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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 186 di venerdì 7 giugno 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 4 giugno 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bazzaro, Cancelleri, Liuni e Scagliusi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza per assicurare l'osservanza del decreto ministeriale n. 70 del 2015 nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera siciliana, con particolare riferimento all'ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo - n. 2-00337)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Martinciglio ed altri n. 2-00337 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Martinciglio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VITA MARTINCIGLIO (M5S). Grazie Presidente, si rappresenta che nella regione siciliana l'attuale assessore regionale alla Salute sta procedendo alla chiusura e alla riconversione di strutture complesse in strutture semplici e/o semplici dipartimentali in ambito ospedaliero, ad avviso degli interpellanti difformemente da quanto previsto dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, il cosiddetto “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”. Il predetto assessore ha indicato il presidio ospedaliero “Abele Ajello” di Mazara del Vallo quale dipartimento di emergenza, urgenza e accettazione (Dea) di I livello, ai sensi del citato decreto ministeriale n. 70.

L'allegato 1, punto 2.3 del decreto ministeriale stabilisce che i presidi ospedalieri di I livello, con bacino di utenza compreso tra 150 mila e 300 mila abitanti, sono strutture sede di Dipartimenti di emergenza e accettazione di I livello, dotate delle seguenti specialità: medicina interna, chirurgia generale, anestesia e rianimazione, ortopedia e traumatologia, ostetricia e ginecologia (se prevista, tenendo conto del numero di parti all'anno), pediatria, cardiologia con unità di terapia intensiva cardiologica, neurologia, psichiatria, oncologia, oculistica, odontoiatria, urologia, con servizio medico di guardia attivo e/o di reperibilità, oppure in rete per le patologie che la prevedono. Devono essere presenti o disponibili in rete h 24 i servizi di radiologia, almeno con tomografia assiale computerizzata (la cosiddetta TAC), ed ecografia, laboratorio, servizio immunotrasfusionale. Per le patologie complesse, quali traumi e patologie cardiovascolari, devono essere previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso i centri di II livello. Devono essere dotati inoltre di letti di “osservazione breve intensiva” e di letti per la terapia subintensiva, anche a carattere multidisciplinare. Nonostante il presidio ospedaliero in esame sia stato classificato come Dea di I livello, di recente sono stati declassati a semplici le unità operative complesse di chirurgia e cardiologia e sarebbe stata disposta la prossima chiusura del punto nascita.

Dall'analisi della nuova rete ospedaliera siciliana, emerge che tutti i presidi ospedalieri etichettati come Dea di I livello sono dotati di un'unità operativa complessa cardiologica, ad eccezione appunto dell'ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo, unico Dea di I livello ad avere una struttura semplice di chirurgia generale e di cardiologia. Le prestazioni erogate dall'unità operativa complessa di chirurgia generale del presidio ospedaliero di Mazara del Vallo hanno consentito di eseguire nell'ultimo anno oltre mille interventi chirurgici, di cui gran parte di chirurgia oncologica a media ed elevata complessità, che rendono il reparto un'eccellenza nel panorama della sanità siciliana. L'ospedale di Mazara del Vallo è una delle strutture ospedaliere più moderne ed efficienti dell'intero panorama siciliano, grazie a un investimento negli ultimi anni di oltre 30 milioni di euro, spesi prima della sua riapertura al pubblico. Con il decreto amministrativo n. 629 del 31 marzo 2017 e successive modificazioni e integrazioni, emanato dal precedente assessore alla sanità, dottor Baldassare Gucciardi, era stato approvato il documento di riordino, comprensivo di documento metodologico, relative tabelle di sintesi e cronoprogramma per gli interventi per la riconduzione delle strutture complesse entro i parametri e gli standard stabiliti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015.

Il cronoprogramma per la riorganizzazione della rete ospedaliera della regione siciliana prevede la rifunzionalizzazione delle direzioni sanitarie di presidio, tra cui quelle del presidio ospedaliero di Mazara del Vallo, al momento dell'approvazione definitiva della rete ospedaliera. La nota prot. n. 59441 del 1° agosto 2018, avente ad oggetto il « rispetto del cronoprogramma per la riorganizzazione della rete ospedaliera della regione siciliana inviato dall'Assessorato della Salute - Dipartimento regionale per la pianificazione strategica – Servizio 4 “Programmazione ospedaliera”, ha invitato “a riconvertire le strutture complesse indicate nell'allegato alla stessa nota, in Strutture Semplici e/o Semplici dipartimentali e/o da chiudere entro e non oltre il 15 agosto 2018”, secondo gli interpellanti contrariamente a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 70».

Tutto quanto premesso, non si comprende la ratio sottesa alla decisione di impoverire la realtà mazarese, invece di potenziarne i reparti, che ne rappresentano un'eccellenza, che inorgoglisce l'intera regione siciliana. Per cui si interpella il Ministro, il sottosegretario, affinché sia a conoscenza della situazione descritta e si chiede quali iniziative ritenga opportuno intraprendere, per quanto di competenza, per assicurare l'effettiva e corretta osservanza del decreto ministeriale n. 70 del 2015, allegato 2.3, e garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza sanitaria.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente.

Preliminarmente, devo ricordare che la regione siciliana, con la DGR n. 329 del 2018, recante: “Riorganizzazione della rete ospedaliera ai sensi del D.M. 2 aprile 2015 n. 70”, ha revisionato la precedente programmazione adottata con decreto assessorile n. 629/2017 e, in data 5 novembre 2018, ha trasmesso il nuovo provvedimento di riorganizzazione del Sistema di rete dell'emergenza­urgenza.

Tale documentazione è stata discussa nella riunione del Tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del D.M. n. 70 del 2015 in data 14 novembre 2018. In esito alla valutazione, è stato richiesto alla regione di approvare formalmente il documento di programmazione regionale e di recepire le indicazioni riportate nel parere del Tavolo del DM n. 70 del 2015. La Regione, in data 11 gennaio 2019 ha, pertanto, adottato il decreto assessorile n. 22: "Adeguamento della rete ospedaliera al D.M. 2 aprile 2015, n. 70", il quale - lo dico subito - è attualmente in fase di monitoraggio.

Con riferimento all'oggetto specifico dell'interpellanza, confermo che il presidio ospedaliero "Abele Ajello” di Mazara del Vallo, compreso nel bacino territoriale “3 - Palermo e Trapani”, è stato classificato come Dea di I livello, svolgendo, inoltre, il ruolo di centro traumatologico di zona nell'ambito della rete tempo dipendente trauma e di spoke nell'ambito della rete IMA (infarto miocardico acuto).

Fatta questa premessa, va chiarito che - con particolare riferimento alla questione, posta nell'interpellanza, della identificazione delle strutture semplici e complesse - il D.M. n. 70 fornisce la configurazione degli ospedali in ordine alle attività da erogarsi a beneficio dei cittadini, mentre l'articolazione delle discipline sulla base dei bacini di utenza è demandata all'autonomia programmatoria della regione, fermo restando, ovviamente, il rispetto degli standard. In altre parole, il Ministero della salute, nell'esercizio dei suoi poteri regolatori e di controllo finalizzati ad assicurare l'omogeneità delle prestazioni sanitarie sul territorio, non estende la propria analisi anche all'organigramma interno delle strutture, il quale, come detto, è stabilito dalle regioni con piena autonomia.

Va dunque ribadito che l'allocazione di unità semplici o complesse nell'ambito dei presidi ospedalieri non corrisponde ad alcun automatismo derivante dalla classificazione degli stessi, rappresentando, piuttosto, una scelta organizzativa discrezionale della regione, il cui merito non è scrutinabile dal Ministero della salute.

In relazione alla paventata chiusura del punto nascita, si fa presente che dai dati in possesso del Ministero per il 2018 risulta un volume di attività pari a 463 dimissioni per parto. Tale dato, dunque, è substandard rispetto al volume minimo previsto dall'accordo del 16 dicembre 2010, che, come noto, corrisponde a 500 parti annui.

D'altro canto, va detto che non risulta agli atti del Ministero e del Comitato percorso nascita alcuna nota della regione relativa alla possibile chiusura del punto nascita entro il 26 novembre; scelta che sarebbe, comunque, di esclusiva competenza regionale.

Per altro verso, nel caso in cui la regione, nella fase di definizione della rete dei punti nascita, intendesse mantenerlo in attività, sarà in ogni caso necessaria una richiesta di parere di deroga al Comitato percorso nascita, secondo le modalità previste dal “Protocollo Metodologico per la valutazione delle richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui e in condizioni orogeografiche difficili".

Invero, in relazione ai volumi di attività registrati nel presidio ospedaliero negli ultimi anni, va tenuto presente che essi hanno certamente risentito delle condizioni logistiche dell'ospedale, sottoposto ad interventi strutturali che non ne hanno consentito la piena funzionalità.

Tale circostanza ha ovviamente influito anche sull'analisi dei dati di attività del NSIS-2017 riferiti alle altre discipline del presidio, che, infatti, hanno fatto rilevare complessivamente un tasso di occupazione al di sotto del valore standard indicato dal DM n. 70/2015. E cosi, ad esempio, per la disciplina di chirurgia generale il tasso di occupazione è stato pari al 35 per cento in regime ordinario e al 65 per cento in regime diurno, al di sotto del valore indicato dal DM n. 70/2015, con un numero di ricoveri con complessità leggermente inferiore al valore nazionale.

In conclusione, intendo assicurare che il Tavolo di monitoraggio del DM n. 70/2015 procederà con scrupolo alla verifica della coerenza della programmazione regionale con i criteri e gli standard fissati dal DM n. 70/2015, con particolare riferimento alla configurazione delle discipline previste per i diversi livelli di complessità crescente, nonché alla coerenza del numero complessivo di unità operative complesse e punti di erogazione privati per singola disciplina con gli standard per bacino di utenza.

In particolare, il monitoraggio verificherà l'effettiva realizzazione degli interventi di sviluppo del presidio, programmati dalla regione, tra i quali intendo segnalare soprattutto quello relativo al nuovo reparto di pediatria.

In tale azione di monitoraggio, intendo infine assicurare che sarà cura del Ministero della salute tener conto dei dati più aggiornati relativi ai volumi di attività, in modo che possano essere evitate valutazioni fondate su dati che, come si è detto, hanno risentito delle contingenti circostanze di limitata operatività del presidio.

PRESIDENTE. La deputata Martinciglio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VITA MARTINCIGLIO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario per la risposta, che considero esauriente, in quanto riconosce in primis come i volumi di attività registrati negli ultimi anni nel presidio ospedaliero “Abele Ajello” di Mazara del Vallo hanno certamente risentito delle condizioni logistiche dell'ospedale, che, sottoposto ad interventi strutturali complessi, è stato per lungo tempo non operativo.

Ringrazio anche per aver rimarcato che tale circostanza abbia inevitabilmente influito sull'analisi dei dati di attività del NSIS-2017, riferita alle altre discipline del presidio, che, infatti, hanno fatto rilevare complessivamente un tasso di occupazione al di sotto del valore standard, indicato dal DM n. 70 del 2015.

Fatta questa premessa, ringrazio infine per l'impegno assunto dal Ministero ad assicurare che il tavolo di monitoraggio del DM n. 70 del 2015 procederà con scrupolo alla verifica della coerenza della programmazione regionale con i criteri e gli standard fissati dal DM n. 70/2015 ed in particolare a verificare l'effettiva realizzazione degli interventi di sviluppo del presidio programmati dalla regione Sicilia.

(Iniziative per rifinanziare il fondo per il rimborso alle regioni delle risorse destinate all'acquisto dei medicinali oncologici innovativi e per garantire ai pazienti un più agevole accesso a tali farmaci - n. 2-00405)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cattoi ed altri n. 2-00405 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla collega Vanessa Cattoi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VANESSA CATTOI (LEGA). Sì, buongiorno e grazie, Presidente. Si interpellano, per suo tramite, il Ministro della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze, illustrando le seguenti premesse.

Il progetto «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», coordinato da Salute Donna Onlus con altre 23 associazioni è il primo progetto in Italia a consentire un dialogo pressoché costante fra le organizzazioni del terzo settore, gli oncologi ed ematologi, le imprese della salute e le istituzioni nazionali e regionali in merito alla presa in carico e cura dei pazienti oncologici.

Il progetto - avviato nel 2014 - include una commissione tecnico-scientifica di altissimo livello e consta di un intergruppo parlamentare nazionale e di ben quattro intergruppi consiliari regionali. Tutti gli intergruppi sono denominati «Insieme per un impegno contro il cancro».

Nel corso della XVII legislatura, la mozione Rizzetto n. 1-01327, è risultata frutto del dialogo con le associazioni che hanno aderito al progetto. Fra gli impegni previsti dalla mozione vi sono state: iniziative al fine di istituire un fondo pubblico nazionale per i farmaci innovativi oncologici che fosse autonomo, per poter contribuire al rimborso alle regioni dei farmaci oncologici a forte carattere innovativo, soprattutto in vista dell'imminente ed esponenziale crescita dell'offerta nel settore, valutando la possibilità di finanziare lo stesso con il gettito derivante dal tabacco e da altre attività economicamente impattanti sulla salute dei nostri cittadini; iniziative affinché l'accesso ai farmaci innovativi fosse equo per tutti i cittadini sul territorio nazionale, anche affinché potessero essere esclusi i ritardi nella procedura di approvazione determinati dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e, successivamente, dalle procedure predisposte dalle singole regioni.

Di conseguenza, la legge di bilancio per l'anno 2017, all'articolo 1, comma 401, ha dato attuazione all'impegno preso nella mozione, attraverso l'istituzione di un fondo di 500 milioni di euro per tre anni, finalizzato all'acquisto da parte delle regioni dei medicinali innovativi oncologici.

Con l'articolo 1, comma 550, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, la nostra legge di bilancio, è stato altresì disposto il trasferimento dal Ministero della salute allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dei fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e innovativi oncologici. Lo stesso comma ha mantenuto la competenza già attribuita al Ministero della salute per la disciplina delle modalità operative di erogazione delle risorse stanziate.

Il fondo per i farmaci innovativi oncologici è in scadenza quest'anno e necessiterà, di conseguenza, di un nuovo stanziamento di fondi in sede di legge di bilancio, anche alla luce del fatto che gli avanzamenti terapeutici negli ultimi anni sono stati a dir poco rilevanti e che la malattia si va cronicizzando. In Italia, infatti, vivono con il cancro circa 3,4 milioni di malati, ovvero il 6 per cento della popolazione.

Il 6 marzo 2019 il Senato ha votato all'unanimità un ordine del giorno unitario che ha recepito integralmente l'accordo di legislatura del progetto «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», presentato prima delle elezioni del 2018 ed accolto da numerosi partiti dell'arco costituzionale.

Fra i 15 punti previsti dall'accordo di legislatura vi è anche l'impegno per il Governo di mantenere un adeguato e sostenibile finanziamento del fondo per i farmaci oncologici innovativi, oltre al suo corretto ed uniforme utilizzo da parte delle regioni.

Lo stesso testo approvato al Senato come ordine del giorno unitario è stato presentato in forma di mozione alla Camera dei deputati dall'onorevole Arianna Lazzarini e da altri colleghi cofirmatari, tra i quali la sottoscritta, e verrà discusso in Aula la settimana dal 17 al 21 giugno, secondo gli ultimi aggiornamenti dei lavori d'Aula.

A conferma dei rilevanti progressi scientifici nel campo dell'oncologia, che sono emersi in questi giorni a Chicago presso il congresso dell'American Society for Clinical Oncology (ASCO), è stato presentato uno studio su un nuovo farmaco per il tumore al seno avanzato e metastatico nelle donne giovani e giovanissime. Per la prima volta si è dimostrato che un farmaco può accrescere la sopravvivenza. Dopo tre anni e mezzo, la sopravvivenza globale è stata del 70 per cento per le donne trattate sia con il farmaco, sia con la terapia ormonale standard, a fronte di un 46 per cento di sopravvivenza globale per le donne trattate solo con la terapia ormonale standard, quindi con una riduzione complessiva del rischio di morte del 29 per cento. Grazie a questo farmaco diamo concrete speranze alle oltre 6 mila donne italiane che hanno scoperto di avere un nodulo alla mammella particolarmente difficile da trattare.

Altre dichiarazioni dal congresso di Chicago, che è il più importante congresso mondiale di oncologia, ci fanno sapere che i pazienti guariti dal cancro in Italia sono aumentati del 29 per cento in otto anni; siamo passati dai 704.648 del 2010 fino ai 909.514 degli ultimi dati aggiornati al 2018; passi in avanti importanti quelli che ci indicano questi dati, che ci hanno offerto, quindi, un contributo decisivo per la diagnosi precoce gli screening e i miglioramenti a livello organizzativo, e, quindi, anche le reti oncologiche regionali, i progressi diagnostici sia in ambito di caratterizzazione biomolecolare sia di miglioramenti chirurgici, radioterapici, e le terapie con i farmaci innovativi.

La spesa per i medicinali anticancro, nel nostro Paese, è salita esponenzialmente; basti pensare che si è passati dai 3,3 miliardi di euro del 2012 a più di 5 miliardi, ultimo dato aggiornato, del 2017. In dieci anni, dal 2006 al 2016, la mortalità è diminuita del 24 per cento fra gli uomini e del 12 per cento fra le donne, un risultato a cui ha contribuito soprattutto l'innovazione, in particolare, l'oncologia di precisione. Perché il paziente possa ricevere una terapia di precisione sono necessarie una diagnosi accurata e una definizione del profilo molecolare della malattia, con dei test specifici. Diventa cioè necessario verificare che il tumore, in quel paziente, venga sottoposto a una valutazione biomolecolare e che il paziente riceva, nel caso di test molecolare ovviamente positivo, la terapia indicata e specifica. Sono quasi 3 milioni e 400 mila i cittadini che vivono dopo una diagnosi di cancro; in costante crescita, quindi, abbiamo un più 3 per cento di crescita. Nel 2018, in Italia, sono stati diagnosticati 373.300 nuovi casi di tumore, il 63 per cento delle donne e il 50 per cento degli uomini sono vivi a cinque anni dalla diagnosi. L'aumento annuale del numero di neoplasie maligne diagnosticate e che in molti casi richiedono terapie a lungo termine costituisce una grande sfida per i nostri sistemi sanitari.

La medicina di precisione, che richiede di effettuare in maniera sempre più estesa test di profilazione genica, impone al Sistema sanitario nazionale l'imprescindibile esigenza di definire con chiarezza le regole di accesso a questi esami. La terapia farmaceutica pubblica, in Italia, risulta essere la più bassa rispetto ai big dell'Unione europea; in termini pro capite siamo al di sotto del 27 per cento e in termini di percentuale sul PIL, abbiamo un 1 per cento rispetto all'1,2 per cento di media a livello europeo. Nel 2019-22 sono prossime ad entrare nel mercato italiano nuove terapie fortemente innovative cosiddette trasformative, ossia capaci di trasformare la naturale storia terapeutica di un paziente, che offrono soluzioni “one shot“ per paziente specifiche e per nicchie di pazienti, ma pur sempre ad alto costo. Ci si riferisce, in particolare, alle nuove terapie geniche. Pochi giorni fa, è stata approvata dall'EMA la prima terapia genica per la cura di una malattia rara cronica, è diventato dunque emergenziale garantire ai pazienti un immediato accesso alle suddette terapie trasformative. Il patto con le regioni sui payback pregressi è stato rispettato con grande senso di responsabilità. Abbiamo sbloccato, infatti, 2.378 milioni che saranno disponibili per la finanza pubblica. I fondi per l'innovazione sono stati determinanti, perché hanno destinato risorse molto importanti; vanno confermati, però, e resi strutturali, tali fondi.

Viviamo una fase di grande innovazione che cambia radicalmente i modelli rispetto al passato, quindi bisogna prevedere grande flessibilità per risettare il sistema quando è necessario e metterlo in linea con la frontiera dell'innovazione e in questo un confronto costruttivo tra istituzioni e imprese è fondamentale in una nuova gestione e dialogo.

I fondi per i farmaci innovativi sono fondamentali, perché danno un segnale molto forte anche a livello internazionale e di un orientamento pro innovation del nostro Paese, quindi, a favore dell'innovazione. Tali fondi vanno confermati e gestiti in modo da sfruttare al massimo le risorse disponibili.

Per continuare a garantire tutti i fondi e le terapie migliori è fondamentale che venga confermato il Fondo per i farmaci innovativi oncologici. Quindi, va evidenziato, tuttavia, che sulla base della normativa vigente, purtroppo, laddove le risorse previste nei fondi non siano totalmente impiegate per le finalità sopra evidenziate, queste confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, senza alcun particolare vincolo di destinazione.

Per tutte queste ragioni, chiediamo al Ministro della salute e al Ministro dell'economia e delle finanze se e in quale misura il Governo intenda promuovere un rifinanziamento del Fondo per i farmaci innovativi oncologici; se saranno tenute nel dovuto conto, ai fini del finanziamento del fondo, le rilevanti innovazioni terapeutiche in atto e le necessità di un loro adeguato finanziamento, al fine di garantirne la disponibilità per tutti i pazienti oncologici; se si intendano adottare iniziative per prevedere una modalità d'accesso ai farmaci migliore, più stringente e meno discrezionale, affinché le regioni che dovranno dispensare questi medicinali ai pazienti non possano utilizzare questo fondo per altre spese relative all'oncologia, ma unicamente per quei farmaci oncologici che hanno il requisito di innovatività, secondo quanto previsto dall'AIFA, ovvero dall'Agenzia italiana del farmaco.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente; ringrazio l'onorevole Cattoi per questa importante interrogazione che ha fatto anche un panorama di quella che è l'oncologia in Italia, un'eccellenza, sia dal punto di vista sperimentale che clinico. Desidero, quindi, ringraziare gli onorevoli interpellanti, poiché, con il loro atto ispettivo, mi consentono di effettuare delle importanti precisazioni con riferimento ad una tematica, quella del fondo dei farmaci innovativi e degli innovativi oncologici, che è sottoposta a costante attenzione da parte del Ministero.

Preliminarmente, va ricordato che lo scopo dei suddetti fondi è quello di garantire l'accesso alle cure ai pazienti affetti da gravi patologie, permettendo loro di beneficiare dell'apporto di farmaci efficaci, ma, purtroppo, anche molto costosi. La costituzione dei due fondi ha, infatti, consentito di vincolare risorse finanziarie certe alle regioni, sia per l'area terapeutica oncologica sia per le aree non oncologiche. Ebbene, a fronte delle preoccupazioni concernenti una possibile estinzione di tali fondi, occorre precisare che la legge istitutiva degli stessi non fissa alcuna scadenza, essendo invece prevista una dotazione annua a decorrere dall'anno 2017. Va anche puntualizzato che il fondo dei farmaci innovativi oncologici, in base al decreto interministeriale del 16 febbraio 2018, è stato assegnato a quota di accesso nell'anno 2017, nel presupposto che le malattie oncologiche fossero distribuite uniformemente sul territorio nazionale. Tuttavia, quando successivamente si è passati ad effettuare i conguagli, a decorrere dall'anno 2018, sulla base della spesa effettivamente sostenuta, ne è discesa una ripartizione mirata a rimborsare in maniera finalizzata e non più indistinta la relativa spesa. Peraltro, per effetto degli accordi prezzo/volume e dei payback si è determinato un effetto virtuoso, dal quale è scaturita una spesa più bassa rispetto alla dotazione del fondo per i farmaci oncologici. A tal riguardo, giova ricordare che il meccanismo previsto dal decreto ha consentito allo Stato di non disperdere le somme residue che, infatti, sono state attribuite secondo il criterio della quota di accesso.

Occorre sottolineare, inoltre, che, come previsto dal comma 553 dell'ultima legge di bilancio, al fine di garantire criteri aggiornati all'evoluzione della politica farmaceutica nella fase di negoziazione del prezzo dei farmaci da parte di AIFA, sono recentemente giunti a conclusione i lavori relativi alla predisposizione, da parte del Ministero della salute, del decreto che detta i nuovi criteri e le modalità a cui l'Agenzia si dovrà attenere nel determinare i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. Si tratta di un'importante innovazione che andrà a sostituire la precedente e oramai desueta deliberazione CIPE riguardo l'individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci del 1° febbraio 2001.

Infine, desidero aggiungere un'ulteriore iniziativa intrapresa dal Ministero della salute, dalla quale è lecito attendersi positivi riflessi proprio sulle prossime attività di contrattazione che saranno condotte da AIFA. Mi riferisco a un importante punto del documento in materia di governance farmaceutica che, come è noto, rappresenta l'esito di un serrato e proficuo confronto in seno al tavolo insediato al Ministero della salute e composto da esperti indipendenti e rappresentanti del MEF, del MISE e naturalmente delle regioni. Si tratta di un punto che impegna AIFA a predisporre una versione aggiornata del documento sull'innovazione, con lo specifico compito di riaffermare due principi: il primo, è che farmaci uguali o con lo stesso valore terapeutico devono avere prezzi a carico del Sistema sanitario nazionale uguali; il secondo, è che un prezzo di rimborso superiore rispetto alle alternative terapeutiche può essere riconosciuto solo a farmaci che abbiano dimostrato un vantaggio terapeutico in termini di esiti clinici quali la sopravvivenza, la qualità di vita, il controllo dei sintomi, la riduzione della tossicità clinicamente rilevante.

Ritengo, dunque, che, grazie alle iniziative che, da ultimo, sono state intraprese dal Ministero della salute, potranno essere create condizioni sempre migliori per garantire, in condizioni di efficacia e di equità, l'accesso a farmaci di alto valore terapeutico, con il conseguente accrescimento delle prospettive di cura per i soggetti affetti da patologie così gravi o rare.

PRESIDENTE. La deputata Cattoi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VANESSA CATTOI (LEGA). Grazie, Presidente. Mi ritengo ampiamente soddisfatta della risposta fornitami dal sottosegretario Bartolazzi, che ringrazio anche per aver fornito degli ulteriori elementi a me non conosciuti in merito, soprattutto, al percorso che si sta intraprendendo, come Governo, per cercare di rendere maggiormente stringenti quelle che sono le regole di accesso e di somministrazione di questi importanti farmaci innovativi oncologici, che sono determinanti per permettere ai malati oncologici di trovare effettivamente una risoluzione alla loro patologia.

L'innovazione e la ricerca stanno facendo passi da gigante: è dovere di questo Governo e, soprattutto, di tutti noi di unirci e di cercare di continuare costantemente a monitorare questa importante evoluzione, fornendo le risorse necessarie per far sì che tutti i pazienti abbiano l'opportunità e, soprattutto, la certezza di trovare il sostegno della pubblica amministrazione per aver accesso a queste medicine che, solitamente, hanno un costo che non può essere sostenuto dai singoli cittadini, perché l'aumento esponenziale della crescita, con il passaggio dai 3,3 miliardi di euro ai più di 5 miliardi di euro - dato aggiornato al 2017 -, ci fa capire che l'esborso per i singoli cittadini per potersi curare, qualora vengano loro diagnosticate queste particolari patologie, è veramente alto e, talvolta, improponibile e insostenibile per le singole famiglie.

Quindi, ringrazio il sottosegretario per la risposta e il mio impegno sarà quello di, eventualmente, ripresentare un'ulteriore interpellanza per vedere il prosieguo di questo importante percorso, che mi pare di capire sia già stato predisposto da parte di questo Governo, dai sottosegretari e dal Ministro.

(Iniziative per la riattivazione presso l'Istat della Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche - n. 2-00292)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Silvestri ed altri n. 2-00292 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Silvestri se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. L'azione del MoVimento 5 Stelle e di questo Governo si è sicuramente caratterizzata per quello che è stato il contenimento dell'impoverimento degli italiani: dal reddito di cittadinanza, alla pensione di cittadinanza ne abbiamo una riprova, ma anche la cosiddetta legge anticorruzione, che apparentemente sembra non c'entrare nulla, invece, serve a creare quella competitività sana che permette alle aziende di investire in territori, soprattutto, come quelli del sud e, quindi, creare lavoro. È essenziale, lei sa, per la qualità delle decisioni pubbliche e anche della programmazione nazionale, però, avere dei dati a disposizione. Per far fronte a questo bisogno, ogni decisore si rivolge a quello che è l'organo deputato, ovvero l'ISTAT, che ovviamente, collaborando sempre con il mondo accademico e con il mondo scientifico, riesce a fare sempre una fotografia puntuale di quella che è la realtà del Paese.

Ma entrando maggiormente a contatto proprio con quel mondo accademico, soprattutto relativamente alle tematiche sociali, mi sono accorto di un corto circuito innescato nel 2014, soprattutto, inerente ad una scelta del precedente Governo di sopprimere la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche, trasferendone parte delle sue funzioni. Ovviamente, questo ha comportato non solo un vuoto conoscitivo nell'analisi dei dati, ma anche una cattiva prassi, soprattutto nei Ministeri. Mi riferisco, ad esempio, a quella del Ministero della giustizia, per citarne uno, che, grazie a questa scelta, è costretto ad elaborare da sé dati riguardanti contenziosi civili, penali e amministrativi, facendo venire meno quel principio di terzietà che rientra nel DNA di un organo come quello dell'ISTAT.

Ma, ancora più grave - in realtà, questo è il vero oggetto della mia interpellanza -, è che, in un momento come quello che ha passato il nostro Paese relativamente a tutte quelle che sono state le conseguenze delle politiche di austerity, è venuto meno un dato significativo, ovvero quello che rileva il numero e i dati aggregati per territorio dei cosiddetti suicidi per motivazioni economiche ovvero di persone in carne ed ossa che, subendo uno stress, grazie a quello che è uno shock sulla disoccupazione o, comunque, la mancanza di dignità nel tornare a casa e mantenere le proprie famiglie, decidono di togliersi la vita. Probabilmente, questi dati avrebbero indirizzato meglio politiche relative alla prevenzione di questo fenomeno.

Trovo che, comunque, è stato imbarazzante, per quanto riguarda la mia attività, venire a conoscenza che esistono sì questi dati, ma sono stati trattati e prodotti privatamente dall'osservatorio della Link Campus University. Questo fenomeno, questa dimenticanza, se così possiamo chiamarla, mi ha ricordato - ovviamente, è un esempio provocatorio, nulla a che fare con la nostra democrazia - un film molto importante che come oggetto aveva proprio questo, era ambientato nel sistema DDR, dove, per dimostrare che i suicidi nel paradiso socialista non esistevano, bastava non registrarli. Ebbene, in realtà, i dati che vengono fuori da quello studio che ho citato prima sono molto, molto importanti; la maggior parte viene proprio dai territori del nord-est dove, un tempo, fioriva la nostra impresa. Se questi dati fossero stati, probabilmente, a disposizione del Governo, si sarebbe trattata diversamente tutta una serie di politiche che oggi, invece, siamo stati costretti a contenere proprio come il Governo del cambiamento. Allora, abbiamo scoperto che, in sette anni, ci sono stati circa mille suicidi economici e che il 93 per cento di questi suicidi prende proprio i capifamiglia, cioè persone che, più di tutti, subiscono culturalmente i sensi di colpa di non riuscire a portare avanti la propria famiglia.

In questo senso, io chiedo, considerata l'urgenza e la particolare attualità politica della tematica, se è intenzione di questa amministrazione monitorare la riattivazione presso l'ISTAT della Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche, che è una struttura vocata alla formazione, sempre presente nell'Istituto e che, nel tempo, aveva svolto un compito di significativo pregio, con l'auspicio che il dato elaborato e fornito sia facile, accessibile e completo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Mattia Fantinati, ha facoltà di rispondere.

MATTIA FANTINATI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Grazie all'onorevole interpellante Silvestri, la scelta di sopprimere la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche è stata operata dal precedente Esecutivo e non da questo Governo, sulla base dell'assunto che la stessa svolgesse un'attività sovrapponibile a quella di altri organismi e della possibilità di ottenere, mediante la sua eliminazione, un risparmio di spesa.

A fronte di una scelta operata ormai cinque anni fa, al fine di fornire la risposta ai quesiti formulati, è necessario verificare gli effetti che si sono nel frattempo prodotti. La Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche (SAES) è stata istituita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 aprile 2011, con il compito di curare, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera f), del DPR 7 settembre 2010, n. 166, la formazione del personale e dei responsabili di uffici dirigenziali dell'ISTAT, del personale delle pubbliche amministrazioni e del Sistema statistico nazionale e di altri soggetti pubblici e privati, tra cui studenti universitari, personale di altre istituzioni, anche straniere, e imprese.

CXInoltre, la Scuola, istituita come direzione centrale dell'Istat e posta alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva tra le sue funzioni, come ricordato dall'onorevole interpellante, quella di favorire la divulgazione della cultura statistica e la promozione della ricerca nei campi della statistica e dell'analisi economica e sociale, nonché di promuovere e realizzare attività di cooperazione internazionale in campo statistico. Da quanto si è rappresentato risulta evidente che la mission della Scuola fosse duplice: valorizzare il capitale umano dell'Istat e delle altre pubbliche amministrazioni e divulgare la cultura statistica e promuoverne la ricerca nei campi dell'analisi economica e sociale. In questo contesto è intervenuto il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, che all'articolo 21 ha previsto l'unificazione delle scuole di formazione delle amministrazioni centrali.

In particolare, il citato articolo, al comma 1, ha disposto la soppressione di cinque scuole, Scuola superiore dell'economia e delle finanze, Istituto diplomatico Mario Toscano, Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno, Centro di formazione della difesa e Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche, con contestuale attribuzione delle funzioni di reclutamento e di formazione degli stessi organismi alla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA). Con specifico riguardo alla SAES, a seguito della sua soppressione, le attribuzioni relative alla formazione sono state trasferite alla SNA, mentre quelle relative alla divulgazione della cultura statistica e alla promozione della ricerca nei campi dell'analisi economica e sociale sono state attribuite all'Istat. Per quanto riguarda le attribuzioni relative alla formazione, la soppressione della SAES non ha interrotto le relative attività.

Difatti, la SNA provvede attualmente al loro presidio attraverso il Dipartimento per l'economia, la finanza e la statistica. In base al regolamento di organizzazione della SNA, delibera n. 1 del 2019, il predetto Dipartimento: coordina i percorsi di formazione iniziale e continua, specificatamente destinati al personale del Ministero dell'economia e delle finanze, delle agenzie fiscali, dell'Istituto nazionale di statistica, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, nonché della Corte dei conti; coordina i percorsi di formazione continua nelle materie economiche e tributarie, di bilancio e di contabilità pubblica, di statistica per la pubblica amministrazione, di regolazione pubblica dell'economia, analisi di impatto della regolazione, scienze comportamentali applicate alla pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda la valorizzazione e il rafforzamento delle competenze del personale dell'Istat, la chiusura della Scuola non ha compromesso in alcun modo l'offerta formativa interna all'Istituto di statistica. La varietà di approcci e canali adottati ha consentito di ampliare le opportunità di formazione dal 2014 ad oggi e accanto alla formazione d'aula nel 2016 è divenuta operativa la piattaforma di e-learning dell'Istituto. Sempre con riguardo all'attività formativa, occorre evidenziare che è aumentato il numero di partecipanti Istat ai corsi dello European Statistical Training Programme, ESTP, organizzati da Eurostat. Inoltre, l'Istat organizza ed eroga corsi rivolti al personale degli Istituti di statistica europei nell'ambito dello ESTP di Eurostat (tra i cinque e i sei corsi all'anno, per circa 20 partecipanti al corso), nonché al personale degli enti del SISTAN.

Nel corso del 2016 è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra Istat, ANCI e UPI che ha tra i suoi obiettivi anche quello di sviluppare percorsi formativi per il personale degli uffici di statistica, con finalità prevalentemente informative e di circolazione della conoscenza su alcuni temi di interesse per gli operatori del SISTAN a livello provinciale e comunale. Infine, l'Istat ha realizzato, in collaborazione con la SNA, tre corsi di alta formazione per gli uffici di statistica delle amministrazioni centrali e dei grandi enti nazionali afferenti al SISTAN Per quanto concerne l'analisi statistica dei dati socioeconomici e la fruibilità dell'informazione statistica, si rappresenta che, a partire dal 2016, l'Istat si è dotato di un servizio dedicato all'analisi dei dati e alla ricerca economica, sociale ed ambientale.

Il servizio cura la realizzazione di analisi economiche e demosociali, la previsione degli aggregati macroeconomici e il coordinamento delle attività a supporto delle previsioni, nonché la valutazione degli effetti delle politiche pubbliche a livello micro e macroeconomico. Inoltre, tale servizio si occupa degli studi e delle analisi sul benessere e altri fenomeni complessi, nonché della progettazione tematica di nuovi indicatori basati sull'integrazione di dati afferenti a registri statistici diversi.

Negli ultimi anni l'Istat ha offerto, inoltre, diversi prodotti innovativi di analisi su un ampio repertorio tematico, tra cui si ricordano: il volume Forme, livelli e dinamiche dell'urbanizzazione in Italia, che ha offerto una lettura qualitativa e quantitativa, anche in un'ottica dinamica, dell'urbanizzazione del nostro Paese; il Rapporto sulla conoscenza, che propone per la prima volta una lettura integrata delle diverse dimensioni della creazione, trasmissione e uso della conoscenza nella società e nell'economia; il primo Rapporto sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che propone un aggiornamento e un ampliamento degli indicatori diffusi per il monitoraggio degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, insieme a un'analisi del loro andamento tendenziale. Gli altri strumenti sono costituiti dal sito web istituzionale, dai sistemi informativi tematici (come quello sulla congiuntura economica, quello sulla violenza di genere, quello sui giovani o quello sugli immigrati), dalle infografiche, dall'area del sito dedicata alle pubblicazioni web che propongono una modalità di fruizione nuova della produzione editoriale.

Per quanto riguarda, poi, la qualità del dato statistico, si ricorda che l'attività dell'Istat è realizzata in piena autonomia sulla base di rigorosi principi etico-professionali ed avanzati standard scientifici definiti nel Codice europeo delle statistiche. L'indipendenza dell'Istituto nazionale di statistica è del resto un principio fondamentale di democrazia, ulteriormente rafforzato dalla nuova legge statistica europea, regolamenti UE 223/2009 e 759/2015.

In merito alle statistiche sui suicidi e alle statistiche giudiziarie, si segnala che la delicatezza della problematica ha indotto l'Istat a valutare con grande rigore i dati che sono stati diffusi. Le statistiche sui suicidi, in particolare, sono sempre state molto discusse. Dal 2010 l'Istat ha valutato che la rilevazione sui suicidi e i tentativi di suicidio basata sulle informazioni trasmesse dalle forze dell'ordine contestualmente alla comunicazione all'autorità giudiziaria non rispondesse adeguatamente agli standard di qualità della statistica ufficiale in ordine ai criteri di pertinenza, accuratezza, attendibilità e coerenza delle informazioni prodotte. Quindi, a partire dal medesimo anno, l'informazione sui suicidi resa alla collettività, coerentemente con gli indirizzi internazionali, si è basata sulla Indagine sui decessi e le cause di morte, fonte più accurata, monitorata e validata metodologicamente e sottoposta ai vincoli qualitativi del Regolamento europeo per le statistiche sulla salute pubblica. In particolare, l'indagine condotta dall'Istat ha una copertura totale e il suo campo di osservazione è costituito dall'insieme di tutti i decessi che si verificano sul territorio nazionale (popolazione presente) in un anno di calendario, per i quali vengono rilevate informazioni demosociali e di carattere sanitario. Per quanto concerne l'informazione sulla motivazione che ha indotto al suicidio, si tratta di un'informazione sulla cui affidabilità sono state sollevate molte critiche sia dagli studiosi sia dagli organi preposti alla rilevazione. Infatti, appare difficile risalire con ragionevole attendibilità ad una singola causa di un fenomeno così complesso in cui si interfacciano fattori biologici, psicologici, economici, sociali ed ambientali. Alla luce delle considerazioni che precedono, si ritiene che l'attuale sistema di formazione del personale pubblico in materia statistica, l'analisi e la diffusione dei dati socioeconomici, nonché la qualità e la fruibilità dell'informazione statistica siano assicurate dall'assetto organizzativo delineatosi a seguito della soppressione della Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche.

PRESIDENTE. Il deputato Silvestri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. Intanto ringrazio il sottosegretario Fantinati per la risposta e mi ritengo soddisfatto perché siamo riusciti, intanto, a dare una motivazione al perché un dato così tanto importante è stato soppresso. Sulla soppressione della Scuola e il confluire nella direzione unica della SNA vorrei porre solamente in evidenza che l'autonomia di rilievo costituzionale dell'Istat richiederebbe forse un istituto di alta formazione autonomo, proprio analogamente a quello che succede nella magistratura, che ha per l'appunto un sistema interamente indipendente qual è la Scuola superiore della magistratura.

Ritengo che, nonostante la sensibilità del dato, e capisco le motivazioni che il sottosegretario ha portato in Aula, essendo proprio che, vedendo i dati Eurostat negli altri Paesi, un dato del genere comunque in alcuni Paesi viene rilevato, quindi rende ciò possibile, trovo paradossale che comunque in passato si sia soppresso questo dato - quindi esisteva - senza idearne un altro o comunque renderlo in linea con le esigenze elementari di conoscenza che sono state poste.

Spero quindi che prossimamente, magari nella prossima attività di Governo, si riesca a lavorare per ripristinare nella qualità richiesta nuovamente un dato che comunque il mondo politico e accademico probabilmente aspetta.

(Chiarimenti in merito all'aggressione subita dal giornalista Stefano Origone nel corso degli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine avvenuti a Genova il 23 maggio 2019 e iniziative per tutelare il diritto di cronaca - n. 2-00399)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Paita ed altri n. 2-00399 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Paita se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RAFFAELLA PAITA (PD). Presidente, onorevoli colleghi e signori del Governo, il presente atto di sindacato ispettivo ha origine da un episodio inquietante che è accaduto nella città di Genova lo scorso 23 maggio, e che ha riguardato il giornalista de la Repubblica Stefano Origone, che stava seguendo il presidio antifascista convocato per contestare il comizio indetto in città da CasaPound. Questo giornalista è stato colpito da un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa.

Noi interpellanti abbiamo il massimo rispetto per l'operato delle forze dell'ordine, tutte, e lo abbiamo consapevoli dei ruoli istituzionali, senza - e lo ribadisco: senza - l'inopportuno ed esecrabile protagonismo di chi indossa felpe, cappellini, giubbotti, perché sappiamo che le forze dell'ordine appartengono alla Repubblica italiana e ai suoi cittadini. È una premessa credo doverosa, perché conosciamo la delicatezza e la complessità del lavoro svolto per garantire la sicurezza di tutti noi da chi, dopo avere vinto un concorso, indossa quella divisa, e riteniamo inaccettabile ogni forma di strumentalizzazione che viene fatta.

Ma è necessario ritornare al merito dell'accaduto, perché come hanno riportato gli organi di informazione, l'immagine di quella giornata, sulla base della ricostruzione fornita dallo stesso giornalista Origone… Ecco, è inevitabile aver visto che è stato ripetutamente colpito con manganellate, calci, anche quando è caduto a terra e ha cercato di farsi riconoscere in qualità di giornalista. È stato l'intervento di un ispettore della questura di Genova a interrompere le percosse, che hanno costretto il giornalista a ricorrere alle cure sanitarie, riportando dita rotte, ossa rotte e contusioni ed ecchimosi diffuse in tutto il corpo.

Ancora una volta Genova si è trovata a dover fronteggiare una situazione di tensione e di gravità nell'ordine pubblico: una città che nella sua storia, in particolare nella storia repubblicana, ha vissuto momenti drammatici.

Nei giorni antecedenti era stata più volte manifestata da forze politiche, sociali e anche sindacali l'oggettiva inopportunità di consentire il comizio di CasaPound: una provocazione strumentale da parte di un movimento di chiara matrice fascista nella città che è medaglia d'oro alla Resistenza. Per questo quanto è accaduto al giornalista Origone ha visto riaprirsi una serie di ferite dolorosissime per questo territorio.

Sono da apprezzare ed evidenziare le parole usate dal questore della città, che si è recato in ospedale per incontrare il cronista de la Repubblica, scusandosi con lui e la famiglia, e anche con il giornale. Sappiamo che sono parole sincere di un servitore dello Stato, ma non possiamo non evidenziare come da parte del Governo vi sia stato un silenzio preoccupante: nemmeno una parola da parte del Ministro dell'interno, di un sottosegretario, dell'altro Vicepremier o del Premier stesso. Silenzio, solo un paradossale ed inquietante silenzio da parte di un Governo che di rumore spesso ne fa anche troppo.

Noi vogliamo sapere, quindi, quali iniziative il Governo ha assunto a seguito di questo episodio; se ritiene accettabile che in Italia un giornalista nel fare il suo lavoro possa essere picchiato nel modo in cui abbiamo visto nelle immagini; se era davvero da autorizzare, o se non sarebbe stato meglio pensare ad ipotesi differenti, una manifestazione di CasaPound in quel territorio, con quel clima; e come intenda garantire la tutela del diritto di cronaca e la protezione dei giornalisti che svolgono il loro indispensabile lavoro di informazione per l'intera nazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, signori deputati, nel pomeriggio del 23 maggio scorso si è svolto nella città di Genova il comizio di chiusura della campagna elettorale della lista CasaPound per le consultazioni europee. Le problematiche connesse alla manifestazione erano state esaminate dal comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica nella giornata del 22 maggio, in considerazione delle possibili criticità dovute alla contemporanea presenza di contromanifestazioni preannunciate da varie associazioni sindacali e di volontariato, nonché da gruppi antifascisti riconducibili a movimenti anarco-antagonisti operanti nella provincia di Genova.

Nell'occasione sono state disposte le necessarie misure per la tutela della sicurezza e dell'incolumità pubblica, ed il questore ha emanato una articolata ordinanza per predisporre servizi di osservazione da parte della DIGOS, misure preventive di controllo del territorio e servizi di ordine pubblico, fin dalla serata del 22 maggio.

Il giorno del comizio, alle ore 16, i locali esponenti di CasaPound si sono ritrovati presso la loro sede, mentre quelli provenienti da altre città hanno raggiunto il luogo dell'evento accompagnati da una staffetta della DIGOS. A partire dalle 16,30 davanti alla sede della prefettura si è formato un presidio dei manifestanti promosso dalla CGIL, dall'ANPI, dall'Associazione San Benedetto al Porto, dall'ARCI e da Libera, ed una delegazione degli stessi è stata ricevuta dal prefetto. Altri manifestanti, di composizione più eterogenea, si sono concentrati in Piazza Corvetto. Le contromanifestazioni hanno visto la partecipazione complessiva di circa mille persone.

Intorno alle 18 il comizio di CasaPound è iniziato regolarmente in Piazza Marsala, alla presenza di circa 40 militanti. Contemporaneamente, un gruppo di circa 350 persone, appartenenti alla componente antagonista più radicale, si è staccata dal presidio di Piazza Corvetto ed ha iniziato ad avvicinarsi allo sbarramento che le forze dell'ordine avevano posizionato in Via Palestro a protezione di Piazza Marsala, per prevenire ogni possibile turbativa dell'ordine pubblico.

I contromanifestanti, molti dei quali travisati con passamontagna e caschi e muniti di aste e bastoni, hanno effettuato fitti lanci di bottiglie, corpi contundenti, bombe carta, pietre e fumogeni, continuando a colpire con forza le griglie degli “Alari” nel tentativo di danneggiarli e di superare lo sbarramento. Nell'occasione un dirigente della DIGOS è stato colpito al volto senza riportare lesioni. Si è reso pertanto necessario il lancio di lacrimogeni per contenere la violenza e far arretrare i facinorosi. A seguito sono state comandate brevi cariche di alleggerimento nella vicina Piazza Corvetto, dove sono continuati gli attacchi ai contingenti di ordine pubblico.

In tale frangente due degli attivisti più esagitati e violenti sono stati bloccati e tratti in arresto da personale del reparto mobile, arresto poi convalidato dall'autorità giudiziaria.

La circostanza ha provocato la reazione di numerosi manifestanti, che, con l'intento di sottrarre i soggetti agli operatori di Polizia, si sono avvicinati ad essi con atteggiamento aggressivo e violento. Il personale del reparto mobile, per contenere l'azione, ha respinto i violenti utilizzando gli sfollagente e gli scudi, ed è in questa fase concitata che il cronista della locale redazione de la Repubblica Stefano Origone, che si trovava in quel luogo, è stato colpito da alcune manganellate cadendo a terra. Un funzionario del reparto mobile lo ha riconosciuto ed è intervenuto immediatamente, facendo cessare l'azione e prestando i primi soccorsi. Il cronista ferito è stato prontamente trasferito in ambulanza presso l'Ospedale Galliera, dove gli veniva diagnosticata la frattura di due falangi della mano sinistra e di una costola, oltre a varie contusioni.

Il questore di Genova si è recato presso il citato ospedale per far visita al giornalista ed accertarsi delle sue condizioni di salute. È opportuno evidenziare che i cronisti presenti alle manifestazioni non recavano alcun segno che li rendesse riconoscibili come appartenenti ad organi di stampa, mentre fotografi e cineoperatori potevano essere individuabili per l'attrezzatura utilizzata.

In merito agli scontri, nei quali sono rimasti lievemente feriti anche due appartenenti all'Arma dei carabinieri e un agente della DIGOS, si è provveduto nell'immediatezza ad inoltrare all'autorità giudiziaria competente una prima trasmissione di nota di reato nei confronti di ignoti in cui si descrivevano e si denunciavamo le condotte tenute da alcuni manifestanti verso gli operatori di polizia presenti per il servizio di ordine pubblico.

Successivamente, il 31 maggio, la DIGOS ha depositato una seconda comunicazione di notizie di reato, con la quale venivano identificati e denunciati 26 soggetti, tra i quali i due già arrestati nel corso degli scontri. L'indagine è ancora in corso per l'identificazione di eventuali altri responsabili. È importante segnalare che sei operatori del reparto mobile di Genova, spontaneamente, si sono presentati al pubblico ministero inquirente per chiarire le rispettive posizioni, mentre altri operatori dello stesso reparto hanno reso spontanee dichiarazioni all'ufficio di Polizia giudiziaria delegato.

Inoltre, in merito all'osservazione formulata circa la possibilità di non consentire l'iniziativa elettorale di CasaPound, si ricorda che, in base alla normativa di settore, alle riunioni elettorali non si applicano le disposizioni dell'articolo 18 del TULPS, e quindi per le stesse non va formulato alcun preavviso all'autorità di pubblica sicurezza. La materia elettorale, come è noto, prevede che l'ente comunale individui preventivamente le piazze per i comizi elettorali e, nella fattispecie, piazza Marsala era contemplata nel novero dei siti disponibili come stabilito dalla delibera della giunta comunale. Pur tuttavia, era stato richiesto ai responsabili provinciali di CasaPound, nel corso della consueta attività di mediazione informativa, di valutare l'ipotesi di individuare un sito alternativo decentrato, ovvero una struttura aperta al pubblico per lo svolgimento dell'iniziativa, ma gli stessi avevano tenuto ferma la scelta originaria.

In conclusione, nell'esprimere il rammarico per quanto accaduto, mi preme sottolineare come le forze di polizia, nel loro quotidiano operato a presidio della legalità e delle libertà costituzionali, si pongono sempre in chiave “non antagonista”, ma di garanzia dei diritti, dei diritti di tutte le parti, comprese quelle che manifestano il dissenso, e ciò lo dimostrano le centinaia di manifestazioni che ogni giorno si svolgono pacificamente nel nostro Paese grazie alla tutela assicurata dagli organi di polizia. La tutela dell'ordine pubblico, infatti, costituisce un obiettivo primario dell'intero sistema di sicurezza nazionale, a livello centrale e periferico, in relazione alla necessità di assicurare, in particolare in occasione delle manifestazioni elettorali, le migliori condizioni per un sereno svolgimento delle stesse.

PRESIDENTE. La deputata Paita ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

RAFFAELLA PAITA (PD). No. Devo dire, Presidente e sottosegretario, che io non mi dichiaro soddisfatta della risposta, e lo dico premettendo che sul tema delle violenze noi siamo per esprimere, sempre e comunque, una ferma condanna, non è questo il punto. Il punto è che la risposta del Governo è molto preoccupante. Noi non ci attendevamo una ricostruzione dell'accaduto, perché le immagini sono sotto gli occhi di tutti e di quel sistema della memoria che ormai è costituito dalla rete. Origone è stato vittima di una manganellata mentre stava svolgendo il suo lavoro da cronista nel seguire le manifestazioni contrapposte in quel momento in città, questo è il punto; quindi, ci saremmo attesi parole di condanna, ben più forti e incisive, dell'episodio, perché avvertiamo un clima di ostilità nei confronti di chi lavora nel sistema dell'informazione, come se vi fosse una mal sopportazione di questa professione. È un clima che va avanti nei social, che ha trovato espressione anche molto violente in riferimento a questo episodio, però è un clima che si avverte anche da tanti altri elementi, perché forse questo è il vero punto che tiene insieme la maggioranza di questo Paese, una maggioranza a tratti pulp. È un punto che accomuna la Lega e i 5 Stelle, di avversione verso la stampa: si definanzia il Fondo per l'editoria, si punta alla chiusura di emittenti, ci si vanta di averle come obiettivi, come se fossero obiettivi di cui andare fieri, si ostacola la continuità di un'emittente storica come Radio Radicale. È un grande filo conduttore che lega un punto di vista politico che io penso profondamente sbagliato e pericoloso.

Ecco perché quanto accaduto al giornalista de la Repubblica non può essere sottovalutato e derubricato a mero incidente, premesso che anche la spiegazione, sinceramente, mi lascia un po' perplesso: cioè, il giornalista non si riconosceva perché non aveva la telecamera. Quindi, c'è la possibilità di picchiare chiunque arrivi. Onestamente, trovo davvero incredibili queste affermazioni, però penso - lo ribadisco - che testimoni qualcosa di più, perché, ripeto, quello che è accaduto a Genova è grave e inaccettabile. E lo dico ribadendo, anche in sede di replica, l'immutata stima nei confronti delle forze dell'ordine, che appartengono alla Repubblica e ai cittadini. Quella divisa è a servizio della nostra democrazia, è un ruolo importante, però è altrettanto importante quanto la difesa di un sistema di informazione all'interno dei principi democratici, e che i giornalisti possano svolgere il loro ruolo in completa sicurezza. A Stefano Origone - cosa, sottosegretario, che non ha detto lei, che è un altro elemento della sua replica che onestamente lascia molto perplessi - vanno magari mandati anche gli auguri di pronta guarigione da parte del Governo, perché ha subito delle violenze inaccettabili; quegli auguri di pronta guarigione e quelle scuse, quella presa di posizione che avrebbe dovuto essere fatta immediatamente dal Presidente del Consiglio, dal Ministro dell'Interno, dal Vicepremier, ma che non si è sentita, se non come un assordante silenzio, ed è questa la ragione per cui il Partito Democratico ha voluto presentare un'interpellanza urgente, un atto di sindacato ispettivo finalizzato a chiedere lumi su questa vicenda, gravissima.

Noi, lo ribadiamo, rivolgiamo a Stefano Origone, che è professionista serissimo - lo facciamo anche a nome del Governo, visto che non c'è stato questo buon gusto -, l'augurio di pronta guarigione, però vogliamo anche che non si sottovaluti un altro aspetto di questa vicenda, per esempio, quella che un Ministro, che non disdegna rapporti con l'estrema destra, di fatto determini, giustifichi, crei un clima di tolleranza verso certi movimenti e organizzazioni che sono di chiara matrice fascista. Qui è necessario passare dalla strizzatina d'occhio alla necessità di prendere assolutamente le distanze da certi principi, che nulla hanno a che vedere con la storia democratica di questo Paese. Il silenzio, ripeto, del Ministro su questa vicenda è una prova evidente di desistenza di fatto verso le forme più pericolose della destra italiana, quindi reputo che la risposta fornita dal Governo in qualche modo non si distacchi neppure oggi da questo clima che, a mio modo di vedere, non può che lasciarci preoccupati verso il futuro.

Penso davvero che sia stata persa un'occasione, un'occasione nei confronti della stampa, per poter dire loro che sono nella condizione di svolgere il proprio mestiere in sicurezza e in legalità; un'occasione per dimostrare, anche dal punto di vista umano, un minimo di vicinanza nei confronti di una persona che è stata vittima di un'ingiustizia davvero incredibile; un'occasione per dare un segnale al territorio genovese, che rispetto a climi di tensione ha già pagato un duro prezzo; e anche un'occasione per dire che i princìpi che fanno capo a quei movimenti non devono avere cittadinanza in questo Paese, in nessuna forza politica, men che meno in quelle che governano ora. Occasione persa, del tutto, devo dire, sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative per garantire la cessazione della commercializzazione dei prodotti derivanti dalla coltivazione della cannabis sativa L. - n. 2-00407)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bellucci ed altri n. 2-00407 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Bellucci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). La ringrazio, Presidente. Sottosegretario, siamo qui a porre questo quesito in merito ad una definizione della Corte suprema di cassazione, delle Sezioni Unite, che c'è stata il 30 maggio, quindi la scorsa settimana.

La Cassazione è intervenuta a fronte di una giurisprudenza ondivaga che sembrava non fare assolutamente chiarezza in una materia che, invece, riguarda la salute degli italiani e che, quindi, deve essere, come ci dice la nostra Costituzione, prioritaria per chi legifera, per il Parlamento e anche per il Governo. Entro nello specifico: la materia di cui si è interessata la Cassazione è stata proprio quella legata ai prodotti derivanti dalla coltivazione della cannabis. Come sa bene, sottosegretario, con la legge 2 dicembre 2016, n. 242 si è venuta, da una parte, a creare una grande confusione da cui poi è sorta una giurisprudenza ondivaga e, dall'altra, si sono aperti numerosi negozi in Italia, oltre 700. Tutto questo ha portato le Sezioni Unite della Cassazione a interessarsi della materia, comprendendo che vi era la necessità di fare chiarezza, sintesi e tracciare una linea e quindi rispondere al quesito se le condotte diverse dalla coltivazione di canapa e, in particolare, la commercializzazione di cannabis sativa rientrino o meno nell'ambito di applicazione della legge suddetta che citavo, la legge n. 242 del 2016, e siano quindi penalmente rilevanti ai sensi di tale normativa. Ebbene, la Corte di cassazione in questo caso è stata illuminante perché si è assunta la responsabilità di definire la materia e ha detto in maniera molto chiara che è reato commercializzare, vendere e quindi cedere qualsiasi tipo di prodotto derivante dalla coltivazione della cannabis sativa, poiché tale commercializzazione e vendita non rientra nelle condotte che, invece, sono autorizzate dalla legge n. 242 del 2016. Quindi, finalmente abbiamo una pronuncia che fa luce sulla materia. Veramente mi avvio alla conclusione per darle poi l'occasione di poter ben rispondere e aiutarci quindi a dirimere tutti gli aspetti, anche quelli legislativi, chiedendole a questo punto come il Governo intenda intervenire, a fronte di una giurisprudenza che si è assunta la responsabilità di definire la materia, anche a causa di leggi in contrasto tra loro, e soprattutto non chiare; nella legge n. 242 del 2016, c'era una vacatio normativa molto importante. Una volta che la giurisprudenza ha fatto chiarezza e che la Corte di cassazione ha definito il giudizio, mi rivolgo al Governo come evidenziato nell'interpellanza urgente che ho sottoscritto come prima firmataria del gruppo Fratelli d'Italia che era stata sottoposta al Ministro Fontana, delegato alle politiche antidroga, e al Ministro Grillo, dal momento che si occupa della salute degli italiani, e con molto piacere vedo la sua presenza come sottosegretario del Ministero dell'Interno. Quindi, mi auguro che, a questo punto, voi non abbiate dubbi e non dobbiate indugiare oltremodo e che possiate assumere invece la responsabilità di legiferare in maniera chiara. La giurisprudenza l'ha fatto: oggi, in questo momento, c'è la possibilità per il Governo di poter fare chiarezza dal punto di vista legislativo e quindi correggere e modificare la legge anche accogliendo, per esempio, la proposta di legge che Fratelli d'Italia aveva presentato già nell'estate dello scorso anno in cui chiedeva una modifica, ossia che fosse introdotto proprio nella legge n. 242 del 2016 il divieto di vendere prodotti derivanti dalla coltivazione della cannabis sativa per uso ricreativo. Questa è un'opportunità, ovviamente voi potete elaborarne molte altre, l'importante è l'obiettivo ossia vietare che tali prodotti siano nelle strade della nostra Italia e siano a disposizione anche di cittadini inconsapevoli che evidentemente ne vedrebbero danneggiata la propria salute.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'atto presentato dagli onorevoli interpellanti consente di fare chiarezza sugli effettivi termini di una vicenda delicata che ha creato molte polemiche non supportate da una esatta informazione. Innanzitutto una considerazione preliminare: la diffusione della cannabis shop e della commercializzazione al pubblico di prodotti derivanti dalla coltivazione della cannabis sativa L. è stata possibile non per un provvedimento di questo Governo ma per effetto della legge 2 dicembre 2016, n. 242, approvata dalla maggioranza di centrosinistra, con la quale sono state introdotte norme per il sostegno e la promozione della coltivazione della filiera agroindustriale della canapa. In questa direzione appare opportuno inizialmente ripercorrere il progressivo iter normativo della commercializzazione e del consumo delle infiorescenze e degli altri prodotti della canapa tessile. Il 14 gennaio 2017 entra in vigore la legge 2 dicembre 2016, n. 242 recante disposizioni per la promozione della coltivazione della filiera agroindustriale della canapa. Tale provvedimento consente la coltivazione senza autorizzazione delle varietà di canape iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53 del Consiglio dell'Unione europea del 13 giugno 2002.

La legge è volta a disciplinare: a) il profilo della coltivazione e della trasformazione; b) l'incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali; c) lo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l'integrazione locale e reale sostenibilità economica ambientale; d) la produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori; e) la realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca. Sulla base della predetta legge della canapa sativa è possibile ottenere: “a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli e carburanti per forniture alle industre e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinanti; f) coltivazione dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici e privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo”.

Esaminando le norme che indicano la finalizzazione delle colture, ovvero l'articolo 1, comma 3, e quelle che individuano le diverse tipologie di prodotti ottenibili legalmente con la canapa industriale, articolo 2, comma 3, emerge che la nuova disciplina valorizza principalmente la pianta per il suo contenuto in fibre, per le sue caratteristiche botaniche e per l'adattabilità agli impegni innovativi e non certo per lo sfruttamento del principio attivo ad azione stupefacente presente nelle sue inflorescenze. Anzi, laddove se ne presenti residualmente la possibilità per un siffatto uso, all'interno ad esempio di elementi o di prodotti cosmetici, lo stesso legislatore ha avvertito l'esigenza di fissare specificatamente degli strettissimi limiti a tale impiego, demandando al Ministero della Salute il compito di adottare un provvedimento che individui, in termini di mera contaminazione, ovvero di milligrammi per chilo, i livelli massimi di residuo di THC dei prodotti che entrano direttamente in contatto con l'organismo. Al riguardo, occorre attendere il citato decreto ministeriale.

Ne consegue che risulta assolutamente inconferente con tale approccio, improntato ad un criterio di massima attenzione nei riguardi della salute del consumatore, la possibilità di utilizzare le infiorescenze in funzione surrogatoria della cannabis “stupefacente”, consentendo di assumere in una singola assunzione (milligrammi per grammo) quantitativi migliaia di volte superiori a quelli assunti attraverso gli alimenti. Tuttavia, da circa tre anni, alcune aziende sembra abbiano avviato la commercializzazione delle infiorescenze e dei derivati, che potrebbero essere destinati surrettiziamente all'uso umano in funzione surrogatoria della marijuana vera e propria (uso voluttuario attraverso il fumo), sostenendo tale attività con un intenso battage pubblicitario anche sui siti Internet incentrato sul concetto di “legalità” del consumo di tali prodotti a basso contenuto di THC in quanto asseritamente nei limiti prescritti dalla legge italiana.

Nell'aprile dello scorso anno il Consiglio superiore di sanità ha predisposto un parere per il Ministero della Salute con il quale si evidenziano tra l'altro i rischi per la salute derivanti dall'uso umano di detta infiorescenza e degli altri prodotti a base di THC ravvisando, nelle raccomandazioni conclusive, l'opportunità di non consentire la libera vendita, in applicazione del cosiddetto “principio di precauzione”.

Il Ministero della Salute, preso atto di quanto rappresentato dal Consiglio superiore di sanità, ha differito l'adozione di un provvedimento limitativo della commercializzazione di detti prodotti alla pronuncia di un apposito parere da parte dell'Avvocatura dello Stato in ordine allo strumento normativo più idoneo a dare attuazione alle misure a tutela della salute pubblica. L'Avvocatura dello Stato, in via preliminare, ha avviato una ricognizione di merito, interessando tutte le amministrazioni che avessero competenza sulla questione, per conoscere l'orientamento di ciascun dicastero.

Il 22 maggio 2018 il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ha emanato la circolare n. 5059, concernente chiarimenti sull'applicazione della legge 2 dicembre 2016, n. 242, nella quale, con specifico riguardo alle coltivazioni destinate al florovivaismo, viene, tra l'altro, specificato che: è consentita la riproduzione di piante di canapa esclusivamente da seme certificato; non è contemplata la riproduzione per via agamica di materiale destinato alla produzione per successiva commercializzazione di prodotti da essi derivati; il vivaista deve conservare il cartellino della semente certificata e la relativa documentazione di acquisto per un periodo non inferiore a 12 mesi e, in ogni caso, per tutta la durata della permanenza della semente stessa presso l'azienda vivaistica di produzione; la vendita delle piante a scopo ornamentale è consentita senza autorizzazione; le infiorescenze della canapa, pur non essendo citate espressamente dalla legge n. 242 del 2016 né tra le finalità della coltura né tra i suoi possibili usi, rientrano nell'ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, purché tali prodotti derivino da una delle varietà ammesse e sempre che il prodotto non contenga sostanze dichiarate dannose per la salute, dalle istituzioni competenti.

L'8 febbraio 2019, a seguito della formazione di due orientamenti contrastanti sull'applicazione della legge n. 242 del 2016, con particolare riguardo alla commercializzazione delle infiorescenze e dell'eventuale estensione dell'esimente prevista per l'agricoltore anche al commerciante, la IV Sezione penale della suprema Corte di cassazione, con ordinanza n. 8654 del 2019, ha rimesso le questioni alle Sezioni Unite. Il 9 maggio 2019 il Ministero dell'Interno ha diramato la direttiva 11013/110, recante “Commercializzazione di canapa e normativa sugli stupefacenti. Indirizzi operativi”, con la quale, a fronte delle incertezze derivate dal suesposto quadro normativo, si sottolinea l'esigenza di monitorare accuratamente il fenomeno, consentendo gli esercizi e le rivendite presenti sul territorio e di sollecitare attività di controllo da parte delle forze di polizia per impedire situazioni di detenzione e vendita che potessero rientrare nel perimetro sanzionatorio della normativa antidroga.

Inoltre, riguardo ai possibili rischi per la salute derivanti dalla commercializzazione al dettaglio di tali prodotti a base di canapa, il senatore Candiani, sottosegretario di Stato per l'Interno, già il 2 maggio scorso in quest'Aula, in occasione dello svolgimento dell'interpellanza urgente n. 2-00367 dell'onorevole Meloni ed altri, ha comunicato, tra l'altro, “che il Ministero della Salute, a seguito del parere del Consiglio superiore di sanità citato nell'atto di sindacato ispettivo, ha chiesto ai carabinieri, nucleo antisofisticazioni, di effettuare i necessari approfondimenti sulla portata di tale fenomeno. All'esito di tale attività è, comunque, emerso che sono concrete le modalità con cui la vendita al dettaglio dà luogo alle maggiori preoccupazioni per la salute, verificandosi, all'interno di questi punti, un vero e proprio spaccio di sostanze stupefacenti. Ciò conferma, quindi, la necessità che accanto all'intensificazione dei controlli sulla crescente rete dei cannabis shop, venga affrontata, con rigore e tempestività, la questione dell'adeguatezza della disciplina del 2016, ciò per eliminare ogni cono d'ombra o possibili spazi per attività che, in spregio alla salute dei cittadini, possano, direttamente o indirettamente, favorire lo spaccio e il consumo delle sostanze stupefacenti”.

In tale quadro, il 30 maggio 2019 le Sezioni Unite della Corte di cassazione, come è noto agli onorevoli interpellanti, hanno affermato che la commercializzazione di cannabis sativa l. e, in particolare, di foglie, infiorescenze, olio e resina ottenuti dalla coltivazione della predetta validità di canapa non rientrano nell'ambito dell'applicazione della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione della canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi articolo 17 della direttiva n. 2002/53/CE del Consiglio europeo del 13 giugno 2002, che elenca tassativamente i derivati della predetta coltivazione che possono essere commercializzati.

Pertanto, integrano il reato di cui all'articolo 73, commi 1 e 4, del DPR n. 309 del 1990 le condotte di cessione, di vendita e, in genere, di commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, di prodotti derivanti dalla coltivazione della canapa sativa, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante.

A questo punto occorre, pertanto, attendere le motivazioni della suddetta decisione delle Sezioni Unite per valutare gli interventi, anche normativi, da adottare per fare definitivamente chiarezza su tale questione.

PRESIDENTE. La deputata Bellucci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Permangono le nostre preoccupazioni, sottosegretario, perché lei certamente da una parte condivide, e di questo apprezzo la sua capacità e la sua analisi lucida nel verificare che c'è effettivamente un'emergenza e una pericolosità. Ciò che ci preoccupa, come Fratelli d'Italia, è il continuo rinviare rispetto a una data in cui questa materia dev'essere definita in maniera definitiva e chiara. Infatti lei, ricostruendo quelli che sono stati i passaggi di quest'anno e di questo Governo, ha un po' tracciato quella che è un'attesa infinita, che ancora oggi si sta confermando.

Allora, sottosegretario, certamente questa è una legge, la n. 242 del 2016, che non è stata approvata da questo Governo. È vero, questa è stata una legge voluta fortemente dal PD, sostenuta anche da buona parte del MoVimento 5 Stelle, nella passata legislatura, tant'è vero che addirittura si era dedicato un intergruppo parlamentare alla liberalizzazione della cannabis. D'altronde, era stato detto, in maniera proprio chiara e incontrovertibile, che l'obiettivo era quello di normalizzare l'utilizzo della cannabis e, quindi, di promuovere, in maniera forte e definitiva, quella che è la cultura della libertà delle droghe e della liberalizzazione delle droghe.

Allora, è nel solco di questa iniziativa del passato Governo, che è stata in qualche modo anche portata a termine, anche se certamente non in maniera piena. Si voleva sicuramente approvare una legge che liberalizzasse l'utilizzo della cannabis per uso ricreativo. Questo non è stato possibile, non si è riusciti con il passato Governo ma in effetti si è trovata un'altra strada, quella della legge n. 242 del 2016. Quella vacatio normativa non è un caso, ma è la conseguenza di una scelta chiara, lucida, sistematica di far sì che all'interno di una vacatio normativa si aprissero le porte alle centinaia di cannabis shop che noi vediamo nelle strade della nostra Italia.

E, allora, la questione è proprio una questione culturale e educativa, quella di far sì che le droghe diventino qualcosa che non è da allontanare dalla propria vita, che non è da rifuggire comprendendone la gravità, l'annullamento del libero arbitrio, delle conoscenze, dell'autodeterminazione, ma, anzi, è vista – da questa parte della politica, da quella parte della politica, quella del PD e di buona parte del MoVimento 5 Stelle – come una scelta libera.

Noi crediamo fortemente che l'autodeterminazione debba avere dei limiti e dei confini e che il diritto più forte, che è supremo rispetto a quello di autodeterminarsi, sia il diritto alla vita, un diritto indisponibile, inviolabile, che deve essere sempre e comunque difeso, soprattutto difeso dal legislatore. Allora, quello che è accaduto nella passata legislatura è che questo diritto alla vita non è stato assolutamente difeso e, anzi, si è fatto in modo e in maniera che quel diritto, che è legato alla cultura della morte, trovasse un varco e c'è riuscito.

Oggi voi avete una grande responsabilità, questo Governo ha una grande responsabilità, sottosegretario.

Il Governo Lega e MoVimento 5 Stelle ha la grande responsabilità, il dovere e anche il potere, che gli è riconosciuto dal popolo italiano, di cambiare ciò che non è giusto e di dare luce, invece, a ciò che deve essere cambiato e deve essere proposto.

Allora, è proprio questo dare luce e dare vita che a noi ci preoccupa, perché, come Fratelli d'Italia, lo scorso anno - l'ha detto bene lei -, nel mese di maggio, abbiamo interrogato il Ministro Grillo chiedendogli di dare seguito al parere del Consiglio superiore di sanità, che ha raccomandato, il 10 aprile del 2018, la chiusura dei cannabis shop: ha detto che doveva essere vietata la vendita di quei prodotti e l'ha detto nella misura in cui ne ha verificato la pericolosità; la pericolosità perché quei negozi e la vendita di quei prodotti è caratterizzata da sostanze che invece hanno un carattere stupefacente, nonostante la maggior parte dica che sono sotto il livello di THC permesso dalla legge n. 309 e, quindi, con un tasso dello 0,5. Questo non è vero, l'ha detto lei sommariamente, io entro nello specifico: sono i fatti, non le idee o le parole a dimostrare che il tasso è superiore; l'hanno detto le forze di polizia nei numerosi sequestri che sono stati fatti in soltanto sette mesi, dal novembre del 2017 fino al giugno del 2018, e i sequestri hanno verificato che il tasso di THC è superiore allo 0,5, arriva allo 0,6 ed è, quindi, superiore a ciò che viene sancito come sostanza stupefacente dalle legge n. 309 del 1990.

Non di meno quei sequestri, caratterizzati da indagini preliminari, hanno visto - e ce lo dicono sempre le forze dell'ordine nella relazione che hanno presentato al Parlamento - come i ragazzi antistanti a quei negozi fumino cosiddetti spinelli con quelle sostanze che hanno un tasso superiore allo 0,5 e non di meno. Nelle indagini e nei sequestri operati, le forze dell'ordine hanno verificato che in quei negozi, in quelle aziende, in quelle attività ci sono dei laboratori di estrazione e di potenziamento dell'effetto della cannabis.

Fra l'altro, in altre indagini, non condotte dalle forze dell'ordine, anzi che si uniscono a quelle delle forze dell'ordine, per esempio di alcune trasmissioni, come Le Iene, è stato verificato come, all'interno di quei negozi, vengano venduti anche degli estrattori al butano; sottosegretario, sono degli estrattori che hanno appunto del gas butano attraverso il quale si estrae il principio attivo della sostanza e si riesce a moltiplicarlo fino al 98 per cento, con un rischio notevole perché quella è sostanza stupefacente in maniera incontrovertibile.

In più, c'è anche un rischio legato alla sicurezza: abbiamo visto immagini di ragazzi che, a fronte dell'utilizzo di quegli estrattori al butano, che sono pericolosi, in luogo chiuso, vedendosi scoppiare quella bomboletta di butano, sono stati ustionati nel viso, nel volto, nelle mani e in parte del corpo in maniera irreparabile.

Allora, sottosegretario, dietro la tanta cultura che si sta muovendo in questi mesi e che dice “siete bacchettoni, continuate a parlare di droga, la dovete smettere: i problemi sono altri”, io credo che dietro tutto questo ci siano degli interessi, degli interessi culturali di far sì che le persone possano pensare di meno, possano avere un cervello meno attivo, meno presente a se stesso, meno capace di poter riflettere e autodeterminarsi anche determinando e autodeterminando la politica di questa nostra Italia, essendo capaci di osservare e di capire che cosa accade.

Quindi, da una parte, c'è un aspetto culturale, che va verso il non sostenere le persone ad avere una vita piena, libera e capace di poter riflettere liberamente, e, dall'altra, un interesse economico.

Ma è vero che la nostra Italia è in crisi e noi, sì, che pensiamo che l'economia debba essere potenziata e incentivata e certamente crediamo che il lavoro debba essere moltiplicato e debba essere favorito, ma crediamo che tutto questo sia compatibile con una vita libera dalle droghe e non ci stiamo a credere che l'economia riparta se continuano ad essere aperti i cannabis shop perché significa che la politica ha fallito.

Allora, noi pensiamo che questo Governo, nel momento in cui immagina un modo per far ripartire l'economia, che si poggia sul reddito di cittadinanza, che non dà occasioni di lavoro, che non propone uno shock fiscale, che non diminuisce il cuneo invece del costo del lavoro e non aiuta le imprese a dare lavoro, ebbene questo Governo pone i presupposti perché l'ultima e l'unica possibilità sia quella di immaginare un'economia che riparte attraverso i cannabis shop, ma anche qui c'è una grande responsabilità.

Allora, moltiplichiamo il lavoro con le occasioni che ci sono - e Fratelli d'Italia ne ha dati tanti di suggerimenti e di indicazioni che non sono stati abbracciati da questo Governo: shock fiscale, diminuzione del peso delle tasse alle imprese, diminuzione del cuneo fiscale per quanto riguarda il costo del lavoro, aiuto alle imprese - e chiudiamo i cannabis shop e magari riconvertiamoli! Aiutiamo quelle attività commerciali e quegli imprenditori - che oggi sono in difficoltà certamente se gli chiudiamo la serranda - a riconvertire quelle attività, rendiamoglielo possibile! Io sono convinta - ci ho parlato - che molti sono aperti a vendere altro, per poter coniugare con la loro voglia di fare impresa il diritto della salute degli italiani. Spetta alla politica farlo, non alla Corte Suprema di cassazione! Non spetta alla giurisprudenza, che interviene laddove la politica è vacante, assente e superficiale.

E allora io mi aspetto, sottosegretario, una data, una data certa nella quale avvenga un cambiamento della legge e in cui questo Governo si possa legittimamente assumere e far carico della propria responsabilità, quella di fare leggi giuste, chiare e che tutelino la salute degli italiani.

(Iniziative di competenza per implementare l'organico dei magistrati e del personale amministrativo presso il tribunale di Gela e per ricomprendere tale tribunale tra le sedi disagiate - n. 2-00406)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bartolozzi e Occhiuto n. 2-00406 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Bartolozzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente. Avevo pensato di non approfittare dei tempi concessi per illustrare l'interpellanza, ma ne approfitto invece con una premessa doverosa. Non posso non stigmatizzare, sottosegretario Gaetti, il comportamento del Guardasigilli, del Ministro Bonafede, che oggi non ha inteso doveroso e opportuno venire in Aula per rispondere a un'interpellanza che riguarda il suo Ministero, non ha inteso mandare un sottosegretario - e non è la prima volta, lo dico veramente con amarezza - del Ministero della Giustizia; mi manda lei, sottosegretario al Ministero dell'Interno, la conosco e apprezzo il suo lavoro, ma evidentemente stiamo parlando di altro e non posso non stigmatizzare questo comportamento, tanto più in un momento storico come questo, nel quale la giustizia italiana, forse, meriterebbe di più dal Guardasigilli, non passerelle, non preoccupazioni denunciate anche a mezzo stampa, ma atti di indirizzo politico. Un Ministro che si dice preoccupato rispetto ai fatti che sono accaduti e che sono all'onore delle cronache, preoccupato come un cittadino qualunque, ma che non intende esercitare, per quello che è dato conoscere, il potere disciplinare: mi riferisco, evidentemente, alle vicende dei consiglieri dimissionari autosospesi della magistratura.

Faccio questa doverosa premessa perché veramente mi sarei aspettata la presenza di un sottosegretario – veramente io mi sarei aspettata il Ministro oggi in Aula (non c'è nessuno: siamo in tre o quattro) e, se non lui, mi sarei aspettata la presenza del sottosegretario - perché sarebbe stato un atto di attenzione verso la magistratura e verso quei magistrati che lavorano con coraggio, abnegazione e in silenzio, in tribunali di frontiera, com'è il tribunale di Gela, nel quale io ho prestato servizio per oltre dieci anni.

Allora, la presenza oggi del Guardasigilli o dei suoi sottosegretari, di uno dei due, avrebbe quantomeno mostrato quell'attenzione, che è dovuta a tutti quei magistrati che in silenzio lavorano.

Approfitto per esprimere ulteriori parole, poche, e poi vado al merito dell'interpellanza. L'interpellanza - lo ricordo a me stessa - è uno dei pochi strumenti che noi parlamentari abbiamo per chiedere al Governo quali sono le linee, gli indirizzi su tematiche che riteniamo di interesse generale, particolarmente importanti, e questa lo è.

L'oggetto dell'interpellanza, che lei avrà sicuramente letto, e di cui andremo a breve a parlare riguarda proprio il sottodimensionamento di alcuni tribunali, Gela prima fra tutti. Una situazione drammatica, che va avanti dal 2013 e che è stata portata più volte all'attenzione dei vari Governi che si sono succeduti, e che avrebbe preteso, se non imposto, dal Governo del cambiamento qualche cosa in più. Io mi auguro che lei non si limiti a riportarmi i dati. Gli uffici legislativi del ministero avranno sicuramente fatto bene il compito, io più volte uso lo strumento dell'interpellanza e l'ho usato per avere qualche dato in più, gli uffici fanno i loro compiti, il sottosegretario mi legge la risposta, mai un sottosegretario alla giustizia per quello che io ho fatto in un anno a questa parte, e lì finisce, lettera morta, che non mi dà niente di più di quello che io preannuncio con l'interpellanza e poi riservo nella fase delle repliche. Questo non serve a nessuno, non serve a noi parlamentari, ma soprattutto non serve ai cittadini che ci ascoltano, non serve ai territori. Io dal Governo del cambiamento mi aspetto e mi aspettavo ben altro, non è mai accaduto, mi auguro che lei mi smentisca, ma non voglio anticipare quelle che saranno le repliche.

E allora, per andare al contenuto dell'interpellanza, le ho anticipato, sottosegretario Gaetti, che è un dato drammatico. Lei avrà letto dal contenuto dell'atto che era sottoposto alla sua attenzione che il procuratore della Repubblica Asaro, il presidente del tribunale Paolo Fiore e il presidente della Corte d'appello di Caltanissetta, la presidente Vagliasindi, usano degli aggettivi - nelle relazioni che hanno mandato, da ultima quella per l'inaugurazione dell'anno giudiziario - preoccupanti, per cui dicono: è una “insostenibile” carenza di organico, è una “preoccupante” carenza di organico, è una “perdurante” carenza di organico.

Tra le prime richieste che sono state sottoposte all'attenzione, ce n'è una specifica del presidente del tribunale che precedeva il dottor Fiore, che è del 2013, e anche una del 2012. E io non vorrei si facesse confusione, come ha fatto confusione il guardasigilli quando, nell'intervento di apertura, venne a parlare delle linee programmatiche del Ministero, facendo confusione tra due concetti che sono distinti: una cosa è la copertura dell'organico, altra cosa è il sottodimensionamento dell'organico. Quindi, non vorrei che si usassero questi due concetti in maniera sovrapponibile, sono due cose completamente diverse: da una parte, c'è un problema di copertura dell'organico perché il tribunale di Gela è uno di quei tribunali dove vanno gli uditori di prima nomina, normalmente gli uditori che sono collocati in graduazione nella graduatoria nelle ultime posizioni, e quindi è un tribunale che risente di un turnover continuo; quindi, da una parte, c'è il problema della copertura dell'organico, che non mi si può dire ‘è coperto', quando tre mesi dopo è scoperto, e questo accade sempre. Dall'altra parte, il sottodimensionamento: una pianta organica che è evidentemente insufficiente rispetto alle richieste di giustizia dei territori.

Non può non considerarsi solo il problema del “mondo giustizia”, io avrò fatto almeno quattro interpellanze qui, e non ricordo quante interrogazioni in Commissione, sul problema della sicurezza del territorio, chiedendo più forze dell'ordine, più presidi, più controllo, perché il problema della sicurezza e della criminalità, evidentemente, poi, diventa domanda di giustizia, quindi bisognerebbe interagire. Ecco perché il problema della sicurezza del territorio, poi, trasmoda e diventa un problema di sottodimensionamento dell'organico del tribunale di Gela; e non solo dell'organico togato, perché il problema c'è anche nella magistratura ordinaria, ma c'è ancor di più nel comparto amministrativo.

Io non le rileggo quello che ho scritto, perché so - ne sono certa - che lei lo abbia letto, lo abbia approfondito, quindi non mi serve a niente ripetere ciò che ho scritto, ma io mi auguro e spero che la sua risposta non sia quello che era già scritto, insomma una ripetizione di ciò che abbiamo sentito e che abbiamo letto nella legge di bilancio, nell'ultima che abbiamo licenziato, quando parliamo di 600 unità in più di personale di organico, e sono 200 l'anno, o di 3 mila unità in più nel personale amministrativo, e sono 1000 l'anno, che, ripartite in tutta Italia, sono poche, forse due unità per tribunale e non di più. Non vorrei neanche sentire quello che ho dovuto sentire la settimana scorsa in Commissione giustizia sul fondo per il rilancio degli investimenti, laddove il Ministro vantava tanto di aver trovato risorse e poi, fatti i calcoli alla mano, ci siamo resi conto che quello che viene destinato al comparto giustizia è appena l'1,5 delle risorse complessive, cioè niente.

Io mi auguro di sentire da lei qualcosa di diverso e, per il suo tramite, voglio aggiungere al Ministro Bonafede e ai suoi sottosegretari, un appello, il solito appello che sono solita fare, ma per il quale non ho mai risposta: occorre fare di più, occorre avere una visione di politica giudiziaria che io, in alcun atto che sino adesso è arrivato all'esame del Parlamento, ho potuto constatare; non vi è politica giudiziaria, ci sono provvedimenti ad hoc, minute settoriali, ma manca assolutamente una visione di politica giudiziaria. E l'ultimo caso, che è tornato alle cronache con gli autosospesi del Consiglio superiore della magistratura, dimostra che il Ministro non ha ancora fatto quello che è in suo dovere fare: non potere fare, dovere fare.

Riservo le repliche in una successiva fase, grazie Presidente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Con interpellanza urgente gli onorevoli Bartolozzi ed Occhiuto chiedono di conoscere se il Ministro della giustizia non intenda intraprendere tempestivamente le opportune iniziative di competenza volte ad implementare la consistenza dell'organico sia dei magistrati che del personale che li coadiuva negli uffici giudiziari del tribunale di Gela per garantire una maggiore efficienza ed efficacia degli stessi uffici; e se il Ministro interpellato, alla luce della situazione di disagio determinata da significative carenze di organico, non intenda intraprendere le opportune iniziative di competenza al fine di prevedere che nell'elenco delle sedi per le quali sussistono i requisiti previsti dall'articolo 1, comma 3, della legge 4 maggio 1998, n. 133, sia compreso anche il tribunale di Gela.

Giova premettere che, con riferimento alla dotazione organica dei magistrati, composta per il tribunale di Gela da 14 unità, dai dati estratti dal sito “cosmag” del Consiglio Superiore della magistratura risulta una scopertura del 33 per cento dei posti di giudice (risultando in servizio 8 magistrati sui 12 previsti in organico), essendo coperte le posizioni di presidente del tribunale e presidente di sezione.

Con specifico riguardo alla scopertura del 33 per cento e quindi al sollecitato inserimento del tribunale di Gela nell'elenco delle cosiddette sedi disagiate, va ricordato che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 4 maggio 1988, n. 133, per sede disagiata si intende l'ufficio giudiziario per il quale ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti: a) mancata copertura dei posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione; b) quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico. Dall'esame dei dati estratti dal sito “cosmag” risulterebbe integrato solo il secondo requisito e, di conseguenza, risulta precluso a questo Ministro fare proposte di inserimento.

In via più generale, va comunque rappresentato che l'articolo 1, comma 379, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (la cosiddetta legge di bilancio per l'anno 2019), ha previsto l'aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria di 600 unità, disponendo che la tabella B, allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71 - da ultimo modificata dall'articolo 6 del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2016, n. 197 -, è sostituita dalla tabella 2, allegata alla citata legge.

Il medesimo articolo ha stabilito, inoltre, che con uno o più decreti del Ministro della giustizia, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata della presente legge, sentito il Consiglio superiore della magistratura, sono rideterminate le piante organiche degli uffici giudiziari.

Pertanto, v'è l'impegno, nell'ambito della già avviata procedura di revisione delle piante organiche dei magistrati, a dare il giusto riconoscimento alle esigenze rappresentate dagli uffici giudiziari, tant'è che, firmato in data 17 aprile 2019 il decreto ministeriale che ridefinisce la pianta organica della Corte di cassazione, è stato istituito, il 27 febbraio 2019, un tavolo tecnico per la rideterminazione delle piante organiche degli uffici di merito, il cui lavoro sta procedendo speditamente.

Per quanto attiene, invece, al personale amministrativo, voglio sottolineare come le linee d'azione nella gestione del personale amministrativo sono indirizzate tutte a migliorare la funzionalità degli uffici giudiziari, mediante il ricorso, in forza delle normative intervenute, a tutte le soluzioni disponibili per incrementare le risorse umane: dalla mobilità volontaria alla obbligatoria, allo scorrimento di graduatorie di altre amministrazioni, alla riqualificazione del personale e alle assunzioni mediante concorso. In ogni modo, circa la situazione del tribunale di Gela, si segnala che l'organico complessivo di tale ufficio giudicante prevede quarantatré unità di personale con una presenza effettiva di trentatré; ne consegue una scopertura in termini percentuali del 23,26 per cento. Si precisa che il profilo di assistente è interamente coperto, così come quello di direttore che, anzi, presenta un sovrannumero. Le carenze maggiori rilevanti si osservano nei profili del funzionario giudiziario, quattro su cinque, del cancelliere, due su dieci, e dell'operatore giudiziario, quattro su nove.

L'atto parlamentare in esame evidenzia ulteriori criticità nell'ufficio del giudice di pace di Gela. Al riguardo, si segnala che, rispetto a un organico di otto unità, ne sono presenti 6,5, con una scopertura del 18,75 per cento. Il profilo di assistente non solo risulta interamente coperto, ma presenta una unità in sovrannumero, assunta con contratto di lavoro part time. Le uniche carenze emergono nei profili di cancelliere, due su tre. Al riguardo, però, non va dimenticato che, nel 2018, la dotazione organica delle cancellerie e segreterie giudiziarie degli uffici del distretto di Caltanissetta è stata incrementata di complessivi cinque posti di assistente giudiziario e, quindi, si è passati da novantanove a centoquattro unità e, da ultimo, si è provveduto alla determinazione del ruolo organico, in complessivi duecento posti e alla relativa ripartizione dei profili professionali di funzionario tecnico e di assistente tecnico, istituiti con il decreto ministeriale del 9 novembre 2017.

In tale contesto di rideterminazione generale delle dotazioni dei profili professionali e delle relative piante organiche, le esigenze funzionali di ciascun presidio giudiziario, ivi incluse quelle del tribunale di Gela, saranno oggetto di ulteriore considerazione.

Quanto alle posizioni dirigenziali del distretto, le posizioni vacanti, tra le quali figura quella del tribunale di Enna, sono state pubblicate con interpello di 10 aprile 2019. Inoltre, profonda è la convinzione che necessiti assicurare a tutti gli uffici giudiziari risorse di personale adeguate a fronteggiare gli onerosi carichi di lavoro, anche sotto il profilo della suddivisione delle qualifiche rivestite, tanto è vero che, con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, questo Ministero è stato autorizzato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, ad assumere, con contratto a tempo indeterminato, personale amministrativo, nell'arco del triennio 2019-2021, per un contingente complessivo di 3 mila unità (903 di area II, per il 2019; 1.000 unità di area III per il 2020 e 1.000 unità di area II per il 2020). Per l'effetto, il Ministero della giustizia potrà prevedere l'assunzione, nell'ambito dell'attuale dotazione organica, di un rilevante numero di unità di personale amministrativo non dirigenziale che potrà colmare le attuali carenze e in parte sopperire alle prossime uscite, non trascurando il tribunale di Gela.

PRESIDENTE. Siamo in pochi, perché ci sono le interpellanze urgenti, ma cogliamo l'occasione per salutare gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo Albertelli-Newton, di Parma. Grazie per essere venuti qui ad assistere alla nostra seduta di oggi (Applausi).

L'onorevole Bartolozzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente. Non me ne vorrà il sottosegretario, ma il compito è stato fatto veramente male, peggio delle altre volte, perché nella prima parte lei mi ha ripetuto le conclusioni delle interpellanze, io non le ho lette, le ha ripetute, ma le poteva saltare, e per il resto, mi ha parlato di scopertura di organico, che è cosa ben diversa da quello che io avevo chiesto, perché avevo chiesto delucidazioni in merito al problema del sottodimensionamento dell'organico, quindi, non alla copertura di quello esistente. E, poi, le buone intenzioni che il Ministro ha annunciato, le annuncia sempre, sono sempre quelle passeggiate che il Guardasigilli fa, ma che, poi, non portano a nulla, perché buone intenzioni, tavoli di programmazione, l'impegno nella legge di bilancio, cioè, zero; cioè, zero.

Allora, ripeto, sono domande specifiche, il compitino, il compito doveva essere… C'è un problema riferito a Gela, quindi, un problema non di scopertura, anche di scopertura, ma di sottodimensionamento; come e se intendete coprirlo, ampliare la pianta organica a Gela, non nel resto dell'Italia. Che sia prevista l'assunzione di 600 unità di magistrati ordinari in più, io lo sapevo, gliel'ho detto prima; voglio sapere: a Gela, quanti ne arriveranno per coprire? E se è intenzione del Ministro, come ha più volte detto, aumentare la pianta organica.

Io, quando ho rappresentato, con le mie poche parole, l'interpellanza, le ho riferito di due richieste che l'allora presidente del tribunale, nel 2012 e poi nel 2013, il presidente Leone, era il mio presidente all'epoca, aveva formalizzato al Ministro e, in queste richieste, il presidente Leone - è un'istanza protocollata, 1273, la prima, del 19 ottobre 2012, - chiedeva al Ministro un aumento dell'organico dei magistrati di almeno tre unità; perché? Perché la specificità del territorio gelese, caratterizzato dalla presenza della raffineria più grande d'Europa, da un consistente fenomeno di criminalità organizzata e, non da ultimo, da un coefficiente di litigiosità elevato, imponevano una rivalutazione in termini anche di presenza efficiente dello Stato, a garanzia dei diritti dei cittadini. Quella istanza del 2012 è stata poi reiterata nel 2013 ed è stata reiterata anche da ultimo. Io non le ho sentito dire che il problema della pianta organica del tribunale di Gela… Guardi, le ultime due sue parole sono state: il Ministro non trascurerà, non si trascurerà; io sono una persona abbastanza precisa, quindi, appunto, lei, da ultimo, nell'ultima riga, mi ha detto: non sarà trascurata l'ipotesi di Gela. E che vuol dire: non sarà trascurata? Domani, dopodomani… c'è un tavolo… Sì, il tavolo di concertazione c'è da anni; a Gela cosa intendete fare? Non si può aspettare, i cittadini gelesi non possono aspettare, quei magistrati che, in silenzio, lavorano, non possono aspettare i tempi del Ministro, perché non è giusto che sia così, perché oggi i magistrati che ci staranno ascoltando e i gelesi che ci staranno ascoltando avrebbero voluto sentire dire da voi a Gela cosa si fa, a Caltanissetta cosa si fa, non perché nel resto dell'Italia la situazione non sia ugualmente complicata e, quindi, non meritevole di una particolare attenzione, ma quello è un presidio di legalità.

Il Ministro va a fare le passerelle; è andato a Caltanissetta, nell'aprile del 2019, sa cosa ha detto? Sul tema della geografia giudiziaria dice: è stato aperto - stiamo parlando di un mese fa, quindi, ridice esattamente le stesse cose, ogni volta - un tavolo di confronto ed i primi soldi stanziati sono stati per avere nuovo personale e per mettere mano alla situazione di edilizia giudiziaria - quello a cui accennavo prima, con la legge di bilancio, che è di quattro mesi prima -: oltre a impegnarci per non chiudere nessun tribunale, stiamo investendo sugli uffici di prossimità che sono forme di avvicinamento dello Stato e della giustizia ai cittadini, cioè aprire strutture negli ospedali… È questo il modo di rispondere a chi fa una domanda di giustizia? Che gli apri il presidio presso il tribunale per depositare un'istanza o per capire come funziona il casellario? Cioè, questa è l'idea che il Ministro della Giustizia, il Ministro Bonafede ha sull'aiuto ai magistrati che lavorano nel territorio e per il territorio? Aprire gli uffici di prossimità?

Ecco, è per questa mancanza di visione assoluta di politica giudiziaria che io sono sgomenta. Io non mi aspettavo che oggi qualcuno mi dicesse che a Gela c'è in programma di ampliare la pianta organica; non me lo aspettavo perché non credo nel lavoro di questo Ministero e non credo che ci sia un impegno serio in questo senso che viene dalla profonda conoscenza del mondo della giustizia. Ho detto ciò molte volte e ho rammarico nel doverlo constatare tutte le volte, posto che con umiltà, con impegno e con lavoro tento di rappresentare istanze di colleghi -ma non solo di colleghi e della cittadinanza. Il magistrato risponde a istanze del cittadino e quando tu non aiuti e non implementi il servizio - perché la giustizia è un servizio per il cittadino - o si omette di far ciò perché non si ha interesse o, se lo fai male, è perché non hai la dovuta conoscenza del problema.

Io tornerò sul tema e lei avrà - ne sono sicura - l'ingrato compito di riferire al Ministro ciò che gli ho rassegnato. Il tribunale di Gela e, in genere, quelli del distretto di Caltanissetta hanno bisogno di una particolare attenzione. Noi non ci aspettiamo che il Ministro venga giù - ce lo auguriamo, ma non ce lo aspettiamo - ma ci aspettiamo una risposta concreta e non tavoli di programmazione: lei ha parlato di un tavolo ad aprile del 2019 nella Cassazione, ma non è questo che vogliamo. Vogliamo, invece, comprendere se il Ministro ha compreso che a Gela, che è territorio presidio di legalità, la situazione è un po' più particolare e che c'è il bisogno, proprio per il turnover continuo dei magistrati che arrivano in quei territori e che poi vanno via, di una particolare attenzione, quindi non solo di magistrati ma di fondi: le riforme a costo zero non si fanno. Nel settore giustizia non puoi pensare che la riforma sia introdurre nuovi reati o semplicemente prevedere nuove norme, come l'Anticorruzione. A questo proposito, il Ministro è venuto a Caltanissetta dicendo che si sta facendo di più per i cittadini italiani perché ora abbiamo la norma “spazzacorrotti”; in ogni dibattito pubblico vi è la “spazzacorrotti” e in qualche modo si parla di questo, ma non è questo il punto. Si deve prima investire nel comparto della giustizia: investire! Le riforme a costo zero non servono a nulla ed è inutile prevedere nuove fattispecie di reato se non hai le risorse - magistrati, addetti alle cancellerie, funzionari - che possono smuovere il comparto giustizia. Servono i fondi e i fondi sono assolutamente insufficienti; in tal senso, avere rinunciato, aver preteso nel fondo per gli investimenti semplicemente l'1,5 della spesa complessiva vuol dire o che il Ministro sottovaluta il problema o che non ha il peso necessario all'interno del Consiglio dei ministri per far valere le ragioni del comparto, pertanto, o non lo ascoltano, o lui non le chiede.

Non so quale delle due ipotesi mi preoccupi di più, cioè se lui non comprende la drammaticità del sistema giudiziario italiano, oppure se la comprende ma non ha la forza di far sentire il peso della sua voce all'interno del Consiglio dei ministri. Io non so quale delle due mi preoccupa di più, da cittadino ancor prima che da magistrato e ancor prima che da parlamentare.

Tornando nel mio territorio non saprò cosa rispondere. Io rientro stasera e incontrerò il presidente del tribunale, il procuratore Asaro; spero di poter incontrare il presidente della Corte d'appello, a cui porterò la sua risposta scritta, risposta che li lascerà delusi e mortificati, ancora una volta. Il mio impegno è quello di ritornare nuovamente sul tema, sperando che, per il suo tramite, il Ministro questa volta mi dia una risposta compiuta.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Organizzazione dei tempi di discussione di una mozione.

PRESIDENTE. Avverto che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna l'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione concernente iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza sui minori.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 10 giugno 2019 - Ore 16:

1. Svolgimento di interrogazioni .

La seduta termina alle 11,35.