Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 128 di lunedì 18 febbraio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 15 febbraio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bianchi, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Del Mastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Formentini, Fraccaro, Frusone, Galli, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Martinciglio, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Orsini, Picchi, Rixi, Ruocco, Sarti, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della cessazione di una componente politica nell'ambito del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 14 febbraio 2019, il Presidente e il legale rappresentante del MAIE-Movimento associativo italiani all'estero, ha comunicato di voler revocare il consenso a essere rappresentato dalla componente politica del gruppo parlamentare Misto MAIE-Movimento associativo italiani all'estero-Sogno Italia.

La componente politica del gruppo parlamentare Misto MAIE-Movimento associativo italiani all'estero-Sogno Italia, già costituita ai sensi dell'articolo 14, comma 5, secondo periodo, del Regolamento, è quindi da ritenersi sciolta, essendo venuto meno il requisito della rappresentanza di un partito o un movimento politico, richiesto, ai sensi della medesima disposizione, per la formazione di componenti politiche in seno al gruppo Misto.

Discussione della proposta di legge: S. 5-199-234-253-392-412-563-652 - D'iniziativa popolare; d'iniziativa dei senatori: La Russa ed altri; Ginetti e Astorre; Caliendo ed altri; Mallegni ed altri; Ginetti ed altri; Gasparri ed altri; Romeo ed altri: Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 1309-A); e delle abbinate proposte di legge: Molteni ed altri; Gelmini ed altri; d'iniziativa del consiglio regionale del Veneto; Meloni ed altri (A.C. 274-580-607-1303) (ore 11,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, n. 1309-A: Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa; e delle abbinate proposte di legge nn. 274-580-607-1303.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1309-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la relatore per la maggioranza.

PIERANTONIO ZANETTIN, Relatore per la maggioranza. Presidente, come relatori ci siamo divisi i compiti, quindi la prima parte della relazione la svolgo io, che sono il relatore di Forza Italia, e poi segue l'altro relatore, onorevole Turri.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN, Relatore per la maggioranza. Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame della proposta di legge atto Camera n. 1309, che reca modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa, approvata in un testo unificato dal Senato il 24 ottobre 2018.

Il provvedimento, che origina da una proposta di iniziativa popolare, è volto a modificare la disciplina della legittima difesa, recata dall'articolo 52 del codice penale, con l'intento di rafforzare le tutele per colui che reagisce ad una violazione del domicilio, oltre ad intervenire su alcuni reati contro il patrimonio (furto in abitazione e con strappo, rapina) e sul delitto di violazione di domicilio.

A questo riguardo ricordo che la difesa della libertà e dell'incolumità personale si configura, oltre che come un diritto, anche come un dovere dello Stato nei confronti dei propri cittadini. In tale ambito, la modifica della disciplina in materia di legittima difesa risponde ad una fondamentale esigenza dei cittadini, che, spesso costretti a difendersi all'interno della propria abitazione da ingiuste aggressioni, sono poi sottoposti ad un infinito e straziante iter giudiziario. L'obiettivo del provvedimento in esame, anche in sintonia con un'esigenza sentitamente avvertita dall'opinione pubblica negli ultimi anni, è pertanto quello di assicurare una maggiore certezza interpretativa ed applicativa alle norme vigenti in materia, evitando che persone poi giudicate innocenti vengano coinvolte in processi che, come è noto, nel nostro Paese hanno iter assai lunghi. È noto infatti che negli ultimi decenni sono notevolmente aumentati nel nostro Paese i furti in abitazione, che troppo spesso si sono trasformati anche in rapine. Fino a pochi anni fa, infatti, il topo di appartamento, se si accertava della presenza del proprietario all'interno dell'abitazione, desisteva dall'atto criminoso. Oggi, invece, assistiamo sgomenti a rapine in casa caratterizzate da particolare violenza ed efferatezza, anche per pochi spiccioli o somme irrisorie. Tale tipologia di reato ha fatto registrare un sensibile aumento, molto più accentuato rispetto all'andamento del numero totale dei reati e dei furti nel complesso. In particolare, il Nord Est del Paese è stato teatro di diversi episodi di rapine in abitazione con violenza e minaccia ai proprietari. Nell'ambito dell'Unione europea, l'Italia, tra l'altro, è uno dei Paesi che si contendono il triste primato relativo a tali reati che destano un crescente allarme sociale.

Ciò premesso, nel dar conto brevemente dell'esame del provvedimento in sede referente, rammento che la Commissione giustizia della Camera dei deputati aveva già avviato nel luglio dello scorso anno, su richiesta in particolare del gruppo di Forza Italia, nella cosiddetta “quota opposizione”, l'esame delle abbinate proposte di legge A.C. 274, dell'onorevole Molteni, A.C. 308, dell'onorevole Meloni, A.C. 580, dell'onorevole Gelmini, recanti disposizioni in materia di legittima difesa. Diverse proposte di legge di contenuto analogo erano già all'esame dell'omologa Commissione del Senato. Pertanto, a seguito delle intese intercorse con il Senato, l'esame alla Camera è stato sospeso, in ossequio alla prassi consolidata che riserva la priorità di trattazione al ramo del Parlamento che per primo ha iniziato l'esame. La Commissione giustizia della Camera ha successivamente ripreso l'esame il 5 dicembre scorso, a seguito della trasmissione da parte del Senato della proposta di legge A.C. 1309, svolgendo un breve ciclo di audizioni ad integrazione della documentazione acquisita dal Senato durante la fase istruttoria. Al termine di tale fase istruttoria, la Commissione giustizia ha deliberato di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame il testo della proposta di legge approvata dal Senato, al quale, nel corso dell'esame in sede referente, è stata apportata un'unica modifica, al comma 2 dell'articolo 8, volta a recepire la condizione posta dalla Commissione bilancio per garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, e relativa alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni sul gratuito patrocinio.

Prima di passare all'illustrazione del provvedimento che curerà il collega onorevole Turri, ritengo opportuno soffermarmi sul quadro normativo di riferimento relativo all'istituto della legittima difesa come disciplinato dall'articolo 52 del codice penale. La legittima difesa si colloca tra le cause di giustificazione del reato e trova il suo fondamento nella necessità di autotutela della persona, che si manifesta nel momento in cui, in assenza dell'ordinaria tutela apprestata dall'ordinamento, viene riconosciuta, entro determinati limiti, una deroga al monopolio dello Stato dell'uso della forza. Come anticipato, la relativa disciplina è contenuta nell'articolo 52 del codice penale. I requisiti della legittima difesa, nell'attuale formulazione dell'articolo 52 in presenza dei quali è esclusa la punibilità, risultano: l'esistenza di un diritto da tutelare proprio o altrui, la necessità della difesa, l'attualità del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa, il rapporto di proporzione tra difesa e offesa.

Ricordo inoltre che il secondo e il terzo comma dell'articolo 52 sono stati introdotti dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59, che ha introdotto la cosiddetta legittima difesa domiciliare o legittima difesa allargata. Mediante riferimento all'articolo 614 del codice penale (violazione di domicilio) è stato stabilito il diritto all'autotutela in un domicilio privato (secondo comma), che la giurisprudenza ha riconosciuto anche negli spazi condominiali oltre che in un negozio o in un ufficio. In tali ipotesi, è autorizzato il ricorso ad un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo per la difesa legittima della propria o altrui incolumità o dei beni propri o altrui, in relazione alla difesa dei beni patrimoniali ai fini della sussistenza della scriminante. Il reo non deve aver desistito dall'azione illecita e deve sussistere il pericolo di aggressione: in presenza delle indicate condizioni, è stata quindi introdotta una sorta di presunzione legale del requisito di proporzionalità fra difesa e offesa.

In generale, in relazione al rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa ai fini della configurabilità della sussistenza della legittima difesa, dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto opportuno non limitarsi ad un confronto puramente statico tra i due beni contrapposti, bensì pervenire ad un giudizio più articolato, che tenga conto del fatto che il bene dell'aggressore possa essere tutelato in maniera minore rispetto a quello dell'aggredito, nonché di tutte le circostanze che concretamente possano influenzare il giudizio di proporzione tra la difesa e l'offesa: e quindi l'intensità del pericolo, caratteristiche fisiche dell'aggredito e dell'aggressore, tempo e luogo dell'azione e dei mezzi di difesa a disposizione della vittima, in particolare ove vi sia possibilità di scegliere tale mezzo. In questo quadro potrà essere ritenuta sussistente la scriminante anche quando si è sacrificato un bene di valore superiore rispetto a quello minacciato: ad esempio, il bene della vita dell'aggressore potrà soccombere in presenza di un tentativo di violenza sessuale.

Complementare a quello della legittima difesa appare il tema dell'abuso della scriminante, di cui all'articolo 52 del codice penale. Si parla infatti di eccesso colposo di legittima difesa, a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c'è volontà di commettere un reato, ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa, configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva. Segnalo a tale proposito che l'articolo 55 del codice penale prevede che quando nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54 si eccedano colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. È quindi interesse del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante. La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice, che darà conto di un complesso di circostanze oggettive. Anche in tal caso si tratta dell'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta, dei mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e del modo in cui ne ha fatto uso, nel bilanciamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce.

La scriminante della legittima difesa può essere invocata anche da chi commetta un reato per difendersi da un pericolo che ritiene erroneamente esistente (cosiddetta legittima difesa putativa). L'articolo 52 è in tali casi da leggersi in combinato sia con il citato articolo 55 sull'eccesso colposo di legittima difesa, sia con l'articolo 59, comma quarto, relativo alle circostanze non conosciute o erroneamente supposte: tale ultima disposizione in particolare prevede che quando l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a suo favore. In proposito ricordo che la giurisprudenza successiva alla riforma del 2006 ha dimostrato come la presunzione legale introdotta per la violazione di domicilio non sia stata in grado di superare i rigorosi limiti di liceità della legittima difesa previsti dall'articolo 52, primo comma, del codice penale. Tale presunzione, secondo giurisprudenza consolidata, incidendo solo sul requisito della proporzione, non fa venire meno la necessità da parte del giudice di accertare la sussistenza degli altri requisiti: il pericolo attuale, l'offesa ingiusta e la necessità/inevitabilità della reazione difensiva a mezzo delle armi; in tal senso, tra le altre, la sentenza di Cassazione n. 691 del 2014, la numero 23.221 del 2010 e la 25.653 del 2008.

Proprio la necessità di accertamento di tali presupposti, rimesso alla libera valutazione da parte del giudice, impone quindi oggi al legislatore di intervenire per meglio precisare la portata applicativa dell'istituto in questione, ed offrire una più incisiva tutela a chi sia vittima di ingiuste aggressioni.

Passo la parola quindi al collega Turri, per l'illustrazione nel dettaglio dei contenuti della proposta di legge in esame.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Roberto Turri.

ROBERTO TURRI, Relatore per la maggioranza. Presidente, onorevoli colleghi, prima di passare all'illustrazione dei contenuti della proposta di legge, come risultante dopo l'approvazione dell'unico emendamento approvato dalla Commissione di merito, vorrei iniziare ricordando una persona, Ermes Mattielli: il suo caso è emblematico nel dimostrare l'assoluta necessità di intervento su questa materia.

La sua è una storia non dissimile da quella di tanti altri, ma con un esito tragico che fa riflettere. Ermes Mattielli oggi non è più qui per raccontarci quanto gli è accaduto: la notte del 13 giugno 2006 due nomadi sono entrati nel suo deposito di rottamazione per rubare; lui li ha sorpresi in quella situazione e per difendersi ha sparato alcuni colpi di pistola, ferendo i malviventi. Da lì un calvario: il 14 settembre 2012 la condanna in primo grado ad 1 anno di reclusione per lesioni e la provvisionale per risarcimento dei danni ai due nomadi di 100.000 euro. Il 9 settembre 2015, dopo ben 9 anni dal fatto, la condanna in appello a 4 anni e 5 mesi di reclusione per duplice tentato omicidio e la provvisionale per risarcimento dei danni ai due nomadi di 185.000 euro. Il 5 novembre 2015, a meno di due mesi dalla condanna d'appello, Ermes Mattielli, a soli 62 anni, provato nel fisico e nella psiche, muore di infarto.

È l'ennesimo episodio in cui le parti si invertono: la vittima viene trasformata in carnefice, un uomo normale, che ha vissuto in perfetta legalità, per la necessità di difendersi diventa per lo Stato un delinquente. Per queste ragioni è nata l'esigenza da parte della Lega di presentare una proposta di legge sulla legittima difesa, che, a nostro giudizio, eviterà il ripetersi di storie simili a quella di Ermes Mattielli.

Come già esposto in precedenza, fatto salvo un unico emendamento approvato dalla Commissione giustizia, la proposta contiene quanto già approvato dal Senato il 24 ottobre scorso. Infatti il testo si compone di 9 articoli. L'articolo 1 modifica il secondo comma dell'articolo 52 del codice penale, concernente la legittima difesa domiciliare, in cui è autorizzato il ricorso ad un'arma legittimamente detenuta, o altro mezzo idoneo, per la difesa legittima della propria o altrui incolumità o dei beni propri o altrui. In relazione alla fattispecie della legittima difesa domiciliare, la modifica introdotta dall'articolo 1 della proposta di legge in esame consiste nella specificazione che si considera sempre sussistente il rapporto di proporzionalità tra la difesa e l'offesa. Viene poi aggiunto un ulteriore comma all'articolo 52 del codice penale, il quarto, per il quale si considera sempre in stato di legittima difesa chi, all'interno del domicilio e nei luoghi adesso equiparati, respinge l'intrusione da parte di una o più persone, posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica. Come anticipato, ai sensi del terzo comma dell'articolo 52 del codice penale, al domicilio è equiparato ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

L'articolo 2 del provvedimento interviene poi sull'articolo 55 del codice penale, aggiungendo un ulteriore comma, con il quale si esclude, nelle varie ipotesi di legittima difesa domiciliare, la punibilità di chi, trovandosi in condizione di minorata difesa o in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo, commette il fatto per la salvaguardia della propria o dell'altrui incolumità.

L'articolo 3 del provvedimento, modificando l'articolo 165 del codice penale, prevede che nei casi di condanna per furto in appartamento e furto con strappo la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.

Oltre alle modifiche alla disciplina della legittima difesa e dell'eccesso colposo, il provvedimento interviene su alcune fattispecie di reato. In particolare, l'articolo 4 interviene sul reato di violazione di domicilio, inasprendone il quadro sanzionatorio: è infatti elevata da 6 mesi ad 1 anno nel minimo, e da 3 a 4 anni nel massimo la pena detentiva per il reato di violazione di domicilio. Analogo inasprimento sanzionatorio è previsto con riguardo all'ipotesi aggravata che ricorre quando la violazione di domicilio è commessa con violenza sulle cose o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

Tale ipotesi è attualmente è punita con la pena della reclusione da uno a cinque anni. Il provvedimento interviene sia sul minimo che sul massimo edittale, punendo tali ipotesi con la reclusione da due a sei anni.

L'articolo 5 interviene sull'articolo 624-bis del codice penale, che punisce il reato di furto in abitazione e furto con strappo, inasprendone le pene. In particolare, il provvedimento approvato dal Senato eleva la pena detentiva nel minimo, di attuali tre anni a quattro anni, e nel massimo, dagli attuali sei anni a sette anni. Analogo inasprimento è previsto per le condotte aggravate per le quali è previsto un minimo edittale di cinque anni di reclusione, attualmente quattro, mentre il massimo resta quello attualmente previsto, pari a dieci anni, e la multa è rideterminata in un importo da un minimo di 1.000 euro, anziché 927, ad un massimo di 2.500, anziché 2.000 euro.

L'articolo 6 del provvedimento interviene sul reato di rapina, per inasprire le pene. La pena della reclusione è elevata da quattro a cinque anni nel minimo, mentre resta fermo il massimo, fissato a dieci anni, per le ipotesi gravate e pluriaggravate, di cui rispettivamente al terzo e al quarto comma dell'articolo 628 del codice penale, e il provvedimento prevede un analogo inasprimento sanzionatorio. In particolare, per la rapina aggravata, la pena della reclusione è elevata nel minimo da cinque a sei anni e il massimo rimane sempre a venti anni, e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.000 a 4.000 euro, anziché 1.290 e 3.098 euro come è oggi. Per le ipotesi pluriaggravate, la pena la reclusione è elevata nel minimo da sei a sette anni, il massimo rimane sempre a venti anni e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.500 a 4000 euro, anziché, come è oggi, 1.538 e 3.098 euro.

Rammento, inoltre, che l'articolo 7 della proposta di legge in esame interviene sulla disciplina civilistica della legittima difesa dell'eccesso colposo, introducendo due ulteriori commi all'articolo 2044 del codice civile, che attualmente si limita ad affermare che non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri. Con il nuovo secondo comma si specifica che, nei casi di legittima difesa domiciliare, è esclusa in ogni caso la responsabilità di chi ha compiuto il fatto. In tal modo la disposizione esclude espressamente l'ingiustizia che costituisce il presupposto di risarcimento del danno cagionato in presenza della causa di giustificazione, di cui all'articolo 52, secondo, terzo e quarto comma, del codice penale. In altri termini, l'intento della modifica è di fare in modo che l'autore del fatto, se assolto in sede penale, non debba essere in nessun caso obbligato a risarcire il danno derivante dal medesimo fatto. Il nuovo terzo comma dell'articolo 2044 del codice civile, invece, prevede che, nei casi di eccesso colposo, di cui all'articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato è riconosciuto il diritto ad una indennità. Tale indennità dovrà essere calcolata dal giudice con equo apprezzamento, tenendo conto della gravità delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato.

L'articolo 8 del provvedimento introduce, poi, il nuovo articolo 115-bis all'interno del Testo unico delle spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, per disporre l'applicazione delle norme sul patrocinio a spese dello Stato in favore di colui che sia stato assolto, prosciolto o il cui procedimento penale sia stato archiviato per fatti commessi in condizione di legittima difesa o di eccesso colposo di legittima difesa. Conseguentemente, l'onorario e le spese per il difensore, le spese per l'ausiliario del magistrato e per il consulente tecnico di parte dovranno essere liquidate dal magistrato in base alle disposizioni del predetto Testo unico. Con una deroga a tale disciplina, peraltro, la proposta di legge consente anche la liquidazione delle spese documentate e dell'indennità di trasferta spettante al difensore iscritto nell'albo di un altro distretto di Corte d'appello. È comunque fatto salvo il diritto dello Stato di ripetere le spese anticipate, qualora, a seguito di riapertura delle indagini o di revoca del procedimento, la persona sia, poi, condannata in via definitiva. Trattandosi di una disposizione onerosa, il comma 2 dell'articolo 8 provvede alla copertura finanziaria del nuovo articolo 115-bis del Testo unico delle spese di giustizia. A tale proposito rammento che, come rilevato dalla Commissione bilancio nel parere espresso in sede consultiva, si è reso necessario modificare la norma di copertura, facendo decorrere l'onere dall'anno 2019 e non dal 2018, come originariamente previsto, e adeguando di conseguenza la copertura finanziaria al corrente triennio 2019-2021.

Infine, sempre in tema di legittima difesa, segnalo che, attraverso una modifica all'articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, l'articolo 9 della proposta in esame prevede che, nella formazione dei ruoli di udienza, debba essere assicurata priorità anche ai processi relativi ai delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose, verificatesi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale.

Cari colleghi, noi siamo convinti che la maggior tutela dell'aggredito possa avere un effetto deterrente contro le intrusioni, possa aumentare la sensazione di sicurezza di quanti temono aggressioni, possa tutelare meglio le vittime di intrusioni violente. Nel contempo, la riforma inserisce nell'ordinamento e nella vita quotidiana elementi di difesa privata che ci consentiranno di avere una società più sicura e più giusta. Lo diciamo come cittadini, come avvocati e come membri del Parlamento, che sono stati vicino ad alcune persone che hanno avuto la sventura di doversi difendere, che non l'hanno cercata, che hanno subito nelle loro abitazioni l'affronto di una aggressione ingiusta e che, per difendere se stessi e la propria famiglia, hanno dovuto uccidere un uomo, facendo qualcosa che nella loro vita mai avrebbero pensato di essere costretti a fare. Abbiamo assistito per anni inermi alle tragedie di queste persone, che, già provate dalla prima aggressione ad opera dei criminali, si trovano a subire una seconda punizione ad opera dello Stato, che li ha processati, per poi magari, dopo tanti, troppi anni, assolverli.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Walter Verini.

WALTER VERINI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Il provvedimento che il Governo e la maggioranza hanno imposto all'attenzione del Parlamento, imposto di votare, e al Paese, secondo noi, di subire, rappresenta una vera e propria ferita costituzionale, giuridica e civile, e a nostro giudizio costituisce anche un rischio per la sicurezza dei cittadini, l'esatto contrario dei fini che vengono assicurati. Cercheremo di motivare questa affermazione.

Cominciamo con il ricordare, brevemente, intanto, alcuni giudizi che sono stati espressi su questo provvedimento, certamente più autorevoli del mio: “vi sono profili di illegittimità costituzionale, contiene gravi criticità, non può essere abbandonato il principio di proporzionalità, altrimenti non ci saranno più regole, si rischia di legittimare anche i reati più gravi, perfino l'omicidio, si rischiano distorsioni irrecuperabili e ci allarma un'eventuale liberalizzazione della vendita di armi, siamo contrari alla vendita delle armi nei supermercati”, queste sono parole di Francesco Minisci, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati.

E ancora: “State discutendo di un disegno di legge irrazionale nelle premesse, irrealizzabile nelle sue dichiarate finalità, ingannevole nei confronti delle aspettative di giustizia dell'opinione pubblica, alla quale intendete rivolgervi”, Gian Domenico Caiazza, Presidente dell'Unione camere penali.

E ancora: “Se viene meno la proporzione tra offesa e difesa, noi torniamo alla legge del taglione, ma questa non può essere una regola di civiltà, non siamo nel Far West, che devo portare il cadavere di qualcuno e ricevere la taglia”, Raffaele Cantone, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione.

Infine: “non è consentendo alle persone di armarsi e di sparare che si tutela la sicurezza dei cittadini, è solo un'illusione e una mancia politica per ottenere consenso”, Roberto Saviano.

Potremmo continuare, sono state tante le personalità, anche nelle nostre audizioni, personalità del mondo accademico, associazioni, che hanno stroncato sotto diversi profili questa proposta. Perché questa legge, in realtà, non risponde ad alcuna reale emergenza: si contano sulle dita di una mano, infatti, ogni anno, i casi che fanno sottoporre a indagine i cittadini che hanno reagito davanti a situazioni di minaccia, di rischio, reale o percepito. Negli ultimi anni, soltanto per uno o due di questi vi sono state condanne per eccesso colposo di legittima difesa, di questo stiamo parlando, di un problema che si vuole far passare come emergenza e che, invece, emergenza non è, se non nella percezione che si vuole indurre e che è stata indotta nel Paese, cavalcando paure, stimolandole con cinismo. Non si tratta di emergenza, perché le norme attualmente in vigore, come ci confermano i dati, già oggi garantiscono ampiamente quei cittadini che, davanti a un pericolo, a una minaccia, reagiscono per difendere se stessi e i propri familiari.

Il motivo della nostra contrarietà al testo si basa, infatti, anche su una considerazione preliminare, vale a dire che la modifica dell'attuale normativa in materia di legittima difesa si configura come un pericoloso inganno nei confronti dei cittadini, indotti a pensare che le norme attuali non funzionino. Non è così: la giurisprudenza - e citiamo come emblematica la sentenza recente della Cassazione sul caso Birolo, la sessione IV della Cassazione del 20 giugno 2018, n. 29515 - sta, infatti, già applicando in maniera autonoma i criteri valutativi dello stato di grave turbamento psichico nelle fattispecie di legittima difesa, determinando due conseguenze invocate dai sostenitori di questa nuova riforma che è al nostro esame: l'impunità dell'aggredito e insieme l'esonero da responsabilità civile.

Non perché il fatto sia stato considerato lecito, la legittima difesa infatti è stata ritenuta solo putativa, ma perché il fatto illecito non è stato considerato colpevole. Sulla base del diritto vigente dal 1930, la sentenza in esame ha dunque raggiunto proprio i risultati, impunità ed esonero da responsabilità civile, cui mira, dice di mirare, questa riforma, e lo ha fatto senza collidere, senza frizione con i principi costituzionali. Questo dimostra, dunque, che, se c'è un ladro o un aggressore ferito o ucciso in seguito a una reazione, spetta, comunque, sempre al magistrato stabilire se questa reazione è proporzionata al pericolo subito, se il pericolo era reale e attuale, tenendo sempre presente che il cittadino, sia di giorno che tanto più di notte, se si trova davanti a un aggressore che lo minaccia, se può, se non è impietrito dalla paura, cerca di difendersi, e le leggi sono dalla sua parte.

Certo, è vero, in questi pochissimi casi si deve affrontare un'indagine, e ci mancherebbe che non fosse un'inchiesta accurata ad accertare i fatti. Non siamo, nonostante questa maggioranza, in un Paese ancora di barbarie giuridica, siamo in uno Stato civile, ma quasi sempre questa indagine necessaria in certi casi si conclude con un'archiviazione senza un rinvio a giudizio, e, quando rinvio a giudizio c'è, come abbiamo visto, in pochissimi casi, in quei pochissimi casi, c'è quasi sempre l'assoluzione in uno dei gradi di giudizio. E questo avviene, come dicevo, anche in base a una legge che è quella che, innestandosi sulle norme del codice Rocco, venne modificata appena poco più di dieci anni fa da un Governo di centrodestra il cui Ministro della giustizia era un rappresentante del partito della Lega, mi pare fosse il Ministro Castelli.

Qui si nasconde un altro aspetto del grande inganno che viene proposto. Anche con le nuove norme, a dispetto di quell'enfatico e pericoloso “la difesa è sempre legittima”, si sarebbe, come si è visto, sottoposti a indagini e, forse, anche eventualmente rinviati a giudizio. Le norme dunque già ci sono e funzionano, e garantiscono i cittadini che si trovano costretti a difendersi dai pericoli o che pensano davvero di difendersi dai pericoli. La maggioranza sa bene tutto questo, ma i 5 Stelle e il Ministro della giustizia si piegano a un diktat cinico del Ministro Salvini e della Lega, ingoiano questo sfregio alla Costituzione, questo incentivo alla diffusione delle armi. Questa difesa fai da te in cambio del fatto, magari, che l'altro partner di maggioranza ha ingoiato altre cose, come, per esempio, quelle norme pericolose imposte sulla prescrizione, che, oltre ad essere di assai dubbia civiltà giuridica, avranno l'effetto di rallentare i processi e di combattere con minore efficacia la piaga della corruzione.

Ma in nome di quello che viene chiamato “contratto” non si pensa all'interesse del Paese, ma ai target elettorali, per la verità in calo, specialmente per i 5 Stelle, come abbiamo visto recentemente anche in Abruzzo. Ognuno pensa alle proprie proposte identitarie, ai propri totem, che in questo caso parlano alle paure e alle insicurezze, che noi vogliamo, paure e insicurezze, davvero capire e affrontare, ma senza dare risposte pericolose, che rischiano, tra l'altro, di rendere il Paese meno sicuro. Cito un fatto di cronaca avvenuto proprio una decina di giorni fa nella mia regione, in una frazione nei pressi di una città che si chiama Todi: due tecnici Enel con un pulmino stanno girando per una frazione di quel paese per dei sopralluoghi. Il pulmino si ferma in un punto, i due tecnici scendono, da una casa si affaccia un signore, un quarantenne, e, pensando che quelli fossero dei malintenzionati, imbraccia un fucile da caccia e spara contro i ladri immaginari.

I colpi, per fortuna, sono andati a finire sul pulmino, ma avrebbero potuto colpire quei tecnici. La legge non è ancora in vigore, ma non è azzardato pensare che anche episodi come questi potrebbero moltiplicarsi, che cittadini inermi, che in vita loro hanno visto le armi soltanto al cinema, potrebbe essere influenzati dalle psicosi salviniane e decidere di armarsi, e, magari, trovarsi davanti, Dio non voglia, a rapinatori professionisti, aggravando i loro rischi e pericoli. E pensiamo, avviandomi a concludere, a quali gravissime conseguenze in caso di prevedibile, certa diffusione delle armi nel Paese potrebbero esserci in certi contrasti, banali liti familiari o condominiali.

Nei Paesi nei quali la diffusione delle armi rappresenta, oltre che un business, anche un intreccio affaristico con la politica, come negli Stati Uniti, gli omicidi, le stragi nelle scuole, i fatti di sangue sono cresciuti in maniera esponenziale, e sta crescendo nell'opinione pubblica l'impegno per limitare la diffusione delle armi da fuoco. Qui si fa il contrario: nonostante si voglia sostenere che non ci sia automatismo tra queste norme e la diffusione delle armi, questo automatismo c'è, ho citato prima dei pareri autorevoli. È implicito, è implicito, non si può negare il messaggio di difesa fai da te, quando si inserisce quel “sempre” nell'articolo 52, quando si dice che la difesa è sempre legittima; e fa effetto rileggere su queste cose alcune dichiarazioni di non molto tempo fa di qualche esponente di primo piano dei 5 Stelle. Ricordiamo cosa dicevano Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista appena tre anni e mezzo fa. Diceva Di Maio: la nostra società è sempre più inquieta, nelle case degli italiani alberga sempre più la paura, ma una cosa possiamo dircela. Uno Stato serio, consapevole delle sofferenze della sua comunità, non dovrebbe consentire a un singolo individuo di detenere le armi in casa. La detenzione di armi va ridotta drasticamente. Non siamo una società abbastanza serena per prenderci questi rischi. Togliamo le armi dalle case degli italiani.

E il secondo, Di Battista, rispondeva: bravissimo, Luigi, il dramma è sempre lo stesso, lo strapotere delle lobby delle armi, anche di quelle da fuoco. In USA si comprano nei supermercati, stiamo andando verso quel tipo di società, tutto va verso quella direzione. Il mercato che detta legge sugli uomini, il consumo sull'umanità. Ce la metteremo tutta per non permetterlo nel nostro Paese.

Insomma, ne è passata di acqua sotto i ponti, perché le posizioni sono, anche su questo punto, gravemente cambiate. E questa è una legge per noi sbagliata e pericolosa, che respingiamo in toto con grande convinzione, è uno spot elettorale. La sicurezza è una cosa seria: si difende, certo, con più uomini e più mezzi nelle strade, con più sorveglianza, videosorveglianza; si difende combattendo il degrado, specialmente nelle periferie sociali e urbane; si difende portando luce nei quartieri, luce fisica nel senso di illuminazione, ma anche e soprattutto luce sociale, luce culturale.

Dove c'è vita sociale, coesione, diffusione di strutture sociali e culturali, luoghi di incontro, strutture sportive, c'è più prevenzione, più deterrenza nei confronti della microcriminalità e della criminalità. Così uno Stato difende davvero i cittadini, non manda loro messaggi di paura e di fatto, checché venga detto, di implicito “alle armi, alle armi”. C'è un solo punto, infine, condivisibile in questa legge, ed è il punto che riguarda il risarcimento dei cittadini che si trovano ad affrontare spese legali nel caso di indagine o giudizio a loro carico.

Ebbene, questo punto nasce da un'idea del PD e da un nostro emendamento nel provvedimento che discutemmo e approvammo proprio qui, alla Camera, nella scorsa legislatura. Si definiva un principio in caso di archiviazione o assoluzione; nel caso, insomma, in cui venga riconosciuta la legittimità della difesa, cosa che avviene - ripetiamo - per il 99 per cento delle volte. Allora, può essere giusto che lo Stato venga incontro con il pagamento delle spese al cittadino che si è dovuto difendere. Ma questo è l'unico punto che contiene una certa serietà in un provvedimento pericoloso.

Inoltre, anche la questione del “grave turbamento”, che voi inserite nell'articolo 55 con un secondo comma aggiuntivo, contestualmente a quel “sempre”, che invece inserite nell'articolo 52, secondo comma, in questo contesto appare rischiosa e da respingere con decisione. Nella formulazione che noi proponemmo e votammo più di un anno fa c'era questo riferimento come segnale ulteriore di comprensione verso il cittadino aggredito - anche se avrebbe dovuto essere e dovrebbe essere una perizia a valutare la gravità del turbamento - ed era una sorta di indirizzo interpretativo del magistrato. Ma in questo vostro contesto, nel quale la difesa è sempre legittima, anche quando un ladro scappa e magari qualcuno gli spara alle spalle, aggiungere anche questo elemento significa veramente dare un segnale che appesantisce ulteriormente la gravità della vostra scelta.

È per questi motivi, Presidente, che con questa relazione di minoranza esprimiamo il nostro dissenso radicale sui contenuti di questa proposta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Federico Conte.

FEDERICO CONTE, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. La proposta di legge che ci avviamo a discutere è una proposta bandiera della Lega; esprime sicuramente la cifra più demagogica della sua politica securitaria, che fonda sulla paura spesso più percepita che reale: se badiamo alle statistiche sugli omicidi, ad esempio, l'Italia è all'ultimo posto in Europa per la ricorrenza del delitto più efferato. Su questa paura, dicevo, si costruiscono proposte rassicuranti di pacificazione, tipiche della più tradizionale cultura populista di destra. Convergono su questa proposta di legge gli interessi, le attenzioni e la spinta politica degli altri soggetti del centrodestra. Infatti, questa proposta di legge ha una funzione: dà un'occasione di rassemblement del centrodestra in Italia. Sono in corso, del resto, elezioni regionali in cui la Lega è alleata con i partiti del centrodestra, siamo alla vigilia delle elezioni europee e questo sarà argomento di grande discussione.

Si tratta, Presidente, di una riforma a costo zero, di quelle che si fanno senza dover mettere mano al portafoglio e che, però, hanno un impatto mediatico importante e che, se ben gestite, possono realizzare risultati in termini di consenso ben maggiori di qualsiasi azione legislativa o azione di governo che mette in campo, ad esempio, il MoVimento 5 Stelle. È un po' come il “decreto sicurezza” per le politiche migratorie: interviene senza dover smuovere l'assetto socio-economico del Paese e realizza un grande risultato mediatico e un grande risultato elettorale. Affermerà, anche in questo caso, la leadership di Matteo Salvini.

È una riforma che non interviene su un'esigenza sociale reale perché la statistica che riguarda la legittima difesa è una statistica rassicurante in termini quantitativi, addirittura irrilevante, ma lo è anche rispetto agli esiti perché è rarissimo il caso in cui chi ha agito effettivamente in una condizione che giustifica la sua azione non venga poi assolto per aver agito in stato di legittima difesa.

Non è soltanto, però, una riforma inutile: è una riforma pericolosa, perché introduce e slatentizza nella nostra società un concetto molto preoccupante, cioè che la difesa non sia prerogativa dello Stato, che la garanzia della sicurezza non sia una funzione pubblica, ma possa essere gestita in maniera privatistica. La giustizia fai da te è l'anticamera di un fenomeno molto più ampio che riguarda le politiche sociali nel nostro Paese e che riguarda la gestione, da parte dello Stato, delle regole della convivenza civile. Evoca l'uso delle armi, che adesso verranno autorizzate in casa e il cui uso verrà legittimato in una casistica molto ampia e in poco tempo - passerà non molto - potranno essere utilizzate anche per strada.

Come sempre avviene, obiettivi di politica giudiziaria non opportuni si realizzano attraverso forme legislative inadeguate e l'intervento legislativo che stiamo discutendo ne dà la prova chiara. Infatti, si caratterizza in due forzature normative e giuridiche: si introduce, al secondo comma dell'articolo 52, un avverbio, “sempre”, che ha la funzione di stabilire o ha l'aspirazione, che io spero e credo verrà presto resa vana dall'intervento del giudice delle leggi, di stabilire una presunzione assoluta, iuris et de iure come viene definita, addirittura rendendo più rigida quella già introdotta dal legislatore del 2006 che, appunto, è una presunzione relativa e che può essere smentita, cioè una presunzione iuris tantum, così la definiscono i giuristi.

Qual è questa presunzione? Che è sempre proporzionata la difesa svolta nel proprio domicilio e non può essere, cioè, sindacata e messa in discussione dal giudice l'idea che ci sia un'adeguata relazione tra l'aggressione e la difesa. Si tratta, evidentemente, di una presunzione assoluta illegittima, perché tali sono considerate dalla giurisprudenza costituzionale quelle che trovano smentita nella realtà, quelle che non corrispondono all'id quod plerumque accidit e questo per una ragione semplice, Presidente: una presunzione legale che viola il principio di uguaglianza, che è un principio costituzionale che ci impone di normare in maniera uguale situazioni analoghe, può essere derogata soltanto se è ragionevole che ciò avvenga, ma non è ragionevole farlo quando si tratta di una presunzione irragionevole. Sembra un gioco di parole, ma evidentemente fonda una novella normativa che non trova giustificazione e che viola per questo il parametro di legalità costituzionale individuato all'articolo 3 della nostra Costituzione.

La presunzione che si introduce al quarto comma ne è poi il pendant dal punto di vista del secondo tradizionale requisito della legittima difesa, quello della necessità: una difesa è legittima se è necessaria. E anche qui abbiamo una fonte normativa di livello superiore, l'articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che noi sappiamo essere per le nostre leggi parametro di verifica della costituzionalità per il filtro introdotto con l'articolo 117 della Costituzione. Cosa dice questo articolo? Dice che la forza letale, il ricorso alla forza letale è giustificato solo quando è assolutamente necessario, solo quando è assolutamente necessario. La seconda presunzione assoluta che si vuole introdurre con il quarto comma, quella che più che presumere elimina il requisito della necessità di difendersi, non ci dice questo perché riferisce la reazione, la giustificazione della reazione, non più all'aggressione del bene dell'incolumità propria o altrui, pure messi in discussione nel mentre si attentano i beni privati del soggetto che subisce il furto in casa o l'intrusione in casa, ma si riferisce esclusivamente e anticipatamente all'intrusione, sostanzialmente alla violazione di domicilio e, quindi, a un attentato che riguarda solo e soltanto i beni, anticipando la soglia di reazione e anticipando la difesa in maniera tale che essa più che una reazione diventa un'aggressione, tanto che molti giuristi hanno parlato di legittima offesa più che di legittima difesa. Ritorna qui una certa impostazione politica tipica della destra sovranista, potremmo dire, che fonda dal teorema e dal postulato della inviolabilità del domicilio la sua ragion d'essere.

Non mancano contraddizioni in questa proposta normativa e del resto come spiegarci altrimenti, se non in termini antinomici sul piano logico, prima ancora che sul piano giuridico, l'idea di garantire l'impunità di chi agisce al di fuori dei parametri di proporzionalità, necessità e di attualità del pericolo con una diversa e nuova formulazione dell'eccesso colposo? L'eccesso colposo riguarda i casi in cui si è derogato ai parametri di azione. Ma se questi parametri sono stati eliminati con due presunzioni legali, che ragione ha il legislatore di preoccuparsi nuovamente dell'eccesso colposo?

È evidentemente una contraddizione in termini, salvo il caso che la preoccupazione ipocrita del legislatore non sia di mettere un altro paletto difensivo sotto altro aspetto dell'ordinamento giuridico per la preoccupazione che la forzatura normativa, posta in essere con l'articolo 52, venga presto debellata dall'intervento del giudice delle leggi e nel fare questo compie un'azione addirittura peggiore di quella iniziale perché prova a coprire l'azione di chi ha agito fuori dalle ragioni giustificative che tutti gli ordinamenti nazionali pongono a base del ricorso alla forza letale con riferimento a due situazioni tra di loro eterogenee. Una è oggettiva, la minorata difesa, tra l'altro invocando un'aggravante laddove evidentemente sarebbe più corretto vedere il ragionamento dal punto di vista delle attenuanti, minorata difesa che si attaglia a casi e a modalità dell'azione che fanno pensare poi a un giudizio di proporzionalità che rientra per la finestra. E l'altra situazione è soggettiva: il “grave turbamento”, un generico grave turbamento. Che cosa sia poi il grave turbamento è difficile dirlo, perché possiamo andare dalla paura all'esasperazione, dall'ansia alla disperazione: sono graduazioni della percezione soggettiva dell'azione che evidentemente devono essere tenute in considerazione ma sono di difficile apprezzamento. La situazione soggettiva evoca però la scriminante putativa che pure nel nostro ordinamento è già presente. Mi pare questa veramente una spia della cattiva coscienza del legislatore come del resto la norma civilistica che vuole privare chi ha perso la vita dei suoi cari, dei suoi aventi causa di qualsiasi forma di tutela della vita stessa: infatti immaginare di eliminare anche il diritto al risarcimento per chi è stato ucciso da chi ha agito comunque in una condizione di eccesso colposo, seppure scriminato, peraltro senza distinguere tra chi ha effettivamente agito in stato di legittima difesa e chi, invece, si è semplicemente agevolato di una presunzione legale, quindi forzata in termini assoluti, mi pare assolutamente al di fuori dei parametri dell'articolo 3 della Carta costituzionale.

Fa sorridere addirittura l'idea di poter compensare l'invocazione che evidentemente si sospetta - mi pare questo un lavacro di coscienza per il legislatore - compensare chi è stato ucciso da chi ha invocato, probabilmente non veritieramente, una condizione di suggestione dovuta allo stato di pericolo e al grave turbamento da esso determinato, con un indennizzo, con la finale e definitiva sperequazione di situazioni tra di loro assolutamente omogenee.

Vi è poi il solito consueto, dannatamente inutile, rincaro delle pene che ormai, ad ogni provvedimento che entra in quest'aula, viene utilizzato per mera comunicazione politica e che di certo non rende il provvedimento migliore di quello che si è sin qui detto e, da questo punto di vista, esprimo in questo passaggio il mio dissenso rispetto al relatore di minoranza del Partito Democratico. Né il provvedimento migliora per il fatto che si preveda, per coloro che vengono indagati per reati poi scriminati dalla legittima difesa, la rifusione delle spese di giustizia. Mi viene da chiedere perché mai loro sì e un altro cittadino accusato ingiustamente di un qualsiasi altro crimine no.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Morrone.

JACOPO MORRONE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Non intervengo adesso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato il deputato Enrico Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA (FI). Grazie, Presidente. Devo dire che non è la prima volta che la Camera è chiamata a discutere e affrontare il tema della legittima difesa. Non è la prima volta nella legislatura in corso perché, soprattutto in Commissione, avevamo iniziato ad affrontare il tema, né è la prima volta se consideriamo anche la legislatura passata. Ma innanzitutto chiediamoci perché è necessaria una legge sulla legittima difesa, perché mi sembra, ascoltando le relazioni di minoranza, che sia emerso il dubbio sull'esigenza che la normativa attuale, la normativa esistente, debba essere modulata o meglio affrontata. Innanzitutto mi richiamo alla discussione della scorsa legislatura quando anche i rappresentanti del Partito Democratico avevano votato convintamente un testo di legge diverso rispetto all'attuale, con ciò riconoscendo evidentemente l'esigenza di mettere mano alla normativa.

Mettere mano a questa normativa non è semplice e ricordiamo che, nel 2006, già il Parlamento si interrogò sull'esigenza di meglio modulare la norma sulla legittima difesa e ricordo anche che, dopo l'intervento legislativo, ci furono titoli di giornali altalenanti. Da una parte, soprattutto la Lega Nord che riteneva che con questo intervento non ci sarebbero più stati dubbi normativi e interpretativi, dall'altra alcune forze, soprattutto di sinistra, che invocavano il Far West. Ebbene, nessuna delle due cose: da una parte non si è risolto quello che si pensava che dovesse essere risolto, dall'altra non c'è stato il Far West.

Oggi mi sembra di rivedere un po' lo stesso scenario: da una parte una relazione molto netta nell'evidenziare come, con la proposta di legge, non ci saranno più dubbi; dall'altra una posizione diametralmente opposta. Allora, chiediamoci perché è necessaria una legge innanzitutto. Penso che sia necessaria una legge perché sono cambiate tante cose, soprattutto nella pelle di una criminalità che, venti-trenta anni fa era molto diversa ed era rappresentata, soprattutto nel furto in abitazione, dal cosiddetto “topo d'appartamento”: quasi sempre chi entra in casa sapendo che non ci sono i proprietari; chi entra in casa e, se sente un rumore, scappa; chi entra in casa e, se si accende una luce, scappa.

Oggi la criminalità è completamente diversa: ci sono bande criminali organizzate che entrano di notte sapendo che in casa ci sono i proprietari e sono pronti a neutralizzati. Non scappano. Cambia completamente l'approccio. Se andiamo a vedere quanti furti in abitazione evolvono in rapine, il rapporto tra furto in abitazione e rapine evidenzia numeri che sono preoccupanti ma soprattutto, di fronte a questi casi di cronaca che non sono solo casi di cronaca, devo dire, ma è un filo conduttore di un certo tipo di criminalità, di fronte a situazioni di tal genere ovviamente la percezione, lo stato d'ansia, il timore di chi si trova in casa è un timore completamente diverso; è uno stato d'animo completamente diverso. Quindi dobbiamo tenere conto di questo: il legislatore deve porsi la domanda e fare una riflessione su questo diverso stato d'animo. In sostanza chi sente i ladri in casa percepisce il rischio forte di un pericolo per la sua incolumità, per il rischio di un pericolo per la sua persona. Un tempo forse era meno così, perché il ladro nel novantanove per cento dei casi scappava.

Quindi, oggi ritengo che l'intervento normativo parta da una considerazione: ogni furto in abitazione è una potenziale rapina in abitazione. Nel momento in cui c'è una minima reazione, c'è una minima attenzione da parte dei proprietari, c'è l'evoluzione in rapina.

Sui furti in abitazione faccio un'altra considerazione: tanti dicono che i furti in abitazione diminuiscono e voi fate una legge per la legittima difesa. Ecco, io devo dire che la potenzialità criminale e di escalation verso la rapina dei furti in abitazione, anche se sono di meno - ma, attenzione, sono di meno quelli denunciati - ha una portata di rischio molto maggiore e tale portata di rischio ovviamente si trasferisce sullo stato d'animo, sulla sensibilità e sul timore delle persone che si trovano in casa. Queste sono le ragioni che portano all'esigenza di legiferare.

Penso che il legislatore debba porsi questa esigenza, altro è poi vedere come si legifera. Quindi, l'esigenza noi la condividiamo, la condividevamo nella scorsa legislatura. Anzi, devo dire abbiamo sollecitato e stimolato molto il Parlamento ad intervenire, e l'abbiamo fatto anche in questa legislatura. La prima proposta di legge non so se sia stata quella della Gelmini o quella di Molteni, comunque sono arrivate insieme, e il gruppo di Forza Italia è stato il primo a chiedere la calendarizzazione, in quota di opposizione, di questa proposta legge.

Ovviamente si scatena una contraddizione tra la portata criminale di coloro che entrano e violano un domicilio con ovviamente intenti predatori e il percorso, l'iter, il procedimento a cui è sottoposto, cui sarebbe sottoposto colui che si difende, con degli effetti paradossali, perché questa norma, che doveva risolvere tutto nel 2006, viene applicata in un certo modo in determinati circondari e in modo completamente diverso in altre situazioni, quindi abbiamo una giustizia amministrata a macchia di leopardo. Lo stesso comportamento di colui che si difende in casa propria, in determinati tribunali non prevede quasi neanche l'iscrizione nel registro degli indagati, in altri tribunali c'è l'iscrizione ma l'immediata archiviazione, in altri tribunali c'è l'iscrizione, non c'è l'archiviazione, ma c'è magari la conclusione indagini e si esce dopo la conclusione indagini; in alcuni casi c'è l'udienza preliminare e viene prosciolto in udienza preliminare, in altri casi deve finire in Cassazione. Devo dire che l'evoluzione, l'esito, è sempre lo stesso: il proscioglimento, quasi sempre c'è il proscioglimento.

Allora, mi chiedo: non è possibile stabilire da parte del legislatore una norma che dia delle linee, dei criteri di valutazione puntuali e precisi per cui questo iter, questa progressione che deve subire colui che si è difeso in casa propria possa essere anticipata, che la verifica possa essere anticipata? Noi abbiamo pensato che questo si potesse concretizzare cambiando anche la pelle alla legittima difesa, attraverso il cosiddetto diritto di difesa; il diritto di difesa alla fine non è altro che una puntuale e precisa inversione dell'onere della prova. Oggi quello che viene commesso da parte di chi si difende in casa propria è un fatto considerato dall'ordinamento illecito ma perdonato, ma perdonato tra virgolette, perché si ritiene che lo Stato avrebbe dovuto proteggere quella persona, non lo ha fatto, quindi questa persona si è difesa e lo Stato la perdona. Per noi il processo è diverso: c'è un diritto naturale a tutelare la propria incolumità, a tutelare la propria abitazione, quindi è l'accusa che deve dimostrare che manca la causa di giustificazione, non è la persona che si difende in casa propria a dovere fare esattamente l'opposto, a subire un processo e a dimostrare che sussiste la causa di giustificazione. È un ribaltamento, e devo dire che il provvedimento all'esame oggi del Parlamento fa un primo passo verso questo, ma non lo scrive, lo lascia aleggiare e lo lascia ovviamente all'interprete. Noi questo tema dell'inversione dell'onere della prova avremmo voluto che fosse scritto nero su bianco, abbiamo presentato degli emendamenti, perché quel vorrei scrivere ma non posso, perché il contratto di governo non mi consente di scriverlo, però è chiaro, c'è un indirizzo, si capisce tra le righe, non è sufficiente. Anche nel 2006 c'erano alcune cose che si sarebbero dovute comprendere tra le righe, ma tra le righe non si comprendono. Vi faccio un esempio, che non tocca il tema della legittima difesa ma il tema delle denunce: diciamo che ci sono 200 mila furti in abitazione, però diciamo sempre che sono solo quelli denunciati, che ce ne sono molti di più, e perché non si denuncia? Non si denuncia perché, se chiediamo a quelli che hanno subìto dei furti in abitazione, dicono: tanto cosa vuoi che facciano? È solo una burocrazia, perdere del tempo. È chiaro che, se mi hanno rubato i documenti, devo fare la denuncia, perché così posso avere il duplicato, ma se non mi hanno rubato i documenti lascio stare.

Allora, è stata introdotta, nel provvedimento di riforma del processo penale della scorsa legislatura, una norma che io ritengo molto significativa, cioè che laddove c'è una denuncia, anche contro ignoti - prevista anche per il furto in abitazione e per altri reati - e quando questa denuncia viene archiviata, si debba mandare un avviso alla persona che ha fatto la denuncia dicendo: ti comunico che intendo archiviare. Ciò indipendentemente dal fatto che questa persona abbia chiesto di essere informata in caso di archiviazione, automaticamente. Questo è un elemento significativo, perché consente alla persona di avere l'accesso al fascicolo, di sapere che si vuole chiudere quell'inchiesta e di andare a vedere cosa si è fatto come indagini, quali indagini ha svolto la polizia giudiziaria, se ha fatto delle verifiche, ha fatto delle intercettazioni, ha fatto degli incroci, ha verificato se tanti casi corrispondessero allo stesso schema. Comunque, c'è un rapporto con il cittadino, e soprattutto c'è anche uno stimolo nei confronti degli inquirenti ad agire, perché ci sarà qualcuno che vaglierà, e non saranno delle archiviazioni con il ciclostile contro ignoti dicendo che non si è potuto fare nulla. Ebbene, sapete come stanno interpretando alcune procure questo avviso? Come un onere burocratico. Si dice: come, noi archivieremmo velocemente, invece dobbiamo fare tutte le notifiche alle persone che hanno subìto il furto, perdiamo un sacco di tempo; è molto più semplice indirizzare la polizia giudiziaria e fare, attraverso qualche procura generale, indirizzi alla polizia giudiziaria dicendo: quando raccogli la denuncia scrivi anche che si rinuncia alla comunicazione. Sta accadendo questo. Quindi, ciò semplicemente per dire: attenzione, nel momento in cui si fa una norma, se non la si scrive in modo chiaro, c'è il rischio che venga interpretata e che questa norma venga depotenziata. Io presenterò un ordine del giorno sul tema delle denunce e sul tema delle note di indirizzo alla polizia giudiziaria su questo tema - invito anche il Governo a prenderne nota - perché ritengo inaccettabile che si usino questi escamotage per disinnescare la portata normativa, gli stessi escamotage che sono stati utilizzati per disinnescare la portata normativa della legge del 2006. Quindi, invito ovviamente i relatori e il Governo a prendere in considerazione un emendamento, puntuale, preciso, che in questa legge sulla legittima difesa prevede l'inversione dell'onere della prova, scriviamolo nero su bianco. Mi rendo conto che c'è un “vorrei ma non posso” nell'ambito della maggioranza, però non stupiamoci, poi, che, se non scriviamo questa frase in modo puntuale, troveremo poi delle persone che si sono difese in casa propria chiamate ad affrontare tutto l'iter processuale e a dover dimostrare la presenza della causa di giustificazione. Con l'inversione, questo non si realizzerebbe.

In ogni caso, il gruppo di Forza Italia voterà a favore di questo provvedimento, ma voterebbe a favore con ancora più convinzione se fosse approvato almeno questo emendamento. Altri emendamenti devo dire ci sono e sono migliorativi del testo, quelli sul tema dell'indennizzo e altri ancora; però, io penso che questo sia un elemento per trasferire nero su bianco quella che mi pare sia la volontà prevalente del legislatore in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ingrid Bisa. Ne ha facoltà.

INGRID BISA (LEGA). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, membri del Governo, prima di entrare nel merito del mio intervento vorrei rispondere al collega Verini, che parla di psicosi salviniane, di affari con il mercato delle armi: io sinceramente rimango sbigottita di queste parole, e vorrei ricordare al collega che siamo nella XVIII legislatura e questa norma è volta unicamente a tutelare i cittadini che, da vittime, si vedono condannare dalla magistratura e passano per carnefici.

I giorni scorsi ho incontrato una persona che mi ha detto: se quel giorno avessi potuto, avrei reagito e mi sarei difeso. Subito non capivo a cosa si riferisse; poi, parlando, ho compreso che aveva subito l'intrusione in casa di persone, per così dire, poco raccomandabili. L'avevano imbavagliato, minacciato di portarlo in altro luogo per sequestrarlo, e ad ogni frase che concludeva mi diceva come un mantra: se quel giorno avessi potuto mi sarei difeso. Mi ha spiegato quel blocco nella sua non reazione: la consapevolezza che una reazione l'avrebbe portato dalla parte del torto l'ha bloccato; da vittima sarebbe passato a carnefice, e lui non voleva questo; e, allora, quel blocco l'ha portato a subire i colpi, i calci dei malviventi.

Mentre mi raccontava la sua esperienza sentivo, ancora a distanza di anni, la presenza dell'angoscia, mista a rabbia, di una persona che chiede aiuto con tutto il profondo della propria anima; aiuto che fino ad ora gli è stato negato, perché quei Governi che, fino a poco tempo fa, hanno guidato questo Paese e che hanno profuso parole di solidarietà l'hanno lasciato solo nella paura, lui come tanti altri che talvolta si sono trovati nella condizione di doversi difendere dalla vile aggressione e da uno Stato miope.

Ma la frase che mi ha strappato un sorriso è stata: non mollate, tenete duro. Queste parole mi hanno confermato, per l'ennesima volta, che stiamo andando nella direzione giusta, perché la Lega è tra la gente e con la gente.

Gli ho spiegato che nelle modifiche effettuate all'articolo 52 del codice penale non sarà più punito chi ha commesso il fatto per difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta; nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste quindi sempre il rapporto di proporzione, se taluno usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo per difendere la propria incolumità, l'altrui incolumità, i beni propri o quelli altrui, quando vi è pericolo d'aggressione.

L'ulteriore novità che ho spiegato è che la difesa è sempre legittima, anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Poi mi fermava, e mi diceva: non mollate. Quindi, riprendevo, spiegando che agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica da parte di una o più persone. Obiettivo duplice della norma è, quindi, la piena libertà di autotutela in ambito domiciliare, da un lato, la piena garanzia di non essere sottoposto a processo, dall'altro.

L'ostacolo da abbattere per raggiungere l'obiettivo è stato - siamo sinceri - la discrezionalità residuata lasciata ai giudici. Con la norma sono stati ben chiariti i confini entro i quali i magistrati dovranno svolgere l'attività e l'oggetto oltre il quale non potranno spingersi, la fase delle indagini preliminari in cui viene verificata l'intrusione nel domicilio abitativo o professionale: lì il giudice si dovrà fermare. Non potrà valutare alcunché delle circostanze, delle modalità, delle condotte di chi si è introdotto e di chi ha agito per respingere l'intrusione e, di conseguenza, non potrà che disporre l'archiviazione del procedimento. La legittima difesa infatti, come chiaramente si legge dalla formulazione del primo comma dell'articolo 52 del codice penale, racchiude la regola generale, ossia la necessità di porre in essere la reazione difensiva rispetto ad una condotta aggressiva, l'esistenza di un pericolo attuale.

Quindi, a conclusione della chiacchierata, a questa persona ho detto: con questa norma che stiamo esaminando in Aula più nessuno dovrà aver paura di difendersi in casa propria. Noi non molliamo, la Lega non molla (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucia Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (PD). Presidente, colleghi, Governo, oggi l'Aula discute la riforma della legittima difesa, l'ultimo dei provvedimenti manifesto in ordine di tempo di questo Governo e di questa maggioranza.

Ancora una volta, nonostante le numerose audizioni in Commissione, in particolare al Senato, sono state disattese le indicazioni pervenute da tutti i soggetti ascoltati: magistrati, avvocati, professori universitari, persino associazioni, i quali tutti, in particolare, hanno ribadito la necessità di mantenere il criterio di proporzionalità tra offesa e difesa, criterio che invece viene meno con la modifica proposta all'articolo 52 del codice penale.

Una prassi ormai consolidata, quella di non tenere in alcun conto il parere espresso dagli esperti, a giudicare dall'iter degli ultimi provvedimenti in materia di giustizia.

Avete anche rifiutato qualsiasi tipo di confronto costruttivo intentato dal Partito Democratico e oggi proponete un provvedimento che introduce principi che non possono essere da noi condivisi.

Il vero motivo del vostro atteggiamento di chiusura è ben evidente: di questa legge non c'è alcuna necessità reale, se non quella della propaganda; si tratta di un trofeo da agitare alle prossime elezioni, ma è una riforma, questa, che avrà effetti negativi, oltre che sul piano giuridico, anche su quello culturale.

Dal punto di vista giuridico non c'è, infatti, alcun vuoto normativo da colmare. Oggi la legittima difesa è un istituto già regolato dall'articolo 52 del codice penale, che stabilisce con chiarezza i requisiti in presenza dei quali è esclusa la punibilità per la legittimità della difesa, ossia a dire: l'esistenza di un diritto da tutelare proprio od altrui, la necessità della difesa, l'attualità del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa, il rapporto, appunto, di proporzione tra la difesa e l'offesa; tutti i principi, questi, di civiltà giuridica propri di un ordinamento penale liberale e democratico.

Ricordo, peraltro, che le maglie della legge sono già state allargate per volontà della Lega, con l'approvazione della legge n. 59 del 2006, per effetto della quale sono stati aggiunti due nuovi commi destinati ad ampliare i limiti e a regolamentare l'esercizio dell'autotutela nel domicilio privato, in altri luoghi di privata dimora e nei luoghi nei quali viene esercitata un'attività commerciale, professionale imprenditoriale, la cosiddetta legittima difesa domiciliare.

Già oggi, quindi, chi è costretto a difendersi in casa propria da un pericolo reale, da una minaccia a sé e ai propri familiari vede giustamente la propria posizione archiviata o comunque viene assolto nel processo per legittima difesa. Questa riforma, quindi, non è necessaria, perché la legge regolamenta già in maniera adeguata tutte le ipotesi di legittima difesa.

Ma veniamo al testo. In particolare, l'articolo 1 modifica, come detto, il secondo comma dell'articolo 52 del codice penale, precisando che, in caso di violazione di domicilio, si considera sempre sussistente il rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa.

Il nuovo testo aggiunge, poi, un ulteriore comma all'articolo 52, per il quale è sempre in stato di legittima difesa chi, all'interno del domicilio e nei luoghi ad esso equiparati, respinge l'intrusione posta in essere da parte di una o più persone con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica.

Il provvedimento in esame, in sostanza, eleva la legittima difesa da scriminante a una sorta di pretesa punitiva per chiunque osi violare il domicilio, determinando in maniera automatica effetti rischiosi sulla coerenza del sistema giudiziario, eliminando la discrezionalità del giudice e aprendo la strada a presunzioni assolute e generalizzate, che potrebbero rivelarsi pericolose. Si mina, così, alla base un principio fondamentale di civiltà giuridica e cioè che la necessità di difendersi non si tramuti in offesa, ritorsione, persino vendetta. E, come evidenziato dall'Associazione italiana dei professori di diritto penale, si passa dal diritto di legittima difesa al diritto di difesa.

L'obiettivo di questa legge, in sostanza, è quello di impedire che la vittima, che abbia reagito sparando, ferendo o uccidendo, per esempio, un rapinatore che si è introdotto in casa, debba essere indagata per il reato commesso. La nuova legge vuole sottrarre, infatti, del tutto al giudice il compito di valutare la proporzione tra offesa e difesa, stabilendo che, in caso di violazione di domicilio, la reazione è sempre legittima. Ma la verità è che l'intervento del giudice è ineliminabile. In un Paese democratico, soltanto un giudice può verificare l'esistenza effettiva di un'intrusione e accertarsi dell'identità e del ruolo della persona uccisa, che può essere certamente un ladro, ma può essere anche, ad esempio, un vicino di casa.

Così come, va detto, l'avverbio “sempre” non cambia nulla sul piano tecnico-giuridico, al contrario, l'aggiunta dell'avverbio “sempre” conferma, una volta in più, che per valutare tutte le ipotesi, cioè tutti i casi concreti che accadono e, quindi, da quello che spara da un metro, che spara di spalle, che spara dal giardino, che spara dal secondo piano, comunque sarà necessario un procedimento penale. L'obiettivo dichiarato e sbandierato di queste riforme è, dunque, un obiettivo irraggiungibile, lo definirei piuttosto un inganno, dal momento che non esiste riforma alcuna che possa assicurare che non verranno svolti accertamenti sulle circostanze in cui è avvenuto un fatto delittuoso, perché non sono possibili automatismi, stante, se non altro, il principio costituzionale della obbligatorietà dell'azione penale.

Peraltro, dai dati trasmessi al Ministero della Giustizia si evince che i procedimenti definiti in dibattimento nei tribunali italiani dal 2013 al 2016 sono stati dieci per la legittima difesa e cinque per eccesso colposo di legittima difesa. I casi, dunque, di cittadini finiti sotto processo per accertamento di legittima difesa sono stati, e sono, pochissimi e nella maggior parte dei casi i giudici hanno stabilito l'archiviazione. Per loro il processo, quindi, non è mai neppure iniziato.

Quello che cambia davvero, invece, è l'atteggiamento psicologico del cittadino a cui si dice: armati e difenditi come vuoi, perché per noi è sempre legittimo, senza dire, però, a quello stesso cittadino che poi verrà inevitabilmente iscritto nel registro degli indagati.

La strumentalità di questa riforma, allora, è del tutto evidente, perché, come dimostrato, non appare giustificata né dall'urgenza, né dai numeri, né dall'esito dei processi. Sul piano ideale e comunicativo, la riforma viene giustificata ricorrendo ad argomentazioni certamente suggestive, ma che si pongono in pieno contrasto con il dettato costituzionale e con i principi sovranazionali. A rilevare i profili di legittimità costituzionale - lo ha ricordato anche prima il collega Verini - è stato, tra gli altri, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Francesco Minisci, durante la propria audizione alla Camera. Per Minisci, la riforma della legittima difesa contiene gravi criticità. Non può - dice Minisci - essere abbandonato il principio di proporzionalità, altrimenti non ci saranno più regole né confini, si rischia di legittimare anche i reati più gravi, perfino l'omicidio.

Inoltre, una simile impostazione delegittima il ruolo delle forze di polizia. L'attuale proposta, una volta approvata, rischia infatti di incentivare la difesa privata, l'uso delle armi, il mancato ricorso alla polizia e, quindi, alla giustizia. Voi rispondete a tutti coloro che hanno subito o rischiano di subire furti o rapine o che si sentono impotenti di fronte alla criminalità con un messaggio pericoloso: lo Stato tira i remi in barca e sulla sicurezza lascia fare a voi, ai cittadini; una scelta, questa, senz'altro irresponsabile.

Ma arriviamo agli altri aspetti preoccupanti legati a questa legge, in primis una corsa alla detenzione di armi. Più armi in circolazione renderanno la società più insicura, con il rischio che persone non esperte e non dedite ad attività criminali possano usare impropriamente un'arma. Il maggiore ricorso alle armi riguarderà anche chi commette attività delittuose; è, infatti, ragionevole pensare che di fronte ad un più alto rischio di dover affrontare persone armate, anche i ladri, a loro volta, si armeranno con maggiore facilità.

È altresì chiaro, infine, come la percezione di un più facile ricorso alle armi ne determinerà, in generale, un uso improprio, pericoloso, inutile, perfino mortale. Su questo punto voi continuate a ribadire che la difesa sempre legittima non porterà ad una corsa alle armi, ma è davvero difficile credervi. La foto del Ministro dell'Interno con un fucile in mano per far felici i lobbisti delle armi, mentre promette loro, ancora una volta, la riforma della legittima difesa, pare, senza ombra di dubbio, smentirvi.

L'assunzione delle misure da voi proposte non trova giustificazione nemmeno in termini di sicurezza. I dati Istat ci mostrano che le rapine in esercizi commerciali sono in costante calo nell'ultimo decennio e che nelle abitazioni sono tornate al livello di dieci anni fa. Sono più che dimezzati gli omicidi per furti o rapine. I dati sulla sicurezza reali, quindi, sono molto più rassicuranti rispetto alla percezione dei singoli cittadini. La paura, spesso, non risponde a motivazioni reali, ma è legata all'incertezza della propria condizione sociale, civile o familiare, ad una vulnerabilità che si vive. Proprio perché si tratta di una condizione che semina infelicità e insoddisfazione, essa richiederebbe, da parte di chi ha la responsabilità politica e di Governo, di utilizzare un atteggiamento di prudenza, che punti a far prevalere la razionalità dei dati sulle percezioni personali. Purtroppo, basta leggere le dichiarazioni di molti esponenti di Governo e maggioranza per constatare come, invece, si punti scientemente a sfruttare la paura per i propri scopi, innescando così quella spirale perversa che non fa più distinguere tra sicurezza reale e sicurezza percepita.

In controtendenza rispetto ai dati appena citati, sono, invece, gli omicidi familiari e passionali, e questo è un altro degli aspetti preoccupanti legati a questa riforma. Dei novantadue per omicidi e femminicidi commessi nel 2018, ben ventotto, cioè quasi uno su tre, sono stati compiuti da persone con regolare licenza per armi. Ribadisco, allora, che modificare la legge sulla legittima difesa, senza restringere le regole e i controlli sulla detenzione delle armi, potrebbe comportare un pericolo maggiore di omicidi e di vittime nei settori più indifesi, in particolare le donne, e non mi stancherò mai di ripeterlo, quelle stesse donne che volete proteggere dalla violenza con il codice rosso e che poi rischiate di mettere in pericolo, con ogni evidenza, con la riforma della legittima difesa.

Concludendo, colleghi, il Partito Democratico resta fedele all'idea che la difesa dei cittadini e la loro sicurezza spettino solo e unicamente allo Stato. Questo significa che il problema della sicurezza - lo ha ricordato lo stesso collega Verini - si affronta con più investimenti, più risorse per le forze dell'ordine, con misure volte a combattere il degrado, la marginalità e l'abbandono, in particolare delle periferie. Per noi, la richiesta di maggiore protezione si affronta così e solo così, e non con il populismo legislativo che ormai sembra essere la cifra di questo Governo e che rischia di creare problemi di sicurezza ben più gravi di quelli che intenderebbe risolvere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisa Scutella. Ne ha facoltà.

ELISA SCUTELLA' (M5S). Scutella'. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, oggi l'Aula inizia la discussione su quello che è il provvedimento della legittima difesa, ma cos'è la legittima difesa? La legittima difesa è una delle cause di giustificazione dei reati che si verificano nei casi in cui vi sono delle situazioni tali per cui un fatto, che normalmente si andrebbe ad integrare in una fattispecie di reato, invece è considerato lecito. Questo perché? Questo si inserisce in un maggiore sistema di autotutela, tutela da parte del cittadino, nel momento in cui viene posta, sempre con dei limiti, una deroga a quello è che l'uso della forza da parte dello Stato.

Ora, io andrei subito al cuore del provvedimento, perché ci sono state molte discussioni per ciò che attiene all'inserimento della parola “sempre”, cioè si dice: è sempre legittima la difesa nella propria abitazione o in luoghi similari.

Ebbene, io vorrei tranquillizzare tutti, perché questo non esclude le indagini da parte di un giudice. Questo non esclude una valutazione di una proporzionalità tra offesa e difesa da parte di un giudice. Questo non esclude la valutazione di altri due elementi fondamentali affinché si possa integrare la legittima difesa, ovvero la necessità della reazione e l'attualità del pericolo. Questo non esclude il fatto che degli esperti debbano comunque valutare l'esistenza del grave turbamento.

Quindi, quando sento parlare di Far West, inizio di Far West, sparatorie, armi per tutti, questa è mala informazione, Presidente, perché le voglio dire una cosa: noi abbiamo, con questo provvedimento, cercato di debellare definitivamente quelle che sono le cosiddette zone d'ombra, perché, è vero, la legittima difesa già esisteva nei Governi precedenti e noi l'abbiamo ereditata, ma l'abbiamo ereditata con delle zone d'ombra, l'abbiamo ereditata con una normativa che non era chiara.

E allora noi siamo andati lì, a cercare di renderla chiara e cristallina, come fa sempre il Governo del cambiamento, cercando di avvicinare il cittadino a quella che è la giustizia. Sono molti i provvedimenti che hanno questa impronta voluti dal Governo del cambiamento e specificati dal Ministro della giustizia Bonafede, perché è proprio questo l'interesse che si ha, rendere il cittadino vicino alla giustizia, vicino allo Stato, perché qui noi stiamo creando delle corsie preferenziali per le udienze che attengono alla legittima difesa. Infatti, lei sa, Presidente, come sanno i colleghi, che molti cittadini rinunciano al processo perché sanno che è un procedimento lungo, perché è un processo che andrà ad avere dei risvolti economici abbastanza pesanti.

E anche su questo noi abbiamo dato una risposta: il fatto di voler estendere la misura del gratuito patrocinio anche nel caso in cui si hanno delle archiviazioni, sentenze di non luogo a procedere e sentenze di proscioglimento, quindi nel caso in cui venga accertata la legittima difesa, significa che si dà attenzione al cittadino che, ovviamente sempre dopo aver fatto tutte le valutazioni, vede un'intrusione nella propria sfera familiare, nella propria privacy, nel proprio calore familiare.

Per quanto riguarda, invece, l'uso delle armi, anche prima si diceva che ci saranno armi in più, ci sarà questo famoso Far West. Ripeto, non è così. Non è così perché la normativa che riguarda il possesso delle armi non è stata modificata; per cui, se tu non sei legittimato a possedere un'arma, con la nuova normativa della legittima difesa, come non lo eri prima, non lo potrai essere adesso, cioè dovrai comunque sottoporti a quella che era la normativa precedente. Tanto più se utilizzi l'arma in contesti che non sono consentiti, non potrai avvalerti della legittima difesa. Quindi, questo è un discorso che sta da un'altra parte.

Ora, è giusto aver fatto tale normativa sulla legittima difesa, è giusto chiarire: si sente spesso, a causa della mala informazione, che l'avverbio “sempre” dovrebbe produrre un automatismo. Bene, Presidente, lo dico chiaramente: non ci sarà nessun automatismo, non ci sarà l'esclusione e la preclusione di indagini, ci saranno tutti gli elementi da valutare. Questa è una risposta che noi dovevamo dare ai cittadini, perché i dati sono inquietanti: il 60,2 per cento dei cittadini italiani si sente insicuro in casa propria, e quindi noi dovevamo dare questa risposta. Risposte che avvicinano, ribadisco, sempre di più il cittadino allo Stato. Non si parla di giustizia privata, assolutamente; si parla di una vicinanza, si parla di dover incrementare forze dell'ordine, i numeri di Polizia, per garantire una sicurezza ai cittadini, perché questo è quello che ha sempre fatto, dal giorno del suo insediamento, il Governo del cambiamento (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, Governo, questa proposta di legge, che modifica il codice penale e l'istituto della legittima difesa, è un'altra inadeguata, inopportuna e assolutamente inutile risposta propagandistica alle pulsioni giustizialiste e populiste di una maggioranza di Governo che, ancora una volta, fa scempio della Costituzione, cercando di scardinare quelli che sono i nostri sacrosanti principi di civiltà giuridica.

Cerco di spiegare brevemente il perché, per quanto i miei illustri colleghi che mi hanno preceduto siano già entrati nel merito di questo provvedimento. La legittima difesa che noi oggi vogliamo modificare in quest'Aula, in realtà, ben si incardina, per come è stata strutturata, nel nostro sistema legislativo, se consideriamo che, di fatto, deve necessariamente rispondere, perché sia legittima una difesa, a due elementi sostanziali: l'essere l'atto necessario alla persona per difendere se stesso o altri e la proporzionalità dell'atto rispetto alla difesa.

Con le modifiche che noi oggi intendiamo apportare, in realtà, andiamo a scardinare non solo un principio di civiltà giuridica, ma mettiamo a serio rischio la tenuta della nostra Costituzione. Vediamo perché: la ratio della legittima difesa come causa di giustificazione, in realtà, risponde ad un principio importantissimo per il nostro Stato democratico, che è quello del bilanciamento degli interessi, dalla cui valutazione discende anche l'esclusione della risposta punitiva dello Stato, che, con queste modifiche, noi oggi vorremmo sempre escludere, allargando, quindi, in una maniera assolutamente pericolosa, le maglie degli atti che così verrebbero esclusi dalla risposta punitiva dello Stato attraverso il superamento del rispetto del principio di bilanciamento degli interessi.

Ed è così, questo accadrebbe, perché, di fatto, con l'introduzione dell'avverbio “sempre”, a differenza di quanto sostenuto dalla collega che mi ha preceduto, noi andremmo inevitabilmente ad introdurre una preventiva presunzione di proporzionalità, e tutto ciò contrasterebbe inevitabilmente con la legittima difesa, perché è tale solo se è proporzionata. Ma quello che più mi preoccupa è che, attraverso queste modifiche, non solo noi, a dispetto di quanto sostenuto da chi mi ha preceduto, non andiamo ad avvicinare i cittadini allo Stato, ma, al contrario, li allontaniamo, scardinando proprio i principi e i rapporti tra i cittadini e lo Stato.

Andremmo, in questo modo, a far saltare anche uno schema che regola, in realtà, i nostri processi penali e che valuta i mezzi usati da entrambe le parti, i beni giuridici contrapposti, l'ingiustizia perpetrata e l'inevitabilità della reazione; e così facendo, di fatto, andiamo a stravolgere uno dei principi della nostra democrazia in base al quale l'uso della forza è una prerogativa dello Stato, che la esercita esclusivamente nel rispetto della legge.

In realtà, è come se andassimo a decretare una resa dello Stato alla criminalità, perché andremmo ad affermare che i cittadini possono e devono provvedere da soli alla propria difesa, e garantiremmo, come contropartita, una presunta impunità dei cittadini.

Facendo così, quello che più desta preoccupazione è il fatto che andiamo ad indebolire il nostro Stato, perché lo riteniamo non più adatto e pronto a difendere i cittadini e i loro diritti. Questo è un indebolimento dello Stato che, per me, è assolutamente insopportabile. Riteniamo, quindi, che attraverso queste modifiche non solo non avremo uno Stato più sicuro, ma ritengo che questa sia un'ulteriore misura e un'ulteriore riforma che non solo, appunto, non garantisce sicurezza, a dispetto di quanto mediaticamente si voglia far credere, ma aumenterà l'insicurezza, continuerà a soffiare sul clima di ansia, di paura, di disillusione da parte dei cittadini e di sfiducia nelle istituzioni.

Aumenterà l'incertezza e, ancora una volta, farà sì che il nostro Ministro dell'interno diventi il Ministro del disordine e della paura. E tutto ciò perché, ancora una volta, siamo di fronte alla solita demagogia improvvisata e a buon mercato che è orientata solamente a riscuotere degli applausi immediati ed una popolarità a bassa lega.

Queste sono tutte evenienze che, di fatto, evidenziano come le forme di populismo possano esprimere una minaccia per la nostra società civile e per tutte le forme di vivere civile. Viviamo dei tempi in cui l'odio non solo avanza sui social e la fa da padrone, ma viviamo brutti tempi in cui il giudice è giudice solamente se pronuncia una sentenza di condanna, mentre diventa correo se pronuncia una sentenza di assoluzione.

E anche l'avvocato è tale o, meglio, l'avvocato diventa il complice del malaffare se pretende di esercitare in maniera piena il diritto di difesa.

E, allora, noi oggi riteniamo che piuttosto che invocare una giustizia vendicativa, il Governo debba impegnarsi per mettere in campo e per offrire ai propri cittadini seri strumenti e mezzi di prevenzione, perché per noi non ha senso cercare scorciatoie deresponsabilizzanti in proposte che indeboliscono le garanzie per il cittadino e il diritto di difesa, come questa riforma cerca, ancora una volta, di fare (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ciro Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la proposta di legge sulla legittima difesa in discussione oggi è incardinata sul testo base del Senato n. 5, a prima firma del senatore La Russa, a conferma di quanto sia una battaglia storica di Fratelli d'Italia e della destra, una battaglia di giustizia per affermare il principio che a certe condizioni - e sottolineo a certe condizioni - la difesa è sempre legittima.

Non si può non pensare, quando affrontiamo la discussione sulla legittima difesa, alle vicende personali drammatiche di persone come Ermes Mattielli, sottoposto per anni ad aggressioni e incursioni di ogni genere, sottoposto a procedimenti, avendo dovuto reagire, con la beffa, oltre al danno di un infinito calvario processuale, anche di essere condannato a risarcire in sede civile il danno ad alcuni dei delinquenti che lo avevano aggredito e nei confronti dei quali aveva dovuto reagire. E, così come a lui, penso anche al benzinaio Graziano Stacchio, penso a Corazzo, sottoposto per diciotto mesi a un procedimento al termine del quale il fascicolo è stato archiviato, a Mario Cattaneo a sua volta da quasi due anni sotto processo, in attesa di vedere se sarà archiviato o meno il suo fascicolo, se sarà assolto o meno.

Insomma, da sinistra vedo che si è subito pronti a parlare di barbarie, a parlare di deriva securitaria, ad utilizzare - quelli sì! - slogan contro altri presunti slogan. Ciò da parte della stessa sinistra che non si indigna mai sulle violenze, ad esempio, dei centri sociali e anche sulle aggressioni nei confronti delle forze dell'ordine che probabilmente considera legittime; quando si discute di legittima difesa, parla di barbarie, parla di Far West, parla di derive di non si sa quale genere.

E, allora, credo che sia opportuno sfatare alcuni luoghi comuni: in primo luogo, non c'è nessuna legittimazione al Far West. Non c'è nessuna norma, nei testi di legge che sono in discussione, che introduca alcuna modalità nuova per favorire una maggiore diffusione e accesso alle armi da parte dei cittadini e, anzi, la normativa italiana è particolarmente severa e rigorosa a tal fine. Non c'è nessuna barbarie, nessuna barbarie dell'istigare la gente a farsi giustizia da sé. La barbarie, semmai, c'è nelle nuove modalità che assumono le bande criminali oggi rispetto ad anni fa e che acquisiscono delle caratteristiche di maggiore pericolosità, efferatezza e indifferenza nell'accedere tranquillamente al domicilio dei cittadini per finalità ovviamente di tipo economico e, quindi, per rubare e per rapinare, ma che generalmente non hanno alcuna remora nell'uccidere o maltrattare anche anziani e persone inermi in modo totalmente inutile rispetto alla mera esigenza di rubare qualcosa.

Quindi, dobbiamo prendere atto che la criminalità, le bande o i ladri che entrano nelle abitazioni oggi lo fanno con caratteristiche di maggiore pericolosità ed efferatezza e, quindi, semmai la barbarie è questa, e non certo quella di mettere il cittadino in condizioni di potersi difendere meglio quando lo Stato non riesce ad arrivare in tempo. E, allora, la barbarie semmai è costringere un cittadino che già si espone al doppio trauma di subire un'aggressione violenta nel proprio domicilio e di dover uccidere o ferire qualcuno per difendersi, perché una persona perbene, un cittadino, che non è un delinquente, vive come un gravissimo trauma il dover commettere un'azione del genere per cercare di salvare se stesso o la sua famiglia da un'aggressione violenta, e, oltre a questo doppio trauma, dicevo, il cittadino deve anche subire un calvario processuale con tempi anche molto lunghi prima di vedersi assolto o, in alcuni casi, condannato, almeno in sede civile, a dover risarcire anche il danno e a doversi fare carico, ovviamente, anche di ingenti spese legali per il procedimento. E, allora, se c'è una barbarie e se c'è un'ingiustizia è questa e, dunque, per dare risposta a questo bisogno di giustizia è opportuno che intervenga il legislatore.

Si è anche cercato, con un altro luogo comune, di minimizzare la questione affermando che si tratta solo di pochi casi all'anno e che, quindi, non c'è un'emergenza che giustifichi o che necessiti di legiferare in tal senso. Anche questo è un luogo comune, in realtà, in primo luogo perché c'è, in ogni caso, un'incertezza interpretativa nelle norme attualmente vigenti che necessita di essere meglio chiarita e in ogni caso occorre tener presente il disvalore sociale elevato e l'estremo allarme che c'è attorno a questa questione e a questa problematica e occorre anche aver chiaro di far passare il messaggio ai potenziali delinquenti che se entrano in casa di qualcuno si devono a priori assumere il rischio che se chi subisce l'aggressione reagisce lo può fare senza essere sottoposto a una valutazione quasi maggiore di quella del delinquente in ordine alla punibilità. Il ladro deve sapere che se entra in casa corre il rischio di subire anche una reazione da parte di chi si difende a casa propria. Credo che questo possa avere anche una valenza dissuasiva nei confronti di chi un domani potrebbe pensarci due volte prima di introdursi in casa pensando di non poterlo fare impunemente.

E, allora, da questo punto di vista, si è cercato di intervenire anche nel rispetto di quel principio che è stato affermato anche e non solo nel programma elettorale di tutto il centrodestra, ma che è stato anche in parte trasferito nel contratto di Governo, laddove si afferma che se qualcuno entra travisato o se entra con la pistola in mano e crea paura e agitazione “in considerazione del principio della inviolabilità della proprietà privata e del domicilio, si prevede la riforma ed estensione della legittima difesa domiciliare, eliminando gli elementi di incertezza interpretativa (con riferimento, in particolare, alla valutazione della proporzionalità tra difesa e offesa) che pregiudicano la piena tutela della persona che ha subito un'intrusione nella propria abitazione e nel proprio luogo di lavoro”. Su questo siamo d'accordo con il programma di Governo e, anzi, semmai avremmo auspicato una risposta ancora più efficace di quella che è stata finora approvata al Senato con questa proposta di legge.

Attualmente, la disciplina dell'articolo 52 è tale per cui per la concretizzazione di quella che viene chiamata una scriminante occorrono i seguenti requisiti: l'esistenza di un diritto da tutelare proprio o altrui, che deve essere accertato e valutato; la necessità della difesa; l'attualità del pericolo; l'ingiustizia dell'offesa e il rapporto di proporzione tra difesa e offesa. Nel 2006, come sappiamo, il legislatore è intervenuto codificando la legittima difesa domiciliare per dare possibilità a chi si difende in casa di poter meglio tutelare non solo la propria vita e quella dei propri cari ma anche la propria posizione processuale in ordine alle indagini. Ma ci siamo tutti resi conto che la normativa non è stata sufficiente e non ha chiarito numerose fattispecie, da cui oggi emerge l'esigenza di una maggiore chiarezza.

Direi, dunque, che è positiva la modifica introdotta dall'articolo 1 della proposta di legge nell'articolo 52 del codice penale che, introducendo la parola “sempre”, codifica il fatto che, quando ci si introduce nel domicilio, è sempre presunta la legittima difesa. Non è sufficiente invece, a nostro avviso, la formulazione lasciata nell'articolo 55 in ordine all'eccesso colposo della legittima difesa, in quanto è ancora troppo sbilanciata la valutazione che deve fare il giudice nell'interpretare il caso concreto, nel dover valutare gli elementi soggettivi, cioè il grave turbamento, la sensazione di pericolo in cui dovrebbe trovarsi chi subisce l'aggressione al fine di commisurare la proporzionalità tra offesa e difesa. A tale proposito Fratelli d'Italia ha presentato un emendamento, che auspichiamo venga approvato in questo ramo del Parlamento, per delineare in modo più chiaro non il fatto che debba scomparire il magistrato dalla fattispecie della legittima difesa, anzi, il contrario; ma semplicemente per affermare in modo chiaro che la discrezionalità e l'attività interpretativa del magistrato debba concentrarsi più sulle modalità oggettive con le quali è avvenuta l'aggressione, l'intrusione del delinquente all'interno del domicilio, piuttosto che nel valutare discrezionalmente, in modo spesso non facile, quale è l'elemento soggettivo, lo stato psicologico nel quale si trova il cittadino che reagisce. Anche perché un cittadino che subisce un'aggressione nel proprio domicilio generalmente non è un soldato dei corpi speciali, addestrato a gestire in autocontrollo situazioni anche di estremo pericolo con la perizia e la competenza di saper cogliere in tempo reale ogni singola sfumatura e ogni singolo movimento e saper gestire la propria reazione in modo quasi scientifico, commisurandola al comportamento dell'aggressore. Il cittadino che subisce a sorpresa un'aggressione nel proprio domicilio generalmente è indifeso, viene colto alla sprovvista e non è dotato di queste capacità militari e quindi non è pensabile che possa, in tempo reale, cogliere se l'aggressore è di fronte, di lato o di spalle; se ha iniziato o meno un'attività di desistenza e quindi se il pericolo sia ancora attuale o non sia già più attuale.

Quindi, si tratta di valutazioni che il giudice dovrebbe fare ex post su quello che è stato l'elemento soggettivo dell'aggredito in quel frangente e credo che, se si inizia tale percorso, generalmente si giunge al termine senza aver dato giustizia al cittadino che, ripeto, subisce una doppia ingiustizia: l'aggressione e il fatto di vedersi sottoposto a una valutazione approfondita non tanto dei fatti che sono avvenuti ma anche se la propria reazione sia stata, anche dal punto di vista psicologico, adeguata a gestire la situazione. Da questo punto di vista vogliamo quindi che il magistrato rimanga figura chiave del procedimento, che necessariamente si deve aprire comunque in qualunque ipotesi di legittima difesa, ma che questi debba concentrarsi nel ricostruire in modo chiaro le circostanze oggettive.

Infatti, il solo fatto che un soggetto si sia introdotto nel domicilio di una persona con intenzioni criminali automaticamente deve giustificare che la difesa e la reazione sia sempre legittima e, quindi, auspichiamo che si renda giustizia ai cittadini; auspichiamo che, anche accogliendo alcuni nostri emendamenti, esca da questo ramo del Parlamento una risposta ancora più netta, più chiara e, quindi, non intiepidita dalla proposta iniziale come avvenuto al Senato in modo che si possa fare veramente chiarezza, si possa affermare in modo più chiaro che la difesa è sempre legittima e, se un delinquente entra a casa di un cittadino, occorre perseguire il delinquente e non il cittadino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Facciamo, a questo punto, una sospensione tecnica di cinque minuti.

Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 13,05.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca Rodolfo Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Presidente, interverrò in particolare, visto che altri colleghi si sono soffermati su altri aspetti di questo provvedimento legislativo, su problematiche connesse con l'articolo 55. Questo articolo ha ispirato una certa filosofia, una filosofia che tende a riproporre un eterno, datatissimo conflitto tra il cosiddetto diritto naturale e il diritto positivo. La domanda a cui ha cercato di rispondere chi ha elaborato queste norme è proprio quella di valutare il diritto dell'individuo a difendersi. Il diritto alla difesa non è un diritto politico ma è pre-politico; ne parlavano addirittura i greci, ne parlava Cicerone, Freud, insomma, ne parlavano moltissime persone, proprio perché non nasce con l'ordinamento positivo ma nasce prima. L'individuo, quando viene aggredito, ha il diritto di difendersi, quindi il diritto di difesa non è una concessione dello Stato ma è parte integrante delle prerogative umane, che sono proprie dell'uomo in quanto tale. Il diritto di difesa, quindi, è indiscutibile e nessuno mette in discussione questo; nessuno ipotizza, neppure lontanamente, che di fronte a un'aggressione alla propria vita e ai propri valori fondamentali uno debba restare inerte. Abbiamo sentito parlare durante i lavori parlamentari - e anche in quest'Aula questa mattina - che questa norma legittimerebbe il Far West, la licenza di uccidere: non è così, evidentemente. Questa norma ha molti e ben precisi paletti, che semmai circoscrivono l'area di discrezionalità della magistratura, cercando di fotografare al meglio la situazione effettiva sulla quale deve intervenire il giudizio del magistrato giudicante. Quindi, non è che il processo non si fa, come qualcuno ha raccontato. Anzi, ricordo che in Commissione, parlando con - mi pare, ma potrei sbagliare - il presidente dell'ANM si specificò bene che un conto è il procedimento e un conto il processo. Il procedimento si apre sempre. È chiaro che se c'è un morto o un ferito grave non è che lo accantoniamo e facciamo finta che non sia successo niente, quindi il procedimento si apre, ma è il processo che, con queste norme, entra in una fase più eventuale di quella che oggi è.

In effetti, il magistrato e tutto l'apparato investigativo dello Stato, anche per gli accertamenti clinici, potranno accertare quello che è uno dei punti cardine innovativi di questo provvedimento, cioè lo stato di grave turbamento. Il grave turbamento può portare, quindi, non all'inesistenza del procedimento ma alla conclusione veloce del processo, all'inesistenza del processo inteso come procedura vera e propria che si estrinseca in un primo grado e poi in un secondo grado. In altri termini, in termini semplici, laddove emergesse chiaramente che il soggetto ha agito in una situazione di grave turbamento, ancorché abbia ceduto, potrebbe essere dichiarato innocente, quindi prosciolto: quindi, il fatto c'è ma non costituisce reato. Questa è l'innovazione. In altri termini, il caso potrebbe essere archiviato addirittura in sede di udienza preliminare e quindi non esserci il processo.

Furbescamente qualcuno ha interpretato questa possibilità, che non è una certezza, come: non fate neppure il processo; evidentemente è una cosa che non sta né in cielo né in terra.

Ma vediamo un pochino… Mi sono soffermato, anche perché ho avuto la fortuna di partecipare qualche giorno fa proprio ad un convegno sul tema, su alcuni aspetti. Cos'è questo grave turbamento? Perché tante volte l'abbiamo sentito nominare, ma non abbiamo mai ascoltato in Commissione degli psicologi, degli psichiatri, dei medici che ci dicano cos'è il grave turbamento. Ebbene, leggendo ed ascoltando chi ne sa più di me in materia, ho scoperto che il primo che parlò di trauma, quindi di grave turbamento, fu niente po' po' di meno che Sigmund Freud nel 1905, là dove descrisse il trauma come un colpo che subisce una psiche impreparata all'evento. E ditemi voi quale psiche è più impreparata all'evento di quella di una persona che sta tranquillamente a letto con la sua famiglia, o tranquillamente seduto nella sua officina, come quel gommista, o tranquillamente nel suo studio professionale o nella sua officina, che si vede violare queste intimità, puntare delle armi, minacciare magari non lui direttamente, ma i figli o qualcun altro a lui caro.

E quindi, cosa determina questo? Sempre secondo Freud: parliamo di una cosa che, come mi hanno ricordato qualche giorno fa, è vecchia più di cento anni. Di cosa parliamo, cosa determina questo trauma? Questo trauma determina un'eccitazione psichica della percezione cosciente, finalizzata essenzialmente alla difesa e porta all'attivazione di meccanismi difensivi in modo quasi automatico.

Questa è un'altra considerazione interessante, perché noi molto spesso assistiamo nei processi ad una sorta di ritualità ordinaria che ordinaria non è, perché l'individuo che va a processo un mese, un anno, cinque anni dopo, non è lo stesso individuo che in quel momento si trovava nell'immediatezza del pericolo. L'istinto della difesa, come ha sottolineato anche in un suo scritto Konrad Lorenz, è posta a conservazione della specie, della vita, dell'integrità del nido, della tana, che nell'uomo moderno è l'abitazione, o il luogo dove esercita il proprio lavoro: quindi, vediamo che questo legislatore - sicuramente non per caso, anche perché l'abbiamo studiata, questo Governo e questo Parlamento hanno studiato bene la questione - ha evidenziato questo aspetto e gli ha dato veste giuridica. A che scopo? Allo scopo di limitare la discrezionalità, che - va detto ad onor del vero, perché dobbiamo essere intellettualmente onesti in quest'Aula - i nostri tribunali hanno interpretato in misura ampiamente conforme: sono pochissimi i casi in cui gente che effettivamente ha esercitato il diritto di difesa è stata punita dai nostri tribunali.

Ma - e qui mi rifaccio all'intervento di un collega, non ricordo esattamente chi - qui il problema è anche non dimenticare mai che il processo è, esso stesso, una pena. Oggi uno che si difende in modo sacrosanto e che viene sottoposto ad un processo che talora dura un anno, due anni, tre anni, quattro anni, cinque anni o più, anche se viene assolto ha patito, ha patito un trauma ulteriore, che si aggiunge a quello che gli hanno provocato gli aggressori. Era il collega Verini che diceva: ebbene, verrà assolto in uno dei gradi di giudizio; quindi, il collega Verini dà per normale che uno che ha ragione venga sottoposto - ed è così attualmente - ad uno, due, tre gradi di giudizio, che stia sub iudice uno, due, tre, cinque, otto anni.

Questo è lo scopo, uno degli scopi che questa norma vuole conseguire: mettere dei paletti tali e delle scriminanti tali per cui il soggetto che palesemente, in modo facilmente accertabile, ha agito in stato di grave turbamento psichico venga assolto; anche laddove eccedesse, perché se c'è legittima difesa è chiaro che rientriamo nell'articolo 52, non nel 55, e quindi il problema si risolve per altra via.

Ma un altro dettaglio che voglio lasciare agli atti di questo Parlamento è quello del cosiddetto contesto meccanismo predatore-preda: perché il nostro cervello, il nostro sistema limbico, che non è cosciente, che non è influenzato dalla cultura, dalla preparazione… Sì, anzi, è influenzato dalla preparazione in due categorie di individui, ci dicono gli esperti: i killer professionisti e i militari particolarmente attrezzati. Ecco, in quei soggetti lì, se reagiscono in modo inappropriato, si può parlare di consapevolezza della reazione; ma per tutti gli altri soggetti, per i cittadini comuni, questa preparazione all'evento traumatico di cui ci ha parlato Freud non esiste.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). E, quindi, il predatore cosa privilegia? Privilegia l'elemento sorpresa, privilegia la possibilità di colpire la vittima. E, quindi, noi - e concludo, Presidente, perché molto ci sarebbe da dire, ma penso di avere già chiarito qual è il senso di questo intervento - recependo nel nostro ordinamento il nuovo articolo 55, diamo al giudice la possibilità di valutare correttamente l'azione di chi si è difeso sulla base di quelle che erano, se dimostrate, le sue effettive condizioni psichiche; e non quelle che verranno eventualmente ricostruite ex post, di un individuo che non è lo stesso individuo, perché altro, aveva le endorfine in corpo, aveva la paura, aveva il terrore, aveva delle condizioni che vanno valutate alla stregua di questo nuovo articolo 55 (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cosimo Ferri. Ne ha facoltà.

COSIMO MARIA FERRI (PD). Presidente, voglio iniziare questo mio intervento riprendendo dei dati che l'onorevole Lucia Annibali prima ha ben evidenziato, e sono i dati del Ministero della giustizia: dal 2013 al 2016 essi evidenziano come i procedimenti definiti siano stati 10 per legittima difesa e 5 per l'eccesso colposo di legittima difesa. Questo per far capire a chi ci ascolta anche il senso che si può dare alla statistica, e quindi alla necessità di intervenire e di introdurre una riforma che, nell'opinione pubblica, nei lanci mediatici appare come la riforma delle riforme.

In realtà, è una riforma che interviene su una riforma che c'è già stata. E, allora, la prima cosa che dobbiamo chiederci è la necessità di introdurre una riforma, quando nel 2006 la legittima difesa è stata già oggetto di un importante intervento riformatore.

Quello che vogliamo fare e spiegare all'Aula… Io mi rendo conto del dramma, del dolore di quella persona che si è vista entrare in casa, nella propria abitazione, nel proprio esercizio commerciale un individuo e che abbia subito una rapina o un furto, o che si sia vista presentare un individuo con una pistola ed essere minacciata mentre ha in casa i figli o i familiari o persone anziane, e quindi il timore anche che avverte questa persona. Quindi, certamente il mio pensiero va rivolto a tutte queste persone, che sono state vittime di questi episodi che non meritano alcun tipo di giustificazione.

Ma noi siamo il legislatore: quando dobbiamo intervenire abbiamo anche il dovere di non illudere chi è stato aggredito, e di creare una norma che si inserisca nel contesto del nostro ordinamento giuridico; perché, altrimenti, noi mandiamo avanti una norma di fronte alla cui applicazione il giudice solleverà poi la questione di fronte alla Corte costituzionale, e magari tra qualche anno la Corte costituzionale interverrà e dirà: no, la norma è incostituzionale. Questo è il rischio! È questo che noi stiamo cercando di spiegare!

La legittima difesa non dev'essere oggetto di un dibattito politico, perché tutti abbiamo a cuore il tema della sicurezza, il tema della legalità, il tema della certezza della pena, ma mi fa specie poi pensare e vedere che, da una parte, vogliamo andare a modificare la legittima difesa e parlare di sicurezza; dall'altra, questo Parlamento, non con il nostro voto, e questo Governo hanno approvato quella riforma della prescrizione che sospende il processo, sospende la risposta della giustizia, e quindi lascia tutto così per anni, e non si sa nemmeno quando poi interrompe la prescrizione, rimandando un processo sine die.

Non lo dico io, ma lo dicono giuristi, lo dicono gli esponenti dell'accademia, magistrati, che, per garantire la sicurezza, la prima cosa è quella di garantire la certezza della pena e di consentire che lo Stato dia una risposta. Allora, e lo dico, tramite lei, Presidente, all'onorevole Paolini: parla di evitare il processo e poi fa la differenza, giustamente, son d'accordo, tra il procedimento penale, che è una cosa, e il processo, che è un'altra cosa, perché dal punto di vista tecnico-giuridico, non sta a me ricordarlo e lo ha segnalato bene anche l'onorevole Paolini, un conto è il processo, un conto è il procedimento; lui dice: vogliamo evitare il processo, ma non il procedimento penale, perché è impossibile evitare l'iscrizione nel registro degli indagati quando si ha un omicidio e, quindi, occorre iniziare e poi inizia il pubblico ministero a valutare e procederà o all'archiviazione, o al rinvio a giudizio.

Quindi, noi vogliamo dirvi: la strada che avete intrapreso creerà una norma incostituzionale, e cerco di spiegarlo. Intanto, nel 2006, fu introdotta, secondo me, una riforma importante, perché teneva conto delle criticità che erano emerse anche dal punto di vista giurisprudenziale, ed è stata introdotta una particolare disciplina per la legittima difesa domiciliare, che tenesse conto proprio delle peculiarità di contesto in cui la difesa interviene; ed è stata così prevista una presunzione di proporzionalità, che consenta alla difesa, oggi, di non dover dimostrare la sussistenza di tale requisito, la cui assenza può, però, essere in concreto dimostrata dall'accusa.

Questa era la riforma del 2006 e una simile presunzione appariva, già al tempo, atipica nel nostro sistema penale, tanto che - e lo sottolineo per chi ci ascolta e lo ricollego alla mia premessa iniziale - già quando è stata introdotta la riforma del 2006, è intervenuta poi la giurisprudenza, si è discusso, si è arrivati alla Corte costituzionale, e i giudici hanno salvato la riforma del 2006, con un ragionamento che noi oggi dobbiamo considerare.

Quindi, anche questa riforma, se venisse approvata, sarà sicuramente al vaglio anche della Corte costituzionale, e non vorrei che, con l'approvazione di questa riforma della legittima difesa, qualcuno cantasse vittoria e poi, tra qualche anno, vorrei davvero che queste mie semplici parole rimanessero agli atti, proprio per vedere come va a finire tutto il vaglio costituzionale.

Una simile presunzione, quella del 2006, appariva già atipica nel nostro sistema penale, infatti. La giurisprudenza in più occasioni è intervenuta per delimitarne i confini e renderla così conforme a Costituzione. La giurisprudenza ha, infatti, affermato che la presunzione deve essere intesa necessariamente come relativa, pena altrimenti la violazione del principio del libero convincimento del giudice e appare essenziale che il giudice possa accertare che nel caso concreto non sussista un rapporto di proporzione tra difesa e offesa, ed è necessario evitare ogni automatismo nel riconoscimento della legittima difesa, poiché altrimenti si correrebbe il rischio di riconoscere ugualmente l'impunità a chi non soddisfa i requisiti fissati dal codice penale.

E su questo è intervenuta anche la Corte costituzionale, in una nota sentenza che voglio citare, la sentenza n. 20 del 2017, ma già la sentenza n. 85 del 2013 della Corte costituzionale aveva affermato che la Costituzione italiana richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra i principi e i diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. Il carattere assoluto della presunzione, quindi, della sola proporzionalità, limita invece il bilanciamento tra diritti, entrambi fondamentali, quali la sicurezza, l'integrità fisica dell'aggredito e l'integrità fisica dell'aggressore, che può, sì, essere in parte sacrificata, ma solo ove ciò sia giustificato da elementi che devono poter essere accertati in concreto.

Quindi, la presente riforma si propone, al contrario, di stravolgere questo consolidato sistema sotto due profili. In primo luogo, si specifica, al comma 2 dell'articolo 52, che la proporzionalità sia sempre sussistente nella legittima difesa domiciliare e ciò fa sì che la presunzione di proporzionalità assuma carattere assoluto. Ci si pone, così, in contrasto con quella giurisprudenza costituzionale ora citata, poiché si lede il principio del libero convincimento del giudice e non si consente un accertamento del requisito della proporzione in concreto. Il requisito della proporzionalità fra difesa e offesa è un elemento centrale per evitare che la legittima difesa si trasformi il licenza di uccidere. E lo voglio sottolineare. Quando noi diciamo “no” al Far West, lo voglio spiegare tecnicamente, perché l'eliminare, l'incidere, l'intervenire sul requisito della proporzionalità tra difesa e offesa, che è un perno di questa riforma, consente a tutti di sparare, di prendere una pistola e vediamo quello che succede, quindi valutiamo con attenzione.

E non solo. La presente riforma vuole, poi, introdurre un nuovo quarto comma, in base al quale ad essere sempre presunta non è più solo la proporzionalità. E qui lo segnalo, perché il quarto comma è ancora più pericoloso del secondo: nel secondo comma si critica l'introduzione di quel “sempre”, che rende assoluta e non più relativa la proporzionalità tra offesa e difesa; nel quarto comma si va a incidere, in caratteri di assolutezza, su tutta la legittima difesa, su tutti i presupposti; tra l'altro, andando a contrastare con il sistema del nostro ordinamento giuridico, perché questa introduzione del quarto comma, di questa assolutezza su tutti i presupposti e requisiti della legittima difesa, varrà solo sull'articolo 52 del codice penale e non varrà, invece, per le altre scriminanti. E questo è irragionevole, perché avremo dei principi da applicare per le altri scriminanti, per le altre cause di giustificazione, e, invece, una disciplina che va ad essere modificata anche sui presupposti, intervenendo sul comma 4. E, infatti, nell'articolo 1, quarto comma, con la riforma, non è più solo la proporzionalità ad essere presunta, ma la legittima difesa tout-court, quando il soggetto agisca per respingere la sola intrusione violenta altrui. La presunzione sempre assoluta questa volta preclude al giudice l'accertamento non solo del requisito della proporzione, ma di tutti gli elementi costitutivi della scriminante. E i profili di incostituzionalità sono, in questo caso, ancora più evidenti, il principio del libero convincimento del giudice è del tutto sacrificato e viene precluso il bilanciamento tra i diritti, entrambi fondamentali, che anche prima citavo, della sicurezza e dell'integrità fisica.

E inoltre, altra criticità - sono sempre considerazioni tecniche - è il rapporto tra il secondo comma e il quarto comma nella riforma che state andando a votare, perché appare contraddittorio presumere la sola proporzione, nel caso di cui al comma 2, in cui un soggetto agisca a tutela della propria incolumità messa in pericolo dall'azione del reo, e presumere, al contrario, l'intera scriminante quando il soggetto agisca solo per respingere l'intrusione, ancorché violenza di un soggetto. Quindi, anche questo crea contraddittorietà e anche situazioni diverse, dove si interviene in modo diverso, alterando quei principi costituzionali che sono stati richiamati.

Secondo noi, la riforma del 2006 aveva raggiunto quell'equilibrio, anche costituzionale, infatti poi ha tenuto al vaglio costituzionale. Ma il fatto di aver tenuto al vaglio costituzionale non ci può consentire di dire oggi; ma terrà anche la riforma, perché, nel tenere la riforma del 2006, la Corte costituzionale ha indicato dei paletti e oggi noi andiamo oltre questi paletti. E quindi, secondo noi, già la riforma del 2006 è completa, è idonea a garantire in modo adeguato chi agisca per difendersi nel proprio domicilio, nel rispetto della nostra Costituzione. E questo è importante, perché è giusto tutelare maggiormente, come ha fatto il legislatore del 2006, chi si vede aggredito, chi vede entrare nel proprio domicilio o nel proprio esercizio commerciale una persona, magari anche coperta nel viso e con le armi.

Chiaramente chiunque avrebbe paura e necessita di una tutela, ma questo c'è e basta vedere i casi giudiziari; è vero che ci sono alcuni casi in cui non è stata applicata, ma andiamoli a verificare. Allora, poniamoci quello che, tra l'altro, è un altro aspetto della riforma, che recepisce un emendamento presentato nella scorsa legislatura proprio dall'onorevole Verini per quanto riguarda le spese del procedimento, cioè il gratuito patrocinio. Infatti, l'altra cosa che si dice è quella per cui non è giusto che poi chi si vede aggredito, chi si vede sottoposto a un processo, si debba pagare anche le spese legali: ben venga questa norma, ben venga la norma della sospensione da concedere solo a chi ha risarcito i familiari delle vittime o la vittima. Ragioniamo sull'articolo 55 e sull'articolo 59, su quella che era all'inizio la soluzione, che ci ha ricordato anche il professor Padovani; tuttavia, laddove, anche voi, siete intervenuti con la modifica all'articolo 55, lo avete fatto in modo errato, perché andate a stravolgere la norma e non prendete nemmeno quegli aspetti positivi del disegno di legge a prima firma di David Ermini, che teneva conto di una situazione, del grave turbamento della vittima, parola sottolineata anche prima dall'onorevole Paolini. È giusto che ci si chieda e si immagini…

PRESIDENTE. Concluda, deputato.

COSIMO MARIA FERRI (PD). …un turbamento della vittima nel momento in cui si vede aggredire o si vede entrare uno in casa, quindi è giusto intervenire e tutelare, ma ciò va fatto correttamente e anche dove andate a modificare l'articolo 55 del codice penale, commettete una serie di errori, escludendo la punibilità ove il soggetto abbia ecceduto i limiti…

PRESIDENTE. Deputato Ferri, ha esaurito il suo tempo.

COSIMO MARIA FERRI (PD). …della scriminante. Quindi è una riforma che non può essere votata, che non garantisce sicurezza e che non lancia quel messaggio che oggi mediaticamente volete lanciare. Si torna indietro e non si va avanti. Sono certo che, purtroppo, questa norma sarà poi dichiarata incostituzionale dalla Corte e creerà ancora di più incertezza del diritto e meno tutela alle persone offese, a cui va convintamente il mio primo pensiero (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Silvestroni. Ne ha facoltà.

MARCO SILVESTRONI (FDI). Presidente, colleghi, Governo - è presente il sottosegretario Morrone - anche se Fratelli d'Italia voterà a favore di questa normativa, purtroppo dobbiamo costatare che il testo emerso dalla Commissioni giustizia è troppo debole, ma comunque dobbiamo dire che è un'ottima iniziativa quella di voler riformulare la legge sulla legittima difesa. Il nostro sistema giudiziario ne ha un disperato bisogno e le cronache non fanno che confermare questa necessità. Infatti, questo provvedimento o questa riformulazione ha sicuramente l'aspirazione di voler tutelare i cittadini da un calvario giudiziario che li trasforma da vittime in carnefici ed è irragionevole per uno Stato di diritto.

Sottosegretario Morrone, o meglio, Presidente, quello delle aggressioni e dei furti dove si usa la violenza è un problema ormai di sicurezza nazionale e, per quanto siamo confortati dai dati che arrivano dal Viminale, per cui i reati di furto e le aggressioni in abitazioni o presso attività commerciali sono diminuite circa del 10 per cento, però, purtroppo, la percezione, il senso di sicurezza per il cittadino è sempre troppo basso. Tra l'altro, nonostante lo straordinario lavoro che fanno le forze dell'ordine, la Polizia di Stato, i carabinieri, i furti sono ancora troppi e rimangono - questo è in realtà terrificante - ancora senza colpevole: si parla del 97 per cento circa. Questo è sicuramente terrificante.

Se, quindi, la finalità della pena è quella della prevenzione sociale, ne discende la necessità che la pena sia proporzionale al delitto, cioè, mi spiego meglio, in uno Stato normale la pena è il mezzo per orientare le scelte di comportamento della generalità dei suoi destinatari tramite il contenuto afflittivo della stessa, perché essa ha la funzione di creare una reazione psicologica capace di arginare la spinta delinquenziale. Quindi io vorrei che il Governo mi spiegasse come si fa ad innescare questa reazione psicologica quando in questa riformulazione sulla legittima difesa viene alzata una multa da 927 euro a mille euro per chi furtivamente entra dentro casa - entra nelle nostre case - per rubare ciò che è nostro, ciò che è dei cittadini italiani.

Allora, sorge spontaneo chiedersi come sono stati fatti questi aggiornamenti: sembra che siano stati fatti come degli aggiornamenti Istat. Vi spiego meglio. Se noi pensiamo che per il reato di rapina, sottosegretario Morrone - parlo al sottosegretario Morrone, Presidente, me lo consenta - la multa passa da 1.290 euro a 2.000 euro e quindi con questo aumento di 700 euro si dovrebbero scoraggiare tutti i delinquenti, mentre se un gestore di un bar o di qualsiasi altra attività commerciale che cerca di difendersi - badate bene, sentite bene - omette di esporre il cartello di uso di telecamere per videosorveglianza, la multa è fino a 6 mila euro, allora, io le chiedo di rivedere questa situazione, sottosegretario.

Ancora, se si installa un impianto di videosorveglianza in un locale, sempre commerciale, o in un'attività comunque di carattere commerciale, omettendo di segnalarlo all'Ispettorato del lavoro, allora la multa può superare - udite, udite - addirittura i 30 mila euro. Ancora, se è giusto - ed è giusto - che chi maltratta animali è punito con multe dai 5 mila euro ai 30 mila euro, ma è mai possibile, però, che chi commette una violenza o una minaccia per rapinare un'anziana, un anziano, o comunque chi è in una situazione di debolezza, la multa non superi i 4 mila euro? Oggi noi abbiamo la possibilità, avete la possibilità, di rivedere queste pene e queste multe, altrimenti saremo ridicoli, sarete ridicoli. Quindi, facendo sempre riferimento alla funzione della pena ed espressamente alla sua proporzionalità, non possono essere previste in questa riformulazione ancora pene inferiori ai quattro anni, perché sia dentro quest'Aula che fuori ormai tutti sanno che non si va nelle patrie galere, neanche per un giorno, se la pena è inferiore o è uguale a quattro anni.

Quindi, Presidente, in questo provvedimento si parla di reati contro la libertà, contro l'incolumità, contro la proprietà privata: tutti princìpi garantiti dalla nostra Costituzione.

Per cui, se l'obiettivo è – o era – quello di tutelare le vittime, allora la difesa, per tutelarle deve essere sempre legittima e la pena commisurata al reato e se il reato è contro la libertà e l'incolumità di onesti cittadini allora la pena dev'essere massima. Comunque, ribadisco che è ottima l'iniziativa di riformulare la legittima difesa. La condividiamo e la condividiamo anche perché è una battaglia che Fratelli d'Italia porta avanti da tanti anni e voglio tra l'altro ricordare che la proposta è stata presentata proprio da Giorgia Meloni, ma quello era un testo - diciamolo - molto più coraggioso di questo, perché, senza equivoci, affermava che la difesa è un diritto e, pertanto, è sempre legittima. E, sempre senza equivoci, la proposta di Fratelli d'Italia - e, quindi, di Giorgia Meloni - limitava la discrezionalità del giudice, garantendo l'effettiva possibilità di difendersi senza subire anni di ingiusto o di ingiusti processi.

Concludo e ribadisco che anche se Fratelli d'Italia voterà a favore su questa modifica normativa riguardante la legittima difesa, ci dispiace e mi dispiace perché pensavamo di non esseri i soli a credere nel principio assoluto che la difesa è sempre legittima, ma, purtroppo, in questo testo dobbiamo dire che resta ancora - lo ripeto - l'ampia discrezionalità del giudice - e concludo, Presidente - e rimane ancora la proporzionalità tra difesa e offesa.

Quindi, concludo dicendo che per noi di Fratelli d'Italia la difesa è sempre legittima. Rimane un impegno solenne preso con tutti gli italiani e chiaramente combatteremo affinché - e chiedo a lei, sottosegretario Morrone, se vorrà farsene carico e magari mi rivolgo anche ai commissari - siano rivisti gli emendamenti - così come ce ne sono tanti - proposti da tutto il gruppo di Fratelli d'Italia sicuramente per migliorare questo testo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manfredi Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oltre ai punti qualificanti relativi più propriamente alla riforma della legittima difesa e poc'anzi illustrati dai colleghi della Commissione giustizia del gruppo Lega, è volontà di questo legislatore operare, con il medesimo testo, l'aggravamento delle pene edittali per alcuni reati di maggiore allarme sociale, tra i quali i delitti che più tipicamente creano le condizioni per una reazione difensiva dell'aggredito. Tra questi, il furto in abitazione, la violazione di domicilio e la rapina. L'aggressione a beni personali, in specie quando questo attacco si indirizza al luogo di vita privata e di lavoro, è, nella concreta esperienza di ogni vittima del reato, un evento destabilizzante. Viene, infatti, compromesso il luogo ove si costruisce ogni aspetto personale privato dell'individuo. Con la violazione di un'abitazione si disarticola la tranquillità e la serenità delle famiglie; con l'aggressione ai beni e alle persone in un ambiente privato si concretizza una violenza di uno spazio sino a quel momento ritenuto intimo; con la sottrazione dei beni di valore si depauperano i ricordi e i valori faticosamente acquistati o ricevuti in dono; con l'aggressione alla casa si genera un'instabilità emotiva che va inevitabilmente a interferire nel sereno svolgimento delle attività lavorative e anche sul mantenimento dell'equilibrio psichico. A questi effetti si somma il più inquietante dei fenomeni giudiziari, la possibilità, cioè, che il reo, a breve distanza di tempo dalla commissione dei fatti delittuosi, possa trovarsi nuovamente libero di riproporre similari condotte antigiuridiche. I reati predatori sono, infatti, tra quelli a maggiore tasso di recidiva, trattandosi di reati commessi da una varietà criminale che va da bande di professionisti del crimine, spesso stranieri, che operano con sistemi paramilitari nell'attacco a ville e a mezzi di trasporto valori, sia, in altri casi, da disadattati sociali, tossicodipendenti o baby gang, che attaccano farmacie o tabaccherie per ricavarne il più delle volte un sostentamento giornaliero al prezzo di vite umane e agendo senza il minimo controllo della loro potenza aggressiva - ora sì - e dei loro impulsi criminali. Gesti criminali che sono destinati a colpire indistintamente donne, anche incinte, anziani e uomini disarmati.

Ebbene, alla luce di questi inquietanti fenomeni riconoscere un meccanismo per superare la discrezionalità dei giudici nella valutazione della proporzionalità degli atti compiuti dall'aggressore e dal cittadino aggredito pare solo buonsenso e a questo importante principio vogliamo aggiungere, appunto, la previsione di una maggior pena per una serie di delitti come quelli poc'anzi indicati, per i quali in caso di condanna potremo garantire che il reo beneficerà sempre in minor misura di sospensioni condizionali della pena.

Continuando, quindi, l'excursus del testo in esame in questa Camera poc'anzi illustrato da alcuni dei miei colleghi del gruppo Lega, non meno importanti sono le modificazioni codicistiche penali e anche civili risultanti dagli articoli 3, 4, 5, 6 e 7 (questo ultimo sarà trattato da una mia collega). Infatti, a corollario delle modifiche delle norme disciplinanti la legittima difesa, si è voluto imprimere una rigida modifica alle condizioni di accesso al beneficio della sospensione condizionale della pena nei casi di condanna per furto in abitazione. Questa facoltà del giudice sarà subordinata, approvando il testo in esame, alla condizione del pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa. Lo si fa aggiungendo un comma sesto all'articolo 165 del codice penale, espressamente riferito al furto in abitazione e che si estenderà anche al furto con strappo.

È poi introdotta una maggiore forbice punitiva per taluni reati, come all'articolo 614, che disciplina la violazione del domicilio e che punisce chiunque si introduce nell'abitazione altrui o in un altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce clandestinamente o con l'inganno. La pena passa a quella che va da uno a cinque anni rispetto all'attuale da sei mesi a tre anni. Anche il quarto comma, riguardante il caso del fatto commesso con violenza sulle cose o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato, vede aumentare la forbice edittale della pena dagli attuali uno a cinque anni alla nuova pena da due a sei anni.

All'articolo 5 del testo in esame si interviene, poi, sulla pena edittale del reato di cui all'articolo 624-bis, il più tradizionale di quelli che abbiamo portato, appunto, a testimonianza di casi di legittima difesa, cioè il furto in abitazione ovvero quello consistente nell'introduzione in un edificio o in un altro luogo destinato in tutto in parte a privata dimora o nelle pertinenze di esso, la cui pena viene portata da tre a sei anni, che è l'attuale, a quella che va da quattro a sette anni. Tale pena si estenderà, per richiamo del secondo comma della norma, anche al furto con strappo. Il terzo comma dell'articolo 624-bis punisce il predetto reato stavolta aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625, ovvero se ricorra una o più delle circostanze indicate all'articolo 61. Anche questa ipotesi aggravata vedrà aumentare a 5 anni di reclusione la pena base mantenendo il suo massimo in dieci anni, con rimodulazione della multa. Anche per il reato di rapina l'ipotesi base di cui al primo comma vede un innalzamento a cinque anni della pena base. Nelle ipotesi aggravate dalle circostanze di cui al terzo comma la pena base è aumentata a sei anni, con rimodulazione della multa prevista, e così per l'ipotesi di concorso tra più delle circostanze di cui al terzo comma o di una di queste e altra di cui all'articolo 61 del codice penale, casi in cui la pena base è aumentata a sette anni.

Non mi resta, dunque, che augurare a questo provvedimento la miglior sorte (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alfredo Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI (PD). Grazie, Presidente. Questo dibattito, se ve ne fosse stato ancora bisogno, ha dato conto, a mio modo di vedere, della evidente divaricazione in atto nella maggioranza tra la Lega e il MoVimento 5 Stelle, con la Lega che ha difeso a spada tratta questo provvedimento dandone un'interpretazione estensiva. Io ho sentito qualcuno che diceva che questo è un provvedimento con il quale finalmente i giudici non hanno più alcuna discrezionalità nel valutare gli episodi che accadono dentro alle abitazioni delle persone che vengono aggredite e ho sentito, di converso, la collega del MoVimento 5 Stelle, l'unica che è intervenuta per la verità in questo dibattito, che, invece, si affannava a dare un'interpretazione del tutto contraria a questa riforma, il che mi pare che testimoni di una palese divaricazione tra la Lega e il MoVimento 5 Stelle, che si palesa anche su questo provvedimento.

Io non voglio ribadire cose che sono già state dette dai miei colleghi che molto puntualmente sono intervenuti, da Verini, che è relatore minoranza, ai colleghi Annibali e Ferri, e quindi cercherò di ribadire alcune ragioni che rendono, secondo noi, del tutto inaccoglibile questo tentativo di riforma della legittima difesa.

Potrei limitarmi a citare le parole di un luminare del diritto penale, il professor Tullio Padovani, che ha detto testualmente: “l'articolo 52 del codice penale - cioè l'articolo che prevede la legittima difesa - non necessita di alcuna riforma. Esprime compiutamente ed esaustivamente il fondamento e i limiti obiettivi del diritto di difesa”. È una dichiarazione che suona quasi come una sentenza, un epitaffio su questo tentativo di riforma che, in realtà, come sappiamo perché è stato detto con grande chiarezza, obbedisce semplicemente e unicamente a una logica di speculazione politica sulle paure anche legittime degli italiani sulle quali la Lega e la destra in generale speculano per cercare di ottenere consenso. Questo è semplicemente il motivo e, quindi, si interviene su una norma che è suggestiva nei confronti dell'opinione pubblica. Lo si fa ben sapendo che, in realtà, cambierà poco o nulla dal punto di vista giuridico, perché ciò che interessa è dare un messaggio che, secondo noi, è molto pericoloso. cioè lo sdoganamento della giustizia fai da te per i privati e, quindi, della rottura del monopolio della giustizia a carico dello Stato, che rappresenta il fondamento di qualunque Paese democratico. Questo è il vero rischio che corriamo ed è il messaggio subliminale che sta dietro la scelta di modificare e ritoccare la legittima difesa; un totem carissimo alla destra di ogni tempo e che qui viene ribadito e nuovamente perpetrato.

Tuttavia, se noi proviamo a valutare criticamente le ragioni che sono state portate da tutti i colleghi che sono intervenuti anche in discussione generale per giustificare la necessità di intervenire sulla legittima difesa, ci rendiamo conto che non una di queste ragioni resiste a un minimo vaglio critico, non ad un approfondimento particolare, ma a un minimo vaglio critico. È stato detto anzitutto che son cambiate le modalità di esecuzione dei reati predatori. Ora, su questo bisogna essere molto chiari, perché è ben vero che i reati predatori, che più colpiscono le persone, cioè le rapine, i furti in abitazione, i reati che in qualche modo colpiscono di più, anche i singoli e i privati cittadini, nella propria intimità, sono aumentati nei decenni scorsi, e più precisamente sono molto aumentati tra il 2001 e il 2012. Guarda caso, curiosamente e paradossalmente, in anni in cui governava il centrodestra; guarda caso, paradossalmente e curiosamente, anche dopo che venne fatta la riforma della legittima difesa del 2006: questo per dire che chi parla di efficacia dissuasiva di una riforma della legittima difesa non sa di cosa parla, perché i dati ci dicono che, già quando è stata fatta una riforma della legittima difesa, i reati predatori, anziché diminuire, sono aumentati esponenzialmente, quindi l'efficacia dissuasiva non esiste. Ma nessuno ha detto quanto sono diminuiti quei reati dal 2013 ad oggi e questa è una cosa curiosa, perché, se si leggono i numeri, si scopre che quei reati non sono diminuiti dell'1-2 per cento all'anno ma sono diminuiti drasticamente in questi anni. Non c'è l'emergenza che viene denunciata alla base della riforma. Cito dati statistici dell'Istat: le rapine in abitazione nel 2013 erano 3.619; nel 2017 si sono ridotte del 50 per cento a 2.300. Le rapine totali erano 43.700 nel 2013; sono state 28.600 nel 2017: anche qui una riduzione drastica, enorme. I furti complessivi erano 1.600.000 nel 2007; sono stati 1.100.000 nel 2017. I furti in abitazione, altro reato predatorio citato in continuazione: erano 251.000 nel 2013, sono stati 192.000 nel 2017. Ma di quale emergenza stiamo parlando? Se questi reati sono tutti in diminuzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) perché non lo dite, perché il nostro Ministro dell'interno non lo dice dal momento che conosce benissimo questi dati: perché non li dice, perché non li cita?

Perché a voi interessa semplicemente la propaganda, a voi interessa semplicemente speculare sulla paura degli italiani!

Secondo argomento che viene utilizzato: occorre migliorare e chiarire la norma. La verità, cari colleghi, che non viene mai detta, soprattutto dal Ministro dell'Interno Salvini, è che già oggi c'è una legge e una legislazione sulla legittima difesa. Il Ministro Salvini dice: faremo un grande regalo agli italiani introducendo la legittima difesa. No, cari italiani, già esiste una norma sulla legittima difesa e funziona benissimo! Tanto è vero che le inchieste per legittima difesa che si concludono con processi si contano sulle dita di una mano - ripeto: si contano sulle dita di una mano - cioè ci sono tante inchieste che vengono fatte per eccesso colposo di legittima difesa, per indagare su fenomeni in cui uno ha reagito di fronte a un'aggressione, e la stragrande maggioranza, la quasi totalità di tali inchieste si conclude con l'archiviazione. Ciò vuol dire che la norma sulle legittima difesa oggi funziona bene e sono pochissimi i casi in cui, invece, si va a processo e ancora meno, come ci hanno detto anche gli auditi, i casi in cui quei processi si concludono con una condanna. Dunque perché intervenire? Infatti, guardate, colleghi non esiste al mondo una norma che metta al riparo anche da errori giudiziari. Non si potrà mai impedire ed evitare che magari, in qualche caso, qualcuno venga sottoposto a processo in maniera sbagliata. La verità è che la norma, già così com'è oggi, funziona perfettamente e sono i dati a dircelo, i numeri. Abbiamo 1.300.000 procedimenti penali pendenti in Italia. Stiamo parlando di cinque o sei casi all'anno: cinque o sei casi su 1.300.000: ma su cosa stiamo legiferando? Ma quale emergenza stiamo denunciando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Sono falsità, è un grande inganno che state perpetrando nei confronti degli italiani.

Ancora, si dice che non ci saranno più inchieste in questo caso. Anche questa è una falsità: in qualunque caso, perfino quando uccido il cane del vicino, sono sottoposto a indagine. Ma volete che non siano sottoposte a indagine le persone che hanno reagito magari uccidendo una persona? Ci saranno sempre queste indagini, sempre! È una falsità dire che non ci saranno più le indagini a carico di chi abbia reagito. È un altro grande inganno che state perpetrando nei confronti degli italiani!

Dunque perché fate questa riforma, perché la fate? Perché state cercando semplicemente di ottenere consenso, speculando politicamente sulla paura degli italiani: questa è la verità. Ripeto: questa è la verità. E, vedete, noi non siamo preoccupati tanto della riforma che state facendo, che è una riforma, secondo noi, sbagliata anche dal punto di vista tecnico: il mio collega Ferri qui accanto a me lo ha già detto con grande chiarezza. Noi non siamo preoccupati di questo, perché sappiamo che il nostro sistema giuridico ha gli anticorpi per evitare che una norma incostituzionale possa produrre effetti. Ha gli anticorpi perché esiste la Corte costituzionale e perché, per fortuna, ci sono i giudici che interpretano le norme in maniera corretta e cercano di evitare interpretazioni che siano illegittime o che mettano a rischio i principi costituzionali. Siamo molto preoccupati invece per il messaggio che denunciavo all'inizio, il messaggio che si vuole lanciare, cioè che da oggi in poi gli italiani potranno difendersi da sé e farsi giustizia da soli nelle proprie abitazioni. Questo è un messaggio molto pericoloso per due ragioni: la prima, perché voi state dicendo che non avete fiducia nello Stato, ed è impressionante che questa cosa venga detta dal Ministro dell'Interno, che dovrebbe invece essere colui che afferma che lo Stato aiuta ad evitare che vi siano i reati e a ridurre il numero di reati. Voi state dicendo che dello Stato non ci si può fidare e che quindi occorre difendersi da soli. È una cosa, un secondo noi, molto pericolosa. Il secondo motivo è che abbiamo paura che questo apra esattamente a quel Far West che anche voi nelle vostre argomentazioni avete evocato semplicemente per dire che non ci sarà il Far West.

Siamo preoccupati perché, accanto alla riforma della legittima difesa che lancia questo messaggio subliminale, o neanche tanto subliminale, accanto a questo voi avete allargato le maglie legislative per la detenzione di armi, anche di armi da guerra, perché voi con il recepimento della direttiva europea del 2017 avete fatto esattamente questo, cioè avete - e cito - aumentato da sei a dodici le armi sportive detenibili, aumentato a 10, per le armi lunghe, e a 20, per le armi corte, i colpi consentiti nei caricatori; avete esteso la categoria di tiratori sportivi, quelli autorizzati a comprare le armi da guerra come i kalashnikov. Li avete aumentati, perché adesso l'acquisto di quelle armi non sarà accessibile solo agli iscritti alla federazione del CONI ma anche agli iscritti alle sezioni del tiro a segno nazionale, agli appartenenti alle associazioni dilettantistiche affiliate al CONI, nonché agli iscritti ai campi di tiro e ai poligoni privati. Questo avete fatto con il recepimento di una direttiva europea: avete allargato le maglie. Allora, se mettiamo insieme questa legislazione, che voi state allargando, e il messaggio che state dando con la riforma della legittima difesa, noi siamo molto preoccupati che ci si stia avvicinando esattamente a quel pericolo di Far West che noi abbiamo denunciato fin dall'inizio di questa discussione. Questa è la ragione per la quale noi siamo molto contrari a questa deriva culturale, oltre che legislativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Anna Rita Tateo. Ne ha facoltà.

ANNA RITA TATEO (LEGA). Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, prima di discutere nel merito sulla proposta di legge della legittima difesa vorrei qui ricordare due casi noti alla cronaca italiana e al calvario processuale, non solo penale ma anche civile, che questi nostri concittadini hanno dovuto affrontare e subire. È la notte del 26 aprile 2012, quando Igor Ursu, moldavo di 23 anni, fa irruzione con alcuni nella tabaccheria di Franco Birolo, a Civè, nel padovano. Il titolare, all'epoca quarantasettenne, dorme al piano di sopra, sente i rumori e scende, lasciando moglie e figlia piccola in casa. Ha una pistola e spara, uccidendo il rapinatore. Il tabaccaio viene condannato in primo grado a due anni e otto mesi per eccesso colposo di legittima difesa. La famiglia del bandito chiede un risarcimento di 325.000 euro da pagare alla sorella e alla madre del giovane ladro. E come non dimenticare il caso del signor Sicignano, pensionato, che vive nella sua villetta di Vaprio d'Adda, in provincia di Milano. Il 20 ottobre 2015 si trova in casa un rapinatore albanese di 22 anni: spara e lo uccide. Anche in questo caso la famiglia del ladro chiede un risarcimento danni e ricorre contro l'archiviazione del fascicolo aperto per legittima difesa. Per questi nostri concittadini, e non solo, la Lega ha voluto introdurre importanti modifiche in riferimento alla responsabilità civile. Infatti, l'articolo 7 modifica l'articolo 2044 del codice civile, prevedendo che in caso di condanna per legittima difesa vi sia l'esclusione della responsabilità civile, e in caso di condanna per eccesso di legittima difesa è prevista un'indennità per il danneggiato la cui misura è rimessa all'equo apprezzamento del giudice basato sui criteri della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato. Quindi, tale proposta non obbedisce al diritto penale del nemico o diritto penale dell'emergenza, né indulge al populismo penale, ma mira semplicemente a salvaguardare da obblighi risarcitori chi non aveva alcuna preventiva volontà o previsione di assumerli. Sempre e solo in difesa di cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Marchetti. Ne ha facoltà.

RICCARDO AUGUSTO MARCHETTI (LEGA). Presidente, abbiamo sentito - come al solito, da buona retorica della sinistra - parlare di Far West, addirittura di armi nei supermercati o di foto fatte dal nostro segretario federale, Ministro dell'Interno, Matteo Salvini, con le lobby delle armi.

Mancano i Puffi e le fantasie hanno avuto tutte luogo e impersonificazione in quest'Aula. Andiamo con ordine: Far West. Diciamo fin da subito che il modo con cui viene rilasciato il porto d'armi, dal giorno dopo dell'approvazione della legge sarà il medesimo del giorno prima. Cioè, da quando verrà approvata questa legge, il porto d'armi verrà rilasciato nelle stesse identiche modalità del giorno prima, quindi non ci saranno armi nei supermercati e armerie che regaleranno pistole, ci sarà semplicemente la possibilità di un libero cittadino di difendersi, di difendere la propria famiglia, i propri figli, la propria attività commerciale, il proprio patrimonio, soltanto questo, e non necessariamente con un'arma, perché - ricordiamolo - la legittima difesa funziona anche se mi difendo con il semplice mattarello da cucina, quindi non c'è una liberalizzazione delle armi o un invito a utilizzare armi, è semplicemente un messaggio chiaro.

L'onorevole Bazoli giustamente diceva che noi stiamo dando un messaggio pericoloso ai cittadini, un messaggio che dice: difendetevi con le armi, difendetevi, da oggi potete sparare. No, il messaggio pericoloso oggi lo stiamo lanciando a tutti quei malviventi e a tutti quei criminali che da oggi sanno quello che rischiano, se vengono in casa mia e mettono a rischio la mia famiglia e i miei figli. È incredibile, sembra quasi che per la sinistra, se alle 3 di notte mi sveglio, da padre di famiglia, e trovo un malvivente in casa mia, devo dirgli: accomodati, ti faccio il caffè, di porto quattro pasticcini. Non funziona! In tutti gli Stati civili d'Europa è così da sempre! In tutti gli Stati in cui c'è un diritto forte è così da sempre.

Entro nel merito: quasi 40.000 euro di spese legali e sette o otto anni di attesa per arrivare all'assoluzione. È capitato nei casi più eclatanti, quelli riportati dalla cronaca nazionale, ma situazioni simili riguardano tutti coloro la cui colpa - perché fino ad oggi di questo si è trattato - è stata difendersi, difendere la propria casa, il proprio lavoro, la famiglia, i propri averi, da persone, malviventi, che volevano portargliele via. Tempi biblici, insopportabili, e spese eccessive, esorbitanti, insensate, che spesso costringono il cittadino a dover vendere la propria abitazione, tanto difficoltosamente difesa, per sostenere gli oneri di un processo. La Lega vuole mettere la parola “fine” a tutto questo, inserendo due articoli, gli articoli 8 e 9, della proposta di legge sulla legittima difesa, che prevedono rispettivamente l'introduzione dell'articolo 115-bis sul Testo unico in materia di spese di giustizia e la modifica dell'articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale. Perché questi due articoli? Perché fino ad oggi, oltre la terribile esperienza di ritrovarsi davanti a dei malviventi in casa propria, magari nel cuore della notte, mentre i figli dormono nella stanza accanto, oppure essere minacciati nel proprio luogo di lavoro, quindi con l'angoscia di dover perdere l'incasso tanto faticosamente guadagnato, insieme a dover subire l'umiliazione di essere considerati il carnefice e non la vittima, con l'accusa di aver solamente difeso la propria casa, famiglia, il lavoro, oltre allo stress fisico e psicologico di dover affrontare un lungo processo per dimostrare la propria innocenza e magari rischiare delle pene anche severe, la vittima - perché per noi la vittima è e sarà sempre il più debole, il cittadino, il proprietario di casa, il lavoratore, la persona onesta costretta a difendersi - deve anche affrontare enormi spese legali di difesa in tribunale. I casi più famosi: Graziano Stacchio, nel vicentino, che sparò e uccise uno dei rapinatori che avevano assaltato la gioielleria di Roberto Zancan, vicino alla sua pompa di benzina, ha dichiarato di aver pagato 40.000 euro per doversi difendere. Anche Franco Birolo, tabaccaio, il quale si difese da un moldavo che voleva rubare nel suo negozio, ha dovuto sborsare quasi 40.000 euro per affrontare il processo. Ma poteva andare peggio: gli erano stati chiesti 325.000 euro di risarcimento dalla famiglia del rapinatore, e siamo veramente al paradosso. A far lievitare le spese da affrontare sono spesso le perizie che vanno prodotte in aula, che possono costare anche 10.000 euro l'una. A Giovanni Petrali, tabaccaio che ha ucciso un malvivente dopo essere stato malmenato e minacciato, è andata relativamente bene, perché ha potuto contare su un avvocato di famiglia, altrimenti avrebbe pagato fino a 100.000 euro. Cifre assurde, pesanti, e per noi assolutamente insensate. Altro tema importante è quello di voler evitare che le udienze diventino un calvario di anni e anni per il cittadino. Ci sono voluti otto anni per assolvere in secondo grado Giovanni Petrali. Franco Birolo, indagato con l'accusa di omicidio, si è visto condannato in primo grado per eccesso di legittima difesa, prima di essere assolto, e immaginate cosa significa per un cittadino perbene e onesto avere a che fare con la giustizia. Credo sia una cosa veramente pesante. Dopo sette anni, a giudizio scorso, si è chiuso il terzo grado di giudizio.

Credetemi, credo sia una cosa veramente pesante. Dopo sette anni, a giugno scorso, si è chiuso il terzo grado di giudizio. In un'intervista, Birolo ha ricordato il calvario giudiziario che subisce da sette anni e che ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia.

Da qui l'esigenza di introdurre questi due articoli. L'articolo 8 modifica il decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2001, “Disposizioni in materia di spesa di giustizia”, prevedendo, con l'introduzione dell'articolo 115-bis per le ipotesi di difesa domiciliare nei casi di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o proscioglimento ex articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale, o ex articolo 55, comma secondo, del codice penale, l'applicazione della normativa sul gratuito patrocinio a spese dello Stato, con liquidazione, nella misura e con le modalità previste dagli articoli 82 e 83 del citato decreto del Presidente della Repubblica, dell'onorario e delle spese spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato ed al consulente tecnico di parte della persona nei cui confronti sono stati emessi i provvedimenti citati.

L'articolo 9 modifica, invece, l'articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, prevedendo, nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione di processi, l'assicurazione della priorità assoluta anche ai processi per lesioni colpose ed omicidio colposo verificatesi nel caso di difesa domiciliare.

Cosa cambia, finalmente, con questi due articoli? Che non sarà più il cittadino a dover sostenere le spese legali e a sborsare di tasca propria, ma sarà lo Stato a sostenerle, nel caso in cui alla persona venga riconosciuta la legittima difesa. Non deve più esistere l'ipotesi che un cittadino sia costretto a vendere la casa o la propria azienda per difendersi in tribunale. Inoltre, si interviene sui tempi della giustizia, dando priorità ai processi relativi ai delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose verificatisi nei casi di difesa domiciliare: un modo, questo, per evitare processi che durano otto anni, che procurano stress e tensioni, e che poi, magari, alla fine, si concludono con un nulla di fatto. Si chiama buonsenso, Presidente, ed è quello che ci spinge ad essere sempre dalla parte del cittadino, e non da quella del malvivente, come è stato in tutti questi anni, per troppe volte (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1309-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, ma non lo vedo in Aula, il relatore di minoranza, deputato Verini. Conte non c'è. Turri non replica.

Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, deputato Pierantonio Zanettin.

PIERANTONIO ZANETTIN, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Volevo brevemente replicare ad alcuni degli interventi che sono venuti dall'opposizione, e in particolare da parte dei colleghi del Partito Democratico, i quali hanno ricordato in particolare la riforma del 2006, la riforma varata dal Governo Berlusconi. Ebbene, quella era una buona riforma, era una riforma che ha migliorato molto il quadro normativo; ma, come tante buone riforme, colleghi, aveva dei “buchi”, erano rimasti dei vuoti normativi. E in questi vuoti normativi - come dire? - ci sono scritte delle storie: storie di persone, di uomini in carne ed ossa; storie che noi non abbiamo dimenticato. Parlo di Graziano Stacchio, il benzinaio di Ponte di Nanto, alpino, cacciatore, donatore di sangue, insignito anche di una medaglia al valor civile per aver salvato una donna che era caduta in un torrente e che rischiava di annegare. La mattina del 3 febbraio 2015 egli si è trovato coinvolto in un conflitto a fuoco con dei rapinatori, che rapinavano non la sua attività, ma un'attività dirimpettaia, la gioielleria di Roberto Zancan, ed è intervenuto per difendere la commessa di quella gioielleria.

Parlo di Ermes Mattielli, morto di crepacuore dopo una condanna in grado di appello comminata dalla Corte di appello di Venezia. Parlo di Franco Birolo, di Civè di Correzzola, in provincia di Padova. Parlo di Diego Caioli, il gioielliere romano che è stato prosciolto solo pochi giorni fa, dopo un calvario processuale durato circa dieci anni ed una condanna in primo grado.

Ecco, vedete, colleghi del Partito Democratico, voi magari queste persone le avete conosciute solo dalle cronache del telegiornale o dalla lettura dei quotidiani: noi, invece, queste persone le abbiamo conosciute di persona, le abbiamo guardate negli occhi, abbiamo visto le lacrime che sgorgavano dai loro occhi, abbiamo conosciuto il dramma delle loro famiglie.

È vero, collega Bazoli: molto spesso, anzi quasi sempre queste vicende processuali si sono concluse con l'assoluzione: nessuno è stato condannato in Cassazione; il povero Ermes Mattielli, invece, è morto di crepacuore nel corso dell'iter processuale. Però, vedete, qui mi soccorrono gli insegnamenti di un grande della dottrina giuridica, che risponde al nome di Carnelutti. Cosa ci insegnava Carnelutti? Cosa ci ha lasciato come messaggio? Anche il processo è una pena. Per le persone perbene che vengono aggredite, un iter processuale di sei mesi, un anno, cinque anni, dieci anni, una condanna in primo grado non è come per chi è abituato ad entrare ed uscire di galera, che dà per scontato: il processo c'è, ci sarà un avvocato da pagare. Sono drammi, ma drammi veri: sono famiglie sconvolte, sono attività economiche che vanno in rovina.

E allora, colleghi del PD, se questa nostra iniziativa legislativa servirà per evitare anche a solo una persona, anche ad un solo caso umano un dramma processuale come quello che hanno subito le persone che ho citato prima - uomini, ripeto, in carne ed ossa, cuori e anime -, allora credo che oggi abbiamo fatto un buon lavoro e che questa nostra iniziativa merita di arrivare a compimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Morrone.

JACOPO MORRONE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Onorevole colleghi, Presidente, questo provvedimento punta a fare chiarezza in una materia che lasciava un ampio margine di discrezionalità interpretativa, e che, di conseguenza, non consentiva alle vittime di un reato di vedersi riconosciuta la legittimità dell'azione compiuta per difendere se stessi, la propria famiglia, l'abitazione o l'azienda, e di sentirsi contestualmente tutelati dallo Stato. Si tratta di una riforma utile alla comunità, perché risponde concretamente ad una richiesta diffusa da parte della popolazione: questa norma non darà il via libera a giustizieri fai da te, nessun Far West, nessuna corsa alle armi, nessuna licenza di uccidere, come è stato ripetuto strumentalmente anche oggi, ma un passo in avanti nella civiltà del diritto. Servirsi di slogan e non di serie valutazioni, la dice lunga sulla mancanza di argomenti dei detrattori del progetto di riforma: chi viene aggredito in casa propria o nella propria azienda deve potersi difendere senza temere di essere vittima due volte, e di doversi sobbarcare anni di sofferenze, rabbia, perdite economiche e di relazioni sociali per difendersi dallo Stato e dalle pretese risarcitorie di chi l'ha aggredito.

Secondo i sondaggi, il 73 per cento degli italiani ritiene giusto usare le armi contro i banditi, seppure con modalità diverse; il 62 per cento non si sente sicuro soprattutto in casa propria. La maggioranza degli italiani chiede, quindi, di potersi difendere se subisce un'aggressione nella propria abitazione: non chiede la licenza di uccidere, ma di non essere messa alla gogna giudiziaria se colpisce un bandito che intende rubare, violentare o aggredire. È di ieri la notizia della condanna a 4 anni e 6 mesi di Pevero, un imprenditore di Piacenza che, nell'ottobre 2011, sparò a due rumeni che gli stavano rubando gasolio e ne ha ferito gravemente uno. Da notizie di stampa, apprendiamo che per l'azienda dell'imprenditore era il terzo furto nel giro di poco tempo; dopo quell'episodio, lo stesso imprenditore ha subito altri tredici furti di gasolio.

Allora, di chi è la responsabilità? Non è forse da condannare chi ha consentito, in questi anni, che l'Italia diventasse terra di nessuno? Ma oltre all'inasprimento delle pene e a pene certe, noi crediamo, insieme alla maggioranza degli italiani, che sia legittimo difendersi e che l'opposizione a questo sacrosanto diritto sia solo ideologica e strumentale.

Conosciamo le storie di chi si è legittimamente difeso e che ha subito una via crucis giudiziaria e mediatica, oltre che finanziaria, per le spese processuali. Ricordo a tutti che le vittime sono loro. Non è materia, questa, su cui lanciare veti politici. Se l'opinione pubblica mostra sfiducia crescente nei confronti di certi segmenti dello Stato e delle istituzioni, vuol dire che c'è molto che non va da troppo tempo e bisogna capirne le ragioni. La norma che oggi regola la legittima difesa non è sufficiente e chi lo afferma non può che farlo in cattiva fede, senza alcuna comprensione delle vittime di queste infinite vicende giudiziarie.

Da una parte ultra minoritaria del Paese c'è un pregiudizio di fondo nei confronti di chi ha difeso o tentato di difendere la propria casa o il proprio negozio, la propria vita o quella dei suoi cari, ed è palese che ci sia stato un atteggiamento di ostilità diffusa in certi ambienti nei confronti di qualsiasi progetto di cambiamento in materia di legittima difesa.

Gli obiettivi a cui puntiamo non sono rivoluzionari, ma dettati dal buonsenso, dall'esempio di altri Paesi e, soprattutto, dall'ascolto e dalla considerazione di troppe vicende giudiziarie che hanno causato problemi gravissimi, come abbiamo visto, alle vittime che hanno reagito al reato perpetrato ai loro danni.

Alle persone deve essere data la possibilità di difendersi, di difendere i propri cari, di difendere il proprio patrimonio. Se qualcuno entra in casa mia, di notte, mentre la mia famiglia dorme, io ho paura, io temo non solo che rubi le mie cose, ma che compia delle violenze e allora se posso mi difendo: ho il diritto di reagire senza finire indagato sul banco degli imputati. Ci sono tanti, troppi casi di persone che si sono legittimamente difese, hanno difeso la propria attività da predatori senza scrupoli e violenti, che sapevano benissimo quello che stavano facendo e le reazioni che sarebbero potute arrivare dalla vittima; eppure hanno dovuto difendersi non tanto dai predatori, quanto, in certi casi, dai tempi e dai modi della giustizia.

Vorrei che tutti i garantisti nei confronti dei predatori si confrontassero, come ho fatto io, con le vittime di questi reati e le loro famiglie. E attenzione, perché è anche possibile che i parenti del bandito a cui hai sparato ti chiedano il risarcimento e ci sia anche chi pensa che sia legittimo. Questa riforma è una priorità non solo del Governo, ma per gli italiani: l'obiettivo è quello di rafforzare le tutele per colui che reagisce ad aggressioni e non certo legittimare un omicidio: sì ad uno Stato che condanna i delinquenti e sì ad uno Stato che difenda i suoi cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

(Annunzio di questioni pregiudiziali - A.C. 1309-A)

PRESIDENTE. Avverto che, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Conte n. 1 e Bazoli ed altri n. 2, che saranno esaminate e poste in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento (Vedi l'allegato A).

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 690 - D'iniziativa dei senatori: Patuanelli ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata dal Senato) (A.C. 1353); e delle abbinate proposte di legge: Zanettin ed altri; Rampelli ed altri; Ruocco ed altri; Brunetta (A.C. 654-772-793-905) (ore 14,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 1353: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario; e delle abbinate proposte di legge nn. 654-772-793-905.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1353)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Forza Italia e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Alvise Maniero.

ALVISE MANIERO, Relatore. Grazie, Presidente. Cercherò di riassumere rapidamente il contenuto della proposta di legge n. 1353, che è risultata, peraltro, anche abbastanza esaustiva, almeno a mio parere, anche con riferimento alle abbinate e che, seppure giustamente e anche utilmente diversificandosi nelle proposte riguardo alla durata o ad alcune specifiche riguardo la composizione di questa Commissione, nei compiti raccoglie in modo abbastanza ampio le attese e i desiderata contenuti nelle abbinate. Cerco quindi di concentrarmi sul contenuto dell'articolo 3, che le raccoglie estesamente.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI (ore 14,30)

ALVISE MANIERO, Relatore. Ovviamente, il presupposto è la raccolta delle risultanze della precedente Commissione che, come sappiamo, non ha avuto moltissimo tempo per lavorare - circa tre mesi - e quindi ne raccoglie le risultanze a vantaggio del lavoro di questa costituenda. Si valuta subito l'opportunità, le condizioni in cui potrebbe essere interessante creare una vera e propria procura nazionale per il perseguimento dei reati finanziari e bancari, questo anche a seguito dei risultati delle audizioni svolte nella precedente Commissione, in cui autorevoli intervenuti facevano notare come i reati che sono stati esaminati e che si susseguono in questi ambiti sono di una complessità tale che potrebbe richiedere una competenza veramente specifica per avere modo di contrastarli e, in alcuni casi, anche solo di individuarli in un tempo utile.

Si prosegue, poi, con l'intento di allargare le competenze della Commissione ad un'analisi della disciplina Ue riguardo al credito cooperativo, quindi, con uno studio comparato del diritto proprio riguardo agli effetti delle varie modalità di recepimento negli Stati membri delle normative relative alle Banche di credito cooperativo, alle BCC e alle Banche popolari. Può essere interessante, in questo senso, notare che, anche se solo parzialmente per questo, ci sono dei divari molto rilevanti tra Stato e Stato in Europa riguardo a quanti asset bancari siano sottoposti, per esempio, al controllo della Banca centrale europea: se in Italia sfioriamo il 100 per cento, in Germania siamo attorno al 60 per cento e anche questo è un dato interessante.

Si prosegue andando a rilevare le incompatibilità e i conflitti di interessi, come questi sono normati e quindi come si cerca di evitarli negli enti di controllo tra le figure apicali, quindi parliamo di Banca d'Italia sicuramente, parliamo di Consob, ma anche di IVASS e COVIP.

Si prosegue andando ad esaminare lo stato di attuazione dell'unione bancaria con una particolare attenzione a un fattore, cioè alla diversa ponderazione del rischio, nella normativa a cui mi riferivo, tra credito commerciale e rischio di mercato. Anche qui, l'esempio è di una differenza marcata tra le banche dei Paesi del Mediterraneo o, comunque, del sud Europa, in un confronto con quelli degli Stati cosiddetti core, che sono Francia e Germania, dove magari si ha addirittura meno attività creditizia, ma molta, molta più attività finanziaria, che paradossalmente è pesata meno come rischio e quindi richiede un minore capitale di garanzia.

Si va a prendere in esame anche come le autorità di vigilanza regolamentano e intervengono per quanto riguarda il rischio dei crediti deteriorati, degli Npl. Ovviamente, si prende anche in esame come in questi anni si sia modificato, di fatto, il mercato bancario in Italia e come, per esempio, sia andata a ridursi l'attività creditizia rispetto, invece, ad un aumento sensibile di servizi e di risparmio gestito, così come si fa un punto d'attenzione riguardo al tema dei confidi.

C'è una particolare attenzione anche al fenomeno dell'usura, dell'anatocismo bancario, al sistema di calcolo dei tassi di usura e, quindi, al loro raggiungimento.

Si prosegue con un'analisi - e io credo che questa, anche se spesso viene poco enfatizzata, sia sostanziale - dell'analisi della strutturazione del debito pubblico con riferimento alle cartolarizzazioni, ma in particolare un'analisi dei costi-benefici, questa volta con riguardo ai derivati pubblici che sono costati decine di miliardi di soldi pubblici allo Stato - e quindi ai contribuenti - proprio negli scorsi anni.

Con riguardo agli enti creditizi in crisi, anche su questo si propone una competenza di esame della Commissione, così come per gli enti che sono in risoluzione o che, a qualunque titolo, hanno ricevuto fondi pubblici; si prosegue, quindi, per verificare la correttezza nelle pratiche di collocamento, nonché il rispetto dei principi di diligenza e trasparenza nella collocazione dei titoli e degli strumenti finanziari ai risparmiatori.

Si propone e si sottolinea l'importanza di una verifica della normativa sulle fondazioni bancarie, e, quindi, sulla trasparenza delle stesse sempre in favore e in tutela dei risparmiatori. Si ragiona, ovviamente, su come sia strutturata la normativa europea sulla vigilanza bancaria e finanziaria, sulla capacità e sull'effettiva efficacia dell'arbitrato bancario, sull'attività di vigilanza in genere. Si pone anche un'ulteriore attenzione al ruolo delle agenzie di rating, alla possibile condizione di conflitto di interesse in cui alcune di queste potrebbero operare o aver operato, e anche all'eventuale manifestarsi di situazioni di insider trading, e, quindi, di trattazione non regolare di informazioni riservate o privilegiate. L'ultimo punto, banalmente, tiene una porta aperta anche a tutte le competenze, le risultanze e le attenzioni che dovessero emergere necessarie e utili allo svolgimento dei doveri della Commissione.

Per concludere, porrei attenzione banalmente sulla durata. Questa proposta di legge prevede una durata di questa Commissione di cinque anni, quindi per tutta la legislatura; un tempo sicuramente lungo, e questo, devo anche rendere atto, è stato oggetto di varie osservazioni in Commissione. C'è anche da dire, però, che, rispetto alla varietà e all'ampiezza dei temi che ho cercato un po' di raccogliere, secondo me non stupisce che venga preventivato un tempo esteso. In realtà, sono veramente dei temi oceanici e non mi stupirei se il loro approfondimento dovesse veramente richiedere i cinque anni. Ho cercato di riassumere il mio intervento nel modo più sintetico possibile e vi ringrazio.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, il sottosegretario Villarosa, si riserva di intervenire in un successivo momento.

È iscritto a parlare il deputato Fragomeli. Ne ha facoltà.

GIAN MARIO FRAGOMELI (PD). Grazie, Presidente. Il progetto di legge prevede l'istituzione di una seconda Commissione d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario, e quindi è necessario fare un leggero approfondimento rispetto a quello che è già avvenuto con la precedente Commissione di inchiesta, per lo meno il contesto nel quale si è insediata la precedente Commissione d'inchiesta, e fare una comparazione rispetto a quello che, invece, è lo scenario e la situazione attuale.

Parto, quindi, dalla realtà che ha visto protagonista nella scorsa legislatura la prima Commissione d'inchiesta sul sistema bancario e devo dire che - ce lo hanno ribadito anche nelle ultime audizioni la Banca d'Italia e i maggiori soggetti del sistema bancario e finanziario italiano - la situazione non è cambiata oggi, perché nelle audizioni di Carige ci è stato ribadito più volte che la nostra è una crisi finanziaria dipesa da una crisi economica. E, quindi, l'assioma regge, reggeva allora, regge adesso: la nostra realtà è profondamente diversa da quella degli Stati Uniti, della Spagna, dove fu la crisi finanziaria a produrre la crisi dell'economia e delle imprese, e quindi un contesto fortemente differente.

È chiaro che la crisi del sistema economico, il nostro tessuto economico formato da PMI, da piccole imprese che occupano oltre l'80 per cento dei lavoratori, il fatto che la probabilità di insolvenza è calcolata in termini tripli rispetto a quella di dieci anni fa, ci rendiamo conto che ci sono rischi forti da questo punto di vista; e, quindi, il sistema economico ancora oggi rischia di essere una causa di un ritorno a crisi di ordine finanziario. A questo si aggiunge una gestione azzardata, con rilevanza penale. Lo abbiamo visto pochi giorni fa: i manager di Banca Etruria sono stati condannati a cinque anni per bancarotta fraudolenta. Il sistema della magistratura si è mosso, le leggi che ci sono in parte funzionano e danno i loro risultati, e abbiamo visto che il management che ha operato - non tanto le leggi del precedente Governo - in modo difforme dalla legge, colpendo i risparmiatori, gli azionisti e gli obbligazionisti, sta pagando, con i tempi della giustizia italiana, le sue colpe. Cinque anni, appunto, sono le sentenze degli ultimi giorni sul presidente e l'amministratore di Banca Etruria.

Chiaramente era un contesto, quello che abbiamo visto nella scorsa legislatura, anche fortemente ancorato a un sistema nostro di banche medio-piccole che volevano raggiungere volumi di credito elevati, e che, quindi, hanno avuto anche grandi esposizioni. Abbiamo visto che vi era un sistema dove vi era una forte opacità informativa, è notizia di oggi - lo leggiamo sul Corriere della Sera - quanto l'intervento dell'Anac ha fatto sì che l'85 per cento della richiesta di rimborsi venisse accolto. Quindi, in qualche modo, la falsificazione addirittura delle schede dei risparmiatori, persone che con una terza media venivano catapultate con educazione finanziaria e capacità a conoscere l'acquisto di determinati titoli con delle lauree fasulle e via dicendo. E, anche qui, in qualche modo sono state accolte le richieste da parte dei risparmiatori. Il dato è importante, perché, torno a dire, l'85 per cento dei rimborsi è una cosa che abbiamo impostato nella scorsa legislatura, perché siamo ancora in attesa del decreto che in qualche modo estenda oltre agli obbligazionisti anche agli azionisti, e si chiariscano, quindi, le modalità di rimborso anche agli azionisti, cosa che già avevamo previsto nella precedente legislatura in formula ridotta. Chiaramente in campagna elettorale ci è stato chiesto di non dar corso alla legge di bilancio del 2018, ma di fare in modo che fosse il nuovo Governo ad occuparsi degli azionisti, e su questo siamo ancora in attesa.

Era un sistema dove vi era una scarsa redditività delle banche italiane, e quindi conseguente debolezza e incapacità a sostenere gli investimenti e la ripresa economica, e da qui l'aumento dei crediti deteriorati. Vi era un sistema con le popolari non quotate e nella scorsa legislatura abbiamo ricevuto una riforma delle popolari che ancora oggi vede due banche che hanno fatto ricorso e che in qualche modo stanno attendendo prima della trasformazione in società per azioni, mentre le altre, giustamente, hanno seguito la norma. Sappiamo bene cosa volevano dire le banche popolari, lo abbiamo visto sullo scenario di Veneto Banca, lo abbiamo visto su Banca Popolare di Vicenza, con improbabili determinazioni del prezzo delle azioni, con un rapporto malsano tra credito e sottoscrizioni di azioni finanziate.

Vi era un sistema opaco, poco trasparente nelle banche popolari italiane, e quindi una riforma che in qualche modo doveva essere fatta. In sostanza, abbiamo visto, quindi, una crisi che ha portato a prestiti non garantiti, a insoluti, a prestiti contro acquisto di azioni, obbligazioni subordinate con rendimenti molto elevati: tutta una storia che ormai conosciamo bene.

Da qui, appunto, come dicevo prima, la necessità di ripartire anche da un controllo sul come rimborsare i risparmiatori truffati. Ricordavo appunto poco fa che i nostri risparmiatori truffati iniziano ad essere rimborsati. Ma siamo sempre stati noi, però, a introdurre in prima istanza il fondo di solidarietà per gli obbligazionisti, poi trasformato in fondo di ristoro, adesso FIR; quindi, il tema era ben conosciuto. La verità, però, è che la precedente Commissione d'inchiesta aveva una necessità fondamentale, quella di ridare fiducia nelle banche, perché, oggettivamente, eravamo arrivati a un punto in cui vi era una completa assenza di fiducia nei confronti del sistema bancario.

Oggi il contesto è oggettivamente diverso, non assimilabile a quello di allora; non per altro, perché ci sono state anche riforme della governance, della capitalizzazione delle banche più in difficoltà a seguito di stress-test, c'è stata la riforma delle banche popolari che dicevo poc'anzi, vi è un dimensionamento, quindi, del nostro sistema bancario maggiore. C'è un modello più idoneo, quindi, ad attrarre capitali, perché la verità è che in un sistemo opaco pensare che vi siano capitali che intervengono a sostegno di un sistema bancario è molto più complesso, e quindi sistemi meno efficienti.

La riforma delle banche popolari, quindi, secondo noi ha inciso positivamente sulle politiche di gestione del credito, ha attenuato i rischi che determinano le diffuse coincidenze tra la figura dell'azionista e del cliente.

In merito alla riforma delle banche del credito cooperativo, anche questo è un altro tema fondamentale, sappiamo che ha affrontato un'elevata frammentazione che vi è nel sistema italiano e che, in qualche modo, questo Governo ha deciso di bloccare e di non mandare avanti; ma noi l'avevamo previsto, come la riforma delle fondazioni bancarie. Abbiamo, cioè, cercato di creare un sistema basato non più sulle relazioni, ma sulle regole; abbiamo cercato, quindi, di andare sempre di più verso un sistema trasparente e di dimensionare il sistema bancario per renderlo anche più sicuro. Un sistema che ha previsto il rimborso dei risparmiatori, vagliato, però, dalla Commissione europea e concordato con la Commissione europea, perché noi non sappiamo del decreto che doveva uscire venerdì scorso riferito al rimborso degli azionisti se uscirà, quando uscirà, che contestazioni avrà da parte della Commissione europea, e quindi quando sarà effettivo, quando sarà reale il rimborso.

Noi oggi apriamo il Corriere della Sera e sappiamo che ci sono delle persone che avranno 14 milioni di rimborso. Non sappiamo quando mai gli azionisti, che voi avete ampliato in termini di rimborso e di valori, riceveranno qualche rimborso, perché se non viene concordato chiaramente con la Commissione europea tutto rimane sulla carta.

Abbiamo visto, poi, che un tema altrettanto importante di questa Commissione d'inchiesta sarà quello di capire anche come si interviene sul sistema bancario e credo che quello che abbiamo visto l'altro giorno un po' ci rincuora perché, come abbiamo ribadito, il provvedimento legislativo su Carige è la fotocopia di quello su MPS per situazioni critiche e per banche, però, che sono solventi e questo in qualche modo ci rincuora. Quindi, vuol dire che alla fine i tanti errori che abbiamo commesso nella precedente legislatura di intervento a sostegno delle banche non erano poi così negativi se il primo intervento dell'attuale Governo è riproposto come una fotocopia.

Allora, mi sorge una domanda da porre al sottosegretario Villarosa sulla differenza sostanziale, perché adesso ho cercato di fare una comparazione tra questa Commissione e la precedente Commissione. Nella precedente legislatura avevate una facilità oggettiva: ve la potevate cavare con un racconto, telefonate, appuntamenti, ritardi nella costituzione di otto settimane e nel passaggio del progetto di legge dalla Commissione all'Aula, quindi una grande discussione in Aula, i ritardi e affermazioni: “Non vogliono fare la Commissione”. Oggi, però, la questione è diversa. Oggi non siamo più di fronte a un racconto ma siamo di fronte a una Commissione che deve avere delle ambizioni, delle ambizioni forti e importanti, una Commissione che deve prevedere delle nuove norme, migliorare il sistema bancario e del risparmio e, quindi, modificando l'attuale normativa per evitare, appunto, che ci siano altre e nuove difficoltà.

Quindi, va bene che ci sia da parte di questa Commissione d'inchiesta un elenco molto importante di obiettivi che, torno a dire, dovranno portare a rivedere e a rivisitare la normativa attuale e certo, però, che è strano pensare e parlare di controllo, di maggior controllo, e poi trovarci di fronte a un'incomprensibile latitanza imposta alla Consob, vista l'inerzia che c'è stata non per otto settimane, sottosegretario Villarosa, ma per cinque mesi, con 24 settimane per nominare il nuovo presidente della Consob.

In questa proposta leggiamo, appunto, che volete controllare le società di rating, che sono tutti ruoli che sono anche di competenza della Consob. Ci sono tante cose che volete fare e poi scopriamo che una delle cose che non fate è quella di dare un assetto dei controllori del sistema, puntualità e massima attuazione della governance. Quindi, questa cosa qui ci preoccupa perché ci avete messo tanto tempo per nominare una figura che è stata prescritta e non assolta in processi per reati finanziari, perché è di questo che stiamo parlando. Abbiamo una figura di questo tipo che in qualche modo ci dovrebbe garantire.

Dobbiamo dire, inoltre, che c'è anche una contraddizione rispetto a quello che avete fatto nella precedente legislatura, perché ci ricordiamo gli attacchi a Vegas, ci ricordiamo le vostre interrogazioni dell'attuale Vicepresidente del Consiglio Di Maio rispetto al ruolo di Viceministro di Vegas, poi passato appunto a svolgere un ruolo di presidenza della Consob. Ce li ricordiamo tutti questi conflitti di interessi, di uno Stato controllato, cioè tutto un tema delle porte girevoli che in qualche modo ci ha accompagnato molto spesso e che invece non vediamo in questo contesto.

Però, vi ringraziamo perché noi avremo la possibilità in Commissione finanze di parlare e di audire il nuovo presidente della Consob ma non avremo la possibilità di intervenire e di ascoltare dei pareri a sostegno o meno del conflitto di interessi nella sua figura ma avremo la possibilità di farlo qui, nel progetto di legge di istituzione di questa Commissione, perché prevedete, voi appunto, che avremo modo di approfondire qui se ci sono conflitti di interesse, se Savona è compatibile o meno a presiedere la Consob, se lui è davvero la figura che può tutelare i risparmiatori prima che i fondi. Quindi, da questo punto di vista sapremo e avremo modo in questa Commissione di affrontare puntualmente la questione.

Tra le competenze, però, non vorremmo o, meglio, che vi si scorgessero alcune pressioni un po' indebite - chiamiamole così - nel senso che vediamo un accento molto forte rispetto all'operato di Banca d'Italia che giustissimamente deve essere controllato e deve essere verificato e noi siamo i primi a dirlo che in qualche modo dev'essere fatto. Però, cade proprio in questi giorni la difficoltà che si è vista nel rinnovo - anche qui - di parte degli organismi dirigenti di Banca d'Italia e non vorremmo che in qualche modo ci fosse quasi una pressione indiretta rispetto alle colpe e alle responsabilità di Banca d'Italia, che non va tanto sull'agire di Banca d'Italia ma più che altro va rivolto a qualcuno che è meglio che si faccia da parte per fare posto a qualcun altro. Siccome è un film che abbiamo già visto per mesi e mesi in INPS, che vediamo nell'Istat e che vediamo in tutti quei soggetti che dovrebbero essere autonomi e indipendenti per dare un giudizio sull'operato della cosa pubblica in Italia, ma su cui c'è una certa allergia da parte di questo Governo e, quindi, da questo punto di vista siamo preoccupati.

Ma la cosa che ci preoccupa di più è una parola non chiara rispetto agli obiettivi che in qualche modo ci dovremmo prefiggere per il raggiungimento dell'Unione bancaria. Qui oggettivamente non è chiaro il percorso che si vuole attivare e che secondo noi è fondamentale, perché sappiamo tutti che l'Unione bancaria europea è nata a seguito di fenomeni di turbolenza finanziaria e per risolvere una dicotomia esistente tra l'internazionalizzazione degli intermediari e dei mercati e una struttura ordinamentale ancora saldamente ancorata alla dimensione nazionale, il cosiddetto “intreccio”, che va spezzato, tra il rischio sovrano e il rischio bancario. Questo è uno dei temi su cui noi crediamo.

Abbiamo visto che i tre pilastri dell'Unione bancaria sicuramente sono stati portati avanti a buon punto anche dai precedenti Governi: un sistema unico di vigilanza, un sistema unico di risoluzione delle crisi e manca, però, un sistema unico di garanzia dei depositi. Su questo vediamo che il Governo italiano non si fa sentire in Europa come fa su altre questioni, eppure sappiamo l'importanza di avere una tutela forte, attraverso l'Unione bancaria, con un sistema unico dei depositi che fornisca la stessa tutela ai risparmiatori e agli azionisti di tutta Europa, a prescindere dal luogo in cui vivono. Europa significa anche che un conto corrente ha le stesse regole a Dublino, a Berlino, a Torino e in qualsiasi parte d'Europa, ma su questo tema vi vediamo carenti e non lo state portando avanti. Non vorremmo che da questo punto di vista ci fossero dei rallentamenti sul grande obiettivo, secondo noi, del raggiungimento dell'Unione bancaria. Quindi, confidiamo che da questo punto di vista si riprenda il percorso.

In ultimo vorremmo anche capire meglio quello che è giustamente uno degli obiettivi di questo provvedimento che è, appunto, l'istituzione di una procura nazionale per i reati bancari e finanziari. Anche qui è un tema importante che è frutto anche del lavoro della precedente Commissione d'inchiesta e, quindi, non è un tema nuovo. Però, è un tema su cui in qualche modo vorremmo capire, in modo che non si tenda a colpevolizzare eccessivamente quello che è avvenuto ma che si faccia chiarezza sul sistema dei reati che sono legati, appunto, al sistema bancario e finanziario e che non ci fosse, invece, la voglia di creare ulteriore allarmismo, di creare un allarmismo rispetto al sistema democratico molto forte rispetto a quello che invece è il funzionamento di organi indipendenti che devono, appunto, regolare il funzionamento del sistema bancario sia a livello nazionale sia a livello europeo.

Quindi, su questo noi sicuramente vigileremo e staremo molto attenti perché non sia in qualche modo travisato il ruolo che deve avere una procura di questo tipo, che non deve chiaramente tendere a colpevolizzare tutto ciò che invece non deve essere colpevolizzato, anche perché noi confidiamo che anche la magistratura ordinaria, con le normative che sono in campo e che ci sono già oggi e con quelle che verranno sicuramente migliorate a seguito del lavoro di questa Commissione, possa ancora dare una giusta sanzione ai responsabili di quelli che sono stati i colpevoli della nostra crisi bancaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Raffaele Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentanti del Governo, a distanza di una settimana torniamo qui tra gli stessi banchi per inserire un altro importante tassello del nostro progetto, ovvero un'economia sana supportata da un sistema bancario sano. La nostra concretezza ci conduce a ristabilire regole e a capire perché non abbiano funzionato. Nasce una società giusta dove i risparmiatori all'interno di una stessa classe siano effettivamente tutelati tutti allo stesso modo, dove gli imprenditori abbiano la certezza che chi viola il loro diritto di accesso al credito sia perseguito non solo dal punto di vista penale ma anche da quello politico direttamente dallo Stato.

Quello bancario è uno dei settori nevralgici dell'economia del sistema Paese: non dobbiamo mai dimenticarlo mai. Lo era anche all'origine della grandi crisi finanziaria. Nel 2008 il sistema bancario italiano nel suo complesso poteva considerarsi ancora in salute, essendo marginalmente esposto alla crisi del mercato dei subprime e dei derivati. Non è un caso che lo Stato italiano, a differenza di quanto avvenuto in molti altri Paesi europei, non sia stato particolarmente attivo nel sostegno economico al proprio sistema bancario. Tuttavia, con il passare degli anni, le condizioni delle nostre banche si andate ad aggravate. In particolare, sono cominciati ad emergere problemi legati ai cosiddetti crediti deteriorati o NPL, ossia quei crediti difficilmente esigibili. Si tratta di una massa enorme di crediti che, nel tempo, sono cresciuti, fino a toccare i 320 miliardi di euro e che hanno subito un'importante svalutazione a seguito delle normative europee che ne imponevano la progressiva riduzione. Tuttavia, a partire da questo momento, le nostre banche hanno visto esplodere anche i “buchi” patrimoniali nei propri bilanci determinando le ormai note e discusse situazioni di crisi.

Di fronte a quanto accaduto, le forze politiche che costituivano la maggioranza nella scorsa legislatura hanno balbettato. La tempistica e l'analisi dei controllori e degli strumenti di controllo non sono stati all'altezza degli eventi. Siamo oggi chiamati ad andare oltre: la Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario, istituita quasi al termine della XVII Legislatura, è partita sotto i peggiori auspici, con l'elezione a presidente del senatore Pier Ferdinando Casini. Il parlamentare aveva espresso le sue opinioni con largo anticipo, il 5 aprile 2017, definendo, in spregio alle istituzioni, le Commissioni di inchiesta frutto della patologia del Parlamento e, specificatamente in merito alla Commissione di inchiesta sulle banche, ha usato le seguenti parole: “impasto di demagogia e pressappochismo che, al di là delle migliori intenzioni, non produrrà nulla di buono per le istituzioni”. Come poteva guidare costui la Commissione banche? Poteva rispondere ai requisiti di terzietà necessari a dirigere indagini così importanti un socio della Fondazione Carisbo che, a sua volta, era azionista di Intesa San Paolo e di CDP Reti? Sappiamo tutti come poi andarono le cose: tempi lunghissimi per l'insediamento della Commissione; indagini ridotte all'osso. Dall'approvazione definitiva della legge di istituzione, del 21 giugno 2017, l'elezione avvenne solo a fine settembre. L'attività poi fu costellata di perle che hanno formato oggetto di ampie contestazioni. In ogni audizione mancava la relazione relativa all'audito e ciò rendeva difficile preparare domande pertinenti all'audizione stessa. In occasione dell'audizione di Consob e di Banca d'Italia, i rappresentanti di Via Nazionale hanno potuto verosimilmente ascoltare in streaming il DG dell'authority di Borsa, secondo cui i problemi di Veneto Banche e Popolare di Vicenza non furono segnalati, avendo dunque, in via di principio, l'opportunità di calibrare la propria testimonianza. Le norme approvate nel regolamento interno della Commissione bicamerale d'inchiesta conferivano sostanzialmente al presidente il potere di veto sulle domande che i commissari potevano porre agli auditi, in spregio alle più banali regole democratiche. Conseguenze? Una Commissione d'inchiesta che non è stato in grado di venire a capo di niente. Siamo chiamati, dunque, ad andare oltre il nulla. Noi abbiamo in mente ben altro. La proposta di legge, già approvata dal Senato della Repubblica, prevede un ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, in grado di predisporre il programma ed il calendario dei lavori di Commissione. È un organo pensato con tutte le garanzie democratiche necessarie, deputato ad esaminare le questioni sia di merito sia procedurali che sorgano nel corso dell'attività della Commissione.

Quanto al Presidente, indicheremo il senatore Gianluigi Paragone, del MoVimento 5 Stelle, che proprio su questi temi ha mostrato particolare competenza. L'obiettivo prioritario sarà quello di far luce, nella maniera più esaustiva possibile, sui conflitti di interesse delle banche. Verranno sentiti, quindi, tutti gli attori in campo, a partire da Bankitalia e Consob. Verificheremo i comportamenti dei management, la correttezza del collocamento presso il pubblico dei piccoli risparmiatori dei prodotti finanziari come le obbligazioni bancarie, eventuali pratiche scorrette, l'osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza con riguardo alla corretta informazione degli investitori, l'efficacia delle attività del sistema di vigilanza in relazione alla tutela del risparmio, all'idoneità degli interventi e degli strumenti di controllo disposti; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza.

La Commissione ha poteri di indagine al pari di un'autorità giudiziaria: per questo non le può essere opposto il segreto d'ufficio né il segreto professionale o quello bancario. La Commissione può, inoltre, ottenere copie di atti o documenti relative a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria. La legge che ci accingiamo ad approvare, come ricordavo inizialmente, è una tessera di un mosaico ambizioso, ed è proprio in queste ore, presso il MEF, si sta elaborando la bozza del decreto ministeriale che stabilisce i criteri per risarcire i risparmiatori truffati; è l'ultimo passo per rendere operativa la distribuzione di un miliardo e mezzo di euro in tre anni attraverso il finanziamento del Fondo indennizzo risparmiatori. Al voto del Parlamento segue la concretezza dell'Esecutivo o, meglio, del Governo del cambiamento.

Anche l'albero più rigoglioso quando arriva la secca, senza le cure del giardiniere, muore. Riteniamo che, in questi anni, il policy maker sia venuto meno al proprio ruolo e più di qualcuno ne abbia approfittato. Continuare a trincerarsi dietro la distinzione e le interferenze tra poteri vuol dire ingannare due volte le vittime di un sistema perverso; vuol dire, ad esempio, avallare le ragioni di chi si è reso complice, con il silenzio, dei prestiti baciati o veri finanziamenti erogati a clienti in cambio di acquisizioni di azioni della stessa banca. Noi non ci stiamo: chiediamo, invece, che l'effetto moltiplicatore del credito, garanzia di traino dell'economia, possa spiegare i suoi effetti solo in presenza di un corretto esercizio degli strumenti di vigilanza e dell'individuazione delle cause che hanno determinato la deviazione da quanto prevedono la legge ed i regolamenti. Per questo chiederemo la collaborazione di tutti gli operatori onesti che da sempre si muovono all'interno di questi paletti.

Siamo chiamati a ridare credibilità e fiducia ad un sistema, quello bancario, che in questi anni ne ha persa molta. Per farlo è necessario ristabilire la verità dei fatti e dare il via ad una nuova fase. Un momento di discontinuità che l'Italia non può più rimandare: venir meno a questo compito vorrebbe dire tradire le richieste incessanti di cambiamento che provengono dal Paese ed è qualcosa che non possiamo più permettere.

Siamo, dunque, pronti a metterci totalmente a servizio del Paese per questa grande operazione di trasparenza e verità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO (LEU). Grazie, signora Presidente. Come diceva il collega mi ha preceduto, a distanza di una settimana, siamo ancora in quest'Aula a parlare sostanzialmente di banche. Abbiamo affrontato il decreto Carige con il voto favorevole di quasi tutta l'Aula e torniamo su un tema che è già stato sollevato perché la Commissione parlamentare d'inchiesta, a nostro modo di vedere, è decisamente opportuna. Lo dice la storia del sistema bancario recente; lo dicono, comunque, le tante per così dire lacune; oppure i tanti dubbi, i tanti interrogativi che, in questi anni, hanno caratterizzato e contraddistinto il percorso del sistema bancario. Perché, vede, onorevole Trano, anche noi vorremmo un'economia sana e quindi daremo il nostro contributo. Anche noi vorremmo un contesto in cui non ci sia bisogno di dire, come ho sentito dire altre volte nella scorsa legislatura, che il cittadino italiano ha una cultura finanziaria bassa e quindi è un po' colpa sua se ogni tanto accadono questioni spiacevoli, perché banalmente non è così, perché banalmente io mi aspetto, noi ci aspettiamo un sistema bancario dove vi sia la portata del sistema per un'economia sana, dove ognuno possa entrare in un istituto di credito e avere modellato su di sé il vestito che di cui ha bisogno; dove magari non si incontrano più per strada, come ho fatto l'altro giorno, persone di oltre ottant'anni che nel 2014 hanno acquistato azioni di Banca Carige, o nel 2013. Ma, voglio dire, era quello lo strumento finanziario adeguato per una per una persona di quell'età lì? Parliamo di piccoli risparmiatori, non parliamo di miliardari.

Chiaramente, senza contare poi il passaggio sulle obbligazioni argentine, questa è tutta una serie di questioni che hanno aggredito il mondo del piccolo risparmio.

Quindi, l'istituzione della Commissione è un'esigenza non solo dettata dal buonsenso, ma anche e, soprattutto, dalla stessa Carta costituzionale che, all'articolo 47, sancisce come la Repubblica incoraggi e tuteli il risparmio.

Il settore della finanza e il settore del credito non devono essere lasciati ad una completa autodeterminazione, ma è necessario che le istituzioni vigilino a garanzia degli stessi cittadini. E la crisi economico-finanziaria globale, che ha avuto il suo epicentro fra il 2007 e il 2009, ne è la dimostrazione plastica: infatti, dal 2009, la crisi si è evoluta da eminentemente finanziaria, poiché aveva in prevalenza coinvolto le maggiori banche a operatività internazionale e i mercati degli strumenti finanziari, a crisi reale, con un impatto diffuso sui sistemi economici e sulla crescita.

Ma va anche sottolineato che la crisi si è sviluppata in un contesto di regole internazionali inadeguato a cogliere tempestivamente i rischi di stabilità e liquidità del sistema. Da quel grave periodo sono scaturiti effetti rilevanti e duraturi sul sistema economico, di cui tuttora viviamo le conseguenze, evidenziando la necessità di riformare la regolazione e la vigilanza sul settore bancario.

Quindi, l'obiettivo precipuo di questa Commissione deve essere quello di preservare ciò che di buono è presente nella finanza, riducendo i rischi a cui possono esporre comportamenti poco corretti. Ed è certamente necessario, per concorrere a ripristinare la fiducia dei mercati, che sia garantita grande trasparenza sulla reale situazione dei soggetti presenti e, quindi, l'attendibilità dei dati e delle informazioni fornite e la loro capacità di rappresentare adeguatamente e compiutamente gli andamenti gestionali.

La Commissione era già stata presente, come è stato ricordato, nella scorsa legislatura. Il testo dice che verrà analizzata la documentazione raccolta, però sono d'accordo con chi mi ha preceduto sul fatto che la Commissione deve avere dei poteri reali, dei poteri forti. Le competenze sono tante, al di là dell'istituzione della procura nazionale che, poi, vedremo come verrà composta e le sue prerogative.

Tra i tanti punti all'articolo 3 che elencano le competenze di questa Commissione, uno in particolare, è già stato citato prima, è il fatto che verrà analizzata la normativa in materia di incompatibilità e conflitto d'interesse degli esponenti apicali e dei dirigenti delle Autorità di vigilanza, quindi CONSOB, IVASS, COVIP, eccetera.

Quindi, questo è un tema che è già stato ricordato: al di là del fatto, come ha detto il collega Fragomeli, che sono trascorsi cinque mesi dalla nomina del nuovo presidente della CONSOB, in questo interregno, di fatto, il nostro gruppo ha sollevato una possibile presenza di un conflitto di interessi della dottoressa Genovese. L'abbiamo detto in Commissione e in audizione: qui c'era, il dubbio c'è, non tanto per l'autorevolezza della figura, ci mancherebbe altro, ma, comunque, per l'attività svolta nella propria vita lavorativa dalla dottoressa Genovese. Questo è un tema che, secondo me, fa parte della discussione e delle parole che ho sentito prima, anche da parte del collega del MoVimento 5 Stelle.

È chiaro che, poi, sarà importante verificare la condizione del risparmio in Italia e indagare anche sul tendenziale cambiamento di assetto del conto economico del sistema bancario: dal tradizionale baricentro dell'attività creditizia al crescente peso dell'attività di risparmio gestito e servizi, perché anche questo è un tema da analizzare con cura, anche per evitare o per capire come mai, anche in passato, certe operazioni siano state accompagnate da operazioni di segno opposto, quindi l'acquisto di titoli dello stesso istituto di credito.

Quindi, ci sono tanti aspetti di interesse: la normativa relativa alla procedura di calcolo delle soglie dei tassi di usura, il rapporto costi-benefici - questa già è un'espressione molto usuale di questi tempi - degli strumenti derivati sottoscritti dallo Stato o dagli enti locali e altre cose ancora.

In un altro punto che cito, all'articolo 3, comma 1, lettera t), si parla di verificare l'efficacia dello strumento di conciliazione dell'arbitrato bancario. Per combinazione, in questi giorni, anzi, la settimana scorsa, ho presentato, il mio gruppo ha presentato in Commissione finanze un question time su questo argomento, perché sull'efficacia dello strumento di conciliazione pare che non ci sia da dubitarne, nel senso che le decisioni dell'arbitrato bancario e finanziario, nel solo 2018, hanno portato a 40 milioni di rimborsi a favore dei consumatori. Quindi, queste sentenze, queste decisioni hanno fatto leva per effetti di restituzione superiori a 400 milioni di euro. Quindi, stupisce un po' - quindi, questo è un elemento da inserire sicuramente all'interno di questa discussione - perché Bankitalia abbia, nel proprio sito, introdotto, alla fine di dicembre, una modifica alla normativa di questo istituto di conciliazione, prevedendone non più una prescrizione e, quindi, un'efficacia delle azioni a dieci anni, ma solo a cinque anni, quindi, togliendo quel periodo che tutti abbiamo citato come essere stato un periodo molto critico, quello degli anni 2012, 2013, e Carige ne è un esempio.

Quindi, questo sarà un tema, perché questo è uno strumento che facilita l'azione da parte dei piccoli risparmiatori e, sostanzialmente, da parte di chi non può permettersi, banalmente, di sostenere delle iniziative legali costose. Sentiremo la risposta del Governo mercoledì pomeriggio, ma questo fa parte di un sistema di cose che vanno sicuramente analizzate.

Il dibattito su Carige delle scorse settimane ha evidenziato, in generale, come ci sia la necessità di questa Commissione, perché le questioni che sono emerse interrogano in generale sul sistema bancario.

Lo stesso Ministro Savona – se lo ricorderanno i colleghi in XIV Commissione - aveva sottolineato l'esigenza di una interconnessione a livello europeo tra il Fondo di tutela dei depositi e le politiche fiscali; aveva logicamente sottolineato come ci sia un nesso tra recessione e andamento delle banche, risultati delle banche e, quindi, aveva sottolineato l'opportunità di un'integrazione tra le funzioni di controllo, perché, banalmente, in questi anni, lasciamo stare noi, ma l'universo mondo che ci circonda si è interrogato circa gli esiti di taluni gruppi bancari, compreso quello di Carige, di cui abbiamo parlato la settimana scorsa.

Ci sono tantissimi temi da analizzare oltre a quelli che ho citato: uno è il costo del credito, che supera il 22 per cento annuo al netto di eventuali oneri quali interessi moratori; il sistema dei controlli è da implementare, quindi, anche qui, bisogna capire come il sistema bancario possa andare nella direzione di non prevedere interventi di salvataggio ex post su imprese entrate in crisi, ma piuttosto il ricorso allo strumento delle ispezioni.

È stata citata anche - e lo è nella legge - la questione dei crediti deteriorati, i famosi NPL. Questo è un tema che chiaramente toccherà anche la Commissione, ma è un tema che deve riguardare l'attività legislativa da parte nostra: le sofferenze, i crediti di improbabile realizzo o i crediti scaduti da oltre 90 giorni devono avere destini uguali, comuni? È giusta la fissazione di un prezzo di cessione per masse indifferenziate di crediti? Non è preferibile, ad esempio, imporre di gestirli in proprio e studiarli, piuttosto che darli a operatori specializzati per l'incasso a basse percentuali di realizzo? Questo è un tema, anche in operazioni complicate, come quelle del salvataggio di un istituto di credito: ci auguriamo che ce ne siano sempre meno, ma denotano un problema che c'è, che c'è stato e che ha portato, in ultimo, al salvataggio di Banca Carige.

Inoltre, c'è il tema che dicevo prima - un argomento fondamentale che, negli anni, non è mai stato forse affrontato nel modo giusto, perché è anche complicato affrontarlo -, ovvero quello dell'adeguatezza delle operazioni per il cliente. Un consenso informato sulle cose evidentemente non basta: nel momento in cui una persona si rivolge ad un istituto di credito per fare un'operazione legata al risparmio, per fare un'operazione legata a finanziamenti di diverso tipo, rispondo che ognuno fa il proprio lavoro nella vita. A chi dice, come dicevo prima, che la cultura finanziaria in Italia è bassa e, quindi, sostanzialmente addossa un po' la colpa alle persone normali, io rispondo che ognuno fa il suo mestiere; che la cultura finanziaria è una cosa che c'è, che esiste, che le persone possono avere, ma che non sono obbligate ad avere e che, quindi, banalmente, come vanno in qualsiasi altro tipo di attività a ricevere un servizio, vanno in una banca a cercare un servizio che, appunto, come dicevo prima, deve essere studiato sulla base delle effettive esigenze, sull'effettivo profilo di rischio del consumatore e del cliente stesso. Questo è un traguardo che dobbiamo assolutamente avere ben presente.

Un altro grosso tema sono le operazioni di conflitto di interessi su prodotti o emissioni della banca.

Quindi il tema sarà vietarle, non vietarle, oppure, in caso di fallimento, prevedere un'assunzione del rischio da parte dell'intermediario in caso appunto di esito negativo di quel tipo di operazione. Vedete che sono tanti i temi da affrontare, e che hanno contraddistinto la storia degli ultimi anni. Mi auguro che la Commissione rappresenti un momento di indagine vero - i poteri li ha -, mi auguro di poter tutti insieme lavorare a questi obiettivi che ho citato. È chiaro che anche l'attività legislativa - mi riferisco al sottosegretario Villarosa, con cui condividiamo molto spesso molte cose - deve essere di conseguenza, quindi le questioni che conosciamo bene e di cui abbiamo parlato in questi giorni sono e devono essere delle priorità, non solo per il Governo ma per il Parlamento. Ciò perché nella discussione generale emergono sempre di più le zuffe, ma non c'è bisogno di zuffe, c'è bisogno, come diceva il collega Trano, di un'economia sana, di regole certe e di un contesto ambientale, quello bancario, in grado di soddisfare le esigenze dei risparmiatori, dei consumatori e delle imprese, insomma di tutto il mondo che ci circonda.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Francesca Gerardi. Ne ha facoltà.

FRANCESCA GERARDI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, onorevole colleghe, membri del Governo, la proposta di legge, già approvata dal Senato, istituisce una Commissione bicamerale d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario, costituita da un pari numero di senatori e deputati nominati dai Presidenti delle Camere in proporzione al numero dei componenti del gruppo, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. La Commissione bicamerale dura per tutta la legislatura vigente, ed ha come scopo quello di presentare annualmente alle Camere una relazione, sia sull'attività svolta sia su eventuali proposte di modifica del quadro normativo sulle materie oggetto dell'inchiesta. L'articolo 3, che reca le competenze della Commissione, specifica che queste ultime riguarderanno un ampio ventaglio di temi. Essa è chiamata in primo luogo a svolgere la propria attività di indagine in relazione a diversi aspetti dell'attività bancaria e creditizia, tra cui alcuni profili di gestione degli enti creditizi, le condizioni per l'istituzione di una procura nazionale per i reati bancari e finanziari, la normativa in materia di incompatibilità e conflitto di interesse dell'autorità di vigilanza, il recepimento e l'applicazione agli istituti di credito cooperativo della disciplina europea in materia di vigilanza e requisiti prudenziali, il percorso dell'Unione bancaria a livello europeo, la relativa disciplina, l'attività e le norme emanate dalle autorità di vigilanza. Insomma, la Commissione bicamerale sarà chiamata a svolgere numerosi compiti, a partire anche dall'analisi della documentazione raccolta nella Commissione di inchiesta della scorsa legislatura. La Commissione non si limita a svolgere solamente i compiti appena descritti, ma accende un vero e proprio faro, inoltre, su ulteriori aspetti dell'attività bancaria, quali il sistema dei Confidi, le agenzie di rating, i sistemi di informazione creditizia, l'utilizzo degli strumenti derivati da parte degli enti pubblici e il debito pubblico, in relazione alla disciplina sulla cartolarizzazione delle sofferenze ed alla relativa garanzia statale, le fondazioni bancarie e le norme in materia di tutela del risparmio.

Le numerose mancanze e inefficienze degli organi di controllo negli ultimi anni hanno causato innumerevoli danni a tutti quei risparmiatori che sono stati traditi e che ora stanno pagando il conto finale, conto finale lasciato in eredità dalle crisi bancarie dell'ultimo periodo. Ecco, questo provvedimento va proprio in questa direzione: fare luce sul passato, specialmente considerando che è un atto dovuto nei confronti di tutti i risparmiatori ed è un passaggio indispensabile per costruire un modello di controllo finalmente capace di difendere in tutte le sue forme quel risparmio che trova tutela nella Carta costituzionale all'articolo 47. Abbiamo chiarito fin dall'inizio che il nostro sarebbe stato un Governo del cambiamento, e noi vogliamo mantenere le promesse fatte. Se ricordate, la Commissione speciale dell'anno scorso aveva stabilito più o meno gli stessi compiti e obiettivi del presente provvedimento, ma alla fine era stato sprecato tantissimo tempo in una molteplicità di audizioni, che sono poi sfociate nel nulla.

Crediamo molto nel provvedimento, perché è giusto e doveroso per noi approfondire il sistema bancario attuale, accertare le responsabilità di chi dovrebbe controllare e non controlla, affinché episodi come quello delle banche venete non debbano più ripetersi. Dobbiamo comprendere le falle, cosicché da legislatori possiamo intervenire per ridare fiducia ai clienti, ai piccoli investitori e ai risparmiatori (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pierantonio Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Presidente, onorevole sottosegretario Villarosa, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, quando, nel mese di maggio dell'anno scorso, ho depositato una proposta, a mia prima firma, per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario italiano, speravo fosse possibile in questo scorcio iniziale di legislatura affrontare con serietà e obiettività le gravi problematiche che incombono sul sistema creditizio nazionale, valutandone l'adeguatezza rispetto alle mutevoli necessità del mercato globale e proponendo eventuali correttivi alla normativa di riferimento. La Commissione che aveva operato nella scorsa legislatura, per i tempi ristretti e le fibrillazioni elettorali, aveva svolto un lavoro pur apprezzabile, ma aveva lasciato anche molte questioni senza una risposta esaustiva. Il dibattito politico di questi ultimi mesi ha fatto svanire tali mie pie illusioni. Appare evidente che la maggioranza giallo-verde intende utilizzare questa Commissione solo come strumento di propaganda, nell'eterna campagna elettorale in cui è impegnata, e al contempo di intimidazione nei confronti di Bankitalia, una delle autorità indipendenti che non si piega ai suoi diktat. La scorsa settimana il Vicepremier Di Maio e il presidente in pectore, senatore Paragone, hanno chiarito bene quali sono i primi veri obiettivi della Commissione: far cantare i banchieri e azzerare i vertici di Bankitalia. Obiettivi che in tutta coscienza non possiamo condividere. Altre - io credo - sarebbero le necessità: bisognerebbe affrontare una volta per tutte il delicatissimo dossier Monte dei Paschi, che da mesi è sul tavolo del Governo senza apparenti soluzioni, mentre nel frattempo il valore delle azioni è crollato ai minimi storici. Il Parlamento dovrebbe pensare anche ad una soluzione per la Banca Popolare di Bari e la Banca Popolare di Sondrio, che continuano a prorogare la trasformazione in Spa, e per la Popolare di Ragusa, i cui soci lamentano di essere nell'impossibilità da anni di vendere le loro azioni. Nel fosco quadro della congiuntura economica che stiamo vivendo, con spread in aumento e crolli di Borsa, il Parlamento dovrebbe porsi il problema di sostenere ed aiutare il suo sistema creditizio, anziché delegittimarlo e indebolirlo in una costante orgia populista, ma la maggioranza di Governo preferisce invece studiare la possibilità di vendere le riserve auree di Banca d'Italia per pagare reddito di cittadinanza e “quota 100”, spesa corrente del tutto improduttiva, oppure impegnarsi in inconcludenti e sterili polemiche contro gli altri Governi europei e le istituzioni economiche internazionali. Non nutro quindi particolari speranze sui risultati del lavoro di questa Commissione d'inchiesta, le premesse non mi paiono per nulla convincenti. E passiamo ora alla farsa o alla tragedia - non so quale sia la definizione più confacente - del Fondo indennizzo risparmiatori truffati dalle banche, introdotto nell'ultima legge di bilancio. Partiamo innanzitutto dal giallo della lettera dell'Unione europea. La scorsa settimana la questione ha animato il dibattito di quest'Aula nel corso dell'esame del “decreto Carige”. Forza Italia, con chi parla primo firmatario, fin da subito, non appena le agenzie ne hanno resa nota l'esistenza, ha presentato un'interrogazione per conoscerne i contenuti e la data in cui era pervenuta al dottor Rivera. Un unico sito di informazione locale, che risponde al nome di VicenzaPiù, ne aveva pubblicato degli stralci, da cui emergeva che il nostro Governo era invitato a rispondere ai rilievi formulati entro il 31 gennaio.

La scorsa settimana, nel corso del dibattito sul decreto cosiddetto Carige, il sottoscritto ha reiterato la richiesta affinché il Governo riferisse in merito, ed anche altri esponenti dell'opposizione hanno formulato analoghe istanze. Come certamente ricorderà, Presidente, il sottosegretario Villarosa ha preferito invece chiudersi in un assoluto e sdegnoso riserbo.

La informo, Presidente, che a fronte della reticenza e dell'opacità del Governo, considerata la grande rilevanza giuridica e politica del tema, Forza Italia, il giovedì della scorsa settimana, primo firmatario l'onorevole Brunetta, ha formalizzato una richiesta di accesso agli atti ai sensi della legge n. 241 del 1990 e successive modifiche, per poter prendere visione ed estrarre copia ufficiale, con relativo timbro di protocollo, di detto documento, che fino ad allora nessuno aveva potuto vedere, se si escludono gli stralci pubblicati da VicenzaPiù. Siamo interessati in particolare a capire quando tale lettera è stata inviata al nostro Governo, e quando essa è pervenuta al MEF.

Nel frattempo, Presidente, ha avuto luogo un fatto gravissimo: una agenzia di stampa, Public Policy, il 14 febbraio scorso ha dichiarato di aver preso visione della lettera, e che la stessa è datata 29 gennaio 2019 con orario preciso, delle 17,21. Presidente, la prego di prestare la massima attenzione, perché reputo quanto accaduto, inaccettabile e meritevole di un fermo intervento da parte della Presidenza della Camera. Non è possibile che il Governo, in totale spregio alle prerogative parlamentari e ai diritti dell'opposizione, da una parte ometta di rispondere agli atti di sindacato ispettivo, e dall'altro esibisca riservatamente ad un'agenzia di stampa il documento, affidando solo a questa fonte la risposta alle nostre legittime domande. È forse questa la centralità del Parlamento, della quale parlava il Presidente Fico nel suo intervento di insediamento? Perché si vuole umiliare questa istituzione democratica? O piuttosto si cerca forse di celare qualche inconfessabile verità? La invito pertanto, Presidente, a segnalare al Presidente Fico questa grave scorrettezza, di cui il Governo si è reso protagonista nei confronti del Parlamento, invitandolo ad intervenire con la massima fermezza e rigore affinché il Ministro dell'Economia e delle finanze venga al più presto in quest'Aula a rispondere agli atti di sindacato ispettivo da tempo presentati e a riferire in merito. Sono certo, conoscendo la sua sensibilità, Presidente, che vorrà immediatamente attivarsi.

Mi avvio alla conclusione, e mi domando infine cosa sono venuti a fare a Vicenza sabato 9 febbraio i Vicepremier Salvini e Di Maio. Non posso accettare l'idea che siano stati così sprovveduti da cadere nella trappola tesa da quell'abile capopopolo che corrisponde al nome di Luigi Ugone. Di fronte a migliaia di risparmiatori che stanno vivendo un dramma umano e sociale, in diretta TV trasmessa dalle emittenti locali hanno fatto promesse mirabolanti, che a distanza di soli pochi giorni si sono dimostrate parole al vento, il classico boomerang. Ricordo a quest'Aula che il Vicepremier Di Maio in quell'occasione ha testualmente dichiarato: “In settimana saranno scritti i decreti attuativi e arrivano i rimborsi”. Invece la settimana scorsa è andata in onda l'ennesima beffa: giovedì scorso avete convocato al MEF le associazioni dei risparmiatori (vero, sottosegretario Villarosa?), ed avete consegnato loro delle bozze di decreto che non hanno alcun valore, ammettendo candidamente che i decreti attuativi, semmai verranno varati, considerati i rilievi dell'Unione europea, slittano di mesi e i pagamenti non potranno essere erogati prima di dicembre.

Vede, sottosegretario, chi parla non si compiace certo per quanto sta accadendo, non “gufa” contro il Governo: sarei il primo ad applaudire questo Governo se davvero riuscisse a garantire un dignitoso ristoro ai risparmiatori. E lo sa perché, sottosegretario? Come ho detto in quest'Aula anche in altre occasioni, sono un socio storico delle popolari, ho partecipato per quasi trent'anni a decine di assemblee degli azionisti; conosco i nomi e le storie di tanti, tantissimi di loro, e conosco i drammi umani e sociali che si celano dietro i crack di quelle banche; e proprio per questo, monta in me l'indignazione per quanto sta accadendo: state speculando meschinamente su quei drammi, giocate spregiudicatamente con le loro speranze per strappare un pugno di voti alle prossime elezioni europee, e questo mi fa ribollire il sangue nelle vene!

Siete consapevoli di aver fatto promesse irrealizzabili, di aver varato frettolosamente una normativa che fa acqua da tutte le parti, che in queste condizioni non siete in grado di varare alcun decreto attuativo. Fate allora un gesto di coraggio e di verità: ammettete di aver sbagliato, confrontatevi con spirito costruttivo con l'Europa, fatevi guidare dal dottor Rivera, che è persona competente ed un tecnico capace, modificate per quanto necessario il FIR; forse così i risparmiatori vi perdoneranno. Ma vi prego, non prendete più in giro i risparmiatori veneti, che sono brave persone e gran lavoratori, e che non meritano proprio di essere truffati dal Governo, dopo essere stati truffati già dai banchieri! I veneti sono pazienti, ma hanno anche una buona memoria, e non dimenticheranno chi li ha imbrogliati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ovviamente le sue segnalazioni verranno trasmesse alla Presidenza. È iscritto a parlare il deputato Marco Osnato. Ne ha facoltà.

MARCO OSNATO (FDI). Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, quello che ci accingiamo ad affrontare non si può non definire che come un provvedimento auspicato, richiesto, invocato, direi anche piuttosto condiviso, perché se non vado errato sono cinque le proposte in qualche modo accorpate in questa seduta. È quindi evidente che, sebbene con una eterogenesi dei fini rispetto ad ognuna delle proposte, alla fine l'auspicato risultato vorrà essere quello di dare finalmente delle risposte ad un sistema che evidentemente è malato, evidentemente ha delle patologie insite proprio nelle sue strutture, e troppi, ahimè, danni ha fatto ai risparmiatori italiani.

Allo stesso tempo non si può tuttavia negare che alla base di tutto questo vi è un grande fallimento, il fallimento della precedente Commissione d'inchiesta sulle banche, quella che è stata varata sicuramente troppo in ritardo nella scorsa legislatura , che è stata troppo frenata da chi ne aveva le redini, che non è riuscita a dare le risposte, e forse neanche le analisi in precedenza che si volevano dalla sua istituzione. Quindi è chiaro che noi non partiamo da zero, ma sicuramente non partiamo da un risultato condiviso nell'affrontare questa nuova istituzione di una Commissione d'inchiesta.

E anche in questa legislatura - qui mi permetterete - la Commissione arriva più tardi rispetto a quanto Fratelli d'Italia avrebbe voluto, e ha chiesto poi nei fatti. Troppi avvenimenti in questo settore vi sono stati in questi mesi: abbiamo appena finito di affrontare il tema della Carige, il tema di Bankitalia è nelle cronache quotidiane da diverse settimane, la Consob forse adesso ha un filo di chiarezza, ma sicuramente in questi mesi è stato un elemento mancante nella catena dei controlli della vigilanza, della congruità di un sistema che regola una parte determinante del nostro Paese.

E allora, ripeto, Fratelli d'Italia con determinazione rivendica la volontà e chiede all'Aula di andare a costituire questa Commissione: una Commissione che deve appunto affrontare il tema di una sistematicità del sistema bancario, del sistema di vigilanza, che dev'essere più trasparente, perché soltanto una trasparenza vera in questo settore può garantire la protezione dei risparmiatori, lo dice la Costituzione, lo affronteremo più avanti. Per arrivare a questa trasparenza ci sono, però, dei passaggi che, già nel precedente decreto, da questi banchi abbiamo richiesto: l'abolizione, per esempio, del segreto d'ufficio sulle ispezioni condotte da Consob e da Bankitalia. Non bisogna avere paura della verità, non bisogna avere paura dei fatti, quando si affronta un elemento definitivo, determinante, per la vita dei nostri concittadini, cioè quello della gestione dei propri risparmi, del credito, di un sistema che deve permettere all'economia nazionale, ma anche ad ogni singolo individuo nella sua costituzione familiare, di avere un sistema che supporti la voglia di crescita. E quindi non si può non avere trasparenza, non avere certezza di quelli che sono anche gli atti di chi governa e vigila su questo tema.

Bisogna avere, poi, un database condiviso il tutte le informazioni, deve essere comune a tutti gli organi di vigilanza, si cita sempre l'Europa come totem da adorare, bene, in Germania questo succede da anni. Facciamo come in Germania, una volta tanto siamo noi a chiedere di fare come in Germania. Mettiamo a disposizione questo database condiviso di tutte le informazioni possibili a tutti gli organi di controllo e di vigilanza.

E poi diamo dignità alla politica, la politica quella vera, non quella che usa le banche come il proprio bancomat, non quella che usa le banche per favorire l'imprenditore più amico, non quella politica, che usa le banche per creare un consenso non troppo lineare. Diamo un ruolo centrale al MEF, riportiamo il Ministero al centro, ovviamente nel rispetto delle Autorità indipendenti, ma al centro di quelle che sono le politiche economiche di questo Paese, anche le politiche creditizie, perché è chiaro che la politica deve assumersi la responsabilità, ma deve avere anche gli strumenti per poter rivendicare questa responsabilità; altrimenti troveremo ancora una volta questo sistema malato, che abbiamo già visto in mille altre situazioni e che abbiamo affrontato anche l'altra settimana nella vicenda Carige, cioè un sistema in cui, da una parte ci sono i creditori, ovvero le banche, dall'altra ci sono i debitori, ovvero principalmente le imprese, che, quando purtroppo questo rapporto non è particolarmente virtuoso, si incontrano solitamente per nascondere le malefatte, che magari insieme hanno fatto, le politiche dissennate che magari hanno insieme fatto e spesso sono anche coperti dalla peggiore politica di questo Paese.

Allora bisogna chiaramente procedere con alcuni interventi, bisogna poter aggredire i patrimoni dei prenditori, ormai è un termine diffuso questo, devo dire, da questa parte, l'idea che l'imprenditore talvolta si perda per strada e rimanga prenditore ce l'avevamo da molti anni, perché conosciamo, al contrario, gli imprenditori veri, quelli legati al territorio, quelli che fanno fatica tutti i giorni, quelli che danno occupazione, quelli che tengono alla produzione e non sono spesso quelli che sono assistiti e supportati dalle banche che abbiamo sentito in questi anni.

E allora bisogna dare l'opportunità anche alla magistratura di trovare le strade perseguibili per poter gestire l'enorme mole di crediti deteriorati che ormai fanno parte del nostro sistema creditizio e che non si può non considerare. È importante anche limitare alcune azioni, diciamo fittizie, che le banche fanno, o meglio che nascondo dietro, per esempio, pseudo cartolarizzazioni, che non fanno altro che tradire la funzione reale del credito.

Allora noi diciamo, per esempio, che bisogna rendere pubblici i nominativi dei più grandi debitori insolventi nelle banche sottoposte ad aiuto dello Stato, è chiaro, lo Stato aiuta un istituto di credito perché questo debba riprendersi e non creare un effetto a catena, però non possiamo non considerare che all'interno di questo aiuto si rischia, talvolta, di coprire coloro che scientemente hanno affossato la banca stessa. E bisogna inasprire e rendere concrete le sanzioni e le pene per coloro che in questi istituti, in queste realtà, procedono con azioni non corrette. La legislazione è chiara, se bisogna migliorarla siamo qui disponibili a migliorarla, ma non bisogna più pensare che qualcuno possa inserirsi in queste norme e possa eluderle e rimanere impunito dopo aver creato i danni che il collega che mi ha preceduto ha ben illustrato. E allora io credo che sia necessario, in un'opera di trasparenza, fare luce sulle incrostazioni anche dei vertici del potere bancario. Purtroppo, i vertici del potere bancario hanno ormai creato una struttura che assomiglia più quasi a una monarchia, talvolta un'oligarchia, sono autoreferenziali e assoluti. Questa autoreferenzialità deriva anche, come dicevo poc'anzi, da incrostazioni, che producono che l'effetto che sta nella natura delle banche, ovvero quello di fornire credito alle imprese, si configuri soltanto in una relazione spesso non virtuosa tra creditore e debitore, e non più verso il merito, verso chi ha i requisiti per poter accedere al credito, chi ha bisogno in modo positivo di poter accedere al credito, che spesso viene dimenticato perché magari quelle relazioni non ha. Allora, abbiamo visto queste monarchie bancarie accumulare utili, salvo poi scaricare le conseguenti crisi su azionisti e risparmiatori, abbiamo visto queste monarchie, talvolta, ahimè, anche appoggiarsi, magari, al potere politico.

Credo che una responsabilità vada trovata anche in chi questi controlli doveva farli prima, non solo adesso. Bankitalia, purtroppo, ha consentito che questi compissero acquisizioni senza prospettive, che si collocassero titoli in spregio alle regole del MiFID e che - come ha detto, credo, il relatore, e gliene riconosco il merito - ci fossero finanziamenti baciati, cosa assolutamente da censurare, che ci fossero derivati non proprio virtuosi da vendere e che ci fossero tutti questi crediti deteriorati di cui stiamo parlando e su cui, per esempio, al Senato, Fratelli d'Italia, e lo farà anche alla Camera, ha chiesto l'istituzione di una commissione ad hoc.

Ma c'è anche un altro tema, che secondo me va approfondito in questa sede, che è quello delle agenzie di rating. Le agenzie di rating hanno un potere enorme, un potere eccessivo, un potere che va oltre quello che si può ormai tollerare. Io credo che sia giusto che nella Commissione che noi andremo a istituire si capisca anche quali sono le reali valutazioni che noi possiamo accettare dalle agenzie di rating, quali sono i regolamenti che noi dobbiamo evidenziare affinché le agenzie di rating stiano all'interno di un quadro che non sia quello di rispondere a logiche speculative invece che a logiche di tutela dei cittadini italiani. Quindi, sicuramente - lo annuncio già adesso - presenteremo degli emendamenti in tal senso, lo faremo non perché ci piace la gogna mediatica per nessuno, non perché riteniamo che le banche siano necessariamente il male assoluto, non perché riteniamo che la verità stia solo e sempre da una parte, ma perché riteniamo che la tanto decantata Costituzione, come dicevo prima, all'articolo 47 dia un'indicazione ben chiara del valore del risparmio dei cittadini italiani e noi vogliamo tutelarlo anche in questa sede (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Claudio Mancini. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MANCINI (PD). Grazie, Presidente. Come abbiamo già ribadito nelle numerose occasioni di confronto, dalle sedute in Commissione, alle audizioni, al dibattito in Aula sull'approvazione del decreto Carige, il Partito Democratico non ha alcun timore di dare un ampio mandato alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema creditizio e finanziario del nostro Paese, che si va a costituire. La riteniamo una utile occasione per discutere di tutte le vicende bancarie del passato e del presente, e pensiamo che la costituenda Commissione d'inchiesta non parta da zero: c'è già un importante lavoro svolto dalla Commissione istituita nella scorsa legislatura, che non va messo da parte.

E basterebbe leggere la relazione conclusiva di quella Commissione per comprendere come il fenomeno delle crisi bancarie nel nostro Paese sia stato un fenomeno importante, ma minore di quello subito da altri Paesi europei. Basti pensare che l'intervento pubblico nel settore bancario in Italia equivale allo 0,8 per cento del PIL, in Germania ha riguardato il 7 per cento del PIL. Non c'è solo quella relazione, ci sono anche le due indagini conoscitive della Commissione finanze e tesoro del Senato del 2015 e del 2016, che già allora evidenziavano a grandi linee alcuni aspetti problematici rispetto all'attività bancaria, quella di vigilanza e i necessari interventi legislativi. È un buon punto di partenza, nonostante il rifiuto delle opposizioni, nella scorsa legislatura, di condividere quella relazione unitaria sul lavoro svolto dalla Commissione; è stato un errore soprattutto per le misure che quella relazione ha proposto di mettere in campo in materia di vigilanza e di controllo del sistema bancario e finanziario.

In questa sede, ci preme porre in evidenza due questioni politiche, su cui ci aspettiamo una risposta della maggioranza e del Governo. La prima riguarda la funzione di indagine della Commissione, la seconda quella conoscitiva a supporto dell'attività legislativa. Per quel che riguarda la funzione di indagine, con tutti i necessari vincoli di riservatezza e di equilibrio, bisognerà individuare gli ambiti di iniziativa. Lo voglio dire con una certa preventiva chiarezza: noi non saremo favorevoli ad indagini che si vadano a sovrapporre a procedimenti in corso o già nella fase processuale, magari con gradi di giudizio già espressi. Gli ampi poteri che equiparano le attività della Commissione d'inchiesta a quelle della magistratura ordinaria non possono essere esercitati nella direzione di provare a riscrivere verità giudiziarie acquisite. Siamo di fronte a materie che riguardano società quotate, istituzioni di regolazione, responsabilità manageriali di primo piano. Con il risparmio degli italiani non si scherza: noi non consentiremo un uso strumentale e mediatico del potere di indagine del Parlamento.

La seconda questione è relativa al lavoro conoscitivo propedeutico all'attività legislativa. Quanto tempo ci si dà? Quali sono le priorità che si individuano, tra le vaste materie descritte nella proposta di legge? Abbiamo già sottolineato, come Partito Democratico, l'anomalia di una Commissione di inchiesta che duri tutta la legislatura. Avevamo proposto, e riproporremo in sede emendativa, una riduzione a tre anni della durata della Commissione.

Alla maggioranza chiediamo chiarezza sui tempi delle riforme che sono necessarie alla migliore trasparenza e efficacia del sistema bancario e finanziario italiano. Non vorremmo trovarci davanti a un'iniziativa che produce, nella legislatura, relazioni annuali piene di buoni propositi, a cui accompagnare uno stanco dibattito parlamentare, senza che nessuno dei suggerimenti diventi legge. Si riparta, quindi, dai temi già individuati nella relazione conclusiva della Commissione Casini e si affianchi il lavoro conoscitivo alla discussione di merito su modifiche normative da sottoporre alle Commissioni, che non possono certo essere esautorate dal lavoro della Commissione d'inchiesta. Se si opererà seriamente, il Partito Democratico non farà mancare il proprio contributo; se si cercherà di forzare le funzioni e le prerogative della Commissione d'inchiesta, reagiremo con forza.

Il sospetto ci viene, anche per come la maggioranza si è mossa in queste settimane. L'impressione che date è che la Commissione che ci apprestiamo ad istituire possa diventare uno strumento per alimentare la propaganda del Governo su un tema delicato, che tocca i risparmi dei cittadini. Abbiamo appreso il nome del futuro presidente, Gianluigi Paragone, dalla stampa, attraverso le dichiarazioni del capo politico di uno dei due partiti della maggioranza. Una nomina in pectore, a dispetto delle prerogative di quest'Aula e frutto soltanto di un accordo politico di spartizione tutto interno alla maggioranza. Abbiamo appreso che è una compensazione per la mancata nomina di un esponente dei 5 Stelle alla presidenza della Consob. E anche le prime interviste rilasciate dal futuro presidente non fanno presagire nulla di buono: “Faremo cantare Bankitalia e Consob”. Dichiarazioni da tribunale dell'inquisizione, i cui toni sono quelli di chi ha già deciso che gli imputati sono colpevoli e non di chi deve dare supporto al Parlamento per migliorare e implementare la legislazione vigente.

La maggioranza non si provi a trasformare un luogo così importante in un talk show giudiziario; non farebbe altro che gettare benzina sul fuoco. I fatti di questi giorni dovrebbero aver fatto capire al Governo e alla maggioranza che non siete al di sopra della legge e che quello giudiziario è un potere autonomo da quello politico. E, allora, il dettato dell'articolo 82 della Costituzione è chiaro: la Commissione d'inchiesta opera con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Le stesse limitazioni, lo dico al presidente in pectore, meglio essere chiari prima: stia attento ai suggeritori interessati, capisca bene chi gli scrive “il gobbo” e di quali interessi può essere portatore.

È, invece, necessario, perché questa Commissione abbia un senso positivo, continuare a lavorare sulle questioni già note o che emergeranno durante i lavori della Commissione, affinché non si possano ripresentare le criticità del passato. Penso, ad esempio, a un rafforzamento della vigilanza, a come favorire una maggiore collaborazione tra Bankitalia e Consob, alla necessità di costruire il nuovo presidio normativo nel settore bancario e finanziario. Non sono misure banali, sono interventi di rilievo, che vanno a toccare l'interesse dei risparmiatori, la stabilità degli istituti bancari, l'equilibrio dell'intero sistema italiano nel panorama europeo. Non è, dunque, un lavoro da sottovalutare o da logorare sotto lo scudo della propaganda.

Sarebbe sbagliato mettere in piedi l'ennesimo strumento di campagna elettorale in vista delle elezioni europee per giocare la competizione tra 5 Stelle e Lega anche su questo argomento in maniera irresponsabile. Serve, invece, un lavoro che affronti le questioni nel merito, partendo dall'eredità della scorsa legislatura. Ci sono riflessioni, considerazioni e proposte tutt'altro che banali.

La stessa collaborazione tra la Banca d'Italia e la Consob - è emerso chiaramente - non è stata sufficiente, l'ho già detto; sarà necessario, quindi, prevedere regole che modifichino il rapporto tra le due autorità.

Un altro aspetto su cui la futura Commissione dovrà lavorare e su cui il Parlamento dovrà intervenire è quello dei crediti deteriorati, i cosiddetti NPL. Tempi lunghi e procedure complesse influiscono anche sulla determinazione del valore dei crediti deteriorati e, di conseguenza, anche sul loro prezzo in caso di cessione, indebolendo gli istituti. Sarà opportuno, quindi, adottare dei provvedimenti specifici per ridurre gli NPL dai portafogli delle banche.

Sono molte questioni, note, ne abbiamo parlato anche nel corso del dibattito generale su Carige; è necessario, perché coincide con l'interesse nazionale italiano, lavorare per il completamento dell'unione bancaria, per il cosiddetto terzo pilastro, per misure che vadano a tutelare soprattutto gli istituti medi e piccoli. Va difesa la peculiarità del sistema bancario italiano, il suo forte rapporto con il territorio, le forme societarie così diversificate, come quelle delle popolari o come quelle del credito cooperativo.

In ultima istanza, Presidente, noi ci aspettiamo, e per questo abbiamo presentato anche degli emendamenti, che la presidenza scelta e indicata dalla maggioranza voglia operare come presidenza di garanzia, e non come presidenza di parte, che utilizzi questo strumento solo per un'azione di propaganda.

Il nostro auspicio vorremmo che venisse accolto non solo nei discorsi, ma anche con l'approvazione di emendamenti che vadano in questa direzione.

Diciamo, per concludere, che noi sulla Commissione d'inchiesta sulle banche avremo fatto anche i nostri casini, ma con voi non c'è paragone.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Giuliodori. Ne ha facoltà.

PAOLO GIULIODORI (M5S). Grazie, Presidente. Governo, colleghi, uno Stato sano si regge anche su un sistema bancario solido, un sistema che sappia offrire credito alle imprese e alle famiglie, un sistema capace di custodire e di tutelare il sudato risparmio dei suoi cittadini, il risparmio che i cittadini accumulano con anni e anni di enormi sacrifici e che giustamente è garantito dall'articolo 47 della nostra Costituzione.

Purtroppo, in Italia l'ecosistema bancario vive da anni una condizione di grave difficoltà e le ragioni sono molteplici: la grande crisi mondiale del 2008, la mala gestione degli organi di amministrazione, il mancato controllo degli istituti preposti, la troppa rigidità dei vincoli europei.

Ora, però, abbiamo l'occasione di poter sostenere un ecosistema bancario più giusto e trasparente. Infatti, oggi stiamo discutendo una proposta di legge per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario. Con questa proposta andiamo a comporre una Commissione di 40 parlamentari che avrà potere di indagine al pari dell'autorità giudiziaria. Prima di tutto dovrà ripartire dal lavoro fatto dall'analoga Commissione della precedente legislatura, lavoro, per la verità, piuttosto lacunoso e parziale perché le inefficienze e i difetti della scorsa Commissione d'inchiesta sono del tutto evidenti. Per dirne solo uno, il presidente aveva la facoltà di filtrare le domande che i commissari potevano porre agli auditi, cosa che ovviamente è andata a limitare notevolmente il potere di indagine dei commissari e della Commissione stessa.

Ebbene, non vogliamo ripetere gli stessi errori. Diversi sono i compiti che verranno affidati a questa Commissione. Riguardo ai vertici dei consigli d'amministrazione, si analizzerà la normativa sulle incompatibilità. Quante volte abbiamo visto passare da una banca all'altra presidenti, direttori o consiglieri dei CDA o, peggio ancora, quante volte abbiamo visto passare membri apicali delle banche agli organi di vigilanza?

È ora di dire “basta” a questo meccanismo malsano. La vigilanza, poi, è un tema davvero molto delicato la cui gestione sbagliata ha influito pesantemente sulla stabilità del sistema e soprattutto sui risparmiatori; risparmiatori truffati come, ad esempio, quelli di Banca Marche per i quali abbiamo messo in legge di bilancio un miliardo e mezzo di risarcimento.

La Commissione avrà poteri di verifica sulla trasparenza e sull'efficacia dell'azione di vigilanza sulla tutela del risparmio. Controllerà anche le decisioni prese dagli organi di vigilanza riguardo alla gestione dei crediti deteriorati, vera gallina dalle uova d'oro per molti soggetti speculatori. È ora, dunque, di lanciare un allarme. Se ne parla sempre troppo poco, ma la gestione degli NPL, ossia i crediti deteriorati, è un tema centrale che avrà ripercussioni dirette sul nostro sistema finanziario e avrà un peso notevole per le casse dello Stato.

Si valuterà, inoltre, la possibilità di istituire una procura nazionale per i reati bancari e finanziari sul modello della Direzione nazionale antimafia. Infatti, non è comprensibile come i reati comuni, anche i più piccoli, vengano puniti severamente mentre, al contrario, i reati finanziari, ossia quelli dei cosiddetti colletti bianchi, ben più gravi e pericolosi, si concludano quasi sempre con pene irrisorie, misere rispetto ai danni enormi arrecati ai risparmiatori e allo Stato.

Per quel che riguarda l'Europa, la Commissione si occuperà dello stato di attuazione dell'Unione bancaria. Vogliamo e crediamo in un'Europa veramente unita e solidale, ma stiamo andando nella direzione giusta? In ambito europeo non si possono trascurare le direttive in tema di requisiti patrimoniali per gli istituti di credito cooperativo, un mondo, quello del credito cooperativo, vero ultimo canale di aiuto per tutte le nostre piccole e medie imprese, che rappresenta la linfa vitale del nostro Paese; un mondo che va tutelato come, d'altronde, fanno anche altri Paesi, la Germania in primis.

C'è poi da affrontare la questione del rating di banche e Stati. Troppe volte l'Italia si è trovata anche da sola a dover fronteggiare pesanti attacchi speculativi spesso influenzati dalle cosiddette agenzie di rating. Queste agenzie calcolano un punteggio per banche o Stati. Tale punteggio rappresenta lo stato di solidità e affidabilità del soggetto, un numero che poi ne condiziona pesantemente la reputazione a livello internazionale, condizionando quindi gli investitori. Vorrei sottolineare in quest'Aula che le agenzie di rating sono, in molti casi, in conflitto di interessi perché di fatto finanziate dalle stessa società per le quali devono calcolare il rating.

Questo grave e palese conflitto d'interessi viene fuori anche dai report presentati dalle agenzie stesse. Un monitoraggio effettuato dall'Adusbef su oltre mille report delle maggiori agenzie di rating ha rappresentato la prova provata che tali rapporti sono risultati errati nel 91 per cento dei casi. Dati alla mano, i report su società quotate presentati dalle agenzie nove volte su dieci si sono rivelati vere e proprie bufale. Si parla tanto di fake news; queste sono le fake news più pericolose, quelle diffuse da fonti autorevoli che spostano miliardi e che mandano in crisi intere economie e, guarda caso, a farne le spese sono sempre i più deboli, come i risparmiatori e le piccole imprese.

Voglio concludere, Presidente, con un argomento cardine, quello che più di tutti rappresenta un macigno per lo Stato italiano: il debito pubblico. Tramite questa Commissione d'inchiesta si potranno andare ad analizzare nel dettaglio le diverse componenti del debito pubblico italiano, per comprenderne nel dettaglio le origini e valutare il relativo rischio associato. È un debito che si è gonfiato anche per colpa dei contratti derivati fallimentari sottoscritti da Stato ed enti locali. La Commissione avrà la facoltà di fare finalmente luce sulla questione e stilare un rapporto di costi-benefici su questi strumenti altamente rischiosi.

Andremo a comporre una Commissione di livello tecnico avanzato, competente ed efficace, capace realmente di arrivare al cuore delle spinose questioni già scritte, capace di scovare le crepe del sistema, capirne l'origine e trovare i responsabili. Il nostro obiettivo è chiaro: vogliamo tutelare il risparmio dei cittadini e delle imprese italiane, vogliamo preservare un sistema bancario sicuro e solido e vogliamo assicurare la stabilità del Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Galeazzo Bignami. Ne ha facoltà.

GALEAZZO BIGNAMI (FI). Grazie, Presidente. Il gruppo di Forza Italia ha presentato per primo la richiesta, tramite l'onorevole Zanettin e tramite anche il presidente Brunetta, di reistituire la Commissione d'inchiesta sulle banche, con la finalità evidentemente di dare corso, di attuare e completare quel lavoro che era stato condotto nella precedente legislatura con significativi limiti, anche rispetto a quello che è stato detto in quest'Aula, ma anche con l'individuazione di punti in ordine ai quali, a nostro modo di vedere, bisognerebbe agire.

Infatti, diversamente, andare a fotografare l'esistente senza andare, però, a risolvere i temi e i problemi che si sono posti in quella vicenda che tutti noi conosciamo e che possiamo rubricare come abuso della fiducia dei risparmiatori, se non si approntano degli strumenti che poi consentano di risolvere quegli stessi problemi credo, allora, che serva davvero a poco andare a realizzare Commissioni d'inchiesta che abbiano la sola funzione di mettere all'indice qualcuno.

Che sia chiaro: non è un aspetto che ci dispiaccia e, anzi, riteniamo che il cosiddetto “danno reputazionale” ovvero la possibilità di andare anche a dire chi ha sbagliato - se vogliamo usare un eufemismo - sia già qualcosa, ma riteniamo che, nel perimetro molto ampio che la proposta di legge di istituzione della Commissione va a individuare, vi debbano essere necessariamente degli accenti che coinvolgano in primo luogo degli aspetti di incompatibilità, quelle che sono chiamate le “porte girevoli”. A nostro modo di vedere, infatti, non si può continuare a individuare in soggetti che prima militano in un campo, quello pubblico, e che poi passano nel privato gli stessi interlocutori di un sistema che evidentemente dovrebbe conoscere una netta scissione tra questi ruoli.

Riteniamo che sia necessaria anche una valutazione sugli NPL che non consenta, come sta avvenendo, ad esempio, su BPER in Emilia-Romagna in queste ore, di andare a fare una valutazione del tutto opinabile, per usare un'espressione garbata, al fine di favorire Unipol, oggi azionista di BPER, che sta dettando l'acquisto di Unipol Banca con una valutazione degli NPL che è, a nostro modo di vedere, assolutamente inadeguata. E, in questo senso, rammento che nella relazione di minoranza dei 5 Stelle, firmata anche dall'oggi sottosegretario Villarosa, vi era una valutazione interessante in ordine alla necessità che gli NPL non vengano visti necessariamente come un asset negativo ma che, anzi, possano essere valutati in un senso di conformità al valore di mercato.

Ciò per recuperare anche capacità creditizia da parte dei soggetti che poi dovrebbero arrivarne a commercializzare o a svenderne gli asset, come invece sta avvenendo appunto per la vicenda Bper. Su questo, mi permetto di evidenziarlo, anche per la presenza del sottosegretario Morrone, che è emiliano-romagnolo come chi parla: attenzione a quanto sta accadendo tra Unipol, Bper e Unipol Banca perché stanno cercando di blindare la finanza rossa per l'ennesima volta, facendo pagare il conto ancora una volta ai risparmiatori. Tale aspetto, che mi sono permesso di accennare in questa sede, sarà oggetto di un atto di sindacato ispettivo specifico.

Riteniamo che vi sia la necessità di superare tutte le questioni, che sono state sommariamente illustrate anche da chi mi ha preceduto, sul tema delle agenzie di rating ma anche delle capacità di fare insider trading da parte di qualcuno, non voglio fare il nome di De Benedetti, perché tutti ci ricordiamo dell'operazione che egli condusse guadagnando qualche centinaio di migliaia di euro in un giorno - ripeto: in un giorno - operazione che grida vendetta e di cui invece questo signore non è stato chiamato a rispondere. Anzi la procura per più volte ha ritenuto di schermare evidentemente l'operazione, salvo poi arrivare ad un'imputazione coatta che, tra l'altro, non riguarda lui, ma riguarda colui che era stato delegato all'operazione. Difficile anche in questo caso non vedere gli intrecci certamente leciti - per carità, chi ne dubita - ma certamente altrettanto vergognosi se si pensa che, per la sola notizia preventiva del mutamento della legislazione sulle banche popolari, qualcuno ha potuto trarne un beneficio in un giorno che famiglie intere non riescono ad accantonare con anni, anni e vite di sacrificio.

L'unione bancaria è un altro aspetto a cui riteniamo necessario che si arrivi anche a fronte di una debolezza del sistema europeo. Dobbiamo smetterla di vedere, come qualche mondo della finanza vorrebbe, l'Europa come colei che si attribuisce i meriti e l'Italia come quella a cui vanno delegate le colpe. L'Europa non è meno colpevole della finanza che ha militato anche in questo caso in Italia per ciò che è avvenuto. In tal senso riteniamo fondamentale che venga istituita un'agenzia di rating europea che non sia in mano ai venditori. È vergognoso, anche in questo caso, che noi si abbia agenzie di rating che sono sostanzialmente sotto scacco dei soggetti che devono piazzare i prodotti. Una roba che credo davvero vada al di là di ogni minima vergogna.

Certo siamo - non lo nego - un po' sorpresi dall'avvenuta elezione del parlamentare Paragone a presidente della Commissione: dico avvenuta elezione perché credo che sia una mera formalità quella che si dovrà espletare; avremmo preferito che la presidenza della Commissione venisse data a un componente dell'opposizione in una logica di check and balance che, anche se è difficile, per quanto stimato, dire che Pier Ferdinando Casini abbia in qualche maniera rappresentato tale capacità di dare la presidenza della Commissione nella scorsa legislatura all'opposizione: per quanto possa aver simpatia per il senatore Casini, be' insomma diciamo che ha avuto poi il ristoro dell'opera svolta anche se in modo un po' maldestra. Insomma, era talmente grande la polvere che doveva mettere sotto il tappeto che anche lui, uomo da mille esperienze, ha potuto poi fare fino a che poteva. Certamente individuare in un soggetto come Paragone, stimatissimo parlamentare, che mi risulta abbia nel pedigree sul tema solo la pubblicazione di un libro che si chiama - non me ne voglia Presidente - Gangbank, che sarebbe, appunto una mutuazione in chiave finanza di altri fenomeni: ci pare un po' deboluccio come pedigree e come attestato di merito.

E quindi, al contrario, crediamo che anche nei banchi della maggioranza, se proprio non si vuole dare all'opposizione la possibilità di presiedere i lavori, ci siano soggetti che potrebbero in maniera adeguata garantire imparzialità e terzietà come la proposta di legge auspica. Tuttavia, a nostro modo di vedere, non me ne vogliate se cito un ossimoro, bisogna partire dalla fine, ovvero partire dalla conclusione dei lavori della XVII legislatura e, in particolar modo, dalla relazione di minoranza che le forze del centrodestra depositarono. Le relazioni furono tre: quella di maggioranza, rispetto alla quale ho apprezzato e ho sentito la difesa del collega Mancini che però non mi trova minimamente d'accordo. Furono tali e tante le lacune al riguardo che, a nostro modo di vedere, era doveroso comporre una relazione di minoranza di centrodestra. Nella relazioni di minoranza del Movimento 5 Stelle ci sono anche temi rispetto ai quali abbiamo assistito in queste ore all'iscrizione nella Commissione Finanze di domani del progetto di legge teso a rimettere la Banca d'Italia in mano pubblica: uno dei punti che caratterizzava, se non ricordo male, quella relazione. Così come, sempre in quella relazione, vi era anche l'obiettivo sempre perorato dal gruppo del Movimento 5 Stelle di rimettere in mano pubblica la Borsa, altro aspetto su cui vedremo le capacità effettive di perseguire e conseguire un risultato.

Quali sono allora i punti che, a nostro modo di vedere, dovranno guidare la Commissione? Sono cinque i punti che il movimento a cui faccio riferimento e a cui appartengo ritiene assolutamente indefettibili. Cinque punti che hanno un comune ispiratore, la difesa del risparmiatore, che deve essere effettiva e, quindi, il primo punto: chi sbaglia paga. Se vi sono manager, amministratori delegati, presidenti, vertici di banca che hanno preso tanti, tanti, tanti soldi anche in fase di liquidazione dopo aver svuotato intere cassaforte, beh' io dico che, così come lo Stato, è capace e indefettibile nel recuperare anche cento euro di tassa che un cittadino qualunque può essersi dimenticato di pagare, credo che lo Stato abbia tutti gli strumenti per andare a prendere i milioni e milioni di euro che tanti amministratori - e non voglio fare nomi - si sono intascati dopo aver piazzato prodotti a vecchiette, come stiamo leggendo in queste ore sui principali quotidiani nazionali. Chi sbaglia paga! Secondo punto, le agenzie di rating non possono essere depositarie di patenti di verginità. Le agenzie di rating devono essere dichiarate complici di un sistema che ha fallito e l'Europa, se davvero vuole battere un colpo, deve istituire un'agenzia di rating europea che sia libera dai condizionamenti di mercato e che abbia come principale parametro di valutazione quello di chi subisce l'azione delle agenzie di rating e non quello di chi ne beneficia come è oggi. Terzo, il principio delle porte girevoli. Non è più ammissibile che chi oggi è in apparati pubblici e domani sia in apparati privati e chi oggi è in apparati privati, domani sia in quelli pubblici; chi fa una scelta di campo deve farla in maniera definitiva: o si sta dalla parte della nostra nazione, della patria, di chi ha nelle istituzioni comunque un riferimento o si sta dalla parte dei privati. Non è possibile che vi sia un interscambio che genera complicità inaccettabili in cui tu non sai mai se chi opera ha davvero una riserva mentale di onestà o di altro tipo. Lo dico assumendomi la responsabilità di quel che affermo. Credo che questo sia un punto che accomuna sia la relazione di minoranza del centrodestra che quella del Movimento 5 Stelle: tornare a un sistema che assomigli di più a quello che venne sancito con il Glass-Steagall Act rispetto a quello che oggi domina l'economia, la finanza e il sistema bancario. Le banche che fanno raccolta di risparmio non possono fare azioni speculative.

Le banche che vogliono fare banche d'affari non possono drenare risorse dalle persone perbene che hanno messo in conto corrente le risorse di una vita sperando di poterne beneficiare per l'anzianità, per i figli, per i parenti e che, invece, se le vedono, ancora oggi, depauperate da banche che perorano e perseguono esclusivamente interessi speculativi, magari in un quadro più ristretto dettato da norme di vigilanza più stringenti, ma che ancora operano sotto quell'aspetto. Su quest'ultimo punto io credo che sarà la vera sfida di questa legislatura, per riformare, per tornare ad un sistema di separazione netta che, ricordiamoci, venne superato all'inizio degli anni Novanta proprio per la pressione esercitata dai sistemi bancari, che rimossero quel Glass-Steagall Act che, dal 1933 fino agli anni Novanta, aveva impedito derive come quelle a cui abbiamo assistito e continuiamo ad assistere oggi e che, purtroppo, hanno contaminato, inquinandolo, il mondo della finanza e del risparmio.

Credo che questi debbano essere i punti di riferimento a cui il movimento a cui faccio riferimento e a cui appartengo dovrà ispirare la propria azione per evitare che altri De Benedetti e altri soggetti a lui simili possano continuare a furoreggiare nelle tasche e nei risparmi degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1353)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Alvise Maniero. Prendo atto che si riserva di intervenire in una fase successiva.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Villarosa.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Velocemente, giusto per ringraziare il Parlamento che, dopo l'esperienza della scorsa legislatura, ha deciso di riportare in Aula una nuova Commissione d'inchiesta che per alcuni, anche con battutine, sembra una Commissione inutile, ma vi posso assicurare che è stata molto utile nella scorsa legislatura; purtroppo, è durata solo gli ultimi mesi di fine legislatura. Ma un'altra cosa importante che ha fatto questo Parlamento, che ha fatto questa maggioranza è quella di portarla immediatamente in Aula per avere tutto il tempo possibile per poter analizzare quello che, in questi anni, è accaduto all'interno del nostro sistema bancario, un sistema bancario che ha subito, ancor di più rispetto ad altri Paesi, le crisi di questi istituti. Bisogna cercare di capire il più possibile cosa è accaduto, perché questo può nuovamente dare fiducia al sistema bancario e, quindi, al nostro Paese.

Una Commissione nella scorsa legislatura per alcuni lacunosa: lacunosa sì, ma solo ed esclusivamente perché, ripeto, abbiamo fatto, se non sbaglio - io partecipavo a quella Commissione -, quaranta, quarantacinque sedute, per un totale di 300, 400 ore, non ricordo, nel giro di due mesi. Ricordo ancora che, nell'ultimo periodo, quindi con la legislatura ormai chiusa e con gli ultimi due mesi di archivio, continuava ad arrivare documentazione da parte di Banca d'Italia, di Consob, documentazione richiesta mesi prima, che, però, per vari motivi, burocratici, di qualsiasi tipo, non era arrivata in tempo per poterla analizzare.

Quindi, è fondamentale riacquisire nuovamente tutta la documentazione tirata fuori nella scorsa legislatura, riascoltare anche le parti segretate, quello che posso consigliare ai parlamentari, perché ci sono spunti molto interessanti che però non sono visibili a tutti, ma che la Commissione può chiedere di acquisire.

Un tema sul quale chiederei di soffermarmi è proprio quello riguardante le crisi dei sei istituti. Si è parlato del Fondo di indennizzo che abbiamo creato con forza, promesso negli scorsi anni; si è parlato di coerenza: se si parla di coerenza, bisogna ricordare questo.

In merito alla possibilità che questo Fondo vada a buon fine, dobbiamo ringraziare la Commissione d'inchiesta, se dovesse andare a buon fine. Quindi, questa Commissione che, spesso, molti dicono non sia stata utile, anche per il fondo indennizzo sarà utile. Perché? Perché è una Commissione d'inchiesta che viene istituita per legge; è una Commissione d'inchiesta che prevede che i suoi membri abbiano gli stessi identici poteri dell'autorità giudiziaria.

Noi abbiamo proceduto addirittura a delle testimonianze nella scorsa legislatura, perché si può fare l'audizione, ma si può fare anche la testimonianza, e la testimonianza, però, si può fare solo in determinati casi. Ebbene, quel caso è comparso in Commissione d'inchiesta, perché, all'improvviso, le due vigilanze, Consob e Banca d'Italia, si sono “confuse”, hanno iniziato a dare informazioni differenti l'una dall'altra. Allora, in quei casi, si può chiamare a testimonianza la parte: abbiamo chiamato sia Consob che Banca d'Italia di nuovo a testimoniare. Ebbene, lì abbiamo capito - ci sono le dichiarazioni inserite anche all'interno dell'ultima relazione - che qualcosa era saltato sicuramente nel modello di comunicazione tra i due istituti di vigilanza, tra i due organi di vigilanza. Un prospetto informativo, in particolare, aveva all'interno delle omissioni che la stessa Consob ha dichiarato - non mi ricordo, in quel caso, se in testimonianza o in audizione - di aver omesso perché non ne era a conoscenza, perché Banca d'Italia non gliele aveva comunicate; se gliele avesse comunicate, le avrebbe sicuramente inserite nel prospetto.

Quindi, qualcosa a livello di protocolli informativi tra le due Autorità di vigilanza va fatto. Per capire qual è il metodo migliore per metterlo in piedi serve la Commissione d'inchiesta, quindi buon lavoro a tutti e grazie per questa ulteriore opportunità data al Paese.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00113 concernente iniziative per il contrasto all'immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali straniere, con particolare riferimento alla cosiddetta mafia nigeriana (ore 16,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00113 (Nuova formulazione) concernente iniziative per il contrasto all'immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali straniere, con particolare riferimento alla cosiddetta mafia nigeriana (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che è stata presentata la mozione Magi e Schullian n. 1-00121 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Wanda Ferro, che illustrerà la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00113 (Nuova formulazione), di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

WANDA FERRO (FDI). Presidenti, colleghi deputati, signori del Governo, diceva Tito Livio che è raro che agli uomini siano concessi nello stesso momento successo e lungimiranza.

Assaporato il gusto del successo dei ruoli di Governo, questa maggioranza sembra avere nei propri obiettivi solo quello di provvedimenti capaci di creare consenso, così come l'ansia del sondaggio prevale sul senso di responsabilità e sulla necessità di risolvere i problemi che interessano la vita dei cittadini, avendo, magari, la capacità di individuarli e affrontarli per tempo con lungimiranza, dicevamo, senza aspettare che diventino fin troppo forti e radicati in modo da essere, poi, troppo intempestiva l'azione.

Fratelli d'Italia è l'unica forza politica che da tempo denuncia con forza il rischio rappresentato dalla mafia nigeriana: mentre da parte delle altre forze politiche emerge un'evidente e grave sottovalutazione del fenomeno, noi riteniamo evidente la necessità di strumenti di contrasto operativi e normativi per arginare la crescita di queste organizzazioni criminali prima che sia troppo tardi.

L'insediamento prossimo del Comitato che si occuperà delle mafie straniere in Commissione antimafia è già un buon segnale, ma è ancora troppo poco rispetto all'emergenza messa in evidenza dalle recenti operazioni di polizia giudiziaria; operazioni che hanno confermato come l'allarme lanciato da Giorgia Meloni non sia mai stato strumentale, ma frutto di un'analisi attenta e onesta, e di questi fenomeni criminali sul nostro territorio ne vediamo quotidianamente.

Peccato che la maggioranza abbia bocciato, anche in occasione del “decreto sicurezza”, quel nostro emendamento con l'obiettivo di istituire nella Procura antimafia delle sezioni specializzate in materia di mafie e di altre associazioni criminali straniere, che noi riproponiamo con questa mozione.

Ricordo che la DIA, già nella relazione del semestre del 2016, scrive che è emerso nel corso di diverse inchieste che si evidenzia con grande chiarezza la natura mafiosa, peraltro confermata da sentenze di condanna passate in giudicato; quello nigeriano è attualmente uno dei più efficienti e pericolosi sistemi criminali africani a livello transnazionale. Dati importanti che vedono, anche secondo l'ONU, un aumento enorme di ragazzini al di sotto dei dodici anni utilizzati come soldati.

Ad accendere i riflettori di questa spietata organizzazione criminale è la storia agghiacciante di Pamela Mastropietro, che fu ritrovata sezionata in delle valigie, per cui vennero fermati tre nigeriani accusati di omicidio in concorso, oltre che per vilipendio, occultamento di cadavere e spaccio di stupefacenti.

Pamela, il giorno della morte, sarebbe stata abusata dal nigeriano che poi l'avrebbe stordita, uccisa e smembrata e, come dice lo psichiatra Alessandro Meluzzi, la mafia nigeriana ha avuto un ruolo fondamentale in questa vicenda. Meluzzi, infatti, ha anche spiegato che gli esecutori dell'omicidio di Pamela Mastropietro potrebbero aver eseguito anche dei rituali tribali molto diffusi presso la mafia nigeriana, insieme ad altri metodi indubbiamente controversi, come il cannibalismo rituale. Infatti, durante la perizia sul cadavere, si nota che non vennero mai ritrovati né il cuore né il fegato della ragazza e che nei riti nigeriani vengono abitualmente utilizzati questi organi per acquisire forza dalla vittima.

Numerose sono le inchieste e le operazioni ormai in tutt'Italia. Ricordo che, a fine gennaio, la squadra mobile di Catania ha arrestato sedici persone accusate di far parte della banda di spacciatori di droga, cellule a Catania con base operativa nel Cara di Mineo, e che le persone fermate appartengono tutte alla mafia nigeriana e sono accusate di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti e violenza sessuale aggravata.

Su questa organizzazione, attiva in Italia da oltre vent'anni, è attualmente in corso un'indagine da parte del Servizio centrale operativo della polizia italiana, dell'FBI statunitense e della polizia canadese nella zona di Castel Volturno.

Voglio ricordare che l'eroina gialla arriva in Italia proprio attraverso i nigeriani, che ormai la vendono a 5 euro, quindi alla portata di tutti. L'inchiesta di Castel Volturno sta confermando l'estrema efferatezza dei crimini commessi dalla mafia nigeriana, che dispone di un vero e proprio esercito di immigrati, in gran parte irregolari, su cui contare, anche come manovalanza. Secondo la DIA, le nostre mafie nostrane appaltano il lavoro sporco ai nigeriani e, quando questi agiscono in modo indipendente, come ad esempio nel caso della vendita e dello spaccio di droga e devono pagare il pizzo alle ‘ndrine piuttosto che a Cosa Nostra, avvengono situazioni mal sopportate, come nel caso dei Casalesi, i quali, lo voglio ricordare, nel 2008 spararono indiscriminatamente sulle case dei vari braccianti immigrati uccidendo oltre sei persone. Tra le attività più frequenti della mafia nigeriana c'è anche il traffico di organi. A tal proposito, nel 2016 l'FBI ha avviato un'indagine e oggi collabora sia con la DNA di Napoli, sia anche con la polizia di Caserta. Questo significa che è stato intercettato un flusso di denaro sporco che arrivava da Atlanta, New York, Chicago, diretto tutto a Castel Volturno, che rappresentano tutte le direzioni dei clan mafiosi da anni già presenti nel giro della prostituzione nel loro Paese. Utilizzano ragazzi dai 14 ai 17 anni, spesso orfani, abbandonati, figli di famiglie poverissime, che quando non sono più allettanti sul mercato, non hanno più l'appeal per la pedofilia, vengono usati come miniera per i loro organi, quindi vengono rapiti proprio per l'espianto. Dal 2016 sono aumentati tantissimo i casi di rapimento. La destinazione sarebbe appunto Castel Volturno; le vittime passerebbero attraverso varie case abusive. Le indagini generano un terrore tra gli immigrati e non si trovano persone disposte a testimoniare; difficilmente ci sono dei testimoni o dei pentiti, tranne il caso - di cui abbiamo letto anche su Il Mattino - di quella donna che, avendo denunciato il marito aguzzino, ha dichiarato di conoscere cinque donne che hanno venduto a 5.000 euro un rene. Questo avviene, ovviamente, anche attraverso cliniche presenti sul territorio, non soltanto per estrarre organi - in questo caso reni - ma anche per operare coloro che in qualche modo hanno ingerito gli ovuli di droga e che, nel momento in cui si rompono, vanno subito operati o comunque salvati. Parliamo anche di traffico di bambini: le ragazze vanno presso la Caritas perché spesso gli vengono rapiti i figli al momento del parto, per poi essere venduti alle persone più ricche che non ne possono avere.

Fratelli d'Italia da tempo denuncia la situazione di Castel Volturno e infatti in questa mozione noi chiediamo che ci sia da parte dello Stato la volontà di mandare un contingente militare. Non ha avuto senso abbattere il clan dei Casalesi per poi importare mafia nigeriana. Più in generale, secondo alcune stime, gli affiliati presenti in Italia sarebbero 100.000 e costituiscono un gruppo ramificato e potente, con una distribuzione sul territorio che prende varie regioni d'Italia, dalla capitale alle isole maggiori, piuttosto che le Marche e l'Abruzzo, nonché, secondo i dati recenti che abbiamo registrato, Ferrara, Modena, la Campania, la Sicilia, la Calabria e, infine, da sempre, attivi in Piemonte e in Veneto. Un dato, quindi, sicuramente molto, molto allarmante, come già dichiarato dalla Direzione antimafia nel 2017 nel proprio rapporto.

Aggiungo che la DNA più volte ha parlato di questa provenienza etnico-tribale costituita da tanti clan, di compattezza interna fortissima, attivi in tutti i territori e che vedono l'Italia come il baluardo per potere espandersi sempre di più in Europa. Ricordo lo sfruttamento della prostituzione, che vede donne abusate, le cosiddette “maman”, gestire proprio questo settore e che sono in modo particolare utilizzate anche per il trasporto di droga. Sono soprattutto donne che hanno il permesso di soggiorno, che non hanno precedenti penali e che vengono utilizzate per pochissime volte, con il ricatto, ovviamente, di rientrare di quella cifra che le ha fatte arrivare in Italia e che si stima sia tra i 40.000 e i 70.000 euro.

Gli arresti al CARA di Mineo, del resto, confermano il legame anche con un alcuni centri di accoglienza e quindi dimostrano le attività dei gruppi criminali nella gestione anche dell'immigrazione illegale, posto che alcuni dei fermati avrebbero anche collaborato con i trafficanti di esseri umani in Libia.

Aumenta anche la paura dell'integralismo islamico, quindi della minaccia terroristica. Nonostante il fatto che già nel 2005 - ci troviamo nel 2019 - i servizi di intelligence e il dipartimento della pubblica sicurezza abbiamo contattato ben 26 questure, comandi generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, per parlare di sodalizi e dell'evoluzione di questa etnia, in qualche modo si è fatto finta di non volere adottare interventi urgenti e concreti. La chiusura dei porti sta dando sicuramente dei benefici, ma noi siamo dell'idea che la riduzione reale si possa attuare solo attraverso l'impossibilità di quei barconi di partire dai propri Stati. Quindi chiediamo, ovviamente, che ci sia il blocco navale. Abbiamo avuto il caso Diciotti, che non è qui il caso di riprendere ma che tutti conosciamo. Oltre alla questione dei cosiddetti barconi, di urgente regolamentazione dovrebbe essere l'attività nel Mediterraneo delle navi di proprietà di alcune organizzazioni non governative che operano al confine con questi territori libici, spesso al centro di operazioni poco chiare, avendo preso a bordo migranti che non erano a posto e che, soprattutto, erano giunte in acque internazionali e su cui stanno indagando varie procure. È evidente, poi, che il flusso incontrollato di immigrati, che tenta di arrivare in Europa lasciando gli Stati dell'Africa, non potrà mai essere arrestato se non si interviene a sostegno per lo sviluppo di queste persone nei loro territori e nei loro Paesi. Al contrario, ci sono Stati europei sempre prodighi a dare lezioni, come nel caso della Francia, che tutto può fare tranne che poter dar lezioni a un Paese come l'Italia, attraverso quello sfruttamento che fa, nella sua quotidianità, non soltanto degli immigrati che arrivano ma soprattutto rispetto alla moneta di cui tanto si è parlato, cioè del franco CFA.

Per questo, nella nostra mozione insistiamo nella richiesta al Governo di adottare ogni opportuna iniziativa per la creazione del famoso blocco navale, più volte richiesto, davanti alle coste libiche e che si possa impedire il passaggio delle imbarcazioni cariche di migranti irregolari con la partecipazione degli Stati membri dell'Unione europea e in accordo e collaborazione con entrambe le autorità di Governo presenti nel territorio libico. Chiediamo, quindi, di garantire l'immediata creazione degli hotspot nei Paesi del Nord Africa per l'esame delle domande di asilo e di attivare immediatamente centri sorvegliati nei quali trattenere chi entra illegalmente nelle more del vaglio della domanda della protezione, al fine soprattutto di potere eseguire gli opportuni accertamenti di sicurezza, rispettando il principio per cui se si entra illegalmente in uno Stato europeo non possa essere sufficiente dichiararsi richiedente asilo. Chiediamo inoltre di promuovere la creazione di un fondo europeo alimentato con risorse dell'Unione, con una dotazione di 3 miliardi di euro, per la realizzazione di accordi di riammissione con i Paesi di origine dei migranti e il potenziamento delle operazioni di rimpatrio. Chiediamo, ancora, di adottare iniziative per una maggiore regolamentazione delle ONG, prevedendo che gli enti di promozione sociale iscritti al registro unico nazionale abbiano l'obbligo di avere la gestione separata di ciascuna iniziativa di raccolta fondi che attivano e il divieto di trasferire fondi ad un'iniziativa altra.

Resta il punto del Global Compact. Non c'è bastata la non presenza a Marrakech: vogliamo capire realmente da questo Governo cosa vuole fare. Per quanto ci riguarda, bisogna dire “no”. Chiudo, Presidente, dicendo che Fratelli d'Italia parla di mafia nigeriana - sono tante le mafie, sono tante le mafie straniere – ma, in questo caso, Fratelli d'Italia non resterà a guardare aspettando un'altra Pamela, un'altra Desirée, un'altra ragazzina sacrificata sull'altare del politicamente corretto, quindi andremo avanti con questa battaglia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cosimo Maria Ferri, che però non è presente in Aula; si intende quindi che vi abbia rinunciato. È iscritto a parlare il deputato Francesco Lollobrigida, il quale non è presente in Aula; si intende, pertanto, che vi abbia rinunciato.

È iscritto a parlare il deputato Stefano Mugnai. Ne ha facoltà.

STEFANO MUGNAI (FI). Presidente, è evidente che l'oggetto di questa mozione del gruppo di Fratelli d'Italia inevitabilmente suscita sempre grande attenzione e discussioni: è il tema del secolo. Siamo di fronte ad un fenomeno rispetto al quale si vede tutta l'inadeguatezza dell'Unione europea, che non riesce a trovare una politica comune e lascia Paesi soli a se stessi, in primis l'Italia, abbandonata nelle politiche europee a dover far fronte, letteralmente, come frontiera esterna, al fenomeno migratorio.

È evidente però che questo fenomeno si può gestire soltanto tornando a far politica, perché se l'approccio al fenomeno dell'immigrazione è un approccio finalizzato semplicemente ad andare a monetizzare, nel prossimo appuntamento elettorale, qualche punto percentuale di consenso, è un fenomeno che non riusciremo mai ad affrontare ed a gestire in maniera adeguata.

Ma la situazione, anche evidenziata nella mozione del gruppo di Fratelli d'Italia, rispetto alle mafie nigeriane, alle mafie straniere che arrivano in parallelo con l'immigrazione sta lì a dimostrare che, se è vero che in questi mesi vi è stata una riduzione significativa degli sbarchi, vi è ancora da affrontare il problema degli immigrati clandestini che sono sul nostro territorio. Ed è un problema che certamente non si affronta con gli slogan, ma lo si deve affrontare con la politica, con la capacità poter di ricollocare in altri Paesi europei e anche nei Paesi africani di provenienza una massa di cittadini stranieri che sono nel nostro Paese in maniera illegale. Rispetto a questo tema, evidentemente siamo ancora molto indietro e niente si sta facendo.

Forza Italia ha una tradizione, ha una storia nei fatti rispetto a come si affrontano le politiche migratorie: perché, guardate, noi lo diciamo da sempre, è necessaria una riedizione del Piano Marshall per l'Africa. E non è che ci inventiamo niente di particolare, perché vi sono potenze mondiali che lo stanno facendo nei fatti: la Cina sta investendo miliardi di dollari e miliardi di euro sull'Africa, e lo fa per perseguire interessi propri, lo fa pro domo sua controllando interi settori di tanti Paesi africani, ma lasciando a noi il problema di dover affrontare le masse crescenti di cittadini africani che si spostano da quei territori per arrivare soprattutto in Europa. Le stime ci dicono che nell'arco di trent'anni la popolazione dell'Africa raddoppierà: allora, è evidente che se non si inizia ad affrontare in termini politici tale fenomeno, nessuna soluzione potrà essere trovata.

La presenza della mafia nigeriana, che è anche parte della mozione del gruppo di Fratelli d'Italia, sta lì a dimostrare, però, anche che le politiche dell'accoglienza a prescindere hanno totalmente fallito: per anni la sinistra ci ha propinato il ritornello che comunque bisognava accogliere ed integrare, senza capire che il verbo integrare lo si declina in maniera bivalente, perché sì, magari chi è residente in un territorio deve lavorare per integrare chi arriva, ma anche chi arriva deve avere la volontà di integrarsi; e, da questo punto di vista, niente è stato fatto, sull'altare di un relativismo culturale che ha prodotto ciò che sta avvenendo nelle nostre periferie, ciò che sta avvenendo nel nostro Paese.

Però, attenzione, attenzione. Se il buonismo ha fallito, se il relativismo culturale non è accettabile, è altrettanto evidente che risposte di segno diametralmente opposto sono inaccettabili. La civiltà italiana, la civiltà europea sono civiltà che comunque mettono sempre al centro la persona, la vita umana; e allora attenzione a non scivolare in un facile cinismo, che renderebbe politiche giuste, doverose, di legalità, di controllo di fenomeni non rispettosi della normativa vigente speculazioni elettorali fatte con una dose di cinismo eccessiva. Il clima che si sta respirando nel Paese non è un clima bello, da questo punto di vista. E, quindi, io credo che ci debba essere lo sforzo di tutte le forze politiche del Parlamento da un lato di andare nella direzione del rispetto, severissimo, delle norme, però di non alimentare una cultura che è una cultura scivolosa e molto pericolosa.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente?

JACOPO MORRONE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Mi riservo di farlo nel prosieguo della discussione.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 536 - D'iniziativa dei senatori: Bottici ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto” (Approvata dal Senato) (A.C. 1160); e delle abbinate proposte di legge: Mugnai; Meloni ed altri (A.C. 390-1005) (ore 16,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 1160: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”; e delle abbinate proposte di legge nn. 390-1005.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1160)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la XII Commissione, deputato Edoardo Ziello.

EDOARDO ZIELLO, Relatore per la XII Commissione. Presidente, per decenni nella provincia di Firenze, in particolare nel Mugello, abbiamo visto scrivere una delle storie più brutte, più tetre della regione Toscana, e quindi anche di tutto il nostro Paese: una storia caratterizzata dalla consumazione di innumerevoli reati atroci, quali l'abuso su minori, il maltrattamento su persone diversamente abili; il tutto all'interno di una comunità, e in particolare all'interno di una realtà gestita da una cooperativa, la cooperativa “Il Forteto”, che gestiva una fattoria all'interno della provincia di Firenze, in particolare nel territorio del Mugello, che ha sempre avuto il beneplacito delle amministrazioni della sinistra, che hanno governato da tantissimi anni la Toscana. All'interno di tale contesto associativo si promuoveva una ideologia politica davvero malsana per noi addetti ai lavori, che fa accapponare la pelle; mentre, invece, è imbarazzante e fa semplicemente sorridere le persone normali, che sono la stragrande maggioranza di questo Paese, che ci vedono da fuori, fuori dagli schemi complicati di quest'Aula, che ci fanno anche dimenticare che cosa c'è fuori, che ci fanno perdere il contatto con la realtà.

Ebbene, per tornare a noi, all'interno di tale contesto veniva promossa un'ideologia secondo la quale non vi era alcuna differenza di sesso tra donne e uomini, un'ideologia assurda, addirittura pensata per inculcare nelle menti dei poveri minori che venivano maltrattati che l'approccio sessuale omosessuale era un modo per avere la liberazione individuale: cioè un concetto davvero mostruoso, un vero e proprio abominio.

Di tutti questi fatti noi non abbiamo assolutamente traccia fino al 1978; 1978, anno nel quale un grande giudice toscano, Carlo Casini, aprì la prima inchiesta sul caso Forteto; un'inchiesta che poi terminò con l'arresto dei due principali organizzatori di tale realtà nel 1985, in particolare il signor Fiesoli e il signor Gofredi, e in un Paese normale dopo un fatto giudiziario di tale gravità automaticamente si sarebbero dovuti recidere i legami tra la regione Toscana e Il Forteto, le realtà istituzionali all'interno del Mugello e la stessa cooperativa. Ma tutto ciò non fu fatto, e si continuò, tra l'altro da parte della regione Toscana fino al 2014, a finanziare ininterrottamente Il Forteto.

Nel 2000 arrivò finalmente ampi una sentenza da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, che segnalò gravi anomalie nella gestione del caso Forteto. Nel 2012 finalmente la regione Toscana si desta da questo torpore durato in modo enorme, e grazie al pressing politico delle forze del centrodestra, che sedevano allora all'opposizione, che siedono tuttora ancora per poco ai banchi dell'opposizione, venne costituita una commissione d'inchiesta regionale, che nel 2012 arrivò nella parte conclusiva della propria attività, con un documento, a definire Il Forteto come una setta (faccio testuale riferimento alle parole riportate dalla commissione), al cui interno gli abusi sessuali, psicologici e affettivi sui minori rappresentavano una consuetudine. Cioè, una serie di comportamenti, relazionati dalla commissione d'inchiesta regionale, che fanno accapponare davvero la pelle.

In quest'Aula, nel 2015, sempre l'opposizione, in particolare il centrodestra, propose una mozione chiedendo all'allora Governo di creare una Commissione di inchiesta parlamentare per fare luce sulla vicenda del Forteto. Ebbene, i numeri schiaccianti della maggioranza della scorsa legislatura, in particolare del Partito Democratico, bocciarono la proposta e votarono contro questa mozione, eliminando la possibilità di creare questa Commissione d'inchiesta: un comportamento politico che fa perfettamente capire come c'era, e c'è tuttora, una certa vicinanza da parte di alcuni ambienti di sinistra alla comunità “Il Forteto”.

Si arriva al 2016, e la regione Toscana costituì una seconda commissione d'inchiesta regionale, stavolta non tanto per accertare i fatti commessi all'interno di quella realtà, perché nel frattempo arrivarono ulteriori denunce, arrivarono ulteriori sentenze che accertavano con ancora più evidenza l'atrocità dei reati commessi all'interno di quel contesto.

La commissione regionale del 2016 voleva accertare la tipologia di rapporto che si era registrato tra le istituzioni limitrofe a Il Forteto e la regione Toscana, in particolare i rapporti politici con alcuni rappresentanti, anche per condannare una certa consuetudine che si era diffusa negli ambienti della sinistra, secondo cui si potevano tranquillamente organizzare cene, pranzi e addirittura iniziative politiche all'interno della stessa comunità, dandole un'autorevolezza del tutto indebita.

La commissione regionale del 2016 approva, alla fine dei propri lavori, all'unanimità un documento nel quale chiede al Governo di allora di commissariare la cooperativa Il Forteto e, in più, si richiede di istituire nuovamente una Commissione d'inchiesta parlamentare.

Tra l'altro, nelle conclusioni della relazione, si punta il dito anche sulle possibili responsabilità del tribunale minorile di Firenze, in particolare nella gestione degli affidi dei minori e anche della scarsa informazione del mondo mediatico e della scarsissima partecipazione del mondo politico sulla gestione del sindacato ispettivo su questo importante fatto da dover accertare.

Tra l'altro, nel documento finale della commissione d'inchiesta regionale, dopo tutto questo clamore mediatico, ciò che fa davvero male sono le dichiarazioni di alcuni consiglieri regionali; tra l'altro, un consigliere regionale, attualmente presidente di una delle commissioni più importanti del consiglio regionale della Toscana, su quanto registrato dalla commissione regionale di inchiesta-bis, dichiara: “sarebbe stato doveroso un confronto interno al partito prima di attribuire dei giudizi generici”. Ecco, questa frase fa capire ancora con più forza e con ancora più autorevolezza come vi sia un legame quasi affettivo tra il Partito Democratico e la comunità Il Forteto, un legame affettivo che questa Commissione d'inchiesta parlamentare, che noi ci accingiamo a costituire, sicuramente accerterà, andando ad individuare le responsabilità politiche di chi ha commesso tali atrocità, gettando finalmente un po' di luce in un contesto che è stato per troppi anni oscurato e messo al silenzio.

Tra l'altro, ringrazio la relatrice per la maggioranza della Commissione giustizia, che è seduta al tavolo del Comitato dei nove qui con me, e sono sicuro che svolgeremo un grande lavoro nell'interesse della Toscana in primis, ma in secundis per tutto il Paese.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione giustizia, deputata Maria Elisabetta Barbuto.

ELISABETTA MARIA BARBUTO, Relatrice per la II Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame della proposta di legge n. 1160 ed abbinate, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”. Procederò, pertanto, ad illustrare il provvedimento e l'iter seguito dalle Commissioni riunite II e XII, anche a nome del relatore per la XII Commissione, l'onorevole Ziello.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 16,45)

ELISABETTA MARIA BARBUTO, Relatrice per la II Commissione. Vorrei rammentare che le Commissioni giustizia e affari sociali, dopo aver deliberato nella seduta del 18 dicembre scorso di adottare la proposta di legge n. 1160, approvata dal Senato, che riprende sostanzialmente il contenuto dell'Atto Senato n. 2093, approvato in prima lettura al Senato nella scorsa legislatura, quale testo base per il seguito dell'esame, non hanno ritenuto di doverne modificare il testo, respingendo gli unici due emendamenti che erano stati presentati e conferendo il mandato ai relatori a riferire favorevolmente su di esso all'Assemblea, in data 16 gennaio scorso.

Prima di procedere alla disamina del provvedimento, avrei voluto narrare quelli che sono i fatti e le vicende che si sono verificati presso la comunità Il Forteto e che hanno dato poi seguito alle vicende giudiziarie, che però sono state già abbondantemente trattate dal collega, quindi le darei per lette e passerei direttamente ad evidenziare quello che è il contenuto della proposta che viene oggi all'esame e, per l'esattezza, vorrei cominciare con l'indicare quelli che sono i compiti della Commissione, che sono puntualmente indicati nell'articolo 2.

In particolare, ai sensi del primo comma dell'articolo 2, la Commissione è chiamata ad esaminare la gestione della comunità dalla sua istituzione ad oggi, con particolare riguardo: all'accertamento dei fatti e delle ragioni per cui le pubbliche amministrazioni e le autorità competenti interessate, comprese quelle investite di poteri di vigilanza, abbiano proseguito ad accreditare come interlocutore istituzionale Il Forteto, anche a seguito di provvedimenti giudiziari riguardanti gli abusi sessuali e i maltrattamenti riferiti a condotte perpetrate all'interno della comunità; alla verifica dei presupposti per la nomina di un commissario per la parte produttiva della struttura Il Forteto, inerenti alla cooperativa agricola, ai fini di una gestione dissociata dalla comunità di recupero dei minori in affidamento, nonché allo scopo di pervenire al più presto al pagamento delle provvisionali in favore delle vittime.

Secondo quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo 1, al fine di evitare che si ripropongano simili casi, nonché fenomeni di inadempimenti dei principi di tutela delle vittime, la Commissione ha il compito di formulare proposte in ordine all'adozione di nuovi strumenti di controllo delle comunità-alloggio presenti sul territorio nazionale e al potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare, e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze in capo ad essi, alle modalità con cui applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori.

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 3, la Commissione è composta da venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti della Camera di appartenenza in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Il comma 2 prevede che i componenti della Commissione dichiarino alla Presidenza della Camera di appartenenza di non avere ricoperto ruoli nei procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell'inchiesta.

Spetta ai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, la convocazione, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti della Commissione, per la costituzione dell'Ufficio di Presidenza. La Commissione nella prima seduta eleggerà, poi, il proprio Ufficio di Presidenza, composto da Presidente, due vicepresidenti e due segretari, secondo le norme dettate dai commi 4 e 5.

La disciplina dell'attività e del funzionamento della Commissione viene demandata ad un apposito regolamento interno, che verrà approvato dalla Commissione nella seduta successiva a quella in cui si è provveduto all'elezione dell'Ufficio di Presidenza.

E ancora, il comma 1 del successivo articolo 5 dispone che l'organo procede nell'espletamento dei suoi compiti con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria e che, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, svolge audizioni a testimonianza davanti alla Commissione, con l'applicazione degli articoli 366 (Rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (Falsa testimonianza) del codice penale, nonché dell'articolo 203 (Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza) del codice di procedura penale.

Ai sensi del comma 2, per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124, che reca la normativa in materia di sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto. Il medesimo comma 2 prevede che, per i segreti d'ufficio professionale e bancario si applichino le norme vigenti.

L'articolo 5 prevede, infine, la possibilità per la Commissione di acquisire copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, anche se coperti dal segreto, prevedendo contestualmente il mantenimento del regime di segretezza per tutti gli atti e i documenti attinenti ai procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari oppure ai documenti custoditi, prodotti o comunque acquisiti da parte degli organi e degli ufficiali della pubblica amministrazione in materie attinenti alle finalità dell'inchiesta, e ancora documenti relativi a indagini e inchieste fallimentari condotte in Italia. Il rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini di esibizione dei documenti e di consegna è sanzionato ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.

Nell'espletamento di tali attività, la Commissione può avvalersi della collaborazione di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di qualsiasi pubblico dipendente e delle altre collaborazioni che ritenga necessarie.

L'articolo 5 disciplina, altresì, l'ipotesi in cui venga emesso un decreto motivato da parte dell'autorità giudiziaria, qualora per ragioni di natura istruttoria ritenga di ritardare la trasmissione di atti e di documenti richiesti.

Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato e non può, in ogni caso, essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari. Al venir meno delle indicate ragioni, consegue per l'autorità giudiziaria l'obbligo di trasmettere tempestivamente gli atti richiesti.

Inoltre è sempre opponibile, come prevede il comma 7, il segreto tra difensore e parte processuale, e spetta, infine, alla Commissione stabilire, al precedente comma 6, quali atti non dovranno essere divulgati, anche in relazione ad altre istruttorie o inchieste in corso.

Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione può essere motivatamente opposto all'autorità giudiziaria.

Viene previsto, infine, dall'articolo 6 il vincolo del segreto, sanzionato penalmente, per tutti i componenti della Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che, per ragioni di ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza. Analogamente, è sanzionata la diffusione, anche parziale, di tali atti e documenti.

Ancora, l'articolo 7 dispone la pubblicità delle sedute, sempre salvo che la Commissione non disponga diversamente. Viene stabilito anche un limite di spesa, che è pari a 50 mila euro annui, che viene posto a carico dei bilanci di Camera e di Senato in parti uguali.

La Commissione, infine, è chiamata a completare i propri lavori entro dodici mesi dalla sua costituzione e a presentare, nei trenta giorni successivi alla fine dei lavori, alle Camere la relazione conclusiva della sua attività di indagine. In base all'articolo 9 si prevede, poi, che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

JACOPO MORRONE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Mi riservo di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Ogni mattina 4 milioni di italiani si alzano e hanno un segreto, sono membri di una organizzazione settaria. Quattro milioni sono una cifra enorme: significa che il nostro edicolante, l'uomo affabile che ci vende il pane, la nostra commercialista appartengono ad una setta, una comunità spesso segreta, con regole rigide e stabilite.

Esiste un confine tra l'adesione al culto e la manipolazione mentale; è un confine sottile, che la legge ha cercato negli anni di definire e normare con scarso successo, visto come questo fenomeno si è radicato nel nostro Paese e considerati i danni che ha fatto.

Quella che discuteremo oggi è una proposta di legge che tocca una questione drammatica, che si iscrive perfettamente nel fenomeno settario e si trascina, ormai, da troppi anni, sino ad essere ancora oggi attuale e di particolare urgenza.

Si tratta dello scandalo Il Forteto, che riguarda una serie di reati e altri fatti particolarmente odiosi che sarebbero avvenuti all'interno della comunità Il Forteto, che prende il nome dall'omonima società cooperativa agricola su cui si fondava la comunità stessa.

In particolare, Il Forteto era una comunità di recupero per minori disagiati che si trova nel territorio del comune di Barberino di Mugello, in provincia di Firenze, e che è stata per anni al centro di una lunga vicenda giudiziaria per abusi sessuali, maltrattamenti e pedofilia, iniziata già alla fine degli anni Settanta.

Il Forteto, per come era organizzato, per la capacità di manipolare le menti dei ragazzi ospiti, di inculcare in loro delle paure finalizzate ad evitare una ribellione ed eventuale fuga, si configurava già allora come un fenomeno settario.

Fu fondata nel 1977 da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi; poco dopo è stata trasformata in cooperativa agricola, iniziando così ad accogliere minori affidati loro dal tribunale per i minori di Firenze. È stata per anni un simbolo della sinistra in Toscana. Nonostante già alla fine degli anni Settanta fossero scattate le prime denunce, che culminarono nel novembre del 1978 nell'arresto dei due fondatori, Fiesoli e Goffredi, accusati di abusi sessuali e atti osceni, il tribunale dei minori di Firenze incredibilmente continuò ad affidare i minori alla comunità de Il Forteto.

Questa assurdità continuò anche durante l'iter processuale che vedeva imputati i due fondatori. Nell'ottobre del 1981 venne emessa la prima sentenza di condanna nei loro confronti, che fu confermata in Cassazione solo nel maggio del 1985, per maltrattamenti aggravati e atti di libidine. Ciò nonostante, l'attività de Il Forteto è continuata ancora negli anni a seguire e con essa gli affidamenti da parte del tribunale dei minori. Lo stesso magistrato istruttore del processo a carico dei due fondatori ebbe modo di scrivere che, poiché gli imputati adducono a loro difesa l'affidamento di minori o di psicolabili da parte del tribunale per i minori e di vari consorzi sociosanitari, questo giudice istruttore non può non rilevare, così come del resto hanno fatto i periti psichiatrici, la leggerezza con cui sono stati effettuati tali affidamenti, senza adeguate informative e successivi controlli.

Una riflessione che resta scolpita nella storia di questa drammatica vicenda, ma che, tuttavia, non è bastata a interrompere gli affidamenti di ragazzi fragili in quella che era, di fatto, una setta con caratteristiche di violenze e di abusi comprovati.

La giustizia italiana, comunque, tornò ad occuparsi de Il Forteto anche in tempi più recenti. Accadde, infatti, che nel 2011 il fondatore de Il Forteto è stato nuovamente arrestato e poi condannato in primo grado nel 2015 con un'ulteriore condanna a 17 anni di reclusione, condanna ridotta a 15 anni e 10 mesi in appello e in relazione alla quale è intervenuta anche la Cassazione nel 2017. Successivamente, questa sentenza ha avuto ulteriori seguiti: in relazione all'ordine di esecuzione della pena, emesso nel dicembre del 2017 dalla procura generale della corte d'appello di Firenze, il signor Fiesoli ha proposto richiesta di annullamento alla corte d'appello di Firenze in funzione di giudice dell'esecuzione. La corte fiorentina, nel gennaio del 2018, ha rigettato tale richiesta con ordinanza. Infine, tale decisione, impugnata in Cassazione, è stata annullata, senza rinvio, dalla Suprema Corte lo scorso 6 luglio, con conseguente annullamento dell'ordine di esecuzione emesso dalla procura nel 2017.

La vicenda de Il Forteto, però, ha valicato i confini nostrani e, oltre alla giustizia italiana, anche la Corte europea dei diritti dell'uomo si è occupata della questione. In particolare, per il trattamento subito da due bambini affidati dal tribunale dei minori alla comunità Il Forteto, l'Italia è stata condannata, nel luglio 2000, a pagare una multa di circa 150 milioni di lire come risarcimento dei danni morali.

Si tratta della sentenza Scozzari e Giunta contro Italia del 13 luglio 2000, che riguardava una vicenda del settembre del 1997, anno in cui due bambini, all'epoca di 10 e 3 anni, di cui le ricorrenti erano rispettivamente la madre e la nonna, venivano inseriti con provvedimento giudiziario nella comunità Il Forteto. Due dei principali dirigenti e fondatori della comunità erano stati condannati per aver abusato sessualmente di tre soggetti disabili affidati alla loro custodia, fatti noti ai giudici interni. Prima dell'inserimento in comunità, il maggiore dei due bambini era stato vittima di violenze di natura pedofila da parte di un operatore sociale.

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha giudicato che i due dirigenti incriminati avevano svolto un ruolo attivissimo nella custodia dei minori e ha concluso che vi era stata una violazione dell'articolo 8 della convenzione, diritto al rispetto della vita privata e familiare, a causa, in particolare, dell'affidamento ininterrotto di questi ultimi alla comunità “Il Forteto”. Quello che è avvenuto lì dentro è un reato seriale, come ha riferito Maria Luisa Chincarini, membro della commissione d'inchiesta su “Il Forteto” stabilita dalla regione Toscana per indagare sulle violenze nella comunità. Dietro alla meravigliosa realtà della cooperativa agricola, con frutteti, oliveti e caseificio, c'era una specie di setta. Tutti dovevano sottostare alle regole del Fiesoli, detto “il profeta”. Anche il sistema degli affidamenti all'interno della comunità sarebbe stato gestito da lui. Infatti, i bambini tolti alle famiglie d'origine venivano sì affidati a una coppia, ma sarebbero poi stati ridistribuiti su indicazione del Fiesoli ad altri all'interno del Forteto. A questi bambini veniva fatto il lavaggio del cervello, come ha raccontato sempre la Chincarini, nella commissione d'inchiesta. Già così, signor Presidente e colleghi, ci sono molti elementi per dar vita a una Commissione d'inchiesta che faccia luce sulle vicende del Forteto. Ma andiamo oltre. Infatti, si stima che fino al 2009 furono affidati a “Il Forteto” ben 60 minori e negli anni si conta che la comunità abbia raccolto proventi per oltre 1,3 milioni di euro. Infatti, “Il Forteto” era una cooperativa agricola dove si produceva olio ma anche formaggi, esportati in tutto il mondo. Un lavoro quotidiano che si avvaleva anche della mano d'opera dei minori affidati, costretti ad alzarsi alle quattro del mattino, prima di andare a scuola, per adempiere a specifiche mansioni.

La comunità del Forteto, così come altri gruppi settari presenti sul territorio nazionale, si delinea come un gruppo distruttivo, dove il leader, Rodolfo Fiesoli, si faceva chiamare “il profeta” e dettava le regole in modo insindacabile. Inoltre, si premurava di controllare le informazioni che dovevano arrivare agli adepti per meglio manipolare le persone e trasformarle radicalmente. Quando si fa parte di una setta, i campanelli di allarme sono diversi: essi vanno dalla privazione del sonno alla modificazione del comportamento. Talvolta questi gruppi installano delle fobie nella mente delle persone per renderle impaurite, per evitare che si ribellino al leader o provino a lasciare il gruppo.

Quando si pensa alle persone che aderiscono a sette come quella de “Il Forteto” siamo portati a pensare che si tratti di persone fragili o poco intelligenti, gente che si fa convincere facilmente. Invece, niente di più lontano dal vero, perché le persone colpite dal fenomeno settario sono di estrazione sociale variegata e se anche voi avete vissuto un momento di profonda difficoltà, fragilità e solitudine, un momento di debolezza durante il quale avete sperato nell'aiuto di qualcuno, anche voi non siete immuni.

Questi gruppi all'inizio mettono in atto un vero e proprio love bombing, un bombardamento di amore e di attenzione che fa sentire la persona compresa e abbracciata dal gruppo, un abbraccio che poi si scoprirà essere soffocante, ma che fa abbassare le difese e ispira un sentimento di fiducia. Ma se entrare in una setta è semplice, uscirne invece è molto difficile. Chi lascia questi gruppi è solo e spesso ha reciso tutti i contatti con la famiglia e i parenti; non ha un lavoro nel mondo reale e, come capita spesso, porta addosso i segni di paranoie, fobie e sofferenze psicologiche. Queste persone in Italia sono dimenticate dallo Stato. Non è previsto un percorso di aiuto psicologico o psichiatrico per accompagnare chi esce dalla setta, anzi, questa è una condizione che la persona vive con vergogna e paura del giudizio altrui.

Sono già state due le commissioni d'inchiesta costituite in seno al consiglio regionale della Toscana e che si sono occupate del problema, contribuendo a scavare sul “sistema Forteto”. La prima, istituita nel 2012, ha depositato la propria relazione finale nel gennaio 2013; la seconda, istituita nel 2015, ha concluso i propri lavori nel giugno 2016.

Anche il Parlamento, nella scorsa legislatura, ha tentato di costituire questa Commissione d'inchiesta ma invano, visto che la maggioranza di allora non ha avuto l'onestà intellettuale e la volontà di approvare questa Commissione, facendo così cadere nel vuoto le richieste di aiuto e le pretese di verità avanzate da decine di famiglie devastate da questa vicenda.

Questo Governo, invece, vuole prestare grandissima attenzione alla “questione Forteto”. Nel corso della precedente legislatura il Ministero dello sviluppo economico ha proposto, senza successo, il commissariamento della cooperativa “Il Forteto”. Nel dicembre scorso, invece, questo intento è stato portato finalmente a compimento dal nuovo esecutivo e il Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ha annunciato che “Il Forteto” è stato finalmente commissariato. Il commissariamento rappresenta un passo verso la giustizia, su quella che è una delle pagine più vergognose e oscure della storia recente della Toscana, una prima importante presa di posizione, uno schierarsi senza sé e senza ma dalla parte delle vittime.

Ora questa Commissione d'inchiesta è un ulteriore passo in avanti per fare luce su uno scandalo che, a partire dagli anni Settanta, ha mietuto molte vittime e ancora non ha trovato fine. Infatti, è inaccettabile e sconcertante che, nonostante denunce, soprusi documentati, confessioni, condanne e inchieste, “Il Forteto”, in modo continuativo, abbia avuto per decenni la possibilità di accogliere minori tra le proprie mura e abusarne psicologicamente e fisicamente. Nonostante questo, il tribunale dei minori di Firenze ha continuato per trent'anni - trent'anni! - ad affidare i bambini alla comunità.

Dunque, si dovranno indagare i fatti per capire bene chi sono i responsabili, anche istituzionali e politici, di questo scempio che ha gettato fango sul sistema di gestione dei minori in difficoltà da parte delle nostre istituzioni e che deve essere assolutamente chiarito, anche per prevenire che scandali di questo genere possano verificarsi in futuro.

La sostanziale impunità di cui ha goduto “Il Forteto” è stata resa possibile anche grazie alla continua ricerca di relazioni da parte di Fiesoli con personalità della politica, della magistratura, della cultura e della comunità scientifica, che assicuravano credito e, dunque, protezione a “Il Forteto” come comunità sociale, produttiva ed economica. Chi ha avuto responsabilità anche nel coprire questo schifo dovrà pagarne le meritate conseguenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cosimo Maria Ferri. Ne ha facoltà.

COSIMO MARIA FERRI (PD). Grazie, Presidente. Devo dire che, con convinzione, voteremo questa proposta di istituire una Commissione di inchiesta parlamentare sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”. Si tratta di una Commissione e di una proposta che ritengo utili e importanti perché, proprio come prevedono anche i nostri Regolamenti, consentirà alla Commissione di continuare quel percorso che è stato già iniziato e cioè di fare chiarezza su questi fatti. Infatti, non dimentichiamoci il lavoro che è stato fatto dalle commissioni presso il consiglio regionale della Toscana, una presieduta dall'allora consigliere regionale e oggi parlamentare Mugnai, l'altra da Paolo Bambagioni. Quindi, due commissioni di inchiesta a livello regionale che hanno comunque fatto un lavoro importante e che, secondo noi, deve essere certamente valutato, ma che ha dei limiti, dei limiti perché, chiaramente, le commissioni di inchiesta a livello regionale non hanno i poteri che ha la Commissione di inchiesta parlamentare.

Del resto, nella proposta l'articolo 9, tra le cose e tra i poteri attribuiti alla Commissione individua anche la possibilità di avvalersi della collaborazione di agenti ufficiali di PG, prevede il rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini di esibizione di documenti o di consegna di atti di cui al presente articolo come un'ipotesi di reato, perché chi si rifiuta viene contestato e gli verrà contestato l'articolo 650 del codice penale, e quindi è chiaro che la Commissione d'inchiesta che stiamo votando ha dei poteri ben precisi. Quanto accaduto nella struttura per i minori Il Forteto ha profondamente scosso le nostre coscienze. Non c'è bisogno che ce lo dica l'onorevole Ascari: tutti noi abbiamo letto le sentenze, c'è una responsabilità penale, sentenze passate in giudicato, pene che devono essere eseguite e, quindi, siamo tutti noi per la verità, sia processuale sia per la certezza della pena e, nello stesso tempo, vogliamo che si faccia chiarezza ancora di più su quello che è stato e anche sul modello, perché questa occasione deve essere non solo quella di fare chiarezza a trecentosessanta gradi su quanto avveniva in quegli anni presso la comunità Il Forteto, ma ci deve indurre anche ad essere propositivi, per evitare che fatti di questo genere possano riaccadere e, quindi, cosa possiamo fare, anche come legislatore, per colmare quei vuoti normativi che esistono. Occorre fare chiarezza su una materia che, anche dal punto di vista legislativo, ha delle lacune.

Ho ascoltato e, se andiamo a vedere, ricordo il passaggio del giudice istruttore laddove richiamava e sottolineava anche la decisione dei colleghi magistrati del tribunale minorile nel continuare a dare in affidamento dei minori a quella comunità. Dobbiamo andare però a vedere a trecentosessanta gradi i poteri che il legislatore dava e cosa non ha funzionato.

Quindi, è emerso dagli atti giudiziari e anche dalle relazioni che ho citato prima, delle due commissioni presso il consiglio regionale, certamente un contesto certamente di estremo degrado e di abuso, in cui persone altamente vulnerabili venivano vessate e sottoposte a violenza. E questo è un fatto gravissimo, perché si parla di minori, di soggetti vulnerabili, sui quali davvero dobbiamo prestare la massima attenzione. C'è tutto il tema dell'affidamento alle comunità familiari, dell'importanza delle comunità familiari, ma anche della necessità di rafforzare i controlli e di sottolineare quelle comunità familiari che funzionano e a cui dare fiducia continuando su quel modello ma, nello stesso tempo, di essere severi nei controlli rigidi e nell'andare avanti nel verificare che tutto avvenga regolarmente.

Nel caso de Il Forteto si trattava di minori già profondamente segnati da esperienze negative pregresse, spesso proprio soggetti a violenze, abusi sessuali, che ne avevano portato un allontanamento dalla famiglia di origine e hanno dovuto subire una serie di intollerabili sofferenze in quella comunità in cui si aspettavano di trovare supporto, educazione e assistenza. Le istituzioni, nel corso degli anni, si sono ampiamente impegnate nel far luce su quanto accaduto, sulla responsabilità penale dei singoli e anche dello Stato, che sulle comunità familiari è tenuto per legge a vigilare.

Andiamo a vedere gli atti processuali e dagli atti processuali vedremo chi ha testimoniato, chi ha consentito anche di arrivare ad affermare la responsabilità penale. Quindi, queste sentenze sono chiaramente il punto di partenza, seppur specifiche e riguardanti la responsabilità penale, che non è compito della Commissione. Ci sono sentenze di autorità giurisdizionali non solo nazionali, ma anche sovranazionali. Il commissariamento della cooperativa: è stato opportuno commissariare la cooperativa. Io riconosco quando una cosa è giusta: quindi, è giusto che si sia arrivati al commissariamento della cooperativa anche perché quando, si parla del modello Il Forteto, occorre capirne la complessità. Infatti, da una parte, Il Forteto nasce come un'associazione che aveva in comune determinati beni; poi c'era il ramo della cooperativa; il ramo della Fondazione e anche il ramo della promozione di un modello che certamente per questi fatti ha fallito - dobbiamo sottolinearlo – e che tuttavia per altri aveva portato avanti tutta una serie di attività sulle quali occorre fare chiarezza, ma anche evidenziare quando ha operato bene. E quindi, noi abbiamo da sempre sostenuto la necessità di andare a fondo in questa triste vicenda; e quindi accogliamo di buon grado la proposta di nominare una Commissione d'inchiesta. Riteniamo, infatti, che l'utilizzo di questo strumento rappresenti la strada giusta per accertare eventuali profili di responsabilità in seno anche alle istituzioni. Dobbiamo essere trasparenti il più possibile; dobbiamo capire, vogliamo capire il passato, perché ciò non si ripeta più; deve essere questo l'obiettivo e la possibilità di esercitare tali poteri rende chiaramente l'inchiesta parlamentare lo strumento più incisivo del quale le Camere possono avvalersi.

È dovere di questo Parlamento verificare se la violenza e le sofferenze inflitte all'interno della comunità siano state nel tempo ignorate da chi, per l'ufficio ricoperto, sia amministrativo sia giudiziario, aveva il dovere di vigilare o accertare l'evidenza dei fatti emersi dai diversi processi e di adottare le misure risolutive necessarie. Dalle relazioni conclusive delle commissioni regionali è infatti emerso come, anche a seguito della pronuncia di condanna all'esito del primo processo penale e della sentenza della Corte dei diritti dell'uomo, gli affidamenti siano continuati. Questo deve essere oggetto certamente di riflessione e se dunque, da una parte, occorre fornire una risposta sanzionatoria adeguata alla gravità dei fatti commessi e un ristoro effettivo alle vittime, dall'altra si pone l'esigenza di riflettere e vedere la normativa vigente concernente gli strumenti di vigilanza sulle strutture comunitarie. Si deve, in altre parole, trarre spunto da questa triste vicenda per potenziare i controlli, rafforzare la sinergia tra le diverse istituzioni coinvolte, per garantire una tutela massima nei confronti dei soggetti più deboli che sono affidati alle comunità familiari proprio per finalità di cura e assistenza.

La magistratura, in tale contesto, deve svolgere, e svolge, un ruolo fondamentale. L'articolo 9 della legge n. 184 del 1983 consente al procuratore presso il tribunale dei minorenni di effettuare o disporre ispezioni, anche a sorpresa, negli istituti di assistenza pubblici o privati con cadenza semestrale e, laddove nell'ambito di tali ispezioni, il procuratore riscontri delle gravi irregolarità non suscettibili di rilievo penale, delle disattenzioni o delle carenze organizzative e, quindi, la non conformità ai requisiti richiesti dalla legge ai fini del rilascio dell'autorizzazione, il giudice, pur potendo effettuare una segnalazione all'autorità competente, non dispone di ulteriori poteri, né le autorità a cui si è riferito hanno alcun obbligo di agire. Si tratta di un vuoto normativo, intollerabile, che rende privo di effettività il compito di vigilanza periodicamente svolto dal procuratore in tutti i casi in cui non si riscontri una condotta penalmente sanzionabile. Questo è il vuoto a cui facevo riferimento e mi auguro che la Commissione possa far luce su tutta una serie di proposte, anche normative, che all'epoca non c'erano e che oggi devono essere necessariamente approvate. Oltre a tale criticità, si può riflettere circa la possibilità di rafforzare ulteriormente le sinergie tra le istituzioni.

Penso anche al ruolo del Garante nazionale dell'infanzia, il quale, come da legge istitutiva, tra gli altri, ha il compito di segnalare in casi di emergenza alle autorità giudiziarie e agli organi competenti la presenza di persone di minore età in stato di abbandono al fine della loro presa in carico da parte delle autorità competenti, nonché di formulare osservazioni e proposte sull'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali relative alle persone minori di età, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e vigilare in merito al rispetto dei livelli medesimi.

Mi auguro che la Toscana nomini al più presto anche il Garante per l'infanzia, che deve essere nominato, anche quello a livello regionale, per rafforzare questo ruolo di sinergia, per sottolineare l'importanza anche del ruolo del Garante, sia regionale che nazionale, come elemento di raccordo tra le istituzioni e di impulso, di motivazione e di verifica, anche dal punto di vista dei controlli. Si auspica, quindi, un intervento legislativo per migliorare sempre di più la disciplina normativa in questa materia.

In questi anni dobbiamo però tenere conto di come il legislatore nazionale si sia impegnato per rafforzare la tutela dei soggetti particolarmente vulnerabili, tra cui i minori. Si pensi alle novità introdotte nel codice di procedura penale, dal decreto legislativo del 15 dicembre 2015, n. 212, approvato con la Presidenza del Consiglio Renzi, in attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.

In questo periodo il Governo aveva recepito tutta la serie di direttive, non solo quella che ho appena citato, in materia di tutela delle vittime per rafforzare e per ampliare il concetto di vulnerabilità. Lo dico anche in risposta all'intervento dell'onorevole Ascari, che ha sottolineato alcuni punti, anche condivisibili, però poi bisogna tradurli in interventi normativi e non abbiamo mai trovato nella scorsa legislatura tutta questa collaborazione di fronte a questi temi.

In particolare, attraverso tale decreto è stato introdotto all'articolo 90-quater del codice di procedura penale un criterio generale per stabilire la sussistenza in capo all'offeso della condizione di particolare vulnerabilità. Ciò al fine di attribuire a taluni soggetti specifici diritti e poteri nell'ambito del processo penale, così ottemperando a quanto l'Unione europea, ormai da tempo, chiede a gran voce, perché non bastano ispezioni e controlli. Per affermare la penale responsabilità e per fare chiarezza occorrono anche le norme, occorrono delle norme tecniche, delle maggiori tutele e, anche su questo bisogna lavorare. Dei primi passi sono stati fatti e il Parlamento ha il dovere, quindi, di occuparsi di questi casi, non per sostituirsi all'autorità giudiziaria ma per svolgere quell'attività conoscitiva fondamentale e adempiere correttamente al proprio dovere di legislatore, andando a colmare quei vuoti normativi o in attuazione delle norme già in essere.

In questo caso specifico il compito è ancora più delicato, in quanto si parla di soggetti particolarmente vulnerabili - di minori - e quindi il nostro sforzo deve essere massimo per accertare i fatti e sviluppare tutti gli accorgimenti normativi, regolamentari, di prassi e di sinergie tra pubblico e volontariato per la tutela dei soggetti deboli.

Concludo, quindi, ricordando intanto che il comune di Firenze era costituito parte civile nei processi penali, ricordando la necessità di continuare nella ricerca della verità, di non arretrare, di farlo con determinazione e con efficacia ma, nello stesso tempo, con equilibrio, per cercare di ottenere quei risultati che guardino alla tutela effettiva dei minori e non solo a fare chiarezza. Noi dobbiamo fare chiarezza per i fatti passati e anche costruire un modello che sia sempre più incisivo perché togliere dei figli a una coppia, a una famiglia e affidarli, è un momento sempre delicato e particolare, anche nell'ottica del magistrato. Quindi il magistrato, nel momento in cui affida un figlio, che toglie a una coppia, a un'altra coppia o a una comunità familiare, ha certamente la necessità di verificare e deve essere aiutato dai servizi sociali. Molte volte costui viene aiutato dal mondo del volontariato, a cui noi dobbiamo dire “grazie”, perché è essenziale ed è importante. Quante associazioni, impegnate nel volontariato, hanno sempre portato il loro contributo con grande entusiasmo, con grande correttezza e con grande onestà. Quindi, noi dobbiamo fare tesoro di tutto un mondo, certamente positivo, che esiste e dobbiamo emarginare, dobbiamo intervenire con severità con tutti coloro che cercano, invece, di inserirsi in modo non corretto quando si tratta di soggetti vulnerabili, del destino e del futuro di ragazzi, di bambini che dovranno costruire un futuro e potranno essere i pilastri della società del domani. Quindi, ben venga questa Commissione; con convinzione la voteremo e porteremo il nostro contributo con questa determinazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo “Comenio” di Scoppito, in provincia de L'Aquila, che sono oggi venuti ad assistere ai nostri lavori (Applausi). Colgo l'occasione per ricordare che siamo in discussione generale e quindi sono presenti i deputati iscritti.

È iscritto a parlare il deputato D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Grazie, Presidente. Finalmente nell'Aula di Montecitorio parliamo di questa vicenda, che è stata purtroppo confinata per volontà della sinistra, della politica, non solo in regione Toscana, dentro la comunità “Il Forteto”. Ne parliamo perché qui accanto a me è seduto onorevole Mugnai, che fu presidente dalla commissione d'inchiesta in regione Toscana, in un momento difficilissimo per condurre quella commissione, commissione nella quale non parteciparono, ad esempio, delle minoranze: né l'UDC, né la Lega. In quel momento, si diceva, a sinistra si diceva: chi tocca “Il Forteto” muore. Questo era il clima nel quale “Il Forteto” si muoveva, agiva, operava, conculcava la volontà di persone, offendeva la dignità dei minori. Era un momento storico terribile che deve essere chiarito, amico Ferri. La politica non deve sostituirsi alla magistratura, ma la politica in questo caso è arrivata prima della magistratura, che aveva condannato nel 1985 Fiesoli, vergognoso e schifoso delinquente, che aveva messo in piedi una setta di omosessuali - una setta di omosessuali - schifosi e vergognosi, coperto dal Tribunale dei minori! Fu condannato nel 1985 e lo stesso giorno in cui uscì dal carcere - lo stesso giorno! - gli furono affidati dei minori. Lo stesso giorno, per dimostrare che comunque quell'attività andava avanti e che Fiesoli poteva continuare a far valere le sue idee, perché le sue idee venivano portate in libri, che poi costui presentava in regione, presentava con un pubblico di grandi dignitari della politica di sinistra, i quali andavano lì ad applaudire; lui diceva che la famiglia non esisteva e che l'affidamento veniva dato semplicemente non a un uomo e a una donna: dovevano essere solo due uomini o due donne ad avere affidati i figli i minori. Ci sono qui questi ragazzi, per cui mi fermo e non dico altro, perché l'intervento sarebbe stato anche più forte. Questo era il clima, questo era quello che accadeva, questo è quello che è stato scoperchiato da Stefano Mugnai, dalla commissione d'inchiesta in regione e da Forza Italia, che volle fortemente, fino in fondo, agire su quel mondo, con coraggio, con il coraggio della politica! Molti arrivano oggi a parlarne, molti arrivano a dire che dobbiamo occuparcene, ma ci fu chi ebbe il coraggio di occuparsene, in una regione in cui era difficile stare dall'altra parte. Poi, tutto il centrodestra, nella seconda commissione d'inchiesta, con forza portò avanti e anche gli amici dei 5 Stelle riuscirono a farlo. Riuscimmo, tutti insieme, a far capire quello che era accaduto ma ancora non è conosciuta questa storia, ancora non si sa quello che è accaduto. Vi era una teorizzazione terribile della inutilità della famiglia e vi era la necessità, come dicevo prima, di conculcare le volontà, di ispirale, di indirizzarle e di abusare dei minori come parte di un progetto educativo!

Questa era la vergogna di questa comunità, della quale ancora non si parla fino in fondo, i media ancora hanno ritrosia a farlo! Anche la magistratura ha avuto delle responsabilità, ma oggi la magistratura fiorentina ha rialzato la testa, e sono stati i magistrati fiorentini, in base alle risultanze dalla commissione d'inchiesta, a condannare Fiesoli con forza. A ricostruire la realtà è stato il lavoro dei pubblici ministeri, che hanno avuto la forza e la capacità di indagare fino in fondo e di farlo finalmente condannare in via definitiva, lui e tutti quegli schifosi che con lui erano dentro quella comunità, alcuni dei quali hanno continuato a gestirla. Dalla Toscana e da quelle persone viene un grido di dolore, che voi non potete nemmeno immaginare, che non ha avuto ancora soddisfazione, ma che oggi ha soddisfazione in quest'Aula nel momento in cui istituiremo questa Commissione in via definitiva, quindi grazie a chi l'ha proposta qui alla Camera e anche al Senato. La prima firmataria è la senatrice Bottici, una toscana, ma qui non c'è alcuna distinzione politica oggi, c'è solo la necessità di fare chiarezza. E non si fa chiarezza solo sul sistema educativo, su quella che è la tutela dei minori, se non si chiarisce fino in fondo questa vicenda con tutte le sue responsabilità, come ha voluto fare la magistratura fiorentina, che ha dato una risposta straordinaria a questa schifezza, a questa roba immonda! Il diavolo ha albergato dentro il Forteto! Ciò perché anche queste persone che dicevano di venire dal mondo cattolico, in realtà non c'entravano niente con quel mondo, hanno anche abusato di questo, sono riusciti anche a trovare il sistema per poter dire che loro venivano da un mondo che vedeva positivamente… e parlavano anche di don Milani! Questi schifosi orribili parlavano anche di don Milani! Bisogna accertarle queste responsabilità, fino in fondo. Bisogna fino in fondo che la politica faccia chiarezza, perché in quella commissione, per lungo tempo, in regione, si parlava delle sedicenti vittime. Sedicenti! Ora ha accertato la magistratura cosa hanno subito uomini, donne e minori. Sedicenti! Li chiamava “sedicenti” la sinistra! Poi solo un consigliere del PD, Bambagioni, ha avuto la forza di dire basta e di ribellarsi a quello che era accaduto, di ribellarsi a un sistema di potere che era costruito su quel sistema orribile di distruzione della persona umana e della famiglia che era il Forteto. Anche dal PD vennero quelle voci, e ora sempre di più le sento, perché sono certo soprattutto della chiarezza e della limpidezza dell'onorevole Ferri, ex magistrato che sa benissimo di cosa stiamo parlando, ha letto gli atti, quindi oggi finalmente vedo che anche nel PD - forse ha sbagliato parte, ecco perché dice questo - riusciamo a vedere una luce, che non c'è stata per molti anni nella sinistra. Lo sa benissimo l'onorevole Ferri, che non c'è stata luce per molti anni, ma c'è stata copertura su questo mondo. La necessità di questa Commissione è anche per ristabilire rapporti, responsabilità, responsabilità istituzionali, quello che Stefano Mugnai diceva nella relazione, che poi fu la relazione votata a maggioranza. Le responsabilità istituzionali vanno riscoperte tutte. La magistratura ha fatto una parte, ma manca ancora tutta la ricostruzione di quella responsabilità. Chi sbaglia paga, qualsiasi sia stato il livello del suo incarico! Mi ricordo anche - perché questo è importante - che c'è un dato che nasceva da quella relazione: le politiche dell'affido. Vogliamo parlare di altro collegato a quello? Dovete sapere che il Forteto non aveva alcuna autorizzazione all'affido familiare - nessuna! -, quindi ogni affido è stato contra legem, in alcuni casi è andato praeter legem, oltre la legge, solo per garantire che una persona e la sua setta potessero continuare a fare quello che facevano. Qualche magistrato andava lì e faceva scorta di robe, del pecorino, del latte o di altri beni, e poi diceva: qui è un bel posto, guarda com'è bello e come è tenuto bene. Nessuno conosce queste cose e, quando si dicono, ancora qualcuno pensa che non sia vero, ma ora ci sono gli atti, le sentenze, che dicono che è vero.

Qualcuno ancora pensa che noi ce lo inventiamo, come ha detto prima l'amico Ziello, toscano che conosce fino in fondo questa vicenda e che anche in punta di penna ha voluto parlare, facendo giustamente il ruolo del relatore di maggioranza, dicendo chiaro quali erano le responsabilità. Noi sappiamo bene quello che è avvenuto lì dentro, quali sono state le coperture, e queste coperture devono essere ricostruite, perché l'affido - questo è importante - non può mai passare dalla mancanza di un'autorizzazione. Alla fine, sapete come davano l'affido familiare? Davano l'affido alla cooperativa, negli atti c'era scritto: affido alla cooperativa che gestisce Il Forteto. Ma che era una famiglia la cooperativa? Da un punto di vista giuridico, è stato superato ogni limite, l'abuso delle attività è stato enorme, e ogni volta che ascoltiamo la voce di quelle persone che io e Stefano ci sentiamo addosso - Stefano in particolare, perché lui le ha ascoltate una a una, ma anch'io ho avuto modo di ascoltarle - ci prende un'emozione vera. Noi qui dentro vogliamo rappresentare questa Commissione con tutta la forza di quelle persone, il riscatto di un popolo, di ogni singola persona che ha subito violenze, abusi, perché ciò farà bene alla Toscana, farà bene alla comunità del Forteto, farà bene al nostro Paese. Che sia conosciuta fino in fondo quella vicenda!

Oggi è un giorno importante per quelle persone, ci stanno ascoltando in questo momento. Loro sanno che in questo momento noi portiamo in Parlamento, con i poteri dell'autorità giudiziaria, una Commissione d'inchiesta che faccia veramente luce, e che faccia in modo, come si dice nella stessa proposta di legge, che tutto ciò non accada più, non possa più accadere. Ciò perché queste sette diaboliche, immonde, ci sono tuttora, come diceva prima la collega dei Cinquestelle, operano, hanno lo spazio per operare. C'è chi le copre, anche nella politica, ma lo dobbiamo impedire. Questa Commissione deve servire da monito perché ciò non possa più accadere, neanche in futuro, e lo faremo talmente con forza che saremo sempre pronti, con le stesse persone e spero che siano audite tutte le vittime anche in questa Commissione, perché ogni commissario che non conosce cos'è avvenuto, perché, finché parliamo Mugnai, Ziello, la Bottici e me, noi sappiamo di cosa parliamo, molti non sanno di cosa si parla e credono che noi stiamo inventando, ma non ci inventiamo niente. Ora è negli atti delle sentenze, nelle sentenze pure definitive, e deve rimanere negli atti del Parlamento, perché valga non solo da monito ma da costruzione di un sistema di tutela dei minori che abbia ancora maggiori garanzie, anche all'interno del tribunale dei minori, anche all'interno della cornice giuridica e sistematica che determina questi affidi, così come ha accennato anche il collega Ferri. C'è bisogno di questa Commissione e di andare fino in fondo, fino al buio profondo di quelle vicende, che devono essere ascoltate, a ricostruire una luce e una prospettiva vera! Ma dovrete ascoltarle quelle persone, dovrete ascoltarle tutte, e mi rivolgo anche al sottosegretario: sia presente durante quelle audizioni, capirà cos'è avvenuto, perché leggerlo dagli atti non è sufficiente. Leggetevi tutti la prima relazione della commissione d'inchiesta su Il Forteto, da cui sono partite le indagini e che è citata nelle stesse sentenze, quella presieduta dal collega Mugnai. Si dice “portavoce dei cittadini”, noi siamo in questo momento portavoce di quelle persone che con noi in questi anni hanno fatto un percorso, in particolare con Stefano Mugnai. Consentitemi di dirlo: possiamo in quest'Aula ringraziare soprattutto l'opera e la determinazione di un giovane consigliere regionale, forse incosciente, forse incapace di capire cosa rischiava, ma che con coraggio, con forza, con la chiarezza e la forza di un giovane che, in consiglio regionale, al suo primo mandato, ebbe la forza di rispondere, e di farlo insieme a tanti altri colleghi, compresi quelli del PD - alcuni -, che riuscirono a dire “sì”, nonché la seconda commissione d'inchiesta, l'intero centrodestra e i Cinquestelle. Ora siamo in grado tutti insieme di arrivare fino in fondo sulle responsabilità e sul futuro, sulle prospettive del sistema di affido e di tutela dei minori: questo è il compito che da noi si aspettano soprattutto le vittime del Forteto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Teresa Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Presidente, rappresentanti del Governo e cari colleghi, devo dire che oggi sento particolarmente la responsabilità di intervenire come deputato di Fratelli d'Italia. Sento particolarmente la responsabilità perché oggi trattiamo di una questione terribile, quella della comunità Il Forteto e dei fatti che lì vi sono accaduti.

Il mio pensiero subito va alle vittime: devo dire che in questi giorni, pensando a questo intervento, pensando a questi minuti in cui avrei preso la parola, non ho potuto non pensare alle sessanta vittime che, dopo oltre quarant'anni, ancora non hanno avuto giustizia. Uomini e donne sopravvissuti a fatti orribili, che all'età di 3, 5, 8, 15 anni sono stati maltrattati, abusati, violati da chi si doveva prendere cura di loro; e parlo di quelli sopravvissuti, perché, in realtà, molte sono state le persone morte, che oggi non ci sono più, che oggi possono avere una giustizia sì, ma non trovandosi su questa terra: quattordici sono le persone che si sono suicidate, otto sono le persone tossicodipendenti, che probabilmente si sono rivolte alla droga perché le angosce erano troppo profonde. Il mio pensiero va a loro, e credo che tutte le istituzioni, e anche tutti i deputati oggi qui presenti dovrebbero pensare a quelle vittime, pensare a quelle persone che ancora hanno il tormento di anni che nulla potrà cancellare.

E dopo aver pensato a loro, penso alla follia che ha caratterizzato questi quarant'anni, perché negli anni Settanta il Fiesoli e anche il Goffredi fecero una comune, una comune che aveva un'ideologia – l'ideologo era proprio il Goffredi – particolare, perché in questa ideologia si pensava che la famiglia tradizionale fosse la causa di tutti i mali. E per questo ci doveva essere una separazione tra i sessi, e per questo doveva essere vietato il rapporto eterosessuale, perché cagionava soltanto problemi e disastri, e per questo veniva promossa, in quella comune, l'omosessualità come risposta a una via del bene. Ebbene, immaginate che proprio quella comune, poi diventata comunità Il Forteto ed anche cooperativa agricola, fu e diventò interlocutore di istituzioni, del tribunale dei minori, dei servizi sociali, perché proprio in quella comunità, dove vi era quella ideologia, si pensava di poter collocare e affidare dei minori disagiati che avevano bisogno di amorevoli cure e che invece trovavano il Fiesoli, il Goffredi e molti altri insieme a loro.

E immaginate anche, per l'assurdità, che quella struttura non aveva neanche la natura giuridica per poter vedere il collocamento di quei minori, perché non era una casa famiglia. Immaginate che il Fiesoli, nella sua mente diabolica, aveva pensato di creare delle famiglie fittizie, delle famiglie funzionali, funzionali al suo piano diabolico: cioè una mamma, un papà, un uomo e una donna, a quel punto sì erano necessari, per vedersi poi collocati all'interno di quella famiglia dei minori, che venivano dati in affidamento a fronte di una sospensione della patria potestà.

Ebbene, quei bimbi, quelle bimbe, quei disabili, una volta entrati nella comunità, incontravano il Rodolfo Fiesoli, che immaginava di poterli aiutare purificandoli attraverso degli atti sessuali. Perché questo è quello che diceva Luigi Goffredi a quei bambini, a quei bambini maltrattati ed abusati a volte anche prima dell'ingresso in comunità: diceva loro che quella materia matrigna che li impossessava poteva essere liberata, potevano essere loro liberati se avevano dei rapporti sessuali con lui; e questo è quello che lui faceva, costantemente, ripetutamente, perché così li liberava, secondo lui, dal male. E per fare tutto questo proponeva una sudditanza psicologica, una manipolazione costante, umiliandoli in ogni modo. Una delle vittime che ha denunciato dice di essere uscita da quella comunità dopo aver assistito ad un fatto terribile: dopo aver visto un disabile costretto a mangiare gli escrementi degli animali in quella cosiddetta fattoria; e dopo a causa del vomito inevitabile che aveva proposto, fu costretto anche a mangiare il proprio vomito. E, a quell'ennesima visione, uno di quei ragazzi scappò via.

Ma quello non è l'unico fatto, dei tanti. Pensate anche che c'era una stanza, una stanza degli orrori, dove i bambini uno alla volta, quando facevano qualcosa che non dovevano fare, ma semplicemente per costringerli in una condizione sempre più di afflizione insopportabile, di sudditanza, venivano rinchiusi e poi venivano malmenati. Dicevano che quello più accanito, quello più duro era proprio Luigi Goffredi. Immaginate che prendeva degli zoccoli di legno e pensava bene di darli loro nei luoghi più invisibili, quindi nella schiena, nelle gambe, nelle braccia, in maniera tale che quei lividi non potessero essere visti poi dagli insegnanti l'indomani.

Tutto questo ha portato ad un primo arresto nel 1978, e poi ad una condanna nel 1985: sia Rodolfo Fiesoli che Luigi Goffredi furono, nel 1985, condannati, e furono condannati inevitabilmente per maltrattamenti aggravati e per atti di libidine. Ebbene, pensate che dopo aver espiato la loro pena di due anni, il giorno stesso in cui uscirono fu dato loro un bambina in affidamento, un disabile; e questo continuò fino al 2009, con altri sessanta bambini, affidati uno alla volta dal tribunale dei minori e dai servizi sociali: uno alla volta, nella totale indifferenza, nella totale incapacità di fare ciò che era semplicemente giusto. Io più ci penso, e più penso e credo che la realtà superi qualsiasi tipo di film dell'orrore: la realtà è molto più malvagia, maligna, propone dei comportamenti e dei momenti di violenza che sono inimmaginabili. Ma quale male e quale demonio si è impossessato di quella comunità?

Ma non solo, il fatto più orribile e terribile è che non c'era un carnefice dentro la comunità, ma c'erano dei collaboratori esterni alla comunità, presenti nelle istituzioni e nei servizi sociali costantemente, costantemente, in tutti i quaranta anni trascorsi.

Io mi chiedo ancora come quelle sessanta vittime possono essere sopravvissute, non solo a quegli atti di violenza, ma a quello cui hanno dovuto assistere in ogni giorno di questi quarant'anni. In ogni giorno di questi quarant'anni in cui, il 18 agosto 2013, il segretario del PD regionale, il segretario di Firenze e anche quello del Mugello ha detto “no” al commissariamento della struttura. In questi quarant'anni in cui la struttura è stata visitata da persone come D'Alema, Camusso, Renzi, Pisapia, Rosy Bindi; in questi quarant'anni in cui la comunità Il Forteto ha ricevuto più di un milione di euro; in questi quarant'anni in cui, nel 2015, il Fiesoli è stato invitato a presenziare nel Senato e a presentare il suo libro! Io mi chiedo come le istituzioni abbiano un potuto permettere tutto questo. Vergogna! Vergogna! Vergogna! C'è un'unica parola.

Troppo tardi: quarant'anni sono troppi. Noi solo oggi ci troviamo a dover approvare l'istituzione di una Commissione di inchiesta sui fatti del Forteto. Il valore di uno Stato si misura dalla capacità di difendere i più deboli: istituzioni di ogni ordine e grado non hanno ragione d'esistere se non fanno questo. Gli uomini che le contengono non hanno ragione d'esistere, se non immolano la loro vita, ogni giorno, a difendere i più deboli!

Credo che questa sia una delle pagine tristi della regione Toscana, dei rappresentanti politici della regione Toscana, una delle pagine più vergognose.

Come Fratelli d'Italia non presenteremo alcun emendamento a questa proposta di legge, sull'istituzione di una Commissione d'inchiesta per i fatti del Forteto; e non lo faremo perché non c'è più tempo da aspettare, una Commissione deve essere istituita e deve lavorare subito in maniera fattiva per dare tutte quelle risposte che fino a oggi non sono state date, per porre rimedio allo scempio che è stato fatto almeno in termini di verifica della verità. Quelle vittime non so quanto potranno e se potranno essere riparate dal dolore e dalle ferite che sono state inflitte loro, ma credo anche che le istituzioni dovrebbero chiedere “scusa”: “scusa” pubblicamente per tutte le volte che avrebbero potuto fare qualcosa e non l'hanno fatto, per tutte le volte che avrebbero potuto fermare quelle mani aggressive addosso a quei piccoli; “scusa” perché dovrebbero onorare l'incarico che è stato dato loro come servitori dello Stato e invece l'anno vergognosamente fallito.

Ancora oggi - i miei colleghi lo dicevano prima - l'affidamento non è un percorso virtuoso. Purtroppo i servizi sociali sono al collasso, mancano di personale, mancano di risorse umane, mancano di formazione, mancano a volte di competenza. E purtroppo, ancora oggi, i minori vengono raramente ascoltati. Sì, ci sono decreti legislativi che dicono che c'è l'obbligo di ascoltare i minori in giudizio, ma sono pochi i giudici che, invece, li ascoltano e danno loro voce. Mi chiedo se quei bimbi fossero stati ascoltati da professionisti esperti, da adulti amorevoli, se allora quei bimbi sarebbero potuti essere salvati, ma così non è stato.

Nella nostra Italia molto c'è da fare, davvero molto c'è da fare, per un istituto dell'affidamento che non viene più utilizzato, come d'altronde quello dell'adozione, perché troppi bambini sono ancora soli e versano ancora nel loro dramma di una vita abbandonata senza adulti che non pensano minimamente all'interesse primario del minore sopra ogni cosa. Tanto dobbiamo fare. Troppa strada dobbiamo percorrere nella nostra Italia.

E allora credo che l'istituzione di questa Commissione possa essere un tassello di qualcosa di molto più ampio, che dovrebbe essere messo nelle priorità delle istituzioni tutte, perché i fatti de Il Forteto, certamente, se pur così orribili, così inimmaginabili, seppure hanno caratterizzato i quarant'anni della storia della regione Toscana, non sono gli unici, ve ne sono altri, a fronte proprio della grande incapacità di proteggere i più fragili e di poter dare a loro un luogo di cure, di amore e di consolazione, perché soprattutto quei minori affidatari sono minori che già sono stati feriti troppe e troppe volte, che portano dentro di sé delle cicatrici difficili da sanare.

Io spero in uno Stato che possa sempre di più essere capace di farlo e possa sempre di più avere il coraggio, a questo punto, di fare qualcosa che dovrebbe essere naturale, cioè salvare il proprio popolo, occuparsi dei più fragili, onorare il proprio incarico ed immolarsi per il bene della nostra Italia e per il bene dei nostri italiani, ma soprattutto per quegli italiani più sfortunati che hanno vissuto giorni difficili e traumi nella vita.

Mi auguro, Presidente, che noi si sappia, in questa legislatura, onorare questo compito fino in fondo. Se lo sapremo fare, allora avremo avuto il motivo per essere qui e per continuare ad operare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi: “E' stata una scuola di orrori e di aberrazioni, in cui ho trascorso ben dodici anni della mia vita. Ci ho messo troppo tempo per rendermi conto di cosa succedesse lì dentro. Tutto è accaduto sotto i miei occhi, per giorni, mesi, anni. Poi, finalmente, ho trovato il coraggio di scappare, fuggire via, il più lontano possibile”. Fu il lontano 1978, quando Sergio Pietracito fece ingresso nella “Setta” del Forteto, era febbraio, aveva diciotto anni, ne è uscito a trent'anni, dopo dodici lunghi anni della sua vita, riuscendo a capire di aver consegnato la propria vita ad un progetto con intenti criminosi. A me sarebbero serviti ancora ugualmente dodici anni per nascere e crescere poi in questa terra, il Mugello, così caro a me, ma così maledetto per loro. Ed è proprio per questo che oggi voglio portare qui, in quest'Aula, non la mia voce, non la mia storia, no, voglio portare il grido di aiuto di Sergio, di decine di ragazzi che dopo anni di agonia sono riusciti ad uscire da questo posto, ad altrettante decine di persone che invece sono ancora in questo limbo drammatico.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI (ore 18)

YANA CHIARA EHM (M5S). Il Forteto nasce nell'agosto del 1977, a Bovecchio, nel comune di Barberino di Mugello, per poi trasferirsi un anno dopo nel comune di Vicchio, un piccolo paesino a nord di Firenze, in Toscana. Strutturata in forma di comunità agricola, il Forteto ha accolto e ospitato decine di giovani affidati dal tribunale dei minori ed il modello educativo proposto sembrava ai tanti esperti un modello funzionale e valido.

La comunità, trasformatasi man mano in una importante realtà del territorio, è stata considerata un'eccellenza, un modello di recupero e rieducazione di bambini e ragazzi disagiati, disabili, strappati da un incubo e catapultati in un altro. Le inchieste giudiziarie ci rivelano, poi, la condizione interna, definita come comunità-setta, comunità-lager. Il fondatore si chiama Luigi Rodolfo Fiesoli, generalmente conosciuto come “il profeta”. Sarà proprio lui, per anni, incaricato a guidare, assieme al suo braccio destro, Luigi Goffredi, quello che Sergio oggi ci descrive come una psico-setta.

Tra le numerose denunce che sono state presentate emergono, infatti, chiaramente le molestie sessuali da parte di Fiesoli, violenze fisiche e psicologiche. I dieci comandamenti del Forteto dovevano essere seguiti meticolosamente: rigorosa separazione degli uomini dalle donne, anche slegati da vincoli affettivi e uniti di matrimonio; uso della pratica dell'omosessualità, anche tra minori, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell'infanzia dovuti all'omosessualità latente e nel sostenere l'inferiorità delle donne rispetto agli uomini, perché impure e puttane; i divieti di rapporti eterosessuali; la denigrazione costante della famiglia di origine, tagliando ogni rapporto con essa; il divieto di coltivare rapporti con persone all'esterno della comunità ed esercitare qualunque tipo di attività ricreativa, culturale, sportiva ed educativa, sostenendo che tutto quello che era fuori era il male; l'imposizione della permanenza e del lavoro all'interno della comunità e l'accettazione della regola, secondo cui quasi tutta l'intera paga derivante dall'attività lavorativa svolta presso la cooperativa Il Forteto veniva versata alla associazione omonima, a pena di punizioni; l'impedimento di ricorrere a cure mediche pubbliche o al pronto soccorso; le scelte di voto in occasione di elezioni politiche ed amministrative; la pratica dei cosiddetti ‘chiarimenti', dove per ore si veniva coinvolti in interrogatori, con l'obbligo di ammettere o confessare, previa violenza psicologica o corporale; ed infine le minacce, anche di morte, di coloro che tentavano di sottrarsi alle regole sopra descritte.

“Eravamo obbligati ad avere rapporti sessuali come mezzo per la purificazione, dovevamo rifiutare la famiglia di origine, uomini e donne non potevano stare insieme, la donna era considerata come una meretrice, diventava schiava degli uomini per tutte le operazioni quotidiane” - racconta ancora Sergio - “il mondo esterno era il male assoluto, erano stati bravi a farci credere che dovevamo stare lì, che dovevamo seguire quelle regole”. Il tempo passava senza che Sergio se ne rendesse conto: “troppa vergogna a tornare indietro, troppa paura a lasciare un posto in cui ci avevano fatto il lavaggio del cervello.”

Arrestato nel 1978 per violenza sessuale e corruzione di minorenni, maltrattamenti e abuso del titolo, nel 1985 Fiesoli venne condannato con sentenza definitiva, assieme a Goffredi, per atti di libidine violenta, maltrattamenti e corruzione nei confronti di minori.

Nonostante la condanna con sentenza definitiva, il Forteto continua nel suo percorso cooperativo, comunitario, associativo, come se nulla fosse, continua a ricevere i minori in affido e diventerà negli anni a venire un importante interlocutore della regione Toscana.

Il Forteto viene presentato come un'eccellenza della regione e Fiesoli, alla guida della comunità, mantiene eccellenti rapporti con tutta la classe dirigente, con i membri del tribunale dei minori, con gli operatori ASL e dei servizi sociali e anche con i sindacati e la Lega delle cooperative. Una nuova condanna incombe nel 2000, quando la Corte europea dei diritti dell'uomo condanna l'Italia a pagare un conto salato di duecento milioni di lire per l'affidamento di due minori a Il Forteto: anche in questo caso, la situazione rimane pressoché invariata. Fino a un nuovo arresto nel 2011 Fiesoli ha, infatti, goduto della fiducia, amicizia e protezione da parte di magistrati, politici, intellettuali, professionisti e responsabili dei servizi sociali del territorio, e, nonostante la condanna schiacciante, i giudici continuano ad affidare alla comunità de Il Forteto altri minorenni. Come è possibile che questo modello, ormai definibile con fondamento chiaramente illegale, si sia protratto per oltre tre decenni senza significative reazioni delle istituzioni pubbliche?

A questi incredibili fatti si aggiunge un'inchiesta nel 2015 per la gestione di anomalie contrattuali, nella gestione, insomma, anche delle risorse finanziarie. Ci fu, a questo punto, una prima giusta ipotesi di commissariamento, che, però, venne rigettata dalla politica. Incredibilmente, tutti questi atti criminali, a questo punto, comprese le omissioni, sono stati compiuti nei confronti dei minori da soggetti ai quali era stato attribuito il ruolo della funzione genitoriale, in quanto affidatari; e chi gliele affidava, il tribunale dei minori, non ha vigilato, anzi, per alcuni soggetti è addirittura ipotizzabile una colposità manifesta, non fosse altro per mancanza di vigilanza od altro.

Stiamo parlando, infatti, di un presidente del tribunale dei minori che il giorno dell'uscita dal carcere del carnefice decise di affidargli immediatamente dei minori, negando, di fatto, il giudizio del tribunale ordinario. Stiamo parlando di membri del TdM che frequentavano settimanalmente Il Forteto, che organizzavano gite in quel luogo, ma anche altrove, in Europa, con il Fiesoli e i ragazzi. Ancora colpevolmente non vedevano, non sentivano, non verificavano e negavano sentenze passate in giudicato. Le denunce di numerose persone non mancano e negli anni a venire Fiesoli viene nuovamente arrestato, il 20 dicembre 2011, con inizio del processo nell'ottobre 2013, che vede il rinvio a giudizio per 23 componenti de Il Forteto, Fiesoli compreso.

Il 22 dicembre 2017 Fiesoli viene finalmente condannato in via definitiva dalla Corte suprema di cassazione alla pena di anni 14 e mesi 10 di reclusione per abusi sessuali e maltrattamenti in danno di minori e adolescenti. Quali sono le responsabilità penali e politiche? Com'è possibile che sia potuta accadere una tragedia su così vasta scala e di una cooperativa che ha sempre goduto dei favori della politica toscana? Su qualcosa si è riusciti a lavorare grazie anche al prezioso e incessante lavoro del consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle Quartini, ma la commissione regionale d'inchiesta si è dovuta fermare di fronte ai propri limiti, non avendo i poteri di un'autorità giudiziaria. Ha effettivamente avuto le mani legate di fronte alle reticenze di chi è stato interpellato alle audizioni o, peggio, ha scelto di tacere. Nessuno, infatti, ricorda, nessuno c'era, nessuno sapeva.

Il MoVimento 5 Stelle, da quando è entrato in Parlamento, ha sempre chiesto l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta, che, però, ha visto bocciata il 9 luglio 2015 con ben 253 voti contrari. Eppure sappiamo da sempre che sarebbe stato lo strumento più adatto ad accertare le responsabilità politiche: non si tratta tanto di punire i colpevoli e accertare responsabilità penali, di questo si occupa l'autorità giudiziaria, ma è fondamentale capire fino in fondo cosa è successo, quali siano le responsabilità politiche ed istituzionali di fronte a uno scandalo e a una tragedia che ha visto complice, purtroppo, la negligenza dello Stato, e, soprattutto, perché non accada più.

La costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, quindi, per anni è rimasta bloccata dai veti interni alla maggioranza di Governo. Finalmente si giunge alla sua introduzione per fare luce su una vicenda che ha sconvolto la comunità locale, e quindi il Paese intero, con anni di denunce, inchieste, confessioni e dichiarazioni delle vittime. Le commissioni d'inchiesta del consiglio regionale, come già detto, hanno già evidenziato la verità sui fatti, ma il potere di una Commissione parlamentare non è paragonabile a quello regionale; ecco perché ce n'era e ce n'è estremamente bisogno.

Come primo passo, nel dicembre dell'anno scorso, siamo finalmente riusciti a commissariare Il Forteto con Jacopo Marzetti, avvocato e garante per l'infanzia e l'adolescenza della regione Lazio, il nuovo commissario della cooperativa agricola Il Forteto. La nomina di Marzetti è stata decisa dal Ministero dello sviluppo economico e a lui spetterà il non facile compito di separare la setta dalla cooperativa e vedere cosa è rimasto effettivamente della capacità produttiva per la salvaguardia occupazionale e il rilancio economico dell'azienda. Il Ministro della giustizia Bonafede ha dichiarato il commissariamento e ha aggiunto: il Governo ha fatto il suo pieno dovere, quello che i precedenti Governi non hanno avuto il coraggio di fare. Anche Pietracito ha applaudito questa notizia. Ricorda: cinque anni fa, nel 2013, con il Governo Letta, si arrivò ad un passo. Poi il cambio del Governo riportò tutto indietro. E pensare che un primo tentativo fu già fatto negli anni Ottanta, nel 1980. Come si può pensare, come ci si può illudere, come si può mai servire le istituzioni che rappresentiamo, se non siamo in grado di capire che non ci troviamo di fronte a una cooperativa, ma, purtroppo, a una macchina guidata da due o tre cosiddetti capi, che stanno macinando le intelligenze, uniformando le volontà, strumentalizzando persone che hanno ridotto a una massa mobile manovrata che si entusiasma o si autoproclama colpevole a seconda delle direttive da seguire o da conseguire.

Non sono le mie considerazioni, cari colleghi, ma sono quelle denunciate, in relazione a Il Forteto, dal consigliere della DC Rinaldo Innaco durante una seduta del 28 ottobre 1980. Ma si preferì fare finta di niente e aspettare che la giustizia facesse il suo corso. E quanto accaduto in quella occasione, purtroppo, si è ripetuto in quest'Aula, nella seduta del 9 luglio 2015, dove i colleghi del PD, sconoscendo anche la circostanza che Il Forteto non fosse una comunità di accoglienza per minori, ma esclusivamente una cooperativa agricola, intervenivano affermando che si sarebbe dovuta salvaguardare la professionalità degli operatori corretti, e compatti votavano contro l'istituzione di una Commissione d'inchiesta su Il Forteto, malgrado il disperato appello del Presidente Fico, che diceva testualmente: se non riuscite a decidere, se magari non volete votare a favore, uscite fuori per non votare contro il Partito Democratico, uscite fuori, perché, se non uscite fuori, le vostre mani si sporcheranno per l'ennesima volta contro queste persone che hanno subito questi abusi.

Triste e significativo l'intervento del Governo con l'allora sottosegretario Ferri, che purtroppo adesso è uscito da quest'Aula, che sottolineava a più riprese la presunta differenza tra comunità e cooperativa, l'una da condannare, l'altra, a suo avviso, realtà economica da salvaguardare, oltre a sostenere che il Ministero avrebbe dovuto analizzare le motivazioni della sentenza che all'epoca non erano ancora state depositate. Pochi mesi dopo, nel settembre 2015, venivano depositate le motivazioni della sentenza, dove si affermava la totale commistione tra comunità e cooperativa, circostanza già riconosciuta, peraltro, nelle relazioni delle due commissioni d'inchiesta regionali.

Ci dovrebbero, insomma, spiegare i colleghi del PD perché solo questo Governo, e non quelli precedenti, nel dicembre scorso ha commissariato la cooperativa Il Forteto. Si approvi immediatamente questa Commissione, che, come noto, avrà i poteri dell'autorità giudiziaria; poteri ben diversi da quelli delle commissioni regionali d'inchiesta, che i colleghi del PD cercavano di far credere essere stati sufficienti per conoscere la verità su Il Forteto. Che bisogno c'è di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta se ce n'erano già state due regionali, sostenevano nella seduta del 9 luglio 2015. Chi ha tessuto le lodi de Il Forteto dovrà spiegare come mai a Fiesoli e ai suoi pretoriani sono state aperte le porte del Parlamento e del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, a Firenze, dove lo stesso Fiesoli è stato ospitato in pompa magna come educatore minorile.

Qualcuno dovrà spiegare cosa ci faceva Fiesoli nel consiglio di amministrazione dell'istituzione Don Milani, con tanto di gettoni di presenza. I rappresentanti della regione Toscana dovranno spiegare come è stato possibile che Il Forteto dal 1997 ad oggi sia stato finanziato con circa un milione e 250 mila euro, mentre non è stata quantificata ancora la cifra concessa dal 1977 al 1997, presumibilmente maggiore. Ma, soprattutto, dovranno spiegare come mai, a tutt'oggi, la fondazione Il Forteto risulti iscritta nel registro delle persone giuridiche private della regione Toscana, così come ha candidamente ammesso il presidente Rossi, che, dopo puntuale richiesta del commissario Marzetti, ha specificato che erano stati verificati i requisiti della fondazione, risultati privi di rilievi, aggiungendo che nulla sapeva dell'associazione Il Forteto, se non per averne appreso l'esistenza da articoli di giornale.

E la politica dov'è stata in questi anni, oltre a far pressione su Bruno Vespa perché non mandasse in onda una trasmissione televisiva su “Il Forteto”? Tanti, troppi politici si sono schierati su quella realtà, alcuni concludendoci anche le proprie campagne elettorali. Anche in quel caso, tanti non so e tanti non ricordo.

Con l'istituzione, seppur tardiva, di questa Commissione finalmente potremo chiedere ai giudici per il tribunale dei minorenni di Firenze le motivazioni che li hanno indotti ad affidare e a dare in adozione minori a un condannato per gli squallidi episodi che vi ho già menzionato e alle false famiglie dei suoi adepti. Ci potranno così spiegare come sia stato possibile affidare i minori a “Il Forteto” fino al 2010, malgrado la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, lasciando dentro quell'inferno anche i due minori risarciti dalla stessa CEDU. Attualmente sono ancora a “Il Forteto” i disabili, ora non più minori, affidati o adottati dal Fiesoli e dai suoi pretoriani, dei quali ancora nessuno si è occupato.

Tutte queste dichiarazioni ci fanno capire che siamo arrivati finalmente a un passo decisivo per mettere forse fine a una storia sconvolgente, con risvolti morali, economici e politici. Adesso la questione si sposta anche sulla cooperativa nella sua veste di datore di lavoro, ma non possiamo trattare la crisi del Forteto come quella di una qualsiasi azienda in crisi occupazionale o produttiva. I protagonisti di questa vicenda sono ovviamente le vittime de “Il Forteto”, costituite in un'associazione che ha già avanzato precise richieste al commissario e che adesso io voglio leggere per dare la loro voce anche in quest'Aula del Parlamento. “Al commissario chiediamo prima di tutto di sciogliere la setta che ha da sempre comandato la cooperativa, allontanando immediatamente chi è stato ritenuto responsabile degli orrendi e disumani maltrattamenti descritti nel capo d'imputazione del recente processo, non solo chi è stato condannato penalmente ma anche chi si è salvato grazie alla prescrizione ed è stato comunque condannato a risarcire le vittime. Chiediamo che si leggano le motivazioni della sentenza del tribunale di Firenze relativamente alle testimonianze rese dai sostenitori de “Il Forteto” e che si prendano gli opportuni provvedimenti. Chiediamo che prima di salvaguardare i posti di lavoro, la cooperativa risarcisca le vittime senza indugio. Chiediamo che nel preoccuparsi di salvaguardare gli attuali lavoratori, ci si preoccupi altrettanto di chi, oltre a essere stato maltrattato e abusato, ha lavorato nella cooperativa per decenni, tutto l'anno e senza mai un giorno di ferie, senza mai ricevere né salari, né Tfr. Chiediamo di sanare le specifiche situazioni contributive. Chiediamo che lo Stato intervenga per cercare quanto meno di rimediare alla colpevole e ingiustificata incuria delle sue istituzioni”.

Come si nota dalla richiesta dell'associazione “Vittime del Forteto”, anche dal punto di vista lavorativo la cooperativa aveva notevoli problemi. La tutela dei lavoratori dovrebbe quindi essere garantita allo stesso modo e subito dopo aver assicurato il risarcimento alle vittime. È normale e comprensibile che dopo quarant'anni di continui rimandi da parte di una vecchia politica gli animi siano tesi e insofferenti. Lo stesso commissario, con una lettera del 14 gennaio 2019 rivolta alla prefettura di Firenze, alla regione Toscana, al tribunale di Firenze, alla procura della Repubblica, al tribunale della giustizia, al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'interno, rivolge un chiaro segnale alle istituzioni. Il commissario ricorda, infatti, che le irregolarità sono talmente gravi e tanto sono perdurate nel corso degli anni da richiedere, necessaria e indispensabile, anche la collaborazione di tutte le istituzioni, in particolare quelle presenti sul territorio, in modo da consentire un adeguato svolgimento dell'incarico e, quindi, al fine di procedere alla regolarizzazione della cooperativa attraverso la risoluzione delle problematiche evidenziate.

In particolare, tra le gravi irregolarità vengono evidenziate: la mancata esclusione di tutti i soci coinvolti nel procedimento penale, definitivamente concluso in data 22 dicembre 2017 con la sentenza dalla Corte di cassazione; la mancata adozione di iniziative atte a evitare la commistione strutturale e funzionale tra cooperativa e associazione, risultante da atti negoziali in essere tra i predetti enti; la mancanza di adozione di atti finalizzati a interrompere ogni collegamento con l'associazione, anche mediante la rimozione di tutte le clausole statutarie e regolamentari riconducibili alla finalità della predetta associazione; e, infine, la mancata interruzione di ogni rapporto associativo patrimoniale e contrattuale con le persone coinvolte nelle vicende giudiziarie, i cui atti, compiuti e rilevati dal giudice penale, integrano una violazione delle clausole statutarie.

E a proposito di lavoro e lavoratori, cosa sta succedendo da questo punto di vista? Dalla sua nomina sono moltissime le richieste di incontrare il commissario per richiedere rassicurazioni, al fine di salvaguardare quella che viene definita un'importante realtà economica. Quello che emerge, però, è che almeno 70 persone hanno lavorato per anni senza essere retribuite, molte delle quali inviate presso “Il Forteto” direttamente dal tribunale dei minori di Firenze.

Schiavitù e sfruttamento: queste sono le parole, forti ma giuste. Siamo di fronte a un caso grave sotto infiniti aspetti: i tempi lunghissimi, le verità accertate troppo tardi, le prescrizioni che non danno pace alle vittime, l'impegno di alcuni politici ad arrivare a giustizia, mentre altri sembravano remare assolutamente contro; un tribunale dei minori che, invece di tutelarli, li getta nella tana del leone; decenni di scandali taciuti, tra omertà e paura; un esempio teoricamente perfetto di accoglienza e recupero di persone già vulnerabili che si tramutava in inferno, un inferno che il MoVimento 5 Stelle ha immediatamente riconosciuto. Per anni i nostri portavoce locali e nazionali hanno fatto battaglie, in primis in Toscana, perché si arrivasse finalmente a una Commissioni di inchiesta parlamentare. Finalmente gli sforzi sono stati ripagati e con questo Governo si può dire che “Il Forteto” non è un caso archiviato. Lo facciamo per le vittime, per le loro famiglie e per tutti coloro che nelle associazioni e nelle istituzioni lavorano per il bene primario della società, a maggior ragione quando al centro ci sono minori e ragazzi con disagi e disabilità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Mugnai. Ne ha facoltà.

STEFANO MUGNAI (FI). Grazie, Presidente. Ringrazio anche l'amico e collega qui accanto, Maurizio D'Ettore, per le parole spese. Tuttavia, ricordo una battuta che faceva il Ministro Talleyrand: “Mai troppo zelo” e lo zelo è un elemento importante rispetto a ciò che è successo al Forteto. Lo zelo di tante istituzioni toscane che per anni hanno voluto con la loro vicinanza testimoniare un pregiudizio positivo: al Forteto avvenivano solo cose bellissime e avvenivano solo cose bellissime nonostante le sentenze passate in giudicato si accumulassero una sull'altra e raccontassero un'altra vicenda, cioè raccontassero un'altra rappresentazione della realtà.

Ma perché oggi siamo qui a discutere per una Commissione di inchiesta su una vicenda drammatica e tragica che riguarda delle violenze e degli abusi sui minori? Io credo che, purtroppo, nella natura umana ci siano vette altissime, anche dentro di noi e anche in noi stessi, e delle cose delle quali ci vergogniamo tutti e penso anche che, purtroppo, le violenze sui minori ci sono sempre state e temo che ci saranno per sempre. Però “Il Forteto” ha una specificità e certamente vanta una specificità nella storia non della Toscana ma del nostro Paese: lì le violenze sono durate per decenni, per oltre trent'anni nonostante le sentenze passate in giudicato per reati specifici. Al Forteto i bambini ci venivano messi dalle istituzioni, dallo Stato: non erano bambini sfortunati per essere nati in una famiglia di sciagurati. In alcuni casi avevano famiglie alle spalle evidentemente in difficoltà e da lì il motivo della loro collocazione in affido, ma era lo Stato, erano le istituzioni che collocavano i bambini all'interno del Forteto.

Come è potuto avvenire tutto questo? In maniera molto rapida credo, però, che si debba contestualizzare e fare un po' di memoria anche storica rispetto alla genesi di quella realtà. Insomma, si sta parlando degli anni Settanta, con un fermento culturale e con tutta una serie di ideali e ideologie - non le mie francamente - che però, indubbiamente, spazzavano via e che circolavano nella comunità del nostro Paese ma anche in Toscana, una regione dove, prima di un'omologazione politica, per decenni c'è stata un'omologazione culturale. Quindi, se una parte politica diceva alcune cose e invocava alcuni ideale, avevi ragione a prescindere, mentre invece se stavi da un'altra parte neanche ti si stava ad ascoltare.

E “Il Forteto” ha la capacità di inserirsi perfettamente in questo clima, perché “Il Forteto” per un pezzo di Toscana erano “quelli che poi l'utopia l'hanno realizzata davvero”. Sì, perché è facile dire: “Basta famiglia, basta proprietà. Andiamo a vivere di agricoltura”. Ecco, “Il Forteto” queste cose le aveva fatto e quindi tutto questo aveva un fascino su un pezzo di società toscana, quel pezzo che in quegli anni e per molti anni a venire - e anche negli anni in precedenza - comandava.

Era quel pezzo di Toscana che faceva la differenza e su questo vi è la capacità indubbia di Rodolfo Fiesoli nel momento in cui in una frazione di Prato - “La Querce” si chiama - individua un gruppetto di ragazzi più giovani di lui di una decina di anni, fragili e che avevano delle difficoltà. In questo contesto culturale li avvicina a sé facendo le prime riunioni nei locali della parrocchia della Querce (alla Querce c'era o la casa del popolo o la parrocchia, insomma le stanze a disposizione quelle erano) e inizia a fare ragionamenti di questo tipo; e, come avviene in tutte le sette (perché Il Forteto è stato una setta e non è che lo dice l'onorevole Mugnai o i colleghi che sono intervenuti, è nelle sentenze, è un dato assolutamente consolidato) bisogna fare delle prove per dimostrare di essere pronti a rientrare nella setta e per essere sicuri che poi uno risponda: debbono essere prove inevitabilmente dolorose, di rottura e questi ragazzi venivano mandati nelle case di provenienza a picchiare i genitori, a rubare, perché ci doveva essere un taglio netto con tutto ciò che era la loro vita preesistente per sposare l'ideologia de Il Forteto.

In tale contesto culturale, nel momento in cui Il Forteto inizia a organizzare questo gruppo, tutta una serie di istituzioni corrono in soccorso de Il Forteto perché erano quelli che l'utopia l'avevano realizzata e, quindi, erano da portare ad esempio. Il Forteto era una chiesa rossa e non è un caso che la regione Toscana e gli enti locali per anni hanno finanziato e dato anche i beni immobili dove attualmente Il Forteto si trova. Prima era in un altro immobile con tanti terreni, sempre nel Mugello, adesso si trova in un territorio che è stato messo a disposizione direttamente dalle istituzioni pubbliche. E appena Il Forteto inizia la sua attività vi è, come dire, un delirio di testimonianze delle istituzioni, dei sindacati, del mondo accademico, del mondo dei media, nel raccontare questa storia così bella, così affascinante e coraggiosa di questi ragazzi che mettono tutto in discussione per fare un'esperienza di vita nuova ed è interessante - invito a farlo soprattutto coloro che poi entreranno a far parte della Commissione d'inchiesta -, fate un giro in qualche emeroteca e andate a prendervi i ritagli di giornale dell'epoca. Alcune testate sono sparite, nel frattempo, ma si trovano ed è interessante vedere che narrazione veniva fatta di quell'esperienza ed è interessante vedere che, nel momento in cui arrivano le prime notizie di un'inchiesta giudiziaria per reati specifici, non per evasione fiscale, non per cose strane, ma per violenze e abusi su minori, immediatamente vi è una reazione anche sui media di tutte le istituzioni toscane a difesa di quella storia; ed è interessante vedere nei giornali dell'epoca, nello svolgimento della vicenda giudiziaria (le condanne, poi gli annullamenti delle sentenze e poi le condanne definitive) come la memoria di quelle sentenze spariva immediatamente dalle cronache, quanto meno fiorentine e toscane. E la capacità del Fiesoli era, una volta che era stato condannato, quella di far dimenticare ciò che era avvenuto e mantenere rapporti strettissimi con le istituzioni che contano.

Quando parlavo di un'omologazione culturale, mi riferivo al fatto che, dovendo affrontare la vicenda de Il Forteto, personalmente non sapevo neanche che esistesse perché vengo da un'altra provincia, Arezzo, e all'epoca neanche andavo a fare la spesa alla Coop e quindi non sapevo neanche che esistessero i prodotti de Il Forteto. Leggo, da consigliere regionale, nelle cronache giudiziarie - neanche tra le pagine più interessanti rispetto alle letture quotidiane - la vicenda di un santone che già aveva avuto dei precedenti giudiziari e quindi inizio a interessarmi della vicenda. Me ne interesso perché vengo avvicinato da alcuni colleghi fiorentini, che quindi conoscevano meglio la vicenda de Il Forteto, che mi chiedono di farmi parte attiva all'interno del mio gruppo che aveva la consistenza numerica all'intero del consiglio regionale per chiedere una Commissione d'inchiesta. Lo faccio. Quando ascolto per la prima volta le vittime - allora erano le sedicenti vittime poi, grazie a Dio, ci sono le sentenze e quindi di vittime si deve parlare - la mia reazione è di stupore: io francamente non ci credo, perché quando uno ti racconta cose così inverosimili, una persona razionale che non è abituata a dover affrontare vicende di quella natura, pensa che siano corbellerie. La verità è che quelle storie non solo erano verosimili ma erano vere e il lavoro della Commissione, nel momento in cui entriamo a far parte della Commissione e io vengo, con oneri e onori, nominato come presidente, è stato un lavoro difficilissimo che invito anche la nuova Commissione a fare perché in politica è difficile avere il privilegio e anche la responsabilità, l'opportunità di sposare una causa dove è chiarissimo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Su Il Forteto è chiaro da che parte sta il bene e da che parte sta il male. Però, per poter fare una scelta e poi per poter lavorare in maniera compiuta in Commissione, è necessario fare qualcosa di estremamente doloroso: bisogna ascoltare le vittime, i testimoni diretti, perché leggere su una relazione vicende di quella natura fa male, ma vi assicuro che sentirle raccontare da chi le ha vissute fa peggio. Però è un passaggio catartico utile perché serve a far sì che magari ognuno di noi, ognuno di coloro che faranno parte della Commissione metterà nella vicenda quel di più di coscienza, abbandonerà la propria casacca di partito per lavorare e dare, per così dire, al meglio delle proprie possibilità un contributo nella ricerca della verità e nella spiegazione di ciò che è accaduto.

Si diceva, per quale motivo è necessario istituire la Commissione d'inchiesta: le sentenze ci sono già state, probabilmente ce ne saranno anche altre e tutto andrà nella direzione di confermare che Fiesoli era un farabutto ma che in realtà esisteva un sistema Forteto. È necessario perché le inchieste della magistratura inevitabilmente si svolgono per una ragione assolutamente pratica su reati che ancora non sono in prescrizione. Abbiamo detto che la storia de Il Forteto è una storia di trenta e passa anni e allora è necessaria, per capirla fino in fondo e per raccontarla fino fondo, una Commissione d'inchiesta parlamentare che ha poteri che inevitabilmente le commissioni d'inchiesta del consiglio regionale, delle quali ho fatto parte, chiaramente non hanno; ed è una storia che va raccontata fino in fondo perché Il Forteto può accadere di nuovo, perché il pensiero unico genera mostri. Il Forteto era l'antro dell'orco dove c'erano mostri veri che si mangiavano letteralmente i bambini: una volta si diceva che i comunisti mangiano i bambini, in Toscana qualche comunista si è mangiato i bambini per davvero negli anni e con tutto il mondo ad andare lì ad omaggiare ciò che avveniva! È necessario raccontare la storia fino in fondo per far emergere le responsabilità, non soltanto penali ma anche morali, culturali, di chi doveva sapere e non ha voluto sapere fino in fondo, di chi è si è girato dall'altra parte. I servizi sociali del Mugello non mandavano i propri bambini in difficoltà al Forteto. Qui arrivavano bambini da tutta la Toscana e anche oltre ma quelli di quel territorio non li mandavano a Il Forteto: perché? Perché evidentemente vi era la consapevolezza di ciò che avveniva lì dentro, perché poi quei bambini andavano a scuola e quindi certe sofferenze inevitabilmente emergevano. E, guardate, lo dico per il rispetto delle vittime de Il Forteto - io li ho conosciuti ma poi sono convinto che parte della Commissione avrà modo di conoscere le vittime e svilupperà la stessa mia attenzione e sensibilità nell'approcciarsi alla vicenda - per il loro rispetto rivolgo un invito ai membri di quella che sarà la Commissione: non serve strumentalizzare la vicenda per fini politici, anche perché basta raccontare i fatti e le responsabilità emergono tutte. Quindi, ci deve essere un'attenzione a far sì che non si usi la Commissione sui fatti de Il Forteto come una clava da dare in testa all'avversario politico. Ne va del rispetto di quelle vicende umane così dolorose. I fatti sono chiarissimi: basta avere il coraggio e la voglia di andarli a raccontare, di andarli ad evidenziare e di andarli a mettere in fila per far sì che ciò che accadde in quel pezzo di Toscana non abbia a ripetersi. Ma purtroppo può accadere, probabilmente sta già accadendo anche in altre in altre zone del nostro Paese e allora questa è una Commissione importante perché deve svegliare le coscienze rispetto ad una vicenda che comunque a livello nazionale non è conosciuta; insomma, è una roba per amanti della materia perché in realtà fuori della Toscana è una vicenda solamente sconosciuta ma deve servire a far capire che in certe condizioni si possono creare dei corti circuiti istituzionali perché le responsabilità de Il Forteto riguardano una pluralità di istituzioni, come il tribunale dei minori. Quest'ultimo era presieduto da una persona di grande levatura culturale, una persona che ha inventato il diritto minorile nel nostro Paese. Però a volte ci sono dei momenti storici in cui si è più innamorati delle proprie idee o ideologie e si preferisce seguire le proprie idee piuttosto che prendere in carica la realtà, i fatti e su Il Forteto in quel momento storico la narrazione andava in un'unica direzione e per orgoglio di tutta una serie di figure nel tribunale dei minori, nei servizi sociali, nel mondo accademico, nei media nessuno ha riconosciuto i propri sbagli dicendo di aver sbagliato, di aver preso una cantonata. Ciò ha permesso per oltre trent'anni che i bambini continuassero ad essere affidati all'interno di quella struttura e i bambini in quella struttura servirono per una cosa banale, semplice: se tu crei una setta dove i rapporti eterosessuali sono proibiti (vi sono storie anche di marito e moglie che entrano in quella comunità e in quella setta e immediatamente vengono messi il marito da una parte e la moglie da un'altra), è evidente che in quel modo i bambini non nascono, per ragioni assolutamente comprensibili, ma i bambini servono ad una setta perché i bambini sono forza lavoro e sono gli schiavi del futuro, perché quella è un'azienda agricola importante.

È di qualche settimana fa la notizia - finalmente - del commissariamento, fatto dal Governo, della gestione della cooperativa. Apro e chiudo una parentesi: la Commissione d'inchiesta è importante anche per dare suggerimenti rispetto a modifiche normative.

Voi capite che il legislatore più attento e fantasioso difficilmente può immaginare tutte le fattispecie. Bene, la normativa - banalizzandola - sulle cooperative è “una testa, un voto”, però voi capite che questo criterio, in una setta dove ci possono essere anche venti teste ma solo una decide - se il capo de “Il Forteto” si faceva chiamare lui “profeta” un motivo ci sarà - in una cooperativa come quella de “Il Forteto” non funziona e quindi è giusto ci sia il commissario, ed è giusto provare a salvare quell'azienda, un'azienda importante che dà lavoro a tante persone.

Io non ho nessuna capacità imprenditoriale - nella vita ho fatto altro ed è meglio così perché sarei fallito dopo un secondo - ma se avessi avuto a disposizione per trent'anni degli schiavi, probabilmente anche io avrei avuto grandi successi imprenditoriali. La storia de “Il Forteto” è questa: minori e adulti che lavoravano dodici, quattordici, sedici ore al giorno senza percepire uno stipendio, senza vedersi riconosciuto nessun diritto, nessun contributo pensionistico, il tutto per far sì che quella comunità-setta potesse prosperare e potesse prosperare con una finalità: il suo fondatore si era costruito il suo paradiso personale, che poi era il paradiso per lui ma era l'inferno per tutte le persone che lì dentro vivevano.

Allora, è importante raccontare fino in fondo, sin dalla genesi, quindi sin da anni che non possono essere più toccati da un'inchiesta della magistratura, la storia de “Il Forteto”, che è una storia di un pezzo di una regione importante, la mia, la regione Toscana, una regione che affonda le sue radici in una cultura profonda, in un senso civico importante. Tuttavia, nonostante questo, nel cuore stesso della Toscana, è successo “Il Forteto”. Ciò è successo per trent'anni, con tante persone, tanti segmenti delle istituzioni che non hanno avuto il coraggio di dire “ho sbagliato; ho preso una cantonata” e con la loro vicinanza hanno permesso per anni che “Il Forteto” potesse andare avanti e hanno permesso per anni che nuovi bambini fossero collocati all'interno de “Il Forteto”.

Chiudo: lo sapete come è saltato il banco a “Il Forteto”? È saltato con un meccanismo psicologico molto semplice. Forse qui, siamo talmente pochi, nessuno di noi è laureato in filosofia, però, probabilmente, il liceo si è fatto, insomma (qualcuno di noi). Ricordate il mito della caverna di Platone? Se prendi due persone e le metti in una caverna legate alle catene con la faccia rivolta verso il fondo della caverna, per loro la realtà sono le ombre che si stagliano nel fondo della caverna, perché hanno visto quelle e basta: presso “Il Forteto” era così. Prendevi un bambino, lo mettevi lì dentro, gli dicevi che quei valori sbagliati, assolutamente malvagi erano normalità e il male stava fuori. È ovvio che quel bambino cresceva con quella forma mentis. Però ci sono dei fondamentali nelle persone, che per quanto tu puoi provare a modificare, a modellare la coscienza delle persone, vengono fuori. “Il Forteto” salta con le seconde generazioni, quelli che entrarono come bambini, i primi bambini inseriti a “Il Forteto”, che erano testimoni diretti delle violenze che avvenivano lì dentro. Il Fiesoli affida a loro nuovi bambini da crescere, nonostante “Il Forteto” fosse finalizzato a far sì che le persone fossero sempre sole, che non ci fosse nessun legame d'amicizia o affettivo, men che mai sessuale fra persone, perché le persone sole sono più fragili e sono più controllabili di una coppia; la forza di una coppia che si vuol bene non è il doppio di due persone singole, ma è molto di più.

“Il Forteto” doveva ridurre le persone a singole monadi, ma nel momento in cui a dei giovani uomini e a delle giovani donne viene affidato un minore, viene fuori la natura delle persone, si crea un affetto e la difesa di quei minori ha fatto sì che quei ragazzi avessero il coraggio di uscire e denunciare qualcosa che per anni nessuno ha mai voluto ascoltare.

Credo che il lavoro della Commissione sarà un lavoro importante, che servirà a ridare dignità alla mia Toscana e servirà a far sì che una vicenda tragica, drammatica, di dimensioni pazzesche rispetto al male che è avvenuto lì dentro, possa essere raccontata fino in fondo e si possano fare emergere le tante, troppe responsabilità che l'hanno permessa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1160)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la II Commissione (Giustizia), deputata Maria Elisabetta Barbuto. Collega intende replicare? Le ricordo che ha un minuto. Prego.

ELISABETTA MARIA BARBUTO, Relatrice per la II Commissione. Grazie, Presidente. Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi e mi pare che convergano tutti nel senso di istituire al più presto questa Commissione per fare luce su questi tragici fatti. Quindi, in questo senso, ritengo di poter convenire con tutti i colleghi che hanno esposto il loro intervento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la XII Commissione (Affari sociali), deputato Eduardo Ziello, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, il sottosegretario Morrone.

JACOPO MORRONE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, dopo l'approvazione al Senato dell'11 settembre 2018, approda alla Camera la proposta di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui gravissimi fatti accaduti presso la cooperativa sociale “Il Forteto”, una comunità per minori disagiati associata ad un'azienda agricola fondata nel 1977 in provincia di Firenze, a Vicchio, con l'evidente connotazione della setta.

Per la prima volta il Parlamento avrà la possibilità di indagare su coperture, aiuti, silenzi che hanno consentito che l'inferno subito da giovani minori ad opera del guru de “Il Forteto”, il profeta, Rodolfo Fiesoli, e dei suoi collaboratori. Parliamo, in particolare, di abusi sessuali, violenze, sevizie, intimidazioni, sfruttamento minorile e poi malversazione, appropriazione indebita, durati tanto tempo, un trentennio. Tutto questo è andato avanti per anni, grazie a coperture e protezioni politiche ed istituzionali, per le quali, evidentemente, la comunità era un esempio di welfare all'avanguardia, un'eccellenza. Per motivi ideologici il passaggio a “Il Forteto” è stato per lunghi anni un classico delle campagne elettorali di una parte politica. Una fitta cortina fumogena è stata alzata su una tragedia che accomuna tanti bambini e adolescenti abusati, con il Tribunale dei minori che ha continuato ad affidare a “Il Forteto” minori a rischio, nonostante le inchieste e una condanna.

“Il Forteto” è ancora una ferita aperta e ancora il Paese deve una scusa morale alle vittime. Dal 1985 al 2013-2014 c'è stato un silenzio omertoso, anni di silenzio tra la prima condanna del 1985 per pedofilia, al Fiesoli, e l'ultima del 2015, anni in cui l'attività de “Il Forteto” è continuata ad andare avanti. C'è la condanna della CEDU, c'è l'arresto del 2011 di Fiesoli, sempre per pedofilia. Lo scandalo “Il Forteto” scoppia, la regione Toscana istituisce una commissione d'inchiesta che svela nomi e coperture, ma che non ha poteri. La condanna a Fiesoli arriva nel 2017 quando la Cassazione conferma quindici anni di carcere per abusi e maltrattamenti. La condanna è definitiva, ma dopo sette mesi il “profeta” viene scarcerato, perché la pena deve essere ricalcolata, quindi fissata definitivamente.

L'istituzione di una Commissione parlamentare è un atto di giustizia. In questa vicenda anche lo Stato ha responsabilità e deve attivarsi per rendere giustizia. L'istituzione della Commissione deve consentire un'inchiesta approfondita, con più poteri rispetto a quelli delle commissioni insediate in regione Toscana. Bisogna dare battaglia per scoprire la verità. Il 20 dicembre scorso, “Il Forteto”, la cooperativa - ha annunciato il Ministro Bonafede - è stata finalmente commissariata. Il Governo ha fatto il suo dovere, quello che i Governi precedenti non hanno mai fatto.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Delrio ed altri n. 1-00106 concernente iniziative a sostegno del comparto automobilistico e del relativo indotto, anche al fine di favorirne l'evoluzione tecnologica e la tutela dei livelli occupazionali (ore 18,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Delrio ed altri n. 1-00106 (Nuova formulazione) concernente iniziative a sostegno del comparto automobilistico e del relativo indotto, anche al fine di favorirne l'evoluzione tecnologica e la tutela dei livelli occupazionali (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il deputato Mancini, che illustrerà la mozione Delrio ed altri n. 1-00106 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario.

CLAUDIO MANCINI (PD). Grazie, Presidente. Dobbiamo, purtroppo, prendere atto dell'assenza del Ministro Di Maio al momento della presentazione di questa mozione; immagino che stia contando i click per la votazione…

PRESIDENTE. Collega, il Governo è rappresentato, come può vedere.

CLAUDIO MANCINI (PD). Il Governo è rappresentato al meglio sicuramente, ma per l'importanza del tema trattato, visto che si tratta del 7 per cento dell'attività industriale italiana, avremmo pensato che la presenza del Ministro avrebbe aiutato il dibattito. D'altronde, è proprio per la disattenzione e per l'incompetenza del Ministro Di Maio che oggi ci troviamo a discutere questa mozione. Infatti, se guardiamo a quanto è importante il settore dell'automotive per il nostro Paese, complessivamente, dobbiamo ragionare di un comparto che occupa in Italia 252 mila persone.

L'automotive rappresenta la spina dorsale della produzione industriale italiana, con il 7 per cento nel settore manifatturiero e con il 7 per cento dell'occupazione nell'intero settore industria, commercio e servizi.

Il raffronto con altri Paesi europei ci dice che il totale degli addetti diretti conta in Italia 160.000 abitanti, a fronte di 224.000 in Francia, 178.000 in Polonia e 168.000 in Romania. Ovviamente la Germania guida questa classifica, con 850.000 addetti. Stiamo quindi parlando di un settore fondamentale per l'economia del nostro Paese, un settore che sta affrontando una difficile fase di transizione. Le elaborazioni ANFIA sui dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aggiornate all'11 gennaio 2019, indicano che in Italia, nell'anno precedente, sono state immatricolate 1.910.000 autovetture, con un calo del 3,1 per cento rispetto al 2017. Per questi dati le immatricolazione di autovetture prodotte negli stabilimenti italiani nel gruppo FCA rappresentavano per il mese di dicembre 2018 una quota del 26 per cento del totale, con volumi in diminuzione solo dell'1 per cento, e complessivamente con una flessione, nel 2018, del 10 per cento delle immatricolazione rispetto al 2017. I dati certificano quindi un primo rallentamento dal 2014, e mostrano inequivocabilmente un'inversione di rotta rispetto alla continua crescita registrata negli ultimi anni dal mercato dell'automobile. Ciò grazie anche alle misure messe in campo dagli ultimi Governi di centrosinistra - noi riteniamo -, quali gli incentivi della “legge Sabatini” e del super ammortamento, che avevano prodotto un vero e proprio boom nell'acquisto dei veicoli commerciali e di autocarri, ma anche con forti incrementi per le auto immatricolate acquistate dalle imprese.

I risultati del 2018 sono ovviamente dovuti a vari fattori, tra i quali certamente rientra l'indecisione e il disorientamento dei consumatori, che ancora non hanno chiaro quale sarà il tipo di motorizzazione principale dei modelli del futuro, anche se non ci sfugge la consapevolezza di un quadro complessivo di recessione internazionale che scoraggia l'economia nel suo complesso.

Comunque, lo scoraggiamento dell'acquisto dei veicoli diesel è dovuto anche alle normative ambientali di alcuni Paesi europei e anche di molte città italiane. Gli analisti, infatti, indicano che la flessione in atto possa essere attribuibile all'introduzione, a partire dal 1° settembre 2018, delle nuove normative europee sulle emissioni, al calo di fiducia dei consumatori e anche al rallentamento della crescita interna, che ha visto nel terzo trimestre del 2018 una diminuzione che segna il primo calo.

In questo scenario l'Italia aveva comunque, rispetto al 2019, l'opportunità di affacciarsi non con la preoccupazione per la situazione occupazionale dei suoi stabilimenti, ma con la fiducia di chi vede la volontà di investimento e innovazione da parte delle multinazionali dell'auto che produco nel nostro Paese, in particolare FIAT-Chrysler. FCA, infatti, aveva presentato ai sindacati, il 29 novembre 2018, un importante piano di investimenti negli stabilimenti italiani, e i dettagli del piano menzionavano una spesa di 5 miliardi di euro in venti mesi tra il 2019 e il 2021, che, tra le altre cose, rappresenta una spesa più alta di quella che lo stesso Governo ha ascritto alla quota degli investimenti pubblici nell'ultima legge di bilancio.

L'obiettivo del gruppo era quello di avviare finalmente la conversione dei propri modelli in direzione dell'elettrico e dell'ibrido. Sappiamo tutti quale sia il ritardo dell'industria automobilistica italiana nello sviluppare e mettere sul mercato questo tipo di modelli, ma questo piano di investimenti rappresentava finalmente la possibilità per un nostro salto tecnologico nei nostri stabilimenti e con i nostri lavoratori. Ebbene, di fronte a questo scenario di fiducia, che aveva visto anche i sindacati ottimisti per la scelta di investire negli stabilimenti italiani, è accaduto qualcosa di impensabile: a fronte di un'impresa che sceglie di fare un investimento di 5 miliardi per accelerare lo sviluppo tecnologico e garantire posti di lavoro nel Paese, il Governo, che dovrebbe sostenere questa propensione all'investimento in Italia, si è invece orientato, nel corso la discussione della legge di bilancio, a presentare una norma che ha cambiato le carte in tavola.

Non solo - come tutti sappiamo in quest'Aula - quella legge di bilancio non è stata discussa in nessuno dei due rami del Parlamento e si è arrivati con un voto di fiducia senza possibilità di discuterla nel merito, ma quella legge di bilancio ha introdotto un meccanismo bonus-malus per l'acquisto di autoveicoli, la cosiddetta ecotassa, che tassa le autovetture a combustione a partire da quelle con emissioni superiori ai 160 g/Km, e eroga invece incentivi per autovetture elettriche o ibride. Peccato che nessuno stabilimento italiano produca ad oggi auto elettriche o ibride. È evidente, Presidente, il rischio per la filiera nazionale dell'automotive di subire una contrazione della produzione. Le industrie estere risultano al momento più avanti nella produzione di autovetture con tali caratteristiche, eppure il Governo sapeva a cosa stava andando incontro. Appena la notizia di questo bonus-malus è uscita dai Ministeri, c'è stato un coro unanime di preoccupazione: associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, analisti e centri studi che hanno chiarito che la misura, per il 2019, avrebbe portato a una perdita di almeno 100.000 immatricolazioni, con un impatto negativo sull'economia italiana, visto che si ritiene che questa norma produrrà anche l'effetto paradossale di non favorire il rinnovo del parco auto da parte dei cittadini.

Il nostro stupore è stato ancora maggiore, Presidente, nel vedere che al Ministero dello sviluppo economico nessuno abbia calcolato gli effetti catastrofici che questa misura avrebbe avuto sul comparto in Italia. D'altronde, o dobbiamo pensare che il Ministro Di Maio, il Governo, la maggioranza, sta deliberatamente danneggiando il sistema industriale italiano, oppure dobbiamo pensare che si è fatto un errore e che questo errore non lo si voglia riconoscere, che non ci si voglia metter mano. Infatti, prima di questa scelta, non si è discusso - a quel che ci risulta - con le organizzazioni dei datori di lavori, con le organizzazioni dei lavoratori, non sono stati fatti studi e consultazioni con studiosi del settore, non si è discusso neanche col Parlamento. Quindi noi presentiamo questa mozione per denunciare come, su un tema di così fondamentale importanza, dove sarebbe stato auspicabile il massimo coinvolgimento, approfondire le scelte, magari approvandole ma dando dei tempi più lunghi per l'entrata in vigore di questi incentivi, quindi incentivando la riconversione anche dell'apparato produttivo nazionale in quella direzione, si sia scelto di non discutere. L'effetto è che tra i modelli che trarranno beneficio ci sono modelli Citroën, Hyundai, Mercedes, Toyota, BMW, Mitsubishi, mentre tra quelli che sono danneggiati ci sono molte produzioni di modelli FCA che sono prodotti in stabilimenti italiani, modelli Maserati, la Jeep, la 500, tre modelli di Alfa Romeo, la FIAT Ducato.

Questa situazione non preoccupa solo il Partito Democratico, questa misura è stata definita miope dal presidente di Federmeccanica, ha unito nella protesta lavoratori e imprese, è stata definita dal segretario della CISL un danno per il Paese e i lavoratori.

Le previsioni più fosche purtroppo si stanno avverando: a gennaio 2019, le vendite in Italia di autovetture sono scese del 7,55 per cento rispetto allo stesso mese del 2018; per il gruppo FCA il calo è stato del 21,6, una frenata molto più forte di quella del mercato complessivo. FCA ha pertanto già annunciato la volontà di un ridimensionamento del piano illustrato il 29 novembre con investimenti per 5 miliardi di euro. Noi siamo preoccupati, a tutti i livelli. Nelle scorse settimane, circoli del Partito Democratico delle città in cui si trovano stabilimenti FIAT Chrysler hanno manifestato di fronte ai cancelli per sostenere i lavoratori.

Voglio ricordare, ad esempio, lo stabilimento di Pratola Serra in provincia di Avellino, dove si producono motori diesel, per i quali da mesi è depositata un'interrogazione al Ministro Di Maio ancora senza risposta: uno stabilimento tra quelli più a rischio, visto il crollo di immatricolazioni di vetture diesel e che proprio di quei fondi aveva bisogno per convertire la produzione.

O, ancora, lo stabilimento di Cassino, nel quale i perimetri occupazionali sono stati fortemente indeboliti negli anni di crisi e, a tutt'oggi, non sono stati recuperati. Per Cassino il piano del 29 novembre prevedeva nuovi modelli di pregio che avrebbero rappresentato una garanzia per i posti di lavoro e che, invece, oggi sono di nuovo messi in discussione.

Di fronte a questi stabilimenti, così come a tanti altri, il Partito Democratico si è mobilitato in queste settimane: anche sul caso Blutec, sul quale il Ministro Di Maio ha rinviato il tavolo addirittura al 5 marzo e non è riuscito ancora a dare una risposta ai lavoratori di Termini Imerese. D'altronde, abbiamo visto che il Ministro non può neanche più andare a Pomigliano d'Arco.

Allora, per suo tramite, al Ministro Di Maio, che non c'è, noi vorremmo porre questa domanda: ma lui ha interloquito con i sindacati, ha interloquito con i vertici di FCA? Ritiene che un danno ad un settore che in Italia rappresenta il 7 per cento dell'industria sia un fatto irrilevante? Noi non pensiamo che possa rispondere, se non tornando indietro sulle misure che sono state approvate.

Per questo noi chiediamo al Parlamento di adottare con la massima urgenza un'iniziativa normativa che modifichi il meccanismo del bonus-malus introdotto nella legge di bilancio; e, soprattutto, chiediamo che il Governo avvii immediatamente un confronto con il sistema delle imprese della produzione automobilistica e con le organizzazioni sindacali, per fare in modo che questa modifica sia la più efficace possibile.

Auspichiamo che il Governo non metta la testa sotto la sabbia, convochi le parti sociali e, soprattutto, calendarizzi in Parlamento la modifica di questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Simone Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente, la discussione che svolgiamo oggi è frutto di un atto sbagliato che è stato portato avanti dal Governo: quello di un intervento frutto di un approccio estemporaneo, quello del bonus-malus.

È stato tenuto, ad onor del vero, un incontro con alcuni operatori di questo settore, tra una lettura e l'altra del bilancio (tra la prima e la seconda per l'esattezza), che ha in parte almeno ridotto il danno che inizialmente avrebbe procurato la formulazione iniziale del bonus-malus così com'era stato introdotto nella prima lettura alla Camera. Ma noi crediamo che si debba compiere una valutazione di sistema più ampia rispetto a questo dato specifico, per cui mi scuserete se non mi metto qui a fare l'elenco delle macchine che vengono avvantaggiate o meno da questa norma, anche così com'è uscita ed è stata pubblicata in Gazzetta, nella legge di bilancio.

Noi crediamo che si debba avere un approccio sistemico, organico con questo settore, non un approccio estemporaneo, parcellizzato, parziale, riduttivo; soprattutto programmato, coordinato con gli operatori di questo settore, che non sono soltanto quelli che le macchine le fabbricano. Ci sono esigenze di programmazione di chi le fabbrica che vanno tenuto in grande conto: la programmazione dell'uscita di un veicolo è un processo che dura anni, non è che può essere sottoposta all'estemporaneità di una decisione che esce, così, dal gabinetto o dall'ufficio legislativo di un Ministero. Ma bisogna tener conto anche di chi, ad esempio, le macchine le vende, di chi finanzia la vendita e l'acquisto delle macchine, di chi le noleggia, ad esempio, di chi le ripara, di chi le guida per mestiere; e anche, permetteteci, di chi le compra: per questo, forse, è utile anche avere consumatori seduti al tavolo in questo quadro d'insieme. Altrimenti, noi rischiamo, né più e né meno, che quello che qualcuno chiama l'“effetto Cuba”.

Servono dei criteri chiari, se possibile univoci. Qual è il criterio? La CO2? Oppure attenersi alle varie classificazioni Euro 4, Euro 5, Euro 6?

Questo in un quadro d'insieme in cui, nel nostro Paese, ogni domenica qualche amministrazione stabilisce il blocco della circolazione in un modo, e qualche amministrazione lo stabilisce in un altro: le cosiddette domeniche a piedi, accompagnate dalla retorica di restituire la città ai cittadini, come se quelli che guidano fossero degli alieni conquistatori. Chi in questo Paese guida una vettura paga l'IVA sull'acquisto della macchina, paga le accise sui carburanti, paga i carburanti, paga il bollo, paga l'assicurazione, paga tutto, paga il parcheggio, spesso subisce addirittura multe illegittime; e, spesso, si ritrova anche con l'angheria di doversi ritrovare, senza alcun diritto ad essere informato, senza poter utilizzare la propria macchina.

Abbiamo l'esigenza che tutta questa filiera, tutto questo indotto venga inserito in un quadro di ascolto da parte del Governo e, se possibile, anche di programmazione. Crediamo che questo sia un approccio virtuoso, considerando il quadro di contrazione della produzione industriale che non fa salvo questo settore.

Per cui ringrazio il collega Mulé, che entrerà magari più nel dettaglio di alcuni aspetti specifici di questa tematica, ma Forza Italia presenterà la propria mozione per dire la propria su questo tema, considerando che è necessario rivedere in maniera totale l'approccio: noi non abbiamo un approccio esclusivamente fordista; abbiamo un approccio, però, di un Governo che debba farsi carico delle esigenze di un settore che è in espansione. Se l'obiettivo è quello di svecchiare, modernizzare un parco auto presente nel Paese, noi dobbiamo tenere anche in considerazione qual è il comportamento del consumatore medio, che è quello di comprare una macchina non di grande valore e di tenerla il più possibile, perché magari non ha particolari facoltà di cambiarla spesso. Abbiamo un parco auto di proprietà di privati molto vecchio, però abbiamo invece nel mondo del noleggio delle auto con bassissimi livelli di inquinamento.

Allora, insomma, ecco, valutare tutto in un quadro di insieme, con tutto l'indotto e tutti questi operatori. Io credo che sia cosa molto diversa e ben lontana dall'atteggiamento di normazione estemporanea, a singhiozzo, di cui il Governo fino ad oggi è stato protagonista. Per questo chiediamo un'inversione sistematica della rotta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giorgio Mulé. Ne ha facoltà.

GIORGIO MULE' (FI). Presidente, riprendo dalle parole del collega Baldelli, perché se un limite ha la mozione del Partito Democratico, che sicuramente apre uno spiraglio, guarda dallo spioncino all'interno di questo enorme guasto che è causato dall'ecotassa, il merito, dicevo, è quello di aprire la porta, e dire: guardate, i lavoratori, la produzione nel settore automotive non possono essere così malamente trattati rispetto ad una tassa che danneggia tutti. Allora, il merito c'è, ma non basta, perché è uno spicchio rispetto ad una vicenda che è molto, molto più complessa, come giustamente diceva il collega Baldelli, e per questo pretende anche una nostra mozione in materia.

Il problema che noi discutiamo sembra un anticipo del pesce d'aprile: parte il 1° marzo, è una nuova tegola, piovono polpette avvelenate sulle teste degli italiani. Discutiamo di un provvedimento improvvisato e disordinato. Tra l'altro, è costume di questo Governo, perché non ha proiezione, obbedisce ad un'ideologia senza senso, senza riscontro nella realtà, che è il più grande limite di questo Governo, perché è astratto, si astrae dalla realtà e concepisce (prima si parlava di Platone), nell'iperuranio acchiappa qualcosa e pensa che debba diventare realtà, non avendo invece il processo di conversione con l'attualità e con quello che succede.

Allora andiamo nel merito: dal 1° marzo, con l'ecotassa, si pretende di girare la chiave e far partire il motore del provvedimento con il sistema dei bonus-malus, ma non è così, perché non solo si ingolferà il motore dello sviluppo, si ingolferà il motore dei consumi, si manderà in panne e si lasceranno a piedi lavoratori e si faranno grandi danni ai consumatori. Se si fossero applicati i normali canoni, quelli proprio basici della programmazione di un Governo che ha visione del Paese e dice al Paese “vai in questa direzione, io predispongo gli interventi per portarti dal punto A al punto B, osservando la realtà e ponendo in essere i correttivi”, si sarebbe agito in maniera totalmente diversa.

Il sistema non italiano, ma europeo, si basa su veicoli da Euro 1 a Euro 6: più si va in alto, minore è la produzione di effetti nocivi per l'ambiente del veicolo secondo i parametri condivisi, nei quali il CO2, che è al centro di questa mozione e, soprattutto, al centro del provvedimento del Governo, è soltanto uno dei componenti.

Un punto che non è secondario, ma, anzi, che è centrale: il 64 per cento, pari a 12 milioni di autovetture circolanti in Italia, appartengono alle classi Euro 1, 2, 3 e 4; di converso, vuol dire che il 36 per cento appartiene alle classi 5 e 6. Questa, direi, banalissima evidenza aritmetica, dunque elementare, avrebbe dovuto far riflettere un Governo serio, invitandolo a concentrarsi sugli strumenti per far progredire le classi ambientali attuali, facendole tendere agli Euro 5 e agli Euro 6, ma l'evidenza empirica ci dice che c'è una illogicità che fa proprio a pugni con la realtà. Non si considera come quel 64 per cento di veicoli siano di proprietà della quasi totalità degli italiani, i ceti meno abbienti, quelli in difficoltà, quella che una volta si chiamava la borghesia. Peraltro, lo diceva bene il collega Baldelli, la tendenza del mercato è quella di spendere sempre meno da parte dei privati verso le auto, ma, soprattutto, si preferiscono le auto di poco prezzo, si preferisce tenerle a lungo, non si dimostra interesse verso un salto di qualità.

E cosa fa il Governo in tutto questo? In un momento di crisi economica, che ha oramai nella recessione tecnica fino ad oggi, ma purtroppo, ahimè, ben presto anche conclamata, a causa di una ottusità politica generale, non si trova di meglio che inoculare in un sistema malato non un vaccino, ma un nuovo veleno sotto forma di tasse, che è, come dire, quello che guida questo Governo, tasse, tasse, tasse, che va a danno dei consumatori, perché spingerà ulteriormente a non cambiare l'auto, a contrarre di più i consumi, che sono già depressi, e ad andare a deprimere la filiera produttiva dei lavoratori.

Gli effetti sono paradossali. Pensate a chi a ottobre del 2018 bel bello decide di acquistare un'auto, un'auto qualsiasi, la chiameremo Claudia. L'auto Claudia la acquista a ottobre 2018, fa un contratto per l'acquisto di questa macchina di piccola o di media cilindrata, fa un contratto, versa la caparra e l'auto è in consegna a marzo 2019. Voi avete avuto la genialata di fare in legge di bilancio la ecotassa, per cui questo poveretto si troverà a dover pagare adesso 1.100 euro in più, non potendo perdere la caparra, per cui è, come si dice normalmente, cornuto e mazziato, cioè contemporaneamente subisce due torti da parte di questo Governo.

E questo è soltanto uno degli esempi per cui poi uno qualifica come dilettanti chi è al Governo; ma non dilettanti allo sbaraglio, sono dilettanti che mandano allo sbaraglio il Paese. Ma poi ci sono altri paradossi: il reddito di cittadinanza presuppone che l'auto sia equiparata alla peste bubbonica, per cui chi acquistato e immatricolato un'auto due anni prima o sei mesi prima, a seconda se superiore a 1600 di cilindrata, non ha diritto al reddito. Bene, ci si può mondare, si può guarire da questa peste bubbonica? No, perché quando alla persona che non lavora viene offerto un lavoro dai magnifici navigator che navigano insieme a noi, a 120 chilometri, questo poveretto abita in Sicilia, in Calabria, in Puglia, in luoghi dove non ci sono i mezzi pubblici, eppure voi cosa dite? Al punto due del vostro reddito dite che la distanza del luogo di lavoro dal domicilio deve essere fatta con tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico. Cioè, questo poveretto non potrà mai accedere ai vostri bonus perché è condannato a rimanere al ground zero dell'ascensore sociale, non deve salire nessun gradino. Vi fate l'ecobonus, però a chi finalmente sale sull'ascensore - non ci salirà perché la misura, ovviamente, come sapete, non produrrà nulla - esclude gli ex disoccupati. Allora, ogni tanto mi augurerei che venissero azionati i tergicristalli della ragione, visto che parliamo di automotive.

Però sin qui siamo sui consumatori, i quali, lo riassumiamo, non avranno alcun beneficio dal bonus, visto che è limitato a quelli che secondo voi sono ricconi, della riccanza, e si possono permettere di acquistare auto da 24 mila euro in. Saranno penalizzati perché si terranno la loro auto inquinante, non saranno incentivati a usare il bonus perché prevedete che nessuno mai possa salire su quel benedetto ascensore sociale. Allora andiamo agli effetti sull'ambiente, che è un altro capolavoro, ma è un capolavoro, Presidente, di improvvisazione e mediocrità. Vi siete alzati una mattina e avete deciso: bene, per le auto che inquinano mettiamo al centro le emissioni da CO2, e quindi avete posto come ingresso dell'ecotassa i 160 grammi per chilometro.

Non fa niente se le case automobilistiche hanno tutte investito per la progressione da Euro 5 a Euro 6 per migliorare le loro prestazioni, non importa. Voi mettete al centro il CO2. E questo dimostra la miopia, l'incompetenza, la superficialità, secondo me anche l'incoscienza e il dolo di una compagine governativa che è quella che abbiamo davanti. Ma, siccome l'ipocrisia è il germe naturale che alberga all'interno di questo Governo, direi che è un elemento costitutivo del Governo, c'è qualcosa che fa veramente o piangere o ridere, lo deciderà quest'Aula. Voi siete capaci di fermare un'opera come il treno alta velocità Torino-Lione, quanto meno una parte importante, ancorché totalmente assente, di questa maggioranza, perché voi sostenete che debbano continuare a viaggiare i TIR e le auto su strada, e rinunciate a un risparmio di 3 milioni di tonnellate di CO2 rilasciati ogni anno da queste merci.

Ora, scusate, ma se il vostro obiettivo è quello di abbattere le emissioni di CO2, come fate a rinunciare a 3 milioni, 3 milioni, di tonnellate di CO2 che verrebbero meno secondo l'analisi costi-benefici fatta, su cui ovviamente sorvoliamo, rispetto alla TAV? Non lo volete fare. Dichiarate guerra al CO2 con i vostri bonus farlocchi e decidete di prendere la grande guerra ambientale di progresso e di sviluppo che vi fa risparmiare 3 milioni di tonnellate di CO2. E, sempre nel solco di questa cifra di superficialità, di incompetenza, visto che, peraltro, saranno abolite fra un po' le domeniche per decreto, non si lavora, non si fa la spesa, bisogna tutti stare a casa, mangiarci le nostre fettuccine al ragù, per cui le domeniche ecologiche, giustamente diceva il collega Baldelli, adesso cominciano a Milano, sono annunciati i primi provvedimenti, ognuno fa come gli pare e non c'è nessun tipo di coerenza dal punto di vista del disegno.

Tutto a macchia di leopardo, non ci sono informazioni, sappiamo esattamente come va a finire. E poi, ovviamente, c'è il problema della produzione e dei lavoratori. Allora, voi che assumete il fatto di essere dei sovranisti, prima gli italiani, guai a chi ci scavalca, eccetera, cosa fate? Un provvedimento che punisce in radice la manifattura, la produzione e le aziende italiane. Ma, io dico, tutto questo dovrebbe non far pensare, dovrebbe spingere il Governo a fare soltanto una cosa: ritirare il provvedimento, capire che si è sbagliato ed evitare che si vada avanti con una misura che non porterà nessun beneficio.

Saranno 12.400, calcolate, le vetture che eventualmente godranno, abbiamo visto chi ne godrà. Allora, se questo è il quadro, e questo è il quadro, è un obbrobrio che va cancellato e riportato nel luogo dove deve stare, cioè in uno scantinato, per dimenticarlo al più presto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Signor Presidente, membri del Governo, deputati, il comparto automotive italiano rappresenta 5.700 imprese, 100 miliardi di fatturato, pari al 6 per cento del PIL, quasi 259 mila addetti. Con la legge di bilancio 2019, il Governo ha varato la cosiddetta ecotassa, che prevede, a partire dal 1° marzo 2019, una significativa tassazione progressiva delle autovetture a combustione a partire da quelle con emissioni di CO2 superiori a 160 grammi/chilometro, contestualmente disponendo l'erogazione di incentivi ad autovetture elettriche o ibride.

Diciamo subito che, a nostro giudizio, tali misure sono state adottate con frettolosità e approssimazione, senza la possibilità di un adeguato dibattito parlamentare e senza il dovuto coinvolgimento preventivo dei soggetti della filiera. Essendo la norma tarata poi sulla CO2, che è un climalterante più che un inquinante, non appare corretto parlare di politiche per il miglioramento della qualità dell'aria che hanno come obiettivo la riduzione di smog, inquinamento e polveri sottili. In termini ambientali, non vi sarebbero particolari effetti positivi perché nelle strade italiane continuerebbero a circolare veicoli con oltre venti anni di età, mentre si vanno a tassare, disincentivandone l'acquisto, veicoli di ultima generazione con prestazioni ambientali superiori alla media del parco circolante. La misura, quindi, sarà inefficace e impatterà non soltanto su vetture del segmento premium, già assoggettate al superbollo, ma anche su molte vetture del segmento medio, monovolumi e multispazio usate dalle famiglie italiane e dai piccoli operatori economici, rispetto ai quali un aggravio di 1.100 euro appare assolutamente fuori misura.

Da più parti nel dibattito politico, come nelle posizioni dei principali soggetti della filiera, è stato sottolineato come i primi a pagare il conto di queste misure sarebbero stati, tra l'altro, i cittadini virtuosi che intendono acquistare una nuova vettura, che in ogni caso inquinerà meno di una vecchia, e che il mercato dell'auto subirà una pesante flessione, con conseguenze per l'occupazione e per le entrate dello Stato. Meno veicoli venduti corrispondono a minori imposte incassate. Ricordiamo che nel 2017 la contribuzione derivante dall'acquisto dei veicoli, versamento IVA e dell'imposta provinciale di trascrizione è stata di 9,4 miliardi di euro.

In considerazione dell'attuale situazione del mercato internazionale e nazionale, inoltre, tali misure avranno come effetto diretto quello di favorire case produttrici estere che negli ultimi anni hanno maggiormente sviluppato la produzione di auto elettriche o ibride, con un conseguente danno alle imprese automobilistiche che producono in Italia. A seguito di tale misure, infatti, FCA ha annunciato la volontà di un ridimensionamento del piano industriale del novembre 2018, che avrebbe previsto un complessivo piano degli investimenti in Italia per circa 5 miliardi di euro. A conferma di ciò, nel mese di gennaio sono state immatricolate solo 164.935 autovetture e, cioè, il 7,5 per cento in meno rispetto a gennaio 2018. Il gruppo FIAT Chrysler, inclusa Maserati, registra un calo tendenziale del 22 per cento nel mese, con volumi che si attestano a 40 mila nuove registrazioni e con il 24 per cento di quota di mercato.

Inoltre, l'esclusione degli incentivi per le auto a metano rappresenta una scelta assolutamente insensata. È, infatti, ormai scientificamente provato che il metano per autotrazione sia il combustibile che produce le minori emissioni di inquinanti locali. Inoltre, il metano è una fonte rinnovabile e ha una cospicua possibilità di produzione nazionale, al contrario di altre tecnologie incentivate che oggi vengono sviluppate principalmente da industrie estere. Tale immotivata esclusione va poi in controtendenza rispetto al decreto ministeriale di incentivazione del biometano, varato nel 2018 con il fine di facilitare una sua massiccia utilizzazione come combustibile per l'autotrazione per la riduzione di emissioni di CO2, facendo leva sui punti di forza ambientale ed economica sopra rilevati.

Il saldo di tali misure in termini di benefici ambientali e di ricambio del parco circolante rischia di essere particolarmente ridotto se non addirittura negativo, poiché una fetta consistente di automobilisti, non potendosi permettere auto ibride o elettriche dal costo elevato e che sono le uniche che beneficiano degli incentivi, rinvieranno l'acquisto di una nuova auto, continuando a utilizzare quella vecchia e inquinante. Questa modalità è stata rilevata da tutti, e pregherei veramente di farci attenzione. A ciò si aggiunge l'evidente conseguenza negativa per il mercato dell'usato e dei chilometri zero.

Con il decreto legislativo n. 257 del 16 dicembre 2016 l'Italia ha poi recepito la direttiva 2014/94/UE, la cosiddetta “Direttiva DAFI” sulle infrastrutture per i carburanti alternativi nei trasporti. Tale direttiva prevede l'adozione di un piano nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture per tali carburanti e cioè per l'elettrico, per il gas naturale compresso e per il gas naturale liquefatto, secondo il principio della neutralità tecnologica. A seguito dell'accordo di bacino padano, ad esempio, sottoscritto dal Ministero dell'Ambiente e le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, è stato varato un provvedimento di blocco della circolazione per i veicoli considerati maggiormente inquinanti dal 1° ottobre 2018 al 31 marzo 2019. Tale divieto riguarda i veicoli diesel Euro 3. Tale provvedimento ha generato un disagio diffuso in molte famiglie e operatori commerciali dal basso potere di acquisto che in questi anni non si sono potuti permettere di sostituire la propria auto.

Peraltro, anche con l'adozione di tali divieti, così come per l'ecotassa, si continua a utilizzare come parametro i livelli di emissione di CO2 quando, da un lato, tutti gli studi convergono sulla maggiore pericolosità di altre sostanze generate principalmente dalla corrosione dell'asfalto e dall'usura degli pneumatici e non dai gas di scarico o altro. Qui, tra l'altro, mi richiamo anche all'intervento del collega Mule', perché se la lotta al CO2 dev'essere fatta, dovrebbe essere fatta ad ampio spettro, considerando anche le questioni che riguardavano in questo caso la TAV.

Cosa chiediamo, quindi, nella nostra mozione? Che il Governo si impegni a varare un piano organico di transizione in ecologico che sia realistico e non penalizzante per l'industria nazionale automobilistica e per i livelli occupazionali ad esso collegati; ad adottare, conseguentemente, un provvedimento urgente di revoca delle disposizioni sulla cosiddetta ecotassa contenute nella legge di bilancio 2019, nonché di contestuale estensione dei soli incentivi alle auto alimentate a metano; ad attuare pienamente il decreto legislativo n. 257 del 2016 di recepimento della direttiva 2014/94/UE e a costituire, a tal fine, un tavolo permanente con i rappresentanti della filiera automotive, produttori di auto e veicoli industriali, produttori di componenti, rivenditori e gestori di servizi di mobilità pubblica, da consultare tassativamente prima di qualunque nuovo provvedimento in materia; a promuovere in sede europea un'immediata revisione delle modifiche al regolamento n. 715/2007 sulla riduzione delle emissioni di CO2 in corso di approvazione, con l'obiettivo di giungere a una transizione ecologica più morbida, realistica e compatibile; a varare, prima di autorizzare nuovi provvedimenti di blocco di circolazione di determinate categorie di veicoli considerati inquinanti e in accordo con le regioni della Pianura Padana, un grande piano di sostituzione delle caldaie da riscaldamento più inquinanti, a partire da quelle pubbliche, rafforzando contestualmente gli incentivi per la sostituzione di quelle private con impianti a minore impatto ambientale; a riferire, infine, trimestralmente alle Camere sull'impatto che le misure recentemente introdotte avranno sul comparto automotive nazionale e sui relativi livelli occupazionali.

In conclusione, sottosegretario Geraci, visto che lei è anche un economista e quindi vorrei - la mozione non lo contiene ma lo dico io - che si evitasse di proseguire in questa politica economica del Governo il quale a livello di enunciazioni è al massimo ma poi a livello di risultati pratici effettivamente, proprio nel settore economico, dà scarsi risultati. Non le cito il decreto dignità che, pur avendo nobilissimi intenti, sta producendo già migliaia di disoccupati. Lo stesso potremmo dire per, nome di fantasia, lo “spazza corrotti” che ha introdotto un regime delatorio; potremmo parlare ancora della prescrizione perché mancano dieci mesi ormai a quello che dovrebbe essere il varo della riforma epocale del processo penale; non le parlo del reddito di cittadinanza perché evidentemente anche quello, secondo noi naturalmente, sarà un provvedimento che finirà per dare il colpo definitivo alla nostra economia. Quindi sulla problematica dell'automotive è facile rimediare, è facile prendere di nuovo in considerazione i provvedimenti emanati per dare veramente una risposta alle problematiche che di fatto hanno acuito e non lenito.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Geraci.

MICHELE GERACI, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie. Il Governo è consapevole dell'interesse che ha rivestito e riveste il settore dell'automotive per il settore industriale italiano. Per questo motivo si è già aperto un tavolo di confronto con i principali operatori economici del settore e con le associazioni dei consumatori con l'obiettivo sia di accelerare un modello di mobilità sostenibile e incrementare nonché attrarre gli investimenti nel settore sia di individuarne le priorità. L'intento del Governo è pertanto rispondere ai cambiamenti che stanno interessando attualmente il mercato automobilistico. Tale dialogo è tuttora in corso. In tale ottica, come è noto, con la legge di bilancio per il 2019 è stato previsto un bonus per l'acquisto di veicoli elettrici, da un lato, con lo scopo di tutelare l'ambiente e di conseguenza la salute dei cittadini, dall'altro al fine di sostenere il delicato passaggio a vetture più ecologiche, sviluppando così un nuovo modello di mobilità.

Vorrei evidenziare che relativamente al gruppo FCA il Ministero dello Sviluppo economico, la regione Piemonte, la regione Campania, la provincia autonoma di Trento, la regione Abruzzo, FCA Italy e il centro di ricerche FIAT hanno sottoscritto in data 27 dicembre 2017, un accordo di programma che prevedeva il cofinanziamento dei progetti di ricerca e sviluppo nell'ambito del Fondo per la crescita sostenibile e nel dicembre scorso uno dei progetti è stato riformulato, ritenendo più giusto finalizzarlo verso le nuove attività di ricerca e sviluppo sulle motorizzazioni ibride ed elettriche. In tal modo in Piemonte si potranno confermare i siti produttivi esistenti e mantenere il trend positivo rappresentato dal recente rilancio del polo Premium Grugliasco e Mirafiori, rendendo disponibile l'elettrificazione su tutti i modelli Jeep e dei veicoli Premium con conseguente ricadute sull'intera filiera automotive piemontese. L'azione così diversamente indirizzata avrà ricadute importanti sul territorio piemontese nei vari siti interessati. In tal modo si potranno realizzare attività legate allo sviluppo di nuove tecnologie e di prototipi funzionali, nonché di aspetti connessi all'attività di verifica e validazione e a quelli collegati all'affidabilità dei sistemi e processi produttivi.

Altre proposte di programmi di investimento nel settore automotive sono in corso di negoziazione. Fra questi c'è un progetto che metterà in campo nuovi veicoli elettrici e veicoli a guida autonoma, il quale prevede lo sviluppo di prodotti e di processi per l'industrializzazione di una nuova gamma di macchine elettriche e un altro che sintetizza i concetti fondamentali alla base del progetto per la sostituzione delle batterie ecosystem. La mobilità elettrica rappresenta dunque una nuova opportunità per l'economia italiana ed è una sfida di questo settore che vogliamo sostenere e incoraggiare.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 19 febbraio 2019 - Ore 11:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 14)

2. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

D'UVA ed altri: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1.

(C. 1173-A)

e delle abbinate proposte di legge costituzionale: CECCANTI ed altri; CECCANTI ed altri; ELISA TRIPODI ed altri; MAGI. (C. 726-727-987-1447)

Relatori: DADONE, per la maggioranza; CECCANTI, SISTO e SPERANZA, di minoranza.

3. Seguito della discussione delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103, Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 e Lollobrigida ed altri n. 1-00108 concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione .

4. Seguito della discussione delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00100, Luca De Carlo ed altri n. 1-00109, Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00110, Nevi ed altri n. 1-00111 e Gadda ed altri n. 1-00112 concernenti iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico .

5. Seguito della discussione della proposta di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate):

S. 5-199-234-253-392-412-563-652 - D'INIZIATIVA POPOLARE; D'INIZIATIVA DEI SENATORI: LA RUSSA ed altri; GINETTI e ASTORRE; CALIENDO ed altri; MALLEGNI ed altri; GINETTI ed altri; GASPARRI ed altri; ROMEO ed altri: Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 1309-A)

e delle abbinate proposte di legge: MOLTENI ed altri; GELMINI ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO; MELONI ed altri. (C. 274-580-607-1303)

Relatori: TURRI e ZANETTIN, per la maggioranza; VERINI e CONTE, di minoranza.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 690 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: PATUANELLI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata dal Senato). (C. 1353)

e delle abbinate proposte di legge: ZANETTIN ed altri; RAMPELLI ed altri; RUOCCO ed altri; BRUNETTA. (C. 654-772-793-905)

Relatore: MANIERO.

7. Seguito della discussione delle mozioni Lollobrigida ed altri n. 1-00113 e Magi e Schullian n. 1-00121 concernenti iniziative per il contrasto all'immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali straniere, con particolare riferimento alla cosiddetta mafia nigeriana .

8. Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 536 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: BOTTICI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto" (Approvata dal Senato). (C. 1160)

e delle abbinate proposte di legge: MUGNAI; MELONI ed altri. (C. 390-1005)

Relatori: BARBUTO, per la II Commissione; ZIELLO, per la XII Commissione.

9. Seguito della discussione della mozione Delrio ed altri n. 1-00106 concernente iniziative a sostegno del comparto automobilistico e del relativo indotto, anche al fine di favorirne l'evoluzione tecnologica e la tutela dei livelli occupazionali .

La seduta termina alle 19,25.