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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 177 di venerdì 17 maggio 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 14 maggio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e iniziative di competenza in merito al disavanzo sanitario della regione Molise, al fine di garantire l'erogazione dei servizi - n. 2-00372)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno, Federico ed altri n. 2-00372 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Federico se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANTONIO FEDERICO (M5S). Grazie, Presidente. La regione Molise è in piano di rientro dal debito per la sanità dal 2009 ed è commissariata dal 2011; sono dieci anni in cui commissari sono stati i governatori della regione, prima di centrodestra, dopo di centrosinistra, fino poi all'intervento della norma sul decreto fiscale che ha sancito l'incompatibilità tra i ruoli di commissario ad acta per il piano di rientro e la carica di presidente della regione. Questo cosa ha comportato per la mia regione? Il fatto che c'è stato un blocco del turnover per tutti questi anni, che non ha permesso un ricambio generazionale. Noi abbiamo, da dati statistici e rilevazioni, una classe medica e di operatori sanitari e infermieri tra le più anziane d'Italia, che man mano sono andati in pensione e non sono stati rimpiazzati.

Le tasse, le accise e le imposte sono state aumentate in questi anni, andando anche oltre i limiti previsti per legge, proprio perché non si riusciva a chiudere la partita del piano di rientro. Nel luglio 2017, nella manovrina finanziaria che è stata approvata da questo Parlamento, è stato approvato con un emendamento, con legge dello Stato, il programma operativo straordinario 2015-2018, che è attualmente in vigore, che tende a riorganizzare la sanità, il sistema sanitario regionale in Molise. L'approvazione di questo programma operativo ha permesso in sede di Conferenza Stato-Regioni nell'agosto 2017 di ottenere un contributo di solidarietà dalle altre regioni al fine di riuscire entro il 31 dicembre del 2018 ad ottenere un pareggio di bilancio programmato e poter poi uscire dal blocco del turnover.

Questo anche grazie a un indebitamento che ha dovuto fare la regione Molise con l'istituzione di un mutuo trentennale di 270 milioni di euro per poter coprire almeno l'altra quota parte non coperta dal contributo di solidarietà delle regioni, che è stato di 140 milioni di euro. Quindi, una mole importante di debiti per una regione di 300 mila abitanti, con un trasferimento annuo di circa 550 milioni di euro per il sistema sanitario regionale, e quindi ci rendiamo un po' conto delle proporzioni. Questo programma operativo che è stato approvato ha cercato di riorganizzare la rete ospedaliera molisana, ma creando innanzitutto una sperequazione con il sistema privato, che è presente fortemente nella nostra regione e che, invece di affiancare il pubblico, letteralmente lo sostituisce in funzioni principali come quelle della rete dell'emergenza. Questo è un vulnus che va superato e ci auguriamo, e stiamo seguendo, anche facendo da pungolo e stimolo al Ministero e ai commissari presenti, perché i commissari che sono stati poi nominati da questo Governo e che sono diventati operativi da fine dicembre del 2018 possano risolvere anche questa ulteriore criticità, che poi si è rilevata anche successivamente già con il primo tavolo di verifica dell'11 aprile, e questo è poi l'oggetto dell'interpellanza.

Tavolo di verifica all'interno del quale si sono evidenziati non un pareggio di bilancio, o almeno queste sono le indiscrezioni che sono venute fuori dalle prime dichiarazioni fatte soprattutto dal presidente della regione, che, però, devono ancora trovare riscontro formale all'interno dei verbali del tavolo tecnico di cui ancora non c'è pubblicazione. Lì c'è un problema legato a 15 milioni di euro che dovrebbero essere accantonati in maniera preventiva per la risoluzione di uno dei tanti problemi e delle distorsioni che ci sono nella nostra regione, che riguarda l'extra budget per i privati accreditati. Quindi, abbiamo privati molto forti, molto importanti nella nostra regione che erogano prestazioni in surplus rispetto a quelle che sono in contratto e che sono state sempre regolarmente pagate.

Poi, c'è stato un contenzioso enorme, che si è chiuso con l'approvazione del POS 2015-2018: sono sempre contenziosi nell'ordine di centinaia di milioni di euro, quindi con un valore importante rispetto a quello che, ripeto, è l'indotto, anche la popolazione, la massa critica che può esprimere la regione Molise. Di questi 15 milioni, il tavolo tecnico sembrerebbe aver chiesto conto alla regione Molise, come ha chiesto conto anche di ulteriori 7 milioni di euro. Infatti, sempre stante a dichiarazioni fatte dal presidente della regione, confermate successivamente dallo stesso in sede di approvazione di bilancio in consiglio regionale, mancherebbero 7 milioni di euro che non sono stati materialmente trasferiti dalla regione Molise sul conto dedicato alla sanità. Quindi, la fiscalità regionale, le tasse in più che pagavano i molisani non sono state trasferite, almeno questo è quello che è stato dichiarato.

Addirittura, il presidente della regione ha dichiarato di aver ricevuto una diffida formale da parte della struttura commissariale per 4,2 milioni di euro che dovevano essere rimessi sul GSA e, di questa diffida, il gruppo consiliare in regione Molise del MoVimento 5 Stelle ha fatto precisa richiesta di accesso agli atti per verificarne la veridicità o, comunque, per constatarne l'effettiva importanza e spessore.

Che succede, quindi? La richiesta che viene fatta qui al sottosegretario è quella di capire, innanzitutto, quali sono le risultanze di questo tavolo tecnico; in che modo riuscire a superare questo vulnus che, da un punto di vista contabile, può essere anche superato, come dice anche il presidente della regione che, in una sua dichiarazione, ha detto che i soldi della sanità non sono i soldi della sanità. Questo è un controsenso già in termini, ma, da un punto di vista contabile, è vero che si possono spostare partite da un conto all'altro, pur rimettendole dopo nella contabilità dedicata, ma, se si è in piano di rientro, è difficile, poi, spiegare questa cosa all'advisor, è difficile spiegare questa cosa al tavolo tecnico; e, soprattutto, se si fanno dei movimenti da 15 milioni, più altri 9 milioni, fatti a maggio del 2018 e a dicembre del 2018, senza il coinvolgimento della struttura commissariale, che ancora non era stata nominata, un problema si crea, tant'è che poi, tre giorni dopo il primo tavolo tecnico dell'11 aprile, il presidente della regione è stato costretto a rispostare quei denari sul conto del GSA.

Chiedo, inoltre, in che modo il Ministero vuole, comunque, per il tramite dei commissari, garantire quei livelli essenziali per i cittadini molisani, soprattutto nella fase di riorganizzazione del sistema ospedaliero che, in questa fase, trova ancora molta difficoltà nell'essere realizzato e crea grande apprensione da parte dei cittadini, che non hanno la percezione di un sistema che funzioni. La chiusura di ospedali, piccoli centri, che sono diffusi nella nostra regione - 300 mila abitanti, undici ospedali - non sta trovando il passo con una riorganizzazione della rete territoriale, per fare da filtro a ricoveri impropri, né, tantomeno, di una rete dell'emergenza che, ripeto, metta al centro il sistema pubblico. L'articolo 32 della Costituzione sancisce questo diritto per tutti i cittadini e non si possono appaltare interi settori del sistema sanitario regionale al privato accreditato.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Onorevole Federico, gli onorevoli interpellanti segnalavano l'opportunità di rendere disponibili i dati economico-finanziari riguardanti la regione Molise, in regime di commissariamento ad acta dal luglio 2009, per l'attuazione del piano di rientro dai debiti del settore sanitario. A tale riguardo, occorre ricordare che i dati economico-finanziari in questione vengono trattati negli ambiti delle attività di monitoraggio dei piani di rientro a cura dei tavoli preposti - Tavolo adempimenti e Comitato LEA -, ai quali partecipano diversi organi istituzionali. Il verbale redatto nel corso della più recente riunione di verifica dell'11 aprile 2019, stante l'esiguo termine di tempo intercorso, è attualmente in fase di consolidamento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e potrà, quindi, essere reso disponibile solo successivamente alla sua formalizzazione a cura di detto Dicastero.

Per quanto riguarda le iniziative rivolte a garantire la piena disponibilità dei servizi erogati presso le strutture ospedaliere ubicate nel territorio della regione Molise, desidero segnalare che il Ministero della Salute ha richiesto alla stessa regione di adottare un ulteriore documento di programmazione della rete ospedaliera. Un particolare rilievo riveste, infatti, la necessità di ridefinire l'articolazione dei nodi delle reti tempo-dipendenti contestualmente alla predisposizione di un provvedimento organico di riorganizzazione della rete territoriale, il quale, in coerenza con i fabbisogni di assistenza, deve risolvere le criticità riscontrate dalla verifica LEA, con particolare riferimento all'offerta assistenziale per gli anziani non autosufficienti e per i disabili.

Non vi è dubbio che, a prescindere dalla definizione delle summenzionate attività, dalle quali è lecito attendersi un miglioramento dell'offerta assistenziale per la comunità molisana, la carenza dei dirigenti medici nei vari presidi risulti, allo stato, obiettivamente grave. A tale specifico riguardo, desidero, allora, informare che la struttura commissariale sta agendo al fine di acquisire la disponibilità delle aziende sanitarie delle regioni confinanti, affinché esse possano supportare in emergenza l'Azienda sanitaria regionale del Molise avvalendosi di professionisti loro dipendenti per la copertura dei turni di servizio. Per addivenire a tale scopo, è stato già elaborato uno schema di convenzione che si ritiene possa costituire uno strumento congruo in questo frangente di particolare criticità per assicurare una degna continuità assistenziale per la popolazione.

Desidero, infine, far presente che, grazie alle norme inserite nel “decreto-legge Calabria” che, come è noto, è all'esame di questo ramo del Parlamento, da una parte, più in generale, si è provveduto a rivedere per tutte le regioni i limiti di spesa per il personale, rendendoli fin da subito più flessibili e, a partire dal 2021, incrementandoli in termini assoluti attraverso la destinazione di un importo pari al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente; dall'altra, per le regioni sottoposte a piano di rientro come il Molise, si è finalmente provveduto, con un emendamento appena approvato in Commissione affari sociali, ad eliminare l'automatismo della sanzione del blocco del turnover nel caso di persistenza del disavanzo.

Grazie a misure come questa, dunque, si conferma l'impegno di questo Governo di voler finalmente imprimere una inversione di tendenza nelle politiche assunzionali nel Servizio sanitario nazionale, purtroppo sacrificate da anni nel nome di regole che hanno ingiustificatamente compresso l'esigenza di ricambio, se non anche di potenziamento, del personale degli enti che erogano prestazioni sanitarie alla popolazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Federico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANTONIO FEDERICO (M5S). Grazie, Presidente. L'ultima affermazione del sottosegretario non può che rendermi soddisfatto pienamente della risposta, perché il blocco del turnover è stato una mannaia, una spada di Damocle che, in tutti questi dieci anni, è rimasta pendente sulla testa dei molisani, che hanno visto questo nel corso del tempo: interi reparti di ospedali che non avevano più la dirigenza, medici che non erano più presenti, il ricambio generazionale che non si è potuto effettuare.

Questa previsione normativa che è stata già approvata in Commissione, all'interno del “decreto Calabria” elimina, quindi, il blocco del turnover per quelle regioni che sono in piano di rientro, perché, dopo, un conto è cercare di riorganizzare in maniera efficiente la rete sanitaria del sistema regionale e, quindi, recuperare quelle sacche di sprechi, di consumi, di clientelismi che, spesso, si nascondono dietro le sanità regionali, un altro conto è privare i cittadini del diritto alla salute, i quali ne vengono privati non mettendo in condizione il sistema di funzionare togliendogli proprio gli operatori.

Questa, del superamento del blocco del turnover, è una notizia sicuramente importantissima e sono orgoglioso che questa maggioranza l'abbia portata a casa, prima ancora che venisse anche sollecitato dalle regioni come è stato nella giornata di ieri. Prendo atto anche della questione della pubblicazione dei verbali del tavolo tecnico; restiamo in attesa e lì potremo giudicare quali sono le partite in gioco anche in termini finanziari e contabili, perché è il nodo principale, perché dobbiamo capire se entro quest'anno riusciremo ad arrivare finalmente al pareggio del bilancio e guardare la luce in fondo al tunnel. Ho fatto il consigliere regionale di opposizione per cinque anni e so quanto è difficile poi, dopo, essere all'interno di un'assise che avrebbe la competenza sulla riorganizzazione sanitaria, l'approvazione dei piani sanitari, dei piani operativi, ma che è stata per tutti questi anni depredata, le hanno tolto questa competenza specifica proprio perché la politica non era stata in grado di dare quelle risposte e dare delle soluzioni adeguate.

Si è organizzata una sanità ospedalocentrica nella nostra regione, il che ha comportato nel tempo una totale dimenticanza di quella che è l'importanza delle reti territoriali dell'emergenza a cui ho fatto riferimento prima e che tragicamente entrano nelle cronache della nostra regione, perché dalle parti mie, per una caduta dalla bicicletta, si rischia di morire.

Chiudo, quindi, facendo un appello affinché i cittadini molisani possano non essere trattati come cittadini “di serie B”, che anche i cittadini che vivono nei paesi più sperduti della nostra regione, e sono tanti, perché il Molise rappresenta pienamente il concetto di aree interne e aree depresse, con un fortissimo spopolamento, inverni rigidi, infrastrutture inadeguate per poter garantire anche le famose golden hour per gli interventi nelle reti tempo-dipendenti, ma questo non può significare che si abbandonino i cittadini. Quindi, i commissari in primis, il Governo e tutti quanti noi, anche come Parlamento, dobbiamo essere pronti a dare risposte affinché ogni cittadino che è nato in Molise possa sentirsi adeguatamente assistito e garantito come un cittadino nato a Milano, piuttosto che a Torino, piuttosto che qui, a Roma, e che, quindi, abbia la stessa capacità di accedere con sicurezza e certezza alle cure e ai servizi che deve erogare il sistema sanitario nazionale.

(Iniziative, anche normative, in merito all'autorizzazione al trattamento dei rifiuti provenienti dall'estero, con particolare riferimento al funzionamento del depuratore dell'impianto Pro-Gest sito a Mantova - n. 2-00381)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-00381 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Federico se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANTONIO FEDERICO (M5S). Sì, grazie, Presidente. Con l'interrogazione n. 4-13522 della XVII legislatura e con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01922 nella presente legislatura il primo firmatario del presente atto, l'onorevole Zolezzi, evidenziava aspetti peculiari relativi all'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla ditta Burgo Group di Altavilla Vicentina, in provincia di Vicenza, nel 2008 e nel 2011, e di cui sono stati richiesti riesame e voltura il 31 dicembre 2015 dalla società Cartiere Villa Lagarina. In partenza, venivano richieste potenzialità doppie per la produzione di carta e triple per la potenza elettrica del nuovo inceneritore. La quantità di rifiuti da incenerire prevista dal proponente, 10 tonnellate/ora, con riferimento alla sostanza secca avrebbe comportato un aumento di 5 tonnellate/ora della medesima sostanza secca, rispetto a quelle autorizzate e superiore alla soglia Ippc di 3 tonnellate/ora.

Dopo numerosi ricorsi al TAR e una verifica peritale, la società ha accettato di non ritirare rifiuti da altri stabilimenti e di dimezzare la produzione cartaria, annunciando che richiederà un incremento. Non è chiaro se l'inceneritore attualmente previsto sarebbe in grado di smaltire il pulper stabilito per lo stabilimento attuale, e quindi se alla richiesta di raddoppio di produzione di carta conseguirà anche una richiesta di raddoppio dell'inceneritore stesso. Il paventato inceneritore in quest'area, così pressata dal punto di vista ambientale, ha già causato l'emigrazione da Mantova di numerose famiglie residenti nei pressi della cartiera e il deprezzamento degli immobili, anche per importanti molestie olfattive presenti dal momento dell'insediamento della società del gruppo Pro-Gest, seppure non vi sia ancora formalmente produzione di carta né alcun inceneritore funzionante.

Di recente è stata inviata una diffida da parte della provincia di Mantova nei confronti di Pro-Gest per avere accumulato materiale in quantità maggiore alle 50 mila tonnellate concesse, stoccata anche in aree prive di impermeabilizzazione. È stato annunciato sulla stampa locale che una parte del materiale stoccato al suolo presso la cartiera è di provenienza statunitense, dato confermato dalla proprietà; la figlia dell'imprenditore Zago, Alessandra, ha fondato nel 2017 in California l'American Recycling Services, una società di trading di carta e cartone da riciclare.

È stata resa nota un'indagine della procura di Mantova in merito a gestione illecita di rifiuti con riferimento al materiale stoccato presso la cartiera, con il sequestro di depuratore, discarica e «fibra» depositata. Nei giorni successivi si è appreso che la qualità della carta statunitense era piuttosto scarsa, con impurità importanti e superiori alla media italiana; per questo motivo, la Cina dal 2018 ha bloccato l'import di maceri di carta di questo genere al di sopra dello 0,5 di impurità.

Gli Stati Uniti hanno una produzione di RSU pro-capite superiore a 800 chilogrammi, contro i 500 scarsi italiani. La carta raccolta ed esportata dagli USA, secondo Epa, supera i 9,2 milioni di tonnellate annue, contro i 3,4 milioni raccolti in Italia. Fatti salvi eventuali riscontri penali, appare importante sottolineare come l'Italia stia migliorando la propria filiera di gestione dei rifiuti, a partire da una buona raccolta differenziata e con obiettivi di riciclo, di recupero di materia (come Ecopulplast nel settore cartario), di stimolo internazionale per le sue molte eccellenze, obiettivi che potrebbero essere inficiati da quantità importanti di rifiuti mal differenziati rifiutati finalmente dalla Cina con lo Sword Act del 2018. Le impurità possono avere al loro interno anche materiali organici o altro che possono conferire caratteristiche critiche, anche con riferimento a molestie olfattive, direttamente o in fase di depurazione dei reflui.

Una parte dei rifiuti nei dintorni della cartiera risultano fanghi e potrebbero anche provenire dal Veneto, dove la proprietà ha stabilimenti, contestualmente a maceri di carta. Non è noto il piano finanziario di questa filiera di gestione transoceanica e se sia sostenibile e basato su eventuali incentivi di Stato. Si chiede, quindi, se il Ministro interpellato intenda verificare, per quanto di competenza, l'esistenza di accordi per il trattamento a livello nazionale di rifiuti differenziati provenienti dagli USA da parte di ditte italiane, quali siano i suoi orientamenti in relazione a tale situazione, in particolare, in merito alla natura dei rifiuti o del materiale giunto dagli USA a Mantova, e se intenda adottare iniziative per analizzare i dati finanziari della filiera; se, nell'ambito del tavolo nazionale sui limiti per i Pfas, intenda proporre un dosaggio dei Pfas in uscita dal depuratore dell'impianto Pro-Gest a Mantova che scarica nel fiume Mincio; se intenda adottare iniziative normative per prevedere la revoca alle autorizzazioni per il trattamento dei rifiuti in questo e in altri casi analoghi sul territorio nazionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente, grazie agli onorevoli interpellanti.

Con riferimento alle questioni poste, appare utile evidenziare, in primo luogo, che ai sensi dell'articolo 196 del decreto legislativo n. 152 del 2006, rientra nelle competenze regionali o provinciali l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, nonché l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti, anche pericolosi.

In ordine al traffico di rifiuti, si fa presente, in via generale, che le spedizioni transfrontaliere di rifiuti sono disciplinate dal regolamento CE 1013/2006, il quale prevede la possibilità di importare all'interno della UE i rifiuti destinati al recupero provenienti dai Paesi nei quali si applica la decisione OCSE C(2001)107 sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti destinati ad operazioni di recupero.

Il Titolo II del Regolamento prevede, inoltre, due differenti procedure di spedizioni di rifiuti, a seconda della tipologia, della pericolosità e della destinazione del rifiuto. La prima è soggetta a autorizzazione regionale, mentre la seconda, relativa ai rifiuti non pericolosi appartenenti alla cosiddetta “lista verde”, non prevede alcuna richiesta di autorizzazione.

Fermo restando quanto fin qui precisato e fatte salve dunque le specifiche competenze in materia, per quanto attiene la vicenda in esame, il Ministero dell'Ambiente ha provveduto ad acquisire elementi informativi presso i vari soggetti coinvolti. In particolare, il comune di Mantova ha fatto presente di avere impugnato dinanzi al TAR Lombardia il provvedimento di riesame dell'AIA rilasciata nel 2016 alla Cartiera del gruppo Pro-Gest della provincia senza la previa procedura di VIA; conseguentemente, nel giugno del 2017, Pro-Gest ha chiesto e ottenuto una nuova AIA dimezzata, con il parere favorevole di tutti gli enti coinvolti, che impone miglioramenti tecnologici e il divieto di portare rifiuti prodotti in altri stabilimenti. Il TAR ha, in seguito, respinto il contenzioso promosso dai comitati civici contro l'AIA 2017, dichiarandola pienamente legittima. A fine 2017, Pro-Gest ha presentato una nuova istanza di VIA per il recupero della piena capacità produttiva - procedura attualmente in corso - senza tuttavia chiedere il raddoppio del termovalorizzatore.

Il comune di Mantova ha, inoltre, rappresentato di aver commissionato ad ATS la valutazione di impatto sanitario, i cui esiti, presentati nel marzo del 2019, hanno evidenziato che l'impatto sanitario della cartiera è oltre 350 volte inferiore alle altre fonti inquinanti rilevate da ARPA con una campagna di monitoraggio effettuato nel 2018 nella zona della Cartiera. Il comune ha, peraltro, emesso, il 14 aprile 2019, un'ordinanza contingibile e urgente in merito agli odori molesti provenienti dallo stabilimento, ordinando di provvedere, entro dieci giorni, ad adottare tutti i provvedimenti e accorgimenti volti a eliminare le emissioni di odori molesti e relazionando, entro tre giorni, in merito alle procedure e interventi da intraprendere.

La provincia di Mantova, da parte sua, ha rappresentato di avere adottato, il 16 maggio, un provvedimento di diffida nei confronti della ditta Cartiere Villa Lagarina Spa, per non avere ottemperato alle condizioni e prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi, con particolare riferimento alle disposizioni dell'articolo 269, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e all'obbligo di cui alla comunicazione ex articolo 29-decies, comma 1, del medesimo decreto. La provincia ha precisato al riguardo che, in sede di sopralluogo, effettuato nell'ambito della procedura PAUR, avviato al fine di approvare l'istanza di modifica delle opere e degli aggiornamenti tecnologici degli impianti per l'ottimizzazione quantitativa e qualitativa della produzione, è stato verificato che parte degli impianti e delle strutture già realizzate sono difformi da quelli approvati nei provvedimenti autorizzativi vigenti.

In data 16 aprile 2019, l'ARPA, su richiesta della provincia, ha effettuato un nuovo sopralluogo in azienda, con lo scopo di acquisire dati e informazioni integrative necessarie a formulare valutazioni esaustive circa l'effettiva operatività produttiva della cartiera. All'esito delle attività istruttorie, l'ARPA ha ritenuto che l'impianto sia da considerarsi in esercizio. Conseguentemente, tenuto conto che dagli atti dell'amministrazione provinciale non risulta che la ditta abbia provveduto a trasmettere la preventiva comunicazione di attivazione dell'installazione né la comunicazione di messa in esercizio per l'attivazione dei punti emissivi, la provincia ha ritenuto che la ditta stessa abbia messo in esercizio gli impianti in difformità a quanto contenuto nell'AIA vigente e nell'AUA. Con il richiamato provvedimento di diffida ha quindi disposto: l'immediata sospensione dell'esercizio degli impianti di produzione di energia termica ed elettrica da fonti convenzionali (CTE), realizzati difformemente da quanto previsto nei provvedimenti autorizzativi oggi vigenti, oggetto di istanza di modifica non ancora autorizzata; l'immediata sospensione dell'esercizio dell'impianto di produzione carta e delle relative emissioni in atmosfera, posto illegittimamente in esercizio senza avere preventivamente adempiuto alle condizioni e prescrizioni specificatamente previste negli atti autorizzativi vigenti; l'immediata sospensione delle fasi di collaudo, ad oggi da completare; nonché l'immediato divieto di ritiro presso l'impianto di ulteriore materiale costituito da carta da macero - end of waste - sino all'avvenuta conformazione dell'attività rispetto a quanto prescritto e previsto nei vigenti provvedimenti autorizzativi.

Si segnala, da ultimo, che, secondo quanto riferito dal Ministero della Giustizia, risulta pendente presso la procura della Repubblica di Mantova un procedimento penale concernente la gestione della cartiera. Ai soggetti indagati viene contestato, in particolare, di avere agito “in violazione anche a quanto autorizzato nei luoghi di deposito del materiale suddetto in quanto il materiale era collocato in aree non autorizzate e su terreno nudo, e in parte di zona sottoposta a vincolo ambientale, così effettuavano attività di raccolta, trattamento, smaltimento, deposito e stoccaggio di rifiuti senza autorizzazione e, in particolare, gestivano e depositavano in modo incontrollato e in assenza di specifica autorizzazione oltre 85 mila tonnellate di rifiuti di carta, cartone e carta da macero e simili, (…) contenenti peraltro impurità superiori ai limiti di legge (l'1,5 per cento)”. Agli stessi vengono contestate altresì ulteriori condotte finalizzate alla realizzazione dei reati predetti, “in particolare trattando e smaltendo senza le adeguate misure richieste il percolato di colore rossiccio/marrone derivante dalle discariche realizzate, ossia raccogliendo il detto rifiuto sul terreno nudo in prossimità delle acque vicine alla cartiera, in assenza di misure di contenimento e convogliamento lo stesso nel depuratore non predisposto ed autorizzato allo smaltimento di rifiuti liquidi (…)”. Il suddetto procedimento risulta attualmente in corso.

Si segnala, infine, che l'ARPA Lombardia collaborerà con le altre agenzie dell'SNPA all'individuazione degli elementi utili a definire il percorso normativo sul tema della regolamentazione allo scarico di sostanze perfluoroalchiliche.

PRESIDENTE. L'onorevole Federico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

ANTONIO FEDERICO (M5S). Grazie, Presidente. Sono soddisfatto della risposta, perché è stata esaustiva nel definire tutto quello che è stato il percorso e a focalizzare e cristallizzare le criticità che ancora attualmente sono presenti, criticità che hanno portato proprio alla sospensione dell'attività nella giornata di ieri – casualmente, poi, era anche in visita il Ministro Costa nella città di Mantova, proprio nelle stesse ore – e che danno seguito a quelle che sono state le diffide e a quelle che sono state le richieste fatte dalle amministrazioni degli enti locali territoriali rispetto a problemi oggettivamente presenti e soprattutto legati alle emissioni di sostanze odorigene che creano non pochi problemi ai cittadini di quelle aree.

Quello che auspichiamo, a questo punto, è che qualora e quando la cartiera dovesse ripartire lo faccia nel rispetto delle norme e nel rispetto della legittimità delle autorizzazioni previste e che, quindi, i cittadini possano non subire più quello che è un disagio vero e proprio, che poi porta anche quelle persone ad abbandonare le loro case perché poi dopo, esasperati, non hanno più la possibilità di continuare a vivere la loro vita con serenità.

Infine, concludo ricordando anche l'importanza di provvedimenti che questo Parlamento può prendere in materia di end of waste, di economia circolare e di disincentivazione a qualsiasi forma di incenerimento dei rifiuti.

(Iniziative per la bonifica della discarica “Ca' Filissine” sita nel comune di Pescantina, in provincia di Verona - n. 2-00385)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zardini ed altri n. 2-00385 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Zardini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DIEGO ZARDINI (PD). Grazie, Presidente. La illustro. Sottosegretario, stiamo parlando di uno dei casi, come è stato definito, più gravi dal punto di vista ambientale di tutto il Veneto: la discarica di “Ca' Filissine”, sita nel comune di Pescantina, in provincia di Verona. È una discarica di rifiuti solidi urbani e assimilati che è stata attivata a partire dagli anni Ottanta e che nell'agosto 2006 è stata posta sotto sequestro dalla magistratura per un inquinamento della falda freatica, durante l'amministrazione del sindaco Reggiani, di centrodestra. Successivamente, è stata attivata tutta una serie di procedure per individuare la causa dell'inquinamento. È stato un lavoro molto articolato e anche piuttosto lungo che ha portato, nel 2010, a un tavolo di lavoro che era stato costituito dall'Università di Padova, dalla provincia di Verona, dall'agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, dalla regione Veneto e, ovviamente, dal comune di Pescantina, per individuare una delle soluzioni possibili per risolvere il problema. Le soluzioni nel corso del tempo sono state molteplici - quelle proposte dal punto di vista progettuale -, purtroppo per assenza di fondi esterni ogni progetto aveva individuato la necessità di apportare nuovi rifiuti per individuare le risorse che, nel frattempo, andando a utilizzare i fondi post mortem che erano stati accantonati per la gestione successiva alla chiusura e che sono stati nel frattempo esauriti, erano addivenute ad ammontare a 65 milioni di euro.

Nel 2013 l'allora sindaco Reggiani fu costretto, non trovando una soluzione e non trovando le risorse, a dimettersi, appunto proprio perché non si riusciva a dare un'adeguata risposta. Nel frattempo, nel 2012, arrivò anche la sentenza di primo grado, che condannò una molteplicità di accusati per l'inquinamento che era stato creato in discarica.

Da un punto di vista politico sostanzialmente - dal 2013 in poi -, nella scorsa legislatura i parlamentari veronesi del Partito Democratico, in forte collaborazione con il Governo di allora, cercarono di individuare nelle pieghe del bilancio statale le risorse necessarie a individuare, appunto, la possibilità di ridurre la necessità di apportare rifiuti in discarica, cercando di avvicinarsi sempre più a quella che veniva definita dalla nuova amministrazione comunale l'opzione “zero rifiuti”, ovvero più risorse esterne al sistema discarica. Questo comportava la riduzione della necessità di apportare rifiuti nuovi, per poter trovare quelle risorse e, quindi, cercare così di andare incontro alle esigenze e alla necessità di sicurezza e salute dei cittadini.

Ed è così che, dopo qualche anno, nella scorsa legislatura di lavoro, si è riusciti a individuare le risorse, il 100 per cento delle risorse necessarie alla bonifica: 65 milioni di euro. In quegli anni, i colleghi del Partito Democratico cofirmatari della mia interrogazione, appunto Alessia Rotta e Gianni Dal Moro, hanno lavorato insieme al Governo per individuare quelle risorse e le forze politiche di minoranza, purtroppo, allora non solo non aiutavano, non solo non cercavano di dare un contributo positivo alla ricerca di quelle risorse, ma spesso e volentieri, al limite - diciamo così - della necessità di una querela, accusavano i sottoscritti di fare speculazione elettorale, cioè di mentire ai cittadini, perché dicevano che non c'erano le risorse e vedremo, nel corso dell'illustrazione dell'interpellanza, che questa cosa si è rivelata falsa quando, appunto, dopo il decreto ministeriale che conferiva all'amministrazione comunale questi 65 milioni di euro, si sono attivati sia la modifica del progetto che era stato depositato in regione appunto per arrivare all'opzione zero rifiuti, e contemporaneamente un tavolo tra regione, ARPA, Ministero competente, ovvero il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, per poter utilizzare quelle risorse, quindi per fare un accordo di programma. Ci sono stati diciotto mesi dall'inizio del 2017 fino alla fine del 2018, vi è stata appunto una serie infinita di interlocuzioni fra enti, per arrivare alla definizione conclusiva di quello che era l'accordo di programma, che è stato inviato dalla regione Veneto al Ministero in data 16 novembre 2018. Da allora, si sono perse le tracce dell'accordo di programma. Nonostante diversi solleciti formali e anche informali dell'amministrazione comunale, del sindaco Cadura, non ci sono mai state risposte, né formali, né informali; e nonostante anche gli interpellanti abbiano più volte provato a contattare gli uffici del Ministero, non siamo mai stati in grado di avere alcun tipo di risposta. E - cosa strana, devo dire, almeno dal mio punto di vista - la direzione, invece, ha avuto il tempo di incontrare le forze politiche di maggioranza, assieme anche a dei cittadini, giustamente, il comitato di cittadini che è presente sul territorio, senza però avere cura di rispondere o coinvolgere l'amministrazione comunale e nessun altro.

Da questo punto di vista, ci è parso molto strano anche un articolo recente sulla stampa, dove il candidato sindaco di centrodestra ha auspicato, in maniera esplicita, di poter essere lui a firmar, dopo le elezioni comunali del 26 maggio, l'accordo di programma. È evidente che nasce un sospetto, che noi auspichiamo che il sottosegretario riesca a fugare. Lo speriamo, perché non vorremmo che questo ritardo di sei mesi senza alcun tipo di interlocuzione, senza risposta né a richiami scritti formali, informali, né a telefonate di rappresentanti parlamentari della Repubblica italiana, non sia dovuto al fatto che, appunto, vi era la necessità e forse la volontà di non essere smentiti, poiché l'assessore regionale all'ambiente spesso e volentieri, nella scorsa legislatura, ci ha accusati che non era vero che avevamo individuato le risorse, che era una menzogna elettorale, oppure anche la collega Businarolo, che risiede a Pescantina, ha spesso e volentieri accusato, anche sulla stampa, che noi stavamo mentendo. Portare alla firma l'attuale sindaco del Partito Democratico avrebbe reso palese ed evidente questa bugia.

E, allora, non vorremmo che si fosse fatto un gioco elettorale sulle spalle dei cittadini, sulla loro salute. Quindi, auspichiamo, nella nostra richiesta, che ci sia spiegato, con dovizia di particolari, quali sono le ragioni per le quali non ci sono state più risposte, più interlocuzioni da novembre del 2018 ad oggi. E vorremmo comprendere anche quali siano state le ragioni dei ritardi, che oggettivamente sono stati accumulati, per rinviare senza risposta questa firma dell'accordo di programma.

Allora, noi speriamo che non ci siano alibi, perché c'è stato anche un avvicendamento nella direzione competente, la direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque, perché c'era una facente funzioni, e se non fa e non funziona non capisco se un Ministero possa rimanere bloccato per sei mesi. Spero, quindi, anche che non ci siano altri alibi circa un'eventuale modifica dell'accordo di programma già definitivo per tutti gli enti, perché è evidente che se così fosse ci sarebbe stata almeno la necessità di una interlocuzione con l'amministrazione comunale. Quindi, l'unica risposta che pensiamo possa fugare questo dubbio è che il sottosegretario riesca a dirci la data della prossima settimana in cui avverrà la firma.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente, grazie agli onorevoli interpellanti.

Con riferimento alle questioni poste si fa presente innanzitutto che la discarica per rifiuti solidi urbani nel comune di Pescantina (Verona) è censita tra i siti contaminati del piano regionale dei rifiuti, per i quali la vigente normativa pone in capo alla regione l'obbligo di provvedere all'esecuzione degli interventi di bonifica. Le problematiche che hanno caratterizzato la discarica in parola risalgono al 2006, quando l'area è stata posta sotto sequestro dall'autorità giudiziaria in seguito a riscontrato inquinamento delle falde superficiali.

Il tribunale penale di Verona, con una sentenza del 2012, nel condannare i responsabili per la gestione dell'area ha disposto: “(…) al comune proprietario, con prescrizione allo stesso, di attuare sotto il controllo e il coordinamento con l'ARPAV, gli interventi necessari ad evitare ulteriori infiltrazioni in falda, adottando senza ritardo e/o rimpallo di responsabilità i consequenziali provvedimenti (…)”.

La situazione della discarica, che presenta lesioni del fondo con una fuoriuscita e tracimazione di percolato in costante peggioramento, rende ormai improcrastinabile un intervento urgente di bonifica del sito, riservando ad un momento successivo le azioni di rivalsa di cui è titolare il comune. Il fabbisogno finanziario quantificato dal comune di Pescantina per la completa bonifica dell'area senza conferimento dei rifiuti ammonta complessivamente a circa 65 milioni di euro.

Nel corso dell'anno 2016 il comune ha rappresentato al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare la situazione di criticità che interessa la discarica e la necessità di procedere alla bonifica, invocando un intervento dello Stato. In considerazione delle ormai note criticità ambientali in cui versa l'area e nell'ottica di una leale e proficua collaborazione istituzionale, il Ministero si è fattivamente impegnato al fine di giungere ad una positiva risoluzione della questione. In particolare, il Ministero ha inserito il sito in argomento nell'ambito di un programma di interventi finanziati con le risorse del Fondo istituito dalla legge di bilancio 2017, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 luglio 2017 ha ripartito il suddetto Fondo, assegnando al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, tra l'altro, risorse pari a 44.364.854 euro, destinate alla bonifica dei siti contaminati e che saranno interamente destinate all'intervento del comune di Pescantina. La rimanente quota di finanziamento, pari a 20.630.000 euro, per un finanziamento completo di circa 65 milioni, è stata attribuita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018, concernente il riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018).

Al riguardo, si rappresenta che, con decreto direttoriale del 4 dicembre 2017, il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha impegnato e trasferito al comune la somma di 336.486 euro, al fine di consentire la revisione progettuale necessaria ad assicurare la tempestiva attuazione dell'intervento complessivo di messa in sicurezza e bonifica della discarica. A seguito dell'anticipazione della predetta somma, il comune ha provveduto ad affidare la variante del progetto definitivo, che prevede la bonifica e messa in sicurezza del sito senza apporto di rifiuti.

Il 23 maggio 2018 si è tenuto uno specifico incontro, finalizzato a condividere le modalità di governance e di attuazione dell'intervento e, in particolare, a delineare l'iter amministrativo da attivare per consentire il tempestivo avvio dello stesso e la sua realizzazione in tempi certi, anche in considerazione delle predette esigenze e criticità. Nell'ambito del suddetto incontro, è stata chiesta la disponibilità della regione e del comune a farsi carico della diretta attuazione dell'intervento, ricorrendo al supporto tecnico dell'ARPAV, ovvero ipotizzando l'avvalimento di soggetti pubblici qualificati, idonei a supportare l'ente comunale nelle diverse fasi di attuazione della bonifica, che riguarderanno, in particolare, l'aggiornamento in fase esecutiva del progetto citato ed il successivo affidamento dei lavori.

Con successiva nota del 31 maggio 2018, la regione ha comunicato la propria indisponibilità a partecipare direttamente all'attuazione dell'intervento, ritenendo che il comune di Pescantina debba essere individuato quale soggetto attuatore. Il sindaco del comune di Pescantina, con nota del 20 giugno 2018, ha ribadito l'inadeguatezza della struttura comunale a svolgere il ruolo di soggetto attuatore, in ragione della complessità di intervento.

Preso atto dell'indisponibilità degli enti territoriali ad assumere la posizione di soggetto attuatore, il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha predisposto uno schema di accordo di programma, già sostanzialmente condiviso con regione e comune, nel quale sono state disciplinate le risorse pubbliche stanziate, nonché definite le modalità con cui il comune potrà avvalersi di Sogesid Spa nella funzione di stazione appaltante. Non appena ultimate tutte le attività di verifica relative al suddetto avvalimento, si potrà procedere alla sottoscrizione dell'accordo di programma e all'avvio della bonifica.

PRESIDENTE. L'onorevole Rotta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Zardini n. 2-00385, di cui è cofirmataria.

ALESSIA ROTTA (PD). Presidente, sottosegretario, siamo totalmente insoddisfatti. Una cosa abbiamo chiesto con questa interpellanza: che cosa ostava alla firma dell'accordo da parte del Ministero. Partiamo dalle date. Abbiamo chiesto la data della firma: perché, lo ricordava il sottosegretario Micillo, a maggio 2018, c'erano i soldi, c'erano le risorse; nonostante qualcuno abbia fatto credere in questi anni e fatto campagna per dire che le risorse non c'erano, le risorse le avevate già. Avevate già l'accordo di programma, firmato dopo un lungo lavoro e resistenze tra regione, comune e tutti gli enti interessati.

C'era già Sogesid, perché la stazione appaltante, quella, è stata individuata, ebbene, maggio 2018, siamo a maggio 2019, e questo dimostra la vostra insipienza oppure il vostro dolo. Nella mancanza di risposta da parte sua, sottosegretario, questo è il dubbio che ci rimane, che, peraltro, forse, non è più un dubbio: insipienza, incapacità oppure cattiva fede e, quindi, dolo. Noi siamo per propendere per la seconda possibilità, perché, altrimenti, non si spiega come abbiate speso il tempo, da novembre dell'anno scorso, quindi, da novembre 2018, ad oggi, per non dire da maggio 2018 a maggio 2019, per una firma; che cosa osta all'apposizione di questa firma? Noi non l'abbiamo compreso ed è l'unica cosa che abbiamo chiesto, perché, sottosegretario, la cronologia che lei ci ha ripetuto è nota, cioè da quanto il problema persiste, quali siano gli enti coinvolti, quale sia stato - ecco, forse, un'omissione sicuramente c'è - il lavoro, che noi conosciamo perfettamente, un lungo lavoro per recuperare le risorse, un lungo lavoro per mettere al tavolo tutti gli enti interessati e coinvolti, un lungo lavoro del quale voi, ovviamente, state disattendendo completamente l'iter, anzi, lo state bloccando, perché questo è il punto, sottosegretario, lei non ci ha detto che cosa osta. Avevate le risorse, avevate l'accordo, tutto era pronto. Allora, quello che ci viene da dire è che a voi non interessa, a voi non interessano i cittadini, a voi non interessa la salute, vi fregiate di bandiere che non sono le vostre – e oggi ne è la dimostrazione - quella, cioè, dell'ambiente, quella della salute, i cittadini non hanno più tempo di aspettare. E, allora, dopo aver boicottato il progetto in questi mesi, in questi anni, mentre noi cercavamo pazientemente di trovare le risorse, oggi, si scopre che, forse, per strumentalizzazioni politiche, questa firma non deve essere apposta, non deve essere apposta probabilmente prima del 26 maggio, altrimenti non ci spieghiamo, veramente, diversamente, il vostro comportamento.

Quindi, è bene che i cittadini sappiano che l'interesse pubblico evidentemente non vi interessa e che non ci sono delle valide ragioni, da parte vostra, perché non le abbiamo fino in fondo comprese, per non apporre questa firma; qual è l'ostacolo ad apporre una firma se tutto questo è pronto? La stazione appaltante, appunto, c'è, la verità che devono sapere i cittadini è solo questa, che non avete a cuore la loro salute dopo anni che aspettano una risposta, dopo anni che aspettano che il percolato venga rimosso, dopo anni che aspettano di non avere più rifiuti. Perché, la cosa straordinaria che, credo, tutte le forze politiche e, soprattutto, chi ha in mano la gestione della cosa pubblica dovrebbero avere ben a cuore e bene a mente è quella che, in questo caso, non venga più apposto nessun tipo di rifiuto; l'opzione zero, come ricordava il collega Zardini, è quella per cui in una discarica dove per trovare 65 milioni, esattamente, non bruscolini, ci si è messo del tempo, ci si è impegnati, si sono trovate delle risorse pubbliche, come era giusto che fosse, per una delle discariche più gravi, dopo quella di Marghera - viene considerata la discarica più grave dal punto di vista dell'inquinamento ambientale -, ebbene, voi non ci state spiegando esattamente il perché non si possa addivenire a questa firma e tutto ciò, purtroppo, nonostante l'ennesimo sollecito, lo ripeto, l'ennesimo sollecito, perché noi vogliamo anche ricordare che non si tratta solo di uno sgarbo personale, ma di un grave sgarbo istituzionale e voglio ricordare che il sindaco ha più volte inviato delle missive, rivolte al Ministero dell'Ambiente, in particolare al dirigente Mattei Gentili, senza avere nessuna risposta. Nel frattempo, però, c'erano degli incontri con il comitato, cosa perfettamente legittima, con dei parlamentari dell'attuale maggioranza al Ministero, dove il sindaco - che sarebbe, lo ripeto, sarebbe, sempre che il Governo del cambiamento non smentisca questo, il rappresentante dei cittadini, quindi, non andava in nome e per conto suo - non ha ricevuto neppure una cortese risposta, neppure una risposta interlocutoria. Come dobbiamo comprendere, come dobbiamo rappresentare tutto questo ai cittadini di Pescantina che da anni soffrono e temono per la loro salute? Ebbene, diremo loro quello che, da oggi, è veramente chiaro: la vostra incapacità, è del tutto chiaro, perché sei mesi per una firma mi sembra che, insomma, siano veramente troppi, e che della loro salute e dell'ambiente del comune di Pescantina a voi non interessa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Intendimenti in merito alla previsione di limiti stipendiali per i dirigenti della pubblica amministrazione che non rivestono posizioni apicali - n. 2-00383)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Macina ed altri n. 2-00383 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Baldino se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. Con l'interpellanza che ora mi accingo ad illustrare si intende sottoporre al sottosegretario una questione che si ritiene molto rilevante, ossia quella del tetto agli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione e non solo di quelli apicali. Si tratta di una materia di rilievo, dalle importanti conseguenze in termini di spesa, perché interessa decine di migliaia di dirigenti, di giustizia sociale, visto il delicato periodo di crisi che ancora molti cittadini stanno attraversando, ma anche di opportunità e di coerenza di sistema, visto che una volta messo il tetto ai manager pubblici, non è logico che dirigenti di fascia inferiore percepiscano lo stesso emolumento, con tutti gli evidenti risvolti motivazionali e di responsabilità. Disciplina fondamentale, quella che impone un tetto alle retribuzioni nel settore pubblico, che si iscrive in un contesto di risorse limitate che devono ovviamente essere ripartite e gestite in maniera congrua e trasparente, nel rispetto delle tasse dei cittadini.

Ma partiamo dall'inizio e da un piccolo excursus normativo; si tratta di una serie di disposizioni normative adottate ed entrate in vigore, nel nostro ordinamento, a partire dal 2007 che, quindi, hanno messo finalmente un limite ai compensi dei dirigenti della pubblica amministrazione, dei ministeri, degli enti pubblici e delle Autorità indipendenti, nel senso che il più alto in carica non deve superare i 240 mila euro lordi l'anno. La questione del tetto retributivo, inizialmente riferito alle amministrazioni statali, in base all'articolo 3, comma 43, della legge n. 244 del 2007, la legge finanziaria del 2008, ha, via, via, attratto nella sua orbita anche le pubbliche amministrazioni diverse da quelle statali, le autorità amministrative indipendenti, con la legge n. 147 del 2013, e le società partecipate in via diretta o indiretta dalle amministrazioni pubbliche, col decreto-legge n. 66 del 2014. Infine, a conferma di tale linea evolutiva, il limite massimo retributivo di 240 mila euro annui è stato esteso anche agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate, e questo con la legge n. 198 del 2016.

Ecco, letteralmente, il testo dell'articolo 13 del decreto-legge n. 66 del 2014: “(…) il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione, previsto dagli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni, è fissato in euro 240 mila annui, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente”. Si tratta di un tetto la cui conformità alla Costituzione è stata avallata anche dalla sentenza n. 124 del 26 maggio 2017 della Corte costituzionale, secondo la quale non è precluso al legislatore dettare un limite massimo alle retribuzioni e al cumulo tra retribuzioni e pensioni nel settore pubblico, a condizione che la scelta, volta a bilanciare i diversi valori coinvolti, non sia manifestamente irragionevole.

È indubbia l'utilità di tale disciplina legislativa, visto che la retribuzione media delle figure apicali è scesa da 339 mila a 212 mila euro lordi, numero, però, che si trova ancora al di sopra della media dei Paesi che aderiscono all'OCSE, fissata, secondo una rilevazione che va dal 2011 al 2015, in 132.315 euro lordi.

A conti fatti, si è risparmiata, allora, una somma stimata in complessivi 30 milioni di euro l'anno. Si tratta di una misura sicuramente indispensabile che, però, in conclusione, risulta ampiamente insufficiente per due ragioni: interviene solo per una piccolissima parte della fascia dirigenziale, andando a tagliare le retribuzioni di neppure 2000 dirigenti apicali, e non va ad adeguare verso il basso anche gli stipendi delle fasce dirigenziali che si trovano al di sotto delle figure apicali, visto che si tratta di un numero rilevante, ossia di circa 46 mila dirigenti. A parere degli interpellanti, bisognerebbe intervenire anche nel senso di riequilibrare le posizioni della numerosa schiera di dirigenti che stanno sotto a quelli di vertice, non solo per ragioni di spesa pubblica e, in senso lato, di risparmio, ma anche perché non è normale, insomma, che un manager, soprattutto pensiamo ad un amministratore delegato di una società in regime di competizione di mercato, possa percepire lo stesso stipendio di un dirigente suo sottoposto.

La normativa brevemente richiamata, comunque, individuava quale strumento di attuazione l'adozione di un decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, nel senso che per le società a controllo pubblico avrebbero dovuto essere definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società.

Per ciascuna fascia avrebbe dovuto essere determinato in proporzione il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento secondo criteri oggettivi e trasparenti per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240 mila annui. Non risulta agli interpellanti che sia mai stato adottato detto decreto, che, viceversa, sarebbe molto importante. C'è poi il problema della trasparenza, ossia, come riportato da organi di stampa, sui diversi siti delle società a partecipazione pubblica, negli appositi spazi dedicati alla cosiddetta “società trasparente” non è possibile reperire gli importi delle retribuzioni dei dirigenti, in quanto sarebbe possibile trovare esclusivamente generici richiami alla privacy. Quindi, per tutte le regioni appena richiamate, si chiede al Governo se e come intenda porre rimedio a quanto esposto in premessa con riguardo agli squilibri determinatisi a seguito dell'introduzione del tetto per i soli dirigenti apicali e dalla mancanza di trasparenza e conoscibilità degli stipendi stessi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Mattia Fantinati, ha facoltà di rispondere.

MATTIA FANTINATI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Presidente, l'interpellanza è finalizzata a conoscere le iniziative che il Ministero per la pubblica amministrazione intende porre in essere per eliminare le sperequazioni esistenti nel trattamento economico riconosciuto al personale di livello dirigenziale delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate dalle stesse, nonché per rendere maggiormente conoscibile l'entità dei compensi riconosciuti ai manager delle società pubbliche. Preliminarmente è necessario dire che le società pubbliche non sono qualificabili come pubblica amministrazione, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. La quantificazione del trattamento economico riconosciuto al personale di livello dirigenziale di dette società non rientra nelle competenze del Ministero per la pubblica amministrazione, bensì, ai sensi dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 e dell'articolo 11, comma 6, del decreto legislativo n. 175 del 2016, in quelle del Ministro dell'economia e delle finanze. Tanto premesso, con specifico riguardo al trattamento economico riconosciuto al personale di livello dirigenziale delle pubbliche amministrazioni, il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede, all'articolo 2, comma 3, che l'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvi i casi previsti dai commi 3-ter e 3-quater dell'articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all'articolo 47-bis o alle condizioni previste mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, i regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi, e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva. L'articolo 24 del medesimo decreto legislativo stabilisce al comma 1 che la retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti. La graduazione delle funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita, ai sensi dell'articolo 4, con decreto ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti. A mente dei successivi commi 1-bis e 1-ter, il trattamento accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del dirigente, considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell'onnicomprensività. I contratti collettivi nazionali incrementano progressivamente la componente legata al risultato in modo da adeguarsi a quanto disposto dal comma 1-bis entro la tornata contrattuale successiva a quella decorrente dal 1° gennaio 2010, destinando comunque a tale componente tutti gli incrementi previsti per la parte accessoria della retribuzione.

Relativamente ai titolari di incarichi di uffici dirigenziali di livello generale, il comma 2 dell'articolo 24 prevede che “con contratto individuale è stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, e ai relativi importi.

Ne deriva che la quantificazione, in concreto, del trattamento economico riconosciuto al singolo dirigente viene operata da ciascuna amministrazione in applicazione delle previsioni contenute nella contrattazione collettiva, tenendo conto delle funzioni e delle responsabilità derivanti dall'incarico conferito nonché della dotazione dei fondi destinati al finanziamento del trattamento economico; ciò sulla base di una graduazione operata autonomamente da ciascuna amministrazione mediante i propri atti di organizzazione.

Con riferimento alle differenze retributive riscontrabili tra le diverse categorie della dirigenza, è indispensabile assicurare che i compensi siano realmente congruenti e strettamente connessi al livello di responsabilità attribuito con l'incarico ed ai risultati raggiunti. A tal fine, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, è stato approvato dal Consiglio dei ministri, ed è attualmente all'esame del Senato della Repubblica, il disegno di legge recante delega al Governo per il miglioramento della pubblica amministrazione (atto Senato 1122), che all'articolo 3 prevede il miglioramento dei sistemi di misurazione e valutazione della performance organizzativa delle amministrazioni pubbliche e della qualità dei servizi erogati ai cittadini, il riconoscimento e la valorizzazione del merito dei dipendenti pubblici rispetto al contributo prestato, anche in funzione del conferimento, rinnovo o revoca degli incarichi dirigenziali, nonché dell'individuazione di specifici sviluppi di carriera del personale dirigenziale. Detto obiettivo deve essere attuato mediante una revisione complessiva della disciplina in materia di misurazione e valutazione della performance del personale e il coinvolgimento attivo (nella fase di programmazione così come in quella di verifica dei risultati e di valutazione) di professionisti esterni alla pubblica amministrazione.

All'articolo 4 si impone di differenziare i trattamenti accessori massimi del personale dirigenziale secondo i principi di contenimento della spesa, di uniformità e di perequazione e di proporzionalità rispetto al livello di responsabilità attribuito con l'incarico e dei risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione.

Al contempo, a parità di merito e di risultati, è necessario assicurare l'erogazione di un trattamento economico accessorio equipollente per tutto il personale delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In base alle previsioni di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 65 del 2017, la contrattazione collettiva deve perseguire la graduale convergenza dei trattamenti accessori, anche mediante la differenziata distribuzione, distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale, delle risorse finanziarie destinate all'incremento dei fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione.

Il Governo, dapprima con l'articolo 33, comma 1, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, e, successivamente, con l'articolo 1, commi 150, 442, 527 e 1091, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e con l'articolo 11, commi 1 e 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, ha consentito di superare l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, previsto dal comma 2 dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 75 del 2017, liberando risorse che potranno essere utilizzate per favorire il processo di progressivo ravvicinamento delle retribuzioni accessorie.

Quanto al limite massimo del trattamento economico riconoscibile a tutti i dipendenti pubblici (ivi compreso pertanto il personale di livello dirigenziale), l'articolo 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, prevede che “ a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione, previsto dagli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni, è fissato in euro 240 mila annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. A decorrere dalla predetta data i riferimenti al limite retributivo di cui ai predetti articoli 23-bis e 23-ter contenuti in disposizioni legislative regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, si intendono sostituiti dal predetto importo. Sono, in ogni caso, fatti salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore dal 30 aprile 2014, determinati per effetto di apposite disposizioni legislative, regolamentari e statutarie, qualora inferiori al limite fissato del presente articolo”.

Sotto il profilo soggettivo, sono interessati dal limite in esame i soggetti che ricevono emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche rientranti in una delle seguenti categorie: amministratori della società non quotate, direttamente o indirettamente controllate da pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001; titolari di rapporto di lavoro dipendente o autonomo con società controllate da pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001; titolari di rapporto di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali ovvero con amministrazioni la cui disciplina organizzativa è attratta dall'ambito statale, di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del decreto stesso; componenti e presidenti delle autorità amministrative indipendenti; titolari di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con autorità amministrative indipendenti e con enti pubblici economici; componenti di organi di amministrazione, direzione e controllo dell'amministrazione pubblica di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Dal punto di vista oggettivo, concorrono al raggiungimento del livello remunerativo massimo tutti gli emolumenti corrisposti nell'ambito di rapporti di lavoro subordinato o autonomo – da computarsi anche in modo cumulativo in caso di rapporti plurimi con la stessa o più amministrazioni, enti e società – erogati ai soggetti appartenenti alle categorie sopra elencate. Orbene, l'articolo 13 del decreto-legge n. 66 del 2014 non contempla affatto l'obbligo di prevedere, fermo il limite di 240 mila euro annui lordi, delle fasce o dei limiti retributivi differenziati per i dirigenti pubblici diversi da quelli apicali. Ciò per l'assorbente considerazione che, per il personale con qualifica dirigenziale inserito in ciascuna delle aree di contrattazione, la definizione dei valori di retribuzione di posizione avviene mediante un procedimento che assegna agli organi di vertice delle singole amministrazioni il compito di graduare le funzioni dirigenziali in relazione alla rilevanza dell'incarico da assegnare, che deve tenere conto della complessità della struttura e del livello di responsabilità connesso.

Le regole vigenti, inserite nei contratti collettivi nazionali, stabiliscono che alla graduazione delle funzioni dirigenziali faccia seguito l'individuazione del valore della retribuzione di posizione corrispondente, il cui valore non può in ogni caso eccedere l'attuale importo di euro 45.348,3 per i dirigenti di seconda fascia (il limite superiore per i dirigenti di prima fascia è definito dalla legge).

Alcune clausole contrattuali hanno, inoltre, individuato dei meccanismi di parametrazione che obbligano le amministrazioni a differenziare i valori retributivi di posizione tra il più basso e il più alto tra tutti quelli conferibili.

Inoltre, come già ricordato, anche la determinazione della retribuzione accessoria è rimessa alla contrattazione collettiva e deve essere correlata alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti.

Relativamente alle cosiddette società partecipate, l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 (il cui contenuto è stato trasfuso nel comma 6 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 175 del 2016) prevede che, con decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, per le società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni dello Stato e dalle altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, siano definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società.

Per ciascuna fascia, il decreto ministeriale determina, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai dirigenti e ai dipendenti. In attuazione di detta previsione è stato adottato il decreto del Ministro dell'economia e finanze 24 dicembre 2013, n. 66, che prevede, in relazione alle società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, la classificazione in tre fasce, determinate sulla base di indicatori dimensionali quantitativi volti a valutare la complessità organizzativa e gestionale e le dimensioni economiche delle stesse società.

Detti indicatori sono rappresentati da: a) “valore della produzione” (fascia 1 maggiore o uguale a mille milioni di euro; fascia 2 maggiore o uguale a 100 milioni di euro; fascia 3 minore a 100 milioni di euro; b) “investimenti” (fascia 1: maggiore o uguale a 500 milioni di euro; fascia 2 maggiore o uguale a un milione di euro; fascia 3 minore di un milione di euro; c) “numero dei dipendenti” (fascia 1 maggiore o uguale alle 5 mila unità; fascia 2 maggiore o uguale alle 500 unità; fascia 3 inferiore a 500 unità).

La classificazione viene operata tenendo conto del valore medio degli indicatori negli ultimi tre anni e determina l'applicazione di un differente limite retributivo al compenso riconoscibile all'amministratore delegato, ovvero al presidente, qualora lo stesso sia l'unico componente del consiglio di amministrazione. Il compenso riconoscibile corrisponde al trattamento economico riconosciuto al Primo Presidente della Corte di Cassazione, pari a 240 mila euro lordi annui per le sole società della fascia 1. Per conto, per le società della fascia 2 e della fascia 3 il limite corrisponde rispettivamente all'80 per cento ovvero al 50 per cento del trattamento economico del Primo Presidente della Corte di Cassazione.

Relativamente alle società pubbliche non controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, giusta la disciplina transitoria contenuta nell'articolo 11, comma 7, del decreto legislativo n. 175 del 2017, si evidenzia che esse sono attualmente tenute a rispettare il tetto rappresentato dal costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, che non può superare l'80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell'anno 2013.

Da ultimo, con specifico riguardo agli obblighi di pubblicità, si ricorda che le cosiddette società pubbliche, in base alle previsioni di cui all'articolo 2-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e come precisato nella determinazione Anac n. 1134 dell'8 novembre 2017, sono sottoposte ai medesimi adempimenti previsti per le pubbliche amministrazioni relativamente alla pubblicità dei compensi riconosciuti agli organi di vertice, così come al personale dirigenziale.

PRESIDENTE. L'onorevole Baldino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza.

VITTORIA BALDINO (M5S). Presidente, prendiamo atto della risposta del sottosegretario. I Governi che hanno preceduto l'attuale Esecutivo hanno preferito demandare ad un secondo momento l'eliminazione di questi ulteriori scompensi retributivi, però noi ci auguriamo che quanto prima, anche di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con le organizzazioni sindacali, anche in sede di dibattito parlamentare, visto che è arrivato in Aula al Senato, come è stato citato dal sottosegretario, il disegno di legge in materia di delega al Governo per il miglioramento della pubblica amministrazione, si possa trovare una risposta alle problematiche sottoposte attraverso l'odierna interpellanza, e quindi si possa pervenire ad un equo riequilibrio delle posizioni delle fasce dirigenziali.

Quindi, in tale ottica, si richiede il rispetto - lo ripeto - di requisiti rigorosi che salvaguardino l'idoneità del limite fissato a garantire un adeguato e proporzionato contemperamento degli interessi contrapposti, e dunque il risparmio per le tasche dei cittadini, ma senza svilire il lavoro prestato da chi esprime professionalità elevate; il tutto nel rispetto dei principi e valori di rango costituzionale della parità di trattamento, del diritto ad una retribuzione proporzionata, ma anche del buon andamento della pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Schirò. Ne ha facoltà.

ANGELA SCHIRO' (PD). Grazie Presidente, colleghi, prendo la parola per denunciare la situazione di grande difficoltà in cui si trovano gli elettori italiani residenti in Germania e, in particolare, nella circoscrizione consolare di Monaco di Baviera che, in occasione delle prossime elezioni europee, intendono votare in loco per le liste dei candidati italiani, recandosi, come la legge consente, presso i seggi e le sezioni organizzate dai consolati.

A causa della drastica riduzione dei fondi previsti dalla legge di bilancio del 2019, per questo fondamentale esercizio di un diritto di cittadinanza, i seggi previsti sono stati ridotti del 45 per cento, da 110 a 61 e a Monaco da 10 a 8, con conseguente taglio delle sezioni elettorali da 34 a 25. Il criterio seguito per l'accorpamento è stato quello del codice di avviamento postale, la postleitzahl, che, di fatto, ha determinato l'iscrizione di un consistente numero di connazionali in seggi molto lontani dalla propria residenza, raggiungibili solo dunque a costo di notevoli sacrifici e di spese di locomozione.

Considerando che, all'estero, si voterà venerdì e sabato, dunque in giornate lavorative e semi lavorative, questa situazione si sta rivelando come un obiettivo ostacolo, deterrente alla partecipazione al voto. Dopo l'approvazione del taglio degli eletti nella Circoscrizione estero avvenuto in quest'Aula pochi giorni fa, le istituzioni italiane inviano in questo modo un altro messaggio di disinteresse e di sottovalutazione verso i cittadini italiani all'estero.

Considerando il pochissimo tempo che resta, vorrei fare un estremo appello al Governo, affinché almeno le disfunzioni più macroscopiche siano superate e non si penalizzi in partenza la partecipazione ad una consultazione elettorale di estrema delicatezza quale quella delle prossime elezioni europee.

Per quanto riguarda Monaco si faccia ogni sforzo affinché almeno località, come Neubiberg, Ottobrunn e altre zone contigue, siano riferite a seggi meno distanti, con la speranza che, in occasione delle prossime votazioni, venga seguito un criterio meno astratto per l'assegnazione dei seggi che valuti le effettive distanze e non esclusivamente i codici postali.

Chiedo infine alla cortesia della Presidente di adoperarsi affinché tale questione sia posta all'attenzione dei ministri competenti, grazie.

PRESIDENTE. Sono cosi esauriti gli interventi di fine seduta.

Organizzazione dei tempi di esame di una proposta di legge e di disegni di legge.

PRESIDENTE. Avverto che, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per: l'esame della proposta di legge n. 875-A recante norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia ad ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo; la discussione generale del disegno di legge di ratifica n. 1797, in materia di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea; l'esame del disegno di legge di ratifica n. 1798, concernente Protocolli addizionali alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale e alla Convenzione europea di estradizione (Vedi l'allegato A).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 27 maggio 2019 - Ore 11:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria. (C. 1816-A)

Relatrice: NESCI.

2. Discussione sulle linee generali della mozione Baldelli ed altri n. 1-00013 concernente iniziative volte a potenziare il sistema dei pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni .

3. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

CORDA ed altri: Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo. (C. 875-A)

e delle abbinate proposte di legge: MARIA TRIPODI ed altri; PAGANI ed altri. (C. 1060-1702)

Relatrice: CORDA.

La seduta termina alle 10,55.