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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 26 di venerdì 13 luglio 2018

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MIRELLA LIUZZI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Brescia, Comaroli, Davide Crippa, D'Uva, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fugatti, Garavaglia, Gelmini, Guidesi, Liuni, Lollobrigida, Manzato, Morrone, Pastorino, Ruocco, Saltamartini, Carlo Sibilia, Valente e Raffaele Volpi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e iniziative in relazione all'accordo di partenariato stipulato tra Italia e Commissione europea in merito all'utilizzo dei fondi strutturali nelle aree in ritardo di sviluppo - n. 2-00019)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno D'Ettore ed altri n. 2-00019 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole D'Ettore se intenda illustrare la sua interpellanza.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, l'interpellanza è stata annunciata nella seduta dell'8 maggio 2018, quindi era evidentemente ed ovviamente rivolta al Governo precedente, in particolare, come riportato nell'intitolazione, con riguardo alla capacità di impegno e alla rendicontazione dei fondi strutturali nelle aree in ritardo di sviluppo, soprattutto in relazione all'accordo di partenariato e alla programmazione 2014-2020 e a quella riveniente dalla precedente programmazione, relativamente appunto all'accordo di partenariato fra Commissione europea e Italia. C'è una serie di dati che sono riportati nell'interpellanza che illustro sinteticamente, facendo riferimento anche agli aggiornamenti che credo siano necessari, con riguardo all'attività del nuovo Governo.

Ciò che risulta in maniera evidente, non solo da studi in merito ma anche, addirittura, da trasmissioni televisive, è che ci sia, con riguardo al programma dell'attività in Italia e all'impiego delle risorse e alla rendicontazione, una serie di situazioni quasi fallimentari con riguardo alla utilizzazione di questi fondi, sia con le politiche di coesione nazionale che con il ruolo che è stato, da un punto di vista burocratico, accentrato e reso inefficace dall'Agenzia delle politiche per la coesione, soprattutto con riguardo agli obiettivi che sono stati poi di volta in volta tracciati, anche con riguardo specifico alla rendicontazione, della quale abbiamo pochi risultati e pochi elementi per una ricostruzione efficace.

Sostanzialmente, è stato esaurito dal CIPE tutto il montante che era presente, di 54 miliardi di euro, con una delibera del 23 marzo 2018, cioè non in un periodo di gestione degli affari correnti, come doveva essere per il Governo in scadenza, ma con una deliberazione molto importante. Ma soprattutto, il CIPE l'ha fatto in un contesto non solo di scadenza del Governo ma con riguardo, in particolare, ad obiettivi che erano già stati riportati nei precedenti piani operativi, anche regionali.

Per quanto riguarda i profili di cassa del Fondo sviluppo e coesione, essi appaiono incongrui rispetto alla stessa allocazione programmatica e agli stessi obiettivi delineati poi dal CIPE nella delibera del 22 marzo 2018.

Esiste poi una situazione che va chiarita, quella del montante, di circa 3 miliardi di euro, che è stato attribuito alla società Invitalia per il finanziamento di misure agevolative e contratti di sviluppo senza che vi sia un riscontro e si sia avuta verifica di conformità alla normativa degli appalti pubblici. Cioè un affidamento, un'attribuzione a una società in house che, in base agli articoli 5 e 192 del codice degli appalti, dovrebbe essere esclusa per il controllo che ha chiaramente lo Stato su questa società aggiudicatrice; ma non abbiamo rendicontazioni specifiche su questo, che è un altro oggetto dell'interpellanza.

Non vi sono nemmeno chiarezze con riguardo ad altri punti, in particolare due: i contorni della stessa azione amministrativa e i modelli operativi del dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione e dell'Agenzia per la coesione territoriale, né le dinamiche che hanno portato a una prospettiva che avrebbe dovuto assicurare una gestione unitaria ed efficiente di un montante ancora più alto, quasi 100 miliardi di euro.

Gli operatori del settore, da più parti, come è possibile leggere anche sulle riviste specializzate, sono molto preoccupati, e denunciano un disarmante scostamento dei tassi di esecuzione fisica e finanziaria degli interventi e dei piani fatti oggetto di una programmazione che è più che altro demagogica, dove si evidenziano di volta in volta delle misure di potenziamento ed efficientamento della governance senza che, però, questi progetti, incarichi e consulenze che vengono dati per dimostrare questo efficientamento siano poi portati a una rendicontazione effettiva; almeno per quello che è avvenuto finora.

Lo stesso Ministro dell'Economia, Tria - qui un aggiornamento - nell'ultima audizione in Commissione bilancio ci ha ricordato questi aspetti, in particolare la mancanza di qualità progettuale che ha determinato effetti negativi poi sull'effettiva realizzazione di opere e individuazione dei fondi assegnati di volta in volta, anche sul piano regionale.

In tal senso, la stessa disciplina vincolistica in regime dei contratti pubblici non ha aiutato, ma questa è una lamentela che viene dalle imprese, che però è una lamentela che ha sicuramente un profilo di fondatezza, perché lo stesso Ministro ha detto che le norme, così come sono attualmente, sono norme che non aiutano rispetto all'impiego immediato di questi fondi e soprattutto alla loro allocazione in tempi che possono essere relativamente vicini alle programmazioni iniziali.

Riassunte un po' le premesse, passo alle domande. È chiaro che, tenuto conto della natura delle interpellanze urgenti e, quindi, della natura stessa delle interpellanze in base all'articolo 136 del Regolamento della Camera, la prima cosa che si domanda al nuovo Governo è qual è l'intendimento politico rispetto a questo quadro, che è ricostruito sulla base di elementi chiaramente relativi al precedente Governo; quindi, spero che non ci sia una risposta meramente burocratica ma che ci sia una prospettiva di intendimento politico su come si voglia evidentemente cambiare questo tipo di politica sui fondi di coesione.

Chiediamo anche quali siano le risultanze di impegno e rendicontazione, almeno al 31 dicembre 2017, di ciascuno dei programmi operativi, nazionali e regionali, cofinanziati dai fondi strutturali, a valle della sottoscrizione dell'accordo di partenariato Italia-Commissione europea per il periodo di programmazione 2014-2020, evidenziando su base annuale gli scostamenti tra previsioni di spese e somme effettivamente rendicontate; fino ad ora non abbiamo avuto questi elementi sui quali poter determinare una valutazione non solo politica ma anche tecnica.

Inoltre, chiediamo quali siano le misure adottate o che si intendono adottare per promuovere un'accelerazione dalla spesa e una semplificazione delle procedure da parte dell'Agenzia per la coesione territoriale, del dipartimento per le politiche di coesione e delle singole autorità di gestione, perché poi il tema è quello delle singole autorità di gestione a cui di volta in volta questi flussi dovrebbero essere poi allocati.

Chiediamo quale sia lo stato di attuazione dei grandi progetti comunitari, compresi quelli di competenza regionale o interregionale, e quelli traslati dalla programmazione 2007-2013 e poi riportati nella programmazione 2014-2020, con particolare riferimento ai grandi progetti di ripristino e risanamento ambientale allocati nelle regioni del Mezzogiorno, perché questo è il tema con riguardo all'autorità di gestione regionale; quale sia il quadro riepilogativo degli impegni del Fondo di sviluppo e coesione e lo stato di avanzamento dei piani operativi settoriali e dei patti per lo sviluppo stipulati con le regioni e le città metropolitane, con particolare approfondimento sulla realizzazione del progetto straordinario per la rimozione dei rifiuti stoccati in balle in regione Campania, per il quale è previsto uno stanziamento di oltre 400 milioni di euro.

Tornando alla società Invitalia, quale sia l'ammontare delle somme attribuite per il sostegno a misure agevolative e contratti di sviluppo e se si intenda rendere disponibile la relazione del soggetto esercente il controllo, la valutazione in ordine alla conformità con la disciplina del codice degli appalti ai fini dell'affidamento alla società in house, in particolare articoli 5 e 192 del decreto legislativo n. 50 del 2016.

Inoltre, quali siano le risultanze delle attività dell'Agenzia per la coesione territoriale e del dipartimento per le politiche di coesione in ordine alla gestione e al coordinamento dei piani e dei programmi finanziati con risorse nazionali e comunitarie; se il Governo non ritenga, data la sostanziale paralisi degli investimenti, di costituire una Commissione ad hoc, anche interministeriale, finalizzata alla revisione della completa disciplina in materia di appalti, regime delle partecipate e delle società in house e ogni altra regolamentazione in materia per definire finalmente un complesso normativo organico, semplificato ed efficace che sia effettivo volano dell'iniziativa economica pubblica e privata.

Tornando ai piani operativi, se i suddetti piani operativi e patti con le regioni del Sud e le città metropolitane - perché è stato esteso alle città metropolitane - siano stati definiti, in particolare rispetto alle priorità degli interventi infrastrutturali e dei servizi ambientali, con un preventivo e opportuno dibattito con i soggetti esponenziali rappresentativi degli interessi dei territori, delle parti economiche e sociali, delle primarie associazioni di sviluppo territoriale ed ambientalistiche. Questo era anche un dovere previsto dalla normativa vigente. Da ultimo se sia vero ancora - abbiamo inserito anche questo nell'interpellanza urgente - che latiti, almeno da quello che rinveniamo dalle notizie di stampa, il patto con la città metropolitana di Roma capitale che avrebbe dovuto essere tra i primi in ordine di priorità almeno in base alla programmazione, stante la drammatica situazione infrastrutturale e logistica di Roma e del suo territorio. Se sia vero che il quadro finanziario della programmazione 2014-2020 sia stato di fatto esaurito senza affrontare o riservare un proporzionato e adeguato accantonamento di dovute disponibilità per la capitale. Era uno degli obiettivi fondamentali e credo che sia necessario capire - qui l'intendimento politico spero non sia solo una risposta burocratica - se rispetto a questa allocazione si sia poi tenuto conto di un accantonamento adeguato. Allo stesso modo chiedo per l'accantonamento relativo alla Campania e ad altre ipotesi che non sono state tutte elencate ma che evidentemente il Ministero e il Governo, la Presidenza del Consiglio in questo caso, deve sicuramente avere chiare sia ai fini delle capacità e dell'impegno di spesa, sia al fine della programmazione che della definitiva rendicontazione perché questo è il processo del resto determinato anche dal regime di utilizzo dei fondi strutturali.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giuseppina Castiello, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPINA CASTIELLO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, prima di tutto vorrei ringraziare gli onorevoli interpellanti per aver comunque posto all'attenzione della Camera dei deputati un tema che il Governo ritiene dirimente e fondamentale per lo sviluppo del Paese, per l'equilibrio e la coesione territoriale. L'interpellanza urgente presentata dai deputati D'Ettore, Gelmini ed altri consente di anticipare alcune riflessioni su un'imponente azione di ricognizione puntuale ed esaustiva sui conti pubblici che il Governo ha avviato sin dal suo recentissimo insediamento. Fornirò pertanto dati che avranno una duplice valenza: fotografare lo stato della spesa e la sua efficacia, individuare il terreno di confronto parlamentare più utile per perseguire comuni obiettivi. È innegabile che, dalla prima fotografia sullo stato della spesa e della sua efficacia, emerge una situazione paradossale dove la programmazione è molto spesso termine abusato che, solo di rado, trova riscontro nell'attuazione. Si rilevano sistematicamente i cicli di programmazione quasi mai in linea con la previsione temporale. L'attuazione è molto spesso un'eterna rincorsa dell'ultimo momento alla rendicontazione. In questa direzione e come premessa alla risposta, vorrei dirvi che il Governo, a tutti i suoi livelli, è impegnato ad individuare i percorsi più efficaci per ridurre in ogni modo questa discrasia temporale e quindi progettuale tra ciò che si pianifica e ciò che si attua. Abbiamo il dovere proprio per questo motivo, con la rappresentazione il più oggettiva possibile dello stato della spesa e della sua attuazione, di sottoporre alla vostra attenzione un'analisi schietta proprio per segnare un punto di partenza e di giudizio rispetto a quanto sinora è stato fatto.

Cogliamo quindi la propositiva intenzione degli onorevoli interpellanti protesa ad attivare un processo concreto di efficientamento della spesa dei fondi e dei programmi operativi nazionali e regionali cofinanziati dai fondi strutturali. In questa direzione sono certa che questo obiettivo possa essere meglio perseguito nella chiarezza dei dati ufficiali e certificati: conoscere per poter correggere, implementare, agire. Dati che riguardano un sistema di monitoraggio complesso e per alcuni versi sovrapposto che va snellito nelle procedure, reso più chiaro e conseguentemente trasparente. La sovrapposizione di strumenti di programmazione e conseguentemente della spesa, anche nello stesso ambito della stessa programmazione negoziata, rende più complessa l'attività di monitoraggio della spesa e della sua efficacia. Si registrano troppe sovrapposizioni ed eccessivi centri di spesa, molto spesso dispersivi che non consentono di ottimizzare la qualità della spesa e la sua corretta gestione. In questa direzione e rispondendo dunque al primo dei quesiti dell'interpellanza, voglio rassicurare che, nonostante una serie di ritardi anche gravi accumulati nell'ambito della programmazione 2014-2020, il Governo appena insediato adotterà tutte le misure necessarie per raggiungere i target prefissati e assicurare un corretto impegno delle risorse a disposizione. Per questo motivo, con il Ministro Lezzi e l'intero Governo intendiamo affrontare in tempi rapidi e risolutivi le questioni relative all'efficacia della spesa. Sarà indispensabile assumere la piena responsabilità politica per rimediare a ritardi rilevanti sia nella programmazione sia nella spesa.

Non è più tempo per guardare indietro: il Governo si assumerà l'onere di guardare avanti per affrontare con un'innovazione strategica e procedurale il tema della qualità della spesa dei fondi di coesione. In questa direzione, proprio dal primo esame del monitoraggio istituzionale, emerge l'esigenza di rimodulare gli stessi impegni tesi ad obiettivi maggiormente definiti ed incisivi rispetto al tema prioritario dell'equilibrio e della questione territoriale. È indubbio che sarà necessario concentrare risorse e attuazione sui macro obiettivi della coesione, ridimensionando la logica del passato dei mille rivoli di programmazione e di spesa.

Con il Dipartimento per la coesione territoriale e l'Agenzia competente, il Governo intende intervenire con determinazione sia sul piano dell'accelerazione della spesa sia sull'efficacia. Laddove sia necessario il Governo si farà promotore di un'azione di stimolo alla corretta programmazione della spesa stessa. Il Governo intende promuovere azioni sempre più stringenti tese a supportare, affiancare e sostenere le diverse amministrazioni interessate affinché, anche attraverso specifiche azioni di supporto amministrativo, si giunga ad un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse a disposizione. In quest'ottica, ad esempio, il Ministro per il Sud, Barbara Lezzi, ha recentemente sottoscritto un protocollo d'intesa con il presidente della Regione siciliana Musumeci e con la Commissaria europea Crețu per una specifica azione di affiancamento amministrativo alle strutture regionali per assicurare, da qui a fine anno, il raggiungimento degli obiettivi di spesa prefissati per quella regione. Un modello dunque di leale e concreta collaborazione istituzionale che intendiamo implementare con le diverse regioni che lo chiederanno. Un'attività di “monitoraggio rafforzato” tesa a verificare lo stato effettivo della programmazione attuativa dei Programmi operativi regionali del Fondo europeo di sviluppo e coesione. Lo stato di attuazione dei programmi operativi 2014-2020, al 31 dicembre 2017, registra un importo complessivo delle operazioni selezionate di circa 24,6 miliardi di euro. Da questi discendono interventi monitorati in Banca dati unitaria al 28 febbraio 2018 con costo annesso di 12,2 miliardi di euro pari dunque al 22,51 per cento del finanziamento totale. Si registra un volume di impegni pari a 11,3 miliardi di euro, pagamenti per 4 miliardi di euro e certificazioni (al 1° giugno 2018) per 2,9 miliardi di euro.

Per quanto concerne i grandi progetti a gennaio 2018 erano 41, considerando come unico per tutta Italia il grande progetto della banda ultralarga per un valore di investimenti complessivo superiore a 7 miliardi di euro. Trenta di questi grandi progetti sono relativi al completamento di interventi avviati nel periodo di programmazione 2007-2013. Allo stato attuale sono previsti nove grandi progetti dal POR Campania; tre dal POR Calabria; uno dal POR Puglia; tre dal POR Sicilia; due dal POR Toscana; uno dal PON cultura e dieci dal PON infrastrutture e reti per un totale dunque di ventinove grandi progetti. Dei ventinove grandi progetti ventuno sono avviati e otto sono prossimi all'avvio.

Prevedono complessivamente centouno interventi di cui sei con lavori ultimati; trenta con lavori in corso e diciannove prossimi all'avvio.

Un capitolo a parte, invece, è quello relativo alla rendicontazione ufficiale. Si tratta della spesa incardinata nel sistema nazionale di monitoraggio del Ministero dell'Economia e delle finanze alla data dell'ultima rilevazione: il 30 aprile 2018. I dati sono relativi agli interventi già avviati. Tale monitoraggio fornisce un quadro su circa 3.100 iniziative, per un valore di 11 miliardi e 829 milioni di euro.

Lo stato di avanzamento economico e finanziario è pari a 442,6 milioni di euro ovvero il 3,7 per cento. Consentitemi a questo punto anche una valutazione di carattere politico: basterebbe questo dato per comprendere lo stato della spesa e quanto occorre fare per raggiungere livelli di efficacia e di efficienza dell'azione di pianificazione e di attuazione. È questo dato dunque - il 3,7 per cento - una rappresentazione eloquente utile a rilevare quanto poco è stato fatto e quanto occorre fare per aggredire strutturalmente tale situazione.

In questo quadro di monitoraggio il Governo ha ereditato una situazione delicata anche per quanto riguarda la cosiddetta programmazione negoziata.

Lo stato di attuazione dell'insieme dei patti, secondo i dati dell'Agenzia per la coesione, fa emergere che appena il 20 per cento delle risorse sono in fase di esecuzione, mentre il restante 80 per cento è racchiuso in un limbo di “fase di programmazione” o “avvio di progettazione”. In questa direzione il Governo si farà carico in modo deciso di valutare compiutamente il reale stato di attuazione dei patti, proponendo, laddove si rendesse necessario, strumenti attuativi in grado di intervenire sull'efficacia e l'efficienza della spesa.

È indubbio che il Governo in questa direzione, il Ministero del Sud per primo, punterà ad individuare una strategia di rimodulazione, tesa ad abbattere quei divari strutturali e infrastrutturali del Mezzogiorno, misurando tali gap, e quindi pianificandone la compensazione. In riferimento alla specifica questione sollevata degli interpellanti per la realizzazione del progetto straordinario per la rimozione dei rifiuti stoccati in balle in regione Campania, per i quali è previsto uno stanziamento di oltre 400 milioni di euro, si rappresenta quanto segue.

Gli interventi per il trattamento e smaltimento definitivo dei rifiuti stoccati in balle sul territorio della regione Campania sono finanziati nell'ambito del Patto per lo sviluppo della regione Campania per complessivi 534 milioni di euro, composti come segue: 150 milioni di euro a valere sul decreto-legge n. 185 del 2015, 294 milioni di euro a valere sulla legge di stabilità 2016, 90 milioni di euro a valere sul Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, quota patto Campania.

Le risorse della legge di stabilità 2016, quindi 294 milioni di euro, e parte del Fondo sviluppo e coesione, quindi 60 milioni di euro, sono destinati agli impianti di Caivano e Giugliano. Per gli impianti di trattamento delle ecoballe di Caivano e Giugliano è stata effettuata una consultazione preliminare di mercato per la predisposizione della futura procedura di gara per l'affidamento del servizio di trattamento di circa 1 milione 200 mila tonnellate di rifiuti stoccati in balle nei siti dedicati della regione Campania. A valle delle procedure di consultazione sarebbe emersa la ulteriore necessità di rideterminare gli importi di alcuni interventi da mettere a bando. Nello scorso mese di giugno sono stati inviati all'Anac i documenti di gara nell'ambito del protocollo di vigilanza collaborativa che è stato attivato.

Successivamente si provvederà poi a indire le gare. Rispetto agli altri interventi finanziari per l'importo complessivo di 180 milioni di euro, sono state espletate due gare. La prima ha aggiudicato cinque degli otto lotti messi a gara per circa 82,5 milioni di euro. È chiaramente indubbio che su questo tema si registrano ritardi abbastanza rilevanti. Il Governo farà quanto in suo potere per intervenire, facendosi parte attiva per eliminare i ritardi e recuperare il tempo perso.

Per quanto attiene al tema della semplificazione e della riduzione degli oneri amministrativi in sede europea con riferimento ai fondi strutturali, il Governo intende sostenere delle modifiche ai regolamenti europei vigenti al fine di agevolare la rendicontazione della spesa e proporre soluzioni interpretative volte a garantire uno snellimento degli oneri amministrativi. Lo stesso obiettivo di semplificazione è quello che, tra l'altro, si intende perseguire nella costruzione del nuovo quadro di riferimento della futura programmazione 2021-2027. Anche in questo caso il Governo ritiene di agire nelle sedi europee per ottenere questo risultato. Per quanto riguarda, invece, le risorse nazionali del Fondo sviluppo e coesione, il Governo vuole avviare sin dai prossimi mesi azioni che perseguono un'accelerazione della spesa e di semplificazione delle procedure di governance volte a velocizzare l'attuazione dei programmi.

La sede istituzionale di confronto che il Governo utilizzerà sarà, ovviamente, la cabina di regia Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 febbraio 2016. Per quanto riguarda i fondi attribuiti alla società Invitalia, il Governo ha avviato una ricognizione esatta delle risorse e ad oggi tale dato non risulta nella sua interezza ancora disponibile.

Infine, per quanto attiene il rispetto degli articoli 5 e 192 del decreto legislativo n. 50 del 2016, Invitalia riferisce di essere registrata con provvedimento Anac nell'elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house, previsto dall'articolo 192 del decreto-legge n. 50 del 2016, quale società in house a tutte le amministrazioni centrali. Elementi, questi, che sono ovviamente all'attenzione del Governo, che dovrà valutare compiutamente le azioni da intraprendere sul ruolo di Invitalia nel sistema delle politiche di coesione e di sviluppo.

Per quanto riguarda il mancato patto per la città metropolitana di Roma, il nuovo Governo si farà carico di rimediare a tale grave mancanza. In questa direzione intendiamo lavorare di concerto con l'amministrazione capitolina per definire un patto che sappia individuare peculiarità e strategie per il futuro della capitale.

Come si evince, dunque, dai dati e dalle considerazioni che ho richiamato, emerge l'esigenza di attivare nel più breve tempo possibile azioni sia amministrative che ordinamentali in grado di intervenire strutturalmente sul processo di coesione e sviluppo, sulla spesa e l'attuazione degli interventi pianificati. Anche rispetto al problema che veniva posto della difficoltà, oggi, di dover avere un codice degli appalti che, al di là della sua pienezza e dell'attuazione per quanto riguarda anche la trasparenza delle gare della pubblica amministrazione, è chiaro che ci sono limiti, e quindi, anche facendo riferimento a quello che ha detto ieri il Ministro Lezzi, c'è la necessità, e di questo il Governo tutto è consapevole, di rivedere il codice degli appalti. In questa direzione, dunque, il Governo assicura comunque fin da ora la propria disponibilità a tenere costantemente aggiornato il Parlamento, anche attraverso un serrato confronto teso a perseguire una puntuale e prioritaria azione di riequilibrio e di coesione del Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Ettore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Come avevo già accennato nell'illustrazione della interpellanza, è evidente che si tratta di materia e di questioni sulle capacità d'impegno, di rendicontazione e su quanto poi ha risposto il sottosegretario, che riguardano sostanzialmente un'attività molto importante e decisiva da parte del precedente Governo. Attività che, prendo atto, per quanto riguarda le dichiarazioni del sottosegretario, è stata, così come era individuata nell'interpellanza, stigmatizzata come chiaramente non efficace e soprattutto, ha evidenziato il sottosegretario - positivamente accolgo questo tipo di valutazione -, è stato stigmatizzato un elemento, che è quello non solo della rendicontazione, ma della incapacità effettiva di realizzare rispetto ai piani operativi risultati che siano tangibili e sui quali addirittura poter ricostruire. Visto le percentuali che sono state riportate di efficacia della realizzazione delle opere, quali sono quelle percentuali? Sono irrisorie rispetto a quello che è il montante degli impegni e quella che è la programmazione.

Quindi, da questo punto di vista, spero che il Governo sia in grado di dare una svolta. Accolgo positivamente gli intendimenti politici, perché, per quanto riguarda le ricostruzioni da un punto di vista tecnico, basta vedere che su Invitalia non abbiamo ancora la possibilità di dare dati. Quindi, quando noi puntavamo e calibravamo delle nostre osservazioni su quella particolare situazione di quella società in house, è evidente che, al di là dell'applicazione del codice degli appalti e della diversa considerazione dell'aggiudicatario in base al regime vigente, è evidente che poi però 3 miliardi sono stati affidati. In qualche modo bisognerà sapere che fine hanno fatto e come sono stati impiegati, e queste risultanze penso che il Governo immediatamente le debba dare. Se mi posso permettere, credo che il Governo debba anche mettere mano alla dirigenza che in questo momento ha sia l'Agenzia, poi Invitalia è una questione diversa dal punto di vista del regime, sia il Dipartimento per la coesione territoriale, ma tenendo conto forse di professionalità diverse, perché a un certo punto i risultati, e mi sembra che la risposta del sottosegretario sia evidente in questo, c'è una valutazione non certamente positiva, e, addirittura, il Governo non è in grado di dare un completo quadro. Ma non per sua responsabilità, ma perché sia l'attività politica del precedente Governo sia, soprattutto, i dati che emergono dalla struttura non sono sufficienti, perché non ci sono state realizzazioni efficaci. Credo, quindi, che bisognerà mettere mano a questa dirigenza. Mi sembra che le ultime nomine che sono state fatte, alcune mi sembrano un po' in continuità con il precedente Governo, mi permetto di dire. Per questo, da un lato - non posso essere positivo o negativo, potrei essere indifferente, ma non posso essere indifferente - dico che vedo negativamente in questa risposta, rispetto, invece, alla positività sulla prospettiva politica, che poi certamente vedremo, verificheremo nel futuro, e quindi, ottimisticamente, spero che si possa fare questo, sia per il Sud, sia per la città metropolitana di Roma, sia per tutti gli altri fondi che vanno alle altre regioni che devono essere impiegati, ma se non vi è una struttura efficace, se non vi è un cambiamento di rotta rispetto a quell'organigramma e a quelle strutture, sarà difficile realizzare questi progetti.

Mi sembrate un po' in ritardo, come Governo, su questo, sui segretari generali, sui capi ufficio di gabinetto. Insomma, forse sarebbe opportuno, da questo punto di vista, cominciare a metterci mano, perché il cambiamento si fa anche rispetto a queste valutazioni, che sono del Governo, cominciando a guardare anche quali sono le figure professionali che scegliete, perché mi sembra che, forse, anche per i curricula che hanno, alcuni non hanno avuto grandi ruoli in queste attività, altri sono stati scelti, non si capisce come, in base a una continuità con il precedente Governo.

Quindi, se da un lato emergono dati positivi, dall'altro spero in prospettiva che il sottosegretario possa accogliere positivamente le volontà che sono state dichiarate. Noi continueremo a svolgere questa attività di controllo che spetta al sindacato ispettivo e che compete chiaramente alle opposizioni e, quindi, vigileremo, ma un'esortazione e un suggerimento, se possiamo permetterci: quella di mettere mano alla struttura amministrativa, e mi sembra che, in un suo passaggio, questo l'abbia affermato, se non in maniera chiara ma in qualche modo sottinteso. Vedo che mi dice di sì, insomma che annuisce e spero che lo faccia in tempi brevi, perché quella è la svolta.

Poi, sul piano politico bisogna cambiare completamente l'approccio, anche quello della regione Campania, con riguardo ai rifiuti, perché è una cosa incredibile quella che sta avvenendo, anche dell'impiego di risorse limitate. Vi sono responsabilità anche regionali evidenti; cominciate a intervenire anche sulle responsabilità regionali. Sono questioni che devono essere in qualche modo affrontate. Spero da questo punto di vista - e mi rivolgo anche ad esponenti della Lega con i quali ci lega almeno l'ultima campagna elettorale e poi per il futuro si vedrà - che mettiate, come dire, l'occhio su tali questioni e, da questo punto di vista, mi ritengo parzialmente soddisfatto - una conclusione la devo dare - perché almeno gli intendimenti politici e la volontà di verificare le rendicontazioni mi paiono evidenti nell'illustrazione, sottosegretario. Manca tutta l'altra parte che dovete dimostrare concretamente e soprattutto - lo ripeto per l'ennesima volta perché rimanga a verbale, perché entri nella vostra testa, con tutto il rispetto per le vostre decisioni - se non cambiate quelle strutture, se non intervenite su quelle agenzie, se continuate ad avvalervi di coloro che c'erano prima probabilmente non riuscirete a fare quello che poi fa parte dei vostri intendimenti politici.

(Chiarimenti in ordine alle ricadute sull'azione del Governo dell'accordo di collaborazione politica tra il Segretario della Lega e il Vicesegretario del partito Russia Unita - n. 2-00026)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fiano ed altri n. 2-00026 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Andrea Romano se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA ROMANO (PD). Grazie molto, Presidente. L'interpellanza fa riferimento ad un accordo politico, stipulato nel marzo 2017, tra il partito della Lega, che oggi esprime la Vicepresidenza del Consiglio e molti altri ministeri, e il partito Russia Unita, un partito che governa ininterrottamente la Federazione Russa fondamentalmente dalla fine degli anni Novanta, anche se la denominazione di quel partito, così come è conosciuto oggi, per l'appunto Russia Unita, risale solo al 2003. Cosa dice questo accordo, così come riportato nell'interpellanza del collega Fiano e di altri? Quell'accordo fa riferimento ad un partenariato paritario e confidenziale, annuncia tra l'altro lo scambio di informazioni tra le parti, così come lo scambio di delegazioni e varie altre forme di cooperazione, anche di carattere economico. È un accordo - lo ricordo ai colleghi - che ha una durata di cinque anni, rinnovabile automaticamente, salvo disdetta con un preavviso di sei mesi.

Ma che partito è Russia Unita? Un quadro che forse serve a capire meglio la sostanza di questo accordo e, dunque, serve agli interroganti per rivolgere alcuni quesiti al Governo. È un partito formalmente democratico ma, di fatto, è il partito di potere del regime autoritario che governa la Federazione Russa, per l'appunto dalla fine degli anni Novanta. È stato un ventennio di fatto questo - più di un ventennio, in realtà - che ha visto strutturarsi in Russia un regime che con molta, molta, molta fantasia può definirsi un regime democratico, una “democratura”, così come viene chiamata dagli studiosi e anche, soprattutto, dai protagonisti della vita politica e civile russa, una democratura dove i diritti politici, civili, associativi, di opinione e di libera stampa sono sistematicamente e violentemente negati. Russia Unita, tra l'altro, è un partito esclusivamente personale, creato, come esso stesso proclama (lo vedremo tra un attimo), per dare solidità parlamentare al regime di Putin e orientato, anche formalmente, a proteggere la Presidenza Putin. Leggo, per esempio, dall'ultimo programma elettorale del partito Russia Unita, Edinaja Rossija come si definisce esso stesso, nel quale lo stesso partito dice: “Il partito Russia Unita è stato creato per la realizzazione del corso strategico del Presidente della Russia Vladimir Putin”. Attenzione quindi, colleghi: non è un partito che elegge il proprio leader ,come tra l'altro fanno la Lega oltre che il Partito Democratico, ma è un partito che nasce intorno ad un leader che è già Presidente. Un partito di regime per l'appunto, un partito nato intorno ad un leader che era già Presidente e che non ha abbandonato mai la Presidenza se non formalmente per uno scambio di ruoli, diciamo, con Medvedev. E, dunque, cosa ha in comune questo partito con la realtà dei nostri partiti democratici, con la lettera della nostra Costituzione che, ricordo, all'articolo 18, sancisce la libertà di associazione dei cittadini e, all'articolo 49, sancisce che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”? Ma, soprattutto, Russia Unita è un partito che ha coperto, promosso e alimentato le infinite violazioni di diritti umani, politici e di libertà di stampa, di opinione e di associazione che hanno accompagnato questi anni, per l'appunto, di regime autoritario. La Russia di Putin, la Russia guidata dal partito Russia Unita è il Paese in cui sono stati assassinati decine di giornalisti che avevano l'unica colpa di aver indagato sulle malefatte del potere. Potrei citarne molti ma cito solo Anna Politkovskaya, tra gli altri, ma la Russia di Putin, la Russia guidata dal partito Russia Unita è il Paese in cui oppositori politici come Boris Nemcov, tra gli altri, sono stati assassinati in circostanze mai chiarite e nel caso di Nemcov in circostanze riconducibili comunque al potere politico, o dove un oppositore, come Alexei Navalny, è stato molte volte incarcerato, insieme a moltissimi suoi seguaci, solo perché aveva organizzato manifestazioni ostili alla presidenza Putin. Tra l'altro, Presidente, nel marzo 2017, proprio negli stessi giorni in cui Salvini andava a Mosca per stipulare questo patto con il Vicesegretario di Russia Unita, venivano arrestati in tutta la Russia 700 - non sette, non settanta, ma 700 - oppositori politici del regime di Putin in una gigantesca retata, perché di questo si trattò, che avvenne sotto gli occhi della comunità internazionale, negli stessi giorni di marzo 2017 in cui Salvini andava a stipulare questo accordo.

La Russia di Putin, la Russia guidata dal partito Russia Unita, con cui la Lega ha stipulato questo patto, è il Paese in cui esistono fabbriche di troll, descritte e indagate dalla stampa internazionale, fabbriche legate al potere politico e finalizzate ad intossicare il libero confronto democratico e informativo delle nostre democrazie. Una tra le tante è la società chiamata Teka, che si trova a San Pietroburgo, già nota con il nome di Agenzia di ricerche su Internet, legata, secondo varie inchieste della stampa internazionale, a Evgenij Prigozhin, fedelissimo dello stesso Vladimir Putin. Ma la Russia di Putin è quel Paese nel quale le elezioni non sono realmente ed autenticamente libere, non sono realmente ed autenticamente competitive, non sono autenticamente e realmente trasparenti. Questa non è una mia opinione o, meglio, non è solo la mia opinione. Voglio citare il rapporto dell'OSCE, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, organizzazione multilaterale di cui fa parte l'Italia, tra gli altri, sulle elezioni presidenziali del 2017, quelle che appunto alcune settimane fa hanno riconfermato, con grandissima “sorpresa” (ovviamente uso del sarcasmo), la Presidenza Putin. Cosa dice il rapporto dell'OSCE su queste elezioni? Molte autorità locali hanno impedito ai candidati di tenere iniziative politiche nei luoghi e nei tempi più opportuni. Sono stati riportati molti casi di molestie e persecuzione nei confronti di militanti politici da parte di funzionari di polizia. Gli attivisti di Alexei Navalny, che citavo poco fa, che avevano messo in discussione la legittimità del processo elettorale sono stati arrestati più volte e hanno avuto confische di materiali e altre limitazioni della loro libertà di espressione. “Nel complesso la campagna elettorale - prosegue l'OSCE - è stata contrassegnata da una grave mancanza di vera e autentica competizione politica tra i vari candidati. L'assenza di punti di vista critici verso il potere - scrive sempre l'OSCE - è stata gravata dall'assenza di opportunità per i vari candidati di sollevare questioni relative alla condotta politica e istituzionale del Presidente Putin”, eccetera. Lo stesso tono di grave e severa denuncia della autentica competitività delle elezioni è stato usato dall'OSCE relativamente alle elezioni parlamentari per la Duma del 2016.

Ma la Russia di Putin è anche il Paese in cui le persone omosessuali e transessuali vengono perseguitate, incarcerate, umiliate pubblicamente, costrette alla clandestinità.

La Russia di Putin è tra l'altro il Paese dove le ONG vengono considerate un nemico da combattere, e la Russia di Putin - e mi avvio alla conclusione -, la Russia governata dal partito Russia Unita con cui la Lega ha stipulato questo contratto, è una potenza regionale continentale che non può certo considerarsi nemica del nostro Paese, ci mancherebbe altro, ma che con chiarezza, franchezza e nettezza si è collocata in contrapposizione alle organizzazioni multilaterali politiche e di sicurezza di cui l'Italia fa parte insieme ai suoi alleati.

E allora su questa base, Presidente, la nostra interpellanza chiede al Governo italiano: il Ministro dell'interno, il leader politico della Lega, è tenuto a rispettare gli impegni previsti dal patto di collaborazione tra il suo partito e il partito Russia Unita, che governa nei modi in cui si è visto la Federazione russa? E questo accordo è ancora in vigore? È stato smentito dalla Lega? Continua ad esercitare questo accordo i suoi vincoli sulla Lega? Il Ministro Matteo Salvini, così come, se mi posso permettere, lei onorevole Molteni e tutti gli altri membri del Governo italiano appartenenti al partito della Lega siete ovviamente depositari di informazioni di intelligence, o comunque di notizie di carattere riservato relative ad aspetti sensibili della nostra vita nazionale, così come accade ad ogni membro di ogni Governo in carica. Ma queste notizie e queste informazioni vengono condivise con i dirigenti del partito Russia Unita, così come è stato previsto dal patto di collaborazione siglato nel marzo 2017? Un patto, lo ricordo, che prevedeva - e cito - “lo scambio di informazioni tra le parti sulla base di un partenariato paritario e confidenziale”; e cosa vuol dire un partenariato paritario e confidenziale? E inoltre, quali forme di collaborazione economica, logistica e politica si sono realizzate tra il partito che governa, e non da oggi la Russia, e la Lega, che oggi governa la Repubblica italiana? Quali forme di collaborazione si sono realizzate in modo particolare durante le nostre campagne elettorali, che sono state molto diverse dalle campagne elettorali che si sono tenute nella Federazione russa? E infine, quale idea di democrazia, quale idea di libertà di stampa, quale idea di libertà di associazione, quale idea di rispetto dei diritti civili, di rispetto delle minoranze, delle minoranze etniche, delle minoranze sessuali, delle minoranze culturali, quale idea per l'appunto di democrazia può mai essere in comune tra un partito che partecipa, sulla base di un risultato elettorale come quello ahimè del 4 marzo (lo dico da esponente del Partito Democratico), che partecipa però al Governo democratico della Repubblica italiana, e un partito come Russia Unita che governa del modo che si è detto la Federazione russa da più di un ventennio?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Nicola Molteni, ha facoltà di rispondere.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, onorevoli colleghi, i fatti richiamati nell'interpellanza riguardano un accordo politico sottoscritto nel marzo 2017 dal segretario del partito politico della Lega Matteo Salvini con il segretario dal partito politico Russia Unita. Si tratta di un accordo che ha come oggetto la collaborazione e la promozione di iniziative e relazioni tra le due organizzazioni politiche, finalizzate allo scambio di esperienze e alla cooperazione in materia di reciproco interesse. Più in particolare l'accordo prevede che le due parti politiche si confrontino su temi di attualità, sulle relazioni bilaterali ed internazionali, sullo scambio di esperienze nella sfera delle politiche per i giovani e dello sviluppo economico; prevede inoltre l'organizzazione di seminari bilaterali e multilaterali, convegni e tavole rotonde su temi di comune interesse, sempre nell'ottica di rafforzare l'amicizia e promuovere la cooperazione nei settori dell'economia, del commercio e degli investimenti tra i due Paesi.

Il citato accordo, all'interno del quale non vi è riferimento alcuno a sostegno di natura finanziaria, è intervenuto tra due soggetti politici nell'interesse delle rispettive organizzazioni, che hanno liberamente dato corso a un'iniziativa di confronto su tematiche di comune interesse: è dunque pienamente legittimo. La trasparenza dell'accordo politico in esame è peraltro testimoniata dall'ampia e immediata pubblicizzazione sugli organi di informazione. La notizia infatti è stata fin da subito tempestivamente diffusa dalle principali agenzie di stampa e pubblicata sul sito del partito politico dalla Lega.

Ciò detto, in ordine alle preoccupazioni sollevate dagli interroganti circa le possibili ripercussioni derivanti dall'attuazione dell'accordo sulla politica del Governo e su quella dei rapporti internazionali, in modo particolare giova rammentare, nella circostanza, come la sigla del citato accordo sia intervenuta nel marzo 2017 da parte del segretario della Lega Matteo Salvini che in quel momento non rivestiva alcun incarico istituzionale ed alcuna responsabilità di Governo, ed esercitava pertanto il suo esclusivo ruolo di esponente politico, nell'interesse ovviamente del partito. Quell'accordo, sottoscritto in maniera libera e reso pubblico sin al principio, non può essere considerato oggi come elemento in grado di interferire nelle attività e nelle responsabilità del Ministro Salvini e degli altri membri dell'Esecutivo appartenenti alla Lega: funzioni di Governo assunte il 1° giugno nell'esclusivo interesse della nazione, con il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di lealtà alla Costituzione e alle sue leggi.

L'interpellanza sovrappone quindi erroneamente due piani indipendenti e temporalmente separati: la decisione legittima del segretario politico della Lega di stipulare un accordo di cooperazione con il partito di un altro Paese, e le responsabilità successivamente assunte al servizio del Paese dal Ministro Salvini. L'accordo tra Lega e il partito Russia Unita si iscrive nell'ambito ordinario di cooperazione e collaborazione internazionale tra i movimenti e i partiti politici, e non appare idoneo a determinare alcuna ricaduta e sfavorevole conseguenza sul piano della politica interna ed estera del nostro Governo. Si fa presente, quindi, che lo stesso programma politico denominato contratto per il Governo del cambiamento, sottoscritto dal partito della Lega e dal MoVimento 5 Stelle, prevede un'apertura alla Russia in esclusivi termini di partnership economica e commerciale, nell'ambito di una confermata appartenenza del nostro Paese all'Alleanza atlantica con gli Stati Uniti d'America quale alleato privilegiato.

PRESIDENTE. Il deputato Andrea Romano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Fiano ed altri n. 2-00026.

ANDREA ROMANO (PD). Presidente, no, non posso ritenermi soddisfatto, anche a nome dei miei colleghi, perché l'unica risposta soddisfacente che avrebbe potuto essere formulata dal Governo sarebbe stata una sola, in questo caso trattandosi anche di un esponente molto autorevole della Lega. Ovvero l'unica risposta sarebbe stata: è vero, abbiamo contratto questo accordo, per carità politicamente legittimo e di cui io stesso riconosco la legittimità, prima di essere stati eletti dagli elettori italiani al Governo del Paese; oggi che siamo al Governo del Paese, che quindi abbiamo responsabilità diverse, provvederemo ad archiviare quell'accordo.

Perché quell'accordo, onorevole Molteni, in realtà ha dentro di sé più di un elemento di ambiguità e più di un elemento di potenziale conflitto con il ruolo che oggi il vostro partito svolge alla guida del Governo della Repubblica italiana. Perché lo scambio di informazioni è lo scambio di informazioni, e o lo scambio di informazioni c'è o non c'è; e quando un partito politico assume funzioni di Governo, le informazioni che quel partito acquisisce, in modo naturalmente legittimo e riconosciuto, sono informazioni di genere molto sensibile e riservato, con implicazioni che hanno certamente una rilevanza anche per quanto riguarda la nostra sicurezza nazionale, anche per quanto riguarda le responsabilità che il nostro Paese ricopre all'interno delle istituzioni multilaterali di cui è parte. E dunque, pur prendendo atto della vostra, ci mancherebbe altro, fedeltà al giuramento che avete effettuato ciascuno di voi all'atto dell'assumere l'importante responsabilità di Governo che ricoprite, ribadisco l'auspicio che il vostro Partito provveda a… Non dico a non rinnovare, perché di qui alla scadenza del contratto sono sicuro che il vostro partito non sarà più al Governo del Paese, trattandosi di ancora quattro anni e mezzo, ma insomma, auspicherei che questo contratto venisse rescisso nelle prossime settimane.

Questo sarebbe un elemento di rassicurazione, mi permetto di aggiungere, nei confronti anche nel nostro dibattito nazionale: perché un conto è esprimere sentimenti di vicinanza alla Russia, e tutti noi lo facciamo. Nessuno di noi, se mi posso permettere, tanto meno il sottoscritto che ha trascorso molti anni di studio a Mosca, ha mai avuto sentimenti che non fossero più che amichevoli nei confronti della civiltà russa, della Russia, della popolazione russa, della società civile russa; altra cosa è mostrarsi, come avete fatto voi nel corso della campagna elettorale, potenzialmente strumentali all'azione legittima, ma certamente non amichevole nei confronti dell'Italia e delle istituzioni internazionali, che la Federazione russa, che l'attuale Governo della Federazione russa, che la Presidenza Putin svolge nei nostri confronti.

Perché di questo si tratta: gli interessi nazionali sono tutti legittimi, ma il nostro interesse nazionale, l'interesse di un Paese come l'Italia, che è parte autorevole delle istituzioni multilaterali e che deve rimanere parte autorevole delle istituzioni multilaterali, questo interesse non può essere confuso con quello della Federazione Russa o, meglio, con l'interesse dell'attuale regime politico che governa la Federazione Russa, su molti aspetti, a meno che non si voglia perseguire un isolamento del nostro Paese, a meno che non si voglia scommettere sulla benevola protezione del regime di Putin, e mi permetto di dire che sarebbe una scommessa un po' avventata, perché la storia del Novecento, soprattutto del secondo Novecento ha dimostrato che quei Paesi che avevano scommesso sulla quella benevolenza ne hanno ricavato soltanto danni e danni molto, molto gravi.

Soprattutto, però - e concludo -, Presidente, attraverso di lei, mi rivolgo all'onorevole Molteni, c'è in quel contratto un'idea della democrazia e dei diritti civili che non può essere sbandierata di fronte al nostro Paese. Perché la violazione sistematica dei diritti associativi, dei diritti di libera opinione, il disprezzo e la persecuzione delle minoranze culturali e delle minoranze sessuali, che nella Federazione russa si sono svolti metodicamente in questi anni, devono essere stigmatizzati, io credo, da ogni partito che fa parte della vita politica e associativa del nostro Paese, perché la nostra è una Repubblica democratica; è una Repubblica democratica che, nel rispetto delle nostre diverse opinioni, deve preservare e conservare, come il bene supremo, la tutela dei diritti civili, di libera associazione e il rispetto, lo ripeto, delle minoranze culturali e anche sessuali. Su questo io spero e credo che la Lega voglia fare dei passi avanti, nonostante, mi permetta, la pessima propaganda che avete svolto durante la campagna elettorale nei confronti della Russia e che, spesso, continuate a svolgere; una propaganda - e concludo – che, per fortuna, è contraddetta dal comportamento di questo Governo. Infatti, sulla Russia ho sentito, anche nel discorso di insediamento del Presidente Conte, l'annuncio di una durissima opposizione dell'Italia alle sanzioni che la comunità internazionale e non solo l'Italia ha assunto nei confronti della Federazione Russa - sanzioni, lo ricordo ancora una volta, provocate dalla violazione, da parte russa, dei confini di uno Stato sovrano come l'Ucraina -, ripetuti annunci di questo tipo, ai quali è seguito, in sede di Consiglio europeo, recentemente, il voto favorevole della delegazione italiana al rinnovo di quelle sanzioni.

Per carità, la distanza tra propaganda e realtà mi pare essere un dato che contrassegna l'azione di questo Governo, ma, per quanto riguarda la Russia, mi aspetterei che ci fosse davvero una resipiscenza, resipiscenza - e concludo – che, davvero, potrebbe passare da un annuncio molto semplice: provvederemo, nelle prossime settimane, a mettere in un cassetto questo contratto e, magari, ne riparleremo quando la Lega sarà di nuovo all'opposizione, cosa che spero avvenga presto.

(Iniziative volte a risolvere la carenza di personale, mezzi e risorse in cui versa il Corpo nazionale dei vigili del fuoco in Veneto e, in particolare, il comando di Padova e per estendere la copertura Inail al personale del Corpo - n. 2-00042)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zan ed altri n. 2-00042 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zan se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALESSANDRO ZAN (PD). Presidente, membri del Governo, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco rappresenta una delle realtà più importanti per la sicurezza e la salvaguardia dei cittadini del nostro Paese; svolge un ruolo veramente importante, ha dei compiti di prevenzione, di vigilanza e di soccorso tecnico ai quali è preposto proprio per legge questo Corpo ed è decisivo per la salvezza di numerose vite umane. Tuttavia, questo ruolo è messo veramente in discussione, in particolare, mi riferisco alla realtà che conosco, quella della regione Veneto, in particolare, nella città e nella provincia di Padova, da una carenza drammatica di personale e mezzi.

Soprattutto, voglio segnalare che c'è un numero esiguo di personale in tutti i comandi del Veneto, dovuto a scarse immissioni in ruolo, taglio dei richiami del personale discontinuo e un riordino delle piante organiche. Poi, la cosa più grave, alla quale va veramente posto rimedio, è la questione che riguarda il parco degli automezzi terrestri e nautici, che ormai è, come dire, vetusto e inaffidabile, e l'impiego di squadre ridotte che produce un abbassamento della risposta operativa e un aumento, anche, del rischio per il personale.

Insomma, stiamo parlando di una situazione molto critica, alla quale si aggiunge, anche, una mancata copertura dell'INAIL; dunque, vi sono molti, molti, moltissimi problemi che si accumulano in questo settore.

Voglio ricordare in particolare la situazione di Padova che risulta molto grave per diverse motivazioni, perché, dopo l'apertura del distaccamento di Abano Terme, nel 2005, non si è provveduto, poi, ad assegnare le risorse umane necessarie allo scopo e, attualmente, si costringono le squadre di intervento a lavorare costantemente sotto la composizione minima, talvolta, arrivando alla chiusura delle sedi periferiche. Faccio un esempio: nella provincia di Padova si è arrivati a un rapporto soccorritore-cittadinanza pari a un 1 su 30.000, quando le indicazioni europee prevedono un rapporto minimo di 1 su 2000, rendendo gli interventi di emergenza particolarmente difficili e pericolosi sia per i cittadini che per i soccorritori, non potendo, peraltro, garantire l'avvicendamento durante interventi prolungati e di notevole complessità.

Dopo l'ultima revisione delle attrezzature, e parliamo del maggio di quest'anno, dunque recente, sono stati bocciati e resi temporaneamente fuori servizio automezzi non più operativi per l'evidente stato di usura e vetustà che, ciclicamente, vengono riparati per poter garantire il servizio, tornando però ad essere indisponibili nel giro di pochi giorni, per cui è una sorta di corsa a riparare i mezzi e a cercare, ovviamente, di renderli operativi. Dunque, si è davanti ad una situazione ciclica di criticità, dettata dall'età e dall'usura dei mezzi.

Insomma, sull'INAIL, poi, vi è una circostanza su cui chiediamo, ovviamente, al Governo di intervenire, perché costringe, da un lato, gli appartenenti del Corpo ad anticipare qualsiasi tipo di spesa medica per infortuni da lavoro e, dall'altro, nega al Corpo qualsiasi studio sulle malattie professionali, necessario per garantire un incremento sempre maggiore della sicurezza sul posto del lavoro e uno studio efficace in materia.

Insomma, chiediamo al Governo, innanzitutto, se sia a conoscenza di questa situazione e quali iniziative intenda porre in essere per dare una risposta a un Corpo molto amato dai cittadini, il Corpo dei vigili del fuoco, che garantisce la sicurezza e garantisce, ovviamente, l'incolumità delle persone in situazioni di difficoltà. In particolare, chiedo al Governo una risposta sulla situazione dei Vigili del fuoco in Veneto e, in particolare, del comando di Padova, per estendere la copertura INAIL al Corpo stesso.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Interno, Nicola Molteni, ha facoltà di rispondere.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, onorevoli colleghi, ovviamente, confermo le parole dette dal collega Zan in merito all'amore che il Paese ha nei confronti del Corpo dei vigili del fuoco e la stima, il rispetto, l'impegno e la dedizione assoluta che il Governo avrà nei confronti di questo importantissimo strumento di sicurezza per i nostri cittadini, che dà onore e dignità al nostro Paese.

Detto questo, Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno viene posta all'attenzione del Governo la situazione relativa alla dotazione organica e ai mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in Veneto e, in modo particolare, nel comando provinciale di Padova. In particolare, la situazione della dotazione organica dei reparti e dei comandi dei vigili del fuoco aventi sede nella regione Veneto fa registrare una presenza complessiva di 2.114 unità di personale operativo, a fronte di una dotazione teorica di 2262 unità, con una carenza del 6,54 per cento, di poco superiore a quella nazionale che, nelle predette qualifiche, è pari, complessivamente, al 4,07 per cento. Più in dettaglio, al comando dei vigili del fuoco di Padova è attribuito un organico teorico di 243 unità, di cui 156 vigili del fuoco, 68 capisquadra e 19 capi di reparto; in tale dotazione risulta già ricompresa una dotazione suppletiva di 30 unità per le esigenze delle sedi distaccate di Abano Terme. Rispetto a tale dotazione teorica, la presenza effettiva del personale operativo presso la sede di Padova è di 228 unità, 17 capireparto, 63 capisquadra e 148 vigili, con uno scostamento negativo rispetto alla pianta organica teorica del 6,17 per cento, dato che non si discosta in maniera significativa rispetto alla media nazionale di carenza del personale, pari al 5 per cento.

La consistenza numerica del personale operativo presso la sede di Padova non appare, quindi, dissimile o meno soddisfacente di quella di sedi analoghe, per dimensioni del territorio e rilevanza, ma nondimeno le esigenze di completamento dell'organico rappresentate nell'interpellanza saranno considerate con particolare attenzione dal Governo in occasione delle prossime procedure di assegnazione e mobilità.

Con riferimento a quanto segnalato dagli interpellanti circa le dotazioni dei mezzi a disposizione dei vigili del fuoco in Veneto, si precisa che il parco mezzi di soccorso del Corpo ha effettivamente subito negli anni passati un fenomeno di progressivo invecchiamento, in relazione alle minori risorse finanziarie disponibili.

Si precisa tuttavia che l'età media dei mezzi a disposizione del comando di Padova è in linea sia con quella riscontrabile negli altri comandi provinciali del Veneto sia con quella che si registra a livello nazionale.

Al fine di superare tali criticità, il Ministero dell'interno ha avviato un piano finanziario pluriennale di rinnovo, con cui si sta provvedendo all'efficientamento dei mezzi operativi del Corpo e alla sostituzione dei più obsoleti. Ricordo al riguardo che sono in corso di consegna ai comandi nuovi automezzi di soccorso del tipo autopompe serbatoio e pick-up cassonati dotati di un modulo antincendio boschivo (AIB) e che, in particolare, in data 6 luglio 2018, è stata assegnata al Corpo del comando di Padova una nuova autobotte serbatoio.

Con riferimento, infine, alla questione da ultimo sollevata dagli interpellanti, si osserva che il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, pur non beneficiando della tutela assicurativa presso l'INAIL, usufruisce di altre forme di tutela. Per detto personale sono infatti previsti gli istituti del riconoscimento della causa di servizio per infermità e per malattia dipendenti dall'attività di servizio, ai fini della concessione dell'equo indennizzo per la perdita dell'integrità fisica subita e della pensione privilegiata, qualora l'infermità e la malattia abbiamo causato l'inidoneità al servizio; tali istituti, come è noto, sono stati abrogati per tutti i dipendenti civili dello Stato dal 2011.

Inoltre, il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per quanto riguarda il rimborso e le spese mediche sostenute dai dipendenti per accertamenti sanitari, acquisto di medicinali, cure, ricoveri e protesi relative ad infermità riconosciute e dipendenti da causa di servizio, usufruisce di una copertura assicurativa tramite l'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in conformità alle previsioni statutarie della stessa.

Pertanto, per il personale del Corpo nazionale è attualmente in vigore un complesso sistema di misure di sostegno, che garantisce interventi sia di natura previdenziale e assistenziale, sia di natura indennitario-risarcitoria, che consentono la tutela dell'infortunato.

PRESIDENTE. L'onorevole Zan ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALESSANDRO ZAN (PD). Presidente, mi ritengo non del tutto soddisfatto della risposta. In primo luogo, lei, sottosegretario Molteni, ha dichiarato che il Governo riserverà particolare attenzione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, promettendo anche un incremento di uomini e mezzi, senza però - non l'ho sentito, o mi è sfuggito - specificare la quantità di risorse che si intende destinare e le modalità e le tempistiche di erogazione delle stesse.

Vorrei che si uscisse da questo punto di vista da permanente campagna elettorale, che non riguarda solo questo tema, visto che chi è al Governo deve per forza risolvere i problemi, deve cercare di farlo in tutti i modi, senza annunciare provvedimenti, ma appunto mettendoci la testa per risolvere le questioni. E, se si intende sostenere realmente l'azione dei vigili del fuoco, il Governo deve dichiarare in questa sede, con precisione, come e quando intenda farlo e con quali coperture, soprattutto. Non vogliamo veramente, sottosegretario, che questo appello cada nel vuoto, che sia derubricato nelle promesse destinate a cadere o a essere rimandate a un futuro lontano.

In secondo luogo, non ho sentito proposte chiare per un impegno preciso per il Veneto e per la particolare situazione della provincia di Padova e non basta di certo elencare dati sulle percentuali attuali delle piante organiche. Vorrei su questo essere molto chiaro, sottosegretario Molteni: quella di Padova è una situazione critica, è una situazione tragica, in cui è a rischio veramente l'incolumità dei cittadini.

Il padovano è un territorio estremamente complesso da gestire sotto il profilo delle emergenze e delle competenze dei vigili del fuoco. Stiamo parlando di una provincia molto importante, abitata da quasi un milione di persone, con un'alta densità demografica; è sede di numerose aziende, che in molti casi producono o comunque operano con materie pericolose e instabili - ne è un esempio il fatto tragico di qualche settimana fa delle Acciaierie Venete dello scorso maggio, dove addirittura ha perso la vita un operaio -, e racchiude al suo interno anche il Parco regionale dei Colli euganei, che rappresenta un elemento di rischio molto importante per la possibilità di frequenti incendi boschivi, in particolare nelle stagioni calde, come quella in cui ci troviamo.

La dotazione del Corpo dei vigili del fuoco, in generale, soprattutto in quella di Padova, è legata al numero di chiamate, ma non possiamo dotare un Corpo di mezzi e di personale solo sullo storico delle chiamate, perché questo ovviamente non è significativo, bisogna guardare la complessità di un territorio, bisogna guardare le criticità di un territorio; dunque, andrebbe anche cambiato il criterio secondo il quale vengono costituite le dotazioni, sia di personale che di mezzi, per i vigili del fuoco; dunque, veramente, provvedere urgentemente a coprire le piante organiche, che ad oggi sono, in molte posizioni, ancora scoperte.

Poi, è necessario programmare nel dettaglio, sia dal lato delle risorse umane ed economiche sia dal lato delle tempistiche. Apprezzo la buona volontà, sottosegretario, e le dico che sarò sempre dalla parte di chi lavora per risolvere i problemi. Su questa questione - lo intendo dire a lei e al Governo - non intendo mollare e spero che lei sia nostro alleato, perché l'incolumità dei cittadini e la qualità del lavoro dei vigili del fuoco è troppo importante per essere posta a lato delle priorità del Governo. Per questo, le auguro un buon lavoro e noi saremo sempre qui a ricordarle questo impegno.

(Iniziative volte a contrastare i fenomeni di criminalità e illegalità collegati ad insediamenti Rom, con particolare riferimento all'insediamento presso il quartiere della Romanina (ubicato nella periferia sud di Roma), nonché in relazione alla proposta di “censimento” avanzata dal Ministro dell'interno - n. 2-00038)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Morassut ed altri n. 2-00038 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Morassut intende illustrare la sua interpellanza? Prego, ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT (PD). Grazie, Presidente. il Ministro Salvini, in questi giorni e più volte nelle settimane trascorse, ha annunciato delle misure radicali per affrontare il problema dei campi rom in Italia. Abbiamo letto tante interviste, numerose, abbiamo visto anche dei comizi, mi pare però svolti in sedi prevalentemente di partito, e abbiamo ascoltato degli annunci, però in quest'Aula non sono arrivati i provvedimenti, né pare siano previsti all'ordine del giorno all'ordine dei lavori del Consiglio dei ministri provvedimenti concreti.

Il Ministro viaggia in lungo e largo, ha fatto tante interviste, ripeto, ma ancora non è passato dalle parole ai fatti e i fatti, caro sottosegretario Molteni, sono difficili, sono più difficili delle parole. Si possono dire tante cose, però, in particolare per una questione come quella dei rom, degli insediamenti rom nelle periferie delle grandi città, che richiede un approccio concreto e complesso al tempo stesso, si deve andare al di là degli annunci.

Il Ministro, per esempio, come recita il contenuto dell'interpellanza che sto illustrando, ha detto di voler fare un censimento. Che cosa significa un censimento? Si può sapere di più delle caratteristiche di questo provvedimento presunto? Poi, si è anche corretto, per la verità, sulla base delle reazioni che vi sono state da parte di numerose associazioni del mondo del volontariato, laico e cattolico, amministrazioni locali, cittadini, e ha detto che non sarà un censimento su base etnica - e ci mancherebbe, perché saremmo ben oltre la Costituzione italiana -, ma non ha chiarito cosa intende fare. Noi vorremmo saperlo, perché il censimento è uno strumento delicato: lo si può usare per misure di sicurezza, per computare la quantità degli insediati regolari o abusivi, ma lo si può usare anche, appunto, con finalità che sono tutt'altro che compatibili col dettato costituzionale.

Noi riteniamo che la questione rom in Italia - per inciso, ricordiamolo - ha conosciuto un forte aggravamento in termini di nuovi arrivi, di sovrappopolazione degli insediamenti regolari e di nascita di nuclei irregolari, in particolare tra il 2005 e il 2006. È quello l'anno di svolta, se così si può dire, di tale questione, perché in coincidenza con l'ampliamento dei confini dell'Unione europea ai Paesi di area balcanica.

Un ampliamento effettuato, tuttavia, sulla base di un trattato che non fu accompagnato in quel momento dai necessari protocolli sulla questione dei flussi migratori. Ricordo, perché è bene sempre fare riferimento ai fatti, anche quando sono lontani, che in quel momento il Governo era a guida PdL, Berlusconi più Lega.

Questi temi, ripeto, sono complessi e l'emergenza che si è determinata è complessa e va affrontata, secondo noi, a partire da due obiettivi. Il primo è il tema dell'inserimento occupazionale dei giovani a cavallo della maggiore età e ne dirò il motivo rapidamente. Il secondo è il tema della lotta senza quartiere, ma concreta, non a parole, alla criminalità e alle pratiche illegali che si determinano dentro gli insediamenti e in contesti limitrofi sia geograficamente sia socialmente. Terzo è il tema della scolarizzazione dei minori e della loro tutela, perché, altrimenti, facciamo come a Monfalcone, dove abbiamo un sindaco che ha dichiarato di voler tenere fuori dalle aule sessanta ragazzini che non sono italiani ed è una cosa incostituzionale. Vogliamo arrivare a questo?

Ora, la legislazione europea e quella italiana mettono a disposizione tutti gli strumenti per agire in queste tre direzioni. Chiaramente non è vero che tutti i rom rubano o commettono illegalità: ci sono i criminali, ci sono i clan, ci sono quelli che fanno il traffico illegale dei rifiuti e materiali ferrosi, ma per l'opposto - è questo il punto legato al tema dell'inserimento occupazionale che è molto importante - ci sono molti giovani, soprattutto ragazze, che a cavallo dell'età maggiore cercano di uscire dal circuito negativo delle attività e degli espedienti tradizionali del nomadismo, per trovarsi un lavoro e farsi una famiglia e vivere come si vive “normalmente”, anche se l'espressione si presta a molti equivoci, ma che incontrano spesso un pregiudizio e non trovano una sponda nelle istituzioni nell'attuazione delle leggi, che derivano in primo luogo dall'esistenza della direttiva n. 24 del 2014 dell'Unione europea, che ha stabilito una riserva per le minoranze etniche all'interno delle assunzioni pubblico-private dentro il codice degli appalti per le prestazioni di opere e servizi.

Su questo sarebbe anche interessante capire qual è la posizione dell'altro Vicepremier del Governo, cioè il Ministro del lavoro onorevole Di Maio. Inoltre, c'è tutto quello che è prescritto in termini di repressione delle attività illegali dai recenti provvedimenti sulla sicurezza varati dal Governo Gentiloni con il Ministro Minniti.

La mia domanda è questa, tra le altre, e chiudo rapidamente: come sta andando in una città, per esempio, come Roma, ma potrei dire Napoli, potrei dire Torino, che sono le tre città più direttamente coinvolte e interessate dal grave fenomeno dei roghi tossici, del riciclaggio dei rifiuti illegali a ridosso dei campi e degli insediamenti rom, come sta andando l'attività dei comitati metropolitani per l'ordine e la sicurezza proprio su questa specifica vicenda? Come si sta monitorando l'integrazione dell'azione e dell'iniziativa delle forze dell'ordine, del Ministero, delle prefetture e degli enti locali in materia di servizi, assistenza, scolarizzazione, stabilizzazione abitativa, da un lato, ma anche della repressione delle attività criminali dall'altro?

In particolare, per quest'ultimo aspetto mi riferisco proprio alla questione dei roghi, perché ho letto sui giornali - mi pare - ancora un paio di domeniche fa, a Pontida, mi pare, che il Ministro Salvini ha annunciato un nuovo blitz o un sopralluogo - non mi pare ci sia stato - al campo River, dove effettivamente poi c'è stata un'iniziativa del comune di Roma molto grave, e alla Barbuta, a sud di Roma.

A River, dove c'è una situazione drammatica segnalata dai cittadini e da numerosi comitati di quartiere e per la quale alcuni di noi parlamentari di vari schieramenti politici abbiamo più volte coinvolto la prefettura, per capire in che termini si potesse intervenire per sanare situazioni di degrado gravissime e di sovrappopolazione che si sono determinate in quel campo, si è agito in una maniera talmente incivile che è sotto agli occhi di tutti ed è stata riportata dai giornali.

È stato sgomberato un campo, lasciando i bambini nel fango, abbandonati, senza una soluzione alternativa abitativa, soltanto per dire: abbiamo sgomberato un campo rom, peraltro tra le proteste dei cittadini, che sono stati spesso protagonisti anche di richieste di intervento delle forze dell'ordine per determinare situazioni di legalità.

In precedenza, il Ministro, l'ho ricordato, aveva parlato proprio di un censimento e poi è andato alla Romanina, peraltro dopo una sollecitazione a mezzo stampa di molti parlamentari romani del PD - io tra questi -, che gli aveva ricordato una cosa: alla Romanina, in quel quartiere particolare, non si erano mai viste le forze politiche di Governo, neanche la Lega, dopo i fatti di via Barzilai, dove, come è noto, un gruppo di clan e un uomo appartenente ad un preciso clan della zona aveva fatto un'azione violenta in un bar contro inermi cittadini.

Il Ministro è andato con il presidente Zingaretti, giustamente, aa ricordare che la regione Lazio ha requisito gli immobili ai clan camorristici. Mi fa piacere che il Ministro sia andato, ma questa operazione, che è stata portata avanti con una procedura completata dalla regione Lazio, non è un'iniziativa concreta del Ministero.

Fino ad oggi abbiamo avuto molte parole. Per questo, in relazione alle specifiche competenze del Ministero, le chiedo sul tema dei roghi tossici la Commissione parlamentare di inchiesta sulle periferie e la Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illegali nel ciclo dei rifiuti hanno accertato la presenza di traffici illegali, di materiali ferrosi in cui c'è sfruttamento di famiglie nomadi che subiscono le conseguenze delle attività di questi traffici, dietro ai quali ci sono catene di traffici illegali di materiali ferrosi e di rifiuti che spesso vanno oltre frontiera e che coinvolgono spesso cicli e gruppi di attività imprenditoriali non meglio identificate, che determinano danni per la salute delle famiglie rom ma anche degli insediamenti dei cittadini che sono limitrofi a campi che non sono custoditi? Se ci sono tali sopralluoghi, se si vuol fare un censimento, si vada alla Barbuta, si vada a Salviati, si vada a via di Salone, e glielo dico io che cosa trovano: questi erano campi modello fino al 2008, dove c'erano servizi, dove c'era l'attività di smaltimento differenziato dei rifiuti, dove c'era la scolarizzazione, dove c'era assistenza sanitaria, dove c'era la presenza del comune, dove c'erano le forze dell'ordine e c'era un censimento, non etnico, ma reale delle presenze.

Dopo il 2008, quando al Governo è andata la destra, c'è stata ghettizzazione, sovrappopolazione, sono aumentate le presenze, senza un controllo della mescolanza etnica; ci sono state anche inchieste giudiziarie - sorvoliamo, perché le inchieste hanno messo in luce i rapporti tra i clan criminali e alcune precise parti politiche - e sono scomparsi i servizi: oggi non c'è assistenza sanitaria, non c'è mediazione culturale, non c'è controllo di polizia, non c'è una sede comunale alla quale riferirsi per i servizi minimi, le attività di videosorveglianza sono state bucate dall'amministrazione comunale, che aveva a disposizione almeno 1 milione di euro per un bando regionale e non è stata capace di presentare progetti di videosorveglianza per i campi rom: tutte queste cose determinano una situazione di non Governo.

Il Ministro Minniti ha atteso invano per mesi quanto la procedura impone, cioè la stesura di una lista di priorità per interventi dell'Esercito e delle forze dell'ordine all'interno dei campi rom, che deve venire dall'attività dei comitati metropolitani guidati, a Roma, ma anche nelle altre città, dal prefetto e dal sindaco della città metropolitana e, nel frattempo, c'è stata la vicenda del River.

Allora, la mia domanda è la seguente: come sta procedendo l'attività istituzionale di intervento in queste realtà? Quali misure concrete si stanno producendo per distinguere le attività criminali dal governo delle situazioni reali e della tutela delle persone, delle famiglie e dei minori che stanno all'interno della legge e hanno bisogno di servizio e di assistenza?

Infine, l'ultima questione, e chiudo - mi scusi per la lunghezza -, riguarda Romanina, che è un quartiere per una buona parte sottratto al controllo pubblico.

Ci sono clan di precise famiglie: non voglio dire che queste famiglie, che tutti conoscono, anzi, mi guardo bene dal dire che tutti i componenti di queste famiglie, che tutti conoscono, sono legati ad attività criminali. Ci sono anche lì le persone oneste e le persone meno oneste o disoneste, ma alla Romanina c'è una situazione conclamata e conosciuta di sottrazione di parte del quartiere al controllo pubblico, e parte del quartiere non è controllata dalle istituzioni, dalla forza pubblica, ma è controllata dalle famiglie locali. Una delle residenze che non sono state sequestrate ha sottratto ampie porzioni del suolo pubblico, giardini, strade, attraverso la perimetrazione di un'unità abitativa abusiva e illegale, almeno dal 2010. La questione è stata sollevata più volte in tutte le sedi, alle istituzioni.

Io stesso ho scritto alla procura della Repubblica, alla prefettura, al Ministro e alla sindaca Raggi per capire quali sono le misure per rideterminare condizioni di legalità e restituire lo spazio pubblico illegalmente sottratto in maniera edilizia abusiva al pubblico uso. Non c'è stato, da questo punto di vista, alcun tipo di risposta. Questo muro dell'omertà, perché così lo chiamano nel quartiere, è ancora in piedi. Quindi, cosa si sta facendo per colpire concretamente gli agenti e i fatti illegali, e per garantire, invece, la tutela delle persone deboli. Fino ad ora noi abbiamo visto soltanto bambini poveri nel fango e criminali che continuano a girare.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Interno, Nicola Molteni, ha facoltà di rispondere.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, grazie. Ovviamente, prima di rispondere nel merito delle singole osservazioni che sono state poste dall'interpellante, mi corre l'obbligo di fare una premessa, che vale tanto per questa interpellanza, ma valeva anche per quella precedente. Ovvero, questo è un Governo che ha assunto la responsabilità di governo da circa quaranta giorni, e quindi tutto quello che noi, anche attraverso questo strumento delle interrogazioni, andiamo a dire, rappresenta, da un lato, la fotografia di quello che abbiamo trovato, vale per i mezzi, per gli uomini e per gli organici dei vigili del fuoco, e oggi per questo tema che viene evidentemente sollevato e che mi fa piacere che venga ritenuto un serio e grave problema del nostro Paese.

Raccogliamo l'eredità e la fotografia di quello che ci è stato consegnato, ovviamente con l'impegno di affrontarlo con la massima dedizione, il massimo impegno e la massima concentrazione, anche attraverso uno spirito di collaborazione con gli altri enti locali, ma, ovviamente, riscontrando il fatto - credo che anche l'interpellante me ne darà atto - che questo è un Governo che amministra da 40 giorni. Per cui, su questo tema, ovviamente, l'attenzione è alta, anche perché mi permetto di dire che nel contratto di Governo tra la Lega e il MoVimento 5 Stelle questo tema è stato posto all'attenzione e, ovviamente, condiviso da parte di entrambe le forze politiche.

Detto ciò, e mi scuso per la premessa, con l'interpellanza all'ordine del giorno si chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda assumere, anche d'intesa con gli enti locali, per contrastare i fenomeni di illegalità collegati agli insediamenti rom. Vorrei innanzitutto precisare che il Ministro Salvini, come ha avuto già modo di chiarire personalmente, non intende dare una connotazione etnica al problema degli insediamenti rom, problema che pure esiste ed è sotto gli occhi di ognuno di noi, ma, al contrario, affrontarlo senza sfumature retoriche e ideologiche, al solo scopo di ripristinare, in sinergia con gli enti territoriali, condizioni ordinate di legalità e di vivibilità. Il censimento non va, infatti, inteso come una schedatura su base etnica, lo do assolutamente per scontato, ma come l'avvio di un percorso di legalità e di scolarizzazione dei minori.

Tale impostazione è stata, peraltro, sostenuta dal procuratore presso il tribunale per i minori di Roma, dottoressa Settineri, che ho incontrato e conosciuto, ed è persona che ha la nostra massima stima, la quale ha dichiarato che a Roma non è la prima volta che si va a fare un censimento nei campi rom. Non è un censimento in negativo: si vanno a capire i bisogni e le criticità nella speranza di creare ponti tra territori e una etnia che non è sempre integrata. Parole che, ovviamente, sottoscrivo.

Su un piano più generale, faccio presente che la problematica necessita di un approccio multilivello, che veda coinvolti diversi soggetti istituzionali operanti sul territorio attraverso la previsione di interventi sinergici e coordinati, volti non solo a prevenire e contrastare fenomeni di illegalità diffusa, ma anche a superare la struttura dei campi. In tale direzione si segnalano le iniziative assunte nell'area metropolitana di Roma, dove le problematiche connesse agli insediamenti abusivi che richiedono lo sgombero delle relative aree sono continuamente attenzionate da parte della prefettura nell'ambito delle riunioni del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e i tavoli tematici dedicati.

Parallelamente, il comune di Roma, con il contributo di operatori socio-sanitari, ha avviato percorsi di inclusione della popolazione rom, sinti e caminanti, in coerenza con la Strategia nazionale di inclusione 2012-2020. Sul fronte della prevenzione dei fenomeni di microcriminalità, la questura capitolina predispone periodicamente mirati controlli all'interno dei campi insistenti nell'area metropolitana. Tale attività ha consentito di identificare in quest'ultimo anno oltre 2 mila persone, delle quali la metà di origine straniera.

Analoghi interventi, che coinvolgono prefettura, questura e enti locali, sono stati adottati a Roma per quanto riguarda la problematica dei roghi tossici, cui fanno menzione gli onorevoli interpellanti, per la quale è attivo dal 2015 presso la prefettura un apposito tavolo tematico incaricato specificatamente dell'approfondimento delle criticità che interessano la combustione di rifiuti. E' stata, altresì, pianificata una serie di misure per l'individuazione e il progressivo smantellamento delle discariche abusive situate a ridosso dei campi nomadi.

Al fine di prevenire la consumazione di reati ad alto impatto ambientale, sono stati predisposti servizi di controllo dei siti interessati attraverso appositi presidi di vigilanza della Polizia locale di Roma capitale e l'intensificazione di quelli ordinari già attuati sul territorio provinciale dalle forze di Polizia, che hanno anche permesso di porre in essere azioni di contrasto della gestione illegale dei rifiuti.

Nell'ambito del citato controllo del territorio rientra anche un'ulteriore azione di prevenzione, svolta, in particolare, lo scorso mese di giugno, connessa ai furti di rame e alle attività illegali della ricettazione, che ha consentito di identificare circa 770 persone e di controllare circa 470 veicoli, prevalentemente in diversi insediamenti. Si segnala, inoltre, che la prefettura, d'intesa con la regione Lazio, ha individuato specifiche risorse, pari a un milione di euro, relative al piano per la sicurezza 2012, che potranno essere impiegate per interventi di bonifica straordinaria, per la rimozione di rifiuti solidi urbani e la predisposizione e il rafforzamento di idonei sistemi di controllo, nonché dei dispositivi di sorveglianza all'interno dei campi. La questione posta nell'interpellanza impone, quindi, uno sforzo di riflessione che possa favorire un approccio pragmatico. La stessa Commissione parlamentare di inchiesta sul degrado delle città e delle loro periferie, che ha operato durante la scorsa legislatura e che si è specificatamente occupata della tematica oggetto della presente interpellanza, sostiene che dalle periferie emerge una forte esigenza di legalità rispetto a diverse situazioni connesse alla presenza dei cosiddetti campi nomadi e delle baraccopoli, richiamando, al riguardo, l'esigenza che serie politiche per affrontare tale problematica devono prevedere il rispetto della legalità da parte delle famiglie rom, senza tollerare deroghe de facto.

Vanno, quindi, scoraggiate le pratiche che, ignorando il mancato rispetto della legalità, causano poi il consolidamento di traffici e comportamenti criminali. In tale ottica, l'impegno di questo Governo sarà caratterizzato da un rafforzamento dei controlli delle forze dell'ordine in alcune aree in cui talvolta appaiono addirittura sospese, nella pratica, le norme di legalità che tutti i cittadini sono chiamati a rispettare.

PRESIDENTE. L'onorevole Morassut ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ROBERTO MORASSUT (PD). Grazie, Presidente. Brevemente, no, naturalmente non sono soddisfatto, anche se apprezzo comunque l'approccio del sottosegretario e lo ringrazio per la sua replica. Non sono soddisfatto perché, comunque, al di là di tutto, quello che abbiamo ascoltato è ancora nel campo delle vaghe promesse. Capisco che sono quaranta giorni che il Governo è in carica, però a questo tema è stato dato un rilievo sia nella campagna elettorale che negli annunci immediatamente successivi; questo è stato uno degli argomenti più importanti che il Ministro e il suo partito hanno utilizzato nel corso di queste settimane per motivare le ragioni di un presunto Governo del cambiamento.

Però, alla prova dei fatti, e anche questa mattina, noi riscontriamo ancora soltanto parole. Non c'è un piano, prendo atto che non c'è un piano organico di intervento sia per la tutela delle persone deboli e fragili in rapporto con gli enti locali, non c'è una programmazione delle risorse e, soprattutto, non c'è una chiara definizione - questo è il punto che mi interessa sottolineare, concludendo - di cosa si intende per censimento. Si dice che non sarà un censimento su base etnica; benissimo, non è che si può dire il contrario. È un censimento vago, perché poi, nelle dichiarazioni non ufficiali, cioè quelle che si danno sui giornali o si fanno su twitter o si fanno sui social, quello che si propone è ben altro, cioè si lascia capire all'opinione pubblica che si intende fare, invece, un'operazione con un forte segno etnico.

Quindi, io non sono soddisfatto e credo che su questo tema si debba finalmente uscire dalla retorica e dalla propaganda ed entrare nel campo delle azioni concrete, cioè governare, e su questo la sfida che noi manterremo nei confronti di questo Governo sarà incessante, perché un conto sono le parole un conto sono gli atti e, purtroppo, gli atti stanno andando in una direzione di caos in tutte le città e in tutte le periferie. Ultima prova di questo è la drammatica, incivile situazione che si è determinata al campo River di Roma, dove i bambini sono stati lasciati nel fango - nel fango! - senza alternative abitative e senza risolvere il problema della sicurezza e dello smaltimento dei rifiuti ferrosi. Quindi, i poveri e i deboli sono colpiti, i criminali continuano a fare i loro affari.

(Iniziative di competenza volte a garantire la trasparenza dei criteri di nomina ed una maggiore efficienza del servizio sanitario nazionale, anche alla luce della recente inchiesta giudiziaria sulla sanità pubblica in Basilicata - n. 2-00046)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Liuzzi ed altri n. 2-00046 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Liuzzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MIRELLA LIUZZI (M5S). Grazie, Presidente. Con questa interpellanza urgente desidero dare voce e sostegno ai giovani lucani che studiano, si impegnano, rispettano le regole e poi, alla fine, si vedono scavalcati da qualcuno che invece adopera odiose scorciatoie non più tollerabili.

Sono obbligata a farlo perché a loro nessuno ci pensa, perché per loro non ci sono frasi garantiste né ci sono espressioni di solidarietà. Nessun assessore alla sanità facente funzione di presidenza versa lacrime di dispiacere, dimenticati fra i dimenticati. Sono le vittime principali, e noi cittadini insieme a loro, di quel sistema perverso che ha portato, il 6 luglio scorso, la procura di Matera a disporre una serie di misure cautelari che hanno condotto ai domiciliari il presidente della regione Marcello Pittella del Partito Democratico: trenta misure cautelari sulla base delle quali alcune persone sono finite in carcere, altri agli arresti domiciliari.

Quella che traspare dalle carte della procura è una sconcertante rete di clientele e di malaffare che utilizzava la sanità come strumento alla mercé del potere politico locale, che ne poteva disporre sfrontatamente per elargire favori in cambio di maggiore consenso e, quindi, di maggiore potere.

La procura di Matera e il GIP, che ha autorizzato le misure cautelari, nei loro documenti hanno messo nero su bianco l'esistenza di un sistema consolidato - ripeto: consolidato - nel quale i concorsi pubblici erano sistematicamente taroccati per assumere persone segnalate, gare di appalto truccate, promozioni imposte dall'alto.

A leggere le intercettazioni pubblicate, nelle oltre 400 pagine dell'ordinanza cautelare, non si può che rimanere disgustati: si parla di concorsi truccati con precisione matematica, atti manomessi ad arte per permettere a gente impreparata, già a conoscenza delle domande, di raggiungere voti altissimi e scavalcare così i meritevoli. Il danno che tutto questo negli anni ha prodotto è dirompente ed è sotto gli occhi di tutti: impedire al merito di prevalere ha ucciso le speranze di centinaia di giovani preparati e volenterosi che ormai sanno già di dover abbandonare la Basilicata per andare altrove e, fatto ancora più allarmante, si è permesso ai mediocri e agli incompetenti di occuparsi della salute di noi lucani.

È un discorso che vale per tutti i settori del pubblico, ma ancor di più per la sanità: a prevalere deve essere il merito. La politica e i metodi clientelari per la maturazione del consenso devono cedere il passo ai curricula e alle esperienze reali, perché se per la nomina di un direttore generale, di un direttore amministrativo o sanitario, per la nomina di un dirigente di unità complessa non guardo il curriculum o i titoli ma guardo se nella tasca del camice c'è una tessera politica, come avviene nella sanità in Basilicata, la cosa non può funzionare.

È giunto il momento di stracciare tutte le tessere politiche che stanno nei camici bianchi e di fare in modo che non trovino più luogo. Da cittadina lucana voglio che questo avvenga in primis nella mia regione e, in questo senso, mi auguro davvero che i miei conterranei tengano bene a mente e abbiano piena consapevolezza della portata dello scandalo prodotto dalla gestione scellerata dell'attuale governo regionale.

Da deputata della Repubblica, però, ritengo che questo scandalo, che ferisce la mia regione, deve costituire il punto di partenza per affrontare quello che è il problema dei problemi e risolverlo a livello nazionale: separare finalmente la gestione della sanità dal controllo del potere politico.

Nel contratto di governo stipulato da MoVimento 5 Stelle e Lega questo obiettivo è previsto in maniera incontrovertibile e chiara. Ecco, dunque, il motivo fondante di questa interpellanza che, come prima firmataria, ho avuto l'onore di promuovere e rivolgere al Governo. Il contratto tra le forze politiche di maggioranza è stato assunto integralmente dal Governo come programma di governo per la legislatura.

Sono, dunque, qui a chiederle come il Governo, e nello specifico il Ministro della Salute, intenda realizzare e attuare quel punto specifico nel programma che prevede finalmente l'affrancamento della sanità dal potere politico al fine di aumentarne la qualità, l'efficienza e, al tempo stesso, razionalizzarne i costi.

Ovviamente, in questo lavoro, non certamente facile, il Governo e il Ministero potranno certamente contare sul contributo che il nostro gruppo del MoVimento 5 Stelle darà a livello parlamentare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Maurizio Fugatti, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO FUGATTI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Anche al Ministero della Salute, la mattina del 6 luglio scorso, sono state accolte con sconcerto le gravi notizie che sono pervenute dalla regione Basilicata e che sembrano far emergere, per quanto si è potuto comprendere sulla base degli atti di indagine che sono stati resi pubblici, un livello intollerabile di opacità, se non di vera e propria commistione tra livello politico e diffusi settori di illegalità nella gestione della sanità di quel territorio.

Come sanno bene i colleghi interpellanti, la rimozione di questi fattori di inquinamento dell'attività gestionale in campo sanitario e la corrispondente valorizzazione del management sanitario, a detrimento di ogni indebita invasione di campo della componente politica, rappresenta uno dei punti maggiormente qualificanti del capitolo dedicato alla sanità nel contratto di governo.

Anche per questo motivo, subito dopo l'accaduto, il Ministro della Salute ha riunito l'unità di crisi del Dicastero ed ha deciso l'invio sul posto di una task force di esperti, che completerà l'opera e completerà proprio oggi l'attività istruttoria commissionatale.

Preciso che il compito di tale gruppo sarà, in particolare, accertare se ed in quale misura, in conseguenza delle vicende che riguardano alcune strutture sanitarie della regione Basilicata e che sono sottoposte alle indagini dell'autorità giudiziaria, siano stati commessi reati contro la pubblica amministrazione, nonché emergano impedimenti nell'erogazione dei servizi sanitari ai cittadini.

Desidero, inoltre, ricordare che detta task force è costituita non solo da rappresentanti del Ministero della Salute ma anche dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dell'Istituto superiore di sanità e dei Carabinieri del nucleo antisofisticazione e sanità.

In disparte l'iniziativa puntuale adottata per il caso menzionato nell'interpellanza in discussione, considerato che questa è finalizzata anche a venire a conoscenza di quali potranno essere le azioni più generali che il Governo vorrà adottare nel campo della governance degli enti del Servizio sanitario nazionale, è opportuno precisare quanto segue.

Già nella scorsa legislatura il Governo era intervenuto in questo campo innovando, con il decreto legislativo n. 171 del 2016, la materia del conferimento degli incarichi di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

Devo, peraltro, far notare che le nuove regole introdotte da tale disciplina hanno impiegato molto tempo per essere concretamente realizzate. Il predetto decreto legislativo ha infatti subito richiesto un intervento correttivo (il n. 126 del 26 luglio 2017), ancor prima della sua applicazione. Solo il 12 febbraio di quest'anno, poi, si è reso possibile pubblicare l'elenco nazionale degli idonei al conferimento dell'incarico di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, formato sulla base delle valutazioni della commissione appositamente nominata dal Ministero della Salute.

Al netto di questi ritardi, per quanto gravi, nell'attuazione della nuova disciplina, questo Governo non ignora la circostanza che detto intervento normativo costituisca almeno un passo verso la giusta direzione, la quale, tuttavia, necessita ancora, come i fatti in rassegna dimostrano, di ulteriore determinazione per recidere definitivamente il rapporto di indebita interconnessione tra il livello politico e quello della dirigenza sanitaria locale.

Non vi è dubbio, infatti, che si debba ancora agire per porre rimedio alle inefficienze organizzative che vengono indotte in diverse realtà sanitarie regionali da fenomeni di eccessiva politicizzazione delle nomine. Allo stesso tempo, si dovrà accelerare il processo di aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale che ha riconosciuto alle aziende sanitarie un'autonomia di tipo imprenditoriale.

L'intento del Governo è, dunque, quello di valorizzare il principio della netta separazione tra la politica e l'amministrazione nella gestione del servizio sanitario, nella consapevolezza che proprio l'eccessiva commistione tra queste due sfere è stata la causa più rilevante delle criticità registratesi nel settore sanitario.

In effetti, il crescente livello della politicizzazione delle nomine aziendali è stato favorito dall'assenza di reali forme di procedimentalizzazione del potere di nomina: da ciò deriva la necessità di introdurre dei correttivi, al fine di rinvenire anche nel settore della sanità un punto di equilibrio tra fiduciarietà e imparzialità, mediante l'adozione di soluzioni che, nel rispetto del riparto delle competenze Stato-regioni, consentano un progressivo affievolimento della discrezionalità nella gestione dell'incarico.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 11,15)

MAURIZIO FUGATTI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Concludo pertanto dando assicurazioni agli onorevoli interpellanti che il Ministero della Salute, al fine di contrastare i fenomeni di collusione come quello lucano, rivolgerà tutti i suoi sforzi innanzitutto nell'attuale fase di partenza del percorso delineato dalla precedente normativa. Contestualmente, anche sulla base dell'analisi della prima applicazione di detta nuova disciplina, posso assicurare fin d'ora che verranno intraprese tutte le necessarie iniziative, anche di natura normativa, finalizzate a garantire che la selezione e la valutazione della dirigenza sanitaria, apicale e non, avvenga in base a regole certe e chiare ed attraverso procedure trasparenti, in una logica meritocratica, onde rescindere del tutto i dannosi rapporti fra la cattiva politica e la sanità.

PRESIDENTE. Il deputato Gianluca Rospi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Liuzzi ed altri n. 2-00046, di cui è cofirmatario.

GIANLUCA ROSPI (M5S). Signor Presidente, signor sottosegretario, a nome degli interpellanti esprimo piena soddisfazione per quanto esposto dal sottosegretario in merito alla richiesta fatta, e attinente all'indagine condotta dalla procura di Matera sulla manipolazione di concorsi relativi ad assunzioni e ad appalti truccati nel settore della sanità pubblica lucana, indagine che ha portato nei giorni scorsi a misure cautelari nei confronti di 30 persone legate al mondo della sanità e della politica regionale, tra i quali ricordiamo il governatore della regione e il commissario dell'azienda sanitaria di Matera. Esprimo inoltre piena soddisfazione per l'operato del Ministro perché, dopo la spiacevole vicenda, ha inviato subito una task force di esperti del Ministero della salute in Basilicata, con il compito di accertare se e in quale misura, in conseguenza delle vicende giudiziarie che stanno interessando alcune strutture sanitarie della regione, siano stati commessi reati contro la pubblica amministrazione e impedimenti nell'erogazione di servizi sanitari ai cittadini.

Esprimo soddisfazione anche perché, come ha già dichiarato il Ministro Grillo, nei prossimi giorni si recherà in Basilicata per constatare personalmente la situazione. Questo, come anche la presenza, nelle scorse settimane, del Ministro del Sud, la senatrice Lezzi, del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Costa, e dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Bonisoli, dimostra quanto questo Governo tenga in seria considerazione le esigenze della Basilicata, che io e i miei colleghi lucani rappresentiamo all'interno di questa istituzione.

Quello che sembrerebbe emergere dalle indagini in corso è un quadro della sanità lucana molto preoccupante, dal quale si evince un sistema di collusione e asservimento tra i vertici sanitari lucani e i vertici politici regionali, che per anni hanno piegato il sistema sanitario pubblico ad interessi privatistici e a logiche clientelari. Il contratto di Governo portato avanti da questa maggioranza pone al centro dell'azione politica la tutela del cittadino in tutte le sue forme, a partire dalla tutela sanitaria, così come previsto anche dall'articolo 32 della nostra Costituzione.

In conclusione mi auguro, ma ne sono certo, che l'azione politica del Ministro si incentri verso un profondo cambiamento dei metodi di selezione del personale e dei dirigenti all'interno delle strutture sanitarie, promuovendo la meritocrazia a discapito di quegli interessi privatistici e quei metodi clientelari che, fino ad oggi, sono stati largamente utilizzati all'interno delle aziende sanitarie per la selezione del personale, e che hanno portato spesso alla mortificazione tutti coloro che svolgono il loro lavoro con dedizione e professionalità.

(Intendimenti in ordine alla sostituzione del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria e alla previsione di una verifica al termine del primo anno dell'attività commissariale - n. 2-00034)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cannizzaro e Occhiuto n. 2-00034 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Cannizzaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCO CANNIZZARO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, dovrei essere emozionato, perché è il mio primo intervento in Aula da quando sono membro di questa autorevole Camera, ma confesso, non lo sono. Sono però rammaricato, triste, un po' anche arrabbiato, perché argomentare su una tematica come quella della sanità, della sanità calabrese, chiaramente è una questione che ci fa molto riflettere.

Correva l'anno 2009 quando la mia regione, la regione Calabria, si è ritrovata in regime di commissariamento. È proprio allora che il presidente della giunta regionale appunto di allora veniva nominato commissario della sanità, coadiuvato da altri due subcommissari sempre di nomina ministeriale, e in quel contesto ereditarono un disavanzo di oltre 1 miliardo di euro. Nonostante ciò avviarono un percorso abbastanza virtuoso, certificato dal Ministero della salute, dall'allora Ministro. Quel percorso però fu poi interrotto per altre ragioni: si tornò al voto in Calabria. Ed è proprio nel 2014 che vince il Partito Democratico, l'attuale Governatore Mario Oliverio oggi in carica.

Ecco, una volta vinte le elezioni era lì desideroso ad attendere anche quello che rappresentava un momento importante, non solo per il presidente Oliverio ma anche per lo stesso Partito Democratico, ossia la nomina a commissario ad acta appunto della sanità calabrese. Renzi deluse le aspettative del presidente: nominò immediatamente tale ingegnere Massimo Scura attuale commissario della sanità calabrese. Ed è proprio in quel momento che inizia un contrasto forte, un conflitto tra il presidente della regione Calabria e l'attuale commissario: un conflitto e un contrasto che sono ancora in atto, e come è ovvio e come è noto oggi a pagarne le conseguenze sono sempre e comunque i calabresi e tutti i cittadini della nostra regione.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 11,25)

FRANCESCO CANNIZZARO (FI). Oggi ci ritroviamo una situazione in Calabria veramente drammatica, dove vi è una questione sulla politica sanitaria attuata dal presidente della giunta regionale assolutamente fallimentare: mi pare che siano abbastanza note le vicende che insistono all'interno delle ASP, dove il presidente della regione ha nominato i vari dirigenti e i direttori generali. Vorrei anche ricordare in quest'Aula che il nostro presidente di regione è stato inibito dall'Anticorruzione proprio per scelte inopportune e sbagliate. Noi ci ritroviamo oggi all'interno delle ASP regionali ad avere direttori generali che si autoliquidano fior di quattrini per obiettivi raggiunti, obiettivi raggiunti che ci lasciano veramente sbalorditi oltre che farci veramente sorridere; senza poi passare nemmeno da quelli che dovrebbero essere i giudizi del “tavolo Adduce”.

Tante sono state le vicende anche giudiziarie all'interno delle nostre ASP in questi anni. Addirittura in alcune ASP le fatture vengono pagate due volte, a volte anche tre, scandalo dopo scandalo. I conti della regione Calabria - e vorrei ricordare, riportano oltre il 70 per cento del bilancio regionale della Calabria al comparto sanitario - sono sempre e comunque in rosso. E allora questo continuo e costante contrasto tra l'ingegnere Scura, commissario della sanità, e il presidente della regione Calabria Mario Oliverio, porta a che cosa? Ad avere oggi un quadro della sanità calabrese veramente, veramente drammatico.

Oggi ci ritroviamo ad avere le strutture sanitarie in Calabria all'interno delle quali vi sono delle professionalità, dei medici, gli operatori anche sanitari, gli infermieri che, con grande abnegazione, con grande sacrificio, con grande impegno, tentano di mandarle avanti, queste strutture, ma operano assolutamente in condizioni disumane. E allora chiaramente tutto poi si ripercuote inevitabilmente sui pazienti, su ogni singolo cittadino della mia splendida regione, perché questo è un tema assolutamente delicato, perché la sanità riguarda personalmente e individualmente ogni singolo cittadino della nostra regione.

Onorevole sottosegretario Fugatti, lei deve sapere che, in Calabria, per effettuare una TAC si impiegano oltre sei mesi, per una risonanza si va anche oltre e, in alcuni casi - mi consenta di dirlo e non è assolutamente una battuta -, i CUP, cioè i centri di prenotazione, hanno chiamato anche a casa il paziente, non trovandolo, ma non perché il paziente fosse uscito a fare una passeggiata, ma perché era già passato a miglior vita, perché non ha avuto il tempo di curarsi; e non è successo soltanto una volta; sono tanti i casi che, purtroppo, anche negli ultimi anni, abbiamo registrato.

Allora, la situazione diventa ancora più complicata nei nosocomi periferici; proprio in questa occasione voglio ricordare la situazione dell'ospedale di Locri, un ospedale che dovrebbe accogliere un'utenza sicuramente importante; l'ospedale di Locri potrebbe, per le potenzialità che offre, rappresentare anche un baluardo, così come tutti gli altri nosocomi, Polistena, l'ospedale di Melito Porto Salvo. Invece, non è così - lo ripeto, non è così -, perché la situazione è ancora più drammatica di quanto si possa pensare. Tant'è vero che chi vi ha preceduto, su sollecitazione, appunto, di una mobilitazione da parte dei sindaci del territorio della Locride, ha immaginato e poi immediatamente inviato gli ispettori ministeriali. Sette furono gli ispettori che andarono, proprio poco meno di un anno fa, all'ospedale di Locri per ispezionarlo.

Ecco, si tratta di una relazione di cui, certamente, ancora non si ha contezza, ma ho fatto formale richiesta di accesso agli atti e nelle prossime ore renderemo pubbliche, anche attraverso i sindaci e il territorio, le condizioni registrate dagli ispettori ministeriali.

Citavo Polistena, citavo Melito Porto Salvo, che potrebbero rappresentare, veramente, punti di riferimento per l'utenza reggina. In questo momento, sto parlando della mia provincia, la provincia di Reggio Calabria, ma potrei citare serenamente anche le altre provincie, vedi Cosenza, vedi anche Tropea, quindi, Vibo Valentia, Crotone e Catanzaro, ma per ragioni di tempo non cito i nosocomi.

Allora, è chiaro e inevitabile che nel momento in cui questi nosocomi periferici non funzionano, perché all'interno degli stessi mancano le attrezzature, i medici - ai quali va certamente un ringraziamento per il grande lavoro che fanno - sono costretti a fare i doppi turni, ma, non solo, addirittura, a rinunciare a quelle che devono essere, per legge, le loro pause, e perché? Perché anche le assunzioni all'interno della sanità calabrese sono bloccate a causa di questo contrasto tra l'ingegnere Scura, ribadisco, commissario della sanità, e il presidente della regione e, quindi, anche degli uffici regionali, che dovrebbero, in sinergia e in piena sintonia, operare nell'interesse della sanità calabrese e dei cittadini calabresi. Invece, hanno creato questa condizione da terzo mondo, mi permetto di dire, e lo dico veramente con tristezza e con rammarico.

Proprio mentre salivo stamattina in aereo ho incontrato dei pazienti reggini, che per semplici cure, non parliamo di fatti straordinari, si stavano per recare a Milano; che poi arrivare a Milano da Reggio Calabria diventa veramente una missione.

Allora, chiaramente, qui, fino ad oggi, è intervenuta la sanità privata; noi abbiamo delle strutture private che, veramente, potrebbero rappresentare l'eccellenza della sanità, anche, italiana. Oggi, insomma, ci ritroviamo in una condizione sicuramente non positiva in quanto, per la prima volta nella storia del regionalismo calabrese, anche gli stessi privati, i dipendenti delle strutture private sono stati costretti a scendere in piazza - lo ripeto, in piazza - per ribellarsi rispetto a dei provvedimenti che recentemente il commissario Scura ha preso, aggredendo, appunto, le stesse aziende.

Onorevole sottosegretario Fugatti, lei deve sapere che sono undici, undici mesi che queste aziende non vengono pagate; i fondi destinati alle aziende private non sono erogati da undici mesi, mandandole quasi al collasso. Il budget del 2018 è già esaurito e mancano ancora sei mesi per la fine dell'anno. Allora, è chiaro che le aziende private hanno difficoltà, oggi, a garantire le visite specialistiche ambulatoriali che ad ogni cittadino calabrese spetterebbero di diritto.

Tutto questo cosa causa? Causa, ovviamente, una emigrazione sanitaria, che, oggi, registriamo ai massimi storici. Ecco, non vi è stato, assolutamente, nessun intervento per frenare questo fenomeno, anzi, è in totale aumento e ribadisco questo concetto in quanto lo reputo assolutamente importante. Oggi siamo ai massimi storici come emigrazione sanitaria e la Calabria non se lo può permettere, perché ha problemi di trasporto, perché non tutti i cittadini calabresi hanno la possibilità di andare a curarsi a spese proprie al Nord; inoltre, questo crea anche un altro effetto, ossia che la regione Calabria, che già è in disavanzo, che già è in fase di rientro, deve poi ritrovarsi a pagare fior di quattrini alle altre regioni, che certamente sono molto più virtuose di noi, si confrontino il Veneto e la Calabria. E, allora, io credo, insomma, che l'intervento da parte del Governo deve essere necessariamente immediato.

L'articolo 32 della Costituzione, non sto qui a ricordarlo, sancisce il diritto alla salute. Onorevole sottosegretario, in Calabria questo diritto non c'è - glielo posso assicurare - per responsabilità del passato, per responsabilità certamente e soprattutto di questi anni e di questa politica, che, sicuramente, ha guardato ad altro piuttosto che agli interessi dei nostri calabresi.

E, allora, quando questo principio, questo articolo della nostra Costituzione viene violato in Calabria, io credo che l'attenzione del Governo debba essere assolutamente massima e mi auguro, visto che vi proponete di essere il Governo del cambiamento, che possiate intervenire in Calabria sulla sanità nel più breve tempo possibile, così che non passi nemmeno l'estate.

Io sono convinto che, insomma, visti anche i buoni propositi di tutte le forze politiche - lei è un sottosegretario della Lega, noi siamo alleati con la Lega, mi auguro di poter essere alleati già alle prossime elezioni regionali -, Lega, MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico, che, insomma, di responsabilità ne ha e ne ha anche da vendere, rispetto a questo, tutte le forze politiche hanno un po', come dire, trovato l'unanimità rispetto all'idea che, oggi, la prima cosa da fare è rimuovere il commissario Scura, perché è inadeguato al ruolo, perché non è all'altezza, chiaramente, del compito. Questo atto è di competenza vostra, è di competenza del Governo.

Chiaramente, rispetto alla parte politica che competerà ai calabresi, ci penseremo noi, ci penseremo noi di Forza Italia, ci penseremo noi del centrodestra, ci penserà soprattutto la maggioranza dei calabresi, che da qui a un anno ci daranno una mano a spazzare via il Partito Democratico e le scelte scellerate di un Partito Democratico e di un presidente di regione che in questi anni non ha fatto altro che desiderare di essere presidente o, meglio, di essere commissario della sanità calabrese. Di fatto, per la parte che gli compete e compete alla giunta regionale, le loro scelte scellerate e sbagliate sono sotto gli occhi di tutti.

Mi auguro - e sono ottimista - che voi possiate, nell'immediatezza, intervenire in una situazione che - come in breve tempo ho raccontato, ma che lei, certamente, avrà studiato - è veramente drammatica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, onorevole Maurizio Fugatti, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO FUGATTI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. In merito alla richiesta formulata nell'interrogazione parlamentare in esame, devo innanzitutto precisare che si risponde a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri e questa è una precisazione non solo squisitamente formale, ma soprattutto sostanziale.

Senza addentrarmi nella complessità della disciplina normativa che regola la materia dei piani regionali di rientro dal debito e dei relativi commissariamenti in materia sanitaria, voglio evidenziare, infatti, che la scelta di privare la regione della piena autonomia nella gestione di uno dei servizi fondamentali per il cittadino, quali sono quelli connessi al diritto alla salute, e lo svolgimento delle attività di affiancamento e di verifica delle azioni svolte dal commissario per consentire che la regione medesima possa raggiungere quei livelli essenziali di assistenza che debbono essere garantiti, allo stesso modo, su tutto il territorio nazionale, costituisce una prerogativa dell'intero Governo, la quale, non a caso, viene esercitata nella sede collegiale del Consiglio dei ministri con un particolare coinvolgimento non solo del Ministero della salute, ma anche del Ministero dell'economia e delle finanze.

Ciò posto, può essere opportuno rammentare, in questa sede, alcune date, che sono convinto che gli onorevoli interpellanti conoscano benissimo, ma che giova, comunque, riepilogare, poiché testimoniano la complessità del percorso che ha attraversato la sanità calabrese e, soprattutto, l'eccessivo lasso di tempo durante il quale i cittadini calabresi sono stati privati - e lo sono tuttora, come lei diceva - di prestazioni sanitarie di livello simile alle altre regioni del nostro Paese.

L'accordo concernente il piano di rientro del disavanzo della spesa sanitaria della regione Calabria per il triennio 2010-2012 è stato siglato il 17 dicembre 2009. Successivamente, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 88, della legge n. 91 del 2009, il piano di rientro è proseguito con il programma operativo 2013-2015. Attualmente è in vigore il programma operativo 2016-2018, adottato con delibera del commissario ad acta n. 119 del 4 novembre 2016.

L'ingegner Massimo Scura, sul quale si concentra in particolare il contenuto dell'atto ispettivo in esame, è stato nominato commissario ad acta del piano di rientro della regione Calabria con DPCM del 12 marzo 2015, ricoprendo questo ruolo dunque da oltre tre anni. Sull'attività svolta dal commissario è stato ovviamente e costantemente effettuato il monitoraggio previsto dalla legge da parte dei ministeri vigilanti, MEF e Ministero dello Salute.

Ebbene, non vi è dubbio che da tale attività di monitoraggio siano emersi già da tempo notevoli elementi di criticità, che mi appresto, per quanto sinteticamente, ad elencare.

Con riferimento alla situazione dell'erogazione dei LEA, essa permane ancora critica, circostanza che si evince dal punteggio complessivo dell'adempimento (griglia LEA), che nel 2016 si attesta a 144, sostanzialmente stabile rispetto all'anno 2015. Le criticità principali sono ascrivibili al settore della prevenzione, con inadeguati livelli di adesione agli screening oncologici, della sanità veterinaria e della sicurezza degli alimenti e dell'assistenza territoriale e della qualità e sicurezza dell'assistenza ospedaliera.

La rete dell'offerta territoriale, già definita nell'anno 2016 e, da ultimo, rielaborata con delibera del commissario ad acta n. 166 del 2017, non risulta ancora attuata, sia per quanto concerne l'assistenza primaria sia per l'assistenza residenziale e semiresidenziale extraospedaliera. Preciso, peraltro, che più volte i tavoli di verifica hanno chiesto di potenziare l'assistenza domiciliare integrata e l'assistenza semiresidenziale e di avviare azioni volte a potenziare l'assistenza residenziale alle persone con demenza.

In materia di sanità veterinaria e sicurezza alimentare, i tavoli di verifica hanno chiesto di adottare tutte le misure necessarie per ripristinare la chiarezza giuridica delle attribuzioni e delle competenze in materia, nonché in merito alla chiarezza circa il soggetto responsabile dell'attuazione delle azioni, degli atti ed attività previste dal programma operativo, che risultano inattuate.

Relativamente alle coperture vaccinali, sono tuttora evidenti differenze significative tra le aziende e, per quanto attiene agli screening oncologici, permangono basse percentuali di adesioni ai programmi aziendali: colon 1,9 per cento; cervice 17 per cento; mammella 6,31 per cento, contro i valori soglia di riferimento pari a minore-uguale a 50 per cento per colon e cervice e minore-uguale a 60 per cento per mammella.

Gli indicatori di qualità appropriatezza e sicurezza delle cure ospedaliere denotano la possibilità di ampi margini di miglioramento. La percentuale di pazienti con diagnosi di frattura del femore operati entro due giorni è nelle strutture calabresi mediamente inferiore al 30 per cento, quando lo standard italiano è di almeno il 60 per cento, e per il medesimo indicatore lo standard a livello internazionale è superiore all'80 per cento.

La mobilità passiva dei ricoveri extraregionale è elevata e superiore al 20 per cento (valore medio nazionale pari al'8,2 per cento), ma soprattutto continua ad essere in crescita rispetto all'annualità 2013-2015.

I dati relativi al rispetto del tetto della spesa farmaceutica evidenziano carenze nella governance del settore, con percentuali, nel 2016, di 12,7 per cento per la spesa convenzionata e 5 per cento per gli acquisti diretti, quando i tetti sono definiti pari a rispettivamente 11,3 e 3,5 per cento del Fondo sanitario nazionale. La governance dei rapporti con le strutture private accreditate appare difficile, non risultando ancora sottoscritti tutti i contratti relativi all'anno 2017.

Relativamente al piano del fabbisogno del personale, previsto dall'articolo 1, comma 541, lettera c), della legge n. 208 del 2015, per il quale i tavoli di verifica hanno autorizzato le assunzioni e stabilizzazioni di diverse unità di personale, i provvedimenti commissariali adottati sono risultati difformi rispetto alle predette autorizzazioni.

Con riferimento poi alla situazione economico-finanziaria, si registrano, purtroppo, disavanzi di gestione, in peggioramento rispetto all'anno 2015. Inoltre, come rilevato dai tavoli di verifica, tutte le aziende continuano ad evidenziare tempi di pagamento non rispettosi della normativa europea in materia e che si attestano tra i più alti in Italia nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. Non si può in effetti evitare di rilevare il ritardo con cui viene affrontata la questione dei pagamenti, la quale costituisce uno specifico punto del mandato del commissario, anche alla luce delle conseguenze a cui va incontro il nostro Paese, che si trova sotto procedura di infrazione europea per il ritardo nei tempi di pagamento.

Aggiungo che non è stato ancora definito, come più volte richiesto dai tavoli di verifica, il piano dei fabbisogni e dei beni e servizi, nonostante costituisca specifico punto del mandato commissariale la razionalizzazione del contenimento della spesa per l'acquisto di beni e servizi.

Inoltre, non risulta data attuazione a quanto previsto al punto 15 del mandato commissariale, relativo alla conclusione della procedura di regolarizzazione delle poste debitorie relative all'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria. A tale riguardo, i tavoli di verifica hanno constatato la mancata attuazione e sono rimasti in attesa di informazioni circa l'approvazione dei bilanci degli anni precedenti 2013 e 2014.

Più in generale, informo che i tavoli hanno più volte richiamato il commissario ad acta al rispetto della tempistica relativa alle verifiche degli adempimenti regionali, al fine di non ritardare l'accesso alle quote premiali del finanziamento condizionate alla positiva verifica degli stessi.

Ebbene, concludo dando piena assicurazione che le difficoltà e le mancanze emerse nello svolgimento dell'attività commissariale saranno sottoposte ad ancora maggiore vigilanza da parte di questo Ministero, il quale non mancherà di proporre l'adozione di ogni iniziativa consentita dalla legge per fare in modo che il piano di rientro possa essere realizzato con maggiore perizia e sollecitudine, a beneficio finale della salute dei cittadini calabresi.

Voglio aggiungere, in particolare, che la gravità della situazione che si è avuto modo di illustrare dianzi non potrà escludere l'esercizio di tutte le prerogative assegnate al Governo, in merito alle quali, tenuto conto dell'estrema complessità del quadro normativo di riferimento, che ha visto la successione di stratificazioni legislative non del tutto coerenti tra loro, è stato richiesto un approfondimento giuridico agli uffici del Ministero, peraltro già avviato, le cui conclusioni dovranno essere necessariamente condivise da parte degli uffici del MEF di questo Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Cannizzaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO CANNIZZARO (FI). Presidente, grazie all'onorevole Fugatti, perché mi fa piacere che abbia piena contezza della reale situazione della mia regione, la Calabria, ripercorrendo gli ultimi tre anni che il commissario, l'attuale commissario Scura, ha governato, abbinando chiaramente quelle che sono state anche le inefficienze della parte politica, per quanto di competenza.

Quindi, mi pare chiaro ed evidente che siamo sulla strada giusta. Mi rendo anche conto che, per rimuovere un commissario ad acta, bisogna avviare delle procedure per legge, ma, se non ho colto male, mi pare che il Governo vada in questa direzione. Quindi, mi sento moderatamente soddisfatto.

La ringrazio per avere voluto approfondire in maniera anche puntuale l'argomento, ma questo Governo, che si propone veramente come il cambiamento, non poteva fare diversamente. Quindi andrò ad applaudire il Ministro, onorevole Fugatti, quando, nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, vedremo questo percorso da lei annunciato concretizzarsi. Ma sono ottimista, quindi la ringrazio ancora una volta per questa risposta. Ribadisco, mi sento particolarmente soddisfatto. Buon lavoro.

(Iniziative di competenza per procedere con urgenza alla nomina del sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria - n. 2-00048)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nesci ed altri n. 2-00048 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Francesco Sapia se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario. Prego, ne ha facoltà.

FRANCESCO SAPIA (M5S). Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, la sanità della Calabria è un disastro, è un inferno, colpa della 'ndrangheta, ma soprattutto di una vecchia politica che ordina affari e clientele insieme a massoni deviati ben nascosti e protetti.

Io sono una prova vivente dello stato della sanità calabrese: per ben due volte ho subito il trapianto di rene fuori regione; ho fatto tanti anni di emodialisi e ho visto da vicino come i sanitari - eroici! - sono costretti a lavorare in Calabria, che con i pazienti devono affrontare le sofferenze.

Inoltre, si omette o si fa finta di non sapere che, dietro ai pazienti in difficoltà, ci sono famiglie in apprensione. L'emigrazione per cura in altre regioni costa ai calabresi 300 milioni all'anno; il disavanzo effettivo è passato dai 30 milioni del 2014 agli oltre 140 di oggi.

Se non bastasse, sette direttori generali su nove delle aziende calabresi non hanno raggiunto l'equilibrio dei conti e, in più casi, non hanno nemmeno presentato il bilancio.

Ciò nonostante, il Governatore e la giunta regionale di centrosinistra hanno omesso d'intervenire con lo scopo di mantenere il controllo sulla gestione della spesa e sul personale sanitario. L'anno prossimo ci saranno le elezioni regionali, salvo terremoti giudiziari. In un'azienda privata, se l'amministratore delegato sfora, viene rimosso subito; se non presenta il bilancio, viene tolto a calci. Nel grande silenzio di politicanti e lecchini del palazzo regionale in Calabria vi sono i punti nascita privi di requisiti e strapieni come il vecchio Maracanà. L'assistenza territoriale è all'anno zero, come le cure primarie. C'è caos sulle modalità di assunzione del personale per garantire i turni e i riposi previsti dalla legge n. 161 del 2014. Il tavolo di verifica del piano di rientro ha rilevato ritardi paurosi sui tempi di pagamento della rete oncologica, sui trapianti, sull'assistenza ai nefropatici e ai dializzati. Le unità di pronto soccorso scoppiano e l'emergenza-urgenza nelle aree disagiate è un terno al lotto. Il Dipartimento regionale tutela della salute è stato smantellato dal presidente della regione Calabria, Mario Oliverio, che di proposito ha trasferito dirigenti di lungo corso e non l'ha più rimpiazzati. Dall'ASP di Reggio Calabria sono usciti 400 milioni di euro e le tracce sono sparite: avete capito bene, sparite. Il privato integra il pubblico non secondo necessità ma per rapporti di potere che la collega Nesci ha sempre messo in luce, carte alla mano. Nel contesto il Commissario al piano di rientro ha ridotto il budget ai laboratori privati per dare milioni ad altri privati. Nello specifico il TAR ha scelto di non decidere sulla sospensiva. Negli ultimi cinque anni, attraverso la deputata Nesci, il MoVimento 5 Stelle ha denunciato abusi, favori ad amici e compari, imbrogli spudorati sulle nomine dirigenziali, concorsi preconfezionati, complicità politiche, amministrative, ingiustizie enormi e uno sfasciume che pesa su pazienti e famiglie. Addirittura, a Crotone, il direttore generale facente funzione fu nominato dal direttore amministrativo decaduto dall'incarico: storie di regime. In Calabria la legge statale non esiste: dal Pollino allo stretto se hai un infarto o un ictus potresti morire per ritardi e disorganizzazione ma questo poco importa. Dalle direzioni generali si deliberano prestazioni aggiuntive a raffica e c'è perfino la prassi dei primari per transazione nominati cioè senza una precedente immissione in ruolo. Peraltro c'è chi viene fatto primario benché sia stato condannato in Cassazione per truffa. Il governatore Oliverio ne è al corrente perché è stato lui a nominare i direttori generali e a chiudere gli occhi su tutto ciò che non va, benché diffidato dal MoVimento 5 Stelle, anche per la nomina a consulente del suo compagno di partito Franco Pacenza.

Il consiglio regionale se ne frega, pensa a discutere del cranio dei briganti o della legge sul golf e rinuncia alle prerogative e potestà in materia sanitaria. Dopo tutto i consiglieri regionali devono pur giustificare la pappa e i vitalizi che si prendono. Il governatore regionale non ha voluto riscrivere e presentare il nuovo piano di rientro. Inoltre ha nominato direttori generali che non figurano in un elenco ufficiale del Ministero dalla salute: in sintesi ha lasciato il campo ai suoi padroni indiscussi, Adamo ed Eva (Adamo ed Eva, scusate). Nel frattempo ci sono aree come l'Alto Jonio o il Cosentino del tutto abbandonate. Ad esempio, l'ospedale Spoke di Corigliano Rossano è allo sfascio e viaggiano ambulanze con 750 mila chilometri. Questo deve finire, va ripotenziato subito lo Spoke Corigliano Rossano, in attesa della costruzione del nuovo ospedale della Sibaritide. Il commissario al piano di rientro, Massimo Scura, è corresponsabile: ha consentito che l'attività della cardiochirurgia del policlinico universitario di Catanzaro proseguisse in mancanza della terapia intensiva dedicata ed è solo grazie al MoVimento 5 Stelle se oggi quel reparto è stato adeguato, come vuole la legge e come Dio comanda, a beneficio dei pazienti. Scura non ha più riattivato gli ospedali di Trebisacce e Praia a Mare, nonostante le sentenze definitive della magistratura amministrativa. Lì il PD ha fatto una campagna elettorale vergognosa: a Trebisacce c'è un finto pronto soccorso e l'ospedale non esiste più. E la stessa cosa è per Praia a Mare. Tra promesse, inaugurazioni, propaganda di regime e dei plessi, ai piani alti non c'è più un tubo. A Trebisacce e Praia a Mare ci sono però i primari per transazione e gli oltre 130 mila euro buttati in prestazioni aggiuntive, da gennaio ad aprile scorsi. Complimenti ai furbetti del partitino.

I presidi di Praia a Mare e Trebisacce vanno riaperti e anche alla svelta: occorre perciò individuare i posti letto necessari: ciò è possibile con l'attenzione e la fermezza che sono certo il Ministro della salute, Giulia Grillo, saprà assicurare in quanto molto competente e risoluta. Ricordo che il commissario ad acta Scura non è mai intervenuto al pari del governatore regionale Mario Oliverio sul surplus di finanziamento che la regione dà al Policlinico universitario di Catanzaro cioè all'azienda Mater Domini. Si tratta di una cifra di circa 10 milioni all'anno oltre quanto consentito dalla legge. Peraltro, in mancanza di un protocollo di intesa valido, obbligatorio e inaggirabile, il Policlinico universitario non ha nemmeno il pronto soccorso e non fa urgenza. Ora il commissario Scura vuole accorparlo con l'ospedale di Catanzaro, il “Pugliese Ciaccio”. Abbiamo sempre denunciato che è un alibi per lasciare che la regione dia all'azienda Mater Domini circa 10 milioni di euro a sbafo ogni anno. Rammento che la Calabria è in piano di rientro. Siccome questa storia va avanti dal 2012 la Calabria sarebbe quasi uscita dal disavanzo sanitario se il commissario Scura non si fosse lasciato sedurre dal fascino del potere universitario e se avesse rimediato con apposito decreto a stralcio. Sottosegretario, mi creda, è tutta una melma, un gioco delle parti tra vecchi politici del PD e i loro direttori d'orchestra.

PRESIDENTE. Collega, per cortesia, non utilizzi parole sconvenienti: ha il dovere di rispettare il ruolo costituzionale del Parlamento e le regole della correttezza parlamentare.

FRANCESCO SAPIA (M5S). “Melma”, Presidente?

PRESIDENTE. Avevamo… la Presidenza….

FRANCESCO SAPIA (M5S). No, no, ho detto “melma”, Presidente.

PRESIDENTE. Bene. La ringrazio per la precisazione.

FRANCESCO SAPIA (M5S). Caro Ministro, confidiamo nella sua lungimiranza anche per dare risposte concrete ai tanti minori che necessitano della neuropsichiatria infantile e di cui il sistema calabrese se ne fotte. Mi scuso per la franchezza ma qui non è il caso di usare termini letterari all'Alberto Arbasino. Il Partito Democratico poi ne ha combinata una grossa: ha modificato la normativa per la nomina del commissario del piano di rientro in modo da favorire il governatore della Campania, Vincenzo De Luca. Dal 2017 in caso di nuova nomina del commissario alla sanità non c'è più incompatibilità tra carica di commissario ad acta e quella di presidente di regione: una vergogna. Con i tempi necessari bisognerà inserire di nuovo quell'incompatibilità e, alla luce dell'esperienza calabrese, verificare se può essere sottratto ai governi regionali il potere di nominare i direttori generali delle aziende sanitarie delle regioni in piani di rientro: c'è troppa commistione di interesse infatti.

L'ultima vicenda che intendo segnalare ma non per ordine di importanza è relativa al primario della chirurgia dell'ospedale di Crotone, professor Giuseppe Brisinda, vincitore dell'abilitazione a professore ordinario della disciplina. Brisinda è un calabrese d'origine che si è formato all'Università Cattolica di Roma e ha lavorato al Policlinico Gemelli nell'équipe del professore Francesco Crucitti, il chirurgo di Papa Giovanni Paolo II. Prima del suo arrivo all'ospedale di Crotone la chirurgia aveva numeri bassi e non era impegnativa. Brisinda porta la sua esperienza a servizio della comunità calabrese in una struttura pubblica che non aveva mai brillato tanto e nella quale c'è un gruppo di potere che crede di poter fare come vuole dalle nomine dei vertici alle nomine delle commissioni per i concorsi fino all'assegnazione di incarichi a dirigenti che hanno presentato la domanda a tempo scaduto: insomma una bella arena di leoni. Brisinda si mette all'opera, tutti lo elogiano e parlano di riduzione dell'emigrazione sanitaria. Poi accade qualcosa e diventa il demonio: viene bersagliato con pesanti provvedimenti disciplinari molto sospetti e senz'altro scorretti sul piano procedurale. Lo conferma il giudice del lavoro di Crotone che al professionista dà ragione per ben due volte. In seguito il direttore generale dell'azienda abusivo, perché decaduto per legge regionale, avvia un altro procedimento disciplinare a carico del professionista: ciò in base alle valutazioni di una commissione che non è il collegio interno previsto dalle norme. Dal giudizio della commissione, peraltro, si astiene l'unico primario chirurgo di ruolo. Nei mesi passati Brisinda aveva trasmesso al Ministero dalla salute un dossier con fatti gravissimi. Ora delle due l'una: o un covo di poteri vuol far fuori Brisinda per lesa maestà oppure il chirurgo non può stare all'ospedale di Crotone. Sollecito, dunque, l'invio di ispettori ministeriali per stabilire se all'ospedale di Crotone il pericolo sia Brisinda oppure un apparato che affossa la sanità pubblica a vantaggio di quella privata. Chiediamo - concludo - che il Ministro della salute valuti l'opportunità di nominare nell'immediato un subcommissario ad acta che induca il delegato Scura, da rimuovere al più presto, a riportare alla normalità la sanità della Calabria, partendo in via prioritaria dalla riapertura degli ospedali di Trebisacce e Praia a Mare, come da lungo tempo sancito da sentenze definitive.

Concludo veramente, Presidente, dicendo che in Calabria siamo veramente stanchi di subire lo sfascio della sanità sulla nostra pelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Maurizio Fugatti, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO FUGATTI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Innanzitutto ringrazio gli onorevoli interpellanti poiché, con il loro atto ispettivo, consentiranno di illustrare le iniziative che il Ministero della salute, pur in questo breve lasso di tempo intercorso dall'insediamento del nuovo Governo, ha già ritenuto di adottare, nella consapevolezza che la condizione della sanità calabrese versa in una condizione di obiettiva criticità, frutto di una lunga eredità proveniente dal passato, alla quale si vuole, con estrema determinazione, porre immediatamente rimedio. È davvero ultroneo replicare, anche in questa risposta, gli elementi che sono stati forniti nell'ambito della discussione del precedente atto ispettivo e che di certo hanno già fornito un quadro delle gravi criticità della sanità calabrese.

Una situazione che, peraltro, gli onorevoli interpellanti hanno dimostrato di conoscere benissimo, come si evince dalla circostanziata articolazione delle premesse e delle loro richieste informative. Impiegherò, allora, il tempo concessomi per evidenziare, come dicevo, le iniziative già adottate dal Ministero della salute, anticipando in chiave prospettica le possibili ulteriori azioni che il Governo, nella piena consapevolezza della gravità della situazione, non mancherà di adottare. Nel corso della discussione del precedente atto ispettivo, vertente sulla medesima materia, ho elencato, per quanto sinteticamente, le criticità e le mancanze che i tavoli di verifica di cui agli articoli 9 e 12 dell'accordo Stato-regioni del 23 marzo 2005 hanno già avuto modo di riscontrare nell'attività del commissario per l'attuazione del piano di rientro, ingegnere Massimo Scura.

Ciò che non ho avuto modo di evidenziare è che tali criticità siano state formulate nel corso delle riunioni del 20 giugno e del 20 luglio 2017. Erano, dunque, ben noti già a quel tempo i notevoli e gravi discostamenti dall'attuazione del piano di rientro di cui si è data informazione con il precedente atto ispettivo. Appena venuta a conoscenza di questi elementi, i quali, peraltro, avevano formato oggetto anche di numerosi atti di sindacato ispettivo nel corso della precedente legislatura, rimasti inevasi, il Ministro Grillo, preso atto dello stallo che si era determinato, pur a fronte di così gravi addebiti all'attività commissariale, ha ritenuto di richiedere al commissario Scura, con una nota a sua firma del 6 luglio ultimo scorso, aggiornate notizie in merito alle iniziative che egli intenderà adottare al fine di assicurare ai cittadini calabresi un'assistenza sanitaria adeguata al soddisfacimento dei loro bisogni di salute, nonché ulteriori elementi informativi in merito ad una corretta rappresentazione contabile e gestionale del servizio sanitario regionale.

Ciò anche e soprattutto in ragione dello sforzo finora profuso proprio da quei cittadini in termini di contribuzione fiscale. È stato questo - ci tengo a sottolineare - un atto estremo di intervento da parte del Ministro della salute a fronte delle perduranti criticità evidenziate nelle sedi competenti, nell'ambito dell'attività di verifica e di controllo della gestione commissariale. Ebbene, venendo al quesito specifico posto dall'interpellanza in esame, devo rammentare che la normativa vigente in materia di nomine dei subcommissari, decreto-legge n. 159 del 2007, articolo 4, comma 2, prevede che, al fine di assicurare la puntuale attuazione del piano di rientro regionale, il Consiglio dei ministri può nominare, anche dopo l'inizio della gestione commissariale, uno o più subcommissari di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell'incarico commissariale.

I subcommissari svolgono attività a supporto dell'azione del commissario, in quanto il loro mandato è vincolato alla realizzazione di alcuni o di tutti gli obiettivi affidati al commissario con il mandato commissariale. Non vi è dubbio, dunque, che la possibilità di effettuare la procedura di nomina di un subcommissario prevista dalla legge sarà certamente presa nella dovuta considerazione e, se del caso, sottoposta all'iniziativa del Ministero dell'economia e delle finanze, cui, per legge, spetta l'onere di effettuare la proposta, di concerto con il Ministero della salute, da portare alle valutazioni del Consiglio dei ministri.

Concludo, pertanto, rassicurando gli onorevoli interpellanti che la questione da loro posta, come si è peraltro avuto modo di dimostrare anche nel corso della precedente interpellanza, ha già ottenuto la massima attenzione da parte del Ministro della salute, il quale non mancherà di aggiornare il Parlamento in merito agli sviluppi delle sue prime iniziative e segnatamente in merito al riscontro richiesto al commissario Scura relativamente ai documentati scostamenti registrati anche durante il suo periodo di attività dagli obiettivi del piano di rientro.

PRESIDENTE. L'onorevole Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DALILA NESCI (M5S). Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, dovete sapere che negli ultimi cinque anni il MoVimento 5 Stelle ha condotto una battaglia straordinaria per la sanità calabrese, con centinaia di denunce ed anche importanti proposte concrete. Su mia iniziativa, nella qualità di capogruppo della Commissione affari sociali della passata legislatura, abbiamo pressato in ogni modo i vertici sanitari della Calabria. Mi riferisco al commissario ad acta, Massimo Scura, che è stato nominato dal precedente Governo di centrosinistra in accordo con il Nuovo Centrodestra. Ci siamo riferiti al presidente della regione, Mario Oliverio, del Partito Democratico, e anche all'indifferente e pressoché sordo consiglio regionale. Non sono mancate le reprimende, le denunce rispetto ad alcuni direttori generali, a moltissimi dirigenti delle aziende del servizio sanitario regionale. Ha fatto un ottimo excursus il mio collega Sapia.

Abbiamo rilevato e reso pubblici, con coraggio, sprechi, disservizi, paradossi e anche gestioni allegre e clientelari della sanità pubblica. Abbiamo rilevato e segnalato alle procure e alla Corte dei conti una quantità impressionante di storture, illegalità e disservizi; basta guardare e leggere la mole degli atti del MoVimento 5 Stelle sulla sanità calabrese nella scorsa legislatura. Ci siamo occupati dell'insicurezza dei reparti, delle vicende di familismo e affarismo politico, della fabbricazione del consenso elettorale che viene in Calabria attraverso l'utilizzo spregiudicato del potere in ambito sanitario, sino alla sudditanza del palazzo regionale a vecchi baroni dei settori anche universitari.

La sanità calabrese - disse l'allora Vicepresidente della Camera, oggi Ministro della Repubblica, Luigi Di Maio, quando venne in Calabria - è stata usata come un bancomat. Ecco, adesso c'è un nuovo Governo, un Governo di cambiamento, che deve e può invertire la tendenza, dando risposte alle migliaia di cittadini sofferenti, che scelgono di non curarsi, perché non ne hanno la possibilità, oppure di partire per interventi chirurgici e terapie fuori regione, aggravando ancor di più il divario tra Nord e Sud, spolpando le casse della sanità calabrese, senza nulla lasciare, poi, ai servizi. La prima questione da chiarire ai calabresi, che giustamente ripongono in noi molte aspettative, è che occorre tempo per mettere ordine in un ambito in cui ha sempre, sempre regnato finora un'illegalità capillare e devastante, spesso caratterizzata da logiche e pratiche anche di tipo mafioso.

Dalle elezioni del 4 marzo scorso, però, lo ricordo ai calabresi, non siamo rimasti a guardare: abbiamo denunciato nuovi scandali e sollecitato il consiglio regionale a discutere anche una nostra bella proposta legislativa di riassetto delle aziende del servizio sanitario calabrese. Apprezzo molto i richiami che la Ministra della salute ha fatto al commissario Scura. Ribadisco la necessità di voltare del tutto pagina con una nuova struttura commissariale, che sappia correggere, per conto del Governo del cambiamento, tutti gli errori commessi dalla gestione corrente e che bene ha elencato il sottosegretario Fugatti. È giusto che il Governo del cambiamento valuti bene ogni singolo aspetto in tempi ragionevoli, individuando figure di sicura competenza ed esperienza, ma anche di assoluto rigore morale ed operativo, che conoscano a fondo i problemi della sanità calabrese e intervengano con cognizione e risultati veri.

La nostra vigilanza e il nostro supporto non mancherà. Personalmente, anche con notevoli rischi, ho cercato di contribuire ogni giorno al miglioramento della sanità calabrese, partendo dalle questioni di legalità. C'è troppo marcio, i sanitari non sono stimolati né incoraggiati. È mancato il corretto equilibrio tra pubblico e privato, e il paziente è stato ridotto spesso, sempre, ad un numero. È anche vera e propria vittima del sistema.

Da ultimo, ricordo che non c'è traccia dei nuovi ospedali che dovevano essere costruiti in virtù di un accordo sottoscritto nel 2007 tra la regione Calabria e il Ministero dalla Salute. Su questo spinoso argomento vorrò avere una stretta interlocuzione con il Ministro Grillo e con l'intero Governo, anche per sapere, al di là dello scaricabarile che il precedente Governo PD e Nuovo Centrodestra hanno fatto, come siamo messi con i milioni di soldi che sono stati spesi e da tempo inviati alla Calabria.

Siamo fiduciosi che da qui in avanti possa finalmente esserci aperta e feconda cooperazione tra il territorio rappresentato dai parlamentari eletti in Calabria e il Ministero della Salute, che oggi è retto da una Ministra che conosce a fondo la materia e che ha dato prova, nella passata legislatura, di grande competenza e della volontà di risolvere le tante criticità dell'intero sistema.

Allora confermo, nella solennità di quest'Aula, tutta la disponibilità a collaborare nell'interesse dei calabresi, a cui dobbiamo restituire dignità, fiducia, sanità e salute.

Credo che insieme possiamo farcela, perché non abbiamo potentati a cui obbedire e siamo coerenti, autonomi e uniti dalla passione, dal sacrificio e dall'amore per il bene comune (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di carattere diplomatico in relazione alla decisione della Corte suprema israeliana con cui è stata autorizzata la demolizione del villaggio beduino Khan el-Ahmar (Cisgiordania) e della cosiddetta «Scuola di gomme» ivi presente - n. 2-00021)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Speranza e Fornaro n. 2-00021 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Federico Fornaro se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Sottosegretario, colleghi, con il collega Roberto Speranza, appena abbiamo avuto contezza dagli organi di informazione della decisione della Corte suprema israeliana di autorizzare la demolizione del villaggio beduino di Khan el-Ahmar, in Cisgiordania e della cosiddetta “Scuola di gomme”, abbiamo ritenuto immediatamente di interpellare il Governo per conoscere, da parte del Ministro, se era a conoscenza dei fatti che abbiamo descritto nella nostra interpellanza e, soprattutto, se il Governo intendeva assicurare, per quanto di sua competenza, le iniziative volte ad aprire un dialogo con i soggetti interessati a supporto del progetto che, ricordiamo, è un progetto che aveva visto impegnate anche la nostra cooperazione e la CEI, perché riteniamo, in particolare la Scuola di gomme, un simbolo importante in una realtà difficile e complessa come la Cisgiordania, in una zona C, cioè in una parte del territorio palestinese nella quale Israele vieta agli arabi di costruire case e, quindi, riteniamo che su questo punto ci debba essere attenzione. Abbiamo ritenuto, quindi, di interrogare il Governo per conoscere quali iniziative intenda assumere.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano, ha facoltà di rispondere.

MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole interrogante per permettermi di parlare di una questione che ci riguarda e ci riguarda da parecchio tempo ormai.

L'attenzione italiana e, in particolare, di questo Governo sul diritto umano e in particolare dei minori, il diritto internazionale e la cooperazione è sempre stata altissima. La Scuola di gomme di Khan el-Ahmar, in Cisgiordania, racchiude purtroppo tutti questi esempi, tutte queste forme di diritto di cui parlavo.

La scuola è stata costruita nel 2009 grazie al contributo della cooperazione italiana, che negli anni ha stanziato complessivamente 152 mila euro, ma anche al contributo della CEI, della ONG Vento di Terra, delle varie agenzie ONU e dell'Unione europea. Si tratta, oltretutto, di un esempio unico di architettura bioclimatica non permanente, con l'edificio principale realizzato in argilla, legno e circa 2 mila vecchi pneumatici.

L'istituto scolastico ospita principalmente ragazzi di età compresa tra i sei e i tredici anni e rappresenta a tutt'oggi un importante presidio educativo, sociale e un luogo in cui ad oggi risiedono le speranze di un futuro migliore e di pace per oltre 160 bambini. Negli ultimi anni sono stati svariati i riconoscimenti per la validità del progetto da parte delle più svariate entità istituzionali europee ed io stesso ho più volte visitato la scuola.

Lo stesso Ministro Moavero, nel corso dell'audizione programmatica di martedì scorso, ha ribadito che il Governo italiano, assieme ai partner dell'Unione europea, segue con grande attenzione la questione e, in generale, la questione delle demolizioni effettuate da parte israeliana in Cisgiordania, su cui frequenti sono le prese di posizione pubbliche delle missioni diplomatiche degli Stati membri UE.

Per quanto riguarda la vicenda del villaggio beduino di Khan el-Ahmar e della Scuola di gomme, come è noto, questa è stata più volte oggetto di numerose azioni mirate da parte italiana fin dall'agosto 2016, quando le autorità israeliane hanno informato di voler procedere, per ragioni amministrative, al suo smantellamento e al suo successivo trasferimento in un altro sito.

Tali azioni sono state condotte sia in via bilaterale sia nell'ambito del rapporto Unione europea - Israele. Sul piano bilaterale queste azioni hanno interessato anche il livello politico.

Nelle occasioni di incontro con le controparti israeliane i vertici politici - quindi, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari esteri - hanno sottolineato la posizione italiana contraria allo smantellamento di manufatti e infrastrutture sociali, educative e assistenziali realizzate dalla cooperazione italiana in Cisgiordania a beneficio delle popolazioni locali.

È stato ribadito, con convinzione, che il mantenimento di questa struttura rappresenta una priorità per l'Italia, non solo per la sua valenza umanitaria ma anche per ragioni politiche e di rispetto della legalità internazionale. A seguito di una recente sentenza della Corte suprema israeliana, con cui è stata data autorizzazione alla demolizione del villaggio, l'ambasciata italiana a Tel Aviv ha preso parte, a fine maggio, al passo del rappresentante dell'Unione europea presso il Ministero degli esteri israeliano e, a inizio luglio, ad un incontro, assieme ai rappresentanti di Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, presso l'ufficio del Primo Ministro Netanyahu. In entrambe le occasioni sono state ribadite la forte attenzione e preoccupazione per il rischio di imminente demolizione del villaggio.

Parallelamente, il console generale d'Italia a Gerusalemme sta svolgendo una costante azione di monitoraggio della situazione e da inizio luglio ha effettuato, in coordinamento con la comunità locale e assieme ad altri capi missione dell'Unione europea, un sopralluogo presso il villaggio. Nuove visite potrebbero essere organizzate nei prossimi giorni.

A seguito della presentazione, nei giorni scorsi, di due appelli presentati dai legali della comunità beduina in merito ai quali lo Stato israeliano è chiamato ad esprimersi in tempi ravvicinati, così come ha rimarcato lo stesso Ministro Moavero nel corso dell'audizione di martedì, l'Alta Corte israeliana ha sospeso per alcuni giorni l'ordine di demolizione del villaggio. È di ieri la notizia che la stessa Corte ha stabilito che l'udienza legata a tale procedimento giudiziario dovrà tenersi entro il 15 agosto. Considerando, quindi, i tempi della pausa estiva, potrebbe aver luogo tra il 16 luglio e il 6 agosto. In tale occasione la Corte potrà prorogare i termini della sospensione della demolizione o, invece, rigettare la petizione. La decisione di ieri estende, tuttavia, la sospensione dell'ordine di esecuzione fino a che non si terrà la nuova udienza.

Il Governo italiano, in stretto coordinamento con i principali partner europei e con l'Unione Europea stessa, continuerà a prestare la massima attenzione al caso della Scuola di gomme e a compiere tempestivamente ogni sforzo sul piano politico e diplomatico per scongiurare l'attuazione dell'ordine di demolizione, mantenendo la vicenda ben presente nell'agenda sia a livello bilaterale che nel contesto europeo.

Nella giornata di ieri, nelle ore precedenti la decisione della Corte che estende fino alla prossima udienza l'ordine di sospensiva della demolizione, il nostro ambasciatore a Tel Aviv ha avuto un incontro di massimo livello con le autorità militari israeliane che amministrano i territori occupati, ribadendo nuovamente le nostre preoccupazioni per il futuro della comunità, la sensibilità mostrata al riguardo dal Governo e dal Parlamento di Roma e l'auspicio che le autorità israeliane non eseguano l'ordine di demolizione.

Inoltre, il nostro ambasciatore a Washington ha evocato la vicenda della Scuola di gomme anche con le autorità americane. Questi sono tutti sforzi ovviamente tesi a salvaguardare l'integrità di quella che, ricordo, essere un'infrastruttura e un progetto sociale, educativo e assistenziale realizzato legalmente - ci mancherebbe altro - dalla cooperazione italiana in Cisgiordania a beneficio delle popolazioni locali e non certo per interferire con questioni interne di uno Stato sovrano.

È del resto evidente che la nostra cooperazione è impegnata a costruire ponti, a lottare contro la povertà, a promuovere la pace, la difesa dei diritti e la costruzione dello sviluppo sostenibile.

Per concludere, la nostra attenzione è e sempre sarà massima su questi temi e oggi qui invito il Parlamento tutto ad essere voce unica e forte in difesa di questi principi, perché se lo si fosse fatto con più determinazione anche in passato probabilmente non saremmo a questo punto oggi.

PRESIDENTE. L'onorevole Fornaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Speranza e Fornaro n. 2-00021, di cui è cofirmatario.

FEDERICO FORNARO (LEU). Ringrazio il sottosegretario per l'ampia e documentata risposta, io credo anche per le cose che ha riportato e per l'impegno del Governo nella direzione della salvaguardia e della possibile salvezza dall'ipotesi di demolizione della scuola del villaggio beduino di Khan el-Ahmar, la “scuola di gomme”, che, come giustamente anche lui ha ricordato, è frutto del lavoro e dell'impegno, della cooperazione internazionale: quindi da questo punto di vista diamo atto al Governo dell'impegno. Da parte nostra, ovviamente, una raccomandazione, quella di continuare a tenere alta l'attenzione e la pressione, nei termini diplomatici, che è possibile esercitare nei confronti del Governo israeliano affinché non venga fatto scempio di questa scuola, e non soltanto evidentemente perché frutto dell'impegno anche economico della cooperazione italiana, ma perché simbolo, un simbolo della possibilità di riuscire a mantenere una presenza in quei territori, e soprattutto nei confronti dei bambini, cercando di proteggerli dagli orrori di una guerra che continua e sembra non terminare mai. Quindi, da questo punto di vista, c'è una soddisfazione, con l'invito a mantenere comunque alta l'attenzione da parte del Governo, e raccogliamo ovviamente l'invito del sottosegretario a far sì che sia il Parlamento, nel suo complesso, a condividere questa posizione.

(Tutela dei livelli occupazionali presso gli stabilimenti Mercatone Uno ceduti alla Cosmo spa - n. 2-00024)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Speranza e Fornaro n. 2-00024 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Federico Fornaro se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FEDERICO FORNARO (LEU). Molto brevemente, anche in questa occasione, insieme al collega Speranza, il 5 giugno scorso abbiamo inteso interpellare il Ministro dello Sviluppo economico e Ministro del Lavoro e delle politiche sociali per avere maggiori notizie, e soprattutto conoscere gli intendimenti dell'azione del Governo rispetto alla crisi che è in atto dall'aprile 2015 delle società facenti parte del Mercatone Uno, che avevano presentato in quella data istanza al Mise per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, che successivamente vede la società Cosmo presentare un'offerta di acquisto. Conseguentemente, la nostra preoccupazione, anche alla luce delle notizie apparse sugli organi di stampa, è il rischio di licenziamento per esempio in Lucchesia di 91 lavoratori complessivamente tra i punti vendita di Altopascio e Lucca, così come altri 49 nel comune di Val d'Elsa, e più in generale su tutti i punti vendita Mercatone. Cioè la nostra interpellanza era rivolta al Governo, intanto se era a conoscenza dei fatti descritti, e soprattutto se intende adottare, per quanto di competenza, iniziative volte ad accertare le scelte compiute nella fase di vendita, e conseguentemente come si sta attivando per tutelare al massimo i diritti dei lavoratori, evitando quindi che questo passaggio alla fine significhi solo e semplicemente una riduzione della forza lavoro.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Andrea Cioffi, ha facoltà di rispondere.

ANDREA CIOFFI, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Presidente, rispondiamo all'interpellanza che è stata adesso illustrata dal deputato Fornaro, che riguarda, come è stato detto, le vicende del gruppo Mercatone Uno, in amministrazione straordinaria ai sensi del decreto n. 347 dell'aprile 2015.

Come è noto, la procedura è stata aperta in data 7 aprile 2015 e sono stati nominati commissari straordinari l'avvocato Coen, il dottor Vincenzo Tassinari e il dottor Ermanno Sgaravato. Le società ammesse contestualmente alla procedura sono sei: M. Estate Spa che è la holding, Mercatone Uno Services, M. Business Srl, Mercatone Uno Finance, Mercatone Uno Logistics e Mercatone Uno Trading. Il tribunale di Bologna ha accertato l'insolvenza delle società indicate in data 8 e 10 aprile 2015.

In data 14 gennaio 2016 è stato autorizzato il programma predisposto dai commissari, secondo l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali per tutte le predette società, che contavano 3 mila addetti.

Con riferimento specifico alle scelte effettuate per la procedure di cessione, si deve innanzitutto evidenziare che la vendita delle attività aziendali di Mercatone Uno si è rivelata particolarmente sofferta a causa della debolissima risposta da parte del mercato. È stato infatti necessario svolgere tre successivi esperimenti di vendita, che hanno impegnato le procedure dal giugno 2016 fino al maggio 2018.

Adesso illustriamo un attimo le procedure che si sono svolte.

In data 7 giugno 2016 è stato autorizzato il primo procedimento di vendita avente ad oggetto la vendita in blocco dell'intero perimetro di vendita costituito da 61 punti vendita operativi (58 operativi più 3 punti in corso di riattivazione) e 18 punti vendita non operativi, unitamente ai relativi immobili ove di proprietà del gruppo, oltre al marchio Mercatone Uno, alla sede operativa di Imola e alla sede logistica. Il disciplinare di vendita prevedeva l'accettazione di offerte non inferiori al prezzo di 280 milioni di euro, come risultante dalla perizia di stima reddituale. Alla scadenza del termine per la presentazione di offerte vincolanti, previste in data 7 settembre 2016, non sono pervenute offerte.

Con provvedimento del 10 febbraio 2017 è stato autorizzato l'avvio di un secondo esperimento di vendita, con modalità più flessibili rispetto al primo, in grado di permettere anche la presentazione di offerte non riguardanti l'intero perimetro definito con programma di cessione. In particolare, il nuovo disciplinare di vendita prevedeva la possibilità di presentare tre tipologie di offerte relative ai perimetri differenti, definibili rispettivamente: ottimali (intero perimetro), preferenziali (offerte per i 62 punti vendita core e relativi immobili ove di proprietà) e subordinate, pertinenti a perimetri diversi rispetto ai perimetri previsti per le offerti ottimali e per le offerte preferenziali.

Il valore complessivo dell'azienda (78 punti vendita di cui 62 in attività, gli immobili di proprietà, il marchio, la struttura logistica e la sede centrale di Imola) si attestava, sulla base di un aggiornamento di perizia acquisito dai commissari per tenere conto dell'evoluzione del piano operativo come predisposto dal management, sui 220 milioni di euro (di cui 159 milioni di euro per gli immobili); il valore dei soli 62 punti vendita core era stimato in 200 milioni di euro (comprensivi degli immobili ove di proprietà). In tale esperimento il prezzo indicato nella perizia non era posto come base d'asta, ma costituito da un valore di riferimento. Alla scadenza del termine, 16 giugno 2017, sono pervenute tre proposte, non conformi alle prescrizioni del bando di gara.

Infine, in seguito ad un'autorizzazione ministeriale, in data 11 luglio 2017 e 10 novembre 2017, i commissari hanno dato avvio ad un terzo esperimento di vendita a trattativa privata, a conclusione del quale sono pervenute, alla scadenza prevista del 14 dicembre 2017, offerte da parte della società Shernon Holding Srl, Cosmo Spa, Max Factory Srl, Dolif Srl e FAS Srl/ Umuve Srl.

Successivamente, come previsto dal disciplinare di gara, sono state avviate ulteriori trattative con gli offerenti, al fine di ottimizzare le offerte ricevute e le combinazioni tra le stesse. Il disciplinare prevedeva in particolare l'attribuzione dei seguenti punteggi: 50 su 100 al prezzo, 30 su 100 ai livelli occupazionali garantiti e 20 su 100 al piano industriale presentato.

All'esito delle trattative in corso, nei mesi di marzo e aprile 2018, i commissari hanno proceduto alla valutazione delle offerte ed all'attribuzione dei punteggi alle singole offerte, predisponendo una graduatoria complessiva, e hanno quindi formalizzato istanza per l'aggiudicazione, ritenendo preferibile tra le possibili opzioni per la cessione dei complessi aziendali (offerta unitaria, offerta frazionata e offerta combinata) lo scenario della continuità aziendale combinato con la vendita frazionata.

Conseguentemente, i commissari hanno proposto di accettare la combinazione delle offerte della Shernon, risultata migliore per la vendita unitaria (con 65,3 punti), e della Cosmo (con 79,8 punti), risultata migliore per il perimetro residuale.

Tale combinazione ha consentito di raggiungere la ricollocazione del maggior numero di punti vendita (68 su 74 oggetto del bando), a fronte di un corrispettivo complessivamente di oltre 83 milioni di euro.

D'altro canto, la scelta dei commissari è apparsa obbligata in assenza di soluzioni alternative che potessero garantire risultati reddituali, occupazionali e patrimoniali migliori di quelli raggiunti ad esito della procedura.

Nello specifico, informo che Cosmo Spa, operatore nazionale di rilievo, con il marchio Globo nel settore del commercio di calzature e abbigliamento, ha rappresentato di avere come obiettivo quello di ampliare gli attuali volumi di fatturato, pari a 452 milioni nel 2017 e fino 613 milioni di euro nel 2021, attraverso lo sviluppo della rete commerciale e l'acquisizione di punti vendita con superfici sempre più ampie. L'offerta della Cosmo Spa prevede l'acquisizione di tredici punti vendita, per sei dei quali anche le mura, e il mantenimento di 196 dipendenti (di cui 144 full-time e 52 part-time, nella misura di 20, 24 e 28 ore), su 566 occupati nel perimetro (delta negativo per 370).

Dal lato degli investimenti, il piano in questione prevede di impegnare nel periodo 2018-2021 risorse pari a circa 51,2 milioni. Con provvedimenti in data 17 maggio 2018, in data 26 aprile e in data 9 maggio 2018, è stata autorizzata la vendita e conseguentemente sono state avviate le consultazioni sindacali, iniziate lo scorso 1° giugno 2018. L'accordo raggiunto ha previsto nell'immediato la salvaguardia di 285 posti di lavoro, dei 566 inclusi nel perimetro, che saranno incrementati di ulteriori 100 nei 24 mesi successivi alla cessione. La prosecuzione dell'esercizio dell'impresa da parte dei commissari straordinari, autorizzata dal Ministero dello Sviluppo economico sino al 13 gennaio 2019, consentirà di dar corso alle ulteriori dismissioni volte a trovare una soluzione per i dipendenti non inclusi negli attuali perimetri di cessione. A tal fine, sono stati avviati contatti con Anpal, Agenzia nazionale per le politiche del lavoro, per favorire la ricollocazione di questi lavoratori. A tal ultimo proposito, è importante evidenziare che nei giorni scorsi sono stati sottoscritti accordi sindacali che consentiranno il trasferimento di 2.019 rapporti di lavoro e di ulteriori 300 nei prossimi quarantotto mesi. Risultano così tutelati 2.704 dipendenti, pari a circa il 95,90 per cento del totale attualmente occupato nelle varie aziende sottoposte alla procedura di amministrazione straordinaria.

L'orientamento adottato dal Governo è, ovviamente, quello della massima salvaguardia della continuità dei livelli occupazionali e di tutte le competenze acquisite nel tempo dai lavoratori, anche attraverso il ricorso a procedure di ricollocazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Fornaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FEDERICO FORNARO (LEU). Ci dichiariamo parzialmente soddisfatti; ringrazio il sottosegretario Cioffi che mi permetto di salutare, avendo fatto con lui un'intera legislatura al Senato, la XVII; ovviamente, la sua è stata una risposta puntuale, una relazione rispetto all'attività dei commissari e, probabilmente, non poteva essere differente, siamo però in una sede anche politica, quella del Parlamento, e, ovviamente, da parte nostra c'è, da un lato, la presa d'atto del lavoro fatto dai commissari e degli accordi sindacali, non può, non esserci, però, la sollecitazione, la raccomandazione che il Ministero prosegua in questa attività di affiancamento, nel rispetto della legislazione vigente, dell'attività dei commissari, ponendosi l'obiettivo della salvaguardia del massimo numero possibile di lavoratori e, soprattutto, non solo della quantità, ma anche della qualità, perché una serie di queste posizioni - come ha ricordato il sottosegretario, correttamente - sono a tempo parziale, quindi, non siamo in presenza di una situazione ottimale, pur partendo da una situazione di grande difficoltà, che era quella che è stata denunciata nel 2015 e che aveva portato all'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.

Quindi, per quel che ci riguarda continueremo a seguire l'evoluzione della vicenda, confidando che il Governo possa, da questo punto di vista, continuare in un'azione di attenzione nei confronti di questa vicenda e di questa crisi aziendale che, per le dimensioni che sono state ricordate, certamente è assai rilevante.

(Iniziative urgenti volte alla convocazione di un tavolo di crisi presso il Ministero dello sviluppo economico in relazione all'annunciata chiusura dello stabilimento Bekaert di Figline–Incisa Valdarno - n. 2-00036)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ermini ed altri n. 2-00036 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Ermini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DAVID ERMINI (PD). Signora Presidente, l'interpellanza era stata depositata prima dell'ultima riunione che si è svolta al Mise, alla presenza dei rappresentanti della ditta Bekaert e delle rappresentanze sindacali, dei parlamentari del territorio e del Ministro Di Maio. Quindi, la domanda sarà aggiornata rispetto a quei fatti, perché l'incontro al Mise è stato di una settimana fa. La società Bekaert ha acquistato lo Stabilimento di Figline Valdarno, insieme ad altri stabilimenti sparsi per l'Europa e da altre parti, qualche anno fa, 4 o 5 anni fa, dalla Pirelli. Lo stabilimento di Figline Valdarno produce il cavo d'acciaio che sta all'interno dei pneumatici, sostanzialmente quello che regge, poi, la struttura dello pneumatico. La Pirelli, prima, questo prodotto se lo costruiva sostanzialmente in casa, anche vendendolo ad altre ditte, successivamente, ha deciso di vendere l'intero pacchetto di stabilimenti di produzione dello steel cord, così si chiama questo cavo d'acciaio, e ha venduto anche lo stabilimento di Figline Valdarno a Bekaert.

Nonostante qualche tempo fa ci fosse stato un accordo firmato con i sindacati per il programma, per i premi di produzione e gli obiettivi per l'anno successivo, improvvisamente, un venerdì mattina i rappresentanti sindacali e il sindaco di Figline e Incisa Valdarno, ma mi immagino anche il Ministero, sono stati avvisati della volontà dell'azienda di chiudere l'intero stabilimento, dando 75 giorni di tempo per poter chiudere. Da allora si è mossa non soltanto la forza sindacale, la forza dei lavoratori, ma si sono mossi un'intera collettività, tutto un territorio che in quella grande azienda ha visto lo sviluppo molto forte della società e di tutto l'indotto che c'è, appunto, all'interno della società, e che gira intorno a questo grande stabilimento, e finalmente siamo riusciti, una settimana fa, ad avere la ditta Bekaert di fronte al Ministro, al governatore della Toscana e al sindaco di Figline e Incisa.

Ebbene, l'atteggiamento della Bekaert è stato, oggettivamente, devo dire, molto, molto deludente e nonostante le richieste e l'autorevolezza - forse che loro non ritenevano tale - del Ministro, del governatore e comunque di chi gli ha fatto delle richieste, è sempre stato assolutamente negativo e hanno detto: continueremo nella procedura, se nel frattempo in questi 60 giorni che adesso rimangono riusciremo ad avere delle proposte ne potremo parlare, ma non intendiamo sospendere la procedura.

Ebbene, a questo punto è evidente che abbiamo necessità che la ditta Bekaert sospenda la procedura della chiusura dello stabilimento. Questo ai fini, anche, dell'utilizzo del fondo Lotti-Calenda, che fu istituito nella passata legislatura, e che serve per la reindustrializzazione dei poli e dei siti industriali, perché si possano mantenere quei posti di lavoro, non soltanto per quelle persone che oggi ci lavorano, ma per il futuro dell'occupazione di quella zona e di quel territorio; dobbiamo mantenere quella zona industriale e quel sito industriale, per cui, ecco, chiediamo, a questo punto, dopo il primo tavolo, se ci sono naturalmente aggiornamenti, ma è assolutamente indispensabile che la produzione attualmente continui, che il Ministero la prossima settimana riesca a riconvocare la Bekaert, che arrivi la sospensione della procedura della chiusura dello stabilimento, perché è evidente che soltanto in questo modo si può procedere. Quindi, ecco, insisto nelle domande che sono state poste all'interno della interpellanza, tenendo conto che, appunto, siamo in una fase leggermente avanzata.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Andrea Cioffi, ha facoltà di rispondere.

ANDREA CIOFFI, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Come è stato detto, ci sono state delle evoluzioni rispetto al periodo in cui è stata presentata l'interpellanza, che sono anche note all'interpellante. Comunque, il Governo è chiaramente e altamente intenzionato a tutelare quelle che sono le capacità professionali e l'importanza di avere queste produzioni nel nostro Paese e, ovviamente, a tutelare la capacità dei lavoratori.

Detto questo, facciamo un po' anche un riassunto delle cose che si sono evidenziate nel corso di questo periodo, perché il Ministero dello sviluppo economico segue, già dal 2016 - quindi molto tempo prima dell'insediamento di questo Governo -, gli avvenimenti della multinazionale belga Bekaert, che il 23 giugno 2018 ha comunicato la decisione di chiudere i siti di Figline e Incisa Valdarno, dedicati alla produzione di rinforzi in acciaio - come è stato ricordato - per pneumatici, e di sospendere le attività lavorative per 318 dipendenti.

Nel corso dell'incontro del 29 marzo 2018, hanno partecipato i rappresentanti delle istituzioni locali, oltre che le organizzazioni sindacali e l'azienda. Quest'ultima, invero, aveva illustrato un piano concernente gli obiettivi e l'avanzamento dei progetti in corso relativi proprio al sito di Figline, confermando la mission dello stabilimento stesso a divenire leader per l'industrializzazione dei rinforzi d'acciaio per pneumatici.

In tale sede, inoltre, veniva prospettato l'impegno a discutere con le organizzazioni sindacali percorsi e soluzioni condivise con i lavoratori alla luce di un forte peggioramento dei risultati aziendali. Tuttavia, l'azienda stessa è giunta poi alla decisione di licenziare tutti i 318 dipendenti del citato stabilmento di Figline-Valdarno per delocalizzare in Romania, senza alcun preventivo confronto e senza alcuna spiegazione sulle vere ragioni che hanno indotto la proprietà ad un atto così forte, grave, direi.

La succitata decisione della multinazionale belga è stata esaminata il 26 giugno 2018, come ricordato dal Ministero dello sviluppo economico. A tale incontro hanno partecipano i rappresentanti delle istituzioni nazionali e territoriali, oltre alle organizzazioni sindacali, ma non i rappresentanti della Bekaert, che non si sono presentati al tavolo. Durante l'incontro è stata sottolineata la gravità della decisione relativa alla delocalizzazione in Romania, presa senza alcun preventivo confronto sulle ragioni che hanno indotto la proprietà ad un atto, come abbiamo detto, grave per le famiglie coinvolte e per l'economia di un intero territorio.

Il Ministro, in sintonia con tutti i partecipanti dell'incontro svoltosi il 27 giugno, ha chiesto con forza la revoca immediata dei licenziamenti e l'avvio di un confronto serio e concreto, per dare un futuro produttivo allo stabilimento toscano e all'intera presenza di Bekaert in Italia, chiedendo altresì di avere un confronto con la Commissione europea, anche al fine di capire quali siano le azioni concrete che la Commissione intenderà portare avanti per risolvere l'annoso problema delle delocalizzazioni presenti in tutta Europa, perché questa storia delle delocalizzazioni è indubbiamente un problema.

Si procedeva, pertanto, a convocare immediatamente un nuovo tavolo di trattative in data 5 luglio. Nel corso di quest'ultimo tavolo, il Ministro, come è stato ricordato, ha assicurato la sua massima disponibilità all'azienda all'utilizzo di tutti gli strumenti possibili per farla ripartire. Tuttavia, i rappresentanti dell'azienda hanno deciso di dire “no” a qualsiasi possibilità di rimediare alla situazione e a salvare il lavoro di 318 persone.

Dopo tale incontro, il Ministro si è altresì impegnato a contattare il CEO della Bekaert, al fine di dare luogo a un percorso istituzionale di confronto nell'interesse sia delle aziende che dei lavoratori.

A ciò si aggiunga che nel “decreto dignità” è prevista una stretta alle delocalizzazioni, proprio per evitare che, dopo aver ricevuto aiuti da parte dello Stato, le aziende spostino la propria produzione all'estero.

Tali fatti dimostrano che per il Ministero dello sviluppo economico la delicatissima vicenda Bekaert ha la massima attenzione e ci si sta impegnando per trovare una soluzione positiva a questa vicenda. Sarà pertanto cura del Governo tenere informato il Parlamento sull'evolversi della situazione.

Noi, quindi, ci impegniamo ad aggiornare gli interpellanti e chiunque ne abbia interesse per vedere come la situazione si stia evolvendo, per tutelare il lavoro, per tutelare la fabbrica e per evitare che questa storia delle delocalizzazioni continui a portare un peso sul nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Ermini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

DAVID ERMINI (PD). Signora Presidente, in realtà ringrazio il sottosegretario per le risposte che ha dato, non sono soddisfatto del contenuto della risposta, perché il tema delle delocalizzazioni, che è molto serio e molto grave, in realtà riguarda chi ha avuto fondi dallo Stato. Bekaert non ha avuto fondi dallo Stato, tant'è che i parlamentari europei del Partito Democratico, Nicola Danti e Simona Bonafè, hanno scritto una lettera alla Commissaria europea competente in materia, al fine di verificare se, direttamente o indirettamente, la Bekaert abbia ricevuto dei fondi europei, anche attraverso fondi regionali, quindi trasferiti, perché certamente questo sarebbe violazione delle norme vigenti. Quindi, dobbiamo fare un'attenta analisi su questo; se Bekaert ha avuto fondi italiani qui, no. Per cui, è una cosa molto particolare, perché lo stabilimento rumeno è stato acquistato da Bekaert insieme allo stabilimento di Figline Valdarno da Pirelli, quindi non si è trasferita successivamente.

Allora qual è il punto? Oggi evidentemente il costo del lavoro in Romania è inferiore rispetto al costo del lavoro in Italia, quindi, al di là del tema della delocalizzazione, c'è proprio un problema complessivo di costo del lavoro, che è l'elemento su cui noi dovremmo - parlo generalmente, come classe politica, maggioranza e opposizione - lavorare perché possa in qualche modo riequilibrarsi.

Ma qual è il tema adesso? Credo che sia importante riconvocare urgentemente - urgentemente! - la dirigenza della Bekaert al tavolo con il MiSE, perché sospenda la procedura, anche perché i lavoratori sono stati molto responsabili, non hanno occupato lo stabilimento; anzi, dopo l'assemblea permanente dei primi giorni, vi posso dire che - davanti allo stabilimento ci sono stato anche io, quindi so come si sono comportati - hanno chiesto di poter ricominciare a lavorare perché si possa riprendere la produzione e la produzione vada avanti.

Nel contempo, c'è bisogno che Bekaert sospenda in tutti i modi la procedura, per permettere in qualche modo l'intervento per un'eventuale reindustrializzazione.

Credo che si possa anche, eventualmente, discutere e parlare con Pirelli, che è uno degli acquirenti del prodotto (steelcord) che Bekaert produce a Figline Valdarno e nello stabilimento rumeno; c'è bisogno di parlare anche con Pirelli e c'è bisogno di capire come si possa fare veramente per impedire che, fra ormai meno di sessanta giorni, questo stabilimento chiuda, perché, una volta chiuso, nascono veramente dei grossissimi problemi.

Quindi, al di là della soddisfazione o meno della risposta, chiedo - e ringrazio il sottosegretario per avermelo detto - di essere continuamente informato. Abbiamo il lavoro dei nostri parlamentari europei e cercheremo in tutti i modi di impedire questa chiusura, che sarebbe un disastro per le famiglie, per i lavoratori e per tutto il territorio del Valdarno.

(Chiarimenti in ordine alla mancata partecipazione dell'Italia al progetto «European Intervention Initiative» volto alla creazione di una forza militare comune d'intervento rapido - n. 2-00035)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maria Tripodi ed altri n. 2-00035 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Tripodi intende illustrare la sua interpellanza. Ne ha facoltà.

MARIA TRIPODI (FI). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, com'è noto, recentemente è stata formalizzata un'intesa per avviare il progetto EuropeanInterventionInitiative da parte di nove Paesi europei: Francia, Germania, Belgio, Danimarca, Olanda, Estonia, Spagna, Portogallo e Gran Bretagna, con un'inspiegabile assenza del nostro Paese.

Tale intesa prevede la creazione di una forza militare comune di intervento rapido, che assicurerebbe il dispiegamento di soldati europei in zone di crisi all'estero e, in caso di disastri naturali, mediante la cooperazione tra Stati in aree critiche che possono minacciare la sicurezza europea.

Reputiamo grave che l'Italia, Paese fondatore dell'Unione europea, terzo per contributi versati e da sempre impegnato nelle missioni internazionali, quindi con una grande tradizione, sia spettatore e non protagonista di un'iniziativa che potrebbe diventare il pilastro di una vera forza militare comune di difesa europea.

Tra l'altro, si tratterebbe dell'unica forma di sinergia militare europea con l'inclusione anche del Regno Unito, nonostante la situazione Brexit.

L'assenza dell'Italia all'intesa è un preoccupante campanello di allarme che segnala il rischio di isolamento del nostro Paese, il cui ruolo è passato da protagonista dello scacchiere internazionale, con lo spirito di Pratica di Mare del 2002, dove Silvio Berlusconi fu il promotore di un accordo tra il Presidente Bush e il Presidente Putin, che consentì un allargamento del Consiglio della NATO alla Federazione Russa, con il conseguente ammorbidimento dei rapporti, fino a diventare, purtroppo, allo stato attuale, l'Italia, un anello debole con il pericolo di subire e accettare decisioni altrui, condizione troppo spesso verificatasi purtroppo negli ultimi anni. Quali sono le ragioni, signor sottosegretario, della mancata partecipazione del nostro Paese a questa intesa? E non ritiene di doversi attivare per scongiurare un danno enorme in termini di credibilità, affidabilità e prestigio dell'Italia in ambito europeo e nello scacchiere internazionale? Tenendo conto che, ancora una volt,a gli equilibri geopolitici dell'Europa vengono dettati solo ed esclusivamente dall'asse franco-tedesco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Difesa, Angelo Tofalo, ha facoltà di rispondere.

ANGELO TOFALO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sono particolarmente lieto di avere l'opportunità di illustrare anche qui alla Camera la posizione del Dicastero in merito all'European Intervention Initiative, un'importante iniziativa in tema di sicurezza che sta destando e ha destato, dentro e fuori il Parlamento, estremo interesse e un vivo dibattito. Ovviamente, nella mia risposta sarà inevitabile non far riferimento in buona parte a quanto ho già avuto modo di dire questa settimana nell'altra ala del Parlamento, nell'Assemblea del Senato. Ovviamente, entrerò negli aspetti specifici che l'onorevole Tripodi e i cofirmatari hanno sottoposto.

L'Iniziativa di intervento europeo, volendola definire in italiano, è stata promossa dalla Francia con l'obiettivo di sviluppare, attraverso la condivisione di informazioni, una cultura strategica comune ai Paesi che vi aderiscono al fine di facilitare, se necessario, la rapida attivazione di operazioni per la salvaguardia di interessi strategici condivisi, in maniera però svincolata dalle dinamiche decisionali dell'Unione europea e della NATO. Nello specifico, l'iniziativa mira sviluppare legami tra le Forze armate di alcune nazioni europee, selezionate in base ai criteri della disponibilità di capacità militari e della volontà politica di agire, coinvolgendoli in settori chiave come, ad esempio, la situational awareness, l'analisi degli scenari, il supporto operativo e lo sviluppo della dottrina delle lezioni apprese. Il progetto, quindi, non promuove la costituzione di una forza né tende a formare le cosiddette Forze armate dell'UE né comandi né assetti per interventi militari. Questa iniziativa, dopo un periodo di negoziazione seguito dal precedente Governo, è stata ufficializzata con una lettera di intenti che i Ministri della difesa di Francia, Germania, Belgio, Regno Unito, Danimarca, Olanda, Estonia, Spagna e Portogallo hanno firmato lo scorso 25 giugno in Lussemburgo. Il progetto è ancora nella sua fase embrionale e molto è ancora da definire: sussistono tuttavia sufficienti elementi per una sua valutazione di merito e di opportunità. Nel merito, pur condividendone la finalità principale, ossia creare una comune cultura strategica europea, sarebbe tuttavia prematuro, considerati gli interessi in gioco, aderire all'iniziativa senza averne prima ponderato l'impatto su importanti progetti comuni già consolidati o in fase di avvio in ambito europeo nel settore della sicurezza e della difesa (dico, ad esempio, quello che stiamo analizzando in Commissione sulla mobilità transfrontaliera militare). In particolare, sul piano politico poi, un'analisi dei contenuti della proposta fa emergere il concreto rischio che ad essere tutelati siano i soliti interessi strategici degli Stati aderenti all'iniziativa, interessi che, tuttavia, potrebbero non coincidere con quelli dell'Unione europea nel suo complesso che proprio l'Italia, al contrario, sta cercando con fatica di far promuovere nella direzione di un'autonoma e concreta capacità di difesa da parte dell'Unione. Sussiste in altri termini il rischio di una frammentazione in un'Europa a due velocità: da una parte, il gruppo degli Stati selezionati che aderiscono alla proposta, dall'altro ovviamente quelli che ne restano fuori. Da tale frammentazione potrebbero poi risultare compromesse sia la credibilità della coesione dell'Unione europea in questo delicato settore sia l'impegno italiano unanimemente percepito e riconosciuto nella costruzione di un'Unione politica con una forte componente di sicurezza e difesa.

Passando all'aspetto poi strettamente tecnico dell'iniziativa, si evidenziano ulteriori e potenziali criticità che è necessario approfondire e che sono correlate al pericolo di una duplicazione e dispersione di risorse nonché alla possibile sovrapposizione a strutture e a meccanismi similari, già esistenti o di prevista prossima creazione, non solo in ambito UE ma anche in quello NATO e multinazionale, con potenziali sprechi di risorse possibilmente da evitare.

Sul piano dell'opportunità, l'ufficializzazione dell'European Intervention Initiative ci sembra non essere del tutto in sintonia con il particolare momento politico che sta vivendo la tanto agognata difesa europea che vede finalmente una possibilità di concreta realizzazione grazie alla recente attivazione della cooperazione strutturata permanente, la PESCO, un successo importante e senza precedenti in ambito UE, il cui obiettivo è proprio lo sviluppo e l'impiego di capacità operative a livello comunitario, capacità che peraltro l'Italia sta contribuendo da protagonista a sviluppare con molteplici progetti già in itinere.

Onorevoli colleghi, come credo risulti evidente da quanto ho detto, questo Governo non si oppone in linea di principio alle finalità perseguite dall'European Intervention Initiative se orientate allo sviluppo di una cultura strategica integralmente europea e se a salvaguardia di interessi strategici realmente comuni. In questo senso siamo attenti a coglierne ora i concreti sviluppi, valutandone progressi e risultati per eventuali nostre decisioni future, magari anche condivise dal Parlamento, cosa che almeno attualmente non è stata prevista.

Nello stesso tempo - mi rivolgo a quanti, temendo l'isolamento nazionale, considerano a priori l'iniziativa come un treno da non perdere - non possiamo ignorare ciò che è emerso dal lungo lavoro dedicato al perfezionamento della lettera d'intenti condotto dal precedente Governo. Mi riferisco in particolare al rischio di una possibile sovrapposizione con la PESCO, una realtà naturalmente inclusiva e orientata a perseguire i fini e gli interessi di tutta l'Unione europea. Per questi motivi, ritengo molto più remunerativo operare all'interno dell'Unione per il miglioramento degli strumenti disponibili e ribadendo, almeno per il momento, il proprio prioritario impegno nei progetti PESCO nel cui ambito il Dicastero ritiene molto più utile includere l'iniziativa in parola.

PRESIDENTE. L'onorevole Tripodi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TRIPODI (FI). Presidente, mi reputo moderatamente soddisfatta, tenuto conto della risposta del sottosegretario che mi sembra anche un po' forse contraddittoria perché ci vengono segnalati alcuni punti: innanzitutto l'importanza di una cultura strategica; il fatto che ci sia il rischio di un'Europa a due velocità; ci viene anche detto che si faranno approfondimenti e che si dà priorità ad accordi che già sono intercorsi. Ritengo, invece, che il Governo, più che supporre approfondimenti o altre valutazioni, dovrebbe, a mio avviso, cercare di entrare anche un pochino nel merito per quanto riguarda la lettera di intenti, che è stata formulata perché, naturalmente, se non dobbiamo correre il rischio di avere un'Europa a due velocità, di fatto mi sembra proprio che questo sia una cosa plastica perché alcuni Stati, come ha detto lo stesso sottosegretario, hanno interessi che tutelano sempre mentre noi purtroppo come Italia, nonostante lui ribadisca che non dobbiamo preoccuparci dell'isolazionismo, ci troviamo, allo stato attuale, comunque messi da parte proprio in ossequio al fatto che sono sempre i soliti noti a prendere l'iniziativa e ad essere attori per quanto riguarda la politica europea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative volte a salvaguardare la cultura e il patrimonio linguistico italiani, in relazione al recente documento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca denominato “Sillabo”- n. 2-00040)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lollobrigida e Frassinetti n. 2-00040 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Frassinetti se intenda illustrare la sua interpellanza, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, onorevole Presidente, sottosegretario, con la presente interpellanza urgente vogliamo mettere in evidenza proprio la tutela della lingua italiana, una lingua che rappresenta l'identità della nostra nazione, il nostro elemento unificante e il nostro patrimonio immateriale più antico, che deve essere opportunamente tutelato e valorizzato.

La lingua e la letteratura italiana, il quarto idioma più studiato al mondo, costituiscono uno straordinario apporto dato dall'Italia alla cultura mondiale: di questo patrimonio, che l'Italia ha ricevuto in eredità dal passato e dalla storia, occorre essere consapevoli e si deve, in particolare, imparare a considerarlo un bene comune a tutti i cittadini italiani, che hanno, di conseguenza, il compito di custodirlo e di farlo conoscere. Un patrimonio, infatti, non basta solo averlo, occorre saperne cogliere l'effettivo significato e valorizzarlo convenientemente.

Sono ormai anni che studiosi, esperti e istituzioni, come l'Accademia della Crusca, denunciano il progressivo scadimento del valore attribuito alla lingua italiana e segnalano l'importanza di una maggiore tutela dell'italiano e del suo utilizzo, anche nella terminologia amministrativa da parte dello Stato e delle sue articolazioni territoriali, e di strumenti di diffusione culturale pubblica e semipubblica.

L'uso sempre più frequente di termini in inglese o derivanti dal linguaggio digitale è diventato una prassi comunicativa che, lungi dall'arricchire il patrimonio linguistico italiano, lo immiserisce e mortifica: secondo le ultime stime, infatti, dal 2000 ad oggi, il numero di parole inglesi confluite nella lingua scritta italiana è aumentato del 773 per cento, quasi 9 mila sono gli anglicismi attualmente presenti nel dizionario della Treccani su circa 800 mila tra lemmi ed accezioni.

E ora veniamo all'oggetto specifico dell'interpellanza: il 14 marzo 2018 - quindi, comunque, è una conseguenza di un'iniziativa del Governo precedente - veniva pubblicato dal Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca un documento per promuovere l'educazione all'imprenditorialità nelle scuole superiori denominato Sillabo.

In tale documento programmatico, inviato a tutte le scuole secondarie, si sarebbe fatto un gran uso di termini inglesi, tanto da attirare l'attenzione dell'Accademia della Crusca, intervenuta per bocciare impietosamente non solo la scuola, ma anche i funzionari preposti al suo funzionamento e i dirigenti del Ministero che dovrebbero tutelare la formazione dei ragazzi.

Secondo la denuncia degli esperti dell'Accademia della Crusca, infatti, tale documento è stato redatto in una lingua che nulla ha a che fare con quella italiana e compromette seriamente il ruolo dello stesso Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, e la cosa è tanto più grave perché ciò «avviene nei programmi scolastici: la follia del Sillabo, emanato dal Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, equivale a una contraffazione paradigmatica della cultura e del patrimonio linguistico italiani».

Questa anglicizzazione ossessiva rischia, nel lungo termine, di portare a un collasso dell'uso della lingua italiana, fino alla sua progressiva scomparsa, che alcuni studiosi prevedono nell'arco di ottanta anni.

Da tempo la globalizzazione e il monolinguismo stereotipato che conduce all'inglese rappresenta un pericolo per le lingue locali. In Francia e in Spagna lo hanno capito e hanno adottato provvedimenti; in Italia ciò non è avvenuto. In Francia, ad esempio, la legge Toubon del 1994 ha reso obbligatorio l'uso della lingua francese nelle pubblicazioni del Governo, nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro, in ogni tipologia di contratto, nei servizi, nell'insegnamento nelle scuole statali, negli scambi. Ogni cartello pubblicitario con uno slogan in inglese contiene per legge la traduzione francese; è la stessa Costituzione, a differenza di quella italiana, a sancire la difesa del francese quale lingua della Repubblica e a riconoscere al cittadino il diritto a esprimersi e a ricevere in francese ogni informazione.

In Italia, invece, non esiste alcuna politica linguistica, anzi, il linguaggio della politica nel nuovo millennio si è anglicizzato sempre di più, introducendo le parole inglesi nelle leggi, nelle istituzioni e nel cuore dello Stato.

Fratelli d'Italia, proprio in un'ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria, ha presentato due proposte di legge, una ordinaria e una costituzionale, per la tutela del patrimonio idiomatico italiano nella fruizione di beni e di servizi, nell'informazione e nella comunicazione, nelle attività scolastiche e universitarie, nonché nei rapporti di lavoro e nelle strutture organizzative degli enti pubblici e privati.

La funzione di una lingua internazionale ausiliaria è quella di rendere possibile la comunicazione tra persone di differenti nazioni che non condividono una stessa lingua, favorendo il dialogo e la cooperazione; essa dovrebbe essere proposta, però, come seconda lingua da apprendere, e non come una lingua che sostituisca quella nativa.

Chi parla solo l'italiano oggi rischia il flop dell'incomunicabilità, ma il rischio ancora più grande è che si perda la bellezza di una lingua complessa e ricca come l'italiano o che l'inquinamento provochi una seria preoccupazione per il suo stato di salute.

Non è solo questione di moda, le mode passano, ma l'anglomania si riflette nelle scelte di istituzioni come la scuola e l'università, con riflessi sull'intera società.

Quindi, chiediamo quali iniziative intenda adottare il Ministro interpellato al fine di verificare l'adeguatezza e l'opportunità del documento Sillabo, che sembrerebbe andare nella direzione opposta rispetto alla necessità di tutelare la lingua italiana quale elemento costitutivo dell'unità nazionale e quali iniziative intenda assumere per consolidare e promuovere la lingua e la cultura italiana in ambito scolastico e universitario.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Lorenzo Fioramonti, ha facoltà di rispondere.

LORENZO FIORAMONTI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Onorevole Lollobrigida, ringrazio lei e l'onorevole Frassinetti per avere posto, con questa interpellanza, un tema di straordinaria importanza quale quello della tutela della lingua italiana, che costituisce valore fondante dell'identità nazionale.

Voglio pertanto tranquillizzare tutti gli onorevoli presenti in quest'Aula, e attraverso di loro i nostri concittadini, che il MIUR non ha inteso, con l'iniziativa oggetto dell'interpellanza e di cui parlerò diffusamente più avanti, promuovere nelle istituzioni scolastiche l'uso della lingua inglese a scapito di quella italiana.

Vogliamo essere chiari: la lingua italiana è un patrimonio di tutti, va usata per bene e va sempre difesa. Ed è per questo che il MIUR ha promosso importanti interventi e progetti finalizzati allo sviluppo delle competenze dell'italiano per tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione.

Trattasi di strumenti fondamentali per la tutela e la promozione della lingua italiana, che mi preme citare in quest'Aula. Prima di tutto, le Olimpiadi di italiano, una competizione volta a rafforzare nelle scuole lo studio della lingua italiana e a migliorare la padronanza della propria lingua, anche nelle scuole all'estero.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 13)

LORENZO FIORAMONTI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Giornate della lingua italiana, un'altra iniziativa culturale di valorizzazione della lingua e della letteratura italiana, e per approfondire temi di interesse culturale e linguistico.

Un progetto dal titolo Compita, un progetto pilota per l'innovazione didattica dell'italiano nel secondo biennio e nell'ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, ancora attuato e sperimentato nelle scuole in questo momento.

La Giornata ProGrammatica, evento per la promozione della lingua italiana in tutte le scuole secondarie di secondo grado, negli istituti scolastici e negli istituti italiani di cultura all'estero. La fabbrica dei Nobel: da Carducci a Foa, progetto di valorizzazione della tradizione letteraria italiana attraverso la lettura dei Premi Nobel e la costituzione di reti delle scuole secondarie di secondo grado.

Il progetto Grazia Deledda, donna e scrittrice, a novant'anni dal Nobel per la letteratura, che promuove la conoscenza della storia delle donne attraverso la vicenda biografica e artistica di Grazia Deledda.

La Giornata in ricordo di Tullio De Mauro: in collaborazione con Rai cultura e Rai Radio3, il MIUR ha anche organizzato una Giornata radiofonica dedicata a Tullio De Mauro per riflettere sull'attualità delle sue proposte per la ricerca linguistica e la crescita culturale del Paese.

Una serie di workshop immersivi, Didacta 2017 e 2018: nel prossimo mese di ottobre sono previsti due workshop dedicati alla didattica della letteratura italiana per la scuola secondaria di secondo grado.

Gli Stati generali della lingua italiana: il MIUR, in collaborazione con il MAECI, ha coordinato due gruppi di lavoro sullo studio e la diffusione della lingua italiana all'estero.

Il Documento di orientamento per la redazione della prova di italiano nell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo, che offre ai docenti suggerimenti per predisporre al meglio le prove d'esame e valutare le competenze di lingua italiana che possono essere maggiormente sviluppate negli studenti.

Le Indicazioni nazionali e nuovi scenari, il documento che propone una rilettura delle Indicazioni nazionali del 2012, valorizzando la lingua italiana scritta quale mezzo decisivo per l'esplorazione del mondo, l'organizzazione del pensiero e la riflessione sull'esperienza.

E, infine, il Seminario nazionale dal titolo “L'italiano e le altre lingue al tempo del plurilinguismo”, due giornate di lavoro sulla didattica dell'italiano e delle altre lingue per la scuola dell'infanzia primaria e secondaria di primo grado.

Ciò posto, però, non può negarsi che nella società moderna globalizzata l'utilizzo di vocaboli tratti da altre lingue, che per le loro caratteristiche consentono di racchiudere in una sola parola conosciuta ai più e utilizzata nel linguaggio comune un concetto in maniera sintetica ed incisiva, costituisce un dato di fatto. Ne è addirittura riprova l'utilizzo, da parte degli stessi interpellanti, di inglesismi di generale comprensione, come il termine slogan, che lei ha citato, il cui significato andrebbe tradotto con l'espressione “breve frase incisiva e sintetica” o il termine flop, che poteva essere tradotto con il termine “insuccesso”, ma che forse non avrebbe avuto lo stesso significato figurativo.

Vi sono, poi, settori, come quello proprio dell'imprenditorialità, nei quali vi è la necessità dell'uso di una microlingua, l'inglese, che permette a tutti gli operatori, soprattutto in Europa e nel mondo, di qualunque nazione, di comunicare adeguatamente concetti e procedure, utilizzando termini che non avrebbero la stessa valenza o lo stesso significato se venissero espressi nella lingua madre di ciascuno.

Ecco spiegato l'uso di queste terminologie inglesi nel documento Sillabo, che ha proprio la finalità, come evidenziato dagli onorevoli interpellanti, di rendere possibile la comunicazione tra persone di differenti nazioni che non condividono una stessa lingua, favorendo il dialogo e la cooperazione.

Il documento Sillabo è stato infatti inviato in allegato alla circolare del MIUR del 13 marzo 2018 indirizzata a tutte le scuole secondarie di secondo grado con l'obiettivo di introdurre, in modo strutturale e sistematico, l'educazione all'imprenditorialità nelle scuole superiori italiane. Difatti, il Sillabo permette alle scuole di costruire percorsi strutturati per sviluppare negli studenti la capacità di trasformare le idee in azioni attraverso la creatività, l'innovazione, la valutazione, l'assunzione del rischio e la capacità di pianificare e gestire progetti imprenditoriali. In altre parole, si sono volute promuovere attitudini, conoscenze, abilità e competenze che potranno tornare utili non solo ai fini di un futuro impegno in ambito imprenditoriale ma in ogni contesto lavorativo e in ogni esperienza di vita, in Italia e in tutto il mondo. Da qui l'opportunità di utilizzare, già in ambito scolastico, un linguaggio adeguato anche ricorrendo all'uso di inglesismi che gli studenti non solo potrebbero ritrovare nel mondo lavorativo ma che potrà aiutarli a comunicare concetti che, grazie all'utilizzo di termini comuni a soggetti di diverse lingue madri, non siano travisabili nel loro contenuto. Gli studi, tra l'altro, della neurologia internazionale dimostrano che la preservazione di una lingua è non solo compatibile ma incentivata da una consapevolezza del plurilinguismo, dalle competenze linguistiche alternative. Una cosa su cui dovremmo anche molto preoccuparci è il fatto che i nostri giovani studenti sono tra gli ultimi nella conoscenza delle seconde e delle terze lingue, in un mondo che richiede competenze linguistiche sempre più significative per il successo della nostra economia e delle nostre imprese. Vi è poi anche un fatto che la stessa lingua italiana sia utilizzata in molti settori industriali esteri con delle terminologie italiane che vengono recuperate: dal termine “gelato” a “pizza”, da “ciao”, oggi utilizzato comunemente in Inghilterra e in America, fino al termine “paparazzi”, che viene utilizzato costantemente dal mondo dei media. In questo modo noi garantiamo la possibilità ai nostri studenti di essere competitivi e di essere in grado di partecipare all'economia globale, in modo tale da sostenere la nostra visione di sviluppo italiano e delle imprese del nostro Paese.

Il che non significa ovviamente - e voglio tornare a ribadirlo in conclusione del mio intervento - che si voglia, da parte del Ministero, promuovere nelle istituzioni scolastiche l'uso della lingua inglese a discapito di quella italiana; tutt'altro. Né è riprova il fatto che alla stessa circolare, cui ho fatto riferimento poc'anzi, è stato allegato, oltre al Sillabo, anche il documento EntreComp, ovvero il riquadro di riferimento per la competenza e l'imprenditorialità definito dalla Commissione europea, documento che è stato tradotto in italiano per consentire una piena comprensione del contenuto del predetto quadro di riferimento.

PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Lollobrigida e Frassinetti n. 2-00040.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario per la sua risposta così articolata e mi dichiaro parzialmente soddisfatta. Mi fa piacere che ci siano, all'interno del Ministero, tante iniziative per stimolare gli studenti sull'uso corretto della lingua italiana ma, ahimè, il problema comunque esiste e non solo nella scuola. Il fatto che anche nell'interpellanza ci fosse un termine inglese così come anche nella risposta, relativamente ai supporti della lingua italiana, ci fosse il termine workshop la dice lunga come siamo tutti comunque influenzati. Questa iniziativa non deve essere maniacale. È chiaro che siamo in un contesto internazionale dove gli studenti sempre di più vanno all'estero e dove, purtroppo, l'Italia ha un'arretratezza anche nello studio e nella preparazione delle lingue straniere. Però, bisognerebbe sforzarsi di distinguere: cioè, le lingue straniere vanno studiate molto di più, ma l'italiano va tutelato. Sono, secondo me, due facce della stessa medaglia che bisogna percorrere con la stessa tenacia e con lo stesso senso di approfondimento. Altrimenti, bisognerà ricorrere, così come è oggetto delle proposte di legge di Fratelli d'Italia, a un comitato, cioè proprio all'istituzione di un consiglio superiore della lingua, un organismo di ausilio al Governo per poter cercare di dialogare con l'utilizzo di questi termini rimuovendo queste barriere. Quindi, è un'emergenza che esiste ma, ripeto, il fatto che nella scuola ci siano tante iniziative proprio a favore dell'italiano anche nelle scuole che non sono il liceo classico - perché poi ci sarebbe anche da aprire una questione, che non è certo oggetto dell'interpellanza, sulla tutela di questo liceo - ma anche nelle scuole tecniche e, anzi, soprattutto in quel contesto la lingua italiana va e andrà sicuramente sempre più tutelata perché, oltretutto, c'è anche poi un problema relativo all'informatica, con i ragazzi che usano sempre meno la penna e sempre di più gli strumenti informatici. Anche questo va, secondo me, nel senso di riuscire a controbilanciare questa tendenza, che ormai è diffusa, con un approfondimento della nostra lingua.

(Iniziative di competenza volte alla tutela e alla salvaguardia dell'ambiente, della salute e della sicurezza delle popolazioni con riferimento alla centrale a biomasse dell'Enel sita all'interno del Parco nazionale del Pollino - n. 2-00045)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Parentela n. 2-00045 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Parentela se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLO PARENTELA (M5S). Grazie, Presidente. Presidente, rappresentanti del Governo e colleghi deputati, all'origine la centrale a biomasse della Valle del Mercure era elettrica, alimentata a lignite e poi a olio combustibile. Fu costruita negli anni Sessanta nel territorio di Laino Borgo, in provincia di Cosenza, e dismessa già dal 1997. Nel 2000 Enel ne propose la riconversione a biomasse, con un contenzioso in corso. Quindi, la centrale ha ripreso a funzionare nel gennaio 2016 e ha una potenza installata di 41 megawatt elettrici, il che la rende, nel suo genere, tra le centrali più grandi d'Europa.

Il Parco nazionale del Pollino è stato istituito nel 1993. Nel 2007 l'Unione europea ha istituito due zone di protezione speciale che lo comprendono completamente. La centrale sorge sulle rive del fiume Mercure/Lao, famoso in Italia e all'estero per il rafting che chiama oltre 20.000 turisti all'anno. L'area è habitat di specie vegetali ed animali protetti e ve ne sono alcuni in via d'estinzione come, ad esempio, la rarissima lontra. Stando alle normative vigenti, lì sono possibili interventi solo per esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o per esigenze di primaria importanza per l'ambiente oppure, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. La quantità di biomasse necessaria ed elementare la centrale e di circa 350.000 tonnellate all'anno (questa è una fonte che ci è stata data proprio da Enel). Questa enorme quantità è da reperirsi, come esplicitato dalla stessa società, sul territorio dell'intera Unione europea, con il rischio, tra l'altro, di importazioni di specie alloctone pericolose per l'integrità della biodiversità del parco e non solo (anche per tutto il settore agricolo).

Anche il trasporto delle biomasse e delle relative ceneri rappresenta un grave problema viario ed ambientale. Infatti, sono necessari oltre 110 camion al giorno, secondo quanto riportato sempre da fonte Enel. Si tratta di mezzi che congestionano, ovviamente, una rete viaria già inadeguata, con un impatto negativo su tutto l'ecosistema del parco. Contro la riapertura della centrale si sono schierate le popolazioni della valle, situata al confine tra la Calabria e la Basilicata, con imponenti e ripetute mobilitazioni e manifestazioni. Tuttavia, l'opposizione alla centrale risale già agli anni Sessanta, per i danni da essa recati alla salute e alle attività agricole dei residenti. In realtà, i rischi non riguardano solo la salute, i diritti e lo sviluppo dell'area, ma anche l'impatto occupazionale, che è ampiamente negativo. Parlo di perdita di posti di lavoro nel settore turistico e in quello dell'agricoltura di qualità, mentre in centrale sono stati impiegati addetti trasferiti da altri impianti dell'Enel.

L'iter amministrativo per la riapertura della centrale del Mercure è iniziato negli anni Duemila. La prima autorizzazione della regione Calabria è stata annullata dal Consiglio di Stato, che ha accolto le ragioni dei sindaci di Viggianello e Rotonda nonché delle associazioni ambientaliste; la seconda autorizzazione della regione Calabria è stata bocciata il 18 dicembre 2013 dal TAR; la terza autorizzazione è stata concessa il 24 novembre 2015 dalla regione Calabria, che ha interpretato a favore di Enel una delibera del Consiglio dei Ministri del giugno 2015. Lo scorso 31 maggio il Consiglio di Stato ha dibattuto i ricorsi all'uopo presentati dalle associazioni ambientaliste e dai comuni dell'area. Nel luglio 2007 Enel chiese l'AIA al Dipartimento politiche dell'ambiente della regione Calabria e, conseguentemente, la procedura di VIA. Il relativo nucleo VIA-AIA rilasciò parere favorevole di non assoggettabilità con prescrizioni. Successivamente, la regione Calabria indisse una nuova conferenza di servizi riunitasi tre volte sino al 16 febbraio 2010, data in cui venne ribadita la contrarietà dell'organo gestionale dell'ente Parco del Pollino.

Inspiegabilmente, la conferenza fu rinviata a data da destinarsi e mai più riconvocata. Il 24 novembre 2015 il dirigente del settore attività produttive ed energia sostenibile della regione Calabria rilasciò ad Enel l'autorizzazione unica per la riattivazione della centrale del Mercure. Pertanto, eccetto il semplice parere del nucleo VIA-AIA, non c'è agli atti del procedimento alcun altro provvedimento che possa considerarsi equivalente all'AIA o alla VIA: null'altro si trova sul Bollettino Ufficiale della regione Calabria. La centrale del Mercure è stata dunque autorizzata in assenza, a parere degli interpellanti, di una espressa autorizzazione integrata ambientale, in assenza di valutazione di impatto ambientale e di provvedimento di screening di VIA. Inoltre, l'autorizzazione unica attualmente in corso è stata concessa dalla regione Calabria nel novembre 2015, mentre la Vinca è del febbraio 2007, cioè oltre otto anni prima e dunque abbondantemente scaduta, così come le scatolette che sequestrano appunto i NAS.

Salto all'accordo di compensazione sottoscritto presso il Ministero dello Sviluppo economico del 14 gennaio 2014, in virtù del quale Enel si è impegnata a versare a regione Calabria, regione Basilicata, Ente Parco Nazionale del Pollino, comuni di Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Lauria, Laino Castello, Mormanno e Papasidero una somma complessiva di oltre 14 milioni di euro per gli anni di esercizio della centrale del Mercure. A tale importo vanno aggiunti i 400 mila euro annui al comune di Laino Borgo, sul cui territorio sorge appunto l'impianto. In totale, negli otto anni di attività successivi all'entrata in funzione della centrale, sale perciò a 17,5 milioni di euro. Ciò contrasta chiaramente con quanto stabilito dalla normativa: richiamo al riguardo la sentenza della terza sezione del TAR Puglia, la n. 1737 del 2016. Per legge, a parere degli interpellanti, è nullo ogni accordo che preveda indennizzi ad amministrazioni per la mera localizzazione territoriale di un impianto di produzione di energia da fonti “rinnovabili”. Perciò questa ingente somma di denaro, che cos'è? È beneficenza della parrocchia? Uno strumento per comprare il silenzio? Un investimento per le nuove generazioni, o una manifestazione del “moggismo” italiano?

Vi sono poi tutta una serie di violazioni normative, in considerazione del luogo protetto in cui è ubicata la centrale. Nel merito rinvio al dossier che è stato predisposto dal Forum ambientale “Stefano Gioia”, in cui sono partitamente evidenziati anche i rischi per la salute derivanti dall'attività dell'impianto del Mercure. Io, anche per motivi di tempo, annuncio già da ora che presenteremo anche altri atti di sindacato ispettivo, in particolare su queste informazioni che riguardano appunto le autorizzazioni.

Mi preme qui mettere in risalto il ruolo del presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, già assessore all'ambiente della regione Calabria. Pappaterra si è reso complice, a nostro parere, del grande inganno con cui Enel e la stessa regione hanno mantenuto in esercizio questa centrale a biomasse del Mercure, sita nel bel mezzo del Parco nazionale, sprovvista appunto delle necessarie autorizzazioni e giustificata con uno studio inattendibile sugli effetti per la salute umana, in quanto di parte e basato su valutazioni microclimatiche di un'altra area, cioè la valle di Latronico. Per di più lo studio in questione, appena concluso, proviene dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, tra i cui soci figura proprio Enel, che in via esclusiva ha finanziato con 100 mila euro annui l'Osservatorio ambientale previsto nel citato accordo di compensazione, promosso nella scorsa legislatura dal Ministero dello Sviluppo economico. Nell'accordo, ricordo, è contemplato l'esborso compensativo di 17 milioni a favore di enti che ricadono nel parco. Invece l'Osservatorio, presieduto proprio da Pappaterra, ha il compito, si legge nelle carte, di promuovere ricerche e studi in campo ambientale a cura di esperti indipendenti di provata competenza tecnico-scientifica, individuati dal medesimo organismo.

Ricapitolo lo scandalo, atteso che la Calabria ha un surplus di energia elettrica. Tale studio proviene da una fondazione creata da Enel, ed è stato condotto per conto di un osservatorio finanziato da Enel, che, dalla centrale del Mercure peraltro rifornita di biomasse da imprese boschive accusate dalla DDA di Catanzaro di gestione 'ndranghetistica, ha guadagnato decine di milioni grazie agli incentivi dello Stato. In breve, mi tocca riferire della segretezza tenuta da Enel rispetto alle richieste che per mia iniziativa il MoVimento 5 Stelle ha avanzato, per sapere chi fossero i fornitori di biomasse della centrale del Mercure, la cui vicenda ha riassunto nella recente assemblea degli azionisti con riferimento a tutta l'attività parlamentare che ho svolto.

La notizia pazzesca è che, dopo aver lucrato a spese dello Stato e a danno delle comunità locali, Enel ha venduto l'impianto al fondo F2i, tra i cui maggiori azionisti ci sono Cassa depositi e prestiti e Intesa Sanpaolo, banca che espresse il Ministro plenipotenziario, Carlo Passera, del Governo Monti. Come ha osservato il collega deputato del MoVimento, Giuseppe D'Ippolito, tutta questa vicenda è l'esempio di come il profondo Sud, cioè la Calabria e la Basilicata, sia sfruttato da gruppi di potere e d'affari ai quali interessa soltanto moltiplicare gli utili a spese dello Stato e delle comunità. La vicenda è l'esempio dunque di come le istituzioni si siano rese a vari livelli complici di simili progetti, che sono certo questo Governo del cambiamento farà scomparire.

Chiediamo allora come il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Governo intendano intervenire per ripristinare la legalità, per garantire il diritto alla salute delle popolazioni interessate, per evitare speculazioni e per assicurare che l'Ente Parco Nazionale del Pollino sia gestito finalmente in maniera corretta e trasparente, senza che qualche potentato, qualche potente “pappi” la terra dei calabresi e dei lucani.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, ringrazio gli interpellanti. Con riferimento alle questioni poste, sulla base degli elementi acquisiti si fa presente in via preliminare che nel corso dell'iter autorizzato della centrale a biomasse della Valle del Mercure, a seguito di una prima conferenza di servizi indetta dalla regione nell'anno 2012, l'Ente Parco Nazionale del Pollino aveva espresso parere negativo, con provvedimento del direttore dell'ente n. 416 del 2012, al progetto di attivazione della sezione 2 della centrale. Il parere negativo è stato ribadito all'Ente parco nella seconda conferenza di servizi, riconvocata sempre dalla regione Calabria nella seduta del 3 settembre 2014.

Visto il mancato raggiungimento di un'intesa, la regione Calabria ha chiuso la seconda conferenza di servizi, rinviando al Dipartimento per il coordinamento amministrativo (Dica) della Presidenza del Consiglio dei ministri al fine della remissione della questione alla deliberazione del Consiglio, così come disciplinato all'articolo 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 nella versione allora vigente. Nel corso dell'istruttoria preliminare alla delibera del Consiglio dei ministri, svolta presso il Dica, è stato stipulato un accordo di compensazione, all'esito della riunione di un apposito tavolo di concertazione presso il Ministero dello Sviluppo economico. Tale accordo è stato sottoscritto dal Parco Nazionale del Pollino unitamente alle autorità regionali di Calabria e Basilicata, ad Enel, a sette autorità comunali e ad alcune organizzazioni sindacali il 14 ottobre 2014, al fine di superare i contenziosi amministrativi e giuridici in essere tra le parti firmatarie in relazione alla riconversione a biomasse e all'esercizio della centrale, di rafforzare le garanzie ambientali connesse all'esercizio della centrale già previste dagli atti autorizzativi e di fornire una maggiore integrazione delle attività connesse all'esercizio della centrale con le comunità locali, individuando specifici impegni tra i quali quelli del miglioramento ambientale e quelli connessi ad iniziative verso le comunità locali e per lo sviluppo dell'occupazione e delle economie del posto.

Con particolare riferimento alle misure di natura ambientale, appare opportuno segnalare che l'articolo 4 dell'accordo prevede l'impegno da parte di Enel ad attuare sin dalla firma dell'accordo medesimo un'ulteriore riduzione delle emissioni annuali della centrale rispetto ai limiti autorizzativi vigenti nella misura del 20 per cento, facendo sì che l'impatto ambientale complessivo dell'impianto sia equivalente a quello di un impianto di potenza inferiore, e fatta salva la possibilità di ulteriori riduzioni.

Per quanto riguarda invece le compensazioni economiche, l'Ente Parco ha precisato che le stesse sono state previste nell'accordo di compensazione, che rinviene la propria base normativa nell'articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

A seguito dell'attivazione del procedimento di superamento del dissenso espresso dall'Ente Parco, il Consiglio dei ministri, nel maggio 2015, ha deliberato favorevolmente, a condizione che fossero rispettate le disposizioni contenute nel predetto accordo di compensazione. Conseguentemente, la regione Calabria ha adottato il decreto dirigenziale n. 16607 del 2015 e quelli successivi di rettifica a conclusione dell'iter autorizzativo.

Con riferimento all'Osservatorio Ambientale, lo stesso è stato istituito dall'accordo di compensazione, con lo scopo di vigilarne l'attuazione. Tale strumento non si sostituisce ai controlli demandati dalla legge agli organi proposti e in particolare alla commissione tecnico scientifica prevista dal decreto autorizzativo.

La presidenza dell'Osservatorio è stata assunta dall'Ente Parco, per garantire il rispetto delle previsioni dell'accordo che sono di valenza ambientale e di compensazione dei danni alla salute, che laddove accertati comporterebbero il venir meno di presupposti per il mantenimento del titolo autorizzativo. L'Ente Parco ha segnalato, altresì, che all'epoca dell'individuazione dei soggetti deputati ad effettuare le analisi dell'impatto della centrale, Enel non rientrava tra i soci fondatori della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, deputata, per l'appunto, a svolgere tali analisi. A tale riguardo, l'Ente Parco evidenzia, inoltre, che le relazioni inerenti le analisi dei dati ambientali sono state presentate in apposite assemblee dell'Osservatorio, aperte al pubblico e alla partecipazione di tutti i portatori di interesse.

Si ritiene, infine, opportuno rappresentare, con riferimento all'attività di controllo svolta sulla centrale, che l'Arpacal, oltre a verificare la corretta attuazione del piano di monitoraggio e controllo, ha effettuato diversi sopralluoghi, durante i periodi di funzionamento della centrale, sia presso lo stabilimento che presso le centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria, ubicate nei comuni di Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno, Rotonda, Viggianello, Castelluccio Inferiore e Lauria, i cui esiti sono stati trasmessi alle competenti autorità (nota Arpacal, protocollo 24710, dell'11-6-2018).

Premesso quanto sopra, in merito alle problematiche rappresentate dagli onorevoli interroganti, si assicura l'attenzione del Ministero, che non mancherà di esercitare gli opportuni poteri di intervento ad esso riservati nell'esercizio della funzione di vigilanza, qualora vengano segnalate e documentate specifiche situazioni inerenti alla gestione della centrale nell'area protetta, non coerenti con le finalità di tutela e salvaguardia ambientale e della salute e sicurezza delle popolazioni.

In conclusione, si ribadisce la massima attenzione da parte del Ministero per tutte le problematiche inerenti l'area protetta de qua, che dovessero essere documentate e portate all'attenzione del Ministero.

PRESIDENTE. Il deputato Giuseppe D'Ippolito ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Parentela ed altri n. 2-00045, di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE D'IPPOLITO (M5S). Grazie, Presidente. Voglio dire subito che ringrazio il Ministro dell'ambiente, il sottosegretario che ha, qui, risposto e l'intero Governo per l'immediata, anzi, fulminea attenzione alle nostre istanze sulla centrale a biomasse del Mercure, ubicata nel Parco nazionale del Pollino, che rappresenta un grosso problema per la regione Calabria e per la regione Basilicata.

Il collega Parentela vi ha appena illustrato con dovizia di particolari la vicenda che, per certo, costituisce uno di quei paradossi italiani talmente evidenti da non aver suscitato, prima che arrivasse il Governo del cambiamento, sdegno morale e politico nella maggioranza della precedente legislatura, troppo impegnata a foraggiare banche della morte e a favorire gruppi imprenditoriali spregiudicati.

Il MoVimento 5 Stelle, come riassunto nell'illustrazione dell'odierna interpellanza, ha denunciato lo scandalo del Mercure a più riprese, utilizzando tutti gli strumenti disponibili, parlamentari, civili e politici.

Ma non solo, nello specifico, il MoVimento 5 Stelle, che sulla produzione di energia elettrica ha una posizione chiara e coerente, ha rilanciato l'urlo d'allarme e aiuto dei territori interessati, degli enti e delle associazioni che per anni si sono opposti, in modo esemplare, all'azione di violenza, sopraffazione e per molti versi di illegalità subita da poteri economici pubblici e istituzionali.

La storia della centrale a biomasse del Mercure grida vendetta, perché, in nome del dio degli affari, un'area protetta ha già subito danni e ferite; ne risponderanno in primo luogo i responsabili politici e i burocrati dell'operazione.

Per troppo tempo, nei palazzi romani non ha destato meraviglia né orrore il fatto che una centrale a biomasse potesse trovarsi dentro un parco nazionale, né hanno provocato sconcerto e riprovazione del potere pubblico le notizie su fornitori dell'impianto accusati di collusione con la 'ndrangheta, sugli allucinogeni della compensazione promossa dal precedente Ministero dello sviluppo economico e sull'Osservatorio Ambientale foraggiato da Enel, socio della Fondazione che ha licenziato uno studio rassicurante sui danni alla salute umana delle popolazioni locali.

Non c'era bisogno di questa centrale, perché la Calabria ha un surplus di energia elettrica e perché il 60 e passa per cento dei proventi ricavati da Enel e dall'attività dell'impianto, che produce inquinamento e polveri dannose per l'uomo e l'ecosistema, proviene dagli incentivi agli impianti di produzione di energia assimilabile all'energia rinnovabile.

Noi abbiamo piena fiducia nel Ministro dell'ambiente e nell'intero Governo che, sono sicuro, finalmente andranno a fondo in questa vicenda clamorosa, quanto indicativa del fatto che i vecchi partiti hanno sempre considerato il Sud la pattumiera d'Italia, dove si può guadagnare molto a discapito di un popolo sempre bollato come incapace di capire e di reagire.

In un altro intervento in quest'Aula, ho citato una fonte autorevole, il capo della Protezione civile calabrese, il dottor Tansi, che ha ipotizzato la connessione tra le migliaia di roghi di boschi calabresi e l'approvvigionamento illecito di combustibili per gli impianti di biomasse, tra cui quello del Mercure. Di recente, lo accennava il collega Parentela, e qui introduciamo un elemento di novità, anche se di competenza di altro dicastero, Enel ha venduto al Fondo F2i, alla modica cifra di 335 milioni di euro, l'intero impianto del Mercure. Una vendita strana nei tempi e nei luoghi: è avvenuta pochi giorni fa ed è avvenuta alla vigilia di una sentenza del consiglio di Stato che potrebbe decretare la chiusura del Mercure per l'assenza delle necessarie autorizzazioni. Ma c'è un ulteriore elemento; è mia personale opinione - e questa la porterò all'attenzione del mio gruppo - che sia giunto il momento perché il Parlamento avvii un'approfondita riflessione sul concetto di fonti energetiche rinnovabili, nelle quali, oggi, sono ricomprese e incentivate con fondi pubblici anche produzioni di energia che non provengono dallo sfruttamento di fonti idealmente rinnovabili in natura, ma, come nel caso del Mercure, dalla combustione, e che sono inquinanti, dannose e nocive per l'ecosistema e per l'uomo. Per questo, temo certamente la criminalità 'ndranghetista, le cosiddette ecomafie, ma, consentitemi, temo, altrettanto, anche l'affarismo spregiudicato in campo ambientale. Il collega Parentela vi rilevava che il fondo F2i è partecipato, oltre che da due fondazioni bancarie, anche dalla Cassa depositi e prestiti, cioè dallo Stato italiano, i cui vertici, peraltro, sono ormai scaduti, e nel dirvi questo la mia indignazione aumenta a dismisura.

Oggi, però - e concludo -, il Ministro dell'ambiente e il Governo ci hanno dato prova che inizia una nuova fase, di pulizia, rigore, rispetto delle regole e delle comunità.

Caro sottosegretario, ne siamo felici, perché in un Paese normale lo Stato non può lucrare sulla salute dei propri cittadini, ma, come insegna la Costituzione, la deve salvaguardare di fronte a tutto, di fronte a tutti.

Questo è un segnale per l'intero Mezzogiorno che voi date e che i Governi precedenti, invece, avevano marginalizzato per i loro interessi e calcoli elettorali. È un segnale forte, che si aggiunge all'incontro che il Ministro dello sviluppo economico ha di recente avuto con l'imprenditore calabrese anti 'ndrangheta e anti-banche, Antonino De Masi.

Oggi sappiamo che il Governo del cambiamento è vicino al Meridione, per questo confermo la mia disponibilità più ampia e piena, quale componente della Commissione ambiente e deputato della Calabria, a collaborare con il massimo impegno, insieme al collega Parentela e agli altri parlamentari Cinquestelle della Calabria e della Basilicata, affinché il processo di cambiamento avviato dal Governo sia il più netto e incisivo possibile, partendo dal miglioramento della qualità della vita dei singoli e dalla necessità di ripristinare il rispetto delle regole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite VI (Finanze) e XI (Lavoro):

“Conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” (924) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, IX, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIII e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 16 luglio 2018 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 435 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, recante ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 (Approvato dal Senato). (C. 804)

Relatore: PATASSINI.

2. Discussione sulle linee generali delle mozioni Carnevali ed altri n. 1-00009 e Rostan ed altri n. 1-00012 concernenti iniziative volte ad implementare il reddito di inclusione .

3. Discussione sulle linee generali della mozione Gelmini ed altri n. 1-00010 concernente iniziative volte a favorire il rientro delle imprese italiane che hanno delocalizzato la produzione all'estero .

La seduta termina alle 13,40.