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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 38 di venerdì 3 agosto 2018

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA , Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Bitonci, Brescia, Buffagni, Castiello,  Cirielli, Colucci, Cominardi,   Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Durigon, Fantinati, Fioramonti, Galli, Gava, Gelmini, Grande, Guerini, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Micillo, Rixi, Ruocco, Carlo Sibilia, Spadafora e Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: S. 624 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, recante disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici (Approvato dal Senato) (A.C. 1004) (ore 10,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1004: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, recante disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1004)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Forza Italia-Berlusconi Presidente e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Eugenio Zoffili.

EUGENIO ZOFFILI, Relatore. Grazie, Presidente. Presidente e colleghi, sono particolarmente lieto di inaugurare il mio mandato parlamentare - questo, Presidente, è il mio primo intervento - assolvendo al ruolo di relatore su un provvedimento che, pur nell'essenzialità del suo articolato, fa parte integrante dell'azione politica del Governo in carica, che, se da un lato, si muove nel solco di accordi conclusi da Amministrazioni precedenti, dall'altro, si inserisce nel quadro geopolitico contemporaneo con modalità nuove, in discontinuità con il passato, soprattutto per quanto concerne il rapporto con i partner europei e, nello specifico, a salvaguardia dell'interesse nazionale italiano, senza per questo mettere in pericolo accordi internazionali in essere e mancare di rispetto ad altre entità statuali.

Intendo assolvere a tale incarico nella qualità di esponente di una forza politica, la Lega, che oggi esprime un Ministro dell'interno, Matteo Salvini, che ogni giorno dà prova di coraggio e di determinazione del tutto nuovi alla politica di questo Paese, per la soluzione di una questione oggi divenuta insostenibile sotto tutti i punti di vista, umanitario e sociale innanzitutto, per le persone coinvolte e per i cittadini del nostro Paese.

I risultati dell'azione del nuovo Esecutivo si vedono nei fatti, basti considerare il successo della missione del Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, a Washington, che ha costituito un'occasione per rinnovare i profondi e storici legami di amicizia tra il popolo statunitense e quello italiano, per rinsaldare una relazione fondamentale per la sicurezza e la stabilità internazionale nei principali teatri, quali il Mediterraneo, l'Iraq e l'Afghanistan, e per intensificare la cooperazione tra i due Paesi, nell'ottica della crescita economica di entrambi.

Quanto alla Libia, il risultato è di rilievo storico. L'amministrazione Trump ha accolto la proposta italiana di cabina di regia sulla Libia e sul Mediterraneo, riconoscendo all'Italia il ruolo regionale che le spetta.

Peraltro, ciò è dimostrato anche dai numeri, come riportato di recente in Senato dal Ministro dell'interno. Salvini, rispondendo a un'interrogazione a risposta immediata, ha esposto questi dati: ha riferito che, dal 1° giugno, data di insediamento di questo Governo, al 26 luglio sono sbarcati in Italia 4.500 immigrati; nello stesso periodo dell'anno scorso ne sbarcarono 34.200. Questi sono fatti reali e concreti e dipendono dall'azione e dall'impegno di questo Governo a proseguire su questa linea. Naturalmente, la Libia ha bisogno di mezzi e il Governo sta lavorando anche sull'ipotesi di invio di uomini per l'addestramento, per il supporto economico e il sostegno al presidio delle frontiere nord e sud, anche perché è necessario coinvolgere altri Paesi dell'area, come il Marocco, la Tunisia, l'Algeria e l'Egitto. Il fine ultimo è quello di limitare l'immigrazione clandestina e, una volta chiuso il flusso dell'immigrazione irregolare, tornare a parlare di immigrazione regolare, limitata e qualificata, che potrà essere un valore aggiunto per la nostra società, a differenza di quanto accaduto negli ultimi anni. Così il Ministro dell'interno.

Fondamentale è, in questo senso, il risultato conseguito nei giorni scorsi durante il Consiglio europeo del 28 giugno, rispetto alla riconsiderazione del mandato della missione EUNAVFOR MED, operazione Sofia, richiesta dal Governo italiano al fine di riequilibrare gli accordi raggiunti in passato tra un'Italia poco o nulla tutelata dai suoi governanti nelle sedi europee, con interlocutori europei sordi ad ogni richiamo, ad una vigilanza comune dei confini.

Il decreto-legge persegue queste finalità, incrementando per l'anno corrente la capacità operativa della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici, attraverso la cessione, a titolo gratuito, di dodici apposite unità navali italiane, nonché la fornitura delle risorse necessarie alla manutenzione di tali mezzi e lo svolgimento di specifiche attività addestrative e di formazione per il personale libico. La messa a disposizione di unità navali italiane alla Libia, della loro manutenzione e dello svolgimento di mirate attività addestrative non è nuova, essendo stata oggetto dei richiamati accordi bilaterali e di cooperazione tra i due Paesi sin dal 2009, nel quadro dell'attività volta al controllo ed alla sicurezza dei mari, nonché al contrasto dell'immigrazione irregolare e del traffico di esseri umani.

Tra gli accordi bilaterali sottoscritti in passato, da cui è derivata la sigla di specifici protocolli tecnico-operativi, anche con riferimento alle attività addestrative, richiamo il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, che è stato firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, i cui meccanismi di collaborazione le attuali autorità libiche intendono riattivare.

Sul merito degli specifici contenuti dell'articolato, il decreto-legge si compone di cinque articoli, che dispongono, rispettivamente, in ordine alla cessione di unità navali alla Libia (articolo 1), alle attività di manutenzione delle unità navali e alla formazione del personale (articolo 2) e all'utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto per il Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera (articolo 2-bis), alla copertura finanziaria (articolo 3) ed all'entrata in vigore del testo (articolo 4).

Più nel dettaglio, l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge dispone per le singole componenti delle Forze Armate e di Polizia la specifica autorizzazione alla cessione, a titolo gratuito, di dodici unità navali, nonché alla relativa autorizzazione di spesa. È previsto, in particolare, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze siano autorizzati alla cessione, a titolo gratuito, di dieci unità navali CP, Capitaneria di porto, classe 500, tra quelli in dotazione al Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera e di due unità navali da 27 metri, classe Corrubia, tra quelli in dotazione alla Guardia di finanza. La cessione avviene conformemente a specifiche intese con le autorità libiche e nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di sanzioni. Per il ripristino inefficienze e per il trasferimento delle unità navali dall'Italia alla Libia è autorizzata una spesa complessiva, per il 2018, di 1,15 milioni di euro.

L'articolo 2 del decreto-legge stabilisce, a sua volta, l'autorizzazione ad una spesa complessiva di 1,37 milioni di euro, fino al 31 dicembre 2018, per la manutenzione delle singole unità navali cedute e per lo svolgimento di attività addestrativa di formazione del personale della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici. L'articolo 2-bis, introdotto con emendamento del relatore e parere favorevole del Governo nel corso dell'esame presso l'Aula del Senato, dispone che, con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della Difesa, il Ministro dell'Interno, il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, e il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali e del turismo, da emanare sentito l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto siano disciplinate le modalità di utilizzo da parte del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera degli aeromobili a pilotaggio remoto, ai fini dell'attività di ricerca e soccorso di polizia marittima, nonché per l'espletamento dei compiti di istituto assegnati al Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera. All'attuazione di tale articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Gli oneri complessivi del provvedimento sono, dunque, quantificati in 2,52 milioni di euro per il 2018, alla cui copertura l'articolo 3 provvede mediante una corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali, della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo utilizzando accantonamenti relativi al Ministero dell'interno, a quello delle infrastrutture e dei trasporti e a quello degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Mi preme, infine, segnalare, Presidente, che sul provvedimento si sono espresse favorevolmente le Commissioni Affari costituzionali, Difesa, Bilancio, Finanze, Trasporti, Politiche dell'Unione europea ed il Comitato per la legislazione.

Confido in una rapida approvazione, in via definitiva, di questo provvedimento, che testimonia il cambiamento di prospettiva geopolitica che il nuovo Governo sta imprimendo al delicatissimo dossier della gestione dei flussi migratori e di quello di stabilizzazione istituzionale libico.

Ho concluso, sono a disposizione, Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, onorevole Molteni, si riserva di intervenire nel prosieguo.

È iscritto a parlare l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

GUIDO CROSETTO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, questo tema, al di là della cessione di unità navali a supporto della Guardia costiera libica, è un tema di grandissimo interesse e di grandissima attualità, perché riguarda uno dei temi fondamentali per il futuro del nostro Paese, cioè il rapporto con l'Africa, il rapporto con il Nord Africa e la collocazione internazionale dell'Italia. Per cui, dietro un gesto che può sembrare un gesto di supporto soltanto alla lotta all'immigrazione, c'è qualcosa di più ampio, c'è la visione che l'Italia ha del suo ruolo, nel Mediterraneo e nel mondo.

Io trovo che sia stato importante e fondamentale il passaggio del Primo Ministro Conte negli Stati Uniti, perché se è vero il messaggio che ci è pervenuto, è una rivoluzione a trecentosessanta gradi di quello che stava accadendo nel Mediterraneo e che vorrei ricordare. Noi eravamo il principale partner economico della Libia, lo eravamo fino al giorno in cui la Francia, in accordo col Governo inglese, puntando sulla remissione «clintoniana» degli americani, decise di attaccare la Libia, per eliminare Gheddafi.

Io c'ero, ricoprivo l'incarico di sottosegretario alla difesa, quindi non un incarico particolarmente rilevante, ma cercai in tutti i modi, anche esponendomi pubblicamente, anche prendendo posizioni che non spettano a un sottosegretario, di spiegare che quella guerra era una guerra sostanzialmente contro l'Italia, contro gli interessi italiani e sarebbe stata un disastro, come conseguenze, per il nostro Paese.

Così, purtroppo, è stato, lo è stato dal punto di vista dell'immigrazione, perché è mancato il controllo che, comunque, il Governo Gheddafi faceva del passaggio su quel territorio ed ha aperto una via, tra virgolette, di comunicazione tra la povertà africana e l'Italia; ha reso povero un Paese che era il più ricco dell'Africa, con oltre 11 mila dollari di reddito pro capite ai tempi di Gheddafi; ha indebolito l'Italia dal punto di vista delle ricchezze naturali di cui noi eravamo entrati, non dico in possesso, ma il 70 per cento del nostro fabbisogno di petrolio arrivava dalla Libia, oggi, ne arriva al 26, il resto è diventato francese o inglese o è mancato. Sono cessati tutti i rapporti economici con la Libia, rapporti di costruzione, rapporti che prevedevano lo sviluppo di quel Paese, rapporti che ci davano, attraverso, la Libia, un peso in tutto il Nord Africa e, attraverso il Nord Africa, nell'Africa, che è il continente su cui si giocherà molto di questo secolo, un continente che, lo ricordo a tutti, pezzo per pezzo, nell'indifferenza occidentale viene comprato ogni giorno dai cinesi. Infatti, basta girare e uscire dai nostri confini e girare per l'Africa per accorgersi che una potenza mondiale si sta muovendo su quel territorio, nell'indifferenza dell'Occidente, comprando pezzi di nazioni, cacciando le popolazioni e trasferendo cinesi; e quelle popolazioni, cacciate dai pochi luoghi di ricchezza, si riversano verso la speranza, l'unica che interpretano come tale, che è l'Europa.

Allora, dietro la Libia, dietro l'Africa c'è un discorso più ampio, che va anche al di là dell'immigrazione, anche al di là dell'atto che approviamo, oggi; è la piccola punta dell'iceberg di qualcosa di molto più grande che noi dovremmo discutere in quest'Aula e fuori da quest'Aula, per cercare di capire quale deve essere il nostro ruolo.

Per questo ritengo importante il passaggio del presidente Conte con Trump, perché dare all'Italia la possibilità di ricostruire, insieme ai partner internazionali, una Libia democratica, una Libia che finisca questa guerra tra bande, che era logica ed era prevedibile prima della guerra a Gheddafi, che cerchi di trovare una soluzione democratica a questa crisi, beh, è sicuramente un punto fondamentale e noi, forse, siamo il Paese che, più di altri, può guidare questo tentativo di ricostruzione democratica della Libia.

Va da sé che, attraverso questo passaggio, diminuirà il problema dell'immigrazione; va da sé che, attraverso questo passaggio, riprenderà la possibilità di fare del Nord Africa quello che era una volta, cioè un elemento di stabilità nelle difficoltà africane, un luogo in cui iniziare a ricostruire una ricchezza africana che l'Occidente deve iniziare a pensare di costruire.

Noi non potremo mai combattere l'immigrazione pensando di poterla combattere soltanto con la lotta alle partenze; noi dobbiamo iniziare a pensare di ricostruire, di costruire nell'Africa la possibilità di una ricchezza, di una vita, del fatto che le popolazioni non partano. E questo parte dall'Occidente che ha sempre sfruttato quel continente, che non l'ha mai visto come un continente che potesse crescere.

Allora, in questo ruolo, in questa visione, l'Italia può avere un ruolo fondamentale, non soltanto per necessità, ma anche perché è più credibile di altri Paesi in quel continente, perché il nostro rapporto con quel continente non è mai stato un rapporto predatorio, ma un rapporto biunivoco. L'Italia, anche se abbiamo avuto nella nostra storia pagine di cui dobbiamo vergognarci, ha comunque avuto un rapporto di rispetto, verso quelle popolazioni. L'Italia ha investito, l'Italia ha dato, non ha soltanto portato via.

Ma, oggi, qui, parliamo della cessione di unità navali a supporto della Guardia costiera libica e noi, come Fratelli Italia, come sapete, abbiamo su questo punto una posizione nostra.

Noi pensiamo che debba essere messa in campo anche la forza navale italiana, in questa lotta; Giorgia Meloni lo chiama blocco navale; blocco navale è un termine che normalmente è utilizzato come atto di guerra ostile verso una nazione, chiaramente, nell'accezione in cui viene usato da Fratelli d'Italia, la valenza non è quella ostile, ma è un blocco navale in cooperazione con le autorità libiche. Secondo noi, questo dovrebbe essere il successivo passaggio, anzi, noi vorremmo che il nostro rapporto con le autorità libiche passasse anche attraverso il tentativo di dire: vi supportiamo noi nelle vostre acque territoriali, che è un passaggio fondamentale; è un passaggio fondamentale, perché, certo, sono importanti 12 unità navali in più, ma, essendo un fenomeno amplissimo, il tentativo di non farli partire o di fermarli immediatamente partiti non è non è possibile che sia lasciato soltanto nelle mani di una disorganizzatissima, possiamo dirlo in quest'Aula, milizia libica, sia navale sia della Guardia costiera.

Per cui, probabilmente, l'aiuto, che può essere all'inizio un “blocco navale”, nell'accezione di cui parlavo prima, ripeto, italiano o europeo, è il passaggio successivo, che non è l'ultimo e non può essere definitivo, perché il definitivo è quello terrestre, cioè il tentativo di fermare la partenza, il tentativo di costruire luoghi di accoglienza là, non lager, ma luoghi di accoglienza, dove si possa discernere tra le persone che partono perché impossibilitate a stare nel loro Paese a causa della guerra o di persecuzioni, dalle persone che partono alla ricerca di una speranza.

È la costruzione di luoghi per curare là le persone che partono per non morire. È un percorso più ampio che noi adesso affrontiamo per necessità interna, ma che dobbiamo affrontare pensando a un orizzonte di dieci, venti, trent'anni. D'altronde, le responsabilità di un Governo, la responsabilità della politica non sono quelle che si esauriscono in una settimana, sono quelle che sanno pensare con una prospettiva più ampia.

Allora, l'Africa, attraverso la Libia, è il nostro nuovo orizzonte. Lo è per la nostra sicurezza, lo è per la costruzione della nostra economia. Noi abbiamo sempre pensato di poter vivere servendo o facendo da industria manifatturiera alla grande Germania, o penetrando nei mercati internazionali contrapponendoci alla Cina, e stiamo perdendo di vista le capacità e le potenzialità che invece il continente africano, che, ricordo, oggi ha 1 miliardo 200 milioni di persone (e nelle previsioni di 2 miliardi 400 milioni), ha: una rilevanza nel mondo di cui non ci siamo ancora accorti. Noi stiamo parlando di togliere le barriere tra noi e gli Stati Uniti e di creare un mercato di 850-900 milioni di persone - stiamo pensando di fare questo, nel futuro - e tutti i giorni ci dimentichiamo di guardare che sotto di noi ci sono 1 miliardo 200 milioni di persone che hanno solo la possibilità di crescere, e che, se aiutate a crescere, possono costituire un elemento di forza per l'Europa, che riacquisterebbe una centralità che adesso demograficamente ha perso a vantaggio dell'Oriente, perché basta sommare Cina ed India per capire quant'è la nostra insignificanza in questo mondo; ma essa potrebbe essere riportata da questa parte dell'Atlantico se si fa crescere in modo organico, se si fa crescere, come la dignità richiederebbe, il continente africano, e si decide che sul continente africano è necessaria una politica dell'Europa e dell'Occidente.

Questo è un passaggio solo italiano, è un passaggio di rapporto con uno Stato difficile: ogni visita che si fa in Libia è una visita al 50 per cento a Tripoli e al 50 per cento a Bengasi, fin quando non avremo risolto la situazione; per non parlare di un terzo Paese, che è il Paese a sud, che è incontrollato sia da Bengasi che da Tripoli. Perché non esiste la Libia che ci raccontano i giornali, esiste la Libia che c'è sempre stata, e che solo Gheddafi era uscito a unificare mettendo assieme gli interessi di oltre 150 tribù, che si odiano, si combattono, fanno la pace alternandola alla guerra da oltre cent'anni e che non saremo noi a rimettere insieme. Noi possiamo cercare di trovare meccanismi di costruzione democratica, ma che passano attraverso, innanzitutto, la capacità dei libici di dare risposte che sono di sicurezza a quelli che poi dovranno costituire il nerbo per la costruzione del nuovo Stato libico. Ma noi, attraverso questo atto simbolico - perché stiamo parlando di una cooperazione internazionale che vale 2 milioni e mezzo di euro, stiamo parlando di briciole - iniziamo un percorso che deve essere molto più ampio, che non può fermarsi a 2 milioni e mezzo. Quando si vuole avere peso internazionale, occorre investire nel peso internazionale. Non si hanno ruoli internazionali gratis; non si ha peso internazionale gratis. Si ha peso internazionale quando si decide di averlo, quando si investe. E quando si parla di Paesi più poveri del nostro, come la Libia o il Nord Africa, se noi abbiamo come prospettiva quello di far crescere, anche per la nostra sicurezza, quei Paesi, dobbiamo investire in quei Paesi. Capisco che sia difficile spiegare ai nostri cittadini che la nostra sicurezza passa attraverso il fatto che parte dei loro soldi, di quelli che ci affidano, debba essere vista e utilizzata anche in altri Paesi, ma è necessario farlo.

Noi non possiamo vivere in una scatola chiusa che sia inattaccabile a ciò che succede fuori di noi. Anzi, la nostra vita quotidiana, e tutto ciò che vivremo sempre di più in futuro dipende da quello che succede fuori dai confini nazionali. Il nostro confronto è con l'esterno. Ne abbiamo parlato ieri, quando parlavamo di imprese: non puoi pensare a una tassazione in Italia se non pensi a quello che succede fuori, perché si sposteranno fuori, quelli che si sentono “sovrattassati” in Italia. E non puoi pensare a una sicurezza italiana, non puoi pensare a una crescita italiana se non fai crescere quelli che sono i nostri vicini primi, cioè il Nord dell'Africa. Allora, è un passo fondamentale, questo, intanto un passo per la sicurezza, ma che deve essere, secondo noi, secondo Fratelli d'Italia, uno dei primi passi. Come ho detto prima, propedeutico a un blocco navale per fermare un problema che non è italiano, è un problema europeo; ma poi, successivamente, pensare a una cooperazione internazionale a guida italiana che parta dalla Libia e parli d'Africa, perché è il passaggio fondamentale per la costruzione di un futuro sereno - e non parlo dei prossimi venti, ma dei prossimi cinquant'anni - per tutta l'Europa e per l'Occidente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Siracusano. Ne ha facoltà.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli sottosegretari, siamo consapevoli dell'urgenza di dare maggiore forza agli accordi bilaterali che oggi intercorrono con i Paesi del continente africano, in particolar modo con la Libia, insieme alla quale è essenziale proseguire nella direzione di una cooperazione che sia funzionale ad affrontare la grave situazione in essere. Pensiamo al controllo e alla sicurezza dei mari, al contrasto dei flussi migratori e al traffico di esseri umani. Dare risposta a questa condizione è ciò che, in coerenza con il percorso sempre seguito da Forza Italia e dal nostro leader Silvio Berlusconi, ci conduce a sostenere il disegno di legge in esame, finalizzato ad incrementare la capacità operativa della Guardia costiera del Ministero della Difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'Interno libici, attraverso la cessione a titolo gratuito di dodici apposite unità navali italiane, insieme alla fornitura delle risorse necessarie alla manutenzione di tali mezzi e allo svolgimento di specifiche attività addestrative e di formazione per il personale libico.

Un intervento mirato a sostenere concretamente uno Stato amico che si è letteralmente ritrovato fagocitato da una spirale drammatica, che, se non risolta, rischia di trasformarsi in un vero e proprio buco nero dal quale non si torna; un buco nero nel quale rischiamo di precipitare anche noi insieme agli altri Paesi del Mediterraneo, che stanno toccando con mano, chi più chi meno, gli effetti devastanti dell'instabilità politica che insiste in Libia, uno Stato che annaspa, sopravvive barcamenandosi tra governance opposte e contrastanti, macroregioni nemiche, tribù in lotta tra loro e l'assenza di una guida forte, come invece aveva saputo essere Gheddafi.

Abbiamo visto come la situazione è precipitata; abbiamo assistito all'esplosione del fenomeno dell'ISIS senza poter contare su alleati che, al di là del mare che ci separa dall'Africa, sapessero e potessero fare da argine, guidare la lotta al terrorismo che nessun precedente ha mai avuto. In questi giorni il demone del terrorismo jihadista torna a deflagrare in casa nostra con la notizia della detenzione del nostro connazionale Alessandro Sandrini, che presumibilmente è detenuto da due anni, così come racconta nel video diffuso dai webmedia nelle scorse ore. Su lui e su un altro italiano disperso, Sergio Zanotti, sarebbe quantomeno opportuno che il Ministero degli esteri riferisse in questa sede. Ciò a cui assistiamo è il frutto di scellerate decisioni della comunità internazionale, troppo spesso rea di essere stata troppo sorda, distratta, inadeguata o, quel che è peggio, boriosa per ammettere che andasse mantenuto un equilibrio esistente, e che sdoganarlo in assenza di un piano B che fosse efficace sarebbe stato deleterio. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Il genocidio - perché così va chiamato - che si sta perpetrando da anni e che ha trasformato il nostro mare in un cimitero sommerso, si sarebbe potuta evitare? Sì, si sarebbe potuto evitare, ne siamo certi. Basta guardare i numeri e lasciar parlare loro. Nel 2010, sono sbarcati in Italia 4.406 persone. Nella primavera 2017, ad esempio, in un solo weekend, sono sbarcate in Italia 5.028 persone, di più che nell'intero 2010. I dati sono forniti dal Viminale, verificabili e certificati dal Ministero.

A fronte di questi, è possibile, responsabilmente. Abbiamo il dovere di seguire una strada che inverta la rotta degli ultimi anni. Il rafforzamento della collaborazione bilaterale con la Libia costituisce un primo essenziale step per riequilibrare la situazione in essere tanto in Italia quanto nel continente africano. Siamo consapevoli che non si tratti di una novità per il nostro Paese che in un passato non lontano ha lavorato in modo certosino e attento in materia di politica estera, sviluppando rapporti con la Libia in grado di garantire nel Mediterraneo, oggi teatro di drammi umanitari, una pace e una stabilità che sono ormai solo uno sbiadito ricordo. Di quel Trattato di amicizia voluto dal nostro Presidente Silvio Berlusconi, sottoscritto a Bengasi nel 2008, rimangono oggi solo rimpianti, persino quelli taciti di un'Europa che si è resa consapevolmente complice di una condizione di subbuglio e caos nella quale dalla caduta di Gheddafi è piombata una nazione intera, con ricadute tragiche sull'intera area settentrionale del continente africano e sui Paesi del Mediterraneo. In molti tra i sostenitori della prima ora di quella Primavera Araba hanno dovuto fare i conti con la realtà a posteriori, concordando sull'impressionante danno che la perdita di stabilità della Libia ha cagionato, con il beneplacito dei Paesi che ne sono stati indirettamente colpevoli, e, quindi, ad ammettere l'errore. Nell'odierna battaglia al terrorismo e al traffico di stupefacenti e alla tratta umana a cui assistiamo con frequenza ormai costante, abbiamo il dovere di intervenire riprendendo le redini di un rapporto avviato dal Governo Berlusconi. Diventa così essenziale correre ai ripari realizzando un vero e proprio Piano Marshall per l'Africa di cui questi accordi bilaterali non possono che essere solo uno dei primari aspetti. In coerenza con quanto da sempre sostenuto, Forza Italia crede fondamentale un intervento che parta dal controllo delle frontiere terrestri libiche da affidare a società italiane. Oggi vogliamo e possiamo dare un ulteriore contributo fattivo: implementare la capacità operativa della Guardia costiera del Ministero della Difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'Interno libici cedendo unità navali, risorse e strumenti e stare a fianco della Libia per addestrare e formare il proprio personale: un lavoro destinato ad implementare la sicurezza della navigazione del Mediterraneo, a tenere sotto controllo e arginare le attuali dinamiche del fenomeno migratorio, contrastando il traffico di uomini e donne e salvaguardando la vita umana in mare; un principio non negoziabile fondato sul valore più importante, la sacralità della vita. E crediamo ci sia poco da opinare al riguardo. Siamo dunque chiamati a ribadire l'impegno dell'Italia per il potenziamento degli strumenti operativi a disposizione di Tripoli, atti ad esercitare la sua autorità statuale nel controllo delle acque antistanti la costa libica. Ciò si richiede allo scopo di rafforzare gli accordi di collaborazione già sottoscritti. È chiaro che tale impegno andrà concretizzato in tempi rapidi per fornire il prima possibile strumenti operativi alla Libia. Forza Italia ha votato in Senato in favore del provvedimento e non ha presentato emendamenti in Aula: è senz'altro pleonastico ribadire il nostro accoglimento alla proposta di tendere una mano allo Stato africano, tanto più considerato che tale processo di sostengo ha avuto origine proprio quando eravamo noi al Governo, un sostegno da fornire chiaramente al Governo di unità nazionale guidato dal Al Sarraj, unico interlocutore riconosciuto dalle Nazioni Unite come legittimo nella contesa che ancora insiste tra Tripoli e Tobruch. Restituiamo all'Italia quel ruolo di mediatrice, di trait d'union che le sono state proprie per lungo tempo grazie alla capacità del Presidente Berlusconi di rivestire il ruolo strategico di rappacificatore, intermediario e moderatore. Lo insegna bene l'immagine della stretta di mano tra Putin e Bush a Pratica di Mare. Consentiamo al nostro Paese di avere il ruolo strategico e portante che solo l'Italia può attualmente vantare. Scusiamoci idealmente con chi ha subito le scelte folli di chi ha giocato a scacchi con il futuro di una nazione complicata come la Libia nella quale continuiamo ad assistere ad una guerra intestina lacerante. Personalmente rivolgo il mio plauso a quel Governo che, negli anni 2000, aveva ben compreso il ruolo fondamentale che un rapporto bilaterale chiaro avrebbe comportato. La politica è fatta di scelte spesso complicate ma anche della capacità di saper essere lungimiranti e avere un quadro globale delle vicende che caratterizzano il mondo dentro e fuori dalla porta di casa nostra. Il Governo Berlusconi lo ha sempre avuto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Coin. Ne ha facoltà.

DIMITRI COIN (LEGA). Buongiorno, Presidente e buongiorno a tutti i colleghi onorevoli qui presenti. Anzitutto come prima osservazione condivido perfettamente quanto detto nell'analisi fatta dall'onorevole Crosetto, perché ritengo che tutta l'operazione che andremo a normare - iniziamo il percorso, l'iter alla Camera per la cessione di navi dallo Stato italiano al Ministero della difesa libico - vada contestualizzata nel quadro più generale di quelli che sono stati e che sono gli accadimenti che hanno coinvolto il Nord Africa, tutta la destabilizzazione del Nord Africa, l'intervento francese, gli interessi economici, la Cina che spinge da un'altra parte e il fenomeno delle persone che vengono spinte ad andarsene dall'Africa, che vengono spinte per destabilizzare probabilmente anche a livello economico il nostro Paese e per lasciare campo aperto agli interessi di altri Paesi, in particolare gli interessi della Francia nel nord dell'Africa e per mettere in difficoltà prima di tutto l'Italia, che è il primo Paese ad cadere in difficoltà. L'Italia è un Paese che fa concorrenza alla Germania dal punto di vista della manifattura a livello internazionale. È un Paese che con il Nord dell'Africa e in particolare con la Libia ha sempre avuto rapporti internazionali importanti: probabilmente i libici preferiscono l'Italia come partner commerciale ai francesi. Noi oggi iniziamo l'iter alla Camera per la cessione di dodici imbarcazioni che serviranno per il controllo della navigazione nel Mediterraneo e per la tutela della vita umana. Infatti, purtroppo molte di tali persone effettivamente sono profughi e la Lega non ha mai detto che ai profughi non deve essere riconosciuto il diritto di asilo riconosciuto dalle convenzioni internazionali. Però gli altri, i migranti economici - mi ha colpito l'affermazione che ha fatto Tony Iwobi al Senato - non devono morire in mare. Bisogna sensibilizzare gli Stati di partenza affinché tali persone rimangano nei loro Stati e dobbiamo far di tutto per incentivare che ciò accada. Sono alla prima esperienza qui alla Camera e devo dire che la realtà che si vive qui dentro è troppe volte diversa da quella che viene trasmessa all'esterno: all'esterno sembra che la situazione sia completamente diversa. Qua ragioniamo, cerchiamo di affrontare le situazioni e i problemi, poi è chiaro che le necessità anche elettorali fanno sì che vengano trasmesse all'esterno realtà che magari non sono tali.

Ho sentito in Commissione che il Governo non rispetta le convenzioni internazionali, che Matteo Salvini, Ministro dell'Interno, sta andando nella direzione che è contraria alle convenzioni internazionali. Credo che tentare di salvare vite umane, mettendo a disposizione risorse del Governo italiano e dello Stato italiano non sia andare contro le convenzioni internazionali, perché le convenzioni internazionali puntano alla salvaguardia delle vite umane. Bisogna rendere la Libia un porto sicuro dove tali persone possano approdare e vengano gestite anche in sicurezza. Credo che di menzogna si muoia. Muore un Paese, muore la sua civiltà: di questo l'Italia sta morendo. È un traffico di esseri umani che viene chiamato fenomeno migratorio. Parlavamo prima di finanza ed economia, un potente finanziere internazionale euro-americano che finanzia questa operazione dice testualmente che “le ONG nel Mediterraneo vanno alla ricerca di carne umana da importare in Europa”. C'è il problema della popolazione che invecchia in Italia. I problemi sono tanti. I pensatori dell'INPS dicono che, se non ci fossero gli immigrati, non ci sarebbero risorse per pagare le pensioni ai nostri giovani che probabilmente magari non le vedranno ma non le vedranno per scellerate scelte economiche e finanziarie dei Governi degli ultimi lustri, di tutti.

Solo menzogne e la dimostrazione che il provvedimento che stiamo per adottare, provvedimento che va nella direzione di fornire del materiale tecnologico, delle imbarcazioni che già dai registri italiani era stato deciso, alcune di queste, di radiare. Questo decreto conta e fa la conta anche delle risorse economiche e delle coperture finanziarie che servono. Vengono individuati i modi di trasferimento di queste imbarcazioni, alcune delle quali possono andare navigando, altre dovranno venire caricate, perché il dislocamento di queste non è fatto per la navigazione d'altura. E, quindi, l'Italia sta facendo questo sacrificio.

Ritornando sul tema della comunicazione e della grande responsabilità che abbiamo noi, in questo Parlamento, in questa Camera dei deputati, che è quella di fornire le informazioni corrette all'esterno e di non fomentare, specie su argomenti delicati come questo, una cattiva informazione, perché alla fine, poi, la gente reagisce e le percepisce in modo sbagliato, Matteo Salvini, in queste settimane, è stato accusato da tutto il sistema massmediatico, abbiamo visto giornali anche vicini alla Chiesa cattolica, di fomentare l'odio razziale, di voler calpestare i diritti umani e le convenzioni internazionali, di generare sentimenti xenofobi e di fascismo. E, scusatemi, ma poi scopriamo, dagli stessi mass media, che le uova razziste volano per mano mancina. Questa è materia delle forze dell'ordine e noi la lasciamo alle forze dell'ordine, ma ricordo quanto detto prima, che di menzogna si muore, e noi, in quest'Aula, abbiamo davvero la responsabilità, quando siamo fuori, di comunicare le cose in modo corretto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, noi, oggi, trattiamo della conversione in legge del decreto-legge recante disposizioni riguardanti la cessione di unità navali a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici. Vorrei partire da qui, nella nostra riflessione.

All'articolo 1, in particolare, si dice che è autorizzata, conformemente a specifiche intese con le competenti autorità dello Stato della Libia, la cessione a titolo gratuito di queste navi. La prima domanda che rivolgo al Governo è molto semplice: a quale entità statuale ci si riferisce? Infatti, oggi - è un dato acclarato - in Libia ci sono due Stati, tre Parlamenti e centinaia di milizie.

Se, poi, si fa riferimento al memorandum di intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo e del contrasto all'immigrazione illegale sottoscritto nel 2017 dall'Italia con il presidente del consiglio presidenziale al-Sarraj, c'è da domandarsi se in questo momento noi stiamo cedendo e a chi stiamo cedendo queste unità navali. Oggi non c'è un'unica Guardia costiera in Libia, lo sappiamo: sono due, se non tre. E sulla Guardia costiera, ci torneremo dopo, ci sono molti elementi di criticità.

Guardate, non si tratta di essere buonisti, ma di essere, soprattutto in una sede come questa, rispettosi degli accordi internazionali sui diritti dei rifugiati, dei richiedenti asilo e, in generale, ovviamente, rispettosi di un principio di umanità. Allora, partendo, anche qui, da un dato oggettivo: se l'attività a cui dovrebbero contribuire queste navi è quella del controllo dell'attività clandestina, dei cosiddetti mercanti di morte e dei criminali che si occupano di tratta di esseri umani, non saremmo qui a fare l'intervento che sto facendo. È evidente che questi sono dei nemici da combattere senza pietà. Il problema è che cosa succede nella realtà, cioè dove porta, in questo momento, la Guardia costiera i migranti che vengono recuperati nelle acque libiche? Questo è il punto. Ad oggi, di centri per i rifugiati ce n'è uno in costruzione, dell'UNHCR, per 160 posti, nove o dieci sono visitabili dall'UNHCR, gli altri no. E che cosa avviene in questi luoghi è una di quelle ferite nella coscienza internazionale che dobbiamo sentire fortemente nostra. Sono luoghi in cui ci sono torture, e non è retorica assimilarli a veri e propri campi di concentramento. Questo è il punto: noi stiamo dando, oggi, un sostegno a una delle entità statuali libiche, per bloccare e recuperare i migranti sui barconi e riportarli in quelli che sono i campi di concentramento di questo secolo. Questo è il punto.

L'altro elemento che vorrei ricordare, e mi spiace che il collega della Lega si sia assentato, perché lui ha detto una cosa che condivido, il nostro obiettivo è la tutela della vita umana, ci mancherebbe ancora che ci esercitassimo nel contrario, ma va ricordato in questa sede che la Libia non riconosce nemmeno la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. E, in questo contesto, è d'obbligo ricordare la decisione recente del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che ha sanzionato sei trafficanti di uomini libici, tra cui proprio l'ex capo della Guardia costiera al-Milad. I rapporti dell'ONU, quindi non la stampa buonista, lo accusano infatti di “avere sparato sui barconi dei migranti per affondarli”, aggredendoli in mare, vendendoli ai miliziani che controllano i centri di detenzione. Un individuo che, al pari di questo Governo, ha mostrato una profonda avversione per le ONG, definito come braccio di servizi segreti stranieri.

Come voi sapete, c'è stato un episodio che ha visto come protagonista Open Arms, una ONG spagnola, nelle cui navi era presente il nostro collega Erasmo Palazzotto: l'episodio noto al grande pubblico come quello di Josefa, cioè il ritrovamento di un relitto di un barcone in cui c'erano, oltre a Josefa, salva per miracolo, un'altra donna e un bambino. E, nonostante il tentativo di depistaggio, che è stato avvallato, spero non in cattiva fede, anche dal Ministero dell'interno, è del tutto evidente che quel relitto è stato reso tale da un intervento della Guardia costiera, che è intervenuta, ha fatto salire a bordo le persone che sono volute ritornare, sapendo dove andavano, e, con ogni probabilità, invece, quelle due donne e quel bambino sono stati lasciati su quel relitto. E se non fosse arrivata la nave di soccorso di Open Arms, oggi allungherebbero il lungo elenco di migliaia di morti che giacciono sui fondali del Mar Mediterraneo.

Noi vi chiediamo di fermarvi, di fermarvi. Può essere giusta la strategia di rafforzamento di un rapporto con la Libia per le ragioni che sono state espresse, devo dire anche e largamente condivisibili, dal collega Crosetto, e non ci ritorno su questo, perché vorrei rimanere al merito del provvedimento e arrivare al secondo punto, su cui noi abbiamo una responsabilità, perché, se noi cediamo le navi con questi obiettivi, dobbiamo avere una certezza, per rispettare gli accordi internazionali e non rimanere complici, in realtà. Di che cosa? La Libia non è un porto sicuro, in questo momento; non lo è ai sensi della Convenzione di Amburgo del 1979. E questo non lo diciamo noi, non lo dicono i buonisti: è stato confermato da recenti pronunciamenti dei giudici di Ragusa e di Palermo, e dichiarato così dall'ONU e dalla Commissione europea.

Detto in altri termini, oggi riportare in Libia – e vedremo anche cosa dirà la magistratura rispetto alla vicenda della nave italiana Asso 28 – rappresenta una violazione dell'articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sul non respingimento. Questo articolo dice testualmente che nessuno Stato contraente - e noi siamo contraenti, la Libia no, ma noi sì - espellerà o respingerà in qualsiasi modo un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. Mi rivolgo al rappresentante del Governo, e le chiedo se, in coscienza, noi possiamo dire che oggi la Libia è un porto sicuro, se oggi un rifugiato riportato nei confini della Libia possa essere considerato al sicuro; e la risposta di tutti i soggetti internazionali preposti è univoca, non è interpretabile: è no.

Dovremmo ricordare – lo vorrei fare in questa sede – che il 23 febbraio 2012 la Corte europea dei diritti umani condannò all'unanimità l'Italia per violazione proprio di questo principio, a causa delle politiche di respingimento adoperate nel Mar Mediterraneo tra il 2008 e il 2011, in quanto i migranti respinti venivano poi sottoposti ad incarcerazione, torture e trattamenti inumani e degradanti nel Paese terzo di partenza, ovvero la Libia. Stiamo tornando lì? Lo pongo come punto di domanda. Diventiamo complici di una violazione dell'articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951? Allo stato attuale la risposta è: sì. Mi si dimostri il contrario, ci si dimostri il contrario.

Non possiamo, quindi, oggi chiudere gli occhi su quello che è successo, quello che sta capitando ogni giorno in quei territori. Noi non ce la sentiamo. Presenteremo anche un ordine del giorno in cui vi chiediamo di sospendere l'efficacia di questo decreto-legge fino a quando la Libia non possa essere considerata da noi, in maniera inequivocabile, un porto sicuro: prima di allora, noi non intendiamo renderci complici, e chiediamo al Governo italiano di non essere complice di una violazione dei trattati internazionali. Non possiamo farlo per la nostra storia, per la nostra cultura, e se mi è consentito per la nostra coscienza.

Anche su questo ha ragione il collega della Lega: bisogna provare ad usare parole di verità, che, devo dire, nei tweet, nei post, nelle dirette Facebook del Ministro dell'interno spesso non vediamo. Vediamo parole di propaganda; e in questa sede, nella sede della rappresentanza del popolo, diciamo con chiarezza al Ministro dell'interno che si ricordi di essere Ministro dell'interno, a tutela dell'incolumità e dell'ordine pubblico di tutti: perché quei post, quelle dirette Facebook, quelle espressioni che possono essere discutibili, ma ci stanno in un dibattito democratico, sono quelle del segretario di un partito, di uno dei partiti della maggioranza, ma lui è anche Ministro, è Ministro dell'interno.

Concludo quindi ricordando, rispetto a una campagna che è alimentata in questi mesi, che ha fatto parte di questa campagna elettorale e che dovrebbe finire, che in fondo il tema non è quello di immigrati legali o irregolari; il tema è quello che, in buona sostanza - estremizzo, ma questo è il percepito dell'opinione pubblica, o di parte dell'opinione pubblica -, in fondo, se non ci fossero sarebbe meglio, perché rubano il posto agli italiani.

In questa sede vorrei ricordare a tutti noi e a me stesso che oggi vivono in Italia 6 milioni di immigrati legali, una parte dei quali regolarizzati, e quindi in una prima fase non entrati regolarmente in Italia – la più grande regolarizzazione è stata fatta sotto i Governi del centrodestra, giusto per ricordare –, che oggi producono l'8 per cento del Prodotto interno lordo e sono contributori netti dell'INPS.

Ripartiamo, quindi. Accetto la sfida del collega della Lega sulle parole della verità e sulla tutela della vita umana, e per queste ragioni, chiediamo al Governo, chiediamo al Ministro dell'interno, chiediamo al MoVimento 5 Stelle, che è il partito più rappresentato in questo Parlamento, di fermarsi: fermiamoci. Fermiamoci di fronte a questa scelta, non diventiamo complici.

Poi, c'è un tema più generale, avremo tempo di riparlarne: i temi sulle politiche migratorie, sui flussi, sull'Africa, le questioni che sono state ricordate. Ma oggi abbiamo di fronte questo provvedimento, non altro; e di fronte a questo provvedimento, lo ripeterò fino alla noia, noi vi chiediamo di fermarvi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO (PD). Presidente, come già è stato detto in alcuni degli interventi precedenti, il problema non sono le motovedette in sé, nel senso che la cessione, a titolo gratuito, di 10 motovedette e di altre 2 unità militari, che sono oggetto del decreto-legge e sono state illustrate dal relatore – che ringrazio – è un atto che può trovare facilmente il consenso di tutti, in quanto la fornitura di queste motovedette è finalizzata a un miglioramento dell'attività di pattugliamento nel mare da parte della Guardia costiera libica, e quindi a un'azione che contrasti il traffico illegale dei migranti. Però, come è già stato detto negli interventi che si sono fin qui susseguiti, in realtà, questa cessione si colloca dentro uno scenario, che è lo scenario mediterraneo e migratorio, che richiede una riflessione, perché qualsiasi atto in sé ha un valore, poi va sempre letto dentro uno scenario più ampio.

Diceva un mio professore di liceo: conta il testo, ma conta anche il contesto, e in questo caso, appunto, oltre che il testo conta il contesto.

Io porrò soprattutto delle domande, perché dico subito che l'atteggiamento di voto che noi assumeremo su questo decreto-legge non dipende tanto dalla cessione delle motovedette, su cui, ho già detto, non abbiamo ovviamente alcun dissenso. Anche perché questa cessione si radica, come è stato detto dallo stesso sottosegretario Molteni in Commissione esteri, sul memorandum sottoscritto da Gentiloni e da al-Serraj nel febbraio 2017, e quindi è una misura applicativa di intese pregresse. Il punto è capire questo atto in che scenario si collochi e in che strategia si collochi.

Intanto, noi siamo a pochi giorni da un viaggio impegnativo del Presidente del Consiglio Conte negli Stati Uniti. Uno degli oggetti fondamentali, sulla base delle comunicazioni che sono state date via stampa, sarebbe un'intesa tra gli Stati Uniti e il Governo italiano, che riconosce all'Italia un ruolo di leader nella gestione del dossier libico. Bene, è una cosa naturalmente che non possiamo che condividere; si tratta di capire cosa significa essere leader nella gestione. E, quindi, una prima domanda che pongo, e su cui credo che sia necessario, probabilmente non più entro la sessione che si chiuderà nei prossimi giorni, ma certamente all'inizio di settembre, che il Governo riferisca alle Camere, è in che modo intende dare corso a questo ruolo di leadership nella crisi libica e che cosa significa, dal punto di vista delle scelte, questo passo. Anche perché sappiamo che questo scacchiere è uno scacchiere criticissimo, dove si muovono molte cose, a partire dalla delicata questione del rapporto con le tante autorità che esercitano una funzione sul territorio libico.

L'Italia giustamente riconosce il Governo Serraj perché è quello internazionalmente riconosciuto, ma sappiamo benissimo che vi è una parte, la Cirenaica, controllata dal generale Haftar. Sappiamo che ci sono altri territori del sud della Libia dove, diciamo, l'autorità del Governo di Serraj non arriva e ci sono potentati locali. Quindi, che cosa significa, appunto, esercitare un ruolo di leadership nel momento in cui il quadro degli interlocutori è così complesso e così frammentato? E come intendiamo muoverci? Così come qual è l'atteggiamento italiano rispetto alla sollecitazione, che viene soprattutto dal Presidente Macron e dal Governo francese, di andare rapidamente a delle elezioni? La cosa, naturalmente, va valutata in relazione al contesto e alle condizioni di sicurezza e di praticabilità di un passaggio elettorale che, se dovesse fallire, aggraverebbe ulteriormente la instabilità e la criticità della situazione. Quindi, intanto ci sono queste questioni che io credo debbano essere chiarite. Non so se saranno chiarite entro martedì, però devono essere chiarite dal Governo perché qui si tratta, appunto, di scelte strategiche fondamentali della politica estera del nostro Paese.

Lego a questo, altre questioni. C'è stato un Consiglio europeo qualche settimana fa. Il Governo c'è andato con una piattaforma di dieci punti, illustrata qui dal Presidente del Consiglio. C'è una dichiarazione finale che - basta leggerla - annacqua molto il valore di quella piattaforma, perché è tutta, diciamo, condita di condizionali: “bisognerebbe”, “sarebbe”, “si farà”, “vedremo”, e quindi annacqua molto il valore di quella piattaforma. In ogni caso, a questo punto noi siamo interessati a capire su quei punti come si procederà.

Poi veniamo alle modifiche al Regolamento di Dublino. In quella dichiarazione è certo che lo si può fare soltanto su base volontaria e consensuale. Ho l'impressione che, se si fa solo su base consensuale e volontaria, il Regolamento di Dublino non cambierà. Poi c'è il Governo comunitario delle frontiere esterne e anche su questo si dice che “si verificherà la possibilità”. A che punto siamo? Sul diritto di asilo continuiamo ad avere un trattamento non omogeneo nella gestione del diritto di asilo tra i 28 Paesi dell'Unione. Sulle politiche di ricollocazione il documento approvato dal Consiglio europeo ancora una volta affida alla volontarietà la ricollocazione. A che punto siamo? La ricollocazione dei famosi profughi e migranti che sono arrivati la scorsa settimana e su cui alcuni Paesi hanno dichiarato disponibilità ad accoglierli, a 50 più o meno e se non ricordo male, a testa, a che punto è? Lo si sta facendo? Non lo si sta facendo? Perché c'è una coltre di silenzio su tutto questo. Non c'è un accordo sui movimenti interni, cosiddetti “secondari”.

Insomma, io penso che sia necessaria una verifica perché, a nostro avviso, si sta dimostrando che un'esibizione di muscoli, battere i pugni sul tavolo e fare la faccia feroce può mediaticamente far fare qualche titolo sul giornale, ma dal punto di vista della capacità di acquisire risultati con i nostri alleati e con i nostri interlocutori in sede europea per ora siamo a zero. E, quindi, visto che il Governo qui si è impegnato fortemente nell'avanzare una piattaforma e nell'acquisire risultati e anche di ritorno da quel Consiglio il Presidente del Consiglio, Conte, ha magnificato i risultati che, secondo me, appunto, non meritavano di essere così magnificati, ma siccome io penso comunque, come diceva Shakespeare, che Bruto è un uomo d'onore, mi aspetto che il Presidente del Consiglio Conte venga a dirci su quei punti che cosa ci sta facendo e come si sta procedendo.

La terza questione è già stata posta e questo si connette di più alla questione delle motovedette e, cioè, cosa succede nel mare? L'emergenza non c'è, ma non c'è non perché è diventato Ministro Salvini, ma non c'è da almeno un anno e mezzo e lo dicono le cifre. Nel 2016 sono sbarcati sulle nostre coste 116.000 persone, mentre nel 2017 ne sono sbarcate 19.000. Quindi, è già cambiato. Lo dice il Ministero dell'interno. Ho preso queste cifre che sono sul sito del Ministero dell'interno. Quindi, l'emergenza si è già fortemente ridotta e continua a ridursi. E, allora, non c'è un'emergenza, così come viene evocata drammaticamente tutti i giorni agli italiani, ma un'emergenza c'è. Sono diminuiti gli arrivi e sono aumentati i morti e io credo che questa sia una questione che noi non possiamo non vedere.

E la politica di chiusura dei porti o di minaccia di chiusura dei porti, la politica di aggressione mediatica e non soltanto mediatica verso chi opera nel Mediterraneo per soccorrere profughi che sono a rischio della vita ha prodotto dei risultati drammatici e sta producendo dei risultati drammatici, di cui le cronache sono piene. Allora, io credo che anche su questo occorra una verifica per capire cosa vogliamo fare, perché credo che stiamo perseguendo una linea di criminalizzazione di tutte le organizzazioni non governative, di tutto l'associazionismo internazionale, di tutti coloro che prestano un'azione di aiuto ai profughi e ciò sta producendo delle conseguenze molto negative e catastrofiche, mettendo in pericolo di vita le persone. Quindi, io penso che anche su questo occorra che ci sia una verifica.

Si sono attivati dall'anno scorso corridoi umanitari con la gestione dell'UNHCR e dello OIM. Andiamo avanti sulla strada dei corridoi umanitari, che è il modo per fare arrivare profughi in questo caso e non migranti economici senza metterli nelle mani dei mercanti di uomini? Anche questa è una questione su cui bisognerebbe pensare. E, ancora, cosa succede nei campi? Perché bisogna che stiano lì. Io non ripeto le cose che ha detto l'onorevole Fornaro. Ci sono i rapporti dell'UNHCR, ci sono i rapporti delle organizzazioni internazionali dei migranti, agenzie che rispondono direttamente alle Nazioni Unite e che danno un quadro assolutamente critico della situazione nei campi dove l'UNHCR e l'OIM hanno difficoltà ad accedere - accedono soltanto ad alcuni ed è già stato detto (nove o dieci) -, dove si sta realizzando la possibilità di avere una presenza diretta dell'UNHCR in uno e in tutti gli altri, che sono sotto il controllo soltanto delle autorità libiche noi non sappiamo cosa succede o, meglio, lo sappiamo perché i rapporti sono drammatici. Allora, nel momento in cui noi diamo delle motovedette, io credo che vi sia il problema di porre alle autorità libiche due questioni, cioè sollecitarli a sottoscrivere la convenzione di Ginevra, che è l'atto fondamentale di attuazione di rispetto dei diritti umani che viene riconosciuto dalla comunità internazionale, e un accordo con l'UNHCR e l'OIM perché i campi siano gestiti insieme e secondo standard delle agenzie dell'ONU. Io credo che questa sia una richiesta che deve essere fatta e non può non essere posta sul tavolo delle autorità libiche evitando di credere che si possa risolvere il problema con vicende come quella dell'Asso 28 che è al limite del rispetto del diritto internazionale, al limite. Quindi, anche questo io credo che vada visto.

Quindi, come vedete le questioni sono molte e a queste questioni noi ci attendiamo che vengano date delle risposte dal Governo e in parte io mi auguro che siano già date di qui al momento del voto su questo decreto. Riteniamo che risposte di natura più strategica generale richiedano che il Governo venga a riferire alle Camere, soprattutto dopo il Consiglio europeo e dopo il viaggio del Presidente del Consiglio negli Stati Uniti, ma è necessario che ci sia una verifica perché non c'è dubbio che quel dossier è un dossier strategico e fondamentale per noi e per l'Europa e la strategia che si attua ha bisogno di essere verificata.

Voglio, infine, affrontare altre due questioni. È stato fatto qui riferimento all'Africa. Condivido quello che ha detto Crosetto e che hanno detto altri. Do delle cifre che credo siano utili al dibattito di oggi e nel prosieguo, cifre demografiche: vivono in Africa, in questo momento, un miliardo 250 milioni di persone; saranno 2 miliardi 500 milioni nel 2050, che è domani mattina; saranno 4 miliardi alla fine di questo secolo, su una popolazione mondiale di 11 miliardi. L'Africa, di qui a fine secolo, avrà il 40 per cento della popolazione mondiale. La Nigeria diventerà, con 600 milioni di abitanti, il terzo Paese più popoloso del continente. È chiarissimo a tutti che il destino di 4 miliardi di persone non può essere affidato ai flussi migratori e questo è del tutto evidente.

E, quindi, dire che dobbiamo creare le condizioni perché la gente possa vivere meglio lì è giusto, ma ad una condizione: che si sia poi coerenti dal punto di vista concreto. Siccome tra qualche settimana noi discuteremo qui la legge di bilancio di questo Paese, la coerenza con questo assunto - “bisogna farli stare meglio lì” - significa che non possiamo mettere due briciole simboliche in termini finanziari sul prossimo bilancio per il sostegno allo sviluppo dell'Africa. Bisognerà mettere a disposizione cospicue risorse, noi e gli altri Paesi europei, se vogliamo dare corso a una strategia che crei, lì, le condizioni favorevoli a una vita più dignitosa, che non spinga a cercare dignità di vita altrove.

Infine, io credo che bisogna anche dirci parole chiare su come gestiamo i flussi migratori e su che cos'è il fenomeno migratorio oggi in Italia. Perché noi abbiamo l'8 per cento della popolazione costituita da stranieri, rispetto ad altri Paesi europei molto meno. La stragrande maggioranza di questi stranieri sono integrati regolarmente nella nostra società. Certo, c'è una quota minima, che, come dire, ha la responsabilità di atti di illegalità, come c'è una quota minima della popolazione italiana che compie atti di illegalità. Da questo punto di vista, chi compie atti di illegalità va perseguito, qualsiasi sia il colore della sua pelle, punto e finito, non è che possiamo fare delle distinzioni.

Quello che non possiamo continuare ad accettare è l'evocazione continua dell'Italia come un Paese invaso o un Paese assediato, come un Paese a rischio, perché non è così! E guardate che continuare a evocare questa cosa ha delle conseguenze. Stanotte sono avvenuti altri due episodi, di cui le agenzie danno notizia, di aggressione a dei cittadini con la pelle nera vicino a Pistoia e a Napoli. Allora, io sono una persona responsabile, mi guardo bene dal dire che Salvini sia responsabile della sparatoria, perché è evidente che è una stupidaggine. Ci sono, però, degli atti che si compiono in un clima e in un contesto, non vale solo il testo, vale il contesto anche nella drammaticità di questi eventi. E allora chi ha una responsabilità pubblica, come chi siede in quest'Aula, come chi siede al Governo, come il Ministro dell'Interno, ha il dovere di misurare le parole, ha il dovere di avere degli atteggiamenti responsabili, ha il dovere di assumere atteggiamenti che non possono fornire, anche solo indirettamente, alibi o motivazioni a chi voglia compiere degli atti irresponsabili. E io credo che questo vada finalmente detto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), nel senso che è necessario che ci sia un'assunzione di responsabilità.

Infine, voglio dire ancora una cosa e poi finisco davvero: attenzione a questa frase “prima gli italiani”, non perché non ne capisca il senso, ne capisco bene il senso, e di più. Siccome, con il fenomeno migratorio ci misuriamo tutti, sappiamo qual è il problema: sempre un fenomeno migratorio desta inquietudine, paura, insicurezza, no? Perché quando tu vedi arrivare nella tua casa, nel tuo condominio, nella tua città, delle persone che parlano un'altra lingua, pregano un altro Dio, mangiano delle altre cose, hanno altre abitudini, il primo atteggiamento istintivo non è l'accoglienza, è umano, sono le mani avanti, è la paura, è l'ansia, è stato sempre così, non è solo in Italia oggi così. Io sono nato e vissuto e vivo a Torino, una città che in vent'anni ha raddoppiato la sua popolazione passando da 600 mila a 1 milione e 200 mila abitanti tra il 1950 e il 1970. Oggi siamo tutti torinesi e non c'è più nessun problema, perché siamo già alla quarta generazione, ma mi ricordo quando iniziò questo fenomeno e quali problemi si manifestarono. Quindi so benissimo che l'immigrazione suscita paura, preoccupazione, ansia e so bene anche qual è la preoccupazione soprattutto negli strati più umili della popolazione, e cioè di veder ridotte le loro opportunità o i loro diritti a vantaggio di immigrati. E quindi io sono consapevole che, ogni volta che mettiamo in campo una politica di integrazione, dobbiamo fare in modo di farlo in modo tale che un italiano non pensi che stiamo sottraendogli qualcosa, è chiaro che è così.

Quindi ci rendiamo tutti conto della complessità, però attenzione: il Ministro Salvini ha giurato sulla Costituzione. La Costituzione ha un articolo, che è l'articolo 3. L'articolo 3 dice che i cittadini che vivono in questo Paese sono uguali, senza distinzione di razza, di religione, di appartenenza etnica, culturale, di sesso. Quindi, “prima gli italiani”: capisco il senso e ho detto anche cosa, secondo me, significa, ma attenzione perché poi noi siamo responsabili verso tutti coloro che vivono in questo nostro Paese, che siano cittadini o che non lo siano. Essere responsabili significa applicare le leggi e l'applicazione delle leggi parte dall'articolo 3 della Costituzione, che riconosce l'uguaglianza dei diritti, e dei doveri naturalmente, di tutti coloro che vivono nel nostro Paese.

Sono queste le ragioni per cui non ci attendiamo dal Governo, prima che si arrivi al voto, delle risposte e delle chiarificazioni, e sulla base di questo naturalmente valuteremo anche come esprimerci in sede di voto sul decreto, fermo restando che non è in discussione la cessione delle motovedette, ma che i problemi che si pongono sono problemi più generali, di natura strategica, che richiedono di essere chiariti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, io spero e auspico davvero che l'esame di questo provvedimento e il dibattito consentano a questa Assemblea di approfondire e mettere in luce tutti gli aspetti e i profili - e ce ne sono molti davvero critici - in questo atto del Governo. Credo che il Parlamento non possa e non debba sottrarsi a questo compito, a partire dai profili di legittimità costituzionale e di conformità al diritto internazionale, e su questi torneremo lunedì proprio esaminando la pregiudiziale di costituzionalità che ho ritenuto di dover presentare.

Da una parte, il fatto stesso che questa discussione sia stata calendarizzata in un venerdì mattina, dopo tre giornate di intenso lavoro parlamentare, che si sono concluse poche ore fa con l'approvazione in prima lettura del decreto, può far temere che vi sia una volontà un po' sbrigativa, vista anche la modalità con cui si sono tenuti i lavori delle Commissioni relativamente a questo provvedimento. Io credo, invece, che questo provvedimento meriti la massima attenzione e la centralità del Parlamento, che più volte il Presidente Fico ha ricordato, si fa vivere in questo modo, altrimenti resta una evocazione.

Noi qui parliamo, sì, della cessione di dodici motovedette, parliamo in realtà di quello che avviene nel mar Mediterraneo, parliamo del salvataggio in mare e del ruolo che ha nel salvataggio in mare la Guardia costiera italiana - le ONG che operavano missioni di ricerca e salvataggio fino a poco tempo fa e ora sempre di meno possono farlo - e del ruolo che ha la Guardia costiera libica.

Diciamo due cose chiarissime, intanto. La prima: il salvataggio della vita in mare è un obbligo di legge. La seconda: in termini tecnico-giuridici, il salvataggio termina quando la persona che è in pericolo di vita viene condotta in un posto sicuro. Cominciamo ad usare le corrette definizioni. Si parla di porto sicuro: ora, un porto sicuro non significa un luogo dove ci sia una banchina stabile a cui attraccare un'imbarcazione; è il posto sicuro quello che conta, cioè un luogo nel quale si riportano delle persone salvate in mare e in quel luogo queste persone non devono temere per la propria incolumità, per la propria vita e per la tutela dei propri diritti fondamentali. Questo è, in termini giuridici, quello che vincola il nostro Paese.

È stata ricostruita dal relatore la linea, diciamo così, di continuità rispetto al Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia del 2008, il successivo Protocollo aggiuntivo, che già aveva previsto la cessione di quattro unità navali, che furono consegnate tra il 2009 e il 2010; il memorandum di intesa sulla cooperazione successivamente siglato dal Presidente del Consiglio presidenziale libico, Sarraj e dal Presidente del Consiglio, Gentiloni. Ora, il Governo decreta di dover dare altre 12 imbarcazioni.

Io credo che non sia serio il dibattito, e non sia rispettoso della sede in cui avviene, se questi 3 o 4 articoli molto semplici, queste 3 o 4 paginette di questo decreto restano fatte fluttuare nell'aria e non si contestualizzano, come ci invitava a fare il collega Fassino. Arrivano qui un venerdì 3 agosto e, in maniera sbrigativa, si dice: beh, sono 12 motovedette, cosa c'è? Ebbene, intanto c'è un problema che è stato già sollevato ed è il problema dell'interlocutore istituzionale; a chi diamo queste motovedette? In Libia non c'è uno Stato, quello che c'è è molto lontano dalle strutture istituzionali proprie di uno Stato, un Consiglio presidenziale separato da un Parlamento, più una serie di altre entità tribali o familiari, non due Governi, ma nessun Governo, nessuna entità ha un potere effettivo, riconosciuto e legittimato. Con questo provvedimento si intende rafforzare la Guardia costiera di uno Stato che non esiste.

Prendo in prestito, molto volentieri, le parole di Mario Giro, in un'intervista di pochi giorni fa, già Viceministro agli Esteri del Governo Gentiloni: “In Libia non c'è lo Stato, non ha senso continuare a parlare di Libia come se fosse uno Stato di diritto. La Libia non esiste. Da più di un anno e mezzo si è interrotto ogni sforzo politico per accompagnare i libici a una soluzione politica della loro divisione, considerandoli poi nostri collaboratori nell'ossessione migratoria, ma diventando di fatto loro ostaggi. Finché in Libia non ci sarà una pace vera non potrà essere considerata un partner. Ci sono 150 milizie che si spartiscono il territorio e anche quando era un Paese unitario non aveva firmato la Convenzione di Ginevra. Di fatto, stiamo negoziando con delle fazioni”.

Poi l'Alto commissario ONU per i diritti umani, a novembre 2017: “È letteralmente disumana la cooperazione UE-Libia. La comunità internazionale non può continuare a chiudere gli occhi e sostenere che la situazione non può essere risolta che migliorando le condizioni di detenzione”. L'Alto Commissario peri i diritti umani ci parla di una situazione in Libia non riformabile. Quello è un sistema di detenzione, di tortura, perché per come si è strutturato va combattuto e chiuso; non è possibile riformarlo e ci dice che il nostro sistema, il loro, dell'ONU, di sorveglianza evidenzia, nei fatti, un rapido deterioramento della situazione. Più recentemente ad aprile esce il rapporto dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite con riferimento alla popolazione civile libica; uomini, donne e bambini, in Libia, sono detenuti in modo arbitrario, parliamo dei cittadini libici, privati della libertà a seconda dell'appartenenza tribale, delle relazioni familiari e delle presunte affiliazioni politiche. Le vittime non hanno alcuna possibilità di ricorrere a strumenti legali, mentre i gruppi armati godono di una impunità totale. Invece di mettere a freno i gruppi armati, riconducendone i membri sotto l'autorità dello Stato e le strutture di controllo, le amministrazioni libiche hanno fatto affidamento a questi gruppi in maniera crescente per quanto riguarda le funzioni relative all'autorità giudiziaria, inclusi gli arresti e le detenzioni, mettendole a libro paga e fornendo attrezzature e uniformi.

Capiamo, ora, quanto sia pericolosa, dannosa una strategia volta a rafforzare non si capisce bene cosa? Tutti noi siamo convinti che la Libia debba avere un apparato di sicurezza, un apparato di sicurezza efficiente, ma che cosa stiamo andando a rafforzare con queste dodici motovedette? Il punto è che, per i libici, dopo più di quarant'anni di regime di Gheddafi e altri anni di guerra, le condizioni nel loro Paese - per i libici, figuriamoci per i migranti - stanno diventando sempre più insostenibili: c'è il crollo del potere d'acquisto, un'inflazione spaventosa; questo è il contesto, la fila di persone davanti alle banche per provare a ritirare il proprio denaro, la crisi dell'industria petrolifera, il livello di corruzione di quel poco di apparati pubblici che esistono è strutturale e dilagante. La possibilità, per i cittadini libici, di lasciare il Paese è limitatissima; per richiedere e ottenere un passaporto devono pagare migliaia di dollari per corrompere i funzionari pubblici e attendere anni e, probabilmente, quel passaporto e quel visto non arriveranno mai.

La Guardia costiera libica che si troverà a bordo delle motovedette che il Governo italiano gli darà e incontrerà anche i cittadini libici, perché cominciano ad aumentare i cittadini libici che provano a fuggire da quel Paese, come li tratterà, con gli strumenti che noi abbiamo dato? Io potrei rispondere alla domanda: che cosa noi stiamo rafforzando, conferendo questi assetti navali, con una mia esperienza personale; ho partecipato a una missione di salvataggio di una ONG e ho visto operare la Guardia costiera libica nelle acque internazionali, comportandosi come dei pirati! In acque internazionali si comportano come dei pirati, con imbarcazioni date dal Governo italiano.

Ma, siccome non credo di convincere tutta quest'Aula con la mia testimonianza e la mia esperienza personale, riporto le parole di un ammiraglio della Guardia costiera italiana, della nostra Guardia costiera, che dice, in un'intervista del 13 luglio scorso a Il Sole 24 Ore: I porti libici non sono considerabili porti sicuri, la Libia fra l'altro non ha sottoscritto la Convenzione di Amburgo. Domanda: ammiraglio, che cos'è la Guardia costiera libica? Risposta: non c'è chiarezza, quando l'Italia cede motovedette alla “Guardia costiera libica” - tra virgolette - e quando si vedono le foto dei marinai libici, a quale organizzazione militare o paramilitare ci si riferisce - dice l'ammiraglio della nostra Guardia costiera - sono organismi neutrali oppure sono strumenti armati dei trafficanti di schiavi? C'è una Guardia costiera di Misurata, una Guardia costiera della Tripolitania, probabilmente una diversa Guardia costiera libica di Zuara.

Questa consapevolezza non può non entrare nel nostro dibattito, colleghi. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU, lo ricordava prima il collega Fornaro, ha sanzionato sei individui che gestiscono i traffici di esseri umani in Libia; è la prima volta che le Nazioni Unite impongono misure restrittive nei confronti di persone coinvolte in tali affari in Libia. L'inchiesta è partita da un reportage della CNN, nella quale si mostrava la vendita di schiavi. Questo accade oggi in Libia, colleghi, c'è la schiavitù, è tornata la schiavitù; si comprano e si vendono le persone, uomini, donne, bambini, minori; si comprano e si portano a lavorare nei campi o nei cantieri, finché resistono fisicamente.

Ora, penso che se vogliamo davvero fare un ragionamento di contesto dobbiamo riflettere sul fatto che la politica estera degli ultimi anni, nei confronti della Libia, ha fallito, che non c'è stata alcuna stabilizzazione, che non è in corso alcuna transizione verso nulla che possa assomigliare a un ordinamento e a delle istituzioni vagamente democratiche.

Non possiamo non tenerne conto nel momento in cui dobbiamo decidere se approvare, se convertire o meno un provvedimento del genere. Il Parlamento non può chiudersi gli occhi, tapparsi le orecchie e anche la bocca in merito all'obiettivo, allo scopo con cui saranno utilizzate queste motovedette. Queste motovedette saranno utilizzate per fare dei respingimenti per interposta persona; è l'obiettivo dichiarato, non c'è scritto nel decreto, ma è l'obiettivo dichiarato ed è il modus operandi della Guardia costiera libica. Facciamo anche rapidamente un piccolo approfondimento sulle caratteristiche tecniche di questi assetti navali che noi andiamo o dovremmo andare a regalare a questa entità indefinita, che è la Guardia costiera libica: 12 imbarcazioni, 10 Classe 500; le Classi 500 sono imbarcazioni da dieci metri.

Da noi, in Italia, vengono usate per la sorveglianza nelle aree marine protette; sono molto piccole, tre persone di equipaggio ci stanno sopra, non hanno spazio per accogliere altre persone. Immaginate voi una scena di un salvataggio in cui in mare ci sono 100-150-200 persone, e arriva una motovedetta Classe 500: chi la usa sa che anche il movimento di una delle tre persone di equipaggio provoca uno sbandamento dell'imbarcazione. Di cosa stiamo parlando? Un ufficiale della Guardia costiera, interpellato, ha risposto: soccorso con le 500? Meglio un pedalò. Davvero, tecnicamente è meglio un pedalò, perché è più basso e c'è più spazio per mettere le persone. Poi, ci sono le altre due unità navali, quelle simili a quelle già cedute alla Libia, quelle da 27 metri: in questo caso basta ritornare a quanto accaduto il 6 novembre 2017, in un'operazione in cui la Guardia costiera libica è intervenuta con quella tipologia di imbarcazioni e ha causato 50 dispersi. Resta tragicamente memorabile la registrazione radio dell'elicottero della Marina italiana che dice ai libici: fermatevi, vi prego, state uccidendo delle persone.

Queste non sono unità navali adatte al soccorso in mare, soprattutto se si crede di poter fare soccorso in mare come lo fa la Guardia costiera libica: senza giubbotti di salvataggio. È incredibile, si dice che si vanno a salvare le persone in mare e non hanno un giubbotto di salvataggio a bordo. Ma hanno, spesso e volentieri, delle armi. L'errore di fondo è quello di vedere la Libia con un'ottica europea, dopo quarant'anni di regime di Gheddafi e cinque anni di sistema delle milizie. L'Italia e l'Europa hanno cercato un interlocutore in grado di dare risposte sull'unica questione che interessava il dibattito politico italiano ed europeo e la dinamica del consenso in questo dibattito; purtroppo, non c'è alcuno - o per fortuna, per altri versi - di quegli interlocutori in Libia che sia in grado di garantire quello che garantiva Gheddafi. In molti casi, quindi, è stata rafforzata e favorita la parte peggiore dei poteri libici, solo perché ci si è illusi che potesse dare delle risposte sul terreno del contenimento dei flussi. La verità è che in questo momento non si può chiedere a un Paese in quelle condizioni di farsi carico di un problema umanitario di questa portata, quando la loro priorità è, ogni giorno di più, la fame. In Libia si sta sviluppando un traffico, un mercato nero degli alimenti sussidiati. C'è la fame. C'è il tentativo di fuga, ogni giorno di più, da parte dei libici.

Allora, concludo auspicando che questo fine settimana, questa pausa dei lavori, consenta una riflessione approfondita, a tutti i colleghi, a tutti i gruppi, e magari consenta di giungere a un voto di quest'Assemblea un po' diverso rispetto a quello che è stato il voto in prima lettura al Senato.

Voglio ora anche lanciare, di nuovo, un appello al Presidente Fico, ai presidenti della I Commissione, Affari costituzionali, e della Commissione Affari esteri, perché autorizzino e consentano rapidamente una missione parlamentare in Libia, una missione vera, una missione formale, perché se ci si dice che con questo Paese si possono avere questi rapporti, beh, allora sarà anche consentito a dei parlamentari, con una missione formale, andare a verificare quali sono gli effetti di queste politiche.

Concludo dicendo che mi colpirono molto, un anno fa, le parole del Ministro Minniti, quando, rispetto all'emergenza che in quel momento si sosteneva di vivere, dell'aumento dei flussi migratori, ci disse che temeva un rischio di tenuta democratica per il Paese. Credo che questo Parlamento debba riflettere seriamente e approfonditamente se il rischio reale per la tenuta democratica delle nostre istituzioni non si concretizzi sempre di più approvando provvedimenti come quello che oggi è in discussione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Emiliozzi. Ne ha facoltà.

MIRELLA EMILIOZZI (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, il mio intervento vuole entrare nel merito degli obiettivi politici profondi del provvedimento in discussione.

Sfido chiunque a sostenere che in quest'Aula ci sia qualcuno contrario alla difesa dei diritti umani e alla tutela della dignità della persona. Anzi, ho la certezza che nessuno dei presenti abbia l'intenzione di avallare provvedimenti che vadano a pregiudicare i diritti umani e la dignità delle persone, siano esse in Italia, in Libia o in qualunque altra parte del mondo. La dignità della persona umana non può essere, però, il monopolio di una retorica di parte. Oggi la Libia - ribadisco - versa in queste drammatiche condizioni a causa di una guerra infame, scatenata nel 2011. Una guerra mediaticamente legittimata - sembrerebbe paradossale - proprio attraverso la pretesa di difendere i diritti umani della popolazione libica. E se guardiamo ai conflitti scatenati negli ultimi decenni, scopriamo che, anche lì, paradossalmente, la propaganda di guerra ha fatto uso e abuso della medesima retorica dei diritti umani. Per questa considerazione, forse sarebbe il caso di fermarsi a riflettere sull'uso strumentale di tale retorica.

Mi preme ricordare che l'Italia è da anni impegnata nello sforzo politico e diplomatico di agevolare un processo di pacificazione e stabilizzazione della Libia. L'impegno del nostro Paese si ricollega a un debito passato che l'Italia ha nei confronti della Libia, debito che si è accresciuto quando l'Italia è rimasta a guardare mentre altri Paesi, nel 2011, muovevano guerra a Tripoli, invece di mettersi di traverso per impedire che un Paese sovrano venisse bombardato, in barba alle più elementari norme del diritto internazionale.

Il MoVimento 5 Stelle ha da sempre agito in difesa del rispetto dei diritti umani. A mio modesto parere - e spero sia opinione condivisa dai presenti -, la tutela dei diritti umani e della dignità della persona è strettamente connessa alla stabilità politica e all'esistenza di un'entità statuale. È l'esistenza di uno Stato che può garantire la sicurezza dei suoi cittadini e il rispetto delle regole di convivenza, mentre è il caos che favorisce le peggiori violazioni dei diritti umani. È nelle zone di caos che i diritti umani e la dignità delle persone corrono il serio rischio di essere gravemente pregiudicati; è nelle zone di caos che prevale la legge del più forte, ed è la frammentazione dell'autorità politica e istituzionale che caratterizza le zone di caos. In Libia abbiamo tutto questo: abbiamo frammentazione delle autorità, zone di caos, zone in cui vige la legge del più forte.

Ribadisco, in termini politici, l'alternativa al caos è la presenza di un'organizzazione statale. Dunque, se abbiamo realmente a cuore i diritti umani e la dignità delle persone, non possiamo che attivarci in ogni sede possibile e con ogni provvedimento possibile affinché la Libia possa tornare a dotarsi di uno Stato sovrano e indipendente. Questo è lo spirito del provvedimento in oggetto, il quale costituisce naturalmente un primo passo. Quindi, il decreto di cui stiamo discutendo rappresenta solo un primo importante tassello in questa direzione. L'obiettivo del decreto è quello di fornire al Governo di Tripoli strumenti basilari per la costruzione di uno Stato sovrano e indipendente, e i mezzi navali sono uno degli strumenti imprescindibili per garantire il controllo di un territorio che ha quasi 1.800 chilometri di costa, perché il controllo del territorio è un presupposto fondamentale per qualsiasi Stato.

A chi accusa al Governo italiano di fornire strumenti e mezzi a chi, volontariamente o meno, viola i diritti umani, ricordo che il Governo di Accordo nazionale della Libia, con sede a Tripoli e presieduto da Fayez Al Sarraj è il Governo riconosciuto dalle Nazioni Unite, dalla Lega araba, dall'Unione europea da gran parte della comunità internazionale, dall'attuale Governo italiano e anche dai precedenti.

Siamo perfettamente consci del fatto che la condizione attuale della Libia richieda un atteggiamento di forte attenzione, tuttavia l'Italia non può prescindere dall'interloquire con la legittima entità statuale libica. Non può esimersi dal fare di tutto per rafforzare la cooperazione con gli interlocutori libici che da anni sono stati riconosciuti in sede ONU. L'Italia con il Governo Conte sta assumendo un ruolo guida così come riconosciuto anche di recente dalla comunità internazionale e sta dando un contributo concreto per sostenere e portare a compimento il processo di pacificazione della Libia e chiudere così il drammatico e sanguinoso capitolo aperto dalla guerra del 2011 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dunque, se veramente abbiamo a cuore i diritti umani, è arrivato il momento di agire. Questo è quello che stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cabras Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (M5S). Grazie, signor Presidente. È dovere di quest'Aula considerare il contesto - è stata usata questa parola in un precedente intervento - il contesto più ampio in cui si muove una misura come il decreto-legge che stiamo discutendo oggi sulla cessione a titolo gratuito al Governo libico di 12 unità navali. Nel valutare l'ambito politico, geografico, storico dell'odierna Libia siamo consapevoli che il decreto-legge in esame rappresenta certamente un passo piccolo dal punto di vista dell'impegno economico ma un balzo notevole dal punto di vista pratico in grado di favorire un cambiamento di fondo del contesto che è l'obiettivo da perseguire per gli interessi della nostra Repubblica e per la pace nel Mediterraneo. Il nodo dei traffici schiavistici che trattano i flussi migratori africani è il grande punto dolente che richiede le misure più urgenti e la Libia è il crocevia in cui questi traffici convergono. Noi siamo direttamente coinvolti perché a quella porzione della sponda sud del Mediterraneo siamo legati da un millenario destino geopolitico comune. Gli effetti di ciò che accade in Libia si estendono su un profondo raggio che ricomprende in modo necessario e diretto lo spazio geografico italiano. È una crisi che passa per il grande mare in cui ci affacciamo e che attraversa un estesissimo retroterra e allora chiediamoci perché è necessario recuperare a un ordinamento in mano agli Stati il tratto di mare che dalle coste libiche va al Canale di Sicilia ma proprio a partire dalla fascia costiera. Quel mare è oggi la tempesta perfetta per le mafie schiaviste che fanno convergere vettori geopolitici di grande influenza sul territorio italiano per poi dilatarsi in Europa. Le organizzazioni criminali hanno tratto enormi vantaggi da Governi deboli o fantasma, dalla corruzione sistemica, da frontiere facilmente penetrabili, dall'assenza di sistemi di sicurezza, dalla mancanza di coordinamento nella vasta regione interessata ai fini del contrasto della tratta di esseri umani e del contrabbando. Non c'è un solo Stato al mondo che rinunci a un controllo sistematico delle proprie frontiere e anche per la Libia, per l'Italia, per l'Europa nel suo insieme si pone lo stesso problema fondamentale. Anche nel momento di massima debolezza della statualità libica, come oggi, il grado zero della ricostruzione nazionale consiste nella ripresa di un principio di controllo dei traffici transfrontalieri e su questo può innestarsi il rispetto del diritto internazionale e su questo dovremmo essere sempre vigili.

Poiché questa necessità della Libia coincide con la profondità della proiezione strategica dell'Italia sancita da importanti Trattati che sono stati anche menzionati, la cessione di queste unità navali rappresenta un passo importante che inizia a porre rimedio a una fase ormai troppo lunga in cui l'Europa aveva trascurato il problema. Appena insediatosi, il Governo Conte ha affrontato un Consiglio europeo in cui per la prima volta dopo anni si riconosceva che la nostra Repubblica era stata lasciata sola nella gestione di un problema così vasto. Era il primo riconoscimento che la profondità strategica dell'Italia sul fronte sud coincide con il problema dell'Europa: non è solo una questione di migrazioni e, al di là del fatto che sia stato annacquato rispetto ai propositi iniziali, quel pronunciamento del Consiglio europeo è stato davvero un primo passo che va valorizzato nella coscienza nazionale su un problema così importante. Possiamo dire con sufficiente cognizione storica che l'intervento manu militari del 2011 - lo ricordava la collega Emiliozzi - rappresenta l'autobiografia dei recenti errori neocoloniali dell'Occidente in Africa. In modo lampante abbiamo visto che distruggere un ordine statale in un'area dove convergono equilibri che hanno migliaia di chilometri di raggio demolisce non solo quel Paese ma danneggia l'economia, la società in regioni continentali più ampie, gli equilibri energetici, le stesse prospettive della pace. L'Occidente dovrebbe scrivere una pagina autocritica priva di indulgenze verso se stesso per poter esercitare un ruolo positivo nella situazione libica e conosciamo tutti i nomi di tale potenziale autocritica. Questa pagina autocritica dovrebbe comprendere molti partiti presenti in quest'Aula: non lo dico con i toni di un richiesto autodafé o di autocritiche distruttive ma è un riconoscimento storico che costituisce una premessa importante per ragionare sulla Libia. Abbiamo oggi una situazione in cui nessun Governo è ancora in grado di avere sovranità in una parte del territorio, in cui molte potenze straniere intervengono complicando il mosaico, laddove l'Italia invece rappresenta l'esperienza storica per una funzione equilibratrice favorevole alle necessarie mediazioni che possono riunificare su basi nuove la Libia con pazienza storica. In tanti si sono presi a cuore le sorti della Libia a modo loro, vediamo chi. La Francia vuole addirittura investire 100 milioni di euro per fare le elezioni entro l'anno: in tanti temono possa essere una forzatura rispetto alle reali condizioni politiche di un Paese ancora diviso, con milizie da coinvolgere nel processo di nation building. Tentare di rimuovere con forzature militari gli attori che la comunità internazionale dovesse considerare illegittimi potrebbe causare il formarsi di ulteriori gruppi armati. Non ci possono essere soluzioni efficaci dettate da ciechi egoismi nazionali.

Vediamo altre prese di posizione internazionale che in qualche modo interferiscono e agiscono sulla Libia. Pochi giorni fa, durante il vertice sulla cooperazione sino-araba, Tripoli ha siglato la sua partecipazione all'iniziativa cinese della belt and road, la nuova via della seta annunciata dal Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping nel 2013, con investimenti potenzialmente enormi. Per parte loro Egitto e Russia hanno un'influenza diretta su una porzione del territorio libico da cui è esclusa l'autorità di Tripoli e nel frattempo si può attivare il protocollo di sicurezza firmato il 4 aprile da Libia, Ciad, Niger e Sudan volto a innalzare la difesa delle aree di confine. Non dimentichiamo che la cooperazione di sicurezza tra questi quattro Stati risale al 1998, anno in cui fu stabilita la Community of Sahel-Saharan States, una comunità regionale economica che detiene addirittura lo status di osservatore all'interno dell'Assemblea generale dell'ONU. Con la crisi post 2011, l'alleanza è stata ovviamente inefficace ma si possono determinare le condizioni per riattivarla e contribuire a un più vasto equilibrio regionale con territori di frontiera che non siano porte blindate ma regioni prospere ed economicamente sostenibili: in questo ambito è il ruolo dell'Europa e dei possibili investimenti. Il recente incontro fra il Presidente statunitense e il nostro Presidente del Consiglio ha inevitabilmente colto l'importanza della questione libica e persino nel recente vertice NATO si è riconosciuto il ruolo dell'Italia verso la sponda sud del Mediterraneo.

Cosa ci dice questo elenco di fatti internazionali? Ci dice che il dossier Libia richiede una capacità di parlare con molti Paesi e con una visione globale e multipolare pacifica e rispettosa dei diritti umani, da costruire ricostruendo, innanzitutto, le basi degli ordinamenti statali. L'influenza non è gratis, ha detto prima Crosetto: questo vale anche per l'Europa, che non ha speso molto per l'Africa negli ultimi tempi. Come Parlamento, dovremmo costruire una visione strategica, per un ruolo attivo della Repubblica italiana nel Mediterraneo. Questo sarà l'ambito dell'impegno del MoVimento 5 Stelle, e anche mio personale, l'orientamento al Mediterraneo. Ogni lungo viaggio comincia con un singolo passo, e il passo che facciamo con la misura che dibattiamo oggi può aiutarci a incamminarci bene. Raccoglierei anche la sfida dell'onorevole Fassino sulle risorse di bilancio da dedicare alla centralità della questione africana, con una premessa: prima le risorse europee, è l'Europa che deve fare veramente lo sforzo, che finora non ha fatto, su questo tema. Però, possiamo dedicare risorse italiane per incoraggiare, ad esempio, i media italiani a dare una migliore copertura informativa sull'Africa. Se, in prospettiva, il 40 per cento dell'umanità sarà africana, sarebbe saggio dedicare più dell'attuale zero per cento dell'attenzione dei media alla questione africana; ne guadagneremmo tutti in termini di consapevolezza e di coscienza, e questa cosa dovrà diventare patrimonio del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-SalviniPremier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il provvedimento oggi in esame rappresenta senza dubbio una tappa del percorso di solidarietà, amicizia e cooperazione dell'Italia con la Libia, due Stati legati da rapporti antichi, non sempre distesi, e che nel recente passato hanno stipulato varie intese bilaterali. Voglio qui ricordare anch'io il Trattato di amicizia firmato a Bengasi nell'agosto del 2008 da un lungimirante Silvio Berlusconi e da Muammar Gheddafi, volto a riaffermare con forza un nuovo partenariato bilaterale in grado di promuovere pace, sicurezza e stabilità in tutta l'area del Mediterraneo. Abbiamo, poi, avuto la Dichiarazione di Tripoli del gennaio 2012, a ridosso di quella stagione infelicemente denominata delle “primavere arabe”, in cui l'Italia ha confermato il proprio sostegno politico al complesso processo di pacificazione. È, poi, seguito, nel febbraio 2017, il memorandum di intesa per ribadire l'impegno reciproco dei due Governi a completare il sistema di controllo dei confini del sud della Libia.

Però, al di là della situazione specifica che stiamo affrontando, sulla quale siamo in accordo, sarebbe necessario impostare una strategia decisamente più larga e ambiziosa. Bene fa oggi il Presidente Antonio Tajani a farsi promotore di un approccio più organico, di un progetto più ampio nel lanciate quel «Piano Marshall» straordinario per l'Africa che costituisce, al di là dei proclami e della facile propaganda, la vera risposta complessiva e, se la comunità internazionale sarà all'altezza, efficace a una situazione che rischia di divenire, in prospettiva, sempre più esplosiva. Mi tornano spesso in mente le parole – ahimè, profetiche – di Bettino Craxi, che già a fine anni Ottanta ammoniva sul rischio di tendenze inarrestabili e incontrollabili di popolazioni giovanissime dei Paesi in via di sviluppo che vanno verso le luci della città, se noi non accenderemo un maggior numero di luci in quei Paesi.

In questa cornice generale si deve inserire il presente atto, che dispone, appunto, l'autorizzazione alla cessione a titolo gratuito di 12 unità navali, in stretta sinergia operativa con le autorità libiche e nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee.

Sarebbe opportuno e utile facilitare la dotazione di apparecchiature e di strumenti tecnici che consentano anche di monitorare la fascia di terra a ridosso delle coste. Per completezza, dobbiamo ricordare che con questo atto, dobbiamo esserne pienamente consapevoli, stiamo cedendo effettivamente tali mezzi navali solo ad una delle parti in causa nel complesso scacchiere libico. Il Presidente al-Sarraj, unico e legittimo Presidente riconosciuto dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale, rimane, purtroppo, solo uno dei tasselli di questo variopinto mosaico. Quindi, una Libia tutt'altro che pacificata, una situazione tutt'altro che stabilizzata, come ben sa l'inviato ONU per la Libia, Ghassan Salamé, chiamato ad un difficilissimo ruolo di dialogo e di sintesi. Questo pone nuove questioni, strettamente connesse con il tema oggetto della nostra odierna discussione.

Per quello che concerne la lotta all'immigrazione clandestina, infatti, va ricordato che molti dei trafficanti di esseri umani agiscono partendo dalle zone di Garabulli e di Zuara, che non sono certamente sotto il controllo di Tripoli. In queste aree, i trafficanti di esseri umani fanno spesso patti scellerati con le autorità locali; in tale contesto, sarebbe opportuno interrogarci sul ruolo e sul rapporto da tenere con i rappresentanti delle fazioni non ufficiali della Libia, in particolare con il generale Haftar, che Oltralpe e in Russia hanno ben compreso essere un attore con cui l'instaurazione di un dialogo risulta ineludibile.

Positivo, e lo voglio ricordare, il lavoro diplomatico che sta portando avanti, pur nella difficoltà estrema del contesto, la nostra ambasciata a Tripoli, rimasta chiusa per circa due anni e riaperta nel gennaio del 2017. E credo che la nostra ambasciata meriterebbe, in prospettiva, un'attenzione maggiore da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, soprattutto in termini di incremento di organico. Il nostro ambasciatore, Giuseppe Perrone, ha riunito di recente la Commissione italo-libica contro l'immigrazione illegale, che ha lanciato un ambizioso piano di azione, che prevede, tra l'altro, potenziamento delle capacità libiche nei salvataggi, monitoraggio delle frontiere a sud, accelerazione dei rimpatri e ricollocamenti, e miglioramento dei centri. In questo sforzo rientra, appunto, anche il presente decreto.

Una questione che vorrei, infine citare, è quella riguardante i crediti, per un ammontare complessivo di circa 235 milioni di euro, che tante realtà italiane operanti in vari settori vantano nei confronti del Paese africano. Questo problema riguarda e coinvolge oltre 100 imprese, alcune delle quali sono in attesa di risposte da più di due decenni. Si tratta di crediti che sono stati riconosciuti dal Governo libico nel 2013 e 2014, sulla base del negoziato previsto dal Trattato di amicizia. Forza Italia in Senato ha proposto un ordine del giorno, che è stato accolto dal Governo in Commissione affari esteri; un ordine del giorno che impegna l'Esecutivo a valutare la possibilità di utilizzare, a vantaggio di imprese italiane creditrici, le somme finora accantonate ogni anno dall'Italia sulla base del Trattato bilaterale, in anticipazione di ciò che le autorità libiche si sono impegnate a corrispondere loro. Apprezzo la disponibilità del Governo in questa direzione e, ovviamente, vigileremo con attenzione. In conclusione, bene il contenuto del presente decreto, rappresenta senza dubbio un'azione positiva, ma, in generale, speriamo che il Governo saprà presentare quanto prima una strategia di medio e lungo periodo sul nostro ruolo nel Mediterraneo.

Cerchiamo, come Paese, di riprenderci, nell'area bagnata dal mare nostrum, il ruolo di perno che la storia e anche la geografia ci hanno assegnato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scalfarotto. Ne ha facoltà.

IVAN SCALFAROTTO (PD). Presidente, parliamo di un piccolo, piccolissimo decreto-legge, composto di due soli articoli, la cui lettura è anche abbastanza semplice: se il foglio che ho in mano cadesse, fosse nelle mani di un nostro concittadino lo leggerebbe anche molto in fretta. Non è uno di quei provvedimenti legislativi complicati, di cui non si riesce a capire granché: in fondo c'è scritto che l'Italia si impegna per cause nobili - quella di contrastare l'immigrazione illegale, di contrastare il traffico di esseri umani, e per l'attività di soccorso in mare, nobili attività - a cedere a titolo gratuito al Governo della Libia 12 navi, si spiega quali sono le navi; sono poi allocate delle somme per ripristinare l'efficienza di questi mezzi navali e per poterli trasferire. Questo è l'articolo 1.

L'articolo 2 dice: ci sono altri soldini, altri soldi… Non sono soldini, sono soldi! Del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze che serviranno a manutenere queste navi.

Arriva in Aula, qui alla Camera, il giorno 3 agosto, nel pieno della canicola (credo che questa sia la settimana più calda dell'anno), e quindi dovrebbe essere sostanzialmente un provvedimento di routine: c'è una buona idea, un Paese amico al di là del mare, che è in difficoltà, ha bisogno di una mano, e noi, Paese con grandi rapporti storici, relazioni che non possono essere sempre ricordate con orgoglio, ma insomma, con relazioni estremamente radicate con la Libia, cosa facciamo? Prendiamo dei mezzi che abbiamo a disposizione e li diamo ai nostri amici libici, affinché possano svolgere queste attività molto importanti di salvare persone in mare e di combattere il traffico di esseri umani.

Bellissimo! Peccato che la cosa non sia così semplice: è sempre nei dettagli che il diavolo mette la coda. E infatti, signor Presidente, in quest'Aula è risuonato molto il tema del testo e del contesto in cui si inserisce questo provvedimento. Secondo me ci sarebbe da citare una terza chiave di lettura, che è quella del sottotesto. Perché è evidente che questo provvedimento che arriva alla nostra attenzione, questo decreto-legge, quindi provvedimento emesso con caratteristiche di necessità e di urgenza, ci arriva in un momento nel quale il dibattito su ciò che accade al largo delle coste libiche è probabilmente uno degli elementi principali del dibattito pubblico italiano, ed è un dibattito che presenta profili che io definisco inquietanti, in un certo senso.

Voglio fare una citazione non lontanissima, non distantissima, del gennaio 2017, quindi non proprio di questi giorni, ma di qualche mese fa, che però è una sorta di interpretazione autentica, perché è una frase di colui che poi, a giugno 2018, sarebbe diventato Vicepresidente del Consiglio e Ministro dell'Interno, Matteo Salvini, il quale il 12 gennaio 2017, durante un'intervista radiofonica, ci dà in un certo senso il suo programma in tema di immigrazione, e in particolare di gestione dei salvataggi in mare e in tema di gestione dei migranti raccolti in mare. Cosa dice il futuro Ministro dell'Interno e Vicepresidente del Consiglio? Dice: bisogna salvare chiunque in mezzo al mare, ma poi riportarli indietro. E aggiunge, non contento, dico io: bisogna scaricarli sulle spiagge con una bella pacca sulle spalle, un sacchetto di noccioline e un gelato.

E allora, come dire, signor Presidente: nel momento in cui l'alfiere delle politiche di sicurezza nel Paese, e anche di gestione dei flussi migratori, si presenta con una citazione che io ho scelto da un florilegio di possibili citazioni… Chiunque volesse fare l'esercizio su un qualsiasi motore di ricerca di mettere le parole “Salvini”, “frasi”, “migranti” potrebbe trovare veramente - devo dire anche con una certa creatività, il Ministro dell'Interno riesce a trovarne sempre di nuove - tutte citazioni e frasi che indicano evidentemente che l'idea del Ministro dell'Interno non è particolarmente focalizzata sulle finalità che così bene il linguaggio tecnico-giuridico descrive all'interno del nostro decreto-legge.

Qual è allora il tema? Il tema è che noi ci troviamo a esaminare questo decreto-legge non soltanto nella nuda crudezza del dato letterale, ma anche di quello che è l'impatto e la percezione che questo decreto-legge andranno a produrre sui nostri concittadini. È il destino di noi parlamentari: parliamo nel chiuso di quest'Aula, nella quale passiamo talvolta anche moltissime ore, ma è evidente che quando siamo qui stiamo lavorando per il Paese fuori e il Paese ci osserva. E nonostante sia il 3 agosto, nonostante sia appunto la settimana più calda dell'anno, questo provvedimento così semplice, così snello sta naturalmente creando molti interrogativi e molte questioni, proprio perché si sa che c'è un sottotesto che dice che in fondo la linea politica in tema di salvataggi e di migranti sì può brevemente riassumere in una bella pacca sulle spalle, un sacchetto di noccioline e un gelato. Allora io da parlamentare - lo dico prima ancora che da componente del gruppo del Partito Democratico, lo dico da persona, lo dico da persona che prima di tutto la sera quando va a dormire deve fare due chiacchiere con la sua coscienza - ho bisogno di sapere che queste 12 navi non serviranno a trasportare noccioline, gelati e pacche sulle spalle. Questo è semplicemente il punto, nella sua crudezza e nella sua brutalità.

Io credo che noi abbiamo non soltanto il diritto, ma anche il dovere, lo dicevo all'inizio, di lavorare con la Libia e di stabilire con la Libia rapporti profondi. Rapporti, badate bene, che io rivendico: il lavoro che è stato fatto dal Governo Gentiloni in particolare, il Memorandum, il lavoro del Ministro Minniti, è stato un lavoro che mi piace definire in un certo senso olistico, cioè si è cercato di guardare al problema nella sua durezza, la sua difficoltà… Perché è evidente, prima ne parlava il mio collega Fassino, noi stiamo parlando di un evento epocale, che è destinato a cambiare la faccia del mondo; e guardate, qualsiasi Parlamento nazionale che si illudesse di poter incidere su questo fenomeno epocale sarebbe velleitario e anche piuttosto miope. Però noi dobbiamo fare quello che possiamo e quello che dobbiamo. E allora, stabilire un rapporto con la Libia di aiuto, un rapporto con la Libia di supporto alla stabilizzazione di una situazione estremamente complessa, provare a fornire strumenti, a fornire formazione, a fornire mezzi per esempio per il controllo delle frontiere meridionali della Libia (un problema evidentemente molto complicato, data la natura desertica dei luoghi), è quello che dobbiamo fare: questo va bene. Il tema è che però questa intenzione va vista con chiarezza in qualsiasi atto, in qualsiasi atto giuridico, atto legislativo che noi qui creiamo o in qualsiasi atto di negoziato internazionale con la Libia. Dev'essere evidente all'opinione pubblica che quello che facciamo non è semplicemente disfarci di un problema e rimandarlo a qualcuno che è in condizioni ancora peggiori delle nostre per risolverlo. Quello che dev'essere chiaro è che non ci stiamo disfacendo di un problema, persone che sono come noi… Perché io non so se poi alla fine noi ci confrontiamo mai con l'individualità, perché guardate, io lo sguardo di Josephine, o Josepha, quella che qualche lurida coscienza ha poi postato con le unghie laccate… La chiamo lurida coscienza perché, come ho detto, alla fine della giornata bisogna fare i conti, e penso che anche questa gente dovrà fare quei conti.

Allora, quando io penso a quelle persone, penso che siano persone come me, con la differenza che io ho avuto la grande fortuna di nascere dalla parte giusta del mare; ma mi chiedo che cosa avrei fatto io lì, e questo viene prima di tutto.

Poi, so benissimo di avere delle responsabilità istituzionali e dovermi porre un problema per una comunità e che i problemi non sono così semplici come fa il Ministro Di Maio che dice: “Ci sono i rider. Ma sì, assumiamoli tutti a tempo indeterminato”. Quindi, non sarò io a dire: “Ci sono i migranti, accogliamoli tutti in Italia”, come se fosse così facile. Non ho le bacchette magiche del Ministro Di Maio e, quindi, mi rendo conto che le questioni sono complesse e hanno delle ramificazioni difficili. Però, noi dobbiamo fare in modo sempre che quello che facciamo sia chiaramente rivolto a un aiuto alla Libia che non sia soltanto lo scaricarsi di un problema, che sia il problema dei migranti, in senso generale, o dei singoli migranti, le persone prese individualmente. È questo quello che io vorrei vedere dentro questo provvedimento di legge.

Aggiungo un'altra cosa. Nel sottotesto c'è anche una situazione complicata che è quella del razzismo montante in Italia, perché non sarà lo stato di famiglia di uno che tira un uovo a farmi giudicare se c'è un problema oppure no. Il problema c'è lo stesso ed è un problema grave.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Però, il partito sì! Era del Partito Democratico…

IVAN SCALFAROTTO (PD). Ragazzi, Presidente… non ho capito, ma non intendo capire. Grazie collega. Come ha detto la senatrice Bonino, confido nella vostra cortesia democratica.

PRESIDENTE. Collega, mi sembra che abbia il tempo per parlare dopo.

IVAN SCALFAROTTO (PD). Perché ricordo Luca Traini, a Macerata nel mese di febbraio, che è andato sparacchiando per una tranquilla città su cui oggi vi segnalo un importante reportage: “La città che ancora vive nella paura” ci dicono i giornali. A partire da lì vi voglio segnalare il lavoro di un bravo giornalista, che si chiama Luigi Mastrodonato, che si è preso la briga, su una mappa di Google, di andare a mettere tutti gli attacchi razzisti che ci sono stati dal 1° giugno. Sono trenta e io vi ricordo, naturalmente, i due morti, Soumayla Sacko all'inizio di giugno, e anche il recentissimo pestaggio di Aprilia, certamente non commessi da figli o da parenti di uomini politici o di consiglieri comunali.

Allora, se questa è la situazione del nostro Paese, noi dobbiamo stare molto attenti e non considerare questo un provvedimento di routine che arriva qui il 3 agosto, nella settimana più calda dell'anno, perché così non è.

Come ho detto, capiamo le buone intenzioni. Le capisco bene e capisco anche molto bene, come ho detto, che il lavoro che va fatto è un lavoro di cooperazione. Il mio collega Fassino parlava prima del rapporto con l'Africa. Io vi segnalo un libro molto bello che in Italia non è stato letto moltissimo anche se stava per entrare nella cinquina dello Strega, ma che è uno dei primi libri venduti in Germania e si chiama Sangue Giusto. Questo libro parla di quello che noi italiani abbiamo fatto in Africa durante le guerre coloniali. Va molto bene in Germania perché forse in Germania hanno fatto i conti con la loro storia completamente. Noi, invece, qui parliamo dell'Amba Aradam senza sapere che cosa successe all'Amba Aradam. Quindi, vi invito a leggere questo libro.

E, allora, se questa è la situazione io penso che noi dobbiamo fare tutti gli sforzi, in quest'Aula, per fare in modo che si veda, con chiarezza, che quello che stiamo facendo è aiutare un Paese amico in difficoltà a risolvere un problema e a mettere in atto azioni efficaci per risolvere e per portare a termine obiettivi che sono nobili, come quelli che descrive questo decreto-legge.

Dovremo fare un lavoro importante di modifica di questo testo, non sostanziale perché, come ho detto, è un testo snello. Però, possono essere fatte delle cose intelligenti come, per esempio, dire che, se noi daremo queste navi alla Libia, coloro i quali saranno su quelle navi dovranno comprendere cosa sono i diritti umani, dovranno comprendere che le persone che trasportano non sono carne ma sono persone. Dovremo chiedere al Governo libico, che riconosciamo naturalmente, di aderire alle convenzioni di Ginevra e alle convenzioni sui rifugiati.

Sono cose che io penso siano fattibili e che vanno dimostrate a un'opinione pubblica che è esacerbata, preoccupata, tesa e assorbita completamente da questo tema, sebbene questo non sia il problema dell'Italia, ma c'è qualcuno che ha interesse a mostrare che questo sia il problema dell'Italia.

E, allora, noi quando parliamo di questo problema dobbiamo trattarlo come fosse il problema dell'Italia, anche se non lo è, e lavorarci con tutta la diligenza che il presunto problema dell'Italia richiede e, quindi, occorre fare delle cose che rendano possibile a quest'Aula… perché sui diritti umani siamo tutti insieme. Io non voglio immaginare, anzi escludo assolutamente - e lo diceva la collega del MoVimento 5 Stelle, la collega Emiliozzi credo - che non tutti condividiamo finalità umanitarie. Allora dimostriamolo, dimostriamolo facendo interventi - e lo dico, in particolare, al MoVimento 5 Stelle - che ci consentano di dire ai nostri concittadini: “Abbiamo fatto un buon lavoro. Stiamo dando queste navi non perché abbiamo un problema di noccioline. Stiamo dando queste navi al Governo libico perché intendiamo fermare il traffico di esseri umani e compiere salvataggi in mare”.

Lo hanno detto moltissimi colleghi: lo ha detto il collega Fornaro e il collega Magi. Noi sappiamo bene e non possiamo fingere di non sapere che i dati degli osservatori internazionali e le notizie che giungono dalla Libia sono estremamente preoccupanti, anzi sono tragiche, drammatiche. Dunque, non possiamo trattare questo decreto-legge come fosse, appunto, un decreto-legge di routine, perché nessuno ci crede che lo sia.

Allora, io davvero faccio un appello accorato a tutti e il Governo sa bene che il Partito Democratico nell'altro ramo del Parlamento è stato estremamente costruttivo. Abbiamo detto che in questa legislatura il nostro partito farà un'opposizione di qualità, perché abbiamo toccato con mano cosa significa avere un'opposizione non di qualità, un'opposizione… non trovo aggettivi. Diciamo che faremo un'opposizione diversa da quella della scorsa legislatura, un'opposizione civile.

Quindi, vogliamo lavorare per migliorare i provvedimenti e, quindi, la cooperazione, signor Presidente - parlo a lei per il sottosegretario Molteni, al quale mi lega stima nonostante la localizzazioni differente in Aula - sarà leale e costruttiva, come lo è stata nell'altro ramo del Parlamento. Ma proprio perché siamo consapevoli della nostra lealtà e del nostro atteggiamento costruttivo, posso dire che sarà senza sconti, nel senso che non sarà possibile ammorbidirla in nessun modo, ma solo raggiungendo l'obiettivo che ci siamo dati.

Per questo auguro a quest'Aula buon lavoro. Ripeto: è un piccolo decreto-legge di due articoli, facile da leggere per chiunque, ma gravido e pesante come se questo decreto-legge fosse fatto di 10.000 pagine. Sarà un grande lavoro in poche ore, ma sarà un grande lavoro. Facciamolo bene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Componenti del Governo, colleghi, questo “piccolo decreto”, così come l'avete chiamato tutti, è arrivato in quest'Aula e non posso aggiungere altro al magistrale discorso di Guido Crosetto e anche a molti vostri interventi.

Sono contento anche per il collega sardo del MoVimento 5 Stelle, perché quando si parla di politica estera bisogna farlo con un alto profilo, bisogna farlo con una visione che va da dieci a vent'anni e non a volte banalizzarla con fatti di cronaca nostrana.

Ma questo ci permette di mettere nel verbale un'usanza che c'è qui in Italia: una parte politica che si mette sul piedistallo della conoscenza perfetta della verità assoluta. Ovviamente, sono i soli che conoscono altre lingue, sono i soli che aprono la porta e conoscono altre persone di altre nazionalità e che ci vengono addirittura a dire e a spiegare che quelle persone sono esseri umani. Che bella novità!

Ma, poi, c'è un'altra parte politica, che è quella che oggi forse è all'opposizione ma che guarda, con favore e anche con un certo ottimismo, a quello che sta facendo questo Governo sulla politica immigratoria ma anche spesso nella politica estera, soprattutto perché, come ha detto Crosetto, occorre rivolgere lo sguardo per portare nell'agenda politica il fatto che l'Italia mette di nuovo un occhio su quella Libia che ci è stata strappata e non perché eravamo lì come un Paese occupante ma perché lì avevamo interessi economici (e non solo dell'ENI e petroliferi).

Perché poi andiamo a scoprire che lì c'erano imprenditori edili, c'erano giostrai che, figli di un'epoca coloniale, non erano lì a depredare l'Africa, come raccontano bugie i libri di storia che parlano degli italiani sempre con sprezzo, ma erano persone che lì si erano sposate, erano persone che costruivano una propria esistenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), a contatto con quelle persone native. E si scoprirà. A volte purtroppo non si ha la pazienza di dire che quella parte politica, che la sinistra taccia come razzista, come chiusa, retrograda, viene invitata, quando c'è una festa di molte comunità musulmane che festeggiano il Ramadan, a visitare le moschee, viene invitata a dialogare sull'evolversi e su come confrontarsi sull'approccio dell'Islam verso l'Italia. E questo non vuol dire essere a favore di costruire cento moschee, non vuol dire essere a favore di far venire qui indistintamente milioni di persone, perché poi sfugge che quella parte politica, che oggi ci rimprovera di non accogliere, di non portare qui tutta l'Africa, di non accogliere tutti quelli che vogliono venire, non ascolta invece quelle persone, i siriani, i libanesi, non ascolta gli egiziani, non ascolta i tunisini, non ascolta quelle persone di quell'Africa e di quel Medio Oriente e che, invece, ti dicono: attenzione, non aprite le porte a tutti, ma permettete alle persone siriane, libanesi e africane di vivere nella propria terra, perché qui stanno rimanendo solamente i terroristi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

No, ma noi ignoriamo, noi ignoriamo tutte queste persone, noi siamo bravi, nei giornali, a dire - ricordate la sinistra, quando è morto Gheddafi? -: è morto un dittatore che ha rovinato la Libia, finalmente abbiamo liberato la Libia, finalmente la democrazia arriva in Libia. E oggi abbiamo visto quello che è successo. Lo stesso è accaduto in Siria, ma vi ricordate quando, nel 2013, si parlava di un primo intervento armato e c'era quella primavera araba: dobbiamo spingere i ribelli, la democrazia arriva in Medio Oriente, e poi si è visto quello che è accaduto. Si piange sul latte versato, si dice dobbiamo accogliere i siriani, peccato che i siriani in Italia non sono arrivati, se non in minima parte. E guardiamo le statistiche, dobbiamo ospitare le persone che arrivano qui, profughi di guerra, ma quante sono? Quante sono? Ci prendiamo in giro.

Ma voglio ritornare su questo decreto, le imbarcazioni: qui c'è qualcuno che sa anche come la Guardia costiera libica le userà, è già sicuro che le userà per trasportare persone. Ma chi l'ha detto? Ma dove c'è scritto?

IVAN SCALFAROTTO (PD). Nel decreto!

SALVATORE DEIDDA (FDI). No, no, no, c'è scritto fermare i flussi migratori, non vuol dire che parteciperà e andrà a raccogliere persone, perché queste navi sono fatte per bloccare alla partenza le persone (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Commenti del deputato Scalfarotto). Dobbiamo cercare di capire (Commenti)

PRESIDENTE. Colleghi! Onorevole Migliore… onorevole Scalfarotto…

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Fate silenzio!

PRESIDENTE. Onorevole Mollicone, lei era quello che provocava prima, se lo ricorda? No, tanto per…(Commenti del deputato Mollicone e del deputato De Carlo).

PRESIDENTE. Onorevole De Carlo, lasciamo continuare il suo collega, per favore. Onorevole Deidda, si rivolga alla Presidenza e completi il suo discorso.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Dicevo, la Libia: questo è un primo passo, spero, per una pacificazione, ma dobbiamo perdere anche l'arroganza di dire: noi siamo nati dalla parte giusta, quelli sono nati dalla parte sbagliata. Ma perché, chi nasce in Libano, chi nasce in Siria, chi nasce in Algeria, chi nasce in Libia, nasce da una parte sbagliata del letto? Parte da una parte sbagliata? Il mondo che è qui è tutto bello e quello è un mondo sbagliato?

Noi siamo andati in quella parte di mondo a dire che il nostro mondo è bellissimo, andiamo a dire a persone che vivono nella propria fede religiosa di venire qui, un mondo dove si impone un laicismo esasperato.

Sono le stesse persone - e porto esempi a volte che accadono in Sardegna, il collega lo può dire - che andavano ad accogliere i migranti, con a volte locandine blasfeme verso Dio e queste persone immigrate rimanevano incredule nel vedere che qualcuno nella nostra nazione era blasfemo verso la propria fede religiosa. E poi ci chiediamo: ma come mai c'è una ritorsione, come mai c'è un inorridire? Perché quelle persone, in quei Paesi, vivono a contatto con la vita scadenzata dalla religione e noi invece abbiamo l'arroganza di dire come qui devono vivere, abbiamo l'arroganza di dire che quello è il modo sbagliato di vivere, mentre qui troveranno il Paradiso. Perché ci sono delle organizzazioni che vengano a dire che qui vivranno nell'oro, vivranno nel benessere ed ecco perché spingono l'immigrazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ci sono siti che dicono, agli algerini che arrivano in Sardegna, che qui troveranno moglie, troveranno una casa, potranno fare famiglia e ricchezza, fanno vedere i casinò, fanno vedere i locali di lusso e non vengono fermati. Questo accade in Africa, ci sono persone, occidentali, che lucrano, sono le stesse persone che hanno negato che qui ci fosse la mafia nigeriana, sono le stesse persone che qui negano ancora che le donne che arrivano con i barconi vengono spedite nei marciapiedi e che vengono costrette alla prostituzione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Non si spende mai una parola per dire chi è che ha ucciso i cristiani in Medio Oriente, chi massacra i cristiani in Medio Oriente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Continuiamo a dire: in quegli Stati dobbiamo imporre la democrazia e abbiamo distrutto quegli Stati che rispettavano i cristiani e continuiamo a fomentare i ribelli che non vogliono aiutare i cristiani, ma li vogliono massacrare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) in nome di una economia e in nome di un potere, che, invece, bisogna fermare.

Si è anti-siriani, si è anti-Gheddafi, si è anti tutti quegli Stati, che, certo, non hanno un modello come il nostro, ma il nostro è un modello perfetto? No, noi dobbiamo portare la nostra democrazia, ed ecco che spuntano le milizie, che spuntano i signori della guerra, ecco che spunta la logica delle armi. E basterebbe semplicemente a volte, come umilmente faccio io, da cristiano e da persona di destra, andare a parlare con le comunità musulmane, con le comunità palestinesi, con le comunità libanesi, con le comunità siriane, non per promettere loro oro colato, ma semplicemente per spiegare loro che in Italia bisogna rispettare delle leggi, in Italia, come nei loro Paesi, bisogna rispettare le fedi religiose, che io non mi presento con gli altri negando la loro fede, ma rivendico la mia e il rispetto della mia fede religiosa.

E mi pare che questo Governo, almeno io riconosco, che si può parlare liberamente e senza preconcetti di queste tematiche, molto tranquillamente, in un confronto, perché, ripeto, la politica estera è l'arte più nobile, è la bellezza della politica, come è successo in Commissione difesa, dove si è fatto un bel lavoro per una parte marginale che riguarda questo decreto e non posso che ringraziare il Presidente Rizzo e la relatrice Fantuz. Dunque, si può lavorare serenamente, ci sarà un confronto, nessuno però si deve mettere su un piedistallo.

Perché mi dispiace, a volte, che vengono citati casi di cronaca che sono meri casi di cronaca delinquenziale, che non c'entrano niente con la politica. Però, allora, bisogna cercare e bisogna rispettare, visto che ci sono gli organi di stampa e vengono citati gli organi di stampa. Io cito questo rapporto del Parlamento inglese: gli abusi sessuali ai danni di donne e bambini indifesi da parte degli operatori delle ONG per gli aiuti internazionali sono endemici e durano da anni. È quanto emerge da un rapporto del Parlamento britannico pubblicato oggi, secondo cui i responsabili si muovono indisturbati nel settore, con la condiscendenza tendente alla complicità delle stesse organizzazioni. Nel rapporto, la Commissione per lo sviluppo internazionale della Camera sottolinea che il settore ha una storia di completo fallimento nella gestione di sospetti abusi da parte del proprio personale e sembra più preoccupato della sua reputazione che delle vittime: riporta il quotidiano britannico The Guardian, che mi pare non è un organo neofascista né neo-razzista.

Non tutte le ONG saranno così, ma allora lo Stato deve fare lo Stato, lo ripeto sempre, non può essere demandato ad organizzazioni di cui non sappiamo niente e non può essere demandato a organizzazioni che hanno finanziamenti da multinazionali, che soprattutto trafficano, che hanno vantaggi economici nel trafficare gli esseri umani. Ben venga che lo Stato finalmente faccia lo Stato, che aiuti un altro Stato…

FEDERICO FORNARO (LEU). Chi sarebbero queste ONG? Falli te i nomi! Li puoi fare anche te i nomi! (Commenti di deputati del gruppo Fratelli d'Italia)

PRESIDENTE. Onorevole Fornaro, per cortesia! Colleghi, collega Fornaro, per cortesia, collega Fornaro!

SALVATORE DEIDDA (FDI). Democrazia… mi interrompono sempre, Presidente, scusi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Voglio terminare, anche perché, appunto, è un decreto semplice, ci sarà occasione ancora per parlarne, ricordando casi più semplici; vorrei ricordare Cagliari, la Sardegna, perché, purtroppo, anche ieri sono sbarcati trenta algerini e stanno sbarcando al ritmo di trenta al giorno.

Invito il Governo a porre un argine, è per quello che chiediamo un blocco navale nel Mediterraneo; un blocco che non deve essere disumano. I nostri militari sono l'orgoglio nostro in tutto il mondo e in ogni missione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché vengono citati per l'umanità. È questa la storia dell'Italia, l'umanità dei nostri soldati e delle nostre Forze armate. Ma deve essere un blocco che controlla il Mediterraneo per i traffici umani, per i traffici di droga, per i traffici di merci clandestine, degli abusivi, che vengono dall'altra parte del mondo e inquinano il nostro mercato.

Come stavo dicendo, purtroppo, dobbiamo renderci conto della situazione dell'Italia e rendo merito a questo Governo perché finalmente che c'è un ritorno alla normalità, un controllo dell'ordine pubblico, perché c'era una situazione di anarchia. Mi dovete spiegare poi come abbiamo conosciuto il Gambia; perché vi sono bande di spacciatori dal Gambia, che entrano ed escono dal carcere impunemente, per loro è una casa, escono e tornano a spacciare nelle stesse piazze. Voi citate i casi di razzismo che noi aborriamo; a noi fa schifo il razzismo, ci fa schifo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Ma, allora, però, non ci dimentichiamo: tutto dobbiamo giudicare, perché la povera Pamela è stata oltraggiata, ma non solo in quello che è la sorte, perché ci sono giornalisti radical chic che l'hanno chiamata “povera tossica”; ma siano maledette quelle persone che parlano di quella povera ragazza in questo modo, perché non si può parlare di una giovane vittima, già vittima della droga, e, poi, vittima di aguzzini che hanno purtroppo anche massacrato quello che ne rimaneva…

PRESIDENTE. Collega Deidda, però, restiamo sulle motovedette…

SALVATORE DEIDDA (FDI). Sì, sì, grazie, scusi, mi sono lasciato prendere dalle interruzioni.

Termino veramente, cercando di stemperare…

PAOLO TRANCASSINI (FDI). L'intervento di Fassino, altro che le motovedette! E no, pero! Non lo ha ripreso!

PRESIDENTE. Colleghi, siamo sulle motovedette e sul decreto, andiamo avanti sul decreto, Colleghi (Commenti di deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

SALVATORE DEIDDA (FDI). Concludo per stemperare, per stemperare il clima, ricordo la notizia di ieri che è arrivata in Aula, pensavamo tutti che fosse una barzelletta e avremmo riso se non si trattasse di un tema tragico, di un incidente tragico, di una violenza gratuita, perché per una settimana, da quei banchi in poi, siamo tutti stati tacciati di razzismo, siamo stati tutti tacciati di fomentare il razzismo, quando sarebbe bastata un po' di tranquillità e di rispetto del lavoro delle forze dell'ordine per scoprire che erano tre ragazzini annoiati, forse razzisti, ma che con noi non c'entravano niente, con nessuno di noi c'entravano niente e, addirittura, l'auto del povero padre era di un consigliere comunale del PD (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Allora, io non voglio strumentalizzare niente, ma questa vicenda dovrebbe insegnare a tutti a non appiccicare etichette agli altri, a non pensare con preconcetti agli altri, perché si eviterebbero tante figure. È vero la responsabilità che abbiamo noi è di non parlare a vanvera o di non parlare di cose che non conosciamo; come noi aspettiamo le sentenze per i fatti di cronaca e quelle che sono le indagini delle forze dell'ordine, che dovremmo sempre ringraziare, ma allora anche voi evitate di metterci etichette e di parlare di persone o di forze politiche di cui non conoscete niente e di cui ignorate tutto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia -Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Romaniello. Ne ha facoltà.

CRISTIAN ROMANIELLO (M5S). Signor Presidente, membri del Governo, colleghi presenti, è mia intenzione complimentarmi col Governo per questo decreto, facendo riferimento anche all'Agenda globale per lo sviluppo sostenibile e ai relativi obiettivi di sviluppo sostenibile, adottati all'unanimità dagli Stati membri delle Nazioni Unite che si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030. La realizzazione di questi risultati è rimessa all'impegno degli Stati aderenti e sono lieto di osservare che questo provvedimento è fatto in coerenza con questi obiettivi. Certamente, questo decreto rappresenta un passo nella direzione degli obiettivi presenti nell'Agenda globale per lo sviluppo sostenibile, si tratta proprio di un passo significativo.

Mi capita di ascoltare colleghe e colleghi in disaccordo rispetto a questo decreto; mi capita di percepire dissenso, da parte di chi ritiene che i diritti dei migranti sarebbero compromessi da questa misura, in quanto l'approdo sulle nostre coste sarebbe più complicato. Eppure, sento di dover rassicurare coloro che manifestano disappunto, perché questo decreto non mina i diritti dei migranti; questo decreto è fatto nell'interesse dei migranti, è fatto nell'interesse dei minori che, spesso, partono da soli; è fatto per contrastare lo sfruttamento e il business sulla pelle degli esseri umani. Il sostegno al lavoro della Guardia costiera libica è una misura che si inserisce nel quadro interno libico, che non è un quadro unito, non è pacificato e non è uniforme a livello socio-politico.

Allo stesso tempo e direttamente, questa misura si inserisce nell'ancor più complesso quadro dei flussi migratori. Non tutti sono consapevoli di cosa accade lungo quel tragitto, nefasto sin dalla partenza. Dall'inizio della tratta, le donne, gli uomini e i bambini in grado di partire e in grado di pagare un'organizzazione criminale, a volte grazie ai risparmi dell'intera famiglia, si avviano elargendo da subito centinaia di dollari a queste organizzazioni; attraversano Paesi di transito, facendo staffette tra un trafficante di esseri umani e il successivo, dormono in campi profughi, e tutto ha un costo, tutto ha una tariffa. Questi migranti raggiungono la Libia, dove vengono tenuti in condizioni inadeguate che non ne assicurano il pieno rispetto della dignità; anche qui, le violenze sono all'ordine del giorno; privazioni di cibo e di acqua e condizioni igieniche inadeguate sono la norma, così come sulla strada per la Libia.

Gli ultimi soldi rimasti nelle tasche di queste persone finiscono agli scafisti e, al momento stabilito, inizia un nuovo viaggio della speranza sui barconi, sui gommoni, attraverso le pericolose acque del Mediterraneo. Il metodo è sempre lo stesso, ai migranti viene fornito un telefonino che servirà per lanciare un sms alla Guardia costiera e per far intervenire il sistema di recupero italiano. Dopo il recupero c'è l'approdo nei nostri porti, la permanenza nei centri d'accoglienza, l'ottenimento dello status di rifugiato, per qualcuno, ma, per altri, la fuga e la conclusione nel ramo del business dell'immigrazione italiano, quello che per Buzzi, intercettato dalla magistratura, era più redditizio della droga.

L'Organizzazione internazionale per le migrazioni, all'inizio dell'anno, ha affermato che circa l'80 per cento delle donne nigeriane arrivate in Italia nel 2016 è probabile vittima di tratta destinata allo sfruttamento sessuale. La maggior parte di queste donne sono minorenni e partono dalle loro terre per affrontare stupri, violenze, per essere costrette a prostituirsi, sin da subito, sotto il ricatto dei riti magici siglati con i criminali. Questi fenomeni sono disgustosi e sono disumani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Questo decreto è il primo passo per limitare questo traffico di esseri umani, per salvaguardare le vite di queste persone, per ridurre le disuguaglianze attraverso la partnership con la Libia; rafforzare le risorse della Guardia costiera libica va nella direzione della risoluzione di tutte queste criticità e per liberare anche risorse per fare una seria politica di cooperazione e accelerare la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile per il pianeta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1004)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Zoffili.

EUGENIO ZOFFILI, Relatore. Grazie, Presidente. Non ho nulla da aggiungere.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Governo, se ritiene.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, grazie. Solo alcune brevi e rapide considerazioni alla luce di questo dibattito. Ovviamente, il risultato emerso dal dibattito, estremamente interessante, è che il Governo ha seguito con grande interesse, all'interno di un quadro di sostanziale condivisione.

Voglio ricordare che questo provvedimento arriva qui alla Camere in seconda lettura, ed è stato approvato al Senato sostanzialmente all'unanimità dei voti, salvo alcune voci differenti - non condivise, ma ovviamente rispettate da parte del Governo -, come, ad esempio, quella della senatrice Bonino. Arriva in un quadro, come è stato detto da parte di tutti coloro i quali sono intervenuti, che si colloca in un piano di perfetta continuità rispetto a quanto già accaduto in passato, per quanto riguarda la collaborazione e l'interlocuzione con il Governo libico - ovviamente riconosciuto dalle organizzazioni internazionali, in modo particolare dall'ONU -, e si pone quindi in perfetta continuità rispetto a quanto già fatto in passato da altri Governi. Veniva citato il Governo Berlusconi del 2008, con il Trattato di amicizia del 30 agosto 2008, fatto poi successivamente con il memorandum nel febbraio 2017 dal Governo Gentiloni - memorandum del 2017 su cui ritornerò facendo riferimento all'articolo 5, e che, tra l'altro, è parte integrante, anzi precondizione, di questo decreto -, e fatto già, nel 2007, con un Protocollo d'intesa firmato dall'allora Ministro dell'Interno, Giuliano Amato, dove ci fu la prima cessione di motovedette da parte del Governo italiano, a titolo gratuito e provvisorio, all'allora Governo libico, proprio per contrastare quanto oggi viene previsto all'interno di questo decreto.

Qual è la finalità di questo decreto, ovviamente in un quadro molto più complessivo e una visione molto più strategica e del nostro Paese e del Mediterraneo, non solo nel rapporto con la Libia ma anche in un quadro molto più ampio, come ha correttamente detto - e da me condiviso - il collega Crosetto nel primo intervento. Lo scopo di questo decreto, e vi darò poi qualche numero anche in riferimento ai salvataggi fatti dalla Guardia costiera della Marina militare libica e le riammissioni fatte dalla Guardia costiera della Marina militare libica, non solo nel 2018 ma anche nel 2017; evidentemente, nel 2018, da una certa fase, vi è un nuovo Governo, ma nel 2017 vi era un altro Governo, che ha fatto esattamente quello che oggi sta facendo questo Governo -, la finalità è esattamente la medesima, per noi e per coloro i quali ci hanno preceduto nel Governo del Paese, ovvero il contrasto all'immigrazione clandestina, il contrasto all'attività e al traffico illecito degli scafisti, e quindi un contrasto senza “se” e senza “ma” nei confronti dei criminali dal mare, e il salvataggio e il soccorso delle vite umane, perché per questo Governo il soccorso e il salvataggio delle vite umane è condizione fondamentale per questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle). Nessuno deve morire nel Mediterraneo!

I numeri ci dicono che, nel 2018, i morti in mare - qualcuno dice 1.100, qualcuno 1.400 – sono stati molti di meno rispetto all'anno scorso: l'anno scorso sono stati circa 3 mila, l'anno prima circa 5 mila, e abbiamo raggiunto l'apice delle morti nel Mediterraneo. Non ci basta che diminuiscano le morti nel Mediterraneo, l'ambizione di questo Governo è che le morti nel Mediterraneo vengano azzerate, perché le immagini che abbiamo visto – Josefa, veniva citata prima - sono immagini che non possono essere accettate e tollerate, perché secondo i canali umanitari, coloro che arrivano in Italia, in Europa, che hanno diritto ad avere una forma di protezione internazionale, devono arrivare con forme di legalità e di sicurezza, perché solo attraverso le forme della legalità e della sicurezza noi possiamo accettare, condividere e apprezzare un principio di civiltà, che è la precondizione che sta alla base dell'azione di questo Governo. La tutela dei diritti umani, tanto rispetto all'attività della Marina militare, della Guardia costiera libica, quanto nei centri di identificazione in Libia, è un elemento totalmente fondante dell'attività di questo Governo. Il rispetto delle convenzioni internazionali, il rispetto dei diritti umani, il rispetto di principi di umanità è la precondizione dell'azione politica di questo Governo nei confronti del contrasto al traffico dell'immigrazione clandestina e nei confronti del contrasto agli scafisti. Lo dico perché credo che sia opportuno dirlo. Siccome in questi giorni, in queste settimane, alcuni termini vengono abusati, come il termine “disumanità”, da un lato, e di “razzismo”, dall'altro, vorrei che questi concetti vengano sgombrati dal campo del dibattito politico, con qualunque tipo di riferimento all'azione di questo Governo. Di più dico che, proprio l'interlocuzione con la Libia è, evidentemente, come è stato detto, uno dei tasselli che il Governo intende attuare per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Evidentemente, il fatto che, in questi primi sessanta giorni di Governo, più Ministri - il Ministro Salvini, il Ministro Moavero, il Ministro Trenta - siano andati in Libia a tessere rapporti di diplomazia e di cooperazione, va esattamente nella direzione che con la Libia bisogna interloquire. Stiamo interloquendo in via principale con il Governo riconosciuto dagli organismi internazionali, e il fatto che il Vicepremier libico sia stato presente in Italia a un importante incontro con il Ministro dell'Interno è la dimostrazione di quanto la necessità di rafforzare il rapporto con la Libia sia nelle corde di questo Governo.

Citavo prima il memorandum firmato il 2 febbraio 2017 dal Governo Gentiloni, perché nel memorandum - che questo Governo non ha sconfessato, anzi ha totalmente recepito, tant'è che nel decreto viene citato come precondizione del decreto stesso -, l'articolo 5 - lo specifico perché era stato presentato al Senato un emendamento in cui si chiedeva alla Marina militare e alla Guardia costiera di rispettare i diritti umani nei salvataggi e di far sì che i soccorsi venissero fatti nel rispetto dei diritti umani - dice che le parti si impegnano ad interpretare e ad applicare il presente memorandum nel rispetto degli obblighi internazionali e degli accordi sui diritti umani di cui i due Paesi siano parte. Quindi, è parte integrante, è parte fondamentale di questo decreto l'articolo 5 del memorandum, che fa del rispetto degli accordi internazionali, delle convenzioni internazionali vigenti e del rispetto dei diritti e dei principi umanitari una parte fondamentale del decreto stesso, e quindi di quella che sarà l'azione anche della Marina militare e della Guardia costiera libica.

Evidentemente l'azione del Governo non si limita, nel contrasto all'immigrazione clandestina e nel contrasto all'attività degli scafisti, unicamente all'interlocuzione col Governo libico. Veniva citato prima il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, dove con merito e con capacità il Presidente Conte ha posto il tema all'attenzione dell'Europa, raccogliendo l'invito di coloro i quali in Europa sostenevano e sostengono che l'Italia non possa essere lasciata sola nella gestione di questo fenomeno. I principi stabiliti in quel Consiglio d'Europa sono diventati parte integrante di un'azione, da parte dell'Europa, che in tempi rapidi porterà e sta già portando ad un mutamento dell'atteggiamento dell'Europa nei confronti del nostro Paese. Il presidente Conte affermava che chi sbarca in Italia sbarca in Europa: crediamo che quella sia la rappresentazione di come deve essere oggi l'atteggiamento dell'Europa nei confronti del nostro Paese e, direi, nei confronti di tutti i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Così come parte integrante dell'azione del Governo, nel contrasto all'immigrazione clandestina e nel contrasto all'attività degli scafisti, è il fatto che alcune regole d'ingaggio - penso, ad esempio, alla missione europea firmata nel 2015 da un Governo evidentemente diverso dal Governo che è oggi in carica -, la modifica delle regole di ingaggio di quella missione europea, la missione Sophia, la missione EUNAVFOR MED, abbia evidentemente penalizzato il nostro Paese.

Quindi, è questa l'indicazione che il Governo intende perseguire all'interno con questo decreto. Nel dibattito al Senato abbiamo accolto alcuni ordini del giorno, presentati anche dall'opposizione, in quella che è una giusta interlocuzione tra Governo e Parlamento; rimane la disponibilità di questo Governo a interloquire sulla presentazione di eventuali ordini del giorno, ferma restando la necessità del Governo di poter ottenere dal Parlamento una rapida conversione di questo decreto-legge, perché questo tassello, che, ripeto, è un tassello fondamentale dell'azione del Governo nel contrasto all'immigrazione clandestina, nel contrasto all'attività degli scafisti e nel salvataggio e nei soccorsi in mare, possa poi continuare con altre azioni che il Governo nella sua complessità e nella sua completezza può poi successivamente, con altri decreti o con altri provvedimenti, portare all'attenzione del Parlamento.

Lo ripeto, la necessità di salvaguardare e di rispettare le convenzioni internazionali e di salvaguardare i principi e i diritti umanitari è una precondizione ed uno dei motivi principali che porta questo Governo ad emanare questo decreto (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ricordo che è stata presentata, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, la questione pregiudiziale Magi e Schullian n. 1.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. A che titolo?

Anche per organizzare i nostri lavori, comunico che intenderei sospendere i lavori dopo il suo intervento e dare mezz'ora di pausa per poi riprendere con i provvedimenti successivi.

EMANUELE FIANO (PD). La ringrazio, Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori.

Leggo dalle note di agenzia che il Ministro Fontana, Ministro della Repubblica con delega alla famiglia, ha appena dichiarato, in un comunicato, il loro intendimento di abrogare in questo Paese la legge Mancino: la legge del 1993 che vieta nel Paese la diffusione di idee discriminatorie e razziste.

Mi rivolgo a lei, Presidente, perché chiedo formalmente, a nome del gruppo del Partito Democratico, che il Governo riferisca in Aula e, in particolare, il Ministro dell'Interno, giacché la legge Mancino inferisce esattamente sui compiti del Ministro dell'Interno, tra i quali rientra la salvaguardia e la tutela dell'ordine pubblico, casi nei quali è stata applicata la legge Mancino, e chiarisca se questo sia un proponimento pur di persona autorevole che è Ministro della Repubblica o se il Governo, riferendo a noi in Aula, abbia effettivamente intenzione di portare in quest'Aula il disegno di legge di abrogazione di un testo così significativo per la democrazia in questo Paese.

È necessario, a nostro parere, che il Governo riferisca su questo punto che, peraltro, è quasi la coda di molte cose che abbiamo sentito nel dibattito. Mi scuso se a volte noi, Presidente, facciamo riferimento a notizie che appaiono sugli organi di comunicazione social, ma poiché spesso il Governo, invece di agire con comunicazioni formali al Parlamento, fa sapere su tali mezzi i suoi intendimenti e poiché quelle leggi devono passare da qui, le rinnovo la richiesta formale di chiedere al Governo di riferire a quest'Aula su una posizione che noi consideriamo gravissima, unica in Europa, dove in tutti i Paesi si prevede all'incirca il medesimo testo di legge che vige in questo Paese dal 1993 per combattere il razzismo e la discriminazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FEDERICO FORNARO (LEU). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Immagino sullo stesso tema.

FEDERICO FORNARO (LEU). Sì, sullo stesso tema. Mi associo alla richiesta del collega Fiano e del gruppo del Partito Democratico: le affermazioni del Ministro che abbiamo letto pochi minuti fa riteniamo siano di una gravità assoluta.

Ricordo a me stesso e all'Aula che la legge 25 giugno 1993, n. 205, nota come legge Mancino, sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Si sappia da quest'Aula che, se questo è l'intendimento del Governo, ci predisponiamo a tutte le forme di protesta possibili per garantire….

EUGENIO ZOFFILI (LEGA). Lanciare le uova.

FEDERICO FORNARO (LEU). …questa battuta del collega è fuori luogo. Complimenti: vedi, la differenza è che dalla mia bocca non hai mai sentito…

PRESIDENTE. Onorevole Fornaro, si rivolga a me. Onorevole Fornaro, restiamo nella fatica...

FEDERICO FORNARO (LEU). Presidente, per il suo tramite, riferisca al collega e lo inviti a trovare una mia sola agenzia o una mia sola nota che mettesse in collegamento l'autore degli esecrabili fatti di Macerata con le candidature di quel signore nelle liste di un altro partito.

Quindi, francamente, di queste battute non abbiamo bisogno. La proposta oggi di abolizione della legge Mancino va esattamente nella direzione opposta di molte delle cose che abbiamo sentito in quest'Aula.

Se vogliamo abbassare i toni e riportare tutto alla dimensione epocale per esempio delle questioni migratorie, è l'ultima cosa da fare in questo momento, a nostro giudizio, e per questo ci opporremo in nome della nostra Costituzione che è democratica e antifascista, in tutti i modi legali e parlamentari.

Lo diciamo adesso con forza e, quindi, ribadiamo la richiesta fatta dal collega Fiano che il Governo riferisca in Aula con l'auspicio che questa sia una posizione personale e non diventi un atto del Governo, e mi rivolgo evidentemente non soltanto al Governo, ma anche alla maggioranza che lo sostiene.

EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Volevo chiedere al Governo se poteva riferirci rispetto a un punto. Il decreto-legge fa riferimento al contrasto all'immigrazione clandestina e illegale e volevo chiedere…

PRESIDENTE. Onorevole Rossini, però siamo in una fase diversa. Durante il seguito del dibattito su questo decreto-legge, che abbiamo rinviato, senz'altro la sua domanda avrà luogo pertinente e possibilità di interlocuzione con il Governo, che cortesemente risponderà come ha fatto oggi. Adesso, però, il dibattito su questo è concluso.

La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 13,30.

Naturalmente sarà mia cura riferire al Presidente Fico delle richieste che sono pervenute dai colleghi Fiano e Fornaro.

La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 13,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 648 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità (Approvato dal Senato) (A.C. 1041) (ore 13,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1041: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1041)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Dieni.

FEDERICA DIENI, Relatrice. Grazie, signor Presidente. Questo decreto è arrivato dopo l'approvazione in Senato. Ringrazio già da ora la collaborazione da parte di tutti i membri della Commissione, quindi anche quelli delle opposizioni, che in maniera costruttiva hanno lavorato nel poco tempo che avevamo a disposizione in Commissione a questo testo. Brevemente illustrerò gli aspetti più importanti del provvedimento. La Commissione è stata chiamata a esaminare in sede referente questo disegno di legge. Dobbiamo dire che si rileva come la premessa normativa del decreto-legge risieda nell'articolo 95, terzo comma, della Costituzione, il quale riserva alla legge l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell'organizzazione dei ministeri.

La riserva di legge per l'ordinamento della Presidenza del Consiglio è stata attuata con la legge n. 400 del 1988, ampiamente modificata per questo aspetto dal decreto legislativo n. 303 del 1999. La riserva di legge in tema di ministeri è stata attuata dal citato decreto legislativo n. 303 del 1999 e dal decreto legislativo n. 300 del 1999. Attualmente, il numero dei ministeri è pari a tredici. Inoltre, l'articolo 1, comma 376, della legge n. 244 del 2007 ha fissato il numero massimo complessivo dei membri del Governo a qualunque titolo, compresi i ministri, i ministri senza portafoglio, i viceministri e i sottosegretari, in sessantacinque e stabilisce che la composizione del Governo deve essere coerente con il principio di pari opportunità di genere sancito dall'articolo 51 della Costituzione.

Passando a sintetizzare il contenuto del decreto-legge, vorrei evidenziare che nell'articolo 1 si prevede il riordino delle attribuzioni in materia di turismo, che vengono trasferite dal Ministero dei beni culturali e concentrate nell'ambito delle competenze del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, al fine di favorire una politica integrata di valorizzazione del made in Italy e di promozione coerente e sostenibile del sistema Italia. Il trasferimento concerne, naturalmente, anche le risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione residui, della Direzione generale turismo. Tutto il procedimento dovrà essere compiuto entro il 1° gennaio 2019.

È disposta, altresì, la cessazione degli effetti dei progetti in corso e delle convenzioni stipulate o rinnovate dalla Direzione generale del turismo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la società in house Ales.

L'articolo 2 prevede la riorganizzazione delle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: al fine di individuare un unico centro di coordinamento e di responsabilità politica per l'emergenza in materia ambientale e la bonifica dei siti inquinati, di misure di contrasto del danno ambientale e di ripristino dei siti, le politiche di contrasto del dissesto idrogeologico, la difesa del suolo e le politiche di sviluppo sostenibile e di economia circolare, fatte salve le competenze in materia del Ministero dello Sviluppo economico, è soppressa la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico istituita presso la Presidenza del Consiglio.

All'articolo 3 si prevede il riordino delle funzioni di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di politiche in favore della famiglia, in materia di adozioni, infanzia e adolescenza e di politiche a favore delle persone con disabilità. Sono attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri - si legga Ministro delegato per la famiglia e le disabilità - le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia nelle sue componenti e problematiche generazionali e relazionali, nonché le funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in tema di coordinamento delle politiche volte alla tutela dei diritti e alla promozione del benessere della famiglia, interventi per il sostegno alla natalità, della maternità e della paternità, di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, di diverse misure di sostegno alla famiglia e alla genitorialità e alla natalità, anche al fine del contrasto della crisi demografica, nonché quelle concernenti l'Osservatorio nazionale sulla famiglia.

Vengono riordinate sotto la Presidenza del Consiglio, infine, le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche in favore delle persone con disabilità. È disposta una riduzione del Fondo per gli investimenti strutturali di politica economica di 250 mila euro per l'anno 2018 e di 500 mila euro a decorrere dall'anno 2019, per garantire attribuzioni di pari risorse per il funzionamento dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Il Dipartimento per le pari opportunità è sostituito dal Dipartimento per le politiche della famiglia. Il Ministro per le pari opportunità diventerà il Ministro delegato per la famiglia e le disabilità.

L'articolo 4, invece, prevede la modifica della disciplina in ordine all'esercizio delle funzioni relative alla realizzazione del Progetto Casa Italia e gli incentivi di edilizia scolastica, che dal dipartimento specifico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri passa direttamente sotto il controllo e la responsabilità della Presidenza del Consiglio. È disposto il trasferimento, infine, dalla struttura di missione per il coordinamento e impulso nell'attuazione di interventi di riqualificazione dell'edilizia scolastica, istituito presso la Presidenza del Consiglio, al Ministero dell'Istruzione della funzione di ricevere dagli enti locali la comunicazione degli spazi finanziari destinati ad interventi di edilizia scolastica entro il termine perentorio del 20 gennaio di ciascun anno, la funzione di individuare per ciascun ente locale gli spazi finanziari entro cui si può procedere e la funzione di individuare di concerto con l'Ufficio per lo sport presso la Presidenza del Consiglio dei ministri gli enti locali beneficiari degli spazi finanziari e l'importo degli stessi, nonché di comunicarlo al Ministero delle Finanze.

L'articolo 5, infine, dispone la data di entrata in vigore del provvedimento. Quindi, vi ringrazio per l'attenzione e resto ad ascoltare tutti gli interventi che seguiranno il mio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva.

E' iscritta a parlare la deputata Noja. Ne ha facoltà.

LISA NOJA (PD). Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, membri del Governo, il mio intervento si concentrerà sull'articolo 3, comma 1, del decreto in conversione, che riguarda l'accorpamento delle funzioni relative alle politiche inerenti le persone con disabilità. Si tratta di funzioni che al momento afferiscono alla Presidenza del Consiglio, al Ministero della salute, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al MIUR, che sono anche i dicasteri che gestiscono i fondi e le risorse necessari per promuovere le politiche inerenti le persone con disabilità. Il tutto sulla base di un intento che è quello di avere un approccio integrato alle politiche relative alle persone con disabilità. La scelta di superare questo approccio, istituendo un dicastero ad hoc, suscita per noi preoccupazioni di ordine tecnico e di ordine culturale, ancorché riconosciamo che è una scelta suggestiva, da certi punti di vista.

Prima di tutto, le preoccupazioni di ordine tecnico: il Ministero che viene costituito ad hoc è un Ministero privo di portafogli; quindi, questo significa che le risorse rimarranno in gestione ai dicasteri che ho nominato prima. La preoccupazione è, quindi, quella che vi sia, da un lato, un caos normativo, ma, soprattutto, il rischio di un rallentamento nella gestione ed erogazione delle risorse necessarie per la prosecuzione dei servizi di supporto alle persone con disabilità. Ci è stato detto che il Ministero costituirà una voce che parlerà a tutti gli altri dicasteri per conto delle persone con disabilità. Ecco, devo dire che l'avvio dei lavori del Governo ha visto questa voce essere flebile, se non muta, se pensiamo che nel decreto dignità è contenuta una norma che rischia, anzi, sicuramente porterà al licenziamento di alcuni insegnanti con disabilità e che, sia in sede di predisposizione del decreto sia nella discussione in Aula, in cui le opposizioni hanno proposto degli emendamenti per cercare di ovviare a questo rischio e di garantire delle tutele alle persone con disabilità che verranno licenziate, ecco, la voce di quel Ministero evidentemente è stata muta, perché non si è preso alcuna provvedimento per evitare questo danno gravissimo per alcuni lavoratori disabili.

Ma ci sono delle ragioni culturali che ci spingono ad essere preoccupati per la costituzione di questo Dicastero, che forse sono più gravi di quelle tecniche. Vedete, colleghi, lo scoglio più grande che deve superare una persona con disabilità nella propria vita è anzitutto quella di non essere identificata dal mondo che lo circonda con la propria disabilità. Non è infatti un vezzo linguistico che non si debba parlare di disabili, ma di persone con disabilità. Non è un caso che la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità parta da un principio cardine, cioè che le persone con disabilità non hanno diritti nuovi, diritti diversi, ma hanno gli stessi diritti di tutti gli esseri umani, e quei diritti devono essere loro riconosciuti, non diritti aggiuntivi o diversi. E non è una circostanza irrilevante il fatto che la Convenzione ONU sia passata da una concezione della persona con disabilità come oggetto di cura, a quella di una persona con disabilità come protagonista attivo del proprio destino e della propria vita. Questo è stato un passaggio culturale fondamentale e straordinario per le persone con disabilità e per le loro famiglie.

Devo dire che l'Italia negli anni è un Paese che in questo passaggio culturale è stato in prima linea: perché guardate, al di là di quello che viene raccontato, il nostro Paese ha una storia di inclusione importantissima nel mondo. Noi siamo stati il primo Paese ad avere una legge sull'inclusione scolastica che è stata riconosciuta dalle Nazioni Unite come un modello mondiale. Abbiamo leggi importanti, come la legge n. 104 del 1992, la legge n. 328 del 2000, che hanno appunto sancito e aiutato anche il nostro Paese a proseguire in questo passaggio culturale, che va preservato a tutti i costi. E la nostra preoccupazione è che la costituzione di un Ministero ad hoc possa in qualche modo portare ad una regressione rispetto a questo messaggio di inclusione, questo messaggio progressista. Perché? Perché la costituzione di un Ministero ad hoc in qualche modo sembra voler ricondurre le persone con disabilità a una categoria a sé, una categoria a parte, che ha un ministro a parte, che ha diritti separati. E su questo, consentitemi di dirlo, le parole del Presidente Conte di qualche settimana fa, che ha parlato di un Bill of rights, ha usato l'espressione: un codice tutto per le persone con disabilità, non hanno fugato le nostre preoccupazioni. Guardate, io sono sicura della buona fede del Presidente Conte, sono sicura delle buonissime intenzioni; però il linguaggio approssimativo con cui il Presidente Conte ha parlato del codice per le persone con disabilità fa temere che si sottovaluti il rischio del messaggio culturale che può arrivare appunto da dichiarazioni come quelle del codice per i disabili, piuttosto che dall'istituzione di un Ministero per le disabilità.

Anche il fatto di accorpare il Ministero per le disabilità con il Ministero per la famiglia è ugualmente una fonte di preoccupazione da questo punto di vista: non perché noi non abbiamo la consapevolezza piena di come l'alleanza tra le istituzioni e la famiglia sia un elemento fondamentale per aiutare la persona con disabilità a sviluppare un proprio progetto di vita, ma perché non vorremmo che questo accorpamento portasse a ricondurre le politiche per le disabilità a politiche di assistenza della persona con disabilità nel suo nucleo familiare e basta. Non è questo il compito che noi abbiamo: noi abbiamo il compito di far sì che le persone con disabilità possano, nei limiti del possibile, avere una vita autonoma, emanciparsi anche, in tutti i casi in cui ciò è possibile, dalle loro famiglie.

Le persone con disabilità non hanno bisogno di bandierine, non hanno bisogno di testimonial nelle istituzioni; hanno bisogno di una visione, che parta da tre concetti importanti. Il primo è che le disabilità sono diverse tra loro: ciascuna persona con disabilità ha una condizione diversa e ha bisogni completamenti diversi, che vanno capiti e soddisfatti. Il secondo punto è che le persone con disabilità non hanno bisogno di testimonial, ma hanno bisogno di progetti di vita: hanno bisogno di politiche che si pongano il tema di come consentire a ciascun individuo, anche nonostante la condizione di disabilità in cui si trova, di sviluppare il proprio potenziale, per quello che è, diverso per ciascuno di noi, e di progettare una vita, come dicevo, autonoma e per quanto possibile emancipata dalla propria famiglia.

È un diritto che spetta ad ogni ragazza e ad ogni ragazzo, e deve spettare anche ai ragazzi e alle ragazze con disabilità.

Noi appunto temiamo che rispetto a questa visione, che è una visione progressista, che è la visione che ispira tutta la Convenzione ONU relativa ai diritti delle persone con disabilità, possa esserci un arretramento. Guardate, io non penso certamente qui di farvi cambiare idea, e voglio partire dal presupposto che in questa scelta ci sia stata un'intenzione in buona fede; però con queste mie parole vorrei mettervi in guardia sull'avere molta attenzione a questo tema culturale, perché una regressione culturale porta automaticamente ad una regressione dei diritti e poi anche delle tutele che la nostra società offre alle persone con disabilità. E lo dico perché alcune dichiarazioni rilasciate dal Ministro Fontana, come quella sulla possibilità di rivedere una legge di civiltà come quella sul “dopo di noi”, altrettanto ci preoccupano, cioè ci preoccupa appunto che in qualche modo si intenda rivedere o ripensare questa visione.

Noi abbiamo delle proposte molto importanti su questo tema: abbiamo l'idea di un innalzamento dell'assegno di accompagnamento come strumento di promozione dell'autonomia dei progetti di vita delle persone con disabilità; abbiamo già depositato una proposta di legge delega sull'accessibilità universale; vogliamo lavorare sul turismo accessibile, sulla cultura accessibile, sull'università accessibile, che è un punto fondamentale per noi, proprio nell'ambito della costruzione del progetto di vita. E credo che dall'opposizione vi sfideremo e misureremo in qualche modo se i rischi e le preoccupazioni, che oggi esprimiamo rispetto a questa scelta, che reputiamo sbagliata ma su cui vogliamo comunque misurarvi nei fatti, dicevo, noi misureremo quanto quei rischi siano fondati, anche soprattutto dalla disponibilità che voi dimostrerete in queste Aule a prendere in considerazione le nostre proposte e a portarle avanti insieme a noi, perché questa io spero sia una battaglia su cui non c'è colore politico e su cui sarà possibile nonostante tutto lavorare insieme (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Presidente, membri del Governo, colleghi deputati, resistenti colleghi deputati, il provvedimento che affrontiamo oggi è un provvedimento importante, perché il riordino dei Ministeri, che vuol dire anche riordino degli uffici, riordino delle competenze, riordino delle funzioni, dà l'avvio alle nuove politiche di questo Governo: in particolare ne sottolinea le priorità e le sinergie che ci possono essere tra materie diverse che negli anni scorsi sono state dimenticate. Quello di oggi, che inizia oggi, non è un semplice atto burocratico ministeriale, ma per come la vediamo noi è una chiara, trasparente e precisa dichiarazione politica su come il nostro Governo, il Governo del cambiamento, avrà intenzione di procedere, da qui ai prossimi mesi, su precise materie. Non solo: noi oggi diamo anche un'indicazione chiara e precisa e puntuale della strada che, nelle prossime settimane e nel prosieguo della nostra attività, vogliamo seguire.

Nel dibattito che affronteremo dobbiamo essere anche chiari: in questo provvedimento non ci sono stanziamenti di risorse specifiche, però è anche vero che non ci sono tagli, né finanziari, quindi che vadano a incidere su fondi destinati a singole materie, né funzionali, quindi non ci sono competenze, materie che verranno meno. E faremo tutto questo con lo scopo preciso di avere un'azione amministrativa più efficiente e più veloce. Perché? Questo per rispondere a un principio della buona politica e della buona amministrazione: i cittadini devono avere risposte precise, puntuali e devono sapere esattamente chi fa che cosa.

Ecco, in questo contesto secondo noi riveste una particolare importanza il trasferimento della competenza del turismo al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Ecco, anche qui credo che serva un minimo di chiarezza. Questo trasferimento non è, come dire, una bocciatura di una materia ma, anzi, semmai è proprio il contrario: è il sottolineare l'importanza di una determinata materia che il nostro Governo vorrà affrontare con più funzionalità e questo lo dimostra, per esempio, il fatto che il turismo diventerà, da una semplice direzione, un vero e proprio Dipartimento. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che avrà la possibilità e la capacità di coordinare, in maniera migliore e più veloce, tutte le competenze che attengono al settore del turismo. Non nascondiamo, però, che dietro questa decisione c'è anche una precisa volontà politica che noi vogliamo sottolineare con questo trasferimento ed è una precisa volontà politica che è stata sottolineata e che viene sottolineata non solo da questo Governo ma anche da una decisione che è stata presa, qualche giorno fa, al G20 di Buenos Aires, dove è stato approvato, anche grazie all'impegno del nostro Governo e del Ministro Centinaio, all'unanimità un documento che indica nel turismo un veicolo di promozione del territorio e uno strumento di sviluppo dell'agricoltura. Quindi, queste due materie, turismo e agricoltura, possono assolutamente - anzi non possono, ma devono - andare di pari passo.

Questo lo dimostra anche una caratteristica credo peculiare del nostro Paese. Infatti, nel nostro Paese ci sono 200 milioni di turisti che ogni anno arrivano nel nostro Paese e che visitano le nostre città non solo - anche ma non solo - per i musei, per le opere d'arte, per tutta una serie di caratteristiche del nostro territorio, ma anche per le nostre eccellenze enogastronomiche e, quindi, per i prodotti che la nostra terra, con il lavoro dei nostri agricoltori, sa produrre. Questa peculiarità è stato sottolineata, tra l'altro, anche nel 2010, quando la dieta mediterranea, di cui io ovviamente non sono un testimonial eccellente, è stata riconosciuta - abbiamo anche la dieta mediterranea; (commenti del deputato Fiano)… siamo in due - come un patrimonio immateriale dell'umanità. Ecco, questo cosa vuol dire? Vuol dire che c'è una profonda considerazione delle nostre eccellenze enogastronomiche. Noi parliamo, quando facciamo riferimento alle eccellenze enogastronomiche del nostro Paese, di circa 810 tra denominazioni di origine protette, indicazioni geografiche protette e specialità tradizionali garantite, il tutto in aggiunta a 4.700 tipicità regionali. Il settore dell'agriturismo, che è quello che in maniera immediata e diretta fa capire il collegamento tra agricoltura e turismo, è in crescita del 10 per cento all'anno, grazie anche all'attività di oltre 23.000 aziende che danno lavoro a decine, centinaia di migliaia di persone. Quindi, il tentativo di unire il turismo e l'agricoltura non va, ovviamente, a discapito della cultura, dove prima risiedeva la competenza del turismo, ma serve come moltiplicatore di due materie, di due settori che, invece, possono benissimo procedere insieme per svilupparsi a vicenda.

L'altro aspetto di questo provvedimento che noi vogliamo sottolineare è proprio il Ministero della famiglia e della disabilità. Ecco, per noi questo atto è un vero e proprio atto di civiltà, con uno scopo politico - anche qui - ben preciso, cioè far tornare centrali questi due argomenti: la famiglia e la disabilità. Per quanto riguarda la famiglia, tra l'altro noi vogliamo proprio ritrovare quel ruolo che la Costituzione garantisce alla famiglia, al singolare, alla famiglia, che è un ruolo centrale all'interno della nostra società e quindi, secondo noi, secondo la maggioranza, è meritevole di avere come riferimento un dicastero specifico.

Tra i vari compiti che avrà questo Ministero uno dei più significativi, per quanto ci riguarda, è quello di svolgere un ruolo di argine alla denatalità. Il problema della denatalità nel nostro Paese è un vero problema ed è, forse, il principale dei problemi sul quale dobbiamo ragionare per dare un futuro al nostro Paese. Un qualsiasi Paese dove non si fanno figli - e credo che sia evidente a tutti - non ha la possibilità di immaginare e di disegnare un futuro positivo. Noi su questo dobbiamo intervenire e dobbiamo farlo in maniera seria, senza più gli spot e i manifesti che sono stati usati negli anni passati, come il Fertility day. Per carità, tutte idee anche positive, tutte idee che possono anche avere un seguito culturale importante ma che, se non sono accompagnati da misure concrete, così come non ci sono state negli anni passati, hanno evidentemente un respiro alquanto corto e con un'aggravante in più: che questo problema della denatalità è stato usato, ahimè, come alibi per giustificare un'invasione di immigrazione clandestina che non aveva assolutamente motivo di essere. Quindi, non solo non si è intervenuti sul problema della denatalità ma, addirittura, la si è usata come alibi per giustificare e per dare poi vita alla creazione di un altro tipo di problema, che è quello dell'immigrazione clandestina. Non a caso, il 2017 ha fatto registrare, per l'ennesima volta, un anno record per quanto riguarda il problema della denatalità. Io credo che l'istituzione di un Ministero della famiglia tra le tante cose di cui dovrà occuparsi avrà tra le proprie priorità quella di invertire questo trend assolutamente negativo.

Poi, c'è il problema della disabilità. Io credo che questo sia un tema ovviamente essenziale, soprattutto dopo anni di chiacchiere e di disinteresse della sinistra su questa materia. In campagna elettorale noi siamo stati chiari e l'abbiamo detto con precisione: il nostro obiettivo era mettere al primo posto quelli che per anni sono stati considerati gli ultimi, i dimenticati. Ecco, lo stiamo facendo con un Ministero che si occuperà principalmente di questo e non solo di banche e di immigrati, usati per arricchire la criminalità organizzata o le cooperative amiche che poi restituivano il favore con ampi finanziamenti in campagna elettorale. Con questo Ministero noi mettiamo le basi proprio per andare in questa direzione, sapendo che spesso sono proprio le famiglie a dover gestire in solitaria questo tipo di problematica.

L'ultimo punto che vorrei toccare, che ha fatto discutere molto in questi giorni anche durante l'esame al Senato, è la questione di Casa Italia. Casa Italia, secondo me, si accompagna in maniera analoga anche con altri temi come, per esempio, quello del coordinamento e del monitoraggio degli interventi di emergenza ambientale, il tema del contrasto al dissesto idrogeologico, la messa in sicurezza del suolo e l'Agenzia per la coesione territoriale. Anche qui credo che bisogna fare subito, come dire, un'operazione verità. Nessuna di queste materie, di questi enti e di queste agenzie viene soppresso. Quindi, quando si parla di soppressione o di cancellazioni di queste tematiche si fa un allarmismo del tutto ingiustificato, anche con una certa finalità strumentale e, tra l'altro, provocano, questi tipi di allarmismi del tutto ingiustificati, un danno al Paese perché creano incertezza e creano dubbi tra i nostri cittadini. Noi su questo vogliamo essere chiari: non si cancellano fondi e progetti. Nulla di tutto ciò verrà cancellato ma, semmai, andiamo esattamente nella direzione opposta. Cioè, riportando direttamente alcune materie, alcune agenzie e Casa Italia sotto la Presidenza del Consiglio dei ministri oppure sotto i Ministri coinvolti - dove, tra l'altro, esistono competenze maggiori rispetto a questo tipo di agenzie e a questo tipo di strutture - ridiamo centralità a tematiche che negli anni scorsi sono state accantonate.

Quindi, non è assolutamente vero che ci sarà un taglio di queste strutture e di queste materie ma, semmai, stiamo andando esattamente dalla parte opposta, cioè quella di ridare centralità a questi tipi di argomenti, portando avanti gli obiettivi che ci si era prefissi quando sono stati istituiti.

Chiudo dicendo che oggi noi dotiamo il Governo del cambiamento di una macchina nuova almeno su questi temi, una macchina nuova che, nelle nostre intenzioni, vuole essere moderna e veloce e, quindi, più funzionale e più capace di dare risposte ai cittadini, con l'obiettivo chiaro di poter raggiungere i traguardi che ci siamo prefissi con l'elaborazione del contratto di Governo e di tagliare, quindi, anche il traguardo del cambiamento che tutti noi ci aspettiamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Silli. Ne ha facoltà.

GIORGIO SILLI (FI). Grazie, signor Presidente e grazie a tutti gli onorevoli colleghi che sono rimasti in Aula.

Questa mattina, nel dare un'occhiata, nell'approfondire questo disegno di legge, ho voluto, come in genere io faccio sempre per mia natura, cercare di fare un ragionamento politico e andare indietro nel tempo, cercando di capire come nel passato i ministeri fossero stati riorganizzati, riordinati, spacchettati o rimpacchettati. E non mi sono limitato ad arrivare ai primi anni della seconda Repubblica, sono voluto andare molto più indietro, addirittura prima della Prima guerra mondiale. Ho dato un'occhiata alla composizione dei Governi Giolitti, dei Governi Crispi, del Governo Mussolini I, del Governo Spadolini, del Governo Andreotti II. E, in ogni caso, è emerso che la necessità del momento imponeva una certa organizzazione del potere esecutivo.

Chiaramente, durante il ventennio, il potere esecutivo sappiamo tutti, in quel periodo buio, che tipo di potere esecutivo è stato, ma in momenti dove la democrazia e, comunque sia, la dignità con la “D” maiuscola di questa Aula aveva la sua importanza, il riordino e la riorganizzazione dei ministeri sono sempre passati attraverso dei lavori di Aula e dei lavori di Commissione, nel vero senso della parola.

Questo per dire che oggi, probabilmente, c'è più necessità di creare dei Ministeri specifici per rilanciare il nostro Paese o quella che è la nostra economia, Ministeri che, probabilmente, venti, trenta, cinquanta, cento anni fa non sarebbero stati necessari.

Ho sorriso quando ho visto che, ai tempi dei Governi Andreotti, esistevano ancora i Ministeri di bilancio, finanze e tesoro ed erano tutti spacchettati; ho sorriso, ma non troppo, vedendo che nel ventennio, nei governi Mussolini, addirittura c'erano i Ministeri delle “terre liberate dal nemico”, piuttosto che il Ministero “della produzione bellica” o “dell'Africa orientale italiana”.

Questo per dire che cosa? Che il Ministero deve essere uno strumento dello Stato, e quindi del Governo, per amministrare nel miglior modo possibile il potere esecutivo, per cercare di dare slancio al nostro Paese, alla nostra economia, per cercare anche di guardare al futuro.

E vengo alla forma, ancor prima che alla sostanza: purtroppo, noi veniamo da una tre giorni di lavori parlamentari dove la dignità di quest'Aula e di tutti i nostri colleghi è stata pressoché azzerata (i colleghi dell'opposizione, voglio dire); perché, vedete, quando si parla di una riorganizzazione di ministeri, che non è come giocare a bambole, è una robetta importante, perché qualora questo Governo, come non mi auguro, ma qualora dovesse durare per molto tempo, la riorganizzazione dei ministeri diventa una roba molto pesante nella gestione dell'Esecutivo del nostro Paese.

E io mi sarei aspettato quantomeno che questo disegno di legge passasse attraverso le Commissioni competenti per un po' più di tempo - soprattutto nella mia Commissione, la Commissione di cui io faccio parte, Affari costituzionali, come mi aspetterei - ma credo che rimarrà solamente una speranza; mi sarei aspettato che durante il dibattito alcuni emendamenti venissero presi in considerazione e non solamente ascoltati quasi per dare il contentino a quest'Aula, ma di fatto depennati, come è avvenuto nei due giorni precedenti durante la discussione del decreto dignità.

Perché vedete, in politica io non dico che la forma sia uguale alla sostanza, ma la forma è importante, la forma ha un suo peso. Ogni volta che io intervengo ricordo a tutti quanti che la nostra Costituzione dice che il singolo parlamentare rappresenta la nazione, al di là dello schieramento politico, al di là dell'organizzazione in gruppi parlamentari, aldilà delle appartenenze di partito, che chiaramente sono assolutamente legittime, e al di là degli indirizzi politici o dei contenitori ideologici ai quali il deputato appartiene.

Ebbene, io credo e spero che questa possa essere l'occasione per dare un pochino più di considerazione all'opposizione durante il dibattito che avverrà all'inizio della prossima settimana, perché io credo che l'opposizione - certamente non al 100 per cento delle proposte: ci sono delle posizioni politiche che sono distanti dalla mia anni luce, vedo un deputato di Liberi e Uguali, probabilmente non ho niente a che spartire con Liberi e Uguali - ma sono convinto che tutti noi possiamo veramente partecipare al dibattito in maniera costruttiva e fare delle proposte che siano interessanti e che vadano a pro del Paese.

C'era bisogno di un decreto di questo tipo? E no, che non c'era bisogno! Non c'era bisogno perché qui non si parla di misure di urgenza, terremoti, piuttosto che riorganizzazione d'urgenza nel caso di Protezione civile o altro; qui si sta parlando di riordino di Ministeri, siamo all'inizio di una legislatura, che, devo dire la verità, insomma, ha visto il formarsi di un Governo in maniera molto faticosa, siamo alle primissime settimane di questo Governo e francamente io vedo che l'Aula, ma la stessa Commissione è stata profondamente mortificata, direi anche violentata.

Perché la Costituzione è molto chiara quando si parla di Governo e di Ministeri: sono due articoli, il 95 e il 77; in uno dei due si dice chiaramente che l'organizzazione dei ministeri è affidata alla legge e io, quando mi si dice “affidato alla legge”, intendo affidato ai due rami del Parlamento, intendo affidato al legislatore, non intendo affidato al Governo, che, di rimbalzo, poi, la passa in Aula perché sa di avere una maggioranza schiacciante.

E, quindi, credo che sarebbe stata buona creanza - ma purtroppo la buona creanza in questa sedicente terza Repubblica non è più un costume diffuso - una permanenza un po' più lunga all'interno della Commissione, quantomeno la prima, e sarebbe stata buona creanza un momento di incontro tra maggioranza e opposizione anche per riflettere sugli eventuali emendamenti che verranno presentati e che verranno discussi lunedì o martedì prima del voto.

Detto questo, io non voglio polemizzare, io so perfettamente che non stiamo divertendoci, la politica ha le sue regole, piaccia o non piaccia, chi ha i numeri governa, chi non ha i numeri non governa. Però, io vi richiamo, vi richiamo veramente a un senso di democrazia, che non dico stia venendo meno, ma quanto meno va a ledere, come ho detto poc'anzi, la dignità di ognuno di noi e tutti insieme, quindi, di questa Aula.

Ci sono tre punti per arrivare a parlare della sostanza: il Ministero della famiglia e della disabilità, il Ministero dell'ambiente - cerco di semplificare - e questo accorpamento, permettetemi di dire un po' bislacco, del turismo al Ministero dell'agricoltura; non voglio cedere a facili battute, come ho letto sui social, dove si dice si formerà il Ministero dell'agriturismo. No, sono stupidaggini, la politica è una cosa seria e io credo che in quest'Aula si debba dibattere in maniera seria senza fare battute di spirito.

Ebbene, per quanto riguarda l'accorpamento del Ministero del turismo all'agricoltura, io, al di là della buona fede, magari, di chi ha pensato che questo accorpamento possa portare dei vantaggi al Paese, io voglio cercare di riflettere, andando anche a domandarmi se ci può essere un pizzico di malafede.

Perché, vedete, i numeri del turismo sono numeri importanti: il 12 per cento del PIL, 650 mila imprese, cioè il turismo è il turismo in Italia, anche se devo dire che negli ultimi anni stiamo facendo di tutto per sdegnare i turisti in questo Paese; ma il turismo dà dei numeri importantissimi, muove occupazione, muove capitali e, allora, io sento un po' l'odore della creazione di una sorta di super-Ministero, seppur dietro le quinte, che dia un grandissimo potere al Ministro Centinaio, che sarebbe legittimo, eh, non mi fraintendete, qui si parla di numeri, l'ho detto poc'anzi; se la Lega riesce ad imporre ciò all'altro alleato di Governo e della maggioranza, del resto, la Lega ha preso la metà dei voti dei 5 Stelle e, di fatto, ha lo stesso potere esecutivo, quindi, se le è riuscito creare un Governo in questi termini, probabilmente, le riuscirà anche creare un super Ministero dell'agricoltura e del turismo.

Ma la mia domanda è: che senso ha accorpare il turismo all'agricoltura? Che senso ha? Perché, veramente, non si cerca di dare slancio, una volta per tutte, al nostro Paese e si crea un Ministero, apposito, del turismo? Il Ministero del turismo nasce, mi sembra, una quindicina di anni fa, accorpato allo spettacolo, poi viene, più volte, spacchettato e rimpacchettato, ma, veramente, di fronte ai numeri che ho citato poc'anzi, voi pensate che il turismo non abbia la dignità di avere un Ministero apposito, con portafoglio, lo ripeto, con portafoglio?

Perché, guardate, la creazione di Ministeri, tanto per riempire una casella e dire: ho fatto il Ministero della disabilità, per esempio, senza un portafoglio adeguato o senza l'intenzione, da parte dell'Esecutivo, di dare dei finanziamenti importanti, rimane fine a se stessa. Qualsiasi imprenditore vi direbbe: sì, bene, l'idea è valida, l'idea è giusta, ma chi ce lo mette il capitale? L'idea è giusta, ma se vogliamo far fruttare, ci vuole un capitale di base. Allora, insieme a dei ministeri senza portafoglio, è importante capire se e in che modo verranno finanziate queste iniziative.

Permettetemi di dire davvero che sono perplesso e perplessi sono anche i colleghi del mio gruppo su questa riorganizzazione dei ministeri; avrei voluto approfondire un po' di più, ho sentito che nella riorganizzazione del Ministero dell'ambiente si farà particolare attenzione anche all'economia circolare; oggi, non l'ho sentita rammentare, ma da persona eletta in un distretto produttivo so bene quanto, in questo Paese, adesso sia di moda la parola economia circolare, cioè il riutilizzo dei - chiamiamoli - rifiuti o, comunque, delle «primette» o delle seconde scelte nel ciclo produttivo, ripartendo da zero. Però dico, sì, bello, scrivete e parlate di economia circolare, ma sulla scrivania del Ministro dell'ambiente giacciono alcune mie interrogazioni per cercare di ovviare a un problema creato dal Governo precedente, PD, che aveva recepito una direttiva sui rifiuti europea in maniera sbagliata e, adesso, è necessario un intervento del Ministro. Dico io: sì, bene andare in questa direzione, ma, prima, si cerchino di risolvere i problemi o di rispondere alle interrogazioni che il Ministro ha sulla scrivania e, poi, si può procedere ad una riorganizzazione del Ministero.

Quindi, veramente, e mi avvio alla conclusione, ho voluto incardinare in una riflessione storica questa riorganizzazione dei ministeri, perché credo e sono assolutamente convinto che dalla storia si debba solo imparare. Non è una riflessione polemica, non ci metto polemica e voglio credere e sperare che il Governo non sia in malafede, ma, francamente, ci sono alcune cose, se non quasi tutte, di questa riorganizzazione che lasciano molto perplessi me e tutti i miei colleghi. Vediamo che cosa farete, lunedì e martedì; io spero che vorrete violentare un po' meno l'opposizione di quanto avete fatto negli ultimi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Tripodi. Ne ha facoltà.

ELISA TRIPODI (M5S). Grazie, Presidente; sottosegretario, onorevoli colleghi, la scelta del Governo di trasferire e concentrare alcune attribuzioni e competenze in materia di turismo dal Ministero dei beni culturali a quello delle politiche agricole alimentari e forestali trova le sue motivazioni negli scarsi risultati ottenuti fino ad ora. In questo caso, specifichiamo che il MoVimento 5 Stelle ha sempre sostenuto il made in Italy, i produttori locali e la valorizzazione dei singoli territori e del loro bagaglio culturale. I prodotti delle singole realtà regionali e locali di questo Paese devono ottenere maggiori forme di promozione, di salvaguardia e, dunque, di attenzione.

Vogliamo che chi produce qualità in Italia ottenga le dovute e opportune garanzie e si senta incentivato a proseguire nella sua attività di creazione di valore.

Per quanto riguarda l'ambiente, le nostre battaglie dentro quest'Aula e fuori, sui territori, sono la testimonianza diretta dell'attenzione e del rispetto che riserviamo al tema e alla sua tutela. In particolare, vogliamo abolire le strutture che gravano sulla spesa pubblica, in quanto duplicazioni di costi, come il progetto Italiasicura, tanto a cuore a Matteo Renzi, ma di cui nessuno ha capito quale fosse la specifica funzione; con la sua soppressione, si vuole restituire centralità al Ministero dell'ambiente, al fine di migliorare il coordinamento e il funzionamento delle attività di contrasto al dissesto idrogeologico. Lo sfruttamento massiccio dei nostri territori, delle risorse naturali e le errate iniziative legislative emergenziali hanno, da un lato, favorito la criminalità organizzata nella perpetrazione dei più gravi reati in materia paesaggistico-ambientale e, dall'altro, hanno reso inadeguate e ad alto rischio per l'incolumità pubblica aree densamente popolate e di sviluppo industriale e commerciale.

Questi sono ambiti nei quali occorre intervenire prontamente e in maniera decisa, sotto la direzione e la coordinazione di una sola ed unica regia. Per fare un esempio, una delle più catastrofiche e involutive riforme volute ed attuate dal precedente Governo è stata la cancellazione del Corpo forestale dello Stato, organismo specializzato, da 200 anni, nella difesa idrogeologica delle nostre montagne, attraverso la tutela delle foreste e delle aree naturali. Si trattava della più grande forza europea votata unicamente e strategicamente alla difesa dell'ambiente che, per una miope e utilitaristica visione politica, è stata smembrata.

La riforma Madia ha reso inutile il prezioso bagaglio di conoscenze che il Corpo forestale aveva maturato in ben 200 anni di storia, di cura e di ingegneria forestale del Paese. In questo modo ha consegnato un organismo funzionante a due principali istituzioni: l'Arma dei carabinieri e i Vigili del fuoco che, per la loro intrinseca organizzazione, sono attrezzate a reagire in modo uniforme e rigido alle diverse esigenze delle variegate aree naturali. Il provvedimento in esame deve essere, quindi, la premessa per recuperare il vulnus creato dalla riforma Madia e ricomporre le funzioni disperse del personale già forestale in una nuova organizzazione preposta ad affrontare con mezzi moderni e civili questa pericolosa fase dell'ecosistema, aggredito dalle nuove sfide del cambiamento climatico globale.

Con l'articolo 3 si affronta un altro aspetto a cui il MoVimento 5 Stelle ha sempre dedicato attenzione, che riguarda la profonda crisi delle nascite e l'insufficienza delle politiche familiari adottate fino ad ora. Questo è un tema rispetto al quale occorre fornire interventi rapidi, unitari ed omogenei e non lo si può lasciare slegato da quello del lavoro. Questa legislatura darà avvio ad interventi in ogni ambito e questi primi due mesi ne sono stati la prova.

Anche la disabilità è stata gestita, fino ad ora, in modo caotico, frammentato, con competenze sparse nei vari ministeri. L'articolo riconduce dunque alla Presidenza del Consiglio dei ministri la sede più appropriata per ricomporre le varie politiche interessate alla famiglia, alle adozioni, all'infanzia, all'adolescenza e alla disabilità e, quindi, all'inclusione scolastica, alla mobilità e all'accessibilità.

Con l'articolo 4 si è provveduto a modificare, tra gli altri, la disciplina in ordine all'esercizio delle funzioni relative alla realizzazione del progetto Casa Italia e agli interventi di edilizia scolastica che dal dipartimento specifico, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, passa direttamente sotto il controllo e la responsabilità della Presidenza del Consiglio.

Ecco che, in questo quadro generale, dunque, si inseriscono le esplicate disposizioni relative al decreto-legge 12 luglio 2018 n. 86, in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole, alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Grazie, Presidente. Io, intanto, vorrei segnalare, per suo tramite, anche al Presidente Fico, che questo Parlamento non è stato messo nelle condizioni di esaminare con la dovuta attenzione il provvedimento.

Noi abbiamo ricevuto il testo in Commissione mercoledì mattina. Inizialmente si era fissato un termine degli emendamenti per mercoledì sera, poi, su richiesta anche del sottoscritto, il presidente Brescia ha accondisceso a posticipare il termine degli emendamenti a giovedì mattina, ma, con un decreto importante come quello che si è discusso fino a ieri sera tardi in quest'Aula, evidentemente non c'è stato il tempo di un approfondimento di merito dovuto, e che credo fosse necessario, su un decreto che presenta, peraltro, diversi profili sui quali abbiamo molte cose da dire, non solo nel merito ma anche nella forma.

Ho detto dei tempi, ma vorrei anche dire del fatto che questa maggioranza, in particolare questa Presidenza della Camera, si è insediata con delle parole che io voglio riprendere, perché ritengo fossero molto condivisibili e che anche noi avevamo applaudito, quando, ad esempio, il Presidente Fico, nel suo discorso di insediamento, disse: è proprio ai cittadini che penso, quando invito tutti noi a riflettere sulla necessità che il Parlamento ritrovi la centralità che gli è garantita dalla Costituzione. Questa centralità che il Presidente Fico richiamava, e che in quel discorso ha più volte ribadito, non c'è sicuramente stata in questo decreto, che peraltro è molto discutibile - come dicevo - anche nella forma. L'articolo 77 della Costituzione, a proposito della decretazione d'urgenza, fissa dei paletti molto precisi, e parla di ragioni di necessità, di ragioni appunto di urgenza, e in questo decreto, che riordina, sostanzialmente raggruppa, spacchetta e modifica assetti dei nostri Ministeri non ravvisiamo quell'urgenza che invece ha portato ad adottare un decreto-legge che, peraltro, può essere contestabile anche leggendolo nell'ottica dell'articolo 95 della Costituzione, che dice che la legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina numero, attribuzione e organizzazione dei Ministeri. Credo che questo sia un altro elemento da porre in discussione, al di là del merito su cui entrerò tra poco, perché lo trovo piuttosto critico, soprattutto per un Governo e una maggioranza parlamentare che si sono insediate volendo dare centralità al Parlamento, ma non dando, in questo caso alla Camera dei deputati, la possibilità di discutere.

Entrando nel merito non posso non soffermarmi, anche per la mia provenienza territoriale e per il collegio in cui sono eletto, sulla materia del turismo, che in questo decreto viene toccata in maniera molto profonda: si trasferiscono le funzioni esercitate dal Ministero per i Beni e le attività culturali in materia di turismo al Ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali. Questa è una scelta che noi riteniamo totalmente sbagliata. È una scelta che è stata motivata con la volontà di fare del Ministero delle Politiche agricole un Ministero del made in Italy, quindi con questa motivazione si è trasferita la competenza del turismo dai beni culturali alle politiche agricole, come se non fosse made in Italy tutto ciò che attiene al nostro sterminato patrimonio artistico, culturale, architettonico, alla nostra identità nazionale, che è molto legata ai beni culturali, alla loro conservazione e alla loro fruizione. D'altra parte, i dati, che parlano da soli, ci riferiscono in maniera molto chiara di quanto le politiche e la scelta di accorpare turismo e beni culturali nella precedente legislatura sia stata una scelta virtuosa. Se guardiamo i numeri, nel 2017, le strutture ricettive ufficiali italiane hanno registrato 122 milioni di arrivi e oltre 427 milioni di presenze totali, segnando un aumento rispetto all'anno precedente rispettivamente del 4,5 e del 6 per cento. È un trend positivo che è confermato anche dai dati della Banca d'Italia, che dice sostanzialmente che la spesa dei turisti stranieri in Italia è aumentata del 7,7 per cento. Parliamo, Presidente, di circa 39 miliardi di euro. Quindi, un trend positivo, in crescita, e peraltro le previsioni per il 2018 sono altrettanto positive, quindi non capiamo veramente, stentiamo a capire, perché mettere il Ministero del turismo assieme alle politiche agricole ed alimentari. Non lo si può motivare con la volontà di promuovere il made in Italy, perché significa, a questo punto, sottrarre al made in Italy una parte del tratto distintivo del nostro Paese. D'altra parte, non si capisce perché prendere una decisione che, peraltro, è persino contro quello che è scritto in questo contratto per il Governo del cambiamento, che sembra aver sostituito, come valore, per la maggioranza parlamentare, anche quello della Costituzione.

Per la prima volta abbiamo assistito a un contratto stipulato in forma privatistica, come se le istituzioni fossero cosa vostra, in realtà, per fortuna, sono ancora cosa di tutti. Ma in questo contratto di Governo, nel capitolo turismo, a pagina 50, si dice: “Un Paese come l'Italia non può non avere un Ministero del turismo, che non può essere solo una direzione di un altro Ministero (il turismo culturale è solo uno dei “turismi”), ma ha bisogno di centralità, di governance e di competenza, con una vision e una mission coerenti con grandi obiettivi di crescita che il nostro Paese può raggiungere”. Parole che potremo anche sottoscrivere, ma che non trovano alcuna traduzione concreta negli atti che fin qui sono stati assunti dal Governo e dal Parlamento.

Sempre rimanendo nel merito di questo decreto, voglio soffermarmi sulla decisione, che noi consideriamo scellerata, di smantellare le unità di missione, istituite presso la Presidenza del Consiglio nella precedente legislatura, che riguardavano il contrasto al dissesto idro-geologico e l'edilizia scolastica. “Italia sicura”, sul dissesto idro-geologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, ha raggiunto in quattro anni risultati notevoli, checché se ne dica. Si rischia con questa decisione di azzerare quattro anni di esperienza, di competenze, di risultati raggiunti, con 1.400 cantieri avviati o conclusi e 9 miliardi di euro di investimenti programmati, che ora vedremo rivendere, riproporre come se fossero frutto delle decisioni di questo Governo e di questa maggioranza, ma in realtà non è così. Peraltro, un piano specifico di 1.200 milioni di euro per la zona del Centro e Nord Italia, molto colpita recentemente anche dagli effetti delle calamità naturali, e che era diventato un riferimento costante per comuni, regioni e province che avevano bisogno di interventi specifici in questo ambito. Voglio fare un esempio che riguarda solo la mia regione, l'Emilia-Romagna. In Emilia-Romagna abbiamo avuto 584 cantieri seguiti attraverso questa unità di missione (sono dati pubblici, tranquillamente riscontrabili sul sito dell'unità di missione, finché almeno rimarrà online): 439 di questi cantieri sono stati conclusi; 345 sono i milioni di euro investiti solo in una regione e gestiti da questa unità di missione. Credo che siano risultati importanti. Se si riuscirà a fare meglio con questa nuova organizzazione, saremo i primi a riconoscerlo, oggi possiamo dire che, al di là di eliminare una struttura di missione, non si aggiunge un euro in più e un cantiere in più rispetto a quello che finora, invece, si è realizzato. Sull'edilizia scolastica, la situazione credo sia ancora più preoccupante, perché eliminare una unità di missione significa eliminare qualcosa che ha prodotto in questi anni 12.415 interventi su 8.114 edifici scolastici. Parliamo di 5,2 miliardi di euro investiti e 7 miliardi di euro pianificati per il futuro. E qui voglio fare un esempio ancora più ristretto territorialmente, per far capire l'incidenza che questa scelta politica di Governo ha avuto nella precedente legislatura. Nella mia provincia, la provincia di Forlì-Cesena, grazie a questa unità di missione, sono stati gestiti 65 interventi su 45 edifici scolastici, per un investimento di 24,4 milioni di euro. Da decenni lo Stato italiano, lo Stato centrale, non investiva più in maniera così forte nelle province italiane, nell'edilizia scolastica, e penso questo sia un fatto positivo, che eredita questo Governo, ma che questo Governo decide sostanzialmente di buttare alle ortiche, con la decisione di sopprimere l'unità di missione “Italia sicura” per l'edilizia scolastica.

Si va a chiudere anche il Dipartimento “Casa Italia”, che era un progetto che andava oltre il termine della legislatura, che andava oltre il nostro mandato di ciascuno di noi parlamentari, perché aveva finalmente messo attorno a un'unica idea di politiche per l'edilizia, di politiche per la manutenzione dei nostri centri storici delle nostre città, del nostro territorio, tutte le realtà, tutti gli operatori coinvolti, pubblici e privati. Aveva avuto la capacità di costruire, quindi, una prospettiva di intervento nel nostro Paese coordinata con una un Dipartimento gestito dalla Presidenza del Consiglio indipendentemente da chi forse Presidente del Consiglio in quel momento specifico della storia del nostro Paese, ma che durava evidentemente anche per gli anni, i decenni successivi. Si decide di smantellarla senza proporre in questo momento un'alternativa altrettanto efficace. Vedremo se ci sarà, ma perderemo altro tempo per costruire un'altra cabina di regia o per far funzionare la nuova organizzazione che si metterà in piedi, e nel frattempo il lavoro fatto fin qui verrà sostanzialmente perso.

Si istituisce il Ministero per la famiglia e la disabilità: si dice che si fa questa scelta per dare una risposta concreta alle famiglie. Credo che, invece, sia semplicemente una scelta di propaganda perché alle famiglie voi dite che istituirete un Ministero della famiglia, ma non dite che tale Ministero è senza portafoglio, non dite che non ha alcuna autonomia finanziaria e, soprattutto, date un'idea di famiglia ghettizzata, come se le politiche per la famiglia fossero etichettabili con un unico Ministero e non fossero, invece, qualche cosa che attraversa più Ministeri, che attraversa più discipline, che attraversa più settori che devono essere coordinati e che devono insieme lavorare per lo stesso obiettivo.

Famiglia significa politiche per il lavoro, significa servizi alla persona, significa servizi per l'educazione, significa servizi per l'infanzia, significa sostegno alle donne lavoratrici, significa sostegno nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, significa politiche di welfare.

Dunque, era forse più opportuno lasciare alcune di tali competenze ai Ministeri che già le avevano, anche per dare continuità alle cose positive che erano state messe in campo e, invece, sarà necessario ricominciare daccapo, rimettendo tutto in discussione e perdendo altro tempo per capire come fare a gestire al meglio gli interventi di cui hanno bisogno le nostre famiglie.

Sottolineo “famiglie” perché si parla di Ministero della famiglia, come se ci fosse un unico modello, e non mi riferisco solo e tanto alle cosiddette famiglie arcobaleno, ma al fatto che ogni famiglia ha una sua unicità che non può essere racchiusa in un unico modello imperante, come invece si vuol far passare introducendo il concetto di famiglia.

Manca, quindi, un approccio multidisciplinare alla disciplina e credo che in questo modo si voglia utilizzare la parola “famiglia” a cui noi siamo legati e a cui noi siamo molto attenti.

Abbiamo cercato di dare risposte alle famiglie italiane concrete nel corso della precedente legislatura, ci batteremo anche in questa come abbiamo fatto con il decreto Di Maio approvato poche ore fa, per cercare di migliorare, pur dall'opposizione, i provvedimenti che arriveranno dalla maggioranza. Ma abbiamo la sensazione che si voglia utilizzare la famiglia come una clava nel dibattito politico per dividere, anziché unire.

Noi, invece, vogliamo esprimere un concetto di famiglia che unisca e nella quale la comunità nazionale si possa ritrovare nella sua interezza. Vorrei poi parlare del riferimento che fate in questo Ministero alla disabilità e alla scelta fatta da questo punto di vista - mi ricollego alle parole della collega Noja - perché ritengo che sia davvero agghiacciante pensare di rinchiudere dentro un Ministero persone che invece devono avere i nostri stessi diritti, gli stessi diritti delle persone non disabili.

Dunque, un Ministero della disabilità significa etichettare, ghettizzare, categorizzare persone che invece devono essere poste sullo stesso piano di coloro che non hanno disabilità. Si intuisce, quindi, che sarà un Ministero con il quale si va a rischiare di azzerare tutto quanto è stato fatto nella precedente legislatura perché è assolutamente falso che non sia stato fatto nulla.

Evidentemente, non si hanno rapporti con le associazioni e con le famiglie che vivono in queste condizioni perché, ad esempio, la legge sul dopo di noi è stato un primo intervento fondamentale per dare una prospettiva ai disabili che rischiano in futuro di trovarsi soli, senza familiari che possano prendersi cura di loro. Non è stato ricordato ma ci sono stati investimenti molto importanti per sostenere le famiglie con disabilità e i progetti sulla disabilità. Molte regioni italiane, non solo quelle governate dal centrosinistra, stanno facendo cose importanti su questo versante anche in ragione di fondi, ad esempio, quelli sulla non autosufficienza, che sono stati messi a disposizione dal Governo nazionale.

Vengono considerate le persone disabili come persone diverse dalle altre e, quindi, si vanifica il lavoro fatto sul piano culturale nei decenni passati per favorire una corretta inclusione dei disabili all'interno non solo delle politiche pubbliche ma anche all'interno della società. Insomma, si vanno ad alzare barriere che rischiano di essere più difficili da superare delle barriere architettoniche contro le quali tutti i giorni le persone disabili devono combattere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sospendo per cinque minuti la seduta, che riprenderà alle 14,40.

La seduta, sospesa alle 14,35, è ripresa alle 14,40.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Grazie, Presidente. Il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86 non può essere considerato un ordinario passaggio di competenze di riordino di alcuni Ministeri, perché con questo atto noi mettiamo mano a pezzi importanti dell'architettura nel nostro sistema politico e di governance e entriamo in materie specifiche molto delicate, a partire dalla governance relativa alle emergenze ambientali, alle azioni di prevenzione e di sicurezza del territorio e del patrimonio edilizio, a partire da quello scolastico, è stato naturalmente già ricordato. Ora questo decreto ha, dal nostro punto di vista, due problemi: uno, un problema di metodo, di strada che si è scelta per l'approvazione. Il decreto-legge, per definizione, prevede un'urgenza, una necessità di affrettare i tempi. Da questo punto di vista, non ravvediamo questa urgenza e l'impossibilità di discutere nel merito il decreto ci porta ad essere molto scettici su quello che si vuole andare a fare. Lo dico perché prima il collega della Lega ci rassicurava sul fatto che nulla sarebbe stato smontato, nulla sarebbe venuto meno rispetto alle risposte e ai servizi e alle strutture che venivano toccate con questo decreto, ma, per non dover giudicare da un punto di vista del pregiudizio, del preconcetto, cosa che non vogliamo fare, ciò che ci manca è il disegno che c'è dietro questo riordino, cioè si spostano delle competenze da un Ministero all'altro. Se non dobbiamo pensare che sia per una logica spartitoria di assetto del potere all'interno del Governo, se non dobbiamo pensarlo, ma allora, qual è il disegno politico-culturale, la visione del Paese che dobbiamo vedere dietro questo decreto-legge che, ripeto, è apparentemente tecnico ma, in realtà, tocca moltissimo gli interessi dei nostri cittadini e, soprattutto, dei territori.

Dico subito che ci sono cose che ritengo assolutamente interessanti e giuste. Ad esempio, il fatto di aver riportato la questione della cosiddetta Terra dei fuochi in capo al Ministero dell'ambiente ritengo assolutamente che sia una cosa di buonsenso perché quella vicenda è chiaro che ha bisogno sempre di più di risposte da parte di quel Ministero e aver dato ad essa questo punto di riferimento è assolutamente logico e sensato. Quindi, come vedete, non voglio portare avanti un discorso né pregiudiziale né ideologico, però vorrei partire appunto dal metodo e, poi, dal fatto che si smontano cose esistenti senza darci un'idea di qual è l'alternativa possibile e disegnata da questa nuova strutturazione. Questo lo dico in particolare per quanto riguarda le novità poste in capo al Ministero dell'ambiente. Ci sorprende che si demandino al Ministero dell'ambiente i compiti affidati alla struttura di missione per il contrasto al rischio idrogeologico e di tutela della risorsa idrica. Anche qui, lo dico: è evidente che, da un punto di vista delle competenze, esse sono sempre state afferenti al Ministero dell'Ambiente - questo va detto anche, il Ministero dell'ambiente non è stato svuotato di queste competenze – ma sicuramente la presenza di quella struttura di missione ha consentito, negli anni - questo non lo dice il mio gruppo politico, ma basta parlare con i sindaci liguri, con i sindaci veneti, con quelli che sono stati colpiti più spesso da eventi alluvionali e che vivono giornalmente con il rischio idrogeologico - di avere un coordinamento, una risposta, un'allocazione di fondi assolutamente oggettiva.

Quindi, vorrei capire, nel momento in cui portiamo questo tipo di competenze all'interno del Ministero dell'ambiente, avete verificato, fino in fondo, che quel Ministero sia in grado di accogliere un ruolo così esposto, così urgente, così forte? Lo dico perché, se c'è una critica davvero da fare sul fronte della questione ambientale, è che negli ultimi anni, direi almeno negli ultimi dieci anni, il Ministero dell'ambiente è stato piano piano svuotato di funzioni, di importanza politica, di strategicità. È un Ministero che davvero va ripreso e risollevato rispetto alla centralità del ruolo; non mi sembra una cosa saggia arrivare, con una materia così complessa, senza, contemporaneamente… Prima il collega della Lega ci spiegava che non ci saranno nuovi costi, dal mio punto di vista, quindi, non ci saranno nuovi investimenti. Vi assicuro che, per la mia esperienza pregressa al mio ruolo di deputata, ero presidente nazionale di Legambiente, quel Ministero ha bisogno di formazione, di nuovo personale, di risorse economiche, di una nuova riorganizzazione, e anche di rivedere motivato un proprio ruolo centrale nelle politiche di Governo, perché negli ultimi anni così non è stato.

Quindi, portare, in maniera improvvisa, un tema così complesso… Come vedete, non pongo un tema ideologico, ma proprio una questione di opportunità. Questo lo dico perché, sul fronte del rischio idrogeologico, noi viviamo in un Paese in cui il 70 per cento dei comuni sono a rischio idrogeologico, sono 7,5 milioni i cittadini che vivono in zone a rischio idrogeologico e, negli ultimi tre anni, il nostro Paese ha avuto 7,6 miliardi di euro di danni per eventi meteorologici estremi. Quelli che noi ecologisti abbiamo sempre chiamato mutamenti climatici sono arrivati nel nostro Paese in maniera dirompente, negli ultimi anni, sotto forma di eventi meteorologici estremi, che hanno creato danni, morti, purtroppo, e, soprattutto, una condizione di rischio di cui noi dobbiamo assolutamente tenere conto.

Basti pensare che, sul fronte della cultura delle amministrazioni pubbliche, c'è ancora un percorso lunghissimo da fare. Vi esorto a considerare che nel nostro Paese, nel mentre abbiamo un problema di gestione del sistema idrico dei fiumi, i nostri comuni continuano a tombare i fiumi. Negli ultimi anni, il 9 per cento lo ha fatto, di quelli che erano a rischio idrogeologico. Quindi, capite che c'è un tema anche di affiancamento, dal punto di vista culturale, degli strumenti, dei progetti, della qualità dei progetti messi in campo, nonché dell'allocazione delle risorse, a cui, dal nostro punto di vista, quella struttura rispondeva. Per carità, tutto lecito e legittimo: nel momento in cui si insedia un nuovo Governo, il nuovo Governo ha legittimamente necessità, voglia e diritto e dovere di mettere in campo nuovi strumenti e nuove risorse, ma quello che noi vogliamo capire è se avete ben considerato che cosa comporterà affrontare, dal prossimo autunno, quel tipo di emergenza in una fase che io immagino transitoria. Quindi, anche da un punto di vista della tempistica, mi permetto di suggerire che, forse, non si sono valutate fino in fondo le conseguenze.

Altro tema che troviamo incomprensibile è la scelta, non motivata, di chiudere la struttura di missione per l'edilizia scolastica. Anche qui, pongo un tema di competenze: noi, per anni, abbiamo chiesto l'istituzione dell'anagrafe scolastica, perché quello che mancava nel nostro Paese era, in realtà, un'informazione precisa su quale fosse lo stato di sicurezza degli edifici scolastici, che, naturalmente, ricordo a tutti noi, ospitano i nostri figli, e quindi dovrebbero essere il luogo più sicuro nel nostro Paese. E, invece, noi sappiamo bene, a partire dall'ultimo terremoto, che uno dei luoghi simbolo di Amatrice terremotata è stato proprio l'istituto scolastico, che aveva avuto anche dei finanziamenti per la ristrutturazione sismica; e, invece, è venuto giù, insieme al municipio, insieme all'ospedale.

Tre luoghi simbolo per una comunità di cittadini, quei tre luoghi in cui ti aspetti di essere al sicuro nel tuo paese. Per quanto riguarda gli edifici scolastici, il 41 per cento degli edifici scolastici del nostro Paese si trova in zona 1 e 2, quindi ad elevato rischio sismico. Il 43 per cento sono stati costruiti prima del 1976; solo il 12,3 per cento delle scuole italiane sono a norma in materia antisismica. E, a proposito degli strumenti che erano stati messi in atto, se una critica si può fare alla struttura di missione per l'edilizia scolastica è che si stava procedendo assolutamente in maniera troppo, troppo lenta. Basti pensare che in quattro anni sono stati finanziati - lo ricordava prima il collega - quasi mille progetti, ma che di questi solo il 3 virgola per cento di quelli realizzati in aree a rischio riguardavano il comparto sismico. Abbiamo calcolato che di questo ritmo ci vorrebbero 113 anni per mettere in sicurezza le scuole del nostro Paese: credo che siano tempi che nessuno di noi vuole permettersi.

Ora, lo stesso dicasi per il Progetto “Casa Italia”: anche qui, si può fare sempre molto meglio, ma noi abbiamo appena approvato un decreto sul terremoto in cui, signori, abbiamo sostanzialmente avallato una sanatoria delle difformità edilizie e abbiamo ammesso che non abbiamo contezza della qualità del costruito nel nostro Paese e che, in una situazione drammatica come quella del cratere del terremoto, questa situazione è esplosa in una vera e propria emergenza. Casa Italia stava provando a dare risposta in maniera sistematica proprio a questo tipo di problematica. Ecco, quello che non ci torna, ripeto l'intervento che facevo all'inizio, è la fretta, e quindi il metodo, l'impossibilità di discutere nel merito questo decreto, e, contemporaneamente, l'alternativa che si mette in campo. Siete sicuri che per tempi e per soluzioni trovate sarete poi in grado di rispondere in maniera adeguata?

Prima il collega della Lega, che ringrazio, perché mi riconosceva addirittura, a me che sono una deputata, non un deputato, come diceva lui, dell'opposizione di Liberi e Uguali, la possibilità di dare un contributo al dibattito…era di Forza Italia, scusate, non della Lega. Prima il collega di Forza Italia ricordava che attribuire al Ministero dell'Ambiente il tema dell'economia circolare può essere assolutamente una cosa giusta, giustissima, ma che in quel Ministero giacciono da due anni i decreti sul cosiddetto end of waste, cioè sulla regolazione del fine vita delle materie, che in un Paese come il nostro, in cui il tema del costo delle materie prime, l'impossibilità di accedere alle materie prime alza anche i livelli dei costi del lavoro; a proposito del DL dignità che si è discusso e si è votato ieri in quest'Aula, ecco, c'è bisogno di una rapidità nelle risposte che non può essere asservita a una logica che, ripeto, noi non comprendiamo.

Non vogliamo essere pregiudiziali, ma ci appare molto più una logica spartitoria piuttosto che una logica legata agli obiettivi da raggiungere. Anche perché questo può essere rintracciato negli altri due macro-temi che si affrontano in questo decreto. Innanzitutto, l'istituzione di un Ministero della famiglia e della disabilità. Ecco, credo che tutti i Ministeri abbiano il compito di dare risposta alle famiglie. Noi siamo qui, dal mio punto di vista, a tutti i tipi di famiglie. E qui, come dire, c'è un tema che io, invece, pongo di fiducia, di compatibilità tra il ruolo di Ministro e le affermazioni che il Ministro Fontana sta facendo anche in queste ore. Mi dispiace, dico quello che penso, che penso che sia ancora una cosa lecita, non sto offendendo nessuno nel dire che si sta affidando un Ministero della famiglia e della disabilità ad una persona che chiede, proprio in queste ore, di abolire la legge Mancino, e che nei giorni passati, nelle settimane passate, non si è fatto scrupolo di fare battute anche provocatorie.

Credo che ci sia anche una ricerca di visibilità, si cerca magari una visibilità che non si riesce ad ottenere con competenze politiche. Posso anche immaginare così la dinamica della comunicazione, no? Verranno tolti i figli alle famiglie arcobaleno, mettere in discussione i registri delle unioni civili; insomma, sono temi che ci preoccupano, ci preoccupano perché sono temi che vengono posti da un uomo che si candida a fare il Ministro della famiglia e le disabilità, di cui mettiamo in discussione a questo punto non tanto e non solo le competenze, ma anche proprio l'opportunità etica, morale che mette in campo nell'affrontare queste idee, questi temi.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda il settore del turismo: anche qui non capiamo la logica che sottende. Anche perché il turismo ha bisogno di risposte complesse, che se mai vengono mortificate nell'accorpamento ad un altro Ministero. Peraltro il turismo è sempre stata un po' la cenerentola di questa nostra Repubblica, è sempre stato trasportato da un Ministero all'altro. Tutti noi siamo pronti a sottolineare quanto il turismo potrebbe essere il petrolio del nostro Paese; è un'espressione che io, che sono un'ecologista, ho sempre mal digerito, ma è vero che il 10 per cento del PIL del nostro Paese, l'11,8 per cento anzi, viene prodotto dal settore turistico, e il 12,8 per cento della nostra occupazione è afferente a quel settore. Ci verrebbe da dire: nonostante noi; nel senso che in questo Paese manca - e io ripeto: manca tuttora, io credo - un progetto generale di turismo, un'idea anche moderna del turismo, per cui bisognerebbe ad esempio iniziare a parlare di turismi, perché sono diversi i mercati turistici che si possono mettere in campo a seconda delle risposte che vengono date.

Noi abbiamo un turismo molto legato per esempio alle richieste europee, ma noi sappiamo che i flussi del futuro, anzi del presente e sempre più del futuro, verranno dall'Est e dalla Cina, dai mercati emergenti: come ci stiamo attrezzando? Come intendiamo attrezzarci rispetto a questo trend? Un turismo che è attirato moltissimo dai beni culturali: per questo il MiBACT era quanto meno una risposta sistematica a un binomio culturale molto evidente. Nel momento in cui si accorpa il turismo all'agricoltura, guardate, mi è chiaro tutto il ragionamento sull'enogastronomia, sulla dieta mediterranea, è evidente che c'è anche lì un tema culturale e una strategia possibile; ma sono tutte strategie parziali, che fino a quando noi non riusciamo a mettere in rete, a far fare loro sistema, rimangono delle parzialità.

Io ve lo dico perché oggi il Ministro Toninelli ha annunciato finalmente che vengono sbloccati 362 milioni di euro previsti dal Governo precedente sulle ciclovie turistiche: quello è il MIT, quindi è evidente che anche lì c'è un tema: fanno più quei fondi, rispetto al sistema turistico, che tanti altri progetti che noi potremmo inventarci, perché le ciclovie turistiche intercettano un tipo di turismo molto preciso, molto concreto, su cui noi possiamo davvero alimentare l'economia del nostro territorio.

Ecco, ho provato a portare degli elementi di merito, perché noi di Liberi e Uguali abbiamo deciso e scelto in maniera consapevole di non voler mai attaccare in maniera ideologica o pregiudiziale; quindi, provando a sollecitarvi nel merito, e anche, in qualche maniera, segnalando le difficoltà e i possibili rischi che vediamo, rispettando naturalmente i reciproci ruoli, ma anche dicendo che, insomma, questo è il terzo decreto-legge che arriva in quest'Aula in maniera rocambolesca, su cui non c'è tempo per discutere, non se ne capiscono gli elementi di urgenza, non c'è possibilità di confronto, e, come abbiamo visto al Senato, e credo anche alla Camera, i nostri emendamenti verranno respinti.

E quindi credo che si ponga un argomento di merito importante su quello che si intende per confronto parlamentare. Io credo che sarebbe molto più coerente, anche in questo caso, se il Ministro e il Governo, per lui naturalmente, si assumessero semplicemente la responsabilità di fare quello che stanno facendo con una fiducia su un decreto-legge che noi non abbiamo la possibilità di toccare, di migliorare, di anche informare delle nostre considerazioni. Di merito, ripeto, perché poi naturalmente la diversità delle opinioni politiche è assolutamente lecita, ma non riguarda il lavoro che faremo su questo decreto-legge, naturalmente.

E invece saremo qui a votare di nuovo degli emendamenti che sappiamo già che verranno bocciati, come è stato al Senato. Credo che sarà anche qui un'occasione persa, perché invece, ripeto, in questo stesso decreto-legge c'erano delle intuizioni giuste: lo ripeto, quella sul Ministero dell'ambiente, e quindi ridare ruolo, visibilità e centralità al Ministero dell'ambiente è tra queste naturalmente, ma tutto il resto, a partire dal metodo, ci spingerà a votare contro questo decreto-legge. Speriamo di essere smentiti nei fatti, nella dinamica dell'approvazione o meno degli emendamenti, e quindi vedremo come andrà il prosieguo della discussione (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scalfarotto. Ne ha facoltà.

IVAN SCALFAROTTO (PD). Presidente, siamo qui per commentare uno dei primi atti di un Governo pochissimo prolifico: ricordo a me stesso e ai colleghi che questo è un Governo che ormai è in carica dal 1° giugno, siamo oggi arrivati al 3 agosto e hanno portato a casa soltanto una legge che riguarda il tribunale di Bari. Quindi il cambiamento, come dire?, stenta a vedersi, stentano a vedersi delle visioni, stentano a vedersi delle decisioni. Voglio ricordare che ci sono per esempio sul tavolo del Ministro dello sviluppo economico degli importantissimi file che non trovano sbocco, decisioni che costano soldi al Paese, posti di lavoro: penso al dossier Alitalia, penso al dossier Ilva, un'azienda che perde 1 milione al giorno, e sappiamo che i commissari Ilva ci hanno detto che per settembre non ci saranno più soldi in cassa. Nel frattempo il Ministro Di Maio, con la sua tecnica, non prende decisioni, chiama l'Anac, l'Avvocatura dello Stato, convoca riunioni monstre con 60 persone, 180 partecipanti, interventi di un minuto a testa, e nel frattempo la decisione non viene presa. Ebbene, però arrivano in Aula provvedimenti come questo, che francamente, signor Presidente, se confrontati alla massa di questioni di cui questo Governo si disinteressa completamente, lasciano anche abbastanza… Come dire? Sorpresi. Ecco, questa è la parola: sorpresi, perplessi.

Voglio concentrarmi in particolare su un aspetto di questo decreto-legge, che è la creazione del Ministero dell'agriturismo, che è sicuramente una grande innovazione per il nostro Paese. Ma non posso naturalmente quest'oggi non fare un riferimento anche alla creazione di questo Ministero per la famiglia e le disabilità, un Ministero che già dal nome nasce male: oggi la mia collega Lisa Noja credo di poter dire ha smontato in modo scientifico, ha sezionato le ragioni per le quali questo Ministero non ha ragion d'essere. Se ne è aggiunta un'altra proprio in queste ore: la dichiarazione incredibile di colui che sarebbe il titolare di questo Ministero, il Ministro Lorenzo Fontana, il quale addirittura oggi ha avuto l'idea di proporre l'abrogazione della legge cosiddetta Mancino, che, come tutti sappiamo, è la legge che copre e punisce e identifica come reato quei comportamenti discriminatori di cui il Ministro Fontana dovrebbe essere il primo custode. Possiamo dire in un certo senso che abbiamo messo il conte Dracula a fare la guardia al centro trasfusionale dell'ospedale: direi che in questo caso non c'è una migliore metafora di questa.

Ma, come ho detto, non volevo occuparmi di questo pur grave problema, ma guardare di più alla creazione di questo, strano stranissimo Ministero di cui non si ha notizia in nessun'altra parte del mondo. Diciamo, innanzitutto, che il turismo è una delle principali attività produttive, azienda, business e fonte di prosperità per il nostro Paese. Molti miei colleghi, prima di me, hanno dato numeri importanti per dare una dimensione di quella che è questa industria, perché di questo si tratta. Quindi, non voglio ritornarci, anche perché basta effettivamente dire la parola “Italia” per comprendere, appunto, che Italia è sinonimo di turismo. Ecco, qualche numero lo do: i consumi turistici del 2016 sono stati la bellezza di 93 miliardi, quasi 94; ci sono 3,2 milioni di occupati, che sono il 13,2 per cento della nostra forza lavoro; abbiamo avuto un aumento dell'occupazione, tra il 2008 e il 2016, del 20 per cento e il valore aggiunto dell'industria turistica, tra il 2014 e il 2016, è cresciuto di quasi quattro volte rispetto al valore aggiunto dell'economia nel suo complesso. Infatti, l'Italia è cresciuta, tra il 2014 e il 2016, di 1,6 punti; il turismo è cresciuto di quasi 7 punti percentuali. Il valore generato, complessivamente più di 100 miliardi, quasi 104, equivale a oltre tre volte il valore generato dall'industria agroalimentare. Quindi, già non si spiega per quale motivo un'industria così grande, così strutturata, così identificata con il nostro Paese… se proprio devo dire la verità, se si fosse dovuta spostare dal Ministero del turismo e c'era una collocazione intelligente, pratica e sensata al limite era quella allo sviluppo economico. Si tratta sicuramente di un settore che contribuisce pesantemente, come ha detto, al valore economico del nostro Paese e, quindi, al limite se ci doveva essere una nuova collocazione potevo pensare a questo, ma certamente non a quella dell'agricoltura. Non si comprende proprio quale sia la connessione.

La collega Muroni prima diceva: “Capisco che c'è l'enogastronomia”, che sicuramente è un elemento identificativo del nostro Paese, ne è una parte essenziale. Però, io vorrei anche darvi un'idea, appunto. Dicevo che il valore generato dal turismo è quasi tre volte quello dell'agroalimentare, ma l'anno scorso noi abbiamo esportato per 414 miliardi e l'agroalimentare ha rappresentato il 10 per cento delle nostre esportazioni. Quindi, è importantissimo, anche perché io riconosco che il nostro agroalimentare, così come, per esempio, la nostra moda, ha un grandissimo valore evocativo, per cui si sente più Italia nel cibo, nella moda e nel design di quanto non si senta nella meccanica. Però, di questi 414 miliardi noi abbiamo esportato 117 miliardi di meccanica e 40 miliardi di agroalimentare; abbiamo esportato 54 miliardi di chimica e di farmaceutica e abbiamo esportato 66 miliardi di moda. Quindi, non c'è veramente un collegamento. Ora, il collega di Forza Italia che mi ha preceduto mi ha detto che non devo fare la battuta sull'agriturismo, ma effettivamente in questa visione dell'Italia che questo Governo porta avanti, così piccola, provinciale, chiusa in se stessa, impaurita del mondo, quella dei dazi, delle barriere e dei muri, fa un po' effettivamente sagra di campagna, con la tavola imbandita, con la tovaglia a scacchi bianchi e rossi e il fiasco di vino e questa è l'idea del nostro turismo.

Io penso che sia un'idea sbagliatissima, che sia un approccio che non ha veramente senso. Penso, appunto, che il turismo vada considerato davvero un'industria produttiva del Paese, che il turismo vada considerato poi anche come qualcosa che fino ad oggi ha funzionato male non tanto perché, nella promozione, è accorpato a questo o a quel Ministero, ma perché questa è una delle numerose conseguenze del fallimento della riforma costituzionale che abbiamo portato avanti nella scorsa legislatura. Io voglio ricordare - e voglio che sia chiaro a tutti - che il turismo è una competenza esclusiva delle regioni: la competenza sul turismo è esclusivamente delle regioni. Quindi, noi abbiamo delle storture, che con la riforma costituzionale avremmo sanato, per le quali se uno va in giro per il mondo e arriva nella metropolitana di Londra non trova scritto: “Vieni in Italia”, ma trova scritto: “Vieni in Sicilia, vieni nelle Marche, vieni in Liguria”, che sono naturalmente brand molto importanti ma meno forti del brand italiano. Per cui, lo spostamento da un Ministero a un altro non risolve il problema alla radice.

Appunto, la collega Muroni prima diceva che non abbiamo una visione unitaria. Certo, perché alla fine il vero potere di determinare le politiche nazionali in tema di turismo non sta sull'Italia ma sta sulla Calabria o sulle Marche o sul Friuli Venezia-Giulia, che - ripeto - possono essere magari conosciute al turista britannico o francese ma il turista - che so io - cinese o il turista brasiliano probabilmente quando trovano l'annuncio pubblicitario con l'invito ad andare a visitare il Molise poi finiscono col prenotare una bellissima vacanza in Francia o in Spagna e questo diventa un problema.

Per cui, posto che non si capisce quale sia la logica di questo spostamento, uno deve fare uno sforzo e provare a dire: “Ma per quale motivo un Governo, che non riesce a decidere su nulla, ha questa impellenza di spostare il turismo dentro il Ministero dell'agricoltura?”. Ci sarà pure una ragione se Ilva aspetta, se Alitalia aspetta, se tutto aspetta ma che cosa non può aspettare? Lo spostamento delle competenze da un Ministero all'altro. E, quindi, l'osservatore, anche senza malizia, prova a compenetrare nelle ragioni di chi governa uno dei Paesi del G7 che, appunto, pone in cima alle priorità questa bizzarra e inspiegabile decisione. E, allora, basta in realtà fare un giro un po' per i siti e si scopre che il Governo che ha parlato del cambiamento e che è supportato dal partito che ha fatto del rinnovamento e della lotta contro le leggi ad personam la sua vera ragion d'essere, cioè il MoVimento 5 Stelle, consente un'operazione che più ad personam non esiste.

Cari colleghi, signor Presidente, diciamocelo chiaramente: il Ministero dell'agricoltura ha ricevuto le competenze per il turismo perché al Ministro Gianmarco Centinaio piace il turismo. È una roba sua, che gli piace e che sente vicina. Aveva un'urgenza. Lui è un appassionato e noi, che siamo il Paese della passione, possiamo frapporci alla passione di un Ministro e frustrare le sue aspirazioni in questo modo? Ma no! Ma certo che ci prendiamo cura delle aspirazioni del Ministro Centinaio e facciamo un bellissimo decreto-legge. Necessità ed urgenza, perché ci prendiamo a cuore moltissimo l'hobby e la passione del Ministro Centinaio e facciamo una meravigliosa legge ad personam. Gli diciamo: “Non ti preoccupare, Centinaio. Vuoi occuparti di turismo e anziché nominarti Ministro della cultura e del turismo - come succederebbe in un Paese normale e utilizzando la famosa storia di Maometto e la montagna ma al contrario, cioè spostando la montagna invece che Maometto - ti diamo le competenze all'agricoltura”. Sarebbe stato molto più facile e più economico nominare il Ministro Centinaio Ministro della cultura, scusatemi tanto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Era proprio un ragionamento semplice, semplice, ma evidentemente questo Governo è il Governo della complicazione degli affari semplici. Abbiamo visto che complicate gli investimenti degli investitori internazionali, complicate le assunzioni dei giovani con le causali e gli aumenti di prezzo e, quindi, complicando, complicando e complicando ci avete fatto, anzi, non ci avete fatto ma avete fatto al Ministro Centinaio anche questo regalino.

Peccato, però, che il Ministro Centinaio non è che sia soltanto un appassionato a tempo perso di turismo. Il Ministro Centinaio è un professionista del turismo. Infatti, ha un lungo curriculum sull'argomento. Io vedo - e anche quello è reperibile su tutti i siti del settore; ce n'è uno, in particolare, che si chiama TTG Italia, che ci dice molte cose - che il Ministro Centinaio ha lavorato a lungo nel Club Méditerranée, ed è stato area manager per il nord Italia tra il 2006 e il 2007. Poi, nel 2009 è diventato il responsabile del canale di vendita tramite le agenzie del Club Méditerranée. Poi, sempre lo stesso sito ci dice che il 6 aprile 2009 è diventato direttore commerciale di un tour operator, il tour operator Il Viaggio. E l'ultima notizia che reperisco in rete è del 21 maggio, quindi dieci giorni prima che si nominasse il Governo. Ebbene, dieci giorni prima questo sito recita testualmente: “Attualmente, infatti, Centinaio affianca alla sua carriera politica quella di direttore commerciale del tour operator Il Viaggio”. Quindi, il 21 maggio il Ministro, che si apprestava a prendere questa responsabilità e a prenderla con questo movimento assurdo di spostamento di competenze, era dirigente di un tour operator.

Ora, mi viene da chiedere soprattutto ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che hanno fatto una battaglia storica contro il conflitto di interessi: ma, scusatemi - e vi parlo naturalmente tramite il Presidente Rosato, che ci ascolta - colleghi, se non è un conflitto di interessi questo, ditemi cos'è un conflitto di interessi. Prendere il direttore commerciale di un tour operator e farlo, non Ministro della cultura e del turismo, ma Ministro dell'agricoltura con spostamento delle competenze, se non è conflitto di interessi questo, mi chiedo quale sia.

Ora, noi sappiamo che per legge i membri del Governo non possono avere incarichi incompatibili e quindi io voglio dare, come dire, il beneficio del dubbio al Ministro Centinaio e auspico - mi piacerebbe moltissimo che ce lo dicesse ufficialmente - che abbia comunicato all'Autorità antitrust che ha lasciato ogni responsabilità dentro questo tour operator nel quale aveva un ruolo, come dire, di dirigente di vertice.

Però, certo, questo dimostra in modo inequivocabile la concezione proprietaria che questo Governo ha delle istituzioni. Cioè, cari colleghi, noi non ci possiamo stupire se il presidente della Rai designato prende un ceffone in faccia dal Parlamento sovrano che rappresenta i cittadini e con uno sbuffo dice: me ne frego, per usare una citazione che piacerebbe al Ministro Salvini. Non ci possiamo stupire di questo, perché chi decide di prendersi una competenza da un altro Ministero e riesce a far produrre un decreto-legge d'urgenza, come se questo Paese non avesse la disoccupazione, non avesse il problema della crescita, non avesse mille e mille problemi, del Mezzogiorno, c'è tempo per spostare le competenze del Ministero della cultura prima di ogni altra cosa. Questa è una concezione proprietaria dello Stato, che noi combatteremo con ogni forza e cominciamo a combatterla raccontandola al Paese, perché il Paese deve sapere che cos'è il cambiamento, deve sapere cosa vuol dire aprire le istituzioni come una scatoletta di tonno, significa umiliarle e pensare che siano proprie. Non è così, signor Presidente, non è così, caro sottosegretario Valente, al quale mi rivolgo, naturalmente, tramite il Presidente. Sappiate che avrete, nel Partito Democratico, un'opposizione fierissima, perché noi abbiamo giurato fedeltà a queste istituzioni e non accetteremo ulteriormente che siano fatte oggetto di violenza come in questi casi. Io vi ammonisco, la Costituzione va rispettata anche sostanzialmente. Non fateci vedere più questo tipo di provvedimenti, caro sottosegretario, in cui si spostano competenze di Ministeri, perché qualcuno ha il proprio hobby da perseguire e da curare. Se qualcuno ha un hobby da perseguire e da curare, lo curi nel fine settimana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Carlo. Ne ha facoltà.

LUCA DE CARLO (FDI). Grazie, Presidente. Questo decreto imporrebbe più di qualche considerazione, anche sotto il profilo squisitamente tecnico: ci sono o non ci sono i requisiti di necessità e di urgenza, abbiamo o non abbiamo avuto tempo di valutarlo in Commissione; ma io credo che sia meglio concentrarci sul corpo del provvedimento e cercare di capire quali siano le ragioni che muovono il Governo ad emanare questo provvedimento pochi giorni prima della pausa estiva. Bene, io credo che non sia inusuale, o meglio che non ci sia svilimento del Parlamento in tutto questo. C'è semplicemente una necessità da parte di chi amministra di avere gli strumenti per poter amministrare nella maniera in cui loro si sono dati criterio. La volontà forte di prendere in mano la situazione, dopo mesi di stallo dovuti a una legge elettorale che probabilmente non ha consentito di formare immediatamente un Governo e di recuperare quel tempo che si è perso.

Questa è la motivazione che noi diamo al Governo, per essere qui a discutere, in toni assolutamente civili e in toni assolutamente collaborativi, questo decreto: la volontà di mettervi a lavorare. Noi questo ve lo concediamo. Fratelli d'Italia è assolutamente convinta di potervi dare la chance di dimostrare se le scelte che state facendo sono scelte giuste e scelte coerenti con il programma. E, per entrare nel programma, segnalo - ma credo che voi lo sappiate, membri del Governo e della maggioranza, molto meglio di me - che nel contratto di Governo esiste un chiaro accordo su come debba essere trattato il tema del turismo, ad esempio; e cioè, dopo una prima fase in cui il Dipartimento viene di fatto incorporato all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri, si crea il Ministero per il turismo. E questo è quello che Fratelli d'Italia vi spinge a fare, questo è quello che Fratelli d'Italia, attraverso un emendamento che presenteremo in Aula, vuole che voi prendiate in considerazione, perché quello era nel programma di centrodestra, con il quale noi e la Lega siamo stati eletti, ma era anche un chiaro intendimento del Ministro Di Maio, che, infatti, dice: un Paese come l'Italia non può non avere un Ministero del turismo, che non può essere solo una direzione di un altro Ministero. Quindi, mi pare che sulla necessità di fare e di avere un Ministero del turismo tutte le parti politiche siano assolutamente d'accordo. Pertanto noi vi invitiamo a farlo quanto prima possibile.

E vi invitiamo anche a dargli una connotazione ed un nome che sia proprio emblematico di come l'altra parte e gli altri punti in comune nel centrodestra, ma anche con il MoVimento 5 Stelle, siano quelli della valorizzazione del made in Italy; made in Italy che tenterò, sotto questa dizione, di nominare quanto meno possibile, cercando di sostituirlo con «promozione nazionale» (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che credo faccia bene alla lingua italiana e anche a chi viene dopo di noi, cercando di evitare di lasciare loro in eredità solamente termini anglofoni, che forse rovinano e snaturano quella che è la lingua, in assoluto, più bella del mondo, non perché è la nostra, ma perché è così, punto, lo diamo con un assioma.

Quindi, abbiamo presentato un emendamento che prevede l'istituzione del Ministero delle politiche turistiche e della promozione nazionale. Se il passaggio - e ve lo diciamo proprio chiari - del Ministero del turismo all'interno del Ministero dell'agricoltura è un primo step, e qui uso un altro termine inglese e non lo farò più, un primo passo per avere, poi, l'indipendenza del Ministero del turismo, bene; noi ci rendiamo conto che potrebbe essere una forma di valorizzazione proprio di quei prodotti tipici, soprattutto enogastronomici, soprattutto prodotti della nostra agricoltura di nicchia, della nostra agricoltura famosa nel mondo, se questo è un primo passo, bene, noi siamo assolutamente d'accordo con voi, e troverete Fratelli d'Italia assolutamente al vostro fianco.

Attenzione, però, perché Fratelli d'Italia non è a consenso illimitato, noi verificheremo che i passaggi non siano passaggi meramente sulla carta, o meglio, che il cambio dei ministeri non sia un cambio assolutamente di facciata e vuoto di contenuti; e quando parlo di contenuti mi riferisco alle risorse, perché è inutile che noi creiamo nuovi ministeri, se poi a questi non diamo le dotazioni economiche per far fronte a quelle che sono le politiche del turismo, perché guardate, il turismo in questi anni è cambiato in maniera assolutamente epocale. Pensate che a metà dell'Ottocento un gran numero di turisti visitava la città di Parigi per vedere fogne, obitorio e prigioni, sembra un dato assolutamente incredibile, invece è la realtà. Oggi, invece, noi abbiamo una folla di turisti che vengono in Italia per visitare le 1.515 sagre della polenta, le 1.040 sagre della salsiccia, le 5.790 sagre del tartufo, le 156 sagre della lumaca: può far sorridere, ma è la realtà. Accanto ad un turismo massificato che frequenta le nostre spiagge, c'è un turismo molto più fine, che cerca non soltanto la dieta mediterranea - di cui io, Presidente, non sono un esponente, come non lo era Iezzi, siamo due esponenti della dieta onnivora, cioè noi mangeremmo anche il tavolo - ma credo che ci siano e ci sono, invece, tantissime persone che visitano il nostro Paese per l'unicità del nostro Paese, per l'unicità dei nostri oltre 8 mila comuni, e perché trovano qualcosa che in un altro posto del mondo non trovano. Questa non è questione di delocalizzare, queste sagre, questa nostra grandissima fortuna in temi di biodiversità, ce le abbiamo nel nostro territorio non sono delocalizzabili e, allora, vedete che è importante controllare quello che entra in Italia, ma è altrettanto importante lavorare su quelle che sono le nostre potenze nazionali, il nostro prodotto nazionale, perché non dobbiamo avere paura di confrontare il nostro prodotto con quello degli altri prodotti nel mondo. Anche perché dobbiamo avere la consapevolezza che il nostro è un prodotto unico, attrattivo, che non ha bisogno di mettere vincoli agli altri per esaltarsi. Semplicemente, ha bisogno di coordinamento, perché se, in questi anni, si può rimproverare qualcosa in termini di turismo è proprio il fatto che non esiste una politica di stabilizzazione del settore turistico. E una cosa che veramente manca è una visione strategica di lungo respiro, è quel minimo di continuità, di stabilità, di consolidamento, aggiustamento e progressivo miglioramento del lavoro politico-amministrativo, indipendentemente da chi governa, indipendentemente da chi amministra. Oggi, siamo tutti assolutamente convinti che il turismo sia petrolio per questo Paese e, quindi, c'è la necessità di un Ministero del turismo, come c'è necessità di un Ministero della famiglia e di un Ministero della disabilità. Anche lì, noi siamo fermamente convinti che, se non resta un Ministero meramente di facciata, ma lo si riempie di contenuti, quella sia la risposta giusta a questo territorio, ce lo dice la denatalità. Nel 2065, lo scrivete bene sul decreto, saremo 54 milioni, una flessione incredibile rispetto al numero di adesso. Quindi, lavoriamo su questo. Attenzione, però, la collega Noja introduceva alcune questioni che meritano un serio approfondimento e credo lo abbiate fatto, altrimenti il Governo non può avere fatto una scelta così, in pochi mesi, senza aver tenuto conto di quelle che sono le difficoltà, poi, della gestione di un Ministero articolato e difficile come quello della famiglia e della disabilità, perché, è vero, soprattutto sulla disabilità e soprattutto sul sociale e sul socio-sanitario, sono talmente tanti i fattori che vanno ad incastrarsi che è assolutamente utopistico pensare che se ne possa occupare un Ministero solo. Quindi, quel Ministero che potrà avere la direzione, che potrà avere qualsiasi cosa, deve essere un Ministero capace di dialogare con tutti gli altri settori, dal sociale al lavoro, che consentano alla persona presa in cura di potersi sentire non sballottata, come capita, da una parte all'altra, ma assolutamente organica ad una società che pensa al soggetto prima di qualsiasi altra cosa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Quindi, signori, il nostro supporto, lo ripeto, sarà assolutamente un supporto sulla base delle cose concrete. Oggi, vi diamo la fiducia, oggi, di fatto, vi consentiamo, nel nostro piccolo, la possibilità di dimostrarci se quello che avete scritto in questo decreto è qualcosa che sarete in grado di attuare e, soprattutto, che la fretta che vi ha portato ad emanarlo non è una fretta dettata, così, dalla smania di apparire, dalla propaganda, ma è perché avete fatto le vostre valutazioni e quelle valutazioni vi hanno portato a credere che la maniera migliore per intervenire, governare ed amministrare questo Paese sia quella di cambiare la forma di amministrazione di questi Ministeri (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (PD). Presidente, colleghi, signori del Governo, devo dire che le parole che mi hanno appena preceduto, del collega De Carlo, confermano la nostra opinione rispetto a chi sta facendo opposizione e a chi, invece, ritiene di dover garantire sempre un supporto nei momenti difficili, a coloro i quali, come accade al Governo giallo-verde, hanno tanto bisogno di aiuto, tanto bisogno di sostegno, tanto bisogno, perché spesso sono carenti di materia su cui discutere e, quindi, qualche argomentazione, tra l'altro, neanche banale è stata suggerita proprio dai colleghi di Fratelli d'Italia.

Lo dico in premessa, perché ritengo che questo sia un provvedimento abbastanza caratterizzante l'avvio di questa legislatura; qualcuno lo aveva derubricato come un provvedimento che poteva destare, addirittura, qualche ilarità; onestamente io non penso che possa essere considerato in questi termini, anche perché, per certi versi, è un provvedimento manifesto. Lo dico con il massimo della sensibilità nei confronti delle competenze costituzionali che ci affida la nostra Costituzione, quindi, anche con il rispetto dovuto nei confronti dell'esercizio dell'attività di Governo.

Parto da alcune considerazioni politiche, signor sottosegretario; è stato già citato dal collega Di Maio, ma l'articolo 77 della Costituzione è chiaro, in relazione alla determinazione dei requisiti che portano alla stesura di un decreto, addirittura un decreto, in questo caso, che è stato sostenuto e sottoscritto dal Presidente del Consiglio, dal Ministro delle politiche agricole Centinaio, dal Ministro dei beni e delle attività culturali Bonisoli, dal Ministro dell'ambiente Costa, dal Ministro della famiglia e, ahimè, nella dizione della disabilità, Fontana, di concerto con il Ministro dell'economia e con il Ministro delle infrastrutture Toninelli e, addirittura, anche, con il Ministro per la pubblica amministrazione Bongiorno. Tanti ministeri insieme, si conclude anche con il concerto del Ministro Di Maio, un trust di intelligenze di questo tipo per partorire un provvedimento la cui caratteristica principale è quella di soddisfare alcuni requisiti che, però, non sono né quelli di necessità né quelli di urgenza.

Il primo requisito, non vado per ordine di articoli, ma, probabilmente, per ordine di cronologia mentale della vocazione a distruggere tutte le cose che sono state fatte dal precedente Governo, anche quelle che hanno funzionato meglio, è stato quello di mettere la parola fine a delle strutture che avevano operato, nel corso di questi anni, con efficienza, restituendo alla cittadinanza una parola che spesso veniva cancellata da inutili burocratismi che appartenevano a una storia passata e che aveva puntato direttamente a individuare alcune emergenze del Paese che, peraltro, avevano necessità di essere risolte in un Piano di intervento pluriennale. Mi riferisco alle unità di missione di Italia sicura e di Scuola sicura.

In primo luogo, io vorrei avere delle parole di ringraziamento nei confronti di quei tecnici che non hanno mai chiesto agli amministratori con i quali avevano interlocuzione, quale fosse la loro appartenenza politica. Capisco che per voi è difficile, dopo tanti anni di critica nei confronti del sistema spartitorio della partitocrazia, oggi, vi azzannate praticamente fra di voi, pur di consentirvi una prosecuzione dell'attività spartitoria che, peraltro, mi pare vi stia piacendo molto. Però queste figure, questi ingegneri, questi tecnici, questi geologici, questi architetti che facevano parte delle unità di missione avevano effettivamente una missione, quella, cioè, di intervenire su alcune criticità relative al dissesto idro-geologico e vorrei che per competenza si chiedesse a quegli amministratori - penso, per esempio, al presidente Toti che sul Bisagno ha utilizzato in maniera positiva, e anche velocizzando molte delle procedure che erano necessarie alla rimessa in pristino di quell'alveo, questa unità di missione -, a chi l'ha utilizzata se era stata utilizzata in maniera partigiana. E, soprattutto, nel momento in cui vi siete fatti carico di questa sorta di damnatio memoriae che deve cadere su qualsiasi provvedimento della precedente amministrazione di governo, se vi siete chiesti qual è l'intervento che lo può sostituire, forse il ritorno a delle pratiche che sono sicuramente meno efficienti.

In realtà, io considero questa una grave disattenzione nei confronti dei bisogni del nostro Paese, perché una cultura istituzionale matura cambia le persone, e voi lo potevate fare - potevate cambiare coloro i quali dovevano gestire queste unità di missione; potevate intervenire anche dando nuovi indirizzi, magari dicendo che bisognava privilegiare un settore piuttosto che un altro -, ma una cultura istituzionale matura - e credo che su questo dovete fare ancora una lunga strada, mi rivolgo soprattutto ai colleghi del MoVimento 5 Stelle - ritiene di dover acquisire al patrimonio della sua attività ciò che è stato fatto in precedenza in continuità, soprattutto non in continuità politica, ma in continuità amministrativa e gestionale, per ottenere un risultato positivo per la cittadinanza.

Così come un progetto che, vorrei ricordarlo, fu sostenuto da tutto il Parlamento e da tutte le forze politiche, anche in ragione del prestigio e dell'autorevolezza di un senatore a vita, che però è anche uno dei massimi esponenti dell'architettura mondiale, come il Progetto Casa Italia, che voi cancellate con un tratto di penna. In questo momento voi state cancellando un progetto ambizioso, che era stato in grado di mettere insieme le migliori energie dal punto di vista tecnico, dal punto di vista ambientale e dal punto di vista anche culturale di che cosa significava la parola “casa” all'interno di un progetto come quello di un intervento governativo, quell'idea che dovevamo restituire sicurezza a territori che spesso venivano minacciati da eventi sismici e dissesti idrogeologici. Voi l'avete semplicemente cancellato. Nella vostra usuale pratica del rimandare ad altra sede e in altri tempi, mentre intanto magari state facendo propaganda su cose che non sono state neanche mai approvate, voi dite: faremmo qualcosa in questa direzione. Io non capisco come si possa abolire un'unità di missione, cancellare un progetto come Casa Italia, senza fornire tempestivamente e contestualmente un intervento che prevedesse - noi lo avremmo sostenuto, applaudito - magari un aumento delle dotazioni finanziarie in questa direzione. Invece no, continuate a fare come state facendo dall'inizio di questo mandato di Governo, ormai due mesi di vuote dichiarazioni e soprattutto di nessun esercizio dell'attività di Governo. Voi state dicendo che le risorse che sono state destinate a questi interventi, sia per quanto riguarda il dissesto idro-geologico, sia per quanto riguarda il ripristino delle scuole, sia per quanto riguarda il Progetto Casa Italia, sono quelle del Governo precedente, e voi ritenete che sia corretto sostenere che sono interventi dell'attuale Governo.

Almeno metteteci qualcosa in più, almeno cercate di dare un'indicazione certa. Non fate come avete fatto per le accise, dove a fronte di una promessa di eliminare le accise al primo Consiglio dei ministri noi stiamo registrando che dal 1° agosto c'è stato un aumento di oltre il 10 per cento per quanto riguarda i carburanti. Non imbrogliate, cercate di essere magari distanti da noi - e noi cercheremo, come abbiamo fatto anche sul “decreto disoccupazione Di Maio”, di migliorare qualcosa -, ma almeno non siate bugiardi, perché essere bugiardi non è consentito dalla Costituzione, perché quando si deve rispondere con disciplina e onore al proprio mandato istituzionale non si possono dire menzogne. Allora, le risorse sono quelle che abbiamo appostato noi, i progetti sono quelli che avete cancellato voi.

È questo il senso di un tale accanimento nei confronti di qualcosa che stava procedendo e che comunque aveva realizzato dei cantieri, alcuni dei quali addirittura già chiusi, che oggi voi volete cancellare. Per me, non solo è inspiegabile, ma è un punto d'osservazione rispetto al quale credo si debba leggere complessivamente l'attività del Governo.

Passo ad una questione che io chiamerei con una sola parola: il capriccio di Centinaio! Un capriccio! Signor Presidente, io ho partecipato ad una trasmissione televisiva con l'allora non ancora Ministro, Centinaio, circa una settimana prima dell'insediamento del nuovo Governo, quindi non si sapeva ancora se alla fine ci sarebbe stato o no questo Governo, ma sembrava abbastanza avviato e in dirittura - credo si stesse scrivendo ancora questo sedicente contratto di Governo -, ebbene, in quella sede - ci sono le registrazioni - il Ministro Centinaio disse una cosa molto semplice: a me hanno proposto di fare il Ministro. Questo perché il conduttore gli aveva detto che gli risultava che avrebbe fatto il Ministro dell'Agricoltura, e lui ha detto: no, io non so nulla, a me risulta che ci stanno pensando a farmi fare il Ministro, ma l'unica cosa di cui sono certo è che farò il Ministro del turismo, anche perché di agricoltura non capisco nulla e di turismo invece sì, perché lavoro - come è stato qui ricordato anche dal mio collega - all'interno dell'ambito turistico. Il collega Scalfarotto ha ricordato - e noi andremo a verificare - l'impegno diretto in un'azienda di turismo. Ciascuno ha il suo mestiere.

Centinaio, per capriccio e per assunzione di una pretesa di voler distorcere addirittura l'ordinamento e l'organizzazione dei Ministeri per un suo interesse, si fa prima nominare Ministro, e poi impone a maggioranza e Governo questa ridicola scelta - perché per me tale è - di spostare il turismo presso il Ministero dell'agricoltura, tra l'altro con una patetica denominazione di valorizzazione del made in Italy. Ma voi lo sapete che cos'è il made in Italy? Il collega Scalfarotto lo ha ricordato nei numeri, io vorrei semplicemente farvi un esempio, che è il seguente: quante sagre della salsiccia piuttosto che sagre del fungo marzuolino ci vogliono per fare solamente il numero di turisti che vanno a visitare Pompei, che sono cresciuti, tra l'altro, del 50 per cento, quest'anno, dopo una serie di politiche che hanno favorito innanzitutto l'immagine dell'Italia? Ciò perché, in Cina, la prima cosa che si guarda dell'Italia - c'è addirittura un canale che dedica costantemente delle trasmissioni all'Italia - sono i suoi beni culturali. E se voi andate a vedere all'interno delle statistiche della crescita del turismo, il turismo è cresciuto soprattutto per le città d'arte. Poi, ovviamente, quando uno si trova a Roma, a Venezia, a Napoli, a Firenze, a Milano, a Torino o anche nei piccoli centri, a Segesta, a Selinunte, a Paestum, va anche a mangiare delle cose che riguardano pienamente la nostra cultura, perché la nostra è una cultura gastronomica raffinata, ma una cosa è sostenere che ci debbano essere delle politiche sinergiche tra il Ministero dei beni culturali e quello del turismo, e una cosa è un capriccio di un singolo Ministro, che, ripeto, in diretta televisiva, aveva già anticipato il contenuto di questo provvedimento.

Quindi, non c'è né necessità né urgenza! L'urgenza è solo quella di mettere apposto i conti all'interno di una maggioranza che ha bisogno ogni tanto anche dell'aiutino di Fratelli d'Italia. E allora, vede e concludo con un'ultima considerazione: a mio avviso, la cosa ancora più grave perché, ripeto, il primo atto è una damnatio memoriae, la cancellazione delle unità di missione; la seconda, è assecondare un capriccio, una vocazione di un Ministro che non si sentiva soddisfatto della sua incompetenza sull'agricoltura, da lui dichiarata; il terzo atto però è un fatto culturale molto più grave: prima di tutto per la scelta che è stata fatta dal Ministro Fontana che si sta distinguendo per zero atti e moltissimi danni attraverso le sue dichiarazioni. Si è distinto per la sua azione contro le famiglie omogenitoriali, in particolare in relazione ad un contenuto specifico che dovrebbe avere la sua competenza. Anche io sono convinto che non si possa parlare di famiglia ma si debba parlare di famiglie perché così ogni famiglia verrà tutelata e non solamente quella ideologicamente pura secondo il dettato del Ministro Fontana. Ma poi rivela anche un vero e proprio piano ideologico alla base del quale ci sono dichiarazioni che riguardano specificamente alcune persone con disabilità, non disabili - l'ha spiegato bene la collega Lisa Noja - persone con disabilità. Allora noi abbiamo di fronte un Governo - il leader del partito di Fontana lo ha ribadito - che ha persino detto che vuole cambiare la legge 13 maggio 1978, n. 180, la legge Basaglia, la legge probabilmente che ha insegnato al mondo quale fosse la possibilità di riscatto per persone con disagio mentale e allora che cosa fa? Dice che ha bisogno di costruire un ghetto ministeriale, addirittura accompagnato dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Conte che, sfoggiando il suo inglese certamente di grande qualità ma non so di che utilità, a un certo punto, dice che c'è bisogno di uno statuto speciale per i disabili. Vi vorrei raccontare una storia rapidamente ma magari sfugge a molti di noi perché una volta me l'ha insegnata proprio una persona con disabilità che mi ha detto: ma, secondo te, se c'è un piccolo difetto che però è molto diffuso, l'impossibilità di riconoscere i colori che si chiama daltonismo, perché ai daltonici si può dare la patente, se la prima cosa che dovrebbero sapere è la distinzione tra rosso, giallo e verde ai semafori? Perché quando fu introdotto e fu inventato il semaforo, che inizialmente era a rotazione, si comprese che c'era un certo numero di persone - circa uno su quindici, uno su dodici, secondo le statistiche - che non avrebbero riconosciuto i colori. Allora, si è deciso di stabilire che il semaforo fosse verticale e che il rosso fosse sopra e il verde fosse sotto, in modo tale che anche le persone con questa disabilità potessero avere gli stessi diritti di acquisire una patente, di essere capaci di poter attraversare una strada e così via. Questa piccola storia che mi insegnò una persona che stava sulla sedia a rotelle voleva dirmi una cosa molto semplice cioè che è la società che ha gli handicap, non le persone e siamo noi che dobbiamo attrezzare la società italiana e la società in generale ad abbattere le barriere che impediscono ad una persona disabile di essere pienamente integrata e autonoma nel suo progetto di vita. Questa è la differenza. Noi non abbiamo alcun diritto di pensare che ci possano essere diritti speciali per le persone disabili. Sono io che mi devo adeguare: è lo Stato che si deve adeguare in tutte le sue articolazioni alle esigenze delle persone con disabilità, che non sono malati.

Infatti una persona con disabilità ha lo stesso diritto, mio e vostro, di avere il pieno riconoscimento della sua autonomia: quindi, se non può salire su una scala, è la scala che è sbagliata, non è la persona che è sbagliata. Ed è questo il motivo per il quale intuire questa grande novità di un Ministero della disabilità significa fare un passo indietro enorme dal punto di vista culturale. Però io me l'aspetto dal Ministro Fontana, me lo aspetto da chi ancora oggi ha ribadito le sue posizioni dicendo che vuole abolire la legge Mancino. È una posizione molto pericolosa perché ritiene che esista un principio che sopravanza tutti gli altri: il fatto che la maggioranza ha sempre ragione. La democrazia liberale è nata per un'altra cosa: per dire che ogni persona è portatrice di diritti, è un soggetto portatore di diritti e di autonomia e che le differenze sono una ricchezza ed è un valore precipuo della democrazia tutelarle. Noi abbiamo tante differenze, nessuno di noi ha la stessa storia, per certi versi anche per fortuna. Nessuno di noi può essere trattato in maniera omogenea: la famiglia tradizionale o i disabili. Lisa Noja vi ha spiegato bene che ciascuno ha una sua storia, un suo percorso ed esigenze differenziate. Quando si dice che si vuole abolire la legge Mancino, quando cioè si vuole abolire la legge che, nel corso di questi anni, seguendo un'indicazione che viene anche dalle Nazioni Unite ma in realtà l'avremmo dovuto fare anche motu proprio, affronta il tema della penalizzazione dei comportamenti che sono discriminatori, non solo noi stiamo applicando meglio l'articolo 3 della Costituzione ma stiamo anche ragionando su una società che è molto più articolata e complessa di quella presente nella mente semplificata di chi ritiene che si possano abolire reati gravi come l'istigazione razziale e l'aggravante di una serie di atti che devono essere puniti. Ripeto: puniti. Salvini ha detto che ha ragione Fontana: per fortuna l'altro Vicepremier Di Maio ha detto che non è d'accordo ad abolire la legge Mancino. Spero che rimanga su questa posizione, anche se noi avremmo preferito che venisse a dirlo qui il Presidente del Consiglio Conte in una sede istituzionale e non in questo brainstorming di tweet che a un certo punto si ritrovano a una certa ora della giornata e cercano di comunicarci anche attività istituzionali. Dinanzi a un Ministro come Fontana, che peraltro abbiamo scoperto essere il tesoriere di un'associazione di organizzazioni di estrema destra di tutta Europa, abbiamo capito benissimo quale sia il suo piano che non è a favore dell'Italia, non è a favore della cultura e della promozione dei valori che nel nostro Paese hanno dato vita e hanno costruito la base della nostra Costituzione. Vorrei che i colleghi e chi forse avrà la pazienza di leggere anche queste mie parole nei resoconti possa rendersene realmente conto. Noi non potremo mai accettare che una pratica burocratica, come state cercando di realizzarla voi, di una riorganizzazione dei Ministeri diventi la pianificazione di uno strumento per la riorganizzazione ideologica dello Stato: non lo accetteremo e certamente ci troverete qui a ribadirlo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1041)

PRESIDENTE. La relatrice e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

Ricordo che sono state presentate a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento le questioni pregiudiziali Sisto e altri n. 1 e Migliore altri n. 2.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015, con Scambio di Note fatto ad Abu Dhabi il 27 novembre 2017 e il 17 gennaio 2018; b) Trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015 (A.C. 344-A); e dell'abbinata proposta di legge: Verini e Quartapelle Procopio (A.C. 492) (ore 15,57).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 344-A: Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015, con Scambio di Note fatto ad Abu Dhabi il 27 novembre 2017 e il 17 gennaio 2018; b) Trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015; e dell'abbinata proposta di legge n. 492.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 30 luglio 2018 (Vedi l'allegato A della seduta del 30 luglio 2018).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 344-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore, la deputata Marta Grande, presidente della III Commissione.

MARTA GRANDE, Presidente della III Commissione. Grazie, Presidente. Chiedo di poter depositare l'intervento.

PRESIDENTE. Benissimo.

Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2017 (Doc. VIII, n. 1); Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2018 (Doc. VIII, n. 2) (ore 15,58).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2017 (Doc. VIII, n. 1) e Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2018 (Doc. VIII, n. 2).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione congiunta – Doc. VIII, nn. 1 e 2)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta.

Ha facoltà di parlare il questore, deputato Gregorio Fontana.

GREGORIO FONTANA, Questore. Presidente, colleghi, a nome dell'Ufficio di Presidenza, il Collegio dei Questori sottopone all'Assemblea il conto consuntivo 2017 e il bilancio di previsione per il 2018, con l'unito bilancio triennale 2018-2020. I documenti in distribuzione danno ampiamente conto degli esiti cui ha condotto per il triennio di riferimento l'intensa attività svolta da tempo dagli organi di direzione politica sul piano della riduzione della spesa e della razionalizzazione nell'impiego delle risorse finanziarie disponibili. Per questa ragione, mi limito in questa sede a ripercorrere sinteticamente i dati più significativi esposti nei documenti medesimi. Nel 2018 la Camera restituirà al bilancio dello Stato l'avanzo di amministrazione accertato alla chiusura dell'esercizio 2017, pari a 43,3 milioni, e una quota dell'avanzo proveniente dagli esercizi precedenti, pari a 41,7 milioni, per un totale, quindi, di 85 milioni di euro; 85 milioni di euro, lo sottolineo, si tratta della restituzione più consistente mai operata dalla Camera dei deputati, che si aggiunge ai 200 milioni di euro riversati all'erario a partire dal 2013.

A questo risultato è possibile giungere malgrado l'incremento che la spesa complessiva della Camera segna nel 2018 rispetto all'anno precedente; circostanza, questa, che rende tanto più rilevante il risultato conseguito. Grazie, di fatto, alla politica sistematica di revisione e razionalizzazione della spesa della Camera, infatti, è possibile ricorrere in misura sempre minore all'avanzo di amministrazione quale strumento di copertura della spesa stessa, nel pieno rispetto dell'esigenza prioritaria di preservare l'equilibrio del bilancio della nostra istituzione. Al riguardo, il Collegio dei Questori esprime la propria soddisfazione, anche a nome dell'Ufficio di Presidenza, per la recente approvazione unanime da parte dell'Assemblea di un ordine del giorno che, similmente a quanto accaduto nel 2016 e nel 2017, impegna il Governo ad assumere le iniziative normative necessarie al fine di destinare le risorse finanziarie restituite dalla Camera al bilancio dello Stato a favore delle popolazioni dei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.

Circa il richiamato incremento della spesa complessiva nel 2018 rispetto al 2017, nella misura di 18,8 milioni di euro, pari all'1,98 per cento, è opportuno sottolineare due aspetti. In primo luogo, tale incremento deriva dai fattori normativi legati all'avvicendamento delle legislature e all'applicazione delle sentenze definitive in materia di trattamenti economici del personale dipendente. L'incremento dell'1,98 per cento, quindi, determinato da questi due fattori, è comunque inferiore all'incremento registrato nel medesimo periodo dal totale delle spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, che corrisponde al 2,97 per cento. Questo confronto è ancor più virtuoso se si estende sino al 2012. Da questo raffronto, infatti, emerge che in questi ultimi sei anni la spesa della Camera è diminuita dell'11 per cento circa, mentre le spese finali dello Stato sono invece aumentate del 12 per cento circa. In secondo luogo, tanto la spesa complessiva quanto la spesa di funzionamento, vale a dire la spesa complessiva al netto delle spese previdenziali, si riducono nuovamente nel 2019 e nel 2020, se si considerano per entrambi gli anni i dati al netto della restituzione al bilancio dello Stato.

Per ciò che riguarda, in particolare, la spesa di funzionamento nel 2019, se ne prevede una riduzione ad un livello inferiore rispetto a quello del 2017, 9,2 milioni di euro rispetto all'anno precedente, pari a meno di 1,65 per cento. Nel 2020 se ne registra un'ulteriore diminuzione nella misura di 7,9 milioni di euro, pari all'1,45 per cento rispetto al 2019. Rinviando ai documenti in distribuzione per l'illustrazione nel dettaglio delle ulteriori poste di entrata e di spesa di maggiore significato, il Collegio dei Questori sottolinea come il bilancio di previsione del 2018 e l'unito bilancio triennale 2018-2020 possano senz'altro dirsi in equilibrio. Fermo restando il livello della dotazione fissato fino al 2020 e al netto delle restituzioni al bilancio dello Stato, per ciascuno degli anni del triennio 2018-2020 il totale delle entrate copre, infatti, interamente il totale delle spese.

Si tratta della conferma degli esiti positivi della politica di bilancio avviata già da due legislature, che ha consentito, per un verso, di riportare la spesa della Camera dei deputati ad un livello sostanzialmente corrispondente alla riduzione, da noi stessi disposta, della dotazione richiesta al bilancio dello Stato, e, per l'altro verso, di restituire a quest'ultimo quote sempre più elevate delle risorse non utilizzate per finalità di copertura. I dati registrati nei due documenti di bilancio all'esame dell'Aula consentono di affermare che sussistono le condizioni perché in tale direzione possa procedersi anche negli esercizi a venire, consolidando la politica di buona amministrazione che è stata perseguita sino ad oggi e che gli organi di direzione politica intendono sviluppare ulteriormente nel prossimo futuro. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel concludere, consentitemi una considerazione: la democrazia ha un costo ed è nostro dovere garantire il miglior funzionamento dell'istituzione parlamentare, alla quale la Costituzione assegna il compito supremo di espressione della sovranità popolare, ma non meno importante è il dovere di dimostrare la sobrietà, il rigore, la parsimonia che i cittadini si attendono da chi li rappresenta.

Per questo possiamo rivendicare con orgoglio, un orgoglio che vorrei condividere con tutti i colleghi deputati, il fatto che la nostra istituzione si pone come modello rispetto ad altre amministrazioni dello Stato nel rigore e nel contenimento della spesa, quindi nel rispetto dei cittadini. Anche in questo modo si contribuisce a colmare quel fossato fra sensibilità dei cittadini e rappresentanza politica che tanto danneggia l'autorevolezza e la stabilità stessa delle istituzioni democratiche.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Tateo. Ne ha facoltà.

ANNA RITA TATEO (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, innanzitutto vorrei ringraziare i questori per il lavoro che hanno svolto, l'abbiamo già anche analizzato nell'Ufficio di Presidenza. È chiaro che nelle previsioni di spesa complessiva per il funzionamento della Camera dei deputati si evidenzia un significativo processo di continua riduzione e razionalizzazione della spesa, che è indispensabile quanto improcrastinabile proseguire per ridurre ulteriormente i costi per il funzionamento della stessa. Rispetto al 2012 il personale ad oggi in servizio risulta essere diminuito di 467 unità, pari a circa il 30 per cento: appare quindi opportuna una verifica generale dei compiti e delle funzioni interne svolte dai diversi dipendenti, per verificare eventuali eccedenze o carenze di alcune figure e alcuni ruoli a discapito di altri. Al fine di conseguire apprezzabili risparmi economici sul complessivo costo dell'organo parlamentare, gravante sul bilancio del Paese in una fase di seria difficoltà del sistema economico, sarebbe opportuno che ci fosse un ridimensionamento delle stesse.

Molto spesso accade anche che le sale di Palazzo Montecitorio siano utilizzate per manifestazioni, mostre, presentazioni di libri e convegni, che poco o nulla hanno a che vedere con le funzioni istituzionali di questa Camera, con oneri accessori di gran lunga superiori a quelli di altri soggetti meno costosi e meglio attrezzati. La Camera dei deputati non è un'università, né un museo, né un centro congressi, né tantomeno un auditorium.

È necessario proseguire quindi nell'opera di razionalizzazione amministrativa, continuando ad aggiornare le procedure di lavoro e l'assetto organizzativo della Camera dei deputati, al fine di evitare sovrapposizioni di attività fra le diverse strutture, e di conseguire ogni possibile sinergia operativa. Di fatto esistono ancora servizi e uffici della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica che continuano spesso a svolgere mansioni e funzioni ridondanti: uno spreco inopportuno a cui questa istituzione deve porre rimedio.

Come Lega inoltre, ed è una nostra proposta, riteniamo che la Camera dei deputati debba rappresentare un modello a cui tanto le imprese private quanto le amministrazioni pubbliche possano conformarsi. A nostro parere dovrebbe essere la prima istituzione a dare l'esempio, supportando i propri dipendenti nella crescita dei loro figli soprattutto nei primi anni di vita. Per questa finalità sarebbe opportuno che l'amministrazione provvedesse all'istituzione di un asilo nido vero e proprio, dotato di tutte le attrezzature necessarie a tale scopo, al quale possano accedere, dietro pagamento di una retta, i bambini fino a tre anni di età, figli non solo dei deputati ma di tutti coloro i quali frequentano la Camera come posto di lavoro. Si richiede dunque di avviare uno studio di fattibilità, effettuando una ricognizione costi-benefici. Concludo, Presidente, con un appello accorato. Vorrei che questa istituzione tutelasse anche i diritti di quei lavoratori esternalizzati che prestano la loro opera all'interno della Camera. Ritengo che questo sia da parte nostra doveroso e necessario.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Presidente, signori questori, colleghi e colleghe, come già è stato giustamente ricordato dal collega Fontana nella sua relazione, il miglioramento dell'avanzo di amministrazione dello scorso anno, del 2017, di 43,3 milioni di euro, e il ricorso a una quota dell'avanzo proveniente dagli esercizi precedenti 2012-2016, e quindi prevalentemente realizzati nel corso della scorsa legislatura, la XVII, consentono oggi di operare una restituzione al bilancio dello Stato di un importo pari a 85 milioni di euro. È già stato anche questo ricordato, ma credo sia giusto sottolinearlo: si tratta della più consistente restituzione tra quelle effettuate dalla Camera. Complessivamente, nel corso della XVII legislatura la minore spesa per il funzionamento di questo organo è stata di circa 400 milioni di euro. Uso per una volta la lira, ogni tanto serve arrivando da un'altra generazione: sono quasi 800 miliardi di vecchie lire.

Vedete, noi, in questa sede, potremmo unicamente sottolineare il ruolo avuto dalla Presidente Boldrini, che oggi appartiene al nostro gruppo, che ha avuto l'onore e l'onere di essere Presidente di questa Camera nella XVII legislatura, e certamente sua è stata una parte significativa nel merito nel raggiungimento di questo obiettivo, ma riteniamo che questi non possano e non debbano rimanere argomenti di parte. Quindi, noi prendiamo atto dell'impegno profuso per ridurre e razionalizzare i costi e del raggiungimento di questi obiettivi importanti e significativi, sia rispetto al Collegio dei questori, all'Ufficio di Presidenza della precedente legislatura, nonché all'amministrazione della Camera, ai dipendenti della Camera che hanno supportato e collaborato al raggiungimento di questo obiettivo, e in un'attività non facile, non semplice di razionalizzazione dei costi e delle spese in questi termini.

Credo, quindi, che l'eredità che viene raccolta dal Presidente Fico, dal nuovo Collegio dei questori, dal nuovo Ufficio di Presidenza sia una eredità importante, e in qualche modo proietti l'ambizione, se possibile, di fare ancora meglio; ma credo che in questa sede vada sottolineato l'elevato livello raggiunto da questo lavoro nel corso della XVII legislatura, e credo sia giusto darne atto evidentemente a tutti.

Guardando, invece, al bilancio di previsione del 2018, noi riteniamo che questa attività, come dicevo prima, di razionalizzazione della spesa, di contenimento della spesa, debba essere proseguita, sia virtuosa; ovviamente nei limiti in cui questo può essere fatto, visto proprio il livello che si è raggiunto nel corso della XVII legislatura. Non possiamo non osservare che nel 2018 è previsto un incremento della spesa di 18,8 milioni di euro rispetto al 2017: si passa da 950,4 a 969,2 milioni, e questo è dovuto alle spese connesse alla conclusione della XVII legislatura, ma anche all'incremento di 4,5 milioni di euro per le spese del personale. Una cifra che balza all'occhio evidentemente, anche se siamo nei termini, se non ricordo male, di 2,5 punti percentuali, per il venir meno delle misure di riduzione dei trattamenti retributivi del personale approvati nel 2014, che scadevano col finire della XVII legislatura; e quindi, siamo anche a chiedere quale sarà l'orientamento della nuova Presidenza, del nuovo Ufficio di Presidenza rispetto a questo elemento, che era stato oggetto e trattato nella XVII legislatura.

C'è un tema su cui noi vorremmo tornare: è il tema che era stato oggetto di una riflessione comune tra Camera e Senato nella fase della riforma costituzionale, e quindi nella previsione precedente poi all'esito referendario, che si dovesse andare sostanzialmente a una forte sinergia tra Camera e Senato. Crediamo quindi che la nuova Presidenza, le nuove Presidenze, i nuovi Uffici di Presidenza di Camera e Senato debbano ritornare su alcuni temi. Il primo, che abbiamo visto dopo il 4 dicembre 2016 ritornare nel cassetto, e che, secondo noi, invece merita di essere riaffrontato criticamente, non avendo più la spada di Damocle della riforma: crediamo, pur all'interno di un assetto costituzionalmente corretto di bicameralismo paritario, proprio perché a, nostro giudizio, sul tema della riduzione delle spese all'interno dei singoli enti probabilmente siamo arrivati ad un punto di difficile ulteriore miglioramento, un miglioramento potrebbe venire proprio da questo rapporto tra le amministrazioni di Camera e Senato. Quindi, riteniamo vi sia il tema del ruolo unico Camera e Senato, ruolo parlamentare unico.

C'è un'altra questione, che anche qui è stata qualche volta evocata, ma poi in qualche modo inevitabilmente – non lo dico come critica, ma è un dato assolutamente naturale – le gelosie dei singoli enti tendono a frenare. C'è una questione che potrebbe essere riaffrontata usando qui uno strumento dell'economia privata, cioè un'idea di un piano industriale che metta insieme i servizi comuni. Ci sono dei servizi che sono oggettivamente duplicati. Ne cito uno, che è sempre il più banale e non penso che questo risolve i problemi di costi, ma le rassegne stampa ci sono alla Camera e ci sono al Senato. Tutta una serie di servizi di logistica, magazzini, materiali, eccetera eccetera, ci sono alla Camera e ci sono al Senato. Ci sono settori - io credo virtuosamente bisogna guardare a questi - in cui un po' di integrazione c'è stata e penso e spero anche con effetti benefici da un punto di vista dei costi e sicuramente con effetti benefici rispetto all'utenza, come le biblioteche. Oggi a Palazzo San Macuto c'è un'oggettiva integrazione tra la biblioteca della Camera e la biblioteca del Senato e il fruitore ne ha un oggettivo vantaggio. Insomma, credo che questa sia, quindi, un'indicazione che noi diamo al Collegio dei questori e all'Ufficio di Presidenza di provare ad immaginare, rispetto a questi temi, se c'è lo spazio per realizzare - qui sì - razionalizzazioni e risparmio di spesa senza intaccare, evidentemente, la funzionalità né della Camera né del Senato.

Infine, non posso non rilevare una questione relativa al tema del rimborso dei gruppi. Essendo stato tesoriere, nell'ultima fase della XVII legislatura, del gruppo di Articolo 1-MDP al Senato, non ho potuto non rilevare - e ho già avuto modo di farlo per le vie brevi con qualcuno dei tesorieri - una differenza non piccola e non banale, per un piccolo gruppo come il nostro, nella metodologia di calcolo dell'attribuzione ai singoli gruppi. Cioè, anche qui io invito alla riflessione il Collegio dei questori, perché c'è tutta una serie di servizi e di attività che pesano in maniera uguale per i singoli gruppi, indipendentemente dalla loro dimensione e di questo, ad esempio, nel calcolo di attribuzione del Senato viene tenuto conto. Cioè, c'è una quota fissa legata all'esistenza del gruppo e mi sembra che da un punto di vista regolamentare - e ringrazio, ancora una volta, per la concessione della deroga al numero minimo - vi sia, insomma, oggettivamente una barriera alla proliferazione dei gruppi e, quindi, lo dico anche in questa prospettiva. C'è adesso, ancora più forte e significativa per alcuni versi, anche nel Regolamento del Senato, ma qui mi riferisco al Regolamento del Senato antecedente, quindi nella XVII legislatura. Alla Camera, viceversa, la distribuzione è totalmente proporzionale. Segnalo che questo alla fine produce per i gruppi più piccoli una difficoltà aggiuntiva, che credo che potrebbe essere corretta. Stiamo parlando nell'ordine di decine di migliaia di euro e non delle centinaia di migliaia, però credo che in questa sede sia un'indicazione alla riflessione del Collegio dei questori.

In ultimo, e poi avrà modo di farlo nella dichiarazione di voto in misura maggiore il collega Pastorino, che è anche componente dell'Ufficio di Presidenza - e io su questo accenno solo al titolo -, è di oggi il parere del Consiglio di Stato sulla questione relativa ai vitalizi, che avremo modo di approfondire (è arrivato in giornata e, quindi, non abbiamo avuto il tempo). Non posso, però, esimermi, in questa fase della discussione sulle linee generali, nel rilevare come non fosse stata strumentale la nostra richiesta relativa alla necessità che si avesse un parere e questa è stata una delle ragioni che ha portato il nostro rappresentante in Ufficio di Presidenza a non partecipare al voto finale. Probabilmente, avremmo aspettato qualche settimana, ma avere un parere del Consiglio di Stato rivolto a Camera e Senato sarebbe stato utile. Così come noi ribadiamo, nella maniera più netta e chiara, la necessità di una concertazione tra Camera e Senato su questo tema. Non è possibile che ci sia una regolamentazione dei vitalizi alla Camera differente da quella del Senato. Lo dico anche per una logica veramente economica, perché questa cosa - soprattutto per i colleghi che hanno avuto o Camera o Senato all'inizio e alla fine - rischia di essere una cosa non gestibile nei rapporti economici tra Camera e Senato. Quindi, c'è un problema di equità e, a mio giudizio, anche di costituzionalità in qualche modo, quindi di pari trattamento tra deputati e senatori, ma anche in una logica - e siamo in questa sede - legata all'esercizio finanziario.

Ribadisco ovviamente, perché rimanga a verbale, che noi siamo sempre stati favorevoli ad intervenire per un'armonizzazione e una riduzione del costo complessivo dei vitalizi e, quindi, su questa posizione ci troverete sempre. Tuttavia, si poteva fare in un altro modo, ma su questo punto credo che il collega Pastorino possa dire meglio di quello che io posso dire in questa sede, avendo approfondito, molto di più del sottoscritto, questo argomento.

Quindi, nel complesso non possiamo che esprimere soddisfazione per il risultato dell'esercizio finanziario 2017 nei termini e nei modi che ho provato ad esporre ed anche invitare il Collegio dei questori e l'Ufficio di Presidenza a riflettere su alcune nostre proposte che, devo dire, non trasformeremo in ordini del giorno perché ritengo, da questo punto di vista, sufficiente - spero che lo sia - che questa indicazione sia stata fatta nell'Aula e, quindi, alla vostra presenza. Credo che siano temi che possano portare all'obiettivo comune, cioè far funzionare al meglio l'istituzione che rappresenta la volontà popolare cercando di eliminare sprechi e inefficienze. Ma non dimenticandoci che, qui, comunque, la democrazia ha un costo e questo non possiamo dimenticarcelo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Silvestri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, nell'intervenire a nome del gruppo MoVimento 5 Stelle non mi soffermerò tanto sui dati esposti dal Questore anziano relativi al conto consuntivo del 2017 e al bilancio di previsione del 2018, dato che per questo ci sono dettagliati documenti che ne illustrano gli esiti. Ma devo rimarcare - questo sì - che anche quest'anno è stato preso un impegno importantissimo, ovvero l'impegno di destinare una parte dei risparmi conseguiti a sostegno delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017 che versano tuttora in condizioni di disagio economico e sociale, così come è stato realizzato nel biennio passato. Stiamo parlando di 85 milioni di euro, l'importo più alto di sempre per questa finalità che è stata fortemente voluta - e per questo li ringrazio - dai membri del MoVimento 5 Stelle all'interno dell'Ufficio di Presidenza.

Prima di esporre alcune riflessioni sui temi di sostenibilità e trasparenza, voglio sottolineare una delle più grandi vittorie enunciate in campagna elettorale e mantenute all'interno di questo Parlamento, che è quella dell'abolizione dell'odiato sistema dei vitalizi, grazie a una delibera del Presidente della Camera, Roberto Fico, voluta con grande forza da tutto il MoVimento 5 Stelle. Si tratta di un risparmio di 43 milioni di euro, risparmi che tra qualche anno saranno a disposizione del bilancio dello Stato. È un passaggio storico, che permetterà agli italiani di riavvicinarsi almeno di qualche metro rispetto alla fiducia che avevano perso negli scorsi anni, purtroppo proprio forse a causa di alcuni comportamenti all'interno di queste Aule. Già questo possiamo dire che sarebbe motivo di promozione a pieni voti dell'operato dell'Ufficio di Presidenza, ma credo che il lavoro dei membri non finirà qui e che, anzi, il nuovo Ufficio di Presidenza si impegnerà anche in altre tematiche care ed importanti del MoVimento 5 Stelle, per rendere più efficiente ed efficace la macchina targata Montecitorio.

Si tratta di tematiche di diversi contenuti e anche di diversi risvolti, a cominciare dalla raccolta differenziata che per noi è un tema cardine e che la Camera dei deputati ha avviato a suo tempo, promuovendola all'interno dei suoi uffici e ottenendo anche buoni risultati. Ma io, che lo vivo e lo vedo proprio nell'operato di tutti i giorni, so che negli uffici permangono ancora enormi problematiche. Mi ha sorpreso nella giornata del 18 luglio, in occasione dell'audizione presso la Commissione ambiente, il Ministro Costa che scherzosamente ha rimproverato il presidente della Commissione ambiente proprio mentre parlava della campagna Plastic Free, campagna riuscitissima nel suo Ministero. Lo rimproverava, dicevo, per la presenza di plastica di bottiglie d'acqua proprio nel cuore di questa esposizione, che ha avuto tantissimo risultato e che è stata comunque avviata in tutte le amministrazioni.

Il Ministro Costa ha ribadito come sia doveroso che, proprio in tutte le amministrazioni pubbliche, sia bandito l'uso di plastica, specialmente quella monouso. Noi crediamo, Presidente, che la Camera debba diventare un esempio, un modello di sostenibilità, avviando, entro l'anno, anche qui, il progetto “Plastic Free”.

Altro argomento sensibile, anzi, sensibilissimo, direi, è proprio quello della trasparenza. Oggi il Palazzo, e questo è innegabile, è percepito ancora dai cittadini come un qualcosa di opaco, di lontano, nonostante le norme varate in questi anni. La trasparenza va considerata come lo strumento principale per assicurare la democrazia e garantire il corretto funzionamento dell'amministrazione, oltre che l'arma principale per la lotta alla corruzione e all'illegalità. Riavvicineremo i cittadini alle istituzioni solo se riusciremo a combattere l'opacità dei comportamenti in un'amministrazione caratterizzata - e lei lo sa benissimo, perché purtroppo lo vive tutti i giorni - da un elevato grado di burocratizzazione. Oggi, nei siti web troviamo una mole di informazioni impensabile fino a un decennio fa ed, anzi, sempre più, si pone attenzione a garantire il miglioramento qualitativo e quantitativo delle informazioni e dei dati accessibili, perché, solo attraverso questo controllo diffuso sull'attività delle amministrazioni e delle istituzioni, si può realizzare pienamente la partecipazione diretta dei cittadini alla cosa pubblica. Ecco, perché invitiamo l'Ufficio di Presidenza a trovare modalità più agevoli di accesso alla piattaforma web da parte dei cittadini, al fine di rendere ancora più trasparenti tutte le attività, non solo delle Commissioni permanenti e dell'Aula, ma anche delle bicamerali, delle giunte e degli organi collegiali.

Onorevoli colleghi, la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla digitalizzazione della PA della scorsa legislatura ha fatto emergere proprio la mancanza di un approccio strategico, quanto la scarsa conoscenza delle norme in materia di digitalizzazione che, nonostante la complessità del quadro normativo, hanno comunque fatto passi avanti in questi ultimi anni, ma restano ancora alcune zone d'ombra e resistenze a una loro complessa realizzazione. D'altronde una reale rivoluzione digitale, tuttavia, deve partire, come tutte le rivoluzioni, da un cambiamento di consuetudini, di approcci e di metodi.

Alla Camera dei deputati, pur in presenza di una notevole spesa informatica, sono ancora numerose le attività non digitalizzate, specie nel settore amministrativo e il ricorso alla digitalizzazione dei documenti e dei procedimenti determinerebbe, inoltre, un forte risparmio per il bilancio delle istituzioni; per cui, considero strategico realizzare tutto questo in tempi rapidi.

Temi da trattare e da approfondire ce ne sarebbero ancora a decine, ma vorrei chiudere con un altro argomento caro al nostro Movimento, proprio perché è una delle nostre stelle, l'energia; sto parlando proprio del risparmio energetico. In più di un'occasione l'Assemblea della Camera dei deputati ha raccolto ordini del giorno che impegnavano l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei Questori a predisporre un piano di intervento per l'attuazione di misure volte al risparmio dell'efficienza energetica all'interno dei palazzi della Camera, anche attraverso l'emanazione di circolari e campagne di sensibilizzazione rivolte ai parlamentari e ai dipendenti della Camera stessa, appunto. Quanto si è fatto in tema di impianti di raffreddamento piuttosto che di istallazioni di fotocellule o di sostituzioni graduali di lampade esistenti con luci e led, soluzioni di risparmio energetico, possiamo dire che è stato un risultato abbastanza soddisfacente, anche se segnalo che, a seguito di un'analisi fatta dall'ENEA nel gennaio del 2017, il Collegio dei Questori ha approvato un programma degli interventi di efficientamento energetico, in modo da conseguire un ulteriore miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici a nostra disposizione. Ecco, noi chiediamo uno sforzo in più; e anche che quel “medio termine”, diventi un pochettino più a “breve termine”, perché, vede, io lo provo anche nella mia vita privata, dove ho fatto investimenti di questo genere.

Investire in risparmio energetico vuol dire trovarsi un pochino più soldi da spendere per altre cose in futuro; è un qualcosa che funziona, io lo posso testimoniare nella mia vita privata.

Infine, auguro che quanto già fatto dai gruppi parlamentari di Camera e Senato, dal MoVimento 5 Stelle nella scorsa legislatura, sia proseguito anche in questa, in tema di taglio degli stipendi e delle doppie indennità di carica.

Ricordo a me stesso che nella XVII legislatura furono oltre 23 i milioni affluiti nel Fondo del microcredito e che, in questa, sono già stati versati altri 4 milioni, raccolti dai nostri parlamentari in questa legislatura, proprio con il taglio delle doppie indennità.

Questo è anche un messaggio nel cambiamento di quelle consuetudini di cui parlavamo prima e che serve, anche, a dare ulteriori messaggi, anche culturali in questo senso, alla cittadinanza. Questo è qualcosa che abbiamo detto, sempre fatto, promesso e mantenuto, anche qui, in quest'Aula.

Termino, auspicando che tali temi possano trovare una larga condivisione, non solo fra noi internamente, e questo mi sembra appurato, ma anche tra tutti i gruppi e le forze parlamentari presenti e che nel prosieguo dell'esame dei documenti di bilancio dei prossimi anni si possa trovare più spazio per una più approfondita analisi in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Maria. Ne ha facoltà.

ANDREA DE MARIA (PD). Presidente, colleghi, il conto consuntivo della Camera per l'anno 2017 e il progetto di bilancio per il 2018, che sono stati sottoposti alla nostra attenzione, costituiscono l'occasione per tracciare, prima di tutto, un quadro complessivo dell'attività svolta nella XVII legislatura e delle trasformazioni importanti che hanno interessato l'assetto funzionale, organizzativo e il quadro delle spese della Camera dei deputati.

Sono andato a rileggere i principali dati che hanno contrassegnato i bilanci della scorsa legislatura. Due sono le cifre che evidenziano risultati significativi e l'importante lavoro che si è svolto; è stato detto anche prima: 85 milioni restituiti, nel solo 2017, al bilancio dello Stato, 350 milioni il risparmio conseguito dall'inizio della legislatura. Dati di assoluto rilievo, frutto di un lavoro continuo e accurato, svolto dal Collegio dei Questori e dall'Ufficio di Presidenza nella scorsa legislatura e fortemente sostenuti e promossi dal Partito Democratico. Come molto importante è l'impegno di quelle risorse per le popolazioni colpite dal terremoto.

Una legislatura, la XVII, che si è contraddistinta in modo evidente, per avere, quindi, mantenuto impegni di sobrietà che erano stati assunti fin dall'inizio del mandato. Alcuni comparti di spesa hanno registrato risparmi particolarmente rilevanti nel corso della scorsa legislatura: il blocco dell'ammontare delle indennità parlamentari e dei rimborsi per i deputati, gli interventi sulla spesa per il personale dipendente, la riduzione della spesa per beni e servizi, i risparmi realizzati su altre voci, quali, ad esempio, le spese postali, le spese per la preparazione e la stampa degli atti parlamentari, la consistente riduzione del contributo erogato in favore dei gruppi parlamentari, la diminuzione delle spese per il cerimoniale. Risparmi che hanno fornito un'importante attestazione dell'impegno messo in campo con coerente determinazione, nel corso di tutta la legislatura, per il contenimento e la riduzione delle spese della nostra istituzione.

Un'azione incisiva che si è peraltro associata alla costante attenzione a non pregiudicare il livello qualitativo dei servizi resi agli organi parlamentari. Una risposta anche a chi, per cinque anni, ha diffamato e attaccato quotidianamente il Parlamento, sui giornali, nelle TV, nella rete, spesso con ragionamenti ambigui e strumentali. Una risposta anche a chi, da questi banchi, ha trovato occasione per attaccare questa istituzione. Ricordo dichiarazioni, dello stesso, oggi, Vicepresidente del Consiglio Di Maio, allora Vicepresidente della Camera, quando parlava di salvadanaio di sprechi e privilegi da rompere per far ripartire l'Italia o quando parlava di folli spese e sprechi di questo ramo del Parlamento. Ora, dopo il 4 marzo, anche dagli interventi che ho sentito qui, mi pare che molto sia cambiato, mi pare che sia arrivato anche in quest'Aula - anche per chi, come molti ricorderanno, la voleva aprire come una scatoletta di tonno - il momento della concretezza.

Nuove responsabilità evidentemente si traducono anche in maggiore consapevolezza sui costi delle istituzioni democratiche, di cui si riconosce appunto il valore per la democrazia, come quelli per il funzionamento dei gruppi, per gli studi e le ricerche, per la comunicazione e così via. Sono appunto i costi della democrazia, a cui ha fatto riferimento anche il Presidente della Camera, Fico, nel suo discorso di insediamento. L'eccessiva semplificazione e la radicalità di alcune critiche, soprattutto in un momento difficile come quello che sta attraversando il nostro Paese, rischiano infatti di contribuire, più che alla ricerca di soluzioni, a rafforzare una persistente delegittimazione del Parlamento, delle istituzioni democratiche, che invece sono un presidio fondamentale per il futuro del nostro Paese e della nostra democrazia.

Non riprendo i dati che sono stati citati in modo molto preciso e approfondito - una relazione che ho apprezzato, dal presidente del Collegio dei Questori a nome dell'intero Collegio - e che sono stati citati dai colleghi che mi hanno preceduto. E' chiaro che il dato, soprattutto quello della restituzione di 85 milioni di euro da riversare nelle casse dello Stato, è un dato che sicuramente ci consegna un percorso virtuoso e positivo.

È questa una direzione da cui non possiamo più tornare indietro, perché è la direzione della sobrietà, del rigore dei conti, dei tagli agli sprechi, dell'equilibrio, del buon esempio. Per questo, è la direzione giusta, da sostenere con determinazione e con l'impegno che, anche noi, come gruppo, abbiamo appunto messo in atto negli ultimi anni e che continueremo a mettere in atto in questa legislatura. È una direzione che ci obbliga anche continuamente a fare i conti con la complessità della nostra istituzione e a operare con serietà e profonda attenzione, evitando la demagogia ma lavorando concretamente alla sobrietà, alla serietà, al rigore e, nello stesso tempo, alla garanzia dell'effettiva funzionalità della nostra Camera dei deputati.

La spesa per il funzionamento del Parlamento continua infatti ad essere un costo essenziale per la nostra democrazia, che trova nella composizione delle diversità che si possono realizzare in seno all'istituzione parlamentare una garanzia fondamentale di tenuta di continuità, di riferimento democratico, appunto in un quadro di serietà, di sobrietà e di rigore. Una funzione centrale che chiede di essere consolidata in ogni occasione nella sua autorevolezza e nella sua dignità, anche, per quanto più ci interessa in questa sede, attraverso una gestione delle risorse ispirata appunto a criteri di sobrietà, economicità e trasparenza, pienamente consapevole della responsabilità che essa comporta in ogni singolo atto in cui si realizza nei confronti di tutto il Paese.

Autorevolezza delle istituzioni, efficacia delle loro azioni, sobrietà e moralità sono due facce della stessa medaglia e devono crescere insieme. Una politica che vede chi svolge funzioni pubbliche farlo con quella disciplina e onore di cui si parla con grande efficacia nell'articolo 54 della Costituzione sarà più forte, più credibile per i cittadini, più efficace per governare le contraddizioni di una società complessa in piena indipendenza da altri poteri.

Abbiamo presentato cinque ordini del giorno, a mia firma - che meglio illustreremo quando ne discuteremo la prossima per settimana -, che rispondono all'impostazione di fondo che ho fin qui ricordato, in particolare per una migliore funzionalità dell'attività della nostra Assemblea e dei gruppi parlamentari, e per promuovere un percorso virtuoso e trasparente per le figure preziosissime dei collaboratori parlamentari. Ordini del giorno che consideriamo un contributo tutto in positivo che mettiamo a disposizione del Collegio dei questori e dell'Aula.

Mi auguro che questo dibattito, le decisioni che assumeremo, gli ordini del giorno che approveremo contribuiscano all'obiettivo che ci può e ci deve unire tutti, quello di promuovere l'autorevolezza della nostra Assemblea, fondamentale presidio della nostra democrazia, a partire dai compiti e dalla responsabilità che ci assegna la nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rampelli, a cui mi permetto di fare anche gli auguri per il compleanno (Applausi). Prego, ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente. In realtà, il mio compleanno era nella giornata di ieri.

Comunque, se gli auguri sono anticipati, portano male; se sono invece posticipati, portano bene, quindi a maggior ragione la ringrazio del pensiero. In questa discussione, che abbiamo ormai preso l'abitudine a celebrare, come tutte le discussioni generali, comprensibilmente con scarsa partecipazione, proprio per tentare di far capire che invece si tratta di discussioni abbastanza rilevanti, vorrei partire da una scadenza importante che abbiamo di fronte a noi, che è quella del 20 novembre 2018. Avremo la possibilità, se saremo attrezzati al riguardo, di ricordare anche l'origine di quest'Aula, e la prima seduta, che fu aperta dal Presidente Marcora in tono solenne alle ore 14. Il verbale dice: La seduta ha luogo nella nuova Aula. Tutte le tribune sono affollatissime, vi si mostrano molti ufficiali dell'Esercito, dell'Armata italiana e degli alleati. Nella tribuna pubblica prende posto, fra la generale commozione, una rappresentanza di ciechi e mutilati di guerra. In apposita tribuna sono i rappresentanti politici delle terre redente. Quando il Presidente, seguito dall'Ufficio di Presidenza, sale al suo seggio è salutato da fragorosi e entusiastici applausi, ai quali si associano le tribune. L'ingresso nell'Aula del Presidente del Consiglio dei ministri è accolto da generali, vivissimi, prolungati e reiterati applausi, ai quali pure si associano le tribune. Tutti i deputati sorgono in piedi al grido ripetuto di viva Orlando, viva Sonnino, viva l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

Non per fare retorica, sono comunque pagine di storia. Quando noi, invece, ci troviamo qui a discutere solo e soltanto dei numeri, forse dimentichiamo che questa solennità che trasuda da quest'Aula proviene da conquiste importanti a cui ha partecipato il popolo italiano, in maniera assolutamente trasversale alle classi sociali di riferimento e alle aree geografiche che si rappresentavano. C'è stato un tributo di sangue importante, per raggiungere il risultato del 20 novembre 1918, e prima ancora con l'Unità d'Italia, con l'annessione dello Stato Pontificio e tutto il resto, che è la storia comune.

Certo, in questi anni abbiamo fatto bene - lo rivendico, anche per la mia parte politica - a dare qualche sforbiciata agli sprechi, penso però che dobbiamo cominciare a riflettere su quanto questo luogo sia funzionale a ciò che hanno costruito i nostri padri e a ciò che si aspettano i nostri figli. Ciò perché, se dev'essere un'Aula poco funzionante, con uffici di riferimento sempre in carenza di personale, con strutture sempre più obsolete, con personale, anche qualificato, sempre più anziano, vale la pena - e lo dico soprattutto ai colleghi che maggiormente si sono spesi da questo punto di vista - di domandarci se ancora abbia un senso mantenere in vita quest'Aula, queste aule. Perché se il tema è quello di risparmiare fino al punto da rendere inefficienti i nostri servigi, tanto vale fare una bella proposta di legge per trasformare il Parlamento italiano in un consiglio d'amministrazione, e a ben donde ci troveremo qui in sette - più o meno il numero dei consigli amministrazione oscilla tra le cinque, le sette o le nove unità - a parlare solo di numeri, e quindi a conseguire il miglior risultato possibile dal punto di vista del risparmio. Non è una provocazione, è la realtà, perché penso che non sia un mistero dover constatare che in buona sostanza risultano fermi tutti i processi di reclutamento del personale - per tutte le categorie professionali - da oltre dieci anni. Basti pensare al riguardo che l'ultimo concorso per consiglieri del ruolo generale è stato bandito nel 2002, quello dei documentaristi e dei segretari parlamentari nel 2004, degli assistenti nel 2000.

Io penso che la Camera debba velocemente occuparsi del reclutamento, e lo debba appunto per recuperare efficienza non solo e non tanto agli uffici ma anche all'Aula stessa e ai parlamentari e ai gruppi che dentro l'Aula sono rappresentati con il consenso dei cittadini per svolgere un compito importante che paradossalmente oggi, che abbiamo meno risorse a disposizione, è molto più delicato di ieri. Ieri ci siamo potuti permettere di veleggiare verso gli orizzonti del debito pubblico e quindi comunque, indebitandoci, di avere una certa disponibilità sociale oggi con gli accordi internazionali, la nostra appartenenza all'Unione europea, la sottoscrizione dei trattati e quant'altro attraversiamo una fase molto, molto difficile e quindi dovremmo essere messi nelle condizioni di svolgere tutti, nessuno escluso, il nostro mestiere in quest'Aula e anche nell'altra di Palazzo Madama.

Ritengo - lo dico in positivo - pur non trovando, Presidente Rosato, il Presidente Fico al suo posto, che questa può essere la stagione migliore: non ce n'è una migliore di questa. Il Presidente Fico, rappresenta il MoVimento 5 Stelle: notoriamente il MoVimento 5 Stelle è il movimento che ha maggiormente investito da un punto di vista politico sui tagli. Lo abbiamo fatto un po' tutti, però non si può certo negare il fatto che la maggior parte dei consensi elettorali di questo neo MoVimento provengano esattamente da quella battaglia. Quindi oggi che abbiamo un rappresentante grillino nel ruolo di terza carica dello Stato, forse possiamo finalmente metterci intorno a un tavolo e capire come rendere maggiormente funzionale, come migliorare il lavoro di tutti, come renderlo anche all'altezza del compito di ciascuno. Non posso attardarmi ma sarebbe simpatico poterlo fare perché carte e carte sono pervenute a destinazione e le lavoreremo diversamente. Comunque c'è sicuramente il capitolo riguardante il personale che è importante; c'è il capitolo che riguarda noi parlamentari che è altrettanto importante. Abbiamo fatto un lavoro deciso e impietoso come si aspettavano i cittadini italiani sia sulle indennità sia sui vitalizi abrogati due volte. Vedremo che cosa deciderà la Corte costituzionale ma abbiamo sicuramente fatto un lavoro che, a mio modestissimo avviso, nessuna categoria avrebbe fatto rispetto a se stessa. Ma, se possiamo tagliare le indennità e cancellare i vitalizi, non possiamo permetterci di togliere gli strumenti fondamentali per mettere i gruppi parlamentari o i singoli parlamentari nelle condizioni di svolgere le proprie funzioni. Quindi di questo pure dobbiamo preoccuparci perché, ad esempio, proprio a causa della carenza di personale qualificato, si fa fatica a trovare dei legislativi disponibili per soccorrere, fiancheggiare e fare azioni di tutoraggio nei confronti dei gruppi parlamentari piuttosto che degli uffici della Presidenza a questo preposti. Quindi delle due l'una: o si recluta personale qualificato e lo si mette a disposizione di chi deve legiferare o si chiede, a chi ha la potestà di farlo, di andare sul mercato a cercare quello che la Camera non può più offrire, domandandosi a che cosa serva a questo punto la Camera stessa. La stessa cosa dicasi per i documentaristi: se a un gruppo parlamentare piuttosto che ad un componente dell'Ufficio di Presidenza serve quella professionalità rara, complicata e comunque indispensabile per svolgere ricerche e studi, che poi sono prodromici rispetto alla composizione di un testo di qualunque ordine e specie (un'interpellanza, un'azione di sindacato ispettivo, una proposta di legge, un emendamento o una serie di emendamenti), noi non possiamo non avere la disponibilità di tale personale perché questo luogo esiste esattamente per questo. Quindi, se non siamo capaci o se abbiamo paura di prenderci le nostre responsabilità perché siamo rincorsi nella nostra coscienza da cittadini che si sono molto arrabbiati per come la cosa pubblica è stata gestita nei decenni precedenti, anche noi dobbiamo cambiare mestiere ma comunque va rivisto complessivamente il senso stesso delle istituzioni democratiche. E questo è un altro tema.

Poi, sempre per non passare immediatamente ad altri argomenti che vorrei sviluppare in questa conversazione con i sopravvissuti di questa discussione generale, abbiamo il tema del personale non direttamente dipendente dalla Camera dei deputati. Mi domando come sia possibile - in particolare è un'osservazione che ho fatto già in altre stagioni e che reitero oggi e qui - che in questo luogo, piaccia o meno, anche ai più distratti non dovrebbe sfuggire il fatto che quello che accade qui dovrebbe essere più o meno quasi perfetto, dovrebbe funzionare tutto a regola d'arte, dovremmo essere un esempio per tutti. Se qui delle cose funzionano malamente, un cittadino qualunque può chiedersi, legittimamente, se saremmo capaci a farle funzionare diversamente fuori da qui. Se non funzionano qui, il sillogismo è che men che meno funzionano fuori da qui quando queste persone, questi signori, rappresentando il Parlamento o rappresentando il Governo, in prima persona si occuperanno direttamente di noi e dei nostri problemi. Se non sappiamo essere perfetti qui, se non siamo capaci di far funzionare le cose bene qui, non siamo capaci di farle funzionare, men che meno, fuori di qui. E, quindi un po' di attenzione la si deve porre sul fatto che qui esistono persone che svolgono le stesse identiche mansioni di altre ma, siccome non sono inquadrate, non sono direttamente contrattualizzate dalla amministrazione pubblica e, in questo caso, dalla Camera deputati, hanno un trattamento che in alcuni casi è vergognoso, semplicemente vergognoso, non solo per ragioni di carattere economico, ma anche per ragioni di dignità, come l'abbiamo chiamata in questi giorni, applicando una categoria morale a un progetto legislativo, anziché un titolo amministrativo. L'abbiamo chiamata dignità, dignità. Qui ci sono delle persone – qui, qui, dentro questo Palazzo – che lavorano per noi, e lavorano indirettamente per il popolo italiano, a cui la dignità è tolta quotidianamente, sia per la pessima qualità del lavoro che gli viene “donata” sia per il trattamento economico, che è vergognoso. Io penso - lo dico anche al Questore che rappresenta il MoVimento 5 Stelle, uno dei due partiti al Governo - che quando si fanno le «tirate» per raccattare un po' di voti, perché capita anche questo in campagna elettorale, poi ci si trova in posizione di comando sia all'interno del governo delle istituzioni e anche nel processo amministrativo che riguarda la Nazione tutta, uno dovrebbe comunque intervenire velocemente laddove può, laddove ha gli strumenti per poterlo fare in maniera tempestiva, senza anticipare dei pregiudizi ideologici o addirittura dei dogmi rispetto a criteri di giustizia sociale, di equità, di pari dignità e quant'altro. Quindi, noi tutti sappiamo che questi problemi esistono: lo sappiamo tutti, anche coloro i quali rappresentano il MoVimento 5 Stelle e siamo evidentemente colpevoli se non interveniamo con la giusta dose di precisione e tempestività per porre rimedio a queste storture.

Quando ho citato la seduta, solenne, del 20 novembre 1918, l'ho fatto anche per ricordare non solo il significato storico che non sfugge a nessuno, di quella data, ma anche per ricordare le caratteristiche di questo palazzo, del Palazzo Montecitorio; da dove viene, dai primi progetti di Gian Lorenzo Bernini, dalle modifiche dell'architetto Carlo Fontana, dagli ultimi rimaneggiamenti di Paolo Comotto. Questo è un edificio che è un monumento nazionale. Si tratta di un monumento nazionale. Cari colleghi, non è possibile trattare, noi custodi della democrazia rappresentativa e, quindi depositari della responsabilità nella sua manutenzione, che è manutenzione della democrazia e manutenzione anche delle strutture in cui la democrazia esercita i propri minuetti… Non è possibile non dimostrare, noi, ospiti pro tempore di questo palazzo, di essere capaci di farlo essere, sempre e comunque, un esempio di buona manutenzione, di buon restauro, di non doverci vergognare quando qualcuno, magari, entra qui, ospite della Camera dei deputati, segue i nostri commessi, che diligentemente gli raccontano tutta la storia, e poi, magari, per sbaglio, capitano in una stanza, anche qui non siamo combinati benissimo, dove di manutenzione ordinaria si parla con una certa difficoltà, forse perché appunto abbiamo perso la sensibilità, e quindi anche smarrito un po' il significato di essere ospiti pro tempore di questo palazzo. Noi dobbiamo dimostrare, Presidente, di essere capaci, quando interveniamo nelle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, di pretendere l'effettuazione dei lavori a regola d'arte, a regola d'arte.

Quando un cittadino entra qui dentro - rievoco lo stesso principio dell'articolo precedente - deve capire che noi siamo stati capaci di fare la manutenzione ordinaria e straordinaria, i restauri, tutto quello che è necessario, e quindi siamo credibili, siamo credibili quando facciamo le nostre denunce sui siti archeologici abbandonati, sui musei che non funzionano, sulle opere d'arte che non riusciamo a far visitare perché abbiamo scarsa promozione o scarsa professionalità degli addetti preposti o perché c'è qualche problema di investimenti, e quant'altro. Non siamo credibili - quante battaglie abbiamo sentito in quest'Aula, di tipo regionale, per la valorizzazione di siti monumentali - quando le facciamo, se questo luogo qui cade a pezzi; se quando vengono svolte le attività di manutenzione, non ci ricordiamo, sia che si viaggi a quota zero in una corte dove vengono impiantate le nuove tecnologie per rinfrescarci nel nostro lavoro sia quando si agisce per aria sui tetti di Roma, che sono tutte aree vincolate. E, quando noi agiamo in queste aree vincolate, dobbiamo ricordarci che non abbiamo alcuna licenza di deturparle, di stuprarle, e quindi al necessario, che magari costa meno, dobbiamo aggiungere l'indispensabile responsabilità nella capacità di mitigare, smussare, ingentilire. Si chiama impatto ambientale, quando noi parliamo e facciamo le battaglie sociali, parlamentari o di piazza, e si chiama anche qui impatto ambientale. L'impatto delle nostre strutture, per distrazione o per insensibilità o per superficialità, è spesso devastante, e quindi inaccettabile. E va da sé che anche l'organizzazione dei nostri lavori comunque deve prevedere, quando parliamo di bilancio, un orientamento di un tipo o di un altro. Per esempio - lo ricordo perché, paradossalmente, molto tempo fa fu bandito un concorso, e forse sarebbe il caso che qualche concorso di idee e di progetti anche per i giovani professionisti, che non se la passano benissimo, la Camera possa metterlo in campo - nel 1967 fu fatto un concorso per sistemare piazza del Parlamento e il parcheggio, il famigerato parcheggio, che è stato chiuso per futili motivi, ritengo, ritengo per futili motivi, perché era un privilegio avere un parcheggio. Benissimo, allora delle due l'una: o si tolgono quelle transenne, ignobili, che circondano l'ex parcheggio esterno della Camera, o si fa un progetto di riqualificazione, o si fa un progetto per un nuovo parcheggio più decoroso.

Che senso ha, alla italiana maniera, fare una battaglia feroce per espungere un terribile inconfessabile privilegio della casta per poi dare alla città un'area desolata, circondata da transenne stradali che sono esattamente quelle che si usano nelle periferie di tutte le grandi città, quando si devono fare dei lavori pubblici, riparare delle fogne o quant'altro? Così come, sempre scarsa sensibilità e scarsa attenzione al decoro, vediamo quest'area circondata da altrettante analoghe transenne impresentabili e terribili, quelle che vengono utilizzate per i lavori stradali, con la piccola differenza che circondano un bene monumentale, di cui noi siamo custodi. C'è qualcuno, di grazia, che vuole ricordarsene e, magari, chiedere, quanto meno, ma collaborando alle spese, di avere, se proprio necessarie, perché io le toglierei tutte quelle transenne, comunque delle protezioni che siano minimamente coordinate, da un punto di vista dello stile, con quello che c'è dentro, cioè con Palazzo Montecitorio, la sua architettura e i suoi stilemi? Forse ci si dovrebbe pensare. Penso che tocchi a noi, e non ad altri soggetti, svolgere questo mestiere.

Ultima osservazione, che, comunque, fa pendant con questa: noi abbiamo avuto nella XVII legislatura 243.569 ingressi esterni, e, di questi, 75.806 per convegni, 50 mila per studenti, 40 mila circa per l'accesso alle biblioteche; 243.569 in cinque anni. Il Quirinale registra 150 mila ingressi l'anno. Vabbè, ma si dice: al Quirinale ci sono le Scuderie, opere d'arte a go-go. La Casa Bianca, opere d'arte prossime allo zero, 600 mila visitatori l'anno. Allora, anche qui, noi siamo tutti maestri nel tentare di agitare le folle, di suggestionarle: se vogliamo che questo palazzo sia una casa di vetro, dobbiamo investire per avvicinare di più le persone che sono fuori da questo palazzo. Dobbiamo valorizzare le opere d'arte che sono custodite e che spesso sono di fatto inaccessibili; sono talmente inaccessibili che noi le nostre opere d'arte le stiamo cercando di far tornare dove erano, cioè le vogliamo cedere. Invece di trasformare almeno un pezzo di questo palazzo e delle sue competenze in un museo che possa essere un trait d'union con la popolazione, restituiamo queste opere d'arte e vanifichiamo questo patrimonio inestimabile, di cui, sempre repetita iuvant, siamo custodi, ma che dovremmo anche sforzarci di propagare, di divulgare, di far conoscere. Allora, se si vuole aprire questo palazzo, non è soltanto un problema di poteri e competenze, non è solo un problema di rendere più efficace l'attività legislativa o l'attività di Governo. C'è anche un problema di renderlo più familiare a quei 60 milioni di cittadini, sparsi in tutta Italia, che qui potrebbero trovare ristoro, quando volessero conoscere meglio la storia della Repubblica italiana, anzi, la storia d'Italia, perché non c'è stata solo la Repubblica. Quando volessimo occuparci di questo, sarebbe sempre troppo tardi. Quindi, io, cari colleghi, ho voluto fare non il discorso del pizzicagnolo che spunta i 100 euro che sono stati spesi in più o in meno, i risparmi.

Penso che noi siamo arrivati a un punto di non ritorno, e ci siamo arrivati in un momento topico, di perfetto allineamento con la terza carica dello Stato, che risponde al movimento più o meno giacobino, per intenderci, che ha cercato di comprimere le spese pubbliche. Benissimo! Attenzione a non falcidiare, con questa attività, anche il funzionamento di questo luogo, a non mortificare, rendendole di fatto inefficaci, le attività dei parlamentari, a non estinguere profili professionali che qui esistono e hanno un prestigio di cui l'Italia deve continuare a servirsi, a non creare, sempre per fare i cosiddetti risparmi di Maria Calzetta, disparità, discriminazioni, sperequazione tra il personale che opera e lavora dentro questo edificio, a non disattendere alla nostra funzione di custodia pro tempore di questi luoghi, che sono beni monumentali e artistici che dobbiamo dimostrare quotidianamente di saper trattare e valorizzare.

Io non so se dovessimo tradurre questo intervento, questa riflessione da un punto di vista economico, quanti soldi servirebbero per: non ne ho idea. So però che quello che succede qui dentro non va bene, che quello che costruiamo quotidianamente non può essere un esempio per l'Italia, e io penso che ciascuno di noi invece sia perfettamente consapevole di doverlo essere. E non si può far finta di esserlo quando si comizia in piazza, e non essere coerentemente capaci di essere esempio quando si amministra un grande condominio con qualche migliaio di persone all'interno, che ha delle strutture comunque magnifiche, meravigliose, che ci invidia il mondo intero. Qui dobbiamo - e concludo - passare dalle parole ai fatti, dobbiamo - concludo - dimostrarci capaci di mettere insieme una gestione oculata delle risorse, che sono le risorse del popolo italiano, con l'efficienza dei parlamentari, dei gruppi, degli uffici e di tutto ciò che comunque siamo chiamati a onorare quotidianamente con la nostra missione, con il nostro lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Siracusano. Ne ha facoltà.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Presidente Rosato, onorevoli colleghi, il bilancio della Camera dimostra ancora una volta quanto alto sia il senso di responsabilità di questa istituzione di fronte all'esigenza di razionalizzare e contenere i costi della politica, a dispetto di quanto spesso parte di questo Parlamento anche voglia comunicare al di fuori, sbagliando perché generando così in maniera sbagliata e anche controproducente sfiducia verso le istituzioni. Quest'anno la Camera restituirà al bilancio dello Stato 85 milioni di euro risparmiati nel 2018: si tratta della somma più alta mai restituita da Montecitorio all'erario, e porta a 285 milioni la somma che la Camera ha restituito in questi anni. Una somma molto elevata, nonostante sia stato un anno con dei costi superiori per il passaggio da una legislatura all'altra, per l'insediamento delle Camere, e nonostante l'anno scorso ci sia stata una sentenza sfavorevole degli organi di giurisdizione interna, che hanno di fatto annullato le misure di contenimento dei costi del personale. Tra l'altro in questa somma non rientrano i 43 milioni di euro di risparmi derivanti dai tagli ai vitalizi ante 2012: sono stati infatti accantonati per far fronte ad eventuali ricorsi.

Il bilancio di previsione di Montecitorio approvato dall'Ufficio di Presidenza fissa poi in 943,16 milioni anche per il prossimo anno la dotazione, ferma dal 2012. Forza Italia non può che dirsi soddisfatta: siamo stati noi, con il secondo Governo Berlusconi nel 2011, ad avviare la stagione dei tagli ai costi della politica, bloccando le indennità e abolendo i vitalizi. È importante quindi rilevare come si tratti di risparmi che vengono da lontano: il centrodestra ha infatti fatto da battistrada per una nuova tendenza nella gestione dell'amministrazione Camera.

È quindi un percorso che è iniziato già da due legislature, con una politica di contenimento dei costi, di diminuzione delle spese e anche di razionalizzazione dei costi all'interno del palazzo. È importante però che su un tema così delicato, quale quello del contenimento dei costi, si sia riusciti a trovare un punto di caduta condiviso, privo di qualsiasi frizione di stampo ideologico. Al Presidente, ai questori, a tutto l'Ufficio di Presidenza della Camera della passata legislatura, e anche della presente appena avviata, va ascritto infatti il merito di aver continuato in quest'opera, facendo diventare la riduzione della spesa costante e quasi strutturale, perché interviene ormai ogni anno e dimostra che proprio l'Assemblea dei deputati rappresenta un esempio di spending review riuscita. Basti pensare che dal 2012 ad oggi la spesa della pubblica amministrazione in Italia è aumentata del 12 per cento, mentre la spesa della Camera dal 2012 ad oggi è diminuita dell'11 per cento.

Questo, quindi, porta la Camera ad essere un ente virtuoso: se la pubblica amministrazione facesse come ha fatto la Camera, sicuramente ci sarebbero dei risultati straordinari per la finanza pubblica; e questo è un motivo di soddisfazione per noi, per il lavoro svolto dal 2012 ad oggi.

È, comunque, necessario operare una riflessione su questa tendenza inversa delle amministrazioni centrali dello Stato rispetto all'amministrazione Camera, per eliminare la spesa improduttiva ed iniziare a razionalizzare seriamente i costi della pubblica amministrazione.

Va rilevato, però, che in questi anni di tagli sono state prese misure drastiche, quali il blocco dell'aumento degli emolumenti corrisposti ai deputati, la riduzione del personale e delle spese correnti, l'abbattimento dei costi di locazione. Un dato su tutti: rispetto al 2012 a Montecitorio lavora il 30 per cento di persone in meno. Un ringraziamento doveroso va, quindi, al personale della Camera dei deputati, che assiste quotidianamente con straordinaria professionalità e dedizione la nostra attività, e all'amministrazione di Montecitorio, che ha contribuito con il proprio lavoro e il proprio spirito di sacrificio a realizzare gli obiettivi che ci siamo posti: ridurre le spese e migliorare il funzionamento dell'istituzione.

Teniamo a ribadire che i risparmi ottenuti sono finalizzati sia a liberare risorse per i cittadini, sia a razionalizzare il funzionamento del Parlamento: essi non sono certo destinati ad assecondare l'antipolitica, che rappresenta ancora oggi una grave minaccia per la democrazia.

Insomma, sì ai tagli, sì alla razionalizzazione e no all'antipolitica. I tagli e la razionalizzazione vanno fatti senza farsi condizionare dalla demagogia, controllando la spesa anche senza compromettere la funzionalità degli organi.

Lo sforzo ulteriore va, quindi, fatto soprattutto puntando sulla spesa improduttiva per l'attività parlamentare, ovvero su tutte quelle spese che non sono direttamente riconducibili all'attività istituzionale della Camera: affiancare i tagli alla ricerca di soluzioni alternative rese disponibili dallo sviluppo tecnologico, sia con riguardo alla garanzia del necessario spazio di lavoro, sia sul fronte della dematerializzazione dei documenti che è già stata avviata.

Dicevamo, liberare risorse per i cittadini: ebbene, grazie a Forza Italia e ad una risoluzione a prima firma Baldelli, sottoscritta da tutti i gruppi nel 2017, avevamo dato una finalizzazione ai risparmi conseguiti dalla Camera nel 2016, pari a 47 milioni, destinandoli alle popolazioni colpite dal terremoto del Centro Italia.

L'anno successivo, grazie all'approvazione di un emendamento, sempre a prima firma Baldelli, e quindi di Forza Italia, alle leggi di bilancio 2018 siamo riusciti a destinare l'importo di 80 milioni di euro, frutto dei risparmi della Camera nel 2017, al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate.

Ci auguriamo che anche quest'anno con lo stesso spirito riusciremo a vincolare in maniera tangibile le risorse ottenute grazie ai risparmi di Montecitorio: a tal fine, per destinare quindi anche quest'anno 85 milioni di euro alle zone terremotate, c'è già un ordine del giorno presentato sempre da Baldelli e sottoscritto da tutti i gruppi, e accolto dal Governo il mese scorso. Un piccolo segnale, mai abbastanza per queste zone ancora martoriate dagli eventi sismici degli anni scorsi, ma che consentirebbe anche quest'anno alla Camera dei deputati di concorrere fattivamente e concretamente, attraverso risorse originariamente destinate al proprio funzionamento, al sostegno delle popolazioni colpite.

Concludo ribadendo personalmente un appello che faccio per la tutela del personale dei gruppi parlamentari, che è una risorsa preziosa e straordinaria per il nostro lavoro, perché effettivamente mi rendo conto che, soprattutto al passaggio di legislatura, molti di loro vivono dei disagi immeritati, e quindi vanno tutelati più di altri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Collega Siracusano, condivido la sua ultima osservazione.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

In morte dell'onorevole Stefano Vetrano.

PRESIDENTE. Comunico è deceduto l'onorevole Stefano Vetrano, già membro della Camera dei deputati nella V e VI legislatura.

La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 6 agosto 2018 - Ore 10:

1. Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale presentata):

S. 624 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, recante disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici (Approvato dal Senato).

(C. 1004)

Relatore: ZOFFILI.

2. Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):

S. 648 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità (Approvato dal Senato).

(C. 1041)

Relatrice: DIENI.

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015, con Scambio di Note fatto ad Abu Dhabi il 27 novembre 2017 e il 17 gennaio 2018; b) Trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015. (C. 344-A)

e dell'abbinata proposta di legge: VERINI e QUARTAPELLE PROCOPIO. (C. 492)

Relatore: COLLETTI.

4. Seguito della discussione congiunta dei documenti:

Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2017. (Doc. VIII, n. 1)

Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2018. (Doc. VIII, n. 2)

La seduta termina alle 17,15.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARTA GRANDE (A.C. 344-A)

MARTA GRANDE, Presidente III Commissione. (Relazione – A.C. 344-A). Colleghi deputati,

i due trattati bilaterali al nostro esame s'inseriscono nel contesto degli strumenti finalizzati all'intensificazione e alla regolamentazione puntuale e dettagliata dei rapporti di cooperazione posti in essere dall'Italia con gli Stati non appartenenti all'Unione europea, con i quali si persegue l'obiettivo di migliorare la cooperazione giudiziaria internazionale e di rendere più efficace il contrasto della criminalità.

Si avvia in questo modo un processo di sviluppo estremamente significativo dei rapporti italo-emiratini, che permetterà una stretta e incisiva collaborazione tra i due Paesi nel campo della cooperazione giudiziaria penale.

L'adozione di norme volte a disciplinare in modo preciso e puntuale la materia dell'estradizione è stata imposta dall'attuale realtà sociale, caratterizzata da sempre più frequenti ed estesi rapporti tra i due Stati in ogni settore (economico, finanziario, commerciale, dei flussi migratori eccetera).

Il progressivo intensificarsi dei rapporti reca inevitabilmente con sé anche lo sviluppo di fenomeni criminali che coinvolgono entrambi gli Stati e, quindi, l'esigenza di disciplinare uniformemente le procedure di consegna di persone che sono sottoposte a procedimenti penali o che devono eseguire una pena.

In generale, l'estradizione sarà concessa quando il fatto per cui si procede o si è proceduto nello Stato richiedente è previsto come reato anche dalla legislazione dello Stato richiesto (principio della «doppia incriminazione»).

Tale principio trova un temperamento in materia fiscale laddove è stabilito che l'estradizione potrà essere accordata anche quando la disciplina dello Stato richiesto, in detta materia, sia differente da quella dello Stato richiedente.

L'estradizione processuale richiede, poi, che il reato per cui si procede sia punito da entrambi gli Stati con la pena della reclusione per un periodo di almeno un anno, mentre l'estradizione esecutiva richiede che la pena residua ancora da espiare corrisponda a un periodo minimo di sei mesi (articolo 2).

Il Trattato prevede due tipologie di rifiuto dell'estradizione.

L'estradizione sarà negata (rifiuto obbligatorio), oltre che nei consueti casi ormai consolidatisi nelle discipline pattizie internazionali, Inoltre, la richiesta di estradizione sarà rifiutata quando il reato per cui si procede è punito dallo Stato richiedente con un tipo di pena proibito dalla legge dello Stato richiesto e quando vi sia fondato motivo di ritenere che la persona richiesta possa essere sottoposta, per il reato oggetto della domanda di estradizione, a tortura o a trattamenti illegali e disumani, nonché quando, il reato per il quale è domandata l'estradizione è punibile con la pena di morte secondo la legge dello Stato richiedente, salvi i casi in cui la pena capitale non sia inflitta nei confronti della persona richiesta, ovvero, qualora già inflitta, lo Stato richiedente assuma l'impegno di non darvi esecuzione (in tal caso, il Trattato prevede espressamente che lo Stato che accetti l'estradizione a tale condizione è poi tenuto ad ottemperarvi) (articolo 3).

Come precisato nello scambio di note, allegato al Trattato, conformemente alla giurisprudenza della Corte costituzionale in materia, resta escluso in radice che si possa dare luogo a estradizione nei casi in cui è prevista la pena di morte, a meno che la Parte richiedente non adotti una decisione irrevocabile che commuti detta pena in una pena diversa, nel pieno rispetto dell'ordinamento della Parte richiesta.

L'estradizione potrà altresì essere negata (rifiuto facoltativo) quando lo Stato richiesto rivendichi la propria giurisdizione sul reato oggetto della richiesta di estradizione ovvero abbia in corso un procedimento penale riferibile al medesimo illecito penale. Altro motivo di rifiuto facoltativo è poi individuabile in valutazioni di carattere umanitario riferibili all'età e alle condizioni di salute della persona da consegnare (articolo 4).

Il Trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale disciplina in in modo preciso e puntuale la materia dell'assistenza giudiziaria penale ed è originato dall'attuale realtà sociale, caratterizzata da sempre più frequenti ed estesi rapporti tra i due Stati in molteplici settori (economico, finanziario, commerciale, dei flussi migratori, etc.).

Il progressivo intensificarsi dei rapporti reca infatti con sé anche lo sviluppo di fenomeni criminali che coinvolgono entrambi gli Stati e che richiedono, pertanto, l'approntamento di strumenti idonei a garantire una reciproca ed efficace collaborazione.

La latitudine degli intenti perseguiti con il Trattato è esplicitata nelle norme generali, laddove è previsto che le Parti s'impegnano a prestarsi reciprocamente la più ampia assistenza giudiziaria in molteplici settori, quali - tra l'altro — la ricerca e l'identificazione di persone, la notificazione di atti e documenti, la citazione dei soggetti coinvolti a vario titolo nei procedimenti penali, l'acquisizione e la trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova, informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, l'assunzione di testimonianze o di dichiarazioni (compresi gli interrogatori di indagati e di imputati), lo svolgimento e la trasmissione di perizie, l'effettuazione di attività di indagine, l'esecuzione di perquisizioni e sequestri, il sequestro, il pignoramento e la confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al reato.

Sono inoltre previsti lo scambio d'informazioni su procedimenti penali e condanne di cittadini nonché — su un piano generale qualsiasi altra forma di assistenza che non sia in contrasto con la legislazione dello Stato richiesto. È inoltre espressamente previsto che l'assistenza possa essere accordata anche in relazione a reati tributari e fiscali.

L'assistenza giudiziaria dovrà essere rifiutata dallo Stato richiesto in una serie di casi (motivi di rifiuto obbligatorio) divenuti ormai consueti nelle discipline pattizie internazionali.

Particolare rilievo assume la previsione che l'assistenza non possa essere rifiutata esclusivamente in ragione del segreto imposto da banche e simili istituzioni finanziarie ovvero in ragione del fatto che il reato si considera anche di natura fiscale.

Quanto agli oneri finanziari, dettagliati nella relazione tecnica, ricordo essi ammontano complessivamente a decorrere dal 2018 a 40 mila euro.

In questi ultimi anni gli EAU sono divenuti degli interlocutori regionali di primo piano per il nostro Paese: sui grandi dossier globali come la lotta al terrorismo, alla pirateria e l'aspirazione alla stabilità dell'area si registra una fruttuosa convergenza tra la politica estera italiana e quella emiratina ed è forte l'impegno comune a perseguire tali obiettivi.

Auspico conclusivamente una rapida approvazione di questo disegno di legge e dell'abbinato progetto di legge d'iniziativa C. 492 dei colleghi Verini e Quartapelle Procopio, d'analogo contenuto.