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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 72 di venerdì 26 ottobre 2018

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MIRELLA LIUZZI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 25 Ottobre 2018.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Brescia, D'Uva, Gregorio Fontana, Gallo, Giachetti, Lorefice, Rixi, Ruocco e Saltamartini sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a tutelare l'apicoltura italiana, con particolare riferimento al rispetto degli standard previsti dalle direttive europee in relazione al miele importato dall'estero - n. 2-00150)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Parentela ed altri n. 2-00150 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Parentela se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLO PARENTELA (M5S). Grazie, Presidente. Mentre la domanda netta globale di miele è cresciuta in media di circa 20.000 tonnellate l'anno, si registrano invece ricorrenti flessioni nella produzione, dovute alle avversità che affliggono l'apicoltura a livello mondiale. Tra queste, l'incremento delle monocolture, la riduzione del numero di api, dovuta ai pesticidi, i cambiamenti climatici, i frazionamenti degli habitat e la diffusione di nuove malattie e parassiti. L'Unione europea è il secondo produttore di miele al mondo, dopo la Cina. Ogni anno, circa 600.000 apicoltori producono 250.000 tonnellate di miele, usando 17 milioni di arnie, tuttavia la produzione non riesce a soddisfare la domanda interna di miele e l'Unione europea ha importato circa 200.000 tonnellate di miele nel 2016, soprattutto dalla Cina.

A fronte di questo incremento, perciò non può sempre seguire una produzione adeguata e l'unico Paese che non sembra risentire di questa crisi è proprio la Cina, ormai il più grande produttore mondiale di miele, con 473.600 tonnellate prodotte nel 2014, rispetto ai 161.031 dell'Unione europea. Tra il 2000 e il 2014, secondo i dati dell'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura, la sua produzione è aumentata dell'88 per cento. Qui infatti la produzione aumenta costantemente in maniera stabile, ma il numero degli alveari nello stesso periodo è aumentato del solo 21 per cento. Le importazioni di miele nell'Unione europea sono cresciute di 10.284 tonnellate l'anno e si tratta soprattutto di miele cinese, con prezzi di importazione così bassi che motivano i più che fondati sospetti relativi alla qualità del prodotto. Solo nel 2016 le vendite di miele hanno portato in Cina 276,6 milioni di euro.

La prima indagine sul settore effettuata dalla Commissione europea, che risale al 2015, ha inoltre dimostrato un'importante percentuale di frodi e adulterazioni nei mieli commerciati nell'Unione europea, derivanti proprio dalla Cina. La direttiva europea sul miele è infatti molto chiara nella definizione stessa di cosa è davvero miele, infatti nell'allegato 1, al punto 1, si riporta: “Il miele è la sostanza dolce e naturale che le api (apis mellifera), producono dal nettare di piante (…) che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare”. Nell'allegato 2, invece, al punto II, la direttiva europea vieta l'aggiunta di qualunque altro ingrediente e precisa: “Al miele immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano non è aggiunto alcun ingrediente alimentare, neppure gli additivi, e non è effettuata nessun'altra aggiunta se non di miele”. In Cina, invece, spesso si raccoglie il miele immaturo, quindi non lasciato maturare nei favi, come prevede appunto la legge, e questo prodotto viene poi portato nelle fabbriche del miele e qui sono gli uomini e non le api a lavorarlo, filtrarlo e deumidificarlo. L'essiccazione e la maturazione avvengono dunque al di fuori dell'alveare. Un altro metodo per produrre il miele è ricavato dallo sciroppo di riso o zucchero, a cui verrebbe aggiunto un po' di polline e diversi aromi; in questo modo, il miele diventa un prodotto di laboratorio, una pratica quindi vietata dalla legge in Europa. Tutti questi processi ottengono un prodotto privo di varie delle componenti caratteristiche del miele, che spiega che questo modo di agire sia qualificabile appunto come frode alimentare.

Per questo motivo, chiediamo quindi al Governo quali siano le iniziative che intende mettere in atto al fine di tutelare un settore strategico, quale quello dell'apicoltura italiana, perché milioni di consumatori richiedono un prodotto rispondente ai più elevati standard qualitativi e nutrizionali. Grazie.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per le Politiche agricole alimentari, forestali e turismo, Alessandra Pesce, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA PESCE, Sottosegretaria di Stato per le Politiche agricole alimentari, forestali e turismo. Signor Presidente, onorevoli deputati, la tutela dei nostri prodotti agroalimentari è una delle priorità che il Governo intende perseguire, non solo a tutela dei vari comparti produttivi, ma anche a vantaggio dei consumatori, che attraverso un'etichettatura corretta e trasparente possono operare una scelta consapevole.

In tale direzione, il Ministro Centinaio ha inteso potenziare il sistema dei controlli per contrastare le frodi anche nel settore apistico. L'autorevolezza dei controlli ministeriali è riconosciuta a livello globale. Con oltre 53.000 controlli svolti nel 2017, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari, l'ICQRF, organo tecnico di controllo del Ministero, istituzionalmente preposto alla prevenzione e repressione degli illeciti nei diversi settori del comparto agroalimentare, si è confermato il punto di riferimento dei controlli sul food a livello italiano e internazionale.

Ciò premesso, rilevo che, nel panorama dell'agricoltura italiana, il Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo riconosce al settore apistico una valenza di primaria importanza, anche per la sua importanza nell'impollinazione di numerose coltivazioni e quale indicatore dello stato ambientale del territorio nazionale. Infatti, per lo sviluppo e l'incremento del settore, nel corso degli anni, il Ministero si è fatto promotore di una serie di iniziative, tra cui ricordo l'introduzione dell'obbligo dell'indicazione del Paese di origine in etichettatura e l'elaborazione e il coordinamento dei programmi apistici nazionali, cofinanziati dall'Unione Europea nell'ambito delle OCM. Va evidenziato che nella proposta per la nuova PAC, il settore apistico è l'unico che raddoppia le proprie risorse, effettivamente a sostegno della qualità e del rafforzamento della produzione. Peraltro, per l'incremento delle produzioni e la salvaguardia delle api, lo scorso settembre, il Ministro Centinaio ha sottoscritto l'intesa nazionale delle buone pratiche agricole. Ciò posto, ricordo che le caratteristiche di composizione del miele sono stabilite, come ricordato, dall'allegato 2 della direttiva 2001/110/CE, recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 179 del 2004.

Riguardo alla problematica connessa all'aumento delle importazioni dalla Cina e dal sud-est asiatico di miele di scarsa qualità mercantile o di analoghi derivati illecitamente spacciati per miele, faccio presente che l'ICQRF effettua sul territorio nazionale controlli sia sulla produzione che sulla commercializzazione di mieli di diversa origine botanica (uniflorali e millefiori) e diversa regime origine geografica (Stati membri dell'UE e Paesi terzi); per i mieli biologici sono previste anche analisi specifiche tese ad evidenziare la presenza di residui di prodotti fitosanitari non consentiti in tale metodo di produzione. L'Ispettorato esegue altresì indagini analitiche specialistiche mirate all'individuazione di zuccheri esogeni attraverso tecniche isotopiche IRMS (isotope ratio mass spectrometry) anche con il supporto dell'Istituto di ricerca internazionale con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige, nell'ambito di specifiche convenzioni di collaborazione.

Rilevo inoltre che nel 2015, con la raccomandazione C (2015) n. 1558 del 12 marzo 2015, è stato concordato un piano di controllo coordinato, da attuare contemporaneamente nei territori degli Stati membri, per svelare pratiche fraudolente nei prodotti ittici e del miele. Nel corso degli ultimi anni, dal 2016 all'Agosto di quest'anno, l'ICQRF ha eseguito sul prodotto in esame 330 controlli e ha analizzato 235 campioni, di cui il 6,4 per cento è risultato irregolare. Gli illeciti riscontrati hanno riguardato prevalentemente l'utilizzo di un'etichettatura irregolare per l'utilizzo di locuzioni ingannevoli o omissioni di indicazioni obbligatorie, il mancato adempimento degli obblighi di rintracciabilità, l'indebito uso commerciale di una denominazione protetta e l'illecito utilizzo di zuccheri estranei nella produzione di miele. Nei mieli di agricoltura biologica gli illeciti rilevati hanno riguardato anche la presenza di residui fitosanitari, nonché di caratteristiche organolettiche e microscopiche anomale, in quanto alterate per fermentazione.

Assicuro che il Ministero intende rafforzare ancora di più il sistema dei controlli, anche rispetto ai mieli di importazione, a tutela del settore e dei cittadini.

PRESIDENTE. L'onorevole Parentela ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLO PARENTELA (M5S). Grazie, Presidente. Sono lieto di raccogliere l'impegno del Governo su un settore che da anni il MoVimento ha messo tutto il suo impegno per tutelare e promuovere. Quindi, non posso che ritenermi soddisfatto anche sulla volontà di proseguire quest'impegno verso un'etichettatura chiara e trasparente, in modo appunto che i cittadini possano operare una scelta chiara e consapevole. Su questa partita potrebbe giocare un ruolo strategico la volontà, come ha annunciato il Governo, anche di inserire un'indicazione in etichetta di un logo nazionale per le produzioni biologiche legate alle materie prime. Pur avendo una produzione italiana di qualità, più della metà dei prodotti apistici, anche come la pappa reale e il polline, che sono venduti in Italia, provengono in realtà dall'estero. Tuttavia, non sempre questo dato è messo a disposizione del consumatore. Quindi, la politica non deve fare altro che spianare la strada verso questo percorso di trasparenza e di consapevolezza.

Conosciamo anche l'autorevolezza delle attività di controllo, che svolgono l'ICQRF e tutte le autorità competenti, a cui riconosciamo un grandissimo impegno, che è riconosciuto in tutto il mondo. Siamo anche soddisfatti del fatto che si voglia rafforzare questo modello anche con l'utilizzo di indagini innovative e specialistiche, con il supporto, come è stato detto, dell'Istituto di ricerche internazionali, per rintracciare, come è stato affermato, illeciti, come ad esempio l'utilizzo di zuccheri estranei nella produzione del miele.

Quindi, l'impegno del MoVimento e del Governo sarà costante non solo per il comparto apistico, che dà un'opportunità anche di lavoro a migliaia di agricoltori e apicoltori italiani, ma anche per la conservazione di biodiversità, degli ecosistemi, e quindi la trasmissione di vita sul pianeta. Una priorità per la quale è urgente investire anche sulla ricerca applicata, con la collaborazione degli apicoltori, quindi con le nostre care api, che sono tantissime nel nostro territorio e devono continuare a svolgere questo importante ruolo di sentinella della biodiversità italiana.

(Elementi e iniziative in ordine al fabbisogno e alla produzione nazionale di cannabis a uso medico, anche in relazione al progetto pilota presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze – n. 2-00149)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Magi e Schullian n. 2-00149 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Magi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. La questione su cui interroghiamo il Governo con questa interpellanza urgente attiene alla capacità delle nostre istituzioni di garantire a migliaia di cittadini il diritto alla salute e il diritto alla cura, un diritto costituzionalmente tutelato e garantito, ma anche a molte altre migliaia che potrebbero avere accesso e chiedere accesso per curare le proprie patologie a farmaci a base di cannabis. Come è noto, per fare fronte alle problematiche legate all'importazione dei medicinali di origine vegetale a base di cannabis e per cercare di trovare una soluzione nazionale al problema, il 18 settembre 2014 il Ministro della salute e il Ministro della difesa hanno sottoscritto l'accordo di collaborazione per l'avvio di un progetto pilota per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze.

Successivamente, con il decreto del Ministero della salute del novembre 2015, è stato istituito l'organismo statale per la cannabis. Il decreto ministeriale ha disciplinato le modalità e le procedure per la produzione nazionale di cannabis terapeutica e quelle relative a prescrizione, allestimento, somministrazione e monitoraggio delle preparazioni magistrali.

Nell'autunno del 2017, a seguito del rapido incremento del consumo di infiorescenze di cannabis ad uso medico, per non rischiare l'interruzione delle terapie in corso, è stato autorizzato il suddetto Stabilimento ad ampliare le proprie strutture e, successivamente, tramite un bando di Agenzia industrie e difesa, è stata consentita l'importazione di cannabis per la trasformazione e distribuzione di ulteriori 100 chilogrammi di infiorescenze ad uso medico di grado farmaceutico da parte dello Stabilimento.

Ancora, successivamente, il decreto fiscale, convertito dalla legge n. 172 del 2017, ha consolidato il progetto pilota e stabilito che lo Stabilimento dovesse essere autorizzato alla fabbricazione e alla commercializzazione delle infiorescenze di cannabis. Inoltre, la legge ha previsto che l'organismo statale per la cannabis possa autorizzare l'importazione di quote di cannabis da conferire allo Stabilimento chimico farmaceutico e che, con decreto del Ministro della salute, possano essere individuati uno o più enti, o imprese da autorizzare alla coltivazione, nonché alla trasformazione.

Quanto è stato messo in campo fino ad oggi va sicuramente apprezzato come un percorso all'avanguardia nel panorama europeo, però, purtroppo, non possiamo considerarlo un percorso concluso. Infatti, nonostante ci sia stata una stabilizzazione di questo processo e si siano ottenuti risultati in un arco di tempo breve, rimane da affrontare, come dicevo all'inizio, la delicata questione del raggiungimento del modo in cui soddisfare il fabbisogno, che comunque è in continua crescita. C'è, poi, anche una questione importante, cioè quella di quantificare questo fabbisogno (ci arrivo). Il 19 luglio 2018 il Ministro della salute ha annunciato di avere richiesto al Ministro della salute olandese l'importazione di 250 chilogrammi di cannabis per uso medico, ulteriori ai 450 già concordati per il 2018.

Nella lettera rivolta al Ministro olandese, il Ministro italiano stima una richiesta di 700 chilogrammi fino al 2019, che sarà destinata a diminuire a ragione della crescita della produzione interna. Infine, il 31 luglio 2018, il Ministro della salute, in occasione di una visita presso lo Stabilimento di Firenze, ha dichiarato che lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è un'importante eccellenza di questo Paese, che oggi aiuta nella produzione di cannabis terapeutica. Purtroppo, non è sufficiente la quantità ed è anche per questo che, con il direttore Anselmino - che ringrazio per il grande lavoro che fa - annunciamo che verrà bandita una sorta di manifestazione di interesse per una partnership pubblico-privata.

Ora, noi chiediamo quattro punti fondamentalmente: quale sia il reale fabbisogno nazionale e regionale di cannabis a uso medico e quali strumenti si reputino più opportuni per garantire la corretta e costante comunicazione delle necessità di approvvigionamento al Ministero della salute da parte di tutte le regioni e province autonome; quali siano le motivazioni che hanno escluso l'avvio di una gara di rilevanza pubblica per l'importazione di cannabis a uso medico dall'Olanda; quali misure strutturali il Governo intenda promuovere per garantire una produzione nazionale di cannabis a uso medico in grado di soddisfare appieno le richieste crescenti delle regioni e dei pazienti, e quindi evitare il ricorso all'importazione dall'estero, nonché sviluppare genetiche adeguate alle specificità delle differenti patologie e condizioni cliniche e garantire la costanza della somministrazione della medesima sostanza necessaria per gli studi clinici; infine, se il Governo intenda adoperarsi - e in caso affermativo con quali tempi - per un rafforzamento delle capacità produttive dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, valutando l'opportunità di realizzare quelle forme di collaborazione pubblico-privato, anche coinvolgendo aziende italiane che consentano l'investimento di capitali privati e il trasferimento di competenze critiche in grado di potenziare considerevolmente la produzione e le sperimentazioni dello stesso Stabilimento.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato Alessandra Pesce, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA PESCE, Sottosegretaria di Stato per le Politiche agricole alimentari, forestali e turismo. Innanzitutto, il Ministero della salute concorda sul primario obiettivo che la produzione industriale statale di cannabis a uso medico, nelle varietà FM1 e FM2, da parte dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze sia aumentata fino alla completa copertura del fabbisogno nazionale, senza che, con l'aumentare della produzione, venga meno la qualità farmaceutica che è stata conseguita finora, e che risulta all'avanguardia nel panorama europeo e mondiale. Tenuto conto che con gli stanziamenti previsti dall'articolo 18-quater della legge n. 172 del 2017 non sarà in ogni caso possibile coprire tutto il fabbisogno nazionale, che risulta in progressiva crescita in ragione della maggiore consapevolezza della comunità medica, confermo che il Ministero della salute, come anticipato pubblicamente dallo stesso Ministro, sta attualmente vagliando l'ipotesi di partenariati pubblico-privati che consentano l'incremento della produzione e il mantenimento dei livelli di qualità già raggiunti.

Le ragioni di questa scelta risiedono, invero, nel trend dei fabbisogni stimati, che non consentono, nel breve periodo, allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze di coprire tutte le esigenze del nostro Paese. Il fabbisogno stimato in Italia nel 2019 supererà, infatti, ragionevolmente i 700 chilogrammi. A tale fabbisogno si farà fronte innanzitutto con la produzione statale, la quale, grazie ai finanziamenti disposti dalla legge n. 172 del 2017, potrà raggiungere una capacità produttiva di 150 chilogrammi/anno entro il corrente anno e di oltre 300 chilogrammi/anno entro la fine del 2019. Si impone, ancora, dunque, per il 2019, l'esigenza di acquisire una importante parte del fabbisogno attraverso il canale dell'importazione dall'Office of Medicinal Cannabis del Ministero della salute olandese, che a ciò si è già reso disponibile.

Per il 2020, in considerazione di un fabbisogno che potrebbe superare addirittura i 1.000 chilogrammi annui, pur a fronte di una prevista accresciuta capacità produttiva dello stabilimento, rimarrà in ogni caso da soddisfare una cospicua parte delle esigenze del nostro Paese. Per questo motivo, ritenendo di dover agire per tempo, l'obiettivo del Ministero della salute è, come anticipato, quello di avviare fin da ora il percorso di collaborazione con quelle aziende private che abbiano i requisiti per incrementare la coltivazione e la produzione farmaceutica di infiorescenze di cannabis a uso medico. Parallelamente il Ministro della salute, nel corso di un'apposita riunione avutasi il 20 settembre ultimo scorso, ha già richiesto alle regioni di migliorare e standardizzare le modalità di valutazione del fabbisogno, in modo da evitare, come purtroppo è successo in passato, scostamenti tra le esigenze rappresentate e quelle effettivamente registrate. A tale scopo, il Ministero ha elaborato e consegnato uno specifico questionario, finalizzato a recepire dalle regioni le loro modalità di valutazione dei fabbisogni, in modo da individuarne eventuali criticità ed, in ogni caso, per standardizzarne i processi.

Ciò detto, in merito alla strategia complessiva attraverso la quale si intende far fronte alle accresciute esigenze di cannabis medica nei prossimi anni, è doveroso chiarire gli aspetti principali che dovranno caratterizzare il percorso, già delineato, di partenariato pubblico-privato cui si è fatto cenno. L'ipotesi è quella di individuare un partner privato al quale demandare parte dell'attività produttiva che verrà condotta nelle aree disponibili all'interno dello stabilimento di Firenze, il quale dunque manterrà il fondamentale ruolo istituzionale del controllo a garanzia della qualità della fase produttiva e del prodotto finito, senza escludere una possibile partecipazione diretta alle attività produttive con le proprie risorse.

Per garantire un adeguato grado di sicurezza e controllo sull'attività di coltivazione e produzione, si intende mettere a disposizione del partner privato fin da subito ulteriori superfici anche in altri stabilimenti militari, unità produttive idonee a un'estensione della coltivazione. Al fine di salvaguardare il know how dell'Istituto farmaceutico, gli accordi da stipulare per consentire l'eventuale avvio di tale partnership dovranno prevedere apposite clausole di riservatezza, tese ad evitare l'acquisizione e il possibile sfruttamento da parte del privato del know how e dei prodotti sviluppati.

Con questo progetto di partnership si ritiene dunque che l'istituto possa essere messo in condizione, già entro il breve e medio periodo, di soddisfare il fabbisogno italiano e di diventare anzi e a sua volta esportatore di cannabis medica, generando anche nuovi posti di lavoro nel nostro Paese. Resta fermo in ogni caso che lo stabilimento di Firenze, in qualità di officina farmaceutica autorizzata alla fabbricazione di derivati a base di cannabis, potrà continuare a essere autorizzato ad importare il prodotto finito anche da produttori stranieri. In ragione di ciò è stata bandita una prima gara per la fornitura di cannabis per uso medico, nell'ambito della quale lo stabilimento ha la responsabilità del controllo tramite specifiche analisi e della corrispondenza qualitativa del prodotto importato con quanto richiesto. La gara di rilevanza pubblica per l'individuazione di un fornitore dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, bandita dall'Agenzia industrie difesa nel novembre 2017, a differenza di quanto riferito nell'interpellanza, non escludeva alcun fornitore estero i cui prodotti rispondessero ai requisiti stabiliti per richiedere l'autorizzazione all'importazione all'organismo statale per la cannabis del Ministero della salute. La mancata partecipazione dell'Olanda a tale bando - che, a conferma della piena trasparenza dell'operazione, è ancora pubblicato sul sito istituzionale dell'Agenzia industrie difesa - è stata dunque dovuta alla libera scelta dei produttori olandesi.

PRESIDENTE. L'onorevole Magi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Presidente, sottosegretaria, sicuramente la risposta del Governo denota una consapevolezza del problema, e anche una celerità nell'aver iniziato a mettere mano ad esso; che, ricordiamolo, è un problema che riguarda un numero crescente di cittadini, e che come dicevo all'inizio attiene a un diritto costituzionale, il diritto alla cura e il diritto alla salute. Sono già stati fatti, o comunque vengono annunciati passi in avanti significativi nel delineare una strategia per dare una risposta al fabbisogno crescente. Ovviamente dovremo tenere alto il monitoraggio e aperti gli occhi, perché sicuramente è un primo tentativo, quello del questionario ad esempio somministrato alla regione per comprendere quale sia il fabbisogno, ma dovrà essere testato e verificato che poi ci sia effettivamente un flusso di dati sufficienti ad avere contezza di un fenomeno così ampio e così distribuito sul territorio. Dall'altra parte credo sia positivo quanto detto in merito alla necessità di implementare il partenariato pubblico-privato per quanto riguarda le attività dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, e anche il fatto di voler intendere e nel frattempo proseguire con la modalità delle gare pubbliche e aperte per l'approvvigionamento, nel frattempo che la produzione nazionale aumenterà.

(Iniziative di competenza volte a modificare il piano ospedaliero della regione Campania previsto dal decreto n. 8 del 2018 del commissario ad acta, al fine di garantire il rispetto degli standard ospedalieri, nonché per la rimozione del medesimo commissario – n. 2-00152)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maraia ed altri n. 2-00152 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Maraia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GENEROSO MARAIA (M5S). Presidente, colleghi, nella regione Campania esistono 18 case di cura private polispecialistiche che non raggiungono lo standard strutturale di 60 posti letto ospedalieri accreditati previsto dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, come si evince dalla lettura delle tabelle nn. 47,48,49,50,51 e 52 del piano ospedaliero regionale approvato con decreto del commissario ad acta n. 8 del 2018.

Ci si riferisce in particolare alle 18 case di cura private polispecialistiche di seguito elencate e suddivise per macroarea. Macroarea Avellino/Benevento (decreto del commissario ad acta n. 117 del 2014): Villa Maria-Villa Julie, di Mirabella Eclano, con 40 posti letto; Villa Ester, di Avellino, con 49 posti letto; Cura et Sanat San Francesco, di Telese Terme, 57 posti letto; Casa di Cura Ge.Po.S., di Telese Terme, 55 posti letto.

Per quanto riguarda la macroarea Caserta (decreto del commissario ad acta n. 131 del 2014): S. Anna Srl di Caserta, con 48 posti letto; Villa Fiorita di Aversa, con 34 posti letto; S. Paolo di Caserta, con 50 posti letto; Minerva Santa Maria della Salute di Capua Vetere, con 50 posti letto; e Villa Ortensia di Capua, con 55 posti letto.

Per quanto riguarda la macroarea Napoli 1 - Centro (decreto del commissario ad acta n. 118 del 2014): Villa delle Querce di Napoli, con 55 posti letto; l'Ospedale Internazionale di Napoli, con 30 posti letto; la Clinica Vesuvio di Napoli, con 33 posti letto.

La macroarea Napoli 2 - Nord (decreto del commissario ad acta n. 119 del 2014): Villa Maione di Villaricca, 50 posti letto; Clinica Sant'Antimo di Casandrino, 50 posti letto.

Per quanto riguarda la macroarea Napoli 3 - Sud (decreto del commissario ad acta n. 132 del 2014 e simili): La Madonnina di San Gennaro Vesuviano, con 50 posti letto; Santa Maria La Bruna di Torre del Greco, con 40 posti letto; Meluccio di Pomigliano D'Arco, con 30 posti letto; e Meluccio ex San Felice di Pomigliano D'Arco, con 40 posti letto.

Dette cliniche erogano prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario regionale in violazione del divieto contenuto nell'articolo 2.5 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015, che dispone, a far data dal 1° gennaio 2017, la non sottoscrivibilità di contratti ex articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 con le case di cura sotto la soglia di 60 posti letto.

La soglia di 60 posti letto è ormai stabilita dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, oltre che come condizione di sottoscrivibilità degli accordi, anche come soglia di accreditabilità delle case di cura private. Per tale motivo, la presenza in regione Campania di cliniche private sotto la soglia di accreditabilità e di sottoscrivibilità dei contratti potrebbe costituire da un lato un pericolo per la salute dei pazienti che vengono curati in strutture che non rispettano i necessari standard ospedalieri, dall'altro un danno erariale per il Sistema sanitario ad esclusivo vantaggio dei privati. Il citato articolo 2.5 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015 imponeva al commissario ad acta De Luca di disporre la fusione o la riconversione delle summenzionate 18 cliniche private, obbligo che però secondo gli interpellanti è stato disatteso. Infatti il piano ospedaliero varato dal commissario programma per 9 delle suddette cliniche un aumento di posti letto del tutto funzionale ad ottenere il raggiungimento della quota 60 posti letto, misura non prevista dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, una riconversione e nulla per le altre 8.

In regione Campania, a fronte di una massiccia presenza di case di cura sotto la soglia di 60 posti letto, si registra al contempo una totale carenza di ospedali Dea di I livello. Ne esiste appena uno (quello di Nocera Inferiore), a fronte di un fabbisogno ricompreso tra un minimo di 20 strutture, se prendiamo a riferimento un parametro di una ogni 300 mila abitanti circa, ed un massimo di 39, una ogni 150 mila abitanti, così come previsto ex articolo 2.3 del decreto ministeriale n. 70 del 2015.

Il commissario De Luca, con il decreto n. 8 del 2018, ha programmato l'istituzione di appena otto nuovi Dea di I livello, un numero del tutto insufficiente, motivo per cui la regione, a giudizio degli interpellanti, non rispetta gli standard di cui all'articolo 2.3 del decreto ministeriale n. 70 del 2015. La mancata programmazione dei necessari Dea di I livello sembrerebbe del tutto funzionale a garantire l'esistenza delle diciotto sopra menzionate microcliniche private, che, peraltro, non sono in possesso degli standard ministeriali.

Per questi motivi, chiediamo se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza affinché il commissario ad acta modifichi il piano ospedaliero varato con il decreto commissariale n. 8 del 2018, tanto da assicurare: a) il rispetto degli standard ospedalieri relativi alla sanità privata, riducendo il numero delle cliniche con meno di 60 posti letto mediante le prescritte procedure di fusione e riconversione, così come previsto dall'articolo 2.5 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015; b) il rispetto degli standard ospedalieri relativi alla sanità pubblica, aumentando il numero degli ospedali Dea di I livello, così da raggiungere la soglia minima di 20 strutture ai sensi dell'articolo 2.3 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015.

Considerato che il commissario ad acta De Luca, ad avviso degli interpellanti, ha disatteso il compito di riportare la regione Campania entro gli standard del decreto ministeriale n. 70 del 2015, si chiede se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza per rimuovere il commissario dalla carica.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato, Alessandra Pesce, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA PESCE, Sottosegretaria di Stato per le Politiche agricole alimentari, forestali e turismo. Il Ministero della salute risponde all'interpellanza parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Preliminarmente, occorre rammentare che la rete ospedaliera della regione Campania è stata valutata nella riunione del tavolo di monitoraggio del grado di attuazione del DM n. 70 del 2015 l'11 novembre 2017. Il tavolo congiunto, riunitosi in data 28 novembre 2017, acquisita l'istruttoria del tavolo di monitoraggio per il DM n. 70 del 2015, ha sollecitato la regione a recepire le indicazioni precedentemente impartite, provvedendo anche a definire un cronoprogramma puntuale degli interventi per la riconduzione entro gli standard alla data del 31 dicembre 2018, e a procedere alla formale adozione del provvedimento di riorganizzazione ospedaliera entro il 15 febbraio 2018.

In particolare, i tavoli ministeriali hanno prescritto alla regione di: ricondurre entro gli standard massimi del DM n. 70 del 2015 le strutture di degenza e dei servizi in rapporto ai bacini di utenza, sulla base dei volumi osservati nel primo semestre 2018; individuare per le diverse macroaree territoriali, i nodi della rete, con particolare riferimento ai presidi di dipartimento emergenza e accettazione (DEA) di I livello, attraverso la rivalutazione del ruolo dei presidi classificati come pronto soccorso, ed il conseguente allineamento della configurazione delle strutture sede di pronto soccorso ai parametri previsti dal sempre citato DM n. 70 del 2015.

Successivamente, la regione Campania ha trasmesso, con il decreto del commissario ad acta n. 8 del 2018, un nuovo piano regionale di programmazione della rete ospedaliera, relativamente al quale, nella riunione di verifica del 27 marzo 2018, i tavoli congiunti hanno ribadito la necessità di un "completo allineamento dei parametri previsti dal DM n. 70 del 2015 attraverso l'adozione di un DCA entro e non oltre il 10 agosto 2018", riproponendo, dunque, interamente le negative valutazioni del novembre 2017.

Alla regione è stato prescritto, dunque, di integrare, con ulteriore atto formale, la rete ospedaliera approvata con DCA n. 8/2018, entro il 10 agosto 2018.

Nel corso della successiva riunione dei tavoli congiunti, tenutasi in data 18 luglio 2018, la struttura commissariale della regione Campania ha reso noto - leggo testualmente - di stare "predisponendo, nel rispetto delle prescrizioni ricevute dai tavoli di verifica, un aggiornamento del piano volto al completo allineamento dei parametri previsti dal DM n. 70 del 2015 e contenente un cronoprogramma da completarsi entro il 31 dicembre 2018, di riduzione delle eccedenze delle unità operative e dei punti di erogazione privati.”

Ebbene, corre l'obbligo di comunicare che tale nuovo decreto, cha avrebbe dovuto provvedere alla formale adozione della rete ospedaliera, in recepimento delle prescrizioni formulate dal tavolo di monitoraggio del DM n. 70 del 2015, non risulta ad oggi adottato. Con nota del 9 agosto 2018, la Regione Campania ha, infatti, solo comunicato l'esigenza di una ulteriore dilazione dei termini.

Quanto alle strutture ospedaliere private accreditate, si informa che la tematica relativa alle strutture ospedaliere che non raggiungono la dotazione minima di 60 posti letto è stata oggetto di specifico rilievo nelle diverse occasioni di verifica con la regione Campania, da ultimo nella riunione di monitoraggio per l'attuazione del DM n. 70 del 2015, tenutasi il 12 aprile 2018 presso il Ministero della salute.

Pur se nei documenti di programmazione regionale la regione individua i tempi per la riconduzione della situazione erogativa dei piccoli ospedali entro i criteri definiti dal DM n. 70 del 2015, ad oggi anche tale intervento non risulta completato.

In merito alla questione, la regione Campania ha ritenuto di dover fornire le seguenti informazioni, che si ritiene utile trasmettere agli onorevoli interpellanti: le case di cura indicate nell'interpellanza, a dire della regione, rientrano nella categoria non monospecialistica con meno 40 e meno 60 posti letto, che, ai sensi del DM n. 70 del 2015, erano soggette a riconversioni, rimodulazioni, aggregazioni, pena la mancata contrattualizzazione; nell'ambito dell'autonomia programmatoria regionale, la struttura commissariale ha previsto, dopo specifica istruttoria, di assegnare ad alcune di esse un numero di posti letto necessari per il raggiungimento dei 60 cadauna, essendo tali posti letto nella disponibilità regionale: per le altre si sono attuati processi di riconversione, rimodulazione, aggregazione.

Detta decisione programmatoria consente di soddisfare le esigenze assistenziali ospedaliere delle macroaree geografiche, utilizzando strutture già disponibili, nonché permette di tutelare il lavoro di centinaia di dipendenti delle stesse strutture. Nella regione Campania i DEA programmati sono attualmente 9, come indicato nel DCA n. 8 del 2018, la regione Campania non dispone di altre strutture sufficientemente grandi da adibire a DEA di I livello, ma ha programmato interventi di edilizia sanitaria a supporto di quelli esistenti. Le strutture accreditate, come da programmazione, rispettano gli standard previsti dal DM n. 70 del 2015.

Nel prendere atto degli elementi informativi resi dalla regione Campania in merito ad alcuni specifici punti dell'atto ispettivo, il Ministero della salute non può, in ogni caso, non ribadire come la regione sia tuttora manchevole degli elementi integrativi e correttivi alla DCA n. 8 del 2018, che potrebbero, in ipotesi, porre rimedio alle questioni segnalate dagli onorevoli interpellanti.

Le criticità rappresentate costituiscono, infatti, in un'ottica più generale, la prova di un quadro regolatorio imperfetto, che non consente, pure a fronte di inadempienze come quelle segnalate, rapidi strumenti di intervento in capo al Ministero della salute.

Anche sulla base di problematiche quali quelle rappresentate in questo atto ispettivo, il Ministero della salute ha, dunque, ritenuto di dover proporre uno specifico intervento normativo finalizzato a ripristinare il limite dell'incompatibilità tra commissario ad acta e presidente della regione ed a introdurre specifici requisiti professionali e morali che debbono necessariamente caratterizzare il soggetto proposto per tale incarico.

PRESIDENTE. L'onorevole Maraia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GENEROSO MARAIA (M5S). Sì, grazie per la risposta. Mi ritengo soddisfatto, anche perché il nostro intento non era quello di andare a chiudere queste cliniche private, ma semplicemente di ristabilire la legalità in regione Campania attraverso la fusione o la riconversione previste dal DM n. 70 del 2015, in modo tale da avere anche la possibilità di potenziare gli ospedali pubblici, perché i dati sono chiari: da una parte abbiamo diciotto cliniche private che non rispettano gli standard imposti dal DM n. 70 del 2015 e, invece, dall'altra parte, abbiamo la mancanza di ben diciannove DEA di I livello.

Quindi, il tutto si traduce soprattutto in due conseguenze nefaste, sia per quanto riguarda le casse dello Stato e, quindi, per quanto riguarda il danno erariale che questo sistema, in regione Campania, provoca al Sistema sanitario nazionale sia un pericolo per la salute dei pazienti, che vengono curati appunto in strutture che non rispettano i necessari standard.

Ecco perché ci riteniamo soddisfatti di questa attenzione del Governo rispetto una regione che è commissariata, che vede appunto il commissario svolgere anche le funzioni di “governatore”. Questo doppio incarico, da quello che ho letto nell'interpellanza, appunto produce delle conseguenze nefaste per tutti, per le casse dello Stato, ma soprattutto per la salute dei cittadini.

(Elementi e iniziative in ordine al recupero ambientale dei siti di interesse nazionale con particolare riferimento al «SIN Valle del fiume Sacco» - n. 2-00151)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ilaria Fontana n. 2-00151 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Ilaria Fontana se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ILARIA FONTANA (M5S). Intendo illustrarla, Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ILARIA FONTANA (M5S). Grazie, Presidente, sottosegretari. In Italia esistono più di quaranta siti di interesse nazionale, i cosiddetti siti SIN, aree censite di diverse dimensioni territoriali in cui è conclamata l'emergenza ambientale, causata dal grave inquinamento rilevato sulle matrici dei territori, terra, acqua e aria. Tra tutte queste zone censite, disseminate lungo la penisola italiana, spicca quella della Valle del Sacco, una delle più grandi a livello di estensione. Essa si trova proprio al centro dello “stivale”, segue tutto il corso del fiume Sacco per più di cinquanta chilometri. Parte a nord, da Colleferro, nel territorio della città metropolitana di Roma e termina a Falvatena, a sud della provincia di Frosinone, a due passi dalla Campania.

Il territorio della Valle è afflitto, da anni, da problemi di inquinamento industriale, il beta-esaclorocicloesano, una sostanza prodotta negli stabilimenti di Colleferro, è stato recentemente rinvenuto nel fiume e, dal fiume, per chilometri e chilometri di corso d'acqua, ha contaminato i terreni, fino a giungere, attraverso la catena alimentare, nel sangue delle persone che risiedono nella zona.

Il monitoraggio dei fenomeni legati all'inquinamento del fiume e i programmi sperimentali di bonifica sono durati diversi anni, fino al gennaio del 2013, anno in cui l'area venne declassata a SIR con il decreto dell'allora Ministro Clini. Da allora, proprio a seguito del declassamento, molti dei programmi specifici di bonifica vennero interrotti, lo stesso per quanto riguarda gli studi sul fenomeno e le sue possibili ricadute su grande scala. Successivamente, nel 2016, con decreto ministeriale venne emanata la nuova perimetrazione del SIN. Essa è inclusiva delle stesse vecchie zone critiche, oggi include un totale di diciassette comuni interessati, due diverse province. Per farvi capire, praticamente tutto il bacino idrografico del fiume Sacco è sito di emergenza nazionale. Nel 2017 viene stipulata una convenzione di accordo programmatico tra regione Lazio, Ministero dell'Ambiente e Invitalia, le cui linee guida sono esplicitate nella DGR 150/2018 della regione Lazio. Tra gli impegni delle parti stipulanti troviamo diverse clausole che riguardano proprio gli impegni di bonificare e reindustrializzare l'area.

Quindi, chiedo di conoscere, anche attraverso report consultabili, quale sia stata l'attività svolta dalla cabina di regia relativa al SIN Valle del fiume Sacco. La reindustrializzazione, dunque, dovrà necessariamente tenere conto del pessimo stato di qualità ambientale esistente, sia per quanto riguarda le acque del bacino idrografico del fiume Sacco sia per i terreni contaminati dell'intero SIN. Lo spazio per i nuovi insediamenti produttivi, anche se progettati su siti già dismessi o abbandonati, non potrà prescindere dal controllo dello stato dei luoghi da bonificare e le attività industriali previste dovranno tenere conto della gravità dello stato di degrado ambientale preesistente per non aumentare il carico industriale già presente sulle aree censite garantendo, al contempo, una possibilità di rinascita da un ecosistema distrutto. Così come nella provincia di Frosinone, dove il fiume è divenuto, purtroppo, un vicino pericolosissimo, così succede anche in altri casi, in altre province e in altre città italiane densamente popolate, in cui gravitano siti SIN di emergenza ambientale come Taranto, Porto Marghera, Bagnoli e tanti altri ancora, purtroppo. Anche per questi siti vi è chiaramente la medesima necessità di sospendere, nelle aree SIN, la nascita di nuove attività industriali altamente impattanti sul territorio.

Per questo chiedo se esiste la possibilità di adottare iniziative per definire protocolli per tutti i siti di interesse nazionale, di concerto con le regioni e gli enti di controllo, contenenti specifiche prescrizioni di cui tenere conto per la realizzazione di nuove infrastrutture. Il principio logico che si desume dalla lettura delle norme statali è chiaramente quello di non nuocere all'ambiente e ai beni del patrimonio. A maggior ragione, per le aree SIN servono specifiche normative volte a precludere la nascita di nuovi impianti industriali ad alto impatto nei luoghi già saturi di inquinamento. Gli accordi e i protocolli stipulati dovranno avere la finalità dice di porre un limite alla proliferazione delle emissioni dannose e dell'inquinamento. Solo prestando la massima attenzione sul territorio lo Stato potrà rendere un'efficace tutela ambientale.

Per questo, le chiedo di sapere se la cabina di regia abbia accertato la volontà, da parte della regione Lazio, di provvedere al dovuto aggiornamento del Piano regionale delle bonifiche, tenuto conto delle condizioni in cui versa la zona SIN. La spesa per la reindustrializzazione e la bonifica impegna lo Stato per milioni di euro, ma c'è il rischio che questa spesa finisca con il far proliferare nuovi impianti altamente impattanti sulle stesse aree bonificate, rendendo ai cittadini l'idea che dopo aver bonificato un'area la si possa destinare nuovamente alla medesima attività impattante, vanificando tutto il lavoro fatto per l'individuazione del problema ambientale e la sua bonifica.

In altri Paesi del mondo e anche in Europa abbiamo visto convertire poli industriali abbandonati simili ai nostri ad usi privi di qualsiasi ricaduta dannosa sull'ecosistema territoriale. Quelli sono luoghi in cui la bonifica è divenuta definitiva e duratura, lì si è scelto di restituire ai cittadini la godibilità del bene collettivo, destinando all'uso civile non industriale i capannoni abbandonati. Grazie a questo impegno, dopo aver compiuto la bonifica, interi tratti di fiumi sono stati liberati dalla morsa del degrado industriale, per essere restituiti alla collettività.

Le aree SIN devono rappresentare una risorsa per lo Stato e per gli enti di ricerca, le zone afflitte da degrado ambientale devono essere, quando possibile, restituite al pubblico utilizzo con finalità che risultano dallo sfruttamento industriale.

Per questi motivi, le chiedo quali siano le iniziative di competenza del Ministero atte a controllare il rilascio dei titoli autorizzativi per la realizzazione di nuovi impianti impattanti in aree SIN.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare Salvatore Micillo ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente, e grazie agli onorevoli interpellanti.

Con riferimento alle questioni poste, si fa presente che il Ministero dell'Ambiente, in seguito alla perimetrazione del SIN in questione, avvenuta nel 2016, si sta dotando di alcuni strumenti di supporto per l'espletamento dalla procedura di cui all'articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006. In particolare, in sede di Conferenza di servizi sono state approvate le linee guida delle procedure operative ed amministrative per la bonifica del Sito di interesse nazionale bacino del fiume Sacco, quale strumento di supporto per i soggetti proprietari delle aree ricomprese nel SIN. Il documento contiene, oltre una sezione programmatica, all'interno della quale è riportato l'elenco di ulteriori strumenti di semplificazione in corso di predisposizione - tra questi rientra la realizzazione di una piattaforma informatica on line - che, mediante il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, avrà come obiettivo primario l'individuazione di tutti i proprietari o gestori delle aree perimetrate, nonché l'acquisizione di tutti i dati relativi allo stato delle procedure di bonifica che sono state avviate in passato, quando la competenza era in capo alla regione Lazio, all'ufficio commissariale e ai comuni territorialmente competenti.

Al fine di fornire agli operatori le specifiche tecniche per la fase delle indagini preliminari, nelle cui citate linee guida è prevista l'emanazione di un protocollo operativo per l'indagine ambientale attualmente in fase di redazione da parte di ISPRA, ISS e ARPA Lazio. L'obiettivo che tale protocollo si pone è quello di definire i criteri per l'esecuzione di opportune indagini preliminari in quelle aree per le quali non vi siano evidenze di superamento del CSC, ovvero notifiche di potenziamento contaminazionale. Tali indagini consentono di verificare la presenza/assenza di potenziali criticità ambientali e la necessità o meno di adozione, nel breve termine, di opportune misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché dell'avvio dell'iter amministrativo di cui all'articolo 252 del medesimo decreto.

Per quanto concerne l'attività della cabina di regia, prevista come ulteriore strumento, messa a disposizione del Governo, attraverso il protocollo d'intesa sottoscritto, ad aprile 2018, dal Ministero dell'Ambiente, il Ministero dello sviluppo economico, la regione Lazio e Invitalia, si segnala che a breve si procederà alla convocazione del primo incontro.

Con la sottoscrizione del predetto protocollo, le parti hanno assunto impegni sia sotto il profilo ambientale come, ad esempio, lo sviluppo di protocolli operativi e la promozione di accordi di programma, sia sotto il profilo della reindustrializzazione come, ad esempio, l'attrazione di investimenti. Si fa presente, al riguardo, che per l'avvio e l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica, prioritari e urgenti sul SIN, il Ministero dell'ambiente ha già reso disponibili complessivamente 26,3 milioni di euro, di cui 16,3 milioni a valere sulle risorse programmate nel Piano operativo ambiente - sottopiano “Interventi per la tutela del territorio e delle acque” - e 10 milioni di euro stanziati per il SIN nella legge di stabilità per il 2016.

A queste, si aggiungono le risorse precedentemente assegnate al SIN, che ammontano a 14,5 milioni di euro, quindi un totale di 40,8 milioni di euro. L'individuazione e l'attuazione dei suddetti interventi sarà disciplinata in uno specifico accordo di programma, in fase di definizione tra gli uffici ministeriali e regionali, con il quale si provvederà, tra l'altro, ad individuare il soggetto deputato all'attuazione degli interventi e a stabilire le modalità operative di erogazione, rendicontazione e gestione dei finanziamenti ministeriali.

Per quanto attiene, invece, al rilascio dei titoli autorizzativi per la realizzazione dei nuovi impianti, si evidenzia che la compatibilità ai fini localizzativi degli impianti delle aree SIN è argomento afferente alla procedura di valutazione di impatto ambientale e, nel caso di impianti di gestioni rifiuti, in particolare, al Piano regionale di gestione rifiuti che, ai sensi della normativa vigente, deve indicare i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree idonee e non idonee alla localizzazione degli impianti stessi.

Il Ministero dell'ambiente per i profili di competenza in materia di bonifica fornisce il proprio contributo all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione, rappresentando il quadro ambientale dell'area, richiamando le disposizioni normative che prevedono la valutazione delle interferenze dell'opera con l'attività di bonifica e la tutela sanitaria per i fruitori dell'area.

Si segnala, infine, che la regione Lazio ha segnalato che il piano bonifiche sarà oggetto dei necessari aggiornamenti e riguarderà l'intero territorio regionale.

Alla luce delle informazioni esposte, si rappresenta comunque che il Ministero dell'ambiente sta valutando l'opportunità di un intervento normativo finalizzato a rafforzare la disciplina in tema di garanzie finanziarie, richieste ai soggetti gestori per far fronte all'eventuale danno ambientale e agli interventi di bonifica, nonché per rafforzare la sicurezza degli impianti e le misure di sorveglianza negli stessi.

PRESIDENTE. L'onorevole Fontana ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ILARIA FONTANA (M5S). Grazie. Sono pienamente soddisfatta delle risposte ottenute e ringrazio anche per la puntualità di queste delucidazioni in merito alle azioni del Governo, che rendono conto in realtà ai cittadini dell'impegno del Governo per la tutela ambientale. La trasparenza e la condivisione delle informazioni sono un punto cardine del MoVimento 5 Stelle. Sono quindi fiera di sapere che il Ministero disporrà di questa piattaforma digitale, perché poi, in realtà, sui territori i cittadini sono le vere sentinelle, sono i nostri occhi e le nostre orecchie, quindi sono felicissima.

Poi, con riferimento al processo di messa in sicurezza e alla bonifica della Valle del Sacco, è vero, sarà lungo; però è vero che ci porterà anche al ripristino di un territorio che è stato per troppo tempo sfruttato e dimenticato, quindi esprimo anche la soddisfazione per l'avvio dell'attività della cabina di regia del SIN, della quale non si conoscevano, prima dell'avvio di questo Governo, neppure i componenti che ne facessero parte.

Ovviamente, sarà mio interesse quello di seguire i provvedimenti che verranno presi in quella sede e anche gli accordi di programma, quindi mi affido a lei, sottosegretario, affinché si proceda al più presto possibile per iniziare veramente l'iter di bonifica su tutti i siti ex industriali.

Quindi, auspico che poi, malgrado i vincoli delle politiche ambientali scellerate che abbiamo avuto in eredità, dal punto di vista ambientale, si possa veramente in futuro dare maggiore peso a quelli che oggi sono i SIN, i siti di interesse nazionale, in quanto aree da tutelare prima che da bonificare. Quindi, benissimo l'avere anche rimarcato il fatto che il sorgere di ulteriori impianti, dove già esiste una realtà compromessa, come quella del SIN, passerà dalla valutazione di un'ulteriore analisi e di un'ulteriore valorizzazione: basta con impianti per la gestione di rifiuti fatti per generare altri rifiuti e quindi basta inquinare aree che, purtroppo, hanno già dato fin troppo. Quindi, benissimo anche le azioni di contenimento e controllo dell'inquinamento, che non siano più lasciate al caso ma che ci sia un controllo.

Poi, infine, in merito al piano regionale “bonifiche”, che è vecchio quanto il piano “rifiuti”, ben venga la rassicurazione che quindi si procederà ben presto ad aggiornare anche questo aspetto. Nel Lazio ci sono tantissime discariche ogni anno e molte sono in procedura di infrazione. Basti pensare che la mancata bonifica di queste discariche costa - per ogni bonifica - 400.000 euro all'anno allo Stato, quindi queste risorse possono essere investite in un altro modo. Ovviamente, ben venga anche il rafforzamento delle garanzie finanziarie fornite dai gestori delle discariche e degli impianti dei rifiuti.

Grazie, quindi, sottosegretario, anche da parte di tutti quei cittadini che come me - io stessa sono figlia della Valle del Sacco - hanno subito il vivere in un'area di interesse nazionale, in un'area altamente inquinante. Quindi, oggi, veramente penso che facciamo parte di un Governo di cambiamento. Questi sono i fatti, sono le risposte che attendiamo da tanto tempo. Sono fiduciosa sul lavoro che si può fare insieme, insieme ai cittadini e alle istituzioni, perché l'Italia è il nostro patrimonio e quindi, veramente, possiamo difenderlo insieme con onestà e trasparenza.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Interventi di fine seduta (ore 10,28).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signora Presidente Mara Carfagna, intervengo per sollecitare risposta alla mia interrogazione al Ministro del lavoro e delle politiche sociali in Commissione n. 5-00576 de1 1° ottobre 2018. Dietro questi numeri c'è un essere umano in carne ed ossa, c'è un inabile vero, non un falso inabile. Un inabile vero che abita a Lentate sul Seveso, di cui non dico nome e cognome per privacy, il quale ha diritto a riscuotere una pensione di inabilità di euro 450 al mese, riconosciutagli e di cui ha diritto fin da 14 anni e mezzo indietro (faccia lei il conto, signora Presidente). Questi 14 anni e mezzo sono passati invano senza che gli sia stata pagata questa pensione, a cui ha diritto perché è totalmente inabile. Costui ha l'accompagnamento, ha la pensione minima, ma la previdenza sociale, chi di dovere - in questo caso il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - non ha risposto a questa mia interrogazione; il presidente dell'INPS non ha risposto, insomma, tutti sono sordi di fronte a un diritto di un inabile che da 14 anni e mezzo non riscuote ciò a cui ha diritto per leggi che sono in vigore.

La prego, lei, che tutti sanno essere sensibile ai problemi degli anziani, degli inabili e dei meno fortunati, faccia avere copia di questa mia interrogazione, se possibile, al signor Ministro, che è anche Vicepresidente del Consiglio, al presidente dell'INPS e a seguire fino a tutti gli altri che non si interessano di quello che realmente i cittadini chiedono a coloro che sono stati eletti a così importanti incarichi. Viva i pensionati: pensionati, all'attacco!

PRESIDENTE. Onorevole Fatuzzo, la Presidenza sicuramente solleciterà la risposta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 29 ottobre 2018 - Ore 14,30:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, recante disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze. (C. 1209-A)

Relatori: ROSPI, per l'VIII Commissione; DI MURO, per la IX Commissione.

La seduta termina alle 10,30.