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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 238 di lunedì 14 ottobre 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 settembre 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, D'Incà, D'Uva, Dadone, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Mauri, Migliore, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Alessandro Pagano, Parolo, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 11 ottobre 2019, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto», il deputato Andrea Cecconi, in sostituzione del deputato Vito De Filippo, dimissionario.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare ("legge SalvaMare") (A.C. 1939-A); e delle abbinate proposte di legge: Muroni e Fornaro; Rizzetto e Mantovani (A.C. 907-1276) (ore 15,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1939-A: Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare ("legge SalvaMare"); e delle abbinate proposte di legge nn. 907 e 1276. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta dell'11 ottobre 2019 (Vedi l'allegato A della seduta dell'11 ottobre 2019).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1939-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Deiana.

PAOLA DEIANA, Relatrice. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che la Commissione ambiente porta all'attenzione dell'Aula nasce dall'esigenza, ormai ineludibile, di intervenire sulla problematica relativa alla presenza di rifiuti in ambiente marino. Questa ha assunto, negli ultimi decenni, una dimensione inimmaginabile, divenuta ormai una sfida complessa e globale, oggetto d'alta considerazione e preoccupazione a tutti i livelli. In particolare, le materie plastiche sono le componenti principali dei rifiuti marini e si stima rappresentino almeno l'85 per cento dei rifiuti trovati lungo le coste, sulla superficie del mare e sul fondo dell'oceano, il cosiddetto marine litter. Si valuta che vengano prodotte annualmente a livello globale all'incirca 300 milioni di tonnellate di materie plastiche, di cui almeno 8 milioni di queste si perdono in mare ogni anno.

Al fine di frenare il consumo di materiali plastici monouso e, conseguentemente, il marine litter, l'Unione europea ha emanato la direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione della presenza e l'incidenza di determinati prodotti plastici a discapito dell'ambiente, che dovrà essere recepita dai Paesi membri entro il 31 luglio 2021. Inoltre, la nuova direttiva (UE) 2019/883, sempre dell'Unione Europea, sugli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, che dovrà essere adottata dagli Stati membri entro il 28 giugno 2021, ha introdotto rilevanti novità. In particolare, l'articolo 2 della direttiva prevede l'inclusione, tra i rifiuti delle navi assoggettati alle disposizioni, anche i rifiuti accidentalmente pescati, che a loro volta sono definiti come rifiuti raccolti dalle reti durante le operazioni di pesca.

Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il disegno di legge governativo, voluto dal Ministro Sergio Costa, noto come “legge SalvaMare”. Le finalità perseguite dal presente disegno di legge consistono nel contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla promozione dell'economia circolare, nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi, rivolti alla prevenzione del fenomeno dell'abbandono di rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune, e alla corretta gestione degli stessi. L'istruttoria della Commissione è stata ampia e approfondita, e soprattutto si è avvalsa di fondamentali contributi ottenuti con le audizioni di soggetti qualificati, che hanno consentito di evidenziare criticità, problemi aperti e possibili soluzioni. Il confronto politico si è svolto in modo costruttivo e ha messo in luce la volontà comune delle forze parlamentari di fornire un segnale forte riguardante la tutela dell'ambiente. In tal senso, molti sono stati i punti di convergenza nei quali si è espressa una scelta unanime di ampliare l'applicazione della legge o, comunque, di gran parte delle sue disposizioni anche ai laghi, ai fiumi e alle lagune, consapevoli del fatto che per contrastare l'inquinamento in mare è necessario intercettare i rifiuti a monte.

Il testo, inizialmente composto da 7 articoli, dopo l'esame in sede referente è costituito ora da 10 di questi. Vengo adesso, Presidente, all'illustrazione degli articoli.

L'articolo 1 indica le finalità del provvedimento e reca le definizioni utili a perimetrare l'applicazione della legge. Introduce una serie di nuove definizioni, che, nel corso dell'esame in sede referente, sono state ampliate al fine di riferirle non solo al mare, ma anche ai laghi, ai fiumi e alle lagune. Evidenzio, in particolare, che le lettere h) e d) del comma 1 definiscono rispettivamente le nozioni di “nave” e “porto”, mutuati in modo quasi letterale dalla direttiva europea (UE) 2019/883, anticipandone in parte il recepimento.

Il cuore del provvedimento è l'articolo 2: esso ribadisce e stabilisce il principio secondo cui il conferimento, presso depositi temporanei di rifiuti accidentalmente pescati, è gratuito e ne qualifica la natura. In particolare, si equiparano i rifiuti accidentalmente pescati in mare ai rifiuti prodotti dalle navi, in linea con le definizioni recate dalla citata direttiva; al contempo, si prevede che il comandante della nave che approda in un porto debba conferirli all'impianto portuale di raccolta. Se, però, l'ormeggio di un'imbarcazione avviene presso aree non ricadenti nelle competenze territoriali di un'autorità di sistema portuale, saranno i comuni a prevedere la loro gestione. Ancora, se la nave approda in un piccolo porto che ha specifiche caratteristiche, i rifiuti saranno conferiti presso impianti integrati del sistema di gestione dei rifiuti comunale, anche in questo caso in linea con l'articolo 5, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2019/883. Infine, si precisa che i rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, anche attraverso campagne di pulizia nei laghi, nei fiumi e nelle lagune, sono rifiuti urbani.

Altro aspetto rilevante è quello della copertura degli oneri: il comma 6 dispone che i costi di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati sono coperti con una specifica componente, che si aggiunge alla tariffa sui rifiuti. Nel corso dell'esame in sede referente, si è ritenuto opportuno specificare che la finalità di tale disposizione è quella di distribuire sull'intera collettività nazionale gli oneri di cui al presente articolo e che la sua indicazione negli avvisi di pagamento avverrà distintamente rispetto ad altre voci.

La definizione concreta è demandata all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), che ha avuto occasione di chiarire nel corso della sua audizione che si tratta di meccanismo già adottato nel settore idrico. Sarà, dunque, cura di questa Autorità procedere alla riassegnazione delle risorse disponibili versate su tutto il territorio nazionale nei confronti degli enti che sostengono i costi del servizio.

Aggiungo, altresì, che l'applicazione della legge e l'osservanza degli articoli ci permetteranno di raccogliere preziosi dati, che consentiranno di avere un quadro più preciso circa la gestione dei rifiuti in mare. Grazie a queste nuove conoscenze, sarà possibile studiare e mettere in atto strategie migliorative, anche in vista del totale recepimento della direttiva (UE) 2019/883. Infine, si prefigurano misure premiali nei confronti dei comandanti dei pescherecci, soggetti al rispetto degli obblighi di conferimento disposti dal presente articolo, che saranno definiti con decreto ministeriale. È opportuno sottolineare che le forze di maggioranza hanno ampliamente discusso sul tema delle misure premiali, auspicando in sede di stesura del decreto interministeriale che le premialità ed eventualmente il sistema di punti sulla patente non pregiudichino la tutela dell'ecosistema marino e il rispetto delle norme sulla sicurezza. Questo ragionamento si inserisce in un'ottica più ampia della tutela del mare e, di fatto, renderebbe inopportuna una forma di premialità che inneschi un circolo pericoloso che tradisca lo spirito stesso del provvedimento. L'articolo 3 parla delle campagne di pulizia. In particolare, il comma 3 del suddetto articolo, modificato nel corso dell'esame in sede referente, individua i soggetti promotori e non più, come prevedeva il testo iniziale del disegno di legge, i soggetti partecipanti alle campagne di pulizia. Il testo iniziale del comma in esame prevedeva i seguenti soggetti: gli enti gestori delle aree marine protette, le associazioni ambientaliste, le associazioni dei pescatori, nonché gli altri soggetti individuati dall'autorità competente.

Nel corso dell'esame in sede referente sono stati specificati i seguenti ulteriori soggetti promotori: le cooperative ed imprese di pesca, nonché loro consorzi, le associazioni di pescatori sportivi e ricreativi, le associazioni sportive dei subacquei, dei diportisti, i centri diving, le associazioni di promozione sociale, nonché i gestori degli stabilimenti balneari, gli enti del Terzo settore, nonché, fino alla completa operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, ONLUS, fondazioni ed associazioni con finalità di promozione, tutela, salvaguardia dei beni naturali ed ambientali.

È stato inoltre aggiunto, durante l'esame in sede referente, un periodo volto a consentire agli enti gestori delle aree marine protette di realizzare, anche di concerto con gli organismi rappresentativi degli imprenditori ittici, iniziative di comunicazione pubblica e di educazione ambientale per la promozione delle campagne di cui al presente articolo.

Il comma 4 prevede che ai rifiuti volontariamente raccolti durante le campagne di pulizia si applicano le norme dettate, per i rifiuti accidentalmente pescati, all'articolo 2 del disegno di legge in esame. Di conseguenza, anche per i rifiuti volontariamente raccolti vige l'obbligo di conferimento gratuito all'impianto portuale di raccolta.

Presidente, vado a conclusione, dicendo che questo provvedimento va finalmente nella giusta direzione, verso una consapevole coscienza ecologica. Aggiungo, inoltre, che l'intera collettività ha il dovere di adoperarsi alla tutela del mare quale luogo in cui ha avuto origine la vita - mi piace chiamarlo “madre mare” -, dal quale dipendono tutti gli ecosistemi del pianeta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice onorevole Muroni.

ROSSELLA MURONI, Relatrice. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, la lotta alla plastica in mare è anche una grande impresa collettiva in cui è necessario giocare in squadra tra istituzioni, cittadini ed imprese.

Sul fronte dei cittadini, in particolare, negli anni si è lavorato moltissimo, con campagne di sensibilizzazione e di volontariato attivo realizzate, tra l'altro, dalle principali associazioni ambientaliste italiane - Legambiente, WWF e Marevivo -, un'opera continua e costante di coinvolgimento ed attivazione fatta direttamente con i cittadini ben prima che le istituzioni si rendessero conto della gravità del problema. E la gravità del problema dei rifiuti in mare ce la racconta bene il quadro emerso da un monitoraggio effettuato da Legambiente lungo 93 spiagge della nostra Penisola, secondo un protocollo scientifico riconosciuto dall'Agenzia europea dell'ambiente. Su 93 spiagge monitorate, per un totale di circa 400 mila metri quadri, pari quasi a 60 campi di calcio, sono stati trovati una media di 968 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia; l'81 per cento è rappresentato dalla plastica e, per una spiaggia su tre, la percentuale di plastica eguaglia o supera il 90 per cento del totale dei rifiuti monitorati. Per ogni passo che facciamo sulle nostre spiagge incrociamo più di cinque rifiuti, dieci ogni metro: per lo più sono plastica, un frammento ad ogni passo, ma ad invadere i nostri litorali c'è ormai di tutto: oggetti di ogni forma, materiale, dimensione, colore. Una mole incredibile, che rappresenta soltanto la punta di un iceberg: i rifiuti in spiaggia e sulla superficie del mare rappresentano appena il 15 per cento di quelli che entrano nell'ecosistema marino, mentre la restante parte galleggia o affonda. Rifiuti spiaggiati, gettati consapevolmente e arrivati da chissà dove attraverso i fiumi o che provengono direttamente dagli scarichi non depurati, dall'abitudine di utilizzare i WC come una pattumiera e, soprattutto, dalla loro cattiva gestione.

A partire da questi dati e dall'operato del volontariato ambientale, il presente disegno di legge detta disposizioni finalizzate a disciplinare e rafforzare lo svolgimento di campagne di pulizia finalizzate alla raccolta volontaria di rifiuti. In Commissione si è ritenuto preferibile conservare il sistema delle istanze, in luogo di quella della mera comunicazione da parte dei soggetti promotori, ma, nelle more dell'emanazione del decreto attuativo, si è dimezzato il termine di preavviso e, soprattutto, sono state notevolmente ampliate le categorie dei soggetti legittimati ad essere promotori.

L'articolo 4, nell'ottica della promozione dell'economia circolare, prevede l'emanazione di un regolamento ministeriale, adottato con decreto del Ministro dell'Ambiente, volto a stabilire criteri e modalità con cui i rifiuti oggetto del presente provvedimento cessano di essere qualificati come rifiuti, anche al fine di promuovere il riciclaggio della plastica e degli altri materiali rinvenuti in acqua.

Una volta dispersi nell'ambiente, i rifiuti plastici vanno incontro a processi di degradazione ad opera di agenti chimico-fisici - in particolare, raggi UV -, che portano alla frammentazione degli stessi in porzioni sempre più piccole, che, poi, rientrano nella nostra catena alimentare.

Recenti studi stimano in almeno 250 miliardi il numero di frammenti di plastica distribuiti in tutto il Mar Mediterraneo. Nel nostro Paese, la situazione non è differente, anzi, nelle reti dei pescatori si trovano più scarti che pesci: sono state, in sei anni, 194 le tonnellate di rifiuti raccolti nel solo Adriatico.

Possiamo affermare che con i rifiuti abbiamo davvero toccato il fondo: più del 70 per cento di quelli marini è depositato nei fondali italiani e il 77 per cento è plastica. Il mare di Sicilia, con 786 oggetti rinvenuti e un peso complessivo superiore a 670 chilogrammi, conferma la sua collocazione tra le discariche sottomarine più grandi del Paese, seguita dalla Sardegna, con 403 oggetti nella totalità delle 99 cale.

Con l'approvazione di questo disegno di legge vogliamo raggiungere l'obiettivo di contribuire al risanamento delle acque superficiali e alla promozione dell'economia circolare, nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti negli ecosistemi marini e alla corretta gestione degli stessi. In tale ottica e al fine del conseguimento delle predette finalità, si disciplina la gestione e il riciclo dei rifiuti accidentalmente raccolti in mare mediante le reti, durante le operazioni di pesca, ovvero con qualunque altro mezzo, e dei rifiuti volontariamente raccolti. Si favorisce il recupero dei rifiuti accidentalmente pescati, si incentivano campagne volontarie di pulizia del mare e si stimola l'economia circolare.

Gli articoli 5 e 6 riguardano, rispettivamente, le campagne di sensibilizzazione e l'educazione ambientale nelle scuole, sia con riguardo alle finalità della legge sia per la protezione dell'ambiente in senso lato.

L'articolo 7 è stato introdotto in sede referente per ampliare, in occasione della celebrazione, presso gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, della Giornata del mare, le iniziative finalizzate alla conoscenza del mare, affinché riguardino anche le misure per la prevenzione e il contrasto del fenomeno dell'abbandono dei rifiuti.

Insomma, questa legge vuole essere anche una grande occasione di crescita culturale sui temi della salvaguardia del mare e del contrasto all'abbandono dei rifiuti. Cresce, infatti, tra i cittadini la consapevolezza della gravità della situazione ambientale: surriscaldamento globale, gestione e smaltimento dei rifiuti, inquinamento di acqua e aria e aumento della plastica sono considerati problemi sui quali intervenire con più urgenza; e c'è sempre più diffuso il timore per lo stato ambientale dei luoghi in cui si vive. Il dato emerge da un'indagine pubblicata dall'istituto di ricerca SWG e rilanciata anche dal WWF, nella quale emergono le emergenze ambientali che tolgono il sonno ai cittadini italiani, a partire da una consapevolezza: all'affermazione “la situazione ambientale del luogo in cui vivo mi preoccupa sempre di più” ha risposto positivamente l'81 per cento degli intervistati; l'anno precedente, nel 2017, era il 71 per cento. Il sondaggio è stato fatto a novembre 2018 su un campione rappresentativo di 2 mila persone maggiorenni: fra il 2011 e il 2016, la preoccupazione per l'ambiente oscillava fra il 67 e il 69 per cento, ora, invece, riguarda oltre 8 intervistati su dieci. Ogni persona ha indicato i quattro problemi sui quali ritiene più urgente intervenire: al primo posto ci sono il surriscaldamento globale, insieme alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, indicati dal 42 per cento degli intervistati; a seguire, viene ritenuto urgente intervenire sull'inquinamento delle acque, sull'inquinamento dell'aria e sull'aumento della plastica.

Chi sono i maggiori responsabili dell'attuale inquinamento? Al primo posto, nella ricerca, con il 55 per cento delle risposte, i cittadini segnalano le multinazionali, mentre, quasi a pari merito, vengono chiamati in causa i cittadini stessi e i Governi. Alla richiesta su chi, invece, dovrebbe fare di più per tutelare l'ambiente, vengono indicati, nell'ordine: i cittadini, il Governo, le multinazionali e l'Unione europea. Da sottolineare anche la posizione espressa davanti alla possibilità di boicottare i prodotti dei Paesi che inquinano di più e non rispettano gli accordi internazionali sul clima: si dice molto d'accordo il 37 per cento degli intervistati, con un aumento del 5 per cento rispetto al 2015. Insomma, signora Presidente, il Paese è pronto ad una legge come questa, anzi ce lo chiede.

L'articolo 8, modificato nel corso dell'esame in sede referente, prevede che agli imprenditori ittici che, nell'esercizio delle proprie attività, utilizzano materiali di ridotto impatto ambientale, partecipano a campagne di pulizia del mare o conferiscono rifiuti accidentalmente pescati sia attribuito un riconoscimento attestante l'impegno per il rispetto dell'ambiente marino e la sostenibilità dell'attività di pesca da essi svolta. Le forme concrete saranno delineate da un regolamento ministeriale che potrà anche dare applicazione, in questo ambito, ai programmi ministeriali di etichettatura ecologica previsti dal decreto legislativo n. 9 del 2012.

Vorrei sottolineare una modifica introdotta in Commissione ambiente che sostituisce la “certificazione ambientale” con il “riconoscimento ambientale”, una correzione necessaria visto che l'attività di fishing for litter non può essere un parametro per definire la corretta gestione e la sostenibilità della filiera o la qualità del pescato.

Infine, Presidente, l'articolo 9, anch'esso introdotto nel corso dell'esame in sede referente, prevede che il Ministro dell'Ambiente trasmetta alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sull'attuazione della presente legge. Questa legge, infatti, sarà anche una straordinaria occasione di approfondimento e di conoscenza del fenomeno e, quindi, potrà anche subire dei miglioramenti successivi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che il rappresentante del Governo, il sottosegretario Castaldi, si riserva di intervenire successivamente.

È iscritta a parlare l'onorevole Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signora Presidente. Rappresentanti del Governo, gentili colleghi, secondo recenti dati ISPRA più del 70 per cento dei rifiuti è depositato nei fondali marini italiani e il 75 di questi è composto da plastica. Complessivamente ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, di cui il 7 per cento nelle acque del Mediterraneo. Arrivano in mare attraverso i fiumi, che costituiscono la principale via di trasporto dei rifiuti marini. I risultati emersi dal monitoraggio ISPRA negli anni 2017 e 2018 mostrano il trend e i range di densità dei macrorifiuti galleggianti in alto mare, vicino alla fascia costiera e vicino alle foci dei fiumi. I dati parlano chiaro: la foce dei fiumi presenta il maggior quantitativo di rifiuti galleggianti, con più di mille oggetti per chilometro quadrato, e vicino alla costa vi sono tra i 10 e i 600 oggetti per chilometro quadrato. Più ci si allontana in mare aperto e più il numero degli oggetti scende: da 1 a 10 per chilometro quadrato.

Allarmante è la situazione dei fondali italiani. Nella regione adriatico-ionica la media degli scarti rinvenuti supera i 300 rifiuti per ogni chilometro quadrato, dei quali l'86 per cento è plastica, in particolare usa e getta - il 77 per cento -, imballaggi industriali e alimentari, borse, shopper e bottiglie di plastica, comprese le retine per la viticoltura, quest'ultima particolarmente diffusa nelle coste italiane; sono questi i rifiuti comuni.

L'area costiera a sud del delta del Po consta 983 rifiuti per chilometro quadrato e quella settentrionale 910 rifiuti per chilometro quadrato. Questi rifiuti rendono le località della fascia adriatica-ionica i posti con la maggiore densità di rifiuti in fondo al mare.

Fondamentale è la collaborazione dei pescatori e il monitoraggio dei fondali marini condotto in Adriatico: dal 2013 al 2019 sono stati rinvenuti nelle reti dei pescatori - 224 i pescherecci coinvolti in due progetti europei - 194 tonnellate di rifiuti incastrati; solo nella marineria di Chioggia sono state raccolte 45 tonnellate.

La situazione non migliora salendo in superficie e la quantità di macroplastiche rinvenuta raggiunge una densità media che oscilla tra i 2 e i 5 oggetti flottanti per chilometro quadrato, mentre la densità media delle microplastiche, come giustamente ricordavano le colleghe prima, ossia particelle più piccole di 5 millimetri, è compresa tra le 92 mila e le 204 mila microparticelle per chilometro quadrato. Non va bene neanche lungo le spiagge: i litorali nazionali ospitano tra i 500 e i 1.000 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia.

Tutti questi dati tecnici non devono solo farci allarmare, ma servono a giustificare l'urgenza e la giustezza di questo disegno di legge. Pubblicato il 26 giugno 2019 - di fatto con il precedente Governo - si è deciso di portarlo avanti e di non modificarlo sostanzialmente, se non con il lavoro e con le migliorie, a nostro modo di vedere, svolte in Commissione. Ci sembrava opportuno un tale metodo operativo per cercare di coinvolgere il maggior numero possibile di forze politiche, perché l'ambiente non è di destra o di sinistra ma è di tutti, e per fare approvare con il maggior numero di voti il disegno di legge. Lo chiedono i giovani, che hanno invaso le piazze di tutto il mondo nelle scorse settimane; lo chiedono le future generazioni quando chiedono un ambiente migliore.

L'ambizione è già presente nella finalità del presente disegno di legge, ossia quello di contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla promozione dell'economia circolare, nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli compatibili virtuosi, volti a quella che è oggi un'emergenza, cioè l'abbandono dei rifiuti nell'ecosistema marino e la corretta gestione degli stessi.

In tale ottica il Governo, riprendendo proposte di legge pervenute da forze politiche presenti in Parlamento, ha deciso di disciplinare la gestione e il riciclo dei rifiuti accidentalmente raccolti in mare mediante le reti durante le operazioni di pesca, ovvero con qualunque altro mezzo e dei rifiuti volontariamente raccolti, nonché l'adozione di misure volte all'utilizzo di attrezzature con materiali a ridotto impatto ambientale. L'intento del presente disegno di legge è, innanzitutto, quello di favorire il recupero dei rifiuti accidentalmente pescati e incentivare campagne volontarie di pulizia del mare. Può muovere l'economia circolare, mediante disposizioni volte a consentire la cessione della qualifica di rifiuto con riferimento ai rifiuti accidentalmente pescati, ovvero raccolti nell'ambito nelle campagne di pulizia del mare, e può incentivare le campagne di sensibilizzazione della materia. Ricordiamo a titolo di monito che ogni estate nel Mar Mediterraneo i rifiuti raccolti aumentano del 40 per cento.

Nella predisposizione del presente disegno di legge si è tenuto conto del quadro normativo europeo e nazionale vigente, nonché della direttiva n. 2019/883 dell'Unione europea del 17 aprile 2019 relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, la quale introduce una disciplina espressamente dedicata ai rifiuti accidentalmente pescati. Si ritiene, quindi, particolarmente utile una specifica proposta normativa che agevoli il conferimento dei rifiuti raccolti accidentalmente durante le operazioni di pesca. Considerando il ruolo chiave che i pescatori rivestono nell'attività di raccolta dei rifiuti, come prima abbiamo potuto indicare anche in maniera numerica, con il provvedimento si è voluto agire su due elementi: indicare un quadro normativo in merito all'azione accidentale di raccolta effettuata dai pescatori per evitare possibili conseguenze sanzionatorie; incentivare gli stessi ad adoperarsi nella raccolta conferendo i rifiuti agli impianti portuali, aumentando così la necessità di salvaguardare la pulizia dell'ambiente marino. Inoltre, il presente disegno di legge incentiva la possibilità per le associazioni ambientaliste e quelle del terzo settore di organizzare campagne di sensibilizzazione in materia.

Arrivando alla fine dell'anno, prima della legge di bilancio, ahimè, questo provvedimento è a invarianza di gettito. Chiediamo, pertanto, al Governo di invertire la rotta e di investire pesantemente in tema ambientale, così come previsto nella NADEF approvata la scorsa settimana, dove è stata data la giusta rilevanza al Green Act come perno fondamentale per le prossime scelte politiche di questo Governo. Serve una vera svolta verde: lo chiedono i giovani di tutto il mondo e lo chiede la nostra economia, fatta di turismo e pesca. Essere miopi in un mondo che sta cambiando per colpa dell'uomo in modo così repentino vuol dire non solo mettere a rischio i nostri mari ma anche le economie di intere nazioni che da questi mari hanno sempre tratto giovamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Labriola. Ne ha facoltà.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Governo, l'inquinamento da plastica è una delle emergenze ambientali più gravi dell'epoca moderna. Mari e oceani sono invasi dalla plastica al punto che si sono formate delle vere e proprie isole, le cosiddette “plastic islands”. Ne esistono cinque: due fluttuano nel Pacifico, due nell'Atlantico e una nell'Oceano Indiano. Enormi piattaforme di inquinamento che galleggiano tra le onde in un'area più estesa di quella di Stati Uniti e India.

L'inquinamento da plastica è un problema globale, tanto che le Nazioni Unite hanno inserito la tutela dei mari tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nell'Agenda 2030 si legge che occorre conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.

Nel Mediterraneo non esistono vere e proprie isole di plastica ma la situazione non è affatto rosea. Il nostro mare è la sesta grande zona per inquinamento da plastica al mondo. I numeri descrivono una vera emergenza: la plastica rappresenta il 95 per cento dei rifiuti nel Mediterraneo e proviene principalmente da Turchia, Spagna, Italia, Egitto e Francia. Nel complesso l'Europa, secondo maggiore produttore di plastica al mondo dopo la Cina, riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e le 130 mila tonnellate di microplastiche. Gli effetti negativi dell'inquinamento si vedono anche e soprattutto sulla fauna. Infatti, la maggior parte delle specie marine ingerisce plastica o microplastiche e ancora non conosciamo gli impatti che hanno sull'uomo, visto che inevitabilmente finiscono nella catena alimentare.

Ogni anno 570 mila tonnellate di plastica si riversano nelle acque del Mediterraneo, una quantità pari a 33.800 bottiglie di plastica gettate in mare ogni minuto.

Il risultato lo si vede al largo e sulle coste, dove si accumulano in media oltre cinque chili di plastica che è dispersa nel mare.

Il nuovo allarme sul grado di inquinamento raggiunto nel Mare nostrum arriva dal WWF, che in occasione della Giornata degli oceani, indetta dalle Nazioni Unite, nel 1992, per l'8 giugno, ha diffuso un report sulla mala gestione di rifiuti una delle principali cause del mare di plastica che ci circonda. Già, perché non bastano tartarughe, cetacei e pesci uccisi, poco o nulla si è fatto per arrestare questa terribile escalation: il materiale inquinante è in costante aumento, e si stima che entro il 2050 sarà persino quadruplicato. Questi dati ci sbattono in faccia una triste realtà: la problematica relativa alle presenze ingenti di rifiuti in ambiente marino ha infatti ormai assunto le dimensioni di una sfida complessa e globale; siamo letteralmente invasi dai rifiuti, e nemmeno il mare e i fiumi sono immuni da questo scempio. Proprio in questi giorni è stato reso pubblico il rapporto ISPRA che ci dice che complessivamente, ogni anno, circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, di cui il 7 per cento nel solo Mediterraneo. I risultati emersi dal monitoraggio dell'Istituto ambientale ci dicono che la foce dei fiumi presenta il maggior quantitativo di rifiuti galleggianti (più di mille oggetti per chilometro quadrato), e vicino alla costa (tra i 10 e i 600 oggetti per chilometro quadrato). Nelle reti dei pescatori - è una realtà - si trovano più scarti che pesci. Solo nell'Adriatico, sono state raccolte 194 mila tonnellate di rifiuti in sei anni. Il mare di Sicilia, con 786 oggetti rinvenuti, come ricordato prima, e un peso complessivo superiore ai 670 chili, è tra le discariche sottomarine più grandi del Paese, seguito solo dalla Sardegna.

Sempre l'ISPRA sottolinea come sia stata fondamentale la collaborazione di pescatori nel monitoraggio dei fondali marini condotta in Adriatico dal 2013 al 2019. In questo periodo sono state rinvenute, nelle reti di 224 pescherecci coinvolti in due progetti di ricerca europei, 194 tonnellate di rifiuti incastrati. Non va meglio lungo spiagge e litorali nazionali, che ospitano dai 500 ai 1.000 rifiuti ogni cento metri di spiaggia. Questa è la qualità delle nostre acque, questa è la qualità delle nostre coste. Per questo motivo abbiamo accolto con grande positività il disegno di legge in esame, il cosiddetto “SalvaMare”, che è stato presentato dal precedente Governo giallo-verde e assegnato alla Commissione ambiente il 5 luglio scorso. L'obiettivo del provvedimento è, e sarebbe, quello di disciplinare la gestione e favorire il recupero dei rifiuti accidentalmente raccolti in mare o in acque interne mediante le reti durante le operazioni di pesca, ovvero con qualunque altro mezzo, nonché dei rifiuti volontariamente raccolti in mare e nelle acque interne.

Il disegno di legge, quindi, interviene su un tema drammaticamente importante, quale quello dei rifiuti in mare, che è sempre più di attualità e all'attenzione della comunità internazionale per i pesanti impatti ambientali. All'inizio dell'esame in sede referente, come Forza Italia ci siamo battuti per fare abbinare la nostra proposta di legge, a prima firma Prestigiacomo, peraltro presentata il 25 settembre 2018 - ossia quasi un anno prima della presentazione di questo testo -, recante disposizione e delega al Governo per la riduzione della produzione e dell'immissione in commercio degli oggetti in plastica e per il contrasto dell'inquinamento ambientale derivato dall'abbandono dei rifiuti in plastica. In conseguenza alla presenza al suo interno di una delega e il fatto che avesse una portata ben più ampia articolata rispetto a questo provvedimento, non siamo riusciti a farla abbinare. Crediamo utile riassumere, però, le norme contenute nella nostra proposta di legge, che, seppur non è stata abbinata, interviene anche su questi aspetti. Peraltro, alcune norme le abbiamo anche riproposte come emendamenti. La nostra proposta di legge era qualificante su alcuni aspetti relativi alla limitazione, per esempio, dell'uso di beni in plastica nelle spiagge e negli altri ambiti naturali, anche attraverso la previsione che i comuni costieri debbano introdurre delle limitazioni fino al divieto di introduzione, utilizzo e abbandono nelle spiagge e nei tratti costa di beni e contenitori monouso in plastica non biodegradabili o in polistirolo. Inoltre, prevede la possibilità per le imbarcazioni da pesca di poter beneficiare di una riduzione della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti di bordo prodotti dalle imbarcazioni da pesca proporzionalmente alla quantità di rifiuti in plastica rinvenuti in mare e conferiti a terra. Si introduce l'obbligo, per i servizi oggetto delle gare di appalto, di inserire clausole che prevedono l'obbligo di assegnare un punteggio premiante all'offerente che si impegna a fornire contenitori e imballaggi realizzati con materiali biodegradabili e o compostabili.

Si prevedono misure premiali in termini di riduzione della tariffa delle tasse sui rifiuti per le attività commerciali e produttive in proporzione alla riduzione di prodotti in plastica monouso, nonché alla quantità sostituita, debitamente certificata, di imballaggi e contenitori in plastica o polistirolo. In ultimo, la nostra proposta di legge prevede una delega al Governo per introdurre incentivi e benefici, anche fiscali, volti alla riduzione della produzione e utilizzo dei beni di plastica vergine. Questi gli aspetti qualificanti della nostra proposta di legge, che abbiamo anche cercato di inserire nel calendario dei lavori della Commissione, ma anche questo ci è stato negato.

Al disegno di legge “SalvaMare”, durante l'esame in sede referente, sono state apportate numerose modifiche, in buona parte migliorative, e sei emendamenti approvati sono di Forza Italia. In Commissione, sul provvedimento ci siamo astenuti. Il voto di astensione è stato dettato dal fatto che il testo è certamente condivisibile nella sua finalità, ed è stato in parte migliorato anche durante l'esame in Commissione in sede referente, ma purtroppo il suo impianto complessivo mantiene comunque una sua evidente ed eccessiva debolezza, con norme e previsioni poco efficaci. Le ottime intenzioni del disegno di legge si concretizzano in disposizioni complessivamente deboli, in norme manifesto che rischiano fortemente di avere poca ricaduta pratica, e sono poco efficaci rispetto alla finalità stessa della legge. Uno degli elementi di forte debolezza del testo è certamente la previsione dell'invarianza degli oneri finanziari: nessun stanziamento di risorse, e il tutto dovrà essere attuato dalle legge nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili. In realtà, sarebbe stato assolutamente necessario prevedere un seppur minimo stanziamento di risorse, indispensabili a dare sostanza alla legge e garantire piena efficacia alle misure previste. Sotto questo aspetto, si sarebbe dovuto pensare perlomeno a un fondo per supportare almeno quei piccoli comuni costieri che devono affrontare le nuove incombenze previste dalla legge. Purtroppo ormai da troppo tempo la gran parte dei provvedimenti riescono a venire approvati solamente se prevedono la clausola di invarianza finanziaria, con tutto quello che ciò comporta in termini di efficacia della norma.

Inoltre, a parte le norme che riguardano i rifiuti accidentalmente pescati dai pescherecci o altri soggetti, in mare o nelle acque interne, che comunque risultano un po' più cogenti, il resto del testo si traduce, in buona parte, in norme che regolamentano le campagne di pulizia per la raccolta volontaria di rifiuti marini, l'educazione ambientale nelle scuole per la salvaguardia del mare, o un mero riconoscimento ambientale agli imprenditori ittici che utilizzano materiale di ridotto impatto ambientale.

La realtà è che un imprenditore ittico decide di investire in sostenibilità soprattutto se ha incentivi e agevolazioni; difficilmente si impegna anche economicamente a rendere più sostenibile la sua attività solo per avere un riconoscimento ambientale. Peraltro, è prevista l'obbligatorietà per il comandante dell'imbarcazione a conferire a terra i rifiuti accidentalmente pescati. In realtà, non essendo di fatto previsti controlli né sanzioni in caso di mancato rispetto di questo obbligo, né incentivi a portare i rifiuti a terra, rimane una norma di molta dubbia applicabilità.

Di fatto, tutto si basa quindi sulla sensibilità e sul buon senso civico del comandante nel conferire in porto i rifiuti. Inoltre, se è obbligatorio il conferimento a terra, non si capisce perché si debbano prevedere misure premiali nei confronti dei comandanti di pescherecci soggetti al rispetto degli obblighi di conferimento. Insomma, se obbligatorio, perché bisogna prevedere una misura premiale? Un risultato importante, raggiunto anche grazie all'approvazione dei nostri emendamenti, è stato comunque quello di aver ampliato l'ambito della legge, che inizialmente faceva riferimento solamente a rifiuti raccolti in mare. Ora, nel testo che è all'esame dell'Aula si parla di rifiuti raccolti in mare, nei fiumi e nelle altre acque interne. Non si può, infatti, non tenere in considerazione che i rifiuti marini, plastica e non, provengono per la gran parte della terra ferma e raggiungono il mare prevalentemente attraverso i corsi d'acqua e gli scarichi urbani. Inoltre, è stata leggermente migliorata, ma rimane comunque una disposizione che ci lascia insoddisfatti, la previsione iniziale in base alla quale i costi di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati erano coperti da una specifica componente in bolletta Tari a carico dei soli residenti dei comuni costieri interessati. La tassa era assolutamente ingiusta.

Noi avevamo proposto che a copertura dei costi complessivi di gestione dei suddetti rifiuti venisse utilizzata una quota parte, che sarà comunque minima, dell'ecotassa riscossa dalle regioni del Paese per i conferimenti in discarica.

In Commissione è stata trovata la soluzione, prevedendo che i costi di gestione dei rifiuti pescati verranno coperti con una specifica componente in bolletta relativa alla tassa sui rifiuti a carico delle utenze di tutto il Paese. La soluzione è senz'altro migliorativa rispetto alla previsione iniziale, ma rimane di fatto che i costi di gestione saranno coperti da una specifica componente che si aggiunge alla tassa sui rifiuti: è di fatto una tassa occulta, che andrà a gravare su tutti i cittadini e che si andrà ad aggiungere a tutte le imposte già previste. Perlomeno, con l'approvazione di un nostro emendamento, siamo riusciti a far inserire la previsione, anche ai fini di una maggiore trasparenza, secondo cui questa componente tariffaria deve essere indicata negli avvisi di pagamento separatamente rispetto alle altre voci.

Il “SalvaMare”, quindi, ha un titolo molto risonante, ed è sicuramente un piccolo passo per cercare di ripulire i nostri mari, ma è un provvedimento di corto respiro, che non salva il mare e speriamo non complichi la vita dei pescatori, degli imprenditori e dei comuni portuali, che avranno da smaltire i rifiuti accidentalmente pescati. Per essere il primo provvedimento a firma del Ministro Costa ci saremmo aspettati molto di più (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buratti. Ne ha facoltà.

UMBERTO BURATTI (PD). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il disegno di legge da oggi in discussione in Aula mira alla sensibilizzazione ed alla diffusione di modelli virtuosi per la prevenzione dell'abbandono dei rifiuti negli ecosistemi marini e per la corretta gestione degli stessi. Fenomeni impattanti, come lo sfruttamento delle risorse esauribili e le conseguenze del cambiamento climatico, mostrano quanto gli attuali modelli di produzione e di consumo siano insostenibili, e invitano a definire ed applicare modelli alternativi.

Le grandi sfide ambientali e sociali che ci troviamo ad affrontare richiedono un profondo ripensamento del modello di sviluppo. L'economia circolare rappresenta un nuovo paradigma, e si sta affermando ad ogni livello e in ogni ambito geografico come una soluzione realistica per coniugare, attraverso l'innovazione, la competitività e la sostenibilità ambientale.

L'Assemblea generale dell'ONU - già lo diceva prima un collega - il 25 settembre 2015 ha adottato l'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, fissando gli elementi essenziali dell'azione globale da attuare in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, per contribuire allo sviluppo globale, promuovere il benessere umano e proteggere l'ambiente. In sintesi, uno sviluppo sostenibile per affrontare i cambiamenti climatici e costruire società pacifiche entro il 2030.

L'obiettivo numero 14, in particolare, recita: “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”; afferma, inoltre, che inquinamento e sfruttamento eccessivo dei nostri oceani sono la causa di sempre maggiori problemi, quali una grave minaccia per la biodiversità, l'acidificazione degli oceani e l'aumento dei rifiuti di plastica.

La rilevanza del problema rifiuti marini è stata in particolare sottolineata nel trentacinquesimo “considerando” della direttiva rifiuti, la n. 851 del 2018, ove si afferma che la dispersione dei rifiuti nell'ambiente marino è un problema particolarmente pressante e gli Stati membri dovrebbero adottare misure volte a fermare la dispersione dei rifiuti nell'ambiente marino nell'Unione europea.

In tema di riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente e sugli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, nel 2019 sono intervenute due direttive, la n. 883 e la n. 904. La n. 883 modifica la direttiva n. 65 del 2010 e abroga la direttiva n. 59 del 2000, ed ha previsto tra le novità l'inclusione tra i rifiuti delle navi assoggettati alle disposizioni della direttiva anche i rifiuti accidentalmente pescati.

Con questo disegno di legge sostanzialmente si anticipa un parziale recepimento della citata direttiva, in particolare laddove essa prevede un regime di favore per i rifiuti accidentalmente pescati, disponendo che per tali rifiuti non si impone alcuna tariffa diretta, allo scopo di garantire un diritto di conferimento senza ulteriori oneri basati sul volume dei rifiuti conferiti; e che, per evitare che i costi della raccolta e del trattamento dei rifiuti accidentalmente pescati siano soltanto a carico degli utenti dei porti, ove opportuno, gli Stati membri coprano tali costi con le entrate generate da sistemi di finanziamento alternativi, compresi sistemi di gestione dei rifiuti e finanziamenti unionali nazionali o regionali disponibili.

Difatti, il presente disegno di legge si propone di favorire il recupero dei rifiuti accidentalmente pescati e di incentivare campagne volontarie di pulizia del mare; e, come è stato detto, anche nei laghi, nei fiumi e nelle lagune, senza aggravio di costi per i pescatori e per le comunità locali ove si trovino i porti di approdo. Promuove anche l'economia circolare, mediante disposizioni volte a consentire la cessazione della qualifica di “rifiuto”, con riferimento ai rifiuti accidentalmente pescati ovvero raccolti nell'ambito delle campagne di pulizia del mare, ed incentivare le campagne di sensibilizzazione sulla materia.

Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei invitare tutti, però, ad un'attenta riflessione: perché mentre noi siamo qui impegnati nei nostri lavori, il mare incessantemente, con il moto ondoso, trasporta a riva tutto quello che trova nei fondali. Lo sanno bene le comunità che abitano sul mare del nostro Belpaese, nei 7.914 chilometri di costa; specie quelle che si affacciano sulle coste basse possono rendersi conto del problema, poiché in ogni istante, specie dopo le forti mareggiate, sulla riva giunge di tutto. Sì, di tutto: quello che arriva dai ruscelli, dai torrenti e dai fiumi; quindi, tutte le regioni sono interessate e devono essere coinvolte.

Prima dell'avvento delle materie plastiche, i depositi sulle spiagge erano essenzialmente di legname, alghe e posidonia. Nella mia Forte dei Marmi, un tempo, i vecchi raccontavano che quando arrivavano dal mare tronchi e legname, era una corsa di tutto il paese per far asciugare questo legname e poi diventava legna da ardere, e il resto era essenzialmente materiale che contribuiva al ripascimento della spiaggia.

Oggi il mare, come dicevamo, trasporta di tutto, e il problema rifiuti, sia galleggianti sia arenati sulla spiaggia, rappresenta un problema globale per tutti i mari. Secondo una statistica, ogni anno vengono prodotti 280 milioni di tonnellate di plastica; di queste, ben 8 milioni di rifiuti che finiscono nei mari di tutto il mondo, causando gravi danni all'ambiente, alla salute pubblica e di conseguenza all'economia e anche al turismo balneare. Iniziare a ripulire il mare dalle plastiche, come previsto da questa proposta di legge, aiuterà il mare ed il pianeta a recuperare il loro equilibrio, specie se a tutto questo si accompagna una nuova cultura del rispetto del pianeta in tutte le sue componenti.

In Commissione abbiamo svolto un lungo lavoro: lungo e proficuo, arricchito dalle diverse audizioni, nelle quali i soggetti auditi hanno portato, con le loro diverse esperienze, un contributo importante per la discussione di questa proposta. Un grazie a ciascuno di loro; così come un grazie anche ai nostri uffici, che hanno lavorato con noi, e così come alle relatrici, che si sono attivate per vedere di trovare, fra le proposte che sono state avanzate, un momento di sintesi.

Gli esempi di coloro i quali hanno avviato le sperimentazioni in diverse regioni italiane sono stati utili per il successivo confronto con gli uffici legislativi. Penso, tra gli altri, al contributo delle associazioni dei pescatori, che ci hanno rappresentato come in questi anni si siano trovati nella difficile situazione di dover scegliere se accogliere il rifiuto marino, diventando produttori di rifiuti speciali, oppure ributtarlo in mare. Una scelta difficile. Il Partito Democratico nel suo programma di Governo ha messo al centro la green economy, dalla lotta al dissesto idrogeologico al sostegno all'agricoltura bio e alle agroenergie, al potenziamento della differenziata e dei sistemi di riciclo fino alla riduzione delle emissioni e alla lotta alla cementificazione selvaggia. Per noi del Partito Democratico la parola chiave è “sostenibilità integrale”, perché sulla sostenibilità ambientale una forza riformista come il Partito Democratico si gioca gran parte della propria credibilità. Una sostenibilità che passa in primis dalla rigenerazione delle nostre città e dalla riqualificazione dei nostri territori, con modalità innovative che puntino all'elevato valore ecologico, alla qualità, alla vivibilità e all'inclusione sociale.

Tutto questo è possibile solo se ogni singola persona partecipa attivamente con comportamenti e scelte consapevoli. Sappiamo che il mare gioca un ruolo fondamentale nel regolare il clima del pianeta: produce oltre il 60 per cento dell'ossigeno che respiriamo, con una funzione paragonabile a quella delle foreste tropicali, e assorbe circa un terzo dell'anidride carbonica in eccesso immessa nell'atmosfera dalle attività antropiche. È il motore che fa muovere le correnti e rimescola l'atmosfera. Negli ultimi anni le risorse ittiche si stanno esaurendo, gli habitat terrestri e marini sono sempre più inquinati dalle plastiche. La biodiversità è a rischio e gli oceani stanno diventando sempre più caldi e acidi. Stiamo facendo al mare quello che abbiamo fatto alla terra. È ora di prendere coscienza, forse la speranza è il grido che arriva dai giovani, che, mobilitati da Greta Thunberg, manifestano nelle nostre città, invitandoci a fare presto, perché il tempo è scaduto e l'azione concreta da parte dei Parlamenti e dei Governi non è più rinviabile.

In questi anni più volte è arrivato, altresì, il monito di Papa Francesco rivolto ad ogni persona che abita questo pianeta. Penso in particolare all'Enciclica Laudato si', con la quale, ricordando il cantico di San Francesco d'Assisi per sora nostra Madre Terra, ha richiamato la nostra attenzione come la nostra casa comune oggi protesta per il male che le provochiamo a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla; con le sue parole, Bergoglio ci invita a una vera conversione ecologica, che, sul modello di San Francesco d'Assisi, ci conduca ad una sana relazione con il creato come una dimensione della conversione integrale della persona.

Vado a concludere: ho presentato, signor Presidente, un emendamento perché questa legge porti affianco del “SalvaMare” il nome del sindaco di Pollica, meglio conosciuto come sindaco pescatore, ucciso il 5 settembre del 2010 da mani ancora sconosciute. In proposito, domani in Commissione antimafia ci sarà l'audizione del fratello Dario. Da sindaco, Angelo si è battuto per la sua terra, ottenendo alcuni importanti successi, come l'installazione del depuratore nelle acque di Acciaroli e il riconoscimento ambito delle cinque bandiere blu.

La lotta in prima persona al malaffare e allo spaccio di sostanze stupefacenti nel suo comune molto probabilmente decretò la sua condanna a morte. Dopo la sua morte è stata istituita una fondazione per la memoria di Angelo e per portare avanti la sua lotta nella difesa del mare. Tre mesi dopo la morte del sindaco, il comune di Pollica, i pescatori della marina di Acciaroli e la fondazione diedero vita al progetto “Pulizia dei fondali marini”, che vede ancora oggi impegnati alcuni pescherecci nella raccolta dei rifiuti in mare.

Il fratello Dario Vassallo è venuto in audizione in Commissione ambiente e ha illustrato nel dettaglio questo progetto, che dura da oltre 9 anni, affermando che ogni giorno i pescherecci di Acciaroli recuperano dal mare circa 300 chilogrammi di rifiuti; e inoltre ha sottolineato come questo progetto dimostra una capacità di trasformazione culturale nei pescatori e nel territorio, dove il pescatore, da predatore, diventa il primo punto di riferimento a presidio e tutela del mare. Accanto a questo progetto la fondazione ha promosso una serie di iniziative normative, a cui hanno fatto seguito iniziative parlamentari anche nella scorsa legislatura. Il prossimo anno ricorre il decimo anniversario di questa uccisione; quindi, a mio modo di vedere, sarebbe bello poter dare questo gesto. Dalla figura di un sindaco - anche il sottoscritto ha avuto l'onore di fare il sindaco nel suo comune - penso ai tanti sindaci impegnati quotidianamente a trasferire alle loro comunità le buone pratiche, come quelle realizzate con l'attuazione dei principi di “Agenda 21 locale” per la difesa dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile. A loro e alle comunità che amministrano non dovrà mancare mai il nostro impegno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Valbusa. Ne ha facoltà.

VANIA VALBUSA (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, questo provvedimento perseguiva all'inizio l'obiettivo di contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla promozione dell'economia circolare, nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione dei modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti negli ecosistemi marini e alla corretta gestione degli stessi. Com'è noto, le materie plastiche costituiscono l'85 per cento dei rifiuti marini trovati lungo le coste, sulla superficie del mare e sul fondo dell'oceano; da questi dati emerge sicuramente la necessità di adottare provvedimenti alquanto urgenti per arrestare il fenomeno della dispersione dei rifiuti in mare. Grazie alla particolare attenzione del gruppo della Lega-Salvini Premier, data dalla nostra rappresentanza territoriale in Commissione ambiente e, più in generale, alla Camera dei deputati, il disegno di legge è stato esteso anche ai laghi, ai fiumi e alle lagune, attraverso l'acquisizione di un nostro - e ci tengo a precisare: nostro - emendamento completo di questi tre elementi per noi importantissimi e che non potevano assolutamente essere dimenticati da questa nuova maggioranza giallo-fucsia.

Una maggioranza che si stava dimenticando corpi idrici importanti, come il lago di Garda in Veneto, Lombardia e Trentino-Alto Adige, il lago Maggiore, il lago di Como in Lombardia, il lago di Bolsena nel Lazio, come il fiume Po con i suoi 652 chilometri, che attraversa regioni come il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Veneto, l'Adige con i suoi 410 chilometri, che attraversa il Trentino-Alto Adige, il Veneto, il Tevere con i suoi 405 chilometri, che attraversa Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, l'Adda con i suoi 313 chilometri, che attraversa la Lombardia. Come attraversa la Lombardia anche l'Oglio, con i suoi 280 chilometri. E mi permetta, Presidente, provengo da un paese della provincia di Verona che si chiama Valeggio sul Mincio e non posso esimermi dal citare il fiume Mincio, con i suoi 73 chilometri, che attraversa il Veneto e la Lombardia.

Questa maggioranza si stava dimenticando le lagune, come la laguna di Grado, la laguna di Marano in Friuli-Venezia Giulia, la laguna del Mort, la laguna di Caorle, la laguna di Venezia, nel mio amato Veneto. La Lega ha evidenziato che una legge nazionale di questa importanza sotto il profilo ambientale non poteva dimenticarsi dei fiumi, dei laghi e delle lagune, corpi dello stesso identico valore tra loro. C'è stato, come dire, scippato un emendamento, signor Presidente, e questo glielo voglio comunicare; ma noi, dal canto nostro, non ci scoraggiamo e continueremo sicuramente a vigilare e lavorare perché queste ingiustizie non avvengano mai più in Commissione. Al fine di salvaguardare e tutelare il nostro prezioso ambiente, il presente disegno di legge disciplina la gestione e il riciclo dei rifiuti accidentalmente raccolti in mare mediante le reti durante le operazioni di pesca.

Si vogliono, infatti, agevolare i compiti dei pescatori, i quali, più di altri, si trovano costretti a imbattersi giornalmente con i rifiuti abbandonati in acqua. Ma come vengono classificati i rifiuti pescati? All'articolo 2 del disegno di legge abbiamo riscontrato criticità che abbiamo proposto di risolvere con degli emendamenti in Commissione. Crediamo fortemente che il testo approvato dalla Commissione ambiente porti con sé una totale confusione per quanto riguarda la classificazione dei rifiuti pescati accidentalmente o raccolti attraverso campagne di pulizia dell'ambiente idrico. Infatti, il disegno di legge prevede che, se i rifiuti vengono raccolti nei laghi, nei fiumi, nelle lagune o in mare e conferiti in piccoli porti non commerciali o zone non comprese nella competenza territoriale di un'autorità portuale, sono considerati rifiuti urbani e, quindi, verranno anche facilmente differenziati ed avviati ad una attività di recupero. Ma gli stessi identici rifiuti diventano speciali se il conferimento avviene all'interno di una zona di competenza dell'autorità di sistema portuale. Noi crediamo fortemente che mescolare i rifiuti raccolti in mare con i rifiuti delle navi sia un'azione da eliminare completamente, perché causerebbe la trasmissione immediata di olii e idrocarburi.

Il nostro gruppo, quindi, presenterà nuovamente un emendamento in Aula per permettere un'unica gestione omogenea dei rifiuti pescati dai pescatori, da assegnare ai gestori dei rifiuti urbani anche ai fini del successivo trattamento omogeneo ai fini del riciclo e del recupero, con ricadute positive sull'economia circolare. Abbiamo il compito di stimolare i pescatori al conferimento dei rifiuti pescati con una normativa snella, che eviti profili sanzionatori e che permetta di incrementare la consapevolezza nella collettività della necessità di un ambiente pulito. Inoltre, signor Presidente, il presente disegno di legge non dispone indicazioni per il trasporto dei rifiuti pescati fino al punto di raccolta nel porto. In questo modo i pescatori si troverebbero esposti ad obblighi di legge per soggetti che trasportano i rifiuti. Occorre, quindi, chiarire al più presto che i pescatori non devono essere iscritti all'albo gestori rifiuti per effettuare il conferimento dei rifiuti raccolti e conferiti all'impianto portuale di raccolta. L'articolo 2, oltre a chiarire la modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati, annuncia che i costi di gestione dei rifiuti sono distribuiti sull'intera collettività nazionale. All'interno della Tari troveremo, infatti, una nuova voce che dovremmo pagare, perché questo Governo non è stato capace di istituire un fondo dedicato al “SalvaMare”, ma ha preferito caricare gli oneri sulle tasche dei cittadini italiani. Le tasche dei cittadini italiani, signor Presidente, sono ormai vuote: basta tasse. Gli italiani sono stufi di pagare, pagare e pagare. È stata approvata, la settimana scorsa, in quest'Aula, la Nota di Aggiornamento del Documento di economia e finanza, all'interno della quale si parla di green new deal e, Presidente, nella speranza che un giorno in quest'Aula si ritorni a parlare con concetti espressi in italiano e non riprendendo concetti statunitensi, mi chiedo perché all'interno del piano per favorire gli investimenti verdi il Governo PD-5 Stelle non ha pensato ad un fondo “SalvaMare”; hanno pensato, invece, di istituire nuove imposte ambientali: una vergogna. Troppo comodo stare seduti a sbandierare politiche ambientaliste sull'onda della Francia e della Germania: probabilmente il MoVimento 5 Stelle sta pensando come recuperare percentuali di consenso perse stando con la Lega al Governo, una Lega tuttora concreta e attenta alle esigenze dei cittadini italiani, di tutti i cittadini italiani.

Le modalità di copertura finanziaria sono stabilite dalla ARERA, Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, cui spetta altresì il compito di individuare i soggetti e gli enti tenuti a fornire i dati e le informazioni necessarie per la determinazione della tariffa medesima, nonché i termini entro i quali i dati e le informazioni devono essere forniti. In questo modo saranno definite le componenti dei costi e il metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati.

Presidente, voglio pensare che il Governo e la maggioranza sappiano che i bilanci comunali devono essere approvati entro il 31 dicembre e, prima di essi, devono essere approvati i piani finanziari rifiuti, piani che determinano la Tari di ogni singolo comune. Arriveranno i dati in tempo per la redazione dei bilanci comunali, al 31 dicembre, aggiungo? Presidente, è indispensabile una correzione del testo che preveda che i costi di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati siano coperti da uno specifico contributo da riconoscere da parte dello Stato in favore dei gestori interessati. Non è detto che i responsabili dei rifiuti in mare siano solo e solamente italiani: i rifiuti potrebbero arrivare, infatti, trasportati nelle nostre acque tramite correnti ed è per questo che lo Stato deve supportare economicamente il recupero e lo smaltimento.

Al fine di diffondere modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione del fenomeno dell'abbandono dei rifiuti negli ecosistemi in questione e alla loro corretta gestione, il disegno di legge prevede l'adozione di misure atte a incentivare comportamenti rispettosi delle esigenze di tutela dell'ambiente da parte degli imprenditori ittici. Bene, peccato che poi è stata approvata in Commissione la disposizione proposta dalle relatrici che declassa ad un semplice riconoscimento ambientale non ben definito la certificazione ambientale prevista dal testo base per gli imprenditori ittici che utilizzano materiali di ridotto impatto ambientale e che partecipano alle campagne di pulizia. Noi intendiamo riconoscere, veramente, lo sforzo richiesto agli imprenditori ittici con una certificazione vera e propria della loro attività. Uno dei modelli comportamentali virtuosi da cui volevamo partire era la diffusione di cassette biodegradabili e compostabili attraverso incentivi ai pescatori. Purtroppo, ad oggi hanno un costo piuttosto elevato e non vengono, quindi, preferite a quelle della plastica. L'emendamento che ripresenteremo sicuramente in Aula propone un abbattimento del 30 per cento del prezzo di vendita tramite credito d'imposta da compensare immediatamente dal venditore mediante il modello F24. Il fine è ovviamente quello di disincentivare l'uso della plastica in favore di prodotti biodegradabili e compostabili.

Bene, invece, i due articoli 8 e 9, inseriti in Commissione, che prevedono la promozione da parte del Ministero dell'Istruzione, università e ricerca, nelle scuole di ogni ordine e grado, di attività volte a rendere gli alunni consapevoli dell'importanza della protezione degli ecosistemi del mare e delle acque interne. D'altronde, noi della Lega, Presidente, siamo tuttora particolarmente sensibili alle iniziative di promozione dell'educazione ambientale. Abbiamo infatti presentato una proposta di legge in merito e, inoltre, nella proposta di legge per l'introduzione dell'insegnamento scolastico dell'educazione civica, già approvata alla Camera, è stato già inserito l'obiettivo di apprendimento dell'educazione ambientale, sviluppo eco-sostenibile e tutela del patrimonio ambientale. Abbiamo ritenuto opportuno, inoltre, porre attenzione all'introduzione e alla conseguente proliferazione di numerose specie alloctone all'interno delle acque interne. Con l'emendamento che abbiamo proposto in Commissione e che riproporremo sicuramente in Aula, riteniamo importante prevedere l'obbligo di pulizia della carena dell'imbarcazione prima della sua introduzione nei laghi e nei fiumi del nostro territorio, al fine di tutelare la flora e la fauna autoctone e combattere la diffusione di specie aliene e, quindi, invasive, e di fioriture algali tossiche.

Per concludere, Presidente, uniti nel perseguire l'obiettivo di porre fine alla dispersione di rifiuti nell'ambiente marino, dei laghi, dei fiumi e delle lagune, consapevoli del ruolo chiave che i pescatori rivestono nell'attività di raccolta dei rifiuti durante le operazioni di pesca, crediamo fortemente che questo disegno di legge sia carente sotto molti punti di vista, a volte addirittura in contenuti, e debba quindi essere rivisto, per promuovere così un disegno di legge che contribuisca al risanamento dell'ecosistema con l'aiuto dei pescatori e di tutte le associazioni che promuovono compagne di pulizia; ma soprattutto, con l'aiuto di tutti i cittadini italiani, i quali devono essere consapevolizzati e sensibilizzati nei riguardi della protezione e salvaguardia dell'ambiente e sulle ricadute della stessa in termini di vantaggi sulla salute e sull'economia locale. Ma, signor Presidente, non crediamo che tutto questo si possa concretizzare solo ed esclusivamente tassando le famiglie italiane.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Micillo. Ne ha facoltà.

SALVATORE MICILLO (M5S). Grazie, Presidente, grazie onorevoli colleghi, deputati, Governo. Presidente, le mostro una semplice scheda, scheda di 5 grammi di microplastiche. Queste microplastiche sono l'esempio di quello che ogni settimana ingeriamo, quello che esattamente viene dal nostro mare.

Cinque grammi di microplastiche che ogni settimana, secondo uno studio di Newcastle, ingeriamo da una componente che viene dai nostri mari, quello che peschiamo ogni giorno. Da questo assunto partiamo per parlare del disegno di legge “SalvaMare”, un disegno di legge che qualcuno credeva e crede ancora che non serva, che non serva a tutelare il nostro mare. Qualcuno crede che sia un piccolo passaggio, io credo, invece, che sia un grande passaggio rivoluzionario.

Parlare di disegno di legge “SalvaMare” significa mettere al centro del dibattito politico e parlamentare i nostri 7.500 chilometri di coste, significa parlare dei nostri fiumi, dei nostri mari, parlare di quanti dati l'ISPRA ha fatto pervenire a noi dicendo che il 75 per cento è plastica e viene dal mare, il 55 per cento del nostro pescato è plastica, e qualcuno crede ancora che questo disegno di legge non serva, sia inutile, sia qualcosa che non serve, che ci sono altre emergenze, ci sono altre problematicità.

Nelle poche volte che questo disegno di legge si è già sperimentato in alcuni porti si sono portate a casa circa 70-80 tonnellate di plastica: in poche settimane, 70-80 tonnellate di plastica, uscendo poche volte per sperimentare questo disegno di legge “SalvaMare”. Immaginatelo, adesso, per tutto l'anno, per tutti i pescatori che possono uscire sul nostro mare, pescare il nostro pescato, ovviamente, ma anche riprendere quella plastica e quei rifiuti, che ogni giorno prendono.

Parlando con le associazioni, costruendo questo disegno di legge, loro ci chiedevano di avere a disposizione sui nostri porti un'isola ecologica, che potesse permettere loro, dopo una notte lunga di pesca, di arrivare sui nostri porti e mettere lì i loro rifiuti. Questo prima non era possibile, perché è traffico illecito di rifiuti. Adesso permettiamo loro che questo possa essere qualcosa di normale, totalmente normale, e dico “normale” perché anche molte altre nazioni stanno vedendo il nostro esempio e stanno portando avanti le stesse iniziative, perché il mare non è soltanto i 7.500 chilometri di coste, ma è ovviamente tutto il mare e i nostri oceani, il nostro respiro, quello che ogni giorno respiriamo e, purtroppo, ingeriamo con quei 5 microgrammi di plastica che dicevo prima.

Tutto questo va ad incentivare un percorso più ampio di educazione ambientale. Nelle sperimentazioni che abbiamo fatto, farlo con i nostri ragazzi, con i nostri alunni, e venire con le scolaresche a capire esattamente cosa il nostro mare produce, dà una sensazione, anche lì, di respiro: significa liberare il nostro mare, significa dare alle prossime generazioni un messaggio forte, fondamentale, che faccia capire alle future generazioni cosa abbiamo fatto al nostro mare e cosa stiamo facendo, affinché il nostro mare possa essere salvato. La parola giusta: salvato. Perché parlare di tonnellate e tonnellate di plastica significa che, per tutto questo tempo, abbiamo usato il nostro mare come una immensa, incredibile discarica. Tutto questo non è assolutamente possibile, non è assolutamente immaginabile.

L'economia circolare: un messaggio fondamentale, perché anche dal mare arriverà la nostra economia circolare. Significherà mettere anche a circuito i rifiuti e la plastica che arrivano dal mare, immessi in un'economia circolare più ampia. Ricordiamolo, sono molti i miliardi investiti in economia circolare, molti i posti di lavoro che permettono all'economia circolare di poter vantare, anche a livello nazionale italiano, uno dei maggiori PIL per la nostra economia.

Io ringrazio, ovviamente, i pescatori, le associazioni, le associazioni ambientaliste che abbiamo ascoltato in questo periodo. Avere avuto, come sottosegretario, nello scorso Governo, la delega al mare mi ha riempito di orgoglio, perché è una nostra risorsa, è un qualcosa che realmente è la cosa più bella che abbiamo e va assolutamente tutelata. Aver avuto quella delega mi ha riempito di orgoglio, anche collaborare con gli uomini dello Stato, della Guardia costiera, della Marina militare, persone che ogni giorno tutelano il nostro mare in tutto e per tutto, e a loro va il mio ringraziamento.

Ma il mio ringraziamento più grande va a una persona, a un sindaco che veniva definito pescatore, ad Angelo Vassallo. Io do un abbraccio ad Antonio, ma anche al piccolo Angelo, che è nato da poco, perché il sindaco pescatore voleva fortemente una legge del genere e amava fortemente il mare. Io, personalmente, ma credo tutto il mio gruppo vorrà dedicare questo disegno di legge “SalvaMare” a un uomo dello Stato, a un sindaco pescatore che non si è girato mai dall'altra parte e nel mare vedeva una risorsa incredibile e grande. Noi vogliamo dare a lui il nostro ringraziamento per tutto quello che ha fatto (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ferri. Ne ha facoltà.

COSIMO MARIA FERRI (IV). Grazie, Presidente. Intanto anche da parte nostra, dal gruppo di Italia Viva, un pensiero al sindaco pescatore e penso che giustamente in quest'Aula sia stato più volte ricordato proprio per il suo impegno in prima linea di fronte a questi temi e nella battaglia della tutela del mare e contro l'illegalità, con grande coraggio.

È con questa convinzione che anche il nostro gruppo ha votato e voterà questo disegno di legge, chiamato giustamente “SalvaMare”, anche per dimostrare che, come è stato ricordato, il testo inizialmente era stato licenziato dal Governo gialloverde che ci ha preceduto e, di fronte al dibattito, anche all'interno della maggioranza, senza pregiudizi ma guardando al cuore delle questioni, all'interesse degli italiani, all'interesse della tutela del nostro ambiente, alla tutela della salute e tutto quello che ruota intorno alla tutela del mare, con questo spirito costruttivo, abbiamo cercato di portare il nostro contributo; e, come è stato detto prima meglio di me dalla collega Fregolent, è stato migliorato anche.

Quindi, è un testo che viene licenziato da un altro Governo, che è stato migliorato da questa maggioranza in alcuni punti, che sono fondamentali, che caratterizzano e migliorano, perché, diciamolo con onestà, il testo iniziale mancava di alcune precisazioni; e ancora mi auguro che, anche nel dibattito, possa essere arricchito, proprio perché deve essere un disegno di legge, un provvedimento che coinvolga tutti, perché tutti dobbiamo avere a cuore la tutela dell'ambiente e del mare, dobbiamo salvare il nostro mare e dobbiamo far capire, educare anche i cittadini all'importanza di questi temi.

E la svolta - lo ricordava prima anche l'onorevole Fregolent - ce l'hanno data anche i giovani, i ragazzi, le scuole, che già su questi temi iniziano ad interessarsi, a partecipare e a capire quanto sia importante la tutela del mare, l'approccio e anche la visione che si deve avere sui problemi climatici e su tutto quello che riguarda questi temi, che rafforzano una tutela anche del diritto alla salute, rafforzano tutto quello che è anche quell'economia circolare che è fondamentale, il tema del turismo e tanti altri argomenti.

Ma arriviamo al provvedimento. Intanto, il provvedimento - che è stato già analizzato, però voglio riprendere alcuni punti che, secondo me, sono fondamentali - ha ad oggetto la promozione dell'economia circolare, la tutela dell'ecosistema marino, interviene nel caratterizzare e nel definire il rifiuto.

Sappiamo quanto sia complicata la materia del rifiuto. Con il precedente Governo, con il Governo Gentiloni e Renzi, abbiamo lavorato sui temi della riforma degli eco-reati e, quindi, già avevamo dato una linea ben precisa al tema dell'ambiente e siamo intervenuti con delle norme severe, penali, che disciplinino e tutelino questa materia.

Quindi, è questa la linea da inserire e questo riguarda altri temi, che però nascono da quella visione sull'ambiente che mancava in questo Paese e che abbiamo portato con forza, anche grazie - e lo dobbiamo ricordare, l'ha detto prima una delle relatrici e condivido - alle associazioni.

Dobbiamo dire grazie alle associazioni per la spinta anche alla politica, alle istituzioni nel dibattito: noi oggi raccogliamo il lavoro di tanti volontari, di tante associazioni che, per anni, su questi temi sono stati in prima linea. E, quindi, grazie all'associazione Marevivo, già citata, ma che voglio riprendere, perché su questi temi ha dato tantissimo a proposito del “SalvaMare”, al WWF, a Legambiente, e a tutto quello che hanno costruito, a Fareambiente e anche a tante altre associazioni che non cito, non perché siano meno famose o non abbiano portato quel contributo importante per sollecitare l'opinione pubblica e la politica su questi temi. Quindi, noi recepiamo anche il loro lavoro, dobbiamo dirlo con onestà, dobbiamo riconoscerlo e dobbiamo gratitudine, così come dobbiamo gratitudine a tutti coloro che hanno difeso il mare: prima venivano ricordate la Guardia costiera, la Marina, penso alla Guardia di finanza (ogni settore delle forze dell'ordine ha, comunque, un reparto specializzato su questi temi), e tutti coloro che tutelano e difendono il nostro mare.

Quindi, con questo spirito nasce questo disegno di legge che, dicevo, coinvolge tutti: proprio perché parte da questa spinta anche dell'associazionismo, oggi il legislatore ha il compito di coinvolgere tutti. Per questo, un pilastro, anche per il nostro gruppo di Italia Viva, era quello di coinvolgere il terzo settore, di coinvolgere tutte le associazioni, di non limitare anche nel coinvolgimento tutte quelle campagne di informazione e di sensibilizzazione per quanto riguarda questi temi. Quindi, il terzo settore deve essere citato, deve essere coinvolto in questa legge “salva mare”, perché può portare un contributo importante, e così come il terzo settore, tante altre associazioni.

Certo, tra i protagonisti c'è chi vive e chi ama il mare più di tanti altri: noi lo amiamo, almeno io personalmente, come cittadino, come persona che ama il mare e che, quindi, lo frequenta, ma ci sono tante persone che, oltre al turismo che porta al mare, vivono nel mare, lavorano nel mare e, comunque, anche per quanto riguarda l'attività della pesca, quando vanno a svolgere questa attività lavorativa, portano, poi, sulle nostre tavole i pesci che, come le statistiche ed i rapporti ci dicono, molte volte, mangiano plastiche. Quindi, noi sottolineiamo questi dati, perché ci confermano l'importanza di questo provvedimento.

Per esempio, nel mar Tirreno, il 95 per cento dei rifiuti galleggianti che sono stati avvistati più grandi di 25 centimetri sono di plastica: questo è già un dato che ci deve allarmare. Tutte le tartarughe marine, purtroppo, tutte le specie, dentro, hanno della plastica, e anche questo è un dato preoccupante. Nel Mediterraneo, 134 specie di animali, e 60 sono di pesci, muoiono per ingestione di plastica. I dati sono tantissimi: prima si faceva riferimento alle tonnellate di plastica che esistono nel mare, che vengono abbandonate e che, poi, rimangono nei fondali del mare. Sono tutti i dati preoccupanti, che richiedono l'urgenza di questa legge, che non è certamente una legge inutile, ma che è una legge che ci proietta verso una sfida globale, dove tutti noi possiamo essere protagonisti e portare un contributo fondamentale.

Inoltre, in questa legge si parla di procedure di infrazione: anche in questa sede, non mi stancherò mai di farlo, ricordo il lavoro dei Governi Renzi e Gentiloni nel chiudere le procedure di infrazione dell'Unione europea. Noi abbiamo chiuso in quegli anni tantissime procedure di infrazione, davvero abbiamo fatto un lavoro importante e, oggi, con questo provvedimento, anticipiamo, addirittura, quello che ci chiede l'Unione europea e, quindi, le direttive. Di queste direttive noi anticipiamo, come Paese, il contenuto e, quindi, interveniamo in maniera celere, dando un segnale davvero di un Paese che è attento alle tematiche dell'ambiente e del mare. Mi riferisco alla già citata direttiva (UE) 2019/883: tra l'altro, la recepiamo parzialmente, ma su un punto importante, cioè proprio sul concetto di trovare un regime di favore per i rifiuti accidentalmente pescati. Quindi, su questo tema noi interveniamo e arriviamo a risolvere quel tema, anche giuridico, dei rifiuti speciali, che diventano rifiuti urbani, che consente un coinvolgimento dei pescatori, delle associazioni, delle cooperative, di chi pesca in mare, sia in maniera organizzata che con mezzi anche improvvisati, e pesca la plastica. Pesca la plastica e può essere protagonista nello smaltire e nell'iniziare quel procedimento senza incorrere in multe, ma diventando protagonista dello smaltimento e della raccolta, dando un servizio e, quindi, anche educando il cittadino - sia quello organizzato, quindi quello che lavora in mare, come il pescatore, ma anche il cittadino che si trova in mare e che raccoglie la plastica - ad un percorso di smaltimento, che diventa fondamentale non solo per il mare, ma per tutti noi, ed è questo l'importante.

In questa linea, si inseriscono alcuni articoli di questo disegno di legge: le campagne di pulizia - cito l'articolo 3 - e, quindi, come i rifiuti possono essere raccolti nell'ambito di specifiche campagne di pulizia organizzate su iniziativa dell'autorità competente ovvero su istanza presentata all'autorità competente dal soggetto promotore della campagna, secondo delle modalità che verranno definite - e qui arrivo ad un altro impegno che viene citato in tre punti di questo disegno di legge - non solo dal Ministro dell'ambiente, ma anche dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Ci sarà, dunque, l'impegno anche della Ministra Bellanova su questi temi - il decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro delle politiche agricole - sia sulle campagne di pulizia che ho accennato, previste all'articolo 3, sia sul tema dell'articolo 8, sulle misure premiali nei confronti del comandante del peschereccio soggetto al rispetto degli obblighi che sono previsti nel provvedimento.

Quindi, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente, dovrà adottare ed individuare queste misure premiali, che sono fondamentali, così come per quanto riguarda un altro tema, l'articolo 8, che riguarda il riconoscimento ambientale. Agli imprenditori ittici che, nell'esercizio delle proprie attività, utilizzeranno materiali di ridotto impatto ambientale e parteciperanno a campagne di pulizia del mare o conferiscono i rifiuti accidentalmente pescati, è attribuito un riconoscimento ambientale attestante l'impegno per il rispetto dell'ambiente marino e la sostenibilità dell'attività di pesca da essi svolta. Entro dodici mesi, il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, disciplinerà le procedure per l'attribuzione del riconoscimento. Quindi, ci sarà un impegno sia del Ministro dell'ambiente che del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: su questo, sono certo che non mancheranno gli impegni, la celerità e l'attenzione sia del Ministro Costa che della Ministra Bellanova, che dovranno, poi, attuare, con i decreti, con i regolamenti, questo provvedimento.

Altro tema fondamentale è quello quando parlavo dei rifiuti accidentalmente pescati è quello di avere esteso l'ambito, quindi, di avere allargato e non limitato solo ai rifiuti raccolti in mare, ma di avere inserito e guardato anche ai rifiuti raccolti nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca o quelli raccolti occasionalmente in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune con qualunque mezzo. Quanti cittadini, quanti di noi, passeggiano e frequentano le coste, non solo del mare, e percorrono strade che attraversano i fiumi, sopra i sassi, o frequentano i laghi? Quindi, va bene avere esteso e avere davvero guardato a 360 gradi, verso quell'economia fondamentale che è l'economia circolare e anche nei confronti di quell'ecosistema marino che va sempre più rafforzato.

Quindi, non faremo mancare il nostro impegno e penso che il Parlamento…

PRESIDENTE. Concluda.

COSIMO MARIA FERRI (IV). …vincerà questa sfida, che è complessa ma che è globale e che porterà più tutela e più salute ai nostri cittadini, più rispetto dell'ambiente e anche maggiore rispetto per tutto quello che ruota intorno all'ambiente e al nostro mare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vianello. Ne ha facoltà.

GIOVANNI VIANELLO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, il provvedimento che ci apprestiamo a discutere racchiude in sé misure molto attese dalla società civile che ormai, da tempo, incoraggiata da politiche industriali e ambientali finalmente decise, ha ben chiaro che sia l'ambiente, sia l'economia verde sono capaci di stimolare la ricerca e l'innovazione, contribuendo a migliorare, quindi, la vita di tutti.

Finalmente quest'Aula può discutere provvedimenti legati alla tutela ambientale e alla promozione dell'economia verde. Gli obiettivi prima che i contenuti di questo disegno di legge, cosiddetto “SalvaMare”, sono perfettamente in linea con le valutazioni raggiunte fuori dalle Aule di questo Parlamento. Queste stesse considerazioni che riguardano l'emergenza inquinamento delle acque, in particolare dei mari, sono periodicamente avvalorate da report, ricerche e monitoraggi a dir poco disastrosi. I cittadini, le amministrazioni comunali, i pubblici servizi, le università, le scuole primarie e secondarie lo hanno compreso sin da subito, accogliendo con favore la campagna “Plastic free” promossa dal Ministero dell'Ambiente e dal Ministro Costa. Gli esempi da citare in questo senso sono davvero molteplici: mi vengono in mente le amministrazioni comunali di Capri, Napoli, Verona, Roma e Milano, solo per citare alcune tra le realtà che hanno dato avvio a iniziative volte al minor consumo di plastica monouso; oppure le università di Roma Tre, di Teramo, della Basilicata e di Catania, che hanno iniziato a distribuire borracce di alluminio agli studenti. Insomma, questo provvedimento si muove lungo un terreno fertile e soprattutto molto informato, anche grazie ai copiosi dati sull'inquinamento da plastica forniti da organizzazioni ambientaliste, enti di ricerca e organi tecnici del Ministero dell'Ambiente.

Non più tardi di qualche giorno fa l'ISPRA, insieme al Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, ha parlato di situazione grave riferendosi alla salute dei mari italiani, dove il 77 per cento dei rifiuti presenti in acqua è di plastica, specialmente di tipo monouso; è lo stesso materiale che secondo l'ultimo rapporto del WWF “Mediterraneo in trappola” rappresenta oltre il 90 per cento dei danni provocati alla fauna selvatica marina. Secondo i risultati del recentissimo progetto “Mica” sulle microplastiche in mare nel bacino del Mediterraneo - parliamo di un percorso di ricerca che ha visto coinvolti gli studiosi dell'università di Bari insieme alla Marina militare - la concentrazione maggiore di rifiuti è presente soprattutto nel centro del Mar Ionio (il 75 per cento sui fondali, di cui il 91 per cento è costituito da plastiche).

Tutti questi dati come si traducono nella realtà della biodiversità e degli ecosistemi marini? Non bene se pensiamo che la plastica abbandonata in mare, sui nostri litorali o nei fiumi che sfociano negli stessi mari causa intrappolamento, ingestione, contaminazione e trasporto di specie aliene a scapito delle specie marine autoctone. In tutto questo mare magnum di rifiuti di plastica l'attrezzatura da pesca abbandonata, persa o dismessa in mare, tra cui funi, reti e trappole, rappresenta una tra le cause principali dei danni alla fauna selvatica. Il fenomeno è comunemente conosciuto come “pesca fantasma”. Quest'ultima realtà, insieme alla consapevolezza maturata davanti all'ultimo dato - sempre targato ISPRA - che riferisce, come già detto dai colleghi precedentemente, di ben 194 tonnellate di rifiuti rimasti incastrati nelle reti di 224 pescherecci coinvolti dal 2013 al 2019 in due progetti di ricerca, ci porta naturalmente a pensare che la collaborazione dei pescatori in questa grande battaglia di pulizia dei nostri mari sia dirimente, soprattutto nel lungo periodo.

Lo dicevamo all'inizio: a livello nazionale ci misuriamo con un grado di coscienza e conoscenza elevato da parte della società civile, che ci chiede a gran voce interventi urgenti per porre rimedio a un modello di sviluppo disastroso perpetrato per decenni e che oggi pone in evidenza tutti i suoi limiti. Ci confrontiamo, d'altra parte, con un panorama internazionale in alcuni casi già avviato: basti pensare, ad esempio, all'isola greca di Paros, prima in Europa e nel Mediterraneo a dire gradualmente “addio” alla plastica.

Per riuscirci è fondamentale puntare anche sulle campagne di sensibilizzazione, che il più delle volte precedono quelle organizzate per la pulizia volontaria. Entrambe le ipotesi sono contemplate nel disegno di legge “SalvaMare” e per farlo al meglio abbiamo ulteriormente esteso la possibilità di organizzazione anche ad altri soggetti, quali le associazioni di promozione sociale, quelle sportive dei subacquei e i centri diving, che in realtà sono da tempo impegnati in questa battaglia di pulizia.

Da pugliese mi fa piacere citare le campagne di pulizia dei fondali dell'area marina protetta delle Isole Tremiti, programmate annualmente dall'ente Parco nazionale del Gargano in collaborazione con, appunto, i centri diving; e poi anche della riserva naturale di Torre Guaceto o dell'area marina protetta di Porto Cesareo, zona quest'ultima che proprio lo scorso 10 aprile ha inaugurato il primo centro di raccolta dei rifiuti pescati in mare grazie anche a un accordo stretto con il Ministero dell'Ambiente.

Auspico, quindi, che il nostro Paese recepisca al più presto la direttiva n. 2019/904 sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, la quale promuove, inoltre, approcci circolari che privilegiano prodotti e sistemi riutilizzabili, sostenibili e non tossici piuttosto che prodotti monouso, con l'obiettivo primario di ridurre la quantità di rifiuti prodotti.

Da una parte l'Europa ci indica la strada della messa al bando della plastica monouso a cominciare dal 2021; dall'altra l'Italia, seppur con anni di ritardo rispetto a quanto era necessario fare già un decennio fa, sta finalmente intraprendendo una strada virtuosa. Il disegno di legge “SalvaMare”, sulla scia dell'altra direttiva, la n. 2019/883, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi e grazie - consentitemi di dirlo - al lavoro in Commissione ambiente sia della maggioranza ma anche dell'opposizione qui alla Camera dei deputati, dove il testo base è stato migliorato ulteriormente, persegue, quindi, l'obiettivo di favorire il recupero dei rifiuti accidentalmente pescati nei mari, nei fiumi, nei laghi e nelle lagune, l'organizzazione di campagne volontarie di pulizia del mare, la promozione dell'economia circolare mediante disposizioni volte a consentire anche la cessazione della qualifica di rifiuto con specifico riferimento ai rifiuti accidentalmente pescati oppure a quelli raccolti nell'ambito della campagna di pulizia del mare; infine, l'incentivazione di campagne di sensibilizzazione sull'intera materia.

Ora attraverso l'approvazione di un atto normativo tanto atteso quanto utile abbiamo solo il dovere di accogliere e di non deludere le aspettative di una società civile che anela a una migliore qualità della vita in termini ambientali e di salute. Questo è il nostro compito, è il nostro lavoro, è un obbligo morale che dobbiamo compiere al meglio non solo per porre rimedio all'attuale stato disastroso, ma soprattutto lo dobbiamo fare per garantire i presupposti di una buona qualità della vita alle generazioni future.

Concludo, Presidente, ringraziando ovviamente le associazioni ambientaliste con cui ci siamo confrontati in tutti questi mesi e che abbiamo visto, appunto, esprimersi in difesa del mare parlando con il cuore; con il cuore si sono espressi anche tantissimi centri diving in giro per l'Italia, che sono i primi custodi e anche i guardiani del mare, ovviamente perché ci lavorano e ci vivono proprio dentro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Manca. Ne ha facoltà.

ALBERTO MANCA (M5S). Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, finalmente vediamo approdare in Aula il testo di questo disegno di legge denominato “SalvaMare” non certo per un mero artifizio artificio retorico. Recenti studi ci confermano, infatti, che la situazione nei nostri mari è gravissima: il Mediterraneo, straordinario patrimonio ambientale, è oggi uno dei mari più inquinati a causa della plastica. Ogni anno i Paesi del Vecchio Continente riversano in mare tra le 150 e le 500 mila tonnellate di plastica, senza contare le altre tipologie di rifiuti. Queste si vanno ad aggiungere alle enormi quantità già presenti nelle nostre acque.

L'ultimo rapporto dell'ISPRA, già ricordato dai colleghi, ci dice che il 70 per cento dei rifiuti in mare si deposita sui nostri fondali e, di questi, il 75 per cento è formato da plastica, creando delle vere e proprie discariche marine. “Abbiamo toccato il fondo” dice il rapporto, ed è proprio vero.

I pezzi di plastica abbandonati nella natura mettono in pericolo interi ecosistemi, causano la morte dei pesci e strangolano altri animali, come ad esempio le tartarughe marine.

L'Europa, inoltre, riversa in mare enorme quantità di microplastiche, quasi 100 mila tonnellate all'anno, per non parlare delle nanoplastiche, talmente piccole da risultare impossibile da campionare con gli strumenti tecnici oggi a disposizione. Di esse sappiamo solo che contribuiscono a strozzare e soffocare i nostri mari e i loro incolpevoli abitanti. Questi numeri ci dicono che la plastica rappresenta il 95 per cento dei rifiuti nel mar Mediterraneo e l'Italia è uno dei Paesi maggiormente responsabili. Il problema non è solo nazionale o continentale, in realtà è un problema planetario. L'inquinamento da plastica genera ogni anno circa 13 miliardi di dollari di danni agli ecosistemi marini ed enormi risorse sottratte al turismo ma soprattutto alla pesca. Proprio la pesca rappresenta un settore in difficoltà, ma è ancora vivo ed indispensabile per l'economia dei luoghi, basato su un rapporto imprescindibile tra il pescatore del mare, fatto di capacità operativa, sacrificio, competenze, conoscenze perpetrate da tradizione secolare. I pescatori sono coloro che meglio di tutti conoscono il problema della plastica e dei rifiuti che inquinano i nostri mari. Lo Stato italiano non ha fino ad ora saputo valorizzare il ruolo svolto dai pescatori nella tutela degli ecosistemi marini, nonostante nel 2014 i Paesi membri della FAO abbiano approvato una serie di direttive finalizzate a sostenere i milioni di pescatori su piccola scala, riconoscendone il contributo fondamentale nella lotta alla povertà e alla sicurezza alimentare; è quindi giunto il momento di invertire la rotta. La legge “SalvaMare” ha l'ambizioso obiettivo di contribuire al risanamento dell'ecosistema marino. A tal fine è indispensabile ripulire il mare dai rifiuti. Il modo più intelligente per farlo è valorizzare proprio il ruolo di coloro che del mare sono i primi custodi, loro che, grazie al mare, svolgono il proprio lavoro durissimo e a volte poco remunerativo ma senz'altro appassionante per chi ama la natura e ama vivere con coraggio. I pescatori, grazie a questa legge, potranno finalmente portare a terra la plastica e gli altri rifiuti accidentalmente finiti nelle loro reti. Attualmente, una simile condotta, oltre a comportare ingenti costi di smaltimento a loro carico, è sanzionata penalmente, poiché integra il reato di trasporto e più in generale di gestione illecita dei rifiuti: un vero e proprio paradosso, che ha rappresentato fino ad ora un forte deterrente per coloro che volevano porre in essere comportamenti virtuosi per l'ambiente. I pescatori sono oggi costretti a rigettare in mare i rifiuti finiti accidentalmente nelle loro reti. Questo non succederà più, grazie all'approvazione della legge “SalvaMare”: con l'introduzione di una serie di definizioni, tra le quali quella di rifiuto accidentalmente pescato e rifiuto volontariamente raccolto, diamo una copertura giuridica alle azioni che rimediano al costante abbandono dei rifiuti in aree marittime. Per tale ragione, in linea con la definizione recata nella direttiva n. 883 del 2019, si dispone che i rifiuti accidentalmente pescati siano equiparati a quelli prodotti dalle navi e che il comandante della nave debba obbligatoriamente conferirli presso l'impianto portuale di raccolta, fatta eccezione per una serie di casi predeterminati, per il quale il conferimento deve essere rispettivamente effettuato presso gli impianti portuali di raccolta integrati nel sistema comunale di gestione integrata dei rifiuti oppure ad apposite strutture di raccolta, anche temporanee, allestite in prossimità degli ormeggi. Crediamo quindi profondamente che il lavoro dei pescatori possa fornire, se adeguatamente valorizzato, un enorme contributo alla pulizia del mare. La disposizione che stabilisce la gratuità del conferimento dei rifiuti accidentalmente pescati risponde all'esigenza di non disincentivare l'adozione di comportamenti virtuosi. Va in questa direzione il riconoscimento ambientale per i pescatori che contribuiranno a rendere più puliti i nostri mari, le lagune, i fiumi e quant'altro; grazie ad esso la loro filiera di pescato sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta. Eliminiamo le regole che scoraggiano la pulizia del mare e creiamo più condizioni atte a favorirla. Nel ricordare che l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile identifica nella conservazione e nell'uso sostenibile degli oceani uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, è doveroso aprire una parentesi anche sul quadro normativo comunitario in cui andrà ad inserirsi questo disegno di legge. È importante sottolineare la sua conformità ai nuovi principi della politica comune della pesca e al relativo strumento finanziario così come strutturati nella proposta del regolamento elaborata dalla Commissione ed attualmente all'esame dei Governi degli Stati membri.

Tra questi spiccano la tutela e il ripristino della biodiversità degli ecosistemi marini e costieri, una vera e propria sfida cruciale per la salute dei mari e degli oceani. Nell'ambito della gestione concorrente, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, il FEAMP, contribuirà infatti alla realizzazione di questo obiettivo, sostenendo la raccolta in mare da parte dei pescatori di attrezzi da pesca perduti e dei rifiuti marini, nonché contribuendo agli investimenti tesi a predisporre nei porti adeguate strutture per il deposito degli stessi. Altre azioni che verranno sostenute dal FEAMP riguardano azioni finalizzate al conseguimento e al mantenimento di un buono stato ecologico dell'ambiente marino conformemente alla relativa direttiva quadro. Nell'ambito della gestione diretta, il FEAMP contribuirà alla promozione di mari sani e puliti e all'attuazione della strategia europea per la plastica nell'economia circolare, in linea con l'obiettivo di conseguire o mantenere un buono stato ecologico nell'ambiente marino. Per tutte le ragioni esposte, auspico una rapida approvazione della legge in oggetto. Procediamo spediti verso la giusta direzione; la sostenibilità ambientale passa necessariamente per una decisa tutela dell'ecosistema marino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1939-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice onorevole Deiana, che però vi rinuncia.

Hanno facoltà di replicare la relatrice Muroni e il rappresentante del Governo, che vi rinunciano. Si riservano di farlo successivamente.

Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243 concernente iniziative per la lotta alle discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità (ore 16,49).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243 concernente iniziative per la lotta alle discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Lollobrigida ed altri n. 1-00262, Versace ed altri n. 1-00263 e Locatelli ed altri n. 1-00264, che vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.

È iscritta a parlare l'onorevole Fregolent, che illustrerà anche la mozione Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243, di cui è cofirmataria.

SILVIA FREGOLENT (IV). Signora Presidente, rappresentanti del Governo, gentili onorevoli, la Convenzione europea sui diritti delle persone con disabilità riconosce all'articolo 6 la condizione di discriminazione multipla a cui sono soggette le donne e le minori con disabilità, e all'articolo 8 impegna gli Stati sottoscrittori ad adottare misure immediate ed efficaci ed adeguate allo scopo di sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i diritti e le dignità delle persone con disabilità; combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso, età e in tutti gli ambiti; di promuovere la consapevolezza delle capacità e i contributi delle persone con disabilità. Il processo di inclusione della variabile di genere richiede una specifica dedizione nelle politiche sulla disabilità e della disabilità nelle politiche di genere. La dimensione di genere nella disabilità continua infatti ad essere fonte di grande ambiguità, e, se ammessa, produce forti reazioni ed insieme la paura di fare i conti con molti stereotipi collegati al tema del corpo della donna con disabilità, al tema della possibile autonomia e indipendenza e alla consapevolezza di una quota di possibile abuso e violenza, con tutti i possibili aspetti di trauma che ne possono scaturire. Non c'è tra le persone disabili la consuetudine di riflettere sui vari aspetti della vita in termini di genere; è come se la disabilità sovrastasse e coprisse tutte le altre caratteristiche della persona, né c'è tra le donne che si cimentano con le questioni di genere e movimenti femminili e femministi l'accortezza di incrociare questa variabile con quella della disabilità.

Il 25 agosto 2019, a Ginevra, il Comitato ONU sui diritti della persona con disabilità, nelle sue osservazioni conclusive al primo rapporto sull'implementazione della Convenzione ONU sui diritti della persona con disabilità in Italia, ha espresso quanto segue: il Comitato è preoccupato perché non vi è alcuna sistematica integrazione delle donne e delle ragazze con disabilità nelle iniziative per la parità di genere, così come in quelle riguardanti la condizione di disabilità (punto 13).

Raccomanda inoltre che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche per la disabilità e che le condizioni di disabilità sia integrata nelle politiche di genere, entrambe in stretta consultazione con le donne e le ragazze con disabilità e con le loro organizzazione rappresentative (punto 14).

Altre preoccupazioni, con riferimento specifico alla discriminazione legata al genere, concernono le campagne di comunicazione di massa, la violenza contro le donne, la mancanza di accessibilità fisica a delle informazioni relative ai servizi per affrontare la questione sessuale e riproduttiva ed il basso livello occupazionale delle donne con disabilità: che, se si sommano a quelle che colpiscono in egual modo gli uomini con disabilità, generano un gravissimo elemento moltiplicatore.

Il Parlamento europeo, in data 29 novembre 2018, ha approvato la risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità, affermando che tutte le persone con disabilità devono avere la possibilità di beneficiare pienamente dei propri diritti, sulla base dell'inclusione e della piena partecipazione alla società; sottolinea che ciò è possibile solo attraverso l'attuazione di politiche attive e pubbliche e l'eliminazione degli ostacoli alla partecipazione. La risoluzione sottolinea l'importanza dell'accessibilità alla sanità, all'istruzione, a una giusta occupazione e relazione tra posto di lavoro e vita privata, per un giusto equilibrio tra vita professionale e vita privata.

Per quanto riguarda l'accesso all'istruzione, voglio portare da qui, come ho fatto nei giorni scorsi, il mio saluto a Giusy Covino, a cui va il mio ringraziamento per essersi esposta pubblicamente per il rispetto dei propri diritti; e chiedo che il Premier Conte, che ha mantenuto la delega sulla disabilità, mantenga la promessa di incrementare le risorse nella prossima legge di stabilità per consentire ai ragazzi sordomuti, come in questo caso, ed in generale portatori di disabilità di accedere agli studi.

Con la mozione a prima firma della mia collega Lisa Noja si vuole porre l'attenzione al tema della discriminazione di genere nel mondo della disabilità, per impegnare il Governo a farsi promotore, attraverso politiche pubbliche, di azioni e misure in tema di parità di genere nel mondo della disabilità. In particolare, si chiede con forza di assumere iniziative volte a garantire pieno accesso alle cure mediche, anche con riferimento all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva, attraverso una corretta informazione, per permettere alle persone affette da disabilità di assumere decisioni su propria salute e sul proprio corpo liberamente; ad assicurare che, nell'ambito dell'attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, siano individuate azioni idonee a rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza, non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e individuazione di percorsi per l'uscita dalla violenza; a promuovere l'inserimento delle ragazze e delle donne con disabilità nel mondo del lavoro, dell'istruzione e della scuola; ad inserire nelle campagne di sensibilizzazione relative al tema di genere i riferimenti specifici alle discriminazioni multiple ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 17,05. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 16,55, è ripresa alle 17,05.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

È iscritta a parlare l'onorevole Mantovani, che illustrerà anche la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00262, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

LUCREZIA MARIA BENEDETTA MANTOVANI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, questo pomeriggio siamo riuniti in quest'Aula per affrontare un tema davvero importante sotto il profilo politico, sociale e, lasciatemelo dire, anche e soprattutto sotto il profilo umano. Ringrazio le colleghe e i colleghi oggi presenti e tutti coloro che hanno sottoscritto una delle mozioni all'ordine del giorno di questa seduta, perché hanno così dimostrato l'attenzione che questo Parlamento e questo Governo debbono riservare alle persone con disabilità, e in modo particolare alle donne.

Sono davvero significativi i dati offerti dai più recenti documenti comunitari: circa 80 milioni di europei sono affetti da una qualche forma di disabilità; di questi, il 60 per cento, quindi circa 46 milioni, sono donne e ragazzi. È sconcertante pensare che il 16 per cento delle donne europee rientri nella tanto variegata quanto ampia definizione di disabilità, che ai fini di queste statistiche sottintende situazioni personali, anche temporanee, afferenti alla salute mentale.

Il quadro di contesto italiano è altrettanto complesso, così come rappresentato dall'ultimo report ISTAT sull'inclusione sociale: sono stimate in circa 13.177.000 le persone con un qualunque tipo di disabilità, definendole limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi. Complessivamente si tratta del 25,5 per cento della popolazione italiana, e in questa popolazione prevalgono purtroppo le donne, che sono il 54,7 per cento. In quest'ampia definizione sono circa 4.360.000 le persone interessate da una più grave forma di disabilità, ovvero fisica o sensoriale, e stiamo parlando di circa il 7,2 per cento della popolazione.

Al netto di queste impietose statistiche, per quanto concerne l'ampio tema della disabilità è doveroso rilevare che negli ultimi 15-16, anni a partire dall'anno 2003, Anno europeo delle persone con disabilità, ad oggi, sono stati compiuti passi da gigante, sia sotto il profilo culturale che sotto un profilo pratico-normativo. Oggi, infatti, il reticolato legislativo in materia è più completo, più uniforme e sotto certi aspetti più evoluto rispetto ai primi lustri di questo secolo. Nonostante questo innegabile processo evolutivo, è bene, anzi, è un dovere ricordare a tutti noi quanto ci sia ancora da fare; e, senza la pretesa dell'esaustività, cito solo tre macro-argomenti che meriterebbero ognuno un'intera sessione di lavoro. Più tecnologia, che può supportare le lacune psico-fisiche di molte persone, anche ai fini di consolidare percorsi di autonomia e di effettiva libertà in campo lavorativo, nelle relazioni e nei movimenti. L'istituzione di momenti formativi dedicati ad una più efficace integrazione, e quindi capace di colmare davvero i gap formativi che lasciano gli attuali percorsi scolastici, che troppo spesso risultano essere poco efficaci per molti ragazzi. La creazione di un vero e proprio percorso, anzi, progetto di vita, che possa accompagnare il portatore di disabilità nel tempo: soprattutto nel momento del distacco dalla famiglia, quando i genitori o i parenti più prossimi non sono più in grado di farsi carico della quotidiana assistenza.

Al netto di tali considerazioni di carattere generale, oggi stiamo affrontando un problema nel problema, ovvero la discriminazione di genere tra soggetti diversamente abili. Purtroppo, sono ancora una volta i dati più recenti a mostrare come le donne, a parità di condizione, hanno maggiore difficoltà a trovare un'occupazione rispetto agli uomini: solo il 18,8 per cento di donne con disabilità, infatti, trova un'occupazione, contro il 28,1 per cento di uomini.

Su questa evidenza preliminare si fondano altri elementi discriminatori verso le donne, quali una minore partecipazione alla vita pubblica, ai ruoli guida o dirigenziali, e naturalmente redditi più bassi, esponendo quindi le donne ad un più alto rischio di povertà ed esclusione sociale rispetto ai disabili di sesso maschile, che mediamente raggiungono posizioni e risultati relativamente migliori.

Come noto, sono molteplici le istituzioni sovranazionali intervenute più volte nel merito di queste considerazioni, richiamando gli Stati membri all'adozione di misure concrete al fine di garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali a donne e minori con disabilità, così come assicurare un pieno sviluppo per consolidare un adeguato livello di emancipazione e progresso.

Nonostante i primi richiami in tal senso risalgano allo scorso decennio, permangono, come evidenziato dai dati citati poc'anzi, ancora troppe differenze; tant'è vero che negli ultimi anni si stanno intensificando i richiami e gli appelli che stanno diventando sempre più stringenti da parte dell'ONU, del Forum europeo sulla disabilità e del Comitato economico e sociale europeo.

Poco meno di un anno fa, nel novembre 2018, è stato il Parlamento europeo a tratteggiare un quadro d'insieme sulla situazione delle donne con disabilità, offrendo a tutti noi un'analisi incresciosa e spronandoci, quindi, a rimuovere quelle situazioni di discriminazione multipla esistenti. Purtroppo, infatti, anche in ambiti di primaria importanza, come istruzione, trasporti, sanità e inserimento al lavoro, sono necessari ancora significativi sforzi culturali, nonché sostanziosi interventi normativi.

Fatte queste considerazioni, con la presente mozione chiediamo che il Governo si impegni ad adottare ogni misura necessaria, soprattutto nei settori della sanità, dell'istruzione e dello sport, dei trasporti, della pianificazione urbana ed edilizia abitativa, in modo da assicurare la reale accessibilità per le donne disabili intese sia in senso fisico, motorio e sensoriale che psichico, condizione imprescindibile per l'integrazione e la partecipazione delle persone con disabilità; a promuovere ogni utile iniziativa finalizzata ad integrare le donne con disabilità all'interno dei sistemi di istruzione ordinari e, soprattutto, a porre in essere specifici percorsi di formazione professionale volti a fare acquisire competenze adeguate alla condizione psicofisica delle donne che risultino realmente spendibili nel mercato del lavoro; a garantire il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, anche attraverso l'introduzione di incentivi e sanzioni, contrastando, quindi, le discriminazioni salariali e garantendo la parità tra donne e uomini anche per quanto riguarda le persone con disabilità; a garantire l'autodeterminazione delle donne con disabilità, assicurando l'offerta di informazioni in modo specifico e adeguato alla tipologia di disabilità, per consentire e favorire la libera scelta circa la propria salute con riguardo anche all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva, promuovendo, altresì, iniziative di formazione specifica e aggiornamento del personale medico e dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali; ad assicurare che le donne disabili ricevano tutte le informazioni utili per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione e, nell'ambito dell'attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, che siano individuate tutte le azioni atte a rispondere adeguatamente alle specificità ed esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza sia nella fase della denuncia che nel successivo iter di presa in carico e dell'assistenza, della cura e del pieno recupero della persona; ad utilizzare i fondi dell'Unione Europea per aiutare gli Stati membri a promuovere l'accessibilità e la non discriminazione nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità; a sostenere, infine, campagne di sensibilizzazione e informazione sul tema della parità di genere in riferimento alla discriminazione multipla delle donne disabili, in particolare nel contesto scolastico, coinvolgendo le TV di Stato mediante pubblicità sociali, la carta stampata e i social media.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Versace, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00263. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA VERSACE (FI). Grazie, Presidente. Questa mozione vuole accendere un faro importante sulla lotta contro le discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità. L'essere donna e, al tempo stesso, una persona con disabilità comporta l'esposizione a una doppia discriminazione, in quanto disabile e in quanto donna, ma, soprattutto, occorre rimarcare che il rischio di essere soggetti a violenze in questi casi è addirittura doppio rispetto alle donne cosiddette normodotate. Basti pensare agli ultimi dati Istat, pubblicati lo scorso agosto, con cui si afferma che quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni hanno subito almeno una volta nella vita una forma di violenza, fisica e sessuale; per le donne con disabilità il rischio di subire stupri e tentati stupri è quindi raddoppiato. Si pensi, il 10 per cento contro il 4,7 delle donne che non vivono con una disabilità. Parliamo di violenze che non sono solo fisiche, abusi, molestie, ma anche e soprattutto verbali e psicologiche.

È difficile credere che le vittime siano donne disabili, soprattutto quando ad agire questo tipo di violenza sono propri i familiari o coloro che se ne prendono cura, ad esempio fisioterapisti, amici, parenti. Eppure i dati sono allarmanti: pensiamo a quante donne con disabilità non riescono nemmeno ad esprimere a parole il trauma vissuto, anche a causa del tipo di disabilità, che spesso ne impedisce una chiara testimonianza. Sono ancora troppi i casi che rimangono nel silenzio, restando ignorati da tutti, e noi abbiamo il dovere anche di romperlo questo silenzio. Oggi occorre formare bene e sensibilizzare meglio soprattutto i tanti operatori e operatrici delle strutture di accoglienza, del pronto soccorso, delle questure e, in generale, di tutti coloro che si possono trovare a contatto con una donna disabile che abbia subìto violenza. Questo per poterne raccogliere meglio la testimonianza, verificarne il racconto, ma anche intervenire in modo rapido e adeguato. Invito tutti ad andare a rileggersi la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità: all'articolo 16 impegna gli Stati a contrastare ogni forma di sfruttamento, violenza, maltrattamenti nei confronti delle persone con disabilità, tenendo conto dell'età, del genere e del tipo di disabilità.

La Convenzione parla di diritti, semplicemente di diritti: diritto alla vita, alle cure, alla salute, alle pari opportunità, allo sport, al lavoro, allo studio. Ecco, proprio il diritto allo studio ultimamente è finito spesso sui giornali perché è stato negato. A settembre è suonata la campanella, sono iniziate le scuole e molti ragazzi, a prescindere dal genere - in questo caso è una grande forma di discriminazione -, sono rimasti a casa perché mancano le insegnanti di sostegno.

Ma arriviamo alla discriminazione di genere, perché anche questo è un dato allarmante: le donne con disabilità vivono delle condizioni di svantaggio ulteriore rispetto agli uomini che vivono delle condizioni simili, ed è pari addirittura al 17 per cento. Ecco, la situazione è talmente drammatica che persino il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità si è sentito in dovere di richiamare il nostro Paese in più di un'occasione proprio in merito alle discriminazioni legate al genere, ma, nonostante questo, continuiamo ad essere distratti, disattenti, a sottovalutare il fenomeno, e nei fatti non riusciamo a contrastare questo tipo di azioni che purtroppo, ahimè, negli anni stanno aumentando.

Ma perché dobbiamo farci bacchettare così? Il richiamo subito già nel 2016 da parte del Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità afferma che non vi è alcuna sistematica integrazione delle donne e delle ragazze con disabilità nelle iniziative per la parità di genere. E riguardo alla violenza, sapete cosa dice il Comitato? Ci invita a porre in atto un'azione normativa, compresi gli strumenti di monitoraggio, per individuare, prevenire e combattere la violenza contro le persone con disabilità sia all'interno sia all'esterno dell'ambiente domestico, in particolar modo contro le donne e i minori con disabilità, oltre, ovviamente, a produrre anche un piano d'azione per l'attuazione della Convenzione di Istanbul, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, specialmente donne e ragazze con disabilità.

Ma noi a che punto siamo? Punto e a capo. Purtroppo tanti slogan, tanta demagogia, poche azioni concrete, se non fosse per le numerose associazioni presenti sul territorio nazionale che si impegnano quotidianamente a colmare questo gap, che io personalmente, a nome anche di tutto il gruppo di Forza Italia per cui parlo, ringrazio vivamente, e spesso collaboro proprio per cercare di colmare i vuoti che lo Stato ha creato.

La violenza sulle donne con disabilità non è fantasia, è una realtà. Quando ci si accorge delle donne con disabilità e si ascoltano le loro storie, storie in tema di violenza, il fenomeno emerge veramente in tutta la sua portata, ed è drammatico. Lo testimonia anche un'indagine lanciata dalla FISH e dall'associazione Differenza Donna con il progetto VERA. Questo progetto ha previsto la diffusione on line di un questionario compilabile in modo anonimo e che restituisce un quadro davvero allarmante, perché i primi dati diffusi ci dicono che su 476 moduli compilati, 153 donne con disabilità hanno subito genericamente una qualche forma di violenza da parte di un familiare, di un operatore, di uno sconosciuto o comunque di qualcuno che in qualche modo si prende cura di loro. Dati aumentano notevolmente se si parla in modo specifico di isolamento, segregazione, violenza fisica e psicologica, molestie sessuali, stupro, privazione del denaro. Sì, perché ci sono casi di ragazze disabili che vorrebbero essere autonome e indipendenti e che vedono i propri genitori appropriarsi della loro pensione di invalidità, che peraltro - ricordo - si aggira intorno a 280 euro (vergognoso anche solo definirla pensione): anche questa è una forma di violenza. Mi chiedo come si può agire con una tale ferocia nei confronti di una donna indifesa, ancora di più se vive con una disabilità. Sono sempre poche le denunce, e il dato è allarmante proprio perché quelle poche che riescono a trovare il coraggio di denunciare ci raccontano la paura di rimanere sole, ma anche la difficoltà di esprimersi. Pensiamo ai tanti tipi di disabilità, perché la disabilità è un ventaglio vasto e non è facile per tutte riuscire a esternare le proprie emotività o a raccontare quanto hanno subito.

Oggi è chiaro che c'è anche un vuoto culturale che caratterizza la nostra società e ne sono la prova le enormi lacune ma anche, lo ammetto, i colpevoli silenzi - lo dico a gran voce - dei quali anche la politica in parte è responsabile.

Serve un supporto psicologico: anche questo è un altro aspetto quasi del tutto ignorato. Per coloro che da soli non ce la fanno il supporto psicologico diventa uno strumento essenziale. Ma perché non istituire un albo di professionisti in questo campo disposti a prestare il proprio patrocinio gratuito? Così come avviene già per le tutele legali, ora dobbiamo fare qualcosa anche per il sostegno psicologico, in modo da contribuire a un adeguato recupero soprattutto per quelle persone sole che non ce la fanno. Le donne con una disabilità hanno bisogno di qualcuno che le aiuti ancora più delle altre per ottenere una più rapida inclusione sociale, anche nel rispetto di quanto chiede la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Ad aggravare l'isolamento in cui vivono molte donne, così come nei casi di donne che la disabilità non la vivono, è il fatto di non avere un lavoro, e una dipendenza economica diventa poi un vero handicap.

Con questa mozione chiediamo anche azioni volte a incrementare l'occupazione femminile, che deve essere una priorità nell'agenda del Governo. È notorio che una donna economicamente indipendente sia più libera di una donna priva di occupazione e, quindi, che trova anche maggiori difficoltà nel denunciare. Se vogliamo gli indicatori più significativi sui livelli di emancipazione delle donne con disabilità sono proprio i livelli occupazionali. I dati Istat recentemente ci dicono che addirittura le donne con disabilità occupate sono il 20 per cento in meno rispetto agli uomini.

Le discriminazioni legate al genere richiedono evidentemente uno sforzo in più, una maggiore attenzione. Uno dei compiti principali della politica è proprio l'ascolto e la conseguente traduzione in atti concreti a tutela di queste persone, di persone fragili. Ma è possibile che noi legislatori dobbiamo aspettare che ci capiti qualcosa nella nostra vita per renderci conto di quanto sia grande il fenomeno e di quanto sia importante attenzionare queste persone, che vivono con uno svantaggio già legato al proprio handicap, alla propria disabilità e che il più delle volte si trovano accanto delle persone inadeguate, non preparate, che possano dargli l'adeguato sostegno?

Colgo l'occasione di questa mozione proprio per sensibilizzare il Governo al tema, soprattutto per investire di più nella cultura. Nelle scuole manca anche una riflessione sui generi. Accade spesso che i ragazzi e le ragazze crescano con un'erronea convinzione che il genere sia una variabile neutra, ininfluibile sulle loro vite e purtroppo non sempre le famiglie si adoperano per correggere tale svista.

E la scarsa consapevolezza delle molteplici disparità, che ancora esistono tra uomini e donne, ancora di più quando vivono con una disabilità, è una disparità innanzitutto ampiamente documentata e induce molte persone a comportarsi come se la parità di genere fosse stata già raggiunta e le donne non avessero più niente da conquistare o da difendere, come se tali discriminazioni non colpissero anche le donne con disabilità. Non è così: lo svantaggio è notevole e noi non possiamo voltarci dall'altra parte. Il problema non si risolve accantonandolo o fingendo che non esista. Occorre la volontà di ascoltare ma soprattutto il coraggio di agire. Mancano le opportunità lavorative? Non lo so, forse. Ma ad aggravare la situazione spesso ci sono le limitazioni funzionali gravi; le barriere architettoniche che sfiduciano e non incoraggiano. L'integrazione lavorativa dipende spesso anche dalla difficoltà a raggiungere o ad accedere a un luogo di lavoro e noi dobbiamo operare anche per facilitare questo, altrimenti è inutile che stiamo qui a parlare di integrazione, di inclusione e di pari opportunità.

La nostra mozione vuole stimolare anche a riflettere e a impegnare il Governo per istituire all'interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità che mi pare evidente meriti maggiore attenzione. Nella Convenzione ONU si parla anche del diritto allo sport, totalmente ignorato dal nostro Paese. Chiediamo di sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione delle donne con disabilità ad attività di carattere sportivo. È innegabile che lo sport generi benessere non solo fisico ma anche e soprattutto mentale. Perché dobbiamo negare un diritto pienamente riconosciuto anche dalla Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità? Perché ci dobbiamo sempre fare richiamare? L'Italia è il Paese che ha maggiormente e fortemente voluto quella Convenzione ma purtroppo è anche il Paese che più di altri l'ha ignorata.

Chiediamo anche al Governo di prevedere specifici contributi con l'istituzione di un fondo ad hoc, un fondo dedicato al fine di facilitare l'inserimento lavorativo delle atlete paralimpiche che si siano distinte per meriti sportivi di livello nazionale ed internazionale. Al riguardo, qualche mese fa io stessa ho depositato una proposta di legge pienamente condivisa anche da altri gruppi con cui chiedo le pari opportunità per gli atleti paralimpici, in forza ai gruppi sportivi militari e di polizia, perché abbiano anche loro le tutele assicurative, perché abbiano anche loro una retribuzione, dei contributi ma soprattutto perché abbiano anche loro, al termine della carriera agonistica, la stessa opportunità lavorativa che viene offerta agli atleti che non vivono con una disabilità.

È necessario oggi più che mai avviare un'efficace campagna di sensibilizzazione sui diritti delle persone con disabilità, sulla lotta alle discriminazioni e dobbiamo dare anche maggiore visibilità alla condizione delle donne con disabilità, contribuendo a combattere tale discriminazione multipla e anche i pregiudizi che si sono generati attorno al tema. Per combattere l'ignoranza che spesso è causa principale dei fenomeni di violenza e di discriminazione, bisogna lavorare sulla cultura; bisogna premiare gli esempi belli; bisogna investire, promuovere, pubblicizzare, parlarne, aiutare la gente a comprendere che la disabilità non è un mondo a parte e le donne ancora di più non sono un mondo a parte. Per concludere e completare il quadro è necessario aggiungere che il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità - scusate se mi scappa un sorriso - ci bacchetta di continuo e ci fa notare come in diverse occasioni ci ha indirizzato diverse raccomandazioni formali sul fatto che noi non abbiamo recepito pienamente quanto indicato dalla Convenzione ONU che, peraltro, abbiamo ratificato dieci anni fa. Una tra le raccomandazioni è quella di attuare misure specifiche per affrontare il basso livello occupazionale delle donne con disabilità: un dato allarmante che ci è stato segnalato più volte; dall'ultimo richiamo sono passati già tre anni. Cenni di ricezione delle raccomandazioni espresse: nessuno, non pervenuti. Invito il Governo a riflettere, invito il Governo a non farci richiamare ancora una volta: abbiamo la possibilità di dimostrare chi siamo, quindi non lasciamocela sfuggire (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carnevali. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Signora Presidente, Governo, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei iniziare il mio intervento innanzitutto ringraziando la collega Noja, perché, con questa mozione, pone al Parlamento non solo il tema della doppia discriminazione che subiscono le donne con disabilità nella nostra società, ma perché offre al nostro Paese la possibilità di recepire i contenuti presenti nella risoluzione del Parlamento europeo, che è stata approvata circa un anno fa, per essere e per fare di questo Paese e dei suoi cittadini, cittadini europei a pieno titolo.

Una risoluzione che invita la Commissione a presentare una strategia europea globale, una proposta normativa, che ha molti obiettivi: prevenire e combattere la violenza di genere, prestando particolare attenzione alle donne e alle ragazze con disabilità, anche attraverso l'istituzione di un Osservatorio europeo sulla violenza di genere; sostenere la ricerca, l'innovazione per quanto riguarda lo sviluppo di prodotti e di servizi a sostegno delle persone con disabilità nelle loro attività, di tutte le attività delle persone, per l'integralità delle persone; attuare politiche che promuovono l'accessibilità. Inoltre, la risoluzione degli Stati membri invita i Paesi ad attuare politiche di prevenzione, riabilitazione, integrazione per quanto riguarda le persone con disabilità e di sostegno alle loro famiglie, anche attraverso lo sviluppo di una pedagogia sociale volta a contrastare la discriminazione di cui sono oggetto. Politiche che promuovono l'accessibilità, ma non solo l'accessibilità, la fruibilità dei servizi, dalla sanità, all'istruzione, allo sport, ai trasporti, all'edilizia abitativa. Misure legislative a tutela dell'integralità: integralità fisica, della libertà di scelta, dell'autodeterminazione per quanto riguarda la vita sessuale e riproduttiva delle donne e delle ragazze con disabilità, adottando tutte le misure necessarie per combattere la sterilizzazione forzata.

Il Parlamento europeo ha, infine, invitato l'Unione europea e i suoi Stati membri ad inserire le norme della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nei rispettivi quadri giuridici e politici.

Questa mozione ha un altro grande valore: quello di aver alzato il velo su un argomento considerato tabù nel nostro Paese. Diamo voce a molte donne che, da tempo, pongono l'attenzione sul tema della discriminazione doppia, anzi multipla, che colpisce le donne con disabilità nella condizione in cui si trovano di essere simultaneamente donne e persone con disabilità. È come se la disabilità sovrastasse e colpisse tutte le caratteristiche della persona. Gli stessi movimenti femminili e femministi, per anni, raramente hanno incrociato la variabile del genere con quella della disabilità, e giustamente si parla di discriminazione multipla perché ha a che vedere sia con la condizione dell'essere donna, sia con la condizione di essere disabile: una discriminazione particolarmente difficile da contrastare, perché non dipende solo da una condizione di pregiudizio e di stereotipo, ma spesso dall'inadeguatezza dei servizi, delle strutture troppo volte inaccessibili o abituate ad affrontare i fattori di discriminazione come una questione di compartimenti stagni, mentre la vita e l'identità delle persone sono complesse e vanno considerate nella propria unitarietà.

Le discriminazioni sono, infatti, visibili e gravi anche nella sfera della salute, del lavoro, degli esami diagnostici, che sono pensati per le persone normodotate, che, per esempio, possono solo muoversi in piedi oppure possono muoversi in autonomia. Nel mondo del lavoro basta guardare l'elenco delle persone che sono iscritte alle liste di collocamento: anche qui le donne sono meno degli uomini, eppure le donne disabili sono di più degli uomini. Le donne con disabilità, che subiscono violenza, sono cinque volte più numerose delle donne che non hanno alcun fattore di vulnerabilità aggiuntivo.

La discriminazione che le donne con disabilità si trovano ad affrontare quotidianamente è, tra l'altro, oggetto di studio da tempo, anche da parte del mondo accademico, ma nel nostro Paese ancora fatica ad essere presa in considerazione sia dall'attività legislativa che amministrativa e politica, per quanto la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità riconosca che le donne e le ragazze sono soggette a discriminazione multipla (lo ricorda nell'articolo 6).

Un riferimento normativo esistente e rinvenibile nel Regolamento recante le norme per il funzionamento del Fondo nazionale per il diritto al lavoro delle persone con disabilità, di cui all'articolo 6, sancisce che sono ammessi gli incentivi di programmi che soddisfano le condizioni richieste all'articolo 11 della legge n. 68 del 1999, con particolare attenzione ai programmi che favoriscono l'inserimento lavorativo delle persone e delle donne con disabilità.

Del resto, non è che noi siamo stati fermi: nella scorsa legislatura, voglio ricordare, il decreto del 24 novembre 2017, nelle linee guida che richiamano le aziende ospedaliere e le aziende sanitarie in tema di soccorso per le donne vittime di violenza, fa riferimento specifico alla questione delle donne con disabilità, e lo stesso viene richiamato nel Piano di azione.

Oltre a quella risoluzione e oltre alle soluzioni di cui dicevo sopra, anche in sede europea molte associazioni, tra cui la Federazione italiana per il superamento dell'handicap (FISH), e anche altri accademici hanno da tempo approfondito questo tema e hanno lavorato affinché la discriminazione di genere non fosse oscurata dal dibattito pubblico, esattamente come è accaduto quando abbiamo voluto fare in modo che la condizione della violenza di genere, la violenza sulle donne, diventasse non più una questione da fatto privato, ma una questione sociale.

In occasione della Giornata internazionale della donna, la FISH ha diramato una serie di dati, che peraltro la mozione ricorda con puntualità, e ricorda come alle donne con disabilità sia dovuta quell'attenzione. Violenza, salute e lavoro sono le aree maggiormente interessate.

Il binomio donne-disabilità e la sua specificità non è evidente solo quando ci riferiamo alle limitazioni o, peggio, all'impossibilità di accesso alle cure, al mercato del lavoro, ma anche se guardiamo i dati drammatici della cosa più orribile che accade, ossia la violenza sulle donne con disabilità, dati che riguardano la violenza psicologica, quelli di stalking, che sono stati richiamati già: percentuali in tutti i casi più alti rispetto all'intera popolazione femminile. Questo è un fenomeno tragico, ancora davvero molto oscuro, perché molti di questi fatti accadono nella sfera familiare e, quindi, non vengono denunciati.

Il valore di questa mozione, che è stata sottoscritta dal PD, ha anche un'altra opportunità: dal Parlamento a tutte le realtà che sono coinvolte nella pubblica amministrazione, bisogna fare in modo che questa problematica venga riconosciuta nella società. Noi abbiamo bisogno, a mio giudizio, di far crescere una coscienza critica, di togliere quel velo dell'indifferenza, se posso dire, di togliere quel velo dell'omogeneità delle politiche, che fa in modo che le politiche vengano attuate in modo neutro e non riconoscano la specificità, in particolare quella della discriminazione multipla.

Oggi, a mio avviso, il nostro Paese, grazie a questa riflessione e a questa mozione, farà un salto in avanti dal punto di vista culturale nella promozione dei diritti. È doveroso che il Governo prenda una serie di impegni, perché questo tema rientri in tutte le politiche che hanno a che vedere con le pari opportunità e quelle politiche di promozione dell'uguaglianza di genere.

Nella scorsa legislatura, nel piano anti-violenza, ricordavo prima, avevamo messo delle specifiche misure che riguardavano indirizzi per le violenze subite dalle donne con disabilità. L'auspicio è che il Governo continui a lavorare nel solco di quelle misure, implementando e portando avanti il lavoro fatto e, soprattutto, mettendoci risorse necessarie.

C'è un dato culturale ancora difficile da sconfiggere in questo Paese, se si pensa che la donna con disabilità, soprattutto quando la disabilità è cognitiva, intellettiva, relazionale e sensoriale, è una persona che noi consideriamo una persona da accudire per sempre, una sorta di condizione di eterna fanciullezza, è una persona che si pensa di dover custodire, una persona che si pensa che sia semplicemente da proteggere: è un atteggiamento che spesso viene adottato in buona fede anche dalle famiglie, a volte anche nei servizi. Ma questo atteggiamento disconosce le passioni, i desideri, le pulsioni, l'affettività e il desiderio di autonomia che sono parte integrante dell'essere umano. Mentre nelle difficoltà di conquista di spazi di libertà e di autodeterminazione, le persone che non dipendono dagli altri nel far sentire la loro voce sono più in grado di affrontare, anche se spesso sono soli e sole, in queste fasi di bisogno dell'esistenza umana, per queste persone, con queste disabilità, questo spesso viene semplicemente negato, non visto o, ancora peggio, ignorato. Sono considerate persone asessuate, senza desideri, senza innamoramenti.

Abbiamo il dovere di sostenere, innanzitutto, le persone con disabilità, le loro famiglie ed investire nella formazione delle professionalità che agiscono nei servizi e nelle realtà di convivenza abitativa, accompagnandola, con la supervisione dei lavori in équipe - perché così si deve operare -, con figure che ci sono, esperte, mentre oggi, spesso, è lasciata alla sola responsabilità del mondo associativo o alla lungimiranza di alcuni operatori dei servizi. Il Premier Conte, nel suo insediamento in questo Governo, ha annunciato che la delega alla disabilità sarebbe rimasta in capo alla Presidenza del Consiglio, su richiesta delle associazioni. Noi, nel Governo scorso, non abbiamo creduto all'opportunità di un Ministero della disabilità e, ahimè, peraltro, questo non ha portato successo.

Affrontare i temi posti in questa mozione, la specificità delle donne con disabilità e tutte le politiche trasversali riguardanti la disabilità, a partire dal piano di azione biennale, deve trovare una cabina di regia, un luogo di coordinamento, un luogo di azione reale, perché risulta sempre più urgente agire sulle cause strutturali delle disuguaglianze e delle discriminazioni, creando le condizioni per cui le persone disabili abbiano la possibilità di esercitare i propri diritti di cittadini. Il nostro impegno, davvero mi auguro, anzi, vorrei non avere dubbi, sarà corale in quest'Aula, è finalizzato ad affrontare in modo concreto il tema di genere e disabilità, ma è anche occuparci, quindi, di tutti i temi che abbiamo affrontato e degli impegni che sono stati esposti, anche il contrasto alla discriminazione multipla, e di autodeterminazione delle donne.

È, dunque, fondamentale che il Governo si impegni con forza, affinché le sollecitazioni che sono promosse da questa mozione abbiano l'attenzione che meritano. Serve un'azione di politica trasversale: la politica di genere deve essere integrata nelle politiche per la disabilità, come pure la condizione di disabilità deve esserlo nelle politiche di genere, per riportare al centro un tema ancora troppo oscurato dal nostro lavoro politico. Da qui gli impegni, da qui inizieremo a rimuovere quegli ostacoli a cui, all'articolo 3, la Costituzione ci richiama, perché le donne, e le donne con disabilità, siano pienamente cittadini italiani, cittadine europee e, soprattutto, cittadini riconosciuti in tutti i loro diritti (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Arrando. Ne ha facoltà.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, membri del Governo, siamo chiamati quest'oggi a discutere di un tema davvero importante, una questione di grande rilevanza che coinvolge persone particolarmente fragili della nostra società: minorenni e donne con disabilità. Si tratta di un argomento attuale e pressante non solo in Italia, ma in tutto il mondo: già nel 2006, infatti, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite approvava la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, con lo scopo di promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e di favorire il rispetto per la loro intrinseca dignità, senza discriminazioni.

Questo documento importante, segnale di attenzione da parte delle Nazioni Unite, non è rimasto per fortuna l'unico atto concreto sul tema: l'Italia, infatti, ha ratificato la Convenzione ONU nel 2009 e, anche a livello europeo, gli Stati membri si sono più volte confrontati sull'argomento, riconoscendone la rilevanza e concordando sulla necessità di prevedere iniziative incisive a tutela di ogni cittadino. Tra i vari atti, voglio ricordarne uno in particolare, lo ha già fatto chi mi ha preceduto: la risoluzione che il Parlamento europeo ha approvato il 29 novembre dello scorso anno. Essenzialmente, per due motivi: in primo luogo, perché credo che su questi argomenti il passo fondamentale da compiere sia, soprattutto, a livello culturale e, dunque, un intervento europeo che coinvolge 28 Stati membri, per un totale di oltre 500 milioni di cittadini, può portare a risultati incisivi ed avere una risonanza mediatica maggiore. In secondo luogo, in quegli stessi mesi, la Commissione di cui faccio parte - la Commissione affari sociali e sanità - portava a termine un importante lavoro, fatto insieme anche alle altre forze politiche e a tutte le componenti del gruppo parlamentare che rappresento, che si è concluso con l'approvazione da parte di questa Assemblea, della mozione, a mia prima firma, sulla violenza sulle donne.

Durante lo stesso mese di novembre 2018, dunque, a livello italiano ed europeo sono arrivate due risposte molto significative in tema di difesa degli esseri umani, di sensibilizzazione nei confronti della collettività e, soprattutto, dei Governi affinché assumano iniziative a tutela dei più deboli.

Tornando alla risoluzione del Parlamento europeo, credo sia importante soffermarsi sulla parte in cui il documento evidenzia le numerose forme di discriminazione multipla trasversale cui sono esposte le minorenni e le donne con disabilità, in tutti i settori contemplati dalla Convenzione di Istanbul, impedendo l'esercizio quotidiano da parte loro di diritti fondamentali e compromettendo la possibilità per le stesse di realizzarsi pienamente. Parliamo, insomma, dell'impossibilità per queste persone di condurre una vita normale e dignitosa e, soprattutto, libera dai condizionamenti esterni. In particolare, secondo quanto rilevato nella risoluzione, negli Stati membri sono riscontrabili gravi carenze che ostacolano o, addirittura, impediscono alle donne europee con disabilità di accedere, in condizioni di parità, ai servizi nei settori dell'istruzione, dei trasporti, della pianificazione urbana e dell'edilizia abitativa.

E, purtroppo, non finisce qui. Sono state evidenziate rilevanti criticità anche per quanto riguarda il tema dell'inserimento lavorativo, delle tutele sul posto di lavoro, dei presidi a protezione delle vittime di violenza, sino alla sanità, ove spesso emerge la mancanza di servizi medici adeguati a rispondere alle specifiche esigenze delle donne con disabilità. Parliamo di campi quali la consulenza ginecologica, la salute sessuale e riproduttiva, la pianificazione familiare e il sostegno durante la gravidanza, fino ad arrivare, in alcuni casi, alla negazione del consenso informato sull'uso dei contraccettivi e, addirittura, al rischio di sterilizzazione forzata.

Dunque, colleghi e colleghe, parliamo di un tema davvero rilevante, sul quale siamo chiamati a dare una risposta concreta e, soprattutto, unanime per rispondere alla richiesta di aiuto di tante persone che vivono in condizioni di difficoltà. E, attenzione, non parliamo di una questione marginale che ci tocca solo incidentalmente. Da questo punto di vista, i dati statistici sono eloquenti: nell'intera Unione europea ci sono circa 46 milioni di donne e ragazze con disabilità, pari a circa il 16 per cento della popolazione femminile europea e al 60 per cento della popolazione europea complessiva di persone con disabilità. Insomma, un numero di soggetti davvero considerevole al quale dobbiamo dare una risposta. Oggi possiamo farlo, cogliendo le indicazioni che il Parlamento europeo ha fatto pervenire, invitando, dunque, la Commissione e gli Stati membri ad integrare una prospettiva relativa alle donne e alle minorenni con disabilità nei loro programmi, strategie e politiche in materia di parità di genere, una prospettiva di genere nelle loro strategie in materia di disabilità e una prospettiva sia di genere, che di disabilità in tutte le altre politiche.

Tuttavia, gli elementi a nostra disposizione non si esauriscono qui. Un interessante rapporto sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, presentato a Roma il 26 febbraio 2019 dalle associazioni di donne D.i.Re, ha evidenziato, da un lato, la necessità di implementare gli specifici riferimenti alle esigenze delle donne con disabilità nelle misure e azioni adottate a favore dell'uguaglianza di genere e, dall'altro lato, l'esigenza di rafforzare ed integrare la prospettiva di genere nello sviluppo e nell'applicazione di norme, azioni e programmi relativi alla condizione di disabilità. Purtroppo, infatti, le preoccupazioni sopra richiamate trovano piena conferma nei dati disponibili, che, ancorché spesso frammentari e risalenti, restituiscono un quadro allarmante circa la condizione delle donne con disabilità nel nostro Paese.

Da un'indagine condotta dall'ISTAT nel 2014 risulta come abbia subìto violenze, fisiche o sessuali, il 36,6 per cento delle donne con limitazioni gravi e come per queste il rischio di subire stupri o tentati stupri sia il doppio.

Secondo i dati disponibili più recenti - il rapporto dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane del 2015 -, la percentuale di donne con limitazioni funzionali che hanno eseguito più di un pap-test e più di una mammografia nella propria vita è di oltre 15 punti inferiore rispetto alle percentuali raggiunte dalla rimanente popolazione femminile. L'ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto di lavoro dei disabili conferma un significativo differenziale tra uomini e donne con disabilità, testimoniato, ad esempio, dai dati sugli avviamenti degli iscritti nell'elenco del collocamento obbligatorio presso datori di lavoro privati e pubblici, pari al 56,8 per cento degli uomini contro il 43,2 per cento delle donne.

Parliamo, dunque, di un fenomeno di enorme portata, che evidenzia la necessità di predisporre strategie di intervento mirate che siano in grado di far fronte ai bisogni specifici delle donne con disabilità.

Per quanto riguarda il tema delle violenze, di cui ho detto poc'anzi, desidero aggiungere brevemente alcuni elementi che sono emersi nel corso del lavoro che ha portato all'approvazione della mozione, nel novembre 2018, contenente gli impegni di contrasto alla violenza e alla discriminazione nei confronti delle donne. In quella sede, infatti, sono emersi elementi davvero significativi, purtroppo, in senso negativo relativi all'enorme portata del fenomeno della violenza sulle donne. Quasi 7 milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso nel corso della loro vita come violenze domestiche, stalking, stupro, insulti verbali e violazioni della propria sfera intima e personale, che rappresentano spesso tentativi di cancellarne l'identità, di minarne l'indipendenza e la libertà di scelta.

I numeri del femminicidio, forma estrema del fenomeno, sono inquietanti: negli ultimi cinque anni se ne registrano 774, una media di circa 150 all'anno. In Italia, ogni due giorni circa viene uccisa una donna. Nel 2016 ci sono stati 120 casi di femminicidio e anche nel 2017 la media è stata di una vittima ogni tre giorni. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251, il 71,9 per cento, in famiglia. Questi dati devono essere, dunque, un monito per tutti noi e dobbiamo mettere in campo ogni azione affinché si ponga fine a questo fenomeno terribile, lavorando sempre più sulla prevenzione e sulla formazione; e quanto esposto finora in relazione alla condizione di debolezza delle minori e delle donne con disabilità deve essere una spinta ulteriore in questo senso.

Concludo, Presidente, dicendo che sono particolarmente soddisfatta poiché questa mozione è stata condivisa da tutte le forze politiche ed è stata sottoscritta convintamente anche dal MoVimento 5 Stelle e anche perché dalla discussione odierna sta emergendo una volontà condivisa di adoperarsi in ogni modo per porre rimedio a questi fenomeni.

Purtroppo, però, è già capitato in passato che, a discussioni anche di alto livello, non siano seguiti fatti rilevanti e, quindi, mi auguro fortemente che questa volta sia diverso e che l'impegno che l'Aula sta trasmettendo quest'oggi al Governo sia assolto nel miglior modo possibile. Lo dobbiamo a chi ci guarda ma, soprattutto, lo dobbiamo a quelle donne e a quelle ragazze che hanno anche una disabilità (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ferri. Ne ha facoltà.

COSIMO MARIA FERRI (IV). Grazie, Presidente. Anch'io ringrazio in primis la collega Lisa Noja per essere la prima firmataria di questa mozione. Ascoltando il dibattito in discussione sulle linee generali devo dire che non noto tante diversità tra questa mozione e le altre. Quindi, l'augurio e l'auspicio che rivolgo è di trovare una sintesi su questo tema - e lo dico a chi ha prima presentato le altre mozioni - perché penso che si possa arrivare ad approvare all'unanimità la mozione di Lisa Noja tenendo conto di tutte le considerazioni che sono state svolte in quest'Aula.

Noi abbiamo citato due fonti: la Convenzione ONU e la risoluzione dell'Unione europea. Sono queste le cornici dentro a cui il Paese deve muoversi e anche l'Italia deve dare una risposta. La nuova strategia europea sulla disabilità è certamente diretta a migliorare l'inclusione sociale e a rafforzare la partecipazione delle persone disabili alla società e all'economia, garantendo - ed è questo il tema - il pieno esercizio dei loro diritti.

Oggi ci sono tante norme ma poi c'è la fase dell'attuazione della norma che va riscontrata e va resa effettiva. Quindi, non basta scrivere una norma: dobbiamo, poi, avviare una fase non solo di cambiamento culturale di fronte a questi temi ma anche di esecuzione effettiva. Penso, dunque, ai tanti temi sulle barriere architettoniche: esistono le leggi ma poi vanno attuate e se giriamo nelle nostre città non sempre è così.

Penso, poi, al tema del lavoro: oggi più volte abbiamo ripetuto la parola “lavoro” e la parola “lavoro” va riempita di contenuto per far sì che la donna minore o adulta disabile possa accedere al lavoro. Il lavoro vuol dire dignità, il lavoro vuol dire autonomia, il lavoro è poter consentire alla donna disabile di fare delle scelte e di poter scegliere in maniera più forte e più libera. Quindi, il tema del lavoro è un tema che va seguito con grande attenzione. Ci sono già delle leggi che impongono alle aziende formazione, accesso al lavoro e quote riservate ai disabili a seconda del numero dei dipendenti. Però, non sempre poi la nostra impresa e la nostra azienda è pronta a recepire e a eseguire queste leggi.

E anche i controlli devono essere resi più effettivi, proprio perché da una parte, sì, ai controlli ma noi vogliamo che non ci sia bisogno dei controlli ma che ci sia questo cambio culturale. C'è poi il tema della salute che è fondamentale. Salute vuol dire non solo cure ma vuol dire anche prevenzione e quindi consentire, anche attraverso la prevenzione, l'informazione e tutto quello che lo Stato e le strutture sanitarie - anche a livello ambulatoriale - devono garantire, ed è essenziale perché anche la prevenzione è fondamentale anche per considerare e per rafforzare tutto quello che riguarda l'autodeterminazione che è fondamentale.

Quindi, questi sono i temi e l'Italia deve rispettare gli impegni, adempiere alla Convenzione ONU, sulla quale non torno e che è stata più volte citata, sui diritti delle persone con disabilità che, però, affronta specificamente il tema delle discriminazioni multiple di cui sono spesso vittime le donne con disabilità, ed evidenzia come sia necessaria l'adozione di misure per garantire il loro pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali e assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne.

C'è poi l'invito che rivolge la risoluzione dell'Unione europea agli Stati membri. Anche qui si rileva come negli Stati membri sono riscontrabili gravi carenze che ostacolano o addirittura impediscono alle donne europee con disabilità di accedere in condizioni di parità ai servizi nei settori dell'istruzione, dei trasporti, dell'edilizia abitativa, dell'inserimento a tutela lavorativa e dei presidi a protezione delle vittime di violenza sino alla sanità.

C'è, poi, tutto il tema dei dati. Purtroppo, i dati sono davvero preoccupanti. Infatti, in Europa vivono oltre 80 milioni di persone con disabilità e sono circa 46 milioni le donne e le ragazze con disabilità e le donne con disabilità hanno una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili. Il 45 per cento delle donne con disabilità in età lavorativa da 20 a 64 anni è inattivo (questi sono i dati che vengono riportati anche nella mozione).

L'Italia su alcuni temi è inadempiente. Sono stati già citati il rapporto sull'attuazione della Convenzione di Istanbul e un'indagine condotta dall'Istat nel 2014. Inoltre, l'Italia nel 2016 è stata richiamata dall'ONU. Quindi, abbiamo ancora tanto da fare e questa mozione può davvero dare un input forte al Parlamento, alle istituzioni e alla politica per adempiere e per davvero rendere effettivi tutti i diritti e parlare di accessibilità a tutti non solo come manifesto o slogan ma come qualcosa che sia veramente realizzabile.

Quindi, le aree di intervento sono l'accessibilità, la partecipazione, l'uguaglianza, la protezione sociale, l'occupazione, la salute, l'istruzione e la formazione. Occorre, quindi, predisporre strategie d'intervento mirate, che siano in grado di far fronte ai bisogni specifici e instaurino un generale processo di sensibilizzazione sulle specifiche forme di violenza a danno delle donne con disabilità. Si devono tenere in considerazione le gravi conseguenze che i fenomeni di discriminazione causano alle donne con disabilità e porre in essere delle azioni dirette a tutelare la dignità e la salute, garantendo alle donne con disabilità pieno accesso alle cure mediche anche con riferimento all'ambito ginecologico (la salute sessuale e riproduttiva). Quindi, anche ambulatori che possano spiegare e, comunque, con personale specializzato e, quindi, non tagliare questi costi ma rafforzare queste spese che sono fondamentali.

Poi, è necessario il riconoscimento e la tutela del diritto all'autodeterminazione, affinché siano poste nella condizione di assumere, in modo informato e consapevole, decisioni sulla propria salute e sul proprio corpo senza alcuna coercizione, e anche questo è fondamentale; predisporre presidi sanitari e socio-sanitari che abbiano una struttura adeguata e accessibile per far fronte agli specifici bisogni delle donne disabili e delle minori disabili e prevedere in favore delle stesse percorsi di assistenza e cura da parte di operatori specialmente formati; implementare - e concludo - i centri antiviolenza sul territorio, con personale specializzato, permetterne una fruizione anche alle donne con disabilità attraverso modalità di accesso multicanale ai servizi; promuovere la formazione e l'inserimento lavorativo alle donne con disabilità e promuovere strumenti e procedure di rilevamento e valutazione della diffusione della gravità e delle conseguenze del fenomeno della discriminazione multipla a danno delle ragazze e delle donne con disabilità, nonché rendere efficaci questi strumenti di prevenzione.

Occorre fare rete sui territori e davvero sinergia tra le associazioni, chi si impegna in questi temi e le istituzioni. Non dobbiamo lasciare sole le minori e le donne disabili ma dare forza. Dobbiamo essere noi a urlare e a chiedere il pieno esercizio dei loro diritti e non loro. Quindi sta a noi questo compito, dobbiamo crederci, dobbiamo lavorare ancora di più. Sono sicuro che il nostro Paese saprà raccogliere anche questo impegno e sarà d'esempio per tutta l'Europa.

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione di una mozione.

PRESIDENTE. Avverto che, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione n. 1-00261 concernente iniziative per la riduzione del costo del lavoro e la revisione della spesa pubblica (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

PAOLA DEIANA (M5S). Presidente, mentre ci accingiamo a discutere il provvedimento “SalvaMare” torna più forte che mai il problema relativo alla sicurezza in mare. In particolar modo, mi riferisco ad un'area tanto pericolosa quanto sensibile e ricca di biodiversità; mi riferisco alle Bocche di Bonifacio: proprio ieri una nave cargo è rimasta incagliata nel sud della Corsica, a pochissima distanza dal parco nazionale dell'Arcipelago de La Maddalena. Fortunatamente non ci sono stati danni né all'ambiente né alle persone, ma questo è un campanello di allarme. Già negli scorsi mesi, con il collega Nardo Marino, ci siamo attivati presso i Ministeri competenti affinché si affrontasse seriamente la problematica relativa al traffico marittimo presso le Bocche di Bonifacio. Ci siamo attivati anche con l'ascolto del territorio, del parco e di piloti, che hanno espresso preoccupazione per eventuali ripercussioni ambientali ed economiche in caso di incidenti. Ma stando a quanto accaduto reputiamo opportuno attivarsi non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale, attraverso un dialogo che coinvolga i cugini francesi nel trovare una soluzione congiunta e immediata che metta al primo posto la salvaguardia dell'ambiente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Signora Presidente, intervengo per ricordare i cinquant'anni dalla scomparsa di Giulio Pastore, che proprio quest'oggi è stato ricordato con un'iniziativa organizzata dalla CISL nazionale, alla quale ha dato anche la sua presenza autorevole il Presidente della Repubblica. L'onorevole Pastore fu per molti anni membro di questa Camera, fondatore della CISL, Ministro del Mezzogiorno, uno degli esponenti più importanti e più significativi del mondo del sindacalismo italiano, attento anche alle realtà territoriali delle aree depresse, delle zone montane, delle realtà periferiche. Crediamo sia giusto doverlo ricordare in questa circostanza, anche perché il suo insegnamento e le sue doti, che sono state trasferite alle giovani generazioni, parlano molto anche all'Italia di oggi, se si pensa solo al tema da lui più volte sollevato circa la necessità di evitare che il bisogno e le difficoltà potessero essere i luoghi dove la demagogia attecchiva, e, in luogo di questa, invocava un sano e sereno riformismo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 15 ottobre 2019 - Ore 10:

1. Informativa urgente del Governo sull'operazione militare intrapresa dalla Turchia nel nord-est della Siria.

(ore 14)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare ("legge SalvaMare").

(C. 1939-A)

e delle abbinate proposte di legge: MURONI e FORNARO; RIZZETTO e MANTOVANI.

(C. 907-1276)

Relatrici: MURONI e DEIANA.

3. Seguito della discussione delle mozioni Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243, Lollobrigida ed altri n. 1-00262, Versace ed altri n. 1-00263 e Locatelli ed altri n 1-00264 concernenti iniziative per la lotta alle discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità .

La seduta termina alle 18,05.