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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 232 di venerdì 4 ottobre 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA.

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 2 ottobre 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Azzolina, Battelli, Bazzaro, Boschi, Brescia, Cirielli, Colucci, D'Incà, D'Uva, Del Barba, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Gregorio Fontana, Frusone, Gallinella, Giachetti, Grimoldi, Invidia, L'Abbate, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Mauri, Morani, Morassut, Orlando, Orrico, Rizzo, Ruocco, Scagliusi, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Traversi, Vignaroli e Villarosa sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 3 ottobre 2019, il deputato Francesco D'Uva, a seguito della sua elezione a Questore della Camera dei deputati, ha comunicato le sue dimissioni da presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, precisando che, nelle more dell'elezione del nuovo presidente, le relative funzioni saranno esercitate dal deputato Francesco Silvestri, vicepresidente vicario del gruppo.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

PRESIDENTE. Comunico che in data 3 ottobre 2019 il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario il deputato Giancarlo Giorgetti, in sostituzione della deputata Silvia Covolo, dimissionaria.

Modifica nella composizione del Comitato per la sicurezza della Repubblica.

PRESIDENTE. Comunico che in data 3 ottobre 2019 il Presidente della Camera ha chiamato a far parte del Comitato per la sicurezza della Repubblica il deputato Enrico Borghi, in sostituzione del deputato Lorenzo Guerini, entrato a far parte del Governo.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza volte alla definizione di una soluzione condivisa in merito al confine italo-francese nella zona del massiccio del Monte Bianco - n. 2-00509)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Elisa Tripodi ed altri n. 2-00509 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Tripodi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELISA TRIPODI (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, la delimitazione dei confini territoriali tra Italia e Francia è già stata portata all'attenzione di questa Assemblea, e non solo di questa ma anche del Parlamento europeo. La ormai ciclica disputa sulla individuazione della linea di confine tra i due Paesi ha importanti ricadute in termini di giurisdizione, sia per le attività commerciali (in quell'area, infatti, vi è la Skyway Monte Bianco e l'adiacente Rifugio Torino) e sia per l'individuazione delle autorità competenti e delle eventuali responsabilità civili e penali inerenti a tale ambito territoriale.

La delimitazione dei confini territoriali tra Italia e Francia nella zona del massiccio del Monte Bianco è disciplinata dal Trattato di Torino del 24 marzo 1860, che - ricordo - stabiliva il confine tra il Regno di Sardegna e il Ducato di Savoia, ceduto poi alla Francia.

Inoltre, sui confini furono stilati una serie di atti bilaterali, che trovarono una conclusione con il verbale di delimitazione del 26 settembre 1862. La parte francese cancellò questo verbale, perché è materialmente sparito dai loro archivi, mentre invece si può trovare una copia nell'Archivio di Stato di Torino.

Anche il Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, dopo la Seconda guerra mondiale, stabilisce con chiarezza che la frontiera tra Italia e Francia corre sullo spartiacque, ovvero sulla linea displuviale del massiccio del Monte Bianco e sulla displuviale del Colle del Gigante, lasciando una consistente porzione di punta Helbronner e tutta la zona circostante al Rifugio Torino ampiamente nel territorio italiano.

Questa delimitazione è da sempre fonte di contenzioso anche a causa di un diverso disegno cartografico dei confini dei due Paesi. Si sono susseguiti diversi episodi, che hanno dato inizio a delle dispute e a dei malumori, ed è quindi importante risolvere la questione a livello diplomatico e a livello politico; questo proprio per evitare ricadute negative sulle attività umane di questi territori di montagna che vivono di turismo.

Ad oggi, tra Italia e Francia, non vi è alcuna soluzione condivisa. In una nota dell'Istituto geografico militare viene evidenziata, appunto, l'esistenza di due diversi tracciati di confine.

Da ricordare anche che la Commissione mista italo-francese per la manutenzione di termine della linea di confine di Stato stabilì, ad aprile 2016, che, per la zona oggetto di contestazione, la documentazione continuerà a riportare i due diversi tracciati di confine, ma ha comunque ribadito l'importanza di evitare iniziative unilaterali delle autorità locali e la necessità inderogabile di coordinamento tra le autorità competenti dei due Paesi per il soccorso in montagna di questa zona.

Nel luglio 2019, però, i sindaci di Chamonix e di Saint-Gervais-Les-Bains hanno adottato unilateralmente - e, quindi, senza in alcun modo coinvolgere le autorità valdostane - un'ordinanza congiunta di divieto di atterraggio con parapendio in un raggio di 600 metri dal Monte Bianco; un'ordinanza, questa, che ha interessato anche un'area ritenuta dall'Italia proprio territorio.

Queste decisioni amministrative, adottate in modo unilaterale dagli enti locali francesi di confine che incidono sulla “parte” italiana, non fanno altro che inasprire le controversie. Questo caso avrà sicuramente degli sviluppi giudiziari, visto anche l'apertura di un fascicolo da parte della procura di Aosta.

La distensione nei rapporti tra le suddette zone di confine e la salvaguardia degli obiettivi comuni risulta dirimente per l'adozione di soluzioni condivise. Trattandosi di zone di montagna, bisogna aver riguardo delle attività che vi si svolgono e che comportano un certo grado di rischio, come il tragico incidente aereo del 25 gennaio 2019, che ha coinvolto un elicottero della società “Gmh” impegnato nel servizio di eliski e di un aereo da turismo decollato da Megève in Francia e dove hanno perso la vita ben sette persone.

Chiedo, quindi, al Governo se, per quanto di sua competenza, non intenda adottare iniziative al fine di agevolare una soluzione comune e soddisfacente per entrambe le parti, anche sollecitando presso le sedi competenti il raggiungimento di un accordo in ordine alla definizione cartografica del territorio di confine.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Marina Sereni, ha facoltà di rispondere.

MARINA SERENI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, signora Presidente. Buongiorno a tutti, la questione concerne una disputa frontaliera storica tra Italia e Francia, che, come ha già ricordato l'interpellante, non riconoscono la medesima linea di confine sul massiccio del Monte Bianco.

La cartografia ufficiale italiana, che è altresì in uso alle Forze NATO e riconosciuta a livello internazionale, trova fondamento nella Convenzione del 1861 di delimitazione tra l'allora Regno di Sardegna e l'Impero francese di Napoleone III, che, dagli studi storico-giuridici agli atti, risulta l'unico strumento pattizio facente fede al riguardo.

Al contrario, la cartografia francese, che riporterebbe il confine sul Monte Bianco spostato di circa 82 ettari sul territorio italiano, non è fondata su uno strumento pattizio, ma sembrerebbe discendere da una interpretazione unilaterale di Parigi e da asseriti “diritti storici” riconducibili a riproduzioni negli anni di cartografie “errate” a partire dalla fine del XIX secolo e discordanti sia con la linea di confine fissata dalla Convenzione del 1861, sia con la prassi costante sul terreno, la quale indica, peraltro, un esercizio senza soluzione di continuità della piena sovranità italiana sulle aree pretese dalla parte francese.

La questione è tornata recentemente di attualità a seguito dell'adozione, a fine giugno scorso, di un provvedimento locale, da parte dei comuni francesi di Chamonix e Saint-Gervais, per interdire temporaneamente, a seguito di un incidente mortale, le attività di parapendio nella zona del Monte Bianco, includendo tuttavia come area oggetto del provvedimento anche parti del territorio italiano, quali l'intera vetta del Monte Bianco.

Tale provvedimento è stato adottato senza la previa consultazione, né la previa informazione delle autorità locali italiane, contrariamente a quanto concordato a livello tecnico nel 2016 e nel 2018 in sede di Commissione mista italo-francese per la manutenzione del tracciato dei confini.

Conseguentemente, il Ministero degli Affari esteri, tramite l'ambasciata a Parigi, ha subito proceduto a rappresentare formalmente e con fermezza alle autorità francesi, la tradizionale posizione italiana riguardo alla linea di confine, sia come reazione alla violazione dei confini e della sovranità nazionale effettuata simbolicamente dal provvedimento amministrativo delle autorità locali francesi, sia con l'obiettivo di evitare che possa essere invocata in futuro una presunta acquiescenza italiana alle pretese francesi tale da pregiudicare la nostra posizione.

Oltre a rappresentare il disappunto dell'Italia per la violazione del confine, nella nota a verbale inviata alle autorità francesi si è fatto stato di come l'Italia abbia in più occasioni manifestato in passato la propria disponibilità ad avviare con la Francia consultazioni bilaterali per esaminare discordanze delle rispettive cartografie sul Monte Bianco. Al contempo, si è provveduto a rinnovare alle autorità francesi l'apertura al dialogo per un'auspicabile soluzione congiunta della questione.

L'Italia ha in gioco senz'altro un interesse non solo economico, ma anche simbolico da tutelare, visto che le pretese di Parigi consegnerebbero alla Francia l'intera cima del Monte Bianco, la vetta più alta d'Europa, e il Rifugio Torino.

Posso pertanto assicurare che il Governo continuerà a sollevare la questione con la controparte francese nelle sedi opportune, a livello sia politico che tecnico, al fine di addivenire quanto prima possibile ad una soluzione soddisfacente della questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Cabras ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Elisa Tripodi n. 2-00509, di cui è cofirmatario.

PINO CABRAS (M5S). Grazie, Presidente, la risposta del Governo ha rivendicato con grande fermezza, basata su una cartografia inoppugnabile, diritti non solo storici, non solo amministrativi e confinari, ma anche simbolici di questa presenza dell'Italia in quel confine. Un confine non è mai un elemento da rivendicare come un 50 per cento di qualcuno o 50 per cento di qualcun altro: il Monte Bianco è 100 per cento italiano e 100 per cento francese, e il modo paradossale per rivendicare questa interezza è quella di stabilire un confine corretto.

È un territorio che ha una lunga storia comune, e quindi l'aspetto di rapporti fra Stati dev'essere stabilito con questa fermezza che è stata rivendicata dal Governo. Poi, dal punto di vista amministrativo, abbiamo perfino all'interno del territorio italiano delle dispute, dei contenziosi fra comuni sui territori: mi viene in mente un territorio che conosco bene in Sardegna, una disputa di decenni fra Dorgali e Baunei sulla bellissima spiaggia di Cala Luna, e si facevano dispetti, rivendicazioni amministrative dolorose, e alla fine sono arrivati invece a trovare un accordo per stabilire l'esatto confine e per avere una gestione comune di tanti problemi. Perché comune è l'orizzonte delle Alpi, è una sostanziale macroregione europea in cui dobbiamo trovare i modi per rispettarci e gestirla in modo comune.

(Iniziative a tutela della filiera olivicola nazionale, con particolare riferimento alle problematiche emerse in Calabria - n. 2-00498)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maria Tripodi ed altri n. 2-00498 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Maria Tripodi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA TRIPODI (FI). Sì, grazie, Presidente, la illustro. Signor sottosegretario, il settore olivicolo conta in Italia oltre 4 mila aziende agricole specializzate, e dispone del maggior numero di oli extravergine a denominazione protetta in Europa, con 43 DOP e 4 IGP, con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo. Secondo un rapporto ISMEA, la produzione dell'olio made in Italy è passata dalle 600 mila tonnellate del 2008 alle 506 mila del 2012, per poi crollare a 222 mila nel 2014.

Quindici anni fa il nostro Paese era il primo produttore di olio al mondo; oggi la sua produzione è nettamente inferiore a quella della Spagna, stimata nel 2018 in 1,6 miliardi di chilogrammi, oltre sei volte quella nazionale. Nel 2018 la produzione italiana è stata sorpassata anche da quella della Grecia e della Tunisia. Cresce la produzione dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: la produzione media cumulata di Tunisia, Marocco, Algeria, Turchia, Siria, Giordania, e così via. Il costo di produzione dell'olio in Tunisia risulta pari a circa 2 euro al litro, contro il corrispondente costo di produzione più che doppio in Italia (è una fonte della Coldiretti che cito).

Secondo lo studio “Salvaolio”, presentato a gennaio proprio dalla stessa Coldiretti, con il crollo dei raccolti del 2018, le importazioni di olio di oliva dall'estero nel 2019 sono destinate a superare abbondantemente il mezzo milione di tonnellate, con il risultato che sul mercato nazionale più di due bottiglie di olio di oliva su tre conterranno un prodotto straniero.

E veniamo al comparto della mia regione, la Calabria, dove il prezzo dell'olio di oliva lampante all'ingrosso – così come viene denominato appunto dai produttori – sulla piazza di Gioia Tauro da ottobre 2017 a oggi è diminuito di oltre il 50 per cento, passando da 325/350 euro al quintale a 150/180. Di qui la richiesta avanzata nel giugno 2019 dall'Associazione giovani agricoltori calabresi di adottare misure a salvaguardia dei piccoli produttori agricoli, ivi compreso il blocco dell'importazione dell'olio di oliva.

Nel maggio 2018, signor sottosegretario, il consiglio regionale della Calabria ha altresì approvato un ordine del giorno in cui è stato richiesto di favorire la tutela dell'olio calabrese anche nel confronto con il Governo e con la Commissione dell'Unione europea, e ancor di più in sede di Conferenza Stato-regioni, ponendo l'accento sul fatto che pesa sull'economia olivicola regionale la decisione della Commissione di eliminare, da ultimo, anche i residui dazi sulle importazioni dalla Tunisia, a un prezzo fissato in euro 3,50, notevolmente inferiore a quello degli oli italiani.

La Calabria, come è noto, è la seconda regione italiana, la terza in Europa, produttrice di olio, con oltre 84 mila aziende, una superficie investita in olivo di oltre 189 mila ettari, circa 25 milioni di piante e oltre 100 varietà di olive: un vasto tesoro di biodiversità, con 3 DOP e 1 IGP e ben il 50 per cento di biologico; un impiego di manodopera nella filiera di oltre 15 milioni di giornate lavorative, per 692 frantoi, il 15 per cento del totale italiano.

La Coldiretti stima la produzione della campagna 2019-2020 – quindi, la attuale – tra 40 mila e 45 mila tonnellate, il doppio rispetto all'annata precedente, che si era attestata invece su una produzione di 20 mila.

Signor sottosegretario, quali provvedimenti intende adottare a tutela della filiera olivicola nazionale, con particolare riferimento alle problematiche, che le ho appena evidenziato, della regione Calabria? Le chiedo, inoltre, se non ritenga opportuno adottare strumenti di sostegno sia del reddito dei piccoli produttori che dei prezzi pagati all'origine. In ultimo, se non ritenga opportuno rafforzare anche le misure in materia di tracciatura della provenienza degli oli, nonché di etichettatura, usufruendo delle possibilità offerte dall'articolo 3 del decreto-legge n. 135 del 2018, in corso di attuazione, sull'indicazione del luogo di provenienza dei componenti dei prodotti alimentari, al fine di impedire che le miscele tra olio italiano e oli di origine siano classificate come olio nazionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe L'Abbate, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE L'ABBATE, Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, la tutela dei nostri prodotti agroalimentari, in particolar modo di quelli più rappresentativi come l'olio d'oliva, è una delle priorità che il Governo intende perseguire, non solo a vantaggio dei comparti produttivi, ma anche dei consumatori, che, attraverso un'etichettatura corretta e trasparente, possono operare una scelta consapevole. In tale direzione, nell'ambito del regime di aiuti previsto dal regolamento (UE) n. 1308/2013 (OCM unica), a favore del settore olivicolo sono stati attribuiti 108 milioni di euro circa per il triennio 2018-2021 (1° aprile 2018-30 marzo 2021), per il finanziamento di programmi di attività attuati dalle organizzazioni di produttori riconosciute e dalle loro associazioni. Al contributo europeo si aggiunge una quota di cofinanziamento nazionale, da erogare in misura variabile rispetto alle singole misure finanziarie.

Spetta ora al mondo produttivo utilizzare al meglio le risorse assegnate per il finanziamento dei programmi da loro stessi presentati, affinché le politiche previste si traducano in concreti benefici, in particolare su un miglioramento della qualità dell'olio di oliva e delle olive da tavola, cui è stato riservato non meno del 30 per cento delle risorse comunitarie, e sul miglioramento della sostenibilità ambientale dell'intera filiera, cui è stato destinato oltre il 20 per cento delle risorse.

Alla misura relativa al sistema di tracciabilità della certificazione e alla tutela della qualità dell'olio d'oliva e delle olive da tavola, con particolare attenzione al controllo della qualità degli oli di oliva venduti ai consumatori finali, è riservato non meno del 15 per cento del finanziamento sopra indicato, a cui si aggiungono 8 milioni di euro circa di cofinanziamento nazionale.

Inoltre, al fine di incentivare l'associazionismo tra produttori, il 25 per cento circa dell'importo base del finanziamento è stato riservato alle organizzazioni di produttori che commercializzano il prodotto dei propri soci.

Mi preme inoltre rilevare che, nell'ottica della salvaguardia del prodotto, su richiesta dell'Amministrazione italiana, la Commissione europea ha emanato il regolamento delegato n. 1096/2018, con il quale è stato modificato l'articolo 5, lettera e), del Regolamento (UE) n. 29/2012 sulle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva.

Attraverso tale modifica, che ha già trovato attuazione nel nostro Paese, i Paesi membri possono ora obbligare gli operatori che commercializzano il proprio prodotto in ambito nazionale a riportare sempre in etichetta l'indicazione della campagna di raccolta.

Riguardo all'indicazione della provenienza degli oli, rilevo che, per il settore in questione, è già obbligatorio indicare in etichetta l'origine degli oli immessi sul libero mercato, come previsto dall'articolo 4 del regolamento (UE) n. 29/2012, nonché dal decreto 10 novembre 2009 e dalla legge 10 gennaio 2013, n. 9.

Circa la tracciabilità degli oli d'oliva in Italia, ricordo che, da anni, è vigente il registro telematico, che consente un controllo più puntuale e tempestivo da parte degli organi preposti, potendo monitorare i flussi di olio movimentati. Infatti, i commercianti di olive, i frantoi, le imprese di condizionamento, i commercianti di olio sfuso, le raffinerie e i commercianti di sansa sono obbligati alla tenuta di un registro per ogni stabilimento e deposito, nel quale sono annotati, a seconda dei casi, le produzioni, i movimenti e le lavorazioni riguardanti le olive, la sansa e gli oli d'oliva, indipendentemente se destinati al mercato nazionale od estero.

Detto registro, tenuto secondo modalità telematiche messe a disposizione sul portale del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), oltre a costituire un sistema di tracciabilità omogeneo e puntuale della filiera d'olio d'oliva, consente di monitorare le singole movimentazioni di ogni stabilimento e di conoscere i nominativi con i relativi indirizzi dei soggetti, nazionali o esteri, coinvolti nella movimentazione stessa.

Rilevo infine che il Ministero, tenendo conto che l'attuale quadro programmatorio in favore del settore prevede diversi strumenti di intervento (oltre all'OCM, il settore può, infatti, beneficiare anche delle misure previste nei Programmi di sviluppo rurale), si è fatto promotore, presso la Commissione europea, di una proposta di riorganizzazione dell'intera OCM olio, da intraprendere nell'ambito della riforma della PAC post 2020.

L'intento è quello di definire un pacchetto di misure coerente e coordinato, sul modello di quanto già fatto con la positiva esperienza dell'OCM vino, in grado di sostenere interventi di potenziamento della capacità produttiva (impianto nuovi oliveti), di ammodernamento di frantoi oleari (miglioramento qualità prodotto finito) e di valorizzazione degli elementi paesistici collegati all'olivicoltura tradizionale italiana.

PRESIDENTE. L'onorevole Maria Tripodi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Io non posso ritenermi soddisfatta, signor Presidente, di quanto ha appena affermato il sottosegretario e non posso ritenermi soddisfatta per una serie di motivi. Lei ha elencato i buoni propositi che questo Governo vuole attuare per quanto riguarda il settore olivicolo nazionale.

La tutela del comparto: ci mancherebbe! Samo una delle eccellenze nel mondo per quanto riguarda il settore olivicolo: ci mancherebbe che non vi sia da parte di questo Governo una tutela del comparto. Lei ha elencato il regime degli aiuti che devono essere fatti e dei buoni propositi anche per quanto riguarda i fondi già stanziati di 108 milioni di euro per il triennio 2018-2021. E, poi, mi consenta, ha anche sottolineato tutti gli obblighi a cui sono sottoposti gli eroici - io li chiamo così - produttori olivicoli calabresi; ma questo noi lo sapevamo già, signor sottosegretario. È evidente che un imprenditore, in qualsiasi settore, ancor di più in quello olivicolo, e appunto anche agroalimentare, sia sottoposto a degli obblighi perché, naturalmente, ne va della sicurezza del consumatore, però lei non mi ha risposto in merito a quello che io le ho chiesto.

Allora, davvero, senza sterile polemica politica, io la invito, in quanto rappresentante di questo Governo, a non elencare una serie di ovvietà; non glielo dico perché me le ha appena dette, ma per un motivo molto semplice. Quest'Aula rappresenta anche i produttori e le associazioni di categoria, rappresenta tutti i cittadini e i cittadini italiani non meritano di essere presi in giro in questo modo da parte di un Governo che, più che la tutela del comparto, elenca solo delle cose che già sappiamo. Mi creda, so che lei è pugliese di origine e anche lì abbiamo tutti dei problemi per quanto riguarda la xylella ed altre problematiche: siate seri e cercate di risolvere problemi che comportano grandi disagi a chi si sveglia la mattina molto presto per andare nei campi e coltivare la propria produzione. Si chiama tutela del sistema Paese: altro che tutele ed elenco di ovvietà che lei mi ha appena detto.

(Chiarimenti in merito agli episodi di violenza verificatisi nel carcere di San Gimignano e iniziative volte a far fronte alle complessive criticità della struttura - n. 2-00507)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cenni ed altri n. 2-00507 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Cenni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SUSANNA CENNI (PD). Grazie, Presidente. Purtroppo devo tornare nuovamente in quest'Aula ad intervenire sulla questione di una struttura carceraria, quella di Ranza, nel comune di San Gimignano. L'ho fatto molte volte in questi anni, con atti come questo, interrogazioni, interpellanze, con colloqui con i Ministri che si sono succeduti, con il DAP, con i tanti incontri svolti con gli agenti di polizia penitenziaria, visitando i reparti del carcere e, purtroppo, sono costretta nuovamente ad intervenire su questo tema.

Io voglio ricordare che questo carcere, quello di Ranza, è attivo dal 1991 nel comune di San Gimignano. È una casa di reclusione maschile ed è il carcere più grande della nostra provincia - la provincia di Siena - ma ha enormi criticità; si tratta di problemi molto consistenti, in modo particolare legati alla carenza di personale e ad una situazione di sovraffollamento. Infatti, nonostante ci sia una capienza regolamentare di 227 reclusi, ultimamente, dai dati più recenti, abbiamo la registrazione di 352 detenuti dentro a quella struttura. Si tratta di 50 celle, con detenuti in regime di alta sicurezza, soprattutto con presenza di detenuti con condanne definitive per reati gravi, di ergastolani appartenenti ad associazioni criminali.

È una struttura che richiede, quindi, una sorveglianza attenta, continua, che rischia, sinceramente, di essere altamente incompatibile con il numero degli agenti attualmente in servizio. Si tratta di personale - questo ci tengo a sottolinearlo - che, negli anni, nonostante le tante criticità, ha garantito una presenza straordinaria, con turni spesso straordinari, con una disponibilità che, molto spesso, ha consentito di evitare situazioni molto, molto difficili.

La carenza di organico, come dicevo, viene da anni; via via si è provveduto con piccoli trasferimenti non sufficienti. Si tratta di una situazione che costringe continuamente il personale a continui turni straordinari e, ovviamente, oltre a ripercuotersi sulla qualità della vita degli agenti e dei loro familiari, può potenzialmente comportare rischi per la gestione della casa di reclusione stessa, per la sicurezza del personale e dei detenuti.

Uno dei problemi più consistenti di questa struttura riguarda la direzione del carcere e, cioè, l'assenza di una guida stabile del carcere che, invece, in questi anni, è stata caratterizzata da una continua sostituzione, da persone che sono state destinate alla direzione del carcere a scavalco, mentre avevano direzioni di altri istituti, o da assegnazioni che poi sono durate pochissimo perché i direttori assegnati chiedevano il trasferimento e sono stati trasferiti, quindi senza avere da tanti anni a questa parte una figura che si occupasse davvero dell'organizzazione del carcere, delle criticità e che fosse in grado di mettere in campo anche una programmazione a medio termine.

Questa cosa non ha assolutamente aiutato; proprio in questi giorni, fra l'altro ci sono delle novità addirittura sul testo che ho depositato, perché per fortuna qualcosa sembra che si stia muovendo: è stato assegnato un nuovo direttore, con cui ho già avuto modo di scambiare qualche parola. Poi ci sono le criticità tecniche di questa struttura, pesanti, per le difficoltà di carattere strutturale e logistico - è molto distante dall'abitato, ci sono problemi di collegamento -, ma ci sono forti problemi sulla qualità della struttura, con infiltrazioni continue dai tetti e di approvvigionamento idrico. Questo tema dell'approvvigionamento idrico determina forti criticità e anche grandissime tensioni nella stagione estiva, che qualche volta hanno portato anche a una tensione molto alta. Ecco, l'insieme di queste difficoltà ha purtroppo spesso dato origine a episodi di tensione e qualche volta di violenza dentro il carcere, che oramai cominciano a ripetersi ciclicamente, nonostante gli sforzi compiuti.

Ci sono state risse nei mesi passati che hanno visto anche alcuni agenti di Polizia venire trasportati in ospedale. Ho ripetutamente segnalato il tema alle autorità competenti, ai Ministri competenti, così come al capo del DAP; l'ho fatto l'ultima volta pochi mesi fa, dopo una visita svolta insieme al sindaco di San Gimignano al carcere, dopo avere incontrato gli agenti, avere visitato i reparti, scambiato qualche parola con i detenuti. Dopo quest'ultima visita noi abbiamo scritto nuovamente al Ministro e abbiamo anche ricevuto una risposta, con una lettera del 17 luglio da parte del Ministro Bonafede che preannunciava l'arrivo di dodici agenti di Polizia penitenziaria, comunicando l'impegno ad assegnare nuovamente un direttore, che mi auguro questa volta resti almeno per un po' di tempo in questa struttura.

E, infine, c'è stato l'ultimo episodio, un episodio molto grave; infatti, nelle settimane passate un po' tutti gli organi di stampa, anche quelli nazionali, i media, hanno dato notizia che la procura di Siena avrebbe iscritto nel registro degli indagati alcuni agenti della Polizia penitenziaria del carcere di San Gimignano con l'accusa di avere picchiato l'11 ottobre del 2018 un detenuto tunisino di 31 anni. Sempre secondo le notizie apparse pubblicamente, sembrerebbe che questa indagine, definita dal DAP complessa e delicata, avrebbe interessato quindici poliziotti penitenziari e che cinque di questi poliziotti sarebbero stati sospesi. Ovviamente, se queste accuse fossero vere, la vicenda sarebbe davvero molto grave.

Credo sia necessario, il prima possibile, fare chiarezza su tutta questa vicenda per più ragioni. La prima ragione è che, se ci sono state responsabilità, queste responsabilità devono essere accertate, i responsabili perseguiti, ma, ovviamente, dobbiamo fare attenzione a non tradurre questa vicenda in un'incriminazione complessiva degli agenti che in questi anni - vi posso garantire - hanno veramente lavorato con grande serietà. La seconda ragione, che invita ovviamente ad un veloce accertamento dei fatti, è che purtroppo su questa vicenda noi abbiamo assistito anche a pesanti strumentalizzazioni politiche. Infatti credo, sedendo come altri colleghi in questa Aula, che in momenti come questi servirebbe silenzio e rispetto per chi svolge le indagini, cosa che purtroppo la settimana scorsa non è avvenuta, perché c'è stata una visita, sotto mille riflettori, di un esponente dell'attuale opposizione e si è cercato, ovviamente, di strumentalizzare politicamente una vicenda grave, ma anche molto delicata per le ragioni che ho provato ad illustrare. Quindi, sono a chiedere al Governo intanto quali siano le informazioni di cui il Governo dispone su questa vicenda citata e anche quali iniziative si intenda intraprendere per far fronte a questa perdurante situazione di criticità del carcere di Ranza, e in particolare per affrontare queste gravissime carenze strutturali, che, come ho cercato di illustrare nella mia interpellanza, sono una parte delle ragioni che poi determinano episodi molto gravi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Vittorio Ferraresi, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. La casa di reclusione di San Gimignano è alla costante attenzione del Ministero della Giustizia, che già con nota dello scorso 17 settembre, come ricordato, indirizzata proprio all'onorevole Cenni e al sindaco del comune di San Gimignano, riscontrava prontamente e puntualmente tutte le segnalazioni e doglianze da costoro sollevate rispetto ad una serie di criticità che l'istituto presenta. Il livello di attenzione si è ancor più alzato all'indomani dell'inchiesta giudiziaria che ha portato all'applicazione delle misure cautelari interdittive della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, per la durata di quattro mesi, disposte dal giudice per le indagini preliminari di Siena nei confronti di quattro appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria per le gravi condotte di violenze di cui essi, secondo, ovviamente, quanto è emerso da un'indagine ancora in corso presso la procura della Repubblica di Siena, si sarebbero resi responsabili circa un anno fa ai danni di un detenuto tunisino. Allo stato sono stati ipotizzati i reati di tortura, lesioni aggravate, minaccia e falso ideologico e risultano coinvolte altre undici unità di Polizia penitenziaria, sebbene non attinte da provvedimenti cautelari. A seguito di tali fatti, i quattro poliziotti destinatari della misura interdittiva sono stati sospesi dal servizio ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449, e il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria si è prontamente recato sul posto, al fine di constatare de visu la situazione generale e verificare con mano il contesto ambientale e lavorativo della struttura. Il Ministero formula sin da ora ogni più ampia riserva di valutare in modo approfondito i fatti e di assumere ulteriori determinazioni, anche a carattere disciplinare, all'esito degli sviluppi giudiziari della vicenda. Un segno tangibile della preesistente attenzione di questo Dicastero verso la struttura di San Gimignano è riscontrabile nella precedente visita fatta un anno fa dal Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nell'ispezione disposta a seguito del riscontro, lo scorso mese di febbraio, di una serie di criticità nella direzione dell'istituto e nella revoca dell'incarico al precedente direttore per condotte irregolari, con affidamento di un incarico di reggenza temporanea alla dottoressa Rosa Alba Casella, già direttore dell'Ufficio I del provveditorato di Firenze. Come in passato, a maggior ragione adesso, è fermo proposito di questo Ministero affrontare in maniera ancora più incisiva le varie criticità che l'istituto di San Gimignano presenta, parte delle quali, invero, già in corso di risoluzione prima ancora che l'inchiesta giudiziaria assumesse rilevanza mediatica. Secondo quanto anticipato con la nota a cui si faceva cenno in apertura, infatti, già lo scorso 9 settembre era stato risolto il nodo della mancanza del comandante di reparto attraverso il conferimento dell'incarico, in pianta stabile, ad un commissario capo del Corpo di Polizia penitenziaria, che si è insediato lo scorso 23 settembre. Per quanto riguarda la figura direttiva della struttura, dopo la recente vicenda giudiziaria si è inteso imprimere un risoluto cambio di passo, conferendo, a far data dal 26 settembre scorso, un incarico di reggenza per quattro giorni a settimana al dottor Giuseppe Renna, già direttore della casa circondariale di Arezzo. Con nota del giorno successivo, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha inoltre comunicato che con bando di prossima emanazione sarà messo a concorso il posto di direttore dell'istituto.

Per quanto attiene alla dotazione organica del Corpo di Polizia penitenziaria, va detto che, a fronte di un organico previsto di 229 unità, la forza amministrata è pari a 216 unità. Le maggiori scoperture, riscontrabili nel ruolo dei sovrintendenti, quantomeno dal punto di vista numerico, sono controbilanciate dall'esubero degli agenti/assistenti, in numero di 195 sui 170 previsti in pianta organica, anche per effetto dell'incremento di 12 unità di cui l'istituto ha recentemente fruito lo scorso mese di luglio.

In ogni caso, al di là del dato numerico, al fine di un riequilibrio anche di ordine funzionale, con riferimento alla carenza di sovrintendenti va ricordato in questa sede che sono già state attivate le procedure per il concorso interno a complessivi 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo sia maschile che femminile del Corpo. Si tratta di una misura che si innesta a pieno titolo nel più ampio alveo delle mirate politiche assunzionali perseguite da questo Ministero, anche nel comparto penitenziario. In tale direzione si confida, a breve, di poter disporre di un ampio bacino di risorse umane a cui attingere per sanare le varie scoperture di cui risentono gli istituti di tutto il territorio e rispetto a cui saranno tenute in debita considerazione anche le esigenze, ovviamente, della casa di reclusione di San Gimignano.

Quanto alle presenze detentive, non sussistono particolari profili di criticità, in quanto, da un lato, il tasso di affollamento presso la casa di reclusione di San Gimignano si attesta su una percentuale del 119,87 per cento, come tale, inferiore sia al tasso medio regionale, 127,66 per cento, che a quello nazionale, 128,85 per cento, e dall'altro, presso gli istituti in argomento, a ciascun soggetto ristretto sono garantiti i parametri dimensionali stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Ovviamente si dovrà comunque continuare in un'opera che partirà con un incentivo forte di ristrutturazioni e nuovi posti, che potrà essere a beneficio non solo della struttura di San Gimignano, ma di tutto il territorio nazionale, che il Ministero sta portando avanti. Per quanto, infatti, attiene alle criticità strutturali, come già anticipato con la nota di settembre, di cui si è fatto più volte cenno, con i fondi dell'ex Piano carceri la struttura di San Gimignano è oggetto di un finanziamento complessivo di circa 1.500.000 euro, per l'esecuzione sia di interventi di efficientamento energetico, con l'installazione di pannelli solari, termici e fotovoltaici, che di interventi di adeguamento delle centrali termica ed idrica e delle relative sottocentrali, per la produzione e distribuzione dell'acqua calda e sanitaria per le camere detentive, con previsione di recupero delle acque piovane e depurate. Tra gli interventi da eseguire grazie ai suddetti fondi sono stati contemplati, inoltre, anche quelli di manutenzione straordinaria per il miglioramento dell'approvvigionamento idrico, con l'integrazione dell'impianto di osmosi inversa, di quello di deferrizzazione e dei filtri.

PRESIDENTE. L'onorevole Cenni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SUSANNA CENNI (PD). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il sottosegretario per la risposta. Ovviamente apprezzo gli impegni che sono stati illustrati e gli intenti che sono stati esposti; io mi auguro che questi impegni, però, si traducano poi in risultati concreti. Lo dico perché vede, sottosegretario, lei ha parlato di procedure concorsuali - queste sono notizie importanti - e ha parlato di un direttore in pianta stabile: io le segnalo che purtroppo, nonostante questo, vista la criticità e la collocazione del carcere, dopo un po', sia gli agenti di polizia penitenziaria che purtroppo i direttori chiedono i trasferimenti e se ne vanno. Quindi, c'è proprio un problema che riguarda la criticità e anche, credo, la collocazione di questa struttura, ma mi rendo conto che diventa difficile ipotizzare una chiusura o una ristrutturazione di altra natura.

La ringrazio comunque, perché già in questi giorni ho avuto modo, come le dicevo, di parlare telefonicamente con il dottor Renna, che mi sembra voglia lavorare per risolvere alcuni dei problemi della struttura. Ed è importante che siano state stanziate delle risorse per gli impianti, anche se il problema grande è la mancanza di risorsa idrica e il mancato collegamento alla rete complessiva della fornitura idrica di quell'area con il carcere.

Aggiungo che io voglio ricordare che in questi anni, nonostante le criticità, è stato fatto uno sforzo enorme da tutte le istituzioni locali, in primis il comune di San Gimignano, attraverso il suo sindaco, che ha anche nominato un proprio garante per vigilare sul buon lavoro dentro quella struttura; lo ha fatto, finché ha potuto, l'amministrazione provinciale di Siena; lo hanno fatto anche alcuni soggetti del mondo economico, anche il mondo cooperativo, impegnandosi per cercare di realizzare alcune forme di attività che potessero rappresentare uno sbocco di lavoro sia dentro il carcere che fuori dal carcere.

Quindi, c'è un impegno complessivo di quel territorio, che io mi auguro possa contare su risposte certe e vere da parte dell'amministrazione centrale dello Stato e quindi del Governo e del DAP.

(Iniziative, anche normative, in ordine alle criticità connesse al riconoscimento della sindrome da alienazione parentale, a tutela della salute psichica ed emotiva del minore - n. 2-00508)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giannone e Schullian n. 2-00508 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Giannone se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VERONICA GIANNONE (MISTO). Grazie, Presidente, la illustro. Sottosegretario, oggi siamo qui era interpellarla relativamente ad una prassi che viene attuata sempre di più all'interno dei tribunali e che riguarda i minori, ovvero l'utilizzo della teoria ex PAS, sindrome da alienazione genitoriale, ed oggi divenuta disturbo relazionale. Cambia il nome, ma il senso è lo stesso. Questa teoria non è riconosciuta dalla maggioranza della comunità scientifica. La società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, nelle linee guida in tema di abuso di minori, l'ha inclusa tra le possibili forme di abuso psicologico, e viene considerata quindi priva di presupposti clinici, di validità e di affidabilità.

L'Istituto superiore di sanità non ritiene che questa alienazione parentale o disturbo relazionale abbia una rilevanza clinica tale da poter essere considerata una patologia, dunque inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici, ed anche i centri antiviolenza si sono espressi criticamente in merito alla questione. La Corte di cassazione l'ha ritenuta priva di fondamento scientifico, e nel 2019 ha escluso la rilevanza di tale alienazione parentale o disturbo relazionale, che dir si voglia, definendola priva di basi scientifiche. Anche l'Organizzazione mondiale della sanità non riconosce questa teoria, né tanto meno la riporta nell'elenco dei disturbi mentali.

Partiamo però dal principio. La teoria della quale parliamo è una teoria creata dal dottor Richard Gardner per essere usata contro le madri protettive nelle cause di divorzio e per l'affidamento dei minori. Partiva dal presupposto, questa teoria, che tutte le denunce di violenza domestica o abuso di minore fossero false accuse; di conseguenza, se un minore esprimeva avversione nei confronti del padre, l'unica spiegazione possibile e plausibile era quella che la madre lo avesse alienato. Il rimedio, quindi, suggerito da questa teoria era costringere il minore a vivere con il padre che temeva, e negare alla madre la possibilità di questa responsabilità genitoriale; quindi, era una sorta di riprogrammazione. Tuttavia, la premessa di Gardner è stata confutata da tutti gli studi empirici volti a verificare l'incidenza delle false accuse nelle cause di divorzio. Vorrei riportare qualche dato internazionale: in Spagna, solamente lo 0,22 per cento di casi di false accuse; in Inghilterra, solo lo 0,005; in Canada due casi di false accuse contro i padri su 7.672, e così in Australia e Stati Uniti, dove tutte le ricerche hanno dimostrato l'inesistenza di questa tendenza femminile a produrre accuse strumentali allo scopo di allontanare i genitori amorevoli dai figli.

Si può dire che la pericolosità di una teoria come l'alienazione parentale o disturbo relazionale sta nel fatto che l'applicazione di criteri diagnostici elencati da Gardner non permette di distinguere un minore realmente abusato, vittima di violenza assistita, da un minore il cui rapporto con uno dei genitori si è incrinato o indebolito per qualsiasi altro motivo. A dimostrarlo sono casi concreti nei quali il disturbo relazionale è invalidato da prove oggettive. Nonostante tutti questi presupposti, tutte le posizioni che prima ho elencato, comunque molte vicende legate a questo fenomeno, continuano a coinvolgere minori e madri all'interno dei tribunali nazionali. È una minaccia ricorrente, che attanaglia le donne che decidono di separarsi, soprattutto per casi di violenza domestica, sia essa diretta, assistita, psicologica, fisica o economica; una minaccia portata avanti non solo dall'ex compagno o ex marito, ma di fatto anche dalle stesse istituzioni a cui si rivolgono per chiedere aiuto, sostegno e protezione; una minaccia che riguarda il togliere loro i figli.

La sottrazione della madre ai bambini è stata facilitata anche dall'introduzione del principio cosiddetto bigenitorialità, con la legge n. 54 del 2006, sull'affidamento condiviso, principio che è indiscutibile in situazioni di normalità e in separazioni consensuali, ma che invece viene applicato indistintamente anche in casi di violenza o inadeguatezza genitoriale, a scapito della volontà dei minori ed in contrasto con tutte le convenzioni nazionali ed internazionali sulla tutela dei loro diritti e del loro primario interesse, così come la Convenzione sui diritti del fanciullo di New York, del 1989, oppure la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, conosciuta come Convenzione di Istanbul del 2011, e, per finire, la Convenzione di Strasburgo.

Ho riportato soltanto i titoli di queste convenzioni, però, in realtà, c'è da aggiungere che sono comunque non rispettate, non portate avanti all'interno dei tribunali, non vengono effettivamente attuate, prese in considerazione. Oggi, le madri che si rivolgono ai tribunali per regolamentare l'affido dei figli vengono molto spesso accusate di essere madri alienanti, inadeguate, addirittura malevole; si ritrovano rivittimizzate dalle stesse istituzioni da cui avrebbero dovuto trovare protezione e tutela. I bambini non sono molto spesso credibili agli occhi di chi dovrebbe occuparsi e preoccuparsi di ascoltare e relazionare quanto descritto dagli stessi, neanche se raccontano violenze, maltrattamenti, abusi da parte del padre e/o manifestano rifiuta e paura verso quest'ultimo, perché spesso vengono ritenuti inattendibili o manipolati da qualcuno, quasi sempre la madre.

Le consulenze tecniche d'ufficio, chiamate CTU, si basano principalmente sulla ricerca ossessiva dell'alienazione genitoriale, ex PAS, a carico delle madri, e questo costrutto scientifico, ovvero mai accreditato dalla comunità scientifica nazionale e internazionale, cambia nome e forma di volta in volta, senza tuttavia che ne venga cambiata la sostanza e gli esiti a cui conduce.

Troviamo allora lo stesso concetto di alienazione rinominato come conflitto di lealtà, problema relazionale, passare da sindrome a fenomeno sociale, giuridico, ma l'esito è sempre lo stesso: allontanamento dei figli dalle madri e delle madri dai figli per essere collocati in case-famiglia in cui verranno poi sottoposti a una sorta di reset psicologico anche denominato dall'ideatore, il famoso Gardner, terapia della minaccia. Questa terapia, secondo Gardner, consisteva in un immediato allontanamento dei bambini dal genitore amato, accudente e idoneo, e loro punto di riferimento, nella quasi totalità dei casi purtroppo la madre, per essere resettati in casa-famiglia con una sorta di trattamento sanitario obbligatorio senza più alcun contatto con la madre, neppure telefonico, per essere poi affidato esclusivamente a quel padre che i bambini rifiutano o di cui hanno paura. Sono sempre più frequenti i casi di prelievi forzosi di minori nel contesto materno idoneo e accudente a causa di perizie che dichiarano la madre in questione malevola e alienante nei confronti di un padre spesso violento, abusante o inadeguato, di cui i minori hanno rifiuto e paura. La violenza viene considerata come semplice conflittualità tra ex-coniugi che verranno messi dunque sullo stesso piano.

In particolare vorrei parlare di numerosi organi di stampa che hanno riportato un caso della donna che chiameremo L.M. e che è vittima di una vicenda giudiziaria che si sta trascinando da anni, con innegabili ripercussioni negative nei riguardi del figlio minore che rischiano l'allontanamento della madre e un collocamento in casa-famiglia. La vicenda che la coinvolge è iniziata molto tempo fa ed è frutto di violenze subite in ambito domestico dalla stessa donna. Il figlio sarà affidato dal tribunale civile di Roma ai servizi sociali che hanno monitorato la situazione e riconosciuto L.M. un'ottima madre. La signora è seguita da un centro antiviolenza, lì inviata dalla stessa assistente sociale per i comportamenti del padre e del bambino verso lei e il figlio. Nel 2018 il giudice che seguiva il caso ha disposto una consulenza tecnica d'ufficio. La psicologa incaricata dal tribunale ha deciso che L.M. fosse accusata di alienazione parentale (ex-Pas). Nel 2019 veniva disposta la sospensione di responsabilità genitoriale per entrambi i genitori. Fu nominato un tutore che ha ecceduto i suoi poteri e per questo ne è stata richiesta revoca e sostituzione. Si evidenzia che la signora L.M. ha onorato tutti i suoi doveri di genitore nei confronti del figlio che, tra l'altro, frequenta con un'eccellente media il terzo anno di scuola elementare. Il minore inoltre svolge varie attività e la signora non ha mai mancato supporto economico e morale al medesimo minore. È inoltre utile sottolineare che la donna ha sempre rispettato le prescrizioni dell'autorità giudiziaria e dei servizi sociali. In ogni caso l'educatore del minore ha sempre sostenuto che il bambino è sereno all'interno del nucleo familiare in cui vive ed è un bambino sereno e molto giocoso. Il supporto educativo dell'educatore a favore del minore comunque, nonostante tutti i risultati positivi, è stato interrotto dall'assistente sociale. Gli incontri assistiti padre-figlio comunque sono proseguiti presso la sede della cooperativa Presenza Sociale per tutto il 2018 fino ad oggi. Il padre, infatti, incontra regolarmente il figlio in forma protetta. Tuttavia, nonostante sia stata disposta, come detto in precedenza, la sospensione della potestà genitoriale o responsabilità genitoriale per entrambi i genitori, gli incontri del figlio con il padre sono aumentati.

Le donne dunque che denunciano violenza subiscono, in realtà, l'allontanamento dei figli e si tratta di un paradosso: i minori finiscono per non essere tutelati da padri violenti ma dalle madri che hanno subito violenza. Da tener presente, inoltre, che il bambino in questione ha anche sofferto di grave sindrome autoimmune ed è iperteso, è in cura farmacologica quotidiana e sotto controllo ospedaliero periodico e che lo stress di un allontanamento dalla sua vita e dai suoi affetti più cari, come la madre e i nonni, potrebbe far recidivare la patologia oltre che minarne in generale la salute psico-fisica. Tuttavia, neppure il pericolo per la salute del bambino ha fermato le intenzioni di allontanamento dalla madre da parte del tribunale che, ricordiamo, si sta basando solo su decisioni unicamente dovute a una perizia di alienazione parentale, redatta dalla psicologa la quale ad oggi ha un procedimento penale pendente a seguito di una querela per falso in perizia.

Per quanto descritto, le chiedo se intenda adottare iniziative normative per impedire il riconoscimento della sindrome da alienazione parentale, che è priva di validità e affidabilità scientifica e compromette di fatto la salute psichica ed emotiva del minore e la sua crescita; se non ritenga di adottare iniziative normative per evitare che ci siano eventuali forti conflitti di interessi tra magistrati e consulenti tecnici nominati; se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per definire una normativa che prevede il controllo dell'operato dei servizi sociali; se intenda promuovere una revisione dell'applicazione del principio della bigenitorialità, sancito nella legge n. 54 del 2006, nei casi in cui questo obblighi il minore a frequentare, contro la sua volontà, un genitore maltrattante o abusante; se il Governo intenda adottare ogni iniziativa di competenza per vigilare sulla corretta applicazione della Convenzione di Istanbul, della Convenzione di New York e della Convenzione di Strasburgo; se nel caso in cui in premessa non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Vittorio Ferraresi, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Il Ministero si è tempestivamente attivato per acquisire le informazioni del menzionato procedimento giurisdizionale ritenute rilevanti in ordine all'incidenza dell'accertamento tecnico d'ufficio rispetto all'allontanamento dei minori dalle madri vittime di violenza domestica. Dalla documentazione acquisita emerge che il Tribunale di Roma non ha emesso alcun provvedimento di sospensione della potestà genitoriale nel caso di specie, al contrario di quanto asserito nel corpo dell'interpellanza. Inoltre, il minore in questione non risulta essere stato mai allontanato dai genitori. Invero il tribunale di Roma, con decreto in data 18 aprile 2014, limitava le responsabilità genitoriali di entrambi i genitori ai soli atti di ordinaria amministrazione, affidando il minore ai servizi sociali con collocamento dello stesso presso la madre. Tra l'altro, dall'esame del menzionato provvedimento, si rivela che l'accertamento tecnico d'ufficio sia stato condotto sulla base di indicatori diversi da quelli posti a base dell'accertamento della sindrome da alienazione parentale. Il provvedimento del Tribunale veniva peraltro confermato dalla Corte d'Appello.

Di qui la non corrispondenza tra quanto riportato nella premessa dell'interpellanza e il caso concreto che, in tutta evidenza, non si fonda sul dato costituente il presupposto delle richieste formulate con l'atto di sindacato ispettivo in esame. Ovviamente viste queste non conformità, noi, come Ministero, ci rendiamo disponibili, anche al di fuori del sindacato ispettivo, per ulteriori approfondimenti anche in tempi brevi per confrontare ovviamente le fonti documentali e per un approfondimento anche dell'ispettorato, quindi vi è la massima disponibilità su questo. In ogni caso, con riferimento al sistema legislativo vigente, va ricordato che i procedimenti concernenti i minori sono ormai, dopo le riforme operate con la legge 21 marzo 2001, n. 149 e con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 fortemente giurisdizionalizzati. Sono adesso così previsti sia l'assistenza legale dei genitori sia l'ascolto del minore (ormai generalizzato), oltre che la rappresentanza legale del minore nel processo tramite la figura del curatore speciale.

Non va poi sottaciuto che l'articolo 336, ultimo comma, codice civile, già prevede l'assistenza legale del minore nei procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale. Peraltro, si evidenzia che la normativa inerente alla tutela dei minori nei procedimenti di separazione, divorzio, regolamentazione, limitazione e ablazione della responsabilità genitoriale è stato oggetto di recenti riforme (decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154).

La giurisdizionalizzazione dei procedimenti suddetti comporta che i diritti dei minori ad avere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori in caso di crisi familiari sono fortemente garantiti e non rimessi unicamente, come sostenuto dall'interpellante, alle valutazioni di consulenze tecniche di ufficio. Non dimenticando, peraltro, che la consulenza tecnica non rappresenta nel nostro ordinamento un mezzo istruttorio in senso tecnico, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione complessiva degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitano di specifiche conoscenze. Di recente, anche la giurisprudenza della Suprema Corte ha confermato l'orientamento volto a conferire a tale strumento un valore relativo da bilanciare all'interno delle risultanze processuali e mai assoluto (Cassazione civile ordinanza 7 giugno 2019 n. 15521).

Ovviamente, in caso di abusi, il nostro Ministero è pronto ovviamente per attivare l'ufficio dell'ispettorato. Il Ministero della Giustizia rispetto ad ogni questione riguardante l'allontanamento del minore dalla sua famiglia di origine, nei limiti delle sue competenze istituzionali, esulando peraltro da esse il controllo sul funzionamento dei servizi sociali - ovviamente questo va specificato perché, come Ministero, abbiamo competenze precise - ha prontamente attivato tutti i suoi poteri di verifica e approfondimento delle questioni relative alla correttezza dei procedimenti di affido e più in generale dell'operato giurisdizionale correlato, anche attraverso l'ispettorato che sta ponendo in essere una capillare attività di controllo.

Con decreto in data 22 luglio 2019, il Ministro della Giustizia ha istituito infatti una “Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori” a cui sono stati affidati compiti ricognitivi e di monitoraggio dello stato di attuazione della legislazione vigente in materia di collocamento dei minori in istituti di ricovero pubblico o privati e di affidamento eterofamiliare, procedendo, ove necessario, all'interlocuzione con i soggetti istituzionalmente coinvolti. Tanto al fine di evidenziare eventuali profili di criticità della normativa in esame ed esaminare ed elaborare eventuali proposte di modifica legislativa. Lo scopo è stato, altresì, quello di promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidi familiari che riteniamo essere fondamentale per poi partire con un intervento normativo, perché senza dati ovviamente è molto difficile rendersi conto della situazione non solo locale ma proprio a livello nazionale. La squadra si è riunita per la prima volta in data 31 luglio u.s. e ha deliberato di procedere ad un'attività di ricognizione presso gli uffici giudiziari interessati al fine di acquisire elementi conoscitivi necessari per la realizzazione degli obiettivi prefissati.

Sul piano operativo è stato diramato un questionario a tutti gli uffici giudiziari coinvolti, al fine di fotografare la realtà esistente in tema di affidi familiari, attraverso un'opera ricognitiva a tappeto. Il termine fissato per la relativa compilazione è scaduto lo scorso 30 settembre 2019 e consentirà a tale organismo di compiere le scelte di intervento, anche normativo, ritenute necessarie nei settori che avranno evidenziato le maggiori criticità.

In attesa di conoscere i risultati dell'avviato monitoraggio, i cui dati parziali già sono allo studio del Ministero, la squadra si è nuovamente riunita proprio il 25 settembre 2019 - quindi qualche giorno fa - per fare il punto sullo stato delle attività messe in campo. Parallelamente, infatti, il Ministero ha svolto un'attività di ricognizione della normativa vigente sul tema e della correlata giurisprudenza applicativa in materia, al fine di approfondire l'operatività concreta del dettaglio legislativo e far emergere le eventuali lacune esistenti.

Sempre sul piano normativo è stata avanzata, proprio di recente, una richiesta in Commissione giustizia, al fine di deliberare un'indagine conoscitiva congiunta con la Commissione affari sociali sul sistema della gestione dei minorenni sottratti illegittimamente alle famiglie di origine, con le relative audizioni. Inoltre, ricordo che è stata incardinata per la seconda lettura, prima lettura alla Camera dei deputati, la proposta di legge, sostenuta, credo, da tutte le forze parlamentari, di una Commissione d'inchiesta proprio sul fenomeno degli allontanamenti dei minori e degli affidi in strutture.

Inoltre, ricordo anche che sia alla Camera, sia al Senato ci sono proposte in discussione proprio sulla riforma degli affidi che sono partite proprio in questi giorni e che, quindi, potranno approfondire ulteriormente, con audizioni e poi con un procedimento normativo, la tematica.

L'obiettivo che si intende realizzare è quello di proteggere i minori - anche, ovviamente, attraverso un impegno portato avanti dal Ministero in questa direzione attraverso la necessaria interlocuzione con il Ministero della famiglia, che è stato già avviato e rinnovato proprio nei giorni scorsi - e garantire che lo Stato li accompagni nel difficile percorso delle procedure di affidamento, attraverso un sistema costruito su garanzie e tutele, e su quelle informazioni che andranno a costituire la banca dati integrata come base di verifica immediata dello stato del procedimento giurisdizionale per un così delicato tema, di cui il Ministero ovviamente si vuol fare assolutamente carico.

PRESIDENTE. L'onorevole Giannone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VERONICA GIANNONE (MISTO). Grazie, Presidente. La ringrazio, sottosegretario, per quanto riguarda la spiegazione che lei ha dato e per il fatto dell'esservi interessati sia al caso specifico sia in generale a tutti i casi riguardanti non soltanto la ex Pas o disturbo, come l'abbiamo definito più volte prima, ma anche per tutto quello che è il sistema degli affidi. Però, le devo dire una cosa, per quanto riguarda la questione relativa alla signora L. M., di cui appunto parlavamo prima. Lei ha detto che, comunque, da sindacato ispettivo sono state valutate quelle che erano le documentazioni che io ho riportato per poter anche riuscire a depositare questa interpellanza urgente e le assicuro che non tutte le cose che lei ha detto prima, relative proprio a quella che era la valutazione dell'ufficio competente, sono corrette.

Il 2 ottobre - quindi, due giorni fa - io sono andata insieme alla signora L. M. in tribunale, perché c'era l'udienza dove, in realtà, si andava a decidere cosa fare; il giudice avrebbe dovuto dare una sentenza definitiva; ha preso tempo, però, in realtà, tutte le richieste sono state fatte non ascoltando quello che è il volere del minore, ma semplicemente valutando di mandarlo in una casa famiglia, quindi, da un momento all'altro potrebbe essere addirittura portato via dalla madre. Lo ripeto, questo bambino ha più volte espresso e dichiarato di voler stare con la madre, ma come lui ci sono tantissimi altri casi. Io ne ho a decine e ci sono tantissime donne che continuano a scrivere e io non posso credere che siano tutte donne che vogliano in qualche modo tenere per sé i loro figli o non far rivedere i genitori; tutte queste donne che scrivono, sono tutte donne che hanno querelato, denunciato violenze in famiglia, violenze subite dall'ex marito o dall'ex compagno.

Non può non essere tenuto in considerazione questo fattore; ci sono registrazioni vocali che non vengono tenute in considerazioni e che sono depositate agli atti nei tribunali e le assicuro che anche nell'ultima sentenza, nell'ultima udienza della signora L. M. non sono state, nuovamente, tenute in considerazione, neanche quelle del bambino. Noi, che dobbiamo tutelare la vita dei nostri figli, dei minori di questa nazione, almeno, se dobbiamo occuparci della loro vita, perché crescano in modo sereno, così come gli spetta di diritto, dovremmo innanzitutto iniziare ad ascoltare quello che hanno da dire; invece siamo così concentrati in quella che è una valutazione del diritto dell'adulto da dimenticarci che, in realtà, chi paga le conseguenze di questi casi è soltanto il minore.

Quindi, le chiedo, visto che si è reso disponibile, effettivamente, di poter rivalutare insieme la questione, magari in altra sede, portandole tutte le documentazioni che io ho avuto da parte dell'avvocato e della donna, ma anche di altri casi (mi creda, ne ho tanti); se devo tornare ogni venerdì a fare un'interpellanza urgente su ogni caso specifico, io torno, perché non riesco - e non soltanto da rappresentante istituzionale, ma da madre - a non valutare e a non tener conto di queste istanze; proprio con il cuore non ce la faccio.

Allora, io accetto volentieri e la ringrazio per tutta la sua disponibilità, però mi permetta, magari in futuro, di portarle tutte le documentazioni per rivalutare tali questioni e per far vedere che effettivamente non è sempre come viene descritto. Un conto è quello che noi scriviamo, le leggi che facciamo, un conto è l'applicazione nella realtà della nostra vita e, purtroppo, l'applicazione è spesso completamente diversa (Applausi dei deputati del gruppo Misto).

(Iniziative volte alla custodia e alla valorizzazione dei reperti archeologici recentemente ritrovati nel sottosuolo di Castellammare di Stabia (NA) - n. 2-00505)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vitiello e Schullian n. 2-00505 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Vitiello se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CATELLO VITIELLO (MISTO-C10VM). Grazie, Presidente. Stabia - l'odierna Castellammare di Stabia - è una città dall'anima antica; fu una delle mete preferite dai patrizi romani tanto che il suo territorio fu costellato di numerose ville residenziali. Gli scavi archeologici, infatti, hanno riportato alla luce ville romane di grande eleganza e imponenza, come Villa San Marco e Villa Arianna, che insieme al Museo stabiano testimoniano l'importanza straordinaria della località che fu sepolta, insieme ad Ercolano e Pompei, dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.. L'EAV, Ente autonomo Volturno, proprietario della rete circumvesuviana sulla linea Napoli-Sorrento, nel mese di febbraio di quest'anno, ha iniziato dei lavori con lo scopo di realizzare un parcheggio sotterraneo nella piazza antistante la fermata di Castellammare, denominata piazza dell'Unità d'Italia. Come previsto dalla legge, i lavori di scavo sono iniziati con un'attività di ispezione del sottosuolo, finalizzata al saggio archeologico. Dopo poco gli stessi sono stati interrotti perché hanno dato esito positivo, svelando dei reperti storici di grande valore: nello strato superiore, un colonnato di epoca medievale, probabilmente che reggeva una cisterna per la raccolta delle acque, altro bene primario di Castellammare di Stabia; mentre, a livello inferiore, sono venute alla luce tracce di una domus romana di rilevante significato archeologico che, al pari delle altre due ville romane di cui le parlavo, potrebbe diventare un vanto e un fiore all'occhiello della città. A seguito di tale ritrovamento i lavori sono stati giustamente bloccati per le opportune valutazioni e verifiche da parte della sovrintendenza competente per territorio, che ha inviato gli archeologi per le indagini di rito. Si precisa che questi lavori hanno provocato rilevanti cambiamenti nella viabilità dell'intera area; la circolazione dei veicoli è stata limitata per favorire lo svolgimento dei lavori, che non pochi disagi, per i cittadini e in particolare per i residenti della zona, hanno causato; io ne sono testimone principale perché abito in quella piazza.

Il ritrovamento archeologico è stata una lieta sorpresa, ben accolta dalla cittadinanza, che ha visto l'opportunità di integrare il già vasto numero di opere d'arte della città. Da alcuni giorni a questa parte, invece, i cittadini di Castellammare di Stabia, a quanto consta agli interpellanti, starebbero assistendo con sconcerto ad una operazione che sostanzialmente mira a seppellire nuovamente gli importanti reperti storici rinvenuti.

Allora, il sottoscritto e il suo capogruppo chiedono, entrambi, al Ministero per i Beni e per le attività culturali, e quindi chiedo a lei, sottosegretario, se il Ministro interpellato sia conoscenza dei fatti summenzionati e della volontà dei cittadini di Castellammare di Stabia di sostenere e valorizzare l'importante ritrovamento archeologico, nell'interesse della città; se questi scavi verranno solo ricoperti a fini cautelativi, come deve essere in questo momento, o se la strada sarà completamente ripristinata e nuovamente percorribile anche con le auto; se il Ministro interpellato sia a conoscenza di motivazioni ostative alla musealizzazione del sito; quali iniziative, infine, concrete s'intendano assumere per assicurare ai reperti archeologici idonea custodia e l'ostensione al pubblico, nonché la valorizzazione dell'importante ritrovamento archeologico di Castellammare di Stabia.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Anna Laura Orrico, ha facoltà di rispondere.

ANNA LAURA ORRICO, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie, Presidente. Gli onorevoli Vitiello e Schullian chiedono notizie in merito alla destinazione di alcuni reperti archeologici rinvenuti a Castellammare di Stabia nel corso di lavori pubblici di ammodernamento della linea circumvesuviana e realizzazione di un parcheggio interrato. Vi riferisco, anche sulla base della relazione che mi è stata fornita dalla soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli, che è il competente ufficio periferico del Ministero su quel territorio.

In piazza Unità d'Italia a Castellammare di Stabia, a seguito del procedimento autorizzativo collegato alla realizzazione di lavori di ammodernamento della linea circumvesuviana comprendenti opere di miglioramento dei collegamenti verso l'attuale stazione e un parcheggio interrato, sono state condotte indagini archeologiche preventive, ai sensi dell'articolo 25 del codice degli appalti, decreto legislativo n. 50 del 2016. Su quella zona erano già noti diversi rinvenimenti, tra i quali la statua di Venere Sosandra che oggi è conservata presso il Museo archeologico nazionale di Napoli. Al di sotto di livelli pertinenti a strutture moderne, a circa 3 metri dal piano di calpestio, sono emerse le creste di più setti murari di età romana interrati dai depositi vulcanici del 79 dopo Cristo. Le strutture murarie sono realizzate in opus reticulatum e databili tra la fine del I secolo avanti Cristo e gli inizi del I secolo dopo Cristo. Essi delimitano ambienti il cui piano di calpestio è stato individuato attraverso carotaggi geognostici, contribuendo a evidenziare la conservazione dei muri per un'altezza di circa sei metri. Gli ambienti risultano colmati da crolli cronologicamente omogenei, che non è stato possibile scavare se non in parte per ragioni di sicurezza e a causa della limitatezza dello spazio a disposizione corrispondente a un settore della piazza, definita sui lati da edificazioni moderne. Al di sopra dei crolli è stato portato alla luce un interessante livello di frequentazione di età tardo-antica, collocabile tra il IV e il VI secolo dopo Cristo, che segna una ripresa dell'occupazione dell'area alcuni secoli dopo l'eruzione vesuviana che aveva completamente stravolto il paesaggio e gli assetti territoriali.

La soprintendenza, vista la non realizzabilità del parcheggio interrato proprio in ragione della preesistenza delle strutture antiche, ha dunque trasmesso alla società EAV, che ha incorporato le aziende Circumvesuviana MetroCampania Nordest e Sepsa, e al comune di Castellammare un preavviso di diniego di autorizzazione, in data 6 settembre 2019, ed è in attesa di ricevere una variante di progetto attraverso la quale si valuterà la possibilità di lasciare a vista quanto riportato alla luce. Nel frattempo, sono state date disposizioni finalizzate al reinterro delle emergenze archeologiche proprio per garantirne la tutela, in attesa di poterne assicurare la valorizzazione e per consentire il ripristino della viabilità sulla piazza. Voglio, quindi, rassicurare gli onorevoli interpellanti circa il fatto che il ritrovamento è un evento che è seguito con attenzione dal Ministero attraverso l'operato della soprintendenza, che nel corso di questi ultimi mesi ha promosso una serie di incontri sia con la società EAV sia con il comune di Castellammare al fine di giungere a soluzioni alternative che, nel rispetto delle emergenze antiche, consentano di raggiungere gli obiettivi progettuali.

PRESIDENTE. L'onorevole Vitiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

CATELLO VITIELLO (MISTO-C10VM). Grazie, Presidente. Mi sia consentito in questa sede fare il mio “in bocca al lupo” pubblico alla dottoressa Orrico, sottosegretario del Mibact, perché è uno di quegli elementi di spessore e penso che abbia meritato naturalmente il posto che oggi occupa. La ringrazio anche per la sensibilità che sta dimostrando nei confronti di una problematica, sì, territoriale e cittadina.

Naturalmente, questa interpellanza non vuole essere un mero esercizio di stile e di retorica, perché io tutte quelle cose che lei ha detto già le conoscevo, ma perché abbiamo interagito con il Ministero e con i suoi funzionari, che sono brillanti e disponibili, e abbiamo raggiunto un'intesa che è quella dell'attenzione al sito archeologico. Però, il motivo dell'interpellanza, oggi, naturalmente, è dovuto a quello che, purtroppo, io vedo nella mia città continuamente. Castellammare di Stabia - Presidente, lei la conosce bene perché è delle mie zone - è una città che meriterebbe tutt'altro palcoscenico. Noi stiamo parlando di un sito archeologico già esistente e io ho fatto cenno, nell'interpellanza, a due ville romane che sono state rinvenute non dico intatte, ma quasi. Sono straordinarie e alcuni pezzi di queste ville fanno il giro del mondo, perché sono mostrate come reperti archeologici che risalgono ai tempi di Pompei ed Ercolano, solo che non si cita mai Castellammare di Stabia e questo è sbagliato. Allora, la mia interpellanza oggi ha la sua motivazione nella volontà di dare risalto a quello che Castellammare conserva. Castellammare deve essere inserita in un circuito turistico, archeologico e storico, perché ha tanto da offrire alla cittadinanza italiana e, naturalmente, anche a quella internazionale. Detto questo, io sono qui anche perché - e colgo l'occasione per farlo in questa sede - oggi la politica stabiese ha espressione, in questo Parlamento, attraverso quattro deputati, che è una cosa che non capitava da tempo. Castellammare ha quattro rappresentanti di quattro estrazioni diverse più o meno, perché anche le due colleghe del MoVimento 5 Stelle non viaggiano sempre all'unisono. Però, quello che voglio fare oggi non è soltanto un'interpellanza al Governo, che già mi è stato vicino in questi dieci giorni di interlocuzione, ma è un appello ai politici stabiesi a collaborare per la città, perché qui non ci sono motivazioni recondite di destra o di sinistra, partigiane e di conservazione di uno status quo. Castellammare è un bene di tutti e così come tale deve essere trattata. Quindi, qui non si vuole mettere una bandierina e arrivare primi in ogni occasione, cercando di far vedere di meritare un premio. La politica non è un premio. Occorre collaborare fra tutti quanti perché si possa raggiungere il medesimo obiettivo. A me non interessa mettere la firma sotto un'interpellanza perché devo far vedere che sono presente sul territorio. Probabilmente, io sarò una meteora nella politica stabiese, però se dobbiamo lasciare davvero il segno allora il sintomo di quella rappresentatività va dimostrato con i fatti. Questo appello, poi, si rivolge naturalmente, attraverso la politica, ai privati, perché i privati possono fare la differenza, perché quando la politica dà l'esempio giusto il privato interviene e sovvenziona quello che lo Stato non riesce a fare, perché noi ne abbiamo la possibilità e ci sono imprenditori seri nella zona che possono garantire una riconversione vera di Castellammare di Stabia. Noi abbiamo perso tante industrie nella nostra zona. Io ho cercato in tutti i modi anche di salvaguardare quel poco di stabilimento cantieristico che è rimasto a Castellammare con un'attività, in quest'ultimo anno e mezzo, che era a sostegno dei lavoratori dell'indotto. Però, purtroppo, le aziende stanno andando via. Dunque, è importante per Castellammare riconvertirsi e trovare nuova linfa, perché Castellammare ha tanto da offrire dal punto di vista turistico, e non parlo soltanto degli scavi archeologici. Io invito tutti a venire nella mia città perché può essere davvero un esempio di buona politica da fare e da attuare valorizzando quello che abbiamo, perché il Signore è stato generoso con la città e, purtroppo, poco con i cittadini, perché non abbiamo l'intelligenza e la capacità di pensare e guardare oltre. Ci sono i personalismi: basta con i personalismi! Io ringrazio pubblicamente il sottosegretario Orrico e la Presidenza che mi dà l'opportunità, ancora oggi, di parlare e di discutere dei problemi della mia città. Però, andiamo a Castellammare, andiamoci, venite tutti quanti a Castellammare, perché Castellammare potrebbe essere il volano per qualcosa di serio per l'intero Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto).

(Iniziative di competenza volte a recuperare la totalità delle risorse originariamente destinate al rilancio dell'ex Arsenale di La Maddalena- n. 2-00497)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Perantoni ed altri n. 2-00497 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Perantoni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIO PERANTONI (M5S). Grazie, Presidente. Signora sottosegretario, durante la scorsa legislatura il Governo Gentiloni ha concordato con la precedente giunta regionale della Sardegna, a guida Pigliaru, il finanziamento di 50 milioni di euro destinati a essere investiti sull'isola di La Maddalena per il rilancio del cosiddetto arsenale, una struttura già destinata, appunto, ad arsenale che sarebbe dovuta essere riconvertita in strutture ricettivo-turistiche.

Tale struttura, infatti, era stata inserita nel più vasto programma per la realizzazione di infrastrutture e riqualificazioni in previsione del vertice G8 che si sarebbe dovuto tenere a La Maddalena nel 2009. Viceversa, il Governo Berlusconi ha trasferito a L'Aquila, città nella quale si era da poco verificato il tragico terremoto di cui tutti abbiamo memoria, il G8 medesimo, con la conseguenza, quindi, che ogni intervento programmato sull'isola di La Maddalena si interruppe e ne conseguì anche il mancato completamento di alcune opere, tra le quali, prima di tutto, quella della quale stiamo parlando, ma anche altre molto importanti, quali ad esempio il completamento della strada a quattro corsie tra Sassari e Olbia, che ancora si trascina; fatti, quindi, che hanno provocato gravissimi danni non solo per l'isola di La Maddalena, ma anche per la Gallura e per tutto il nord Sardegna.

Dei predetti 50 milioni di cui facevo cenno all'inizio, 15 milioni di fondi erano stati individuati dal piano stralcio del MiBAC, però, ovviamente, non potevano essere investiti fintanto che non fosse stato individuato il soggetto attuatore; soggetto che è stato individuato nel febbraio scorso - con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - nella regione Sardegna.

Peraltro, sempre nel febbraio scorso, il Comitato di sorveglianza del Piano stralcio “Cultura e turismo” riprogrammava la destinazione delle risorse e dirottava i predetti 15 milioni di euro verso altre infrastrutture. La perdita di questi fondi e la mancata individuazione di risorse di pari entità da destinarsi al recupero dell'ex arsenale di La Maddalena comporterebbe ulteriori danni e, diciamo, anche l'ennesima beffa nei confronti di un territorio e della sua popolazione, gravemente oppressa da una profonda crisi economica e occupazionale, comune purtroppo a tutta la regione.

Chiedo, quindi, se il Ministero sia a conoscenza di questi accadimenti e quali iniziative intenda assumere, al fine di recuperare risorse nella misura di 15 milioni di euro, volte a ripristinare l'entità complessiva dei fondi da investire per il rilancio dell'ex arsenale di La Maddalena.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Anna Laura Orrico, ha facoltà di rispondere.

ANNA LAURA ORRICO, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie, Presidente. L'Onorevole Perantoni, unitamente ad altri onorevoli colleghi, interpella l'Amministrazione dei beni culturali e dello sviluppo economico in merito ai fondi da investire per il rilancio dell'ex arsenale di La Maddalena. A tale proposito, considerata la prevalente competenza del Ministero per i beni culturali sulla questione, riferisco quanto segue.

Il Piano stralcio "Cultura e turismo" FSC 2014-2020, approvato con delibera CIPE n. 3 del 1° maggio 2016, e gestito dal Servizio II del Segretariato generale del Ministero per i beni culturali, prevedeva l'assegnazione di risorse pari a 15 milioni di euro per l'intervento denominato "Isola La Maddalena".

L'intervento riguardava il patrimonio edilizio dell'isola di La Maddalena realizzato nell'ex arsenale, definendo le modalità di completamento, recupero e valorizzazione a fini turistico-culturali delle strutture realizzate in occasione del vertice dei Capi di Stato e di Governo che si sarebbe dovuto tenere nell'isola nel 2009.

Sin dalle prime fasi di attuazione dell'intervento, le interlocuzioni avute con la Regione Sardegna e la Presidenza del Consiglio dei ministri per addivenire ad un accordo, hanno tuttavia evidenziato specifiche criticità legate all'attuazione. I previsti accordi operativi non sono stati, pertanto, sottoscritti.

In considerazione della fase di stallo dell'intervento, dovuta al fatto che non era disponibile nessuno stato progettuale coerente con l'orizzonte temporale di programmazione del Fondo sviluppo e coesione, e in coerenza con le disposizioni stabilite dalla delibera CIPE n. 25/2016, nel mese di febbraio 2019, l'Autorità di gestione (presso questo Ministero) avviava la procedura di consultazione scritta del Comitato di sorveglianza del Piano stralcio "Cultura e turismo", con la proposta di riprogrammazione delle risorse che "erano di fatto inutilizzate ed inutilizzabili nel breve periodo".

La procedura si concludeva con esito favorevole e si rendevano disponibili risorse pari a 39 milioni 375 mila euro (di cui appunto 15 milioni relativi a La Maddalena), da destinare ad interventi da inserire nel Piano Stralcio "Cultura e Turismo".

Sottolineo, con l'occasione, che il Comitato di sorveglianza è composto, tra gli altri, dai rappresentanti di ciascuna regione interessata dagli interventi previsti nel Piano, tra cui la Regione Sardegna, e da rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L'Autorità di gestione del Piano, con la circolare del 12 aprile 2019, n. 19, sulla base del favorevole avviso del Comitato, ha dato avvio alla selezione di nuovi interventi, comunicando ai beneficiari le fonti disponibili, tra le quali erano ricomprese le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

A tale proposito, è opportuno chiarire che le risorse in parola, con la nuova programmazione, sono state indirizzate alla realizzazione di interventi strategici in grado di migliorare le condizioni e gli standard di offerta e fruizione del patrimonio culturale, rafforzando la capacità di attrazione dei luoghi della cultura.

Le ventuno proposte valutate positivamente sono state, poi, oggetto di apposito decreto di ammissione del 24 maggio 2019, che è stato trasmesso al Comitato di sorveglianza per presa d'atto e alla Cabina di regia fondo sviluppo e coesione, per il tramite del Dipartimento per le politiche di coesione, per i successivi seguiti di competenza. Si sottolinea, a tale proposito, che la riprogrammazione ha interessato anche la Regione Sardegna con tre interventi.

Attualmente, all'interno dell'area dell'ex arsenale di La Maddalena, sulla quale, come noto, le ordinanze della Presidenza del Consiglio avevano imposto una dichiarazione di riservatezza e di segretezza in merito agli atti e alle procedure, prosegue l'attività di ricognizione dello stato dei luoghi e l'attività di tutela da parte della competente Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio.

Questa Amministrazione non può, quindi, che auspicare l'incremento di ogni utile risorsa straordinaria da destinare all' ex arsenale di La Maddalena.

PRESIDENTE. L'onorevole Marino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Perantoni ed altri n. 2-00497, di cui è cofirmatario.

BERNARDO MARINO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, per la risposta che, assieme all'onorevole Perantoni, consideriamo esaustiva, risposta che ci permette anche di fare chiarezza su questa vicenda e di esprimere alcune considerazioni in merito.

Avevamo accolto con soddisfazione, nel febbraio scorso, la nomina della Regione Sardegna come soggetto attuatore del Piano di bonifica ambientale e di riqualificazione urbana dell'ex arsenale di La Maddalena. Pensavamo che finalmente si fosse giunti a un punto di svolta, a definire con certezza un quadro di interventi in grado di far dimenticare la beffa del G8 mancato, le aspettative deluse, il danno ambientale, quel senso di desolazione che viene, tuttora, trasmesso dagli edifici nuovi di zecca e dalle loro architetture griffate, lasciati a marcire inutilizzati. Per questo, la notizia della riprogrammazione di questi 15 milioni di euro da parte del Comitato di sorveglianza ha destato in noi un certo sconcerto. Pur condividendo la logica secondo la quale i soldi stanziati devono essere spesi e non possono rimanere fermi in un cassetto in eterno e apprezzando il fatto che almeno una parte sia stata destinata a interventi sul territorio sardo, resta comunque il sapore amaro di un'ulteriore beffa che La Maddalena non merita di certo.

Occorre dare un senso, sottosegretario, ai 327 milioni di euro spesi in fretta e furia nell'arco di un anno per fare bella figura con i “grandi” del pianeta, lasciando poi macerie, inquinamento e cattedrali nel deserto, a causa di un dietrofront inatteso e mai motivato in maniera convincente dal Presidente del Consiglio dell'epoca, Silvio Berlusconi. Occorre ricordarlo, perché con il tempo la memoria si accorcia anche in Sardegna.

Ora, prendiamo atto della possibilità di riavviare - e spero sia l'ultima volta - un percorso che si è interrotto troppe volte. Sono trascorsi dieci anni ed è giunto il momento che ripartano i tavoli di concertazione e che regione, comune di La Maddalena e tutti i soggetti, anche quelli privati, coinvolti insieme alle istituzioni nazionali, riprendano a lavorare per utilizzare i soldi disponibili e aprire, finalmente, la tanto attesa fase della riqualificazione dell'ex arsenale di La Maddalena.

Ritengo utile anche comunicare quali sono gli interventi che sono stati, comunque, finanziati in Sardegna grazie alla rimodulazione di questi 15 milioni da parte del Comitato di sorveglianza: 1 milione è andato al cosiddetto Nuraghe Belveghile, che è un nuraghe che i miei concittadini di Olbia conoscono benissimo, perché qualcuno negli anni addietro ha pensato di valorizzarlo in maniera alquanto bizzarra costruendoci una strada sopra; 2 milioni sono andati al Museo “Sanna” di Sassari, e altri 700 mila euro andranno per l'adeguamento e la fruizione dell'ex Artiglieria, sempre del comune di Olbia.

Detto ciò, va considerato che questa rimodulazione – qui faccio un appunto politico – risale al mese di febbraio; ne è stata data notizia, però, alla fine di maggio a mezzo stampa, e tra le reazioni indignate – cosa curiosa – figura quella del presidente della regione. Noi ci domandiamo: com'è possibile che il «governatore» della Sardegna non fosse a conoscenza di una decisione assunta dal comitato di sorveglianza di cui la stessa regione Sardegna fa parte? C'è qualcosa che non torna.

Auspichiamo, quindi, per il futuro maggiore attenzione, se non maggiore coerenza. La Maddalena attende che finalmente si passi dalle parole ai fatti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte a rivedere i parametri emissivi di formaldeide, a sostenere la ricerca per l'applicazione industriale dei relativi sostituti e a ridurne il rischio di rilascio in caso di incidenti rilevanti - n. 2-00506)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-00506 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zanichelli se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Interveniamo per questa interpellanza urgente, per portare all'attenzione del Ministero e dell'Aula la situazione che vive il territorio della Bassa reggiana, della Bassa viadanese in merito al tema della formaldeide.

La formaldeide è riconosciuta come cancerogeno di categoria 1, secondo l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, e con regolamento UE del 2014 è stata classificata da sostanza sospetta cancerogena a cancerogena 1B. Per le sue caratteristiche chimiche è utilizzata in vari settori, dal tessile alle materie plastiche alla medicina, fino alla produzione di pannelli di legno. Alla data attuale, non vi sono atti nazionali per la regolamentazione delle autorizzazioni in essere; alcune regioni comunque, come la Lombardia e le Marche, con delibere o linee guida hanno formulato proposte di adeguamento, sia per gli aspetti emissivi che per la tutela della salute dei lavoratori esposti. Però, sappiamo che su questo tema serve una legge organica, per mantenere e far sì che tutte le zone rispettino uno stesso criterio sulle emissioni.

La regione Lombardia, con la deliberazione del 19 dicembre 2016, ha emanato indirizzi in merito agli adempimenti in materia di emissioni in atmosfera, ai sensi della parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, al seguito del cambio di classificazione della formaldeide, ma importanti quantità di formaldeide vengono prodotte ed emesse nelle matrici ambientali del distretto del pannello truciolare viadanese, il distretto caratterizzato dalla maggior produzione in Italia. Sono poi emissioni che, ovviamente, impattano su tutto il territorio: io sono qui per rappresentare quello della Bassa reggiana, però, in realtà, si tratta di zone di confine fra la Lombardia e l'Emilia-Romagna. Se nell'Unione europea si producono 4 milioni di tonnellate l'anno, nella zona viadanese, nel raggio di 6 chilometri, si produce più del 12 per cento della formaldeide prodotta in Europa, principalmente per la produzione di copolimeri impiegati nel settore del pannello.

Nel maggio 2012 sono stati presentati a Viadana i risultati dello studio epidemiologico “Viadana 2”, realizzato dal servizio epidemiologico dell'ASL di Mantova, con l'ausilio dell'Università di Verona. Lo studio evidenzia nei bambini del Viadanese l'esistenza di un danno cellulare precoce, e analisi preliminari hanno evidenziato un'associazione statisticamente significativa tra esposizione a formaldeide e ricoveri per patologie dell'apparato respiratorio nella popolazione pediatrica del distretto. È stato dato inizio ad una nuova indagine epidemiologica denominata “Viadana 3”, sullo stato di salute della popolazione residente a Viadana e dintorni. Inoltre, aggiungo che anche tracce di formaldeide, dette rilevantissime, sono state individuate anche nell'acqua di falda. Ricordo che la popolazione della Bassa viadanese – si tratta del comune di Pomponesco – non è servita da acquedotto, e in moltissime abitazioni è presente un pozzo che, appunto, prende l'acqua dalla falda, nella quale sono state trovate rilevanti tracce di formaldeide.

A seguito della presenza del comparto e degli effetti ambientali della salute, i comitati locali hanno promosso una petizione, che in data 22 gennaio 2019 è stata presentata presso la Commissione del Parlamento europeo per le petizioni. La stessa chiede una normativa più restrittiva e la sostituzione della formaldeide entro la fine del 2019. Aggiungo, inoltre, che il consiglio regionale della Lombardia, in data 13 giugno 2017, ha votato all'unanimità una mozione presentata dal gruppo 5 Stelle in regione, che impegna la regione a rivedere in modo più restrittivo, a seguito delle evidenze dello studio epidemiologico, per ora in cantiere, “Viadana 3”, i limiti di emissione di formaldeide nelle zone dimostratesi maggiormente colpite dagli effetti di questo inquinante, ad ulteriore tutela della salute pubblica.

Insomma, sono ormai numerose le ricerche che hanno individuato dei sostituti non pericolosi o meno pericolosi, anche di origine vegetale, con prestazioni confrontabili a quelle dei copolimeri a base di formaldeide nel comparto del pannello del legno e del tessile.

Vista la situazione, noi chiediamo al Ministro interpellato se intenda adottare iniziative per rivedere esplicitamente i parametri emissivi di formaldeide per tutte le attività, nuove ed esistenti, dando chiara indicazione di questa direzione agli enti locali e territoriali; se il Ministro interpellato non ritenga opportuno farsi promotore, nei confronti della Commissione europea, dell'inserimento della formaldeide nell'allegato XIV del regolamento n. 1907 del 2006, al fine di regolamentare e limitare gli usi autorizzati. In tale ambito, se non ritenga opportuno sostenere la ricerca per l'applicazione industriale dei sostituti della formaldeide, in particolare nel campo della produzione di copolimeri, e quindi anche nel comparto del pannello. Infine, se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative per definire norme tecniche specifiche per ridurre il rischio di rilascio in caso di incidenti rilevanti negli stabilimenti di produzione di formaldeide, e, in particolare per prevedere l'obbligo di sistemi di blow down per ogni possibile punto di emissione di formaldeide.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste, per quanto attiene in primo luogo alle iniziative volte alla revisione dei parametri emissivi della formaldeide, si fa presente che fin dal 2017, in occasione del recepimento della direttiva n. (2016)2194 dell'Unione europea sui medi impianti di combustione, è stato avviato, a livello nazionale, un consistente processo di riforma della parte quinta del codice dell'ambiente – decreto legislativo n. 152 del 2006 – e relativi allegati. La riforma, volta ad una semplificazione delle procedure previste ed al superamento delle criticità manifestatesi negli anni di applicazione del citato decreto, è finalizzata anche all'aggiornamento dei valori limite stabiliti dall'allegato I, parte II, per le sostanze inquinanti, tra cui ricade anche la formaldeide. L'istruttoria tecnica ha visto la partecipazione delle regioni, delle ARPA, del sistema delle agenzie, dei principali enti tecnici nazionali e delle associazioni di categoria.

Sulla base di questo lavoro, quindi, il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha provveduto ad elaborare una proposta di schema di decreto di aggiornamento del predetto allegato I, parte II del codice dell'ambiente, con particolare riferimento ai limiti di emissione, in coerenza con le normative comunitarie vigenti in materia di sostanze pericolose.

L'iter di adozione dello schema di decreto sarà avviato a breve, e si ritiene potrà essere pubblicato nel corso dell'anno 2020. Questo per rispondere ad una delle ultime sollecitazioni dell'interpellanza.

Per quanto attiene, invece, al processo di inserimento della formaldeide nell'allegato XIV del regolamento REACH, cioè il regolamento di valutazione e registrazione e restrizione delle sostanze chimiche, regolamento n. 197 del 2006 dell'Unione europea, che, come è noto, elenca le sostanze che possono essere utilizzate solo se autorizzate dalla Commissione europea, si ricorda che in questo allegato possono essere inserite, ai sensi dell'articolo 57 dello stesso regolamento, le sostanze classificate come cancerogene (categorie 1A e 1B), mutagene, tossiche per la riproduzione, oltre alle sostanze identificate come persistenti, bioaccumulabili e tossiche e alle sostanze che possono agire come interferenti endocrini. La formaldeide è stata classificata come cancerogena di categoria B1, con l'indicazione di pericolo H350, cioè può provocare il cancro.

Per le sostanze cui sono riconosciute caratteristiche di pericolo, quali quelle attribuite anche alla formaldeide, il regolamento suddetto, REACH, prevede la possibilità che venga avviata la procedura di autorizzazione per usi specifici, usi autorizzati, con eventuale inclusione nell'allegato XIV.

Occorre tuttavia tenere presente che l'autorizzazione non si applica agli articoli importati dai Paesi extra-europei, che possono essere controllati solo con specifiche restrizioni. Peraltro, l'autorizzazione per usi specifici non ha portata generale e riguarda unicamente l'impresa che presenta l'istanza. Allo scadere del periodo di autorizzazione (da un minimo di quattro anni ad un massimo di dodici anni), l'istanza deve essere ripresentata, rivalutata alla luce delle nuove conoscenze, di nuovi dati provenienti dai monitoraggi effettuati e della disponibilità di nuove sostanze o tecnologie alternative.

Si segnala, peraltro, che la condizione essenziale per l'eventuale inclusione nell'allegato XIV è la disponibilità di sostituiti della formaldeide che, al momento, sono stati individuati solo per alcuni usi e con limiti legati alla sostenibilità tecnica ed economica, nonché a considerazioni ambientali e agli effetti per la salute umana.

A quanto fin qui esposto, si aggiunga che il secondo dispositivo previsto dal regolamento REACH per la gestione dei rischi delle sostanze pericolose è rappresentato dalle restrizioni elencate nell'allegato XIV del regolamento. La restrizione è uno strumento di portata generale, che riguarda tutti i soggetti coinvolti nei processi di fabbricazione, uso e importazione di una sostanza. A differenza dell'autorizzazione, che riguarda singole imprese o un gruppo specifico di imprese, la restrizione si applica alle merci prodotte o importate nell'Unione europea, che devono essere conformi ai parametri stabiliti nella restrizione stessa, obbligando, quindi, sia i produttori europei che i produttori extraeuropei a rispettare gli stessi standard di sicurezza ambientale e sanitaria.

Per quanto riguarda la formaldeide, la Commissione ha adottato il regolamento (UE) n. 2018/675, che applica la restrizione n. 28, di cui all'allegato XVII del regolamento REACH a tale sostanza. La restrizione stabilisce il divieto generale di vendita al pubblico di miscele, preparati chimici contenenti formaldeide in concentrazioni superiori allo 0,1 per cento.

Sempre nel 2018, la Commissione ha adottato, con il regolamento n. 1513, una restrizione che riguarda alcune sostanze cancerogene, classificate in categoria 1A e 1B, contenute negli articoli tessili, nei capi di abbigliamento, nelle calzature, tra cui la formaldeide. In base a tale ultima restrizione (che figura nell'allegato XVII come restrizione n. 72), a decorrere dal 1° novembre del 2020, non potranno più essere immessi sul mercato prodotti di abbigliamento e calzature contenenti più di 75 mg/kg di formaldeide.

A tal riguardo, è opportuno tuttavia rappresentare che, secondo quanto riferito dall'Istituto superiore di sanità, anche nell'ambito della consultazione pubblica condotta dall'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) durante il processo di restrizione, non sono stati proposti sostituti dalla comunità scientifica e dalle parti interessate. Pertanto, il Ministero dell'ambiente e il Ministero della salute condividono l'opportunità di sostenere la ricerca, in via preliminare per l'identificazione e successiva applicazione industriale di sostituti della formaldeide per tutti gli usi previsti, essendo una sostanza di difficile sostituzione.

È opportuno, infine, segnalare che la Commissione europea, tenendo conto del parere degli Stati membri, ha incaricato l'Agenzia europea di produrre una proposta di restrizione per gli ambienti indoor riguardante un'ampia gamma di utilizzi della formaldeide in articoli destinati al consumatore. La proposta di restrizione, definita dall'Agenzia a gennaio 2019, sottoposta a consultazione pubblica e attualmente in fase di valutazione, prevede una restrizione riguardante gli articoli che rilasciano formaldeide a concentrazioni uguali o maggiori di 0.124 mg/m3 in aria, tenendo conto di metodi di misura validati a livello europeo.

I parametri che si applicano per assicurare la protezione dei lavoratori esposti alla formaldeide, sia in ambito professionale che industriale, saranno adattati per tener conto di questa proposta di restrizione tuttora in corso di definizione.

Da ultimo, si rileva che, ai sensi della normativa in materia di controllo del pericolo di incidenti rilevanti, il gestore ha l'obbligo di adottare tutte le misure idonee a prevenire gli incidenti rilevanti e a limitarne le conseguenze per la salute umana e per l'ambiente. Valutazioni riguardo l'idoneità delle misure di sicurezza adottate in funzione dei rischi specifici generati dalle sostanze pericolose e dai relativi processi nel singolo stabilimento vengono effettuate, nel caso degli stabilimenti di soglia superiore, dai comitati tecnici regionali presso le Direzioni regionali dei vigili del fuoco e, nel caso degli stabilimenti classificati su soglie inferiori, dalle regioni o dai soggetti da esse allo scopo designati, nell'ambito delle ispezioni periodiche programmate.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Zolezzi, salutiamo studenti e docenti della scuola elementare “Maria Rosa Zangara” di Roma, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna del pubblico (Applausi).

L'onorevole Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Morassut, sono soddisfatto della risposta, che ci consente di aggiornare lo stato dell'arte normativo e tecnico su questo importante argomento. Parliamo, appunto, della formaldeide, che è una sostanza riconosciuta, ormai unanimemente, come cancerogena, di categoria A1, secondo l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, già dal 2004, per cui, credo che siano importanti tutte le comunicazioni che sono state fatte oggi. Chiaramente, auspico che proceda celermente la revisione dello schema di decreto che revisionerà l'allegato al cosiddetto Codice ambientale, al decreto legislativo n. 152 del 2006, e cercheremo di stimolare che, entro il 2020, questo lavoro sia fatto. Questo è per quanto riguarda la normativa nazionale.

Per quanto riguarda l'inserimento della formaldeide nel regolamento REACH, il fatto che sia iniziato per specifici usi l'inserimento e la restrizione dimostra che vi è una serie di criticità che, con successive ricerche, potranno essere confermate. Per cui è bene che sia stato confermato l'inserimento per alcuni usi: chiaramente, questo ha una portata generale, che, in un'ottica di globalizzazione, imporrà di limitare le concentrazioni anche per la formaldeide che arriva da fuori. È importante che nel tessile sia stata determinata una determinata concentrazione, perché si parla di una sostanza che viene a contatto con il corpo di tutti noi.

Per quanto riguarda ciò che potrà fare l'Agenzia europea per le restrizioni indoor, anche questo è molto importante: parliamo di una delle sostanze cancerogene che possono essere a contatto con le nostre abitazioni e con la vita dei nostri figli, per cui spero che solleciteremo anche con i nostri parlamentari europei, che hanno ricevuto anche la petizione europea, a procedere celermente in questo senso, anche nella ricerca di sostituti. Nell'ambito del pannello truciolare, mi risulta che vi è una serie di sostituti già abbastanza sostenibili.

Per quanto riguarda gli incidenti, bene che si proceda con l'interlocuzione insieme ai vigili del fuoco e ai comitati tecnici regionali. Dobbiamo ricordare che parliamo di un territorio dove la formaldeide è prodotta. Questo territorio è ai confini tra le province di Mantova e del distretto reggiano, sulle sponde del Po: si producono oltre 490 mila tonnellate all'anno di formaldeide, quindi circa il 12 per cento di tutta la formaldeide prodotta in Europa. Un quantitativo molto importante, in particolare nel settore del pannello truciolare, che è anche una delle attività artigianali più fiorenti di quel territorio; ma non tutte le attività utilizzano formaldeide già in questo momento. La formaldeide, appunto, la si trova emessa nella normale produzione dei pannelli, la si trova, poi, in ambito di combustione in alcuni inceneritori locali - anche perché i polimeri che, poi, vengono bruciati ne contengono quantità elevate - e, da studi fatti a livello ambientale, localmente, è stata trovata in quantità importanti anche nei corsi d'acqua. Per adesso il collegamento tra questo dato e la salute non è ancora chiaro, ma questi studi epidemiologici - Viadana 1, 2 e adesso Viadana 3, che è in corso - potranno fornire ulteriori stimoli, sia nazionali che anche europei, per restrizioni ulteriori.

L'esistenza di un danno cellulare precoce, l'esistenza di un aumento di patologie dell'apparato respiratorio, in particolare nella popolazione dei bambini, nella popolazione pediatrica, è un dato piuttosto preoccupante, anche perché questi dati sono tarati, in proporzione, sulla salute di una popolazione già piuttosto impattata, che è quella della pianura padana, tra superamento delle polveri sottili e dell'ozono, e quant'altro.

Quindi, superare la percentuale di ospedalizzazione e di alcune patologie in quei territori non è facile, è chiaro che ci sono vari impatti cumulativi.

Viadana è un comune caratterizzato da una superficie enorme, uno dei comuni più grandi d'Italia, un'area vasta con densità abitativa medio-bassa, periferica e scarsamente raggiungibile sulla sponda del Po. Questo isolamento probabilmente ha favorito anche le infiltrazioni criminali plurime; si sono viste la 'ndrangheta, la mafia e la camorra, e i peggiori appetiti si sono avvicinati a quest'area. Proprio di oggi è la notizia dell'arresto di un cittadino viadanese per traffico illecito di rifiuti, in questo caso rifiuti tessili, nell'ambito dell'inchiesta Penelope. Abbiamo visto che il tessile va ottimizzato anche sul contenuto di formaldeide. L'inchiesta Penelope riguarda 24 capannoni anche nel territorio della provincia di Mantova e della confinante Emilia-Romagna.

È un'area che deve essere, invece, valorizzata per eccellenze artigianali e agroalimentari che ci sono, e non deve essere offuscata da inquinamento. L'imprenditoria attenta all'ambiente e attenta all'innovazione potrà migliorare questo territorio e l'arrivo di regole e limitazioni nazionali più aggiornate e sostenibili anche per la formaldeide potrà sicuramente dare un contributo allo sviluppo di questo territorio.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, nella seduta di mercoledì 9 ottobre, a partire dalle ore 16,30, avrà luogo la votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 5 e 6, del Regolamento.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 7 ottobre 2019 - Ore 10:

1. Discussione sulle linee generali della proposta di legge costituzionale:

S. 214-515-805-B - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: QUAGLIARIELLO; CALDEROLI e PERILLI; PATUANELLI e ROMEO: Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato, approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, dal Senato). (C. 1585-B)

Relatore: BRESCIA.

2. Discussione sulle linee generali della mozione Cunial ed altri n. 1-00183 concernente iniziative volte alla tutela della salute in relazione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, con particolare riferimento alla tecnologia di quinta generazione, nota come 5G .

3. Discussione sulle linee generali delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00241 e Mulè ed altri n. 1-00242 concernenti iniziative volte alla realizzazione dell'opera "Gronda di Genova", nel quadro dello sviluppo infrastrutturale del Paese .

La seduta termina alle 11,25.