Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 63 di lunedì 15 ottobre 2018

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 16,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FRANCESCO SCOMA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 ottobre 2018.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Bonafede, Brescia, Buffagni, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana,   Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Galli, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Guerini, Guidesi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Micillo, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rixi, Ruocco, Carlo Sibilia, Spadafora, Tofalo, Vacca, Valente, Villarosa e Raffaele Volpi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della proposta di legge: Gallinella ed altri: Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile (A.C. 183-A) (ore 16,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 183-A: Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 12 ottobre 2018 (Vedi l'allegato A della seduta del 12 ottobre 2018).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 183-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Rosalba Cimino.

ROSALBA CIMINO, Relatrice. Grazie, Presidente, Onorevoli colleghi, la proposta di legge all'esame dell'Assemblea, recante “Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile” interviene a disciplinare una materia che non è certo nuova al legislatore statale, né a quello regionale.

Quanto al livello statale, ricordo che la materia ha formato oggetto di precedenti interventi normativi, sia di rango primario, che secondario. In particolare, essa è stata disciplinata nell'ambito della legge n. 158 del 2017, che, con riferimento alle misure per il sostegno e la tutela dei piccoli comuni, agli articoli 11 e 12 ha previsto rispettivamente: misure per la promozione dei prodotti provenienti da filiera corta o a chilometro utile e misure per favorire la vendita di tali prodotti nei piccoli comuni. In questo contesto normativo spiccano, tuttavia, le disposizioni contenute all'articolo 11, comma 2, che recano la definizione generale dei prodotti a chilometro utile o provenienti da filiera corta, la quale è, dunque, applicabile al di là dello specifico contesto normativo di riferimento.

Un riferimento ai beni o prodotti da filiera corta è, poi, contenuto agli articoli 95 e 144 del Testo unico appalti, che prevede criteri premiali nella valutazione dell'offerta da parte della stazione appaltante in relazione alla somministrazione di tali prodotti. Ulteriori riferimenti ai prodotti a chilometro utile sono contenuti anche in norme di rango secondario, ad esempio nel decreto ministeriale 23 giugno 2016, recante incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico.

D'altro canto, numerose sono le regioni che nei rispettivi ordinamenti hanno approvato un complesso di norme volte alla valorizzazione delle attività delle imprese che utilizzano prodotti cosiddetti a chilometro zero o provenienti da filiera corta. È questo il caso delle regioni Lombardia, Umbria, Lazio, Liguria e Puglia. Recentemente, anche la regione Sicilia è intervenuta a disciplinare fattispecie analoghe.

Una definizione dei prodotti da filiera corta è, poi, presente nell'ordinamento europeo, che, facendo salvi interventi più restrittivi da parte degli Stati membri, definisce la filiera corta come filiera di approvvigionamento, formata da un numero limitato di operatori economici che si impegnano a promuovere la cooperazione, lo sviluppo economico locale e gli stretti rapporti socio-territoriali tra produttori, trasformatori e consumatori.

A fronte della frammentarietà del quadro normativo che ho illustrato, lo scopo precipuo della proposta all'esame dell'Assemblea è quello di introdurre in via legislativa un'unica e chiara definizione di prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero o utile, valevole per tutto l'ordinamento, oltre che disposizioni volte a promuoverne e a sostenerne il consumo e la diffusione.

Nella definizione della normativa quadro, che funga dunque da cornice ai legislatori regionali, la Commissione non si è, tuttavia, limitata a recepire l'ordinamento vigente. Numerosi sono, infatti, gli elementi innovativi, sia a livello definitorio, sia a livello di promozione del consumo di tali prodotti.

Ulteriore novità è, poi, rappresentata dall'introduzione di un apparato sanzionatorio per le condotte di chi qualifichi, come prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero o utile, o da filiera corta, prodotti che non ne possiedano le caratteristiche.

Venendo ai contenuti della proposta all'esame, osservo che l'articolo 1 definisce le finalità declinate al comma 1, le quali consistono nella promozione della domanda e dell'offerta dei summenzionati prodotti e nel garantire un'adeguata informazione al consumatore sulla loro origine e specificità.

Il comma 2 rinvia alle autonome iniziative delle regioni e degli enti locali l'adozione di iniziative di loro competenza per la valorizzazione di detti prodotti.

Il comma 3 specifica che dall'attuazione dell'articolo in esame non devono derivare nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L'articolo 2 fornisce le definizioni di prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero o utile e provenienti da filiera corta.

Il comma 1, lettera a), fa rinvio, per l'individuazione dei prodotti agricoli, a quelli elencati nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, mentre per i prodotti alimentari fa riferimento a quanto prescrive l'articolo 2 del Regolamento n. 178 del 2002, in base al quale si intende, per alimento, qualsiasi sostanza o prodotto, trasformato o parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito da esseri umani. Per i prodotti, si considerano a chilometro zero o utile quando provengono da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima agricola o delle materie prime agricole primarie, posti a una distanza non superiore a 70 chilometri dal luogo di vendita, dal luogo di consumo in caso di servizi di ristorazione o provenienti dalla stessa regione del luogo in cui sono venduti. Sono considerati tali anche i prodotti freschi della pesca in mare e nelle acque interne, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita.

Ai sensi della lettera b), sono prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta i prodotti la cui commercializzazione è caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali o dalla presenza di un solo intermediario. Le cooperative e i loro consorzi, le organizzazioni dei produttori e le organizzazioni interprofessionali non sono considerati intermediari.

L'articolo 3, comma 1, prevede che, in caso di apertura di mercati in aree pubbliche, i comuni possano riservare agli imprenditori agricoli che vendono prodotti a chilometro zero o a filiera corta appositi spazi all'interno delle aree del mercato.

Il comma 2 specifica che le regioni e gli enti locali, previa intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione, possono favorire la destinazione di particolari aree all'interno dei supermercati, destinate alla vendita di tali prodotti.

L'articolo 4 prevede, al comma 1, che con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, siano istituiti il logo chilometro zero o utile e il logo filiera corta. In ottemperanza a quanto richiesto dalla I Commissione in sede consultiva, è stato previsto che il decreto sarà emanato sentita la Conferenza unificata. Lo stesso decreto sarà chiamato a definire le condizioni e le modalità di attribuzione del logo.

Il comma 2 dispone che il logo è esposto nei luoghi di vendita diretta, nei mercati, negli esercizi commerciali o di ristorazione e all'interno dei locali, in spazi espositivi appositamente dedicati. Il logo può essere pubblicato in piattaforme informatiche di acquisto o distribuzione che forniscono i prodotti oggetto della proposta di legge in esame.

L'articolo 5 interviene sul codice dei contratti pubblici e più precisamente sull'articolo 144, sostituendolo. Viene previsto che l'utilizzo dei prodotti a chilometro zero o utile, o provenienti da filiera corta, venga considerato, a parità di offerta, criterio di premialità, termine modificato in relazione a una condizione espressa dalla X Commissione, con la quale si è chiesto di sostituire il riferimento precedente al titolo preferenziale rispetto agli altri prodotti di qualità, quali i prodotti biologici, tipici o tradizionali, i prodotti a denominazione protetta e quelli provenienti dall'agricoltura sociale.

L'articolo 6 prevede che, salvo che il fatto non costituisca reato, l'operatore che immetta sul mercato prodotti agricoli alimentari, violando quanto prescritto dall'articolo 2 o utilizzando il logo di cui all'articolo 4, in assenza dei requisiti di cui all'articolo 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1600 euro a 9500 euro.

L'articolo 7 prevede, al comma 1, l'abrogazione del comma 2 dell'articolo 11 della legge 6 ottobre 2017, n. 158. Viene al riguardo disposto che ogni riferimento a tale disposizione debba intendersi riferito a quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera a) e b), della proposta di legge in esame.

Si tratta della legge sui piccoli comuni che avevo prima richiamato e, in particolare, della disposizione che fornisce una definizione di prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta e di prodotti agricoli e alimentari a chilometro utile.

Il comma 2 dell'articolo 7 prevede, infine, la clausola di salvaguardia in merito all'applicabilità delle disposizioni in esame alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano, nei limiti dei rispettivi statuti e delle norme di attuazione.

Quanto all'iter in sede referente, faccio presente che la Commissione ha complessivamente dedicato all'esame del testo quattro sedute e che ulteriori due sedute sono state dedicate allo svolgimento di un breve ciclo di audizioni.

Da ultimo, nella seduta dello scorso 11 ottobre, la Commissione ha provveduto a recepire i pareri delle Commissioni che si sono espresse in sede consultiva e a votare il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea.

Con specifico riferimento al recepimento dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, faccio presente che la Commissione non ha inteso recepire una delle due condizioni formulate dalla X Commissione e precisamente quella con la quale si chiedeva di limitare la portata applicativa dell'articolo 3 ai soli mercati agricoli, in considerazione della necessità di operare una più attenta valutazione della coerenza di tale modifica di merito con l'impianto complessivo della proposta al nostro esame. In quella sede, mi ero riservata l'opportunità di valutare attentamente la questione, ove un emendamento in tal senso fosse stato presentato nel corso dell'esame della proposta di legge in Assemblea.

Infine, non ho ritenuto di recepire l'osservazione formulata dalla XIV Commissione, con la quale si richiedeva, per i prodotti agricoli o alimentari provenienti da filiera corta, di tenere in adeguato conto la definizione presente nella disciplina europea, specificamente nel Regolamento (UE) n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, ciò in quanto il richiamato Regolamento, che reca la definizione di filiera corta, assegna nel contempo agli Stati membri la possibilità, nel rispetto della definizione generale ivi contenuta, di intervenire con disposizioni più restrittive. Nel nostro caso, ciò viene rispettato in quanto la definizione proposta di filiera corta è più stringente di quella europea.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, sottosegretario Manzato, si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare l'onorevole D'Alessandro. Ne ha facoltà.

CAMILLO D'ALESSANDRO (PD). Grazie, Presidente. Credo che tutti convergiamo sulla necessità di ritenere che era necessario, che è necessario, purtroppo devo parlare ancora con il condizionale, che sarebbe stato necessario un intervento legislativo coerente, che affrontasse le questioni che pure la collega relatrice ha posto, ma che questo provvedimento legislativo non riesce a cogliere. Infatti, ha una grande ambizione, e sull'ambizione siamo tutti convergenti: quella di disciplinare in modo puntuale il tema della valorizzazione e della vendita dei prodotti agroalimentari, per fare in modo che chi produce possa direttamente, avvicinandosi al consumatore, vendere, garantendo la qualità e garantendo una remunerazione adeguata.

Però, questo provvedimento, intanto, si inserisce all'interno di un quadro legislativo che non fa i conti con gli interventi legislativi a livello regionale, perché le regioni, in tutto o in parte, hanno, con proprie leggi regionali, disciplinato la materia, o hanno provato a disciplinare la materia o, ancora, hanno provato a individuare, per esempio, anche agevolazioni, affinché si possano valorizzare i prodotti di filiera corta o a chilometro zero.

La prima riflessione o domanda che doveva porsi la maggioranza che pone all'attenzione, prima, della Commissione e, oggi, della Camera questo provvedimento è se questo provvedimento è coerente col sistema legislativo regionale. Io credo che, se vi poneste questa domanda, la risposta non l'avreste: perché?

Perché non avete fatto un'analisi di quadro. Se questo deve essere un provvedimento quadro, dovevate verificare la coerenza di questo provvedimento con gli interventi legislativi regionali. Infatti, io ritengo che, per esempio, la filosofia di questi provvedimenti possa addirittura contrastare con alcuni provvedimenti legislativi regionali, cioè perseguire, per lo stesso obiettivo, modalità diverse.

Farò un esempio, ma la madre delle questioni - che poi è conseguenza anche, a mio giudizio, del fatto che questa legge non sia una legge quadro e che poi svela che questa legge è una finzione, è un auspicio, non è un provvedimento al quale voi affidate la speranza che possa generare delle conseguenze – è che, se voi riteneste che ci troviamo di fronte a un provvedimento che deve generare delle conseguenze, la prima cosa da fare sarebbe stabilire delle risorse finanziarie adeguate. Questo è un provvedimento a risorse finanziarie zero e, come sempre capita in Italia, anche nella legislazione che a me piace definire una legislazione furba, che demanda agli altri quello che dovremmo fare noi, che demanda a regioni e comuni quello che dovrebbe fare lo Stato che si pone come grande questione (a tal punto da legiferare) il tema della filiera corta, il tema del chilometro zero.

Se è una grande questione, e noi convergiamo che sia una grande questione nazionale - perché l'Italia è il Paese delle biodiversità, dei mille prodotti agroalimentari, della qualità, delle eccellenze, sia della produzione sia della trasformazione -, lo ripeto, se ci poniamo la grande questione della minore o della scarsa e troppo bassa retribuzione all'agricoltore, noi dobbiamo mettere le risorse affinché un provvedimento di legge abbia la forza di camminare, di diventare un fatto, perché, altrimenti, il legislatore, di nuovo, il legislatore nazionale, confeziona una norma che non ha la speranza di diventare un fatto.

Ciò è coerente anche con la modalità con la quale si è arrivati ad approvare questa norma. Io apprezzo il lavoro che fa il presidente di Commissione, ci mancherebbe, però, è evidente, anche dai rilievi delle organizzazioni, che le modalità con cui si è arrivati ad approvare, a non approfondire, a non generare quel quadro sistemico rispetto agli interventi regionali, dimostrano che, a mio giudizio, questo provvedimento è un po' confuso, sia per quanto riguarda le questioni concernenti le legislazioni regionali, sia per quanto riguarda la citata, anche dalla relatrice, norma sui piccoli comuni, della quale voi non solo non tenete conto, ma di cui, addirittura, abrogate aspetti fondamentali che, lì, definivano, veramente, che cosa si intende per chilometro zero e che cosa devono fare i comuni per valorizzarlo.

Il rischio di questo impianto, oltre alla mancata copertura finanziaria, è che non generi una semplificazione in capo ai produttori, ai produttori trasformatori e ai consumatori, quindi, una reciproca utilità tra il produttore e il consumatore che si incontrano nella filiera corta o a chilometro zero, ma produca, a mio giudizio, un'ulteriore burocratizzazione, burocrazia delle procedure con il rischio, anche, delle sanzioni, senza stabilire esattamente che cosa si intende su ciò che si deve sanzionare.

Io questo lo vedo molto come rischio, lo vedo nella realtà concreta, perché credo che i colleghi che fanno parte della Commissione di cui mi onoro di far parte, sanno che cosa già significhi, per gli agricoltori che producono e che trasformano, la burocrazia; e voi, a mio giudizio, inserite ed aggiungete ulteriore confusione e rischi di ulteriore burocrazia, ma anche confusione in capo al consumatore.

Il logo di filiera corta, il logo di chilometro zero, io capisco che siano cose differenti, però, poniamoci la questione reale, una questione pratica, consentitemi: secondo voi, non si genera confusione nella proliferazione di loghi che dovrebbero valorizzare obiettivi diversi, produzioni diverse in capo al consumatore? Secondo me, sì.

La filiera corta, il chilometro zero sono cose diverse, ma noi dovevamo immaginare un logo, o comunque la valorizzazione di un logo, che mettesse insieme lo stesso obiettivo: per esempio in termini di qualità, per esempio in termini di ulteriore produzione fatta con l'attenzione, per esempio, ai prodotti biologici e quant'altro, che sono un'altra questione. Però, le cinque grandi questioni che io vi ho posto – cioè, l'incoerenza con le leggi regionali; la non copertura finanziaria; le modalità con cui siamo arrivati ad approvare in Commissione questo provvedimento e il fatto che rimangono sul tavolo, sul vostro tavolo, sul nostro tavolo le osservazioni delle organizzazioni di categoria, non tutte purtroppo risolte e molte non considerate; il tema, che pongo io, della burocrazia; e l'ultima questione della confusione sia nei produttori e sia nei consumatori – aprono, a mio giudizio, il rischio di una non applicazione di questa legge.

E c'è una norma-prova che, a mio giudizio, lo dimostra: quando si dice che le regioni e gli enti locali possono adottare le iniziative di competenza per assicurare la valorizzazione e la promozione dei prodotti. Allora, parliamoci chiaramente: questo “possono adottare” significa tutto, ma anche il suo contrario. Significa che le regioni, anche avanzate da un punto di vista di produzione legislativa regionale su questo tema, possono continuare a fare esattamente ciò che stavano e che stanno facendo, senza che voi abbiate misurato o avvertito la necessità di misurare l'esperienza in campo. Che cosa c'è sui territori regionali che funziona, che cosa poteva fare e può fare il legislatore regionale, quali sono i vuoti, quali sono le richieste della regione. Ci vuole il tempo! Un minimo di tempo, che è diverso dalla medaglia da mettersi addosso.

Il tempo è un valore straordinario, ce l'abbiamo il tempo. Adesso è iniziata la legislatura, e il tempo era necessario, per esempio, anche per fare in modo che le audizioni non fossero solo la raccolta di pareri, che è già importante, ma per fare in modo che le audizioni fossero un'occasione di verifica di ciò che accade sui territori. Andiamoli a vedere, per esempio, i mercati all'interno dei centri e, nell'ambito dei centri, all'interno dei centri urbani, se i comuni riescono a promuovere o quali sono le difficoltà che hanno per proporre la filiera corta. Anche da tanti punti di vista che qui non affrontiamo, perché non potremmo affrontare, ma da amministratore, visto che sono stato amministratore locale, per esempio mi pongo il tema dell'onere delle norme sulla sicurezza dei prodotti, sull'igiene dei prodotti, sull'igiene degli ambienti, quindi sui mercati, sugli spazi da agevolare. Ecco, tutto questo doveva essere oggetto di una maggiore, approfondita riflessione.

Ma perché? Lo diciamo con la passione, e non con la voglia di criticare semplicemente e di polemizzare. Perché riteniamo che questa era un'occasione, e volevamo che non diventasse un'occasione persa. Il lavoro fatto dal gruppo in Commissione non ha sortito, se non per alcuni aspetti, delle riflessioni da parte della maggioranza. Noi ci auguriamo che, invece, in Aula si possa arrivare a riflettere ulteriormente, anche sulla base delle proposte che noi avanzeremo, e che esse possano correggere il tiro. Perché l'obiettivo è che si faccia, ma che non si faccia una finzione: si faccia una norma-funzione, che è diversa dalla finzione; cioè che funga, che svolga una funzione per gli agricoltori. Altrimenti, noi ci troviamo di fronte alla non possibilità, vedrete, di applicare questa norma.

Io dico al collega presidente di Commissione, che sicuramente segue ogni provvedimento legislativo: facciamo una verifica, anche successivamente, una sorta di monitoraggio su ciò che legiferiamo e sugli effetti che si hanno sui territori, perché il rischio è che ci sia una proliferazione di legislazione nazionale, che poi non ha gli affetti sperati.

Noi vogliamo dare una mano, lo abbiamo fatto credo con tutte le forze dell'opposizione che hanno posto dei dubbi, dei quesiti, che hanno raccolto anche delle istanze che venivano dalle organizzazioni, delle quali voi avete tenuto conto in modo non puntuale.

Per queste ragioni, noi cercheremo di continuare il lavoro in Aula. Porremo alla vostra attenzione le proposte, sperando che, alla conclusione di questo iter, a nostro giudizio, nelle modalità che vi ho indicato - farraginoso e, soprattutto, che non ha valorizzato la necessaria riflessione, che si può fare solo con il tempo dell'ascolto, e non solo delle organizzazioni, anche delle realtà territoriali - se riusciamo a recuperare delle correzioni sulla norma, noi avremo fatto un buon lavoro. Chiaramente per questo Parlamento, ma soprattutto per gli agricoltori che hanno bisogno di norme, ma che hanno bisogno di norme che funzionano, di norme che esistono, di norme che si possono applicare e che il giorno dopo non vanno in conflitto né con la dinamica economica delle imprese agricole, né con le esigenze di comuni e regioni che avranno difficoltà ad applicare questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Salutiamo intanto studenti e docenti dell'Istituto comprensivo “Savini-San Giuseppe-San Giorgio” di Teramo, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Parentela. Ne ha facoltà.

PAOLO PARENTELA (M5S). Presidente, l'agricoltura a chilometro zero o utile, ancor prima che una pratica commerciale, è una vera e propria filosofia alimentare, volta al consumo ecosostenibile: le aziende agricole aprono le porte ai consumatori, permettendo loro di acquisire i propri prodotti senza dover passare attraverso numerosi intermediari.

Si tratta di un fenomeno che sta prendendo sempre più piede in Italia e nel mondo, e che presenta anzitutto un duplice e sinergico obiettivo: prodotti alimentari più sani e controllabili da un lato, minore impatto ambientale dall'altro.

Del resto, sotto la spinta del crescente interesse da parte dei consumatori, anche la grande distribuzione ha, da un po' di tempo, adottato pratiche commerciali virtuose, più attente a tali esigenze: in numerosi supermercati, infatti, si trovano angoli con prodotti del territorio.

A ben vedere, i vantaggi dell'agricoltura a chilometro zero, o di prossimità, sono molteplici. Anzitutto, come ho già accennato, la riduzione dell'inquinamento per il minor utilizzo di carburanti e delle relative emissioni, per il minor ricorso ad imballaggi, a sistemi di conservazione, come ad esempio le celle frigorifere, e di confezionamento. Ciò comporta anche un abbattimento dei costi di trasporto e intermediazione, che come è noto incidono in maniera significativa sul costo finale dei prodotti.

Altrettanto importante è l'attenzione verso la qualità dei prodotti locali, che sono maggiormente controllabili dai consumatori e sempre più freschi.

Oltre a questi due vantaggi fondamentali, lo sviluppo dell'agricoltura locale comporta ulteriori aspetti positivi: alludo allo sviluppo del territorio e alla valorizzazione della tradizione, conseguenza della conoscenza diretta dei produttori, della collaborazione tra produttori e consumatori, della possibilità di visitare e controllare le aziende, oltre al recupero di saperi e sapori dei gusti tipici degli alimenti e delle ricette tradizionali locali.

Infine, il commercio agroalimentare locale, vedendo il coinvolgimento diretto dei consumatori, contribuisce allo sviluppo dei rapporti interpersonali. Infatti, tale tipologia di commercio trova la sua collocazione, oltre che nei mercati locali contadini, anche nei gruppi di acquisto solidali, i famosi GAS: aggregazioni di più persone che ordinano direttamente al produttore, creando reti di rapporti di fiducia e reciproco sostegno.

Venendo al testo della proposta di legge in discussione, va innanzitutto osservato che la Commissione agricoltura lavora ad un testo per il chilometro zero o filiera corta da almeno 10 anni. Io capisco che il tempo è una risorsa, però stiamo parlando di un testo che sta in Parlamento in discussione da 10 anni: infatti, nella XVI legislatura e nella XVII legislatura non ha trovato luce il testo unificato a prima firma Realacci.

In questa nuova legislatura non abbiamo voluto perdere altro tempo per regalare ai nostri contadini, ai produttori e ai nostri consumatori uno strumento in più per promuovere e valorizzare i prodotti della nostra terra, nonostante un duro lavoro istruttorio trattandosi di materia nella quale sussistono competenze comunitarie, nazionali, regionali e locali.

Il testo approvato in Commissione appare senz'altro rispettoso di tali competenze e, a mio giudizio, si distingue per diversi aspetti qualificanti e innovativi. Alludo, anzitutto, all'istituzione del logo “chilometro zero o utile” e del logo “filiera corta”. Si tratta di un importante strumento di tutela non solo dei consumatori, che avranno maggiori certezze circa i prodotti agroalimentari che andranno ad acquistare, ma anche dei prodotti che vedranno adeguatamente riconosciuta la loro provenienza. Inoltre, attraverso un'apposita novella al codice dei contratti pubblici viene previsto negli appalti per i servizi di ristorazione un giusto incentivo per l'utilizzo dei prodotti a chilometro zero. L'amministrazione appaltante, infatti, dovrà in primo luogo tener conto della qualità dei prodotti alimentari, con particolare riferimento ai prodotti biologici, tipici, tradizionali nonché a quelli a denominazione protetta e indicazione geografica tipica. Inoltre, viene previsto che a parità di offerta costituisca criterio di premialità l'utilizzo adeguatamente documentato di prodotti alimentari agricoli a chilometro zero o utile o provenienti da filiera corta.

In merito a quanto citato dal collega che mi ha preceduto, ci tengo a ribadire - sul monitoraggio delle leggi che noi come Parlamento produciamo - che esiste il Comitato per la legislazione che potrà in futuro appunto monitorare l'esito e l'applicazione, quindi, di questa norma. I motivi principali che hanno portato, quindi, a definire questa proposta di legge sono molteplici: il trend positivo del numero dei consumatori che ricercano prodotti locali in cui è chiaro il luogo di produzione; maggiori informazioni per il consumatore; prodotti genuini, di stagione e, quindi, di qualità. Infatti, dai dati presi dal primo rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani di Coldiretti, il 74,6 per cento degli italiani dichiara che tra gli aspetti che influenzano la scelta dei prodotti alimentari prevale la provenienza dal proprio territorio, aspetto che presumibilmente viene visto come una garanzia rispetto alla qualità e alla sicurezza e questa convinzione è più forte tra i residenti al Sud e alle Isole (e, infatti, il dato risulta a oltre il 78 per cento). Altri aspetti che influenzano il rapporto con i prodotti alimentari sono il rispetto dell'ambiente - e il dato qui sale al 71,5 per cento -, eventuali speculazioni sui prezzi delle materie prime - come dato abbiamo il 60 per cento - e il rispetto dei diritti dei lavoratori di tutta la filiera, al 54,3 per cento. Tra gli altri obiettivi c'è quello di rispondere, come dicevo prima, alla volontà dei consumatori che ricercano sempre di più prodotti locali di chiara provenienza, in contrasto con quei prodotti che, per esempio, hanno percorso 2 mila chilometri per arrivare nei nostri supermercati e di cui non si ha la certezza del numero di intermediari. Ci sono filiere in Italia che arrivano addirittura ad avere 17 intermediari - una follia - tra il produttore e il consumatore finale. Come dicevo, quindi hanno contribuito a farli arrivare sui nostri scaffali con ovvie conseguenze sulla conservazione e sulla freschezza.

A questa crescente tendenza si associano notevoli benefici. Per prima cosa, acquistando da filiera corta avremo la certezza della freschezza dei prodotti (quindi, ortaggi, pesce, formaggi, eccetera, acquistati). Inoltre, i soldi pagati per i prodotti che acquistiamo andranno direttamente ai produttori, quindi ai contadini, ai coltivatore diretti, allevatori, pescatori, eccetera, che lavorano al massimo a 70 chilometri dal luogo di vendita, favorendo la crescita dell'economia locale delle produzioni primarie, tutelando e valorizzando le tradizioni culinarie e artigianali che, diversamente, andrebbero perdute. Infine, serve per garantire, come dicevo prima, un reddito più elevato ai produttori locali, che senza un'attenzione particolare potrebbero essere annientati, come sta accadendo ormai da anni, dalla concorrenza della grande distribuzione che allontana sempre di più il consumatore dal produttore. Quindi, un maggior consumo di prodotti del territorio può essere un grande sostegno per i produttori locali e soprattutto di aiuto per i consumatori, che sarebbero così meglio informati sulla provenienza del prodotto. Attraverso questa proposta di legge, quindi, diamo finalmente un sostegno concreto che fa bene alle piccole e medie imprese di questo Paese, alla salute e alle tasche di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Spena. Ne ha facoltà.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente. Dunque, sappiamo che negli ultimi anni - e soprattutto negli ultimi due anni - il contributo del valore aggiunto del comparto agricoltura, silvicoltura e pesca al PIL nazionale è stato del 2,1 per cento sul totale. Quindi, è un dato molto importante. Infatti, questo dato rappresenta il valore più alto dell'Unione europea in questo comparto. Il settore agroalimentare italiano, inoltre, ha dimostrato nell'ultimo decennio una relativa tenuta, in controtendenza anche rispetto a quella che è stata la crisi economica, anche se a fare le spese di questa tenuta sono stati i produttori che hanno visto il loro margine di guadagno essere sempre più ridotto. Lo stesso istituto Ismea sottolinea come l'evoluzione della domanda del consumatore verso una maggiore sensibilità di prodotti territoriali possa costituire un elemento di maggiore competitività e, quindi, atto a produrre un valore aggiunto.

Il nostro gruppo Forza Italia in Commissione agricoltura ha lavorato per cercare di impostare questa proposta di legge nell'ottica del potenziamento e dei vantaggi di cui potrebbe essere portatrice, vantaggi che credo possano essere condivisi da tutti i nostri concittadini, gli italiani che, appunto, amano il proprio territorio - e a ragion veduta, perché il nostro territorio è, appunto, il più bello del mondo - e vogliono sostenerlo e di preferenza vogliono acquistare il prodotto dei propri territori per consumare i prodotti più sani, più freschi e di maggiore qualità e anche per sostenere l'economia locale.

Inoltre, il consumo dei prodotti locali si affianca anche ad un valore simbolico, ad un valore culturale ed identitario sempre più avvertito nell'alimentazione che riflette, nella sua straordinaria varietà, la varietà geografica del nostro Paese che ha climi, terreni e produzioni diversi lungo tutta quanta la penisola, con sostanziali differenze tra la macchia mediterranea e marittima del sud fino ad arrivare all'arco alpino - così come l'Appennino - e alle pianure a vocazione agricola (e non solo quella padana ma ricordiamo anche l'Agro Pontino e il Lazio, che rappresentano i distretti agricoli europei più importanti). A tanti diversi paesaggi corrispondono altrettanti paesaggi enogastronomici che gli italiani imparano sempre di più a conoscere, ad apprezzare e a valorizzare. E' estremamente opportuno, quindi, che dal punto di vista normativo si intercetti e si favorisca quest'evoluzione del mercato che vede l'Italia capofila perché rappresenta un asset su cui occorre investire in termini di risorse, anche se questa proposta di legge, ahimè, non prevede purtroppo finanziamenti aggiuntivi per quelli, appunto, che sono gli obiettivi che si prefigge.

Questa strategia dovrebbe - e mira, anzi, e non dovrebbe - contrastare lo spopolamento delle nostre campagne e il depauperamento del territorio rurale, favorendo l'ingresso dei giovani nell'agricoltura - e si è parlato anche di agricoltura sociale in tal senso -, a promuovere la salute pubblica attraverso l'alimentazione sana e di qualità, a promuovere l'educazione alimentare nelle scuole, basata, appunto, su un consumo consapevole di prodotti locali e stagionali, a tutelare l'ambiente riducendo l'inquinamento causato dai trasporti su lunghe distanze, a promuovere la cultura enogastronomica italiana con le sue varietà territoriali e con le sue identità nel settore turistico e dell'export.

Da tempo il Parlamento cerca di intervenire per la promozione delle produzioni a chilometro zero, utile o a filiera corta. Gli interventi normativi risalgono alla legge delega n. 154 del 2016 e, da ultimo, alla legge n. 158 del 2017 sui piccoli comuni. Nel frattempo, in assenza di una normativa nazionale le regioni hanno provveduto con proprie leggi in maniera eterogenea e con diversi effetti e, quindi, ormai questa strategia nazionale è diventata un'esigenza avvertita non soltanto dagli operatori del settore, che necessitano di definizioni uniche, ma anche da parte di noi consumatori. L'esigenza normativa nazionale è avvertita, quindi, soprattutto dai consumatori, come dicevo, cui deve essere consentita la facile identificazione e reperibilità di questi prodotti e la garanzia che questi siano autenticamente provenienti dal territorio vicino a filiera corta.

Quindi l'istituzione degli appositi loghi “a chilometro zero” o “a filiera corta”, così come recita l'articolo 4, e la regolazione delle condizioni e modalità di attribuzione dei loghi da parte del Ministero rappresentano la parte centrale di questo provvedimento per rendere i punti vendita e i locali che vendono e utilizzano queste tipologie di prodotti facilmente riconoscibili. Inoltre, si è voluta favorire la commercializzazione dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta in apposite aree degli esercizi commerciali - quindi anche dei cosiddetti supermercati, quindi della grande distribuzione - che renderà più facile l'acquisto di questi prodotti da parte di tutti quei consumatori che, pur volendoli comprare, non hanno tempo né modo per cercare nei mercati e nei punti vendita dedicati, ma si affidano al supermercato sotto casa per la loro spesa alimentare, come comunemente avviene, in media, per la gran parte degli abitanti dei centri urbani.

Un'ultima considerazione va fatta anche riguardo all'importante criterio di premialità introdotto in materia di appalti pubblici per quei servizi di mensa che potranno utilizzare parti congrue di questi tipi di prodotto nei loro menù. Considerate, quindi, le buoni intenzioni che sottintendono la proposta di legge, occorre, però, considerare una serie di rilievi che appaiono dirimenti per l'opportuna formulazione del provvedimento, a partire dal principio di libera circolazione e degli scambi intercomunitari.

E poi l'intervento normativo in effetti delega, inoltre, il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo a stabilire con apposito decreto le condizioni e le modalità dell'attribuzione dei loghi “a chilometro zero” e “a filiera corta”, senza fornire, però, le dovute istruzioni sulle caratteristiche di qualità, di tecnica di produzione, di provenienza delle materie prime in caso di prodotto frutto di trasformazione, oltretutto né su obblighi e modalità di etichettatura di questi prodotti.

La mancata previsione di risorse adeguate, infine, per la promozione di questi prodotti costituisce una pesante limitazione alla piena attuazione della promozione e del controllo di questi prodotti, e si rischia, quindi, di vanificare lo spirito e gli obiettivi che questa legge si propone (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gastaldi. Ne ha facoltà.

FLAVIO GASTALDI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, l'obiettivo di questa proposta di legge è valorizzare e promuovere il consumo dei prodotti del territorio e fornire maggiori informazioni ai consumatori che prediligono prodotti locali, e sostenere, quindi, le micro e piccole economie territoriali. Da alcuni anni è sempre più crescente la consapevolezza che il prodotto del territorio a chilometro zero o da filiera corta è da preferirsi rispetto a quelli provenienti da grandi mercati generali, poiché mangiare prodotti sani, conoscendone l'origine, è un problema di tutti, piuttosto che acquistare prodotti sì più convenienti, ma che arrivano dall'estero, da Paesi con minori livelli di controllo sanitario rispetto al nostro. E qui facciamo un plauso al Ministro Centinaio, per aver detto subito, nella prima audizione a Camere congiunte in Commissione agricoltura, che voleva potenziare l'ICQRF per i controlli, e quindi potenziarlo non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista del capitale umano.

Troppe volte arrivano prodotti dall'estero sui mercati generali europei che hanno effettivamente dei valori sanitari, dei valori di fitofarmaci nei prodotti che sono effettivamente a maglie molto più larghe rispetto alla legislazione dell'Italia. E qui si va a creare, capite anche, colleghi, una concorrenza sleale nei confronti dei nostri produttori, che non hanno le stesse basi da cui partire per poter andare a promuovere i loro prodotti all'estero. Quindi, se di Europa vogliamo parlare, anche qui, probabilmente, bisogna iniziare a fare una legislazione che tuteli i nostri produttori.

Parlavamo di acquistare prodotti, prodotti fuori stagione, con percorsi che rendono opaca la tracciabilità dei prodotti stessi e in tutti i suoi passaggi; passaggi che passano dall'agricoltore che lo dà tramite un mediatore, che seleziona, imballa e lo porta in un centro di condizionamento, che poi passa a un grossista e poi passa al dettaglio, e questa è una delle filiere più corte che conosciamo ad oggi, oltre a quella di cui andiamo a trattare oggi. E questo va a incidere anche sul prezzo, perché il prezzo finale, per esempio, è determinato da diversi fattori: l'agricoltore, e quindi il prezzo del costo, la conservazione, il trasporto, il dettaglio e l'IVA. All'agricoltore resta dal 17 al 30 per cento del prezzo finale; addirittura, per il latte succede che i costi di produzione non coprano il prezzo pagato alla stalla. Pensate che il latte, ad oggi, alla stalla costa 36 centesimi e lo troviamo nel supermercato a un euro e 50 o a un euro e 60; cose dell'altro mondo, che non coprono, dicevo prima, neanche i costi di produzione! Altro che intervenire, come diceva l'opposizione, con una legislazione apposita. Bisogna proprio far cambiare mentalità, bisogna mettere in contatto i produttori e il consumatore, andare incontro alle esigenze economiche di entrambi.

Tutto ciò riconosce più valore all'agricoltore, contrasta l'abbandono delle campagne, e questa - ne parlava anche la collega Spena, prima - è una di quelle proposte che voglio portare avanti in questa legislatura, per far tornare i giovani in agricoltura. Un ritorno alla terra, un ritorno che posi le sue basi su quelli che sono i vari istituti e le istituzioni, dal PSR, quindi tramite le regioni, dai bandi per l'insediamento di ISMEA agli incentivi nel subentro, senza, però, distinzione di latitudine, perché tutti abbiamo problemi, a partire dal Nord fino al Sud. Occorre sviluppare il turismo rurale, e qui di nuovo un altro plauso al Ministero, che ha saputo mettere insieme la delega al turismo e quella all'agricoltura, la ritroviamo in diversi passaggi: in questa a legislatura troviamo dei passaggi che ci riportano al fatto che il turismo è abbinato all'agricoltura, perché non basta solo saper produrre, essere consapevoli di produrre prodotti di qualità, ma bisogna anche saperli commercializzare, bisogna anche saperli promuovere all'estero.

E in questo, forse, pecchiamo un po', a parte qualche caso sporadico. L'abbinamento al turismo può essere un volano importante per i nostri prodotti, per i nostri territori, per generare un circolo virtuoso per l'economia che ruota attorno all'agricoltura. Si tutela la biodiversità e il paesaggio, che non saranno, quindi, sacrificati sull'altare del dio denaro, come siamo stati abituati dai provvedimenti degli scorsi anni. Puntare su filiera corta e a chilometro zero vuol dire anche ridurre gli imballaggi, come è già stato ricordato prima, e contrastare oggettivamente, senza necessità di regolamentarla, l'immissione di CO2 nell'aria.

Passando al provvedimento, i due o tre punti fondamentali su cui voglio mettere l'accento sono la vendita diretta nei mercati alimentari dei prodotti a chilometro zero e della pesca freschi, prodotti e trasformati a una distanza massima di 70 chilometri rispetto al luogo di vendita. Perché abbiamo voluto introdurre la previsione dei 70 chilometri? Non è che ci siamo svegliati un mattino e abbiamo deciso che 70 era il numero esatto, ma perché, facendo un banalissimo esempio, abitando io in Piemonte, il Piemonte, lo dice la parola, è pieno di vallate e di montagne, più di metà del territorio è costituito da montagna.

Se consideriamo, per esempio, un allevamento che fa produzione di latte e di formaggi in alta Valle Maira, per esempio a Marmora, il mercato più vicino, se non si vuole andare per forza a comprare dal produttore, quindi in alta valle, il mercato più vicino, il farmers market di tutti questi mercati che danno spazio all'agricoltore, il mercato più vicino degno di nota è quello di Cuneo, e da Marmora a Cuneo sono minimo 60 chilometri di strada. E questo, quindi, è già uno degli esempi per i quali abbiamo introdotto la previsione dei 70 chilometri, ma poi c'è un altro esempio, sempre in Piemonte. Novara, per esempio, che ha una vocazione economica votata al Piemonte, ma anche molto alla Lombardia, si trova in territorio di frontiera, e se avessimo previsto solo la provincia, avessimo relegato, quindi, la sua azione territoriale sulla provincia, non avrebbe potuto estendere il suo raggio anche in territori fortemente vocati, come per esempio per la panissa vercellese, che potrebbe, quindi, essere commercializzata a chilometro zero anche in territori dove si consuma abitualmente, e non solo nella sua provincia di appartenenza.

Ma penso anche alla Liguria. Qui abbiamo parlato di territori estesi e quindi penso alla Liguria e, in provincia di Imperia, ad un territorio – Glori - al quale sono particolarmente affezionato, che va a dare dei prodotti nel primo mercato generale utile, quindi dedicato a questo, che potrebbe essere in provincia di Imperia, e anche lì sono tra 35 e 40 chilometri, ma non solo; 35 o 40 chilometri per andare in provincia, per andare ad Imperia. Ma poi, se si allarga il raggio a quei 70 chilometri, si arriva fino alle soglie del comune di Cuneo. E, quindi, capite che il raggio si amplia in particolar modo e si mette l'accento sul fatto che si vende sempre a chilometro zero.

I prodotti a filiera corta, con non più di un intermediario tra produttore e consumatore, quindi eccetto le OP, le cooperative e gli organismi interprofessionali. Poi, si parlava prima se rimanda a un decreto del Mipaaf, all'istituzione di un logo. Ma io credo che questo non vada a confondere, come è stato richiamato prima, il consumatore. Io credo semplicemente che, per esempio, sullo scaffale del supermercato se si può identificare quello scaffale come destinato a vendere prodotti a chilometro zero o a filiera corta, questo può solo essere un motivo in più per i consumatori per non confondersi con prodotti che, altrimenti, la grande distribuzione, che è lì per vendere, avrebbe magari messo vicino ad altri prodotti, sfruttando il fatto che questo prodotto ha più attenzione rispetto ad altri. Quindi, io credo che, da questo punto di vista, sia stata una scelta lungimirante.

Ad oggi possiamo dire che il made in Italy è in pericolo. Pensiamo che solo un prodotto su tre è realmente prodotto e trasformato in Italia e su questo andiamo sempre a parlare di ciò a cui abbiamo accennato prima, cioè l'istituzione di un marchio va proprio nella direzione di tutelare il consumo di prodotti italiani. C'è in ballo l'interesse del Paese, quindi, in particolar modo, del futuro e, quando parliamo di futuro, parliamo di ragazzi o di bambini che vanno a scuola e che vanno nelle mense. Qui, per esempio, siamo andati a regolamentare anche l'istituzione delle mense, dando dei criteri di premialità, come veniva ricordato prima dai colleghi, a chi utilizza, per fornire da mangiare nelle mense, i prodotti a chilometro zero. Dobbiamo investire sulle nuove generazioni poiché non si dà solo del cibo nel piatto, ma se si spiega anche perché è stato messo quel determinato tipo di prodotto, perché si sono preparati quei piatti, se si spiega che quel prodotto – mi avvio alla conclusione, Presidente – che è stato consumato arriva dal territorio, su cui ci sono delle famiglie, su cui c'è tutto un percorso, investendo sulla scuola e sulle nuove generazioni, secondo noi questo è il miglior modo per riuscire a far passare il concetto che consumare e mangiare italiano è la cosa migliore rispetto a molti cibi che arrivano fuori stagione. Magari noi, perché viviamo in zone rurali o perché abbiamo una storia, una tradizione di campagna, sappiamo che quando andiamo al supermercato non dobbiamo vedere le pere, i pomodori e altro in inverno, ma per le nuove generazioni, probabilmente, tutta questa cosa qui non si saprà, perché se noi partiamo da un background e diciamo che questi prodotti non ci dovrebbero essere, ma sappiamo che ci sono, sta poi a noi la scelta di andarli a comprare o meno. Le nuove generazioni devono essere portate a dire a dire quello.

Concludo, Presidente, dicendo che solo la vera agricoltura italiana è in grado di reggere a tutto questo. È una sfida che lanciamo al Paese, un'opportunità per l'agricoltura, l'economia e il Paese tutto: è una filiera con le facce degli agricoltori (Applausi dei deputati dei gruppiLega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Carlo. Ne ha facoltà.

LUCA DE CARLO (FDI). Grazie, Presidente. Anticamente i prodotti locali erano quelli che un territorio, una comunità produceva e quelli di cui si cibava esclusivamente (un po' per necessità). Oggi, invece, sono quelli che si dovrebbero produrre in un determinato luogo e che il consumatore sceglie consapevolmente di consumare. Quindi, se prima era un obbligo, quasi una scelta forzata, oggi è una scelta. Ma da quando in Italia - e in Italia soprattutto - si parla di prodotti locali, di chilometro zero e di filiere corte? Da quando il cibo e una tradizione costituiscono una scelta e non una necessità?

Vale la pena, in realtà, di fare un excursus generale sulla storia del cibo in Italia, tanti sono gli stimoli che ne ricaveremmo. Potremmo parlare, ad esempio, di come, fino all'inizio del secolo, la cucina fosse divisa tra chi mangiava la polenta e chi non lo faceva, di cosa mangiassero le corti nel tardo Medioevo, e solo le corti, purtroppo, perché la cucina dei poveri invece era ben diversa da quella delle corti, tanto decantate in qualche libro di cucina che oggi troviamo sulle tavole o nelle librerie di qualche appassionato. Potremmo anche raccontare di come i prodotti locali nascano dall'immigrazione in età giolittiana, di quelli che andarono negli Stati Uniti, e di come i prodotti locali italiani cambiarono e gli americani cambiarono l'atteggiamento nei confronti dei nostri prodotti con la Prima guerra mondiale. Prima erano i prodotti dei diseredati, (quello che mangiavano i poveri), dopodiché, quando fumo alleati con loro durante la Prima guerra mondiale, la pizza e la pasta divennero il cibo degli amici e quindi un cibo da valorizzare. Questa è sociologia pura, ma è la realtà dei fatti.

Mi limiterò semplicemente alla storia recente, per dare almeno un inquadramento sul perché oggi legiferiamo di chilometro zero e di filiera corta, termini che possiamo ritenere figli degli anni Settanta (un po' nostri coscritti, miei coscritti). Gli anni Settanta sono stati il porto sicuro dopo lo choc della crescita finita. La paura del futuro ci ha fatto rifugiare nel passato e, in qualche modo, ci rassicura, ci coccola e ci tranquillizza. Dagli anni Cinquanta, infatti, fino alla metà degli anni Settanta, la società italiana è mutata radicalmente; è passata da una società contadina a una società industriale, il tutto in due decenni, mentre in altri Paesi ciò è durato circa due secoli (anche un secolo). Il risultato è stato la perdita di identità e di punti di riferimento culturali e, per di più, questo processo di snaturamento è coinciso con una crisi mondiale dell'economia che ci fece perdere fiducia nel futuro e nel progresso stesso. Ci siamo quindi rifugiati nella tradizione, nella storia, nella nostra storia, che di certo non temeva la concorrenza di altri Paesi; abbiamo riscoperto la tranquillità del passato, anche se spesso un passato di miseria, ma poco importava: ne abbiamo tratto la parte rassicurante. A chi non è mai capitato di parlare con un anziano che diceva: si stava bene allora, quanto si stava bene…

Poi gli si diceva: ma avevate sempre da mangiare? Beh, quello no, adesso si vive meglio. Quindi abbiamo preso solamente la parte che ci ha fatto comodo. Negli anni Settanta inventammo - e facemmo bene - tanti dei prodotti che oggi definiamo tipici: non neghiamocelo, altrimenti ne va della nostra stessa credibilità. Allora, però, fu una strategia di marketing; fu, come detto, una risposta quasi spontanea di una società cambiata troppo velocemente. Oggi invece il tema è più complesso, più variegato e sono molteplici le figure che concorrono a questo sistema. C'è chi fa un imponente riscoperta di sapori e particolarità territoriali, chi si occupa di una vera e propria rivoluzione culturale che mira a sostenere chi si impegna a coltivare la terra secondo metodi ecocompatibili e sostenibili, preservando le sementi antiche, contrastando il dissesto idrogeologico, la dispersione della conoscenza e, con essa, della memoria. Questa è la risposta odierna alla crisi della globalizzazione e i prodotti locali rappresentano la nostra risposta, per certi versi tutta italiana, all'omologazione dei consumi. Il disegno mondiale della finanza che ci vorrebbe tutti consumatori omologati e poco o nulla consapevoli, non risparmia certo i costumi e non risparmia certo il cibo. Poi ci sono le istituzioni, quelle consce dell'importanza dei prodotti tipici per la valorizzazione dei loro territori. Oggi il turismo è fortemente legato al prodotto che offre e, nel prodotto, una componente importante la gioca il cibo: perché? Semplicemente perché il cibo non è solo ciò che mangiamo: è di più, è un'esperienza sensoriale totalizzante, che appaga il palato e lo spirito. Poi esistono, però, quelli che approfittano della moda per fare del business. Fare business non è assolutamente, di per sé, un male, non fraintendetemi, ma lo è se si vende una cosa per un'altra, se si approfitta della sensibilità del consumatore, perché in questa disamina, fino ad ora, non abbiamo preso in considerazione una cosa, cioè il consumatore, cioè noi. Il consumatore, in buona fede, compra un prodotto tipico perché, oltre l'esperienza gustativa di acquistare un prodotto buono e genuino, aggiunge elementi in più: si sente, infatti, investito di una missione salvifica verso il mondo, i produttori locali e i contadini. Siamo convinti che dietro quel prodotto ci sia una lunga storia fatta di saperi che andrebbero perduti se noi non fossimo così bravi, così sensibili da acquistarli, nonostante un prezzo a volte anche maggiore. È un po' quella che un mio paesano chiama sindrome di Heidi. Tutti abbiamo ben presenti le pubblicità con i richiami ad un passato genuino perché gli esperti di marketing sono consci che la storia è un elemento di rassicurazione e, quindi, un elemento di attrazione.

È in questo contesto, signori, che oggi siamo chiamati a legiferare: è bene non dimenticarselo. È bene non dimenticarselo quando discipliniamo per legge quali siano i prodotti locali, quando definiamo cosa sia a chilometro zero e quanto corta sia la filiera corta, quali siano i prodotti che potranno fregiarsi del marchio chilometro zero e filiera corta, ammesso che ci sia veramente la necessità di individuare due marchi. A noi spetta il compito di valorizzare e promuovere i veri prodotti tipici e i veri prodotti locali, a beneficio di chi ha deciso, a volte per una scelta etica e a volte per una scelta quasi forzata, di dedicarsi alla loro produzione. Penso soprattutto agli agricoltori di montagna; quelli non hanno fatto una scelta etica, hanno fatto una scelta perché altrimenti non avrebbero nessuna ragione di esistere: fare agricoltura in montagna è impossibile se non lo si fa puntando sui prodotti di nicchia. In tutto ciò, però, dobbiamo anche fare in modo che la distinzione con i prodotti convenzionali, o comunque diversi da quelli locali, sia netta. Questo lo dobbiamo ai consumatori, a quella platea che, per le motivazioni emozionali che ho descritto prima, è in qualche modo debole nella scelta. Allora, decidiamo quali siano le tipologie dei prodotti su cui intendiamo legiferare: la loro provenienza, la lavorazione.

Tutti i prodotti sono locali anche se le materie prime arrivano da lontano? Per noi, no. Se per “chilometro zero” intendiamo il perimetro di un comune o di più comuni contermini, per noi sì, va bene; se serve a introdurre il chilometro utile per allargare questo perimetro, tenendo separate le due definizioni, può essere; se filiera corta è quella con un solo passaggio, anche se il prodotto potrebbe essere di origine africana o sudamericana, ma importato e venduto direttamente al consumatore, per noi no; se sullo stesso banco possono convivere prodotti locali e prodotti da chissà dove, parliamone, perché forse creiamo confusione nel consumatore, che già è ignaro del fatto che, ad esempio, il 49 per cento della merce che un produttore locale può offrire sul suo banco potrebbe arrivare persino dall'Australia, perché la parte preminente deve essere quella del produttore, il 49 per cento può essere reperito ovunque.

E voi sapete benissimo che, in moltissimi casi, le cose prodotte finiscono immediatamente sul bancone, dopodiché si procede alla vendita, senza a volte tanti controlli su quello che produzione locale non è.

Attenzione, quindi, ad istituzionalizzare per legge pratiche che di fatto aumento la confusione; i loghi sono una cosa seria. Confusione che già esiste con numerose regioni che hanno legiferato in materia, a volte anche arenandosi, come il mio Veneto, evitando di emanare i decreti attuativi.

La proposta, così come esce dalla Commissione, nonostante i nostri tentativi di delinearne il perimetro, è una legge poco utile e, se approvata dall'Aula, non inciderà, non aiuterà i produttori e men che meno i contadini; aumenterà invece la confusione nel consumatore.

Ci auguriamo, quindi, di riuscire a migliorare questa legge qua dentro, in Aula, anche se qualche correttivo l'abbiamo già apportato in Commissione, altrimenti risulterà una legge assolutamente vuota e inutile (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signora Presidente, rappresentante del Governo, credo che, quando in quest'Aula, in più di un'occasione, si è ragionato attorno al ruolo del Parlamento e alla sua centralità, non lo si sia fatto in astratto, e oggi credo possiamo avere una dimostrazione concreta che il passaggio in Aula non è scontato e che c'è ancora la possibilità in Aula di ascoltare le ragioni dei gruppi, di ascoltare le ragioni dell'opposizione e, quindi, provare ad approvare in prima lettura un provvedimento che raccolga il più ampio consenso possibile, perché altrimenti - è già stato detto da alcuni colleghi che mi hanno preceduto - c'è il rischio, nonostante la maggioranza abbia ovviamente tutto il diritto di approvare il testo nelle modalità che riterrà più giuste, di essere, lo dico con una battuta, una sorta di occasione perduta, perché credo che tutti noi conveniamo sulla necessità di un sostegno a questo tipo di attività, al tema del chilometro zero, la regolamentazione, le cose che sono già state dette e su cui non ritorno.

Vorrei, invece, evidenziare in questa fase - proprio perché siamo ancora in una fase in cui, se c'è la volontà politica e una disponibilità all'ascolto, possono essere apportati dei correttivi - una serie di dubbi rispetto al testo uscito dal lavoro in Commissione, anche qua, ripeto, nella speranza che ci sia ancora la possibilità di modificare.

Intanto, mi ha lasciato molto perplesso il fatto che, riprendendo il lavoro fatto nella precedente legislatura sui piccoli comuni che avevano introdotto il concetto di filiera corta e di chilometro utile, si arrivi fino all'estremo di andare ad abrogare il comma 2 dell'articolo 11 di questa legge, quindi di fatto attuando una sorta di marcia indietro rispetto a una definizione molto più puntuale di quella che questo stesso provvedimento va ad evidenziare. Credo che questo sia un aspetto su cui valga la pena riflettere, così come rispetto al tema della premialità sulla ristorazione collettiva e anche riconoscendo che l'emendamento della relatrice che accoglie un'osservazione della Commissione competente è migliorativo, quindi, da questo punto di vista, la premialità è meglio del mero carattere preferenziale.

Tutto questo, a nostro giudizio, rischia di essere un po' depotenziato da questa definizione che apre a un'eccessiva interpretazione della cosiddetta “quantità congrua”, che è stata inserita con un emendamento. Devo dire che sarebbe stato più forte individuare una percentuale, come era nel testo originario, e, da questo punto di vista, evitare gli eccessi di interpretazione che poi, quando si parla di gare d'appalto, significa ricorsi al TAR eccetera, quindi allungamento dei tempi e, alla fine, costi per la pubblica amministrazione.

Infine, c'è un altro ragionamento che volevo portare all'attenzione dell'Aula e della relatrice, che è quello relativo al fatto che noi dovremmo provare ad aiutare la creazione, all'interno dei mercati esistenti, di aree riservate alla vendita diretta da parte degli agricoltori, incentivando anche, come proporremo in un emendamento, la non produzione di rifiuti. Questa cosa si può incentivare, sostanzialmente, evidenziando che questa porzione d'area dei mercati possa avere, come elemento di incentivazione dell'assenza di produzione di rifiuti, ovviamente, il fatto che non si paga la corrispondente tassa sui rifiuti, perché, banalmente, se non li produci, non sei costretto a pagare; questo sarebbe un elemento importante.

Il nostro voto, per quel che ci riguarda in questo momento, è anche subordinato al lavoro che si farà sugli emendamenti, non solo nostri, perché ce ne sono diversi altri che condividiamo nello spirito e nella logica e che sono di altri gruppi di opposizione; se ci sarà questo, evidentemente il nostro atteggiamento potrebbe essere differente.

Oggi la viviamo come un'occasione perduta e soprattutto abbiamo un altro dubbio, cioè che si compia un piccolo pezzo, mentre riteniamo necessario probabilmente provare a inquadrare in un testo unico o comunque in un disegno di legge più organico il ruolo del contadino oggi, cioè il ragionamento del contadino nell'epoca contemporanea, con tutti i chiarimenti necessari.

Quindi, da questo punto di vista, da parte nostra cercheremo e proveremo a dare un nostro contributo fattivo, sia in via emendativa e poi nella discussione, che spero possa esserci in Aula, e sulla base di questo evidentemente faremo poi, alla fine, le nostre valutazioni (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 183-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che sia la relatrice che il rappresentante del Governo rinunciano alla replica. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Orlando e Franceschini: Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale (A.C. 893-A) (ore 17,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 893-A: Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 12 ottobre 2018 (vedi l'allegato A della seduta del 12 ottobre 2018).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 893-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, onorevole Valentina Palmisano.

VALENTINA PALMISANO, Relatrice per la maggioranza. Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, l'Assemblea avvia oggi l'esame della proposta di legge, a prima firma Orlando, che reca disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale.

Il provvedimento di cui trattasi, originariamente all'esame della Commissione giustizia, riproduce il testo dell'atto Senato n. 2864, approvato dalla Camera dei deputati nella scorsa legislatura. Ciò ha consentito l'applicazione dell'articolo 107 del Regolamento della Camera, per cui l'Assemblea, nella seduta del 19 settembre 2018, ha deliberato sulla dichiarazione d'urgenza del provvedimento e sulla richiesta di fissazione del termine di 15 giorni per la relazione della Commissione alla stessa Assemblea. La proposta di legge è stata, quindi, inserita nel calendario dell'Assemblea in quota opposizione su richiesta del gruppo Partito Democratico.

Tale proposta si propone di riformare le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, prevedendo fattispecie specifiche di reato, organizzando quelle esistenti e fornendo agli inquirenti nuovi strumenti utili alle indagini, con la finalità, del tutto condivisibile, di arginare i fenomeni criminosi contro il patrimonio culturale italiano.

Ad oggi, la disciplina dei reati contro il patrimonio culturale è divisa tra il codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 e il Codice penale. Si tratta di norme frammentate, con pene inadeguate rispetto al sistema di valori delineato dalla Costituzione. Di qui la necessità di un intervento legato anche alle criticità riscontrate nella prassi applicativa.

La proposta di legge in parola ha una grande valenza anche nel panorama europeo, in quanto il 19 maggio 2017 il Consiglio d'Europa, da ultimo, ha adottato una Convenzione volta proprio a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, nel quadro dell'organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata, la cosiddetta Convenzione di Nicosia.

L'Italia ha firmato la Convenzione, insieme ad altri otto Stati membri del Consiglio d'Europa, che non è ancora entrata in vigore, in quanto è stata ratificata dal solo Stato di Cipro. Ciò premesso, nel passare all'illustrazione dei contenuti della proposta di legge nel testo risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito, segnalo che la stessa si compone di sette articoli, attraverso i quali si collocano nel codice penale gli illeciti penali attualmente ripartiti tra codice penale e codice dei beni culturali, come dicevo poc'anzi, si introducono nuove fattispecie di reato aventi ad oggetto il bene culturale, si innalzano le pene edittali vigenti dando attuazione ai principi costituzionali in forza dei quali il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta per la proprietà privata. Si prevedono, poi, specifiche aggravanti e attenuanti quando oggetto dei reati comuni siano i beni culturali.

In particolare, segnalo che l'articolo 1 modifica il codice penale, inserendo tra i delitti il titolo 8-bis, rubricato: dei delitti contro il patrimonio culturale, che è composto da 19 nuovi articoli, dal 518-bis al 518-vicies.

Venendo agli articoli singolarmente, gli articoli 518-bis, 518-ter, 518-quater, 518-quinquies, 518-sexies e 518-septies riproducono le fattispecie dei reati comuni del furto, dell'appropriazione indebita, ricettazione, impiego illecito di beni, riciclaggio e autoriciclaggio, plasmandole però allo specifico bene giuridico tutelato, che, in tal caso, è il bene culturale e inasprendone le relative sanzioni. Specifico che le fattispecie di impiego illecito di beni culturali e di autoriciclaggio sono state introdotte nel corso dell'esame in Commissione giustizia.

L'articolo 518-opties, anch'esso introdotto nel corso dell'esame in Commissione, punisce come delitto la falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali, nella consapevolezza dell'importanza di una tutela penale anche in tale ambito. Si tratta di una norma innovativa nel nostro ordinamento, mutuata dalla specifica Convenzione di Nicosia, all'articolo 9.

Poi abbiamo gli articoli 518-novies e 518-decies, che riprendono le attuali fattispecie contenute negli articoli 173 e 174 del codice dei beni culturali - violazioni in materia di alienazione di beni culturali, l'uscita e l'esportazione illecita di beni culturali -, innalzandone le relative pene.

Gli articoli 518-undecies e 518-duodecies puniscono il danneggiamento doloso e colposo di beni culturali e paesaggistici, qualificando come autonome fattispecie penali di natura delittuosa le aggravanti e le contravvenzioni attualmente previste dal codice penale.

L'articolo 518-terdecies punisce la devastazione e il saccheggio di beni culturali e troverà applicazione al di fuori dell'ipotesi di devastazione, saccheggio e strage, di cui all'articolo 585 del codice penale, quando ad essere colpiti siano beni culturali ovvero istituti o luoghi di cultura.

La contraffazione di opere d'arte è punita dall'articolo 518-quaterdecies, che inasprisce la pena e sposta nel codice penale l'attuale diritto di contraffazione previsto dall'articolo 178 del codice dei beni culturali.

Il progetto di legge esclude, inoltre, la punibilità, all'articolo 518-quinquiesdecies, di colui che produce, detiene, vende o diffonde opere, copie o imitazioni, dichiarando espressamente la loro non autenticità, analogamente a quanto prevede a legislazione vigente l'articolo 179 del codice dei beni culturali.

L'articolo 518-sexiesdecies punisce il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali, in conformità con quanto richiesto dalla citata Convenzione di Nicosia.

Il nuovo Titolo VIII-bis, all'articolo 518-septiesdecies, inoltre, prevede un'aggravante da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali e paesaggistici, cagioni un danno di rilevante gravità, sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale o commerciale, sia commesso da un pubblico ufficiale impiegato nella conservazione o protezione di beni culturali che si sia volontariamente astenuto dallo svolgimento delle proprie funzioni al fine di conseguire un indebito vantaggio, oppure se è commesso nell'ambito di un'associazione per delinquere.

L'articolo 518-duodevicies prevede attenuanti da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali o paesaggistici, cagioni un danno, un evento o comporti un lucro di speciale tenuità (e in questo caso la pena è diminuita di un terzo); oppure sia commesso da colui che abbia collaborato per individuare i correi o gli autori di reato (e in questo caso la pena è diminuita da un terzo alla metà); oppure sia commesso da colui che si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato, individuare gli altri responsabili o recuperare i beni provenienti dal delitto (in questo caso la pena è diminuita dalla metà ai due terzi).

L'articolo 518-undevicies prevede la confisca penale obbligatoria - anche per equivalente - delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il profitto, il prodotto o il prezzo, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti previsti dal nuovo Titolo.

Mentre l'articolo 518-vicies dispone l'applicabilità delle disposizioni penali a tutela dei beni culturali, anche ai fatti commessi all'estero in danno del patrimonio culturale nazionale.

L'articolo 1, infine, inserisce nel codice penale, al di fuori del Titolo VIII-bis, una nuova contravvenzione: l'articolo 707-bis, rubricato: “Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o per la rilevazione dei metalli”, che punisce con l'arresto fino a due anni chiunque sia ingiustificatamente colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in aree di interesse archeologico.

L'articolo 2 modifica l'articolo 51 del codice di procedura penale per inserire il nuovo diritto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali, di cui al nuovo articolo 518-sexiesdecies, nel catalogo dei delitti per i quali le indagini sono di competenza della Procura distrettuale.

L'articolo 3 modifica la disciplina delle attività sotto copertura (articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146) per prevederne l'applicabilità anche alle indagini sul delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali, di cui all'articolo 518-sexiesdecies di cui ho detto prima, svolte da ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore dei beni culturali.

L'articolo 4 modifica il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, prevedendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, anche quando i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio.

L'articolo 5 abroga alcune disposizioni del codice penale e del codice dei beni culturali, con la finalità di coordinamento del nuovo quadro sanzionatorio con la normativa vigente.

L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria della riforma e, infine, l'articolo 7 prevede l'entrata in vigore della riforma il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Concludo, Presidente, dicendo che si tratta di una proposta di legge ancor più doverosa nell'attuale scenario internazionale in cui l'Italia è il Paese che possiede il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale, con circa 5 mila musei e istituti similari e ben 54 beni inseriti nella lista 2018 dei beni patrimonio dell'UNESCO. Nessun altro Paese al mondo può vantare quell'insieme di meraviglie artistiche, culturali, storiche e paesaggistiche che caratterizzano quello che, non a caso, è chiamato il bel Paese, con una storia millenaria in cui si sono incontrate civiltà diverse.

Purtroppo, spesso ci si dimentica di questa incredibile ricchezza, che è un vero e proprio museo a cielo aperto e che può rappresentare un importante volano, anche per lo sviluppo del nostro turismo e dell'economia, la cui valorizzazione e tutela costituiscono obiettivi fondamentali da perseguire. Ed è proprio in questo senso che è nata la proposta di legge del Partito Democratico di cui oggi iniziamo l'esame e che auspico troverà larga condivisione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stellee di deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Pittalis. Prego.

PIETRO PITTALIS, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, il provvedimento che oggi discutiamo rinviene la ratio nell'esigenza, così come è stato sottolineato dalla relatrice di maggioranza, di fornire un'adeguata tutela al nostro patrimonio culturale, sino ad oggi, in verità, assai frammentata ed insufficiente e ciò attraverso l'introduzione di una organica disciplina dei reati contro il patrimonio culturale. L'obiettivo perseguito da questo progetto è, di sicuro, più che condivisibile, stante l'indiscutibile unicità del nostro patrimonio culturale e la parimenti innegabile inadeguatezza dell'attuale sistema sanzionatorio.

Dunque, l'intervento da parte del legislatore è doveroso in ragione, proprio, delle molteplici evidenze dei fatti di cronaca, che ci restituiscono un patrimonio culturale troppo frequentemente e seriamente offeso e depauperato. Vi sono altresì gli impegni assunti a livello internazionale dal nostro Paese, segnatamente quelli che discendono dall'adesione alla Convenzione del Consiglio d'Europa sui reati in materia di beni culturali del 17 maggio 2017, la cosiddetta Convenzione di Nicosia. Detto questo, vi chiederete: ma, se siete d'accordo sulla ratio del provvedimento e sugli obiettivi, che senso a presentare all'Aula una relazione di minoranza da parte del gruppo di Forza Italia? Vedete, ci sono due aspetti che noi vorremmo segnalare anche in Aula, così come è stato fatto durante il dibattito, anche molto acceso, in Commissione, su quelle numerose e sostanziali perplessità che si imperniano sostanzialmente su due cardini che proverò a riassumere, sia pure con la sintesi che è doverosa. Sotto il primo aspetto, non ci convince la tecnica normativa di intervento che avete privilegiato; sotto il secondo aspetto, il tema della coerenza e congruità interna ed esterna del complesso sanzionatorio previsto dalla proposta di legge in esame non ci convince.

Sono dubbi e perplessità che, purtroppo, persistono a seguito dell'ostinazione - non me ne vogliano i colleghi della maggioranza se sottolineo “irragionevole ostinazione” - di non dialogare fattivamente su di un tema che imporrebbe soluzioni normative agili e, conseguentemente, efficaci, data l'importanza che riveste il provvedimento per il nostro Paese. Come ricordava la relatrice di maggioranza, la proposta di legge consta di un complesso di norme il cui nucleo è costituito dall'articolo 1, con il quale si introducono nell'ambito del titolo VIII del libro secondo del codice penale, intitolato Dei delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, fattispecie di reato che vedono come bene tutelato, appunto, il patrimonio culturale. Nella sostanza, tutte le nuove ipotesi di reato sono punite con la sola pena della reclusione, fatta eccezione per i seguenti reati puniti con la pena detentiva congiunta a quella pecuniaria: le violazioni in materia di alienazione di beni culturali, l'uscita o le esportazioni illecite di beni culturali e la contraffazione e traffico illecito di opere d'arte. Come detto, appunto, la decisione della maggioranza di introdurre la nuova tutela dei beni patrimoniali all'interno del codice Rocco, costituisce il primo elemento di forte nostra perplessità perché rappresenta un grave vulnus alla fondamentale esigenza di semplificazione normativa che è avvertita da tutto il corpo sociale e non solo dagli operatori del settore.

Il nostro sistema giuridico, gravemente caratterizzato da una superfetazione disomogenea di norme, necessiterebbe, invece, di interventi razionali volti a consentire l'agile fruibilità degli strumenti normativi. La semplificazione e la qualità della regolazione sono valutate, infatti, a livello europeo e internazionale, quale fattore chiave per la competitività e lo sviluppo di un Paese.

Quindi, colleghe e colleghi della maggioranza, fare delle norme, anche scritte in un buon italiano, da solo non basta, se esse non mutano la vita dei cittadini e se non la mutano in meglio. Allora, è questo il problema che noi vi abbiamo posto durante i lavori preparatori e istruttori nella Commissione. In altre parole, la via che state seguendo, che un po' risente dell'impostazione del testo, ma che è pervicacemente avallata dalla maggioranza attuale e dalle cose che abbiamo sentito anche dalla relatrice, si pone quindi in netta antitesi con questa esigenza, intanto di semplificazione e di creare un corpo normativo che sia adeguato allo scopo. Quattordici anni fa, voglio ricordare, il legislatore, nell'intento di fornire un contenitore omogeneo per la disciplina dei beni culturali, ha utilizzato lo strumento codicistico con il pregevole intento di dare uniformità alla tutela del nostro patrimonio culturale e tale scelta viene integralmente, oggi, disattesa dalla formulazione, così come proposta alla nostra attenzione. Questo è il senso, quindi, della proposta emendativa di Forza Italia, tesa a ricondurre tutte le nuove disposizioni penali nel loro alveo naturale, quello, appunto, del codice Urbani. Non è certamente, da parte nostra, un'attività parlamentare meramente ostruzionistica o, peggio ancora, tanto per parlarci addosso: no, vi poniamo questi problemi con la consapevolezza che si sta, purtroppo, creando un qualcosa che veramente rischia di creare più problemi di quanti non ne voglia risolvere.

Dunque, se noi vogliamo adottare il nostro Paese e gli operatori di uno strumento snello, moderno e di efficace contrasto alla insidiosa criminalità contro il patrimonio culturale, cari colleghi e colleghe della maggioranza, non potete non tenere conto del contributo che Forza Italia ha inteso dare con la presentazione, anche in Aula, di significativi emendamenti.

È certamente una scelta errata - ve lo ripetiamo - l'inserimento dei reati contro il patrimonio culturale nell'ambito dei delitti contro l'industria e il commercio, contenuti, come dicevo prima, nel titolo VIII del libro secondo del codice penale, al capo secondo, insieme ai delitti contro l'economia pubblica. Nel corpo dei reati disciplinati nel titolo in questione, ciò che assume rilievo non è tanto l'esigenza di tutela di interessi economici globali, quanto la penalizzazione di comportamenti che, arrecando possibili pregiudizi al corretto esercizio di attività industriali e commerciali, danneggiano gli interessi di più persone. Eppure, con la nuova disciplina, il legislatore ripropone tutte le fattispecie di reato disciplinate nel titolo XIII, libro secondo del codice penale, dedicato ai delitti contro il patrimonio, ricalcandone pedissequamente tutti gli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi. Il discrimine è dato dal bene oggetto di tutte le condotte incriminate, vale a dire il patrimonio culturale. E, allora, perché inserire la nuova disciplina di tali delitti nell'ambito di quelli contro l'economia pubblica, creando una patologica discrasia rispetto alla natura dei beni tutelati dal titolo in questione? E, allora, non devo insegnare a nessuno che cosa sono i beni culturali; sono delle res che debbono possedere, secondo criteri dati da specifiche normative nazionali e sovranazionali, un interesse artistico, storico, archeologico, archivistico, bibliografico, etnoantropologico, nonché un interesse quale quello rappresentato dalle testimonianze aventi valore di civiltà.

Quindi, un patrimonio soprattutto della collettività, ma che non possiamo classificare come attività industriali e commerciali, il cui scorretto esercizio potrebbe arrecare danno agli interessi di una pluralità di persone.

Auspico quindi - e concludo, Presidente - che tale nuova categoria di reati sia correttamente inserita nel titolo del codice penale relativo ai delitti contro il patrimonio, evitando in tale modo il prodursi di pesanti distonie all'interno del medesimo codice. E noi di Forza Italia - e concludo veramente - non vogliamo essere corresponsabili di una legislazione schizofrenica, quale vi apprestate a porre ulteriormente, dopo quella della class action, che davvero creerà non pochi problemi applicativi nel nostro ordinamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Ferraresi.

VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Presidente, noi riteniamo di condividere, come Governo, la ratio inserita in questa proposta di legge in quota opposizione. Anche perché, come ho già annunciato in Commissione giustizia, il Governo, dopo la firma del Trattato sulla Convenzione di Nicosia (l'Italia è stato uno dei primi Paesi a firmarlo e ci auspichiamo che sia anche uno dei primi Paesi a ratificarlo), vuole portare, come ho già detto, in Consiglio dei ministri, a breve, il testo di ratifica di questa importante Convenzione, sia per la cooperazione internazionale che ci vedrà protagonisti e sia per potenziare e migliorare l'impianto normativo penale per la tutela dei beni culturali.

Voglio sottolineare che questo è un iter che necessariamente vedrà una discussione, molto probabilmente al Senato, che andrà ad unificare o, comunque, a discutere nella medesima sede i due testi di legge.

È necessario dire che questo testo si avvicina molto al testo che il Governo ha in cantiere; ha tuttavia una particolarità, che è la ratifica, che è necessaria in questo momento, e altri punti che possono comunque andare ad essere unificati nella trattazione al Senato.

Voglio anche dire che, come già annunciato in Commissione, è nostra volontà approvare un buon testo, tecnicamente, giuridicamente, e rafforzare questa tutela, perché sono beni che molto spesso sono oggetto di commercio che riguarda anche il terrorismo: non solo sul traffico di stupefacenti, ma anche appunto il contrabbando di questi beni.

Quindi, è necessaria un'iniziativa che possa tutelare una materia che è un fiore all'occhiello della nostra nazione, ma anche una materia che è oggetto di notevole utilizzo da parte delle associazioni criminali e delle associazioni terroristiche.

Voglio dire che, come Governo, siamo totalmente aperti alla discussione: come ho già detto, se c'è da rivedere qualche limite di pena edittale, nel massimo o nel minimo, non ci sarà nessun problema a farlo. Non ci sarà nessun problema neanche, come ho già detto, ad inserire delle pene pecuniarie, delle sanzioni pecuniarie all'interno del testo, e a valutare senza preclusioni ideologiche, anche successivamente alla discussione di questa Camera, il suo inserimento in uno piuttosto che in un altro titolo: non abbiamo nessun tipo di problema. L'importante è che si discuta di questo importante argomento, l'importante è che daremo nelle prossime settimane una scansione temporale all'approvazione di questo testo e alla ratifica della Convenzione di Nicosia, perché è un argomento cui il Governo tiene particolarmente; e, secondo me, già in Commissione giustizia è stata svolta una trattazione assolutamente proficua e positiva, che ci auspichiamo avvenga anche qui in Aula. Ringrazio tutti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, una premessa: chi parla non può che essere d'accordo con la finalità di questa proposta di legge, quella appunto di tutelare in modo più rigoroso il patrimonio artistico e culturale italiano.

Ricordo che il nostro Paese detiene, come è stato anche ricordato prima con orgoglio in tante occasioni, il maggior numero di siti classificati dall'UNESCO “patrimonio dell'umanità”.

La finalità è, come dicevamo, assai nobile e condivisibile; meno felice, almeno a mio giudizio, appare il risultato portato oggi all'esame di questo ramo del Parlamento.

La proposta di legge, che porta le firme autorevoli degli ex Ministri dei beni culturali e della giustizia Franceschini e Orlando, punta in generale ad un significativo inasprimento delle sanzioni penali per i reati contro il patrimonio culturale, oltre ad una riscrittura ed ampliamento delle fattispecie incriminatrici. Una impostazione, quella descritta, che peraltro si colloca in una deriva, che io non esito a definire “pan-penalistica”, del nostro ordinamento, in voga da oltre un decennio, che io personalmente non condivido.

Assistiamo ad una sorta di delirio sanzionatorio, in cui sono ampliati in continuazione i confini del diritto penale, sono moltiplicate le fattispecie di reato, apparentemente più dettagliate, ma spesso, troppo spesso confuse e contraddittorie; sono aumentate di continuo pene e sanzioni accessorie, sono varati duplici o triplici binari. Il risultato è una torre di Babele, in cui anche gli studiosi più attenti del diritto penale stentano a ritrovarsi.

Ovviamente, nessuna critica specifica mi sento di rivolgere ai colleghi Franceschini e Orlando, il cui intento, ripeto, è lodevole: si sono semplicemente adeguati a un andazzo generale, di cui nelle varie legislature sono stati interpreti Governi di diverso colore, con esiti addirittura paradossali, al limite del ridicolo.

Come argutamente ricordava Carlo Nordio, che abbiamo ascoltato tutti insieme pochi giorni fa in Commissione giustizia, e ricordava una frase di Piercamillo Davigo, per effetto delle modifiche introdotte nelle ultime legislature in materia di omicidio stradale, se Tizio investe una persona per la strada dopo essersi fatto uno spritz, gli conviene dire che voleva investirla e romperle le gambe piuttosto che di averla investita per sbaglio, perché l'omicidio preterintenzionale è punito di meno dell'omicidio stradale.

Seguendo questa stessa logica, a mio avviso criticabile, il testo di legge in esame propone pene draconiane per tutte le fattispecie di reato che riguardano i beni culturali. Per fare degli esempi, il reato di riciclaggio di beni culturali è punito con la reclusione da 5 a 14 anni, pena che può aumentare se il fatto è commesso nell'esercizio dell'attività professionale, per esempio da un antiquario. Per il reato di devastazione e saccheggio di beni culturali si ipotizza addirittura una pena base da 10 a 18 anni, che può a sua volta aumentare per effetto di circostanze aggravanti. Chi detiene illegalmente un'anfora romana (ce ne sono decine di migliaia nel nostro Paese, magari esposte in bella mostra in un ristorante o in un pubblico esercizio) rischia fino a 5 anni di reclusione. Ripeto: comprendo e condivido la finalità di tutelare il nostro inestimabile patrimonio storico e culturale, ma mi sembra francamente troppo.

Per questo Forza Italia, nei suoi emendamenti, ha proposto quantomeno una generale, sensibile riduzione delle pene detentive, affiancando in taluni casi la pena pecuniaria.

Va riconosciuto che Franceschini e Orlando sono in buona compagnia. Il Vicepremier Di Maio vuole vedere in carcere per 6 anni chi falsifica i propri dati patrimoniali per ottenere il reddito di cittadinanza. Il ministro Bonafede, con il disegno di legge che chiama “spazza corrotti”, vuole vedere in carcere, e addirittura senza i benefici della Gozzini, i pubblici ufficiali ed imprenditori condannati a 2 anni e 1 giorno per i reati contro la pubblica amministrazione. Nel testo base della “legittima difesa” al Senato si ipotizza una riduzione generalizzata delle condizioni per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Una svolta “manettara” degna di un Paese sudamericano!

Siamo decisamente agli antipodi rispetto all'insegnamento di Cesare Beccaria, che, quasi tre secoli fa, già ammoniva che “uno dei più gravi freni dei delitti non è la crudeltà della pena, ma l'infallibilità di essa”. Ed ancora: “Quando la pena sarà più pronta e vicina al delitto commesso, essa sarà tanto più giusta e tanto più utile”; nonché: “La severità del giudice deve essere accompagnata da una dolce legislazione”. Sarebbe il caso che taluno tornasse all'università a ripassare queste grandi lezioni.

Il nostro legislatore pare avere come obiettivo quello di aumentare a dismisura la popolazione carceraria. Peccato che, però, come credo sia noto a tutti, le nostre carceri sono già oggi stracolme, e i detenuti sono ristretti in condizioni talvolta inumane: una situazione indegna per un Paese che si dichiara civile, e che ha comportato diverse condanne del nostro Paese di fronte alla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Un articolo de Il Dubbio dell'8 ottobre scorso ci ricorda che al 30 settembre risultano ristretti nelle nostre carceri ben 59.275 detenuti su 50.622 posti disponibili: un dato davvero drammatico, anche perché non si tiene conto di circa 5 mila celle inagibili. È di ieri la notizia di una rivolta nel carcere di Sanremo contro il sovraffollamento e la denuncia del sindacato UILPA: “Ogni istituto è una polveriera pronta ad esplodere”. Nell'edizione de La Stampa proprio oggi in edicola c'è un'interessante servizio che illustra bene il fenomeno del sovraffollamento carcerario. Dal Governo del cambiamento, che produce norme che in prospettiva determineranno un aumento significativo di detenuti, ci si dovrebbe attendere una politica tesa alla realizzazione di nuove carceri e, invece, nulla di tutto ciò. Nel libro dei sogni, chiamato DEF e approvato proprio la settimana scorsa, non è infatti previsto alcun piano carceri. Le perplessità su questo testo di legge aumentano se si considera che la materia risulta essere stata oggetto della Convenzione di Nicosia, che anche il nostro Paese ha sottoscritto in data 19 maggio 2017, e che le disposizioni qui contenute non appaiono del tutto coordinate con quelle della Convenzione (tra l'altro, detta Convenzione non è ancora stata ratificata dall'Italia).

Con i nostri emendamenti Forza Italia ha tentato di conformare la proposta di legge ai principi generali di detta Convenzione, in particolare per quanto riguarda la generale previsione di pene pecuniarie. Tuttavia, questo nostro sforzo non pare sia stato troppo apprezzato dalla relatrice, l'onorevole Palmisano. Più possibilista è apparso in Commissione il Governo - e oggi ancora in modo più chiaro - che ha annunciato l'intenzione di procedere alla prossima ratifica della Convenzione precisando che non sarà limitata al solo recepimento delle norme ma necessariamente si sovrapporrà, almeno per tre quarti, al provvedimento in esame. Non si comprende, pertanto, l'ostinazione del Partito Democratico di insistere su questo testo, a meno che non si cerchi solo un ritorno mediatico e di immagine. Ho, quindi, l'impressione che la Camera si trovi oggi impegnata su un testo che necessariamente finirà al Senato in un binario morto, a meno che non si accetti un lavoro di coordinamento con il testo della Convenzione come tentano di fare gli emendamenti da noi proposti che sono stati, però, finora respinti dalla Commissione.

Forza Italia, pur avendo delle perplessità sul generale impianto del testo, ha comunque voluto dare un serio contributo al suo miglioramento presentando emendamenti sotto diversi e articolati profili. Abbiamo proposto una rimodulazione delle pene in linea con il principio di proporzionalità e con i canoni della Convenzione di Nicosia, affiancando le pene pecuniarie alle pene detentive, con una collocazione sistemica delle nuove fattispecie di reato più coerente con il nostro impianto codicistico e con l'introduzione, come sanzione accessoria, della pubblicazione della sentenza di condanna per alcune fattispecie di reato. Vedremo se nel lavoro d'Aula tali ragionevoli proposte troveranno accoglimento da parte della relatrice e del Governo.

Un'ultima sottolineatura merita l'introduzione, anche in questa materia, dell'agente sotto copertura. Finora questa figura era prevista solo per la repressione dei reati di mafia e traffico di stupefacenti. Ora, invece, questo istituto sembra un po' diventato di moda e viene esteso anche ad altri ambiti di indagine. Forse stiamo guardando tutti troppi telefilm americani, ma di questo tema riparleremo presto, in chiave più problematica ed approfondita, in occasione del disegno di legge anticorruzione. La ringrazio, Presidente, per l'attenzione riservata alle mie parole (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (M5S). Grazie, Presidente. Gentili colleghi, ci troviamo oggi a discutere della proposta di legge recante disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale, uno di quei provvedimenti che dovrebbero unire tutte le forze politiche e, quindi, l'intero Paese in uno sforzo comune finalizzato a preservare il nostro patrimonio culturale. Ripartiamo, dunque, dal testo che durante la scorsa legislatura era già stato approvato da questa Assemblea. Poi, in Senato l'esame del testo non si è concluso.

Anche nella discussione in Commissione giustizia abbiamo condiviso la finalità di questo provvedimento. Poi, possiamo discutere se le sanzioni previste siano sufficienti oppure eccessivamente severe, ma dobbiamo almeno partire dalla certezza che l'Italia necessita di una disciplina penale complessiva specifica per la salvaguardia del patrimonio culturale. Cosa si intende con “patrimonio culturale”? Il codice dei beni culturali - decreto legislativo n. 42 del 2004 - all'articolo 2 afferma che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico.

Rientrano, inoltre, nel concetto di beni culturali le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, gli archivi e le raccolte librarie delle biblioteche. Sono, invece, beni paesaggistici, tra gli altri, gli immobili e le aree costituenti espressioni di valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio. Questa proposta di legge prevede l'introduzione nel codice penale di nuovi delitti ed aggravanti finalizzati a sanzionare azioni contrarie all'integrità del nostro patrimonio culturale nazionale e sposta nel codice penale alcune fattispecie attualmente contenute nel codice dei beni culturali, prevedendo anche un innalzamento delle pene.

Nel lavoro in Commissione giustizia il gruppo del MoVimento 5 Stelle ha portato dei significativi miglioramenti ed integrazioni al testo originario della proposta di legge. In particolare, con due appositi emendamenti il MoVimento 5 Stelle ha voluto l'introduzione di due nuove fattispecie di reato: l'impiego illecito di beni culturali e l'autoriciclaggio di beni culturali. Con il primo si punisce chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato e dei casi di ricettazione e di riciclaggio di beni culturali, impiega in attività economiche o finanziarie beni culturali provenienti da delitto; con il secondo, l'autoriciclaggio di beni culturali, si punisce chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce e trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative beni culturali provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Lo Stato ha nella norma penale lo strumento più forte per contrastare i comportamenti ritenuti più gravi e allora si comprende l'importanza di una protezione nel codice penale del nostro patrimonio culturale perché, assieme alla nostra Costituzione e ai principi democratici in essa contenuti, è uno dei beni più preziosi per il nostro Paese, oltre che elemento di identità. Come sottolinea la dottrina penalistica, la previsione di reati nel codice penale, anziché in altri testi legislativi separati, pone in risalto la centralità di alcuni beni giuridici e attribuisce speciale evidenza a una tavola di valori la cui difesa è irrinunciabile per la società. Queste norme ci pongono all'avanguardia a livello internazionale nella tutela dei beni culturali e artistici anche rispetto a quanto previsto dalla Convenzione del Consiglio d'Europa adottata a Nicosia il 19 maggio 2017. La Convenzione di Nicosia è volta a promuovere la cooperazione internazionale e l'armonizzazione delle diverse normative nazionali inerenti la salvaguardia dei beni culturali e rientra nel quadro dell'azione del Consiglio d'Europa per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. La tutela del patrimonio culturale diventa così un efficace strumento anche per il contrasto del terrorismo e alle organizzazioni criminali che fanno del traffico illecito di beni culturali uno dei principali canali di finanziamento.

Questa discussione cade, inoltre, nell'anno europeo del patrimonio culturale, che ha lo scopo di incoraggiare tutti a scoprire e a lasciarsi coinvolgere dal patrimonio culturale dell'Europa, rafforzando, quindi, il senso di appartenenza ad un comune spazio europeo e, quindi, di sentirsi parte di una comunità e di una storia. Il patrimonio culturale funge, infatti, da ponte tra passato e futuro. L'Italia è il Paese con il più alto numero di siti inseriti dall'Unesco nella lista del patrimonio dell'umanità. Abbiamo, quindi, un dovere che va al di là di noi oggi qui presenti e al di là dei nostri confini nazionali. Ecco, quindi, in questo senso l'importanza dell'introduzione, nel nostro codice penale, di uno specifico articolo che estende l'applicabilità delle nuove fattispecie di reato ai fatti commessi all'estero in danno del patrimonio culturale nazionale.

Noi dobbiamo avere anche uno sguardo proiettato al futuro per tutelare non solo ciò che è già esposto nei nostri musei, ma anche ciò che si trova nei depositi e tutto ciò che ad oggi non è ancora stato scoperto. Ecco quindi l'importanza del nuovo articolo 707-bis, che punisce il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli. L'Italia, infatti, è una sorta di grande museo diffuso; non c'è angolo d'Italia senza ricchezza artistica. Solo per citare, tra i tanti, un caso noto, quando si danneggia la Barcaccia di Bernini in piazza di Spagna, non si danneggia solo una straordinaria opera d'arte, ma si provoca una ferita nella dignità dell'identità culturale di un popolo. A fronte di un furto, appropriazione indebita, ricettazione, riciclaggio, illecita detenzione, alienazione non autorizzata, esportazione illecita, danneggiamento, deturpamento, imbrattamento, uso illecito, devastazione, saccheggio e contraffazione di beni culturali, lo Stato non può che mettere in campo gli strumenti più efficaci per la prevenzione e il contrasto, anche in funzione deterrente.

Strumenti normativi che aiuteranno ancor di più chi già da anni si occupa di tutela del nostro patrimonio culturale, come il Nucleo dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, a cui va il sostegno per il lavoro che svolgono mediante attività di monitoraggio e controllo dei siti archeologici e dei siti UNESCO, attività di controllo e rilevazione in caso di mostre, fiere, aste, sia in Italia che all'estero, attività in collaborazione con le autorità competenti per la tutela del patrimonio culturale ecclesiastico.

Nella Divina Commedia Dante si riferiva agli italiani, in un'epoca in cui l'Italia era ancora un concetto lontano, utilizzando l'espressione “le genti del bel paese”; espressione, bel paese, poi utilizzata anche da Petrarca nel suo Canzoniere. Ma quel bel paese, nel corso dei secoli sino ad oggi, è stato continuamente arricchito e abbellito da menti e mani straordinarie, che, a citarne alcune, si farebbe un torto ad altre. I nostri padri costituenti hanno inteso attribuire, con l'articolo 9 della Costituzione, una copertura costituzionale alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. Tale tutela è inserita nei princìpi fondamentali, e quindi è sicuramente opportuno che lo strumento di protezione eletto sia la legge penale. In questo modo traduciamo in una normativa sanzionatoria adeguata l'effettivo rispetto della nostra identità culturale; una legislazione che riconosca l'importanza dei beni culturali non solo in quanto beni suscettibili di una valutazione patrimoniale, ma anche e soprattutto come valore identitario radicato nella Costituzione. Sentiamoci, quindi, parte di una storia comune, parte attiva del nostro bel Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, noi oggi ci stiamo confrontando su una proposta di legge del Partito Democratico; una di quelle proposte in cosiddetta quota opposizione, che, ai sensi dell'articolo 107, possono usufruire, a determinate condizioni, di una corsia preferenziale, di una dichiarazione d'urgenza. E però questa dichiarazione d'urgenza, ad avviso di Fratelli d'Italia, si scontra con un fatto sopravvenuto rispetto alla legge di iniziativa del Partito Democratico parzialmente approvata nella XVII legislatura; quell'evento di cui molti hanno parlato, trattandolo superficialmente, che è il Trattato stipulato a Nicosia nel maggio 2017.

Un Trattato che inevitabilmente imporrà agli Stati - e l'Italia è tra i firmatari, quindi dovrà procedere alla ratifica - delle modifiche normative per adeguarsi. Ecco, è vero che l'Italia è stata sempre capofila in materia di legislazione a tutela dei beni culturali, però temo che, con la volontà ostinata di procedere all'approvazione di questo testo, l'Italia si ritrovi a fare una battaglia di retroguardia, quando già gli altri Paesi sono andati avanti con la Convenzione di Nicosia. Oggi il sottosegretario ha ribadito quello che già in Commissione aveva detto, cioè la volontà del Governo di procedere alla ratifica di quella Convenzione. Allora plaudo alla ritrovata, anzi, alla trovata maturità governativa del MoVimento 5 Stelle, che invoca l'unità su una proposta del PD, trovandosi a fare di necessità virtù in questo momento, difendendo una proposta che si presenta con un provvedimento incompleto, un provvedimento raffazzonato.

Già in Commissione Fratelli d'Italia aveva denunciato la necessità di introdurre delle misure che provvedessero a rendere più organica la normativa in materia, perché va ricordato che in Italia il legislatore ha compiuto uno sforzo che in un'epoca di attività legislativa non sempre lineare - non vorrei ripetere chi mi ha preceduto, parlando di schizofrenia legislativa, però talvolta questo Paese la sensazione l'ha avuta -, ed ecco, nonostante questo, in materia di beni culturali il legislatore ha dato una prova di impegno, varando il codice Urbani, cercando di dare una previsione normativa sistematica alla vasta materia dei beni culturali, che certamente in Italia merita una particolare attenzione.

Basti pensare al patrimonio culturale che noi abbiamo. Quindi, entrando nel merito del provvedimento, va rilevata l'inopportunità di una scelta, che si ritiene non condivisibile, di operare una trasposizione nel codice penale di norme sul regime sanzionatorio che già, sia pure in misura più lieve, erano previste nel codice Urbani. L'intento era quello di creare un testo organico per normare l'intero sistema dei beni culturali. Con questo disegno di legge la normativa resta incompleta, frammentaria, difficile da interpretare e da applicare, e finisce per svuotare quella scelta che illo tempore il legislatore italiano aveva compiuto, varando il cosiddetto Testo unico dei beni culturali. Però va detto che i reati contro il patrimonio culturale in Italia non sono un aspetto secondario della criminalità, perché già all'epoca in cui veniva varato il codice Urbani si contavano oltre 15 mila furti perpetrati a danno di musei, chiese, enti pubblici, abitazioni private, nonostante l'incessante lavoro compiuto dal Nucleo di difesa del patrimonio artistico del Comando dei carabinieri, giustamente ricordato poc'anzi da chi mi ha preceduto, nei confronti del quale forse ci vorrebbe una maggiore attenzione anche da parte di questo Governo. Noi oggi parliamo di patrimonio culturale nazionale, perché è chiaro che, sebbene la parola “nazionale” manchi dal testo della norma, è ciò di cui parliamo oggi.

Noi parliamo di un insieme di beni che appartengono allo Stato, agli enti pubblici, agli enti privati, che non hanno un valore intrinseco dichiarato, perché talvolta questo valore è indeterminabile, ma rivestono un interesse semplice o anche, come spiega la dottrina, un interesse riflesso, e contribuiscono a delineare l'identità, contribuiscono a delineare la cultura di una nazione, perché questo fa il patrimonio culturale. Il patrimonio culturale è la stratificazione delle civiltà che per secoli, per millenni, si trovano a vivere in un determinato territorio e lasciano in quel territorio il segno del proprio passaggio. Nulla dies sine linea, diceva qualcuno, ed ecco, questo è il patrimonio culturale nazionale che noi oggi dobbiamo tutelare. Fratelli d'Italia ontologicamente non può che essere a favore della tutela del patrimonio culturale nazionale, e però abbiamo la responsabilità di dire che forse la fretta può essere cattiva consigliera in questa circostanza.

Noi ci ritroveremo tra non molto a dover affrontare nuovamente questo tema.

E, allora, credo sia lecito, come già fatto da Fratelli d'Italia in Commissione, domandarsi se l'ostinazione con cui il Partito Democratico ha voluto esercitare la propria prerogativa sia adeguata al dibattito di quest'Aula che, soprattutto in materia di giustizia, in queste settimane, è chiamata a lavorare su diversi provvedimenti.

Fratelli d'Italia ha presentato già in Commissione, lo ha rifatto per l'esame d'Aula, delle proposte emendative alle quali abbinerà degli ordini del giorno. Noi abbiamo seguito alcune linee che riteniamo idonee a colmare in parte il vulnus di questo provvedimento; noi abbiamo depositato degli emendamenti che sono volti ad inserire le sanzioni pecuniarie perché, vedete, nel momento in cui si opera la scelta di trasporre nel codice penale delle norme che prima trovavano spazio nel «codice Urbani», allora bisogna fare la scelta di adeguarle quantomeno alle previsioni del codice penale, dunque abbinare le sanzioni pecuniarie è una scelta che noi avevamo già proposto in Commissione, ma ci è stato spiegato – risulta dagli atti dei lavori di Commissione – che non era possibile.

Prendo atto del mutato orientamento della maggioranza, espresso oggi dal sottosegretario e, quindi, auspico l'accoglimento degli emendamenti volti ad introdurre le sanzioni pecuniarie, per la loro ragione afflittiva, per gli stessi motivi per cui il nostro codice penale le prevede già. Peraltro, la previsione di sanzioni pecuniarie è assolutamente in linea con la Convenzione di Nicosia del maggio 2017, che già auspicava l'abbinamento alle sanzioni detentive di sanzioni pecuniarie e misure interdittive.

Fratelli d'Italia chiede, anche attraverso le proposte emendative, una tutela per i centri storici. I centri storici meritano, a nostro avviso, una menzione particolare, perché nei lavori di questo Parlamento già fin dagli anni Sessanta, la commissione Franceschini, che svolse un lavoro meritorio in materia di beni culturali, parlò di centri storici, con la dichiarazione, che poi fu ripresa in parte anche dalla Carta di Gubbio, nella quale si poteva leggere che ai fini di una compiuta tutela dei beni culturali non si deve tener conto solo del semplice monumento, non solo del bene singolarmente considerato, ma anche del contesto urbano dove esso è inserito, con la consapevolezza chiaramente che talvolta il contesto urbano in cui il bene è inserito continua a vivere. Il contesto urbano diventa un centro storico abitato, un centro storico vissuto, ed allora deve essere importante lo sforzo normativo di chi deve disciplinare, garantendone la fruibilità, ma garantendone anche la conservazione e Fratelli d'Italia ritiene che, ai fini di una compiuta tutela di quel patrimonio culturale nazionale di cui abbiamo prima parlato, sia necessario incidere anche nel contesto in cui si trova il bene, che sia l'area archeologica, la città o l'ambiente naturale. Del resto, come è stato prima ricordato, già nella nostra Costituzione si stabilisce che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura, della ricerca scientifica e tecnica, tutelando il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Quindi, è questo il principio che il legislatore, nella sua attività, deve compiutamente declinare.

Abbiamo ritenuto, inoltre, di proporre una soluzione di natura finanziaria, perché sono meravigliose le enunciazioni di principio, tutti noi quando abbiamo visto quei tifosi, olandesi mi pare, saltare su una meravigliosa fontana romana abbiamo gridato allo scandalo, tutti noi abbiamo invocato misure punitive, sanzioni detentive, sanzioni pecuniarie nei confronti di questi tifosi poco educati, poi però c'è un secondo momento, il momento in cui l'ente preposto alla conservazione e al restauro deve trovare i fondi per farlo, il momento in cui il bilancio si assottiglia sempre di più, soprattutto con riferimento a queste specifiche voci che certamente non attengono alle esigenze primarie di una comunità.

E, allora, in un momento in cui i fondi sono sempre più esigui, Fratelli d'Italia propone che con le sanzioni pecuniarie che certamente si andranno ad introdurre dopo i lavori d'Aula venga alimentato un fondo destinato al restauro, destinato alla conservazione dei centri storici e dei beni che fanno parte del patrimonio culturale. Noi crediamo che destinare i proventi di questa attività repressiva svolta a tutela del patrimonio culturale a questo fondo significa fare qualcosa di concreto, al di là belle affermazioni labiali sull'importanza del patrimonio culturale nazionale. Dobbiamo dimostrare che la nostra civiltà è per noi un'identità viva da proteggere, da tutelare e da valorizzare.

Quindi, Fratelli d'Italia ha avuto un approccio scevro da pregiudizi nei confronti di questo provvedimento e auspica che realmente si trovi quella invocata unità per l'approvazione di questo provvedimento che, però, non potrà non tener conto dei contributi che ciascuno, legittimamente e autorevolmente, intende apportare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la prima domanda che si fa a qualcuno di noi quando parla di una nuova legge, il primo quesito è se sia utile e necessaria. E questa legge, secondo me, è utile e necessaria. Io ricordo a tutti l'episodio già ricordato ai colleghi, perché evidentemente ha colpito la sensibilità di tutta l'Italia, quel massacro che venne fatto in danno della «Barcaccia» in piazza di Spagna e io non credo che ci sia stato un cittadino, un italiano che non si sia sentito ferito personalmente da quella ingiuria, perpetrata gratuitamente da alcuni tifosi stranieri in danno del nostro patrimonio, della nostra storia, della nostra civiltà. Ebbene, a parte che quei tifosi hanno pagato quasi niente - perché il giudice italiano non li ha potuti processare in quanto erano già stati processati in Olanda - ma anche avessero pagato in base alle normative vigenti, avrebbero rischiato la bellezza di fino a un anno di reclusione per danneggiamento e un'ammenda non inferiore a 2.065 euro. Con la normativa che andiamo ad approvare gli anni di galera diventano da uno a cinque e, soprattutto, questi signori, per avere eventualmente la sospensione condizionale della pena, dovranno prima riparare il danno, che in quel caso sarebbe stato molto significativo. Già questo, di per sé, mi pare un motivo utile e sufficiente per giustificare l'approvazione di questa norma che, peraltro, introduce ben diciassette nuovi reati o, meglio, rivisita in senso più analitico determinate fattispecie aggressive per punire in modo a mio avviso adeguato, forse in qualche caso eccessivo, ma ricordiamoci che poi le pene vanno da un minimo a un massimo e spetterà poi al magistrato in concreto interessato al caso attribuire la giusta sanzione al singolo. Bene, mai più un 31 agosto 2015 che resti senza punizione, un altro!

Non rifarò tutto l'iter, che è già stato illustrato in dettaglio, della legge, è stato già ampiamente ben illustrato dei colleghi e dalla relatrice, con massima chiarezza e con grandissima precisione, però voglio sottolineare un'altra cosa che mi pare molto significativa a giustificazione della necessità e dell'utilità di questa norma: il fatto che introduce sanzioni interdittive. Noi sappiamo che tutto il mercato abusivo di scavi, di beni archeologici e pittorici trafugati non di rado finisce nel circuito del mercato clandestino, non di rado finisce addirittura nelle aste ufficiali di importanti case straniere, generalmente straniere. Bene, con questa norma potremo applicare delle sanzioni anche alle persone giuridiche che fanno mercato di queste opere indebitamente sottratte al patrimonio nazionale, e questo già mi pare un secondo altro buon motivo.

Quanto alla terza obiezione che hanno sollevato diversi colleghi delle opposizioni, io ricordo, ma lo ha già fatto meglio di me il sottosegretario Ferraresi, che è vero che da qui a poco il Governo si è impegnato a ratificare la Convenzione di Nicosia, che è stata sottoscritta dall'Italia e da altri otto Paesi, ma è altresì vero che, in questo caso, è meglio adottare il proverbio: meglio prima che dopo.

Intanto, noi ci adeguiamo con il nostro ordinamento in grandissima parte ai principi che sono sottintesi in quella convenzione già sottoscritta; poi, se sarà il caso - e il Governo si è già impegnato in tal senso - adegueremo in senso migliorativo o addirittura riduttivo, laddove fossimo a ciò indotti dalla normativa sopranazionale, la nostra norma nazionale a quelle che saranno le risultanze finali di questa nuova adozione.

Altra obiezione che, onestamente, mi pare priva di fondamento è che si è parlato di frammentarietà della norma: la norma non mi pare affatto frammentaria, anzi direi che, seppur con metodo casistico, disciplina ben 17 fattispecie ed è, anzi, molto precisa nell'individuazione delle fattispecie aggredite e quindi nella tutela penale delle predette fattispecie. Per cui ritengo, anche ovviamente a nome della Lega Nord, che si tratti di un provvedimento tutto sommato utile, tutto sommato importante, tutto sommato necessario per la miglior tutela del nostro patrimonio archeologico, storico, artistico. Grazie Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Grazie a lei. È iscritto a parlare l'onorevole Bazoli. Ne ha facoltà.

ALFREDO BAZOLI (PD). Presidente, sì, è vero, il Partito Democratico ha voluto fortemente questa proposta di legge, come è dimostrato dal fatto che quando eravamo maggioranza l'abbiamo approvata in un ramo del Parlamento, anche se non siamo riusciti ad arrivare in fondo all'iter legislativo, ma la nostra volontà è stata manifestata in maniera molto chiara, così come anche dal fatto che in questa legislatura la proposta di legge è stata ripresentata con la firma di due autorevoli esponenti del Partito Democratico, che sono stati anche Ministri nello scorso Governo: il Ministro della Giustizia, Orlando, e il Ministro dei Beni Culturali, Franceschini.

Il Partito Democratico ha voluto fortemente questa proposta di legge perché ritiene che l'Italia debba dotarsi di un apparato normativo adeguato a tutelare il patrimonio culturale del nostro Paese. Oggi, è stato anche detto da altri colleghi, abbiamo un sistema che non è adeguato, a fronte di una crescita costante dei reati, degli illeciti che interessano il nostro patrimonio artistico e culturale, a fronte anche di un contesto nazionale ed internazionale che vede fortemente impegnata la criminalità organizzata nel commercio illecito di beni culturali, di beni artistici, quindi una criminalità organizzata che trova in questo tipo di attività una forte motivazione e anche profitti molto elevati. Sappiamo anche come il terrorismo internazionale abbia messo gli occhi sul patrimonio culturale anche attraverso opere di distruzione sistematica del patrimonio culturale internazionale mondiale e poi, attraverso il commercio delle opere trafugate o parzialmente distrutte, ha trovato anche un canale di finanziamento. Quindi, noi riteniamo che sia assolutamente doveroso introdurre nell'ordinamento un apparato normativo che sia efficacemente in grado di punire e sanzionare questi comportamenti, tanto più in un Paese come il nostro, che come tutti ben sappiamo è sede di una quota molto rilevante del patrimonio artistico mondiale.

Riteniamo che questa normativa che si vuole introdurre possa anche attuare in maniera un pochino più efficace una previsione della nostra Costituzione, l'articolo 9 della nostra Costituzione, che come sappiamo prevede che la Repubblica tuteli il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione; quindi riteniamo che sia anche una proposta di legge che punta ad attuare adeguatamente un principio costituzionale che oggi, invece, con le norme vigenti, non è in grado di tutelare adeguatamente. Con questa proposta di legge abbiamo puntato ad introdurre un corpus normativo organico, quindi è proprio l'esatto contrario della critica che ho sentito fare prima da qualche collega, per cui si afferma che con questa proposta di legge ci sarebbe una disorganicità. L'obiettivo a cui abbiamo puntato in maniera molto pressante, invece, è quello di cercare di dare organicità a un apparato normativo che oggi invece trova le sue fonti un po' nel “codice Urbani” un po' nel codice penale, che non ha norme specifiche e che quindi è largamente inefficace, come peraltro ci hanno detto anche - basta guardare i resoconti delle audizioni della scorsa legislatura - tutti gli operatori che si occupano di questo settore, adducendo la necessità, appunto, di intervenire in maniera adeguata. Questo testo, quindi, cerca di dare sistematicità, e lo fa - voglio dirlo con chiarezza - in armonia anche con le norme internazionali che nel frattempo sono intervenute. Infatti, ho sentito dire qui in Aula, così come è stato anche detto in Commissione durante i lavori, che l'attività che stiamo facendo sarebbe in qualche modo superflua o inutile, perché poi si dovrà intervenire con l'approvazione e la ratifica di una convenzione internazionale - quella di Nicosia, che nel frattempo è intervenuta – che renderebbe in qualche modo inutile il lavoro che stiamo facendo. Mi permetto di dissentire perché è l'esatto contrario: noi stiamo facendo un lavoro che è prodromico alla ratifica della Convenzione di Nicosia, perché stiamo facendo un lavoro che è esattamente armonico con le previsioni di quella Convenzione. Se voi leggete la Convenzione e leggete i lavori preparatori di questa proposta legge, vi renderete conto che i princìpi, i contenuti, le norme che sono contenuti in questa proposta di legge sono esattamente allineati alle previsioni della Convenzione di Nicosia. Poi, certo, può esserci la necessità di qualche intervento di limatura, di ulteriore affinamento, ma è consentito farlo anche qui: possiamo farlo anche in Aula. Noi lo abbiamo detto: il Partito Democratico è convinto dell'opportunità di accelerare i tempi di approvazione di questa norma, ma è assolutamente aperto a interventi di modifica. Non abbiamo assolutamente chiuso, dal nostro punto di vista - è chiaro che poi la responsabilità spetta alla maggioranza - anzi siamo stati disponibili molto laicamente all'intervento sulle norme, sulla quantità o l'entità delle sanzioni, su alcune fattispecie, cioè siamo assolutamente aperti e laici.

Se è necessario intervenire per armonizzare ulteriormente questo testo con i princìpi della Convenzione di Nicosia, il Partito Democratico è - lo dichiariamo con grande semplicità e grande sincerità - assolutamente disponibile alla discussione, perché noi vogliamo e speriamo che questa proposta di legge, che ha obiettivi così importanti e, a parole, così da tutti condivisi, trovi un esito il più possibile unanime, per cui siamo assolutamente disponibili. Tuttavia ribadiamo che questo testo di legge è già stato costruito in armonia con le previsioni della Convenzione di Nicosia. Non è un caso che la Convenzione di Nicosia - bisogna ricordarlo - sia figlia di un'iniziativa internazionale del Consiglio d'Europa nella quale l'Italia ha giocato un ruolo fondamentale, perché l'Italia, con lo scorso Governo, è stato uno dei Paesi che più ha spinto il Consiglio d'Europa per cercare di arrivare all'approvazione di una convenzione come appunto quella che poi è stata approvata. Questo, ovviamente, depone ulteriormente a riprova del fatto che si è viaggiato in parallelo, cioè mentre si cercava di spingere sull'approvazione della Convenzione di Nicosia, si lavorava anche all'introduzione nel nostro ordinamento di una legge che fosse armonica e che avesse quegli obiettivi e quei principi. Quindi, credo che se arriveremo rapidamente all'approvazione di questo testo di legge, sarà una cosa molto positiva e non ci troveremo, poi, assolutamente in difetto rispetto alla successiva ratifica della Convenzione di Nicosia, che sappiamo consistere, appunto, in un articolo di legge in cui si dice che si approva e si ratifica la convenzione, alla quale potrà benissimo essere allegata la proposta di legge che noi stiamo approvando, perché è appunto esattamente in linea. Voglio anche dire che siamo ben consapevoli e il Partito Democratico non è o non intende essere un partito giustizialista. Sappiamo benissimo che quando si affrontano e si introducono nel codice penale, nell'ordinamento, nuove fattispecie di reato, bisogna farlo con grande cautela, con grande prudenza.

Rifugge da noi la tentazione cosiddetta panpenalistica, cioè l'idea che occorra rispondere con norme penali a qualunque tipo di illecito, a qualunque tipo di comportamento deviante.

Quindi, non è nostra volontà introdurre reati giusto per dare un contentino all'opinione pubblica, ma anche su questo voglio rassicurare: i reati che introduciamo sono, né più né meno, le fattispecie che esattamente la Convenzione di Nicosia prevede, cioè non introduciamo altre fattispecie, noi introduciamo esattamente quelle fattispecie. Se si va a leggere la Convenzione di Nicosia, ci si renderà conto che la proposta di legge a prima firma Orlando e Franceschini che discuteremo nei prossimi giorni, esattamente, riproduce quelle fattispecie di reato; quindi, ci muoviamo in armonia, sapendo che occorre muoversi con grande cautela quando si introducono nuove fattispecie di reato, ma lo facciamo, questa volta, anche col conforto di una Convenzione internazionale che riconosce la necessità di intervenire puntualmente su questa materia, perché, oggi, gli ordinamenti degli Stati sono inadeguati a fronteggiare i nuovi rischi che corre il patrimonio artistico mondiale, in relazione anche ai nuovi rischi prodotti dal contesto internazionale.

Quindi, anche su questo, credo che ci siamo mossi con grande cautela. Poi, lo ripeto perché sia ulteriormente chiaro, se si vuole intervenire sull'entità delle pene, sulla qualità delle pene, benissimo, interveniamo, affiniamo, se c'è da ridurre riduciamo, purché, però, e questo deve essere un paletto, l'eventuale moderazione e riduzione delle pene non produca l'effetto di ridurre gli strumenti investigativi a disposizione di chi deve perseguire questi reati, perché, altrimenti, si rischierebbe veramente di ridurne l'efficacia. Mi rendo conto che quando si determinano o quantificano le pene in funzione degli strumenti investigativi si fa un po' una forzatura, ma tant'è, noi abbiamo bisogno, oggi, di garantire che ci siano strumenti investigativi adeguati alla qualità dei reati e delle fattispecie, dei comportamenti che noi vogliamo andare a perseguire.

Quindi, anche in esito alla discussione che ci sarà in Aula, se eventualmente ci fosse la necessità di intervenire su questo, credo che bisognerebbe farlo con questa avvertenza e con questa cautela. Noi siamo intervenuti in modo armonico anche rispetto al sistema, introducendo, con questa proposta di legge, alcune modalità di intervento di natura, appunto, penale; quindi nuovi reati che, secondo me, sono in linea con una moderna concezione del diritto penale. Mi riferisco, in particolare, all'introduzione di diminuzioni o sconti di pena significativi nel caso di ravvedimento operoso; questo è un principio che ormai sta diventando sempre più frequente nel sistema penale moderno, perché, ovviamente, abbiamo a cuore più la tutela del bene giuridico che miriamo a proteggere che non la punizione del reo; cioè, ci interessa di più che attraverso la norma penale si inviti, si incentivi la tutela del bene giuridico che intendiamo proteggere, ci interessa più quello che non la mera punizione del colpevole.

Quindi, il ravvedimento operoso - cioè sostanziali e congrui sconti di pena quando ci sia appunto la volontà del reo di ripristinare, di riparare, di mettere mano a quanto combinato sul bene artistico - è uno strumento che aiuta a tutelare meglio il bene giuridico e che, secondo noi, risponde a una moderna concezione del diritto penale. Allo stesso modo abbiamo introdotto, è stato ricordato anche prima, l'illecito di cui alla legge n. 231, quindi, sanzioni penali per le persone giuridiche che siano in qualche modo responsabili degli illeciti; è stato ricordato come, rispetto ad alcune fattispecie che sono state introdotte, ci siano enti, aziende e, appunto, persone giuridiche che possono essere responsabili di questi illeciti.

Credo, quindi, che abbiamo introdotto un sistema organico, un sistema che risponde alle esigenze che ci siamo dati, agli obiettivi che ci siamo posti e che sono condivisi da tutti.

L'invito che faccio davvero a quest'Aula è di uscire tutti dai tatticismi, dalla voglia di mostrare la differenza o la propria identità politica, perché se condividiamo l'obiettivo, e per quanto riguarda gli obiettivi che ci siamo dati mi sembra che questo sia, credo che questa possa essere un'occasione per tutti di uscire con un provvedimento largamente condiviso. Il mio invito è: utilizziamo i giorni che abbiamo davanti e il lavoro in aula per discutere serenamente del provvedimento e per fare le modifiche che saranno necessarie. Colgo anche con favore l'apertura che è stata fatta, oggi, dal Governo e che non mi era sembrata tale in Commissione, quando, invece, ci era sembrato di capire che non ci fosse la volontà di intervenire con emendamenti; quindi, sfruttiamo l'occasione, abbiamo una grande occasione davanti, vediamo di non sprecarla per piccoli tatticismi di natura politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente. Intervento di fine seduta quanto mai gradito, perché ho ascoltato con piacere tutti, ma rimango più perplessa di prima. La Convenzione di Nicosia è stata citata almeno una decina di volte da tutti i colleghi, credo, però, poco tradotta, letta, forse, con un po' di disattenzione perché se invece si fosse prestata da parte di tutti, me compresa, la dovuta attenzione al testo, ci saremmo resi conto che lo spirito che anima la Convenzione di Nicosia è tutt'altro rispetto all'impianto fortemente e prettamente sanzionatorio della proposta di legge Orlando-Franceschini. Infatti, l'impianto dell'articolato sistema di tutele che scaturisce dalla Convenzione di Nicosia - io ce l'ho dinanzi - evidenzia un profilo particolarmente innovativo ed evoluto, non si limita al pur necessario irrobustimento delle sanzioni (che oggi, invece, il testo all'esame ci impone di considerare) ma mira, con non minore attenzione, ad un sistema di prevenzione, monitoraggio e dissuasione, a partire dal corretto sistema di comunicazione istituzionale ed educativa ai cittadini.

In altre parole, cosa ci dice la Convenzione di Nicosia? Incrementiamo pure le sanzioni, facendolo in modo armonico e proporzionato, ma svolgiamo parimenti una profonda azione educativa e informativa per prevenire piuttosto che reprimere. Allora, se questo è lo spirito che anima la Convenzione di Nicosia, noi di Forza Italia non possiamo assolutamente essere d'accordo con quello che ha detto il collega Dori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) quando ha parlato di un provvedimento che dovrebbe vedere tutte le forze politiche coinvolte in un afflato emotivo, perché lo Stato - e sono le sue parole – ha gli strumenti per reprimere comportamenti e sanzionarli in un certo modo, quindi, fortemente repressivo; ma non possiamo neanche concordare con le parole che il nostro collega, il nostro amico della Lega, onorevole Paolini, ha proferito laddove ha detto: la legge è utile e necessaria, salvo poi concludere il suo intervento dicendo: tutto sommato, la legge è utile e necessaria. E perché, tutto sommato, la legge è utile e necessaria? Perché la legge nasce sempre da un'esigenza: quando si fa un intervento normativo è perché evidentemente c'è un vuoto che va colmato, ma bisogna stare attenti a come si interviene, e, allora, non basta dire che la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico nel nostro sistema andava rafforzata; andava rafforzata, sì, e questa è un'esigenza anche nostra, ma andava rafforzata in misura adeguata, armonica con il resto del sistema, non solo penale, ma con l'impianto del codice Urbani.

Ecco, perché, per prima cosa, noi di Forza Italia non possiamo che stigmatizzare la tattica politica del Partito Democratico che ha preteso e insistito per la calendarizzazione con urgenza, prima in Commissione e poi in Aula, di questo disegno di legge. Io ricordo che in Commissione il sottosegretario Ferraresi avete invitato a una particolare cautela sul tema, proprio perché era in procinto l'esame, la ratifica della Convenzione di Nicosia e ricordo che i colleghi del PD, anzi, il capogruppo era stato interpellato e aveva detto: andiamo avanti. È vero anche che si è detto, poi: andiamo avanti, cerchiamo di aggiustare il testo, apportiamo correttivi.

Quindi lì si è passati da una tattica scellerata del Partito Democratico che ha insistito comunque sull'esame del testo, a una tattica (perché di tattiche si parla, perché si parla solo di bandierine), altrettanto scellerata, adottata - ahimè, lo devo dire - dalla relatrice, che è stata assolutamente sorda ad ogni e qualsiasi confronto sul contenuto dei singoli emendamenti, soprattutto portati avanti da Forza Italia nel numero di 25, nonché ad una giustificazione data dal Governo che non ci ha convinti. Non ci ha convinti - lo abbiamo rappresentato anche in Commissione - perché l'attendere i tempi giusti per licenziare un testo normativo adeguato, non può e non deve convincerci mai.

Questo tema, sottosegretario, noi lo riporteremo in Aula domani, perché se il testo va licenziato, non si può fare, come dice il collega Paolini, che intanto lo licenziamo così e poi vediamo. Dice ciò anche il collega Bazoli del PD: poi lo aggiustiamo, lo rapportiamo, lo confrontiamo con quello che è l'esito della Convezione…

Noi abbiamo l'obbligo di licenziare un testo corretto e il testo non è corretto! Il testo che abbiamo all'esame è un testo che ha evidenti lacune. Io non farò un'esegesi del testo normativo, che rimanderò all'Aula ma, sotto il profilo della tecnica normativa, la proposta che abbiamo all'esame è una riforma che è oltremodo sanzionatoria: si palesa per ciò stesso incapace di rispondere ai problemi e bisogni reali di tutela del nostro patrimonio culturale e paesaggistico. Una riforma che è segnata - si è visto, da subito - dalla contraddizione stridente tra quello che era stato annunciato dalla Convenzione di Nicosia, come prima vi ho rappresentato, e quello che poi si è realizzato. Il testo che approderà in Aula domani rappresenta una proposta incompleta e disarticolata, in contrasto con un sistema moderno sul piano delle scelte politiche o criminali, e per nulla innovativo rispetto alle soluzioni di tecnica legislativa.

Vede, Presidente, a lei per l'Aula, quando il collega Bazoli dice che il testo è organico e che non si sono fatti interventi sporadici, in qualche modo picchettando i colleghi del mio gruppo che prima lamentavano la sistematicità, questo non si può nascondere. Noi avevamo un “codice Urbani” del 2004, un “codice Urbani” che prevedeva non solo l'ipotesi contravvenzionale per la tutela di questi reati, ma che rimanda alla stessa definizione, come bene hanno detto i colleghi della maggioranza, di che cosa sia il bene culturale e il bene paesaggistico. Aver voluto traslare la tutela penale dal “codice Urbani” al codice penale è già un problema per l'interprete, che dovrà andare a ricercare le norme. Ma c'è di più, laddove le fattispecie che avete, che abbiamo, che stiamo licenziando (il collega Paolini diceva che sono previste 17 fattispecie) sono 17, con una confusione che è imbarazzante, perché c'è un articolo - se non erro è il 518-novies - che ingloba quattro fattispecie penali, due delitti e due contravvenzioni, punendo, quindi, fatti che hanno un diverso disvalore sociale con la stessa pena. Cioè, il danneggiamento, la distruzione, il deturpamento e l'imbrattamento del bene culturale e paesaggistico per il legislatore, per noi, sono la stessa cosa, quindi li puniamo con la stessa norma. Quindi non si può - ribadisco - dire che lo spirito che ha animato la riforma giustifica un legislatore così poco attento.

Ed ancora, su questa tematica, per esempio dell'accorpamento di fattispecie diverse, noi in Commissione giustizia ci siamo fortemente battuti, noi di Forza Italia, almeno per una divaricazione in maxi-aree delle condotte penalmente illecite. Abbiamo avuto e abbiamo constatato il vuoto assoluto: una relatrice che non ci ha dato risposta, un Governo che si è appiattito sul parere della relatrice, l'imbarazzante silenzio, ancora una volta, della Lega, che è stata assolutamente assente al dibattito dentro la Commissione. Allora, il punto qual è? È che se saremo costretti, Presidente, a trasporre il dibattito della Commissione in Aula, noi ciò faremo e saremo orgogliosi di farlo, ma con una lesione evidente di quello che è il sistema democratico di formazione del consenso, che dovrebbe essere demandato alla Commissione e non all'Aula, perché se domani noi avremo 50 emendamenti che verranno riformulati - 50 piuttosto che 30, piuttosto che 20 - è evidente che ci sarà una compressione del dibattito parlamentare.

Quindi, Forza Italia, nell'esame non solo di questo testo ma di quello sulla class action, di quello che sarà sull'anticorruzione, di quello che sarà sull'abbreviato, ha avuto veramente un atteggiamento costruttivo ma - è giusto dirlo - un atteggiamento che è liberale, democratico e che non potrà mai accettare l'ottica assolutamente punitiva da cui voi partite. Questa è la differenza tra noi e voi, ed è questa la differenza che ci porterà, non solo in Commissione ma anche in Aula, e non solo dal punto di vista della tecnica normativa, quindi sui singoli accorgimenti tecnici, ma sulla sostanza, sul principio, sull'ispirazione delle riforme che attuerete, a contrastarvi fintantoché ne avremo forza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 893-A)

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, lei ha esaurito il tempo a sua disposizione ma la Presidenza le concede un paio di minuti per una breve replica, se ha intenzione di replicare: ha intenzione di replicare? Rinuncia. La ringrazio.

Ha facoltà di replicare la relatrice per la maggioranza, onorevole Palmisano: ha intenzione di replicare, onorevole Palmisano? Prego.

VALENTINA PALMISANO, Relatrice per la maggioranza. Grazie Presidente, giusto in maniera molto sintetica, volevo ribadire quanto già detto dal Governo, ovvero che siamo aperti a rivedere la proposta di legge, rendendola maggiormente completa e compatibile rispetto alla Convenzione di Nicosia, anche ascoltando le istanze dell'opposizione. Quindi non abbiamo compresso il dibattito, ma abbiamo raccolto le istanze dell'opposizione in maniera costruttiva e siamo aperti, appunto, a renderla ancora più compatibile con questa Convenzione a livello internazionale.

La collega prima di me si soffermava, appunto, sulla Convenzione di Nicosia, dicendo che tale Convenzione ha la finalità di consigliare agli Stati di puntare sulla prevenzione rispetto alla tutela del patrimonio culturale e non sull'incriminazione, quindi con la previsione di nuove fattispecie di reato. Io voglio leggere semplicemente l'articolo 1 della Convenzione, che è quello che si intitola “Scopo della convenzione”: “Lo scopo della presente Convenzione è prevenire e combattere la distruzione e il danneggiamento, il traffico di beni culturali, prevedendo la criminalizzazione di determinati atti”. Io non dico che non c'è la prevenzione, però lei non può dire che non c'è la criminalizzazione!

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.

VALENTINA PALMISANO, Relatrice per la maggioranza. “Rafforzare la prevenzione della criminalità e la risposta della giustizia penale a tutti i reati connessi alla proprietà culturale, promuovere la cooperazione nazionale e internazionale nella lotta contro i reati connessi alla proprietà culturale, e quindi proteggere la proprietà culturale. Al fine di garantire l'effettiva attuazione, la presente Convenzione…”. Poi c'è un campo di applicazione. Il campo di applicazione è: prevenzione, indagine e perseguimento dei reati, reati che sono stati tutti previsti dalla proposta di legge a firma Orlando e Franceschini.

Poi volevo dire che, come ha detto il collega prima di me, il sovraffollamento delle carceri - sì - è un problema ed è una questione che hanno ben in mente l'attuale Governo e l'attuale maggioranza, e che verrà tenuto in debita considerazione, ma che non ha nulla a che vedere con la necessaria tutela di un bene così importante, quale appunto quello che costituisce il patrimonio culturale, soprattutto per un Paese come il nostro, per tutto ciò che è stato detto dai colleghi prima di me e meglio di me.

Il rappresentante del Governo a questo proposito accennava anche al fatto che l'importanza della tutela penale in questo ambito sta nel fatto che anche a livello internazionale l'alienazione di beni saccheggiati, illecitamente alienati, nonché i proventi di queste illecite azioni costituiscono la maggiore fonte di finanziamento di organizzazioni criminali a scopo terroristico. Quindi, a livello internazionale, è sentita molto l'esigenza di criminalizzare, stigmatizzare determinati comportamenti.

In ultimo, voglio rassicurare su quanto affermato dal collega Zanettin in merito all'illecita detenzione dei beni culturali prevista dall'articolo 518-sexies, di cui non condivideva la ratio, perché questo articolo è stato soppresso proprio grazie ad un emendamento di Forza Italia e, quindi, non ha più ragione d'essere parlare di questo articolo.

Quindi, ribadisco, appunto, l'apertura da parte nostra a rivedere le pene per meglio inserirle e coordinarle con l'intero sistema penale e prevedere perfino l'inserimento delle pene pecuniarie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Con piacere ancora una volta…

PRESIDENTE. Colleghi, la seduta non è terminata.

CARLO FATUZZO (FI). Con piacere ancora una volta, Presidente Mara Carfagna, devo porre l'esempio di uno sport in cui qualcuno ha ben figurato. Sono lieto di avere, in questo caso, come Presidente l'onorevole Mara Carfagna, perché devo esprimere le lodi non della squadra di calcio maschile, che pure ha vinto ieri un'importante partita, ma di una donna nello sport - lo sport è il tennis - che per la seconda volta ha vinto un torneo internazionale, a Linz, in Austria, sempre ieri nel primo pomeriggio.

Si chiama Camila Giorgi e ha dimostrato, a mio parere, una costanza, una determinazione e un impegno a non scoraggiarsi mai che, secondo me, devono essere di esempio a tutti i giovani in tutta Italia, indipendentemente dal colore politico ovviamente, di come, senza scoraggiarsi mai, si possa arrivare a traguardi quasi impossibili.

Chissà quante volte, in questi ultimi tre anni, Camila Giorgi ha perso centinaia di partite e, tuttavia, non si è mai scoraggiata ed è andata avanti con sacrificio, credendo in se stessa e finalmente ieri ha vinto per la seconda volta. Viva il tennis, viva Camila Giorgi, viva i pensionati, viva il Partito pensionati. Pensionati all'attacco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cattoi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO CATTOI (M5S). Grazie, Presidente. “Nella ricorrenza dell'anniversario della sua fondazione, desidero rivolgere un caloroso saluto alle donne e agli uomini del Corpo forestale dello Stato ed esprimere il più vivo apprezzamento per l'impegno con cui quotidianamente assolvono ai loro compiti. Nella consapevolezza che la tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio ambientale rappresentino un impegno essenziale per lo sviluppo del Paese, rivolgo a tutti gli appartenenti al Corpo forestale dello Stato e ai familiari, che ne condividono i rischi e i sacrifici, le più sentite espressioni di ringraziamento e di augurio”.

Queste, Presidente, sono le parole che molti Presidenti della Repubblica hanno pronunciato per molti decenni in occasione dell'anniversario della fondazione del Corpo forestale dello Stato. Oggi, 15 ottobre 2018, queste stesse parole non potrebbero essere più pronunciate dal Presidente Mattarella, perché il Corpo forestale dello Stato non c'è più.

Smembrato dalla “riforma Madia” in cinque e più parti, è scomparso anche dalla memoria delle amministrazioni che ne hanno assorbito le quote, come in una rottamazione, in una sorta di damnatio memoriae che deve far riflettere il Paese e il mondo politico e sociale sulla dispersione di donne e uomini della Forestale e sul depauperamento delle loro professionalità che la “riforma Madia” ha causato e sulla diminuzione dell'efficacia del sistema di sicurezza ambientale che ne è derivato, in primis nella lotta contro gli incendi boschivi.

Così oggi, in quest'Aula, voglio umilmente ma fermamente, da parlamentare del Movimento 5 Stelle, ossia della forza politica che si è battuta contro lo smembramento e la militarizzazione coatta, nonché da forestale e da collega di tutti i forestali e le forestali d'Italia, esprimere, insieme agli auguri, anche l'auspicio personale e la convinzione di una rinascita della Forestale nel centonovantaseiesimo anniversario della sua fondazione. Viva il Corpo forestale dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Berardini. Ne ha facoltà.

FABIO BERARDINI (M5S). Grazie, Presidente. Il giorno 7 giugno 2016, in occasione della celebrazione annuale della fondazione del Corpo di polizia penitenziaria, il Capo dello Stato ha premiato alcuni dipendenti del Corpo, attualmente in servizio presso il carcere di Teramo, consegnando loro la pergamena per la promozione per merito straordinario, che riportava la seguente motivazione: “Per avere, in numerosi episodi, nel corso degli anni del proprio servizio, tempestivamente soccorso alcune persone detenute impedendo che i tentativi di suicidio posti in essere giungessero fino alle estreme conseguenze, esempio di alto senso di umanità e dovere, coraggio e capacità professionali non comuni”. I dipendenti premiati sono i seguenti: assistente capo Ilario Di Marco; assistente capo Antonio Chiesi; sovrintendente capo Mario Zanda. Tuttavia, alla premiazione sopra citata, a distanza di oltre due anni, non è ancora seguito ad oggi alcun provvedimento formale da parte dell'amministrazione penitenziaria di promozione al grado superiore.

Pertanto, ad oggi, i predetti continuano a fregiarsi della precedente qualifica e a percepire il corrispondente trattamento economico.

Attraverso l'odierno intervento, sollecito i dirigenti responsabili del Dipartimento di amministrazione penitenziaria affinché procedano alla conclusione del procedimento e notifichino ai dipendenti premiati il provvedimento di promozione, al fine di restituire dignità a questi grandi servitori dello Stato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 16 ottobre 2018 - Ore 11:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 15)

2. Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 18 ottobre 2018.

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

GALLINELLA ed altri: Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile. (C. 183-A)

Relatrice: CIMINO.

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

ORLANDO e FRANCESCHINI: Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale (ai sensi dell'articolo 107, comma 1, del Regolamento). (C. 893-A)

Relatori: PALMISANO, per la maggioranza; PITTALIS, di minoranza.

La seduta termina alle 19,20.