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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 173 di venerdì 10 maggio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'8 maggio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Brescia, D'Uva, Gregorio Fontana, Fraccaro, Gallo, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grillo, Liuni, Liuzzi, Lorefice, Losacco, Molinari, Rizzo, Ruocco, Sisto, Tofalo, Valente, Vignaroli, Villarosa e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge:

Francesco de Ghantuz Cubbe, da Roma, chiede:

una riforma della disciplina in materia di immigrazione, prevedendo tra l'altro che i cittadini stranieri possano soggiornare in Italia per non più di cinque anni (301) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

iniziative per la creazione di una rete telematica nazionale non connessa a Internet (302) - alla IX Commissione (Trasporti);

l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui social network (303) - alla IX Commissione (Trasporti);

Gianpaolo Penco, da Trieste, chiede:

modifiche alla disciplina in materia di separazione e di divorzio, al fine di garantire la tempestività delle procedure e di assicurare la tutela dei minori (304) - alla II (Giustizia);

interventi in materia di scuola e università, con riferimento tra l'altro alla gratuità dei libri di testo, all'abolizione dell'accesso programmato alle università, alle agevolazioni per gli studenti lavoratori, alla riduzione delle tasse universitarie nonché al trattamento giuridico ed economico dei docenti scolastici e universitari (305) - alla VII (Cultura);

nuove norme in materia di esercizio della professione di avvocato, per rafforzare la tutela dei cittadini rappresentati in giudizio (306) - alla II (Giustizia);

interventi in materia di organizzazione scolastica nelle aree in cui sono insediate minoranze linguistiche ed etniche, al fine di favorire i processi di integrazione tra le diverse comunità (307) - alla VII (Cultura);

Alessio Sundas, da Pistoia, chiede la modifica delle norme dell'articolo l, comma 373, della legge n. 205 del 2017 in materia di accesso alla professione di agente sportivo (308) - alla VII (Cultura);

Ettore Maria Bartolucci, da Pesaro, chiede:

che nella riforma del codice della strada in corso di esame parlamentare sia prevista la semplificazione delle procedure di ricorsi al prefetto contro gli ani di applicazione delle sanzioni pecuniarie (309) - alla IX Commissione (Trasporti);

l'attribuzione alla Corte costituzionale delle funzioni di convalida dell'elezione di deputati e senatori e di concessione dell'autorizzazione a procedere nei confronti dei componenti del Governo (310) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

l'equiparazione dei requisiti di età per l'esercizio dell'elettorato attivo e passivo per l'elezione del Senato con quelli previsti per l'elezione della Camera (311) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Michele Vecchione, da Alatri (Frosinone), chiede:

l'istituzione di un unico corpo di polizia di sicurezza e giudiziaria, in cui confluiscano le Forze di polizia a ordinamento civile e militare e la polizia penitenziaria (312) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

la piena privatizzazione del rapporto di lavoro di tutti i pubblici dipendenti (313) – alla XI Commissione (Lavoro);

l'introduzione di un termine certo per la conclusione di tutti i procedimenti amministrativi relativi a istanze provenienti dai cittadini (314) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

Vincenzo Crea, da Motta San Giovanni (Reggio Calabria), chiede interventi urgenti per la rimozione di strutture pericolanti e il ripristino della sicurezza nella località di Saline Ioniche in provincia di Reggio Calabria (315) - alla VIII Commissione (Ambiente);

Mauro Baldacci, da Montecopiolo (Pesaro e Urbino), e numerosi altri cittadini chiedono che il comune di Montecopiolo non sia distaccato dalla regione Marche (316) - alla I (Affari costituzionali);

Antonella Buono, da Salerno, chiede iniziative per il riconoscimento del presidente dell'Assemblea nazionale venezuelana, Juan Guaidò, come legittimo presidente del Venezuela (317) - alla III Commissioni (Affari esteri);

Rosanna Occhiodoro, da Ancona, chiede l'abrogazione delle norme vigenti in materia di azione di disconoscimento della paternità (318) - alla II Commissione (Giustizia);

Francesco Rizzi, da Albignasego (Padova), chiede modiche ai criteri di accesso alle prestazioni creditizie agevolate erogate dall'INPDAP (319) - alla XI Commissione (Lavoro);

Francesco di Pasquale, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:

l'unificazione dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (320) - alla I Commissione (Affari costituzionali);

iniziative in favore di Asia Bibi (321) - alla III Commissioni (Affari esteri);

iniziative per far cessare le violenze perpetrate contro i cristiani in varie parti del mondo (322) - alla III Commissione (Affari esteri);

misure per la tutela del grano duro biologico prodotto nelle regioni meridionali (323) - alla XIII Commissione (Agricoltura);

nuove norme per prevenire incidenti nell'esercizio dell'attività venatoria (324) – alla XIII Commissione (Agricoltura);

iniziative per promuovere la tutela dei diritti dell'infanzia nel mondo (325) - alla III Commissione (Affari esteri).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,39).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito alla vicenda relativa agli sversamenti di petrolio dal Centro Oli della Val d'Agri di Viggiano (Pz) e iniziative volte a intensificare i controlli al fine di evitare nuovi danni ambientali - n. 2-00374)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno, Rospi ed altri n. 2-00374 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Gianluca Rospi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Sì, intende farlo. Prego, ha quindici minuti.

GIANLUCA ROSPI (M5S). Signor Presidente, colleghi, sottosegretario, il Texas italiano - così è chiamata la Val d'Agri in Basilicata - visto dai 1.725 metri del Sacro Monte di Viggiano è di una bellezza che mette i brividi: boschi, monti e colli, fin giù nella valle, dove spicca una nota stonata tra tanto verde: il grigio metallico del Centro Oli di Val d'Agri, denominato COVA, il più grande d'Italia. Ovunque tu vada in Val d'Agri non riesci a liberartene: la fiamma è perennemente accesa a segnalarne la presenza, un rumore di sottofondo di lavori sempre continui e le esalazioni di gas e zolfo. Tutto cominciò nella seconda metà degli anni Trenta, quando la neonata Agip cominciò a bucherellare il territorio senza che la miseria contadina ne traesse alcun beneficio, così l'economista agrario e grande meridionalista Manlio Rossi Doria negli anni Venti descriveva il paesaggio della Val d'Agri. Il solo paese di Viggiano, poco più di 3 mila anime, è attraversato da una rete sotterranea di tubi che affluiscono dai pozzi verso il Centro Oli. Ogni giorno, dalle viscere del paesino lucano, si estraggono circa 3,4 milioni di metri cubi di gas e l'equivalente, signor Presidente, di più di 80 mila barili di petrolio al giorno. Per paradosso, Viggiano è il comune petrolifero più ricco d'Europa e si trova in una delle regioni più povere d'Italia. Allora, signor Presidente, sottosegretario, con questa interpellanza urgente desidero portare all'attenzione di quest'Aula e del Governo gli ultimi avvenimenti accaduti nel Centro Oli di Viggiano. Oggi, a seguito dell'inchiesta partita nel 2017, dopo il ritrovamento di petrolio in un pozzetto all'interno del Centro Oli, la procura ha accertato che già a partire dal 2009 vi erano stati sversamenti di petrolio dai serbatoi di stoccaggio, ma le perdite purtroppo non sono mai state comunicate agli organismi competenti. Perdite, signor Presidente, che nel corso degli ultimi dieci anni hanno contribuito ad inquinare il suolo e il sottosuolo lucano, provocando un vero e proprio disastro ambientale. La procura di Potenza, nelle ultime settimane, ha disposto diverse misure cautelari, tra le quali ha posto agli arresti domiciliari l'ingegnere responsabile del Centro Oli all'epoca dei fatti. Risultano inoltre indagate anche tredici persone, tra le quali alcuni componenti del comitato tecnico regionale, organo - ricordiamo - preposto alla vigilanza degli impianti, che sono considerati a rischio di incidente rilevante. Tra i reati ipotizzati dalla procura vi sono: disastro ambientale, abuso d'ufficio e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Nello specifico, cinque componenti del comitato tecnico regionale sono stati addirittura sospesi per otto mesi dal servizio e sono stati indagati per concorso in falso ideologico e abuso d'ufficio. Inoltre, dalle indagini a carico dei funzionari è emerso che l'organismo aveva prescritto una maggiore frequenza nei controlli sui serbatoi di petrolio e di valutare anche l'ipotesi di dotare i serbatoi di doppi fondi. Secondo la procura, le prescrizioni del comitato tecnico regionale sono state ampiamente e dichiaratamente disattese dall'ENI, senza che il comitato tecnico regionale intervenisse per imporre il rispetto delle sue stesse prescrizioni. Anzi, le devo dire, signor Presidente, che lo stesso comitato tecnico regionale ha mantenuto un atteggiamento di consapevole inerzia verso quanto stava accadendo all'interno del Centro Oli e su tutto il territorio lucano. Per quanto concerne invece la posizione dell'ENI, sempre da quanto si apprende dalle carte della procura, questa ha attuato nel corso degli anni una precisa strategia volta a nascondere i problemi e le conseguenze che gli sversamenti stavano causando.

Sversamenti che hanno provocato una grave compromissione delle matrici ambientali, in particolare per le numerose falde acquifere presenti nel sottosuolo lucano, con gravissime conseguenze per tutto il territorio. Gli sversamenti hanno contaminato il ricco reticolo idrografico presente in Val d'Agri, fino ad interessare anche il bacino idrico della diga del Pertusillo. Voglio ricordare all'Aula che sono 35, attualmente, i pozzi estrattivi attivi in Basilicata, compresi anche quelli di reiniezione. Il petrolio estratto confluisce, attraverso una rete di 550 chilometri di oleodotti sotterranei, direttamente dai pozzi al Centro Oli e da qui, mediante un altro oleodotto, raggiunge la raffineria di Taranto. Tutti questi oleodotti sono stati realizzati dentro le aree di ricarica dei bacini idrici delle 650 sorgenti presenti del fiume Agri. Occorre ricordare all'Aula inoltre che la presenza dei pozzi estrattivi nelle aree di ricarica dei bacini idrici delle sorgenti, delle falde acquifere sotterranee e del fiume Agri altera in maniera irreversibile le stesse sorgenti idriche che, nello specifico del sistema idrico dell'Agri, vengono utilizzate direttamente come acqua potabile e indirettamente come prodotti della filiera agroalimentare, servendo ben due regioni, la Basilicata e la Puglia.

Secondo i dati diramati dal Ministero e dalla stessa Eni, e confermati dalla procura, sono stati sversati nel sottosuolo lucano circa 400 tonnellate di petrolio. Parliamo, signor Presidente, di una quantità enorme di greggio che ha contaminato circa 26 mila metri quadrati di territorio, giungendo addirittura, come ho detto, fino alla diga e all'invaso del Pertusillo, che fornisce acqua potabile non solo alla Basilicata ma anche alla vicina Puglia, e fornisce anche acqua per irrigare circa 35 mila ettari di terreno e anche per l'abbeveraggio di migliaia di capi di bestiame di allevamento, oltre a tutta la fauna selvatica. Tutto questo ci può far capire la gravità di quanto è accaduto in Basilicata e che siamo di fronte a un vero e proprio disastro ambientale. Anche i dati forniti da ISPRA, che ha svolto indagini in Val d'Agri lo scorso anno, confermano un elevato inquinamento della falda da metalli pesanti. Inoltre, anche gli esiti della valutazione di impatto sanitario, la VIS, relative al Centro Oli e pubblicati a giugno 2017, forniscono anche essi dati allarmanti. La stessa VIS afferma che lo stato di salute dei due comuni limitrofi il Centro Oli, nel periodo che va dal 2000 al 2014, è risultato il peggiore della regione Basilicata. La mortalità e la morbosità dei residenti nello stesso periodo, dal 2000 al 2014, mostrano alcune associazioni di rischio rispetto alla costante esposizione agli ossidi di azoto. Infine, nelle analisi dell'acquedotto pugliese, al potabilizzatore di Missanello che raccoglie - ricordiamo - l'acqua in uscita dal lago del Pertusillo, vengono costantemente riscontrati nelle analisi la presenza del berillio, che è un isotopo radioattivo, e di numerosi metalli pesanti, ne cito alcuni: il bario e il cobalto. Tutte queste notizie sono l'ennesima prova del fallimentare esperimento petrolifero lucano, espressione di un modello energetico obsoleto basato su fonti fossili e inquinanti che si è rilevato insostenibile a livello ambientale e sanitario. Sappiamo tutti in quest'Aula il peso dell'Eni sugli equilibri geopolitici ed economici del nostro Paese. Quanto accade in Basilicata ne è la riprova, come anche le indiscrezioni uscite in questi giorni sulla vicenda di Giulio Regeni. Ma, a mio avviso, Presidente - qui lo voglio dire - la salute dei cittadini e la tutela dell'ambiente vengono sempre prima del profitto e degli interessi delle multinazionali. Sulla questione è intervenuto anche il Ministro Costa dichiarando: “Oggi è una giornata importante per la regione Basilicata e per la nostra attività di tutela dell'ambiente. Ancora una volta dimostriamo con i fatti che chi inquina non può restare e non resterà impunito” e ancora “Questo è solo l'inizio di un'offensiva mirata contro chi inquina la Basilicata e più in generale il nostro territorio. L'ambiente è di tutti e non faremo sconti a nessuno”. Queste sono le parole del Ministro Costa.

In quanto deputato della Repubblica - mi avvio alla conclusione - ritengo vergognoso, signor Presidente, quanto accaduto nel corso degli ultimi dieci anni nella mia regione, dove è ormai accertato dalle carte della procura che vi è stato un sodalizio criminale tra l'Eni e la classe politica regionale, che aveva il compito di vigilare e non lo ha fatto, omettendo quando stava accadendo all'interno del Centro Oli. Tutto ciò deve far riconsiderare in toto la necessità della concessione di coltivazione in scadenza a fine anno, se sarà riconfermata, anche in considerazione del fatto che i fatturati prodotti in questa area rappresentano appena il 2 per cento di questi colossi minerari e che, al momento, non è possibile riuscire a quantificare gli eventuali costi di bonifica, considerata la possibile dimensione elevata del rischio ambientale.

Quindi chiedo di valutare se sia opportuno investire nelle energie fossili, che rappresentano forse il passato e sono state dichiarate dal mondo scientifico internazionale dannose per l'ambiente, oltre ad essere anche in via di esaurimento, oppure, come io credo, sia opportuno investire nelle fonti energetiche rinnovabili e pulite per l'ambiente.

In ultimo - concludo - chiedo a lei, sottosegretario Micillo, di intervenire al fine di fare maggiore chiarezza in merito agli sversamenti che hanno colpito nel corso degli anni il Centro Oli e di verificare se vi siano stati, anche di recente, ulteriori sversamenti tenuti nascosti dalla società Eni e dalle istituzioni locali, in modo da prevenire ed evitare disastri ambientali quali quelli che hanno caratterizzato la mia regione nell'ultimo decennio.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Grazie, onorevoli interroganti, con riferimento alle questioni poste si rappresenta in primo luogo che il Centro Oli Val d'Agri (Cova) di ENI è soggetto ad autorizzazione integrata ambientale di esclusiva competenza regionale, la cui autorità di controllo è l'ARPA Basilicata, la quale, da giugno 2011, effettua mensilmente il monitoraggio delle acque sotterranee dei piezometri ubicati sull'intero perimetro esterno dell'impianto. Il Cova, inoltre, in funzione delle tipologie e dei quantitativi di sostanze pericolose che detiene, risulta assoggettato al decreto legislativo n. 105 del 2015 ed è notificato nell'inventario nazionale degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante come stabilimento “di soglia superiore”. Come previsto dall'articolo 6 del citato decreto, per lo stabilimento in parola, il Comitato tecnico regionale della Basilicata, CTR, rappresenta l'autorità di controllo competente ad effettuare le istruttorie sul supporto di sicurezza predisposto dal gestore, nonché le ispezioni ordinarie e straordinarie sui sistemi di gestione della sicurezza.

In conseguenza dell'evento verificatosi nel febbraio 2017, l'ARPA Basilicata è intervenuta a supporto del NOE nelle attività di indagine e campionamento, effettuando, in particolare, durante gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (MISE) 17 sopralluoghi e 48 campionamenti delle matrici ambientali, suolo, sottosuolo ed acque sotterranee, nonché 4 prelievi di acque reflue. Inoltre, al fine di intensificare l'attività di monitoraggio nell'area della Val d'Agri, successivamente allo sversamento di greggio, a partire da aprile 2017, sono stati individuati ulteriori punti di campionamento rispetto a quelli ricompresi nel piano regionale di tutela delle acque.

Peraltro, sulla base dell'accordo di programma quadro tra Ministero dell'Ambiente, regione, ISPRA e ARPAB, siglato nel gennaio 2017, “…per il potenziamento del monitoraggio ambientale nella regione Basilicata, attraverso il supporto tecnico-scientifico dell'ISPRA a favore di ARPAB”, l'ISPRA è stata coinvolta nelle attività relative al Centro Oli Val d'Agri, pur trattandosi di impianto non rientrante nelle proprie ordinarie competenze. ISPRA ha quindi collaborato a un tavolo nazionale, istituito presso il Ministero, unitamente alla regione Basilicata e all'ARPAB per confronti tecnici ed attività di sopralluogo finalizzate principalmente alla verifica del sistema di gestione ambientale implementato del Cova.

Le attività di ISPRA hanno avuto come oggetto anche la valutazione degli interventi di MISE realizzate da ENI. In tale contesto, sono stati effettuati sopralluoghi con gli altri enti coinvolti nel procedimento; è stata garantita la partecipazione a supporto della regione alle conferenze dei servizi istruttorie; sono stati redatti pareri sui documenti presentati da ENI inerenti il MISE e su altre problematiche connesse con il Piano di caratterizzazione dell'impianto Cova e delle altre aree limitrofe.

La regione Basilicata, alla luce delle evidenze acquisite, ha avviato il riesame parziale dell'Autorizzazione integrata ambientale, estendendolo anche al connesso oleodotto. Tale procedimento risulta tuttora in corso. Si segnala, peraltro, che a dicembre 2018 si è tenuta un'ulteriore Conferenza di servizi decisoria, relativa ai risultati della caratterizzazione delle aree interessate dalla fuoriuscita del greggio, nell'ambito della quale la Conferenza ha stabilito, tra l'altro, di effettuare il campionamento in contraddittorio con ARPAB dei piezometri profondi: PPF001, PPF002, PPF003 e PPF010. La Conferenza ha avuto, altresì, ad oggetto il Piano di caratterizzazione dell'area interessata dallo spill del serbatoio V-560-TA-001 ed il Piano di caratterizzazione dell'area interessata dalla perdita di acque semioleose in area M del COVA. È stata disposta la realizzazione di 2 piezometri profondi a sud delle condotte lungo l'oleodotto per Costa Molina e Taranto ed è stato stabilito che il modello concettuale definitivo, finalizzato all'applicazione dell'analisi di rischio, sia integrato ed aggiornato con tutti i risultati delle indagini in contraddittorio con ARPAB, sia in fase di MISE che di caratterizzazione. Sempre per quanto concerne le attività di indagine, nei mesi di febbraio, marzo e aprile 2019, ARPAB ha effettuato i campionamenti delle acque sotterranee previsti dal Piano di caratterizzazione ed ha fatto presente che le attività richieste dalla Conferenza di servizi sono in fase di completamento.

A quanto fin qui esposto, si aggiunga che, a partire da luglio 2018, data di scadenza dell'Accordo di programma quadro tra Ministero dell'ambiente, regione Basilicata, ISPRA e ARPAB, si sono svolte numerose interlocuzioni tra i vari soggetti coinvolti, al fine di giungere al rinnovo dello stesso, la cui bozza è stata già predisposta da ISPRA e sarà sottoscritta a breve.

Tale accordo ha ad oggetto, come già detto, la collaborazione tecnico-scientifica dell'ISPRA a supporto della regione Basilicata e dell'ARPAB per il monitoraggio e la salvaguardia dell'ambiente e del territorio e l'impiego sostenibile delle risorse naturali. Tra gli ambiti di collaborazione dell'Accordo quadro, si sta valutando l'opportunità di ricomprendere anche le attività autorizzative e di controllo dei procedimenti di AIA, VIA e VAS, con particolare riferimento alle concessioni Val d'Agri e Gorgoglione e l'affiancamento in sopralluoghi e visite ispettive, oltre che la collaborazione nell'ambito dei procedimenti di “Bonifica di siti contaminati” nei SIN e in altre aree contaminate o potenzialmente tali della regione Basilicata e sui pozzi petroliferi non più produttivi, presenti nel territorio della regione e che necessitano di chiusura mineraria, bonifica e ripristino.

Si segnala, da ultimo, che il Ministero dell'ambiente si è costituito parte civile nel processo penale n. 4542/2010 RGNR pendente dinanzi il Tribunale di Potenza per il risarcimento dei danni derivanti all'ambiente in relazione alle attività del Centro Oli. In particolare, in detto procedimento, ai responsabili della società sono stati contestati reati concernenti le emissioni in atmosfera (violazione delle prescrizioni AIA) e la gestione dei reflui, commessi tra il 2011 e il 2014. A tal proposito, si evidenzia, infine, che, come è noto e come è stato confermato anche dalla procura della Repubblica di Potenza, sul COVA è in corso un ulteriore procedimento penale, nel cui ambito sono state emesse misure cautelari per i reati di disastro, abuso d'ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale ed altro. Le indagini hanno preso avvio nel gennaio 2017, in coincidenza con il rilevamento di un recapito di “idrocarburi” nel depuratore dell'area industriale di Viggiano, nei pressi del Centro Oli. Da un quadro investigativo ampio e complesso, relativo all'evento di dispersione del greggio nell'ambiente circostante - peraltro, poi, qualificato come incidente rilevante dal Ministero dell'Ambiente - secondo quanto argomentato dalla procura, è stato, inoltre, possibile ricavare i profili del delitto di disastro ambientale.

PRESIDENTE. Il deputato Gianluca Rospi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIANLUCA ROSPI (M5S). Sì, signor Presidente. Esprimo soddisfazione per quanto esposto dal sottosegretario. Finalmente in quest'Aula sentiamo parole chiare e confortanti sulla situazione generale e sull'inchiesta in Val d'Agri riguardo allo sversamento di petrolio. Sono soddisfatto anche perché il Ministero si è costituito parte civile nel procedimento penale. Però, signor Presidente, permettetemi di fare qualche considerazione a livello generale.

Come sa bene, qualche giorno fa la piattaforma intergovernativa per la biodiversità e i servizi ecosistemici ha trasmesso alle Nazioni Unite un report che contiene dati davvero preoccupanti: un milione di specie umane e vegetali sono a rischio estinzione nel breve termine, una specie su otto rischia di sparire in pochi anni. Di chi è la colpa? Anche questo è noto. Non abbiamo mai davvero posto limiti a uno sviluppo, che, mentre si definiva sostenibile, in realtà stava bruciando risorse, facendo pagare alla collettività le conseguenze.

Le precarie condizioni della nostra società a tutti i livelli - sociale, ambientale, energetico, umano - sono dovute principalmente a un modello basato sul solo benessere economico, sull'accumulazione di ricchezza in capo a pochi, mentre sui tanti si riversavano gli impatti ambientali e sanitari.

Questo modello, insieme alle fonti energetiche fossili, su cui ha fondato il proprio fatuo successo, ha le ore contate. Oggi abbiamo davanti a noi una via obbligata, che è anche un'opportunità, se sappiamo coglierla: quella di passare da un'economia lineare a un'economia circolare, lasciando sotto terra e sotto i fondali carbone e petrolio.

Devono far riflettere anche le parole e il grido di allarme di Papa Francesco, che parlando ai fedeli qualche giorno fa ha detto: i poteri economici continuano a giustificare l'attuale sistema mondiale in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria, i quali tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull'ambiente.

Speculazione è, ad esempio, la parola chiave che, nei decenni passati e fino ai giorni nostri, ha determinato molte scelte nella mia regione, la Basilicata, dove le politiche energetiche basate sul petrolio stanno rovinando un delicato ecosistema ambientale.

Bisogna avere il coraggio di spingere le politiche dallo sviluppo economico allo sviluppo umano, dove la protezione ambientale, l'integrazione, l'inclusione sociale, non possono solo basarsi sul mero calcolo finanziario dell'analisi costi-benefici. Quest'anno, nell'anno in cui la mia città, Matera, è capitale europea della cultura e rappresenta l'Italia in Europa, la politica, la società, la cultura stessa, non possono esimersi dal mettere al centro della riflessione e dell'azione l'ambiente e lo stato di salute del suo territorio. Però le posso assicurare, signor Presidente, che, purtroppo, questa sensibilità nel mondo politico lucano è pressoché inesistente.

Siamo ancora in tempo - così come auspicato anche dall'ONU e richiesto a gran voce dai giovani che riempiono le piazze in questi giorni, sia nel mondo che in Italia - per determinare un cambio di direzione nelle politiche di sfruttamento delle risorse naturali. Dobbiamo fare presto perché questo tempo di cui disponiamo è limitato. Allora, acceleriamo sulla via tracciata poc'anzi, signor Presidente, sottosegretario e colleghi. Grazie al lavoro di questo Governo e al lavoro svolto dal MoVimento 5 Stelle abbiamo cominciato la rincorsa. Ora tutti quanti dobbiamo tenere duro e dobbiamo serrare le fila per fare il grande balzo della riconversione ecologica, per approdare verso politiche di sviluppo umano che mettano al centro la salvaguardia del pianeta.

(Chiarimenti in ordine ai presupposti ed ai controlli che presiedono ai procedimenti di cui all'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, in materia di scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni di tipo mafioso - n. 2-00375)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Santelli ed altri n. 2-00375 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Santelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Il tema di questa interpellanza è un tema particolarmente delicato. L'articolo 143 del TULPS consente al Ministero dell'Interno di intervenire con lo scioglimento in termini preventivi e solo di prevenzione dei consigli comunali per infiltrazioni di stampo mafioso e per condizionamento. È uno strumento estremamente particolare, che la giurisprudenza considera un atto di alta amministrazione.

7Ci tengo a sottolineare questo, perché vuol dire che non è un atto prettamente amministrativo, quindi soggetto alle procedure di contraddittorio e di verifica degli atti puramente amministrativi, ma di contro non è un atto propriamente politico, quindi è un atto a metà, ibrido. In sé, lo strumento, che ha una sua valenza importante, si giustifica nella misura in cui sia un atto effettivamente derogatorio, eccezionale. È un atto eccezionale perché è un atto che si basa esclusivamente su indizi, su una valutazione preventiva, su una forza dello Stato che è preminente, in una situazione in cui bisogna sempre mantenere l'equilibrio dei due principali interessi in gioco: da un lato, l'interesse alla sicurezza e all'ordine pubblico, dall'altro, l'interesse alla democrazia.

Quello che sta accadendo in questi anni, specialmente in Calabria - io faccio riferimento alla Calabria per i numeri -, rende evidente che non si tratta più di un intervento eccezionale, ma di un intervento quasi quotidiano. I numeri mettono in crisi, addirittura, l'istituto, e su questo ritengo che sia necessaria una valutazione estremamente delicata da parte dagli organi politici attesi al Ministero dell'Interno.

La procedura inizia con una indicazione di una commissione d'accesso. Sottosegretario Candiani, il più delle volte, questa commissione d'accesso, che viene indicata dal Viminale, non si presenta mai nei comuni che deve valutare, si limita alla richiesta di una serie di atti. Diciamo la verità, parliamo spesso di comuni con un numero di abitanti non rilevanti, immaginiamo con un numero di dipendenti, due, tre, cinque, valanghe di documenti che vengono richiesti e, sulla base esclusiva di questi documenti, senza mai intervenire in sede, viene effettuata una relazione. Non funziona, ma non lo dice l'onorevole Santelli, che non funziona, lo dicono purtroppo, ormai, sempre più spesso, le pronunce dei tribunali amministrativi, perché, fin troppo spesso, ci sono non violazioni, ma errori di fatto gravissimi che portano allo scioglimento di consigli comunali e, poi, nella verifica successiva, in realtà, i fatti indicati sono falsi. Se questo avviene dal Ministero dell'Interno è una cosa estremamente grave, ma estremamente grave.

Io faccio riferimento ad alcuni specifici comuni. Marina di Gioiosa Ionica: il tribunale amministrativo regionale del Lazio, di fatto, non censura, ma boccia platealmente il provvedimento adottato dal Consiglio dei ministri in base alla relazione effettuata dal prefetto di Reggio Calabria, perché contiene non dei falsi, ma perché vengono addebitati al comune quelli che sono, in realtà, problemi derivanti dalla prefettura. Cioè, viene addebitato al comune, per esempio, di non aver richiesto delle interdittive antimafia, quando la cronologia dei fatti specifica che, invece, il comune più volte richiede alla prefettura documenti che dalla prefettura non arrivano. Allora, il problema sorge, il problema sorge pesantemente: di questi casi ce ne sono fin troppi. A Lamezia Terme viene richiesto uno scioglimento perché, soprattutto, vengono arrestati per mafia dei consiglieri di opposizione, come se il sindaco ne facesse riferimento, perché il sindaco, in quanto avvocato penalista, avrebbe difeso delle persone che, poi, sarebbero state raggiunte da provvedimenti giudiziari; peccato che, al momento in cui diventa sindaco, non è più avvocato. Ci sono proprio violazioni formali di cui bisogna tener conto. Aggiungo - ed è un dato ancora più eclatante - che, nel momento in cui viene sospesa, perché così è, la democrazia e vengono insediate delle commissioni, sorge un problema ancora maggiore. Sottosegretario Candiani, le commissioni generalmente non stanno nei comuni, vanno nei comuni una volta a settimana, due volte a settimana, poche ore, con spese folli - con spese folli! - di indennità, trasferte, aerei, tutte spese che gravano direttamente, poi, sui bilanci comunali; e di questo momento di attività straordinaria, in cui lo Stato si assume la responsabilità della gestione di comuni particolarmente delicati, in territori particolarmente delicati, poi chi paga? Nel comune di Siderno, la commissione che viene insediata lascia 5 milioni di debiti - 5 milioni di debiti! -, e presso il tribunale di Reggio Calabria c'è uno specifico procedimento in cui, costituendosi, l'Avvocatura generale dice che non paga il Ministero, ma paga il comune, che eventualmente si rivarrà sui commissari. Cinque milioni di debiti per un comune sono tantissimi.

Gioiosa Ionica, che stava per andare ad elezioni, una storia strana: come dicevo, il TAR del Lazio, ripristina la giunta, il sindaco si reinsedia, si va, inaudita altera parte, alla presidenza del Consiglio di Stato, interviene il provvedimento di sospensiva, si reinsedia la commissione e la commissione chiede la proroga, bloccando anche in questo modo la possibilità di andare ad elezioni. E dice, nella proroga, che è “perché dobbiamo risanare il bilancio”. Sa quanto è costato al comune di Marina di Gioiosa Ionica, al momento, la gestione commissariale? Seicentomila euro, messi in posta di bilancio del 2018 che non ci sono. Le faccio solo un esempio: vengono inseriti come poste in bilancio 100 mila euro per sosta in parcheggi: 20 mila euro vengono spesi per la segnaletica, incasso: 9 mila euro. Sono situazioni che sono lontane.

Allora, sorgono due problemi: il primo è una pesantissima frattura fra lo Stato, nella sua diramazione periferica, e le amministrazioni locali. È necessario che ci sia fiducia; per quanto riguarda i sindaci, ce ne sono delinquenti, per carità ce ne sono, ma la maggior parte sono persone per bene o, almeno, bisogna dire che lo sono, bisogna credere che lo sono, allora, la prefettura collabora. E, se il sindaco di Siderno chiede alla prefettura notizie su una impresa che aveva vinto un grossissimo appalto non sotto il comune, ma sotto la gestione commissariale, e la prefettura invece di rispondere a quel sindaco, gli dice che quella è una provocazione e, poi, chiede lo scioglimento del consiglio comunale, c'è qualcosa che è saltato, c'è qualcosa che è saltato nel sistema di cui dobbiamo necessariamente tener conto.

C'è un problema serio: i numeri sono tali che, ormai, il Ministero dell'Interno ha difficoltà a trovare i commissari, perché l'organizzazione era volta a considerare lo strumento uno strumento eccezionale; quando diventa eccessivamente utilizzato, spesso non si trova neanche il personale adeguato. Allora, io credo che sia necessario addivenire sicuramente ad una direttiva da mandare ufficialmente ai prefetti. Io, sottosegretario, sono rimasta sconcertata quando, nell'ultima visita del Presidente Conte, con il Consiglio dei ministri a Reggio Calabria, il Presidente Conte parla della vittoria di aver sciolto tot consigli comunali. Non è una vittoria dello Stato: sciogliere i consigli comunali è la sconfitta dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Io, quindi, mi appello a lei, sottosegretario, e al Ministro dell'Interno, che so essere sensibile verso le amministrazioni locali, perché noi abbiamo la necessità di ricostituire il tessuto politico.

Non avremmo più nessuno che si vuol candidare in determinati comuni. Fra poco per candidare qualcuno in Calabria, signor Presidente, lo prenderemo a Trieste, e per essere tranquillo dovrà attestare di non conoscere nessun calabrese e di non essere venuto neanche per caso in Calabria, forse così riesce a salvaguardarsi.

È una questione veramente estremamente sensibile e delicata: perché vedete, gli strumenti antimafia non sono in sé buoni o cattivi, è l'utilizzo che se ne fa che li rende buoni o cattivi. Nelle commissioni di accesso la statistica dice che su 30 solo una volta non si chiede lo scioglimento, una volta, e il sindaco che è stato graziato qualche giorno fa ha detto: non mi ricandido, perché ho passato una tale tragedia umana che non mi ricandido. E allora bisogna salvaguardare il tutto, evitare brutte figure, signor sottosegretario Candiani: perché vede, se poi sulla base di indizi si scioglie un consiglio comunale, e poi il Ministero manda come commissario una persona, per carità, presuntivamente innocente, ma pluri-indagata, non funziona. Perché non può esserci l'atteggiamento preventivo inquisitorio nei confronti dei sindaci, e poi un atteggiamento benevolo nei confronti di chi semplicemente rappresenta l'amministrazione dello Stato: questa è una sconfitta per l'amministrazione dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Io vorrei sapere da lei, sottosegretario, cosa volete fare, quali sono i costi di questa misura, se questa misura non è sfuggita dalle mani del controllo politico del Ministero dell'interno, cosa di cui io sono personalmente convinta: è sfuggita al controllo politico del Ministero dell'interno. Bisogna assolutamente intervenire, ripeto, perché ormai se no la sfiducia è diventata grossa; ma è diventata grossa perché ormai siamo in una situazione di conflitto istituzionale che pervade le decisioni giudiziarie: TAR, tribunali civili sull'ineleggibilità che rigettano totalmente quello che scrive il Ministero dell'interno, dicendo sono cose sbagliate, tecnicamente e fattualmente sbagliate. Io mi auguro da lei una risposta precisa.

Vorrei dire soltanto una cosa: questa è una battaglia che ha combattuto in Calabria un giornalista che è morto qualche giorno fa, Paolo Pollichieni (Applausi), una voce libera che ha avuto la forza e il coraggio, e il coraggio in Calabria anche di mettersi contro prefetture importanti e un Ministero estremamente importante. Noi questa battaglia la continueremo, perché è una battaglia di democrazia, anche per Paolo e per il suo buon giornalismo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Stefano Candiani, ha facoltà di rispondere.

STEFANO CANDIANI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, come potranno comprendere anche gli onorevoli deputati che hanno presentato l'interpellanza, è assai difficile riuscire a ricondurre nei brevi tempi dell'Aula quanto totalmente interpellato: su questo mi metto già fin d'ora a disposizione per ulteriore approfondimento, anche proprio sui temi specifici che sono stati prima enunciati.

Signor Presidente, onorevoli deputati, la misura dello scioglimento dei comuni, ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, è una misura di carattere straordinario, che, come ha delineato negli anni la giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, ha come diretti destinatari non i singoli amministratori, ma gli organi elettivi nel loro complesso, laddove emergano elementi di collegamento e condizionamento da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso. Si tratta di provvedimenti di natura preventivo-cautelare, finalizzati al ripristino delle condizioni indispensabili per un corretto svolgersi del vivere sociale, attraverso una gestione affidata ad una commissione di funzionari statali che ha il compito in particolare di eliminare con strumenti di tipo amministrativo le fonti di condizionamento diretto o indiretto di tipo mafioso contro l'amministrazione locale.

Le modifiche apportate all'articolo 143 nel 2009 hanno introdotto disposizioni più restrittive per l'adozione del provvedimento dissolutorio, che pur non caratterizzandosi come sanzionatorio verso soggetti determinati, viene ad incidere sul consenso espresso dalla comunità locale nella scelta degli organi di essa rappresentativi.

Con riferimento ai presupposti per l'adozione del provvedimento dissolutorio, è stato precisato che l'istruttoria prefettizia deve evidenziare elementi “concreti, univoci e rilevanti” su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori, ovvero su un fronte di condizionamento degli stessi tali da determinare un'alterazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e il regolare funzionamento dei servizi loro affidati. La verifica di tali presupposti è di norma effettuata con l'invio presso l'ente interessato di una commissione d'indagine nominata dal prefetto, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell'interno. Il procedimento volto allo scioglimento del consiglio comunale e provinciale è un procedimento complesso, scandito da precisi termini fin dalle prime fasi, in omaggio al principio generale della certezza temporale della conclusione del procedimento, alimentato negli ultimi anni da numerosi interventi del legislatore.

Sebbene nel corso dell'ultimo quinquennio si sia effettivamente assistito ad un crescente numero di provvedimenti di scioglimento, l'istruttoria e l'elaborazione degli stessi sono state conformi ai principi e alle linee dettate dalla giurisprudenza: in particolare, dal maggio 2014 (quindi l'ultimo quinquennio) ad oggi sono stati adottati complessivamente 72 provvedimenti di scioglimento, nessuno dei quali all'esito dei relativi procedimenti di contenzioso è stato annullato in via definitiva.

Con riferimento poi ai singoli quesiti formulati dall'interpellanza, si rappresenta che nel corso dell'accesso ispettivo presso gli uffici comunali i componenti la commissione, che agiscono in rappresentanza e su delega del prefetto, conducono l'attività di indagine sia disponendo l'acquisizione di documenti, sia effettuando audizioni degli organi elettivi e dell'apparato burocratico, esaminando altresì le relazioni delle forze dell'ordine ove sussistenti. Inoltre, ove per fatti oggetto di accertamento sia pendente il procedimento penale, il prefetto può a sua volta richiedere informazioni al procuratore della Repubblica competente per territorio. Al termine dell'accesso la commissione d'indagine produce al prefetto una relazione, nella quale sono evidenziate le risultanze sia dell'attività degli organi politici, sia di quella dell'apparato burocratico: qualora sulla scorta di tali conclusioni non emergano elementi concreti, univoci e rilevanti in capo agli amministratori, ma invece in capo ai componenti l'apparato burocratico, il prefetto, pur non prospettando lo scioglimento, propone nei confronti del personale l'adozione di provvedimenti utili a far cessare il pregiudizio in atto, ivi compresa la sospensione dall'impiego o la destinazione ad altro ufficio. Dal 2009 ad oggi il Ministro dell'interno ha adottato 17 provvedimenti di sospensione. Si segnala inoltre che, dal mese di giugno 2009 ad oggi, il Ministro dell'interno ha adottato 45 provvedimenti di conclusione del procedimento a seguito di accessi ispettivi conclusi con esito negativo.

Riguardo poi alla questione relativa alla presenza dei commissari straordinari presso la sede dell'ente sciolto, si evidenzia che la stessa viene costantemente assicurata - e dico, deve, dovrebbe essere costantemente assicurata - nel corso della settimana, al fine di garantire il regolare svolgimento delle funzioni e dei servizi comunali. Quanto invece all'importo complessivo che il Ministero dell'interno ha impegnato e speso ai fini dell'indennità e degli altri costi dei commissari nominati, si rappresenta, con riferimento agli ultimi anni, che nel 2015 la spesa è ammontata a circa 2.600.000 euro per il funzionamento di 29 commissioni straordinarie; nel 2016 la spesa è stata di circa 2 milioni di euro per il funzionamento di 21 commissioni straordinarie; nel 2017 l'esborso è stato di 2 milioni e mezzo di euro per 31 commissariamenti; nel 2018 la spesa complessiva è stata di circa 5 milioni di euro per 49 gestioni commissariali. Gli onorevoli interpellanti chiedono altresì di sapere se gli uffici centrali dell'Amministrazione dell'interno svolgano un'attività di vigilanza sulle commissioni durante l'espletamento del mandato.

Sul punto è opportuno precisare che gli uffici ministeriali assicurano una puntuale e continua attività di supporto, sotto il profilo tecnico-giuridico, attraverso una costante collaborazione nei confronti dei componenti delle commissioni straordinarie, sia attraverso risposte a quesiti da queste formulati, sia con l'invio di funzionari in posizione di comando, provenienti anche da altre amministrazioni e in possesso delle specifiche professionalità.

Si precisa, infine, che i commissari, sostituendo durante il periodo di gestione straordinaria gli organi elettivi nella totalità delle funzioni loro riconosciute dall'ordinamento, assumono anche, con riferimento alla gestione economico-finanziaria dell'ente, le responsabilità amministrative e contabili previste dalla generale disciplina della vigente materia.

Aggiungo che le considerazioni che sono state fatte dagli onorevoli interpellanti in quest'Aula portano certamente a una necessità di ulteriore approfondimento, per la quale mi rendo direttamente disponibile, ritenendo ovviamente che debba essere, comunque, distinto il caso, specifico e particolare, rispetto alla generalità dello strumento, non condividendo l'opinione che spesso si legge sui giornali che i parlamentari della Repubblica siano tutti uguali e non facciano il loro dovere, a fronte di qualcuno che magari non si comporta bene, e riconoscendo in questo senso, invece, la validità dello strumento in quanto tale della gestione commissariale, ma avendo ben chiaro che, se ci sono delle singole gestioni che non sono fatte in maniera oculata, si debba andare nell'interesse sia, ovviamente, dell'amministrazione, che è stata disciolta, sia della validità dello strumento, che non deve essere messo in discussione, in quanto importante strumento di contrasto all'infiltrazione mafiosa, lo ripeto, con il ripristino delle condizioni più corrette di gestione.

È indubbio che la gestione commissariale di un ente rappresenti un fatto straordinario, è altrettanto indubbio che chi viene inviato deve avere tutte le caratteristiche e deve essere anche riconosciuto; non mi spaventa la questione della spesa e di quanto gli è riconosciuto se c'è il beneficio finale, lo ripeto, se c'è il beneficio finale, perché stiamo parlando, in questo caso, di sradicare, perché questo è l'obiettivo, l'infiltrazione mafiosa e il condizionamento mafioso. È ovvio che deve esserci sempre un'adeguata proporzionalità tra il servizio che viene svolto e il costo che viene sostenuto dalla comunità; ricordiamoci, peraltro, che le commissioni non sono inviate per risanare i bilanci, ma per togliere dall'ente il rischio, la presenza o qualsiasi livello di infiltrazione mafiosa.

Chiudendo l'intervento, mi rendo disponibile nei confronti degli onorevoli interpellanti per approfondire ulteriormente il tema, come da loro proposto.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Ettore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Santelli ed altri n. 2-00375, di cui è cofirmatario.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, ci dichiariamo solo parzialmente soddisfatti, apprezzando, nella conclusione da parte del sottosegretario, la finalità che ha manifestato della procedura in esame, ma anche la necessità di ulteriori approfondimenti, soprattutto tenendo conto dei casi particolari, al di là della generalità dello strumento. Per questi approfondimenti, quindi, non possiamo che apprezzare questo tipo di valutazione.

Nel merito, la risposta ha un profilo prettamente burocratico e ricostruttivo di una disciplina che, evidentemente, conosciamo e che, però, non tiene conto, proprio per la formalità delle procedure, del vulnus che si può creare, anche attraverso l'utilizzo di uno strumento del quale condividiamo l'utilità e del quale riconosciamo anche la finalità, che è stata la ratio che lo ha fatto entrare nel nostro ordinamento. Ma, è proprio perché lo strumento è eccezionale che si agita e agita il fenomeno democratico, il voto democratico, il radicamento della sovranità popolare attraverso la considerazione di un primato diverso che è quello dell'esigenza dello Stato di far fronte a una battaglia, a un contrasto del fenomeno criminale. Ma proprio perché c'è questo momento in cui si ha un riconoscimento del primato, non è più solo un atto burocratico, non è più solo un atto di accertamento informale, diretto o indiretto, ma diventa anche una valutazione politica della necessità e dell'esigenza di stabilire tutti i criteri e tutti gli elementi per i quali, poi, si può giungere al provvedimento finale, che è dissolutorio, cioè dissolve il voto democratico, determinando anche - questo è l'aspetto - una riprovevolezza del comportamento di un'amministrazione e dei singoli amministratori, che, anche se è vero che è diretta all'organo, determina, come dire, quell'infamia personale, quell'essere bollati sul territorio, che non colpisce solo gli amministratori, colpisce una comunità, e determina anche la sfiducia in tutto ciò che è apparato dello Stato, perché il comune è apparato dello Stato e presidio dello Stato. E il voto democratico esprime la fiducia, la forza della reazione democratica a qualsiasi fenomeno criminale.

Quindi, nel momento in cui assurge la finalità del primato del contrasto alla criminalità rispetto alla garanzia e conservazione del voto democratico e della fiducia del legame diretto del territorio, dell'humus territoriale, con l'esigenza democratica, si distrugge il tessuto sociale e democratico, si bollano una zona, un comune, le persone. E, quindi, ogni criterio burocraticamente riportato nella risposta deve essere attentamente valutato sul piano dell'apprezzabilità politica e, soprattutto, sul piano dell'esigenza di tutela della persona e delle comunità, del gruppo della comunità, quella comunità che ha espresso quell'amministrazione. Perché, se arriviamo al punto di sciogliere i comuni, perché c'è un consigliere di opposizione che ha collegamenti diretti o indiretti, in comunità molto piccole, dove rapporti di parentela o di amicizia possono sussistere, allora, forse non è il caso, negli ulteriori approfondimenti, di valutare se questa disciplina sia adeguata, nella sua applicazione, non nella sua finalità, ma nella sua applicazione, nel momento applicativo, nell'esperienza di questi anni e degli ultimi, a far fronte al fenomeno criminale o, invece, non aiuti, con lo scioglimento, lo strapotere delle organizzazioni criminali? E ciò anche con riferimento al fatto se al contrario sia uno strumento che, in qualche modo, determini effetti contrari, nella sua applicazione burocratico-amministrativa, che porta il comune, gli enti e gli organi eletti ad essere subordinati a queste commissioni, a questa valutazione, che rimane sempre, lì, alta: tutte quelle che iniziano finiscono con il provvedimento finale dissolutorio e lo scioglimento. Allora, come comincia, già si sa che siamo già verso una strada, un percorso già segnato. La politica deve avere la forza di imporre il suo primato anche nella risposta ai fenomeni criminali, perché la risposta democratica, la garanzia democratica è la vera risposta. Abbiamo risposto a fenomeni terribili come quello del terrorismo, l'abbiamo fatto ieri nel giorno della memoria, attraverso che cosa? Le garanzie costituzionali, la riaffermazione del principio democratico. In questo modo, invece, attraverso la mano burocratico-amministrativa, rispondiamo credendo di rispondere, ma stiamo facendo bene o stiamo facendo male? È una domanda che pongo. Tutto ciò ferma restando la bontà della finalità della ratio della norma e di qual è l'esito, poi, dei provvedimenti.

Ecco, perché, sottosegretario, siamo parzialmente soddisfatti, perché vediamo in lei l'afflato, il tentativo di trovare in questi approfondimenti anche un nuovo percorso, però, è sempre legato, anche lei, a quello che gli dice il Ministero, giustamente, e alla ricostruzione tecnico-burocratica. Però, la politica deve andare oltre, la politica deve saper rispondere. A questo punto, ragioniamo anche su un adeguamento sotto il profilo applicativo per l'esperienza che abbiamo avuto in questi anni dell'ambito e delle modalità attraverso le quali si è arrivati, con la mano burocratico-tecnica, a questi esiti, rispetto alla conservazione del voto popolare e alla garanzia della democraticità, come risposta a questi fenomeni, rispetto, invece, al provvedimento, appunto, dissolutorio; proprio il termine è perfetto, si dissolve; ma cosa si dissolve?

Solo l'organo politico? Si dissolve la democrazia e si dissolve ogni legame, ogni fiducia, ogni rapporto fra la comunità e lo Stato, lo Stato formale e lo Stato comunità, i valori più profondi di quelli quelle zone; il dolore che quei cittadini hanno nel sentirsi cittadini che non hanno la capacità di esprimere democraticamente un'amministrazione, che sono bollati - bollati! - perché, per esempio, sono della Locride. Io sono di quelle zone, anche se eletto in Toscana, e ogni volta lo dico con orgoglio che sono di Locri, per i miei cittadini, per tutti coloro che conosco, per gli amministratori di tutta la Locride, però mi sento bollato anch'io. Negli anni, quando ero ai primi anni di università, dovevo dire che ero di Locri e sembrava una cosa che non si poteva dire; invece lo dico con orgoglio, quell'orgoglio che hanno tutti quei cittadini che hanno voglia e forza di reagire, ma che vogliono anche essere garantiti dallo Stato, il quale scioglie le amministrazioni ma non porta lavoro in quelle zone; dove non ci sono gli ospedali che funzionano, dove la sanità non risponde al principio del diritto alla salute come diritto incomprimibile. Però, lo Stato è rapidissimo nello sciogliere per qualsiasi ragione. Bene la finalità, ma l'auspicio dell'onorevole Santelli e di tutti i firmatari - lei come prima firmataria sta facendo questa battaglia da anni - è quello di fermarci, ragionare, riflettere sui modelli applicativi di questa disciplina. La politica lo deve e lo può fare.

Io ho colto nella sua risposta questo auspicio, questo afflato, come l'ho voluto chiamare, perché anche lei conosce bene e sa qual è la situazione. Spero che ci sia da parte del Governo una proposta: noi siamo disponibili; il gruppo di Forza Italia, l'onorevole Santelli da tempo ci lavora. Siamo disponibili anche a dare il nostro sostegno, la nostra collaborazione nel proporre un testo di una riforma che garantisca sempre la ratio e la finalità del provvedimento di contrasto alla criminalità mafiosa, ma che consenta di dare dignità a quei luoghi, a quei Paesi, a quella bellissima regione - io parlo della Calabria, ma si può parlare anche della Sicilia - alla bellissima Locri e a tutta la Locride.

(Chiarimenti in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare dell'Inps e iniziative di competenza volte a garantire agli inquilini le tutele previste per le fasce deboli - n. 2-00373)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Morassut n. 2-00373 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Roberto Morassut se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ROBERTO MORASSUT (PD). Presidente, questa interpellanza riguarda il tema della dismissione del patrimonio immobiliare dell'INPS, quindi degli enti previdenziali pubblici. Il tema della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali è un grande capitolo del tema dell'emergenza abitativa, soprattutto nelle grandi città, a Roma in particolare, dove c'è un grande patrimonio realizzato nel tempo, sia di enti previdenziali pubblici che di enti previdenziali cosiddetti privatizzati sulla base delle normative introdotte nel lontano 1994. Questo processo di dimissione è andato avanti negli anni in forme diversificate. Per quanto riguarda la specifica situazione dell'INPS, la legge di riferimento, la fonte normativa di riferimento, che ha guidato questo lungo processo è la legge n. 410 del 2001. Questo processo di dismissione, però, ha subito un'interruzione, o meglio varie interruzioni, o “distorsioni”, perché si è interrotto quindici anni fa, quando furono costituite le famose SCIP (la SCIP 1 e la SCIP 2), dentro le quali fu versato sostanzialmente il patrimonio INPS e poi INPDAP, e di tutti gli enti previdenziali pubblici che poi sono confluiti in INPS. È noto il percorso non propriamente virtuoso della vicenda delle SCIP. Poi questo patrimonio è tornato all'INPS, che, a seguito di numerosi dibattiti parlamentari, sollecitazioni e mobilitazioni, ha ripreso, dopo 15 anni, il processo di dismissione del patrimonio immobiliare: sulla base di quale indirizzo?

Inevitabilmente sulla base dell'indirizzo stabilito nella legge n. 410, ma che prevedeva tutta una serie di tutele per le fasce deboli e per le modalità di dismissione di questo patrimonio, che non elenco qui perché sono materia nota a tutti o comunque cristallizzate negli atti parlamentari e nei documenti ufficiali. La cosa che è importante rilevare è che nel corso di questo complicato percorso, la legge, sostanzialmente il “milleproroghe” del 2008, che poi è divenuto la legge n. 14 nel febbraio 2009, prescrisse, con il rientro in possesso degli immobili degli enti previdenziali all'INPS che erano passati alla SCIP, che si dovessero garantire i diritti stabiliti - come ho detto - dalla legge n. 410, sia in base al prezzo di vendita (cioè il 30 più 15 eccetera), sia - questa è la cosa importante per questa interpellanza - per quanto attiene alle tutele per coloro che, a causa di bassi redditi o di condizioni di età o situazioni di grave infermità non potessero procedere all'acquisto. La legge ha stabilito altresì le condizioni e le modalità attraverso le quali gli occupanti senza titolo, cioè tutti coloro che senza un titolo regolare però sono entrati in uso di unità immobiliari e hanno regolarmente pagato un'indennità di occupazione stabilità dall'INPS, che non corrisponde a un vero e proprio affitto ma a un'indennità di occupazione, potessero rientrare nelle tutele stabilite dalla legge.

Queste disposizioni tutelanti sono state più volte ribadite, come ho detto, in tanti atti parlamentari, interrogazioni, da ultimo nel “milleproroghe” del 2005, che ha stabilito per la ripresa del processo di vendita il reintegro delle suddette tutele, soprattutto per le categorie che non fanno parte di coloro che hanno un regolare contratto. Qui abbiamo a che fare con una platea molto concentrata a Roma - a Roma circa 10 mila famiglie e altre diverse migliaia in giro per l'Italia, ma con una forte presenza a Roma - che ha varie categorie. Una categoria è rappresentata da coloro che hanno un contratto normale, quindi che possono comprare sulla base dei prezzi e delle modalità di calcolo dei prezzi stabiliti dalla legge; poi ci sono quelli che non possono comprare e quindi debbono rimanere in affitto, per cui bisogna capire cosa fare; poi ci sono gli occupanti senza titolo e poi ci sono le persone fragili: anziani o chi è portatore di un grave handicap fisico.

Che cosa accade? Accade che nell'avvio di questo processo, finalmente, dopo anni, arrivano delle lettere agli inquilini, ma c'è un primo problema e per questo noi chiediamo ai Ministeri vigilanti di verificare con l'INPS come sta procedendo questo percorso. Il primo problema che emerge è che il calcolo dei prezzi, per chi ha un regolare contratto e quindi acquista con le tutele e con gli abbattimenti previsti dalla legge, non sembra corrispondere al reale valore degli appartamenti. Ci sono discrasie, ci sono differenze tra appartamenti, ci sono differenze tra appartamenti delle stesse superfici con prezzi differenziati, quindi emerge un allarme da parte dei cittadini. In secondo luogo c'è il problema di chi non può comprare, per cui l'appartamento, secondo gli indirizzi dell'INPS, verrebbe messo all'asta. Comprendiamo che l'INPS non è un'agenzia immobiliare, anzi è giusto che l'INPS si liberi di questo patrimonio e svolga le sue funzioni istituzionali, ma nello stesso tempo l'INPS è un istituto di previdenza sociale, quindi dire a chi non può acquistare, perché non ha le risorse necessarie, che il suo appartamento verrà messo all'asta sul mercato, cioè verrà comprato da un privato che poi lo venderà a un terzo, significa aprire un ulteriore problema di emergenza abitativa, che va in contraddizione con le finalità istituzionali dell'INPS, anche se l'INPS non è un'agenzia immobiliare. C'è poi il problema degli occupanti senza titolo. Come viene calcolato l'arretrato, che è sostanzialmente riferibile al delta, cioè alla differenza, tra l'indennità di occupazione versata e il regolare affitto? Viene calcolato sulla base degli indici di mercato, cioè sulla base del calcolo fatto dall'OMI, quindi si chiede un canone di mercato.

Stiamo parlando di alloggi in quartieri popolari e con una grande vetustà, con un'antica vetustà, cioè sono immobili vecchi, dove la manutenzione è stata anche relativamente puntuale e quindi rispetto a questo calcolo di affitto di mercato, che si discosta dall'indennità pagata, c'è un arretrato molto alto, sicuramente non alla portata delle famiglie, che sono famiglie di ceto medio-basso e che non tiene conto, però, che il patrimonio dismesso, per il quale si chiede un affitto di mercato, è un patrimonio vecchio e maltenuto. Tutti questi aspetti vanno in contraddizione con gli indirizzi della legge, perché la legge del 2001 stabiliva delle tutele e si è detto che quelle tutele debbono continuare: lo si è detto nel 2009, lo si è detto nel 2015. Quindi la nostra sensazione è che l'INPS stia applicando la legge non perfettamente sulla base dello spirito delle norme che in essa sono contenute. Quindi chiediamo, in primo luogo, che i Ministeri si rivolgano all'INPS per verificare come sta procedendo il processo di dismissione, che si verifichi un attento esame delle modalità di calcolo dei prezzi per gli acquisti e per chi può comprare e ha già fatto l'opzione d'acquisto; in secondo luogo, che si verifichi con attenzione il tema delle modalità di vendita di chi non può comprare, considerando anche la possibilità di interloquire con gli enti locali per introdurre forme di calmierazione degli affitti e, nello stesso tempo, di trasmissione di questo patrimonio, se è possibile; terzo, ovviamente la questione dell'attenzione agli occupanti senza titolo. Chi ha occupato senza titolo e non è soggetto a misure penali, quindi è libero da misure penali, e ha pagato l'indennità di occupazione deve naturalmente pagare un arretrato ma l'arretrato va calcolato secondo indirizzi di legge, cioè non si può applicare un affitto di mercato su immobili che sicuramente sono fuori mercato. L'INPS è un istituto, è un'organizzazione, nel vasto complesso della pubblica amministrazione italiana, che persegue finalità di previdenza sociale e di tutela sociale, che ha un patrimonio immobiliare in dismissione. Bisogna quindi cercare le modalità più rapide e più efficaci per l'istituto per incamerare le risorse necessarie attraverso la vendita del patrimonio e utilizzarle per le finalità sociali, ma è anche necessario percorrere la strada della dismissione del patrimonio con finalità sociali, evitando di aprire nuovi aggravi nella già grave emergenza abitativa che grava sulla città, soprattutto in quartieri popolari e in famiglie che sono di ceto medio-basso.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Stefano Candiani, ha facoltà di rispondere.

STEFANO CANDIANI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interpellanti per l'interpellanza urgente, che consente anche di approfondire un tema a cui teniamo particolarmente. Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rivolgono chiarimenti al Governo in merito al processo di dismissione del patrimonio residenziale di proprietà dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. È evidente a tutti che il tema assume una spiccata rilevanza sociale, anche e soprattutto in ragione del fatto che molte famiglie risiedono in questi immobili. Appare tuttavia doveroso svolgere una piccola premessa al fine di ricostruire il quadro normativo di riferimento per la tematica di cui oggi si discute. In seguito all'entrata in vigore dell'articolo 38, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017, l'INPS ha adottato varie determinazioni presidenziali con le quali ha definito i criteri generali di investimento e disinvestimento immobiliare funzionali ai successivi piani di investimento e disinvestimento del patrimonio immobiliare non strumentale dai quali è scaturito, con determinazione presidenziale 2 agosto 2017, n. 131, il regolamento degli investimenti e disinvestimenti immobiliari. La norma sopra richiamata, nel prevedere la completa dismissione del patrimonio immobiliare nel rispetto dei vincoli di legge ad esso applicabili, ivi compresi quelli derivanti dal decreto-legge n. 351 del 2001, consente la vendita diretta ai conduttori ai quali, quindi, è riconosciuto il diritto di opzione, prelazione e prezzo ai sensi dell'articolo 3, commi 3, 5 e 7 dello stesso decreto. Tra i criteri generali di dismissione è prevista la possibilità sulla base di quanto stabilito dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 203 del 2005, di riconoscere i diritti di opzione prelazione e prezzo anche agli occupanti senza titolo purché in possesso dei requisiti ivi previsti, applicando, nei limiti della prescrizione quinquennale, il valore minimo per la tipologia di riferimento rilevato dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle entrate nel semestre precedente la data di inizio dell'occupazione, oltre gli aggiornamenti ISTAT e gli oneri accessori.

Tale criterio è stato individuato al fine di garantire l'omogeneità di trattamento tra le posizioni di diversi inquilini e certezza giuridica nei rapporti con gli aventi diritto, con l'obiettivo di assicurare una rapida definizione delle regolarizzazioni, finalizzata al celere avvio delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare su tutto il territorio nazionale. In merito alla mancata applicazione delle tutele di cui all'articolo 3, comma 4, della legge n. 410 del 2001, ove era previsto che qualora l'originario contratto di locazione non sia stato formalmente rinnovato ma ricorrano comunque le condizioni previste dal primo periodo del comma 6, il rinnovo del contratto di locazione per un periodo di nove anni decorre dalla data successiva al trasferimento dell'unità immobiliare alla società di cui al comma 1 dell'articolo 2, in cui sarebbe scaduto il contratto di locazione se fosse stato rinnovato. Si rappresenta che, ad oggi, non risulta possibile l'applicazione di tale comma, tenuto conto che la citata disposizione normativa consentiva di salvaguardare il diritto all'abitazione di determinate categorie protette di conduttori nel solo periodo di tempo ritenuto utile al completamento dell'operazione di cartolarizzazione da parte di SCIP Srl.

Voglio però evidenziare il fatto che, al fine di prevenire possibili situazioni di disagio sociale, l'Istituto può procedere alla cessione delle unità immobiliari inoptate dai conduttori agli enti pubblici territoriali, dunque a regioni o comuni, affinché siano questi ultimi a gestire le dismissioni, attutendo in tal modo i problemi di disagio abitativo eventualmente presenti a livello locale. L'obiettivo dell'Esecutivo non è dunque quello di impoverire le famiglie, certamente, né tanto meno quello di essere insensibile alla grave tematica del disagio abitativo. La credibilità di una forza politica è data infatti dai provvedimenti normativi che concretamente si è capaci di adottare. In questa prospettiva voglio brevemente ricordare le misure già adottate in materia di lavoro e di politiche sociali. Mi riferisco al decreto dignità, con il quale abbiamo dichiarato guerra al precariato, disincentivando il ricorso a contratti a tempo determinato attraverso la riduzione del numero delle proroghe; al reddito di cittadinanza, grazie al quale si è facilitato l'incontro tra domanda e offerta di lavoro per aumentare l'occupazione e contrastare la povertà e le diseguaglianze. Per questi motivi sono fiducioso che il Governo possa trovare soluzioni congiunte con tutti i soggetti istituzionali competenti in materia, affinché si possano dare nel più breve tempo possibile adeguate rassicurazioni alle famiglie domiciliate in questi immobili, in special modo quelle che vivono una situazione di maggiore difficoltà sociale.

PRESIDENTE. Il deputato Sensi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Morassut ed altri n. 2-00373, di cui è cofirmatario.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Le rispondo subito, sottosegretario: no, non siamo soddisfatti della sua risposta. Lo dico oltre il gioco delle parti che ci costringe, che ci vincola: noi a chiederle conto, lei a leggere la nota preparata dai suoi uffici e chi s'è visto s'è visto. E però - c'è un “però” - in queste scartoffie, nelle chiacchiere parlamentari che restano agli atti che si impileranno alla prossima seduta su quello scaffale, scorre la vita delle persone - non dimentichiamolo mai -, la vita delle persone e dei cittadini italiani. Come era? Prima gli italiani. Guardi, sottosegretario, che così - sempre per il suo tramite, Presidente - che così come la percezione della sicurezza, su cui in particolare il suo partito lucra da tempo il proprio consenso, soffiando irresponsabilmente sul fuoco del disagio, talvolta della rabbia, anche il tema della casa entra nella vita delle persone, con una centralità se si vuole tutta italiana, che poche altre questioni riescono a trovare. Quello che abbiamo chiesto con la nostra interpellanza urgente, all'osso, è assai semplice: dare certezza e non una generica fiducia a migliaia di persone che vivono in una condizione di estremo bisogno, di necessità, di fragilità, come usa dire adesso.

Come le abbiamo ricordato, a fronte di un processo di dismissione che va avanti ormai da decenni, gli inquilini degli enti previdenziali, per i quali erano state attivate tutele perché a basso reddito, molto anziani o malati, spesso molto malati, hanno ricevuto in cambio soltanto una generica disponibilità a discutere i termini dei loro contratti, a rinegoziare le condizioni di affitto o di canone per appartamenti nei quali hanno vissuto per anni. In sostanza, tale genericità si traduce in una condizione di precarietà, di instabilità, di insicurezza, che non solo mette a rischio l'aspettativa di vita di persone già pesantemente provate dalla loro esistenza, questo è il lato individuale, ma che in particolare in aree e in realtà più degradate o difficili - avete presente le periferie che visitate, a favore di telecamere e cellulari, per promettere giri di vite e tolleranza zero, salvo poi sparire il giorno dopo a caccia di un altro sfondo per altri selfie di regime? - ecco, in queste aree e realtà degradate, alla incertezza individuale si somma una certezza di tipo sociale, quella di una miscela potenzialmente esplosiva, fatta di diritti denegati, di comitati di quartiere pronti a tutto, di quotidianità già precarie interrotte improvvisamente e traumaticamente da un atto burocratico, che ti toglie la casa, ti getta in strada da un giorno all'altro, magari a 70 anni e passa, con una disabilità grave o una malattia da sopportare e da scontare.

Ora, non ci pare che in Italia manchino situazioni pesanti. Il Paese più sicuro del mondo, quello con il quale si balocca lo spettacolo elettorale del Vicepremier Salvini, non passa giorno senza scontri, senza lotte aspre e violente, senza tensioni sociali sempre meno sostenibili, tossine sempre meno smaltibili nel corpo della nostra società. Le chiedo, sottosegretario: ma c'è bisogno di creare altro disagio? C'è bisogno di fabbricare altro malessere? Di far bollire ulteriormente la temperatura delle periferie? E guardi che non è solo Roma ad essere colpita duramente dalla genericità degli impegni presi dagli enti previdenziali, ma, lo ripeto, sono migliaia e migliaia di persone in tutta Italia. Vogliamo o no disinnescare questa situazione di tensione?

Noi crediamo che quello della casa sia un grande tema democratico, e non lo dico, guardi, con un riflesso conservatore, parlo da sinistra, si intende, da democratico, e porto rispetto alla elaborazione e al lavoro fatto nei decenni, a sinistra, nelle città, per il diritto alla casa, sull'edilizia residenziale pubblica. Personalmente - mi scuserete per questo accenno un po' magniloquente - ritengo che il tema della casa sia un punto centrale di una nuova agenda riformatrice, perché intercetta e sussume questioni come quelle dello sviluppo delle aree metropolitane, della sostenibilità, della dignità delle persone, della lotta alla povertà e alla solitudine, dei diritti, sì, dei diritti, della convivenza.

E quanto sta accadendo oggi a Casal Bruciato a Roma ci racconta anche questa storia, e cioè che affrontare il nodo della emergenza abitativa significa costruire diritti, fare democrazia, edificare convivenza, che va non solo suscitata, ma accompagnata, aiutata, altrimenti resta il baratro, il deserto, come diciamo noi a Roma, lo sprofondo.

Vede sottosegretario - per il suo tramite, Presidente -, noi da democratici la chiamiamo una questione di dignità, di umanità. Se a lei conviene declinarla piuttosto come un tema di sicurezza, lo faccia, anzi ne approfitti. Nella nostra interpellanza abbiamo individuato un percorso possibile, non è la soluzione a ogni problema, ma è un elemento di certezza, di tutela, di protezione, che va nella direzione auspicata da tanti cittadini: avere garanzie chiare, averle presto, non chissà quando, averle in base a diritti e tutele, e non su una base discrezionale, eventuale, poi vediamo.

Le dirò di più: ho depositato una proposta di legge che, se discussa, consentirebbe di dare con estrema semplicità le risposte che le abbiamo chiesto in quest'Aula. In attesa di discuterla - mentre le Camere vengono intrattenute da provvedimenti che durano lo spazio di un'elezione, Camere che non processano provvedimenti seri, e non per colpa del Parlamento, ma perché il Governo batte la fiacca, mangia a sbafo, “scrocca” agli italiani tempo, soldi e fiducia - in attesa di discutere la nostra proposta, dicevo, il collega Morassut, che da anni si occupa di questi temi, disegna un circuito virtuoso che la invito a considerare, magari, e lo dico preliminarmente, aprendo un tavolo con le forze sindacali e con gli enti territoriali da lei evocati, mi perdonerà, quasi a mo' di scarica barile, per ascoltare invece le esigenze, per cubarle, per garantire i diritti che rischiano di essere trascurati, con le conseguenze che abbiamo sottolineato.

Il percorso da noi individuato, lo ripeto: ripristino delle tutele, canoni in base agli accordi territoriali, accesso ai mutui agevolati, tutela per gli anziani, flessibilità nell'accesso alla prima casa di proprietà, intervento di supporto degli enti locali. Come vede, Presidente, una cassetta degli attrezzi essenziale, ragionevole, se posso, intelligente, perché contribuisce a sanare una ferita aperta e ad evitare che diventi una piaga inguaribile, che è molto pericolosa per tutti, altrimenti - e concludo - non potrete dire che non sapevate, che non vi eravate accorti, che era colpa di qualcun'altro.

Vorrei terminare, se lei me lo consente, Presidente, quasi come un ammonimento, con le parole di un inattuale come Alexander Langer, in termini di convivenza: “Io credo” - scriveva Alexander Langer - “che, semplificando, abbiamo due scelte: una è quella che ultimamente è diventata famosa con il termine epurazione etnica, cioè ripulire ogni territorio dagli altri, rendere omogeneo, rendere esclusivo, etnicamente esclusivo un territorio, e quindi dire che chi lì non diventa uguale agli altri, perché vuole coltivare la sua diversità, o chi semplicemente viene cacciato da lì, cioè non gli viene neanche permesso di integrarsi, se ne vada, con le buone o le cattive (…). L'altra possibilità è quella che ci attrezziamo alla convivenza, che sviluppiamo una cultura, una politica, un'attitudine alla convivenza, cioè alla pluralità, al parlarsi, all'ascoltarsi”. È quello che noi auspichiamo.

(Iniziative di competenza a sostegno del funzionamento delle strutture di accoglienza per minori e dei relativi controlli, con particolare riferimento alla casa famiglia “La Valle dei Fiori”, operante nel Lazio - n. 2-00370)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Marrocco ed Occhiuto n. 2-00370 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Marrocco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

La informo, intanto, che il sottosegretario Candiani sta arrivando, stava svolgendo le sue funzioni aggiuntive.

PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie Presidente, grazie sottosegretario. La sottrazione del minore alla famiglia, dopo l'attivazione delle misure di tutela temporanee previste dalla legge, è considerata soluzione «limite» che sancisce l'insuperabilità delle difficoltà della famiglia di origine ad assicurare al minore un ambiente familiare idoneo.

In particolare, la legge n. 184 del 1983, come riformata nel 2001, stabilisce che il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia e prevede espressamente (articolo 1, comma 2) che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo nell'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine, a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto. Nel caso limite in cui la famiglia non sia in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore, si applicano quindi gli istituti dell'affidamento e dell'adozione.

In particolare, in materia di affido, si prevede che il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo sia affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. Ove non sia possibile l'affidamento di tipo familiare, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni, l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.

La medesima legge, inoltre, prevede (articolo 2, comma 5) che le regioni, nell'ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscano gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e dagli istituti e verifichino periodicamente il rispetto dei medesimi.

Per quanto riguarda la tipologia delle strutture di accoglienza per i minori, seppure l'articolo 2 della legge n. 184 del 1983 individui un'unica tipologia di struttura definita “comunità di tipo familiare”, esistono ulteriori definizioni e classificazioni di tali strutture in altri atti normativi, nazionali e regionali. In genere, sono individuate tre macro-tipologie di comunità di accoglienza residenziale per minori: le comunità familiari/case famiglia, caratterizzate dalla presenza stabile di adulti residenti, tra cui rientrano anche le comunità multiutenza; le comunità educative/socio-educative, caratterizzate da operatori/educatori che non abitano stabilmente in comunità, ma sono presenti con modalità «a rotazione»; le comunità socio-sanitarie, che possono essere comunità familiari, case famiglia o comunità educative, caratterizzate dalla compresenza di funzioni socio-educative e terapeutiche.

Nell'ambito di tali strutture, opera nel Lazio la casa famiglia la “Valle dei Fiori”, fondata nel 1997 dall'associazione Gioventù Mariana-Centro Sociale Ragazzi, che accoglie minori da 0 a 6 anni, e che si avvale di un'équipe di professionisti che operano a favore dei piccoli, creando un ambiente sereno e stimolante.

Gli operatori lavorano con progetti mirati per ogni piccolo ospite, in attesa che si risani, laddove sarà possibile, la situazione che ha causato l'allontanamento del bambino dalla famiglia di origine. L'ambiente familiare, sereno e pieno di attenzione, favorisce il recupero psicofisico dei piccoli, affinché possano reinserirsi gradatamente in un nuovo contesto familiare: rientro nella famiglia d'origine, affido o adozione, sostenuti da figure professionali della casa famiglia e delle istituzioni. Tutta la struttura è orientata a favore della crescita del bambino, collaborando con i servizi sociali del territorio per la rimozione delle cause che hanno determinato l'allontanamento del piccolo o il suo stato di abbandono, affinché possa recuperare la sua dimensione umana e sociale all'interno della famiglia.

La stessa aderiva al progetto «Sostegno alla genitorialità - Asilo Nido auto-organizzato Valle Aurelia» del municipio 18 di Roma, che rappresentava un importante sostegno alle famiglie per il dopo-scuola; purtroppo, dall'insediamento della giunta comunale presieduta dal sindaco Virginia Raggi, il progetto non è stato più finanziato.

La casa famiglia “La Valle dei Fiori” vanta inoltre numerosi crediti da parte di diversi enti locali per il periodo 2011-2019: si tratta, infatti, di oltre 300 mila euro di pendenze che la struttura deve riscuotere da una decina di enti, tra municipi di Roma e comuni del Lazio.

La situazione è molto grave e il tema delle risorse è centrale per tutte le strutture, visto che, troppo frequentemente, sono le stesse associazioni e strutture coinvolte a creare, spesso a proprie spese, percorsi virtuosi per questi ragazzi che, diversamente, si troverebbero ancora una volta ad affrontare il loro futuro da soli.

È poi compito obbligatorio dello Stato garantire un adeguato e rigoroso controllo circa l'operato delle realtà di accoglienza e il mantenimento degli standard e dei criteri di qualità; è pertanto necessario rendere effettivi ed efficienti, sull'intero territorio nazionale, i controlli previsti e le connesse responsabilità istituzionali poste in capo alle procure della Repubblica presso i tribunali per i minori, alle aziende sanitarie locali e agli enti locali.

Anche a tal fine occorre, tuttavia, che i soggetti preposti allo svolgimento di tali attività possano disporre di adeguate risorse finanziarie e professionali e che siano previste sanzioni nel caso in cui i controlli non siano regolarmente eseguiti.

È inoltre fondamentale adottare iniziative di prevenzione, in particolare per evitare che si arrivi troppo tardi, con interventi riparativi dopo che maltrattamenti e abusi si sono già verificati. Il sistema di protezione va ripensato come uno degli strumenti da mettere in campo, fra gli altri, e non come il solo strumento che spesso si configura come ultima spiaggia.

Chiediamo, quindi, quali iniziative intenda intraprendere il Governo per sostenere l'operato delle strutture di accoglienza per minori di cui in premessa, per garantire standard di qualità per tutte le strutture, da nord a sud Italia, ed evitare che vi siano comunità virtuose costrette a chiudere, interrompendo percorsi che sono di alta qualità, per i gravissimi ritardi accumulati dai comuni nel liquidare gli importi necessari alla copertura dei costi vivi; quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare la funzionalità e il servizio fino ad ora garantito dalla casa famiglia “La Valle dei Fiori”; quali azioni intenda implementare per rendere effettivi ed efficienti i controlli sulle diverse realtà di accoglienza, e le connesse responsabilità istituzionali poste in capo alle procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, alle aziende sanitarie e agli enti locali, volti a fare emergere casi di particolare gravità, ma anche e, soprattutto, a livello ordinario per analizzare aspetti di grande rilievo che ineriscono alla sensibilità di un minorenne nella vita quotidiana, per una più attenta valutazione delle esigenze del minore e delle pregresse problematiche ad esso legate, fondamentali per il collocamento presso strutture o famiglie affidatarie; se intenda rivedere i criteri utilizzati per il collocamento dei minori presso le diverse realtà di accoglienza, e quali azioni intenda implementare per favorire adeguati percorsi di tutela, cura e crescita del minore, tenendo conto delle caratteristiche del minore e della compatibilità del suo personale progetto educativo con quello delle comunità presenti sul territorio o delle famiglie affidatarie in grado potenzialmente di accoglierlo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Stefano Candiani, ha facoltà di rispondere. Prima di dare la parola al sottosegretario Candiani, salutiamo i bambini e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo “Luigi Settembrini” di Roma, che sono venuti ad assistere a questa nostra seduta, dove siamo in pochi perché ci sono le interpellanze e le interrogazioni (Applausi). Prego, signor sottosegretario.

STEFANO CANDIANI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. La ringrazio, signor Presidente. Ringrazio anche gli onorevoli interpellanti per l'interpellanza. Dopo aver premesso che l'oggetto dell'interpellanza non riguarda profili di specifica competenza del Ministero della giustizia, appare opportuno procedere ad una ricognizione normativa volta ad individuare concretamente i soggetti territoriali ed istituzionali coinvolti nelle scelte delle quali si chiede contezza.

Vale la pena evidenziare, in prima battuta, che con la legge di bilancio 2019 si è provveduto, da un lato, a rifinanziare il Fondo per le politiche della famiglia, il cui stanziamento viene incrementato a regime di 100 milioni di euro e, dall'altro, a ridefinirne le finalità, con specifico riferimento agli interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, demandando ad un apposito decreto del Ministro per la famiglia e le disabilità la definizione dei criteri e delle modalità sulla base dei quali le regioni, in concorso con gli enti locali, definiscono e attuano un programma sperimentale di azioni, al quale concorrono i sistemi regionali integrati dei servizi alla persona.

Quanto alla regione Lazio, con legge regionale 10 agosto 2016, n. 11, è stato regolamentato il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della regione Lazio. In particolare, si prevede che il sistema integrato sia finanziato dai comuni con il concorso delle risorse regionali finalizzate alle politiche sociali. La regione concorre anche, con risorse provenienti dall'Unione europea e dallo Stato, al finanziamento dei servizi sociali e sociosanitari erogati a livello distrettuale in via sussidiaria e perequativa, al fine di rendere esigibili i livelli essenziali, come definiti dalla presente legge, rispetto all'intervento primario comunale e di sostenere il consolidamento e lo sviluppo su tutto il territorio regionale di una rete di servizi sociali quantitativamente e qualitativamente omogenea nei vari distretti sociosanitari. Contributi sono previsti anche dall'Unione europea che, annualmente, emana appositi bandi con cui stanzia degli importanti fondi e degli importi a favore dei progetti sociali che operano nel terzo settore.

In virtù del disposto, di cui all'articolo 4, comma secondo, della legge n. 328 del 2000, sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità, mentre compete allo Stato, ai sensi dell'articolo 20 della legge precitata, il trasferimento delle risorse dal Fondo nazionale per le politiche sociali alle regioni che, a loro volta, lo trasferiscono ai comuni sulla base delle programmazioni definite con i rispettivi Piani di zona, precisandosi che, comunque, il sistema integrato dei servizi sociali è alimentato oltre che dalle risorse statali, anche da risorse finanziarie proprie delle regioni e dei comuni.

Pertanto, l'accreditamento della comunità di accoglienza residenziale per i minori rientra tra le competenze degli enti locali, che sono, dunque, chiamati a valutare la sussistenza delle condizioni per l'adeguato svolgimento dei relativi servizi.

Passando ora ad analizzare la disciplina del sistema che regola la materia dell'affido dei minori, deve farsi riferimento alla legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge n. 149 del 2001. Alla stregua della normativa citata, il minore ha diritto di crescere ed essere educato nella propria famiglia; le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore ad avere una propria famiglia. A tal fine, a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto: lo Stato, le regioni, gli enti locali, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, contribuiscono a sostenere i nuclei familiari a rischio al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato all'interno della propria famiglia. Nel caso in cui il minore sia vittima di violenze, incuria grave e maltrattamento o abuso, il tribunale dei minorenni dispone l'allontanamento del minore, prevedendone l'inserimento presso una famiglia affidataria o una persona singola in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione, le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

Dove non sia possibile ricorrere all'affidamento familiare, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare. Subordinatamente al fatto che sul territorio non siano presenti strutture di tipo familiare, è possibile la collocazione in un istituto di assistenza, pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza.

Quanto specificamente alla casa famiglia, i requisiti di tali strutture sono contenuti nel decreto ministeriale del Ministro per la solidarietà sociale del 21 maggio 2001, n. 309, emanato ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328. Il decreto ministeriale stabilisce inoltre all'articolo 3 che per le comunità che accolgono i minori, gli specifici requisiti organizzativi, adeguati alle necessità educativo assistenziali dei bambini, degli adolescenti, sono stabiliti dalle regioni.

Con particolare riferimento ai controlli su tali strutture, va rilevato che le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni hanno il potere di verificare l'adeguatezza degli interventi a tutela del minorenne, come stabilito dall'articolo 9, commi 2 e 3, della legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge sopra menzionata, ricevendo le informazioni specifiche sullo stato dei minori inseriti nelle strutture familiari di cui si parla, attivando i poteri di ispezione ordinaria e straordinaria previsti dalla legge. Inoltre l'articolo 4 della medesima legge prevede che il servizio sociale locale, in caso di affidamento di un minore ad una famiglia affidataria o ad una comunità di tipo familiare, sia responsabile del programma di assistenza e abbia l'obbligo di vigilanza e di informare il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni di ogni evento di particolare rilevanza, nonché di presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di affidamento. Per di più, la vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti autorizzati e accreditati spetta ai comuni, sulla base dei criteri definiti dalle regioni; queste ultime possono esercitare poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti, così come stabilito dalla legge n. 328. Ancora, deve evidenziarsi che i poteri di vigilanza e di controllo sono conferiti anche al Garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, che può accedere ai dati ed informazioni relativi ai minori, nonché procedere a visite o ad ispezioni presso strutture pubbliche o private ove siano presenti i minori. Anche i Garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza, presenti in diverse regioni, svolgono le medesime attività a livello locale. Con riguardo alle questioni inerenti la qualità dell'assistenza che tali strutture devono garantire, la materia non può che ritenersi per larga parte di competenza della Conferenza permanente Stato-regioni. Sul punto si rappresenta che sono stati approvati in Conferenza unificata il 14 dicembre 2017 le linee di indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali per i minorenni, che si propongono come aggiornato strumento di orientamento politico e tecnico nel settore dell'accoglienza residenziale per i bambini e gli adolescenti, ed hanno per oggetto le molteplici dimensioni dell'accoglienza residenziale nelle comunità di tipo familiare individuate dalla novellata legge n. 184. Si segnala, infine, che in data 2 aprile 2019 è stato presentato in Senato il disegno di legge d'iniziativa del senatore Romeo (è l'atto Senato n. 1187), che si propone l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, con l'obiettivo di fornire una serie di indicazioni utili sull'attività di affidamento dei minori stessi e ogni possibile elemento idoneo a verificare il rispetto della disciplina vigente, con particolare riferimento al diritto del minore a crescere nella famiglia di origine, a rendere più efficiente l'affidamento dei minori sul territorio nazionale ed evitare casi di abuso e di non corretto utilizzo di risorse pubbliche.

PRESIDENTE. L'onorevole Marrocco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PATRIZIA MARROCCO (FI). La ringrazio, sottosegretario, per la sua risposta, che mi trova parzialmente soddisfatta; e mi permetto di sottolineare che i temi legati ai minori, e soprattutto i minori in difficoltà, devono essere affrontati con una certa celerità, con una certa priorità: servono più controlli, serve meno burocrazia, e soprattutto ogni comune deve adempiere ai propri obblighi e ogni comune deve essere controllato: chi li controlla i comuni? Mi risulta che sia di competenza del Ministero dell'Interno. Questi bambini sono figli dello Stato, sono il nostro patrimonio: vanno protetti, vanno sostenuti, vanno cresciuti, vanno istruiti e vanno educati. Non abbandoniamoli anche noi! Forza Italia vigilerà su questo tema, soprattutto su queste strutture che operano nel solo interesse del minore. Queste strutture devono essere garantite dallo Stato.

(Iniziative volte a contemperare il diritto alla salute con le risorse disponibili per la copertura della spesa sanitaria, con particolare riferimento all'acquisto di prestazioni da soggetti privati accreditati, anche alla luce delle misure adottate nell'ambito del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria - n. 2-00377)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cannizzaro ed altri n. 2-00377 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole D'Ettore se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, l'interpellanza è a prima firma dell'onorevole Cannizzaro, che fortemente ha voluto rappresentare questa situazione al Governo; una situazione che dev'essere immediatamente chiarita e trovare delle soluzioni.

È chiaro che nella programmazione delle prestazioni a carico del servizio pubblico sanitario, bisogna tenere conto anche delle prestazioni erogate da strutture private che siano accreditate; ed è evidente che la libera scelta della persona, rispetto anche alla struttura a cui rivolgersi, è garantita sul piano costituzionale, ma deve essere resa compatibile, nell'ambito della concorrenzialità tra strutture pubbliche e strutture private, dalle esigenze di finanza pubblica, dai vincoli di bilancio, da quelle che sono le risorse effettivamente disponibili; e su questo non ci sono dubbi. Ma è anche vero però - in particolare in alcune regioni, come appunto la regione Calabria - che spesso la struttura privata accreditata può non solo supplire, ma essere parte fondante di una risposta rispetto all'erogazione di servizi sanitari, che è una risposta efficace, è una risposta che non può mancare, proprio perché, di fronte alle esigenze di finanza pubblica, come la Corte costituzionale ha più volte ribadito, con riguardo anche all'erogazione di servizi da parte delle strutture private, è evidente che è sempre preponderante l'interesse alla tutela e alla garanzia del nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Lo diciamo spesso questo, ma ricordare qual è la portata dell'articolo 32 della Costituzione è importante. Abbiamo anche degli studenti qui: dico loro, siamo pochi ma solo perché stiamo trattando le interpellanze urgenti, ma trattiamo argomenti importanti. La tutela della salute come principio incomprimibile, irriducibile (la Corte costituzionale lo ha ribadito più volte), e le esigenze di finanza pubblica possono creare questo equilibrio e questa proporzione, ma lo devono fare tenendo conto poi anche delle esigenze territoriali, della realtà nella quale si crea poi l'humus della risposta rispetto a quella che è l'esigenza dei luoghi. E questo da un punto di vista particolare riguarda proprio la regione Calabria: relativamente all'anno 2019 il commissario ad acta per il Piano di rientro della regione Calabria, allo scopo di raggiungere l'equilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali secondo gli obiettivi imposti dal Piano di rientro, attraverso la riduzione della spesa, ha abbattuto del 50 per cento circa il tetto della spesa per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, con la previsione che le strutture pubbliche siano in grado - ma è una previsione, appunto - di garantire i livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza e appropriatezza. È bene però considerare che non sempre questo può avvenire; anzi, soprattutto non avviene in regione Calabria, dove, parlavamo prima, di strutture ospedaliere pubbliche fatiscenti o non in grado di dare risposte immediate.

Ma l'importanza qual è di questa situazione? Glielo voglio dire molto brevemente, Presidente: è quella di tenere presente che, nell'ambito di questa proposta di acquisto delle prestazioni per l'anno 2019, l'articolo 4, comma 7, ha stabilito che, al fine di consentire agli aventi diritto continuità nella fruizione delle prestazioni sanitarie, sia pure nell'ottica del necessario contenimento della spesa pubblica, le parti danno atto che l'erogatore è tenuto all'erogazione delle prestazioni agli aventi diritto, modulando la produzione per soddisfare il fabbisogno assistenziale della popolazione, in modo omogeneo, per tutto il corso dell'anno, tenendo conto delle liste d'attesa e delle priorità assistenziali stabilite con apposito atto regionale. Il problema è che questo atto regionale manca e, quindi, non si sa come l'erogatore privato debba modulare la somministrazione delle prestazioni in regime di accreditamento in modo omogeneo; come deve fare, qual è l'equilibrio che deve trovare, rispetto anche al bisogno clinico dell'utente, non essendo in condizioni di distinguere le situazioni di oggettiva difficoltà di accesso da quelle determinate dalla scelta discrezionale dell'utente di rivolgersi alla struttura privata o di richiedere la prestazione in altra data anche successiva alla prima proposta? Se non c'è questo atto regionale, se non si concretizza, come si crea questo equilibrio, come fa l'erogatore privato a sapere, rispetto a questo abbattimento, che è altissimo, del 50 per cento?

Quindi, è chiaro che se l'opera di bilanciamento perseguita dal commissario ad acta, al fine di conseguire un obiettivo risparmio, ha irragionevolmente, in qualche modo, commisurato la concreta attuazione del diritto alla salute alle risorse esistenti e al rispetto dei vincoli di bilancio, bisogna, a fortiori, in una regione come quella, in cui è nota l'inadeguatezza ontologica delle strutture pubbliche, determinare qual è questo equilibrio e come devono comportarsi gli erogatori privati. Tale vulnus non può essere colmato dal generico richiamo contenuto nell'articolo 7, n. 3 della proposta d'acquisto, con riferimento al meccanismo di cui all'articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992, per capirci, richiami formali e tecnici. Come devono comportarsi, come, rispetto alla proposta e all'intendimento del commissario ad acta sul piano regionale, stabilire concretamente come muoversi? Bisogna che anche il Ministero della sanità intervenga, perché, lo ripeto, di fronte a una situazione di difficoltà, sì, di limitatezza di risorse, ma anche di difficoltà nell'adeguatezza della risposta da parte delle strutture pubbliche, le strutture private hanno e svolgono un compito essenziale; e, non solo, non vengono pagate mai nei termini, ma nemmeno si stabilisce come si devono comportare, rispetto a questo equilibrio delle prestazioni che devono garantire, quando sono prestazioni necessarie. Ma se non glielo dice nessuno e non gli si dà gli indirizzi, come devono fare?

Da questo punto di vista si chiede se il Governo, intenda, appunto, chiarire quali siano i criteri che l'erogatore privato deve applicare per modulare il budget individuale annuale attribuito al fine di assicurare e preservare in modo omogeneo il nucleo incomprimibile del diritto dei cittadini all'assistenza sanitaria, nonché quale meccanismo la pubblica amministrazione debba attuare per verificare che la scelta di compressione del budget disposta a carico delle strutture private non possa pregiudicare in concreto detto nucleo incomprimibile di tutela della salute dei cittadini, perché anche in Calabria, costoro, hanno diritto alla salute e alle cure, così come sono stabilite sulla base della risposta pubblica e della risposta pubblica che comprende anche quella privata, che però deve essere modulata e definita.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole D'Ettore, peraltro, la scuola presente oggi, che salutiamo, come lei ha già fatto, è l'istituto comprensivo “Foscolo” di Bagnara Calabra in provincia di Reggio Calabria. Grazie, per essere venuti a seguire oggi i nostri lavori (Applausi). Il sottosegretario di Stato, onorevole Candiani, ha facoltà di rispondere.

STEFANO CANDIANI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. La ringrazio, Presidente, e ringrazio l'onorevole interrogante per avere posto la questione. In merito alla stessa, va subito detto che il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro della regione Calabria, relativamente all'anno 2019, non ha proceduto a una riduzione della spesa complessiva per l'acquisto di prestazioni sanitarie da privato, né, tanto meno, nella misura del 50 per cento. Lo stesso commissario ad acta ha specificato, infatti, che la spesa complessiva per l'acquisto di prestazioni sanitarie per l'assistenza ospedaliera per acuti e post acuti e per la specialistica ambulatoriale da privato, che ammontava ad euro 258.117.320, per l'anno 2018, permane invariata per l'anno 2019. Dunque, non vi è stato alcun abbattimento pari al 50 per cento, come peraltro sarebbe risultato in ogni caso impossibile, in ragione del vincolo normativo di cui all'articolo 15, comma 14, della legge n. 135 del 2012.

Più in particolare, riguardo all'acquisto da privato di prestazioni di assistenza ospedaliera (per acuti e post acuti) per l'anno 2019 il finanziamento ammonta ad euro 188.398.618,33, a fronte degli euro 189.168.595,83 del 2018 precedente, con un decremento netto di 769.977 euro, pari a meno dello 0,4 per cento. Va detto, però, che al citato ammontare andranno aggiunti 2 milioni e 300 mila euro accantonati per funzioni non tariffabili, da ripartire a consuntivo; il che porterà, dunque, a un aumento e non a un decremento delle somme disponibili a tal fine.

Quanto all'acquisto da privato di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, comprensive delle prestazioni APA-PAC, il finanziamento per l'anno 2019 è stato incrementato fino ad euro 67.418.681,68, a fronte degli euro 60.918.681,68 del 2018, con un incremento quindi netto pari ad euro 6 milioni e mezzo, ovvero una percentuale di più del 10,7 per cento.

Alla luce di tali considerazioni, il commissario ad acta ribadisce che per l'anno 2019 non vi è stata alcuna compressione del budget e che il finanziamento assegnato alle aziende sanitarie provinciali per l'acquisto delle prestazioni sanitarie da privato risulta complessivamente in incremento ed è tale da garantire ai cittadini il diritto all'assistenza sanitaria, lasciando loro ampia facoltà di scelta tra gli erogatori pubblici e quelli privati, per questi ultimi nel limite massimo, ovviamente, di spesa, stabilito dalla normativa vigente.

Quanto riferito dal commissario ad acta trova riscontro nelle valutazioni dei tavoli di verifica del piano di rientro, i quali, nella più recente riunione tenutasi il 4 aprile 2019, hanno rilevato come il livello di spesa programmato, con riferimento ai budget per l'assistenza ospedaliera e ambulatoriale, risulti essere coerente con i vincoli dettati dalla normativa vigente. Tuttavia, si sono riservati di verificare che detti budget siano coerenti anche con i contenuti del redigendo programma operativo 2019-2021. In ogni caso non risulta, anche ai detti tavoli, una compressione del finanziamento.

Per quanto concerne, invece, la circostanza che, ad oggi, non sia stato emanato alcun atto regionale sulle liste di attesa e sulle priorità assistenziali, si assicura che gli stessi tavoli di verifica, nella riunione del 4 aprile, già citata, hanno sollecitato la struttura commissariale a recepire il nuovo Piano nazionale liste di attesa 2019-2021 e, conseguentemente, a ridefinire il Piano regionale. Aggiungo che le preoccupazioni espresse dall'onorevole interrogante sono anche quelle del sottoscritto.

PRESIDENTE. Il deputato, onorevole D'Ettore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, ringrazio il sottosegretario e mi dichiarerei parzialmente soddisfatto per la conclusione del sottosegretario, ma, in realtà, non tutti i dati riportati sono reali, perché ancora, poi, bisogna definire quelli per il 2019 e, quindi, bisogna capire cosa avviene, ma non solo; mi limito solo a ricordare che la sollecitazione per l'atto regionale sulle liste d'attesa e sulle priorità assistenziali è fondamentale, altrimenti tutto rimane lettera morta e non si riesce a capire quale sia il comportamento esatto da adottare da parte delle strutture private. Quindi, i limiti di budget rimangono, sono comunque insufficienti.

Prendo atto che il sottosegretario nella sua risposta finale, che è più politica e meno burocratica rispetto alla redazione della risposta ministeriale, tiene presente che esiste il problema e che bisogna farvi fronte in tempi rapidi. Anche da questo punto di vista, il gruppo di Forza Italia, come sempre, in particolare a nome dell'onorevole Cannizzaro, è più che disponibile a dare il proprio contributo per trovare le soluzioni migliori.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione dell'Ufficio di presidenza del gruppo parlamentare Misto

PRESIDENTE. Comunico che la componente politica Sogno Italia-10 Volte Meglio, costituita nell'ambito del gruppo Misto, in data 9 maggio 2019 ha nominato il deputato Catello Vitiello quale rappresentante della componente, in sostituzione del deputato Salvatore Caiata.

Comunico altresì che, con lettera pervenuta in pari data, il presidente del gruppo parlamentare Misto ha reso noto che il deputato Catello Vitiello è stato nominato vicepresidente del gruppo in rappresentanza della componente politica Sogno Italia-10 Volte Meglio.

Organizzazione dei tempi per l'esame di una mozione.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione concernente iniziative in materia di riforma del credito e del sistema di vigilanza bancaria a tutela dei risparmiatori e per la salvaguardia della sovranità economica nazionale nell'ambito dell'Unione europea (Vedi l'allegato A).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 13 maggio 2019 - Ore 11:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 1165 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, recante misure urgenti per assicurare sicurezza, stabilità finanziaria e integrità dei mercati, nonché tutela della salute e della libertà di soggiorno dei cittadini italiani e di quelli del Regno Unito, in caso di recesso di quest'ultimo dall'Unione europea (Approvato dal Senato). (C. 1789)

Relatore: GIULIODORI.

2. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

MORANI: Modifiche all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile. (C. 506-A)

Relatrice: MORANI.

3. Discussione sulle linee generali della mozione Meloni ed altri n. 1-00179 concernente iniziative in materia di riforma del credito e del sistema di vigilanza bancaria, a tutela dei risparmiatori e per la salvaguardia della sovranità economica nazionale nell'ambito dell'Unione europea .

(con votazioni a partire dalle ore 15)

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 881 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: PERILLI ed altri: Disposizioni per assicurare l'applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari (Approvata dal Senato). (C. 1616)

Relatori: D'AMBROSIO, per la maggioranza; UNGARO, di minoranza.

5. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 1165 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, recante misure urgenti per assicurare sicurezza, stabilità finanziaria e integrità dei mercati, nonché tutela della salute e della libertà di soggiorno dei cittadini italiani e di quelli del Regno Unito, in caso di recesso di quest'ultimo dall'Unione europea (Approvato dal Senato). (C. 1789)

Relatore: GIULIODORI.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

BALDELLI ed altri: Modifica all'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernente l'esercizio di funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte dei dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone. (C. 680)

Relatore: BALDELLI.

7. Seguito della discussione della proposta di legge:

RUOCCO ed altri: Disposizioni per la semplificazione fiscale, il sostegno delle attività economiche e delle famiglie e il contrasto dell'evasione fiscale.

(C. 1074-A)

Relatrice: RUOCCO.

8. Seguito della discussione della proposta di legge:

MORANI: Modifiche all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile. (C. 506-A)

Relatrice: MORANI.

9. Seguito della discussione della mozione Meloni ed altri n. 1-00179 concernente iniziative in materia di riforma del credito e del sistema di vigilanza bancaria, a tutela dei risparmiatori e per la salvaguardia della sovranità economica nazionale nell'ambito dell'Unione europea .

La seduta termina alle 11,35.