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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 115 di lunedì 28 gennaio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 12.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FRANCESCO SCOMA , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 25 gennaio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Per un richiamo al Regolamento.

ENRICO BORGHI (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Intervengo per un richiamo al Regolamento, signor Presidente, all'articolo 8. Come sicuramente ella ricorda, l'articolo 8 stabilisce come il Presidente rappresenti la Camera, assicuri il buon andamento dei lavori, faccia osservare il Regolamento e tutte le salvaguardie e le prerogative dei componenti dell'Aula.

Nel corso di queste ore, signor Presidente, è in corso una evidente lesione delle prerogative dei parlamentari e, in particolare, tre colleghi, che peraltro non appartengono al mio gruppo, si sono presentati a Siracusa per svolgere una normale funzione ispettiva nell'ambito delle proprie attività ed abbiamo dovuto assistere ad una grave dichiarazione del Ministro dell'Interno che ha definito questo - ripeto - normale esercizio delle attività parlamentari e delle funzioni ispettive dei parlamentari addirittura un reato. Noi riteniamo che si debba innanzitutto ribadire da questa Aula l'esigenza di una chiara, netta espressione da parte del Presidente della Camera che deve intervenire a tutela dei componenti di questa Assemblea. Le funzioni ispettive rientrano nelle prerogative dei parlamentari sostanzialmente per due ordini di motivi: il primo, per un potere generale di controllo che il Parlamento esercita sulle azioni di Governo. Ed è in corso in questi minuti una azione di Governo tendente, dal nostro punto di vista, a regolamentare in maniera quantomeno discutibile l'accesso di una nave nelle acque territoriali italiane in un porto. Vi è in corso una emanazione di provvedimenti da parte della Capitaneria di porto e, quindi, di autorità che rimandano alla competenza del Governo e, quindi, è incredibile che la funzione generale di controllo da parte del Parlamento sull'azione del Governo venga definita da un membro dell'Esecutivo, addirittura, configurata al rango di un non meglio precisato reato.

Il secondo punto è che, secondo le affermazioni che sono state rese da colleghi parlamentari, vi sarebbe in corso una restrizione della libertà personale di alcune persone all'interno delle acque territoriali italiane. E questo di per sé, indipendentemente da qualunque giudizio di merito che si può dare rispetto all'azione in corso - ripeto, indipendentemente -, legittima e giustifica la presenza, in funzione ispettiva, di parlamentari della Repubblica in quel contesto. Non devo richiamare qui la giurisprudenza costante della Corte europea dei diritti dell'uomo in questo senso.

Peraltro, la legge n. 47 del 2013 votata da questo Parlamento stabilisce che - leggo testualmente - in nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati. Signor Presidente, nostri colleghi del Partito Democratico - l'onorevole Martina, onorevole Miceli -, che in questo momento sono a Siracusa, ci comunicano che su quella nave vi sono quindici minori. Quindi, se quei quindici minori vengono respinti, si attua, in questo caso sì, ma al contrario, un'azione contro la legge della Repubblica.

Concludo, signor Presidente, perché ritengo di dover impiegare i cinque minuti a mia disposizione per dover stigmatizzare un altro fatto. Vede, se noi volessimo fare una polemica sterile, potremmo ricordare al Ministro Salvini che lui non può fare tutte le parti in commedia: non può, da indagato sulla questione della nave Diciotti, sottrarsi alla giurisdizione invocando una supposta e generale azione di consenso popolare e, contemporaneamente, su un medesimo fatto, indicare, in una logica manettara, i parlamentari alla magistratura. Insomma, signor Presidente, il Governo non può minacciare il Parlamento.

Chiediamo sotto questo profilo una chiara espressione del Presidente Fico - non possiamo limitarci a leggere qualche velina sui giornali - e chiediamo anche che si chiarisca un punto finale, perché abbiamo sentito il Vicepresidente Di Maio dichiarare, in qualche talk show nel quale abitudinariamente si affaccia, che questa azione viene fatta perché il Governo è sovrano. No, signor Presidente, il Governo non è sovrano: in questa Repubblica, finché non si cambia la Costituzione, è il Parlamento ad essere sovrano, in quanto è il Parlamento il luogo di emanazione e di formazione delle leggi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e il Governo si muove, nelle sue prerogative, nell'ambito delle leggi. Per questo chiediamo che il Presidente Fico intervenga immediatamente. La ringrazio, Presidente, per questa disponibilità all'ascolto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Borghi, lei ha citato due questioni. La prima riguarda la facoltà e il potere dei parlamentari di svolgere il loro mandato: il richiamo al Presidente Fico verrà riportato nella formulazione che lei ha fatto. La seconda riguarda un fatto più generale e, cioè, quello che sta succedendo nel Mediterraneo, in particolare, quello che sta accadendo a Siracusa credo che sia un fatto di grande rilevanza sociale, politica, di cui questo Parlamento ha tutti gli strumenti per discutere ove questo viene ritenuto utile.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Comaroli, Cominardi, D'Inca', D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Galli, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Ruocco, Saltamartini, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Cogliamo l'occasione per salutare, anche se siamo in pochi oggi perché c'è una seduta che riguarda solo la discussione generale, l'Istituto comprensivo Via Belforte del Chienti di Roma, sono bambini che sono venuti oggi ad assistere alla nostra seduta. Benvenuti (Applausi).

Discussione delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103, Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 e Lollobrigida ed altri n. 1-00108 concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione (ore 12,09).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103, Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 e Lollobrigida ed altri n. 1-00108, concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Porchietto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00103. Ne ha facoltà.

CLAUDIA PORCHIETTO (FI). Grazie, Presidente. Ringrazio i membri del Governo che sono presenti e spero che la discussione generale di questa mozione possa anche servire per dare un minimo più di chiarezza rispetto ad un tema che, ormai da mesi, è sulle prime pagine dei giornali, ma che, soprattutto, preoccupa rispetto a quelle che sono state le dichiarazioni fatte da esimi membri del nostro Governo.

Nel contempo, questa mozione che noi presentiamo parte da alcune premesse che sono indicative anche di altri temi che non sono soltanto legati a quello che è stato il dibattimento principe sul tema dell'analisi costi-benefici, ma che vanno oltre, volendo anche prendere in considerazione quello che è un impegno che si chiederà, attraverso questa mozione, al Governo rispetto ad alcuni temi che sono più di carattere economico e di ricaduta territoriale, che parte sicuramente dal Piemonte e dalla Val di Susa, ma che tocca, comunque, un ambito molto più ampio, tenuto conto di quelli che sono anche i segnali di recessione che vengono oggi registrati in Italia e che potrebbero, invece, dare anche dei segnali, un'inversione di tendenza in aree del Paese che hanno dei tassi di disoccupazione estremamente elevati, pur essendo comunque zone che hanno una incidenza rispetto al tema della produttività del manifatturiero estremamente elevati. Perché questa mozione? Perché in realtà, anche nelle scorse settimane, quando la Commissione infrastrutture della Camera ha avuto modo di sentire dalla viva voce del commissario di Governo, l'architetto Foietta, quelle che erano alcune delle roccaforti che sono state utilizzate da chi è a favore dell'opera e da chi non è a favore dell'opera, non ha visto già all'interno dell'aula della Commissione la possibilità di porre domande specifiche al commissario di Governo da parte della maggioranza. Questo - mi permetto - fa riflettere rispetto a quella che può essere un'interpretazione che dà la maggioranza ad un organo che è stato a suo tempo nominato dal Governo, che è il commissario di Governo, appunto, l'architetto Foietta, che in ambiti non sempre formali è stato criticato rispetto a quelle che erano affermazioni oggettive e soprattutto ufficiali, e che forse all'interno di quell'aula potevano essere oggetto anche di interrogazioni e di domande da parte della maggioranza, ma abbiamo visto una maggioranza che ha fatto una scelta: quella di non porre domande al commissario. Delle due l'una: o non c'è sordo peggiore di chi non vuol sentire; o si immagina che il commissario di Governo non abbia dato dati veritieri e oggettivi - cosa che mi parrebbe alquanto difficile, stante che abbiamo tutta una serie di atti ufficiali anche di soggetti terzi, ad esempio delibere del CIPE, che non hanno a che vedere con quelle che sono le disamine fatte dal commissario, ma che, guarda caso, offrono comunque una conferma rispetto ai dati che in quel frangente il commissario ci forniva.

Ma oltre a questi temi - su cui tornerò nel caso in cui io abbia ancora qualche minuto in più di tempo, per effettuare un'analisi molto veloce, nonché per dare magari un'informativa anche ai rappresentanti di Governo presenti qualora non avessero avuto modo di averla, ma credo che comunque i dati li abbiate anche voi -, mi permetto anche di riportare invece all'interno di quella che è la premessa di questa mozione, di riportare in quest'Aula alcuni passaggi che sono significativi rispetto a quest'opera, che non è soltanto un'infrastruttura ferroviaria, ma che rientra all'interno di un progetto europeo, che si chiama Connecting Europe Facility, che prevede di migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni. Ecco, io mi permetto di sottolineare come in realtà il tema TAV non tocca soltanto, anche se in misura principale, il tema di un'infrastruttura ferroviaria, ma porta con sé una serie di interventi in un'area, quella della Val di Susa, che oggi sconta una crisi economica pesantissima, che negli anni Cinquanta, Sessanta, fino agli anni Ottanta ha visto comunque al centro di quella che era la vita economica grandi industrie nell'ambito siderurgico, manifatturiero in senso lato, e che oggi potrebbe vedere, attraverso gli interventi compensativi di quest'opera principale, un ritorno occupazionale ed economico estremamente interessante. Tant'è che nei primi anni tra il 2010 e il 2014 una parte dei comuni, che fanno parte chiaramente dei comuni toccati dall'opera, hanno già avuto la possibilità di beneficiare di alcuni interventi legati sia alle opere compensative TAV sia ad un'altra opera importante, che passerà, che sta passando in quell'area, che l'interconnector legato all'energia. E infatti, sempre in queste aree, cinque-sei comuni anche importanti, tra cui, attenzione, anche comuni i cui amministratori hanno manifestato diffidenza, per non dire negatività nei confronti dell'opera, hanno invece ritenuto di mettersi in coda per beneficiare delle opere compensative - mi permetto di dire - anche con un po' di incongruenza, stante che se sono No TAV convinto ritengo che sia anche opportuno avere la dignità di non accettare le compensazioni legate all'opera. Invece, noi siamo No TAV da una parte, ma pronti a prendere i soldi delle opere compensative dall'altra: Susa docet, solo per fare il nome di un comune che su questo invece è stato un grande portatore di opportunismo, ricercatore di opportunità rispetto a questo.

Ma torno un attimo a questo ambito. Come vi dicevo, siccome noi rientriamo in questo programma estremamente importante dal punto di vista economico, gli enti territoriali del Piemonte e le comunità locali della Val di Susa e del Torinese che sono interessati a quest'opera hanno da tempo sviluppato delle proposte programmatiche, anche per poter assicurare un raccordo significativo tra la nuova opera e il sistema socio-economico dell'area. In particolare, un progetto denominato Smart Susa Valley, tra l'altro approvato nell'ottobre 2013, che ha visto le principali rappresentanze datoriali e sindacali sedere ad un tavolo per costruire questa opportunità, ha visto, ripeto, il 18 giugno 2012, alla presenza dei presidenti della regione e della provincia in una riunione plenaria con tutti i sindaci del territorio, nascere questa progettazione e questa programmazione.

La regione Piemonte, poi, ha chiaramente introdotto una serie di iniziative legislative importanti, che tra l'altro sono state anche alla base di studi e di utilizzi da parte di altre regioni, o comunque di altri ambiti europei. Ve ne porto una fra tutte: la legge regionale n. 4 del 2011, che è stata denominata “cantieri, sviluppo e territorio”, ha visto la costruzione di un modello per gestire le opere compensative legate alle opere in favore della Val di Susa e, tra le altre cose, all'interno di questo patto e all'interno degli strumenti che questa legge regionale prevede, ci sono la realizzazione di opere di mitigazione a carico di TELT, che è la società transnazionale che gestisce la parte internazionale delle opere legate all'alta capacità, che sono destinate tra l'altro a ridurre gli impatti territoriali, tra cui anche l'interramento degli elettrodotti e la rinaturalizzazione delle aree asfaltate. Sembra una banalità ma, siccome tra le altre cose, che posso definire leggende quasi metropolitane, che vengono comunque addossate a questo grande progetto, c'è anche il forte impatto ambientale, che poi mi permetterò in modo molto sommesso di smontare, all'interno di una legge regionale viene previsto come intervenire in alcune di quelle situazioni che potrebbero magari impattare dal punto di vista ambientale.

Così come gli interventi di accompagnamento al cantiere, sempre a carico della regione ai sensi della legge regionale n. 4, sono destinati ad intercettare in sede locale le opportunità di lavoro e di sviluppo prodotte dai cantieri. E anche qui qualcuno ha detto: sì, certo, però stiamo parlando di un'opera internazionale, parliamo di bandi con volumi economici significativi, per cui bandi europei, figurarsi se le nostre imprese medio-piccole sono in grado di intercettare queste iniziative. Attenzione: anche questo è previsto all'interno degli accordi italiani, regionali e internazionali, perché tra le altre cose è previsto il coinvolgimento di circa 20 mila imprese tra appalti e subappalti, di circa 8 mila lavoratori diretti e di indotto, ma soprattutto all'interno dei bandi viene presa anche in considerazione la voce di spesa “vitto e alloggio”, quindi è un costo che viene riconosciuto come costo da sommare agli altri costi nella gara d'appalto. Cosa vuol dire? Che chiaramente questo privilegia, economicamente parlando, i lavoratori che sono in loco, che sono formati in loco, perché costano di meno: non per altro, non bisogna pagare loro né il vitto né l'alloggio, e questo è stato un modo intelligente per far sì che in una competizione internazionale ci fosse una ricaduta territoriale anche per quanto riguarda il tema del personale. Così come già a suo tempo, nel 2012, è stato chiuso un accordo sempre in base alla citata legge regionale n. 4 del 2011, per cui le imprese, sempre riunite in consorzio e in associazione temporanea di imprese, saranno in grado di riqualificare, oltre che di costruire professionalità, attraverso i fondi europei che sono direttamente gestiti dalla regione Piemonte. Infatti, il patto prevede che occorrerà formare, o comunque utilizzare coloro i quali sono già formati, operai e tecnici in grado di rispondere ai profili richiesti, prendendo comunque attraverso la regione tali professionalità anche da albi ufficiali di lavoratori che sono dotati di specifiche qualificazioni riconosciute a livello regionale e a livello europeo.

Quindi si è costruito un modello, collaterale a quella che è chiaramente l'importanza dell'opera primaria, per ripartire in un'area fortemente connotata da disoccupazione e da una situazione di involuzione economica, che permetterebbe in una regione che ha sempre avuto, ahimè, in questi ultimi anni il primato di un'alta percentuale di disoccupazione, di guardare anche in modo positivo a quello che sarebbe stato l'evento di cantieri che chiaramente creerà dei disagi nell'area ma che potrebbe anche portare delle opportunità lavorative.

Ci tengo a sottolineare un altro passaggio, perché questo è un altro dei temi che sono stati sistematicamente toccati, anzi utilizzati, diciamo così, in modo negativo per quanto riguardava tifare o meno per quest'opera primaria. Vorrei sottolineare questo passaggio, cioè che dal 1997 ad oggi noi siamo passati, sulle autostrade che collegano Italia e Francia, da un 77 per cento a un 93 per cento di utilizzo di passaggio di merci su TIR anziché su ferrovia. E ci chiederemmo anche, da questo punto di vista, perché: perché questa ormai è una tratta diseconomica. Lo è per tanti motivi - ci torneremo sia io sia il collega Baldelli successivamente -, i dati oggettivi spiegano il motivo per cui questo ormai è un tratto ferroviario che non può sostituire il traffico su strada, perché è assolutamente diseconomico: non perché non ci sono scambi di volumi di merci tra Italia e Francia o, comunque, tra l'area Nord-Ovest e l'area francese; anzi, alcuni dati, che io credo che siano significativi da riportare, fanno vedere come proprio il quadrilatero produttivo italo-francese che si colloca a Sud-Ovest delle Alpi è quello che maggiormente pesa in Europa, è quello più potente ancora di quello che può essere definita l'area meridionale della Germania, è più importante di quella, ed è due volte l'area, in termini di scambio di volumi di merci, di Londra e 1,7 volte i Paesi Bassi, più di due volte quella della Svezia, più di due volte quella della Polonia.

Quindi, in realtà non è vero che in quest'area gli scambi di merci, e quindi la collocazione e il collocamento di nuove imprese, non sarebbe strategico, lo è assolutamente, ma noi siamo azzoppati, come Nord-Ovest, dal fatto che oggi non abbiamo più delle tratte competitive per il trasporto di merci, a meno che il nostro Paese non decida di mantenere il primato delle tratte maggiormente inquinate ed inquinanti. Infatti, ricordo e invito chi volesse farlo, se non ha piacere di visitare il cantiere, di andare vicino al traforo del Frejus per valutare la qualità dell'aria, per rendersi conto che un passaggio ormai delle merci per il 93 per cento di quelli che sono i nostri passaggi autostradali fa sì che la qualità dell'aria e della vita in quelle zone non possa sicuramente essere eccellente rispetto a quelli che sono gli standard che ci siamo tutti prefissati. In più, il tema è anche che questa linea attuale ferroviaria ha delle caratteristiche infrastrutturali tali da non consentire di reggere alla concorrenza della strada, e qui mi soffermo solo su alcuni passaggi. Il tema dirimente è che noi oggi, per poter trasportare fino a 1.300 metri di altezza un treno ormai non più competitivo, perché è un treno che ha un tonnellaggio di 650 tonnellate contro le 2 mila tonnellate che solitamente dall'altra parte, nel Nord-Est, si trasferiscono attraverso un treno, abbiamo bisogno di tre locomotive per trasportarlo, perché non riesce a reggere la pendenza di questo tunnel ferroviario. Come possiamo immaginare di sviluppare ancora dei trasferimenti di merci quando un tunnel fatto - lo sappiamo molto bene - dalla lungimiranza di Cavour oggi necessiterebbe di una lungimiranza di un Governo che voglia veramente sviluppare il Nord-Ovest del Paese?

Questi sono alcuni dei temi che noi abbiamo voluto riportare all'interno di questa mozione, perché non vorremmo che valutassimo soltanto l'opera in sé e il costo dell'opera, ma anche che cosa vuol dire quell'opera per delle zone dell'Italia, perché un Governo che giustamente, con responsabilità, vuole guardare allo sviluppo futuro del Paese deve guardare allo sviluppo futuro di tutto il Paese, e non solo di una parte del Paese. Altrimenti, non si spiegherebbe il motivo per cui, giustamente, nel Nord-Ovest del nostro Paese le opere infrastrutturali stanno continuando, pur costando di più di quello che costa il tunnel di base del Frejus - e nessuno ha nulla da dire, anzi, noi del Nord-Ovest tifiamo affinché vengano completate le opere che collegano l'Austria e la Svizzera con le nostre aree industriali -, mentre ci si sta concentrando, per non dire accanendo, su una parte del Paese che è stata e che è tutt'oggi una delle aree industriali più importanti non solo dell'Italia ma dell'Europa tutta, e che vede chiaramente tarpare le proprie ali da una miopia che non riusciamo a capire e a comprendere, ma soprattutto che non possiamo comprendere.

Allora, cosa abbiamo immaginato? Io chiedo al Governo, o - permettetemi la battuta - a una parte del Governo, che ci ha sempre creduto, perché era al governo della regione Piemonte insieme a noi quando si firmarono queste carte, quando si firmò la legge n. 4 nel 2011 – allora presidente Roberto Cota, Lega Nord, con Forza Italia e con Fratelli d'Italia al Governo –, il motivo per cui oggi non si possa immaginare di costruire un progetto futuro economico che sicuramente sarà un beneficio per il Nord-Ovest e che, come tutti stanno sottolineando, anche a livello internazionale, è l'anello mancante di quel percorso, di quel Corridoio fondamentale che parte da lontano - infatti parliamo anche della Via della seta - e che termina nei porti nel Sud della Spagna, che ormai sono nient'altro che il grande canale per l'Africa e per i rapporti con quel continente importante

Allora, attraverso questa mozione chiediamo tre cose, tre impegni al Governo. Chiediamo di adottare delle iniziative affinché si possano sbloccare le gare che sono state bloccate ad agosto 2018, quando il Governo, da pochi mesi insediato, attraverso il proprio Ministro, ha intimato a Telt di bloccare l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera. Ci tengo a sottolineare che era nella facoltà di Telt andare avanti, ma ha ritenuto Telt, attraverso i propri vertici, di non creare una diatriba col Governo e di dialogare, un dialogo che però non è mai partito, perché un Governo che non incontra il commissario di Governo è perché non vuole ascoltare anche una voce diversa rispetto a quella espressa in campagna elettorale.

Chiediamo, però, anche un impegno ad adottare delle iniziative per rafforzare l'intervento in favore delle aree delle popolazioni interessate dalla realizzazione di quest'opera, valutando anche la possibilità di incrementare fino a 150 milioni di euro l'impegno a carico dello Stato: se ci credete nel fatto che le aree che sono interessate dall'opera vengano seriamente aiutate per ripartire, allora credeteci fino in fondo.

Infine, chiediamo anche di adottare iniziative per prevedere ulteriori incentivi e defiscalizzazioni su aree che, attraverso zone franche, ad esempio, potrebbero ritrovare l'opportunità economica di far ripartire un'economia manifatturiera e commerciale che hanno sempre avuto nel DNA.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gariglio, che illustrerà la mozione Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104, di cui è cofirmatario.

DAVIDE GARIGLIO (PD). Presidente, mi permetta un excursus storico. Torino, capitale del Regno di Sardegna, giugno 1857. Cavour è Primo Ministro dal 1852, si è appena terminata la guerra di Crimea, si sta consolidando l'alleanza politica del Piemonte con la Francia, che ci condurrà alla Seconda guerra di indipendenza, all'annessione della Lombardia e dei ducati del centro Italia. A palazzo Carignano, nell'Aula del Parlamento subalpino, nei giorni 25, 26, 27 e 29 giugno sono in corso sedute per approvare o bocciare la legge che deve consentire l'inizio dei lavori per il traforo del Frejus. Cavour, che nello sviluppo ferroviario, nei collegamenti tramite ferrovia col resto d'Europa ci crede moltissimo, è fortemente preoccupato, il clima in Piemonte è pessimo: il “fronte no-TAV” esiste già allora, ma con altri nomi.

Le pubblicazioni del dibattito di quegli anni raccontano che molti avevano mostrato aperta avversione al progetto, trovando insufficienti i mezzi o esagerando gli ostacoli.

Se i dotti trepidavano per la ventilazione e per il lavoro di perforazione ad aria compressa, i profani, impressionati da vane chimere, parlavano di caverne, di laghi interni che avrebbero interrotto o reso impossibile il proseguimento dei lavori. Le critiche arrivavano non solo dalla gente comune, ma anche dai grandi scienziati: degli studiosi parigini avevano stigmatizzato l'atteggiamento di Sommeiller, Grandis e Grattoni, gli inventori, i progettisti di quell'opera, attraverso l'uso della forza dell'aria compressa per la prima volta per fare uno scavo, e avevano predetto che in quell'opera i tre ingegnosi ingegneri avrebbero perso cervello e denaro. C'è anche chi pronosticava orribili sventure: si diceva che chi scavava attraverso il tunnel nell'escavazione avrebbe raggiunto il fondo del lago di Moncenisio, che peraltro era lontano 25 chilometri rispetto al tunnel, che gli operai sarebbero stati sommersi, e le vallate della Dora e dell'Isère in Francia sarebbero state allagate dagli imbocchi delle gallerie per l'acqua che sarebbe uscita copiosamente dal lago. Parecchi esperti, anche qui scienziati - c'erano i “no vax” dell'epoca sotto mentite spoglie - non escludevano di trovare all'interno del monte interi filoni di rocce incandescenti, che avrebbero impedito qualsiasi prosecuzione dell'opera. E ci fu anche chi pensò che nel sottosuolo si sarebbero trovati mostri, strani animali e draghi.

E anche all'epoca la politica rincorreva questi mostri. Papa Gregorio XVI era avverso le strade ferrate, non perché temesse i mostri, ma per una ragione più pratica: le considerava mezzi utili ad accelerare le rivoluzioni e, quindi, mai permise che se ne costruissero nei domini pontifici. Gli altri Stati d'Italia erano sostanzialmente indifferenti al traforo, pensavano non toccasse loro, mentre l'Austria era assolutamente contraria. Infine, il più acuto di questi politici, Ferdinando II di Borbone, aveva escluso la realizzazione di gallerie sotterranee ferroviarie nel suo regno, nella convinzione che il buio favorisse le tentazioni erotiche dei passeggeri. Ecco perché nel Regno borbonico il problema di un tunnel non si pose mai. Era comprensibile che. in quel clima, il povero Cavour temesse una sconfitta. La discussione durò quattro giorni. Cavour la chiuse, prese la parola dicendo: Signori, l'impresa che noi vi proponiamo, non vale celarlo, è impresa gigantesca, la sua esecuzione dovrà però riuscire a gloria e a vantaggio del Paese». Concluse: «Noi abbiamo preferito la via della risoluzione e dell'arditezza, non possiamo rimanere a metà, è per noi una condizione vitale, un'alternativa impreteribile: o progredire o perire». E concluse ancora dicendo: «Io nutro ferma fiducia che voi coronerete la vostra opera con la più grande di tutte le imprese moderne, deliberando il perforamento del Moncenisio». Torino, giugno 1857. Il Parlamento subalpino approvò con 98 voti contro 30 la proposta di legge, autorizzò una spesa di 41.600.000 lire e il traforo del Frejus partì. Partì per essere realizzato e inaugurato quattordici anni dopo, nel 1871.

Ho citato queste parole per ricordare che un piccolo Stato, di montagna, ai margini dell'Italia, privo di ricchezze naturali, in quegli anni scommetteva e avviava, grazie alla capacità realizzative dei propri ingegneri, il primo traforo delle Alpi, un'opera che i giornali dell'epoca dipingevano come opera avveniristica, al pari del taglio del Canale di Suez. Quel piccolo Stato e quella classe dirigente, di lì a breve, avrebbero saputo realizzare l'unità di questo Paese. E infatti oggi il Parlamento siede qui a Roma e non più nel Palazzo Carignano, che ho citato.

Del tunnel di base tra Torino e Lione è già stato detto tutto. Mi sono, perciò, richiamato alla storia per sottolineare la differenza tra il 1857 e il momento presente: di là c'era una classe dirigente visionaria e creatrice, di qui c'è una politica piccola che corre dietro i “no”, che manca di visione, che ha paura del futuro, che si vuole chiudere nel cortile di casa pensando a una decrescita felice. Scusatemi la polemica, ma la decrescita è felice per i figli di papà, per quelli che vanno a fare il giro del mondo facendo i rivoluzionari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) a spese di altri che non hanno mai lavorato un minuto in vita loro, mentre per la povera gente che non trova lavoro la decrescita è tutt'altro che felice.

Ma veniamo al programma di Governo. Al punto 27 del programma di Governo, Lega e 5 Stelle scrivono: «Un primo, importantissimo, passo da compiere per rispondere ad un'esigenza di mobilità veloce, sicura e a basso impatto ambientale, è rappresentato dall'ammodernamento, nonché potenziamento delle linee ferroviarie preesistenti. La ferrovia dovrà essere in grado di rivestire nuovamente il ruolo di principale sistema di trasporto ad alta densità, perché attualmente rappresenta l'unica soluzione di mobilità sostenibile per le medie e lunghe percorrenze». Accordo di Governo, punto 27. Ci sarebbe da dire: e allora di che discutiamo? È tutto scritto qui. Poi, nello stesso punto, poco più sotto, si legge: «Con riguardo alla linea ad alta velocità Torino-Lione ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto nell'applicazione dell'accordo tra Italia e Francia». Queste due righe di per sé sono un capolavoro di doroteismo, cioè dicono tutto e il contrario di tutto. Sulla base di queste due righe, l'acuto Ministro Toninelli ha prontamente avviato - prontamente nel senso che ci son voluti sei mesi perché partisse - una Commissione per l'analisi benefici-costi dell'opera. Il Ministro Toninelli, rispondendo dai banchi del Parlamento al question time alla Camera dei deputati, il 28 novembre dell'anno scorso, 2018, ci ha comunicato che l'analisi costi-benefici era già completata. Il giorno successivo ho presentato un'istanza di accesso agli atti al capo di Gabinetto del Ministro, il professor Scaccia, per ottenere il documento. Non avendolo ottenuto, a due mesi di distanza, abbiamo deciso, come gruppo, di procedere a diffide e successive messe in mora. Da quel momento in poi è stata tutta una commedia, con il Ministro Toninelli a lanciare il sasso e ritirare la mano, ad annunciare un'analisi benefici-costi che avrebbe di sicuro smontato l'opera e a secretarla.

Un tempo i politici venivano sbeffeggiati dai comici; chi non ricorda il grande Charlie Chaplin con l'indimenticabile film Il grande dittatore, in cui sbeffeggiata Hitler e Mussolini? Ora, qui, siamo al caso inverso: i politici che imitano i comici, Toninelli che imita Charlie Chaplin. L'analisi costi-benefici tanto declamata è stata secretata dal Ministro che si dichiarava il Ministro della trasparenza e che è diventato il Ministro della reticenza.

Un'analisi costi-benefici che, per espressa ammissione del presidente della Commissione che l'ha redatta, si basa sul costo delle accise e che, verosimilmente, ci spiegherà che è più utile far viaggiare le merci su camion, perché i camion rendono allo Stato, perché acquistano la benzina e il diesel, e dal diesel lo Stato ricava i soldi delle accise, facendo un'affermazione che non solo è priva di buonsenso, ma che è contro gli indirizzi sull'analisi benefici-costi dell'Unione europea; non solo, un'analisi benefici-costi affidata - ed è un unicum nella storia di questa Repubblica - di fatto a una società privata, perché quattro dei sei membri della Commissione incaricata dell'analisi benefici-costi di quest'opera e delle grandi opere infrastrutturali, vitali per lo Stato italiano, sono legati a una società privata, la Trasporti e Territorio Srl, società a responsabilità limitata, di cui il professor Marco Ponti è fondatore e Presidente e a cui tre membri della Commissione sono in qualche modo collegati. Li cito: Paolo Beria, allievo del professor Ponti, a lui subentrato in Traspol, il laboratorio di politica dei trasporti del Politecnico di Milano; Riccardo Parolin, anch'egli socio fondatore della Trasporti e Territorio Srl; Alfredo Drufruca, già membro del consiglio di amministrazione della Trasporti e Territorio Srl. E poi ce n'è un altro, l'ingegner Francesco Ramella: lui non è socio, ma è fedelissimo del professor Ponti, collabora con lui e con Beria in Traspol. Curiosamente, nel 2016 vince una valutazione comparativa presso il Politecnico di Milano e presidente della commissione di valutazione è proprio il professor Beria. Ma questi sono i casi della vita! Abbiamo affidato l'analisi benefici-costi dell'infrastruttura più importante per lo sviluppo di Italia, e del Nord Italia in particolare, a sei esperti, di cui quattro più uno sono in stretto collegamento fra di loro e hanno già espresso nel corso degli anni, in tutti i modi, opinioni anti TAV.

Sono delle persone che hanno un pregiudizio nel senso letterale del termine, come abbiamo testimoniato con una pubblicazione che è stata divulgata online, per la quale non è arrivata smentita alcuna dagli interessati. Nel frattempo che succede? Nel frattempo, mentre questa pantomima tra Lega e 5 Stelle, gli uni contrari e gli altri favorevoli, continua per salvare il Governo, la Telt, la società internazionale incaricata di realizzare i lavori, viene fermata. Il presidente e il direttore generale di Telt scrivono ai due Governi, con la lettera che sono in grado di produrre perché l'ho acquisita a seguito di istanza di accesso ufficiale, il 3 ottobre 2018 le seguenti parole: il consiglio di amministrazione di Telt, nel corso della seduta di Parigi del 25 settembre, è stato informato di uno scambio di comunicazioni in corso tra i Ministeri dei due Paesi, Italia e Francia, con la richiesta di uno slittamento cronologico con riferimento alla pubblicazione dei bandi di gara.

Questa richiesta è motivata dalla situazione causata dal tragico evento di Genova - tra parentesi, che non c'entra nulla -, nonché per poter acquisire le risultanze di un'analisi costi-benefici, che dovrebbe essere disponibile tra qualche settimana. È stata richiesta a Telt un'analisi dell'impatto che si potrebbe determinare con il ritardo nella pubblicazione dei bandi rispetto all'utilizzazione dei fondi europei e all'ultimazione dei lavori. È questo - vi prego, attenzione - il punto cruciale: la società ha, quindi, avviato questo esame, partendo dal contratto di finanziamento con l'Unione europea, contratto che prevede di raggiungere la produzione economica di un miliardo e 915 milioni di euro alla data del 28 febbraio 2021 con il mantenimento dell'obiettivo di messa in esercizio dell'opera il 1° gennaio 2030.

La società scrive: risulta che, al di là di uno slittamento non significativo di qualche settimana - ricordo, scrivono il 3 ottobre - il décalage ha un impatto medio mensile di 75 milioni di euro, senza considerare il costo del sotto utilizzo delle risorse umane impegnate, interne ed esterne, a Telt. Oltre all'aspetto finanziario, va considerato anche l'effetto sul programma dei lavori e sull'entrata in funzione della linea. Lo slittamento temporale delle attività, se si supera il limite di qualche settimana - ricordo, siamo al 3 ottobre - compromette la data obiettivo di completamento dell'opera, cioè il 1° gennaio 2030, essendo i contratti interessati dallo slittamento nel percorso critico ed è altresì da escludere la possibilità di recuperare tale ritardo attraverso ulteriori contrazioni imposte alle imprese per la preparazione delle offerte e la realizzazione dei lavori.

Questa lettera ci dice che, per ogni mese di ritardo, e ne sono già passati tre, ci sono 75 milioni di lavori che verranno fatti oltre il tempo limite del finanziamento dell'Unione europea; quindi, noi abbiamo già superato il tempo limite per 225 milioni di euro. Superando il tempo limite, noi, verosimilmente, purtroppo, perderemo il 40 per cento dei finanziamenti. Questo ritardo di tre mesi è quindi costato, o costerà, al contribuente italiano 90 milioni di euro di denaro che l'Unione europea avrebbe messo come compartecipazione ai costi di quest'opera e che non metterà più, essendo addebitabile a noi il ritardo di quest'opera. E allora, quando si parla di costi della politica, e lo dico rivolgendomi al Presidente di questa Assemblea, è di questo che dovremmo parlare, perché l'indecisione, l'incapacità di mettersi d'accordo sta buttando dalla finestra, sta facendoci buttare dalla finestra, decine, se non centinaia, di milioni di euro, senza che i 5 Stelle, che continuano a lambiccarsi il cervello sui tagli dei costi della politica, facciano alcunché e con la Lega che sta, complice, a tenere il sacco a questo grande furto ai danni dell'erario. Furto per il quale noi esprimeremo e presenteremo denuncia per danno erariale.

Ricordo, infine, visti i dati assolutamente falsi diffusi dal Ministro della reticenza, l'acuto Toninelli, che l'interscambio economico con l'Ovest d'Europa, in particolare con la Francia e con la Spagna, è di 205 miliardi all'anno, ed è, a differenza dell'interscambio con il Nord Europa, un interscambio che ha un saldo attivo di 21 miliardi, cioè esportiamo più di quanto importiamo. La Francia è il secondo partner commerciale dell'Italia, le merci che ogni anno vengono trasportate via terra attraverso la frontiera italo-francese sono di 44 milioni di tonnellate. Il 93 per cento di queste merci viaggia su gomma, trasportata da tre milioni e mezzo di camion. L'inferno per chi vive alle frontiere di Ventimiglia, a Bardonecchia e ai confini del Monte Bianco. La ferrovia copre solo più il 7 per cento, e sapete perché? Perché una linea di montagna costa molto di più utilizzarla, i treni sono più corti e non ci passano quelli con le sagome moderne.

Allora, questo è il problema che ci fa dire che il collegamento di base fra Torino e Lione non può essere l'anello mancante della nuova rete dei trasporti europea che l'Europa ha fortemente voluto e finanziato. Ed ecco perché noi, con questa mozione, impegniamo il Governo, poiché la sovranità appartiene al Parlamento, che l'ha espressa con la legge n. 1 del 2017, ad adottare le iniziative di competenza per autorizzare Telt a pubblicare i bandi di gara, che sono pronti nel cassetto, per realizzare il tunnel di base sotto il Moncenisio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferro, che illustrerà la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00108, di cui è cofirmataria.

WANDA FERRO (FDI). Presidente, signori del Governo, colleghi, anche se pochi, devo dire, in una discussione che credo sia centrale per lo sviluppo del nostro Paese, noi siamo qui con questa mozione di Fratelli d'Italia che vuole dare impulso decisivo alla realizzazione della TAV, un'opera infrastrutturale importantissima, una grande opera che è necessaria per lo sviluppo del nostro Paese attraverso la completa realizzazione del corridoio mediterraneo. Il completamento delle infrastrutture di collegamento come nuovo asse ferroviario di alta velocità tra Torino e Lione risulta essenziale per ridurre il deficit infrastrutturale italiano, sostenere la competitività delle nostre imprese e favorire anche una maggiore integrazione tra il Nord e il Sud del Paese, poiché la priorità a livello europeo è quella di assicurare la continuità dei corridoi, realizzando completamente i collegamenti mancanti e assicurando, altresì, connessioni tra le differenti modalità di trasporto ed eliminando i famosi colli di bottiglia esistenti.

Tra i principali vantaggi che porterebbe la Torino-Lione, secondo un documento della Presidenza del Consiglio del 2012, ci sarebbero il dimezzamento dei tempi di percorrenza dei passeggeri, l'incremento della capacità del trasporto merci e la riduzione del numero di camion, circa 600 mila in meno, su strada nel delicato ambiente alpino. La realizzazione della TAV può, quindi, consentire di raggiungere obiettivi economici, poiché rende più competitivo il treno per il trasporto di persone e merci; ambientali, perché riduce il numero dei TIR sulle strade; e sociali, perché connette meglio e valorizza le aree diverse. Finora, degli oltre 42 milioni di tonnellate di merci, passate tra la Francia e l'Italia nel 2016, appena il 7,7 per cento, che rappresenta 3,3 milioni di tonnellate, sono stati trasportati sui treni, e dove è in progetto la costruzione del tunnel di base, sotto il Moncenisio, quindi, circa 10,5 milioni di tonnellate di merce sono circolate su strada (cioè il 78,3 per cento), mentre poco meno di 3 milioni di tonnellate, invece, hanno attraversato il confine sui binari a bordo dei treni, e quindi parliamo del 21,7 per cento. Dati importanti, che dovrebbero far riflettere.

E sono i dati più recenti che dicono ogni anno che tra l'Italia e la Francia passano circa 3 milioni e mezzo di mezzi pesanti, e, se le previsioni dell'Osservatorio sull'impatto della nuova linea fossero rispettate dopo otto anni dalla data di apertura, si assisterebbe al trasferimento di 20 milioni di tonnellate da strada a rotaia e a 38 milioni in circa trent'anni. In quella data, se il flusso di merci tra Italia e Francia rimanesse stabile ai valori di oggi, vale a dire intorno ai 40 milioni di tonnellate, potrebbe essere assorbito al 95 per cento dalla ferrovia, determinando una riduzione di circa 3 milioni di camion che attraversano continuamente il nostro confine. Questi gli innegabili vantaggi della TAV, vantaggi ben compresi dei cittadini piemontesi che solo pochi giorni fa sono scesi in piazza, che hanno affollato in migliaia in maniera civile e composta per chiedere la realizzazione di questa importante opera. È stata una manifestazione, come dicevo, civile e composta che nulla ha avuto in comune con le violente manifestazioni dei gruppi “no TAV” che si sono via via allontanati dal costituire un legame di rappresentanza degli stessi territori per connotarsi con espressioni di un antagonismo che appartiene ad una certa sinistra. A rafforzare la richiesta dei cittadini vi sono già migliaia di firme raccolte da Fratelli d'Italia a sostegno del referendum per la TAV. Le incertezze del Governo sul destino dell'opera hanno infatti spinto a intervenire tutte le categorie economiche maggiormente rappresentative a livello piemontese e nazionale, nonché i numerosi amministratori locali che hanno manifestato a più riprese il massimo sostegno alla realizzazione dell'opera. Inutile ricordare, d'altro canto, cosa significherebbe per il Paese non realizzare quest'opera: alcune fonti stimano in 3,4 miliardi il costo per lo Stato italiano del blocco definitivo della TAV, considerando gli oneri di rescissione dei contratti, gli appalti già avviati, il ripristino degli scavi e le conseguenti penali. La mancanza della realizzazione imporrebbe, infatti, la messa in sicurezza degli oltre già 26 chilometri scavati per la parte di adeguamento del tracciato del Frejus. Il no TAV obbligherebbe a gestire circa 3 milioni e mezzo di tir che attraversano la Pianura Padana, con 44 milioni di tonnellate di merci che continuerebbero ad essere trasportate verso la Francia su gomma: un blocco unilaterale di lavori sulla Torino-Lione esporrebbe l'Italia alla possibilità di una messa in mora che significherebbe in qualche modo il rischio per il nostro Paese di essere privato per oltre cinque anni dei finanziamenti europei su altre opere non ancora in fase avanzata. L'interruzione dei lavori sulla Torino-Lione avrebbe quindi una ricaduta negativa sulla realizzazione di tutte le infrastrutture di cui l'Italia ha necessità e bisogno, impedendo lo sviluppo del territorio e peggiorando una situazione già molto critica, che vede le altre nazioni europee sicuramente con investimenti molto superiori rispetto alla nostra. L'Italia e il Piemonte, non realizzando l'opera, sarebbero in qualche modo tagliate fuori dallo sviluppo di tutti i crocevia europei a vantaggio di altri collegamenti al nord delle Alpi, così come i porti di Trieste e di Genova sarebbero a rischio di veder diminuire i loro traffici, cosa che, dopo quello che è avvenuto soprattutto a Genova, credo che non sarebbe assolutamente una cosa degna del nostro Paese.

Chiediamo al Governo di rendere pubblica integralmente l'analisi dei costi-benefici redatta dalla commissione ministeriale coordinata dal professor Marco Ponti e consegnata al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che si è subito affrettato a dichiarare che l'analisi deve intendersi come una bozza e che necessita di ulteriori approfondimenti. Dopo ovviamente quanto spiegato dal Ministro sul tunnel del Brennero, noi ci affidiamo ai tecnici del Ministero. Ricordo che il commissario di Governo per la TAV Torino-Lione, architetto Paolo Foietta, in audizione alla Commissione trasporti della Camera pochi giorni pochi giorni fa, il 16 gennaio, ha dichiarato di sentirsi in una situazione surreale ed imbarazzante perché per mesi ha cercato di interloquire con il Governo senza alcun successo e, durante quella stessa audizione, sono emersi tanti aspetti ed elementi tecnici a supporto della necessità di concludere l'opera nei tempi previsti, sbloccando definitivamente i cantieri e dando attuazione agli investimenti programmati. Di fronte alla netta contrarietà dei vertici del MoVimento 5 Stelle rispetto alla realizzazione dell'opera, vogliamo ricordare che la TAV rientra in un accordo internazionale tra la Francia e l'Italia ratificato dai rispettivi Parlamenti nazionali e una rinuncia all'opera o una sua modifica sostanziale dovranno essere sottoposte nuovamente all'approvazione dei Parlamenti. Ma, soprattutto, ci rivolgiamo alla Lega: lo facciamo in modo accorato perché sciolga questo abbraccio mortale con chi sembra di avere come unico faro politico i risultati del prossimo sondaggio senza alcuna prospettiva e senza capacità di guardare al futuro del nostro Paese, perché marchi una distanza da chi pensa ancora, con cinquant'anni di ritardo ahimè, che sia romantico far schiantare una locomotiva su un binario morto in nome di un'ideologia.

Giorgia Meloni ha più volte ricordato e denunciato come il completamento della TAV costerebbe quanto appena quattro mesi del reddito di cittadinanza ma, anziché fare assistenza, si produrrebbe occupazione vera: 2 mila posti di lavoro per la realizzazione dell'opera e 4 mila per l'indotto. Ciò significa fare economia, creare sviluppo e occupazione che rappresentino momenti duraturi nelle persone e nelle vite dei nostri cittadini, migliorare la competitività delle imprese e soprattutto del sistema Italia. Chiediamo che il Paese ritrovi l'orgoglio di riuscire a realizzare grandi opere pubbliche di interesse strategico e di lasciare una traccia nel futuro, anziché continuare a scialacquare i soldi per comprare il consenso elettorale a breve scadenza. Il Governo, quindi, adotti tutte le iniziative che consentono alla società concessionaria TELT di procede immediatamente con la pubblicazione dei bandi di gara per la realizzazione del tunnel di base. Con la nostra mozione impegniamo anche il Governo a sostenere l'indizione di un referendum consultivo sulla realizzazione della TAV da tenersi nella stessa data per le regioni interessate dalla tratta nazionale del corridoio Mediterraneo: mi riferisco a Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, speranzosi di non essere come molti esponenti dei Cinquestelle che abbaiano alla luna, ma di rivolgerci agli italiani. Siamo altresì convinti che i nostri concittadini diranno sì al referendum e che solo allora questo Governo non potrà fermare quest'opera strategica importante andando contro la volontà del popolo, anche se di popolo troppo spesso si riempiono la bocca.

PRESIDENTE. Salutiamo i bambini, gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto Comprensivo Frattamaggiore 2 “Capasso-Mazzini” di Frattamaggiore (Napoli): benvenuti ai nostri lavori (Applausi). Siamo in pochi oggi perché c'è una discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare il collega Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente Rosato. Oggi parliamo in Assemblea della Torino-Lione e ci tenevo ad intervenire, pur non essendo un deputato eletto in Piemonte, perché credo che sia un tema di respiro nazionale ed internazionale e che sia bene mettere in chiaro alcuni equivoci e provare a far chiarezza su un po' di confusione che regna sovrana sull'argomento. Si parla tanto della TAV - che sarebbe il TAV: il treno ad alta velocità - ma in realtà non è la Torino-Lione soltanto una questione di alta velocità. È più che altro un ragionamento che va fatto sul Frejus, sul tunnel progettato e realizzato nell'Ottocento. Addirittura inizialmente si prevedeva un binario unico e l'altro binario dove essere un binario destinato al soccorso. Poi sono stati fatti funzionare entrambi. È lo Stato del tunnel del Frejus che impone una riflessione su quanto stiamo facendo in questo momento. Sono aumentati gli standard europei per i treni merci: sono più lunghi, maggiori di 750 metri; più pesanti di 2 mila tonnellate; più larghi e più alti per cui la loro sagoma è differente e devono poter portare i semirimorchi. Viaggiano ad alta velocità?

No, non viaggiano ad alta velocità: se si realizzasse il progetto Torino-Lione, i treni merci viaggerebbero a 120 chilometri orari cioè allo standard dell'Unione Europea; quelli passeggeri a 220 chilometri orari. Il problema vero è che in questo momento viaggiano a 60 chilometri all'ora come la metro B a Roma. Quello del Frejus è il treno più stretto delle Alpi; l'interasse cioè la distanza tra un binario e l'altro, secondo l'Unione Europea, l'interasse minima deve essere di 3 metri e 55 centimetri, quella dentro il Frejus è di 3 metri e 41 centimetri, quindi siamo al di sotto degli standard europei della distanza che deve esserci tra un binario e l'altro, sono state fatte esercitazioni e si è visto che nella parte esterna dei treni, tra il treno e il confine del tunnel, ci passa a stento una barella. Secondo gli standard delle regole europee, deve esserci una uscita di sicurezza esterna ogni chilometro; nel tunnel del Frejus non ce n'è neanche una, ci sono le nicchie, ci si può riparare ma in caso di un incidente, magari con materiali che si incendiano, ci sarebbe effettivamente un enorme problema di sicurezza e c'è un enorme problema di sicurezza, tant'è vero che il tunnel va avanti con delle deroghe, ma queste deroghe ci porteranno progressivamente al passaggio alternato all'interno del tunnel. Quindi, abbiamo una situazione difficilmente sostenibile e sappiamo che quella tratta, dove non è possibile allargare o alzare un tunnel dell'Ottocento - i tunnel si costruiscono nuovi - in questo momento è l'anello mancante di un progetto, non solo italiano e non solo francese, ma di un progetto europeo che interessa sette Paesi d'Europa e che interessa poi tutta l'Europa in fondo e che collega il trasporto di merci via mare e via ferro. Il danno quindi non sarebbe soltanto per noi, sarebbe un danno di dimensioni continentali. Ascoltiamo spesso e volentieri esponenti del MoVimento 5 Stelle raccontare balle in tv: dicono che costa 20 miliardi, ma non costa 20 miliardi, ne costa 11, e tra l'altro per noi di questi 11 solo 5, perché c'è una parte che è cofinanziata dalla Francia e una parte cofinanziata dall'Unione Europea. Nascondersi da parte della maggioranza dietro un'analisi costi-benefici è un atto strumentale: l'analisi costi-benefici è uno dei sistemi più facili per manipolare i dati ed arrivare al risultato che già si ha in mente; se si pensa che nell'analisi costi-benefici, pensando che si riduce il traffico su gomma e aumenta il traffico delle merci su rotaia, vengono addirittura conteggiate, come un costo, le minori entrate sulle accise del gasolio, già da questo si capisce l'atteggiamento strumentale che può avere l'analisi costi-benefici fatta dal Governo, in cui il primo partito, che detiene diciamo la golden share del Governo, racconta in tv, un giorno sì e l'altro pure, che, pregiudizialmente e politicamente, il “no” alla TAV è una condizione alla quale è impossibile per lui rinunciare.

Forse, è per questo che abbiamo dovuto aspettare, Presidente Rosato, sette mesi per ascoltare il commissario alla Torino-Lione, il commissario di Governo in Commissione perché, per sette mesi, Forza Italia e anche le altre forze politiche hanno chiesto che si ascoltasse il commissario e per sette mesi non c'è stata data risposta. Son dovuto intervenire io, Presidente Rosato, alla fine dell'anno in Aula, sollevando questa questione alla Presidenza della Camera, e solo a gennaio abbiamo potuto ascoltare i dati e i numeri del commissario alla TAV. Forse, è dietro questo imbarazzo che si nasconde la maggioranza e, se è vero, come è vero, come pubblica qualche quotidiano, che otto italiani su dieci sono favorevoli alle grandi opere, ebbene, allora ci auguriamo che la discussione di queste mozioni faccia finalmente terminare questa ambiguità; una maggioranza giallo-verde, dove c'è una forza che è pregiudizialmente contraria a quest'opera e un'altra forza che, invece, sembra ragionevolmente prendere atto dell'esigenza di costruirla e del danno che vi sarebbe non andando avanti su un'opera che, ricordo, è stata votata da un Parlamento sovrano, dopo accordi internazionali ripetuti in più sedi, votata da un Parlamento sovrano a stragrande maggioranza. Ecco, speriamo che questa sia l'occasione per quest'Assemblea, soprattutto per il Governo, di poter esprimere una parola chiara e definitiva su un tema strategico per il futuro dell'Italia e per il futuro dell'Europa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Signor Presidente, membri del Governo, colleghi. In questi giorni, il Governo ci ha fatto assistere all'ennesima diatriba sulla fattibilità o meno, sull'importanza o meno, della conclusione della TAV, dei lavori sulla Torino-Lione. Noi di Fratelli d'Italia diciamo subito che siamo qui a ribadire ancora una volta come sia fondamentale per la nostra nazione, non solo concludere la Torino-Lione per innumerevoli motivi già argomentati anche dalla collega Ferro, ma anche avviare e concludere tutte le grandi opere delle quali l'Italia ha un estremo bisogno per mantenere competitività con il resto del mondo e per garantire agli italiani standard esistenziali da terzo millennio, e non da Medioevo. Il completamento delle suddette infrastrutture di collegamento risulta essenziale per ridurre il deficit infrastrutturale italiano, sostenere la competitività delle nostre imprese e favorire una maggiore integrazione tra Nord e Sud del Paese e non solo, visto che il nuovo asse ferroviario ad alta velocità tra Italia e Francia e più nello specifico tra Torino e Lione rientra non a caso nel corridoio mediterraneo. Ricordiamo poi che i principali obiettivi dei promotori della TAV, che - come ricordava il collega Baldelli è stata votata ed è stata fatto oggetto di un trattato internazionale - sono infatti sia di tipo economico, per rendere più competitivo il treno per il trasporto di persone e merci, sia di carattere ambientale, per ridurre il numero di tir dalle strade, sia di carattere sociale per connettere meglio tra loro e valorizzare aree diverse. Del costo del tunnel è stato già detto, la partecipazione italiana è stata già sottolineata e dobbiamo dire invece che, a fronte della dismissione del Progetto, talune fonti stimano in 3,4 miliardi il costo per lo Stato italiano del blocco definitivo della NLTL, considerando gli oneri per la rescissione dei contratti, gli appalti già avviati, il ripristino degli scavi e le penali. Non voglio tornare sulle motivazioni e sui dati esposti dalla collega, ma vorrei aggiungere un piccolo aspetto che non è di poco conto. Dire “no” al completamento della TAV non solo comporterebbe costi esorbitanti per l'Italia, oltre ai vari e mancati benefici economici e commerciali, ma rappresenterebbe anche fare un regalo ai francesi e ai tedeschi, detto in modo molto semplice. I primi, infatti, con una parte delle restituzioni delle penali incassate dall'Italia, potrebbero potenziare la tratta Lione - Monaco di Baviera già esistente e con la quale si arriva velocemente a Berlino, per poi proseguire fino a Kiev e Mosca. I secondi accelererebbero il programma già esistente per la Monaco-Berlino. In modo particolare, il regalo più grande sarebbe proprio per i tedeschi, in quanto il decidere di non concludere la tratta Torino-Lione accentuerebbe la rotta europea dello sviluppo che passa per la Baviera, la Sassonia, il Magdeburgo sino a Berlino, cioè si rimette in discussione un'opera già decisa e finanziata, avvantaggiando pure i nostri competitor europei. Senza poi considerare che a questo punto dire “no” alla TAV significa essere in piena contraddizione con quanto più volte espresso e scritto dai Ministri Savona e Tria a proposito dell'esigenza di riequilibrare la via dello sviluppo verso un asse più meridionale. Insomma, delle due l'una, signori: qual è la linea di questo Governo? La vorremmo conoscere. Addirittura spunta l'ipotesi di chi dice che i treni merci lunghi e pesanti potrebbero transitare da Gottardo, dal Brennero, da Lötschberg, senza pure tenere presente che sono tutti tunnel presenti al di fuori del corridoio meridionale.

E mentre veniva richiamato lo strano rapporto esistente fra Ponti e Foietta, un rapporto certamente strano, dobbiamo dire che dall'audizione dell'architetto Foietta erano invece emersi ulteriori elementi tecnici a supporto della necessità di concludere l'opera nei tempi previsti, sbloccando definitivamente i cantieri e dando attuazione agli investimenti programmati e concordati. Ci siamo stancati di essere il fanalino di coda dell'Europa, l'Italia deve tornare al centro dell'Europa, al centro delle rotte internazionali che collegano est e ovest, nord e sud, l'Italia deve pretendere questo ruolo e poi soprattutto ottenerlo, ma bisogna iniziare a cambiare ottica. Occorre un cambio di passo e la connessione tra le merci, le persone e i mezzi di trasporto è la parte centrale di questo processo.

Ci chiediamo: quando verrà integralmente resa pubblica l'analisi dei costi e benefici della commissione ministeriale? Quando torneremo a sostenere che non siamo il sud dell'Europa, bensì il cuore del Mediterraneo? È con questa convinzione che dobbiamo decidere quali interventi perseguire.

Ebbene, è solo di venerdì scorso l'ultima esternazione del Governo, in particolare, del Ministro Toninelli, di bloccare la TAV, giustificando il tutto con il dover prima mettere in sicurezza tutte le infrastrutture già presenti in Italia. No, Presidente, l'atteggiamento che ha almeno una parte del Governo nei confronti di questa tematica è di mero opportunismo politico, di chi percepisce di stare dalla parte del torto, ma che per non perdere ulteriore terreno elettorale nei confronti della Lega decide di portare avanti una linea inspiegabile. È vero, le infrastrutture esistenti hanno un estremo bisogno di interventi: i ponti crollano, purtroppo, come è avvenuto a Genova; altri, giustamente, vengono sequestrati e chiusi, come quello di Puleto, sulla E45, in Toscana; le strade hanno bisogno di importanti opere di manutenzione, ma chiudersi a riccio nei confronti delle sfide delle grandi opere significa smettere di guardare al futuro, significa pensare all'Italia come a un piccolo paese e non come a un grande Stato.

Le forze politiche che siedono su questi scranni, scelte con il voto e delegate nella fiducia da tutti i cittadini italiani non possono sottrarsi dal prendere delle decisioni per loro conto, soprattutto per questioni come la TAV, che potrebbero cambiare in meglio le vite di tutti.

Nei giorni scorsi fonti governative e di stampa hanno accreditato l'ipotesi di un'ulteriore revisione del progetto che mantenga il tunnel di base e riveda in forma restrittiva gli interventi sul tracciato in Valle di Susa, Bussoleno, di competenza di RFI, ma nelle ore immediatamente successive anche questa ipotesi di lavoro sembra aver subito uno stop da parte dei vertici del MoVimento 5 Stelle, riportando la posizione dello stesso su una più netta contrarietà alla TAV Torino-Lione.

Ci sono stati altri periodi storici in cui i partiti di governo gestivano la cosa pubblica come “cosa nostra”, facendo e disfacendo a loro piacimento, ed è proprio in quei periodi che l'Italia ha ricevuto il danno maggiore per il suo sviluppo. Ci chiediamo: che i 5 Stelle vogliano emulare i fasti nefasti del passato? Per noi di Fratelli d'Italia questa via che si sta intraprendendo, questa incertezza in cui siamo stati messi, non ha ragione di essere. La stragrande maggioranza degli italiani, in particolare modo, gli italiani che vivono nelle regioni interessate dall'opera della TAV e tutti coloro che vogliono guardare all'Italia come a un Paese sviluppato, in pianta stabile fra le grandi del mondo, sono a favore della TAV. Altrimenti, come chiediamo con questa mozione, si indica un referendum consultivo sulla realizzazione del progetto TAV Torino-Lione nella stessa data e nelle regioni interessate dalla tratta nazionale del corridoio Mediterraneo, quindi in Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Si vada a testare fattivamente e nei territori l'opinione di quei cittadini le cui vite sarebbero enormemente migliorate sotto tutti i punti di vista.

L'Italia non può più aspettare. Io mi chiedo se sia serio presentare o voler presentare, come si paventa, delle mozioni da parte del Governo che richiamerebbero la salvaguardia ambientale per trovare un compromesso all'interno del Governo stesso e cercare di dilazionare ulteriormente le decisioni. Credo che non sia serio richiamare la salvaguardia ambientale, non solo per il fatto che l'opera ha già ottenuto tutte le necessarie certificazioni di rispetto ambientale, ma soprattutto dopo aver dato alla luce un paio di provvedimenti, come quelli sul condono tombale a Ischia o sul superamento dei limiti degli idrocarburi nei fanghi di depurazione, che non ci sembrano corrispondere esattamente ai criteri di salvaguardia ambientale. Ma, poi, affermare che non ci può essere sviluppo se non c'è danno ambientale, mette in condizione gli abitanti della Terra di trasferirsi immediatamente su Marte.

Quindi, il gruppo di Fratelli d'Italia è vicino ai cittadini, alle piccole e medie imprese italiane e a quelle piemontesi, soprattutto, in questo caso. Siamo sicuri che il risultato di un eventuale referendum ci darebbe ragione. Una volta ricevuto il verdetto, però, augurando di non arrivare a tanto, il Governo non pensi di trovare ulteriori scuse pur di non fare un passo indietro rispetto a questa ottusità e a una decisione presa per meri motivi elettorali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta. Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14,15.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 14,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Boldrini, Sabrina De Carlo, Formentini, Lupi, Orsini e Quartapelle Procopio sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione sulle linee generali delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00100 e Lollobrigida ed altri n. 1-00109 concernenti iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00100 e Lollobrigida ed altri n. 1-00109 concernenti iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00109 deve intendersi, con il consenso degli altri sottoscrittori, a prima firma del deputato Luca De Carlo e, pertanto, il deputato Lollobrigida ne diventa il secondo firmatario.

Avverto altresì che sono state presentate le mozioni Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00110 e Nevi ed altri n. 1-00111 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Muroni che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00100. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Buongiorno, Presidente, e grazie. Grazie anche alla sottosegretaria Pesce per la sua presenza. Sono molto contenta che siano arrivate queste mozioni in Aula perché penso che sia davvero fondamentale che quest'Aula si occupi del tema dei pesticidi. Quello che vorrei specificare in premessa è che io ritengo che le mozioni che verranno discusse - e in particolare, naturalmente, parlo di quella a mia prima firma - siano mozioni che tendono a difendere e, come dire, valorizzare l'agricoltura italiana. Infatti, noi abbiamo un comparto assolutamente valido, una produzione di eccellenza e credo che sia fondamentale provare a scrivere il futuro dell'agricoltura italiana in un contesto internazionale e, quindi, nell'ambito degli accordi e dei regolamenti europei e, contemporaneamente, cogliere anche la sfida dei mutamenti climatici e della sostenibilità ambientale in ambito agricolo. Noi sappiamo che l'agricoltura è tra i maggiori fattori di pressione rispetto ai mutamenti climatici e anche, diciamo, alla pressione che viene fatta sulla qualità delle risorse idriche, ma sappiamo altrettanto in maniera forte quanto gli agricoltori e l'agricoltura italiani siano vittime eccellenti dei mutamenti climatici. Ecco, va ricercato un equilibrio. Quindi, io lo dico in premessa: penso che sia assolutamente utile una discussione all'interno di quest'Aula e spero che riusciremo a giungere a un testo che, in qualche maniera, tenga un po' conto delle cose che emergeranno. Naturalmente, non pretendo che sia preso alla lettera il testo a mia prima firma, ma quello che mi interessa è che si inizi a disegnare un modello alternativo a un utilizzo dei pesticidi nel nostro Paese.

La mozione che ho presentato è una mozione che parte da dati importanti. Innanzitutto, il fatto che il nostro Paese sia fra i maggiori consumatori di pesticidi a livello europeo, anche se è un utilizzo che via via sta andando verso una riduzione, anche perché davvero c'è una consapevolezza sempre crescente da parte del mondo agricolo che questo è un tema necessario per il futuro. Ecco, allora la prima cosa che bisognerebbe fare è accompagnare il mondo agricolo verso questa riqualificazione, verso questa rigenerazione rispetto ai temi della sostenibilità ambientale.

Nel 2016 in Italia sono stati venduti 125 milioni di chilogrammi di prodotti fitosanitari e secondo il rapporto Cambia la Terra 2018, uno dei temi più importanti, io credo, che noi dovremo affrontare sarà come continuare a finanziare il mondo agricolo. Io credo che la politica sia anche allocazione delle risorse. Infatti, decidendo come allocare le risorse in qualche maniera si dà un indirizzo al Paese anche sul tema agricolo ed è un dato di fatto e sono - come dire - atti ufficiali da parte del Servizio studi della Camera, secondo cui il 97 per cento dei fondi PAC della politica agricola comunitaria vengono sostanzialmente impiegati a favore dell'agricoltura integrata. Questa, però, guarda ancora con troppa lentezza, credo, a un'evoluzione necessaria verso la sostenibilità e, naturalmente, a un modello diverso, che per me è quello dell'agricoltura biologica, ma non solo e non tanto per me perché questo, che pure potrebbe essere un elemento naturalmente non dirimente, è quello che ci dice la richiesta del mercato, la sensibilità e l'attenzione che i cittadini sempre più fortemente mettono su questo tema, in particolare quello della qualità dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole. I residui registrati nella frutta e nella verdura, in particolare, o nei prodotti che arrivano anche dall'estero - a dire il vero - sono ancora presenti, questi residui di pesticidi, e in alcuni casi lo sono anche oltre i limiti di legge e manca totalmente, per esempio, ancora un tema di multiresiduo, cioè una valutazione su che cosa voglia dire avere contemporaneamente 10, 20 o 30 residui contemporanei di sostanze diverse.

Ecco, credo che noi dovremmo davvero ragionare su che tipo di agricoltura vogliamo che in questo Paese si continui a praticare nei prossimi venti o trent'anni e come la sfida di un'agricoltura diversa possa rispondere al dramma dei mutamenti climatici. Noi abbiamo avuto anni assolutamente caratterizzati dalla siccità, così come spesso i nostri agricoltori vengono messi in ginocchio dalle alluvioni. Quindi, è necessario che noi forniamo degli strumenti, una direttiva e una prospettiva di lungo raggio e, in particolare, è necessario che si tenga conto di quanto si sta decidendo a livello europeo. Ma io vorrei sottolineare il fatto che nessun Paese europeo quanto l'Italia ha interessi diretti economici, sociali e di organizzazione territoriale legati al tema agricolo rispetto al resto d'Europa. Cioè, noi dovremmo essere quelli che su questo dettano un po' la linea in Europa, perché abbiamo degli interessi davvero importanti. Peraltro, parlare di agricoltura e di agricoltura sostenibile vuol dire anche dare una risposta a temi sociali molto complessi come lo spopolamento delle aree interne e come il tema del dissesto idrogeologico in punti davvero a rischio del nostro Paese.

E, poi, c'è il tema della qualità delle acque. Sono dati ufficiali forniti anche dall'ISPRA: le acque, sia superficiali sia di falda, registrano contaminazione da pesticidi. Io credo che sul fronte dei pesticidi si stia facendo un errore di sottovalutazione rispetto a che cosa voglia dire l'inquinamento delle risorse naturali e io voglio anche sottolineare il tema di collegamento diretto rispetto alla salute delle persone da due punti di vista: naturalmente consumare cibo con residui di pesticidi - e sottolineo di nuovo il tema del multiresiduo - e poi vivere in zone rurali in cui l'utilizzo dei pesticidi spesso diventa conflitto sociale, perché - come dire - mal si sposa con un'esigenza di sicurezza, di trasparenza e di informazioni che le popolazioni locali chiedono. Penso, ad esempio, a tutti i territori interessati dalla coltura delle mele o del prosecco, prodotti di eccellenza per il patrimonio agricolo italiano che hanno bisogno di conoscere abbastanza velocemente una conversione verso la sostenibilità.

Inoltre, noi andiamo anche verso la ridefinizione del PAN. Entro il 2019 andrà scritto un nuovo PAN, il Piano nazionale agricolo, che riceve le indicazioni dalla PAC, anch'essa in discussione. Io invito il Governo italiano su questo ad avere un protagonismo molto forte in Europa, perché lì si scrivono le regole e sono regole che devono sempre più tener conto delle esigenze di ogni Stato membro e quando parliamo di agricoltura - lo ripeto - non c'è nessun altro Paese come l'Italia che abbia degli interessi diretti in gioco importantissimi da un punto di vista della sostenibilità ambientale, degli interessi economici, dell'organizzazione territoriale e del diritto delle comunità territoriali ad essere informate e da parte dei consumatori a consumare cibo sano e di qualità.

Io credo che questa sia una grande sfida per l'agricoltura italiana, una sfida che parla di futuro, di come noi facciamo in modo di continuare ad essere un Paese agricolo ma in chiave moderna, sostenibile, di come facciamo a sostenere anche le scelte che si stanno compiendo a livello nazionale, un ritorno importante dei giovani all'agricoltura, che spesso tornano all'agricoltura scegliendo il metodo biologico. Poche settimane fa in quest'Aula abbiamo approvato, finalmente, la legge di sostegno al biologico e io penso che noi dobbiamo essere coerenti anche nel momento in cui decidiamo come utilizzare i fondi europei. Dobbiamo, quindi, dare un'indicazione forte su qual è la frontiera del futuro e l'evoluzione necessaria.

Penso che ci sia anche un tema, naturalmente, di trasparenza rispetto agli interessi che ci sono da parte delle case farmaceutiche e quali sono gli interessi che si intrecciano. I Verdi europei hanno presentato una denuncia rispetto all'EFSA, che è l'ente europeo che si occupa di questo tema, perché gli studi citati da un organo come quello, che dovrebbe essere a garanzia di tutti, poi sono spesso collegati a studi finanziati dalle stesse case farmaceutiche. Quello che io penso è che non si può rispondere a degli interessi solo di una parte, ma dobbiamo avere l'ambizione di investire in qualche maniera sulla ricerca per superare questo modello attuale dell'utilizzo dei fitofarmaci, dei pesticidi e, in particolare, anche degli erbicidi.

C'è il tema del glifosato, che la sottosegretaria conosce benissimo e che noi abbiamo seguito con grande attenzione. C'è una pressione da parte dei cittadini, delle associazioni, delle organizzazioni e anche degli agricoltori: questo io lo vorrei fortemente sottolineare. Noi dobbiamo evitare che questo diventi un tema di contrapposizione e, invece, dobbiamo scrivere un progetto, scrivere insieme degli obiettivi di miglioramento, perché tutto ciò ci aiuta ad andare incontro ai diversi interessi che su questo tema si incontrano.

Quello che noi chiediamo al Governo italiano è di assumere iniziative normative che disegnino, appunto, questa uscita dall'utilizzo della chimica in agricoltura, quindi in maniera coerente si inizino a finanziare tali progetti, quantomeno in una maniera meno sbilanciata. Lo ripeto: il 97 per cento dei fondi della PAC finanziano l'agricoltura tradizionale. Chiediamo che si assumano iniziative normative per favorire lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare del metodo biologico. C'è un tema di informazione e di trasparenza dell'utilizzo di questi composti in agricoltura (penso in particolare alle popolazioni) e poi il tema delle distanze di sicurezza. Ecco, sono tutti temi su cui, credo, possiamo portare avanti un dibattito articolato e approfondito, e addivenire ad una mozione che in qualche maniera tenga insieme l'idea di difesa e di tutela della salute dei cittadini, di un comparto produttivo come quello agricolo, ma soprattutto immagini che tipo di agricoltura noi vogliamo portare nel futuro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luca De Carlo, che illustrerà la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00109, di cui è cofirmatario.

LUCA DE CARLO (FDI). Presidente, volevo approfittare per ringraziare l'onorevole Muroni per aver portato all'attenzione dell'Aula un tema così sentito e così attuale come quello dei fitofarmaci, dei pesticidi e dei diserbanti. È un tema che ha visto anche delle raccolte di firme importanti: 1 milione di firme contro il glifosato sono sicuramente un dato da tenere in forte considerazione e le istituzioni devono tenerlo in considerazione. Devono farlo però con un approccio scientifico, per dare ai consumatori quante più informazioni su base appunto scientifica possibile, per evitare che poi si legiferi sull'onda dell'emozione, dell'emotività, cosa che abbiamo già visto essere assolutamente lesiva - sia per la salute umana prima, ma anche per gli stessi agricoltori dopo - nel caso della Xylella in Puglia, dove per un periodo di tempo si è tergiversato - anzi, si sono paragonati addirittura gli abbattimenti degli alberi alla Shoah, usando un paragone assolutamente fuori luogo - laddove invece si sarebbe dovuto intervenire in maniera molto più rapida, salvando così molte di quelle culture e anche il reddito di tanti agricoltori pugliesi che oggi sono in oggettiva difficoltà per la strumentalizzazione, a volte assolutamente fuori luogo, che è avvenuta in quei luoghi.

Cerchiamo, quindi, di avere un approccio assolutamente scientifico e cerchiamo di inquadrare quale sia l'ambito italiano del quale oggi discutiamo, premettendo che i dati ISTAT, grazie a Dio, segnalano che c'è una forte riduzione dei fitofarmaci. Oltre che nell'impiego generale, dal 2006 ad oggi, c'è infatti un trend che riduce e porta a ridurre da parte degli agricoltori, anche grazie alle politiche della PAC e anche grazie ad una coscienza di sviluppo verso l'agricoltura solidale, che gli agricoltori in Italia hanno, i fitofarmaci di origine chimica, mentre sono aumentati quelli di origine naturale.

Quindi, a partire da una consapevolezza che già c'è nell'agricoltore di dover tutelare in maniera molto più presente e puntuale la terra - perché della terra poi loro fanno un lavoro - però bisogna anche contestualizzare: è vero che l'Italia attua un massiccio ricorso ai pesticidi ma è altrettanto vero che l'Italia è caratterizzata dalla presenza di un'ampia varietà di produzioni ortofrutticole, le quali esse stesse impongono un maggior uso di fitofarmaci. È chiaro che in Nord Europa, laddove il clima è diverso e le coltivazioni sono diverse, l'impiego di questi fitofarmaci è relativamente più basso.

Dobbiamo tener conto anche - e lo abbiamo visto in Aula - di come questo Parlamento e questo Governo - va dato loro atto - si siano concentrati sui piccoli prodotti locali, con una legge, si siano concentrati sul biologico con altrettanta serietà e puntualità (tant'è che la Commissione agricoltura è una delle Commissioni che oggettivamente ha partorito ad oggi più provvedimenti in Aula). Quindi la linea di questo Parlamento, quasi all'unanimità, è sempre stata quella di favorire questo tipo di agricoltura, che non potrà essere l'unica agricoltura presente in Italia perché ad oggi risulta ancora difficile riuscire ad essere indipendenti sotto il profilo dei fitofarmaci, ma a fronte di un trend volto a di ridurne l'uso, che è assolutamente positivo.

Questo ci ha portato ad essere una delle nazioni, anzi la nazione, con la più alta percentuale di coltivazioni biologiche in Europa. È un dato da cui partiamo volentieri, che ci inorgoglisce e ci fa capire che in Italia c'è una forte richiesta di questi prodotti. È pur vero che questi prodotti a volte sono ancora un po' troppo costosi, quindi non sono di largo utilizzo, proprio perché il prezzo frena molti acquisti, però la consapevolezza che abbiamo è quella di ritornare verso un'agricoltura diversa, che non sia un'agricoltura iper-industrializzata. Soprattutto, il consumatore ha dato prova di essere molto più consapevole di quanto era tempo fa, tant'è che la nostra agricoltura va verso una sostenibilità ambientale sempre più spinta e questa ne l'ennesima riprova.

Le ragioni sono dovute, come evidenziato anche dai rapporti ISTAT sull'uso dei mezzi di produzione, all'ampia adesione degli agricoltori alle misure agroalimentari della politica agricola comune, all'introduzione di tecniche agronomiche innovative, meno impattanti sull'ambiente, all'entrata in vigore del Piano per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, in attuazione della direttiva 2009/128/CE, e all'attuazione della direttiva “nitrati” per i fertilizzanti. Appunto, l'Europa ha disciplinato, ancora nel 2009, un quadro per un'azione comunitaria di utilizzo sostenibile dei pesticidi (allora si chiamavano ancora così). In Italia essa è poi applicata con il Piano nazionale - che è in corso di aggiornamento proprio in questi giorni - e che vede le consultazioni iniziate la settimana scorsa per modifiche che si rendono assolutamente necessarie, visto il passare del tempo rispetto al 2009 (così tante sono le novità anche in campo agricolo, che giustamente il Piano va assolutamente rivisto).

Per di più, in questi giorni, nella Commissione ambiente del Parlamento europeo si è discussa e si è votata una risoluzione, che non è ovviamente giuridicamente vincolante, sull'applicazione della direttiva 2009/128/CE concernente l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, in cui si chiede che siano resi pubblici gli studi utilizzati nella procedura di autorizzazione di un pesticida, compresi tutti i dati e le informazioni a sostegno delle domande di autorizzazione.

Questo aveva un limite all'interno dei brevetti di ciascuna ditta che la legge consentiva di non divulgare, di non ammettere immediatamente quali erano i dati del proprio prodotto; oggi c'è una forte richiesta in più di informazione, che è oggetto di questa mozione. La risoluzione del Parlamento europeo prevede, inoltre: che i richiedenti siano tenuti a registrare tutti gli studi regolarmente eseguiti in un registro pubblico e che la procedura di autorizzazione consenta un “periodo per le osservazioni” per tenere conto di tutte le informazioni pertinenti prima che sia presa una decisione; che sia rivalutata la cancerogenicità del glifosato, fissando livelli massimi di residui per i suoli e le acque superficiali; che la Commissione europea svolga uno studio epidemiologico sull'impatto reale dei prodotti fitosanitari sulla salute umana; che l'Unione europea stimoli l'innovazione e promuova la commercializzazione di pesticidi a basso rischio; che la Commissione assegni la valutazione delle domande di rinnovo dell'autorizzazione di un pesticida ad uno Stato membro diverso da quello responsabile delle precedenti valutazioni.

Tutto questo è nel solco di un'assoluta maggior trasparenza, che si rende fondamentale quando parliamo di salute pubblica, ma anche della consapevolezza di quale sia il problema e anche che bisogna trovare in fondo delle soluzioni.

È evidente che, a questo, si aggiunge anche il regolamento n. 1107 del 2009, relativo all'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari, che prevede che non possano più essere immessi in commercio prodotti fitosanitari che siano cancerogeni, mutageni e tossici per la riproduzione.

Chiaramente, tutto questo ha delle forti implicazioni sull'utilizzo, e questo va abbinato anche a più severi controlli, che devono ovviamente essere messi in atto, perché quando si parla di salute pubblica e di salute dei cittadini è evidente che l'assoluto obiettivo deve essere quello.

Però, l'esigenza primaria non è quella di vietare il ricorso a prodotti fitosanitari, almeno fino a che non vi siano delle alternative agli stessi, perché sarebbe uno shock oggi, se dovessimo privarci immediatamente di quei prodotti che all'agricoltura, ricordiamolo, servono, perché consentono di continuare a coltivare; ciò, oggettivamente, sarebbe al momento irrealistico, anche perché abbiamo in aggiunta i cambiamenti climatici in atto, che stanno portando nuovi parassiti (pensiamo al virus Tristeza degli agrumi, al Punteruolo rosso, alla Cimice asiatica) che presentano una maggiore aggressività e che naturalmente sono stati introdotti a causa del cambiamento climatico. Inverni meno rigidi ed estati assolutamente più calde fanno sì che prolifichino altri insetti, e la globalizzazione dei commerci di fatto rende incontrollabile qualsiasi importazione nel nostro Paese.

In realtà, dovremmo ricondurre il procedimento di autorizzazione all'immissione in commercio di tali mezzi di produzione ad una maggiore trasparenza, che attualmente è compromessa proprio dal fatto - lo citavo prima - che le società produttrici di prodotti fitosanitari invocano la clausola di segretezza degli studi conseguente alla tutela brevettuale, questo è uno dei problemi su cui bisognerà naturalmente lavorare.

Infatti, noi auspichiamo che venga attuato - lo chiediamo anche nella nostra mozione - un registro pubblico, accessibile a tutti, con i dati degli studi presentati per ottenere l'autorizzazione all'immissione in commercio di un determinato prodotto fitosanitario. L'EFSA, inoltre, da parte sua, dovrebbe commissionare studi supplementari ad enti pubblici super partes, per rafforzare l'obiettività e la trasparenza del provvedimento autorizzatorio. Il ruolo dell'EFSA è, infatti, attualmente messo in discussione, anche a seguito della vicenda del glifosato, in cui la procedura di autorizzazione vigente ha mostrato tutti i suoi limiti nel contrasto tra pareri scientifici, non riconducibili ad un'unica posizione, senza che sia stata operata un'adeguata distinzione tra il concetto di pericolo ed il concetto di rischio.

Ma EFSA ha mostrato anche i suoi limiti nel non saper comunicare ai consumatori la diversità dell'impiego del glifosato, che in Paesi come l'Italia, dal clima mediterraneo, viene usato solo in fase di pre-semina, mentre in Paesi come il Canada anche in post-raccolta come disseccante, il che aumenta ovviamente l'impiego in termini quantitativi del prodotto e l'esposizione ambientale sulla salute umana.

Al di là della trasparenza, poi bisogna concentrarsi anche su un altro tema, che è molto sottovalutato, ed è l'investimento nella ricerca, perché non si possono escludere dal mercato sostanze attive senza individuare delle alternative percorribili per le imprese agricole, creando dei vuoti nella difesa fitosanitaria, lasciando le colture esposte ad avversità e parassiti con danni economici rilevanti.

L'obiettivo evidente - perorato anche da noi - è quello di sostituire progressivamente, per quanto possibile, le sostanze attive di sintesi chimica con sostanze attive di origine naturale, i cosiddetti biobased product, che vanno ad arricchire la cassetta degli attrezzi della produzione integrata e dell'agricoltura biologica nel difendere le colture.

A tal fine, il Ministro delle politiche agricole e il Ministro all'ambiente dovrebbero finanziare un programma di ricerca a lungo periodo che consenta di avere i dati sperimentali necessari perché le società produttrici di fitosanitari abbiano interesse a registrare nuove molecole. Sarebbe questa un'istanza da far presente anche a livello europeo, perché, ad esempio, le risorse comunitarie destinate in agricoltura siano finanziate solo ed esclusivamente a tale obiettivo.

Il tema poi dell'impiego dei prodotti fitosanitari deve essere affrontato con un approccio multilaterale ed internazionale, al di fuori dei confini della stessa UE, nell'ambito delle norme del Codex Alimentarius, perché non ha alcun senso vietare l'uso di alcune sostanze attive ad elevata tossicità nel mercato europeo per poi consentire che prodotti importati arrivino al conservatore con residui di prodotti fitosanitari cancerogeni o mutageni perché autorizzati nei Paesi extra UE. È il caso ovviamente del Canada con il contratto CETA, che ovviamente desta delle perplessità proprio perché lì vengono autorizzati trattamenti molto più massicci, che ovviamente penalizzano l'importazione e le merci che noi utilizziamo, tant'è vero che un'associazione di categoria ha effettuato uno studio comparativo, in occasione dell'accordo CETA, sui prodotti fitosanitari autorizzati dalla UE ed in Canada, ed è stata evidente la differenza: numerose sostanze attive ad elevata tossicità vietate da tempo nell'UE sono ancora autorizzate in Canada.

Se una sostanza attiva è cancerogena, deve essere eliminata dal mercato mondiale e non soltanto in un'area commerciale. La tutela della salute umana e dell'ambiente ha un valore universale, mentre la disparità delle diverse legislazioni in materia di prodotti fitosanitari sta non soltanto creando gap concorrenziali tra imprese agricole localizzate in diversi Paesi ma anche esponendo i consumatori ad un rischio incontrollato e soprattutto inconsapevole.

È evidente che, in conclusione, è un'opinione condivisa che occorre perfezionare la legislazione che disciplina l'autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari e il loro impiego, meno che tale obiettivo possa essere perseguito realisticamente contrapponendo l'agricoltura biologica alla produzione integrata, in quanto, complessivamente, la PAC oggi è oggettivamente tutta orientata ad un modello di sostenibilità molto avanzato, che ha consentito oltretutto all'Italia di avere residui di tali prodotti sugli alimenti tra i più bassi del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Viviani, che illustrerà anche la mozione Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00110, di cui è cofirmatario.

LORENZO VIVIANI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, Governo, negli ultimi due mesi la Camera si è occupata, in più di un'occasione, di agricoltura in generale e, più nello specifico, di agricoltura biologica, lotta integrata, redditività delle imprese agricole e anche difesa delle produzioni made in Italy e del cosiddetto chilometro zero.

Oggi intendiamo entrare nel merito della discussione sull'utilizzo degli agrofarmaci, comunemente ma anche impropriamente definiti in generale pesticidi, ma ciò non esula dalle precedenti discussioni, anzi va inteso come un approfondimento necessario e un corollario indispensabile a quanto già abbiamo dibattuto e sostenuto riguardo al biologico e alle altre produzioni italiane.

Come è noto, i consumatori sono sempre più sensibili al tema della sostenibilità alimentare e chiedono chiarezza sulle informazioni veicolate dalla pubblicità, dalle etichette e dalle associazioni di categoria. Ma proprio perché i cittadini, in particolare i cittadini italiani, sono così sensibili al tema del cibo ed alla corretta alimentazione, perché sempre più consapevoli che l'agroalimentare di qualità è parte del nostro patrimonio nazionale, proprio per questo è nostro dovere evitare ogni tipo di stortura ideologica su un tema che riguarda da vicino anche la salute pubblica e individuale.

Se è nostro dovere aumentare la consapevolezza sull'utilizzo e sui possibili effetti negativi di alcuni fitofarmaci, è anche nostro dovere primario essere non solo precisi ma anche onesti nel veicolare informazioni sul mondo agricolo a chi di fatto non ha tutti gli strumenti per comprenderne appieno le esigenze.

Se non dovessimo fare ciò, incorreremmo nel rischio concreto di fare allarmismo e promuovere messaggi devianti per la popolazione. Ecco perché abbiamo presentato una mozione che, da un lato, riconosce la necessità di implementare lo studio e la consapevolezza sull'utilizzo degli agrofarmaci, ma dall'altro ha cura di non demonizzare l'agricoltura convenzionale, mantenendo uno sguardo ad ampio spettro sul problema, non solo dunque guardando alla sostenibilità economica ma anche alla stessa sostenibilità ecologica ed ambientale.

Il rapporto nazionale “pesticidi nelle acque”, realizzato dall'ISPRA, si basa su dei dati forniti da regioni e agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, con l'obiettivo di informare sulla qualità delle risorse idriche in relazione ai rischi derivanti dall'uso dei pesticidi.

Dal rapporto sembra che il livello di contaminazione dei pesticidi sia in aumento ed è risultato sopra i limiti in un quarto dei siti sottoposti alla ricerca. Secondo le mappe del suddetto rapporto ISPRA, si rileva che il monitoraggio al Sud ha presentato maggiori difficoltà in quanto o non sono stati inviati i dati, o non sono arrivati, o ne sono arrivati pochissimi e, in generale, la standardizzazione del sistema di rilevazione nel Mezzogiorno presenta fortissimi ritardi.

Nell'ultimo rapporto c'è stato un incremento dalla copertura territoriale e della rappresentatività delle indagini, ma rimane ancora, tuttavia, una forte disomogeneità fra le regioni del nord e quelle del centro-sud, dove tuttora il monitoraggio è generalmente meno rappresentativo, sia in termini di rete, sia in termini di sostanze controllate. È, quindi, necessario migliorare il monitoraggio dei prodotti fitosanitari nelle acque garantendo che tutte le regioni trasmettano i dati per poter avere un'omogeneità dei risultati.

La redditività delle imprese del biologico e l'impatto dei fitofarmaci sulla salute pubblica e sull'ambiente sono due temi certamente collegati, che però non possono essere discussi sovrapponendo la questione economica e quella ambientale in uno scontro frontale che non va, di fatto, a fare l'interesse dei cittadini italiani; piuttosto vanno tenuti distinti per evitare alcuni rischi di cui noi siamo altamente consapevoli, come abbiamo voluto fortemente sottolineare con forza nella discussione sul biologico.

La discussione sugli agrofarmaci e il loro utilizzo consapevole non può essere condizionata dalla diatriba tra agricoltura tradizionale, o convenzionale, e agricoltura biologica; e fatta salva l'importanza di favorire il mercato dell'organico, che è fortemente attrattivo per il consumatore, evitiamo però di cadere in contrapposizioni ideologiche, che certamente non giovano né ai produttori né ai consumatori, categorie che noi dobbiamo tutelare in prima istanza.

Quando si parla di controllo degli infestanti e delle specie nocive e del conseguente uso dei fitofarmaci, i confini tra le pratiche del convenzionale e del biologico sono notevolmente più sfumate di quanto si possa immaginare. È inverosimile pensare ad un'agricoltura del tutto priva di fitofarmaci, in quanto è economicamente ma anche ecologicamente insostenibile e, inoltre, non è veritiero pensare che il biologico non utilizzi fitofarmaci e che sia tout court migliore per l'ambiente, la salute e anche il reddito delle imprese.

Una conversione globale dell'agricoltura da convenzionale a biologica produrrebbe non solo maggiore consumo del suolo, ma anche un aumento dei prezzi, producendo di fatto un inevitabile calo del consumo di frutta e verdura, senza contare che il biologico garantisce una produzione sensibilmente inferiore rispetto alla tradizionale e non è in grado di esaurire il fabbisogno del Paese.

Veicolare il messaggio che il biologico non fa alcun utilizzo di fitofarmaci può risultare fuorviante per il consumatore. Il dibattito tra preferire l'agricoltura biologica a quella tradizionale, dove la prima è sicuramente più accattivante per il consumatore, anche grazie alla pubblicità che è il biglietto da vista di un prodotto, non deve però ledere quella tradizione che vanta, nel suo modo di produzione, centinaia di prodotti che sono l'eccellenza del nostro made in Italy.

Se mi è concesso, Presidente, vorrei scendere nel dettaglio dell'utilizzo degli agrofarmaci. Si tratta di un ausilio imprescindibile per la nostra agricoltura. Come molti sapranno, l'Unione europea ha prolungato al 2021 l'utilizzo dei diserbanti non selettivi, però questo non ci basta. Detto questo, però, sappiamo che l'utilizzo sapientemente dosato di diserbanti non selettivi, ad esempio lungo i binari e sulle strade, è insostituibile, ma dobbiamo essere, altresì, consapevoli che tali sostanze in Italia sono utilizzate esclusivamente sui terreni nudi e da coltivazioni per combattere gli infestanti in fase di presemina, mentre all'estero, in Paesi con temperature normalmente più rigide, come il Canada, si utilizzano anche in fase di preraccolto. E allora è bene che il Governo operi controlli severi sulle commodities che ne fanno un uso diverso da quello italiano.

Sia l'agricoltura convenzionale che quella biologica fanno uso di fitofarmaci. Nel caso del biologico, va ricordato che anch'esso immette nell'ambiente rame, impattante sui terreni, gli insetticidi usati nel biologico hanno ripercussioni sugli ecosistemi acquatici, senza contare che il valore ecologico dell'agricoltura organica è messo in discussione sia dal consumo del suolo, sia dall'utilizzo di prodotti che provengono dalla filiera non biologica.

L'agricoltura perfetta, quindi, non esiste ed è la qualità ed è la quantità, ricordiamoci, che fa il veleno. Ciò a cui dobbiamo puntare è il massimo equilibrio possibile tra ecologia in primis, salute dei consumatori ed interesse del sistema Paese, tenendo entrambi gli occhi sempre rivolti alle innovazioni scientifiche che ci permettono di modificare in meglio il nostro impatto sull'ambiente.

I fitofarmaci vengono anche utilizzati per la lotta ai parassiti definiti alieni, come la cimice asiatica, comparsi in Italia negli ultimi anni e che stanno mettendo a rischio l'intero settore ortofrutticolo. Questi sono uno degli strumenti finora usati per frenare l'espansione, ma hanno un effetto limitato e per avere un efficace controllo sulla diffusione di questi insetti infestanti è necessario intervenire costantemente con ovvie conseguenze.

Per la difesa della frutticoltura nazionale sono stati avviati studi dedicati per porre in essere interventi con antagonisti naturali dei parassiti, valida alternativa, quindi, all'uso di fitosanitari per combattere il proliferare di questi infestanti.

Premesso, dunque, che un'agricoltura moderna, sia biologica che convenzionale, non può sussistere in totale assenza di agrofarmaci, è importante costruire un'informata consapevolezza sul loro utilizzo, sull'impatto ambientale e consentire al Ministero della salute e dell'agricoltura di potere disporre dei giusti mezzi, anche economici, al fine di stimolare la ricerca su questi ausili.

Nella nostra mozione di maggioranza sottolineiamo come sia importante che il Ministero dalla salute aumenti il suo potenziale scientifico sul tema per quanto concerne le risorse umane a disposizione e il sostegno economico. Molte volte la cosa tragica è che gli esperti che stilano per noi report e studi lavorano sovente a titolo gratuito. Dal momento soprattutto che Francia, Germania, Austria, Olanda, Svezia e Regno Unito si sono già dotati di Commissioni apposite, è l'ora decisamente che lo facciamo anche noi.

I fitofarmaci sono intesi dagli agricoltori e dai tecnici come i rimedi per difendere le piante dai loro nemici e, pertanto, da utilizzare nelle giuste dosi e solo quando necessario, rispettando il periodo che intercorre fra il trattamento e l'uso alimentare delle piante trattate. L'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzato soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard quantitativi e qualitativi delle produzioni agroalimentari.

La riduzione del rischio per la salute umana e per l'ambiente si persegue attraverso un quadro di azioni per l'impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari, lo sviluppo delle tecniche di agricoltura integrata e di approcci e tecniche alternative a quella tradizionale. L'agricoltura integrata è una combinazione di tutte le tecnologie disponibili, che consente di ottenere i migliori risultati col minimo impiego di prodotti chimici; un'agricoltura che senza pregiudizi e senza ideologia integra tutti gli strumenti a disposizione per la protezione delle colture secondo uno schema razionale per produrre quanto più possibile con le risorse disponibili.

L'utilizzo di pesticidi e, in generale, di prodotti fitosanitari in agricoltura è un tema centrale per lo sviluppo sostenibile del settore primario nel nostro Paese; fondamentale è l'interazione tra i prodotti fitosanitari e le necessità agricole in termini di produzione e di mantenimento della quantità, oltre che della qualità produttiva. È indispensabile che l'agricoltura debba trovare un modo per conciliare le proprie esigenze con la salvaguardia dell'ambiente e la salute umana.

Per questi motivi, con la nostra mozione intendiamo impegnare il Governo: ad un più realistico controllo sull'utilizzo dei fitofarmaci; a monitorare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale l'impatto di questi sulle acque; a sostenere le buone pratiche agricole, sia nel caso dall'agricoltura convenzionale, che nel caso di quella biologica; a limitare le concessioni in deroga e a contenere, per quanto possibile, con la consapevolezza che va tutelato il reddito degli agricoltori, l'utilizzo ed alcuni pesticidi; e, infine, a istituire una struttura separata dal Ministero, con autonomia economica e gestionale, che sappia fare ricerca e monitoraggio in modo più efficace e mirato. Quest'ultimo punto è importante soprattutto in quanto ci consentirebbe di metterci al pari con gli altri Paesi europei sopracitati e avere maggiore voce in capitolo in sede europea. L'Italia è un Paese a vocazione agricola, che deve mantenere il suo primato nel settore primario e nella sua biodiversità, nonché nella ricchezza di produzioni e tradizioni. Per questo, consapevoli delle necessità dell'agricoltura moderna, intendiamo promuovere un monitoraggio puntuale, intelligente e rispettoso dei produttori e dei consumatori (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Spena, che illustrerà la mozione Nevi ed altri n. 1-00111, di cui è cofirmataria.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente. Sappiamo quanto sia stringente - e questo, chiaramente, a tutela della nostra salute - la normativa sui prodotti fitosanitari, riguardo alla loro immissione in commercio, alle modalità di vendita e di stoccaggio dei prodotti, ai residui negli alimenti, alla previsione dei periodi di divieto di trattamenti.

È in corso la revisione nazionale del PAN, il nuovo Piano di azione 2019-2024, che sarà fondamentale per l'individuazione di obiettivi quantitativi in termini di riduzione del rischio e di limitazione dell'uso dei prodotti fitosanitari. Uno dei problemi sul tavolo delle autorità competenti riguarda la disciplina della vendita online dei prodotti fitosanitari, secondo modalità che ne garantiscano tracciabilità e controllo delle vendite.

La procedura di autorizzazione della UE per i prodotti fitosanitari è una delle più rigorose al mondo; ciò nonostante è costante lo sforzo per accrescere l'uso di prodotti fitosanitari a basso rischio e accelerare l'attuazione della difesa integrata negli Stati membri. Nel febbraio 2018 il Parlamento ha istituito una commissione speciale per indagare sulle procedure di autorizzazione europee per l'uso dei fitofarmaci. Nel dicembre 2018 il Parlamento ha votato a favore di un aggiornamento della legislazione alimentare che comprende la sicurezza del cibo in tutti gli stadi della catena alimentare. Il 16 gennaio del 2019 il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione, la n. 2153, cosiddetta INI, nella quale si invitano la Commissione UE e gli Stati membri a creare un efficace sistema di vigilanza successiva all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, anche con riferimento all'impatto reale dell'uso di questi prodotti sulla salute umana e animale, rafforzare la ricerca sulle alternative ai prodotti fitosanitari, compresi i metodi non chimici, e sui pesticidi a basso rischio, proprio per trovare delle soluzioni per una agricoltura sostenibile; in merito, poi, alla procedura di autorizzazione dei pesticidi, a rendere anche pubblici tutti quanti gli studi utilizzati, perché ad oggi appaiono ancora poco trasparenti, e, oltretutto, anche di riesaminare sistematicamente tutti gli studi disponibili sui rischi di cancro dell'uso del cosiddetto glifosato e delle formulazioni a base di glifosato, al fine di valutare se sia opportuno riesaminare le approvazioni di questo erbicida, peraltro ampiamente usato in alcuni Paesi, come il Canada, da cui importiamo soprattutto grosse quantità di cereali.

L'agricoltura italiana, come sappiamo, è tra le più green d'Europa, non solo grazie al maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine DOP e IGP, ma anche in termini di biodiversità; infatti, abbiamo 55 mila specie animali pari al 30 per cento delle specie europee, 7.600 specie vegetali, il Paese può contare su 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei francesi.

L'Italia ha conquistato, oltretutto, anche il primato green con quasi 50 mila aziende agricole biologiche in Europa e ha fatto scelta di vietare le coltivazioni OGM a tutela del patrimonio della biodiversità. La Camera, oltretutto, ha approvato nel dicembre 2018 disposizioni per lo sviluppo e competitività della produzione agricola agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico, che, pur essendo apprezzabili in termini di filiera e di sviluppo della filiera, non affrontano, però, adeguatamente il tema dei cosiddetti controlli, in particolare quando si parla di importazione, perché la domanda interna, come sappiamo, non riesce a soddisfare la domanda complessiva di prodotti biologici. D'altronde, Presidente, l'agricoltura biologica non può allo stato essere considerata la soluzione ai problemi di approvvigionamento alimentare dell'Unione, in quanto sappiamo che ha una resa molto bassa. Per mais, frumento, riso e soia il biologico produce fino al 50 per cento in meno.

Per portare solo prodotti bio sulle nostre tavole, oltre a sapere quanto costano i prodotti bio, e quindi c'è una ristretta cerchia di probabili compratori, quindi di probabili acquirenti, avremmo bisogno del doppio della terra da coltivare, ma questo significa anche il quadruplo delle emissioni di gas serra per effetto dei dissodamenti generalizzati. Ipotizzare, quindi, una massiccia conversione delle terre a biologico per aumentare l'attuale 15 per cento delle superfici coltivate in Italia comporterebbe un consumo di suolo enormemente maggiore per avere rese paragonabili a quelle attuali.

L'alternativa c'è, Presidente, ed è già in campo: si chiama, appunto, agricoltura integrata. L'agricoltura integrata degli imprenditori che innovano, che integra tutti gli strumenti di protezione delle colture secondo uno schema razionale per produrre quanto più possibile con le risorse disponibili, usate nel modo più efficiente possibile. Un'applicazione di tale metodologia, peraltro, è contenuta nei vincoli imposti con la politica agricola comunitaria, la cosiddetta PAC greening, nell'ambito della quale viene stimolata già da oggi tramite la rotazione tra colture depauperanti e colture da rinnovo, interrompendo così la monocultura con molteplici benefici ambientali quali il miglioramento della struttura e della fertilità del terreno e la riduzione dell'impiego di fertilizzanti di sintesi, e quindi di prodotti fitosanitari.

La produzione agricola integrata, su cui noi puntiamo, è quella che utilizza tutti i mezzi produttivi di difesa delle produzioni agricole dalle avversità volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e di razionalizzare la fertilizzazione nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici. Quindi, noi cosa chiediamo con la nostra mozione? Chiediamo al Governo, prima di tutto, in sede di revisione del Piano di azione nazionale, cosiddetto PAN, per l'uso sostenibile di prodotti fitosanitari, di assumere iniziative urgenti per uniformare le metodiche di analisi delle acque in tutta quanta la penisola, stante il fatto che è fondamentale tenere sotto controllo i residui di fitofarmaci che si rinvengono nelle acque sia sotterranee che di superficie, e dunque in tutto l'ambiente della catena alimentare; rafforzare gli strumenti di controllo sulla vendita online di prodotti fitosanitari; introdurre delle precise disposizioni in materia di utilizzo di prodotti fitosanitari, con particolare riferimento alle fasce di sicurezza, per evitare il rischio di esposizione a contaminazione chimica delle culture biologiche e di agricoltura integrata. E infine, signor Presidente, di rafforzare i controlli sull'agricoltura biologica, in particolar modo e con particolare riferimento all'importazione di prodotti biologici provenienti da Paesi terzi (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la mozione Gadda ed altri n. 1-00112, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

È iscritta a parlare la deputata Cantone, che illustrerà la mozione Gadda ed altri n. 1-00112, di cui è cofirmataria.

CARLA CANTONE (PD). Grazie, Presidente, sintetizzo la mozione. Intanto una premessa e una proposta al Governo: secondo la FAO, nel 2016 l'Unione Europea ha utilizzato fitofarmaci, è già stato detto, pari all'11,8 per cento del consumo globale e l'Italia è tra i Paesi che in questi anni ne ha ridotto l'utilizzo, ha cercato comunque di ridurne l'utilizzo grazie all'impegno della nostra agricoltura nell'uso sostenibile degli agrofarmaci. Vi è stata un'evoluzione legislativa dell'Unione europea a sostegno di un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari per difendere le colture agricole dai parassiti ed è stata avviata una politica agricola comunitaria per un modello di agricoltura sostenibile. Con la direttiva del 2009 del Parlamento europeo e con il decreto legislativo 2012 per recepire la direttiva europea si è previsto l'istituzione del PAN, il piano di azione nazionale per ridurre i rischi dei prodotti fitosanitari, e lo stesso piano è in via di definizione per l'aggiornamento, perché per noi serve un piano sempre più a difesa dell'agricoltura, ma che guarda al sistema biologico, deve guardare al sistema biologico, come previsto, d'altra parte, dal progetto di legge a firma Partito Democratico, che valorizza gli accordi di filiera e le esperienze dei biodistretti.

Malgrado l'attenzione degli ultimi anni, si è registrato un forte aumento di inquinamento di pesticidi nelle zone monitorate e sono in aumento i multiresidui nelle falde acquifere.

L'indagine Istat mette in evidenza un sostanziale aumento della spesa per l'uso di fitofarmaci, fertilizzanti, pesticidi. Tutto questo anche se l'Italia è considerata, almeno all'interno dall'Europa, un Paese abbastanza sicuro: “abbastanza” non vuol dire ovviamente del tutto sicuro, ma abbastanza sicuro nell'utilizzo di prodotti fitosanitari, in particolare nel settore ortofrutticolo che determina una sicurezza importante nei prodotti alimentari. È bene ricordare che la politica agricola del precedente Governo - non possiamo far finta di niente, va ricordata - ha incentivato nel nostro Paese l'impegno per un piano strategico nazionale sui biodistretti e la definizione di fondi assegnati al settore in modo strutturale proprio per valorizzare la nostra agricoltura, quella agricoltura che guarda al bio, e non al passato. Malgrado la positività di queste politiche agricole, oggi in Europa e in Italia non si dà la giusta attenzione al fenomeno del multiresiduo che mette in pericolo la sicurezza alimentare. Occorre, quindi, attenzione alle ricadute sull'ambiente rispetto all'utilizzo di fitofarmaci e valutare con senso di grande responsabilità il rapporto ISPRA sui pesticidi nelle acque.

Occorre attenzione al cambiamento climatico - è già stato detto -, che determina l'arrivo di nuovi parassiti in Italia. Esempi preoccupanti ce ne sono, ne cito solo uno: gli ulivi dal Salento. Il precedente Governo ha perseguito un'efficace politica per una agricoltura e alimentazione sana con lo scopo di aumentare la protezione della salute umana e animale dall'ambiente, proprio per valorizzare la nostra produzione agricola e, di conseguenza, la filiera alimentare.

La politica dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sempre nella passata legislatura, ha gettato le basi per la protezione dell'ambiente e della salute e per imporre un'attenzione positiva alla produzione agricola e ortofrutticola nel nostro Paese presso l'Unione europea: non perdiamo questi risultati.

Per valorizzare la nostra produzione basta verificare proposte, atti, risoluzioni e autorizzazioni atte a favorire la sostenibilità e interventi sull'innovazione in agricoltura, sia di tecnica sia di prodotto, con l'incentivazione della ricerca, al fine di valorizzare anche la nostra catena agroalimentare, che è una delle più sicure e di qualità nel mondo: è un made in Italy straordinario. Proprio per questo c'è bisogno di non disperdere quella politica, continuare interventi e adeguamenti per combattere parassiti, eliminando pesticidi, con l'utilizzo di prodotti basati sulle biotecnologie verdi per ridurre la dipendenza da prodotti chimici.

L'Unione europea deve adottare politiche di attenzione per i prodotti che arrivano da molti Paesi del mondo, che non hanno la sufficiente attenzione alla protezione della salute e dell'ambiente: per cui occorre attenzione a prodotti fitosanitari che circolano illegalmente in molti Paesi europei e nel mondo e che sono un vero pericolo. Potrei continuare; il punto è quali sono le verifiche, i controlli, i processi innovativi delle aziende produttive, quale legislazione e piani devono essere previsti per mettere in sicurezza consumatori e produttori; un'agricoltura che guarda davvero al bio.

Per tutto questo chiediamo al Governo di impegnarsi nei seguenti modi. Chiediamo che il Governo si impegni a incentivare con misure concrete finalizzate a premiare pratiche agricole che vanno nella direzione della riduzione dei fitofarmaci, che si impegnano nella lotta all'uso dei pesticidi per combattere i parassiti e per mantenere il terreno sano, e favorire - insisto - la produzione biologica.

Chiediamo inoltre che il Governo predisponga un'indagine sul fenomeno del multiresiduo affinché si intervenga sulla sicurezza alimentare ma anche sulla situazione delle zone dove il multiresiduo sta facendo danni pesantissimi per l'intera comunità.

Chiediamo altresì che il Governo si impegni ad armonizzare la legislazione a livello europeo in materia di prodotti fitosanitari anche per tutelare la nostra produzione nazionale.

Chiediamo poi di elaborare un piano di protezione delle aree che riguardano le abitazioni, gli orti, i parchi, i giardini, le scuole, le strutture sanitarie, insomma regole precise di tutela ambientale dove si vive ogni giorno, adulti, anziani e bambini. e finanziare una ricerca adeguata anche per le colture minori.

Chiediamo, ancora, di potenziare i competenti uffici dei Ministeri della salute - lo stavamo facendo - delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo - lo stavamo facendo - e il ruolo degli esperti del CREA.

Chiediamo poi di stanziare risorse adeguate per il monitoraggio compiuto dall'ISPRA sullo stato di contaminazione delle acque coinvolgendo i servizi regionali: non può essere solo un fatto nazionale ma abbiamo bisogno di coinvolgere le zone e le regioni che devono essere anch'esse impegnate su questo.

Chiediamo altresì di dare il giusto riconoscimento a chi ha investito a favore di un'agricoltura rispettosa dell'ambiente e della salute: sono incentivi che aiutano a capire cosa bisogna fare per queste tutele.

Chiediamo pure di dare piena attuazione alla risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2019 sulla procedura di autorizzazione dei fitofarmaci nell'Unione.

Infine, credo che il giusto obiettivo per tutti debba essere lo sviluppo ecosostenibile e, quindi, la riduzione della chimica nel suolo: vuol dire salvare da grandi pericoli la nostra terra, la nostra agricoltura, il nostro vivere ogni giorno e il futuro di tante generazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e di Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Pesce qui presente.

Ieri era la Giornata della memoria e mi è balzata l'attenzione sulla figura di Fritz Haber, chimico tedesco e padre della guerra chimica, visto riuscì a sintetizzare l'Yprite, il gas della prima guerra mondiale. In realtà, sintetizzò anche un topicida, che era il Zyklon B, che fu usato dai nazisti nelle camere a gas.

Haber, però, è anche conosciuto come un benefattore dell'umanità perché portò alla sintesi chimica dell'ammoniaca, il processo di Haber-Bosch. Questo processo, secondo molti studi, ha fatto sì che la popolazione mondiale si sia raddoppiata.

Questo è per dire che la chimica nell'agricoltura ha avuto un ruolo che va studiato, va analizzato, va visto: è chiaro che è necessario procedere con la ricerca, per evitare che gli effetti negativi della chimica possano portare a molti più effetti negativi che all'effetto dell'aumento di una certa produttività. Dal ciclo di Haber-Bosch è arrivato, infatti, indirettamente un sovvertimento dell'intero ciclo dell'azoto, che è un ciclo geochimico naturale molto, molto importante. Si è raddoppiato il trasferimento annuale di azoto tra forme biologiche. L'uomo ha contribuito poi al rilascio di composti di azoto nell'atmosfera e al loro scarico nei bacini idrici. Queste alterazioni si ritrovano sia in Asia, ma anche, ad esempio, in Italia, in Pianura Padana, dove ci sono i maggiori livelli mondiali.

Queste alterazioni dei cicli geochimici ci portano anche alla riduzione della biodiversità, con effetti sulla salute e sulla sostenibilità che potrebbero banalmente essere limitati e affrontati valutando la riduzione generale del consumo delle proteine animali. L'agricoltura industriale oggi contribuisce a circa il 20 per cento delle emissioni globali dei gas climalteranti.

Nella stessa Pianura Padana, che è la zona più elevata a produzione agricola nazionale, un giorno su due l'aria è considerata cancerogena o per superamento delle polveri sottili o dell'ozono. A Mantova, dove vivo, sono 181 i giorni di superamento e per arrivare a equiparare - non è possibile che non ci siano anche giorni di aria pulita - si vuole infatti costruire un nuovo inceneritore. Il glifosato è stato inventato nel 1950, ma è stato brevettato solo nel 1970 da altri ricercatori afferenti alla Monsanto. I diritti sono stati tolti dal 2001. È un prodotto che ha una grandissima efficacia, entra, in circa 60 minuti, nell'intera pianta e inibisce un enzima, l'enzima epsps, blocca la produzione di tre aminoacidi essenziali per la sintesi delle proteine; questo è un enzima che, grazie al cielo, è solo nelle proteine vegetali.

Ci sono state varie mobilitazioni: sono oltre 1.300.000 le firme raccolte per la messa al bando di questa molecola da un'iniziativa dei cittadini europei ed esiste anche nel nostro Paese la coalizione “stop al glifosato”. È stata fatta un'azione molto significativa da due regioni che mi risultano essere Calabria e Toscana, con provvedimenti concreti per la sua messa al bando, escludendo dai sussidi economici le aziende che continuino ad utilizzarlo. Probabilmente è un po' questa la strada da intraprendere, quella dell'economia. Il Piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, PAN, del 2014, recepisce la direttiva 2009/128/CE, ma è necessario migliorare l'efficacia dell'impianto sanzionatorio - ci sono misure di contrasto biologiche che non sono ancora abbastanza adeguate - e deve essere rivisitata globalmente l'impostazione del Piano. La presenza dei pesticidi nelle acque italiane è molto importante: sono stati trovati i pesticidi in oltre il 67 per cento delle acque superficiali e nel 33 per cento delle acque profonde; nell'8 per cento dei casi delle falde profonde c'è un superamento addirittura dei limiti; vuol dire che in acque potenzialmente potabili ci sono pesticidi e la cosa più grave è che probabilmente ci resteranno per molto tempo perché è molto difficile che una falda catabolizzi queste sostanze, quindi siamo già arrivati a un punto molto importante. Abbiamo dati piuttosto frammentari da regione a regione ed è importante – infatti, è uno degli impegni cardine di questa mozione – avere dati più chiari da tutto il territorio.

C'è un'integrazione importante della parte agricola - io sono in Commissione ambiente, della parte ambientale - e c'è un'altra direttiva, la direttiva del 2000/60/CE, la direttiva quadro acque, che prevede di iniziare a monitorare lo stato chimico delle acque superficiali. La deroga è consentita solo se gli impatti non aumentano, cosa che non sta succedendo per molte regioni italiane, anche perché ci sono, appunto, impatti cumulativi (azoto, fosforo e pesticidi).

Abbiamo i suoli che ricevono fanghi, gessi di defecazione, liquame, rifiuti non compostati, come a Revere in provincia di Mantova, dove si vogliono spandere digestati non compostati, con un rischio anche microbiologico per la bassa temperatura e un rischio chimico aggiuntivo e poi, appunto, i pesticidi: si verifica un reiterarsi quasi automatico di emergenze, per cui poi si autorizza l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario, in base all'articolo 53 del regolamento della Commissione europea n. 1107.

C'è il problema del rischio di scomparsa vera e propria delle api. L'UNAAPI afferma che, sebbene non ci sia certezza sulle molecole che hanno provocato tali conseguenze, oltre ai neonicotinoidi, è assai probabile che ci sia un accentuato uso di altre molecole come il clorpirifos e il fungicida tebuconazolo, che esplicano effetti nocivi sulle popolazioni di api e quindi sull'impollinazione delle piante e sull'efficacia e sulla resa agricola globale.

Questa mozione impegna il Governo a potenziare il sistema dei controlli sull'uso corretto dei pesticidi in agricoltura, rivolti ai prodotti agroalimentari importati dai Paesi terzi, per cui è possibile dimostrare che siano stati utilizzati o trattati con il glifosato oltre soglia europea; a vigilare affinché il monitoraggio del livello di contaminazione dei pesticidi nelle acque sia omogeneo su tutto il territorio nazionale e che tutte le regioni si dotino di un piano per la tutela delle acque; a intraprendere ogni iniziativa utile a rivedere e a migliorare il Piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari; a emanare gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal PAN, ove non ancora adottati.

Per quanto riguarda le api, è assolutamente necessario salvaguardare l'azione pronuba, non solo durante il periodo di fioritura, ma anche in quello di melata, e promuovere, in accordo con le regioni e le province autonome, una capillare azione di controllo e vigilanza per la repressione dell'uso di fitofarmaci e principi attivi vietati o non autorizzati. La mozione impegna anche a valutare l'opportunità di rendere più efficace il piano sanzionatorio e limitare il più possibile il ricorso alle autorizzazioni in deroga consentite, appunto, dagli articoli citati; a intervenire per un divieto definitivo, e non solo parziale e temporaneo, dei neonicotinoidi e degli altri insetticidi sistemici dannosi per i pronubi.

È necessaria, a mio parere, una maggiore integrazione fra il Ministero della Salute e quello dell'Ambiente e dell'agricoltura. In Aula, due giorni fa, il 25 gennaio, a una mia interpellanza è stato risposto dal Ministero dell'Ambiente come i suoli italiani sono, in effetti, in via di desertificazione. Il Ministero dell'Ambiente sta lavorando per favorire l'apporto di sostanza organica agli stessi, attraverso meccanismi di incentivazione all'utilizzo del compost e il riconoscimento del ruolo utile dello stesso in termini di incremento della sostanza organica e di stoccaggio al suolo del carbonio, con riduzione delle emissioni serra.

Con riferimento alla desertificazione, l'ISPRA ha promosso il Progetto Sias per costruire un database dei dati sul carbonio nel suolo, attraverso l'omogeneizzazione delle informazioni regionali.

Nell'ambito delle attività per la realizzazione della Carta mondiale del carbonio organico del suolo, realizzata dal Global Soil Partnership, l'Italia ha elaborato la mappatura del carbonio organico nel suolo a livello nazionale.

Il nostro Paese, unico tra i Paesi europei, dal 2015, ha aderito a un progetto pilota della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, volto a definire valori-obiettivo nazionali di neutralità in termini di degrado del suolo.

In generale, anche i nuovi finanziamenti all'agricoltura, anche la nuova PAC vedrà una maggiore integrazione fra i temi ambientali e i temi agricoli; sarà, a mio parere, necessaria questa integrazione per comprendere come favorire l'agricoltura italiana anche in termini di produttività, ma spingendo soprattutto sulle eccellenze e sul biologico, che riceve oggi meno di due miliardi, sugli oltre sessanta che arrivano all'agricoltura italiana. Attendiamo appunto l'approvazione della legge sul biologico che adesso dovrebbe avvenire a breve in Senato.

In Italia risultano spese importanti per acquistare prodotti fitosanitari e circa un miliardo di euro per centoventicinque milioni di chilogrammi, ancora di più per i fertilizzanti (un miliardo e mezzo di euro). Il principio attivo utilizzato in Italia, secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, sale a 5,7 chilogrammi per ettaro dai 3,8 medi dell'Unione europea, per cui è un tema, per l'Italia, molto importante. Il glifosato in realtà, a parte studi a volte contrastanti, secondo lo IARC è un probabile cancerogeno, di livello 2, che è un livello molto importante, di grande allarme. In California, nel maggio 2018, la corte di appello di Fresno ha potuto respingere le richieste della Monsanto di togliere il glifosato dalla lista dei cancerogeni. Ricordiamo che abbiamo situazioni di caporalato – anche nella mia provincia, Mantova – dove addirittura alle vittime del caporalato viene data, invece dell'acqua, i contenitori di glifosato e, concordando tutti sull'effetto quantitativo del danno alla salute di queste sostanze, bisogna cercare assolutamente di ridurre l'esposizione, altro che caporalato. Secondo studi del Massachusetts Institute of Technology, la dottoressa Stephanie Seneff dice che l'esposizione a glifosato può mimare quadri di celiachia; dove è stato utilizzato a scopo massivo disseccante sono aumentate patologie importanti, sono state osservate malformazioni importanti in animali e il glifosato blocca la degradazione dell'acido retinoico che si accumula nel feto ed è notoriamente causa di anencefalia, e interrompe gli enzimi (citocromo P-450) che si accumulano nel fegato, e l'enzima appunto che decompone l'acido retinoico. In Cina, con l'aumento delle importazioni di soia, OGM e roundup sono cresciuti infertilità, autismo e Parkinson.

È recentissima la segnalazione dello studio dell'agenzia per la sicurezza francese del riscontro del glifosato anche nei pannolini per l'infanzia e sono state emanate raccomandazioni, una sorta di mozione che verrà inviata all'attenzione del Parlamento francese perché vengano tolte le sostanze profumanti nei pannolini e ci sia un controllo importante della composizione di tutto quello che è, cosiddetto, naturale dentro ai pannolini, perché, chiaramente, l'esposizione nella prima infanzia può avere un effetto ancora più grave. Chiaramente, le marche di questi prodotti sono presenti un po' su tutto il territorio dell'Unione europea, per cui è chiaro che ci deve essere una grande attenzione; il nostro gruppo presenterà un'interpellanza al Ministero della salute su questi riscontri.

L'ambiente è il futuro, l'ambiente sono i nostri figli. Il Ministero dell'ambiente intende difendere il compostaggio; io sto studiando i dati sulla gestione dei rifiuti e la salute. Secondo l'ATS di Bergamo, a Calcinate, dove c'è il più grande impianto di compostaggio della provincia, con oltre 80.000 tonnellate, non ci sono effetti particolari sulla salute, viene rispettato il limite di malformazioni del 2 per cento, secondo EUROCAT, poi, ci sono vari fattori di pressione, ma ci sono altri comuni della provincia di Bergamo, impattati da discariche o inceneritori, come Boltiere, Chignolo d'Isola, Medolago, dove le malformazioni arrivano al 10 per cento dei nati. Quindi, dal 2 si passa al 10, cioè un bambino su dieci; dati da approfondire, ma vanno destinate risorse per studi pluriennali, sistematici e nazionali. Tuttavia, il compost, apparentemente, anche su questi dati ancora frammentari, può essere il futuro anche nell'agricoltura sostenibile, così come il recupero del fosforo. Bene che il Ministero dell'ambiente abbia formalizzato la piattaforma del fosforo per recuperarlo dai liquami della depurazione civile e non importandolo, poiché l'importazione porta spesso prodotti inquinati addirittura da sostanze con una parziale radioattività. Così come è importante la ricerca di alternative al glifosato, la ricerca e gli sgravi economici, per ridurre gradualmente i pesticidi e andare verso un'alimentazione sana e biologica.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Prendo atto che la rappresentante del Governo non intende replicare.

Il seguito del dibattito è rinviato a una prossima seduta.

ROSSELLA MURONI (LEU). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Mi scusi, Presidente, ma intervengo per chiedere un chiarimento, nel senso che la mozione di maggioranza mi sembrava essere stata illustrata dal collega Viviani; io sono molto d'accordo con quello che ha detto l'onorevole Zolezzi, quindi, mi domandavo se fossero due mozioni diverse, perché, se l'intervento dell'onorevole Zolezzi diventa la mozione di maggioranza, io sono anche disponibile a sottoscriverla.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Muroni, apprezzo l'utilizzo del sistema regolamentare, credo che sia un dibattito di merito che avremo il piacere di ascoltare durante le dichiarazioni di voto.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 29 gennaio 2019 - Ore 11:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 14)

2. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

D'UVA ed altri: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1.

(C. 1173-A)

e delle abbinate proposte di legge costituzionale: CECCANTI ed altri; CECCANTI ed altri; ELISA TRIPODI ed altri; MAGI. (C. 726-727-987-1447)

Relatori: DADONE, per la maggioranza; CECCANTI, SISTO e SPERANZA, di minoranza.

3. Seguito della discussione delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103, Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 e Lollobrigida ed altri n. 1-00108 concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione .

4. Seguito della discussione delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00100, Luca De Carlo ed altri n. 1-00109, Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00110, Nevi ed altri n. 1-00111 e Gadda ed altri n. 1-00112 concernenti iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico .

La seduta termina alle 15,30.