Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 192 di mercoledì 19 giugno 2019

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

SILVANA ANDREINA COMAROLI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 13 giugno 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bartolozzi, Daga, Giorgis e Occhionero sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno 2019.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno 2019.

La ripartizione dei tempi riservata alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, gentili deputati, il prossimo Consiglio europeo assume una rilevanza particolare, giacché esso è il primo che si svolge nell'ambito della nuova legislatura europea. Subito dopo le elezioni per il Parlamento europeo, con gli omologhi degli altri Stati membri, ci siamo già riuniti martedì 28 maggio a Bruxelles in una cena di lavoro informale per compiere le prime valutazioni sull'esito del voto europeo e per ricercare un consenso sul metodo con cui giungere a decisioni rapide, auspicabilmente consensuali, in ordine alle nomine dei vertici istituzionali dell'Unione europea. Proprio quello delle nomine dei vertici istituzionali europei sarà il tema centrale che affronteremo al prossimo Consiglio europeo. Su di esso è in corso in Europa, sin dalle scorse settimane, un confronto sia a livello intergovernativo, tra Capi di Stato e di Governo e membri del Consiglio europeo, sia parlamentare, nell'ambito dei gruppi politici del Parlamento europeo. È di fondamentale importanza che, da tale confronto, emerga da parte delle istituzioni europee un segnale ai cittadini circa le capacità di tenere conto della domanda di cambiamento emersa dal voto del 26 maggio in tutto il continente, seppure espressa in forme differenti. L'Unione europea deve riuscire a decidere non solo da chi ma anche in quale direzione essere guidata e queste decisioni devono essere equilibrate e devono essere efficaci. Devono infatti essere rispettati più che mai in questa legislatura, con un Parlamento europeo più frammentato, i criteri di equilibrio geografico, politico, di dimensione degli Stati membri, di genere.

È inoltre essenziale che sui vertici istituzionali dell'Unione si decida in coerenza con una logica di pacchetto in modo da poter avere una visione complessiva e unitaria di tutte le varie posizioni e di tutti gli equilibri. I vertici delle istituzioni europee devono essere inoltre all'altezza della posta in gioco di fronte alle principali sfide dei prossimi cinque anni: la crescita, il lavoro, l'equità sociale, la sicurezza, la migrazione, il rispetto dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile. Soluzioni europee a queste sfide sono improcrastinabili e devono ispirarsi ad una prospettiva nuova in cui la crescita non venga più considerata come antitetica rispetto alla stabilità e la solidarietà venga tutelata quanto la responsabilità.

Quanto all'aspettativa italiana per la nuova Commissione europea, ho avuto modo di affermare in varie sedi che l'Italia auspica per sé, in linea con il suo ruolo nella storia e nel futuro dell'Europa, un portafoglio economico di prima linea. Alle nomine europee si accompagna, al Consiglio europeo, una decisione sull'Agenda strategica, documento che contiene, ad ogni avvio di legislatura europea, linee programmatiche in cui si riconoscono i 28 Stati membri. L'Agenda strategica combina quasi inevitabilmente, in un'Unione caratterizzata da una membership così ampia, ambizione e realismo. È dunque di fondamentale importanza, tenendo a mente le sfide cui ho fatto cenno in precedenza (crescita, lavoro, sicurezza, ambiente), che all'Agenda si accompagnino, nei prossimi cinque anni, decisioni politiche europee all'altezza della situazione e che trovino tempestiva attuazione.

In quest'ottica considero prioritari i seguenti obiettivi: 1) una governance europea e multilivello della migrazione basata sulla solidarietà e sull'equa condivisione delle responsabilità tra Stati membri nonché sulla collaborazione con i Paesi di origine e di transito, inclusi i corridoi umanitari europei, per quanti abbiano diritto d'asilo nonché su una decisa politica europea sui rimpatri e di contrasto al traffico illegale di esseri umani; 2) un deciso avanzamento dell'Unione e il completamento del pilastro dei diritti sociali nel definire e attuare iniziative e strumenti europei volte a proteggere i disoccupati, soprattutto giovani, a realizzare forme di salario minimo europeo, a lottare contro l'esclusione sociale, contro la povertà; 3) un budget dell'Eurozona dotato anche di funzioni di stabilizzazione, obiettivo essenziale per la solidità dell'Eurozona nello scenario globale caratterizzato da turbolenze, ad esempio adesso in ragione dei dazi, che hanno un impatto negativo sulla congiuntura economica europea; 4) un impulso concreto affinché vengano incentivati investimenti pubblici produttivi soprattutto negli Stati membri che più ne hanno necessità e affinché si ponga rimedio alla concorrenza fiscale ingiustificata tra Stati membri; 5) un'Unione capace di promuovere politiche ambientali a sostegno dell'economia circolare e di incentivo all'obiettivo di neutralità climatica da raggiungere entro il 2050, come già stabilito, senza che ciò incrini l'unità europea su un obiettivo essenziale per tutti i cittadini europei di oggi e di domani; ancora, un'adeguata tutela europea sia dei prodotti agricoli (etichettatura e tracciabilità) sia in generale delle indicazioni di origine geografica quali presupposti di una politica commerciale dell'Unione europea, che è una competenza esclusiva dell'Unione come si sa, rispettosa dei cittadini siano essi consumatori siano essi imprenditori; ancora, un ulteriore miglioramento della cooperazione legislativa e amministrativa europea nel contrasto al terrorismo internazionale e al crimine organizzato contro cui non dobbiamo assolutamente abbassare la guardia; una politica estera dell'Unione europea capace di definire posizioni e, se necessario, adottare misure con modalità efficaci e adeguate al ruolo nel mondo globale cui l'Unione europea non può e non deve rinunciare.

In tale prospettiva sarà decisiva, una volta adottata l'Agenda strategica in sede di Consiglio europeo, la capacità o meno di assicurarne una coerente e una tempestiva attuazione. Auspico e ricordo un ruolo centrale del Parlamento europeo come stimolo democratico per la Commissione europea e per gli Stati membri ad agire in linea con gli impegni assunti all'inizio della legislatura.

Il Consiglio europeo, inoltre, è chiamato a valutare lo stato di avanzamento del negoziato relativo al prossimo quadro finanziario pluriennale. La nostra posizione al riguardo è chiara, coerente. Come Presidente del Consiglio del Paese quinto contributore netto del bilancio dell'Unione rappresenterò l'aspettativa che la tempistica del negoziato non vada a discapito della sua qualità. Essenziale è lavorare con spirito europeo autentico all'avanzamento del negoziato verso una tempestiva conclusione ma senza che ciò si traduca in scorciatoie che conducano ad un bilancio settennale inadeguato alla posta in gioco. L'Unione deve infatti avere un quadro finanziario pluriennale radicato nel presente ma al contempo proiettato nel futuro che faccia pertanto tesoro dell'esperienza pregressa e rappresenti un'effettiva garanzia di politiche efficaci sia per le nuove priorità, come migrazione, sicurezza, investimenti, ricerca, sia per le politiche tradizionali, come la coesione e la politica agricola comune, entrambe essenziali per i cittadini europei, in particolare per i consumatori e per gli imprenditori, per la crescita e l'occupazione anche nelle aree del continente più svantaggiate e più esposte alle insidie e alle ricadute negative della globalizzazione. È inoltre auspicabile, nella prospettiva di un bilancio pluriennale all'altezza della situazione, che si sappia guardare con maggiore ambizione alle nuove risorse proprie a beneficio del contribuente europeo, garantendo un maggior valore aggiunto della spesa dell'Unione senza gravare sui bilanci nazionali.

Parimenti proiettato ad un futuro dell'Europa, da preparare fin d'ora con efficacia e lungimiranza, è il tema del cambiamento climatico. Il Consiglio europeo esprimerà un invito al Consiglio e alla Commissione a continuare a lavorare in direzione della transizione verso la neutralità climatica, sulla base delle misure già concordate per raggiungere il target di riduzione del 2030, ed in direzione della tempestiva adozione, entro l'inizio del 2020, di una strategia dell'Unione europea di lungo termine. Il Consiglio europeo guarda inoltre al Climate Action Summit, organizzato dal Segretario generale dell'ONU a settembre, come ad una tappa significativa per l'azione globale sul cambiamento climatico e agli obiettivi dell'Accordo di Parigi sul clima. Ci aspettiamo di poter lavorare insieme agli altri Stati membri ad un ruolo dell'Unione europea ambizioso, di respiro globale. È essenziale, ad esempio, che si avanzi sul piano europeo con determinazione verso la cosiddetta “neutralità climatica” entro il 2050, un traguardo che i sette Paesi del Sud dell'Unione europea, nella loro dichiarazione (l'abbiamo adottata a La Valletta lo scorso 14 giugno), hanno auspicato venga raggiunto tenendo conto delle specificità nazionali. La sfida ambientale non può essere risolta sul piano nazionale, nessuno Stato può agire da solo, essa richiede uno sforzo europeo anche in chiave globale. L'Unione europea non può non giocare un ruolo da protagonista su questo tema, anche in vista dei prossimi appuntamenti internazionali, come il summit dell'ONU sul clima fissato per il prossimo settembre.

Sull'ambiente occorre rispettare le regole europee ed il principio di responsabilità verso i cittadini e fra generazioni. Ho avuto modo di rappresentarlo fin dal primo discorso, dal discorso qui alle Camere in occasione della fiducia: se vogliamo restituire all'azione di Governo un più ampio orizzonte, dobbiamo mostrarci capaci di alzare lo sguardo, sforzandoci di perseguire i bisogni reali dei cittadini in una prospettiva anche di medio e lungo periodo; diversamente la politica perde di vista il principio di responsabilità che impone di agire (lo raccomandava il filosofo Jonas), non soltanto guardando al bisogno immediato, che rischia di tramutarsi in mero tornaconto, ma anche progettando la società che vogliamo lasciare ai nostri figli, finanche ai nostri nipoti.

Il Consiglio europeo si soffermerà anche, in tema di relazioni esterne, sulla situazione tra Russia e Ucraina, con specifico riferimento alle recenti misure russe sui passaporti nelle regioni orientali dell'Ucraina, in particolare Donetsk e Lugansk, alla perdurante detenzione da parte russa dei marinai ucraini arrestati in occasione dell'incidente nello stretto di Kerch il 25 novembre 2018, e all'auspicio che riprendano i negoziati per l'attuazione delle intese di Minsk. Su tali questioni rimane per noi prioritario lavorare insieme ai nostri partner europei, per favorire una distensione, per riportare il confronto al tavolo dei negoziati, anche approfittando del nuovo slancio impresso alla politica ucraina dal neo Presidente Zelens'kyj. Colgo l'occasione per riaffermare che l'Italia intende perseguire un approccio rispettoso, sì, della questione europea, ma, al tempo stesso, convinto che le sanzioni non siano un fine in sé, bensì uno strumento finalizzato ad avviare a soluzione la crisi ucraina.

Il Consiglio europeo esprimerà inoltre, sulla scia delle conclusioni di quello di marzo, un invito ad accrescere la consapevolezza e a rafforzare la resilienza delle nostre democrazie rispetto alla disinformazione, incoraggiando la Commissione europea ad una valutazione sull'attuazione da parte delle piattaforme online degli impegni assunti al riguardo.

Rimane essenziale per l'Italia uno sforzo europeo coordinato che tenga conto della natura complessa, plurale del problema; provenendo la disinformazione da una molteplicità di soggetti, statuali ma anche non statuali, essa richiede un approccio strategico multidimensionale e di ampio respiro, che includa sul piano europeo un investimento di lungo periodo nella formazione dei giovani, un dialogo costante con i provider privati, senza trascurare naturalmente i delicati profili di necessaria garanzia della libertà di informazione, fondamento essenziale delle nostre democrazie.

Il Consiglio europeo inoltre valuterà con favore il lavoro in corso a livello comunitario per una risposta coordinata alle minacce ibride. Al riguardo condividiamo con i partner europei l'esigenza di intensificare il coordinamento europeo sugli attacchi cibernetici. L'approccio italiano è ispirato alla promozione di piattaforme cooperative e mira a coniugare le esigenze di sicurezza e di protezione dei cittadini con il rispetto dei principi della democrazia e della libertà della rete. Riteniamo inoltre di dover rafforzare la resilienza, cioè la capacità di dotarsi, a livello nazionale ed europeo, di adeguati strumenti di prevenzione e resistenza ad eventuali cyber-attacchi, ma anche la capacità di deterrenza verso tali attacchi; tenendo comunque presente che il problema della imputazione, vale a dire quindi anche conseguentemente di poter sanzionare i comportamenti delle persone accertate come responsabili, resta di grande complessità e richiede un approccio ben ponderato.

Il Consiglio europeo farà inoltre riferimento alle conclusioni del Consiglio affari generali in tema di allargamento, processo di cui l'Italia è tradizionalmente sostenitrice perché crediamo che sia un importante motore per promuovere pace e stabilità, prosperità e sicurezza anche nel nostro vicinato, nell'interesse geostrategico dell'intero continente. Riteniamo dunque essenziale preservare la credibilità del processo di allargamento, sia sostenendo ulteriori progressi di Serbia e Montenegro nel negoziato di adesione, sia lavorando affinché entro ottobre di quest'anno - prospettiva temporale decisa proprio ieri dal Consiglio affari generali - possa esserci una decisione favorevole all'apertura dei negoziati di adesione con Albania e Repubblica di Macedonia del Nord. Un rapido avvio dei negoziati di adesione con Tirana e con Skopje darebbe un segnale di forte attenzione europea verso l'intera regione, ridando slancio alla prospettiva europea di quei due Paesi e contribuendo così ad evitare derive rispetto al percorso di progressiva integrazione e anche rispetto alla prospettiva di una maggiore stabilità regionale.

Una questione che, su impulso di Cipro, verrà discussa al Consiglio europeo, che abbiamo già affrontato nell'incontro che abbiamo avuto a Malta, a La Valletta, nell'ambito dei Paesi del Sud Europa, riguarda le attività turche di perforazione nella zona economica esclusiva cipriota. Al riguardo, monitoriamo con la massima attenzione i recenti sviluppi legati alle questioni energetiche nel Mediterraneo orientale, e condividiamo la preoccupazione riguardo all'annuncio che è stato fatto in Turchia di voler intraprendere attività che potrebbero risultare lesive delle legittime aspettative della Repubblica di Cipro di esercitare i diritti sovrani sulle risorse naturali presenti nella cosiddetta zona economica esclusiva, in linea con le norme del diritto internazionale dell'Unione europea. Riteniamo che lo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mediterraneo orientale possa divenire, da motivo di disputa, una straordinaria opportunità di cooperazione, ed anche un fattore di stabilizzazione regionale. Dobbiamo però lavorare per raggiungere questo traguardo e per materializzarlo.

Infine, il Consiglio europeo esaminerà gli ultimi sviluppi del dossier Brexit, alla luce delle recenti vicende politiche occorse nel Regno Unito e dell'ultima comunicazione della Commissione europea sulle misure di emergenza in caso di Brexit senza accordo.

Da parte italiana - lo sapete bene - il 20 maggio scorso è stato convertito in legge, anche da voi quindi, il decreto-legge cosiddetto “Brexit”, che prevede, in particolare in caso di no deal, misure di messa in sicurezza nei settori dei diritti dei cittadini, dei servizi finanziari e del trasporto aereo. La settimana scorsa abbiamo riunito la cosiddetta “task-force Brexit” a Palazzo Chigi per fare un tagliando alle misure di preparazione al no deal. L'Italia resta impegnata per una Brexit ordinata attraverso un accordo di recesso e per costruire una relazione futura profonda e ambiziosa con il Regno Unito dopo l'uscita dall'Unione europea. Non di meno, alla luce degli ultimi sviluppi occorsi a Londra, è importante che cittadini, imprese e tutti i soggetti interessati alla Brexit utilizzino i mesi di proroga, che, lo ricordo, è al 31 ottobre 2019, per prepararsi a qualsiasi scenario, incluso quello davvero poco auspicabile di un'uscita senza accordo.

Ho prima richiamato, riferendomi al cambiamento climatico, il principio di responsabilità. Decidere di agire tenendo in massima considerazione tale principio fra istituzioni e cittadini e fra generazioni è il presupposto essenziale anche per il rapporto con l'Europa in ambito economico e finanziario. Mi riferisco, in particolare, alla raccomandazione e al rapporto della Commissione che potrebbero condurre a una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia ma anche al completamento dell'Unione economica e monetaria. Quest'ultimo tema sarà al centro di un Euro summit venerdì 21 giugno che, riteniamo, debba assumere decisioni non divisive e con un'adeguata base politica e tecnica che spetta all'Eurogruppo e al consiglio Ecofin assicurare. Non riteniamo che vi siano ancora i giusti presupposti in merito, non riteniamo appropriato che i Capi di Stato e di Governo decidano senza un'adeguata base tecnica e un approccio consensuale su misure incisive e di media e lunga durata come la riforma del Trattato del meccanismo europeo di stabilità, lo schema europeo di garanzia sui depositi, cosiddetto “EDIS”, e il budget dell'Eurozona. L'Accordo di dicembre 2018 prevedeva che fossero predisposte entro giugno 2019 le conseguenti revisioni al Trattato sul MES. L'Eurogruppo del 13 giugno ha raggiunto un ampio consenso sulla bozza di testo del Trattato rivisto sulla base del quale verrà definita nella seconda parte dell'anno, auspicabilmente, la documentazione di secondo livello prevista dal Trattato stesso. Secondo l'Accordo raggiunto, su richiesta, in particolare, di Italia e Germania, le procedure per le ratifiche nazionali saranno avviate solo quando tutta la documentazione sarà stata concordata e finalizzata e questo - la previsione - nel prossimo mese di dicembre.

Riassumo un attimo a beneficio di quest'Assemblea le questioni di maggior rilievo. Il primo punto riguarda la revisione delle linee di credito precauzionali: la linea di credito precauzionale cosiddetta condizionata e la linea di credito accresciuta; condizionata e accresciuta. In attuazione di quanto approvato a dicembre scorso sono state definite per i Paesi in situazione economica e finanziaria particolarmente solida le condizioni per l'accesso alla linea di credito precauzionale rappresentate da criteri di eleggibilità stringenti relativi alla situazione economica e fiscale. A fronte delle garanzie rappresentate dal soddisfacimento di tali criteri, da una tempistica più dettagliata relativa al possibile rinnovo della linea di credito e da un quadro definito per l'eventuale sospensione è stata eliminata per quei Paesi la predisposizione del memorandum of understanding sostituito da una lettera di intenti contenente l'impegno al continuo soddisfacimento dei criteri.

Per i Paesi che, invece, presentano alcune vulnerabilità è stata confermata la linea di credito, quella cosiddetta accresciuta, in merito alla quale i leader a dicembre hanno ribadito che lo strumento continuerà a essere disponibile come previsto nelle attuali guidelines che includono la sottoscrizione di un memorandum of understanding.

Per il funzionamento operativo di entrambi gli strumenti precauzionali è ora necessario aggiornare e finalizzare le specifiche linee guida, allineandole alla bozza di testo del Trattato rivisto sulla base del lavoro tecnico già in corso e penso che l'attività sarà ultimata poi nella seconda parte dell'anno.

Il secondo punto riguarda i rapporti e la divisione dei ruoli tra Commissione e MES. Su questo punto la bozza attuale di modifica del Trattato riprende quanto concordato a dicembre 2018 e contenuto in particolare nel term sheet sul MES e nella posizione comune sulla cooperazione tra le due istituzioni. Il MES, se necessario, al fine di poter svolgere in modo appropriato e tempestivo i compiti a esso conferiti dal Trattato potrà seguire e valutare la situazione macroeconomica e finanziaria dei suoi membri, compresa la sostenibilità del loro debito pubblico. Tale attività, però, dovrà svolgersi per fini meramente interni in collaborazione con la Commissione europea e la BCE, al fine di garantire la piena coerenza con il quadro per il coordinamento delle politiche economiche di cui al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Ancora, vi sono questioni legate al debito. L'Accordo di dicembre aveva previsto - lo ricordo - a partire dal 2022 la modifica delle modalità di voto, dal cosiddetto “dual limb” al “single limb” delle clausole di azione collettiva già comunque presenti nel trattato in vigore e operanti a partire dal 2013. La bozza di revisione del Trattato introduce il riferimento alle nuove clausole la cui applicazione concreta continuerà a essere esaminata in seno al Comitato economico e finanziario.

Per quanto concerne la valutazione della sostenibilità del debito è stato ripreso il principio per cui tale esercizio sarà condotto su base trasparente e su base prevedibile ma consentendo un sufficiente margine di giudizio. La valutazione sarà condotta prevedibilmente dalla Commissione in collaborazione con il MES nel rispetto del Trattato relativo, del diritto dell'Unione europea e della posizione comune sulla cooperazione. Non sono state invece formalizzate ulteriormente le modalità di svolgimento dell'analisi di sostenibilità del debito. Infine, con riguardo al possibile ruolo di MES quale facilitatore del dialogo tra creditori e Stati membri, che era previsto nell'Accordo di dicembre 2018, è stato previsto un riferimento nei “considerando” ma con la specificazione secondo cui tale ruolo deve avere natura informale e non vincolante, avere una base confidenziale ed essere attivabile solo su richiesta dello Stato membro interessato.

Ancora, c'è l'istituzione del meccanismo di supporto comune al Fondo di risoluzione unico per le banche, il cosiddetto common backstop. Ai fini del finanziamento di una risoluzione bancaria il regolamento che ha istituto il meccanismo di risoluzione unico ha previsto anche la costituzione del Fondo di risoluzione unico, finanziato dai contributi del settore bancario. Nel caso in cui le risorse del Fondo di risoluzione non siano sufficienti, il meccanismo di risoluzione può agire da supporto, prestando i fondi necessari al primo ed esplicando così la funzione di common backstop. Al fine di assicurare la neutralità fiscale, il finanziamento ricevuto dal Fondo di risoluzione sarà restituito nel termine massimo di cinque anni al sistema bancario mediante il versamento di contributi ex post. Nell'attuazione del backstop sarà assicurato un trattamento equivalente anche ai Paesi non appartenenti all'area dell'euro ma facenti parte dell'Unione bancaria mediante linee di credito parallele e specifiche disposizioni di governance.

Le caratteristiche del meccanismo e le sue modalità operative saranno disciplinate nel Trattato limitatamente alle questioni e alle previsioni di principio. Con delibera del consiglio dei governatori verrà invece decisa l'istituzione stessa dello strumento nonché le caratteristiche più rilevanti dello stesso. È prevista altresì la stipula di un accordo quadro con il comitato di risoluzione unico, deliberato dal consiglio di amministrazione. Lo stesso organo è competente per l'approvazione delle linee guida comprensive delle disposizioni procedurali e di livello operativo. Nell'assunzione delle rispettive delibere il MES sarà vincolato, oltre che da quanto previsto nel Trattato, dai termini di reference concordati dall'Eurogruppo nel dicembre 2018 e richiamati nelle premesse del Trattato. Il meccanismo di supporto comune sarà operativo entro il dicembre 2023 e potrebbe essere introdotto anche prima di tale data sulla base di una valutazione dei progressi compiuti nell'ambito della riduzione dei rischi che dovrà essere effettuata nel 2020. L'avvio anticipato richiede anche una modifica dell'Accordo del 2014 sul trasferimento dei contributi di cui al Fondo di risoluzione unico, processo ancora caratterizzato da notevoli incertezze.

Quanto al tema della procedura di infrazione ho avuto (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali - Commenti del deputato Scalfarotto)

PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi! Andiamo avanti. Deputato Scalfarotto, non è un dibattito in questo momento; dopo si aprirà il dibattito e ognuno potrà fare il proprio intervento. Andiamo avanti. Prego, Presidente.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Ovviamente, avendo grande rispetto del Parlamento, cerco di rappresentare quanto più compiutamente tutti i temi. Poi lascio ovviamente all'interesse di ciascuno di valutare se c'è o no effettivo seguito o meno.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Alza la voce, però, che non si sente niente!

PRESIDENTE. D'Ettore, le faccio il primo richiamo formale. Già prima è intervenuto senza che le dessi la parola. Primo richiamo formale: se continua così, facciamo il secondo richiamo formale e così via. Prego, Presidente.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Dicevo che, quanto alla procedura di infrazione, ho avuto modo di affermare, anche pubblicamente, che siamo tutti determinati a evitarla, ma anche che siamo ben convinti della nostra politica economica. Su queste basi intendiamo mantenere un dialogo costruttivo con l'Unione europea e queste nostre determinazioni e disponibilità le sto rappresentando con chiarezza anche ai vertici istituzionali dell'Unione, ai miei omologhi. L'Italia intende rispettare le regole europee senza che ciò impedisca che, come Paese fondatore e terza economia del continente, ci facciamo anche portatori di una riflessione incisiva su come adeguare le regole stesse affinché l'Unione sia attrezzata ad affrontare crisi finanziarie sistemiche e globali e assicuri un effettivo equilibrio tra stabilità e crescita, tra riduzione e condivisione dei rischi.

Binomi, questi, che sono complementari, non possono essere assunti in contrasto tra loro, come continuano a sostenere i fautori di un approccio procedurale che ha costretto l'Europa a criticare ex post proprie decisioni e misure che sono, poi, i cittadini europei ad aver pagato e a rischiare di pagare anche in prospettiva. Il che comporta un prezzo molto elevato, non solo per la coesione sociale ed economica di interi Stati membri, ma - se mi permettete di riassumere infine - per la credibilità stessa del progetto europeo; una credibilità che pure i fautori dell'austerity a oltranza dichiarano, almeno a parole, di avere a cuore (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

(Discussione)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. È iscritto a parlare il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

FRANCESCO D'UVA (M5S). Grazie, Presidente. Il Consiglio europeo del 20 e del 21 giugno è molto importante, è il primo con il nuovo assetto delle istituzioni europee, dopo le elezioni appena passate. Si andranno a decidere i membri della Commissione europea, tra qualche mese si dovrà parlare anche della presidenza della BCE e dovrà essere adottata l'Agenda strategica dell'Unione Europea per il 2019-2024. A tutto questo si affianca quello che è su tutte le cronache e su tutti i giornali, ovvero la procedura d'infrazione per il nostro Paese, per l'Italia, dovuta a un rapporto debito/PIL eccessivo relativo all'anno 2018. Ora, storicamente l'Italia ha sempre avuto un rapporto debito/PIL molto alto; in tal caso parliamo del 2018, in cui non abbiamo nemmeno fatto la legge di bilancio, perché ancora c'è la legge di bilancio precedente.

Ma non voglio dire che è colpa del Governo precedente, perché qui, in realtà, è un fattore storico del nostro Paese che questo debito sia così alto, soprattutto il rapporto debito/PIL. Viene suggerita la possibilità da parte dell'Europa di utilizzare l'austerità per ridurre questo rapporto. Eppure, vedete, è un rapporto. Non voglio riportarvi a scuola, ma, essendo un rapporto debito/PIL, bisogna decidere: o si va a ridurre il debito o si va ad aumentare il PIL per ridurre il rapporto stesso. Si è cercato di ridurre il debito con l'austerità e chi è che è stato il Governo, qual è stato il Governo principale che ha cercato di farlo? Il Governo Monti! Bene, se andiamo a vedere il rapporto debito/PIL del Governo Monti, a fine 2011, quando si è insediato, era del 116,5 per cento; a fine 2013, dopo le manovre lacrime e sangue, è salito al 129 per cento. Questo significa che utilizzare - proprio lo vediamo dai numeri, dai dati - l'austerità per ridurre questo debito/PIL, come ci chiede l'Europa, è sbagliato, è addirittura folle. Lo dimostra quello che ha già passato il nostro Paese, perché c'era qualcuno che diceva che era sbagliato fare lacrime e sangue; però qualcun altro diceva: no, ma è l'unico modo per ridurre questo rapporto. Vediamo che effettivamente non è così, quindi questa non è la strada da intraprendere. Serve dialogo a questo punto, il dialogo è importante per rimettere in discussione certi paradigmi e certi parametri europei. È sotto gli occhi di tutti che stare qui attaccati a quelli che vengono definiti “zero virgola”, ovvero stare qui attaccati al 3 per cento di rapporto deficit/PIL perché il 4 per cento è troppo e il 2 per cento è poco, tutti questi paradigmi e parametri europei sono deleteri per i singoli Stati sovrani, e questo è un dato di fatto.

Dobbiamo andare lì, non dobbiamo fare uno sconto, bisogna dialogare, perché dobbiamo farlo e sono certo che il Presidente del Consiglio sarà assolutamente in grado di farlo, perché è un abile negoziatore. Dovremo riuscire a portare avanti il bene del Paese e di tutti quei Paesi che oggi dalle regole europee sono discriminati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dobbiamo salvare l'Europa da se stessa, le attuali regole fiscali stanno conducendo l'intera area euro verso un vicolo cieco: da una parte, i tassi di interesse negativi introdotti dalla BCE, che, a quanto pare, rimarranno in essere per un periodo di tempo prolungato, come ha paventato ieri Mario Draghi, stanno comprimendo la redditività delle banche europee; dall'altra, il modello di crescita basato solo sulle esportazioni ha portato le economie dei Paesi che adottano l'euro ad essere dipendenti dal resto del mondo.

Se l'economia mondiale rallenta, come sta avvenendo oggi, anche l'Europa rallenta di conseguenza. Pertanto, senza il paracadute di una politica fiscale espansiva, da utilizzare nei periodi di rallentamento globale, il modello di governance economica dell'unione monetaria mostra oggi tutta la sua illogicità, e ogni richiesta basata su questo modello non può che essere illogica, lo dicono i dati, ma ormai anche gli economisti più ortodossi. Presidente, quello che mi preoccupa oggi è vedere che, oltre ai problemi che abbiamo all'interno dell'Unione europea, che sono sotto gli occhi di tutti, abbiamo anche il riproporsi di tensioni internazionali. Giusto ieri il Presidente degli Stati Uniti - parliamo degli Stati Uniti, ovvero di un partner storico dell'Europa - va a creare questa tensione fortissima con Mario Draghi dopo le parole di Mario Draghi. Ma io voglio dire una cosa: se nuove tensioni con un partner storico e strategico si affacciano all'orizzonte è anche a causa di quelle politiche europee che, dopo avere destabilizzato l'economia dei Paesi membri, oggi destabilizzano anche l'economia mondiale. Dico che questo intervento del Quantitative Easing, il bazooka di Draghi, è necessario per quella che è la situazione attuale, ma la situazione attuale è dovuta proprio alle politiche di austerità che hanno ridotto la domanda interna, costringendo i singoli Paesi, per andare avanti, per tirare a campare, per andare avanti con l'economia, ad aumentare l'export. Quindi, questo tipo di politica fiscale funziona fino a un certo punto, anzi, vediamo tutti i limiti proprio da questo.

Nel Consiglio europeo che ci sarà a breve si parlerà di vari punti, già il Presidente del Consiglio nel suo discorso lo ha fatto presente. Uno di questi, che a noi è molto caro, è quello dell'ambiente, Presidente, perché oggi siamo tutti bravi, ci sono tante parole, si parla tanto dell'ambiente, si fanno manifestazioni; poi azioni concrete se ne fanno poche. Voglio dirvi che bisogna fare una lotta ai cambiamenti climatici, la riconversione ecologica, la cura del pianeta: queste devono essere le vere priorità. Invece vedo che le priorità principali sono l'austerità e gli “zero virgola”. Ora, noi potremmo essere ricordati un giorno come un'Europa miope che pensa al deficit, al debito, a queste cose, e non pensa a quello che poi realmente sarà fondamentale, ovvero il benessere del pianeta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Lo dico, non è un discorso da figli dei fiori, cioè i cambiamenti climatici in questo momento ci sono realmente. Vorrei lasciare ai nostri figli, vorrei che tutti noi potessimo lasciare ai nostri figli un pianeta non devastato, con un'aria irrespirabile o con acqua non più disponibile per i nostri popoli, per le persone. Quindi, credo che, da questo punto di vista, sia molto importante capire che non si può andare a fare una riconversione ecologica e, al contempo, puntare sull'austerità. Sono due concetti molto complicati perché, se tu devi fare degli investimenti per la riconversione ecologica, non puoi pensare, allo stesso tempo, di rispettare tutti i parametri che esistono oggi. Per questo, come ho già detto, dobbiamo sicuramente ridiscutere questi parametri, se vogliamo realmente fare qualcosa per il nostro pianeta e non limitarci alle parole, alle chiacchiere e alle manifestazioni.

Presidente, mi avvio a concludere, non voglio tediare l'Assemblea più di tanto, soprattutto perché il Presidente è stato molto esaustivo e non posso che essere d'accordo con le parole che ha espresso poc'anzi, ma due parole voglio dirle sul Meccanismo europeo di stabilità. Avallare nella sua forma attuale la riforma del Trattato appunto del MES significherebbe legittimare proprio quelle stesse regole fiscali che stiamo criticando da anni. Nello specifico, l'attuale bozza di riforma del Trattato prevede che l'accesso alle linee di credito precauzionali per gli Stati richiedenti sia subordinata al rispetto di parametri fiscali come il rapporto deficit-PIL non superiore al 3 per cento, il saldo strutturale pubblico in pareggio o al di sopra del parametro di riferimento richiesto al singolo Paese, un rapporto debito pubblico-PIL al di sotto del 60 per cento o, in caso di valori superiori a tale soglia, che il rapporto sia ridotto di un ventesimo in media nei due anni che precedono la richiesta. Cosa sto dicendo? Che sulla base di questi tre parametri, ad esempio, ci sono otto Paesi dell'area euro, tra cui l'Italia, che sarebbero esclusi dalla possibilità di richiedere assistenza al MES, a meno che non firmino un memorandum che di fatto commissarierebbe il Paese. Presidente, noi non possiamo accettare che si tracci una riga che distingua fra Stati di serie A e Stati di serie B in base ai soliti parametri di politica fiscale che stanno tenendo in ostaggio l'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier). Ecco perché, Presidente, sul MES l'Italia dovrebbe farsi sentire a gran voce e con inflessibilità. Non si deve procedere oltre su questa riforma, se nello stesso momento non vengono affrontati seriamente due altri dossier decisivi, che sono l'assicurazione europea sui depositi bancari e il bilancio unico dell'Eurozona. Per quanto riguarda il primo, è evidente che non si può continuare a irrigidire i paletti sui crediti deteriorati delle banche senza pianificare in tempi certi una condivisione dei rischi a livello dell'intera Unione; sul secondo serve maggiore apertura nei confronti di quelle proposte che vorrebbero istituire fondi di stabilizzazione all'interno del bilancio dell'Eurozona in caso di crisi dei singoli Paesi. L'Europa del prossimo futuro dovrà essere necessariamente una comunità solidale, altrimenti andremo solo ad alimentare la disfunzionalità dell'attuale architettura (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gelmini. Ne ha facoltà.

MARIASTELLA GELMINI (FI). Signor Presidente del Consiglio, lei oggi ha sfoderato un elenco di buoni propositi, di buone intenzioni, di auspici, ma non ha indicato la direzione: sarà un nostro limite, ma noi non abbiamo capito quali saranno gli argomenti che lei utilizzerà per ottenere maggiore flessibilità e soprattutto per scongiurare la procedura di infrazione. Non ci meraviglia questo disinteresse nei confronti dell'Europa, perché proprio l'altro ieri abbiamo raggiunto i primi cento giorni senza che il suo Esecutivo abbia indicato un Ministro degli affari europei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). E anche se avessimo voluto dimenticare questo piccolo dettaglio, ci ha pensato il professor Savona a ricordarcelo, affermando che l'Italia potrebbe addirittura aumentare il proprio debito fino al 200 per cento del PIL. Anche questa è un'affermazione singolare, che forse nasconde l'idea di una patrimoniale, certamente non credo che l'aiuti nel negoziato europeo. Fatto sta che il prossimo Consiglio - su questo lei ha ragione - è di decisiva importanza per il futuro dell'Europa ma anche dell'Italia. Si apre infatti la partita dei vertici delle istituzioni europee - nomine, per l'appunto -, ma stavolta non potrete cavarvela con le vostre alchimie spartitorie. E tutto ciò accade - non sfugge a nessuno - in un'Europa dopo il trauma della Brexit, dove l'importanza di avviare una riforma della nostra casa comune noi l'abbiamo ben chiara, così come non sfugge agli italiani il valore di ottenere nella Commissione un ruolo economico finalmente di rilievo che consenta la tutela dei nostri interessi nazionali. A questo appuntamento decisivo, però, il nostro Paese arriva con non poche difficoltà: il suo Governo ci ha portato alle soglie di una procedura di infrazione per eccesso di debito, non abbiamo cioè le carte in regola per pretendere alcunché, e la nostra voce purtroppo rischia di essere debole, siamo infatti isolati e sotto scacco. E mentre lei ci parla e scrive lettere di buoni propositi, rischiamo il commissariamento del Paese, sarà cioè l'Europa a dire a lei e agli italiani come si governano le finanze pubbliche. È un risultato che tutti noi vorremmo francamente evitare, perché gli italiani non lo meritano, ma, Presidente, in Europa ci si va con alle spalle un Governo coeso, un Parlamento unito e un Paese consapevole, mentre lei, con il suo Esecutivo, è riuscito nel compito non semplice di fallire tutti e tre questi obiettivi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Ci sono più linee di Governo nel suo Esecutivo di quanti siano i partiti che compongono la maggioranza, perché alle posizioni divergenti di Lega e Cinquestelle si è aggiunta anche la componente responsabile o tecnica che fa capo a lei e al Ministro Tria. Ma lei, Presidente, con quale lingua parlerà in Europa? Con quella del professor Bagnai, che ha sostenuto in diretta TV che l'Europa adotta con noi metodi mafiosi? Oppure si presenterà con la suadente capacità di persuasione che ha sfoderato per convincere Angela Merkel che poteva tenere a bada i suoi due Vicepremier? O sosterà invece che le tasse si possono ridurre in deficit, contraddicendo il Ministro Tria? Presidente, l'Europa ci sta presentando il conto di questo anno di Governo, e non solo per la disastrosa politica economica. Però ricordiamoli questi brillanti risultati economici: avete impegnato in deficit una montagna di soldi solo per mantenere le promesse elettorali, reddito di cittadinanza e “quota cento”, avete tagliato gli investimenti, aumentato le tasse, avete corretto in corsa a tutte le previsioni di crescita, tant'è che ora vi tocca ammettere che i gufi avevano ragione, che avremo una crescita lillipuziana. Le vostre previsioni finora hanno avuto la stessa attendibilità di quelle del mago Otelma, e vorreste adesso convincere i nostri partner europei che avete ragione perché avete sbagliato le previsioni, cioè che proprio quelle due misure simbolo, che dovevano cambiare i destini del Paese abolendo la povertà e consentendo a quante più persone possibili di trascorrere una vita in vacanza, sono in parte fallite e dunque otterrete dei risparmi significativi pari a 3 miliardi di euro? Io non so se questo sarà sufficiente a scongiurare la procedura di infrazione, francamente a Bruxelles sembrano intenzionati a prendere sul serio solo le norme e non le vostre previsioni. L'Europa chiede certezze, ma certezze le chiedono soprattutto gli italiani. Ci sono un po' di buchi neri nella vostra narrazione: dovreste spiegare, ad esempio, come sia possibile utilizzare i risparmi del reddito di cittadinanza - da un lato, per aiutare le famiglie, bocciando poi gli emendamenti nel “decreto crescita”, e allo stesso tempo ridurre il debito - o come si intendano sterilizzare le clausole di salvaguardia evitando l'aumento dell'IVA. Dove li trovate questi soldi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? E poi parlate di salario minimo, che è uno specchietto per le allodole, dimenticando il taglio del costo del lavoro, che è l'unico modo per aumentare gli stipendi (All'ingresso in aula del deputato Deidda, applausi dei deputati del gruppo di Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Colleghi! Deputato Mollicone!

MARIASTELLA GELMINI (FI). Così, però, l'Italia resta al palo, fanalino di coda in Europa e ai primi posti per bassa crescita e per disoccupazione.

PRESIDENTE. Trancassini!

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Bravo!

PRESIDENTE. Le faccio un richiamo formale. Prego, deputata.

MARIASTELLA GELMINI (FI). E tutto questo non è il frutto di una congiura o di uno scherzo del destino, è il risultato delle vostre sciagurate scelte economiche, alle quali si aggiungono scelte sbagliate anche in politica estera: i membri del suo Governo hanno dato prova di spavalda irresponsabilità, come quando il suo Vicepremier si è fatto immortalare insieme ai gilet gialli; avete suscitato le legittime diffidenze di tutte le cancellerie occidentali con l'accordo con la Cina sulla “Via della Seta”; sul Venezuela, facendo confusione fra Guaidò e Maduro. Avete sbagliato anche le cose facili, e rimesso in discussione trattati internazionali rilevantissimi, come quello della TAV, o accordi militari con il nostro principale alleato, gli Stati Uniti, come nel caso degli F-35. Non un grande viatico, signor Presidente del Consiglio, per questo Consiglio europeo. E le darò una notizia: la Commissione europea non avrà una maggioranza sovranista.

Tuttavia registriamo con piacere che fra i suoi primi incontri ci sia quello con Manfred Weber, il candidato alla Commissione del PPE.

Avevamo capito in campagna elettorale che il Partito dei popoli europei fosse il male assoluto, riteniamo una buona notizia a questo incontro, perché, Presidente, a quel raggruppamento appartiene anche Forza Italia e, forse, le sarebbe tornato utile un approccio diverso con la sua opposizione, perché anche noi siamo dei patrioti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) e vogliamo cambiare le regole in Europa che troppo spesso hanno penalizzato il nostro Paese. Le maglie strette del rigorismo e dell'austerity hanno fatto il male della Grecia e, poi, dell'Italia ed è giusto richiedere maggiore flessibilità, ma ciò va accompagnato da un piano credibile di sviluppo infrastrutturale e di investimenti, da una riforma fiscale vera, in grado di rimettere in moto la crescita e non dall'espansione incontrollata della spesa pubblica per fare assistenzialismo di Stato, quella non è la strada; non tutto in Europa ha giocato contro di noi, come pensate che sarebbero andate le cose se alla guida della BCE non ci fosse stato Mario Draghi, che con il quantitative easing ci ha ripetutamente evitato guai maggiori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)?

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI (ore 10,30)

MARIASTELLA GELMINI (FI). Noi, signor Presidente, siamo pronti a collaborare, se questo può servire a tutelare gli italiani e ad ottenere un ruolo di peso all'interno della Commissione, anche perché in Europa c'è un leader vero, come Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), che ha preso decine di milioni di voti negli anni e ha sempre difeso gli interessi italiani.

Avrebbe potuto percorrere un'altra via, Presidente Conte, sperimentare un altro metodo, quello di accettare un confronto con l'opposizione, per costruire insieme una strada per la crescita, per scongiurare la procedura di infrazione e ottenere un commissario di peso, dopo il nulla registrato con l'Alto rappresentante per gli affari esteri. Lei, invece, va in Europa con questo carico di problemi e, mi spiace dirlo, ci va con la sua solitudine e con la credibilità di Pinocchio; le sconsigliamo di bluffare, signor Presidente, perché questo non è il momento di sfidare la sorte, è il momento di mettere in sicurezza il futuro del Paese.

L'Italia non merita improvvisazione, avventurismo politico, ma necessita di serietà, di stabilità e di una buona capacità politica.

Auguro al Paese che, in quella sede, lei riesca ad essere davvero il difensore dell'interesse nazionale e non l'avvocato delle cause perse a danno dell'Italia. In bocca al lupo. Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Molinari. Ne ha facoltà.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Grazie, Presidente. Presidente, noi abbiamo ascoltato con interesse la sua relazione e condividiamo molte delle cose che lei ha detto, soprattutto, partiamo dall'importanza di questo vertice, un vertice che è importante per tutta una serie di motivazioni; come ha giustamente ricordato lei, è il primo vertice europeo dopo le elezioni, come lei ha ricordato, ci sono all'ordine del giorno temi molto importanti che dovranno essere discussi e che sono oggetto del dibattito che svolgiamo, oggi, in quest'Aula e, cosa sicuramente non secondaria, è un vertice che arriva nel momento in cui il nostro Paese sta avviando un'interlocuzione con la Commissione europea per evitare la procedura di infrazione.

Quindi, è chiaro che l'attenzione non possa che essere alta, tanto in quest'Aula, tanto nel Parlamento italiano, quanto nell'opinione politica, per le indicazioni che la Camera dei deputati le andrà a dare al termine di questo dibattito. Abbiamo molto apprezzato l'impostazione che lei vuole dare al vertice, le priorità politiche che ha indicato. Condividiamo quello che ha detto, ad esempio, in materia di sicurezza e immigrazione, ha parlato di una maggiore condivisione delle politiche di respingimento, di una condivisione delle politiche legate ai rimpatri, di contrasto ai trafficanti di uomini.

Ricordiamo anche, in Europa, che, essendo stati lasciati soli in questi anni, noi abbiamo comunque già iniziato a dimostrare qualcosa come maggioranza e cioè che, anche senza l'Europa, l'Italia sa cavarsela benissimo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché, grazie a questo Governo, gli sbarchi sono calati di oltre il 90 per cento e grazie al nuovo decreto che il Governo ha recentemente approvato, il decreto “sicurezza-bis”, riusciremo a incrementare ancora di più l'azione del Governo italiano nel controllo delle acque territoriali italiane e del Mediterraneo, facendo quello che l'organismo sovranazionale dovrebbe fare e non fa, avendoci lasciati, per troppo tempo, soli, anche forse per colpa di chi aveva meno attenzione di noi al Governo del Paese su questi temi. Lei ha giustamente parlato di sviluppare un'Europa sociale, di contrastare la deflazione salariale che c'è tra i vari Paesi, e questo è un tema centrale se noi vogliamo far sopravvivere l'Unione, anche perché, oggi, viviamo in una situazione paradossale, una situazione tale per cui l'Unione dovrebbe garantire un mercato comune unico, dovrebbe tutelare un mercato comune unico, ma all'interno di questo mercato comune tollera regole tanto diverse che creano una concorrenza sleale al suo interno e l'Italia è rimasta danneggiata da più fronti, è rimasta danneggiata dal fatto che all'interno dell'Unione ci sono Paesi, soprattutto i nuovi ingressi, che hanno salari molto più bassi e costi di produzione molto più bassi e, quindi, questo incentiva la delocalizzazione all'interno dell'area euro, ma attraverso l'euro ci siamo anche tagliati le gambe da soli, perché ci siamo dotati di una moneta troppo forte per il nostro sistema che ci ha anche impedito di avere il vantaggio di poter esportare (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, questo è uno dei temi principali che vanno posti all'agenda europea: da una parte, uniformità del trattamento salariale, uniformità dei diritti sociali, ma anche uniformità fiscale, perché noi non possiamo accettare che il Presidente della Commissione europea, Juncker, che ha fatto la sua fortuna politica nel suo Paese, Premier del Lussemburgo, un Paese che non produce niente, che crea ricchezza soltanto sui vantaggi fiscali, possa dare lezioni all'Italia e agli altri Paesi su come gestire l'economia reale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questa è un'altra grande priorità di questo Paese.

Poi, lei giustamente parlava degli investimenti pubblici e entrerò nel merito di ciò quando parlerò della procedura di infrazione paventata, ma noi vogliamo dare un'idea europeista che lei potrebbe portare al tavolo; visto e considerato che tutti auspichiamo che gli investimenti pubblici per le opere vengano scorporati dai dati del deficit - questo ci potrebbe anche aiutare a poter incrementare gli investimenti, senza subirne le conseguenze da parte della Commissione - facciamo una proposta diversa, diamo centralità al Parlamento europeo, visto che noi vogliamo un'Europa più democratica e più rappresentativa, diamo una lista di priorità europea delle opere pubbliche principali, facciamola votare al Parlamento europeo e, sia, poi, la BEI, con i fondi di tutti gli europei, a finanziare quelle opere e non siano i Paesi a doversi far carico di opere pubbliche che se poi vengono realizzate portano a eccesso di debito e a procedure (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Questa è una proposta europeista che lei potrà portare avanti: dividiamo la responsabilità e diamoci una priorità, a livello europeo, di cosa fare e cosa non fare per tutelare i bilanci nazionali.

Però, vede, a questi auspici si contrappongono poi, invece, quelli che sono i temi effettivi del dibattito in Consiglio europeo, perché voi andrete a discutere del futuro bilancio dell'Unione e il futuro bilancio dell'Unione è un bilancio che prevede, proprio sulla coesione sociale, pesanti tagli, pesanti ridimensionamenti; quindi, da una parte, noi abbiamo un'ambizione, dall'altra, poi, però, c'è un dato di realtà che va in un'altra direzione.

Sul tema dell'agricoltura, abbiamo fatto molto con questo Governo per cercare di tutelare il made in Italy e credo che questo sia un tema, l'abbiamo anche dimostrato in quest'Aula, che mette d'accordo tutto l'arco parlamentare (quando abbiamo portato una risoluzione per portare la voce dell'Italia all'ONU in difesa del made in Italy c'è stato un voto unanime, quindi, dicendo questo, penso di dire qualcosa che è condiviso da tutti); questo Governo, sulla tracciabilità in particolare dei prodotti agricoli e del made in Italy riferito all'agricoltura, ha fatto molto e altre misure saranno contenute nel “decreto crescita” che andremo ad analizzare questo pomeriggio, ma, come si coniuga questo nostro impegno nel momento in cui, per l'uscita del Regno Unito dall'Unione, la Commissione europea vuole tagliare del 5 per cento i fondi sulla politica agricola comune? Questo non è tollerabile, non è accettabile. Noi dobbiamo opporci a questo taglio, anche perché l'Italia è già stata gravemente penalizzata nell'assegnazione di quei contributi che guardano soltanto al reddito pro-capite mentre noi riteniamo che, invece, dovrebbero essere distribuiti anche guardando altri parametri, guardando il tasso di disoccupazione, guardando quella che è l'economia reale, guardando quella che è la qualità dei prodotti, guardando quelle che sono le esigenze del settore agricolo. Sicuramente, su questo tema, Presidente, le chiediamo un intervento importante, per difendere la nostra agricoltura da questo taglio che rischierebbe di colpire più l'Italia che altri e, soprattutto, rischierebbe di mettere in difficoltà le misure che abbiamo intrapreso.

Ho parlato del made in Italy, ma pensiamo al tema dei dazi; grazie al Ministro Centinaio siamo riusciti a risolvere un errore che la Commissione aveva fatto, che l'Europa aveva fatto, lo dicevo prima, c'è un mercato comune che deve tutelare tutti, ma è un mercato comune che poi autorizza la Birmania e i Paesi dell'Est Europa a mettere i dazi sul riso italiano, perché il riso in Europa viene prodotto fondamentalmente qui. Il Ministro Centinaio è riuscito a risolvere questo problema, noi non possiamo ora depotenziare la nostra agricoltura, togliendo i fondi e rischiando magari di avere nuove politiche dei dazi. Questo è un tema assolutamente centrale.

Poi, c'è il tema politico più importante, che è quello del cosiddetto fondo salva-Stati, lo chiamo così per farmi capire meglio, il tema del MES; vedete, la riforma prospettata è, dal nostro punto di vista pericolosa.

E' pericolosa, perché noi dobbiamo sempre ricordare una cosa. A parte che, dal punto di vista politico, mi onoro di far parte di un partito che anche sotto il ricatto dell'austerity, della vulgata “fate presto”, del “non c'è più tempo”, si oppose strenuamente in questo Parlamento al voto del Fondo salva-Stati e al voto del Fiscal compact (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), quindi parlo con la coerenza che viene dalla storia del mio partito. Ma l'evoluzione che si sta pensando è ancora più spaventosa, perché non possiamo pensare al Fondo salva-Stati, che ha già dimostrato che cos'è: andate a chiederlo ai bambini greci che cos'è il Fondo salva-Stati! Il Fondo salva-Stati è quello strumento che, con i soldi di tutti, è stato utilizzato per salvare le banche francesi e tedesche che avevano fatto speculazione finanziaria in Grecia sulla pelle della gente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati MoVimento 5 Stelle), andando a chiudere gli ospedali, andando a privare la Grecia delle infrastrutture strategiche, andando a tagliare i diritti sociali in quel Paese, favorendo l'avanzata di movimenti estremisti in quel Paese, che è il Paese fondante della cultura europea e della cultura occidentale, per colpa delle politiche di austerità; e ora noi, rispetto a un Fondo che si è mosso in questo modo, con queste logiche, che di fatto non ha salvato l'economia di un Paese ma ha salvato chi aveva investito male in quel Paese con i soldi di tutti, vorremmo far sì che tale strumento entri all'interno dei Trattati europei? Noi vogliamo far sì che questo strumento sia qualcosa di vincolante da cui non si possa più uscire? Noi vogliamo addirittura prevedere che il controllo sulla tenuta dei conti pubblici dei Paesi Ue non sia più fatto dalla Commissione ma sia fatto dal Fondo salva-Stati; addirittura vogliamo, per quello che vuole la Commissione, che il Fondo salva-Stati, con i soldi di tutti, intervenga a sua discrezione, senza un controllo politico, ad aiutare soltanto i Paesi che hanno i conti a posto, che rispettano il rapporto deficit-PIL del 3 per cento, che hanno un rapporto debito-PIL al 60 per cento e che sono nei parametri europei? Questa è una follia e noi non possiamo permetterlo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Non possiamo parlare di Europa sociale e poi portarci la troika in casa: non possiamo farlo, Presidente; diversamente, avremmo un'idea di Europa che contrasta con la dura realtà. Attenzione: non vorrei mai che all'ordine del giorno del Consiglio europeo si parlasse di questo pensando di ricattare l'Italia con la procedura di infrazione. Non sia mai ciò e dal Parlamento venga un messaggio chiaro alla Commissione Europea: noi non possiamo accettarlo perché abbiamo la spada di Damocle della procedura di infrazione, perché questo rischia di essere un danno per le future generazioni da cui non riusciamo più a uscire.

Veniamo al tema della procedura. Molto ha già detto il mio collega D'Uva su come siano stati trattati diversamente altri Paesi che hanno sviluppato un debito sicuramente maggiore del nostro nel corso degli anni. Penso ad un esempio su tutti: la Spagna è passata dal 30 per cento del rapporto debito-PIL al cento per cento e non ha subìto procedure; penso, sul rapporto deficit-PIL, al fatto che l'Irlanda un anno è arrivata oltre il 30 per cento; pensiamo ai nostri amici d'Oltralpe francesi che, lo scorso anno, sotto la minaccia della ghigliottina in piazza dei gilet gialli hanno potuto sforare al 3,5 senza che nessuno dalla Commissione dicesse niente.

L'Italia ha un debito strutturale che è cresciuto negli anni. Non voglio entrare nel merito di quanto è salito di più o di meno sotto il periodo di Monti. Siamo tutti d'accordo sul dire che il debito dell'Italia è strutturale e che è cresciuto costantemente negli anni: chi l'ha fatto crescere di più, chi l'ha fatto crescere di meno.

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Ebbene, qual è la cura che la Commissione europea vuole dare al nostro Paese? Se la cura che la Commissione europea vuole dare al nostro Paese è tornare alle politiche di austerità, diciamo che le politiche sociali che abbiamo fatto - reddito di cittadinanza e quota 100 - sono state la vera cura al disagio sociale che l'austerità ha portato (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle); quindi che la Commissione non pensi adesso di curare il malato togliendogli l'antibiotico: non può essere questo il disegno! Quindi lei, Presidente, deve difendere strenuamente le misure sociali del Governo, deve difendere strenuamente la fase due del Governo…

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Non ho un quarto d'ora, Presidente? Ci dividiamo con Di Muro: faccio un quarto d'ora io e cinque minuti lui. Va bene? Perfetto, abbiamo ancora quattro minuti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Non dobbiamo soltanto pensare alla tutela dei diritti sociali che già abbiamo fatto, ma dobbiamo anche difendere strenuamente la fase due del Governo, che punta all'economia reale, agli investimenti. Con lo sblocca-cantieri abbiamo permesso ai comuni e agli enti locali finalmente di poter appaltare e utilizzare i soldi assegnati che erano bloccati per la burocrazia; con il decreto-legge crescita diamo altri soldi ai comuni per le opere pubbliche; abbassiamo le tasse per le imprese; garantiamo gli investimenti con super ammortamento; aumentiamo la deducibilità dell'IMU; facciamo interventi che guardano all'economia reale. Inoltre, proroghiamo la pace fiscale, un altro provvedimento che è stato tanto contestato ma che porterà nelle casse dello Stato 21 miliardi di euro che, diversamente, non sarebbero mai entrati (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Per questo ringrazio il sottosegretario Bitonci per il lavoro che ha fatto e la squadra della Lega al Governo: è una misura che funziona e che vogliamo portare avanti per rilanciare l'economia reale.

La soluzione non è il blocco dell'economia italiana. Quindi lei rivendichi, Presidente, la flat tax, lei rivendichi l'abbassamento delle tasse, perché soltanto liberando l'economia reale e mettendo più soldi in tasca a imprese e a cittadini noi possiamo far salire il PIL e, quindi, abbassare il debito. È molto chiaro e bisogna far capire all'Europa una cosa, Presidente, cioè che se l'idea è riportarci la troika in casa, è farci fare marcia indietro sui diritti sociali, è dirci che noi non possiamo abbassare le tasse ma in Lussemburgo le tasse possono non pagarle; se non possiamo far fare gli investimenti ai comuni, se non possiamo fare lo sblocca-cantieri, che permette di sburocratizzare il Paese, perché tutte quelle che sono cure diventano problemi, ho paura, Presidente, per il sogno europeo che lei ha figurato e che noi abbiamo il dovere di rappresentare come eletti del popolo.

Noi abbiamo il dovere di rappresentare la legittima ambizione dei cittadini italiani ed europei ad avere un'Europa sociale dei popoli che sia quella del sogno di Ventotene: dobbiamo avere questa ambizione, però abbiamo anche un'altra grande esigenza, Presidente, cioè rappresentare il disagio e i problemi della popolazione italiana che ci ha votato e se il sogno contrasta con la realtà, noi dobbiamo stare con la realtà, dobbiamo stare con il popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Se la costruzione europea non è percepita come la casa comune, ma diventa un lager, diventa una galera, ebbene, abbiamo due soluzioni per difendere gli italiani, se sono in galera: o c'è la fuga o c'è la ribellione. Noi non vogliamo né la fuga, né la ribellione. Noi vogliamo difendere l'Europa ma l'Europa deve avere rispetto del Paese e deve avere rispetto di un Governo che le ultime elezioni europee hanno rafforzato. Ricordiamo sempre che l'area di Governo supera il 50 per cento dei consensi nel Paese, ricordiamo che siamo un Paese fondatore, ricordiamo che siamo la seconda manifattura del continente e ricordiamo che siamo un Paese europeista ma che ha il dovere di guardare agli interessi dei propri cittadini. Questo è un parametro che non è negoziabile, signor Presidente. Buon lavoro e grazie per quello che potrà fare in difesa del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle-Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, non avendo lo stesso tempo del collega Molinari, né avendo la presunzione di prendere l'ovazione che lui ha preso, il nostro gruppo vuole darle due messaggi molto sintetici ma - crediamo, in tutta serietà e responsabilità - molto importanti. Il primo: ha ragione lei a dire che il prossimo Consiglio europeo è importantissimo; è il Consiglio europeo della nuova Europa; è il Consiglio europeo del nuovo inizio. In gioco c'è l'interesse dell'Europa, del futuro dell'Europa ma c'è anche l'interesse e il ruolo del nostro Paese. Il primo messaggio - uso il condizionale perché sempre bisogna avere questo auspicio - è che in questo momento - alcuni tratti del suo discorso lo hanno sottolineato - lei, in questo nuovo inizio, andrà a rappresentare non il contratto degli italiani, non la legittima maggioranza che ha preso il 50,1 per cento dei consensi in Italia, come ha sottolineato il collega Molinari, ma rappresenterà tutta l'Italia, il presente e il futuro dell'Italia. Da questo punto di vista lo sforzo della maggioranza e del Governo in questa occasione dovrebbe essere di avere e portarsi il consenso di tutto il Paese, il consenso rappresentato dall'intero Parlamento.

Su un elemento si può costruire il consenso: l'elemento su cui si può costruire il consenso è che il futuro di un'Europa dovrà essere sempre più politico e meno burocratico, dovrà lasciare sempre meno spazio all'arido linguaggio della burocrazia e sempre più spazio al concreto linguaggio della solidarietà, che mette al centro l'interesse dei cittadini e l'interesse dei popoli.

Il secondo messaggio - scusi, signor Presidente - è un messaggio molto semplice. E qui, signor Presidente del Consiglio, mi permetto di fare riferimento, concludendo, ad un fatto storico importante, che ha visto l'Italia protagonista molti anni fa. Il 10 agosto 1946 il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi iniziò il suo intervento alla Conferenza di pace dopo la fine della seconda guerra mondiale dicendo questo: “Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me: e soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa ritenere un imputato e l'essere arrivato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione”. Eravamo usciti sconfitti - e concludo - dalla seconda guerra mondiale, ci presenteranno in quella Conferenza di pace, ma avevamo tutto l'orgoglio di un Paese che voleva ritornare a crescere e ad essere protagonista nell'ambito europeo.

Ecco.

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Signor Presidente, veda di non arrivare in queste condizioni al cospetto degli altri 26 leader dei Paesi. Allora De Gasperi esprimeva con la dignità della sua persona la coscienza di un paese umiliato dalla sconfitta, ma determinato a ripartire e a costituirsi; oggi non servirà la sua capacità dialettica e il tono forte, ma servirà la coscienza di un Paese che mette in gioco…

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). …la sua credibilità - e concludo - e la sua forza anziché l'idea di discussioni varie o le rivendicazioni sovraniste. Vede, l'Europa, non ci vuole fare… Doveva mandarci quella lettera.

PRESIDENTE. Collega…

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Politicamente non vuole farci una procedura di debito, non di deficit; ma noi abbiamo bisogno di ritrovare credibilità e serietà nell'unità complessiva.

PRESIDENTE. Grazie, collega. Grazie.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Questo è il mio auspicio e il nostro auspicio, ed è l'augurio che le facciamo.

PRESIDENTE. Grazie.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Rappresenti l'intero Paese, e si sforzi di raccontare la forza di un'Italia che ancora è protagonista, in Italia e in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Presidente, Presidente Conte, non voglio insistere sul taglio delle sue comunicazioni, sul lungo elenco di punti all'ordine del giorno che ha esposto a quest'Aula, e sugli auspici generici e diplomaticamente corretti; né voglio soffermarmi sulle evidenti contraddizioni politiche del Governo che lei presiede. Vorrei provare in pochi minuti a fare quello che ciascuno di noi dovrebbe fare in quest'Aula: interpretare l'interesse nazionale in un passaggio così rilevante per l'Unione europea e per il nostro Paese. Mi concentro su due punti: il ciclo istituzionale e la revisione delle regole, ambito nel qual vorrei inserire anche il punto che riguarda la cosiddetta procedura di infrazione; la collega Muroni poi affronterà il punto sui cambiamenti climatici.

Sul ciclo istituzionale, a mio avviso il principale interesse dell'Italia non è la nomina di un Commissario, pur con un portafoglio importante. Certo, è un pezzo rilevante; la questione fondamentale è la Presidenza della BCE, la linea di politica monetaria che interpreterà colui o colei che presiederà la BCE. Questo dovrebbe essere il punto fondamentale che l'Italia mette sul tavolo. Il primum mobile del negoziato sui cosiddetti top jobs dovrebbe essere il Presidente della BCE, perché se lì va qualcuno che non ha la consapevolezza che ha avuto Mario Draghi può finire veramente male.

Secondo punto. Il secondo punto riguarda le regole. È un punto fondamentale, e credo che tutti dovremmo evitare di utilizzare le posizioni della Commissione per colpire chi oggi è al Governo. Quelle posizioni sono sbagliate! Resistere alle raccomandazioni della Commissione è nell'interesse nazionale, perché se quelle raccomandazioni fossero attuate aggraverebbero la sostenibilità del nostro debito pubblico e della nostra economia.

Questo però non vuol dire che allora abbiamo carta bianca e possiamo fare quello che vogliamo, perché purtroppo non è così. Si resiste e si propone un'alternativa che dev'essere un'alternativa credibile; e l'alternativa credibile non può essere la flat tax, perché non funziona come credete voi: è un'operazione che ha un rilevante impatto elettorale, ma non ha la rilevanza economica che le viene attribuita. Quello che serve è una strategia di investimenti pubblici in piccole opere per la sostenibilità ambientale, innanzitutto nel Mezzogiorno che boccheggia sempre di più. A quel punto si può forzare rispetto alle raccomandazioni della Commissione e rispetto al fiscal compact, e sostenere coerentemente che sono le regole che non funzionano.

Guardate, ieri tutti hanno attaccato Trump perché a sua volta ha attaccato la politica monetaria della Commissione; ma quell'impianto non funziona! Qualcuno vuole prestare attenzione al fatto che dopo aver iniettato 2.600 miliardi di euro nell'economia dell'Eurozona l'inflazione è ancora prossima a zero? Ma perché? Perché è un meccanismo che fisiologicamente determina svalutazione del lavoro e deflazione; e Draghi deve fare quello, ma poi il punto è che Trump se la dovrebbe prendere con chi è davvero politicamente responsabile di questo estremismo mercantilista, che è la Germania e quello che è scritto nei Trattati europei.

Allora lei dovrebbe aggredire questo punto, e farlo dicendo “no” al Meccanismo europeo di stabilità perché va contro gli interessi nazionali. È stato sbagliato a dicembre, gliel'abbiamo detto in quest'Aula anche a dicembre: la firma che ha apposto su quell'intesa di dicembre è stata una firma sbagliata, perché era evidente dove portava. Speriamo che ci siano ancora i termini per bloccare quel passaggio.

E ultimo punto, che riguarda anche il presidente Molinari e la maggioranza: l'allargamento. Attenzione: allargamento vuol dire ulteriore dumping sociale, vuol dire ulteriore svalutazione del lavoro, vuol dire ulteriore deflazione. L'allargamento si deve fermare finché non si introducono standard sociali e di tasse che consentano una competizione fiscale ed una competizione economica equa; altrimenti quella deflazione, quella svalutazione del lavoro, quella disuguaglianza si aggraveranno. Quindi lei deve dire innanzitutto due “no” alle proposte che stanno in campo, per salvaguardare l'interesse del Paese e gli interessi dei lavoratori e delle piccole imprese (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manfred Schullian. Ne ha facoltà.

MANFRED SCHULLIAN (MISTO-MIN.LING.). Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, il prossimo Consiglio europeo sarà particolarmente importante non solo per delineare il futuro profilo politico dell'Unione, ma anche per l'Italia, per il Governo, per gli equilibri parlamentari, per l'economia, e quindi per le imprese, i lavoratori e i cittadini.

La premessa da cui vorremmo partire è l'importanza dell'Unione europea, dei benefici che ha portato a tutti i Paesi membri. Storicamente il nostro continente è stato devastato da guerre, conflitti e tensioni, ma da più di 70 anni viviamo in pace, grazie all'Unione europea. Basterebbe questo a considerare l'Unione come la nostra casa; ma non è così, non oggi. Avvertiamo una pericolosa disaffezione da parte dell'opinione pubblica, alimentata strumentalmente da chi dovrebbe preoccuparsi di rappresentare l'Italia nel contesto internazionale, rassicurando i Paesi partner sulla serietà delle gestione politico-amministrativa del nostro Paese e proponendo in chiave costruttiva dei correttivi al sistema europeo che senz'altro saranno necessari ed utili.

Fatta la premessa, io vorrei soffermarmi molto brevemente su alcuni argomenti che saranno trattati al Consiglio europeo, partendo comunque dalla procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Sarebbe un colpo insopportabile per la nostra già fragile economia, per il sistema sociale nella sua interezza e per una classe media che scivolerebbe inesorabilmente nella povertà per le imprese ed i lavoratori.

Signor Presidente, il prossimo Consiglio europeo è visto da alcune componenti del suo Governo più come un tema da cavalcare nello scontro politico interno alla maggioranza che come un'opportunità per far valere i nostri reali interessi. Non è un mistero che il clima di scontro istituzionale perenne lede la fiducia degli investitori e danneggia l'economia.

Cedere alla tentazione di cercare lo scontro a tutti i costi e affrontare una procedura d'infrazione sui conti sarebbe una scelta suicida, che aprirebbe scenari catastrofici dal punto di vista sociale ed economico. Le devo anche dire, signor Presidente, che personalmente sono stanco delle vostre polemiche all'interno di questa maggioranza nei confronti di un'Europa indispensabile anche per l'Italia. È una situazione indegna e in dispetto alle responsabilità istituzionali alle quali avete aspirato.

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.

MANFRED SCHULLIAN (MISTO-MIN.LING.). Per questo la invito a cercare soluzioni, a moderare i toni e a evitare lo scontro, a cercare il più possibile una soluzione condivisa dentro e fuori i nostri confini. Qualora ciò non fosse possibile per volontà dei partiti di maggioranza che la sostengono, la invito a trarre quantomeno le sue conseguenze personali per farmi credere che il senso di dignità e serietà costituisce ancora un valore effettivo. Comunque, le auguro un buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Augusta Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Signor Presidente del Consiglio, colleghi, abbiamo sentito con estrema attenzione il suo discorso, Presidente, e, in effetti, concordiamo che questo sia un momento particolarmente cruciale e importante. La sua presenza al prossimo Consiglio sarà certamente dirimente perché avverranno fatti importanti: siamo finalmente al rinnovo delle cosiddette “nomine” e, finalmente, dopo tanto barcollare degli Juncker di turno, potremo riesprimerci e incidere su chi saranno i nostri rappresentanti. Soprattutto ci fa piacere sentire dalle sue parole la volontà da parte dell'Italia di rivendicare un commissario economico che è necessario, necessario per la nostra nazione perché è proprio sull'economia che quest'Europa ci vuole soggiogare, necessario perché è proprio sul tema dell'economia che la vecchia nomenclatura ci sta minacciando. Mi dispiace, però, che lei, Presidente, abbia dedicato più minuti agli attacchi cibernetici che all'attacco che oggi l'Italia sta soffrendo, che è quello della minaccia della procedura d'infrazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che è il vero tema del Consiglio europeo prossimo. Quello è il vero attacco che l'Italia subisce e non è casuale il tempo con cui è arrivata la lettera di richiamo, perché è arrivata nel momento in cui noi sovranisti abbiamo vinto, in cui finalmente il popolo italiano ha potuto esprimersi in maniera netta nei confronti dell'Europa, tirarle le orecchie e dirle che la politica economica che aveva intrapreso e che ha intrapreso fino a oggi è una politica fallimentare, dalla quale non possiamo ricevere nessun tipo di lezione. E, allora, con questa letterina con cui ci minacciano l'infrazione, cercano di rimettere la testa degli italiani sotto la sabbia, di soggiocarci e di metterci ancora una volta su un piano secondario, dimenticando che l'Italia è uno dei principali contribuenti di questa Europa e che riceve dall'Europa meno di quello che dà. Allora, è su quello che noi attendiamo delle risposte da lei e dal Governo tutto, compresi gli assenti.

Lo spauracchio della procedura d'infrazione, se è l'ennesimo tentativo di soggiogarci, è anche il tema che è il banco di prova della tenuta del suo Governo e, soprattutto, degli interessi degli italiani e dell'Italia, perché è un tema politico, non un tema di numeri: non lo è!

Infatti, laddove hanno già sforato il rapporto tra deficit e PIL, nessuno dell'Europa - e penso, per esempio, alla Francia - si è mai sognato di minacciare la stessa procedura d'infrazione che viene minacciata nei nostri confronti: siamo il Paese che contribuisce di più e siamo la nazione che influisce di meno e qui noi pretendiamo un'inversione di rotta. Però, lei ci deve dire anche come, perché non basta quello che ha detto, cioè il dialogo costruttivo. È certo che il dialogo costruttivo sia il primo passo, però se poi insistono su questa benedetta procedura d'infrazione, Presidente Conte, cosa andrà a dire? Cosa metterà sul piatto? Noi siamo concordi a continuare una politica anche in deficit. Il problema è, però, che voi avete servito su un piatto d'argento la scusa a quest'Europa di minacciarci e l'avete fatto con il reddito di cittadinanza, un qualcosa che, Presidente Fico permettendo, va più a favore dei rom e degli stranieri che a noi italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ritiri il reddito di cittadinanza, intraprenda delle politiche d'investimenti serie, metta sul piatto anche una rivisitazione del nostro contributo e della tassa europea che ogni italiano paga a quest'Europa per sentirsi minacciato a giorni alterni; faccia qualcosa di un po' più concreto rispetto a questo dialogo costruttivo di cui, evidentemente, esiste la parola ma non esiste la sostanza.

Presidente, mi aspetto - ci aspettiamo - da lei un po' più di polso e un po' più di coraggio, di sentire le misure concrete con cui andare al tavolo dell'Unione europea e di vincere il braccio di ferro che lei, inevitabilmente, sarà costretto a condurre (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piero De Luca. Ne ha facoltà.

PIERO DE LUCA (PD). Grazie, Presidente. Il prossimo Consiglio europeo esaminerà importanti questioni inerenti il futuro dell'Unione, in particolare l'assetto istituzionale europeo, la nuova agenda strategica, il quadro finanziario pluriennale, l'assetto delle relazioni esterne e la riforma dell'Unione economica e monetaria. A tutti questi appuntamenti il Governo arriva, però, per l'ennesima volta, totalmente impreparato, diviso al proprio interno e in una posizione di preoccupante isolamento politico. Noi oggi siamo profondamente delusi perché dal Presidente del Consiglio Conte non abbiamo ricevuto una parola chiara sulla linea politica che questo Governo assumerà nel prossimo vertice europeo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). L'unica linea l'abbiamo ascoltata al capogruppo della Lega, Molinari, e questo ci preoccupa perché, al netto della vostra retorica sovranista, la realtà è profondamente chiara e incontestabile: questo è il Governo italiano più debole e inconsistente che la storia del nostro Paese abbia mai conosciuto in Europa e questo è il dato reale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Con quale credibilità lei, Presidente Conte, in un momento così delicato viene a parlare delle vostre buone intenzioni? Ma l'hanno informata di cosa accade nel suo Esecutivo? Lei sarebbe dovuto venire qui oggi a spiegare anzitutto perché al suo Governo manca da più di tre mesi un Ministro per le politiche europee (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e non se ne capisce davvero la ragione; un Ministro che possa seguire le dinamiche dei vertici cui troppo spesso voi siete assenti. Il Paese non si difende con le chiacchiere o con la propaganda a mezzo social, ma si difende partecipando a Bruxelles ai vertici e alle riunioni e lavorando sui tavoli europei: quello che voi non fate da troppo tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

Noi riteniamo inaccettabile - e lo diciamo chiaramente - avere un Ministro dell'interno che continua a fare il turista a Bruxelles e non partecipa a sei vertici su sette in cui si discute di immigrazione e di sicurezza in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Con quale coraggio poi tornate in Italia a parlare contro l'Europa? Dovreste essere lì a lavorare invece di fare i turisti in giro per il Paese!

Ma l'Italia si difende, anche e soprattutto, grazie alla credibilità e all'autorevolezza, che il vostro Governo non ha ormai da tempo. L'autorevolezza e la credibilità non si conquistano, come ha fatto lei oggi, non dicendo una parola chiara sugli attacchi subiti da Draghi da parte di Trump, attacchi che sono su tutti i giornali e sulla stampa mondiale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e su cui non è tollerabile che il Governo non esprima una propria posizione; non si conquista attaccando Mario Draghi quando esprime perplessità sulla legge di bilancio o sull'illegalità dei “mini BOT”. Noi lo diciamo con chiarezza: il nostro gruppo parlamentare saluta e ringrazia il Presidente Mario Draghi per il lavoro straordinario che ha fatto in questi anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) a sostegno dell'Europa e della tenuta economica e finanziaria dell'Europa e del nostro Paese.

Sul fronte istituzionale durante il vertice si discuterà delle nuove cariche istituzionali, del Presidente della Commissione europea, ma anche dei Presidenti del Parlamento, del Consiglio, della stessa Banca centrale europea. L'Italia, però, non è in grado di incidere minimamente su queste dinamiche. E lo sa perché? Dopo che usciamo da una legislatura nella quale abbiamo avuto tre italiani ai vertici delle più importanti istituzioni europee, noi ci ritroveremo senza nulla a causa del vostro Governo. Questo perché anzitutto il vostro Esecutivo è stato abbandonato dai vostri partner di riferimento del blocco sovranista.

Lei ha parlato di solidarietà, di responsabilità: è stato coraggioso, devo dire la verità, perché voi avreste dovuto innanzitutto chiedere scusa al Paese per avere scelto come alleati strategici in questi mesi Austria, Ungheria e Polonia, che hanno sfidato e sfruttato l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) contro le politiche di solidarietà sull'immigrazione, per esempio. Ed ora, alla prima occasione utile, hanno scaricato il nostro Paese, pretendendo loro per primi maggiore rigore nelle politiche di bilancio. Ma noi siamo isolati anche dai nostri partner strategici, storici. Lei ha parlato - e noi siamo contenti, speriamo che il menù sia stato di suo gradimento - della cena del 28 a Bruxelles, ma le ricordiamo che quella cena è stata preceduta da numerosi vertici informali nei quali si sono decise le linee guida della governance futura dell'Unione.

E a quei vertici informali sapete qual è l'unico Presidente del Consiglio che non ha partecipato? Il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Lei, Presidente Conte, l'unico assente a quei vertici preliminari, l'unico che non ha contribuito a elaborare le linee guida e le nuove strategie delle istituzioni europee.

Tale situazione è aggravata, però, da una forte perdita di prestigio internazionale del nostro Paese. Guardate, l'Italia fino a pochi mesi fa era in prima linea per la tutela della democrazia e dello Stato di diritto, la tutela delle libertà fondamentali dell'Unione. Noi non consentiamo a nessuno, tanto meno a Molinari, di utilizzare termini impropri come lager, di cui dovrebbe chiedere scusa al Paese. L'Europa nasce contro le leggi razziali e contro l'olocausto, nasce come reazione alle divisioni e alle fratture di un continente dilaniato da guerre intestine. Noi dobbiamo difendere in Europa e in Italia soprattutto questi diritti e queste libertà fondamentali, per evitare di virare verso una pericolosa china ungherese alla quale voi ci state portando. Altro che l'Europa!

E noi ribadiamo oggi, e lo ribadisco in sua presenza, che non è scontato dire che per noi il diritto alla libertà di associazione e di espressione delle proprie idee è un principio sacrosanto, che va difeso in Italia o in Europa, e riteniamo grave quello che è successo nelle scorse settimane in Italia: strappare striscioni di manifestanti che contengono contenuti legittimi e non offendono la dignità di nessun esponente di figure istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo è grave, come è grave per noi non avere tutelato la libertà di insegnamento scolastico, che per noi è una fondamentale libertà e diritto essenziale. La sospensione della professoressa a Palermo è stato un altro atto grave e pericoloso, che noi contestiamo e censuriamo fortemente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Di questo dovreste occuparvi quando parlate di diritti e di libertà fondamentali. Certo, salvaguardare la democrazia in Europa vuol dire anche lottare contro la disinformazione e le fake news che corrono online, e sarà uno dei temi oggetto dell'Agenda strategica, ma, come saprà, signor Presidente, è proprio grazie al recente codice europeo di autoregolamentazione per le piattaforme digitali che Facebook ha chiuso poche settimane fa ben 23 pagine italiane con 2,4 milioni di follower che presentavano contenuti violenti e diffondevano odio e fake news. Sa qual è la cosa drammatica? La cosa drammatica è che la metà di questi siti sostenevano Lega e 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e voi non avete detto una parola chiara di contrasto a queste pratiche che si verificano online, non avete manifestato una posizione forte nemmeno a livello europeo su questi temi, e noi ancora siamo in attesa di questo.

La discussione sull'Agenda strategica poi affronterà anche le tematiche connesse alla sicurezza dei cittadini europei, ed è un tema che da lei non ho sentito rivolgere e affrontare in quest'Aula, e me ne dispiace, perché dovete anche qui smetterla una volta per tutte con la propaganda e noi dobbiamo fare una grande operazione di verità nel Paese. Voi dovete spiegare perché avete votato contro l'istituzione di 10 mila nuovi agenti della Guardia di frontiera e costiera europea per difendere le frontiere del nostro Paese attraverso un'azione condivisa da parte di tutti gli Stati membri.

Dovete spiegare perché lei nel Consiglio europeo del 28 e 29 giugno ha accettato il principio, non richiesto, di una modifica solo all'unanimità del Regolamento di Dublino, insabbiando definitivamente la possibilità di modificare lo stesso. Voi avete interrotto quel percorso di modifica, voi avete fatto abbandonare il processo di trasferimento obbligatorio dei 27 mila richiedenti asilo nel rispetto delle decisioni obbligatorie del 2015 fatte adottare dal Governo Renzi, a guida PD, cedendo ai diktat ungherese o di altri alleati di Visegrád. Ed è per colpa vostra e sulla base di questa decisione che, come emerge da un'inchiesta di pochi giorni fa, 1.200 dublinanti vengono trasferiti negli scorsi mesi dalla Germania al nostro Paese, senza che nessuno dica una parola (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E, ancora, voi non avete spiegato la ragione di questi trasferimenti di persone, forse sedate, che vengono qui. Avete assunto atteggiamenti forti con i deboli e deboli con i forti: porti chiusi, sì, mettendo a rischio la vita di tante persone che fuggivano da guerre e persecuzioni, ma aeroporti aperti, e di questo voi dovete rendere conto al Paese e al Parlamento.

Per quanto riguarda, infine, lo scenario economico e finanziario, è ovvio che il convitato di pietra del prossimo Consiglio europeo sarà la discussione legata alla procedura potenziale di infrazione per debito eccessivo che la Commissione ha ritenuto giustificata e della quale si discuterà.

Allora noi, al di là dei tecnicismi, vorremmo dire una cosa chiara: il vostro atteggiamento ci appare francamente irresponsabile e pericoloso. Noi ci saremmo aspettati da voi un atteggiamento di serietà per lavorare d'intesa con le istituzioni europee e con i nostri partner, evitando i rischi di un'infrazione che sarebbe drammatica per la tenuta economica e finanziaria del Paese e per i risparmi delle famiglie. Come fate a non capirlo e come fate a continuare con questo atteggiamento irresponsabile! E, allora, non vorremmo ci fosse qualcosa di più profondo dietro, perché alcuni indizi ci fanno pensare alla vostra volontà, forse, di recuperare vecchie idee.

Lo chiariamo in modo netto: sappiate che, se avete intenzione di mettere in campo tutte le azioni per uscire dall'euro, noi faremo le barricate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ci opporremo con tutte le nostre forze in Parlamento e nel Paese per evitare che possiate compiere questo disastro. Insomma, vi chiediamo non la luna; ci saremmo aspettati qualcosa di più, francamente, Presidente del Consiglio. Vi chiediamo di cogliere le opportunità dell'Unione in termini di investimenti, di politiche ambientali, di agricoltura. L'agricoltura alla quale voi state consentendo di tagliare 4,7 miliardi di euro di PAC nei confronti del nostro Paese. Voi, non l'Europa, voi!

Eppure continuate a parlare contro l'Europa, continuate a negare la nostra presenza nell'Unione. E invece - concludo, signor Presidente - di utilizzare in modo ipocrita, come avete fatto con alcuni membri del Governo, anche simboli religiosi e sacri, pensate a difendere e rilanciare il progetto comunitario ispirato alle eredità culturali, religiose e umanistiche degli Stati membri, il sogno europeo di Schuman, Adenauer, Spinelli e De Gasperi. L'Europa della speranza e della solidarietà contro quella dell'odio, delle divisioni e delle paure, questo dovreste fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bazzaro. Ne ha facoltà.

ALEX BAZZARO (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, siamo alla vigilia di un summit europeo che sarà un crocevia fondamentale per il percorso che il nostro continente seguirà negli anni futuri. Per questo riteniamo che, oltre i temi in agenda, sia necessaria una doverosa riflessione politica in quest'Aula, ma, soprattutto, ai vertici dell'attuale Commissione europea.

Presidente, le elezioni europee dello scorso 26 maggio non possono essere derubricate a meri dati numerici, poiché, di fronte a un risultato storico, che per la prima volta ha ribaltato quella grande coalizione popolari-socialisti che per anni ha determinato le scelte dell'Unione Europea, qualcuno vorrebbe ancora mettere la testa sotto la sabbia e ignorare le scelte fatte dai popoli, da Roma a Londra e da Parigi a Budapest, che hanno bocciato sonoramente le politiche finora intraprese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Il dibattito interno sui nostri media è incessantemente centrato sul ruolo dell'Unione europea, sulle sue mancanze da coprire e sui metodi da riformare, eppure c'è ancora anche chi in quest'Aula, in virtù di un meccanismo di alleanze e grandi famiglie politiche, vorrebbe perpetuare quelle politiche di austerità economica che hanno impoverito i Paesi del vecchio continente e riportato l'orologio dei diritti in alcune aree indietro di quarant'anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Come Lega abbiamo affrontato una campagna elettorale chiedendo ai cittadini il voto per avere finalmente un'Italia che non andasse più in Europa con il cappello in mano, per un'Unione europea che non avesse più figli di dei minori, ma, soprattutto, per tornare a credere al sogno comunitario, non per andare all'incasso qui o chiedere qualche poltrona in più.

Il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini aveva promesso che, se gli italiani ci avessero dato fiducia, lo avrebbero fatto per darci, come qui a Roma, la forza di trattare con la Commissione europea da pari a pari. A fronte del risultato straordinario del nostro movimento e di quel 34 per cento di cittadini che hanno creduto nella Lega, oggi siamo qui per ribadire a chiare lettere che il peso degli italiani non può più essere ignorato.

Rispetto a chi ci vorrebbe imporre nuove tasse noi ribadiamo con forza - e chiediamo di fare altrettanto al Presidente del Consiglio - che tagliare le tasse e liberare energie e lavoro è un dovere del nostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Non possiamo tornare indietro, signor Presidente, lo dobbiamo al nostro popolo e a chi, miope pure rispetto ai successi del nostro Ministro dell'interno e di questo Esecutivo rispetto al blocco di quel dramma dei poveri e business dei ricchi che è l'immigrazione clandestina, vorrebbe riaprire i porti. A loro ribadiamo che chi mette un piede in Italia lo mette in Europa, e se qualcuno vorrà tornare a fare il buonista con le tasche e la sicurezza degli italiani, ci troverà fermamente dalla parte opposta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Per suo tramite, Presidente, chiediamo al Presidente Conte di domandare ai leader di Parigi e Berlino se, oltre a litigare sui nomi dei commissari, abbiano ancora a cuore le sorti di questa Europa o siano troppo impegnati a chiudere i confini a Ventimiglia e a rimpatriare immigrati con voli notturni salvo poi pontificare sul ruolo di quelle ONG che troppo spesso si sono dimostrate amiche di scafisti e trafficanti di esseri umani (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Presidente, in questa Europa servono donne e uomini capaci di un piano di sviluppo socio-economico che badi ad un vero shock trumpiano dell'economia, più che al calcolo degli “zero virgola” con cui imporre scelte che in passato non hanno funzionato in alcun Paese. Serve un piano di difesa dei confini e rapporti con un'Africa che smetta di essere vittima degli egoismi nazionali. Serve affrontare la questione climatica in relazione alle grandi potenze emergenti ed andare oltre gli slogan di piazza che mal celano un'ignoranza diffusa sul tema. Ma per fare tutto questo serve una nuova Commissione europea, dato che chi oggi è al suo interno ha subìto la sfiducia dei propri cittadini in patria.

Come Italia, auspichiamo non solo un ruolo nevralgico a parole, ma una posizione strategica che ci permetta di tutelare i nostri cittadini e le nostre eccellenze. Purtroppo, in passato, i ruoli assegnati al nostro Paese si sono dimostrati, sia per peso che per incapacità dei nostri rappresentanti, inadatti a dare risposte agli italiani. Il Ministro degli esteri europeo, Mogherini, è risultata costantemente superata nel suo ruolo dai leader franco-tedeschi, ed ha avallato scelte che ci hanno penalizzati. Si trovi presto quindi la quadra su dei nomi, consapevoli, come Lega, che solo con un italiano in un ruolo strategico potremo influenzare davvero le scelte della Commissione e difendere il nostro Paese.

Siamo al paradosso, signor Presidente, di vivere governati da un'Unione europea che è sempre più predominante nell'attività legislativa romana ma sembra sorda alle richieste di un Paese fondatore, le cui politiche espansive vengono criticate, le cui scelte di tutela dei propri confini vengono attaccate; le nostre, ma solo le nostre, perché quelle analoghe altrui, in ambo i settori, sono avallate silenziosamente.

Ci chiediamo perché, ma soprattutto come mai, persino sui grandi temi si continui ad andare in ordine sparso. Ben vengano le prospettive economiche offerte dalla Via della Seta, ma riteniamo forte il bisogno di un'Unione europea che torni a ribadire il ruolo di alleato americano e la propria linea atlantista in politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Vado a concludere, Presidente, e per il suo tramite, a nome del gruppo Lega, voglio augurare al Presidente Conte un buon summit europeo, nella speranza che i partner continentali capiscano che solo un'Italia forte e sovrana può far rinascere un'Europa protagonista.

Si dice spesso che solo gli sciocchi non cambiano mai idea: ebbene, dieci anni di austerity non hanno prodotto i risultati sperati e hanno invece dato risultati straordinari nelle urne a quei movimenti che quelle politiche le hanno sempre contrastate. Abbiamo vissuto il dramma del referendum della Brexit, dove i cittadini di un Paese fondamentale come l'Inghilterra hanno scelto di staccarsi da questa Europa; e in Italia, il nostro Governo, che gode tuttora - tuttora! - di un consenso straordinario, rappresenta un inequivocabile segnale di discontinuità.

Ascoltiamo la voce dei popoli europei, guardiamo oltreoceano a chi non ha avuto timore di fare scelte drastiche ma necessarie e torniamo a essere fieramente europei. Questo Esecutivo si è sempre definito “del cambiamento”: ebbene, sia portavoce di questa esigenza anche in Europa, Presidente Conte, consci come siamo di non essere disposti a tornare indietro e che da questi banchi non tradiremo né ora né mai le promesse fatte agli italiani. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cristina Rossello. Ne ha facoltà.

CRISTINA ROSSELLO (FI). Signor Presidente, alle decisioni che dovrà prendere il Consiglio europeo il nostro Paese si presenta come un osservato speciale: il Governo italiano si presenterà, infatti, mentre ancora sta trattando per scongiurare la procedura di infrazione per debito eccessivo. Indubbiamente, è una posizione debole per poter far valere le proprie posizioni, in particolare per quanto riguarda il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e di immigrazione.

Le dichiarazioni irresponsabili costano 1 miliardo e mezzo l'anno di maggior costo del servizio del debito, che nel frattempo è arrivato, come ci ha puntualmente segnalato Banca Italia lunedì, a 2.373 miliardi di euro: un rialzo che si traduce in un peso teorico, ma non troppo, di oltre 93 mila euro a famiglia.

Approfittiamo della manovra del quantitative easing, vediamo se riusciamo a fare qualcosa, visto che il Ministro che dovrebbe essere competente in merito potrebbe fare delle manovre al riguardo e delle proposte interessanti. Ci muoviamo in un momento in cui i fattori interni e internazionali frenano il PIL comunitario, ma mentre sono buoni i riscontri per gli altri Paesi, per l'Italia sappiamo che cresce il deficit, sale il debito pubblico e non si vedono, a medio periodo, miglioramenti sul mercato del lavoro.

D'altra parte, questa è la scelta di una posizione che noi abbiamo fortemente contestato come opposizione, un'inadeguatezza della distribuzione delle deleghe: come si può pensare che ci sia un Ministro Giano bifronte che deve intervenire per le politiche sul Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro? È chiaro che ci sono delle posizioni conflittuali che non possono sussistere nella stessa persona.

La fase di rallentamento del PIL, quindi, è anche caratterizzata da ampie scelte governative al riguardo, su cui i Ministeri non vogliono assumere delle responsabilità chiare. I nostri sforzi devono invece spronare l'Europa, e concentrarsi anche sulle priorità come la ricerca, l'innovazione, le politiche per i giovani e le piccole imprese, lo sviluppo, il ripristino delle risorse per l'agricoltura e la coesione.

Occorre scongiurare il pericolo dei tagli delle PAC, è questo taglio all'agricoltura italiana che ci preoccupa, perché vediamo un'assenza totale delle posizioni ministeriali al riguardo. Noi calcoliamo che le ore dedicate alle attività da parte di questi Ministri non siano sufficienti per le previsioni di interventi che essi devono fare, in concomitanza anche degli impegni elettorali che li trovano sempre fuori a fare propaganda anziché occuparsi del Paese. Non si può consentire che vengano sottratte risorse.

In merito alle richieste dell'aumento dei fondi per realizzare grandi progetti infrastrutturali nei settori trasporti, energia e digitale, abbiamo sentito anche gli interventi dei colleghi che spronano per un completamento di strategie del mercato unico.

Anche la questione dei cambiamenti climatici ci impegna, signor Presidente, ed è strano come a questo riguardo non vi siate ancora pronunciati sulla TAV, la quale sarebbe proprio un esempio di sostenibilità finanziaria. Quindi, chiediamo che ci siano dei ruoli di cura e di garanzia da parte sua al riguardo.

La stessa cosa è per la questione dell'informazione legata alla campagna elettorale per le elezioni europee, tutte tematiche sulle quali lei stesso dovrebbe avere questo ruolo di garanzia al quale ci appelliamo.

Ci auguriamo che ella intervenga anche riguardo al sostenere una costruzione di un'Europa competitiva, che promuova efficienza, intelligenza e solidarietà.

Per finire, le dico una cosa ancora, signor Presidente: se noi guardiamo ai documenti e all'intervento di Forza Italia del 28 giugno dell'anno scorso, noi le avevamo sollevato questi problemi, parlando di governance bancaria, parlando di governance europea e di distribuzione delle deleghe e dei poteri. Ebbene, signor Presidente, in questo momento lei si trova un'Europa che tratta questi argomenti mentre noi avremmo avuto un anno di attività e di dialogo fra Parlamento e Governo. Le ricordiamo l'assenza totale del Ministro delle politiche europee e il fatto che lei abbia assunto, dall'8 marzo, la delega: non si può parlare solo di politeia, come più spesso ci ha rappresentato il Ministro Savona allora in carica, ma si doveva e si deve parlare di governance e di distribuzione delle cariche (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rossella Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, io sono d'accordo con lei: bisognerebbe alzare lo sguardo, pensando all'Europa, e pensare soprattutto agli interessi e ai bisogni dei cittadini e non - lo ha detto lei - a un mero tornaconto elettorale. Allora, signor Presidente del Consiglio, mi spieghi perché nella sua relazione lei ha tenuto un tono e un atteggiamento burocratico, quasi notarile, quasi senz'anima.

Noi, Presidente, non abbiamo bisogno di mandare in Europa l'avvocato del popolo, noi abbiamo bisogno di un leader che rappresenti il nostro interesse è che davvero riesca ad esprimere quello che lei ha chiamato uno spirito europeo autentico che non è, badi bene, difesa dello status quo, perché noi sappiamo bene quanto l'Europa deve cambiare, ma il riconoscimento oggettivo che immaginare il nostro futuro, il futuro dei nostri figli, in conflitto o fuori dall'euro è semplicemente irrealistico, pericoloso, ipocrita; direi che non potete fare i sovranisti con il futuro dei nostri figli, signor Presidente. Sono d'accordo con lei quando dice che la posta in gioco è radicata nel presente, ma deve essere proiettata nel futuro e, allora, a proposito di ambiente e di mutamenti climatici è radicata nel presente l'emergenza climatica che sta vivendo questo Paese e lei, Presidente, deve assumersi la responsabilità di dichiarare in Europa a livello internazionale che il nostro Paese è, al pari di tanti altri, in piena emergenza climatica. Le ricordo che nel 2018, in Italia, ci sono stati 148 eventi estremi, di cui 66 allagamenti, 41 trombe d'aria, 23 episodi di danni alle infrastrutture, 20 esondazioni fluviali. La Coldiretti ha calcolato che negli ultimi dieci anni gli sbalzi termici anomali sono costati al nostro Paese 14 miliardi di euro.

Ecco, è su questo, Presidente, che lei deve andare in Europa, a mio parere, per raccontare qual è l'intreccio proiettato nel futuro che lega la crisi ambientale a quella economica e a quella sociale. Possiamo affermare che il cambiamento climatico, l'inquinamento e la distruzione ambientale hanno esacerbato le sistemiche ingiustizie sociali, ambientali ed economiche, costituendo, di fatto, una minaccia diretta perché incide sulla stabilità economica, ambientale e sociale, agendo come un moltiplicatore di minacce. È per questo, Presidente, che le persone fuggono dai propri Paesi e che i profughi ambientali stanno diventando un dato epocale; io sono tra i promotori di Mediterranea, della missione delle ONG che salva vite nel Mediterraneo e, guardi, Presidente, ne sono orgogliosa, come vorrei essere orgogliosa del mio Paese, che abbia la capacità, in Europa, di rivendicare quel ruolo storico che abbiamo avuto nel salvare vite nel Mediterraneo e contemporaneamente avere la capacità di ricordare all'Europa le proprie responsabilità e che il dato dei mutamenti climatici incide fortemente anche su quelle che saranno le emergenze del futuro, appunto, i profughi ambientali. Lo spieghi a uno dei suoi Vicepresidenti che continua a parlare di maltempo, come se tutto si potesse ridurre a una perturbazione. L'emergenza climatica, invece, ha avuto ripercussioni fortissime sull'economia del Paese, sulla vita e sulla spesa delle persone. La crisi climatica, Presidente, è la sfida del nostro tempo, affrontarla significa rispondere anche alla crisi economica e sociale. Una lunga recessione, un debito pubblico in continua crescita, una pressione fiscale in costante aumento e più alta della media europea, una disoccupazione, a febbraio 2019, al 10,7 per cento, mentre quella giovanile è al 32,8 per cento; Presidente, nella risoluzione della crisi climatica ci sono anche le risposte a questo tipo di problemi.

In Italia è possibile dare un forte impulso ad uno sviluppo sostenibile e a un aumento importante dell'occupazione, affrontando con misure adeguate alcune grandi problematiche ambientali. La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ha calcolato che realizzando le misure per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale si attiverebbero circa 190 miliardi di investimenti, con circa 682 miliardi di aumento della produzione e 242 miliardi di valore aggiunto. Si chiama Green New Deal, Presidente, ed è questo che lei deve portare in Europa, non i muscoli della Lega o i sogni del MoVimento 5 Stelle, ma, invece, un progetto serio per il Paese che ci faccia sedere dalla parte giusta della storia.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

ROSSELLA MURONI (LEU). La prego, Presidente, si sieda e faccia sedere il nostro Paese dalla parte giusta della storia, nella costruzione di una nuova Europa (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lia Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Presidente, noi abbiamo ascoltato da lei una relazione straordinariamente minuziosa, incredibilmente dettagliata e totalmente evasiva. Lei è venuto qui a leggerci l'ordine del giorno del Consiglio europeo dei prossimi giorni. Lei è venuto qui a descriverci le minuzie della negoziazione sul Meccanismo europeo di stabilità, ma non ci ha detto una parola su che cosa dirà lei, su qual è la sua posizione su questi temi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Non ci faccia perdere tempo, non venga qui a perdere il suo tempo, Presidente, soprattutto, non faccia perdere del tempo all'Italia. Noi abbiamo bisogno di sapere come, lei, quello che si è autodefinito l'avvocato degli italiani, difenderà gli interessi degli italiani in questi giorni a Bruxelles. Non credo sinceramente che i suoi colleghi le chiederanno che cosa pensa l'Italia o come intende proseguire l'Italia in quella sua strategia multilivello di governo delle migrazioni di cui lei ogni volta parla e di cui, da un anno a questa parte, i suoi colleghi europei non hanno detto una parola.

Io credo che domani i suoi colleghi le chiederanno prima di tutto notizie sulla lettera di risposta italiana all'avvio della procedura di infrazione dell'Unione europea, poi la guarderanno con sospetto dopo la visita del suo Vicepremier negli Stati Uniti e, infine, le chiederanno che cosa pensa un Presidente del Consiglio italiano delle parole del Presidente Trump rispetto all'italiano che oggi è alla guida della Banca centrale europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), una cosa su cui lei non ha speso una parola oggi, una parola. Per voi va bene dire “prima gli italiani”, quando si tratta di estorcere agli italiani qualche voto durante le campagne elettorali, ma, quando si tratta di difendere un italiano che, con onore, fa il suo lavoro nelle istituzioni europee, voi non siete in grado di dire una parola e noi lo ribadiamo qui: senza Mario Draghi, il nostro Paese sarebbe stato molto più in difficoltà ad affrontare la crisi del 2008 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Bond), ed è vergognoso che un Governo italiano non abbia trovato una parola per difendere un funzionario che ha prestato un servizio alla comunità europea di cui tutti noi facciamo parte, è vergognoso che lei non abbia voluto cogliere questa occasione, oggi!

Lei, questa mattina, non solo non ha speso parole su questo, ma non ci ha detto niente ed è sorprendente che lei non ci abbia detto niente sulla procedura di infrazione; è appena uscito da un vertice in cui, con i suoi Vicepremier e il Ministro dell'Economia, ha deciso la linea da tenere sulla procedura di infrazione. Allora, il suo mutismo che cosa ci dice? O che non le hanno dato il permesso di parlare - forse è questo - oppure che non sapete cosa dire, perché dentro il Governo non c'è una linea comune, perché altrimenti un Presidente del Consiglio, dopo una riunione così importante sulla procedura di infrazione, viene in Parlamento e informa il Parlamento e gli italiani su quali sono gli argomenti che utilizzerà per evitare una procedura così gravosa per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Lei, invece, su questo, è stato muto, perché non avete idee, non avete una linea comune, non avete neanche amore di patria, perché a voi di difendere l'Italia non interessa niente.

Anche sulla questione del fondo salva-Stati, del MES, lei, qui, non ci ha detto niente, ci ha descritto dei bizantinismi, e va benissimo, ma non ci ha detto qual è la posizione che terremo. Forse lei non si è accorto che quella che sarà in discussione è l'idea che, a maggioranza, altri Stati europei possano decidere di ristrutturare il debito italiano; allora, ci deve dire quale sarà quello che lei dirà, perché il capogruppo della Lega ha detto che la Lega è contraria, il suo Ministro dell'Economia all'Eurogruppo, invece, ha votato a favore di questo meccanismo che penalizzerebbe pesantemente il nostro Paese. Allora, lei con chi sta, con Molinari, con Tria, con l'Italia o con chi? Ce lo dica, ce lo spieghi.

E, poi, noi ci chiediamo con che credibilità parlerà lei nei prossimi giorni; con la credibilità di una maggioranza che mente, come ha fatto Molinari, dicendo che la Spagna ha ancora una procedura di infrazione? No, la Spagna è appena uscita da una procedura di infrazione. Con quei numeri che ci ha citato Molinari sul deficit francese che sono sbagliati, sono erronei, sono mendaci? Con che faccia parlerà, lei, di flessibilità e chiederà, lei, flessibilità per le politiche italiane? Lei ci dice: chiederò flessibilità perché l'Europa deve tenere conto non solo dei criteri sul rigore fiscale, ma anche sui criteri dell'occupazione, e l'Italia è in difficoltà sui temi dell'occupazione. Noi lo sappiamo, lo sappiamo bene, ma lo sa il suo Governo? Perché le due misure simbolo del suo Governo, reddito di cittadinanza e quota 100, non hanno fatto aumentare l'occupazione, l'occupazione, da un anno a questa parte, è diminuita e lo dicono le statistiche dell'Istat e, quindi, lei con che credibilità chiederà più flessibilità per l'Italia in nome di un'occupazione che voi stessi non avete voluto tutelare in primis?

E con che attendibilità ribadirà, lei, quello che ha detto in quest'Aula sul tema dell'impegno del suo Governo rispetto all'integrazione europea? Forse, anche di questo lei non si è accorto: il suo Vicepremier Matteo Salvini è andato in questi giorni a Washington a rifare la stessa scenetta che abbiamo visto a Mosca. È andato dall'alleato e ha detto: io sono totalmente d'accordo con voi. Totalmente d'accordo con Trump significa essere totalmente d'accordo con un Presidente americano che ha un obiettivo nei confronti dell'Unione europea, ossia di smembrarla, di farla saltare. Allora con che credibilità lei, dopo che il suo Vicepremier è andato negli Stati Uniti, ribadirà che invece l'Italia è attenta e impegnata rispetto all'integrazione europea? Con che credibilità lei andrà a chiedere flessibilità su una manovra economica che il suo Vicepremier ha definito “trumpiana” e il suo Ministro dell'Economia gli ha ricordato che noi abbiamo l'euro e non il dollaro. C'è una confusione nelle vostre teste che è spaventosa. Infine, con quali alleati cercherete delle sponde per i punti per sostenere il punto di vista italiano? Il 28 maggio scorso lei, insieme a Theresa May, è stato l'unico Primo Ministro che non ha avuto incontri bilaterali con nessuno per decidere del futuro dell'Unione Europea: peccato che Theresa May fosse un Premier dimissionario di un Paese che sta uscendo dall'Europa. Allora il fatto che lei non abbia avuto questi incontri significa che lei è un Premier dimissionario o che il nostro Paese sta uscendo dall'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Questo lei deve dirci: con quali alleati difenderete gli interessi del nostro Paese? Ci avevate promesso in campagna elettorale delle europee che, dopo le elezioni europee, in Europa sarebbe cambiato tutto. Sa che c'è? È vero, in Europa è cambiato tutto. E sa che cosa è cambiato? È cambiato che l'Italia oggi non conta più nulla perché la Lega ci aveva raccontato che il loro gruppo parlamentare sarebbe stato il primo gruppo parlamentare al Parlamento europeo. E guarda che c'è: non è né il primo, né il secondo, né il terzo, né il quarto, è il quinto gruppo parlamentare, fuori dalla maggioranza e la cosa peggiore è che il MoVimento 5 Stelle non è riuscito a trovare nessun alleato al Parlamento europeo tranne Farage, quello che vuole uscire dall'Unione europea, che è lì con un trolley pronto ad andarsene. Allora, questo Governo senza voce, senza idee, senza alleati, dove vuole portare il nostro Paese in Europa, nel mondo e soprattutto rispetto al destino degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI (FDI). Grazie, Presidente. La sua relazione è giudicata abbastanza deludente. Un antico imperatore romano diceva che ogni uomo vale quanto le cose che ricerca, e l'invito, anche per stimolarla ad essere all'altezza di questo epiteto, è di andare in Europa a rappresentare l'Italia, ma avendo coraggio anche delle proprie ambizioni, delle ambizioni di una maggioranza che avrebbe voluto fare carte quarantotto della vecchia eurocrazia tra le sue tante priorità dichiarate nella scorsa campagna elettorale ma neanche troppo scorsa (parliamo di un anno fa più o meno); dovrebbe cercare non di sbattere i pugni sul tavolo, troppo facile, ma almeno di mettere i puntini sulle “i”. La prima grande questione lei l'ha elusa clamorosamente direi, perché qui un po' tutti eravamo in attesa che lei commentasse le note vicende legate alla procedura di infrazione che, per la prima volta, l'Europa sta intraprendendo nei confronti dell'Italia. Ha dedicato giusto uno spiraglio in conclusione, perché certo non poteva evitarselo, ma quella resta la madre di tutte le battaglie e mi pare che l'approccio da parte del Governo italiano, del Governo del cambiamento, del Governo del contratto rimanga sinistramente in perfetta continuità rispetto alle stagioni precedenti.

C'è molto PD nella sua relazione, c'è molto Gentiloni, c'è molto Renzi, c'è molto Letta: si respira l'aria del quinquennio trascorso. Lei, per esempio, dovrebbe andare in Europa, dal mio punto di vista ci mancherebbe altro, per raccontare, spiegare e far valere una delle ragioni fondamentali che anima il dibattito all'interno dell'Eurozona ma senza dare la giusta soddisfazione alle nazioni come la nostra che rivendicano, cosa? Una nuova interpretazione dei parametri, anche sull'indebitamento. Nella classifica del debito pubblico sic et simpliciter in rapporto, quindi, al prodotto interno lordo, noi siamo ventisettesimi, a occhio e croce, con il nostro 130 per cento. Se guardiamo agli altri Paesi europei sappiamo che la Francia vola intorno al 100 per cento, che pure è una percentuale altrettanto inquietante; con il 100 per cento viaggiano anche altre economie: gli Stati Uniti d'America hanno il 100 per cento di debito pubblico; addirittura il più volte citato Giappone raddoppia ed è al 200 per cento e non è certo un'economia in difficoltà. La media europea è del 90 per cento. Quindi il debito pubblico non è in sé un parametro attraverso il quale si possa giudicare lo stato di salute di una nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e lei dovrebbe andare in Europa non solo a farlo presente perché il mandato del Governo del cambiamento è andare in Europa per cambiare, come dice la parola stessa. Se si guarda al debito aggregato le nostre posizioni migliorano clamorosamente: il debito aggregato, come lei mi insegna, prevede che ci siano altri parametri di riferimento; che venga, ad esempio, giudicato il risparmio privato; che vengano messe in osservazione le questioni riguardanti altri attori economici: lo Stato, le imprese, le banche, le famiglie. Se dovessimo stilare una nuova classifica sulla base del debito aggregato, che è un debito dal quale certamente maggiormente si può evincere lo stato di salute di una nazione, la Francia spadroneggerebbe in senso negativo perché sarebbe il soggetto maggiormente a rischio di tutta l'Eurozona. Invece, il parametro del debito pubblico, l'unico parametro possibile, per il quale addirittura noi sopportiamo e subiamo la procedura di infrazione, è quello di cui si discute in Europa. Noi dobbiamo lavorare per modificare tale situazione che ci penalizza. Dobbiamo portare sul tavolo d'Europa l'altra grande questione, quella del debito atomico: non è possibile ignorare che esistono dei Paesi in Europa che producono energia nucleare, quindi a costi abbastanza limitati, e non si siano posti, neanche nei loro bilanci, la grande questione del trattamento dello smaltimento dello stoccaggio delle scorie radioattive. Sono ordini di grandezza misurabili e misurati. L'Europa, per una stima più o meno pari alla metà della verità, dovrebbe avere da parte almeno 350 miliardi per affrontare questo problema e non è un problema italiano: è un problema anche in questo caso che colpisce massimamente la Germania che dovrebbe tirare fuori circa 80 miliardi per andare incontro…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO RAMPELLI (FDI). …alla necessità di messa in sicurezza, di stoccaggio, smaltimento delle scorie; la Francia dovrebbe mettere 200 miliardi. Ma non c'è nulla di tutto questo nelle parametrazioni di cui dicevo. Lei, Presidente, mi ha scampanellato, penso che abbia un minuto per concludere, giusto?

PRESIDENTE. Sì, collega.

FABIO RAMPELLI (FDI). E quindi mi avvio a concludere. Noi ci aspettiamo che il suo Governo e lei in prima persona riescano a incidere nella dinamica europea e riescano a far rispettare non solo e non tanto l'Italia ma direi la coesione dell'Eurozona. Anche sulle questioni non trattate, legate al debito privato, penso che sia necessario cercare di capire la ragione per la quale l'Italia, pur essendo il quinto contributore europeo, è il ventiduesimo utilizzatore dei fondi europei. È un'altra questione che non si deve soltanto sondare - voi siete in ritardo su questo - modificando procedure e sburocratizzando i meccanismi per accedere a questi fondi, ma bisogna anche invertire l'agenda perché i fondi strutturali europei, tutti e cinque gli assi principali, non sono in sintonia con le esigenze del nostro sistema socio-economico. Quindi, Presidente Conte e maggioranza penta-leghista, ci sentiamo abbastanza in sintonia con l'intervento poco fa realizzato dal capogruppo della Lega Nord. Peccato che nella risoluzione che tra breve voi sarete chiamati a votare non c'è molto, non c'è granché. Ci sembra di capire che il Governo sia una sorta di Giano bifronte: da un lato c'è un tentativo di conservare in continuità con il quinquennio del Partito Democratico, quello che è stato, perché non si ha la forza di rovesciare il banco e di farsi ascoltare; dall'altro c'è una forza politica che tenta davvero di mettere in discussione delle regole sbagliate che sono state imposte all'Italia e ai Paesi dell'Europa meridionale, tra cui anche quelle del regolamento di Dublino e della immigrazione.

Vorremmo quindi che voi andaste in Europa a far rispettare queste ragioni, ed è anche per questo motivo che abbiamo evocato pensatori che ritenevano fosse necessario guardarsi allo specchio e capire la propria solidità psicologica quando si affrontano le grandi sfide. Noi pensiamo che voi non ne abbiate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Guido Germano Pettarin. Ne ha facoltà.

GUIDO GERMANO PETTARIN (FI). Presidente, signor Presidente del Consiglio, in un quadro comunitario che non vede l'Italia essere ora particolarmente brillante, vi è però un tema che se fosse adeguatamente coltivato ci potrebbe riconoscere, forse, di nuovo, un ruolo centrale. È il tema, che lei ha citato però purtroppo quasi en passant, dell'allargamento, con una spinta decisa, che anzi sarebbe auspicabile fosse decisissima, alla ripresa accelerata dei negoziati per l'adesione dei Balcani occidentali.

Infatti, Presidente, in tema di relazioni esterne e di politica estera dell'Unione europea la discussione riguarderà proprio il tema dell'allargamento, con la ripresa dei negoziati di adesione per alcuni almeno dei Paesi balcanici, il cui stato di avanzamento più prossimo riguarda in particolare l'Albania, il Montenegro e la Macedonia del Nord. Per questi Paesi - lei lo sa - la Commissione dell'Unione europea ha raccomandato al Consiglio dell'Unione europea di avviare i negoziati di adesione, dopo che l'Albania nel 2014 si era vista riconoscere lo status di candidato e la Macedonia è stata riconosciuta aspirante membro nel 2015.

Il prossimo Consiglio, che deve decidere all'unanimità, si dovrà esprimere sull'opportunità di far progredire il processo di adesione di questi Paesi ai fini della strategia di integrazione dei Balcani occidentali nell'Unione europea, tenendo conto delle crisi politiche in atto, come le recenti manifestazioni di protesta in Albania o le tensioni tra Serbia e Kosovo, che rischiano di arrestare la ripresa dei negoziati di adesione, testimoniano.

Nonostante il momento di difficoltà, però, alcuni importanti segnali positivi arrivano anche dal recente vertice dell'Ince, dove i Ministri degli esteri di 17 Paesi, compresi alcuni del cosiddetto Gruppo di Visegrád, hanno sottoscritto la Dichiarazione di Trieste, confermando l'appoggio all'allargamento all'Unione europea per i Balcani occidentali.

Presidente, questo è un tema fondamentale: procrastinare sine die o frenare il processo di inclusione potrebbe deludere gravemente le aspettative dei cittadini di Paesi che riteniamo essere decisivi per la stabilità della regione balcanica, con una valenza strategica particolare per tutta Europa e, in modo speciale, per noi, il cui il processo di integrazione e stabilizzazione rileva sul versante della sicurezza, al fine di contenere importanti flussi migratori e traffici di migranti, al fine di evitare il riemergere di pulsioni nazionalistiche, con il propagarsi di conflitti interetnici, e fronteggiare fenomeni legati a criminalità, radicalizzazione, terrorismo.

Presidente, proprio in riferimento a questi temi ed alla luce di questo contesto, noi siamo consci del ruolo determinante che il nostro Paese può continuare ad avere in quello scenario, ed è per questo che le chiediamo con forza di essere finalmente protagonista e, per questo, di favorire il proseguimento dei negoziati di adesione all'Unione europea, scongiurando il pericolo di un arresto del processo, anzi, di accelerarlo. E ciò in aderenza a quanto nella Dichiarazione di Trieste è evidenziato ed anche a quanto nelle risoluzioni impegnative, che proprio in questi giorni le competenti Commissioni parlamentari stanno approvando, portano avanti. Non permetta, Presidente, che l'attesa di quei Paesi per sentire la voce forte dell'Italia vada delusa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È così conclusa la discussione generale.

(Annunzio di risoluzioni)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Fornaro n. 6-00075, Molinari e D'Uva n. 6-00076 (Nuova formulazione), Gelmini, Lupi ed altri n. 6-00077, De Luca ed altri n. 6-00078 e Lollobrigida ed altri n. 6 -00079. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, che esprimerà il parere sulle risoluzioni presentate.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Esprimo il parere sulla proposta di risoluzione di maggioranza. In particolare, su questa prendo atto dell'invito “ad avviare un dibattito nelle istituzioni europee” - è il punto nono, tra gli impegni che vengono sottoposti al Governo – “al fine di riformare i parametri di stabilità, prevedendo tra gli altri l'esclusione degli investimenti produttivi, inclusi quelli in capitale umano (…)”, e poi anche “(…) l'abolizione del riferimento al saldo strutturale (…)” “(…), al fine di sostenere crescita, lavoro e inclusione sociale (…)”. Qui mi permetto solo di avvertire che, forse più puntualmente, piuttosto che riformare il parametro di stabilità sarebbe più corretto “il Patto di stabilità e di crescita”; e per quanto riguarda l'abolizione del riferimento al saldo strutturale, suggerirei la “revisione”: una piccola sfumatura.

Ritengo sia anche un buon suggerimento quello di invitare “a promuovere, in sede europea,” - penultimo capoverso – “una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell'Unione economica e monetaria”. I tre elementi, lo ricordo, sono la riforma del trattato del Meccanismo europeo di stabilità (MES), dello Schema europeo di garanzia sui depositi (EDIS) e del budget dell'area euro. Ritengo che questo suggerimento sia proficuo, anche perché effettivamente sono dei meccanismi che devono procedere in una logica complessiva unitaria, ed è giusto che sia dal punto di vista sostanziale, che dal punto di vista tecnico e principalmente anche politico possano essere soppesati nel loro complesso, e quindi non si proceda con singole approvazioni o singoli approfondimenti senza procedere unitariamente. Esprimo, quindi, parere favorevole a questa risoluzione delle forze di maggioranza, mentre esprimo parere negativo per le altre a nome del Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Presidente, quindi il parere sulla risoluzione Molinari e D'Uva n. 6-00076 (Nuova formulazione) è favorevole con riformulazione. È corretto?

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Sì, grazie.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,57).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI (MISTO-+E-CD). Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, intanto che la maggioranza prenderà atto delle sue osservazioni, delle osservazioni sulla risoluzione, noi le diciamo che comunque non la voteremo. Il suo discorso al Parlamento oggi è stato formalmente e burocraticamente completo, ma politicamente e istituzionalmente evasivo e lacunoso, in sostanza vuoto. Lei ha pattinato sulle questioni insorte in queste settimane, ci ha parlato della domanda di cambiamento emerso dal voto europeo, come se l'Italia guidata dal suo Governo fosse protagonista del cambiamento, in realtà è emerso che il cambiamento per l'Italia fa rima con “isolamento”.

Il Consiglio europeo deve prendere decisioni circa le nomine delle principali cariche dell'Unione europea relative al prossimo ciclo istituzionale. Lei ha fatto genericamente riferimento alla richiesta di un portafoglio economico di prima linea. E come pensa di arrivarci? Quando le famiglie politiche che si accingono a costituire la maggioranza del Parlamento europeo in occasione di questo Consiglio europeo si riuniranno con i rispettivi Capi di Stato e di Governo, lei che farà, visto che il riferimento della sua coalizione è a partiti che non fanno parte di forze che costituiranno la maggioranza del Parlamento europeo? E rispetto all'asse franco-tedesco il ruolo dell'Italia in Europa è stato quello proprio di uno stato cofondatore, ma mi pare che il suo Governo ci porti fuori, in una posizione residuale, sostituito magari dalla Spagna come sta avvenendo nel comparto della difesa. Lei rivendica un ruolo di primo piano in materia economica per un Paese che sta rischiando una procedura di infrazione, anticamera di un lungo commissariamento, dove il suo Governo ci ha portato con la politica dissennata di quest'ultimo anno. Ora ci dice che l'Italia intende rispettare le regole, ma che vuole porre la questione della…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

BRUNO TABACCI (MISTO-+E-CD). …ma che vuole porre - ho finito - la questione dell'adeguatezza delle regole; ma intanto che si applicano le regole in vigore, il suo Governo cosa fa? Continua a fare propaganda?

E poi mi ha sorpreso che lei non abbia dedicato un pensiero alla posizione espressa ieri da Mario Draghi, che, tra l'altro, è amico dell'Europa e amico anche del suo Governo, visto l'aiuto che ha messo in campo con le posizioni assunte da ieri, messo nel mirino da Trump che ha come obiettivo strategico di smembrare l'Unione europea. In realtà, questa polemica - e ho concluso - dovrebbe mettere in condizione il nostro Governo di esprimere qualche preoccupata considerazione sul dopo Draghi.

Quindi, con una posizione così non si farà molta strada e, purtroppo, si profila un conto molto salato per il nostro Paese, e di questo ovviamente siamo dispiaciuti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alessandro Colucci. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO COLUCCI (MISTO-NCI-USEI). Grazie, Presidente. Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi e membri del Governo, come è stato ben evidenziato dal Presidente Conte, il Consiglio europeo del 20 e 21 giugno verterà su temi importanti e, quindi, lo stesso Consiglio avrà un significato fondamentale sia per quanto riguarda le questioni economiche e di bilancio sia per quanto riguarda il tema delle nomine nella nuova fase che vivrà l'istituzione europea.

L'Italia si presenta sicuramente in una condizione di debolezza, una forma di isolamento dovuta soprattutto alle politiche economiche che hanno fatto crescere il deficit e il debito pubblico in rapporto al PIL. Non c'è dubbio che le misure più pesanti che hanno determinato la stagnazione economica dovuta all'incremento della spesa corrente sono “quota 100” e, soprattutto, il reddito di cittadinanza. Tutto ciò è ancora più grave rispetto al parere negativo che la Commissione europea aveva dato rispetto alla legge di bilancio 2019, parere con il quale veniva anche richiesto un intervento per evitare una procedura di infrazione su cui oggi siamo pesantemente a rischio e per questo siamo in valutazione.

Quindi, rispetto alle risoluzioni noi esprimiamo un voto favorevole sulla risoluzione sottoscritta dal gruppo di Forza Italia. Siamo dell'idea di dare un voto contrario sulle altre risoluzioni, fatta eccezione per quella della maggioranza, perché crediamo che il Presidente Conte debba avere un mandato da parte del Parlamento, come hanno sottoscritto alcuni colleghi, importante e incisivo perché si possa veramente intervenire in sede europea per cambiare quest'Europa.

Io credo che la forza che deve mettere il nostro Presidente del Consiglio rappresentando tutti noi è quella di iniziare veramente a cambiare dei criteri e delle misure che possano far rilanciare l'Europa, che non ci siano schemi rigidi e burocratici da parte della Commissione europea e che si inizi, ad esempio, a ragionare…

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

ALESSANDRO COLUCCI (MISTO-NCI-USEI). …su strumenti - e concludo - come il progetto di scomputare dal deficit gli investimenti infrastrutturali.

Concludo dicendo che la cosa importante è con fermezza dare un'indicazione forte sulle deleghe che in Europa l'Italia potrà avere, perché la nostra autorevolezza merita di occuparsi e di avere la responsabilità su materie su cui possiamo incidere. Ci rappresenti tutti, Presidente, perché crediamo che sia una fase cruciale su cui è importante che l'Italia esca protagonista.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Federico Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, il suo intervento fotografa in maniera plastica i limiti della scelta del contratto di governo. Il suo è stato un intervento - ed è già stato ricordato - burocratico e attento alle procedure, quasi un elenco dell'ordine del giorno, ma è stato un intervento, con tutto il rispetto signor Presidente, privo di anima e privo di visione, perché anima e visione non hanno e non possono avere un contratto di governo siglato nel modo con cui è stato siglato lo scorso anno.

E, poi, non possiamo non rilevare negativamente che continua una brutta prassi che sta diventando una tradizione e una cifra di questo Governo, cioè quella di bocciare, non entrando nel merito, tutte le risoluzioni delle opposizioni. Io ricordo a quest'Aula che nel passato, anche in un passato in cui i rapporti tra maggioranza e opposizione sono stati tesi, c'era sempre stata la ricerca di posizioni condivise rispetto alle questioni europee.

Presidente Conte, se lei avesse provato a fare uno sforzo e non fosse prigioniero di questo contratto di governo, se avesse provato a fare uno sforzo nel ricercare una posizione condivisa da quest'Aula lei sarebbe più forte nel rapporto con l'Europa a sostenere e a difendere gli interessi nazionali. Invece, che cosa si sta continuando a rimarcare? Un sostanziale isolamento in Europa del nostro Governo.

Inoltre - e lo dico ai colleghi Molinari e D'Uva - non ho sentito nelle loro parole un aspetto: è vero che veniamo all'indomani di elezioni europee ma veniamo anche - e bisogna dirlo - dal fallimento dell'OPA nazional-populista nei confronti dell'Europa, che è stata respinta nelle urne dal voto degli europei (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali) e voi questa sconfitta la dovete ammettere. La dovete ammettere e dovete da questo punto di vista ritarare, altrimenti l'isolamento del nostro Paese e la vostra sconfitta politica europea ricadrà su tutti gli italiani e non soltanto su quelli che vi hanno votato.

E poi ho sentito risuonare, in particolare nell'intervento del collega Molinari, un vero e proprio programma di governo nei confronti dei rapporti con l'Europa; ma per attuare quel programma, per difendere nei modi in cui sono stati descritti gli interessi degli italiani ci vuole, però, un piccolo particolare che non si è visto in quest'anno: la presenza nelle riunioni ai vertici dell'Unione europea. Non si può parlare giustamente di temi come la governance europea dell'immigrazione, come ha detto giustamente il Presidente Conte, e, per esempio, del tema dei corridoi umanitari e, insomma, di una visione globale di un fenomeno epocale e poi non andare a sei vertici su sette dei Ministri dell'interno dell'Unione, cioè essere assenti.

Le questioni europee non si risolvono facendo i comizi e la propaganda; si risolvono riallacciando e tessendo relazioni diplomatiche, battendo, se del caso, i pugni sul tavolo ma, innanzitutto, essendo presenti, mentre la cifra di questo Governo nei confronti delle istituzioni europee è stata l'assenza e lo dimostra il fatto che da cento giorni siamo senza Ministro per i rapporti con l'Unione europea.

Dunque, mi chiedo che cosa possano pensare i nostri alleati in Europa e i nostri Paesi partner di un Paese che dice di voler cambiare l'Europa e poi sta per cento giorni senza uno degli strumenti, cioè il Ministro per i rapporti con l'Unione europea.

E voglio dirlo con chiarezza, perché non ci siano equivoci: questo vuol dire che tutto va bene? No, e noi da un anno e mezzo lo stiamo dicendo in tutte le occasioni. No, no e no! Non è vero che l'Europa, così com'è, va bene. È necessario fare molto e molto di più nella direzione dei diritti sociali ed è necessario provare a rilanciare il ruolo dell'Europa, ma per fare questo evidentemente bisogna avere anche soggetti credibili in Europa e la difficoltà che stanno avendo sia la Lega sia il MoVimento 5 Stelle nella costruzione dei gruppi al Parlamento europeo è la testimonianza che siamo isolati come sistema Paese e siamo sostanzialmente isolati da parte delle due tra le maggiori forze politiche italiane.

Per esempio - e lo diciamo nella nostra risoluzione - c'è un tema forte che è il tema della concorrenza fiscale all'interno dell'Unione europea. Non è accettabile che noi continuiamo a vedere, nell'inerzia totale della Commissione, la presenza di paradisi fiscali dentro l'Unione europea e, guarda caso, poi alcuni di questi - e penso al Lussemburgo e all'Olanda - sono poi tra gli alfieri di scelte di politica economica nella direzione dell'austerità. Così come è stato fatto in passate risoluzioni, ma lo troviamo sempre più invece scemare nell'attenzione dell'opinione pubblica e dell'agenda di Governo nei confronti europei, vi è il tema della tassazione dei giganti del web.

Si sta sottraendo alle casse dell'erario delle nazioni europee una montagna di tassazione; una montagna di tassazione che nel medio periodo rischia di mettere in crisi il sistema di welfare europeo, perché non ci saranno più i soldi per sostenere un sistema universalistico della sanità e l'istruzione pubblica. Che cosa facciamo su questo? Signor Presidente del Consiglio, non si poteva, per esempio, su questo costruire una risoluzione unitaria del Parlamento per diventare protagonisti non soltanto nelle lamentele, ma nella proposta e nella capacità di aggredire due questioni fondamentali del nostro futuro? Così come sui temi dei cambiamenti climatici - lo ha detto la collega Muroni con forza - bisogna uscire dalle logiche dei convegni e provare a sviluppare azioni politiche e iniziative europee coerenti con il dramma che stiamo vivendo e che rischiamo di restituire alle prossime generazioni.

C'è poi una terza questione di questo Consiglio europeo, che riguarda il tema della disinformazione e degli attacchi cibernetici. Da questo punto di vista, credo che si debba uscire dalle questioni di principio: è una questione di medio periodo, ovviamente, rispetto al tema della cultura e dell'aumento della capacità critica delle persone che usano i sistemi e i social, ma, fondamentalmente, c'è anche l'idea di un rapporto diverso con i giganti di questo mondo, che in qualche modo si comportano - e le notizie di oggi su una possibile nuova criptovaluta da parte di Facebook lo dimostrano - e si stanno sempre più muovendo come Stati, come una sorta di governi non eletti da nessuno, che hanno una loro autonomia.

Ed infine, le questioni relative agli aspetti economici: su questo, lo abbiamo detto e lo diciamo con chiarezza, occorre ripensare il Meccanismo di stabilità, e quindi tutte le preoccupazioni rispetto a una sua istituzionalizzazione e, soprattutto, la sottrazione di un ruolo politico. Attenzione, perché questo è un punto fondamentale: abbiamo costruito una moneta, abbiamo deciso di fare l'euro sapendo che non c'era dietro uno Stato. È la prima volta nella storia dell'umanità che si è fatta un'operazione di questo genere, ma è stata fatta nella proiezione di un rafforzamento del governo politico delle questioni economiche; invece, si sta andando ad accentuare un elemento tutto tecnico e tecnocratico che, da questo punto di vista, è l'esatto contrario dell'Europa sociale. Crediamo, quindi, e questa è la nostra conclusione, che questo Consiglio europeo, se verrà impostato nel modo che è stato descritto dal Presidente del Consiglio, sarà l'ennesima occasione persa per affrontare alcuni dei nodi strutturali e per dare l'idea che l'Europa sia una grande comunità, e in questa comunità l'Italia voglia continuare a svolgere un ruolo da protagonista (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lollobrigida. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio, l'abbiamo ascoltata con la solita attenzione, che diventa ancora più importante nel momento in cui andiamo a capire quello che lei va a fare all'estero come rappresentante di questa nostra nazione. Certo, un rappresentante non eletto dal popolo, non indicato prima delle elezioni, un esponente di un Governo fatto da una maggioranza che aveva proposto politiche alternative al nostro popolo al momento delle elezioni del 4 marzo e che poi si è trovata a scegliere lei, che dice di non avere nemmeno votato i partiti che la compongono, anche per richiamare questo nuovo ruolo che cerca di ritagliarsi del tecnico che può superare eventualmente delle crisi momentanee di Governo e prestarsi a rappresentare una fase di transizione. Questo è quello che ci è parso di capire negli ultimi giorni, nel suo intervento televisivo nel quale puntualizzava che avrebbe preso in mano la situazione, ma che ci è parso di sentire confermato in quest'Aula dalla divaricazione importante che emerge tra il suo intervento e gli interventi delle forze di maggioranza.

Il 26 maggio scorso, in realtà, questa nazione si è espressa in maniera chiara. Il nostro popolo ha dato un'indicazione, anche all'interno del Governo, perché è vero che il Governo complessivamente mantiene una percentuale superiore al 50 per cento nelle sue componenti di maggioranza ma è altrettanto vero che è mutato radicalmente lo scenario al suo interno. Che cosa è accaduto? È accaduto che il popolo ha dato un'indicazione, bocciando i provvedimenti di natura economica di questo Governo, perché pilotati dal MoVimento 5 Stelle, e invece ha premiato un'opzione che nelle piazze - e anche in quest'Aula - la Lega rivendica, che è un'opzione sovranista: cioè, una forza politica che intende rappresentare, difendere e tutelare l'interesse nazionale prima di ogni altra questione.

Certo, questo è avvenuto un po' in tutto lo scenario delle elezioni che abbiamo visto svolgersi il 26 maggio; anche Fratelli d'Italia, con gli stessi temi e con forse anche maggiore coerenza, è riuscito a riportare un risultato importante, un risultato che ha contrassegnato un'ipotesi, un'alternativa, un'alternativa credibile che il nostro popolo oggi ha davanti: da una parte il vostro Governo, che vedremo come si rappresenterà in queste ore, e dall'altra l'ipotesi di avere un Governo sovranista, che certamente potrebbe rappresentarsi come difensore degli interessi nazionali, cosa che fino ad ora non è accaduta. Nel suo intervento non abbiamo colto un recepimento delle istanze che il popolo aveva inserito nelle urne, non l'abbiamo colto e speriamo che ci sia dopo l'approvazione della risoluzione. Lo dico ai colleghi della Lega: noi sottoscriviamo il 90 per cento di quello che è stato detto dal collega Molinari, l'opzione sovranista è quella che noi prediligiamo; tuttavia, di quello che il collega Molinari ha detto, nella risoluzione di maggioranza c'è scritto un 10 per cento; c'è scritto ben poco di quello che il collega ha sottolineato. Quindi, noi inviteremmo a modificare la risoluzione per permetterci di votarla con convinzione, perché tra il dire e il fare c'è di mezzo quello che è un Governo del compromesso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ebbene, Presidente, noi nelle prossime ore cercheremo di capire come lei intenderà svolgere il suo ruolo, perché si andrà a discutere di clima (e dirò qualcosa su questo), si andrà a discutere dell'agenda pluriennale, si discuterà della situazione economica dello Stato e dell'aggressione nei confronti di questa nazione, un'aggressione perenne, perché, a proposito di elezioni, le cose sono due: una, l'opzione sovranista in queste elezioni ha vinto dove gli Stati nazionali hanno visto schiaffeggiati i propri popoli; in Italia questo è avvenuto e il nostro popolo ha premiato l'opzione sovranista nelle elezioni del 26 maggio. Certo, è più difficile immaginare che si voglia cambiare Governo in Germania, dove questa Europa ha premiato la crescita di quella nazione; è ovvio che in quel caso c'è poco da criticare, e quindi i tedeschi hanno, anche se con una variazione di ambito di consenso, premiato l'opzione europeista così come viene rappresentata oggi.

Noi diciamo, signor Presidente del Consiglio, che lei non deve avere toni dimessi quando va in Europa, perché è vero che di fronte a questo nostro imponente debito pubblico gli europei, il modello europeo, i burocrati, le altre nazioni che oggi dirigono questa Europa possono crearci un mare di problemi ma se il popolo italiano fosse costretto a fare una scelta simile a quella della Gran Bretagna, quanto durerebbe questa Europa? Una settimana! Abbia la consapevolezza di questo fatto e non abbia timore, perché noi non accettiamo - lo diciamo da patrioti - qualsiasi tipo di azione di minaccia, come abbiamo visto o abbiamo potuto leggere nelle lettere che sono cominciate ad arrivare, con questi consigli che sembrano ordini che ci vengono dati, perché non dimentichiamo che l'ultimo Governo nazionale eletto dal popolo, direttamente dal popolo, è ormai risalente al 2011 ed è caduto grazie ai ricatti che provenivano dall'Europa. Noi riteniamo che ci sia poco da subire da una Commissione europea delegittimata, delegittimata da cinque anni di fallimenti, delegittimata da un atteggiamento teso nei nostri confronti a usare il debito pubblico come fanno gli strozzini, per condizionare la libertà del nostro popolo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Per noi questa opzione non è praticabile.

La sovranità nazionale va difesa, come la libertà del nostro popolo; ecco perché Fratelli d'Italia la invita ad avere davanti questo scenario: difendere l'interesse nazionale, difendere la nostra libertà, respingere al mittente ogni fattore condizionante delle scelte di politica interna.

Però vorremmo capire, in merito alle scelte di politica interna, come questo Governo voglia tirar fuori l'Italia dalla palude, perché il debito esiste, ma siamo un popolo d'onore, quindi abbiamo tutte le intenzioni di onorare i nostri debiti. Vogliamo capire come intendete farlo, perché in quel 10 per cento che non condividiamo di quanto detto dal collega Molinari, c'è la citazione degli antibiotici: noi siamo in una condizione economica malata, che voi state peggiorando attraverso degli strumenti, come il reddito di cittadinanza, che stanno mettendo in ginocchio questa nazione. Noi immaginiamo di poter sfidare l'Europa, di poter sfidare chiunque, anche di rispondere per le rime a Trump. Condivido che Trump faccia gli interessi degli Stati Uniti e dica delle cose che sono in contrasto con quanto è invece interesse nazionale - in queste ore questo è avvenuto -, ma a noi conviene una politica espansiva, e tra poco dovremmo capire come questo Governo si muoverà per riuscire a dare continuità a quello che è avvenuto attraverso le politiche che Draghi ha messo in campo o se invece cederemo alle pressioni tedesche per avere un tifoso dell'austerity cieca, che metterebbe ancor più in difficoltà la nostra nazione.

Noi come Fratelli d'Italia siamo per i toni duri, per riuscire a confrontarci con l'Europa, e vogliamo capire se lo facciamo, immaginando un rilancio della nostra economia con il taglio delle tasse che avviene davvero, perché qui siamo ormai al balletto del ridicolo: la sera Salvini dice una cosa, magari Di Maio, in questo momento un po' condizionato anche dalla forza che Salvini ha, dice che va bene, e il Ministro dell'Economia dice l'esatto contrario. Noi abbiamo assistito in queste ore - lo dico perché lo considero un fatto emblematico e grave - a una cosa stramba: il Parlamento italiano ha votato all'unanimità una mozione, una mozione che prevedeva i mini BTO, che sono nel programma del centrodestra, che ha preso il 37 per cento in questa nazione, l'abbiamo votata all'unanimità, e se c'è un atto del Parlamento - lo dico anche ai tifosi d'Oltralpe, che cedono facilmente alle pressioni oltre confine - il Ministro dell'Economia lo mette in pratica, oppure si chiede alle forze politiche del Parlamento di rivedere questa posizione con un atto contrario, ma questo non è avvenuto.

Non si può immaginare, non si può dire quello che ha detto il Ministro Tria, definendo illegale quello che il Parlamento ha votato. Non è accettabile. Abbiamo chiesto al Presidente Fico di stigmatizzare le esternazioni di Tria e di averne contezza, quindi chiediamo anche a lei di esprimersi su questo argomento. C'è bisogno di uno shock fiscale, c'è bisogno di capire - questo non ce l'ha detto - come l'Italia eviterà l'aumento dell'IVA al 25,5 per cento, come rilancerà la nostra economia. Abbiamo bisogno di sapere che lei in Europa andrà a tutelare i nostri interessi puntando a un Commissario europeo in politica economica che non sia, come la Mogherini, un ectoplasma in Europa, che si è occupata di tutto meno che di sostenere questa nostra nazione come rappresentante. Chiudo. Sulla vicenda del clima, nella nostra risoluzione abbiamo inserito un punto che fa parte del nostro programma per le elezioni europee: si parla dei dazi di civiltà. Noi crediamo - lo dico perché un nostro collega, il sindaco di Calalzo, come esempio, ha proibito la plastica nella sua città, ma questo non risolverà i problemi del pianeta, non risolverà i problemi dell'inquinamento. Ci sono problemi climatici, ma a prescindere dalle cause noi dobbiamo tutelare anche gli interessi nazionali, e per farlo noi chiediamo l'inserimento nelle discussioni - la invito a leggere questa nostra proposta - dei dazi di civiltà nei confronti di quelle nazioni che producono, fregandosene di tutte le normative che noi invece imponiamo alle nostre aziende. Noi qui in Italia proibiamo, dalle altre parti producono, e poi noi compriamo le merci provenienti da quei Paesi.

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Lei, che spesso è a cena con i cinesi, si potrà far spiegare bene come avviene questo meccanismo. Allora, Presidente, in bocca al lupo. Tuteli questa nostra nazione, se lo farà, noi saremo al suo fianco; se non sarà in grado di farlo, avrà in noi i peggiori oppositori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Deborah Bergamini. Ne ha facoltà.

DEBORAH BERGAMINI (FI). Presidente Conte, nella sua relazione, evidentemente a base di valeriana, lei non ci ha detto proprio un bel niente. Non voglio essere irriverente, però, a un certo punto, ho pensato che lei volesse coscientemente far addormentare la Camera dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), persino alcuni suoi Ministri hanno avuto dei segni di cedimento oggettivi che si sono visti chiaramente. È un peccato. Lei ha fatto il suo compitino burocratizzato, però, se lo slancio con cui si è presentato qui davanti alla Camera dei deputati sarà lo stesso che metterà domani e dopodomani al Consiglio europeo, le consiglio informalmente di non andarci proprio a Bruxelles, perché lei non farà altro che ottenere esattamente l'effetto opposto di quello che probabilmente si prefigge. È un peccato, perché lei indossa qui la maglietta del Governo del cambiamento. Allora, come mai ha perso l'opportunità, sedendo lì dove siede, di farlo un po' di cambiamento, di sottrarsi alle liturgie solite del compitino svolto e di provare - magari anche senza ridacchiare mentre qualcuno parla - a cambiare proprio approccio e di venirci a dire quello che lei domani e dopodomani dirà ai suoi omologhi dei Paesi membri dell'Unione Europea? A dirci quello che farà, perché non credo che lei domani leggerà l'ordine del giorno del Consiglio europeo come ha fatto con noi. Credo che dovrà prendere posizione, eppure qui non ci ha detto veramente neanche una parola. Un peccato, perché il Consiglio europeo di domani e di dopodomani è un Consiglio europeo che segna l'apertura di una pagina nuova della storia dell'Europa, dove non si discuterà di piccoli dettagli ma si farà l'agenda strategica, l'agenda politica del prossimo quinquennio, dove si delineerà il quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea, dove soprattutto cominceranno a prendere forma i nuovi vertici delle istituzioni europee, e noi sappiamo quanto è importante - lo abbiamo imparato nell'ultimo quinquennio - avere qualcuno che rappresenti l'Italia ai massimi livelli. Lei si è limitato a dire che ci vuole un Commissario con un portafoglio economico importante: certo, assolutamente, condividiamo tutti, ma non serve a nulla un Commissario con un portafoglio economico importante se è isolato all'interno del Governo europeo, se esprime un Paese che non esprime una linea di politica economica. A cosa serve? Soltanto a mettersi una mostrina, ma di mostrine ne abbiamo già viste con l'onorevole Mogherini.

Lei spreca un'opportunità. Lei non ci dice che visione l'Italia porterà domani nelle sue parole, nella sua presenza, rispetto all'Europa che deve venire, eppure il voto recente delle elezioni europee ci ha dimostrato che questa nuova Europa è chiamata ad articolare un cambiamento che è voluto, e profondamente, dai cittadini europei. L'esito del voto delle elezioni europee ci ha detto che una grandissima parte dei cittadini europei è molto scontenta di come ha funzionato l'Europa sin qui, e che vuole che cambiano profondamente le cose. Siete voi il Governo del cambiamento: quale segnale, quale messaggio, quale visione, quale idea lei è venuto a proporre ai rappresentanti del popolo italiano alla vigilia di un così importante appuntamento politico? Nessuna, Presidente Conte, purtroppo. E me ne rammarico, perché vorrei vedere un'Italia forte, vorrei vedere un'Italia coesa, vorrei vedere un'Italia davvero rappresentativa dei suoi 61 milioni di abitanti, domani e dopodomani. Invece niente. Lei parte con un biglietto last minute per Bruxelles a dire qualcosa di last minute, a meno che lei non maturi qualche decisione da qui a domani, ma mi sembra difficile. Lei domani si presenterà con un'Italia emarginata, isolata, destinata a restare in panchina, un'Italia che, tra l'altro, non ha neanche un Ministro delle politiche europee, come se la gestione dei dossier europei fosse per noi una sine cura, niente di che, un dettaglio. Lei si presenta come un Presidente del Consiglio che è stato indicato da un partito politico che ha visto dimezzare il proprio consenso in un anno e che è uscito sconfitto dalle urne. Tra l'altro, lei si presenta come un Presidente del Consiglio che ha dato un ultimatum - nella sua conferenza stampa del 3 giugno scorso - ai suoi azionisti di maggioranza di Governo che è senza scadenza, perché lei ha detto “io mi dimetto se non smettiamo di litigare”, ma non sappiamo fino a quando andrà avanti questa spada di Damocle delle sue dimissioni annunciate, non si capisce a che scopo e semmai le vedremo.

È questa una delle ragioni per cui Forza Italia non voterà a favore della risoluzione di maggioranza, non perché non sia condivisibile nel suo impianto, ma perché sappiamo molto bene che è destinata a rimanere lettera morta, che quelle saranno soltanto ancora altre parole aggiunte, altre promesse, altri concetti vaghi che non troveranno nessuna traduzione nella realtà fattiva dell'azione di Governo del nostro Paese.

Così come non voteremo la risoluzione del Partito Democratico, anche lì condivisibile sicuramente nell'impostazione, ma con una premessa apologetica che non possiamo assolutamente riconoscere, come se fino a un anno fa tutto andasse meravigliosamente, nel nostro Paese e, poi, all'improvviso tutto, in un anno, fosse cambiato, crollato, sconvolto e tutto fosse il frutto degli ultimi dodici mesi; non è così. Lei, domani, peraltro, si presenta con un biglietto da visita davvero poco invidiabile, i dati degli ultimi giorni: il debito pubblico italiano è aumentato di 15 miliardi di euro nel mese di aprile, rispetto al mese scorso, e su ogni famiglia italiana pende ormai un debito di quasi 100 mila euro. È vero, è vero, ha ragione il collega Rampelli, bisognerebbe cambiare i parametri, il nostro debito aggregato sicuramente non metterebbe il nostro Paese in una condizione così difficile come quella in cui si trova oggi, ma, Presidente, per cambiare le regole bisogna essere un Paese forte e, soprattutto, bisogna dimostrare di saperle rispettare, le regole, e con questo biglietto da visita qui – adesso gliene leggo altri, di dati –, lei, domani, andrà lì a chiedere ulteriore credito all'Unione europea. Ma come pensa che ce lo daranno, su quali presupposti? Il nostro PIL è fermo, l'industria dell'auto ha perso il 17 per cento su base annua - abbiamo messo l'ecotassa, una grande genialata di questo Governo -, ci sono oltre 400 grandi opere bloccate, per un valore di oltre 30 miliardi di euro che farebbero benissimo al nostro Paese se gli fosse consentito di ripartire, abbiamo 5 milioni di persone in povertà – o non l'avevate abolita la povertà? -, 5 milioni, continuano ad aumentare. Con il decreto “dignità”, di cui siete stati tanto orgogliosi, si sono persi posti di lavoro, anziché guadagnarne, lo avevamo denunciato, Forza Italia vi aveva messo in guardia, era un provvedimento sbagliato, e la nostra disoccupazione rimane saldamente a doppia cifra, ben al di sopra della media europea.

Questo è il suo biglietto da visita e lei lo credo bene che non ci ha detto cosa farà, perché prima di poterci dire che cosa farà, bisognerebbe che lei ci potesse dire quanti Governi saranno presenti domani e dopodomani al Consiglio europeo di Bruxelles; il Governo Conte-Tria, il Governo della Lega, il Governo Di Maio o, magari, addirittura, il Governo Casaleggio-Grillo, quanti Governi, quante sedie per quanti Governi italiani, domani, serviranno a Bruxelles? Manca completamente una linea, manca completamente l'univocità necessaria. Chi ci sarà domani? Il Governo italiano che strizza l'occhio a Maduro o quello che difende Guaidò, in Venezuela? Quello che strizza l'occhio ai gilet gialli e fa incursioni dentro la vita politica di Paesi molto importanti per noi – la Francia è il secondo partner commerciale del nostro Paese –, il Governo che dice: “no, le sanzioni alla Russia non saranno protratte”, oppure quello che ha subito votato per la proroga delle sanzioni alla Russia? Il Governo che vuole i dazi o quello che non li vuole? Ma, soprattutto, un Governo europeista o un governo sovranista? Perché, qui, io, oggi, ho sentito con piacere il collega Molinari dichiarare la Lega un partito europeista, lei, ieri, ha detto che il Governo italiano è il miglior Governo europeista. “Non abbiamo mai parlato di uscita dall'euro –l'ha detto ieri, eh - noi siamo i migliori europeisti. Siete tutti europeisti, ma non scherziamo! Ma davvero pensiamo di poter vendere questa storiella che noi domani andiamo al Consiglio europeo percepiti come degli europeisti? Noi siamo visti come una minaccia rispetto all'unità dell'Europa; non basta dipingersi di europeismo il giorno prima; ma cos'è, il sentimento della vigilia, l'europeismo?

A questo proposito, una lezione seria su un sovranismo di natura diversa, su un sovranismo europeo sano ce l'ha data ieri il Governatore della Banca centrale europea Draghi; mi dispiace che lei non abbia ritenuto di citarlo, forse perché questo avrebbe dovuto significare per lei citare indirettamente anche un altro signore, un tale Silvio Berlusconi, che ci ha dato, con la nomina di Draghi, una lezione su come l'Italia può contare in Europa e può fare la differenza in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Ieri, Draghi, con poche chiacchiere, ci ha detto cosa può fare l'Europa per essere forte, lo ha fatto, non ha parlato tanto, non ha fatto affermazioni torrentizie su qualunque cosa e sul contrario di qualunque cosa, come ormai questo Governo ci ha abituato a fare, ha fatto un pezzo di Europa, e quello è un italiano e voi lo avete criticato e non avete ritenuto nemmeno giusto valorizzare la lezione di vero sovranismo che ci ha dato quell'uomo lì. Pazienza, oggi c'è l'esame di maturità per mezzo milione di studenti italiani, domani l'esame di maturità toccherà al nostro Paese e a portare il nostro Paese in quella sede sarà lei, Presidente Conte; io mi auguro, visto che di maturità ne abbiamo vista pochissima sino ad oggi, che lei sarà capace di uno scatto di reni; non so proprio che cosa augurarmi…

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.

DEBORAH BERGAMINI (FI). Concludo subito. Perché lei, Presidente Conte, in ventiquattro ore dovrà farsi venire in mente qualcosa che in mente lei non ha, e cioè che idea del nostro Paese portiamo in quel consesso, quale spazio vogliamo dargli, quale dignità e quale forza a un grande Paese fondatore dell'Unione europea, che merita ben di più di quello che avete potuto fare con il vostro modo improvvisato e dilettantesco, sino ad oggi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Francesco Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA (PD). Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato con grande attenzione la sua relazione al Parlamento sul Consiglio europeo del 20 e del 21 giugno. Signor Presidente, ci saremmo aspettati uno scatto, ce lo saremmo aspettato da lei e per l'istruttoria fatta dal Ministro Moavero; siamo molto delusi perché, in un momento critico come quello che inevitabilmente le istituzioni comunitarie vivono, in un passaggio tra una legislatura e l'altra, dal Governo italiano, soprattutto alla vigilia di questo Consiglio, ci saremmo aspettati una valutazione oggettiva della condizione del nostro Paese. Invece, lei, signor Presidente del Consiglio, è venuto qui, in Aula, a leggerci una relazione burocratica, una relazione con la quale lei, oggi, ha decretato che l'unica strategia del Governo italiano è pattinare; ma non si pattina a Bruxelles e Strasburgo, signor Presidente, ci sono dei momenti in cui bisogna dire o “sì” o “no”, o si sta da una parte o si sta dall'altra, o si dicono cose chiare o, se non si dicono, di fatto, si fa una scelta.

Signor Presidente, i gruppi che sostengono il suo Governo consegnano al prossimo Parlamento europeo ventotto leghisti, iscritti al gruppo Identità e Democrazia – Identità e Democrazia –, che entrano in un gruppo sparuto di sovranisti dal numero di settantatré. Lei a Strasburgo ci è andato più volte, può immaginare quanto possano incidere settantatré deputati nel Parlamento europeo. I quattordici eletti nel MoVimento 5 Stelle, lo dico col massimo rispetto per i colleghi del MoVimento 5 Stelle, sono ancora nomadi, non sanno dove andranno e sicuramente non saranno in maggioranza. I due principali gruppi parlamentari che danno il sostegno al suo Governo, di fatto, certificano l'isolamento politico di questo Governo e dei due partiti politici che lo sostengono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Di fronte a questo isolamento politico, io mi sarei aspettato una relazione che, in qualche modo, consentisse alle opposizioni, e al Parlamento italiano tutto, di ragionare nell'interesse nazionale, guardando all'Europa di domani. Signor Presidente, neanche a noi piace l'Europa solo con la bandiera o con l'euro, noi vogliamo un'Europa con l'anima, ma metterci l'anima significa andare avanti, non andare indietro, significa assumersi responsabilità, non evitare di entrare nel merito, significa fisco comune, significa salari comuni, significa pensioni comuni, significa prendere posizione, non far finta che i nodi non ci siano. E glielo dico, perché siamo in una fase in cui noi ci saremmo aspettati un'attenzione totale per le condizioni in cui è l'Europa e la vostra attenzione sapete cosa ha prodotto? Quattro mesi senza il Ministro per le politiche comunitarie. È da quattro mesi che l'Italia non ha il Ministro per le politiche comunitarie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Nello stesso tempo, siccome lei il 20 e il 21 è chiamato a rappresentare il nostro Paese sull'Agenda strategica dell'Unione europea, ci saremmo aspettati alcune parole chiare. Sulle nomine ci ha ricordato che sono strategiche e che auspica le nomine a pacchetto. Presidente, le nomine a pacchetto non si auspicano; si media e ci si infila in quelle cinque nomine. Ci sono tre italiani uscenti: uno - non me ne vogliano gli altri due - è stato un riferimento per tutto il continente europeo nei sette anni che abbiamo alle spalle. Mi riferisco a Mario Draghi. Ci saremmo aspettati una sola sua parola in sostegno del Presidente della BCE (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). L'attacco vergognoso fatto dal Presidente degli Stati Uniti ieri non è fatto a Draghi: è fatto all'Europa ed è fatto all'Italia. La politica monetaria espansiva serve all'Italia come serve a tutta Europa; resta un punto di riferimento e dovrebbe essere un punto di riferimento della politica economica, un auspicio per il Governo che lei presiede.

Riguardo al quadro finanziario pluriennale, signor Presidente, voglio entrare nel merito. Non ha ricordato i numeri. Stiamo parlando di 1.135 miliardi. Lo dico ai colleghi: parliamo dell'1,11 per cento del reddito nazionale lordo. Pensate di costruire così un'Europa con l'anima, un'Europa dei popoli, un'Europa che si occupa di questioni sociali, con l'1,11 per cento del reddito nazionale lordo dell'Unione a 27? Se questo è, potete dirci qual è la posizione del Governo sul crollo delle risorse alla politica agricola comune? L'Italia pagherà questo prezzo. I nostri eurodeputati negli anni che abbiamo alle spalle hanno tentato di frenare l'emorragia. Non abbiamo sentito nulla, signor Presidente. Ci saremmo aspettati una sua parola sulla quantità delle risorse che sono state redistribuite. L'Italia ha fatto alcune mediazioni: in alcune ha perso, in altre ha pareggiato ma non vediamo una mediazione, signor Ministro Moavero, in cui l'Italia ha vinto. Sull'agricoltura perderemo e perderemo tanto. Sui migranti - lo dico soprattutto ai colleghi della Lega - ci ritroviamo, per fortuna, il 154 per cento di risorse in più: peccato che non sappiamo a cosa serviranno e qual è la strategia. Spero che i leghisti sappiano che dal bilancio comunitario arrivano più risorse: vorremmo capire per far cosa; vorremmo capire qual è l'impostazione che daremo.

Sul digitale, signor Presidente, lei ha detto solo due parole: è strategico e che l'Europa investirà ancora sull'innovazione tecnologica digitale. Vogliamo dirvi una cosa con molta chiarezza: è la società che è digitale; è il capitalismo che è digitale; è la nostra vita che è diventata digitale. Chieda che quel bilancio diventi parte integrante del bilancio stesso dell'Unione; chieda con chiarezza che si leghi all'unione fiscale, battaglia che non avete fatto. Vorrei sentire almeno dal MoVimento 5 Stelle, almeno una volta in questa legislatura, una parola sul fisco legato alle multinazionali del web. Avevamo approvato con grande difficoltà, ma trovando un accordo con l'Europa nell'ultimo scorcio della legislatura che abbiamo alle spalle, una norma che avete cancellato, riscritto, rinviato. Morale: siamo ancora fermi; le multinazionali del web continuano a non pagare le tasse; noi continuiamo ad avere meno risorse sia sulle imposte indirette che per gli ospedali e le scuole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Vorremmo sapere anche qui, signor Presidente del Consiglio, se state con i ciclorider e con i commercianti italiani o state con gli amministratori delegati delle multinazionali del web. Non si può stare da una parte e dall'altra.

Arriviamo al clima, un tema che ci sta particolarmente a cuore. Signor Presidente, l'obiettivo 20 per cento energie rinnovabili nel 2020 sembrava lontanissimo dieci anni fa. Ci siamo arrivati e ci siamo arrivati per merito di tutti coloro che hanno avuto responsabilità nel decennio che abbiamo alle spalle. Per arrivare al 2030 con il 30 per cento è necessario finanziare la transizione energetica. Non mi pare che ci sia traccia nel piano italiano di un finanziamento adeguato sulla transizione energetica che possa portarci al 30 per cento: eviti per cortesia di parlarci al 2050, perché non abbiamo ancora capito come arriveremo al 2030 e per il 2050, come lei sa, di fronte a un vostro stop and go tra marzo e giugno, vorremmo capire qual è la posizione del Governo sul carbone perché dite delle cose e ne fate delle altre.

Chiudo, signora Presidente, ricordando al Governo Lega-MoVimento 5 Stelle che l'Europa è cresciuta ignorando e abbattendo, lì dove c'erano, muri, dazi e fili spinati. C'è una maggioranza - la dichiarazione di Molinari è stata molto chiara - che punta a dazi, fili spinati, muri e rotture. Lei ci ha detto alcune cose e Molinari ce ne ha dette altre. Noi sappiamo solo che solo l'Europa può farci giocare la partita sulle questioni sociali in tutto il globo.

Signor Presidente, chiudo semplicemente, chiedendo al Presidente del Consiglio che noi italiani, come diceva Longanesi, non siamo né il braccio né probabilmente la mente dell'Europa: siamo il cuore, signor Presidente.

Lei cerchi di essere all'altezza di questo cuore e dell'idea di Europa che gli italiani hanno sempre avuto e continueranno ad avere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Muro. Ne ha facoltà.

FLAVIO DI MURO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevole colleghe, mancano due giorni alla riunione del Consiglio europeo in cui i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri affronteranno un cospicuo numero di argomenti iscritti all'ordine del giorno. Sarà il primo Consiglio europeo dopo la tornata elettorale dello scorso maggio e segnerà l'inizio della partita per la definizione del nuovo assetto delle istituzioni europee soprattutto per quanto riguarda l'adozione della nuova Agenda strategica per l'Unione 2019-2024 e le nomine del prossimo ciclo istituzionale. Non è questa la sede per commentare i risultati delle ultime elezioni europee ma una cosa è certa: chi ha votato Lega, ovvero più di 9 milioni di italiani, ha voluto dare un segnale chiaro e preciso all'Europa e ha indicato la strada al Governo italiano. L'Italia vuole essere protagonista di una nuova Europa: l'Europa del buon senso. L'Italia deve giocare un ruolo centrale in questa fase, quale Paese fondatore dell'Unione europea, sia nella determinazione degli equilibri della nomina del nuovo Presidente della Commissione europea sia nell'attribuzione degli incarichi da commissario europeo. Il nuovo Parlamento europeo avrà un primo banco di prova con cui dovrà misurarsi, vale a dire la definitiva approvazione, d'accordo con il Consiglio europeo, del bilancio a lungo termine dell'Unione, il cosiddetto quadro finanziario pluriennale, con cui si decide non solo il contributo degli Stati membri al bilancio europeo ma soprattutto come saranno spese le risorse nei sette anni compresi tra il 2021 e il 2027.

Presidente, rimane ancora aperta la possibilità di limitare gli effetti dei tagli previsti pari al 5 per cento dei settori tradizionali del bilancio europeo ovvero la politica agricola comune e del 7 per cento per la politica di coesione. Nonostante il comparto agricolo abbia subito negli anni sostanziali cambiamenti per fattori macroeconomici e tensioni geopolitiche, con una drastica riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli e una concorrenza spesso sleale dei Paesi terzi, il futuro assetto della politica agricola comune è stato delineato, partendo da una consistente riduzione sia dei pagamenti diretti sia delle dotazioni del Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale. Riteniamo pertanto necessario un impegno del Governo volto ad assicurare il mantenimento di adeguate risorse finanziarie in grado di garantire un equo reddito ai produttori agricoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) con misure in grado di sostenere la competitività del settore unitamente alla gestione dei rischi legati ai cambiamenti climatici e al rispetto dell'ambiente. In poche parole, Presidente, tenga duro e difenda gli agricoltori italiani.

Oltre al comparto agricolo, l'Europa ci propone poi tagli ai fondi di coesione: anche l'impatto dei tagli dei fondi di coesione sul territorio nazionale deve essere limitato, ponendo nel negoziato la massima attenzione ai criteri per l'assegnazione dei fondi che, oltre al prodotto interno lordo, pro-capite, come criterio principale, deve tener conto anche di altri fattori come la disoccupazione, specie quella giovanile, per giungere ad un quadro legislativo e finanziario il più possibile aderente agli interessi nazionali.

Non lasciamo decidere a qualche burocrate di Bruxelles: lasciate agli Stati sovrani almeno la possibilità di dire cosa serve e cosa non serve finanziare nei loro Paesi. Questa politica dei tagli è avvilente, e a farne le spese saranno soprattutto gli Stati contributori netti dell'Unione europea, come il nostro. Cioè, ricapitolando: noi in tutti questi anni abbiamo elargito miliardi e miliardi di euro per il funzionamento dell'Unione europea e delle sue strutture, abbiamo già ricevuto molti soldi in meno, e adesso ci comunicano che ci saranno ancora più tagli. Presidente, forse è ora che sia l'Europa a guardare l'Italia e non viceversa: prendano ad esempio l'azione del nostro Governo sul taglio dei parlamentari, sulla riduzione dei costi della politica. Lasciate stare gli agricoltori e i pescatori italiani, guardate alla burocrazia europea, ai costi dei dirigenti, alle doppie sedi: questa è la strada da seguire (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Il Consiglio europeo dibatterà poi sulle raccomandazioni specifiche presentate dalla Commissione europea e indirizzate a tutti gli Stati membri, e agli orientamenti in materia di politica economica per i prossimi 12-18 mesi. Nell'ultima valutazione, come tutti sappiamo, la Commissione europea ha adottato relazioni nei confronti di Belgio, Francia, Italia e Cipro; è una relazione che conclude con una giustificata procedura per disavanzo eccessivo per il debito nei confronti dell'Italia. Signor Presidente, nei dovuti tempi e modi bisogna opporsi ad assetti normativi che finiscano per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefinita ed automatica, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci: non bisogna penalizzare quegli Stati membri che più di altri hanno bisogno di riforme strutturali ed investimenti, anzi bisogna ascoltarli e sostenerli.

Vedete, cari colleghi, spesso noi della Lega veniamo accusati di essere antieuropeisti: invece siamo portatori sani dei sentimenti degli italiani. Se all'Italia vengono contestate le riforme economiche e sociali portate avanti dal Governo, come la riforma di “quota 100” ad esempio, e al contempo viene chiesto di ridurre la spesa, e magari aumentare, alzare le tasse, come pensate che possa essere percepito questo atteggiamento dal popolo italiano? Allora è chiaro che non stiamo solo ragionando esclusivamente per interesse nazionale nella costruzione della nuova Europa, ma stiamo cercando di spiegare che non è con le procedure di infrazione e con i tagli ai contributi che l'Europa può essere capita ed apprezzata dalla gente comune.

Brevemente, sull'immigrazione non intendo dilungarmi, perché hanno già parlato prima i miei colleghi, ed è chiara e conosciuta la posizione della Lega: siamo stati abbandonati a noi stessi dalle istituzioni europee fin dall'insediamento di questo Governo. Però mi faccia un favore personale, Presidente Conte: quando avrò occasione di parlare in particolare con la Francia, le chieda come mai va avanti dal 2015 con proroghe e deroghe sull'Accordo di Schengen? Nella mia Ventimiglia c'è un confine ancora lì fermo, nel silenzio totale e assordante dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). È questa la condivisione dell'Europa che ci propongono i nostri partner europei?

In conclusione, Presidente, spero che il prossimo vertice europeo non si riduca ad una lettura di decisioni già prese e assunte, ma sia quella la sede per un nuovo clima europeo che possa ridare dignità all'Europa e alle sue istituzioni. Siamo fiduciosi, Presidente (e concludo), che con le sue doti di mediatore e con la forza della Lega ne usciremo a testa alta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Filippo Scerra. Ne ha facoltà.

FILIPPO SCERRA (M5S). Grazie Presidente e grazie al Presidente del Consiglio e ai membri del Governo. Il Consiglio europeo del 20 e 21 giugno è il primo dopo la tornata elettorale delle europee, e sarà un appuntamento molto importante per la definizione del nuovo assetto delle istituzioni dell'Unione europea. Chiediamo al Governo di continuare nell'interlocuzione volta ad avere il necessario sostegno alle candidature che saranno avanzate dall'Italia, in modo che la presenza italiana ai vertici dell'Unione europea sia adeguata al peso storico e politico del nostro Paese.

Riguardo alla politica economica, come si sa, la Commissione ci dice che non si è rispettato il criterio del debito, cioè quella regola contenuta nel Patto di stabilità e crescita per la quale il rapporto debito-PIL degli Stati appartenenti all'Unione europea deve convergere verso il 60 per cento. Le opposizioni giustamente fanno il loro mestiere: ci attaccano facendo ricadere le colpe di qualsiasi problema che c'è nel nostro Paese a questo Governo, che - lo ricordo - è in carica da poco più di un anno, e ci accusano ovviamente di essere i responsabili di questa procedura, di questa possibile procedura. Peccato però che leggendo bene la Relazione si parla di non ottemperanza del criterio del debito nel 2018, e peccato che la legge di bilancio relativa al 2018 sia stata scritta dal Governo Gentiloni con Ministro Padoan, che ha contribuito ad aumentare il debito, dal 131,4 per cento al 132,2 per cento. Questo è bene che gli italiani lo sappiano e lo ricordino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Adesso è giusto che il nostro Governo venga giudicato per i numeri del 2019, che ci danno un debito pubblico italiano sostenibile, perché arriveremo ad un rapporto deficit-PIL migliore delle previsioni: prevediamo un 2,1, 2,2 per cento, che ci permetterà di compensare il mancato rispetto del debito nel 2018, nonostante - dobbiamo dirlo - una congiuntura sfavorevole a livello europeo e a livello mondiale, che ha frenato l'economia del nostro continente ed in particolare dei Paesi esportatori, come l'Italia ma come anche la Germania. Le opposizioni ovviamente ci criticano anche su questi numeri, ma sono quelle stesse forze politiche che, sostenendo il Governo Monti, il Governo Letta e poi anche il Governo Renzi, sono riuscite in uno scenario economico in quel caso favorevole a far crescere il rapporto debito-PIL dal 116 per cento al 130 per cento; quindi non accettiamo alcuna lezione da parte delle opposizioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ma al di là delle colpe dei Governi precedenti, che penso siano chiare a tutti, il dato che ci preoccupa è che ancora una volta la Commissione europea applica due pesi e due misure, o sembra che applichi due pesi e due misure: ci auguriamo che non sia così. L'Italia è l'unico Paese membro che rischia una sanzione per violazione dei Trattati nella storia dell'Unione europea, quando altri paesi come la Germania e come l'Olanda sforano sistematicamente questi parametri europei; un esempio è l'enorme surplus commerciale appunto di Germania e Olanda. E relativamente allo stesso debito, dobbiamo dire che, guardando alla storia dell'Unione europea, non ci sono grandi scostamenti solo in Italia, ma la Germania, la Spagna, la Francia hanno avuto degli scostamenti ben superiori. Guardiamo per esempio alla Spagna: la Spagna passa dal rapporto debito-PIL del 38 per cento nel 2008 fino addirittura ad una cifra che si aggira al 100 per cento nel 2018, cioè è avanzata di circa 62 punti percentuali. E ovviamente qualcuno si lamenta dei nostri “0 virgola”, ma è giusto che si conosca la storia dell'Unione europea e la situazione attuale.

Ecco, noi siamo perplessi su questo, e lo siamo doppiamente perché siamo sicuri e sappiamo che queste regole non funzionano. È stato riconosciuto persino da Juncker, in un momento di sincerità durante la campagna elettorale; è stato riconosciuto dall'ex capo economista del Fondo monetario internazionale Blanchard; e l'abbiamo vissuto noi cittadini europei, il nostro continente sa che quelle politiche restrittive e di rigore hanno ampliato terribilmente le disuguaglianze economiche tra i vari Stati...

PRESIDENTE. Mi scusi, collega… Mi scusi… Colleghi, siamo agli ultimi interventi e ovviamente il brusio si alza. Vi chiedo di abbassare il tono della voce. Prego.

FILIPPO SCERRA (M5S). Grazie, Presidente. Se mi permettono i colleghi di continuare…

Dicevo che il continente europeo ha testato sulla propria pelle gli effetti di quelle politiche restrittive: ne stanno pagando le conseguenze drammaticamente i cugini greci, e anche noi abbiamo visto quanto le politiche di austerità abbiano devastato il nostro tessuto sociale. In questo scenario bisognerebbe archiviare urgentemente quelle politiche e tornare ad investire nella crescita; invece la Commissione europea minaccia di sanzionarci se non tagliamo ancora i servizi pubblici e se non aumentiamo le tasse ai cittadini, che sono esattamente quelle ricette che hanno fatto crescere il debito, che adesso ci chiedono di diminuire. Tutto ciò sembra abbastanza folle!

D'altro canto noi diciamo però: siamo per l'interlocuzione, e preghiamo il Presidente Conte di continuare con l'interlocuzione, perché vogliamo che il Governo italiano eviti con tutti i mezzi a sua disposizione la procedura di infrazione, ma a patto di non piegare la testa di fronte alla solita logica del rigore e dei tagli.

L'Italia ha già iniziato ad alzare la testa e di questo dobbiamo ringraziare il Presidente Conte e dobbiamo ringraziare il nostro Governo. Ricordiamo che la Commissione europea ci aveva quasi imposto di mantenere un rapporto deficit-PIL pari all'1,5 per cento. Con la perseveranza e con la determinazione del Presidente, che ringraziamo, siamo riusciti a ottenere un numero superiore che ha permesso finalmente di dare agli italiani quelle riforme e quelle misure che aspettavano da decenni: non solo il reddito di cittadinanza, che oggi è realtà contro tutto e contro tutti, ma anche la riduzione della pressione fiscale sulle partite IVA, il rimborso ai risparmiatori truffati, “quota 100” e lo sblocco degli investimenti pubblici.

C'è ancora tanto da fare e ne siamo convinti, a partire dal garantire un salario minimo ai lavoratori italiani - per noi questo è essenziale - e a partire dall'abbassare le tasse per gli italiani.

Dobbiamo poi effettuare nuovi investimenti in infrastrutture e in politiche green. Non possiamo fermarci proprio adesso, non possiamo sacrificare il rilancio dell'economia del nostro Paese sull'altare degli “zero virgola”. Dobbiamo rilanciare e continuare a lavorare per cambiare il nostro Paese, dando una spinta all'economia molto decisa. Questo è quello che vogliamo!

Al Consiglio europeo lei, Presidente Conte, avrà l'onore e la responsabilità di rappresentare un Paese con potenzialità immense. La Commissione europea e il Consiglio dell'Unione non potranno ignorare gli sforzi fiscali enormi che l'Italia ha compiuto negli ultimi decenni: nessuno in Europa, neanche la Germania, ha accumulato negli ultimi trent'anni avanzi primari paragonabili a quello del nostro Paese. Un Paese come il nostro, con quasi 5 mila miliardi di ricchezza privata, con un surplus commerciale di 50 miliardi di euro e un debito privato molto basso, non può essere trattato come se fosse un malato terminale dalle istituzioni dell'Unione europea.

Quindi, Presidente, nella nostra risoluzione di maggioranza noi diciamo “sì” assolutamente… c'è un brusio, però, Presidente. Se cortesemente i colleghi mi permettono di finire, come siamo stati educati noi…

PRESIDENTE. Ha ragione, collega. Colleghi, per cortesia, vi chiedo di abbassare il tono della voce. Colleghi! Prego.

FILIPPO SCERRA (M5S). Quindi, Presidente Conte, nella nostra risoluzione di maggioranza noi diciamo “sì” convintamente a mettere in campo, in uno spirito di collaborazione con le istituzioni europee, tutte le azioni possibili per far comprendere la bontà della nostra politica economica e dei nostri conti, ma diciamo “no” a chi ci chiede di tagliare i servizi ai cittadini e di rivedere “quota 100”; diciamo “no” a chi ci vuole impedire di aumentare gli stipendi e di abbassare le tasse degli italiani; diciamo “no” a chi vuole chiedere ancora sacrifici per le famiglie e le imprese italiane.

Infine, c'è un tema che riteniamo decisivo. Nel vertice euro che si terrà a margine del Consiglio europeo si tratterà dell'approfondimento dell'Unione economica e monetaria. Sul tavolo ci sono dossier molto caldi e, in particolare, la riforma del meccanismo europeo di stabilità, la garanzia europea sui depositi bancari e la riforma del bilancio dell'Eurozona. A nome del gruppo MoVimento 5 Stelle, chiediamo al Governo la massima determinazione nell'opporsi a una riforma del MES che dovesse risultare penalizzante per il nostro Paese. Siamo preoccupati del disegno che sembra ad oggi prevalere, cioè il MES otterrebbe sempre maggiori poteri di supervisione sulla finanza pubblica degli Stati eventualmente assistiti e potrebbe condizionare gli aiuti alla sottoscrizione di un memorandum che aprirebbe le porte a una sorta di commissariamento di fatto dei Paesi bisognosi di aiuto finanziario.

Per il MoVimento 5 Stelle non è questa la direzione che l'Unione europea deve prendere e, quindi, va ribadito con forza ai tavoli europei che non può esistere nessuna riforma del MES di questo segno e non si può aprire un dialogo in merito nella maniera più assoluta se nel frattempo non viene portato avanti il progetto di garanzia europea dei depositi bancari. Così come non si può pensare che rimanga lettera morta la proposta di un Fondo di stabilizzazione per i Paesi in crisi da includere nel bilancio dell'Eurozona. Presidente, sono temi su cui noi non possiamo arretrare neanche di un centimetro.

Concludo, Presidente. A noi l'onore e l'onere di imporci nei tavoli europei, con la consapevolezza di essere la seconda potenza manifatturiera nel nostro continente e uno dei Paesi che ha fondato la Comunità europea.

Per questo e per tutto quello che ho detto annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle sulla risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Carlo Fatuzzo. Ne ha facoltà per due minuti.

CARLO FATUZZO (FI). Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, parlo a titolo personale, anche se eletto nelle file di Forza Italia-Berlusconi Presidente, e anche come membro dell'Unione europea dei senior, che raggruppa tutti i movimenti anziani dei partiti che aderiscono al Partito popolare europeo.

Non ho sentito purtroppo, signor Presidente, pronunciare né la parola “pensionati” né la parola “anziani”. Sono certo che lei ha pensato lo stesso ai problemi degli anziani e dei pensionati, ma mi piacerebbe che si dicessero almeno una volta la parola “pensionati” e la parola “anziani”.

Io sto andando a visitare le case di riposo in tutta Italia, cominciando dall'Emilia-Romagna, e ho trovato che è veramente disastroso vedere delle persone che hanno lavorato tutta la vita e che sono purtroppo costrette a vivere accudite totalmente da altri perché non autosufficienti. In famiglia non possono essere tenute e questo è un problema di cui l'Europa si dovrebbe interessare.

Gli istituti di ricovero hanno del personale che è solo da applaudire: sono veramente capaci di svolgere il loro lavoro ma avrebbero bisogno di essere maggiormente tenuti in considerazione sia per il tipo di lavoro che fanno sia per il peso del loro lavoro. Potrei continuare all'infinito ma non voglio tediare troppo i colleghi degli altri gruppi…

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

CARLO FATUZZO (FI). Vado verso la conclusione invitandola, signor Presidente, a portare lei la bandiera dei pensionati a Bruxelles, dopodomani 21 giugno.

PRESIDENTE. Grazie, collega.

CARLO FATUZZO (FI). C'è bisogno che si sappia che in Italia - e non solo in Italia ma in tutta Europa - gli anziani vengano tenuti nella giusta considerazione. La bandiera gliela daranno i commessi dell'Aula, signor Presidente (Il deputato Fatuzzo mostra la bandiera del Partito dei pensionati)

PRESIDENTE. Grazie, collega, grazie! Collega, abbassi la bandiera per cortesia. Collega, abbassi la bandiera! Chiedo agli assistenti parlamentari di intervenire (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito della Presidente). Collega, le sto chiedendo di abbassare la bandiera e la richiamo all'ordine.

Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Fornaro n. 6-00075, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Molinari e D'Uva n. 6-00076 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Gelmini, Lupi ed altri n. 6-00077, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione De Luca ed altri n. 6-00078, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Lollobrigida ed altri n. 6-00079, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Sono così esaurite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno 2019.

Sull'ordine dei lavori.

EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Colleghi, se dovete uscire dall'Aula, vi chiedo di farlo in silenzio.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, la ringrazio. Giungono notizie informali che la maggioranza avrebbe intenzione di chiedere a quest'Aula un rinvio in Commissione del provvedimento chiamato “decreto crescita”. Per procedere in questo senso, come lei sa, da Regolamento la maggioranza dovrebbe chiederci di interrompere la discussione sulle linee generali, che dovrebbe avere inizio tra poco, quando torneremo in Aula. Vorrei ricordare, per il suo tramite, ai colleghi di maggioranza che una decisione di ieri della Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito, con sacrificio delle minoranze, di rinunciare alla discussione del question time per avere una congrua discussione sulle linee generali sul provvedimento.

Ora, siccome è noto a tutti, perché lo ha detto il Ministro Fraccaro nella sede della Conferenza dei presidenti di gruppo, che la maggioranza ha intenzione di porre il voto di fiducia, interrompendo la discussione sulle linee generali, non so esattamente a quest'ora, vorrei far presente che l'eventuale rinvio in Commissione che l'Aula dovesse votare di questo provvedimento, non so per quanto tempo, non so se per problemi di copertura o per problemi politici, dopo settimane di discussione su questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), comporterebbe un taglio della discussione sulle linee generali, che già si annuncia tagliata per poter porre l'ennesimo voto di fiducia sull'ennesimo decreto di questa maggioranza.

Dunque, è inaccettabile da parte nostra che, già dopo avere tagliato, in deroga, la discussione del question time questo giorno, si veda ristretta ulteriormente la possibilità dei parlamentari, in particolare di opposizione, di discutere in discussione sulle linee generali perché qualcuno non ha risolto i problemi, forse all'interno della maggioranza, sul testo del decreto.

La pregherei di avvisare il Presidente che uno svolgimento così fatto contraddirebbe quello che ieri è stato detto in Conferenza dei presidenti di gruppo, e quindi risulterebbe per noi inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Chiaramente, collega, riferirò al Presidente, come da sua richiesta.

Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Angiola, Battelli, Benvenuto, Bitonci, Borghese, Claudio Borghi, Brescia, Businarolo, Colletti, Colucci, D'Incà, D'Uva, Dal Moro, Delrio, Dieni, Gregorio Fontana, Fraccaro, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giacomoni, Giorgis, Invernizzi, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Lupi, Molinari, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Schullian, Carlo Sibilia, Trano, Valente, Vitiello, Vito, Zennaro e Zoffili sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente cento, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi (A.C. 1807-A) (ore14,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1807-A: Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1807-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Forza Italia e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione finanze, l'onorevole Centemero.

GIULIO CENTEMERO, Relatore per la maggioranza per la VI Commissione. Signor Presidente, il decreto-legge n. 34 del 2019 reca misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione specifiche situazioni di crisi attraverso interventi fiscali per la crescita, norme per il rilancio degli investimenti privati, disposizioni per la tutela del made in Italy e ulteriori interventi per la crescita. Per quanto concerne le misure fiscali, con riferimento alle misure di natura fiscale si segnalano, tra l'altro, la reintroduzione del super ammortamento, la progressiva riduzione dell'aliquota IRES, l'incremento progressivo della deduzione IMU sui beni strumentali – quindi andando a stimolare anche quello che è il mercato immobiliare -, le agevolazioni in favore dei lavoratori rimpatriati e dei docenti ricercatori che rientrano in Italia, le misure per la rigenerazione urbana e per l'edilizia in genere, la fatturazione elettronica per i rapporti commerciali con San Marino, l'estensione della definizione agevolata alle regioni e agli enti territoriali e la proroga della rottamazione delle cartelle al 31 luglio 2019, il credito d'imposta per la partecipazione a fiere di settore, anche nazionali.

Nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite sono state apportate numerose modifiche al testo e sono state introdotte molte norme aggiuntive, che consentiranno di dare piena attuazione al titolo del provvedimento, cioè di favorire la crescita. Grazie alla collaborazione di tutti i deputati, di maggioranza e - lo sottolineo - di opposizione, che qui voglio ringraziare sinceramente per la pazienza e costanza con cui hanno seguito il provvedimento, garantendone un esito migliore rispetto al testo originario, sono state introdotte anche misure di carattere sociale e norme per la soluzione di situazioni di crisi nel Paese. È stata così data la possibilità a noi tutti di svolgere un ruolo sostanziale di intervento sul provvedimento, nel rispetto dei ruoli di Governo e Parlamento, con adeguati tempi di discussione e spazi di modifica.

In primo luogo, sono felice di registrare che è confluita nel provvedimento la proposta di legge sulle semplificazioni fiscali “Ruocco-Gusmeroli”, approvata dalla Camera e ora all'esame del Senato. Anche in tal caso si è trattato di un proficuo lavoro di collaborazione tra i membri di tutta la Commissione finanze e successivamente anche in Aula, con un voto del Parlamento, quindi. Sono dunque orgoglioso del fatto che ora le norme di quella proposta di iniziativa parlamentare diventino legge dello Stato, ma vi sono molte altre misure fiscali per la crescita inserite nel corso dell'esame in sede referente, tra le quali voglio segnalare: la totale deducibilità dal reddito d'impresa e dal reddito professionale dell'IMU dovuta sui beni strumentali, che si realizza in modo graduale già a partire da quest'anno, per perfezionarsi nel 2023; l'abrogazione dell'obbligo della comunicazione della proroga della cedolare secca e della relativa sanzione, nonché di numerosi altri obblighi dichiarativi in materia immobiliare; lo spostamento del termine di presentazione delle dichiarazioni IMU-Tasi, la detassazione dei canoni non percepiti senza dover attendere la conclusione del procedimento di convalida dello sfratto; la riduzione del regime dei premi contributivi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, riducendo il costo del lavoro; la semplificazione del controllo formale delle dichiarazioni dei redditi e la proroga dei termini per la presentazione di dichiarazioni dei redditi e IRAP; l'inclusione delle tasse sulle concessioni governative e delle tasse scolastiche nel modello di pagamento unificato F24; la semplificazione degli adempimenti ISA; la proroga al 30 settembre dei termini per i versamenti delle imposte dirette, IRAP e IVA scadenti tra il 30 giugno e il 30 settembre 2019 per i soggetti nei confronti dei quali sono stati approvati gli ISA e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, estesa anche ai soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese; l'introduzione obbligatoria del contraddittorio nei rapporti con l'amministrazione finanziaria e l'Agenzia delle entrate; una disciplina di favore per i redditi degli sportivi professionisti rimpatriati, con tassazione al 50 per cento; l'estensione del regime di tempo definito per i contratti per ricercatori universitari a tempo determinato; la semplificazione per l'accesso per il mantenimento del regime fiscale agevolato, con aliquota al 7 per cento per i titolari di pensione da fonte estera che si trasferiscono nei piccoli comuni del Mezzogiorno; l'estensione della disciplina più favorevole, con sanzioni ridotte in misura fissa e diritto a mantenere la detrazione, nel caso di pagamento dell'IVA in misura superiore a quella effettiva anche ai casi antecedente il 1° gennaio 2018; l'applicazione degli incentivi per gli interventi di rigenerazione urbana; l'estensione della cessione del credito per gli interventi di efficienza energetica e di riduzione rischio sismico; l'esenzione dal pagamento del tributo per i servizi indivisibili Tasi per i fabbricati costruiti e destinati alla vendita; l'allungamento dei termini per la trasmissione telematica dei dati corrispettivi giornalieri e per l'emissione della fattura elettronica, nonché l'esenzione di tale ultimo adempimento per le lampade votive dei cimiteri; le modifiche alla lotteria degli scontrini per incentivare l'uso di strumenti di pagamento tracciabili; l'aumento della quota massima dell'attivo patrimoniale che gli enti di previdenza obbligatoria possono destinare a investimenti qualificati e a investimenti in piani di risparmio a lungo termine; le norme antievasione nel settore turistico-ricettivo; la riapertura al 31 luglio di alcune misure di pace fiscale; l'equiparazione delle società agricole agli imprenditori agricoli a titolo principale; la riforma dell'INPGI in una prospettiva di sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo termine e la conseguente sospensione, fino al 31 dicembre 2019, delle norme che prevedono la nomina di un commissario straordinario. Si introduce poi una disciplina per la trasparenza fiscale sulle vendite di beni tramite piattaforme digitali.

Vi sono inoltre delle misure di carattere finanziario, in particolare all'articolo 36. Con riferimento a tali misure, si segnalano le modifiche alla disciplina sulla cartolarizzazione dei crediti, allo scopo di velocizzare il mercato dei non performing loans presenti nei bilanci delle banche e degli intermediari finanziari; l'istituzione della SIS, la società a investimento semplice a capitale fisso, una Sicaf semplificata, con regime semplificato; la proroga al 31 dicembre 2020 del termine per l'attuazione della riforma delle banche popolari; viene inoltre ampliata la platea di risparmiatori che possono accedere al FIR, il fondo indennizzo risparmiatori, mediante un meccanismo di indennizzo forfetario; durante l'esame in sede referente sono stati precisati i requisiti reddituali e patrimoniali dei beneficiari del fondo.

Tra le altre misure inserite nel corso dell'esame in sede referente, si segnalano: le norme in materia di fintech, che portano l'Italia verso il futuro e che consentiranno al nostro Paese di sviluppare un settore che può essere un driver economico e di attrarre imprese dall'estero con la costituzione del cosiddetto regulatory sandbox; la proroga del termine per il rilascio della garanzia dello Stato sulle nuove obbligazioni di Banca Carige; le agevolazioni fiscali sotto forma di credito d'imposta per le imposte differite attive in favore di aziende, anche creditizie, del Mezzogiorno; l'attribuzione alla Consob di poteri inibitori nei confronti dei fornitori di connettività alla rete Internet e dei gestori di altre reti telematiche e di telecomunicazioni per contrastare le iniziative di chi offre o svolge servizi o attività di investimento senza esservi abilitato.

A questo punto, la ringrazio e cedo la parola - o meglio, la cedo a lei - all'onorevole Raduzzi.

PRESIDENTE. Sì, è la Presidenza, in genere, che cede la parola. Quindi, ha facoltà di intervenire l'onorevole Raduzzi.

RAPHAEL RADUZZI, Relatore per la maggioranza per la V Commissione. Grazie, Presidente. Allora, essendo un decreto molto corposo io, poi, al termine di questo intervento, che cercherò di fare in maniera molto breve, depositerò la relazione.

Come già ricordava il collega, ci sono numerosi interventi a favore delle imprese, delle aziende, dei comuni, degli enti locali e dei cittadini in generale. Si sono ricordati il super ammortamento, la mini-Ires, l'aumento della deducibilità IMU sui capannoni, però, ci sono molti interventi anche per il rilancio degli investimenti privati: viene istituita una sezione speciale nel fondo di garanzia dedicato espressamente alle medie imprese; viene istituita un'altra sezione speciale destinata alla concessione di garanzia a copertura di finanziamenti finalizzati, per almeno il 60 per cento, a investimenti in beni materiali; c'è, poi, l'innalzamento fino a 5 milioni dell'importo dei cosiddetti mini-bond per le imprese; per i cittadini c'è, finalmente, il rifinanziamento del fondo di garanzia per la prima casa, questo servirà molto soprattutto anche ai giovani; il rifinanziamento della cosiddetta nuova Sabatini. Insomma, si tratta di un decreto molto corposo che, ovviamente, ha anche una parte sugli enti locali, in cui vengono premiate le amministrazioni locali e gli si dà una nuova capacità di assumere. Viene istituito un fondo da mezzo miliardo che va a favorire gli investimenti in efficientamento energetico. C'è poi tutta una parte di questo decreto che copre il tema della tutela del made in Italy e, quindi, anche qui, ci sono misure specifiche a tutela dei marchi storici di interesse nazionale, con l'introduzione di un apposito fondo per gli interventi nel capitale di rischio in imprese titolari o licenziatarie di un marchio storico; ci sono norme che vanno a contrastare l'italian sounding e c'è, poi - ed è stato introdotto, questo, in sede referente -, un emendamento di noi relatori che introduce una disciplina per poter utilizzare l'emblema dello Stato in congiunzione con la dizione “made in Italy”, a tutela dei beni prodotti sul territorio nazionale. Quindi, è un decreto molto corposo; io deposito la relazione e lascio la parola alla discussione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Fregolent.

SILVIA FREGOLENT, Relatrice di minoranza. Signora Presidente, ringrazio il relatore Giulio Centemero per il riconoscimento della pazienza che hanno avuto tutte le opposizioni - io parlo per il Partito Democratico -, perché questo decreto “crescita” ha avuto un iter veramente complicato, lungo, tortuoso, imbrigliato nelle polemiche infinite tra le forze di maggioranza che continuano a tenere questo Paese in continua campagna elettorale, forse per evitare di far vedere i propri limiti. Ma veniamo al lungo iter di questo decreto: due delibere di approvazione, il 4 e il 23 aprile, le audizioni ai primi di maggio, poi si è cominciato ad esaminare il provvedimento a fine maggio e, alla fine, siamo rimasti ostaggio in Commissione fino a qualche giorno fa, ostaggio delle divisioni e della incapacità di risolvere i problemi di questa maggioranza.

Questo delirio dimostra l'inconsistenza, a mio modo di vedere, a modo di vedere del Partito Democratico, della visione di crescita che ha la maggioranza. In fondo, è normale, ci sono due forze politiche che hanno due concetti diametralmente opposti della crescita. Abbiamo la Lega che, come abbiamo visto, concepisce la crescita con quel decreto “sblocca cantieri”: poche regole, si spera che ai lavoratori non succeda niente, è il mercato a decidere tutto. E, poi, abbiamo i 5 Stelle e la cosiddetta “decrescita felice”; quante volte, negli scorsi anni, abbiamo sentito in quest'Aula ringhiare contro i fautori del PIL: non si misura l'economia con il PIL, ma con altro, la famosa “decrescita felice”, no alla TAV, no alla TAP, salvo poi fare mezze marce indietro. Sarà per questa differente visione che questo decreto cosiddetto “crescita” farà crescere veramente poco il Paese. Nella vostra relazione tecnica, non quindi quello che dice il Partito Democratico, ma nella vostra relazione tecnica, ammettete che lo stimolo aggiuntivo all'economia derivante dal decreto, questo, insieme a quello “sblocca cantieri”, è pari allo 0,1 per cento del PIL nel 2019 e allo 0,3 nel 2020. Stiamo parlando di un decreto che fa crescere questo Paese, a discapito di quello che dice il nome, dello 0,1. D'altro canto, in origine, avevate parlato di un decreto “crescita ed investimenti”, ma, poi, la parola investimenti è stata espunta dal titolo ed è rimasta soltanto quella della crescita che, senza gli investimenti, è poca cosa.

La stima delle risorse dedicate al provvedimento ammonterebbe a 400 milioni di euro di risorse nette, lo ripeto, 400 milioni di euro. In quest'Aula, oggi, avete rivendicato, anche prima, con la presenza del Presidente Conte, i mirabili progressi della crescita che con questo decreto vi accingete a realizzare e, tra l'altro, lo state anche rivendicando in assemblee pubbliche, come è successo l'altro giorno in Confartigianato dal Ministro Di Maio. Ma, avete detto a quelle persone che vi hanno ascoltato e vi hanno applaudito ieri che i pochi sgravi che avete previsto in questo decreto cominceranno a decorrere da dopo il 2022 e che emerge da questo provvedimento la mancanza assoluta di crescita e di visione del Paese? Avete ripreso qua e là qualche norma di Industria 4.0 che è stata inserita dai Governi PD e che avevate distrutto nella legge di stabilità, salvo dover fare marcia indietro su richiesta delle associazioni dei datori di lavoro che vi hanno chiesto che fine avesse fatto la crescita in questo Paese. Avete copiato, ma avete copiato anche male; il super ammortamento, che viene reintrodotto per gli investimenti in beni materiali e strumentali nuovi, è stato peggiorato perché prevede un tetto, a differenza di quello indicato nella legge di stabilità, di 2,5 milioni di euro agli investimenti agevolati; dipendenti sempre dai precedenti Governi Renzi e Gentiloni, la “Patent box” e la “nuova Sabatini”. Quindi, questo decreto ha come funzione quella di correggere gli errori della legge di stabilità; non si spiegherebbe altrimenti l'abrogazione della mini-Ires, inserita nella legge di bilancio del 2019, che viene completamente abrogata per evidenti difficoltà di applicazione e viene sostituita, da questa disciplina, con misura finalizzata a tassare, con l'applicazione dell'aliquota Ires ridotta agli utili di impresa non distribuiti, in base, appunto, a questo decreto, attraverso un'aliquota agevolata, invece che dell'attuale 24 per cento, del 22,5 nel 2019, del 21,5 nel 2020, del 21 nel 2021, del 20,5 per il 2022, e così via. Quindi, è l'ennesimo cambio di regime per le imprese in pochi mesi, quando, invece, sarebbe necessaria la certezza del regime fiscale applicabile.

Poi, ci sono misure che, al di là delle finalità, sono del tutto velleitarie, ad esempio quella della tutela dei marchi storici, che è stata prima rivendicata con forza dai relatori, che è condivisibile, da un punto di vista di principio, ma che, poi, per come viene applicata, risulta assolutamente inadatta, perché non risulta chiaro quale possa essere l'interesse delle aziende a registrare il marchio e suscitando forti perplessità il veicolo individuato per la tutela delle relative imprese in crisi, stante il fatto che esistono già, a legislazione vigente, modalità di intervento in caso di crisi d'azienda.

Veniamo, quindi, agli aspetti più critici di questo provvedimento, che hanno visto il Partito Democratico fare una lotta dura in Commissione: Roma, Alitalia e INAIL. Da una norma che doveva contribuire a chiudere definitivamente la gestione commissariale del comune di Roma, istituita con i Governi di centrodestra, l'articolo 38 si è trasformato, come imposto dalla Lega, in un generico “salva comuni” in dissesto e pre-dissesto, al di sopra dei 65 mila abitanti, quindi, in fondo, per sei comuni, a discapito di tutti gli altri comuni d'Italia, finanziato con i fondi programmati per Industria 4.0. Sono stati tolti fondi per Industria 4.0, quindi, per la crescita imprenditoriale di questo Paese, alla faccia di un decreto “crescita”.Per quanto riguarda Alitalia, si deduce poco sul futuro della compagnia, se non una generica autorizzazione per il MEF ad entrare nel capitale della società, si cancella il termine per la restituzione del prestito ponte di 900 milioni, di cui 650 coperti con un aggravio sulle bollette elettriche. Altro che riduzione delle tasse, voi siete il Governo delle tasse!

Si tratta, pertanto, di un'operazione messa in campo con strumenti che lasciano perplessi, date le norme che abbiamo nell'Unione europea sugli aiuti di Stato, che non risolvono i problemi dell'azienda e che ha come unica certezza il fatto che saranno gli italiani, con l'aumento delle tasse, a pagare il salvataggio dell'Alitalia.

Per quanto riguarda l'INAIL, i relatori hanno presentato un emendamento con un taglio di 600 milioni dal 2023, facendolo passare per un taglio del costo del lavoro. Si tratta, tra l'altro, di stabilizzare una norma già presente nella legge di bilancio, ma si taglia il costo del lavoro, signora Presidente, abbassando le aliquote IRPEF e non risparmiando sulla salute dei lavoratori attraverso un taglio dell'INAIL, quindi a farne le spese saranno i lavoratori che hanno subito infortuni.

Il PD ha proposto emendamenti volti a migliorare il provvedimento, proprio perché non abbiamo un atteggiamento ostile per la crescita, anzi, abbiamo lasciato un Paese che cresceva dell'1,9 e ce lo troviamo in stagnazione. Con l'esclusione dell'emendamento relativo a Radio Radicale - evviva - votato, ad eccezione dei 5 Stelle, da tutte le forze presenti in Commissione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali), quindi ringrazio la Lega per avere consentito di dare 3 milioni di euro per il 2019 in attesa di arrivare alla gara pubblica che dovrà essere indetta dal Ministero dello Sviluppo economico e di un emendamento sui cosiddetti truffati delle banche, con il quale è data priorità ai rimborsi inferiori ai 50 mila euro, ci avete respinto tutti gli altri emendamenti. Ci avete respinto tutto quello che proponevamo per le imprese, piccole e medie, per i professionisti, per i giovani e per le famiglie, dicendoci che occorreva aspettare la legge di bilancio. Ma come, quando avete approvato la legge di bilancio, a dicembre scorso, alla nostra critica che mancava la crescita, ci avete detto che avreste fatto un decreto ad hoc che doveva essere questo, poi arriva un decreto sulla crescita e dite che dobbiamo aspettare una legge di bilancio? Ma cos'è, il gioco delle tre carte? Per quanto tempo pensate che potrete prendere in giro i cittadini, le famiglie e le imprese?

Dopo l'esame in Commissione il decreto-legge è diventato un decreto omnibus. Come non citare il fatto che avete messo una norma fondamentale che gli italiani chiedevano tutti: il rientro degli sportivi che vivono nei Paesi stranieri in Italia. Se uno ha una priorità, bisogna perseguirla. Rientro dei cervelli? No. Il rientro dei giovani? No. Il rientro degli sportivi, con il quale estendete anche agli sportivi le norme del rientro dei cervelli con l'esenzione del reddito della metà. Insomma, è come dire che Sarri per metà verrà pagato dai cittadini italiani: da juventina vi ringrazio, ma da cittadina mi arrabbio un po'. Oppure la norma sull'acquisto pubblico dell'acquedotto pugliese, dove la Lega ha cambiato idea. La politica storica della Lega non era per l'acqua pubblica, mentre oggi è diventata pubblica tout-court come quella dei grillini. Oppure la norma sul salva Banca Popolare di Bari. Qui merita spendere parole di chiarezza e di verità. Per anni avete voi, forza nella maggioranza, avvelenato i pozzi della politica proprio sul tema banche: mai soldi pubblici per salvare le banche se andiamo noi al Governo! Avete descritto il PD per anni come amici dei banchieri ed esposto alcuni nostri componenti di partito a pubblico ludibrio, poi andate al Governo e cosa fate? Prima un decreto Carige uguale al decreto MPS, decreto fatto dal Governo Gentiloni; poi cercate di passare come una riformulazione relativa alle imprese del sud il salvataggio della Banca Popolare di Bari, quasi come se vi vergognaste a mettere la faccia, dicendo di aver salvato una banca. Ringrazio - non è un ringraziamento di forma ma è di sostanza - Giulio Centemero che in Commissione ha ammesso che si trattava del salvataggio di una banca e dopo la Viceministra Castelli ha aggiunto: salvare una banca del sud è fondamentale perché non si può far fallire un'intera zona del nostro Paese. Evviva, benvenuti nella realtà! Evviva la verità: è dal 2016 che mentite agli italiani! Si salvano le banche non perché si vogliono salvare i banchieri, gli amici degli amici o perché il PD è colluso con queste forze. Si salvano le banche perché non si possono far fallire i territori, i risparmiatori e le imprese: benvenuti nella realtà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Per concludere, il provvedimento, per vostra stessa ammissione, non provvede alla crescita: lo 0,1 è praticamente zero; dà marchette in giro agli amici degli amici - questo sì - e ancora una volta a farne le spese sono gli italiani, che pagheranno più tasse per salvare Alitalia. Benvenuti in questo mondo del cambiamento, che più che del cambiamento mi sembra di retroguardia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente. È iscritta a parlare l'onorevole Flati. Ne ha facoltà.

FRANCESCA FLATI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, oggi iniziamo la discussione generale sul cosiddetto decreto crescita, un provvedimento fondamentale per la logorata economia del Paese, in quanto individua una serie di importanti misure che andranno a sostenere le imprese e a dare impulso all'economia. È ormai dimostrato che le politiche di austerità hanno fallito anche nel voler ridurre il rapporto debito-PIL. Fisiologicamente, infatti, colpiscono il denominatore e fanno salire il deficit a causa delle minori entrate da gettito fiscale. Non è un caso che il rapporto debito-PIL sia esploso proprio durante il Governo Monti, passando dal 116,5 per cento al 129 per cento. I successivi Governi a guida PD hanno seguito i diktat europei portando il rapporto ad aumentare ulteriormente, fino a raggiungere la quota di 132 per cento nel 2018. Ma non si può continuare ad assistere sempre alla stessa storia, dobbiamo invece puntare sulla crescita e lo stiamo facendo proprio con questo provvedimento. Il Governo prosegue, così, un percorso già avviato nella legge di bilancio, con l'estensione, ad esempio, del regime forfettario per le partite Iva e il raddoppio della deducibilità IMU sugli immobili ad uso produttivo; la proroga dell'iper-ammortamento e di parte del super-ammortamento; il taglio delle tariffe INAIL; la cedolare secca sugli immobili ad uso commerciale e così via. Non va dimenticato, inoltre, che la proposta di legge semplificazioni, a prima firma di Carla Ruocco, appena approvata alla Camera, è stata incorporata nel decreto crescita attraverso degli emendamenti in modo da renderne ancora più veloce l'iter parlamentare e garantire quindi al più presto quelle semplificazioni burocratiche che contribuenti ed imprese attendono veramente da troppo tempo. Tale ulteriore forte impulso alla ripresa economica dell'Italia si rende, peraltro, ancor più necessario vista la congiuntura economica internazionale particolarmente difficile. Lo scontro sui dazi tra Stati Uniti e Cina e le incertezze derivanti dalla Brexit hanno causato grande preoccupazione nei mercati e diffuso una sfiducia sulle prospettive di sviluppo. Entriamo però nel dettaglio delle misure del decreto. Tra le altre promuoviamo l'adeguamento alla normativa antisismica e risparmio energetico in ambiente edilizio, anche per garantire una maggior sicurezza su tutto il territorio italiano; per questo abbiamo esteso il sisma bonus, già previsto per le zone classificate a rischio sismico 1, anche alle zone 2 e 3; con la cosiddetta norma Fraccaro, prevediamo contributi ai comuni per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile. Altre misure sono poi dedicate alle piccole e medie imprese a cui siamo da sempre molto vicini. Ad esempio, incentiviamo la patrimonializzazione, tramite lo schema della nuova Sabatini, innalzando il limite massimo a 4 milioni di euro di finanziamento; incentiviamo l'economia circolare con finanziamenti agevolati e contributi diretti alla spesa per chi presenta progetti di ricerca e sviluppo; introduciamo nell'ordinamento la società di investimento semplice al fine di favorire la raccolta di capitali per fondi venture capital.

Inoltre prevediamo anche agevolazioni finanziarie per la realizzazione di progetti di trasformazione tecnologica e digitale basati sulle tecnologie abilitanti del Piano Industria 4.0. Abbiamo poi introdotto un iter procedurale a tutela dei marchi storici e dei livelli occupazionali delle imprese oggetto di cessione, proseguendo, quindi, il percorso che abbiamo avviato contro la delocalizzazione insieme al decreto dignità. In particolare, prevediamo l'istituzione del Registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale e la decadenza della titolarità se il sito produttivo viene trasferito fuori dal territorio italiano. Prevediamo anche misure per l'identificazione dei prodotti a filiera 100 per cento italiana e per il contrasto al fenomeno legato al cosiddetto Italian sounding.

Ci sono poi ulteriori interventi per la crescita come la previsione di assunzioni legate al fabbisogno e alle entrate di comuni e regioni a statuto ordinario, che non saranno più legate alla spesa storica e al turnover.

Riusciremo quindi a sbloccare oltre 40 mila assunzioni. Autorizziamo poi l'assunzione a tempo indeterminato di 100 unità di personale altamente specializzato, per consentire un più celere ed efficace svolgimento dei compiti dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche. Incentiviamo anche gli investimenti delle imprese insediate nelle zone economiche speciali, e abbiamo ulteriormente semplificato l'accesso al Fondo indennizzo risparmiatori, ampliato la platea dei beneficiari, diminuito la burocrazia e garantito tempi più rapidi per i risarcimenti. Avevamo promesso il ristoro, e lo stiamo portando a termine.

Sono poi particolarmente soddisfatta per il proseguimento dell'iter, iniziato già in legge di bilancio, che porterà alla chiusura della gestione commissariale del debito storico di Roma Capitale. Sto parlando di un debito che costa a tutti i cittadini italiani 300 milioni l'anno, mentre la restante quota di 200 milioni viene finanziata dai cittadini romani attraverso una tassa aeroportuale e un'addizionale IRPEF maggiorata rispetto al resto d'Italia. In totale sono 500 milioni che saranno erogati ogni anno fino al 2048. La bad bank istituita nel 2008 dall'allora sindaco Alemanno ha ancora in carico 12 dei quasi 17 miliardi di passività accertate in via definitiva nel 2010 ed ereditate dalle gestioni precedenti. Peraltro la stessa giunta Alemanno ha fatto a sua volta altri debiti a carico della gestione ordinaria di Roma Capitale, per centinaia di milioni di euro. Sono serviti quasi tre anni alla giunta Raggi, l'unica a non fare ulteriori debiti, per azzerare queste passività e restituire finalmente ai cittadini romani un bilancio sano; ed è proprio grazie all'interlocuzione tra la giunta pentastellata ed il Governo del cambiamento che sarà possibile liberare ulteriori risorse, attraverso la rinegoziazione anche del maxibond “City of Rome” da 1,4 miliardi di euro stipulato nel 2004 dalla giunta Veltroni. I risparmi derivanti da questa operazione, inoltre, andranno ad aiutare i comuni delle città capoluogo di provincia che si trovano in difficoltà con i propri debiti.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI (ore 14,39)

FRANCESCA FLATI (M5S). Un altro fondamentale provvedimento riguarda i vitalizi: viene concesso ancora un mese di tempo alle regioni che non hanno provveduto all'adeguamento alla normativa, dopodiché scatterà la tagliola sul 20 per cento dei trasferimenti erariali, che comunque non riguarderanno sanità, politiche sociali e trasporti.

Quindi sono tante le misure che abbiamo previsto in questo decreto-legge, e con l'approvazione di questo atto diamo un'ulteriore spinta alla nostra economia, tuteliamo i cittadini, il territorio, le imprese e restituiamo ancora un po' di fiducia agli italiani, che possono finalmente dire di avere un Governo dalla loro parte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Padoan. Ne ha facoltà.

PIETRO CARLO PADOAN (PD). Signora Presidente, stiamo parlando di decreto-legge “crescita”: cominciamo col dire che la crescita in Italia è scomparsa. Non basta prendersela con un quadro europeo e globale più debole: gli altri Paesi crescono, l'Italia alla metà del 2018 era cresciuta per 14 trimestri consecutivi; e visto che parliamo di numeri, onorevole Flati, per favore, la smettete tutti di dire che è aumentato il debito quando è sceso con i governi a guida PD (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Andatevi a vedere i numeri, una volta!

Dalla seconda metà del 2018, invece, il PIL galleggia fra recessione e stagnazione, e le previsioni degli organismi internazionali e nazionali, degli investitori, del settore privato, non danno molte speranze per il futuro: per l'anno in corso e per quelli successivi la crescita continuerà ad essere appena visibile. Il Paese si è fermato, e si è fermato soprattutto per le politiche anti-crescita del Governo. La crescita non si improvvisa, non si crea con le scorciatoie: certamente non la crescita sostenuta e sostenibile, né quella che crea lavoro. La crescita richiede invece il verificarsi di diverse condizioni, di cui la politica, una politica appena decente, dovrebbe farsi carico; e la politica di questo Governo certamente dimostra di non saperlo né volerlo fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

La crescita richiede innanzitutto un quadro macro-economico e finanziario stabile, per assicurare la fiducia sulla direzione di marcia del Paese, nel breve e nel lungo periodo. Ma il Governo ha distrutto la fiducia: la fiducia dei mercati, come dimostra la salita dello spread e il peggioramento delle condizioni finanziarie; mercati che sono in attesa di comprendere le intenzioni del Governo, che invece ha cancellato l'ottimismo, come dimostra il calo degli indici di fiducia di imprese e famiglie che prosegue da metà 2018. Non a caso sono crollati gli investimenti, sono andati via gli investitori.

La crescita poi richiede riforme strutturali, per la produttività e l'occupazione. Il Governo invece ha adottato ed annunciato misure che smantellano le riforme introdotte nella legislatura passata, magari semplicemente per un fatto di colorazione politica: riforme che invece danno e davano solidità al quadro generale, come quelle del mercato del lavoro; ed ha introdotto misure che riducono il potenziale di crescita, come testimoniato dalle istituzioni internazionali. Mi riferisco a “quota 100” e al reddito di cittadinanza: mettetevi l'anima in pace, queste misure nel migliore dei casi non fanno nulla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

La crescita richiede investimenti privati, ma anche ovviamente un contributo importante degli investimenti pubblici; ma questi stagnano, malgrado i proclami che questo Governo aveva gridato al vento dai primi giorni del suo insediamento. Basta un dato: il rapporto ANCE appena diffuso ci ricorda che la gran parte degli investimenti pubblici, più del 90 per cento, sono bloccati ancor prima delle gare, per inadempienze amministrative, controversie politiche, ma anche e non solo per limiti di risorse. Invece con lo “sblocca cantieri” si favorisce l'illegalità, e alla faccia della semplificazione si moltiplicano i centri amministrativi e le istituzioni con competenza sulle opere pubbliche. È troppo facile purtroppo prevedere un'ulteriore fase di rallentamento, se non di arresto degli investimenti: da dove può venire la crescita?

La crescita poi richiederebbe un uso efficace e ben disegnato delle risorse di finanza pubblica: risorse che sono inevitabilmente scarse, risorse che dovrebbero finanziare strumenti utili alle imprese per crescere di dimensione, per investire in capitale fisico, in innovazione, in capitale umano, per diversificare le fonti di finanziamento. Invece già con le leggi di stabilità erano state introdotte misure che spingono le imprese alla riduzione della dimensione, alla frammentazione, all'immersione: misure che prevedono la soppressione di sostegni alla capitalizzazione. Un approccio quindi che inibisce la crescita e l'apporto di capitale, un approccio che peggiora la competitività dell'economia invece di sostenerla. È ancora troppo presto purtroppo per cogliere gli effetti negativi di queste misure: purtroppo ce le porteremo appresso.

Le misure del Governo invece dovrebbero sostenere le imprese, tanto quelle che sono sulla frontiera dell'eccellenza, e sono tante, quanto quelle rimaste indietro, aiutandole a muoversi rapidamente verso la frontiera, invece di perdere ulteriore terreno. Le misure del Governo dovrebbero ridurre, non aumentare l'incertezza, sostenere, non rallentare la crescita.

Questo decreto-legge insomma si colloca in un quadro già fortemente indebolito, in cui la finanza pubblica sembra evaporare prima ancora di essere attivata come strumento di politica industriale. Ma anche il decreto-legge in sé, al di là dell'ambiente in cui è chiamato ad operare, è largamente inadeguato: non solo per il contenuto, ma anche per il metodo di costruzione, che merita (si fa per dire) di essere menzionato; perché si tratta di metodi e contenuti che chiariscono le ragioni del tempo perduto, della ricchezza perduta, tempo perduto per mancanza di visione e di prospettiva e per incertezza dell'azione di Governo. Non è un caso che questo decreto-legge sia diventato un decreto omnibus, come già la collega Fregolent ricordava.

È un decreto-legge che contiene misure difficili da comprendere, o che introducono preoccupanti distorsioni, come lo sconto contributivo di un anno se un'impresa assume un giovane diplomato in una scuola a cui si sono donati 10 mila euro: spiegatemi la logica e la razionalità di questa misura. O come la riduzione del costo del lavoro - anche questo è stato ricordato - via manovre sulle tariffe INAIL, con coperture precarie ed efficacia a dir poco approssimativa. O come misure di finanza locale, disegnate sull'onda emotiva del “salva Roma” e sulla sua ambiguità, con la rinuncia ad una riforma complessiva che associasse autonomia e responsabilità.

Ci sono peraltro alcune misure che estendono ed ampliano quelle del precedente Governo, e che hanno dimostrato di essere efficaci, soprattutto nel sostenere gli investimenti delle imprese: misure che sono state reintrodotte, dopo essere state messe in discussione e sotto minaccia di essere soppresse. Tra le altre, le misure per le piccole e medie imprese e per gli investimenti nel quadro di Impresa 4.0. Sopprimerle sarebbe stato sconsiderato. Non c'era, però, bisogno di aspettare tanto per rimetterle in funzione. Altre misure sono, invece, chiaramente dannose, come quelle sulla rottamazione, ulteriore passo in avanti nella conferma di un Governo che ama i condoni e le scorciatoie.

Ci sono poi misure della categoria la “svolta ad u”. È un modo di agire del Governo che già abbiamo sperimentato con molta felicità ed efficacia nella fase di approvazione della legge di bilancio, quando le feste sul balcone sono state improvvisamente troncate dal richiamo alla realtà e, allora, la svolta ad u è diventata il modo di fare politica. Ma anche in questo caso la svolta ad u si è verificata relativamente, per esempio, alle imprese introdotte per - tra virgolette - “salvare le banche”, misure giustificate dai relatori - e anche questo è stato ricordato - con l'argomento che salvare una banca può essere necessario per salvare il Paese, soprattutto in un'economia bancocentrica come la nostra. Una simile argomentazione, pronunciata da maggioranza e Governo della passata legislatura, sarebbe stata accolta, è stata accolta, con parole di dileggio e di insulto anche sul piano personale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Chiedere di riconoscere gli errori del passato al Governo oggi in carica sarebbe evidentemente troppo. Ben venga, comunque, la svolta ad u a cui il Governo ci ha abituato da tempo se va nella giusta direzione, se va nell'interesse del Paese.

Ma aggiungo qualche parola sul metodo. Anche quando si è arrivati a riconoscere la necessità di cambiare la propensione alla collaborazione da parte della maggioranza questa è stata quasi inesistente. Nell'elaborazione del decreto il gruppo del Partito Democratico ha sempre cercato un dialogo per migliorare le misure nell'interesse del Paese e nell'interesse del buon senso. Quasi mai, però, l'offerta di dialogo ha trovato riscontro nella maggioranza, quasi mai c'è stata volontà di giungere a soluzioni condivise, quasi sempre senza una giustificazione plausibile o ragionevole. Anche a causa del quadro generale molto deteriorato l'impatto sulla crescita di questo decreto sarà assai ridotto se non peggiorativo, sia per i contenuti sia per la sua dimensione e anche questo la collega Fregolent l'ha ricordato ed è bene ripeterlo una volta in più. Si tratta di un'ulteriore risorsa e occasione sprecate ma la sua inefficacia riflette, ancora una volta, l'incapacità del Governo di dotarsi di una vera strategia. Non c'è spazio nella politica annunciata e praticata dal Governo per una visione, una prospettiva e un orizzonte temporale credibili. C'è, invece, una cornice di indecisione, d'incertezza, a volte di paura che evoca misure difensive, scorciatoie inutili quando non sono decisamente pericolose.

Pende sul Paese il rischio di una procedura d'infrazione per il debito, un primato assoluto per i Paesi della zona euro - non dimentichiamocelo -, una procedura che metterebbe a lungo l'Italia sotto una sorveglianza ravvicinata e invasiva. Per evitarla bisogna costruire un sentiero credibile di rientro della finanza pubblica ma anche un sentiero di crescita senza il quale il debito continuerà a lievitare; e, a proposito, è sconsiderato suggerire che l'Italia possa convivere con un debito al 200 per cento del PIL (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non ci si deve fare ingannare dalle sirene: crescita e sostenibilità vanno assieme.

Per concludere, signora Presidente, è vero che l'Italia ha forti fondamentali, primo fra tutti un solido settore esportatore che ne fa la seconda economia manifatturiera d'Europa e un Paese ad avanzo di parte corrente. Compito della politica è quello di sfruttare al meglio questi punti di forza per farli fruttare per le imprese, per le famiglie e per il Paese, ma da quello che vediamo, dopo un anno di scelte sbagliate e irresponsabili, dobbiamo purtroppo dire che questo non avverrà: non avverrà con questo decreto, non avverrà con questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Francesca Gerardi. Ne ha facoltà.

FRANCESCA GERARDI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, rappresentanti del Governo, è con grande piacere che intervengo oggi, anche a nome dei miei carissimi colleghi, per commentare il decreto recante misure urgenti per la crescita economica, un decreto necessario e tanto atteso, un decreto sul quale il Governo si è mosso per rilanciare il percorso di sviluppo del nostro Paese con un insieme organico di misure volte a sostenere il sistema produttivo nel breve periodo e a rafforzare la competitività nel medio termine.

Investimenti, incentivi, imprese, immobili: sono state queste le quattro direttrici d'azione del “decreto crescita”. Tra le tante vorrei ricordare quelle che sono le misure cardine del decreto, tra cui la reintroduzione del super ammortamento per i beni strumentali nuovi, l'aumento della deducibilità dell'IMU per le imprese, una decisa semplificazione del mini IRES oltre a uno snellimento delle procedure burocratiche per l'efficientamento e la riqualificazione del patrimonio immobiliare.

Grazie al “decreto crescita” abbiamo agito anche sugli investimenti pubblici, accelerando l'utilizzo di risorse già stanziate su investimenti privati, rimuovendo i vincoli di carattere regolatorio, rimodulando gli stanziamenti e incentivando, inoltre, l'attività di ricerca pubblica e privata.

Sul fronte degli investimenti pubblici l'obiettivo è stato quello di rilanciare la spesa delle amministrazioni pubbliche che da un decennio abbiamo visto in progressiva riduzione. Per questo sono stati previsti interventi sulle procedure di realizzazione delle opere volte a utilizzare le risorse già destinate e lo stanziamento a favore dei comuni di 500 milioni per piccoli investimenti di rapida esecuzione finalizzati alla messa in sicurezza delle infrastrutture, degli edifici e dell'efficientamento energetico.

Dal lato degli investimenti privati è stato previsto il potenziamento della “nuova Sabatini” per l'abbattimento degli interessi passivi, la reintroduzione del cosiddetto super ammortamento e l'istituzione di un Fondo di garanzia per le medie imprese. Allo stesso tempo, però, vengono introdotti il rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa e l'estensione del Sisma bonus per i soggetti incapienti. Inoltre, vengono snelliti i meccanismi di fruizione dei beni per l'efficientamento energetico con la possibilità di trasformare la detrazione fiscale in uno sconto sul prezzo. Novità sono anche arrivate sul fronte del patent box con procedure di accesso semplificative, su quello del rientro dei cervelli con la proroga e l'ampliamento degli incentivi nonché sulle agevolazioni a progetti di riconversione produttiva nell'ambito dell'economia circolare.

Ho particolarmente a cuore questo decreto perché rappresenta una svolta per il nostro Paese, una svolta che gli italiani necessitavano da tempo.

Mi preme sottolineare anche l'importanza relativa alla reintroduzione del super ammortamento. La misura consente, infatti, alle piccole e medie imprese di ottenere un maxi sconto da investire in beni strumentali nuovi e reintroduce, a partire dal 1° aprile e fino alla consegna del 30 giugno 2020, il cosiddetto super ammortamento, ovvero una maggiorazione del 130 per cento dell'ammortamento degli investimenti in beni strumentali fino a 2,5 milioni di euro.

Inoltre, di fondamentale importanza è l'aumento della deducibilità dell'IMU per le imprese, il quale riduce, in tal modo, la pressione fiscale sulle imprese stesse. Per l'anno successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 l'imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali, quali negozi, capannoni e laboratori, è deducibile ai fini della determinazione del reddito d'impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni nella misura del 50 per cento rispetto all'attuale 40 nell'anno di imposta 2019 e nella misura del 60 per cento nel 2020 e nel 2021 e del 70 per cento nel 2022.

Un intervento degno di nota è rappresentato anche dalla definizione della mini IRES. Infatti, al fine di favorire la patrimonializzazione delle imprese è stato semplificato il meccanismo di fruizione del beneficio attraverso l'applicazione di un'aliquota ridotta sugli utili non distribuiti. A differenza della normativa attuale, che prevede una riduzione di aliquota del 9 per cento su specifici investimenti incrementali rispetto al passato, la modifica prevede una semplice riduzione di aliquota su utili non distribuiti nei limiti dell'incremento di patrimonio netto - a esclusione delle banche - collegata al solo reimpiego degli utili stessi.

Con un aumento progressivo dell'agevolazione si prevede anche un regime di applicazione dell'aliquota ridotta al 20,5 per cento sugli utili reinvestiti, a prescindere dalla destinazione specifica e degli stessi all'interno dell'azienda.

In sostanza, il “decreto crescita” favorisce una serie di sgravi e incentivi fiscali, oltre che un rilancio di investimenti privati, norme per la tutela del made in Italy e altre misure per il sostegno della crescita. Tutte misure che sono state a cuore di questo Governo sin da subito e che finalmente oggi vediamo concretizzarsi. Il decreto protagonista di oggi in quest'Aula rappresenta per noi un'opportunità di crescita e di rilancio dell'economia. Non dimentichiamoci, inoltre, di una delle misure più sensibili del provvedimento, quella del sisma bonus; per favorire gli interventi antisismici anche per gli immobili posseduti da soggetti che non hanno liquidità necessaria per anticipare tali spese, viene esteso nelle zone 2 e 3 di rischio sismico il bonus oggi previsto solo per gli edifici in zona 1. Questo beneficio consente la detrazione fiscale del 75 per cento in caso di miglioramento di una classe della classificazione energetica e dell'85 per cento in caso di passaggio di due classi, del prezzo di acquisto dell'unità immobiliare. Per rispondere al collega Padoan, quando dice che l'Italia si è fermata, il Paese si è fermato, vorrei dirgli che noi abbiamo avuto più 200 mila partite IVA nei primi due mesi del 2019, più un 5 per cento dei consumi nei primi tre mesi del 2019 - rispetto agli altri Paesi, l'Italia ha registrato comunque uno 0,9, calcolandolo in un contesto di recessione a livello europeo generale -, più 223 mila contratti stabili nel primo bimestre, raggiungono un livello massimo storico registrato, quindi probabilmente l'Italia non si è fermata così tanto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Concludo, Presidente, sottolineando ancora una volta l'attenzione che la Lega ha sempre avuto nei confronti dei cittadini e degli imprenditori, e questo provvedimento ne è la prova. Sono orgogliosa di far parte di questa squadra meravigliosa, che, ancora una volta, si è dimostrata artefice di una serie di misure per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese, e sono certa che con questo provvedimento raggiungeremo quello che è da sempre il nostro obiettivo: andare incontro alle esigenze dei cittadini, degli italiani, nella speranza che possano sempre più fidarsi dello Stato e di noi rappresentanti del Parlamento. Auguro a tutti voi un buon lavoro e vi ringrazio per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Signor Presidente, colleghi, il “decreto crescita”, insieme al “decreto sblocca cantieri” vorrebbe rappresentare il principale provvedimento del Governo per tentare di rilanciare l'economia italiana, ma, secondo noi, ben si inserisce nella già folta sequela di provvedimenti apotropaici già emanati da questo Governo. Ma non sono degli influssi malefici che gravano sull'Italia, abbiamo sentito lo “spazza corrotti”, il “decreto dignità”, bensì i deprimenti dati sull'andamento macroeconomico nazionale, dati che lo stesso Governo, dopo mesi trascorsi a millantare una crescita del PIL italiano almeno pari all'1 per cento rispetto al 2018, ha dovuto mettere nero su bianco nel DEF 2019, che ci dicono che, a legislazione vigente, ovvero senza i provvedimenti successivi all'approvazione del DEF stesso, come entrambi i decreti citati, si prevede una crescita dello 0,1 nell'anno in corso. Proprio nel DEF il Governo ha fornito anche una previsione dell'incidenza sul PIL italiano delle misure previste nel “decreto crescita” e nel “decreto sblocca cantieri”. Anche in questo caso i dati sono impietosi: il contributo totale dei due decreti alla crescita dell'economia nazionale è stimato essere pari ad appena lo 0,1 per cento, relegandoci purtroppo, cara collega, a fanalino di coda dell'Europa anche nell'anno in corso, con una crescita complessiva del PIL dello 0,2 per cento. Ecco perché parliamo di provvedimenti che più che altro sembra vogliano semplicemente scacciare le sciagure, ma non riescono.

Ora dobbiamo dire, per onestà intellettuale e perché lo condividiamo, che in questo decreto ci sono ombre e luci. Ci sono misure condivisibili, e le vogliamo segnalare: all'articolo 3 la maggiorazione della deducibilità dell'IMU dalle imposte sui redditi, all'articolo 5 il rientro dei cervelli e delle professionalità, all'articolo 7 gli incentivi per la valorizzazione edilizia, all'articolo 10 le modifiche della disciplina degli incentivi per gli interventi di efficienza energetica e il rischio sismico – bene –, all'articolo 19 il rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa, all'articolo 26 le agevolazioni a sostegno di progetti di ricerca e sviluppo per la riconversione dei processi produttivi nell'ambito dell'economia circolare. Ci sono, quindi, anche articoli e provvedimenti sicuramente positivi. Però, annotiamo anche alcuni ripensamenti: all'articolo 1 il super ammortamento - come è noto, il super ammortamento è uno strumento volto a incentivare gli investimenti attraverso una riduzione delle imposte - è stato reintrodotto. Ci chiediamo perché, però, fosse stato levato, è la segnalazione di un grande errore questo ripensamento.

All'articolo 2 la revisione della mini IRES. L'articolo contestualmente abolisce la mini-IRES al 15 per cento sugli utili destinati ad investimenti in beni strumentali e alla creazione di nuova occupazione introdotta pochi mesi fa dalla legge di bilancio 2019. In questo caso, la riduzione dell'aliquota era di 9 punti percentuali sin dall'esercizio 2019. Bene, la nuova versione della mini IRES risulta, quindi, di più semplice fruizione da parte delle imprese, ma, allo stesso tempo, meno vantaggiosa. Ricordiamo, poi, che la manovra del popolo, per così dire, per introdurre la mini IRES al 15 per cento aveva abolito sia l'ACE che l'IRI, e quindi aveva determinato un fatto, che è questo: già allora lo scambio ACE e IRI in favore della mini IRES al 15 per cento era in perdita per le imprese. Con la revisione di quest'ultima lo diventa ancora di più, a dimostrazione che anche le manovre del popolo possono essere manovre a U.

Segniamo, poi, alcuni balbettii, cioè alcuni provvedimenti che non hanno il coraggio di andare fino in fondo. Articolo 13: vendita di beni tramite piattaforme digitali, al fine di favorire l'emersione della base imponibile IVA. Già ci permettiamo di segnalare che le piattaforme digitali non sono presenti da un paio di mesi, ma da anni ed anni, e ci chiediamo cosa si sia aspettato a fare chiarezza sul fattore delle imposte. È una carezza, questa è una carezza insufficiente, anzi, una languida carezza ai giganti del web. Come è possibile che non si riesca a normare in modo serio e complessivo questo settore, mentre è ferma al palo la web tax al 3 per cento, stiamo ancora aspettando i decreti attuativi? Però, quando si vuole, si riesce a essere propositivi ed efficaci, come risulta dal recente accordo fra Amazon e Poste Italiane che, alla fine, darà un ulteriore vantaggio a tale piattaforma, a continuo discapito della rete del commercio tradizionale, che non ha facilitazioni di cui potersi avvalere.

Articolo 20: modifiche alla misura “Nuova Sabatini”. La misura, come sapete, è una misura di sostegno che consente alle micro, piccole e medie imprese di accedere a finanziamenti agevolati per investimenti. Peccato, però, che - ripetiamo - si sia escluso completamente, di fatto, il settore delle strutture turistiche alberghiere e ricettive, così importanti in Italia.

L'articolo 25: dismissioni immobiliari per gli enti territoriali. Può essere giusto, ma confermate ancora che venderete immobili per 10 miliardi in tre anni, come nella Nota di aggiornamento al DEF? Potevamo fare chiarezza con questo passaggio. L'articolo 32: contrasto all'italian sounding e incentivi al deposito di brevetti e marchi. Questo articolo introduce per il triennio 2019-2021 il voucher 3I, voucher a supporto delle start-up innovative. Benissimo, però anche in questo caso si rimanda a decreti attuativi futuribili l'applicazione della norma stessa. L'articolo 39 prevede, limitatamente al triennio 2019-2021, la possibilità per Anpal di avvalersi di società in house già esistenti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per l'implementazione degli strumenti necessari all'attuazione del reddito di cittadinanza.

Ancora, si fa riferimento a un'emergenza: a me pare che, nel reddito di cittadinanza, sia tutta emergenza; emergenza creata dall'avere iniziato un procedimento dalla fine e non dal principio. Nessun ripensamento, solo ulteriori correttivi di una manovra nata male e portata avanti peggio. Basta guardare le problematiche relative ai navigator, ai concorsi, ai centri per l'impiego che sono cronaca di questi giorni.

L'articolo 42 proroga la durata del periodo transitorio nel quale le camere di commercio e gli organismi abilitati in base alla disciplina abrogata nel 2017 continuano a effettuare le verificazioni periodiche degli strumenti di misura.

Non so se qualcuno sa in cosa consistano queste verifiche periodiche, però direi che poteva anche qui essere l'occasione per sfoltire la platea dei controlli e delle verifiche.

Si poteva semplificare. Ci sono controlli e verifiche che vengono fatte nelle aziende che oggi non hanno più alcun senso oggettivamente: la bilancina si usa veramente poco. Infine, le colpevoli omissioni su proposte innovative presentate dalle minoranze. Ne cito solo una: con la proposta emendativa 12.011, che avevamo presentato e che era finalizzata a restringere i casi di nomina obbligatoria dell'organo di controllo nelle società a responsabilità limitata, che sono stati invece notevolmente ampliati dalla legge n. 19 del 2017 e dall'articolo 379 del decreto legislativo attuativo del gennaio 2019, n. 14, si proponeva di innalzare le soglie quantitative il cui superamento porta le società a dover sostenere il costo del sindaco unico del collegio sindacale o del revisore legale, ma è stata bocciata in Commissione bilancio senza neanche molta grazia, diciamo così. Sono stati poi bocciati in blocco i tanti emendamenti presentati da Fratelli d'Italia sulle decurtazioni alle imprese nel mondo del lavoro. Ne cito soltanto due: la defiscalizzazione e decontribuzione dei premi una tantum e la deducibilità IRAP per il costo dei lavori stagionali. Andiamo avanti. È stato poi bocciato anche l'emendamento 36.05, in cui si avviava un percorso innovativo perché tutti i prodotti alimentari e vinicoli tipici della tradizione italiana fossero dotate di un QR code che consentisse, soprattutto per i prodotti destinati all'estero, di pubblicizzare e di promuovere intere zone di territorio. Abbiamo dovuto trasformarlo in un ordine del giorno perché ci è stato fatto presente che altrimenti sarebbe stato bocciato, vediamo se per lo meno nella forma dell'ordine del giorno questo nostro emendamento verrà approvato. In sintesi, non siamo sorpresi dal fatto che il Governo abbia ritenuto necessario varare un decreto crescita - che evidentemente non c'è -, infatti, nonostante ci abbiano raccontato fino a un mese fa che le misure previste nella legge di bilancio tanto difese dall'Esecutivo, in particolare dal Ministro dello sviluppo economico, avrebbero garantito alla nostra economia una crescita pari almeno dell'1 per cento del PIL, abbiamo sempre saputo che non sarebbe stato così, abbiamo sempre saputo che sarebbero stati necessari degli interventi successivi, e questo perché le misure contenute nella legge di bilancio erano chiaramente inadeguate per far ripartire l'Italia. Esse erano principalmente dettate dalla necessità di salvaguardare i precari equilibri del Governo, dalla necessità di mantenere promesse elettorali fatte e di ottenere un consenso in vista delle successive elezioni europee. Lo stesso “decreto crescita” risulta, per quanto esposto, deludente. Ripetiamo che è lo stesso DEF che lo certifica, prevedendo che, insieme alle misure del “decreto sblocca cantieri”, che, come è stato già sottolineato, non risolve e non sblocca proprio nulla, contribuirà alla crescita del PIL del 2019 per lo 0,1 per cento. Ciò significa che, sommato alle previsioni di crescita a legislazione vigente, cioè lo 0,1, l'Italia nel 2019 dovrebbe registrare un incremento complessivo del PIL appena pari allo 0,2 per cento. Questi, purtroppo - purtroppo, purtroppo! -, sono i dati di fatto con i quali abbiamo a che fare.

La proposta di Fratelli d'Italia era ben diversa, era un po' più complessiva: realizzare un piano di investimenti, materiali e immateriali, che modernizzassero veramente l'Italia; attuare uno shock fiscale, ovvero una drastica riduzione delle tasse, che passa principalmente attraverso l'introduzione della flat tax per tutti, imprese e cittadini; ridurre la burocrazia che frena l'azione, gravando in termini di tempo e costi, di imprese e cittadini, scoraggiando coloro che vogliono fare impresa e investire in Italia; produrre delle leggi di settore serie, come quelle previste nelle proposte di Fratelli d'Italia sul turismo e sulle piattaforme digitali e sul portale Italia.it; leggi strutturali, congrue, armoniche. Che senso ha introdurre nel “decreto crescita” contenuti come quelli del codice identificativo, se questa norma è avulsa da una ristrutturazione complessiva del settore turismo? Sono episodi che non risolvono proprio niente, perché vanno a toccare un aspetto minimale del fattore ricettivo in Italia. Sono provvedimenti che corrono il rischio di essere disarmonici con il resto della normativa.

Queste dunque sono le proposte di Fratelli d'Italia per migliorare un provvedimento che, chiamato “decreto crescita”, rappresenta appunto un provvedimento apotropaico, una presa in giro nei confronti degli italiani, dati gli effetti quasi nulli che genera. La cosa che si evidenzia leggendo il decreto è l'assenza di una precisa strategia per il rilancio dell'Italia. Si tratta infatti di un decreto fatto di un mix di piccoli e disorganici provvedimenti, alcuni dei quali non hanno nulla a che fare con la crescita e in cui non c'è niente di innovativo, perché per lo più reintroducono misure già esistenti, come il super ammortamento al 130 per cento per investimenti, che non erano stati prorogati nella legge di bilancio, o il bonus aggregazioni, che sono vantaggi fiscali in caso di fusioni di imprese; si semplifica o amplia la portata di altre misure. Diciamo che poi è curioso il fatto che, a distanza di pochi mesi, vengono sconfessate alcune scelte fatte con la legge di bilancio: al super ammortamento, come detto, si aggiunge, ad esempio, la totale divisione della mini IRES. Insomma, ci sentiamo di dire che, pur non avendo un atteggiamento ostile su alcune norme, su alcuni articoli di questa legge, come ho detto in premessa, è finito per il Governo il tempo delle mele ed è iniziato di nuovo quello delle meline, tanto che si potrebbe dire, parafrasando Shakespeare: tanto rumore per così poco, multum clamoris, parum lanae (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Beatrice Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Presidente, onorevoli colleghi, stiamo oggi esaminando il “decreto crescita” debbo dire in ore piuttosto drammatiche per il nostro Paese: siamo di fronte ad una lettera di risposta del nostro Governo rispetto alla possibilità di un'azione di infrazione nei confronti dell'Italia. Tutti gli osservatori economici internazionali ci stanno guardando, e certamente uno si sarebbe aspettato da un decreto chiamato “crescita” che questa misura segnasse un momento di svolta dell'azione del Governo nei confronti dell'economia, dello sviluppo e della crescita del Paese. Invece, come è stato detto da chi mi ha preceduto, praticamente da quasi tutti i colleghi, in questo decreto di crescita c'è molto poco, e bisogna dire che c'è, come sempre, e come ci siamo abituati oramai in questo anno di Governo, anche molto poco di visione, perché a volte, se non ci sono le risorse, se si è in un momento particolare della vita economica del Paese, in un provvedimento ci possono non essere le risorse per finanziare immediatamente dei progetti ma ci possono essere, invece, delle riforme strutturali, che a volte non danno un like o un consenso nell'immediato ma ti permettono di sviluppare intorno a quelle riforme strutturali politiche per i cinque, dieci, quindici anni successivi, cioè quello che serve per fare crescita, cioè la stabilità, un quadro certo normativo, un quadro regolatorio certo e un sistema che non cambia dalla mattina alla sera e che permetta, a chi deve fare investimenti, di fare delle scelte precise nel nostro Paese. Ebbene, in questo decreto non c'è niente di tutto questo, così come abbiamo visto anche recentemente nello “sblocca cantieri”, del quale abbiamo finito la discussione da pochi giorni - in un'ottica di una visione di Governo avrebbero dovuto essere due provvedimenti collegati, perché da una parte si lavorava sulla crescita complessiva e quindi sulla stesura delle norme quadro, della cornice, dall'altra si operava e si scendeva a silos nei singoli settori, come quello strategico e nevralgico delle infrastrutture e delle opere pubbliche -, quello che purtroppo è un provvedimento strabico, che non ha una visione di sistema e che dice e si contraddice - in ogni articolo dice il contrario di tutto - perché è frutto di due visioni completamente antitetiche dei lavori pubblici e delle infrastrutture, cioè dei due partner di Governo.

La stessa cosa potremmo dire di questo “decreto crescita”, che è finito invece per essere una specie di imbuto dove ci sono una serie di problemi aperti, da risolvere, alcuni dei quali anche significativi ma che sicuramente poco avevano a che vedere con la crescita; oppure si sono semplicemente prese delle misure che fanno parte di una serie che noi definiamo “inspiegabili” (a volte trovi delle norme e ti chiedi che cosa vogliano dire e in questo decreto, chi avrà la pazienza di leggerlo, di questi punti ne troverà parecchi).

Come dicevo, questa cosa preoccupa moltissimo, anche perché, rispetto ai fatti che noi vediamo realizzarsi in Parlamento e nelle azioni dei Ministeri, abbiamo la controparte, la contro realtà che viene raccontata sui mass media e nelle televisioni. Quindi noi abbiamo i due principali azionisti di Governo, che sono anche il Ministro dell'Interno e il Ministro dello Sviluppo economico che, in questi giorni, stanno lanciando il bombardiere delle nuove proposte. Da una parte la flat tax, che non è flat tax perché, ricordiamocelo, così come ce la stanno presentando, è una riduzione fiscale per una porzione della popolazione; dall'altra parte abbiamo il salario minimo. Sono due provvedimenti che, messi insieme, cubano quanto due manovre finanziarie. Ora, siccome non siamo a ottobre ma siamo nel mese di giugno e sappiamo che ci aspetta una manovra di bilancio, una legge di bilancio, che a conti fermi, se scattano le clausole di salvaguardia, così come scritte nel DEF ma come invece continuano a negare i due azionisti principali, costerà 40 miliardi. Ora, io mi chiedo: se a questi 40 miliardi dobbiamo aggiungere l'x-y della flat tax - che non si sa se è flat tax o meno - e il salario minimo, arriviamo a quanto: a 80, a 90? Non si sa. Stiamo giocando al telequizzone televisivo e non tanto, invece, a fare un dibattito serio sull'economia e sul futuro delle imprese, dei cittadini, delle famiglie, in Italia.

Nello stesso tempo, abbiamo avuto gli ultimi dati sulla povertà. Uno può pensare alla crescita di un Paese come a un moto di sviluppo dal punto di vista economico, alla nascita di nuove imprese, alla creazione di nuovi posti di lavoro; dall'altra si può intendere anche la crescita come un investimento sull'educazione, sullo sviluppo culturale di un Paese, sulla capacità di intercettare i nuovi processi di lavoro e le trasformazioni che sono in atto, quindi si potrebbero anche mettere in campo delle misure alternative, riguardanti la crescente fascia di marginalità che riguarda il nostro Paese. Ovviamente, qui, non c'è nulla di tutto questo. I dati che sono usciti - questo perché abbiamo la possibilità, in un dibattito sull'economia del Paese, di fare un ragionamento un pochino più ampio - ci dicono che le famiglie povere in Italia sono sempre quelle, nonostante il reddito di cittadinanza, e che queste famiglie sono famiglie con bambini - con bambini piccoli - e quindi sono famiglie che si trovano ad avere una doppia sofferenza. Non vi è solo la mancanza di risorse economiche per nutrire e dare un tetto a questa generazione di bambini (si parla di più di un milione di bambini in Italia, o in povertà assoluta o a rischio di povertà), ma sin tratta di bambini che rischiano di crescere e di diventare, poi, dei giovani adulti nel nostro Paese in una stato di povertà ancora peggiore, che è la povertà culturale, la povertà che appartiene all'emarginazione. Questo è ciò che sta avvenendo, anche - mi dispiace dirlo - per una miopia e per una totale mancanza di volontà e indisponibilità al dialogo costruttivo con le opposizioni rispetto ai partiti di maggioranza.

Io, personalmente, l'ho sempre detto, non sono totalmente contraria al reddito di cittadinanza. In una situazione di impoverimento così forte del Paese, che ci fosse una misura più forte - più forte - di sostegno, di sussidio alla povertà, capace di intercettare situazioni di disperazione, era giusto e doveroso nel momento in cui c'erano le risorse. Noi avevamo predisposto il REI: non vi piaceva la parola REI? La volevate cambiare, la volevate chiamare reddito di cittadinanza per fare uno spot politico? Poco importa, ma era lo strumento che ci permetteva, attraverso i servizi sociali, quindi attraverso una presa in carico delle situazioni di marginalità, di intervenire con un sostegno economico. Accanto a questo, poi, c'è il lavoro delle agenzie per l'impiego, che purtroppo in Italia hanno sempre funzionato malissimo, che andava rafforzato. Di tutta questa operazione, gli unici occupati che noi vediamo oggi sono i Navigator che stanno facendo in questo momento il concorso a Roma: almeno lì avremo dei nuovi occupati; avremo dei precari - bastava sentire le interviste di oggi - che troveranno un lavoro per tre anni. Questo è il frutto di questo dibattito. Dall'altro lato abbiamo un sistema di sussidi che non è riuscito e non riuscirà, purtroppo - lo dico con rammarico - a funzionare. C'è ancora tempo per poter intervenire su un rafforzamento dei servizi sociali nel nostro Paese, servizi che stanno crollando in tutte le città, anche quelle più prospere, che non hanno gli strumenti e il personale per riuscire a stare appresso all'enorme domanda che viene dalle aree di disagio. Ricordo le questioni dei minori, le questioni legate alle dipendenze, alle nuove povertà o al caso dei cinquantenni che perdono il lavoro: poi dove vanno a finire queste persone? Questa generazione, che non è formata e non ha le skills per i processi che stanno cambiando, dove va a finire?

Visto che parliamo di crescita, invece, a proposito delle nuove generazioni - oggi è anche il giorno della maturità, quindi tanti auguri ai circa 500 mila ragazzi italiani che stanno facendo l'esame di maturità - il Governo che cosa ha fatto? Ha tolto l'alternanza scuola-lavoro, cioè ha ridotto uno di quegli strumenti di formazione fondamentale per individuare e riuscire a intercettare un rapporto più forte tra impresa, territorio e scuola. Lo sappiamo soprattutto in quei territori dove l'impresa è forte, dove i distretti industriali sono forti, sono capaci. L'annullamento di questo importante provvedimento, che tra l'altro ha avuto un iter lungo, farraginoso, si è scontrato negli anni, nei decenni passati con tanto pregiudizio, ha comportato ancora una volta una riduzione di capacità formativa. Allora, signori, stiamo attenti, in questo decreto crescita ad uno degli aspetti principali che fanno crescere un Paese, cioè la ricerca, la sperimentazione, l'innovazione. A parte l'aver recuperato pezzi di Industria 4.0, che avevate voluto annullare ma che vi siete resi conto che vi servono, non c'è niente! Ma, secondo voi, quando oggi Facebook annuncia che fa la sua moneta blockchain, noi come ci formiamo rispetto a questo mondo che cambia? Qual è il futuro della ricerca in Italia? Se andiamo avanti così, non comprendendo le nuove necessità di formazione e di educazione, che arrivano dalle elementari allo stato della ricerca, rischiamo che le nostre università, fra dieci anni, dodici anni, invece di essere tra i più importanti centri di elaborazione di pensiero si trasformeranno in dei licei e quindi continueremo un'azione di impoverimento della nostra società sempre più forte.

Ovviamente, di questo, nel decreto non c'è nulla e non c'è neanche nulla per attrarre investimenti, non semplicemente rafforzando le start up - un lavoro che stiamo tutti facendo, ma sappiamo anche che non si lavora solo di start up - ma facendo investimenti veri, per andarsi a prendere quelle decine di miliardi di euro che, ad esempio, sono in uscita dalla Gran Bretagna a causa di Brexit, per portarli nei settori strategici italiani. Bisogna potenziare la nostra Agenzia regolatoria del farmaco, invece che distruggerla; potenziare quelli che sono i settori e i gangli nevralgici di una società che guarda al futuro. Non solo non si guarda al futuro in questo decreto, ma non si guarda neanche al passato. Basta vedere quello che accade nel turismo, dove siamo rimasti, ovviamente, ad una fase che non è in grado di intercettare neanche nuovi flussi.

D'altra parte, per aver consegnato il Ministero del turismo al Ministero dell'agricoltura, qualche dubbio c'era venuto a tutti. Altro che piattaforma logistica e piattaforma integrata, qui, non si riesce a stare appresso alla crisi agricola dovuta alla siccità, immaginiamoci se uno riesce ad andare appresso al turismo e alla necessità di una impostazione assolutamente diversa o nuova o che riesca a intercettare quelli che sono le nuove domande e i nuovi bisogni, non solo per l'Italia ma in generale, cosicché da fare delle politiche industriali del turismo in questo Paese.

Quindi, questo tipo di impostazione che abbiamo in questo decreto non fa nient'altro che andare nel solco di questa azione lenta e, oggettivamente, non nuova, non con un cambiamento di marcia rispetto al passato da parte del Governo del cambiamento, ma semplicemente mettendo insieme, come un puzzle, un pezzo di qua, un pezzo di là, questo vale per i tuoi elettori veneti, questo vale per i miei elettori napoletani, ma, di fatto, una visione da qui a dieci anni dell'Italia, qui dentro, non c'è. Forse ci sarà, e sicuramente c'è, però nelle proposte che noi leggiamo fuori, come quelle avanzate dal presidente Borghi, sui mini BOT italiani e, quindi, la seconda via per l'Italiexit.

C'è sempre una doppia lettura: quello che accade nei dossier, nelle azioni tecniche portate avanti dal Governo in quest'Aula e nei propri Ministeri e la lettura massmediatica di quella che è, invece, una strategia di comunicazione che mira sempre ad alzare, sempre di più, l'asticella di aspettative nei confronti del Paese, nei confronti dei propri cittadini, nei confronti esterni, ma di cui il punto di caduta ancora non sappiamo quale sia.

E, oggi, l'unico punto di caduta che noi vediamo è l'isolamento del nostro Paese e una situazione di fibrillazione continua dei mercati nei nostri confronti, sembra quasi che uno una crisi la voglia provocare a tutti i costi. È come “Ceccotoccami”: dai, dai, dai, fino a che qualcuno perde la pazienza e uno schiaffone te lo dà. Ma è quello che nessuno di noi vuole: non vogliamo che l'Italia prenda lo schiaffone, vogliamo esattamente l'opposto. Vogliamo che l'Italia, che è un grandissimo Paese, ancora ricco, abbia la capacità di proiettarsi verso il futuro, di proiettarsi con fiducia, anche con aggressività, andando anche a mordere i mercati esterni, che sono, tra l'altro, la strada per il nostro export, ma certamente farlo anche pensando al futuro delle prossime generazioni.

Non a caso, qui di debito, per esempio, non si parla, ma non si parla neanche nel dibattito esterno; cioè, i numeri che vengono dati e che vengono dati nel DEF ci portano una situazione debitoria del 199 per cento, come diceva prima l'ex ministro Pier Carlo Padoan, nei prossimi anni. Questi numeri di debito sono stati dell'Argentina, quando andavano in giro con le carriole con i soldi sopra. Non si può pensare di scaricare così sulle prossime generazioni, sui nostri figli, come, purtroppo, i nostri genitori hanno scaricato su di noi questo enorme peso di debito pubblico che ci portiamo addosso come una zavorra da quando nasciamo a quando andiamo nella tomba. Non è possibile, che cosa gli lasciamo?

Noi dobbiamo prenderci questo ruolo come classe politica, anche di guida della società. Uno ti dice: “voglio andare in pensione due anni prima, ho lavorato tanti anni”. Sì, io ti mando pure in pensione due anni prima, ma ti voglio anche spiegare che per mandarti in pensione due anni prima, probabilmente, tuo figlio la pensione non ce l'avrà o, se ce l'avrà, avrà una pensione da fame. Ma qual è il genitore che non fa un passo indietro per il figlio? Potevamo utilizzare quei 30 miliardi, ad esempio, per fare un fondo di sostegno ai giovani che andranno in pensione con la pensione totalmente contributiva - quella che è la generazione X -, che avranno una pensione da fame e, in più, saranno soli, più poveri dei loro genitori. Ma questo è fare politica, in una situazione difficile e di trasformazione di quello che era il nostro stesso modo di concepire il futuro. Non semplicemente guardando a come prendere più voti oggi e domani. Voi li state prendendo più voti, oggettivamente, perché promettete alla gente pane, amore e libertà; ma quando questo pane, amore e libertà sarà un calice amaro che dovranno bersi completamente loro e i loro figli, noi e i nostri figli, di questi like, di questi voti, chi ne godrà? Una piccola classe dirigente, che si sarà assicurata altri dieci, quindici anni da parlamentare. Ma questa non è l'aspirazione di chi fa politica: l'aspirazione di chi fa politica è riuscire a risolvere i problemi, anche quando non se ne prende il consenso. È non aver capito la situazione drammatica di cambiamento totale in cui ci troviamo, come Paese, in un assetto diverso: si possono anche cambiare le alleanze internazionali, sono scelte politiche, purché non si porti a sbattere un intero Paese, demolendo, con esso, la storia, quando, tra l'altro, ci sono gli strumenti per non farlo, per fare delle scelte di priorità, scegliere che cosa è meglio fare oggi, piuttosto che domani.

Un ultimo aspetto, e concludo, lo voglio dire sulla mia città: Roma. Io mi sono battuta moltissimo perché ci potesse essere un emendamento “salva Roma”. L'ho fatto pubblicamente, l'ho fatto in Commissione, l'ho fatto cercando la collaborazione anche della presidente Ruocco perché credo che determinate cose non siano patrimonio di una giacca politica, ma ognuno fa il suo lavoro per raggiungere un obiettivo. Però, signori, adesso che questo “salva Roma” si è avuto, Roma non può essere gestita senza nessuna assunzione di responsabilità, senza una visione generale della città, senza che si metta mano ad una serie di riforme, perché Roma sta crollando su se stessa, non solo per mancanza di fondi, ma per una totale incapacità amministrativa e per una mancanza di coraggio nell'assumere delle decisioni dure – dure!- in questa nostra città. È una situazione ormai fuori controllo, dalla periferia al centro: dai servizi sociali, all'urbanistica, all'immondizia, all'igiene pubblica, ai lavori pubblici, alla struttura stessa della città.

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.

BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Allora, io lo dico alla maggioranza: è la capitale d'Italia, mettiamoci un momento seduti e ragioniamo seriamente, come è accaduto in altre capitali in momenti di grande difficoltà, su cosa si può fare…

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.

BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). …per rendere nuovamente dignitosa la storia della nostra città, che ha qualche millennio più di noi, probabilmente ne vivrà ancora, però anche noi dobbiamo assumerci le nostre responsabilità di governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Innanzitutto, vorrei rilevare che sul cosiddetto decreto crescita ci siamo esercitati in una serie di valutazioni sproporzionate rispetto all'oggetto del contendere, sproporzionate sia quando ne hanno sottolineato gli aspetti positivi, sproporzionate sia quando ne hanno sottolineato gli aspetti negativi.

Siamo di fronte a uno dei provvedimenti che si sono succeduti nel corso degli anni: mi viene da dire che un “decreto crescita” non si nega a nessun Governo. Aveva cominciato il Governo Monti nel 2012, con un decreto che si chiamava “sviluppo”; qualche mese dopo, ne ha fatto un altro che si chiamava “decreto crescita”, esattamente come questo, era l'ottobre del 2012. Poi, ci sono stati altri interventi di altri Governi, con nomi, più o meno, fantasiosi: il Governo Renzi fece il cosiddetto sblocca Italia, quasi omonimo dello “sblocca cantieri” che è stato appena approvato.

Il punto che mi interessa sottolineare è che tutti i Governi, in un quadro macroeconomico di sistematica deflazione e di compressione della domanda interna, dovuta, appunto, al funzionamento ordinario di un mercato unico e di una moneta che funzionano attraverso la svalutazione del lavoro, attraverso la svalutazione interna, provano a mettere qualche toppa con un “decreto crescita” per provare a dare qualche boccata d'ossigeno alla domanda interna, che è sacrificata dall'estremismo mercantilista che segna il mercato unico e l'Eurozona; per provare a sostenere, con misure supply side, la competizione di quelle imprese che vengono a trovarsi in difficoltà nel rapporto con altre imprese sui mercati europei e sui mercati internazionali.

Quindi, siamo di fronte a interventi, più o meno, riusciti, ma di portata assolutamente marginale rispetto alla dimensione macroeconomica che abbiamo di fronte e che servono appunto a provare a intrattenere l'opinione pubblica in un quadro in cui il funzionamento macroeconomico e dei mercati va in direzione opposta rispetto agli obiettivi enfatizzati nelle denominazioni più o meno fantasiose che vengono date a questi decreti.

Il “decreto crescita” del Governo Conte è esattamente in linea con quelli precedenti. Contiene misure utili, come erano presenti misure utili nei decreti precedenti; contiene misure dannose, come erano presenti misure dannose negli interventi precedenti; presenta mancanze che lasciano irrisolte situazioni difficili che andrebbero risolte. I relatori e i colleghi della maggioranza che sono intervenuti hanno, ovviamente dal loro punto di vista, sottolineato le misure utili: lo sono certamente alcune misure di semplificazione; gli interventi sull'IMU delle imprese; il rifinanziamento e il potenziamento di fondi di garanzia per le piccole imprese, per la prima casa; il fondo per il credito alle aziende che sono vittime di mancati pagamenti: una serie di misure microsettoriali che hanno una loro utilità.

Vi sono invece misure che non sono utili, anzi sono misure che generano danni. Vorrei innanzitutto sottolineare, anche per la palese contraddizione che ha con le promesse elettorali di una parte della maggioranza che sostiene il Governo, l'articolo 24 riguardante un ente importante per l'adduzione idrica nel Mezzogiorno. Tale ente viene trasformato in società per azioni e, quindi, nonostante la campagna martellante sull'acqua pubblica e sulla necessità di restituire la gestione delle risorse idriche ad aziende pubbliche sottratte alla logica del mercato, con l'articolo 24 l'ente più importante che gestisce l'adduzione di risorse idriche nel Mezzogiorno viene affidato a una società per azioni con la foglia di fico - mi permetta l'onorevole D'Uva che ha presentato il subemendamento - di uno statuto che dovrebbe inibire l'alienazione di quote della società a soggetti privati. Avete avviato la privatizzazione di un'attività fondamentale in palese contraddizione con una missione che avevamo assunto anche noi, una missione tra l'altro, come sapete, fortemente sostenuta dagli italiani nel referendum del 2011. Questa è certamente una misura dannosa. Ci sono altre misure dannose.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 15,35)

STEFANO FASSINA (LEU). Ci sono misure carenti, profondamente carenti. Voglio ricordare, perché mi sta molto a cuore e l'avevo già sottolineata nella discussione in quest'Aula sulla legge di bilancio, che il Ministro del Lavoro e dello sviluppo economico si è vantato di aver ridotto i contributi INAIL; ha dimenticato di dire tuttavia che la larga parte della copertura di finanza pubblica necessaria alla riduzione dei contributi INAIL versati dalle imprese deriva da tagli ai programmi per la sicurezza sul lavoro in un Paese dove i morti di lavoro sono aumentati del 10 per cento nel 2018. Ci sono più di tre morti per lavoro al giorno e il Governo taglia le risorse per la formazione alla sicurezza nel lavoro e per gli incentivi alle imprese virtuose nell'attuazione della normativa per la sicurezza sul lavoro. Avete portato a regime tale riduzione di contributi, che era prevista per un triennio, e avete utilizzato a copertura i risparmi che derivano da quota 100 e reddito di cittadinanza. Allora perché non utilizzare i risparmi, che, come sappiamo, si producono già a partire dall'anno prossimo, per sostituire la copertura che è stata introdotta in legge di bilancio e fare in modo di ripristinare la dotazione per i programmi e per la sicurezza sul lavoro?

Inoltre nel decreto c'è una norma su ANPAL e ancora una volta noi abbiamo proposto un intervento di stabilizzazione del lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori di ANPAL servizi. Ma pensate all'assurdità: per promuovere buona occupazione, occupazione stabile, la pubblica amministrazione italiana utilizza 653 persone con contratti precari, con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, cioè coloro che dovrebbero trovare occupazioni stabili sono essi stessi vittime di precarietà. Abbiamo insistito a proporre lo stesso emendamento che proponiamo da mesi e ancora una volta c'è stata data una risposta negativa ma è difficile sperare nella promozione di buona occupazione quando i diretti interessati sono trattati nel modo che ho ricordato.

C'è un intervento che aveva intenzioni positive cioè dare la possibilità a chi fa i lavori per la ristrutturazione edilizia a finalità di risparmio energetico o antisismico di utilizzare il credito d'imposta nei confronti dell'impresa che fa il lavoro, un obiettivo condivisibile. Il punto qual è? Il fatto che, se sei una grande impresa, ti vuoi fare carico dell'onere delle minori entrate che ti derivano dal credito di imposta che ti viene girato; se sei una piccola impresa edile o dell'artigianato, come è nella stragrandissima maggioranza dei casi, non ti puoi far carico di quel credito di imposta che significa per te meno liquidità. È vero abbiamo approvato un emendamento che consente all'impresa che prende il credito d'imposta di girarlo a un suo creditore, ma il problema rimane perché il circuito è sempre un circuito di piccole e micro imprese che non ce la fanno. Anche in questo caso avevamo proposto un emendamento per consentire lo sconto bancario di questo credito d'imposta e fare in modo di non aggravare una asimmetria, la capacità competitiva tra imprese medio-grandi e imprese piccole.

Vorrei infine sottolineare un punto che riguarda Roma che, come per la Lorenzin, è la mia città. Sul punto va fatta innanzitutto un'operazione di coerenza tra la realtà dell'intervento e la narrazione all'esterno: le norme scritte all'articolo 38 non sono un salva-Roma ma è Roma che salva altri comuni italiani. Voglio dirlo in modo chiaro in quest'Aula: si utilizzano i risparmi eventualmente derivanti dalla ristrutturazione dei mutui di Roma per concorrere al pagamento delle rate di mutui di altri comuni. Quindi Roma, che è in una situazione di sottofinanziamento cronico rispetto ad esempio a Milano, per non parlare di altre capitali europee, a Roma, che, ripeto, è in una situazione di sottofinanziamento cronico, vengono sottratte risorse che, come è stato ricordato, in parte derivano da contributi dello Stato, in parte derivano dalla più alta addizionale comunale all'IRPEF che abbiamo in Italia.

In un contesto in cui con la propaganda di “Roma ladrona”… Perché poi la Lega si fregia di essere diventato, e lo è in termini di voti, partito della nazione, ma poi quando vai a stringere, come vedremo a breve sull'autonomia differenziata, questo partito della nazione torna ad essere la Lega Nord; e anche su Roma, Roma torna a essere ladrona. Nello stesso provvedimento in cui si compie l'operazione mistificatoria, chiamando “salva Roma” un provvedimento in cui Roma salva altri comuni, si danno, con grande scioltezza, 400 milioni in più al Friuli-Venezia Giulia, finanziati da risorse generali del bilancio dello Stato, senza battere ciglio. Nessun problema per il Friuli-Venezia Giulia, ovviamente; il punto è che prima o poi questo Parlamento deve, dovrebbe, riconoscere che Roma non è soltanto la città dei romani, ma è la capitale del Paese.

Concludo, Presidente. Sottolineo un punto utile, un obiettivo che abbiamo raggiunto, e cioè le risorse necessarie ad evitare il soffocamento di Radio Radicale. È stato uno sforzo importante che abbiamo fatto quasi tutti. Dopodiché abbiamo lasciato a metà l'operazione, perché il resto dell'editoria rimane vittima di un intervento sbagliato, che riduce il pluralismo nell'informazione, che, come sapete, è un principio di portata costituzionale. Tra poco il Governo porrà in quest'Aula la fiducia sul decreto-legge, quindi non possiamo neanche provare a emendare il testo in Aula; non lo potremo fare neanche al Senato, perché, come è noto, non ci saranno i tempi, perché il decreto-legge dev'essere convertito. Ma vorrei essere chiaro: noi non ci arrendiamo. Sui punti dannosi e sulle carenze che ho indicato noi andremo avanti, in ogni provvedimento utile proporremo quegli emendamenti che avete respinto in questo ramo del Parlamento e che non potremo riproporre al Senato nella seconda lettura della legge di conversione del decreto-legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). La ringrazio, Presidente, per la parola. Onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, questa discussione giunge all'indomani del primo anniversario del Governo giallo-verde, e perciò ci consente di fare una sorta di bilancio dei risultati fin qui ottenuti. Peraltro, la sintesi di questo primo anno di Governo l'ha fatta lo stesso Premier Conte, nella sua ormai celebre conferenza stampa di lunedì 3 giugno, riconoscendo candidamente che le cose non vanno per il verso giusto. Il bilancio appare del tutto sconfortante: stiamo discutendo il decreto-legge “crescita”, un titolo e un obiettivo dichiarati dal Governo certamente ambiziosi; peccato che la crescita del Paese è ormai scomparsa dai radar, si parla semmai di uno “zero virgola”. Il contesto economico generale è drammatico: nessuno degli indicatori economici risulta migliore rispetto ad un anno fa; lo spread oscilla stabilmente intorno ai 260 punti, con punte fino a 290, con il paradosso che i nostri titoli di Stato a 5 anni sono oggi giudicati dai mercati più rischiosi addirittura di quelli della Grecia. Incombe il rischio della procedura di infrazione europea per debito eccessivo, che rischia di sottoporre per lunghi anni il Paese alle politiche di austerity, e all'interno del Governo non vi è una linea politica condivisa: Salvini vuole sfidare l'Europa, Tria e Conte cercano una mediazione, non pervenuta, invece, la posizione del MoVimento 5 Stelle. Nessuno appare in grado di dire quale sia il destino del nostro Paese. Insomma, un disastro su tutta la linea. Nel frattempo, tutti i più importanti dossier sono congelati in attesa di non si sa cosa. Di come scongiurare l'aumento dell'IVA nessuno parla più. Delicatissimi dossier che interessano migliaia di lavoratori vengono trascurati, nessuno sa come andranno a finire: mi riferisco innanzitutto all'Alitalia, ma anche i dossier banche sono tutti sul tavolo dei rispettivi Ministri. La questione Montepaschi è ferma da anni, altrettanto si può dire per quanto riguarda Carige, con il fondo Blackrock che si è verosimilmente ritirato dalla trattativa perché il quadro macroeconomico e politico dell'Italia non rassicura gli investitori esteri.

Il Vicepremier Di Maio appare incapace di gestire le più gravi crisi industriali: Ilva e Whirlpool lo stanno a dimostrare, nessuna soluzione si ipotizza a breve. In questo quadro sconfortante, il Governo si illude di stimolare la crescita del Paese con questo provvedimento, che, dopo settimane di lavori, si è ridotto ad un omnibus farcito di interventi senza criterio, del tutto disorganici e confusi. Per carità, la pratica dei decreti-legge omnibus è stata attuata anche in passato, ma da un Governo che ama autodefinirsi “del cambiamento” e che tanto consenso pare riscuotere nel Paese sinceramente era lecito attendersi di più.

Nel contempo, il Governo continua ad ipotizzare soluzioni strampalate e pericolose: i mini BOT come moneta alternativa, in vista di una possibile uscita dall'euro, o la tassa sulle cassette di sicurezza, che spaventano i risparmiatori e gli investitori esteri e determinano l'ennesima fuga dei capitali da questo Paese.

Ciò detto, in ordine al decreto-legge nel suo complesso articolerò la parte conclusiva del mio intervento sul Fondo indennizzo risparmiatori. Finalmente, dopo tanti proclami e slogan gridati contro la Commissione europea, il Governo corregge gli errori dell'ultima legge di bilancio, che da subito, da questi banchi, insieme al collega Brunetta, per primi avevamo segnalato; e viene introdotta la previsione del cosiddetto doppio binario per gli indennizzi. Non possiamo che esprimere soddisfazione, perché una volta per tutte il FIR diventa effettivamente operativo; ma, Presidente, quanto tempo perso inutilmente, quante inutili promesse e illusioni sono state dispensate in questi mesi alle famiglie dei truffati. Per mesi i due Vicepremier hanno girato l'Italia dicendo che i rilievi dell'Europa erano ingiusti ed infondati, che i decreti attuativi erano pronti e sarebbero stati varati il giorno successivo, in talune occasioni sono arrivati anche ad invitare i risparmiatori che incontravano a fornire immediatamente il proprio IBAN, perché a giorni avrebbero ottenuto direttamente sul loro conto l'indennizzo previsto da questo Fondo. Ecco, Presidente, questa farsa, che io giudico indegna, cessa oggi. Gli errori commessi nella legge di bilancio vengono finalmente corretti e si vara un testo concordato con la Commissaria Vestager, che consentirà di dare corso agli indennizzi.

Veniamo al merito della disciplina del FIR, per qualche considerazione. Abbiamo cercato di capire a quanto in effetti ammonteranno gli indennizzi versati agli azionisti delle banche, in particolare le Popolari venete, che conosciamo meglio e la cui sorte seguiamo da anni; ma le considerazioni, in generale, valgono, mutatis mutandis, anche per le altre banche coinvolte nei crack. Per farlo abbiamo utilizzato dei dati provenienti da fonti aperte, li abbiamo confrontati con operatori finanziari del settore, li abbiamo elaborati attraverso anche dei siti specializzati di informazione locale, in particolare Vicenzapiù che, per quanto riguarda la Banca Popolare di Vicenza, segue con particolare attenzione queste tematiche. Ricordiamo che il Fondo indennizzo prevede un ristoro pari al 30 per cento del valore di carico delle azioni, al lordo degli oneri fiscali (cosiddetto affrancamento); a questo ammontare andranno detratti gli importi percepiti per risarcimenti o transazioni. Ecco, il primo dato da cui partire è il valore di carico medio. Questo può essere ragionevolmente stimato nella metà del valore massimo acquisito delle azioni, quindi circa 30 euro per Popolare di Vicenza e 20 euro per Veneto Banca. Dall'indennizzo previsto dal FIR vengono comunque escluse le società, e questo va riconosciuto; vengono inoltre riconosciuti agli azionisti gli oneri di affrancamento.

Utilizzerò per le mie stime i dati forniti da Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca in occasione dell'offerta pubblica di transazione della primavera 2017, che prevedeva un indennizzo del 15 per cento sulla perdita teorica sui valori di carico delle azioni. Se i miei dati sono esatti - e se sono errati io invito il sottosegretario e il Ministro competente a smentirli - ai soci della Banca Popolare di Vicenza sono stati versati, in occasione appunto dell'offerta pubblica di transazione, complessivamente 192,8 milioni, circa 9 euro per azione. Sono 26.165 i soci della Popolare di Vicenza che non hanno aderito all'offerta pubblica di transazione e a questi spetterebbero mediamente 6.714 euro a ciascuno. Ai 66.770 soci che invece hanno già aderito alla transazione spetterebbero, per pareggiare l'ammontare del 30 per cento di ristoro, altri 192 milioni di euro; in media, quindi, 2.890 euro a testa. Dunque, per restituire ai 92.865 soci della Banca Popolare di Vicenza il 30 per cento del valore di carico previsto dal FIR, potranno bastare al massimo 368 milioni 471.810 euro.

Considerazioni analoghe si possono fare anche per i soci di Veneto Banca, che erano complessivamente circa 77 mila. Di questi 54.374 aderirono all'offerta pubblica di transazione e il riconoscimento economico complessivo fu di 248,5 milioni di euro; il valore di riferimento preso a base di tutti i calcoli era 9 euro ad azione; mediamente, 4.570 euro per ciascun aderente, il 15 per cento del valore medio di azioni. Quindi, per restituire a questi soci il 30 per cento basterebbe dare altri 248,5 milioni di euro. Con gli stessi criteri, ai 24.521 soci che non accettarono l'offerta pubblica di transazione serviranno invece 238 milioni 207 mila euro circa, 9.714 euro a testa. Diciamo subito che sono somme non particolarmente ingenti.

In sintesi, per indennizzare i soci della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, secondo i criteri del FIR, serviranno al massimo 854 milioni, al netto, però Presidente, di esclusioni soggettive, azioni disperse e non rintracciabili, e tetto dei 100 milioni. A proposito, sottosegretario, come va la trattativa con l'Europa per l'elevamento del tetto a 200 milioni? Non ne abbiamo più sentito parlare. Saranno, dicevo, evidentemente, molti meno quelli necessari e una stima, a mio giudizio attendibile, limita l'ammontare massimo degli indennizzi erogabili dal FIR alle attuali condizioni a 600 milioni. Il FIR prevede una capienza complessiva di un miliardo e mezzo, quindi è ampiamente capiente. Rimane, pertanto, a disposizione un tesoretto: che farne? Nel corso della discussione nelle Commissioni riunite bilancio e finanze abbiamo presentato degli emendamenti di natura evidentemente costruttiva e ragionevoli, che hanno proprio la finalità di destinare le somme residue ad altri soggetti che possono beneficiarne.

In Commissione è stato innanzitutto respinto un mio emendamento per riconoscere un indennizzo al 100 per cento per chi abbia ottenuto una sentenza di tribunale o un lodo arbitrale che abbia riconosciuto l'esistenza di un danno ingiusto. Le argomentazioni portate in Commissione dal relatore Raduzzi per motivare il parere negativo non sono state convincenti. Appare irragionevole e probabilmente incostituzionale trattare esattamente nello stesso modo situazioni oggettivamente diverse: chi da una parte ha subito un danno ingiusto, riconosciuto da sentenza del tribunale o da lodo arbitrale, e chi magari come quel signore segnalato da Milena Gabanelli che, a maggio 2017, cioè un mese prima che la Banca Popolare di Vicenza saltasse per aria, comprò per 72 mila euro bond subordinati per il complessivo importo di 150 mila euro: se gli fosse andata bene avrebbe guadagnato il 100 per cento, invece gli è andata male. Allora costui si è rivolto per il ristoro alla Consob, che però ha rigettato la domanda perché si è scoperto che era un laureato in economia e commercio, aveva lavorato nel mondo della finanza e aveva chiesto espressamente di comprare quei titoli. Ora, sulla base delle norme attualmente vigenti, questo signore otterrà dei rimborsi automatici e recupererà il 95 per cento di quanto investito. È ragionevole che la sua posizione sia assimilata, senza alcuna distinzione, a quella dell'operaio di un'impresa vicentina, che magari su suggerimento del direttore di filiale ha investito in azioni della Banca Popolare di Vicenza l'intero suo TFR? Io credo proprio di no: ciò è irragionevole e ingiusto.

Avevo presentato anche un emendamento per estendere al 95 per cento il risarcimento previsto per i titolari di obbligazioni convertibili 2013-2018 della Banca Popolare di Vicenza e ne spieghiamo il perché. Queste obbligazioni subordinate, emesse nel 2013 e fino al 2018 - erano obbligazioni -, in una notte, la notte del 25 ottobre 2014, inopinatamente, senza alcuna previsione e senza che nessuno ne comprendesse il motivo, sono state convertite da obbligazioni in azioni, cosicché i titolari oggi si ritrovano ad avere un indennizzo non del 95 per cento ma del 30 per cento. Cosa era successo? Era successo che la Banca Popolare di Vicenza era stata sottoposta allo stress test della BCE ed era risultato all'ultimo secondo un deficit patrimoniale, quindi, all'ultimo secondo, in quella notte particolare, ecco che quelle obbligazioni sono state convertite in azioni.

Io credo che, tenuto conto del contesto, tenuto conto che quelle erano obbligazioni, tenuto conto che nessuno in quel momento poteva pensare che ci sarebbe stato un deficit patrimoniale e tenuto conto che sono state convertite in azioni, a quei particolari soggetti titolari possa essere riconosciuto un indennizzo del 95 per cento come per tutti gli altri obbligazionisti. Su questo tema ho trovato nella discussione in Commissione un'apertura da parte di relatore e Governo, quindi io presenterò, come avevo già preannunciato in Commissione, un ordine del giorno sul quale mi attendo, come dire, una benevola comprensione.

Torniamo, dunque, a quello che io chiamo “l'emendamento Gabanelli”. Ecco, non si comprende perché abbiate respinto quell'emendamento, che avrebbe evitato, appunto, che del FIR potessero beneficiare coloro che avevano speculato su bond e azioni comprandoli a sconto nelle more del default, come segnalato, appunto, nella rubrica Dataroom su Il Corriere della Sera del 25 aprile scorso da Milena Gabanelli. Questo è un tema sul quale io pensavo e mi attendevo che, soprattutto tra gli esponenti del MoVimento 5 stelle, che sono sempre stati attenti alle speculazioni e soprattutto avevano un riferimento, dato che Milena Gabanelli appartiene al Pantheon, se vogliamo, del MoVimento 5 Stelle e un anno fa - lo ricordiamo - era stata proposta anche come Premier, anche se a sua insaputa, ci fosse un'attenzione. Era un emendamento che non costava niente, di assoluta equità, che avrebbe soltanto punito gli speculatori. Dunque, perché è stato dato parere negativo ed è stato bocciato? Sul punto l'atteggiamento del Governo appare ottuso e irragionevole.

Veniamo, infine, alla proroga al 2020 del termine per la trasformazione in S.p.A. di Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari (per la Banca Popolare di Bari c'è anche all'interno di questo decreto una norma speciale di salvataggio con degli incentivi fiscali). Chiariamo subito che noi di Forza Italia siamo sempre stati dell'idea che sia giusto salvare le banche e poi si dovrà spiegare perché salvare le banche era un qualcosa di assolutamente delittuoso nella scorsa legislatura per il MoVimento 5 Stelle, mentre invece oggi viene accettato come un dato acquisito, senza discussioni, tant'è che il relatore Centemero nella discussione in Commissione ha giustificato questo intervento per il rischio del default della Banca Popolare di Bari. In tal senso, lo ripeto, bene è stato che la maggioranza abbia pensato ad evitare il default e a creare delle norme di copertura.

Però questa norma, come dire, Presidente, mi induce a una riflessione storica, ad allargare il campo e a ricordare come nel 2015, con un decreto-legge - all'epoca il Governo era guidato da Matteo Renzi - si stabilì un termine di diciotto mesi, termine perentorio, per trasformare le banche popolari in Spa. Quel termine di 18 mesi viene prorogato in questo provvedimento fino al 2020 proprio per consentire a Banca Popolare di Bari di salvarsi e a Banca Popolare di Sondrio di trovare le condizioni di mercato per trasformarsi in Spa. Però proprio questa norma ci consente un giudizio su quel decreto del Governo Renzi, al netto del controverso colloquio tra Renzi e l'ingegner De Benedetti, oggetto anche di una delicata inchiesta penale per insider trading.

Quella era una norma sbagliata, non tanto nelle finalità, ma nella tempistica: diciotto mesi evidentemente erano troppo pochi, se oggi, 2019, ci troviamo a dire che dobbiamo prorogare al 2020 la trasformazione in Spa di Banca Popolare di Bari e Banca Popolare di Sondrio. La norma ha scassato il sistema, troppa fretta; quella norma ha segnato il definitivo de profundis per Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. La vana ed impossibile rincorsa alla trasformazione in Spa in tempi ristretti ha azzoppato le residue possibilità di sopravvivenza delle due banche. Se, invece, il Governo dell'epoca avesse dimostrato - e questo bisogna riconoscerlo, Presidente - la stessa cura e la stessa sollecitudine che l'attuale Governo dimostra per Banca Popolare di Bari, che certamente nel 2015 non era messa meglio delle popolari venete - questa è una forma eufemistica - le banche popolari venete sarebbero ancora in piedi.

Le loro azioni sarebbero probabilmente molto svalutate, ma non azzerate. Avremmo evitato tanti drammi umani, certamente qualche suicidio e la necessità dell'intervento pubblico e del Fir. È questa, Presidente, purtroppo, l'amara, ma inevitabile, conclusione di una fase storica e politica che ha visto come protagoniste le banche popolari del territorio e al termine della quale si contano tanti sconfitti e nessun vincitore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cancelleri. Ne ha facoltà, se i suoi colleghi lì intorno consentono, anche dietro.

AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI (M5S). Presidente, gentili colleghi, intervengo in discussione sulle linee generali perché vorrei porre l'attenzione su due articoli di estrema importanza contenuti in questo decreto per la mia regione, che è la Sicilia. Il primo è l'articolo 38-quater, che reca disposizioni dirette a dare attuazione all'accordo integrativo tra il Governo e la regione siciliana del 15 maggio 2019 per il sostegno ai liberi consorzi e alle città metropolitane della regione. Il decreto-legge n. 66 del 2014, infatti, che voleva abolire questi enti, fallendo, ha anche previsto un sistema di recupero coattivo secondo il quale, in caso di mancato versamento, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero delle somme dovute attraverso la riscossione dei versamenti effettuati a titolo di imposta RC auto ovvero, in caso di inadempienza, ad opera dell'ACI e a valere sui versamenti dell'imposta provinciale di trascrizione.

Un prelievo forzoso che, senza gli interventi compensativi di ristoro previsti come avviene in Sicilia, si è di fatto trasformato in omicidio forzoso. Abbiamo iniziato a dare risposte anche su questo tema. Mi permetta, infine, Presidente, di soffermarmi su un articolo molto importante di questo decreto, il 47: durante l'esame nelle Commissioni riunite finanze e bilancio, è stato inserito un emendamento che permetterà di dare una risposta concreta ai problemi vissuti da tantissime imprese italiane che stanno vivendo una situazione di estrema difficoltà.

Mi riferisco ai subappaltatori e ai subfornitori dei cantieri della Cmc in Sicilia, sulla strada statale 640 Caltanissetta-Agrigento e la strada statale 189 Agrigento-Palermo, e ai subappaltatori di Astaldi che stanno lavorando sulla maxi opera infrastrutturale Quadrilatero tra le Marche e l'Umbria. Parliamo di più di cento imprese in Sicilia e quaranta imprese tra le Marche e l'Umbria, e quindi più di 5 mila posti di lavoro. Grazie a un emendamento dei relatori che ha promosso con forza il MoVimento 5 Stelle, da sempre vicino a queste imprese, abbiamo previsto l'attivazione di un fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti denominato “salva opere”, finalizzato alla soddisfazione, nella misura del 70 per cento, dei crediti insoddisfatti delle imprese subappaltatrici, subaffidatarie e subfornitrici in caso di fallimento dell'appaltatore o affidatario dei lavori.

Il fondo è alimentato con un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall'aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori nel caso di importo a base d'appalto pari o superiore a 200 mila euro e di servizi e forniture nel caso di importo a base d'appalto pari o superiore a 100 mila euro. Tale misura si è resa necessaria per evitare crisi a catena per le imprese della filiera in ragione dell'apertura negli ultimi due anni di procedure concorsuali a carico dei tre gruppi operanti nel settore edilizio di maggiori dimensioni sul territorio italiano. Tali imprese potranno accedere, una volta che lo stesso sarà operativo, alle risorse del fondo. Le modalità concernenti la concreta istituzione del fondo e tutte le procedure di funzionamento del fondo sono demandate dal comma 1-quater ad un regolamento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, e noi deputati del territorio saremo vigili e attenti a far sì che questo tavolo parta immediatamente.

Rispetto alla versione originaria di questo emendamento sono state introdotte addirittura delle migliorie; infatti, abbiamo previsto uno stanziamento iniziale di 12 milioni di euro per il 2019 e di 33,5 milioni di euro per il 2020, che permetterà di fronteggiare da subito le richieste che verranno avanzate dalle imprese creditrici. Per tutti questi motivi, si comprende bene come questa misura introdotta sia di assoluta importanza per il nostro Paese, per la mia regione e per le sue imprese. Ringrazio tutti coloro i quali in questi giorni hanno in maniera costruttiva o con un tono polemico commentato la prima mancata approvazione di una prima formulazione di questo emendamento in altro decreto. Ho sentito e letto i commenti più disparati, dal “non sono capaci” al “sono come tutti gli altri, non mantengono le promesse”. Oggi mi rivolgo a tutti loro per rassicurarli: abbiamo trovato la soluzione e ne troveremo altre ogni qualvolta ce ne sarà bisogno, perché questo è il nostro modo di fare politica, stando dalla parte dei cittadini. Al comitato dei creditori, ai sindaci e fino a sua eccellenza il vescovo di Caltanissetta, che con solerzia ci hanno richiamato al nostro dovere, rimarcando che avevamo preso un impegno con le imprese e con i cittadini che attendono il completamento di queste opere infrastrutturali coinvolte, posso dire finalmente che possono stare sereni. Lo Stato, in tutte le sue rappresentazioni istituzionali, è dalla loro parte. Questo è il MoVimento 5 Stelle, questo è il nostro modo di lavorare, e ricordatevi che, se lo diciamo, lo facciamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (PD). Presidente, onorevoli colleghi, è il “decreto crescita”, o almeno così denominato, e quindi parliamo di una parola d'ordine che ci appartiene, ci interessa e che ci ha assolutamente spinti con curiosità anche a guardare nei contenuti di questo decreto, anche perché non era così scontato che la stessa parola d'ordine appartenesse a questa maggioranza o, quanto meno, a una delle forze di questa maggioranza, che in passato era stata più incline a considerare la decrescita come propria bandiera. Però diciamo che evidentemente il tempo ha portato consiglio, e quindi non è mai troppo tardi per occuparsi dell'interesse vero degli italiani, del futuro dei nostri giovani.

In particolar modo, abbiamo preso curiosità per questo provvedimento nella speranza che si trattasse di una crescita vera, di una crescita sostenibile non solo economicamente, ma anche, come si dice oggi, dal punto di vista ambientale e sociale, quindi una crescita moderna.

Una crescita di tale fattura, però, è una crescita che passa esclusivamente attraverso le riforme del Paese, non può essere certamente una crescita che deriva da un ammonticchiare di “provvedimenticchi”, ciascuno dei quali dovrebbe dare un contributo che voi stessi poi, alla fine, andate a cifrare in una crescita ben esigua del più 0,1 per cento.

Tuttavia, saremmo ingiusti se ci fermassimo a questo primo giudizio sommario benché evidente sulla fattura del provvedimento, perché sicuramente serve in questo caso un decreto crescita, serve andare a verificare che ci sia la volontà di buttarsi oltre lo slogan, e serve perché i numeri ce lo dicono: sono crollati gli investimenti (meno 0,3 per cento); c'è un calo dell'occupazione (meno 0,1 per cento); crescono, invece, le variabili che dovrebbero andare al contrario, perché il rapporto deficit-PIL 2019 è al 2,5 per cento e il rapporto debito-PIL al 133,7, in salita al 135,2 per cento. Insomma, sono davvero tante le variabili sul Paese che ci inducono allora a considerare seriamente questo decreto, nonostante molti indizi consiglierebbero di desistere dal farlo.

Guardandoci dentro, ci sono anche degli aspetti positivi che abbiamo già rivendicato ma che vale la pena ricordare: sicuramente il fatto che si sia riusciti alla fine a risolvere, anche se provvisoriamente, la vicenda di Radio Radicale, sebbene sia partita in modo rocambolesco in Commissione, con una inammissibilità degli emendamenti che più che un parere tecnico rifletteva una chiara volontà di questa maggioranza di non affrontare l'argomento, perché evidentemente avrebbe messo in imbarazzo qualcuno. Avremmo poi scoperto, durante i lavori, che la forza in imbarazzo sarebbe stata il MoVimento 5 Stelle, anche se la conclusione che fortunatamente ha posto fine a questa manfrina ha visto la bizzarra formula della contrarietà del Governo e del favore trasversale di tutte le forze tranne una forza di Governo appunto, però anche questo tipo di contraddizioni sono un po' il segno del momento.

Si è persa l'occasione, ad esempio, per rimediare allo sfregio arrecato al Terzo settore: si annunciava un rimedio che in realtà nei fatti non si vede in questo provvedimento. Non c'è una mitigazione degli errori fatti ma semmai una conferma, così come ci sono aspetti positivi, per carità, che non vanno negati, anche perché derivano dalla ripresa di misure che erano state da noi introdotte, come, ad esempio, quella del super ammortamento.

Del FIR ha appena parlato in maniera direi esaustiva il collega Zanettin, quindi che dire? Finalmente si pone termine a una vicenda che aveva assunto dei caratteri grotteschi, che stava diventando anche insultante per questi risparmiatori prima truffati e poi traditi, ma vi si pone fine con una soluzione che non è e non può essere considerata una soluzione, perché esclude dal totale risarcimento coloro che ne avrebbero diritto, e lo fa per pervenire ad una misura che sia dal punto di vista della propaganda più spendibile, con questo risarcimento forfettario che dà parti uguali a chi si trova in situazioni diseguali, sostanzialmente strizzando l'occhio a chi è stato truffato dicendogli: senti, accontentati di questo, un po' a te e un po' a lui che, anziché essere truffato, voleva fare il furbo. E intanto paga quello di fianco, cioè il contribuente.

Insomma, una soluzione che non può essere considerata soddisfacente per tutti questi aspetti e che, in maniera evidente, viene adottata perché è quella che più si avvicina agli slogan che sono stati fin qui utilizzati. Si potrebbe proseguire, lo abbiamo già fatto in abbondanza. Forse l'osservazione più compiuta che si può fare rispetto a questo provvedimento - che, ahinoi, allora è un po' esagerato chiamare “decreto crescita” - è che in realtà si tratti di un “decreto svuota cassetti”.

Cosa sono i “decreti svuota cassetti”? Sono quei decreti che i Governi rincorrono nei momenti di panico, i classici momenti in cui si perde completamente la rotta - ammesso che in questo Governo ci sia mai stata - in cui lo sfilacciamento diventa palese e, allora, si cerca di raccattare un po' da tutti i Ministeri le varie misure che giacevano qua e là indipendentemente dal segno che queste possano avere e dalla coerenza con cui vanno ad incastrarsi.

C'è da dire che i “decreti svuota cassetti” di solito preludono a scenari nefasti per i Governi che li adottano. In realtà, se sono il sintomo di una mancanza di chiarezza, di un percorso, di un accordo o di un patto di Governo, che in maniera evidente in questo decreto si frantuma in mille pezzi, sono però anche il sintomo di una prossima incapacità di ritrovare il bandolo della matassa, cosa che noi ci auguriamo per il bene di questo Paese, perché è evidente che non può più continuare questa coabitazione di forze che, in maniera strabica, guardano a obiettivi differenti e costringono le casse dello Stato sostanzialmente a marciare con un doppio centro di spesa senza poi centrare nessun risultato.

Ma tornando al “decreto svuota cassetti”, è anche l'occasione per fare razzia da parte di qualche singolo deputato o membro del Governo. In questi casi ci finiscono emendamenti la cui provenienza non è mai così chiara, che suonano chiaramente come delle “marchette” e che potremmo definire come dei graffiti lasciati sui muri da degli studenti in gita che probabilmente si sentono all'ultimo giorno di questo breve periodo di vacanze.

Allora, questo è un pochino il bilancio a chiaroscuri - forse più scuri che chiari - di un provvedimento che, più che crescita o svuota cassetti, diventa la conferma di come il Governo del cambiamento, mancando tutte le sue promesse, sia definitivamente diventato il Governo del tradimento.

Vorrei però affrontare separatamente un punto che mi pare addirittura rocambolesco, sia nel merito che nel metodo. Nel merito, non perché non sia condiviso, ma perché affronta un tema che mai ci saremmo aspettati di veder finire nel “decreto crescita”, cioè il tema di salvare le banche.

Quindi, viene sancito finalmente da parte di tutte e due le forze che compongono questa maggioranza che per la crescita e per la coesione del Paese è necessario salvare le banche. A dir la verità, lo abbiamo sentito dire in Commissione sia da uno dei relatori che dalla Vice Ministro. Abbiamo ascoltato un imbarazzato silenzio, sia in Commissione che in Aula, su questo tema da parte del MoVimento 5 Stelle, ma è fuor di dubbio che, firmando questo provvedimento, si assiste a una totale conversione del MoVimento in tema di banche. Anche qui: meglio tardi che mai. Però, certe cose andrebbero spiegate agli italiani, e forse in questo caso bisognerebbe chiedere scusa, non tanto a noi, che quei provvedimenti realizzammo in momenti ben più difficili e importanti per il Paese mettendoci la faccia e mettendo avanti l'interesse dei risparmiatori al di là di quello che la campagna elettorale del momento potesse suggerire, quanto agli italiani, perché gli italiani sono i primi a cui avete mancato di rispetto raccontando fandonie per mesi e mesi, e poi, una volta seduti su questi scranni, facendo decreti fotocopia - è stato il caso di Banca Carige - e utilizzando gli stessi strumenti tecnici, in questo caso per salvare Banca Popolare di Bari; la conversione delle DTA in crediti d'imposta infatti non è certo una novità.

In questo modo, confermate non solo il principio che le banche vanno salvate per salvare i risparmiatori, ma anche che gli strumenti da noi adottati sono gli strumenti corretti, e smentite anche l'ultima delle vostre affermazioni sulle banche, perché quando vi siete accorti con il “decreto Carige” che stavate salvando le banche, l'ultima bugia che avete raccontato ai risparmiatori è stata quella di dire: se dovessimo salvare Carige, questa diventerà pubblica.

Come a dire: noi l'intervento sulle banche lo immaginiamo solo con una pubblicizzazione per quanto di competenza; esattamente quello che non fate oggi per la Banca Popolare di Bari; e fate bene a procedere con gli strumenti che noi avevamo ideato, ma, ancora una volta, smentite voi stessi e dimostrate di avere poco rispetto per i cittadini.

Io credo, allora, che questo decreto crescita, svuota cassetti o del tradimento, sia semplicemente l'ultimo degli indicatori che segna la fine di questa maggioranza e del percorso di questo Governo e credo che soprattutto gli italiani, nella vicenda banche, ma anche nella vicenda sul fondo di indennizzo dei risparmiatori, sia quelli truffati che quelli furbetti, come da oggi dovremmo chiamarlo, hanno capito che affidarsi alle false promesse degli esponenti di questa maggioranza non porta da nessuna parte.

Non so se lo avete notato, ma parlando di crescita noi siamo stati fortunati. Durante il nostro periodo di Governo abbiamo preso un Paese che andava a picco come un aereo che puntava verso il suolo e lo abbiamo risollevato, portando in positivo tutti gli indicatori. È stato un bel colpo di fortuna, evidentemente, secondo chi non può riconoscere che in realtà c'era capacità di Governo. Ecco, così come noi allora fummo baciati dalla fortuna, bisogna dire che questo Governo e questa maggioranza sono veramente baciati dalla sfortuna: da quando ci siete voi il Paese sta retrocedendo in tutti i suoi principali indicatori, nella fiducia soprattutto, il che scoraggia gli investimenti ma anche i conti pubblici, che sono la fotografia di una caduta a picco. Il paradosso è che, allora, mentre noi si virava questo aereo, riportandolo in quota, si gridava allo scandalo, come se le bibite servite a bordo non fossero alla temperatura giusta; oggi mentre voi schiantate inesorabilmente questo aereo al suolo c'è una hostess con la barba che annuncia ai passeggeri, che si sono visti scendere le mascherine dell'ossigeno, di mantenersi calmi e tranquilli; intanto l'hostess si sta strafogando con tutte le merendine, facendo i selfie. Ecco, questa è un'immagine raccapricciante e solo a ricordarla, effettivamente, fa venire i brividi, ma purtroppo è l'immagine reale del Paese che, anche con questo decreto, voi ci consegnate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cattoi. Ne ha facoltà.

VANESSA CATTOI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, ci troviamo qui oggi per la discussione della conversione in legge del decreto-legge recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi. Dopo quattro settimane di lavoro in Commissione congiunta, bilancio e finanze, arriviamo oggi a conclusione di un percorso di ascolto, di confronto e dibattito che ha portato alla chiusura di un provvedimento che, unito al provvedimento sblocca cantieri concluso proprio la settimana scorsa qui alla Camera, consentirà al nostro sistema Paese di iniziare quel percorso necessario di uscita dal pantano burocratico e fiscale che i Governi precedenti hanno provveduto a creare, ingessando il sistema Paese italiano in un immobilismo assoluto che ha portato ad una disoccupazione che ha obbligato i nostri giovani ad abbandonare questo nostro splendido Paese non per scelta o per opportunità ma per necessità.

Con la legge di bilancio, che molti immaginavano questo Governo non riuscisse nemmeno a fare, evitando l'aumento dell'IVA per il 2019, oltre ad aver evitato l'aumento delle accise per il carburante, sono state inserite delle importanti misure che in questo provvedimento consolidiamo con determinazione e convinzione. Nei primi mesi dell'anno 2019 abbiamo riscontrato come le azioni serie e strutturali messe in campo da questo Governo, dal punto di vista delle entrate certe, hanno già portato e certificato un miliardo e otto in più di gettito IVA nei soli primi quattro mesi dell'anno, per non parlare poi delle più di 200 mila partite IVA registrate nei primi due mesi del 2019, come ha già ricordato precedentemente la mia collega; nonostante il peggioramento economico europeo che abbiamo riscontrato, il miliardo e otto in più significa avere effetto di trascinamento su tutte le altre imposte, anche a livello locale, quindi, strutturalmente, maggiori entrate.

Ma vediamo nel dettaglio, Presidente, cosa di importante è stato inserito all'interno di questo provvedimento, per passare dalle parole ai fatti. All'articolo 1 abbiamo il maggiore ammortamento per i beni strumentali nuovi, un'agevolazione che consente di maggiorare del 30 per cento il costo di acquisizione, ai fini fiscali, degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi. Abbiamo quindi reintrodotto dall'aprile 2019 il super ammortamento per i nuovi beni strumentali fino a 2,5 milioni.

All'articolo 2 abbiamo la revisione della mini-IRES: una progressiva riduzione dell'aliquota IRES sul reddito d'imposta correlata al solo reimpiego degli utili; quindi, si passa da un'IRES che era al 24 per cento per arrivare a un'IRES, a decorrere dal 2023, pari al 20 per cento. Grazie al decreto crescita abbiamo sistemato una volta per tutte questa norma, semplificandola al massimo e facendo in modo che se l'imprenditore lascia i soldi in azienda, spende meno perché paga meno tasse.

All'articolo 3 abbiamo una maggiore deducibilità IMU sui beni strumentali dalle imposte sui redditi, fino a raggiungere il 70 per cento nel 2022 e, grazie ad un emendamento Lega, abbiamo aumentato la deducibilità dal 70 al 100 per cento a partire dall'anno 2023. Abbiamo inserito, poi, una proroga dei versamenti legati agli ISA, i nuovi indici sintetici di affidabilità fiscale, al 30 settembre 2019 e una moratoria di sei mesi delle sanzioni sulla trasmissione telematica dei corrispettivi, cioè degli scontrini fiscali. Abbiamo dato una sforbiciata ulteriore alle tasse che pagano gli imprenditori, con un taglio da 600 milioni delle tariffe INAIL, che diventerà così strutturale a partire dall'anno 2023. Tutto questo per consentire agli imprenditori di poter fare un po' di quella programmazione che per anni non hanno potuto fare.

Lunedì, in Commissione, su questo punto, diversi sono stati gli interventi delle opposizioni, perché dicevano che, tagliando i costi INAIL agli imprenditori, si riducono i controlli per la sicurezza dei dipendenti nelle aziende; una supposizione del tutto errata e, soprattutto, senza alcun fondamento, visto che inviterei gli onorevoli colleghi a leggersi i bilanci pubblici di INAIL, che parlano da soli.

L'impiego e l'attività di Governo della Lega sono esattamente inversi rispetto a quelli dei Governi che ci hanno preceduto e che non hanno fatto altro che aumentare le tasse. Noi vogliamo fare esattamente il contrario, cioè ridurre le tasse: vogliamo pensare a chi istituì l'IRAP in Italia, l'imposta regionale sulle attività produttive? Fu istituita dal Governo Prodi nel 1998; una tassa scellerata che colpisce il valore della produzione netta delle imprese; è una tassa, quella istituita ai tempi di Prodi, che va a colpire proporzionalmente il fatturato - lo ripeto, il fatturato - anziché, alla meno peggio, essere applicata almeno sull'utile aziendale. Il Governo Prodi che l'ha istituita ha previsto che il 90 per cento del gettito ottenuto sia attribuito alle regioni allo scopo di finanziare il Fondo sanitario nazionale come quota parte della spesa pubblica. In soldoni, colleghi, cosa ha ben pensato il Governo Prodi? Prendiamo i soldi da chi lavora, da chi crea PIL, da chi tutti i giorni suda e fatica per arrivare a cercare di erogare gli stipendi per i propri dipendenti, per tappare i buchi - lo ripeto, i buchi - dell'inefficienza pubblica statalista e centralista. C'è chi va millantando che l'autonomia differenziata potrebbe essere un problema per la gestione sanitaria nazionale, mentre noi ci chiediamo se invece non sia la soluzione a tutti i nostri problemi sanitari, perché si andrebbero a responsabilizzare i governatori regionali e tutti gli assessori regionali ad investire in efficientamento strutturale e nell'efficientamento del servizio nei confronti dei nostri cittadini. Basta tassare gli imprenditori e il sistema produttivo, che riesce, nonostante il salasso fiscale esorbitante imposto dagli ultimi Governi, a far andare avanti questo nostro Paese.

La riduzione strutturale dell'INAIL, che darà luogo a una riduzione del cuneo fiscale, non farà venir meno la sicurezza dei lavoratori, anzi, è il percorso giusto che questa azione di Governo Lega, provvedimento dopo provvedimento, assieme agli alleati di Governo, sta portando avanti, proprio a favore della sicurezza ormai perduta di avere un lavoro duraturo, che dipende necessariamente dalla capacità dell'imprenditore di continuare a svolgere la sua attività d'impresa. Se vogliamo che le imprese continuino a dare lavoro ai nostri cittadini, dobbiamo intervenire per arrivare ad attuare definitivamente un pesante - lo ripeto, pesante - taglio delle tasse.

C'è poi chi ha attaccato questo Governo, dicendo che le finanze delle regioni a statuto speciale sono esposte al vento del Paese. Questo Governo, signori miei, ha mostrato molta attenzione non solo in termini economici nei confronti delle regioni a statuto speciale virtuose ed efficienti, già tutelate nella loro autonomia, ma soprattutto questo è un Governo che guarda alle speciali come modello da esportare in tutto il sistema Paese, attraverso l'attuazione dell'autonomia differenziata.

Noi quindi rispondiamo a queste infondate e funeste previsioni che vedono le regioni a statuto speciale esposte finanziariamente al vento del Paese, che verranno messe in campo tutte le azioni necessarie, in previsione di attuare nella prossima legge di bilancio, una rivoluzione fiscale del buonsenso che, proprio perché di buonsenso, sarà una manovra di bilancio attenta a ridurre le tasse, ma attenta anche a mantenere le risorse economiche necessarie alle regioni, che già hanno competenze primarie speciali e che già garantiscono un servizio efficiente non solo nei confronti del sistema Paese in termini generali, ma, soprattutto, un servizio efficiente e di qualità nei confronti dei nostri cittadini.

Avere un sistema Paese efficiente è un dovere che noi deputati abbiamo soprattutto nei confronti dei nostri giovani e dei nostri figli, che sono il futuro di questo nostro Paese. Fra il 2006 e il 2016, sono stati quasi 2 milioni i nostri connazionali che sono letteralmente scappati oltre confine per costruire il loro futuro. Altri Paesi si arricchiscono del know-how italiano, mentre lo Stato italiano spende circa il 4 per cento del PIL per formare dei giovani destinati ad andare altrove? Giovani cittadini che hanno studiato nel nostro Paese che se ne sono andati, come dicevo all'inizio, non per scelta, ma per necessità, ai quali oggi vogliamo dare l'occasione di rientrare grazie all'articolo 5 del “decreto crescita”, che inserisce una serie di importantissimi sgravi fiscali ed agevolazioni per incentivare il rientro dei cervelli. Si vogliono agevolare i lavoratori “impatriati” che hanno una specializzazione e che vivono all'estero in modo continuativo da 24 mesi e decidono di rientrare in Italia; si tratta di persone che devono trasferire la residenza in Italia necessariamente a partire dal 2020.

Quindi, incentivi per lavoratori “impatriati”, incentivi per docenti e ricercatori: vogliamo che i giovani e le eccellenze fuggiti all'estero tornino con adeguati incentivi nel nostro Paese per dare il loro professionale ed importantissimo contributo alla crescita delle professionalità e delle specializzazioni del futuro, per contribuire a vincere questa importante sfida di rilancio e rinascita di questo nostro Paese. Investiamo sul futuro delle giovani generazioni, e questo lo facciamo con i fatti, basti pensare al fondo di garanzia per la prima casa. Abbiamo rifinanziato il fondo di garanzia per l'acquisto della prima casa per le giovani coppie, oltre alle misure previste nel decreto per la creazione di nuove imprese a tasso zero.

Diamo, quindi, speranza e sostegno ai nostri giovani, ma non ci dimentichiamo di chi ha provato ad investire in un progetto di vita, a cui, purtroppo, non è andata così bene - pensiamo alle persone che hanno ancora debiti con Equitalia - e non hanno la possibilità di ricominciare, di darsi una seconda possibilità per rimettersi in gioco. Mi riferisco alla pace fiscale che questo Governo ha attuato, alle 1,7 milioni di adesioni, per un totale di 21 miliardi – ripeto, 21 miliardi, signori -, ai termini che erano scaduti il 30 aprile, che all'interno di questo provvedimento abbiamo prorogato. È stato inserito, infatti, tra le proroghe per consentire agli italiani di ripartire da zero, e lo abbiamo fatto nei fatti attraverso il via libera alla riapertura della rottamazione, attraverso un emendamento Lega, per riaprire i termini della rottamazione delle cartelle. La riapertura rispetto alla scadenza del 30 aprile scorso prevede che il debitore, entro il 31 luglio prossimo, dichiari la propria volontà di voler aderire, optando per il pagamento in un'unica soluzione al 30 novembre prossimo, ovvero in massimo diciassette rate, la prima delle quali sempre al 30 novembre. Quindi, semplifichiamo la vita alle famiglie italiane nel “decreto crescita”, e lo abbiamo fatto, visto che sono stati inseriti gli emendamenti che integrano il testo base con la proposta di legge n. 1074, recante “Disposizioni per la semplificazione fiscale, il sostegno delle attività economiche e delle famiglie e il contrasto dell'evasione fiscale”.

Abbiamo continuato a sostenere, e lo ribadisco con orgoglio, economicamente gli enti territoriali più vicini ai nostri cittadini, ovvero i comuni d'Italia. È l'unico Governo, il nostro, che è attento ai comuni italiani e lo è nei fatti; abbiamo iniziato con gli stanziamenti dei fondi in legge di bilancio e proseguiamo ora con l'articolo 30 in questo decreto, che stanzia un fondo specifico per i contributi in favore dei comuni per la realizzazione di progetti di efficientamento energetico e di sviluppo territoriale sostenibile.

Un emendamento Lega, votato lunedì in Commissione, prevede l'autorizzazione all'implementazione del programma per la realizzazione dei progetti a partire dall'anno 2020, rendendo strutturali questi finanziamenti per i piccoli comuni ed aumentando i fondi messi a loro disposizione. L'economia dobbiamo farla ripartire anche grazie agli investimenti pubblici e nei fatti continuiamo a portare avanti questo nostro impegno. Questi sono solo dei brevi anticipi di un decreto-legge che punta su efficienza, qualità, sburocratizzazione, semplificazione e buonsenso per la crescita del nostro Paese. Un provvedimento questo che non vuole essere un punto d'arrivo, ma l'inizio di un importante percorso di inversione economica di cui questo Paese ha veramente bisogno.

Lo shock finanziario è necessario per far ripartire il sistema Paese, per garantire fiducia e stabilità agli eroi che nella nostra Italia, nonostante tutte le difficoltà, aprono le botteghe ogni mattina, ogni mattina girano le chiavi per aprire i portoni delle loro fabbriche, ogni mattina stanno al caldo oppure al freddo, a seconda della stagione, lavorando dalle 12 alle 14 ore al giorno, per contribuire, nel loro piccolo, a far diventare grande questo nostro sistema Paese. È per tutti loro che la Lega, nell'azione di Governo, si impegnerà sempre a mantenere gli impegni presi, così come in un anno di Governo abbiamo iniziato a fare. Sarà difficile, si potrà fare meglio, questo sicuramente, ma solo con provvedimenti pro crescita uniti alla riduzione delle tasse e tutelando il nostro oro, ovvero il nostro made in Italy potremo far tornare l'Italia ad essere quella potenza economica europea che un tempo era e che, negli anni, qualcun altro con tasse, austerità, svendita a basso prezzo del made in Italy stava, invece, facendo morire. L'Italia deve tornare a crescere come merita e, per poterlo fare, bisogna impegnarci in un'azione di Governo che vada nella direzione di ridurre le tasse per essere competitivi in Europa e nel mondo, con la determinazione e la buona volontà che solo i cittadini italiani ci insegnano a non perdere mai (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Osnato. Ne ha facoltà.

MARCO OSNATO (FDI). Grazie, Presidente. Oggi parlo da un banco diverso dal mio consuetudinario, ma sono molto orgoglioso…

PRESIDENTE. La riconosciamo ugualmente.

MARCO OSNATO (FDI). …parlo vicino all'amico Sasso, al quale faccio i complimenti, perché torna da una campagna elettorale vittoriosa al comune di Cagliari e, quindi, sono molto felice di parlare al fianco a lui oggi; un po' meno a fianco a De Carlo.

Oggi stiamo parlando del “decreto crescita” e, ancora una volta, abbiamo un provvedimento che ha come titolo questi nomi semplici, ma, allo stesso tempo, con intenti allettanti per i nostri concittadini: siamo partiti con il “decreto dignità”, abbiamo parlato di “decreto semplificazione”, di concretezza, di sicurezza, tutti nomi che stanno quasi a certificare che qui, con questi provvedimenti, il Governo dà delle risposte definitive a problemi esistenziali e radicati nella nostra nazione, nelle nostre città, nelle nostre società. Eppure, ahimè, a me così non è parso, non è parso a me, non è parso ai dati che gli organi statistici ci forniscono e non è parso al comune sentimento degli italiani. Non mi pare che questi provvedimenti abbiano dato quelle risposte definitive che ci si aspettava. Abbiamo avuto molto lavoro su questi provvedimenti: su questo in particolare, la Commissione si è riunita a lungo, con intensità, probabilmente si riunirà ancora - forse, si dice, ci sono dei boatos che girano per questi corridoi in cui sembra che il lavoro e la nostra attività non sia ancora terminata -, però a me sembra che non è che abbiamo proprio partorito un provvedimento definitivo per il futuro del nostro Paese. Certo, non posso dire che ci sia niente o quasi niente di sbagliato rispetto a quello che uno poteva auspicarsi, ma non vedo proprio niente di così importante da meritare un titolo di così elevato rango. Dà un pochettino a tanti, si dà qualche piccola risposta, un accenno di risposta a tante categorie, a tante realtà, si danno tante illusioni, però non si entra nell'obiettivo risolutivo, nell'obiettivo principale, che mi sembra un po', però, l'atteggiamento, la cifra di questa maggioranza dall'inizio della legislatura. I due provvedimenti cardine di questa maggioranza, su cui hanno puntato, anche nelle ultime elezioni, il loro obiettivo, sono stati, da una parte, quello dei 9 miliardi del reddito di cittadinanza e, dall'altra parte, quasi un altrettanto stanziamento per “quota 100”. Ma anche questi sono provvedimenti che, sì, esistono, danno qualche risposta a qualcuno, ma non entrano mai nella complessità del sistema e dei problemi che questo sistema economico e sociale del nostro Paese pone. Quello che a me maggiormente sorprende è che, in tutto questo, mancano le stesse parole d'ordine che, invece, leggiamo quotidianamente sui giornali, sui siti Internet, sentiamo in televisione dagli esponenti del Governo.

Se oggi uno di noi avesse ascoltato, come io ho fatto stamattina, per esempio la radio e avesse sentito i titoli dei radiogiornali, qui si parla di flat tax. Magari noi avremmo voluto sentire e veder parlare di flat tax incrementale che, come il vicepresidente Gusmeroli sa, è un'opzione facilmente praticabile e di bassissimo, se non quasi inesistente, costo per le casse dello Stato ma, invece, nel provvedimento non la vediamo. Però ne sentiamo parlare continuamente e sembra che sia l'argomento principe del dibattito all'interno del Governo: avremmo voluto parlare, come abbiamo discusso pochi giorni fa in una mozione unitaria qui in Aula, dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione e avremmo voluto parlare finalmente di una proposta sui mini-BOT perché abbiamo sentito i giornali che, per giorni e giorni ne hanno parlato. Abbiamo sentito autorevoli esponenti della maggioranza che ci spiegavano come fosse la risoluzione di un problema (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Abbiamo sentito un Vicepremier che diceva che i mini-BOT sono là, da farsi e non li vediamo. Anzi io stesso ho avuto la fortuna e l'onore per il mio partito di interrogare il Ministro Tria, il quale ci ha detto: no, i mini-BOT sono assolutamente illegali. Avrei voluto parlare, Presidente, dell'abolizione dello split payment (dico ‘peiment perché il noto anglista Gusmeroli altrimenti mi critica la pronuncia) e sono mesi e mesi che discutiamo della difficoltà delle imprese italiane rispetto a tale prerogativa che esiste praticamente solo nel nostro Paese: bene, avremmo voluto vedere qualcosina per andare incontro alle richieste delle imprese. Avremmo voluto e vogliamo vedere azioni concrete per la diminuzione del costo del lavoro per i nostri imprenditori. Noi lo ripetiamo ancora, la soluzione è nello slogan che sta alla base della nostra proposta in termini occupazionali: più assumi meno paghi; bisogna togliere, togliere, togliere tasse e tasse sul lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

E poi c'è il tema, forse non propriamente attinente al decreto-legge, però, se bisogna crescere, bisogna avere le infrastrutture perché, se tu poi cresci e cresci ma non sai come far circolare in tutti i sensi quello che hai fatto crescere, non so dove andiamo e sulle infrastrutture non vediamo una vera luce. Non vorrei offendere Toninelli ma direi in fondo al tunnel. Insomma noi siamo ancora fermi al dibattito TAV, no TAV, eccetera, eccetera, eccetera ma non vediamo neanche un piccolo giardino nella più piccola città di periferia.

E poi c'è il tema di equità, il tema fiscale, come dicevo prima, e c'è il tema anche dei risparmiatori truffati: ho sentito prima di me qualcuno che ne ha parlato anche in modo più diffuso e più competente di me. Ancora ci sono troppe risposte da dare ai risparmiatori che hanno agito in buona fede, in buonissima fede. Non sono tra coloro che ritengono che ci sia stato qualcuno che pensava di speculare e che poi ha visto svanire la speculazione. Qui c'è qualcuno che ha creduto a banche che andavano controllate, che andavano verificate, che, se hanno sbagliato, devono pagare e ancora su questo non sappiamo come andrà a finire. Noi crediamo che i risparmiatori abbiano agito in buona fede. Certo, qualcuno voleva guadagnare ma guadagnare non è un reato, non è neanche un peccato dal punto di vista morale: se fatto nelle norme, nelle regole che sono previste nel nostro ordinamento, si può anche guadagnare con risparmi, l'importante è che qualcuno non ne approfitti.

Ho sentito il bell'intervento, perché bisogna essere anche onesti, del capogruppo della Lega Molinari che ha rivendicato la coerenza della Lega in un certo periodo della recente stagione politica nel nostro Paese e credo che, su molti aspetti, avesse ragione. Però la coerenza non rimane scolpita nella pietra, la coerenza bisogna praticarla ogni giorno e allora, ripeto, invito la maggioranza ma soprattutto gli amici della Lega a mantenere tale coerenza anche tra quanto si dichiara e quanto si porta qui in Aula. Noi vogliamo vedere i provvedimenti in quest'Aula, che facevano parte anche e soprattutto del programma del centrodestra che abbiamo presentato poco più di un anno fa agli italiani e che credo sia ancora, debba essere ancora il faro ispiratore delle politiche anche degli amici della Lega perché, vedete, a me sembra che qui, con questi continui decreti, di cui citavo appunto le parole d'ordine, si continua a buttare la palla in corner, per usare una metafora calcistica. Però adesso ormai è passato più di un anno e la partita è entrata nel vivo e a un certo punto bisogna anche sapersi organizzare, bisogna arrivare in area di rigore, bisogna provare anche a fare gol.

E adesso c'è un Presidente del Consiglio che si chiama Conte: io sono juventino, so anche Conte come in passato ci è riuscito, il mio amico De Carlo si augura che riesca anche con l'Inter a fare le stesse cose, io ho qualche dubbio in più. Però voglio dire che credo che, a questo punto, è necessario che la palla vada in una direzione, in un gioco organizzato e vada verso la porta avversaria oppure si decida di sospendere la partita e si ridia la parola agli elettori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO (LEU). Grazie, signor Presidente. Sicuramente è un dibattito interessante. Di certo come ha detto la collega Cattoi, che non vedo più, è un dibattito durato in Commissione quattro settimane. Quello che non è stato detto è che sono state quattro settimane ma, nelle prime due, sembrava di vivere in un universo parallelo dove si facevano esercizi sull'accantonamento di emendamenti senza mai entrare nella sostanza; poi l'ultima settimana c'è stata un'accelerazione, che è culminata però con la chiusura del provvedimento alle 23 circa di lunedì scorso, in un susseguirsi di emendamenti dei relatori emendati o corretti più volte, sui quali le minoranze avevano presentato proposte emendative che, a quel punto, non andavano più bene. Questa è la storia del provvedimento in Commissione; questa è la storia di un provvedimento che è nato per tempo, però è stato gestito nelle more di un periodo post elezioni europee con tutto quello che ne è conseguito dal punto di vista dell'equilibrio politico all'interno della maggioranza, rispetto al quale, in quelle due settimane in effetti, si attendeva l'esito della discussione sullo sblocca-cantieri al Senato. Quindi, insomma si stava un po' lì a galleggiare in attesa degli eventi e le richieste della minoranza venivano comunque contenute all'interno di una discussione che non c'era e che comunque ha portato tutto ad essere rimandato al dopo presunta crisi. Quello che è venuto fuori, anche in ragione dei tempi che, è vero, sono stati di quattro settimane ma sono state quattro settimane come vi ho descritto, è un provvedimento sostanzialmente disordinato e, quando dico questa parola, non ce l'ho con il relatore e con gli altri membri della Commissione, con i quali, mi permetto di dire, c'è sempre un rapporto di dialogo costante e di considerazione anche in tutto o in parte di ascolto, devo dire, nelle Commissioni singole e nelle Commissioni riunite, lo dico per onestà intellettuale. Ma è chiaro che, quando anche i relatori e i presidenti di Commissione vengono sistematicamente sollecitati, per usare una parola gentile, dalle richieste del Governo che, fino all'ultimo momento, hanno invaso il campo anche di accordi presi a livello di capigruppo, ecco che allora si fa un po' fatica. Viene fuori appunto, ripeto, un provvedimento che sembra una legge di bilancio. Io ho paragonato il dossier iniziale e quello finale ma quello finale è una volta e mezzo quello iniziale; quindi sono stati aggiunti quasi sessanta articoli, quindi è un provvedimento che qualcuno ha definito omnibus ma un po' più che omnibus, che riguarda un po' tutto e quindi è anche una discussione generale complicata perché si deve parlare di mille e mille cose. Ripeto, inoltre, che gli emendamenti della minoranza non andavano più bene, dal momento che, fino all'ultimo minuto, c'erano gli emendamenti dei relatori, sui quali avevamo presentato subemendamenti, che erano stati cambiati. Ma questo è stato un po' il clima in cui si è lavorato ma è il clima che rispecchia anche l'andamento esterno del Governo dove, come diceva il collega Osnato prima, al mattino si sente parlare di questioni non condivisibili da parte nostra, ma poi alla fine negli atti il risultato è completamente diverso. Lungi da me poi - mi riferisco sempre alla collega Cattoi - difendere i Governi del passato: figuriamoci nel 1998 e quindi il Governo Prodi che ha introdotto l'IRAP. Il modello che dobbiamo traguardare è un modello di equità fiscale, un modello di progressività. Però mi permetto di dire che, se l'IRAP è stata stabilità da quel Governo, nel mezzo ci sono stati tanti, tanti Governi con la Lega e l'IRAP è sempre lì. Qui lo dico perché così almeno ce le diciamo un po' tutte.

Come gruppo nostro avevamo presentato una serie di emendamenti, che sono stati considerati solo in parte - quello delle lampade votive che passerà alla storia - però, per esempio, la collega Muroni aveva avanzato delle proposte, sull'articolo 7 per limitare gli aumenti delle volumetrie sul ricostruito; aveva proposto - avevamo proposto - di stabilizzare l'ecobonus a partire dal 1° gennaio 2019; di stabilizzare, anche da gennaio 2022, il sisma-bonus, per dare nuove opportunità e tante altre cose, così come la famosa riduzione dell'aliquota IVA dal 22 al 5 per cento per i prodotti per l'igiene femminile; questo è un tema ormai di cui non parliamo più - che è meglio - ma che anche in questo caso ha fatto sì che il Governo prendesse l'impegno di affrontare in sede di legge di bilancio in modo tombale, definitivo, questo argomento.

Complessivamente, quindi, all'interno di questo provvedimento abbiamo trovato delle cose buone e delle criticità. Cose buone sono anche le disposizioni per il Fondo per il credito alle aziende vittime dei mancati pagamenti; si è parlato del super-ammortamento, dei vari fondi di garanzia dell'emendamento sull'amianto e quant'altro, però ci sono tante altre criticità. All'interno di questo provvedimento abbiamo sostanzialmente rivotato il provvedimento di semplificazione fiscale votato in quest'Aula non più tardi di tre settimane fa, sul quale il nostro gruppo si era astenuto, perché all'interno ravvisavamo elementi di bontà ed elementi di criticità. Tutto un condensato, insomma, di norme il cui giudizio complessivo è comunque negativo per quanto ci riguarda. Tuttavia ci preme anche sottolineare la presenza di aspetti positivi e bisognerebbe effettuare una votazione per parti separate, ma questo sarebbe un lavoraccio, perché gli articoli sono diventati tantissimi e non finiremmo mai più (non si potrebbe neanche fare).

Per esempio, tra le criticità aggiuntive, all'articolo 5, quello del rientro dei cervelli, che è una norma che abbiamo condiviso e condividiamo, però poi è stato introdotto nel corso della discussione il comma 5, punto 15, del relatore che stabilisce agevolazioni per sportivi professionisti, il cui reddito concorre soltanto per il 50 per cento ed è previsto uno 0,5 di accantonamento per il potenziamento del settore giovanile. Noi crediamo che lo sport non si aiuti in questo modo, ma in questo modo si aiuti soltanto uno sport fatto ad alti livelli e la discussione in Commissione è stata proprio di questo tipo: lo 0,5 da dedicare al settore giovanile è una roba ridicola.

Sull'articolo 10, proprio per citare cose che servono e che sono state citate anche nell'assemblea di Confartigianato di ieri mattina, vi è la questione della modifica della legge n. 63 del 2013, per dare, appunto, la possibilità di ricevere in luogo dell'utilizzo della detrazione un contributo anticipato dal fornitore che ha effettuato l'intervento sotto forma di sconto sul corrispettivo spettante; questo contributo, come sappiamo, con una formula che poi è stata ampliata, è recuperato dal fornitore sotto forma di un credito d'imposta da utilizzare in compensazione in cinque quote annuali, ma questo è un provvedimento che, ancorché modificato nel corso della discussione, va a danneggiare le piccole imprese e questa è una roba che ci hanno detto in tutti i modi. Avevamo proposto, noi come Partito Democratico ed altri gruppi, di prevedere la cedibilità di questo credito a più soggetti, compresi gli istituti bancari; c'è la norma secondo la quale questa operazione - gli istituti bancari - va ad aumentare il debito pubblico, però, insomma, il percorso secondo noi dev'essere quello. Quindi si deve trovare il modo per rendere efficace un'iniziativa, anche corretta, al fine di avere valenza ed applicabilità. Da questo punto di vista le associazioni di categoria ci hanno detto che, in questo modo, il provvedimento è dannoso per i piccoli imprenditori, però non è cambiato.

Il collega Padoan ha parlato di svolta a “U” sulle banche ed io non voglio entrare in questa polemica - che c'è, che è vera - perché mi ricordo benissimo l'atteggiamento del MoVimento 5 Stelle sul “salva banche” nella scorsa legislatura. Ricordo anche che il collega Gusmeroli aveva presentato e poi ritirato un emendamento sulle attività per imposte anticipate (il famoso DTA) a favore del salvataggio (è stato utilizzato adesso, alla fine, per il salvataggio della Popolare di Bari). Per Carige, di cui abbiamo parlato tante e tante volte, la soluzione non è stata trovata, se non quella di prorogare fino al 31 dicembre la garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione.

L'appello che formulo, anche alla luce delle notizie che sui giornali compaiono un giorno sì e l'altro anche, che turbano i lavoratori e quant'altro, è quello di trovare una soluzione anche per quel caso, perché è un caso molto importante e molto grave, che va attenzionato, così come è stato attenzionato dal Governo in occasione del decreto-legge “Carige” stesso.

Poi, chiaramente, l'utilizzo dei DTA dev'essere un utilizzo, quindi un aiuto, da parte dello Stato che però deve avere un fine di salvaguardare i lavoratori, perché altrimenti siamo capaci tutti di prendere una banca, prendere gli incentivi e poi lasciare a casa metà del personale.

Poi, un altro passaggio riguarda i comuni. Questa è una discussione che in Commissione finanze abbiamo avuto più volte e l'abbiamo avuta con l'obiettivo di andare tutti insieme verso l'uscita dal tunnel, che in effetti c'è stata, soprattutto in questi anni di spending review.

All'interno di questo provvedimento ci sono cose buone che sono state citate, tipo l'articolo 30, i contributi ai comuni per l'efficientamento energetico e lo sviluppo sostenibile; l'articolo 30-bis - l'emendamento inserito dopo - che contiene norme in materia di edilizia scolastica antincendio, eccetera eccetera; la proroga dell'adozione della contabilità economico-finanziaria per i piccoli comuni. Avremmo voluto inserire la possibilità di scorrere le graduatorie dei concorsi in essere, ma si tratta di una richiesta dei comuni, soprattutto per far fronte a delle emergenze, delle contingente, ma che non è stato possibile inserire.

Complessivamente, l'auspicio che formulo, che formula il mio gruppo, è che non si debba sempre rincorrere all'ultimo momento gli emendamenti proposti da ANCI o proposti da noi, ma che si vada ad individuare una luce definitiva di uscita dal tunnel, anche in termini economici, per i comuni, perché per le province e le città metropolitane la soluzioni sono state trovate, per i piccoli comuni ancora no.

Un cenno, poi, riguarda - l'ha fatto bene il collega di Forza Italia - la questione del FIR, cioè del Fondo indennizzo dei risparmiatori, che abbiamo incontrato, come tutti gli altri gruppi; abbiamo presentato emendamenti di varia natura, ma che sono stati bocciati. Alla fine, insomma, il provvedimento contiene delle norme che vanno ad individuare meglio la platea dei beneficiari, che danno la priorità ai rimborsi inferiori a 50 mila euro, ma poi, nel merito, le parole a titolo di acconto - che volevamo aggiungere - così come gli interessi legali e la valutazione monetaria dell'atto di acquisto ed altre questioni ancora, compreso l'arbitrato, sono stati puntualmente bocciati. Su questo diamo un giudizio assolutamente negativo.

Ancora due osservazioni. La prima riguarda l'articolo 48 in materia di energia, laddove abbiamo valutato positivamente gli interventi finalizzati a raddoppiare la quota pubblica degli investimenti dedicati alle attività di ricerca, sviluppo, innovazione delle tecnologie energetiche pulite, eccetera eccetera. Mi duole però sottolineare che, ancora una volta, non è stato affrontato - sono due anni che dico questa cosa e nonostante gli impegni presi dalla Viceministro Castelli - il processo di fiscalità riallocativa. Lo dico sempre: noi abbiamo tra i 16 e i 19 miliardi di euro destinati ai sussidi ambientalmente dannosi, di cui al catalogo che tutti gli anni viene pubblicato. Il collegato ambientale di qualche anno fa ne prevedeva la riallocazione verso contributi ambientalmente favorevoli. Più volte ho presentato questo emendamento, più volte mi è stato fatto presentare un ordine del giorno e, ancora questa volta, in questa che era un'occasione di crescita vera e ambientalmente sostenibile, non c'è traccia di questo percorso. Questo per noi è un elemento di forte criticità e negatività.

In ultimo, un cenno anche al contratto di espansione. Io non so se oggi ne abbiamo parlato. Si tratta di una forma contrattuale nuova che ha visto la luce in questo decreto-legge. L'ultima formulazione è arrivata alle 22,55 in Commissioni congiunte, o giù di lì. Questo è un contratto sul quale noi possiamo essere anche d'accordo e favorevoli, ma il testo dell'ultimo minuto contempla una riduzione da 84 a 60 mesi di distanza del diritto alla pensione; ci sono dubbi sulla misura delle indennità e dubbi anche sul monte ore dei lavoratori che vengono sostanzialmente toccati da questo provvedimento.

Ho citato quindi solo alcune cose. Sarebbe veramente da passare una giornata a discutere articolo per articolo di quanto contenuto in questo provvedimento.

La realtà dei fatti ci lascia comunque un provvedimento complicato, un provvedimento che contiene alcune cose buone ma tante cose con elementi di criticità, se non di negatività. Per cui il nostro giudizio rimane negativo, e rimaniamo comunque sempre a disposizione, come abbiamo fatto in questi giorni, a lavorare in Commissione per traguardare dei modelli di efficienza nel nostro Paese per i cittadini, per le imprese, per gli enti locali e per tutti, cercando, appunto, di traguardare un equilibrio all'interno del Governo che consenta a noi tutti e alle Commissioni di fare e di svolgere il lavoro nel miglior modo possibile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baratto. Ne ha facoltà.

RAFFAELE BARATTO (FI). Grazie, Presidente. Andiamo oggi a discutere della conversione in legge di un decreto che dichiara sin dal suo titolo un intento su cui pochi possono dissentire: lo stimolo e l'incentivo della crescita economica in questo Paese. Una crescita che, da qualche anno a questa parte, da esigenza conclamata è diventata la più grande chimera. Da anni, infatti, questo Paese, a dispetto dei Governi che si sono succeduti, rincorre uno sviluppo che non si aggancia, a differenza di altri Paesi europei. Infatti, i tassi di crescita economica del nostro Paese sono risibili se messi a confronto con Paesi come Spagna e Francia.

A questa situazione, già grave di per sé, sintomo di evidenti criticità strutturali ormai note a tutti in quest'Aula, a partire dall'enorme debito pubblico, si è affiancata la politica economica di questa maggioranza, espressa nell'ultima legge di bilancio, oltre che nelle contraddittorie dichiarazioni di autorevoli membri del Governo. Non si può, infatti, trascurare che la tensione pubblica del Governo negli ultimi mesi su temi di importanza fondamentale abbia drasticamente compromesso la fiducia degli investitori internazionali nelle stesse imprese italiane.

Secondo le aspettative dichiarate a tambur battente in quest'Aula, la finanziaria del cambiamento avrebbe dovuto far uscire il Paese dallo stallo. Più volte Forza Italia ha messo in guardia sull'utopia che si stava ingenerando. “Quota 100” e reddito di cittadinanza si sono rivelate misure propagandistiche che poco hanno a che fare con una seria politica industriale. Prima ho sentito qualche collega della maggioranza che dichiarava che noi abbiamo le imprese in difficoltà e gli imprenditori che ogni mattina si alzano e vanno, col freddo e col caldo, nelle proprie imprese perché ritengono l'impresa la propria famiglia - e questo è assolutamente vero e Forza Italia questo l'ha sempre dichiarato - e guardando, però, a questo tema sicuramente questi non sono i discorsi che andrebbero fatti perché qui si razzola davvero male e si fanno davvero le cose in maniera contraria rispetto a come dovrebbero essere fatte. Inoltre, il diffondersi incontrollato, da parte di autorevoli esponenti della maggioranza, di dichiarazioni che paventano direttamente l'uscita dall'Unione monetaria o dalla stessa Unione europea, dell'Italia rappresenta un ulteriore elemento di tensione per la nostra economia.

L'aggravarsi della situazione economica del Paese è testimoniato dal recentissimo dato sulla crescita economica che è a livello zero e dal dato di ieri sul calo degli occupati, pari a meno 39 mila addetti. Anche su questo, soprattutto oggi che sono stati sventolati dei numeri, io voglio ricordare il dato dell'Istat del 30 aprile pari a più 0,2, mentre ricordo che le previsioni erano, in occasione della legge di bilancio, pari a più 1,2. I dati di fine maggio ci dicono che l'Italia è l'unico Paese UE con tassi di investimento negativi rispetto all'anno precedente - meno 0,3 - mentre la media UE è più 2,3. Il tasso di disoccupazione in Italia è 10,7 e la media UE è 6,5.

Allora, i dati magari qualcuno se li inventa, però io credo che anche inventarsi i dati e dire dati che magari fanno comodo non è sicuramente il comodo di chi ogni giorno combatte e, soprattutto, di chi cerca un posto di lavoro e di chi davvero ogni giorno è in trincea a combattere per la propria azienda e soprattutto per i propri dipendenti. Allora, ieri - sempre ieri - l'ormai uscente Presidente della Banca centrale europea ha compiuto una mossa disperata per mettere un'ultima volta al riparo dalla speculazione internazionale il nostro Paese, e davvero mi dispiace tanto che oggi il nostro Capo del Governo non ne abbia neanche fatto un minimo cenno. Credo che, almeno per rispetto, avrebbe dovuto farlo, ma si vede che l'interesse è questo. Questa premessa, tuttavia, è utile per comprendere che il decreto oggi in discussione avrebbe dovuto rappresentare un sensibile cambio di passo e un'autentica presa di coscienza degli errori commessi, però, come in molti provvedimenti di questo Governo, alle promesse e alle intenzioni dichiarate non sono seguite concretamente scelte coraggiose e risolutive.

Sia ben chiaro, però, che il lavoro svolto incessantemente nelle Commissioni bilancio e finanze sul testo del provvedimento ha prodotto sensibili cambiamenti attraverso l'introduzione di misure fiscali anche direttamente sostenute e proposte dal gruppo a cui appartengo, che indubbiamente leniscono l'enorme carico tributario gravante su tutte le nostre imprese. Con questo decreto, tuttavia, si modificano sensibilmente i regimi fiscali stabiliti con la precedente legge di bilancio. Infatti, se da un lato vengono potenziate alcune misure già presenti, come la deducibilità dell'IMU dal reddito d'impresa sugli immobili strumentali, dall'altro si rivede nuovamente la struttura della tassazione sui profitti d'impresa, ingenerando, a distanza di pochi mesi, una nuova confusione e un quadro fiscale frammentato nell'ambito di un settore che dovrebbe essere semplice e chiaro al fine di agevolare gli attori economici a investire.

Soprattutto rimangono sullo sfondo i problemi di sempre. Infatti, la crescita non si può sostanziare con la sola previsione di misure spot, detrazioni una tantum e altre utili misure che hanno, tuttavia, pochissimo peso specifico per il nostro vivere e soprattutto per le nostre aziende. Serve una seria, concreta e decisa politica industriale che faccia del made in Italy della manifattura italiana il suo centro, imponendo sui mercati internazionali l'autorevolezza di un Paese con una storia industriale ed economica che non teme pari, una politica industriale la cui pessima gestione da parte del Ministero dello Sviluppo economico su dossier industriali cruciali ha dimostrato davvero di essere assente. Io davvero mi auguro che si riveda questo, per il bene di questo Paese a cui credo che tutti teniamo.

Il nostro Paese ormai è una riserva di caccia per fondi speculativi e investitori stranieri senza che il Governo tenti seriamente di imporre un'iniziativa di rilancio dell'industria italiana a tutela delle imprese e dei lavoratori. Ieri il Ministro ha detto che su questo il Governo sarà molto attento, ma io mi auguro davvero che si faccia presto, davvero presto. Le grida levatesi dalle assemblee confederali e dagli imprenditori del Nord-Est sono davvero un sintomo non più ignorabile. Lo dico anche agli amici della Lega e davvero mi rivolgo col cuore aperto al nostro Ministro Di Maio.

È evidente che, al di là dei proclami, le misure economiche assunte da questo Governo hanno avuto impatto modesto, se non negativo, a oggi, sullo sviluppo economico del nostro Paese e questo lo confermano tutti i dati economici a oggi disponibili. Tuttavia, non voglio soffermarmi sulle responsabilità. Non abbiamo più il tempo di rincorrere la polemica sull'attribuzione delle colpe, tradizionalmente in voga in questo Paese.

Tra qualche settimana non ci sarà più un italiano alla Presidenza della Banca centrale europea e con la sua dipartita il nostro Paese subirà senz'altro una riduzione dell'affidabilità sui mercati internazionali. Allora è arrivato il momento di affrontare di petto le questioni strutturali che possono autenticamente stimolare le imprese italiane ad investire, trascinando il nostro Paese, a partire da una drastica riduzione del cuneo fiscale, una misura che agevolerebbe sensibilmente imprese e lavoratori all'unisono e che in questo decreto è assente. Spero davvero e mi auguro che questa volta sia fatta in maniera concreta. Il tempo di proclami e di spot è finito e quello per agire ha le settimane contate. Voglio davvero concludere con una questione che ho preso a cuore ormai alcuni anni fa e che riguarda direttamente il mio territorio: il nord-est, la provincia di Treviso, in particolare il cuore pulsante dell'economia italiana - e vorrei che qualcuno magari che è un po' disattento in quest'Aula almeno su questo avesse un occhio di riguardo, magari dalle parti di chi oggi è in maggioranza - tuttora si confronta continuativamente con le conseguenze drammatiche del fallimento delle banche popolari venete. Prima il mio collega lo ha spiegato davvero molto bene, ma voglio dire solo due parole su questo. Un territorio tradito, che ha rivolto le sue ultime speranze di soddisfazione alle promesse che sono provenute da questo Governo e alle promesse che qualcuno aveva davvero fatto in campagna elettorale. A noi, come è stato spiegato bene prima, risulta che è stato stanziato un miliardo e mezzo, però sono stati dati 600 milioni. Allora vogliamo capire questi 900 milioni dove sono andati. Credo che davvero, se andiamo avanti così, verranno date delle briciole e i risparmiatori saranno ancora una volta traditi. Credo sia meglio ampliare la platea o almeno ampliamo i criteri. Vi invito, vi esorto, a nome delle migliaia di famiglie venete che quotidianamente vivono con pudore e dignità la perdita dei risparmi di una vita, a fare presto, a fare in fretta, visto che delle promesse sono state fatte (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sodano. Ne ha facoltà.

MICHELE SODANO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi interveniamo in merito a uno dei nostri provvedimenti più importanti, il decreto “crescita”, un provvedimento che ci aiuta a portare questo nostro Paese nel futuro, ad aiutare i nostri imprenditori, i nostri cittadini e, soprattutto, anche ad uscire dalla crisi, una crisi sicuramente mal gestita da quelle che oggi sono le opposizioni, con una visione miope di economia e di società. Riforme e crescita, sono queste le due stelle polari che un Governo saggio deve portare avanti; e noi lo abbiamo fatto nella prima parte del nostro operato, abbiamo fatto delle riforme che hanno ridotto la povertà, per eliminare e ridurre le diseguaglianze. Primo tra tutti, il reddito di cittadinanza, un provvedimento che ha dato a milioni di cittadini la possibilità di andare a fare la spesa, di pagare le proprie bollette, di regalare qualcosa per il compleanno a un figlio.

Sì, ci arrivano anche questi messaggi. Con il decreto “dignità” abbiamo permesso la stabilizzazione di moltissimi lavoratori, e così dato certezza lavorativa a tutte quelle persone che oggi possono andare in banca e aprire un mutuo, che possono dormire sonni più sereni, perché uno Stato che sta attento ai propri cittadini è uno Stato che favorisce formule di contratti a tempo indeterminato. E non è la fine: adesso, presto, porteremo tra questi banchi il salario minimo garantito, finalmente, come in tutta Europa; un tetto minimo di salario, così da poter raggiungere due risultati molto importanti: di non permettere a nessuno dei nostri giovani, dei nostri lavoratori, di essere schiavizzato, e quello di non permettere più questa enorme fuga di cervelli, di moltissime persone che prendono le valigie ed escono fuori dall'Italia. Ma, per fare delle cose come il salario minimo garantito, sicuramente dobbiamo parlare con gli imprenditori, dobbiamo ridurre le tasse. Ed è così che nasce questo decreto “crescita”: dopo la legge di bilancio abbiamo incontrato tutti gli imprenditori di questo Paese, le partite IVA, per capire in che modo procedere per trainare il nostro Paese nel futuro, per delle nuove ricette economiche, opponendoci a quelle, invece, che ci hanno portato nel baratro. Noi in questi anni abbiamo avuto delle ricette sbagliate, delle liberalizzazioni folli, che hanno smantellato le nostre aziende pubbliche migliori. E che dire dell'austerity, che ha strozzato i nostri conti, che ha distrutto le nostre economie, che ha fatto addirittura crescere quel rapporto deficit-PIL che oggi noi vogliamo sicuramente combattere e trovare soluzioni in maniera completamente alternativa. Noi vogliamo questi investimenti che riescono ad aiutare gli imprenditori e a portare il nostro Paese nel futuro.

Per questo il decreto “crescita” contiene al suo interno dei provvedimenti importantissimi. Ci sono 300 milioni di euro alle ZES, le zone economiche speciali. Stiamo parlando delle zone economicamente depresse, ma con degli asset strategici, magari vicino a delle infrastrutture, a dei porti. Bene, noi permetteremo a queste zone di poter fare economia in maniera del tutto agevolata. Che dire della deduzione IMU al 50 per cento per il 2019, ma che porteremo fino al 70 per cento per il 2022, così gli imprenditori non dovranno pagare l'IMU sui capannoni e vedere i propri asset deteriorati. L'Ires scende dal 24 per cento al 20,5 per cento sugli utili accantonati. Prolunghiamo il super ammortamento e spingiamo un iper ammortamento fino al 170 per cento. Inoltre, una cosa che ci è stata chiesta, e noi abbiamo ascoltato i nostri imprenditori, siamo riusciti a prorogare anche i termini per il saldo e stralcio della rottamazione-ter al 31 luglio. Due norme importanti che hanno permesso proprio di respirare a quegli imprenditori che sono stati schiacciati dalla crisi. Questo è il nostro decreto “crescita”. Un decreto, fra l'altro, che non si dimentica neanche dei comuni, e qua voglio ricordare la norma Fraccaro: diamo 500 milioni di euro ai comuni che potranno finalmente spendere delle liquidità per fare efficientamento energetico per portare, come ho già detto, le nostre città nel futuro. Nessuno, e dico nessuno, aveva mai pensato di aiutare gli imprenditori e i nostri comuni in questo modo, con una visione di medio-lungo termine, però sicuramente dando anche delle risposte concrete, spendibili nel breve termine.

Voglio dire anche un'altra cosa: non c'è crescita se non pensiamo a livellare quelle gravi differenze che ci sono tra le regioni più sviluppate del nostro Paese e quelle meno sviluppate; e, banalmente, penso alle differenze che ci sono in infrastrutture tra il Nord e il Sud. Per questo motivo, come deputati del MoVimento 5 Stelle, ma essendo ascoltati pienamente sia dal Premier Conte che dal Ministro Toninelli che da Laura Castelli, siamo riusciti a ottenere un emendamento, ad avere un emendamento che finalmente può mettere fine a due capitoli interminabili della storia dei siciliani, due strade fondamentali: l'Agrigento-Caltanissetta e l'Agrigento-Palermo. Guardate, sono due storie di cui ricordo il non completamento da tempo immemore. Siamo riusciti, quindi, a dare 45 milioni di euro a quelle piccole aziende, sono più di 100 aziende che stavano fallendo, che con questi crediti ripagati potranno finalmente pagare i loro dipendenti. Stiamo parlando di tantissima gente che lavorava attorno a queste imprese e finalmente potranno concludere due infrastrutture fondamentali per la Sicilia, la SS 640 e la SS 189, e questo è un grandissimo risultato, perché, se ci sono infrastrutture, riparte l'agricoltura, il lavoro degli imprenditori è sicuramente più efficiente, ma anche la qualità della vita dei nostri cittadini è migliore. Oggi voglio mettere a conoscenza di quest'Aula che per fare Agrigento-Palermo, una breve tratta di 100 chilometri, ci vogliono ben tre ore e mezza. È assolutamente assurdo nel 2020 parlare di tutto ciò!

Concludo dicendo una cosa, con un po' di amarezza: chi ha responsabilità politica di tutte queste inefficienze del Sud, ho visto che in questi giorni ha quasi sperato nel fallimento del nostro lavoro come deputati del MoVimento 5 Stelle, quasi quasi speravano che le nostre norme a supporto del Sud non passassero. Ebbene, a questa gente voglio dire che certe volte bisogna mettere da parte le proprie bandiere, se pensiamo al progresso e al benessere dei territori, specie quelli più svantaggiati. Tutti questi attacchi non ci demoliscono, anzi ci spingono ad andare avanti con più coraggio e con più forza. Lo diciamo qui fermamente: finché ci sarà il MoVimento 5 Stelle al governo delle istituzioni, ci sarà un presidio sano, sanissimo di cittadini che combatteranno per la prosperità di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI (PD). Presidente, io ho già ascoltato un ampio dibattito, ed è difficile aggiungere qualcosa di nuovo a un dibattito che è stato così ampio in quest'Aula, ma soprattutto che è stato ampio in Commissione. Io, come lei, Presidente, non sono nuovo di queste Aule, ma una trattazione di un provvedimento così complessa, così lunga, così farraginosa e anche un po' disorganizzata - e non per demerito dei presidenti delle Commissioni, ma per il numero di questioni che si sono poste - raramente l'ho vista nei miei anni di presenza all'interno di quest'Aula. Ma veniamo al tema di questo decreto, il decreto-legge n. 34 del 2019, che vorrei evitare di chiamare “decreto crescita”, perché di crescita - lo ha detto bene il Ministro Padoan - ne fa poca, forse contribuisce a evitare ulteriormente la decrescita, che ci sta già investendo. E questo è un peccato, in un Paese che avrebbe bisogno di stimoli in questa fase, un Paese che galleggia sulla stagnazione scivolando verso la recessione, anche perché, fra i molti motivi, non ci sono più investimenti pubblici e gli investimenti privati, che con questo clima di Governo della novità latitano. Il Governo con questo decreto ci fa vedere di non avere una strategia - non solo economica - chiara, ma di non avere nemmeno una strategia di politica industriale omogenea. Direi che questo è il dato più evidente di questo provvedimento, che è l'insieme di misure, anche disparate, raccolte all'ultimo momento a volte, e un po' alla rinfusa. D'altronde, non ci sono soldi; è difficile dare una scossa all'economia quando non ci sono soldi. E il Governo ce l'ha detto in Commissione - lo ricordo a tutti i presenti - che i fondi non erano disponibili, perché i fondi si attribuiscono in legge di bilancio. Questa innovazione contabile nel bilancio dello Stato, che prevedrebbe di non avere più risorse spendibili nell'arco dell'anno, ci porta a dire che tutto quello che si sta mettendo in campo è inesistente, perché i soldi sono stati utilizzati per “quota 100” e per il reddito di cittadinanza, di cui il Ministro Padoan prima ha fatto una disamina in termini di impatto sulla crescita. L'ha fatta velocemente, perché, come si vede dai dati, è pressoché nulla. Comunque, venendo al provvedimento nel suo insieme, io mi ascrivo alla categoria dei colleghi che l'hanno diviso in alcune fasce, tra cui vi sono alcune misure utili, positive, che riparano anche a errori che questo Governo ha fatto con la legge di bilancio recuperando misure del passato; alcune iniziative, misure, interventi di carattere positivo, a volte anche migliorabile, perché comunque non siamo a priori contrari, non siamo l'opposizione del “no” sempre e a tutto, siamo l'opposizione che vorrebbe capire e aiutare, ma confesso che con questa maggioranza capire è difficile e aiutare impossibile. Ci sono alcune misure interessanti anche in questo senso, quelle di recupero. Mi riferisco al super ammortamento, che è stato ripreso, alla modifica del patent box, al rifinanziamento della “Sabatini”, alla modifica finalmente della mini IRES puntando al reinvestimento degli utili, com'era l'ACE nel passato, nonché al tema dell'IMU sui beni strumentali, anche se è stata rifiutata la nostra proposta emendativa di avere uno sconto IMU di deducibilità al 100 per cento per i capannoni, per i beni strumentali realmente usati dalle aziende; poi il tema di Industria 4.0, che viene ripresa riparando un errore della legge di bilancio, anche se una parte di fondi vengono distolti per altri usi e se questa maggioranza è sorda al tema della formazione. Siccome Industria 4.0 è una filosofia di lavoro per l'industria e non è una nuova “Sabatini” in grande per cambiare i macchinari, siamo un po' preoccupati da questa continua non comprensione del fatto che la formazione è un elemento portante della rivoluzione di digitalizzazione della manifattura in questo Paese. Se non si capisce questo, siamo al ricambio del tornio e non siamo alla modifica del lavoro. Però, dicevo che ci sono misure interessanti, su cui dirò qualcosa, come l'articoli 7 e l'articolo 8, sul bonus energetico e sismico, l'articolo 26-quater, che è stato indicato anche dal collega di LeU sul contratto di espansione, l'articolo 44-bis, sugli incentivi fiscali per la crescita del Mezzogiorno, su cui voglio dire qualcosa, ma ci sono anche dei cammei, come l'articolo 37, su Alitalia, l'articolo 31, sui marchi storici, e l'articolo 3-sexies, introdotto nel dibattito, sui premi INAIL, che tengo in fondo.

Siccome siamo in discussione generale ritengo sia importante fare chiarezza per chi ci ascolta: sugli articolo 7 e 8, che riguardano le ristrutturazioni energetiche e a scopo di rafforzamento sismico, dico che è una misura positiva l'aver introdotto, per le aziende che compiono la ristrutturazione, la possibilità di praticare uno sconto a chi fa la ristrutturazione recuperando quello sconto in cinque annualità di credito d'imposta, è una misura positiva, però dipende per chi volevamo farla, perché se era per le piccole e medie imprese e per le imprese artigiane così non funziona. Non funziona perché queste aziende non hanno capacità fiscale e non hanno tenuta finanziaria per fare più di qualche intervento in un anno. Un'azienda che ha 100 mila euro di imposte può fare due, tre interventi, non di più. Allora noi abbiamo fatto una battaglia - lo ricordava il collega Pastorino - per chiedere la cessione del credito alle banche o agli istituti finanziari, in modo che le aziende e i cittadini potessero scegliere in autonomia, ma c'è stato detto di no, perché questo generava nuovo debito pubblico. Ricordo quando l'attuale maggioranza si scagliava - quand'era minoranza - sotto questa lettura che veniva data, però, siccome noi comprendiamo la cosa, abbiamo chiesto di cambiare questo credito d'imposta in un rimborso fiscale: c'è stato detto di no. Diciamo che la misura c'è, è stata un po' allargata inserendo i fornitori, non è negativa, ma il mercato delle ristrutturazioni sarà appannaggio dei grandi complessi.

Non mi fermo sull'articolo 44-bis, sugli incentivi fiscali per la crescita nel Mezzogiorno, ovverosia per il fatto che si trasformano in crediti d'imposta attività fiscali differite e si consente con il pagamento di un piccolo cannone l'aggiustamento della differenza: è una misura opportuna, buona, che servirà ad alcune banche del Mezzogiorno. Noi non siamo contrari, vorrei però sentire quelli che dicevano: e allora il PD? E allora Soros? E allora gli amici delle banche? Dove sono? Il risparmio è un bene pubblico in questo Paese, il risparmio è sentito dai cittadini, e sarà sul risparmio - credo - che questo Governo avrà i maggiori problemi nel prossimo futuro, continuando questa politica economica ondivaga. Anche il tema del contratto di espansione non è negativo: un'azienda che ha più di mille dipendenti può, in condizioni di modifiche tecnologiche e di rinnovamento dei processi, chiedere al Ministero dello sviluppo economico e alle organizzazioni sindacali, quindi ai lavoratori, l'attivazione di un contratto, di una nuova procedura, che permettano agevolazioni di accesso alla pensione, e in un secondo momento anche di riduzione dei tempi di lavoro. Guardate che non è una misura negativa, noi ci siamo astenuti.

A parte la confusione che ha regnato fra i relatori e il Governo su questa cosa, siamo passati da 84 a 60 mesi senza copertura e poi c'è un costo per il pubblico, noi ci siamo astenuti perché abbiamo visto sostanzialmente che ci sono alcuni punti da chiarire: la mancanza di affiancamento nella formazione professionale e il tema della trattamento pensionistico commisurato a quello che si dovrebbe avere, che non è chiaro.

Vado a concludere con tre spunti, uno che riguarda Alitalia. Su Alitalia abbiamo fatto un capolavoro, abbiamo deciso che il prestito non si rimborsa, il prestito andrà a valere sugli attivi dell'amministrazione straordinaria e, quindi, non sarà rimborsato, con tutto ciò che questo significa a Bruxelles, per il contenzioso che genera. Abbiamo deciso che questo prestito, le perdite si metteranno sulle bollette elettriche, perché i 650 milioni di copertura vengono dalla cassa conguagli servizi elettrici ambientali; abbiamo deciso che lo Stato entri in questa compagnia, che non ha un vero partner industriale, che non ha un piano industriale, che non ha una rotta e vola alla cieca, tre volte, come Ferrovie dello Stato, come Tesoro e, se entra Atlantia, come Cassa depositi e prestiti e, quindi, l'unica cosa certa, oggi, è che c'è un quarto rinvio nella scelta dei soci e non abbiamo nessuna idea vera di progetto industriale, ma solo che gli italiani, tramite le bollette, pagheranno tutto.

Vado a concludere, parlando - perché questo prima di concludere lo devo dire - dell'articolo 3- sexies, che riguarda il taglio delle tariffe INAIL, perché il taglio delle tariffe INAIL è stato prima sbandierato dalla maggioranza, come elemento di grande caratterizzazione di questa misura. Allora, io vorrei che l'Aula avesse contezza – e, con l'Aula, gli italiani – di cosa stiamo parlando, stiamo parlando di un intervento nella legge di bilancio che vale 410 milioni per il 2019, 525 milioni per il 2020, 600 milioni per il 2021, a valere sulle risorse che INAIL utilizza per le attività di prevenzione e protezione del lavoro, così ci capiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Dopodiché, col “decreto crescita”, cosa sempre importante, perché quando si riducono i costi alle imprese siamo sempre d'accordo, è come ridurli che non ci fa essere d'accordo, si fa una misura dal 2023 al 2031, quindi, a babbo morto, a Governo morto, 650 e 710 milioni circa l'anno, a seconda delle annualità in quel periodo; non si sa quale santo coprirà il 2022, ma questa è la grande misura di riduzione del costo del lavoro.

Però, se non parliamo di numeri non è che ci capiamo molto, eh. A parte che è sbagliata la copertura INAIL che riduce le attività di prevenzione e protezione e vi abbiamo chiesto, in Commissione, di cambiare anche quello che c'era in legge di bilancio, ma questa misura è risibile in sé, il cuneo fiscale sul lavoro vale alcune centinaia di miliardi. Noi le abbiamo fatte le misure di riduzione del costo del lavoro, con il secondo Governo Prodi, 7 miliardi per il 2008, e con il Governo Renzi, 10 miliardi con gli 80 euro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Allora, quando parliamo di queste cifre annue abbiamo un impatto, se parliamo di altre cose diciamo che si fanno delle misure positive, ma non sono il taglio del cuneo fiscale di grande dimensione, anche perché ve l'avevamo chiesto di farlo il taglio del cuneo fiscale. Quando con i 50 miliardi circa di reddito di cittadinanza e “quota 100” stavate discutendo, lo diceva prima il Ministro Padoan, dicendo che queste erano misure che non promuovevano la crescita, vi avevamo chiesto di dirottare quelle risorse o una parte di quelle risorse sul taglio del costo del lavoro, non l'avete voluto fare, adesso siete, per dire le cose, al “pochi, maledetti e subito”.

Ora, chiudo, Presidente. Questo “decreto crescita” non è che non ci soddisfa, è che è inutile, è inutile dal punto di vista della crescita vera; la collega Fregolent ci parlava di un bilancio di 400 milioni per questo tipo di misura. Quattrocento milioni sono il valore complessivo di questo intervento che dovrebbe sconvolgere, lo ripeto, sconvolgere, l'andamento economico del Paese, facendo ripartire la crescita in Italia; ciò ci dà l'esatta idea di quanto questo Governo sia fuori dalla realtà. Voi volete fare le nozze con i fichi secchi, ma, purtroppo, in genere, quelle nozze non riescono mai (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Alemanno, che non è presente in Aula. Allora, l'onorevole Moretto. Neanche lei è presente.

È iscritto a parlare l'onorevole Federico. Ne ha facoltà.

ANTONIO FEDERICO (M5S). Grazie, Presidente. In questo breve tempo citerò tre argomenti inseriti nel decreto crescita che rispecchiano l'essenza del MoVimento 5 Stelle: tutela delle piccole e medie imprese, salvaguardia dei beni comuni e la giustizia.

Piccole e medie imprese; cosa succede quando un colosso che si è aggiudicato una gara, nel momento di crisi, inizia a non pagare più le imprese minori a cui aveva affidato i subappalti? La crisi si estende a macchia d'olio per queste imprese, con ricadute drammatiche sul tessuto sociale ed economico. Questo è accaduto nel quadrilatero umbro-marchigiano con Astaldi e con i cantieri CMC in Sicilia. Oggi, invece, viene costituito il Fondo salva imprese, con 12 milioni di euro nel 2019 e 33,5 milioni per il 2020, specificatamente per le crisi avviate dopo il 1° gennaio 2018. In tutti questi casi, il Fondo pagherà fino al 70 per cento dei lavori già realizzati, salvando imprese e lavoratori della filiera dei lavori pubblici.

Lo Stato pone un argine allo strapotere delle turbolenze del mercato, mettendosi dalla parte delle piccole e medie imprese e dei loro lavoratori, vera forza economica trainante di questo Paese.

Salvaguardia dei beni comuni, dicevo; l'acqua pubblica è una nostra stella e, oggi, abbiamo tutelato gli acquedotti del Sud con l'articolo 24 che riguarda EIPLI, ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria, in Puglia, Lucania e Irpinia. EIPLI è un ente in crisi da quarant'anni, dal 2011 è stato avviato il processo di liquidazione che doveva concludersi con la creazione di una società per azioni, con possibilità di vendere a soggetti privati quote della stessa. Questo, oggi, non accadrà, perché nello statuto della nuova società, unico strumento possibile per poter dare continuità lavorativa e per eseguire le opere urgenti e necessarie, ci sarà scritto per obbligo di legge che nessuna quota potrà essere venduta a soggetti che non siano enti pubblici. Quindi, abbiamo creato uno strumento necessario per poter agire in quel settore, ma abbiamo mantenuto salda l'intera proprietà pubblica, perché “pubblico” non è sinonimo di “inefficienza” e la nostra idea di ridefinizione del settore idrico ha questo principio alla base.

Infine, giustizia, Ilva. Viviamo in un Paese in cui è stata pensata un'oscenità etico-giuridica, grazie alla quale i proprietari delle ex acciaierie Ilva godono dell'immunità parlamentare, sostanzialmente sono onnipotenti nei confronti dello Stato e delle sue leggi. Con questo decreto non esisterà più l'immunità penale per i proprietari dell'acciaieria, dal prossimo settembre; d'ora in poi, possiamo dire con più convinzione: la legge è uguale per tutti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Librandi. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO LIBRANDI (PD). Egregio Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, più che un “decreto crescita” questo provvedimento è ormai un “decreto omnibus”, un torpedone in cui la maggioranza ha scelto di inserire decine e decine di micro misure, spesso sconnesse tra loro e prive di una concreta visione generale per lo sviluppo del Paese. Finora, questo Governo ha prodotto la decrescita infelice del Paese, altro che decrescita felice.

Nel 2019 l'Italia, forse, crescerà dello 0,3 per cento, per usare le stime ottimistiche dell'Istat e di Bankitalia; nel 2020 non andrà molto meglio, la fiducia degli investitori verso l'Italia è ai minimi termini, continuiamo a bruciare miliardi di euro di maggiori interessi sul debito pubblico a causa di parole e azioni irresponsabili da parte di membri del Governo e della maggioranza.

Le misure finora adottate in materia di lavoro e pensioni hanno aumentato il costo dei contratti, hanno reso meno fluido il mercato del lavoro, mandato in pensione persone che non vengono sostituite e hanno sprecato miliardi di euro in un finto reddito di cittadinanza che non aiuta i veri poveri. Intanto, tra mega-concorsi per i navigator e problemi costituzionali con le regioni, viene rimandata a data da destinarsi una riforma concreta e profonda dei centri per l'impiego. A queste condizioni non sarà certo il “decreto crescita” a convincere un investitore nazionale o internazionale a scommettere sull'Italia. Se un imprenditore mette sul piatto della bilancia tutte le misure di questo “decreto crescita” e sull'altro piatto la possibilità che l'economia italiana sia invasa e intossicata da miliardi di patacche di Stato chiamate mini BOT, la sua decisione è purtroppo inesorabile: oggi non sceglie l'Italia.

Entro nel merito del provvedimento. Registriamo con soddisfazione che con questo decreto accettate e riproponete molte delle misure che, negli anni, i nostri Governi avevano messo in campo. Con la legge di bilancio 2019 avevate cancellato il super ammortamento: vi avevamo avvertiti che sarebbe stato un errore, così come gli imprenditori vi avevano avvertiti. Il piano “Industria 4.0” redatto dall'ex Ministro Calenda è e resta la base per un rilancio dell'innovazione tecnologica e della produttività delle nostre imprese: pensare di farne a meno è scellerato. Ora vi siete accorti del pasticcio e siete tornati indietro, ma la vostra incoerenza è sempre più palese.

Così come è palese la vostra ipocrisia in materia bancaria. Avete trascorso anni, occupando TV, web e giornali, a gridare allo scandalo dei soldi alle banche, a spargere sospetti contro il sistema bancario italiano e contro i Governi che, responsabilmente, hanno lavorato per il risanamento degli istituti di credito italiani più colpiti dalla lunga crisi. Lo abbiamo fatto per i cittadini italiani, lavoratori, risparmiatori e piccoli imprenditori: avete costruito un enorme castello di demagogia, che ora è crollato di fronte alla realtà. Con questo decreto voi state finanziando le banche del Mezzogiorno con miliardi di euro dei cittadini italiani. Noi non siamo contrari agli incentivi fiscali alle aggregazioni degli istituti finanziari più deboli né alla trasformazione delle banche popolari in società per azioni, contestiamo però che abbiate pensato di approvare una misura del genere alla chetichella e in modo parziale solo per il Sud e non per l'intero Paese. Dovevate essere trasparenti e avreste trovato da parte nostra collaborazione e disponibilità al dialogo per una misura sistemica e organica e, invece, avete fatto una misura parziale che rischia di creare squilibri tra banche e banche.

Questo “salva banche” si accompagna al “salva Roma”, al “salva comuni”, alle altre sanatorie che avete inserito in extremis nel provvedimento, allo scivolo pensionistico limitato solo ai dipendenti delle grandi imprese e non a quelle delle PMI. Siete stati il Governo del condono di Ischia, ora diventate il Governo del “salva banche” e del “salva Roma”. Dite di voler attrarre e far tornare i cervelli: l'unico incentivo reale sarà quello di qualche club di serie A, che porterà in Italia qualche calciatore straniero pagando meno tasse, peraltro rendendo più conveniente comprare calciatori dall'estero che i giovani campioni italiani, in barba al vostro motto “prima gli italiani”.

La vostra incoerenza vi porta a realizzare misure che, dietro le buone intenzioni, nascondono storture pericolose. Una misura che desta preoccupazione - lo dico anche da imprenditore - è come avete costruito il taglio dei premi INAIL: non c'è chiarezza sulle coperture e, dunque, non c'è sufficiente chiarezza sugli effetti di questa misura, sulle risorse a disposizione della sicurezza dei lavoratori. Ridurre il cuneo fiscale è fondamentale, ma non può essere fatto a scapito della sicurezza dei lavoratori: su questo terremo alta l'attenzione come non mai.

Concludo con una riflessione generale: finché noi non restituiremo dosi massicce di fiducia nel Paese non ci sarà, purtroppo, crescita stabile. Il vero “decreto crescita” di cui abbiamo bisogno è la fine dell'ambiguità rispetto alla nostra partecipazione all'euro ed è la fine di ogni tentativo di smantellare le riforme economiche e sociali che, con tanti sacrifici dei cittadini, l'Italia ha realizzato negli anni passati. Forse, il vero “decreto crescita” di cui abbiamo bisogno è la fine di un Governo incompetente, incoerente e miope: prima succede e prima l'economia italiana ripartirà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Alemanno. Ne ha facoltà.

MARIA SOAVE ALEMANNO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, questo decreto si chiama “crescita”: un sostantivo che ci dà una misura e che, quindi, rappresenta di per sé una cosa positiva, un incentivo per continuare a guardare avanti. Il testo che discutiamo oggi punta allo sviluppo, va nella direzione giusta: investire risorse sulla crescita e non su provvedimenti che, al di là dei contenuti, distribuiscono risorse invece di crearne. Lo stesso Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in un passaggio durante un suo intervento, ha rivolto un segnale chiaro su questi temi, sostenendo che “il Governo è un interlocutore che troverete sempre attento per favorire la crescita economica, per favorire le imprese, da intendere come comunità di donne e di uomini impegnati a perseguire uno sviluppo”. Lo riteniamo per questo, nelle intenzioni del Governo, un decreto con impostazione espansiva, che dovrebbe bilanciare la bassa crescita dell'Italia ed evitare una manovra correttiva dopo la presentazione del DEF.

Il decreto per la crescita è opportuno, perché il Paese sta attraversando una fase delicata. Alcuni istituti di ricerca hanno tagliato le stime di crescita del prodotto interno dei Paesi europei, confermando le difficoltà dell'intera economia europea. Proprio in questo quadro generale poco rassicurante, l'economia italiana è stata sottoposta a dure prove nell'ultimo decennio, non sono di certo io a doverlo ricordare. La soddisfazione per un primo passo fatto nella direzione giusta con questo testo non giustifica, però, facili entusiasmi: la situazione è d'emergenza e i rischi sono davvero elevati. Ecco perché la portata e l'intensità dei provvedimenti necessari deve essere adeguata agli obiettivi da raggiungere, senza se e senza ma.

Occorre dare una scossa all'economia, evitare peggioramenti della seconda industria manifatturiera d'Europa, che soffre di problemi cronici: la produttività stagnante, la mancanza di grandi gruppi con funzioni trainanti del sistema, la lentezza da parte della pubblica amministrazione, la scarsa legalità in alcune zone del Paese. In queste condizioni occorrono interventi determinati che, con competenza, permettano di cambiare una tendenza negativa, tale da mettere a rischio il tenore di vita della maggior parte degli italiani. Così sarà possibile ottenere risultati positivi sul fronte dello sviluppo dell'impresa e dell'occupazione, soprattutto giovanile.

Voglio soffermarmi su alcuni articoli in particolare per commentarli rapidamente. È stata introdotta una disposizione sulle ZES, che molto stanno a cuore a questa maggioranza di Governo. Questo nuovo assetto punta a rendere maggiormente attrattiva per le imprese la facoltà, già prevista dalla legislazione vigente, di insediamento con specifici programmi…

PRESIDENTE. Scusate, colleghi. Al dodicesimo tentativo di lasciar ascoltare il Governo... Prego, collega.

MARIA SOAVE ALEMANNO (M5S). È stata introdotta una disposizione sulle ZES, che molto stanno a cuore a questa maggioranza di Governo. Questo nuovo assetto punta a rendere maggiormente attrattiva per le imprese la facoltà, già prevista dalla legislazione vigente, di insediamento con specifici programmi di investimento nelle zone economiche speciali. A questo scopo, facendo seguito alle misure di rafforzamento delle ZES contenute nel “decreto semplificazioni” del 2019, si propone l'attivazione di un apposito strumento finanziario che favorisca investimenti diretti, in forma di debito o di capitale di rischio, che consenta l'attivazione di veicoli previsti dalla normativa europea. Ciò al fine di sfruttare maggiormente la capacità attrattiva di nuovi investimenti attraverso la rete portuale italiana ed attrarre e stimolare lo sviluppo di grandi investimenti nelle aree su cui insistono le ZES.

Inoltre, è stata inserita una modifica nell'articolo 29, sulla legge n. 181 del 1989, una legge che prevede incentivi per il rilancio delle aree colpite da crisi industriale o di settore. Finanzia iniziative imprenditoriali per rivitalizzare il sistema economico locale e creare nuova occupazione. Vengono messi a disposizione dei contributi che vanno a bando, tramite Invitalia, a favore degli imprenditori. La novità consiste nel fatto che il MISE, tramite appositi decreti, potrà garantire piena accessibilità agli interventi per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, gestendo successivamente i fondi avanzati e non assegnati a seguito della scadenza dei bandi. Il mio augurio è che questo strumento ci sarà utile per poter fare formazione professionale.

Concludo dicendo che l'obiettivo di questo decreto è stato introdurre nuove misure finalizzate al rilancio economico del Paese. Le opposizioni hanno detto che si poteva fare meglio, non pensando alla congiuntura economica e sociale particolare che vive il Paese e ai danni ereditati dai precedenti Governi. Quest'Aula negli ultimi mesi ha lavorato sodo e tanti sono stati i provvedimenti approvati nonostante tutto. Nonostante la politica a volte tenti di essere prevaricante, bisogna continuare a lavorare in una determinata direzione, quella di un'Italia che cambia e che cresce esattamente come il nome di questo decreto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanichelli. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Grazie, Presidente. Vedete, colleghi, il Paese è rimasto fermo per troppo tempo. Le statistiche di questo Paese, e parlo non solamente del fantomatico PIL, ma diverse statistiche sono sostanzialmente rimaste ferme per anni, dagli anni Novanta. Mi ricordo quando ero piccolo e vedevo nelle classifiche l'Italia rimanere molto spesso fanalino di coda per quanto riguarda le diverse caratteristiche, le diverse metriche con cui i Paesi vengono valutati nelle misure più virtuose. Allora sì, è rimasto fermo, mentre il resto del mondo non aspettava.

E quello che è mancato al Paese, soprattutto nei giovani, è la speranza, l'opportunità e il fatto di vivere in un Paese che desse una possibilità, desse una prospettiva ai giovani che molto spesso, troppo spesso, se ne sono andati dal Paese. Non ultime sono state le scelte dell'austerità imposte da Bruxelles e adottate dai Governi che ci hanno preceduto e che hanno portato i risultati che sappiamo tutti e che non sono stati nell'interesse dell'Italia; ma non è stata solamente colpa dell'austerità perché - lo sappiamo benissimo - il Paese è cresciuto di briciole dagli anni Novanta ad oggi.

Allora, probabilmente le scelte che sono state fatte non sono state le migliori: forse si è puntato su economie che sostanzialmente erano stagnanti con meccanismi che non hanno dato i risultati forse sperati.

Dunque, ciò che ha fatto il Governo nel primo anno è stato soprattutto mettere in sicurezza e pensare agli ultimi: l'abbiamo fatto con il reddito di cittadinanza che ha dato la possibilità e la sicurezza alle persone che non hanno un lavoro, facendo in modo di dare loro la possibilità di tornare ad avere un lavoro, alzando le pensioni minime, quindi mettendo sempre in sicurezza gli ultimi; un pensiero agli ultimi, perché anche le pensioni e i pensionati devono avere la possibilità di vivere in maniera un po' più dignitosa. Abbiamo dato una mano alle piccolissime imprese. Quanto abbiamo fatto con il primo intervento del Governo è stato dare una mano agli ultimi.

Ma ora è venuto il momento di crescere e, allora, con il decreto si sono riassunti tutti gli interventi: sono numerosi, forse non sono comunque abbastanza ma sono numerosi, sono tanti per far sì che il Paese torni ad avere una prospettiva oltre che a crescere, avere speranza, fare in modo che i giovani, il nostro futuro, tornino ad avere la possibilità di avere una visione in questo Paese.

Cos'è che ci caratterizza, cosa caratterizza il Paese? Lasciatemelo dire: per quanto mi riguarda, quello che caratterizza il Paese sono i cervelli. E, allora, ci tengo alla estensione della norma sul rientro dei cervelli di questo Paese che è stato finalmente semplificato ed esteso perché, se noi facciamo in modo che le nostre qualità e le nostre professionalità restino in questo Paese e qua possano continuare a progredire, a crescere e a sviluppare, esso ne beneficerà.

Questo si affianca all'altra norma che è presente sempre in questo decreto sul patent box, perché sappiamo che, se un brevetto viene sviluppato e rimane in Italia - perché è quello che vogliamo, cioè che i brevetti e le proprietà intellettuali che vengono sviluppati in Italia restino in Italia - rimangono in Italia anche i cervelli, rimangono in Italia anche i ricercatori e le professionalità che ci hanno lavorato. Altrimenti, arrivano le aziende estere e si portano via il brevetto e molto spesso si portano via anche i cervelli che ci hanno lavorato.

Il decreto è stato ulteriormente ampliato - non lo neghiamo - nella lunga discussione, aperta fra maggioranza e opposizione che c'è stata in Commissione, durante la quale molte cose sono state aggiunte. Ricordo le forme che aumentano gli investimenti nelle tecnologie emergenti, la blockchain, l'intelligenza artificiale, nella trasformazione digitale delle imprese in particolar modo quelle turistiche.

Infatti, l'altra cosa che abbiamo solo noi (e, forse, è stata troppo dimenticata negli anni passati) è il turismo perché il turismo, colleghi, è il nostro petrolio. Non le trivelle ma il turismo. Dunque, ben vengano le iniziative per la valorizzazione di quello che solo noi qua in Italia abbiamo che, oltre alle bellezze architettoniche che ci circondano, è il nostro made in Italy. Allora, nel decreto-legge è stato inserito fortunatamente il Fondo per la tutela dei marchi storici perché sappiamo che, quando arriva uno straniero in Italia, quello che vuole è vivere l'italianità e questa cosa va difesa perché per un miliardo di euro di made in Italy ce ne sono due di italian sounding ed è un problema per il nostro Paese che va al di là del PIL, che certo c'è, ma la contraffazione di ciò che è italiano è un danno enorme: al di là della mera economia significa nostre prospettive che vengono defraudate.

E, quindi, ben venga anche in questo senso la difesa per quelle piccole aziende: infatti, nel decreto-legge stanziamo 30 mila euro di tutele legali per le aziende che si trovano defraudate per quanto riguarda l'italian sounding, e noi vogliamo stare dalla parte di quelle imprese italiane che si devono difendere rispetto a questo fenomeno.

Poi, nel decreto-legge c'è molto altro che serve per il Paese. Quello che dicevo all'inizio è che forse nel passato si è puntato troppo su cose nuove che molto spesso non hanno portato i risultati sperati. Parlo proprio delle infrastrutture. Vengo da una zona, l'Emilia Romagna, che so che agli occhi del resto d'Italia sembra il fiore all'occhiello del Paese, ma in realtà molto spesso non è così. Da noi ci sono infrastrutture dei ponti sul Po che, ad esempio, sono state dimenticate. Ed ecco che allora nel decreto c'è un ulteriore aiuto agli enti locali per la manutenzione delle infrastrutture, c'è l'efficientamento energetico: sono 500 i milioni stanziati nel decreto per gli enti locali virtuosi che investono in efficientamento energetico e non solo: c'è una mano ai privati per l'efficientamento antisismico del Paese, perché sappiamo che siamo un Paese a rischio sismico ed è su questo che vogliamo che vadano gli investimenti. Non serve costruire il nuovo se il vecchio non è in sicurezza dal punto di vista sismico.

Non solo: andiamo avanti perché è prevista la deducibilità dell'IMU per i capannoni, per quei beni strumentali delle aziende, perché non è un bene di godimento il capannone di un'azienda, ma è un bene che serve per lavorare; allora, ben venga la deducibilità dell'IMU per i capannoni.

Non solo, allo stesso modo vanno avanti gli incentivi per il settore digitale che deve essere un volano per il nostro Paese e, soprattutto, per la conversione delle aziende nell'economia circolare perché, se ne è parlato tanto, ma bisogna investire in questo settore. Infatti, se non cambiamo e se non cominciamo ad avere veramente il polso e soprattutto l'azione di Governo rispetto ai cambiamenti climatici, che ricordo finalmente sono stati adottati in quest'ultimo anno dal nostro Paese (ricordo la “norma Fraccaro” ma anche incentivi per le aziende che si convertono in questo senso), allora non ci rendiamo conto di quello che sta avvenendo. Invece no, fortunatamente anche in questo caso con il decreto-legge in esame stiamo intervenendo.

Questo è il segno del cambiamento rispetto al passato: non fare provvedimenti solo per farli ma avere una visione politica di dove si vuole andare e questo decreto ce l'ha e ce l'ha chiara (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Chissà se riusciamo a costruire quella separazione dei poteri tra Parlamento e Governo, almeno in Aula.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1807-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice di minoranza rinunzia alla replica.

Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la V Commissione, deputato Raduzzi…Vuole parlare prima l'onorevole Centemero? Prego.

GIULIO CENTEMERO, Relatore per la maggioranza per la VI Commissione. Grazie, Presidente. Innanzitutto, è stato molto interessante ascoltare le osservazioni di tutti perché, come anche abbiamo dimostrato in Aula e in Commissione, sia sulla proposta di legge n. 1074 Ruocco, Gusmeroli, concernente le semplificazioni sia anche in Commissione discutendo relativamente al decreto-legge “crescita”, il confronto ha distillato un prodotto migliore di quello che era uscito come decreto da parte del Governo, che era già un prodotto buono, se me lo concedete.

Vorrei sottolineare alcuni punti, che nessuno ha evidenziato: non intendo quindi effettuare una replica relativamente alle critiche, che sono sicuramente costruttive e su cui possiamo basare i futuri interventi normativi sui vari temi toccati dal provvedimento. Vorrei sottolineare che nessuno ha evidenziato come l'MNA verrà stimolato in questo Paese con alcune delle norme contenute nel decreto-legge “crescita”. Ricordo un articolo di qualche anno fa su una rivista della Bocconi, dove si descriveva come sarebbe l'Italia se ci fossero mille società quotate. Certo qui non si parla di IPO, non si parla di quotazioni in Borsa, ma di sicuro l'MNA è il primo passaggio. Vi cito per esempio il bonus aggregazioni…

PRESIDENTE. Collega Centemero, mi scusi. Chiedo cortesemente… Capisco che ci possano essere problemi: un collega del Governo si alza, parla con i responsabili dei gruppi e li risolviamo tutti.

Onorevole Centemero, prego.

GIULIO CENTEMERO, Relatore per la maggioranza per la VI Commissione. Grazie, signor Presidente. Evidenziavo quindi quello che è il primo step nell'avere le public company, cioè nell'avere le società quotate e quindi un'economia ancora più trasparente, un'economia più competitiva, un'economia dove si può investire, dove si può crescere ancora di più a livello internazionale, attrarre investitori dall'estero. Il bonus aggregazioni, che riconosce fino a 5 milioni i disavanzi derivanti dalle aggregazioni, dalle altre operazioni straordinarie, quindi anche i conferimenti di aziende, i conferimenti di rami d'azienda; ecco, riconosce fino a 5 milioni di disavanzi dal punto di vista fiscale: questo è qualcosa che rimetterà in moto l'economia, che ci aiuterà a superare l'annoso problema che affligge la PMI italiana, e magari anche i passaggi generazionali, ecco che potrà vivacizzare gli attori di questo settore.

Il secondo provvedimento, quello che è stato chiamato “salva banche del Sud”, che in realtà non riguarda solo le banche: riguarda anche le società di altro tipo, quindi anche le società industriali. Pensiamo, ad esempio, alla filiera del settore aeronautico in provincia di Napoli, e pensiamo alla massa di differite attive contenute in quei bilanci che, per una finestra di 18 mesi, potrà essere utile per effettuare ulteriori operazioni straordinarie e far crescere il settore, far girare l'economia, dare più certezze occupazionali. Pensiamo anche alla modifica dell'articolo 177 del TUIR, che ha ridefinito il realizzo controllato nello scambio di partecipazioni, un'innovazione tributaria presente in altre geografie, non ancora presente in Italia, e anche questa ravviverà quasi su misura, sulla misura della PMI italiana e familiare, il settore in Italia. Quindi vivacizziamo l'MNA per capitalizzare le nostre società, per avere un'economia non solo più capitalizzata, ma più competitiva a livello internazionale, e magari spingere verso la quotazione e verso i mercati internazionali le nostre società.

Sottolineo, inoltre, che un grande passo è stato compiuto nel settore del fintech: con la costituzione del cosiddetto regulatory sandbox, qualcosa che esiste già, per esempio, nel Regno Unito, cosa che ha attratto anche delle fintech nostrane ad andare nel Regno Unito per crescere, perché la normativa qui era troppo rigida. È vero, siamo un Paese di civil law, non di common law, quindi la normativa segue meno la giurisprudenza e più i codici, e quindi è più difficile normare i nuovi processi; ed ecco che si è creata una sandbox, una scatola ove la norma viene pensata, controllata e implementata dai diretti interessati: Ivass, Consob. E se pensiamo a due aspetti: uno, che nel 2018 il fintech ha attratto, a livello mondiale, 31 miliardi di dollari di investimenti; e se pensiamo a un altro aspetto: quello che appunto tante società italiane, tante start up fintech italiane appena sono cresciute hanno dovuto volgere gli occhi altrove; ecco che ora, soprattutto di fronte a un'ipotesi di Brexit e di hard Brexit, non dobbiamo solo pensare a mettere in salvo – e la citavo prima, per esempio – la nostra Borsa, che è partecipata da una società inglese, e a tutelare i nostri mercati, non dobbiamo pensare solo ad attrarre… E sono contento che sia contenuto un ampliamento del rientro dei cervelli in questo decreto-legge, lo citava prima il collega Zanichelli. Dobbiamo anche pensare che con la Brexit tutte quelle società italiane che sono andate nel Regno Unito, per esempio, per crescere, potrebbero tornare qui; e dobbiamo anche pensare che tutte quelle società britanniche o di altri Paesi che non possono crescere dove sono nate verranno in Italia. Io la ringrazio, signor Presidente, e concludo il mio intervento (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

RAPHAEL RADUZZI, Relatore per la maggioranza per la V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAPHAEL RADUZZI, Relatore per la maggioranza per la V Commissione. Presidente, io chiederei, a lei e all'Aula, una sospensione di un'ora, per dei rilievi tecnici sul provvedimento (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ENRICO BORGHI (PD). Che motivi tecnici? Non esistono motivi tecnici!

PRESIDENTE. Signori… Signori… C'è una richiesta di sospensione, che, come d'uopo, verrà messa in votazione. C'è un intervento a favore e un intervento contro.

EMANUELE FIANO (PD). Voglio intervenire sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. C'è già un intervento richiestomi dal collega Baldelli, dopo le darò la parola. Siamo in una fase un po' anomala. Non ci sono problemi a far parlare… Non ci sono problemi a far parlare tutti i colleghi che lo ritengono. Onorevole Baldelli, vuole parlare o no?

EMANUELE FIANO (PD). Il relatore ci deve dire perché…

PRESIDENTE. No, onorevole Fiano. C'è una richiesta di sospensione: una richiesta di sospensione ha la sua procedura, richiede un intervento a favore ed uno contro; oppure, se il Presidente decide, e in questo caso io deciderò in favore, possono intervenire tutti i gruppi. Il relatore avrebbe fatto meglio a spiegare in cosa consiste questa richiesta di sospensione tecnica; ha ritenuto di non farlo, non sempre questo aiuta la nostra discussione.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente, intanto mi permetta di sottolineare la singolarità di una richiesta di questo genere, che è di natura procedurale, durante quella che tecnicamente è la replica di un relatore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), che secondo me, Presidente, la dice lunga anche sul rispetto delle procedure di questo Parlamento.

Sorvoliamo sulla motivazione: che cosa vuol dire per motivazioni tecniche? Allora, Presidente, qui mi spiace perché la situazione si ingarbuglia quotidianamente sempre di più e si passa dalla commedia alla tragedia e viceversa. Nella giornata di ieri, nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo a cui ella, Presidente, era presente, a cui era presente il Governo, a cui erano presenti anche i rappresentanti dei gruppi di maggioranza e di opposizione, il Presidente Fico ha preannunciato una lettera al Presidente del Consiglio Conte in cui richiamava il Governo ad intervenire e a darsi “una regolata”, perché il disordine con cui si portano avanti i lavori della Camera, i lavori in Commissione, e a questo punto aggiungo anche i lavori in Aula, è diventato ormai, Presidente, un disordine intollerabile.

Fino a quando abuserete della pazienza di questo Parlamento? Che cosa vuol dire motivazioni tecniche? Quali sono queste motivazioni tecniche? Sono motivazioni tecniche o sono motivazioni politiche? Sono due giorni che non si riesce a capire che cosa intendete fare con questo provvedimento, se dovete fare o non fare il rinvio in Commissione; l'unica cosa che si sa è che siete intenzionati a mettere la fiducia: la dodicesima fiducia, cioè, quindi, una al mese di media.

Ci avete abituati al monocameralismo a senso unico alternato, per cui questo provvedimento verrà esaminato sostanzialmente solo dalla Camera così come quello sullo sblocca cantieri era stato esaminato solo dal Senato e così via a ritroso per tutti i decreti che abbiamo visto esaminati in questo Parlamento, su cui ha diritto di presentare modifiche un solo ramo del Parlamento perché all'altro arrivano in limine mortis. Ma vi rendete conto o non vi rendete conto di come si lavora in questo Parlamento, non per colpa dell'ostruzionismo dell'opposizione ma per colpa dei ritardi, delle incongruenze e dei litigi interni - perché è di questo che stiamo parlando - alla maggioranza?

Presidente, noi abbiamo un'esigenza, che è quella di rispettare il concetto della programmazione dei nostri lavori. La programmazione dei nostri lavori significa che il calendario di quest'Aula e il metodo della programmazione che ci si dà, non sono subordinati alle esigenze politiche della maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico): questo è il concetto! Non siamo a vostra disposizione e il nostro tempo di eletti non è a disposizione dei vostri bisticci, dei vostri litigi, delle vostre incompetenze e delle vostre divisioni (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico): non so se questo concetto è chiaro!

La programmazione dei lavori significa che se la Camera decide che va in Aula il decreto nel giorno “x” la Commissione è tenuta a terminare i lavori e non invece che il Governo, siccome non è d'accordo ed è in ritardo sui pareri, fa slittare a suo piacimento quando crede e con comodo il provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico). Il rispetto della programmazione dei lavori è il rispetto del Parlamento e qui il rispetto del Parlamento non solo non ce l'ha il Governo, ma sembra essere un elemento pleonastico e quasi inutile anche rispetto ai gruppi di maggioranza.

Allora, noi voteremo contro su questa richiesta di sospensione, con la sottolineatura anche dell'indecenza con la quale non è stata motivata in questa Assemblea. Continuiamo così, procediamo comunque così a singhiozzo, senza motivazioni, senza sapere quello che succede, senza un minimo anche, come dire, di linearità e di correttezza, non solo nei rapporti tra Governo e Parlamento ma tra maggioranza e opposizione, che dovrebbero invece averli i rapporti, se non altro di rispetto anche quando il confronto è duro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). La ringrazio, Presidente. Temo di non condividere l'aspetto di critica alla forma che ha giustamente qui enunciato il collega Baldelli. Qui siamo di fronte a un problema politico e io non so dire al momento quanto grave, ma sicuramente politico e non formale. Il relatore, che ha minimizzato la necessità di aggiustamenti tecnici, ha dovuto far ciò perché non può dire la verità. Poche ore fa il Ministro Lezzi, a proposito del decreto-legge che abbiamo in discussione, ha così detto: “L'emendamento al decreto crescita che prevederebbe di trasferire dal mio dicastero alle regioni il Fondo sviluppo e coesione per la programmazione 2021-2027, verrà totalmente corretto attraverso il suo stralcio. Questo emendamento, che aveva anche il parere contrario della Ragioneria dello Stato e che non verrà mai votato dai parlamentari del sud del MoVimento 5 Stelle - hanno correnti regionali nel MoVimento - ha rappresentato un atto di totale scorrettezza. Chiunque lo abbia presentato, Lega o non Lega, dovrà chiedere scusa e dare delle spiegazioni”.

Presidente, il problema - e lo dico per il suo tramite ai colleghi della maggioranza - è che non c'è nessuna intenzione da parte di uno dei due partiti che sostengono il Governo di stralciare questo testo e dunque la maggioranza non ha potuto neanche chiederci di riportare il provvedimento in Commissione, perché non saprebbero politicamente come affrontare la questione in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), tra un Ministro del MoVimento 5 Stelle che si è accorta che i suoi colleghi di partito in Commissione hanno approvato quell'emendamento che toglie a lei miliardi e li passa alle regioni, e un partito, la Lega, che non ha nessuna intenzione di far cambiare quel testo.

Siamo di fronte a un problema politico grande come un palazzo e su questo problema, come giustamente ha ricordato il collega Baldelli, si piega l'andamento dei lavori della Camera.

Il problema, oggi, in queste ore, non è la forma, non è la questione per cui ci viene impedito di conoscere quale sarà l'andamento dei nostri lavori, non è il problema che ci viene impedito di discutere di questa questione nella sede propria, che è la Commissione o le Commissioni congiunte, bilancio e finanze, ma sono piuttosto le stanze ai piani alti di questo palazzo, dove si cerca di ridurre il conflitto profondo che interviene su questo punto, cioè su chi deve gestire quei soldi, se il Ministro Lezzi o le regioni, come hanno chiesto i colleghi della Lega con un emendamento.

Signor relatore e collega relatore, non è una questione - e lo dico per il tramite del Presidente - che lei risolve dicendo ai parlamentari di questa Repubblica, che hanno orecchie e occhi per vedere e leggono le agenzie, che c'è un problema tecnico: c'è un problema politico profondo tra voi di dissenso su questi soldi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

Avete un'opinione diametralmente opposta e c'è un Ministro di questo Governo, del vostro MoVimento, che chiede all'altro partito di stralciare questo tema e che l'altro partito non vuole stralciare. Un Governo sta in piedi se c'è accordo sulle questioni fondamentali e voi, alla vigilia di una riunione europea dove dovrete dire ai partner europei dove troverete i soldi per evitare la procedura d'infrazione, non siete capaci di dire a voi stessi chi gestirà i soldi per il Mezzogiorno di questo Paese: cosa andrete a raccontare all'Europa?

Quindi, siamo di fronte, Presidente, a una situazione molto grave, la più grave da quando è nato questo Governo e la sospensione che ci viene chiesta non è una sospensione per chiarire aspetti tecnici; questa sospensione si chiama crisi di Governo (Commenti dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier) e noi siamo fermamente contrari - noi siamo fermamente contrari! - che venga utilizzato il Parlamento per risolvere questioni che prima votate in Commissione e poi diventano il fatto scatenante di una crisi al vostro interno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Presidente, io voglio rimarcare che l'andamento dei lavori è da sempre una nota connotativa di questo Governo. Infatti, l'andamento dei lavori è stato inefficiente sin dall'inizio: siamo costretti a rincorrere i provvedimenti che, affastellati in settimane, non si riescono a evadere, soprattutto per le incompatibilità e per le incertezze della maggioranza, che è costretta a rivisitare più volte, anche una volta che sono stati licenziati dalle Commissioni, i provvedimenti che propone. Questo è un dato di fatto, non è una valutazione politica.

Mi fa particolarmente strano vedere questa cosa perché ieri, nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, i rilievi del Presidente Fico erano stati piuttosto chiari; mi pare che invece non siano stati capiti; non erano rilievi tecnici (neanche quelli si possono bollare come rilievi tecnici, poiché c'era molto di più). Per un provvedimento che voi stessi definite importantissimo sono state compresse molte delle prerogative delle minoranze, con lo stravolgimento ripetuto dei lavori. Noi sappiamo tutti che voi state per mettere la questione di fiducia per comprimere ulteriormente una discussione e ogni possibilità di emendare questo provvedimento di legge. Non contenti di questo, siamo rimasti appesi a un filo, ora per ora, per sapere come sarebbe stata condotta la gestione anche di questo. Allora, io mi permetto di fare un suggerimento e una riflessione: se non siete in grado di produrre un testo definitivo e organico, non portatelo in Aula e quando ve ne rendete conto rinviate il provvedimento perché, oltretutto, voi non state neppure richiedendo un rinvio in Commissione ma una generica ora di sospensione (veramente non sappiamo per fare che cosa). Se anche non volessimo credere ai rilievi del collega che mi ha preceduto, questo vale anche per il futuro perché se dopo un mese di rivisitazioni anche in Commissione prendete atto che non siete in grado di legiferare, questo non è un problema tecnico ma è un problema politico che si riproporrà ogni volta. Se questa maggioranza non è in grado se non di polemizzare quotidianamente, come può pensare di far perder tempo al Parlamento portando provvedimenti da rivedere ogni giorno?

E, allora, non solo dico che siamo contrari a questa richiesta di sospensione, ma che siamo favorevoli, invece, che finalmente si dimostri un minimo di rispetto non solo per il Parlamento, ma per i cittadini, cosa che obiettivamente, in modo evidente, voi non state facendo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Per esprimere il disagio che, peraltro, abbiamo già espresso nella sede della Conferenza dei presidenti di gruppo in cui il Presidente Fico, ieri, ha annunciato l'invio di una lettera al Presidente Conte per mettere in evidenza tutte le problematiche che questo decreto ha fatto emergere.

Si sta stravolgendo completamente il senso della costituzione del decreto, perché il problema non è un'ora più o un'ora meno di sospensione; il problema è che questo è il decreto, sono le dimensioni, la quantità di cose che avete aggiunto rispetto al decreto originale, trasformandolo in un omnibus assolutamente incostituzionale da questo punto di vista.

Credo che questa richiesta - non me ne voglia il relatore, di per sé un'ora non si nega a nessuno - venga alla fine di giornate in cui, sostanzialmente, il Governo sta ignorando non solo i diritti dell'opposizione, ma, secondo me, sta avendo nei confronti del Parlamento un atteggiamento francamente inaccettabile.

I colleghi che sono stati in Commissione ci hanno riferito di una continua riscrittura, di emendamenti del relatore, di controemendamenti; insomma, anche una tecnica legislativa che, da questo punto di vista, produce quello che sta producendo, cioè una situazione di stallo per cui oggi, adesso, ci viene chiesta un'ora di sospensione, che, francamente, è la dimostrazione di come, oltre ai problemi politici, ci sia un problema di rapporto tra Governo e Parlamento e rispetto del Parlamento.

Quindi, per il suo tramite, Presidente Rosato, le chiedo di informare il Presidente della Camera, perché questo si aggiunge a tutte le criticità che sono già state rilevate ieri in Conferenza dei presidenti di gruppo e, semmai ce n'era bisogno, dimostrano che questo Governo, in questa fase, non ha rispetto del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Onorevole Fornaro, il Presidente della Camera è costantemente informato.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta, presentata dal relatore, di sospensione della seduta di un'ora.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva per 141 voti di differenza.

Sospendiamo quindi la seduta, che riprenderà alle ore 19,25.

La seduta, sospesa alle 18,25, è ripresa alle 19,25.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Signor relatore, noi pendiamo dalle sue labbra.

RAPHAEL RADUZZI, Relatore per la maggioranza per la V Commissione. Grazie, Presidente. Allora, chiedo che il seguito dell'esame del provvedimento sia ulteriormente rinviato a domani mattina per poter verificare se sia necessario un rinvio del decreto alle Commissioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà. Su questa proposta sentiamo chi ritiene di intervenire, se siamo tutti d'accordo o se la mettiamo in votazione.

ENRICO BORGHI (PD). Signor Presidente, noi non siamo d'accordo. Noi abbiamo svolto una discussione sulle linee generali sottolineando quali erano i punti di debolezza di questo provvedimento e abbiamo acceduto ad una richiesta della maggioranza di arrivare in quest'Aula - lo ricordo alla luce anche delle richieste del relatore - con una espressa formalizzazione da parte del Governo, nella persona del Ministro dei rapporti con il Parlamento, onorevole Fraccaro, che ha annunciato ieri, nella Conferenza dei presidenti di gruppo, che il Governo su questo testo avrebbe posto la fiducia. Quindi, noi abbiamo acceduto ad una modifica del calendario ordinario su richiesta del Governo e su richiesta della maggioranza. Ora un pezzo della maggioranza si accorge che ha sbagliato, che ha commesso un errore, che ha fatto una cosa che non era prevista. Allora, giustizia vuole che questa cosa venga riconosciuta in quest'Aula e si dica di fronte a quest'Aula quello che oramai è il segreto di Pulcinella, che tutte le agenzie, che tutti i giornalisti, che Radio Radicale, che voi volevate chiudere, sta raccontando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), cioè che è in atto, come ha ricordato in precedenza l'onorevole Fiano, un evidente scontro all'interno della maggioranza che ci porta alle soglie di una crisi di Governo. Si potrebbe, per esempio, se non fosse impegnata a parlare con un componente di questo Parlamento, alzare la Viceministra o sottosegretaria Castelli e dirci i motivi per i quali lei ha dato il parere favorevole a questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) che il Ministro Lezzi dice che non deve essere assolutamente tradotto all'interno di questo provvedimento.

Lo voglio dire per chiarezza: non stiamo discutendo di quisquilie. Stiamo discutendo di un emendamento, presentato dalla maggioranza, con un parere favorevole del relatore di maggioranza, con un parere favorevole del Governo, che sottrae dalla competenza del Ministro del Sud i fondi europei per la programmazione tra il 2021 e il 2027, attribuendoli direttamente alle regioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non stiamo parlando di questioni banali o ordinarie: è di questo che si sta discutendo ed è di questo che il Paese deve sapere di che cosa si sta parlando. C'è uno scontro interno alla maggioranza molto profondo sul futuro delle politiche di investimento delle aree depresse e delle zone con minore capacità di sviluppo del nostro Paese e qui prima si viene a raccontare la favola che c'è una sospensione tecnica, che come abbiamo visto tecnica non è; poi si viene a dire che si chiede il rinvio a domani.

Noi ci saremmo attesi due strade, che sono le uniche due strade maestre, a meno di non conclamare un'evidente crisi di Governo dichiarata: o il Governo ha il coraggio di porre il voto di fiducia ora, in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), come il Ministro Fraccaro aveva annunciato, oppure, se avete paura di andare a casa perché non avete il coraggio di votare la fiducia al vostro Governo, il Parlamento, nella sua piena libertà, inizia la discussione e la votazione sugli emendamenti.

Non si capisce il motivo per il quale bisogna rinviare. Peraltro, non è neppure in scadenza imminente, quindi ci sono tutti i tempi, tutte le modalità e tutte le forme con le quali si può tranquillamente iniziare un percorso ordinario di esame del provvedimento. Diversamente, voi state semplicemente scappando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Commenti del deputato D'Alessandro)!

PRESIDENTE. Onorevole D'Alessandro, mi sembra che il collega Borghi sia stato abbastanza chiaro nelle sue richieste. Credo che sia opportuno dare la parola a un componente per ogni gruppo, per chi lo chiede. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Presidente, mi rivolgo per il suo tramite al relatore. Non è accettabile che a conclusione di questo iter faticosissimo si venga semplicemente a chiedere un rinvio a domani senza motivarlo: collega, non è accettabile! Il problema non è il rinvio, il problema è che pubblicamente, in maniera trasparente, voi dovete dire quali sono i nodi per i quali è necessario un rinvio. È il nodo riferito alla dichiarazione del Ministro Lezzi, quindi ai fondi di coesione, o è il comunicato stampa di ArcelorMittal su Taranto? Qual è? Sono tutti e due e nessuno dei due? Non potete scappare di fronte a una atteggiamento trasparente e rispettoso di quest'Aula! Lei ci deve dire quali sono i motivi per i quali, finito il lavoro di Commissione, approvato e dato il mandato al relatore, adesso, a fronte di nessuna discussione sugli emendamenti, perché abbiamo fatto solo la discussione generale, lei chiede un rinvio. Non potete scappare di fronte al Paese e di fronte a quest'Aula, per una questione innanzitutto di trasparenza, parola che in quest'Aula, nella scorsa legislatura, è risuonata spesso anche a sproposito (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lollobrigida. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Presidente, Anch'io mi unisco al coro di coloro che chiedono in quest'Aula di avere coscienza di ciò che sta avvenendo. Noi siamo stati infastiditi ieri - lo abbiamo esplicitato nella riunione dei capigruppo -, opponendoci alla deroga che avrebbe permesso al Presidente del Consiglio di venire oggi pomeriggio, perché questa maggioranza utilizza il metodo della fiducia e abusa di questo metodo, però ieri è stato fornito un calendario, è stato preso un impegno dal Ministro Fraccaro, che prevedeva la richiesta di fiducia questa sera. Noi avremmo chiesto di evitarlo e ancora oggi pensiamo che sia opportuno che si eviti di ricorrere alla fiducia, quindi saremmo ben lieti se si aprisse il dibattito sugli emendamenti perché ce ne sono tanti e di importanti, ma soprattutto perché se, come dicono le agenzie e come si dice in quest'Aula, qualcuno non si è accorto di che cosa stava votando, su un tema delicato come le politiche dello sviluppo del Sud, se una parte della maggioranza ha pregato un'altra parte della maggioranza, facendo passare un emendamento in tarda notte, allora, a maggior ragione, la discussione in quest'Aula dovrebbe essere completa. Questo è un decreto che è diventato un decreto omnibus, al cui interno c'è di tutto. Anzi, bisognerebbe che il Presidente della Repubblica richiamasse questo Governo all'abuso della decretazione d'urgenza. Oggi, noi, in una discussione d'Aula, probabilmente ci troveremmo ad avere altri emendamenti da poter approfondire, magari con altre questioni che in Commissione, visto lo svolgimento dei lavori, non si riescono a capire nella valenza che potrebbero avere. Allora noi invitiamo il relatore che ha chiesto il rinvio a fare due cose: o a chiedere e a proporre di continuare i lavori per approfondire le cose che non hanno capito i colleghi dei Cinque Stelle, in quanto, magari, sono di più le cose che non hanno in Commissione, mentre in quest'Aula, tutti insieme, potrebbero riuscire a capirle meglio, evitando che magari forze politiche più esperte, com'è sicuramente la Lega, gli facciano passare sotto il naso cose che poi ovviamente vanno ad incidere su processi gestionali di grande rilevanza e che possono mutare lo sviluppo di tante regioni, in particolare quelle regioni più deboli. In tal senso, quindi, si pone l'invito a continuare la discussione in quest'Aula questa sera, proprio per poter svolgere un'analisi emendamento per emendamento, per studiarceli insieme e verificarne la valenza; oppure, proporre di proseguire, come è stato chiesto, con il meccanismo della fiducia e verificare se esiste ancora una fiducia che la maggioranza possa vantare anche nell'Aula parlamentare.

Quindi ovviamente ci opponiamo, per quello che è possibile, a questa richiesta, e chiediamo che si continui a lavorare come vorremmo si potesse fare, nella serenità di forze politiche che si confrontano sui temi, che entrano nel dettaglio e comprendono, con il rispetto dovuto a questo Parlamento, quello che verrà contenuto in un decreto di questa rilevanza. Se non siete in grado di farlo, almeno abbiate la decenza di ammettere l'incapacità, l'improvvisazione con la quale vi siete trovati a svolgere questo ruolo che non vi è evidentemente proprio, perché è una delle prime volte che uno si trova ad avere parere favorevole del relatore, parere favorevole del rappresentante del Governo competente e poi, in Aula, ci si sveglia davvero e si scopre che invece si era votata una follia, perché così è stata descritta da chi sostiene la necessità di avere tempo per correggere l'errore. Quindi, noi ovviamente auspichiamo, per il rispetto di questo Parlamento, che si faccia luce su quanto è accaduto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Schullian. Ne ha facoltà.

MANFRED SCHULLIAN (MISTO-MIN.LING.). Presidente, intervengo a nome del gruppo Misto per condividere le perplessità già espresse dagli altri gruppi.

PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento, quindi passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di rinvio alla seduta di domani del punto all'ordine del giorno.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva per 181 voti di differenza.

EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Presidente, io vorrei rimarcare un punto su ciò che legittimamente – ovviamente - è appena accaduto, perché c'è stato un voto dell'Aula. I parlamentari di quest'Aula non sono ancora a conoscenza di che cosa accadrà di un provvedimento rispetto al quale vi è stato un voto regolare, attraverso vari passaggi, sugli emendamenti in Commissione,(in particolare a proposito di un emendamento votato dalla Commissione), perché qui, per adesso, come lei ha appena sancito, l'Aula ha votato una sospensione dei lavori. Siamo in una fase nella quale non nelle sedi preposte - quindi non nell'Aula e non nelle Commissioni riunite - si sta decidendo sul merito del provvedimento di legge, perché non abbiamo ancora saputo dai relatori se intendano rinviare il provvedimento in Commissione.

Ma non è un caso che il relatore non ci abbia detto se intenda rinviarlo in Commissione, perché il punto è quello, perché non c'è un accordo politico di maggioranza se rinviarlo in Commissione, perché sarebbe solo in Commissione che, a norma di Regolamento, eventualmente - al momento mi pare di sentire che non ci siano le condizioni -, il Governo o il relatore potrebbero proporre un emendamento che smentirebbe il voto libero che la Commissione ha dato su quel testo che prima ho richiamato con la dichiarazione della Lezzi.

Rimarco questo alla sua attenzione, che non ha bisogno di essere sollecitata da me, perché ne parli anche al Presidente, perché l'ordine dei lavori che stiamo seguendo è stato sancito dalla Conferenza dei capigruppo, e quell'ordine dei lavori era stato costruito sulla base del fatto che si intendeva permettere all'Aula su un decreto (l'ennesimo) non in scadenza e sul quale già è annunciata la fiducia, tutta la possibilità di discutere. Qui, si sta negando a quest'Aula la possibilità di discutere questo provvedimento; la sospensione non è un trasferimento ad altro organo, cioè alla Commissione, per porre eventuale rimedio, non so se ci arriverete, a quello che sta succedendo. Siamo in una condizione di sospensione del diritto dell'Aula parlamentare, Presidente, è un fatto molto grave, per ragioni meramente di disaccordo politico, su un fatto già votato.

Avrei capito - e ho concluso, Presidente - se qui e adesso ci avessero detto: “torniamo in Commissione e risolviamo il problema”, ma noi non siamo ancora a quello. Il che vuol dire che nelle prossime ore, in qualche stanza che non conosciamo, si cercherà di risolvere un problema, ma non nelle sedi preposte, non, come ha detto il collega Enrico Borghi, iniziando a votare qui gli emendamenti (quel problema sarebbe risolvibile votando gli emendamenti, perché si potrebbe proporre un emendamento in questa sede per risolverlo) e neanche in Commissione. Siamo in una totale sospensione dei nostri diritti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Marattin. Ne ha facoltà.

La pregherei di stare nel titolo, siamo sull'ordine dei lavori.

LUIGI MARATTIN (PD). Presidente, solo per ricordare a chi non era presente in Commissione bilancio lunedì sera che, in quei minuti in cui si votava quell'emendamento - o, meglio, in cui la maggioranza ha votato quell'emendamento -, da circa un'ora e mezza, per richiesta, devo darne atto, del gruppo di Forza Italia, che, una volta, era seduto lì, e a cui noi ci siamo associati, si chiedeva insistentemente al Ministro Lezzi di essere presente in Commissione, a onore del vero per discutere un emendamento analogo sul recepimento dell'accordo fra Stato e regione Sicilia, e per più di un'ora e mezza il Ministro Lezzi, anche contattata - c'è stato un piccolo giallo sul fatto se nei giorni precedenti il presidente Claudio Borghi avesse o meno trasmesso la richiesta, insomma, fatto sta che il Ministro Lezzi era a conoscenza di questa richiesta della Commissione - non ha potuto o, comunque, ritenuto opportuno presentarsi in aula.

Quindi, oltre al problema di come il Governo abbia potuto dare parere favorevole a un emendamento che, in modo così marcato, nella giornata di oggi parte del Governo ha disconosciuto, c'è l'ulteriore problema che la Commissione stava chiedendo da un'ora e mezza la presenza in Commissione del Ministro Lezzi. Quindi, la situazione rischia di trascendere in una commedia davvero poco edificante per quest'Aula e per l'immagine che diamo all'esterno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Ferro. Ne ha facoltà.

Immagino che la collega farà uno sforzo per stare sull'ordine dei lavori. Vediamo se il risultato sarà migliore.

WANDA FERRO (FDI). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori però, insomma, devo sottolineare, a distanza di oltre un anno, questa conduzione dei lavori schizofrenici che si ripete puntualmente; da martedì siamo arrivati ad oggi, con un impegno preso all'interno della Conferenza dei capigruppo, ancora una volta, direi, disatteso e che lascia un po' intravedere, secondo me, quell'arroganza tipica di chi ritiene probabilmente che con la forza dei numeri si vada avanti. Viene fuori quello che è stato sottolineato dai colleghi che mi hanno preceduto: un'incompatibilità di fondo tra chi ha siglato questo contratto di Governo e, siccome ci si è anche allineati rispetto ad alcune posizioni da parte di coloro che parlano di privilegi, io credo di dover sottolineare oggi che il vero privilegio è quando si sta in Aula da due giorni senza produrre nulla! E allora l'impegno dovrebbe essere quello di far ritornare un po' di pudore alla politica, quel pudore che possa consentire di lavorare e di dare risposte, ma soprattutto anche di spiegarci perché non si ritorna in Commissione se si metterà quella fiducia che soprattutto i pentastellati, quando governavano altri, in qualche modo hanno sempre contestato.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Proseguirei con gli interventi di fine seduta. Il primo che ha chiesto di parlare è l'onorevole Fatuzzo, che non è presente in Aula; s'intende che vi abbia rinunziato, purtroppo.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Signor Presidente, una nuova aggressione a Roma, ancora una volta di notte, ancora una volta ai danni dei ragazzi del cinema America, questa volta, però, contro una ragazza, aggredita e minacciata a Trastevere, come già i quattro ragazzi insultati e pestati sabato scorso perché indossavano una maglietta coi colori della libertà, del confronto e della democrazia.

A tutti la solidarietà del Partito Democratico e, credo di poter dire, di quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), l'indignazione di una città sfibrata e stufa di questa livida violenza, del degrado che la sta divorando giorno dopo giorno, della mancanza di sicurezza nella quale galleggia, torpida, sonnambula.

Ma queste aggressioni, signor Presidente, non sono una casualità statistica, non sono il prezzo da pagare a una città abbandonata a se stessa dalla peggiore amministrazione che si ricordi dai tempi di Numa Pompilio; sono violenze mirate, con un obiettivo chiaro, quello di intimidire e mettere il bavaglio all'esperienza del cinema America, alla sua capacità di aggregare e far circolare idee, ossigeno per Roma.

E, allora, se così è e ci sono indagini in corso, è necessario e urgente che il Ministero dell'interno, più che preoccuparsi della indebita rimozione di striscioni, assicuri sicurezza in questa città e protezione a chi è fatto oggetto delle attenzioni di questi violenti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali). A Roma e non solo a Roma, purtroppo, il fascismo ha rialzato la testa, complici connivenze, sottovalutazioni, compiacenza e tolleranza. Non lo possiamo accettare e non tollereremo che Roma scivoli sempre più in questa nera gora di intolleranza.

Il Governo e il Campidoglio diano un segno di vita e sappiano che questa città è antifascista e che nessuno conti sulla ignavia dell'Esecutivo e dell'amministrazione per farci tornare indietro (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Russo, che non è presente in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Oggi, è il 19 giugno, tra un mese sarà…

PRESIDENTE. Colleghi… Mi scusi, onorevole Varchi, lei vuole fare una commemorazione e io pretendo il silenzio nell'Aula. Colleghi, colleghi… Pretendo il silenzio nell'Aula.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Presidente, oggi è il 19 giugno, tra un mese sarà un altro 19 luglio, il ventisettesimo anno senza verità. Però, questa volta, c'è una sentenza, una sentenza che parla di omissioni, di bugie, di irregolarità, di depistaggi; depistaggi odiosi perché ai danni di un uomo dello Stato, del giudice Paolo Borsellino (Applausi), che, con gli uomini della sua scorta, ha perso la vita il 19 luglio del 1992 a Palermo, in via D'Amelio.

Dopo ventisette anni ancora non si conosce la verità compiuta su quella strage, su chi la ordinò, su chi la realizzò.

Si parla di depistaggio e, allora, io credo e noi crediamo, come gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia, che la politica, le istituzioni e lo Stato abbiano una responsabilità precisa: adoperarsi per scoprire la verità.

Noi abbiamo depositato una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta che abbia pieni poteri per cercare e trovare la verità su quell'orribile pagina della storia d'Italia. Manca un mese, io mi auguro che, di qui al 19 luglio, tutti i gruppi, tutti i parlamentari che il 19 luglio si adopereranno per ricordare doverosamente il giudice Borsellino, ritengano di dover sostenere questa proposta.

Mi auguro che diventi presto legge, mi auguro che questa Commissione d'inchiesta si possa insediare quanto prima. Lo dobbiamo alle famiglie delle vittime, lo dobbiamo ai siciliani, lo dobbiamo a tutti gli italiani onesti, perché ricordiamo che non ci può essere giustizia senza verità e quella verità la attendiamo da troppi anni (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gribaudo. Ne ha facoltà, per un minuto.

CHIARA GRIBAUDO (PD). Presidente, vorrei portare all'attenzione di quest'Aula la storia di un ragazzo di 17 anni appena compiuti, si chiama Eduard Timbretti ed è nato a Cuneo, in Piemonte. Fin da piccolo ha coltivato la passione per il nuoto, in modo particolare per i tuffi e, da allora, è diventato un campione nazionale. Il suo primo titolo lo ha guadagnato all'età di 10 anni, ha 16 riconoscimenti, 16 medaglie, ma al momento ancora non lo troverete tra le medaglie d'oro, e questo sa perché, Presidente? Perché lui non è cittadino italiano. E' nato in Italia, è cresciuto in Italia, ha frequentato e sta frequentando con successo le scuole italiane e potrebbe gareggiare agli europei che sono convocati nei prossimi giorni, ma la richiesta di cittadinanza è ferma da oltre un anno.

Allora, visto che ho poco tempo a mia disposizione, Presidente, colgo questi pochi minuti, anzi, questi pochi secondi a mia disposizione, per chiedere a lei di farsi da tramite nei confronti del Governo per accelerare una pratica importante.

Eduard sogna di poter portare sul podio e poter essere fotografato su quel podio con il tricolore italiano. Lo chiedo, quindi, facendo appello a lei e al Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

Il dirigente scolastico di Eduard ha scritto una lettera al Presidente: mi associo a quell'appello perché non può essere che la burocrazia fermi il sogno di Eduard e di tanti ragazzi nati in Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH (PD). Grazie, Presidente. Volevo riportare l'attenzione in quest'Aula e nel Governo su un'opera pubblica: pochi giorni fa abbiamo approvato lo “sblocca-cantieri”; c'è una grande opera per il mio territorio, il collegamento sciistico Padola-Sesto, che è bloccato da anni per motivi burocratici; un'opera completamente finanziata, un'opera che è diventata un simbolo per la Valle del Comelico. Pensate che il 1° giugno una grande manifestazione ha visto più di tremila persone in una valle che, tutta insieme, ne conta poco più di settemila. Vuol dire che l'attenzione della popolazione è tutta per questa opera che, come dicevo, è completamente finanziata ma, ahimè, da troppi anni è bloccata dentro l'iter burocratico.

Abbiamo approvato lo “sblocca-cantieri”: qui c'è un'opera che viene vissuta dal territorio come un momento di rinascita, come una possibilità di sviluppo. Credo che l'attenzione del Governo rispetto alle esigenze del territorio debba essere un'attenzione massima. Dentro quella manifestazione c'è anche la speranza di un territorio, di avere una possibilità di sviluppo, di bloccare una vera piaga che si chiama spopolamento di quelle valli, ma bloccarla proprio tramite il lavoro e lo sviluppo turistico delle nostre valli.

Per tale ragione, con questo mio intervento, voglio porre all'attenzione il superamento delle perplessità burocratiche della sovrintendenza rispetto a quest'opera pubblica ma soprattutto il buon senso dell'amministrazione pubblica tutta, da quella centrale a quella regionale fino a quella locale, per superare problemi e dare speranza a quei territori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rotta. Ne ha facoltà.

ALESSIA ROTTA (PD). Grazie, Presidente. Intervengo per denunciare in quest'Aula, che dovrebbe essere custode delle nostre leggi e soprattutto della Costituzione e quindi delle libertà costituzionali, tra cui la libertà di parola evidentemente così come la libertà di stampa, che cosa sta accadendo a Verona.

Paolo Berizzi è un giornalista e uno scrittore impegnato; è un giornalista sotto scorta per le minacce che continua a ricevere dall'estrema destra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ha scritto un libro importante per noi e per la cultura italiana che si intitola NazItalia: ebbene, pare che a Verona il libro non debba essere presentato, non si possa parlare di alcuni libri e c'è non solo l'estrema destra veronese, Forza Nuova naturalmente, ma persino il vicepresidente della Commissione cultura, tal consigliere Bacciga, che ha chiesto, attraverso una petizione pubblica, di non presentarlo.

Ebbene, lo stesso che ha fatto sì che nelle biblioteche veronesi ci fossero libri, fossero ordinati e comprati libri che parlano del nazismo, vuole rifiutare quello. Ritengo che sia una deriva molto pericolosa impedire la libera espressione nel nostro Paese e impedire la presentazione di libri perché ricorda epoche molto lontane dove si bruciavano sul rogo i libri sgraditi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 20 giugno 2019 - Ore 9:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi. (C. 1807-A)

Relatori: RADUZZI (per la V Commissione) e CENTEMERO (per la VI Commissione), per la maggioranza; FREGOLENT, di minoranza.

La seduta termina alle 19,55.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: RAPHAEL RADUZZI (A.C. 1807-A)

RAPHAEL RADUZZI, Relatore per la maggioranza per la V Commissione. (Relazione – A.C. 1807-A). Misure per il rilancio degli investimenti privati. Per quanto concerne le misure per il rilancio degli investimenti privati, si istituisce, nell'ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, una sezione speciale destinata alla concessione di garanzie a copertura di finanziamenti finalizzati per almeno il 60 per cento a investimenti in beni materiali.

Per sostenere lo sviluppo di canali alternativi di finanziamento delle imprese, si consente un intervento in garanzia del medesimo Fondo di garanzia PMI in favore dei soggetti che finanziano progetti tramite piattaforme di "social lending" e di "crowdfunding".

Quanto alla definizione di "social lending", nel corso dell'esame in sede referente, è stata introdotta la precisazione che, tra i potenziali finanziatori, sono inclusi gli investitori istituzionali.

In sede referente, è stato innalzato fino a 5 milioni di euro l'importo massimo garantibile dal Fondo di garanzia PMI sulle operazioni di sottoscrizione dei cosiddetti “mini bond”, per singolo soggetto beneficiario finale.

Si rifinanzia il Fondo di garanzia per la prima casa, si aumenta il finanziamento per la cosiddetta "Nuova Sabatini", si concedono finanziamenti agevolati e contributi diretti alle imprese e ai centri di ricerca a sostegno di progetti di ricerca e sviluppo finalizzati ad un uso più efficiente e sostenibile delle risorse nell'ambito dell'economia circolare, si interviene in materia di incentivi per la nuova imprenditorialità, di revisione della disciplina attuativa per le aree di crisi industriale e le start-up innovative, nonché di concessione di agevolazioni finanziarie per i processi di trasformazione tecnologica e digitale; si concedono ai comuni contributi per la realizzazione di progetti di efficienza energetica e di sviluppo territoriale sostenibile.

Inoltre, nel corso dell'esame in sede referente: sono state introdotte specifiche condizioni di accesso per le imprese del settore edile alla Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI istituita per le imprese titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche amministrazioni e in difficoltà nella restituzione di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari; si è disposto l'ampliamento della platea delle imprese beneficiarie dei finanziamenti agevolati erogati a valere sul Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti anche ai professionisti; sono state introdotte talune misure dirette alla riorganizzazione ed estensione degli interventi volti a favorire l'internazionalizzazione delle imprese; sono previste misure agevolative, sotto forma di abbuoni sui prezzi e di credito d'imposta, per incoraggiare l'aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili o avviati al riciclo immessi sul mercato nonché benefici finanziari e fiscali, sotto forma di crediti d'imposta per l'acquisto di prodotti da riciclo e da riuso.

Ulteriori misure per la crescita.

Sono aumentate le facoltà assunzionali delle Regioni a statuto ordinario e dei Comuni virtuosi; il MEF viene autorizzato a sottoscrivere quote del capitale della NewCoNuova Alitalia; è trasferita a Roma capitale la titolarità dei crediti e del piano di estinzione dei debiti della Gestione commissariale del Comune di Roma; si amplia la platea di lavoratori, occupati in imprese operanti in aree di crisi industriale complessa, ai quali può essere concesso il trattamento di mobilità in deroga; sono modificate le disposizioni relative agli obblighi di trasparenza posti in capo ai partiti e ai movimenti politici, nonché alle fondazioni, associazioni e comitati agli stessi equiparati; si interviene precisando la disciplina sulla trasparenza delle erogazioni pubbliche; si proroga al 30 maggio 2019 il termine entro il quale le regioni devono rideterminare la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere.

Nel corso dell'esame in sede referente sono state introdotte le seguenti ulteriori misure: l'estensione dell'incentivo per la rottamazione anche all'acquisto di ciclomotori e motoveicoli, sia elettrici che ibridi, di tutte le categorie L a prescindere dalla potenza; l'individuazione dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni cui è possibile accedere anche mediante le piattaforme di Poste italiane Spa; l'istituzione, presso il MISE, di una Piattaforma telematica denominata «Incentivi.gov» per il sostegno della politica industriale e della competitività del Paese, cui le Amministrazioni Pubbliche centrali e locali comunicano le misure di sostegno destinate al tessuto produttivo di cui è obbligatoria la pubblicazione; l'estensione dell'ambito operativo del Fondo rotativo per operazioni di venture capital a tutti i Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, i cui interventi possono consistere, oltre che nell'acquisizione di quote di partecipazione al capitale di società estere, anche nella sottoscrizione di strumenti finanziari o partecipativi, incluso il finanziamento soci; l'ampliamento dell'intervento da parte di SIMEST nel capitale sociale di imprese costituite o da costituire nei Paesi dell'area balcanica; elevando dal 40 al 49 per cento la percentuale massima del capitale o fondo sociale delle società o imprese che può essere acquisita attraverso l'intervento del Fondo e sopprimendo il limite di un miliardo di lire (516.456 euro) previsto per ciascun intervento; misure per il sostegno dell'editoria e delle imprese private nel settore radiofonico (Radio Radicale); modifiche alle modalità di ricognizione da parte di Cassa depositi e prestiti delle risorse non utilizzate del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) destinate alle finalità perseguite dal Fondo crescita sostenibile, tra le quali rientrano le attività di ricerca e sviluppo delle imprese; numerosi contributi agli enti locali, tra cui i comuni capoluogo, Campione d'Italia, Alessandria, e altri; il recepimento dell'Accordo con la regione siciliana e alcune norme sulle Regioni a statuto speciale; misure in materia di agevolazioni pensionistiche per i lavoratori esposti all'amianto; numerose misure a sostegno del lavoro e dell'occupazione, tra cui gli incentivi per le assunzioni nel Mezzogiorno e l'istituto del contratto di espansione per imprese con particolari caratteristiche impegnate in processi di reindustrializzazione e riorganizzazione, mediante il quale è possibile, tra l'altro, programmare nel tempo un piano di assunzioni con il numero e il profilo professionale dei lavoratori da assumere e il numero dei lavoratori che possono accedere a certe condizioni alla pensione di vecchiaia o anticipata sulla base di un regime agevolato; si affida all'Enit-Agenzia nazionale del turismo il compito di promuovere i servizi turistici e culturali e favorire la commercializzazione di prodotti enogastronomici, tipici e artigianali in Italia e all'estero, anche attraverso un portale dedicato già esistente e la realizzazione e gestione di apposita carta, su supporto cartaceo o digitale, per acquistare beni e servizi per la fruizione di servizi pubblici di trasporto, dei luoghi della cultura, dei parchi divertimento e degli spettacoli viaggianti, nonché di disporre di agevolazioni per l'acquisto di servizi e prodotti enogastronomici a seguito di apposite convenzioni stipulate a livello locale con soggetti pubblici e privati.

Tutela del Made in Italy.

Specifiche misure sono state introdotte a tutela dei “marchi storici di interesse nazionale”, anche con l'istituzione di un apposito Fondo per interventi nel capitale di rischio in imprese titolari o licenziatarie di un marchio storico, o comunque, secondo la precisazione introdotta in sede referente, in possesso dei requisiti per l'iscrizione del proprio marchio come marchio storico, che intendano chiudere o delocalizzare.

Ulteriori norme sono state introdotte poi a tutela dei prodotti colpiti dal fenomeno dell'Italian sounding.

Nel corso dell'esame in sede referente è stata poi introdotta una disciplina per le condizioni di utilizzo dell'emblema dello Stato in congiunzione con la dizione Made in Italy a tutela dei beni prodotti sul territorio nazionale.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 la deputata Benedetti ha segnalato che si è erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto votare a favore;

nella votazione n. 5 il deputato D'Ambrosio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ris. Fornaro n. 6-75 506 505 1 253 11 494 55 Resp.
2 Nominale Ris. Molinari e D'Uva n. 6-76 n.f. rif. 508 475 33 238 287 188 55 Appr.
3 Nominale Ris. Gelmini, Lupi e a. n. 6-77 508 478 30 240 83 395 55 Resp.
4 Nominale Ris. De Luca e a. n. 6-78 510 504 6 253 95 409 55 Resp.
5 Nominale Ris. Lollobrigida e a. n. 6-79 508 425 83 213 30 395 55 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.