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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 229 di lunedì 30 settembre 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 15,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

SILVANA ANDREINA COMAROLI , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 17 settembre 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Berlinghieri, Berti, Billi, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Castelli, Cirielli, Colletti, D'Incà, D'Uva, Dadone, Sabrina De Carlo, De Menech, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Fantuz, Fassino, Ferraresi, Ferrari, Fioramonti, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Maniero, Mauri, Migliore, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orlando, Orrico, Parolo, Pastorino, Ribolla, Rizzo, Roberto Rossini, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Sodano, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tofalo, Vignaroli, Villarosa e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 1201-B) (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato, n. 1201-B: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1201-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Filippo Scerra.

FILIPPO SCERRA, Relatore. Signor Presidente e onorevoli colleghi, a nome della XIV Commissione Politiche dell'Unione europea riferisco sul disegno di legge di delegazione europea che rappresenta, insieme al disegno di legge europea, lo strumento legislativo principale perché venga assicurato il periodico adeguamento dell'ordinamento interno a quello dell'Unione europea.

Ricordo che, ai sensi degli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione, l'Italia si adegua agli atti normativi dell'Unione europea in virtù della sua adesione ad essa, quale ordinamento sovranazionale.

Peraltro, come la stessa legge n. 234 del 2012 prevede, il meccanismo di scaturigine della normativa comunitaria non è a senso unico, giacché esistono due fasi, quella ascendente - in cui ciascun Paese membro partecipa alla definizione della politica europea e al processo di formazione - e quella discendente, in cui le istituzioni europee fanno sintesi e impegnano tutti gli Stati membri con i propri atti vincolanti, che devono essere recepiti.

Ricordo che il testo al nostro esame è stato approvato dalla Camera il 13 novembre 2018 e modificato dal Senato il 30 luglio 2019, pertanto riferirò solo sulle parti modificate dal Senato.

A seguito delle modifiche approvate dal Senato, il disegno di legge consta di 26 articoli, oltre all'allegato A, ed è volto a disporre il recepimento di 26 direttive europee, per 14 delle quali sono previsti principi e criteri direttivi specifici nell'articolato, nonché l'adeguamento della normativa nazionale a 12 regolamenti europei e a una decisione quadro del Consiglio.

In particolare, durante l'esame presso il Senato sono stati inseriti tre nuovi articoli: 6, sul mandato di arresto europeo; 22, sul codice doganale dell'Unione; 25, sul mercato interno del gas naturale; sono poi stati modificati gli articoli: 1, con l'inserimento nell'allegato A di due direttive, 3, 4, 7, 12, 13, 14, 15, 16 e 20.

Andiamo a vedere i vari articoli. All'articolo 3, recante princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale, è stato modificato il comma 1, lettera d), volto a delegare il Governo a modificare l'articolo 322-bis del codice penale. Tale articolo - introdotto nel 2000 - estende l'applicabilità di alcune fattispecie incriminatrici del codice penale ai membri e ai funzionari degli organi dell' Unione europea e della Corte penale internazionale.

Nel penultimo comma, l'articolo 322-bis prevede attualmente l'estensione della punibilità anche a funzionari di Stati esteri non appartenenti all'Unione europea e di organismi internazionali solo per le ipotesi di corruzione attiva e di istigazione alla corruzione (non dunque per quelle di corruzione passiva).

Il disegno di legge di delegazione - come peraltro modificato in Commissione al Senato - delega il Governo ad estendere la punibilità proprio per i fatti di corruzione passiva, come definita dalla direttiva, anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Paesi terzi rispetto agli Stati membri dell'Unione europea quando tali fatti siano posti in essere in modo che ledano o possano ledere gli interessi finanziari dell'Unione.

Con riferimento all'articolo 4, recante delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione di una Procura europea, il Senato ha soppresso la previsione relativa ai limiti retributivi e ha modificato le disposizioni relative alla procedura di designazione per il procuratore europeo, prevedendo che le domande siano presentate al CSM e al Ministro della giustizia.

L'articolo 6, introdotto dal Senato, reca una delega al Governo per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d'arresto europeo, apportando le opportune modifiche alla legge 22 aprile 2005, n. 69, con cui era stata data attuazione al mandato d'arresto europeo nel nostro ordinamento.

Con riferimento all'articolo 7, recante delega per la compiuta attuazione della direttiva (UE) 2017/828, che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti, segnalo che il Senato ha espunto dal comma 1 le norme superate dall'adozione del decreto legislativo n. 49 del 2019.

L'articolo 12, reca la delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, nonché sui prodotti fitosanitari; segnalo che il Senato ha modificato il comma 3, recante i principi e criteri direttivi per l'attuazione della delega, con particolare riferimento alle lettere b), c) e g), nonché inserendo due nuove lettere d) ed e).

In particolare, la nuova lettera d) prevede che, ferma restando la competenza del Ministero della salute quale Autorità unica di coordinamento e di contatto, sia individuato il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali, quale autorità competente con riguardo ai propri ambiti di competenza nazionale, con particolare riferimento al settore dei controlli effettuati dalle proprie strutture. La nuova lettera e) prevede di individuare il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo quale organo di collegamento per lo scambio di comunicazioni tra le autorità competenti degli Stati membri nei settori di competenza.

Con riferimento all'articolo 13, segnalo che il Senato ha diviso in due distinti commi la originaria previsione di delega relativa, rispettivamente, all'attuazione della direttiva (UE) 2018/410 relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell'Unione per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra, ora recata dal nuovo comma 1, e all'adozione delle misure necessarie per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/2392 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2017, nonché per l'attuazione della decisione (UE) 2015/1814 del Parlamento europeo e del Consiglio.

All'articolo 14, recante princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/849, che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, è stata apportata una modifica puntuale al comma 1, lettera b), numero 4), nel senso di precisare che l'armonizzazione del sistema di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori con quello di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), dovrà avvenire valutando la possibilità di realizzare un sistema unico di gestione. Sono stati, inoltre, inseriti due ulteriori criteri alla successiva lettera c), si tratta in particolare del numero 4) che impone al Governo di prevedere misure che favoriscano il ritiro, su base volontaria, «uno contro zero» dei piccolissimi rifiuti RAEE da parte di distributori che non vendono apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) e del numero 6) che introduce l'obbligo di disciplinare il fine vita dei pannelli fotovoltaici incentivati immessi sul mercato prima del 12 aprile 2014, anche prevedendo il coinvolgimento dei sistemi individuali e collettivi di gestione dei RAEE.

Con riferimento all'articolo 15, recante princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, segnalo che è stato aggiunto un nuovo criterio di delega, volto a definire le modalità, i criteri generali e gli obiettivi progressivi, anche in coordinamento con le regioni, per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla direttiva 850 del 2018 in termini di percentuali massime dei rifiuti urbani conferibili in discarica. Lo scopo della direttiva 850 del 2018 è di garantire una progressiva riduzione del collocamento in discarica dei rifiuti, fino ad arrivare, entro il 2030, alla condizione per cui tutti i rifiuti idonei al riciclaggio e al recupero, in particolare i rifiuti urbani, non siano ammessi in discarica.

In merito all'articolo 16, recante principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva del 2018 n. 851, che modifica la direttiva del 2008 n. 98 della Comunità europea relativa ai rifiuti e della direttiva 2018 n. 852, che modifica la direttiva del 1994 n. 62 della Comunità europea sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, segnalo che il Senato ha modificato il comma 1, lettera a), numero 6, precisando che gli obblighi di comunicazione e informazione nell'ambito della responsabilità estesa debbano avere carattere di univocità, chiarezza e immediatezza, aggiungendo tra le attività da promuovere anche la raccolta differenziata, oltre a quelle già previste di riutilizzo e di recupero dei rifiuti.

Il Senato infine ha modificato anche il criterio di cui alla successiva lettera g), che prevede che, entro il 31 dicembre 2020, i rifiuti organici siano raccolti in modo differenziato su tutto il territorio nazionale, prevedendo a tal fine anche l'incentivazione di pratiche di compostaggio di prossimità, come quello domestico e di comunità.

Con riferimento all'articolo 20, recante principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2013 n. 59 Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, risultano modificati i criteri di cui alle lettere a) ed f) del comma 1 e in particolare, con la prima modifica, si prevede la possibilità, nel procedimento di recepimento, di emanare un nuovo testo normativo di riassetto e semplificazione della disciplina di cui al decreto legislativo del 17 marzo 1995 n. 230, ovvero un testo unico volto al riordino e all'armonizzazione della normativa di settore.

Con la modifica alla lettera f), relativa alla revisione con riferimento alle esposizioni mediche ed ai requisiti circa le informazioni presenti, si introduce una chiara identificazione dei requisiti, compiti e responsabilità dei professionisti coinvolti nelle medesime esposizioni mediche, con particolare riferimento al medico, all'odontoiatra o ad altro professionista sanitario titolato a farsi carico della responsabilità clinica, in accordo con i requisiti nazionali.

Il Senato ha inoltre introdotto l'articolo 22, recante una delega al Governo per l'adeguamento alla normativa nazionale e alle disposizioni del regolamento n. 952 del 2013, che istituisce il codice doganale dell'Unione e delle disposizioni europee ad esso connesse.

Ricordo che il Regolamento n. 952 del 2013, che istituisce il codice doganale dell'Unione, è entrato in vigore il 30 ottobre 2013, nonostante la maggior parte delle sue disposizioni sostanziali abbia avuto effetto a decorrere dal primo maggio dell'anno 2016.

Il codice doganale stabilisce un quadro giuridico che prevede norme e procedure doganali armonizzate, applicabili sul territorio doganale dell'Unione europea con riferimento all'ingresso, cioè importazione, e all'uscita, cioè esportazione di merci, le quali poi possono circolare liberamente nel mercato interno.

L'obiettivo delle disposizioni contenute nel codice è quello di agevolare il flusso delle merci che transitano, entrano ed escono dall'Unione, al fine di rafforzare la competitività delle imprese europee, salvaguardando allo stesso tempo la sicurezza e la protezione dei consumatori dell'Unione.

Il Senato ha introdotto anche l'articolo 25, recante i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva del 2019 n. 692, che modifica la direttiva del 2009 n. 73 della Comunità europea, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale,

In particolare il comma 1, oltre a richiamare la procedura generale di cui all'articolo 1, stabilisce che nell'esercizio della delega il Governo dovrà definire le deroghe previste dall'articolo 14 all'articolo 49-bis della direttiva modificata, nei limiti stabiliti dalla stessa direttiva, con riferimento ai gasdotti di trasporto tra uno Stato membro e un Paese terzo completati prima del 23 maggio 2019 per le sezioni dei gasdotti di trasporto situate sul territorio nazionale e nelle acque territoriali italiane.

Il Senato ha aggiunto infine all'allegato A, oltre alla richiamata direttiva del 2019 n. 692, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, di cui al nuovo articolo 25, anche il recepimento senza criteri direttivi specifici della direttiva 2018 n. 2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, che modifica la direttiva del 2012 n. 27 dell'Unione europea sull'efficienza energetica.

Concludo ringraziando per il lavoro svolto i colleghi dell'altro ramo del Parlamento, delle Commissioni di settore alla Camera e della Commissione XIV, e ricordo l'importanza del provvedimento, la cui approvazione permetterà di scongiurare procedure d'infrazione per il mancato recepimento delle direttive oggetto dello stesso. Grazie per l'attenzione (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo.

LAURA AGEA, Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie Presidente, onorevoli deputati, come ben sapete il disegno di legge di delegazione europea 2018 è stato presentato presso questa Camera il 26 settembre 2018, è stato da questa approvato il 13 novembre e dal Senato il 24 luglio 2019. Il disegno di legge in questione, che abbiamo ereditato dal precedente Governo, è alla sua terza lettura. La sua tempestiva approvazione - va da sé - è di primaria importanza. Infatti, non essendo stata approvata la legge di delegazione europea per il 2017, l'Italia ha accumulato un forte ritardo nell'attività di recepimento delle direttive europee.

Nel disegno di legge sono contenute ben sei direttive, il cui termine di recepimento è già scaduto, sei direttive il cui termine di recepimento scadrà entro il mese di dicembre 2019 e sei direttive il cui termine di recepimento scadrà entro il mese di maggio 2020.

Va inoltre considerato che per il mancato recepimento di talune direttive entro il termine la Commissione europea ha avviato quattro nuove procedure di infrazione. Tra queste ve ne sono alcune che riguardano direttive di fondamentale importanza soprattutto per la salute e il benessere delle persone. Prima fra tutte vorrei richiamare la direttiva del 2013 n. 59 Euratom, che stabilisce norme di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, che avrebbe dovuto essere recepita entro il febbraio 2018 e relativamente alla quale la procedura di infrazione è già nella fase di contenzioso. A luglio di quest'anno, infatti, la Commissione europea ha deliberato la proposizione del ricorso alla Corte di giustizia.

L'approvazione della legge di delegazione consentirà inoltre al Governo di recepire altre importantissime direttive, sempre in materia ambientale. Mi riferisco in primo luogo alla direttiva del 2018 n. 410, volta a potenziare le capacità del sistema ETS di contribuire efficacemente al raggiungimento dell'obiettivo del 40 per cento di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 e il cui termine di recepimento scadrà tra pochi giorni, il 9 ottobre 2019; ma anche altre tre direttive, riguardanti il pacchetto rifiuti, riguardanti le modalità di smaltimento di alcuni tipi di rifiuti e il delicato tema delle discariche.

Non credo di dover inoltre sottolineare quanto sia fondamentale adeguare l'ordinamento interno a quello europeo in questo settore, essendo ovviamente essenziale poter recepire le più rilevanti procedure di adeguamento alla normativa europea, evitando e scongiurando il pericolo di infrazioni a carico dell'Italia, che graverebbe ulteriormente sul bilancio del nostro Stato.

In conclusione, esprimo da parte del Governo il forte auspicio che la legge sia approvata immediatamente, rinviando, laddove è possibile, nella fase di recepimento, gli eventuali aggiustamenti che saranno consentiti dai criteri di delega approvati. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretaria Agea, questo disegno di legge, presentato dal Governo il 26 settembre 2018, è finalmente e faticosamente approdato in terza lettura presso questa Aula.

Non è senza grande preoccupazione che devo rilevare il grave ritardo con cui il Governo ha presentato al Parlamento gli strumenti legislativi necessari per il recepimento della normativa europea. Lo abbiamo già detto: stiamo esaminando la legge di delegazione europea ferma ancora al 2018, quando invece oggi avremmo dovuto concludere quella relativa al 2019.

In altri tempi avrei ritenuto pletorico e superfluo dover rimarcare a me stesso, a noi tutti parlamentari e Governo, la strategica rilevanza di provvedimenti come questo, che ritraggono plasticamente il modo con il quale il nostro Paese partecipa al processo di integrazione europea, in un momento fondamentale sia per noi italiani sia per l'importanza che l'esistenza di un'Europa viva, coesa e partecipata deve avere nello scenario globale.

Colleghi, credo sia chiaro a tutti che l'attuale assetto geopolitico internazionale abbia tutto l'interesse ad avere l'interlocutore Europa debole e frammentata. In un contesto in cui la crescita del continente europeo sta subendo una importante contrazione sia sul fronte delle esportazioni, quanto su quello degli investimenti, l'Unione si presenta sempre meno competitiva rispetto ai grandi attori mondiali, come USA, Cina e Russia. Questa è una congiuntura storica nodale tanto per l'Italia, quanto per l'Unione stessa: è nostro dovere recuperare il nostro ruolo di protagonisti nello scenario europeo. Non possiamo rimanere inerti di fronte ai rischi connessi all'incerto esito del processo della Brexit, che imporrà, se si vogliono mantenere le attuali dotazioni finanziarie, maggiori sforzi ai Governi dei restanti ventisette Stati membri. Non possiamo mostrare una miopia politica verso le pressioni euroscettiche, i nascenti protezionismi, unitamente agli effetti potenzialmente pericolosi della lotta dei dazi tra USA e Cina. Una simile miopia ci impedirà di compiere i passi giusti nella giusta direzione. Si sta correndo il rischio che l'Europa non sia più neppure ciò che preconizzò un ex commissario, ora senatore della Repubblica, un gigante economico, un nano politico e un verme militare, perché il gigante potrebbe scoprire di avere i piedi di argilla.

E, quindi, cosa fare per evitare un distopico ritorno al passato, con rapporti regolati dalla supremazia dell'hard power? Innanzitutto, come ho sempre ripetuto, anche in precedenza, partecipare sempre di più - è stato anche detto - alla fase ascendente di formazione dei provvedimenti normativi comunitari. Speriamo che, in questa ottica, la nomina del nuovo commissario Paolo Gentiloni al delicatissimo incarico di commissario europeo possa servire in qualche modo, e speriamo che il Commissario Gentiloni, come ha detto il Presidente Berlusconi, sia anche il guardiano degli interessi dell'Italia. Ma diciamo alla sottosegretaria Agea e, per il suo tramite, al Ministro Amendola che, per essere protagonisti anche nella cosiddetta fase ascendente, il Ministro - spero che possa arrivare il messaggio tramite il sottosegretario - ha il compito, l'obiettivo di potenziare la troppo snella struttura ministeriale e - parlo anche come ex parlamentare europeo - di mettere davvero in rete il sistema Italia in questo ambito. Troppo spesso si procede per compartimenti stagni e questo ci fa perdere di continuo treni ed opportunità, a vantaggio degli altri Stati membri che, comunque, sono alleati, ma sono anche competitor.

Qui siamo nella fase discendente ed abbiamo già ampiamente dibattuto dell'importanza di questo provvedimento, composto - è stato ricordato - da un imponente quantità di deleghe legislative che il Parlamento conferisce al Governo per modificare la legislazione interna in conformità agli atti europei.

Abbiamo altresì ampiamente sottolineato come tale provvedimento, recependo la copiosa normativa europea, vada a regolare minuziosamente i più svariati settori economici e sociali, incidendo concretamente sui cittadini, sulle loro tasche, sulle imprese e sui loro interessi e, più in generale, sull'intero efficiente funzionamento dell'apparato statale. È ferma convinzione, mia personale e del gruppo di Forza Italia, che vi sia la necessità e l'urgenza di affrontare e risolvere la vexata quaestio dell'attivazione di modalità di semplificazione e razionalizzazione nella formazione delle direttive. Riteniamo, infatti, inevitabile garantire che le norme dell'Unione europea siano adeguate allo scopo ed efficaci, ma, soprattutto, rileviamo la necessità di avere strumenti che anticipino la valutazione dell'impatto che il recepimento di questi atti può comportare sulle diverse realtà che i cittadini e le imprese vivono quotidianamente. Come troppo spesso accaduto in passato, non ci possiamo più permettere di recepire e basta: la conseguenza di un simile acritico recepimento sarà quella di aumentare sempre di più la percezione dell'Europa non come ciò che i fondatori di Ventotene volevano, ma come una lontana e bizantina euroburocrazia, produttrice di una superfetazione di norme, per lo più percepite come inutili e, sovente, immotivatamente vessatorie. Una incomprensibile dea Kalì che allunga le sue troppe braccia sul quotidiano di tutti noi.

Da qui o, meglio, anche da qui sono nate le varie Visegrád, che pure, in cuor proprio, forse, ogni italiano ha visto come tentativo di recupero dei propri diritti espropriati con arroganza dal vicino più forte. È su questo che noi di Forza Italia vogliamo e dobbiamo lavorare, senza cedimenti. Siamo convintamente cittadini europei, vogliamo l'Europa, non ne vogliamo essere sudditi per politiche sbagliate o per inerzia.

Detto questo, è chiaro che nessuno di noi è – né può essere – contrario ad adempiere gli obblighi che discendono dalla nostra appartenenza all'Unione europea, ma urge ancora più riaffermare - e noi di Forza Italia lo facciamo da sempre - che siamo profondamente ed intimamente convinti che questi obblighi comunitari vadano negoziati anche con le parti sociali e con le categorie professionali che dovrebbero essere coinvolte nella cosiddetta fase ascendente. Una negoziazione legittimata e funzionale, affinché le direttive vengano preventivamente costruite insieme e condivise ed adattate alle caratteristiche economiche e sociali di ogni Paese, per diventare indirizzi migliorativi, e non penalizzanti.

In questa ottica, il nostro gruppo, nel tentativo di rispondere alle istanze di cui poco fa ho detto, ha proposto una serie di emendamenti di buonsenso, volti a rendere, appunto, efficaci e rispettose delle fondamenta della nostra democrazia le istanze recepite nella legge di delegazione. Mi riferisco, ad esempio, all'emendamento all'articolo 6, in tema di mandato di arresto europeo, con il quale si intendeva riportare, nell'alveo delle ipotesi di rifiuto obbligatorio al mandato europeo di arresto, i casi in cui, per i medesimi fatti posti a fondamento del mandato di arresto europeo nei confronti della persona ricercata sia in corso un procedimento penale in Italia, fatta salva l'ipotesi in cui il mandato di arresto europeo concerna l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in altro Stato membro. Ora, tale emendamento, ricevuto il parere negativo della Commissione giustizia in sede consultiva, per automatismo regolamentare, non è stato valutato dalla Commissione politiche dell'Unione europea. Certi, come effettivamente lo siamo – e, come auspico, chiunque in quest'Aula –, che il principio che si voleva affermare con tale proposta è quello del rispetto di un fondamentale principio proprio di ogni democrazia, quello del ne bis in idem. Restano, però, oscure le ragioni squisitamente e cinicamente politiche dell'assenza di un benché minimo costruttivo confronto su un tema di tale rilevanza.

Pare opportuno evidenziare che tale principio non è consacrato solo in ambito penale nazionale e nei rispettivi ordinamenti penali nazionali di ogni Stato democratico, ma anche in ambito sovranazionale, sia sul piano europeo, sia sul versante convenzionale, ad opera della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Sul versante nazionale, come più volte evidenziato dalla Corte costituzionale, il principio in questione è consacrato anzitutto nell'articolo 24 della Costituzione, a livello sostanziale, nonché nell'articolo 111 della Costituzione, a livello processuale.

D'altro canto, sul versante sovranazionale, il principio del ne bis in idem deriva non solo dalle tradizioni comuni dei singoli Stati membri, ma anche dai principi propri dell'Unione europea consacrati a livello normativo; in particolare, il principio in questione è sancito nella Carta di Nizza la quale, a mente dell'articolo 6 del Trattato dell'Unione europea, ha lo stesso valore giuridico dei trattati, collocandosi come fonte di rango primario nella gerarchia delle fonti europee.

Tra l'altro, occorre osservare come l'articolo 50 della Carta di Nizza espressamente preveda a livello europeo il diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato; in particolare, il principio è espressamente contemplato nell'articolo 4 del protocollo n. 7, con la precisazione che la Convenzione prescrive la non possibilità di deroghe al principio in questione.

Quindi, la battaglia di Forza Italia non è una sterile petizione di principio, tutt'altro; il core della nostra azione politica è l'interesse dei cittadini italiani e non mi pare questa una questione speciosa; chiunque può incappare nelle maglie della giustizia penale, ma è esiziale per noi di Forza Italia che ciò avvenga nell'alveo delle cosiddette regole del gioco.

Altro esempio. Sempre al medesimo articolo 6 abbiamo presentato un emendamento soppressivo dei commi 4 e 5 che hanno avuto stesso trattamento e medesima sorte del precedente che ho appena illustrato.

Nello specifico, il comma 4 contempla la possibilità di apportare anche le opportune modificazioni in sede di esercizio della delega relativa al mandato di arresto europeo, con riferimento agli articoli 18 e 18-bis della legge n. 69 del 2005. Tale disposizione, all'apparenza ultronea e irragionevole, ha forse lo scopo di aprire la strada ad ulteriori deleghe in bianco al Governo, non esplicitate nella legge delega. Il dubbio sorge, tenendo conto che al successivo comma 5 si operano modifiche puntuali, riferite sia all'articolo 18 (motivi di rifiuto obbligatorio della consegna), sia per l'inserimento di un nuovo articolo 18-bis (motivi di rifiuto facoltativo della consegna).

Dunque, quali altre opportune modificazioni dovrebbero essere apportate? Qui, mi rivolgo soprattutto ai colleghi del Partito Democratico, su questo aspetto, perché, almeno fino ad agosto, la pensavano esattamente come noi di Forza Italia, avendo presentato al Senato due emendamenti identici, gli emendamenti 6.401 e 6.402 a firma Ginetti, Pittella e Fedeli. Questi ed analoghi emendamenti non sono stati ripresentati alla Camera. Dispiace e, comunque, speriamo in un ripensamento, poi, nel voto in Aula.

In conclusione, colleghi, ricordando nuovamente l'assurdità del fatto che il presente disegno di legge è stato presentato dall'allora Governo alla Camera il 26 settembre 2018 ed approvato da quest'Aula il 13 novembre 2018, vorrei richiamare l'importanza di procedere celermente con la modifica del Regolamento e con una completa revisione dei meccanismi di approvazione degli atti comunitari da parte del Parlamento.

Si tratta di un lavoro che, in seno alla nostra Commissione, abbiamo portato avanti congiuntamente; tutte le forze politiche hanno partecipato insieme, ora questo lavoro è all'attenzione della Giunta per il Regolamento.

È basilare, e qui lo dico soprattutto al Presidente, imprimere a questo percorso un'accelerazione che credo sia unanimemente condivisa. Nel frattempo, nella speranza che saranno superate per il futuro le evidenti criticità procedurali ricordate, ci auguriamo che vi sia da parte della maggioranza una riflessione ulteriore sugli emendamenti che abbiamo presentato per l'Aula, per rendere migliore questo importante atto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Matteo Colaninno. Ne ha facoltà.

MATTEO COLANINNO (IV). Presidente, onorevoli colleghi, gli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione prescrivono nell'ottica della conservazione della pace e della cooperazione dei popoli che l'Italia rispetti i vincoli comunitari e si adegui, quindi, agli atti normativi dell'Unione europea, in virtù della sua adesione a essa, quale ordinamento sovranazionale.

La legge n. 234 del 2012 prevede che il meccanismo di scaturigine della normativa comunitaria non sia a senso unico, giacché esistono due fasi: quella ascendente, in cui ciascun Paese membro partecipa alla definizione della politica europea e al processo di formazione delle norme, e quella discendente, in cui le istituzioni europee fanno sintesi e impegnano tutti gli Stati membri con i propri atti vincolanti che devono essere recepiti.

Il disegno di legge di delegazione europea è stato oggetto di un esame ampio e approfondito nell'arco di due letture alla Camera e al Senato e ora, di nuovo, sia presso le Commissioni di settore sia in XIV Commissione, secondo la peculiare procedura prevista dal Regolamento, volta al coinvolgimento di tutte le Commissioni nelle decisioni relative al recepimento, nel nostro ordinamento, delle norme europee.

Tralasciando per motivi di sintesi l'illustrazione degli articoli 1 e 2 che, peraltro, non sono cambiati dal testo iniziale, rinvio quindi alla documentazione preparata dal Servizio studi e ricordo, più che altro a me stesso, che l'articolo 3, invece modificato al Senato, contiene i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva dell'Unione europea 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale, la cosiddetta protezione degli interessi finanziari. Il termine per il recepimento della direttiva è il 6 luglio 2019, quindi, è scaduto.

A questo proposito, credo sia importante dare conto di alcuni elementi, il primo dei quali è il criterio direttivo che delega il Governo ad abrogare le norme nazionali che in via di fatto sono incompatibili con la direttiva (UE) 2017/1371 e, in particolare, quelle che stabiliscono che i delitti che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, di cui gli articoli 3 e 4 della medesima direttiva, non sono punibili a titolo di concorso o di tentativo. Questa, all'articolo 7, richiede che le frodi in danno degli interessi finanziari siano punite in modo proporzionato, effettivo e dissuasivo.

Andiamo all'articolo 4 che contiene la delega al Governo per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2017/1939, il quale, sulla base della procedura di cooperazione rafforzata, ha istituito la Procura europea; gli obblighi di adeguamento previsti da questa disposizione riguardano, in particolare, l'armonizzazione del diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, le nuove figure istituzionali e le relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali, nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione.

Al Senato è stato cambiato il criterio di delega relativo alla procedura di nomina dei membri italiani della Procura europea secondo intese tra Ministero e CSM. Senza d'ora innanzi poter svolgere la rassegna di tutti gli articoli del disegno di legge e delle direttive contenute nell'allegato, vorrei semplicemente considerare che si tratta di un ampio ventaglio di provvedimenti in materia finanziaria, ambientale ed energetica che conferma quanto le regole dell'Unione e del suo mercato interno interessino la vita quotidiana delle persone. Cito, per esempio, la direttiva sul sequestro dei conti bancari in un Paese di residenza diverso da quello del creditore. Quante volte gli operatori si trovano dinanzi al dilemma di vendere a credito a soggetto estero senza sapere se verranno pagati o meno. Ebbene, finalmente perfezioniamo uno strumento transnazionale per consentire il recupero dei crediti anche in ambito europeo. Potrei continuare con l'articolo 12 che inerisce all'attuazione e al rispetto delle norme sui mangimi e sugli alimenti, cioè in definitiva quel finisce sulla nostra tavola. E potrei citare il cruciale tema del contrasto del riciclaggio a fini di consolidamento dei patrimoni mafiosi e di finanziamento del terrorismo: fattori di estremo pericolo per la nostra collettività. A questo proposito le Commissioni Finanze e Giustizia hanno reso un parere la scorsa settimana e bene ha fatto il sottosegretario Villarosa a definire il recepimento della quinta direttiva come un cantiere aperto, perché dovremo tornarci per rafforzare la cooperazione tra le varie autorità preposte prima fra tutte l'Unità d'informazione finanziaria.

L'articolo 14 riguarda, a sua volta, l'attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che fa parte del cosiddetto pacchetto di misure sull'economia circolare e che modifica la precedente direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, già recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. Lo scopo della direttiva (UE) 2018/850 è di garantire una progressiva riduzione del collocamento in discarica dei rifiuti fino ad arrivare, entro il 2030, alla condizione per cui tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero, in particolare i rifiuti urbani, non siano ammessi in discarica. Insomma, sono tutti temi di importanza molto elevata sia in termini economici, industriali e sociali che dimostrano tra le differenti materie proposte quanto sia necessario e vitale per la nostra economia intervenire su filiere produttive che guardano alla mobilità sostenibile, alla economia circolare, all'efficienza energetica.

Mi faccia chiudere, signor Presidente, con un riferimento alla Brexit che non è oggi oggetto diretto di questa discussione ma ne è - mi si consenta l'espressione - il convitato di pietra. Cari colleghi della Lega, mi rivolgo a voi tramite il Presidente, quanti danni fa il sovranismo, quante preoccupazioni ha già creato questo neonazionalismo, dove ci porta il neonazionalismo? Guardate l'assoluto caos in cui è piombato il Regno Unito: da quello sciagurato referendum del 23 giugno 2016 il Regno Unito ha perso punti di PIL, stabilità, prestigio, autorevolezza. Oggi abbiamo una Corte suprema britannica che sconfessa nientemeno che l'advice del Primo ministro alla regina Elisabetta sulla chiusura del Parlamento: cose inimmaginabili se guardiamo al Regno Unito come a una delle culle della democrazia parlamentare. Ma voi veramente pensate che si possa tornare al confine fisico, militarmente controllato, tra la Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord? Ma voi pensate veramente che sia un progresso dover tirare fuori i passaporti con il visto per andare a Londra? E che ne è dei nostri 700 mila connazionali che vivono nel Regno Unito da anni? Vorrei ricordare anche che stiamo parlando del nostro quarto partner commerciale in termini di interscambio commerciale bilaterale e stiamo parlando di oltre 22 miliardi di euro di interscambio commerciale bilaterale.

Ho sentito sussurrare che i timori sull'agroalimentare esternati da Paolo De Castro in audizione sarebbero infondati. Ho sentito fare questo ragionamento: i nostri prodotti sono di tale qualità che i britannici ricchi li comprerebbero comunque anche con i dazi. Ma vi rendete conto di che miopia? Senza contare che spesso, insieme ai dazi, viene anche il contingentamento all'importazione: allora il danno all'export del made in Italy sarebbe serissimo.

Ai colleghi della Lega, ai colleghi sovranisti che in quest'Aula hanno espresso simpatia per il no deal, vorrei ricordare che no deal significa che il Regno Unito se ne andrebbe rifiutandosi di pagare oltretutto i 39 miliardi di euro negoziati con Michel Barnier. Allora, amici sostenitori di Salvini, non si può avere la botte piena e gli amici satolli: se si rivendicano gli stessi livelli di contributi alla nostra agricoltura da parte dell'Unione europea, si deve pretendere che il Regno Unito versi ciò a cui si era impegnato.

Presidente, la direzione è chiara e semplice: condivido a questo proposito quanto ebbe a dire lo scorso novembre 2018 il mio collega di partito eletto in Gran Bretagna, Massimo Ungaro: “È necessario puntare a far sì che il Regno Unito rimanga un partner importante per l'Unione europea e per l'Italia. Il mondo delle imprese e i nostri cittadini residenti in Italia e in Europa hanno bisogno di certezze giuridiche, economiche e politiche, sia in relazione all'accordo di uscita sia per quanto riguarda le future relazioni tra i nostri due grandi Paesi”.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia deve essere protagonista dei negoziati con il Regno Unito per conservare l'integrità del mercato unico in base alle quattro libertà; mantenere le relazioni economiche più strette possibili tra l'Unione Europea e il Regno Unito; organizzare un periodo di transizione graduale verso un futuro accordo commerciale; consentire alle imprese di prepararsi e adattarsi al nuovo scenario. Tutto questo per mitigare gli effetti negativi ed imprevedibili della Brexit alle imprese e ai cittadini.

Concludo, signor Presidente, annunciando fin d'ora l'atteggiamento costruttivo e favorevole del gruppo Italia Viva su questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Francamente, sono veramente in imbarazzo soprattutto dopo l'ultimo intervento perché, deputato Colaninno, lei ha voluto chiudere il suo intervento rivolgendosi prima alla Lega e poi ai sovranisti sulla questione irlandese. Intanto non ci sono i colleghi leghisti - mi dispiace di questo – e le ricordo che lei sta dando parere favorevole a un disegno di legge che è anche della Lega. Quindi, se la poteva evitare questa chiusura del suo intervento. Il 30 luglio 2019…

PRESIDENTE. Si rivolga, deputata Montaruli, cortesemente alla Presidenza.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Sì, però, c'è un limite alla decenza.

PRESIDENTE. Attraverso la Presidenza lei può indirizzare lo stesso messaggio ai colleghi.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Il 30 luglio 2019, dicevo, veniva licenziata questa legge di delegazione europea; e veniva licenziata con il voto favorevole di Lega e MoVimento 5 Stelle e con l'astensione del Partito Democratico e delle sinistre. Ripeto: con l'astensione del Partito Democratico e delle sinistre.

Era un altro mondo, mi rendo conto: il MoVimento 5 Stelle non era ancora passato da essere il partito del vaffa a quello che mandava Gentiloni in Europa, me ne rendo conto, e il Partito Democratico ancora riteneva che un De Luca non si potesse sedere nei banchi del MoVimento 5 stelle, me ne rendo conto. Però, però, tant'è, tant'è. Oggi invece - non è di poco conto questo dettaglio - è il primo disegno di legge licenziato da una maggioranza di Governo che oggi ci troviamo a votare e a discutere con una maggioranza completamente diversa, dove quelli che si erano astenuti oggi danno parere favorevole e non perché è cambiato qualcosa nel testo dal 30 luglio a oggi. No! Solo per opportunità, anzi: opportunismo, forse. Non è cambiato niente da quel voto di astensione del Senato del 30 luglio a oggi all'interno del testo, niente, nulla; e la “coerenzi” - anzi, scusate, “coerenza”; è un errore dovuto a un lapsus di questi cambiamenti di poltrona che vedo qui in quest'Aula - la coerenza, dicevo, vorrebbe che voi quanto meno aveste portato questo disegno con un Ministro che ci viene a spiegare il perché all'epoca il suo partito si era astenuto, con delle modifiche - con delle modifiche! - che lo rendessero accettabile a quel partito, quanto meno a quel partito - quanto meno! - e di nuovo una discussione sana e corretta sull'intero testo e sull'intero impianto. Nulla di tutto questo, silenzio. Sarà che le questioni europee e le questioni delegate alla Commissione affari europei tanto non interessano questo Parlamento, però tant'è. Tutto questo passa sotto silenzio, sotto la polvere, sotto i tappeti. Via, cancellato tutto! Siete una nuova maggioranza e il PD adesso voterà questa bellissima legge, evviva! Evviva niente, evviva nulla, perché rimangono serie, serissime criticità che anche nella lettura in Senato non sono state… e se il deputato De Luca adesso si siede nei banchi del MoVimento 5 Stelle dà ragione al mio precedente intervento. No, no, non hai ascoltato il discorso di pochi minuti fa. Comunque, dicevo che rimangono delle criticità serissime e, tuttavia, devo denunciare un'anomalia, perché nell'iter di questo provvedimento - e lo faccio in questa sede e non lo farò successivamente, perché credo che sia compito del presidente Battelli e del presidente della Commissione giustizia e di chi è direttamente interessato sollevarla in altre sedi - c'è stata un'anomalia. Infatti, noi abbiamo avuto nell'ultima seduta della Commissione affari costituzionali un deputato, il deputato Bartolozzi, che è venuta nella nostra Commissione a dirci che in Commissione giustizia forse sull'unico tema rilevante di questo provvedimento, che è stato toccato e modificato dal Senato, si era manifestata la seria intenzione di discutere sull'istituzione della procura europea e le è stato detto che la discussione non sarebbe avvenuta in Commissione giustizia ma in un'altra Commissione.

Questo è un fatto non corretto da un punto di vista regolamentare, ma tant'è: si è preclusa la discussione alle minoranze delle modifiche relative all'istituzione della procura europea. Io lo dico in questa sede, in sede di discussione generale sulle linee generali, affinché da un lato la Presidenza ne sia conscia e porti questo tema in Ufficio di Presidenza e, dall'altro, perché tutti i gruppi facciano una sollecitazione alla Giunta per il Regolamento perché finalmente si dia alla Commissione politiche dell'Unione europea la giusta dignità che dovrebbe avere.

Ma tocco il tema della procura europea perché si tratta nuovamente di una nuova sottrazione di sovranità che avviene nei confronti del nostro Stato, una sottrazione di sovranità ed è paradossale che noi oggi - e mi rivolgo al sottosegretario in questo caso, che è stata parlamentare europea - andiamo ancora a dare il nostro consenso all'adesione a questa procura europea. Perché è paradossale oggi più di ieri? Perché è paradossale? Perché l'Italia non ha ancora aderito, così come peraltro non hanno aderito volutamente altri Paesi europei, però l'Italia è in fase di discussione sull'adesione - non ha ancora aderito - e già si parla del nome scelto per il procuratore capo della procura europea.

E questo dimostra che noi stiamo in questo momento non discutendo se sia giusto o non giusto che ci sia la procura europea e che l'Italia debba aderire, ma lo stiamo facendo senza rivendicare nessun ruolo di rilievo per la nostra nazione e mi fa specie - mi fa specie! - che questo provvedimento venga portato proprio da lei, sottosegretario, che è stata parlamentare europea. Infatti, sono sue o non sono sue le parole dello scorso febbraio quando veniva presentata la rosa di un tedesco, di un francese e di un rumeno che non era neanche appoggiato dal proprio Governo, che diceva che l'Italia era stata buttata fuori da questa short list di eventuali candidature? E lei come primo atto cosa fa? Ci viene a difendere qui, in quest'Aula, la costituzione e l'adesione dell'Italia alla procura europea, quando lei stessa è stata critica nelle modalità di composizione di questa procura ancor prima che l'Italia stessa aderisse. È proprio così: i comunicati stampa non si cancellano, non si cancellano e li ho tutti.

Quindi, io invito nuovamente quest'Aula a una riflessione seria di quanto stiamo approvando, a una riflessione serissima, perché l'Italia non ha nulla da imparare da Romania, Francia e Germania sulla lotta alla criminalità e sulla lotta alle organizzazioni criminali. Quindi, attenzione, attenzione, attenzione (lo dico tre volte)! Attenzione a quello che stiamo andando ad approvare. Non è solo un dibattito tra sovranisti e non sovranisti. Non è solo questo ma ne va dell'impianto del nostro ordinamento giudiziario, ne va dell'impianto del nostro sistema penale, ne va delle nostre inchieste contro i criminali, perché la procura europea potrà avocare a sé delle indagini e interrompere così il lavoro delle nostre procure che sono competenti in queste materie, che sono super competenti. Ed è per questo che proprio dal mondo delle procure arriva la critica e la perplessità rispetto a questo provvedimento.

Quindi, francamente io mi auguro che il dibattito successivo possa portare tutti ad avere un po' più di lungimiranza, oltre che di coerenza, e ad andare nuovamente a modificare questo testo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Filippo Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Onorevole sottosegretario, deputate e deputati, come ricordavano i colleghi prima e meglio di me siamo arrivati, dopo il passaggio di luglio al Senato, alla terza lettura del disegno di legge di delegazione europea 2018, legge che, com'è noto, recepisce nell'ordinamento italiano le direttive europee emanate nell'anno precedente. Nel caso della legge in discussione oggi si tratta del recepimento di ben 26 direttive e dell'adeguamento dell'ordinamento italiano al dettato - già efficace per i cittadini italiani ed è bene sottolinearlo - di dieci regolamenti e su materie cruciali che inciampano nella vita spiccia di tutti i cittadini, dalla giustizia ai mercati finanziari e dall'ambiente all'energia.

Non spetta a me ripercorrere i punti e i passaggi di questo provvedimento, frutto di un lavoro paziente fatto nei due rami del Parlamento. En passant sottolineo alla deputata Montaruli, per il suo tramite Presidente, che parlo dal tavolo del Comitato dei nove e dispiace, piuttosto, che lei sia stata lasciata sola fra i banchi di Fratelli d'Italia che, evidentemente, i fratelli, avevano altro da fare che ascoltare le sue argomentazioni e occuparsi qui della legge di delegazione europea. Ma tant'è…

PRESIDENTE. Deputato, vale la medesima circostanza narrata poco fa: dovrebbe rivolgersi sempre alla Presidenza…

FILIPPO SENSI (PD). L'ho fatto, Presidente, e ho detto: “Tramite lei”. Forse non ha ascoltato.

PRESIDENTE. Può essere che mi sia sfuggito. La parte finale era evidentemente indirizzata alla collega.

FILIPPO SENSI (PD). Sempre per il suo tramite, grazie Presidente.

Voglio, tuttavia, usare questo mio tempo per un sommesso richiamo all'importanza di questo processo legislativo, di questa pazienza che spesso sembra mal conciliarsi con i tempi istantanei delle nostre vite, della vita che scorre là fuori, con un tempo e con un ritmo che raramente appare sincronizzato e contemporaneo a quello di quest'Aula, del suo calendario e delle sue priorità; quasi confliggessero, in un gioco di specchi deformanti, tra popolo e Parlamento, del quale abbiamo quotidiana evidenza e di che riflettere; trarne conseguenze chissà, vaste programme.

La legge di delegazione, il più classico degli omnibus, come occasione insomma di un plaidoyer per la democrazia parlamentare, in tempi sfaccettati di piazze e reti e leader che sembrano mettere in fuorigioco le Camere, letteralmente spiazzarle, e di Aule che si prendono la loro temporanea rivincita su piazze e reti e leader, ripristinando il loro impossibile primato. Se ne dibatte molto in questi giorni; presto saremo chiamati a discuterne pure noi qui dentro, ed ognuno si prenderà la sua responsabilità: i cittadini giudicheranno di coerenza e competenza, di congruenza e connivenza, di chiacchiere e di comunicazione. Confesso un certo disagio, magari ve lo darò in faccia al primo: “ma tu cosa hai votato?”.

Eppure si diceva, un provvedimento come quello che stiamo dibattendo, per il solo fatto che lo stiamo dibattendo, ci richiama alla forza e ai limiti della democrazia parlamentare. Leggevo un articolo interessante di Francesco Cundari qualche giorno fa su Il Foglio; cito con il suo permesso, Presidente, sarò un po' lungo. “Il fatto è - cito - che, come ricordava Sabino Cassese, la democrazia si fonda sulla libertà di riunione e sulla libertà di associazione, in particolare per quell'aspetto decisivo che gli inglesi chiamano deliberative e noi mal traduciamo ‘deliberativo', mentre dovremmo chiamarlo ‘dibattimentale'. Perché appunto di questo si tratta: non della semplice deliberazione, ma di quel rapporto che richiede per sua natura un confronto faccia a faccia, un va e vieni continuo, un incontro e se necessario anche uno scontro tra persone che siano davvero nelle condizioni di discutere di tutto, non solo del merito ma anche dei limiti e delle regole della discussione stessa, e in tal modo di raggiungere dei compromessi frutto di una mediazione. Un processo di cui la scelta finale con un sì o un no rappresenta solo l'ultimo passaggio. Al contrario - proseguo la citazione - lo sviluppo dei social network, e ancora più degli strumenti della cosiddetta democrazia digitale, danno a tutti l'impressione di contare, di partecipare al dibattito e alle decisioni, di potere far sentire la propria voce, e magari anche cantarle chiare ai potenti, ai ricchi e ai famosi incrociati sul web, restandomene comodamente a casa; e così di fatto riunione ed associazione, fondamento della democrazia, scompaiono, e quindi si resta con l'impressione della democrazia, ma senza la democrazia” (chiudo la citazione).

L'impressione della democrazia, come fosse un'immagine sfocata, un negativo non sviluppato, un'impronta sulla battigia: un'espressione felice, quella di Cundari, quasi un vaticinio; contraddetta - punto interrogativo - in questi giorni dallo scatto di orgoglio del Parlamento britannico, di fronte al tentativo di scavalcarlo, messo in atto dal Primo ministro Boris Johnson (prima veniva evocata dal collega Colaninno la questione della Brexit); o dalla determinazione verso l'impeachment dei parlamentari democratici americani, a fronte delle rivelazioni sulle conversazioni ufficiali del Presidente Trump con il suo omologo ucraino. E magari anche da quanto successo qui da noi, dove qualcuno, segnatamente l'ex Vicepremier e Ministro dell'Interno, ha potuto credere di prendere di sorpresa la città che dormiva (in pieno agosto, tutti in vacanza, in altre faccende, eccetera), e invece si è ritrovato di nuovo spiazzato, senza più terra dove andare, stretto nell'angolo della propria sicumera, della sua ingordigia, con un Parlamento capace, con una certa creatività diciamo, di rimettersi in equilibrio, in asse, di reinventarsi, di riprogettarsi, nell'interesse superiore della nazione, si intende. I pieni poteri invocati si sono trasformati in una vertigine, in un vuoto di potere, presto colmato. Precipitevolissimevolmente.

Ha scritto sempre Sabino Cassese, su richiamato (cito): “Le democrazie godono di buona salute, nonostante i molti profeti di sventura che ne raccontano la fine; ma esse sono continuamente percorse dalla tensione fra concentrazione e diffusione del potere, hanno bisogno di ribilanciarsi periodicamente: le vittorie dei Parlamenti non sono mai definitive”. La rappresentanza dunque come ribilanciamento, come equilibrio tra spinte che si sono fatte insostenibili, impossibili, chissà, da tenere assieme, da comporre: il leaderismo, il populismo, la democrazia diretta, la piazza, quelle virtuose e coraggiose, da Hong Kong a Greta, e quella dei selfie in spiaggia, del lancio delle merendine, del rosario rivolto al cielo, Dio lo perdoni.

Dovremmo essere orgogliosi, dico orgogliosi, non alteri, sempre memori ogni istante del nostro ufficio, della responsabilità che ci è stata affidata dai cittadini, che a questo lavoro di ricomposizione, di riassetto, solve et coagula, siamo chiamati in quest'Aula e nel lavoro di Commissione; che in America ad esempio è diventato addirittura centrale mediaticamente, risorto dai social network grazie alle serrate audizioni delle deputate democratiche di prima nomina. Così come l'Aula: mi è già capitato di evocare lo stile di conduzione di John Bercow ai Commons, e di come la sua guida rauca e puntuale sia il contrappunto più convincente, nella patria dei checks and balances, alla pretesa assoluta, letteralmente “ab-soluta”, dei pieni poteri del leader.

E a chi mi venisse a dire che de te fabula narratur, sono pronto a dibattere ed argomentare, perché le storie no che non sono tutte uguali. Ci sono stato, questa la so.

Vede, Presidente, colleghi, quando si trovò a lasciare un leader che oggi purtroppo non gode del credito che meriterebbe (questa è la mia opinione), Tony Blair, disse in quell'Aula di Westminster che oggi si vorrebbe bypassare, come fosse un orpello o una perdita di tempo insopportabile, parole che dovremmo tenere a mente, ognuno di noi, oggi, qui, deliberando su direttive e regolamenti europei. Disse Blair in quell'occasione: “Non ho mai preteso di essere più grande dei deputati, ma posso offrire a quest'Aula il più grande dei complimenti nel dire che dal primo momento fino all'ultimo non ho mai cessato di temerla. E che è in quel timore che è custodito il rispetto” (Mi scuso per le citazioni, Presidente, non parlano per me, spero parlino di noi).

Tanti anni e tentativi, dunque, per rendere il Parlamento amichevole, friendly, e vicino ai cittadini e aperto e inclusivo; e poi qualcuno ci dice che il rispetto che si è guadagnato in questi anni volatili e veloci è invece proprio quello di non piegarsi al potere, di renderlo accountable, responsabile, in dovere di una risposta ai cittadini che siamo e che qui rappresentiamo. Di essere l'ultimo, non l'unico, diaframma tra potenti e potere, tra sovrano e sovranità, tra leader e leadership, tra capo e popolo. E questo facendo il nostro dovere, con tutte le approssimazioni del caso, con tutte le debolezze, gli errori, facendo i compiti, trasformando esigenze in proposte, denunce in leggi, interessi - sì, interessi - in contrappesi.

La prego, Presidente, di non considerare queste mie argomentazioni un fuor d'opera rispetto al merito del provvedimento in discussione, una divagazione, un sentiero interrotto. Perché, vede, della nostra democrazia, come dicevamo prima, non resti solo l'impressione, c'è bisogno di prendere consapevolezza della fatica quotidiana di questa ricomposizione, di quel lavoro di mediazione che rassomiglia un po' alla vita, di un dovere del compromesso che in tempi estremi, come quello che stiamo vivendo, suonerà come un'insopportabile stranezza, un contrattempo, e invece. Questo credo di aver imparato in questo anno e spicci. Che il rispetto per il Parlamento viene con il salutare timore per una democrazia fragile, eterna incompiuta, come l'Europa di cui trattiamo oggi. Che altro che il dibattito no: il dibattito sì. Perché dibattere - non fare chiacchiere - significa misurarsi, confrontarsi, in definitiva riconoscersi. Che la democrazia, quando rischia di perdersi appresso ai pifferai, trova in sé, in questo Parlamento, le insospettabili risorse per cambiare musica. Che come ricordava ancora Blair in quel suo mirabile intervento alla Camera, “c'è chi sminuisce la politica, ma noi sappiamo che è quel luogo in cui people stand tall, le persone stanno diritte” (chiudo la citazione). Mi auguro, Presidente, che giorno dopo giorno riusciremo a prenderne maggiore consapevolezza tutti quanti, primo fra tutti chi ha l'onore fugace, ma la duratura responsabilità di sedere su questi scranni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Giglio Vigna. Ne ha facoltà.

È assente: si intende che vi abbia rinunziato.

È iscritta a parlare la deputata Angela Ianaro. Ne ha facoltà.

ANGELA IANARO (M5S). Presidente, come già ampiamente ricordato e sottolineato dai colleghi che mi hanno preceduto, la legge di delegazione europea all'ordine del giorno, modificata dal Senato, ora all'esame della Camera in terza lettura, interviene su settori normativi diversi, disciplinando ambiti vari ed eterogenei, che hanno tuttavia in comune la tutela e la salvaguardia dei diritti quali priorità irrinunciabili, nonché tematiche che incidono sulla vita di tutti i giorni dei cittadini europei.

Mi riferisco alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, prevista dalla direttiva UE/2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, e di cui si dà delega al Governo per la relativa attuazione all'articolo 3 del presente disegno di legge, al fine di rendere omogenea la materia penalistica tra tutti gli Stati membri per la repressione di simili condotte fraudolente, indicando al contempo quali fattispecie di reato siano da considerarsi tali entro i rispettivi confini nazionali, e quali misure sanzionatorie siano all'uopo previste. In particolare, il disegno di legge interviene ad estendere la previsione dell'articolo 322-bis del codice penale ai fatti di corruzione passiva e non solo attiva, come attualmente previsto, anche ai pubblici ufficiali ed agli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all'Unione europea, laddove tali fatti siano in grado di ledere gli interessi finanziari degli Stati membri.

Quanto alle modifiche apportate in sede di seconda lettura da parte del Senato, non figura più nell'articolato del testo odierno la previsione di estendere l'applicazione dell'articolo 322-bis del codice penale anche ai fatti di corruzione passiva di pubblici ufficiali di organizzazioni pubbliche internazionali. Il Senato ha inoltre soppresso la parte che proponeva l'eliminazione della previsione che attualmente circoscrive l'articolo suddetto ai fatti commessi in operazioni finanziarie internazionali ovvero al fine di ottenere e mantenere un'attività economica e finanziaria. Il continuo mutare degli scenari internazionali richiede all'Europa un alto grado di dinamicità e di adeguamento al rapido sorgere di nuove situazioni, alcune delle quali riguardano la sicurezza dei cittadini. Più dettagliatamente, tramite l'istituzione della Procura europea, il cosiddetto EPPO, European Public Prosecutor's Office, l'Unione risponde all'esigenza di incrementare e rendere più efficiente la persecuzione di reati che sempre di più dimostrano un carattere transfrontaliero. È ad essa dedicato l'articolo 4, che contiene la delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento dell'Unione europea 2017/1939 sull'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione di una Procura europea. L'obiettivo è quello di sostenere gli Stati nel superare la frammentarietà dei rispettivi sistemi esistenti per far fronte a tali reati. A tal fine, il disegno di legge delega il Governo ad individuare l'autorità nazionale competente alla designazione dei tre candidati al posto di Procuratore europeo, nonché i criteri e le modalità del procedimento di nomina.

Per quanto attiene alla tematica dell'esercizio dell'azione penale o dell'esecuzione della pena, è da menzionare la decisione quadro 2002/584/GAI, alle cui disposizioni il nuovo articolo 6, introdotto nel testo dal Senato, disciplina l'adeguamento della normativa nazionale. Si tratta del dispositivo, come già ricordato precedentemente, concernente il mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri.

In tema sanitario e fitosanitario sono stati nondimeno compiuti passi in avanti grazie al regolamento dell'Unione Europea 2016/2031 sulle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante e al regolamento 2017/625 limitatamente alla normativa nazionale sulla sanità delle piante, con l'introduzione di una disciplina trasversale che abbraccia l'intera catena agroalimentare. Con gli articoli 11 e 12 del presente disegno di legge, che recepiscono i Regolamenti menzionati, si adottano norme accurate per limitare i rischi fitosanitari presentati da qualsiasi specie, ceppo o biotipo di agenti patogeni animali o piante parassite, dannosi per le piante o i prodotti vegetali, e si prevedono controlli ufficiali per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, nonché sui prodotti fitosanitari. È nostro particolare interesse, da sempre, sottolineare la necessità di adottare regole certe per l'importanza che il sistema biologico ed agroalimentare riveste nel nostro Paese.

Mi soffermo velocemente sugli articoli dal 13 al 16, che intervengono in materia di lotta all'inquinamento e salvaguardia del territorio. In particolare, l'articolo 13, che delega il Governo all'attuazione della direttiva 2018/410 dell'Unione europea, è dedicato al tema di una più efficace riduzione delle emissioni, congiuntamente alla promozione degli investimenti a favore di basse emissioni di carbonio.

È ribadito l'impegno dell'Unione volto al raggiungimento dell'obiettivo del 40 per cento di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030, in conformità con il Quadro 2030 delle politiche per il clima e l'energia dell'Unione europea e come contributo all'Accordo di Parigi sul clima del 2015, cui tutti gli Stati membri sono chiamati affinché si possa realizzare insieme un cambiamento di rotta contro i cambiamenti climatici. Sin dal 1990, con la sua politica climatica e la difesa dell'ambiente, divenuta negli anni sempre più esigente e ambiziosa, l'Unione europea si è distinta nel panorama mondiale per le politiche adottate e per la ferma convinzione che la transizione ad una green economy sia un'incredibile opportunità per industria, crescita e occupazione.

Dal programma europeo per i cambiamenti climatici adottato nel 2000 sono stati fatti enormi passi in avanti sia in termini di riduzione delle emissioni - stando ai dati della Commissione, sarebbero del 23 per cento dal 1990 al 2016 - che in termini di crescita economica, pari al 53 per cento nello stesso arco temporale considerato. La direttiva dell'Unione Europea 2018/849 modifica, invece, le disposizioni precedentemente adottate in materia di veicoli fuori uso, pile e accumulatori, nonché rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cosiddetti RAEE. L'articolo 14, che ne dà attuazione, ipotizza l'elaborazione di un sistema unico di gestione dei rifiuti suddetti. Inoltre, sempre alla materia di discariche di rifiuti è dedicata la direttiva dell'Unione Europea 2018/850, che ritroviamo, invece, all'articolo 15. Il Governo è chiamato a stabilire nuovi criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica e ad adeguare la normativa vigente alle nuove conoscenze tecnico-scientifiche in materia, nonché stabilire le modalità con le quali si possano raggiungere i target indicati a livello europeo per definire le percentuali massime di rifiuti destinati alle discariche, incoraggiando, conseguentemente, l'economia circolare e perseguendo l'obiettivo ambientale di un continente più pulito e più virtuoso.

L'Action Plan sull'economia circolare adottato dalla Commissione europea nel 2015 contiene misure puntuali per chiudere il cerchio del ciclo di vita dei prodotti, ed è quella la direzione auspicabile per il futuro dell'Europa. In questi anni di lavoro parlamentare, insieme al gruppo del MoVimento 5 Stelle, si è cercato sempre di più di orientare gli sforzi in questa direzione, forti della convinzione che sia possibile, e anzi necessario, unire la sostenibilità ambientale con quella economica. Da ultimo, l'articolo 16 dà attuazione alla direttiva dell'Unione Europea 2018/851, che avvia la riforma della disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto, con specifici impegni di responsabilità per i produttori e, tra l'altro, con la promozione del mercato dei beni riciclati.

Non di meno il presente disegno di legge interviene anche in tema di salute, disciplinando norme fondamentali per la protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti. L'articolo 20 recepisce, infatti, la direttiva 2013/59/Euratom con riferimento sia all'esposizione medica sia alle persone e soggetti a disposizione professionale ed anche alla popolazione. L'Italia ha finalmente recepito la direttiva in esame dopo che era stata avviata la procedura di infrazione 2018/2044 per il suo mancato recepimento entro il termine stabilito al 6 febbraio 2018. Il presente disegno di legge interviene pertanto ad aggiornare, all'interno di un quadro unitario, la normativa europea in materia di radiazioni ionizzanti.

Infine, il disegno di legge oggi all'esame non trascura la necessità di adeguare il nostro ordinamento alla volontà dell'Unione europea di rendere le nostre imprese più competitive, senza per questo dimenticare la tutela dei consumatori. Il nuovo codice doganale dell'Unione, che viene recepito per il tramite dell'articolo 22, inserito in sede di esame in Senato, introduce nel territorio dell'Unione procedure doganali più omogenee e digitalizzate per le esportazioni e le importazioni delle merci. Crescita economica e sviluppo della competitività costituiscono priorità irrinunciabili per il rilancio delle nostre economie e per garantire alle future generazioni un continente più ricco e che vada, però, di pari passo con le innovazioni tecnologiche.

In definitiva - e concludo, Presidente - la legge di delegazione europea 2018 interviene ad innovare il nostro ordinamento, a renderlo ancora più sensibile e attento alle tematiche ambientali, all'economia circolare, alla salute e alle questioni climatiche, al dovere di tutelare la sicurezza dei cittadini. Tale necessario intervento di adeguamento soffre in alcuni casi di un certo ritardo rispetto ai nostri partner europei. Dall'appartenenza all'Unione derivano obblighi che siamo chiamati ad ottemperare nell'interesse del nostro Paese in quanto membro europeo, anzi, fondatore dell'Unione europea. Le possibilità di crescita, di innovazione, di tutela, di salvaguardia dei diritti fornite da essa sono in sé condizione necessaria affinché il nostro Paese segua la strada del futuro, con l'auspicio che, in un mondo in continua evoluzione, si possa fare sempre di meglio e di più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fausto Raciti. Ne ha facoltà.

FAUSTO RACITI (PD). Presidente, gentile sottosegretario, come è noto, questa legge di delegazione europea riassume e porta a sintesi un lavoro parlamentare che era iniziato alla Camera l'anno scorso, proseguito al Senato - che ha apportato delle significative modifiche e ora ci tornerò per un secondo - e che oggi riapproda qui alla Camera dei deputati. Visto che l'atteggiamento del mio gruppo parlamentare è stato direttamente chiamato in causa da alcuni colleghi, da ultima l'onorevole Montaruli, credo che sia d'obbligo provare a spiegare le ragioni che motivano un cambio di atteggiamento parlamentare, intanto partendo dall'esigenza di sottolineare una cosa, cioè che l'astensione, che è cosa ben diversa dal voto contrario, avviene perché alcuni emendamenti proposti dal nostro gruppo parlamentare non vengono accolti nella discussione dell'anno scorso, e ciò avviene in luogo del voto contrario perché questo provvedimento è, appunto, una legge delega, che impegna il Governo italiano ad adeguare la nostra normativa, il nostro sistema di norme a prescrizioni definite in sede europea: non è un prodotto diretto del lavoro e dell'operato del Governo. Avviene una cosa, però, che va oltre il presunto calcolo opportunistico di atteggiamento del nostro gruppo parlamentare, cioè avviene che, oltre a cambiare il Governo, cambia la norma, il che, consentitemi, non è un fatto del tutto secondario, soprattutto in considerazione del fatto che una delle nostre obiezioni nella prima discussione in quest'Aula della legge di delegazione afferiva alle modalità di individuazione della partecipazione italiana alla costituenda procura generale europea e che, proprio quella parte della norma, è stata modificata al Senato sostanzialmente recependo l'emendamento che in Aula avevamo presentato e che era stato respinto nel corso della discussione dell'anno scorso.

Non è un dettaglio da poco decidere se la personalità italiana che parteciperà alla procura generale europea è espressa dal Ministero della giustizia o dal CSM di concerto con il Ministro della giustizia. Non è un dettaglio perché si norma una modalità concreta, importante e significativa attraverso cui il nostro Paese partecipa al processo di costruzione della sovranità europea. Lo dico per gli appassionati della materia della sovranità. La sovranità si compone di almeno tre elementi: ci deve essere la moneta, ci deve essere la spada, ci deve essere la toga. Ecco, noi stiamo partecipando alla costruzione di un pilastro fondamentale della soggettività dell'Unione e, consentitemi di dire, credo che questo non toglierà nulla alla sovranità del nostro Paese, né alla titolarità delle procure italiane nel perseguire determinati reati. Stiamo semplicemente individuando e dando corpo ad un aspetto nuovo della soggettività dell'Unione. Faccio notare, da deputato di origine meridionale, da eletto in un collegio nel Mezzogiorno, che almeno due degli ambiti di cui si occupa questa legge di delegazione sono decisivi per il Mezzogiorno, perché, da un lato, il tema - semplifico - delle truffe all'Unione europea è stato un tema di forte rallentamento delle possibilità di integrazione, nel Mezzogiorno, dentro il processo di costruzione dell'Unione europea, dentro un processo di trasformazione della nostra economia; un processo al termine del quale a pagare non è stata solo l'Unione europea ma è stata la concreta possibilità di una parte del nostro territorio di partecipare a una stagione di trasformazione delle nostre economie. Dall'altro lato, il tema della gestione dei rifiuti, in particolare del sistema delle discariche, della progressiva dismissione di un sistema di trattamento dei rifiuti che ha visto nelle discariche il proprio pilastro fondamentale, è un tema che ci sta a cuore per quasi evidenza empirica di quello che è avvenuto in alcune regioni del Mezzogiorno, ma non solo in alcune regioni del Mezzogiorno, nel corso di questi anni.

Allora, credo che ci siano le condizioni, per il nostro gruppo parlamentare, alla luce delle modifiche intervenute al Senato, non solo di votare favorevolmente rispetto a questa legge, ma di auspicare che i processi che questa delega mette in moto possano trovare ulteriore sviluppo, perché necessari non solo al rafforzamento della sovranità europea, ma anche necessari alla prosecuzione del processo di integrazione del nostro Paese. Vorrei non sprecare tempo, il vostro tempo e la vostra pazienza, ma invito a riflettere su un elemento. Attraverso questa norma, attraverso le norme di questo tipo, noi mediamo i modi attraverso cui le direttive europee vengono applicate nel nostro Paese e intervengono sul nostro ordinamento nazionale. Io capisco e condivido le obiezioni secondo le quali i Parlamenti dovrebbero essere più veloci nel dispiegare questo tipo di lavoro, nel dispiegare questo tipo di interventi. Mi permetto di dire che alcune volte, però, il tempo della mediazione è il tempo più prezioso, perché è il tempo che consente ai frammenti di Paese che qui rappresentiamo - pur essendo il nostro mandato nazionale -, alle sensibilità, alle voci che qui rappresentiamo, di trovare, soprattutto su materie apparentemente così semplici ma nel concreto così delicate, anche per la loro consistenza tecnica, il giusto equilibrio di mediazione, in una logica che per una volta tende a travalicare la logica della normale dialettica e della spesso banale - mi consentirete - dialettica tra maggioranza e opposizione. Io credo che il tempo impiegato così sia un tempo utile e che la norma, così com'è stata modificata, sia una norma più utile e più di valore di quella che è entrata nella discussione parlamentare. In altre parole sto provando a dire che la funzione del nostro Parlamento e dei Parlamenti europei, soprattutto in una stagione di così grande incertezza, è di provare a supplire ad una difficoltà sempre più forte che il metodo intergovernativo trova, facendosi perno, forza, elemento di tenuta e di coesione di un'Unione europea che più volte, negli ultimi anni - il caso così citato della Brexit ne è la esemplificazione pratica -, ha rischiato di essere messa in discussione.

Allora, credo che il lavoro che la Commissione e il Parlamento hanno fatto nel corso di quest'anno e mezzo, per quanto lungo, sia stato importante, quindi credo di potere esprimere l'orientamento favorevole del nostro gruppo, ovviamente verificando in Aula, di volta in volta, se non ci sia lo spazio addirittura per ulteriori migliorie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alberto Zolezzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Inizia oggi in Aula l'esame del disegno di legge di delegazione europea 2018, Atto Camera 1210-B, e io intervengo per parlare in particolare della parte ambientale. Il testo era stato modificato con molti emendamenti già nella prima lettura alla Camera, però il testo non è più stato modificato su alcune parti, quindi finalmente abbiamo una un'approvazione definitiva.

Nell'ambito dei principi generali, in ordine alla riforma dei consorzi prevista dalla delega, è stato espresso il concetto della libera concorrenza per quanto riguarda la gestione degli imballaggi, rifiuti in carta, vetro e plastica, ci sarà concorrenza nei sistemi definiti di responsabilità estesa del produttore. I consorzi: ci sarà la possibilità, per qualunque attore della filiera, di accedere alle infrastrutture comunali della raccolta e della selezione, come peraltro sentenziato anche dal TAR del Lazio recentemente. Ci sarà l'obbligo di raccolta differenziata del rifiuto organico su tutto il territorio nazionale, recepito senza “se” e senza “ma”, come previsto dalla direttiva (UE) 2018/851; in pratica, abbiamo anticipato la data di applicazione dal 2023 al 2020. A tale riguardo, al Senato è stata inserita una disposizione, all'articolo 16, per incentivare il compostaggio di prossimità e di comunità. I rifiuti organici sono circa il 40 per cento dei rifiuti solidi urbani prodotti in Italia e ne viene intercettata, ad oggi, solo la metà, quindi 10 milioni di tonnellate di rifiuti potranno e dovranno essere intercettati con adeguata impiantistica; segnalo il parere positivo, finalmente, della Conferenza dei servizi per gli impianti di Casal Selce e di Osteria Nuova qui a Roma. I rifiuti aventi le medesime caratteristiche del rifiuto organico, come le bioplastiche, dovranno essere raccolti con lo stesso rifiuto organico, in quanto condividono lo stesso fine vita e, quindi, non dovranno più andare nel riciclo meccanico con le plastiche tradizionali e il flusso sarà tracciato.

Nell'ambito della tracciabilità dei rifiuti sarà, poi, possibile accedere in tempo reale al controllo dei registri elettronici. È stata stabilita la quantificazione puntuale della produzione di rifiuti sul territorio nazionale. Le regioni potranno indicare le aree non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti per un'eccessiva pressione antropica preesistente, per zone di dissesto o rischio idrogeologico, o per la mancanza di infrastrutture.

Un altro tema è quello dei rifiuti elettronici: si va verso un sistema unico di gestione, si incentiva il ritiro 1 a 0 anche da parte dei distributori dei piccolissimi RAEE e si agisce per regolamentare il fine vita dei pannelli fotovoltaici.

Venerdì 27 settembre le piazze dei giovani hanno dato un chiaro segnale: per avere un futuro la necessità è quella di ridurre le emissioni di gas serra; una gestione dei rifiuti più trasparente potrà agire su quel 4,4 per cento di emissioni di gas serra legate alla filiera dei rifiuti secondo Ispra, che, fra l'altro, non conteggia i trasporti dei rifiuti stessi: circa 1,2 miliardi di chilometri percorsi ogni anno dai rifiuti in Italia, 4 mila volte la distanza fra la Terra e la Luna. Si sale, con queste emissioni, a oltre il 5 per cento delle emissioni totali anche di polveri sottili, contribuendo a una quota parte significativa degli oltre 84 mila decessi stimati dall'Agenzia europea ambientale per quanto riguarda le polveri sottili in Italia. Per cui si può anche supporre che circa 4.200 decessi siano legati alla gestione dei rifiuti e la gran parte delle emissioni nella filiera dei rifiuti è legata alla combustione degli stessi, e la Commissione europea ci chiede in primis di recuperare materia - in Italia abbiamo già 398 inceneritori per rifiuti speciali e 39 per rifiuti solidi urbani - e queste direttive che andiamo a recepire e indirizzano verso il recupero di materia. Una filiera corta dei rifiuti, indirizzata al recupero di materia, potrà offrire oltre 195 mila posti di lavoro, secondo Althesys e contribuire a ridurre le emissioni di gas serra e a darci un futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1201-B)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Filippo Scerra.

FILIPPO SCERRA, Relatore. Grazie a tutti, non ho null'altro da aggiungere, grazie Presidente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, sottosegretaria agli Affari europei, Laura Agea, che si riserva.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Lattanzio, Casciello, Sasso, Piccoli Nardelli, Fusacchia, Frassinetti, Toccafondi ed altri n. 1-00146 concernente iniziative di competenza volte a onorare la memoria di Antonio Megalizzi, tragicamente scomparso a seguito dell'attentato terroristico dell'11 dicembre 2018 a Strasburgo (ore 16,43).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Lattanzio, Casciello, Sasso, Piccoli Nardelli, Fusacchia, Frassinetti, Toccafondi ed altri n. 1-00146 concernente iniziative di competenza volte a onorare la memoria di Antonio Megalizzi, tragicamente scomparso a seguito dell'attentato terroristico dell'11 dicembre 2018 a Strasburgo (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori.

Avverto che in data odierna la mozione all'ordine del giorno è stata sottoscritta anche dal deputato Fratoianni, che, con il consenso di altri sottoscrittori, ne diventa l'ottavo firmatario.

Avverto, altresì, che è stata presentata una nuova formulazione della mozione all'ordine del giorno. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.

È iscritto a parlare il deputato Paolo Lattanzio, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00146 (Nuova formulazione).

PAOLO LATTANZIO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, Governo, questa è una giornata importante perché arriva in Aula una mozione che abbiamo fortemente voluto, che parte dalle idee, dal lavoro e dalle sensibilità della Commissione cultura e in particolare dalla collaborazione fra il sottoscritto e l'onorevole Casciello di Forza Italia.

Bisogna subito dire che la morte di Antonio Megalizzi, il giovane giornalista radiofonico trentino, italiano, ucciso a Strasburgo nello scorso dicembre, ha rappresentato un fortissimo turbamento per tutti noi. Ed è un turbamento che ho sentito particolarmente mio perché ha toccato un giovane, ha toccato un comunicatore, ha toccato un ragazzo italiano. Ho sentito particolare turbamento perché soprattutto è morto un ragazzo innocente, è morto ed è stato ucciso un ragazzo italiano, nella forma più brutale, infame e aggressiva di sfregio alla popolazione civile che può essere messa in atto, ossia il terrorismo. Mi ha addolorato particolarmente la morte di Antonio perché è una vittima innocente di una guerra che ha ben poco di santo, che non stava combattendo.

E non ci possiamo nascondere dietro il luogo comune per cui era nel luogo sbagliato o nel momento sbagliato. Antonio Megalizzi era nel posto giusto al momento giusto: stava visitando i mercatini di Natale a Strasburgo con degli amici, era in quell'Europa che difendeva e che raccontava e, quindi, non possiamo accettare questa semplificazione.

Il suo assassino - del quale non intendo neanche pronunciare il nome in quest'Aula - ha trascinato l'Europa nel terrore, ma soprattutto la famiglia del nostro giovane connazionale nel dolore. E noi come istituzioni, ma prima ancora come società civile e come comunità, abbiamo sentito il dovere di provare a passare da quello che è un dolore privato, enorme, fortissimo, a quello che è un impegno politico, istituzionale e culturale, che provi a valorizzare e a rivendicare quanto Antonio faceva nella sua vita. E questo anche perché non possiamo pensare di lasciare alla follia dei terroristi una mera conta dei nomi delle vittime, abbiamo il dovere civico, prima che politico, di fare nostri quei valori che venivano portati avanti e provare ad impegnare, come in questo caso, il Governo, affinché se ne faccia portatore e promotore attraverso gesti concreti.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito l'uccisione di Antonio una tragedia inaccettabile ed io mi sento di aggiungere con umiltà alle parole del Presidente che questa tragedia è inaccettabile per tutti noi, per tutti coloro che non si sono mai piegati e che non si piegheranno a nessuna forma di terrorismo, come quello jihadista che ha avuto quella triste e tremenda manifestazione nel dicembre del 2018 a Strasburgo.

La vicinanza, il turbamento e l'impegno, che sono indispensabili per trasformare il dolore in memoria, sono legati ad una comunanza di esperienze e di sentire che, dal primo momento in cui sono venuto a conoscenza della storia e delle esperienze di Antonio, ho sentito come mie.

Parlo delle esperienze che ci legano alla passione per le web radio, delle esperienze che guardano a quell'insieme di legami relazionali, ormai su scala europea, che la nostra generazione, quella dei trenta-quarantenni, hanno vissuto e coltivano con grande orgoglio e ancora quelle idee di libertà e di dialogo interculturale che Antonio portava avanti, come tanti di noi, parlando di Europa e raccontando quell'Europa della quale, al tempo stesso, era non solo portavoce, ma era protagonista.

Queste esperienze avevano al proprio centro lo strumento - e torno su questo strumento - che è quello della web radio, che Antonio utilizzava grazie ad una magnifica esperienza internazionale, che unisce fra sé le varie università di tutti i Paesi europei, Europhonica, con un format radiofonico che raccontava quella generazione che vive in pieno la realtà europea.

Questa attività radiofonica, sospesa in segno di lutto, è ripresa soltanto nel febbraio del 2019, per portare avanti il messaggio del nostro giovane connazionale rimasto ucciso.

Ma per far sì che il dolore non resti soltanto privato, ma diventi un motivo pubblico, collettivo, di rilancio, di memoria e di esempio, credo che sia importante e bello al tempo stesso associare il ricordo di Antonio Megalizzi alla valorizzazione degli strumenti, come la web radio, che sono degli strumenti di comunicazione civica, che sono strumenti attivi e importanti nella realizzazione di una comunicazione partecipata, che renda tutta una comunità protagonista di uno scambio culturale fra società civile e istituzioni. Credo sia bello e importante perché non dobbiamo lasciare soltanto agli assassini o alla cronaca nera il ricordo di un nome, ma è un nome che rappresenta tutti noi.

Questi strumenti - parlo della web radio e dei media civici - ricoprono un ruolo che per i giovani di oggi a livello europeo è fondamentale, perché dà voce a comunità e alle persone che compongono questa comunità. Ho provato sulla mia pelle il piacere di alimentare la voce dei giovani ragazzi e delle giovani ragazze della mia città, di Bari, quando ha costituito con loro la prima web radio antimafia e ho visto l'orgoglio, l'entusiasmo, il piacere di poter comunicare senza intermediazioni, in prima persona, le proprie le proprie idee.

Antonio Megalizzi aveva colto il potenziale della web radio, che usava in maniera positiva e inclusiva: comunicare e raccontare, incontrare e costruire, queste sono le basi dell'esperienza, sebbene tragicamente e ingiustamente interrotta, che lascia in noi un segno importante e una traccia tangibile molto forte.

Ricordare Antonio Megalizzi significa anche testimoniare ciò che egli per noi rappresenta, ossia il simbolo di una giovane generazione di eccellenze italiane motivate ad agire, a studiare, a costruire per degli ideali positivi, per un orizzonte aperto di dialogo internazionale.

Giovani, nuovi media, dialogo fra culture, impegno personale: è per questi motivi che non possiamo limitarci a ricordare Antonio, ma dobbiamo valorizzare la sua attività umana, personale e giornalistica, ed è per queste ragioni che ho presentato una mozione con cui si impegna il Governo ad intraprendere ogni iniziativa possibile per coltivare il ricordo e la memoria, in chiave propositiva, delle attività di Antonio Megalizzi, partendo dall'istituzione di una borsa di studio presso una delle università pubbliche italiane, al fine di garantire e potenziare il praticantato dei giornalisti professionisti e al fine, soprattutto, di supportare la CRUI, affinché questa possa prevedere l'istituzione di premi, borse di studio, luoghi di studio e di confronto che, partendo dalla comunicazione partecipata e dalla sensibilità per i valori della nostra Europa, possano permettere quotidianamente, nelle università italiane, di ricordare Antonio Megalizzi e di portare anche ai giovani, ai nuovi studenti, il valore altissimo del suo impegno grazie (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Grazie, Presidente. Rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, con grande piacere ho sottoscritto immediatamente la mozione presentata dal collega Lattanzio, con il quale abbiamo lavorato anche perché venisse integrata e venisse ampliato il progetto che sottoponiamo come mozione al Governo, progetto che parte da un presupposto: Antonio Megalizzi, che è rimasto ucciso in un attentato a Strasburgo, nel dicembre dello scorso anno, era a Strasburgo per raccontare e quindi per realizzare un suo sogno, cioè quello di fare il giornalista, per raccontare con Europhonica, questa organizzazione che mette insieme le radio universitarie, una seduta del Parlamento europeo. Quindi, per raggiungere due obiettivi: raccontare attraverso, come dicevo prima, un proprio sogno, cioè quello di raccontare facendo il giornalista e di esprimere anche una propria sensibilità forte, che è una sensibilità legata al progetto europeo e quindi alla comunità europea dei popoli.

Per questo, nella mozione ho chiesto e ringrazio i colleghi della Commissione, in particolare il primo firmatario e proponente, onorevole Lattanzio, per aver colto il suggerimento di inserire l'istituzione - possibile, affinché il Governo favorisca in questo senso - di una borsa di studio presso le università italiane dove è istituita e incardinata una scuola di giornalismo – ce ne sono in Italia, sia al Nord che nel Mezzogiorno – dove è possibile che giovani compiano il percorso di formazione, dopo la laurea, per diventare giornalisti professionisti. Questo era il grande sogno di Antonio Megalizzi: fare il giornalista e farlo a tempo pieno, farlo come professione, riconoscendo al ruolo dell'Ordine dei giornalisti la funzione di regolamentazione e di indicazione deontologica della professione; non a caso, la famiglia di Antonio Megalizzi, originaria, tra l'altro, del Mezzogiorno d'Italia, di Reggio Calabria – e poi si era trasferita a Trento –, ha voluto istituire così una Fondazione e per questa Fondazione ha ricevuto l'adesione e anche la collaborazione della Federazione nazionale della stampa, dell'USIGRAI e di altre organizzazioni legate all'Ordine dei giornalisti e al mondo del giornalismo italiano.

Questo è un fatto fondamentale, non per costruire intorno ad una vittima innocente e, permettetemi di dire, involontaria: Antonio Megalizzi aveva in mente probabilmente tutto tranne di fare l'eroe, tranne che il suo nome fosse rimandato ad un evento tragico e diventasse il simbolo di una gioventù che trova la morte per realizzare i propri sogni; voleva vivere la sua vita, voleva realizzare il suo progetto, voleva continuare un percorso di formazione che potesse portarlo al compimento di quello stesso progetto.

E allora anche le parole alla fine diventano troppe, però a me viene sempre in mente, quando accadono fatti come questi, una frase di Antoine de Saint-Exupéry, che è l'autore de “Il piccolo principe”, però questa frase erroneamente molti la riportano ne “Il piccolo principe”, ma non fa parte de “Il piccolo principe”, che dice; “Se vuoi costruire una barca non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto ed infinito”.

Ecco, Antonio Megalizzi, il sacrificio involontario di Antonio Megalizzi, ci racconta questo orizzonte, l'orizzonte della passione per le cose, l'orizzonte che possa rappresentare il fine ultimo di una generazione che riconosce - e questa è la storia di Antonio Megalizzi - nella formazione, nel percorso, in percorsi anche difficili, perché diventare giornalista non era facile ai miei tempi, quando ho iniziato, quarant'anni fa, a fare questo mestiere; non lo è oggi, però sicuramente Antonio aveva trovato una strada e la sua strada era quella del formarsi, del misurarsi con realtà importanti quali appunto anche quella europea, e fare questo percorso attraverso nuovi strumenti.

Strumenti, per un verso anche antichi, come la radio, ma anche nuovi, ed ecco anche il progetto di Europhonica. Per questo, a noi è parso fondamentale non solo dare quell'indicazione che è stata accolta per dare un minimo di concretezza, perché tanti ragazzi non possono - questo è un limite anche dalla nostra realtà - diventare giornalisti professionisti perché non hanno l'opportunità di formarsi nelle redazioni, oppure perché non hanno la possibilità di pagare rette - che sono ancora importanti - anche nelle scuole di formazione pubbliche, ancora difficili da sostenere per tutte le famiglie italiane.

Quindi, ci farebbe piacere e sicuramente il Governo troverà il modo per indicare un percorso, per individuare una o più università italiane che, con un minimo di sostegno, possano istituire una borsa di studio, che non sarà solamente intitolata ad Antonio Megalizzi, ma sarà intitolata al sogno di Antonio Megalizzi, che è il sogno di centinaia, forse migliaia, di giovani italiani (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI (IV). Grazie, Presidente. Ringrazio e saluto il Governo qui presente e i colleghi. Voglio ringraziare anche il collega Lattanzio per il lavoro fatto e le parole oggi qui riportate in Aula, che hanno convinto - non ce n'era bisogno - tutti i gruppi parlamentari a sottoscrivere e a firmare questa mozione.

Antonio Megalizzi era un cittadino italiano, un cittadino europeo, un cittadino del mondo: l'Italia dovrà portare avanti, tutta insieme, senza divisioni, i suoi ideali e il suo sogno verso gli Stati Uniti d'Europa. Così, in molti lo hanno ricordato il giorno della scomparsa a seguito dell'attentato terroristico del dicembre 2018 a Strasburgo e oggi facciamo, tutti uniti - voglio sottolineare questo aspetto - un passo importante, un passo nuovo in questa direzione.

Antonio era, come è stato più volte ricordato, un giornalista, un giornalista italiano che amava l'Europa. Amare l'Europa: sembra quasi un tema fuori moda nei giorni d'oggi, però è così. Lui l'Europa l'amava, oggettivamente: l'amava davvero, magari la sognava diversa, come più volte ci è stato ricordato; la desiderava vera, non solo una istituzione, ma una parte integrante del nostro vissuto. Antonio credeva nell'Europa e lo faceva con entusiasmo, motivando e argomentando le sue ragioni. Il lavoro che aveva scelto e il luogo stesso del suo lavoro dimostravano e dimostrano queste scelte, questo entusiasmo, ma anche la volontà di costruire, attraverso appunto il lavoro, il senso del sentirsi cittadini europei.

Il 15 maggio, Antonio Megalizzi avrebbe compiuto trent'anni. In un bellissimo articolo che ho ritrovato del giornalista Paolo Borrometi su Agi, i genitori Domenico e Anna Maria, la sorella Federica, la fidanzata Luana raccontano le passioni e ciò che muoveva Antonio, e lo fanno senza retorica, con realismo, raccontando ciò che vedevano e ascoltavano da Antonio; e le parole chiariscono quanto fosse curioso ed aperto al conoscere, pronto a partire seduto su un pullman per studiare, capire e lavorare in Europa. Aveva deciso di usare la sua voce per raccontare l'Europa reale, delle istituzioni, delle scelte, degli strumenti ed era diventato, per questo percorso in cui credeva, uno dei giovani radioconduttori di Europhonica, una radio collegata - lo voglio ricordare -, anche alle radio universitarie italiane.

Un ragazzo che credeva nel suo lavoro al punto da non stare mai fermo, mai immobile, mai inerme, anche rispetto ad una certa visione dell'Europa. Sentiva e si muoveva perché aveva un ideale, uno scopo nella vita; per questo, si sentiva di difendere una certa Europa. Ancora, il giornalista Borrometi riporta i racconti dei familiari: la sua passione lo portava a produrre il giornale radio delle 6, raccontano la sorella e la fidanzata; alle 6 di mattina, prima di andare a lezione in facoltà. In radio faceva di tutto: il tecnico, l'autore, lo speaker, il direttore artistico, commerciale, ogni ruolo complementare che potesse servire. Non era mai sazio di conoscenza; si era addirittura iscritto alla magistrale a Trento, con l'intento di comunicare meglio il lavoro dell'Unione europea. Rispondeva ai commenti dei social cercando di riportare dati oggettivi, in un'epoca segnata dalla disinformazione e si dedicava ogni giorno a spiegare anche cosa fossero realmente le fake news.

La disinformazione sull'Europa era una delle sue più grandi amarezze. Antonio rispondeva personalmente a chiunque, anche a chi non la pensava oggettivamente come lui. Scriveva mail per segnalare quando leggeva qualcosa che non corrispondeva alla realtà dei fatti: per lui questa era un'esigenza fondamentale; per lui la cultura non doveva essere una mera necessità accademica, bensì un bisogno vitale. Mi fa piacere che nella mozione due punti, nel dispositivo, finale, vadano proprio su questo concetto, cioè sul concetto di cultura per rispondere anche al terrorismo, non come una mera necessità accademica, bensì come un bisogno che tutti noi dobbiamo sentire come vitale. Questo aspetto - l'importanza della cultura, della conoscenza, direi del senso del reale - sono il segno distintivo di quanto ho potuto conoscere indirettamente e leggendo di Antonio Megalizzi. Oggi, con la mozione che andremo a votare, la Camera fa proprio questo percorso distintivo. Spero che tutti noi possiamo anche collaborare con la fondazione che porta il suo nome e che ha l'intento di portare avanti i suoi progetti, promuovendo formazione e informazione. Spero che tutti noi possiamo anche collaborare con l'auspicio dei familiari di Antonio, che affermano: “Crediamo in una scuola capace di formare uno spirito critico, autonomo e consapevole, dove ognuno possa esprimere le proprie idee in modo costruttivo. Ci dobbiamo impegnare a pensare di più, perché Antonio ci avrebbe detto di riflettere e di pensare alle parole ogni volta prima di parlare. La scuola rappresenta il luogo di partenza per perseguire questi obiettivi ed è per questo motivo che la Fondazione si propone di collaborare, soprattutto, con il mondo scolastico ed accademico, in modo da accrescere la responsabilità civile e sociale dei giovani”. La scuola, lo sappiamo, i ragazzi, lo sappiamo, hanno sempre bisogno di un percorso educativo e hanno sempre bisogno, in questo percorso educativo, di adulti, di maestri, che li possano accompagnare nella scoperta della realtà. Antonio era ed è uno di questi maestri, di questi educatori (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Villani. Ne ha facoltà.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, saluto con affetto e stima il sottosegretario Lucia Azzolina, che vedo per la prima volta in quest'Aula nella nuova veste di sottosegretario e le faccio i miei più sinceri auguri di buon lavoro.

È particolarmente significativo il fatto che oggi, insieme con la legge di delegazione europea, venga presentata in quest'Aula la mozione sull'istituzione del Premio Antonio Megalizzi, ovvero la creazione di una borsa di studio in suo nome presso una scuola di giornalismo di una delle università pubbliche italiane per il praticantato di giornalista professionista, destinata a giovani desiderosi di diffondere un'informazione chiara, corretta e diretta.

“Mi sono innamorato dell'Unione europea, sono molto, molto focalizzato e coinvolto in cose che stanno nascendo fortemente europeiste”: ebbene, con queste parole, il giovane Antonio Megalizzi giustificava il suo amore per il suo lavoro di giornalista europeo. Egli era uno dei conduttori di Europhonica, uno dei format radiofonici di raduni, associazione che raggruppa radio universitarie italiane.

Era arrivato a Strasburgo qualche giorno prima dell'attacco per seguire l'ultima plenaria del Parlamento europeo dell'anno.

Raccontare la storia di Antonio Megalizzi, ancora oggi, riempie il cuore di dolore e di commozione per il triste epilogo di una giovane vita strappata alla sua famiglia e ai suoi affetti dalla terribile piaga rappresentata dal terrorismo internazionale.

Nell'attentato di Strasburgo persero la vita 5 persone, morte nei primi momenti o nei giorni successivi, e altre 11 risultarono ferite. Insieme ad Antonio perse la vita un altro giovane e valente giornalista europeo, il polacco Barto Pedro Orent-Niedzielski, Bartek per gli amici, collega giornalista e grande amico di Megalizzi. Giovani che guardavano al futuro con fiducia e ottimismo e che con il loro lavoro volevano aiutare i coetanei a conoscere e costruire un'Europa più giusta e solidale, attraverso una corretta informazione.

Quel tragico 11 dicembre 2018, Antonio fu colpito da un proiettile alla testa e, in poche ore, insieme a lui, si spensero sogni, ambizioni, speranze e prospettive; una fine ingiusta, dopo i tanti sacrifici di un giovane poco più che ventinovenne che aveva deciso di dare voce all'Europa e studiare quelli che sono i meccanismi della plenaria dell'Unione europea, attraverso un mezzo di comunicazione divenuto innovativo, come la web radio Europhonica, un progetto radio dell'Università di Trento, in cui Antonio era impegnato. Essa ha lo scopo di diffondere tra i giovani europei valori importanti, in un linguaggio in grado di parlare ai ragazzi; l'obiettivo è quello di sensibilizzare le nuove generazioni sull'importanza di un'Europa unita.

Megalizzi aveva scelto di essere giornalista e di raccontare l'Europa, meglio, l'Unione europea, il suo Parlamento, per tentare di colmare la distanza che sussiste tra Strasburgo e Roma, tra la prospettiva parziale che deriva dalla lontananza e la conoscenza profonda delle tante opportunità offerte. Voleva spiegarli i meccanismi di quel progetto politico virtuoso e visionario consegnatoci dai nostri padri di cui troppe volte si faticano a distinguere i contorni e i punti di forza. I suoi erano messaggi costruttivi, semplici, diretti, volti a un futuro nuovo in cui si sogna di poter raccontare un mondo diverso senza barriere, tipico dei principi che sottendono al progetto della stessa Unione europea.

Dall'emittente Europhonica, Antonio parlava di un mondo nuovo, possibile, a portata di mano, fra cittadinanze e orizzonti innovativi, verso cui i giovani non possono che essere protesi con fiducia e ottimismo. Con analisi lucide e puntuali spiegava come e perché questo grande progetto fosse soprattutto un obiettivo di civiltà e di progresso umano, prima ancora che economico e giuridico, un mondo connesso dai valori di integrazione e uguaglianza che tutti noi abbiamo il dovere di promuovere, anche potenziando progetti come Europhonica ed Erasmus.

Egli impersona, per molti di noi, l'immagine di una generazione di giovani che studiano e lavorano in tutto il mondo, per realizzare qualcosa che va oltre il solo conseguimento del titolo di studio, per dare corpo e sostanza a principi e ideali che costituiscono le fondamenta di quella società moderna, più aperta e inclusiva, in cui ciascuno di noi aspira a vivere.

Vittime di un atto crudele e insensato, Antonio e Bartek non potranno portare a termine il loro lavoro. Il nostro impegno sarà, dunque, anche quello di tenere viva la loro memoria.

Il terrorista responsabile dell'uccisione di Antonio e di Bartek non solo ha strappato delle giovani vite ai loro cari, ma ha anche colpito al cuore l'Europa, in quanto i reporter rappresentavano uomini che con i loro progetti, i loro sogni, la loro vita e tutte le ambizioni impersonificavano l'antiterrorismo.

Un giornalista europeo, volto ad un mondo senza confini, convinto che soltanto l'informazione e la sensibilizzazione siano in grado di abbattere tutte le barriere di tipo culturale, religioso, sociale e civile.

Il crimine terroristico, uccidendo Antonio, ha inferto all'Italia e all'Europa una pugnalata molto profonda. A quasi un anno dalla morte del giovane reporter, Antonio è stato ricordato attraverso fiumi di parole, tanta musica, cortei, marce e numerose altre iniziative. Oggi, la nostra mozione è la prova che possiamo fare ancora di più, per non dimenticare quanto è accaduto quella maledetta sera a Strasburgo.

La vita di Antonio deve diventare un esempio per una generazione che cerca di contrastare il populismo estremo a favore di un'integrazione interculturale fondamentale per costruire davvero un'Europa unita che possa combattere ogni forma di violenza, in primis, il terrorismo.

Dopo il clamore mediatico, l'arma più efficace per dar voce a quanto Antonio Megalizzi in vita ha provato a fare è aprire la strada ai suoi pensieri, alle sue emozioni, abbattere il silenzio e tendere la mano, affinché le culture possano avvicinarsi e creare un'Europa unita nel suo ricordo.

In questi dieci mesi, si sono spese migliaia di parole, ascoltate, scritte, a volte raccontate, tutte che parlavano della vita di un reporter appassionato, che aveva scelto la web radio per diffondere messaggi di aggregazione tra culture e lingue molto differenti, ma vicine in maniera inaspettata.

Antonio Megalizzi ha provato a unire sotto la stessa bandiera un'Europa rappresentata da un valore intrinseco che andava difeso contro i sovranismi, contro il populismo estremo e, soprattutto, contro ogni tipo di violenza e terrorismo.

Il modo in cui il mezzo radiofonico è stato utilizzato da questo giovane cronista, con lo scopo di farlo diventare aggregatore sociale per l'inclusione, va, a mio avviso, enfatizzato e coltivato.

Molto spesso i mezzi di comunicazione di massa rischiano di finire vittime di chi vuole manipolarli con ideologie estreme, con dichiarazioni politiche nette e strutturate; dobbiamo, invece, seguire la strada indicata da Antonio, quella dell'ascolto, per riuscire a fare in modo che i media possano diventare strumento di aggregazione e non di divisione, uno strumento per diffondere le idee e non per far diventare voci differenti motivo di scissioni. Solo così Antonio non sarà morto invano.

Di certo, la perdita di una vita umana, di un giovane come Antonio, sarà sempre per la sua famiglia e per i suoi genitori una ferita che non può essere rimarginata e che non può avere nessun tipo di giustificazione, eppure i familiari di Antonio hanno gestito questo dolore con discrezione e sobrietà esemplare, in un contesto storico in cui la società è abituata a enfatizzare ogni tipologia di emozione in modo eccessivo, morboso e talvolta anche scomposto.

Invece, anche in questo caso, pure con la sua morte, attraverso l'esempio dei suoi familiari, il decesso del giovane cronista è stato di insegnamento; i suoi cari ci hanno fatto capire come l'enfatizzazione mediatica della cronaca molto spesso finisce per dividere e non per unire nel dolore di una morte ingiusta.

I sentimenti sinceri di chi ha vissuto il lutto di Antonio, in ogni parte d'Italia, in particolare quelli dei suoi cari, non sono mai stati contornati o inviperiti da parole di odio. Durante i funerali del 20 dicembre 2018, il suo caro amico e collega Andrea Fioravanti l'ha ricordato con parole di grande semplicità e, soprattutto, ha voluto sottolineare come Antonio avrebbe reagito davanti alla sua morte; lui stesso, probabilmente, avrebbe cercato di stemperare i sentimenti di odio e di divisione che molto spesso accompagnano stragi come quella avvenuta a Strasburgo nel dicembre 2018.

La sua passione superava rancori di ogni sorta, un amore per il giornalismo che può essere riassunto in una frase che egli scriveva spesso, come hashtag, per le sue foto: “my job is better than your vacation”, ovvero “il mio lavoro è meglio della tua vacanza”.

La ricerca della felicità di Antonio Megalizzi passava attraverso la sua professione, in quanto nel suo lavoro era costantemente animato da una dedizione più grande e profonda, quella verso l'unità dei popoli.

La morte del reporter segna un momento importantissimo nella nostra storia, non perché la sua vita valga più di quella delle altre persone che sono state strappate ingiustamente dal terrorismo a Strasburgo, ma perché rappresentava il sogno di diffondere un sentimento di solidarietà che noi non possiamo che coltivare, un sogno che dobbiamo difendere.

Attraverso Antonio, oggi, come istituzioni, abbiamo il dovere di sostenere chi parla al mondo del mondo, di superare ogni confine, di cercare di non farci accecare dall'odio e dalle divisioni, quanto, piuttosto, di concentrarci sulla costruzione di un'Europa che non abbia pregiudizi, che non abbia confini. Questa è una battaglia che dobbiamo iniziare in Italia, dobbiamo continuare in Europa, fino a espanderci al mondo intero.

In qualità di membro della Commissione cultura, ma anche come dirigente scolastico, professionista della scuola e cittadina di questa nazione fondata su valori di democrazia e solidarietà non ho alternative se non quella di facilitare ad altri ragazzi la strada che un giovane cosmopolita come Antonio ci ha indicato.

Vicende come la sua si offrono alla narrazione di una vita di proporzioni inverse nello spazio vasto dell'ideale europeo, volta all'apertura nei confronti di culture e lingue differenti, in una durata temporale rivelatasi atrocemente breve, ma che lascia un messaggio di inestimabile valore per le generazioni presenti e future.

Un percorso che la sua morte ha scolpito a vita nella mente di tutti. Questa battaglia di civiltà e tale ricordo profondo devono essere diffusi in tutti i modi possibili e soprattutto nelle forme e nei linguaggi che il giornalista ha utilizzato nel corso della sua breve vita e carriera. Antonio sposò l'idea di promuovere l'utilizzo della web radio come strumento di comunicazione privilegiato in modo tale da riuscire ad abbattere le banalità e i luoghi comuni che molto spesso caratterizzano altri media. La radio o web radio, infatti, rende più partecipi i coetanei di Antonio; fa loro capire quanto sia importante l'unità e la solidarietà tra i popoli. Il giusto linguaggio media è in grado di motivarli; una forma di giornalismo diretta, genuina che non può essere abbandonata e che noi tutti abbiamo il dovere di sostenere. Esperienze come quelle dell'Erasmus e di Europhonica sono molto importanti perché riescono a garantire la partecipazione attiva dei nostri giovani europei alla vita politica italiana, europea e internazionale. Una comunicazione partecipata fondamentale per la costruzione di nuove dinamiche in cui istituzioni e società finalmente possano far pace e collaborare per un mondo migliore. Per mantenere vivo il ricordo di Antonio non c'è ricetta più giusta se non quella di mescolare fratellanza e ambizione a favore di un'informazione diretta, chiara, corretta e che possa passare attraverso le istituzioni scolastiche nazionali e internazionali. Costruiamo una generazione di giornalisti che possa fare propri questi valori. Questo Paese ha bisogno di una classe giornalistica libera, lontana dalle logiche politiche, partitiche, economiche. Molto spesso infatti è proprio la situazione finanziaria dei giornalisti italiani che li costringe a stracciare la carta deontologica per rispondere ai loro bisogni quotidiani. Il precariato e l'assenza talvolta anche di uno stipendio regolare rendono il sogno di diventare giornalisti molto difficile, se non impossibile da realizzare. C'è chi si arrende e svende la propria ambizione di fare informazione libera. Le ingiustizie sono tante nella professione giornalistica. Ci sono casi in cui lo stipendio è veramente da fame: la paga di appena 3 euro ad articolo per i giornalisti talvolta non viene neanche onorata. I sacrifici dell'esercito dei pubblicisti sottopagati non possono tuttavia lasciarci indifferenti. Questi professionisti in Italia devono spesso affrontare la miseria che da troppo tempo accompagna uno dei mestieri più belli del mondo. Dobbiamo chiederci perché nel nostro Paese l'informazione nazionale ha tanta difficoltà ad emergere in una veste migliore. Ci scontriamo quotidianamente con le questioni relative alla scarsa indipendenza dei media, all'autocensura, alla difficoltà di garantire il pluralismo, un'infrastruttura complessa e da superare per chi vuole fare informazione pura. Secondo l'ultimo Rapporto 2019 di Reporters sans frontières il numero dei Paesi sicuri per un giornalista tende a diminuire ancora nel mondo. Questa classifica tiene conto non solo delle minacce o delle intimidazioni che gli stessi reporter subiscono dalla criminalità ma anche da parte dei rappresentanti che appartengono al mondo della politica locale o all'universo economico che ruota intorno ai media. Secondo l'analisi di Reporters sans frontières il mondo della stampa deve affrontare un'escalation di odio e di violenza, di blocchi e di censure davvero ingiustificabile e insopportabile. I reporter oggigiorno lavorano in Paesi con uno scarso livello democratico. L'Italia nell'ultimo anno è migliorata sotto questo aspetto, salendo in classifica dal 52° posto del 2017 al 46° del 2018 fino al 43° del 2019 su 180 Stati. Ad esempio le condizioni sono cambiate negativamente in Serbia, Montenegro, Malta, Ungheria e Slovacchia; la situazione non migliora certo neanche in Africa o nei Paesi come la Cina o il Vietnam. Ancora oggi, secondo lo studio effettuato dalla no-profit francese, sono ancora numerosi i pericoli delle organizzazioni estremiste e delle lobby che detengono talvolta anche il potere economico che minacciano la libertà di stampa. Questa è una realtà che dobbiamo scongiurare. Il giornalismo, quando è al servizio del lettore e quando si pone come scopo di informare per creare sentimenti di solidarietà e non divisioni o ideologie estremiste, è un meccanismo culturale fondamentale di una società democratica e va tutelato sotto ogni forma: è questo che vogliamo proteggere. Il giornalismo pulito, scevro da ogni tipo di catena va tutelato come fosse un patrimonio immateriale dell'umanità. “Dove la stampa è libera e tutti sanno leggere non ci sono pericoli”: con queste parole Jefferson ha racchiuso l'importanza della cultura che nella stampa trova la sua massima diffusione dopo le istituzioni scolastiche. Per questo unire questi due poli della cultura nazionale e internazionale, promuovendo tutte le iniziative volte a diffondere il ricordo di Antonio nelle istituzioni scolastiche significa dare un'occasione agli aspiranti giornalisti di capire quanto sia importante il ruolo che andranno a svolgere. Saranno loro il sale della democrazia. Infatti la libertà di stampa è fondamentale per illuminare le persone libere e per cercare anche di tenere sotto controllo coloro che detengono il potere. Istituire riconoscimenti culturali o premi per onorare il ricordo di Antonio Megalizzi significa anche ricordare il fondamentale ruolo della comunicazione per l'integrazione. I media hanno una responsabilità sociale che può rallentare, agevolare o a volte addirittura impedire i processi di integrazione in atto. È per questo che bisogna aprire sul ricordo del reporter un nuovo ciclo di attenzione. Come istituzione abbiamo il dovere di diffondere un messaggio di solidarietà per sottolineare quali siano i motivi di unione e le somiglianze che avvicinano i popoli piuttosto che dividerli. Molto spesso i media sottolineano il diverso, incrementando l'odio. Questa logica va smantellata perché la notiziabilità non può superare certo i limiti della civiltà. La stampa in veste di quarto potere deve garantire pluralismo, deve essere credibile, trasparente. È opportuno perseguire l'obiettivo di dare voce a tutti, garantendo di rafforzare la sua vocazione verso l'Unione ovvero la sintesi creativa di pensieri e di popoli di ogni etnia, religione o razza in modo tale da stimolare la formazione e suscitare emozioni positive. Promuovere il ricordo di Antonio Megalizzi significa ancora diffondere un'informazione diretta, chiara, corretta affinché attraverso le università italiane e le scuole di giornalismo nazionale si diffonda anche un linguaggio comunicativo europeo, superando tutti i confini del nostro Stato. Sarà certamente un'occasione di crescita: la cultura infatti è sempre un investimento. Tale politica di comunicazione non può che essere anche di aiuto per le istituzioni per riuscire finalmente ad ascoltare i cittadini a considerarne le preoccupazioni e le loro opinioni e soprattutto a cercare di influenzare la vita quotidiana attraverso le politiche attive dell'Unione europea. Un'informazione così diffusa tra gli studenti di oggi, giornalisti del futuro, significa riuscire a stabilire nuovi contatti con il pubblico che, dal locale, si diffondono nel contesto prima nazionale e poi europeo. La politica europea è in grado di influenzare la vita dei cittadini anche del più piccolo comune italiano ma ancora non lo sanno tutti. Per questo dobbiamo insegnare attraverso le nostre scuole, riconoscimenti, borse di studio e con tutte le azioni attuabili che comunicare l'Europa è possibile in modo semplice e diretto. Abbiamo il dovere di contribuire a sviluppare il senso di appartenenza dei nostri giovani ad un contesto cosmopolita ed internazionale. Il vero collante per un'Europa unita si forma stringendo le maglie del tessuto sociale; si forma diffondendo la cultura dell'integrazione e quella della convivenza pacifica e civile tra i popoli di diverse religioni ed etnie: solo così realizzeremo il sogno di Antonio Megalizzi di avere un'Europa senza barriere culturali (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Presidente, onorevole sottosegretaria, deputate e deputati, c'è una retorica perfino dell'antiretorica, entrambe da evitare, per carità, siamo tutti d'accordo. Eppure non si scappa: sia per un matrimonio, un funerale, un brindisi, un tweet, una promozione e un arrivederci, il nostro modo di ordinare quello che diciamo, ciò che intendiamo dire, non sfugge questo bivio, le sue insidie, il suo veleno che sia a mettere o a levare, a coprire o a denudare, stiamo lì, stiamo sempre lì. Figurati se poi ti trovi in Aula alla Camera, qui, e devi parlare di Antonio Megalizzi già, magari chiamandolo “Mega” come facevano gli amici, fingendo intimità e conoscenza, peggio millantandole. E giù di ottoni e fiati sulla generazione Erasmus, sui loro sorrisi e zainetti, sulle ragazze e sui ragazzi che fanno viva l'Europa che qualcuno, invece, vorrebbe spegnere, come se fosse poi davvero possibile mettere da una parte l'Europa e dall'altra i suoi nemici.

L'assassino di Antonio - è stato detto - era un suo coetaneo nato e cresciuto a Strasburgo, nella città dove chissà magari Megalizzi sognava di lavorare e di vivere più stabilmente e dove un suo coetaneo, appunto, nelle stesse ore in cui Antonio si preparava con appunti e schede ad andare in trasmissione sulla Brexit, pianificava un attentato di matrice jihadista, un attacco ai valori stessi di cui quella città dovrebbe essere simbolo, di unità nella diversità, di dialogo e di diritto, e nessuna retorica riuscirà a restituire la dolorosa profondità di questa frattura che spezza e divide nel cuore dell'Europa, nel cuore di questa generazione di speranze che neanche la morte ferma, di odi che neanche la speranza riesce a sconfiggere.

Chissà come avrebbe riso Antonio della retorica e dell'antiretorica di cui siamo chiamati a dare sfoggio, prova e mostra in quest'Aula. Me ne scuso postumo come tutti coloro che sono rimasti, che portano la croce di essere rimasti, come tutti coloro che avrebbero potuto e invece non hanno fatto, come tutti coloro che hanno sempre altro a cui pensare, e vi risparmio l'esibizione antiretorica. Retorica, dunque, dei sensi di colpa per l'omissione, la distrazione e per la nostra comoda finitezza e umanità.

Antonio no, invece. Aveva sempre fretta, ricorda chi lo conosceva, chi ha avuto questo privilegio. Dormiva pochissimo e continuava a studiare, a leggere e a scrivere. Diceva che solo così “si capisce e ci si innamora dell'idea di Europa”, come ricordava Giampaolo Visetti su la Repubblica. Pochi giorni prima di essere colpito per strada, nella sua rubrica settimanale per Europhonica, il progetto radiofonico europeo di cui Megalizzi era animatore e da poco caporedattore, Antonio si occupò di fake news, come ricordava prima di me il collega Toccafondi, di post-verità e di come distinguere la verità dei fatti dal suo doppio, dalla sua ombra. “State attenti - diceva con quella voce acuta e gentile; scaricate e ascoltate quel podcast, vi prego -, state attenti”. E non è un caso che la sua rubrica si chiamasse “Lo Spiegone”, perché comprendere e spiegare, studiando un po' il suo lavoro, mi sembra fossero i tempi e i modi del suo giornalismo, di come si disponeva nei confronti di una realtà, quella europea, anzi quella delle istituzioni europee, che sconta pressappochismo e falsi miti che attecchiscono fin troppo facili. Citava un po' social di non so quale esponente politico italiano - ci siamo capiti - ma per Antonio il punto non era quello, non era affatto quello di condannare o attaccare questo o quell'esponente politico, questa o quella forza parlamentare. No! Piuttosto intendeva comprendere e spiegare, fare attenzione, come fosse proprio questa pulizia, questo sforzo il modo più nitido per opporsi a quei falsi miti, alla pericolosa gramigna che avviluppa la casa europea e le regole del suo funzionamento, nascondendo ai nostri occhi spesso il suo ingresso, il suo sguardo. E nell'idea di Europa di Antonio Megalizzi c'è anche un'idea di giornalismo che riesce a individuare nel percorso difficile, accidentato e controvento di tanti ragazzi che fanno questo lavoro, anch'essi nativi europei, che parlano le lingue, che si svegliano presto la mattina, che provano ogni giorno a raccontare e a fare chiaro, a rischiarare l'oscurità dei fatti, dei processi e delle dinamiche. Lo fanno scrivendo sulle testate online o parlando alla radio, fotografando e filmando, studiando e smontando e rimontando le notizie come fossero un meccanismo delicato, un ritmo, un movimento preciso ed esatto.

Ho letto sul Corriere della Sera che Antonio faceva sentire agli amici un audio con la voce di un bambino che diceva: “A me piace fare le domande, chiedere cose”. La voce era la sua, di lui piccino. Una vocazione (occhio alla retorica): fare le domande e chiedere le cose, comprendere e spiegare. Ditemi se esiste una sintesi più efficace per dire il mestiere del giornalista, la famosa “passionaccia”, una passione che in Antonio si intrecciava, appunto, con quella per l'Europa, come se si tenessero insieme. Pochi giorni prima di quel maledetto 11 dicembre Megalizzi era a Trento, nella sua Trento a volantinare al gazebo di un'iniziativa intitolata “Per un'Italia più forte in un'Europa che cresce”, come a dire che la sua coscienza di cittadino, dunque di cittadino europeo, era l'altro polmone del suo sogno di fare le domande e chiedere le cose, di fare il giornalista e vivere di giornalismo e di Europa, di Europa e giornalismo, e che quella passione, queste passioni possono esprimersi in una maniera controllata, vigilata, attenta - “state attenti” -, accorta, gentile, senza cedere di un centimetro quanto a intensità e missione ma con mitezza, col sorriso, appunto, con pazienza e sprezzatura. Nella sua domanda di iscrizione alla laurea magistrale, parlando di Europhonica e del lavoro di questa rete universitaria di competenze e talenti, Megalizzi - ed è noto - sottolinea come - cito - “è stato in quel momento che mi sono innamorato dell'Europa unita”. Si può pensare a niente di così inattuale, in epoche di sovranismi e di egoismi, di nazionalismi e xenofobia, di innamorarsi non solo dell'Europa ma addirittura dell'Europa unita? Ci voleva tutto il coraggio di Antonio, tutta la sua dedizione, tutto il suo slancio per pensare all'Europa come l'oggetto di un desiderio, di una passione, di un amore addirittura, noi che siamo abituati a pensare all'Europa e a quella unita, in particolare, come alla sua caricatura, all'alone inverato della propaganda che la detesta, al concetto astratto e anonimo che misura cetrioli e conta zero virgola. Figurarsi, dunque, un innamoramento, un crash, un debole.

Ma all'amore per l'Europa unita, in quell'application universitaria Megalizzi aggiunse qualche altra parola che rende ancora più evidente quanto dicevo.

Scriveva Antonio, per convincere chi lo avrebbe dovuto valutare e giudicare: “Non mollerò mai. Posso promettervi attenzione, entusiasmo, impegno e dedizione”. Attenzione ancora una volta, quello “state attenti” con cui si congedò nella sua rubrica contro la strada abusata del luogo comune, peggio se incistato dai social network.

E poi entusiasmo, quello di un uomo appassionato che ogni giorno si svegliava presto per preparare per bene tutte le cose: la riunione, il lavoro redazionale, le scalette, le mail da mandare, l'impegno e la dedizione che non sono solo buona volontà ma esercizio quotidiano, fatica e pazienza, cura come per suonare uno strumento musicale, per farsi trovare pronti anche di fronte all'imprevedibile, all'assurdo e all'impossibile di un coetaneo che, come è avvenuto per Valeria Solesin, per Fabrizia Di Lorenzo, per Luca Russo e per tanti altri purtroppo - e lasciatemi ricordare con altrettanta commozione in quest'Aula una parlamentare inglese come Jo Cox - ardeva di odio e non di amore, di ideologia e non di dubbio.

Questo dubbio, questa curiosità, questo desiderio di porre domande per capire meglio sono alla radice della nostra idea di Europa e del modo di Antonio Megalizzi di intendere il proprio impegno europeo e giornalistico e della fondazione che a lui si richiama. Vorrei qui ringraziare di cuore il papà Domenico, la mamma Anna Maria, la sorella Federica, la sua compagna, Luana, e anche la Federazione nazionale della stampa per quanto hanno fatto e faranno perché continui a vivere il messaggio di solidarietà, di europeismo, di dignità e rispetto di Antonio.

Se oggi in Parlamento saremo capaci, unendo le forze tra partiti politici e gruppi parlamentari che spesso si guardano in cagnesco, di far sì che l'eredità generosa di Antonio possa trasformarsi una volta di più in un'opportunità perché altri giovani come lui possano crescere nell'idea di un giornalismo rispettoso dei fatti e degli altri, vigile sulle manipolazioni e le scorciatoie, consapevole della fatica del controllo, senza, tuttavia, perdere mai entusiasmo, passione e lena, penso che, retorica a parte e retorica dell'antiretorica a parte, avremo fatto non soltanto ciò che è possibile ma ciò che è giusto (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Alessandra Carbonaro. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA CARBONARO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, sottosegretario, “le parole mi danno da vivere e per questo do loro il giusto peso” diceva Antonio Megalizzi. Questa frase risuona nitida e precisa nel caos verbale che inonda oggi la comunicazione ed è con questa frase che voglio aprire la mia riflessione, perché dentro vi ho trovato quella parte della mia generazione, dei trentenni, quella che ha scelto un modo preciso di raccontare l'attualità, la politica, l'Europa: mettendo da parte l'aggressività, l'impulsività e la superficialità, che a volte sembrano essere i tratti caratteristici del nostro tempo ma che per molti giovani non lo sono affatto.

In questa frase è racchiuso il senso profondo dell'operato di Antonio, teso a fare dello strumento della parola un ponte tra culture e lingue diverse. Megalizzi lavorava per abbattere i muri dell'incomprensione contro le mistificazioni strumentali di chi mira a disgregare il progetto europeo attraverso l'odio, la disinformazione e i miopi nazionalismi. Dava sostanza al suo ideale attraverso il lavoro in radio, pensato come uno strumento di aggregazione sociale e nella convinzione che l'inclusione culturale e politica fosse alla base del processo di integrazione europea.

Lavorava per Europhonica prima di perdere la vita in quel maledetto attentato, quel format radiofonico che coinvolge le università europee nel grande progetto di integrazione dell'Unione. Ci lavorava con la volontà di raccontare quel progetto dal punto di vista e con il linguaggio della generazione che vive e partecipa attivamente alla realizzazione di questo grande sogno attraverso esperienze di lavoro e di scambio. Come molti giovani connazionali, si impegnava per una società più aperta e più giusta, raccontando con impegno e dedizione la vita delle istituzioni dell'Unione, nella consapevolezza che le difficoltà possono essere affrontate rilanciando il progetto dell'Europa dei diritti, del dialogo, della convivenza civile e della lotta all'odio, anche quello verbale, quell'hate speech che, se spesso fa da padrone nella comunicazione massmediale di oggi, in molti giovani come Antonio non trova spazio. È ai tanti giovani come loro che dobbiamo guardare e dai quali dobbiamo imparare.

Durante i suoi funerali mi colpì la frase di una sua amica che, commossa, lo ricordava dicendo: “Ci spiegava la politica per chi, come me, non ne ha mai capito niente ed era bello”. Bob Kennedy sosteneva che gli indicatori come il PIL misurano tutto ma proprio tutto tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Se esistesse un indicatore per quantificare l'impatto che ha avuto l'azione di Antonio Megalizzi per i tanti giovani che lo ascoltavano, per chi ha avuto la fortuna di incrociarlo tra una frequenza e l'altra, avremmo ancora di più la consapevolezza di quale sia la direzione da prendere, perché a volte temo che non ci si renda conto di quanto sia straordinario il potere delle parole e del dialogo.

Antonio che le usava per raccontare l'Europa, con tutte le sue contraddizioni, divisioni, le sue opportunità, Antonio le raccontava in radio le parole, rendendo partecipi i suoi coetanei, magari quelli un po' più disattenti e poco motivati. La comunicazione partecipata è un elemento fondamentale per permettere il corretto funzionamento delle dinamiche relazionali tra le istituzioni e la società civile.

E, allora, gli impegni di questa mozione, se da una parte sono rivolti al Governo affinché possa intraprendere ogni iniziativa per rinnovare il ricordo di Antonio Megalizzi, dall'altra il ricordo di Antonio dovrà ispirare gli studenti a coltivare con spirito critico, autonomo e consapevole, esprimendo i propri talenti e le proprie idee, in modo da accrescere la responsabilità civile e sociale dell'intera collettività. Ma ancor più, dobbiamo lavorare collettivamente affinché questa società sia più inclusiva e più partecipata, perché non basterà commemorare le vittime se non produrremo una radicale svolta nella lotta alle diseguaglianze e nel sostegno alla scuola e alla cultura, le armi più potenti di cui disponiamo contro la violenza. Svolta che abbiamo il dovere di compiere quotidianamente, con un'intervista alla radio, una mozione in Aula o anche più semplicemente coinvolgendo chi ci circonda: perché, Presidente, è attraverso strumenti straordinari come la partecipazione, l'ascolto e la conoscenza che abbiamo l'opportunità di migliorarla, questa Europa, così come Antonio aveva iniziato a fare (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Luca Migliorino. Ne ha facoltà.

LUCA MIGLIORINO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, colleghi. Quando i cittadini, il priore di una contrada, allertano il prefetto, le forze dell'ordine perché in un quartiere vi è attività di spaccio e queste solertemente intervengono, bene, io vedo il senso civico. Posso dirvi che qualcuno potrà dire: va bene, ma questi si sposteranno in un'altra parte della città; ma anche in quell'altra parte della città troveranno altri cittadini, e di nuovo le forze dell'ordine per rendere l'attività di questi signori, di questi venditori di veleno, difficile, anzi impossibile.

Io sono qui per dire grazie, grazie a coloro che lavorano in modo continuo, forse in maniera silenziosa, ma in maniera costante, perché una città, ed è quella di Siena di cui sto parlando, viene definita, relativamente alla microcriminalità, una città tranquilla. Ecco, questa città rimane tranquilla perché c'è un alto senso civico dei cittadini. Anche adesso sono venuto a conoscenza che stasera vi sarà un altro tavolo di lavoro tra sindaco, questore, comandante dei Carabinieri provinciale, con dei cittadini, con il prefetto. Perché? Perché si vuole dare un senso di unione tra istituzione e cittadini, e forse, con questo mio piccolo intervento in Aula, lo stiamo dimostrando ancora di più. Quindi, ancora grazie.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 1 ottobre 2019 - Ore 11:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 14)

2. Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica. (C. 2100)

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 1201-B)

Relatore: SCERRA.

4. Seguito della discussione della mozione Lattanzio, Casciello, Sasso, Piccoli Nardelli, Fusacchia, Frassinetti, Toccafondi, Fratoianni ed altri n. 1-00146 concernente iniziative di competenza volte a onorare la memoria di Antonio Megalizzi, tragicamente scomparso a seguito dell'attentato terroristico dell'11 dicembre 2018 a Strasburgo .

(al termine delle votazioni)

5. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 1460 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 agosto 2019, n. 75, recante misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Sanatoria degli effetti del decreto-legge 11 luglio 2019, n. 64 (Approvato dal Senato).

(C. 2107)

La seduta termina alle 17,40.