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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 212 di lunedì 22 luglio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FRANCESCO SCOMA , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 luglio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bonafede, Brescia, Buffagni, Businarolo, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Galizia, Galli, Garavaglia, Gava, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Liuni, Locatelli, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Parolo, Picchi, Rizzo, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Leda Volpi, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica (A.C. 1913-A) (ore 10,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1913-A: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.

Ricordo che nella seduta del 25 giugno 2019 è stata respinta la questione pregiudiziale Bazoli ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1913-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la II Commissione (Giustizia), deputato Roberto Turri.

ROBERTO TURRI, Relatore per la II Commissione. Grazie, Presidente. Io dovrò fare la relazione anche per conto dell'onorevole Bordonali, relatrice per la I Commissione, quindi per la parte concernente gli articoli che riguardano la Commissione Affari costituzionali, in quanto è bloccata in treno per un incidente di questa mattina. In particolare, comincio con la sua parte, perché l'articolo 1 era di competenza specifica di quella Commissione.

L'articolo 1 modifica l'articolo 11 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico sull'immigrazione) e prevede che il Ministero dell'Interno possa limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica, e in caso di violazione della Convenzione di Montego Bay del 1982, ossia in caso di inosservanza delle leggi vigenti in uno Stato in materia di immigrazione; il provvedimento è adottato di concerto con il Ministro della Difesa e il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, e ne viene informato il Presidente del Consiglio.

L'articolo 2, invece, modifica l'articolo 12, sempre dello stesso testo unico sull'immigrazione, e prevede che: in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane, al comandante della nave si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di euro da 150 mila a un milione (in questo caso, è stato modificato in sede referente perché il testo originario prevedeva una sanzione da 10 a 50 mila euro); è disposta la responsabilità solidale dell'armatore (anche in questo caso, questo è stato modificato in sede referente perché inizialmente la sanzione veniva imputata al comandante, all'armatore e al proprietario, oggi invece c'è una responsabilità solidale dell'armatore); è prevista sempre la sanzione accessoria della confisca della nave mediante immediato sequestro cautelare del natante (anche questa è una modifica, perché il testo iniziale prevedeva, invece, che la confisca venisse applicata soltanto in caso di reiterazione del reato). Il prefetto può - altra novità - affidare le navi sequestrate, su richiesta, agli organi di polizia, alle Capitanerie di porto e alla Marina o ad altre amministrazioni per usi istituzionali; divenuto inoppugnabile il provvedimento di confisca, la nave diventa patrimonio dello Stato e può essere assegnata all'amministrazione che la ha già in uso oppure, su richiesta, può essere affidata a pubbliche amministrazioni, oppure venduta anche per parti separate. Le navi invendute e impiegabili dopo due anni vengono distrutte.

L'articolo 3, invece, di competenza della Commissione Giustizia, interviene sull'articolo 51 del codice di procedura penale, relativo alle indagini di competenza della procura distrettuale per estenderne l'applicazione anche alle fattispecie associative realizzate al fine di commettere il reato di favoreggiamento non aggravato dell'immigrazione clandestina.

Conseguentemente, sarà inoltre possibile svolgere intercettazioni preventive per l'acquisizione di notizie utili alla prevenzione di tale delitto. Con l'attuale intervento, quindi, si estende la competenza della procura distrettuale anche alle indagini per il delitto di favoreggiamento semplice.

Nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto l'articolo 3-bis, che modifica la disciplina dell'arresto obbligatorio in flagranza di reato, per prevederlo anche nei confronti di chiunque sia colto in flagranza di un delitto di resistenza o violenza contro nave da guerra, in base all'articolo 1100 del codice della navigazione. L'articolo 1100 punisce con la reclusione da 3 a 10 anni il comandante o l'ufficiale della nave che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale. La stessa disposizione riduce la pena da un terzo alla metà per coloro che sono concorsi nel reato.

L'articolo 4, poi, reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'implementazione dell'utilizzo delle operazioni di polizia sotto copertura, quale strumento investigativo delle forze di polizia, anche con riferimento al contrasto del delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sono oggetto delle disposizioni le operazioni sotto copertura cui concorrono operatori di polizia di Stati esteri con i quali siano stati stipulati appositi accordi per il loro impiego nel territorio italiano. Per tali operazioni vengono stanziati: 500 mila euro per l'anno 2019, 1 milione per il 2020 e 1,5 milioni per il 2021.

All'articolo 5, di competenza della Commissione Affari costituzionali, viene introdotto l'obbligo, a carico dei gestori di alberghi e strutture ricettive, in caso di soggiorni non superiori alle 24 ore, della comunicazione alle questure, entro 6 ore dall'arrivo, delle generalità delle persone alloggiate. Tali disposizioni entrano in vigore il novantesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto. Anche in questo caso, il testo è stato modificato rispetto al testo originale del decreto e abbiamo accolto quelle che sono state le indicazioni in particolare della Federalberghi, perché inizialmente era previsto che questa comunicazione dovesse essere immediata e che l'entrata in vigore fosse immediata; quindi, è stato previsto uno spostamento di 6 ore, che l'albergatore ha per comunicare i dati, e l'entrata in vigore dopo i tre mesi.

L'articolo 6, al quale sono state apportate in sede referente limitate modifiche relative alla lettera b) del comma 1, interviene sulla legge del 22 maggio 1975, n. 152, la cosiddetta legge Reale, con particolare riguardo al regolare svolgimento delle manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico.

In particolare, la lettera a) del comma 1 interviene sull'articolo 5 della citata legge, che vieta l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo e, in ogni caso, in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico.

In particolare, se l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona avviene in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, la pena è inasprita ed è determinata nell'arresto da 2 a 3 anni e nell'ammenda da 2 mila a 6 mila euro.

La lettera b) del comma 1 dell'articolo 6 inserisce un nuovo articolo, il 5-bis, ai sensi del quale è punito con la reclusione da 1 a 4 anni chi, nel corso della manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l'incolumità delle persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti ad offendere.

In sede referente è stato aggiunto un ulteriore periodo all'articolo 5-bis, in base al quale, quando il fatto è commesso in modo da creare un concreto pericolo per l'integrità delle cose, la pena è della reclusione da 6 mesi a 2 anni: è stata fatta una distinzione tra quando il concreto pericolo era rivolto alle persone, con una pena più alta, e quando, invece, al pericolo era rivolto alle cose.

Segnalo che la modifica apportata nel corso dell'esame in sede referente al testo originale dell'articolo consiste nella distinzione delle ipotesi di pericolo per l'integrità delle persone da quelle per l'integrità delle cose.

L'articolo 7 reca modifiche al codice penale intese a rafforzare il quadro normativo posto a presidio del regolare e pacifico svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. In particolare, vengono introdotte circostanze aggravanti per i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, di resistenza a un pubblico ufficiale, di violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario e ai suoi singoli componenti, per l'interruzione di ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità, devastazione e saccheggio, questi se commessi in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. Durante l'esame in sede referente è stata, inoltre, introdotta un'ulteriore ed importante modifica che riguarda l'oltraggio a pubblico ufficiale e al magistrato in udienza, al fine di introdurre il minimo edittale dei sei mesi della pena della reclusione. Nella vigente formulazione del codice penale chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni o offende l'onore o il prestigio di un magistrato in udienza è punito con la reclusione fino a tre anni, oggi, invece, appunto, è stata introdotta una pena da sei mesi a tre anni. Il medesimo articolo 7 interviene, infine, sull'articolo 635 del codice penale, prevedendo un'ipotesi aggravata del reato di danneggiamento che viene ad operare qualora i fatti siano commessi in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.

L'articolo 8 introduce misure straordinarie per l'eliminazione dell'arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze penali di condanna. Tali misure straordinarie sono volte a neutralizzare i riflessi negativi sull'ordine pubblico derivanti dalla ritardata esecuzione di sentenze di condanna per reati anche gravi, i cui effetti risultano pregiudizievoli per l'ordine e la sicurezza pubblica, anche in relazione alla mancata iscrizione della sentenza di condanna nel casellario giudiziale, grazie alla quale i condannati risultano incensurati e, quindi, possono, di fatto, in caso di reiterazione, ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena, pur non avendone titolo. Dette misure straordinarie consistono nell'assunzione a tempo determinato di durata annuale fino ad un massimo di 800 unità di personale amministrativo non dirigenziale, anche in sovrannumero, in aggiunta alle facoltà assunzionali ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente, nello scorrimento delle graduatorie vigenti alla data di entrata in vigore del decreto e mediante l'avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento.

Per quanto riguarda la copertura finanziaria, gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo sono quantificati in 3.861.324 per l'anno 2019 e in 27.029.263 per l'anno 2020.

Nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto l'articolo 8-bis che reca disposizioni per agevolare la destinazione di immobili pubblici a presidi di forze di polizia e prevede che, per la progettazione necessaria agli enti previdenziali pubblici, per la valutazione degli investimenti immobiliari da adibire a presidi di forze di polizia, siano utilizzate le risorse disponibili a legislazione vigente iscritte nei pertinenti capitoli dello stato di previsione.

Sempre in sede referente è stato aggiunto, altresì, l'articolo 8-ter che riguarda l'incremento del monte ore di lavoro straordinario per il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che aumenta, fino a 259.890, per l'anno 2019, e a 340 mila, dall'anno 2020, le ore di lavoro straordinario.

Infine, in sede referente è stato aggiunto l'articolo 8-quater che dispone in merito alla dotazione organica del Ministero dell'Interno e prevede un ulteriore posto di funzione dirigenziale di livello generale per l'area delle funzioni centrali.

L'articolo 9 reca disposizioni per la fissazione di nuovi termini in materia di protezione di dati personali e per la proroga di termini in tema di intercettazioni. Viene prorogato al 1° gennaio 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la riforma della disciplina delle intercettazioni e acquistano efficacia le disposizioni del citato decreto legislativo; inoltre, è sempre prorogato al 1° gennaio 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti, tale da consentire la pubblicità dell'ordinanza di custodia cautelare di cui all'articolo 292 del codice di procedura penale.

L'articolo 10 prevede, dal 20 giugno 2019 fino al 14 luglio 2019, l'impiego di 500 militari per l'Universiade Napoli 2019. La spesa autorizzata è di 1.214.141 euro.

L'articolo 10-bis, invece, autorizza la spesa di 1 milione 330 mila euro per il 2019, di 4 milioni per il 2020 e di 5 milioni dal 2021 per i pasti del personale di polizia qualora impiegato fuori sede in servizi in località ove non siano disponibili strutture adibite a mensa o esercizi privati convenzionati. Questo è stato aggiunto, ovviamente al testo originario, nell'esame in sede referente.

L'articolo 10-ter, altro articolo inserito, istituisce l'ispettorato scuole della Polizia di Stato con i compiti di coordinamento delle attività di formazione e addestramento della Polizia di Stato.

L'articolo 11 introduce una triplice fattispecie di ingresso in Italia per missione, per gara sportiva e ricerca scientifica tra quelle per cui il permesso di soggiorno non è necessario, in caso di soggiorni non superiori a tre mesi, salvo comunque l'obbligo di acquisire il visto d'ingresso. Si tratta di una semplificazione disposta con carattere di urgenza in ragione dello svolgimento delle Universiadi di Napoli.

Con l'articolo 12 viene istituito nello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri un fondo per le politiche di rimpatrio, volto a sostenere iniziative di cooperazione o intese bilaterali per la riammissione degli stranieri irregolari presenti nel territorio nazionale e provenienti da Paesi extra UE. La dotazione è di 2 milioni di euro per l'anno 2019 che potranno essere incrementati da una quota annuale fino a 50 milioni di euro determinata annualmente con decreto interministeriale.

Il Capo III, che comprende gli articoli da 13 a 17, è interamente di competenza della Commissione Giustizia e detta disposizioni urgenti per il contrasto dei fenomeni di violenza connessi a manifestazioni sportive. In particolare, il comma 1 dell'articolo 13 modifica la legge 13 dicembre 1989, n. 401, relativa a interventi nel settore del gioco e delle scommesse clandestine e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive.

Nel dettaglio, la lettera a) del comma 1, intervenendo sull'articolo 6 della citata legge, aggiunge il reato di rissa tra quelli che in caso di denuncia o di condanna anche non definitiva possono comportare l'applicazione del Daspo, vale a dire del divieto di accesso alle competizioni sportive, e specifica che i fatti che determinano il questore o l'autorità giudiziaria ad emettere il divieto di accesso alle competizioni sportive possono essere stati commessi anche non in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Ancora, introduce un nuovo comma 1-ter nel quale sposta il contenuto dei previgenti secondo e ultimo periodo del comma 1 e precisa che il Daspo per fatti commessi all'estero può essere disposto a seguito di accertamenti svolti non solo dall'autorità straniera competente, ma anche dalle forze di polizia italiane che cooperano con detta autorità in relazione alla specifica manifestazione sportiva.

A seguito della modifica introdotta in sede referente, aumenta la durata massima della misura di prevenzione applicabile ai recidivi ed a coloro che abbiano violato un precedente Daspo. Nei confronti di persona già destinataria del Daspo, la durata del nuovo divieto non potrà essere inferiore a cinque anni né superiore a dieci; in precedenza si andava da cinque a otto anni e il testo originario del decreto-legge fissava la durata da sei anni a dieci anni.

Viene modificato il comma 7 relativo al Daspo comminato dal giudice a seguito di sentenza di condanna per violazione di un precedente provvedimento di divieto di accesso a manifestazioni sportive; anche in questo caso la durata massima del provvedimento viene portata a dieci anni rispetto ai previgenti otto.

Si subordina il provvedimento di riabilitazione che il destinatario può chiedere trascorsi tre anni dalla cessazione del divieto a condotte di ravvedimento operoso consistenti, a seguito delle modifiche approvate in sede referente, alternativamente, nella riparazione dei danni causati mediante risarcimento, anche in forma specifica, nella collaborazione con le autorità ai fini dell'individuazione di altri autori o partecipanti ai fatti che hanno determinato il Daspo e nello svolgimento di lavori di pubblica utilità, consistenti, questa è la novità, nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività.

Si inserisce ancora il comma 8-ter per consentire al questore, quando il Daspo colpisca soggetti definitivamente condannati per delitti non colposi, di aggiungere al divieto di partecipazione alle manifestazioni sportive anche i divieti normalmente impartiti ai destinatari dell'avviso orale. Si tratta del divieto di possedere o utilizzare in tutto o in parte qualsiasi apparato di comunicazione radio trasmittente, armi di modesta capacità offensiva, liquidi o miscele irritanti, prodotti pirotecnici, sostanze infiammabili. Alla lettera b) e alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 13 si stabilisce che le condotte di violenza, minaccia o lesioni personali gravi o gravissime posti in essere nei confronti dell'arbitro e degli altri soggetti deputati a verificare la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive siano assoggettate alla medesima pena già prevista per gli analoghi comportamenti diretti contro gli addetti ai controlli. Il comma 2 dell'articolo 13 interviene invece sull'articolo 8 del decreto-legge 8 febbraio 2007 n. 8 convertito dalla legge 4 aprile 2007, n. 41 al fine di chiarire che il soggetto sottoposto a Daspo non più efficace non può avere accesso…

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO TURRI, Relatore per la II Commissione. … a sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, compresa l'erogazione a prezzo agevolato o gratuito di biglietti e abbonamenti o di titoli di viaggio soltanto una volta ottenuta l'abilitazione. All'articolo 14 interviene sull'articolo 77 del codice antimafia per consentire il fermo di indiziato di delitto in deroga ai limiti di pena previsti dal codice di procedura penale anche per coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Per procedere al fermo sarà comunque richiesto che il reato per il quale si procede sia contemplato tra quelli per i quali è consentito l'arresto facoltativo in flagranza. Presidente, faccio presente che faccio duplice intervento anche quindi per…

PRESIDENTE. Ha sempre venti minuti.

ROBERTO TURRI, Relatore per la II Commissione. Venti minuti sempre: perché erano due relatori.

PRESIDENTE. Ho capito, però, si immagina se fossero tre.

ROBERTO TURRI, Relatore per la II Commissione. E no, sono due. Comunque ho quasi finito. L'articolo 15 rende permanente la disciplina dell'arresto in flagranza differita nei seguenti casi: per reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto e per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose compiute alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche per il quale è obbligatorio l'atto d'arresto.

L'articolo 16, modificato nel corso della sede referente, interviene sugli articoli 61 e 131-bis del codice penale ed è volto al rafforzamento delle misure di contrasto ai fenomeni di violenza nelle competizioni sportive.

L'articolo 17 modifica l'articolo 1-sexies del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, convertito con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2003, n. 88, recante sanzioni volte a colpire il fenomeno della rivendita abusiva di accesso alle manifestazioni sportive.

PRESIDENTE. Onorevole Turri, lei può lasciare in allegato la sua relazione.

ROBERTO TURRI, Relatore per la II Commissione. Ho finito, Presidente.

PRESIDENTE. Anche il tempo, da un minuto.

ROBERTO TURRI, Relatore per la II Commissione. L'articolo 18 contiene, infine, disposizioni concernenti l'entrata in vigore del decreto-legge.

PRESIDENTE. Grazie, mi dispiace ma il Regolamento è questo. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo.

ENRICO BORGHI (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per formalizzare una richiesta specifica alla Presidenza e sottolineare innanzitutto, dal nostro punto di vista, la gravità del fatto che, a fronte delle richieste avanzate da una serie di esponenti delle minoranze, il gruppo del Partito Democratico, il gruppo di LeU, i rappresentanti del gruppo Misto o comunque parte del gruppo Misto, di avere una informativa del Ministro dell'Interno in Aula e a fronte di due comunicazioni formali in questo senso, dopo la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, da parte del Presidente Fico al Ministro Fraccaro, ci troviamo nella condizione per la quale in quest'Aula non è stata fornita nessuna comunicazione di risposta e assistiamo, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, a non meglio precisati segnali obliqui all'interno della maggioranza con il Ministro dell'Interno che, avendo parzialmente modificato la sua originaria versione, che non voleva coinvolgere in alcun modo il Parlamento, ora sembrerebbe incline ad intervenire mercoledì al Senato, secondo quanto riferito da fonti di stampa, non dai banchi del Governo, ma prendendo la parola dai banchi del suo gruppo.

Tale circostanza evidentemente dal punto di vista politico parlerebbe da sola della fine del Governo, ma non è questo il punto che in questo intervento vorrei sollecitare, così come non vorrei neppure entrare nel merito della questione, signor Presidente, ma vorrei stabilire un punto. La questione della informativa dei membri dell'Esecutivo nelle Aule dei parlamentari non è normata dal Regolamento della Camera: non essendo normata e, quindi, non essendoci una norma cogente che impone in maniera automatica a qualsivoglia membro dell'Esecutivo, su richiesta avanzata in maniera formale, di dover rispondere alle Camere, è la prassi che si sostituisce alla norma. Ora, siccome la prassi è oggetto di una modifica in corso d'opera, in assenza di una risposta formale da parte del Ministro dell'Interno, sta diventando prassi, e quindi conseguentemente norma comportamentale tra di noi, che, a fronte di un fatto che noi dalla minoranza riteniamo di estrema gravità, cioè la questione in ispecie che interessa il partito del Ministro dell'Interno e i rapporti tra il Ministro dell'Interno e i suoi collaboratori che, secondo quanto riferito da fonti di stampa, si sarebbero recati in Russia per chiedere dei finanziamenti esteri per il loro movimento, ebbene su questo punto specifico non vi è risposta. Quindi, conseguentemente appare legittimato il fatto che le richieste dei gruppi di minoranza e le richieste del Presidente della Camera non debbano e non possano avere una risposta. Noi questo punto, in punta di diritto, lo contestiamo, e richiediamo formalmente che il Presidente Fico venga in quest'Aula e dica a quest'Aula come sono i termini della questione, cioè, a fronte delle due – ripeto, due - comunicazioni formali che il Presidente della Camera ha inviato al Governo, il Governo ha risposto o no? Perché noi assistiamo, in questa settimana, a una serie di prese di posizione. La discussione di merito che è una discussione su di un provvedimento di competenza del Ministro dell'Interno vedrà o no la presenza, al di là della doverosa e, per quel che ci riguarda, anche apprezzata presenza del Vice Ministro Molteni, del Ministro Salvini ai nostri lavori, sì o no? Perché se arrivassimo addirittura al paradosso che il Ministro Salvini si rifiutasse di intervenire con riferimento alla questione della informativa e poi, bello come il sole, venisse qui e si prendesse gli applausi a scena aperta della sua maggioranza e di quei gruppi di minoranza, che non vedono altro che utilizzare il “decreto sicurezza-bis” per inserirsi nel quadro del dibattito sul nuovo Esecutivo, noi questo, signor Presidente, non lo potremmo accettare e conseguentemente – lo voglio dire in conclusione - il nostro atteggiamento, in assenza di risposta, sulla discussione generale e sul prosieguo del provvedimento sarà un atteggiamento coerente e proporzionato alla gravità del fatto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

LAURA BOLDRINI (LEU). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Sullo stesso tema?

LAURA BOLDRINI (LEU). Sì, signor Presidente, è sullo stesso tema e mi associo alle richieste fatte dal collega Borghi in merito a una risposta che si deve normalmente, perlomeno a memoria di questa Camera, al Presidente della Camera, quando appunto si richiede un'informativa. Ora lei, Presidente, sa bene che significa per la terza carica dello Stato chiedere a un Ministro di venire a riferire, farlo per iscritto e non ottenere risposta. Io penso che questo sia uno dei più grandi schiaffi che un Ministro possa dare a un rappresentante istituzionale di altissimo livello come il Presidente della Camera, che va proprio a delegittimare l'istituzione Camera.

Quindi, è veramente incomprensibile come questo possa accadere e come non ci sia, anche da parte dei colleghi della maggioranza del Ministro Salvini, del MoVimento 5 Stelle una sollecitazione più vigorosa in merito a questa istanza. Perché, vede, è del tutto legittimo che le opposizioni chiedano la presenza del Ministro in una circostanza che sembrerebbe essere quanto meno opaca, signor Presidente, quanto meno opaca.

Infatti, le fonti giornalistiche parlano di rapporti abbastanza inquietanti tra esponenti del partito del Ministro Salvini e tre esponenti russi, ai quali appunto i leghisti avrebbero chiesto soldi per riuscire a portare avanti una campagna elettorale - parlo sempre in base alle indiscrezioni giornalistiche - che aveva come obiettivo di minare l'Unione Europea.

Questo vuol dire minare gli interessi nazionali, signor Presidente, perché vuol dire giocare contro l'interesse degli italiani. Questo Parlamento ha o no il diritto di sapere dalla persona del Ministro stesso come stanno le cose? Può un Ministro continuare a nascondersi? Se si nasconde, è perché c'è qualcosa che non va. Questo Ministro, che fa della sfida la sua cifra, poi, quando ci sono i processi, scappa via, si fa scudo con l'immunità parlamentare, e quando c'è da riferire in Parlamento su questioni quantomeno opache - e sono diplomatica - non si fa vedere. Il Ministro “chi l'ha visto?”, signor Presidente. Per tutelare questa Camera, perché trovo veramente molto, molto brutto quello che sta accadendo ai danni del Presidente Fico, e dunque di tutta l'istituzione, sono a sollecitare di nuovo una risposta da parte del Ministro Salvini, e soprattutto che il Presidente Fico ci relazioni in merito a quanto da lui fatto, e ci dica come appunto le nostre richieste, quelle delle opposizioni, possano finalmente trovare un esito, perché non crederei veramente accettabile il fatto che su questa vicenda risponda un Presidente del Consiglio, che sembrerebbe peraltro estraneo, e che lo faccia nell'altro ramo del Parlamento. Cioè, che cos'è questa? È un'altra via di fuga, in cui il Presidente del Consiglio si deve prestare a rispondere di cose di cui immagino non ha un'esperienza diretta, per dire qualcosa, tanto per dire, in modo da mettere a tacere le richieste dell'opposizione. Non funziona così in una democrazia. Anche se il Regolamento della Camera non impone al Ministro di venire a riferire, è vero che in una democrazia il Ministro si deve sottoporre alla verifica del Parlamento, e se non lo fa crea un vulnus. La mia preoccupazione, anche in base a come abbiamo visto svolgersi i lavori nelle Commissioni I e II su questo “decreto sicurezza-bis”, che è all'ordine del giorno, è che questi signori stiano diventando allergici ad ascoltare le opposizioni, tant'è che il PD e LeU si sono dovuti ritirare, signor Presidente, dalla discussione, perché vituperati nel corso della stessa. Appunto, una discussione in cui non abbiamo potuto ascoltare le ONG: Sea-Watch, invitata a Bruxelles nella persona di Carola Rackete, qui neanche come associazione è stata ascoltata, signor Presidente. Tutto questo è un brutto sintomo; è come se ci fosse un periodo di transizione verso una democrazia non più parlamentare ma illiberale. La ringrazio, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Boldrini, naturalmente le vostre richieste verranno portate all'attenzione del Presidente. Ricordo che nell'ultima Conferenza dei capigruppo in cui questo tema è stato trattato - era presente il Ministro Fraccaro -, il Presidente Fico ha fatto nuovamente presente la richiesta di informativa che è stata presentata da parte dei diversi gruppi al Ministro Salvini, e il Ministro Fraccaro ha risposto di conseguenza. C'è stata una successiva lettera che il Presidente Fico ha mandato al Ministro Fraccaro, Ministro competente per i rapporti con il Parlamento. Sono certo che il Presidente Fico si farà portatore delle risposte eventuali che gli dovessero arrivare e che i gruppi hanno comunque tutti gli strumenti anche per chiedere un rapporto diretto con il Presidente della Camera. Io riporterò quanto è stato segnalato oggi.

ENRICO BORGHI (PD). O venga qui a dircelo…

PRESIDENTE. Onorevole Borghi, il Presidente Fico…

ENRICO BORGHI (PD). Noi chiediamo che venga in Aula! È il momento del cambiamento, cambiamo!

PRESIDENTE. Nel rispetto delle regole, anche questa è un'innovazione. Il Presidente Fico risponderà dove riterrà, se lo riterrà di fare in Conferenza dei capigruppo. Adesso non facciamo un dialogo, onorevole Borghi.

È iscritto a parlare l'onorevole Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (M5S). Presidente, gentili colleghi, approda oggi in Aula il decreto-legge n. 53 del 14 giugno 2019, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica. Il testo, originariamente costituito da 18 articoli, nel corso del lavoro delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia ha subito numerose modifiche con l'aggiunta di 10 nuovi articoli. Il decreto contiene disposizioni in materia di immigrazione, di ordine pubblico, di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive, di personale delle forze di polizia, delle Forze armate, dei vigili del fuoco, del Ministero dell'Interno, inoltre contiene altre disposizioni, come quella che consente al Ministero della Giustizia di assumere 800 unità di personale amministrativo non dirigenziale per eliminare l'arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze penali di condanna.

In materia di ordine pubblico, soprattutto in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, il decreto-legge interviene sulla legge n. 152 del 1975, per inasprire la pena in caso di violazione del divieto di uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona nelle manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. Inoltre, interviene sul codice penale per garantire il regolare e pacifico svolgimento delle manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, punendo più severamente i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, di interruzione di pubblico servizio e di devastazione e saccheggio, quando le condotte siano poste in essere durante manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, e introducendo una nuova ipotesi di danneggiamento a carico di chiunque commetta i fatti in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico. Per il contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive si interviene sulla disciplina del cosiddetto Daspo (divieto di accesso alle competizioni sportive) per ampliarne la portata. Si interviene inoltre sul codice antimafia, per consentire il fermo di indiziato di delitto in deroga ai limiti di pena prevista dal codice di procedura penale anche per coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Si stabilizza inoltre nel nostro ordinamento l'istituto dell'arresto in flagranza differita per reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Nel corso dell'esame in sede referente sono state introdotte diverse disposizioni che attribuiscono risorse per il personale delle strutture dello Stato istituzionalmente preposte alle attività di pubblica sicurezza e di soccorso pubblico. Di questo pacchetto di interventi siamo particolarmente orgogliosi, perché si tratta di emendamenti voluti dall'intera maggioranza in cui anche il MoVimento 5 Stelle ha creduto fortemente sin dall'inizio. Queste misure riguardano le forze di polizia e, per alcuni profili, le Forze armate e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Durante l'intenso lavoro nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, come MoVimento 5 Stelle abbiamo presentato alcuni emendamenti, approvati poi dall'intera maggioranza. Mi limiterò ad alcune brevi considerazioni. Anzitutto, lo stop al business dell'immigrazione era già un obiettivo contenuto nel programma elettorale del MoVimento 5 Stelle, e questo tema è poi confluito nel contratto di Governo: con alcune misure inserite in questo provvedimento abbiamo dimostrato di essere determinati a raggiungere questo obiettivo. Per quanto riguarda il contrasto all'immigrazione illegale, il MoVimento 5 Stelle ha sempre sostenuto la necessità di individuare una soluzione affinché le imbarcazioni che ignorano le nostre leggi non tornino più in mare già alla prima infrazione, e così sarà. Tra gli emendamenti approvati all'articolo 2 del decreto c'è infatti quello del MoVimento 5 Stelle, che prevede la confisca della nave già alla prima violazione. Lo scopo è quello di scoraggiare chiunque voglia perseverare nel violare le norme italiane. A differenza della formulazione originaria, che prevedeva la sanzione accessoria della confisca della nave e il sequestro cautelare solo in caso di reiterazione della violazione, le Commissioni hanno previsto l'immediato sequestro e la conseguente confisca senza attendere una seconda violazione. Sempre nel corso dell'esame in sede referente è stato inserito, con emendamento a firma MoVimento 5 Stelle, il comma 6-ter nell'articolo 12 del testo unico immigrazione, in base al quale le navi sequestrate, in applicazione della sanzione amministrativa accessoria, possono essere affidate in custodia dal prefetto, previa richiesta, agli organi di polizia, alle Capitanerie di porto, alla Marina Militare, perché ne facciano uso per attività istituzionali, facendosi carico dei relativi oneri. Dunque, gli oneri del sequestro sono di norma attribuiti al proprietario e armatore, salva l'ipotesi in cui le imbarcazioni siano assegnate per fini istituzionali alle suddette amministrazioni. Con un emendamento a mia prima firma è stato inoltre modificato l'articolo 5 del decreto-legge.

L'originaria formulazione dell'articolo 5, infatti, prevedeva che i gestori di strutture ricettive per soggiorni non superiori alle 24 ore dovessero comunicare con immediatezza alla questura territorialmente competente le generalità delle persone alloggiate, tuttavia, come è stato ben evidenziato durante l'audizione in Commissione, tutto ciò avrebbe comportato notevoli problemi applicativi.

Con l'emendamento, invece, l'immediatezza è stata sostituita con un termine congruo di sei ore dall'arrivo della persona alloggiata. Questo obbligo è previsto per i soggiorni non superiori a un giorno e vige per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, nonché per i proprietari o gestori di case ed appartamenti per vacanze e gli affittacamere. Infine, con un altro emendamento a mia prima firma, è stato modificato l'articolo 6 del decreto-legge.

L'articolo 6 introduce l'articolo 5-bis nella legge n. 152 del 1975, con particolare riguardo al regolare svolgimento delle manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. L'articolo 5-bis punisce chiunque nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico crea un concreto pericolo per l'incolumità delle persone o per l'integrità delle cose, lanciando o utilizzando illegittimamente razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per le emissioni di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o comunque atti ad offendere.

Da un punto di vista sanzionatorio, tuttavia, nella formulazione originaria dell'articolo il concreto pericolo per l'incolumità delle persone e il concreto pericolo per l'integrità delle cose era equiparato, cioè una sanzione da 1 a 4 anni di reclusione. Con l'emendamento, pur mantenendo la sanzione prevista per il concreto pericolo all'incolumità delle persone, è stata invece abbassata la sanzione da sei mesi a due anni di reclusione per il caso meno grave, cioè il concreto pericolo per l'integrità delle cose, restituendo, quindi, simmetria sanzionatoria tra due condizioni tra loro molto diverse. Concludendo, tra i compiti fondamentali dello Stato c'è certamente quello di assicurare la sicurezza. Da un punto di vista strettamente letterale, la sicurezza è richiamata nella nostra Costituzione complessivamente dieci volte, negli articoli 13, 14, 16, 17, 41, 117, 120 e 126.

A queste vanno aggiunte le disposizioni che si riferiscono a concetti analoghi, quali l'incolumità o l'ordine pubblico. Da qui ne discende che la sicurezza è certamente un bene di rilievo costituzionale, che la sicurezza è un limite di alcuni diritti fondamentali e che la sicurezza è uno specifico compito dello Stato. La sicurezza, quindi, non è un fine astratto, ma un mezzo a garanzia dell'esercizio pieno e autonomo dei diritti dell'individuo in quanto parte di una comunità democratica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI (PD). Grazie, Presidente. Credo che questo provvedimento che stiamo discutendo, questo “decreto sicurezza-bis”, possa essere in qualche modo considerato come un provvedimento paradigmatico, un provvedimento manifesto del modo di intendere la politica e le istituzioni dell'attuale vero dominus del Governo, del Vicepremier Salvini; quello che oggi gestisce effettivamente le questioni di Governo, quello che siamo tutti in attesa di capire, con il pollice verso in su o in giù, se decreterà la continuità o la fine di questo Governo. Insomma, l'attuale vero capo del Governo Salvini. Infatti, questo è un provvedimento che ha voluto fortemente lui, che ha sponsorizzato e che, secondo me, riassume molto bene le caratteristiche di come lui intende la politica e il rapporto istituzionale. Intanto per il metodo che è stato seguito sia nella fase istruttoria sia nella fase decisionale di questo decreto.

Un decreto-legge, quindi un decreto che dovrebbe essere assistito da ragioni di necessità e urgenza, che, peraltro, sono contraddette dalla sua stessa relazione introduttiva, laddove si dice che non c'è più oggi un'emergenza sbarchi; eppure si fa un decreto-legge che dovrebbe avere come presupposti la necessità e urgenza. E poi anche, dicevo, per il metodo che si è seguito in queste settimane nella discussione in Commissione. Ricordo due o tre questioni che si sono succedute e che danno il senso e il segno di come vengono intesi anche i rapporti istituzionali da questa maggioranza e dall'attuale leader di questa maggioranza, e cioè da Matteo Salvini. Intanto ricordo - lo ha fatto poco prima di me la collega Boldrini - che con un diktat che è pervenuto direttamente dal Vicepresidente del Consiglio, al quale, ovviamente, la maggioranza si è piegata senza nulla dire, si è esclusa un'audizione che era stata ammessa dai presidenti di Commissione, un'audizione di una ONG, con la scusa che questa ONG era interessata dalle norme oggetto di questo provvedimento.

Cioè, il motivo per cui questa ONG non è stata ascoltata, il motivo formale, è stato perché questa ONG era controinteressata alle norme di questo provvedimento, cioè era una dei destinatari di questo provvedimento. Quindi, ad allargare questa idea e questo concetto, qualunque soggetto che sia interessato da un provvedimento di legge non potrebbe essere audito in Commissione. Ma noi sappiamo bene qual è stata la ragione per cui non si è voluto audire la Sea-Watch, che era già stata autorizzata dai presidenti di Commissione, senza che nessuno bofonchiasse o dicesse una parola: la ragione è stata che in quel momento la Sea-Watch era parte di uno scontro di natura politica con il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, il quale non voleva che alla Sea-Watch si desse un palcoscenico istituzionale, e quindi ha preteso e ottenuto la violazione di un principio fondamentale del funzionamento di questa Camera, e cioè che si ascoltano tutti i soggetti che sono interessati da un provvedimento, senza esclusioni di natura politica.

Questo, invece, è avvenuto su pretesa del Vicepresidente del Consiglio, alla quale la maggioranza si è piegata supinamente. E poi ancora ricordiamo la vicenda degli emendamenti dichiarati inammissibili: alla fine dell'istruttoria i presidenti delle due Commissioni hanno dichiarato inammissibili alcuni emendamenti. Anche qui è arrivato il diktat del Governo, il diktat del Vicepresidente del Consiglio, che ha detto: se non riammettete quegli emendamenti, salta il Governo. E allora anche qui la maggioranza, l'istituzione, la Camera si è piegata e ha consentito che venissero riammessi questi emendamenti. Anche questo una grave violazione dell'autonomia di questa istituzione, che è stata fatta su diktat, su pretesa e su richiesta dell'attuale Vicepresidente del Consiglio, e cioè del dominus del Governo e di colui che voleva fortemente questo provvedimento.

E poi ancora i tempi di discussione: è vero, noi in discussione degli emendamenti abbiamo utilizzato i tempi che ci erano concessi, abbiamo stressato anche la discussione, perché ci importava, da un lato, segnalare la nostra ferma opposizione per le ragioni di merito alle quali tra poco arriverò, per le ragioni di merito che ci rendono assolutamente contrari a questo provvedimento; ci interessava anche segnalare e mettere in evidenza che in quel momento, quando noi utilizzavamo questi tempi e stressavamo un po' la discussione, ci interessava segnalare che il Vicepresidente del Consiglio, il dominus del Governo Matteo Salvini, si permetteva di non rispondere a una richiesta del Presidente della Camera di venire in Aula a riferire sulle questioni che riguardano Savoini, Russiagate, i soldi, la presunta tangente internazionale, la presunta corruzione internazionale. Si permetteva di non rispondere a una richiesta di informativa; non di dire “non vengo”, di rispondere ufficialmente “io non vengo perché ritengo di no”. No, si permetteva di non rispondere, di trattare il Parlamento italiano come tamquam non esset, con una scrollata di spalle; e noi, a difesa delle istituzioni, a difesa di questo Parlamento, abbiamo deciso di stressare la discussione e anche di fare atti che non sono in linea con il nostro senso delle istituzioni, e cioè di bloccare anche i lavori per denunciare quanto stava accadendo, e cioè per denunciare quella grave violazione delle prerogative del Parlamento che Salvini stava in quel momento producendo.

Ma siamo andati avanti, abbiamo continuato la discussione, nonostante fossimo rimasti in tre dell'opposizione, della vera opposizione, non di quella finta che dice di essere opposizione, ma poi vota sempre con la maggioranza, ma della vera opposizione eravamo rimasti in tre in Commissione a discutere; e, nonostante questo, sono stati ulteriormente compressi i tempi, perché da cinque minuti siamo arrivati a tre minuti, e questo ci ha indotto, visto che, sostanzialmente, la possibilità di confronto si era esaurita, ad abbandonare i lavori di Commissione.

Questo è l'iter ricostruito attraverso il quale si è arrivati in Aula questa mattina ed è la ragione per la quale noi denunciamo, anche in questa sede, una concezione delle istituzioni che noi non condividiamo e che riteniamo pericolosa per le libertà e le garanzie di questo Paese.

E poi ci sono ragioni di merito, che, secondo noi, sono paradigmatiche del modo di intendere la politica e della politica attuale di questo Governo e del Vicepresidente del Consiglio Salvini e, cioè, un provvedimento che viene sbandierato, una norma manifesto che non ha ai fini proposti alcuna efficacia giuridica, che non potrà raggiungere gli effetti che pretende ma che va bene e viene propagandata e veicolata perché quello che interessa è semplicemente la propaganda. Quello che interessa è semplicemente lanciare un messaggio ed è un messaggio pericoloso quello che si lancia, perché è un messaggio che addita a nemici del popolo e a nemici del Paese le ONG, tutte le ONG e tutte le organizzazioni non governative, cioè tutti gli enti e le istituzioni che si occupano professionalmente di solidarietà: Save the Children, Medici senza Frontiere, Medicus Mundi. Tutte! Sono tutte ONG queste e vengono additate tutte a nemici del Paese, perché questo è l'obiettivo: additare a nemici del Paese le organizzazioni che fanno solidarietà. E lo si fa attraverso un decreto che dice alcune cose che non potranno essere perseguite e mette in evidenza molte contraddizioni.

Allora, è un decreto in cui i due articoli principali, che sono gli articoli 1 e 2 (e lo abbiamo ribadito nella discussione in Commissione), dispongono un nuovo potere in capo al Ministro dell'Interno, cioè il potere di bloccare, prima dell'ingresso nelle acque territoriali, imbarcazioni quando queste imbarcazioni, a discrezione del Ministro dell'Interno, possano mettere a repentaglio l'ordine o la sicurezza pubblica oppure possano violare le norme - e lo dico in termini semplificati - che riguardano l'immigrazione. Questo è ciò che dispone questo decreto: un potere in capo al Ministro dell'Interno che ha questa finalità.

Però, dice anche la norma, ovviamente, “nel rispetto delle normative internazionali”. E cosa dicono queste normative internazionali? Vediamo cosa dicono le normative internazionali che sono sovraordinate rispetto alla nostra legislazione ordinaria, perché noi sappiamo benissimo che la nostra Costituzione dispone che noi dobbiamo conformarci e rispettare le normative internazionali e i trattati internazionali ai quali abbiamo aderito. Dunque, cosa dicono queste normative? Cosa dice la normativa “Search and Rescue”, la normativa di Montego Bay, la normativa SOLAS? Cosa dicono tutti questi trattati? Cosa dice il codice della navigazione? Dice che se il comandante di una nave in navigazione individua o intercetta un'imbarcazione in cui ci sono persone in pericolo, naufraghi, cioè persone che sono su un'imbarcazione che non è più in grado di manovrare (questa è l'esatta definizione), quell'imbarcazione ha l'obbligo - ha l'obbligo, il dovere! - di salvare quelle persone e salvare quelle persone non significa semplicemente prenderle a bordo ma trasportarle in un porto sicuro e farle sbarcare in un porto sicuro.

Allora, quando questo decreto-legge dice che il Ministro dell'Interno ha la possibilità di bloccare una nave quando c'è un problema di ordine pubblico; non dice questa norma, perché nell'ambiguità vive questa normativa e l'obiettivo del Governo è proprio questa ambiguità, che se un'imbarcazione ha salvato naufraghi in mare questa norma, che è stata fatta da questo Governo, non vale perché ci sarà sempre la scriminante. Questo ce l'ha detto il primo giudice che si è occupato della questione, che ci sarà sempre una scriminante che riguarda l'obbligo e il dovere di salvare persone e vite umane in mare. E, allora, questa norma non sarà mai applicabile ai casi e alle fattispecie alle quali voi dite che invece si applicherà. Non sarà mai applicabile perché quella normativa internazionale impone a chiunque - e per fortuna e grazie al cielo - di salvare vite in mare.

E, allora, cos'è che vi interessa, visto che giuridicamente non avrà alcuna efficacia? Ve lo dico io cosa vi interessa: a voi interessa lanciare un messaggio all'opinione pubblica così come avete fatto sulla legittima difesa. Sulla legittima difesa non è cambiato niente dal punto di vista giuridico e lo sa qualunque avvocato e qualunque giurista. Ce l'hanno detto tutti: non è cambiata una virgola dal punto di vista dell'efficacia, ma a voi interessava lanciare un messaggio e chi se ne frega del merito. La stessa cosa è qui: a voi interessa lanciare un messaggio e chi se ne frega del merito e il messaggio è esattamente quello, cioè lanciare un messaggio di minaccia alle ONG che salvano profughi e vite umane in mare e la minaccia è: “Sappiate che se arrivate su un nostro porto io vi minaccerò di una sanzione”, che addirittura voi avete portato da 150 mila a un milione di euro. Ma non vi vergognate? È una sanzione vergognosa ed è una sanzione illegittima dal punto di vista costituzionale. Qualunque giurista e qualunque studente di giurisprudenza lo capisce, perché è del tutto sproporzionata. Ci penserà la Corte a sanzionare l'incostituzionalità di quella sanzione, ma a voi non interessa perché a voi interessa lanciare la minaccia: “Cara ONG, se tu salvi vite umane e poi vieni da me io ti minaccerò di una sanzione da 150 mila a un milione di euro, ti minaccerò della confisca della nave, ti minaccerò di tutte queste cose. Poi, certo, magari arriverà un giudice e dirà che non sono applicabili queste sanzioni perché tu hai fatto il tuo dovere salvando vite in mare, ma intanto c'è questa minaccia sulla tua testa”, quasi che questo fosse il problema nel nostro Paese: le ONG? L'immigrazione nel nostro Paese, il problema dell'immigrazione e i flussi migratori sono dati dalle ONG?

Io ho sentito, devo dire, parole chiare e anche dal mio punto di vista condivisibili da parte del sottosegretario Molteni in Commissione, quando ha preso la parola e ha affrontato a 360 gradi il problema e ha citato le questioni vere: i flussi migratori, il fatto che l'Italia non possa diventare la piattaforma, diciamo, di sbarco e di smistamento degli immigrati dell'Africa, il fatto che non sempre si è verificata una vera solidarietà internazionale da parte dei Paesi che hanno sottoscritto convenzioni insieme a noi per la gestione dei migranti. Sono tutte cose vere. Ma cosa c'entra questo decreto? Cosa c'entra questo decreto con quei problemi veri che sono stati giustamente descritti negli interventi? Non c'entra niente, perché a voi interessa la propaganda.

Certo, vi porterà voti, come vi ha portato voti il primo “decreto sicurezza”, quello che ha smantellato e distrutto l'unico strumento che consente la vera gestione dei migranti che è l'integrazione. L'avete distrutta lì e l'avete distrutta additando e dichiarando nemici del Paese tutte le associazioni che fanno integrazione. Avete distrutto l'integrazione perché questo alla fine vi porta consenso ma non fa il bene del Paese, non aiuta il Paese. Ma questo è il vostro obiettivo: il consenso. Va benissimo, certo, dato che la politica è consenso e, quindi, è anche giustificabile, ma quando si mettono a repentaglio i diritti e le garanzie in questo Paese - ed è quello che sta avvenendo - io credo che questo sia un pericolo.

Questo decreto contiene obbrobri giuridici e quando noi ce ne siamo andati dalla Commissione voi avete approvato norme che sono veramente, dal punto di vista giuridico, inguardabili. La sanzione, quella sanzione da 150 mila a un milione di euro per l'imbarcazione che arriva nelle acque territoriali, addirittura per essere applicata non dovrà neanche essere notificata alla nave. Voi l'applicate così, senza neanche obbligo di notifica. Ma giuridicamente vi pare una cosa sensata questa? Avete introdotto nella normativa l'arresto obbligatorio in flagranza per il comandante dell'imbarcazione o della nave che fa resistenza contro una nave da guerra, perché anche lì volete lanciare il messaggio che la Sea-Watch avrebbe fatto resistenza contro una nave da guerra, ma sapete benissimo - e se non lo sapete ve lo dico io e ve lo diranno tutti i giuristi - che nelle acque territoriali non ci sono navi da guerra e, in particolare, nelle acque territoriali italiane non sono navi da guerra - e lo dice la Corte costituzionale - le imbarcazioni della guardia costiera. Quindi, è solo un grido, è solo un flatus voci, è solo propaganda, che è quella che vi interessa.

E poi ancora, perché questo provvedimento non si compone solo di questo ma ci sono anche altre norme che, secondo noi, denotano un crinale pericoloso che noi vogliamo denunciare, perché è il crinale su cui ci sta portando questo Governo e questa maggioranza a trazione della destra reazionaria di Salvini e sono le norme che introducono aggravamenti di pena per la resistenza a pubblico ufficiale e per reati di devastazione e saccheggio, aggravamenti di pena in presenza di una circostanza e, cioè, che quei reati vengano commessi durante una manifestazione pubblica. Cioè l'aggravante di questi reati diventa l'esercizio di una libertà costituzionale garantita, l'esercizio di una libertà costituzionale garantita, cioè la manifestazione pubblica, diventa un'aggravante per un reato come quello di resistenza a pubblico ufficiale. E qual è il messaggio che date? Il messaggio che date è esattamente questo: attenzione alle manifestazioni pubbliche, attenzione a manifestare il dissenso, attenzione perché quello sarà guardato con particolare attenzione, perché quello sarà guardato con particolare criterio e rigidità. Attenzione a manifestare il dissenso nei confronti di questo Governo. Questo è il messaggio che lanciate mettendo un'aggravante che aggrava un reato per il semplice esercizio della libertà di manifestazione del pensiero.

Questo è quello che state facendo! E allora io dico: attenzione, attenzione. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, lo dico anche io: perché quando un Paese baratta, in nome della sicurezza, le proprie libertà, si avvia su un crinale pericoloso. Noi ci metteremo di traverso rispetto a questa deriva, anche se in questo momento il vento sembra soffiare nella vostra direzione, ma noi ci saremo sempre, come punto irriducibile di dissenso rispetto a questa deriva che state perpetrando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stefani. Ne ha facoltà.

ALBERTO STEFANI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge che è oggetto dell'odierna discussione, il “decreto sicurezza bis”, è un decreto che dovrebbe unire e non dividere: unire tutti coloro che ritengono che uno Stato abbia il dovere di esercitare le proprie prerogative di Stato sovrano, unire tutti coloro che ritengono che lo Stato abbia il diritto di regolare gli accessi nelle proprie acque territoriali. Finalmente il nostro Stato avrà il potere, avrà la possibilità di sanzionare chi si inserisce, chi fa ingresso illegittimo nelle nostre acque territoriali; finalmente un Ministro dell'Interno, un Ministro della Difesa, di concerto con il Presidente del Consiglio, potrà vietare l'ingresso nelle nostre acque territoriali per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato. E finalmente, per la prima volta, Presidente, il nostro Stato potrà rispettare l'articolo 19, comma 2, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, il quale stabilisce che uno Stato può vietare l'ingresso per ragioni di sicurezza dello Stato o di ordine pubblico.

Per la prima volta il nostro Stato potrà rispettare la Convenzione SAR, potrà dare rispetto alla Convenzione SAR, quando invece qualche ex Presidente del Consiglio italiano aveva svenduto l'Italia come piattaforma di sbarco di tutti i profughi e di tutti i finti profughi del Mediterraneo, per avere uno 0,2 di flessibilità in più: perché forse era incapace, era incapace di gestire una trattativa con l'Unione europea, ed allora qualcuno ha preferito svenderci in cambio di qualche porzione di flessibilità in più. Gli italiani non lo dimenticano, gli italiani non dimenticano di essere stati svenduti per 80 euro, Presidente e onorevoli colleghi.

Per la prima volta, colleghi, l'Italia avrà il potere di sanzionare un comandante di una nave che decide arbitrariamente di rivolgersi e di indirizzarsi verso un porto italiano, anche quando non era stato deciso quel porto come place of safety. Per la prima volta, colleghi, lo Stato italiano avrà la possibilità di sanzionare una comandante, come nel recente caso della Sea-Watch 3, la signora Carola Rackete, che, incurante delle convenzioni internazionali, ha deciso di indirizzarsi arbitrariamente verso il porto italiano, mettendo a rischio delle vite umane. Da oggi chi vorrà farlo sarà sanzionato anche amministrativamente e la nave sarà confiscata all'organizzazione non governativa. Il diritto si rispetta, non lo si infrange arbitrariamente, per mera pubblicità e visibilità personale.

E mi spiace che su quella nave siano saliti esponenti anche seduti in quest'Aula, esponenti che hanno deciso pubblicamente, senza fare mistero, di appoggiare il comportamento della comandante. C'è stata un'Italia che ha deciso, programmaticamente, di stare dalla parte di chi ha speronato la nave della Guardia di finanza e di chi ha deciso di mettere a repentaglio delle vite umane.

Noi preferiamo difendere le prerogative del nostro Stato, preferiamo difendere le prerogative di uno Stato sovrano che ha deciso di riprendere in mano la propria dignità, che ha deciso di farsi rispettare. Noi preferiamo difendere le donne e gli uomini che, in divisa, ci tutelano tutti i giorni, e proprio per questo abbiamo deciso in questo decreto-legge di inserire alcune norme che fanno dei passi in avanti nella loro direzione: abbiamo aumentato, incrementato il monte ore straordinari per quanto riguarda il personale operativo del Corpo dei vigili del fuoco, abbiamo scelto di potenziare i presidi delle forze di Polizia, abbiamo adottato misure per l'approvvigionamento dei pasti per il personale della Polizia di Stato impegnato in servizio di ordine pubblico fuori sede. Abbiamo inoltre previsto, nell'articolo 12, l'istituzione, presso il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, del Fondo di premialità per i rimpatri, per finanziare la cooperazione internazionale: perché noi consideriamo che soltanto se si gestiscono le cose lì, soltanto se si favoriscono delle condizioni socio-economiche negli Stati di partenza, potremo porre fine a questo fenomeno epocale. E proprio per questo ringrazio, da deputato della maggioranza, la volontà del Governo di potenziare le vie legali dell'immigrazione, di aver dato linfa a quelli che sono i corridoi umanitari. Questo Governo ha accolto centinaia e centinaia di veri profughi, di persone che davvero scappavano dalla guerra, che davvero scappavano dalle persecuzioni. È un modello, quello dei corridoi umanitari, sperimentato qui in Italia, che forse dovremmo insegnare a tutta l'Europa, quell'Europa che si dice tanto solidale, ma che forse è solidale soltanto sulla carta.

Anche in questo caso, Presidente, noi all'immigrazione irregolare e indiscriminata preferiamo regole chiare, preferiamo regole certe; all'Italia dell'accesso indiscriminato e dell'accesso lassista preferiamo l'Italia delle regole. A chi voleva un Paese in ginocchio, a chi voleva un Paese ridicolizzato da tutta Europa, preferiamo un Paese che ritrova la propria dignità. A chi voleva un Paese ostaggio di organizzazioni non governative di dubbia paternità, preferiamo un Paese che si fa rispettare, un Ministro dell'Interno che stavolta si fa rispettare.

Insomma, Presidente, all'Italia che sale su quella nave, all'Italia che difende il comportamento di una comandante che ha messo a rischio la vita delle nostre forze dell'ordine, noi preferiamo difendere i milioni e milioni di italiani che ci chiedono controllo dei confini, pattugliamento dei confini, difesa nazionale; ma che, soprattutto, ci hanno chiesto di rialzare la testa, perché è proprio quando rialzi la testa che decidi non abbassarla più (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fontana. Ne ha facoltà.

GREGORIO FONTANA (FI). Grazie, Presidente, sottosegretario Molteni, otto mesi fa quest'Aula ha licenziato il primo decreto-legge in materia di sicurezza. Noi di Forza Italia lo valutammo complessivamente in modo positivo, perché proponeva una serie di importanti misure in gran parte corrispondenti al programma che il centrodestra, unitariamente, aveva presentato agli elettori in occasione delle ultime elezioni politiche del 4 marzo dello scorso anno.

Forza Italia, nel corso dell'iter di quel provvedimento, aveva avanzato una serie di proposte migliorative, che in gran parte non furono esaminate per contraddizioni esclusivamente interne alla maggioranza, e il dibattito fu strozzato ponendo la fiducia.

Signor Presidente, con questo nuovo provvedimento ci può essere l'occasione per recepire molti temi che fino adesso non sono stati presi in considerazione, proposti in particolare da Forza Italia, che ha sempre visto come stella polare in questi argomenti il programma che abbiamo sottoscritto alle ultime elezioni politiche.

Il decreto-legge in esame interviene su diverse questioni, tutte assolutamente urgenti: dal potenziamento delle operazioni di polizia sotto copertura alla regolamentazione delle intercettazioni, all'esecuzione rapida delle sentenze, alla violenza negli stadi, alle misure per garantire il regolare svolgimento delle manifestazioni. Forza Italia ha esaminato con la massima attenzione tutti gli aspetti di questo decreto, che saranno poi oggetto anche di numerosi interventi dei colleghi di Forza Italia in questa discussione generale. Io vorrei cercare di focalizzare la questione che da molto tempo rappresenta più che una priorità, e cioè l'azione di contrasto all'immigrazione clandestina.

Dopo le disastrose politiche sull'immigrazione clandestina attuate, dal 2013 al 2018, dai Governi della sinistra - Letta, Renzi, Gentiloni - che non sono stati in grado di fronteggiare questo fenomeno, a partire dal “decreto sicurezza”, si sono fatti alcuni progressi. Questo è stato possibile, nei fatti, cercando di recuperare, come dicevo prima, e rilanciare quelli che sono gli elementi fondamentali della politica del centrodestra.

Su questo punto vale la pena ricordare che l'ultimo Governo Berlusconi aveva impostato un'azione ferrea di controllo del Canale di Sicilia e stipulato seri accordi bilaterali con gli Stati da dove provengono i migranti; in particolare, risultò molto efficace quello con la Libia, tant'è che nel 2010 in Italia si raggiunse il minimo storico degli sbarchi: solo in un anno, 4.406 sbarchi.

Poi, con la fine traumatica del governo Berlusconi, si bloccò anche questa virtuosa politica e i successivi Governi di centrosinistra subirono imponenti ondate migratorie, al punto da far registrare, tra il 2013 e il 2018, oltre 600 mila sbarchi. Il cambio di marcia è evidente da quando sono state adottate le politiche del centrodestra. Noi per primi segnalammo, nella scorsa legislatura, il problema delle ONG e chiedemmo di approfondire questo fenomeno con una indagine conoscitiva che avvenne al Senato con l'attività del Comitato Schengen. Ebbene, in base a questi provvedimenti e a questo nuovo impulso nel fronteggiare la politica migratoria siamo ritornati vicino ai dati, per quel che riguarda gli sbarchi, a quelli del 2010. Certamente non riusciremo a migliorarli, perché, ad oggi, siamo già vicini a quel dato di 4 mila; ma io penso che su questo punto si è fatto qualcosa di concreto.

Il primo “decreto sicurezza”, quindi, ha dato risultati concreti sul fronte del blocco degli sbarchi. Tuttavia, ha lasciato sostanzialmente inalterata la questione degli immigrati, che illegalmente circolano in Italia e che dovrebbero essere rimpatriati, tant'è che il Ministro dell'Interno, Salvini, ha giustamente posto nel decreto, e in particolare all'articolo 12, l'argomento dei rimpatri. D'altra parte, la politica dei rimpatri è logicamente collegata alla politica delle espulsioni, ma le espulsioni sono solo - è bene ricordarlo - una parte del problema, e di per sé non sono risolutive. Si deve sviluppare, a nostro avviso, un'azione che deve andare avanti di pari passo con un serio piano per i rimpatri, un complessivo piano per i rimpatri. Forza Italia ha più volte sollecitato questo secondo passaggio, nella convinzione che, dopo la prima fase del forte ridimensionamento degli sbarchi, diventa adesso fondamentale procedere con una seconda fase, rispetto alla lotta dell'immigrazione clandestina, realizzando un vasto piano rimpatri. E quale migliore occasione di questo decreto per concretizzare questo obiettivo? È, quindi, una questione urgente e non più rinviabile. Ogni giorno è sempre più evidente l'inadeguatezza del sistema di accoglienza, messo in piedi in fretta e furia, in maniera confusa, nel periodo della scorsa legislatura. Sono tuttora evidenti le macroscopiche carenze dell'accoglienza in Italia: un sistema costoso, inefficiente e criminogeno.

Signor Presidente, troppo spesso abbiamo visto la criminalità inserirsi nel business dell'accoglienza. Solamente nelle ultime settimane sono emerse gravissime truffe in tutta Italia: a Milano, Lodi, Imperia. Il denaro stanziato annualmente dallo Stato per la gestione dei richiedenti asilo è una cifra enorme, che però genera sprechi continui e troppo spesso attira gli appetiti della criminalità organizzata. Più in generale, le migliaia e migliaia di immigrati irregolari che circolano sul nostro territorio nazionale rappresentano, molto spesso, un inquietante problema di sicurezza per gli italiani e, a volte, sono anche motivo di tensioni sociali, soprattutto nelle zone meno fortunate del Paese. Si deve uscire da questa situazione e gli italiani, come è già avvenuto con la limitazione degli sbarchi, attendono risposte concrete. La politica del rimpatrio, che ci viene richiesta anche dall'Unione europea, è l'unica soluzione razionale per gestire, con umanità e fermezza, un fenomeno maledettamente complesso quale quello migratorio.

E bene fa il Governo ad impegnarsi su questa linea, ma non si capisce come sia possibile realizzare un vasto piano di rimpatri con risorse irrisorie. Una reale politica di rimpatrio comporta costi ingenti e lo stanziamento di appena 2 milioni di euro, previsto dal testo al nostro esame, è decisamente insufficiente. Non mi capita spesso di essere d'accordo col Presidente Conte, ma non posso dargli torto quando sostiene, come è avvenuto sul Corriere della Sera l'11 luglio scorso, che “per i rimpatri serve di più”. Sì, signor Presidente, per i rimpatri serve di più. E allora è sorprendente che il Governo non abbia voluto recepire, nel corso dei lavori delle Commissioni, l'emendamento di Forza Italia, che destina più risorse, e destina i risparmi di questo Parlamento, pari a 100 milioni di euro, al fondo presso il Ministero degli Affari esteri per una politica di rimpatrio. L'emendamento è stato firmato anche da colleghi di Fratelli d'Italia e della Lega, è un emendamento di centrodestra. Noi abbiamo proposto in Commissione questa ipotesi e la riproporremo in Aula. Adesso, se il mancato recepimento, sottosegretario Molteni, di questo emendamento si deve solo a motivi di natura tecnica, il Governo non dovrebbe certo avere difficoltà a fare una riformulazione; ma se il problema è politico, allora è evidente che i veti incrociati all'interno della maggioranza paralizzano l'azione del Governo.

Questo episodio, non secondario, confermerebbe lo stato di immobilismo del Governo e della maggioranza che lo sostiene. Così è in materia di immigrazione, ma anche su innumerevoli altri problemi vitali per la vita del nostro Paese. La maggioranza è divisa sulla TAV, sulla flat tax, sulla giustizia, sulle autonomie e, ovviamente, non poteva mancare anche una divergenza concreta anche per quel che riguarda l'immigrazione: contraddizioni troppo forti per consentire a questa maggioranza di fare qualcosa di buono per il Paese.

Ricordo che il decreto stabilisce che il Fondo serve ad intensificare gli sforzi e a concludere gli accordi di riammissione, migliorare la cooperazione con i Paesi terzi mediante il finanziamento di interventi di cooperazione, ovvero le intese bilaterali, con finalità premiali per la particolare collaborazione prestata nel settore della riammissione. È un'operazione che accelera le tempistiche del rimpatrio, ma certamente a costi ingenti, che andranno ad aumentare via via, nel tempo, auspicando che questi accordi bilaterali - che sono, ad oggi, pochi - vengano fatti e vengano stipulati.

Vorrei sottolineare, signor Presidente, che l'emendamento che abbiamo proposto ha anche una indiretta ricaduta positiva per il funzionamento del Ministero dell'Interno, un'opportunità che il Governo non dovrebbe farsi sfuggire: grazie al nostro emendamento si liberano risorse preziose per le forze dell'ordine. Infatti, destinando i risparmi di Montecitorio ai rimpatri, si rendono completamente disponibili i 50 milioni, destinati al Ministero dell'Interno da questo decreto, per incrementare eventualmente i 2 milioni di euro ad oggi stanziati. Questo passaggio del decreto è l'implicita ammissione di aver commesso un errore assegnando solo 2 milioni di euro per i rimpatri. Ma perché correggere questo errore con un altro errore? Perché, per aggiungere risorse al piano rimpatri, sottrarre risorse al funzionamento del Ministero dell'Interno e, quindi, alle forze dell'ordine, che ogni giorno compiono il loro lavoro con grande difficoltà?

Con la nostra proposta si corregge questo duplice errore. Infatti, con una dotazione pari a 100 milioni, fino a 100 milioni, risulterebbe del tutto superfluo attingere ulteriori risorse dal fondo generale per le spese del Ministero dell'Interno che potranno essere, così, utilizzate interamente per il funzionamento del Ministero e, quindi, per le forze dell'ordine. L'origine di questi errori, comunque, è tutta politica e conferma, ancora una volta, che l'alleanza che ha dato vita a questo Governo è del tutto innaturale. Sappiamo che il Ministro Salvini - lo ha detto in più occasioni - vuole contrastare l'immigrazione clandestina, ma sappiamo anche che vasti settori del MoVimento 5 Stelle non considerano il contrasto all'immigrazione clandestina come una priorità. È interessante sapere, anche su questo punto, se nella Lega prevarrà l'interesse a restare al Governo, alleata con il MoVimento 5 Stelle, e farsi corresponsabile dello stato di paralisi del Paese o se emergerà la volontà di rispettare il programma con il quale si è presentata, nel marzo scorso, agli elettori, liberandosi dai diktat e rimettendo in moto l'Italia.

C'è, poi, da chiarire un'altra questione; la questione dell'Accordo di Dublino e a questo proposito, affinché nessuno possa pensare strumentalmente di deviare l'attenzione dall'urgenza immediata del problema posto da questo decreto, deve essere ben messa in evidenza l'importanza di avviare subito una politica di rimpatrio. Il superamento di Dublino risolverebbe molti problemi sull'immigrazione clandestina e, certamente, il Governo deve agire affinché in ambito europeo lo si modifichi, superando lo squilibrio creatosi tra i Paesi europei, a svantaggio di quelli che si affacciano sul Mediterraneo - l'Italia, la Grecia, Malta - a causa di questo criterio di assegnazione dei migranti unicamente nel Paese di arrivo. È evidente che i Paesi di arrivo non dovrebbero essere ritenuti automaticamente responsabili dell'accoglienza; anche la Presidente Ursula von der Leyen, nell'incontro di giovedì scorso a Helsinki, ha affermato che Dublino è fallito e va cambiato.

Ma non deve sfuggire il fatto che è velleitario pensare, per come è oggi la situazione in Europa, per come è questa situazione di poca coesione che riscontriamo in Europa, che una revisione degli accordi di Dublino non sia una cosa semplice; sarà necessario un percorso politico lungo e complicato, occorrerà molto tempo a causa di un iter complesso e vincolato alla ratifica di tutti i Paesi membri, scoglio pressoché, ad oggi, insuperabile, soprattutto a causa dei Paesi del gruppo di Visegrád. Invece, è solo con l'attuazione e il consolidamento della fase già in atto del blocco degli sbarchi e con il successivo urgente avvio della seconda fase, cioè quella dei rimpatri, che si potranno dare risposte concrete per fronteggiare una crisi italiana e contrastare con successo questa grave situazione. Realizzate queste due fasi, si potrà passare poi alla terza fase, più volte spiegata anche dal presidente Berlusconi: un grande piano Marshall al fine di creare in Africa una migliore qualità della vita. Il continente africano è in continua espansione demografica; se si pensa che nel 2050 la popolazione sarà pari a 2,5 miliardi, non è difficile perciò immaginare che in un contesto di persistente aggravata povertà si verrebbe a creare un enorme flusso migratorio, difficilmente arrestabile con le migliori politiche emergenziali di contrasto all'immigrazione. Forza Italia presenterà nuovamente gli emendamenti in Aula e ci auguriamo che il Governo e il Ministro Salvini colgano al volo questa occasione. Se questa occasione non verrà colta, se anche questa opportunità non verrà colta per fronteggiare l'immigrazione clandestina avremo un'ulteriore conferma che questa maggioranza non è in grado di fare gli interventi che le chiedono gli italiani e sarà ancora più evidente che solo un Governo di centrodestra potrà realizzare in Italia una vera politica di cambiamento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Presidente, rappresentante del Governo, colleghe deputate e colleghi deputati, lo dico sinceramente, non avrei mai voluto partecipare a una discussione generale su un decreto così, non me lo sarei mai augurato per il mio Paese e per i miei figli. Qui, non c'entrano niente i poco più di 3 mila disperati che nei primi sei mesi del 2019 sono sbarcati sulle nostre coste, non c'entrano niente, qui; c'entra la paura del futuro che ormai rende l'aria di questo Paese irrespirabile e la vergognosa e pericolosissima strumentalizzazione politica che voi ne state facendo, signori e signore del Governo.

Non avete certezze da dare alle italiane e agli italiani sul loro futuro e su quello dei loro figli, non avete la capacità di risolvere i loro problemi, non avete un'idea di come rendere le loro vite più felici, non avete uno straccio di risposta per combattere la crisi economica, sociale e culturale che sta travolgendo l'Italia. Non avendo soluzioni, fate quello che sapete fare, individuate un nemico e colpite. Oggi, sono le organizzazioni non governative e i migranti, domani, chissà, avanti il prossimo nemico, la prossima crociata, la nuova operazione di distrazione di massa. Intanto, di vere emergenze sicurezza ce ne sarebbero, eccome: gli operai muoiono nelle fabbriche con sempre meno diritti, l'Italia è piegata dai mutamenti climatici con alluvioni, tornado ed incendi; le donne vengono ammazzate dai loro italianissimi ex compagni e mariti e il principio per cui la donna è un oggetto sta diventando sempre più radicale e radicato, grazie anche a proposte vergognose come il DDL Pillon, lo conoscete, no? È uno dei pochi che ha scoperto le carte, mettendo nero su bianco che tipo di società avete in mente, per noi e per i nostri figli, e lo dico alle colleghe donne del MoVimento 5 Stelle: vi hanno mentito, il DDL Pillon non è sepolto, vive e lotta contro di noi.

Premesso questo, signor Presidente, è mio compito contribuire a questo grave e tristissimo dibattito a nome del gruppo Liberi e Uguali e lo farò, non prima, però, di aver sottolineato che in questo angolo buio della storia non ci ha portato esclusivamente l'ultimo anno di Governo né il perverso patto di potere alla base di questo Esecutivo, evidentemente la criminalizzazione delle ONG era già potentemente in atto, gli occhi su quello che accadeva in Libia in termini di torture, corruzione e violenze erano già ben serrati, la decretazione di urgenza con estromissione della pratica di discussione e confronto parlamentare era già saldamente consolidata.

Fatte queste poche righe di premessa, voglio innanzitutto sottolineare che, così come è accaduto con il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 117, anche il decreto 14 giugno 2019, n. 53, non presenta innanzitutto i requisiti di urgenza e di necessità previsti per l'emanazione di tale misura. I dati ufficiali del Viminale riportano una riduzione delle persone sbarcate in Italia, nell'ultimo biennio, superiore al 96 per cento, mai avremo una statistica precisa ed ufficiale delle migliaia di persone morte e disperse in mare, ce la fornirà forse un giorno la storia, tra qualche decennio, ed ognuno farà i conti con la propria coscienza. Il decreto in questione, poi, il cosiddetto “sicurezza-bis”, disciplina materie assai diverse tra di loro: immigrazione, riforma del codice penale, sicurezza negli stadi, sicurezza nelle Universiadi di Napoli.

Già nel 2014 la Corte costituzionale ha specificato che sin dal titolo e poi nell'articolazione del decreto ci deve essere una omogeneità nel contenuto, non si possono mettere insieme cose che hanno a che fare poco l'una con l'altra. Come il precedente decreto “sicurezza”, questo nuovo intervento è volto a finalità eterogenee tenute insieme soltanto da vaghi e generici riferimenti all'ordine e alla sicurezza pubblici che non soddisfano i requisiti di specificità ed omogeneità stabiliti dalla legge. Abbiamo, quindi, un problema sia di merito che di metodo, è una “norma propaganda” che mira sostanzialmente a colpire i nemici del Ministro dell'Interno e contemporaneamente a concentrare nelle sue mani poteri e decisioni. Si compie questa operazione, esautorando ancora una volta il ruolo del Parlamento e del confronto democratico che, ormai, voi tutti, dal MoVimento 5 Stelle alla Lega, ritenete un inutile orpello che toglie tempo e potenza comunicativa alla vostra marcia trionfale. Ne è testimonianza quanto è accaduto nelle Commissioni che hanno discusso, hanno provato a discutere questo decreto, in cui i colleghi sono stati sbeffeggiati, fino ad arrivare a lasciare i lavori che erano evidentemente poco più che un rito stanco.

Un Governo in pieno delirio di onnipotenza, in eterna crisi adolescenziale, che un giorno litiga e il giorno dopo fa pace, un teatrino indegno che nasconde il vostro eterno mercanteggiare: tu dai una cosa a me da gettare in pasto alla folla, io do una cosa a te per coprire i tuoi scandali. A questo avete ridotto il sacro e delicato compito di guidare un Paese. Sembra oggettivamente difficile sostenere che il Governo sia stato costretto a sostituire con misure urgenti il normale iter legislativo parlamentare. Anche i dati dello stesso Ministero dell'Interno sulla diminuzione dei reati che normalmente destano allarme sociale – furti, rapine e omicidi – smentiscono la connessione tra migrazione e sicurezza e l'esistenza di una qualsivoglia emergenza che comporti misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. Il ruolo del Parlamento non può ridursi a un voto di fiducia, con il conseguente annullamento del dibattito politico su interventi normativi che incidono sui diritti fondamentali delle persone: di tutte le persone, indipendentemente da dove arrivano e dal colore della loro pelle. Lo sappiano i cittadini e le cittadine italiane che i diritti negati valgono per tutti e a ognuno di noi toccherà il suo turno.

Sarei curiosa di sapere come spiegheranno, i colleghi del MoVimento 5 Stelle, ai movimenti contro la Xilella, ai no-Vax, ai no-TAV, che in questi anni hanno dato vita anche a proteste rumorose spesso sfociate in problemi di ordine pubblico che il MoVimento 5 Stelle ha cavalcato sull'onda del consenso, come spiegherete loro che grazie al “decreto sicurezza-uno” e “sicurezza-bis” quel tipo di proteste saranno colpite con particolare violenza? Vi hanno portato al Governo e ora li colpite.

Inoltre, se è vero che la legge di bilancio dovrebbe consentire quello che è stato definito un tesoretto, a partire dal taglio delle spese relative alle politiche migratorie, è altrettanto vero che tali risparmi non potranno mai essere usati, come nel caso dell'accoglienza di altre spese emergenziali, fuori dal vincolo della finanza europea.

Per entrare nel merito, faccio mie le osservazioni del Tavolo Asilo Nazionale, il coordinamento permanente che riunisce le più grandi organizzazioni di volontariato che lavorano sui temi dell'accoglienza dei più deboli, della lotta alla povertà di tutti, della condizione dei diritti di ciascuno, dall'ARCI alla mia Legambiente, dalle ACLI ad Amnesty International, colgo l'occasione per rivolgere un ringraziamento a queste associazioni, che continuano a tenere vivo il tessuto sociale di questo Paese e che si trovano al centro di una criminalizzazione oscena, pericolosissima (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

Entrando nel merito, l'articolo 1, Misure a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e in materia di immigrazione, recita: “All'articolo 11 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente: «1-ter. Il Ministro dell'Interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza ai sensi dell'articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121, nell'esercizio delle funzioni di coordinamento di cui al comma 1-bis e nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia, può limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all'articolo 19 (…) limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, resa esecutiva dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689. Il provvedimento è adottato di concerto con il Ministro della Difesa e con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone (…)” - bontà loro - “(…) il Presidente del Consiglio dei ministri”.

Ecco, Presidente, noi contestiamo la scelta di trasferire la competenza al Ministero dell'Interno collegando la gestione dei fenomeni migratori a una questione esclusivamente di sicurezza pubblica, peraltro intesa come difesa da qualcuno considerato pregiudizialmente pericoloso. Contestiamo la previsione di poter emettere un provvedimento per limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta in acque territoriali alle navi che prestano soccorso in mare quando si ipotizza il fenomeno di immigrazione irregolare: ciò significa negare l'accesso alla protezione internazionale considerato che attualmente non ci sono vie di ingresso sicure e legali verso l'Unione europea. Tale previsione viola l'articolo 33 della Convenzione di Ginevra, che sancisce il principio del non-refoulement. Noi contestiamo il richiamo all'articolo 19, comma 2, lettera g), limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982. Quest'ultima, infatti, recita: “Il passaggio di una nave straniera è considerato pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero se, nel mare territoriale, la nave è impegnata in una qualsiasi delle seguenti attività: (…) il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti (…) di immigrazione vigenti nello Stato costiero”.

Le navi che prestano soccorso in mare, Presidente, non sono affatto impegnate in attività di carico o scarico di persone tratte in salvo in quanto, una volta messe in sicurezza, le consegnano, se le autorità hanno la coscienza di svolgere la loro funzione, alle autorità dello Stato. È quello che abbiamo sempre fatto, prima che il nostro Paese mettesse in scena osceni bracci di ferro sulla pelle dei migranti e arrivasse a dichiarare i porti chiusi, dichiarazione smentita dai fatti, ma è ormai ovvio che la realtà e il vostro modo di governare non hanno punti di contatto.

Articolo 2, Inottemperanza a limitazioni o divieti in materia di ordine, sicurezza pubblica e immigrazione, che prevede peraltro sanzioni penali e pecuniarie per le ONG che salvano vite in mare. Noi, Presidente, contestiamo la scelta di impedire alle navi militari di prestare soccorso in mare e di far sbarcare i profughi in un luogo sicuro di sbarco quale un porto italiano. Noi contestiamo la previsione di importanti sanzioni economiche nei confronti del comandante, dell'armatore e del proprietario della nave qualora, dopo aver soccorso le persone in mare, le conducano nei pressi delle nostre coste e dei nostri porti, che sono misure che mettono a repentaglio l'attività stessa di soccorso in mare. La sanzione accessoria della confisca della nave è un danno non descrivibile come accessorio, considerato il valore dei natanti.

Voi create un “tesoretto” sulla pelle dei migranti e dei volontari delle ONG. Non si lucra sulla disperazione delle persone: lo dico all'onorevole Dori, che accusa le ONG di business dei migranti. Questo è fare soldi sulla pelle dei migranti: quello che sta facendo il Governo. Mi vergogno per il Governo e tremo per il mio Paese, che di nuovo sta mettendo nero su bianco, come già fatto nel passato, una pagina buia della storia, fatta di paura, violenza, pregiudizio, individuazione di un nemico.

Articolo 3, Modifica all'articolo 51 del codice di procedura penale. Noi, Presidente, contestiamo il trasferimento di competenza dai tribunali ordinari a quelli distrettuali, accostando di fatto il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina eventualmente commesso da una ONG a quelli di competenza delle direzioni distrettuali antimafia. Facendo così non si fa altro che aggravare queste ultime, con indagini che tolgono risorse alla lotta alla mafia, quella vera, quella sì una vera emergenza da combattere culturalmente e reprimere militarmente. Per effetto della stessa modifica, nell'ambito delle indagini per il reato associativo in questione, sarà possibile disporre intercettazioni preventive che rischiano di costituire un aggravio in termini economici per le casse dello Stato e rischiano di colpire pericolosamente il dissenso, nonché di contribuire alla criminalizzazione del soccorso anche nell'opinione pubblica, concorrendo a generare un clima diffuso di xenofobia e di ostilità. Peraltro, Presidente, finora le intercettazioni semmai le abbiamo fornite noi, come quella che a marzo raccontava di una guardia libica incapace di agire per salvare i migranti a mare e di come gli uomini della nostra Marina, presente in porto a Tripoli con la nave Capri ufficialmente per ripristinare l'efficienza delle imbarcazioni della Guardia costiera libica, pagate con i soldi dei cittadini italiani, ecco, i nostri uomini abbiano dovuto subentrare all'azione dei libici che evidentemente non era dedicata al salvataggio, ma alla repressione e allo sfruttamento dei disperati, sempre con i soldi dei cittadini italiani.

Articolo 4, Potenziamento delle operazioni di polizia sotto copertura. Noi contestiamo, Presidente, la mancata trasparenza degli accordi stipulati con altri Stati per l'impiego di operatori di polizia sotto copertura e l'attribuzione di finanziamenti ad autorità di polizia di Stati quali, tra gli altri, la Libia.

Articolo 12, Fondo di premialità per le politiche di rimpatrio: “È istituito, nello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, un fondo (…) destinato a finanziare interventi di cooperazione mediante sostegno al bilancio generale o settoriale ovvero intese bilaterali, comunque denominate, con finalità premiali per la particolare collaborazione nel settore della riammissione di soggetti irregolari presenti sul territorio nazionale e provenienti da Stati non appartenenti all'Unione europea”.

Noi, Presidente, contestiamo l'istituzione di un Fondo con finalità premiali per la particolare collaborazione nella riammissione di soggetti irregolari presenti sul territorio nazionale e provenienti da Stati non dell'Unione europea, che rischia di finanziare anche Paesi che vìolano diritti umani fondamentali.

Noi contestiamo il rischio del mancato rispetto del principio del non-refoulement, la coerenza con le politiche dell'Unione europea in materia di cooperazione internazionale finalizzate alla riduzione e all'eliminazione della povertà attraverso interventi atti a potenziare la protezione sociale, la sanità, l'istruzione, il lavoro, lo sviluppo industriale, l'agricoltura sostenibile e l'energia. Il Fondo proposto snatura le finalità ultime della cooperazione allo sviluppo, introducendo, per la prima volta in modo formale, un principio di condizionalità sugli aiuti, che andrebbero a rispondere a interessi nazionali italiani più che agli obiettivi di sviluppo. Contestiamo il rischio di foraggiare l'apertura di un mercato dei rimpatri, in cui i Paesi partner possono aspettarsi di incassare un prezzo per politiche di riammissione collaborative o, al contrario, di non collaborare in assenza di esso. Ecco, Presidente, questo è, in sintesi, quello che abbiamo provato a dire in questi mesi.

Vede, Presidente, io sono, insieme ad Erasmo Palazzotto, Nicola Fratoianni e Nichi Vendola, tra i garanti dell'operazione Mediterranea; noi abbiamo aiutato una grande operazione di umanità e partecipazione, sono migliaia le donazioni che sostengono l'operazione Mediterranea e i nostri bilanci sono on line, sono trasparenti e non parlano russo. Un'operazione collettiva, delle cittadine e dei cittadini, affinché delle navi italiani riprendessero a fare quello che hanno sempre fatto la nostra Marina militare e la Guardia costiera: salvare vite umane. Il nostro Paese ha scritto pagine bellissime in mezzo al mare: le donne e gli uomini della nostra Marina, della Guardia costiera e della Guardia di finanza ci hanno reso fieri e tenuto le nostre coscienze al riparo dalle nostre responsabilità, forse anche troppo.

Io sto alle parole della Ministra Trenta, che è garante della Difesa di questo Paese: non c'è emergenza. Lo ha detto lei. Abbiamo tutte le risorse e le capacità per affrontare e risolvere i problemi. Lo ha detto lei, lo ha detto la Ministra Trenta, e io sono d'accordo.

Noi smetteremo di andare per mare quando l'Italia e l'Europa torneranno a svolgere anche un ruolo umanitario. Noi smetteremo di andare per mare quando l'Italia riprenderà a fare politica estera e a pretendere in Europa politiche continentali di gestione dei flussi migratori. Bene ha fatto il Ministro Moavero ad esplicitare una proposta, peccato però che ormai il Ministro dell'Interno - e questo decreto lo sancisce per legge - abbia accentrato nelle sue mani la sicurezza interna, la difesa dei confini, la politica estera. A proposito, potrebbe, la Lega, spiegarci, visto che lo chiediamo da mesi, perché la Lega stessa e l'allora eurodeputato Matteo Salvini non hanno mai partecipato alle ventidue riunioni in cui l'Italia, con lo straordinario lavoro di Elly Schlein, si batteva per la riforma del Trattato di Dublino, che inchioda nel nostro Paese le persone sbarcate e ne impedisce la ricollocazione distribuita tra gli Stati europei (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali)?

Possiamo sapere, durante queste ventidue riunioni, che cosa facevate, che cosa avevate di meglio da fare se non difendere davvero gli interessi del nostro Paese? Potete spiegarci perché il MoVimento 5 Stelle ha votato contro quella riforma? Ormai avete deciso, ma almeno, per mia curiosità antropologica sugli uomini e le donne politiche, è possibile avere una risposta? Bertolt Brecht, Presidente, diceva: “Ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati”. Ovvero, Presidente, ci sedemmo dalla parte degli ultimi, degli emarginati, degli sfruttati, invece che da quella assai affollata di chi difende il potere, di chi difende il potere e di chi, pur di stare al tavolo del potere e scongiurare un ritorno alle urne, ingoia e vota di tutto a testa bassa. No, colleghe e colleghi dei 5 Stelle, non me lo dite più, quando mi incontrate nei corridoi, che vale la pena di essere complici per cambiare le cose: “non scambio una goccia di acqua pubblica - cosa che non avete ottenuto - o un euro di reddito di cittadinanza!”, cosa che vi hanno fatto fare male, sulla pelle delle persone. E io in mezzo al mare continuerò ad andare, cercando mani da afferrare e bimbi da sollevare, anche di fronte a chi ci dice: così fate vincere la Lega. Non tutto può essere calcolo elettorale e politico, ci sono i valori, c'è l'umanità, e io temo più il giudizio della storia e dei miei figli che quello delle urne (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Silvestroni. Ne ha facoltà.

MARCO SILVESTRONI (FDI). Grazie, Presidente, colleghi, onorevole sottosegretario Molteni, oggi la situazione ci impone di assumerci la responsabilità di agire per salvaguardare gli interessi dello Stato italiano, dei cittadini italiani, e di imporre misure che garantiscono il rispetto dell'ordine pubblico e della legalità, tanto è vero che le iniziative che hanno assunto alcuni colleghi della sinistra, più o meno estrema – e chiaramente mi riferisco agli onorevoli colleghi arruolati sulla nave Sea Watch -, sono la testimonianza delle norme che lo Stato italiano si è dato. Stato, colleghi, che rimane Stato, anche se a rappresentarlo ci sono persone che a voi non piacciono. Per questi motivi immaginavamo di trovare in questo “decreto sicurezza”, che è bis, qualcosa di più importante e sostanzioso per far fronte alla crisi nella quale ci troviamo. Troviamo, invece, una serie di misure che, seppur non possono vederci, come Fratelli d'Italia, contrari, ci lasciano complessivamente insoddisfatti. Sottosegretario, quello che manca al Governo è più importante, è più utile, è più necessario e più urgente di quello che c'è: manca un indirizzo di ammodernamento per le attività di intelligence e di contrasto alle associazioni criminali; manca la ricostruzione di un quadro di più efficiente e moderno utilizzo delle forze di sicurezza, che ancora oggi si trovano a dover operare con il vecchio TULPS del 1931, e i fatti che sono avvenuti in Val di Susa sulla TAV dimostrano che è necessario un riammodernamento anche del TULPS. Colgo l'occasione per dare alle forze dell'ordine la solidarietà di Fratelli d'Italia. Mi auguro chiaramente che anche il Partito Democratico, la sinistra e il MoVimento 5 Stelle facciano ugualmente e diano la solidarietà.

Mancano le norme per un più puntuale controllo dei clandestini, e comunque di quegli immigrati di cui non si conoscono le generalità, la nazionalità, le azioni, sia nei loro Paesi di origine sia qui in Italia. Mancano le indicazioni per la realizzazione dei centri di raccolta e di trattenimento ai fini dell'accertamento delle necessarie informazioni. Mancano gli indirizzi per le attività di espulsione e di rimpatrio per gli immigrati e anche per i cittadini comunitari privi dei mezzi di sostentamento. Manca, sottosegretario, in altri termini, una visione politica di sicurezza, in questo decreto, che è bis. Questa proposta di legge, sui media - giustamente - ve la state intestando, come Lega, certo è che i contenuti non sono evidentemente in linea con quanto la Lega ha sostenuto in termini di sicurezza e di contrasto all'immigrazione clandestina e non e ai reati connessi. Parliamo delle mafie nigeriane, di furti, di prostituzione, accoglienza, eccetera eccetera. In questi giorni abbiamo assistito all'ennesima riappacificazione tra il MoVimento 5 Stelle e la Lega, però, se i fatti di questa riappacificazione sono quelli come è questo documento, allora sarebbe meglio, nell'interesse superiore dell'Italia, andare alle elezioni e portare chiarezza sulle indicazioni politiche da dare al Governo. Concludo.

Ripeto, chiaramente Fratelli d'Italia non può essere contraria a questo “decreto sicurezza”, però ci aspettavamo dal Governo che non si andasse avanti con decreti bis e ter per correre dietro alle emergenze, ma c'è bisogno di una politica di Governo sulla sicurezza e questo è l'invito che faccio al Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, considero questo provvedimento una legge ottusa, stupida, dannosa, seppure in buona parte inapplicabile; una legge fondamentalmente propagandistica, odiosa. Ho concluso l'analisi e l'esame del provvedimento in Commissione - lo dico a beneficio del sottosegretario Molteni, con il quale abbiamo trascorso lunghe giornate insieme la scorsa settimana e quella precedente, ma era assente al momento in cui è stato votato il mandato ai relatori - con un auspicio, cioè l'auspicio che la maggioranza che ha dato la fiducia a questo Governo si dissolva e non riesca a convertire questo provvedimento e che quindi questo sia l'ultimo decreto che questo Governo ha prodotto.

Credo che ci siano dei motivi di merito; ci sono, però, anche dei motivi di base ideale, di ispirazione, che sono le fondamenta di un provvedimento del genere, che costituiscono il danno più grave che apporta un tale modo di legiferare al nostro sistema istituzionale e alla nostra democrazia. Poi c'è una questione legata all'iter di questo provvedimento; alcuni colleghi questa mattina lo hanno già ricordato, ma è importante ripeterlo, soffermarsi ancora su questo, sperando che possa arrivare anche a qualcuno al di fuori di qui, ai cittadini, agli organi di informazione.

Purtroppo, l'iter di questo provvedimento ha segnato un'altra pagina buia e triste del discredito di questo Parlamento, del modo in cui, ormai, il Parlamento, all'epoca del Governo contrattuale, che quindi non è più un Governo proprio di un sistema parlamentare, è ridotto a camera di compensazione o decompensazione degli umori e degli scontri quotidiani dei due leader delle forze che sostengono il Governo. È stato ricordato da alcuni colleghi come ci siano state delle interferenze gravi da parte del Governo durante l'iter. È stata ricordata la gravità senza precedenti del fatto che siano state annullate delle audizioni già programmate e questo è avvenuto su un'interferenza del Governo. C'è stato proprio il sottosegretario Molteni, che oggi è qui presente e assiste a questi lavori, il quale ha richiamato, dall'esterno dell'Aula e come membro del Governo, i gruppi parlamentari della maggioranza sul fatto che fosse inopportuno audire una ONG in particolare, la Sea Watch. C'è stata una risposta dei due presidenti delle Commissioni - la I e la II Commissione della Camera dei deputati - che, in un primo momento, hanno precisato al Governo, con toni giustamente istituzionali e rispettosi che si tratta di lavori parlamentari: il Governo non si intrometta. Sono bastate 24 ore perché invece quell'audizione venisse annullata: una cosa senza precedenti, che ora crea un grave precedente. C'è stato poi l'episodio, anche questo ricordato ma vale la pena ribadirlo ancora una volta, anche questo – temo - senza precedenti, di un ricatto politico da parte del Ministro dell'Interno al Presidente della Camera dei deputati affinché cambiasse il giudizio di ammissibilità su degli emendamenti che erano già stati giudicati inammissibili da parte dei due presidenti delle Commissioni. Puntualmente è arrivato il giudizio difforme rispetto a quello dei presidenti delle Commissioni da parte del Presidente Fico. Sono tempi bui per il nostro Parlamento: altro che centralità del Parlamento! C'è stato, poi, il macigno che è arrivato e che ha accompagnato tutto l'iter e la discussione in Commissione negli ultimi quindici giorni, cioè quello a cui hanno fatto riferimento i colleghi che sono intervenuti questa mattina sull'ordine dei lavori.

Il Ministro dell'Interno Salvini - questo, in qualche modo, potremmo definirlo il decreto Salvini bis - ha ritenuto di aggravare lo strappo e la mancanza di rispetto (così l'ha definita il Presidente Fico) nei confronti del Parlamento, non rispondendo alle ripetute richieste avanzate dalle opposizioni nei giorni scorsi affinché venisse a riferire su un fatto estremamente grave, sul quale ci sono gravi evidenze. Lo voglio dire al sottosegretario Molteni, che è intervenuto incredibilmente durante i lavori delle Commissioni sostenendo che ci siano delle evidenze sul fatto che le organizzazioni non governative che fanno salvataggio in mare siano colluse con l'attività degli scafisti. Gliel'ho detto in Commissione e ci tengo che sia agli atti, quindi ci tengo a ripeterlo qui in Aula: sottosegretario Molteni, le evidenze che il suo partito abbia ricevuto dei fondi in maniera illegale da parte di emissari di un Governo autoritario come il Governo russo sono molto, ma molto più chiare e forti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali) di quelle che le organizzazioni che fanno attività di salvataggio in mare siano colluse con gli scafisti.

Su questa seconda ipotesi numerosi tribunali italiani hanno indagato a lungo, per mesi e per anni, ma queste indagini e queste inchieste hanno portato solo a delle assoluzioni o a delle archiviazioni: ve ne dovete fare una ragione. Ci sono, poi, almeno altri due profili che rendono odioso questo provvedimento e che mi fanno ripetere ancora una volta l'auspicio che non sia mai convertito. Ora la crisi di Governo sembra essersi allontanata, ma, insomma, come sappiamo, i ritmi vitali del Governo contrattuale possono cambiare di mezz'ora in mezz'ora e speriamo che diventino letali a breve per questo Esecutivo. L'altro livello grave è quello per cui voi avete creato una norma che non solo è incostituzionale, ma che intende creare il caos e il conflitto tra i diversi poteri e ordini dello Stato. Parlo dell'articolo 1 e dell'articolo 2, che sono il cuore di questo provvedimento; sono i due articoli con i quali volete andare propagandisticamente a colpire chi con la propria attività in questi anni ha potuto salvare alcune migliaia di persone e che dobbiamo ringraziare, ai quali dobbiamo dare atto e riconoscere il merito perché si sono sostituiti a un'attività istituzionale che certamente avrebbe dovuto e dovrebbe organizzare l'Unione europea. Certamente dovrebbe esserci una nuova missione, al più presto, di ricerca e salvataggio in mare e certamente i Paesi europei dovrebbero presidiare le acque SAR libiche.

Infatti, sottosegretario Molteni, in Commissione lei ci ha detto che “lì c'è una zona search and rescue della Libia”, facendo finta di non sapere che le zone di ricerca e salvataggio non coincidono con delle zone di sovranità di quel Paese. Le zone di ricerca e salvataggio vengono autoproclamate da quel Paese e poi c'è l'Organizzazione marittima internazionale che le trascrive. Questo non significa che ci sia una capacità da parte di quel Paese - e non c'è sicuramente da parte della Libia - di effettuare il salvataggio.

Soprattutto c'è una situazione in quel Paese - come lei sa, però lei e il suo Governo fate finta di non sapere - per cui buona parte delle dotazioni che noi abbiamo concesso (imbarcazioni e motovedette, gommoni e ora altri ne arriveranno) sono persino sprovviste dei più elementari equipaggiamenti per il salvataggio in mare; quelle strumentazioni - quelle sì! - vengono utilizzate in buona parte per fare del traffico di esseri umani. Questo non lo sostengo io ma è scritto nei rapporti delle organizzazioni internazionali. Però, il vostro Governo fa finta che sia possibile delegare dei respingimenti per interposto Stato: “Abbiamo dato le motovedette e i motoscafi alla Libia e ora occupatevi voi di questi; respingeteli voi perché il nostro Paese non si può sporcare le mani ed è stato già condannato in sede internazionale”.

Come dicevo, cercate lo scontro, cercate il caos; avete nei fatti creato una norma che sanziona per via amministrativa quello che, come dicevo, i tribunali non sono mai riusciti a sanzionare per via penale. Avete creato un meccanismo che alla prima applicazione è stato disapplicato fin qui dai giudici e dal tribunale di Agrigento poiché è in contrasto con il diritto internazionale, è in contrasto con le convenzioni internazionali ed è in contrasto con gli obblighi che i cittadini italiani e che i cittadini europei devono rispettare, cioè obblighi di salvataggio della vita in mare. Invece, voi date al Ministro dell'Interno - e chiedete al Parlamento di approvare questa legge - il potere di vietare, con un atto amministrativo controfirmato da altri due Ministri, l'ingresso nelle acque territoriali: quando? Al concretizzarsi di un'ipotesi di reato. Ora, abbiamo segnalato fino allo sfinimento, senza ricevere da parte vostra in Commissione alcun tipo di risposta, il fatto che nel nostro ordinamento chi formula le ipotesi di reato e chi le accerta è la magistratura e non il Ministro dell'Interno, ed è evidente a tutti il tipo di corto circuito istituzionale che si può innescare affidando, invece, al Ministro dell'Interno - neanche a un prefetto ma al Ministro dell'Interno in prima persona - questo tipo di compito.

Un altro livello di corto circuito - anche su questo ho provato a porre al Governo e alla maggioranza in Commissione più volte la domanda senza avere mai risposta - è il fatto che voi abbiate, con questo decreto, modificato il nostro Testo unico sull'immigrazione in una parte - l'articolo 11 - lasciando l'articolo 10 vigente. L'articolo 10-ter del nostro Testo unico sull'immigrazione - lo voglio rapidamente ricordare anche qui, perché resti agli atti -, tuttora vigente anche quando sarà convertito - speriamo mai - questo decreto, recita: “Lo straniero rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna, ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi allestiti nell'ambito delle strutture (…)”; in queste strutture, presso questi punti di crisi “…sono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico (…)” e viene fatta l'informazione sulla possibilità di richiedere protezione internazionale. Perché voi avete lasciato vigente questa previsione qui e l'avete affiancata, invece, con la possibilità per il Governo di impedire l'ingresso nelle acque territoriali? Tutti quanti i docenti di diritto internazionale, di diritto della navigazione, di diritto pubblico e di diritto penale che abbiamo ascoltato in Commissione vi hanno sollevato le stesse obiezioni: tutti! Il motivo è semplice ed è il cuore politico e propagandistico di questa norma. Voi, da una parte, volete che questo comma del testo unico per l'immigrazione resti in vigore ed è quello che vale per i barchini, per i cosiddetti “sbarchi fantasma”, quello che vale per i salvataggi che la guardia costiera e la guardia di finanza hanno continuato e continueranno a fare nelle acque italiane e anche, quando necessario, evidentemente fuori dalle acque territoriali italiane se c'è un pericolo di vita. Gli avete quindi affiancato il “decreto bis” solo per rispondere all'ossessione punitiva del Ministro Salvini e del vostro Governo nei confronti delle organizzazioni non governative. Da una parte, quindi, c'è questo che continua ad esserci, dall'altra c'è il “decreto sicurezza” per mettere in scena il braccio di ferro, osceno da un punto di vista giuridico e da un punto di vista della tutela dei diritti umani, nei confronti di chi dall'inizio di quest'anno ha salvato alcune centinaia di vite nel Mediterraneo centrale, mentre ne sono arrivate alcune migliaia sulle nostre coste.

Allora, la gravità è - si potrebbe dire - se questo decreto non si applica e l'unico atto di giurisprudenza che finora c'è stato - ricordiamo che siamo fortunati come legislatori poiché di solito dobbiamo immaginare gli effetti di un decreto che è stato appena promulgato e immaginare che impatto avrà sulla realtà mentre lo stiamo convertendo ma in questo caso lo abbiamo già visto - è relativo alla sua demolizione da parte dell'ordinanza del GIP di Agrigento, così come era stato demolito, nelle audizioni, da tutti i giuristi che avevamo ascoltato ancora prima che le opposizioni si pronunciassero. Infatti, è in contrasto con l'articolo 117 della nostra Costituzione che pone un limite alla potestà legislativa e - colleghi - anche alla nostra e non solo a quella del Governo, cioè anche alla potestà legislativa del Parlamento nel momento in cui è chiamato a convertire un decreto che va oltre i limiti del diritto internazionale; ci si chiede di approvare qualcosa che è in aperta violazione di almeno tre Convenzioni internazionali e di altre norme del diritto internazionale e, ovviamente, è in contrasto con l'articolo 10 della Costituzione. Dunque, questa è la seconda chance che ci resta: sperare che, se il Governo dovesse sopravvivere e riuscire a convertire questo decreto, presto ci pensi la Corte Costituzionale, presto sia sollevata in via incidentale in un procedimento l'incostituzionalità di larghe parti di questo decreto.

C'è, infine, la schizofrenia politica a cui ci mette davanti questo Governo. Nelle giornate in cui noi stavamo affrontando in Commissione questo decreto abbiamo letto un'intervista del Ministro Moavero sul tema dell'immigrazione. Si parla del Ministro degli Affari Esteri e, dunque, qualche voce in capitolo ce l'avrà; evidentemente, se egli rilascia un'intervista a Il Corriere della Sera forse è da intendersi che il Governo poi voglia procedere su quella linea lì. Dunque, riassumiamo rapidamente la linea espressa dal Ministro Moavero - stupefacente per me mentre stavo lì a discutere il “decreto sicurezza”, ma anche in buona parte condivisibile - semplificando e sintetizzando tre ambiti. Nel continente africano, vicino ai luoghi di partenza delle emigrazioni, fare in modo che ci siano - udite udite! - delle rappresentanze dell'Unione europea che possano raccogliere lì, vicino ai Paesi di origine, le richieste di protezione internazionale. È veramente qualcosa di importante sentire questa proposta da un Ministro degli Affari Esteri del nostro Paese, per il ruolo che ha e che ha avuto storicamente il nostro Paese sia nell'accoglienza dei migranti, sia in Unione europea.

Poi, nel salvataggio in mare, il Ministro ci dice assolutamente “massimo rispetto di tutte le convenzioni internazionali” mentre noi discutevamo il “decreto sicurezza”; infine, sulle nostre coste, come su quelle di altri Paesi europei che affacciano sul Mediterraneo, la realizzazione di zone franche - così mi sembra fossero definite nell'intervista - e, quindi, zone di sovranità non italiana o spagnola o greca, ma zone di sovranità europea nelle quali, senza far scattare il meccanismo di Dublino e quindi il meccanismo del Paese di primo approdo, si possa fare l'informativa e raccogliere la richiesta di protezione da parte di chi chiede protezione internazionale. Praticamente le basi per andare verso un sistema di asilo europeo, praticamente l'obiettivo di rafforzare espressioni della sovranità europea, addirittura di rafforzare una vera e propria diplomazia europea che, in Paesi terzi, rappresenti l'Unione europea. Io sono d'accordissimo, ma sono stupefatto, sottosegretario Molteni: questo è esattamente l'opposto di quello che voi avete fatto in questo anno abbondante di Governo, questo è esattamente l'opposto di quello che voi, ponendo le basi che avete posto nei mesi scorsi, riuscirete a ottenere e a costruire insieme agli altri partner europei, questo è esattamente l'opposto di quello che è contenuto all'interno di questo decreto.

Allora dovrà finire il gioco delle parti, e inevitabilmente il gioco delle parti finirà male per chi lo sta interpretando. In questo mi voglio rivolgere anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: io, questa mattina, ho ancora ascoltato da un collega del MoVimento 5 Stelle – credo fosse l'onorevole Dori) – l'espressione “business dei migranti”. Il business dei migranti, riferito alle organizzazioni non governative che fanno salvataggio in mare! Ma, colleghi del MoVimento 5 Stelle, voi vi potete salvare veramente dalla vergogna di questo, pensate che vi potrete salvare continuando a sponsorizzare contenuti Facebook diversi a seconda dei target che scegliete (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali)? E, quindi, da una parte, mandare ad una parte del vostro elettorato contenuti a favore della solidarietà e del salvataggio in mare, e dall'altra, pubblicare cartoline come quella che ha pubblicato il Vicepresidente del Consiglio Di Maio, piena di falsità, piena di diffamazione, di insulti per queste organizzazioni, rispetto alle quali, ripeto, le nostre istituzioni dovrebbero ringraziare, perché fanno un compito che, se non altro, tiene alto il valore della tutela dei diritti umani?

E, allora, il decreto non era tutto quanto e non si esauriva sugli articoli 1 e 2, che però erano il cuore, sono il cuore propagandistico di questo provvedimento. Siete riusciti persino a peggiorarlo in Commissione. Io, pur condividendo l'atteggiamento che hanno tenuto i colleghi delle altre opposizioni, sono rimasto fino all'ultimo, facendo opposizione finché mi è stato consentito, prima con i cinque minuti a gruppo, di parola su ogni emendamento, poi sono diventati tre minuti. Anche su questo, ecco, un altro strappo compiuto dai presidenti delle Commissioni, questo assolutamente legittimo, presidenti, nell'ambito delle norme regolamentari; avreste, però, potuto scegliere un'altra modalità di contingentamento dei tempi, che non avrebbe consentito agli emendamenti, peggiorativi, della maggioranza di essere approvati in Commissione, dal momento che poi vorrete sicuramente – come dire? - onorarci e onorare la centralità del Parlamento di un'altra fiducia, che sarà messa molto probabilmente, tra poche ore, su questo provvedimento.

Dicevo, non erano solo l'articolo 1 e il 2, avevamo altre nefandezze. Ad esempio, un altro modo di toccare il codice penale in maniera non organica, che è qualcosa che non andrebbe mai fatto e che, al limite, è anche un po' incostituzionale: siete riusciti a far diventare l'esercizio di un diritto costituzionale, come il diritto di manifestazione, un'aggravante. Cioè, di solito l'esercizio di diritti costituzionali, al limite, può essere un'attenuante rispetto a determinate condotte che configurano delle sanzioni amministrative o delle sanzioni addirittura penali; voi siete riusciti a renderlo un'aggravante. Questo dice tutto dell'approccio che avete utilizzato con questo provvedimento.

Io concludo allora, non posso che concludere rinnovando l'auspicio che avevo già espresso, e sperando che nel frattempo da una parte vadano avanti i procedimenti giudiziari che sono stati incardinati, sia dal punto di vista amministrativo che dal punto di vista penale, per effetto di questo decreto, che vadano avanti celermente, che vadano avanti e che siano portati davanti alla Corte costituzionale; potrebbe persino non esserci bisogno, perché potrebbero essere completamente disapplicati dai tribunali, almeno nelle parti peggiori. A noi resta il compito, e ce lo dobbiamo assumere tutto… Lo dico sperando che arrivi ai cittadini, che sono molti, fuori di qui, seppure sono evidentemente, in questo momento, una minoranza, scandalizzati dal fatto che il Governo ritenga di dover dedicare addirittura un decreto a quattro o cinque imbarcazioni che stanno salvando delle vite in mare, di fronte ad un fenomeno che evidentemente non riesce ad affrontare e rispetto al quale è impotente in termini politici. Perché è chiaro a tutti che la linea del Ministro Moavero purtroppo, in questo momento – e anche lui, a mio avviso, ne porta delle responsabilità politiche –, è una foglia di fico rispetto alla linea prevalente di questo Governo.

Noi questa opposizione la faremo con tutti gli strumenti possibili, all'interno del Parlamento che, pure, voi continuerete e state continuando a menomare, e all'esterno del Parlamento; provando ad aggregare tutte quelle realtà non solo politiche, ma sociali, di volontariato, del Terzo settore, che sono una parte del nostro Paese che meriterebbe, se non la comprensione e la condivisione per quello che fa, almeno il rispetto istituzionale: quel rispetto che ora non ricevono dal nostro Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

ENRICO BORGHI (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per segnalare un aspetto e per rivolgere un appello al Governo, in quanto a causa di un grave incidente presso la stazione di Firenze ci sono alcuni colleghi che non sono potuti arrivare in tempo a questa nostra discussione generale. Rivolgo, quindi, appello alla Presidenza, nell'ambito dell'organizzazione dei lavori, di consentire un recupero, per così dire, in questo senso.

E già che ho la parola, siccome, dai mezzi di comunicazione, si apprenderebbe che questa circostanza sia legata ad un incendio di carattere doloso, facciamo appello, vista la presenza del Vice Ministro dell'Interno, affinché il Governo venga a rispondere agli atti di sindacato ispettivo che stiamo predisponendo, perché questo è un tema che sta creando una serie di importanti disservizi a molti nostri concittadini, in queste ore. E, poi, sullo sfondo, essendo la questione di carattere doloso, essa pone una serie di interrogativi che crediamo sia giusto porre all'attenzione dell'Aula, e chiedere che il Governo riferisca (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Borghi, la Presidenza sta facilitando – vale per tutti i gruppi – il cambio di colleghi che vogliono intervenire in momenti diversi.

È, infatti, adesso iscritto a parlare l'onorevole Di Muro. Ne ha facoltà.

FLAVIO DI MURO (LEGA). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui oggi a svolgere una discussione generale sul decreto-legge “sicurezza bis”. Quindi, lo dice il nome stesso: questo fa seguito ad un decreto-legge “sicurezza uno”, il primo di questo Governo, e quindi ci troviamo anche a svolgere una breve analisi di come è stato attuato.

È chiaro che dai banchi della Lega, dai banchi della maggioranza non può che esserci soddisfazione per gli effetti del primo “decreto sicurezza”, che, lo vogliamo ricordare, tratta di riorganizzare le norme a livello nazionale, non solo sull'immigrazione, ma anche sulle forze dell'ordine, sulle forze di polizia, su tutto quel mondo che riguarda la sicurezza e l'ordine pubblico, che in particolare a noi della Lega sta tanto a cuore; e lo dimostra anche quello che gli italiani tutti i giorni ci dicono ai nostri gazebo, per le strade, almeno a noi che siamo i loro rappresentanti in quest'Aula.

Quindi, oggi parliamo del “decreto sicurezza bis” che si rende necessario per integrare il “decreto sicurezza uno”, perché abbiamo visto, non ultimo, il caso della Sea Watch, che determinate condotte, commesse in questo Stato da parte di chi vuole arrivare in questo Stato, meritavano un'attenzione particolare e specifica. Certi comportamenti noi li vogliamo affrontare con determinazione e, pertanto, nel “decreto sicurezza bis” andiamo a evidenziare talune fattispecie e a dare determinate risposte concrete.

Partendo dall'articolo 1, c'è una competenza nuova che viene affidata al Ministro dell'Interno, di limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta nelle acque territoriali nazionali di talune navi o imbarcazioni che, per motivi di ordine e sicurezza, tra le altre cose, vanno a violare le leggi in materia di immigrazione. Abbiamo sentito molte polemiche da parte del Partito Democratico, da parte delle opposizioni, dicendo: questa norma è incostituzionale, è contraria alle convenzioni sui diritti dell'uomo o, comunque, di carattere intergovernativo e internazionale. Invece, c'è da apprezzare che cosa? La volontà, politica, per la prima volta in questo Paese, da parte di un Ministro dell'Interno, quindi di Matteo Salvini, di avere su di sé delle responsabilità specifiche, che certo compirà in raccordo con gli altri Ministeri e informando il Presidente del Consiglio dei ministri, ma non possiamo che apprezzare la volontà di metterci la faccia e, se vogliamo, anche una responsabilità diretta nel gestire, a beneficio della sicurezza e dell'ordine pubblico, in quanto massima autorità, l'arrivo di queste navi nel territorio italiano.

Ma andiamo poi a vedere, nei successivi articoli, cosa succede in caso di violazione di questo ordine. Ecco, grazie alla Lega, ad esempio, sulle sanzioni amministrative previste abbiamo aumentato da 150 mila fino a un milione di euro la sanzione prevista per chi contravviene a questo articolo 1, quindi a questo limite che dispone il Ministro dell'Interno. Quindi, grazie anche al lavoro della Lega nelle Commissioni - voglio ringraziare i miei colleghi della Lega, ma anche del MoVimento 5 Stelle e di tutti i parlamentari della I e della II Commissione della Camera dei deputati - abbiamo migliorato il testo, rendendolo ancora più stringente e coercitivo da questo punto di vista.

Dunque, abbiamo aumentato la sanzione amministrativa, abbiamo previsto la responsabilità solidale, il che significa che sarà tenuto a pagare questa sanzione il comandante della nave, ma, se si rifiuterà, non si sa bene per quale motivo, interverrà l'armatore o il proprietario della nave, salvo poi un'azione di rivalsa nei suoi confronti. Questa sanzione amministrativa andrà avanti per conto suo, quindi, fatte salve le norme penali e di procedura penale, inizieremo con una sanzione amministrativa sperando poi che anche i giudici facciano il loro lavoro, come noi auspichiamo, e proseguano con i riti penali.

È anche prevista la confisca immediata dell'imbarcazione che va a commettere questo tipo di reato, con gli oneri di custodia a carico del proprietario o dell'armatore, salvo - e questo è anche un auspicio - che vengano utilizzati proprio dal Ministero dell'Interno, dalla Difesa o dalle forze dell'ordine per il contrasto a questi fenomeni di immigrazione clandestina.

C'è anche una previsione di arresto obbligatorio per resistenza o violazione della nave, dell'imbarcazione che si immette nelle acque territoriali e che va contro una nave da guerra, anche questo lo abbiamo visto negli scorsi giorni e nelle scorse settimane. È inaccettabile che, oltre a violare l'ingresso sul nostro territorio, seppur di carattere marittimo, abbiamo anche degli atteggiamenti ostili nei confronti dei nostri militari e delle nostre forze dell'ordine, che fanno il loro lavoro per difendere i nostri confini.

Sempre connesse al contrasto del fenomeno dell'immigrazione clandestina, ci sono altre disposizioni presenti nel decreto, altre misure che hanno a che fare con il lavoro degli operatori che trattano questa materia. Quindi c'è un potenziamento delle operazioni di polizia sotto copertura effettuate dagli Stati esteri e, quindi, una collaborazione rafforzata con i nostri colleghi, magari dei Paesi terzi africani, del Mediterraneo, per evitare, in via preventiva, che ci siano delle partenze non concordate con l'Italia e con l'Europa.

E poi c'è una conoscenza che le autorità di sicurezza vogliono avere rispetto alle presenze di persone nelle strutture ricettive, una norma introdotta dal Consiglio dei ministri nella prima stesura del decreto, che ha visto, dopo una serie di audizioni, una rivisitazione, per non creare un danno ai gestori degli alberghi o, comunque, delle strutture ricettive, per armonizzare queste disposizioni, sicuramente giuste e di aiuto al contrasto di questi fenomeni, ma che non vadano a danneggiare chi lavora nel campo del turismo regolarmente.

Sarà possibile poi svolgere delle intercettazioni preventive. Ne abbiamo sentite e lette tante, di rapporti, veri o presunti, tra le navi delle organizzazioni non governative con altri gestori di barche, altri scafisti, che si mettevano d'accordo su dove trovarsi per fare questo scambio di persone, di esseri umani. Su questo vogliamo fare chiarezza e questa norma contenuta nel decreto sarà sicuramente d'aiuto a questo tipo di attività.

E poi sono stati stanziati fin da subito 2 milioni per le politiche di rimpatrio e si prevedono altri risparmi sul sistema dell'accoglienza. Anche di questo si parla tanto, non solo in quest'Aula, ma anche nei dibattiti televisivi. Si dice sempre che, per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, dobbiamo andare a fare accordi bilaterali e trattative, stanziare risorse con i Paesi africani per ridurre notevolmente le partenze: questo sarà fatto con questa specifica disposizione, questa copertura finanziaria e questa indicazione di andare, oltre alla legge di bilancio, ad individuare risparmi nel sistema dell'accoglienza; un sistema dell'accoglienza che, come dicevo all'inizio, è stato rivisto dal primo “decreto sicurezza” e ha già dato i suoi riscontri positivi.

Io colgo l'occasione per ringraziare la Guardia di finanza del Comando provinciale di Imperia, nonché la procura della Repubblica, perché sui CAS di Vallecrosia e di Sanremo hanno scoperto e anche disposto l'arresto di persone di questa falsa cooperativa, che lucrava gonfiando il numero di presenze e il numero di migranti per avere rimborsi, trattando - e ve lo dico da leghista - in maniera assolutamente grave e disumana gli stessi migranti che tratteneva in queste strutture. Quindi, andare a risparmiare, dopo aver riorganizzato le strutture dell'accoglienza, non solo è giusto, ma è anche umano alla luce dei recenti fatti di cronaca.

Ci sono, poi, anche delle disposizioni sempre connesse al fenomeno del contrasto all'immigrazione clandestina, che - come dicevo - riguardano le forze dell'ordine: si va ad agevolare la destinazione di immobili pubblici da trasformare in presidi delle forze di polizia, una richiesta che spesso viene dai nostri territori, dai nostri comuni, dalle comunità locali; si va ad incidere positivamente sulle ore di lavoro straordinario per i Vigili del fuoco, un primo segnale per questo Corpo così amato dagli italiani, che non è sicuramente l'unica misura che attuerà questo Governo, ma è un segnale importante che abbiamo in questo decreto; si vanno a garantire i buoni pasto, pensate un po', al personale di polizia che va a lavorare fuori sede, che va in missione, che non trova, come dire, spazio nelle mense. Avevamo bisogno di una copertura legislativa, perché c'era questo vuoto da colmare e ci siamo riusciti nell'anno 2019, bene!

Abbiamo delle risorse per il ricambio del vestiario dei nostri uomini in divisa; vi sono anche delle disposizioni che inizialmente erano previste, magari con emendamenti da parte dei parlamentari o dei relatori, e non sono previste, di questo me ne dispiaccio e, quindi, non dico solo cose positive, ma anche qualche cosa negativa, altrimenti sarei troppo di parte. Ad esempio, non trova spazio, in questo decreto, la riforma della polizia locale, però devo ammettere l'interesse del Governo che, prontamente, una volta che abbiamo visto in Commissione che non potevamo andare avanti dal punto di vista emendativo, ha portato in Consiglio dei ministri un disegno di legge delega sulla riforma della polizia locale o della polizia municipale, come viene spesso chiamata.

A me sta particolarmente a cuore una questione; mi dispiace, visto che ero primo firmatario di un emendamento, che non abbia trovato spazio in questo decreto un dibattito, una rivisitazione delle norme sull'esterovestizione; stiamo parlando delle targhe estere, io, sia chiaro, condivido la ratio che va a combattere l'evasione e l'elusione di quei furbetti che non vogliono immatricolare la targa in Italia e utilizzare magari targhe straniere in beffa invece agli italiani che si comportano bene, però, abbiamo registrato che questo ha portato anche dei problemi a dei lavoratori italiani che vivono nelle realtà di confine (sto parlando di migliaia di lavoratori frontalieri). Ho presentato un emendamento, vi era la disponibilità di tutte le forze politiche, devo dire che vi era anche disponibilità da parte governativa ad affrontare questa discussione e quindi a rivedere la normativa, ma il Presidente della Camera Fico ha ritenuto di renderlo inammissibile e io non posso che prenderne atto, seppur, come dire, non condividendo l'analisi che ha portato all'esclusione di questa tematica. Detto questo, sicuramente farò la mia parte sui prossimi provvedimenti.

Quindi, con questo decreto, e mi avvio a concludere, Presidente, trattiamo norme di carattere nazionale, perché di nostra competenza, ma non possiamo non rivolgere lo sguardo al contesto europeo e internazionale. Proprio in queste ore, prima di intervenire, stavo leggendo un'Ansa: c'è una nave norvegese, che è partita ed è nel Mediterraneo, di una ONG francese; non vorremmo trovarci in una situazione simile a quella che abbiamo vissuto qualche settimana fa. Sempre parlando di Francia, apprezzo quello che è successo a Helsinki, nell'ultimo vertice e, quindi, di questa posizione condivisa del Governo italiano con quello maltese che non vogliono assumersi tutta la responsabilità di gestire tutta l'immigrazione del Mediterraneo, ma la vogliono condividere con gli altri Paesi europei. Fa specie che la comandante Carola Rackete chiese di sbarcare a Marsiglia, non ha ricevuto risposte dal Governo francese e, poi, il Governo francese pensa a dargli un premio a Parigi. Questo è un atteggiamento ipocrita, l'ho già detto più volte, spero che la Francia si assuma la responsabilità del contesto europeo in cui si trova.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

FLAVIO DI MURO (LEGA). Da gennaio a oggi – mi avvio a terminare, Presidente - sono stati respinti al confine di Ventimiglia 8 mila migranti frutto di questi accordi, di questi incastri tra accordi internazionali e trattati internazionali che evidentemente non funzionano; quindi, è chiaro che è necessaria una riforma del Trattato di Dublino e il mio auspicio è che il Governo italiano continui così, chiedendone un ammodernamento e una riforma con decisione, sperando che la nuova Commissione europea finalmente prenda posizione su questo tema e non ci lasci nell'ipocrisia più totale, cosa alla quale siamo abituati (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Prestipino. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Grazie, Presidente. In questo disegno di legge giunto all'esame della Camera si legge una serie di misure fatte e studiate per dare l'illusione di creare sicurezza. Io lo ribattezzerei: “Decreto per l'illusione di sicurezza bis”. Tutto parte dalla consueta trappola dell'etichettatura a cui ci avete ormai abituati; siamo passati dal decreto “dignità” al decreto “crescita”, al decreto “sicurezza” parte uno, passando anche per l'abolizione della povertà dal balcone. Insomma, ogni volta cercate di far sembrare un provvedimento come una misura straordinaria, vitale per il nostro Paese, cosa che poi puntualmente non è, dimenticandovi però che, sotto l'etichetta, devono esistere veri contenuti e, soprattutto, buoni risultati, di cui, oggi, non c'è l'ombra.

Ebbene, con questo decreto “sicurezza bis” andiamo a dover leggere, ancora, sotto l'etichetta accattivante del bravo imbonitore per scoprire così il secondo episodio di questa saga sul mito della sicurezza che il Ministro dell'Interno Salvini torna a proporci, dopo che le vendite del primo decreto evidentemente non lo hanno soddisfatto e neanche hanno soddisfatto altri. Ma si sa che replicare un successo nelle vendite, specie se basato solo sulle apparenze e non su risultati concreti, è cosa difficile per tutti, figuriamoci poi per un Governo che cambia idea su tutto e ogni giorno, ma mi sa che, in particolare, stavolta, gli antagonisti del nostro Governo, le vittime predestinate, sono le ONG e il diritto internazionale, che paiono ad oggi rovinare i suoi piani, guardiamo il caso di Carola Rackete.

All'articolo 1 di questo disegno di legge di conversione, che sarà oggetto del nostro voto decisamente contrario, vediamo un Ministro che strappa letteralmente con destrezza competenze da altri ministeri, accentrando nelle sue mani praticamente ogni intervento nelle acque territoriali italiane e andando a togliere libertà, in nome di una fantomatica maggiore sicurezza, fino ad oggi garantita brillantemente dalla nostra Guardia costiera che ha sempre fatto egregiamente, ma soprattutto umanamente, il suo mestiere. Voglio ricordare che la funzione preventiva di eventuali misure deve essere sempre bilanciata dagli interessi per i più deboli, tanto più se i loro diritti sono espressamente tutelati dalle regole del diritto internazionale.

Le campagne elettorali, guardate, si possono fare in tanti modi, ma mai sulla pelle di chi è più fragile e in spregio totale delle regole che derivano dall'appartenenza dell'Italia alla comunità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo lo sa bene anche chi, oggi, cerca di far apparire questo strumento di legge come lo strumento definitivo per risolvere i mali del mondo. Infatti, se leggiamo sempre sotto l'etichetta che prima abbiamo ricordato vediamo che neppure Salvini si è potuto sottrarre agli obblighi che il nostro Paese ha nei confronti di ogni essere umano e all'articolo 1 vediamo che i super poteri che si è auto-attribuito sono comunque limitati dal rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia che vietano in ogni modo un comportamento che concorra a determinare situazioni di rischio per la vita umana, per la persona. Dunque, non si comprende come una norma assai generica, che firma un assegno in bianco, di fatto, al Ministro dell'Interno per l'attribuzione di poteri sul traffico navale nelle acque italiane, possa violare disposizioni che tutelano la vita umana e che godono della consacrazione dell'articolo 10 della nostra Costituzione.

Solo per ricordare alcune disposizioni a chi ha la memoria corta - mi pare che siano in tanti qui dentro - voglio rammentare che la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 dispone che ogni Stato esige che il comandante di una nave battente la sua bandiera presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita e proceda, quanto più velocemente possibile, al soccorso delle persone in pericolo, qualora sia a conoscenza del loro bisogno di assistenza. O, ancora, possiamo richiamarci il disposto della Convenzione internazionale sulla ricerca e salvataggio marittimo, detta anche convenzione SAR, adottata ad Amburgo nel 1979, che obbliga gli Stati contraenti a dividere sulla base di accordi regionali il mare in zone di propria competenza.

Su queste basi l'Italia, dal 1° luglio 2006, in forza di emendamenti adottati dall'Organizzazione marittima mondiale, nella regione SAR di competenza, è tenuta a cooperare nelle operazioni di soccorso e di prendersi in carico i naufraghi, individuando e fornendo al più presto la disponibilità di un luogo di sicurezza, place of safety, inteso come luogo in cui le operazioni di soccorso si intendono concluse e la sicurezza dei sopravvissuti garantita. Questo vale per ogni nave anche soprattutto quelle delle ONG, che oggi pagano la continua ricerca di un nemico e di un consenso facile da parte del Ministro dell'Interno ma che, allo stato attuale, niente e nessuno ha mai accertato che compiano attività illecite, anzi la loro opera è recuperare persone in mare e garantire la loro sopravvivenza sino a un porto sicuro secondo le vigenti norme internazionali. Considerato tutto questo, non sarà certo il richiamo strumentale operato nel decreto sicurezza, atto secondo, alla Convenzione di Montego Bay, in ogni caso già operante nel nostro ordinamento anche prima di questo provvedimento, a poter giustificare quella che sarebbe una violazione delle norme internazionali da parte dell'Italia, dato che è impossibile capire, anche sforzandoci, dove sia l'offensività per la sicurezza nazionale nell'esiguo numero di persone che sono sbarcate in Italia in quest'ultimo periodo.

Ricordo che l'emergenza è già finita nei primi cinque mesi del 2018 con una diminuzione degli sbarchi del 78 per cento rispetto a quelli del 2017 e con un più accentuato calo degli arrivi dalla Libia, meno 84 per cento rispetto al 2017, quando questo Governo ancora non operava. Né ugualmente è dato sapere come si faccia a capire se trattasi di violazioni delle leggi vigenti sull'immigrazione prima che queste persone siano opportunamente identificate per verificare se esse abbiano o meno il diritto allo status di rifugiati, che ovviamente escluderebbe la loro clandestinità. È, infatti, proprio in quest'ottica che esiste il divieto di respingimento previsto dalla Convenzione di Ginevra secondo cui a un rifugiato, o comunque a una persona la cui situazione è da accertare, non può essere impedito l'ingresso sul territorio, né può essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita e la sua libertà sarebbero minacciate. Dunque, in ogni caso il diritto alla vita e il principio di non respingimento che sono stabiliti dai trattati internazionali prevalgono sulla legislazione nazionale, come il recente caso della Sea Watch e della sua capitana hanno dimostrato in maniera molto evidente con lo scorno del Ministro Salvini. Ma in tutto ciò la nostra preoccupazione, vedendo queste misure somministrate in due dosi, viene destata dal vedere un Governo che non ha un progetto chiaro sulle politiche migratorie e si affida solo a spot elettorali o a qualche espediente per far credere di contenere un fenomeno che i numeri già ci dicono essere contenuto e che vede l'Italia giocare una partita in modo solitario, laddove invece ci sarebbe un bisogno disperato di un lavoro di squadra con tutti gli attori internazionali. Ma a preoccupare è la combinazione dei due episodi del decreto sicurezza. Infatti, nei due provvedimenti, si assiste prima alla soppressione degli SPRAR, sistema esistente da oltre sedici anni e modello vero da presentare in Europa che ha dimostrato come solo con l'accoglienza in strutture diffuse seguite da personale formato, qualificato e in numero adeguato e attraverso un'appropriata distribuzione sul territorio dei richiedenti asilo si possa arrivare alla vera integrazione e stabilità della persona. Ma tutto questo è già stato spazzato via dal decreto sicurezza I; in tal modo i processi di integrazione si sono interrotti e hanno portato, come possibile effetto, le paradossali ricadute negative per la stessa sicurezza dei cittadini dovute all'incertezza e alle irregolarità che ne conseguono. Il tutto chiaramente sempre e solo a spese dei soggetti vulnerabili quali, per esempio, donne e bambini o comunque i minori che, in mancanza della possibilità di vedersi riconosciuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, saranno sostanzialmente privi delle tutele necessarie.

Abbiamo assistito poi anche all'abrogazione dell'istituto della protezione umanitaria per i neo-maggiorenni che, entrati come minori stranieri non accompagnati, permangono nella condizione di richiedenti asilo prima della convocazione della commissione territoriale e che, come denunciò il PD a suo tempo, rischiano di andare ad affollare le affollare le lunghe file dei clandestini.

Ecco, arriva il decreto “sicurezza-bis”, la cui insensata applicazione non trova eccezione neppure di fronte ai minori non accompagnati, quindi i più deboli tra i deboli. Ricordiamo che il PD aveva già chiesto, attraverso il rispetto del divieto di non respingimento, almeno il favore di questa categoria; inoltre, aveva chiesto che le sanzioni previste per le ONG andassero, ad esempio, ad un fondo apposito per i minori stranieri non accompagnati oppure ai richiedenti protezione internazionale esclusi dallo SPRAR per effetto del decreto-legge “sicurezza I”, a un fondo misure anti-tratta e ad altre ipotesi chiaramente tutte scartate senza appello dalla maggioranza.

L'Italia ha bisogno di una gestione unitaria del fenomeno migratorio in grado di coniugare le esigenze di umanità con quelle di sicurezza e di sviluppo della pace. Al contrario, si preferisce inasprire lo scontro con l'Europa e con tutto ciò che essa vuol dire e può darci, ossia qualità della vita e garanzia di pace per 500 milioni di persone. Rivedere il regolamento di Dublino - l'ha già detto qualcuno prima di me - aiuterebbe a sbloccare la situazione visto che ad essere in aumento sono proprio gli ingressi dei cosiddetti “dublinanti”, ovvero chi viene espulso dai Paesi europei, dove vive, verso gli Stati attraverso i quali sono entrati nell'Unione europea per effetto del regolamento di Dublino, che vede nello Stato di primo ingresso, molto spesso l'Italia, lo sappiamo, il responsabile dell'esame della domanda di protezione internazionale. Ebbene, nel 2018, dopo molte trattative, si riuscì a trovare un compromesso per cambiare il regolamento in favore di un meccanismo di ricollocazione automatica ma la Lega, il Ministro Salvini, ha disertato tutte le riunioni del Parlamento europeo in cui è stata discussa la riforma, ben ventidue, come ha ricordato prima la mia collega. Insomma, l'attuale Governo alle soluzioni reali preferisce gli annunci roboanti, blocchi navali impossibili da attuare se non in stato di guerra, affondamenti di navi inattuabili con civili a bordo che rischiano la vita, multe ad organizzazioni non governative che non saranno mai riscosse - diciamocelo con franchezza - poiché richiederebbero costosissime procedure di recupero internazionali, specie se i Paesi dove hanno la sede non collaborano. In tutto ciò, unito all'isolamento attuale del nostro Paese, voi continuate ad andare sempre alla disperata ricerca di qualcosa o di qualcuno su cui scaricare la responsabilità dei fallimenti e delle politiche adottate finora e a trovare ogni giorno nuovi nemici da aggiungere alla vostra narrazione che dovrebbero accerchiare questa litigiosa classe di Governo che finge o forse realmente è paranoica. Per dirla con Hermann Hesse: “troppo spesso togliamo tempo ai nostri amici per dedicarlo ai nostri nemici”. Ebbene i nemici li avete o fate finta di averli tra di voi. In questo caso, però, gli amici dovrebbero essere i cittadini italiani che hanno messo nelle vostre mani il loro prezioso futuro che merita di essere protetto con più serietà, con più etica delle responsabilità e soprattutto meno propaganda pre e post elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, avevo pensato di puntare l'intervento su fatti, su quanto è contenuto dentro il provvedimento che è una vera e propria suite: in musica quando si uniscono tante parti staccate ma unite da un unico filo conduttore si parla di una suite, cose diverse che però concorrono allo stesso risultato artistico. Quello in esame è un decreto-legge assolutamente importante che ha molti profili talora anche apparentemente minimali, ma, tutti insieme, armonizzati concorrono a garantire la condizione primaria ed essenziale di un Paese, cioè la sicurezza. Vedo le opposizioni, in particolare il PD, che non tanto bene si è distinto per blocco dell'immigrazione nei sette anni che ha governato, portare l'attenzione su fatti altri rispetto al contenuto delle norme.

Io vorrei semplicemente ricordare alcune cose, per esempio, che questo provvedimento sposa un concetto evolutivo di sicurezza, dinamico: previene invece che curare.

Si è parlato, ad esempio, di repressione del dissenso allorché si prevedono, con l'articolo 339 del codice penale, delle aggravanti per chi compie certi atti, come indossare caschi, ad esempio, in una manifestazione pubblica. Si è parlato di repressione del dissenso. Ma perché, secondo il PD, è normale che uno vada a una manifestazione pubblica travisato e con un casco? Ma perché ci va? Io ho fatto decine di manifestazioni e sono andato sempre con la faccia mia, se mi hanno chiesto i documenti li ho esibiti senza nessun problema. Qui si sta dicendo semplicemente di punire più gravemente un signore che si mette il casco, si travisa, porta bastoni a una manifestazione. Ma lo facevano i fascisti, cari amici del PD; i fascisti manifestavano sì con i manganelli, e voi, di fronte a una norma che è sacrosanta, perché non c'è alcuna correlazione tra il diritto di manifestare e il diritto di bastonare la polizia o tirare razzi o andare travisati o usare comunque metodi per evitare che la polizia possa facilmente, senza rischio, far rispettare le leggi, parlate di norma illiberale, repressione del dissenso. Ma di che stiamo a parlare? Vi ricordate la tragedia di Torino? Vi ricordate la tragedia di Corinaldo? Sembrano essere state generate da qualche demente che ha usato degli spray urticanti che hanno generato il caos che ha portato tanti morti. Ebbene, anche queste norme qui rientreranno nella punizione aggravata. Parliamo di applicabilità, ad esempio, delle norme che abbiamo tutti approvato sullo “spazza corrotti”, applicate anche in questo caso.

Parliamo di alberghi, che fino ad oggi - ripeto, sono cose anche minimali, ma che hanno un'importanza -, prevedere che entro sei ore si debba comunicare, per chi sta una notte in un albergo di ventiquattro ore, per via telematica, quando sarà efficientato il sistema informatico, alle autorità di pubblica sicurezza, il nome e il cognome di chi arriva, vuol dire impedire che un signore malintenzionato, cambiando ogni ventiquattro ore il luogo dove dorme, si renda di fatto irreperibile, facilmente. Con questo obbligo, per esempio, otteniamo questo risultato.

Ma avete parlato - perché poi, l'ultima parte, gli ultimi cinque minuti, li dedicherò a replicare a quello che è stato detto - di fallimento della politica dei rimpatri: ne avete rimpatriati solo l'1 per cento e volevate rimpatriarne chissà quanti! Va detto - e questa è la mistificazione, nella quale da sempre la sinistra è maestra - che la prima cosa che ha fatto questo Governo, segnatamente e in particolare il Ministro Salvini - è stato quello di ridurre l'accesso. Quando una nave ha una falla, la prima cosa che si fa è che si chiude la falla. Abbiamo chiuso la falla. I numeri sono, purtroppo per voi, impietosi: gli sbarchi si sono ridotti in modo drastico rispetto alla radiosa era di Governo del PD e soci. Abbiamo ridotto in modo significativo gli arrivi, e questo già è un evitare, a prescindere di dover poi rimpatriare. Ricordate sempre i rimpatri coatti, ma dimenticate gli oltre 6 mila rimpatri avvenuti attraverso corridoi umanitari, cioè in modo concordato e lecito, che fanno numero. Certamente, prima si chiude la falla, una volta che la nave è messa in sicurezza, si provvederà. E anche in questo senso questa norma introduce delle innovazioni, soprattutto dando risorse, mettendo fino a 50 milioni a disposizione delle autorità, per rimpatriare le persone in modo democratico, certo, magari con accordi con i Paesi. Chiusa la falla adesso stiamo azionando - e questo decreto serve esattamente a questo - le pompe di sentina, per svuotare dell'acqua che è entrata nello scafo che era stato lesionato. Abbiamo introdotto, ripeto, sempre in quell'ottica di prevenzione piuttosto che cura dei problemi della sicurezza pubblica, il ravvedimento operoso. Noi prevediamo che chi ha commesso certi fatti in materia di disordine negli stadi eccetera, se collabora, può avere un vantaggio. Questo cos'è? Si chiama finalità generale e preventiva di una norma. Ancora - ripeto tanto per dare dei numeri, perché non trovavo l'appunto -: gli sbarchi erano, nel 2017, 93.359; nel 2019, ad oggi, sono 3.191. Certo, non rimpatriamo perché per fortuna si è ridotto il problema, grazie a questo Governo. E la prova provata che c'era qualcosa che non andava è che adesso, le cosiddette ONLUS - che io chiamo “buoni a pagamento”, perché finché incassavano fior di quattrini, tanto che qualcuno che se ne intendeva ha avuto la “chiarezza” di dire che l'accoglienza rende più della droga - che abbiamo portato semplicemente il rimborso, il costo, la remunerazione di questa accoglienza a livelli europei - mi pare a 18-20 euro dai 35 - nessuno lo vuol più fare! Ma come, la bontà si misura ad euro? A 35 euro sono buono e a 18-20 no. Altra domanda alla quale anche voi dovreste rispondere: perché in Europa ci stanno e qui, se scendiamo oltre una certa soglia, no? Questa è una domanda della quale sarebbe interessante capire cosa pensa l'opposizione.

Ricordo che ci sono talmente tante cose in questo decreto che veramente… Abbiamo previsto la modifica dell'articolo 339 del codice penale, dell'articolo 340, del 341-bis eccetera; l'aver tutelato finalmente in modo serio, perché si aumentano le pene da sei mesi a tre anni per chi oltraggia un pubblico ufficiale. Cioè, qui abbiamo avuto dei tribunali italiani che hanno detto che sputare addosso a un agente di polizia in divisa e in servizio è un fatto di lieve entità. Io mi chiedo: un partito che a parole si professa da sempre tutore e maestro di legalità, come fa a contestare una norma del genere? È normale che in un Paese si possa sputare in faccia a un agente in servizio e non succede niente? Fatto di lieve entità.

Inoltre, abbiamo aumentato il Fondo per le politiche di rimpatrio, il Fondo per le riserve centrali, abbiamo riconosciuto agli agenti, che per motivi di lavoro si spostano, un giusto rimborso delle spese di pasto, di “sopravvivenza”; ecco, qui c'è.

Voi, invece, puntate sempre e solo su che cosa? Sul caso Rackete. Su questo francamente rimango molto stupefatto. La cosiddetta capitana è una signora che, dopo 14 giorni di peregrinare “avanti e indré” in mare, dice che ha agito in stato di necessità. Io faccio l'esempio dell'ambulanza: ma se voi aveste un autista d'ambulanza che per quattordici giorni si domanda se portarlo all'ospedale A o all'ospedale B e poi per caso il trasportato ferito muore, parlereste di stato di necessità? Io avrei potuto ipotizzare lo stato di necessità laddove la capitana Rackete avesse, dopo uno, due, tre giorni dall'effettuato salvataggio puntato diretto sul porto di Lampedusa e quivi tentato di sbarcare. Non l'ha fatto. Il fatto che sia rimasta in mare quattordici giorni dimostra che aveva viveri, carburante, navigabilità - non c'erano guasti al motore, non c'era nulla -, dimostra che questa emergenza è più raccontata che reale, tanto più che questo Governo, che non è fatto di persone che non si rendono dei problemi, ma è fatto di persone e di uomini che riconosco i diritti, aveva fatto sbarcare le persone malate, tant'è vero che la capitana Rackete - leggo l'ordinanza del GIP - deve parlare di problemi psicologici, di tensione che saliva, perché non può dire altro, perché i malati veri li avevamo sbarcati. Altra cosa singolare è che si sia legittimato in qualche modo con argomentazioni fumose: non è nave da guerra! Le vedette della Guardia di finanza sono navi militari. Io ho fatto l'ufficiale istruttore della Guardia di finanza e mi viene veramente il mal di cuore a pensare che magari a bordo di quella nave c'era uno dei miei ex allievi, che ha rischiato di essere schiacciato, perché è vero che il GIP dice che la comandante Rackete non ha messo a repentaglio la gente a bordo perché sono riusciti a fuggire. Bontà loro!

Minacciati di schiacciamento da una nave molte volte più grossa per tonnellaggio, i poveri operatori di polizia sono riusciti a salvarsi. Ma pensa te! Dovevano farsi schiacciare. Tra l'altro, una manovra del genere poteva essere rischiosa per la vita anche per un altro profilo: uno poteva cadere in mare e rimanere schiacciato, finire sotto le eliche.

Non è così pacifico che non sia successo niente perché si sono sottratti - bontà loro - allo schiacciamento, ma giustificare una condotta del genere è davvero incredibile e inconcepibile, a maggior ragione da parte di un partito legalitario come il PD.

Altra cosa che è stata detta, e qui entro nella parte finale della confutatio, come si dice, delle argomentazioni: si è parlato del caso Russia, presunto caso Russia, che qui non c'entra proprio niente; parlatene in altra sede, ma avete utilizzato questo spazio di dibattito in cui si parlava di un argomento, di un decreto, per parlare di altro che non c'entra niente. A un certo punto, l'onorevole Muroni ha detto: non c'è emergenza. Certo, non c'è emergenza perché questo Governo ha ridotto gli sbarchi, altrimenti l'emergenza c'era. È come dire che non c'è più l'incendio dopo che sono arrivati i vigili del fuoco e lo hanno spento. Certo, non c'è più emergenza, ma l'emergenza, se aveste vinto voi, malauguratamente, le elezioni, ci sarebbe stata e si sarebbe anche accresciuta, perché se ancora oggi, nonostante l'evidenza dei fatti, giustificate una signora che ha speronato una vedetta della Guardia di finanza, di un corpo di polizia che esercita funzioni di polizia, a maggior ragione nello specchio di un porto, ma senz'altro nelle acque lacunari, ecco, la prossima volta giustificheremo i contrabbandieri pugliesi che speronano con i loro veicoli blindati le macchine della Guardia di finanza, cosa che fanno sempre. Credo che, se si parlasse di quel caso lì, nessuno di voi giustificherebbe.

Qui è successa la stessa cosa, rispetto a una motovedetta della Guardia di finanza, ancorché sia nave militare, cosa scontata. Sul fatto che sia nave da guerra abbiamo accertato che talora sì, talora no; le motovedette forse non sono navi da guerra, ma sono naviglio militare. Sono, comunque, equiparabili in tutto e per tutto alle volanti. Qui voi giustificate, quindi, se domani un camionista sperona una volante per motivi, magari a suo dire, umanitari... perché l'ordinanza del GIP riguardava solo la convalida del fermo, non è un giudizio di merito e sapete bene che la procura ha già fatto appello.

Ma aggiungo, ancora: è un'emergenza creata, altro problema interessante. Questi sono naufraghi in un certo senso volontari, questo è il punto vero, perché è vero, come ha ricordato il procuratore Patronaggio anche in Commissione antimafia, ma anche in vari dibattiti, che non c'è prova del concorso, dell'accordo preventivo, certo, ma voi sapete benissimo che un conto è la prova penale e un conto è un fatto che esista.

Molto spesso noi conosciamo signori che sono membri di associazioni mafiose, dediti a truffe, ad altri reati, però non c'è la prova. Ciò non significa che appare estremamente incredibile che per puro caso, diciamo così, la domanda di soccorso si incontri con la fornitura di aiuto.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Sto per concludere, Presidente. Quindi, voglio solo dire che sarebbe interessante che il successivo dibattito riguardasse i fatti, le circostanze e le norme che questa legge introduce, che sono interessanti, sono tantissime.

Diamo alle forze di polizia delle divise nuove, consentiamo ai nostri corpi di polizia di non dover girare con divise lise, puniamo gli armatori che coscientemente… perché, se veramente c'è un'ipotesi di soccorso, non succederà nulla. Certo, adottiamo sanzioni forti, perché è evidente che qui c'è in ballo la sfida allo Stato. Questa è la cosa grave che non avrebbe dovuto trovare sponde in alcuni parlamentari di questa Repubblica. Qui la comandante Rackete ha sfidato lo Stato e le sue istituzioni, non Salvini; ha sfidato lo Stato, ha sfidato la Guardia di finanza, ha sfidato la capitaneria, dicendo “io delle vostre leggi me ne frego” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 13,40.

La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 13,40.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Claudio Borghi e Morrone sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1913-A.

(Ripresa della discussione sulle linee generali – A.C. 1913-A)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Calabria. Ne ha facoltà.

ANNAGRAZIA CALABRIA (FI). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, prima di entrare nel merito del provvedimento vorrei innanzitutto partire da una premessa fondamentale, perché questo decreto-legge assume per Forza Italia un significato decisivo, poiché i temi della sicurezza e del contrasto all'immigrazione clandestina rappresentano da sempre una battaglia che conduciamo in difesa dei cittadini.

Sono, dunque, per noi questioni fondamentali, che devono conoscere un nuovo e ulteriore sviluppo riprendendo e concretizzando le linee essenziali del programma elettorale che fu pensato e costruito insieme ai nostri alleati di Fratelli d'Italia e della Lega durante la campagna elettorale del 4 marzo dello scorso anno. Dopo otto mesi dall'approvazione del primo decreto sicurezza non possiamo non apprezzare lo spirito del provvedimento all'esame di quest'Aula e voglio precisare che, sin dall'inizio dell'insediamento di questo Governo, abbiamo sempre sostenuto con estrema chiarezza che, pur non essendo a favore di questa maggioranza, avremmo votato e giudicato i provvedimenti nella loro concretezza.

Avremmo votato provvedimento per provvedimento, dimostrando che si può essere opposizione e si può fare opposizione senza fare guerra preventiva e ideologica, pronti a difendere gli interessi degli italiani che da troppo tempo, ormai, attendono delle risposte. E, dunque, quando le proposte fossero state coincidenti con il nostro programma, con il programma di centrodestra e con gli interessi della nazione, le avremmo condivise; e quando si sarebbero, invece, scontrate con il dilettantismo, con la superficialità, con il pressappochismo del MoVimento 5 Stelle, così come inevitabilmente il più delle volte è accaduto, non le avremmo votate. La nostra non è mai stata né mai sarà un'opposizione ideologica, dettata dal pregiudizio, ma, al contrario, sarà sempre al fianco degli italiani, dei loro bisogni concreti e della loro sicurezza.

La nostra si chiama “coerenza”, una parola sconosciuta in particolar modo al MoVimento 5 Stelle, che si trova a votare un provvedimento le cui linee generali non sono altro che il frutto di un programma di centrodestra; un provvedimento che inevitabilmente si scontra con le dichiarazioni mosse anche da autorevoli esponenti del MoVimento 5 Stelle, soprattutto sul contrasto all'immigrazione clandestina, che dovrebbe far riflettere la stessa maggioranza sulla credibilità dell'Esecutivo nei confronti di tutti i cittadini dell'Europa e degli asset strategici mondiali. Le divergenze tra le forze di Governo sono emerse fortemente durante l'esame in Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia dal momento in cui gli emendamenti ritenuti inspiegabilmente inammissibili, in particolar modo quelli sulla tutela delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, sono stati riammessi all'esame dopo una evidente prova di forza tra i due gruppi di maggioranza.

È, dunque, evidente come gli alleati non siano più d'accordo su nulla, nemmeno sui punti fondamentali del cosiddetto contratto, tra i quali figurano anche immigrazione e sicurezza; ma in fondo era chiaro sin dall'inizio, un contratto di Governo destrutturato e fragile, privo di prospettiva, privo di valori, privo di una visione politica di insieme, senza progetto per il futuro. Le liti e le minacce di una crisi di Governo rappresentano un tristissimo spettacolo per la democrazia e per l'attività di questo Parlamento. Non ci si rende conto che ad assistere alle quotidiane divisioni ci sono gli italiani che chiedono aiuto, che chiedono giustizia sociale da parte dello Stato, che sono stanchi di essere gli ultimi.

Proprio sul tema dell'immigrazione è evidente come il peso specifico di questo Governo sia pari a zero: siamo completamente isolati e continuiamo a subire gli effetti negativi dei trattati approvati in tempi in cui il fenomeno migratorio non aveva i medesimi caratteri di quello attuale.

Infatti, si tratta di un fenomeno che, soprattutto negli ultimi anni, sta assumendo una portata eccezionale, dovuta, ovviamente, alla combinazione di più fattori, da quello demografico, economico, climatico, dai conflitti etnici e religiosi. Assistiamo a un'ondata che deve essere costantemente tenuta sotto controllo per evitare che possa abbattersi ulteriormente sull'Italia e sull'Unione europea sia dal sud del Mediterraneo, sia ad est, via terra, attraverso i Balcani.

Un'emergenza che deve essere affrontata con chiarezza e anche con fermezza, altrimenti il rischio sarà quello di essere travolti, rendendo l'Italia e l'Europa anche più facilmente penetrabili da elementi appartenenti al terrorismo jihadista ed esposte all'infiltrazione della criminalità organizzata.

A ciò si aggiunga che, se il Governo fosse realmente autorevole e rispettato, avrebbe imposto il cambiamento di determinate regole e, invece, si limita a chiudere i porti, battendosi in duelli con le ONG.

L'Italia ha pagato - e lo sta facendo ancora - la cattiva gestione dei flussi migratori, dove addirittura alle navi delle ONG viene ancora permesso di essere usate come taxi e spiace constatare che chi ha permesso tutto questo sia ancora fermo su atteggiamenti ipocriti e buonisti, che si continui a mettere la testa sotto la sabbia perseverando nell'errore e facendo finta di non sapere e si fa finta anche di non vedere che ci sono mercanti di morte che lucrano sulla disperazione delle persone. È accaduto ancora durante l'esame di questo provvedimento in Commissione ed è accaduto anche in occasione di recentissimi fatti di cronaca, quando comportamenti illegali e intollerabili, messi in atto dal capitano di una di queste navi, sono stati osannati, sono stati osannati ed elevati addirittura ad esempio da seguire anziché in atti da condannare. Quella parte politica, il Partito Democratico, ha un'enorme responsabilità di cui dovrà continuare a rispondere ancora per molto tempo.

E non è un caso se i veri risultati in politica estera sono stati raggiunti durante i nostri Governi, i Governi Berlusconi. Infatti, è soltanto grazie alla politica dei Governi del centrodestra, fatta di accordi con i Paesi della sponda Sud e, nel contempo, di massima severità nei confronti dell'immigrazione clandestina, se nel 2009 gli sbarchi furono 9.573 e nel 2010 furono 4.406 per l'intero anno. Successivamente, invece, si è messo in moto un processo inverso in continuo crescendo, giunto, nel 2017, alla punta massima di 180 mila migranti in un anno. Come vedete, a parlare sono i numeri e questi numeri sono la prova del fatto che noi di Forza Italia abbiamo dimostrato nel tempo di avere le idee chiare e, quando ne abbiamo avuto la possibilità, abbiamo sempre dato prova di saper gestire bene il fenomeno in tutti i suoi aspetti.

Quando si parla di immigrazione, però, non possiamo non fare riferimento al tema dei rimpatri. La questione, infatti, assume una rilevanza strategica poiché al dato positivo della diminuzione degli sbarchi non corrisponde un aumento dei rimpatri di chi non ha diritto di stare in Italia e circola illegalmente nel nostro Paese. I dati che si riferiscono all'Italia, diffusi dall'ufficio statistico dell'Unione europea, sono allarmanti, perché segnalano addirittura un forte calo delle espulsioni, 27 mila circa nel 2018 contro le 36.200 dell'anno precedente pari al 25,3 per cento in meno. Lo stesso Ministro degli Affari esteri, Moavero Milanesi, in una sua intervista ha evidenziato le difficoltà del Governo nel contrastare l'immigrazione clandestina, annunciando la ricerca di complicati accordi europei su questa materia.

Si cerca, dunque, ancora un'ancora di salvezza attraverso un improbabile approccio europeo, strada decisamente non immediata e, inoltre, difficilmente percorribile da questo Esecutivo completamente isolato a livello comunitario.

In questa situazione, invece, il Governo dovrebbe reperire le risorse necessarie per realizzare immediatamente e concretamente un serio piano per i rimpatri. Con intento costruttivo, infatti, abbiamo presentato un emendamento, a prima firma Fontana, che il Governo non ha inteso accogliere, invece, probabilmente a causa di quelle continue visioni divergenti all'interno della stessa maggioranza. Quella proposta mirava proprio a rendere operativa la politica del rimpatrio prevista dal “decreto-legge sicurezza bis”, destinando i risparmi della Camera dei deputati, quest'anno pari a circa 100 milioni di euro, al Fondo per i rimpatri e incrementando così notevolmente quella cifra, assolutamente insufficiente, di 2 milioni di euro prevista nel testo del Governo. Si tratta di una proposta di buon senso che avrebbe certamente creato le condizioni favorevoli per contrastare il problema dell'immigrazione illegale. Era auspicabile che si trovasse la più ampia condivisione tra tutte le forze politiche su questa proposta, un percorso che avrebbe permesso concretamente e anche in modo credibile di far partire la fase due della politica di contrasto all'immigrazione clandestina. Invece, ha prevalso la solita logica per la quale una proposta, anche se buona, non viene recepita perché avanzata da un avversario politico.

Troppo spesso l'accoglienza è finita in mano alla criminalità a scopo di lucro, associazioni a delinquere che pensavano solo a incrementare i guadagni senza nessun riguardo per gli immigrati e per la stessa integrazione. La gestione criminale infatti, svelata dall'indagine sui centri di accoglienza nella provincia di Imperia, è solo l'ultimo degli episodi che, ancora una volta, conferma la natura di moltissime di queste realtà, inefficienti, criminogene e costosissime. Centri di accoglienza nei quali proliferano crimini di ogni genere, favoriti da una lentissima procedura di definizione delle pratiche dei migranti.

Onorevoli colleghi, specialmente i colleghi della maggioranza, è solo con cospicue e congrue risorse che è possibile avviare un vasto piano di rimpatri, che anche l'Europa ci chiede da tempo. Noi riteniamo, inoltre, molto importante che, parallelamente a questi provvedimenti, si avvii un grandissimo “piano Marshall” per l'Africa, che dovrà interessare tutti gli Stati membri dell'Unione europea per creare condizioni di vita accettabili nei Paesi da dove partono i flussi migratori.

Le nostre proposte emendative sul tema dell'immigrazione, oltre a quella appena descritta sui rimpatri, sono state definite con l'intento di adottare misure incisive ed efficaci. Per le ONG, in particolare, chiediamo la possibilità di identificare i migranti a bordo e proponiamo che per le navi italiane adibite all'attività di salvataggio vi siano precise dotazioni e personale anche per affrontare emergenze sanitarie e per aiutare l'autorità a contrastare i trafficanti di uomini. Al fine di intercettare le piccole imbarcazioni che entrano o transitano nelle acque territoriali, chiediamo anche l'istituzione di una missione permanente di pattugliamento, coordinata dalle capitanerie di porto e dal Corpo della guardia di finanza, e l'immediata comunicazione alle prefetture del numero e di qualsiasi altra informazione relativa ai migranti accolti a bordo al fine di consentirne la successiva identificazione. Proponiamo il Daspo per il comandante delle navi in caso di violazione del divieto di ingresso e la confisca immediata delle imbarcazioni, prevedendo che i mezzi sequestrati siano attribuiti alle forze dell'ordine e che le sanzioni siano erogate dai prefetti, proprio perché siamo davanti a un tema di ordine pubblico e di sicurezza nazionale. Si tratta di proposte di buon senso che rappresentano la matrice identificativa della nostra posizione politica su questo tema e che rivendichiamo con orgoglio. Avremmo preferito certamente fare di più, avremmo voluto che venissero approvati i nostri emendamenti, anche per tutelare effettivamente il lavoro e la dedizione, straordinaria, delle nostre forze dell'ordine, che meritano rispetto, che meritano gratitudine.

Questo pacchetto non basta. Ci vogliono più assunzioni e più risorse per le forze dell'ordine. Dev'essere ben chiara la persistente carenza dell'organico delle forze dell'ordine, l'insufficienza di mezzi per operare. Non possiamo esimerci dal tutelare coloro che, con grande spirito di sacrificio, proteggono le nostre vite sia in patria sia all'estero nelle nostre missioni internazionali. Perciò, consentitemi di dire che è stato davvero svilente il modo in cui la maggioranza ha trattato il comparto sicurezza nella fase emendativa di questo provvedimento: merce di scambio e oggetto di polemica. Ma vi rendete conto o no che gli uomini e le donne in divisa sono coloro che ogni sacrosanto giorno, seppure di fronte a mille difficoltà, si battono per garantire la nostra sicurezza? Sapete che solo nel mese di giugno ci sono stati settanta feriti tra gli agenti di polizia a causa di violenze? È una vergogna di fronte alla quale non ci possiamo limitare alle solite manifestazioni di solidarietà. La politica ha il dovere di intervenire e per questo andiamo fieri dell'emendamento di Forza Italia che introduce la perseguibilità anche per l'offesa ritenuta di particolare tenuità al pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. È un aggiornamento normativo necessario e doveroso per rafforzare concretamente la tutela delle donne e degli uomini delle forze dell'ordine, troppo spesso vittime di gesti folli che minano alla loro incolumità.

In conclusione, signor Presidente, questo è un decreto-legge che noi di Forza Italia riteniamo molto importante ed è per questo che vogliamo confrontarci sul merito, senza pregiudizi. Come abbiamo fatto per il primo “decreto sicurezza”, da forza politica seria, da forza politica responsabile, opereremo un attento monitoraggio di come sarà tradotto in pratica anche questo provvedimento in merito al contrasto all'immigrazione clandestina, alla sicurezza dei cittadini e alla tutela delle forze dell'ordine. Si tratta di sfide che riteniamo fondamentali. L'articolo 52 della nostra Costituzione recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” e noi aggiungiamo che è sacro dovere dello Stato, del Governo e del Parlamento. Siamo pronti a farlo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (PD). Grazie, signor Presidente. Signor Presidente, in premessa vorrei dirle che il mio cellulare è spento. Ho visto una dichiarazione del Presidente della Camera che, in maniera tanto solerte, si occupa di chi eventualmente fa foto e selfie per preservare il buon andamento dei lavori del nostro Parlamento. Vorrei ricordare, per suo tramite, al Presidente della Camera che forse si dovrebbe occupare con maggiore solerzia anche dei diritti che sono stati calpestati, conculcati alla minoranza di questo Parlamento; e che lui si è reso disponibile a realizzare, ovviamente con l'accordo dei due presidenti, entrambi del suo partito, un'attività di sistematica cancellazione di quelli che sono i più elementari requisiti che devono garantire il buon andamento dei lavori in Commissione. Abbiamo atteso che lui assumesse un'iniziativa più forte, al di là di qualche denuncia, perché imponesse al Ministro Salvini di venire a riferire in quest'Aula. Abbiamo verificato come sui temi legati, per esempio, alle audizioni si sia allineato al diktat che proveniva da dichiarazioni del qui presente sottosegretario Molteni, che intimava alla Commissione di non audire Carola Rackete. Peraltro, arrampicandosi sugli specchi, all'interno della Commissione, si è detto: perché non si doveva parlare di un procedimento penale in corso; io faccio umilmente notare che nella stessa mattinata si era ascoltato il PM Patronaggio, e che rappresentanti della Lega, anche qui presenti che sono appena intervenuti, sono intervenuti a chiedere informazioni su quanto era accaduto sulla vicenda Sea-Watch al comandante della Guardia costiera.

Così come non si è occupato di verificare i tempi e i modi dell'ammissibilità in relazione a disposizioni che avevamo chiesto noi, e si è invece acconciato a garantire quando si è trattato di richieste che provenivano dalla Lega, alcune delle quali peraltro anche condivisibili. Oppure quando, nel massimo del momento di costrizione e di compressione dei lavori parlamentari, si è dato credito ad una serie di precedenti che andavano nella direzione di limitare la possibilità delle forze di opposizione di esprimere una posizione compiuta, e quindi senza che questo corrispondesse a un ostruzionismo. Io penso che il nostro partito, il nostro gruppo abbia presentato meno emendamenti di quelli che ha presentato Forza Italia, per esempio; un centinaio di emendamenti sono stati bloccati, pur non in presenza di un'imminente riduzione dei tempi di discussione.

Sappiamo tutti che è un decreto che scade a metà agosto, non era indispensabile… E anche questo, il Presidente della Camera ha ritenuto, invece, di doversi acconciare alle richieste propagandistiche del Ministro dell'Interno: era possibile discuterlo la settimana prossima, ove non fosse stata conclusa un'esauriente discussione all'interno della nostra Commissione, delle nostre Commissioni riunite. Insomma, ci sono state sistematiche violazioni, fino all'ultima paradossale, avendo i numeri, i tempi contingentati e la possibilità anche di intervenire con il Regolamento, di non voler svolgere, per un emendamento che è stato considerato una furba riformulazione, una discussione che potesse consentirci di subemendarlo.

A qualcuno potrà sembrare, magari fuori da quest'Aula, una premessa di carattere troppo tecnico; e invece no, lo voglio dire con grande chiarezza: sulle procedure parlamentari, sul rispetto non dei precedenti a caso, ma sul rispetto di una prassi che ha consolidato la democrazia di questo Paese si gioca la tenuta di una democrazia. Noi non abbiamo mai considerato le regole come formalismi: le abbiamo sempre accettate, e ci indigniamo nel momento in cui le vediamo calpestate, in particolare con l'accordo di chi dovrebbe garantire che quest'Aula e le Commissioni possano essere strumenti per ciascun parlamentare per esercitare quello che è il proprio diritto-dovere di rappresentanza popolare, senza vincolo di mandato.

Lo sappiano anche coloro i quali vorrebbero farci decadere o a gregari di un capo, come accade per la Lega, o a esponenti-ripetitori di quanto dice una Srl: noi continueremo a difendere le regole a garanzia dell'ordinato svolgimento di questo nostro lavoro, perché alcuni tengono alla poltrona e noi teniamo alla democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e questo non è un dato che può essere eliminato. Lo dico perché questo è un decreto da un verso utilizzato come una bandiera propagandistica. Ed è per questo motivo che si manifesta con tutta la sua violenza la subalternità nei confronti del Ministro Salvini: perché avrebbe bisogno, questo provvedimento, di ben altra trattazione. Sono privi i fondamentali per considerare questo un decreto-legge; non c'è né necessità né urgenza. Addirittura, perché talvolta il diavolo si nasconde nei dettagli, è stata la stessa riformulazione di un emendamento leghista a dire che non era necessario e che non era urgente: perché se voi andate all'articolo 8 (parto dall'articolo 8 perché è indicativo di quello che sto dicendo), quando al comma 2 si parla della riduzione delle commissioni territoriali, si sta affermando - lo dice il Governo, che è venuto qui in questa sede a dire che c'è un allarme, che ci sono problemi - che non servono più le commissioni territoriali. Peraltro senza neanche garantire alle persone che vi hanno lavorato e che sono state impiegate per un importante compito, come quello del riconoscimento degli status per i richiedenti asilo, senza neanche dire perché questa cosa dovrebbe accadere: cioè la riduzione e il rientro in ruolo di personale che non serve.

Perché, come è stato detto dalla collega Prestipino, questa emergenza non esiste, e l'unica emergenza che c'è è quella umanitaria, rispetto alla quale questo Governo si pone in una condizione da bullo, perché io ritengo che questo sia. Si pone nel modo peggiore nei confronti di coloro i quali stanno annegando; ed ancora oggi c'è una dichiarazione, francamente priva di senso istituzionale, da parte del Ministro Salvini, che dice: all'orizzonte scorgiamo una ONG francese e non so di quale altra nazionalità, non rimarremo con le mani in mano. Ma che cos'è questo, un Ministro? Non rimarremo con le mani in mano. Non rimarremo con le mani in mano! Non rimarremo, chi? Lui e la selva di troll, il branco di troll che aggredisce chiunque non la pensi come lui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Che espone al ludibrio razzista, xenofobo, sessista, omofobico, antisemita tutti coloro i quali non la pensano come lui?

Perché la Bestia pagata con i 49 milioni che sono stati sottratti… Signor sottosegretario, ci venga a raccontare come sono stati presi i 49 milioni, poi parliamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! E di come sono stati impiegati quei fondi, che probabilmente, o promessi oppure ottenuti, provengono addirittura da una potenza straniera. Si venga qui a parlarne, si venga qui.

PRESIDENTE. Onorevole Migliore, restiamo sul “decreto sicurezza”, che ha tanto spazio di discussione…

GENNARO MIGLIORE (PD). Eh, molta sicurezza, sto parlando di sicurezza nazionale in effetti, sto parlando della sicurezza nazionale. E noi abbiamo messo in atto una serie di comportamenti, che mettevano in evidenza l'impossibilità, da parte di questo Paese e di questo Parlamento, di fidarsi di chi non ha neanche il coraggio di venire a parlare in quest'Aula di quelle che sono le accuse. Peraltro, il garantismo vale per tutti gli amici, tranne per chi viene considerata, a buon mercato, una criminale. Perché questo è quello che sta succedendo. Ho sentito dire: io mi fido di questo, di quest'altro, dell'ex sottosegretario, di uno e dell'altro, perché non si è colpevoli fino a prova contraria, però l'utilizzo dello stigma “è una criminale”, “è una sbruffoncella”, e tutta una serie di epiteti che vengono rivolti alla signora Carola Rackete, “zecca”, “zecca tedesca”, come se poi, diciamo così, questo aumentasse ovviamente l'entità dell'epiteto. Se, a un certo punto, succede che in questo Paese si dice che si fa un “decreto sicurezza” e della sicurezza non si occupa il Ministro dell'Interno, ma si occupa solo della persecuzione paranoica dei suoi avversari o presunti tali, io dico: in che mani siamo finiti? In che mani siamo finiti, colleghe e colleghi, persone che stanno ascoltando questa nostra discussione, in che mani siamo finiti?

Vogliamo enumerare, uno per uno, quali sono gli elementi che caratterizzano questa mancanza, come ho detto, di necessità e urgenza, e anche la possibilità, da parte del nostro Paese, di individuare dei bersagli sbagliati? Partiamo dalla questione dell'accentramento dei poteri nelle mani del Ministro dell'Interno: accentramento del tutto abnorme, che viene giustificato come l'applicazione di una legge, la n. 121 del 1981; guarda caso, nessuno si era accorto che ci fosse la necessità di intervenire con quella legge per impedire che altri Dicasteri facessero il loro dovere. Allora, bisogna dire che il MoVimento 5 Stelle non ha fatto un contratto, ma ha stipulato una clausola capestro, nella quale ogni parola che fosse riferita, anche larvatamente, alla questione delle migrazioni, doveva essere esclusivo appannaggio di questo signore che fa il Ministro dell'Interno. Allora, per me l'individuazione di questa concentrazione di potere nelle mani di uno solo è già elemento che mette in discussione un equilibrio di responsabilità. Successivamente, in virtù di dichiarazioni rese pubblicamente e ripetute più volte, si mette in discussione - cosa ancora più grave - non un equilibrio di responsabilità, ma un equilibrio di poteri, perché stiamo parlando di attacchi sistematici alla magistratura, di invocazione di arresti, di misure che non competono a quella che è la responsabilità governativa. Mettere in discussione la separazione dei poteri è ormai la norma tra potere esecutivo e potere legislativo. Il sottosegretario Molteni, che ha la mia stima personale, viene, detta la linea e se ne va, anzi no, rimane pure a testimoniare che tutto avvenga secondo i desideri del Governo. Il MoVimento 5 Stelle sta lì, prende ordini e interviene al massimo per salvare quelli che sono gli ipotetici problemi che potrebbero venire al Capo di questo Governo, che è il Ministro Salvini. Lo hanno già fatto quando lo hanno salvato sulla Diciotti, lo hanno già fatto, sono pronti a rifarlo e credo che noi dovremmo sfidarli a verificare che questa disponibilità a mettersi sempre petto in fuori a difesa di qualsiasi azione del Ministro dell'Interno possa essere verificata.

Poi, adesso, il Ministro Salvini decide anche di mettere in discussione la separazione dei poteri e fa un decreto di polizia, sostanzialmente, che vuole interdire alla magistratura di scegliere secondo scienza e coscienza giuridica, perché di questo si tratta negli articoli che seguono, compreso il fatto di individuare delle sanzioni amministrative che, badate bene, non sono previste, visto che prima il collega della Lega parlava di speronamenti che potrebbero fare i contrabbandieri pugliesi o della Puglia, perché non è detto che siano pugliesi; capisco che sono abituati alla definizione etnica, ma diciamo ai contrabbandieri. Il trattamento riservato alle navi delle ONG, cosiddette tali, non è riservato neanche alle organizzazioni della criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); non siete neanche lontanamente all'interno dell'alveo di quello che viene definito il criterio di ragionevolezza e proporzionalità. Addirittura, io l'ho chiamato l'emendamento “a rosico”, nel senso che rosicano nei confronti della Sea-Watch. Si è fatto un emendamento che eleva a un milione di euro - un milione! - la penale e ci è stato detto, con grande cortesia da parte dei presentatori - che erano sia dell'opposizione d'occasione, di Fratelli d'Italia e Forza Italia, e ovviamente anche della Lega -, che siccome la Sea-Watch, grazie all'intervento di una trasmissione televisiva aveva ottenuto 200 mila euro nel giro di tre ore, bisognava, seguendo l'Auditel e non seguendo il codice, innalzare questa sanzione amministrativa. Perché no: devono essere puniti anche quelli che danno i soldi alle ONG! Quelle ONG sono organizzazioni umanitarie e i soldi li prendono non perché hanno qualche accordo segreto, ma per il prestigio e la trasparenza dei loro bilanci! La Lega se la sogna la trasparenza dei bilanci di una ONG che in questo momento considera nemica del popolo: ve la sognate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Non a caso a voi del 2 per mille neanche ve ne danno tanto: forse i tanti elettori non si fidano; prendiamo più noi, che abbiamo la metà dei vostri voti, o poco più della metà.

Allora, che cosa vi devo dire? Che avete fatto un emendamento per innalzare una serie di sanzioni amministrative per impedire che vi possa essere il libero pronunciamento della magistratura? Che avete indicato la necessità di distruggere le navi dopo due anni? Io vorrei sapere se questa norma esiste per le organizzazioni criminali, se quello che state facendo lo prevedete per i veri nemici del Paese, se quella delle organizzazioni umanitarie è diventata l'elemento di una contesa, o comunque di una versione propagandistica che cerca di oscurare le vostre responsabilità sia per quanto concerne il funzionamento del Paese, sia per quanto concerne l'attività delle nostre istituzioni, che non funzionano da quando sono nelle vostre mani. Voi avete danneggiato - non irreparabilmente, spero - anche la funzione istituzionale di alcuni istituti, come per esempio quello della Guardia costiera, che hanno presidiato il mare Mediterraneo, salvando centinaia di migliaia di vite, ma che voi avete obbligato all'immobilità.

Io li ho visti tanti di quegli operatori, servitori dello Stato, che ringrazio sempre e che ringrazio tuttora; lo leggevo negli occhi ad alcuni di loro - e, in privato, qualcun altro ha avuto modo anche di raccontarmelo - il senso di frustrazione nel non poter obbedire alle leggi del mare, le quali dicono che prima di ogni altra cosa bisogna salvarle le persone, prima ancora di dire che non staremo con le mani in mano per una nave che, magari, sta trasportando dei naufraghi. Anche perché questa elementare legge del mare è stata codificata ed è stata codificata proprio all'interno di uno degli accordi, delle convenzioni che voi richiamate. Giustamente è stato detto, prima di me, che è una convenzione già operante: perché va richiamata? Perché ne va richiamato solamente un pezzo, ritenendo che richiamandone un pezzo si possa raccogliere quella indicazione, quella condizione di rafforzamento della propria potestà legislativa che, invece, una legge normale non dovrebbe mai aver necessità di richiamare. Si richiamano le leggi semplicemente per distorcerle, sennò le leggi sono già operanti e siccome c'è un articolo della Costituzione, il 117, che prevede come obbligo quello della sottoscrizione degli accordi e degli obblighi del nostro Paese nei confronti delle convenzioni internazionali perché c'è una gerarchia delle fonti: c'è una gerarchia delle fonti! Vi dico ciò perché è già accaduto e accadrà anche in futuro. La magistratura, che è organo indipendente e autonomo nel suo esercizio della giurisdizione, avrà gli strumenti per stabilire con maggiore efficacia di quanta ne abbia la maggioranza di questo Parlamento qual è la gerarchia delle fonti che valida il fatto che se c'è qualcuno che sta trasportando delle persone in pericolo, questo travolge anche l'idea che si possa considerare possibile il blocco di questo strumento di salvataggio. E non mi si venga a dire che erano state garantite tutte le cure perché si sa perfettamente - è accaduto anche successivamente con il naviglio cosiddetto Mediterranea, che aveva tutti sul ponte, essendo una imbarcazione molto piccola che in quel momento era utilizzata solo per il monitoraggio - che quando c'è qualcuno in mare lo si raccoglie, ma non lo si fa stare a friggere sotto il sole. Ciò rafforza il senso di che cosa? Di machismo, di superomismo che in questo momento vuole essere rappresentato dalla Lega? Una volta c'era il “celodurismo”, mentre adesso c'è il “salvinismo”, che mi pare, più o meno, abbia la stessa radice semantica.

Noi non stiamo facendo un passo avanti nella soluzione dei problemi strutturali del Paese e non mi riferisco ovviamente solo all'immigrazione, ma l'immigrazione è certamente uno di questi. Non si è fatto alcun passo in avanti perché, grazie in particolare alla Lega e a Salvini, siamo esclusi da tutti i tavoli che decidono quali debbano essere le norme che presiedono all'ingresso e alla richiesta di asilo da parte dei migranti. Non abbiamo partecipato - anzi, non avete partecipato - colpevolmente, alle riunioni dei Ministri dell'interno dove si discuteva di questi argomenti. Non avete partecipato: lo ripeto, non avete partecipato! È così.

Non sono state presenti le nostre posizioni nei confronti dei vostri alleati, nemici dell'Italia, il cosiddetto blocco dei Paesi di Visegrád; nemici sul tema dell'immigrazione - questo è certo - perché non hanno mai voluto neanche una persona nell'ambito del piano di ricollocamento, oltre ad essere dei sovranisti convinti e, quindi, come tali, impegnati a difendere il loro spazio di sovranità, non capendo che invece in questo modo - o meglio, probabilmente perché c'è un'intesa anche con interessi di carattere più vasto - perdere la sovranità a favore di una sovranità più forte significa rafforzare l'influenza di un Paese e questo, sicuramente, è quello che l'Italia dovrebbe fare.

Chiudersi e pensare invece di rafforzare la propria sovranità, rinunciando ad essere considerati nel consesso dei Paesi civili, perché appunto si introducono legislazioni e leggi che possono violare convenzioni internazionali e diritti fondamentali, significa, invece, indebolire anche strategicamente il nostro Paese. C'è stato un passaggio della nostra discussione che ha riguardato, per esempio, la definizione di che cos'è un'area SAR; è utile discuterne, abbiamo posizioni non solo molto diverse, ma, se mi posso permettere, che testimoniano la distanza dalla realtà che in questo momento il Governo ha rispetto a ciò che sta accadendo. Il Ministro Moavero, che non mi risulta sieda da queste parti, non mi risulta, ha sostenuto, nel momento di massima crisi con una delle ONG, che la Libia non aveva place of safety, non aveva luoghi sicuri, per cui non poteva completare le operazioni SAR. E nessuno, che non sia ovviamente chi si prende la responsabilità, in questo caso qualche motovedetta libica - poi bisognerebbe approfondire in questo momento a cosa servono, chi sono, a quali interessi rispondono - ma comunque nessuno che non sia un libico può avvicinarsi alle coste libiche, perché non è un place of safety. Infatti, l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha definito un cambio di fase dal 4 aprile in poi, perché c'è la guerra e, quindi, c'è l'impossibilità di considerare quello un posto dove raccogliere persone migranti. Non bastasse questo, è stato bombardato un campo profughi e sparavano ai profughi che scappavano. Mi chiedo io: ma c'è ancora qualcuno che ha la faccia tosta di dire che le persone che sono in questo momento in Libia non siano vittime di guerra? Come se l'unica cosa che contasse nella vita di una persona è la stazione di partenza del lungo viaggio della sofferenza e del dolore che fanno attraversando, in questo caso, un continente, ma che poi da molto tempo, magari da mesi, magari da anni, ormai, sono intrappolati all'interno del Paese libico.

C'è ancora qualcuno che mi viene a raccontare che queste persone non abbiano un problema di protezione umanitaria? Ah, no, perché l'avete cancellata la protezione umanitaria. E, in effetti, l'unica cosa che sta accadendo è che stanno aumentando le persone che richiedono una protezione umanitaria.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

GENNARO MIGLIORE (PD). Presidente, ho ancora un minuto, grazie. Concludo, ricordando a quest'Aula e a chi ci ascolta che di questo decreto “sicurezza”, se non ci penseranno altre corti, ci penseremo noi a cancellarne l'ignominia, perché noi saremo sicuramente memori di quello che avete fatto nel corso di queste settimane e di questi mesi e non accetteremo, a differenza dei vostri alleati e succubi del MoVimento 5 Stelle, di essere complici di questa barbarie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saitta. Ne ha facoltà.

EUGENIO SAITTA (M5S). Grazie, Presidente. Oggi, si avvia l'esame del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica. Il provvedimento sottoposto oggi all'attenzione dell'Aula è frutto di intense giornate di lavoro nelle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia. È grazie agli emendamenti approvati che oggi abbiamo un testo più corposo e incisivo rispetto a quello che abbiamo affrontato nelle Commissioni. Riguardo alla struttura del provvedimento, questa si compone di 18 articoli. Entrando nel dettaglio, i primi cinque articoli modificano l'articolo 11 e seguenti del testo unico sull'immigrazione; in particolare, grazie a un emendamento recante la firma del MoVimento 5 Stelle viene altresì prevista come misura cautelare la confisca immediata delle navi che violano il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane con la possibilità che le stesse vengano messe a disposizione dei nostri agenti per essere utilizzate dagli organi di polizia, capitaneria di porto, per attività di polizia o di protezione civile. Per potenziare la sicurezza pubblica, nell'articolo 4, si prevede lo stanziamento di 2 milioni di euro per il triennio 2019-2021, risorse che serviranno a coprire i costi relativi alle operazioni di investigazione e al contrasto dell'immigrazione clandestina.

In materia di sicurezza e ordine pubblico, il testo prevede nei successivi articoli tutele maggiori per gli agenti di polizia impiegati durante le manifestazioni. In particolare gli articoli 6 e seguenti disciplinano la gestione dell'ordine pubblico durante le manifestazioni di protesta e sportive, modificando altresì il codice penale. Degno di nota, in particolare, quanto disposto all'articolo 7, il quale introduce una nuova fattispecie di reato che punisce coloro che utilizzando razzi, fuochi d'artificio, petardi o altri strumenti nel corso della manifestazione creano pericolo alle persone. Il reato risulta aggravato se i fatti sono commessi nel corso delle manifestazioni in luogo pubblico.

Gli articoli da 8 a 12 trattano il potenziamento dell'efficacia dell'azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza. All'articolo 8 si segnala un programma di interventi temporaneo ed eccezionale finalizzato a eliminare, anche mediante l'utilizzo di strumenti telematici, l'arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze penali di condanna. A tal fine viene autorizzata l'assunzione da parte del Ministero della Giustizia di un contingente fino a 800 unità di personale amministrativo con contratti a tempo determinato di durata annuale. Con l'articolo 10 si incrementa di ulteriori 500 unità il contingente di personale delle Forze armate delle operazioni Strade sicure. Infine gli ultimi articoli, come anticipato, riguardano il contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive. Riassumendo in poche ultime battute, posso dire che si tratta di un corposo insieme di disposizioni che intervengono tanto sul fronte della prevenzione quanto su quello della repressione dei fenomeni in questione. Dall'articolo 13 fino all'articolo 18 viene riscritta ed estesa, infatti, la disciplina del DASPO, aumentando i relativi divieti e prescrizioni. Tra le norme inserite grazie ai recenti emendamenti a doppia firma del MoVimento 5 Stelle e Lega meritevoli di ulteriore nota, vi è quella relativa all'aumento delle risorse destinate al comparto sicurezza e difesa, cosiddetto pacchetto polizia, che prevede una serie di norme per gli agenti di polizia di Stato e vigili del fuoco con l'aumento degli straordinari e dei buoni pasto e delle risorse per il ricambio dell'equipaggiamento.

In conclusione ritengo meritorio l'operato del Governo per aver posto all'attenzione dell'Aula un provvedimento che ha la priorità della sicurezza dei cittadini nonché di tutti coloro che ogni giorno mettono a rischio la propria vita, come gli operatori delle forze di polizia, per garantire l'ordine pubblico. Questo infatti è un ulteriore passo verso il rafforzamento della legalità e il contrasto della violenza in particolari occasioni e luoghi come negli stadi e nei cortei, nei quali troppo spesso si è assistito a tragedie e a scontri tra le opposte tifoserie con conseguenti gravi pregiudizi per i cittadini e le forze dell'ordine. Con tali norme sono certo si darà la possibilità alle famiglie di poter assistere a qualsiasi manifestazione sportiva senza rischi per l'incolumità fisica o addirittura per la vita. In continuità con quanto fatto finora occorrerà altresì in futuro impegnarsi al fine di proseguire nel lavoro di rafforzamento delle misure che tutelano cittadini e forze dell'ordine contro atteggiamenti aggressivi e violenti, implementando sempre più garanzie, strumenti e stanziamenti. Con il testo in esame, arricchito dal lavoro delle due Commissioni e dagli emendamenti presentati dal MoVimento 5 Stelle e approvati, abbiamo compiuto un passo significativo nella direzione auspicata. L'impegno adesso è continuare sulla stessa rotta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie, Presidente. Il “decreto sicurezza-bis”, di cui si discute oggi, si chiama così perché evidentemente il primo non è stato sufficiente, altrimenti, come aveva già detto Fratelli d'Italia, sarebbe stato completo e onnicomprensivo il primo intervento.

In realtà, come avevamo segnalato, c'erano diversi temi sul tavolo che non venivano risolti dal primo decreto-legge e si è reso necessario il secondo intervento.

Inoltre, sollecitiamo il fatto che si possa dare attuazione completa al primo e seppur insufficiente decreto-legge, perché attualmente i diciassette decreti attuativi del medesimo non ci risultano essere stati ancora applicati e attuati adeguatamente.

Quindi, nonostante il primo decreto sicurezza non sia bastato a risolvere alcune problematiche e ci sia tuttora una situazione e un'esigenza di tutela maggiore della sicurezza e della sovranità nazionale in Italia, ecco nonostante tutto questo, in questo periodo, da parte della sinistra abbiamo visto cose che voi umani non avete mai visto.

Abbiamo visto una nazione, la Francia, conferire la cittadinanza onoraria a Carola Rackete, cioè ad un soggetto che è stato indagato per aver speronato una nave della Guardia di finanza in Italia, da parte di una nazione che da anni sfrutta le colonie africane, una nazione che ha invaso la Libia, una nazione che respinge i migranti a Ventimiglia con azioni, a volte, ai limiti della legalità e poi viene a dare lezioni all'Italia su come si gestiscono i flussi migratori e viene a provocare l'Italia conferendo l'onorificenza a un soggetto che è venuto in Italia a forzare le normative delle nostre leggi.

Abbiamo visto parlamentari italiani salire a bordo di una nave che aveva compiuto tali fatti ai limiti della legalità. Dunque, ai parlamentari della sinistra che hanno fatto sfoggio della propria battaglia vogliamo ricordare che sono eletti in Italia dagli italiani per difendere gli interessi, i diritti e la sovranità del popolo italiano e non per sfoggiare la tolleranza sulle spalle degli altri.

L'Italia - devo dire e lo sottolineo - non deve ricevere lezioni di democrazia e di accoglienza da nessuno, perché in questo momento il nostro Paese è quello che più di ogni altro in Europa si è fatto carico dell'emergenza e del soccorso umanitario, è quello che più di ogni altro Paese europeo ha dato prova negli anni di solidarietà e accoglienza nei confronti dei migranti ma al tempo stesso non vuole e non può essere trasformato nel campo profughi dell'Europa a spese nostre; e, quindi, non accettiamo lezioni da altri Paesi che hanno scaricato su di noi la gran parte di questi oneri e, con la coscienza a posto, possiamo affrontare adeguatamente anche i fenomeni che questo decreto cerca di affrontare e di normare meglio.

Allora, alla sinistra vogliamo dire che i deboli non sono le ONG che utilizzano i nostri mari come palestra dei loro presunti interessi umanitari camuffati spesso da interessi di altra natura, i deboli non sono una benestante tedesca, figlia di papà, che per scaricarsi la coscienza progressista scarica i migranti a casa d'altri e a spese d'altri. E, quindi, il gran chiasso che è stato fatto attorno a questa vicenda stride di fronte al silenzio che, invece, abbiamo visto da parte della sinistra su altre drammatiche vicende emerse in questi giorni. E, allora, alla sinistra vogliamo ricordare che i deboli non sono Carola Rackete e le ONG, ma i deboli semmai sono i bambini di Bibbiano (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) che si sono visti privati del diritto di poter avere il proprio padre e la propria madre…

PRESIDENTE. Onorevole Maschio, come ho detto prima all'onorevole Migliore, il “decreto sicurezza” ha abbastanza ambiti per poter rimanere sullo stesso.

CIRO MASCHIO (FDI). Sì, stavo invitando la sinistra a devolvere le spese legali, il milione di euro raccolto per le spese legali per le difese di Carola Rackete, che cerca di forzare le normative del loro Paese, piuttosto alle famiglie di Bibbiano, per risarcirle in minima parte dei soprusi che hanno subito in tutti questi anni.

Questo è un problema di sicurezza e di dignità delle persone: la difesa dei diritti umani va fatta anche all'interno del nostro territorio.

Quindi, abbiamo visto cose, e nonostante questo c'è qualcuno che sta cercando di porre rimedio alle emergenze di sicurezza, che sono ancora evidenti nel nostro Paese. Allora, sicuramente possiamo dire che questo decreto pone parzialmente rimedio ad alcune problematiche. È giusto aver tentato di normare in modo più chiaro e restrittivo alcune norme del diritto della navigazione e alcune norme sulle limitazioni a carico delle ONG, sulle azioni che vengono compiute all'interno dei nostri mari e dei nostri confini, è stato giusto introdurre sanzioni più significative, è stato giusto introdurre maggiori risorse anche a presidio delle nuove norme che sono state introdotte, però molto ancora rimane da fare.

Si tenta di tutelare maggiormente le forze dell'ordine, ma non si mette mano al reato di tortura, che è stato introdotto qualche mese fa e che ha limitato e penalizzato fortemente e ingiustamente l'azione delle nostre forze dell'ordine. Non è stata posta in essere una serie di interventi seri per la prevenzione del radicalismo islamico, anche e non solo attraverso le nostre coste. Non è stata ancora messa in campo un'azione seria e concreta sugli accordi per i rimpatri nei Paesi di provenienza dei tanti clandestini presenti nel nostro territorio: ci sono tutt'ora almeno 500 mila clandestini circa che non sono stati rimpatriati e dei quali non vi è menzione in questo decreto. Non ci sono previsioni su un'immigrazione più selezionata, come hanno fatto altri Paesi europei, per favorire all'interno dei flussi determinate provenienze che sono più compatibili e facilmente gestibili nel nostro Paese rispetto ad altre. Mancano dei criteri di selezione anche sulla conoscenza della lingua, della storia italiana e delle leggi italiane al fine di far ottenere la cittadinanza a chi vuole entrare e rimanere nel nostro Paese.

Si è introdotta qualche flebile misura a tutela delle forze dell'ordine, ma le cosiddette norme anti-black bloc di fatto non ci sono, sono molto lontane dall'avere un'incidenza minima nell'ordine pubblico, nella tutela della dignità e dell'operatività delle nostre forze dell'ordine. A fronte di sentenze incredibili, che di fatto considerano dei fatti significativi perfino sputare in faccia agli agenti delle forze dell'ordine, non vediamo in questo decreto norme sufficienti a tutelare pienamente e adeguatamente le nostre forze dell'ordine dai tanti oltraggi che subiscono quotidianamente nella loro azione.

Non c'è la previsione adeguata dell'impiego dell'Esercito nel presidio dei nostri territori. Non ci sono misure adeguate per istituire dei centri sorvegliati dove trattenere chi entra illegalmente in Italia, in particolare i clandestini in attesa di essere rimpatriati, cosa che ha fatto la democratica Germania della Merkel e che noi qui ancora non abbiamo adeguatamente compiuto.

Non ci sono norme sull'espulsione dei cittadini comunitari che siano privi di mezzi di sostentamento e/o che delinquano – pensiamo, ad esempio, ai tantissimi casi relativi ai rom -, che in altri Paesi vengono applicate e che nel nostro ordinamento ancora non si vedono.

Non ci sono norme, ulteriori, significative finalizzate a contrastare adeguatamente le mafie straniere. Non c'è menzione della emergenza crescente, ormai evidente a tutti, della mafia nigeriana. Non si accenna all'operazione “Strade sicure” per il pattugliamento e il controllo del territorio. E non c'è menzione - anche se di competenza più del Ministero della Giustizia che non dell'Interno, ma in un decreto si poteva farne menzione - degli accordi bilaterali per il rimpatrio dei tantissimi detenuti stranieri, affinché possano scontare le pene nei Paesi di provenienza. Mancano, insomma, queste ed altre misure, anche sulla microcriminalità, che di fatto ormai in Italia è in un regime quasi di impunità, e nei confronti della quale servirebbero misure efficaci a tutela della sicurezza delle persone, anche nelle loro abitazioni, dalle tantissime intrusioni e incursioni che avvengono quotidianamente. Ecco, mancano tante misure che in un decreto – che, essendo un decreto, vuole adottare misure straordinarie e urgenti - potevano essere introdotte per affrontare alcune emergenze che ci sono oggi nel nostro Paese.

E, quindi, possiamo apprezzare, da un lato, il fatto che siano stati accolti alcuni emendamenti di Fratelli d'Italia. Pensiamo, di fatto, a quello sulla confisca delle navi delle ONG che abbiano violato le nostre norme, che non è esattamente l'affondamento – ovviamente, nei limiti e nel rispetto delle norme di legge - che Fratelli d'Italia ha chiesto, ma è una misura che, sulla scia della nostra proposta, è stata introdotta. Apprezziamo il fatto che si sia accolto un emendamento che ci consente di dare l'avvio a una missione militare europea per la creazione di un blocco navale davanti alle coste libiche. Noi lo diciamo da anni: la soluzione più efficace, unica possibile, per evitare che dei disperati vengano utilizzati come schiavi da esportare, per interesse di qualcuno, nei nostri mari, è il blocco navale alla radice, che in passato si è dimostrato si può attuare, e che ancora in questo decreto non trova attuazione. Auspichiamo che l'emendamento di Fratelli d'Italia che sollecita ad andare in questa direzione possa essere seguito a breve da un'azione incisiva, per introdurre un efficace blocco navale nelle coste italiane e nelle coste libiche.

Insomma, sono molte le misure che si dovrebbero introdurre per presidiare meglio la sovranità e la sicurezza nel nostro Paese. Riteniamo che questo “decreto bis” abbia parzialmente rimediato a qualche falla del primo decreto, ma riteniamo che ancora molto rimanga da fare, e quindi abbiamo buone motivazioni di credere che ci sarà anche un “decreto ter(Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), che proverà a fare quello che non si è riusciti a fare neanche in questo decreto. Quindi, noi possiamo esprimere un giudizio favorevole per la parte che riteniamo condivisibile, ma riteniamo che il risultato finale sia insufficiente rispetto alle esigenze e alle emergenze che ci sono oggi in Italia per la sicurezza dei nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melilli. Ne ha facoltà. Siamo più tolleranti oggi con la gestione degli interventi, a motivo delle cose che sottolineava l'onorevole Borghi, cioè la nota problematicità relativa all'incendio che è successo sulle reti ferroviarie. Prego, onorevole Melilli.

FABIO MELILLI (PD). Presidente, dopo l'annuncio di “decreti septies” sulla sicurezza, avremo il tempo naturalmente per tutta la legislatura di ragionare più approfonditamente delle questioni che ci vengono poste (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Signor sottosegretario, lei, il suo Governo, oggi ci costringe a iniziare questa discussione generale su un provvedimento che, per l'iter che lo ha connotato, per le scelte che sono state fatte, rappresenta forse uno dei punti più bassi raggiunti dal Governo nei rapporti con il Parlamento. Lo dico perché i colleghi nelle Commissioni deputate hanno lavorato e registrato una voglia di andare avanti purché sia alla ennesima umiliazione del Parlamento a cui ci avete abituato già da tempo. Per fare che cosa? Per fare un provvedimento che non aveva nessuna urgenza, che affronta questioni che servono più ai vostri equilibri interni, per la verità, che alla sicurezza del Paese, servono alla vostra perenne campagna elettorale. È un'altra puntata un po' triste, per la verità, della marginalizzazione del Parlamento, dell'umiliazione della democrazia rappresentativa a cui ci avete abituato, per la verità entrambe le forze che compongono questa maggioranza di Governo. Ce ne date prova ogni giorno con questa vostra incapacità di decidere, di compiere le vostre scelte nel luogo naturale, nel luogo deputato al compimento delle scelte, cioè questo. Assistiamo ad eterne mediazioni fatte fuori da qui, rilanciate sui social sempre per la vostra campagna elettorale, per questo vostro baloccarvi tra maggioranza e opposizione, questo marcare le vostre differenze, fino a che non trovate una sintesi, a seconda che debba vincere una o l'altra componente del Governo - in questo caso, sottosegretario Molteni, più la sua, mi pare di capire -, con una mediazione spesso fatta al ribasso e si arriva qui a ratifica. Noi ratifichiamo, come se il Parlamento fosse un orpello, una procedura noiosa della quale non si può ancora fare a meno. Mi dispiace anche per il collega che ha parlato prima di me, che, probabilmente, auspicherebbe una vita diversa delle nostre istituzioni. Noi avvertivamo tutti questa urgenza, per la verità, l'urgenza di spostare le competenze sulla limitazione del divieto di approdo o di transito di navi, e questa necessità stringente di impegnare tre Ministri (uno, naturalmente, con una posizione di preminenza, come siamo abituati a vedere). Tre Ministri che concertano la decisione e, bontà loro, poi informano anche il Presidente del Consiglio; quindi c'è una collegialità veramente invidiabile in alcuni passaggi di questo Governo. Ma sono le norme che avete scritto che danno il senso della regressione che ispira il decreto e svelano anche un po' di furia vendicatrice - so che ci si innervosisce quando pronunciamo queste parole - dello smacco subito dal Ministro dell'Interno nella vicenda della Sea-Watch. Si può dire quello che volete, ma questo è accaduto. E, quindi, voi che cosa inventate? La confisca della nave, l'arresto del comandante, sanzioni amministrative che portate fino a un milione di euro. Lo Stato, signor sottosegretario, fa sentire tutta la sua autorità nei confronti di chi si macchia di uno dei più orribili reati, salvare la gente in mare, e lo fa facendo carta straccia degli obblighi internazionali; poi, ipocritamente, ci spiegate anche di volerli rispettare. Avranno vita breve - lo ha detto prima di me e meglio di me il collega Migliore - queste norme, ma questa vita breve, purtroppo, servirà, come è chiaro da tempo, a questa eterna campagna elettorale di elezioni, peraltro, probabili a giorni alterni. E, nel frattempo, sbarcano sulle nostre coste migranti con ogni mezzo e, mi dispiace per voi, senza comandanti. Un provvedimento quindi urgentissimo, ma fosse solo questo il capolavoro che state compiendo.

Non so se essere più preoccupato di questa prima messe di norme o per l'altra parte che il decreto affronta. Senza che ci sia un'emergenza, senza che se ne avverta la necessità, si inaspriscono pene già previste per reati come la resistenza a pubblico ufficiale se essa viene effettuata nel corso di manifestazioni in luogo pubblico.

E lo fate violando, a mio avviso, un grande principio, che è il principio di ragionevolezza e di proporzionalità della pena che ha informato i nostri codici dal 1948 ad oggi. Senza che ci sia un'emergenza, una necessità reale, costruite, passo dopo passo, una svolta che non esitiamo - mi dispiace doverlo ribadire - a dire che per noi ha un sapore autoritario e non ha scrupoli a sfaldare uno degli equilibri più delicati della nostra democrazia: quello della libertà di esternare il proprio pensiero e quello del rispetto delle norme, che erano sufficienti e solide.

Si lancia un messaggio preciso all'opinione pubblica, lo hanno detto in molti: attenti a manifestare. La piazza, il luogo pubblico viene additato come un luogo che genera di per se stesso un inasprimento di pena. Consentitemi di essere un po' stupito, soprattutto nei confronti di chi sulla libertà di pensiero, sulla critica, anche aspra, al sistema, portata all'eccesso anche dentro questi palazzi - lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle -, ha costruito un movimento politico raggiungendo vette di consenso rapidissime. Non so come hanno potuto essere silenti rispetto a questa normativa; forse sarà il caso che si domandino il perché della rapida discesa di questo consenso a poco più di un anno dall'ingresso nel Governo. Consiglio sempre un po' di prudenza, signor sottosegretario, a regolare con legge i rapporti tra libertà di manifestare e repressione degli abusi.

Mandare un messaggio centrato sulla responsabilità penale di chi organizza manifestazioni, anche quando i reati li commettono altri che a quelle manifestazioni partecipano, è una violenza, una violenza vera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); lo hanno detto i sindacati, lo hanno detto in molti, ma sembra che su questo non possa e non ci debba essere ascolto. Non vorrei che anche questa parte del provvedimento, come le azioni compiute sul tema dei migranti, servano, invece, per determinare e accentuare una situazione di emergenza. Abbiamo denunciato più volte - lo ha fatto il nostro segretario nazionale e lo hanno fatto i nostri gruppi parlamentari - questo vostro bisogno di alimentare le paure degli italiani. Prima gli italiani, mi verrebbe da dire, purché spaventati. Ho letto, signor sottosegretario, la relazione introduttiva: per la verità, a un certo punto mi sono fermato e vi dico dove. Perché a un certo punto, nella relazione introduttiva, si afferma che la recrudescenza della crisi politica libica stia riaccendendo l'ipotesi di nuove ondate di immigrazione.

E noi che cosa facciamo? Mettiamo 500 mila euro alla Polizia per il coordinamento internazionale e ci balocchiamo sul tema del reato transnazionale, immaginiamo che le intercettazioni preventive possano - così si afferma nella relazione - impedire a monte l'organizzazione di trasporti stranieri e potenziamo qualche attività di cooperazione internazionale con la magnifica cifra di 500 mila euro. Sarebbe un altro tempo questo, sarebbe il tempo di un'attenzione particolare alle relazioni nel Mediterraneo. Ora il collega di Fratelli d'Italia se ne è andato: noi da Fratelli d'Italia possiamo ascoltare tutto, spesso con un po' di sofferenza, ce lo consentiranno, insomma, ma che ci venga a fare lezioni sulla guerra in Libia è un po' esagerato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

È un po' esagerato perché è vero che siamo in un tempo senza memoria, però non è che c'eravamo noi al Governo quando accadevano quei fatti. Capisco che il nuovismo porta a volte a dimenticare anche un passato recente, che forse sarebbe anche meglio dimenticare, ma del quale non siamo certo noi gli autori. Sarebbe il tempo di fare un lavoro serio in Europa per non commettere gli errori che nel passato sono stati commessi, volto alla costruzione di politiche di stabilizzazione della Libia; sarebbe il tempo di una politica del Mediterraneo, che non sembra aleggiare negli scritti, nei contratti, nelle discussioni di questa maggioranza. Noi continueremo ad auspicarlo, continueremo a ricordarvelo, continueremo a rivendicare le azioni che i nostri Governi hanno compiuto. Possiamo, signor sottosegretario, farvi solo gli auguri, ma ho l'impressione davvero che queste norme dureranno davvero poco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tonelli. Ne ha facoltà.

GIANNI TONELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Tenevo a prendere la parola perché numerose volte nel corso di questi lavori in Commissione e pubblicamente ho sentito coloro che esprimevano giudizi in maniera negativa basarsi su un'argomentazione tra le altre, ma un'argomentazione che ritenevano che fosse la prova del nove della bontà delle loro affermazioni e dell'errata concezione e dell'inutilità di questo provvedimento. E questa motivazione era ricollegata al dottor Patronaggio, il procuratore di Agrigento, che è venuto nelle Commissioni riunite I e II, dove ha affermato che non è stato in alcun modo mai provato un legame fra le ONG e gli scafisti, o quantomeno qualsiasi tipo di intesa in questo senso.

Dopo questa prima audizione trovai nuovamente il dottor Patronaggio in Commissione antimafia e presi la parola, dopo che aveva parlato, non tanto per fargli una domanda ma per suggerirgli una riflessione. Gli feci notare che la verità processuale e la verità storica sono due concetti molto distanti e, anzi, non è assolutamente detto che debbano coincidere e molte volte non coincidono perché le finalità sono completamente differenti.

Inoltre, gli dissi che nella mia esperienza professionale pregressa avevo avuto modo di formulare, nel mio animo, un convincimento diametralmente opposto al suo e gli suggerii di farsi mandare i dati relativi agli sbarchi del 2017 da tutte le questure della Sicilia, ad esempio la questura di Messina, la questura di Catania, la questura di Ragusa per quanto riguarda il porto di Augusta, la questura di Siracusa per quanto riguarda il porto di Pozzallo, Agrigento e Palermo. Da questi dati si potrà rilevare che la gran parte degli sbarchi è avvenuta verso il fine settimana, a cavallo del fine settimana, e questo dimostrava palesemente che vi fosse un'intesa tra quelli che erano gli organismi governativi italiani e le ONG, perché necessariamente migliaia e migliaia di persone presuppongono e necessitano di una logistica che non è solo quella della prima accoglienza ma è quella del fotosegnalamento, è quella del trasporto e della collocazione - quindi, anche il noleggio dei pullman - e soprattutto anche la collocazione su tutto il territorio nazionale e la necessità, quindi, di trovare alloggi per queste persone. E, quindi, credo che sia chiarissimo, al di là della dimostrazione pratica o meno del fatto che qualcuno lo avesse voluto questo risultato o non lo avesse cercato, che vi fosse quanto meno un'intesa fra le ONG e il Governo italiano.

Ma questo mi porta anche a fare un'altra riflessione, cioè che questa migrazione a onde sinergiche, a onde sincronizzate, presupponeva necessariamente anche un accordo, un'intesa o un modo, comunque, di comunicare tra le ONG e le partenze. Qui non ci dobbiamo dimenticare che stiamo parlando, come ha sottolineato l'onorevole Boldrini in Commissione, di gommoni che erano veramente di pessima fattura, con degli Yamaha, come motori, di 40 cavalli. Certo, perché lo scopo era solo quello di arrivare vicino alle acque territoriali, solamente poche miglia marine per poter poi incrociare e contattare le ONG ed essere caricati da queste.

“Dottor Patronaggio, questi sono i numeri”, ho detto. “Se lei se li fa dare, io sono certo che la porteranno quantomeno a degli spunti di riflessione differenti”. Se poi nessuno ha voluto cercare - e, comunque, non è neanche facile farlo - gli elementi di prova, perché nelle comunicazioni oggi gli strumenti sono infiniti per riuscire a evitare la tracciabilità, per riuscire a comunicare anche in maniera non diretta e tramite triangolazione o altro, ma il numero, i numeri e il quantitativo esorbitante - e ho fatto riferimento, non a caso, all'anno 2017 - sono dati che io ho raccolto e che mi hanno dato una realtà.

È per questo che questo decreto è veramente importante. Al di là delle buone intenzioni o meno, sulle quali io personalmente - ma questo è un mio giudizio personale - dubito fortissimamente, al di là delle buone intenzioni o meno, dicevo, un collegamento vi è ed è assolutamente indispensabile, perché qui si tratta di alimentare la tratta. L'altra sera proprio con una senatrice del PD discutevo in radio e parlavamo di prostituzione, cosa che non c'entra in questo decreto, ma per tutta la trasmissione ha continuato a sostenere che non vi era bisogno di nessuna modifica alla “legge Merlin” perché il problema non lo avrebbe risolto e perché si trattava soltanto - comunque solo e soltanto - di tratta degli esseri umani che andava stroncata.

Allora, per tutta la trasmissione io ho lasciato che corroborasse questo concetto, che lo sottolineasse e alla fine ho concluso dicendo: “Ma allora abbiamo ragione. Vede che il problema è questo? Non soltanto nella prostituzione, nello spazio o in un'infinità di altre attività illecite?”. Queste derivano dalla tratta degli esseri umani che ricordo, rispetto a quello che è l'organizzazione internazionale che ha dato questi dati, che tratta dell'argomento, l'anno scorso è stata calcolata in 800 mila persone. Sta a noi fare una scelta, se volere stare dalla parte del bene o del male. A volte possono sembrare irragionevoli, come da bambino sembravano irragionevoli anche a me. Sembrava irragionevole anche a me il divieto di poter pagare un riscatto per un proprio parente sotto sequestro, però quel divieto era necessario per combattere il fenomeno.

Io non credo che la strada intrapresa dalle ONG sia quella del bene, non lo credo anche proprio nel caso in cui io volessi solo ed unicamente concentrarmi, non sulla tutela della nostra società ma a tutela della nostra cultura, del nostro modo di essere e del futuro della civiltà occidentale, su quella che è un'attività di carità o di solidarietà civile. Non credo che questa sia la strada. E proprio questa mattina scendendo in treno e aspettando, perché questo viaggio, purtroppo, è durato otto ore a causa di interruzioni sulla linea, ascoltavo proprio un giornalista storicamente della sinistra, che scrive su La Repubblica, e in una conferenza faceva ben presente questo, cioè che se vogliamo realmente aiutarli dobbiamo aiutarli a casa loro perché altrimenti sarebbe assolutamente ingiusto. Se andiamo, ad esempio, a Londra, la metà - e citava un Paese tra i più poveri e piccoli del continente africano - dei medici presenti in quel Paese oggi lavora a Londra. Allora noi, ogni volta che accogliamo persone sotto una falsa carità che è sempre più pelosa, impoveriamo sempre, continuamente i Paesi africani.

Credo che questo decreto sia sulla giusta strada, perché io mi sono formato questo convincimento personalmente, ma il gruppo che qui rappresento, che è il principale promotore in questa direzione, pensa che vi sia una correlazione fra le ONG e gli scafisti e non ci può essere bene su questa strada. Scusate se vi potrà sembrare aberrante l'analogia, ma noi diventiamo ricettatori di qualche cosa che è veramente aberrante: la tratta degli esseri umani.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente. Colleghi deputati, sottosegretario Molteni, ci troviamo ancora una volta qui a disquisire di sicurezza e, in modo particolare, dei flussi migratori. Sicuramente la situazione nel corso dell'ultimo anno è migliorata, e di questo non vi è dubbio, sicuramente non abbiamo avuto la possibilità, la capacità, la forza, le relazioni internazionali, il peso specifico per portare a regolamentare questo fenomeno, che, voglio ricordarlo soprattutto a chi ha parlato prima di me dai banchi opposti al mio, cioè al Partito Democratico e alla sinistra, danneggia l'Italia. Infatti, questo fenomeno si scarica sull'Italia, si scarica prevalentemente sull'Italia, insieme a poche altre nazioni dell'Europa meridionale, e noi dovremmo qui fare massa critica assumendoci la responsabilità di difendere, come dovrebbe essere per il mandato che rappresentiamo, e dovremmo trovarci qui insieme a capire quale soluzione mettere in campo per difendere l'Italia, perché comunque vi è la necessità di una difesa.

Non è soltanto la difesa dei confini, perché l'ideologia bislacca della sinistra ormai vorrebbe infrangere e frantumare - e ovviamente quando sta all'opposizione più di quando si trova in posizione di governo - il concetto stesso di confine, che pure è presente nella Costituzione italiana. Quindi, qui siamo sempre alle diatribe culturali secondo le quali i confini andrebbero polverizzati, da un lato, ma poi non si propone nulla, da un punto di vista della riforma della Costituzione, per modificare quello che i Padri costituenti hanno lasciato in dote a noi.

Non ci si riesce, non c'è verso: si continua a fare bieca ideologia, si continua a ragionare per astrazioni, si continua a ignorare la realtà, si continua a mistificare la realtà.

Facciamo il gioco al contrario, perché io potrei qui… Da destra, vuoi che non abbia le competenze per prendere la questione dell'immigrazione dal punto di vista della sicurezza? Facciamo il gioco al contrario, e prendiamola invece dal punto di vista della sinistra: facciamo finta che la sinistra abbia ragione, e che il tema vero sia quello, unico, dominante, del dover mettere in campo tutta la forza della solidarietà di cui può disporre un essere umano. È qui il punto: se vogliamo essere solidali, perché ci accorgiamo della disperazione di una certa quantificata massa di cittadini africani soltanto quando si accendono le telecamere nel Mediterraneo e sono a bordo di ordinati gommoni? Ordinati nel senso che vengono comunque previsti, fabbricati all'uopo, portati lì. Questo lo sanno tutti: non è che qui lo dice Fratelli d'Italia o la Lega Nord o il MoVimento 5 Stelle, i partiti di Governo che stanno sostenendo questa battaglia. Lo sanno tutti che c'è questo tipo di affare, che intorno alla disperazione umana si è sviluppata una filiera; e questa filiera la si deve poter riconoscere, perché altrimenti accade, paradossalmente, esattamente il contrario di quello che si vorrebbe: uno vorrebbe esprimere solidarietà ai disperati, e invece la esprime ai trafficanti di uomini.

Il dubbio non può non cogliere anche i più generosi solidaristi italiani. Se esiste la tratta dei disperati, se è gestita dai trafficanti di uomini insieme agli scafisti, che sono il loro braccio operativo; se questo traffico orientato a trasferire gran parte della popolazione africana in apparenti… Adesso poi spiego anche che cosa significa, non voglio certamente mettere in dubbio il fatto che quelli che scappano dall'Africa stiano male, ma certamente non sono quelli che stanno peggio in Africa: altrimenti non potrebbero scappare, altrimenti non potrebbero pagare i trafficanti di uomini, altrimenti non potrebbero pagare gli scafisti, altrimenti non potrebbero affrontare la traversata del deserto, altrimenti non potrebbero affrontare la traversata del Mediterraneo e tutto quello che comporta. Noi, quindi, è come se avessimo operato una selezione per censo, abbiamo soccorso, e voi volete continuare a soccorrere, in Africa non i più deboli, come solidarietà imporrebbe, ma i più ricchi tra i deboli, dimenticando i superdeboli, gli ultimi. Voi vi rivolgete ai penultimi, ai terzultimi, non agli ultimi come dovrebbe fare chi innalza il totem della solidarietà.

Voi vi dimenticate degli anziani che non possono partire dal Corno d'Africa per raggiungere la Sicilia, voi vi dimenticate dei bambini, delle mamme, dei disabili, delle persone più fragili; di quelli che magari sono anche storpi perché hanno messo qualche piede su qualche mina in quelle regioni disgraziate, dove di guerre ce ne sono state più d'una, e quando non ci sono spesso è semplicemente perché al posto delle guerre qualcuno l'ha vinta, ci sono delle tirannidi e quindi la situazione si è normalizzata. Perché vi bendate gli occhi e non guardate gli ultimi, e invece vi dedicate soltanto a coloro i quali, in una situazione davvero confusa, se vogliamo utilizzare un eufemismo, si trovano a poche miglia dalle coste della Libia a bordo di immaginifici gommoni di fabbricazione cinese, che vengono consegnati agli scafisti che dopo un braccio di mare scaricano le persone che hanno pagato per essere trasferiti in Italia ed in Europa su questi gommoni.

Non è il caso certamente di fare ironia, però viene un po' in mente la metafora, quando nelle nostre città occidentali piove, dell'improvviso manifestarsi di cittadini di varia etnia che ancora non sono cadute due gocce d'acqua e già ti portano l'ombrello o l'impermeabile. Qualcuno ha percepito l'affare, anzi qualcuno l'affare lo ha costruito; subito appresso qualcuno percepisce l'affare, percepisce le difficoltà tradizionali, quelle che abbiamo conosciuto fino a qualche anno fa nel trasferire queste persone attraverso le imbarcazioni vecchio stampo e vecchia maniera, quelle di tipo tradizionale, e subito propone commercialmente l'uso dei gommoni; che poi non sono proprio dei gommoni, sono dei gonfiabili, sono dei canotti, non sono dei gommoni. Quindi, anche la terminologia è sbagliata.

La sinistra quindi, invece di dedicarsi, visto che dovrebbe essere la sinistra, o comunque dovrebbe essere erede di quella sinistra sensibile alla giustizia sociale, sensibile alla difficoltà, alla povertà, al destino degli ultimi… La sinistra non si rivolge agli ultimi, ma la sinistra si rivolge solo a quelli che hanno pagato il pizzo ai trafficanti, hanno pagato il secondo pizzo agli scafisti; si rivolge a coloro i quali sono sufficientemente robusti, al 90 per cento uomini tra i 18 e i 35 anni, quindi in età lavorativa; esprime la solidarietà solo a queste persone, le quali, una volta sbarcate in Italia, casomai qualcuno se ne dimenticasse, in quota parte, ma in rilevante quota parte… Perché le statistiche le conosciamo tutti, e le conosce anche il Partito Democratico: ci dicono che in quota parte, in rilevante parte queste persone finiscono comunque ad alimentare due circuiti, che sono due circuiti che non hanno niente a che fare con la solidarietà.

E, allora, basta fare gargarismi con la demagogia, perché questi due circuiti sono, uno, quello della criminalità organizzata, l'altro, quello del lavoro nero. E dove sta la solidarietà? A chi la esprimete? Al caporalato che sottopaga a pochi euro al giorno i braccianti e chi dorme nelle tende? A chi la esprimete questa solidarietà? Ai mafiosi? Ai camorristi? Alla mafia nigeriana? A coloro i quali gestiscono il racket della prostituzione? A chi la indirizzate questa solidarietà? Perché non si capisce! Noi vogliamo essere solidali con voi.

E, allora, basta trasformare delle battaglie ideologiche in dei punti di non ritorno, tali da cancellare la possibilità di difendere gli interessi nazionali e internazionali. Perché a fianco al legittimo interesse del popolo italiano ad essere difeso da una possibile invasione, c'è anche l'interesse dei cittadini africani, che sono sfruttati, schiavizzati: non solo quelli oggetto della tratta, ma soprattutto quelli che restano lì. Quei bambini che lavorano nelle miniere sottopagati, e che attraverso il loro lavoro fanno la fortuna di un pezzo dell'Occidente, che casomai è quello pure che conferisce le onorificenze - a gettone, ovviamente, a seconda delle convenienze - alla signora Carola Rackete, casomai (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sì, col “k”: una volta l'utilizzavate anche voi, quindi suona bene.

Io penso sarebbe il caso, su materie così complicate… Come è stato anche quando voi avete governato: perché è vero che avete avuto un Esecutivo abbastanza bislacco, per molto tempo con il Ministro Alfano all'interno; è anche vero che, a un certo punto, è arrivato al posto di Alfano un importante rappresentante del Partito Democratico, e c'è stato uno spirito di collaborazione, certo, nel rispetto della battaglia politica.

A me piacerebbe moltissimo che, proprio per tutelare questi principi teoricamente granitici, la difesa dell'interesse nazionale e la difesa dei soggetti più deboli, si potesse guardare la realtà per come la realtà si manifesta, senza strabismi, senza asimmetrie, senza indirettamente santificare i demoni, cioè coloro i quali lucrano su questo meccanismo, perché l'ultimo anello della catena - piaccia o meno, è così - di questo asse di interessi economici è rappresentato anche dal circuito dell'accoglienza.

Ma vi siete mai chiesti - io questo giochino l'ho fatto anche a causa della mia sensibilità derivata dagli studi che ho compiuto -, se noi potessimo scaricare 6 miliardi l'anno, come è accaduto negli ultimi anni, su alcune nazioni africane, con questi 6 miliardi, non in Italia o in Germania, ma lì in Africa che cosa avremmo potuto realizzare? Ve la siete mai posta questa domanda? Quanti borghi, quante infrastrutture, quante dighe, quante strade, quanti ospedali, quanti medicinali, quante gavette di riso, quanti pasti, quanto soccorso in più avremmo potuto dispensare nel continente africano? Quanto saremmo riusciti, se avessimo impegnato in Africa questi contributi, magari anche a garantire una sorta di emancipazione di quello che era e resta in potenza il continente più ricco del mondo, ma che tale non può essere perché un neocolonialismo ha preso il sopravvento, di matrice - potremmo definirlo così, per non spaventare nessuno – “turbo-capitalista” o “turbo-liberista”? Ciò non per andare contro il liberismo o il capitalismo - perché anche queste sono definizioni appartenenti a un passato remoto – ma per dire che certamente c'è stata e c'è in atto una degenerazione di questi sistemi economici e macroeconomici che, trasferiti in alcune nazioni dell'Africa, rappresentano la necessità di mantenere queste nazioni sottomesse rispetto ad alcune potenze occidentali, anche europee.

Io penso che questa materia sia sufficientemente ampia e seria per essere trattata in maniera diversa rispetto alla semplice tenzone che vuole il Ministro dell'Interno messo in una sorta di cerchio concentrico alla maniera del bersaglio, per cui anche a discutere di traffico internazionale di esseri umani, di nuovo schiavismo del terzo millennio, di sottomissione di nazioni, di neocolonialismo, di turbo-liberismo, di persone che comunque non hanno la forza fisica né quella economica per affrontare la traversata del deserto e quella del Mediterraneo, di fronte a materie di questo genere e di questa natura, sì, è ovvio che ci siano diverse sensibilità in campo e che, quindi, siano assolutamente comprensibili i diversi approcci, ma un conto è avere dei giudizi lievemente diversi e delle sensibilità difformi, altro conto è prendere qualunque pretesto per trasformarlo in una battaglia propagandistica e faziosa contro il Governo, contro un Ministro del Governo o un partito che sostiene il Governo.

Io non penso che sia corretto, anche perché il Partito Democratico è stato al Governo fino a un anno fa e ha trovato le stesse identiche difficoltà, perché - come la sinistra ci insegna - la materia, proprio perché è complessa, non è che sia risolvibile da un Governo nazionale.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 15,20)

FABIO RAMPELLI (FDI). Bisogna fare una serie di operazioni ad ampio spettro, bisogna coinvolgere la comunità internazionale, ma la condizione di partenza insostituibile è avere una dignità e non c'è dignità ad aizzare i propri simpatizzanti per andare ad applaudire una persona che comunque fa il contrario rispetto a quello che la comunità gli chiede e comunque a quelle che sono le leggi di uno Stato. Non c'è alcuna dignità, né ritengo ci sia dignità nel montare sopra le navi delle organizzazioni non governative che si rifiutano di corrispondere anche ai codici e alle regole che sono state impartite alle organizzazioni non governative non da Salvini, ma da Minniti. Ma che gioco è? A che gioco state giocando…(Commenti del deputato Borghi)? Io parlo, col tuo permesso, di ciò che desidero.

PRESIDENTE. Colleghi!

FABIO RAMPELLI (FDI). Mi trovo - come tutti sanno -, insieme al mio partito, in posizione oppositiva a questo Governo (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colleghi!

FABIO RAMPELLI (FDI). E infatti non può sembrare perché su questa materia dei “distinguo” ci sono e li sto…

PRESIDENTE. Presidente Rampelli, continui il suo intervento. Colleghi, vi prego.

FABIO RAMPELLI (FDI). Sì, Presidente, la ringrazio. Mi pare che Giorgia Meloni lo abbia detto in lungo e in largo, è diventata persino oggetto di scherno da parte della sinistra, e invece non credo che ci siano molte alternative, tenderei anzi ad escluderlo, rispetto alle proposte fatte da Giorgia Meloni e da Fratelli d'Italia per provare a contenere questa sorta di pressione mostruosa che dal Nordafrica agisce sul Mediterraneo e quindi sull'Italia. Ma certamente questa è una materia sulla quale noi percepiamo una sensibilità comune con il Governo; non l'abbiamo allo stesso modo su tante altre materie e la sinistra lo sa bene, quindi è inutile stare qui a fare le battute. Del resto, lo abbiamo dichiarato e lo abbiamo fatto persino nella scorsa legislatura. Eravamo soltanto in nove, il gruppo di Fratelli d'Italia, siamo diventati adulti e spesso e volentieri, anzi diciamo in qualche rara circostanza, o quando comunque era in gioco l'interesse nazionale, noi abbiamo votato i provvedimenti del Governo Renzi. Quindi, noi siamo un'opposizione patriottica, lo eravamo prima, quando governava Renzi e il PD, lo siamo adesso che governa Conte, con Salvini e la Lega Nord. Il punto critico di queste strategie sta nel fatto - è un'altra ipocrisia di fondo che va smascherata - che noi dovremmo occuparci non solo e non tanto - come ho detto fin qui - degli ultimi, ma anche di salvare la vita ai penultimi, a cui vi rivolgete invece voi, perché nessuno parla delle decine di migliaia di persone che sono finite in fondo al mar Mediterraneo annegate, perché, se se ne volesse parlare, non mi risulta cautelativamente che possa esistere una soluzione più efficace del tentativo di non fargli prendere il largo dalle coste del Nordafrica. Non ce n'è un'altra, ve ne dovete fare una ragione, quindi dovreste, se siete sensibili alla salvaguardia della vita - noi lo siamo anche perché per noi la vita è sacra -, condividere con noi un piano d'azione per evitare che queste imbarcazioni prendano il largo; non dovreste al contrario dedicarvi alla difesa strenua e impraticabile di quelle organizzazioni non governative che casomai casualmente si trovano a passeggiare per il Mediterraneo con dei tracciati che starebbero quantomeno a significare la guida in stato di ebbrezza delle loro imbarcazioni, salvo incrociare magicamente qualche canottone di provenienza cinese, a bordo del quale qualche scafista ha messo qualche decina o qualche centinaia di disperati che hanno pagato il pizzo ai trafficanti di uomini, perché questa è la filiera. Quindi, dovremmo insieme cercare di capire in quale maniera fare quello che fece Prodi nei confronti dell'Albania, non mi risulta che Prodi sia iscritto a Fratelli d'Italia o fosse iscritto a qualche partito di centrodestra. Quando Prodi vide, con un Governo dell'allora PDS, che c'era un rischio di trasferimento di decine di migliaia di persone dalle coste dell'Albania alle coste della Puglia, alle coste adriatiche, predispose il blocco navale, che ebbe anche un esito catastrofico perché evidentemente non è stato gestito bene, ma comunque lo fece in accordo con quello che restava delle autorità e delle istituzioni albanesi. Quindi, non è che un blocco navale, in quanto tale, come la sinistra spesso e volentieri ha cercato di dirci, è un atto di guerra, fermo restando che un tentativo di trasferimento, non di tre persone, dieci persone, ma di centinaia, migliaia e centinaia di migliaia di esseri umani, da un continente a un altro, è un'aggressione, altrimenti lo farebbero tutti, in ogni angolo del pianeta, lo farebbero in Australia piuttosto che negli Stati Uniti, e invece non lo si può fare da nessuna parte, e si vorrebbe normalizzare, rendere legale, solo qui in Italia. E perché? Perché in Italia c'è il PD, che non capisce di essere perfettamente distonico rispetto alle stesse esigenze e alle stesse sensibilità del proprio elettorato, e ce lo regala! Infatti il PD è il principale socio azionista della Lega Nord e di Salvini, perché ogni volta che prende un'iniziativa, lo fa crescere di 2 punti percentuali. È giusto che il centrodestra ringrazi il PD, che non capisce che sta proprio in un altro pianeta, perché io non ho sentito neanche il più trinariciuto degli estremisti dire che non si deve dialogare con l'Africa e non si debbano spalancare le braccia ai profughi, singoli o accompagnati, alle famiglie, ai bambini. Ma di che cosa stiamo parlando? Ma di che cosa state parlando? Un conto è accogliere i profughi, chi sfugge dalle guerre e dalle persecuzioni, altro conto è strumentalizzare la disperazione dei cosiddetti migranti economici e stabilire il principio, in potenza, che domani mattina 100 milioni di africani possono venire qui. Perché questo è il numero! Anche questo è un numero documentato, ci sono gli studi analitici. E allora, se ne volete accogliere 200 o mille o 10 mila, ne dovete poter accogliere 100 mila. E lo dovete spiegare! La sinistra lo deve andare a spiegare agli italiani! Non deve strumentalizzare la disgrazia, deve entrare nel merito e simulare quel che può significare avere questo tipo di atteggiamento, quello che voi proponete, cercando di contrastare non sulle cose giuste, ma su un fenomeno drammatico come questo a fini politici e partitici, il dramma appunto dell'immigrazione.

Noi siamo a favore dell'immigrazione regolare, siamo a favore dei flussi migratori, siamo a favore del soccorso incidentale per quello che significa: trovo un'imbarcazione che ha difficoltà, sono ovviamente costretto, ma, più che costretto, desideroso di salvare vite umane e, quindi, mi affianco e prendo a bordo le poche persone che stanno naufragando perché hanno una avaria. Si rispetta il codice della navigazione, perché questo e nient'altro che questo dicono sia il codice della navigazione, sia gli accordi internazionali; non dicono quello che dice il PD.

Sarebbe facile concentrarsi da questo punto di vista: chi è che può esser contrario? Non credo che la sinistra sia contraria ad accogliere gli immigrati regolari, non credo che sia contraria a regolamentare i flussi, non credo che sia contraria a spalancare le braccia rispetto a chi fugge da guerre e persecuzioni. E allora, quale può essere il motivo dello scontro? C'è qualcosa che non funziona e che puzza di bruciato.

E se, con i 6 miliardi di euro del 2018 avremmo potuto costruire un'altra Babilonia, una città con arazzi e colonne in oro zecchino, sfarzosa, in Africa, e invece qui in Italia con questi soldi abbiamo accolto in maniera spesso disgraziata e impresentabile… io ci sono stato, probabilmente ci saranno stati molti altri deputati, nei vari centri di accoglienza: sono una vergogna! Io ci sono stato, nelle tensostrutture, con 800, 1000, 1200 immigrati, che dormivano nei letti a castello senza una stanza dove cambiarsi, che mettevano coperte e asciugamani tra il primo e il secondo materasso per potersi conquistare uno straccio di intimità e cambiarsi la biancheria intima! Io ci sono stato, a vedere sia quello che mangiavano, sia quello che buttavano, perché era persino da loro giudicato di scarsa qualità, pur in presenza dei 35 euro al giorno a persona per adulto e dei 70 euro al giorno a persona per minore, questo era il costo. Ma col 35 euro per un adulto e 70 per un minore non si sta in una tensostruttura, in un letto a castello, in una sala comune con 800 altre persone, e non si mangia riso tutti i giorni. Chi se li prende quei soldi? Chi se li è messi in tasca?

E la magagna era bella che stata annunciata da due soggetti, che io ho citato anche qualche giorno fa quando c'è stato il dibattito sulle periferie urbane e il loro stato: due persone, anch'esse come Prodi, che non mi risulta siano mai state iscritte ad alcun partito del centrodestra, Odevaine e Buzzi, che per telefono si dicevano che si facevano più soldi con la gestione degli immigrati che con il traffico di droga. Due persone - e concludo - che, proprio perché non facevano riferimento alla destra, avrebbero dovuto alla sinistra far suonare e squillare un campanello d'allarme. E invece siamo ancora qui, a far finta di nulla, a rilanciare in maniera irresponsabile, a trasferire una tragedia in una battaglia politico-parlamentare, a tentare di mettere in croce un Ministro o un Vicepresidente del Consiglio o una coalizione intera, non sul reddito di cittadinanza, sulle politiche economiche, sulle politiche per la povertà, ma su una tragedia internazionale che dovrebbe vedere un Parlamento intero compatto a difendere l'Italia e il diritto dell'Africa a emanciparsi e a essere indipendente, nazione per nazione, interlocutori naturali in geopolitica per la nostra nazione che anche geograficamente e morfologicamente si rappresenta come una sorta di portaerei proiettata verso il Nord Africa. Questo significa essere responsabili e non fare gli errori che qualcun altro ha fatto, salvo pentirsene: gettare il bambino con l'acqua sporca quando si sta all'opposizione, per non essere capaci poi a governare quando gli elettori ti danno la maggioranza.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Io penso che sia il caso di tornare a discutere di questo decreto. Mi è sembrato che il collega Rampelli si fosse iscritto, oltre che a Fratelli d'Italia, anche alla pagina Facebook “Kolpa del PD e dei Governi precedenti”. Qui stiamo discutendo questo specifico decreto, fatto da questo Governo.

Ora, questa mattina ci ha lasciato a Bologna un grande giurista, Luciano Vandelli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che è stato impegnato anche a vari livelli istituzionali. Io penso che, quando noi esaminiamo il diritto in sedi politiche anche, dobbiamo anzitutto capire che il diritto è logica e qui la logica non c'è, perché gli articoli 1 e 2, il cuore del provvedimento, configurano un provvedimento che è o incostituzionale o inutile. Se il provvedimento è o incostituzionale o inutile, allora non favorisce né gli ultimi, né i penultimi, né i terz'ultimi, né i primi, ma è semplicemente sbagliato. Ora, questa cosa, non è importante che la dica io o che la dica il gruppo del Partito Democratico, ma l'ha detta un organismo di questa Camera, l'ha detta, all'unanimità, il Comitato per la legislazione e l'ha detta, lavorando a dieci metri dalla sala del Mappamondo, quella in cui ci siamo riuniti, come Commissioni. Evidentemente, pur stando a dieci metri di distanza, quello che si dice in una stanza non si capisce nell'altra. E lo ha detto con una relazione, non mia, ma della collega Dadone del MoVimento 5 Stelle, esposta quel giorno dalla collega Corneli del MoVimento 5 Stelle. L'ha detto in maniera puntuale come meglio non si potrebbe dire e lo cito tra virgolette, perché qui si capisce che il diritto è logica. Dicono le colleghe, ma poi lo dice il Comitato, perché l'abbiamo approvato all'unanimità: “Andrebbe approfondita l'effettiva portata normativa dell'articolo 1, che appare suscettibile di determinare contenziosi. L'articolo 1 consente, infatti, con provvedimenti del Ministro dell'interno di limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di determinate tipologie di navi nel mare territoriale, nel rispetto, però, degli obblighi internazionali. Anche se non esplicitamente richiamato nella relazione illustrativa - prosegue il Comitato - tra tali obblighi rientra evidentemente anche il principio di non respingimento, non-refoulement, come ricavabile dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Conseguentemente, un eventuale provvedimento del Ministro dell'interno che vietasse l'ingresso nel mare territoriale a una nave che avesse rifiutato l'attribuzione, in base alla Convenzione di Amburgo sulla sicurezza del salvataggio marittimo, di un porto sicuro, non italiano, invocando il principio di non respingimento, potrebbe essere comunque ritenuto in sede giurisdizionale in violazione del disposto dell'articolo 1, qualora il giudice ritenesse legittima l'invocazione di tale principio, vanificando così parzialmente la finalità della norma indicata nella relazione illustrativa”.

Decodificato: o è incostituzionale o è inutile. Questo ci ha detto il Comitato per la legislazione e, quindi, noi stiamo affrontando un testo che non può che avere la nostra ferma contrarietà, ma non perché noi vogliamo tutelare gli ultimi o i penultimi, la destra o la sinistra, ma perché siamo dalla parte della logica e la logica vi dà torto. I primi atti giudiziari hanno confermato pienamente quello che aveva detto qualche giorno prima il Comitato per la legislazione. Allora, forse, invece di concentrarsi su norme che sono o inutili o incostituzionali, varrebbe forse la pena, come proponiamo in un emendamento presentato per l'Aula, giacché ci siamo e c'è un decreto, di rimediare a un problema che è anche un problema di sicurezza nazionale. Misteriosamente, chissà perché, nel decreto “crescita” è stato tolto un limite alle fondazioni, un limite che è rimasto solo per partiti e movimenti politici, inserito dall'”anticorruzione”, un caso. Questo limite, vigente oggi solo per partiti e movimenti politici nonché per le liste che partecipano alle elezioni nei comuni con più di 15 mila abitanti, prevede il divieto di ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da Governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate ad obblighi fiscali in Italia. C'è il rischio, quindi, di una dipendenza dall'esterno di fondazioni, associazioni e comitati che l'”anticorruzione” aveva equiparato agli stessi partiti, per cui noi riteniamo opportuno e urgente tornare a equiparare e a impedire questi finanziamenti esteri, anche per queste fondazioni che fanno attività politica, perché la sicurezza è anzitutto sicurezza dell'indipendenza dello Stato e dei suoi legami con le democrazie europee consolidate.

Infatti, noi diciamo questo non nel vuoto, ma in un Paese in cui si possono leggere documenti di questo tipo, sottoscritti dal partito del Ministro dell'interno Salvini: “Le parti si consulteranno e si scambieranno informazioni su temi di attualità della situazione nella Federazione Russa e nella Repubblica italiana, sulle relazioni bilaterali e internazionali, sullo scambio di esperienze nella sfera della struttura del partito, del lavoro organizzato, delle politiche per i giovani, dello sviluppo economico, così come in altri campi di interesse reciproco. Le Parti promuovono la creazione di relazioni tra i deputati della Duma di Stato dell'Assemblea Federale della Federazione Russa e l'organo legislativo della Repubblica Italiana, eletti dal partito politico nazionale russo Russia Unita e il partito politico Lega Nord”.

E che dire, poi, anche delle affermazioni solenni dell'accordo bilaterale tra i giovani della Lega Nord e i giovani di Russia Unita? “La parte italiana - si legge nel testo - percepisce la Russia come parte fondamentale del sistema di sicurezza internazionale e leader naturale per la gestione delle crisi e dei conflitti nel mondo”, e così via… Ora, vedete, in quest'Aula - due giorni fa ne era l'anniversario -, il 20 luglio del 1949 la Camera dei deputati e il 29 luglio del 1949 il Senato approvarono in via definitiva la ratifica dell'accordo per l'istituzione dell'Alleanza atlantica che, allora, fu approvato da una maggioranza e che diventò negli anni patrimonio comune di tutte le principali forze politico parlamentari, un patrimonio comune che deve restare. Questo è strettamente legato alla sicurezza, perché se noi andiamo a rileggere il discorso introduttivo all'accordo del Presidente del Consiglio De Gasperi, nelle sedute del 16 marzo e del 17 marzo, ricorda Alcide De Gasperi, e il ricordo dovrebbe valere per le forze politiche che hanno siglato questi accordi col partito Russia Unita, sembra scritto per oggi: “Vi pare che porti un senso di sicurezza codesto vostro atteggiamento che non è di neutralità, ma di non impegno, cioè di isolamento e di abbandono?” Questo è anche quello che ci ha portato nei giorni scorsi a chiedere al Ministro Salvini di venire a riferire non su un caso giudiziario, ma su un problema politico: se i nostri rapporti siano più stretti con le democrazie occidentali con cui noi condividiamo l'Alleanza atlantica e l'Unione europea, o se non stiamo surrettiziamente cambiando di collocazione internazionale, danneggiando la sicurezza dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Martina. Ne ha facoltà.

Colleghi, invito tutti a stare nel merito del provvedimento all'esame dell'Aula

MAURIZIO MARTINA (PD). Grazie, Presidente. Io penso che opportunamente il collega Ceccanti ha riportato la discussione che abbiamo avviato questa mattina sul terreno concreto della critica a un decreto incostituzionale, inutile e - io dico però - anche pericoloso, proprio per la sua inutilità e proprio per il carattere, a mio giudizio, eversivo, che si insidia dentro il corpo di queste norme su un tema così delicato come quello della gestione del fenomeno migratorio, in particolare sulla nostra frontiera. Io credo che siamo di fronte al terzo tempo, al nuovo tempo, della solita iniziativa propagandistica sulla pelle di un problema reale e su questo problema si scatenano gli istinti peggiori. Su questo problema, dal Governo, anziché porsi il tema della codificazione di norme, strumenti, interventi utili a gestire, si decide invece di fare un'altra cosa, ovvero di lavorare ancora sottotraccia per trasformare - sì - l'odio in paura, per alimentare ancora una volta, in particolare in questo Paese, questa retorica disastrosa, secondo la quale su un fenomeno delicato come quello migratorio basta qualche parola d'ordine roboante di un Ministro - incapace poi di farsi valere ai veri tavoli di discussione, europea in particolare, che possono cambiare le cose - per dare dimostrazione al popolo che si è alzato il muro, che si gestisce meglio, che si risolve il problema.

In realtà, noi assistiamo anche, con questo decreto, al secondo tempo di un'iniziativa che sposta completamente il problema, lo elude, alimenta su questa questione altra propaganda pericolosa e l'inutilità diventa pericolosità, proprio perché allarga, secondo me, ancora, il solco della comprensione verso l'opinione pubblica e tutti i nostri concittadini di quanta necessità, invece, avrebbe l'Italia di avere una politica di gestione delle migrazioni completamente differente dalle cose che abbiamo visto fino qui. Si mischiano responsabilità amministrative a quelle giurisdizionali, si alimenta un corto circuito di competenze e di ruoli che sarà uno dei grandi problemi che avremo davanti di qui ai prossimi mesi con l'applicazione anche del decreto in esame e si fa ciò scientemente, perché si sa che un pezzo della propaganda del capitano serve esattamente a questo; perché un pezzo della propaganda a cui auspica il Ministro dell'Interno è esattamente lavorare dentro questo corto circuito, per poter sempre salvarsi fintamente la coscienza, potendo dire agli italiani “io avrei voluto ma non me l'hanno fatto fare”, laddove i problemi reali, invece, rimangono lì, tutti sul campo.

Questo è un Governo che su un tema così delicato come quello della gestione dei fenomeni migratori ha almeno tre linee differenti e lo abbiamo detto qui, anche questa mattina. Ma cosa ci azzecca – scusate - l'intervista del Ministro degli Affari esteri del Governo con la pratica quotidiana di questi decreti? Cosa ci azzeccano le prese di posizione di parti della maggioranza che, fintamente, alimentano l'idea di un'alterità all'egemonia politica del Ministro dell'Interno e, poi, in Commissione - mi riferisco in particolare ovviamente al MoVimento 5 Stelle - si chiudono gli occhi e votano qualsiasi cosa il Ministro dell'Interno dispone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), realizzando anche una situazione mai vissuta dentro i lavori delle Commissioni, per cui il Governo impone alcune dinamiche di gestione degli emendamenti in un modo che nessuno ha mai vissuto. Nessuno si pone il problema di come una maggioranza possa effettivamente governare temi di tale delicatezza in questo modo. La verità è che il Paese avrebbe bisogno di una discussione veritiera su come, in questi lunghi anni, una destra al Governo a fasi alterne, in periodi storici anche differenti, ha sempre cercato di utilizzare il tema anziché risolverlo. L'origine di tutti i mali, per mio conto, nella storia recente del Paese a proposito di immigrazione irregolare diffusa, si chiama legge Bossi-Fini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). L'origine dell'irregolarità fatta sistema origina esattamente lì; è la madre di tutti gli errori recenti, se vogliamo discutere di immigrazione regolare, se vogliamo discutere di strumenti che possano aiutare percorsi di regolarità nei diritti e nei doveri anche in questo Paese su un tema così delicato come quello migratorio. L'origine di tutti i mali, ancora una volta, è pensare che salvare vite umane sia un reato, quando in realtà un reato è svendere la nostra sovranità per le cose che stanno accadendo e che hanno molto a che vedere con parti consistenti della maggioranza di Governo, che non si presentano nemmeno nelle aule del popolo, quelle del Parlamento, per dar conto di situazioni opache come quelle che sono state giustamente evocate dal collega Ceccanti poco fa.

Ancora, stiamo assistendo a un Ministro dell'Interno che si rifiuta di partecipare alla Commissione antimafia. Da settimane, da mesi credo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) stanno chiedendo di poter audire il Ministro dell'Interno in Commissione antimafia ma c'è il silenzio, un silenzio anche dall'altra parte della maggioranza, dal MoVimento 5 Stelle. Oggi noi abbiamo un Paese isolato e indebolito; abbiamo un Paese che non è in grado di poter esercitare un ruolo proattivo nei tavoli fondamentali che contano per provare a fare un passo in avanti su questa frontiera.

Siamo stati sostituiti politicamente dalla Spagna e noi non contiamo più nulla. Si fanno le trasmissioni tv e le dirette social per spiegare agli italiani che si è più forti di ieri: non si è capaci di portare a casa una novità utile per questo Paese a difesa degli italiani nei veri contesti che contano. Ho sentito parlamentari della maggioranza evocare i corridoi umanitari: i corridoi umanitari evocati dalle forze della maggioranza quando per mesi e mesi siete stati nemici di questi strumenti, quando per mesi e mesi avete evitato di riconoscere che l'unica soluzione possibile è proprio costruire strumenti nelle regole per gestire il fenomeno e quindi porsi il tema di una immigrazione regolata. Ho sentito citare a caso - ripeto: a caso - alcune questioni. Vorrei che rifletteste, cari colleghi della maggioranza: voi pensate che la presenza di organizzazioni non governative a salvar persone in mezzo al mare aiuti l'illegalità e aiuti persino l'arrivo di migranti? I numeri dicono esattamente il contrario. Vi siete mai domandati perché dal 1° maggio al 7 giugno dalla Libia sono partite 3.092 persone: 379 di queste sono partite con le navi di soccorso in mare e 2.713 sono partite quando quelle navi di soccorso non c'erano? Questi numeri sono persone, fatti concreti e smentiscono categoricamente la vostra litania, la vostra ideologia, quella che avete cercato di alimentare anche raccontando che la mancata presenza di navi di soccorso nel Mediterraneo in realtà blocchi il flusso di persone. Avete organizzato scientificamente l'ideologia della presunzione di colpevolezza delle organizzazioni non governative perché la retorica di fondo, la vostra scelta di fondo è individuare anche su questa partita il nemico. Qual è il nemico su cui scatenare tutto l'odio possibile? Sono loro oggi. Bene, avanti, si procede in questo modo e, badate bene, che vi parla un ex Ministro del Governo precedente che difende i tentativi e le scelte che noi abbiamo fatto in quella fase per provare anche a fare un passo in avanti nella regolazione e nell'equilibrio dei rapporti con quelle organizzazioni. Io so distinguere la differenza e so raccontare la differenza che c'è tra i tentativi che abbiamo fatto noi in quel passaggio e gli errori fondamentali che state compiendo voi, alimentando esattamente una dinamica che è il contrario della gestione equilibrata, nei diritti e nei doveri, di queste scelte. Ritengo che il decreto segni purtroppo un'altra tappa pericolosa per il Paese. L'ho già detto, lo ripeto, credo che valuteremo, ahimè, i danni che il decreto-legge causerà nella quotidianità della questione. Fatemi anche aggiungere che in questo momento viviamo situazioni completamente assurde: parlamentari della Repubblica che cercano di esercitare il loro diritto-dovere, aggiungo io, di sindacato ispettivo anche su imbarcazioni come quelle che vanno in soccorso, che vengono prima autorizzate dalle autorità, poi denunciate e multate. Ora potreste scatenare l'ennesima campagna di odio su di noi - l'avete già fatto in parte - ma io vi inviterei a riflettere sulla qualità della democrazia che voi pensate di promuovere nel Paese anche quando accade che il diritto-dovere di sindacato ispettivo di chi è rappresentante del popolo, che voi utilizzate sempre a piene mani come slogan, tenta appunto di assumersi la responsabilità, l'onere e l'onore di provare a capire in che condizioni stanno prima di tutto le persone che vengono salvate e le persone che cercano di salvare.

Voi avete scatenato una campagna che ha appunto nella logica del nemico il suo vero fine. Non vi interessa molto che si risolva il problema. Anzi, in realtà credo che chi nella maggioranza decide strategicamente come orientare queste scelte sa perfettamente che il vostro principale nemico è la risoluzione del problema, che il giorno che si trova davvero insieme la possibilità di gestire con equilibrio, con serietà un fenomeno come questo voi avete perso completamente la ragione d'essere, non sapreste più cosa raccontare agli italiani. Con questa consapevolezza, noi ci opponiamo. Sappiamo che non è facile, perché in questo tempo dire ai cittadini che c'è un altro modo di gestire un tema delicato come questo non è facile, si corre controcorrente, ma preferiamo correre controcorrente, non perdere la nostra identità e il campo di valori fondamentali che ci muove, piuttosto che vendere l'anima al primo sondaggio di turno che ti fa applaudire il giorno dopo ma lascia un Paese in macerie. Preferiamo correre questo rischio. È una battaglia, sì. Non è una battaglia solo politica, è una battaglia culturale, è una battaglia sociale. Siamo in un Paese in cui, nel giro di pochi anni, per la vostra responsabilità, i nemici sono quelli che salvano le vite, gli amici sono quelli che sperano che quelle barche affondino. Siamo in un Paese che ha perso purtroppo alcuni fondamentali di riferimento. Io non ne sono contento, sono molto preoccupato, ma so che proprio per questa ragione noi dobbiamo svolgere fino in fondo il nostro ruolo, quindi opporci, farlo sulla base di argomenti concreti e misurandovi alla prova dei fatti. Dico che queste scelte genereranno più insicurezza e più irregolarità, più caos, meno sicurezza per il Paese, più isolamento dell'Italia nelle vere partite che contano e che fanno la differenza su questo nodo, sfilacceranno completamente il nostro Paese più di quanto già non accada oggi; e dico che chi verrà dopo di voi dovrà riorganizzare completamente un discorso pubblico su questa frontiera.

Sì, devo dire che colpisce la totale assenza di autonomia di giudizio del MoVimento 5 Stelle su questa partita. Colpisce. Io ci speravo, speravo che in qualche modo potesse avanzare un barlume di pluralità nella maggioranza, anche per limitare i danni di questo decreto. Ho vissuto in presa diretta alcuni passaggi in Commissione, e devo dire che è impressionante come il MoVimento 5 Stelle sia stato sostanzialmente sotto scacco - sotto scacco! -, completamente, dalle decisioni imposte da uno dei due partiti della maggioranza, in particolare dal suo leader. È impressionante che non ci sia un'autonomia di giudizio, è impressionante che non si sia avuto modo in Commissione di ragionare nel merito dei nostri emendamenti. Abbiamo presentato decine di emendamenti volti a migliorare almeno in parte questo impianto folle. Persino quando vi abbiamo chiesto di assegnare una funzione quasi terza, regolatoria, del Presidente del Consiglio in alcuni passaggi, vi siete negati e avete consentito la trasformazione nei fatti anche del ruolo del Ministro dell'Interno e la sua egemonia su questa partita delicata.

Io penso che il Paese non si meriti tutto questo. Penso che dovremmo appunto tornare presto sugli effetti che verranno generati da questo decreto, e credo che toccherà davvero a noi provare a costruire concretamente un'alternativa.

Le esperienze che abbiamo fatto ci dicono molto delle cose che si possono fare e anche delle cose che vanno cambiate. Io non ho la pretesa di pensare che qualcuno qui dentro abbia la verità in tasca su un tema così complesso come questo, ma so che un Paese come l'Italia non si può permettere questa deriva. Non è un problema di schieramenti, lo è dal punto di vista dei valori che muovono i nostri impegni nelle istituzioni. Io ne faccio veramente una questione di futuro dell'Italia. Quindi, per queste ragioni ci opponiamo, e per queste ragioni credo che faremo bene a portare questa nostra alternativa di proposta anche fuori da quest'Aula, anche fuori dai contesti istituzionali, dicendo a chiare lettere al Paese che non è più il tempo di farsi abbindolare dal pifferaio magico, perché il pifferaio magico può suonar bene una musichetta in TV, può fare bene una diretta Twitter, può azzeccare una parolona che stupisce, perché nella partecipazione istantanea di questo tempo funziona che uno si sente parte quando applaude l'aggettivo più provocatorio che viene utilizzato, soprattutto sulla pelle delle persone, ma poi i problemi rimangono, e toccherà a qualcuno risolverli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (PD). Signora Presidente, Governo, colleghi, il decreto-legge n. 53 del 2019, cosiddetto “sicurezza bis”, all'esame oggi dell'Aula, è un provvedimento con ogni evidenza - lo abbiamo detto - incostituzionale, che si pone in palese contrasto con il diritto internazionale, che in larga parte servirà soltanto ad alimentare e a promuovere l'ennesima propaganda. Un provvedimento particolarmente odioso nei suoi primi articoli, il cui contenuto, se possibile, è persino peggiorato nel corso della sua trattazione nelle Commissioni congiunte affari costituzionali e giustizia.

Sono tre i pilastri fondamentali di cui si compone: contrasto all'immigrazione illegale, ordine e sicurezza pubblica; potenziamento dell'efficacia dell'azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza; contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive. Ma prima di entrare nel merito dei contenuti vorrei dire subito, anzi ribadire, che il Partito Democratico considera questo provvedimento nel suo complesso sicuramente inaccettabile, sia nel merito che nel metodo.

Quanto al metodo: ancora una volta, nel passaggio in Commissione abbiamo assistito a gravi strappi regolamentari volti a impedire alle opposizioni di svolgere serenamente il loro ruolo. Le proposte emendative del Partito Democratico - l'abbiamo già detto - sono state respinte, non si è tenuto in alcun conto dei rilievi mossi da giuristi, professori, UNHCR, Garante dei detenuti e sindacati delle forze dell'ordine, tutti molto critici con l'impianto del provvedimento. Non sono state ascoltate le organizzazioni non governative, le destinatarie principali di questo decreto: Tavolo Asilo, Medici Senza Frontiere, Open Arms, Mediterranea e Antigone non sono intervenuti in Commissione in solidarietà a Sea-Watch, esclusa dall'audizione - lo sappiamo - in seguito alle proteste della Lega. Questo è un altro strappo senza precedenti, che ha segnato l'iter di questo provvedimento.

Un atteggiamento della maggioranza, ancora una volta, arrogante e sordo, che ha spinto - lo sapete - il Partito Democratico ad abbandonare i lavori delle Commissioni, lavori condizionati pesantemente da pressioni esterne che hanno impedito un esame del provvedimento scevro da polemiche. Veniamo al merito delle misure contenute.

Abbiamo detto che i primi due articoli rappresentano sicuramente il cuore e il manifesto politico del Governo, o meglio del Ministro dell'Interno; disposizioni che continuano a reiterare l'equazione che assimila problemi di sicurezza interna al tema delle migrazioni, che denotano tutti i limiti dell'attuale Governo nella gestione del fenomeno migratorio, che richiederebbe uno sforzo legislativo lungimirante e sistematico in termini di programmazione, gestione e integrazione dei migranti e che invece sconta la totale assenza di un approccio strategico a livello nazionale ed europeo e si affida a norme illegittime e inefficaci, come quelle che stiamo appunto discutendo. Misure che sicuramente non daranno più sicurezza, ma che, al contrario, alzeranno il livello dello scontro politico, creando confusione tra ambito amministrativo e penale.

Un decreto che si accanisce contro le ONG, lo abbiamo capito, quando è invece evidente che i problemi sono altri. E ce lo dicono con chiarezza i dati elaborati dall'ISPI, diffusi nei giorni scorsi da Il Post. Leggo testualmente e ripeto: nel 2019 sono sbarcati in Italia 3.073 migranti. Soltanto 248 sono arrivati a bordo delle navi delle ONG; circa l'8 per cento, quindi. Il 92 per cento del totale sono arrivati con modalità meno visibili o, perlomeno, meno raccontate, in maniera completamente autonoma, attraverso i cosiddetti sbarchi fantasma, quindi quegli sbarchi che avvengono a bordo di gommoni o piccole imbarcazioni difficilmente individuabili oppure in maniera semi autonoma. E parliamo soprattutto di piccole barche arrivate fino ai confini delle acque italiane e poi trainate in porto dalle navi delle autorità italiane.

Gli sbarchi fantasma, allora, sono pericolosi, perché una parte importante di questi sono gestiti dalla criminalità organizzata, non solo straniera, ma anche italiana, e spesso sono associati a traffici illeciti di armi, sigarette, droga. Una parte consistente delle persone che arrivano non sono conosciute e non vengono identificate. Ce lo ha ricordato con molta chiarezza anche il procuratore Patronaggio, audito in Commissione, secondo il quale il pericolo maggiore per la sicurezza pubblica non arriva tanto dai gommoni che vengono dalla Libia, ma è costituito dai cosiddetti sbarchi fantasma, sia per la composizione etnica di questo tipo di immigrazione sia perché i barchini fantasma, che in genere provengono dalla Tunisia, portano soggetti che hanno problemi giudiziari nel loro Paese e che astrattamente potrebbero avere problemi giudiziari anche in relazione ad attività di terrorismo svolte a favore dell'Isis. E, allora, un decreto sicurezza degno di questo nome forse di questo si dovrebbe occupare.

Ma che il Governo non si trovasse nella necessità di adottare misure talmente urgenti da risultare incompatibili con il normale svolgimento dell'iter legislativo parlamentare lo ha confermato innanzitutto, e direi anche paradossalmente, proprio il Ministro dell'Interno, il quale, nella conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto, ha evidenziato che, sulla base dei dati in possesso del Viminale, si registra attualmente un'importante riduzione degli sbarchi di stranieri irregolari, così come delle richieste di asilo politico e delle presenze nei centri per l'immigrazione sul territorio.

Sempre i dati del Viminale rilevano una diminuzione dei reati che normalmente destano allarme sociale, come furti, rapine e omicidi. Dati, allora, che allineano il nostro Paese alle statistiche dei Paesi europei comunemente ritenuti sicuri.

E, allora, analogamente a quanto è stato osservato rispetto al primo decreto sicurezza, anche questo nuovo intervento risulta ispirato da finalità tra loro eterogenee, tenute insieme soltanto da generici riferimenti all'ordine pubblico e alla sicurezza pubblica che, proprio per la loro vaghezza, non soddisfano in alcun modo i requisiti di specificità ed omogeneità richiesti per la decretazione d'urgenza. In effetti - ce lo ha ricordato anche il collega Paolini - questo decreto si occupa di passaggio di navi, immigrazione, modifica del codice penale, esecuzione di sentenze penali, universiadi, rimpatri, violenza sportiva, manifestazioni pubbliche, intercettazioni e molto altro; insomma, di tutto e di più.

I primi due articoli, dicevamo, rappresentano il nocciolo dell'operazione di propaganda sulla chiusura dei porti italiani; disposizioni che criminalizzano comportamenti che sono, invece, coerenti con i principi costituzionali e la normativa internazionale. L'obbligo di salvare persone in mare e portarle in un porto sicuro non può essere cancellato da una legge nazionale. Una norma di rango primario, come il decreto-legge che noi esaminiamo, non può porsi in contrasto con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia.

Allora, sul punto molte cose si potrebbero dire e molto è già stato detto. Mi limito a ribadire, anche per i colleghi giuristi presenti in Aula, che chiudere i porti confligge con il necessario rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia; obbligo, questo, previsto dalla nostra Costituzione all'articolo 117. E, allora, questo vuol dire che, nonostante l'entrata in vigore del decreto “sicurezza bis”, il nostro Paese dovrà comunque continuare a rispettare le norme convenzionali sul soccorso e il salvataggio delle persone in mare; che nulla cambia in ordine al dovere per ciascun comandante di nave di prestare soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo e di procedere, quanto più velocemente possibile, al loro soccorso, come stabilito tanto dalla Convenzione sul diritto del mare quanto dalla Convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare.

Ancora, che nulla muta in ordine al dovere per il nostro Paese di offrire, quando le condizioni lo richiedano, un porto di approdo sicuro alla nave che ne faccia richiesta, essendo da escludere, allo stato, che la Libia possa essere considerata un porto di approdo sicuro. E ancora, che dovremo continuare a rispettare le norme convenzionali previste dalla Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati. E ancora, saremo chiamati a rispettare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che protegge il diritto d'asilo; diritto fondamentale, peraltro, tutelato anche dall'articolo 10, comma 3, della nostra Costituzione che vieta le espulsioni collettive e le espulsioni verso Paesi in cui lo straniero sia esposto al rischio di pena di morte, tortura o trattamenti inumani e degradanti. E allora, alla luce di quanto detto fino adesso, il provvedimento in titolo appare evidentemente, allo stato, sostanzialmente disapplicabile in via interpretativa dai giudici.

E le stesse conclusioni, le stesse osservazioni - le ricordava il collega Ceccanti - sono state svolte dal Comitato per la legislazione, che ha confermato che il provvedimento non potrà che essere disapplicato secondo un'interpretazione conforme alla Costituzione. La maggioranza, allora, più coerentemente avrebbe dovuto dichiarare che le Convenzioni internazionali in materia debbono essere modificate e avere il coraggio di intervenire su tale aspetto. Il decreto-legge in esame - lo abbiamo detto inizialmente - non si limita soltanto alla chiusura dei porti per fermare la tanto sbandierata invasione, che invece non c'è, come ha certificato lo stesso Ministro dell'Interno, ma all'articolo 2 del decreto - anche questo è stato detto - si prevedono sanzioni economiche abnormi nei confronti degli operatori che, dopo il soccorso in mare, accompagnano i migranti nei pressi delle nostre coste e l'ingresso dei nostri porti; sanzioni che sono state portate fino alla cifra, abbiamo detto, di massimo un milione di euro.

La sanzione amministrativa, piuttosto onerosa, si aggiunge alle sanzioni penali quando il fatto costituisca reato, verosimilmente quello di favoreggiamento dell'immigrazione irregolare. Peccato che, come hanno rilevato tutti gli auditi, questa duplicazione sanzionatoria si ponga in conflitto con il divieto del ne bis in idem, sancito dall'articolo 649 del codice di procedura penale, dall'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e dall'articolo 4, protocollo 7, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Vale forse la pena di nuovo sottolineare che, per quanto riguarda le ONG che compiono operazioni di salvataggio, fino a questo momento le indagini condotte non hanno mai prodotto riscontri su connessioni o accordi con i trafficanti di esseri umani. Va precisato, se non altro per amore di verità, che, a dispetto di quanto sostiene la propaganda governativa, la loro presenza non rappresenta un incentivo, cosiddetto pull factor, a partire e intraprendere un viaggio in mare. Questo è smentito dai dati e smentito da numerose dichiarazioni. La presenza di navi nel Mediterraneo non rappresenta un fattore di attrazione; i migranti sono spinti da tanti altri fattori, tra cui il principale è il deterioramento delle condizioni di vita in Libia.

Passando, poi, velocemente alle norme in materia di ordine e sicurezza pubblica, possiamo ribadire ancora una volta che questo decreto rischia con ogni evidenza di minare il diritto dei cittadini a manifestare. Le manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico diventano così una sorta di aggravante generale per i reati commessi contro pubblici ufficiali. L'intento sembra quello di voler criminalizzare in modo ingiustificato condotte già sanzionate dal codice penale soltanto per la circostanza di essersi verificate nel corso di manifestazioni, ovvero nel momento in cui i cittadini esercitano un diritto costituzionalmente garantito, che è la libera manifestazione del pensiero. Nel complesso, quindi, questo sotto pacchetto di disposizioni si connota per un surplus di afflittività rispetto a fatti di reato commessi nel corso di manifestazioni, di cui oggettivamente si fa fatica a individuare una ratio, se non quella di un valore politico simbolico. Concludendo, allora, questo decreto sicurezza omnibus è per il Partito Democratico da respingere nella sua quasi totalità per motivi di metodo, ma, soprattutto, per motivi di merito, per le norme che introduce. Siamo di fronte, ancora una volta, all'ennesima pessima legge incostituzionale, dannosa e in molte sue parti inapplicabile, mossa con ogni evidenza da un intento persecutorio nei confronti delle ONG che fanno salvataggi in mare, identificate come il nemico pubblico numero uno. Governo e maggioranza, evidentemente, non vogliono la sicurezza del Paese, ma, al contrario, vogliono costruire un nemico con una narrazione che è ridicola, considerato che il numero di salvataggi effettuati dalle ONG rappresenta un dato statisticamente non significativo. Ma la cosa più grave è che questa operazione mediatica è fatta per distogliere l'attenzione sulle più gravi responsabilità del Ministro Salvini e del suo partito, per i quali la sicurezza nazionale evidentemente è un concetto a geometria variabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzo Nervo. Ne ha facoltà.

LUCA RIZZO NERVO (PD). Grazie, Presidente. In premessa e prima di ogni altra considerazione preme anche a me sottolineare che oggi stiamo affrontando un decreto-legge che porta in calce la firma del Ministro dell'Interno e Vicepresidente del Consiglio, Salvini, su delicate questioni di sicurezza e, nello stesso tempo, questo Parlamento da oltre dieci giorni non è messo nelle condizioni di sapere da quello stesso Ministro se ben altre e più preoccupanti ragioni di sicurezza nazionale sono messe a rischio dai rapporti opachi intrattenuti da collaboratori, faccendieri e persone vicine al Vicepresidente del Consiglio Salvini, per sua stessa, pur tardiva, ammissione.

Non è questione di forma decidere di non rispondere al Parlamento su questo, come non è questione di forma la scelta di comprimere i tempi di discussione del provvedimento in esame e degli emendamenti nelle Commissioni congiunte, Affari costituzionali e Giustizia. È una questione di sostanza democratica che toglie la possibilità di discutere con serenità su un decreto a firma di un Ministro che è anche capo politico di un partito sospettato di avere rapporti con nazioni straniere per interessi molto differenti rispetto all'interesse generale, che dovrebbe essere il faro dell'azione di ogni pubblico amministratore. E, tuttavia, noi siamo chiamati a discutere di un decreto che, anche nel merito, solleva preoccupazioni e non meno inquietudine e che non ha - è stato detto - in tutta evidenza, i caratteri dell'urgenza. Non siamo dentro ad alcuna emergenza; siamo dentro a un dato strutturale. L'unica emergenza a cui siamo di fronte è l'emergenza umanitaria in Libia, di cui avete deciso di non occuparvi, invece, e che avete scelto di alimentare, al contrario, con la vostra irresponsabilità sullo scenario libico, uno scenario di guerra e di violazione di diritti umani quotidiana.

Un decreto a cui se si potesse dare un sottotitolo dovrebbe essere “V come vendetta”, vendetta dopo dieci giorni in cui la realtà e le sue regole democratiche si sono imposte sulla retorica. E, allora, vendetta contro lo Stato di diritto, che ricorda che l'articolo 54 del codice penale è in vigore; vendetta contro la divisione dei poteri, ogni giorno più mal sopportata; vendetta contro chi, ancora una volta, ha fatto prevalere l'umanità al cinismo; vendetta attraverso lo strumento della minaccia. Infatti, questo decreto sembra dire: “Attente organizzazioni non governative, attenti voi che manifestate in piazza, perché” - per dirla con il Ministro Salvini - “non staremo con le mani in mano”.

Un decreto-bis che segue un primo “decreto sicurezza” e forse è bene partire da lì, da come già il primo decreto, che muove dalla stessa logica propagandistica, dallo stesso razzismo istituzionale, dalla stessa preferenza per la narrazione sensazionalistica rispetto all'efficacia amministrativa, stia mostrando tutti i suoi limiti. A oltre otto mesi dalla sua approvazione resta largamente inattuato, mancando ancora pressoché tutti i decreti attuativi che lo rendano operativo e per certi versi, visto il contenuto, è pure un bene. D'altronde, le elezioni europee sono passate e non serve più all'obiettivo che, come è sempre più evidente, non è il Paese. Allora, non importa se in mezzo alla propaganda lungo questo primo anno di Governo i tanto sbandierati rimpatri siano significativamente calati rispetto agli anni precedenti; e, allora, non importa se lungo questo anno di governo e, ancor più, dall'emanazione del primo “decreto sicurezza” in poi gli stranieri irregolari presenti sul territorio nazionale siano oltre 44 mila in più, per strada e senza alcuna prospettiva.

In questo secondo decreto si completa il disegno. I primi due articoli completano l'armamentario contro il buonsenso e contro il diritto internazionale, che è sovraordinato - fatevene una ragione - e che non consentirà efficacia alle vostre norme di propaganda. Un nuovo nemico, come è stato detto: non più solo i migranti, non più solo l'obiettivo di rendere più difficile, complesso e doloroso il percorso migratorio, non solo distruggere ogni tentativo di integrazione, ogni percorso inclusivo così come è fatto nel primo decreto, quello - e lo ricordo all'onorevole Rampelli - che ha confermato le grandi strutture governative da 800 posti prive di dignità e ha abbattuto lo SPRAR fatto di accoglienza diffusa e integrazione.

L'abitudine al cinismo che state alimentando in questo Paese lo consente e consente di normare una cosa fino a poco tempo fa indicibile, eticamente riprovevole: mettere in difficoltà chi salva vite e con un nuovo nemico, le organizzazioni non governative, cioè quelle realtà che hanno un solo obiettivo che non è fare politica, che non è fare opposizione a Salvini, che non è fabbricare eroine democratiche, come voi ritenete, ma il cui unico obiettivo è salvare vite umane in mare e portare dei naufraghi a terra, così come il buon senso, l'umanità e il diritto internazionale prevedono. E lo fanno, peraltro, esercitando una supplenza nel Mediterraneo, dove è sparita ogni responsabilità europea e dei Paesi europei.

Voi dite di aiutarli a casa loro, così come ha detto l'onorevole Tonelli: “È meglio aiutarli a casa loro”. In realtà, li state dimenticando a casa loro ed è facile dimostrarlo, ad esempio ricordandovi che, nell'ultima legge di bilancio, per la prima volta dal 2012, calano le risorse per la cooperazione allo sviluppo, vengono tagliati di 32 milioni di euro, nel solo 2019, i finanziamenti per le agenzie internazionali, l'UNHCR, l'UNICEF, con 40 milioni in meno per la cooperazione internazionale italiana.

La verità è un'altra: si è preferito chiamarsi fuori, girarsi dall'altra parte, far finta di responsabilizzare un Paese come la Libia che non è un Paese ma una somma di milizie finanziate da altri Paesi stranieri in guerra fra loro, costruire una responsabilità SAR su acque territoriali libiche che al dunque è solo respingimento verso un Paese in guerra e, quindi, procedura illegale, lasciando che nel Mediterraneo succedesse l'inevitabile; ed è puntualmente successo, se è vero come è vero che in questi mesi una persona su otto partita sui barconi è morta in mare.

Sono calate le migrazioni verso l'Europa e questo a voi basta. Non interessa sapere che la drastica riduzione dei flussi migratori dalla Libia all'Italia e all'Europa non è derivata dal braccio duro della legge salviniana bensì dalla riconversione delle milizie libiche, dal business economico-criminale del traffico di esseri umani al business economico e criminale del trattenimento dei migranti, da un modello, cioè, di esportazione dei migranti a un modello di importazione e trattenimento di schiavi.

Conseguentemente, non interessa indagare come questi migranti, trattenuti per essere business e non costi di mantenimento, sono sempre più frequentemente soggetti a forme coatte di estrazione di valore, il che significa rapimenti a fini di estorsione; e, infatti, si stima che due emigranti su tre anche nei centri regolari vivano questa condizione, che vuol dire costrizione a un lavoro coatto e non retribuito e che vuol dire prostituzione. Ma tutto ciò avviene là e, quindi, non conta e non interessa e, anzi, è la prova dell'efficacia delle politiche di respingimento europeo: respingimento verso questo inferno.

Questa trasformazione cinica dei Paesi europei, con l'Italia capofila, è avvenuta quando i Paesi europei hanno deciso di farsi la domanda sbagliata, cioè di domandarsi ossessivamente solo quanti ne arrivano, alimentando la paura con la perenne idea dell'invasione, e smettendo di farsi la domanda giusta, quella che è scritta nei valori fondativi dell'Europa stessa e del suo ruolo nel mondo e, cioè, da che cosa scappano. Solo affrontando questa seconda domanda, solo esercitando una responsabilità europea e, attraverso l'Europa, internazionale sulla Libia si potrà affrontare anche la prima. Non coi muri, non con la violenta negazione di porti sicuri per naufraghi, non affidando il controllo delle coste a una guardia costiera libica, che l'inchiesta degli ispettori ONU ha dimostrato essere largamente infiltrata dalle reti dei trafficanti e di partecipare attivamente al racket delle migrazioni, e non facendo la guerra alle organizzazioni non governative. Infatti, in assenza dell'Europa, della responsabilità collettiva dei suoi Stati nel Mediterraneo a difesa della dignità e dei diritti degli esseri umani, vi sono state solo le organizzazioni non governative, queste “pericolose realtà sovversive” che non si arrendono all'abitudine di vite umane perse, di bambini, giovani uomini e giovani donne in cerca di futuro che trovano solo l'atrocità della tortura, prima, e della morte in mare, poi.

E, allora, con questo decreto affilate le armi per la guerra definitiva a chi salva vite umane. Lo fate con norme di dubbia tenuta per l'evidente contrasto con la normativa internazionale che ha già riconosciuto in sede giudiziale una scriminante per chi era semplicemente impegnato nell'esercizio di un dovere, un imperativo umanitario come ha detto ieri Angela Merkel.

Le convenzioni internazionali, la Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay, la Convenzione Search and Rescue sono lì, vigenti, a rendere carta straccia propagandistica questo provvedimento di legge, sono lì a testimoniare come con questo provvedimento l'Italia decida ancor più di isolarsi rispetto alla comunità internazionale.

Decidete di fare questa guerra senza quartiere a chi salva le vite, con strumenti che troveranno dei limiti anche nelle regole e nei principi della normativa italiana. Lo fate, ad esempio, immaginando sanzioni amministrative assurde per le organizzazioni non governative, sanzioni che sono più che decuplicate dal decreto-legge nella sua versione uscita dal Consiglio dei ministri alla sua conversione in legge, in aperta contraddizione, nella palese violazione di un principio cardine, che è quello della proporzionalità della sanzione. Lo fate, ribadisco, sventolando un nemico, l'ennesimo: segnalando in ogni dove una contiguità delle ONG con i trafficanti, con dichiarazioni assertive di una cosa che invece nessun tribunale ha mai accertato, a differenza di rapporti certificati fra la Guardia costiera, a cui avete rinnovato risorse, formazione e mezzi la scorsa settimana, con i trafficanti di esseri umani.

Insomma, un decreto-legge che “bisserà” solamente l'inefficacia del suo predecessore, che non dà strumenti reali per assumersi una responsabilità nella sfida migratoria dal Nord Africa, che ulteriormente svilisce la politica estera subordinandola a ragione di mera politica interna, che non sposta di una virgola la sicurezza dei cittadini, che non credo vedano nelle organizzazioni non governative una pericolosa minaccia.

E, nel mentre, il Ministro Salvini continua a saltare vertici europei ed internazionali sulla gestione del fenomeno migratorio, e nel mentre continua a rimanere lì immanente il Trattato di Dublino, con la sua iniquità: reso - lo ricordo - intoccabile dal primo Consiglio europeo a cui ha partecipato il Presidente Conte, che in contrasto con quanto assunto dal Parlamento europeo ha definito la possibilità di modificarlo esclusivamente all'unanimità, per volontà degli amici di Salvini, il club di Visegrád. Ricordo ancora con immutato stupore la soddisfazione del Presidente Conte ad esito di un disastro per l'Italia.

Insomma, con questo decreto-legge ancora propaganda, ancora nemici da additare, ancora nessuna scelta capace di incidere con efficacia sulla realtà, nessuna scelta strutturale. Ciò che servirebbe è altro: servirebbe il coraggio di un nuovo testo unico sull'immigrazione, che tenga in un unico orizzonte accoglienza, protezione internazionale, integrazione e cittadinanza; ma questo vorrebbe dire affrontare con serietà il tema.

Si parla in questi giorni di crisi di Governo, ma chi come noi vi vede da vicino da oltre un anno sa che la crisi di Governo c'è dal primo giorno: è dal primo giorno che la vostra inadeguatezza rende la necessaria responsabilità di governare la complessità un'illusione, a scapito dei cittadini italiani e dell'autorevolezza dell'Italia sullo scenario internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carla Cantone. Ne ha facoltà.

CARLA CANTONE (PD). Presidente, il Governo insiste nel chiamare “sicurezza” ciò che di sicurezza ha ben poco. Questo non è un decreto-legge “sicurezza”, ma il decreto-legge della paura, della prepotenza, dell'arroganza; è un decreto-legge che esalta lo scontro, che esalta la forza dei potenti prepotenti contro i più deboli: in questo caso, i potenti sono quelli che usano la forza e non la ragione. In questo caso, il potere viene esercitato non per risolvere i drammi umanitari, non per essere uomini di saggezza, ma uomini che pensano solo a vendette, scambiando la democrazia con la forza di chi comanda.

La storia ci dice da tempo, da secoli, che con l'arroganza del potere, specialmente quando la si usa contro chi è debole e non sa difendersi, prima o dopo arriva il conto: non Conte, il conto; e il conto non fa sconti a nessuno.

So bene che c'è un atteggiamento dell'Europa che produce un limitato aiuto al nostro Paese, so bene che ci sono dei Paesi che rifiutano gli aiuti; ma noi siamo l'Italia, e siamo orgogliosi di essere italiani ed europei, e proprio per questo abbiamo il dovere di usare la saggezza e non la prepotenza.

Vede, “sicurezza” è una parola importantissima; e quando penso alla parola “sicurezza” penso al bisogno di sicurezza di tante donne, quelle violentate, stuprate, picchiate, sfruttate anche a casa loro, magari dai loro compagni, dai loro mariti, che non tutti vengono dall'Africa. Penso alla fragilità di tanti anziani soli o depositati in case di cura, dove purtroppo e troppo spesso si scopre come sono maltrattati e umiliati. Quando penso alla parola “sicurezza”, penso con dolore alla violenza sui bambini innocenti, e rifiuto vergognose strumentalizzazioni. Quando penso alla parola “sicurezza”, penso a quei lavoratori e lavoratrici disperati perché non riescono a trovare un posto di lavoro oppure il lavoro lo hanno perso; ma penso soprattutto alla mancanza di sicurezza nei posti di lavoro: in particolare in edilizia, dove ogni tre giorni continua a morire un operaio.

La sicurezza per me vuol dire mettere in sicurezza il nostro territorio, le nostre città, i nostri paesi, per metterli al riparo da eventi sempre più ravvicinati, come le catastrofi ambientali degli ultimi anni. La sicurezza per me è lottare tutti insieme contro tutte le mafie e la criminalità, al Sud come al Nord, insieme uniti in questa battaglia per la sicurezza nel nostro Paese.

Per me la sicurezza è salvare immigrati naufraghi, donne e bambini che fuggono dalle guerre, dalla violenza, dagli stupri, dalle torture. Per me la sicurezza vuol dire difendere le persone dalle campagne vergognose sui social e le bugie violente che si scatenano. Non vedo nulla di tutto questo nel decreto-legge: il cuore e l'anima del vostro decreto-legge “sicurezza” ignorano tutto questo, ignorano il significato vero della parola “sicurezza”.

E non ci si salva la coscienza alzando al cielo un crocifisso. Un vecchio detto popolare degli anziani del mio territorio, dal quale provengo, la Padania, dice: “Litiga con i fanti ma lascia stare i santi”. So che questo detto può far sorridere, ma io penso che se è pur vero che democrazia e pace, giustizia e tranquillità hanno un prezzo, è pur vero che vale di più un atto di saggezza e di umanità che prepotenza e forza: questo mi hanno insegnato i Padri costituenti della nostra Costituzione!

La saggezza e la ragione pagano, la prepotenza non ha mai pagato. Con gli atti politici della ragione possiamo essere più forti in Europa, proprio per sostenere le nostre ragioni, quelle ragioni che hanno un senso politico utile. Con le prove di forza ci isoliamo, e l'Italia non merita l'isolamento.

Vede, sottosegretario, per la mia vita passata io ho organizzato e partecipato a molte manifestazioni di lavoratori e pensionati, e le assicuro che non mi sono mai accorta di pensionati nelle piazze con il casco e il manganello e gli occhi iniettati di sangue (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sono sempre state e sono tuttora manifestazioni pacifiche (e lo sapete, non è vero che non lo sapete), per rivendicare diritti e difendere conquiste, e mai hanno insultato i poliziotti che facevano il loro dovere. Non c'è dubbio che quando nelle manifestazioni di piazza o sportive esplode la violenza, queste vanno fermate e condannate: certo, senza se e senza ma, perché colpiscono le ragioni e gli obiettivi democratici delle manifestazioni stesse. Le sanzioni servono - ci mancherebbe altro - ma occorre prevenire con regole e controlli adeguati. Non si può colpire il diritto costituzionale a manifestare anche in piazza le proprie idee. Con questo decreto, voi bollate tutte le manifestazioni di piazza come “pericolose” o possibilmente pericolose e non è accettabile, perché - insisto - mettete a rischio lo stesso diritto di poter manifestare. Non potete toglierci questo diritto, non ci riuscirete. Se colpite tutto e tutti, colpirete il diritto ad avere diritti, non potete imporre questo per decreto, perché è un modo indegno di colpire i valori della Costituzione. A me non fa ridere, perché io so cosa vuol dire manifestare per i diritti, quando tu non li hai, e a volte magari ci sono anche degli scontri - come no? - anche quando sei dalla parte della ragione. Non vorrei che, prima o dopo, ci impedirete di manifestare il nostro dissenso anche in Aula. Io capisco che il Ministro Salvini è affezionato a questo modello di sicurezza, con un'impostazione di forza, forza contro le ONG umanitarie, forza contro la solidarietà, forza contro chi si permette di non condividere la sua linea, forza contro chi non può difendersi. Il Ministro Salvini, secondo me, è incapace di ascoltare, anzi non vuole ascoltare, ho l'impressione che non sappia ascoltare a volte neppure se stesso. E allora scappa, scappa dalla ragione, perché a lui interessa solo imporre, ma l'imposizione non è degna di chi rappresenta le istituzioni, figuriamoci di chi rappresenta il Governo.

Sugli sbarchi e i vostri muscoli, fuori di qui, da questo Parlamento, gira anche fra di noi, nella sinistra, non solo fra di voi, la vulgata, oppure la narrazione – ecco, la narrazione rende di più l'idea - che questo pugno di ferro lo vuole il popolo, la pancia della gente, lo vuole la paura che siete riusciti ad inculcare nella pancia e nella testa della gente con la vostra propaganda. I sondaggi danno ragione alla Lega - non c'è dubbio -, premiano la Lega, dicono alla Lega: “Bravi, andate avanti! Basta con i neri che arrivano in Italia a rubarci il lavoro e a farsi mantenere”! Vede, voglio ricordare una cosa con questo mio intervento - parlo poco, qui dentro, ma a volte ci azzecco -: ad aprile, in un mio intervento sul decreto “concretezza”, dissi al MoVimento 5 Stelle, che, se votavano quel decreto, quel decreto non gli avrebbe portato fortuna, infatti ci ho proprio preso. Ora, sottosegretario Molteni, guardi che la ruota non gira sempre dalla stessa parte e, quando gli occhi della verità si sostituiranno alla pancia della gente, scopriranno che mettere in sicurezza il nostro Paese in tutti i suoi aspetti è ben altra cosa - altro che guerra alle ONG umanitarie - ma che occorre fare quello che non volete né vedere, né fare. Io vi ho elencato prima quello che per me sono i termini della sicurezza: una politica saggia, che non isoli il nostro Paese, ma che lo rafforzi in Europa, che si faccia rispettare. Ma bisogna essere capaci di farsi rispettare: non è tattica, ma politica delle alleanze, per imporre il rispetto al nostro Paese. Una politica basata su solidarietà e giustizia sociale, che pretende un'Europa sociale, quello che voi oggi non volete e non sapete fare, come diceva prima di me l'onorevole Martina.

Purtroppo, le conseguenze nel breve termine - forse non tanto nel breve termine, purtroppo - le pagheremo tutti, e non solo voi, ed è questo che mi fa molto arrabbiare. Pensateci prima di continuare così (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Orfini. Ne ha facoltà.

MATTEO ORFINI (PD). Grazie, signora Presidente. Cercherò di esporre qui le ragioni della nostra opposizione e della nostra contrarietà a questo decreto, a questo provvedimento che - sicuramente lo riconosco ai rappresentanti del Governo – è un provvedimento importante, politicamente importante, perché è un provvedimento manifesto di questo Governo e del suo leader effettivo, Matteo Salvini, il Ministro dell'Interno. È un provvedimento che ovviamente va letto come continuazione del suo predecessore; abbiamo capito che ce ne saranno altri, sono già stati annunciati: abbiamo avuto un “decreto sicurezza uno”, “due”, poi ci sarà il “tre”, il “quattro”, e il “cinque”, non sappiamo quando ci fermeremo, è un po' come quei film “di serie B” dell'orrore, che si susseguono in episodi successivi, cercando di avere successo, senza riuscirci mai. È un provvedimento manifesto di un Ministro che però non governa questo Paese, non lo fa, perché governare significa studiare i problemi, cercare di affrontarli, tentare auspicabilmente di risolverli e fare il Ministro dell'Interno comporta qualche responsabilità in più, perché un Ministro dell'Interno ha il dovere di garantire la sicurezza degli italiani, di sopire le tensioni che ci sono nel Paese, di spegnere i focolai d'odio. Ora capite che, se queste sono le caratteristiche che deve avere un Ministro dell'Interno - e penso che su questo saremo tutti d'accordo, almeno in quest'Aula -, io fatico a vedere in Matteo Salvini il prototipo di quello che dovrebbe essere un Ministro dell'Interno, perché noi da un anno assistiamo esattamente all'opposto di quello che servirebbe, c'è una quotidiana e politicamente anche violenta azione che ha un solo obiettivo, quello di soffiare sul fuoco per lucrare dei voti sull'incendio che si è scatenato nel Paese, di aumentare le tensioni, invece che di sopirle, di creare divisioni, invece che di comporle; si accendono fuochi invece di spegnerli. Dopo un anno si vedono i risultati di questa azione politica: il razzismo è sdoganato in questo Paese; oggi si urla nelle strade, sui giornali, nelle televisioni, sui social, quello che prima non si osava forse nemmeno pensare o dire da soli nella propria casa, lo si fa come fosse normale, la violenza verbale è la cifra di questa nostra fase politica ed è tollerata, esattamente come sono tollerati i numerosi atti di razzismo che sono segnalati nel Paese. I fatti di cronaca sono sotto gli occhi di tutti - li leggiamo ogni giorno -: intimidazioni, intolleranze, a volte anche aggressioni a stampo razzista, e non c'è mai una radicale, vera, sincera presa di distanza da tutto questo; anzi, c'è qualcosa di peggio: si coccolano e si proteggono organizzazioni neofasciste che nel nostro Paese dovrebbero essere illegali. Mi chiedo e chiedo ai rappresentanti del Governo: ma perché nell'elenco degli sgomberi che è stato presentato non c'è CasaPound (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Perché non ci sono quelle organizzazioni che violano i principi della nostra Costituzione? Ma, soprattutto vedete, in questo provvedimento e in quello che l'ha preceduto si crea un nesso, per noi inaccettabile, tra il tema della sicurezza e il tema dell'immigrazione, come se da una guerra dichiarata ai migranti dipendesse la sicurezza degli italiani. Non è così; io lo so che forse non è popolare dirlo, ma lo dico: non è così, non è da questo che dipende la sicurezza degli italiani e ce lo racconta la realtà, basta leggerla, basta guardarla ogni giorno. Non è aumentata la sicurezza in questo Paese da quando è stata scatenata quella guerra, non è aumentata nelle nostre periferie, dove la condizione di insicurezza continua a essere percepita e costante, e dipende da altro. Non è dichiarando guerra ai migranti che si risolve il problema, non è smontando le politiche di integrazione che si risolve il problema. Vedete, Rampelli ci ha ricordato e ci ha comunicato che lui ha visitato le tensostrutture - non solo lui, ovviamente, lo abbiamo fatto in molti - dove sono ammassati centinaia e centinaia di migranti, raccontando le condizioni inaccettabili in cui si vive in quei luoghi.

Segnalo che la politica di questo Governo non è stata quella di smontare, ma anzi di ricostruire e rafforzare quel modello, invece di dichiarare guerra e smontare quello degli SPRAR che funzionava e che funziona, perché significa accoglienza diffusa, significa integrazione e significa costruire dei processi veri che producono integrazione e che, quindi, producono sicurezza. Invece qui si è fatto esattamente l'opposto. E anzi, smontando quei meccanismi e le norme che li favorivano, si è prodotto un effetto abbastanza prevedibile, noi lo avevamo detto quando si era discussa la prima puntata di questa triste storia, di questa triste serie, cioè che sarebbero aumentati gli irregolari, perché espellendo migranti da quei circuiti di integrazione si favorisce semplicemente la crescita dell'irregolarità, si producono nuovi invisibili, che, a quel punto, essendo fuori da ogni circuito di integrazione, rischiano di diventare carne da macello per la criminalità organizzata, rischiano di diventare ostaggio della criminalità organizzata e quindi creare maggiore insicurezza.

Certo, io lo capisco che chi non vuole governare o non sa governare, ha la necessità costante di creare un nuovo nemico, eppure noi viviamo in un Paese in cui, per uno che fa il Ministro dell'Interno, ce ne sarebbero tanti di nemici da scegliere, e li scegliesse, avrebbe persino il nostro sostegno. Ci sarebbe da combattere la criminalità organizzata: noi siamo un Paese in cui intere parti del nostro Paese sono in qualche modo controllate o infiltrate dalle mafie, non solo nel Mezzogiorno d'Italia, ormai la mafia è ovunque, controlla attività economiche, controlla flussi finanziari, controlla militarmente pezzi del territorio, anche nella città che ospita il Parlamento.

Ci sarebbe tanta gente che vive alle spalle degli altri italiani, noi siamo uno dei Paesi con il più alto tasso di evasione fiscale, potremmo dichiarare guerra alla mafia, potremmo dichiarare guerra agli evasori, potremmo dichiarare guerra alla corruzione, potremmo fare tante cose, tutti insieme. E invece no: non sono questi i nemici del Governo e del Ministero dell'Interno, i nemici sono le ONG. Il principale pericolo per questo Paese è individuato nelle navi di chi salva vite umane. Dichiariamo guerra alle ONG, dichiariamo di dover difendere i nostri confini, chiediamo che venga schierato l'Esercito, proponiamo di confiscare immediatamente le navi. Al sottosegretario Sibilia chiedo di portare i miei personali apprezzamenti al Vicepremier Di Maio che ha rivendicato questa norma folle, dimostrando semplicemente che questa continua rincorsa al suo collega Salvini lo sta portando a trasformarsi definitivamente in un succedaneo di Salvini, quello che oggi è il MoVimento 5 Stelle.

Ecco, in questa guerra alle ONG, principale problema del Paese che mina la sicurezza degli italiani, si richiamano in servizio anche i riservisti, come nelle condizioni di grande difficoltà. Abbiamo sentito gli interventi dei Fratelli d'Italia, abbiamo sentito Forza Italia parlare in questi giorni, in quest'Aula e in Commissione. Si crea un grande schieramento che si unisce intorno a una guerra assurda e inutile: il nemico, per tutti voi, è chi salva vite umane. Sì, io sono tra quelli che sono saliti sulla Sea-Watch, ho sentito in questi giorni tante parole di critica per questo da parlamentari della maggioranza, sui giornali e in quest'Aula. L'ho fatto con convinzione, lo rifarei, lo rifarò dovesse tornare ad essere necessario, spero di no, perché resto convinto che tra chi chiude i porti e sequestra su una nave, inutilmente, delle persone, che hanno la sola colpa di scappare da una guerra e che sono vittime di un naufragio, tra chi li sequestra e chiude i porti e chi li salva, io starò sempre dalla parte di chi salva e credo che nel farlo si servano al meglio i principi che stanno scritti nella nostra Costituzione, con buona pace di chi ci governa.

Però, tutto questo per voi non è ancora sufficiente, non vi è bastato dichiarare guerra ai migranti, avete deciso di dichiarare anche guerra alla povertà. L'avevate abolita, in realtà, mi ricordavo, poi ho capito che quell'obiettivo ambizioso, quella dichiarazione un po' roboante, aveva un significato diverso.

Mi è tornato in mente un gruppo che andava abbastanza di moda - ma non troppo, perché non era così famoso - negli anni Ottanta e che si chiamava Dead Kennedys; questo gruppo divenne famoso per una canzone che si chiamava Kill the poor (Ammazziamo i poveri), che era ovviamente una provocazione al Governo degli Stati Uniti di quegli anni e che denunciava come alcune politiche messe in campo servissero solo a criminalizzare la povertà.

La povertà diventa una colpa e, quindi, si suggeriva provocatoriamente: a questo punto ammazziamoli, i poveri, così risolviamo direttamente il problema. Ecco, a volte sembra che quella provocazione l'abbiate presa sul serio e che, in qualche modo, sia diventata per voi fonte di ispirazione. Penso ciò quando vedo che qualche vostro esponente nei territori prova addirittura a vietare la mensa ai bambini figli di gente povera, punendo un bambino per la condizione di povertà della sua famiglia, o quando vedo che la soluzione al problema della casa viene individuata con una lunga serie di sgomberi fatti nei confronti di persone che vivono in condizioni di emergenza abitativa, senza prevedere la necessità di costruire delle soluzioni alternative: la sicurezza è mandare la gente in mezzo a una strada. Io lo so che è un problema complicato, lo so che occupare una casa è illegale, lo so che occupare un immobile sfitto, nei casi di cui stiamo parlando, pubblico, sfitto e abbandonato, è illegale, dopodiché ragiono anche da padre, come spesso fa il Ministro dell'Interno, e penso che se mi trovassi in una condizione di povertà, con dei figli che non hanno un tetto sotto il quale dormire, probabilmente considererei quella soluzione illegale, ma giusta. Allora mi chiedo e chiedo: il punto è che noi dobbiamo sgomberare quelle realtà lasciando la gente per strada o forse che dobbiamo cacciare dalle case popolari quegli abusivi che ci stanno a sbafo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Oppure che dobbiamo smontare il racket mafioso che in alcune città di questo Paese gestisce le case popolari? Oppure che dobbiamo immaginare delle politiche che rilancino l'edilizia residenziale pubblica e che diano davvero una casa a chi ne ha bisogno? Molti di quelli lì che voi butterete in mezzo alla strada, intanto sono italiani: ve lo comunico e questo tradisce anche la vostra…andate un po' in corto circuito quando capitano queste cose; sono italiani; ci sono anche i migranti, ma sono anche italiani. Noi non distinguiamo in base al passaporto le persone povere; pensiamo che debbano essere aiutate e sostenute, ma alcuni di quelli hanno anche diritto a una casa popolare, che non viene data loro per le ragioni di cui sopra. Allora mi chiedo e vi chiedo: è giusto buttarli in mezzo ad una strada senza una soluzione alternativa o forse dobbiamo cercare delle soluzioni e fermarci? Anche quello è un pezzo di una politica propagandistica volta ad individuare il nemico e non a trovare le soluzioni, anzi, ad alimentare i problemi su cui poi si prova a lucrare qualche voto.

Cos'è la sicurezza per voi? È questo: è cercare il nemico, è alimentare i conflitti, è incendiare il Paese. Per noi la sicurezza non è quella che sta scritta in questi decreti. Qui ci sono solo norme sbagliate, dannose, probabilmente - anzi sicuramente - anticostituzionali, come più autorevolmente di come potrei fare io è stato spiegato. Un Paese è più sicuro quando c'è sicurezza sociale, quando c'è lavoro, quando c'è sicurezza sui luoghi del lavoro, quando c'è welfare, quando c'è assistenza, quando tutti hanno una casa, quando nei luoghi abbandonati si riaccendono delle luci, quando le persone escono di casa sentendosi tranquille, quando la cultura illumina quel buio. Qualche sera fa, nella mia città, in uno dei quartieri più complicati della mia città, a Tor Bella Monaca, per tre giorni una delle principali piazze di spaccio di quel quartiere è stata occupata da delle associazioni che ci hanno portato uno schermo, un proiettore e delle sedie, trasformandola in un cinema a cielo aperto. Per quei tre giorni quella piazza non è stata più una piazza di spaccio ma è diventata una piazza dove le persone si ritrovavano e riconquistavano il loro diritto a vivere in sicurezza in quel quartiere. Ecco, c'è molta più sicurezza e diritto alla sicurezza e costruzione di sicurezza in quell'azione di quelle associazioni, che in quello che avete fatto voi in questi due decreti. La sicurezza c'è quando si ricostruisce una comunità, quando si ricostruisce la civitas, quando la speranza e la fiducia nel futuro riescono a scacciare la paura e la rabbia. Voi state facendo esattamente il contrario di quello che servirebbe. Voi quelle luci di speranza le avete spente. Noi abbiamo il dovere di contrastare le vostre politiche e di provare a riaccenderle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI (PD). Grazie, Presidente. Io voglio iniziare questo intervento, ricordando che il 22 luglio di otto anni fa Anders Nehring Breivik, oggi trentaquattrenne, uccise 77 ragazzi in due attentati di poco successivi, a Oslo e a Utøya, in Norvegia. In quell'isola, i giovani, ragazzini, del Partito Laburista stavano tenendo un campo estivo. Il 24 agosto 2012 i giudici norvegesi stabilirono che Breivik era sano di mente e che quindi avrebbe scontato la condanna a 21 anni di carcere, dove si trova. Durante il processo, questo neonazista tenne l'atteggiamento sprezzante di chi si considerava leader di una crociata contro l'islamizzazione della Norvegia, contro la società aperta, insomma, cavalcava anche lui le paure e le trasformava in odio, fino all'annientamento del presunto nemico, nel caso dei ragazzini, anche se questi, appunto, avevano solo la colpa di partecipare a un campeggio dei giovani laburisti. Io, oggi, voglio ringraziare Luca Mariani per il suo prezioso lavoro di documentazione su Utøya (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), il quale ha scritto anche un articolo importante oggi per il nostro giornale, Democratica, e perché tiene vivo il ricordo di quella strage dall'inequivocabile marchio neonazista e razzista.

Anche se Utøya è accaduta otto anni fa - non ottanta, quando c'erano i campi di sterminio - il neonazismo è un pericolo di oggi; tenere viva la memoria di quello che accadde ottanta anni fa con i campi di sterminio, oppure con le leggi razziali del 1938 nel nostro Paese non significa solo non dimenticare, significa anche tenere la guardia alta per oggi. Il dilagante clima di odio e intolleranza che ormai pervade il mondo intero, l'Europa, la rete - la rete, dove al centro c'è la logica di individuare un nemico da eliminare - è un virus di questo tempo che stiamo vivendo. Io non voglio fare accostamenti automatici: non è questo che voglio fare.

Però, da tempo, in questo nostro Paese, uno dei principali responsabili politici di un clima pericoloso si chiama Matteo Salvini; fa il Ministro dell'interno e, come è stato detto da alcuni interventi che mi hanno preceduto, sta cercando non di aiutare i cittadini a superare le insicurezze e le paure, ma sta cercando di strumentalizzare queste paure per prendere voti. Quando non sono reali o quando non sono percepite, le paure, Salvini, le incute, le crea, le sollecita. Guai, lo ripeto, guai - qualche volta l'abbiamo fatto anche noi -, guai a snobbare e a sottovalutare le insicurezze di questo tempo che viviamo e che attraversano la nostra società; guai a sottovalutare le paure dei cittadini, soprattutto delle fasce più deboli, più fragili, che vivono nelle periferie sociali e urbane. Tuttavia una politica seria cerca di vivere, di condividere e di capire le paure e le insicurezze dei cittadini, per aiutare a superarle, non per aumentarle, usarle e capitalizzarle a fini elettorali, magari per far dimenticare i fallimenti economici e sociali del Governo, magari come armi di distrazione per tenere sullo sfondo questioni che vedono protagonista lo stesso Salvini. Mi riferisco alla enorme vicenda dei rapporti con la Russia di Putin e al suo corollario, quello della trattativa all'Hotel Metropol di Mosca, dove uomini vicinissimi al capo della Lega hanno brigato per ottenere soldi e tangenti legati a partite di forniture di gas.

Vede, Presidente, anche in questo dibattito noi denunciamo la gravità della politica del Governo e, in particolare, di questo Ministro dell'Interno, che ha fatto del Viminale, quando gli capita di andarci, una succursale della Lega; un Ministro che sta minando e indebolendo la sovranità nazionale e che sta svendendo gli interessi nazionali, magari flirtando con un autocrate come Putin, un uomo che teorizza e pratica - teorizza e pratica - la fine della democrazia liberale.

Salvini, sì, Salvini, che vuole minare e frantumare l'unità dell'Europa a vantaggio delle mire espansionistiche della Russia e di quelle della politica dei dazi di Trump. La vittima designata di questa cinica e vergognosa linea politica del Ministro dell'Interno è l'Italia, altro che “prima gli italiani”. Certo, l'Europa deve cambiare, eccome, deve cambiare linee di politica economica e sociale, deve farsi carico del dramma epocale delle migrazioni, senza lasciare soli i Paesi come il nostro che affacciano sul Mediterraneo. Ma l'Europa è necessaria; un'Europa disgregata, indebolita, in balia delle potenze espansionistiche renderebbe più debole ed esposto un Paese come l'Italia, affacciato sul Mediterraneo e con il debito pubblico più alto dell'eurozona. E non sarebbero certo gli amici di Salvini, i sovranisti a salvarci, perché la traduzione concreta e reale dei principi sovranisti significa egoismi nazionali, confini, muri, dazi, intolleranze e, poi, odio e, quindi, insicurezza.

Anche questo provvedimento, sul quale noi ci opponiamo in maniera radicale, si conferma un provvedimento che è nemico degli interessi dell'Italia e della sua sicurezza. Questo è stato confermato anche nei giorni scorsi con il voto di Salvini e della Lega, naturalmente degli europarlamentari, contro la nuova Presidente della Commissione europea che ha pronunciato un discorso di rilievo programmatico notevole; così come di grandissimo rilievo, per il nostro Paese, sono stati l'elezione di Davide Sassoli a Presidente del Parlamento europeo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e i suoi primi impegni a difesa dell'Europa e dell'Italia, a partire dalla revisione del Trattato di Dublino, perché, credo che sia giusto ricordarlo, è vero, la Lega ha preso voti in Italia alle elezioni europee, ma ha perso in Europa, ha perso davanti al voto che ha visto le forze europeiste, i Socialisti, i Democratici, i Popolari, i Verdi e i Liberali raccogliere tre quarti dell'Aula di Strasburgo. Salvini è isolato in Europa, non è un dramma, anzi, il dramma è che rischia di isolare l'Italia.

Presidente, allora, dica al Ministro Salvini che così non si fanno gli interessi nazionali, non con le minacce ai magistrati, non lanciando pericolosi messaggi di difesa fai da te, con il rischio di diffusione delle armi nelle famiglie e nei condomini, non scappando dai processi, non facendosi salvare al Senato dai compagni di contratto dei 5 Stelle dal processo sulla Diciotti, non seminando intolleranze e paure, non diffondendo insicurezze, non smantellando i presidi di integrazione, come il sistema SPRAR, perché integrazione significa sicurezza. Salvini ha guadagnato sul campo il titolo di Ministro dell'insicurezza che mette a rischio la sicurezza di tutti i giorni, quella quotidiana, la coesione sociale, i livelli di civiltà del nostro Paese. Ed è in questo clima, lo ripeto, in questo clima, che c'è una conseguenza nella vita quotidiana, lo ricordava poco fa anche Matteo Orfini, cioè lo sdoganamento e l'auto-sdoganamento, di fatto quotidiano, di razzismi, di neofascismi, di neonazismi, tutte cose che contrastano con i livelli di civiltà della nostra democrazia repubblicana.

Oggi, ci troviamo a discutere un provvedimento denominato decreto “sicurezza-bis” che viene giustificato dal Governo con i requisiti di necessità e urgenza. Ma quali ragioni di necessità e urgenza ci sono se tutti i dati ci dicono che gli sbarchi sono diminuiti, perfino i dati diffusi dal Dipartimento sicurezza del Viminale? Allora, sulla base, dunque, di questa presunta emergenza, usata come arma di distrazione, si basa questa politica dei porti chiusi. In realtà, la progressiva inibizione delle attività di soccorso prestate dalle ONG e da altre navi nel Mediterraneo centrale comporta gravissimi rischi per i diritti fondamentali dei migranti, destinati in misura statisticamente sempre maggiore, in questo modo, a perdere la vita in un naufragio. Li chiamiamo migranti anche nei nostri dibattiti, ma dietro questa parola ci sono persone, sono donne, sono uomini, sono bambini. Voi, Governo, chi più chi meno, state dando vita a una vergognosa campagna sui bambini; usate la vicenda di Bibbiano per una vergognosa campagna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

Ebbene, voi avete poco a cuore gli interessi dei bambini perché strumentalizzate la vicenda di Bibbiano e non fate niente per tutelare i diritti dei bambini e dei minori non accompagnati che vengono in quelle navi. Vedete, anche noi vogliamo combattere chi specula sui traffici di esseri umani; anche noi siamo contro l'economia illegale e disumana e i crimini degli scafisti ma criminalizzare chi salva le vite in mare è una cosa vergognosa e cinica. È bene poi ricordare, al di là del clamore delle ultime settimane dovuto a varie operazioni di salvataggio, che la Libia non può essere più considerata, se mai lo fosse stata, un porto sicuro per lo sbarco dei migranti per i numerosi e circostanziati episodi di violazioni dei diritti umani verificatesi e per il fatto che in quel Paese è saltata ogni possibile politica di coesione, di unità e di stabilizzazione, quella che avevamo cercato di perseguire con i nostri Governi. Lo stiamo vedendo drammaticamente anche in queste ore.

Quanto poi al tema del porto di approdo, esso, come è noto, deriva dal regolamento di Dublino, regole che costituiscono il vero nodo politico della questione, che furono sottoscritte dall'allora Governo Berlusconi, dall'allora Ministro dell'Interno, il leghista Maroni. Eppure, quando il Parlamento europeo ha votato una risoluzione per la riforma del Trattato di Dublino, la Lega si è astenuta e i 5 Stelle hanno votato contro: bel modo di fare gli interessi nazionali! Inoltre - mi avvio a concludere – ricordo il comportamento del Ministro dell'Interno attuale, il capitano Salvini, assente alla maggior parte delle riunioni dei Ministri dell'Interno dell'Unione Europea per discutere, tra l'altro, di sicurezza e di migranti. Tale atteggiamento implica un isolamento crescente del nostro Paese a livello europeo su questi temi e su altri dossier di straordinario rilievo. Noi siamo con i Paesi del cosiddetto gruppo Visegrád che poi, a loro volta, votano a seconda dei propri interessi nazionali e non certamente degli interessi dell'Italia. Il risultato però di tale politica di propaganda dei porti chiusi, della tolleranza zero verso le ONG rischia di provocare non solo disastri umanitari e di non risolvere alcun problema legato ai flussi migratori, ma anche di esporre il nostro Paese a rischi molto seri, anche perché questo Governo sembra davvero aver rinunciato a ogni politica estera degna di questo nome.

Vede, Presidente, riflettevamo nei giorni scorsi su un fatto: la politica estera nel nostro Paese è sempre stato un elemento di coesione, naturalmente soprattutto dopo la guerra fredda. I Governi si facevano soprattutto sulla politica estera ma su quella politica estera, sul sistema di alleanze c'era anche un patto, un grande patto nazionale tra le forze che governavano e le forze di opposizione. Bene, oggi questa caratteristica è completamente saltata. Oggi questa parvenza, questo simulacro di Governo è diviso su tutto: è diviso dal Venezuela ai rapporti con l'Africa; è diviso sulla questione dell'Europa; qualcuno vota contro e un altro a favore della Presidente della Commissione europea. Perfino sui cardini che dovrebbero stare alla base di una maggioranza, di un Governo, di un programma, questo Paese sta facendo ridere tutta Europa. Dunque, è stato detto di chiudere i porti: è una cosa che rischia di confliggere con il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia, delle norme convenzionali sul soccorso, delle norme previste dalla Convenzione di Ginevra, da quella sulla salvaguardia dei diritti fondamentali dell'uomo che vietano le espulsioni e i respingimenti collettivi equiparando a questi anche il respingimento di stranieri che verrebbero rimandati verso Paesi in cui sarebbero esposti a subire trattamenti disumani e degradanti oppure verso Paesi da cui fuggono per sfuggire a massacri etnici, religiosi o per motivi anche - li chiamano migranti economici - per motivi di fame, per motivi di malattia, di aspettativa di vita fino a diciott'anni, per motivi di mancanza di acqua, di qualsiasi risorsa per poter vivere una vita degna di questo nome.

E allora, se si vogliono chiudere i porti, lo dica al Ministro Salvini, se proprio davvero si vogliono chiudere i porti, li si chiudano ma non li si chiudano a disperati che muoiono: lo si faccia per chiuderli alle mafie che, anche via mare, conducono i loro sporchi traffici, le tratte, i narcotraffici. Questo deve fare un Ministro dell'Interno degno di questo nome che dovrebbe, dal Viminale, non mettere le felpe, ma rappresentare tutti gli italiani per la difesa della sicurezza. Infine, noi abbiamo cercato di ridurre il danno presentando emendamenti con i nostri deputati, noi delle Commissioni giustizia e affari costituzionali: c'è stato un muro, un muro. Ci sono stati parlamentari che votavano - si vedeva - vendendo per l'ennesima volta l'anima, votavano turandosi il naso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). I nostri erano anche emendamenti di buon senso e io soprattutto guardo a quelli. Ricordo quelli che riguardavano le tutele dei minori, dei bambini: sono stati respinti senza un minimo di dignità politica. È per questo che noi ci opponiamo.

Infine, mi sia permesso di chiudere con una modesta, perché non è compito mio, riflessione. Il tema dei migranti è un tema epocale, non lo scopro io. Demografi e previsioni ci dicono che, nel 2050, saranno 2 miliardi e mezzo gli abitanti del continente africano e questi 2 miliardi e mezzo di persone, un miliardo e due più dell'attuale, demograficamente sono domattina perché parliamo di qui a vent'anni. Che fa una politica seria? Che fanno formazioni politiche che guardano al futuro e che non lucrano solo e guardano soltanto i sondaggi e i benefici dei sondaggi di qui alle prossime ore? Cerca di mettere in piedi, una politica seria, una strategia degna di tale nome; cerca di chiamare a raccolta tutta l'Europa e, con l'Europa, le grandi organizzazioni internazionali, l'ONU, le grandi potenze: sì, in questo caso la Russia, la Cina, il continente asiatico e l'America per cercare di fare davvero un grande piano di sviluppo del continente africano, per cercare di creare le condizioni per frenare il bisogno di scappare da quella situazione, per costruire un grande governo mondiale di tale situazione. Qualcuno ne parlava profeticamente nel 1975, quando individuava strategicamente nel conflitto tra Paesi poveri e Paesi ricchi una delle questioni che avrebbero rappresentato una bomba atomica: la persona che parlava nel 1975 di necessità del governo mondiale dell'economia, quando non si parlava di globalizzazione - lo dico per la cronaca - si chiamava Enrico Berlinguer, a proposito di pensieri lunghi. Significa investire in quel continente, ma significa poi far sì che l'Europa, unita nel lavorare per rafforzare la cooperazione internazionale, lavori insieme anche per i corridoi umanitari, anche per regolare i flussi, sapendo che anche noi abbiamo bisogno di interscambio anche economico con i migranti, perché l'Europa è un continente che invecchia, è un continente dove c'è la denatalità e dove già oggi molte risorse umane rappresentano, come si dice - lo dico per quelli che guardano ai numeri -, punti di PIL significativo per i nostri Paesi. E, allora, una classe politica degna di questo nome guarda con questo spirito, cerca di governare il tema e non di subirlo o, peggio ancora, di utilizzarlo per cinici calcoli elettorali, come fanno i sovranisti di tutte le latitudini e come fa lo stesso Salvini. Noi del Partito Democratico cerchiamo di farlo e abbiamo cercato di farlo con i nostri Governi e cercheremo di farlo: opporci al decreto-legge in esame così grave, così inutile e, mi sia permesso, anche così pericoloso non è solo dire di no, ma è perché abbiamo un'altra idea, un'altra idea di società, un'altra idea di civiltà, un'altra idea di rapporti internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). La ringrazio, signora Presidente. Mi permetta di premettere all'intervento sul decreto, visti i fatti di quest'oggi che hanno visto l'incendio pare doloso di tre postazioni elettriche legate alla circolazione dei treni nel nostro Paese, di chiedere che appena dovessero essere note eventualmente le responsabilità dolose di questo, che in quel caso si configurerebbe come un attentato, che il Governo riferisca a quest'Aula su questi eventi, perché è evidente che in quel caso ci troveremmo di fronte ad un fatto gravissimo, e noi vogliamo in Parlamento sapere di quali notizie sia venuto a conoscenza il Ministro dell'Interno, che ha annunciato che si recherà sul luogo di questi eventi. Speriamo che non siano dolosi, ma purtroppo parrebbe che le notizie in arrivo potrebbero confermare questa ipotesi, che ovviamente spetta agli inquirenti verificare.

Vorrei così articolare il mio intervento su questo decreto: in primo luogo, vorrei dire entro quali registri si configura la presentazione di questo decreto. Vorrei anche dire ennesimo decreto, Presidente, e ogni qualvolta in Parlamento si presenta e si svolge l'iter di un decreto i diritti dei parlamentari vengono ridotti, in particolare quelli delle opposizioni. Fino a giugno, una recente indagine pubblicata dal Corriere della Sera aveva misurato, in questa legislatura, cinque leggi votate non secondo decreto. Il numero dei decreti e i numeri delle fiducie circa corrispondono. Non siamo ancora in grado di dire se su questo decreto verrà messa la fiducia, ma tutto ci fa pensare che così potrebbe essere. Per inquadrare il momento in cui cade questo decreto, vorrei citare per prima cosa - e mi lego ad una serie di argomenti che ha toccato anche il collega Verini - di cui si parla un po' poco. Recentemente, il Canada, la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l'Austria e la Francia hanno alzato il livello di attenzione per l'estremismo armato terrorista di matrice neonazista. In particolare, il Canada ha incluso in questi giorni due gruppi neonazisti - editoriale del direttore de La Stampa di tre giorni fa, Maurizio Molinari - nella lista delle organizzazioni terroristiche. Uno di questi gruppi si chiama Blood & Honour (sangue e onore). Vorrei ricordare che questo gruppo esiste anche in Italia, che è stato di recente oggetto di inchieste, una, in particolare, per uno striscione esposto durante una partita a San Siro, che questo gruppo mi ha onorato di uno striscione diciamo così, offensivo, per usare un eufemismo - a me e al giornalista di la Repubblica, Paolo Berizzi -, e che su questa incredibile escalation, che peraltro negli ultimi giorni ha toccato anche il reperimento di armi presso persone che avevano fatto parte - perlomeno in passato - di gruppi dell'estremismo neofascista italiano come Forza Nuova, non ho sentito proferire parola dal titolare del Dicastero dell'Interno, mentre sei dei principali otto Paesi industrializzati del mondo hanno per la prima volta alzato il tiro, e addirittura, come dicevo, il Canada ha inserito questo gruppo ed un altro, Combat 18, nella lista delle organizzazioni terroristiche. Penso che dovremmo riflettere su questo. E fa impressione l'elenco degli attentati realizzati o tentati da questi gruppi in Europa negli ultimi mesi.

Dicevo prima, con riferimento al periodo in cui cade questo provvedimento, che, non solo ovviamente per motivi che riguardano il terrorismo, sia pure di matrice neonazista, ma per molte altre vicende – sono sedici i decreti convertiti in questa legislatura e tredici le fiducie fino ad oggi – su questo binomio, “decreto 1” e “decreto 2” sulla sicurezza, a noi non pare che in alcun modo si siano occupati, questi testi, di elementi della sicurezza, se non, secondo gli scriventi, ai fenomeni legati all'immigrazione. Noi sappiamo ovviamente che ci possono essere elementi che possono essere ricondotti alla tipologia dell'immigrazione per parlare anche di questioni inerenti alla sicurezza, ma vorrei citarvi molte altre cose che questi decreti non hanno toccato e che riguardano la sicurezza di tutti gli italiani.

Forse vi ricorderete, qualche mese fa, intorno a maggio, una serie di eventi luttuosi, terribili, che hanno sconvolto le nostre città: a Napoli, a Piazza Nazionale, dove fu ferita gravemente la piccola Noemi, che per fortuna è tornata a camminare; a San Giovanni a Teduccio, dove un nonno è stato giustiziato mentre portava il nipotino a scuola; oppure a Manduria, dove una violenza di gruppo terrificante si è scatenata contro un anziano; oppure ai regolamenti di conti in pieno giorno, come nei film, nei peggiori film di violenza, in zone densamente abitate, come a Cinecittà, a Roma, o in via Cadore, a Milano, in centro a Milano; oppure ancora come nel caso del ferimento del giovane campione di nuoto Manuel Bortuzzo, ad Acilia. Non ho sentito su questo, in questi mesi che ci separano da questi avvenimenti, né ho potuto leggere - mi fa piacere che sia tornato a cui il sottosegretario Molteni, che sa di cosa parlo - in questi provvedimenti nessun atto specifico che riguardi questi episodi o la natura e i fenomeni che stanno dietro questi episodi di drammatica violenza.

E se non parliamo della questione sicurezza “fai da te” - questione che molto cara, giustamente, legittimamente, al sottosegretario Molteni, perché fu nella scorsa legislatura primo firmatario di una legge per la riforma appunto della sicurezza “fai da te” o della legittima difesa -, se escludiamo quello, non abbiamo visto nessun provvedimento specifico, il che fa salire l'impressione, signora Presidente, di una dicotomia devastante, per la formazione dell'opinione pubblica, tra ciò che riguarda l'immigrazione - non ho ancora espresso commenti di merito sulle questioni che riguardano l'immigrazione in questo decreto - e ciò che riguarderebbe la necessità di occuparsi anche di questioni riguardanti questo tipo di sicurezza urbana. Ci sono delle misure che riguardano questo tema. Per esempio, secondo me le assunzioni delle forze di Polizia sono un elemento positivo, io lo appoggio, penso che siano giuste, anche se penso che dovrebbe essere molto più rapido il tempo di raggiungimento dell'organico necessario alle forze dell'ordine secondo legge. Ma nella scorsa legislatura - parlo a lei, signor sottosegretario, per il tramite della Presidente - vi erano state questioni che ci convincevano molto, come le questioni riguardanti il decreto-legge n. 14 del 2017, il coordinamento tra le funzioni dello Stato, delle regioni, delle province autonome e degli enti locali per la promozione della sicurezza integrata, l'idea dei patti per la sicurezza nelle città e nei luoghi abitati, ma non ne abbiamo mai più sentito parlare. Eppure, molti di voi li conoscono, perché anche nelle città che frequentano i colleghi degli altri gruppi o partiti ne avete sentito parlare, anzi addirittura avete collaborato ad inserire nelle norme in quei dispositivi. Avevamo inserito il fatto che, proprio per rafforzare le attività connesse al controllo del territorio, i comuni che avevano rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio nell'anno precedente potessero assumere a tempo indeterminato personale della polizia locale, visto che anche voi, anche nel precedente decreto, avete citato l'utilizzo degli agenti della polizia locale, ma non so se questo provvedimento continuerà ad avere le gambe.

E continuando per una riflessione che secondo noi è di quadro - io penso che la sicurezza si attui se hai una visione generale del problema -, come sapete, noi avevamo istituito e finanziato con 2 miliardi e 100 milioni di euro centoventi progetti per la riqualificazione delle periferie, con un bando al quale era stata dato risposta da città governate da sindaci di ogni colore; 2 miliardi e 100 milioni che avrebbero potuto mobilitare 4 miliardi, complessivamente, compresi i privati, di finanziamento, ma come sapete anche il primo atto del vostro Governo è stato provare a tagliare i soldi del “bando periferie”.

In parte questo si è recuperato, ma come diceva qualcuno - lo diceva prima Matteo Orfini -, è evidente che se non si finanziano i progetti che tolgono la terra di sotto alla criminalità, gli elementi che producono il disagio, che non riqualificano le aree urbane della nostra città dove nasce la marginalizzazione, dove prospera lo spaccio della droga, la prostituzione, dove prosperano le bande della criminalità organizzata, che sfruttano nel territorio, se non si attua la sicurezza come prevenzione ma si arriva soltanto dopo, difficilmente provvedimenti che riguardano solo e unicamente i messaggi del dopo potranno avere ragione di un Paese che di problemi di sicurezza dovrebbe occuparsi, ma occupandosi prima di tutto della riqualificazione del nostro territorio.

Venendo allo specifico del decreto, avendovi detto cosa secondo me in linea generale non c'è in questo decreto, vorrei soffermarmi sul primo e secondo articolo del decreto, perché nel primo, in particolare, e nel secondo articolo vi è, secondo la mia modesta opinione, una sovversione dell'ordine costituzionale dei compiti e della separazione dei poteri nel nostro ordinamento. Leggo l'audizione della FSP, una federazione di sindacati di Polizia, già UGL. Sindacati di Polizia che, il sottosegretario Molteni sa bene, non sono certo schierati da questa parte e comunque sono autonomi e indipendenti. Quindi leggo il loro giudizio: il potere discrezionale attribuito al Ministro dell'Interno dall'articolo 1 del decreto-legge n. 53 del 2019 può essere esercitato sulla base di parametri molto diversi tra loro, ordine e sicurezza pubblica, oppure alle condizioni previste dall'articolo 19, comma 2, lettera g) della Convenzione di Montego Bay, di cui abbiamo molto parlato in una tumultuosa Commissione.

Queste ultime, come è noto, presuppongono una violazione di leggi o regolamenti il cui accertamento, particolarmente se si tratta di violazione di norme penali, spetterebbe alla magistratura ordinaria, con la conseguente possibilità di sconfinamenti e conflitti con il potere giudiziario. Mettiamo che voi abbiate ragione, io penso di no, ma mettiamo che voi abbiate ragione, e cioè che, come dice il professor Cataldi, la non inoffensività di una nave, cioè il possibile turbamento della pace, del buon ordine e della sicurezza dello Stato costiero possano essere, insieme all'articolo 19 di Montego Bay, dell'UNCLOS, cioè il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero, la motivazione - ed è quella che voi adducete nell'articolo 1 del decreto - per bloccare o impedire il transito ad una nave.

Ora, se questo è quello che motiva il blocco di una nave, così come è stato nel primo caso di applicazione di questo decreto, cioè nel caso della Sea Watch 3, chi è che deve stabilire se c'è un'ipotesi di reato in corso? È un magistrato, come nella totalità degli altri casi previsti dal nostro ordinamento, o è un Ministro, come nella novella di legge che voi individuate? Voi avete stabilito, e non lo dice solo Emanuele Fiano o il PD, lo dice la federazione FSP-Polizia di Stato, un sindacato già UGL, che sostiene la strana incompatibilità tra provvedimenti che apparterrebbero alla magistratura ordinaria e provvedimenti che voi delegate ad un Ministro. Che cosa succederebbe in questo Paese se, di fronte alla possibilità della commissione di un reato, ‘possibilità' di commisisone di un reato - perché l'ordinamento penale, come sanno gli studenti del primo anno, prevede delle ipotesi di reato, che vanno poi accertate ed eventualmente condannate al terzo grado di giudizio, ove ci si arrivi -, che cosa succederebbe se, di fronte a una partita di calcio che potrebbe avere dei problemi, perché ci sono delle avvisaglie, di ordine e sicurezza pubblica, il Ministro alzasse il telefono e dicesse “quelle squadre non devono entrare”? Il Ministro, il decreto dice il Ministro, non cita il prefetto o il questore o un magistrato; e, d'altra parte, un magistrato ce lo ha anche detto in audizione. O che cosa succederebbe se, di fronte all'evento di una manifestazione politica - ne parlava prima la collega Cantone -, di fronte all'ipotesi che una manifestazione politica rechi con sé dei rischi per l'ordine pubblico, un Ministro, con proprio provvedimento, sentiti altri ministri, come in questo provvedimento, decidesse, l'autorità nazionale di pubblica sicurezza, cioè il Ministro, di limitare o vietare l'ingresso o il transito dentro questa manifestazione?

Ma voi conoscete un altro caso di ipotesi di reato che viene verificata in absurdum, che viene verificata in anticipo da un Ministro? E questa non è forse l'assegnazione di un potere esorbitante ad un membro dell'Esecutivo, non del potere giudicante, in questo Paese? In questo Paese, come in tutti gli ordinamenti liberali, il potere legislativo fa le leggi, il potere esecutivo le attua, il potere giudiziario verifica, poi, l'applicazione della legge. In questo decreto il potere legislativo fa la legge, converte un decreto, e il potere esecutivo decide se qualcuno ha violato quella legge. È la prima volta, e non è un caso che sia la prima volta. In oltre 70 anni ci avrebbe pensato qualcun altro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), o forse ci avrebbero pensato anche i padri costituenti a dirci che ci sono dei casi di ipotesi di reato che decide un Ministro, a prescindere da come si chiami, a prescindere dal partito a cui appartiene. E se quel Ministro si è sbagliato? Sul bloccare una nave, come recita l'articolo 1, il Ministro dell'Interno può limitare o vietare l'ingresso, il transito e la sosta di navi nel mare territoriale: e se si è sbagliato quella volta? E se non si stava commettendo nessun reato alla legge sull'immigrazione?

E se tutte le persone che sono state salvate in mare quel giorno non erano legate ad un'immigrazione per fame, ma erano, invece, in quel caso, tutte persone che fuggivano da - lo dico per venire incontro alla differenza di definizioni dei migranti - una vera e propria persecuzione o da una guerra? Quello è un provvedimento del Ministro ricorribile, come si fa con i provvedimenti della magistratura, oppure è un provvedimento, diciamo così, d'imperio, governativo? A che diritto appartiene? Non è una sanzione amministrativa il blocco della nave deciso da un membro dell'Esecutivo. Anche poi all'articolo 2 si dice “salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, il comandante della nave è tenuto ad osservare la normativa internazionale e i divieti e le limitazioni eventualmente disposti ai sensi dell'articolo 11, comma 1-ter”, che è quello che scrive nel testo dell'articolo 1.

C'è una congiunzione, cioè il comandante è tenuto ad osservare la normativa internazionale, compresa la Montego Bay, ma potrei partire dalla Dichiarazione dei diritti universali dell'uomo, come dal codice del mare, e - congiunzione, dunque insieme, con una sorta di ubiquità legislativa - i divieti e le limitazioni eventualmente disposti. Dunque, se eventualmente il Ministro dell'Interno dispone il fermo di una nave, ma questo comandante sta contemporaneamente, perché c'è la congiunzione, osservando la normativa internazionale, che lo obbliga a salvare delle vite umane in pericolo in mare, chi stabilisce qual è la gerarchia delle fonti tra la normativa internazionale e le limitazioni eventualmente disposte dal Ministro? Per noi la questione è chiara, ce lo dicono l'articolo 10 e l'articolo 117, primo comma, della Costituzione: noi siamo tenuti ad osservare le norme del diritto internazionale. Non possiamo avere leggi che non rispettino le norme del diritto internazionale. E allora questa frase dell'articolo 2 che cosa vuol dire? Che responsabilità stiamo mettendo noi in capo al comandante della nave, che qui è citato con rispetto, invece delle ignominiose e vergognose frase sessiste e insulti che la comandante della Sea-Watch ha ricevuto in queste settimane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) sotto alcuni post del Ministro dell'Interno? Quale disposizione deve seguire, se ne deve seguire due insieme, vista la congiunzione?

E aggiungo, che senso ha scrivere l'articolo 1, e cioè che è il Ministro che dispone il blocco della nave, se il comandante di quella nave deve contemporaneamente salvare le vite umane e recarsi al primo porto sicuro più vicino a quella nave? Che cosa prevale? Ha scritto il professor Cataldi proprio di questo, proprio della non comprensione della sovrapposizione di queste norme.

Il nuovo comma 1-ter, con il quale si attribuisce al Ministro dell'Interno, nella sua qualità di autorità nazionale di pubblica sicurezza nell'esercizio delle funzioni di coordinamento, eccetera, il potere di limitare o vietare l'ingresso, eccetera, quando ritenga necessario impedire il cosiddetto passaggio pregiudizievole o non inoffensivo di una specifica nave in relazione alla quale si possano concretizzare limitatamente alle violazioni della legge in materia di immigrazione… e poi descrive quello che leggevo prima, cioè gli articoli della Convenzione UNCLOS e, in particolare, quella norma citata nell'articolo 1 del decreto, cioè il carico e lo scarico del materiale, eccetera, eccetera e la violazione della legge sull'immigrazione vigenti. Il diritto al passaggio compete alla nave che penetri nelle acque territoriali di uno Stato straniero soltanto al fine di attraversarle, sia che successivamente entri nelle acque interne di quello Stato, sia che da quelle acque provenga e intenda raggiungere ulteriori destinazioni. Da questa necessariamente sintetica descrizione dell'istituto, così come dice il professor Cataldi, ordinario di diritto internazionale all'università degli studi di Napoli “L'Orientale”, da noi audito, emergono le perplessità che la formulazione dell'articolo 1 suscita. Tale articolo prevede, infatti, due distinte ipotesi in ordine al potere di limitare o vietare l'ingresso: o per motivi di ordine e sicurezza pubblica, e qui lo scrivente, cioè il Governo, assevera che l'eventuale violazione della legge sull'immigrazione sia di per sé una violazione del pericolo di ordine e sicurezza pubblica per lo Stato, ovvero quando il passaggio sia pregiudizievole e non estensivo ai sensi dell'articolo 19 già citato della UNCLOS. Di conseguenza, non si può in linea generale impedire il passaggio di navi che esercitano il diritto di passaggio inoffensivo mentre si possano adottare misure necessarie, secondo il testo, a prevenire il passaggio non inoffensivo.

La previsione speciale che si vorrebbe inserire nell'articolo 11 del decreto non può certo attribuire poteri nuovi e ulteriori limitazioni del diritto di passaggio inoffensivo rispetto a quelli già deducibili in applicazione degli articoli 19 e 25 della UNCLOS. Giova ricordare, infatti, che l'esistenza di una cornice giuridica di rango primario non cambia il sistema delle fonti sovranazionali all'interno delle quali tali provvedimenti si inseriscono e che sono chiamate a rispettare ai sensi degli articoli 10, 11 e 117 (rispetto degli obblighi internazionali).

Quindi, qual è - e chiedo a lei, per il tramite della Presidente, sottosegretario - la ratio della norma di cui all'articolo 1, visto che non è possibile introdurre nuovi limiti al diritto di passaggio inoffensivo né è pensabile che lo scopo sia solo meramente ricognitivo di tali principi? Si può ipotizzare che si tratti di un provvedimento semplicemente funzionale al riparto di competenza in materia in ambito governativo, con uno spostamento di attribuzioni a vantaggio del Ministro dell'Interno; quindi il professor Cataldi dice quello che io penso dall'inizio: il testo di questo decreto serve unicamente ad assegnare più potere a una persona sola, il Ministro dell'Interno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che diventa dominus per motivi di ordine e sicurezza pubblica in funzione delle sue attività di coordinamento anche sul mare, perché il giudizio discrezionale su queste norme già esistenti viene assegnato a lui e soltanto a lui.

Si potrebbe obiettare, però, che c'è scritto “di concerto con altri due Ministri”. Abbiamo visto il concerto. La prima volta che l'avete utilizzato la Ministra della Difesa ha preteso la convocazione di una riunione perché non era d'accordo su come si stava esplicando quel diritto del Ministro dell'Interno e per di più - e l'ho solo accennato di passaggio ma mi pare che l'abbiano già citato altri - si dà per scontato che eventuali violazioni della legge sull'immigrazione - e ci saranno anche delle violazioni della legge sull'immigrazione e io non lo nego - siano di per sé materie che portano problemi di ordine e sicurezza pubblica. D'altra parte, questo è il fondamento con il quale voi volete dimostrare che quello è un attacco ai confini nazionali. Dunque, è questa la ratio politica del provvedimento, cioè dire che l'immigrazione è un problema di sicurezza dei confini.

Ma se così fosse, che necessità c'era di citare di nuovo, visto che è già vigente, la Convenzione fatta a Montego Bay? E come si faceva prima della scrittura di questo decreto? Chi verificava l'attuazione della Convenzione di Montego Bay? Non il Ministro dell'Interno. Voi avete cambiato la gerarchia dei ruoli e, d'altra parte, questo non lo dico io ma l'ha detto la Ministra Trenta quando ha chiesto la convocazione di un vertice proprio in ragione di questo provvedimento e anche dell'ipotesi di mettere le navi della Marina militare nei nostri porti.

Ho cercato, nel mio intervento, brevemente, all'inizio, di citare, signor sottosegretario, delle condizioni al contorno che descrivono la situazione della sicurezza nel nostro Paese, elementi di fatto – non di mio giudizio – che descrivono quello che è successo e quello che sta succedendo nel mondo, per arrivare a chiedermi se, anche se ci sono norme che riguardano il miglioramento della qualità materiale della vita degli appartenenti alle forze dell'ordine quali quelle relative alle questioni delle mense e al finanziamento per le divise, di cui mi rallegro, sostanzialmente sia stato un caso, signor sottosegretario, che gli emendamenti della maggioranza riguardanti la qualità della vita delle forze dell'ordine siano stati valutati positivamente e, invece, quelli presentati dalle opposizioni, che riguardano, per esempio, il rimborso delle spese sanitarie per le forze dell'ordine, non siano stati valutati (così come anche quelli relativi alle spese legali). Ma mi auguro che ci sarà altra occasione, così come ovviamente ci sono altre norme che sono inserite nel decreto, o sono state inserite tramite emendamento per la verità, come l'aumento delle ore straordinarie per l'esercizio delle funzioni dei vigili del fuoco e altre questioni, anche se i soldi per il pagamento degli straordinari sopra il monte ore non sono stati messi (altro emendamento presentato dalle opposizioni).

In realtà, però, sulla vera sostanza della sicurezza e dell'ordine pubblico, a parte le norme che riguardano le manifestazioni, l'ampliamento del Daspo, mi ha colpito - e ho controllato - che nel testo del decreto le parole “ordine e sicurezza pubblica” vengono citate solo qui, per le navi delle ONG e comunque per le navi che riguardano il trasporto di naufraghi. Non la trova una cosa singolare, lei, sottosegretario? Cioè, in questo Paese dove voi dite che la criminalità non ci dà pace - e purtroppo alcuni episodi li ho citati, anch'io anche se il numero dei reati è in discesa - voi citate in un intero decreto – bis – sulla sicurezza l'ordine e la sicurezza pubblica, che la è delega principe nell'ordinamento dello Stato per il Ministro dell'Interno, con riguardo alle navi che raccolgono dei naufraghi in mezzo al mare.

Qui li citate l'ordine e la sicurezza pubblica, perché con questo testo voi estendete non tanto le misure per la sicurezza ma il potere di un Ministro, il potere del Ministro dell'Interno, e addirittura lo volete estendere - e faccio mia l'interpretazione del professor Cataldi e anche l'interpretazione di quel sindacato di polizia che vi ho citato - in questo caso oltre i poteri della magistratura, come dice quella federazione sindacale di polizia. Forse mi ricorda qualcosa di una frase che ha detto un Ministro di questo Governo quando ha detto: “I magistrati si facciano eleggere”. No, mi pare che fosse legata a un'altra vicenda di una nave, se non sbaglio la nave Diciotti, quando disse: “Si facciano eleggere i magistrati se vogliono dettare legge sulle questioni dell'immigrazione”, ma non hanno più bisogno di farsi eleggere perché le decisioni della magistratura adesso le prende il Ministro dell'Interno per quello che riguarda i reati sull'immigrazione. I provvedimenti in ordine ai reati sull'immigrazione in mare li prende il Ministro dell'Interno.

D'altra parte, io penso - e su questo voglio concludere, e lo dico a nome del Partito Democratico - che sarebbe stolto negare che il fenomeno dell'immigrazione non produca dei problemi per un Paese e anche per il nostro Paese. Ma quello che manca nei provvedimenti che voi avete preso con questi due decreti è una visione d'insieme. Io non vi ho mai sentito parlare o non vi ho mai sentito firmare dei provvedimenti che riguardino - e ho finito, Presidente; è proprio la fine - la situazione dei Paesi di origine di coloro che fuggono verso il nostro Paese, né con riguardo a nuove firme stipulate con Paesi di origine di questa migrazione, che sono zero dopo oltre un anno di Governo, né provvedimenti che abbiano riguardato il rafforzamento, il lavoro per rendere plausibile un germoglio di democrazia o, comunque, di Stato in Libia, né provvedimenti che riguardano la possibilità di aumentare il più possibile l'interessamento delle agenzie internazionali dell'ONU per i campi di raccolta dei profughi nei quali ci sono condizioni terribili in Libia, né vi ho sentito parlare di politiche d'integrazione per coloro che in questo Paese sono legalmente, né vi ho sentito parlare di un avanzamento nelle trattative con l'Europa.

Le uniche questioni dell'immigrazione di cui vi siete occupati in un anno di Governo sono state quelle di dare più potere possibile al Ministro Salvini, con buona pace del MoVimento 5 Stelle. A noi interessa la sorte di chi fugge per salvare la propria vita, a voi interessa salvare la vita del Ministro Salvini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Raciti. Ne ha facoltà.

FAUSTO RACITI (PD). Presidente, voglio dire in premessa che mi fa molto piacere intervenire in presenza del vero Ministro dell'Interno, il sottosegretario presente qui con noi a questa discussione, perché mi risulta, a differenza del Ministro, impegnato nell'attività amministrativa: probabilmente perché il vero titolare di quel Dicastero, almeno, il titolare formale di quel Dicastero è troppo impegnato ad evitare la discussione in queste Aule parlamentari su altri argomenti, che evidentemente considera ben più spinosi di quelli in questo momento all'ordine del giorno.

Io credo che il primo emendamento che dovrebbe riguardare questo decreto-legge dovrebbe occuparsi del titolo del decreto. Questo non è un “decreto sicurezza”, tantomeno un “decreto “sicurezza-bis”: questo è un “decreto angheria”. Angheria è una parola che viene dal greco, angaros: angaros era un messo degli imperatori persiani, il quale, su ordine dell'imperatore, poteva imporre tributi e prestazioni a coloro i quali gli si trovavano a tiro. L'angheria non sarebbe tale se non avesse questa origine: un'origine che non è collegata a un interesse dell'impero, dello Stato, ma ad un interesse diretto dell'imperatore.

Prima di me, l'onorevole Fiano ha illustrato bene qual è lo spirito vero di questo decreto. Io ho qualche domanda rispetto alla norma in questo momento in discussione. Ipotizziamo per un attimo che a trovare in mezzo al Mar Mediterraneo un gruppo di naufraghi, non clandestini, naufraghi, che è una condizione giuridica specifica, non sia la nave di una ONG, ma sia, come è già successo in passato, un peschereccio, una nave commerciale, una nave cargo, con probabilmente un carico deperibile. Io mi chiedo per quale ragione mettere il capitano della nave e l'armatore di fronte alla scelta di rispettare le leggi internazionali o il diritto italiano; per quale ragione chiedere a un armatore o ad un capitano di doversi documentare sulla recente attività amministrativa ministeriale del nostro Paese, per capire quante possibilità ci siano, nel caso in cui lui decida di salvare i naufraghi come il diritto internazionale gli impone, di ritrovarsi in un Paese che non solo gli infligge una multa, ma gli confisca pure la nave.

Io mi chiedo per quale ragione impiegare tempo ed energie in una cosa così: attività, ore di discussione parlamentare. Perché il punto debole di questa vicenda, di questa discussione è che è vero quello che hanno detto molti miei colleghi prima di me, e vista la proporzione degli interventi rispetto agli altri gruppi parlamentari immagino sia ormai chiaro agli atti della discussione, e cioè che è ampiamente prevedibile, come d'altronde è già avvenuto nel caso della Sea-Watch, che questo decreto venga disapplicato in conformità alle normative internazionali; ma è altrettanto vero che non è questo, o non solo questo, che impedisce a questo decreto di dispiegare i propri effetti. Li dispiega in una forma inutilmente cattiva, pretestuosa, umiliante, non solo nei confronti delle organizzazioni non governative, i cui capitani, consentitemi, meriterebbero una medaglia, non una sanzione amministrativa; ma anche nei confronti di coloro i quali potrebbero, com'è già successo, ripeto, trovarsi nella condizione di dovere - perché questo imporrebbe loro il diritto internazionale - salvare delle persone dal mare. Questo è il punto!

Per quale ragione queste persone dovrebbero interrogarsi su qual è l'opinione del Ministro dell'Interno, e non su qual è invece la legge italiana, o l'opinione di un magistrato. Questo elemento di discrezionalità ha un prezzo: perché è vero che, nel corso degli ultimi anni, gli sbarchi sono diminuiti, ma la proporzione dei morti in mare rispetto al numero di persone sbarcate è aumentata. Siamo 1 a 4, una persona su quattro muore nella traversata; e se crediamo a quello che facciamo, e se sappiamo e abbiamo la consapevolezza che quello che facciamo ha delle conseguenze, io non credo che l'attività recente di questo Governo lo scagioni e lo liberi dalle responsabilità rispetto a quella che sembra una statistica, ma che poi si traduce e impatta sulla possibilità di sopravvivenza di donne, uomini e bambini.

È molto facile commuoversi di fronte alle foto che hanno così fortemente impattato sull'opinione pubblica europea, a volte addirittura sull'opinione pubblica mondiale, di uomini, donne e bambini affogati, alcuni nelle traversate dal Messico agli Stati Uniti, altri nel nostro Mar Mediterraneo. Il caso del piccolo Alan Kurdi è diventato un caso che ha interessato e scosso buona parte dell'opinione pubblica europea. Ma questi provvedimenti hanno una conseguenza, hanno una ricaduta sulla possibilità di questi disperati, di questi naufraghi di avere un futuro.

Come se non bastasse, nel corso della discussione parlamentare questo provvedimento è stato addirittura peggiorato. Intanto perché nella discussione parlamentare è stato segnato un precedente, unico: sono state inibite alcune audizioni, tradendo il principio per cui questo luogo dovrebbe essere non dico una casa di vetro, ma un luogo in cui tutto il Paese possa sentirsi rappresentato anche al di là delle parti politiche. E in secondo luogo perché l'inseguimento dentro la maggioranza ha determinato un farsesco aggravamento delle sanzioni: dalla confisca immediata della nave, che non era prevista nel testo originale del decreto-legge, nel quale si prevedeva la possibilità di confisca solo in caso di reiterazione di questo presunto reato; fino ad una crescita esponenziale e parossistica delle sanzioni, che non solo è assolutamente disproporzionale, ma che rende la lettura di questo provvedimento grottesco, lo rende nei termini di una provocazione, non di un intervento legislativo.

Questo è un decreto-legge che in realtà ha come sottotesto una campagna politica, ferocemente condotta nel corso di questi ultimi anni dal MoVimento 5 Stelle e dalla Lega, che ha come momentaneo bersaglio le ONG in ossequio ad un teorema che si è rivelato falso, e cioè quello della complicità tra le organizzazioni non governative che effettuano i salvataggi in mare e i trafficanti; che arriva a questa discussione parlamentare drammaticamente peggiorato, e che costringerà a ricredersi anche quei settori della magistratura che hanno sostenuto, anche in sede di dibattito pubblico oltre che nella loro attività giudiziaria, che servisse un giro di vite perché era stato concesso eccessivo spazio alle organizzazioni non governative nel Mar Mediterraneo, in particolare nel Mar Mediterraneo centrale.

Oggi quei segmenti della magistratura si trovano un decreto-legge attraverso il quale il Ministero scavalca le loro competenze, segnando non solo un'ennesima rottura istituzionale, ma anche un potenziale conflitto: perché noi siamo sicuri che, come già successo, ogni volta che questo decreto verrà disapplicato in ossequio alle norme internazionali, ci troveremo di fronte alla dichiarazione del Ministro, in questo caso del Ministro Salvini - come, ripeto, è già successo – volta a indicare nell'atteggiamento della magistratura non l'atteggiamento di chi fa rispettare delle leggi interpretandole, ma di chi le forza in favore di un presunto principio umanitario. L'altra grande falsificazione su cui questo provvedimento si regge è che possa esistere una zona di salvataggio, di Search and rescue libica. Stiamo parlando di un Paese in conflitto; il Ministro degli Esteri di questo Governo ha espresso parole inequivocabili su questo argomento ed io credo che questo Parlamento, nella discussione di questo decreto, sia costretto dal Governo a perdere l'ennesima opportunità per riconoscere la verità e cioè che quella zona di salvataggio semplicemente non esiste, non esiste perché la guardia costiera libica non ha là i mezzi e gli strumenti per poter effettuare i salvataggi, probabilmente non ha nemmeno fino in fondo le intenzioni, sicuramente quello è un Paese in conflitto, rispetto al quale ogni presunto salvataggio diventa immediatamente un respingimento collettivo e quindi l'ennesima violazione del diritto internazionale.

L'effetto finale di questo decreto, nella sua straordinaria capacità di moltiplicare i conflitti istituzionali, è anche quello di moltiplicare le posizioni irregolari nel nostro Paese. Noi non possiamo fare finta di non sapere che questa discussione avviene a valle di un significativo taglio effettuato sul sistema dell'accoglienza italiana e sul fatto che questo decreto riprende l'abolizione e la soppressione di una significativa parte di commissioni interne per l'assegnazione del diritto d'asilo. Il decreto impegna il Governo a restituirle, nel caso si ripresentasse una nuova emergenza; nel frattempo quelle professionalità, che erano state assunte per questo con apposito concorso, professionalità fresche, capaci e competenti, vengono inviate altrove, vengono utilizzate per altri compiti e per altri scopi, imponendo anche un costo in termini di professionalità, di affidabilità, di efficacia e di velocità, visto che sta tanto a cuore la velocità dei procedimenti al nostro Ministero dell'Interno. E questo è quello che riguarda la parte più corposa del provvedimento, del decreto “angheria-bis”. Poi ce n'è un'altra, non meno significativa, non meno indicativa di una volontà politica generale, non meno preoccupante, soprattutto se anche questa viene inserita nel contesto all'interno del quale si sviluppa.

L'idea per la quale il Ministro dell'Interno, sulla base di una sua libera e autonoma valutazione, possa impedire a un cittadino qualsiasi di partecipare ad una manifestazione - e questo dipende dalla sua discrezionale volontà - segna l'ennesimo passo che non va sottovalutato, che il nostro Paese compie nella direzione della democrazia illiberale, perché questo è il punto e questa è la finalità ultima del complesso di norme che abbiamo discusso nel corso di questi mesi e di cui questo decreto - e non c'era bisogno che fosse un decreto, perché non c'è nessuna urgenza che stiamo affrontando - è un tassello, è uno dei tasselli più politicamente significativi, più preoccupanti e più pericolosi, al netto dell'altissima possibilità che ha di essere non applicato e successivamente impugnato di fronte alla Corte costituzionale.

Siamo di fronte ad una campagna di isterizzazione della società italiana, siamo di fronte a un'enorme mobilitazione finalizzata alla distrazione della società italiana dalle priorità vere che questo Paese ha, siamo dentro a un'enorme bolla, con un'avvertenza però, soprattutto a chi la alimenta: queste bolle prima o poi scoppiano e quando scoppiano avremo, intanto, la certezza che a rimetterci saranno stati i bersagli di questi provvedimenti e la tenuta del nostro sistema costituzionale; ma attenti, perché quando poi scoppiano, si fa male il Paese, oltre che le forze politiche che hanno alimentato queste bolle. Infatti, noi stiamo qui a discutere del potenziale pericolo rappresentato da dei naufraghi, non dei clandestini, dei naufraghi, cioè della gente che stava affogando in mare, e siamo distratti dal fatto che, ad esempio, nel comune di Vittoria ci sono figli di boss mafiosi che si ritengono sufficientemente sicuri di sé, dall'imbottirsi di cocaina e alcol fino a correre con il SUV in mezzo alle strade del centro - due bambini morti -, o dal fatto che a Torino si scopre che c'è un'organizzazione di estrema destra che dispone di un vero e proprio arsenale, degno di un'organizzazione paramilitare, o che magari in questo Paese è ritornata l'epidemia di eroina e che questa eroina da qualche parte arriva e probabilmente arriva con le barche, quelle stesse barche e quelle stesse navi che facciamo finta di non vedere perché siamo troppo impegnati a discutere del potenziale pericolo rappresentato per la sicurezza nazionale dalle ONG.

Ora, siccome io credo che nessuno in questo Parlamento, né tantomeno al Governo, sia stupido, né mi ritengo legittimato a pensarlo, voglio suonare un campanello d'allarme: “Fermiamoci prima che sia troppo tardi! Fermatevi, prima che sia troppo tardi”! Guardate che queste bolle, prima o poi, si scontrano con la realtà e, quando si scontrano con la realtà, ci si accorge, spesso con dispiacere, che si è perso del tempo che si poteva dedicare a miglior causa, soprattutto se la causa con cui confrontarlo è la criminalizzazione di coloro i quali hanno deciso di spendere una parte della propria vita, delle proprie energie e del proprio denaro a soccorrere chi rischia di morire in mare a causa di una ormai inaccettabile distrazione europea, guidata e promossa contro l'interesse nazionale soprattutto dal Governo italiano, dal Governo del nostro Paese.

Anziché occuparci di ONG - e di farlo peraltro male - noi abbiamo la responsabilità, come Paese, di ritornare a scrivere una pagina di politica estera che guardi all'Africa. Ci avete, molto spesso, sbattuto in faccia lo slogan: “Aiutiamoli in casa loro”! E' stato sempre un modo per parlare di altro perché, in realtà, da parte di questo Governo non c'è stato nessun gesto che consentisse di aprire una discussione nuova sull'Africa, tantomeno sulla Libia, rispetto alla quale l'unico intervento necessario sarebbe un rapido ed efficace intervento volto allo svuotamento dei campi e all'accoglienza di coloro i quali in quei campi oggi vengono torturati, reclusi, schiavizzati, uccisi, scuoiati, torturati in ogni modo.

Di questa politica non c'è traccia e non c'è traccia di nessuna forma di apertura, di dialogo internazionale con gli altri protagonisti che nel mondo potrebbero essere interessati a una stabilizzazione dell'Africa; non c'è traccia di nessuna idea e di nessuna politica che possa, nel breve o nel medio periodo, cambiare lo stato di cose nel quale quella parte del mondo si trova. Posso però assicurarvi che, anche con scarse possibilità di successo, qualsiasi spazio di tempo e di energie fosse dedicato a quell'obiettivo, troverebbe non solo la solidarietà dell'opposizione ma anche l'interesse a una discussione vera, cioè l'interesse a rimboccarsi davvero le maniche. Piuttosto che fare questo, noi stiamo impiegando le energie del Parlamento per un provvedimento che - quando gli storici scriveranno i libri su quello che si è consumato nel corso di questi anni nel Mediterraneo - segnerà l'Italia tra i Paesi che si sono non solo voltati dall'altra parte, ma che si sono addirittura permessi di infierire su chi non si poteva difendere, su chi non aveva altra strada che quella che ha intrapreso, ritagliandoci un immagine che questo Paese non merita perché ben altra intelligenza politica e ben altra umanità abbiamo dimostrato nel corso della nostra storia repubblicana.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

MICHELE BORDO (PD). Signora Presidente, la maggioranza fa finta di litigare sui media, sui mezzi di informazione, sui social, ma poi procede compatta e unita in Parlamento. Di Maio e Salvini se le danno di santa ragione pubblicamente, ma poi qui non emergono differenze; continuano a recitare all'esterno diverse parti in commedia a beneficio dei propri elettori, ma nelle aule parlamentari colpiscono assieme, spesso stravolgendo le regole minime del diritto e della legge. Il modo con il quale la maggioranza ha condotto nelle Commissioni competenti la discussione su questo decreto lo dimostra. Avete compiuto forzature palesi, riducendo a pochi minuti gli interventi dell'opposizione, non avete accolto nessuna nostra proposta; qualche esponente del Governo ha addirittura mostrato fastidio durante la discussione, mentre intervenivano i deputati del PD e di Liberi e Uguali. Per qualcuno il Parlamento deve essere ridotto a mera sede di ratifica delle decisioni del Governo, ma il Parlamento merita rispetto; voi invece lo state calpestando, sottovalutando in modo grave gli effetti deleteri che questo modo di fare produce anche tra i cittadini. In questo modo il Parlamento rischia di perdere peso ed autorevolezza e, di conseguenza, anche la nostra democrazia rischia di diventare un po' meno democratica. Con il vostro modo di fare rischiate di indebolire la tenuta e l'equilibrio tra le diverse istituzioni del nostro Paese. Ecco perché, prima vi fermate, meglio è per tutti.

Dovreste essere più attenti anche al linguaggio che utilizzate sui social, perché se un Ministro dell'Interno, cioè colui che dovrebbe essere a presidio della sicurezza di tutti, sdogana e utilizza un linguaggio retrivo, spesso omofobo, che molte volte incita all'odio, può succedere - e purtroppo sta succedendo anche frequentemente - che tanti cittadini si sentano autorizzati a fare lo stesso, anzi peggio.

Ci vuole rispetto verso di loro, rispetto nei confronti del Parlamento perché non è possibile che un Ministro della Repubblica continui a rifiutarsi, come purtroppo ancora sta avvenendo in questi giorni, di venire in Aula a riferire sui presunti legami tra la Lega e la Russia. Ed è inconcepibile che anche su questo non ci sia stata una presa di posizione netta ed ufficiale in Aula, a difesa del Parlamento, di nessuno del MoVimento 5 Stelle. Neanche una parola è stata spesa ufficialmente e neanche per difendere le prerogative del Presidente della Camera, esponente di primo piano del MoVimento, che ha chiesto nei giorni scorsi a Salvini ufficialmente di venire a riferire in quest'Aula.

Pur di mantenere in piedi questo Governo, state accettando tutto e subendo tutto, come sta accadendo per questo decreto, che è l'ennesimo strumento di propaganda usato da Salvini. Ma gli italiani devono sapere che questo è un provvedimento inapplicabile, come è stato già detto da tanti colleghi che sono intervenuti prima di me fino a questo momento; inapplicabile perché non rispetta gli obblighi internazionali del nostro Paese e perché è anche incostituzionale, viola diversi articoli della nostra Costituzione: l'articolo 117, che è quello che prevede che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; l'articolo 2, che tutela i diritti inviolabili dell'uomo e tra questi, ovviamente, c'è anche il diritto alla vita; e poi l'articolo 10, dove ci sono i principi che impongono allo Stato italiano di conformare il proprio ordinamento alle norme di diritto internazionale.

È di questo che stiamo parlando, mentre invece voi con questo decreto dite una cosa molto semplice, e cioè che, se qualcuno incrocia in mare un barcone alla deriva con degli esseri umani a bordo in concreto pericolo di vita e che rischiano di annegare, voi dite a qualcuno che se ne deve fregare, non deve prestare assistenza, non deve salvare le persone, le donne, i bambini… insomma, possono essere lasciati anche a morire. Per me questo è indegno di un Paese civile come l'Italia. State facendo passare un principio aberrante, secondo il quale è giusto per chiunque voltare la testa da un'altra parte, se c'è gente in mare che sta annegando. Ma noi non ci piegheremo mai a questa idea di società, perché per noi viene prima di tutto il rispetto della vita e delle persone.

Questo decreto era anche impossibile da emendare, ma nonostante tutto, in questi giorni, in Commissione, abbiamo provato più volte ad introdurre delle correzioni, ma è stato assolutamente inutile, perché ogni nostro tentativo è stato vano, perché Lega e Cinquestelle sono andati avanti come un treno respingendo ogni nostra proposta. Sono stati addirittura bocciati degli emendamenti che in una discussione normale, non drogata dalla propaganda e dall'odio ideologico contro i migranti, sarebbero stati naturalmente accolti. Avete respinto le nostre proposte sui corridoi umanitari, quelle che prevedevano di non respingere i bambini non accompagnati. Avete persino bocciato una proposta che prevedeva di non applicare le restrizioni contenute nell'articolo 1 del decreto, qualora le navi avessero effettuato il salvataggio in mare di esseri umani in concreto pericolo di vita. Davvero da non crederci, eppure è successo, grazie anche al silenzio assordante e, secondo me, davvero imbarazzante dei colleghi del MoVimento 5 Stelle.

Questo provvedimento riporta molto indietro il nostro Paese, con il rischio di isolarlo e di indebolirlo ancora di più nei contesti internazionali e soprattutto in Europa. L'Europa deve fare sicuramente di più, ma i comportamenti isterici e propagandistici del Ministro dell'interno non spingono l'Europa a fare meglio, semmai contribuiscono a far succedere esattamente il contrario, perché in Europa i problemi non si possono affrontare con gli ultimatum e gli insulti, ci vuole la politica, quella che manca, ormai, al nostro Paese da mesi; non contiamo più nulla da nessuna parte, noi, che eravamo tra i fondatori dell'Unione europea, siamo ormai fuori da ogni contesto che conti. Salvini ha promesso agli italiani, durante la campagna per le europee, che avrebbe stravolto l'Unione, se avesse vinto le elezioni, per adesso, l'unico cambiamento rispetto al passato è che il nostro Paese, in Europa, non conta più nulla, altro che rivoluzione. Se non ci fosse stato il PD con Sassoli e Gualtieri, l'Italia non avrebbe avuto nessun ruolo di peso a livello comunitario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E sul voto del Parlamento europeo alla Presidente della Commissione, Salvini è stato persino capace di fare un capolavoro, perché, prima, ha promesso il sostegno della Lega e, poi, dopo aver capito che forse non sarebbe stato nominato Commissario europeo nessuno della Lega, ha votato contro; una genialata, che ha finito per coprirci di ridicolo.

Con questa scelta non solo ha diviso la maggioranza del Governo italiano, visto che il MoVimento 5 Stelle, invece, ha votato a favore della Presidente della Commissione, ma ha anche isolato l'Italia rispetto a tutti gli altri Paesi principali dell'Unione e persino gli alleati di Salvini, quelli di Visegrád, hanno fatto una scelta diversa dalla sua e, adesso, l'Italia rischia di non avere il peso che, invece, meriterebbe, come grande Paese europeo. In Europa, i problemi si affrontano con il dialogo e la diplomazia è soprattutto discussione, ma anche pazienza, il contrario dei “tutto e subito” dettati invece dalla propaganda e dalla necessità di stare continuamente sui social. Ci sono obblighi internazionali e missioni a cui nessuno può sottrarsi. La propaganda può anche essere usata come arma di distrazione di massa, ma, fortunatamente, non sono ancora i post su Facebook, Instagram e Twitter a risolvere i problemi. Questo modo di fare, può servire per crescere nei sondaggi, ma poi la verità viene sempre fuori e a voi la verità non piace, perché inseguite e volete inseguire solo la propaganda. D'altronde, è bastata la GIP di Agrigento, chiamata a decidere sulla convalida dell'arresto della comandante della Sea-Watch 3, Carola Rackete, per smascherare gli elementi di propaganda di questo decreto e la sua inapplicabilità concreta.

D'altronde non servivano studi universitari importanti per sapere che una norma nazionale, anche di rango primario, non può prevalere su accordi di diritto internazionali sottoscritti anche dall'Italia; c'è un obbligo di assistenza a chi si trovi in pericolo in mare, nel caso in cui l'imbarcazione soccorritrice sia prossima, lo dicono il codice della navigazione e tutte le convenzioni internazionali. Ci si è posti molto spesso il problema di identificare l'entità del pericolo per legittimare l'azione di soccorso; ebbene, la Convenzione di Amburgo su questo è molto chiara e dice che è pericolosa una situazione in cui vi sia ragionevole certezza che un'imbarcazione o una persona sia minacciata da un pericolo grave ed imminente e che richieda immediata assistenza. Bisogna intendersi, allora, sulla scelta da fare, quando ci si trova di fronte a naufraghi in concreto pericolo di vita. Se una nave soccorritrice intercetta un barcone sul quale ci sono esseri umani in concreto pericolo di vita, la nave cosa deve fare? Mi piacerebbe comprendere qual è la risposta da parte della maggioranza; deve per caso lasciarli morire, è questa la vostra idea?

Io al posto vostro, devo dirlo molto onestamente, mi vergognerei (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); voi, invece, andate avanti, come se nulla fosse, mettendo sotto i piedi persino il rispetto della vita che, invece, dovrebbe essere sacra per tutti. Fa bene Papa Francesco a ricordarlo ogni giorno.

L'attività di ricerca e soccorso in mare, come d'altronde ci ricorda l'UNHCR, invece, è fondamentale per salvare vite umane. Con la riduzione delle operazioni di ricerca e soccorso da parte di navi degli Stati europei e le restrizioni all'operabilità delle imbarcazioni private, siano esse delle ONG o anche navi private, la stima del numero dei morti nel Mediterraneo è cresciuta in maniera significativa, se calcolata rispetto alle persone arrivate in Europa, passando da un morto o persona scomparsa ogni 269 arrivi, nel 2015, a uno ogni 51 arrivi nel 2018 e nel Mediterraneo centrale questi dati sono ancora più drammatici. Si stima che al 30 giugno 2019 circa 341 rifugiati e migranti abbiano perso la vita nel mar Mediterraneo centrale. Questa cifra, badate bene, messa in rapporto con il numero degli arrivi in Italia, che nello stesso periodo sono stati 2.768, determina una percentuale di un deceduto o scomparso ogni otto persone salvate. Sono numeri che farebbero rabbrividire qualsiasi persona normale.

Salvare vite umane in mare dovrebbe essere un imperativo della coscienza di ciascuno di noi, prima che un obbligo di diritto internazionale. E dopo il salvataggio è anche previsto lo sbarco dei naufraghi che deve avvenire in un luogo sicuro, come dice la stessa Convenzione di Amburgo, ma anche la Convenzione SOLAS, e per luogo sicuro deve intendersi un luogo in cui sia assicurata la sicurezza, intesa come protezione fisica delle persone soccorse in mare. E il Regolamento del Parlamento europeo aggiunge che per “luogo sicuro” si intende un luogo in cui si ritiene che le operazioni di soccorso debbano concludersi e in cui la sicurezza per la vita dei sopravvissuti non è minacciata, dove cioè possono essere soddisfatte le necessità umane di base e possono essere definite le modalità di trasporto dei sopravvissuti, verso la destinazione successiva o finale, tenendo conto della protezione dei loro diritti fondamentali. La stessa Guardia costiera italiana, non i parlamentari del Partito Democratico, dice che la convenzione SOLAS obbliga, lo ripeto, obbliga, altro che arresto, obbliga il comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazioni da qualsiasi fonte, ripeto, qualsiasi fonte, circa la presenza di persone in pericolo in mare, obbliga il comandante, quella Convenzione, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza.

Questo, cari colleghi della maggioranza e cari rappresentanti del Governo, è il quadro generale che rende questo decreto inapplicabile ed inservibile, carta straccia, non esiste, ma noi continuiamo su questa storia degli immigrati ad assistere allo show quotidiano del Ministro Salvini. Abbiamo, persino, dovuto assistere agli ordini d'arresto impartiti direttamente dal Ministro - ve lo ricordate?- nei confronti della comandante della nave. “Arrestatela”, ad un certo punto, arrivò persino a dire, ma fortunatamente caro Ministro Salvini, anche con lei al Governo, il nostro continua ancora ad essere uno Stato di diritto. Si metta in testa una volta per sempre che non è lei che può prendere decisioni di questo genere, ma un giudice, che in Italia appartiene ancora ad un potere che fortunatamente è indipendente dal Governo. E, allora, la si smetta con la propaganda e si provi ad affrontare senza demagogia il tema dei flussi migratori verso il nostro Paese e su questo il Governo non ha prodotto granché, perché, per avere una gestione ordinata dei flussi, ci vorrebbe una seria pianificazione, una vera politica di Governo degli arrivi, rapporti internazionali, dialogo con l'Europa, accordi con i Paesi di provenienza dei migranti. Insomma, per farla breve, per fare tutto questo ci vorrebbero pazienza e idee: ciò che purtroppo al Ministro dell'Interno è mancato nel corso di questi mesi, convinto come è del fatto che invece sia importante solo stare sui giornali prendendo in giro gli italiani con la guerra quotidiana alle navi ONG. Il canovaccio utilizzato, se ci fate caso e se gli italiani ci fanno caso, è sempre lo stesso: si prende di mira ogni dieci, quindici giorni una nave che ha soccorso qualche decina di migranti in difficoltà; la si tiene al largo delle nostre coste per un po' di tempo prima di consentire l'attracco e su questo si costruisce quotidianamente, minuto per minuto, la propaganda politica. Ma poi nel frattempo e contemporaneamente arrivano presso le nostre coste altre decine di immigrati attraverso barche di fortuna, cosiddette fantasma, ma nessuno ne parla. Altro che porti chiusi, Ministro Salvini: questo è ciò che lei racconta agli italiani ma la verità è un'altra. Da quando siete voi al Governo sono calati drasticamente i rimpatri. Salvini aveva detto in campagna elettorale - molti se lo ricorderanno - che avrebbe rimpatriato verso i propri Paesi oltre 600 mila immigrati. Poi, dopo che si era reso conto della balla che aveva raccontato, ha corretto il numero molto al ribasso quando però, attenzione, le elezioni erano già passate. In realtà i rimpatri sono ridotti a poche unità anche perché fino a questo momento il Governo non è riuscito a siglare nessun accordo con i Paesi da cui gli immigrati partono: questa è la verità, cari signori della maggioranza, perché non raccontate anche questo agli italiani? C'è bisogno di idee serie per regolare gli arrivi nel nostro Paese; c'è la necessità di destinare maggiori risorse e investimenti in favore dei Paesi da cui partono gli immigrati, perché nessuno naturalmente è portato a lasciare il luogo della propria vita se vive in una condizione normale, se non patisce la fame, le persecuzioni, la guerra. Dovremmo regolare i flussi ed anche assicurare i corridoi umanitari perché molti richiedenti asilo, non avendo una via legale e sicura per raggiungere un Paese sicuro, sono costretti ad affidarsi ai trafficanti oppure a rimanere in Libia in centri di detenzione in cui subiscono ogni tipo di violenza e tortura. Se si vuole evitare che i richiedenti asilo e i rifugiati siano costretti a correre enormi rischi in mare, come dice il Ministro dell'Interno (io faccio così perché voglio evitare al minimo i rischi per gli immigrati), se lo si vuole evitare è importante allora rafforzare i canali di ingresso legali in Italia, come abbiamo fatto noi con il nostro Governo negli anni scorsi. Bisognerebbe ridare vita alla missione Sophia che era guidata dall'Italia e che il Ministro Salvini ha fatto saltare. Non l'ho detto io ma l'ha affermato nei giorni scorsi la Ministra della Difesa Trenta che ha smascherato la farsa di Salvini sulla vicenda della nave Sea-Watch, affermando che gli sbarchi a Lampedusa non ci sarebbero stati se ci fosse stata ancora in piedi quella missione. Non l'ho detto io: l'ha detto un esponente di rilievo del Governo.

E poi c'è la necessità di intervenire per riformare il regolamento di Dublino. Anche qua c'è bisogno di raccontare la verità, non le balle. Siamo d'accordo, c'è la necessità di assicurare un obbligo di distribuzione tra i diversi Paesi europei dei migranti, ma bisogna raccontare la verità; perché quando si è trattato di votare per cambiare il regolamento di Dublino, di cui vi sciacquate la bocca tutti i giorni, non siamo stati noi a votare contro, siete stati voi ad assumere una posizione contraria. È Salvini che non partecipa quando ci sono i vertici europei dei Ministri dell'Interno in cui si discute del fenomeno immigrazione! E lo capisco anche perché evidentemente, come ha detto prima intervenendo il collega Martina, evidentemente se il problema dei flussi migratori si risolve, finisce l'azione di propaganda del Governo e Salvini finisce di soffiare sulla paura e quindi finisce anche la sua missione. Per governare la questione immigrazione ci vorrebbe una visione. Avete affrontato il problema con superficialità e avendo in testa solo la propaganda e i risultati, al di là della demagogia, sono sotto gli occhi di tutti perché l'Italia è più isolata e meno credibile e il fenomeno immigrazione è ancora là, in attesa di una visione lunga, che permetta di affrontarlo con serietà e senza alcuna strumentalizzazione. Il decreto-legge purtroppo non dà alcuna risposta di prospettiva: contiene solo norme crudeli e irrispettose della vita umana, tra l'altro assolutamente inapplicabili, che consentiranno a Salvini di sfruttare ancora una volta a fini elettorali l'arrivo della prossima nave. Ma per il resto nel decreto-legge non c'è assolutamente niente. Queste sono le ragioni per le quali noi siamo assolutamente contrari a questo decreto inutile e vergognoso che sono convinto prima o poi sarà anche incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, leggo in questo momento dalle agenzie che il Ministro Salvini ha ribadito che lui, al contrario nostro ovviamente, si occupa di vite reali e non di fantasie senza alcun fondamento concreto e dunque non ha nessuna intenzione di venire a riferire al Parlamento come a lui richiesto, oltre che da alcuni gruppi dell'opposizione, formalmente per iscritto dal Presidente della Camera. Peraltro in questa nota di agenzia di pochi secondi fa il Ministro cita anche che la vita reale è composta anche da antimafia, anticamorra e antiracket: segnalo che il Ministro Salvini per adesso ha rifiutato di comparire a tre inviti, altro fatto mai accaduto nella storia della Commissione antimafia di fronte alla Commissione antimafia. È evidente, signor Presidente, che l'ennesimo insulto alla nostra Istituzione, al Parlamento, che formalmente gli ha richiesto di venire a riferire in quest'Aula, non potrà passare senza conseguenze per i rapporti del gruppo Democratico con l'andamento dei lavori di quest'Aula perché noi non possiamo sopportare, a nome dei cittadini che rappresentiamo, che il Parlamento venga insultato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Fiano, prendo atto della sua osservazione. Come sa, il Presidente della Camera ha già preso posizione in merito, sollecitando il Ministro Salvini ad accogliere gli inviti naturalmente più che legittimi delle opposizioni a riferire in Aula nel merito della questione da lei sollevata.

È iscritta a parlare l'onorevole Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Al Governo piacciono i titoli. Dopo un anno è più che evidente. Non è evidente solo a noi dell'opposizione, è evidente anche agli italiani. Abbiamo capito che siete attenti più alle etichette, alle agenzie, alle parole che segnano il dibattito piuttosto che ai contenuti, e certe volte questa vostra attenzione va anche a discapito di un certo senso della misura, come in questo caso.

Siete qui, avete deciso che discutiamo di sicurezza, discutiamo di sicurezza, il problema è che c'è il vostro Ministro, che è il primo firmatario di questo provvedimento, che si rifiuta al tempo stesso di venire in Parlamento a rispondere a delle domande legittime dell'opposizione sulla sicurezza nazionale. Quindi, già da questo punto di vista, c'è da parte vostra una grossa contraddizione di termini: ci chiedete di parlare di sicurezza, ma voi, alle domande sulla sicurezza nazionale, non rispondete, perché a voi oggettivamente dei contenuti non interessa niente. Vi piacciono i titoli, mi va benissimo, eppure i vostri titoli non individuano bene i contenuti dei vostri provvedimenti. Lo dico perché questo provvedimento, cosiddetto “decreto sicurezza-bis”, è appunto un bis di un “decreto sicurezza 1”. E che cosa ha prodotto quel “decreto sicurezza 1”? Lo dico perché quando votiamo una seconda edizione di un provvedimento dovremmo anche sapere qual è stata l'efficacia del primo provvedimento. Ecco, l'efficacia del primo provvedimento, il cosiddetto “decreto sicurezza”, che io preferisco chiamare “decreto insicurezza”, nonostante il nome, ha creato tra i 40 e i 60 mila irregolari in più in Italia. Erano persone inserite in percorsi di accoglienza, erano persone che cercavano di farsi strada nel nostro Paese imparando la lingua, imparando le nostre regole, cercando di avere un inserimento nel mercato del lavoro, e voi le avete sbattute fuori da questi percorsi. Avete creato irregolarità, con quel provvedimento, non sicurezza; avete creato sbandati, non cittadini; avete creato paura, non serenità. Oggi ci troviamo qui con il secondo decreto, e se quello è il risultato del primo decreto, che cosa produrrà questo secondo “decreto insicurezza”? Il primo punto su cui io vorrei commentare è il contesto internazionale, ed è già sul contesto internazionale che voi producete sicurezza. È un anno che assistiamo alle vostre azioni volte a smantellare alcuni degli strumenti della nostra politica estera. Non parlo dell'orientamento della nostra politica estera - ho già detto in premessa di quanto questo Parlamento vorrebbe chiedere al Ministro dell'interno, che sta spostando l'asse della nostra politica estera da un orientamento occidentale, atlantista, europeista, a un avvicinamento con la Russia -, non parlo di questo, parlo dell'iniziativa sistematica che voi avete messo in campo per smantellare lo strumento della cooperazione internazionale, che è uno dei principali strumenti della nostra politica estera ed è certamente lo strumento principale di interazione tra l'Italia e i Paesi di provenienza e di transito dei migranti.

Avete in primo luogo, con la legge di bilancio e anche prima, tolto i finanziamenti della cooperazione internazionale, come ricordava il collega Rizzo Nervo, dando, nel taglio dei finanziamenti della cooperazione internazionale, un segnale molto chiaro alle organizzazioni del sistema ONU, a cui avete tagliato delle risorse per dire che noi del sistema multilaterale ce ne sbattiamo, perché a voi non interessa che le organizzazioni internazionali, anche quelle che si occupano di migranti, come l'Organizzazione mondiale delle migrazioni e l'UNHCR, facciano il loro lavoro, a voi interessa semplicemente dire che l'Italia da sola ce la fa meglio.

Avete lasciato per un anno l'Agenzia della cooperazione senza un direttore. Non avete ancora presentato a questo Parlamento, nonostante ci siano degli obblighi di legge, il Piano triennale della cooperazione per i prossimi tre anni. Gli obblighi di legge prescrivono che voi lo facciate entro il 31 marzo di ogni anno, siamo quasi al 31 luglio e non c'è traccia di questo documento, su cui per legge il Parlamento deve dare un parere che è vincolante per il Governo. In questo modo state smantellando uno dei principali strumenti della nostra politica estera; e questo vostro modo di agire, che è un modo di agire per isolarci, per tagliarci fuori, per renderci attivamente più deboli, si vede anche nelle azioni che avete messo in campo su questo decreto. La collega Pollastrini, io ed altri colleghi avevamo firmato un emendamento in cui vi si chiedeva di fare un'iniziativa europea per aprire i corridoi umanitari europei per svuotare i campi in Libia, una grande iniziativa italiana che sarebbe dovuta diventare un'iniziativa europea, che avrebbe dato un segnale di cooperazione e di stabilizzazione nei confronti della Libia, di soluzione di un problema, che è quello delle condizioni disumane dei campi in quel Paese.

Su quell'emendamento non avete voluto pronunciarvi, perché a voi non interessa rafforzare le capacità che l'Italia ha di intervenire nel mondo, a voi non interessa che l'Italia sia produttrice di stabilità e quindi di sicurezza sullo scenario internazionale, a voi interessa solo usare la parola “sicurezza” quando viene comodo a voi. L'altra cosa imperdonabile del decreto - imperdonabile! - è la criminalizzazione delle ONG. Voi le additate come dei colpevoli. Se ci sono stati dei casi - e ci sono stati in questi anni, in particolare nel settore dell'accoglienza - che non hanno funzionato, è giusto perseguire le responsabilità in quell'ambito, ma non è giusto fare di un intero settore un capro espiatorio. Non è giusto, prima di tutto, perché i reati vanno perseguiti laddove ci sono; non esiste un reato di essere una ONG. In secondo luogo, è imperdonabile che voi presentiate all'Italia le ONG come criminali, perché voi, in questo modo, volete indebolire l'idea che in Italia si possa fare del bene, si possa riconoscere l'umanità nell'altro semplicemente come istinto primario delle persone. Questo è il tentativo che voi state facendo, e criminalizzate le ONG, indebolite l'idea che si faccia del bene gratuitamente, semplicemente per spirito solidale, perché, da un lato, una parte di voi - e mi riferisco al MoVimento 5 stelle - vive di una cultura del sospetto, della paranoia, di una sfiducia generalizzata per cui non può esistere che qualcuno voglia il bene di un'altra persona senza che ci sia qualcosa sotto, e l'altra parte del Governo è ancora peggio, perché segue un trend internazionale di regimi autoritari e illiberali che, in questi anni, stanno smantellando l'azione delle ONG in tanti Paesi del mondo. Su questo vorrei dire una cosa: voi arrivate ben ultimi. Arrivate ben ultimi su un sentiero tracciato, guarda caso, proprio dalla Russia di Putin, che nel 2012 è stato il primo Paese a iniziare a fare della legislazione contro le ONG, tagliando i fondi, cominciando ad additarle come agenti stranieri e cominciando a ridurre uno spazio, che è necessario, di libertà, di diritti, per la società civile e per l'evoluzione di alcuni regimi illiberali. C'era la Russia, poi hanno seguito l'Ungheria e la Polonia. Voi arrivate ben ultimi, vi aggiungete alla Turchia, e pensate in questo modo di indebolire un'idea di comunità, un'idea di umanità che sta insieme perché lo sente, perché sente un sentimento solidale e di umanità.

Ve lo dico con le parole di una filosofa ungherese da pochissimo scomparsa, Ágnes Heller: le persone buone esistono, anche se non sempre sembra possibile. Le persone buone esistono, la solidarietà è un istinto, è una necessità, non sarà questo decreto, non saranno le vostre azioni a cancellarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 18,55. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 18,45, è ripresa alle 18,54.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Anzaldi. Ne ha facoltà.

MICHELE ANZALDI (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi…

ENRICO BORGHI (PD). Manca il Governo!

PRESIDENTE. Un attimo di pazienza, colleghi. Sono le 18,54, siamo stati forse noi ad anticipare eccessivamente. Eccessivamente no, ma… Prego, onorevole Anzaldi, il Governo è presente.

MICHELE ANZALDI (PD). Presidente, Governo, è evidente che il testo in esame costituisce un provvedimento bandiera, in quanto fortemente caratterizzato ideologicamente e con una serie di misure maggiormente improntata alla propaganda e alla comunicazione che all'efficacia delle stesse norme in esso contenute. Assistiamo, infatti, a un'irragionevole e pericolosa estensione dei poteri del Ministero dell'Interno, che appare in netto contrasto con il vigente quadro di attribuzioni previsto a livello ordinamentale e soprattutto costituzionale, nonché in violazione di obblighi internazionali derivanti dall'adesione a diversi trattati. Lo dico da siciliano, e quindi da figlio del Mediterraneo: questo provvedimento è fuori dalla cultura che ci appartiene, quella di considerare, appunto, il Mediterraneo come Mare nostrum. Alla maggioranza probabilmente non interessano le critiche che qui stiamo illustrando, in quanto si sente forte dei sondaggi e del consenso in termini di opinione pubblica, ma sappiamo bene quanto, soprattutto oggi, basti poco per invertire i trend di consensi.

È palesemente incostituzionale la parte del provvedimento in esame che, operando un assurdo sillogismo tra le operazioni di salvataggio in mare e l'impianto delle norme vigenti sull'immigrazione, sembra far derivare da tale attività di soccorso una presunzione di illegittimità, anche penale, a prescindere dal concreto accertamento dello status dei migranti coinvolti. È il Governo che si rende, nella sua collegialità, responsabile di un atto di gravità assoluta, che, in nome di presunte esigenze di sicurezza e di una propaganda peraltro non suffragata dai fatti, addirittura smentita nel corso delle audizioni in Commissione da più autorevoli fonti, compresa quella del procuratore della Repubblica di Agrigento, che ha smentito collegamenti, ad oggi, tra ONG e trafficanti di migranti, viola i principi della nostra stessa Costituzione, a cui ha giurato fedeltà.

Il decreto-legge in esame, proprio perché ideologico, è oggettivamente privo dei requisiti di necessità ed urgenza, e introdurre una presunzione di illegalità che, da amministrativa sfocia addirittura in ambiti penalistici, solo per colpire chi ha la colpa - lo sottolineo - di salvare vite umane è un'enormità, non solo dal punto di vista del principio di umanità, ma anche giuridico.

Segue, purtroppo, la scia del primo cosiddetto “decreto sicurezza”, introducendo norme inefficaci e scarne che hanno come unico obiettivo quello di alimentare costantemente un clima di insicurezza, senza andare alla radice del problema, senza affrontare i nodi dello sfruttamento illegale che è sotto gli occhi di tutti. Tra poco sarà trascorso un anno da quando si registrò, in provincia di Foggia, quel terribile incidente in cui persero la vita poveri braccianti sfruttati. Perché il Ministro non si reca a visitare nuovamente quella zona oppure le campagne del ragusano o quelle del metapontino o quelle della Piana del Sele o delle campagne calabresi, e vedrà come la manodopera sia proprio quella lì, irregolare. La propaganda a un certo punto si ferma sui social e appare la realtà, quella fatta di vite, di sofferenze, di sfruttamento, di illegalità, e dove voi, con questo decreto, non intervenite a contrastarla.

Avete individuato nella giovane capitana della Sea-Watch un nemico e la avete esposta pericolosamente al pubblico ludibrio della folla, e non solo virtuale, ma non avete mosso un dito nel contrastare le forme di sfruttamento che si consumano sul suolo italiano. E, mentre attaccavate questa ragazza, nello stesso porto sbarcavano decine e decine di immigrati con piccole imbarcazioni, quelle sì magari gestite dai criminali; ma questo non importa, perché vi bastava avere dato in pasto alla pubblica opinione un nuovo nemico. Che sia un'operazione propagandistica lo dimostrano come siano diversi i porti italiani a registrare l'arrivo di migranti che arrivano non solo dalla rotta libica, ma anche da Paesi come l'Egitto, la Tunisia e la Turchia, senza considerare, peraltro, i migranti rispediti in Italia dagli altri Paesi dell'Unione europea. Continuano incessantemente i cosiddetti sbarchi fantasma, su cui il decreto non interviene. Dal 2017-2018 si attestavano tra il 10 e il 15 per cento del totale; oggi sono di più, oscillano tra il 20 e il 25 per cento.

Inoltre, nel silenzio totale anche del MoVimento 5 Stelle, questo provvedimento segna un prepotente esautoramento del Ministero delle Infrastrutture sulle competenze dei porti. Il MoVimento 5 Stelle è talmente inibito che non riesce a difendere – per quanto sia oggettivamente difficile farlo – il proprio Ministro delle Infrastrutture, non tanto per la figura, ma quanto per l'evidente squilibrio istituzionale che si viene a determinare, che ha come conseguenza la mortificazione anche di altre istituzioni, come, ad esempio, la Guardia costiera, a cui siamo grati per il lavoro che svolge quotidianamente. Il Governo, invece di concentrarsi sulle reali politiche di contrasto al terrorismo internazionale, ha preferito perseverare nella falsa e miope battaglia dei porti chiusi, pur sapendo che non è così, perché vigono delle convenzioni internazionali, per fortuna, che lo stesso decreto richiama.

Ricordo che nel corso delle audizioni alcune forze sindacali delle forze di Polizia hanno evidenziato come vi siano delle oggettive falle: ad esempio, la mancata previsione di attribuzione a prefetti e questori rischia di complicare ulteriormente il lavoro degli operatori di Polizia; il fatto che vengano previsti nuovi impegni e oneri significativi ed aggiuntivi al personale delle forze dell'ordine, senza che siano previste misure di salvaguardia del loro lavoro, è motivo di preoccupazione. È emerso il problema del mancato pagamento degli straordinari, oltre il monte ore al personale delle forze di Polizia a partire dal gennaio 2019, e come i 38 milioni di euro stanziati dal decreto-legge n. 113 del 2018 per il pagamento dei compensi per le prestazioni di lavoro straordinario non siano ancora stati resi disponibili. Anche qui è evidente lo spread tra propaganda e realtà; non basta una felpa, un giubbotto, una polo, un selfie per dimostrarsi attento alle forze dell'ordine. Un buon Ministro lo è se rispetta la divisione dei ruoli, se norma in maniera chiara e se aiuta a svolgere al meglio il lavoro, non se lo complica. Non c'è commissariato di pubblica sicurezza che non registri carenze di organico; persino sugli etilometri apprendiamo che ci sono delle difficoltà per controllare gli abusi di alcol sulle strade, perché sono rotti e fuori uso. Questo, paradossalmente, mentre il Ministro autorizza i locali a somministrare gli alcolici fino alle 3 di notte, altro esempio di spread tra propaganda e realtà.

Ci saremmo attesi interventi per aiutare i comuni a rafforzare i dispositivi di videosorveglianza, a promuovere una più capillare rete di controllo del territorio, a presidiare maggiormente le nostre strade, dove si registra un incremento drammatico di incidenti e vittime. Niente di tutto questo. Nessuna pattuglia in più di Polizia stradale, nessun investimento per migliorare la funzionalità dei presidi di sicurezza, nessuna misura concreta che, di fatto, aiuti i cittadini a sentirsi più sicuri e le forze dell'ordine a lavorare in condizioni migliori. Ma, di fronte a queste considerazioni, nessuna osservazione è arrivata dalle forze di maggioranza, niente. Nessuna misura per rafforzare il contrasto della criminalità organizzata, proprio in questi giorni che ricorrono le stragi del 1992, alla retorica non corrisponde alcun fatto. C'è un nemico che è il migrante salvato dalle ONG, punto.

Questo è il cuore del provvedimento, questo è il cuore della propaganda su cui si regge il Ministro dell'Interno. Invece, nessuna politica sui rimpatri. Oggi alcune testate evidenziano come si registri un segno negativo, ma era facilmente prevedibile. Se la politica estera dell'Italia è gestita con forme di bullismo senza precedenti è evidente che i rapporti internazionali vengano a deteriorarsi.

Ma non solo, perché l'incertezza sulla collocazione estera del nostro Paese dovrebbe preoccupare molto di più perché è un elemento che incide anche sul fenomeno che stiamo trattando. Siamo meno sicuri, con questa protervia verbale, rispetto alla ragionevolezza del confronto nelle sedi istituzionali. Se fino a oggi i vertici europei dei Ministri dell'Interno sono stati snobbati perché si è preferito fare video e dirette Facebook a uso e consumo della propaganda, questo ha poi un riflesso che paghiamo come Italia. A tal proposito voglio evidenziare come, a fronte del calo degli sbarchi nel Mediterraneo, sono invece in forte aumento gli ingressi nel nostro territorio dei cosiddetti “dublinati”, cioè coloro che vengono espulsi dai Paesi europei dove vivono verso gli Stati attraverso i quali sono entrati nell'Unione, per effetto del regolamento di Dublino che individua nello Stato di primo ingresso il responsabile dell'esame della domanda di protezione internazionale.

Il tema dell'immigrazione è un tema enorme, complesso, epocale e ciclico nel corso della storia. Come tutte le questioni complesse, non ha soluzioni o ricette semplici, né le risposte muscolari o presunte tali e disumane servono ad alcunché. Non solo sono inefficaci nell'intento che si prefiggono ma servono solo a fabbricare paura, cioè il risultato esattamente opposto a quello che il decreto dice di voler perseguire. Paura per ricercare consenso invece di percorrere politiche che non isolino il nostro Paese e che propongano una gestione comunitaria in grado di coniugare le esigenze di umanità con quelle di sicurezza, di sviluppo e di pace nei Paesi di provenienza dei migranti.

Ma la verità è che non vi è alcun interesse a risolvere il problema, non solo perché questa maggioranza non ne è capace ma perché preferisce alimentare la paura dei cittadini per poterci lucrare elettoralmente. Ma attenzione perché questo meccanismo di propaganda non ha un orizzonte lungo e i problemi rischiano di esplodere a discapito del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Signori del Governo, onorevoli deputati, il provvedimento che ci accingiamo a discutere in quest'Aula, il cosiddetto “Sicurezza-bis”, è uno dei più odiosi e dei più squallidi che questo Governo abbia pensato e questa maggioranza, se così si può ancora chiamare, sostenuto. La dico piatta e subito e non semplicemente perché faccio parte dell'opposizione a questo Esecutivo ma perché, per poterne far parte in quest'Aula, sono innanzitutto un cittadino come molti preoccupato per il mio e per il nostro Paese.

Per fortuna, mi verrebbe di dire, legiferate poco, pochissimo direi. Il Parlamento è chiamato in larga parte a processare le proposte legislative che vengono dal Governo e, dal momento che ne arrivano poche - pochissime! - da settimane e ormai da mesi, siamo costretti a lavorare pochissimo dalla vostra inerzia, dalla vostra incapacità, dalla vostra paralisi. In questo certamente un cambiamento c'è stato eccome rispetto ai precedenti Governi: scarsi, scarsissimi provvedimenti, molta fuffa per i social, Parlamento svuotato del proprio ruolo, dei propri ranghi (basta guardare i banchi della maggioranza; è sconfortante), delle proprie competenze - e ce ne sono - e della propria dignità.

Se erano questi l'obiettivo e il bersaglio della vostra azione politica, la mortificazione e spoliazione del processo democratico cioè, ci state riuscendo alla grande. State prendendo la democrazia per asfissia, per inedia (“la sete col prosciutto” si dice dalle mie parti).

Poi ogni tanto decide il capo di turno, quello che preferisce accuratamente evitare il Parlamento perché gli chiederebbe degli affari con la Russia del suo entourage - non sia mai! - o quell'altro, quello che lo voleva aprire come la famigerata scatoletta di tonno e, invece, è finito abbarbicato alla poltrona, anzi alle poltrone, e non come una cozza ma come un sauté di cozze.

Dicevo che ogni tanto poi il Governo spreme un provvedimento come questo e ti chiedi: “Ma cosa siamo diventati? Siamo veramente così?”. Non mi viene da dire “siete”, anche se dovrei. La responsabilità, beninteso la colpa, è vostra, tutta vostra, però mi riguarda e riguarderà presto tutti gli italiani e sarà legge e varrà in ogni centimetro, in ogni anfratto e su ogni frontiera di questo nostro Paese, che si è fatto bieco e torvo e curvo sotto tutto questo rancore, sotto tutto questo odio.

Cosa prevede il “decreto sicurezza-bis” come non bastasse già il decreto sicurezza bis in idem, quello sul quale i grillini hanno cominciato a chiedersi: “Ma noi siamo davvero questa roba qui?”. Spoiler: sì. Dobbiamo mandare giù questa sbobba per giustificare il saluto all'onorevole all'ingresso di Montecitorio, il rimborso spese per il convegno, l'aria condizionata a Palazzo Valdina, la centrifuga in buvette.

Quando esattamente siete diventati quello che siete? Volete sapere - e non lo devo dire a voi - cosa prevede la norma che discutiamo oggi, onorevoli deputati? Uno: rendere più difficile, se non impossibile, alle ONG di operare nel Mediterraneo; due: comprimere il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, come previsto dall'articolo 21 della nostra Costituzione.

La dico ancora più facile, all'osso? Due parole, e le diceva prima di me Carla Cantone: fare paura - tutto qui -, costruire la paura, ingegnerizzazione la rete, una paura artificiale, manufatta, preventiva. Si passa dal reato al “preato” addirittura sulle manifestazioni, da Stato di polizia. Paura e odio che si tengono insieme come da programma, come da piano. Fatevi un giro sui social e ognuno capirà a cosa mi riferisco. Indicazione sistematica del nemico, individuazione del capro espiatorio e non sempre coincidono, gogna pubblica (anzi social), ripetere.

Permettetemi, tuttavia, di non soffermarmi sui singoli punti di questo provvedimento, poiché lo hanno già fatto, con migliore lena e competenza, i deputati che mi hanno preceduto, i colleghi del Partito Democratico che hanno dato battaglia in Commissione su questo decreto inutile e dannoso. Di solito si dice che una misura avversata possa essere o inutile o dannosa. Io ritengo, invece, che il “decreto sicurezza-bis” sia entrambe le cose: è inutile perché è patente il suo intento propagandistico, un rinforzino del primo, un omnibus nel quale far percolare il trovarobato richiesto da qualche ufficio ma confezionato come fosse un ulteriore giro di vite, un accigliato caveat, un secondo round, l'ultima botta di aspirapolvere il giorno dopo la pacchia, una “Scelba”, pardon una scelta cinica perfettamente in linea con l'attitudine maschia e il cattivismo, tossina inoculata nella famigerata pancia del Paese, interpretata dal capo e interpolata dalla sua macchinetta social e un giorno verrà che si mostrerà per quello che è, una disciplinata e foraggiata squadra di disinformazione e character assassination, né più né meno.

Inutile, si è detto, ma anche dannoso, al di là dei trattati che viola, delle norme che stravolge, degli articoli della Costituzione che sospende e che ignora e basti pensare alla necessità e all'urgenza di questo provvedimento. Ma quale necessità in un Paese nel quale gli sbarchi, nel carosello del Governo, sono ridotti a pochi disperati e quale urgenza per un attacco frontale alle ONG nel Paese dell'economia che stagna, del lavoro che non c'è, della sanità allo stremo, delle promesse ingiallite e tradite. Al di là dello squilibrio normativo che provoca, dicevo, è la misura che rivela con più evidenza l'unico progetto, se posso, programmatico e culturale di questo Governo: l'incanaglimento.

E mi ritrovo totalmente nelle parole usate questa mattina dall'onorevole Bazoli, quando sottolineava nella sproporzione e nella dismisura la cifra di questo provvedimento. È un provvedimento che, proprio perché sul tema delicato della sicurezza, avrebbe dovuto cercare, invece, la misura, l'equilibrio, il bilanciamento. Invece, la sproporzione e la minaccia, il ringhio, il ceffo, l'intimidazione, l'avvertimento, la mascella serrata, il digrignare, il bruxismo, la Pasta del Capitano: è questo.

L'Italia della Lega e dei 5 Stelle somiglia a un uomo asserragliato in casa, letteralmente tappato dentro, armato fino ai denti e che non si accorge che la minaccia più urgente all'incolumità propria e altrui è lui stesso. La sua paura è proiettata sull'altro, stordito da un rancore sordo, un Paese in ostaggio di se stesso, dei propri fantasmi e dei propri incubi: muri e recinti, armi in casa, immigrati via, vivi e lascia morire, fatti i fatti tuoi. Un Paese etimologicamente disintegrato, senza integrazione.

Per anni - che dico? Per decenni! - siamo stati un Paese con un capitale simbolico straordinario. Il nostro soft power era fatto di bellezza e leggerezza - non parlo di me -, di qualità della vita e apertura, disponibilità e versatilità. Da un anno a questa parte ci aggiriamo per l'Europa come uno spettro in termini di autorevolezza, spariti, chi ci ha visti, svaporati, noi che fummo tra i fondatori dell'Unione, come si dice con sussiego, come un rissoso ubriaco che attacca briga ai passanti, maledicendo non il gomito ma la guera, come si dice a Roma con una “ere”.

Colleghi, ci sono momenti in cui quest'Aula è come se fosse la nostra coscienza. Siamo chiamati a qualcosa di più di approvare un provvedimento, fare due chiacchiere in Transatlantico o un post su Facebook.

Ci sono momenti nei quali siamo chiamati a dire da quale parte stiamo: no, non dico spingere il bottone rosso o quello verde, dico proprio noi, ognuno di noi: da che parte stiamo? Da che parte stiamo rispetto ad una politica che predica violenza e odio nei confronti dell'altro? Da che parte stiamo rispetto a un discorso pubblico che emargina e aggredisce, rende il prossimo non più tale: se sei donna… e, a proposito, il Partito Democratico in queste ore darà battaglia in Aula e in piazza su quella vergogna che si chiama “disegno di legge Pillon” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). O se appartieni alla comunità LGBT, se sei migrante o se sei un giornalista, se la pensi diversamente da chi adesso è al potere, e magari osi manifestare la tua idea. Da che parte restiamo rispetto a cosa vogliamo essere come Paese, come Italia? Se una assolata Visegrád o la fatica quotidiana del sogno europeo. Da che parte stiamo rispetto a chi vogliamo essere come cittadini, con doveri, certo, e diritti che abitano profondi nella nostra storia, nella nostra cultura, nella nostra identità plurale, mescolata, lo ricordava l'onorevole Anzaldi, mediterranea? Da che parte stiamo rispetto a una linea semplice, chiara, dritta: quella dell'umanità?

Ecco, questo è uno di quei momenti; non sono tanti nell'arco di una legislatura. Si può approvare una misura sul codice della strada con attenzione ed essere dei parlamentari scrupolosi; ma non si può restare indifferenti, non si può non essere chiamati in causa come persone, prima che come cittadini o legislatori, quando si deve decidere su chi siamo, su chi vogliamo essere. Quest'oggi, Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, dobbiamo scegliere: se stare dalla parte della paura o da quella dell'umanità, dalla parte dei muri o dalla parte del mare, dei porti e dei ponti, dalla parte del sospetto o da quella del rispetto, dalla parte dei Carpazi o da quella del Mediterraneo, dalla parte della cella o dalla parte della piazza, da quella del presente o da quella del futuro; di questo, non di altro, si parla oggi. “Una volta” - e cito – “che si è stesa una coperta di sabbia e di cenere su migliaia di corpi anonimi si coltiva l'oblio”, scrive Tahar Ben Jelloun.

Ricordo ancora quando Matteo Renzi, a Palazzo Chigi, mi disse che saremmo andati a ripescare il relitto di quel barcone nel cui naufragio persero la vita tra le 700 e le 900 persone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), per ridare nome e memoria - che vita l'avevano persa - volto, come avrebbe poi detto Cristina Cattaneo, in quel libro doloroso come una ferita aperta nell'anima del nostro Paese. Furono meno di trenta i sopravvissuti di quel naufragio. E quel Governo lo fece: già, lo fece. Ed io sono grato ogni giorno di quella scelta, anche oggi che il barcone sta a Venezia, che non ha finito di viaggiare e di inquietare come un perturbante: chissà dove lo porterà il suo viaggio, chissà dove ci porterà il suo viaggio.

Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, questo decreto odioso e squallido è uno spartiacque: di qua o di là. Non ci sono zone grigie, aree di conforto, neutralità o indifferenza, terzietà. Non possiamo, non dobbiamo coltivare l'oblio verso il quale ci spinge questo provvedimento inutile e dannoso. Spero che sia questo il monito, l'appello che ci possa accompagnare, che possa accompagnare ognuno di noi nel nostro lavoro in Parlamento e nella nostra coscienza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bruno Bossio. Ne ha facoltà.

VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Come ha appena detto il collega Sensi, questo provvedimento, inutile e dannoso, è ancora una volta figlio di una pericolosa cultura securitaria, che vede il Ministro dell'Interno come la figura dell'alchimista, chiamato a trasformare in consenso l'elemento primordiale della paura. Ma un Ministro dell'Interno deve garantire la sicurezza di un Paese, la sicurezza dei cittadini, non alimentare la paura, ma intervenire su quello che effettivamente genera insicurezza e paura: ad oggi, l'esistenza di un binomio, di un nesso fra insicurezza e immigrazione non è supportato da nessun elemento, né statistico né assoluto, ma solo da un tentativo, purtroppo finora in parte riuscito, di distogliere l'attenzione dei cittadini dal governo effettivo del Paese.

Pensiamoci un momento. Salvini, delle sue promesse elettorali, cosa ha mantenuto? Non la flat tax, non la riduzione delle accise sulla benzina; però, deve distogliere l'attenzione, magari anche dagli opachi business del “Russiagate”. Una paura, dunque, che si deve alimentare all'infinito: di questo si tratta. L'avevamo già visto in occasione del primo “decreto sicurezza”, così come con la giuridicamente inefficace nuova legge sulla legittima difesa; e lo troviamo confermato in questo secondo “provvedimento d'urgenza”, che trasmette fondamentalmente anche, tra le altre paure, la paura di manifestare, sanzionando addirittura come reato anche la resistenza passiva, e senza nessuna politica seria sull'immigrazione. E anche qui, che risultati ha avuto Salvini, oggi, sull'immigrazione? Prima il collega parlava del fatto che ha bloccato gli sbarchi: no, io dico purtroppo, visto il prezzo pagato, gli sbarchi non li ha bloccati Salvini, se è vero come è vero che sono drasticamente calati prima ancora che nascesse questo Governo, da giugno 2018, come testimonia il report pubblicato dallo stesso Viminale oggi, non due anni fa. Ha bloccato il business dei migranti, come dice continuamente sui suoi tweet o sui social? Assolutamente no: con il “decreto sicurezza uno”, ha smantellato il sistema di protezione per i richiedenti asilo ed i rifugiati, gli SPRAR, ovvero i luoghi controllati dai comuni e dove si fa effettiva integrazione. Ho depositato insieme ad altri colleghi un'interrogazione in cui chiediamo conto di sette mesi di ritardati pagamenti sugli SPRAR, ma ancora non c'è risposta. Invece, ha alimentato i centri d'accoglienza straordinaria: quelli sì che fanno il business dell'accoglienza, mentre nello stesso tempo non c'è alcun bisogno di accoglienza straordinaria, perché appunto è diminuita la presenza.

E poi si dice che sono diminuiti anche gli irregolari, improvvisamente; mentre ci sono studi seri dell'ISPI, di altri istituti, che dicono che dopo la fine dei permessi umanitari praticamente ci saranno almeno altri 60 mila irregolari in più. E lo stesso Salvini fino a qualche mese fa aveva detto che c'erano 600 mila irregolari in Italia, e che ne avrebbe dovuti rimpatriare 200 mila l'anno; oggi, che non nei rimpatria più di qualche migliaio, scopre che gli irregolari in Italia sono solo 90 mila. Però, quando l'abbiamo chiesto al responsabile del Dipartimento, in audizione alla Commissione affari costituzionali, gli abbiamo chiesto quanti siano effettivamente, si è riservato di rispondere.

E dunque, ancora una domanda: ha modificato il Regolamento di Dublino, Salvini? No: il Parlamento europeo aveva approvato un testo della riforma – dove ovviamente lui non era presente o i suoi non hanno votato – che prevedeva la cancellazione della norma relativa al Paese di primo ingresso, perché questo è stato ed è il problema, ad oggi, dell'accoglienza. Bene: in quel caso non solo non ha voluto approvare quelle modifiche, ma anche oggi non c'è alla riunione dei Ministri dell'Interno per scontrarsi per modificare Dublino, mentre continua a scrivere sui social che questo è il loro obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

È dunque sempre solo propaganda lo stile di questo Governo. Il fatto, guardate, che questa propaganda paghi in termini di sondaggio, non significa che stiamo andando nella direzione giusta: non tanto per il futuro del Partito Democratico, ma soprattutto per il Paese. Anche negli anni Trenta in Italia il consenso era plebiscitario, e poi abbiamo visto come è finita!

Il decreto in esame dunque si colloca in un contesto in cui è difficile ravvisare effettivi bisogni di sicurezza e di ordine pubblico come fatto di emergenza, e quindi non giustifica la posticipazione dell'intervento parlamentare alla fase della conversione in legge. E, in più, aggiungiamo il rischio probabilmente che il ruolo del Parlamento si ridurrà ad un mero voto di fiducia, com'è stato finora, con il risultato ultimo di azzerare completamente il dibattito politico, che ovviamente non c'è stato in Commissione, attorno ad interventi normativi destinati ad incidere profondamente sui diritti fondamentali, come ha ben spiegato il collega Fiano, nel suo ampio intervento.

Gli elementi, dunque, di perplessità sono tanti e di rilevanza, e avrebbero dovuto trovare anche all'interno della maggioranza forme di confronto dialettico. E, invece, paradossalmente, mentre fuori imperversava la tempesta delle dichiarazioni, in Commissione si approvava il provvedimento senza alcuna voce critica; anzi, costringendo le opposizioni, come ha spiegato la collega Boldrini, ad allontanarsi, ad abbandonare la Commissione, dopo che c'è stata una inappropriata e parziale gestione della Commissione da parte della sua presidente, nel momento in cui sono stata letteralmente aggredita per aver semplicemente svolto la mia funzione parlamentare. Credo che sia stato un episodio gravissimo, non adeguatamente preso in considerazione dalla Presidenza.

Tornando al merito del provvedimento, da componente della Commissione trasporti vorrei evidenziare una serie di palesi incostituzionalità, rispetto alla cosiddetta questione dei porti chiusi, su cui vive la propaganda gialloverde. Questo decreto interviene normando i contenuti delle controversie e delle criticate direttive emanate dal Ministro dell'interno nell'ambito della cosiddetta politica dei porti chiusi; tale politica, se così si può chiamare, è stata oggetto di severe critiche anche da parte dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani che ha evidenziato la sua radicale incompatibilità con gli obblighi derivanti dalle convinzioni sul diritto internazionale, eppure, anche nel corso delle audizioni è stato più volte ribadito che, nonostante l'esistenza di una cornice giuridica di rango primario, non cambia evidentemente il sistema delle fonti sovranazionali, peraltro ratificate dall'Italia, all'interno del quale tali provvedimenti si inseriscono e che sono chiamati a rispettare gli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione.

Tuttavia, come afferma in un interessante articolo di stampa Andrea Natale, giudice del tribunale di Torino, qui si rileva una prima notizia, per chiudere i porti serve un provvedimento, non basta più un tweet. Sembra un dettaglio, afferma Natale, ma i ripetuti casi di chiusura dei porti via Twitter, che hanno provocato nella maniera più emblematica la vicenda anche del caso Diciotti, mettono in luce il fatto che l'esistenza di un provvedimento può paradossalmente rendere più evidente la catena decisionale, più agevolmente individuabili le responsabilità politiche e giuridiche e, sebbene con angusti spazi di interventi, sto citando sempre Natale, renderà quei provvedimenti giustiziabili dalla giurisdizione amministrativa. Ancora, prosegue Natale, questo è un punto molto importante, tale notazione conferma l'impostazione che diede il tribunale per i ministri di Catania alla richiesta di autorizzazione a procedere formulata nei confronti del Ministro Salvini per il caso Diciotti, laddove si escludeva che la decisione di chiudere i porti potesse essere qualificata come atto politico sottratto a qualsivoglia sindacato giurisdizionale.

Oggi, Salvini scappa dal Parlamento, ma scappa dal processo per il sequestro della nave Diciotti e per evitare rischi successivi si inventa il reato di giusto soccorso. Ma spesso il diavolo fa le pentole ma non i coperchi; proprio con decreto in vigore è stata possibile, attirandosi l'ira del capitano, l'ordinanza del GIP di Agrigento, perché il GIP di Agrigento è intervenuto a decreto vigente, questo è un fatto importantissimo, infatti la procura aveva chiesto per la comandante della nave la convalida dell'arresto eseguito dalla Guardia di finanza il 29 giugno, quando la comandante ha deciso di entrare nel porto di Lampedusa nonostante il divieto; il PM l'ha accusata di resistenza e violenza nei confronti della nave da guerra delle Fiamme gialle e di violenza per essersi opposta ai pubblici ufficiali. Il primo capo d'accusa viene cassato dalla GIP, perché le unità della Guardia di finanza sono considerare navi da guerra solo quando operano fuori dalle acque territoriali. Il secondo pure è giudicato infondato, perché sulla scorta di quanto dichiarato dall'indagata e dei video il fatto deve essere molto ridimensionato; la manovra pericolosa viene giustificata perché l'indagata ha agito in adempimento di un dovere. Ve lo spiega qual è il dovere: l'attività del capitano di salvataggio di naufraghi deve considerarsi adempimento degli obblighi derivanti dal complesso quadro normativo nazionale e internazionale.

Quindi, abbiamo una bocciatura in flagrante del decreto “sicurezza bis” in base al diritto, però, e non alle convinzioni politiche come furiosamente ha affermato Salvini, quando c'è stata questa decisione, perché, afferma esplicitamente la GIP, su tale quadro normativo non si ritiene possa incidere il decreto-legge n. 53 del 2019; il divieto interministeriale d'ingresso, transito e sosta può scattare solo in presenza di attività di carico e scarico di merci o persone, ma non è il caso in esame, perché si tratta di un salvataggio e per questo la nave non può considerarsi ostile, così come la resistenza a pubblico ufficiale viene ritenuta inevitabile, come esito dell'adempimento del soccorso che si esaurisce solo con la conduzione fino al porto sicuro, e questo è un altro dato. Libia e Tunisia non hanno porti sicuri e il decreto n. 53 del 2019 non ha nessuna idoneità, anche questo virgolettato rispetto alla sentenza della GIP, a comprimere gli obblighi del capitano e persino sulle autorità nazionali in materia di soccorso e salvataggio.

Ma, d'altra parte, è lo stesso decreto a contenere un espresso riferimento necessario rispetto agli obblighi internazionali. Ricordo a me stessa e all'Aula, ma le hanno citate altri colleghi, la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, le stesse convenzioni SOLAS e SAR, come modificate dagli emendamenti adottati dall'Organizzazione marittima mondiale nel maggio 2004, entrate in vigore nel luglio 2006, che impongono agli stati competenti per la regione SAR di cooperare nelle operazioni di soccorso e di prendersi in carico i naufraghi, individuando e fornendo al più presto la disponibilità di un luogo di sicurezza, inteso come luogo in cui le operazioni di soccorso si intendono concluse e la sicurezza ai sopravvissuti garantita. Così come le Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare, adottate dal Comitato marittimo per la sicurezza dell'IMO.

Quindi, in che cosa si traduce questa norma primaria che viene introdotta con il decreto-legge? Probabilmente, solo il Ministro interessato non si è accorto di quello che gli è accaduto intorno e l'abbiamo anche sollevato in Commissione trasporti; è vero che si tratta del Ministro Toninelli e quindi di un Ministro probabilmente in scadenza, che nel corso di quest'anno di Governo si è distinto per la propria manifesta incapacità, però in questo decreto vi sono norme che privano proprio il MIT delle sue competenze, il Ministro delle infrastrutture, visto che la cosiddetta chiusura dei porti, articolo 83 del codice della navigazione, era propria della sua responsabilità ministeriale. Con il decreto, il punto di equilibrio tra le esigenze considerate dalle convenzioni internazionali, da un lato, e la protezione delle frontiere, dall'altro, sarà quindi fissato dal Ministero dell'interno e non più dal Ministero dei trasporti; è incredibile, perché, fino ad oggi, a tutti gli atti di sindacato ispettivo in cui abbiamo chiesto esplicitamente conto di questo fatto ci è stata data risposta di come vi fosse una abnorme invadenza del Ministero dell'interno sulla materia, il MIT ci aveva sempre confermato che la competenza sui terminali portuali fosse propria del Ministero delle infrastrutture e non di altri.

Quindi, concludendo, il risultato di queste misure è quello di rendere il Mediterraneo un mare pericoloso e insicuro, dove si costringono le ONG a rinunciare alle operazioni di salvataggio, con il prevedibile e drammatico rischio di un incremento dei morti in mare, perché gli sbarchi sono diminuiti perché i migranti vengono tenuti nei campi di detenzione libica o perché muoiono in mare. E che cosa succede a una ONG che ha prestato soccorso in mare, anche se abbiamo visto che ci sono gli elementi giuridici perché questa cosa possa essere messa in discussione? Intanto pesa sulla testa di un comandante che soccorre questi naufraghi in mare, non solo la sanzione amministrativa che va da un minimo di 50 euro a un massimo di un milione di euro, ma addirittura la confisca della nave, come se fosse una pericolosa organizzazione mafiosa, confisca della nave che può essere affidata a polizia, capitaneria di porto o Marina Militare.

La cosa incredibile è che in Commissione abbiamo assistito a una rivendicazione collettiva di tutte le forze di destra, MoVimento 5 Stelle compreso, di questa norma. Possiamo dire che con la complicità attiva del MoVimento 5 Stelle è stato introdotto con questo decreto il reato di umanità. Ma l'ha detto chiaramente anche il procuratore di Agrigento, Patronaggio: ad oggi non c'è nessuna prova di collusione tra trafficanti di migranti e organizzazioni non governative. Da che cosa è mosso, allora? Davvero questo furore ideologico, figlio di questa destra disumana, può continuare a calpestare verità, principi costituzionali, storia del Mediterraneo, cultura valoriale del nostro Paese? Salvare vite umane può diventare una colpa?

Vorrei brevemente raccontarvi quello che succede, perché viene spesso citato, ma non viene raccontato, quello che è successo, uno dei fatti che sono successi nei campi libici e non è un racconto tratto da un'opinione personale o da una testimonianza estemporanea, ma dal processo con condanna all'ergastolo dell'aguzzino, cittadino somalo, che nel campo di Bali Walid, in Libia, stuprava e torturava quelli chiusi in questo campo e attivava un sistema di ricatto collaudato, che è l'attività imprenditoriale più lucrativa ormai in Libia. Per la prima volta la Corte di giustizia di un Paese dell'Unione europea ha scritto nero su bianco quello che succedeva in questo campo. Cito: “Questo campo era dotato di un grandissimo hangar all'interno del quale venivano tenute recluse circa 500 persone. Intorno a questo capannone c'era un cortile sorvegliato da uomini libici armati. I migranti dormivano tutti insieme, uomini e donne, ed erano così ammassati che non c'era lo spazio per muoversi. L'hangar non era areato; le condizioni igieniche erano del tutto scadenti; c'erano pidocchi ovunque; molti migranti soffrivano di malattie della pelle. Non potevano lavarsi; il cibo fornito era scarso; i profughi erano costretti a rimanere chiusi senza poter parlare nemmeno tra di loro. L'aguzzino prelevava i reclusi ogni giorno, li portava in una stanza delle torture” - questo è scritto nella sentenza: non è un'opinione - “li tormentava con scariche elettriche; gli faceva colare addosso plastica incandescente; li appendeva per le mani e li colpiva con bastoni di gomma e spranghe di ferro; li lasciava per ore incaprettati a disidratarsi sotto il sole; per terrorizzare tutti ne uccideva qualcuno, lasciando i cadaveri esposti per giorni. Quotidianamente prendeva le ragazze, anche minorenni, e le sottoponeva a interminabili gravissime violenze sessuali (…)”. Una lettura insostenibile questa, ma è necessario far conoscere la sentenza perché tali crimini continuano ad essere perpetrati in Libia e sempre con nuove vittime.

Dunque, finisco, la Libia non è un porto sicuro e Carola Rackete ha fatto bene a dirigere la nave verso il porto sicuro più vicino. Io c'ero quella sera a Lampedusa, c'ero insieme ai colleghi Raciti e Migliore mentre la Sea-Watch 3 attraccava al porto e c'ero mentre un gruppetto di esagitati guidati da un ex senatrice della Lega insultava la capitana con epiteti sessisti e violenti. Ma questo gruppetto aveva un mandante, e non lo dico io: lo ha detto, il 9 luglio scorso, il sottosegretario Spadafora, subito zittito, che ha affermato testualmente: “L'ha definita criminale, pirata, sbruffoncella. Parole quelle di Salvini” - dice il sottosegretario - “che hanno aperto la scia dell'odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati giorni e giorni sui social”. Ma dunque d'altra parte, senza lo scudo umano dei migranti, di cosa potrebbe parlare il Ministro Salvini? Ma è lui il capo della maggioranza e così, a fine luglio - qui è la fine di questa triste storia che viviamo oggi, in questi giorni - un Governo sull'orlo di una crisi di nervi alza bandiera bianca per manifesta incapacità e arriva un provvedimento su cui sono tutti d'accordo, anzi si fa a gara a chi mostra la faccia più cattiva. Ma, come diceva prima il collega Sensi, dobbiamo decidere da che parte stare: qui non si vota semplicemente un provvedimento di legge; si decide da che parte stare e io vorrei dirlo con le parole di Don Lorenzo Milani: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri (…) allora io reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato; privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente, nel 1971 per descrivere la situazione politica che allora vigeva nel nostro Paese, uno dei principali mezzi di comunicazione al mondo, il The New York Times coniò una fortunata immagine retorica che rimase scritta nei libri di storia, analizzando la similitudine tra quanto avveniva all'epoca nel nostro Paese, cioè la presenza di una destra reazionaria che aveva tentato e stava tentando una regressione della vita democratica, la strage di Piazza Fontana del 1969, il fallito golpe Borghese del 1970 e contemporaneamente una forte pulsione sociale che era sfociata in proteste sindacali e in una contestazione studentesca e ancora la presenza contemporanea di forze popolari che però si contrapponevano fra loro, tutta questa congerie di eventi aveva fatto immaginare agli americani una particolare similitudine tra il nostro Paese e un Paese che stava, come sta oggi, ai confini del mondo che si chiamava Cile. E il The New York Times descrisse questa particolare singolarità, questa similitudine fra quanto avveniva in quel Paese e quanto avveniva in Italia, coniando l'espediente retorico degli “spaghetti in salsa cilena”. Noi sappiamo, perlomeno lo sanno coloro i quali hanno studiato la storia, quale fu l'evoluzione, purtroppo, in quel Paese della dinamica antidemocratica, così come sappiamo invece che, per nostra fortuna, quegli spaghetti in salsa cilena nel nostro Paese non vennero mangiati quando, dall'11 settembre 1973, in poi i carri armati di Pinochet spezzarono sul nascere un'esperienza democratica, esattamente come in quei giorni qualche forza reazionaria voleva realizzare nel nostro Paese.

Se noi dovessimo, per una operazione retorica, immaginare di portarci ai giorni nostri, potremmo dire che qualcuno vorrebbe sostituire gli spaghetti in salsa cilena con le penne alla vodka, perché oggi vi è, nel nostro Paese, una altrettanto singolarità, un altrettanto peculiare similitudine questa volta rovesciata nei confronti di un altro Paese più vicino, la Russia, rispetto al quale si vogliono mutuare modalità, rapporti, addirittura impianti di carattere istituzionale.

A noi, signora Presidente, non è sfuggito come all'indomani di quella dichiarazione che noi guardiamo con preoccupazione, rilasciata anche qui ad un giornale internazionale, in questo caso il Financial Times, da parte del Presidente Putin che, alla vigilia della sua visita nel nostro Paese, ha avuto modo di dichiarare urbi et orbi che, dal suo punto di vista, i sistemi liberali sono superati.

Non c'è neppure sfuggita la dichiarazione resa dal Primo Ministro al Corriere della Sera il giorno dopo, in cui ha sostanzialmente avallato questo tipo di impostazione. C'è, insomma, una volontà di rincorsa di un modello che non è un modello democratico, che non è un modello che si giova dei pesi e dei contrappesi, che non è un modello che è proprio della nostra cultura, della nostra tradizione e della nostra storia, ma che immagina, davanti alla curvatura della storia e alle difficoltà del momento che stiamo vivendo in queste grandi trasformazioni, che si possano utilizzare le difficoltà, le ansie e le preoccupazioni dei nostri cittadini per far compiere a questo sistema una involuzione di carattere sostanzialmente autoritario.

Il decreto è un pezzo di questa strategia perché questo, signori del Governo e colleghi parlamentari, non è un decreto attuato o attuabile come i colleghi del Partito Democratico, unica opposizione a questa operazione in quest'Aula, hanno tentato di dimostrare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). No, questo decreto è un manifesto ideologico, è il manifesto ideologico del Ministro Salvini. E vorrei provare a dimostrare, nel tempo che ho a disposizione, per quale ragione, da un lato, non è uno strumento attuale e attuabile, ma che, in realtà, non importa assolutamente nulla al proponente che questo lo sia. Vede, signora Presidente, leggo testualmente l'articolo 1, il quale, nel modificare il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introduce la seguente dizione.

Noi stiamo per votare la fiducia, perché abbiamo già delle dichiarazioni di agenzia che ci stanno preannunciando che il Governo, forse anche un po' a spregio del pericolo, oppure dimostrando che tutti questi venti di guerra al loro interno sono stati una straordinaria tarantella messa in piedi per distogliere la curva dell'attenzione rispetto al problema dei rapporti fra la Lega e la Russia. Ma su questo rassegnatevi: noi non molleremo di un centimetro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Dicevo che state per mettere la fiducia su questo testo, allora proviamo a leggerlo, così magari ci si rende conto, e nel nostro sforzo cerchiamo di spiegare al Paese di che cosa qui stiamo parlando, Innanzitutto, si prevede che “Il Ministro dell'Interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza ai sensi dell'articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (…)”. Apro una parentesi, signora Presidente: visto che è l'Autorità nazionale di pubblica sicurezza, noi ci stiamo sgolando da giorni per sapere se la nostra Autorità nazionale di pubblica sicurezza è o meno sotto scacco di una potenza straniera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), se è o meno in condizione di poter esercitare liberamente le proprie funzioni in omaggio esclusivo al giuramento che ha fatto nelle mani del Presidente della Repubblica, così come la nostra Costituzione prevede, ma non ci è stato dato ancora modo di poterlo sentire. Noi rivendichiamo, sottolineiamo, ancora una volta - ed è la terza volta che lo facciamo in quest'Aula oggi - la gravità di questo fatto, e facciamo ancora una volta appello alla Presidenza affinché vi sia - mi permetta, signora Presidente - non una burocratica lettera al Ministro Fraccaro, ma vi sia un vigoroso intervento del Presidente Fico affinché difenda le prerogative di questa Camera e, se mi permette, anche la dignità dell'alto magistero che lui è stato chiamato a dover svolgere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ma torniamo al merito della questione. Dicevamo che “Il Ministro dell'Interno”, definito come ho cercato di riassumere, “(…) nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia,” - ripeto: nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia -, “può limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, (…), per motivi di ordine e sicurezza pubblico”, e così via. Signori del Governo, questo è un ossimoro, e voi lo sapete bene; questa è una contraddizione che voi sapete bene essere stata scritta. Perché è una contraddizione? Perché come probabilmente molti di voi sanno - non tutti, probabilmente - la radice costituzionale di questa norma risiede in due articoli: il primo, nell'articolo 10, che impone il diritto d'asilo per tutti coloro i quali dovessero chiederlo; il secondo, che conforma la potestà legislativa, in questo caso dello Stato, stabilita all'articolo 117, al rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Cioè, il legislatore, secondo la nostra Costituzione, per fortuna, non è che può fare quello che vuole. Non è che si sveglia una mattina e perché ha un capriccio o pensa di essere lo sceriffo o ritiene di poter utilizzare la norma a proprio uso e consumo emana un decreto e questo decreto prescinde da qualsiasi contesto giuridico nel quale siamo collocati. No, è esattamente l'opposto: vi è un limite alla potestà legislativa dello Stato. Peraltro, sarebbe interessante che chi è seduto a quel banco si rileggesse il concetto del limite della politica che Aldo Moro illustrava in sede di Costituente proprio per evitare che la volontà assoluta dello Stato sconfini poi in un totalitarismo nel quale la dialettica viene sostituita da una unica capacità di esprimere un pensiero unico. Bene, questo limite oggi è inserito all'interno, come avete scritto voi, degli obblighi internazionali. E quali sono questi obblighi? Torniamo a ripeterli, perché evidentemente non siamo ancora riusciti a spiegarveli, perché ve lo abbiamo detto durante le Commissioni, e se ci aveste ascoltato, avreste preso i nostri emendamenti, che avrebbero consentito di poter modificare la norma e non esporre il Paese a questa brutta figura come voi ci state facendo fare.

Come è stato ricordato, l'Italia ha sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 10 dicembre 1982, che è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 2 dicembre 1994, n. 689. Cosa dice questa Convenzione? L'articolo 98 di questa Convenzione impone - impone! - al comandante di una nave di prestare assistenza a chiunque si trovi in pericolo nel mare, nonché - impone - di recarsi il più presto possibile in soccorso delle persone in difficoltà, qualora venga informato che tali persone abbiano bisogno di assistenza - dice la norma - nei limiti della ragionevolezza dell'intervento. Cioè, noi siamo vincolati da questa norma, non è un capriccio, è un obbligo che il nostro Paese si è dato e che voi state ricordando e richiamando al Ministro dell'Interno. Ancora, la Convenzione cosiddetta SOLAS, richiamata in precedenza dall'intervento del collega Bordo, firmata a Londra nel 1974, resa esecutiva in Italia con la legge n. 313 del 1980, anche qui, impone al comandante di una nave di prestare assistenza alle persone che si trovino in pericolo. E ancora, la Convenzione SAR (search and rescue), adottata da Amburgo il 27 aprile 1979 e resa esecutiva in Italia con la legge 3 aprile 1989, n. 47, stabilisce, riguardo la ricerca e il salvataggio marittimo, che si fonda sul principio della cooperazione internazionale, e stabilisce che il riparto delle zone di ricerca e salvataggio avvenga d'intesa con gli altri Stati interessati. Insomma, cari colleghi, l'obbligo del diritto internazionale incombente sul comandante di una nave di procedere al salvataggio non è un obbligo discutibile, è un obbligo cogente! Un comandante di una nave, quando trova dei naufraghi, non può girare la nave da un'altra parte, è obbligato a raccoglierli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! È obbligato, nonostante quello che possa dire il politico di turno! Questo non è che lo dice qualche zecca comunista, lo dice la nostra normativa, la nostra Costituzione, gli obblighi internazionali ai quali siamo vincolati. Caro Ministro Salvini, in questo caso, se lei avesse chiesto, non al Ministro Toninelli, che siamo sicuri non conosca questo tipo di normativa, ma alla Guardia costiera, che lei vorrebbe attrarre a sé nella sua orgia di potere assolutista, la Guardia costiera gli avrebbe detto che l'articolo 1158 del codice della navigazione sanziona penalmente l'omissione da parte del comandante della nave, che sia nazionale o che sia straniera, di prestare assistenza ovvero di tentare il salvataggio, nei casi in cui ne sussista l'obbligo a norma dell'articolo 490 del codice medesimo ovvero allorquando la nave in difficoltà sia del tutto incapace di effettuare le manovre. Cioè, se il comandante gira la prua da un'altra parte, ne risponde a tutti gli effetti penalmente. Quindi, stiamo discutendo di una norma che, è di tutta evidenza, non potrà in alcun modo resistere alle interpretazioni di carattere giurisprudenziale o di verifica costituzionale che inevitabilmente su questo punto ci saranno. Ma la singolarità di questo caso, signora Presidente e signori del Governo, risiede nel fatto che c'è già una autorità giudiziaria che ha stabilito, non in maniera generica, ma in maniera specifica, che questo decreto non si può applicare.

Voi lo sapete bene, ed è il motivo per il quale voi continuate ad insistere rispetto alla conversione di questo decreto in norma per utilizzarlo e sventolarlo esclusivamente come una bandiera ideologica. Perché vi è un'ordinanza del GIP di Agrigento che ha scritto nero su bianco le seguenti parole: “su questo quadro normativo” - quello che ho provato a descrivere – “non si ritiene possa incidere l'articolo 11, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998” - attenzione – “introdotto dal decreto-legge n. 53/2019”, cioè questo. Cioè, voi siete andati avanti a raccontare all'Italia che con questa norma non ci sarebbero stati più dei casi Sea-Watch e alla prima occasione in cui questa norma è finita davanti al giudice per le indagini preliminari siete stati clamorosamente smentiti. C'è già scritto nero su bianco che questa norma non potrà essere applicata, perché, dice questa ordinanza, il divieto interministeriale, da essa previsto, di ingresso, di transito e di sosta può avvenire, sempre nel rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, solo in presenza di attività di carico/scarico di persone in violazione di leggi vigenti nello Stato costiero, fattispecie qui non ricorrente, vertendosi in una ipotesi di salvataggio in mare in caso di rischio di naufragio.

Nel momento in cui ci sono dei naufraghi in mare questo decreto non si applica, e noi diciamo per fortuna, vivaddio e ci mancherebbe pure che noi dovessimo ratificare una norma, in questo Parlamento, che obbliga a girare la prua da un'altra parte se tu ti imbatti, in cosa? Non in migranti, non in clandestini, non in persone che commettono reato, ti imbatti in persone che stanno affogando, che tu hai l'obbligo di tirare su. Poi deciderai se sono persone che non hanno i requisiti, se li hanno, che trattamento debbono avere o meno, ma a nessuno può essere concesso il diritto, in questa Repubblica, di stabilire che si guarda da un'altra parte e si lasciano affogare delle persone nel mare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Ripeto, delle persone nel mare!

Perché vede, signora Presidente, se noi non recuperiamo questo concetto di persona e non rimettiamo al centro questo elemento, e immaginiamo ogni volta di etichettare il nostro interlocutore sulla base dell'impostazione ideologica denigratoria che si ritiene di voler dare, noi perdiamo di vista non tanto una dimensione di carattere intimistico, strutturale e antropologico a cui faceva riferimento, con grande forza e grande capacità, il collega Sensi in precedenza. No, noi perdiamo di vista l'anima stessa della nostra Costituzione, che sul tema del personalismo ha visto l'incrocio delle più grandi culture riformiste e popolari del nostro Paese. Se noi avalliamo un'operazione di questo genere, facciamo perdere l'anima all'Italia; ed è il motivo per il quale noi conduciamo questa battaglia, nella consapevolezza che occorre evidentemente affrontare la questione in un punto di vista più globale, più completo, e lo hanno ricordato con grande forza i miei colleghi del Partito Democratico che oggi sono intervenuti qui, ricordando che vi è una esigenza più larga, più compiuta di affrontare questa tematica. Perché, vedete, voi continuate a far passare l'idea che il tema dell'immigrazione non sia una questione di natura sociale, non sia una trasformazione che è in atto nelle nostre società, ma sia solo ed esclusivamente una questione di sicurezza, una problematica di ordine pubblico, quando, in realtà, vi è un tema molto più complesso e molto più vasto all'interno di questo fenomeno, che esigerebbe, imporrebbe, richiederebbe una politica, una capacità di governo, che però questo articolo 1 declassa a rango di un'operazione da questurini.

A noi preoccupa molto, vede, signora Presidente, l'ultimo periodo dell'articolo 1, il quale dice che il provvedimento in questione, quello che noi stiamo contestando perché non può essere nel rispetto degli obblighi internazionali, viene adottato da chi? Dal Presidente del Consiglio, che è la più alta autorità presente nel Governo? No. No, il Presidente del Consiglio viene trasformato, ridotto, declassificato in un soggetto al quale bisogna dare una mera comunicazione. Tutta questa operazione viene fatta con un decreto del Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro della Difesa e con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, informandone il Presidente del Consiglio. Ora, se noi ci trovassimo in una condizione come quella che è accaduta quindici giorni fa e se, per ipotesi, dovesse scoppiare un incidente internazionale che coinvolgesse il nostro Paese, un incidente diplomatico, come pur può accadere in vicende così delicate e così complesse, il Presidente del Consiglio, che è la massima autorità nel nostro ordinamento, che cosa fa? Si prende la velina del questore, la legge e magari, a fronte di una telefonata di proteste o una richiesta da parte di un omologo Capo del Governo di un altro Paese, dice: “Adesso, scusi, aspetti, mi informo presso il Ministro dell'Interno”? Ma vogliamo veramente immaginare che il Presidente del Consiglio, nell'ordinamento positivo del nostro Paese, sia trasformato al rango di passacarte, che viene informato di tanto in tanto rispetto a questioni di carattere addirittura di ordine pubblico? Questo è il punto, stiamo completamente snaturando.

Credo che sotto questo profilo, se veramente questo è l'obiettivo, dovreste modificare la legge n. 400 del 1988, che è quella che regola il modo con il quale la Presidenza del Consiglio applica i contenuti previsti dalla Costituzione rispetto al potere di coordinamento del Primo Ministro. Voi qui state surrettiziamente modificando addirittura la natura istituzionale della nostra impalcatura politica e costituzionale, così, per una norma che crea un una serie di problematiche e che inevitabilmente verrà portata, in varie circostanze e in varie questioni, di carattere giurisprudenziale, per arrivare poi, alla fine, ad essere abortita. Ma a voi questo non interessa assolutamente: voi avete bisogno esclusivamente che si verifichi, ancora una volta e per quante volte, un caso Diciotti, un caso Sea-Watch, perché tanto c'è sempre un Parlamento prono a sollevare il Ministro dell'Interno rispetto alle proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Perché, nel nostro Paese, tutti sono chiamati a dover rispondere davanti alla legge tranne uno, che richiama all'ordine la sua maggioranza parlamentare e dice: “Ragazzi, forse non avete capito, adesso a casa tutti”. Con la differenza che lui sa di poter tornare qui, ma - guardo i banchi desolatamente vuoti del MoVimento 5 Stelle, che sono già, forse, anticipatori di quella che sarà la futura legislatura, per loro - altri hanno invece la certezza di non tornare mai più. E quindi, sotto questo schiaffo di questo ricatto permanente, che oramai è sotto gli occhi di tutti gli italiani per tutto – per tutto –, ogni qualvolta c'è una problematica che investe le relazioni tra le due forze di Governo il Ministro Salvini, con una cadenza oramai puntuale come un cronometro svizzero, annuncia urbi et orbi che o si fa così o tutti a casa; o si fa così sull'autonomia o tutti a casa, o si fa così sulle infrastrutture o tutti a casa, o si fa così sulla politica dei porti chiusi, che chiusi non sono, o tutti a casa, o si riammettono gli emendamenti che io, Ministro dell'Interno, pretendo di rimettere qui dentro, caro Presidente Fico, o tutti a casa, e via di questo passo. Bene, tutta questa impostazione cosa porta?

Porta a una situazione nella quale, oltre ad avere creato questa bandiera da sventolare in ogni circostanza ideologica, vi può consentire, ogni qual volta che arriva una nave di una ONG, di stabilire che avete in mano un'arma che è spuntata, ma che intanto serve per poter costantemente alimentare la retorica, che costruisce, supporta e struttura questa battaglia ideologica che è sostanziata all'interno di questo decreto, rispetto alla quale vi è una problematica di sicurezza pubblica ogni qualvolta vi è una nave al largo delle acque territoriali di Lampedusa che giustifica tutto.

In realtà voi - e qui torniamo all'elemento di perfetto allineamento rispetto alla questione dell'impostazione russa - non state facendo null'altro che trasferire all'interno di questo decreto tutti i concetti che noi abbiamo letto e che abbiamo, come dire, percepito in tutta questa retorica ideologica, che da su in giù ispira questa internazionale sovranista che in maniera pervicace sta occupando le nostre istituzioni, perché non sarà mica un caso che il servizio pubblico, la RAI, Radiotelevisione italiana, su questi temi ha tenuto un'informazione che in alcune testate ha superato il livello tollerabile della vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è un caso, perché è chiaro che se tu metti alla presidenza della RAI un sovranista che aveva rapporti stretti con tutti gli ideologi russi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e che ha come funzione quella di portare in Italia quel tipo di cultura, è di tutta evidenza che c'è bisogno di uno strumento, di una leva su cui poter imbastire una politica. Ecco perché il vostro è un decreto ideologico, ma essendo ideologico non sarà in grado di risolvere il problema. Peraltro, questo a voi non interessa perché voi non siete lì per risolvere il problema: voi siete lì per enfatizzare il problema. State facendo lo stesso errore di quel medico che, non sapendo come curare le cause della malattia per la quale una persona ha la febbre, anziché tentare di risolvere la cura prende la mano e il polso della persona malata e le urla: “Hai la febbre”; e quindi, prima o poi, siccome il paziente non è fesso, si accorgerà dell'incapacità del medico di fornire una reale diagnosi.

La verità di questa vicenda è tutta qui e, se la volete dire con un tweet, questo decreto è un “decreto vergogna” perché alla radice vuole imporre a chi guida una nave di non raccogliere a bordo i naufraghi che incontra per la sua strada: punto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Questa è la verità rispetto a tutte le chiacchiere che abbiamo fatto qui dentro!

Come diceva qualcuno, che la sapeva sicuramente molto più lunga di me, siccome la verità è sempre rivoluzionaria a voi dà fastidio poterla dire. Bisogna tacitare queste fastidiose opposizioni, possibilmente non mandarle in onda, evitare che vi sia un adeguato confronto e dibattito dialettico all'interno di un servizio pubblico prono ai voleri della voce del padrone. Sempre un altro che aveva studiato molto più di noi, a proposito di verità diceva che la verità è illuminante perché ci aiuta a essere coraggiosi. Io credo che questo sia il momento, soprattutto nel momento in cui qualcuno che oggi fa questo decreto ritiene di avere il vento in poppa, di essere coraggiosi per dire al Paese che questa è tutta una grande straordinaria finzione che prima o poi si sgonfierà e lì ci saremo ad aspettarvi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carnevali. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie. Presidente, Governo. Il decreto che ci troviamo oggi a discutere in Aula mira, nelle intenzioni del Governo, ad attenuare le paure dei nostri concittadini, paure che sono sostenute soprattutto dalla costruzione di un allarme invasione smentito dai dati reali e che produce come effetto l'amplificazione dei timori dei nostri conterranei.

C'è un libro molto illuminante che credo ci possa aiutare a capire quello che è avvenuto, grazie al contributo tangibile e soprattutto all'attività di questo Governo. È un libro di Nando Pagnoncelli che s'intitola La Penisola che non c'è e che fa vedere come funziona in questo momento lo strabismo italiano, perché i cittadini pensano, ovviamente sulla base delle informazioni che gli vengono fornite, che un quarto dei cittadini italiani sia di provenienza straniera, il 26 per cento, quando siamo di fronte al 9 per cento. Così, si pensa che il 20 per cento sia di religione islamica, quando invece lo è il 3,7 per cento, e nell'analisi dei sondaggi l'immigrazione viene vista come il maggior flagello a livello nazionale; ma quando poi si interrogano gli stessi concittadini su quali siano le emergenze che invece dovrebbero essere risolte a livello nazionale, il tema migratorio si trova praticamente al penultimo posto, dopo i problemi di natura ambientale.

Questo provvedimento suscita perplessità e contrarietà molto forti sul piano dei contenuti, della visione dei rapporti tra individui e le formazioni sociali dello Stato, sul piano delle garanzie che lo animano e su chi le ha concepite, nonché sullo strumento normativo utilizzato, come giustamente il giudice Natale di Torino ha evidenziato.

Questo decreto punta a costituire misure in materia di immigrazione e di sicurezza pubblica, ma peccato che poi di immigrazione se ne occupi soltanto in maniera a volte propagandistica e soprattutto a tratti spietata. Partiamo, dunque, dalla straordinaria necessità e urgenza di intervenire con il decreto, cosa che viene spesso richiamata all'interno del decreto. Se siamo convinti della necessità anche urgente di politiche migratorie compiute e coerenti, che non avete messo in campo nel nostro Paese, è evidente che non si può condividere, invece, l'obiettivo con cui è nato questo decreto. Le ragioni di questa straordinaria necessità e urgenza che muovono questo decreto richiamano soprattutto il rischio di nuove ondate migratorie in considerazione degli scenari geopolitici internazionali. Però, questa è un'urgenza chiaramente contraddetta dai numeri degli sbarchi, in netto calo già rispetto a due anni fa. L'emergenza sbarchi era già finita nei primi cinque mesi del 2018 - di certo non per merito nostro - con un calo del 78 per cento rispetto a quelli del 2017. Un calo e un risultato che riflettono le politiche adottate nella scorsa legislatura, senza bisogno di fermare il Paese al grido “chiudiamo i porti” e continuando a salvare vite umane attraverso la collaborazione di chi collaborava nel Mediterraneo.

Per capire l'entità di queste paventate minacce è anche utile ricordare qualche dato velocemente. Facendo riferimento, per esempio, ad Agrigento, che è il punto di riferimento degli sbarchi di Lampedusa, ci sono stati 231 sbarchi con poco più di 11 mila persone straniere. Nel 2018 il dato è calato, con 218 sbarchi e 3.900 immigrati. Nel primo semestre di quest'anno ci sono stati 49 sbarchi con mille immigrati; di questi quelli riferiti ai salvataggi delle ONG sono una porzione assolutamente minore e per quanto riguarda il 2019 assolutamente insignificante. Questa è la ragione per cui viene smentita l'esigenza dell'urgenza, soprattutto nei confronti di una politica penalizzante nei confronti dell'ONG.

È desolante parlare in quest'Aula ed è desolante soprattutto vedere la totale assenza di una parte rilevante degli alleati di Governo. Dico ciò in particolare a chi in questo momento rappresenta il Governo. Lei lo ricorderà bene e ricorderà bene che nel precedente Governo, nella Commissione d'inchiesta sui centri di accoglienza, avevamo una persona che per me era una persona perbene. Si chiamava Marco Rondini, rappresentante della Lega che forse non è molto affine a questo nuovo filo salviniano; poi c'erano altri tre rappresentanti, uno è Brescia, attualmente il presidente della Commissione affari costituzionali, mentre le altre erano la collega Lorefice e la collega Vega, che non c'è più.

La cosa che sorprende - e qui rimane solo un rappresentante del MoVimento 5 Stelle che spero possa almeno riferire, vista l'assenza totale - è che si smentisca non facendosi complici di questo decreto. Infatti, si parla diversamente, rispetto a ciò che si affermava allora nelle audizioni del Ministro Minniti, sull'inutilità di mettere barriere che, comunque, saranno oltrepassate e sulla richiesta di mettere parole definitive, da parte del Governo di allora, sulla chiusura di tutti i centri di accoglienza. Si contribuisce, invece, ad approvare il “decreto Salvini I”, madre di tutti i decreti, che va esattamente nella direzione contraria, rinnegando peraltro le dichiarazioni sulla Libia e su un porto sicuro, che sono state fatte anche recentemente, chiedendo di lavorare sui corridoi umanitari e accomodandosi a politiche di respingimento dei naufraghi invece di punizioni eclatanti e assurde assunte nei confronti delle ONG.

Tuttavia un'urgenza c'è, Governo, ma è l'urgenza di ritornare a salvare le vite umane. I dati riportati dall'UNHCR dimostrano che, accanto ad un calo di arrivi, si assiste ad un incremento drammatico del numero di morti nel Mediterraneo in rapporto al numero delle persone arrivate in Europa. Qualcosa che dovrebbe far rabbrividire, quest'analisi drammatica: si passa infatti da una persona morta o scomparsa ogni 269 nel 2015, a uno ogni 51 nel 2018, con un rapporto ancora più drammatico se consideriamo la sola area del Mediterraneo centrale, che da più vicino ci riguarda, dove nel 2019 fino al 30 giugno si stima che abbiano perso la vita 341 migranti, con un rapporto, rispetto agli arrivi, di una persona morta su 8. Qualcosa che dovrebbe farvi rabbrividire, e anche soprattutto farvi in qualche modo smuovere le coscienze rispetto a quello che state prevedendo con questo decreto-legge: non si tratta di numeri, si tratta di vite umane che pesano sulle nostre, sulle vostre coscienze.

Questa è la vera urgenza, per cui servirebbero misure in materia di immigrazione adeguate, servirebbe un piano strategico, strutturale, che preveda sì la cooperazione con i Paesi di partenza e il ritorno ad operazioni di salvataggio massicce nel nostro mare. L'urgenza di politiche che vadano innanzitutto condivise con gli altri Paesi europei: siamo passati da Mare Nostrum, Triton, adesso Sophia, l'operazione Sophia ha salvato nel 2015 45 mila vite umane dai pericoli del mare e dai trafficanti di uomini.

Tuttavia le operazioni di salvataggio sono state fortemente ridimensionate per la volontà di questo Esecutivo: un errore enorme, un errore madornale, perché la presenza nel Mediterraneo è un punto che dev'essere inamovibile in un progetto di costruzione di politiche migratorie. Invece questo Governo cosa fa? Non solo non muove un dito: anzi, ostacola apertamente chi sta operando per salvare vite umane; e lo fa anche nei modi diversi, alcuni più subdoli, altri più espliciti, come questo decreto-legge. Lo fa denigrando le organizzazioni non governative e i loro operatori, prima chiamandoli taxi del mare, i secondi poi li chiama pure criminali. Lo fa con le battute sui social del Ministro dell'Interno e le sue allusioni al legame tra le ONG e il traffico di migranti, legame che è stato smentito anche dal procuratore di Agrigento Patronaggio nell'audizione alla Camera. Una criminalizzazione della solidarietà che parte inserendo in questo decreto-legge sanzioni pesanti amministrative a carico del comandante armatore, del proprietario delle navi che violino i limiti e i divieti imposti dal Ministro dell'Interno, a cui allo stesso tempo si conferiscono maggiori poteri per vietare o limitare l'ingresso, il transito o la permanenza in acque territoriali di navi.

Sanzioni che nemmeno alla criminalità organizzata vengono attribuite, in questo caso senza misura, senza ragionevolezza e razionalità. Uno strappo formale di competenze tra il Ministero e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che passano da lì, e il Ministero dell'Interno, un ridimensionamento del ruolo di un Ministro indifendibile, molto probabilmente nemmeno da questo Governo; insieme alla Ministra Trenta che ha avuto lo scomodo dovere di andare a spiegare al Ministro dell'Interno quale ruolo spetta alla Difesa, nella più totale solitudine, mentre l'altro Vicepremier si affaccendava a suon di comunicati a smentire una crisi di Governo al giorno.

Un movimento, quello dei 5 Stelle, che non passa giorno non sia disposto ad accettare i ricatti politici della Lega, smentendosi, cambiando pelle, con mutazioni persistenti, diventando un organismo geneticamente modificato. Così tutto è pronto per una nuova politica dei porti chiusi: una politica criticata dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha evidenziato la radicale incompatibilità con gli obblighi derivanti dalle convenzioni sul diritto internazionale del mare. Una politica che causerà ovviamente un ulteriore disincentivo alla presenza delle ONG sul Mediterraneo, di ritornare proprio in mare per invertire i tragici trend degli ultimi mesi.

Da un accordo che abbiamo sottoscritto nel precedente Governo con tutte le ONG sulle attività di soccorso, sottoscritto dall'allora Ministro Minniti, quello che viene chiamato il codice di condotta, siamo passati invece alla presa di posizione, alla presa di mira delle organizzazioni non governative. Dietro l'attacco frontale alle ONG si cela una politica estera confusa, nevrotica, contraddittoria, isterica anche, nei confronti della Libia, ed una situazione sempre maggiore di instabilità nella gestione del flusso migratorio.

Gli effetti del primo decreto-legge “sicurezza” hanno contribuito a creare solo maggior disordine: i dati dimostrano - ve li hanno già ricordati i miei colleghi prima - che hanno generato solo maggiore irregolarità, una politica dei rimpatri inefficace, una maggiore responsabilità ai vostri cari enti locali che avete lasciati soli, e non c'è nessun Daspo che aiuti gli enti locali a risolvere il problema dell'irregolarità con mezzi inferiori rispetto alla gestione del fenomeno migratorio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), invece di partire dal superamento della legge “Bossi-Fini”, oggi come mai inadeguata a gestire il fenomeno migratorio. Perché serve lavorare perché ci siano canali di ingresso regolari, ma introducendo meccanismi di ingresso per il lavoro, perché domanda di lavoro c'è; ricorrendo all'intermediazione tra domanda e offerta, al pieno inserimento nella società della popolazione straniera, oltre alla necessità di una garanzia di parità di accesso alle prestazioni sociali a 5 milioni di stranieri regolarmente residenti e paganti le tasse. Un rapporto tra diritti e doveri - sì, doveri - equi e giusti come lo si richiede ad ogni cittadino, a condizioni per cui ognuno si debba sentire partecipe alla costruzione e alla realizzazione della nostra Repubblica.

Un decreto-legge, questo in discussione, che presenta sin dall'articolo 1 (mi ha rubato le parole il collega Borghi) un evidente ossimoro. Spiego che cos'è un ossimoro, ancorché penso che lo sappiate in modo molto chiaro: è una figura retorica consistente nell'accostare parole che esprimono concetti contrari. Ecco, di questo stiamo parlando: non ricordo qui tutte le convenzioni internazionali, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, le Convenzioni SOLAS, SAR; le hanno già citate gli altri colleghi.

Insomma, se vogliamo davvero guardare al rispetto degli obblighi internazionali, non si spiega quello che invece viene presentato in questo decreto-legge, ed è evidente che la politica dei porti chiusi così è illegittima: altro che rispetto degli obblighi internazionali! È un decreto-legge che propone una politica migratoria - se così si può chiamare - senza senso, che non riguarda in alcun modo il più importante organo politico in cui trattare questa materia, che è il Parlamento europeo. Oltre all'assenza del nostro Paese, del nostro Ministro, siamo ormai a sette assenze su otto, così, tanto per ricordarlo a questa Camera, siamo anche passati, sempre grazie a questo Governo, dall'obbligo della relocation per tutti i Paesi dell'Unione europea, alla scelta volontaria, che voi avete sottoscritto, e che ha fatto gran comodo ai Paesi di Visegrád, che non avranno nemmeno più la preoccupazione di subire le sanzioni.

Sempre restando sull'importanza di una sinergia con l'istituzione europea, come non citare il Ministro dell'Interno, che tanto attacca a spada tratta l'Europa, e poi, come possiamo vedere, non si presenta e non è mai presente dove l'Italia potrebbe contare? Lì sì che sono gli interessi di questo Paese, lì sì che dovremmo esserci e invece lo facciamo attraverso le lettere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Questo dimostra tutta l'incompiutezza da parte del nostro Ministro.

Ed ancora, guardate, mi viene persino da fare una provocazione: va bene che adesso avete rinunciato anche ad avere il commissario europeo, ma perché non avete chiesto di avere il commissario all'immigrazione e gli affari interni in Europa? Sarebbe stato un po' scomodo di questo periodo, visto che c'è l'idea anche di una Commissione d'inchiesta al Parlamento europeo sul caso del Russiagate; o forse anche perché, molto probabilmente, non sareste stati capaci di avere l'appoggio di tutti i Paesi, a partire dai vostri Paesi alleati, con i quali siete andati a Milano a fare le manifestazioni. Ecco, questo è quello che sta avvenendo con questo Governo! E così il risultato di questa politica di propaganda e dei porti chiusi e della tolleranza zero, per citare uno slogan tanto caro, rischia seriamente di provocare un aumento del tasso di mortalità del Mediterraneo, quale diretta conseguenza dell'assenza di un dispositivo strutturato di ricerca e salvataggio.

Questo decreto-legge serve ad una sola cosa: a nascondere le inefficienze, l'incapacità di questo Governo a far fronte alle esigenze di crescita, di sviluppo di questo Paese, a garantire la fiducia negli investitori, nelle imprese, nei lavoratori, a fare un vero piano delle periferie invece di smantellarlo, a riprendere il programma di Renzo Piano che avete accantonato, a tornare ad investire in infrastrutture ed in politiche di sostenibilità ambientale.

Vede, prima, il mio collega Borghi ha utilizzato una metafora, che è quella del medico e delle malattie, ebbene, questo decreto, in realtà, è semplicemente un placebo, non è una medicina per la nostra sicurezza. Invece, questo decreto è pericoloso per il potere esorbitante che viene dato a questo Esecutivo. Questo Governo, invece, è un danno reale per la credibilità del nostro grande Paese e delle sue potenzialità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (PD). Grazie, Presidente. Ancora una volta vediamo un decreto inutile, di sola propaganda, che non fa nulla per risolvere i problemi di sicurezza dei nostri concittadini. Il “decreto insicurezza-bis” è un'altra delle bandiere sventolate da quello che posso tranquillamente definire il Ministro della paura, il Ministro Salvini. Un provvedimento che non interviene per niente sulle necessità di sicurezza del Paese come, appunto, la lotta alla mafia, la lotta al terrorismo, al lavoro nero, magari, al caporalato; paradossalmente non interviene, per mancanza di risorse sufficienti, nemmeno sul tema dei rimpatri, non aumenta i fondi per l'accoglienza e nemmeno per l'integrazione.

I successi, anche più recenti, sono ascrivibili alla bravura delle nostre forze di polizia, ma sicuramente non al Ministro Salvini, bravo solo a fare campagne elettorale, un Ministro che, invece, latita dal Parlamento, dove rifiuta di venire per riferire su “Moscopoli” e i presunti finanziamenti illeciti che il suo partito avrebbe ricevuto da una pseudo-democrazia come la Federazione Russa, un Ministro che sdegna le convocazioni in Commissione antimafia fino a dicembre scorso e che senza vergogna accoglie le parti sociali al Viminale accompagnato da un suo uomo indagato per corruzione, come Armando Siri.

In questo decreto, invece, non vengono corretti gli errori e le oscenità del decreto “Salvini uno”, come appunto un grande problema, quello delle targhe “estero”, che sta affliggendo molte delle nostre comunità italiane all'estero quando rientrano in Italia o i lavoratori transfrontalieri che abitano, appunto, al confine tra il Nord Italia e la Svizzera. Non si è posto rimedio neanche all'inasprimento e ai tempi raddoppiati per l'ottenimento della cittadinanza per matrimonio misto, per matrimonio, i cui requisiti sono stati resi molto più stringenti. Ma, soprattutto, questo decreto non corregge quelle misure oscene che hanno indebolito il nostro sistema di accoglienza, eliminando l'istituto della protezione umanitaria e smantellando un esempio virtuoso di accoglienza diffusa, come era, appunto, il sistema degli SPRAR; misure che fino a oggi hanno creato oltre 60 mila invisibili, persone, non criminali, persone, che, appunto, non sono in regola e, quindi, sono obbligate a stare in strada e che vanno ad aggiungersi agli oltre 10 mila abitanti delle baraccopoli in tutta Italia, buttando ulteriore benzina sul fuoco dell'emergenza abitativa.

Inoltre, Presidente, è difficile capire quali siano la necessità e l'urgenza tali da giustificare l'uso di un decreto-legge. Il Ministro dell'Interno continua a declamare, a gran voce, la diminuzione degli sbarchi, ma sappiamo molto bene, come appunto ricordava la collega Carnevali poc'anzi, che questo è imputabile, semmai, all'operato del Ministro Minniti, mentre invece sotto l'operato del Ministro Salvini abbiamo assistito al tragico aumento delle morti in mare, in proporzione agli attraversamenti. Cosa giustifica, allora, l'urgenza di questo decreto? Io me lo chiedo. Un provvedimento che non rappresenta nessuna riforma organica del nostro sistema di accoglienza; misure spot, cosmetiche, che al massimo prevedono un semplice inasprimento delle pene, altro carburante per la campagna elettorale del Vicepremier con i 5 Stelle che abbaiano alla luna, ma, de facto, sono meri esecutori. Un provvedimento più contro le ONG che contro gli scafisti, un decreto che non aumenta la sicurezza dello Stato, non corregge gli errori del passato, illegittimo, ma, soprattutto, sbagliato nella sostanza.

L'articolo 1 sancisce che il Ministro dell'Interno può vietare l'accesso alle acque territoriali di qualsiasi imbarcazione non governativa per motivi di ordine e sicurezza o in caso di violazione delle leggi dell'immigrazione. Ci mettiamo qui ad affidare l'accesso alle nostre coste al libero arbitrio del primo ministro che passa; con quale diritto, mi chiedo? Veramente vogliamo multare chi salva dei naufraghi? Ma si meritano dei premi, non delle multe, o almeno la cittadinanza onoraria, non l'espulsione. Invece, con gli emendamenti targati Lega si portano a 150 mila euro e fino a un milione di euro le multe per le navi che violano il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane e con gli emendamenti del MoVimento 5 Stelle si prevede la confisca immediata delle imbarcazioni. Nella prima versione del decreto, addirittura, censurata poi dal Quirinale per fondatissimi dubbi di costituzionalità, al primo punto del decreto erano stabilite le sanzioni amministrative per chiunque prestasse operazioni di soccorso in acque internazionali, una pietra tombale sul salvataggio di vite umane, alla faccia di chi perde la vita per raggiungere le nostre coste, dei morti che continuano a moltiplicarsi nei nostri mari nel quasi silenzio dei media italiani.

Data la legislazione vigente contro i trafficanti di esseri umani è ovvio che questa norma avrà, come unica conseguenza, quella di criminalizzare le ONG e gli operatori umanitari e, appunto, alimentare la campagna d'odio del Ministro Salvini. Anch'io ero a Lampedusa, dove ho potuto vedere con i miei occhi i referti clinici stilati dagli ottimi medici e infermieri che operano nell'hotspot dell'isola sui migranti che transitano nel centro. Erano evidenti i segni di percosse fisiche e psicologiche su quei migranti che, appunto, venivano dai campi di detenzione in Libia. A detta stessa degli operatori, è una condizione che riguarda quasi la metà di tutti gli immigrati che appunto arrivano dalla rotta libica, percosse fisiche e psicologiche subite non da criminali, ma da persone alla ricerca di un futuro migliore, in fuga da guerre, carestie o catastrofi naturali.

Con questa norma, invece, un Ministro dell'Interno qualunque potrà decidere di lasciare in mezzo al mare imbarcazioni con a bordo rifugiati che potrebbero aver bisogno di aiuto. Con quale autorità può un Ministro, in autonomia, stabilire se si è in presenza di un reato o meno, come appunto ricordava il collega Fiano poco prima di me?

Nulla, invece, si vede per quanto riguarda la vera riforma necessaria, il superamento della legge Bossi-Fini o la riforma del Trattato di Dublino a livello europeo. L'immigrazione va gestita, governata, ma non con misure inutili o crudeli, quali la chiusura dei porti o il blocco navale, come paventato da Fratelli d'Italia. Bisogna identificare i migranti, dare asilo ai rifugiati e accogliere la forza lavoro che possiamo assorbire, ma per fare questo occorre farli attraccare, non lasciarli in mezzo al mare contro i più semplici principi di umanità. Affrontare il tema dell'immigrazione non è un videogame e verrà il momento dove gli italiani capiranno che tutto questo non porta a nulla. Al Ministro Salvini ovviamente non interessa risolvere i problemi, lo ricordavamo poco fa: diserta i Consigli europei, che sono i luoghi dove si prendono le decisioni che contano, così come quando, da parlamentare, marinava il Parlamento europeo.

Questo provvedimento è un insulto anche alla storia dell'emigrazione italiana nel mondo; oltre ad essere sbagliato, di fatto, attua, con una norma di rango primario, la politica dei porti chiusi che appunto non rende fede a quelle decine di milioni di italiani, di connazionali che hanno trovato accoglienza in tutto il mondo negli ultimi secoli, che con il loro sudore e la loro fatica si sono gradualmente integrate, anche nelle circostanze più difficili, negli altri Paesi, appunto, quando, allora, eravamo noi a chiedere politiche di accoglienza e di integrazione agli altri Paesi, anche a fronte di gravi pregiudizi e stereotipi nei nostri confronti.

The New York Times, nel 1909, scriveva: “Si suppone che l'italiano sia un grande criminale. L'Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti (…) è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio, è ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto”. All'epoca, appunto subivamo questi pregiudizi e oggi li attuiamo invece contro le persone che cercano un rifugio sulle nostre coste e, oggi, appunto, le forze di questo Governo e Fratelli d'Italia disconoscono la nostra storia e quel patrimonio di esperienze fondato sui valori dell'accoglienza e dell'integrazione.

Questo provvedimento è anche frutto di una politica sanzionata dalle Nazioni Unite; la cosiddetta politica dei porti chiusi è stata oggetto di severe critiche da parte dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha evidenziato la sua radicale incompatibilità con gli obblighi derivanti dalle convenzioni SAR, UNCLOS e anche, come ricordava Enrico Borghi, SOLAS. Vorrei un attimo ricordare, ripeto, le Nazioni Unite, non una ONG, ma ciò che rappresenta il pilastro della nostra politica estera, il multilateralismo. L'interdizione delle attività di soccorso prestate dalle ONG comporta gravi rischi per i diritti fondamentali dei migranti, destinati in misura sempre maggiore a perdere la vita in un naufragio oppure ad essere recuperati dalla guardia costiera libica e ricondotti in un Paese dove le detenzioni arbitrarie, la tortura e le violenze sessuali sono all'ordine del giorno, ma, soprattutto, questa, è una norma semplicemente immorale. L'articolo 1 di questo decreto, Presidente, caratterizza l'arretramento culturale che questo Governo vuol far fare al nostro Paese, che non rende fede alla nostra storia recente, ma nemmeno alla nostra cultura. Già nell'Eneide di Virgilio i profughi che in seguito diventarono i fondatori di Roma e, quindi dell'Italia, si esprimevano così contro chi li respingeva in mare: “Qui, in pochi, nuotammo alle vostre spiagge. Che razza di uomini è questa? O quale patria così barbara permette simile usanza? Ci negano il rifugio della sabbia; dichiarano guerra e ci vietano di fermarci sulla terra più vicina. Se disprezzate il genere umano e le armi degli uomini temete almeno gli Dei, memori del bene e del male”.

Esiste la legge superiore della moralità, che nessun decreto può negare o emendare; come un'ambulanza ha il diritto di passare con il rosso, così è inviolabile l'imperativo categorico di soccorrere i naufraghi in mare e di portarli in un porto sicuro. Interrogata dal re Creonte sul perché avesse violato la legge, Antigone di Sofocle, oltre ventiquattro secoli fa, diceva: “I tuoi bandi, o Creonte, io non credei che tanta forza avessero da far sì che le leggi dei Celesti non scritte, ed incrollabili, potesse soverchiare un mortal: ché non adesso furono sancite, o ieri; eterne vivono esse; e niuno conosce il dì che nacquero”.

Presidente, vediamo violati i più semplici principi morali e i veri problemi non vengono affrontati: dal Governo non c'è neanche una parola menzionata dal vero dossier di pubblica sicurezza che ha coinvolto il nostro Paese, il dossier libico. Dal Ministro Salvini nemmeno una parola: quello sì che è un problema primario, ma questo è un Governo troppo miope che non guarda alle cause dei problemi e, invece di pensare alla stabilizzazione della Libia, chiude i porti, come se si potesse fermare il vento con le mani. Il Ministro degli Affari esteri del Governo, Moavero Milanesi, è stato in Libia solo una volta ad agosto 2018 e nulla si è tentato dopo il grande fallimento della Conferenza di Palermo, quando invece ci vuole un piano per far cessare la guerra civile, ci vuole un piano per chiudere immediatamente tutti i centri di detenzione migranti e ci vuole un piano con politiche che prevedono i rimpatri volontari e corridoi umanitari. È ormai chiaro a tutti che in Libia non ci sono porti sicuri, come appunto hanno evidenziato nei loro interventi le onorevoli Quartapelle e Bruno Bossio.

Le altre misure previste nel decreto, invece, riguardano l'inasprimento delle sanzioni relative alle manifestazioni pubbliche con l'intensificazione del Daspo e un giro di vite sui rapporti tra società sportive e tifoseria violenta. Non so se con questo il Ministro Salvini abbia voluto mettere una toppa alle sue frequentazioni nella curva sud del Milan. Io rammento all'Aula che domenica 16 dicembre 2018, il Ministro dell'Interno Matteo Salvini partecipò alla festa per i cinquant'anni dell'associazione Curva Sud. Ad alcuni giornalisti che erano presenti all'evento, che gli chiedevano conto dell'opportunità di incontrare un gruppo che è stato autore di diverse violenze in passato, Salvini disse che alla festa c'erano tante persone perbene, pacifiche, tranquille e che, in fondo, lui è un indagato in mezzo agli indagati. Ma si fa il caso che tra le persone che il Ministro Salvini stava incontrando c'era anche un certo Luca Lucci, capo dell'associazione, che era molto più che un semplice indagato: nel 2009 fu condannato a quattro anni di carcere per aver fatto perdere un occhio a un tifoso interista durante una rissa e solo tre mesi fa ha patteggiato un anno e mezzo in carcere per spaccio di droga. Secondo la ricostruzione degli investigatori, era al centro di un giro di spaccio organizzato messo in piedi da criminalità organizzata calabrese e albanese. I fotografi lo hanno ripreso mentre Luca Lucci chiacchiera con il Ministro Salvini tra ampi sorrisi e calorose strette di mano, come scrisse all'epoca il Corriere della Sera. Insomma, il messaggio è molto, molto chiaro: nei fatti chi spaccia e mena si merita strette di mano e sorrisi; chi scappa dalla guerra o dalla fame si merita di aspettare settimane in mezzo al mare o sotto al sole, messaggio molto chiaro. Questo decreto è figlio di un contesto culturale molto chiaro. Presidente, è un provvedimento sbagliato, inutile, pericoloso e indegno, che culturalmente deriva da un'idea di un'emergenza securitaria che non esiste perché il numero di reati continua a diminuire anno dopo anno; dal discorso dell'invasione inventata per scopi elettorali; dal lessico della sostituzione demografica, della politica identitaria che sta ridando nuovo ossigeno a movimenti di estrema destra in tutto il mondo che comincia qui in Italia con la chiusura dei porti e passa dai muri di Trump, di Orbán o anche di Fedriga nel Friuli Venezia Giulia ma che poi, portata all'estremo, arriva a propri atti di terrorismo come quelli perpetrati negli ultimi anni dall'estrema destra suprematista, al pari dell'estremismo islamico, che porta all'assassino dei parlamentari come Jo Cox nel Regno Unito, Walter Lübcke in Germania o l'eccidio di Utøya dove esattamente otto anni fa, oggi il 22 luglio 2011, settantasette persone persero la vita per mano dell'estremista di destra Anders Breivik. La maggior parte di loro erano giovani attivisti de l'AUF, l'ala giovanile del Partito laburista norvegese, che noi ricordiamo oggi perché chi ha compagni non muore mai.

Per tutte queste ragioni, Presidente, voterò convintamente «no» la provvedimento che, ancora una volta, se la prende con gli ultimi, a conferma del fatto che il Governo è forte con i deboli e debole con i forti, intransigente e giustizialista con rifugiati e ONG, garantista e morbido con amici di partito indagati per corruzione o democrature putiniane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lepri. Ne ha facoltà.

STEFANO LEPRI (PD). Grazie, Presidente. Il decreto che discutiamo oggi continua la tragedia che ogni giorno mettete in scena. D'altronde, governate con le emozioni forti, dove alla fine l'emozione più forte, però, è quella che trasforma la paura in odio. Ogni evento che narrate ha bisogno di un nemico e il primo atto di questa vostra tragedia - io ho contato cinque atti - è esattamente questo: qual è il nemico che dobbiamo mettere in scena oggi? È il nemico che avete sbattuto in queste settimane - non solo in queste ultime settimane - sui giornali: le organizzazioni non governative, questa roba così strana che gli italiani non conoscevano e che ora hanno conosciuto. Non importa se ne arrivano pochi, ormai, di disperati: la colpa è di qualcuno. Ma la colpa poteva essere, ed è effettivamente, magari della coda del colonialismo dei trafficanti di armi, del furto delle terre, che in Africa è sempre più drammatico, del grande capitale internazionale: no, tutto questo non si ricorda. La colpa è di quelle povere – o ricche, a seconda di come le volete dipingere – ONG, che non sono altro che un raccogliticcio mondo di fanatici figli di papà, fricchettoni, che passano il loro tempo a raccattare disperati nel Mar Mediterraneo. La retorica di questo decreto comincia così, con quel colpevole, quando ben altri sono i responsabili di tante tragedie che spingono migliaia e migliaia di persone a scappare dai tanti inferni dell'Africa.

Il secondo atto della vostra tragedia è titolato: rimpatriamoli. Lei, Ministro Salvini e lei, sottosegretario, sapete di aver già fallito in partenza. Lo dicono i dati: poche migliaia di rimpatri a fronte dei 600 mila rimpatri promessi in campagna elettorale, manco un accordo in più, manco un accordo in più con un Paese da cui provengono gli immigrati irregolari. E, allora, che cosa pensate di fare in questa ubriacatura di retorica che continua anche con questo decreto? Stanziate ben, udite udite, 2 milioni di euro - 2 milioni di euro - una cifra enorme, lo dico ovviamente ironicamente per chi mi sta a sentire, estensibili fino a 50 milioni di euro – anche questa è una cifra ridicola – per favorire i rimpatri. Lo dite in un modo molto subdolo, insomma perché non potete dirlo in modo esplicito: un Fondo che premia le politiche di rimpatrio servirà forse per dare qualche migliaia di euro a chi sarà rimpatriato? Potrebbe essere una cosa ragionevole, ma perché non lo dite, e lo scrivete tra le righe? Può essere un modo per incentivare i Paesi di origine? Certamente, ma non sono solo questi pochi milioni a poter convincere quei Paesi a fare davvero una politica di accoglienza per chi voglia entrare. Non c'è un disegno e non l'avete rappresentato in questa sede per favorire il rimpatrio ai siti volontari che sono, come sapete, un modo attraverso cui si può controllare e in qualche modo gestire i flussi di immigrazione irregolare, o anche regolare, di persone che hanno terminato una presenza nel nostro Paese, che magari prendono atto del loro fallimento e che magari, se opportunamente incentivati, potrebbero tornare. Nulla di tutto ciò c'è nei vostri disegni: c'è semplicemente, di nuovo, un po' di retorica. Si potrebbe, per esempio, prevedere di incentivare i rimpatri ai siti volontari con il riscatto dei contributi previdenziali o semplicemente prevedendo di rimborsare il biglietto aereo con qualche migliaia di euro per chi prende atto del suo fallimento. Nulla di tutto ciò è scritto, e vi vorrei anche informare, perché pare che non lo sappiate, che in questi anni le così famigerate organizzazioni non governative, ONG, hanno sviluppato, grazie ai fondi stanziati dal Ministero dell'Interno, programmi efficaci di rimpatrio assistito che potrebbero essere moltiplicati per dieci o per cinquanta se vi fossero più risorse, se vi fosse un consenso politico perché le esperienze sono già fatte, sono state raccontate e vi suggerisco di conoscerle meglio.

A proposito di rimpatri falliti, credo che sarebbe utile che il Ministro e i sottosegretari andassero, anche in assoluto silenzio - non pretendiamo visite pubbliche in questo caso naturalmente e vi guarderete bene dal far sapere della vostra visita - a verificare e a visitare i centri di permanenza per il rimpatrio. Ad esempio, visitate quello di Torino, dove ci sono situazioni assolutamente drammatiche. Avete raddoppiato i tempi di permanenza, quindi gli ospiti sono raddoppiati, e vengono dimezzati gli operatori. Il risultato è che, dopo i tempi raddoppiati, queste persone non rimpatriate escono dai centri di permanenza per il rimpatrio, ma con mortificazioni, disagi e crudeltà che hanno dovuto subire in tutti questi giorni.

Terzo atto della vostra tragedia: tutta l'Europa li accolga; questo potrebbe essere il titolo del terzo atto. L'Europa li accolga, se non fosse che il nostro Vicepremier non ha fatto nulla e non fa nulla per convincere i nostri partner europei ad accogliere, a condividere l'accoglienza di chi arriva in Italia. È noto - lo hanno detto tutti, ma è bene ricordarlo - che nulla fa il Ministro Salvini per modificare il Trattato di Dublino - che anzi sembra fatto apposta per lui - e nulla evidentemente lo spinge a modificarlo. Non a caso, anche oggi, settima assenza su otto al Consiglio dei Ministri dell'interno. La ragione è molto banale: non ha nessun interesse di modificare un accordo che gli fa molto comodo. Non a caso, in questo disegno cinicamente lucido ci sono gli accordi con i Paesi del gruppo di Visegrád; non a caso, poi, si fa la voce grossa su Facebook, ma quando Francia e Germania ci mandano i charter con gli immigrati che sono andati da loro e che debbono tornare in Italia, non si sente il fiato di Salvini, che li prende e china il capo.

Il quarto atto titola così: aiutiamoli a casa loro. Anche qui - anche se a dir la verità Salvini fa fatica solo a pronunciare e a coniugare il verbo “aiuto”, quindi “aiutare” l'ha detto poco - si può intuire tra le righe delle sue affermazioni che ogni tanto sarebbe d'accordo ad aiutare a casa loro le persone che arrivano in Italia; peccato che non ricordi che il Governo da lui governato, da lui presieduto nei fatti, da lui sicuramente guidato, dal giugno 2017 al giugno 2018 ha ridotto - e lo sta facendo ancor di più in questi mesi - le dotazioni per la cooperazione internazionale, che sono scese del 21 per cento, cioè di 860 milioni su circa 4 miliardi. Se questo è il modo con cui noi vogliamo aiutarli a casa loro, beh, ditecelo così, almeno lo facciamo sapere gli italiani, che purtroppo non lo hanno capito e credono ancora alle vostre panzane.

L'ultimo atto di questa tragedia si intitola “riduciamo l'accoglienza in Italia”, perché costano troppo, eccetera, eccetera. Dunque meno permessi, meno permessi per motivi umanitari, più crudeltà. Questo in qualche modo disincentiverà chi vuole venire in Italia dall'affrontare quelle sofferenze e quelle sfide drammatiche che ogni tanto vi ricordate per lo meno di ricordare. Siccome noi prendiamo atto che volete ridurre l'accoglienza in Italia, non possiamo non dirvi anche gli esiti di questo vostro sciagurato disegno che avete realizzato con il “decreto sicurezza 1”. Oggi abbiamo, rispetto a un anno fa, 56 mila persone in meno nelle varie accoglienze (al di là del modo con cui queste accoglienze vengono fatte) e queste 56 mila persone in meno non sono - lo sappiamo tutti - state rimpatriate (forse alcune sono andate in altri Paesi, che poi ce li rimandano), ma sono in larghissima parte in giro, a spasso, in mano alle organizzazioni criminali, in mano a chi li sfrutta nei campi attraverso forme di caporalato; quando va bene ci portano - perché avete visto tutti quando chiamate qualche rider - il nostro pranzo, che noi ricchi e benestanti possiamo permetterci, e loro a pedalare senza tutele, ma questo forse fa parte del disegno del nostro Vicepremier.

Dunque, più insicurezza, più sfruttamento, nessun rimpatrio e, soprattutto, anche, inevitabilmente, una parte di queste persone a disposizione della malavita organizzata, non solo dello sfruttamento dei lavoratori, con il che la retorica dell'insicurezza, determinata naturalmente da questi cattivoni degli immigrati irregolari, potrà ulteriormente essere alimentata. Bene, vado a conclusione. Siccome noi non ci arrendiamo alla narrazione della vostra tragedia, ho in mente un bellissimo film di cent'anni fa, del 1921, che lei sottosegretario probabilmente ha visto, ma non so se il Vicepremier l'ha visto: Il monello, di Charlie Chaplin. L'abbiamo ancora negli occhi quello splendido film e io posso dire, attraverso di lei, se può riferire al Viceministro, di vederlo questo film e se vuole anche di commuoversi, perché questo film racconta di un bambino abbandonato dalla sua mamma e raccolto per strada da un vagabondo, che possiamo chiamare il buon vagabondo, che con lui instaura subito una relazione straordinaria di padre, un film che vede entrambi darsi da fare per sopravvivere. Quel bambino, un po' come fa il Viceministro Salvini, per aiutare il suo buon vagabondo, a un certo punto trova dei sassi, li prende per strada, vede dei vetri e spacca questi vetri lanciando il sasso, sapendo che il buon vagabondo fa di mestiere - si fa per dire - il sostitutore di vetri. Bene, il Ministro Salvini è un po' come questo monello che rompe i vetri, sapendo poi che sarà lui a ripararli e quindi potrà guadagnare: nel caso del buon vagabondo, 4 dollari, mentre nel caso del Viceministro Salvini, purtroppo, qualche milione di voti in più. C'è però una differenza però fondamentale tra il buon vagabondo e il Viceministro Salvini: il buon vagabondo lo fa per il bene e tra il bene e il male c'è una grande differenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1913-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione affari costituzionali, l'onorevole Bordonali.

SIMONA BORDONALI, Relatrice per la I Commissione. Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Molteni, è stata una giornata lunga, ho ascoltato attentamente stamattina, perché, pur non essendo presente ma bloccata in treno, ho potuto ascoltare in streaming gli interventi. Prima di entrare nel merito dei punti del decreto-legge vorrei soffermarmi su quello che è il clima che ho respirato in questa giornata. Devo dire che si è notata una certa insofferenza nei confronti del Ministro Salvini (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), anzi - se mi concedete - direi un'ossessione compulsiva. Io penso che gli insulti che oggi i colleghi hanno rivolto al Ministro Salvini (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) veramente non possano essere riassunti…

PRESIDENTE. Colleghi, voi avete avuto tutto il tempo per fare i vostri interventi, lasciamo che la relatrice faccia il suo.

SIMONA BORDONALI, Relatrice per la I Commissione. Grazie, Presidente. Io ho ascoltato in silenzio, ma non sono passati inosservati tutti gli insulti perché il clima di odio del quale voi oggi avete tacciato il Ministro Salvini e la Lega io l'ho respirato - ahimè - in quest'Aula. Ho sentito veramente di tutto: il Ministro Salvini è stato accusato di un decreto propaganda, di aver instaurato un clima di odio; si è detto che noi siamo crudeli, intolleranti. Siamo arrivati addirittura, con il collega Migliore, a definire il Ministro Salvini un bullo, un razzista, uno xenofobo, un antisemita - io vorrei capire dove all'interno del questo provvedimento si possa essere tacciati di antisemitismo - e, guarda bene, di sessismo. È un sessista, il Ministro Salvini: è come il bue che dice cornuto all'asino, perché dopo le parole del collega Romano durante la Commissione alla presidente Businarolo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), veramente…

PRESIDENTE. Colleghi!

SIMONA BORDONALI, Relatrice per la I Commissione. Tacciare Salvini di sessismo ritengo che sia veramente una cosa allucinante. Martina è arrivato a dire che Matteo Salvini è il nemico di chi salva le vite ed è amico di chi affonda le navi. Adesso scopriamo che il Ministro Salvini addirittura parteciperebbe all'affondamento delle navi. Verini: responsabile politico di un clima di odio - addirittura responsabile - e strumentalizza le paure. Sensi ha sottolineato come il PD sia dalla parte dell'umanità, il PD ha una moralità superiore. Oggi ho sentito solo molta arroganza da parte di chi oggi taccia la Lega, taccia il Ministro Salvini, taccia questo Governo di odio e criminalizzazione nei confronti delle ONG. Allora agli amici del PD voglio ricordare un qualche cosa di poco tempo fa: colui che aveva scritto un codice di condotta perché per primo si accorse che forse qualche ONG causava qualche problema, che queste sante ONG, che oggi ci hanno descritto i colleghi del PD, effettivamente non tutte sono sante, non tutte si occupano di ricerca e salvataggio in mare. Qualcuna probabilmente fa i propri interessi. E, infatti, già solo al primo punto prevedeva che, conformemente al diritto internazionale pertinente, l'impegno a non entrare nelle acque territoriali libiche, salvo in situazioni di grave e imminente pericolo che richiedano assistenza immediata, e di non ostacolare l'attività di search and rescue SAR da parte della guardia costiera libica, al fine di non ostacolare la possibilità di intervento da parte delle autorità nazionali competenti nelle proprie acque territoriali, nel rispetto degli obblighi internazionali. Quello che oggi la vostra eroina Carola Rackete ha fatto e di cui noi abbiamo condannato questo atteggiamento.

Ma entriamo nel dettaglio di altre questioni che sono state sollevate oggi: l'incapacità di Salvini ai tavoli europei. Mai come oggi la questione del problema italiano per quanto riguarda gli arrivi e gli sbarchi è stata sollevata a livello nazionale. Non siamo più stati proni, non siamo più stati chini rispetto all'Europa ad accettare tutto quello che ci veniva indicato. Poi Martina però una cosa giusta l'ha detta, ha detto che ci siamo sostituiti alla Spagna: è vero, è vero, ci siamo sostituiti alla Spagna, perché nel 2014 per gli sbarchi l'Italia fu la prima a livello europeo, con 170.100 sbarchi, e la Spagna, dopo la Grecia, era terza, con 4.552. Ecco, la Spagna, è vero, ci ha superato nel 2018, perché la Spagna è prima negli sbarchi nel 2018, con 58.569, e l'Italia ha preso il posto della Spagna, con 23.370.

Ma andiamo oltre: mi spiace, sono state dette parecchie inesattezze. Allora, ad Anzaldi dico che ci spiace, non si è accorto che abbiamo finanziato i sistemi di videosorveglianza, che siamo andati avanti con i progetti di cooperazione con le regioni. Ricordo, visto che probabilmente è sfuggito all'onorevole Fiano, che abbiamo sottoscritto quel protocollo con regione Lombardia per la sicurezza che i suoi ministri, quando allora io ero assessore regionale, non hanno mai voluto sottoscrivere, Alfano prima e Minniti poi.

Un'inesattezza, una delle tante, che è stata detta oggi: Dublino, si è parlato tanto di Dublino e di chi sono le responsabilità. Allora, ci sono stati tre Dublino, perché, diciamolo a quei pochi che sono presenti in Aula, ma magari tanti che ci ascoltano da casa. Dublino 1 non è stato sottoscritto da Berlusconi, come è stato detto, ma dal Romano Prodi 1. Il Ministro degli Interni era il Presidente Napolitano. Poi il Dublino 2, sì, venne rifirmato da Berlusconi, ma non c'era il Ministro Maroni, come è stato erroneamente detto, ma era Pisanu. Però forse i colleghi del PD si sono dimenticati che nel 2013, che fu il periodo di maggiore emergenza per quanto riguarda gli sbarchi, che ovviamente rispetto al 2003 non avevano le stesse dimensioni, venne sottoscritto da Letta, con Ministro Alfano. Quindi riportiamo le cose esattamente come stanno.

Entrando nel decreto-legge, è stato detto che del decreto-legge non c'era l'urgenza, perché è un decreto legge che è superato. Parzialmente vi do ragione, su questo vi do ragione: sono diminuiti gli sbarchi, è vero. Sono diminuiti gli sbarchi e allora riportiamo i dati, perché sono stati riportati quelli dei primi cinque mesi del 2018, ma attualmente sono diminuiti dal 2017 dell'82 per cento e del 96 per cento dal 2018. Quindi, i numeri sono variati drasticamente.

Si parla della presenza dell'accoglienza all'interno delle strutture: sono orgogliosa di dire che questo Governo è riuscito a dimezzare la presenza dei richiedenti asilo all'interno delle strutture, perché qualcuno di voi - adesso non ricordo esattamente chi - ha ribadito che c'era un problema di business legato alle strutture di accoglienza. Lo stesso le indagini che stanno continuando e quello che sta emergendo dall'indagine del sindaco Lucano penso che lo certifichi insieme a tante altre storture di quel sistema che avevate creato voi; e i clandestini non li stiamo creando noi, voglio darvi un dato, perché forse la memoria degli esponenti del PD è un po' corta. Nel 2016 sbarcarono in Italia 180 mila migranti; di questi 180 mila sbarcati, solo 93 mila fecero richiesta di protezione internazionale. Da 93 mila per andare a 180 mila ci sono altre 87 mila persone. Quelle 87 mila persone erano clandestini, liberi di muoversi sul territorio nazionale e che non andarono negli altri Paesi europei, come il PD continuava a risponderci nel 2016, perché io andai alla frontiera con la Svizzera e di là non si passava, come non si passava a Ventimiglia, visto che ancora oggi il democratico Macron rispedisce con modi poco ortodossi i migranti in Italia.

Andiamo avanti: quindi la necessità di intervenire. Perché c'è la necessità di intervenire con un decreto? Perché oggi, anche se sono diminuiti gli sbarchi, c'è l'emergenza di quelle barche di quelle ONG che eludono i trattati internazionali, che eludono la normativa internazionale e, soprattutto, come recentemente accaduto, non rispettano gli ordini impartiti dalle forze dell'ordine italiane, e con la loro condotta hanno messo a rischio, hanno messo in pericolo la vita dei migranti che erano a bordo, ma, soprattutto, la vita degli uomini della Guardia di finanza, la cui barca è stata speronata e - voglio ricordare questo - con la complicità di chi in quel momento, e che siede anche all'interno di questo Parlamento, era a bordo. E questa penso che sia la cosa maggiormente da condannare (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi, fate proseguire la relatrice!

SIMONA BORDONALI, Relatrice per la I Commissione. Quando il PD in Commissione, attraverso i propri interventi, giustifica il comportamento di Carola Rackete, sottolineando il suo come un gesto di obbedienza civile, ha già definito da che parte sta. Noi stiamo dalla parte della Guardia di finanza, sicuramente. Per noi è stato un atto sconsiderato, pericoloso, che va sanzionato; un atto di sfida nei confronti delle forze dell'ordine, ma è un atto di sfida che va oltre le forze dell'ordine. È stato un atto di sfida nei confronti del Governo, un atto di sfida nei confronti del Ministro Salvini.

Ma c'è molto di più all'interno di questo decreto, per cui oggi c'è la necessità: ci sono le azioni volte al rimpatrio di chi non ha il titolo di restare all'interno del nostro Paese e ci sono soprattutto quelle norme e quelle tutele volte ad offrire garanzie alle forze dell'ordine che spesso, troppo spesso, durante le manifestazioni pubbliche, vengono oltraggiate, se non peggio e rischiano di subire veramente anche atti violenti.

E, a questo punto, permettetemi un inciso. Ho sentito dalla collega Cantone che noi, con questo articolo, dove andiamo a punire maggiormente coloro che si macchiano di azioni violente nel corso delle manifestazioni pubbliche, vorremmo togliere il diritto a manifestare. Io voglio tranquillizzare l'onorevole Cantone. Magari ha letto male l'articolo, ma il diritto manifestare è tutelato; non è tutelato il diritto a manifestare in modo violento, quello noi lo combattiamo. Come diceva l'onorevole Cantone, i sindacati, i vecchietti, i pensionati che combattono per i propri diritti sicuramente non vanno a manifestare con il bastone e ricordo che anche i manifestanti della Lega i bastoni non li hanno mai usati. Sono altri quelli che usano i bastoni e da oggi verranno puniti maggiormente.

Si è parlato molto del Ministro dell'Interno autorità nazionale di pubblica sicurezza. È una legge del 1981, ma oggi questa legge del 1981 sembra sconvolgere i colleghi del PD, per i quali il Ministro avrebbe altri poteri, verrebbe ad avere maggiori poteri. Il Ministro dell'Interno ha il dovere di difendere i confini territoriali e con l'articolo 1, con il fatto che il Ministro dell'Interno possa bloccare il transito e la permanenza delle navi nel mare territoriale, garantisce la difesa dei confini territoriali, e questo per garantire ordine e sicurezza all'interno del nostro Paese.

Gli obblighi internazionali vengono rispettati perché le convenzioni - si è dibattuto molto in Commissione - indicano anche molto chiaramente come devono essere effettuati la ricerca e il salvataggio e chi sono quegli organismi dediti alla ricerca e al salvataggio. Altro è fare traffico di migranti e portarli dove pare e piace a queste ONG solo perché - lo ribadisco - vogliono uno scontro, una sfida con il Governo, e questo noi non lo permettiamo più.

Concedetemi poi questo inciso, perché mi sta a cuore questo tema. Abbiamo affrontato un emendamento della collega Pollastrini ed è stato nuovamente ribadito questo tema rispetto al fatto che noi lasceremmo in balia i bambini all'interno delle imbarcazioni, facendo rischiare loro la vita. Allora, tengo a sottolineare, come è stato detto in Commissione, ma ci tengo a ribadirlo oggi, che i bambini che arrivano con le imbarcazioni sono sempre stati fatti sbarcare prioritariamente con le mamme e con coloro che avevano problemi di salute. Mi spiace che oggi sia stato detto che noi strumentalizziamo la vicenda di Bibbiano e non ci occupiamo dei bambini che sbarcano (il collega Verini ha sottolineato questo). Noi non stiamo strumentalizzando i bambini di Bibbiano. A me è spiaciuto oggi vedere un tweet del collega Fiano dove dice che addirittura sono un fake le vicende di Bibbiano. Non sono un fake. Sono delle indagini che si stanno allargando e mi rendo conto che possano creare imbarazzo, visto che riguardano alcuni sindaci del PD, ma quelle non sono un fake. Ci sono delle indagini e noi ci occupiamo realmente e concretamente dei bambini tanto che la Commissione d'inchiesta che è stata annunciata io spero che vedrà presto luce perché, come ci occupiamo dei bambini che arrivano via mare, vogliamo prioritariamente occuparci dei bambini di Bibbiano di cui, ahimè, pochi oggi parlano.

Potrei andare avanti ulteriormente ribadendo come sia stato importante inserire l'articolo 2 - e di quello, invece, poco ha parlato il PD, mentre io speravo che ne parlasse un po' di più - ovvero il fatto che abbiamo aumentato le multe e le sanzioni, che sono passate da 150 mila euro a un milione. E non le abbiamo aumentate - è stata una battuta di una collega di Forza Italia in Commissione - perché sono stati raccolti i fondi tramite una trasmissione televisiva. Le abbiamo aumentate perché siamo convinti che questo fatto deve essere assolutamente punito in un modo esemplare, e il modo esemplare era alzare questa sanzione ma, soprattutto, arrivare immediatamente alla confisca della barca, la confisca della barca che dal giorno dopo potrebbe diventare utile nell'utilizzo delle forze dell'ordine, nella disponibilità dello Stato per le forze dell'ordine, per la capitaneria di porto e per la marina, oppure vendute anche in parti e ricavarne delle risorse a disposizione dello Stato. Nel caso in cui rimanga invenduta, come è stato detto, la nave verrà distrutta, che mi sembra la condizione minima e normale a cui una nave che ha fatto traffico di migranti deve essere sottoposta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la II Commissione, onorevole Turri, che non intende farlo.

Ha, quindi, facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Molteni.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Ho il banco pieno di fogli avendo preso attentamente appunti di tutte le considerazioni che sono state fatte. Credo opportuno replicare non per entrare in una polemica - ho fatto opposizione, so cosa vuol dire stare all'opposizione e so cosa vuol dire fare opposizione su un tema importante e delicato come quello dell'immigrazione e della sicurezza - però credo che sia opportuno, al netto delle considerazioni che sono state fatte, che, pur non essendoci condivisione da parte di chi sta all'opposizione, credo, tuttavia, che sia opportuno rimettere a sistema un fenomeno che è un fenomeno generale, complesso e globale - quello dell'immigrazione - che non solo il nostro Paese ma tutti i Paesi europei oggi si trovano ad affrontare.

Però, prima di tentare di rimettere ordine a delle verità parziali che sono state raccontate, credo che sia opportuno dare - e la do con piacere - la comunicazione di una notizia al Parlamento, cioè il fatto che il 29 luglio, quindi tra pochi giorni, il nostro Paese, il nostro Governo e il Ministero dell'Interno, in collaborazione con UNHCR, e proprio nello spirito di quella collaborazione importante anche con organismi sovranazionali, effettuerà un corridoio, l'ennesimo. Qualcuno ha annunciato i corridoi umanitari, noi li stiamo facendo e poi vi racconterò, se avrete la pazienza di ascoltarmi, una delle esperienze più belle che io abbia vissuto in questo anno di Governo. Ebbene, il 29 luglio faremo l'ennesimo corridoio umanitario - alle 13,50 a Pratica di Mare - dove il nostro Paese, insieme a UNHCR, darà l'opportunità di futuro, speranza, vita e crescita a centouno persone, centouno migranti direttamente dalla Libia, e di questi centouno, otto arrivano direttamente da quel campo di detenzione che è stato bombardato qualche settimana fa. Dunque, daremo l'opportunità a centouno persone, e, in modo particolare, a cinquantatré minori non accompagnati, di avere - ripeto - futuro e speranza nel nostro Paese, perché crediamo che in Italia si arrivi in questo modo. Non si arriva con il barcone e con il barchino senza permesso di soggiorno e pagando gli scafisti e i trafficanti di esseri umani, perché ogni euro che diamo ai trafficanti di esseri umani evidentemente è un euro investito in illegalità, in criminalità, in droga e in armi. Nel nostro Paese, in Italia, non si arriva così, e, da questo punto di vista, l'Italia sui canali umanitari, sui corridoi umanitari e sui progetti di evacuazione umanitaria non accetta lezioni da parte di nessuno in Europa, perché siamo l'unico Paese in Europa che fa canali umanitari. E, quindi, l'opportunità di dare a cinquantatré minori non accompagnati l'occasione di arrivare in Italia in legalità e in sicurezza rappresenta, credo, il marchio e la cifra di come il nostro Paese stia affrontando, con grande serietà e con grande responsabilità, il fenomeno dell'immigrazione.

Io ho avuto l'onore, la fortuna e il piacere, a dicembre 2018, pochi mesi fa, di partecipare a un canale umanitario sempre a Pratica di Mare con cento persone, cento migranti in arrivo direttamente dalla Libia.

La prima persona sbarcata è stato un neonato di cinque giorni. Il nostro Paese ha dato a un neonato di cinque giorni - e lo dico da padre prima che da sottosegretario o da deputato - un'opportunità di vita, un'opportunità di crescita, una speranza, un futuro, la possibilità di poter affrontare il futuro in maniera degna. Credo che questo sia un fatto assolutamente importante. Non è il primo progetto di evacuazione umanitaria che svolgiamo con la Libia: ne abbiamo svolti altri, l'abbiamo fatto con il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Del Re; c'è un progetto continuo e costante da parte del nostro Governo, perché questo credo che sia il modo più opportuno, il modo giusto per affrontare un fenomeno globale come quello dell'immigrazione.

L'immigrazione è un fenomeno globale - lo dico sempre e lo ripeto - e come tutti i fenomeni globali… Ogni giorno ci sono circa 60-70 milioni di persone che girano nel mondo; 80, 60, 70 milioni di persone che si spostano. Di fronte ad un fenomeno globale, complesso, complicato, siete stati al Governo, avete affrontato questo problema, ma non l'avete risolto, non l'avete gestito. Voglio ricordare che dal 2012 al 2017 in Italia sono entrati 700 mila migranti, ai quali non avete garantito né integrazione, né inclusione, né inserimento sociale. Siccome io credo nell'integrazione, credo nell'inclusione, se noi pensiamo di poter dare integrazione ed inclusione a 700 mila persone, alla fine non diamo inclusione assolutamente a nessuno. L'integrazione la si fa a piccole dosi, a piccoli gruppi, quindi credo che a un fenomeno globale, come è il fenomeno dell'immigrazione, bisognava dare risposte globali, ma ci siamo accorti, nel corso degli anni, che non sono state date risposte globali al fenomeno dell'immigrazione. Quegli organismi che avrebbero dovuto gestire, affrontare, regolare, regolamentare un fenomeno così complesso… Penso agli organismi che sono stati citati. Citavate prima l'ONU ed è abbastanza sintomatico il fatto che qualche settimana fa sei emissari dell'ONU si siano permessi di entrare a gamba tesa su una direttiva del Ministro, o ancor prima che il decreto-legge venisse portato in Consiglio dei ministri per censurare quello che era un atto potenziale da parte del Governo, ma che non era ancora un atto di legge. Io credo quindi che questi organismi avrebbe dovuto fare altro e dovrebbero fare altro, proprio per affrontare un fenomeno come questo.

La risposta non è stata globale al fenomeno dell'immigrazione; la risposta non è neanche stata una risposta europea. L'Europa avrebbe dovuto farsi carico, attraverso quei principi di cooperazione e di gestione, di un fenomeno come questo in maniera articolata, attraverso la cooperazione, attraverso la condivisione, attraverso la partecipazione: siamo ancora 28 Paesi e 28 Paesi si sarebbero dovuti far carico di questo fenomeno, ma la risposta europea è stata totalmente insufficiente. Voglio ricordare, visto che spesso viene citato Schengen, che viene citato il regolamento di Schengen e lo spazio di Schengen - una grande conquista, indiscutibilmente una grande conquista -, che Schengen sta in piedi su due presupposti: la libera circolazione alle frontiere interne di merci e persone, ma la libera circolazione nelle frontiere interne di persone e merci presuppone il controllo delle frontiere esterne, e probabilmente, anzi sicuramente, il controllo delle frontiere esterne in questi anni non è stato sufficientemente svolto, tant'è che c'è un dibattito in itinere in Europa, che non sta ancora trovando compimento, relativo al potenziamento di Frontex, cioè l'Agenzia per il controllo delle frontiere esterne, che dovrebbe arrivare ad avere circa 10 mila unità proprio per potenziare il controllo delle frontiere esterne. Il nostro Paese, evidentemente, vuole capire queste 10 mila persone da dove arrivano, chi le mette, perché se il nostro Paese dovesse mettere 3 mila poliziotti per integrare queste 10 mila persone, vuol dire che avremmo 3 mila poliziotti in meno (poi, magari, qualcosa sulla sicurezza, sull'ordine pubblico e sul potenziamento degli organici la dirò, essendo una delega che ho particolarmente a cuore).

Voglio ricordarvi che nel dibattito europeo ancora oggi ci sono alcuni Paesi - la Francia, la Germania, l'Austria - che non hanno tirato su dei muri fisici, ma hanno tirato su dei muri umani. Sfido chiunque a passare a Ventimiglia, ad andare a Ventimiglia, a cercare di andare in Francia: è impossibile! Allora, questa è la cooperazione europea, questa è la condivisione europea: questa è la negazione di quelli che sono stati i principi ispiratori dell'istituzione europea; un'Europa federale, un'Europa comunitaria, un'Europa che condivide e gestisce in maniera unitaria e comunitaria determinati fenomeni.

Oggi ci sono, quindi, alcuni Paesi europei che dovrebbero condividere con noi la gestione di un fenomeno europeo e di un fenomeno internazionale come quello dell'immigrazione, che hanno deciso di chiudere, hanno deciso di sospendere - tra l'altro in maniera unilaterale, senza alcun dibattito e senza alcun confronto, all'interno delle istituzioni europee - e di blindare le proprie frontiere. Lo ripeto: la Francia, l'Austria e la Germania. È il motivo per cui, sulla frontiera ad Est c'è un impegno importante, in particolare da parte del Governo, proprio perché l'Austria ha blindato le frontiere con la Slovenia; noi abbiamo la necessità e il dovere non di alzare un muro tra l'Italia e la Slovenia, ma di potenziare evidentemente le politiche di controllo alla frontiera. Perché? L'Europa ha stanziato 6 miliardi di euro, ha dato 6 miliardi di euro alla Turchia, per interesse evidentemente di un Paese specifico, che tutti voi ben sapete è la Germania, per bloccare la rotta balcanica; quindi, evidentemente, una potenziale riapertura della rotta balcanica può creare seri problemi al nostro Paese. È il motivo per cui abbiamo stipulato un protocollo di controllo e di gestione delle frontiere ad Est con la Slovenia che inizia a dare risultati importanti.

Quindi, l'immigrazione è un fenomeno globale, la risposta doveva essere una risposta globale, ma non c'è stata, la risposta doveva essere una risposta europea, ma non c'è stata perché l'Europa si è girata dall'altra parte. Guardate, qualcuno prima ha citato il tema delle ricollocazioni: vi invito a toccare quel tema con grande attenzione e con grande cura perché l'Italia avrebbe dovuto ricollocare siriani ed eritrei; avrebbe dovuto ricollocare in Europa 40 mila profughi, profughi veri, non richiedenti asilo, ma profughi. Dal 2015, quindi, profughi veri: siriani ed eritrei. Vi ricordo che l'Italia ne ha ricollocati sì e no 12 mila; la Francia avrebbe dovuto ricollocarne 6 mila, ma ne ha ricollocati 620; la Spagna avrebbe dovuto ricollocarne 3.500, ma ne ha ricollocati 230. Il tema delle ricollocazioni, in un dibattito, in una visione complessiva europea del fenomeno dell'immigrazione va allora visto con grande, con grandissima attenzione. Quindi non c'è stata una risposta globale, non c'è stata una risposta europea: cosa hanno fatto tutti gli Stati europei, partendo dalla Germania, partendo dall'Austria? Hanno normato, hanno tentato di normare, di regolamentare il fenomeno dell'immigrazione, sia per quanto riguarda il tema dell'asilo, quindi il tema della protezione internazionale e il tema dell'accoglienza, sia per quanto riguarda il tema degli sbarchi, in maniera autonoma e non per un eccesso di sovranismo o di nazionalismo ma semplicemente per tutelare i propri interessi. Nel momento in cui gli organismi sovranazionali non fanno quello che devono fare, cioè aiutare i singoli Paesi a gestire un fenomeno globale come quello dell'immigrazione, inevitabilmente ogni singolo Paese decide di normare e di organizzarsi per la gestione di un fenomeno come questo.

Da qui nasce il “decreto-legge sicurezza 1”. Guardate, io ho partecipato a qualche vertice europeo, in una fase evidentemente pre-votazioni…

EMANUELE FIANO (PD). Almeno tu ci vai!

PRESIDENTE. No, onorevole Fiano, lei ha avuto il suo tempo per parlare; adesso deve lasciare che sia il sottosegretario a farlo. È questione di rispetto. Non funziona così.

Prego, sottosegretario Molteni.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Rubo qualche minuto, Presidente, semplicemente per dare un inquadramento generale e complessivo di quella che è stata l'azione del Governo. Fatemi, tra l'altro, prima di continuare nell'illustrazione del quadro e della visione che abbiamo noi e di quella che ha avuto il Governo nella gestione di questo fenomeno, ringraziare i colleghi Sibilia, Valente e i gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione per il dibattito, che ha avuto comunque, per quanto riguarda questo decreto-legge, toni di assoluta civiltà, nel rispetto delle singole posizioni, dei singoli ruoli, come è giusto che fosse. Quando noi eravamo all'opposizione, nei confronti del Ministro Alfano abbiamo detto molto di più e usato toni forse molto più alti rispetto quelli che sono stati utilizzati oggi. Quindi io ringrazio i colleghi per il lavoro e per la collaborazione.

Dicevo, quindi, che la filosofia nasce proprio da questa logica, cioè dalla logica che, di fronte ad una non gestione di un fenomeno globale da parte degli organismi europei, da parte degli organismi internazionali, abbiamo fatto prima il decreto-legge “sicurezza 1” e poi il decreto-legge “sicurezza 2”; non escludo che ci possa essere un decreto-legge “sicurezza 3”.

Guardate che il tema dell'immigrazione e il tema della sicurezza, il tema dell'ordine pubblico, il tema del controllo del territorio, il tema del potenziamento delle forze dell'ordine, il tema della sicurezza urbana, sono temi nell'ambito della nuova proiezione rispetto alla quale si muove una visione di controllo del nostro territorio, cioè per garantire sicurezza ai cittadini. Non alimentiamo le paure dei cittadini: qualcun altro probabilmente ha alimentato le paure dei cittadini; stiamo, molto umilmente, tentando di dare qualche risposta alle paure dei cittadini. Non alimentiamo le tensioni sociali: andate nelle periferie, non solo delle grandi città ma anche delle piccole città e vi renderete conto che le tensioni sociali ci sono e c'erano; a queste tensioni sociali noi stiamo tentando, con le risposte che abbiamo messo in campo, di dare alcune soluzioni.

Con il decreto-legge “sicurezza 1” non abbiamo creato più immigrazione clandestina e meno sicurezza: è esattamente il contrario. Con il decreto-legge “sicurezza 1” abbiamo creato più sicurezza, più strumenti (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)….

Cortesemente… Più strumenti a disposizione degli enti locali e dei sindaci per contrastare il fenomeno del degrado e dell'insicurezza urbana, e meno immigrazione. Su 100 domande d'asilo, su 100 domande d'asilo…, lo ripeto, la grande responsabilità della sinistra è stata quella di fare entrare, dal 2012 al 2017, 700 mila persone, di non averle integrate e di aver creato fantasmi invisibili, perché la protezione umanitaria, che è stata una sanatoria generalizzata di immigrazione illegale, non ha creato inclusione sociale, non ha creato integrazione, non ha creato reinserimento sociale, non ha dato formazione, ma ha creato invisibili e fantasmi, con un titolo di permesso che gli ha consentito di poter stare in Italia, ma rispetto ai quali non è stato avviato nessun processo di reinserimento sociale. La protezione umanitaria doveva essere una forma straordinaria per seri e gravi motivi umanitari ed è diventata una forma ordinaria di concessione del permesso di soggiorno.

Abbiamo tolto la protezione umanitaria e abbiamo sostituito la protezione umanitaria con dei permessi di soggiorno speciali. Non abbiamo smantellato gli SPRAR, non abbiamo assolutamente smantellato gli SPRAR, il sistema degli SPRAR, che oggi è ex SPRAR/SIPROIMI, è il sistema di accoglienza secondaria, con il coinvolgimento degli enti locali che fanno inclusione, che fanno integrazione e che fanno inserimento sociale. Abbiamo fatto un'altra cosa, però, abbiamo chiuso i grandi centri di accoglienza, quei grandi centri di accoglienza che qualcuno prima di noi, con grande responsabilità e con grande senso di colpa ha creato; penso al centro di accoglienza di Cona, penso al centro di accoglienza di Bagnoli, penso al centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, penso al centro di accoglienza CARA di Mineo, il CARA di Mineo, il più grande centro d'accoglienza europeo, il più grande scandalo europeo ed italiano di gestione dell'accoglienza (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)

PRESIDENTE. Colleghi, colleghi, avete avuto il vostro tempo. Non funziona così, onorevole Carnevali…

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Abbiamo chiuso… io voglio ricordare il CARA di Mineo, con un appalto da 100 milioni di euro, CARA interessato anche da Buzzi e Carminati che avevano messo mani, orecchie e piedi sul grande appalto da 100 milioni di euro del CARA di Mineo; sul CARA di Mineo ci sono state anche altre inchieste, la parentopoli, le assunzioni, il CARA di Mineo è arrivato ad avere circa 4 mila ospiti, arriviamo noi al Governo con 2.500 e nell'arco di un anno il CARA di Mineo è stato chiuso, lo ripeto, il CARA di Mineo, il più grosso scandalo, il più grosso centro di accoglienza di Europa degli ultimi anni, e perché? Perché quei grandi centri di accoglienza, con la negazione dei diritti, senza dignità da parte di coloro i quali erano ospitati, con truffe e frodi a carico dello Stato, truffando e gravando lo Stato evidentemente di costi che sono stati sottratti alla gestione dell'accoglienza e che sono stati utilizzati per fini naturalmente di natura personale, sono stati una grande responsabilità e, oggi, noi questi grandi centri andiamo a chiuderli.

Quando siamo arrivati ci siamo trovati 9.200 centri di accoglienza sparpagliati per l'Italia, scaricati sui prefetti, scaricati sui sindaci e scaricati sulle comunità locali. Perché, guardate, io riconosco agli amici del Partito Democratico di vivere il territorio, e voi ricordate e ricorderete bene i sindaci di destra e di sinistra arrabbiati e infuriati perché dalla sera alla mattina si trovavano dei centri di accoglienza straordinari, appartamenti piccoli o grandi collocati sul territorio, senza che le amministrazioni locali, senza che i sindaci, senza che le comunità locali ne sapessero assolutamente nulla. E sapete questi 9.200 centri di accoglienza sparpagliati sul territorio cos'hanno creato? Hanno creato tensioni sociali, hanno creato disagi sociali (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), hanno creato quella distinzione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, perché alcuni cittadini potevano avere 35 euro, ovviamente, non i migranti, ma coloro i quali hanno gestito il fenomeno dell'accoglienza, a migrante. Tante sono state le inchieste, tanti sono stati i fascicoli che sono stati aperti per la contestazione di alcuni gravissimi reati, l'abbiamo visto in questi ultimi giorni: quello di Lodi, 7 milioni di appalto, quattro milioni e mezzo tolti dalla gestione dei migranti, utilizzando questi soldi per fini personali, e l'ultimo, quello di Imperia e di Sanremo, sono la rappresentazione che 5 miliardi di euro, questo era quanto il Governo precedente spendeva per il fenomeno dell'accoglienza, evidentemente, erano tanti, erano troppi e soprattutto non venivano gestiti e indirizzati a quella che era la logica e giusta conseguenza per cui quei soldi dovevano essere investiti, cioè soldi a disposizione dell'accoglienza e non per altri fini. Questo per dire che cosa? Che il nemico non è il migrante, lo ripeto, il nemico non è il migrante, il nemico sono quegli enti gestori, quelle cooperative che hanno speculato su questo fenomeno, non tutte, non tutte, perché io riconosco che c'è una rete sociale, un terzo settore importante nel nostro Paese, mica tutte le cooperative che fanno accoglienza di migranti sono delle cooperative che hanno lucrato e che hanno speculato su questo fenomeno, ma dobbiamo dare atto che venivano spesi 5 miliardi di euro, una montagna di soldi, una marea di soldi, ad esempio, per pagare servizi che non sono mai stati realizzati; sapete quanti corsi di italiano sono stati pagati e non sono mai stati fatti o praticati come fenomeno e come strumento di integrazione o quante forme di corsi di formazione sono stati pagati e non sono stati assolutamente fatti?

Quindi, noi abbiamo deciso, col decreto “sicurezza uno” di razionalizzare i costi, di ottimizzare i servizi e questo ha portato a un risparmio di un miliardo e mezzo di euro, un miliardo e mezzo di euro che sono stati spesi per che cosa? Sono stati spesi per le forze di polizia, sono stati spesi e vengono tutt'oggi spesi per i 3 mila agenti in più che abbiamo assunto e per gli altri mille e cinquecento che lo saranno con un bando che è partito il 4 giugno, quindi, per i 4.500 poliziotti e carabinieri in più, da luglio a dicembre 2020; andiamo esattamente in questa direzione. Quindi i soldi risparmiati su una finta accoglienza, su una falsa accoglienza, sono utilizzati e spesi in sicurezza e in legalità.

Abbiamo potenziato le commissioni territoriali; siamo arrivati al Ministero che avevamo 135 mila domande d'asilo pendenti, oggi, siamo a 60 mila; siamo arrivati al Ministero che c'erano circa 180 mila persone in accoglienza, siamo a 100 mila; abbiamo potenziato le Commissioni, tant'è che nel decreto, non so se ve ne siete accorti, è stato accolto un emendamento che consentirà di poter prendere alcuni componenti delle commissioni territoriali, tra l'altro ragazzi giovani, preparati e formati, assunti alcuni dal Governo precedente, altri dal nostro Governo, che verranno utilizzati evidentemente per far fronte, laddove ancora ci siano situazioni abbastanza critiche, a un fenomeno che però è stato ricondotto ad una situazione di normalità (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Parlerò due ore Fiano, quindi, mettetevi comodi, mettetevi comodi, perché credo che sia assolutamente giusto inquadrare il fenomeno. Oggi siamo a 3.200 sbarchi, rispetto ai 18 mila sbarchi dell'anno scorso e rispetto ai 93 mila sbarchi dell'anno precedente; siamo a 3.200 sbarchi - e vi invito ad andare a leggere la relazione che è stata presentata dai servizi al Parlamento, è una relazione assolutamente esemplificativa del motivo per cui oggi il fenomeno degli sbarchi è stato ridotto -, da un lato, evidentemente per una collaborazione importante, gli amici del Partito Democratico spiegheranno agli italiani il motivo per cui nel 2017 il Governo Gentiloni sottoscrive, non con la Libia, ma con il Governo di unità nazionale un accordo, in modo particolare con la guardia costiera libica, fondamentale e propedeutico ad altre operazioni che sono state fatte, perché ad esempio l'area SAR libica mica l'ho fatta io, l'area SAR libica l'ha fatta il Governo Gentiloni, e l'MRCC, cioè il centro di coordinamento a cui poi fa capo evidentemente, rispetto alla Convenzione di Amburgo e alla Convenzione SAR, il coordinamento degli eventi di soccorso e di salvataggio in mare, è stato fatto dal Governo precedente. Io ritengo che la collaborazione, il lavoro, i finanziamenti, l'investimento, l'addestramento e la consegna di motovedette da parte del Governo italiano alla guardia costiera libica sia stato un fattore importante e fondamentale, lasciatemelo dire, per ridurre le partenze, ridurre i morti in mare e, quindi, ridurre gli sbarchi nel nostro Paese.

L'anno scorso la guardia costiera libica ha fatto circa 17 mila soccorsi in mare, ha salvato e soccorso circa 17 mila persone, quest'anno siamo a circa 4 mila, quindi, assolutamente meritoria e meritevole è stata ed è l'attività da parte della guardia costiera libica. Voglio ricordare, tra l'altro, che la guardia costiera libica e il potenziamento delle attività di coordinamento delle operazioni SAR da parte della guardia costiera libica vengano finanziati e sono finanziati anche dalle istituzioni europee. È l'Europa stessa, è la Commissione europea, è il Commissario Avramopoulos, che è il Commissario, ancora per poco, credo, all'immigrazione, che ha investito molto - tra l'altro, c'è un progetto da circa 100 milioni di euro, finanziato dalle istituzioni europee in Libia, e di questi 100 milioni di euro, 35 sono dei Paesi di Visegrád - sulla guardia costiera libica che fa un lavoro importante, nel quale noi crediamo.

Vi ricorderete che il primo atto, il primo documento votato da questo Parlamento fu proprio, sulla fotocopia, direi, dell'accordo fatto l'anno prima dal Presidente Gentiloni e dal Ministro Minniti, quello di rinnovare l'accordo con la guardia costiera libica. Poi il PD ha cambiato idea, sulla missione in Libia avete preso un'altra posizione: evidentemente ognuno poi è responsabile dei propri atti. Però, lo ribadisco, la Guardia costiera libica svolge un lavoro fondamentale e la sua attività è pienamente riconosciuta nelle aree SAR libiche da parte delle istituzioni europee. L'altro fattore che ha portato alla riduzione e alla contrazione delle partenze, dei morti e, quindi, degli sbarchi è evidentemente la riduzione delle ONG nel Mediterraneo. Guardate, dobbiamo essere assolutamente chiari, la domanda che noi ci dobbiamo porre è la seguente: è logico e ha senso che un fenomeno globale, complesso e complicato come il fenomeno dell'immigrazione venga gestito da organizzazioni private? Io dico di no: credo che non sia assolutamente logico e giusto che un fenomeno così complicato venga gestito dalle organizzazioni private che hanno violato la legge di un Paese.

Il decreto sicurezza 1, gli articoli 1 e 2, possono piacere o non piacere; potete essere d'accordo o meno e poi vedremo se il Parlamento, in sede di conversione convertirà, il decreto-legge in esame ma oggi il decreto sicurezza 1 è legge, fino a prova contraria è legge dello Stato e quindi tutti, ONG comprese, sono tenuti a rispettare la legge così come sono tenuti a rispettare le convenzioni internazionali. L'ho detto in Commissione e lo ripeto qui: in base alla Convenzione SAR o alla Convenzione di Amburgo del 1979, quando quindi il fenomeno dei flussi migratori evidentemente non è stata la motivazione per la quale quella Convenzione è stata fatta, ma quella Convenzione nasce su presupposti e su motivi evidentemente diversi rispetto al tema dei salvataggi e dei soccorsi in mare, nessuno deve morire in mare; l'attività di soccorso e l'attività di salvataggio non solo sono lecite ma doverose e necessarie. Dobbiamo però metterci d'accordo sul motivo per cui - è la domanda che ci siamo posti - tutti quelli che vengono salvati nel Mediterraneo devono essere portati in Italia. Qualcuno deve spiegare a 60 milioni di italiani il motivo per cui una ONG tedesca, che batte bandiera olandese e che fa lecita, doverosa, e consentita attività di salvataggio e di soccorso in mare, deve portare le 54 persone in Italia e non in un altro Paese ma in Italia e tra l'altro Lampedusa non era né il porto più vicino né il porto più sicuro: questa è la domanda che io credo 60 milioni di italiani si sono fatti, rispetto alla quale noi abbiamo tentato di dare una risposta. Perché nel momento in cui tu metti piede su quell'imbarcazione - ripeto: imbarcazione tedesca che batte bandiera olandese e quindi quello è territorio olandese - quella barca deve sbarcare per forza in Italia. È la domanda che ci siamo posti e la domanda che io vi pongo, perché non ho capito qual è e quale sarebbe stata la vostra decisione se vi foste trovati voi al Governo al nostro posto. Noi abbiamo semplicemente detto che il salvataggio viene fatto in aree SAR libiche con le motovedette libiche.

Per quanto riguarda il caso Sea Watch evidentemente siamo in aree SAR libiche: intervento da parte dei libici, la motovedetta libica sta per intervenire, la ONG tedesca che batte bandiera olandese anticipa l'intervento da parte dei libici, il coordinamento viene preso dai libici, la ONG chiede il POS, cioè il safety, cioè il posto di sbarco, chiede per la prima volta il porto sicuro di sbarco; dove? In Libia. Ripeto: in Libia, quindi è la stessa ONG che riconosce nella Libia un porto sicuro. Possiamo poi discutere - non siamo sciocchi, non siamo folli – sul fatto che la Libia non è un Paese sicuro, ma è la stessa ONG che chiede il porto di sbarco sicuro in Libia e incredibilmente i libici indicano Tripoli come porto sicuro di sbarco. Decidono di non andare a Tripoli; chiedono il porto sicuro a Tunisi; decidono di non andare a Tunisi; chiedono il porto sicuro a Malta; decidono di non andare a Malta; chiedono il porto sicuro in Italia; decidono di andare in Italia. Adesso qualcuno mi deve spiegare il motivo per cui mentre la Libia dice di no, la Tunisia dice di no, Malta dice di no, perché l'Italia dovrebbe dire sì. Quindi il tema - lo dico in maniera molto pacata e tranquilla - non è il problema del salvataggio o il problema del soccorso, che deve essere fatto perché nessuno deve morire nel mare e credo che sia un principio imprescindibile, non discutibile e nemmeno opinabile, ma un dato di fatto. Il dato di contestazione è il trasporto: per quale ragione tutti devono essere trasportati in Italia?

Sul tema - da qui nasce l'esigenza da parte del Ministro dell'Interno, che si chiami Salvini o che si chiami Pinco Pallino - il Ministro dell'interno in base alla legge n. 121 del 1981 - io nel 1981 avevo cinque anni e Salvini ne aveva otto, quindi credo che non possa essere tacciato di aver voluto lui la legge n. 121 del 1981 - la legge cosa dice? Dice che il Ministro dell'Interno, chiunque esso sia, può chiamarsi Alfano, Minniti o Salvini, è autorità nazionale di pubblica sicurezza e, in quanto autorità nazionale di pubblica sicurezza, evidentemente è il garante dell'ordine pubblico e della sicurezza del Paese per legge, in base alla legge del 1981. Apro una parentesi: ho sentito prima citare la legge Bossi-Fini e mi chiedo perché siete stati al Governo sette anni e non avete cambiato la legge Bossi-Fini? Avevate sette anni per cambiare la legge Bossi-Fini, una legge sbagliata, immorale, ingiusta, discriminatrice, potevate cambiarla e non l'avete cambiata, così come non avete abrogato il reato di immigrazione clandestina. L'amico Fiano, che non solo è un amico, ma è persona competente, preparata e che stimo, si ricorderà bene il dibattito in uno dei tanti decreti sicurezza del Ministro della Giustizia Orlando quando si tentò di cancellare il reato di immigrazione clandestina. Può piacere o non piacere ma l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è reato. Ripeto: è reato. Potevate cancellarlo, avete tentato di cancellarlo: non l'avete fatto per una scelta evidentemente politica perché temevate che il riflesso della cancellazione del reato di immigrazione clandestina, per propaganda politica, vi avrebbe probabilmente portato un danno di natura politica ma l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato italiano è reato. Non è punito con il carcere: è punito con un'ammenda fino a 5.000 euro e con la sanzione accessoria dell'espulsione. Quindi il Ministro dell'Interno è autorità nazionale di pubblica sicurezza da un lato e, dall'altro lato, il Ministro dell'Interno ha la responsabilità del coordinamento del controllo delle frontiere esterne, come dice la legge, sempre per quello che si diceva prima su Schengen: il Ministro dell'Interno deve controllarne la salvaguardia e deve evidentemente garantire le frontiere esterne del nostro Paese e, da quel punto di vista, poiché noi abbiamo frontiere terrestri e abbiamo frontiere marittime, evidentemente per motivi di sicurezza, per motivi di ordine pubblico, poiché l'immigrazione illegale clandestina è un reato nel nostro Paese, evidentemente se abbiamo una imbarcazione non inoffensiva e, quindi, potenzialmente offensiva, pregiudizievole per l'ordine pubblico e la sicurezza del Paese e che potrebbe violare o contrastare le leggi sull'immigrazione del nostro Paese, legittimamente non si esercita un'autorità giudiziaria. Ben chiara è la separazione tra i compiti dell'autorità giudiziaria da un lato e i compiti e le sanzioni di natura amministrativa da parte di un organo amministrativo come il Ministero dell'Interno dall'altro lato, salvo che il fatto costituisca reato e la magistratura intervenga con gli strumenti nella sua autonomia e indipendenza.

Sul caso Sea Watch, voglio ricordare, qualcuno si è dimenticato di dirlo, che la procura ha impugnato e quindi vedremo quale sarà la decisione della Cassazione. Stiamo parlando di un'ordinanza che, secondo me, ha deciso oltre il petitum, cioè è andata oltre quelle che dovevano essere le competenze dell'ordinanza stessa: vedremo la Cassazione sul caso specifico che cosa dirà.

Vi è però una sentenza - non l'ho sentita citare nel lungo dibattito parlamentare - una sentenza della CEDU, la Corte europea dei diritti dell'uomo, impugnata e adita da parte dei legali della Sea Watch. La Corte europea dei diritti dell'uomo in maniera inequivocabile e non contestabile dice che l'Italia non aveva l'obbligo di farli entrare nelle acque territoriali nazionali perché, fino a prova contraria e grazie a Dio, esiste ancora un principio di sovranità che un singolo Stato, grazie alla Convenzione di Montego Bay, deve far rispettare. Legalità, sicurezza, sovranità sono principi: a qualcuno possono non piacere ma a me sono principi e valori che piacciono e credo piacciano anche alla stragrande maggioranza dei cittadini italiani. La sentenza della CEDU dice che l'Italia non aveva né l'obbligo di farli entrare né tanto meno l'obbligo di farli sbarcare: aveva semplicemente l'obbligo di assistenza che abbiamo adempiuto in maniera ineccepibile, e la CEDU ce lo riconosce. Sulla vicenda Sea Watch abbiamo fatto scendere i soggetti vulnerabili, abbiamo fatto scendere le donne incinte, abbiamo fatto scendere i neonati, addirittura non abbiamo separato le coppie, abbiamo tenuto le coppie unite - ripeto: abbiamo tenuto le coppie unite, non abbiamo separato le coppie - e tutti i soggetti vulnerabili sono stati fatti sbarcare tant'è che la CEDU dice: avete semplicemente un obbligo di assistenza, cioè garantire cibo, acqua e medicinali, quindi l'assistenza primaria per conservare le condizioni minime di accoglienza. Anche la sentenza del TAR del Lazio che ha rigettato e ha respinto il ricorso ha detto la stessa cosa, ha dato la sospensiva e deciderà nel merito. Questo per dire che un ambito è quello giudiziario, attraverso il quale evidentemente gli strumenti giudiziari verranno applicati e gli organi giudiziari valuteranno nella loro autonomia e indipendenza di giudizio di merito, altro invece sono le sanzioni di natura amministrativa, ossia le multe. Sulla multa voglio ricordarvi che la Spagna di Sanchez applica alle ONG multe da 300 a 900 mila euro: è un termine di paragone. Perciò non è soltanto il nostro Paese quello che applica delle multe credo non solo proporzionali ma anche legittime.

Quindi, il Ministro dell'interno, nell'esercizio delle sue funzioni in quanto organo di natura amministrativa, applica gli strumenti di natura amministrativa, le multe, la confisca, che non è la confisca giudiziale, non è la confisca probatoria e non è la confisca conservativa, è semplicemente una confisca di natura amministrativa posposta rispetto al sequestro. Quindi, credo in maniera assolutamente legittima, con l'articolo 1 e l'articolo 2 si difendono alcuni valori e alcuni principi: la sicurezza, la legalità - le ONG sono tenute a rispettare la legge, perché non può esservi una esimente a carico delle ONG nel rispetto della legge - e poi c'è il principio di sovranità. Queste sono sostanzialmente le motivazioni e il quadro rispetto al quale abbiamo fatto il “decreto sicurezza 1” e il “decreto sicurezza 2”. Non vi annoio oltre. Semplicemente vi ricordo - anche qui guardo l'amico Fiano, che non c'è più…

EMANUELE FIANO (PD). Sono qui!

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. …però conosco la sensibilità di Emanuele su un tema che non ci vede particolarmente contrapposti, almeno io con lui, poi spero nemmeno col resto del Parlamento -, credo il fatto che siano entrati nel decreto alcune misure e alcuni emendamenti relativi alle forze di polizia, alle forze dell'ordine e ai vigili del fuoco che ne aumentano la capacità di attività, la tutela e la dignità, gli strumenti e i mezzi per poter sempre bene e sempre meglio un'attività difficile e complicata come quella di sicurezza, di ordine pubblico, di contrasto alla criminalità ma soprattutto di prevenzione alla criminalità, come i soldi per il vestiario, i soldi per le divise, i soldi per le uniformi, i soldi per il pasto, sembrerà una sciocchezza, ma qualcuno dovrà spiegare il motivo per cui gli agenti di polizia avevano per pasto 4,65 euro mentre tutte le altre forze dell'ordine avevano 7 euro. Credo che portare anche per la Polizia di Stato il buono pasto a 7 euro sia stato un atto di assoluta giustizia sociale, professionale e lavorativa, così come rafforzare le dotazioni per il vestiario. Siccome non passa minuto che un sindacato, che è la SILP CGIL, che quotidianamente ci contesta di aver tagliato i soldi al vestiario, credo che questa sia la risposta migliore non per creare uno Stato di polizia, non per creare una polizia al servizio del Ministero dell'interno, perché ho troppa intelligenza per voi e voi avete troppa intelligenza per capire qual è il sistema di funzionamento del Paese per cui la Polizia di Stato, che non è l'istituzione a servizio di un partito ma è l'istituzione al servizio del Paese, del Paese di 60 milioni di cittadini italiani, merita evidentemente rispetto. Così come le norme che abbiamo introdotto: ho troppa intelligenza per voi per pensare che non abbiate capito che le aggravanti non sono relative alla manifestazione. Guardate che appartengo a un partito politico, che da anni - io ho partecipato a centinaia di migliaia di manifestazioni politiche, come voi, del resto - organizza migliaia di manifestazioni politiche, dove, se uno manifesta col sorriso e non con il casco, con una bandiera e non col bastone, evidentemente le aggravanti, i reati, le sanzioni e le pene non scattano. Ma se qualcuno trasforma una manifestazione pubblica in una manifestazione di guerriglia urbana, è evidente che l'aggravante non scatta sulla manifestazione ma sul reato, ovvero il reato di devastazione, il reato di saccheggio, il reato di danneggiamento. Quindi, non andiamo a punire la libera manifestazione del pensiero. Anzi, noi vogliamo che la libera manifestazione del pensiero venga incentivata e venga svolta nelle forme corrette di democrazia previste dalla Carta costituzionale. Vogliamo sanzionare chi? Vogliamo sanzionare quelli che trasformano la manifestazione, che dovrebbe essere pubblica, civile, democratica, in un momento di guerriglia urbana. Così come abbiamo introdotto una norma, di cui vado particolarmente fiero, e ringrazio le forze politiche e gli amici del MoVimento 5 Stelle (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), con il quale evidentemente abbiamo condiviso tutte queste norme e tutte queste misure - che afferma un principio…

PRESIDENTE. Concluda.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, vado a concludere e mi scuso ancora per l'intervento troppo prolisso. Abbiamo introdotto una norma sul concetto di particolare tenuità del fatto. La particolare tenuità del fatto, cioè un fatto di reato, secondo una logica e un'impostazione che la sinistra aveva introdotto in uno dei tanti “decreti svuota-carceri” della precedente legislatura, che affermava che se il reato non è particolarmente grave e se il reato è tenue, scattava immediatamente l'archiviazione. Caso di scuola semplice, che abbiamo visto in uno degli ultimi fatti di cronaca: il manifestante che va in una manifestazione non per manifestare idee ma per compiere altri tipi di attività, che sputa sulla divisa del poliziotto; oppure, l'altro caso eclatante: il manifestante che mette le mani addosso a una donna poliziotta, tocca parti intime della donna poliziotta, compie atti osceni in luogo pubblico, ed il reato viene archiviato per particolare tenuità del fatto. Allora, abbiamo introdotto un principio. Chi ha introdotto il principio della particolare tenuità del fatto per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri evidentemente se ne fa carico e si assume la responsabilità del fatto che reati per noi non particolarmente tenui, anzi particolarmente gravi, restassero impuniti. Il fatto che è stato votato un emendamento che, nel caso in cui uno sputa sulla divisa di un poliziotto, viene giustamente sanzionato e viene giustamente punito, perché viene meno il rispetto per un'istituzione, per una figura fondamentale e centrale del sistema del nostro Paese, qual è l'uomo - e la donna - in divisa, credo che sia un fatto estremamente importante.

Quindi, Presidente, questo non è un decreto inutile, non è un decreto pericoloso, è un decreto utile, è un decreto necessario, risponde a un'esigenza del Paese. Affrontiamo il problema dell'immigrazione, contrastiamo l'immigrazione illegale, gestiamo e controlliamo i flussi migratori, controlliamo ordine e sicurezza pubblica, quindi il tema sicurezza è fortunatamente tornato - il tema della sicurezza, il tema dell'ordine pubblico, il tema del controllo del territorio - grazie al Ministro dell'interno, Matteo Salvini, centrale nel dibattito politico. Quindi, per rispondere alla domanda che il collega Sensi poneva, cioè da che parte stiamo, dico: stiamo dalla parte della legalità, stiamo dalla parte della legge, stiamo dalla parte dell'Italia e dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che la seduta, come previsto dal calendario dei lavori, proseguirà in seduta notturna, per lo svolgimento delle discussioni generali sulla proposta di legge in materia di defibrillatori e sul disegno di legge per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive. La discussione generale del testo unificato delle proposte di legge costituzionale recanti modifiche all'articolo 58 della Costituzione sarà invece differita la parte antimeridiana della seduta di domani, con inizio alle ore 9,30 e con priorità rispetto alle altre discussioni generali già previste.

Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 22. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 21,50, è ripresa alle 22.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa notturna della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Gallinella e Gagnarli; Minardo; Mulè ed altri; Rizzetto ed altri; Misiti ed altri; Frassinetti ed altri; Leda Volpi ed altri; Rizzo Nervo ed altri: Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (A.C. 181-1034-1188-1593-1710-1749-1836-1839-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 181-1034-1188-1593-1710-1749-1836-1839-A: Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 19 luglio 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 19 luglio 2019).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 181-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Mara Lapia. Prego, collega.

MARA LAPIA, Relatrice. Grazie, Presidente. Il testo oggi all'esame risulta dall'esame congiunto di otto proposte di legge abbinate e tutte convergevano sulla necessità di assicurare, in condizioni di emergenza derivanti da un arresto cardiaco, strumenti fondamentali per garantire la sopravvivenza del soggetto, rappresentati dalla capacità di eseguire manovre di rianimazione cardiopolmonare utili a guadagnare tempo in attesa dell'arrivo dei soccorsi, nonché della defibrillazione precoce. Il trasporto rapido del paziente in un centro specializzato di rianimazione rimane un fattore imprescindibile, ancorché in talune situazioni non sia possibile garantirlo con la necessaria rapidità. La defibrillazione elettrica rappresenta, quindi, l'unico intervento possibile da farsi tempestivamente. Con l'acronimo DAE, defibrillatore automatico esterno, si definisce un sistema di analisi del ritmo cardiaco in grado di indicare al soccorritore se la scossa salvavita sia necessaria o meno, nonché un sistema di caricamento automatico finalizzato alla scarica elettrica.

L'esame del provvedimento in Commissione è iniziato il 9 maggio 2019. Dopo un ciclo di audizioni è stato istituito un comitato ristretto che ha elaborato un testo unificato, adottato come testo base per l'esame in Commissione, e durante la seduta del 16 luglio è stato approvato il testo con modifiche introdotte dall'approvazione di alcuni emendamenti. Il testo è stato dunque inviato per i pareri alle Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, X, XI e XIV e in attesa del parere della Commissione bilancio tutte le Commissioni si sono espresse favorevolmente e le osservazioni sono state recepite. Durante la seduta del 18 luglio tutti i gruppi parlamentari presenti in Commissione affari sociali hanno votato a favore del conferimento del mandato ai relatori.

Il testo unificato in esame, composto da nove articoli, detta disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero. L'articolo 1, al comma 1, dispone l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di dotarsi entro il 31 dicembre 2025 presso ciascuna sede in cui siano impiegati almeno quindici dipendenti e che abbia servizi aperti al pubblico di defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni e di personale formato. Al comma 2 si demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'Economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione, sentiti gli altri ministri interessati, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, la definizione di un programma pluriennale di attuazione entro il 31 dicembre 2025 delle misure di cui al medesimo comma 1.

Il programma individua le amministrazioni destinatarie dell'obbligo secondo un ordine di priorità che tiene conto dell'ubicazione, del bacino di utenza di riferimento, nonché dei tempi di arrivo dei mezzi di soccorso e, ove possibile, quindi, dell'analisi dei dati epidemiologici di arresto cardiaco per valutare il rischio relativo in relazione alla serie storica.

È comunque da ritenersi prioritaria l'installazione dei DAE nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università. Il comma 3 demanda ad un decreto del Ministro della Salute, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione di criteri e modalità per l'installazione di defibrillatori semiautomatici e automatici esterni opportunamente segnalati da adeguata cartellonistica, favorendo, laddove possibile, la loro collocazione in luoghi accessibili H24 anche alla comunità. Viene poi stabilito che per le procedure di acquisto dei defibrillatori esterni le amministrazioni e gli enti si avvalgono degli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da CONSIP Spa ovvero dalle centrali di committenza regionali. Per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono stanziate, quale contributo dello Stato, risorse nei limiti di 4 milioni di euro per il 2020 e di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025. Il comma 5 dispone che per il medesimo DPCM che definisce il programma pluriennale di attuazione sono stabilite le modalità di accesso al contributo a favore delle amministrazioni che non riescono a provvedere all'adempimento dell'obbligo di dotarsi di defibrillatori con proprie risorse disponibili a legislazione vigente.

L'articolo 2 disciplina l'installazione dei defibrillatori nei luoghi pubblici, prevedendo che gli enti territoriali entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge adottino propri regolamenti per prevedere l'installazione nel proprio territorio di postazioni di defibrillatori ad accesso pubblico 24 ore su 24, adeguatamente segnalate e dotate di sistemi automatici di chiamata e segnalazione ai servizi di emergenza. La collocazione dei defibrillatori deve avvenire, ove possibile, in teche accessibili 24 ore su 24 al pubblico e una apposita segnaletica dove indicare la posizione del dispositivo in modo univoco e ben visibile secondo la codificazione internazionale corrente. Si prevede, altresì, che gli enti territoriali incentivino, anche attraverso l'individuazione di misure premiali, le installazioni di DAE semiautomatici e automatici nei centri commerciali, condomini, alberghi e strutture aperte al pubblico, nel rispetto della normativa vigente. All'articolo 3 si apportano modifiche alla legge 3 aprile 2001, n. 120, utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero.

Più in particolare, esso modifica il comma 1 dell'articolo 1 della citata legge. Inserisce i defibrillatori automatici accanto a quelli semiautomatici nella previsione della disposizione diretta a consentire l'uso al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una specifica formazione nelle attività di rianimazione cardiopolmonare. Inoltre, esso dispone che, in assenza di personale sanitario o non sanitario formato, nei casi di sospetto arresto cardiaco è comunque consentito l'uso del defibrillatore semiautomatico o automatico anche ad una persona non in possesso dei requisiti citati. Viene poi espressamente sancita, ai sensi dell'articolo 54 del codice penale, la non punibilità delle azioni connesse all'uso del defibrillatore, nonché alla rianimazione cardiopolmonare, intraprese da soggetti che agiscano in stato di necessità nel tentativo di prestare soccorso a una vittima in sospetto arresto cardiaco. Tengo a sottolineare che il previsto ampliamento della platea di soggetti che possono utilizzare i defibrillatori automatici e semiautomatici va nella direzione auspicata dalla dichiarazione del Parlamento europeo del 14 giugno del 2012 sull'istituzione di una settimana europea di sensibilizzazione sull'arresto cardiaco, che invita gli Stati membri ad adottare una legislazione armonizzata in tutta l'Unione, al fine di garantire l'immunità da ogni responsabilità ai soccorritori non professionisti che offrono volontariamente assistenza in caso di emergenza cardiaca.

Attualmente, in Francia come in Spagna, in Catalogna, Danimarca, Germania, Olanda, Svezia e Svizzera, i cartelli segnalano la presenza di un defibrillatore e riportano la frase che autorizza chiunque ad utilizzarlo.

L'articolo 4, al comma 1, estende l'obbligo di dotazione e utilizzo del defibrillatore agli aeroporti, alle stazioni ferroviarie ed ai porti, nonché ai mezzi di trasporto aerei, ferroviari e marittimi e della navigazione interna che effettuano tratte con una percorrenza continuata, senza possibilità di fermate intermedie, di una durata di almeno due ore, e comunque ai gestori di pubblici servizi, ivi comprese le società quotate in relazione ai servizi di pubblico interesse, nonché ai titolari dei servizi di trasporto extraurbano in concessione. Inoltre, si interviene a modificare il decreto legge n. 158 del 2012, il cosiddetto “decreto Balduzzi”, a seguito del quale è stato emanato il decreto del Ministro della Salute del 24 aprile 2013, che ha introdotto l'obbligo di dotazione e impiego di defibrillatori semiautomatici presso le società sportive sia professionistiche, sia dilettantistiche presso cui viene svolta l'attività sportiva non agonistica o amatoriale. In particolare, la modifica precisa che l'obbligo permane sia durante le competizioni, sia durante gli allenamenti e le altre attività correlate, compresi i trasferimenti e i ritiri. Si introduce altresì l'ulteriore obbligo alle società sportive che utilizzano gli spazi di impianti pubblici di condividere il dispositivo DAE con coloro che utilizzano gli impianti stessi. In ogni caso il dispositivo DAE deve essere notificato e registrato presso la centrale operativa del sistema di emergenza sanitaria 118 territorialmente competente, a cui deve essere altresì comunicata, attraverso opportuna modulistica informatica, la precisa collocazione del dispositivo, le sue caratteristiche, marca e modello, gli orari di accessibilità al pubblico e le date di scadenza delle parti deteriorabili quali batterie e piastre adesive. Viene, infine, demandato a un decreto del Ministero della Salute, da emanare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge, la modifica del citato decreto ministeriale 24 aprile 2013 per adeguarlo alle disposizioni illustrate.

L'articolo 5, intervenendo sul testo della cosiddetta “buona scuola”, ha previsto iniziative di formazione per gli studenti presso le scuole secondarie di primo e secondo grado relative alle tecniche di primo soccorso, anche in collaborazione con il servizio di emergenza territoriale 118 del servizio sanitario nazionale, e prevede che le iniziative di formazione citate devono comprendere anche le tecniche di rianimazione cardiopolmonare di base, l'uso del DAE e la disostruzione delle vie aeree da corpo estraneo. Nell'organizzazione di tali iniziative devono essere adottate speciali misure di attenzione nei confronti degli studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in modo da tenere conto della sensibilità connessa all'età. Tali iniziative sono inoltre estese al personale docente e al personale amministrativo, tecnico e ausiliario. Viene poi previsto che ogni istituzione scolastica provveda autonomamente a organizzare periodicamente le iniziative di formazione, programmando le attività anche in rete di scuole e in accordo con le strutture sanitarie e di volontariato. Inoltre, il 29 settembre di ogni anno, in concomitanza con la Giornata mondiale del cuore, le istituzioni scolastiche potranno, nell'ambito della propria autonomia, organizzare iniziative specifiche di informazione sull'arresto cardiaco e sulle conseguenti azioni di primo soccorso con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

L'articolo 6 disciplina la registrazione dei defibrillatori presso le centrali operative del sistema di emergenza sanitaria 118, disponendo che, per consentire la localizzazione del defibrillatore più vicino in caso di evento di arresto cardiaco e fornire indicazioni per il suo reperimento ai chiamanti o ad altri soccorritori, i soggetti pubblici e privati che siano già dotati di un defibrillatore devono darne comunicazione alla centrale operativa del sistema di emergenza sanitaria 118 territorialmente competente. Tale comunicazione deve specificare il numero dei dispositivi, le caratteristiche e la loro ubicazione, gli orari di accessibilità al pubblico, le date di scadenza delle parti deteriorabili, nonché gli eventuali nominativi dei soggetti in possesso della certificazione all'uso dei DAE. A tal fine all'atto dell'acquisto il fornitore o il venditore sono tenuti a comunicare, attraverso mezzi telematici, il nominativo e l'indirizzo dell'acquirente alla centrale operativa del sistema di emergenza sanitaria 118, previa autorizzazione al trattamento dei dati personali. Inoltre, nei luoghi pubblici presso i quali è presente un defibrillatore registrato dev'essere individuato un soggetto responsabile del corretto funzionamento dell'apparecchio e dell'adeguata informazione all'utenza sullo stesso. Sulla base dei dati forniti dall'acquirente la centrale operativa del sistema di emergenza sanitaria 118 territorialmente competente presta un servizio di segnalazione periodica delle date di scadenza delle parti deteriorabili.

All'articolo 7 si demanda a un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, da adottarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge la definizione delle modalità operative per la realizzazione e l'adozione di un'unica applicazione mobile con un'interfaccia valida su tutto il territorio nazionale e di un software, integrati con le centrali operative regionali del 118, per la rapida geolocalizzazione dei soccorritori e dei DAE esterni, al fine di allertare e reclutare i possibili primi soccorritori e localizzare i defibrillatori più vicini al luogo in cui si sia verificata l'emergenza. I soccorritori, reclutabili attraverso l'applicazione del presente comma, sono individuati tra quelli registrati su base volontaria nei database della centrale operativa del 118 territorialmente competente. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 si provvede nei limiti di 250 mila euro per l'anno 2019 e di 500 mila euro per l'anno 2020. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le centrali operative 118 presenti sul territorio nazionale sono tenute a impartire al telefono, secondo un protocollo definito e standardizzato, predisposto dal Ministero della Salute, le istruzioni prearrivo sulle manovre di rianimazione cardiopolmonare di base e sull'uso del defibrillatore, nonché, ove possibile, a fornire indicazioni sulla posizione del DAE più vicino al luogo in cui si sia verificata l'emergenza.

L'articolo 8 inserisce i defibrillatori semiautomatici e automatici esterni tra i beni e i servizi soggetti all'aliquota IVA del 5 per cento. Per l'attuazione della presente disposizione sono previsti un milione di euro per il 2019 e 4 milioni di euro dal 2020.

Infine, l'articolo 9 prevede e disciplina campagne di informazione e sensibilizzazione. Esso demanda al Ministero della Salute, di concerto con quello dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, il compito di promuovere ogni anno negli istituti di istruzione primaria e secondaria una campagna di sensibilizzazione rivolta al personale docente e non docente, agli educatori, ai genitori e agli studenti finalizzata a informare e a sensibilizzare sulle manovre di rianimazione cardiopolmonare e sull'uso dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni. Spetta, inoltre, al Ministero della Salute il compito di promuovere, nell'ambito delle campagne di sensibilizzazione sociale, la diffusione della conoscenza delle tecniche di primo soccorso e delle tecniche salvavita nonché sull'utilizzo dei DAE in caso di intervento su soggetti colpiti da arresto cardiaco. Tale attività di informazione e comunicazione costituisce messaggio di utilità sociale, ovvero di pubblico interesse, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 150 del 2000, che disciplina le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.

In particolare, il citato articolo 3 prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri determina i messaggi di utilità sociale, ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito. Le emittenti private radiofoniche e televisive hanno facoltà, ove autorizzate, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti. Per le medesime finalità spetta al Ministero dello Sviluppo economico il compito di assicurare che nel contratto di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo sia previsto l'obbligo di riservare spazi d'informazione nella programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale. A tali fini è autorizzata la spesa di 50 mila euro per l'anno 2019 e di 150 mila euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022.

Le campagne di sensibilizzazione e informazione sulle norme sull'importanza della prevenzione del primo soccorso e sull'utilizzo dei defibrillatori sono fondamentali a diffondere la conoscenza delle tecniche di primo soccorso e delle tecniche salvavita, nonché sull'utilizzo dei defibrillatori. Ogni anno in Italia circa 70 mila persone muoiono in conseguenza di un arresto cardiocircolatorio, spesso all'improvviso e senza essere preceduto da sintomi di nessun genere. In caso di arresto cardiaco improvviso un intervento di primo soccorso tempestivo e adeguato contribuisce, in modo statisticamente significativo, a salvare fino al 30 per cento in più delle persone colpite.

Diventa risolutivo, per la sopravvivenza, il massaggio cardiaco applicato il prima possibile, ma a questo deve seguire in tempi brevi la disponibilità di un defibrillatore semiautomatico esterno. Appare dunque evidente che l'intento di questa proposta di legge è quello di assicurare interventi tempestivi per salvare tante vite umane.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Giorgio Mulè.

GIORGIO MULE', Relatore. Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la collega Lapia vi ha illustrato e ci ha illustrato nel dettaglio cosa prevede l'articolato di questa proposta di legge. A me preme sottolineare, in questa fase della discussione generale, il merito e il metodo che è stato usato, e che questa Camera ha utilizzato nel presentare questo testo unificato. Il merito è relativo non a quello che attiene ad un merito politico: si potrebbe dire che - sì - è una proposta che ha voluto Forza Italia, che fosse calendarizzata in quota Forza Italia; invece quello che a me preme sottolineare è il metodo del provvedimento, cioè rivendicare come questo Parlamento, in maniera condivisa e trasversale, sia arrivato ad un testo che tutte le forze politiche hanno contribuito a formare. Il metodo è quello virtuoso, quello che dovrebbe accompagnare sempre l'attività del legislatore, partendo dalla constatazione, per capire dove abbiamo sbagliato fino ad adesso, che cosa non abbiamo fatto, che cosa dobbiamo fare. Il metodo è quello di ascoltare, quello di mettere l'orecchio a terra e con grande umiltà ascoltare chi - boots on the ground, direbbero in America - con gli stivaloni per terra sta sulla trincea del primo soccorso, sta sulla trincea della rianimazione cardiopolmonare, sta laddove c'è un'emergenza. Ascoltare loro e da loro per acquisire gli elementi, laicamente, senza alcuna coloritura politica, perché quando si parla di salute, quando si parla di primo soccorso non c'è appartenenza politica che tenga.

Allora, questo metodo di ascolto, dell'acquisizione delle eccellenze che nel Paese ci sono, le best practice da una parte all'altra dell'Italia, ci ha consegnato gli elementi per contribuire ad un testo che, come diceva la collega Lapia, raccoglie otto proposte di legge diverse da tutti i gruppi parlamentari. Ne è venuto fuori un testo condiviso che, nelle date scolpite dell'iter parlamentare - 9 maggio, inizio della discussione in Commissione affari sociali; 16 luglio, fine della discussione; 18 luglio, mandato ai relatori; 22 luglio, discussione in Aula - è veramente una best practice di tipo parlamentare. Come si è ottenuta? Si è ottenuta perché c'è stato un metodo, che è stato quello della condivisione con i gruppi parlamentari, con il Governo e attraverso quella che mi piace definire una filiera istituzionale, che ha visto allineati per arrivare allo stesso obiettivo tutti gli uffici legislativi dei vari gruppi, tutti i funzionari delle Commissioni, della Commissione XII (Affari sociali), i quali insieme hanno contribuito a che il testo arrivasse nella forma che oggi presentiamo in quest'Aula.

Partivamo dal bisogno di incrementare sensibilmente la diffusione dei defibrillatori sul territorio. Si diceva prima che 70 mila persone ogni anno muoiono; ogni minuto che passa dal momento dell'evento corrisponde una diminuzione del 10 per cento delle possibilità di avere successo nella rianimazione. Chi è venuto in audizione ha sottolineato come questo fattore tempo fosse fondamentale. L'esempio è quello dei telefonini. Noi non accettiamo che i nostri telefonini vadano in standby, non accettiamo che nei telefonini non ci sia la copertura di campo. Nella stessa identica maniera abbiamo visto e previsto un percorso che - non nell'immediato, perché altrimenti la legge sarebbe naufragata e si sarebbe impaludata nelle necessità di bilancio - la politica deve avere, cioè quello della visione di lungo periodo, una visione che ci proiettasse nel 2025, che ci mettesse al pari di quei 14 Paesi europei che oggi sono avanti a noi, ma che presto guarderanno alla nostra legislazione, che con questo testo di legge ha l'ambizione di guardare avanti, per fare in modo che questi defibrillatori fossero come le antenne dei telefonini, sparsi nel territorio, affinché in ogni momento, in ogni luogo, in tutti i luoghi di ritrovo del pubblico ci fosse un defibrillatore. Abbiamo fatto ciò con un percorso che non obbediva a un'esigenza del momento, ma che obbediva ad un'esigenza di largo respiro: mettere i defibrillatori da oggi al 2025 e, contemporaneamente, avere un'azione parallela che formasse gli studenti. Questo ci sono venuti a dire, facendoci ascoltare le telefonate ai numeri di emergenza negli altri Paesi, facendoci ascoltare come dei ragazzi, anche di età inferiore ai 10 anni, fossero in grado di gestire una situazione di emergenza, con quello che possiamo immaginare, con il colloquio con un operatore che li guidava all'uso della rianimazione cardiopolmonare, all'uso del defibrillatore. Ci hanno detto che già da 8 anni, da 6 anni, si è in grado di usarlo e noi abbiamo previsto che dalla scuola primaria alla maturità, in un ciclo senza soluzione di continuità, anno per anno, fosse inserita questo tipo di formazione, non soltanto agli studenti.

L'obiettivo è semplice: ogni anno la scuola italiana accoglie centinaia di migliaia di ragazze e di ragazzi che saranno le sentinelle della salute del domani; saranno un esercito della salvezza che aiuterà questo Paese a far diminuire quei 70 mila morti e a portarlo su percentuali che osserviamo in Danimarca, in Francia, in Germania, in Spagna, laddove l'uso capillare dei defibrillatori, accompagnato ad una formazione virtuosa e continua, consente un calo anche del 50 per cento.

Senza andare lontano: Piacenza. Piacenza si ci insegna che, laddove i defibrillatori sono collocati nei luoghi dove non ci sono soltanto le gare, ma anche gli allenamenti, dal 9 per cento si passa ad una percentuale del 95 per cento di atleti che vengono salvati. Per questo, nella legge c'è la previsione che supera il momento agonistico ed invece contempla tutto il momento dell'allenamento, dicendo alle scuole che nelle palestre ci deve essere sempre e comunque il defibrillatore.

Così come deve stare nei porti, negli aeroporti, sui mezzi di trasporto: noi non accetteremo mai più che un bambino di 2 anni in volo da Beirut a Roma - 3 ore e 15 minuti di viaggio - muoia perché non c'è il defibrillatore a bordo; non accetteremo più che un ragazzo di 12 anni che va a scuola, alla prima media a Torino, muoia in classe perché a scuola non c'è un defibrillatore; o come gli altri due ragazzi che pochi mesi fa hanno rischiato di morire in due scuole diverse, a 14 e 16 anni, siano stati presi, come si suol dire, per il pelo dei capelli. Perché tutto questo non succeda mai più, serve l'ambizione ed il respiro lungo di una vera e propria riforma, che prima ancora che riguardare i defibrillatori deve essere di tipo culturale: la cultura del soccorso, la cultura dell'approccio a questi sistemi di defibrillazione, che non devono avere alcun tipo di respingimento.

Quando ci si trova davanti al defibrillatore ci si chiede: ma io sarò in grado di usarlo? Ma se lo uso a cosa vado incontro? In letteratura non esistono casi in cui il soccorritore provoca a se stesso o al soccorso dei danni dall'uso del defibrillatore. Eppure, per superare quello che è all'evidenza un gap di tipo culturale, abbiamo previsto espressamente la norma che supera l'articolo 54 del codice e dice a chiunque: stai tranquillo, usa il defibrillatore, perché quello è un salvavita ed è un tuo dovere civico aiutare chi in quel momento è stato di emergenza. Non sarebbe stato necessario, eppure abbiamo previsto ciò proprio per sgombrare il campo da qualsiasi tipo di paura di usare il defibrillatore.

Mentre noi discutiamo e approveremo - spero, nel più breve tempo possibile e certamente sarà così - questa legge, in Francia hanno già una legge che tenta di superarci, prevedendo l'installazione dei defibrillatori entro due anni sempre in maniera più capillare. Noi non saremo da meno, perché superiamo la pubblica amministrazione, superiamo i gestori di pubblici servizi, superiamo i luoghi istituzionali e diciamo agli alberghi, ai centri commerciali, agli ipermercati: dotatevi di defibrillatori.

Lo diciamo soprattutto ai condomini, lo diciamo a coloro, a quei luoghi dove quasi l'80 per cento, il 78 per cento degli arresti cardiaci avviene; e diciamo: dotatevi di defibrillatori. Se avete 30, 40 famiglie, la spesa è condivisa, con una previsione della norma che dice: l'IVA la tagliamo, la buttiamo giù al 5 per cento; ma è un problema di salvavita che ogni cittadino dovrebbe avere in sé, è la cultura del soccorso, perché quei luoghi sono i luoghi maggiormente esposti a rischio, come gli uffici postali, perché è ovvio che, essendo frequentati da persone anziani, sono i primi luoghi dove è possibile che questa patologia si scateni.

Allora, articolo per articolo, vi ha raccontato, la collega Lapia, a quale tipo di esigenze obbedisce la legge e dove va incontro. È, a mio giudizio, fondamentale, ancora una volta, vedere l'intero articolato di questa legge nella sua interezza. Non si tratta di un intervento spot, ma è, ancora una volta, una filiera che parte da un'installazione, ma non avrebbe senso se non venisse accompagnata dalla collaborazione, che necessariamente deve avvenire, innanzitutto con il Ministero della Pubblica istruzione, una collaborazione che già c'è con le centrali del 118, ed è una legge che guarda avanti, perché, in questo momento, noi non sappiamo, non abbiamo uno strumento che ci dica dove sono i defibrillatori automatici esterni. La legge prevede una applicazione mobile che tutte le centrali di emergenza avranno a disposizione, che dirà esattamente dove sono i defibrillatori, ovviamente in tempo reale; individuata la chiamata, si saprà, nel perimetro, qual è il defibrillatore più vicino, ma si saprà anche quali sono i volontari registrati che sono in grado di utilizzarlo; ma soprattutto, per coerenza e prendendo ancora una volta il meglio che è accaduto in Italia e all'estero, prevediamo che al 118 non ci sia una sorta di autodafé del primo soccorso, i nostri addetti ai 118 sappiamo essere davvero un'eccellenza, però siccome ragioniamo nell'ambito di secondi – un minuto, 10 per cento di possibilità in meno di arrivare vivi, un minuto 10 per cento in più di possibilità di avere una conseguenza di tipo neurologico o sul nostro corpo –, ebbene, siccome il tempo è fondamentale, noi diamo al 118 uno strumento dal quale non si può sbagliare; diciamo questo è il protocollo che al telefono l'operatore utilizzerà per fare in modo che non ci sia spazio per errori; si va dritti al punto perché ogni secondo è un momento fondamentale per salvare la vita.

Concludo soltanto ricordando che l'ambizione di questo provvedimento risiede anche nel fatto che risale alla XIV legislatura la legge che si occupava di defibrillatori. Per quattro legislature, per quasi vent'anni, diciannove anni, questo Parlamento ha provato a intervenire su questo tema, lo farà il Parlamento della XVIII legislatura e, ancora una volta, questo segnala un motivo di vanto e di orgoglio per il fatto che tutti i gruppi presenti in quest'Aula hanno contribuito in maniera, sottolineo ancora una volta, virtuosa a che il provvedimento arrivasse nella maniera, a nostro giudizio, a mio giudizio, eccellente e rapida nel quale è arrivato.

Noi segniamo, con questo provvedimento, un passo di grande civiltà, che è un passo di grande civiltà che sconfina, ovviamente, l'ambito politico e approda in quello che dovrebbe interessare la politica in senso alto, quello di occuparsi dei cittadini e occuparsene nel modo migliore.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prego, sottosegretario Bartolazzi.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Io non ho molto da aggiungere a quanto già elegantemente esposto dagli onorevoli relatori. Volevo, ancora una volta, cogliere l'occasione per congratularmi per il lavoro congiunto e altamente condiviso che è stato mosso soprattutto con la volontà di servire i cittadini e il Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Carmelo Misiti. Ne ha facoltà.

CARMELO MASSIMO MISITI (M5S). Grazie, signor Presidente. Governo, onorevoli colleghi, intervengo relativamente alla discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge concernente: Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero, ringraziando innanzitutto il lavoro della Commissione affari sociali e dei suoi funzionari, che ha permesso di portare a sintesi e unificare i diversi progetti di legge – ben otto le proprie le proposte presentate – proprio a dimostrazione di quanto il tema sia sensibile a quest'Aula.

Tra i vari progetti fatti pervenire, si è evidenziata la comune necessità di integrazione e attuazione di quanto la legge 3 aprile 2001 n. 120, prima, e il successivo decreto del Ministero della Salute del 18 marzo 2011, già non consentisse relativamente all'uso dei defibrillatori semiautomatici esterni in ambiente extraospedaliero; questi raccomandano la più ampia diffusione dei DAE e, in particolare proprio alla lettera b) dell'allegato A annesso al decreto sono indicate le aree e le strutture pubbliche e private idonee alla collocazione ottimale dei defibrillatori.

La patologia cardiaca è una delle prime cause di decesso in Italia, così come il tasso di utilizzo dei defibrillatori in Italia prima dell'arrivo dei mezzi di soccorso sui soggetti colpiti da arresto cardiaco in ambiente extraospedaliero è molto basso, pari al 6,4 per cento, specialmente se confrontato con quello medio degli altri Paesi europei, che è del 15-20 per cento. Attualmente, la presenza di un defibrillatore è obbligatoria, a livello nazionale, solo negli impianti sportivi e solo durante le gare; ciò non è razionale perché, nonostante il clamore mediatico, meno dell'1 per cento degli arresti cardiaci avvengono durante le attività sportive e, nella maggior parte dei casi, avvengono durante l'allenamento piuttosto che in gara.

Immettendoci nella discussione della proposta in questione, attraverso audizioni informali ci siamo resi conto su quanto le evidenze scientifiche su arresto cardiaco e rianimazione evolvano rapidamente e così abbiamo concordato che l'ipotesi di norme eccessivamente particolareggiate rischiava di farle divenire ben presto obsolete e addirittura in contraddizione con quanto raccomandato alle società scientifiche internazionali.

Oggi, con questa proposta di legge che ci accingeremo a votare, ufficializziamo la laicità del soccorritore, estendendo quanto sia più possibile l'uso dei DAE e promuovendo la cultura della rianimazione in vari modi, esplicitando che chiunque utilizzi un defibrillatore semiautomatico o automatico, anche senza formazione, sarà esente da responsabilità per colpa. Non si può immaginare che chi tenta di salvare una vita possa pensare di rischiare conseguenze giudiziarie.

Le province di Piacenza, Pisa e Monza-Brianza e le città di Lecce, Orvieto e Sanremo sono soltanto alcune delle realtà italiane nelle quali sono stati avviati importanti progetti finalizzati alla collocazione sul territorio di postazioni di defibrillazione ad accesso pubblico, eppure la legge finanziaria del 2009, all'articolo 2, nel comma 96, ha allocato 8 milioni di euro per la diffusione dei programmi di accesso pubblico alla defibrillazione sul territorio. Il decreto interministeriale del 18 marzo 2011 ha distribuito i fondi e definito i criteri su come spenderli. In realtà, in pochissimi casi tali programmi sono stati attuati e la maggior parte lo sono stati solo grazie a iniziative di associazioni di volontariato e a fondi raccolti da privati, a volte in maniera poco coordinata.

Il testo in oggetto, seppur riconducibile principalmente alla materia “tutela della salute”, si presenta anche come soluzione importante ai fini della razionalizzazione della spesa pubblica sanitaria. Infatti, a seguito della diffusione della defibrillazione precoce e della formazione di un numero sempre maggiore di cittadini nelle manovre di rianimazione cardio-polmonare, il tasso di sopravvivenza in caso di arresto cardiaco è passato da poco meno del 5 per cento a oltre il 50 per cento: sono quindi stati ridotti di molte migliaia di decessi causati da arresto cardiaco nel territorio nazionale ogni anno, quantificabili tra i 60 mila e i 70 mila, praticamente uno ogni otto minuti e quarantacinque secondi; tra le persone decedute, il 7 per cento ha meno di trent'anni e il 3,5 per cento meno di otto anni; ogni anno quindi muoiono 4.200 giovani e 2.100 bambini e a queste morti, purtroppo, non si dedica la dovuta attenzione.

Insomma, la probabilità di sopravvivenza ad arresto cardiaco è del 52 per cento in più quando sul posto intervengono per primi i “laici”, ovvero persone che non appartengono al personale medico rispetto a quando interviene per prima un'ambulanza, e ciò equivale al 19 per cento. E, quindi, è per questo che si è reso necessario prevedere l'installazione obbligatoria dei DAE in tutte le scuole dell'infanzia, primaria e secondaria del territorio nazionale e conseguentemente incentivare la diffusione dell'insegnamento della rianimazione cardio-polmonare di base e dell'uso del DAE, nonché all'adozione di sistemi informatici di software e di applicazioni mobili per consentire la razionalizzazione e la connessa riduzione dei tempi d'intervento nei casi cosiddetti “codici blu”, con modalità operative da stabilire in accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, al fine di adottare un'unica applicazione mobile integrata con i servizi delle centrali operative del sistema di emergenza sanitaria 118, per una rapida geolocalizzazione dei soccorritori e dei DAE più vicini al luogo ove si è verificata l'emergenza, collegandoli inoltre ad un sistema di monitoraggio remoto della centrale operativa del sistema di emergenza sanitaria più vicina, per verificare, tra l'altro, in tempo reale lo stato operativo del DAE, la scadenza delle parti deteriorabili e di segnalare eventuali malfunzionamenti.

Appare evidente che proprio a tal fine si rende necessaria una mappatura dei dati presenti nel territorio con i soggetti pubblici e privati già dotati di un DAE che diano comunicazione alla centrale operativa del sistema di emergenza sanitaria 118 territorialmente competente, specificando determinati requisiti come, ad esempio, il numero di dispositivi, le caratteristiche, la marca e il modello, l'esatta ubicazione, gli orari di accessibilità al pubblico, la data di scadenza delle parti deteriorabili, quali le batterie e le piastre adesive, nonché gli eventuali nominativi dei soggetti in possesso dell'attestato di formazione all'uso dei DAE.

I programmi di accesso pubblico alla defibrillazione dovranno quindi essere potenziati attivamente nei luoghi pubblici caratterizzati da una elevata densità di circolazione dei cittadini, come aeroporti, stazioni ferroviarie, impianti sportivi, centri commerciali, uffici, luoghi dove gli arresti cardiaci sono di solito testimoniati e dove soccorritori addestrati alla rianimazione cardio-polmonare possono essere rapidamente sul posto. La densità e la posizione dei DAE necessari per una risposta sufficientemente rapida non sono ben definiti, in particolare quando si considera il rapporto costo beneficio. Sono fattori come l'incidenza prevista di un arresto cardiaco, il numero atteso di anni di vita guadagnati e la riduzione dei tempi di risposta dei soccorritori provvisti di DAE, rispetto a quelli del sistema di emergenza tradizionale, che devono portarci a riflettere sull'importanza di questa proposta di legge.

A tal riguardo, seppur potrà sembrare assurdo, il posizionamento dei DAE nelle zone in cui ci si aspetta un arresto cardiaco ogni cinque anni è considerato conveniente e paragonabile ad altri interventi medici, perché la defibrillazione precoce e la defibrillazione sul campo riducono drasticamente i costi ospedalieri di circa 50 mila euro ogni sei mesi. Il mondo della politica troppe volte ha avuto un approccio errato col sistema sanitario, pensato semplicemente come “cura” e quasi mai come “prevenzione”. Un dato che dovrebbe far riflettere è il fattore economico: quanto costa allo Stato un cittadino colpito da arresto cardiaco? La sua degenza può raggiungere e superare i 100 mila euro. Quanto costa, invece, un DAE? Sul mercato sono presenti DAE prodotti da numerose aziende, con prezzi che variano da 700 a 2.000 euro. Considerando l'importanza che un defibrillatore può avere nella vita dei cittadini, siamo fermamente convinti che lo stesso, ai fini di tassazione, non può essere considerato un bene di lusso e per questo abbiamo ritenuto fondamentale ridurre l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto dal 22 al 5 per cento.

Cari colleghi, rendendo obbligatoria l'installazione di DAE, così come previsto dalla presente proposta di legge, non solo salveremo migliaia di vite, ma permetteremo allo Stato risparmiare milioni di euro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Novelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO NOVELLI (FI). Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, dopo aver discusso tutto il pomeriggio sul decreto “sicurezza bis” continuiamo a parlare di sicurezza, questa volta della sicurezza delle persone che sono colpite da arresto cardiaco. Devo dire che sono contento, ma posso affermare che siamo contenti che l'Aula si appresti ad approvare questo provvedimento. Il testo, è già stato detto dall'onorevole Mulè, è stato fortemente voluto da Forza Italia, ma condiviso da tutti gli altri gruppi che hanno portato indistintamente il loro contributo, fin dalla fase iniziale, con la presentazione di otto proposte di legge. Quindi, successivamente, nella fase emendativa, è stato consentito di apportare diversi miglioramenti al testo.

Sono convinto che questa norma approvata in Commissione affari sociali sia una proposta di legge importante, è stato detto e verrà detto ancora, in grado di far fare un salto di qualità alla normativa che da anni regolamenta l'utilizzo dei defibrillatori in ambiente extraospedaliero, un salto di qualità necessario, perché molte delle norme di cui si è dotato il nostro Parlamento sono rimaste inapplicate o non sono state sufficientemente puntuali nella loro declinazione pratica. Da molti anni, ma devo dire con pochi risultati pratici, si è cercato di aggiornare e implementare sensibilmente la normativa per consentire realmente la diffusione di defibrillatori nel nostro Paese e soprattutto per rendere più agevole il loro uso.

La necessità di aggiornare la normativa viene dimostrata dai fatti. Alcuni dati sono già stati menzionati; i dati di incidenza riportano in Italia un caso ogni mille abitanti, per un totale di 57 mila all'anno, 156 casi al giorno, un caso ogni minuto.

La morte improvvisa rappresenta il 10 per cento, lo ripeto anch'io, di tutte le cause di morte e il 40 per cento di tutti i decessi per causa cardiaca e colpisce non solo i cardiopatici, anche questo è un aspetto che molte volte viene sottovalutato o non è conosciuto. Molte persone che apparentemente sono e sembrano sane vengono colpite dall'arresto cardiaco; questo aspetto si può evincere da moltissimi casi che sui quotidiani, sulla stampa, sui media, ogni giorno vengono riportati.

Un altro elemento di fondamentale importanza è il cosiddetto fattore tempo. Il fattore tempo è forse l'elemento fondamentale nel momento in cui una persona è colpita da arresto cardiaco in ambiente extraospedaliero. I soccorsi qualificati, lo sappiamo molto bene, mediamente, in ambito extraurbano non arrivano prima di quindici minuti dalla chiamata, ma questo quando le condizioni sono, posso dire, ottimali; purtroppo, anche da esperienze locali, personali, sappiamo che le ambulanze o i soccorsi qualificati arrivano anche dopo 20 o 30 minuti indipendentemente dall'efficienza di un servizio che molto spesso può essere anche rallentato da condizioni che possono semplicemente essere legate al traffico, a una condizione contingente. Ogni ritardo di un minuto, l'abbiamo detto, ma lo ripetiamo, comporta un 10 per cento di possibilità in meno di salvarsi; la realtà, come i dati scientifici, dimostrano che chiunque può usare un defibrillatore in sicurezza, lo ha detto prima l'onorevole Mulé, il defibrillatore semiautomatico o automatico ormai dà delle garanzie assolute, anche perché nel momento in cui il defibrillatore viene applicato, seguendo semplicemente le istruzioni vocali dell'apparecchiatura, lo stesso non interviene se non ce n'è la necessità. Quindi, anche una persona assolutamente digiuna non può fare dei danni, questo è dimostrato anche, peraltro, all'interno della letteratura scientifica.

La proposta di legge al nostro esame, proprio alla luce dei dati che ho sommariamente appena esposto, vuole dare delle risposte più efficaci possibili, non completamente esaustive ma il più efficaci possibili.

Che cosa prevede questo provvedimento? In sintesi, abbiamo previsto una riduzione dell'IVA al 5 per cento e l'obbligo della pubblica amministrazione di dotarsi, entro sei anni, dei defibrillatori. Ora, sei anni possono sembrare un tempo molto lungo, ma, l'onorevole Mulé lo ha detto prima in modo chiaro, è stato sottolineato anche in Commissione, questa è una proposta di legge che sono certo diventerà legge, che lavorerà in progressione, è un enorme balzo in avanti che farà il nostro Paese per quanto riguarda la sicurezza delle persone. L'obbligo dei DAE diventerà obbligatorio anche negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, sui mezzi di trasporto aerei e ferroviari; non nego che mi fa piacere che grazie anche al recepimento del mio emendamento l'obbligo di dotarsi dei defibrillatori sia stato esteso anche ai titolari di servizi di trasporto extra urbano in concessione. Mancano alcuni passaggi, ma presenteremo un ordine del giorno, sugli stabilimenti balneari dove, durante l'estate, gravitano centinaia di migliaia di persone e i casi di arresto cardiaco sono purtroppo frequenti. È complessa questa condizione nel fornire i defibrillatori agli stabilimenti balneari, però, anche questo sarà un passaggio che sicuramente riuscirà.

Dobbiamo diffondere la cultura dell'utilizzo del defibrillatore, ma soprattutto una cultura di tipo sociale che è rivolta alle persone che devono imparare a non girare la testa, quando si trovano coinvolte direttamente o indirettamente in una situazione emergenziale.

Io mi sono occupato di una norma che riguarda il benessere degli animali da affezione, quando facevo il consigliere regionale, e devo dire che la sensibilità nel soccorrere gli animali in difficoltà, ahimè - lo dico da promotore della legge -, molte volte supera la sensibilità che le persone hanno quando si trovano di fronte ad altri esseri umani in sofferenza o in difficoltà o in emergenza. Tutto questo deve cambiare, perché non esistono livelli di sensibilità differenti quando ci si trova a rispondere a un'emergenza, un'emergenza che in questo caso riguarda direttamente la vita o la morte di una persona. Ricordiamo ancora una volta che i defibrillatori esterni dovrebbero essere utilizzati il prima possibile, anche da chi non ha ricevuto una formazione specifica. Questo anche perché i dati ci dicono che nel 70 per cento dei casi l'arresto cardiaco è testimoniato da non sanitari, che possono quindi iniziare le manovre cardio-polmonari. Il testo prevede una sorta di liberalizzazione dei defibrillatori dagli obblighi del relativo corso di formazione, che comunque, diciamolo, rimane importantissimo, anche perché noi dobbiamo puntare a far sì che sempre più persone, anche volontariamente, acquisiscano una sensibilità su questo argomento, partecipino ai corsi di formazione. Lo dico perché? Lo dico perché il problema non deve essere solo visto nel caso specifico dell'arresto cardiaco: un corso di formazione dove sono previste anche le manovre di disostruzione può essere importante anche per salvare la vita di un bambino che non è in arresto cardiaco ma che semplicemente si trova in una condizione in cui il genitore, se ha avuto i primi rudimenti, può davvero provare a salvargli la vita. In affiancamento a questo è previsto di estendere la salvaguardia giuridica implicita agli articoli del codice penale, quindi che giustificano quelle azioni che vengono tentate in caso di necessità per soccorrere e salvare la vita. Un altro passaggio importantissimo è l'obbligo di protocolli standard per tutti gli operatori del 118 per impartire le istruzioni cosiddette del pre-arrivo sulla rianimazione. Abbiamo avuto modo di parlarne anche in Commissione: saper dare delle informazioni corrette per far sì che le persone che si trovano in quel momento di fronte a una persona in arresto cardiaco possano iniziare le manovre di rianimazione è importantissimo. Un'app, quindi, anche valida per tutto il territorio nazionale. In Friuli Venezia Giulia c'è già un'app specifica, che però vale solo per la regione. Proprio l'altro ieri sera mi è capitato accidentalmente di far partire una telefonata al numero di emergenza 112, ho immediatamente chiuso la chiamata, essendomi accorto dell'errore; dopo pochi secondi ho ricevuto una telefonata, alla quale non ho risposto; subito dopo sono stato richiamato, ho risposto, e l'operatore, dalla parte opposta, mi ha detto: signor Novelli, c'è qualche problema? Quindi, sono stato geolocalizzato ed identificato con la app. Mi sono ovviamente scusato e ho chiuso la telefonata. La proposta di legge prevede quindi anche una app a regime ed estesa su tutto il territorio nazionale. Vi è poi l'obbligo di registrare il defibrillatore acquistato presso le centrali operative del 118, in modo che le centrali operative conoscano l'ubicazione sul territorio, le campagne di informazione, l'inserimento nella scuola e l'implementazione di quanto già inserito nella “legge buona scuola” del 2015. E poi accennavo anche alla previsione, contenuta in questa proposta di legge, di voler riprendere e diffondere a livello nazionale quanto già si sta facendo in diverse regioni e comuni.

Ecco, a questo proposito, io appartengo - lo dico con orgoglio - a una di quelle regioni virtuose che in questo ambito sta facendo molto, il Friuli Venezia Giulia, che ha una forte tradizione di ricerca e studi sull'epidemiologia e la gestione dell'arresto cardiaco improvviso, con pubblicazioni anche su riviste internazionali importanti. Dall'instaurazione della centrale unica regionale - noi abbiamo la centrale unica che con il numero 112 racchiude tutte le centrali dell'emergenza - sono stati attivati due processi ritenuti cruciali per il conseguimento di miglioramento nel trattamento dell'arresto cardiaco, ed è stato creato un gruppo di lavoro che sta censendo e monitorando la presenza e l'attivazione dei DAE. Questo naturalmente sarà superato dall'introduzione di questa legge, con i tempi necessari. Questo permette di differenziare i DAE in device, con presenza di persone formate che possano prestare soccorso o che sono attivabili in breve, e DAE di pubblico accesso, consentendo un'articolata operatività dei soccorsi. Vado a concludere. Sono state fortemente incentivate mediante procedure standard le istruzioni pre-arrivo dell'arresto cardiaco, che hanno portato all'esecuzione pilotata a distanza delle manovre di massaggio cardiaco anche da parte di laici che non sono formati. Nell'80 per cento delle chiamate di soccorso in cui si sospetta l'arresto cardiaco vengono erogate le istruzioni per il massaggio cardiaco. A questo punto è un valore che si è stabilizzato, e a nostra conoscenza rappresenta la più alta incidenza nazionale e una tra le più alte percentuali a livello internazionale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paola Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, anch'io mi associo con soddisfazione alle parole di chi mi ha preceduto nel discutere di questo provvedimento che oggi inizia il suo iter in quest'Aula. È importante perché, innanzitutto, la diffidenza che in molti casi era presente su queste questioni è stata eliminata proprio da dimostrazioni concrete che si sono verificate anche in questi ultimi tempi un po' ovunque, in ogni parte del mondo, ma anche in Italia. In audizione, in Commissione, abbiamo ascoltato davvero degli esperti, che ci hanno fatto presente come attraverso l'uso dei defibrillatori si possano salvare vite e come vi sia un costante abbassamento delle morti per arresto cardiaco, con dei dati che sono inconfutabili e che davvero ci hanno in un certo senso stupito.

Penso che la frase più importante sia proprio questa: è fatto obbligo alle pubbliche amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi dotarsi entro il 31 dicembre 2025 di defibrillatori semiautomatici e automatici esterni e di personale formato, ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 120. Questa frase, che è inserita all'articolo 1, è emblematica dell'obiettivo che queste proposte di legge presentate da tutti i partiti vogliono raggiungere. La presenza dei defibrillatori, è stato detto anche prima, va garantita nei luoghi pubblici, nei centri sportivi, stazioni, aeroporti; si parlava di bagni, io posso anche dire che sarebbe importante nei centri sciistici più importanti, dove ci sono centinaia e centinaia di persone, soprattutto durante le feste. Fratelli d'Italia su questo punto si è spesa molto, con due proposte di legge e una conferenza stampa che abbiamo organizzato qualche mese fa, dove erano presenti associazioni di condominio che proprio a Milano e provincia e in tutta la Lombardia si stanno organizzando per cercare di individuare i condomìni, soprattutto quelli più numerosi, che possano installare i defibrillatori. Poi è evidente che, da componente della Commissione istruzione, penso davvero che le scuole e le università siano luoghi che andrebbero dotati - qui si parla di priorità, quindi è molto importante - di defibrillatori. Ricordiamo che una docente, proprio qualche settimana fa, nelle Marche, è stata salvata perché nel proprio istituto era presente un apparecchio defibrillatore.

Quindi, è chiaro che anche la recente legge sull'educazione civica, che è stata approvata in quest'Aula qualche mese fa, fa proprio riferimento a elementi di primo soccorso. Quindi noi non facciamo che agganciarci a un altro provvedimento dove si cerca proprio di iniziare a insegnare ai bambini, a seconda, ovviamente, del loro grado di età e di preparazione, innanzitutto ad avere la mentalità che le vite vanno salvate, che si può veramente costruire un reticolato virtuoso di sentinelle, come si diceva prima, ma comunque di persone che possono e devono soccorre l'altra persona in difficoltà. Quindi è importantissimo che ci siano nelle scuole. L'onorevole Rizzetto aveva presentato anche un emendamento per evidenziare ancor di più, con un articolo a parte, la presenza di questi apparecchi all'interno delle scuole e delle università; e anche i condomini, dove ovviamente vivono gli anziani, che sono sensibilmente aumentati, e dove molte volte si lavora sempre di più a casa e negli appartamenti, secondo me, devono dotarsi di defibrillatori.

Ormai la casa per molti, come dicevo prima, si è trasformata in un luogo di lavoro. Il 70 per cento degli arresti cardiaci avviene in appartamento ed è stato provato che, intervenendo entro i primi tre minuti, si riescono a limitare i danni al cervello e le menomazioni più gravi. Quindi proprio l'ambiente domestico dovrebbe essere un ambiente cardioprotetto. In Italia sono circa un milione le residenze condominiali nelle quali vivono 14 milioni di famiglie e quindi riteniamo molto importante tutelare la salute di queste persone, rendendo il condominio un luogo protetto. Certo, la complessità decisionale degli organi del condominio non facilita l'obbligatorietà - lo dico anche da avvocato civilista – dell'installazione, ma molti amministratori stanno spingendo in questo senso, come dicevo prima, proprio perché si sono resi conto, e anche le tante associazioni, mi viene in mente l'ANAPI, ma ce ne sono tante altre, che vogliono incidere e dare un cambio di passo nei loro condomini anche tramite la politica degli incentivi per convincere gli inquilini che forse sono spaventati dai costi, perché questo problema comunque esiste.

Abbiamo anche un altro aspetto molto importante che riguarda la formazione, perché è evidente che in questo provvedimento si è pensato che iniziare a insegnare ad usare il defibrillatore agli studenti, ma non solo agli studenti, sia molto importante; è anche da sottolineare che questa misura si spinge fino a consentire anche che chi non ha i requisiti propri del soccorritore possa usare il defibrillatore in quanto tutelato dallo stato di necessità previsto dall'articolo 54 del codice penale, che in questa fattispecie verrebbe completamente applicato. Inoltre, e vado a concludere, sono soddisfatta e devo ringraziare chi ha votato l'emendamento a mia prima firma, proposto da Fratelli d'Italia, per inserire anche la disostruzione delle vie aeree da corpo estraneo, che è un fenomeno pericoloso e ricorrente soprattutto nei bambini. Si sentono molti casi: basta davvero poco, lo diceva il collega che mi ha preceduto, per riuscire a salvare la vita di un bambino. Quindi auspichiamo che questo provvedimento incida nelle mentalità, perché secondo me è proprio la mentalità che va cambiata, va diffusa; bisogna, oltre alla formazione, fare l'informazione. Quindi è importante far capire che il defibrillatore non sostituisce il primo soccorso dell'ambulanza ma, al contrario, è un modo per garantire un pronto e tempestivo intervento, in attesa che arrivi l'ambulanza.

Per questo è positiva la previsione dell'articolo 9, che tratta proprio delle campagne di informazione e di sensibilizzazione. Queste campagne sono rivolte a personale docente nelle scuole, agli studenti, ma è anche importante promuovere l'informazione negli spazi dei programmi televisivi nazionali e regionali, perché questo, secondo me, farebbe ancor di più conoscere al grande pubblico l'importanza dell'uso dei defibrillatori. È importante, quindi, che la popolazione abbia la conoscenza e la coscienza della prevenzione rispetto al fenomeno dell'attacco cardiaco, che rappresenta ancora la causa di morte nel 41 per cento dei casi; e quindi è essenziale che questa legge non solo venga approvata, ma che poi si radichi completamente nel tessuto sociale. In ogni caso è un passo essenziale, sarà ed è un passo essenziale nella direzione giusta, quella del cittadino che interagisce con le istituzioni per soccorrere gli altri e che interviene negli attimi del bisogno, molte volte facendo la differenza e salvando le vite. Quindi, direi che con un obiettivo così nobile è stato anche facile, per fortuna, superare tante divisioni e convergere sull'approvazione di questa legge.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 181-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunciano alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive (Già articoli da 6 a 11 del disegno di legge n. 1603 - Stralcio disposto dal Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 12 marzo 2019) (A.C. 1603-ter-A) (ore 23,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1603-ter-A: Disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive (Già articoli da 6 a 11 del disegno di legge n. 1603 - Stralcio disposto dal Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 12 marzo 2019).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 19 luglio 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 19 luglio 2019).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1603-ter-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Riccardo Augusto Marchetti.

RICCARDO AUGUSTO MARCHETTI, Relatore. Grazie Presidente, grazie anche a tutti i colleghi che sono rimasti. Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge Atto Camera 1603-ter, recante disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive, approvato in sede referente dalla Commissione giustizia il 18 luglio scorso. Il provvedimento risulta dallo stralcio disposto dal Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento e comunicato all'Assemblea il 12 marzo 2019, dal capo III, articoli da 6 a 11, del disegno di legge Atto Camera 1603, che il Governo aveva presentato come collegato alla legge di bilancio 2019, n. 145 del 2018.

Nel rammentare che l'Atto Camera 1603 era stato approvato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2019 e presentato alla Camera in prima lettura il 15 febbraio 2019, e che gli articoli da 1 a 5 e da 12 a 14 sono confluiti nell'Atto Camera 1603-bis, già approvato dalla Camera ed in corso di esame in Commissione presso l'altro ramo del Parlamento, segnalo che la natura di collegamento alla manovra di finanza pubblica per il 2020 del disegno di legge Atto Camera 1603-ter è stata dichiarata dal Governo nel Documento di economia e finanza 2019. Avverto, poi, che in data 30 aprile 2019 la V Commissione ha espresso, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, il parere al Presidente della Camera con cui ha accertato che il provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica Atto Camera 1603-ter non reca disposizioni estranee al suo oggetto, come definito dalla legislazione vigente in materia di bilancio e di contabilità dello Stato, nonché dalla risoluzione di approvazione del Documento di economia e finanza.

Ciò premesso, rammento che la Commissione giustizia ha avviato l'esame del provvedimento l'8 maggio scorso e che allo stesso sono stati presentati 20 emendamenti. A seguito dell'approvazione di un emendamento del relatore, gli articoli da 6 a 10 del provvedimento, rispettivamente recante misure per il contrasto ai fenomeni di violenza connessi a manifestazioni sportive, articolo 6, ampliamento delle ipotesi di fermo di indiziato di delitto, articolo 7, disposizioni in materia di arresto in flagranza differita, articolo 8, modifica al codice penale al fine di rafforzare la misura di contrasto dei fenomeni di violenza nelle competizioni sportive, articolo 9, e modifica al decreto-legge n. 23 del 2003 in materia di bagarinaggio sono stati soppressi in quanto confluiti nel testo del decreto-legge n. 53 del 2019, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, approvato in sede referente dalle Commissioni I e II riunite.

Mi soffermerò, pertanto, ad illustrare il contenuto dell'unico articolo del provvedimento, ovvero l'articolo 11. Tale articolo affida al Governo una delega per l'adozione di un testo unico di riordino della disciplina sulla prevenzione e il contrasto alla violenza nelle manifestazioni sportive, dettando alcuni principi e criteri direttivi.

I primi criteri di delega dettati dal comma 2 prevedono, con la ricognizione, il coordinamento e l'armonizzazione della normativa, in materia anche penale processuale, non disciplinata dai codici, le necessarie modifiche alla disciplina vigente per migliorarne la coerenza e la sistematicità, adeguarne e semplificarne il linguaggio normativo, lettera a), nonché adeguarne il contenuto con le disposizioni vigenti, lettera b), modifica apportata nel corso dell'esame in sede referente.

Uno specifico criterio di delega - comma 2, lettera c) - riguarda l'obbligo di espressa indicazione delle norme oggetto di abrogazione, fatta salva, comunque, l'applicazione dell'articolo 15 delle preleggi. Ulteriori principi e criteri per l'attuazione della delega attengono agli obblighi in capo alle società sportive (comma 3). Il testo unico deve infatti prevedere i casi in cui le società sportive sono tenute a istituire figure di raccordo con le associazioni di sostenitori delle medesime società e i relativi compiti nonché gli obblighi di collaborazione con le autorità di pubblica sicurezza e le forze di polizia.

Con ultimo criterio il Governo è vincolato a prevedere i casi in cui le società sportive sono tenute ad adottare codici di autoregolamentazione, finalizzati a definire i comportamenti a seguito dei quali le medesime società possono rifiutare la vendita del titolo di accesso al luogo di svolgimento delle manifestazioni sportive ovvero ritirarlo.

Il testo unico è adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze e il Ministro della Giustizia. Il parere del Consiglio di Stato dev'essere reso entro 45 giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto legislativo, decorsi i quali il Governo può comunque procedere (comma 4). Le Commissioni parlamentari competenti sono tenute a esprimere il parere entro sessanta giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato (comma 5).

Viene prevista la consueta formula dello scorrimento del termine della delega nel caso di trasmissione tardiva dello schema. Qualora il termine del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza della delega o successivamente, il termine della delega stessa, dodici mesi, è prorogato di novanta giorni. Nel caso in cui il Governo non intenda uniformarsi al parere parlamentare deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere, corredato con le osservazioni e le eventuali modificazioni. In tal caso solo le Commissioni competenti per materia hanno dieci giorni ulteriori per esprimersi, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato. È prevista la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive del testo unico entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo (comma 6). Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del testo unico è adottato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'Interno, di concerto con i ministri interessati, anche un testo unico delle norme regolamentari in materia, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che disciplina la potestà regolamentare del Governo.

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente. È iscritto a parlare il deputato Mario Perantoni. Ne ha facoltà.

MARIO PERANTONI (M5S). Grazie, Presidente. Egregi colleghi, rappresentante del Governo, l'iter di questo disegno di legge è stato descritto e illustrato dal relatore e quindi, come è stato appunto sottolineato, un più ampio disegno di legge si è sostanzialmente ridotto ad un unico articolo, cioè il vecchio articolo 11 dell'atto Camera n. 1603-ter, in quanto numerose norme precedentemente previste in questo testo sono confluite da ultimo nel “decreto sicurezza”, del quale abbiamo appunto testé concluso la discussione sulle linee generali.

Ritengo opportuno soffermarmi un attimo sui principi della delega, che prevedono, oltre alla ricognizione, il riordino, il coordinamento e l'armonizzazione della normativa, anche penale e processuale, in materia di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni sportive non disciplinata dai codici, anche l'introduzione delle necessarie modifiche alla disciplina vigente per garantire e migliorarne la coerenza giuridica, logica e sistematica, adeguarne e semplificarne il linguaggio normativo nonché per adeguarne il contenuto alla legislazione vigente.

Precisato che la delega esclude espressamente la normativa penale e processuale contenuta nel codice penale e nel codice di procedura penale, la questione relativa alla determinazione dei principi e criteri direttivi delle disposizioni di delega in materia penale e processual-penalistica è stata sollevata in Commissione. A tal proposito è opportuno ricordare che la Corte costituzionale ha posto in evidenza che le norme deleganti devono essere idonee a indirizzare concretamente ed efficacemente l'attività normativa del Governo e che la giurisprudenza riferita alle deleghe per riassetto normativo ha affermato che qualora la delega abbia ad oggetto la revisione, il riordino e l'assetto di norme preesistenti, queste finalità giustificano un adeguamento della disciplina al nuovo quadro normativo complessivo, conseguito dal sovrapporsi nel tempo di disposizioni emanate in vista di situazioni e assetti diversi.

Come si evince, quindi, dal dato testuale, stiamo discutendo di una delega dal contenuto formale, in quanto il legislatore non delega l'Esecutivo ad apportare alcune innovazioni o modifica sostanziali. Non risulta, pertanto, necessario specificare con maggiore e ulteriore rigore i criteri e i principi direttivi. L'intento del legislatore delegante - si ripete - è quello di razionalizzare e rendere, quindi, maggiormente conoscibile e comprensibile la normativa in materia, senza la possibilità per l'Esecutivo di apportare modifiche o interventi sostanziali. Il dettato costituzionale, così come elaborato dalla Corte costituzionale, è pertanto pienamente rispettato.

Come ha ricordato il Relatore, gli ulteriori principi e criteri di cui al comma 3 attengono agli obblighi in capo alla società sportiva e rimettono al testo unico la previsione dei casi in cui le società sportive sono tenute a istituire figure di raccordo con le associazioni di sostenitori delle medesime società, i relativi compiti nonché gli obblighi di collaborazione con le autorità di pubblica sicurezza e le forze di polizia.

Infine, con un ultimo criterio il Governo è vincolato a prevedere i casi in cui le società sportive sono tenute ad adottare codici di autoregolamentazione finalizzati a definire i comportamenti a seguito dei quali le medesime società possono rifiutare la vendita del titolo di accesso al luogo di svolgimento delle manifestazioni sportive ovvero ritirarlo. In sostanza, quindi, l'oggetto della delega è finalizzato non solo alla razionalizzazione delle norme in materia ma anche a porre il Governo in condizione di legiferare, seppure delegato, al fine di garantire sempre di più la sicurezza e la tutela degli utenti dello spettacolo sportivo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, rappresentante del Governo, siamo davanti all'ennesimo disegno di legge delega di questo Governo, il dodicesimo, e se consideriamo che solo nel disegno di legge delega che ha riguardato la cosiddetta “delega allo sport” ci sono state ben cinque deleghe al Governo, mentre quello sui beni culturali ne contiene due, si capisce e si intuisce quanto ci troviamo di fronte a deleghe assai ampie che di fatto assegnano al Governo un potere legislativo pieno, sottraendo al Parlamento importantissimi spazi di legislazione su materie su cui, invece, sarebbe fondamentale un intervento puntuale delle Camere, titolari del potere legislativo pieno.

E così, seppure contro i principi naturali del costituzionalismo moderno, secondo cui il potere legislativo è già un potere delegato dal popolo al legislativo, tanto che delegata potestas non potest delegari, stiamo assistendo alla delegazione della potestà legislativa al Governo su argomenti che, come dicevo prima, meriterebbero un intervento puntuale e ampio delle Camere, titolari del vero e completo potere legislativo.

E poiché con la legge di delega ciò che si trasferisce è il mero esercizio di potestà legislativa e mai la sua titolarità e, quindi, un potere discrezionale ma pur sempre predeterminato nei princìpi e nei criteri direttivi, con oggetto definito e temporalmente limitato, sempre e comunque revocabile, come previsto dall'articolo 76 della Carta costituzionale, nella fattispecie che stiamo qui a discutere la delega che oggi si chiede di conferire al Governo ci appare in gran parte priva di tali requisiti. Infatti, il disegno di legge al nostro esame, che reca una delega al Governo per definire un testo unico di riordino della disciplina sulla prevenzione e il contrasto alla violenza nelle manifestazioni sportive, detta principi e criteri direttivi a dir poco ampi.

I primi criteri di delega prevedono la ricognizione, il coordinamento e l'armonizzazione della normativa, così come ricordava qualche collega prima, anche penale e processuale, non disciplinata dai codici in materia di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni sportive - articolo 1, comma 2, lettera a) - e il coordinamento e l'armonizzazione della suddetta normativa con le disposizioni vigenti e faccio riferimento all'articolo 1, comma 2, lettera b). Tra l'altro, sembra che il principio di cui alla lettera b) non si sovrapponga con quanto già previsto dalla lettera a) in materia di coordinamento e armonizzazione delle disposizioni, in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni sportive.

Va poi tenuto conto, e mi preme ricordarlo, che la Corte costituzionale ha affermato che, qualora la delega abbia ad oggetto la revisione e il riordino e l'assetto di norme preesistenti, queste finalità giustificano un adeguamento della disciplina al nuovo quadro normativo complessivo, conseguito dal sovrapporsi nel tempo di disposizioni emanate in vista di situazioni ed assetti diversi. Insomma, c'è un po' di confusione, secondo noi; l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente è tuttavia ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti princìpi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato.

La giurisprudenza della Corte costituzionale relativa alla determinazione dei principi e criteri direttivi delle disposizioni di delega ha posto in evidenza come le norme deleganti debbano essere idonee ad indirizzare concretamente ed efficacemente l'attività normativa del Governo, non potendo esaurirsi in mere enunciazioni di finalità né in disposizioni talmente generiche da essere riferibili a materie vastissime ed eterogenee; e, a questo proposito, è opportuno ricordare la sentenza n. 156 del 1987. Ebbene, non sembra proprio questo il caso di disposizioni in grado di indirizzare concretamente ed efficacemente l'attività normativa del Governo, ma di criteri eccessivamente elastici e generici. Pertanto, soprattutto nella misura in cui il riferimento al miglioramento della coerenza giuridica, logica e sistematica riguarda anche la materia penale e processuale, forse sarebbe necessario, come tra l'altro rilevato anche nelle osservazioni contenute all'interno del dossier del Servizio studi della Camera, chiarire la natura del previsto testo unico: ove per tali materie il legislatore intendesse delegare il Governo ad apportare innovazioni sostanziali, andrebbe infatti - lo sottolineiamo in maniera precisa ed in maniera sostenuta - necessariamente valutata la necessità di specificare con maggiore rigore i criteri e i principi direttivi, come richiesto da costante giurisprudenza costituzionale, che in parte abbiamo anche ricordato.

Siamo infatti dinanzi ad una delega legata a fattispecie penali, e l'attenzione dev'essere massima. Cosa comporta, ad esempio, la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive del testo unico entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo? Questa è una domanda che, in maniera forte, ci poniamo. Che possono essere introdotte, per esempio, nuove fattispecie penali? Seppur favorevoli all'obiettivo finale di ricognizione, coordinamento e armonizzazione della normativa della materia, avremmo sicuramente preferito principi e criteri direttivi meno generici, in grado di indirizzare il legislatore delegato in maniera concreta ed univoca. Tra l'altro nel corso dell'esame dell'atto Camera n. 1603-bis, la cosiddetta delega sport, ora al Senato, è stato introdotto l'articolo 4, al quale noi abbiamo presentato emendamento soppressivo, tra l'altro proprio a mia firma; e ci chiediamo… Faccio riferimento all'obbligatorietà delle società ad aprire una porta all'interno delle assemblee delle società a rappresentanze dei tifosi, e quindi ora le società sportive avranno l'obbligo della consultazione di rappresentanti di associazioni dei tifosi; e ci chiediamo se il combinato disposto di questo articolo e della lettera a) specificamente del comma 3 dell'articolo 11 dell'atto Camera n. 1603-ter, cioè lo stralcio della delega “sport” in materia di contrasto alla violenza nel corso di manifestazioni sportive, non determini un'eccessiva rilevanza del ruolo dei tifosi nell'ambito della gestione della sicurezza negli stadi. Perché poi, in fondo, questo è il vero problema: parliamo della sicurezza all'interno degli stadi. Ma è chiaro che il mio è un interrogativo pleonastico, perché mi pare evidente che l'obiettivo delle forze di Governo sia di dare un ruolo che noi riteniamo abnorme, spropositato, alle tifoserie. Permettetemi, a ciascuno il suo, ciascuno faccia la sua parte: le società sportive investono, i tifosi seguono le squadre di calcio con passione, ma a ciascuno il proprio ruolo e il proprio campo di azione, senza sconfinamenti, che in questo Paese, ricordiamo, ne abbiamo già tanti in altre funzioni e in altri in altri ruoli.

Cosa accadrà, per esempio, quando per motivi di ordine pubblico, tra l'altro con precedenti per nulla confortanti, si dovesse decidere per il divieto di accesso allo stadio di una tifoseria ospite o per lo svolgimento a porte chiuse di un incontro? Chi deciderà e come? Forse che il questore ed il giudice sportivo debbano chiedere il parere ad una rappresentanza della tifoseria? Non sono bastati i precedenti inquietanti? Permettetemi una battuta: la prossima volta magari si chiederà il parere di Gennaro De Tommaso, un nome che non dirà niente a nessuno, ma il suo soprannome dirà tutto, “Genny ‘a carogna”.

Suvvia, capisco l'ansia di intercettare a tutti i costi il consenso del mondo ultrà, prima aprendo le porte delle società e l'obbligatorietà delle società al parere consultivo obbligatorio dei rappresentanti di tifosi per l'andamento della società stessa, e ora anche alla consultazione dei tifosi per l'organizzazione dell'ordine pubblico. Ripeto, capisco l'ansia di intercettare a tutti i costi il consenso del mondo ultrà, ma mi pare che si stiano superando i confini del buon senso.

E poi voglio ricordare che esistono già norme che prevedono figure di raccordo tra società e associazioni di sostenitori, e le voglio ricordare pedissequamente. Le società sportive possono stipulare con associazioni legalmente riconosciute e aventi tra le finalità statutarie la promozione e la divulgazione dei valori e dei principi della cultura sportiva, della non violenza e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica, contratti e convenzioni in forma scritta, aventi ad oggetto progetti di interesse comune per la realizzazione delle richiamate finalità, nonché per il sostegno di gemellaggi con associazioni legalmente riconosciute dei sostenitori di altre società sportive aventi i medesimi fini statutari.

Per quanto riguarda la collaborazione con le autorità di pubblica sicurezza, inoltre, la disciplina relativa all'impiego dei cosiddetti steward negli impianti sportivi con capienza di 7.500 posti nei quali si svolgono partite ufficiali delle squadre di calcio professionistiche, prevede l'incarico di servizi di controllo dei titoli di accesso agli impianti sportivi: cioè i biglietti a persone adibite ai servizi di controllo, cioè gli steward, in possesso dei requisiti necessari per l'espletamento delle funzioni. Tali requisiti, le modalità di selezione e la formazione del personale incaricato del controllo nei titoli di accesso agli impianti sportivi, nonché dell'instradamento agli spettatori e della verifica del rispetto del regolamento d'uso degli impianti medesimi, sono stabiliti dal decreto ministeriale dell'8 agosto 2007, che ha stabilito appunto che le modalità di collaborazione degli steward con le forze dell'ordine siano ben sancite e ratificate.

Successivamente è stato modificato l'articolo 2, comma 2, che ha previsto che agli steward possano essere affidati, in aggiunta ai compiti già previsti, ulteriori servizi, definiti come servizi ausiliari dell'attività di polizia, per i quali non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego operativo di appartenenti alle forze di Polizia, rimettendone l'individuazione, nonché la definizione di condizioni e modalità di affidamento, ad un decreto del Ministro dell'Interno. Tali servizi sono stati già individuati con decreto ministeriale del 28 luglio 2011.

Tra le altre cose - e mi avvio alla conclusione -, va ricordato che è in corso di esame nelle Commissioni I e VII della Camera l'atto di Governo n. 93, schema di decreto ministeriale recante proprio l'organizzazione e il servizio degli steward negli impianti sportivi, che si propone di modificare la normativa in materia di impiego degli steward negli impianti sportivi; in particolare si interviene, o dovrebbe intervenire, a sostituire e conseguentemente abrogare il decreto ministeriale 8 agosto 2007 che ho appena citato.

Insomma, la sicurezza nelle manifestazioni sportive, ci chiediamo, ed è la sicurezza sicuramente una priorità, con quanta gente dev'essere organizzata, coordinata ed assicurata? E allora attenti, e il nostro invito è a non cedere anche su materie così delicate a derive demagogiche, che rischiano di delegittimare lo Stato e le forze di Polizia; perché, tra l'altro, nella legge delega sono fissati dei principi estremamente restrittivi, vedo anche in parte anche condivisibili, mentre dall'altra parte si dà un eccessivo rilievo, come ricordavo, alle tifoserie. Quindi, una dicotomia, una contraddizione che rischia di trasformare in una confusione quella che, invece, ci si attende come una priorità, e cioè la sicurezza all'interno delle strutture che ospitano manifestazioni sportive. Ecco perché diciamo: quindi attenti a non cedere anche su queste materie a derive demagogiche, che rischiano di delegittimare lo Stato e le forze di polizia, perché a loro e solo a loro è affidato l'ordine pubblico.

Lo richiede il senso dello Stato, lo richiede il buonsenso, e lo richiede chi andando allo stadio - perché di questo si parla - si vuole sentire davvero sicuro, e non affidato a presunti ed improvvisati e soprattutto improbabili e nuovi tutori dell'ordine.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca Rodolfo Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Grazie, Presidente. Sarò breve anche perché è breve il provvedimento ed esaustivi sono stati gli interventi dei colleghi. Vorrei solo ricordare che la ratio di questo provvedimento, peraltro ampiamente ridotto nella sua portata dal “decreto sicurezza bis” di cui ci siamo occupati fino a poco fa, mira soprattutto a dare al Governo una possibilità di riorganizzazione dell'intero settore, cioè realizzare i famosi testi unici che sono poi la chiave di volta, a mio avviso, per semplificare, migliorare e quindi rendere più efficiente ogni settore. Il nostro Paese è cronicamente afflitto da un eccesso di legislazione, anche perché un malaccorto senso della efficienza del parlamentare misura la sua attività a numero di provvedimenti che produce, interrogazioni, quando invece forse sarebbe opportuno che chi gestisce certi siti fosse più attento alla qualità e, anzi, premiasse con una sorta di punteggio chi è in grado di ridurre le norme e renderle più efficienti e quindi applicabili. Ed è questo lo scopo generale cui tende questa norma.

Direi al collega Casciello che le sue paure relative all'eccessivo peso che potrebbero avere, conseguire le tifoserie organizzate credo che non sia fondato, anzi semmai il coinvolgimento in forma organica, e non più o meno casuale o surrettizio, come avviene oggi, di rappresentanti del mondo delle tifoserie e dei vari gruppi di interesse che ruotano attorno ai grandi spettacoli soprattutto di calcio del nostro Paese, sia un passo avanti. Chiarezza delle regole vuol dire certamente ridurre quegli spazi di ombre e quegli spazi di infiltrazione di soggetti che non di rado abbiamo visto essere presenti, anche essendo collegati addirittura alla malavita organizzata.

Non meno importante è far sì che ci sia un sempre maggior controllo anche su quelle tifoserie, per evitare che avvengano episodi come quello di cui è stato vittima - e ce lo ha detto oggi l'onorevole Fiano - che è stato oggetto di affissione di uno striscione contro la sua persona in una manifestazione sportiva; queste cose non devono accadere.

Concludo ricordando che consentire, come certamente farà la delega e che comunque le deleghe sono soggette a un controllo successivo e prima della promulgazione da parte del Parlamento e delle Commissioni, certamente avere la possibilità di utilizzare in parte gli strumenti che si utilizzano, le misure di prevenzione antimafia anche contro certi soggetti che nulla hanno di meno di mafiosi veri e propri, credo che sia un bel passo avanti.

Infine, una cosa che mi sembra particolarmente incisiva è che in questa delega noi riconosciamo al Governo l'obbligo di indicare espressamente le norme oggetto di abrogazione, perché non di rado nel nostro Paese abbiamo un florilegio di norme che sono perfette; poi, dimenticandosi di cancellare quello che c'era prima, non di rado danno origine a interpretazioni discordanti, contenziosi infiniti e talora a giudizi sul medesimo fatto decisamente opposti. Quindi, non meno importante mi pare la possibilità riconosciuta al Governo di integrare, naturalmente non su elementi decisivi, ma su elementi che verranno via via posti in evidenza dalla concreta applicazione per i successivi 24 mesi dall'emanazione di questa normativa.

Lo scopo finale, infine, è quello di riportare negli stadi e nelle manifestazioni sportive le famiglie, per ridurre, come han fatto in altri Paesi, l'influenza nefasta di una parte di tifoseria organizzata non di rado costituita da elementi che starebbero meglio nelle patrie galere piuttosto che negli stadi, per far sì che lo sport diventi tale e che non si possa più, da parte di persone normali, da persone di famiglia, temere di andare allo stadio.

Quindi, parere assolutamente positivo per questa norma che, peraltro è integrata, di fatto, con le norme già menzionate, relative, inserite nel “decreto-legge sicurezza-bis”.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paola Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente. Anch'io farò un breve intervento. Siamo davanti a un disegno di legge delega e nel campo dello sport abbiamo visto un po' di frammentazione legislativa in questo periodo. Anche noi in Commissione VII su di un decreto che conteneva anche le norme per il contrasto alla violenza che poi è stato, come è noto, stralciato e le norme nel merito sul contrasto sono finite nel provvedimento del “decreto bis della sicurezza”. È comunque un articolo che detta principi e criteri direttivi, abbiamo parlato di ricognizione e riordino e coordinamento e armonizzazione della normativa che, in linea di principio, ovviamente per limare le lacune e le omissioni è sicuramente positivo, come lo è anche il coordinamento e l'armonizzazione e l'indicazione esplicita, come diceva il collega, delle norme da abrogare perché spesso e volentieri c'è bisogno di interventi e di semplificazioni in questo senso. Io vedo positivamente il fatto che le società sportive possano individuare delle figure di raccordo con le associazioni dei sostenitori; penso che una sinergia tra le tifoserie e le società e anche tra addetti alle forze di Polizia che possano dialogare con le curve sia assolutamente positivo per stemperare un clima che spesso, soprattutto in passato, è stato di violenza. Ora è ormai notorio che dall'interno degli stadi la violenza si è spostata fuori dagli stadi e quindi l'Osservatorio dovrebbe studiare e aggiornarsi proprio per contrastare queste situazioni, che vedono la pericolosità svolgersi più attorno alle tangenziali e agli imbocchi autostradali che non negli impianti sportivi che, per fortuna, sono da tempo in sicurezza.

Penso anche che ci sia una problematica relativamente alla vendita dei biglietti delle società, che ha portato in passato, in diverse grandi società, a esserci dei problemi anche di infiltrazioni. Quindi, su questo punto è bene vigilare.

Penso che comunque, entrando nel merito, anche se il merito non è certo oggetto di questo provvedimento, come si diceva prima, l'obiettivo è uno solo, ed è quello di contrastare ogni tipo di violenza, ma di avere degli stadi dove i tifosi possano sostenere la loro squadra con delle coreografie per rendere lo spettacolo vivo e attraente, in un periodo in cui purtroppo, spesso e volentieri, gli stadi sono sempre vuoti anche per la concorrenza, come si sa, delle televisioni. Quindi, ritengo che la principale diciamo novità di questo provvedimento vada proprio nell'individuazione di questo rapporto con le società, che mi auguro che venga incrementato e che possa poi dare degli esiti positivi concretamente.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1603-ter-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Riccardo Augusto Marchetti, che vi rinunzia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Morrone, che parimenti vi rinunzia. Il seguito del dibattito è, dunque, rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 23 luglio 2019 - Ore 9,30:

1. Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:

BRUNO BOSSIO; CECCANTI; BRESCIA ed altri; MELONI ed altri: Modifica all'articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica. (C. 1511-1647-1826-1873-A)

Relatori: CECCANTI e CORNELI.

2. Discussione congiunta sulle linee generali dei documenti:

Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2018. (Doc. VIII, n. 3)

Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2019. (Doc. VIII, n. 4)

3. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

MELONI ed altri: Norme per l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà della Banca d'Italia. (C. 313-A)

Relatrice: RUGGIERO.

(ore 15,30)

4. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica. (C. 1913-A)

Relatori: BORDONALI, per la I Commissione; TURRI, per la II Commissione.

5. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

BRAMBILLA; SCHULLIAN ed altri; SCHULLIAN ed altri; SCHULLIAN ed altri; GEBHARD ed altri; MOLTENI ed altri; COMAROLI ed altri; BALDELLI ed altri; GUSMEROLI ed altri; DE LORENZIS ed altri; PAGANI e PIZZETTI; BERGAMINI; CROSETTO; MULE' ed altri; GADDA ed altri; MELONI e LOLLOBRIGIDA; FRASSINI ed altri; MACCANTI ed altri; SCAGLIUSI ed altri; VINCI ed altri; VINCI ed altri; BUTTI ed altri; ZANELLA ed altri: Modifiche al codice della strada.

(C. 24-192-193-219-234-264-367-681-777-1051-1113-1187-1234-1245-1348-1358-1364-1366-1368-1399-1400-1601-1613-A)

Relatori: DE LORENZIS e DONINA.

6. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

GALLINELLA e GAGNARLI; MINARDO; MULE' ed altri; RIZZETTO ed altri; MISITI ed altri; FRASSINETTI ed altri; LEDA VOLPI ed altri; RIZZO NERVO ed altri: Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero. (C. 181-1034-1188-1593-1710-1749-1836-1839-A)

Relatori: LAPIA e MULE'.

7. Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive (Già articoli da 6 a 11 del disegno di legge n. 1603 - Stralcio disposto dal Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 12 marzo 2019). (C. 1603-ter-A)

Relatore: MARCHETTI.

8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:

BRUNO BOSSIO; CECCANTI; BRESCIA ed altri; MELONI ed altri: Modifica all'articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica. (C. 1511-1647-1826-1873-A)

Relatori: CECCANTI e CORNELI.

9. Seguito della discussione della proposta di legge:

MELONI ed altri: Norme per l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà della Banca d'Italia. (C. 313-A)

Relatrice: RUGGIERO.

La seduta termina alle 23,40.