e alcuni scali nazionali: Comiso-Roma Fiumicino, Comiso-Milano Linate, Trapani-Trieste, Trapani-Brindisi, Trapani-Parma, Trapani-Ancona, Trapani-Perugia, Trapani-Napoli e, ovviamente, in tutti questi casi, anche il ritorno.

Su tale nuovo progetto di ampliamento della continuità territoriale siciliana è in corso un dialogo con le competenti strutture della Commissione europea per giungere ad una definizione condivisa del medesimo progetto. Dunque, attualmente è previsto un “tetto massimo” per il prezzo dei biglietti aerei, con il regime onerato imposto sulle rotte Pantelleria-Trapani, Pantelleria-Palermo, Pantelleria-Catania, Lampedusa-Palermo, Lampedusa-Catania e, viceversa, per ciascuna delle medesime rotte. Con il progetto di cui al decreto ministeriale del 16 luglio ultimo scorso sarà introdotto, come ho accennato, un “tetto massimo” al prezzo dei biglietti aerei sui collegamenti da e per gli scali di Trapani e di Comiso. Si precisa, infine, che la regione Sicilia è l'unico soggetto deputato a formulare l'istanza per chiedere l'introduzione di un tetto massimo al prezzo dei biglietti aerei sui collegamenti da e per gli aeroporti di Catania e di Palermo. Le esigenze della continuità territoriale siciliana sono oggetto di attenzione costante da parte del MIT, in collaborazione con regione, enti locali ed ENAC.

PRESIDENTE. La deputata Bartolozzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente. Assolutamente, non potrei esserlo, perché il sottosegretario, che ringrazio per la cortesia, per l'approfondimento che hanno fatto gli uffici nel ricordarci la storia del recente passato in materia di regolazione del traffico aereo, non mi ha dato risposte. Inizio da un dato: voi state assolutamente violando un dettato normativo costituzionale, ossia l'articolo 16 della Costituzione, che tutela e garantisce la libera circolazione di ogni cittadino italiano all'interno del nostro Paese. Il nostro Paese va da sud a nord, isole comprese e dimenticate anche, in questa vostra analisi, che la Sicilia è la più grande regione insulare d'Europa. Dimenticate ancora che il sistema Sicilia, Sardegna e delle isole minori costituisce una porzione significativa del territorio nazionale e che, per queste due regioni, turismo ed export sono tra le primarie leve di sviluppo economico. Ma dimenticate ancora una cosa più importante, che l'Italia, dopo la Brexit, dopo l'uscita dell'Inghilterra, sarà il primo Stato europeo per cittadini insulari: ne avrà 7 milioni sui 17 milioni di europei insulari, cioè oltre il 12 per cento della popolazione nazionale. A fronte di questi dati, non mi basta che mi facciate la cronistoria, perché siamo assolutamente consapevoli che il progressivo processo di liberalizzazione del trasporto aereo, sia in Europa che negli USA, ha incrementato la concorrenza tra le compagnie aeree e, di conseguenza, la liberalizzazione dei relativi network; come sappiamo altresì, che, come correttivo, al fine proprio di evitare la distorsione competitiva del mercato con la concentrazione dei flussi sui soli aeroporti principali, la liberalizzazione è stata sempre accompagnata da deroghe destinate alla protezione delle piccole comunità o delle aree periferiche. Lei accennava, sottosegretario, agli OSP: noi siamo perfettamente consapevoli di quella che è la normativa europea, del regolamento n. 2408 del 1992, che ha previsto, come lei ben ha ricordato, gli oneri di servizio pubblico, però, sottosegretario, io le avevo chiesto un impegno e l'impegno era economico, di natura economica evidente, perché il dato certo è che lo Stato centrale, adesso il vostro Governo, sta investendo meno in Europa per oneri di servizio pubblico, per abitante insulare, e, quindi, non investendo, non consente l'inveramento di un diritto costituzionalmente riconosciuto. Io le ho detto, sottosegretario, che, sino alla legge di stabilità del 2016, lo Stato ha fatto la sua parte, ha investito; mi sarei aspettata che lei oggi mi dicesse che anche in questa apposteremo, quanto meno, la stessa cifra, perché, se non mettete i soldi, i fondi, in Europa non succede nulla. Allora, mi sarei aspettata che lei mi avesse detto: anche in questa legge di bilancio noi apposteremo, quanto meno, i 20 milioni di euro che erano stati previsti sino al 2016.

Io le avevo chiesto un incremento a 100 mila euro, ma mi sarei aspettata una risposta in termini “perlomeno, verrà confermata quella misura”. Invece, niente: come al solito, rimpallo di responsabilità, la regione siciliana che deve fare la domanda, che ha già fatto, per prevedere il tetto massimo, l'incremento per gli OSP semplicemente per gli aeroporti di Trapani e Comiso, e lei capirà che questo non risolve il problema. E il dialogo dov'è? Il dialogo non c'è. Il dialogo non c'è, voi continuate ad appostare somme su misure che non costituiranno mai leva per il nostro tessuto economico, per non tacere dei diritti dei cittadini a stare con i familiari. Preferiamo investire, continuare ad investire sul reddito di cittadinanza - misura che non è servita a nulla e che si è dimostrata una scatola vuota, che non ha dato niente in termini di incremento del lavoro o, comunque, di avvicinamento dei giovani alla realtà lavorativa - e non finanziate ciò che aveva dimostrato essere qualcosa che faceva del bene, come l'investimento di 20 milioni di euro per le rotte.

Per questi motivi, la sua risposta è stata, come sempre, purtroppo, da un anno e mezzo mi trovo costretta a constatare, una mera cronologia di eventi storici, ma senza nessuna prospettiva in termini di ciò che possiamo fare, in termini di impegno, anche solo dialogativo, sottosegretario. Io avrei apprezzato anche che lei, oggi, mi avesse detto: lavoriamo insieme nella prossima legge di bilancio, proviamo a vedere cosa si può fare. Non ho sentito nulla di tutto questo. Allora, il mio impegno, al fine di risolvere il problema, insieme al collega Minardo, sarà la predisposizione di un emendamento (durante l'esame al Senato, io confido che - sono sicura - i colleghi faranno loro questa battaglia), un emendamento che possa far ripristinare almeno quel capitolo di spesa che già c'era, i 20 milioni di euro che c'erano fino al 2016, sperando, poi, che, nel passaggio qui alla Camera, qualcosa in più ne possa uscire per i cittadini italiani, siciliani e sardi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative di competenza volte ad assicurare adeguata assistenza ai pazienti in relazione alla soppressione dell'Unità operativa Malattie Rare Displasie Scheletriche - Patologia Metabolismo Osseo in età pediatrica ed evolutiva presso il Policlinico Umberto I di Roma - n. 2-00547)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldino ed altri n. 2-00547 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Baldino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente Spadoni, rappresentanti del Governo, colleghi presenti, intendo illustrare la mia interpellanza perché ritengo sia una questione molto delicata e molto complessa, perché l'azienda ospedaliera universitaria Policlinico Umberto I ha adottato un atto aziendale, disponendo la soppressione dell'“Unità operativa semplice dipartimentale -Malattie rare displasie scheletriche - Patologia metabolismo osseo in età pediatrica ed evolutiva nel Dipartimento materno infantile e scienze urologiche”, e costituendo, in sua vece, una “Struttura tecnica coordinamento malattie rare”.

L'adozione di questo atto ha generato preoccupazioni, timori e sgomento in tante famiglie che ogni giorno, con enormi sforzi e con grande coraggio, devono affrontare le difficili condizioni cliniche, sanitarie dei propri figli, dei propri nipoti che, nel suddetto reparto, trovavano un essenziale punto di riferimento.

L'Unità operativa semplice dipartimentale presente nel Dipartimento materno infantile e scienze urologiche è un'unità assistenziale che ha risorse proprie in termini di personale sanitario e organizzazione. Sono strutturati, oltre al responsabile, altri due medici e viene assicurata assistenza, con posti letto di day hospital e posti letto di ricovero ordinario ed inoltre l'attività assistenziale si esplica anche attraverso l'assistenza ambulatoriale.

Nell'Unità operativa semplice dipartimentale è inserito il centro di riferimento malattie rare displasie scheletriche riconosciuto dalla regione Lazio, al quale afferiscono attualmente 1.200 pazienti affetti da malattie rare complesse, come quelle che interessano il metabolismo osseo. Una delle patologie più gravi tra quelle trattate è l'osteogenesi imperfetta, meglio nota come sindrome delle ossa di vetro, che rende chi ne è affetto fragile e soggetto a continue fratture. Parliamo di bambini che hanno a loro carico più di cento fratture a soli sei anni, di bambini di un anno che hanno, già a loro carico, più di trenta fratture spontanee e di numerosissimi altri casi simili che necessitano di assistenza. Si tratta di un polo che, da oltre quindici anni, è un punto di riferimento a livello europeo e che raccoglie il bacino di utenza di tutto il centro-sud.

Ora non voglio entrare in merito al fenomeno delle cosiddette migrazioni sanitarie, ma ritengo che la soppressione di questo reparto possa aggravare ancora di più la situazione di quanti, che purtroppo vivono nel Sud del Paese, sono costretti ad affrontare viaggi e spese per curare i propri pazienti, i propri cari.

Quindi, penso che la soppressione di questo reparto possa in qualche modo accentuare ancora di più il divario tra il Nord e il Sud del Paese in merito al diritto di accesso alle cure sanitarie.

In considerazione di ciò, la creazione della struttura tecnica di coordinamento in luogo dell'unità operativa sarebbe solo di coordinamento, appunto, con funzione meramente organizzativa e non assistenziale diretta, con il rischio di non essere più in grado di garantire, attraverso un'organizzazione propria, l'appropriatezza dei protocolli terapeutici ed un'assistenza costante ai piccoli pazienti che necessitano di una complessa attività assistenziale da parte di personale particolarmente specializzato.

La soppressione dell'unità operativa comporta gravi disagi e problematiche ai piccoli pazienti attualmente in cura e potrebbe costituire un potenziale rischio di violazione di quei princìpi fondamentali come universalità, uguaglianza ed equità a cui deve essere ispirato il nostro sistema sanitario nazionale, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, secondo il quale la salute è un diritto fondamentale e come tale va tutelato e garantito.

Per queste ragioni chiedo al Ministero interpellato se sia a conoscenza dei fatti riportati e quali iniziative di propria competenza intenda adottare, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, a tutela del diritto alla salute, al fine di porre rimedio alla situazione attuale.

Colgo, inoltre, l'occasione per chiedere il miglioramento e il costante coordinamento di tutti i servizi di assistenza sanitaria, sociale e di comunità per fare in modo che diventino efficaci ed accessibili, aiutando così non solo coloro che sono costretti a vivere con una malattia rara, ma anche le loro famiglie ad affrontare le sfide quotidiane che essa propone, purtroppo.

Un'azione efficace contro le malattie rare, soprattutto quelle che si manifestano in età pediatrica, presuppone una strategia generale, coerente, in grado di sfruttare le purtroppo scarse risorse grazie ad uno sforzo comune di tutte le istituzioni competenti coordinato e ben definito.

Le malattie rare costituiscono per le loro caratteristiche un'emergenza sanitaria e sociale, ed è dovere di questo Governo salvaguardare pienamente il diritto alla salute, all'autonomia, al lavoro e ad un'esistenza dignitosa, e garantire che tali diritti non restino solo sulla carta.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Salute, Sandra Zampa, ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Grazie, signora Presidente. Grazie all'onorevole interpellante, anche per la sensibilità e l'attenzione che questa interpellanza esprime nei confronti del mondo dell'infanzia.

Questa questione è all'attenzione del Ministero della Salute. Come è noto e come certamente lei sa, l'attuale assetto normativo attribuisce alle regioni la competenza esclusiva in materia di organizzazione dell'assistenza sanitaria. Attesa la delicatezza di questo problema che lei solleva con la sua interpellanza, si è provveduto a richiedere, però, alla regione Lazio e alla direzione sanitaria del Policlinico Umberto I notizie in merito alle iniziative assunte a seguito della chiusura dell'unità operativa displasie scheletriche e malattie del metabolismo osseo scheletriche.

Dalle informazioni che abbiamo acquisito è emerso che l'atto aziendale adottato dal Policlinico Umberto I sulla base del decreto legislativo n. 502 del 1992 e dei parametri organizzativi di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015 prevede 94 unità operative complesse, alle quali fa capo un limite massimo di 120 unità operative semplici o unità operative semplici dipartimentali. L'approvazione di questo atto aziendale corrisponde a uno degli adempimenti più volte richiesti dal tavolo tecnico per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario, e in effetti incide sull'assetto organizzativo della struttura sanitaria in questione, senza, tuttavia, limitare il funzionamento e l'erogazione dei servizi sanitari.

La direzione generale del Policlinico Umberto I assicura che l'attività svolta riguardo alle malattie rare scheletriche del metabolismo osseo non subirà alcuna interruzione o limitazione e continuerà ad essere offerta e effettuata negli ambiti del dipartimento materno infantile.

Presso la direzione sanitaria dello stesso Policlinico sarà istituita un'unità organizzativa dipartimentale per le malattie rare, che avrà la funzione di coordinare e monitorare tutti i dipartimenti aziendali che seguono i pazienti con malattie rare in cura presso l'azienda ospedaliera universitaria.

L'attività di coordinamento dei dipartimenti, unitamente alla stabilizzazione dei lavoratori precari e aziendali in corso, offrirà la dovuta continuità nel ciclo terapeutico e di cura dei pazienti trattati. Permangono le medesime condizioni assistenziali anche per i posti letto della clinica pediatrica.

In ogni caso, vista la complessità e la delicatezza della questione che è stata sollevata, per le oggettive ricadute in termini di tutela della salute pubblica, il Ministero della Salute, mediante la direzione generale competente, ha già inviato una richiesta di informazioni alla direzione sanitaria interessata e, in attesa di acquisire tutti gli elementi di chiarimento richiesti, continuerà a monitorare la situazione, al fine di verificare che non vengano meno le garanzie di cure per i pazienti.

PRESIDENTE. La deputata Baldino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, per la risposta. Sono sicuramente confortata dall'interesse che il Governo ha riposto in questa questione, come dicevo, molto delicata e complessa, e credo che tutti i pazienti, soprattutto i più piccoli pazienti, non debbano mai essere messi nella condizione di scegliere tra la disponibilità di risorse, l'organizzazione e il proprio diritto di accesso alle cure.

Attendo, come voi, il riscontro da parte della struttura e sono sicuramente confortata dell'interesse e del monitoraggio che il Governo vorrà porre su questa questione. Non sono rassicurata, in realtà, dalla direzione generale del Policlinico, perché, comunque, permangono i dubbi, fino a quando non riceveremo un riscontro sullo smantellamento dell'unità, che funzionava e funzionava anche molto bene.

Inoltre, sull'istituzione di una nuova unità con compiti solo di coordinamento, essendo di coordinamento, permangono ancora dei dubbi; però, ripeto, sono confortata dall'interesse del Governo e sono certa che sarà in grado di raccogliere questa sfida e porre in essere ogni azione necessaria.

(Iniziative volte a limitare l'emissione di esafluoruro di zolfo, nel quadro degli orientamenti del Governo in materia di energia e tutela dell'ambiente - n. 2-00546)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maraia ed altri n. 2-00546 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Cillis se intenda illustrare l'interpellanza, che ha sottoscritto in data odierna, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUCIANO CILLIS (M5S). Sì, Presidente, illustro. Le linee programmatiche di questo Governo in materia di energia ed ambiente vanno in direzione del Green New Deal, ovvero verso un radicale mutamento culturale che porti ad annoverare la protezione dell'ambiente e della diversità tra i principi fondamentali del nostro sistema, anche all'interno di un'ambiziosa prospettiva di costituzionalizzazione di tale tutela.

L'esafluoruro di zolfo, meglio conosciuto come SF6, il gas serra più potente oggi conosciuto, le cui emissioni sono aumentate rapidamente negli anni come conseguenza indiretta dello sviluppo dell'energia verde, è un gas economico e non infiammabile, appartenente al gruppo dei gas fluorurati, inodore e incolore, largamente utilizzato dagli anni Sessanta in poi per isolare grandi centrali elettriche e turbine eoliche allo scopo di prevenire cortocircuiti ed incidenti.

Questo gas persiste a lungo nell'atmosfera, poiché, trattandosi di un gas sintetico, non viene assorbito o distrutto in modo naturale, ed è stato stimato che l'SF6 può avere effetto sul riscaldamento globale per almeno mille anni. Il suo rilascio si verifica in conseguenza di perdite di centrali elettriche e impianti eolici, e secondo alcuni studi, nel 2017, le perdite hanno portato a emissioni di SF6 per un totale di circa 6,73 milioni di tonnellate di anidride carbonica, praticamente quanto prodotto da 1,3 milioni di auto.

Questo in base ad uno studio dell'Università di Cardiff. L'SF6 è 23.500 volte più caldo del diossido di carbonio, cioè dell'anidride carbonica; è stato calcolato che è sufficiente un chilogrammo di questo prodotto per portare ad un riscaldamento pari a 24 voli tra Londra e New York, e come ho già detto prima, il gas persisterà per almeno mille anni in atmosfera.

Al momento le concentrazioni sembrano essere comunque contenute, anche se probabilmente sono sottostimate e basate su quanto comunicato annualmente dai singoli Paesi alle Nazioni Unite. Inoltre, considerando il ritmo con cui sta crescendo il ricorso all'energia elettrica, le emissioni potrebbero aumentare di circa il 75 per cento entro il 2030. Nel 2014 la Commissione europea ha cercato di vietare alcune di queste sostanze dannose per l'ambiente, compresi i gas refrigeranti e di condizionamento dell'aria, ma c'è stata una forte opposizione da parte delle industrie europee; e, come dichiarato dall'eurodeputato olandese Bas Eickhout, allora responsabile del tentativo di regolare i gas fluorurati, l'Europa si è dovuto arrendere alle lobby dell'industria elettrica. L'eurodeputato, senza troppi giri di parole, ha dichiarato che “il sistema elettrico è stato molto deciso nel sostenere che, se desideriamo una transizione energetica e vogliamo utilizzare più elettricità, avremo bisogno di più dispositivi elettrici e di conseguenza di più SF6; in alternativa, la transizione energetica sarebbe troppo rallentata”. Nonostante esistano altri rimedi al problema dell'SF6 per l'applicazione negli impianti ad alta tensione e al momento non sia purtroppo possibile ricorrere ad un'alternativa, in quanto nessun altro composto ha dimostrato di essere efficace e sicuro per un lungo periodo, esistono però soluzioni per gli impianti di media tensione, anche se purtroppo pochi operatori sono disposti ad utilizzare alternative meno dannose. Risultano significative le parole dell'Ufficio dei mercati del gas e dell'elettricità britannico Ofgem, il quale sostiene che “stiamo utilizzando una gamma di strumenti per assicurarci che le aziende limitino il loro uso dell'SF6, un potenziale gas serra, laddove ciò è nell'interesse dei consumatori di energia. Ciò include finanziamenti e incentivi per la sperimentazione, l'innovazione e la ricerca di alternative, premi per chi rispetta i limiti di emissione e penalizzazioni per chi invece non li rispetta”. L'Unione europea rivedrà l'uso dell'SF6 il prossimo anno ed esaminerà eventuali alternative. Non si può non pensare a quanto il settore dell'energia rinnovabile eolica abbia avuto diffusione nel nostro Meridione, andando a costituire col passare del tempo un vero e proprio ramo delle economie locali, spesso accompagnate da distorsioni di varia natura.

Considerato infine che noi interroganti riteniamo che eventuali scelte di revisione e/o correzione delle politiche energetiche sull'eolico non siano affatto in contrasto con la strategia del cosiddetto green new deal, il quale del resto intende promuovere il contrasto ai cambiamenti climatici ed il miglioramento della qualità dell'aria, favorendo l'adozione di prassi socialmente responsabili da parte di imprese e cittadini nonché di stili di vita in generale più sostenibili per l'ecosistema, chiediamo al Governo quali siano gli orientamenti relativi a quanto esposto in precedenza, e quali soluzioni siano state eventualmente valutate al fine di limitare le emissioni di una sostanza che autorevoli studi per l'appunto classificano come nociva per la salute, considerati gli impegni internazionali assunti dal nostro Paese, in primo luogo quelli derivanti dall'adesione del nostro Paese al Protocollo di Kyoto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, grazie onorevole Maraia, al fine di ridurre le emissioni dei gas fluorurati, allo scopo di conseguire gli obiettivi dell'Unione europea in materia di cambiamenti climatici e adempiere agli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto, ricordo che il 16 aprile 2014 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il Regolamento (UE) n. 517/2014 specifico sui gas fluorurati ad effetto serra, che abroga il precedente Regolamento (CE) n. 842/2006. In particolare, la nuova versione del regolamento (UE) n. 517/2014 rafforza le misure esistenti e introduce una serie di modifiche e anche di obiettivi di vasta portata, consentendo entro il 2030, o, prevedendo entro il 2030 una riduzione delle emissioni di gas fluorurati dell'ordine del 79 per cento: quindi di oltre i due terzi, anzi di oltre i tre quarti rispetto ai livelli del 2014.

Si tratta di un contributo equo ed efficiente sotto il profilo dei costi, messo in atto nel settore dei gas fluorurati per conseguire l'obiettivo dell'Unione Europea di ridurre poi, in un successivo orizzonte, le emissioni totali di gas ad effetto serra dell'80-95 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Il risparmio previsto in termini di emissioni cumulative è di 1,5 gigatonnellate di CO2 equivalente entro il 2030 e di 5 gigatonnellate entro il 2050. La normativa incoraggia inoltre l'innovazione, la crescita e l'occupazione sostenibile attraverso il ricorso a tecnologie ecologiche, basate su alternative meno dannose per il clima.

Si precisa inoltre che i gruppi di gas fluorurati a effetto serra (F-gas) contemplati dal Protocollo di Kyoto sono gli idrofluorocarburi, noti con la formula di HFC, i perfluorocarburi (PFC) e l'esafluoruro di zolfo (SF6). Al fine di ridurre le emissioni di questi gas fluorurati ad effetto serra, che si verificano durante le operazioni di installazione e manutenzione, riparazione e smantellamento delle apparecchiature che contengono tali gas, il regolamento ha demandato agli Stati membri l'istituzione o l'adeguamento del sistema di certificazione per le persone fisiche e per le imprese che effettuano queste operazioni, nonché l'adeguamento del sistema sanzionatorio per renderlo efficace, proporzionato e dissuasivo.

Dagli ultimi dati disponibili, che sono appunto inerenti alle emissioni dei gas fluorurati ad effetto serra, è emerso un aumento delle emissioni, dal 1990 al 2017, complessive dei gas serra, quindi non solo fluorurati, da 0,4 a 15,3 megatonnellate di CO2 equivalente. Più in particolare si segnala che le emissioni di gas fluorurati rappresentano il 3,9 per cento del totale dei gas serra in termini di C02 equivalente e mostrano un notevole aumento dal 1990 al 2016. Questo aumento è il risultato delle differenti caratteristiche e dell'impiego dei gas. Gli HFC, ad esempio, hanno avuto un aumento considerevole dal 1990 al 2016, passando da 0,4 a 14,7 megatonnellate di CO2 equivalente; la principale fonte di emissione è il consumo di HFC-134a, HFC-125, HFC-32 e HFC-143a nella refrigerazione e nel condizionamento d'aria, congiuntamente all'uso di HFC-134a nei dispositivi medicali (cioè sostanzialmente l'aerosol). L'aumento durante questo periodo è dovuto sia all'utilizzo di queste sostanze come parziali sostituti delle sostanze ozono-lesive, sia al loro maggior uso nei sistemi di condizionamento d'aria delle automobili.

Le emissioni di perfluorocarburi S mostrano invece una diminuzione del 44 per cento, sempre nel periodo dal 1990 al 2016. Il livello di emissioni di perfluorocarburi nel 2016 è pari a 1,6 megatonnellate di CO2 equivalente ed è imputabile alle emissioni dei sottoprodotti nella produzione fluorochimica (il 91,7 per cento) e all'uso di tali gas nella produzione di semiconduttori (8,3 per cento). Le emissioni di trifluoruro di azoto contano per 0,03 megatonnellate di CO2 equivalente nel 2016 e derivano principalmente dall'industria dei semiconduttori. Per quanto attiene alle emissioni di esafluoruro di zolfo, esse risultano pari a 0,4 megatonnellate di CO2 equivalente nel 2016 (emissioni che risulterebbero confermate dall'ISPRA anche per il 2017), con una diminuzione del 7,9 per cento rispetto ai livelli del 1990, pur in presenza dell'exploit intervenuto in Italia in merito all'eolico.

Nel 2016 l'88 per cento delle emissioni di esafloruro di zolfo è dovuto al gas contenuto nelle apparecchiature elettriche, l'11,3 per cento dall'uso di tali sostanze negli acceleratori e il 12,1 per cento per la fabbricazione dei semiconduttori. Sempre con specifico riferimento all'esafloruro di zolfo, si evidenzia che lo stesso è utilizzato principalmente nei commutatori elettrici.

Il regolamento europeo definisce tali apparecchiature come: dispositivi di commutazione e le apparecchiature di controllo, misura, protezione e regolazione a essi associate, così come gli insiemi di tali dispositivi e apparecchi, con le relative connessioni, gli accessori, i contenitori e le strutture di sostegno, il cui utilizzo è associato alla generazione, trasmissione, distribuzione e conversione di energia elettrica. L'SF6 è utilizzato come mezzo di isolamento e interruzione ad alta tensione nell'erogazione dell'energia elettrica.

Al fine di limitare il livello di emissioni di FS6 da tali apparecchiature, il regolamento (EU) n. 517 del 2014 ha ampliato gli obblighi di certificazione e formazione per le persone fisiche che effettuano attività di installazione, assistenza, manutenzione, riparazione o smantellamento di tali apparecchiature oltre agli obblighi di recupero di SF6 dalle medesime in modo che i suddetti gas siano correttamente riciclati, rigenerati o distrutti.

Inoltre, nel regolamento europeo, concordando con la proposta di emendamento presentata dal Parlamento europeo e, in particolare, dalla Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, durante la revisione del regolamento stesso, è previsto che, entro il 1° luglio del 2020, la Commissione pubblichi una relazione di valutazione sull'esistenza di alternative economiche, tecnicamente praticabili, efficienti sotto il profilo energetico e affidabili, che rendano possibile la sostituzione dei gas fluorurati a effetto serra nei nuovi commutatori secondari a media tensione e presenti, se del caso, una proposta legislativa al Parlamento europeo e al Consiglio volta a modificare l'elenco ripartito all'allegato III.

A ciò si aggiunga che le energie rinnovabili (tra le quali si colloca l'eolico) sono al centro del percorso avviato dall'Europa per la decarbonizzazione dell'approvvigionamento energetico e la sostituzione delle fonti fossili.

Per l'Italia il contributo dell'energia di fonte eolica, pari a 17,2 TWh nel 2017 dovrebbe arrivare a 40,1 TWh nel 2030 secondo il Piano Nazionale Energia e Clima in fase di definizione. Le emissioni evitate di CO2 (rispetto alle produzioni da fonte fossile) passerebbero quindi da 8,6-10,1 milioni di tonnellate nel 2017 a 19,5-22,9 milioni di tonnellate nel 2030 (secondo la metodologia messa appunto dal GSE). Al contempo, le emissioni totali di esafloruro di zolfo (da tutte le fonti conosciute) arrivavano nel 2017, secondo l'inventario predisposto dall'ISPRA, a quasi 0,4 milioni di tonnellate equivalenti di CO2.

Tutti i Paesi europei e le imprese che ne fanno parte sono fortemente impegnati a ridurre tutte le proprie emissioni di gas serra per dirigersi verso il sistema ad emissioni nette pari a zero. Per quanto riguarda i gas fluorurati, l'UE ha fissato l'obiettivo di ridurre le emissioni di due terzi entro il 2030, rispetto al 2010 e, dagli ultimi rapporti dell'Agenzia europea dell'Ambiente, sono emersi buoni progressi nel raggiungimento di tale obiettivo.

Alla luce di quanto rappresentato e al fine di rispettare gli obiettivi gli impegni europei derivanti dall'adesione del nostro Paese al Protocollo di Kyoto nonché all'Accordo di Parigi e promuovere il contrasto ai cambiamenti climatici, è necessario dunque valutare, in primo luogo, le diverse alternative in grado di sostituire l'SF6 (tra cui nuove miscele di gas chimici come il trifluoroiodiometano, fluoronitrili, fluoroketoni e HFO (idrofluoro-olefine), che, pur avendo fornito risultati preliminari promettenti, dovranno comunque essere implementate e diffuse sul mercato, nel necessario quadro europeo, anche al fine di non produrre squilibri competitivi a fronte di una normativa comunitaria da attuare in modo uniforme.

Vorrei cogliere l'occasione dell'interpellanza urgente, per informare gli onorevoli interpellanti che proprio in questi giorni si è conclusa, proprio a Roma, la 31° Riunione delle Parti al Protocollo di Montreal, a conclusione della quale dai 197 Paesi aderenti al Protocollo di Montreal è stata adottata una dichiarazione. Il Protocollo è stato firmato trentuno anni fa ed è finalizzato all'abbattimento delle emissioni degli idrofluorocarburi e delle sostanze ozonolesive, cioè quelle che incidono specificatamente sul tema del buco dell'ozono e della riduzione dello strato di ozono dell'atmosfera.

Il Protocollo ha dato importantissimi risultati nel corso del tempo perché ha consentito attraverso un'azione di concertazione internazionale, di cooperazione e anche di innovazione tecnologica stimolata dai vari Stati di ridurre del 98 per cento i danni allo strato di ozono e di abbattere o mitigare circa 135 gigatonnellate di CO2 equivalenti. La 31° Riunione a Roma si è conclusa presso il palazzo della FAO con una dichiarazione di Roma che fissa nuovi obiettivi. Lo ricordo perché siamo alla vigilia della discussione in Parlamento anche di un provvedimento specifico sugli HFC, sui gas fluorurati, che sta arrivando all'esame delle Camere, ed è importante perché, in questi impegni del Protocollo di Montreal, tra le cose più importanti, vi è esattamente lo stimolo all'innovazione tecnologica per ridurre l'uso della refrigerazione degli alimenti e la produzione di sostanze ozonolesive.

Si tratta, in sostanza, di accrescere la capacità di alimentazione della popolazione mondiale attraverso l'abbattimento dello spreco alimentare e passando attraverso una modalità di refrigerazione e un'assunzione della catena del freddo sostenibile, che sostanzialmente significa sostituire sostanze ozonolesive con elementi naturali. Il primo di essi, per esempio, con una sperimentazione che è andata molto avanti nel corso degli ultimi sei anni in Italia, dal 2013 al 2019, e che ha avuto una notevole diffusione soprattutto nelle grandi strutture di vendita per la refrigerazione commerciale, è stato l'introduzione dei sistemi di refrigerazione a CO2 transcritica che adesso, senza entrare troppo nel tecnico, significa sostanzialmente agire con una pressione sotto i 31º sulla CO2 per liberare calore e aumentare le capacità refrigeranti di questo elemento naturale che ha dato in Italia buoni risultati nell'applicazione in molte strutture di grande distribuzione.

In particolare, dal punto di vista quantitativo, il calcolo che ha fatto ISPRA è che, da circa tredici strutture di grande distribuzione in Italia, si è passati a oltre cento: questa applicazione sta crescendo. Sapete che nella stessa manovra sono presenti non solo incentivi per Industria 4.0 per l'innovazione ai fini dello sviluppo sostenibile (e, quindi, si tocca anche questo tema), ma aggiungo che, al di là del tema della catena del freddo, nella manovra che andrà presto in discussione - che avete potuto già vedere e che le Camere si apprestano ad esaminare - ci sono incentivi, ad esempio, nel campo dell'edilizia.

Parliamo di un altro settore che è importante citare perché riguarda anche le innovazioni nel campo delle applicazioni delle energie rinnovabili sia per il riscaldamento ma anche per il raffrescamento (quindi, i sistemi di condizionamento) e, quindi, per l'abbattimento delle sostanze che vengono utilizzate per questo tipo di attività.

Quindi, oltre agli obiettivi legati agli indirizzi europei, va tenuto conto, nella discussione specifica di questo aspetto delle emissioni dei gas serra, l'importante percorso internazionale che il Protocollo di Montreal ha già avviato e che si è ulteriormente rafforzato con la Riunione di questi giorni a Roma dove l'Italia ha svolto un ruolo importante proponendo una specifica dichiarazione di Roma che accresce gli obiettivi, avvicina la tempistica e l'orizzonte temporale dell'abbattimento definitivo degli idrofluorocarburi e che vedrà l'Italia tra i protagonisti di questa nuova fase.

PRESIDENTE. Il deputato Maraia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GENEROSO MARAIA (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Morassut e il Ministro per l'Ambiente per la risposta a un quesito che in qualche modo fa luce su un problema subdolo e poco conosciuto relativo alle energie rinnovabili e soprattutto al campo dell'eolico, che utilizza maggiormente il gas di cui stiamo parlando oggi – l'SF6 - un gas climalterante che può creare forti danni. La risposta, in pratica, conferma le tesi esposte nel mio quesito, conferma che quello dei gas fluorurati e in particolare l'SF6, utilizzato prevalentemente per isolare le turbine delle pale eoliche, è un problema grave e serio per il nostro ambiente e indirettamente per la nostra salute.

Si tratta di un problema tanto grave e serio da condurre, come lei stesso ha ricordato, il Parlamento europeo e il Consiglio a modificare il precedente Regolamento sui gas serra, introducendo - lo cito - “modifiche di vasta portata (…) con l'obiettivo di ridurre le emissioni totali dei gas ad effetto serra dell'80-95 per cento”.

L'SF6 non è un gas naturale, ma è un gas di sintesi, che non si distrugge o degrada, permane mille anni - come ha ricordato il mio collega Cillis - nell'atmosfera. Un gas che, una volta sprigionato nell'aria e in atmosfera, non fa altro che accumularsi. Quindi, se continuiamo su questa strada, se continuiamo a permettere alle società che investono nell'eolico di utilizzare questo gas, non faremo altro che aumentare, anno dopo anno, l'impatto negativo sull'ambiente e sull'uomo. Quando questo gas si libera nell'ambiente - lo ha ricordato lei -, si libera durante le operazioni di assemblaggio, ad esempio, di queste turbine dell'eolico o la manutenzione delle stesse turbine dell'eolico o di impianti elettrici e, soprattutto appunto, nella realizzazione di questi impianti e parchi eolici.

Abbiamo deciso di interpellare il Governo su uno dei tanti effetti collaterali dell'eolico, non per dichiarare guerra all'eolico, ci mancherebbe altro, anzi, siamo i promotori di questo nuovo corso nell'ambiente, ma dobbiamo e cerchiamo di affrontare in modo serio - e sereno, aggiungerei - il problema dei cambiamenti climatici. Infatti, io sono personalmente favorevole all'eolico, così come lo è il MoVimento 5 Stelle, così come siamo favorevoli al fotovoltaico e alle altre energie rinnovabili, che consentono di non ricorrere al petrolio e al carbone, ma non sono così favorevole a un utilizzo selvaggio di queste tecnologie.

Io vivo in un'area che è a confine tra le province di Avellino e Benevento, dove l'eolico incontrollato è diventato un vero e proprio problema, una vera e propria emergenza, più che climatica è un'emergenza sociale. Condivido gli appelli di Greta e dei ragazzi che ogni venerdì scendono in piazza per ricordare alla politica che bisogna avere il coraggio di intervenire in modo radicale per favorire la transizione energetica e la riduzione di tutte le sostanze che alterano il clima. Lo condivido, questo appello, ma ci tengo a fare un distinguo rispetto a questo appello. Parlare di emergenza climatica non significa arrivare ad affrontare questa emergenza in una logica emergenziale, perché siamo reduci da anni di emergenze ambientali, soprattutto nel campo dei rifiuti; provengo appunto dalla regione Campania, dove, a furia di emergenze, a furia di commissari, non si è fatto altro che danneggiare ancora di più l'ambiente e la salute dell'uomo. Quindi, il mio appello è affrontare questo nuovo corso, questo green new deal, non in una logica emergenziale, ecco perché ho detto in modo sereno e pacato, proprio perché c'è bisogno di una seria riflessione, anche ponderata, non andare troppo di fretta. Andare di fretta significherebbe produrre, paradossalmente, altri danni, così come sta avvenendo oggi, in queste ore, nelle province da cui provengo, dove le pale eoliche spesso provocano anche dei dissesti idrogeologici, oltre che dei danni al patrimonio artistico e culturale.

Può sembrare un non problema, perché appunto il gas non è percepito, non può essere percepito dagli uomini, eppure gli effetti del gas SF6, utilizzato negli impianti eolici, sono visibili e subiti dai cittadini in modo molto evidente. Ce ne accorgiamo quando a novembre il termometro delle nostre città segna tra i 20 e i 30 gradi e, dopo poche ore, quella pioggerellina autunnale si trasforma in un vero e proprio monsone, con danni alle nostre città, alle nostre infrastrutture e, soprattutto, alla nostra economia agricola. Quindi, occorre una riflessione seria, scientifica e responsabile su come uscire da questa emergenza, senza fare altri danni.

Espongo alcuni esempi delle conseguenze nefaste della logica emergenziale nel campo soprattutto dell'eolico. L'impatto sul paesaggio non è da sottovalutare, perché anche su questo aspetto c'è una forte superficialità, anche da parte delle istituzioni deputate al rilascio delle valutazioni di impatto ambientale, non solo il Ministero dell'Ambiente, ma penso anche al Ministero dei Beni culturali. Per capire cos'è un impianto eolico, parlando con alcuni tecnici del Ministero, ci siamo confrontati e abbiamo capito che non c'è la percezione, da parte della politica, di che cos'è un impianto eolico. Per farlo capire ai cittadini, ma soprattutto a chi ha il compito di prendere decisioni e, quindi, agli uomini delle istituzioni, basta pensare alla cupola di San Pietro. Quanto è alta la cupola di San Pietro? Basta chiedere a un romano qual è l'edificio più alto a Roma, diranno la cupola di San Pietro. Ma la cupola di San Pietro quanto è alta? È alta 130 metri. Una pala eolica è alta fino a 180 metri. Installare una pala eolica di 180 metri su una cresta dell'Appennino è un obbrobrio vero e proprio, non è voler bene all'ambiente, significa voler male all'ambiente. Perché? Perché abbiamo già da anni numerose frane sui territori, una delle più importanti è proprio a confine con il mio comune, la frana di Montaguto, da milioni di metri cubi di terreno che scendono proprio a causa di queste pale eoliche che deviano la falda e, quindi, creano dei disastri.

Quindi, è vero che non siamo contrari all'eolico, ma quando dobbiamo progettare di realizzare degli impianti eolici, è arrivata l'ora che lo Stato faccia la propria parte e non demandi agli enti locali una materia così complessa, che molte volte viene trattata non in modo adeguato e, addirittura, a volte anche fuori legge, pensando, ad esempio, alla scorsa interpellanza che ho discusso in quest'Aula sul parco eolico di Conza, costruito intorno a un'oasi WWF, dove hanno tagliato mezza collina, un mezzo bosco, pur di realizzare il parco eolico. Non so se questa è una scelta coerente con il green new deal o con gli obiettivi che ci proponiamo; anzi, lo so, non è coerente affatto, la subiamo e basta. La risposta del Governo sottolinea la necessità di dotarsi di strumenti normativi idonei a regolamentare un settore: è questo il punto fondamentale, quello dell'energia rinnovabile, che, attualmente opera con poche e confuse regole e con rimpalli tra enti locali e istituzioni centrali, che ad oggi hanno prodotto conseguenze negative dal punto di vista idrogeologico, paesaggistico e climatico.

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

GENEROSO MARAIA (M5S). Manca una normativa organica e mi auguro che il Ministero dell'ambiente acceleri non solo sugli incentivi da elargire alle società dell'eolico, che sono prevalentemente multinazionali tedesche, ma soprattutto sull'adozione di un sistema di certificazione delle persone fisiche e per le imprese che effettuano tali operazioni, nonché l'adeguamento del sistema sanzionatorio per renderlo efficace, proporzionato e dissuasivo, cito la sua risposta. Questa è l'indicazione del regolamento (UE) n. 517/2004 e mi sarei aspettato qualche riflessione in più da parte del Ministero su questo aspetto. Condivido l'esigenza espressa dal sottosegretario di dotarsi di una normativa uniforme in tutta Europa, ma bisogna chiarire che la maggior parte degli impianti eolici sono collocati nel sud Italia e, quindi, deve essere il Governo italiano a farsi promotore di questo adeguamento normativo, anche per contrastare il fenomeno delinquenziale, il fenomeno mafioso, che è dietro l'affare dell'eolico…

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

GENEROSO MARAIA (M5S). Mi scusi, Presidente. E ce lo raccontano le cronache giudiziarie anche relative al sottosegretario Siri, della Lega (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza, anche normative, in ordine alla disciplina degli usi civici e dei demani collettivi, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2018 - n. 2-00545)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Battilocchio e Occhiuto n. 2-00545 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Alessandro Battilocchio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Grazie, Presidente, la illustro. Grazie al sottosegretario Morassut, che, tra l'altro, ha una pregressa importante esperienza amministrativa e comprende bene l'impatto di questa tematica. Perché? Perché parliamo, nella mia interpellanza, di usi civici e di demani collettivi, che sono una realtà molto diffusa nel nostro Paese, che affonda le sue radici nell'età feudale, un qualcosa di molto antico, ma, ahimè, di molto concreto che sta incidendo, purtroppo in maniera negativa, sull'economia locale di tante, tantissime comunità e sta creando problemi enormi a un numero enorme, appunto, di cittadini.

Tali istituti, ai quali è stata riconosciuta nel tempo la valenza di diritti dominicali non alienabili, non prescrittibili e non usucapibili, in molti casi hanno garantito il sostentamento di intere comunità dedite alle attività agro-silvo-pastorali, soprattutto in aree marginali, ma in altri casi le mutate condizioni socio-economiche hanno portato all'affievolirsi dell'interesse da parte delle comunità titolari dei diritti e alla perdita della memoria degli stessi.

Vorrei, però, focalizzare l'attenzione su due date: 1991 e 2018, che corrispondono ad altrettante importanti sentenze in materia della nostra Corte costituzionale su una tematica la cui cornice generale è stabilità all'interno di una legge, per la verità piuttosto risalente, che è la n. 1766 del 1927. Nel 1991 con la sentenza n. 511 la Corte costituzionale, in pratica, diceva che erano sopravvenute delle nuove esigenze economiche con un diverso sviluppo industriale che ha portato - leggo testualmente - “(…) un progressivo abbandono dell'esercizio degli usi civici” (…). “Tale fenomeno” - leggo sempre testualmente – “ha comportato che terreni gravati da usi civici, di cui si è perduto il ricordo, sono stati alienati dai comuni, trascurando le condizioni e le procedure previste dall'articolo 12 (della legge n. 1766 del 1927) per finalità” - dice sempre la Corte – “di pubblico interesse” - di pubblico interesse! – “connesse ai bisogni di urbanizzazione o ai bisogni dell'industrializzazione, apportatrice di nuovi posti di lavoro”.

La stessa Corte raccomandava che era necessario che occorresse “(….) pur nel quadro della legge nazionale, trovare spazi a leggi regionali di sanatoria”. Questo, in combinato con quanto stabilito dall'articolo 66 del DPR n. 616 del 1977, che aveva trasferito alle regioni le funzioni amministrative in materia di usi civici, che cosa ha comportato? Ha comportato il proliferare di tutta una serie di leggi regionali che hanno regolamentato le procedure di alienazione di beni civici che avessero perduto l'antica destinazione agro-silvo-pastorale. Dal 1991 arriviamo poi al 2018, quando la Corte Costituzionale è chiamata a esprimersi su due leggi regionali, la n. 1 del 1986 del Lazio e la n. 11 del 2017 della Sardegna, e cambia totalmente impostazione, perché in sostanza stabilisce la competenza esclusiva dello Stato. La Corte, con parole piuttosto pesanti, dice che l'articolo 66 del DPR n. 616 del 1977, che ha trasferito alle regioni soltanto le funzioni amministrative in materia di usi civici, “non ha mai consentito alla regione” - dice testualmente la Corte – “di invadere, con norma legislativa, la disciplina dei diritti, estinguendoli, modificandoli o alienandoli”. Quindi, la Corte stabilisce la cura esclusiva dello Stato in questa materia. Dunque, nel 1991 e nel 2018 abbiamo un approccio e un'impostazione totalmente differente.

Però, dopo le menzionate sentenze della Corte Costituzionale, ritornano estremamente attuali le problematiche relative alle aree urbanizzate che, pur avendo perduto in modo irreversibile la loro originaria funzione e destinazione agro-silvo-pastorale, sono state ricomprese tra i beni civici riconducibili a regime giuridico di inalienabilità, imprescrittibilità e inusucapibilità e soggetti, quindi, al vincolo paesaggistico.

Si tratta, signor Presidente e signor sottosegretario, di interi quartieri edificati - attenzione! - in conformità alle norme urbanistiche all'epoca vigenti, in cui i proprietari, spesso inconsapevoli, hanno perduto la piena titolarità del diritto dominicale dei propri immobili. Su detti immobili a oggi - e questo sta avvenendo, purtroppo, in molte zone; io vengo dall'area di Civitavecchia e il problema è enorme - pare impossibile operare trasferimenti di proprietà ed anche i trasferimenti attuati mediante la procedura di alienazione sono a rischio di declaratoria di nullità. Poi, noi parliamo - sentenza del 2018 - delle leggi regionali di Lazio e Sardegna, ma potenzialmente le leggi di tutte le regioni in materia sono in odore di incostituzionalità. Cito, inoltre, nella mia interpellanza anche una sentenza della Corte di cassazione, la n. 5644 del 2019, che su questo aspetto mette ancora di più il carico. Quindi, la Corte costituzionale getta la palla nel campo dello Stato e ritiene necessario un intervento statale in materia. Su questo aspetto ho presentato una proposta di legge che potrebbe essere risolutiva per tutte le situazioni in bonis, quindi per tutte le situazioni in cui non è presente un animus spoliandi da parte del proprietario, non è presente e non è ravvisabile, cioè per coloro che hanno edificato sulla base di concessioni edilizie e autorizzazioni edilizie regolarmente rilasciate. Io credo che la mia proposta di legge possa essere risolutiva di questo aspetto, però chiedo, siccome da parte del precedente Governo c'era stato un mezzo impegno informale ad affrontare la materia, al Governo se vuole in questo ambito avere un'azione proattiva.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, l'interpellanza dell'onorevole Battilocchio tocca un tema particolarmente importante, un vuoto normativo che riguarda molti territori anche se nel tempo l'incidenza del tema, in particolare degli usi civici, si è in parte ridotta. Ovviamente, la Corte costituzionale, la giustizia amministrativa o civile con i suoi organi intervengono, come in questo caso, per segnalare vuoti normativi o, comunque, una legislazione che, seppur partendo da premesse di buonsenso, incide non perfettamente in coerenza con l'apparato normativo generale e specifico.

In questo caso si evidenzia un conflitto o, comunque, una discrepanza tra un livello normativo nazionale, che è dettato dal codice civile e, quindi, è indubbiamente nazionale (ed è questo il punto più importante che mette in rilievo il pronunciamento della Corte), e un livello in questo caso di legislazione concorrente, perché le leggi citate naturalmente agiscono in virtù del potere di conformazione del territorio e di legislazione sul territorio che hanno le regioni, attraverso le leggi regionali sulla base del Titolo V della Costituzione, o i comuni, che hanno poi il potere di conformare il territorio e, quindi, nel caso specifico di dichiarare soggette a piani attuativi zone che sono urbanizzate e che magari, però, ricadono nell'uso civico. Qui c'è, evidentemente, un vuoto normativo.

In più, si aggiunga la questione di valutare se le affrancazioni completate - e questo è un punto che non risolve nemmeno la Corte, mi pare di capire - abbiano un loro corso, nel senso se una determinata proprietà ha affrancato i terreni, ha affrancato delle porzioni di queste proprietà, se questo rende possibile l'uscita dal raggio di azione normativa del codice civile. Questa è una valutazione aperta. Poi, c'è il tema della gestione delle varie tipologie di proprietà collettiva che riguardano gli usi civici, che sono quelli di più antica memoria, ma, per esempio, non le sfugge, perché questo è un tema che presto arriverà all'esame del Parlamento e agli organi del Parlamento, il tema di quelle proprietà collettive che si sono determinate in collegamento con iniziative di edilizia pubblica e che, ovviamente, sono un tema urgentissimo in tante città.

Comunque, per stare più nel merito, come da ultimo statuito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, con ordinanza n. 5644 del 2019, sono destinati a declaratoria di nullità tanto i provvedimenti di sclassificazione adottati sulla base delle disposizioni regionali dichiarate incostituzionali, quanto i conseguenti contratti di alienazione in favore dei privati. Qui c'è il corto circuito. Al riguardo, in particolare, l'onorevole interpellante evidenzia che il problema riguarderebbe intere aree del Paese gravate da usi civici che frattanto sarebbero state integralmente urbanizzate, con irreversibile mutamento dell'originaria funzione e destinazione agro-silvo-pastorale.

Occorre premettere che, con la legge n. 1766 del 16 giugno 1927, il legislatore di allora dettò disposizioni in materia di accertamento e liquidazione generale degli usi civici e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un comune, o di una frazione di comune, e per la sistemazione delle terre provenienti dalla liquidazione suddetta e delle altre possedute da comuni, università ed altre associazioni agrarie, comunque denominate, soggette all'esercizio di questi usi civici. La legge tuttora in vigore - quindi noi agiamo in un quadro normativo che ha novant'anni - mira a tutelare gli usi civici e, più in generale, come si evince dalla recente normativa di cui alla legge 20 novembre 2017, n. 168, sul riconoscimento dei domini collettivi, la funzione economico-sociale della proprietà collettiva e della connessa facoltà di godimento collettivo.

C'è, poi, ovviamente, in tutto questo, anche un'implicazione paesaggistica di cui si deve tener conto, perché spesso la vincolistica paesaggistica nazionale ha talora fotografato, più o meno impropriamente, questo si può discutere, i perimetri degli usi civici delle proprietà collettive, in alcuni casi, in altri no.

Al riguardo, la stessa legge 16 giugno 1927, n. 1766, all'articolo 11, nel disciplinare la destinazione delle terre sulle quali gravano usi civici, ha distinto le medesime in due categorie: a) quelle convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente, per le quali è prevista l'inalienabilità e l'impossibilità di mutamento di destinazione, salvo autorizzazione del Ministro dell'economia nazionale; b) quelle convenientemente utilizzabili per la coltura agraria, per le quali è prevista la possibilità della ripartizione e dell'assegnazione a coltivatori diretti a titolo di enfiteusi, con obbligo delle migliorie e possibilità di affrancazione dei fondi a seguito di accertamento delle stesse, prevedendosi che: “prima dell'affrancazione le unità suddette non potranno essere divise, alienate o cedute per qualsiasi titolo”; quindi, sempre nell'ambito di un'attività di coltura agraria.

Quindi, la sostanza della risposta è la seguente: il Governo prende atto di questa fattuale distorsione, che pur tuttavia non è generalizzata, lo ripeto, nell'esercizio delle attribuzioni in materia di usi civici, codice civile, conformazione del territorio - qui c'è il corto circuito - la cui desuetudine radicatasi nel tempo richiede una rivalutazione di tutta questa disciplina normativa, alla luce della giurisprudenza costituzionale. Questa rivalutazione, naturalmente, deve comportare una ricognizione, una valutazione specifica e dettagliata da fare insieme agli enti territoriali della effettiva desuetudine di questi usi civici. Cioè si deve accertare che effettivamente queste proprietà collettive non lo sono più, nei fatti.

Quindi, serve un grande lavoro di verifica territoriale, in considerazione, appunto, di una prospettiva di utilizzo diverso degli stessi - o già pervenuta di utilizzo diverso degli stessi -, nonché in riferimento alla vocazione economica dei territori interessati; ricognizione, appunto, che naturalmente dovrà essere operata anche in considerazione del potere di conformazione del territorio e di legislazione regionale che, a norma di Costituzione, è destinata agli enti territoriali. Quindi, è qui che, ripeto quello che ho detto dall'inizio, va risolta, evidentemente, con un atto normativo - e, quindi, ben venga anche la sua proposta di legge e di altre se eventualmente ce ne sono, il contributo del Governo non potrà che essere favorevole ad esaminarle e a dare esso stesso un indirizzo - per riempire un vuoto normativo che, evidentemente, riguarda migliaia di famiglie e che, oggi, determina un corto circuito tra livello nazionale civilistico della legislazione e livello regionale o territoriale di attribuzioni degli enti locali, nel quale rimangono evidentemente, in una situazione di sospensione, il destino e gli interessi di migliaia di famiglie.

PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Battilocchio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Mi dichiaro parzialmente soddisfatto, perché, in sostanza, il sottosegretario ha preso atto di questo vuoto normativo esistente; io credo che sia una tematica che dobbiamo provare ad affrontare insieme. Quindi, quello che chiedo al Governo è di avere, in questo contesto, vista l'importanza e l'urgenza della questione, un ruolo proattivo, chiaramente in stretta sinergia con il Parlamento, vista l'ampiezza della tematica, perché intere aree territoriali sono gravate da usi civici.

Ribadisco il fatto che metto a disposizione la mia proposta che, chiaramente, deve costituire una base di lavoro, non è un approccio di destra, di centro o di sinistra, è semplicemente un approccio di buonsenso; lavoriamoci insieme, perché sarebbe un segnale positivo di buona politica e, soprattutto, sarebbe la risposta a tantissimi cittadini che si sono mossi in buona fede nel rispetto della normativa allora vigente e nella correttezza.

Io credo, signor Presidente, signor sottosegretario, che questi cittadini meritino tutta la nostra attenzione e tutto il nostro impegno concreto.

(Chiarimenti e iniziative di competenza in relazione ad episodi di contestazione che hanno portato all'annullamento di una conferenza sulla situazione in Libia organizzata presso l'Università di Trento - n. 2-00537)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Frassinetti e Lollobrigida n. 2-00537 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Paola Frassinetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Presidente, Viceministro, questa interpellanza nasce proprio sulle basi di un fatto molto grave accaduto alla facoltà di sociologia dell'Università di Trento, riguardo al giornalista del quotidiano Il Giornale, Fausto Biloslavo, inviato di guerra da anni ed invitato da un gruppo di studenti dell'Università di Trento, proprio per spiegare la situazione libica - essendosi recato più volte, appunto, in Libia -, nel suo ruolo di reporter e di inviato speciale.

A questo giornalista è stato impedito di parlare da un gruppo di un collettivo interno all'università, ma la cosa ancor più grave è che un funzionario dell'ateneo, all'ultimo momento, quando il giornalista era già in viaggio per recarsi all'Università di Trento, ha telefonato, comunicando che la conferenza era stata annullata, perché giravano picchetti di balordi giunti anche da fuori. Quindi, all'ultimo minuto, il giornalista - che stava arrivando in treno - non ha potuto tenere la conferenza. La riflessione è che questa comunicazione, data da questo funzionario dell'Ateneo, è la dimostrazione di come, in quel caso, l'Università si sia piegata alla volontà di una minoranza violenta, cercando un cavillo formale per impedire l'accesso all'aula Kessler del Dipartimento di sociologia dove avrebbe dovuto tenersi la conferenza stessa. È stato esposto anche uno striscione, all'ingresso dell'ateneo, con la scritta: “fuori i fascisti dall'università”, firmato dal Collettivo universitario Refresh ed è stato distribuito un volantino dal contenuto molto, molto pesante contro lo stesso Fausto Biloslavo.

Appare discutibile la decisione del rettore dell'Università di annullare questa conferenza programmata e, come dicevo prima, lo ha fatto dando adito ai voleri di questa minoranza violenta. Paolo Collini, che è il rettore dell'università di Trento, successivamente si è dimostrato disponibile a riorganizzare in un altro momento, non appena possibile, un altro incontro; poi, nelle more della discussione di questa interpellanza, c'è stato, in effetti, un altro incontro che però non ha sortito effetti positivi rispetto a quello annullato, e poi vedremo perché.

Quindi, la domanda, molto semplice e molto stringente, è proprio: quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, in relazione a questo episodio increscioso, che va condannato, e quali disposizioni disciplinari intenda prendere l'Ateneo.

La seconda domanda che era ovviamente fondata sulla riorganizzazione della conferenza non è più in essere, perché, poi, la seconda conferenza, anche se disturbata dagli stessi violenti, si è comunque tenuta.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Anna Ascani, ha facoltà di rispondere.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, onorevole Frassinetti, al fine di rispondere alla sua interpellanza, sono stati acquisiti i necessari elementi dall'Università di Trento. L'Ateneo ha riferito che l'incontro promosso dall'associazione studentesca Unione degli universitari di Trento (UDU) con il giornalista Fausto Biloslavo, organizzato per il 15 ottobre scorso e sospeso per ragioni di sicurezza, è stato riprogrammato. Si è tenuto infatti, come lei ha già detto, mercoledì 30 ottobre, nella stessa sede in cui era stato inizialmente previsto.

L'Università ha precisato, altresì, che le associazioni studentesche dell'ateneo sono solite realizzare programmi culturali con il sostegno, anche finanziario, della stessa Università e dell'Opera universitaria di Trento. Un'apposita commissione composta da docenti e studenti valuta i programmi proposti dalle associazioni ed eroga i contributi finanziari richiesti. Il regolamento di Ateneo prevede la possibilità di ospitare gli eventi negli spazi dell'Università, seguendo però una procedura finalizzata a garantire non soltanto la disponibilità dell'aula nell'orario stabilito, ma anche i necessari presidi di sicurezza previsti dalla normativa e dalle direttive delle autorità di controllo locali. Il regolamento per la concessione degli spazi prevede, infatti, che siano rispettati gli obblighi in materia antinfortunistica, prevenzione degli incendi, primo soccorso, sicurezza degli ambienti e dei lavoratori. La verifica di queste condizioni è premessa necessaria e imprescindibile per la concessione degli stessi, vista anche la responsabilità penale del titolare legale degli spazi.

Nel caso specifico della conferenza del 15 ottobre con il relatore Fausto Biloslavo, precisa l'Ateneo, l'associazione studentesca, in qualità di organizzatore, non ha completato le necessarie procedure di richiesta dell'autorizzazione all'uso dell'aula. Mancando la valutazione delle condizioni legate alla sicurezza, non è stato possibile accogliere la richiesta e considerare l'uso dell'aula autorizzato per quella data, e questo malgrado le segnalazioni agli organizzatori da parte degli uffici tecnici, volte a perfezionare la procedura di concessione degli spazi.

L'Università, nella nota trasmessa al nostro Ministero, precisa che l'Ateneo non ha deciso di annullare la conferenza - non avrebbe potuto farlo, in quanto non era il soggetto organizzatore -, ma, più semplicemente, ha comunicato all'associazione studentesca la mancata autorizzazione. Pertanto, l'incontro non si è potuto tenere nel luogo richiesto, poiché gli organizzatori non hanno perfezionato la domanda di permesso all'uso dell'aula. Non si è trattato, pertanto, di una decisione discrezionale operata da un organo decisionale dell'Ateneo, ma di una necessaria ed imprescindibile applicazione del regolamento.

Per completezza di informazione, tuttavia, il rettore riferisce inoltre che, leggo il virgolettato: «L'Università di Trento condanna in modo fermo le manifestazioni di dissenso che si sono verificate in occasione della conferenza ad opera di alcuni giovani, riconducibili al “Collettivo universitario Refresh”. Le minacce, i toni offensivi e le minacciate azioni violente che minano la libertà di parola non sono mai state tollerate in Ateneo. Nessun cedimento “alla sopraffazione di una minoranza facinorosa”, né l'avallo “dell'idea che sia lecito negare la libertà di parola”, quanto piuttosto il semplice, ineluttabile rispetto delle regole». Naturalmente, alla condanna del rettore, si aggiunge anche la condanna del nostro Ministero.

Dal canto suo, il rettore ha riferito che in quella circostanza si trovava all'estero e che, avuto notizia dell'accaduto, ha contattato il giornalista Fausto Biloslavo per informarlo della sua intenzione di garantire, comunque, la realizzazione dell'evento. Lo stesso rettore ha precisato altresì che la mancata concessione dell'aula si è resa necessaria, in quanto nessun altro, all'interno dell'Ateneo, avrebbe potuto assumere decisioni in sua vece, che avrebbero implicato possibili responsabilità civili e penali. Dalla relazione fornita dall'Ateneo si evince che la condotta dell'ateneo è stata conforme alle regole e ai principi di buona amministrazione e che è stata, comunque, garantita la libertà di espressione.

PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Io non sono, purtroppo, assolutamente soddisfatta di questa risposta, che mi lascia anche un po' sconcertata sotto certi punti di vista. Primo, perché ci sono delle obiezioni, delle scusanti, di tipo molto burocratico, su chi dovesse richiedere l'aula, ma non è questo il problema. Non è questo il problema e c'è la controprova, perché, nella conferenza, invece, autorizzata con tutti i crismi burocratici necessari e tanto cari ai vertici dell'Ateneo, ci sono state delle manifestazioni violente incredibili - e vi invito andare a vedere il video -, con gente che prendeva a pugni le porte. Quindi, la conferenza, alla fine, si è tenuta, ma in un frastuono incredibile, con striscioni, volantini con il disegno del giornalista a testa in giù, urla; è dovuta intervenire la polizia all'interno dell'Università.

Quindi, io penso che i problemi siano altri. Mi fa piacere che ci sia una condanna sia da parte dell'Università sia da parte del Ministero. La facoltà di sociologia di Trento, nella storia, ci ha portato degli esempi che, poi, si sono trasformati in violenza, in lotta armata: Renato Curcio studiava e, il 1° febbraio 1968, lì è nato il primo collettivo e, poi, sono state fondate anche da Curcio le Brigate Rosse. Senza addentrarci in tutto questo, sappiamo che tollerare determinati episodi di violenza, poi, porta a delle derive incontrollabili.

Quindi, c'è una grossissima responsabilità da parte dell'Università, che accoglie, invita un giornalista in una sua sala e, alla fine, non garantisce lo svolgimento di un normale convegno. Oltretutto, Fausto Biloslavo era stato invitato da un gruppo di studenti di centrosinistra e parlava di un argomento non divisivo, parlava della situazione in Libia vista dai suoi occhi di reporter.

Quindi, è molto grave tutto quello che è accaduto. L'Università, comunque, si è piegata al volere di una minoranza di facinorosi che, poi, però, alla fine, anche girando, come è stato detto, in maniera minacciosa per l'Università, hanno condizionato anche tutte le altre attività degli studenti. Non penso che sia normale che sia tollerata la distribuzione di volantini in cui viene offeso un professionista; e, quindi, questo è quello che mi interessa.

Mi interessa sapere se e quali misure prenderà l'Ateneo, perché non bastano le condanne. Rimarranno impuniti, questi studenti? Io voglio sapere quali saranno i provvedimenti disciplinari. Lasciamo perdere l'aspetto giudiziario - qui ci sono anche i presupposti per dei reati penali -, ma mi limito a quello che un'università dovrebbe fare: emanare dei provvedimenti disciplinari per chi, ripeto, interrompe, nega la parola. Siamo nel 2019, domani si celebra la caduta del muro di Berlino, il trentennale, e abbiamo ancora delle università in cui avviene questo. E non è solo Trento il problema, perché abbiamo avuto delle violenze a Padova, a Bologna e anche alla Sapienza di Roma, quindi non è un problema, purtroppo, circoscritto solo a Trento.

Però, se non si interviene in maniera tempestiva e determinata, poi ci sarà una responsabilità di chi omette di ripristinare l'ordine all'interno dell'ateneo. L'ateneo è un luogo dove si pensa, dove bisognerebbe avere rispetto delle idee di tutti e della conoscenza. Ripeto, si trattava di una conferenza informativa su quello che accade in Libia: disturbarla con pugni, calci alle porte, minacce, striscioni, catene ai cancelli, non mi sembra il modo giusto. Quindi concludo questo mio intervento con la speranza che ci siano delle prese di posizione molto ferme, perché lì è sembrato di tornare con la macchina del tempo agli anni di piombo, agli anni che non vorremmo più rivivere, ma questo spaccato di violenza che è accaduto a fine ottobre nell'Università di Trento lascia sicuramente intravedere dei brutti presagi. Finisco con la domanda, che è sempre la stessa: rimarranno impuniti? Questo mi piacerebbe che l'Università e il Governo ci dicessero a breve, con chiarezza e determinazione.

(Iniziative volte e promuovere e sostenere un'educazione civica digitale, con particolare riferimento all'educazione dei giovani all'utilizzo dei social media - n. 2-00544)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lattanzio ed altri n. 2-00544 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Lattanzio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLO LATTANZIO (M5S). Grazie, Presidente. Ben trovata, sottosegretaria. Per me è importante avere questa opportunità e di dialogare proprio con lei in qualità di Viceministra del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Noi siamo in una situazione di emergenza: il nostro Paese ha al momento tante emergenze e il vostro Ministero sta sottolineando costantemente e quotidianamente anche quella parte di emergenza nazionale che riguarda l'informazione, la scuola, la ricerca e tutto quello che riguarda il comparto educativo.

Mi colpisce particolarmente intervenire oggi con questa interpellanza, che tratta dei temi che vanno nella direzione dell'informazione, ma anche dei linguaggi d'odio e del linguaggio in generale, proprio nel giorno successivo a quello in cui la senatrice Segre ha dovuto beneficiare della scorta a seguito di una serie di azioni molto violente avvenute prevalentemente, ma non solo, sul web. Questa contingenza non è un caso isolato; non è un caso isolato tanto che in Commissione cultura, proprio con lei, nei mesi passati, abbiamo deciso di incardinare una proposta di legge che riguarda la richiesta di istituzione di una Commissione d'inchiesta sulle fake news, sul fenomeno delle fake news, e, soprattutto, sull'impatto che queste hanno sulla cittadinanza e, aggiungo io, sui più giovani. Ringrazio ancora per la proposta che era arrivata dal primo firmatario, l'onorevole Fiano, e per quella che poi si è aggiunta da parte della collega Boschi di Italia Viva, perché - richiedendo l'istituzione di una Commissione d'inchiesta in Commissione cultura, devo dire con grande maturità, accettando di percorrere questa strada - si è segnalata, come ci ha detto pochi giorni fa anche il commissario dell'Agcom Morcellini, una emergenza nazionale. Infatti istituire, come noi faremo, una Commissione d'inchiesta significa segnalare un problema di emergenza nazionale, che è quello non solo delle fake news, ma di un uso distorto dell'informazione, della creazione di bolle di disinformazione e quindi di una enorme difficoltà che in particolare i più giovani, quindi studenti e studentesse, vivono nelle scuole, all'interno delle quali rischiano di essere (e sono) quasi completamente impotenti di fronte, da un lato, alla quantità di informazione, non sempre verificata e certificata, che gli arriva addosso, e, dall'altro, non hanno molte volte degli strumenti didattici, pedagogici, educativi e culturali per fare una decodifica consapevole e una lettura critica dei messaggi mediatici che arrivano.

Il problema che si vive nella scuola, ma è un problema che purtroppo riguarda anche gli adulti, perciò lo definisco di emergenza nazionale, riguarda sia il tema della disinformazione sia il tema della dipendenza. Disinformazione perché non soltanto sul web - lo vediamo quotidianamente - ormai sono sdoganati, in molti programmi televisivi del pubblico e del privato, camorristi travestiti da neomelodici, sono sdoganati neofascisti che fanno aperta apologia, viene dato uno spazio sempre maggiore ad un certo tipo di messaggio pericoloso per chi guarda la televisione, per chi legge i giornali, ma, soprattutto, per i minori. E quindi è un problema di qualità dell'informazione, senza distinzione fra analogico e digitale, a tutto tondo; ma è un problema anche di quantità dell'informazione, perché ormai la dipendenza dai dispositivi tecnologici e digitali permette che quella stessa informazione, molte volte alterata, distorta, artefatta per vari scopi, rischi di arrivare H24, in continuazione, con un bombardamento costante, a tutti noi. E, laddove ci sono delle fasce di popolazione, penso ai più giovani, che non hanno ancora sviluppato gli strumenti per decodificare adeguatamente, c'è una sovraesposizione davanti alla quale si rischia di essere ancora più impotenti. Ed è il motivo per cui, nella ricerca sui media, si parla di “obesità informativa”, cioè di un bombardamento d'informazione che ci rende sempre più saturi; ma il problema, come diceva anche Umberto Eco, non è tanto che tutti possono scrivere. È che si rischia che poi non si abbiano gli adeguati strumenti per rileggere e decodificare adeguatamente i messaggi. Quello che ci serve è, credo, un lavoro - e qui chiamo in causa assolutamente la scuola, perché è il luogo principe deputato a curare questa fase - di discernimento e di uso critico dell'informazione e dei mezzi di comunicazione di massa. La scuola per noi è una comunità, una comunità educante, una comunità di apprendimento, ma è e deve essere sempre di più una comunità resistente, una comunità che organizza in maniera strutturata - il MIUR qualcosa negli anni passati, anche se difficilmente gli è stato riconosciuto, anche da molte parti politiche, ha fatto -, deve diventare sempre di più una comunità in grado di resistere e di sviluppare strategie alternative per affrontare il bombardamento di fake news, di cattiva informazione. E lo può fare sviluppando sia una maggiore affluenza di informazione sana - un'idea contenuta in legge di bilancio è di portare i giornali nelle scuole, assolutamente condivisa dalla Commissione cultura e, soprattutto, dalla maggioranza in Commissione cultura - ma ancora di più deve intervenire per fare in modo, e su questo stiamo lavorando, di comune accordo con i colleghi di Commissione e con il sottosegretario Martella, perché ci sia la possibilità che ogni euro speso in giornali che arrivano a scuola preveda anche un euro in percorsi formativi per insegnare a leggere in maniera critica quei giornali e, ancora di più, per insegnare come produrre informazione; questo perché il gioco dell'informazione oggi e della buona informazione, quindi dell'uso critico dei media, non è soltanto saper leggere in maniera critica, ma è anche imparare che si può produrre informazione di qualità dal basso; informazione di qualità, informazione di prossimità, tutto quel tipo di comunicazione sulla quale abbiamo necessità di fare formazione e di incentivare quella formazione che viene fatta sull'uso dei media. Molte volte è stato trascurato che proprio in una delle leggi più vituperate, che anche noi come MoVimento 5 Stelle abbiamo criticato aspramente, quella della “buona scuola”, c'è un passaggio fondamentale, che per la prima volta inserisce la possibilità di educare all'uso critico dei media.

Credo che su quel lavoro e su quanto fatto dalla Presidenza della Camera nella passata legislatura, nella XVII legislatura, sull'approfondimento - guidato da Rodotà, se non ricordo male - sui temi di Internet e sull'approfondimento ad un uso sano e positivo del web sia necessario porre proprio lì le basi, mettere mano a questo lavoro in maniera congiunta - e adesso spiego perché in maniera congiunta - ed arrivare a sviluppare un grande piano che rappresenti non soltanto la trattazione emergenziale con una Commissione d'inchiesta, ma un qualcosa che ci permetta, in positivo, di lavorare per creare una infrastruttura cognitiva di supporto agli studenti.

Parlo di una necessità trasversale di lavoro su questi temi, perché credo che le buone politiche vengano e debbano partire dall'autocritica.

E allora una politica - se ne parlava anche prima di me - che parla di problemi di aggressività, che denuncia atteggiamenti aggressivi verso il mondo dei giornalisti o verso altri soggetti, dovrebbe innanzitutto fare un po' di autocritica, dovrebbe guardare a se stessa, dovrebbe guardare agli investimenti faraonici per bombardare l'utenza, e ancora di più i minori e i minorenni, con un'informazione molto spesso artefatta, con un'informazione di parte, faziosa, aggressiva e violenta, dovrebbe guardare ai linguaggi che la stessa politica, ed in particolare alcune forze politiche, utilizzano e in questi palazzi e nelle Commissioni e nelle loro comunicazioni.

Ovviamente, come esponenti del MoVimento 5 Stelle non siamo esenti da un atto di responsabilità. Ciò che mi conforta è che, anche a livello politico, non solo io, ma tanti colleghi in maniera trasversale stanno combattendo delle battaglie silenziose affinché i vari partiti e movimenti abbiano una comunicazione migliore; questo, per me, è un dato incoraggiante, per quell'approccio autocritico del quale parlavo.

La scuola per noi è un banco di prova, perché rappresenta una possibilità di intervento per rafforzare quel welfare educativo che è indispensabile per contrastare l'odio (perché dobbiamo fare le barricate contro questa gente da una parte), e per insegnare ai giovani non solo a capire i media, ma a comunicare in maniera costruttiva. E su questo voglio essere molto chiaro: questo intervento è un intervento che può fare solo questo Governo. Solo questo Governo, perché dopo il rischio è di mettersi in mano a chi vediamo quotidianamente come utilizza l'informazione, pubblica, privata, social, cartacea. È una opportunità unica, ed è - non lo dico per piaggeria – una opportunità unica anche la congiuntura personale che noi abbiamo al MIUR, perché non capita tutti i giorni, non è capitato nella precedente esperienza di Governo di avere un Ministro come Lorenzo Fioramonti, una Vice Ministra come l'onorevole Ascani e una sottosegretaria come la collega Azzolina, con delle sensibilità e una visione strategica che è assolutamente indispensabile avere a tutto tondo sul tema della informazione e dell'educazione, perché sono due temi che non possono e non devono essere scissi o seguire vie diverse.

È per questo, per questo senso di responsabilità e di autocritica, di grande attualità del tema e di congiuntura favorevole al Ministero, che le chiedo se e come il MIUR abbia intenzione di continuare a sviluppare l'approccio, pur presente negli anni, di contrasto alle fake news, ma, in generale, al problema della cattiva informazione di cui sono vittima i ragazzi; ed eventualmente quali strategie ulteriori intendiate mettere in piedi.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Anna Ascani, ha facoltà di rispondere.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. La ringrazio, onorevole Lattanzio: come lei ha ricordato, ci siamo occupati di questi temi fino a qualche tempo fa in Commissione cultura, e quindi naturalmente condivido le sue preoccupazioni e quello che lei ha giustamente raccontato come un'emergenza nazionale.

Prima di tutto, voglio rassicurarla che formazione e informazione e sostegno ad un uso consapevole della tecnologia sono strumenti che il Ministero promuove da tempo: il MIUR, infatti, da anni favorisce progetti per l'educazione alla cittadinanza digitale, sia nel rapporto tra pari, attraverso il progetto “Safer Internet Centre - Generazioni connesse”, per la prevenzione dei fenomeni di bullismo e cyber bullismo, da inserire nel Piano triennale dell'offerta formativa, secondo la legge n. 71 del 2017, che nel rapporto col mondo degli adulti e della comunicazione sociale.

Se la cittadinanza digitale viene definita come la capacità di un individuo di partecipare alla vita on line con il carico di diritti e doveri che ogni cittadinanza comporta, la scuola da tempo si interroga su come aumentare negli studenti il pensiero critico e la capacità di analisi. Questo elemento era stato inserito, come lei ha ricordato, anche nella legge n. 107 del 2015, e da lì è aumentata sicuramente la consapevolezza del Ministero di dover fare di più e si sono sviluppati diversi progetti.

Come dicevo, sulla base di questa consapevolezza il Ministero ha avviato, negli ultimi anni, azioni sistemiche di formazione, educazione e sensibilizzazione nell'ambito del “Safer Internet Centre”, progetto coordinato dal MIUR sin dal 2012. Per rafforzare il ruolo di questo progetto come punto di riferimento a livello nazionale per la sicurezza in rete dei più giovani, il MIUR ha avviato e coordinato inoltre i lavori di un advisory board nazionale, ovvero di un gruppo di lavoro che vanta competenze e know-how di eccellenza. In linea con la strategia europea del cosiddetto “Better Internet for Kids” lanciata nel 2012, il MIUR, attraverso il suddetto progetto, incentiva strategie per rendere Internet un luogo più sicuro per gli utenti più giovani, resi vittima, come lei ha detto, di un bombardamento di informazioni spesso false, anche a pagamento, promuovendo un uso positivo e consapevole della rete, oltre che capacità di sintesi e valutazione critica dei contenuti digitali, anche attraverso focus specifici sulle fake news. Proprio sul sito www.generazioniconnesse.it sono disponibili materiali e kit didattici, oltre ad un decalogo realizzato dagli stessi studenti.

Inoltre è stato avviato un percorso formativo proprio per i ragazzi, mirato all'acquisizione di competenze linguistiche e di scrittura nell'ambito del giornalismo web, del blogging e delle agenzie di stampa, allo scopo di offrire strumenti per la redazione di articoli, foto-notizie, video e commenti. In ogni regione è stata attivata una redazione giornalistica formata da studenti, denominata Youth Panel: l'obiettivo è quello di rendere i giovani capaci di diffondere un'idonea comunicazione sui temi della sicurezza on line, sull'uso positivo e consapevole di Internet e sul riconoscere le notizie tendenziose da quelle vere.

Tra le iniziative più note sulla media education realizzate dal Ministero, posso inoltre citare “Basta bufale”, progetto lanciato nell'anno scolastico 2017-2018 in collaborazione con la Camera dei deputati, e finalizzato a sviluppare negli studenti competenze di media literacy e a consentire ai docenti di avviare in classe percorsi per insegnare a riconoscere le notizie false, individuarne le fonti, indagare sulla veridicità delle stesse. Oltre a ciò, ricordo il già citato progetto “Generazioni connesse”, che consente di responsabilizzare ogni istituto scolastico sul tema, offrendo supporto e facilitazione per la realizzazione di un regolamento di istituto, come previsto dalla citata legge n. 71 del 2017 e dalle linee guida redatte dal MIUR per il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyber bullismo.

Aggiungo, in merito al Piano nazionale per la scuola digitale, che è stato finanziato un progetto “Curriculi digitali”, che consiste in 25 progetti sperimentali di curriculi digitali innovativi promossi da reti di scuole e centri di ricerca. Uno di questi progetti è rivolto proprio all'educazione ai media, all'informazione e al pensiero critico. Nell'ambito del PON “Per la scuola - Competenze e ambienti per l'apprendimento”, sono state finanziate inoltre 3.400 istituzioni scolastiche per la realizzazione di programmi didattici per studenti di ogni ordine e grado, per lo sviluppo del pensiero computazionale, la creatività e la cittadinanza digitale, molti dei quali centrati sullo sviluppo del pensiero critico e dell'educazione consapevole ai media.

In ultimo, ricordo che la recente legge n. 92 del 2019, nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado, prevede anche l'educazione alla cittadinanza digitale, individuando specifiche competenze digitali essenziali, tra le quali analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilità e l'affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali; interagire attraverso varie tecnologie digitali e individuare i mezzi e le forme di comunicazione digitali appropriati per un determinato contesto; conoscere le norme comportamentali da osservare nell'ambito dell'utilizzo delle tecnologie digitali e dell'interazione in ambienti digitali; adattare le strategie di comunicazione al pubblico specifico ed essere consapevoli della diversità culturale e generazionale negli ambienti digitali; essere in grado di evitare, usando tecnologie digitali, rischi per la salute e minacce al proprio benessere, fisico e psicologico; essere in grado di proteggere sé e gli altri da eventuali pericoli in ambienti digitali; essere consapevoli di come le tecnologie digitali possono influire sul benessere psicofisico e sull'inclusione sociale, con particolare attenzione ai comportamenti riconducibili al bullismo e al cyber bullismo. La legge prevede, inoltre, l'istituzione di una Consulta dei diritti e dei doveri del bambino e dell'adolescente digitale, da convocare con cadenza biennale.

Per agevolare l'introduzione dell'educazione civica nei percorsi scolastici di ogni ordine e grado, e nello specifico l'educazione civica digitale, verrà costituito a breve un comitato tecnico-scientifico, che redigerà apposite linee guida individuando nuclei tematici fondamentali, traguardi di competenza e obiettivi di apprendimento, in rapporto alle diverse fasce della scolarità. Verranno anche avviate le opportune attività di accompagnamento per le scuole.

Ritengo quindi che il Ministero, con le iniziative che ho appena richiamato, abbia dimostrato il suo impegno per un'educazione civica digitale e per lo sviluppo del pensiero critico nei giovani. Impegno che proseguirà immutato, anzi intensificato, anche nel futuro sia in sede di attuazione della legge sull'educazione civica sia nelle altre occasioni che si presenteranno.

PRESIDENTE. Il deputato Lattanzio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLO LATTANZIO (M5S). Grazie, Viceministra. Sono soddisfatto ma, per natura ed indole, non ci possiamo e non ci dobbiamo accontentare. Ci ha dato - per questo la ringrazio - una visione completa e ampia, anche dal punto di vista storico, degli interventi che il MIUR ha fatto, che trovo molto rassicuranti, piuttosto rassicuranti dal punto di vista della prevenzione. Quello che mi sento di auspicare è un intervento ulteriore, infatti lei ha parlato di “intensificazione” sul finire della sua risposta: intensificare quindi l'azione che prevede anche la formazione di tutte le nuove competenze che vanno nella direzione della produzione di contenuti e di messaggi. Quindi è incoraggiante sapere e far sapere, anche fuori dall'Aula, che il Ministero è attento alla costituzione di una dieta mediatica degli studenti e delle studentesse, che è attento alla protezione rispetto alle fake news e ai fenomeni ad essi connessi, che vanno anche verso il cyberbullismo. Il nostro auspicio e il nostro impegno contestuale in Parlamento, in Aula e in Commissione, in accordo anche con il Ministero, sarà proprio quello di intensificare l'azione in questa direzione e quindi la ringrazio per la sua risposta completa.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, la parte pomeridiana della seduta di martedì 12 novembre avrà inizio alle ore 15.

Sempre secondo le intese intercorse, all'ordine del giorno della parte pomeridiana della seduta di mercoledì 13 novembre, a partire dalle ore 16, sarà iscritto, con priorità rispetto agli altri argomenti già previsti dal vigente calendario dei lavori, l'esame del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che è in corso di trasmissione da parte del Senato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 11 novembre 2019 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

CIPRINI ed altri: Modifiche al titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, in materia di personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura. (C. 1027-A)

Relatrice: CIPRINI.

2. Discussione sulle linee generali delle mozioni Locatelli ed altri n. 1-00267 e Meloni ed altri n. 1-00220 concernenti iniziative di competenza in materia di affidamento di minori, anche alla luce delle vicende che hanno coinvolto la rete dei servizi sociali della Val d'Enza .

3. Discussione sulle linee generali delle mozioni Annibali ed altri n. 1-00249 e Bellucci ed altri n. 1-00090 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare ogni forma di violenza contro le donne .

4. Discussione sulle linee generali della mozione Pella, Bologna, Boldi, Carnevali, Gemmato, De Filippo, Rostan, Pedrazzini, Cecconi ed altri n. 1-00082 concernente iniziative per la prevenzione e la cura dell'obesità .

5. Discussione sulle linee generali dei disegni di legge:

S. 1015 - Ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica orientale dell'Uruguay, fatto a Montevideo l'11 maggio 2017 (Approvato dal Senato). (C. 1990)

Relatore: OLGIATI.

S. 1016 - Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'Ecuador, fatto a Quito il 25 novembre 2015; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'Ecuador, fatto a Quito il 25 novembre 2015 (Approvato dal Senato). (C. 1991)

Relatore: OLGIATI.

S. 1017 - Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Costa Rica, fatto a Roma il 27 maggio 2016; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Costa Rica, fatto a Roma il 27 maggio 2016 (Approvato dal Senato). (C. 1992)

Relatrice: DI STASIO.

S. 1138 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e scientifica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 5 dicembre 2006 (Approvato dal Senato). (C. 1993)

Relatrice: DI STASIO.

S. 1170 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di cooperazione di polizia tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Cuba, fatto a L'Avana il 16 settembre 2014 (Approvato dal Senato). (C. 1994)

Relatrice: DI STASIO.

La seduta termina alle 11,30.