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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 85 di venerdì 16 novembre 2018

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA.

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bianchi, Fassino, Formentini, Iovino, Orsini e Sodano sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito all'accordo firmato il 31 ottobre 2018 per il rinnovo della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori della compagnia aerea Alitalia Sai - n. 2-00168)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Fassina e Fornaro n. 2-00168 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Fassina se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il signor sottosegretario. La nostra interpellanza urgente si iscrive in un quadro molto preoccupante per quanto riguarda il futuro di Alitalia, compagnia aerea che, come è noto, è in amministrazione straordinaria. Il 31 ottobre scorso è scaduto il termine per la presentazione di offerte vincolanti, siamo al 16 novembre e non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale, non è stata data alcuna comunicazione ufficiale sulle offerte giunte e sulle prospettive industriali della compagnia aerea, nonostante i sottoscritti e altri colleghi di altri gruppi abbiano chiesto al Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Di Maio, di riferire in Commissione trasporti su quanto è avvenuto e sulle valutazioni del Ministero in relazione alle offerte giunte.

In questo contesto, che permane, per quanto è dato sapere, un contesto di profonda incertezza, il 31 ottobre 2018 è stato sottoscritto un ulteriore accordo di cassa integrazione straordinaria che riguarda 1.360 lavoratori e lavoratrici a tempo pieno equivalente, con 250 lavoratrici e lavoratori in cassa integrazione a zero ore. Anche nelle tre precedenti tornate di accordi di cassa integrazione, perché quella che si è definita il 31 ottobre è stata la quarta, sono state riscontrate, da parte di alcune organizzazioni sindacali, ma anche da parte, per quanto abbiamo potuto leggere, dell'ispettorato di Roma del Ministero del Lavoro, anomalie per quanto riguarda la selezione delle lavoratrici e dei lavoratori che sono finiti in cassa integrazione straordinaria.

In particolare, le anomalie riguardano la cassa integrazione straordinaria del personale di volo, piloti e assistenti di volo, e riguardano il personale di terra, che sarebbe stato coinvolto in queste procedure di cassa integrazione nonostante contestualmente si siano definite esternalizzazioni per i servizi che poi hanno visto i lavoratori e le lavoratrici coinvolti finire in cassa integrazione. Come ricordavo prima, vi sono state ispezioni da parte del Ministero del Lavoro di Roma, in base alle quali, dalle informazioni che abbiamo potuto leggere su alcuni quotidiani, sono state definite sanzioni per 3,5 milioni di euro, in quanto sono state riscontrate infrazioni alla normativa sul personale di volo; riscontri che poi hanno portato anche all'invio di una relazione alla procura della Repubblica di Civitavecchia. In questo contesto, vorremmo sapere dal Governo in base a quali valutazioni ha ritenuto di poter concedere il 31 ottobre 2018 un ulteriore ricorso alla cassa integrazione guadagni, nonostante i rilievi che sono stati definiti e la multa comminata da parte dell'ispettorato del lavoro di Roma.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie Presidente, grazie onorevole. La grave crisi che, ormai da svariati anni, sta interessando Alitalia rappresenta il fallimento di strategie economico-industriali che hanno avuto come effetto diretto quello di portare al collasso quella che una volta era la nostra grande compagnia di bandiera e che oggi soffre terribilmente, a causa delle strategie industriali perseguite, la concorrenza degli altri grandi vettori europei. Anche in questo caso, dunque, il Governo, a pochi mesi dal suo insediamento, raccoglie un'eredità pesante; nonostante ciò, posso serenamente affermare che, così come avvenuto per altre vicende analoghe, e mi riferisco per mera esemplificazione al caso Ilva, riusciremo a garantire una soluzione a questo delicato e strategico settore.

È nostra intenzione assicurare il rilancio di Alitalia in una prospettiva di lungo periodo, ma, in attesa di selezionare un partner industriale solido e affidabile che garantisca il rilancio di Alitalia, la priorità è quella di salvaguardare i lavoratori della società. A tal fine, evidenzio la centralità delle attività che i due Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico stanno portando avanti per garantire che la nuova strategia industriale non riverberi i suoi effetti sui profili occupazionali. Con specifico riferimento alle problematiche evidenziate nell'interpellanza, e, quindi, alle presunte irregolarità dell'applicazione della cassa integrazione straordinaria al personale di volo e al personale di terra della società Alitalia in amministrazione straordinaria, segnalo che il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha richiesto a tutti gli ispettorati territorialmente competenti di compiere i dovuti accertamenti sui fatti segnalati e denunciati in modo circostanziato dall'organizzazione sindacale CUB Trasporti.

Fatti sui quali sono in corso le indagini della magistratura, alla quale spetta accertare eventuali situazioni di illegalità e le connesse responsabilità, per le quali si è tenuti al più stretto riserbo. Per quanto di competenza, voglio ribadire quanto poc'anzi affermato, vale a dire l'impegno del Governo per proseguire in tutte quelle attività necessarie per assicurare la salvaguardia delle sorti occupazionali dei lavoratori coinvolti da questa crisi. È proprio per questo che lo scorso 31 ottobre è stato siglato l'accordo governativo di proroga della cassa integrazione straordinaria. Alitalia ha, infatti, rappresentato al Ministero del Lavoro l'esigenza aziendale di proseguire il suddetto trattamento di integrazione salariale senza soluzione di continuità, soprattutto al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.

In conformità alla normativa di settore e nel rispetto delle tempistiche ivi previste, il Ministero del Lavoro ha convocato le parti interessate per una serie di riunioni, l'ultima il 6 novembre scorso con la USB, per l'espletamento dell'esame congiunto richiesto. Nel corso dei suddetti incontri le parti si sono ampiamente confrontate sulla necessità per l'azienda di ricorrere a un ulteriore periodo di cassa integrazione straordinaria e sulle modalità di utilizzo dell'ammortizzatore sociale richiesto. All'esito di questo confronto tra le parti, mediato dal Ministero del Lavoro, presente altresì il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, le stesse sono addivenute alla sottoscrizione dell'accordo di cassa integrazione straordinaria con le organizzazioni sindacali FILT-CGIL, FIT-CISL, UIL Trasporti , UGL Trasporto Aereo, e con Anpav (Associazione nazionale professionale assistenti di volo) e Anpac (Associazione nazionale professionale aviazione civile).

Nel citato accordo, la società si è altresì impegnata ad utilizzare l'ammortizzatore sociale richiesto nel pieno rispetto della normativa vigente in materia. Concludo questo mio intervento confermando l'impegno di questo Governo nel seguire la vicenda Alitalia, riponendo fiducia nel fatto che questa azienda possa avere quell'ambizione strategica necessaria per ritornare ad essere un vettore di primo piano, asset fondamentale anche per incrementare il volume dei turisti presenti nel nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Fassina ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario per la risposta, però non siamo soddisfatti. Abbiamo posto delle questioni specifiche. L'impegno del Governo per risolvere una vicenda complicata ed ereditata in un quadro di difficoltà lo prendiamo per buono. Dopodiché, appunto, siamo al 16 novembre, è scaduto il termine per la presentazione di offerte vincolanti e permane un quadro di grande incertezza, di assenza di informazioni; con l'interpellanza urgente abbiamo chiesto una valutazione del Governo su quelle che risultano essere violazioni dei criteri di attribuzione della cassa integrazione straordinaria. Abbiamo chiesto, in un passaggio specifico, informazioni rispetto alla sanzione che è stata comminata dall'ispettorato del lavoro di Roma, tre milioni e mezzo di euro, alla compagnia Alitalia SAI, in relazione ad infrazioni avvenute per quanto riguarda la normativa sul personale di volo.

Non abbiamo avuto risposte, lo ripeto, non abbiamo avuto risposte e, poi, dalle informazioni che abbiamo, anche la risposta che ufficialmente è stata inviata da una dirigente del Ministero del Lavoro alle organizzazioni sindacali, che hanno sottolineato e hanno segnalato i problemi al Ministero, è stata estremamente evasiva, con un invito di accesso agli atti che, ovviamente, non ha bisogno di autorizzazione ministeriale per potersi esercitare. Quindi, confermiamo la nostra preoccupazione e ci aspettiamo, nel più breve tempo possibile, che il Ministero comunichi al Parlamento e ai sottoscrittori dell'interpellanza che abbiamo appena affrontato le risultanze delle ispezioni che sono state ricordate dall'onorevole sottosegretario.

(Intendimenti del Governo in merito alla salvaguardia della situazione produttiva e occupazionale dell'azienda Pernigotti in relazione al tavolo di crisi convocato presso il Ministero dello sviluppo economico - n. 2-00174)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Delmastro Delle Vedove ed altri n. 2-00174 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Frassinetti se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente; ringrazio anche il Governo per la sua presenza. I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle politiche sociali per sapere, premesso che è notizia di questi giorni che la storica fabbrica della Pernigotti di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, ha chiuso i battenti. La notizia è stata data dai sindacati, a seguito di un incontro con i rappresentanti del gruppo turco Toksöz, proprietario della storica azienda dolciaria, fondata nel 1868, e marchio storico dell'industria alimentare italiana, conosciuta in tutto il mondo.

Secondo quanto comunicato da fonti sindacali, la proprietà ha sempre negato di voler dismettere le attività dello stabilimento di Novi Ligure e la decisione definitiva di fermare gli impianti appare, agli interpellanti, essere il frutto consapevole di una serie di omissioni nella veridicità delle informazioni fornite ai rappresentanti dei lavoratori e delle istituzioni locali.

L'azienda impiega ancora stabilmente 100 persone, alle quali si devono aggiungere i lavoratori stagionali e l'indotto di un'area urbana di circa 75 mila abitanti. Molte famiglie hanno o hanno avuto un componente occupato grazie alla Pernigotti.

L'azienda ha subito alcuni passaggi di mano che ne hanno impoverito il potenziale; nello stabilimento sono stati raggiunti anche picchi di seicento occupati. La famiglia Pernigotti ha ceduto la proprietà alla famiglia Averna nel 1995. Gli Averna non hanno mai investito nell'ammodernamento dei macchinari e nell'evoluzione delle linee produttive, a giudizio degli interpellanti, minando alla base la competitività dell'azienda.

Nel 2013, Averna cede la proprietà a Sanset Food, divisione alimentare del gruppo turco Toksöz; fin da subito, è apparso evidente come l'interesse dei turchi fosse quello di rilevare l'importanza e la storicità del marchio, senza tener conto della storia, della cultura dolciaria del territorio, nonché dei lavoratori e delle loro famiglie. Nel 2015 Toksöz chiude il reparto logistica che impegnava cinquanta dipendenti, esternalizzandolo a Parma. Secondo fonti vicine al dossier, l'azienda sarebbe pronta a fare la stessa cosa con il resto dello stabilimento, poiché pare ne abbiano costruito uno nuovo in Turchia. In Italia verrà mantenuta solo la rete marketing a Milano, volta a sostenere la vendita dei prodotti made in Turchia.

Attraverso una nota stampa, l'azienda ha reso noto di essere alla ricerca di un partner industriale in Italia, a cui affidare la produzione e per ricollocare i dipendenti presso aziende del medesimo settore terzisti. Sempre secondo la summenzionata nota, l'azienda sta già dialogando con alcune realtà italiane del settore dolciario. Dall'analisi della situazione è difficile fidarsi della dichiarazione di intenti di esternalizzare in Italia. Ad avviso degli interpellanti, appaiono del tutto evidenti le intenzioni del gruppo Toksöz: mantenere la proprietà di un marchio storico e italiano, produrre a basso costo e a bassa qualità in Turchia, vendere in Italia e nel mondo un cioccolatino turco, spacciandolo per italiano. In altre parole: delocalizzazione. Un comunicato del Ministero dello Sviluppo economico ha reso noto che il 15 novembre 2018, alle ore 10, è stato convocato presso il medesimo Ministero il tavolo di crisi presieduto dal vicecapo di Gabinetto, Giorgio Sorial, per discutere della situazione produttiva e occupazionale inerente alla società Pernigotti. Chiediamo ora quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla salvaguardia dei livelli occupazionali, della produzione italiana e della qualità del made in Italy, nel corso del tavolo di crisi al Ministero dello Sviluppo economico.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Claudio Durigon, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie Presidente, rispetto alla situazione di crisi che la storica società dolciaria Pernigotti sta attraversando, come è stato fatto in questi mesi per altre realtà, il Ministero dello Sviluppo economico ha agito immediatamente, convocando, com'è noto, il tavolo di crisi che si è tenuto ieri. Non mi dilungo sulle notizie circa gli ultimi eventi che hanno riguardato la suddetta società, in quanto ritengo che siano già ben noti agli interpellanti e che, gli stessi, siano già stati rappresentati dal Ministro Luigi Di Maio durante la seduta del question time di mercoledì scorso, in Aula, alla Camera. Vengo pertanto a rispondere ai quesiti posti nell'atto in discussione, in relazione a quanto è emerso dal tavolo di confronto presieduto dal medesimo Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro per discutere della situazione produttiva e occupazionale dell'azienda Pernigotti, dopo la decisione del gruppo turco proprietario del marchio di chiudere lo stabilimento di Novi Ligure.

Relativamente agli intendimenti del Governo in merito alla vicenda, il Ministro Di Maio ha tenuto a precisare che Pernigotti è un marchio del made in Italy e che lo stesso esiste grazie alla tradizione del territorio e ai sui lavoratori. Pertanto, all'azienda sarà offerta la disponibilità sia della cassa integrazione che sugli incentivi tecnologici, affinché il destino dei lavoratori non sia diviso da quello del marchio.

A tal proposito, il Ministro ha comunicato che il Presidente del Consiglio intende convocare, presso la sede della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Pernigotti, al fine d'incontrare direttamente la proprietà, per un confronto costruttivo sul futuro del sito produttivo e dei lavoratori e che, qualora la proprietà decidesse di non dover più investire a Novi Ligure, dovrà dare la totale disponibilità a cedere il marchio e lo stabilimento.

Pertanto, si rappresenta che il Governo si impegnerà affinché vengano individuati dei nuovi soggetti interessati alla reindustrializzazione dell'area e alla salvaguardia occupazionale, utilizzando l'accesso al trattamento straordinario di integrazione salariale per i lavoratori coinvolti. Infatti, grazie all'introduzione, da parte di questo Governo, della cassa integrazione per cessazione, articolo 44 del decreto “emergenze”, eliminata dal Jobs Act, sarà possibile prevedere una misura di sostegno ai lavoratori che dovrà, però, essere temporanea e ponte per la ripresa delle attività produttive.

Circa la salvaguardia dei prodotti italiani, evidenzio che la tutela del made in Italy è uno dei principali obiettivi di questo Governo, come dimostra una serie di interventi normativi degli ultimi mesi, tra cui preme ricordare il decreto “dignità”, con cui si è posto un forte freno alle delocalizzazioni che affliggono il Paese, nonché apposite misure per il disegno di legge di bilancio volte a potenziare il made in Italy e a incoraggiare gli investimenti e l'innovazione nel nostro Paese. Inoltre, si evidenzia che un ulteriore impegno sarà quello di prevedere un nuovo intervento normativo che abbia come finalità quella di rendere strettamente legati i marchi al territorio di provenienza. In conclusione, è evidente l'attenzione che il Governo sta dimostrando riguardo a tale situazione di crisi, nonché l'intento di trovare un percorso da intraprendere per salvaguardare un marchio come Pernigotti, al fine di non permettere che pezzi di storia d'eccellenza del made in Italy vadano persi.

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente; ringrazio anche il Governo per la risposta, ma, nonostante gli sforzi profusi in questi giorni, non ci possiamo dichiarare soddisfatti, perché riteniamo che questa crisi della Pernigotti sia solamente la punta di un iceberg.

Abbiamo purtroppo, già in passato, constatato come la dinamica di queste multinazionali straniere sia quella all'inizio di effettuare molte promesse, ma poi, nel caso concreto, molte aziende spariscono, vengono svuotate del loro contenuto. Qui abbiamo un'identità territoriale della Pernigotti, che è un'azienda antichissima, che ha sempre rappresentato un'eccellenza dell'industria dolciaria italiana, ed è anche un simbolo, come tante altre aziende che purtroppo hanno incontrato poi sul loro cammino la mannaia della globalizzazione, che le ha costrette alla chiusura.

Noi apprezziamo i tavoli, apprezziamo anche che il Presidente del Consiglio abbia stabilito questi incontri, ma pensiamo che ci vogliano delle misure più concrete, così come abbiamo dichiarato anche nella discussione sul decreto-legge “dignità”. Su 150 società italiane che hanno avuto una procedura di questo genere la metà è scomparsa e questo purtroppo non ci induce all'ottimismo. Sappiamo che la proprietà turca ha già predisposto ad Istanbul, nella parte europea di Istanbul, l'attività, il luogo dove si svolgerà questa attività, e temiamo quindi che la specificità del made in Italy - e la sua qualità, perché si tratta comunque di una qualità di cioccolato veramente molto importante, rilevante, con una sua originalità - non possano essere conservate e non possano essere tutelate in questo modo.

In questi giorni gli operai hanno manifestato, anche distribuendo cioccolatini, cercando proprio di dare la sensazione di quanto siano attaccati a queste tradizioni e a questa industria. Non possiamo più vendere e svendere i gioielli di famiglia, non possiamo più essere saccheggiati in questo modo, perché purtroppo la delocalizzazione è uno dei problemi, delle urgenze e delle emergenze che mettono in crisi e in ginocchio la nostra economia e impediscono quella ripresa di cui tanto si parla: osservando nel concreto questi eventi, tutto questo non può che indurci al pessimismo.

Fratelli d'Italia, che ha tra i punti prioritari del programma la difesa del made in Italy, anche sul caso Pernigotti sarà sempre attenta in questo periodo, e garante del fatto che si riesca a salvare in tutti i modi un pezzo di storia, non solo del Piemonte ma anche di tutta l'Italia; e - scusate il bisticcio di parole - speriamo non ci rimanga l'amaro in bocca.

(Iniziative volte alla salvaguardia degli studi storici e del tema storico nell'ambito dell'esame di maturità, alla luce della circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 4 ottobre 2018 - n. 2-00171)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Frassinetti e Lollobrigida n. 2-00171 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Frassinetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Presidente, i sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, premesso che la conoscenza della storia è l'elemento essenziale nella formazione dell'uomo e del cittadino, e concorre in maniera primaria alla formazione delle idee, permettendo di comparare i diversi accadimenti che hanno caratterizzato nei secoli gli eventi politici anche della propria nazione.

L'Italia è la culla dell'arte, dell'architettura, della musica e della storia d'Europa. Per dirla con Cicerone, la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell'antichità. Ogni città italiana è ricca di monumenti, che richiamano del nostro Paese milioni di turisti, ognuno dei quali forma parte integrante della storia dell'Occidente. Secondo i dati rilevati da Alma Laurea, i laureati in storia nell'anno 2018 sono i più flessibili e capaci di adattamento nell'ingresso al mondo del lavoro, e appare quindi quanto mai necessaria la valorizzazione dello studio della materia. Come detto dal Coordinamento della giunta centrale per gli studi storici e delle società degli storici, la scomparsa della tradizionale traccia di storia dalle tipologie previste per l'esame di maturità sembra seguire un percorso di marginalizzazione della storia nel curriculum scolastico, e svilire in questo modo la specificità del sapere storico nella formazione scolastica; significa inoltre accelerare, forse senza rendersene conto, un processo già in atto di riduzione del significato dell'esperienza del passato come patrimonio di conoscenze per la costruzione del futuro.

Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con la circolare del 4 ottobre 2018, n. 3050, e il documento conclusivo del gruppo di lavoro nominato con decreto ministeriale n. 499 del 10 luglio 2017, incaricato di elaborare proposte per migliorare le competenze, conoscenze e abilità nella lingua italiana degli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, ha eliminato il tema storico dalle tracce della maturità, in quanto l'ambito storico si troverà solo nel testo di tipo argomentativo. Questa scelta è stata fatta senza che nessuno abbia mai consultato gli storici, gli insegnanti e gli studenti, nelle scuole e nel mondo accademico. Chiediamo quindi quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di salvaguardare il tema storico all'interno dell'esame di maturità.

PRESIDENTE. Il Vice Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, Lorenzo Fioramonti, ha facoltà di rispondere.

LORENZO FIORAMONTI, Vice Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca. Presidente, ringrazio l'onorevole Frassinetti e i suoi colleghi per l'interpellanza.

Venendo al quesito da lei posto, onorevole Frassinetti, ricordo che in coerenza con quanto previsto dal riordino del secondo ciclo di istruzione, cioè i decreti del Presidente della Repubblica nn. 87, 88 e 89 del 2010, e dalle successive indicazioni nazionali e dalle linee guida, la prima prova scritta è finalizzata a verificare la padronanza della lingua italiana. In tal senso, il decreto legislativo n. 62 del 2017 ha recepito il soprarichiamato dettato normativo. Difatti, al comma 3 dell'articolo 17 è specificamente indicato che: “La prima prova in forma scritta accerta la padronanza della lingua italiana o della diversa lingua nella quale si svolge l'insegnamento, nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato. Essa consiste nella redazione di un elaborato con differenti tipologie testuali, in ambito artistico, letterario, filosofico, scientifico e soprattutto storico, sociale, economico e tecnologico. La prova può essere strutturata in più parti, anche per consentire la verifica di competenze diverse, in particolare della comprensione degli aspetti linguistici, espressivi e logico-argomentativi, oltre che della riflessione critica da parte del candidato”.

Ne deriva che l'obiettivo della prima prova è di verificare e valutare la capacità dello studente di padroneggiare la lingua italiana, di produrre testi chiari e corretti, di affrontare con sicurezza un argomento, di svilupparlo mettendo in campo conoscenze, giudizi e idee personali, di ragionare in modo organico facendo leva anche sulle capacità critiche. Tutto ciò in risposta alla normativa italiana ed europea, da tempo recepita ed attuata nel nostro sistema nazionale di istruzione e formazione. A quanto sopra si affianca il documento conclusivo elaborato dal gruppo di lavoro nominato con decreto ministeriale del luglio 2017, che propone tre strutture di prova collegate a tre tipologie di produzione testuale: analisi del testo letterario (due tracce); testo argomentativo (tre tracce); testo espositivo (due tracce).

Da ultimo rappresento che, in attuazione di quanto previsto nel comma 3 dell'articolo 17 dell'anzidetto decreto legislativo, gli ambiti tematici artistico, letterario, filosofico, scientifico e soprattutto storico, sociale, economico e tecnologico, proposti attraverso i testi, costituiranno la base sulla quale gli studenti svilupperanno l'elaborato, per esercitare il corretto uso e la padronanza della lingua italiana. Proprio in tale ottica, i testi proposti consentiranno l'approfondimento nei diversi ambiti disciplinari, tra cui quello storico. In precedenza - mi preme sottolineare - il tema storico è stato scelto da una percentuale molto ma molto bassa degli studenti (meno dell'1 per cento).

Alla luce di quanto esposto concludo rassicurando che la nuova prima prova dell'esame di Stato, come rappresentato, non inficia né il valore della storia nell'ambito della nostra cultura, né tanto meno il suo portato disciplinare, né infine viene messo in discussione il ruolo decisivo della conoscenza storica e dell'interpretazione dei fatti e degli eventi passati e presenti, che anche questo Ministero considera indispensabile per la costruzione di cittadini responsabili e consapevoli.

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Presidente, ringrazio il Vice Ministro per la puntuale risposta, ma nonostante questo, non mi posso dichiarare soddisfatta, perché valuto la realtà dei fatti, e la realtà dei fatti è che, secondo me (ma non solo secondo me, perché c'è stato un appello sottoscritto da studiosi, storici, che hanno raccolto tantissime adesioni) il tema, la traccia di storia, così com'era nell'esame di maturità precedente, è stata tolta. La preoccupazione è proprio quella che ci sia purtroppo un continuo distacco da alcune materie umanistiche, che invece nella nostra nazione dovrebbero essere tutelate e valorizzate, visto proprio il ruolo che l'Italia ha da un punto di vista storico, da un punto di vista artistico.

Il fatto che pochi studenti abbiano scelto, l'un per cento o poco più, questa traccia di tema storico, secondo noi non è un motivo sufficiente, anzi, bisognerebbe chiedersi come mai e cercare di ovviare, con uno studio o un approfondimento della storia, durante il monte ore che per ora - mi auguro che non succeda come per la geografia o per la storia dell'arte - rimane così come era, ma ci chiediamo come uno studente, che sa che non ha più il traguardo dell'esame del tema di maturità storico, come approccerà questa materia; probabilmente, magari, con un maggior distacco, sottovalutando la materia. Questa è la nostra preoccupazione.

Quindi, crediamo che non sia una motivazione sufficiente il fatto che la percentuale degli studenti che sceglievano il tema di storia fosse bassa; riteniamo preoccupante il fatto che questa eliminazione del tema di storia possa disincentivare lo studio, anche durante l'anno scolastico, da parte degli studenti; rileviamo, poi, abbastanza contraddittorio il fatto che in questo momento in cui il grande pubblico, l'opinione pubblica, si interessa anche tramite programmi TV ad argomenti storici e argomenti di storia dell'arte, tanto da bruciare anche negli ascolti altri programmi, invece poi nella scuola si vada in senso contrario.

È evidente che senza una consapevolezza della storia è anche difficile affrontare il presente e, soprattutto, progettare il futuro. Ci sarebbero tanti modi, anche quello di costituire delle antologie storiche con tutte le interpretazioni, in modo da invogliare gli studenti, su un fatto preciso, ad avere tutte le interpretazioni storiche, eliminando in questo modo anche alcune faziosità che in passato, purtroppo, si sono rilevate anche nei testi storici. Quindi, le modalità e i progetti per poter potenziare e tutelare questa materia ci sarebbero.

Anche se sappiamo che questa Commissione era già precostituita nel precedente Governo, noi ci auguriamo che la sensibilità del Ministro Bussetti e di tutto il Ministero vada nel senso da noi auspicato, cioè che la storia torni, comunque, ad essere anche valorizzata con l'inserimento della traccia nel tema di maturità.

(Iniziative di competenza volte alla tutela della salute nei territori limitrofi agli stabilimenti della Miteni, in relazione alla presenza di sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas) - n. 2-00178)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Businarolo ed altri n. 2-00178 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Saria Cunial se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SARA CUNIAL (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario. Intendo illustrare, chiaramente. L'azienda Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza, è da anni al centro di polemiche per il rischio di danno ambientale legato alla produzione di Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche utilizzate, tra le altre cose, per impermeabilizzare gli oggetti) rilevate, anche attraverso un monitoraggio indicato dall'Unione europea, nelle acque distribuite dalle reti idriche pubbliche e nelle falde, nei fiumi e nei canali.

La Miteni e la Solvay di Spinetta Marengo costituiscono le uniche due aziende italiane produttrici di Pfas. La Miteni ha continuato a produrre Pfos e Pfoa almeno fino al 2011, anche se, secondo quanto dichiarato dai vertici aziendali, risulterebbe che la Miteni, già nel 2008, abbia presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i dati sulla produzione di Pfas e che su ciò si sia confrontata con l'Istituto superiore di sanità, arrivando poi negli anni successivi a condividere una valutazione dei rischi.

Le Pfas sono riconosciute come «interferenti endocrini» e studi disponibili suggeriscono che un maggior livello ematico di Pfoa e Pfos può essere associato ad un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue, di acido urico e a un aumento di rischio di pressione alta. Le Pfas possono essere all'origine di importanti patologie che colpiscono tiroide, fegato, polmoni, cervello e reni sono riconosciute come «interferenti endocrini».

Il gruppo di ricerca dell'Università di Padova, coordinato dal professor Foresta, professore di endocrinologia e coordinatore della rete endocrinologica veneta, ha recentemente pubblicato, sulla prestigiosa rivista internazionale Human Reproduction i risultati di uno studio condotto su mille ventenni veneti, dimostrando che l'ambiente sta influenzando in modo molto importante le caratteristiche antropometriche dell'uomo. Da questo studio infatti si scopre una riduzione della produzione di spermatozoi e una variazione delle strutture corporee che sono indice di un alterato equilibrio degli ormoni testicolari, oltre ad un'alterazione nelle proporzioni antropometriche, tipicamente associata al ruolo degli ormoni sessuali nello sviluppo dell'uomo. Come dice il professor Foresta nel suo report finale, tutti questi segni - ha spiegato - depongono per una interferenza da parte dei composti chimici ambientali sull'attività degli ormoni testicolari dal maschio. Queste interferenze possono manifestarsi sia durante lo sviluppo della fase embrionale, che durante la fase adolescenziale, fino all'età adulta, portando quindi a possibili conseguenze negative sul potenziale di fertilità dei giovani uomini.

Anche il sangue degli operai della Miteni risulta contaminato, addirittura a livelli molto più elevati di quelli degli abitanti della zona. Così risulta da uno studio compiuto su un gruppo di 415 lavoratori, nei quali è stata riscontrata una presenza di Pfoa dai 5 ai 10 mila nanogrammi per grammo di sangue.

Ad oggi, anche le associazioni sindacali continuano a chiedere nuovi controlli, anche in relazione ai nuovi ritrovati GenX e C6O4, nonché immediate verifiche su impianti, luoghi di lavoro, procedure organizzate ed operative, che anche attraverso l'intervento dei Carabinieri del NOE e dello SPISAL di Venezia, dei Vigili del fuoco, precondizione vincolante per l'attuazione di un cronoprogramma di spegnimento degli impianti che rientrano tra gli impianti a rischio di incidente rilevante, tipo Seveso.

Da recenti notizie di stampa, si apprende della dichiarazione di fallimento decretata il 9 novembre 2018 dal tribunale di Vicenza nei confronti della Miteni. Così facendo, l'azienda potrebbe riversare sui lavoratori, sui cittadini e sul territorio tutte le sue responsabilità in ordine ai danni ambientali causati dall'inquinamento da sostanze Pfas e GenX, ai lavori di bonifica e ai possibili danni alla salute dei lavoratori e dei cittadini.

Dalle stesse fonti giornalistiche risulterebbe, come dichiarato dai vertici aziendali, che sarebbe pronta una nuova cordata di imprenditori per l'acquisizione dell'azienda, in sostituzione del vecchio socio germanico lussemburghese Icig. Emergono alcuni dubbi sull'operazione, anche in considerazione di alcuni elementi evidenziatisi nell'istanza di proroga di concordato, presentata l'11 settembre 2018 dai legali della Miteni, in cui venivano menzionate alcune aziende che sarebbero interessate ad un'eventuale ipotesi di acquisizione della stessa, come la Art Industries una azienda indiana con circa 400 milioni di dollari di fatturato, operante nel settore chimico farmaceutico e la K Capital Investment, con un fatturato, come riportato sul portale dedicato, di 100 milioni di fatturato, sul cui dominus, Matteo Pinciroli, sussistono numerosi dubbi legati alla grave posizione debitoria dello stesso, da tempo portata all'attenzione dell'opinione pubblica.

Occorre, altresì, sottolineare le lungaggini processuali e la posizione della procura della Repubblica di Vicenza, la quale, nonostante i diversi solleciti e la richiesta di avocazione delle indagini da trasferire alla procura della repubblica di Vicenza, avanzata dall'interpellante il 26 ottobre 2018 e diretta ad un intervento tempestivo ed incisivo sulla vicenda, ad oggi non ha ancora realizzato le opportune misure cautelari, nonostante le prove sulla continuità della fonte di inquinamento, nonché il sequestro di beni mobili e immobili di dirigenza e soci, alla luce dei sopracitati avvenimenti.

Chiediamo, quindi, se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti esposti, quali azioni di propria competenza intenda adottare al fine di intervenire tempestivamente sulla vicenda sopra riportata, con l'obiettivo di tutelare in primis la salute pubblica, ovvero quella dei lavoratori della Miteni e delle popolazioni residenti nei territori limitrofi agli stabilimenti della Miteni, seriamente minacciate dalla presenza di Pfas, che, da oltre trent'anni, ormai è certo, ha contaminato il sangue di circa 300 mila veneti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente e grazie agli interpellanti. Con riferimento alle questioni poste, si fa presente che il Ministero dell'ambiente segue con costante attenzione le problematiche connesse alla contaminazione da Pfas, in modo particolare nella regione Veneto, e si sta adoperando su più fronti attuativi per intervenire a tutela della salute pubblica e dell'ambiente.

In tal senso, si rappresenta, in via generale, che nel maggio 2017 il Ministero dell'ambiente ha dato mandato ad ISPRA di formulare proprie valutazioni e proposte, con il coinvolgimento del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA), per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze Pfas nei corpi idrici superficiali e sotterranei, così da permettere alle regioni la programmazione dello stesso nell'ambito dell'attività dei piani di gestione dei distretti idrografici.

Il Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane (SINTAI) ha, inoltre, provveduto ad attivare la sezione delle sostanze Pfas, per consentire alle agenzie di caricare i dati prodotti nel corso del monitoraggio.

La rete di monitoraggio è composta da 277 stazioni, che coprono l'intero territorio nazionale, delle quali 87 per le acque sotterranee e 190 per le acque superficiali. Le attività di monitoraggio sono state condotte dall'SNPA nel mese di febbraio - marzo 2018 e sono attualmente in corso di elaborazione i risultati analitici e la redazione della relazione finale.

A ciò si aggiunga che, sempre con riferimento alle attività di propria competenza, il Ministero dell'ambiente, già a dicembre 2016, ha incaricato ISPRA di valutare la sussistenza di un danno ambientale, in particolare per quanto concerne i territori limitrofi dell'azienda Miteni. È stata pertanto avviata un'istruttoria, anche sulla base di un'apposita interlocuzione, con gli enti di controllo, in particolare con l'ARPA Veneto. Su tali basi l'istituto ha elaborato un primo report nel febbraio 2017 contenente gli elementi per l'inquadramento del caso. Nel settembre 2017, anche alla luce di un sopralluogo congiunto con l'ARPA, ISPRA ha elaborato un ulteriore report contenente una prima ricostruzione degli impatti relativi alle risorse ambientali della zona, con l'individuazione di una serie di aspetti rilevanti per la valutazione del danno ambientale. Ad oggi è in corso di elaborazione, alla luce degli approfondimenti dei dati pervenuti dall'ARPA nel corso del 2018, un rapporto finale che aggiorna e completa i precedenti elaborati.

Per quanto concerne, invece, gli aspetti di competenza della regione Veneto, la stessa ha fatto presente che, immediatamente dopo l'apertura del fallimento della Miteni, avvenuto il 9 novembre scorso, si è attivata con il curatore fallimentare per garantire le esigenze di carattere ambientale e di tutela della pubblica incolumità connesse alla sospensione dell'attività aziendale. Dai primi riscontri avuti dalla regione risulta che il curatore fallimentare stia rapidamente verificando lo stato di sicurezza dell'impianto con i competenti uffici pubblici di valutazione del rischio per l'incolumità pubblica e che a giorni assumerà le necessarie determinazioni per individuare la soluzione tecnica più idonea per lo svuotamento dell'impianto dalle sostanze chimiche ancora stoccate. Allo stato non sono state formalizzate offerte di acquisto dell'azienda. Le maestranze hanno dato, inoltre, la loro disponibilità per essere impiegate, nel caso in cui venisse consentito dal giudice fallimentare l'esercizio provvisorio dell'attività aziendale, al fine di completare la produzione in corso, previa la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro. Dell'intervenuta vertenza occupazionale si è fatto carico, già prima della dichiarazione di fallimento, il prefetto di Vicenza, al quale la regione sta offrendo il proprio contributo con iniziative per l'impiego degli ammortizzatori sociali a sua disposizione. Si segnala, peraltro, che l'ARPAV sta mantenendo il monitoraggio ambientale del sito e sta fornendo indicazioni tecniche agli enti locali e al curatore fallimentare, al fine di prevenire ulteriori contaminazioni delle varie matrici ambientali già compromesse.

In merito al procedimento penale avviato nel 2016, il Ministero della giustizia ha fatto presente che le indagini sono sostanzialmente concluse ed è previsto a breve il deposito degli atti per i reati di cui agli articoli 439 e 434 del codice penale. Le condotte contestate successivamente al 2012 costituiscono, invece, oggetto di separato procedimento avviato nel 2018. Le indagini relative ai procedimenti richiamati sono state co-assegnate a due PM ed hanno natura particolarmente complessa.

Si ricorda, infine, per quanto concerne gli aspetti sanitari, che l'istituto superiore di sanità, sin dal primo manifestarsi dell'emergenza PFAS, ha svolto attività di monitoraggio, analisi e studio, su richiesta delle autorità centrali, regionali e locali, per la definizione di azioni di prevenzione e risposta ai fenomeni di contaminazione delle acque destinate al consumo umano e nelle matrici ambientali, a tutela dell'esposizione umana, diretta o indiretta, agli agenti inquinanti.

Alla luce delle informazioni esposte si rappresenta, dunque, che sia il Ministero dell'ambiente sia le altre amministrazione centrali e locali, ciascuno per quanto di competenza, stanno svolgendo con particolare impegno ogni azione volta a tutelare la salute pubblica e l'ambiente, monitorando e partecipando alle attività poste in essere dagli altri soggetti interessati per garantirne il successo.

PRESIDENTE. L'onorevole Businarolo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCA BUSINAROLO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario soprattutto per il finale della sua risposta, che ci rassicura sul fatto che c'è una concertazione di intenti e c'è una cabina di regia che intende prevenire, bloccare e cercare di risolvere un problema che da trent'anni inquina le acque del Veneto, che è entrato nel sangue dei veneti e che solo da pochi anni è agli onori delle cronache, invece. L'azienda Miteni di Trissino è stata più volte al centro delle cronache per lo scandalo PFAS, che sono sostanze perfluoroalchiliche prodotte proprio da questa azienda che è a Vicenza. Sono state ritrovate nelle acque, distribuite dalle reti idriche e nelle falde dei fiumi e nei canali e sono ritenute gravemente nocive per la salute. Sono interferenti endocrini, cioè vanno a sostituirsi: il corpo li confonde con gli ormoni, si sostituiscono agli ormoni e sono potenzialmente cancerogeni. In quasi trent'anni hanno contaminato un'area vastissima del Veneto, 150.000 chilometri quadrati in tre, quattro province: parliamo della provincia di Vicenza, prevalentemente, e di quelle di Verona, Padova e Rovigo. Parliamo di un rischio di contaminazione di circa 300 mila persone. Sono sostanze collegate a patologie importanti che colpiscono il fegato, i reni, la tiroide, il cervello e non solo.

Di questo sono estremamente preoccupati i genitori dei ragazzi che sono stati sottoposti a un monitoraggio che ha dato dei risultati parecchio allarmanti (si tratta di ragazzi sedicenni e, quindi, minorenni). Questi genitori si sono mobilitati, nel corso di questi ultimi anni, in associazioni e chiedono una risposta immediata alle istituzioni, una risposta che doveva essere tempestiva anche in forza di un'emergenza che non è stata bloccata subito, perché non è stata bloccata la fonte dell'inquinamento. Per questo io chiedo, insomma, anche al Ministero un impegno che, comunque, ho già fatto presente per il futuro. Ecco, adesso per questa emergenza cerchiamo di lavorare e, però, per il futuro di mettere dei limiti per queste sostanze.

Un'importante rivista mondiale del settore, il Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, pubblica i risultati di un'indagine condotta dal gruppo di ricerca dell'unità operativa complessa di andrologia e medicina della riproduzione dell'azienda ospedaliera dell'università di Padova, coordinata dal professor Foresta e in collaborazione con il dottor Andrea Di Nisio del dipartimento di medicina dell'università di Padova, da cui risulta la scoperta del meccanismo inibitorio dei PFAS che si legano al ricettore per il testosterone. I medici hanno quindi dimostrato questo, riducendo di oltre il 40 per cento l'attività del testosterone.

Di inquinamento da PFAS se ne parla anche nella relazione sull'inquinamento della regione Veneto, presentata dalla Commissione parlamentare di inchiesta voluta fortemente dal MoVimento 5 Stelle e presieduta dal MoVimento 5 Stelle sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad essi correlati, approvata a febbraio 2017, da cui risulta che oltre il 97 per cento dei PFAS presenti nell'ambiente veneto è dovuto agli scarichi della Miteni. Analoghe sono le criticità rilevate da un monitoraggio indicato dall'Unione europea o dai rilevamenti di ARPAV Veneto, senza dimenticare che la Miteni dal 2014 al 2017 è stata autorizzata anche al trattamento fino a 100 - 100! - tonnellate annue di rifiuti chimici pericolosi contenenti il GenX, che è - come possiamo dire, insomma - un'evoluzione del PFAS e che è, comunque, altrettanto pericolosa e con possibili esiti cancerogeni.

Riteniamo che, secondo il principio di “chi inquina paga”, la Miteni debba assumersi le proprie responsabilità verso i cittadini coinvolti ma sull'azienda aleggiano diversi dubbi e soprattutto sul suo futuro visto che, secondo quanto dichiarato dall'ormai ex amministratore Nardone, sarebbe pronta una cordata di nuovi imprenditori che andrebbero a sostituire il vecchio socio della Miteni. Ricordiamo, però, che in un periodo in cui quella del fallimento era solo un'ipotesi, invece l'11 settembre scorso, nell'istanza di proroga di concordato presentata dai legali della Miteni, si faceva cenno solo a due realtà aziendali che avrebbero manifestato interesse per subentrare nella Miteni: l'indiana Aarti Industries e la K Capital Investment. Su quest'ultima, in particolare, le perplessità riguardano il dominus, Matteo Pinciroli, noto alle cronache per aver accumulato un'ingente quantità di debiti e resosi spesso irreperibile.

Sono tutti elementi che creano incertezza intorno alle sorti della Miteni e, di conseguenza, diventano fonti di incertezza per i cittadini che attendono risposte da anni.

Il recente fallimento, così come anche rendicontato dal sottosegretario venerdì scorso, già dà una prospettiva incerta sul futuro lavorativo, anche perché ci sono persone che hanno lavorato in questi anni che sono anche quelle che hanno il sangue più inquinato, più infetto, e attraverso le rappresentanze sindacali hanno depositato in procura a Vicenza una richiesta urgente di completamento dei controlli sulle condizioni di salute, d'igiene e di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Chiedono controlli - che erano stati avviati nel 2017 dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Treviso e dallo Spisal dell'ULSS 3 Serenissima di Venezia - a tutte le produzioni, non solo a quelle relative alle lavorazioni dei Pfas e che vengano verificate le condizioni di sicurezza dello stabilimento, con accertamenti che vanno fatti subito, poiché le lavorazioni potrebbero essere definitivamente fermate, e questo significherebbe infatti che verrebbero meno le possibilità di rilevare con precisione lo stato delle cose. Comunque c'è anche un problema di sicurezza, e in questo momento stanno lavorando alacremente anche i vigili del fuoco. C'è da dire inoltre che la procura della Repubblica di Vicenza, a cui sono state affidate le indagini dello scandalo Pfas, sta procedendo con estrema lentezza, non avendo ad oggi, nonostante le prove relative alla continuità del danno, adottato le opportune misure cautelari a tutela della salute pubblica. Apprendo con favore che si sta arrivando finalmente alla chiusura delle indagini, perché è stato un po' silente il rapporto che c'è stato tra la procura e noi: noi abbiamo fatto l'esposto alla procura, abbiamo incontrato soprattutto il procuratore capo più volte, ma non ci dava i dati; noi chiedevamo aggiornamenti sulle indagini e non sembrava che fossero così avanzate. Quindi, accolgo con favore la notizia che addirittura i capi d'imputazione possono essere per disastro e avvelenamento delle acque. Però mi domando: chi pagherà, considerato che l'azienda è stata dichiarata fallita? Per la lentezza, secondo noi, delle indagini noi - anch'io sono uno dei presentatori - abbiamo presentato un esposto al CSM, perché valuti l'attività della procura, e abbiamo chiesto che le indagini venissero avocate dalla procura della Repubblica di Venezia.

Con questa interpellanza abbiamo chiesto al Ministro di intervenire con urgenza; la risposta c'è stata. La vicenda si protrae da troppo tempo e pensiamo che sia giunto il momento che la Miteni si assuma le proprie responsabilità nei confronti della comunità, dei cittadini, che da una trentina di anni ormai sono a rischio contaminazione, così come il territorio, quello veneto, la cui salvaguardia rappresenta un'altra priorità. Chiediamo un intervento mirato anche a reperire adeguate risorse economiche e finanziarie che sopperiscano alla cronica carenza di fondi lamentata nel settore giudiziario, così come faremo, in modo da garantire un migliore funzionamento delle attività processuali e dell'operato degli organi competenti.

Ringrazio davvero il sottosegretario e il Ministero, perché su questo c'è stata una forte attenzione. Chiediamo che questa attenzione continui, in combinato disposto con il Ministero della salute, perché non è solo una questione ambientale ma una questione sanitaria e giudiziaria. Sul fronte della giustizia stiamo facendo delle grandi attività, la prospettiva è di assumere del personale che possa anche velocizzare le procedure delle indagini come questa, che sono durate troppo, e soprattutto non sono stati presi i provvedimenti che dovevano essere presi.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Buompane n. 2-00180)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Buompane ed altri n. 2-00180. Avverto che su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte a contrastare l'aggravarsi della situazione ambientale dell'area del fiume Sarno, anche prevedendo la reintroduzione del relativo bacino idrografico tra i siti di bonifica di interesse nazionale - n. 2-00181)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vitiello e Schullian n. 2-00181 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Vitiello se intenda illustrare la sua interpellanza.

CATELLO VITIELLO (MISTO-MAIE). Presidente, si sta verificando in quest'Aula, in questo momento, una strana alchimia, perché è la prima volta che ho la forte sensazione, anzi la certezza, che i contenuti di questa interpellanza siano ben noti sia al Presidente che al sottosegretario Micillo: c'è tanta Campania in quest'Aula in questo momento, e so che conoscete benissimo i problemi di quell'area e del fiume Sarno. A questo devo aggiungere naturalmente la soddisfazione di poter riferire tutto questo a chi ha sottoscritto la legge sugli ecoreati, perché so - la stima è ancor prima che politica, personale - che il sottosegretario Micillo si è profuso perché avesse dei risultati importanti, soprattutto perché viene da un territorio difficile come quello del sottoscritto. Perché sono qui oggi? Il Sarno, è noto, è uno dei fiumi più inquinati d'Italia se non d'Europa, attraversa 39 comuni, e l'ultimo comune che attraversa è quello dove abito, Castellammare di Stabia. Sono qui oggi perché, insomma, non è quel ramo del lago di Como, ma è quel ramo del fiume Sarno che mi impone una riflessione che voglio rivolgere a voi, perché un arbusto, a seguito di quell'ondata di maltempo degli ultimi giorni, ha bloccato la foce del fiume e quel giorno si è verificata una strana situazione: ci siamo resi conto tutti, abbiamo verificato, soprattutto i cittadini di quell'area, perché sebbene periferica è molto popolosa, la quantità di rifiuti solidi che bloccano la foce del fiume, che possono bloccare la foce del fiume. Inevitabilmente sono dovute intervenire le forze dell'ordine con delle ruspe per togliere i rifiuti solidi e il comune subito dopo ha bloccato una griglia, perché nel 2007, grazie al generale Jucci, avevamo predisposto una griglia che trattenesse i rifiuti solidi, i cosiddetti macroinquinanti. Hanno chiusa questa griglia perché volevano evitare lo sversamento di questi rifiuti solidi verso il mare. Naturalmente il problema dei rifiuti solidi è soltanto una parte marginale, il problema sanitario e ambientale è molto serio nella zona, perché è all'interno di questo fiume che tante aziende, ma anche tanti privati, sversano i propri rifiuti, e non necessariamente solidi, perché sono rifiuti chimici, rifiuti invisibili. Voglio mutuare un'espressione che è stata utilizzata dalla collega Businarolo poco fa, che diceva che l'acqua è nel sangue dei veneti; io dico che l'acqua del Sarno è nel nostro sangue. Inevitabilmente la responsabilità per il futuro è enorme, altissima. Devo dire la verità, si è fatto tanto, si sono spesi tanti soldi, oltre 700 milioni di euro, ho cercato di fare una verifica in concreto delle cose che dicevo e so che nel 2007 si è cominciata un'opera che purtroppo non è stata portata a buon fine, perché si è interrotto tutto, la griglia non ha mai funzionato, e addirittura in questi giorni, sottosegretario, la griglia è stata riaperta, perché non c'è la volontà di fare verifiche in concreto perché mancano i fondi. Allora ho la consapevolezza in questo momento, soprattutto dopo che si è deciso che il Sarno e quel bacino idrografico non dovessero più far parte dei siti di interesse nazionale, che la regione ha fallito, che la città metropolitana ha fallito, e che i comuni, che sono trentanove, falliscono, perché di volta in volta incapaci. Sono convinto che sapete che la parte alta del fiume Sarno è la parte virtuosa, lì addirittura si può bere l'acqua del fiume, però da quel momento in poi lungo il letto del fiume ci sono degli scarichi importanti, che coinvolgono le cittadinanze dal punto di vista, da un lato, delle responsabilità, e dall'altro delle conseguenze. Dico la verità, non dobbiamo cogliere l'occasione sempre quando succede un disastro, proviamo a prevenirli, perciò dicevo che il sottosegretario ha messo una firma importante nel 2015, so che lui fa tanto per la prevenzione; riprendiamo questo sito dal punto di vista statale, dal punto di vista nazionale, e cominciamo a interessarci tutti quanti, perché il destino del fiume Sarno è il destino di tanti fiumi d'Italia. Diamo l'esempio e cominciamo dal fiume Sarno, cominciamo da quel bacino idrografico, facciamo qualcosa per la nostra popolazione.

In queste ore ci sono delle indagini in corso, quindi dal punto di vista penale non mi preoccupo, la procura di Torre Annunziata sta facendo il suo lavoro e sta verificando quali sono gli sversamenti e quali saranno le responsabilità, ma a me non interessa il passato, a me interessa il futuro. Facciamo qualcosa perché non accada più, facciamo qualcosa per rendere virtuoso... Lo so che è difficile, molto complicato, perché le industrie ci sono e certamente devono fare il loro lavoro, però cerchiamo di limitare i danni il più possibile creando dei depuratori, creando delle strutture che possano contenere il problema.

Non dico eliminarlo del tutto, perché certamente tutto sono tranne che un utopista, però facciamo qualcosa, riappropriamoci del fiume Sarno, portiamo all'attenzione nazionale quel bacino e proviamo a risistemare quello che la regione, la città metropolitana, ripeto, e i comuni non sono riusciti a fare, anche per un problema di spesa, sa, sottosegretario, perché noi, che registriamo il problema nella parte finale, lo subiamo; e lo subiamo senza riuscire ad intervenire per una questione di costi molto elevati. Addirittura, si è preventivato mi pare intorno ai mille euro al giorno per poter pulire soltanto la griglia. Quindi, non sto parlando di drenaggio, sto parlando di pulitura di questa griglia che blocca i macro inquinanti, che è una spesa folle per un solo comune. Quindi, dobbiamo attivarci anche per far capire che la spesa deve essere in qualche modo ripartita attraverso tutti e 39 i comuni, non perché ci siano responsabilità di tutti i comuni, ma perché tutti devono fare qualcosa perché queste responsabilità vengano in qualche modo ammortizzate.

Sono convinto che tutto quello che sto dicendo appartiene anche al vostro modo di pensare. Sottosegretario, la Presidente, siete delle mie zone, conoscete il problema, sapete che cosa può derivare da un disastro ambientale di questo tipo. Sto parlando di un fiume che esonda praticamente ogni volta che c'è il maltempo, in una zona periferica, vi ripeto, ma non priva di popolazione. C'è tanta popolazione, ci sono tanti cittadini in quel segmento; quindi, dobbiamo fare qualcosa perché la periferia venga riqualificata, e, cominciando dal Sarno, penso che sia l'occasione giusta per far capire che lo Stato c'è.

Attenzione, l'inquinamento del Sarno interessa tutto il Golfo di Napoli. Probabilmente vi ricorderete di quella morte, ci fu una vittima all'interno del fiume, perché cadde nel fiume Sarno: fu trovata ad Arbatax, in Sardegna. Le correnti creano un coinvolgimento dell'intera nazione sul problema Sarno, come il problema di qualsiasi altro fiume inquinato. E allora, quando c'è lo sversamento, non è soltanto Castellammare, non è soltanto la penisola sorrentina, dove vivo abitualmente, ma è tutto il Golfo di Napoli. Mi sono informato: le correnti, questi rifiuti, l'inquinamento, lo portano verso Nord. Quindi, la prima città interessata è Torre Annunziata. Bisogna fare qualcosa, riappropriamoci di questo bacino e diamo la sensazione che lo Stato è presente, perché in questo momento e in quella zona la presenza dello Stato non si sente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente, grazie agli onorevoli interpellanti. Con riferimento alle questioni poste, sulla base degli elementi acquisiti, si fa presente innanzitutto che, per quanto concerne gli eventi causati dalle forti perturbazioni abbattutesi su tutta la regione Campania nei primi giorni di novembre, il Genio Civile di Napoli ha rappresentato che il 3 novembre scorso i propri tecnici, allertati dalla sala operativa della Protezione civile regionale, si sono recati in località via Ripuaria, dove erano giunti i vigili del fuoco, gli amministratori e i tecnici del comune di Castellammare di Stabia, nonché i funzionari della Capitaneria di porto di Torre Annunziata. I funzionari regionali intervenuti hanno assunto la regia dell'intervento di rimozione di rifiuti, che si è protratto fino a tarda notte.

È stato possibile recuperare solo una parte dei rifiuti, data l'impossibilità di operare nella sezione ostruita che dava segni di dissesto. Il responsabile dei vigili del fuoco ha, infatti, ordinato la sospensione dell'intervento per motivi di sicurezza. Nell'immediata successione degli eventi, è stato deciso di verificare le condizioni di una paratia semovibile grigliata, posta trasversalmente la sezione di deflusso a circa 500 metri dalla foce del fiume Sarno, al fine di intercettare i rifiuti ed evitare il loro riversamento in mare. I tecnici regionali, quelli comunali e l'impresa incaricata si sono quindi recati sul luogo dov'era posta la griglia ed hanno verificato la possibilità di azionare la paratia esistente, non funzionante ormai da molti anni. Nelle prime ore del 4 novembre, i tecnici regionali hanno ordinato la pulizia dell'area in prossimità della griglia, mediante la rimozione della fitta vegetazione e il livellamento del terreno circostante, e, tramite l'impiego di una squadra di elettricisti, si è riusciti ad azionare la griglia, abbassandola al fine di evitare il passaggio dei rifiuti.

Fatta scendere la griglia, l'intervento si è nuovamente spostato nella sezione di deflusso ostruita in via Ripuaria, individuando sulla riva opposta al primo intervento la soluzione ideale per forzare il blocco dei rifiuti che si era creato. I rifiuti sbloccati si sono accumulati, come previsto, a ridosso della griglia abbassata e sono stati prontamente rimossi mediante l'utilizzo di un escavatore. Le operazioni sono terminate a tarda notte ed è stato così scongiurato il pericolo di riversamento dei rifiuti in mare, ed è stato anche ripristinato il deflusso delle acque. Il giorno seguente sono iniziate le operazioni di taglio e rimozione delle piante crollate in alveo in varie tratte fluviali. Sempre secondo quanto riferito dal Genio Civile regionale, le avverse condizioni atmosferiche sono state la causa di un nuovo evento di piena, per cui l'onda proveniente da monte ha trasportato ulteriori cumuli di rifiuti, che si sono ammassati lungo la sezione di deflusso e a ridosso della paratia rimasta abbassata per precauzione. I rifiuti sono stati prontamente rimossi e le operazioni di pulizia e il ripristino della sezione di deflusso si sono concluse l'8 novembre scorso. È stata successivamente disposta l'apertura della sezione alla foce tramite l'alzamento della griglia, che, altrimenti, avrebbe costituito un'ostruzione e un potenziale pericolo di allagamento dei territori circostanti in caso di nuovo evento di piena.

Il giorno seguente si è verificato il crollo spontaneo della paratia, probabilmente a causa della vetusta condizione dei cavi, mai manutenuti. L'impianto è stato prontamente ripristinato mediante il riutilizzo del cavo esistente, ristabilendo le allacciature, la sostituzione dei moschettoni e il riavvolgimento del cavo al motore. La griglia risulta attualmente funzionante. Per quanto concerne, più in generale, gli aspetti relativi al dissesto idrogeologico delle aree confinanti con l'alveo del fiume Sarno, nell'ambito della pianificazione di bacino in essere, le stesse risultano perimetrate come pericolosità da alluvione. A tal proposito, si ricorda che con l'accordo di programma siglato nel 2010 tra Ministero dell'Ambiente e regione Campania per la programmazione di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico, sono stati finanziati, per un importo complessivo di circa 4,5 milioni di euro, cinque interventi per la manutenzione e il ripristino della funzionalità idraulica del fiume Sarno.

Per quanto riguarda, inoltre, le iniziative per la salvaguardia ambientale, si rappresenta che, tra gli interventi significativi, indicati nel piano di gestione delle acque, alcuni riguardano la realizzazione di nuove opere nel contesto del sistema depurativo campano dell'area del bacino del Sarno. Tra queste, si indica l'intervento “opere di completamento rete fognaria del comune di Sarno”, in corso di esecuzione, finanziato con accordo di programma strategico per le compensazioni ambientali nella regione Campania e relativo atto integrativo, indicato dalla regione tra gli interventi necessari per l'adeguamento dell'agglomerato di Nocera Inferiore, oggetto della procedura di infrazione comunitaria 2014/2059.

Per completezza di informazione, si rappresenta che, con delibera n. 705 del 30 ottobre scorso, la regione Campania ha previsto il potenziamento delle azioni di monitoraggio e tutela dei siti sensibili, prevedendo anche maggiori attività di pattugliamento e un piano di azioni contro il fenomeno dell'abbandono dei rifiuti. Da ultimo, si ricorda che, a seguito dell'emanazione dell'articolo 36-bis della legge n. 134 del 2012, comma 1, lettere a) e b), che ha modificato l'articolo 252, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, è stato ridefinito l'ambito di competenza dei SIN. Sulla base delle nuove disposizioni normative, il decreto ministeriale n. 7 dell'11 gennaio 2013 ha individuato le aree da bonificare che non rivestono interesse nazionale e trasferito le relative competenze alle regioni. Tra questi rientra, come è noto, l'ex SIN del bacino del fiume Sarno. Ad ogni modo, ferme restando le considerazioni esposte, si rassicura che il Ministero dell'Ambiente monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore, anche al fine di valutare possibili revisioni della disciplina, e continuerà a svolgere le proprie attività senza ridurre il livello di attenzione sulla questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Vitiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

CATELLO VITIELLO (MISTO-MAIE). Non me ne voglia, sottosegretario, non me ne voglia. Devo dire che tutte le cose che ha detto le sapevo già. Sapevo che si spendevano soldi - è un lapsus - sapevo che erano stati stanziati dei soldi, ma chi le parla non ne ha mai visto la spesa. La griglia, ha ragione, adesso è funzionante, ma non viene usata, perché ci si rifiuta di venire, poi, a fare la verifica e la bonifica in concreto, che praticamente sarebbe l'eliminazione dei rifiuti, la loro concreta asportazione dalla griglia e l'eliminazione in altri siti. Non si vuole fare perché non si ha la volontà politica ed economica? Alla città di Castellammare di Stabia questo non interessa, basta che si faccia. Noi non possiamo parlare rispetto ad un passato di stanziamenti, noi dobbiamo cercare di capire che cosa fare per il futuro.

Vede, sottosegretario, il Sarno è un fenomeno e non è più un problema, ed è una cosa che non doveva essere portata da me in quest'Aula, oggi. Ci sono delle responsabilità che, secondo me, ricadono - glielo dico in maniera molto franca perché io faccio parte di quella cittadinanza che sta in questo momento registrando il problema - su altri. Si tratta, però di una cittadinanza indolente, che fa poco; la gente finge di non accorgersene e grida al momento del maltempo, ma tutti gli altri giorni, fa poco: sa perché, sottosegretario? Perché la gente di Castellammare, come di tutto il comprensorio, ha perso dei riferimenti politici: non ci crede più. L'indolenza è giustificata dal fatto che non c'è più nessuno che, in concreto, davvero, abbia fatto qualcosa per quella zona. Quindi, questo è diventato un modo per registrare un problema che è diventato quotidiano, che ci appartiene, quasi che la gente di Castellammare senza il Sarno non abbia temi di cui discutere, se non le Terme, se non Fincantieri, se non tutte problematiche che sono all'ordine del giorno.

Qui, non vi è il problema di fare propaganda, perché a me interessa poco; lei probabilmente ricorderà la mia estrazione, io non sono un politico, non mi interessa fare propaganda elettorale, mi interessa soltanto dare voce a un popolo, portarlo qui, in quest'Aula. Proviamo a registrare, con la solennità di quest'Aula, un impegno reciproco. Io continuerò a portare problemi, qui, a dare voce ad un territorio, però proviamo a risolvere i problemi, dall'altro lato. Il fatto che ciò rimanga appannaggio della regione, mi preoccupa e non poco. Lei lo sa - lo ripeto - lei lo sa. Veniamo dalla stessa regione, dove il problema sanitario, chissà perché, è un problema che viene messo sempre, costantemente in secondo piano. Non voglio andare a recuperare responsabilità, perché purtroppo sono a cascata. Queste, infatti, non appartengono soltanto a un personaggio: no. I problemi della sanità campana sono di tutti, perché nessuno fa nulla: dal primo all'ultimo, nessuno fa nulla.

Allora, penso che sia arrivato il momento di dare una strigliata a tutto questo. Questo è un sistema che deve cambiare e deve cambiare dando l'esempio di come si fanno le cose. L'avete fatto per la Terra dei fuochi, lei l'ha fatto costantemente; non perdiamo quell'allarmismo che ci ha motivato, fino ad oggi, quell'allarmismo che vi ha portato al Governo. Una delle stelle è l'ambiente, non glielo devo ricordare io: lei lo sa benissimo e lo sa prima di me. Io sono uno di quelli che l'ambiente l'ha sempre guardato come rispetto per il futuro. Il concetto di ambiente non è un concetto che appartiene a noi, alla realtà odierna: no, esso appartiene ai nostri figli.

Se noi ci comportiamo bene, i nostri figli se ne gioveranno, se noi ci comportiamo male, che è la cosa più semplice, perché guardiamo all'attualità, significa non capire la ricaduta in concreto che ha l'inquinamento sul nostro territorio. Dobbiamo cominciare a dare l'esempio, a cominciare dalla cicca per strada.

Il Sarno merita tutta la considerazione italiana possibile. Mi dispiace, sottosegretario, dobbiamo toglierlo dalla regione, da una responsabilità regionale. Il Sarno deve tornare ad essere sito di interesse nazionale.

Io continuerò a portare qui il problema nel breve periodo. Attenzione: il maltempo aiuta, ma io non verrò qui soltanto con il maltempo. Il maltempo aiuta perché lì va in crisi il segmento, ma non è lì che si risolve il problema. Allora, dobbiamo cominciare, probabilmente, a preoccuparci un po' tutti e a farcene responsabili; dobbiamo cominciare a far capire che lo Stato vuole fare qualcosa; dobbiamo togliere quell'indolenza alla cittadinanza di Castellammare di Stabia rispetto al problema e far capire che ci si può ancora credere, altrimenti, la mia presenza, la sua presenza e quella di tutti quanti in quest'Aula non ha senso.

(Iniziative volte al sostegno del reddito dei pastori sardi, anche attraverso l'attivazione di un tavolo istituzionale per un efficace monitoraggio delle produzioni del latte ed una adeguata programmazione del comparto - n. 2-00177)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cadeddu ed altri n. 2-00177 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Luciano Cadeddu se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUCIANO CADEDDU (M5S). Grazie Presidente, le aziende specializzate nell'allevamento di ovini per la produzione di latte in Italia sono per lo più localizzate in Sardegna, che è la prima regione italiana per consistenza del patrimonio zootecnico, con una concentrazione di oltre il 45 per cento dei capi nazionali. La quasi totalità dei 12 mila allevamenti ovini esistenti in Sardegna è destinata alla produzione del latte. I bilanci economici delle aziende sarde di produzione di latte ovino hanno mostrato, soprattutto negli ultimi anni, una forte sofferenza generale, non compensata, neppure, dal sostegno PAC (incluso il premio accoppiato), che rappresenta circa un terzo dei ricavi complessivi.

La produzione lorda vendibile aziendale si è attestata su valori esigui, a causa dei prezzi del latte molto bassi e dei livelli contenuti di produttività, per effetto delle condizioni climatiche sfavorevoli, le quali, inoltre, hanno impattato negativamente sui costi di produzione, facendo lievitare in modo eccezionale i costi per l'acquisto di foraggi conservati e alimenti concentrati. La scheda del settore ovicaprino elaborata da ISMEA, nel dicembre dell'anno scorso, ha messo a confronto i prezzi all'origine del latte di Lazio, Toscana e Sardegna nel corso degli ultimi anni, 2015, 2016 e 2017, evidenziando un significativo calo del prezzo del latte in tutte le tre aree nazionali ma, in particolare, ha messo in risalto il drastico e singolare calo del prezzo del latte in Sardegna. Siamo infatti passati dai 100 euro per 100 litri di latte del 2015, ai 60 euro circa per 100 litri di latte dell'estate del 2017, anno in cui il prezzo del latte ha toccato dei minimi storici. La caduta verticale del prezzo del latte è stata causata dalla sovrapproduzione di pecorino romano. I trasformatori, visti i prezzi elevati della DOP, hanno concentrato le loro produzioni su questo prodotto, saturando il mercato e portando il prezzo del romano dai quasi 10 euro al chilogrammo dell'estate del 2015 ai 4 euro e venti al chilogrammo del 2017, con una perdita di oltre 150 milioni di euro. Perdite, ahimè, fatte ricadere tutte sull'anello più debole della filiera, cioè il pastore, che ha così pagato le inefficienze e la mancanza di programmazione dei trasformatori.

Ci troviamo di fronte a una vera e propria crisi del prezzo del latte, dovuta a un'eccessiva volatilità dei prezzi del latte e a una mancanza di trasparenza della filiera di produzione e di trasformazione. Oggi non esiste nessun tipo di controllo diretto o indiretto sul prezzo dei fattori di produzione e, quindi, sulla remunerazione del latte e sul prezzo del lavoro dei pastori sardi.

Il prezzo del latte continua ad essere dettato da una parte della filiera e non dal mercato, e i pastori non sono messi nella condizione di avere gli stessi dati della controparte, per potersi sedere ad un tavolo e contrattare un prezzo più adeguato.

Non esiste programmazione e c'è una parte della filiera che specula e si concede, ancora oggi, il lusso, vedi la scorsa annata, di socializzare i debiti e le sue incapacità. I piccoli interventi emergenziali, anche se necessari, fino ad oggi si sono dimostrati soltanto dei palliativi destinati ad esaurire i loro effetti nel corso delle singole annualità.

Chiediamo, quindi, quali iniziative intenda prendere questo Governo, anche attraverso l'attivazione di un tavolo per l'avvio di un efficace monitoraggio delle produzioni del latte e una programmazione del comparto che possa portare alla definizione di elementi di governabilità, in un sistema a tutt'oggi senza regole chiare, al fine di garantire un reddito più adeguato ai pastori sardi e di controllare il prezzo del latte, così da concedere ai pastori la dignità a loro dovuta.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, onorevoli colleghi, è necessario premettere che il latte ovino è un prodotto assoggettato a organizzazione comune di mercato, quindi ogni azione volta al sostegno del prezzo della materia prima deve essere attuata negli ambiti prevista dalla stessa OCM e risultare compatibile con le disposizioni del Trattato. Il Regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, stabilisce, all'articolo 148, le norme concernenti le relazioni contrattuali nel settore del latte.

In tale ambito, le disposizioni attuative del cosiddetto pacchetto latte (decreto ministeriale n. 15164 del 12 ottobre 2012 e decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27) prevedono l'obbligo di contratti scritti e una serie di norme specifiche per assicurare la dovuta trasparenza nelle relazioni contrattuali.

Si fa altresì presente che nell'ambito di applicazione dell'articolo 150 del citato regolamento (UE) n. 1308 del 2013, il Ministero ha approvato il piano di regolazione dell'offerta del formaggio pecorino romano, onde consentire il raggiungimento di un adeguato equilibrio di mercato. Inoltre, tenuto conto della situazione di crisi che ha interessato il settore, sono state recentemente attivate misure eccezionali, in base a quanto previsto dall'articolo 219 del regolamento (UE) n. 1308 del 2013, volte a contrastare le turbative di mercato. In applicazione di questa disposizione, sono stati recati aiuti eccezionali agli allevatori nel settore ovino, pari a 8.293.794,37 euro per l'intero territorio, mentre misure più incisive sono state attuate in favore degli allevatori nelle zone interessate dagli eventi sismici del 2016 e 2017.

Per quanto attiene, invece, all'organizzazione produttiva, si segnala che sta per diventare operativa l'Organizzazione interprofessionale di settore, che ha per obiettivo il rafforzamento della struttura economica dalla filiera lattiero-casearia ovina ed il miglioramento della gestione delle relazioni tra i diversi operatori economici della filiera (produzione, trasformazione e distribuzione). Lo strumento consente, inoltre, alle organizzazioni che ne fanno parte di disporre di specifiche risorse anche per la promozione del prodotto all'estero.

A seguito dell'intesa sancita dalla Conferenza Stato-regioni in data 8 novembre 2018, in attuazione del regolamento (UE) n. 1308 del 2013 e della corrispondente normativa nazionale costituita dal decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015, è infatti in fase di adozione il decreto ministeriale di riconoscimento dell'Organizzazione interprofessionale latte ovino sardo (OILOS), che opererà a livello dalla circoscrizione economica della regione autonoma della Sardegna e del prodotto latte ovino.

In ogni caso, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è dell'avviso che un'iniziativa come quella proposta dagli onorevoli interpellanti sia pienamente condivisibile, non solo per monitorare l'andamento e la produzione, ma anche per condividere appropriati interventi in grado di incidere sul reddito degli agricoltori e sulla programmazione produttiva, tenuto conto che importanti misure a sostegno del settore possono essere attivate anche dalla regione con la misura “Benessere degli animali”.

PRESIDENTE. L'onorevole Manca ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Cadeddu ed altri n. 2-00177, di cui è cofirmatario.

ALBERTO MANCA (M5S). Presidente, sottosegretario, ovviamente ci riteniamo soddisfatti della risposta; e, visto che è stato citato il benessere animale, colgo subito l'occasione per parlare dell'ARAS, l'Associazione regionale allevatori della Sardegna, la quale svolge importanti funzioni di controllo e di supporto tecnico alle imprese, con finalità di valorizzazione del bestiame e dei prodotti da esso derivanti. Bene, questo importante organismo, attualmente in liquidazione, non può garantire a tutti i pastori l'erogazione delle ore di assistenza previste dalla misura. Con sei mensilità di stipendio in arretrato, circa venticinque dipendenti a tempo indeterminato hanno deciso di licenziarsi e di adire le vie legali per ottenere quanto loro dovuto; ad altri venti non è stato rinnovato il contratto a tempo determinato, nonostante la grave carenza di personale e la necessità di far fronte ad una gran mole di lavoro. Per queste ed altre ragioni, l'operatività dell'Associazione è fortemente compromessa, con evidenti, pericolose ricadute ancora una volta sugli allevatori, i quali rischiano di non ricevere, a loro volta, i pagamenti per il benessere animale. Vi è, quindi, la necessità di porre in essere azioni concrete.

Colgo, inoltre, l'occasione per auspicare interventi volti al rilancio di un settore strategico a livello economico e sociale in tutta l'Italia, ed in particolare nella nostra terra, la Sardegna, terra nella quale circa 12 mila aziende zootecniche del comparto ovicaprino annoverano oltre 3 milioni di capi, e generano un indotto di decine di migliaia di addetti. Non voglio annoiarvi con i numeri, ma sono fondamentali per comprendere l'ordine di grandezza del problema che stiamo affrontando. Secondo i dati ufficializzati di recente (preciso che si basano in parte su stime, e questo costituisce un ulteriore ostacolo ad una buona programmazione, altra criticità per la quale abbiamo richiesto l'intervento a questo Governo), le aziende ovicaprine sarde producono ogni anno all'incirca 300 milioni di litri di latte e 350 mila quintali di prodotti caseari. Stiamo parlando di numeri considerevoli, unici, numeri ai quali la politica non ha dato storicamente la giusta importanza, sottovalutando la crisi dei sistemi pastorali, sistemi ai quali va in primis riconosciuta una funzione sociale e di sviluppo del territorio, oltre a quella economica di produzione dei beni. Parliamo di realtà che hanno occupato le aree interne precedentemente abbandonate, contribuendo al contrasto allo spopolamento, che hanno contribuito a preservare i beni pubblici come il paesaggio, la biodiversità, il benessere animale, che hanno giocato un ruolo fondamentale per la conservazione di tradizioni millenarie e valori che oggi vengono unanimemente apprezzati.

Se nei primi anni Settanta si registrava una buona remunerazione del latte, la feroce diffusione dell'industria casearia ha rivoluzionato un'intera filiera. I pastori, in precedenza contemporaneamente allevatori, trasformatori, commercianti, sono diventati, se si eccettuano le produzioni per autoconsumo e le sinergie con le cooperative, dei semplici conferitori di latte agli industriali, industriali che si occupano della relativa trasformazione e della vendita dei prodotti, lasciando tuttavia sulle spalle dei primi, ossia gli attori più deboli della filiera, il vero rischio d'impresa e le conseguenze della crisi di mercato. Un mercato diventato globale, sostanzialmente incentrato sulla vendita dei prodotti negli Stati Uniti; un mercato instabile, che, in funzione delle esigenze dei nuovi consumatori, ha visto la produzione fossilizzarsi in maniera pressoché esclusiva sul solo pecorino romano. Un mercato tra i più esposti alle contraffazioni alimentari, spesso provenienti dai Paesi dell'Unione europea, che spacciano per sardi prodotti che con la Sardegna non hanno nulla in comune.

Negli ultimi dieci anni il prezzo del latte ha subito un costante decremento, nonostante il forte aumento dei costi di produzione, sia di quelli energetici sia di quelli necessari per tentare di compensare gli effetti di condizioni climatiche sempre più avverse, sia di quelli necessari per garantire elevati standard igienico-sanitari, ulteriore elemento di differenziazione dei nostri prodotti da quelli dei concorrenti stranieri. Si tenga presente che anche quando si è registrato un leggero rialzo di tale prezzo, esso era esclusivamente il frutto di una diminuzione delle quantità circolanti, a sua volta determinato dal ridimensionamento e dalla chiusura di molti allevamenti.

Vorrei pertanto ribadire, in questa sede, che, pur non avendo avuto un ruolo nella loro determinazione, gli allevatori sono stati le vere vittime di tutti questi effetti distorsivi determinati dall'andamento altalenante del prezzo del latte. Per queste ragioni meritano tutte le tutele che da anni invano richiedono. Non è un caso che in occasione delle scorse elezioni politiche molti allevatori sardi abbiano voluto protestare pacificamente contro la politica, restituendo le tessere elettorali e rinunciando così al proprio diritto di voto, perché non credono più all'utilità dell'esercizio di tale diritto. Dobbiamo restituire loro una ragione per credere il contrario.

Questa Assemblea ha dato recentemente un importante contributo, approvando la legge per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta e a chilometro zero utile, che, dopo l'approvazione definitiva, consentirà di sostenere le economie locali e le eccellenze dei diversi territori italiani. Voglio anche ricordare che col contratto di Governo abbiamo assunto l'impegno formale di difendere la sovranità alimentare dell'isola, dell'Italia, e di tutelare le eccellenze del made in Italy. Vogliamo realizzare in sede europea una riforma della PAC, che preveda di integrare le misure di sostegno all'agricoltura, in particolare quelle di sviluppo rurale. Vogliamo finalmente individuare strumenti per garantire tempi certi nell'attribuzione ed erogazione da parte delle regioni dei fondi della PAC: di fronte ad un mercato globale sempre più attento ed interessato al riconoscimento dei prodotti di qualità, abbiamo il dovere di essere sensibili alle esigenze del nostro comparto agro-zootecnico, elemento fondamentale per la crescita del Paese e colonna portante della nostra economia.

Accogliamo con favore la prossima adozione del decreto ministeriale di riconoscimento dell'Organizzazione interprofessionale latte ovino sardo (OILOS); anche alla luce di quanto detto sopra, vigileremo affinché tutti gli operatori dell'organizzazione - e ribadisco in particolare di quelli più deboli, i pastori - siano rappresentati e tutelati in modo equo. A tal proposito, salutiamo positivamente la disponibilità manifestata dal Governo ad aprire il tavolo richiesto per l'ascolto diretto delle istanze del comparto: ciò offrirà il necessario supporto per elaborare opportune strategie di programmazione. Perché - ricordiamolo - l'obiettivo finale è quello di garantire ai pastori, in particolare a quelli sardi, le condizioni per conseguire in modo stabile e duraturo un reddito adeguato all'importanza sociale ed economica del loro ruolo; e, lasciatemelo dire, alla loro esemplare dignità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza presso il gruppo Ferrovie dello Stato al fine dell'assunzione prioritaria dei lavoratori «ex Servirail» - n. 2-00179)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Raffa ed altri n. 2-00179 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Raffa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANGELA RAFFA (M5S). Grazie Presidente, grazie sottosegretario. Nel 2012 l'allora direttore risorse umane di Ferrovie dello Stato, Domenico Braccialarghe, in merito alla vertenza ex Servirail, si era impegnato, testualmente, a «fare riferimento al bacino degli ex lavoratori di cui trattasi, ad oggi non ancora occupati, per le future esigenze di assunzioni delle società del Gruppo» e prometteva: «Tutti coloro che – ancorché nel frattempo occupati negli appalti – risulteranno in possesso del titolo di studio previsto ed avranno carichi pendenti e casellario negativi, saranno destinatari di una selezione prioritaria e riservata, finalizzata all'assunzione presso le società del Gruppo, per le esigenze che si renderanno necessarie sull'intero territorio nazionale». 

Delle originarie 800 unità della vertenza degli ex cuccettisti, solo un numero esiguo di lavoratori siciliani, 22 unità, sono ancora in attesa di essere riassorbiti.

Nello scorso mese di agosto, a quanto consta agli interpellanti, Rete ferroviaria italiana avrebbe manifestato il proposito di emanare a breve un bando per l'assunzione di personale, circa 50 risorse in Sicilia, da dedicare ai lavori di manovra treni e alla manutenzione dei mezzi d'opera, precisando che il bando sarebbe stato aperto anche a professionalità con esperienze pregresse nell'ambito dell'indotto ferroviario.

Visto che si tratta di una vertenza che va avanti dal 2010-2011, tale disponibilità sarà solo lettera morta se nel bando non sarà previsto per questi lavoratori, che oramai hanno raggiunto una certa anzianità anagrafica, una deroga ai limiti di età solitamente previsti dai bandi per le assunzioni del gruppo Ferrovie dello Stato.

Trattandosi di lavoratori di mezza età, in una selezione per titoli difficilmente riusciranno a primeggiare rispetto a chi si è formato in anni recenti, questo non certo a causa di una minore preparazione, ma per effetto dei cambiamenti in questi anni avvenuti nel mondo dell'istruzione e della formazione.

Per rendere, quindi, concrete le promesse fatte al tempo dal gruppo Ferrovie dello Stato, sarebbe dunque necessario riservare una quota di posti a questa categoria di lavoratori ex cuccettisti, ex Servirail.

In realtà, in riferimento alle 700 assunzioni che Rete ferroviaria italiana effettuerà nel biennio 2019-2020, ben 80 unità saranno assunte in Sicilia, come da nota inoltrata dalla direzione risorse umane alle organizzazioni sindacali il 28 settembre 2018.

Chiediamo, quindi, se il Ministero interpellato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda, per quanto di competenza, intervenire presso il gruppo Ferrovie dello Stato affinché si impegni ad una assunzione prioritaria dei lavoratori «ex Servirail», anche in deroga ai limiti di età che Ferrovie dello Stato prevede per la selezione di queste unità, riservando loro una percentuale di posti nell'ambito delle risorse umane da assumere.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Michele Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.

MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In premessa evidenzio che la vicenda non riveste specifici profili di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, trattandosi di problematiche occupazionali del gruppo Ferrovie dello Stato. Tuttavia, sono state acquisite informazioni presso il medesimo Gruppo, il quale riferisce che il ridimensionamento dei servizi notte alla fine del 2011 ha generato, tra i dipendenti delle ditte che in precedenza fornivano i servizi di accompagnamento in regime di appalto, 665 esuberi. Nel nuovo appalto con perimetro ridotto hanno poi trovato occupazione presso il nuovo affidatario dei servizi, Angel Service, 240 lavoratori.

Il Gruppo comunica, inoltre, che, pur non avendo alcun obbligo di natura giuridica, si è fatto carico del problema, dapprima sul tavolo di confronto sindacale nazionale e, in seguito, sui diversi tavoli sindacali aperti nelle sedi degli assessorati regionali della Lombardia, del Veneto e del Piemonte, giungendo a formulare un'offerta di reimpiego dei lavoratori interessati nell'ambito di appalti diversi da quelli relativi al servizio di accompagnamento dei treni notturni, con assunzione presso i nuovi appaltatori con contratti di lavoro a tempo indeterminato, con garanzia di durata minima a tutto il 2014, poi prorogato al 2015 e con la possibilità di individuare sedi di lavoro coincidenti con le regioni di residenza degli interessati.

Sono state concluse 139 transazioni con altrettanti lavoratori ex notte nelle regioni Lazio, Piemonte, Veneto, Sicilia e Calabria, riducendo di fatto a 286 unità gli esuberi da gestire dopo il nuovo affidamento ad Angel Service.

Inoltre, nel luglio 2012, il Gruppo ha individuato un'ulteriore soluzione, che consisteva nell'opportunità, per gli ex lavoratori dell'accompagnamento notte, sempre nelle regioni Lazio Sicilia e Piemonte, non ancora occupati, di essere indirizzati ad una selezione prioritaria e riservata, finalizzata all'assunzione in ambito manutenzione e rete ferroviaria italiana, purché in possesso, tra l'altro, del titolo di studio previsto dalle linee guida aziendali per tale mansione. Con tale criterio sono stati assunti ulteriori 42 lavoratori.

Il gruppo Ferrovie dello Stato rappresenta, in conclusione, che si è fatto carico del problema occupazionale di tali lavoratori, mettendo in campo tutti gli strumenti a disposizione dell'azienda. Il Ministero, comunque, per parte sua, pur in assenza di specifica competenza, ha sensibilizzato il Gruppo sulla tematica illustrata dagli onorevoli interpellanti e, quindi, volevo ringraziare in particolare la deputata Raffa per aver sollevato la questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Raffa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ANGELA RAFFA (M5S). Grazie Presidente, grazie sottosegretario. Mi ritengo parzialmente soddisfatta perché ho avuto modo di appurare che l'impegno del Ministero metta a tutela delle vertenze del lavoro e l'attenzione che ha riservato alla vicenda, purtuttavia non posso mancare di rilevare come in questo caso sono i risultati a contare. Anche non avendo alcun obbligo giuridico all'assunzione di queste persone, la direzione di RFI prese un impegno pubblico su questo. Il gruppo FS è interamente di proprietà dello Stato italiano, quindi dei cittadini. Quando gli amministratori di una società prendono un impegno con la proprietà, ci si aspetta che lo rispettino o che se ne assumano la responsabilità. Questo si chiede al Ministero, questo si chiede al Governo, che, per conto del popolo italiano, di FS detiene il 100 per cento delle azioni: di obbligare le aziende di Stato a perseguire gli interessi degli italiani e di pretendere che si rispettino gli impegni presi con i cittadini, a maggior ragione dato che di 800 unità lavorative, solo 22 sono rimaste escluse, di cui alcuni saranno già ormai in quiescenza. Auspico che il Ministero nei prossimi giorni riesca a richiamare l'azienda di Stato a rispettare la promessa disattesa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 19 novembre 2018 - Ore 13:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici (ai sensi dell'articolo 69, comma 1, del Regolamento). (C. 1189)

La seduta termina alle 11,15.