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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 217 di lunedì 29 luglio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 26 luglio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Carfagna, Castelli, Castiello, Cirielli, Colletti, Cominardi, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Sabrina De Carlo, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Galli, Gallo, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Liuni, Locatelli, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Parolo, Perconti, Picchi, Rampelli, Rizzo, Ruocco, Saltamartini, Carlo Sibilia, Spadafora, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: S. 1383 - Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2019, n. 61, recante misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica (Approvato dal Senato) (A.C. 2000).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2000: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2019, n. 61, recante misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2000)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Antonio Zennaro.

ANTONIO ZENNARO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il decreto-legge n. 61 del 2019, approvato in prima lettura dal Senato senza modificazioni, fa parte dell'insieme delle misure adottate nell'ambito della negoziazione avviata dal Governo Italiano con la Commissione europea, in merito al rispetto della regola del debito pubblico del Patto di stabilità e crescita per l'anno 2018.

Al riguardo, ricordo che il 5 giugno 2019, la Commissione europea ha pubblicato una relazione a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per esaminare la conformità dell'Italia nel 2018 alla regola del debito pubblico. Nell'ambito della negoziazione avviata dalla relazione, il Governo italiano ha proposto, in una lettera trasmessa alla Commissione europea il 2 luglio 2019, di adottare, con la legge di assestamento per il 2019, una serie di misure che comporteranno una correzione del saldo di bilancio pari a 7,6 miliardi di euro (lo 0,42 per cento del PIL) in termini nominali, corrispondenti a 8,2 miliardi di euro (lo 0,45 per cento del PIL) in termini strutturali.

Si tratta, in particolare, di maggior gettito rispetto alle previsioni, per circa 6,2 miliardi di euro, dovuto a maggiori entrate fiscali per 2,9 miliardi di euro, maggiori contributi per 0,6 miliardi di euro, e ad altre entrate relative a maggiori dividendi della Banca d'Italia e della Cassa depositi e prestiti per 2,7 miliardi di euro.

Alla correzione di bilancio contribuiscono inoltre i risparmi attesi nel 2019 dal minor utilizzo delle risorse iscritte in bilancio per l'attuazione delle disposizioni relative all'introduzione del reddito di cittadinanza e del trattamento di pensione anticipata, “quota 100”.

A salvaguardia dell'effettivo realizzo di tali risparmi per un importo almeno pari a 1,5 miliardi di euro nel 2019, con il decreto-legge in esame, il Governo ha disposto l'accantonamento di un corrispondente importo delle dotazioni di bilancio in termini di competenza e cassa, indicate nell'allegato 1 al decreto medesimo.

L'assestamento di bilancio per il 2019, recentemente approvato senza modificazioni dal Senato, unitamente al rendiconto per il 2018, e le disposizioni contenute nel decreto-legge in esame assicurano che le maggiori entrate e le minori spese realizzate finora siano impiegate per la riduzione dell'indebitamento netto e del debito pubblico e che non siano destinate ad altre misure nel corso del 2019.

A tal fine, la normativa in materia di reddito di cittadinanza e di “quota 100” è stata modificata in modo da impedire il riutilizzo delle eventuali economie relative ai due programmi di spesa.

Con la comunicazione al Consiglio dell'Unione europea del 3 luglio 2019, la Commissione europea ha concluso che le misure che il Governo italiano ha proposto di adottare per il miglioramento dei saldi di finanza pubblica sono sufficienti a impedire in questa fase l'avvio di una procedura per mancata osservazione della regola del debito pubblico del 2018.

Venendo al contenuto del decreto-legge in esame, esso contiene alcune modifiche alle disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019, finalizzate a salvaguardare i risparmi attesi nel 2019, derivanti dal minore utilizzo delle risorse iscritte nel bilancio dello Stato per l'attuazione delle disposizioni relative all'introduzione del reddito di cittadinanza e del trattamento di pensione anticipata, “quota 100”.

A tal fine, l'articolo 1, comma 1, prevede che, per l'anno 2019, i risparmi di spesa e le maggiori entrate derivanti dal minor utilizzo delle risorse iscritte nel bilancio dello Stato per l'attuazione di disposizioni relative all'introduzione del reddito di cittadinanza e “quota 100” costituiscano economie di bilancio o siano versati nelle entrate del bilancio dello Stato per essere destinati al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

Inoltre, per garantire l'effettivo realizzo dei risparmi, per un importo pari ad almeno 1,5 miliardi di euro nel 2019, l'articolo 1, comma 2, dispone l'accantonamento di un corrispondente importo delle dotazioni di bilancio, in termini di competenza e cassa, indicate nell'Allegato 1 al provvedimento, che sono rese indisponibili per la gestione.

In particolare, 1,32 miliardi di euro accantonati, pari all'88 per cento del totale, afferiscono ai fondi di riserva e speciali. Tutti i Ministeri hanno accantonato una quota delle missioni in servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche: la somma è pari a 109,5 milioni di euro, circa il 7 per cento del totale. Le restanti voci accantonate sono costituite da fondi da assegnare al Ministero dell'Economia e delle finanze, per 60 milioni di euro, circa il 4 per cento del totale, ai rapporti finanziari con enti territoriali, per 10 milioni di euro, e rappresentanza all'estero e servizi ai cittadini e alle imprese per 0,4 milioni di euro.

Per consentire alle amministrazioni centrali dello Stato la necessaria flessibilità, il medesimo comma 2 prevede che, su richiesta dei Ministri interessati, con decreti del Ministro dell'Economia e delle finanze, da comunicare alle Camere, i predetti accantonamenti possono essere rimodulati nell'ambito degli stati di previsione della spesa, garantendo comunque la neutralità degli effetti sui saldi di finanza pubblica.

Il comma 3 dell'articolo 1 dispone che, sulla base della rendicontazione degli oneri sostenuti e della valutazione degli oneri ancora da sostenere entro la fine del corrente anno, per il reddito di cittadinanza e il trattamento di pensione anticipata, “quota 100”, comunicata entro il 15 settembre 2019 dall'INPS al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'Economia e delle finanze, con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'Economia e delle finanze, i detti accantonamenti siano confermati o resi disponibili per l'esercizio in corso.

Infine, il comma 4 dell'articolo 1 abroga le attuali disposizioni previste all'articolo 1, comma 257, terzo e quarto periodo, della legge n. 145 del 2018, “legge di bilancio 2019”, e all'articolo 12, comma 11, del citato decreto-legge n. 4 del 2019, che regolano le procedure per l'accertamento e la destinazione di eventuali economie relative alle risorse per reddito di cittadinanza e per il trattamento di pensione anticipata, “quota 100”, agli appositi fondi del bilancio dello Stato destinati a tali trattamenti, con finalità di compensazione fra i due predetti fondi e anche ai fini della destinazione delle risorse eccedenti ai centri per l'impiego, per il potenziamento dei medesimi.

Il comma 5 dell'articolo 1 reca l'autorizzazione al Ministro dell'Economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Segnalo che, nel corso dell'esame in Commissione al Senato, il Governo ha trasmesso una nota della Ragioneria generale, recante alcuni elementi informativi sul testo del provvedimento, al fine di chiarire che la valutazione di un miglioramento di 1,5 miliardi di euro per l'anno 2019, in termini di indebitamento netto e fabbisogno rispetto alle previsioni del DEF, tiene conto di quanto già scontato in sede di DEF 2019, in merito alla progressiva attuazione delle misure in argomento, delle domande pervenute e in particolare anche di quelle prevedibili fino alla fine dell'anno, nonché dei relativi accoglimenti ed erogazioni, e dell'iter amministrativo di attuazione delle misure in esame.

La medesima nota conferma la possibilità di conseguire, rispetto a quanto già previsto nel DEF 2019, economie complessive di circa 1,5 miliardi di euro, ivi inclusi i possibili effetti in termini di maggiori entrate contributive, derivanti da una non piena attuazione degli incentivi contributivi, di cui all'articolo 8 del decreto-legge n. 4 del 2019, per i quali sono ancora in fase di implementazione le relative procedure amministrative.

Ricordo altresì che al Senato, presso le Commissioni congiunte bilancio dei due rami del Parlamento, si è svolta l'audizione del Ministro dell'Economia e delle finanze, Giovanni Tria, che ha avuto ad oggetto gli andamenti della finanza pubblica.

Inoltre, è stata svolta un'audizione informale dei rappresentanti dell'INPS, del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'Economia e delle finanze e dell'Ufficio parlamentare di bilancio sui recenti interventi del Governo in materia di saldi di finanza pubblica, tra i quali rientrano appunto il decreto-legge ora all'esame della Camera, nonché il disegno di legge di assestamento per l'anno 2019, recentemente approvato, senza modificazioni, dal Senato, che hanno fornito utili elementi di valutazione in ordine agli interventi previsti dal decreto-legge.

Riguardo ai profili di carattere finanziario, il Governo, nel corso dell'esame in sede referente, ha, tra l'altro, chiarito che nell'ambito del programma di spesa Fondi di riserva e speciali sono state rese indisponibili anche risorse relative agli accantonamenti di parte corrente e in conto capitale dei Fondi speciali di cui all'articolo 18 della legge n. 196 del 2009 e ne ha puntualmente indicato l'ammontare per ciascun Ministero. Si tratta di dati estremamente importanti ai fini dei pareri resi dalla Commissione bilancio sulla copertura dei provvedimenti legislativi recanti nuovi o maggiori oneri, posto che molti di essi attingono proprio alle risorse degli accantonamenti dei Fondi speciali di parte corrente e di conto capitale.

Come ha ribadito il Ministro dell'Economia e delle finanze Tria, in audizione al Senato, grazie a questo provvedimento è stata così evitata una procedura per deficit eccessivo e, con essa, la richiesta di misure restrittive di politica di bilancio, che sarebbero state controproducenti per l'economia.

Nell'esprimere, pertanto, una valutazione favorevole sul provvedimento, ne auspico una rapida approvazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Vedete, colleghi, siamo ormai alle battute finali prima della sospensione dei lavori di quest'Aula e, purtroppo, devo dire che le questioni che riguardano l'economia - e i colleghi che sono in Commissione bilancio insieme a me sanno bene di cosa parlo - vengono sempre declassate e vengono sempre messe in secondo piano. In realtà, invece, dovremmo iniziare a discutere seriamente di quella che è la politica economica che si vuole fare in questa nazione se davvero vogliamo immaginare di poter avere un futuro non solo come nazione, ma anche come leader all'interno della Comunità europea.

E, allora, noi abbiamo assistito a un'audizione in Senato del Ministro Tria che obiettivamente abbia lasciato tutti quanti, credo, un po' perplessi perché lo stallo della economia europea, e conseguentemente quello dell'economia italiana, è stato descritto come una sorpresa, come un momento che non ci si aspettava. In realtà, invece, il gruppo di Fratelli d'Italia questo lo va dicendo e lo va raccontando dall'inizio di questa legislatura, così come andiamo dicendo da moltissimo tempo – inascoltati, quasi fossimo delle novelle Cassandre – che in realtà reddito di cittadinanza è “quota 100” non avrebbero dato quella spinta all'economia che ci veniva raccontata quando i provvedimenti erano in discussione. Io ricordo benissimo che meno di un anno fa ci è stato raccontato che “quota 100” e reddito di cittadinanza avrebbero dato una spinta all'economia interna, perché quelle misure avrebbero aiutato ad aumentare i consumi.

Noi, invece, abbiamo fortemente contestato quel punto di vista e abbiamo cercato di dare una narrazione diversa, quella che ci sembrava più logica e più rispondente alla realtà concreta dei fatti, e in quella narrazione noi abbiamo che l'economia e i consumi interni non si possono spingere attraverso il reddito di cittadinanza, così come il vero ricambio generazionale non ci sarebbe stato con “quota 100”.

E oggi ci troviamo semplicemente a prendere atto che quello che avevamo detto è una realtà ed è talmente tanto una realtà che i risparmi del non speso per quelle due misure che - ricordo - non furono calcolate ad abundantiam, il Governo ha fatto una battaglia per poter avere quelle somme a disposizione e nessuno, immagino, ha dimenticato le bottiglie di champagne, nessuno ha dimenticato la felicità quando si andava in Europa a chiedere di sforare, per poi tornare, ovviamente, con uno 2,04 che avrebbe dovuto, diciamo, prendere in giro la maggior parte degli italiani e in quel momento si raccontava che quello sforamento era assolutamente necessario perché quei soldi sarebbero serviti per due misure fondamentali per questa nazione.

Ecco, oggi abbiamo la prova provata che quello sforamento non serviva, che quelle discussioni, che, ricordo, portarono lo spread a livelli altissimi e che ci hanno portato a un clima molto teso all'interno dei mercati, non servivano perché, di fatto, oggi non è servito e non è servito talmente tanto che quei soldi verranno utilizzati per poter nuovamente andare in Europa e raccontare una storia diversa da quella che si racconta quando poi, invece, si fanno le dichiarazioni sui giornali.

Ecco, questo è quello che noi contestiamo. Noi contestiamo la mancata visione di una politica economica di questo Paese che abbia una sua linea, contestiamo il modo in cui i soldi vengono spesi. Contestiamo tutto questo perché siamo assolutamente certi che anche questa volta e anche in questo caso si sta semplicemente provvedendo a fare un'opera di salvezza in extremis e questo, invece, è quello che noi vorremmo evitare. Noi vorremmo una politica economica chiara, limpida e delineata. Poi, può piacere, può non piacere: si può essere d'accordo, la si può condividere, si può essere contrari a quella idea, ma un'idea di base ci vuole. Un'idea di base ci vuole perché l'economia è fatta di idee. L'economia non è soltanto numeri; l'economia è avere in mente un obiettivo e mettere in atto tutti gli atti propedeutici per arrivare a quell'obiettivo. Ecco, questo è quello che manca a questo Governo: la visione, la visione di dove vogliamo andare e come vogliamo arrivarci.

Allora, l'utilizzo di queste somme, accantonate per migliorare la finanza pubblica - cerchiamo anche un po' di snellire alcuni termini e di rendere un po' più semplici alcuni concetti per le persone che ci ascoltano - non è altro che un'ennesima presa in giro per gli italiani, e lo è perché quei soldi, ancora una volta, non verranno utilizzati per stimolare l'economia interna, non verranno utilizzati per stimolare i consumi, non verranno utilizzati per nessuna di quelle misure che in campagna elettorale le due componenti di questo Governo hanno raccontato. C'è stato raccontata la voglia di utilizzare e di incentivare le politiche per la famiglia e per la natalità, c'è stata raccontata la volontà di aiutare le aziende nella parte fiscale e, quindi, nella riduzione del peso fiscale. Ecco, tutto questo, in realtà, non c'è; non c'è nell'idea, non soltanto nel provvedimento in sé. Non c'è nell'idea di base e non c'è perché il gruppo di Fratelli d'Italia ha ovviamente posto all'attenzione con alcuni emendamenti, anche in questa occasione, la necessità di operare in maniera sistemica su quella che è la politica economica di questa nazione e ovviamente ancora una volta siamo rimasti inascoltati, il che non è un grosso problema. Noi non ci lamentiamo di essere inascoltati, ma il punto è che, a fronte di un'idea che ha questa opposizione, c'è il vuoto da parte del Governo, un vuoto che si protrae perché più di una volta il Ministro dell'Economia e delle finanze è venuto a darci un quadro che è completamente diverso dalla realtà dei fatti. Lo abbiamo visto con il primo DEF, lo abbiamo visto con la prima legge di bilancio e, purtroppo, immagino che ci ritroveremo, alla ripresa dalla sospensione dei lavori, nuovamente con gli stessi problemi.

Vedete, la manovra sicuramente è in questo momento già sui tavoli dei tecnici del MEF e, purtroppo, ancora oggi non è chiaro a nessuno - il che diciamo potrebbe non essere un problema, se non fosse che non è chiaro neanche al Ministro dell'Economia e delle finanze e ai suoi tecnici - dove trovare le risorse necessarie non solo per fare quanto promesso, ma per evitare che l'Italia sprofondi nel baratro, ove già non lo fosse.

Questo per noi è il vero problema, questo per noi rappresenta la cecità di un Governo che sui temi economici fondamentali va ancora a tentoni, che utilizza slogan per raccontare una politica economica diversa dalla realtà e che ancora una volta, si piega alla propria incapacità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Padoan. Ne ha facoltà.

PIETRO CARLO PADOAN (PD). Presidente, onorevoli colleghi, la discussione di questo decreto offre l'opportunità di una valutazione della fase che sta attraversando la nostra economia e soprattutto la politica economica, una fase che conferma le gravi difficoltà, l'incertezza e la confusione che continuano a caratterizzare l'azione del Governo dal momento del suo insediamento. Partiamo, però, da una notizia positiva: la Commissione europea ha stabilito che non esistono per il 2019 i presupposti per aprire una procedura di deficit eccessivo a motivo del debito nei confronti dell'Italia. Le motivazioni si trovano nella lettera della Commissione al Governo italiano che descrive le misure, di taglio di spesa e di aumento delle entrate, che permettono di raggiungere le cifre necessarie per un aggiustamento nominale di oltre 7 miliardi e di oltre 8 di aggiustamento strutturale.

La chiusura della procedura, in altri termini, è stata concessa perché il Governo ha fatto quanto richiesto dalla Commissione. Il Governo ha messo in atto una manovra correttiva, grazie alla quale si sono risparmiati al Paese ulteriori danni in termini di isolamento e costi finanziari, ma il Governo ha dovuto fare, una volta di più, marcia indietro rispetto alla roboante politica dei proclami che ne ha caratterizzato la retorica antieuropea, retorica che proclamava che le regole europee non sarebbero state rispettate perché sarebbero state cambiate grazie alla vittoria dei partiti sovranisti e populisti. Le elezioni per il Parlamento europeo, come sappiamo, hanno prodotto un risultato diverso.

Guardiamo alla composizione delle misure che hanno permesso di evitare la procedura. In gran parte riflettono miglioramenti delle entrate, dovuti soprattutto ai successi sul fronte della lotta all'evasione, dovuti, a loro volta, in buona parte, alla fatturazione elettronica introdotta nella legislatura precedente. Ricordo che tale introduzione era stata inizialmente osteggiata dal Governo gialloverde, ma poi frettolosamente accettata vista la sua efficacia; insomma, l'ennesima svolta ad “U”. Si tratta di entrate, anche, dovute a misure che, in parte, sono una tantum e ai dividendi provenienti da Banca d'Italia e da Cassa depositi e prestiti.

Infine, con il decreto che stiamo discutendo si introducono misure di congelamento dei risparmi di spesa dovute al tiraggio più limitato delle misure bandiera: reddito di cittadinanza e quota 100, per circa 1,5 miliardi.

Insomma, come si diceva, si tratta di una significativa manovra per riportare i conti in linea con gli obblighi europei: un comportamento di un Governo di cambiamento delle idee, piuttosto che di un Governo del cambiamento. I mercati hanno reagito in senso positivo e lo spread è sceso a 200 punti base, confermando una tendenza al ritorno dell'attenzione per i titoli di debito italiani, resi attraenti da prezzi contenuti e dai rendimenti ancora molto elevati in un contesto di attese per una continuazione della politica accomodante della Banca centrale europea. Ma sarebbe irresponsabile negare i danni che, pur dopo il calo, gli attuali livelli dei tassi d'interesse comportano per l'economia e il ruolo che la fiducia nel Paese gioca nella determinazione dei tassi stessi. È - diciamo così - “curioso”, a questo proposito, come da parte di alcuni esponenti della maggioranza si continui a negare che lo spread rifletta, al netto dell'intonazione generale della politica monetaria della BCE, la valutazione del rischio Paese, cosa che invece i mercati considerano con attenzione costante e quasi maniacale.

È da salutare positivamente, invece, la significativa riduzione del cosiddetto rischio di ridenominazione, cioè di uscita dall'euro, tema che sembra essere meno presente nei proclami degli esponenti della maggioranza.

Con la temporanea chiusura della procedura di infrazione l'Italia ha ottenuto un risultato positivo, come dicevo. È da questo che bisogna partire per valutare cosa potrà accadere nei prossimi mesi.

Riassumo i punti critici che il Governo e il Paese si trovano di fronte. Primo, la legge di bilancio per il 2020: il Governo intende evitare l'aumento dell'IVA, pagare le spese indifferibili e abbattere le tasse, ma quali tasse? La Flat tax? Misura iniqua e dalle coperture difficili? Non è dato sapere; siamo ancora in piena confusione. Al di là dei contenuti specifici, una manovra del genere vale circa 40 miliardi, ben oltre due punti percentuali di PIL. Finanziare in deficit questa cifra, come ha dichiarato il Vicepremier Salvini significa non solo infrangere le regole europee, ma vanificare i benefici in termini di fiducia e di spread che i mercati stanno ora concedendo. Insomma, sarebbe una mossa contraddittoria oltre che contraria agli interessi del Paese; d'altro canto, far scattare l'IVA già in legislazione o non rimpiazzarla con misure di valore equivalente e rinunciare alla Flat tax, equivale a sconfessare le promesse della campagna elettorale permanente. L'incertezza, insomma, continua. Tuttavia, quello che il Governo ha detto e scritto ufficialmente alla Commissione è che si impegna a continuare a rispettare le regole europee: ma fino a quando? Il Governo non ha fornito dati sul saldo tendenziale per il 2020, ma ha ribadito nella lettera alla Commissione che saranno rispettati i limiti di bilancio. L'Ufficio parlamentare di bilancio quantifica in 1,8 i risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100, ad un livello in linea con quanto previsto da INPS, ma superiore agli accantonamenti operati dal Governo. Non è ancora dato sapere dal Ministro dell'economia, che pure è stato interrogato in audizione al Senato, quali siano i dati relativi all'indebitamento tendenziale previsto per il 2020; a maggior ragione, nulla è dato sapere su come saranno costruite le cifre di indebitamento programmatico. Ciò che si sa è che non passa giorno senza che dalle diverse parti della maggioranza vengano annunci o proclami su misure spesso tra loro alternative. Aumenta l'incertezza e questa, non dimentichiamolo, ha sempre un costo, innanzitutto in termini di rinvio delle decisioni di investimenti e di spesa.

Secondo punto: manca la crescita e mancano misure atte a rilanciarla. La crescita prevista dal Governo per il 2019 è appena superiore allo zero e inferiore all'1 per cento per il 2020 e analoghe cifre vengono dalle istituzioni internazionali. Spazio di bilancio per misure di rilancio non è disponibile; l'unica vera leva, gli investimenti pubblici, rimane in gran parte inutilizzata, per ragioni che hanno solo in parte a che fare con la disponibilità di risorse.

Nella lettera del Governo alla Commissione, poi, si fa cenno a riforme strutturali nella pubblica amministrazione, nel sistema giudiziario, oltre che a misure di sostegno alla produttività. Tutti buoni propositi, ma sono cenni generici e, per questo, di fatto, irrilevanti. Più in generale, durante il periodo in cui il Governo ha operato la congiuntura internazionale è peggiorata, ma il Governo stesso, invece di reagire, ha ignorato le opportunità e gli stimoli alla crescita degli investimenti privati, ha aggiunto incertezza sul destino delle misure più utili a sostenere tali investimenti, in primis, quelle legate a Impresa 4.0, per poi riconoscerne l'utilità: insomma, ancora una svolta a “U”.

Terzo punto: sono state fortemente ridimensionate le misure bandiera dei partiti di Governo; sia reddito di cittadinanza che quota 100 hanno generato un interesse inferiore alle attese e ai finanziamenti previsti; ciò ha permesso al Governo di risparmiare risorse poi riversate nella manovra. Il Governo ha rivendicato un atteggiamento prudenziale nella definizione dei fabbisogni, che ha permesso di fare emergere risparmi in un momento successivo: ma le cose stanno veramente così, oppure c'è stato, puramente e semplicemente, un errore di valutazione? Un errore che in ogni caso ha implicato, all'inizio, un deficit previsto più elevato e, quindi, in qualche misura un impatto sui costi finanziari.

Al di là degli aspetti di finanziamento il Governo dovrebbe ammettere che si tratta di misure nel migliore dei casi inefficaci. Quota 100 è stata presentata come uno strumento per la crescita dell'occupazione giovanile, mentre il reddito di cittadinanza avrebbe dovuto cancellare povertà ed esclusione: in nessun caso possiamo verificare che questo sia avvenuto.

Paradossalmente, l'efficacia delle misure bandiera si trova proprio nel fatto che le risorse sono state risparmiate. Discorso analogo sembra doversi fare per le nuove misure annunciate e ancora non attuate.

Il Ministro Salvini ha prima fatto sapere che l'introduzione della flat tax sarà graduale, ma poi ha dichiarato che, se ci saranno problemi di copertura, bisognerà, come ricordavo, sfondare i limiti di bilancio. Ma paradossalmente la flat tax potrebbe rivelarsi superflua o non vantaggiosa per i contribuenti, visto che il 75 per cento dei contribuenti già paga meno del 15 per cento che viene indicato come soglia. Sarebbe regressiva la flat tax, e fonte di iniquità. Si ignora infine che le misure riservate alle microimprese accrescono gli incentivi alla riduzione della dimensione e magari all'ingresso nell'economia sommersa, con conseguenze negative sulla crescita di medio periodo. Anche qui l'incertezza permane e il Paese resta fermo. Il Ministro Di Maio insiste sull'introduzione di un salario minimo, che viene osteggiato dai sindacati e che rischia di essere controproducente se fissato a livelli insostenibili per le imprese. L'evidenza empirica mostra chiaramente che i meccanismi di questo tipo devono essere adattati alle realtà locali e aziendali, in linea con l'andamento della produttività, non è certo possibile adottare un valore unico.

Quarto punto: manca una strategia di lungo termine. Per un Paese come l'Italia è indispensabile mantenere un equilibrio tra il controllo della finanza pubblica e del debito e il sostegno alla crescita.

Dopo la manovra correttiva, il primo corno del dilemma sembra essere più vicino, ma questo avviene a scapito del secondo, visti i tagli effettuati e previsti. Ma qui il paradosso, già menzionato: i vantaggi per il Governo giallo-verde di una strategia della crescita stanno nella sua assenza, visti gli effetti delle misure bandiere. Ci sono state altre misure, come quelle introdotte con il cosiddetto “decreto crescita”, ma ci sono forti dubbi sul suo effetto al netto delle misure di conferma di Impresa 4.0, altro caso di svolta ad “U”. Sono del tutto assenti le misure di riforma strutturali, indispensabili per riorientare l'andamento della produttività. Resta comunque da vedere se la legge di bilancio per il 2020 confermerà la tendenza al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Sarà decisivo l'andamento del debito, che deve essere posto su un percorso discendente, in assenza del quale non è difficile prevedere un miglioramento del rischio Paese, se non addirittura impossibile. Il Paese intanto rimane in stagnazione, e il combinato disposto di crescita zero e rischio e tasso di interesse positivo inevitabilmente producono un aumento della vulnerabilità del Paese. Questo è dichiarato e riconosciuto a livello internazionale, purtroppo. Infine, quinto punto: il quadro internazionale mostra segni di rallentamento della crescita, soprattutto per l'accentuarsi dei conflitti commerciali. Gli strumenti di politica economica a disposizione dell'Europa vanno rafforzati. Anche il Presidente Draghi chiede che, accanto alla politica monetaria, l'Europa attivi stimoli fiscali laddove lo spazio fiscale sia disponibile, certo non in Italia. È una conferma che dopo le elezioni del Parlamento europeo e l'avvio di una nuova Commissione l'Europa deve ripensare la sua agenda, mettendo al primo posto crescita e occupazione, ma non certo in direzione di quanto sostenuto dai partiti sovranisti. Nel frattempo, in oltre un anno di Governo l'Italia si è autocollocata ai margini del rapporto con l'Europa: lo è per il negoziato sulla gestione del bilancio, dove è stata costretta più di una volta a cambiare le misure per evitare le procedure; lo è in tema di negoziato sulla riforma dell'eurozona, dove è assente un contributo fattivo del nostro Paese.

In conclusione, il Paese ha urgente bisogno di una strategia con chiare priorità, ciò che il Governo ha dimostrato di non sapere né volere fare. Cosa ci aspetta nei prossimi mesi? Nel migliore dei casi un sentiero di galleggiamento e di fragilità, nel peggiore dei casi una progressiva perdita di controllo e crescenti rischi di instabilità. Occorre cambiare radicalmente strada. Il Partito Democratico - ma qui lo accenno semplicemente - ha, come è noto, avanzato una proposta strategica basata su tre pilastri: una crescita sostenibile sul piano ambientale, un forte investimento in istruzione e formazione, risorse per il sostegno al lavoro e l'occupazione, un punto di partenza indispensabile per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il testo al nostro esame potrebbe essere definito un provvedimento tampone: esso di fatto congela l'utilizzo di parte degli stanziamenti previsti nel bilancio dello Stato, quelli che non hanno una immediata necessità di spesa, per poi arrivare, con la sessione di bilancio del prossimo anno, alla sistemazione contabile. Il provvedimento ha quindi un'alta valenza tecnica dell'entità di 1.500 milioni di euro, che ci permette di ottenere una modifica rilevante del saldo strutturale (più 0,2 per cento del PIL), evitando così l'apertura di una procedura di infrazione contro l'Italia. Questo decreto-legge è infatti volto a rispondere alla richiesta di correzione rivolta dall'Unione europea al nostro Governo per evitare l'infrazione sul debito. Nonostante la maggioranza preferisca parlare di aggiustamento dei saldi di finanza pubblica, sfruttando maggiori entrate e minori spese rispetto alle previsioni, noi non possiamo non rilevare che si tratta di una vera e propria manovra correttiva, che prende atto di un ammonimento da parte dell'Unione europea, al quale è stato assolutamente necessario rispondere con un provvedimento che sistemasse i conti e che certifica gli errori compiuti durante l'ultima legge di bilancio. È un vero e proprio fallimento di alcune politiche avanzate dal Governo. La denominazione stessa del provvedimento come “decreto salva conti” ci dice che sicuramente i conti non erano a posto; era necessaria quanto meno una correzione, ed è quello che stiamo facendo oggi con questo decreto. Non si può sottovalutare poi il dato politico di questa operazione: di fatto, come detto, tale decreto certifica il flop dei provvedimenti che hanno condotto ai risparmi di spesa che oggi stiamo ricollocando nelle casse dello Stato; provvedimenti, quelli sul reddito di cittadinanza e “quota 100”, sui quali i due partiti di maggioranza avevano fatto grandi campagne di propaganda, offrendo numeri incredibili, addirittura parlando di abolizione della povertà e di shock economico per il Paese.

Nulla di tutto questo è purtroppo accaduto. La verità è che gli stessi cittadini italiani hanno bocciato in primis il reddito di cittadinanza, non aderendo a queste politiche assistenzialistiche. Per quanto riguarda “quota 100”, secondo il monitoraggio che sta conducendo l'INPS, abbiamo circa 154 mila domande, di cui accolte soltanto 74 mila, cioè il 50 per cento. Le previsioni del Governo parlavano di circa 307 mila domande. Allora, se entro l'anno tutto va bene e verranno accolte tutte le domande presentate, avremo al massimo 160-170 mila domande accolte, cioè il 50 per cento in meno delle previsioni. Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, poi, ancora meglio: al 31 maggio scorso risultano circa 1.372.000 domande, di cui 737 mila approvate, con circa 2 milioni di persone coinvolte, che ruotano intorno al reddito di cittadinanza, per un importo medio di reddito erogato di circa 490 euro mensili. Ricordiamo tutti quali sono state le previsioni di esponenti di Governo in merito al reddito di cittadinanza: avete detto di aver stampato 6 milioni di tessere per il reddito di cittadinanza, e quindi, alla fine, ad oggi, il 70 per cento in meno delle previsioni. Se questi sono oggi i risultati delle misure bandiera, il fallimento sembra essere piuttosto evidente.

In ogni caso, va chiarito che Forza Italia condivide la necessità di mettere in sicurezza o comunque rendere sicuramente più sostenibili i conti pubblici, così come siamo convinti che abbia ragione il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando afferma che è di importanza capitale non essere isolati a livello internazionale e come, sui conti pubblici, sia stata una scelta saggia quella di mantenere con le istituzioni di Bruxelles un rapporto costruttivo di confronto dialogante. Per il nostro Paese è, infatti, necessario porsi come interlocutore credibile, e, su questo fronte, il provvedimento in esame ha un significato molto positivo nel rapporto con l'Unione Europea, per provare a rendere la nostra economia solida e incoraggiare gli investitori italiani e stranieri.

Ad ogni modo, questa discussione è sicuramente l'occasione per ribadire che non condividiamo le politiche economiche varate da questo Governo, tant'è che, come detto, oggi ritorniamo in quest'Aula perché subiamo un'imposizione correttiva sulla manovra di bilancio varata solo sei mesi fa. Manovra di bilancio, ricordiamo, le cui misure sono state in buona parte corrette anche all'interno del “decreto crescita”, basti pensare agli incentivi di Impresa 4.0 o alla mini IRES. Una legge di bilancio per il 2019 che non ha prodotto i risultati sperati, alla quale il Governo ha provato ad affiancare ulteriori misure, come quelle contenute nel decreto-legge “crescita” e nel decreto-legge “sblocca cantieri”. Anche questi ultimi provvedimenti, però, si sono rivelati dei palliativi: essi hanno alleviato solo marginalmente l'aggravio complessivo del prelievo previsto dalla manovra di bilancio e non vi è traccia dell'intervento sulla riduzione del cuneo fiscale costantemente invocato dalle imprese e dalle categorie, né vi sono interventi per il sostegno alle famiglie, seppure fossero stati annunciati urbi et orbi da autorevoli esponenti del Governo, addirittura facendo circolare bozze di decreti-legge sul tema, ma che poi, puntualmente, non sono stati realizzati.

Pertanto, se l'avere evitato la procedura di infrazione per debito eccessivo è sicuramente una buona notizia per l'Italia, non si può ignorare il fatto che lo scenario che si prospetta per il 2020 rimanga incerto. Non è chiaro, infatti, in che modo il Governo riuscirà a reperire i 29 miliardi necessari per tenere fede ai propri impegni su flat tax e clausole IVA, rispettando gli obiettivi di deficit. Anche secondo l'Osservatorio sui conti pubblici italiani mancano all'appello una trentina di miliardi per soddisfare gli impegni presi dal Governo, evitare l'aumento dell'IVA e ridurre il carico fiscale. Se, da un lato, le previsioni sulle entrate ci sembrano piuttosto ottimistiche, dall'altro, proiettando i comportamenti registrati sino ad oggi, i risparmi di spesa su “quota 100” e reddito di cittadinanza potrebbero essere superiori, 3 miliardi invece che 1,5, così come indicato dal Governo. Ma gli investimenti, in particolare al Sud, sono drasticamente diminuiti fin dal 2012 e una manovra che dovrà rispettare il riordino dei conti pubblici nei parametri previsti potrebbe ancor di più ingessare in modo irragionevole la leva degli investimenti, vero volano per lo sviluppo. In tal senso, il Governo deve chiarire al più presto le sue reali intenzioni.

Come dicevo, le ipotesi che circolano sulla costosissima riforma fiscale e sul salario minimo sembrano porsi in contrasto con gli impegni presi con l'Europa, ma con la presentazione della prossima Nota di aggiornamento al DEF, quando dovrà essere messo per iscritto cosa il Governo intenda fare, l'Esecutivo dovrà decidere se avviare uno scontro, come quello dell'anno scorso, con la Commissione o smascherare tutta la propaganda elettorale fatta ai danni degli italiani finora.

È necessario offrire a questo Paese una strategia di lungo termine, che quindi, con una revisione della spesa pubblica, ci permetta di far ripartire l'economia, con un impegno serio per gli investimenti, senza dimenticare il sostegno alle famiglie e alla genitorialità e a coloro che sono rimasti indietro. In Commissione bilancio Forza Italia ha provato ad avviare un dibattito su questo, presentando una serie di emendamenti, a prima firma Gelmini, che provavano a destinare i risparmi del reddito di cittadinanza e “quota 100” per finanziare misure a sostegno della famiglia e delle popolazioni terremotate colpite dal sisma nel 2016. Servono asili nido, servizi per la prima infanzia, nuove risorse per incrementare il Fondo di garanzia per la prima casa, per l'accesso al credito da parte delle giovani coppie e tantissimi altri interventi. Non possiamo aspettare in eterno, bisogna rispondere subito a queste necessità e al grido di dolore che arriva da centinaia di famiglie in difficoltà che vivono nelle zone colpite dal terremoto.

È necessario, quindi, e mi avvio alla conclusione, che il Governo dia al Paese una legge di bilancio coerente con gli impegni presi in Europa e capace di privilegiare prima di tutto la politica per gli investimenti e la crescita, e di eliminare o comunque limitare lo stato di incertezza e conflittualità con l'Unione europea che, a torto o a ragione, ha portato i cittadini e i mercati ad essere incerti sulle sorti di questo Paese e ci ha portato ad avere uno spread molto costoso per i cittadini forse più che per lo Stato italiano. Per fare questo, occorre immediata chiarezza da parte dell'attuale Governo e, soprattutto, una maggioranza realmente capace di sostenere la manovra di bilancio 2020.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2000)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00230 concernente iniziative, in ambito internazionale ed europeo, per il perseguimento dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi dal cosiddetto Daesh, con particolare riferimento alle minoranze religiose in Iraq e Siria (ore 10,19).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00230 concernente iniziative, in ambito internazionale ed europeo, per il perseguimento dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi dal cosiddetto Daesh, con particolare riferimento alle minoranze religiose in Iraq e Siria (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato nell'allegato A della seduta del 24 luglio (Vedi l'allegato A della seduta del 24 luglio 2019).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il deputato Sensi, che illustrerà anche la mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00230, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Le confesso - non dovrei dirlo - di nutrire talvolta qualche perplessità, un sospetto, perfino nei confronti della memoria. Lo so di dire qualcosa di assai poco presentabile, una scemenza, magari, o, come usa dire oggi, una provocazione, che assai spesso è sempre una scemenza, solo impudica, ma d'istinto, tra ricordare e dimenticare, io, anche solo per costituzione, per carattere, chissà, in genere preferisco l'oblio, facendomi forte di chi, come Aleida Assmann, sostiene che - cito - dimenticare e non ricordare è la modalità fondamentale della vita umana e sociale - chiudo la citazione -, mentre ricordare implica uno sforzo, una ribellione, un veto contro il tempo e il corso delle cose. Endiadi, insomma, non semplicemente opposti. Dimenticare e ricordare si richiamano, rincorrono, in una “dinamica elastico” che non si lascia ridurre in un gioco a somma zero. Siamo abituati a considerare la sola memoria come la malta e il lievito di una comunità, fino quasi a coincidere con essa; una comunità è innanzitutto la sua memoria, memoria della propria fondazione, delle proprie radici, del proprio passato. Le nostre città, lastricate di monumenti, di statue, di cippi, insegne, intestazioni, cenotafi, lapidi, steli, edicole, medaglioni, memoriali appunto, per tacere oggi dei big data che tutto sanno e serbano di noi, riflettono questo novecentesco sforzo pedagogico, un intento capillare di costruzione o ricostruzione della identità, del senso comune, della koinè degli appartenenti a una o più comunità.

La fragilità della memoria - recita il paradosso brechtiano - dà forza agli uomini, come se la solidità marmorea, equestre, baffi a manubrio, del progetto di una comunità si fondasse, poi, alla fine, su fondamenta impalpabili, invisibili, friabili e porose, oggi perfino digitali. Una clausola di salvaguardia, una norma di chiusura, un prologo in cielo sul quale costruire, incerto, il nostro abitare, il nostro stare assieme.

Di fronte a questo abisso e al suo paradosso, dicevo, di fronte a questo proposito così determinato, alla sua sfida e alla forza di gravità, alle leggi della fisica, ho sempre preferito non dimenticare, mettiamola così, la naturalità del processo oblivionale (mi scuso per il calco), la sua inesorabilità, la sua non meno fragile umanità: quasi un ritorno a casa, una resa, let it be. Non mi sono mai ritrovato, insomma, nella coincidenza adesiva anche in democrazia di memoria e identità, e nella svalutazione dell'oblio come allontanamento, come perdita, come crepuscolo in cui sprofondare mores, costumi, e legami. Mi perdonerà per il lungo prologo, Presidente, ma ci arrivo, prometto: se sembro Fusaro mi interrompa, la prego.

Leggevo di recente alcune considerazioni portate da Paolo Mieli proprio sulle virtù direi repubblicane, civili del dimenticare, e di come nel corso della storia soltanto attraverso un uso intelligente e paziente dell'oblio si sia riusciti a chiudere pagine dolorose e oscure, lacerazioni profonde che abbisognavano solo di un'abrasione del tessuto comune della memoria, di una scarificazione, di un corto circuito che scaricasse a terra tensioni ed energie insopportabili per la vita ordinata, ordinaria di una comunità, di una democrazia: spegni e riaccendi. Contrariamente dunque all'ordine fondante della memoria, quello dell'oblio, dello scordare, letteralmente rimuovere dal cuore, desintonizzare come un intervento chirurgico, può rivelarsi tuttavia altrettanto prezioso per il mantenimento di una comunità, del suo benessere, della sua esistenza, una linea di continuità.

Queste riflessioni facevo a proposito della mozione a prima firma Lia Quartapelle, che ringrazio, e molto, per questa opportunità di intervento, e che qui sono chiamato ad illustrare. Una mozione il cui cuore è la richiesta al Governo di promuovere, ad ogni livello, la costituzione di un tribunale ad hoc sui crimini di Daesh, dello Stato islamico, nei confronti delle minoranze religiose, a principiare da quella yazida, nel Sinjar, in Iraq. Da molti anni ormai, e ben oltre la caduta di roccaforti di Daesh come Raqqa e Mosul, migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini vengono massacrati, sequestrati, ridotti in cattività, schiavizzati, decapitati, seviziati, uccisi, in quello che il rapporto della Commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Siria, istituita dal Consiglio dei diritti umani dell'ONU nel 2011, considera letteralmente un genocidio. Un genocidio, non c'è bisogno di aggiungere altro.

I crimini ai danni della minoranza yazida continuano ad essere perpetrati con ferocia disumana, o forse assai umana, e a restare impuniti, in questo straccio di mondo consegnato all'odio etnico e alla violenza sessuale come arma di guerra, all'annichilimento dell'altro come progetto e pianificazione.

Di fronte a questa notte fonda, la mozione che discutiamo in Parlamento ritiene fondamentale l'istituzione di un apposito tribunale internazionale per giudicare i crimini di Daesh contro le minoranze religiose in Iraq, che abbia un mandato chiaro e circoscritto. Anche se questo non deve far dimenticare che, oltre a Daesh, nella regione ci sono altri soggetti che si sono macchiati di crimini contro l'umanità, a partire dal regime di Assad: penso soltanto all'infamia dell'utilizzo delle armi chimiche, per poi continuare con quei regimi nella regione che hanno utilizzato milizie fondamentaliste per una guerra per procura che è costata 400 mila morti. Iraq e Siria non saranno in pace finché anche quei crimini non saranno investigati e processati, e questo è il fuoco della nostra mozione.

E, in particolare, l'Italia, che uno pensa: già, ma noi che c'entriamo? Come possiamo fare qualcosa che riguardi e curi e salvi un altrove apparente come il Sinjar, con il suo nome di favola? L'Italia, dicevo, può, anzi deve farsi promotrice di un'iniziativa internazionale per istituire un tribunale speciale per perseguire i crimini di Daesh contro le minoranze religiose. A maggior ragione perché il Trattato che istituì la Corte penale internazionale è stato firmato proprio qui, a Roma, in Campidoglio: lo ricordo bene e personalmente, Kofi Annan e i delegati entrare nella Sala degli Orazi e Curiazi, la stessa dove venne firmato il Trattato di Roma, la carta d'identità dell'Unione europea. Il che costituisce anche una sorta di mandato, consideriamolo morale, italiano, e soprattutto perché esso rappresenterebbe un tassello importante nel complicato mosaico per portare pace e stabilità tra Siria e Iraq, e per contribuire a salvare la natura plurale del Medi Oriente, recita testuale la mozione Quartapelle.

Fin qui l'architettura, l'impalcatura istituzionale di cui l'intera comunità internazionale chiede di dotarsi, per chiudere quest'ulcera insanabile, per tirare una linea e attribuire responsabilità e colpe e pene e rendere giustizia. Ci avete mai pensato a questo rendere? Come fosse possibile una restituzione, ma anche una resa, reintegrare l'altro di ciò di cui è stato spogliato, privato, denudato, la propria umanità in questo caso? Di fronte a questa dismisura, all'estremo del genocidio, quella dinamica tra memoria e oblio che richiamavo in esordio è come se venisse sospesa, sterilizzata, disarticolata: sembra quasi non valere più, in una epochè che siamo tuttavia chiamati a forzare, a scassare, a sbloccare, a non poter più accettare.

Cos'è un tribunale, se non un inesorabile processo di dare memoria e nome, di attribuire responsabilità e stabilire pene da scontare? Questo sforzo di memoria, di fare ordine e dare senso, che corrisponde alla sproporzione di quella violenza, quella che abita inestirpabile come un colore negli occhi di Nadia Murad, Premio Nobel per la pace proprio a riconoscimento di un hapax, quello che Il Foglio, scrivendo di lei, sintetizza così: “È la prima volta che lo stupro viene riconosciuto come un crimine contro l'umanità, un'arma di guerra: non la conseguenza di una guerra, non un effetto collaterale, ma un metodo premeditato per combattere e piegare popoli interi, per fare implorare le donne ‘Non scegliere me, non scegliere me!'. Questo era ed è ancora oggi il progetto di Daesh: portare il terrore in quegli occhi, la disperazione di fronte all'abuso, alla violenza di scongiurare, di implorare, di fronte al proprio aguzzino, al proprio boia ‘Ti prego, non scegliere me'.”

Domani, oggi siano chiamati a giudizio coloro i quali costrinsero queste donne, i loro figli, i loro uomini ad avere una sola speranza: quella di non essere scelti da quell'odio che ti scruta, che ti pesa, ti vede dove pensi di essere al sicuro, ti riduce a nuda vita, ti sceglie come il destino, “sto dicendo proprio a te”. Ho riletto le minute dell'audizione di Nadia Murad in Commissione, le sue risposte puntuali, la determinazione della sua missione, un senso concreto di cosa ottenere rispetto all'indicibile, al tentativo di mettere ordine e dare perimetro alla richiesta di responsabilità, di sostegno, di futuro. Nadia Murad non ha asciugato nulla del suo dolore, ma ha trasformato quella rabbia, quella vendetta impossibile in una ricerca di giustizia, che ha fatto conoscere la tragedia yazida in tutto il mondo.

Torno a citare: “Non siamo la violenza che abbiamo subito, non saranno gli stupri, la desolazione, la rabbia a definire il nostro futuro”. Perché si apra questo avvenire, uno nel quale dagli occhi di Nadia Murad possa cadere per terra, ai suoi piedi quel velo di dolore, quel sudario, per guardare avanti, c'è bisogno, c'è urgenza di fare giustizia, tenendo assieme il dovere della memoria, quello sforzo innaturale, quello scatto, con il naturale fluire delle cose, per renderle, se non sopportabili, meno dolorose e vive, meno presenti. Il compito degli uomini è di aiutare il bene a prevalere, prescrive l'antica saggezza yazida, alla prova del genocidio, della dannazione della memoria, della pulizia etnica, dello stupro come arma di distruzione di massa; per tacere della fame come arma di distruzione di massa, lo teorizza un recentissimo rapporto delle Nazioni Unite.

Questo e non altro, Presidente, chiede al Governo la nostra mozione, questo e non altro: di aiutare a ricordare; di pretendere giustizia; di tornare a sperare, nel Sinjar, come altrove si soffra, di tornare a vivere (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo. Prego, signora Vice Ministro.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Vice Ministra agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale. Intanto vorrei ringraziare per questa mozione, che comunque solleva un tema estremamente importante e in particolare a me caro, avendo vissuto per molto tempo con le comunità yazide e cristiane in Iraq da prima dell'arrivo di Daesh, e quindi avendo vissuto proprio questa parabola spaventosa che poi è andata effettivamente a creare un episodio della storia che resterà sicuramente, purtroppo, una pietra miliare della tragedia che si può operare su un popolo. Voglio dare però qualche indicazione in merito alle azioni del Governo, che riguardano proprio questi temi e in particolare l'attività di Daesh, che naturalmente viene, dal nostro Governo, vista come un elemento molto importante, non soltanto legato al terrorismo ma a tutte le varie declinazioni della sua azione.

Abbiamo partecipato fin dalla sua nascita agli sforzi della coalizione internazionale a guida USA, attraverso un contributo multidimensionale che comprende, tra le altre cose, la componente addestrativa delle forze militari e di polizia irachene (noi, d'altra parte, guidiamo la formazione di queste ultime, grazie all'Arma dei carabinieri), l'azione di contrasto al finanziamento di Daesh, la stabilizzazione delle aree liberate in Iraq e nel Nord-Est della Siria, la tutela del patrimonio archeologico e culturale iracheno, il contrasto ai foreign fighter e le attività di contrasto alla propaganda di Daesh. Hanno suscitato grande preoccupazione e sgomento presso la comunità internazionale le violenze perpetrate da Daesh, come è stato ricordato, nei territori sotto il proprio controllo, in particolare modo quelle condotte su base etnica e religiosa.

L'Italia è da sempre fortemente e convintamente impegnata per prevenire atrocità di massa e per assicurare alla giustizia i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, incluse quelle commesse contro la comunità yazida. Durante il proprio mandato in Consiglio di sicurezza l'Italia ha cosponsorizzato e attivamente promosso la risoluzione n. 2379 del 2017, che ha istituito UNITAD, il team investigativo incaricato della raccolta delle prove sui crimini di Daesh. L'Italia attribuisce la massima importanza alla tutela e alla promozione della libertà di religione o credo e dei diritti degli appartenenti alle minoranze etniche e religiose, che rappresentano una priorità della politica estera italiana in ambito multilaterale, nei rapporti bilaterali con i Paesi terzi e nei programmi della cooperazione allo sviluppo, figurando anche tra i temi prioritari del mandato triennale dell'Italia nel Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite 2019-2021.

Nel corso degli anni, il nostro Paese ha contribuito a rafforzare l'attenzione della comunità internazionale su tali temi, anche alla luce della selettività e della sistematicità delle violenze perpetrate contro comunità minoritarie, in particolare, in Medio Oriente. Siamo convinti che la tutela della libertà di religione o credo e dei diritti appartenenti alle minoranze etniche e religiose contribuisca a costruire società inclusive e pacifiche. Ciò è ancora più vero in Medio Oriente, dove la coesistenza tra differenti comunità è un elemento chiave della ricchezza culturale della regione. L'azione su questi temi, che è parte fondamentale dell'impegno più ampio per promuovere e garantire un'efficace tutela dei diritti umani, è centrale per stabilire e garantire la stabilità e la pace nella regione. Esiste infatti un legame strettissimo tra la giustizia, la riconciliazione nazionale e la pace. Come dimostra la prassi, sin dalla istituzione dei tribunali di Norimberga e Tokyo, la giurisdizione internazionale ha una finalità ricostruttiva e preventiva, prima che punitiva. Attraverso l'esercizio di tale giurisdizione in luoghi in cui la certezza della pena non può ancora essere garantita, è possibile procedere contro i responsabili dei crimini internazionali, garantendo che possa essere fatta giustizia anche per le vittime. La partecipazione della popolazione locale all'esercizio della giurisdizione - com'è nell'esperienza dei tribunali misti -, ma anche attraverso la divulgazione degli iter processuali a mezzo stampa, può rappresentare, poi, se del caso, uno strumento per accrescere la consapevolezza e rompere il ciclo della violenza, per prevenire atrocità in futuro, per ricostruire comunità lacerate, per avviare un processo di riconciliazione necessario per una pace davvero durevole e sostenibile.

Il ricorso alla giurisdizione internazionale per l'eventuale accertamento e repressione dei crimini commessi dai militanti di Daesh sconterebbe, tuttavia, una serie di criticità, alla luce della natura dello Stato islamico, nonché della molteplicità e varietà dei Paesi in cui i crimini sono stati commessi. Il nostro Paese continua a sostenere fermamente le autorità irachene sia in ambito multilaterale, sia bilaterale; una conferma del nostro impegno è giunta con la visita del Presidente del Consiglio in Iraq lo scorso febbraio. Tramite la cooperazione italiana, poi, abbiamo promosso numerose iniziative umanitarie in favore delle comunità religiose ed etniche, vittime di violenze settarie, come quelle yazida e cristiana, sfollate dalla piana di Ninive, a seguito dell'avanzata di Daesh. Nel 2016 abbiamo finanziato, con un contributo di 538 mila euro, iniziative dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, finalizzate a promuovere il dialogo tra le diverse componenti etnico-religiose dell'Iraq e a favorire il ritorno degli sfollati e rifugiati iracheni dalla provincia di Diyala. Analogamente, nel 2017 abbiamo contribuito con 500 mila euro ad un progetto, sempre dell'OIM, rivolto in particolare a donne di fede yazida e cristiana, mirante a creare opportunità economiche e a fornire supporto psicologico alla popolazione delle province irachene di Dohoc e Ninive. Tra il 2016 e il 2018 siamo intervenuti per alleviare le sofferenze della popolazione sfollata nelle province di Ninive, Dohoc, Erbil e Kirkuk, tramite contributi a Unicef, UNHCR e WHO, per un valore di 6 milioni di euro, finanziando numerosi progetti delle ONG italiane per 7,2 milioni di euro. Buona parte degli sfollati sono appartenenti a minoranze, in particolare yazidi. Naturalmente, ci sono in corso di valutazione altre iniziative e vorrei segnalare che, dall'approvazione del piano triennale - siamo in attesa di approvarlo - in realtà l'Iraq, per mia sollecitazione, è stato reinserito tra i Paesi prioritari della cooperazione e ci saranno dei programmi specifici proprio per le minoranze.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Vi sarebbe un intervento di fine seduta del collega Fatuzzo, ma non lo vedo in Aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 30 luglio 2019 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni .

(ore 14)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 1383 - Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2019, n. 61, recante misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica (Approvato dal Senato). (C. 2000)

Relatore: ZENNARO.

3. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

GALLINELLA e GAGNARLI; MINARDO; MULE' ed altri; RIZZETTO ed altri; MISITI ed altri; FRASSINETTI ed altri; LEDA VOLPI ed altri; RIZZO NERVO ed altri: Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero. (C. 181-1034-1188-1593-1710-1749-1836-1839-A)

Relatori: LAPIA e MULE'.

4. Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive (Già articoli da 6 a 11 del disegno di legge n. 1603 - Stralcio disposto dal Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 12 marzo 2019). (C. 1603-ter-A)

Relatore: MARCHETTI.

5. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:

BRUNO BOSSIO; CECCANTI; BRESCIA ed altri; MELONI ed altri: Modifica all'articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica. (C. 1511-1647-1826-1873-A)

Relatori: CECCANTI e CORNELI.

6. Seguito della discussione delle mozioni Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00230 e Valentini ed altri n. 1-00233 concernenti iniziative, in ambito internazionale ed europeo, per il perseguimento dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi dal cosiddetto Daesh, con particolare riferimento alle minoranze religiose in Iraq e Siria .

La seduta termina alle 10,40.