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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 45 di lunedì 17 settembre 2018

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 4 settembre 2018.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Cardinale, Castiello, Cirielli, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Barba, Del Re, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Galli, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Micillo, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Raduzzi, Rampelli, Rixi, Ruocco, Scoma, Carlo Sibilia, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valente, Villarosa e Raffaele Volpi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione congiunta dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017 (A.C. 850); Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018 (A.C. 851-A) (ore 15,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge nn. 850 e 851-A: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 13 settembre 2018 (Vedi l'allegato A della seduta del 13 settembre 2018).

(Discussione congiunta sulle linee generali – A.C. 850-851-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Marialuisa Faro.

MARIALUISA FARO (M5S), Relatrice. Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, come è noto il Rendiconto generale dello Stato è lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica, adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria. Ai sensi dell'articolo 36 della legge n. 196 del 2009, il Rendiconto generale dello Stato, articolato per missioni e programmi, è costituito da due parti: il conto del bilancio, che espone l'entità effettiva delle entrate e delle uscite del bilancio dello Stato rispetto alle previsioni approvate dal Parlamento; e il conto del patrimonio, che espone le variazioni intervenute nella consistenza delle attività e passività che costituiscono il patrimonio dello Stato. L'esposizione dettagliata delle risultanze della gestione è fornita dal conto del bilancio, che risulta costituito dal conto consuntivo dell'entrata e, per la parte di spesa, dal conto consuntivo relativo a ciascun Ministero.

Venendo ora al contenuto del disegno di legge di Rendiconto per l'esercizio finanziario 2017, nel suo insieme la gestione di competenza ha fatto conseguire nel 2017 un miglioramento dei saldi rispetto alle previsioni definitive. A raffronto con l'esercizio precedente, invece, i dati di consuntivo evidenziano un peggioramento sia del saldo netto da finanziarie che del ricorso al mercato.

In particolare, il saldo netto da finanziare presenta nel 2017 un valore negativo per 29,1 miliardi di euro, con un peggioramento di circa 18 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2016, dovuto al sensibile aumento delle spese finali e, in particolare, di quelle in conto capitale, nettamente superiore rispetto all'incremento delle entrate finali. Tale saldo è tuttavia risultato migliore delle previsioni definitive, per oltre 24,6 miliardi, che prevedevano un valore negativo di -53,7 miliardi. Si registra, invece, un miglioramento del risparmio pubblico, il quale passa dai 27,8 miliardi di euro registrati nel 2016 ad un valore di 31,6 miliardi, con un miglioramento di circa 3,8 miliardi rispetto al 2016.

Tale situazione si è determinata a causa di una diminuzione delle spese correnti rispetto al complesso delle entrate tributarie ed extra tributarie. Il miglioramento è marcato anche con riferimento alle previsioni definitive ed è pari a circa a 6,9 miliardi. Infine, il dato del ricorso al mercato finanziario si attesta nel 2017 a 271,2 miliardi, evidenziando un aumento rispetto al 2016, dopo un trend in discesa registrato negli ultimi anni. 

Il valore del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato registrati nel 2017 si mantengono comunque al di sotto del limite massimo fissato dalla legge di bilancio per il 2017, tetto inizialmente stabilito in -38.601 milioni e in 293.097 milioni, e poi aumentato a -56.186 milioni per il saldo netto da finanziare e a -310.682 milioni per il ricorso al mercato dal decreto-legge n. 50 del 2017, a seguito degli effetti peggiorativi dovuti agli interventi di sostegno del sistema bancario. Il peggioramento del saldo netto da finanziare di cui si è detto sopra discende da una gestione di competenza 2017 che evidenzia un aumento degli impegni delle spese finali rispetto all'anno precedente nettamente superiore rispetto all'incremento degli accertamenti di entrate finali.

Venendo ora alla gestione dei residui, occorre previamente rammentare che l'andamento dei residui passivi registrato per il 2017 risente del nuovo regime contabile dei residui passivi introdotto dal decreto legislativo n. 93 del 2016, che ha determinato un aumento del termine di conservazione in bilancio dei residui propri, portandolo da due a tre anni per i trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche e per le spese in conto capitale. In sintesi, il conto dei residui al 31 dicembre 2017 espone residui attivi per 204.076 milioni e residui passivi per 137.905 milioni, con un'eccedenza attiva di 66.171 milioni di euro. Come sottolineato nella relazione illustrativa al Rendiconto nel 2017, il fenomeno dei residui continua a rimanere su livelli considerevoli sia dal lato delle entrate che dal lato delle uscite.

Il volume dei residui attivi registra un decremento rispetto all'esercizio precedente di 8.162 milioni, pari a 3,8 in termini percentuali, con un lieve incremento di quelli pregressi e una riduzione di quelli di nuova formazione. I residui passivi evidenziano un incremento di 3.482 milioni, interamente legato all'aumento di quelli di nuova formazione, pari a 70.161 milioni.

Venendo ora alla gestione di cassa, le cui risultanze concorrono alla gestione di competenza e alla gestione dei residui, la stessa è rappresentata per la parte di entrata dagli incassi e per la parte di spesa dai pagamenti in termini di cassa. Come già riscontrato per la gestione di competenza, i saldi registrano un peggioramento rispetto ai risultati dell'esercizio 2016.

Passando in rassegna i saldi della gestione di cassa al lordo delle regolazioni contabili, si osserva che nel 2017 il saldo netto da finanziarie è risultato pari a 62,2 miliardi, con un peggioramento di 20,7 miliardi di euro rispetto al risultato raggiunto l'anno precedente, riportandosi in valore assoluto sui valori registrati nelle annualità dal 2011 in poi. Il risparmio pubblico risulta di -12,4 miliardi di euro, in peggioramento di oltre 3 miliardi rispetto al dato del 2016. Esso indica che i pagamenti per spese correnti hanno superato gli incassi registrati sulle entrate correnti. Il ricorso al mercato si attesta nel 2017 su un valore di -304,1 miliardi di euro, in deciso peggioramento rispetto al 2016, assumendo il valore assoluto più elevato degli ultimi anni. Peraltro, tutti e tre i saldi registrano valori migliori rispetto alle previsioni sia iniziali che definitive.

Per quanto concerne, infine, il conto generale del patrimonio dello Stato, lo stesso, come è noto, costituisce il documento contabile che fornisce annualmente la situazione patrimoniale dello Stato quale risulta alla chiusura dell'esercizio. Secondo quanto dispone l'articolo 36, comma 2, della legge n. 196 del 2016, esso comprende le attività e le passività finanziarie e patrimoniali con le relative variazioni prodottesi durante l'esercizio di riferimento, nonché la dimostrazione dei vari punti di concordanza tra la contabilità del bilancio e quella patrimoniale. Dai risultati generali della gestione patrimoniale 2017 emerge un'eccedenza passiva di circa 1.875 miliardi, con un peggioramento di oltre 77,4 miliardi rispetto alla situazione patrimoniale a fine 2016. Si tratta di un risultato che continua il trend degli ultimi tre anni, considerato che nel 2016 sul 2015 il peggioramento è stato di poco inferiore ai 40 miliardi e nel 2015 sul 2014 pari a -66,8 miliardi.

Esso è dovuto ad un incremento delle passività e alla diminuzione delle attività. Il risultato denota una situazione patrimoniale in peggioramento rispetto al 2016 e riconferma gli andamenti negativi registrati negli anni dal 2004 in poi.

Il totale delle attività ammonta a circa 947,8 miliardi, di cui: 636,5 miliardi di attività finanziarie, in netta diminuzione rispetto al 2016; 307 miliardi di attività non finanziarie prodotte, che comprendono beni materiali e immateriali prodotti, materie prime e prodotti intermedi, prodotti finiti, oggetti di valore e d'arte, sostanzialmente stabili rispetto al 2016; 4,2 miliardi di attività non finanziarie e non prodotte, che comprendono i beni materiali non prodotti, ossia terreni, giacimenti e risorse biologiche non coltivate.

Il totale delle passività ammonta a 2.823 miliardi, e si riferisce interamente a passività di natura finanziaria; rispetto alla chiusura dell'esercizio 2016, l'entità delle passività finanziarie ha registrato un incremento di 38,2 miliardi di euro. Tale ultimo dato è connesso ad un peggioramento sia della situazione debitoria a medio-lungo termine dello Stato per 26,8 miliardi di euro, che della situazione debitoria a breve termine, nell'ambito della quale incrementano sia i residui passivi, per circa 3,5 miliardi di euro, che i debiti di tesoreria.

Per quanto riguarda il disegno di legge di assestamento, esso ha la funzione di consentire a metà esercizio un aggiornamento degli stanziamenti del bilancio, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertata in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto al 31 dicembre precedente. Con il disegno di assestamento, le previsioni di bilancio formulate a legislazione vigente sono adeguate in relazione, per quanto riguarda le entrate, all'eventuale revisione delle stime del gettito, e per quanto riguarda le spese aventi carattere discrezionale, ad esigenze sopravvenute. Invece, per quanto riguarda la determinazione delle autorizzazioni di pagamento in termini di cassa, alla consistenza dei residui accertati in sede di rendiconto dell'esercizio precedente.

Per quanto riguarda il contenuto delle singole disposizioni, l'articolo 1 dispone l'approvazione delle variazioni alle previsioni del bilancio dello Stato per il 2018 indicate nelle annesse tabelle, riferite allo stato di previsione dell'entrata, agli stati di previsione della spesa dei ministeri e ai bilanci delle amministrazioni autonome. Il disegno di legge reca infatti, sia per lo stato di previsione dell'entrata, che per ciascuno degli stati di previsione dei Ministeri di spesa, le proposte di variazione degli stanziamenti di bilancio, in termini di competenza e di cassa, che costituiscono oggetto di approvazione da parte del Parlamento. In allegato al disegno di legge è evidenziata ai fini conoscitivi l'evoluzione in termini di competenza e di cassa delle singole poste di bilancio, per effetto sia delle variazioni apportate in forza di atti amministrativi fino al 31 maggio, sia delle variazioni proposte con il disegno di legge di assestamento. Per ciascuna unità di voto si indicano inoltre le variazioni che si registrano nella consistenza dei residui, in linea con le risultanze definitive esposte nel rendiconto dell'esercizio precedente.

L'articolo 2, comma 1, innalza di 2 miliardi di euro per il 2018 il limite degli impegni per le garanzie di durata superiore a 24 mesi assumibili dai servizi assicurativi del commercio estero; a tal fine, novella l'articolo 3, comma 3, della legge di bilancio 2018. Il comma 2 novella il comma 5 dell'articolo 3 nella legge di bilancio, recante la quantificazione degli importi dei fondi inseriti nel programma “Fondi di riserva e speciali”, nell'ambito della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per l'anno finanziario 2018. Si propone in particolare la riduzione di 300 milioni della dotazione del Fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di cassa, portando a 7 miliardi di euro la dotazione assestata del Fondo per il 2018.

L'articolo 3 novella l'articolo 9, comma 3, della legge di bilancio 2018, al fine di introdurre l'esatta denominazione del programma all'interno del quale sono allocate le somme attribuite al Fondo dedicato alla ridotazione di risorse per eventuali deficienze nei capitoli relativi all'amministrazione della pubblica sicurezza. La denominazione qui proposta è “Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica”.

L'articolo 4 reca due novelle all'articolo 18 della legge di bilancio, contenente “disposizioni diverse” aventi per lo più a carattere gestionale.

Venendo all'analisi dei risultati finanziari determinati dal disegno di legge di assestamento, la relazione allo stesso evidenzia, in termini di competenza, un miglioramento del saldo netto da finanziare, rispetto alle previsioni iniziali di bilancio, che si attesta ad un valore di meno 43,8 miliardi rispetto ad una previsione di meno 45. Il miglioramento di circa 1,2 miliardi del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali, è dovuto essenzialmente all'effetto positivo di 2,45 miliardi di euro derivante dalle variazioni proposte con il disegno di assestamento in esame, compensato per meno 1,2 miliardi dalle variazioni per atto amministrativo. Il miglioramento del saldo netto da finanziare che si determina nelle previsioni assestate in termini di competenza rispetto alle previsioni iniziali, è dovuto ad un decremento delle spese finali per 2,2 miliardi di euro, parzialmente compensato da una riduzione delle entrate finali di quasi 1 miliardo di euro.

Per quanto riguarda le variazioni per atto amministrativo, esse determinano un peggioramento del saldo netto da finanziare di 1,2 miliardi in termini di competenza derivante da un incremento delle spese finali.

Per quanto concerne gli altri saldi, il risparmio pubblico registra un miglioramento rispetto alla previsione iniziale, attestandosi a 3,7 miliardi. I dati relativi al ricorso del mercato evidenziano un impatto positivo sul saldo per complessivi 4,8 miliardi, passando da circa meno 272,9 miliardi di euro a circa meno 268,1 miliardi. Con riguardo alle proposte di variazione formulate con il disegno di legge di assestamento, le stesse vanno distinte tra quelle concernenti le entrate e quelle relative alle spese. Per le entrate finali il disegno di legge reca una proposta di riduzione per 1.120 milioni di euro; di questi, secondo le informazioni fornite nella relazione illustrativa al disegno di legge di assestamento, 3.551 milioni di euro riguardano la riduzione delle entrate tributarie determinata prevalentemente dall'adeguamento della stima al quadro più aggiornato del DEF 2018; 2.655 milioni di euro si riferiscono invece all'incremento delle entrate extra-tributarie, spiegato in larga parte dai maggiori utili di gestione della Banca d'Italia già versati allo Stato per l'importo complessivo di 3.365 milioni, di cui 1.356 milioni quali maggiori entrate rispetto alle previsioni del DEF. Ulteriori 785 milioni di euro riguardano le maggiori entrate per i dividendi, che saranno versati dalle società pubbliche; 225 milioni di euro riguardano le entrate da alienazioni, ammortamento e riscossioni di crediti, che registrano una contrazione interamente imputabile ad un allineamento delle previsioni del DEF, in particolare con riferimento al riversamento al bilancio da parte della Cassa depositi e prestiti Spa della quota capitale dei mutui dalla stessa concessi agli enti locali e trasferita al Ministero dell'economia e delle finanze in attuazione del decreto-legge n. 269 del 2003.

Per quanto concerne le entrate tributarie, la relazione illustrativa al disegno di legge di assestamento evidenza che la variazione è prevalentemente concentrata sulle imposte indirette, in riduzione per 6.144 milioni, contenuta solo parzialmente dall'aumento delle imposte dirette per 2.593 milioni. In particolare, modifiche di rilievo si segnalano relativamente al gettito Irpef, al gettito Ires, alle imposte sostitutive previste dall'articolo 3 della legge n. 662 del 1996 e all'imposta sul valore aggiunto.

Per quanto concerne le spese finali, le variazioni proposte dal provvedimento determinano una riduzione di 3.570 milioni di euro. Tale riduzione interessa esclusivamente le spese correnti, che diminuiscono di 4.210 milioni di euro, nel cui ambito si registra una significativa proposta di diminuzione di quelle per interessi, legata per 2.271 milioni alle minori esigenze relative al pagamento di interessi sui titoli pubblici, nonché per 900 milioni alle minori esigenze per gli interessi sui conti correnti di tesoreria. La spesa in conto capitale registra invece un incremento di 640 milioni. Le proposte di riduzione della spesa corrente primaria sono connesse principalmente alle seguenti categorie economiche di spesa: riduzione dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, dovuta in particolare alla riduzione di quelle alle regioni, e dei trasferimenti correnti agli enti di previdenza; e diminuzione di 900 milioni di euro delle risorse proprie dell'Unione europea, in relazione all'adeguamento delle esigenze per il finanziamento dell'Unione a titolo di risorse proprie basate sul reddito nazionale lordo e sull'IVA, e a titolo di risorse proprie tradizionali. Tali riduzioni sono parzialmente compensate dall'incremento di altre categorie di spesa, quali i consumi intermedi, altre uscite correnti, in aumento di 890 milioni principalmente per l'incremento delle somme destinate al ripiano dei debiti pregressi, trasferimenti alle famiglie. Per quanto concerne le proposte di aumento per le spese in conto capitale, si segnalano l'aumento dei contributi agli investimenti e alle amministrazioni locali, attribuibili soprattutto alle somme destinate alla ricostruzione dei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016, l'aumento dei contributi agli investimenti e ad imprese, all'interno dei quali aumenta il conferimento al Fondo di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo gestito dalla Simest Spa e vengono adeguati gli stanziamenti relativi al Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, in funzione dell'aliquota percentuale delle entrate acquisite nell'anno 2017 sui settori economici inerenti lo spettacolo.

In termini di cassa, il disegno di legge di assestamento per il 2018 determina complessivamente un peggioramento del saldo netto da finanziare di 1.162 milioni di euro e del saldo primario di 3.325 milioni di euro, mentre comporta un miglioramento del risparmio pubblico e del ricorso al mercato.

In particolare, il saldo netto da finanziare si attesta a meno 104,6 miliardi, con un peggioramento di 1,2 miliardi, rispetto alla previsione di bilancio, dovuti quasi interamente alla variazione per atto amministrativo che, come per la competenza, incidono negativamente per 1,2 miliardi sul SNF.

Le proposte di assestamento lasciano, invece, sostanzialmente stabile l'SNF, per effetto della compensazione delle minori entrate finali e le minori spese finali; per la competenza, invece, la riduzione delle spese finali è solo parzialmente compensata dalla riduzione delle entrate finali. Pertanto, le proposte di assestamento determinano un miglioramento del saldo netto di quasi 2,5 miliardi.

La relazione illustrativa osserva che per le dotazioni di cassa, le proposte di assestamento considerano, oltre alle variazioni proposte agli stanziamenti di competenza e le esigenze legate all'operatività delle amministrazioni, anche la consistenza effettiva dei residui passivi accertata nel rendiconto rispetto a quella presunta in sede di disegno di legge di bilancio. Quest'ultima, infatti, può risultare differente da quella presunta al momento della formazione della previsione della legge di bilancio, poiché tale stima è formulata con riferimento a un esercizio non ancora concluso.

Per quanto concerne gli altri saldi, il ricorso al mercato aumenta di 2,1 miliardi di euro rispetto al bilancio di previsione, raggiungendo un valore pari a 329,2 miliardi.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

MARIALUISA FARO, Relatrice. Se mi permette, Presidente, visto che, purtroppo, la relazione è abbastanza lunga, andrei direttamente a quanto concerne l'esame in sede referente svoltosi nel mese di luglio.

Ricordo che la V Commissione (Bilancio) ha approvato due soli emendamenti, i quali hanno riguardato stati di previsioni della spesa; l'emendamento Tab 2.3 ha trasferito le risorse finanziarie iscritte nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, pari a 500.000 euro, al Ministero dell'economia e delle finanze per una più pertinente allocazione della spesa, al fine di consentire il completamento delle procedure di assegnazione dei fondi destinati in favore del Milan center for Food Law and Policy, autorizzati per l'anno 2018 dalla legge di bilancio per il 2018.

Il secondo emendamento, quindi, l'ultimo, è il Tab 13.1, presentato dal Governo è volto a sostenere nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo le attività dello spettacolo dal vivo e a favorire l'interazione con l'offerta culturale turistica ed educativa e comporta un onere pari a 10 milioni di euro.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

MARIALUISA FARO, Relatrice. In conclusione, esprimo un giudizio favorevole sui provvedimenti in esame di cui auspico una tempestiva approvazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha già fatto sapere che si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Quindi, continuiamo con la discussione generale.

È iscritto a parlare l'onorevole Angiola. Ne ha facoltà.

NUNZIO ANGIOLA (M5S). Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il rendiconto generale dello Stato è lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura dell'esercizio finanziario, adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati e della gestione finanziaria.

La disciplina del rendiconto è dettata dall'articolo 35 della legge di contabilità, cioè dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196. Tale articolo, cioè l'articolo 35, dispone che il rendiconto relativo al 31 dicembre dell'anno precedente sia presentato entro il successivo mese di giugno dal Ministero dell'economia e delle finanze alle Camere, con apposito disegno di legge, dopo essere stato preventivamente sottoposto alla Corte dei conti per il giudizio di parificazione. La Corte produce un'apposita relazione al riguardo. Il rendiconto generale dello Stato è costituito da due distinte parti, il conto del bilancio e il conto del patrimonio.

Il conto del bilancio comprende le entrate di competenza dell'anno accertate, versate e rimaste da versare, le spese di competenza dell'anno impegnate, pagate o rimaste da pagare, la gestione dei residui attivi e passivi degli esercizi anteriori, le somme versate in tesoreria e quelle pagate per ciascuna unità elementare di bilancio ai fini della gestione della rendicontazione, il conto totale dei residui attivi e passivi che si tramandano all'esercizio successivo.

Il conto generale del patrimonio, invece, comprende diverse parti, le attività e le passività finanziarie e patrimoniali con le variazioni derivanti dalla gestione del bilancio e da quelle verificatesi per qualsiasi altra causa, la dimostrazione dei vari punti di concordanza tra la contabilità del bilancio e quella patrimoniale. Il conto generale del patrimonio è corredato dal conto del dare ed avere relativo al servizio di tesoreria statale, con allegati il movimento generale di cassa, la situazione del tesoro e la situazione dei debiti e crediti di tesoreria.

Ma veniamo al conto del bilancio; questo espone l'entità effettiva delle entrate e delle spese del bilancio dello Stato rispetto alle previsioni approvate dal Parlamento. È costituito dal conto consuntivo dell'entrata e, per la parte di spesa, dal conto consuntivo relativo a ciascun Ministero, secondo l'articolazione per missioni e programmi.

Il rendiconto 2017 presenta, altresì, l'articolazione dei programmi di spesa in azioni introdotte per la prima volta nel bilancio di previsione dell'esercizio finanziario 2017, le quali, peraltro, essendo attualmente adottate in via sperimentale, rivestono carattere meramente conoscitivo. In appendice al conto del bilancio i dati di consuntivo della spesa sono classificati con riferimento a ciascun Ministero, anche in relazione all'analisi economica. Al rendiconto è allegata, per ciascuna amministrazione, una nota integrativa.

Il rendiconto generale dello Stato è, inoltre, corredato del rendiconto economico, dell'ecorendiconto dello Stato, ossia di una relazione illustrativa allegata alla relazione al conto del bilancio, delle risorse impiegate per finalità di protezione dell'ambiente e di uso e gestione delle risorse naturali.

Soffermiamoci sul contenuto del rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2017. Il rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per il 2017, parificato dalla Corte dei conti nell'udienza a sezioni riunite tenutasi il 26 giugno 2018, prende atto dei risultati conseguiti nel decorso esercizio. Tale provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri del 27 giugno 2018, è presentato alle Camere nelle sue componenti del conto del bilancio e del conto del patrimonio, come detto in precedenza.

Per quanto concerne il conto del bilancio, le entrate tributarie, extra tributarie, per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e per accensione di prestiti, accertate nell'esercizio finanziario 2017, sono pari a 864.583,9 milioni di euro, le spese correnti in conto capitale per rimborso di passività finanziarie impegnate nell'esercizio 2017 sono pari a 854.142,8 milioni di euro. I residui attivi al 31 dicembre 2016 sono pari a 212.238 milioni di euro, quelli passivi a 134.423,2 milioni di euro. I residui attivi al 31 dicembre 2017 ammontano a 204.075,8 milioni di euro, quelli passivi a 137.905,5 milioni di euro.

La differenza tra il totale di tutte le entrate accertate e il totale di tutte le spese impegnate evidenzia un avanzo di competenza di 10.441,1 milioni di euro. La situazione finanziaria del conto del Tesoro evidenzia, al 31 dicembre 2017, un disavanzo di 206.535,1 milioni di euro.

Per quanto riguarda il conto generale del patrimonio - e questo è un aspetto molto interessante - dalla situazione patrimoniale dello Stato al 31 dicembre 2017 risulta un'attività per un totale di circa 947,8 miliardi di euro, mentre risultano anche passività per un totale ben superiore, di circa 2.823,2 miliardi di euro, con un'eccedenza passiva, al 31 dicembre 2017, di 1.875,4 miliardi.

Con riguardo ai saldi di finanza pubblica, i dati riferiti all'esercizio precedente, resi noti dall'Istat, attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2017 pari, in valore assoluto, a meno 39.691 milioni di euro, corrispondenti al 2,3 per cento del prodotto interno lordo.

Al netto degli interventi sul settore bancario, l'indebitamento netto per il 2017 è pari, in valore assoluto, a meno 33.184 miliardi che corrispondono all'1,9 per cento del Prodotto interno lordo. Il dato indica un miglioramento rispetto all'anno 2016, quando l'indebitamento è risultato pari a 41.638 milioni, il 2,5 per cento del PIL. Hanno contribuito a tale miglioramento sia un incremento del saldo primario, 1,1 miliardi, sia una riduzione della spesa per interessi, 0,8 miliardi. In termini relativi, il saldo primario è rimasto, invece, costante all'1,5 per cento del prodotto interno lordo in entrambi gli esercizi, mentre la spesa per interessi è diminuita dal 4 per cento al 3,8 per cento del prodotto intorno lordo del 2017.

Il saldo di parte corrente è stato positivo, pari a 22,177 miliardi a fronte dei 9,076 miliardi del 2016. Tale miglioramento è il risultato di un aumento delle entrate correnti di circa il 14,1 miliardi, a fronte di un incremento delle uscite correnti di circa 2 miliardi.

La pressione fiscale si riduce dal 42,7 per cento del 2016 al 42,5 per cento del 2017. Tuttavia, ci sono anche degli aspetti negativi e sono piuttosto rilevanti. Per quanto riguarda il debito pubblico, nel 2017 era pari a 2.263.056 milioni di euro, 131,8 per cento del PIL, in aumento di 43.510 milioni di euro rispetto ai 2.219.546 milioni del 2016. Si tratta del secondo anno consecutivo di riduzione del rapporto debito-PIL, con una stabile inversione di tendenza rispetto alla ripida crescita verificatesi nel periodo 2008-2013, durante il quale il debito è passato dal 99,8 per cento al 129 per cento del prodotto interno lordo, con un incremento sensibile in tutti questi anni.

La gestione di competenza ha fatto conseguire nel 2017 complessivamente un miglioramento dei saldi rispetto alle previsioni definitive. A raffronto con l'esercizio precedente, invece, i dati di consuntivo evidenziano un peggioramento, sia del saldo netto da finanziare, che del ricorso al mercato. Il saldo netto da finanziare, dato dalla differenza tra entrate finali e spese finali, presenta nel 2017 un valore negativo per 29,1 miliardi di euro, l'1,7 per cento del PIL, con un peggioramento di circa 18 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2016, -11,1 miliardi, dovuti al sensibile aumento delle spese finali ed in particolare di quelle in conto capitale, oltre 20 miliardi di euro. Tale saldo, tuttavia, è il risultato migliore delle previsioni definitive, che si attestavano sui -53,7 miliardi di euro. Si registra, invece, un miglioramento del risparmio pubblico, il quale passa dai 27,8 miliardi di euro registrati nel 2016 ad un valore di 31,6 miliardi di euro.

Infine, il dato del ricorso al mercato finanziario, differenza tra le entrate finali e il totale delle spese, incluse quelle relative al rimborso dei prestiti, si attesta nel 2017 a 271,2 miliardi di euro, con un'incidenza sul PIL del 15,8 per cento, evidenziando - questo è il ricorso al mercato finanziario - un aumento rispetto al 2016, 207,1 miliardi di euro, dopo un trend in discesa registrato negli ultimi anni. Il valore del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato registrati nel 2017 si mantengono, comunque, al di sotto del limite massimo fissato dalla legge di bilancio per il 2017.

I saldi della gestione di cassa registrano un peggioramento rispetto ai risultati dell'esercizio 2016; nell'esercizio 2017 il saldo netto da finanziare è risultato pari a 62,2 miliardi, con un peggioramento di 20,7 miliardi di euro rispetto al risultato raggiunto l'anno precedente, quando era meno 41,5 miliardi di euro.

Il risparmio pubblico risulta di meno 12,4 miliardi di euro, in peggioramento di oltre 3 miliardi rispetto al dato del 2016, in quanto i pagamenti per le spese correnti hanno superato gli incassi registrati sulle entrate correnti. Il ricorso al mercato si attesta nel 2017 almeno a 304 miliardi di euro, in deciso peggioramento di oltre 63 miliardi di euro rispetto al 2016, assumendo il valore assoluto più elevato degli ultimi anni; nel 2015 era, infatti, di 300,9 miliardi, nel 2014 di 286,4 miliardi ed infine nel 2013 di 248 miliardi. I tre saldi registrano valori migliori rispetto alle previsioni, però il trend è negativo.

Vediamo il tema dei controlli dalla Corte dei conti, attraverso il giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2017. Nella decisione sul giudizio di parificazione del rendiconto dello stato, la Corte dei conti ha formulato specifici rilievi. Vediamo di che si tratta.

Sul versante delle entrate, la Corte ha confermato i rilievi critici già emersi negli scorsi esercizi, dal momento che sono state riscontrate anomalie e incongruenze nelle contabilità delle amministrazioni, costituite essenzialmente dalla rilevazione di capitoli che presentano valori negativi, addirittura nel “da riscuotere” somme accertate e non riscosse e nel “da versare” somme riscosse e non versate, sia del conto competenze, che del conto residui. Sono emerse incongruenze inerenti alla registrazione di minori entrate di competenza e di cassa, rispetto sia alle previsioni iniziali, sia alle previsioni definitive; l'analisi pone nuovamente in luce la sovrastima delle previsioni di bilancio per capitoli e articoli nei quali si riscontra la criticità. Sono emerse incongruenze contabili all'interno dello stesso rendiconto delle entrate, essendo stati riportati, aggregati in ordine d'importo per titoli, per tipologia e per capitoli, i riaccertamenti e le insussistenze effettuate.

Si tratta di sopravvenienze passive o attive, dovute alla non corrispondenza fra l'importo dei residui contabilizzati al 31 dicembre 2017 e quello calcolabile, tenuto conto, in maniera analitica, delle variazioni verificatesi a seguito dalla gestione dell'anno, sottraendo, come previsto dai residui iniziali, i versamenti in conto residui e poi aggiungendo i residui di competenza. È emersa la mancata esplicitazione delle componenti della riscossione e del versamento residui, ovvero la mancata evidenziazione delle riscossioni in conto residui, operate nell'esercizio di riferimento e che si trovano, invece, accumulate con quelle operate in esercizi precedenti e rimaste da versare, incidendo negativamente sulla trasparenza di bilancio.

Sono stati riscontrati valori negativi per capitoli e articoli, versamenti netti sui residui, che indicano che non è stato versato neppure ciò che restava da versare in totale nell'esercizio precedente; non è ancora possibile, quindi, monitorare negli anni l'andamento reale dei resti da versare, perché i dati dovrebbero poter essere rilevati contabilmente attraverso operazioni idonee ad individuare direttamente gli importi che vengono versati a valere sulle somme che erano rimaste da versare e gli importi che vengono versati a seguito delle riscossioni operate nell'anno sui resti iniziali da riscuotere.

Sono state evidenziate anche altre anomalie nell'ambito dalla costruzione del rendiconto delle entrate, in particolare le discordanze delle somme rimaste da versare, indicate nella voce “altri capitoli”, riconducibili alle amministrazioni diverse dal Ministero dell'economia e delle finanze, e quelle relative alla regione, nonché le poste riferite ai capitoli dichiarati non regolari nel “da versare competenza” e nel “da versare residui”, per discordanze rilevate con i dati dei conti periodici.

Le risultanze gestionali riportate nella Nota integrativa al rendiconto 2017 mostrano maggiori entrate di competenza (+0,8 per cento) e minori entrate di cassa (-0,3 per cento). Dall'analisi dettagliata, svolta a livello di unità elementare di bilancio, tuttavia, la Corte dei conti evidenzia un cospicuo numero di capitoli e articoli per i quali gli accertamenti sono inferiori alle previsioni, sia iniziali che definitive, tanto per la competenza che per la cassa. Sul versante della spesa, la Corte dei conti ha riscontrato l'esistenza di eccedenze di spesa rispetto alle previsioni definitive di competenza, alla consistenza dei residui e alle autorizzazioni definitive di cassa per i capitoli indicati nell'allegato 5, lettera a), della decisione. La Corte ha anche riscontrato che non risultano non pervenuti o non ammessi a registrazione per riscontrate irregolarità o non registrati dalla Corte perché non si è ancora concluso il procedimento di controllo ai fini del mantenimento in bilancio delle relative poste in conto residui, i decreti di accertamento dei residui relativi ai capitoli di cui all'allegato 6, lettera b), della decisione.

La Corte ha anche constatato l'esistenza di poste scritte nell'elenco degli accantonamenti slittati, in difformità a quanto stabilito dall'articolo 18, comma 3, della legge di contabilità.

In sede consultiva tutte le Commissioni assegnatarie hanno approvato le relazioni di rispettiva competenza sul rendiconto generale dello Stato per l'anno finanziario 2017, esprimendo parere favorevole, tranne la Commissione XI, che ha espresso parere favorevole con due osservazioni: valutare l'esigenza, alla luce di quanto più volte rilevato dalla Corte dei conti sulla gestione delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, di revisionare tale gestione sia dal punto di vista del dimensionamento, sia dal punto di vista della ripartizione, sulla base di una giornata di valutazione delle necessità dei diversi interventi risalenti nel tempo e di una giornata a quantificazione delle risorse necessarie. In secondo luogo,, la Commissione XI ha osservato che occorre valutare la necessità di incrementare, in sede di legge di bilancio 2019, le risorse necessarie a interventi previdenziali e strutturali.

Veniamo ora al disegno di legge per l'assestamento del bilancio dello Stato. L'assestamento del bilancio dello Stato è previsto per consentire un aggiornamento, a metà esercizio, degli stanziamenti del bilancio, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertata in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto al 31 dicembre precedente.

La disciplina della legge di assestamento di bilancio è contenuta nell'articolo 33 della legge di contabilità che dispone che, entro il mese di giugno di ciascun anno, il Ministro dell'Economia e delle finanze presenti un disegno di legge ai fini dell'assestamento delle previsioni di bilancio formulate a legislazione vigente, provvedendo alle variazioni di bilancio occorrenti per l'applicazione dei provvedimenti legislativi pubblicati successivamente alla presentazione del bilancio di previsione, indicando, per ciascuna unità elementare di bilancio, ai fini della gestione della rendicontazione, le dotazioni sia di competenza sia di cassa.

Il disegno di legge di assestamento del bilancio per l'esercizio 2018 riflette la struttura del bilancio dello Stato organizzato, secondo la legge di contabilità, in missioni e programmi che costituiscono, a decorrere dal 2011, le unità di voto. In virtù della cosiddetta “flessibilità di bilancio”, ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge di contabilità, in sede di assestamento possono essere modificati gli stanziamenti di spese predeterminate per legge, fermo restando il divieto di utilizzare stanziamenti in conto capitale ovviamente per finanziare spese correnti. I margini di flessibilità in sede di assestamento sono stati ampliati con le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 90 del 2016 e dall'articolo 5 della legge n. 163 del 2016 di riforma della legge di contabilità, che ha riformulato il comma 3 dell'articolo 33 della legge di contabilità, prevedendo la possibilità che, con il disegno di legge di assestamento, possano essere proposte variazioni compensative fra le dotazioni finanziarie previste a legislazione vigente limitatamente all'anno in corso anche tra unità di voto diverse, fermo restando, anche in assestamento, la preclusione all'utilizzo degli stanziamenti in conto capitale per finanziare spese correnti. Ai sensi del comma 4-septies del citato articolo 33, il disegno di legge di assestamento è corredato di una relazione tecnica in cui si dà conto della coerenza del valore del saldo netto da finanziare o da impiegare con gli obiettivi programmatici del Documento di economia e finanza.

Veniamo al contenuto del disegno di legge di assestamento per l'anno 2018. Il disegno di legge di assestamento per l'anno 2018 contiene, per lo stato di previsione dell'entrata e per gli stati di previsione della spesa, le variazioni degli stanziamenti di competenza e di cassa con riferimento ai programmi quali unità di voto. In particolare, nel provvedimento si evidenziano le variazioni introdotte in bilancio nel periodo gennaio-maggio 2018 tramite atti amministrativi; in secondo luogo, le variazioni registrate nella consistenza dei residui, in linea con le risultanze definitive esposte nel rendiconto dell'esercizio 2017 e, infine, le variazioni proposte con il presente disegno di legge. Per quanto concerne le variazioni per atto amministrativo, ossia quelle introdotte in bilancio nel periodo gennaio-maggio dell'anno in corso, esse derivano dalla riassegnazione alla spesa di somme affluite in entrata nell'ultimo bimestre 2017, dalle riassegnazioni alla spesa di somme affluite in entrata nel 2018, dagli effetti delle disposizioni adottate con provvedimenti legislativi, dal riparto dei fondi di spesa per le spese obbligatorie, per le spese impreviste, per le autorizzazioni di cassa nonché dei fondi per la reiscrizione dei residui passivi perenti e di altri fondi da ripartire; infine, da altre variazioni apportate in corso d'esercizio, in considerazione dei margini di flessibilità previsti dalla legge di contabilità e di altri atti amministrativi disposti in applicazione ai provvedimenti normativi precedenti.

Tali variazioni determinano complessivamente un temporaneo aumento del saldo netto da finanziare nella misura di 1.200 milioni di euro, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, determinato principalmente dalla riassegnazione di entrate versate al bilancio nell'ultimo bimestre del 2017 e connesse quasi interamente al versamento all'entrata delle somme relative alle competenze accessorie del personale statale riassegnate nel 2018, ai sensi della normativa, sul cedolino unico. Tale incremento del saldo sarà riassorbito negli ultimi mesi dell'esercizio in corso, quando saranno disposti i versamenti all'entrata delle competenze accessorie non erogate nel corso dell'esercizio 2018, ai sensi della medesima normativa sul cedolino unico.

Con riferimento alle entrate, si registra un incremento di 148 milioni di euro dovuto soprattutto ad un aumento delle entrate extra-tributarie per 217 milioni di euro, per il versamento all'entrata di rimborsi, contributi e proventi di servizi pubblici, compensato da una diminuzione delle entrate tributarie per 69 milioni di euro.

Con riferimento alle spese, le variazioni per atto amministrativo determinano un aumento degli stanziamenti finali di bilancio nella misura di 1.348 milioni di euro, sia in termini di competenza sia di cassa. Per quanto concerne le spese correnti, che registrano un aumento di 1.204 milioni di euro per la competenza e di 743 per la cassa, tra le variazioni in aumento va evidenziato l'incremento della spesa per redditi da lavoro dipendente, dovuto alle riassegnazioni delle somme relative alle competenze accessorie del personale versate all'entrata del bilancio statale alla fine del 2017, nonché l'incremento dei trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche, sul quale incide, in misura rilevante, il prelevamento di risorse dal Fondo per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente, il riparto del Fondo per le consultazioni elettorali, per 160 milioni di euro, e in termini di sola cassa il riparto del Fondo corrispondente a quota parte dell'importo del 5 per mille del gettito dell'Irpef, per 158 milioni, e del Fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di cassa, per 645 milioni.

Relativamente ai consumi intermedi - 791 milioni di euro in termini di competenza e 962 milioni in termini di cassa - le principali variazioni derivano dalle riassegnazioni di somme versate all'entrata pari a 121 milioni di euro, di cui 78 milioni destinati all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per il rimborso delle spese connesse alla produzione e alla spedizione dei permessi di soggiorno e dei passaporti elettronici, dal riparto del Fondo per le missioni di pace, 474 milioni, dal Fondo per le elezioni, 88 milioni di euro, dal Fondo per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente, 68 milioni, e, in termini di sola cassa, dal Fondo di riserva per integrazione delle autorizzazioni di cassa. I trasferimenti a famiglie e istituzioni sociali private registrano un incremento di 128 milioni di euro in termini di competenza e 486 milioni di euro in termini di cassa. I trasferimenti correnti alle imprese sono pari a 112 milioni per competenza e a 1.103 milioni per cassa, mentre i trasferimenti correnti all'estero sono pari a 250 milioni di euro per competenza e a 253 milioni di euro per cassa.

Nell'ambito della spesa in conto capitale - più 145 milioni di euro in termini di competenza e 605 milioni di euro in termini di cassa - si registra un incremento della spesa per i contributi agli investimenti alle amministrazioni pubbliche, per i contributi agli investimenti alle imprese e gli investimenti fissi lordi. Tali incrementi sono parzialmente compensati da minori trasferimenti in conto capitale,

Per quanto riguarda le variazioni proposte con il disegno di legge di assestamento che oggi stiamo presentando per l'anno 2018, nel complesso riflettono in larga parte l'adeguamento degli stanziamenti di bilancio alle stime già formulate con il Documento di economia e finanza 2018. Per altra parte, le maggiori spese trovano corrispondente compensazione in un aumento delle entrate o nella riduzione di altre voci di spesa. Le variazioni che si propongono di apportare con il provvedimento in esame determinano un miglioramento del saldo netto da finanziare pari a 2.450 milioni di euro in termini di competenza e a 38 milioni di euro in termini di cassa. Il miglioramento del saldo in termini di competenza deriva da un decremento delle spese finali parzialmente compensato da una riduzione delle entrate finali. Le entrate finali registrano una diminuzione di 1.121 milioni di euro per la competenza e di 1.139 milioni di euro per la cassa. Tale riduzione è dovuta ad una diminuzione di 3.551 milioni di euro delle entrate tributarie, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, determinata prevalentemente dall'adeguamento della stima al quadro più aggiornato del DEF 2018, all'incremento di 2.655 milioni di euro per competenza e 2.636 milioni di euro per cassa delle entrate extra-tributarie, dovute in larga parte ai maggiori utili di gestione della Banca d'Italia per 1.865 milioni, e ai maggiori dividendi rispetto alle previsioni iniziali delle società pubbliche, valutati in 785 milioni, alla riduzione di entrate da alienazione, ammortamento e riscossione di crediti di 225 milioni, sia per cassa sia per competenza, interamente imputabile ad un allineamento alle previsioni del DEF.

Per quanto concerne le spese finali, le proposte di assestamento determinano complessivamente una riduzione netta degli stanziamenti di 3.370 milioni di euro per la competenza e di 1.178 milioni per la cassa. La spesa corrente si riduce di 4.210 milioni in termini di competenza e di 1.934 milioni in termini di cassa. La spesa in conto capitale aumenta di 640 milioni di euro in termini di competenza e di 757 milioni in termini di cassa.

Con il disegno di legge di assestamento per il 2018 sono stati aggiornati i residui attivi, sulla base delle risultanze emerse al 31 dicembre 2017, a seguito della gestione conclusasi per effetto delle variazioni, in aumento o in diminuzione, e degli incassi registrati in corso d'anno.

Concorrono, altresì, all'aggiornamento anche i residui di nuova formazione di competenza della gestione 2017.

Le previsioni assestate determinano: per le entrate tributarie un ammontare di residui pari a 103.390 milioni di euro; per le entrate extra-tributarie un ammontare di residui pari a 100.073 milioni di euro; per le entrate derivanti da alienazione o ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti un ammontare di residui pari a 613 milioni di euro.

I residui passivi per le spese finali ammontano, al 31 dicembre 2017, a 137.430 milioni di euro, di cui 87.211 milioni per le spese correnti e 50.219 per le spese in conto capitale. Rispetto all'esercizio 2016, il conto dei residui alla fine del 2017 registra un incremento di 3.357 milioni, dovuto solo ai residui in conto capitale, mentre quelli di parte corrente si riducono di 5.105 milioni. Dell'ammontare complessivo dei residui, 69.791 milioni sono di nuova costituzione e 67.639 provengono da esercizi precedenti. Rispetto al 2016 si è anche avuto un aumento dei residui di nuova formazione per 3.612 milioni e un andamento costante dello smaltimento dei residui pregressi.

Ecco, veniamo anche all'esame del disegno di legge, per quanto riguarda la sede referente e in sede consultiva. Nel corso dell'esame in sede referente, in Commissione bilancio, sono stati approvati due emendamenti del Governo.

Il primo emendamento prevede il trasferimento, ai fini di una più pertinente ricollocazione dello stanziamento, delle risorse finanziarie iscritte nel capitolo 1.426 del Ministero delle politiche agricole, alimentare e forestali, pari a 500 mila euro per l'anno 2018, su un capitolo di nuova istituzione del Ministero dell'economia e delle finanze, anche per consentire l'accelerazione delle procedure di assegnazione dei fondi destinati al Milan center for food law and policy, autorizzati ai sensi dell'articolo 1, comma 500, della legge di bilancio 2018.

Il secondo emendamento è volto a sostenere, su specifica unità di voto dello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, le attività dello spettacolo dal vivo e a favorirne l'integrazione con l'offerta culturale.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

NUNZIO ANGIOLA (M5S). In sede consultiva, tutte le Commissioni assegnatarie hanno approvato le relazioni di rispettiva competenza sul disegno di legge di assestamento, esprimendo parere favorevole, tranne la III Commissione, che ha espresso parere favorevole con osservanza relativa all'opportunità di promuovere il sostegno finanziario agli istituti italiani all'estero, la IV Commissione, che ha espresso parere favorevole, con la condizione di prevedere appositi stanziamenti per coprire le spese sostenute dalla difesa.

PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere. Se vuole, può chiedere di essere autorizzato a depositare il resto dell'intervento.

NUNZIO ANGIOLA (M5S). No, non occorre.

PRESIDENTE. Ha concluso il suo tempo.

NUNZIO ANGIOLA (M5S). Sì, perfetto, grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei. È iscritto a parlare l'onorevole Pella. Ne ha facoltà.

ROBERTO PELLA (FI). Stimatissima Presidente onorevole Carfagna, rappresentante del Governo, onorevole Viceministro Castelli, onorevoli colleghi, l'analisi dei documenti al nostro esame, il Rendiconto generale dello Stato e le disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome, è un'analisi che purtroppo non ha avuto, per congiuntura e circostanze legate all'insediamento di un nuovo Governo, la giusta attenzione da parte delle forze politiche, perché il valore di questi due documenti, da sempre ignorati nel dibattito pubblico, è non solo di merito, ma anche di ordine politico nella considerazione che questi atti rappresentano la premessa più importante rispetto alla sessione di bilancio che si sta per aprire e perché dovrebbero consegnare al Parlamento un quadro il più possibile chiaro e attendibile, per facilitare sia l'esame della Nota di aggiornamento al DEF, che approderà alle Camera tra pochi giorni, sia l'esame della prossima legge di bilancio.

Si ricorda al riguardo che qualche anno fa, nel novembre 2011, proprio attorno al Rendiconto generale dello Stato si verificò un fatto di gravità: la crisi del Governo Berlusconi, con le dimissioni cui fui costretto il Presidente del Consiglio, a fronte di una maggioranza che nei fatti non c'era più nell'Aula, non così nel Paese, invece, che molto giovamento aveva tratto dal lavoro di Governo del Presidente Berlusconi, per non parlare di tutto ciò che è seguito con l'insediamento del Governo Monti e con i vari provvedimenti che hanno messo in ginocchio questo Paese.

Si cita evidentemente questo episodio per dire che, alla fine, il Rendiconto generale dello Stato, in un sistema ordinato, in un ciclo ordinario, rappresenta un documento che reca una sostanziale presa d'atto, che non può essere riversata in un mero un voto tecnico, soprattutto in una condizione come quella attuale, che vede, non una crisi di Governo, ma certamente un inizio di legislatura molto complicato e dai risvolti delicatissimi per la vita istituzionale e il futuro del nostro Paese.

È bene che si sottolinei questo punto, perché nei suoi primi cento giorni il cosiddetto Governo del cambiamento - che di cambiamento non ha nulla rispetto al passato, se non forse qualcosa che, cambiando, purtroppo è cambiato in peggio - non ha adottato alcun provvedimento che aiutasse l'economia italiana ad affrontasse una congiuntura e che si sta indebolendo di mese in mese, come emerge chiaramente dalla nota pubblicata dall'ufficio parlamentare del bilancio nel luglio scorso.

Niente è cambiato, purtroppo. E, anche al netto del cosiddetto decreto dignità, più che altro foriero di effetti negativi per coloro la cui dignità doveva essere salvaguardata, non si riscontra alcun provvedimento economico minimale in favore del popolo, di cui il Primo Ministro Conte si era peraltro autoproclamato difensore.

Eppure, almeno il sottosegretario leghista all'economia, Massimo Garavaglia, per parte sua, aveva provato a spendersi e ad auspicare l'approvazione prima dell'estate della riforma fiscale per le piccole imprese e società di persone, cioè l'ampliamento del regime forfettario di tassazione (una tassa sostitutiva unica del 15 per cento per micro imprese e professionisti con ricavi tra i 25 e i 50 mila euro) a una platea più ampia di imprese, come peraltro già precedentemente proposto dalla nostra Vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, con la possibilità di un phasing-out fino a 55 mila euro.

L'auspicio era quello, quindi, di avere un provvedimento entro fine agosto, caro Viceministro Castelli. Purtroppo, questo è stato disatteso: non abbiamo nulla. Tuttavia, noi - io personalmente nutro forte stima nei confronti del sottosegretario Garavaglia e anche di lei, Ministro Castelli, per la sua esperienza e per la sua preparazione - auspichiamo ancora, nonostante agosto sia finito, che si possa mediare per questa soluzione, anche alla luce degli sviluppi emersi ieri sera dall'incontro tra il Presidente Berlusconi e il Vicepremier Salvini, che mi pare invece sia stato foriero di alcune proposte, tali che possono essere sottoposte all'attenzione del Governo, che ne derivano proprio dallo stesso programma che il centrodestra ha firmato tra i suoi tre leader.

Di pace fiscale, con opinioni diverse tra i ministri sul gettito atteso da tale misura, se n'è parlato sino allo sfiancamento. Per cui, il Ministro dell'economia Giovanni Tria si aspetta 3 miliardi; il Ministro dell'interno e Vicepremier Matteo Salvini se ne aspetta 20; per non parlare del Vicepremier Di Maio, che se ne aspetta chissà quanti. E di riforma fiscale delle piccole aziende si parlerà forse nella prossima legge di bilancio.

Di fronte a questi scenari in rapido peggioramento, è invece urgente una pragmatica inversione di tendenza e che il Governo annunci una strategia credibile, per ridare fiducia agli investitori e per assicurare sull'orizzonte dei prossimi mesi gli italiani, che devono decidere se spendere serenamente i loro soldi o aprire l'ombrello per ripararsi dalla prossima crisi finanziaria.

Del resto, ci troviamo in un momento storico in cui la credibilità del nostro Paese, a livello europeo e internazionale, è messa a dura prova e i documenti di cui discutiamo oggi, al netto di qualsiasi retorica e dei numeri che sono stati dati da chi mi ha preceduto, assumono fondamentale importanza perché forniscono una sorta di fotografia dello stato dei conti del nostro Paese, che parla alle Camere, ma anche ai soggetti che hanno relazioni con il Parlamento e con il nostro Paese.

Sono documenti in cui si rilevano taluni aspetti positivi, che denotano un miglioramento rispetto alle previsioni iniziali, ma anche rilevanti criticità, che opportunamente la Corte dei Conti ha evidenziato, in relazione all'eccessivo livello di debito che caratterizza la situazione economica del nostro Paese e ne limita la capacità progettuale di medio e lungo periodo, nella considerazione che la tutela della finanza pubblica si identifica in buona parte con l'esigenza di ricondurre il debito su un sentiero di sicura sostenibilità e di recuperare la crescita in termini di PIL. Gli stessi investimenti pubblici non hanno funzionato come ci si aspettava in un contesto in cui il sistema pubblico si dimostra ancora una volta particolarmente fragile. Inoltre, dai tagli della spesa pubblica, permane anche il rischio di uno scadimento dei servizi e nella relazione della Corte dei conti al Rendiconto 2017 si spiega, infatti, che c'è la necessità di effettuare scelte molto caute e interventi di politica economica di carattere selettivo. Soprattutto nella gestione della finanza pubblica, infatti, l'orientamento verso una maggiore efficienza della gestione delle risorse è reso urgente dal rischio che interventi di ulteriore compressione della spesa si traducono ormai in un progressivo scadimento della qualità dei servizi resi alla collettività, specie - lo dico perché ho ascoltato personalmente le frasi dette dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - nei punti terminali dello Stato, ossia i comuni, dove i cittadini toccano con mano tutti i giorni la loro qualità.

Inoltre la Corte dei conti, nella relazione al Rendiconto generale dello Stato, esprime preoccupazioni per il forte invecchiamento del pubblico impiego, fenomeno che sta producendo effetti negativi sulla propensione all'innovazione e al cambiamento e, per quanto riguarda la scuola, sottolineando dolorosamente la diffusa disaffezione del personale scolastico che, seppur, nell'assoluta maggioranza, portatore di professionalità non secondarie, è costretto ad operare in contesti difficili e senza il riconoscimento stipendiale che sarebbe appropriato rispetto ai livelli di qualità del servizio. Pur tuttavia, anche attraverso interventi sulla qualità della spesa, oltre quelli altrettanto importanti che mirano ad una sua riduzione, è possibile incidere concretamente sulla ripresa al fine di assicurare alla collettività un adeguato profilo qualitativo dei servizi. Sempre in relazione al Rendiconto 2017, la Corte dei Conti ha evidenziato anche un aumento complessivo della spesa per l'acquisto di beni e servizi effettuata sia attraverso il programma di acquisti centralizzati sia soprattutto con strumenti che operano al di fuori di esso: per tale motivo, si spiega perché raggiunge nell'anno quasi 4 miliardi di euro con un incremento del 26 rispetto al 2016. Inoltre viene sottolineato come si confermi la netta prevalenza - 65,2 per cento - degli acquisti al di fuori delle procedure Consip. Su questo punto è ora che si assuma una decisione forte anche perché l'attuale Governo ha sempre brandito la spada della spending review, per mettere a posto i conti pubblici e allora lo faccia, perché fare una spending review efficace non solo è necessario ma è anche possibile. Il Governo dovrà quindi impegnarsi, come più volte ribadito dal nostro gruppo di Forza Italia, a razionalizzare definitivamente le centrali di acquisto della pubblica amministrazione, che si occupano di acquisti di beni e servizi, che, anche alla luce di un recente approfondimento dell'ex-commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, opererebbero in modo del tutto inefficiente, nonostante la riforma varata ben quattro anni fa, tanto che ancora oggi risultano pochi i beni e i servizi acquistati tramite le stazioni centralizzate. Secondo Cottarelli almeno 40 miliardi di euro di spesa sono acquistati arbitrariamente dai responsabili della spesa di enti locali e amministrazioni centrali senza passare dalla Consip, provocando mancati risparmi per svariati miliardi di euro. Dunque, sarebbe opportuno far rispettare semplicemente - lo si può porre come raccomandazione al Governo e su ciò invito lei, Vice Ministro Castelli, ad attivarsi - gli obblighi previsti dalla riforma del 2014 per le amministrazioni centrali e periferiche per ottenere risparmi sui consumi intermedi, utile per coprire l'aumento dell'IVA previsto dalle clausole di salvaguardia per il 2018 e il 2019 che graveranno sull'Esecutivo, che ben lo sa, per 12,5 miliardi di euro nel 2018 e 19,5 miliardi di euro nel 2020. Al riguardo, viene in considerazione anche lo spreco derivanti dagli appalti pubblici per cui l'Italia butta via di fatto milioni e milioni di euro per l'acquisto di software e servizi digitali, un giro di affari di 20 miliardi in sei anni ma con troppe inefficienze e lentezze. Il rapporto della Commissione d'inchiesta parlamentare sull'innovazione della legislatura scorsa su questo punto è molto chiaro: mancano competenze adeguate soprattutto ai livelli apicali. In ambito sanitario, la Corte dei Conti ha rilevato sempre con riferimento al Rendiconto 2017 il proseguo dell'attività di monitoraggio degli equilibri gestionali regionali e la verifica del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni.

L'intervento a favore di farmaci innovativi e oncologici innovativi con una riserva di fondi per un miliardo a ciò destinata rappresenta un passo importante nel miglioramento della qualità dell'offerta sanitaria. Sono stati rivisti i LEA ed è stato definito un nuovo nomenclatore ed è in corso di definizione sia il nuovo sistema di monitoraggio sia l'aggiornamento del tariffario delle prestazioni ambulatoriali. Nel 2017, infine, è stato approvato il piano nazionale per la prevenzione vaccinale con risultati coerenti a quanto programmato in pressoché tutte le regioni e, sotto tale profilo, si rileva quanto stabilito da ultimo nella versione estiva del cosiddetto “milleproroghe”: ci si augura non produca conseguenze irreparabili. Sempre con riferimento al Rendiconto 2017, si riscontrano inoltre anomalie, incongruenze e irregolarità nel merito e nel metodo evidenziate dalla Corte dei conti che ancora non riusciamo a correggere. Vale per tutti leggere cosa dice l'organo di controllo quando parla del conto generale del patrimonio dello Stato per l'anno 2017, a pagina 9, della decisione del Rendiconto dove rileva: primo, incertezza e incompletezza dei dati dei beni immobili inclusi nelle poste patrimoniali per la difformità e discordanza nella documentazione fornita dall'agenzia del demanio; secondo, alcuni dati dei beni immobili del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non sono comprovati da idonea documentazione giustificativa; terzo, il valore dei beni mobili iscritti nelle poste patrimoniali in carico ai consegnatari di talune amministrazioni statali non è aggiornato a causa di discordanze tra risultanze dell'ufficio centrale di bilancio del MEF e delle ragionerie territoriali rispetto a quelle dei consegnatari; quarto, omesse iscrizioni tra le attività non finanziare prodotte delle opere permanenti destinate alla difesa nazionale e di altre opere; quinto, discordanza del valore della partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze in una società finanziaria e bancaria rispetto al valore del patrimonio netto dell'ultimo bilancio approvato; sesto, discordanza del valore delle poste patrimoniali con le scritture di bilancio dei crediti concessi ad enti pubblici ed ad istituti di credito del Ministero dell'economia e delle finanze; settimo, discordanza del valore dello stock dei mutui rispetto alle scritture contabili del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali alla voce “Altri organismi” ed, infine, ottavo, irregolarità dei residui attivi e passivi del conto del bilancio che si riflette sulle consistenze dei relativi residui attivi e passivi iscritti nel conto generale del patrimonio e con quest'ultima frase, credo, Viceministro Castelli, abbia compreso la valenza e l'importanza del punto al quale mi auguro poi lei dia la giusta risposta.

Pertanto nel disegno di legge di assestamento 2018 emerge per le entrate tributarie un ammontare di residui pari a 103.390 milioni di euro; per le entrate extra-tributarie i residui attivi ammontano a 100.073 milioni di euro: questi numeri devono farci riflettere sullo stato reale dei conti pubblici ma soprattutto sull'uso che si fa e che si intende fare delle risorse pubbliche. Su questo mi auguro che ci sia una grande attenzione anche perché leggiamo ormai da diversi giorni e da diverse settimane numeri completamente diversi: sottosegretari anche appartenenti alle forze politiche della maggioranza dicono cose diverse uno dall'altro e non per ultimi questi dati di questo fine settimana, nel quale siamo stati subissati di proposte che ovviamente non troveranno minimamente poi rendiconto in quello che sarà il reale bilancio che approveremo. Diventa dunque fondamentale, partendo proprio dal disegno di legge Rendiconto 2017 e di Assestamento 2018, allargare lo sguardo e pensare già al 2019. Qual è la strategia di politica economica che ha in mente il Governo e cosa ci dobbiamo aspettare nella prossima legge di bilancio, Viceministro Castelli? Anche perché il Ministro Tria presenterà a breve la Nota di aggiornamento al DEF su cui ogni rappresentante del Governo che interviene sulla stampa nazionale dice una cosa diversa per quanto attiene alla flat tax, alla quale noi sicuramente con Forza Italia siamo favorevoli, e sulla quale noi siamo disponibili a sostenerla, sempre che sia conforme al programma elettorale che noi abbiamo sottoscritto con il Vicepremier Salvini e con il presidente di Fratelli d'Italia, ma soprattutto su quanto attiene al reddito di cittadinanza senza rendersi conto che per la Nota di aggiornamento e il programma di Governo un po' di serietà sarebbe il minimo, soprattutto quando si fanno delle dichiarazioni, che poi non rispettano quelle che sono le realtà scritte nei documenti che discutiamo e approviamo quotidianamente in questo Parlamento.

Quindi, noi domandiamo che cosa si intende veramente fare? Continuare a non rendere chiara la linea di politica economica del Governo oppure no, perché questo balletto induce a dubitare che davvero non ce ne sia una di linea politica e di ragionamento, di struttura, con il problema però che questo clima di incertezza, indecisione non è indifferente ai mercati azionari, ma soprattutto ai cittadini italiani, e lo dico in modo particolare in qualità di sindaco che ogni giorno, così come tutti gli altri 8 mila colleghi e 150 mila amministratori italiani, parlano, si confrontano con i cittadini, i quali aspettano una doverosa risposta, che voi in primo luogo, e noi come parte terminale di questo Stato, dobbiamo dare alla nostra popolazione. Quindi, per la stabilità dell'Italia e la per la credibilità del nostro Paese, occorre fare finalmente chiarezza, partendo proprio da questi documenti: Rendiconto 2017 e Assestamento 2018, per definire la propria visione dell'economia italiana del futuro, se è vero che, come si insegna all'università, fiducia e aspettativa in economia sono variabili fondamentali per lo sviluppo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Frassini. Ne ha facoltà.

REBECCA FRASSINI (LEGA). Grazie, Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il Rendiconto generale dello Stato è lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica, adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria. Mi trovo, quindi, a dover commentare quel che rappresenta una sorta di lascito del precedente Governo.

Forse, Presidente, sarebbe molto più utile che a parlare fossero le famiglie, le imprese e i tanti cittadini che il 4 marzo hanno espresso, meglio di chiunque altro politico presente in quest'Aula, il loro giudizio, chiaro e inequivocabile, sul fallimento delle politiche economiche del Governo precedente. Ad ogni modo, cercherò di dare il mio contributo a questo dibattito, sperando di dare anche qualche spunto utile per l'imminente stesura della legge di bilancio 2019.

Con riguardo ai saldi di finanza pubblica, i dati riferiti all'ultimo esercizio concluso resi noti dall'ISTAT attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2017 pari, in valore assoluto, a -39,691 miliardi, corrispondente al 2,3 per cento del PIL. Al netto degli interventi sul settore bancario, che, secondo le indicazioni del DEF, incidono per circa lo 0,4 per cento del PIL, l'indebitamento netto per il 2017 è pari, in valore assoluto, a -33,184 miliardi, corrispondente all'1,9 per cento del PIL. Per quanto riguarda il debito pubblico, nel 2017 era pari a 2.263.056 milioni di euro, cioè il 131,8 per cento del PIL, in aumento di 43.510 milioni di euro rispetto ai 2.219.546 milioni del 2016, cioè il 132 per cento del PIL, con una diminuzione, seppur minima, del rapporto debito/PIL dello 0,2 per cento. Dopo l'aumento verificatosi tra il 2014 e il 2015 come conseguenza delle politiche scellerate messe in atto dallo scorso Governo di centrosinistra, dove il rapporto debito/PIL era passato dal 131,8 per cento al 132,5 per cento, siamo di fronte ad una piccola riduzione del rapporto debito/PIL.

Mi preme sottolineare, Presidente, come già fatto da autorevoli esponenti di questo Governo, che l'Italia, a differenza di altri Paesi – basti pensare che la Francia solo nel 2018, dopo oltre dieci anni, tornerà a rispettare il vincolo del 3 per cento – ha rispettato e continuerà a rispettare i vincoli del trattato di Maastricht, ma con questo Governo si è come invertito l'ordine di priorità: se prima c'erano i vincoli europei e poi la crescita, ora esattamente l'opposto, prima c'è la crescita e poi i vincoli europei. Questo Governo deve pensare - e lo sta già facendo - a far crescere questo Paese, a far andare in pensione chi ne ha diritto, ad aprire il mondo del lavoro a ragazzi che altrimenti devono per forza scappare all'estero, a ridurre le tasse a milioni di italiani, a tagliare la burocrazia, a rottamare le cartelle di Equitalia.

Ovviamente questo non può essere fatto tutto subito, ma ciascuno di questi passaggi dovrà essere nella manovra, rispettando ovviamente quello che l'UE si aspetta da noi; prima, però, viene la crescita e, poi, vengono i vincoli, come precedentemente detto. Mai più servi di nessuno, Presidente, quindi. L'Italia non è una colonia, non siamo schiavi di tedeschi e francesi, dello spread o della finanza. Ci hanno eletto per cambiare ed è quello che stiamo e che continueremo a fare, altrimenti gli italiani avrebbero votato in maniera diversa.

Vorrei ora porre l'attenzione su un altro dato che emerge dalla relazione che accompagna i provvedimenti in discussione oggi. La pressione fiscale si riduce dal 42,7 per cento del 2016 al 42,5 per cento del 2017. Al netto degli effetti del cosiddetto bonus 80 euro, la pressione fiscale risulterebbe pari al 41,9 per cento nel 2017.

Senza entrare nel merito delle politiche attuate dai Governi della precedente legislatura, le cui misure hanno portato ad una diminuzione quasi impercettibile della pressione fiscale, stiamo parlando di un livello di tassazione disumano: non è possibile e non è più, tanto meno, tollerabile. E sono sicura che anche per questo milioni di cittadini hanno dato il loro sostegno alla Lega. La flat tax da noi proposta in campagna elettorale, che troverà una prima attuazione nella prossima legge di bilancio, va nella direzione di un significativo abbassamento delle tasse. Se già riusciamo ad aiutare le partite IVA, i produttori, i commercianti, gli artigiani, i piccoli imprenditori, è un primo passo, perché anche loro sono padri e sono madri e un euro di tassa in meno è un euro in più per i figli e per quanto hanno di più caro. Certo, queste misure non saranno risolutive, però, già nel 2019, l'obiettivo di ridurre le tasse a tante persone sarà mantenuto.

Tornando, Presidente, nel merito dei provvedimenti, dall'analisi delle spese finali per missioni riferite nel 2017, si conferma innanzitutto la rilevanza delle relazioni finanziarie con le autonomie territoriali, ovvero i trasferimenti agli enti territoriali, che pesano per il 21,8 per cento (21,9 per cento nel 2016) sulla spesa primaria. Si conferma altresì la significativa incidenza sul totale degli impegni delle politiche economico-finanziarie e di bilancio, che si attestano al 18,2 per cento, in aumento di due punti percentuali rispetto al 16,2 per cento del 2016, riprendendo il trend crescente iniziato nel 2012 e interrotto solo nel 2016, e delle politiche previdenziali, attestatesi al 16,9 per cento, rispetto al 16,6 per cento del 2016.

Incrementi significativi in percentuale si sono riscontrati, oltre che per le politiche economiche-finanziarie e di bilancio, anche per la missione Soccorso civile, che aumenta di circa un terzo il totale degli impegni, più 33,1 per cento, e per le politiche previdenziali, più 6,4 per cento. I decrementi più rilevanti, invece, sono emersi innanzitutto in rapporto agli impegni relativi alle politiche per il lavoro, diminuiti da 15 a 11,4 miliardi di euro nel 2016, cioè meno 24,2 per cento, e alla missione Diritti sociali e solidarietà sociale, che passa da 35 a 32 miliardi, con una diminuzione di 8,5 punti percentuali.

Colpisce molto, Presidente, a proposito di decrementi, guardare al rendiconto del Ministero dei trasporti, in particolare la missione numero 7, Ordine pubblico e sicurezza, che comprende il programma 7.7, Sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste; ha impegni complessivi, in sede di rendiconto per il 2017, di 798,84 milioni di euro, in diminuzione rispetto al rendiconto 2016, che riportava spense per 849,09 milioni di euro.

Ecco, Presidente, questi numeri spiegano forse meglio di qualsiasi altro quotidiano o talk show politico la disfatta del Governo Renzi, prima, e Gentiloni, poi, e noi oggi siamo chiamati a guidare il Paese proprio per ribaltare completamente le priorità dei Governi che ci hanno preceduto: prima gli italiani e prima la loro sicurezza. Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marattin. Ne ha facoltà.

LUIGI MARATTIN (PD). Grazie, Presidente. Io mi distaccherò dagli interventi che mi hanno preceduto, non solo perché, in maniera poco diligente, non ho preparato un testo scritto, ma anche perché ho qualche dubbio che in questa sede, anche se siamo in pochi, ma forse proprio perché siamo in pochi, possiamo cogliere l'occasione per una discussione un po' più franca, un po' più costruttiva, se ce n'è data l'opportunità.

Ho qualche dubbio pure, ovviamente nel pieno rispetto delle modalità che i colleghi scelgono per intervenire in discussione generale, che facciamo un passo avanti nella comprensione della fase in cui siamo o, nel caso del rendiconto, della fase che abbiamo attraversato, se ci limitiamo a leggere delle tabelle di numeri che, fra l'altro, come proverò a dire, dimostrano l'esatto contrario degli slogan che hanno caratterizzato la campagna elettorale e che caratterizzano spesso il dibattito fuori e dentro quest'Aula, senza che questo provochi alcun problema per i colleghi. Leggono cifre che smentiscono le colonne portanti del loro discorso politico di queste ore - è capitato, se posso permettermi, anche nell'ultimo intervento - senza che questo rappresenti un problema per alcuno.

Ho anche qualche dubbio - è andato via il collega Pella - che in questa sede si possa chiedere conto al Governo dei provvedimenti futuri, flat tax, pace fiscale, eccetera, perché sì, certo, è un'occasione, questa, per discutere della finanza pubblica di questo Paese, ma avremo modo, da fine settembre in poi, per tre lunghi mesi, di esaminare il Governo sui suoi intendimenti di politica economica futura, e vi assicuro che, perlomeno noi, perlomeno io, non vediamo l'ora; però, da questo punto di vista, oggi noi discutiamo due provvedimenti.

Dirò quattro cose molto semplici: ne dirò due sul Rendiconto 2017 - però sul Rendiconto 2017! - e due sull'assestamento 2018, provando a interpretare queste spesso lunghe e noiose tabelle di numeri che compongono i documenti di finanza pubblica, perché, se ce le rileggiamo qui, non credo che fra noi facciamo un passo avanti, figuriamoci se lo facciamo fare al dibattito fuori.

La prima cosa, forse è la più noiosa di tutte, ma se – ripeto - siamo in pochi intimi, affrontiamo una discussione possibilmente costruttiva. La prima cosa sul Rendiconto: questo è il primo Rendiconto che contiene quasi tutti gli effetti di una delle riforme a cui noi tenevamo particolarmente nella scorsa legislatura, che è stata, ovviamente, una di quelle meno pubblicizzate, proprio perché questi non sono argomenti appetibili per l'opinione pubblica. Mi riferisco alla riforma del bilancio dello Stato, al completamento, meglio, della riforma della legge di contabilità pubblica iniziata nel 2009, che ha cambiato profondamente la struttura al nostro bilancio.

Si dice: chi se ne importa. No, perché alla fine, consentendo una maggiore flessibilità di gestione durante l'anno nei cambiamenti di poste di bilancio e consentendo una rappresentazione più veritiera di un complesso enorme di spesa pubblica superiore a 800 miliardi, quello è un elemento di funzionalità del processo democratico e di democrazia. Quindi, quella è una riforma che ha funzionato, lasciamo stare chi l'ha fatta; è una riforma che ha funzionato, che è anche in via di completamento: l'ultimo decreto legislativo di completamento di quella riforma è stato esaminato dalla Commissione bilancio prima delle ferie, se non ricordo male, con relatori congiunti Boccia e il collega Angiola.

Quindi, quella è una riforma che ha funzionato e, trovandoci ad esaminare il primo Rendiconto rappresentato quasi interamente con gli effetti di quella riforma, possiamo, credo, forse tutti concordare che è un elemento di maggiore flessibilità gestionale e di maggiore trasparenza nella rappresentazione dei nostri documenti di finanza pubblica.

Seconda e ultima cosa che dico sul Rendiconto consuntivo, sul Rendiconto 2017: prima sentivo i colleghi dire alcuni dei numeri che sto per ripetere e pochi decimi di secondo dopo ripartire con slogan che contestavano quei numeri. Proviamo a dare un'occhiata? Allora, siamo fortunati, ogni Rendiconto guarda ai tre anni precedenti per ottenere un trend di finanza pubblica. Con questo documento noi abbiamo l'occasione di vedere a conti chiusi - a conti chiusi, non ci sono previsioni, previsioni assestate, sono conti chiusi - come sono andate le nostre finanze pubbliche durante i Governi del Partito Democratico della scorsa legislatura, dal 2014 al 2017.

Questo è quello che noi facciamo e approviamo questa settimana, la chiusura definitiva dei conti di finanza pubblica dei Governi del Partito Democratico.

Cominciamo: la pressione fiscale, sentivo delle cifre prima, non lo so, la pressione fiscale si misura come somma di imposte dirette, indirette e contributi. Questa pressione fiscale nel 2014 era al 43 per cento del PIL, nel 2017 è il 42 per cento del PIL. È scesa di poco? Può darsi, ma il fatto che in questo Paese, alla fine del ciclo dei Governi del PD, si paghino meno tasse rispetto all'inizio non è più una cosa che uno può dire: secondo me no o siccome avete perso il 4 marzo non è vero. Stiamo votando un documento che certifica che, con riferimento al peso a livello aggregato (poi si può dire che c'è una categoria che paga di più, ma la macroeconomia si occupa di conti aggregati), su 100 euro, prima se ne pagavamo 43, oggi se ne pagano 42 di tasse, e questo non è più un argomento da campagna elettorale, è un qualcosa che stiamo votando. Certo, si può sempre dire che bisognava che fossero 41, 40, 39, eccetera.

Andiamo avanti: le forme di spreco. In questo Paese dobbiamo imparare che nei bilanci pubblici, se voi cercate, non c'è mai la voce sprechi. Dobbiamo tagliare gli sprechi: lo spreco non è una voce di bilancio che uno non taglia perché è stupido. Lo spreco, così inteso, è immanente in tutte le voci di bilancio pubblico, e, fra l'altro, come tutti noi sappiamo, è politicamente un argomento delicato, perché gli sprechi non sono soldi che si bruciano. Ogni euro di soldo pubblico che viene considerato sprecato è reddito per qualcuno, che spesso non concorda nel definirlo spreco, ma tutti noi concordiamo che nella pubblica amministrazione ci sono molti sprechi che vanno aggrediti; ed è opinione comune che i cosiddetti sprechi siano concentrati nella spesa corrente primaria. Poi, parlerò anche degli investimenti e non sarò tenero con quello che è successo per gli investimenti pubblici, perché ho il vizio di guardare ai dati e non a come vorrei che fosse la realtà.

La spesa corrente primaria, all'inizio dei Governi del PD, nel 2014, era pari al 42,6 per cento del PIL. Si è fatta mezza campagna elettorale dicendo che erano aumentati gli sprechi, era aumentata la spesa, non si era riusciti a tagliare le tasse perché la spesa era fuori controllo. La spesa corrente primaria nel documento che avete letto e che votiamo, nel 2017, a chiusura del ciclo, scende al 41,3 per cento del PIL, ed è la prima volta che si inverte il trend della spesa corrente primaria, vale a dire che si è cercato di tenere sotto controllo, riducendolo, addirittura, di un ammontare che non è poi del tutto impercettibile, il livello di spesa corrente primaria.

Quindi, non c'entrano gli interessi, non c'entra l'effetto del quantitative easing, non c'entra nulla; è la spesa corrente al netto della spesa per interessi. Quindi, il fatto che durante quei Governi si sia tenuta sotto controllo la parte in cui, con probabilità, sono maggiormente annidati gli sprechi non è un argomento che non è più vero perché il PD ha preso il 17 per cento. È un fatto che stiamo per votare.

Il deficit, l'indebitamento netto della Repubblica nel 2014 era pari al 3 per cento del PIL. La Francia, per la cronaca, sono due anni che rispetta il 3 per cento del PIL, era la Spagna che nel 2017 andava al 3,1, ma per il resto tutti lo rispettano, e noi lo rispettavamo anche nel 2014. Diceva giustamente il collega Angiola che l'indebitamento netto nel 2017 scende al 2,3 per cento, che sarebbe 1,9 se non considerassimo gli effetti dell'intervento sul sistema bancario, che noi non avevamo considerato - lo sa bene l'onorevole Padoan qui presente - impattanti sull'indebitamento netto e che Eurostat, con una decisione che non esito a definire controversa, ma che, ovviamente rispettiamo, ha invece, quota parte, considerato impattanti. Ma l'effetto trascinamento rimane, e quindi dal punto di vista strutturale il deficit si è in realtà ridotto all'1,9 per cento dal 3 per cento che era. Si è fatta più di mezza campagna elettorale dicendo che durante i Governi del PD si era fatto esplodere il deficit senza controllo.

Si è fatta e si fa discussione sul fatto che, durante i Governi del PD, il debito pubblico sia aumentato, e anche in quest'Aula, se non ho capito male anche poco fa, si continua a giudicare buono o cattivo l'aumento del debito pubblico in valore assoluto; cioè, si dice che è un male perché il debito pubblico è aumentato di 50, 40, 80, 200 miliardi, dimenticando o facendo finta di dimenticare che, finché c'è anche soltanto un euro di deficit (e noi abbiamo il 2,3 per cento di deficit, quindi 43 o 45 miliardi, quello che sono), il fatto che il debito aumenti è una proprietà matematica. Il debito in valore assoluto non può diminuire fino a che c'è anche soltanto un euro a rigore di fabbisogno, che è la versione di cassa dell'indebitamento netto. Così come, a rigore, non vuol dire nulla guardare il mio debito assoluto, perché, se ho 100 euro di debito e lui ne ha 500, se guardate solo questo pensate che lui sta messo peggio di me; ma, se io guadagno 200 euro al mese e lui ne guadagna 10 mila, è evidente che il peso di quel debito sul suo reddito è molto inferiore, e quindi sta messo meglio lui di me, anche se in valore assoluto ha un debito più alto.

Ed è per questo che si guarda al rapporto debito-PIL, mai al valore assoluto del debito; e il rapporto debito-PIL (anche questo passo mi è sfuggito nella relazione della collega poco fa) all'inizio dei Governi del PD, del documento che oggi votiamo, che domani votiamo, era al 131,8 per cento, e alla fine dei Governi del PD era al 131,8 per cento. Un livello sicuramente troppo alto, se non ricordo male il terzo al mondo; ma dire che durante i Governi del PD il debito pubblico è esploso è una falsità totale, che non è meno falsa perché il PD ha perso il 4 marzo o perché nei sondaggi… dovesse pure arrivare allo zero per cento, il PD! Questi sono dati certificati di finanza pubblica, che non sono in discussione e non lo dovrebbero essere né fuori di qui, né tanto meno qui.

La crescita cumulata. Io non parlo di altri indicatori, il mercato del lavoro, perché parliamo dei documenti di bilancio. Noi venivamo dal 2008 al 2013 da un periodo in cui il PIL di questo Paese cumulativamente era sceso del 9,4 per cento, la più grande caduta della storia moderna italiana: dal 2008 al 2013 questo Paese ha perso quasi 10 punti di PIL. Dal 2014 al 2017 ne ha recuperati 3 e mezzo. La crescita è ripartita in questo Paese: di nuovo, si può dire non abbastanza, ma non si può affermare che la direzione di crescita del nostro prodotto interno lordo non si sia anche decisamente invertita, perché si è recuperato un terzo del grosso danno subito durante la crisi.

Vengo al punto dolente: gli investimenti pubblici erano il 2,3 per cento nel 2014, sono diventati il 2 per cento, quindi sono scesi invece di riprendersi. È vero, lo dicevamo più volte: abbiamo capito durante la scorsa legislatura che ad un certo punto non era più un problema di risorse, perché di risorse ne abbiamo liberate tante, 3,6 miliardi di avanzi delle amministrazioni comunali, altrettanti per le regioni. Il problema era nel meccanismo di trasmissione e di formazione dell'investimento, dalla progettazione alla messa in gara. La transizione verso il nuovo codice degli appalti probabilmente ha rappresentato uno shock nel 2016, in quei mesi in cui gli appalti diminuirono del 70 per cento, ma indubbiamente il problema sta lì; e a dirci che il problema sta lì e non è più nella mancanza di risorse fu il Ministro Tria, da quei banchi e dai banchi della Commissione bilancio qualche settimana fa, dicendo che bisognava dare priorità ai progetti pronti per partire, bisognava dare priorità, più che ad aumentare le risorse stanziate per gli investimenti che facevano fatica a diventare PIL, allo snellimento e alla riforma delle procedure. Io la chiamo la filiera dell'investimento, che è una filiera lunga, complicata, che arriva anche dopo il ricorso alla gara, eccetera.

Non voglio far polemica perché ho promesso che parlo del rendiconto, ma abbiamo fatto le notti in quest'Aula la settimana scorsa ad approvare un provvedimento che fa l'esatto contrario, perché toglie 1 miliardo e 100 milioni da progetti… non tutti, ma per la maggior parte pronti a partire, che son quelli delle periferie, e vengono messi, senza essere distribuiti come spazi finanziari, ulteriormente a sbloccare avanzi, quindi laddove l'utilità pratica nel far ripartire la macchina del PIL non è sicuramente massima. Se in legge di bilancio ci saranno provvedimenti che portano a risolvere quel problema, cioè la filiera dell'investimento, lo snellimento della filiera dell'investimento, più che a metterci risorse sopra e basta, saranno provvedimenti su cui credo che il Partito Democratico dovrà fare le sue valutazioni, che potranno anche non necessariamente essere negative. Io questo dico del rendiconto; non dico altro, ma invito i colleghi di maggioranza a riflettere sul fatto che stanno votando un documento che contraddice tre quarti della loro campagna elettorale.

Sull'assestamento sono ancora più breve. Mi può dire quanto tempo mi rimane, Presidente, per favore?

PRESIDENTE. 15 minuti.

LUIGI MARATTIN (PD). Ne uso molto meno.

Sull'assestamento, domani l'onorevole Padoan svolgerà la dichiarazione di voto a nome del Partito Democratico. Io mi limito… È inutile che vi citi e vi legga per la quinta volta, perché le abbiam sentite tre volte in Commissione e due oggi, le tabelle di assestamento. Io dico la cosa che non ci ha convinto in Commissione; poi è evidente che l'esercizio finanziario 2018 è stato per buona parte gestito dai Governi precedenti, ma di nuovo, lo dicevo all'inizio: siamo in pochi, facciamo una discussione concreta e costruttiva, a me non interessa dare meriti e colpe.

Io dico che in assestamento nell'esame in Commissione c'è una cosa che non ci ha convinto, ne abbiamo lungamente discusso col Viceministro Castelli, non so se oggi siamo in grado di capire di più; ma c'è un andamento rispetto alle previsioni che non capiamo, e che secondo noi è sospetto, non certamente per comportamenti fraudolenti, ma è sospetto per i futuri sviluppi del nostro gettito tributario e per il nostro andamento macroeconomico. Abbiamo una forte flessione del gettito IVA. Poi abbiamo capito, è in parte spiegata, c'è un problema tecnico; ma sono più di 6 miliardi 300 milioni di flessione delle previsioni assestate rispetto alle previsioni. È veramente tanto, anche se depuriamo dalla parte fisiologica dei rimborsi. A prima vista, essa non è compatibile con una flessione del ciclo economico. Perché non è compatibile? Perché le imposte dirette invece aumentano di 2 miliardi 600 milioni rispetto alle previsioni assestate, e noi tutti sappiamo che l'effetto del ciclo economico non può essere asimmetrico rispetto alla natura dell'imposta: non è che quando l'economia va peggio le imposte dirette aumentano e quelle indirette diminuiscono. Poi, ovviamente il gettito dell'IVA in particolare dipende dall'andamento dei consumi, il gettito dell'Irpef dipende dall'andamento dei redditi; però non siamo riusciti a capire. Quindi questo segnalerebbe una divaricazione fra andamento dei redditi e andamento dei consumi. Non siamo riusciti a capire che sta succedendo. Non è facile fare previsioni in tempo reale, non abbiamo l'oracolo di Delfi né cerchiamo l'oracolo di Delfi, ma questo andamento del gettito IVA, non compatibile con l'andamento del ciclo economico seppure in rallentamento, non ci convince, segnala qualcosa di strano. Secondo noi, segnala qualche primo affetto sulla compliance dell'IVA, visto che da quando questo Governo si è insediato è stato tutto un parlare di: aboliamo lo split payment. Temiamo che ci sia un inizio di effetto di mancata compliance. C'è stato anche un intervento sullo split payment nel decreto-legge “dignità”, se non ricordo male: sì, sui professionisti. Quindi c'è stato un segnale abbastanza chiaro! Temiamo che questa flessione stia per indicare una diminuzione della compliance, e quindi un effetto potenzialmente negativo sui nostri conti pubblici. Per questo, questa discussione non ci convince. Non so, magari avremo modo fra oggi e domani di capirne di più.

Infine, si potrebbe dire: ma che ne parli a fare, visto che se apriamo un social network sembra un clamoroso autogol del PD. Io non so se è un autogol del PD, ma preannuncio che domani nel Comitato dei nove il PD chiederà la formalizzazione di un emendamento da parte del relatore, perché non si può fare altro, che poi diventa emendamento dalla Commissione che vada in Aula, che recuperi quei famosi 5 milioni. Di cosa stiamo parlando? Voi sapete che uno dei progetti della scorsa legislatura… Uno dei disegni di legge, una delle leggi della scorsa legislatura a cui il nostro partito è più affezionato è il cosiddetto “dopo di noi”, vale a dire il primo intervento nella storia di attenzione verso i disabili; “dopo di noi”, perché i disabili finché sono in vita i genitori sono ovviamente nella maggior parte dei casi assistiti dai genitori, quando i genitori passano a miglior vita il disabile è abbandonato a se stesso. E per la prima volta ci fu, con uno schema che ci piaceva perseguire la scorsa legislatura, prima i soldi e poi le regole, perché questo era un Paese in cui troppe volte si erano fatte le regole senza metterci i soldi. Noi in quell'occasione e sul reddito di inclusione prima mettemmo dei soldi, 180 milioni sul triennio, e poi facemmo le regole, la legge “dopo di noi”, che prevede possibilità di assistenza ai disabili i cui genitori passano appunto a miglior vita, e che hanno opportunità di essere assistiti, oppure la possono avere anche con i genitori in vita, nel senso che era un modo per fornire assistenza alle persone che non sono autonome. Abbiamo stanziato una messa in bilancio, 180 milioni sul triennio; sono competenze concorrenti con le regioni, quindi è necessario il riparto in Conferenza Stato-regioni, come è avvenuto. In più vi abbiamo messo - questo non viene detto ovviamente in tre righe dei tweet - il 10 per cento del Fondo non autosufficienza. Il Fondo non autosufficienza era una voce che durante i Governi di centrodestra era stata azzerata, e che durante i Governi del Partito Democratico è stata stabilmente riportata a 450 milioni di euro annui. Il 10 per cento di quelli andavano stabilmente alle stesse finalità. E poi (e arriviamo al punto) nel riparto della settimana scorsa, su 180 milioni le regioni hanno lamentato l'assenza di 5 milioni; su cui poi insomma c'è stato… Che cosa è successo?

Questi 5 milioni mancanti derivano da un adeguamento tabellare della scorsa legge di bilancio; adeguamento tabellare del Ministero del lavoro della scorsa legge di bilancio; perché era impazzito il Ministero del lavoro? No, semplicemente perché in quella legge stava scritto: siccome esiste una serie di deduzioni, sia per le erogazioni liberali che si fanno per l'assistenza ai disabili, sia per le assicurazioni, che si fanno contro la disabilità, io ti faccio scaricare dal fisco quelle somme e devo appostare a bilancio delle somme per fronteggiare questa minore entrata, ogni deduzione, immagino che il Ministero dell'economia stia lavorando sulle tax expenditures per la legge di bilancio, di 30 o 40 miliardi si sente parlare, quindi, vedremo, si sa bene che se io taglio le deduzioni, se aumento in questo caso le deduzioni, devo appostare maggiore posta per controbilanciare le minori entrate nel bilancio dello Stato. Siccome nessuno sa, a priori, quanta gente effettivamente farà uso di quelle deduzioni e detrazioni, lo sai due anni dopo, perché c'è la dichiarazione dei redditi che si fa l'anno dopo, poi, insomma, almeno un anno e mezzo dopo, devi fare una stima di quanto ti serve per parare le deduzioni relative a questa legge. È opinione di molti che la stima, in quel caso, fu un po' sovrastimata e nella legge c'è scritto che, se rimane un pezzo inutilizzato, questo va a copertura del fondo, cioè va ad aggiungersi ai 180 milioni, sui tre anni.

Non so se mi sono spiegato; il meccanismo è tale per cui io stimo quanto la gente chiederà di deduzioni, se ci ho messo un euro in più, quell'euro non va a beneficio del bilancio dello Stato, va nel “dopo di noi”, cioè va nell'erogazione diretta a regioni e comuni, meccanismo di recupero. Allora, nel momento in cui tu sei ragionevolmente sicuro che quella stima a copertura delle maggiori detrazioni è un po' sovrastimata, puoi permetterti di ripartire il 2,7 per cento in meno, perché 5 milioni su 180 sono il 2,7 per cento in meno, confidando che, una volta che i dati sulle dichiarazioni dei redditi 2017 siano definitivi, salti fuori che, magari, ce ne sono dieci di milioni in più e, per via di quello che abbiamo scritto nella legge, quei 10 milioni non vanno in economia, non vanno da altre parti, ma vanno ad aumentare il trasferimento a regioni e comuni per le finalità del “dopo di noi”. Ingenuità? Può darsi, ancora più ingenuità nel fare tweet senza capire… può darsi anche quello, ma non ci interessa; stiamo cercando di capire che cosa è successo. Questo è successo; non c'è stata nessuna, come dire, volontà diabolica di tagliare il “dopo di noi”, anche perché, lo ripeto, parliamo di 5 milioni su 180.

A questo punto, noi chiediamo, innanzitutto, che si acceleri il percorso di comprensione dell'effettivo tiraggio delle deduzioni, per capire quanto è rimasto lì da rimettere a regioni e comuni, ma visto che ci deve essere tutto questo polverone, se la maggioranza è d'accordo, perché, ovviamente, ora essendo il provvedimento passato in Commissione non è possibile presentare direttamente, per lo meno così mi pare di aver capito, un emendamento del Partito Democratico, se questi benedetti 5 milioni possono essere, con l'assenso di tutti, rimessi in circolo, noi domani ufficialmente chiederemo al Comitato dei nove di farlo, ricordando che, poi, quando si scoprirà quant'è il tiraggio effettivo delle deduzioni, ogni euro che ci avanza, e abbiamo ragionevole opinione di credere che ce ne avanzeranno diversi, vada ad aumentare il trasferimento a regioni e comuni, quindi, ex post, non si sarà trattato, secondo noi, di alcun taglio.

Questa è una richiesta che anticipo, qui, in discussione generale e che farò domani a nome del mio partito nel Comitato dei nove.

Concludo sull'argomento che più mi interessa; non so se chi verrà dopo di noi, dopo di me, inteso in questa discussione, ha interesse, in qualche modo, a riprendere il concetto, perché, se no, se leggiamo tutti la lezioncina non facciamo un passo avanti. Io voglio capire perché avete fatto tre quarti della campagna elettorale su cifre di finanza pubblica che sono esattamente l'opposto di quelle che oggi difendete e che andiamo a votare domani. Cioè su come le finanze pubbliche di questo Paese dal 2014 al 2017 a conti chiusi, lo ripeto, a conti chiusi sono evolute. Questo è quello che è successo, io credo che questo sarà un Paese migliore quando, con tutta la passione anche che ci possiamo mettere, nel nostro discorso pubblico, soprattutto rivolto a chi sta fuori di qui, non avremo bisogno di smentire la realtà; abbiamo bisogno di caricare la realtà di significato, di passione, ma non possiamo continuare a fare discorso pubblico in questo Paese dicendo l'opposto di quello che realmente è. Perché di questo passo qualche problema, secondo me, la nostra democrazia, prima o poi, ce l'avrà.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente, ringrazio anche i relatori e i colleghi che mi hanno preceduto; in particolare, i relatori hanno fatto una descrizione molto puntuale dei contenuti del rendiconto e dell'assestamento del bilancio.

Io vorrei concentrarmi sostanzialmente sul rendiconto, anche se, poi, sottolineo anch'io un dato estremamente anomalo e preoccupante, che è già stato ricordato a proposito delle previsioni del gettito IVA, ma vorrei concentrarmi sostanzialmente sul rendiconto. Come è stato ricordato, si tratta di un rendiconto che copre, per come sono impostate le tabelle, un quadriennio e può essere una sintetica descrizione del quadro di finanza pubblica, che si è venuto a determinare alla fine della scorsa legislatura.

Vorrei provare a fare qualche considerazione non in termini, come dire, polemici o critici rispetto a chi ha governato nella scorsa legislatura, ma per offrire un contributo prospettico, un contributo al Governo che, in queste ore, in questi giorni, in queste settimane, prepara la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza e prepara la legge di bilancio. Lo dico perché, dalla discussione che ascoltiamo, dagli interventi che ascoltiamo, a me pare che non vi sia sufficiente consapevolezza dello stato dell'arte, mettiamola così, definito alla fine della legislatura, e intendo per fine della legislatura, appunto, il conto consolidato riferito al 2017.

Ha certamente ragione il collega Marattin quando ricorda che un lascito positivo della scorsa legislatura è stata la riforma della contabilità pubblica e il miglioramento che si è determinato, sia in termini di trasparenza, di intelligibilità di documenti di finanza pubblica, sia in termini di flessibilità nell'utilizzo delle risorse di bilancio. Questo è un prodotto positivo che credo tutti dovrebbero riconoscere, perché è una di quelle condizioni preliminari per, poi, a seconda del segno politico del Governo, fare le politiche che vengono ritenute prioritarie. A questo dato qualitativo si associano i dati quantitativi. Qual è il quadro che emerge, in estrema sintesi dal consolidato che, lo ripeto, ci consente di fare una valutazione rispetto a un quadriennio? Il dato che emerge, a mio avviso, è un dato abbastanza preoccupante, lo ripeto, abbastanza preoccupante. È stato ricordato che il quadriennio si chiude con un miglioramento significativo del tasso di crescita. Non sono sicuro che questo debba essere messo in correlazione con la politica di bilancio o la politica economica in generale del Governo. Torno a sottolineare, l'ho già fatto altre volte, che le performances dell'Italia, purtroppo, rimangono in assoluta continuità con l'ultimo ventennio e cioè sono la metà delle performances medie degli altri Paesi dell'eurozona e sono dovute sostanzialmente a fattori esogeni che, per carità, sono stati utilizzati per tenere quel ritmo, si sarebbe potuto fare anche peggio, però, credo che non andrebbe associato un particolare effetto né alle politiche di bilancio né alle politiche macroeconomiche generali.

Quando c'è un qualche valore aggiunto, ci dovrebbe essere un qualche miglioramento rispetto a questa tendenza, purtroppo non è così.

Allora, che cosa è successo in estrema sintesi nel quadriennio che abbiamo alle spalle? Un miglioramento dell'indebitamento netto, partiamo prima da questo indicatore. È stato ricordato, il miglioramento dell'indebitamento netto: questo miglioramento è sostanzialmente dovuto al risparmio della spesa per interessi; poi, nel 2017 c'è stato, come veniva ricordato, l'effetto della riclassificazione delle garanzie per gli interventi sul sistema bancario, ma sostanzialmente il miglioramento dell'indebitamento netto è dovuto al miglioramento della spesa in conto interessi.

Dico questo perché voglio provare a fare un'analisi più fondata possibile e, ripeto, provare a dare modestissimamente qualche indicazione a chi ora ha le responsabilità della politica di bilancio. Dico questo perché è chiaro che in un contesto in cui i tassi di interesse rifletteranno il venir meno di una politica monetaria accomodante, come quella che c'è stata negli ultimi due anni, è evidente che questa voce di spesa - che ha contribuito alla riduzione dell'indebitamento difficilmente, al di là degli effetti sui tassi di interesse dovuti alle valutazioni dei mercati del Governo italiano - non darà quel contributo.

Entrando, poi, nel merito della composizione: una riduzione della pressione fiscale - è un numero, è vero - a fronte della quale vi è stata una riduzione di spesa primaria corrente. Questo è l'altro dato che io vorrei sottolineare, perché anche ieri, in un editoriale di importanti giornali, si torna a dire: bisogna tagliare la spesa corrente. Vorrei che tutti coloro che, con grandissima disinvoltura, ripropongono questo ritornello, guardassero ai dati dell'Italia, comparativamente agli altri principali Paesi europei, dove la nostra spesa primaria corrente non solo è al di sotto della media, ma ha una dinamica nettamente inferiore alla dinamica media. Questo non vuol dire necessariamente una virtù, perché vuol dire un impoverimento qualitativo dei servizi, vuol dire un impoverimento qualitativo delle prestazioni per i cittadini.

Qualche giorno fa è stato presentato il rapporto di finanza pubblica, che ogni anno viene fatto da un gruppo qualificato di economisti. Le tabelle sulla nostra spesa primaria corrente sono agghiaccianti. L'unica voce di spesa primaria corrente che aumenta è quella sulle spese previdenziali, che, come sapete, è composta principalmente da spesa pensionistica, che aumenta molto meno del numero di ultrasessantacinquenni, perché, come è noto, ci sono stati degli interventi molto pesanti, ma è l'unica voce di spesa che aumenta; e poi c'è, invece, un crollo di spesa per quanto riguarda gli investimenti pubblici e la spesa per la scuola; io vi invito ad andare a vedere che cosa queste tabelle di spesa in termini reali pro capite hanno comportato: un crollo del 15 per cento della spesa per la scuola, della spesa per gli investimenti, una riduzione molto rilevante della spesa sulla sanità. Questi sono i dati di sintesi del quadriennio che abbiamo alle spalle.

Li cito perché - state attenti, mi rivolgo all'attuale Governo - continuare a chiamare sprechi interventi che certamente possono avere a bersaglio inefficienze, che possono avere a bersaglio anche corruzione, ma quei risparmi di spesa - che potrebbero derivare da interventi precisi su ambiti che vanno aggrediti, perché nessuno vuole tenere in vita corruzione e nessuno vuole tenere in vita inefficienze - poi vanno riallocati, perché, altrimenti, continuiamo a impoverire in modo drammatico il welfare di questo Paese.

Quindi, attenzione rispetto agli obiettivi che vengono proposti sui tagli di spesa, anche quelli che vengono proposti - e sul rendiconto ci sono dei numeri significativi - alla cosiddetta spesa che non ci piace, quella per gli acquisti di beni e servizi. Quella roba là vuol dire contratti per servizi che vengono dati, al massimo ribasso, a cooperative che sono ambiti di sfruttamento brutale del lavoro. Qua, nel rendiconto, compaiono come risparmi di spese per acquisti di beni e servizi, ma poi la maggior parte di quei servizi vanno fatti, li fanno donne e uomini che vengono pagati 5 euro l'ora e lo fanno attraverso appalti e gare gestite dalla pubblica amministrazione. Quindi, questo rendiconto andrebbe studiato non come un documento burocratico, ma come un documento politico, per raccogliere indicazioni fondamentali su quello che si può fare e sui danni che si producono con un'aggressione continuativa sul capitolo spesa primaria corrente. Vi invito a vedere i numeri in termini reali, le tabelle che sono state prodotte nel rapporto di finanza pubblica.

E sugli investimenti, io qua ho sentito spesso il Ministro Padoan, in Commissione bilancio, nella scorsa legislatura, ora l'ha ripetuto il collega Marattin: le risorse per gli investimenti ci sono, ma non vengono spese ed è un'affermazione che, ovviamente, considero fondata, però qua devo fare due considerazioni. La prima è che non è un dato di natura; se ci sono intoppi procedurali, se c'è soprattutto una carenza di risorse umane adeguate alla programmazione, alla definizione e all'attuazione della spesa per investimenti, si affrontino questi colli di bottiglia. Lo dico anche qua, al Governo che è ora in carica: non è che possiamo utilizzare questo dato per motivare il mantenimento al livello più basso della storia dell'Italia repubblicana della spesa per investimenti.

Seconda considerazione: è banale, ma è una conseguenza logica. Attenzione, perché, se non ci fossero stati questi fattori di inibizione della spesa per investimenti, avremmo avuto altri risultati in termini di indebitamento. Quei risultati in termini di indebitamento, che sono stati ricordati e che ho ricordato anch'io, derivano anche dal fatto che si è beneficiato di quegli impedimenti alla spesa per investimenti. Se la spesa per investimenti fosse cresciuta come le risorse di competenza avrebbero consentito, è evidente che avremmo avuto altri risultati di indebitamento.

Quindi, la sintesi è che, a mio avviso - ed è anche la raccomandazione che traggo da questi numeri rispetto alla nota d'aggiornamento, all'impostazione della politica di bilancio del Governo attuale -, è quella di concentrarsi sulla spesa per investimenti pubblici, in particolare nel Mezzogiorno. Questa dovrebbe essere la variabile chiave e che, invece, sento nelle parole, ogni tanto, del Ministro Tria, ho trovato molto bene argomentata, nel documento che il Ministro Savona ha inviato ai Governi europei e ha inviato alla Commissione europea, dove si spiega la ragione per cui è necessario sostenere la spesa per gli investimenti pubblici in un contesto di Unione europea e di Eurozona, dove viene sistematicamente soffocata la domanda aggregata, che è la variabile chiave da affrontare.

Ma questa centralità degli investimenti pubblici, invece, è completamente assente dagli stakeholder politici, che continuano a ripetere promesse che potranno essere soltanto simbolicamente avviate, se è realistico l'obiettivo che ripete il Ministro Tria e che ci trascineranno su una politica di bilancio che non attiverà le variabili necessarie per dare una qualificazione e uno stimolo all'economia reale di questo Paese, che si limiterà a stare a galla, stare - diciamo - con l'acqua alla gola ma appena fuori dal pelo d'acqua, come è avvenuto in questi anni, ma che non consentirà, appunto, nessuna svolta né in termini di dinamica reale dell'economia né in termini di andamento del debito pubblico. Quindi, a me pare questo il punto, questo il messaggio che viene fuori dal rendiconto - non solo da quello relativo al 2017 ma dal rendiconto di legislatura -, cioè la necessità di evitare interventi elettoralistici che appunto, costretti nella camicia di forza oggettiva nella quale si muove il nostro Paese, con il debito pubblico che conoscete, non affrontano nessuna delle cause di semistagnazione che ci contraddistinguono e, comunque, di allineamento ritardato rispetto a quella che è la dinamica dell'economia dell'Eurozona e che non consentono alcuna svolta.

Infine, un'altra nota sul rendiconto. È stata prestata poca attenzione al capitolo residui. Ne sono state descritte le quantità e ne sono state descritti gli andamenti, ma a mio avviso non è stato sottolineato, con la necessaria preoccupazione, il fatto che residui attivi e residui passivi continuano ad essere una massa troppo rilevante. Qualche anno fa, all'inizio della scorsa legislatura, si è attuato un provvedimento per il pagamento accelerato dello stock di residui passivi. Credo che poi questo ambito sia stato tralasciato. Eppure, questo non dovrebbe essere acquisito, non dovrebbero essere un fatto al quale rassegnarci i ritardi di pagamento della spesa corrente e della spesa in conto capitale, come non dovrebbe essere un dato a cui rassegnarsi la riscossione effettiva dei crediti della pubblica amministrazione.

Infine, sull'assestamento. Prima il collega Marattin ha ricordato questo dato sull'IVA. Credo che sia interesse di tutti - e non solo di chi è all'opposizione - capire che cosa avviene sull'IVA. È vero che non è certo la prima volta quest'anno che si registra uno scarto, anche di qualche miliardo, tra le previsioni di gettito e il gettito effettivo, anche ad invarianza di previsione della dinamica del PIL. Tuttavia, a me pare che la dimensione di questo scarto questa volta contenga degli elementi che vanno chiariti. Certo, non giova alla compliance l'attesa di condoni in arrivo. Non ha mai giovato alla compliance l'attesa di condoni in arrivo e più ritarda la definizione del provvedimento più si alimentano aspettative e si modificano comportamenti. Quindi, sarebbe utile nei prossimi giorni, possibilmente prima della presentazione della legge di bilancio - e lo chiedo formalmente al Viceministro Castelli - avere un'informazione, una comunicazione, magari in Commissione bilancio o in Commissione Finanze, insomma dove il Governo ritiene più opportuno, che provi a ricostruire le ragioni di questo scarto così significativo, perché sei miliardi - ripeto: una parte di quei 6 miliardi può essere considerata fisiologica, ma certamente non tutti i 6 miliardi - sono un dato preoccupante e forse se si riconoscono le cause si potrebbe intervenire tempestivamente anche attraverso una qualche misura della legge di bilancio che il Governo si appresta a presentare in Parlamento.

Quindi concludo, Presidente. Credo che il rendiconto quest'anno debba davvero essere affrontato non come un passaggio burocratico, dovuto in base alla legislazione vigente, ma come un'occasione per tutti, per chi è oggi all'opposizione e per chi oggi è al Governo, per partire da dati di realtà, fare una valutazione attenta e fare delle proposte che guardino all'interesse del Paese, perché quel sentiero stretto, di cui sentivamo parlare nella scorsa legislatura, temo che sia diventato ancora più stretto e non ci consente distrazioni, ma impone a tutti la necessità di concentrarsi su quelle misure che, effettivamente, possono dare ossigeno all'economia reale di questo Paese, all'occupazione e, quindi, anche alla riduzione del debito pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trancassini. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Signor Presidente, rappresentante di Governo, onorevoli colleghi, anche se, insomma, vi potrei chiamare per nome visto che siamo in 15. Lo dico perché la diretta mostra sempre chi parla e non dà mai lo spaccato di questo bellissimo deserto nel quale stiamo cercando di portare avanti a fatica una discussione estremamente seria. Lo dico senza enfasi e al di là di ogni retorica, nella speranza che la nottata della “seduta fiume”, la quale ha visto la totale assenza degli onorevoli rappresentanti del MoVimento 5 Stelle e la loro assenza anche oggi in questa importantissima seduta, tracci la fine di un'epoca nella quale la contrapposizione politica sia svolta soltanto con i selfie e con la volontà di denigrare quest'Aula e i suoi componenti. Mi auguro che da oggi ci si confronti semplicemente e serenamente sugli argomenti e su quelle che sono le nostre idee.

Io non spiegherò, come hanno fatto abbondantemente i colleghi e, soprattutto, la collega Faro e il collega Angiola, che cos'è il rendiconto generale dello Stato del 2017 e l'assestamento del 2018, né farò esercizio di numeri, semplicemente perché vengo da studi classici, perché non mi appartengono, perché faccio anche molta fatica a capirli. Però, alcune considerazioni di natura politica sono doverose. La prima è l'assenza, nei vostri interventi, di considerazioni di carattere politico. Eppure, il relatore e il rappresentante della maggioranza complessivamente hanno parlato per 58 minuti e in 58 minuti probabilmente qualche considerazione di più sul rendiconto del 2017 si poteva fare o almeno farne alcune e, soprattutto, magari si poteva dare qualche slancio, qualche idea, ci potevate dare qualche speranza parlando dell'assestamento rispetto a quelle che sono le politiche economiche che il popolo italiano si aspetta da voi.

Niente spunti e, allora, proviamo a farne noi alcuni, a darne noi alcuni. Per esempio notiamo, noi che non leggiamo bene i numeri ma sappiamo leggere quelle che sono le considerazioni soprattutto della Corte dei conti, che la forte crescita - leggiamo nel rendiconto 2017 - della spesa complessiva è prevalentemente dovuta alla necessità di affrontare la crisi finanziaria di aziende bancarie. Questo lo dice la Corte dei Conti e parla di un fatto politico che ha segnato il Governo Renzi-Gentiloni, che è stato motivo di ampio dibattito nel Paese e che probabilmente ha contribuito alla fine di quel Governo. Ma non troviamo scritto - e questa è la considerazione che faccio io - che cosa ha comportato nel Paese questo maggior investimento per cercare di salvare gli istituti bancari. Ha comportato tagli scellerati fatti ai comuni e alle province.

La verità è che, durante quel Governo, sono stati operati tagli sistematici ed improvvisi, che hanno messo i sindaci nella difficoltà di chiudere i bilanci, arrivando persino a tagli operati nei mesi di settembre-ottobre, quando ormai è impossibile fare qualunque forma di programmazione.

Il nostro, onorevole Marattin, è un Paese decadente ed è un Paese decadente grazie agli ultimi cinque anni. Vede, i numeri li lascio a lei; la sostanza la vedo tutti i giorni. Se oggi nei comuni non si riesce più a fare la manutenzione delle strade, noi possiamo dividerci sulla responsabilità, possiamo dire che è colpa di quel sindaco, se non è il nostro; possiamo dire che comunque il nostro sindaco ha ereditato i buchi dal precedente.

La verità e che le manutenzioni nei nostri comuni non si fanno più perché il nostro è un Paese decadente, perché ha guardato altrove, perché ha scelto di operare su altre problematiche, rispetto a quelli che sono i bisogni primari della gente. Basta chiederlo a un sindaco. Se lei avrà l'umiltà - e ce l'avrà sicuramente - di confrontarsi con qualche sindaco, di una piccola o di una grande realtà, le dirà la stessa cosa; le dirà che non è possibile andare avanti, che non ci sono fondi, perché negli ultimi anni sono stati perpetrati ai danni dei comuni dei vergognosi tagli, nel silenzio dell'ANCI. Nel silenzio dell'ANCI!

LUIGI MARATTIN (PD). Lei mi sa dare un numero dei tagli? Mi citi un numero dei tagli!

PRESIDENTE. Onorevole Marattin, non è previsto il dibattito tra voi due, lasci che il collega possa svolgere il suo intervento.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Guardi, considerando che siamo così pochi, poi ce ne andiamo da Giolitti e finiamo la discussione.

LUIGI MARATTIN (PD). Ma volentieri, però mi deve dire un numero.

PRESIDENTE. Onorevole Marattin…

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Le dico di più. Anche sui numeri, secondo me, lei qualche errore lo commette, perché quando dice che siamo passati…

LUIGI MARATTIN (PD). Vediamo quale…

PRESIDENTE. Onorevole Trancassini, si rivolga alla Presidenza.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Sì. Lei commette l'errore di passare, come riferimento, dal 42 per cento di pressione fiscale del 2016 al 41 per cento del 2017. Ma, nel 2016, al 42 per cento ce l'avevate portata voi. Nel 2015, c'eravate voi.

La verità è che la pressione fiscale in questo Paese è insopportabile, indipendentemente dai numeri. Non importa se è 42 o 35 o 38: è insopportabile! Basta prendere un artigiano dall'elenco, sorteggiarlo e chiedergli come riesce ad arrivare alla fine del mese per pagare i contributi ai propri dipendenti. Ma questo succede sotto i nostri occhi da anni ed è indifferente - mi creda - se è il 35, il 37 o il 38. Questo Paese è fermo, è ferma la piccola impresa! In questo Paese la gente si impicca, perché non riesce ad arrivare a fine mese. E non è demagogia!

Allora, io credo che queste riflessioni sia il caso di farle su questo argomento. E bisogna anche farne un'altra di riflessione, che abbiamo toccato con mano, e cioè la lotta agli sprechi. Il Governo precedente è stato molto bravo ad essere forte con i deboli. Non c'è stato un taglio strutturale, importante nei ministeri e nelle regioni. Ve la siete andati a prendere con le province, con le quali siete stati così abili da lasciargli le competenze, levandogli i soldi. Un'operazione folle. Noi abbiamo ancora le province italiane, che sono competenti per istruzione pubblica e hanno la responsabilità del 35 per cento delle strade e gli avete tolto i soldi. Questa è la verità, questo è il motivo per cui avete perso le elezioni, indipendentemente dai numeri, sui quali non solo ci possiamo dividere, ma sui quali non accetto minimamente il contraddittorio, perché la verità noi la conosciamo e la vediamo tutti i giorni.

La verità è che si è perso il senso della realtà. La verità è che credo che forse la più grande crisi politica del dopoguerra della politica sia proprio questa. Io sono convinto che, se questo dibattito noi lo avessimo fatto in piazza, la gente dopo un po' se ne sarebbe andata e quella rimasta ci avrebbe insultato, perché si continua a parlare di numeri in maniera così gelida, senza tenere minimamente a mente o avere minimamente a cuore quello che è il sentimento diffuso. La politica non riesce più a seguire quelli che sono i problemi reali della gente, la politica è distante, la politica non se ne occupa, la politica riesce a dividersi se 42 è meglio di 41 o se 41 è meglio di 40.

Questo credo e mi auguro che debba essere uno dei temi di questo confronto e dei confronti che ci aspettano da qui a qualche giorno. Il tema centrale di tutti i dibattiti che facciamo e che faremo sul bilancio è la crescita. Noi dobbiamo avere la capacità di sviluppare un dibattito politico per confrontarci sul tema della crescita.

E lo dico all'onorevole Frassini della Lega, che ha snocciolato tutti i temi messi in campo nella campagna elettorale. Non tutto subito, ma dei segnali adesso. Noi avevamo la possibilità di dare dei segnali in tutti i decreti che sono passati in questi anni in quest'Aula. Non ne abbiamo dato alcuno. Continuiamo a rinviare, convinti che l'eterna campagna elettorale dei social possa appagare il cittadino e le categorie, rispetto a quelli che sono i temi centrali. Non è così, non è così!

C'è un tempo per tutte le cose, quello della campagna elettorale, francamente, credo che sia durato veramente oltre ogni limite, adesso dobbiamo confrontarci. E noi ci stiamo, perché questo è quello che sentiamo, perché questo è quello che facciamo e perché, da sempre, siamo abituati a confrontarci con questo che è il tema centrale della politica nostra e del Paese e, cioè, il tema della crescita.

Siamo fermi a prospettive dell'1,2 rispetto a una media europea del 2,4. Questo è un dato. La sfida vera di questo Parlamento deve essere quella di crescere rispetto a quel dato. E siamo pronti a farlo insieme, se abbiamo la capacità di misurarci, non su slogan, ma su temi reali, concreti, quelli che ascoltiamo tutti i giorni nei nostri comuni e con la nostra gente. Non tutto subito, ma certamente qualcosa subito sì.

E il tema della pressione fiscale: è troppo alta la pressione fiscale. Noi abbiamo un socio di maggioranza; chiunque ha un'azienda, chiunque ha una partita IVA sa perfettamente che ha un socio di maggioranza che non solo a fine mese si prende molto di quello che ha prodotto (sicuramente si prende la fetta maggiore), ma è anche cattivo, perché quando ti viene a trovare ti fa chiudere, perché quando fa un'ispezione cerca il cavillo per cercare in tutti i modi di metterti in difficoltà. Questa oggi è la percezione dello Stato da parte della piccola e media impresa, dell'artigiano, del commerciante, dell'agricoltura.

Noi dovremmo essere così bravi da sovvertire questo approccio. La sfida è avvicinare lo Stato e il Governo alle aziende, tendere la mano e cercare di aiutarle nella soluzione dei loro grandi e piccoli problemi.

Nell'assestamento - mi auguro di sbagliare, lo ripeto, per evitare di essere nuovamente interrotto, ho fatto studi classici - mi sembra di avere letto che c'è un aumento delle spese per i ministeri. Questa potrebbe essere una notizia, che il Governo del cambiamento aumenta la spesa dei ministeri, anziché operare dei tagli.

Certo è che gli emendamenti che erano stati proposti da Fratelli d'Italia, molti anche in linea con la Lega e, quindi, il taglio delle somme destinate all'accoglienza, per incrementare lo stipendio di carabinieri e poliziotti, per cercare di aumentare gli investimenti per le carceri, per cercare di aumentare gli investimenti sul made in Italy, sono stati tutti bocciati. E di questo certamente ce ne dispiace.

Mi auguro che, da qui a breve, il Governo riesca a mettere in pratica la flat tax, soprattutto adesso - notizia di questi giorni - che il Ministro Di Maio ne ha imparato la pronuncia, perché in campagna elettorale la pronunciava “flop tax”. Probabilmente, non ne capiva o non ne conosceva perfettamente la dizione. Certo è che, se ha imparato a pronunciarla, non è ancora pienamente consapevole del significato, perché ho letto qualche giorno fa dalle agenzie che la flat tax proposta da Di Maio è a scaglioni. La flat tax è tassa piatta, è uno scaglione: non è possibile, è una contraddizione, farla in maniera progressiva.

A conclusione del mio intervento, come vede, Presidente, sono stato molto al di sotto del tempo concesso ma, ripeto, vengo da studi classici, e mi permetto di dare all'onorevole Castelli e ai rappresentanti della maggioranza un consiglio ossia che “il bilancio deve essere equilibrato e il tesoro ripianato e il debito pubblico ridotto, l'arroganza della burocrazia moderata e controllata e l'assistenza alle Nazioni estere tagliata per far sì che Roma non vada in bancarotta”, Cicerone (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pretto. Ne ha facoltà.

ERIK UMBERTO PRETTO (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, ci troviamo oggi in quest'Aula a esaminare forse l'ultimo provvedimento lasciatoci in eredità dal Governo precedente, il Rendiconto e l'Assestamento 2018 che, come ogni anno, il Parlamento è tenuto ad esaminare prima dell'avvio della sessione di bilancio. Per quanto attiene al Rendiconto, in particolare, si tratta in sostanza della fotografia della gestione di quanto fatto nell'ultimo anno e mi preme quindi sottolineare quanto ci sia da fare per mettere mano alla dura eredità derivante da cinque anni di amministrazione della sinistra. Innanzitutto, sul piano della finanza pubblica, sul rendiconto si legge che i dati riferiti all'ultimo esercizio concluso, resi noti dall'Istat, attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2017 pari in valore assoluto a meno 39.691 miliardi corrispondente al 2,3 per cento del PIL al netto degli interventi sul settore bancario. Infatti, al netto delle misure salva-banche, che, secondo le indicazioni del DEF, hanno avuto un valore pari allo 0,4 per cento del PIL, il deficit nel 2017 si è attestato in valore assoluto a meno 33.184 miliardi corrispondente all'1,9 per cento del PIL. Siamo quindi lontani dai dati del DEF 2018 in cui si prevedeva una riduzione del deficit all'1,6 per cento del PIL nel 2018. Eccone la prima sinistra eredità: la crisi bancaria e una serie di politiche di salvataggio messe in campo in anni di riforme sbagliate ed affrettate fatte forse più sulla necessità di fare favori a personalità vicine a qualcuno che per risanare veramente il sistema. Penso solo alla riforma del credito cooperativo che ha sconvolto la nostra rete mutualistica locale, accorpando in una maxi-holding una serie di piccole e medie banche di credito territoriali che, durante il periodo della crisi, hanno sostenuto quasi da sole il tessuto imprenditoriale italiano fatto di artigiani e produttori locali, sole come dicevo contro il credit crunch che non ha certo coinvolto i prestiti alle grandi SpA o alle mega holding multinazionali che, come è noto, non sono la spina dorsale del settore produttivo italiano. A proposito della contabilizzazione degli interventi a favore del sistema bancario, ricordo che la relazione al Parlamento presentata alle Camere in data 19 dicembre 2016, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, il Governo chiese l'autorizzazione ad emettere titoli di debito pubblico fino a un massimo di 20 miliardi di euro per l'anno 2017 per l'eventuale adozione di tali provvedimenti. La Nota di aggiornamento al DEF 2017 precisava che, trattandosi di partite finanziarie, si era ipotizzato un impatto nullo sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche. Al contrario, i senatori e deputati della Lega chiesero conto dell'effettiva non incidenza di tali interventi sul deficit come gli uffici tecnici della Commissione V della Camera che avevano evidenziato l'esigenza di ulteriori indagini in merito. Infatti, l'Istat, nella comunicazione diffusa il 4 aprile 2018, ha dato conto di alcune revisioni dei dati relativi all'indebitamento netto e al debito per il 2017 dovuto in larga parte all'inclusione nelle stime riferite a tali indicatori degli effetti delle operazioni riguardanti le banche in difficoltà. Tali revisioni sono per lo più ascrivibili alla decisione assunta da Eurostat nel parere pubblicato il 3 aprile 2018 che ha fornito indicazioni metodologiche circa il corretto trattamento contabile delle operazioni relative alle banche venete, attribuendo alle stesse un impatto non solo ai fini del fabbisogno ma anche dell'indebitamento netto. Dai dati forniti risulta quindi che le operazioni relative alle banche in difficoltà hanno determinato nel 2017 effetti anche sull'indebitamento netto per circa 6,3 miliardi.

Rispetto a questa dura realtà e a questa dura eredità i nostri primi interventi sono già arrivati. Nel “milleproroghe” sul credito cooperativo e sulle banche popolari abbiamo già iniziato a dare una prima risposta ai nostri concittadini. Da un lato, emaneremo le norme di attuazione per il Fondo di ristoro finanziario, perché è inutile fare le norme se poi esse non vengono messe in atto. Inoltre, abbiamo accelerato i rimborsi, prevedendo che i risparmiatori, già destinatari di pronuncia favorevole adottata dall'ACF, nonché i risparmiatori in cui i ricorsi, già presentati, saranno decisi con pronuncia favorevole entro il 30 novembre 2018 sempre dall'ACF possano avanzare istanza alla Consob al fine di ottenere tempestivamente l'erogazione dell'importo liquidato nella misura del 30 per cento e con limite massimo a 100.000 euro.

In secondo luogo, per il credito cooperativo abbiamo cercato di ridimensionare la riforma per fare in modo che le piccole realtà mutualistiche locali non siano fagocitate, cercando di tutelarle contro la sottesa volontà di trasformarle in una grande S.p.A. con possibilità di scalate purtroppo anche estere.

Per quanto riguarda infine la pressione fiscale, faccio una breve riflessione in aggiunta a quanto già affermato dalla collega Frassini. Essa è sicuramente ancora troppo alta se si vuole rilanciare il nostro Paese che sulla crescita è ancora fanalino di coda sia tra i Paesi fondatori dell'Unione europea che fra gli altri del blocco orientale. In ambito europeo, infatti, le imprese italiane sono tra quelle che versano di più nelle casse dello Stato dopo la Germania, che però conta una popolazione di circa 80 milioni di abitanti, e la Francia con circa 67 milioni di abitanti. Senza contare che la pressione fiscale grava sulle famiglie a fronte di servizi sociali ancora non certamente comparabili con il welfare State dei Paesi del Nord. Qualcuno dell'opposizione potrebbe sostenere che ora siamo noi al Governo e che ora siamo noi a essere magari causa di tale quadro non proprio confortante. Ebbene, ora noi siamo al Governo, certo, ma i problemi del Paese non risolti o addirittura causati in cinque anni di amministrazione di altri non si cancellano certamente con un colpo di spazzola in poco più di tre mesi. Le nostra risposte arriveranno presto. La sinistra ha fatto la voluntary disclosure, mentre noi faremo la pace fiscale; la sinistra ha aumentato gli accertamenti tributari per aumentare le entrate, noi faremo la flat tax; la sinistra ha appiattito il nostro sistema bancario, azzerando migliaia di risparmiatori, noi tuteleremo le banche di credito cooperativo e garantiremo i rimborsi a chi ha perso ormai la speranza per il futuro, perché la nostra idea di Stato è diversa: non si fonda sulla concezione parassitaria e paternalistica che altri si portano appresso ma sul principio del bene collettivo e della responsabilità anche etica che il governatore deve sempre prefiggersi.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 850-851-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, l'onorevole Marialuisa Faro.

Avverto che lei ha esaurito il tempo a sua disposizione. Tuttavia, se vuole, la Presidenza le concede due minuti per replicare, se intende farlo. Prendo atto che la relatrice rinunzia alla replica.

Prendo atto che il rappresentante del Governo, Viceministro Castelli, rinunzia alla replica e si riserva di intervenire nel corso della seduta di domani.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta la seduta.

Interventi di fine seduta (ore 17,34).

CARLO FATUZZO (FI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signora Presidente, con dispiacere intervengo in questa occasione a fine seduta perché devo e voglio ricordare la scomparsa di Luigi Ferone l'8 agosto scorso. Luigi Ferone dopo avere speso in tutta la tutta la sua vita al servizio dello Stato come ispettore di polizia, ha anche fondato il sindacato Li.si.po. e, negli ultimi sedici anni della sua vita, è stato vicesegretario nazionale del Partito Pensionati e consigliere regionale eletto nelle liste del Partito Pensionati nel Friuli-Venezia Giulia per due volte, per un totale di dieci anni. Lo ricordo molto volentieri perché si è dedicato ventiquattro ore su ventiquattro, in questi sedici anni, per la causa della assistenza dei pensionati cercando di portare conforto a chi soprattutto ha meno, sia che si tratti di anziani sia che si tratti di lavoratori sia che si tratti di giovani. Sono sicuro che avrà soddisfazione del fatto che riesco a ricordarlo in questa importante sede, sono sicuro, io credo, che lui ascolta, essendo io cattolico, sono sicuro che ascolterà queste parole e darà aiuto al sottoscritto perché possa continuare quello che lui ha iniziato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 18 settembre 2018 - Ore 11:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 16,30)

2. Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge:

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017. (C. 850)

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018. (C. 851-A)

Relatrice: FARO.

La seduta termina alle 17,35.