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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 24 di mercoledì 11 luglio 2018

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

La seduta comincia alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 9 luglio 2018.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, la Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro per gli Affari europei.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, considerata la diretta televisiva in corso.

(Iniziative volte ad evitare la pratica, da parte del Governo, di procedere all'annuncio di provvedimenti normativi di cui non risulti tempestivamente conoscibile il testo - n. 3-00064)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Fornaro n. 3-00064 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Fornaro se intenda illustrare la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, colleghi, noi abbiamo ritenuto di sottoporre al Governo questa interrogazione perché c'è stata una grande enfasi dopo l'approvazione, in Consiglio dei Ministri, il 2 luglio scorso, del cosiddetto “decreto dignità”. Da allora è partita una girandola di dichiarazioni e ancora alle 14,27 il Vicepresidente Di Maio ha dichiarato che tra oggi e domani ci sarà il testo definitivo e alle 14 il sottosegretario Giorgetti ha detto che la firma ci sarà quando la bollinatura del MEF sarà stata effettuata. Cioè, detto in altri termini sono quasi ormai dieci giorni che su tutti i giornali si discute di un testo fantasma. Credo che questa sia una pratica che appartiene al passato e, per essere molto chiari, non è certo la prima volta…

PRESIDENTE. Concluda, deputato.

FEDERICO FORNARO (LEU). …ma, visto che siamo all'inizio di legislatura, noi riteniamo non sia rispettoso del Parlamento e, quindi, chiediamo al Governo, il “Governo del cambiamento”, quali iniziative intenda assumere affinché questo modus operandi possa terminare.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, ha facoltà di rispondere.

RICCARDO FRACCARO, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Signor Presidente, colleghi deputati, nella riunione del 2 luglio scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto-legge recante misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese che, sul piano politico, rappresenta il primo importante provvedimento assunto da questo Governo. Si tratta di un decreto al quale tutto l'Esecutivo attribuisce il massimo rilievo, in quanto interviene sul tessuto economico, produttivo e sociale del Paese al fine di offrire soluzioni a temi annosi e di grande complessità che interessano la vita dei cittadini e delle imprese. È, quindi, evidente come provvedimenti di questo tipo richiedano un'analisi approfondita per assicurare la migliore definizione di tutti gli aspetti tecnico-normativi delle singole disposizioni. Per questa ragione non ritengo che si possa parlare, in questo caso, di mero annuncio, in quanto, come di consueto, al termine della riunione del Consiglio dei ministri, è stata data puntuale comunicazione dei provvedimenti adottati. Il “decreto dignità” è stato, quindi, tempestivamente sottoposto alle necessarie analisi e verifiche tecniche da parte degli uffici, anche sotto il profilo del drafting normativo. Tali operazioni hanno comportato il trascorre di un arco temporale fisiologico, indispensabile a garantire la regolarità formale e sostanziale del testo ormai definito in tutti i suoi aspetti e che è ora in attesa della sola bollinatura.

Desidero, infine, precisare che è ferma intenzione del Governo del cambiamento garantire sempre la piena corrispondenza fra gli obiettivi annunciati e i provvedimenti effettivamente adottati e questo, a differenza dell'esperienza dei recenti Governi, come sottolineato dall'interrogante, è quanto si verifica con il “decreto dignità”.

PRESIDENTE. Il deputato Fornaro ha facoltà di replicare.

FEDERICO FORNARO (LEU). Io credo che intanto parlino i fatti: ad oggi, alle 15,05 dell'11, sulla Gazzetta Ufficiale non c'è il testo, non c'è una data certa in questo testo; verrà pubblicato. Viceversa, diciamo che, all'interno della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato definito il 24 come data di arrivo in Aula di questo provvedimento. Quindi, siamo anche preoccupati che questo ritardo, alla fine, soffochi un giusto lavoro delle Commissioni e della Commissione competente. Questo è un altro aspetto che sottolineo al Presidente, perché non vorremmo che alla fine questi ritardi finissero per accelerare un provvedimento che, come è stato ricordato, è il primo provvedimento più importante di questo Governo.

Vorrei soprattutto spiegare, per chi ci ascolta, che la bollinatura, la cosiddetta “bollinatura” della Ragioneria, in realtà, è un elemento fondamentale. È l'arbitro, la Ragioneria dello Stato, che sostanzialmente deve dire che questo provvedimento è coperto, cioè che ci sono le risorse per poter coprire le spese che questo decreto contiene.

Quindi, diciamo non è un passaggio formale, non è un drafting ma è un problema di sostanza. Ci saremmo aspettati - in questo sì innovando rispetto al passato - che questo passaggio, che poi è un passaggio che ha anche il MEF, evidentemente, come elemento centrale della discussione con i Ministri competenti, fosse stato fatto prima, visto che c'è stato un lavoro precedente a questo.

Quindi, da questo punto di vista, la consideriamo - mi perdonerà signor Ministro - una falsa partenza. La speranza è che, per il lavoro del Parlamento, per il rispetto degli elettori, per il rispetto del dibattito pubblico, che, attorno a questioni come queste, ci deve essere, questo non si ripeta, ossia che, alla fine, sia tutto funzionale ad annunci utili agli strateghi della comunicazione…

PRESIDENTE. Concluda.

FEDERICO FORNARO (LEU). …e, viceversa, non ci sia il tempo per approfondire perché il Parlamento riacquisti quella centralità che ricordo, signor Presidente Fico, lei giustamente anche nel suo discorso inaugurale ha ribadito e si è impegnato a rafforzare.

(Iniziative per proseguire l'iter volto ad attribuire ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle regioni che ne abbiano manifestato l'interesse, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione - n. 3-00065)

PRESIDENTE. Il deputato Invernizzi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00065 (Vedi l'allegato A).

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Grazie, signor Presidente. Buongiorno, signora Ministro. Noi la interroghiamo per sapere lo stato dell'arte circa quel procedimento iniziato con forza il 22 ottobre 2017 attraverso un referendum consultivo che ha chiamato milioni di cittadini lombardi e veneti a pronunciarsi, per la prima volta nella loro storia, circa la concessione di maggior autonomia alle loro regioni e a cui poi si è accodata anche l'Emilia-Romagna. Chiediamo, appunto, qual è lo stato dell'arte del procedimento, dell'intesa che deve esserci con lo Stato centrale per dare finalmente una risposta, che auspichiamo ovviamente e siamo convinti che sarà positiva, a questi milioni di cittadini che, ripeto, per la prima volta nella loro vita - poco più di otto mesi fa - hanno potuto recarsi alle urne e chiedere con forza maggiore autonomia.

PRESIDENTE. La Ministra per gli Affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, ha facoltà di rispondere.

ERIKA STEFANI, Ministra per gli Affari regionali e le autonomie. Grazie. Ringrazio intanto per la domanda che mi viene posta. Tutto il sistema attuale delle trattative, per quanto riguarda la concessione di forme particolari di autonomia, parte da queste preintese che sono state stipulate, sebbene nel frattempo siano intercorse delle modificazioni nel senso che già il presidente della regione Veneto si è presentato il 12 giugno 2018 e ha inoltrato l'istanza di ampliare la concessione dell'autonomia a tutte le materie consentite dall'articolo 116, terzo comma, ed è già in previsione per la giornata di domani che la delegazione trattante del Veneto verrà a sottoporre una propria precisa proposta scritta.

Poi, in data 14 giugno ho incontrato anche il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, il quale, accompagnato dall'assessore appositamente nominato all'autonomia, Bruno Galli, ha manifestato l'intenzione, anche qui, di ampliare, fin dove è consentito, il novero delle materie trasferite.

In data 19 giugno ho incontrato il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, il quale ha evidenziato che intende allargare le materie da trasferire alla regione e ha preannunciato che attende un passaggio presso la sede dell'assemblea legislativa regionale che consenta, quindi, di specificare l'individuazione di ulteriori materie.

Nel frattempo, in data 21 giugno, ho incontrato il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, il quale, pur non avendo firmato una preintesa, ha espresso la volontà di intraprendere, anche questo, un percorso per l'ottenimento di ulteriori forme di autonomia.

Ora, lo schema delle preintese è sicuramente uno spunto, ma un mio obiettivo è quello di poter predisporre delle leggi per la concessione dell'autonomia, tutte separate a seconda delle regioni. Si tratta di un'autonomia differenziata e tanto deve essere differenziata anche la risposta che viene data per ciascuna. Ovviamente, però, lo schema tecnico e la forma legislativa possibilmente dovranno essere omogenei per tutti. Viene stabilito un percorso il quale può essere proseguito da queste regioni o può essere intrapreso anche da altre regioni che vogliano richiedere l'autonomia.

PRESIDENTE. Il deputato Invernizzi ha facoltà di replicare.

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Presidente, signora Ministro, noi siamo più che soddisfatti quantomeno dell'impegno che sicuramente lei personalmente, anche per la sua storia personale e politica, sta mettendo in questo processo. Non devo dirlo a lei, che è veneta, un popolo che sappiamo, quindi, essere molto legato alle proprie tradizioni e alla propria storia e particolarmente interessato, ovviamente, al proprio futuro, ma riteniamo fondamentale, comunque, garantire l'appoggio del gruppo Lega in questo straordinario processo, che siamo convinti coinvolgerà sempre più un maggior numero di regioni in Italia, all'interno di un processo virtuoso innescato ad ottobre 2017, che porterà alla consapevolezza che, per garantire futuro alle proprie comunità, ciascuna regione deve comportarsi da protagonista.

Fa piacere sentire che già la Liguria si è mossa. Auspichiamo ovviamente che alle prossime elezioni, che pensiamo vadano come sono andate le elezioni a partire dal 4 marzo ad oggi, cioè con la vittoria di coloro che sono sinceramente autonomisti, questo processo possa allargarsi a tutta Italia.

Da lombardo mi consenta di dire, anche con una nota di commozione, che questo processo che noi auspichiamo possa essere concluso prima possibile, va dedicato sicuramente a una persona, il professore Ettore Adalberto Albertoni, recentemente scomparso, scomparso la settimana scorsa, il padre dello statuto di autonomia della Lombardia, già assessore all'autonomia, alla cultura e all'identità della Lombardia. Si tratta di un professore che, con lo stile che lo ha caratterizzato e che posso dire caratterizza il popolo lombardo, cioè abbastanza dimesso, ma costante e fermo nei propri principi, ha creduto nell'autonomia, al punto tale da concludere la sua esperienza politica - e, purtroppo, dopo poco, anche terrena - da presidente onorario del Comitato referendum del 22 ottobre 2017.

Per queste persone, per Gianfranco Miglio, per coloro che hanno sempre creduto…

PRESIDENTE. Concluda.

CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). …invitiamo - il Governo noi sappiamo che lo sta già facendo - a far di tutto per concludere prima possibile questo procedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

(Iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, con particolare riferimento alla promozione di un piano straordinario di assunzioni in relazione alle necessità del settore - n. 3-00066)

PRESIDENTE. La deputata Carbonaro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00066 (Vedi l'allegato A).

ALESSANDRA CARBONARO (M5S). Grazie Presidente. Dal suo insediamento, Ministro, ha sempre sottolineato la necessità e la volontà di rafforzare le politiche di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. E, per farlo, non si può prescindere dalle professionalità, di cui questo settore ha bisogno e che spesso, troppo spesso, sono state ignorate.

Lei ha posto sin da subito l'accento sul tema del lavoro nel mondo della cultura e, con lei, Ministro, auspichiamo un'inversione della rotta, quel cambiamento che questo settore aspetta da troppo tempo, perché se la nostra Repubblica - e qui richiamo la Costituzione – è fondata sul lavoro, lo deve essere ancora di più sul lavoro nell'ambito dei beni culturali, poiché quell'ambito ci rappresenta e, tutelandolo, tuteliamo la nostra identità.

Le chiediamo, quindi, se intende intervenire con politiche che valorizzino il nostro patrimonio culturale, promuovendo un piano straordinario di assunzioni, che risponda alle necessità del settore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Alberto Bonisoli, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO BONISOLI. Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, signori onorevoli, buongiorno. Ringrazio i deputati del MoVimento 5 Stelle, che chiedono che venga potenziata l'attività di valorizzazione del patrimonio culturale del Paese, anche mediante l'assunzione di nuovo personale che ne garantisca la fruibilità. Grazie di cuore agli onorevoli per darmi l'occasione e l'opportunità di entrare un pochino più nel merito di quanto già ho parlato nei giorni scorsi. È comunque una questione che per me risulta di primaria importanza.

Come ho riferito, nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del Dicastero, presso le Commissioni cultura di Camera e Senato in riunione congiunta di ieri, è mia intenzione procedere in tal senso, sulla base della ricognizione dello stato dell'arte della situazione del personale del mio Ministero, che è già stata avviata.

Come è noto, ai sensi della legge n. 208 del 2015 e dei connessi DPCM, il Ministero dei beni culturali è stato autorizzato ad assumere un numero di vincitori e di idonei del concorso già svolto, per l'assunzione di 500 funzionari tecnici, fino al raggiungimento di mille unità.

La competente Direzione generale Organizzazione mi ha informato che, a tutt'oggi, si è proceduto all'assunzione di circa 600 unità - che sono, quindi, già operative presso le strutture centrali e periferiche del Ministero - e sono in corso le procedure per lo scorrimento delle graduatorie, per ulteriori 300 unità.

Considerato che le nostre graduatorie generali di merito contemplano un numero complessivo di candidati collocati che ammonta a 1.163 unità, una volta che avremo assunto i mille posti che sono già stati autorizzati, rimarranno 163 persone che sono state giudicate idonee. E stiamo valutando la fattibilità di un intervento normativo, finalizzato all'assunzione di queste persone.

Siamo stati, inoltre, autorizzati già da adesso a bandire una selezione per l'assunzione di 16 funzionari amministrativi, mediante lo scorrimento della graduatoria relativa al concorso 120 Ripam Coesione, a valere sul budget assunzionale del 2017, nonché di 500 unità di personale area 2, cinque dirigenti architetti e quattro dirigenti archeologici.

Il tema, però, è un pochino più ampio, questo è quello che già sta succedendo. A livello generale, da un primo esame dei dati forniti, mi risulta, tuttavia, che c'è una carenza attuale, rispetto alla dotazione organica prevista dal DCPM n. 171 del 2014 e al netto - cioè già scorporata - la Direzione generale turismo, di circa 3 mila unità. Il che vuol dire che ci sono 3 mila persone in meno nel Ministero, rispetto a quante dovrebbero essere.

Inoltre, il dato stimato delle cessazioni per ciascun anno, per quiescenza - cioè che vanno in pensione - nel triennio 2018-2020 è pari a circa mille unità di personale all'anno.

PRESIDENTE. Concluda, Ministro.

ALBERTO BONISOLI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Scusi?

PRESIDENTE. Concluda, perché tre minuti sono assegnati.

ALBERTO BONISOLI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Alla luce di questi dati, si ritiene necessario prevedere un piano straordinario di assunzione, pari a circa 6 mila unità, in particolare nel profilo amministrativo.

Mi riservo di tenere aggiornati sulla questione, che, come già sapete, mi sta particolarmente a cuore, e dichiaro fin d'ora la mia disponibilità a riferire in questa sede ogni novità utile al riguardo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. La deputata Casa, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

VITTORIA CASA (M5S). Grazie signor Presidente, grazie signor Ministro. È chiaramente una grande boccata d'ossigeno per i lavoratori del settore, legato al patrimonio culturale del nostro Paese. Quindi, siamo veramente soddisfatti e pienamente consapevoli dell'inversione della rotta che ci si avrà nel suo Ministero.

I beni culturali, come noi sappiamo, sono veramente la ricchezza del nostro territorio e del nostro Paese e, quindi, potere finalmente parlare di una piena fruibilità di questi beni va sicuramente nella direzione, che anche la nostra Costituzione all'articolo 9 promuove. Non dimentichiamo, appunto, che i livelli essenziali dei beni culturali sono importanti per quanto riguarda il servizio pubblico e, quindi, potere contare, non soltanto su un'apertura, ma su una piena fruibilità di tutti gli uffici periferici e centrali, legati agli archivi, ai musei e alle biblioteche, sicuramente va in questa direzione.

Quindi noi siamo, come MoVimento 5 Stelle, veramente soddisfatti dell'assunzione che in questo momento lei, davanti al Parlamento, sta facendo, che il piano di assunzione sia straordinario. Quindi, i numeri che lei ha citato sono veramente importanti, perché parliamo di 6 mila unità. Negli ultimi tempi sappiamo benissimo che il fabbisogno è sceso al di sotto di 16 mila unità e, quindi, assolutamente, come dire, limitante per potere portare avanti tutti quelli che sono gli uffici periferici.

Quindi, la ringraziamo tantissimo per l'impegno. Veramente dal MoVimento 5 Stelle avrà il pieno appoggio, per portare avanti queste politiche di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, in cui il piano di assunzione è sicuramente una leva strategica per la formazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Elementi in merito al trasferimento di risorse tra dicasteri in relazione al previsto riordino delle competenze in materia di turismo - n. 3-00067)

PRESIDENTE. La deputata Flavia Piccoli Nardelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Ascani ed altri n. 3-00067 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Grazie Presidente. Ministro, il Consiglio dei ministri del 2 luglio 2018 ha approvato un decreto-legge, che trasferisce al Ministero delle Politiche agricole le funzioni esercitate dal Ministero dei Beni e delle attività culturali in materia di turismo.

Nel 2013 il trasferimento di queste funzioni, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero per i beni e le attività culturali, ha consentito di avviare politiche del turismo collegate alle straordinarie potenzialità culturali del nostro Paese.

Nel 2017, grazie alle misure promosse dal 2014 a oggi con il cosiddetto decreto-legge “Art bonus”, le strutture ricettive italiane hanno registrato il record di 122 milioni di arrivi e oltre 427 milioni di presenze totali, su dati ISTAT, e la spesa dei turisti stranieri nel nostro Paese è aumentata del 7,3 per cento.

Questo importante rilancio del turismo è stato ottenuto anche tramite azioni…

PRESIDENTE. Deve concludere. Ha un minuto.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). …di valorizzazione del patrimonio culturale, come confermano le previsioni del Piano strategico del turismo 2017-2022, la celebrazione de “l'Anno dei borghi”, eccetera.

Noi chiediamo, Ministro, quale sia la reale entità delle risorse che saranno trasferite da un Ministero all'altro e con quali risorse il Ministero interrogato intenda assicurare che si proseguano le importanti azioni di valorizzazione del patrimonio culturale, in collegamento col turismo, intraprese dal 2014 ad oggi e citate in premessa.

PRESIDENTE. Il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Alberto Bonisoli, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO BONISOLI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Innanzitutto ringrazio l'onorevole Piccoli Nardelli per la possibilità di questo mio intervento.

I deputati del PD chiedono notizie in merito al trasferimento al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali delle funzioni esercitate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in materia di turismo, previsto dallo schema di decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri dello scorso 2 luglio.

Ho avuto modo di anticipare questo argomento nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del Ministero, tenutosi ieri presso le Commissioni Cultura di Camera e Senato in seduta congiunta.

Come sapete, il provvedimento trasferisce le funzioni in materia di turismo al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con il fine di promuovere e valorizzare il turismo italiano anche attraverso i prodotti agroalimentari e il loro legame con il territorio. Mi riferisco alle eccellenze del made in Italy, che costituiscono un patrimonio unico, così come le destinazioni turistiche, che, trattate unicamente da un solo dicastero, mediante attente operazioni di marketing potranno costituire un importante volano di sviluppo, competitività e innovazione.

Unitamente alle competenze in materia di turismo, al medesimo Ministero dell'agricoltura saranno, altresì, trasferite le risorse umane della Direzione generale del turismo del Ministero dei beni e delle attività culturali. Tali risorse, che saranno individuate con apposito decreto, includono il personale di ruolo e il personale a tempo determinato, entro i limiti del contratto in essere alla data di entrata in vigore del decreto, che risulti in carico alla Direzione generale del turismo alla data del 1° gennaio 2018.

Lo stanziamento complessivo della legge di bilancio 2018, relativo al centro di responsabilità della Direzione generale del turismo, ammonta complessivamente a 46.763.624 euro. A questa somma vanno sottratti 2 milioni e mezzo di euro circa, destinati al funzionamento della scuola e dei beni e delle attività culturali, che, come sapete, resta al Ministero dei beni culturali, e circa 760.000 euro per altri progetti destinati a tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

Le ulteriori risorse strumentali e finanziarie, compresa la gestione residui, saranno individuate a seguito di specifico approfondimento da parte dei due Ministeri, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero per la pubblica amministrazione e il Ministero per i beni e le attività culturali, previsto dal comma 7, articolo 1, dello schema del decreto in parola.

PRESIDENTE. La deputata Ascani ha facoltà di replicare.

ANNA ASCANI (PD). Grazie, Presidente. Ministro, non siamo affatto soddisfatti della sua risposta, intanto perché in quello che vi piace chiamare “contratto di governo” avevate previsto un Ministero ad hoc, che, come lei ben sa, era l'unica alternativa a lasciare, lì dove stava, ovvero in seno al Ministero dei beni e delle attività culturali, la delega del turismo, un settore che è cruciale per lo sviluppo di questo Paese e che, grazie alle attività di questi cinque anni, è enormemente cresciuto. Spostarlo soltanto perché il titolare delle Politiche agricole lo invoca, essendo un tour operator, è assolutamente imbarazzante; sarebbe come dire che spostiamo la delega allo sport al Ministero dell'istruzione perché il Ministro in questione di mestiere faceva l'insegnante di educazione fisica e che così smantelliamo tutti i Ministeri a seconda dei bisogni e delle necessità dei Ministri che la Lega di Salvini esprime all'interno di questo Governo. Mi pare assurdo piegare un settore, che oggi vale il 12 per cento del PIL, alle esigenze strumentali dei singoli ministri.

Io mi auguro, Ministro, che la cifra che ho sentito - 760 mila euro - sia una cifra simbolica, perché pensare di fare la valorizzazione del patrimonio culturale italiano con 760 mila euro, quando lo stanziamento previsto era un miliardo, è assolutamente impossibile.

Quindi, spero che nel prosieguo del suo lavoro lei sappia far valere la sua autorevolezza e la forza del Ministero dei beni e delle attività culturali per far sì che il turismo e la cultura restino, come devono essere, strettamente connessi: ne va dell'economia e dello sviluppo di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Chiarimenti in merito alla possibilità di utilizzare le risorse del Fondo sociale europeo per finanziare il reddito di cittadinanza - n. 3-00068)

PRESIDENTE. Il deputato D'Attis ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00068 (Vedi l'allegato A).

MAURO D'ATTIS (FI). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, sul tema del reddito di cittadinanza si sono consumati dibattiti in quest'Aula nella scorsa legislatura e serrati confronti anche in campagna elettorale. In particolare, il leader del MoVimento 5 Stelle ha sostenuto da sempre la facile e veloce introduzione del reddito di cittadinanza. Lo ha sostenuto prima, da parlamentare di opposizione, e lo ha sostenuto dopo, da candidato alle elezioni politiche. Molti, moltissimi elettori, soprattutto del sud, hanno evidentemente creduto a questa facile promessa.

Signor Ministro, a una interrogazione del gruppo di Forza Italia-Berlusconi Presidente, Luigi Di Maio, ora Ministro del lavoro, non ha dato risposta. La domanda era: quali sono le risorse che il Governo intende impiegare per garantire il reddito di cittadinanza già dal 2018.

Il Ministro dell'economia, Giovanni Tria, aveva già chiarito che del reddito di cittadinanza in questo momento non se ne poteva far nulla, mentre il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha evidenziato che la rinegoziazione dei nuovi fondi sociali europei potrà essere proposta solo per il ciclo 2021-2027.

Signor Ministro, facendo leva sulla sua riconosciuta competenza…

PRESIDENTE. Concluda.

MAURO D'ATTIS (FI). …seria e autorevole, le chiediamo di rispondere a questa domanda: può confermare che il reddito di cittadinanza non può essere finanziato con le risorse del Fondo sociale europeo, non solo nel 2018, ma addirittura anche prima del 2021? La risposta non è per noi soltanto, ma per i milioni di italiani che la ascoltano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il Ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, ha facoltà di rispondere.

PAOLO SAVONA, Ministro per gli Affari europei. Grazie, Presidente, onorevoli deputati. In riferimento alla richiesta formulata dagli onorevoli interroganti, si precisa quanto segue: “i fondi strutturali e di investimento europei” - di cui il Fondo sociale europeo costituisce una componente - “intervengono, mediante programmi pluriennali, a complemento delle azioni nazionali, regionali e locali, per realizzare la strategia dell'Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nonché le missioni specifiche di ciascun fondo (…)” (articolo 4 del regolamento n. 1303 del 2013).

A tal fine, nell'attuale ciclo di programmazione, essi sostengono, tra l'altro, gli obiettivi di, cito testualmente: “promuovere un'occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori” (che è l'obiettivo tematico n. 8) e “promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà e ogni discriminazione” (obiettivo tematico n. 9), definiti dall'articolo 9 del citato regolamento.

Nel negoziato che ha accompagnato la programmazione dei fondi nei passati cicli di programmazione, la Commissione europea ha teso ad escludere un loro utilizzo per misure di “natura esclusivamente passiva”, questi sono i termini usati. Pertanto, se la misura del reddito di cittadinanza avesse la natura di mero sostegno al reddito, nonostante l'obiettivo tematico n. 9 lo consenta, troverebbe conferma la difficoltà nel finanziarla a valere sul Fondo sociale europeo.

Tuttavia, in presenza di misure di politiche attive, ad esempio la costituzione di comitati per l'occupazione, come al momento sembra essere previsto nel disegno, le risorse del Fondo sociale europeo a complemento di politiche nazionali o locali potrebbero sostenere tali misure, compresa l'eventuale indennità riconosciuta ai partecipanti come rimborso spese.

Il Governo, sulla base degli elementi forniti dal Ministero del lavoro, sta già lavorando ad un intervento volto a strutturare un modello di reddito di cittadinanza rispetto al quale talune risorse del Fondo strutturale europeo potranno essere utilizzate nell'ambito delle finalità del Fondo stesso.

In questo senso, l'intuizione del Vicepresidente Di Maio mi appare corretta, e conferma che il Governo intende rispettare i parametri fiscali, ricercando le risorse europee nell'ambito di quelle già esistenti, tuttavia richiede che lo stesso Ministero del lavoro se ne dia carico nel Consiglio europeo competente, come verrà fatto dal Dipartimento delle politiche comunitarie nelle sedi in cui opera. Non si può ignorare che le disponibilità messe a disposizione dell'Italia a questo titolo non sono abbondanti, ma resta in ogni caso l'impegno del Governo ad utilizzare tutti gli strumenti finanziari idonei a coprire le misure prioritarie per l'azione di Governo.

PRESIDENTE. Il deputato D'Attis ha facoltà di replicare.

MAURO D'ATTIS (FI). Presidente, Ministro, ogni gruppo politico è presente in quest'Aula perché ha preso i voti degli italiani; gli elettori hanno scelto di votare dando fiducia alle cose che gli sono state promesse. Non si può scindere la campagna elettorale dalla successiva attività parlamentare e di Governo quando poi si è eletti o nominati al Governo; a noi sembra, signor Ministro, anche dalle sue parole, che, invece, con voi sia proprio così. È evidente, dalle sue parole, che tutto quanto è stato detto in questi anni dal MoVimento 5 Stelle, anche in quest'Aula, sul reddito di cittadinanza era basato sul nulla o peggio sull'inconsapevolezza delle azioni che si possono o non si possono fare per risolvere i problemi.

Al contrario di Luigi Di Maio, Forza Italia ha sempre detto la verità. Il Presidente del Parlamento, Tajani, ha da subito informato dell'impossibilità, che oggi lei ha confermato in Aula, di finanziarie il reddito di cittadinanza con i fondi europei. E se non ci sono i fondi europei, noi tutti sappiamo - ed è bene ribadirlo, dirlo con fermezza - che è praticamente impossibile finanziare il reddito di cittadinanza con i fondi nazionali, vista la pesante situazione del bilancio dello Stato.

Il reddito di cittadinanza non è solo una proposta priva di copertura, è anche una proposta radicalmente sbagliata, perché deresponsabilizza i cittadini, l'ha detto più volte il presidente Berlusconi. Il reddito di cittadinanza che è stato venduto agli italiani non è quello che lei oggi ha descritto in Aula: il rimborso spese, i comitati per l'occupazione; ed è stato venduto come una cosa già pronta. Oggi scopriamo che i soldi non ci sono, che il Fondo sociale europeo non è la soluzione, che prima di farlo partire occorre ristrutturare i centri per l'impiego, e che per fare tutto questo ci servono taskforce ed équipe. Le parole di Di Maio - scopriamo - non avevano alcun fondamento, finanziario soprattutto. E voi, con il vostro Governo, né ora né il prima possibile - come veniva detto qualche settimana fa - darete 1 euro a quei 5 milioni di poveri ai quali, invece, avete sottratto i loro voti e molto probabilmente anche la loro dignità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Chiarimenti in ordine alla posizione assunta dal Governo nell'ambito del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018, con particolare riferimento alla riforma della governance dell'Unione monetaria europea- n. 3-00069)

PRESIDENTE. Il deputato Fidanza ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00069 (Vedi l'allegato A).

CARLO FIDANZA (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, al Consiglio europeo di due settimane fa, mentre tutte le attenzioni si concentravano sul tema immigrazione - peraltro con scarsi risultati per l'Italia -, nella mattinata del 29 giugno, nella sottovalutazione generale, l'Eurosummit ha approvato altre due questioni fondamentali: non soltanto il rinnovo delle sanzioni alla Russia, di cui abbiamo già parlato la settimana scorsa in un analogo questiontime di Fratelli d'Italia, ma anche una roadmap per il completamento dell'Unione monetaria, che prevede l'inizio del percorso che porterà alla creazione di un vero e proprio Fondo monetario europeo come evoluzione dell'attuale meccanismo europeo di stabilità. Un organismo che nascerebbe sulla falsariga del Fondo monetario internazionale, con una legittimazione democratica inesistente e che si porrebbe come obiettivo quello di imporre agli Stati membri a più alto debito le cosiddette condizionalità macroeconomiche, ovvero nuove misure di austerità. In pratica, siamo all'istituzionalizzazione della trojka.

PRESIDENTE. Concluda.

CARLO FIDANZA (FDI). Ora, signor Ministro, ci chiediamo: la linea del Governo è quella espressa in quest'Aula dal Presidente Conte poche ore prima del vertice europeo oppure quella dello stesso Premier che, a Bruxelles, poche ore dopo, ha condiviso il documento finale? Se, come auspichiamo, è la prima, possiamo aspettarci che il Governo, nel futuro immediato, eserciti il diritto di veto per evitare l'ennesima perdita di sovranità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)?

PRESIDENTE. Il Ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, ha facoltà di rispondere.

PAOLO SAVONA, Ministro per gli Affari europei. Presidente, in riferimento alle richieste formulate dagli onorevoli interroganti, preciso quanto segue.

Il Governo non è venuto meno all'impegno preso in occasione del dibattito parlamentare del 27 giugno. Infatti, non ha cambiato posizione sulla necessità di ancorare i temi riguardanti il completamento di quello che viene definito bankingpackage e le trasformazioni degli strumenti monetari esistenti con le proposte di un loro inquadramento in una riforma dell'architettura istituzionale della Banca centrale europea e della politica fiscale esposte in conclusione del citato dibattito del 27 giugno e delle susseguenti precisazioni nel corso della riunione congiunta delle Commissioni parlamentari competenti tenutasi ieri in Senato.

Ciò che è stato deciso a Bruxelles è di condurre l'esame delle materie indicate nel comunicato finale entro il semestre in corso senza alcuna concessione. Il Governo si riserva di attivare ogni strumento a sua disposizione qualora non vi fosse un'apertura alle proposte indicate dal Presidente Conte ricordate nel testo dell'interrogazione. Da parte italiana non si è reso necessario ricorrere a questi strumenti, come il veto, perché altri gruppi di Paesi membri hanno sollevato obiezioni alle proposte in discussione anche più radicali delle nostre.

PRESIDENTE. Il deputato Fidanza ha facoltà di replicare.

CARLO FIDANZA (FDI). Grazie, signor Ministro. Non possiamo dichiararci pienamente soddisfatti nella sua risposta. A noi continua ad apparire evidente che ci sia stata una discrasia tra quanto dichiarato in Aula dal Governo e quanto poi emerso come conclusioni finali in sede di Consiglio europeo. Prendiamo atto positivamente della disponibilità a mettere in campo tutte le posizioni possibili; devo dedurre, con un'interpretazione estensiva delle sue parole, fino anche al diritto di veto; lei non l'ha detto, mi auguro che voglia intendere questo.

Questo tipo di atteggiamento ci dispiace per due ragioni: la prima riguarda lei personalmente, signor Ministro, glielo dico con simpatia. Noi, come Fratelli d'Italia, sa che l'abbiamo sostenuta e difesa da chi, in nome di un'ortodossia eurocratica ne avrebbe voluto impedire la nomina, quindi ci aspettiamo da lei un contributo di forza e di saggezza rispetto a quello che dovrebbe essere uno dei temi cardini del presunto Governo del cambiamento. La seconda ragione riguarda gli italiani, perché anche oggi io indosso una maglietta azzurra dedicata a quei tanti milioni di italiani in condizioni di difficoltà che si aspettano risposte concrete su lavoro, tasse e imprese. Queste risposte non possono arrivare e non potranno essere efficaci se non si cambia in profondità l'Europa delle banche, l'Europa della finanza speculativa, l'Europa della burocrazia che opprime i popoli europei.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brescia, Buffagni, Delrio, Fioramonti, Gregorio Fontana, Gelmini, Micillo, Morrone, Nevi, Rizzo e Ruocco sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alla discussione sulle linee generali del decreto-legge recante misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il tribunale di Bari. Tuttavia, è stato testè richiesto dalla presidente della Commissione giustizia un differimento di trenta minuti al fine di concludere l'audizione del Ministro della giustizia che è in corso presso quella Commissione. Su tale richiesta vi è l'assenso di tutti i gruppi.

Sospendo pertanto la seduta che riprenderà alle ore 16,30.

La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,30.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73, recante misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari e la Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale (A.C. 764).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 764: Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73, recante misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari e la Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale.

Ricordo che, nella seduta del 10 luglio, sono state respinte le questioni pregiudiziali Ermini ed altri n. 1 e Sisto ed altri n. 2.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 764)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Fratelli d'Italia, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Carla Giuliano.

CARLA GIULIANO, Relatrice. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, la Camera oggi è chiamata ad esaminare il disegno di legge presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro della Giustizia di conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73 recante disposizioni straordinarie e urgenti volte a garantire il corretto esercizio della giurisdizione del tribunale penale e della procura della Repubblica di Bari, a seguito della dichiarata inagibilità da parte del comune di Bari degli immobili adibiti a tali uffici giudiziari.

Nel corso dell'esame in sede referente la Commissione ha svolto un approfondito esame istruttorio al termine del quale essa ha proceduto ad esaminare gli emendamenti presentati ritenendo di non accoglierli. È stato infatti considerato che la sospensione dei processi penali pendenti dinanzi al tribunale di Bari e alla procura della Repubblica presso il medesimo tribunale, a seguito della oggettiva impossibilità di celebrazione delle udienze penali per la sopravvenuta indisponibilità dei luoghi di svolgimento delle stesse, fosse sufficiente a superare la fase emergenziale venutasi a creare in quel territorio. Le disposizioni del decreto-legge, come si legge nella relazione illustrativa, fanno riferimento a un arco temporale limitato necessario a consentire all'Amministrazione di portare a termine le iniziative già in corso per la individuazione e la effettiva utilizzazione di uno o più immobili da adibire a sede degli uffici giudiziari che attualmente ne sono sprovvisti.

Ai fini della sua conversione in legge è opportuno delineare brevemente i passaggi salienti che hanno reso indifferibile e urgente l'emanazione del decreto-legge in discussione. In data 18 maggio 2018 la procura della Repubblica presso il tribunale di Bari ha trasmesso alle competenti articolazioni del Ministero della giustizia le note conclusive della relazione relativa alla staticità dell'immobile di via Nazariantz, adibito a sede degli uffici della procura della Repubblica e del tribunale penale di Bari, redatta da un tecnico su incarico dell'INAIL, ente proprietario dell'edificio. Tale documento evidenziava carenze strutturali dell'immobile mai emerse prima in tale misura e consistenza e talmente gravi da comportare un serio pericolo per la incolumità dei dipendenti e degli utenti, essendo stata paventata la possibilità di un crollo improvviso dell'ufficio non preceduto da segnali indicativi di cedimento. Alle stesse conclusioni giungeva anche una successiva perizia del 25 maggio 2018 effettuata su incarico della procura della Repubblica di Bari. Sulla base del suddetto rapporto tecnico, in data 23 maggio 2018, il direttore della ripartizione urbanistica ed edilizia privata del comune di Bari ha emesso un provvedimento di sospensione dell'agibilità dell'immobile di via Nazariantz, comunicando inoltre l'avvio del procedimento amministrativo teso alla revoca dell'agibilità dell'immobile. Onde evitare l'interruzione dell'attività giudiziaria, con decreto-legge del 25 maggio 2018, l'allora Ministro della Giustizia Orlando ha autorizzato l'utilizzo dell'immobile già sede della soppressa sezione distaccata di Modugno per lo svolgimento delle attività giudiziarie riguardanti il tribunale penale e la procura della Repubblica di Bari, immobile rivelatosi però di fatto insufficiente. A fronte di ciò, in data 26 maggio 2018, i capi degli uffici giudiziari della sede di via Naziarantz hanno chiesto al presidente della regione Puglia l'installazione di tensostrutture nel piazzale antistante l'edificio di via Nazariantz, all'interno delle quali poter svolgere attività di mero rinvio delle udienze già fissate relative ai processi penali pendenti dinanzi al tribunale penale di Bari. Sono state così installate, a cura della Protezione civile, tre tende per lo svolgimento di tali udienze. Con provvedimento del 31 maggio 2018, il comune di Bari ha revocato l'agibilità dell'immobile di via Nazariantz. La revoca dell'agibilità dell'immobile ha comportato che le udienze di mero rinvio relative ai processi penali pendenti dinanzi al tribunale di Bari fossero trattate nelle tensostrutture temporanee allestite all'aperto, con inevitabili conseguenze sull'ordinato svolgimento delle attività giudiziarie.

Di tale situazione ha preso atto il nuovo Ministro della giustizia, che, in data 7 giugno 2018, per la sua prima uscita da Guardasigilli, ha scelto di recarsi proprio a Bari, per verificare di persona le precarie condizioni in cui erano costretti a lavorare magistrati, avvocati e il personale amministrativo, nonché il forte disagio per tutti i cittadini. Le insostenibili condizioni termiche e igienico-sanitarie all'interno delle tensostrutture, unitamente ai successivi allagamenti causati dal violento temporale abbattutosi su Bari il 15 giugno 2018, hanno reso impossibile, oltre che indecoroso, continuare a utilizzare le tensostrutture.

Considerata la situazione sin qui esposta, appare chiaro che i presupposti di straordinaria necessità e urgenza del decreto-legge richiesti dall'articolo 77 della Costituzione si fondano sulla sopravvenuta indisponibilità dell'immobile di via Nazariantz; circostanza che ha reso oggettivamente impossibile lo svolgimento delle attività giudiziarie e la celebrazione delle udienze penali. É innegabile, d'altronde, che l'emanazione del decreto-legge si è resa indispensabile alla luce della situazione di assoluta urgenza creatasi a seguito della dichiarata inagibilità dell'immobile, nonché alla luce della celebrazione di udienze di mero rinvio dei processi tenute in tensostrutture inadeguate, prive di pavimentazione, di impianti di areazione e di refrigerazione, prive di adeguate strutture di servizio, con grave rischio per l'incolumità del personale amministrativo, costretto a recarsi ripetutamente negli uffici pericolanti dell'immobile per prelevare fascicoli e materiale necessario all'espletamento dell'attività giudiziaria.

Una giustizia, quindi, mortificata, svilita nella sua dignità funzionale, impossibilitata a garantire i diritti processuali di tutte le parti; di fatto, una giustizia negata, resa tanto precaria da divenire una non giustizia. A fronte di tale insostenibile situazione, si è resa indifferibile e urgente l'adozione del provvedimento in esame. Ciò precisato, il decreto-legge in oggetto si compone di tre articoli. L'articolo 1, al comma 1, dispone fino al 30 settembre 2018 la sospensione dei processi penali pendenti in qualunque fase e grado davanti al tribunale di Bari, facendo salva l'applicazione dell'articolo 159 del codice penale, che espressamente afferma: il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge. Nel caso di specie, la sospensione dei processi viene disposta in virtù di una particolare disposizione di legge, il decreto-legge appunto, cioè di un atto avente forza di legge emanato in conseguenza di un atto straordinario e di una situazione emergenziale.

In piena aderenza a quanto disposto dall'articolo 159 del codice penale, nel periodo di sospensione dei processi è sospeso, pertanto, anche il decorso del termine di prescrizione del reato. La necessità della sospensione dei processi è infatti da individuarsi non nell'intento di procrastinare immotivatamente quelli pendenti, ma nella oggettiva e forzata stasi dell'attività giudiziaria e nella impossibilità di continuare a lavorare nelle tensostrutture. Ciò esclude che lo scorrere del tempo possa costituire sintomo di una mancanza di interesse dello Stato nei confronti del perseguimento del reato.

Per quanto concerne i procedimenti penali pendenti, il decreto-legge sospende i termini di durata della fase delle indagini preliminari, i termini previsti dal codice di procedura penale a pena di inammissibilità e di decadenza, nonché i termini per la presentazione di reclami e impugnazioni.

Tuttavia, al secondo comma dell'articolo 1, il decreto-legge contempla alcune eccezioni alla sospensione disposta dal comma 1, prevedendo che essa non operi per l'udienza di convalida dell'arresto o del fermo, per il giudizio direttissimo, per la convalida dei sequestri e nei processi con imputati in stato di custodia cautelare.

In relazione agli imputati in stato di custodia cautelare, il comma 2, inoltre, fa salve le previsioni dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 742 del 1969, consentendo, quindi, la sospensione dei termini nel periodo feriale compreso tra il 1° e il 31 agosto 2018, sempre che gli imputati o i loro difensori non decidano di rinunciarvi.

Sempre ai sensi del comma 2 dell'articolo 1, la sospensione dei termini di durata della fase delle indagini preliminari non opera nei procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata e terrorismo. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in particolare Cassazione a sezioni unite penali, sentenza n. 26889 del 2016, per delitti di criminalità organizzata devono intendersi non soltanto quelli elencati nell'articolo 51 del codice di procedura penale ai commi 3-bis e 3-quater, ma anche quelli comunque facenti capo a un'associazione per delinquere ex articolo 416 del codice penale, correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato.

Appare, dunque, chiaro che il decreto-legge opera un corretto ed equilibrato bilanciamento tra l'oggettiva esigenza di sospendere l'attività giudiziaria ordinaria per garantire l'incolumità di tutti i soggetti operanti e la necessità di assicurare la prosecuzione sia dei procedimenti urgenti, convalida dell'arresto e del fermo, giudizio direttissimo, convalida di sequestri, sia di quelli per reati di criminalità organizzata e di terrorismo, nonché la celebrazione dei processi con imputati in stato di custodia cautelare, prevista al fine di garantire la libertà personale costituzionalmente protetta.

L'articolo 2 del decreto-legge reca la clausola di invarianza finanziaria, assicurando la possibilità di dare attuazione alle previsioni di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Sul punto rinvio al parere della Commissione bilancio della Camera.

Infine, l'articolo 3 contiene la norma relativa all'entrata in vigore del decreto-legge il giorno stesso della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Questo decreto-legge, lungi dal contrastare con i princìpi costituzionali, ha finalmente posto fine ad una situazione degradata e degradante, inaccettabile in uno Stato di diritto e in un Paese civile, ed è la prova di un'attenzione particolare da parte della politica, tanto auspicata in passato e solo ora riscontrata rispetto alla tematica della giustizia e ai problemi ad essa connessi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

JACOPO MORRONE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Mi riservo di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Palmisano. Ne ha facoltà.

VALENTINA PALMISANO (M5S). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, nell'affrontare la discussione generale sulla conversione in legge del decreto-legge n. 73 del 2018, recante misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il tribunale di Bari e la procura della Repubblica presso il medesimo tribunale, ritengo sia necessario ripercorrere, seppur brevemente, i termini della vicenda, al fine di comprendere le motivazioni per le quali, a far data dal 26 maggio scorso, i processi penali a Bari si sono celebrati all'interno di tende allestite dalla Protezione civile, per far fronte al venir meno - chiarirò tra brevissimo in che termini - della disponibilità dell'immobile sito in via Nazariantz che fino a quel momento aveva ospitato il tribunale penale e che è di proprietà dell'INAIL.

Tale edificio fu preso in locazione con delibera della giunta municipale n. 1584 del 13 novembre del lontano 1998, e, nelle intenzioni iniziali, doveva ospitare solo qualche ufficio in vista della costruzione della “cittadella della giustizia”, che accogliesse in un unico polo tutti gli uffici giudiziari e i tribunali di Bari.

Come ormai troppo spesso accade in Italia, però, la situazione da provvisoria è diventata definitiva e, su decisione dei capi degli uffici, tale immobile è stato poi destinato anche ad aule di giustizia, con l'intasamento e l'appesantimento che ne sono derivati. Si comprende bene, dunque, che le disfunzioni vergognose dei nostri palazzi di giustizia derivano da molteplici e diffuse criticità.

Intanto, mentre il tempo è passato, nella speranza che la cittadella giudiziaria venisse realizzata, le condizioni e la fruibilità dell'edificio sito in Via Nazariantz, che non è mai stato idoneo ad ospitare un intero tribunale, sono state gravemente compromesse. Da quanto abbiamo appreso nel corso delle audizioni, tale immobile è stato interessato anche da azioni tese a rinforzarne la struttura, quali ad esempio infiltrazioni di cemento nel sottosuolo, nell'ottica di una gestione emergenziale in attesa di una sistemazione diversa e auspicabilmente definitiva, che però non è mai arrivata.

In questo contesto si giunge al maggio di quest'anno, quando l'INAIL, in qualità di ente proprietario dell'immobile, vista la pessima condizione dello stesso, ha commissionato a un perito di fiducia la sua valutazione da un punto di vista statico. L'esito della perizia è risultato disastroso, perché ha evidenziato carenze strutturali dell'immobile talmente gravi da comportare un pericolo per l'incolumità dei dipendenti e degli utenti, essendo stata paventata la possibilità di crollo improvviso dell'edificio non preceduto da segnali indicativi di cedimento. Ciò significa che quel palazzo era a rischio crollo da un momento all'altro, senza che nessuno se ne potesse rendere conto.

Nell'ambito poi di un procedimento dinanzi alla procura della Repubblica, è stata disposta una nuova consulenza tecnica d'ufficio, sovrapponibile a quella precedente per quanto riguarda le criticità dell'edificio, definito inadatto a ospitare un tribunale. In tale consulenza è stata però prevista la possibilità di continuare a utilizzare quell'edificio con determinate accortezze.

Ad ogni modo, il rischio di crollo asintomatico dell'edificio, paventato nella prima perizia commissionata dall'INAIL e non smentito dalla consulenza della procura, ha preoccupato non poco il sindaco di Bari Decaro, che ha emesso l'ordinanza con cui ha revocato l'agibilità dell'edificio, e ne ha conseguentemente disposto lo sgombero entro la data del 31 agosto 2018. Nel frattempo, sono state allestite dalla Protezione civile tre tensostrutture nell'area parcheggio del tribunale, dove di fatto venivano celebrate solo udienze di rinvio. Mi permetto di riportare le parole del presidente della corte d'appello di Bari, Francesco Cassano, il quale durante le audizioni ha rappresentato alla Commissione giustizia della Camera i pericoli di staticità dell'ex casa della giustizia penale barese, affermando che “per 17 anni hanno lavorato in un tribunale costruito sulle sabbie mobili. Per 17 anni magistrati, avvocati, personale amministrativo e utenti che hanno trascorso le loro ore nel Palagiustizia di Bari, hanno rischiato la vita ogni singolo secondo. Quella struttura è suscettibile di crollo in qualsiasi momento, asintomatico, ovvero senza segni premonitori”, spiega. Parole che fanno venire i brividi, Presidente, se si guarda indietro nel tempo. Solamente per fortuna, però, non è successo niente. Ancora per fortuna il caso ha evitato una strage: non ci sono stati morti né feriti, ma questa vicenda ha consegnato alla storia recente del Paese una vergognosa pagina di giustizia umiliata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

A poche ore dall'assunzione della carica, il Ministro Bonafede si è trovato, dunque, di fronte ad una situazione emergenziale: a Bari si celebravano le udienze penali, e quindi si comprende bene l'estrema delicatezza dell'attività, sotto delle tende, al caldo torrido, con estremo disagio, anche dal punto di vista igienico-sanitario. Si pensi che il procuratore di Bari, dottor Volpe, ha chiesto addirittura ai magistrati di farsi carico dell'installazione dei bagni chimici.

Questa situazione di precarietà e di emergenza rappresenta il culmine di anni e anni di trascuratezza nella gestione dell'edilizia giudiziaria da parte dell'amministrazione locale prima, e del Ministero dal 2015 in poi. Una condizione che abbiamo ereditato, e che noi, in soli due mesi, siamo ad un passo dal risolvere, almeno venti anni di trascuratezza, come hanno unanimemente riferito soggetti interessati durante le audizioni che si sono svolte in Commissione giustizia il 3 luglio scorso, alla quale il Ministro Bonafede sta ponendo rimedio concreto nel più breve tempo possibile. Ebbene, che cosa si poteva fare di fronte a questa vera e propria emergenza? Perché siamo tutti d'accordo che di emergenza si tratta, come unanimemente confermato anche dal presidente della corte d'appello, dal procuratore generale, dal presidente del tribunale, dal procuratore aggiunto, dal presidente dell'ordine degli avvocati e dal presidente dell'Associazione nazionale magistrati durante le audizioni. E anche le opposizioni, nel momento in cui propongono un emendamento che prevede l'attribuzione al Ministro di poteri straordinari finalizzati a consentire interventi urgenti in materia di edilizia giudiziaria, partono inevitabilmente dall'assunto che sussistono i presupposti per l'emanazione del decreto-legge ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione della Repubblica italiana, e quindi la straordinarietà del caso, la necessità e l'urgenza.

Ritornando al problema, cosa si poteva fare per far fronte a questa straordinarietà? Nessuno dotato di onestà e correttezza di intenti penserebbe che, attraverso un unico atto e in tempo zero, si possa definitivamente risolvere una così annosa questione. Bisognava, e bisogna tuttora, procedere per gradi, step by step. Il primo passo era esattamente quello di evitare che le udienze di mero rinvio si svolgessero sotto le tende, attraverso la sospensione dei processi penali pendenti: e questo primo passo è stato compiuto dal Ministro della giustizia, che si è recato personalmente sul luogo, ha interloquito con i soggetti interessati, ha compreso il loro disagio e ha così deciso di agire con decretazione d'urgenza.

A tal proposito è bene evidenziare che lo stesso presidente della corte d'appello di Bari, durante le audizioni, ha depositato le sintesi delle riunioni della conferenza permanente di Bari dello scorso 18 maggio, 24 maggio, 28 maggio e 25 giugno, tenutesi a seguito della dichiarata inagibilità dell'immobile in oggetto. Gran parte dei partecipanti a tale conferenza si sono trovati d'accordo sulla necessità di sospendere parzialmente l'attività giudiziaria, vista proprio la grave situazione. Come ribadito più volte dallo stesso Ministro, la sospensione dei processi penali pendenti costituisce solo il primo passo; ed è notizia dell'altro ieri che, come annunciato dal Guardasigilli, gli uffici giudiziari di Bari avranno una nuova casa. Il Ministero ha infatti portato a termine la procedura per l'individuazione dell'immobile che ospiterà il tribunale e la procura della Repubblica del capoluogo pugliese: un risultato, quest'ultimo, raggiunto in tempi brevissimi, senza ricorrere ad alcun potere straordinario né facendo ricorso ad alcun commissario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Il provvedimento, dunque, al fine di impedire che la citata situazione di assoluta precarietà potesse compromettere il regolare ordinato svolgimento dei processi, ha previsto la sospensione dei termini stabiliti dal codice di procedura penale per la durata della fase delle indagini preliminari, di quelli in materia di inammissibilità e decadenza, nonché di quelli fissati per la proposizione di impugnazioni o reclami. La misura straordinaria ed urgente, collegata ad un vero e proprio stato di emergenza, è prevista per un arco temporale limitato, fino al 30 settembre 2018: un periodo ritenuto sufficiente per l'individuazione e l'effettiva utilizzazione dell'immobile da adibire a sede degli uffici giudiziari, operazione che, per quanto riguarda il reperimento della struttura, si è di fatto conclusa in tempi ristretti e che proseguirà con il necessario adeguamento della nuova sede.

La norma non opera per i procedimenti di convalida dell'arresto e del fermo, nell'ambito dei giudizi per direttissima e per la convalida dei sequestri, né in ogni caso per i procedimenti penali con imputati che si trovino in stato di custodia cautelare, come anche per i procedimenti per delitti di criminalità organizzata e di terrorismo; e quindi la sospensione non è riferita ai procedimenti di natura urgente, ovvero ai processi con imputati in stato di custodia cautelare che saranno comunque portati avanti, così come la sospensione non opera con riguardo a tutti gli atti irripetibili e agli incidenti probatori durante la fase delle indagini preliminari. A questo proposito, è bene precisare che la sospensione riguarda solo i termini di durata massima delle indagini e non le indagini stesse. La riconducibilità della sospensione della prescrizione alla sospensione del processo è, inoltre, coerente con la previsione ex articolo 159 del codice penale, a norma del quale il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, come diceva la mia collega poc'anzi.

Per quanto concerne, infine, la problematica sollevata dagli operatori del settore e relativa alla necessità di notificare gli avvisi dei procedimenti al momento della ripresa degli stessi, il Ministero ha subito annunciato che supporterà tale attività, demandata alla cancelleria, con una vera e propria task force che renda più agevole e veloce questo compito. A tal proposito, è stato espresso parere dalla Commissione bilancio relativamente agli effetti finanziari connessi all'attuazione del decreto e, dunque, alla clausola di invarianza finanziaria contenuta nello stesso. È stata assicurata, così, la possibilità di dare attuazione alle previsioni di cui all'articolo 1 del provvedimento in oggetto senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. In particolare, si rappresenta che la copertura di eventuali oneri derivanti dagli adempimenti di natura organizzativa connessi alle procedure di sospensione dei termini processuali potrà essere fronteggiata mediante l'utilizzo delle risorse previste in bilancio, a legislazione vigente, sul capitolo 1550, spese relative al funzionamento degli uffici giudiziari. Concludo, Presidente, dicendo che, in questi giorni, abbiamo ascoltato molte proteste legittime riguardo alle modalità con le quali è stata gestita la giustizia a Bari nel corso degli anni passati. È ingiusto e disonesto, però, valutare questo decreto-legge, partendo dall'assunto, errato, che tale atto sarebbe dovuto essere esaustivo, ovvero risolutivo di una questione atavica di una trascuratezza che dura da vent'anni. Siamo al lavoro per rimediare a questa situazione, che oggi si è trasformata in emergenza e questo Governo e il Ministro della giustizia stanno fornendo risposte al problema nel più breve tempo possibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Presidente, onorevoli deputati, sottosegretario Morrone, mi sono d'obbligo due precisazioni; la prima, rivolta alla collega che mi ha preceduto, su un dato di fatto, che è la circostanza che probabilmente io e lei siamo state sedute in due aule diverse in Commissione giustizia, perché io non ho udito dalla bocca di chi è venuto a parlare le stesse parole di cui oggi lei riferisce; e la seconda, che la mia analisi, anche per non tediare quei pochi che sono presenti in Aula, non verterà sull'esame dei singoli emendamenti, che riserviamo a separata sede, ma sul modus operandi che si è tenuto dentro la Commissione giustizia, perché rimanga a conoscenza di voi tutti cosa è successo.

Sulla questione di Bari, ma confido anche sulle altre a venire, il lavoro che ci aspetta richiede coraggio, senso delle istituzioni, spirito di missione, metodo e, ultima ma non da ultima, competenza, e l'ordine non è casuale, non è casuale per me. Sul coraggio, il Ministro ha il dovere di ascoltare e di avere coraggio. Bonafede si è dimostrato un Ministro senza coraggio e ha detto delle cose false quando ha dichiarato che la decisione del decreto-legge è stata condivisa dall'Avvocatura: non è vero. Vedete, colleghi, queste non sono parole mie, sono le parole che sono state proferite dal presidente all'avvocato Gaetano Sassanelli, che è il presidente dell'Unione delle camere penali: ed ancora, sul senso delle istituzioni il Ministro ci scrive attraverso Facebook, ma non racconta che i penalisti hanno chiesto, con rispetto istituzionale, di essere ricevuti.

Il modo non è degno di un Ministro della Repubblica. Impari, il Ministro, che esistono le sedi istituzionali; anche queste non sono parole mie, queste sono le parole pronunciate dall'avvocato Beniamino Migliucci, presidente nazionale dell'Unione delle camere penali, il quale, chiudendo l'assemblea del locale foro, è stato acclamato da una standing ovation di centinaia di avvocati che provenivano da tutta Italia.

Dov'è, poi - mi chiedo e vi chiedo -, lo spirito di missione? L'idea che taluno si era fatta del Ministro Bonafede, ascoltandolo, era quella del conciliatore del Movimento, l'uomo in grado di trovare il tono e i compromessi giusti per placare l'ira dell'opposizione grillina interna, il ribollire degli ortodossi e dei movimentisti alla Di Battista. La cronaca e i suoi attivisti lo dipingevano come il volto umano del Movimento. Oggi, però, nei suoi primi trenta giorni, il Ministro – e lo dico con rammarico – ha dimostrato di confondere il significato del termine dialogare con il termine comunicare, e questo mina fortemente la sua credibilità; è un punto sul quale tornerò più avanti, perché io vengo dalla Commissione giustizia e il Ministro ha ripreso più volte questo termine, dialogo, ci tornerò dopo. Non può essere senza significato che, in una vicenda come questa, parti che sono fisiologicamente portate alla contrapposizione, avvocati e pubblici ministeri, giudice e cancellieri, siano tutti d'accordo nel sostenere la stessa cosa, e cioè che nella questione di Bari ci sia un'unica necessità fondante e legittimante la decretazione d'urgenza: la requisizione di un immobile in grado di accogliere tutti gli uffici per poter continuare a fare i processi, e non certamente per sospenderli.

Quindi, non vi è e non vi è stata prova di coraggio, non vi è prova di senso delle istituzioni, non vi è prova di spirito di missione, ma, nel vostro operare, sottosegretario, non vi è altresì metodo, quel metodo che il Governo ha rivendicato come punto di forza. Io me le ricordo bene le parole proferite dal Presidente del Consiglio Conte, il 7 giugno: il cambiamento non sarà solo nelle parole e nello stile, ma soprattutto nel metodo e nei contenuti.

Abbiamo sentito, sempre il Presidente Conte, che, dal punto di vista metodologico, la vostra iniziativa si sarebbe articolata su tre fronti: ascolto, esecuzione e controllo e, a vostro dire, questi dovevano essere i tre pilastri dell'azione di Governo, nel segno della piena trasparenza e con una specifica considerazione rivolta ai gruppi parlamentari che si sarebbero collocati all'opposizione. Il Presidente Conte ha più volte, durante il suo discorso, elogiato un'opposizione ferma, leale e costruttiva, che è il sale della dialettica politica e serve per il buon funzionamento dell'istituzione parlamentare e dell'intero sistema democratico.

Ed allora mi chiedo, e vi chiedo: dove è tutto questo? Questi buoni intendimenti sono già smarriti per strada? Le stesse parole le ho sentite proferire, anzi le ho lette prima viaFacebook da parte del Ministro Bonafede, le ho ascoltate, come dicevo poc'anzi, in Commissione oralmente da parte del Ministro, il Ministro che vorrebbe ascoltare, azzerare le distanze, che vorrebbe aprire al dialogo con i cittadini e le associazioni del settore giustizia; ho sentito dire dal Ministro che vuole individuare un giorno della settimana per aprirsi al dialogo; dice sempre il Ministro: su alcune cose saremo d'accordo, su altre saremo in contrasto, ma dialoghiamo con tutti. Ribadisco: l'ha appena affermato in Commissione.

Allora, sulle parole non possiamo che concordare, non possiamo che concordare sulle parole del Presidente del Consiglio Conte e su quelle esternate dal Ministro Bonafede, perché il dialogo costruttivo di maggioranza e opposizione è uno dei principi guida della democrazia parlamentare; chi ha avuto la maggioranza avrà modo sicuramente, governando, di dimostrare quanto vale e quanto sa fare per il progresso del nostro popolo; chi è minoranza, all'opposizione eserciterà, con impegno e responsabilità, il compito, indispensabile a un'opposizione, di controllo, di critica e di proposta.

Ma perché, colleghi, questo dialogo sia costruttivo, occorre che nella maggioranza la possibilità di ascolto attento e aperto alle voci dell'opposizione prevalga sulla tentazione di affidarsi sbrigativamente – e lo ribadisco, sbrigativamente – al rapporto di forza parlamentare, cosa che ho amaramente constatato in Commissione giustizia sul “decreto Bari”, cioè una preordinata quanto immotivata chiusura ad ogni forma di dialogo, anche laddove il contenuto di taluni emendamenti era sollecitato dall'ufficio studi - e la collega se ne ricorderà bene e anche la relatrice Giuliano - e anche quando questi emendamenti erano di provenienza e di matrice grillina. Infatti, uno di questi emendamenti portava la firma dell'onorevole Colletti, cioè di un vostro deputato. Anche questo è stato bocciato ancor prima di essere discusso.

Colleghi, non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino del Paese, perché tante e troppe sono le differenze, anche oggi, sulla questione di Bari - anche così è -, ma è straordinariamente importante che ognuno di noi abbia, nelle sedi istituzionali, libero respiro, spazio intangibile nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento, tutti collegati l'uno all'altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo. Parlo di dialogo a viso aperto, bellezza della reale e dura dialettica democratica, con partiti vivi, pluralisti e aperti. Credo sia questo l'unico modo in cui si potrà dare alla vita pubblica l'ossigeno di cui ha bisogno, se non si vuole che, alla fine, prevalgano populismi e spiriti emotivi come nei momenti più bui nella storia del nostro Paese.

Ebbene, io questa apertura non l'ho registrata in Commissione giustizia; al contrario, sul “decreto Bari”, ho potuto e dovuto constatare che la presidente ha rivestito il ruolo talvolta anche di relatore del provvedimento, sostituendo l'onorevole Giuliano, con enfasi e concitazione, peraltro. Ha anche sostituito lei, sottosegretario, in qualità di membro del Governo, perché, quando io ricordo le domande che le venivano rivolte, le uniche cose che lei ha saputo o voluto dire sono state: “parere conforme”. Io non ho sentito null'altro e sono stata presente per tutti gli emendamenti.

E allora è giusto ricordare cos'è successo perché rimanga a conoscenza di tutti noi nell'Aula. Abbiamo avuto una calendarizzazione delle audizioni così stringente che taluno dei relatori ha lamentato di poter rappresentare in soli dieci minuti, come concessi, le problematiche sottese al decreto. Abbiamo ascoltato il presidente del tribunale, abbiamo ascoltato il procuratore generale, abbiamo ascoltato il presidente della corte, abbiamo ascoltato il presidente dell'unione delle camere penali, il presidente dell'ANM e della sottosezione di ANM. Quello che ricordo è: dobbiamo fare presto, perché c'è il presidente Minisci che aspetta.

Abbiamo subito un contingentamento dei tempi degli interventi motivati dal garbo istituzionale di non far attendere gli auditi, perché, come vi dicevo, il presidente dell'ANM, il cui intervento era calendarizzato per ultimo, era di fuori ad aspettare. Ebbene, già questo modo di calendarizzare audizioni e interventi dei commissari, in realtà, celava una preordinata chiusura. La presidente - e noi tutti lo abbiamo capito - sapeva bene che le audizioni e gli interventi dei colleghi non sarebbero serviti a nulla, perché tanto era tutto deciso. E, dunque, perché perdere tempo?

E, quando abbiamo sollevato alcune perplessità di metodo, qualche amico della Lega - e io non so se è presente oggi, ma lo ricordo volentieri: il collega Gianluca Cantalamessa - prendendo la parola - e quindi rimarrà agli atti - ha detto: “Ma dai, su, tanto non sarà sempre così. Ci sarà tempo per discutere”.

Allora, questo atteggiamento mi ha lasciato basita ancor prima dell'irrigidimento operato dai colleghi grillini. E, se gli amici della Lega - ve lo dico sinceramente - hanno abdicato al comparto giustizia per consegnarlo interamente al MoVimento 5 Stelle, allora abbiano il coraggio di dirlo, perché questo è il segnale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). E in questa direzione, Presidente e sottosegretario, vi è anche la mancata calendarizzazione, che noi abbiamo richiesto per ben quattro volte, di una proposta di legge, a firma Gelmini, sul diritto di difendersi. È totale chiusura: avete abdicato e avete lasciato a loro il da farsi sul comparto giustizia.

Quindi, non vi è coraggio, non vi è senso delle istituzioni, non vi è spirito di missione, non vi è un metodo e, da ultimo, non vi è competenza. Diceva Moro che la diversità tra i partiti non impedisce che si ascolti, si sappia e si valuti per agire a ragion veduta, né preclude un discorso civile.

Ma erano evidentemente i tempi di un'altra politica, che registrava competenze, perché, solo se c'è competenza, ci può essere dialogo aperto e confronto. Al contrario, se non c'è competenza, c'è ostruzionismo e chiusura, quello che ho registrato in Commissione giustizia sul “decreto Bari”.

Poi, siamo rimasti basiti a seguito delle osservazioni rimesse in Commissione da esponenti del MoVimento 5 Stelle e oggi ribadite in Aula, secondo cui l'urgenza del provvedere, che avrebbe determinato il Governo a emanare il decreto in esame, è giustificata dall'eliminazione della tendopoli e non altro; ciò viepiù all'esito delle dichiarazioni rilasciate dal presidente del tribunale di Bari - e probabilmente eravate presenti anche voi - secondo cui - il presidente del tribunale di Bari! - occorreranno dieci anni per recuperare gli effetti della sospensione e la previsione, diceva il presidente, è più realistica che pessimistica. Queste sono le parole del presidente, che ha aggiunto che la sospensione dei processi lascia Bari senza giurisdizione penale.

E, ancora, il procuratore della Repubblica - anche in questo caso spero siate stati con me in Commissione - ha addirittura annunciato di avere scritto al CSM per chiedere di aprire una pratica a tutela dei colleghi baresi, definendo uno spot il decreto-legge che sospende fino al 30 settembre i termini processuali di prescrizione e i processi penali senza detenuti. Concordo a pieno con quanto dichiarato dal procuratore Volpe, che sostiene che, per recuperare i tre mesi di sospensione dei processi, ci vorranno anni, che le cancellerie saranno costrette a fare almeno 60 mila notifiche per convocare nuove udienze e che lamenta i costi inutilmente sostenuti in consulenze e intercettazioni per procedimenti che non arriveranno mai a giustizia. Bisognerebbe informare la procura della Corte dei conti.

In questa direzione - e vado verso la conclusione, Presidente -, gli emendamenti proposti da Forza Italia, ma devo dire da tutte le forze di opposizione, si erano limitati a recepire le legittime richieste degli auditi, le osservazioni sollevate dall'ufficio studi e da ultimo dal Comitato per la legislazione, ma, a quanto pare, è stato uno sforzo vano.

Un ultimo dato mi preme sottolineare, perché ne abbiamo parlato in Commissione giustizia, ne ho sentito parlare in Commissione bilancio e rimango attonita quando mi torna indietro un parere proprio dalla V Commissione sul tema dell'invarianza finanziaria. Mi riservo di affrontare la tematica quando esamineremo i singoli emendamenti, ma ci tengo che rimanga qualcosa, su cui spero che il sottosegretario mi voglia rispondere.

In Commissione giustizia è arrivato il parere della V Commissione che si fonda su un dato errato, cioè che la clausola di invarianza finanziaria - che postulerebbe che non ci sono nuove spese o che, se ci sono, vengono compensate con poste già presenti, tant'è che si prevede un apposito capitolo - si fonda su un dato erroneo, che è quello secondo cui il 90 per cento delle notifiche nei processi e nei procedimenti penali avverrebbe per via telematica. A me, che ho venti anni di giurisdizione, mi viene da sorridere, ma io ricordo che, insieme a me, un collega del PD, l'onorevole Miceli, diceva che il dato è noto anche a chi si approccia alle aule di giustizia appena laureato. Dire che il 90 per cento delle notifiche nei processi penali avviene per via telematica è un'assurdità, un falso! Non volevo usare la parola “falso”, ma è quantomeno un'assurdità.

E, allora, di una cosa io ho certezza - e veramente concludo - e l'avrei voluta dire al Ministro e non a lei, sottosegretario Morrone: l'idea che il Ministro Bonafede ha della giustizia non è certamente la mia e non è certamente quella di Forza Italia e in questo senso Forza Italia sarà ferma, con un'opposizione convinta e motivata in sede istituzionale e non (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bisa. Ne ha facoltà.

INGRID BISA (LEGA). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, prima di entrare nel merito della mia relazione ho il dovere di replicare a quanto appena riferito dall'onorevole Bartolozzi.

Io mi stupisco pienamente delle parole proferite, perché lei parla di dialogo e di collaborazione, io, invece, purtroppo, ho sentito solamente pure polemiche.

In Commissione giustizia non c'è stata assolutamente frettolosità, ma ricordo a quest'Aula che comunque ci sono dei termini da rispettare. Non voglio fare l'avvocato difensore di nessuno, anche se, comunque, faccio l'avvocato di professione, ma il collega Cantalamessa in Commissione giustizia ha solamente riferito che non ci sarà chiusura dell'attività. Quindi, è troppo facile interpretare quanto riferisce un collega in Commissione a proprio piacere.

Presidente, non mi dilungo ed entro nel merito del decreto. Il decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73, che ci accingiamo a convertire in legge, riguarda misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il tribunale di Bari e la procura della Repubblica presso il medesimo tribunale, edifici situati in Via Nazariantz.

Si tratta di procedimenti penali che abbracciano non solo l'ambito circoscrizionale, ma anche quello distrettuale. L'intero impianto del decreto-legge in esame è corretto e coerente con la volontà di superare la fase emergenziale, che si è venuta a creare nel territorio di Bari, garantendo il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel medesimo territorio e consentendo il decoroso esercizio dell'autorità giudiziaria.

Con riguardo ai requisiti di necessità e urgenza, richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, è di tutta evidenza che tali presupposti sono fondati sulla revoca dell'agibilità della sede del tribunale di Bari, con la conseguente impossibilità di condurre la normale attività giudiziaria. Bisogna premettere che la situazione dell'edilizia degli uffici giudiziari di Bari è da tempo precaria e problematica, tanto che i tentativi di trovare una soluzione logistica adeguata risalgono addirittura al 1982. Ma, come ampiamente è venuto alla luce durante le audizioni svolte in Commissione giustizia - e, onorevole Bartolozzi, eravamo tutti nella stessa Commissione giustizia - nell'ambito dell'esame del provvedimento, l'emergenza si è manifestata solamente al momento dell'esito delle perizie svolte sull'immobile, concluse nel maggio 2018, che hanno determinato la revoca dell'agibilità dell'immobile.

Mi preme ribadire e sottolineare, quindi, che non si si è trattato di un evento prevedibile, dal momento che, come evidenziato da molti dei soggetti auditi, i problemi strutturali dell'immobile sono emersi solo all'esito delle due perizie del 2018, che hanno indotto il sindaco ad intervenire anche con il provvedimento di revoca dell'agibilità.

L'urgenza dell'emanazione del decreto-legge è caratterizzata, altresì, dall'ordinanza di sgombero, emessa sempre dal sindaco di Bari, che verrà posta in essere il 31 agosto 2018, ordinanza emessa a seguito, appunto, della redazione di due perizie tecniche sulla staticità dell'immobile: una in cui viene consigliato: a) di porre in essere una serie di accorgimenti transitori, tra cui trasferire al piano inferiore parte degli arredi pesanti, b) di ridurre l'accesso delle persone, ossia due persone ogni metro quadro.

L'altra perizia, richiesta dall'INAIL, proprietaria dell'immobile, su invito dei vigili del fuoco, che chiedevano appunto aggiornamenti sulla staticità dell'immobile, statuisce che l'immobile medesimo ha forti criticità costruttive, con possibilità di crollo in qualsiasi momento e, in particolare, di crollo asintomatico.

Il provvedimento è caratterizzato, come sopra accennato, da quei presupposti di necessità ed urgenza richiesti per l'emanazione dei decreto-legge, in quanto, in primo luogo, nella relazione sopra menzionata, si rileva un quadro fortemente critico in ordine alle condizioni strutturali dell'immobile sito in via Nazariantz; in secondo luogo, in data 23 maggio 2018, il direttore della ripartizione urbanistica ed edilizia privata del comune di Bari ha emesso, sulla base del rapporto tecnico richiamato, un provvedimento di sospensione dell'agibilità dell'immobile in questione, contestualmente dando avviso dell'avvio dell'iter per la revoca della stessa agibilità.

Quindi, alla data del 31 agosto 2018, l'immobile dovrà essere sgombero da persone e cose. Tuttavia, necessita la garanzia di fare svolgere l'attività giurisdizionale. Il successivo 25 maggio è stato adottato dal Ministro della Giustizia, con decreto, con il quale a norma dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 155 del 2012, è stato autorizzato, nei limiti di efficacia di quel medesimo comma, l'utilizzo a servizio del tribunale dell'immobile già sede della soppressa sezione distaccata di Modugno, per lo svolgimento dell'attività giudiziaria riguardante il tribunale e la procura della Repubblica di Bari.

Tuttavia, in data 26 maggio 2018, i capi degli uffici giudiziari, che hanno sede in via Nazariantz, interessati dalla rilevante criticità rappresentata, hanno assunto la decisione di svolgere le udienze penali del tribunale di Bari all'interno di tensostrutture, allestite dalla Protezione civile regionale. In tali tensostrutture venivano chiamate le udienze e dichiarati i meri rinvii. A questo proposito, non possiamo non rilevare la sussistenza di un'ulteriore emergenza, rappresentata appunto dall'utilizzo delle tendopoli, e quindi sottolineare il riferimento al diritto alla salute, perché in tali tensostrutture l'attività veniva svolta in situazioni sanitarie precarie.

L'indisponibilità di immobili, da adibire a sede di tribunale di procura della Repubblica, e l'esigenza imprescindibile di garantire i diritti processuali delle parti, compromessi dall'attuale situazione di assoluta precarietà nello svolgimento delle ordinarie attività processuali, impongono come indifferibile ed urgente la necessità di provvedere alla sospensione dei termini previsti dal codice di procedura penale, a pena di inammissibilità o decadenza o fissati per la proposizione di reclami o impugnazioni, nonché dei termini di durata della fase delle indagini preliminari.

Quindi, l'impossibilità oggettiva della celebrazione dei processi penali è collegata all'indisponibilità materiale di tali immobili per svolgere l'attività giurisdizionale. E questa urgenza è conseguenza della sordità e cecità di quei Governi di sinistra, che hanno governato nelle precedenti legislature (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle). Nonostante la consapevolezza delle problematiche del tribunale di Bari, che era stato allocato in una struttura provvisoria, vi è rimasto per oltre decenni.

Lo stesso presidente della Corte d'appello di Bari riferisce, in sede di audizioni, che la questione del tribunale è da tempo che ci affligge. Quindi, l'inerzia di quei Governi, rappresentati dal Partito Democratico, è causa di quanto oggi a Bari stanno subendo tutti i soggetti coinvolti, in primis le persone che cercano giustizia e che, purtroppo, è stata bloccata, perché oggi, a Bari, la giustizia è ferma. Quindi, grande merito va a questo Governo, che è intervenuto tempestivamente per risolvere la questione e che in Commissione ha evidenziato chiaramente come la sospensione, adottata dal decreto-legge, sarà indubbiamente e celermente accompagnata dall'intervento volto all'individuazione di un immobile, adatto ad accogliere la nuova sede del tribunale di Bari.

La misura straordinaria della sospensione è prevista per un arco temporale di tempo limitato. Infatti, tengo a ribadire che la sospensione dei termini è fino al 30 settembre 2018. Infatti, all'articolo 1 del decreto, è prevista la data del 30 settembre, come termine di sospensione di quanto indicato al medesimo articolo, in quanto non è oggettivamente possibile individuare, prima di tale data, un immobile idoneo.

Il medesimo comma 1 stabilisce la sospensione dei termini di durata delle indagini, i termini previsti dal codice di procedura penale a pena di inammissibilità o decadenza, nonché per la presentazione di reclami e impugnazioni, e prevede altresì la sospensione dei processi penali pendenti in qualunque fase e grado dinanzi al tribunale di Bari.

Al comma 1 dell'articolo 1 si prevede che la sospensione dei termini e dei processi non operi per alcuni procedimenti che hanno carattere d'urgenza. A scanso di equivoci, ricordo il chiaro tenore letterale del citato articolo 159 del codice penale: il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del processo penale è imposta da una particolare disposizione di legge, ed è il caso che oggi stiamo esaminando. La sospensione dei termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari non opera per i procedimenti di reati di criminalità organizzata e di terrorismo.

Dai dati desumibili dalla relazione del Presidente della Corte d'appello di Bari per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2018, i procedimenti penali pendenti a dibattimento presso il tribunale di Bari sono 9.701; i procedimenti penali pendenti innanzi agli uffici del giudice delle indagini preliminari e del giudice delle udienze preliminari del tribunale di Bari sono 26.397; i procedimenti pendenti presso la Procura della Repubblica presso il tribunale di Bari sono 36.652. Quindi si tratta di un numero di procedimenti limitato, ecco il motivo per cui l'articolo 2 del decreto-legge reca la clausola di invarianza finanziaria.

Quindi, riassumendo è previsto che il provvedimento urgente in esame abbia una limitatissima durata temporale: sospensione, salvo eccezioni dei procedimenti e dei processi penali, sino al 30 settembre 2018; ne deriva che i costi di adeguamento sono di scarsissima entità e comunque destinati a cessare. Quanto alle risorse pubbliche impiegate, il provvedimento prevede che l'amministrazione interessata provveda agli adempimenti conseguenti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili.

Concludo, pertanto, col dire che sembra corretto evidenziare che il decreto-legge adottato il 22 giugno fronteggia una situazione emergenziale obiettiva e formalizza tutte quelle misure che sul piano organizzativo i capi degli uffici giudiziari direttamente interessati dall'emergenza hanno ritenuto di adottare per gestirla nell'immediatezza (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, il caso ha voluto che in questa discussione generale fossi preceduta da colleghe: colleghe parlamentari, colleghe onorevoli, credo di aver capito anche operatori del diritto. Oggi, quindi, mi rivolgerò alle donne che operano nel diritto e che probabilmente hanno dimenticato di leggere attentamente questo decreto e, quindi, di valutare le conseguenze di questo provvedimento. Perché, vedete, si è ripetuto, avete ripetuto più volte che questo provvedimento prevede la sospensione dei processi in qualunque fase e grado, tranne in alcuni particolari momenti processuali e tranne nei confronti di chi è in custodia in carcere o agli arresti domiciliari.

Vedete, colleghe, questo elimina tutti quei reati che oggi sono, invece, reati contro le donne, perché quei reati, per materia, non rientrano e non prevedono, se non in casi estremi, quel tipo di misura. Quello che è previsto, invece, dall'ordinamento è che le donne che si trovano ad affrontare processi di questo tipo per violenza, stupri, maltrattamenti, parlo di donne, parlo di bambini, ebbene, nella stragrande maggioranza di questi casi, sono semplicemente tutelate dalla misura del divieto di avvicinamento alla vittima, non perché questi reati siano reati minori, ma perché, ratione materiae, possono aspettare. Cioè, per questo decreto, quei reati gravissimi, quei fatti gravissimi possono aspettare.

Per quei reati gravissimi, per quei fatti gravissimi, un procedimento che dopo anni arriva finalmente in fase di discussione può aspettare: può aspettare un mese, due mesi, tre mesi, perché, vedete, non v'è chi non veda che il termine del 30 settembre è un termine assolutamente ordinatorio, il che vuol dire che potrebbe essere modificato, il che vuol dire che situazioni gravissime in cui versano donne italiane potrebbero non essere affrontate.

Vedete, in quelle categorie di cui avete detto poc'anzi non rientrano, per esempio, gli incidenti probatori, non rientrano le richieste di applicazione di misure cautelari diverse dalla custodia in carcere o dagli arresti domiciliari. Ebbene io mi chiedo: se parliamo di giustizia e se parliamo di bilanciamento, ho sentito parlare di bilanciamento degli interessi, ho sentito parlare di un corretto bilanciamento, di Paese civile, di risposte pronte, immediate, veloci, ecco, se è di questo che stiamo parlando, allora dovremmo forse preoccuparci del fatto che in questo provvedimento ci sono imputati e indagati di ‘serie A' e imputati e indagati di ‘serie B'.

Il problema non è soltanto un problema degli avvocati, dei magistrati del tribunale, perché, vedete, quelle donne e quei bambini sarebbero ben contenti di andare a fare udienza, anche se fa caldo, anche se non c'è l'aria condizionata, anche se non ci sono i pavimenti, vorrebbero vedere i loro carnefici finalmente puniti. E allora il problema è uno ed è unico: questo provvedimento, forse proprio nell'ansia e nella volontà di far vedere che si è fatto e che si è preso un provvedimento immediato, in quell'ansia e in quella tensione ha dimenticato i più deboli. Però il nostro dovere in quest'Aula non è quello di tutelare soltanto e unicamente gli operatori del diritto, il nostro dovere in quest'Aula è di tutelare i più deboli e i più deboli in questo provvedimento non rientrano.

Io non sono abituata, Presidente, mi perdonerà, a commentare, diciamo, il lavoro altrui in maniera negativa, se non soltanto per fini auspicativi e, quindi, con l'auspicio che effettivamente ci possano essere delle migliorie a questo provvedimento, però permettetemi di dire che non posso non condividere tutto quello che è stato detto dalla collega di Forza Italia, quindi le rappresentanze, gli avvocati, i magistrati; a questo, però, io mi permetto di aggiungere che c'è una fascia, che sono le persone che quei procedimenti li subiscono, perché il problema non è soltanto degli avvocati, torno a dire, o dei magistrati, o degli operatori, o degli ufficiali giudiziari, o dei segretari o dei cancellieri: il problema vero è di tutte quelle persone che attendono giustizia e che giustizia non avranno, perché dovranno aspettare ancora e dovranno, tra l'altro, aspettare non sino al 30 settembre, perché il problema, il vero punto, non è questo, perché il 30 settembre dovranno essere fatte nuove notifiche e nuove notifiche porteranno quelle udienze e quei procedimenti ad essere svolti fra un anno, due anni, cinque anni. Quindi, noi stiamo sostanzialmente dicendo a una grandissima parte di italiani - perché Bari non è solo Bari, è anche tutta la provincia di Bari, ricorderete che sono state eliminate le sezioni distaccate, per cui il problema non è semplicemente ristretto a una piccolissima circoscrizione, è un problema ampio -, noi dovremo dire a tutte quelle persone, a tutti quegli indagati o a quegli imputati: mi dispiace, voi dovete aspettare perché siete cittadini di ‘serie B'.

E allora, siccome il problema è strutturale, non è un problema nuovo, non è un problema di Bari e non è un problema ovviamente che si vuole ascrivere a questo Governo, però, nel momento in cui questo Governo decide di agire, allora dovrebbe farlo per il meglio dei suoi cittadini, per gli elettori. E gli elettori sanno che questo problema è noto già da maggio, non è un problema nato all'improvviso. E ieri mi pare - il Governo mi correggerà - che il Ministro Bonafede ha annunciato di aver finalmente trovato l'immobile presso il quale poter riaprire la nuova sede di Bari. E allora, se così è, il dovere del Governo, il dovere di un Ministro della giustizia è chiudere baracca e burattini lì dove sono e trasferirli immediatamente. Questo è il carattere d'urgenza che deve rivestire questo provvedimento, bisogna fare un trasferimento immediato e non sospendere i procedimenti, non solo per le questioni di incostituzionalità che ci saranno, questioni di nullità delle notifiche che ci saranno, ma soprattutto e in particolare per i cittadini. Perché, vedete, non si può essere condannati fino a che non c'è una sentenza definitiva e chi, come me, combatte nelle aule dei tribunali quotidianamente, quando entra nel tribunale ha due cose, almeno io personalmente ho due cose che amo vedere nell'aula del tribunale: una è il crocifisso e l'altra è la scritta: la legge è uguale per tutti, e a questo il Ministro si dovrebbe attenere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vitiello. Ne ha facoltà.

CATELLO VITIELLO (MISTO-MAIE). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, prendo la parola dopo aver parlato anche ieri, e lo farò ancora domani, perché provo il disagio di chi ha inizialmente votato la fiducia a questo Governo del cambiamento e poi si trova nella condizione di non condividere la scelta fatta per la risoluzione di un problema che effettivamente esiste su Bari ma che probabilmente meritava un'altra scelta legislativa.

Presidente, il fine non giustifica i mezzi; il fine, seppur nobile, non giustifica i mezzi, e sono mezzi - attenzione - che sono stati più volte stigmatizzati proprio da chi oggi li propugna per la risoluzione di un problema che poteva trovare altro sbocco. Il problema è un problema giuridico, ed il motivo per cui ho difficoltà ad essere favorevole a questo decreto-legge è il fatto che faccio l'avvocato, sono avvocato, quindi conosco la ricaduta immediata, neanche eccessivamente traslata nel tempo, della scelta di sospendere i termini procedimentali, processuali e sostanziali presso la sede distrettuale del tribunale di Bari.

Onorevoli colleghi, il problema è che non sto dicendo cose, affermando circostanze inventate o per creare difficoltà ad un provvedimento legislativo, ma sono tutte circostanze rese note dagli auditi. Cercherò di sorvolare sulle singole criticità, perché ci torneremo domani con la discussione degli emendamenti, però è innegabile che il dato che non si può in alcun modo far finta che non ci sia è che l'emergenza considerata in questo provvedimento del Governo è un'emergenza che però non trova risposta all'interno dell'unico articolo - al netto dell'invarianza finanziaria e del diritto transitorio - che non si interessa dell'oggetto dei considerando: nei considerando c'è l'inagibilità, nell'articolo si sospendono i termini. C'è qualcosa che non va, c'è qualcosa che non torna. Io ho fatto appello a circostanze rese note dagli auditi, che chiedevano al Ministro un potere straordinario per individuare immediatamente l'immobile e stabilire con una data certa il trasferimento degli uffici giudiziari.

Presidente, sottosegretario, il problema è che, quando la relatrice in Commissione e oggi anche il Ministro Bonafede, che abbiamo ascoltato declinare le proprie linee programmatiche, dicono “beh, tutto sommato, l'immobile l'abbiamo trovato per le vie ordinarie”, senza scomodare un potere straordinario che non serve alla causa, il problema allora è che la decretazione d'urgenza non doveva essere scomodata, perché manca il presupposto di fondo. Se si dice che scomodo la decretazione d'urgenza perché devo regolamentare nuovamente la struttura barese, poi non faccio nulla per regolamentarla e mi limito a sospendere i termini.

Attenzione, io non ho nulla rispetto alla soluzione immediata, anzi, ho cercato di profondere tutte le mie buone intenzioni per aiutare alla costruzione di un prodotto legislativo che portasse il risultato concreto. La mia preoccupazione, invece, è che al 30 settembre non soltanto non si avrà questa tanto decantata sede nuova del tribunale di Bari, ma non solo, il problema è che la ricaduta sui procedimenti sarà immediata, con la sospensione di questa prescrizione.

Insomma, diciamoci la verità: il problema è il vessillo politico, è il vessillo propagandistico; si sospende la prescrizione! Ma attenzione, questa sospensione - diciamolo a chiare lettere e sfido ogni penalista a contraddirmi - procurerà inevitabilmente la prescrizione dei reati all'interno del tribunale di Bari, perché è inevitabile! Ci sono una serie di ricadute sulle notifiche, ci è stato detto. Attenzione, non sono cose inventate; vengono gli auditi, ce lo dice il presidente del tribunale di Bari, con una sofferenza rispetto a quello che avverrà nei prossimi dieci anni. Il presidente del tribunale di Bari! Non voglio neanche scomodare la parola del presidente l'Unioncamere, il quale naturalmente stigmatizza il comportamento adottato.

Però, attenzione, oggi ne faccio una questione ormai politica, perché la mia difficoltà a votare la conversione di questo decreto-legge nasce dalla mancanza di dimostrazione che effettivamente si è diversi rispetto al pregresso. Non capisco! Era nata l'occasione, l'opportunità di dimostrarlo immediatamente! Qui non si tratta di dimostrare di essere più bravi degli altri, qui si tratta di dover dimostrare di essere diversi, così come si era detto! Essere diversi significa una sola cosa, per quanto mi riguarda: ascoltare i soggetti che sono venuti in Commissione e prenderne il buono per apportare le migliorie a questo prodotto legislativo.

Così non va e questo decreto-legge dimostra che probabilmente la campagna elettorale non avrà mai fine. In questo Paese siamo destinati ad essere in continua campagna elettorale. Perché? Perché non ci si muove dalla propria posizione, che non è una posizione di diritto, è una posizione politica e deve lasciare il posto, cedere il passo, rispetto alle esigenze di un territorio che soffre! È questo che non va! È questo che va cambiato! Bari è l'Italia, in questo momento, e non è la scusa per dimostrare di essere più bravi!

Se un provvedimento legislativo merita delle modifiche, bisogna farle! E le modifiche erano un potere straordinario, perché, checché se ne dica delle vie ordinarie, voglio vedere davvero quando arriverà questo trasferimento! Chi farà il trasloco? Chi farà il cablaggio della nuova struttura? L'arredo giudiziario non è semplice da gestire, così come spostare una scrivania o una sedia. Bisogna costruire le celle di rigore per consentire agli imputati detenuti di entrare nella struttura e questo, al 30 settembre, non avverrà, sottosegretario. Non avverrà, sono pronto a scommetterci!

Ma c'è anche un altro dato, perché la verità delle leggi, di tutte le leggi, è che rappresentano sempre equilibri fra pesi e contrappesi, inevitabilmente. Allora, io sarei stato ben disposto a votare questa conversione nella misura in cui ci fosse stata davvero l'emergenza risolta attraverso un potere straordinario che mi garantisse tempi e modalità.

Ma andiamo oltre, perché ci sono tante altre criticità, come vedremo domani. Insomma, dire che si sospendono i termini massimi di durata delle indagini preliminari, innanzitutto non è scritto a chiare lettere nel decreto, forse c'è una postilla nella nota illustrativa, perché si fa riferimento ai termini e basta delle indagini preliminari. Ma, attenzione: questa è la dimostrazione ulteriore che non si è ascoltato quello che vi è stato detto dal procuratore aggiunto facente funzioni del procuratore Volpe, che è venuto in Commissione. E sapete che cosa ci ha detto, Presidente? Sottosegretario, lei lo sa bene. Sapete che cosa ci ha detto? Che le indagini stanno continuando. Le indagini presso la procura di Bari stanno continuando, per due motivi: innanzitutto, perché non hanno ritenuto che quell'emergenza che dà la stura a questo provvedimento potesse impedire l'incalpestabilità del sito, quindi entrano (e poi un'altra cosa su questo); la seconda è che le indagini sono - naturalmente gli addetti ai lavori lo sanno bene - delocalizzate. Non si fanno in procura, si fanno fuori, vengono delegate alla polizia giudiziaria e fanno le indagini.

Allora, se le indagini continuano, perdonatemi, colleghi della maggioranza, chiedo a voi perché sospenderne i termini? Io non capisco, non comprendo. Avrebbe avuto maggior senso sospendere un'altra tipologia di termine, che poi vedremo con l'emendamento di domani.

Aggiungo un altro dato - non voglio neanche abusare di tutti i quindici minuti che mi sono preso per il mio intervento - ma, se l'emergenza è l'inagibilità e, naturalmente, se dobbiamo farne un discorso politico, per tale ragione dico che era la prima occasione utile per dimostrare di essere diversi. Infatti, l'agibilità non nasce a maggio 2018: sono diciassette anni e ce lo ha detto anche la relatrice perché non potevano farlo; è un dato di fatto. Sono diciassette anni che Bari aspetta un nuovo tribunale: è stato sequestrato la prima volta con la possibilità di utilizzarlo nel 2003. Oggi stiamo nel 2018, ma, se è un fatto prevedibile, non può essere considerata un'emergenza; se è un fatto prevedibile, perché è dovuto all'opera dell'uomo, non può essere trattato alla stregua di una calamità naturale: non è possibile.

Allora, era l'occasione davvero per dimostrare di saper ascoltare chi è intervenuto per contribuire alla causa e cercare di limare, cercare di aggiustare il provvedimento per andare incontro a tali necessità. Una nota simpatica su tale inagibilità: ma voi sapete che il provvedimento di revoca dell'agibilità del tribunale di Bari è stato impugnato dall'INAIL? Sapete che è fissata, anche se non ci è stato detto a quando, l'udienza davanti al TAR per decidere sull'effettiva inagibilità e sul rischio e, quindi, se sospendere o meno il provvedimento del comune? Ma di che cosa stiamo parlando? Questa è l'emergenza?

Se a questo, poi, aggiungiamo che c'è il mese d'agosto, durante il quale i termini sono già quelli che sono, e se vogliamo aggiungere che il Ministro oggi è venuto a dirci che ha già individuato l'immobile, senza dirci quale, allora continuiamo a fare campagna elettorale a detrimento dei cittadini, a detrimento della giustizia e davvero mi dispiace perché il mio ruolo non è quello di politico, non è quello di parlamentare: io sto qui perché sono avvocato e voglio portare la mia professionalità a disposizione dei cittadini. Mi aspetto che il MoVimento 5 Stelle, unitamente alla Lega, faccia lo stesso (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Esteroe di deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi PresidenteePartito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lacarra. Ne ha facoltà.

MARCO LACARRA (PD). Grazie, Presidente. Un saluto al Governo presente nella persona del sottosegretario. Cercherò di limitarmi a integrare gli interventi che mi hanno preceduto per non tediarvi e soprattutto per non essere ridondante; in particolare, mi soffermerò su una ricostruzione storica degli eventi, sia pure breve, anche per puntualizzare alcune precisazioni che sono state fatte, che, a voler essere generosi, mi paiono inopportune e, soprattutto, poco aderenti alla realtà.

La nuova ubicazione del palazzo di giustizia, che ha ospitato fino a qualche settimana fa gli uffici penali, viene decisa nel 2001 su espressa richiesta della commissione di manutenzione. Chi conosce i fatti - sarebbe sufficiente andarsi a rileggere con attenzione i verbali di quella commissione che, come voi sapete, all'epoca era costituita da rappresentanti della magistratura, rappresentanti dell'avvocatura e da esponenti dell'amministrazione locale – sa che essa aveva la funzione proprio di coordinare e gestire l'ubicazione degli uffici e anche l'organizzazione degli uffici stessi.

Nel 2001, da un verbale, si rileva che la commissione stessa individua in quell'edificio una soluzione ottimale, anzi la soluzione adeguata per risolvere una volta per tutte, definitivamente, i problemi dell'ubicazione degli uffici giudiziari penali.

Fino ad allora la funzione giurisdizionale civile e penale si teneva in un unico grande edificio che poi è rimasto quello che ospita l'attività giudiziale civile insieme alla corte d'appello e alla corte d'assise penale. Quindi c'era una valutazione chiara della commissione di manutenzione che era sovrana perché ovviamente a conoscenza di quelle che erano le esigenze dell'epoca dei giudizi penali e dell'attività anche di indagine, quindi della procura. Solo tre anni dopo, quindi nell'immediatezza della occupazione di quell'immobile, la stessa commissione di manutenzione cambiò orientamento, ritenendo invece indispensabile avviare la questione attraverso l'amministrazione comunale che, come voi sapete, per la legge del 1941 aveva il compito di occuparsi dell'edilizia giudiziaria, come è accaduto fino al 1° settembre 2015 quando il Governo Renzi ha finalmente evitato ai comuni di assumere l'onere che i comuni stessi con le loro fragili finanze non erano in grado di assolvere ossia gestire proprio le problematiche legate all'edilizia giudiziaria, anche rendendo coerente la circostanza che fosse il Governo a occuparsi di una funzione che è una funzione centrale, quella della giustizia. Ora che cosa accade quindi nel 2013? Il comune di Bari all'epoca avvia una ricerca di mercato che si sviluppa in forme quantomeno atipiche con una nota dell'allora sindaco su sua carta intestata e con una presa d'atto che non è mai riportata in provvedimenti amministrativi. Parlo della ricerca di mercato che portò all'individuazione del progetto cosiddetto “Cittadella della giustizia” che ha fatto innamorare più di uno, non solo nella mia città, ma che poi, dopo un lungo iter giudiziario, la stessa Corte di giustizia europea ha definito una proposta illegittima e irricevibile. E non è vero, come è stato detto, che sin dagli inizi del 2000 si sono presentati problemi di natura statica. Quando si è parlato del sequestro avvenuto nel 2003 in realtà si faceva riferimento a violazioni di natura urbanistica che non riguardavano la struttura dell'immobile e persino una perizia, che è stata disposta nel 2012, ha evidenziato rischi dal punto di vista sismico - sappiamo che Bari fortunatamente non è una città a rischio sismico - ma mai dal punto di vista statico. Credo che sia assolutamente indispensabile quindi ricostruire in modo corretto la vicenda da un punto di vista storico, anche supportando questa mia rappresentazione con elementi documentali chiari e indiscutibili e sarebbe stato sufficiente, invece di dire cose inesatte in quest'Aula dove abbiamo tutti il dovere di dire la verità e di rappresentare le cose nella loro effettiva realtà, andarsi a fare una lettura dei documenti a cui ho fatto riferimento. Forse avremmo evitato di dire cose non vere e basta riguardare i verbali della commissione manutenzione.

Veniamo al decreto-legge. Il decreto-legge presenta una serie di profili di incostituzionalità ed è stato detto ma essenzialmente purtroppo risponde a una visione del Governo. Tale visione è stata rappresentata solo qualche settimana fa: infatti vi devo confessare che mi sono venuti i brividi quando ho sentito parlare di allungamento dei termini prescrizionali come misura per combattere la corruzione. Ripeto: allungamento dei termini prescrizionali. Infatti tale visione è frutto di un'idea giustizialista dell'amministrazione della giustizia, dell'idea che tutti coloro che sono colpiti da un provvedimento quale un avviso di garanzia o da un processo penale sono persone già colpevoli e noi lo sappiamo: questa visione l'abbiamo vissuta negli ultimi anni, salvo, poi, un radicale cambiamento, quando gli avvisi di garanzia hanno cominciato a colpire la parte politica che oggi è al Governo del Paese. E pensare che quindi coloro che sono coinvolti in un processo penale siano comunque colpevoli, e comunque da condannare, è una visione che è tutta, ovviamente, frutto di una cultura che non possiamo assolutamente condividere né avallare. Dobbiamo, invece, pensare a tutte quelle persone che ingiustamente sono coinvolte in un processo penale, che attendono un giudizio rapido, che abbia una ragionevole durata, e che non possono certamente aspettare che decorrano tempi lunghissimi di prescrizione, e che quindi allunghino inevitabilmente i processi. La soluzione per colpire reati che, purtroppo, in qualche modo rappresentano un cancro per la nostra società è quella di velocizzare i processi, rinforzare anche gli organici, perché in molti uffici giudiziari mancano i cancellieri, mancano i giudici, ci sono rinvii di anni. Rinforzare l'organico e garantire processi rapidi e pene certe, non allungare la prescrizione.

Non ha alcun senso allungare la prescrizione, cosa che produce soltanto un'ingiusta sofferenza a chi si trova incidentalmente coinvolto in un processo penale e legittimamente ne attende rapidamente la conclusione. E quindi, partendo da questa visione, poi si propone un provvedimento d'urgenza, anzi, mi permetto di dire che fino ad ora in quest'Aula abbiamo parlato solo di decreti. Eppure il Presidente della Camera, al suo insediamento, disse che l'Aula avrebbe recuperato la sua centralità e che non avremmo avuto più una… si rimproverava il Governo precedente di avere esagerato con la misura del decreto, eppure mi pare che non si stia parlando di altro che di decreti in quest'Aula, quando, fortunatamente, abbiamo la fortuna di occuparci di qualcosa. Dicevo, quindi, che questo decreto viola indiscutibilmente dei principi costituzionali, e, essendo il primo decreto del Guardasigilli, ci desta non poca preoccupazione anche per il futuro, perché, quando si parla di confusione fra istituti processuali e istituti sostanziali, mi fa tornare in mente quando, da giovane studente di giurisprudenza, una delle domande più ricorrenti erano: ma la distinzione fra l'istituto della prescrizione e della decadenza lei la conosce o no?

E siccome il Ministro è un collega, non collega in quest'Aula, collega nell'attività che svolgiamo, ho saputo che è un collega avvocato, è un'attività che svolgiamo fuori da quest'Aula…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole, il suo gruppo ci ha dato dieci minuti. Se lei intende andare oltre, naturalmente, ne ha facoltà.

MARCO LACARRA (PD). Chiedo scusa, Presidente, non pensavo fossero già finiti…

PRESIDENTE. No, ha facoltà di farlo, ma le sto segnalando semplicemente il tempo, perché è stato il suo gruppo a chiederci di intervenire per dieci minuti.

MARCO LACARRA (PD). Chiedo scusa, allora mi avvio alla conclusione, non pensavo di avere già utilizzato tutto il tempo. Chiedo scusa anche ai colleghi, ai quali darò immediatamente la parola. Quindi, concludo dicendo: si tratta di un provvedimento illegittimo, incostituzionale, che porterà una serie di problemi gravissimi e di ripercussioni, perché sarebbe stato sufficiente, con i poteri straordinari, individuare la sede, cosa che è stata fatta due giorni fa. Quindi, a questo punto, non vedo le ragioni per cui si debba mantenere questo provvedimento, del quale, ovviamente, chiedo il ritiro. Un'altra annotazione volevo fare, prima di chiudere: quando si parla di notifiche che potranno essere effettuate in via telematica, francamente, è evidente, ancora una volta assistiamo a una straordinaria dimostrazione o di incompetenza o di malafede, perché le notifiche non si fanno solo agli avvocati.

Le notifiche vengono fatte anche alle parti personalmente. Fare notifica alle parti personalmente, in via telematica, è un'impresa titanica, che quasi mai, anzi, che non mi risulta che sia mai stata effettuata. Per cui ritengo, da questo punto di vista, che ci sia un tentativo di mistificare la realtà al solo fine di giustificare un provvedimento che, ahimè, il futuro dimostrerà quanti danni porterà alla giustizia e come potrà, purtroppo, far sì che i cittadini di Bari e del distretto di corte d'appello di Bari saranno penalizzati in futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Federico Conte. Ne ha facoltà.

FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. Si è svolta una discussione in due parti: una effettiva, reale, su quello che nel decreto c'è e, a mio avviso, non dovrebbe esserci, cioè una norma che sospende i termini processuali e i termini di prescrizione dei procedimenti e dei processi penali pendenti avanti al tribunale di Bari, in ragione del fatto che quel tribunale è stato dichiarato inagibile dal comune. Una norma, per quello che dirò meglio appresso, che poteva essere tranquillamente evitata, ma che è stata scelta dal Governo come il segno di questo suo primo intervento, che, in quanto tale, assume un valore anche simbolico circa l'indirizzo che questo Governo vuole dare alla sua azione in materia di giustizia, che è quella che più mi sta a cuore.

Ho detto, svolgendo la questione pregiudiziale di costituzionalità, che questo decreto mi pare svelare un atteggiamento dogmatico rispetto all'istituto della prescrizione, che viene individuato, in maniera invertita, non come la conseguenza del cattivo funzionamento del sistema giudiziario, ma come la causa dello stesso, di guisa che l'indagato e l'imputato si vedono attinti da una presunzione di colpevolezza, e non di non colpevolezza, come vuole la nostra Carta costituzionale.

Una visione che ha trovato un perfetto pendant, illustre Presidente, nell'intenzione, già manifestatasi e, credo, prossima a concludersi, del Governo di cestinare la riforma dell'ordinamento penitenziario, perché, come l'indagato e l'imputato vengono percepiti come presunti colpevoli, il detenuto viene presunto reprobo, e del detenuto si possono buttare le chiavi, non essendo concepibile che egli espii la sua pena con misure alternative al vincolo intramurario che gli consentano percorsi di reinserimento nella società; che assecondino, cioè, il dettato costituzionale della funzione rieducativa della pena.

E, allora, il ragionamento sulla violazione dell'istituto della prescrizione, sulla violazione del principio costituzionale di irretroattività della legge penale più sfavorevole, assumono in questa sede, in questa occasione, un precipuo valore politico, perché mi pare che questo argomento venga utilizzato, si voglia utilizzarlo, come un argomento di copertura.

Cioè, interveniamo per coprire l'inadeguatezza del servizio giudiziario non attrezzando un programma organico di interventi, che riguardino, come il collega che mi ha preceduto ha ben detto, le infrastrutture immateriali o materiali che servono a erogare il servizio giustizia, aumentando l'organico dei magistrati, risolvendo il caso dei magistrati onorari, che, per stessa ammissione del Ministro guardasigilli, rappresentano un pilastro dell'esercizio della nostra giurisdizione, eppure vivono come precari stabilizzati; non dando seguito al concorso che ha visto assunti mille e più nuovi cancellieri; non intervenendo nel processo penale, per sanzionare, ad esempio, Presidente, quegli spazi del processo che riguardano, in particolare, la fase delle indagini preliminari e il passaggio da procedimento a processo in cui si annidano i principali motivi di ritardo che fondano poi le prescrizioni che vengono dichiarate in primo grado, in appello e, residualmente, in Cassazione.

Perché non rendere perentori termini che oggi sono ordinatori, cioè sprovvisti di sanzione processuale, che riguardano l'azione del pubblico ministero, i tempi messi a disposizione dei giudici per la fissazione delle udienze, i tempi che vengono messi a disposizione dell'apparato giudiziario per le notifiche? Quello sì renderebbe il processo più celere, quello sì renderebbe il processo più efficiente.

Questa discussione, quella su quanto nel decreto-legge c'è, una norma che riguarda il processo, è stata invece coperta da una discussione virtuale, su quello che nel decreto-legge non c'è e avrebbe dovuto esserci, e cioè un intervento che riguarda la situazione del tribunale di Bari: un intervento, cioè, con un contenuto di tipo logistico che riguarda interventi straordinari.

Il Ministro ci ha detto oggi: la priorità era togliere le tende. Bene, ma questo nell'articolato del decreto-legge non c'è, l'intervento non ha riguardato questo. E, Presidente, mi chiedo: per togliere le tende c'era bisogno di sospendere con decreto-legge i termini processuali e la prescrizione collegata ad essi? Non sarebbe stato sufficiente, diciamocelo chiaramente, che l'attività giudiziaria venisse sospesa dai capi degli uffici della procura e del tribunale? Certo che era possibile farlo! Questa sospensione, però, non sarebbe stata garantita sotto il profilo della prescrizione; la preoccupazione di quegli uffici giudiziari era evidentemente che sarebbe stato imputato a loro, in termini mediatici, un ritardo nell'esercizio della giurisdizione dovuto a cause endemiche e risalenti rispetto alle quali tutti coloro che hanno assunto funzioni di responsabilità in passato non hanno saputo porre rimedio.

Il processo penale di Bari, i procedimenti penali di Bari potevano essere sospesi anche senza il decreto-legge. Il decreto-legge, che infatti si condensa di un solo articolo, semplicemente dà, o pretende di dare (perché anch'io credo che verrà “giustiziato” dalla Corte costituzionale, non appena un avvocato dovrà impugnare la sentenza di condanna del suo cliente, invocando quindi incidentalmente questo argomento), questo decreto-legge serve a dare quella copertura!

Non c'era bisogno della sospensione dei termini di prescrizione per interrompere l'attività giurisdizionale a Bari: lo potevano fare i capi degli uffici. Questo decreto-legge avrebbe avuto senso se, al limite anche a fianco della norma che riguarda i termini processuali, fossero stati adottati dei provvedimenti che riguardavano la condizione della sede giudiziaria pugliese. Anzi, forse era l'occasione per il Governo di manifestare, almeno in termini di indirizzo, di linee programmatiche, quello che è il suo intendimento rispetto alla situazione dell'edilizia giudiziaria italiana.

Ho rivolto al Ministro Bonafede in Commissione un quesito dello stesso tipo sull'edilizia penitenziaria; credo che il Governo debba provvedere rapidamente, e riferire alla Camera qual è la condizione dell'edilizia giudiziaria italiana, in Italia. Bonafede dice che ha trovato un lavoro già ben avviato: bene, me ne compiaccio; ci faccia sapere, però, in quali altri casi in Italia c'è il rischio che si verifichi un collasso come si è verificato a Bari. Come sono messe le sedi di tribunale, di corte d'appello, le sezioni distaccate ancora operanti in Italia? Nel contratto di governo è annunciato un recupero della giustizia di prossimità: come vuole provvedere questo Governo a immaginare un piano organico che riguardi gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria in questi edifici, nei quali si svolge un'attività lavorativa per la quale è necessario, come per ogni altra attività, garantire la sicurezza? Che è un costo, ma è anche un'occasione di investimento.

E così la realizzazione di nuovi edifici giudiziari è un costo, ma è anche l'occasione di un investimento: ci vuole dire il Governo come intende utilizzare, soprattutto al Sud, nelle isole, dove questo problema è ancora più significativo, come la politica giudiziaria che riguarda le strutture può trasformarsi anche in un'occasione di investimenti pubblici, che rappresentino la leva keynesiana di cui il Ministro Savona parla in Commissione politiche europee come strumento per il rilancio dell'economia italiana?

Bene, credo che questa prima occasione sia stata un'occasione persa per il Governo, e l'occasione che poteva dare un indirizzo di politica non soltanto che riguarda il settore della giustizia, ma anche che riguarda il settore degli investimenti molto più pregnante e molto più significativa. Mi pare che si sia preferito ottenere un risultato immediato, cioè lo sbaraccamento, risultato che ha dato la possibilità al Governo di fare un annuncio di pronto intervento, che sarebbe stato comunque possibile senza questa norma, che serve a dare copertura sul piano ideologico a un'idea della giustizia in cui i cittadini non vengono considerati come utenti di un servizio, ma come destinatari dei costi di questo servizio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maschio. Ne ha facoltà.

CIRO MASCHIO (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo già definito kafkiana e paradossale questa vicenda del tribunale di Bari, che vede i cittadini impotenti di fronte ad una burocrazia, in questo caso giudiziaria-amministrativa, che si trascina da anni. Abbiamo già detto che il Ministro ed il Governo non sono responsabili della situazione che hanno trovato, ma sono responsabili delle soluzioni e delle misure che stanno adottando. Abbiamo anche già evidenziato i profili di incostituzionalità di questo decreto-legge, che toccano diritti fondamentali dei cittadini, in particolare (ed è una sfumatura che tradisce anche una visione di giustizia) dei cittadini che hanno la sfortuna di trovarsi nella posizione di indagati o di imputati nel tribunale di Bari, che, come è emerso anche dal dibattito odierno, si trovano a subire conseguenze diverse rispetto agli indaganti anche nei tempi che intercorrono in questa fase di sospensione della prescrizione; e ci dispiace che anche questi appelli siano rimasti inascoltati.

Ci ha lasciato forti dubbi anche ogni considerazione relativa all'urgenza: un'urgenza che per questo tipo di decretazione è collegata generalmente a calamità naturali, a fatti imprevisti che determinano un tipo di urgenza; mentre qui non c'è un'urgenza: ci sono anni e anni di colpevole inerzia e inottemperanza agli obblighi di legge e agli obblighi di assicurare una sede efficiente e decorosa alla giustizia penale barese. E quindi ci sono gravi responsabilità d'ora in poi sulle soluzioni che verranno proposte.

Abbiamo lanciato un appello ad affrontare questa situazione, che è comunque straordinaria anche se frutto di errori umani e non di calamità naturali, conferendo poteri straordinari che consentissero un intervento più immediato e più efficace. Ed anche qui ci dispiace che invece il Ministro abbia scelto di percorrere una strada diversa: ci ha annunciato oggi in Commissione che lo scopo del decreto-legge era sbaraccare le tende; ma come già è stato detto, questo obiettivo poteva essere perseguito anche senza ricorrere ad un decreto-legge e senza ignorare le gravi conseguenze che nel frattempo si stanno già ripercuotendo su tutti i diretti interessati incardinati presso il tribunale di Bari. E quindi ci stupisce che si utilizzi il concetto, la procedura, lo strumento dell'urgenza, forzando queste decisioni a mezzo decreto-legge, ma che non si consideri invece l'urgenza nel conferire poteri straordinari per arrivare ad una soluzione più efficace.

Si dice di essere disponibili al dialogo, ma non si recepisce alcuna delle richieste e delle proposte migliorative e costruttive che sono state effettuate in Commissione e in Aula in questi giorni, non solo dai deputati dell'opposizione, ma anche da tutti gli operatori di giustizia che abbiamo audito in Commissione. Si dichiara di voler risolvere la situazione con gli strumenti ordinari, senza necessità quindi di ricorrere ai poteri straordinari che noi avremmo chiesto. Si dichiara che un immobile è già stato individuato, ma non si dice dove, non si dice con quali costi, in che tempi, con quali modalità, con quali procedure possano essere ripristinati i normali funzionamento ed agibilità di una struttura per il tribunale di Bari.

E allora siccome siamo qui a discutere di un decreto-legge che sospende i termini della prescrizione fino al 30 settembre, ma che non ci dice qual è la soluzione che qualcuno dichiara aver già trovato, si lascia l'intera Aula nella condizione di dover decidere come votare questo decreto, senza rivelare quello che è l'elemento essenziale, e cioè la soluzione. Quindi, o la soluzione ce l'avete già e allora ce la dovete dire, oppure state solo annunciando di averla, ma non ce l'avete ancora, e lasciate tutti noi, e soprattutto i malcapitati cittadini che hanno a che fare con il tribunale di Bari, in una situazione di incertezza che si spera possa durare solo fino al 30 settembre, ma sappiamo che in Italia spesso il provvisorio diventa definitivo, quindi non c'è alcuna certezza che questa soluzione entro il 30 settembre sarà già stata adottata.

E, allora, per tutti questi motivi, per il merito e per il modo con il quale è stata affrontata, mediante questo decreto, questa vicenda, che, condivido, è simbolicamente una vicenda che tradisce il modo in cui si approccia non solo alla giustizia barese, ma a quella italiana, se l'approccio è questo, non ci resta che fare un ultimo appello al Governo, alla maggioranza, a recepire, al termine dei lavori parlamentari, gli appelli e le proposte e gli emendamenti che sono ancora approvabili e condivisibili; diversamente chiediamo che questo decreto venga ritirato o altrimenti saremo costretti a votare contro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

UBALDO PAGANO (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, permettetemi di ringraziare gli uffici del Ministero della giustizia per l'impegno profuso nell'aver terminato celermente una procedura delicata come quella della selezione di un edificio idoneo ad accogliere gli uffici della giustizia penale della città di Bari, ma non posso esimermi dal rilevare che il Ministro sembra essersi mosso più dalla necessità di sottrarsi al clamore mediatico suscitato dallo svolgimento delle udienze all'interno delle tende allestite dalla protezione civile, che dalla volontà di risolvere il problema dell'efficienza della giustizia e infatti non v'è chi non veda che l'unica preoccupazione ed ansia del Ministro, in queste settimane, è stata quella di arrivare il prima possibile a pubblicare un video sui social per celebrare il proprio successo personale, per celebrare colui che ci ha messo la faccia attraverso una semplificazione, sempre più spinta, di problemi complessi e di soluzione agli stessi, nel perfetto stile di chi è più preoccupato di apparire che di essere.

Ebbene, dal Ministro, professore, avvocato Bonafede, mi sarei aspettato un surplus di coraggio nell'affrontare questa battaglia, mi sarei atteso che avesse messo il concetto di bene comune, e non semplicemente la faccia, nel tentativo di risolvere un problema talmente cruciale, con responsabilità risalenti nel tempo. Essere e non apparire, ma per perseguire il bene comune avrebbe dovuto prima udire attentamente le richieste degli avvocati baresi, i suggerimenti dei colleghi anziani, i timori dei dipendenti, le raccomandazioni dei magistrati; no, non lo ha fatto, non ha voluto ascoltare; è stato insensibile e autocelebrativo, non vedeva l'ora di postare un video con voce impostata e trionfale. Il risultato è che adesso i luoghi in cui si eserciterà la giustizia barese saranno ancora più frammentati e lontani tra di loro, contrariamente all'esigenza di unire in un unico polo tutti gli uffici che amministrano la giustizia, civile e penale, nella città. Addirittura avremo un edificio in via Brigata Regina, dove sarà ospitata la procura della Repubblica ed un altro in via Oberdan, dove sarà ospitato il tribunale penale, distanti a due capi opposti della città, in quanto l'edificio individuato con l'indagine di mercato è troppo piccolo per ospitare entrambe le funzioni. Siamo in trepidante attesa di conoscere le motivazioni tecniche di questa scelta che, senza ulteriori elementi, appare incomprensibile, vista anche la presenza di altro stabile che, per requisiti strutturali, poteva essere adibito immediatamente a sede del tribunale e che, per requisiti dimensionali, appariva quanto meno utile ad accorpare in un unico luogo la giustizia penale.

È bene precisare, infatti, che l'edificio individuato con la procedura ordinaria, e sottolineo ordinaria, è di proprietà privata, e sottolineo privata, e sarà concesso in locazione per sei anni a quanto pare ad un canone annuo che dovrebbe aggirarsi attorno a un milione di euro, e quindi appare logico, in questa sede, chiedersi almeno quanto durerà questa situazione provvisoria, quanti soldi dei contribuenti spenderemo per una soluzione tampone, comunque non idonea. E siamo certi che entro il 30 settembre l'edificio prescelto sarà pronto a far ripartire le attività, ragione per cui chiedevamo di inserire nella decretazione di urgenza la possibilità di procedere anche in deroga? Ma, soprattutto, cosa accadrà se entro il 30 settembre gli edifici deputati ad ospitare tali funzioni non fossero pronti ed operativi? E, infine, cosa accadrà se nelle prossime settimane qualcuno degli offerenti esclusi o non selezionati dalla procedura di gara dovesse impugnare l'aggiudicazione della stessa? E allora mi pare chiaro che la montagna abbia partorito un topolino: il decreto n. 73, di fatto, ha decretato la sospensione senza termine della giustizia penale nel capoluogo pugliese, con la sospensione delle attività di udienza sino al 30 settembre e la sospensione dei termini di prescrizione. Per dirla con le parole pronunciate dal procuratore capo di Bari, troppo malamente ricordato in questa sede, all'indomani della emanazione del provvedimento, vorrei capire se siamo di fronte a trascuratezza, incompetenza o forse malafede; è la giustizia che fallisce in pieno il suo compito. Sì, perché il decreto-legge non ha risolto nulla, anzi ha aggravato la situazione: si è deciso di sospendere qualsiasi attività e tale decisione non solo graverà di enormi costi la pubblica amministrazione – si prevedono, come hanno detto già molti in quest'Aula, oltre 60 mila notifiche da dover effettuare –, ma paralizzerà per più di un anno la celebrazione dei processi. Tutto ciò non è avvenuto neanche in occasione del terremoto de L'Aquila.

Temo, peraltro, che a nulla sarà servito sospendere i termini di prescrizione, perché, come numerosi giuristi e magistrati hanno evidenziato, anche in Commissione giustizia, questa norma molto probabilmente sarà cassata dalla Corte costituzionale perché illegittima. Su molti dei rilievi procedurali che occasioneranno molte dispersioni al corretto funzionamento della giustizia barese temo non si possa facilmente porre rimedio in questa sede, ma il Ministro è ancora in tempo, tutti noi siamo ancora in tempo: possiamo rimediare ad una visione miope e pavida, approvando almeno emendamenti al decreto-legge in conversione che le attribuiscano poteri straordinari volti unicamente a consentire interventi urgenti di edilizia giudiziaria, incluso il potere di requisizione di immobili e il potere di derogare, per ragioni di necessità, indifferibilità e somma urgenza, alle procedure di evidenza pubblica previste dal codice dei contratti pubblici, consentendole peraltro di assicurare l'immediata utilizzazione dell'immobile prescelto, e questo giustificherebbe anche il senso della decretazione di urgenza.

Guardi, signor sottosegretario, queste sollecitazioni e questi suggerimenti non provengono solo da me o dal gruppo politico a cui appartengo, ma dall'ordine degli avvocati, dalla magistratura barese, insomma da tutti gli operatori che soffrono questa assenza dello Stato di diritto in una città importante del Mezzogiorno d'Italia. Tali modifiche normative ci metterebbero al riparo dal rischio di aver adottato una soluzione insoddisfacente e comunque inadatta a consentire la ripresa delle attività dal 1° ottobre.

Un ultimo passaggio necessario, di semplice buonsenso, riguarda i maggiori penalizzati da questa triste vicenda. In questo quadro devastante, si rende necessario adottare misure fiscali in favore degli iscritti dell'ordine degli avvocati di Bari attraverso, ad esempio, un rinvio delle scadenze per il versamento delle imposte, oltre a una eventuale riduzione proporzionale delle stesse. La classe forense barese sta subendo un danno economico, pur non avendo certamente loro alcuna responsabilità in merito alla mancata adozione per tempo dei provvedimenti necessari a far fronte alla prevedibile situazione. È per questo che vi chiedo un gesto limpido di resipiscenza ed un sussulto di ragionevolezza che vada oltre la logica dell'apparire e metta tutti quanti noi dinanzi alle responsabilità diffuse che non possiamo semplicemente scrollarci di dosso facendo spallucce (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente, per la parola. Onorevole Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, è questo il primo provvedimento portato dal ministro Bonafede all'esame del Parlamento e si tratta, guarda caso, di un decreto-legge. A seguito di un'esperienza politica e parlamentare ormai non breve, sono sufficientemente disincantato e non mi scandalizzo rispetto ai repentini mutamenti di opinione e all'assoluta incoerenza legata ai cambi di maggioranza. Tuttavia, credo che oggi dovrebbe provare quanto meno un serio imbarazzo chi per anni ha denunciato e criticato, talvolta anche ululato in quest'Aula, per l'abuso della decretazione d'urgenza e lo svilimento del ruolo del Parlamento. Mi spiego meglio: nell'iter in Commissione neppure un emendamento è stato approvato ed il testo non è stato toccato neppure in una virgola. La maggioranza non ha addirittura avuto il coraggio di presentare emendamenti, anzi per la precisione uno lo aveva anche presentato senza peraltro coltivarlo. Eppure motivi per modificare il decreto ce n'erano e in abbondanza: martedì scorso in Commissione abbiamo ascoltato per diverse ore magistrati ed avvocati di Bari; tutti hanno evidenziato gravi criticità sul piano tecnico del decreto. Gli emendamenti delle opposizioni non avevano certamente finalità ostruzionistiche e recepivano in larga misura proprio i suggerimenti degli operatori del diritto baresi. Come è stato, quindi, possibile che nessun emendamento sia stato accolto? Se queste erano le intenzioni della maggioranza, a cosa sono servite le audizioni? Tutti hanno ripetuto che così come è il decreto non può andare; provocherà il blocco dell'attività giudiziaria penale per mesi e per recuperare un ordinato svolgimento dei processi occorreranno probabilmente degli anni. Inoltre, sarà necessario notificare a 60 mila interessati i decreti di fissazione delle nuove udienze. Perché abbiamo fatto perdere tempo al presidente della corte di appello di Bari, al procuratore generale, al procuratore della Repubblica, al presidente del tribunale, ai rappresentanti dell'ANM, al presidente dell'ordine degli avvocati se aprioristicamente vi era l'intenzione di non modificare il decreto? Che rispetto avete dimostrato, voi della maggioranza, per le considerazioni e il tempo di questi autorevoli professionisti del diritto che da Bari sono venuti a Roma per essere auditi?

Nel dossier della Camera era stato segnalata l'opportunità che fosse precisata la data di pendenza dei procedimenti soggetti a sospensione. Si trattava di una norma di buonsenso finalizzata soltanto a portare chiarezza al testo, evitando inutili futuri contenziosi. Lo stesso suggerimento è stato ripreso dal Comitato per la legislazione nel suo parere votato, tra l'altro, all'unanimità (tutti i gruppi l'hanno votato). Il nostro emendamento che recepiva tali osservazioni è stato respinto senza nessuna particolare motivazione. Questa maggioranza si è quindi dimostrata sorda non solo ai suggerimenti nostri ma anche a quelli dei magistrati e degli avvocati di Bari, sorda ai servizi della Camera, sorda al Comitato per la legislazione. Ma chi ascoltate, dunque? Solo i burocrati ministeriali? Credo che di fronte a quanto sta succedendo molti di coloro che oggi siedono sui banchi della maggioranza dovrebbero arrossire di vergogna ripensando a quanto rimproveravano alle precedenti maggioranze.

Le palesi questioni di illegittimità costituzionale del decreto sono già state rigettate con la protervia del voto di maggioranza nella seduta di ieri, ma mantengono anche oggi tutto il loro fondamento. Già discutendo ieri la pregiudiziale abbiamo denunciato la gravissima lesione dei princìpi costituzionali rappresentata dalla retroattività della norma sulla sospensione della prescrizione. Come credo sia noto a tutti in quest'Aula, la prescrizione è norma di diritto sostanziale penale e la Costituzione non ne consente la retroattività.

Ma a voi evidentemente, che tante volte avete invocato a sproposito il rispetto della Costituzione, questo gravissimo vulnus, che la Corte delle leggi inevitabilmente censurerà sul piano costituzionale, non interessa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Tuttavia, ve ne dovete assumere la responsabilità politica.

Viene disposta la sospensione di tutti i processi pendenti avanti al tribunale di Bari fino al 30 settembre e anche del termine di prescrizione dei reati. Una prima osservazione preliminare: sappiamo bene che la sostanziale abolizione dell'istituto della prescrizione appartiene, come dire, al DNA di questa maggioranza del cosiddetto “cambiamento” e nel contratto di governo in modo piuttosto criptico peraltro si parla di una riforma della prescrizione. Sono noti sul punto i programmi del MoVimento 5 Stelle, sempre affascinato dalle proposte della parte più giustizialista della magistratura che auspica una sorta di fine processo mai, con la prescrizione che si interrompe definitivamente con il rinvio a giudizio, dimenticando i principi del giusto processo e della sua ragionevole durata. Poco fa il Ministro Bonafede in Commissione giustizia ci ha precisato che invece intende bloccare la prescrizione dopo la condanna in primo grado dell'imputato. Personalmente giudico questa proposta devastante per il nostro sistema giudiziario e per le garanzie dei cittadini. Sottolineo, in particolare, il rischio che incentivi le condanne di primo grado quando il processo viene, come dire, celebrato a ridosso della scadenza dei termini, ma avremo modo sul tema di ritornare quando il provvedimento arriverà in Aula.

Ciò premesso, mi domando se davvero c'era bisogno di disporre con decreto-legge una sospensione della prescrizione per soli tre mesi, di cui uno già previsto di sospensione feriale, di fronte alla inagibilità, peraltro ancora sub iudice, di un palazzo, a cui, stando alle parole del Ministro Bonafede, si è potuto ovviare in tempi ristrettissimi. La sospensione della prescrizione determina un danno gravissimo sia ai cittadini indagati ed imputati sia alle parti offese. Voglio ricordare, onorevole rappresentante del Governo, che la prescrizione è una causa di estinzione del reato che incide sulla libertà personale e la Costituzione tutela la libertà personale come valore sacro ed inviolabile, immediatamente dopo la vita dell'individuo. La prescrizione è l'istituto attraverso il quale il cittadino, colpevole o innocente che sia, può contare sul fatto che il processo che lo riguarda si concluderà comunque in un tempo prefissato e certo. Inutile ricordare che lo stesso processo è di per sé una pena. Se, quindi, la sospensione della prescrizione in altre occasioni si è potuta accettare, a fronte di eventi imprevedibile e catastrofici come il terremoto dell'Aquila, nel caso di Bari ci troviamo di fronte, invece, ad una semplice inagibilità di un edificio dovuta ad una colpevole incuria di una classe dirigente locale. Non è tollerabile che l'agonia che un cittadino, innocente o colpevole che sia, subisce con un processo duri anche un giorno in più solo perché il sindaco di Bari o un burocrate del Ministero non hanno fatto fino in fondo il loro dovere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). I valori in gioco non sono neppure comparabili. La sospensione della prescrizione, che lede i fondamentali diritti delle parti del processo, è un istituto eccezionale che può essere giustificato solo per motivi gravissimi e non certamente per inadempienze amministrative, come sta avvenendo con il palazzo del tribunale di Bari. Con questo provvedimento si crea, quindi, un precedente gravissimo e lo voglio ripetere ad alta voce: la libertà personale dei cittadini non può essere sacrificata a fronte di mere inadempienze burocratiche (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Votando questo decreto la maggioranza giustizialista che governa il Paese si assume una responsabilità gravissima.

Il Ministro Bonafede ha annunciato che è stato individuato uno stabile idoneo ove trasferire gli uffici del tribunale. Si tratta di un edificio in via Oberdan, ex sede dell'Inpdap. Bene, ne prendiamo atto. Sospendiamo il giudizio in attesa di vedere nel concreto se e come i problemi del trasloco e dell'allestimento della nuova sede saranno affrontati nelle prossime settimane e, anzi, per l'interesse generale sinceramente ci auguriamo che la scelta del Ministro Bonafede sia quella giusta, anche se per la verità nel territorio abbiamo raccolto critiche e perplessità. Ma se così fosse, se bastavano così pochi giorni per trovare un immobile idoneo, senza fare ricorso a procedure speciali, era proprio necessario varare questo decreto e paralizzare la giustizia a Bari per così lungo tempo? Ebbene, noi crediamo proprio di no.

Un'ultima annotazione mi sento di rivolgerla alla classe forense barese. I colleghi avvocati locali si troveranno, senza alcuna propria responsabilità, per mesi e forse per anni, nell'impossibilità di svolgere ordinariamente la propria professione. Questo decreto non si occupa di loro. Come Forza Italia abbiamo presentato degli emendamenti, tesi ad un sostegno quantomeno sul piano fiscale, ai professionisti baresi. Ovviamente, anche su questo punto, la maggioranza è rimasta sorda e non ha raccolto il grido di dolore proveniente dal territorio.

Per questo e per altro ancora non possiamo che giudicare molto negativamente questa prima iniziativa parlamentare del Ministro Bonafede. La giustizia di Bari e la giustizia del Paese avevano bisogno di interventi più meditati e più incisivi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (PD). Signora Presidente, Governo, care colleghe e cari colleghi, quella del tribunale di Bari è senz'altro una questione annosa, che meritava e merita una soluzione. È apprezzabile, quindi, che il Ministro, come suo primo atto, abbia voluto farsi carico della situazione della giustizia penale barese. Tuttavia, tra il farsi carico di una situazione e risolverla, la differenza sta nella soluzione che si decide di adottare.

Per esperienza le soluzioni migliori in termini di efficacia sono quelle costruite attraverso la conoscenza, intesa come competenza, la condivisione, l'intelligenza e la lungimiranza. Nulla di tutto questo è ravvisabile in questa decisione. La soluzione adottata dal Ministro con questo decreto è, infatti, la peggiore che si potesse prendere. Nella sua intenzione il Ministro intendeva e intende garantire il regolare svolgimento della giustizia penale barese, ma la verità è che finirà per paralizzarla per gli anni a venire. Non è un caso che la sua decisione abbia infatti generato numerose perplessità e richieste di chiarimenti, non solo da parte dei gruppi di opposizione, ma anche in primis dai soggetti auditi in Commissione giustizia, preoccupazioni che non starò qui a indicare, perché già ampiamente discusse in quest'Aula.

Il Partito Democratico ha recepito le osservazioni emerse nelle audizioni con emendamenti, volti a migliorare il testo del decreto. Tali emendamenti sono stati tutti respinti dalla maggioranza, dopo il parere contrario di relatore e Governo, dimostrando una totale chiusura nei confronti dell'opposizione. Di fronte a questo atteggiamento di una forza politica che è attualmente al Governo, ma che continua a comportarsi come se fosse di opposizione, il Partito Democratico ha sperato nella possibilità di vedere accolto almeno un emendamento, quello a mia prima firma, a correzione e integrazione del secondo comma dell'articolo 1 del decreto-legge in discussione, con il quale si chiede di estendere la sospensione dei termini alle misure cautelari personali, come già detto, invece che alla sola custodia cautelare.

In base al tenore letterale del citato comma, la sospensione non opererebbe per tutte le altre tipologie di misure cautelari personali, come il divieto di avvicinamento alla persona offesa o l'ordine di allontanamento dalla casa coniugale, misure volte a tutelare una specifica categoria di persone offese, quali sono le donne vittime di stalking o maltrattamenti in famiglia.

Su questo punto invito le colleghe e i colleghi della maggioranza e del Governo a rompere le righe, a fare una riflessione da persone libere e dare un proprio contributo al dibattito. Stiamo infatti parlando di reati di particolare allarme sociale. Questa lacuna, infatti, non può che generare incertezze interpretative e, dunque, disparità di trattamento, se non addirittura vuoti di tutela. Anche D.i.Re, associazione nazionale “Donne in rete contro la violenza”, con un proprio comunicato, ha evidenziato come tale provvedimento metta a rischio l'incolumità di moltissime donne, ponendosi peraltro in aperto contrasto con la Convenzione di Istanbul, ratificata dal nostro Paese nel 2013, in termini di protezione e accesso alla giustizia.

L'emendamento, considerata la sua rilevanza, sarà ripresentato in Aula, con l'auspicio che il Governo ritorni sui suoi passi e che voglia accogliere, se non le osservazioni provenienti dal Partito Democratico, forse per pregiudizio, se non quelle provenienti dagli auditi, per superficialità, almeno quelle osservazioni critiche che giungono da un'associazione, che da anni si fa carico della sofferenza di donne che subiscono violenza.

Lasciatemi dire che, in tema di politiche di prevenzione e di contrasto alla violenza maschile contro le donne, voi ereditate oggi un lavoro straordinario, realizzato dal precedente Governo insieme al Dipartimento per le pari opportunità, a partire dalla ratifica della Convenzione di Istanbul, fino alla scrittura del Piano antiviolenza per gli anni 2017-2020 e alla redazione di linee guida nazionali per le aziende sanitarie ospedaliere, in tema di assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza. Un lavoro, questo, costruito con competenza, condivisione, intelligenza, sensibilità e lungimiranza. La speranza è che sappiate farne buon uso, realizzando politiche a tutela delle donne che soffrono, a garanzia della sicurezza loro e dei loro figli, e volte a promuovere la necessaria emancipazione dall'esperienza di violenza subita.

Ecco, accogliere questo specifico emendamento del Partito Democratico sarebbe un primo importante passo in questa direzione. Il Governo non può abbandonare molte donne ai loro persecutori.

Concludo, richiamando, come già avvenuto in Aula, le parole del Ministro Bonafede, che ha annunciato l'individuazione di un immobile. Ecco, ci dica il Ministro Bonafede quali sono le caratteristiche di questo immobile e quali tempi prevede e soprattutto se il termine del 30 settembre ritenga che sia rispettato. Se ce lo dice, ne saremo davvero contenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 764)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Carla Giuliano.

CARLA GIULIANO, Relatrice. Grazie Presidente. Noto con piacere che, in quest'Aula, oggi, c'è chi ha preferito dedicare la quasi totalità del proprio intervento, anziché al merito del provvedimento, a delle sterili e inutili polemiche, a conferma della scarsa attenzione, se non inesistente attenzione, che finora c'è stata verso il problema dell'edilizia giudiziaria e verso il problema gravissimo, che si è manifestato a Bari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

È sconcertante sentire che, rispetto alle esigenze di un territorio che soffre, l'unica risposta, secondo gli interventi che abbiamo oggi ascoltato in Aula, era quella di conferire dei poteri straordinari al Ministro oppure ad un commissario. L'unica preoccupazione, che è emersa da questi interventi, o la preoccupazione principale riguarda il conferimento di poteri straordinari. Non siamo evidentemente più abituati a risolvere i problemi con le procedure di evidenza pubblica. Dobbiamo abituarci che i problemi si possono risolvere, rispettando le regole e non derogando alle regole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle - Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Mi spiace sentire in quest'Aula che uno dei problemi, anzi l'unico, insieme a quello dei commissari, è il problema delle notifiche. Si è forse dimenticata la situazione drammatica che abbiamo visto realizzarsi a Bari e questa cosa veramente mi dispiace. Si è parlato di un Ministro che non si fa carico dei problemi e che non ascolta ciò che gli viene detto dalle parti interessate. Il Ministro ha fatto molto di più di ascoltare le parti interessate. Il Ministro si è recato in prima persona, il 7 giugno, a Bari e ha raccolto le lacrime dei cancellieri. Si è accollato questo problema e ha fatto molto, molto, molto di più.

Un'ultima notazione. Vorrei tranquillizzare - su questo ne parleremo ampiamente domani in sede di analisi degli emendamenti - che il decreto non prevede la sospensione delle misure cautelari. Il decreto prevede la sospensione dei termini di durata della fase delle indagini preliminari e questo non inficia né la possibilità di espletare atti urgenti né la possibilità di applicare - e, se sono applicate, ovviamente persistono - le misure cautelari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Morrone.

JACOPO MORRONE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Signor Presidente, vorrei ringraziare il Parlamento e gli onorevoli colleghi intervenuti, perché le sollecitazioni e gli indirizzi del Parlamento costituiscono la forza e uno stimolo per l'azione che il Governo sta sviluppando su tutti i temi del programma, in particolare per il tribunale di Bari.

Come promesso, gli uffici giudiziari di Bari saranno dotati di una nuova sede, è stata portata a termine la procedura per l'individuazione dell'immobile che ospiterà il tribunale e la Procura della Repubblica del capoluogo pugliese. Quindi, alle parole seguono i fatti, senza ricorrere ad alcun potere straordinario, né facendo ricorso ad alcun commissario, né facendo trascorrere anni.

Sono stati sufficienti poco più di quaranta giorni di Governo per dare una soluzione al problema che era presente ed è noto da oltre quindici anni e soprattutto lo abbiamo fatto, seguendo le procedure ordinarie.

L'immobile in cui saranno trasferiti gli uffici baresi, dopo la dichiarazione di inagibilità del vecchio palazzo di giustizia di via Nazareth, è situato in via Guglielmo Oberdan, 40, a Bari, ed è stato individuato mediante la procedura avviata con il bando pubblico del 25 maggio 2018. Ciò consentirà di realizzare rapidamente lo sgombero del fabbricato dichiarato inagibile e soprattutto una rapida e ordinata ripresa delle attività giudiziarie ordinarie, grazie anche all'utilizzo della sede di via Brigata Regina.

Lo stato degli immobili acquisiti e l'estrema celerità delle procedure di adeguamento attivate fanno peraltro presumere che il trasloco presso le nuove sedi possa essere concluso in tempi estremamente brevi, in modo da ridurre al minimo il disagio per tutta l'utenza.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Anzaldi; Nesci ed altri; Verini; Santelli ed altri; Palazzotto ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (A.C. 336-513-664-805-807-A) (ore 18,47).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 336-513-664-805-807-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è in distribuzione e sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 336-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Dalila Nesci.

DALILA NESCI, Relatrice. Grazie, Presidente. Il testo che è stato approvato dalla I Commissione Affari costituzionali istituirà per questa legislatura una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e delle altre associazioni criminali similari anche straniere, così da poter portare avanti un lavoro che è svolto ormai da anni sul tema e che è prioritario per il Parlamento tutto.

Il testo ricalca, nell'impianto generale ed anche in gran parte nella formulazione, il testo della legge che istituì la Commissione antimafia nella precedente legislatura; poi sono state introdotte alcune importanti modifiche che tengono conto delle proposte dei diversi gruppi parlamentari e del lavoro svolto dalla Commissione antimafia nel corso degli anni, ed in più riprendiamo degli spunti che sono stati ritenuti utili da tutte le forze politiche, con riferimento alla relazione conclusiva che è stata approvata nella scorsa legislatura dalla Commissione antimafia. Quindi, tutti quanti i parlamentari che hanno redatto proposte in tal senso si sono riferiti proprio a questo lavoro, a riprova che è stato preso assolutamente in considerazione il lavoro della precedente Commissione antimafia.

Poi vi sono, giustamente, delle differenze per ogni progetto di legge; inoltre, ho inteso unificare i vari progetti in un testo unico, quindi inizialmente abbiamo attivato l'esame in sede referente della proposta Anzaldi, poi la mia, Nesci, poi Verini, e in seguito quella Palazzotto e quella Santelli. Quindi tutte le forze si sono potute esprimere anche attraverso un testo.

Andrei, dunque, a spiegare quali sono le novità, ma anche proprio il contenuto della proposta di legge, perché devo dire che c'è stata la volontà collegiale, quindi da parte di tutti, di dotare questa Commissione degli strumenti più incisivi, quelli migliori insomma. Abbiamo fatto un buon lavoro, poi si continuerà con questa discussione e anche con la votazione di domani. Ho interpretato, come è giusto che sia, il mio ruolo, quindi facendo attenzione sempre al rispetto della separazione dei poteri e poi della più leale collaborazione istituzionale.

Per quanto riguarda i poteri della Commissione, noi abbiamo superato con questa formulazione finale del testo anche la precedente legge n. 87 del 2013, che, per esempio, non consentiva di adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, restando fermi ovviamente i limiti per la Commissione relativi ai provvedimenti attinenti alla libertà personale, salvo l'accompagnamento coattivo di testimoni.

Per quanto riguarda l'oggetto dell'inchiesta, perché questa Commissione è assolutamente una Commissione di inchiesta, essa indaga sul fenomeno delle mafie, come ho detto anche con riferimento alle mafie straniere, alle organizzazioni di natura transnazionale e a tutte le organizzazioni criminali di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale.

Per quanto riguarda i compiti della Commissione: intanto abbiamo inserito la verifica dell'attuazione delle leggi che riguardano le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, nonché quelle relative al regime carcerario previsto per le persone imputate o condannate per delitti di mafia; inoltre, promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l'efficacia; poi ci sono diversi passaggi per accertare la congruità della legge vigente e rendere più coordinata ed incisiva l'iniziativa di Stato, regioni ed enti locali contro le mafie, al fine di costituire uno spazio giuridico antimafia anche a livello europeo ed internazionale; accertare e valutare le tendenze e i mutamenti in atto nell'ambito della criminalità organizzata di tipo mafioso, anche con riferimento, quindi, ai processi di internazionalizzazione e cooperazione, quindi con altre organizzazioni criminali, in attività illecite rivolte contro, per esempio, la proprietà intellettuale o la sicurezza dello Stato; una particolare attenzione è rivolta anche al ruolo della criminalità nella promozione e nello sfruttamento dei flussi migratori illegali; indagare - questa anche è una novità o comunque un'innovazione rispetto alle precedenti leggi - e approfondire il rapporto fra mafia e politica, fra mafia e informazione ed anche come la violenza delle mafie si estrinsechi nei confronti dei giornalisti, questo è un ambito molto importante su cui potrà indagare la Commissione; poi indagare sul rapporto tra mafia e politica, anche con riguardo alla sua articolazione territoriale, nonché ai delitti e alle stragi di carattere politico-mafioso; indagare, per esempio, sull'accumulazione di patrimoni illeciti e sul fenomeno del riciclaggio; accertare le modalità di difesa degli appalti pubblici e nel contempo esaminare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto di tali fenomeni; poi esaminare anche l'impatto negativo che le associazioni mafiose hanno sul sistema produttivo del Paese, quindi con particolare riferimento all'alterazione della libera concorrenza, dell'accesso ai sistemi bancario e finanziario, e della trasparenza e della gestione delle risorse pubbliche destinate al sistema imprenditoriale; poi la verifica dell'adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo; e ancora, il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione da parte della criminalità di tipo mafioso negli enti locali, con riguardo alla componente amministrativa, secondo un'innovazione che abbiamo introdotto nel testo; poi introduciamo ancora delle nuove finalità, ovvero la verifica dell'adeguatezza delle disposizioni in materia di tutela delle vittime di estorsione ed usura, di tutela dei familiari delle vittime di mafia; estendere anche l'attuazione dell'applicazione del regime carcerario, anche con riferimento al monitoraggio delle scarcerazioni. Su questo c'è stato un lungo dibattito in Commissione, che è seguito alla discussione dell'approfondimento che ha fatto la Commissione giustizia. Quindi, su questo tema, anche e soprattutto per evitare il rischio persino del più piccolo fraintendimento o comunque di polemiche che si potevano generare, dopo l'approfondimento della Commissione antimafia, si è perfezionata la scrittura della formulazione che faceva riferimento al monitoraggio per la scarcerazione. Quindi, nell'ottica di una dialettica parlamentare, è doveroso che si si migliorino i testi dopo le discussioni all'interno delle varie Commissioni.

Poi, ancora, verificare l'adeguatezza della legge in materia di sistemi informativi e banche dati in uso agli uffici giudiziari e alle forze politiche; indagare sul rapporto tra mafia e politica, con riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, facendo riferimento proprio al codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali proposto dalla precedente Commissione antimafia, quindi estendere l'analisi delle condotte corruttive e collusive, l'infiltrazione all'interno di associazioni massoniche o a carattere segreto. Ancora, estendere l'analisi sul fenomeno del traffico di stupefacenti e di armi e commercio di opere d'arte. Ho già detto del rapporto fra mafie e informazione. Poi, anche, estendere la valutazione della normativa in materia di riciclaggio, anche in relazione all'intestazione fittizia di beni e al sistema lecito ed illecito del gioco e delle scommesse (questo è un tema nuovo); approfondire ed esaminare le caratteristiche storiche del movimento civile antimafia e monitorare l'attività svolta dalle associazioni, sia a carattere nazionale che locale, al fine - questa è un'ottima innovazione, a mio parere, che poi la Commissione ha accolto - di procedere alla mappatura delle iniziative di carattere civile e le pratiche educative che sono messe in campo dalle varie associazioni e più in generale dal movimento civile antimafia, a riprova che questa Commissione, oltre ai tipici temi dell'inchiesta e delle indagini sul fenomeno, voglia anche andare ad approfondire un approccio culturale diverso, favorendo la divulgazione e l'informazione riguardo magari ottime pratiche che sono diffuse sul territorio e che non tutti conoscono e che invece potrebbero favorire un'emulazione positiva in tal senso. Poi, esaminare la possibilità, per esempio, di impiegare istituti e strumenti previsti dalla normativa in materia di lotta contro il terrorismo ai fini del contrasto delle mafie.

Per quanto riguarda la composizione della Commissione, viene confermato il numero di cinquanta componenti, venticinque senatori e venticinque deputati. I componenti della Commissione istituenda sono tenuti a dichiarare alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei loro confronti sussista una delle condizioni indicate nel codice di autoregolamentazione delle candidature sulla formazione delle liste elettorali, proposto dalla Commissione antimafia con la relazione di cui vi parlavo prima, perché questo codice di autoregolamentazione fu redatto e approvato che nella precedente legislatura con la finalità proprio di impegnare i partiti politici e i movimenti affinché non candidassero soggetti che potessero risultare coinvolti in reati di criminalità organizzata, contro la pubblica amministrazione, di estorsione e d'usura, di traffico di sostanze stupefacenti, di traffico illecito di rifiuti. Quindi, anticipare la soglia di allerta, ferma restando la previsione di incandidabilità già contenuta nel decreto legislativo 31 dicembre 2012 n. 235, ovvero a seguito di sentenza di condanna.

Per quanto riguarda la durata di questa Commissione d'inchiesta, si è scelto di farla durare per l'intera legislatura. Magari un giorno ci interrogheremo se è il caso di istituirla in maniera permanente, potrebbe essere oggetto di approfondimento da parte dell'Ufficio di Presidenza, però intanto abbiamo stabilito che durerà per l'intera legislatura. Il presidente, secondo quanto approvato in Commissione, è eletto a scrutinio segreto all'interno della Commissione che si istituirà, e risulterà eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione. Ci sarà la possibilità, all'interno della Commissione, di istituire uno o più comitati per approfondire determinate tematiche.

Ritengo utile anche parlarvi di quanto previsto nella parte che si riferisce alle audizioni a testimonianza, perché per i fatti che rientrano nei compiti della Commissione non sarà opponibile il segreto d'ufficio, il segreto professionale ed anche il segreto bancario, in analogia con quanto già stabilito, per esempio, nella scorsa legislatura, quando si istituì la Commissione sul sistema dei crimini bancari. I poteri della Commissione, per quanto riguarda la richiesta di atti e documenti, sono ampiamente disciplinati dall'articolo 5, quindi questa Commissione potrà acquisire copia di atti e documenti relativi a procedimenti ed inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, e anche copie di documenti da parte di tutte le pubbliche amministrazioni. Per questo, un passaggio che all'inizio era presente nel testo unificato è stato poi soppresso, perché coperto assolutamente dall'articolo 5, e poi c'è sempre il consueto vincolo segreto. Per quanto riguarda invece l'organizzazione dell'attività e il funzionamento della Commissione, si rimanda ad un regolamento interno. Infine, mi riservo eventualmente di replicare, dopo aver ascoltato i colleghi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, onorevole Molteni.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Rinunzio all'intervento, Presidente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Forciniti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORCINITI (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, l'istituzione di una Commissione speciale di inchiesta sul fenomeno delle mafie costituisce un momento estremamente importante, non solo da un punto di vista strettamente pratico e operativo, perché il disegno di legge che ci apprestiamo ad approvare amplia le competenze e il raggio d'azione dell'istituenda Commissione rispetto alle omologhe delle precedenti legislature, ma anche e soprattutto da un punto di vista simbolico e ideale, perché rappresenta il rinnovo di un impegno che questa istituzione deve assumersi in maniera consapevole e convinta. Consapevole del fatto che le mafie hanno mutato negli ultimi anni forme e modusoperandi, alzando la loro asticella, e convinta del fatto che, se le mafie hanno alzato la loro asticella, noi non possiamo realisticamente pensare di stargli dietro se non ci dotiamo a nostra volta di strumenti nuovi e maggiormente incisivi.

Le mafie, dicevamo, non sono più solo quelle della lupara bianca e dei traffici che ne hanno storicamente caratterizzato l'azione. Al contrario, oggi le mafie hanno alzato la posta in gioco e sono riusciti a calare i loro tentacoli anche su attività e iniziative che sono formalmente legali, quindi entrando con strumenti più o meno subdoli e sofisticati anche in quelli che sono gli iter di realizzazione delle opere pubbliche o della gestione dei servizi. Le mafie, inoltre, hanno capito che quasi non gli conviene più trattare con pezzi delle istituzioni, perché è diventato di gran lunga più facile e meno rischioso infiltrarle direttamente con i loro uomini, o comunque con persone che sono a loro strettamente collegate. Per questo penso, onorevoli colleghi, che sarebbe davvero un errore quello di considerare questi giorni di lavoro parlamentare come l'esercizio di una mera, stanca formalità che si ripete in maniera quasi macchinale e automatica all'inizio di ogni legislatura. Al contrario, proprio per vivere un momento così importante e con la giusta consapevolezza, con l'attenzione che questo momento merita, credo che sia necessario chiedersi in questa sede cosa è stato fatto e cosa magari non è stato fatto negli ultimi anni per contrastare convintamente e con efficacia il fenomeno delle mafie, per poi da qui partire e cercare tutti insieme di capire se possiamo fare qualcosa di diverso o, perché no, anche di migliore, e assumerci l'impegno a cambiare rotta. Perché io credo, colleghi, che, se le mafie hanno avuto buon gioco in questi anni nel fare quello che hanno fatto, è anche perché la legislazione e gli strumenti di cui lo Stato si è dotato, quelli che oggi potevano fungere da preziosi anticorpi, si sono rivelati invece gravemente inadeguati o comunque insufficienti. Vorrei porre a me stesso e a tutti voi la seguente domanda: cosa abbiamo fatto in questo Paese e in questi anni per contrastare le mafie? Penso, ad esempio, alla chiacchierata riforma dell'articolo 416-ter del codice penale sul voto di scambio politico-mafioso, che ha impegnato i parlamentari della scorsa legislatura in un dibattito a tratti grottesco e surreale o almeno tale è l'impressione che ho avuto io che l'ho vissuto al di fuori delle istituzioni. Infatti si era partiti sull'onda di una petizione popolare che dal basso aveva posto con dirompenza all'attenzione generale l'esigenza di aggiungere anche la promessa e l'erogazione di altra utilità rispetto al denaro come possibile oggetto di scambio proprio perché i magistrati, con quella vecchia tipizzazione della norma, non riuscivano a ricomprendervi all'interno alcune fattispecie che, pur non prevedendo direttamente la dazione di danaro, erano comunque da ricondurre al fenomeno di scambio politico-mafioso. Ebbene, come andò a finire? Nel 2014 la maggioranza a trazione Renzi-Verdini approfittò del ritocco normativo voluto a furor di popolo per abbassare in maniera, oserei dire, vergognosa le pene per il voto di scambio politico-mafioso che passarono dai precedenti sette e dodici anni come minimo e massimo edittale a quattro e dieci anni come massimo. Il messaggio che fu dato al Paese fu terribile: uno Stato che si arrendeva, che cedeva il passo alle mafie al punto che poi, nel 2017, fu necessario un nuovo intervento normativo sul 416-ter che però è ancora da ritenersi timido e inadeguato. Si è tornati anche di recente a intervenire molto timidamente sulla prescrizione penale ma è chiaro che bisogna fare di più in questo senso perché il Paese paga ancora oggi le drammatiche conseguenze della legge ex Cirielli, una legge che portò addirittura il suo primo firmatario a prenderne le distanze (da questo è detta “ex Cirielli”), che fu voluta nel 2005 dal Governo Berlusconi e che a oggi ha mandato al macero centinaia di migliaia di processi penali e ha aumentato nel Paese una già diffusa percezione e sensazione di impunità. Credo, Presidente, che in un Paese civile, se un processo inizia, deve anche finire con una sentenza di merito.

Un altro aspetto che merita, ahimè, di essere considerato è relativo alla riscrittura della geografia giudiziaria perché nel 2011, in nome di una cieca austerità priva di ogni logica, che poi è la stessa austerità che viene invocata ogni volta che c'è da fare macelleria sociale con i diritti dei cittadini, furono chiusi trentuno tribunali e altrettante procure della Repubblica: anche in questo caso il messaggio che fu dato fu quello di uno Stato che arretrava e lasciava campo libero alle mafie. Io provengo da Corigliano-Rossano che è sede di uno dei presidi giudiziari soppressi e so cosa vuol dire quando una procura della Repubblica leva le tende da un presidio, da un territorio che è anche ad alto rischio di infiltrazioni mafiose.

Infine non possiamo sottacere il discorso relativo alle intercettazioni. La preoccupazione prioritaria in questi palazzi per troppo tempo è stata quella di ridurre e comprimere gli strumenti a disposizione dei magistrati, anziché quella di renderli più pregnanti e idonei a contrastare un fenomeno che si espandeva a macchia d'olio e che era in continua diffusione e mutamento.

Dunque, signor Presidente, ci aspettiamo che nella legislatura in corso appena iniziata, si possa serenamente e pacatamente parlare, ad esempio, di un serio pacchetto di misure anticorruzione, dell'introduzione dell'agente sotto copertura, del Daspo per i corrotti, di una vera riforma per la prescrizione, di potenziamento degli strumenti a disposizione dei magistrati senza per questo venire etichettati con tono sprezzante giustizialisti oggi e forcaioli domani. Noi non siamo né giustizialisti né forcaioli: vogliamo solo una giustizia che sia in grado di garantire certezza del diritto e che sia efficace nel contrastare anche il fenomeno della diffusione delle mafie. Perché la stessa convergenza che verosimilmente ci vedrà tutti quanti in questi giorni vicini nel votare l'istituzione di una Commissione antimafia rischia di essere qualcosa di sterilmente ipocrita, se non sarà poi seguita da altrettanta disponibilità quando tutti insieme dovremo fare le riforme suddette. Quindi aspetto per davvero con fiducia e con sincero spirito costruttivo che tutte le forze politiche diano il loro contributo reale e concreto non solo quando c'è da indossare l'abito buono dell'antimafia per andare nei salotti della tv a fare, per così dire, la lotta antimafia a favore delle telecamere, ma anche quando servirà dare tutti insieme risposte concrete su fatti e su atti concreti. Però è chiaro, Presidente, che la strategia di contrasto alle mafie non può basarsi solo e soltanto su un discorso di mera repressione perché sarebbe davvero miope e parziale e sarebbe una strategia destinata nel medio e lungo periodo a fallire miseramente. Dunque ritengo che la politica abbia anche il dovere di capire quali sono i fattori socio-culturali che fanno sì che poi le mafie siano e diventino sempre più forti soprattutto nei territori dove la morsa del bisogno stringe forte e il monopolio dell'opportunità è saldamente detenuto da poche persone.

Credo che, da questo punto di vista, la nostra stella polare debba essere quel bellissimo sogno visionario che i nostri padri costituenti ci hanno regalato quando hanno concretizzato nel secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione il principio dell'uguaglianza sostanziale, secondo cui lo Stato non solo ti lascia libero di giocarti le tue opportunità in una società competitiva, regolata dal mercato ma, anzi, ti viene incontro quando quel mercato ti sta schiacciando, ti sta lasciando indietro, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono di realizzarti. In questo principio, secondo me, - ce lo siamo dimenticati forse un po' troppo spesso - c'è la chiave di lettura più importante perché, laddove lo Stato fa sentire la sua presenza facendosi percepire come un alleato piuttosto che come un nemico, lì le mafie perdono terreno; laddove lo Stato o, meglio, chi lo rappresenta lavora per costruire opportunità e benessere diffuso piuttosto che concentrarlo nelle mani di pochi e laddove il bisogno viene ascoltato per essere soddisfatto e non utilizzato per estorcere consenso elettorale, lì le mafie le facciamo arretrare. Dove lo Stato, invece, istituzionalizza sfruttamento e precariato nel mondo del lavoro abbattendo salari, diritti e tutele, trasformando una generazione di giovani in automi senza alcuna dignità e speranza nella certezza di un futuro, lì le mafie proliferano; e laddove viene concesso alle banche, ad esempio, di fare il bello e il cattivo tempo, lì le linee di credito sempre aperte degli usurai diventano spesso una tentazione e una concorrenza troppo forte. Sotto questo aspetto, dunque, noi vogliamo puntare molto sul reddito di cittadinanza, sulla banca pubblica degli investimenti e, più in generale, sulla strategia globale di potenziamento dei diritti economici e sociali che troppe volte sono stati sacrificati; quelli che hanno lasciato indietro le fasce più deboli che sono poi, verosimilmente, più esposte anche al rischio di finire, più per motivi di necessità o per mancanza di alternative che non per altro, nelle maglie, ad esempio, della microcriminalità che poi, a sua volta, porta spesso anche a ingrossare le file della criminalità organizzata. Il decreto-legge “Dignità”, Presidente, è il primo tassello di tale strategia ma tanto altro dovrà essere fatto nella legislatura in corso. In conclusione dell'excursus con cui, senza alcuna pretesa di essere stato ovviamente esaustivo, ho provato a dare umilmente all'Aula qualche spunto di riflessione sul tema, vorrei manifestare sinceramente e concretamente l'auspicio che tutti i componenti dell'Assemblea, nessuno escluso, quindi non solo i venticinque di noi che comporranno la Commissione speciale, nel dare il via libera all'istituzione della Commissione d'inchiesta sul fenomeno si facciano carico da oggi in poi di portare avanti insieme a noi quel grandioso progetto di rivoluzione culturale che è tra gli obiettivi del MoVimento 5 Stelle praticamente sin dal giorno della sua nascita; ciò è l'unica via per poter davvero parlare di lotta alle mafie con la coscienza pulita e con cognizione di causa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, a fronte di una generale condivisione della istituzione della Commissione che rappresenta non solo lo spirito condiviso di quest'Aula ma, credo, dell'intera nazione e che sostanzialmente ricalca come strumento le Commissioni delle passate legislature con alcuni elementi di innovazione sotto il profilo dello spettro d'indagine, soprattutto in materia di tutela delle vittime dell'usura, delle estorsioni, sul monitoraggio sui familiari delle vittime, sulle scarcerazioni, sull'aspetto dell'infiltrazione corruttiva che sicuramente meritano una sottolineatura positiva, vi sono però anche alcuni aspetti che forse meritavano maggiore attenzione. Faccio riferimento all'introduzione oggi in Commissione dell'emendamento relativo al 41-bis che forse, per un errore di formulazione, forse perché induce a una interpretazione sbagliata, sembra un po' un emendamento del Partito Radicale che va a vedere se sono idonee per i soggetti sottoposti al 41-bis le condizioni carcerarie, donde viene la domanda conseguente e contraria: e se non sono idonee, che cosa vogliamo fare? Li vogliamo fare uscire? Perché su questi temi la linea di demarcazione deve essere chiara: i buoni e i cattivi. Poi rispettiamo i diritti umani di tutti, poi rispettiamo le sensibilità, le malattie di chiunque ma dei mafiosi no, ma dei mafiosi no!

E poi c'è l'altro tema, che abbiamo sollevato in Commissione con l'emendamento sulle mafie straniere. Ci è stato risposto, ed è il motivo del non accoglimento, che in qualche modo viene ricompreso in una generica definizione sulla materia, e che, però, forse andava specificato, perché, colleghi, questa è una legge, di fatto, a tempo perché - ce lo ha spiegato la relatrice - la Commissione viene istituita per il tempo di durata della legislatura. Se nel tempo sono stati affrontati e messi in campo strumenti puntuali nei confronti delle cosiddette mafie nazionali, che, nel frattempo, si sono anche modificate, dalla criminalità di strada violenta verso una sorta di criminalità in doppiopetto e finanziaria, oggi vi sono delle realtà mafiose su cui è necessario intervenire con puntualità, ed abbiamo fatto ciò sottolineandole.

Forse quelli dovrebbero essere i primi obiettivi, perché su questi - è emerso anche nel dibattito in Commissione - non sempre vi sono strumenti puntuali a disposizione delle forze dell'ordine e della magistratura per intervenire. Certo io non ho dubbi, le rassicurazioni che sono state offerte dal sottosegretario Molteni quanto all'attività del Ministero dell'Interno, insomma, le do per scontate e ne sono sicuro, considerandola persona assolutamente seria, ma quei due punti, la mafia nigeriana, innanzitutto che si è introdotta, e abbiamo visto anche con fatti cruenti e con modalità che sono emerse sui fatti di Macerata, ma che poi ha dei riflessi sia nella gestione dell'immigrazione, sia della prostituzione sia della droga.

Vengo da Perugia, dove qualche giorno fa è emerso, anche sulle cronache nazionali, un intervento importante delle forze dell'ordine, che va sottolineato e che ha sgominato la gestione di un traffico importante, legato anche all'immigrazione e anche ai richiedenti asilo, un traffico e uno spaccio di droga. Forse servono strumenti più puntuali per poter intervenire su questo; magari l'indagine concentrata, obiettivizzata, della Commissione potrebbe offrire al Parlamento lo spunto per intervenire in questo senso, perché poi, se mancano gli strumenti puntuali, si lascia in mano agli amministratori locali il problema di dover intervenire, se dietro gli afro-market e gli afro-pub si nascondono delle attività illecite come molto spesso è emerso nelle attività di indagine della magistratura.

E vanificano anche gli sforzi: torno all'esempio recente di cui parlavo prima. Nonostante l'investimento importante sulla riqualificazione urbana fatto dall'amministrazione, nonostante l'investimento corposo, quasi 400 mila euro in telecamere, in videosorveglianza, nonostante il coinvolgimento dei cittadini, poi, però, c'è quel problema, perché, evidentemente, mancano anche gli strumenti per poterlo prevenire con efficacia. Vale la stessa considerazione sul fenomeno della mafia cinese, in particolar modo nel distretto fiorentino-pratese, che oggi rappresenta anche un attacco potenziale al nostro sistema produttivo e alla difesa del nostro prodotto nazionale. E poi c'è il tema dei flussi finanziari, soprattutto con riferimento alla criminalità cinese. Quindi, auspico che vi sia un ripensamento anche da parte della maggioranza rispetto a questo emendamento, che abbiamo riproposto anche in Aula, e che sia accolto.

Colleghi, spesso, nel tentativo di fare dei focus generali su temi ampi, si rischia di perdere di vista dei particolari che spesso sono urgenti, e forse di quegli strumenti la politica deve farsi carico per dotare le forze dell'ordine e la magistratura di mezzi per poter intervenire, così come si è fatto fortunatamente ed anche con grande efficacia nei confronti delle mafie nazionali. Questo non significa che, ovviamente, su quel tema bisogna abbassare la guardia, anzi, ma non possiamo non occuparci con forza e determinazione di questi nuovi fenomeni, che stanno arrivando con forza e anche subdolamente nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stefani. Ne ha facoltà.

ALBERTO STEFANI (LEGA). Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, è un onore per me intervenire in quest'Aula, ed oggi lo è particolarmente, perché sono ad intervenire su un progetto di legge, quello dell'istituzione di una Commissione antimafia, che per un giovane deve rappresentare e rappresenta per me un significato profondo e fondante di un'azione politica. È uno di quei temi che allunga la prospettiva della nostra visione politica, è uno di quei temi che approfondisce il punto focale della nostra prospettiva politica verso quella che sarà la società dei prossimi 30, dei prossimi 40, dei prossimi 50 anni, perché è strettamente connesso alla tipologia di società che noi andremo a costituire e che noi lasceremo alle nostre future generazioni.

Proprio per questo apprezzo che sia la Commissione affari costituzionali sia l'Aula negli scorsi interventi hanno dimostrato e hanno rilevato l'urgenza dell'istituzione di questa Commissione. Oggi la mafia non è più un fenomeno soltanto relegato a determinate aree geografiche: è un fenomeno che affonda le proprie radici ed è un fenomeno tentacolare nelle pubbliche amministrazioni, che si nasconde dietro ad un intreccio labirintico di collusioni, di complicazioni, di amicizie poco stimabili. É un fenomeno che si infiltra nei meandri di questa pubblica amministrazione, ma è di più un fenomeno globale, un fenomeno che ha una rilevanza transnazionale, nella stessa accezione che le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno dimostrato in relazione al termine di transnazionalità, ossia come attività compiuta in più Stati, come attività compiuta e coordinata in più Stati, e che ora anche in Italia sta provocando a livello transnazionale delle conseguenze gravissime.

È un fenomeno che si alimenta non solo dell'omertà, termine spesso abusato e spesso plasmato a piacimento. È un fenomeno che si alimenta e si è rinvigorito soprattutto negli ultimi anni di un finto buonismo di Stato, di un finto buonismo di Stato che ha permesso alla mafia di allungare le proprie mani nella gestione dell'immigrazione clandestina (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier), che ha permesso alla mafia di allungare i propri tentacoli nella gestione dei migranti, che ha permesso alla mafia di trattare questi migranti come merce di scambio, che ha permesso alla mafia di trattare questi migranti come manodopera a basso costo al soldo di associazioni criminali e criminogene che ancora provocano problemi in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

E auspico vivamente che la Commissione che andremo ad istituire faccia luce su queste zone grigie e su questi problemi, su cui spesso si tace. Vorrei ricordare che la mafia non si combatte dall'alto degli attici di New York; si combatte con azioni concrete, con azioni precise, con azioni mirate, con una politica ferrea, con più poteri alle forze dell'ordine, con magistrati e operatori di giustizia che siano coltivati nella passione del diritto e nella giustizia. Si combatte con il monitoraggio delle scarcerazioni, così come previsto nel disegno di legge che stiamo approvando all'articolo 1, comma 1, lettera e). Si combatte con l'attuazione effettiva dell'articolo 41-bis nella misura in cui prevede strutture e sezioni dedicate ai i soggetti in regime speciale.

Si combatte con la preventiva valutazione dell'impatto antimafia delle misure di contrasto alla criminalità organizzata. Si combatte con il monitoraggio delle procedure di sequestro e di confisca, e con la velocizzazione delle procedure di vendita e di assegnazione, così come previsto all'articolo 1, comma 1, lettera p), del nostro disegno di legge. Solo così si raggiunge l'antimafia nei fatti e non nelle parole. L'antimafia dei diritti è quella che attraverso la confisca, il sequestro e l'assegnazione dei beni ad attività socialmente utili restituisce alla collettività il maltolto; quella che dimostra che la lotta all'illegalità di stampo mafioso paga in termini di utilità sociale, in termini di attività imprenditoriale, in termini di assistenza e di volontariato, e per questo sono orgoglioso delle dichiarazioni e delle intenzioni del nostro Ministro dell'Interno Matteo Salvini, che ha ribadito il proposito di garantire un veloce riutilizzo dei beni confiscati alla mafia. Per me è un messaggio importante, è un messaggio che ricorda che alcuni territori che per anni sono stati seviziati, oltraggiati e offesi dalla mafia, da succubi della mafia possono tornare alleati dell'Italia, possono tornare ad essere importanti per il nostro Paese, possono tornare ad essere importanti e a contribuire a rendere il nostro Stato un Paese migliore.

Di questo messaggio noi dobbiamo essere orgogliosi tutti, tutti. Perché se la mafia viene annientata vince lo Stato, non vince solo il Governo, non vince solo la forza di maggioranza, non vincono soltanto i ministri: vince la politica, vincono i deputati, vince la politica tutta, vince l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

Allora mi auguro davvero che finalmente l'antimafia non sia più sterile, non sia più una bandiera politica da innalzare da parte di una determinata forza politica come è stato fatto negli ultimi anni, ma sia invece un sentimento che unisca la politica. E proprio su questo fondamentale ruolo degli uomini e delle donne delle istituzioni, vorrei ricordare delle parole di Giovanni Falcone, del magistrato Giovanni Falcone, che diceva che la mafia non è affatto invincibile: la mafia è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e ha una fine. Bisogna solo considerare che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia le forze migliori delle istituzioni. E proprio su questa ultima locuzione, le forze migliori delle istituzioni, noi deputati e rappresentanti di partiti politici dobbiamo interrogarci, proprio su questo, per abbattere quello che è stato definito il decadimento politico nella relazione conclusiva della Commissione antimafia della XVII legislatura. E io credo che questa legislatura abbia fatto dei grandi passi avanti!

Ma è qui che la politica in senso stretto deve ragionare. La frase di Falcone ricorda l'importanza della selezione della nostra classe politica a partire dalle realtà amministrative, che dev'essere in grado di portare meritocrazia dove non c'è trasparenza, che dev'essere in grado di portare coerenza laddove persistono ancora grandi sacche di trasformismo politico, ma che soprattutto deve tornare ad appassionare, a portare passione dove si sono infiltrate le vecchie logiche del clientelismo, che è il principale alimento dell'illegalità di stampo mafioso. È facile dare la responsabilità a dei cittadini inermi, è facile dare la responsabilità e addossare la responsabilità della diffusione del fenomeno mafioso a degli imprenditori che spesso subiscono estorsioni e sevizie, ma la responsabilità dobbiamo prendercela noi come istituzioni: tocca a noi andare ad annientare quell'asimmetria di potere che vige ancora tra una certa parte della popolazione e la mafia, tocca a noi e lo dobbiamo fare per quelle centinaia di magistrati, per quelle centinaia di giornalisti, di professori, di studenti, di giovani donne e uomini, di vittime innocenti della mafia che sono rimasti vittima del peggiore dei mali. Perché dobbiamo ricordarlo, e serve sempre ricordarlo in quest'Aula, che la mafia rappresenta il peggiore dei mali!

E dobbiamo farlo soprattutto - permettetemi di dirlo - per le generazioni future. Borsellino diceva che se la gioventù negherà il suo consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo. Tocca a noi, tutti noi, fare in modo che le future generazioni italiane possano godere di un futuro prospero, capace di garantire loro in tutte le parti del nostro Paese le condizioni necessarie perché possano costruire liberamente il proprio futuro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, ho ascoltato con attenzione gli altri interventi che mi hanno preceduto, alcuni più condivisibili di altri, ma altri, quelli che mi accingo a criticare, completamente fuori luogo rispetto a quello che è il compito dell'Aula in questo momento. Noi ci stiamo occupando (leggo testualmente) dell'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Cioè vorrei che vi fosse chiarezza, Presidente, su un punto: che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, di cui ho avuto l'onore che far parte nella XVI legislatura, non è una sezione distaccata del Parlamento. Vorrei che questo fosse chiaro una volta per tutte: la centralità della lotta alle mafie ce l'ha il Parlamento. La Commissione antimafia è una Commissione che si occupa di compiti ben precisi, e se qualcuno scambia la Commissione antimafia come una sorta di luogo di contropotere rispetto al Parlamento, di luogo in cui si possa far finta di star fuori dal Parlamento per occuparsi di mafia indipendentemente dal Parlamento, sbaglia, perché la Commissione antimafia è una Commissione di inchiesta, non è una Commissione di percussione, come qualche volta (gli esempi non mancano, purtroppo) è accaduto fosse stata scambiata. Perché il mio maestro mi ha insegnato: la prima interpretazione è quella letterale, e quando all'articolo 1 nella sequela di compiti elencati con una sorta di giustificato horror vacui, il timore che qualche cosa sia lasciato nel pennino, si diceva una volta, “verifica”, “verifica”, “verifica”, “verifica”, “accerta”, “verifica”, “accerta”, “valuta”, da nessuna parte è scritto che legifera, da nessuna parte è scritto che assume iniziative legislative o paralegislative. Può proporre, ha la capacità di impulso, di approfondimento; ma qui ho ascoltato interventi da Torquemada, da censori della vita pubblica, che nulla hanno a che spartire con quello di cui ci stiamo occupando.

Nei confronti dell'illecito penale, che può essere individuale, concorsuale, associativo e associativo mafioso… Guardate, i passaggi non sono secondari: la responsabilità penale è personale, può essere individuale, può essere concorsuale, può essere associativa, può essere associativa di stampo mafioso. Guardate, i passaggi del nostro sistema… Qui sembra che l'Italia sia un Paese geneticamente, inevitabilmente di mafiosi. Io questa concezione la respingo! La respingo! L'Italia non è un Paese di mafiosi.

E se qualcuno ha interesse, sotto l'egida di questo assioma, di questo postulato, di questa equazione perversa, di travolgere il diritto delle persone perbene ad essere perbene con una sorta di giustizialismo indifferenziato, sappiate che Forza Italia ragionevolmente sarà il partito delle garanzie; e sono convinto che anche altri partiti si schiereranno su questa logica, del rispetto delle regole e della non massificazione delle responsabilità “mafiose”. Perché se noi partiamo dal presupposto che questo è un Paese ontologicamente di delinquenti mafiosi, noi siamo di fronte al travolgimento del minimo, del minimo del diritto di rimanere in questo Paese. Ma quali persone, chi, quali imprenditori, quali soggetti rimarranno in un Paese in cui c'è una presunzione di colpevolezza mafiosa? Quali? Io ho ascoltato interventi in cui sembrava che ci fosse una catastrofe giudiziaria in questo Paese, in cui chiunque, chiunque deve essere intercettato dalla mattina alla sera, perché se non è intercettato dalla mattina alla sera, magari senza giustificazioni, non si combatte la corruzione! Guardate, è una china, questa, di una pericolosità assoluta; e oggi devo dire che l'intervento del ministro Bonafede non solo non mi ha rassicurato, ma mi ha terrorizzato. Perché nell'ambito di un Paese in cui c'è bisogno di ripartire, c'è bisogno di riprendere coraggio, ottimismo, gioia, voglia di amare la nostra terra e il nostro territorio, ascoltare parole di un terrorismo giudiziario inusitato spaventa.

Ma quali possibilità avremo di riprenderci, se le preoccupazioni del Ministro della giustizia non sono quelle di migliorare le strutture (Bari ne è un esempio clamoroso, ma avremo modo di intervenire su questo), ma la preoccupazione è di tornare indietro sull'ordinamento penitenziario, di tornare indietro sulle intercettazioni, di tornare indietro sul 416-ter, di tornare indietro sull'agente sotto copertura: non andare avanti, tornare indietro!

Cioè riportare il Paese nel buio di indagini buie in cui le procure possano decidere, magari con un Daspo qui, e un Daspo là, chi può fare politica o meno, chi può fare l'imprenditore o meno, chi ha diritto di seminare e di raccogliere, perché anche seminare diventa difficile un Paese di questo genere. Ora, la Commissione antimafia diventa un pretesto per riversare ancora questi veleni su un Paese che, a mio avviso, rimane un bel Paese, Presidente, un Paese buono, di gente che vuole stare bene, essere per bene, lavorare per bene, e andare avanti per bene. Io non autorizzo, in un Paese in cui c'è un articolo che presuppone la non colpevolezza fino a sentenza definitiva, quella Costituzione che voi invocate un po' qui un po' là, come una volta si diceva le frecce delle vecchie autovetture, quando per mettere la freccia si abbassava sul volante, tic tac, ora sì, ora no, ora la Costituzione, ora no, a seconda delle convenienze. No, no, la Costituzione la si invoca sempre. Allora, quando c'è una presunzione di non colpevolezza, è evidente che quella presunzione va tenuta ferma, se vogliamo essere costituzionalmente orientati, poi è ovvio che la dura legge dei numeri può autorizzare tutto, ma ci sarà qualcuno che poi si accorgerà di strafalcioni costituzionali, quando non ci si capisce su beni fondamentali, e la presunzione di non colpevolezza, la differenza fra una Commissione di inchiesta, fra una mafia che deve essere dimostrata, non presunta, duramente quando la si dimostra, si punisce duramente durissimamente, ma se noi partiamo dall'opposto che c'è mafia dappertutto bisogna comportarsi come se ci fosse dappertutto, noi non avremmo più nessun motivo per rimanere in questo Paese, Presidente, non ci sarà ragione una per avere fiducia nelle istituzioni. E con questo chiarimento, che a me sembra fondamentale, cioè la esclusione della presunzione di mafiosità all inclusive se mi fate passare un neologismo di carattere quasi alberghiero, voglio illustrare quella che è la posizione di Forza Italia su questo provvedimento di istituzione della Commissione di inchiesta. Anche qui, io credo che la prevenzione debba essere la regina di questo tipo di situazioni. Allora, noi, nei nostri emendamenti insisteremo perché la mafia non la si combatta con un altro fenomeno che andrebbe rivisto, ma c'è la possibilità già nel testo sottoposto al nostro esame, la cosiddetta interdittiva antimafia, una sanzione terribile che viene comminata senza nessun appiglio di carattere giudiziario, la interdittiva antimafia va rivista profondamente, per dare all'interdittiva un contenuto giudiziario ostensibile e controllabile. Società che sono state bloccate, e parlo per esperienza diretta nel senso che l'astrattismo in queste Aule credo che troppe volte impazzi, che hanno visto bloccati patrimoni di milioni di euro sulla scorta di precedenti penali di dipendenti che sono stati ereditati da altre società dopo aver vinto un appalto, quei precedenti hanno comportato un'interdittiva col blocco tra attività e poi soltanto il Consiglio di Stato, dopo due anni, ha restituito a quella società il diritto di essere una società non mafiosa.

Ecco, forse di questo la Commissione antimafia si deve occupare, un approfondimento sugli effetti delle interdittive antimafia. Su questo insistiamo, cioè che la tensione non sia verso la sanzione tout court, ma verso la meritevolezza di quella sanzione, cioè sono strumenti così gravi, così paralizzanti, così distruttivi in cui il tempo in cui si sopporta la misura è determinante per la fine. Allora, se questo è un Paese che deve ragionare con endorfine più che con iniezioni di veleno, beh è evidente che questo è un tema, l'interdittiva antimafia è un tema che va rivalutato, che va rivisto, in cui il giudizio delle prefetture qualche volta è un giudizio molto prefettizio e poco giurisdizionale. Ma la prevenzione… Noi insistiamo molto sulla diffusione della cultura della legalità, Presidente, e soprattutto nelle scuole.

Io credo che se la Commissione antimafia, non so se ne è mai occupata attivamente, non ho fatto questa verifica statistica, scrivesse un programma, sistematico, di diffusione nelle scuole pubbliche e private, perché non c'è differenza fra un bambino che frequenta una scuola pubblica e un bambino che frequenta una scuola privata, tutti e due vanno educati alla legalità, un programma di educazione dei bambini in tenerissima età sul parametro che più sai e più puoi, più corretto sei e più chance hai di ottenere un risultato, questa elementare equazione, io penso che questo vale molto di più della scure agitata sulle imprese dei sequestri senza inizio e senza fine. Io credo che probabilmente un New Deal della Commissione potrebbe essere quello della diffusione della cultura della legalità, conoscendo l'effetto che fa.

Come pure io credo che, nell'ambito di questa normativa, non è secondario rammentare il ruolo della Commissione di inchiesta con riferimento a specifiche indagini sui territori. A che cosa si assiste? Io credo che il Parlamento dovrebbe essere più vigile nel controllo dei lavori della Commissione antimafia, cioè qui cioè non può capovolgere i ruoli, è il Parlamento il mantice della Commissione, e non il contrario, la Commissione il mantice del Parlamento, é il Parlamento che deve verificare che la Commissione antimafia segua quel percorso disegnato, perché è chiaro che nel momento in cui vi è un'attività di scambio di informazioni le Commissioni di inchiesta funzionano. Quando le Commissioni d'inchiesta, come in questo caso, diventano invece pericolosi satelliti che si agitano intorno al pianeta e possono anche andare in rotta di collisione, io credo che noi non stiamo facendo esattamente quello che è il nostro compito.

Allora, con molta pacatezza, Presidente, noi ci accingeremo ad una lettura di questa normativa, ma non senza ricordare, in conclusione del mio intervento, che l'ascolto e aver citato in quest'Aula rimangono nei lavori parlamentari temi come la prescrizione, il 416-ter, le intercettazioni, le corruzioni, la gente sotto copertura, mi porta ad una riflessione: ma noi che tipo di rapporto vogliamo con la giustizia penale? Vogliamo utilizzare la giustizia penale come uno strumento politico, e qui stiamo invertendo esattamente quella che è la preoccupazione che negli anni Novanta si è agitata, cioè che fosse la magistratura a utilizzare il processo penale per dei risultati politici? Qui siamo al contrario: è una certa politica che vuole usare la magistratura per degli effetti politici incontrollabili, cioè qui capovolgiamo, per assurdo, l'effetto Mani Pulite perché è dalla nostra politica che nasce la necessità di utilizzare la daga delle procure per, in qualche modo, fare piazza pulita indipendentemente da tutto. Perché, Presidente, non lo dimentichi, il vero problema di questo Paese non sono le sentenze, sono le indagini, i provvedimenti cautelari, anche le sole indagini sono capaci di giustiziare un qualsiasi cittadino e se noi di questo non siamo consapevoli e ci lanciamo a testa bassa in avventure giustizialiste e populiste, due ingredienti che shakerati nell'ambito della democrazia, la uccidono, io credo che noi non abbiamo compreso la fisiologia del funzionamento dei rapporti tra responsabilità, soggetto, processo penale, risultati, diritti fondamentali di ciascun cittadino.

Il tema con cui voglio concludere questo breve intervento, Presidente, è quello della prescrizione, perché non si può rimanere inerti. Mi rendo conto che accetto, in questa maniera, la eccentricità del discorso che è stato affrontato da qualche collega che, con veemenza, mi ha preceduto, però non si può rimanere insensibili per chi ama le garanzie, per chi ha a cuore un Paese in cui il processo sia la punizione dei colpevoli e non la punizione prima che un colpevole sia ritenuto tale. Io credo che chiunque pensi di poter trasformare il processo in una sorta di supplizio senza fine, eterno, che non ha mai fine, ecco io credo che non abbia capito nulla del dramma di chi, magari senza responsabilità, si trova avvinto ad una vicenda giudiziaria che si risolve quando ormai è troppo tardi. Diceva Jhering che molto spesso la sanzione arriva troppo tardi. Io penso che anche il proscioglimento, anche l'assoluzione, anche il riconoscimento della mancanza di responsabilità possa arrivare troppo tardi e onestamente preferisco una sanzione che arriva troppo tardi ma non un'assoluzione che arriva quando ormai non c'è più niente da fare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI (PD). Grazie, Presidente. Io vorrei concentrare il mio intervento per illustrare i motivi che, secondo noi, stanno alla base e per i quali c'è ancora bisogno di ricostituire la Commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie. E' il motivo fondamentale perché l'impegno contro le mafie e contro i poteri criminali non è certo concluso. La Commissione è uno strumento prezioso che affianca il lavoro degli organismi preposti, della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo innanzitutto, delle DDA, della magistratura, delle forze dell'ordine e della sicurezza, ma anche quello di tante associazioni e di tante istituzioni, di tante associazioni di volontariato come, per esempio, Libera, Libera di don Ciotti, sì proprio don Ciotti, quello che tra l'altro ha lanciato l'idea di indossare sabato scorso le magliette rosse come segnale di ribellione contro i rischi e i veleni di xenofobia, razzismo e cinismo che vengono messi in circolo nel Paese nell'affrontare il dramma dei migranti.

C'è bisogno della Commissione perché le mafie sono presenti, invasive; non indossano più la coppola ma sono presenti nelle istituzioni e pensiamo a quanti sono i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, sono presenti negli affari e nella finanza, negli attacchi ai sistemi di sicurezza e conservazione dati, magari per ricattare, anche su scala globale, Stati e democrazie, e sono presenti nella vita quotidiana. I titoli li conosciamo: traffici di rifiuti, di armi, riciclaggio, traffico di droghe, corruzione. Insomma, la Commissione antimafia è da sempre - da quando esiste - uno strumento fondamentale che ha accompagnato e stimolato l'attività delle Aule e delle Commissioni.

Nell'ultima legislatura la Commissione, presieduta da Rosy Bindi, ha dato un contributo importante in una legislatura che a ragione può essere definita, su queste materie di contrasto alle mafie, come una legislatura costituente. Ricordiamole brevemente le leggi approvate, le principali: cito quella contro il voto di scambio politico-mafioso, contro il caporalato, contro i reati ambientali e la legge contro il depistaggio, quelle contro il falso in bilancio e l'autoriciclaggio e contro la corruzione, tante norme contro la corruzione; e poi la legge che tutela i testimoni di giustizia. Ma io voglio citare anche quella sul codice degli appalti. Il cosiddetto “Governo del cambiamento”, così si autoproclama, annuncia cambiamenti e rischi di buttare a mare la riforma. E allora noi lo diciamo: non vogliamo che dietro la speciosa motivazione di accelerare le procedure poi ci sia la conseguenza di tornare ad accelerare la corruzione negli appalti.

La scorsa legislatura è stata anche quella del nuovo codice antimafia e della riforma della gestione dei beni confiscati, una riforma storica. Su questo dobbiamo andare avanti lungo il lavoro di questi anni, applicarla presto e bene per dimostrare che i beni confiscati alle mafie, una volta assegnati allo Stato per attività economiche, sociali e culturali, debbono funzionare bene, meglio, ovviamente, di quando erano gestiti con la violenza, la sopraffazione e la violazione di leggi. Non partiamo certo da zero. In questi anni sono state centinaia le assegnazioni di beni e strutture grazie al lavoro di magistratura, forze dell'ordine, ministeri, prefetture, enti locali e associazioni, e vogliamo ricordare al Ministro dell'interno che il Viminale esisteva prima di lui e che queste strutture sono state assegnate per queste finalità e non certo per far fare il bagno ai rappresentanti del Governo.

È per questi motivi che attribuiamo un ruolo fondamentale alla Commissione antimafia e per questi motivi non abbiamo compreso e, anzi, esprimiamo la nostra contrarietà alla marcia indietro compiuta dalla maggioranza in Commissione affari costituzionali dove sono state cancellate parti importanti che erano contenute nella stessa proposta di legge a prima firma della relatrice Nesci. Perché eliminare la richiesta di relazione al Governo e Anac per valutare gli effetti delle leggi in discussione in materia di contrasto alle mafie o rispetto degli appalti delle opere pubbliche potenzialmente condizionate dalle attività mafiose? E perché il passo indietro sulla previsione che la Commissione antimafia possa chiedere al Governo informazioni sulle infiltrazioni delle organizzazioni mafiose nelle istituzioni locali e sull'attività straordinaria di queste quando sono sciolte? E perché avere cancellato il comma che permette alla Commissione di chiedere al procuratore nazionale antimafia di accedere ai registri e alle banche dati limitatamente, ovviamente, a quelli non coperti da segreto investigativo? Ci chiediamo il motivo di queste marce indietro e lo facciamo con stupore, anche perché si tratta di proposte venute dalla stessa relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia alla fine della scorsa legislatura, appena quattro mesi fa. Così come - e apro un'altra parentesi - singolare è stata la decisione sul monitoraggio delle scarcerazioni per i detenuti del regime carcerario previsto dagli articoli 4-bis e 41-bis che ora, con l'attuale formulazione della Commissione, si limita alla sola avvenuta esecuzione della pena ed esclude altre cause, come potrebbero essere quelle di gravissimi e acclarati motivi di salute.

Concludendo, Presidente, questi passi indietro, secondo noi, depotenziano le possibilità di azione della Commissione e vanno ripensati e per questo il gruppo PD combatterà in Aula per reinserire questi punti. Più in generale, infine, invitiamo Governo e maggioranza a essere davvero presenti, essere incisivi come hanno fatto le maggioranze e i Governi in questi anni nella precedente legislatura sul fronte della lotta alle mafie. Vi invitiamo a cercare di non demolire un grande lavoro compiuto non solo qui dentro e dal Governo, ma insieme a tante associazioni e a tante personalità che sono da sempre in trincea contro le mafie e la criminalità. E che segnale è, allora? Se è vera questa necessità, che segnale è? Lo dico: è vergognoso quello di minacciare, più o meno velatamente, uno come Roberto Saviano di togliergli la scorta. E allora che segnale è quello di andare in Calabria dove pure è stato eletto, come ha fatto il Ministro dell'interno, senza porsi interrogativi seri e darsi risposte, per esempio, sulle troppe zone d'ombra e i legami opachi di parentela, di sostenitori e uomini della Lega e ambienti della 'ndrangheta? Si fa silenzio su queste cose e si attacca uno come Saviano. Insomma, la lotta alle mafie è una cosa seria e deve essere la priorità della politica tutta. Tanti risultati sono stati ottenuti ma noi vogliamo continuare con ancora maggior forza. La Commissione antimafia in questo quadro continuerà a rappresentare un presidio fondamentale per l'affermazione della legalità, delle regole e della lotta a questi poteri criminali che condizionano da troppo tempo la vita del Paese.

Infine, nella nostra proposta - e poi nella proposta di legge - è contenuta anche una parte importante che estende il ruolo della Commissione antimafia su iniziative per la diffusione della cultura della legalità e la cultura delle regole. Inoltre, è contenuto un riferimento molto chiaro che riguarda la tutela di coloro che nel mondo dell'informazione, i giornalisti, svolgono un lavoro, quello del giornalismo di inchiesta, rischioso e spesso sottoposto a intimidazioni non solo attraverso lo strumento delle querele intimidatorie ma anche attraverso altre gravissime minacce. Quindi, noi pensiamo che si debba al più presto approvare, sia alla Camera e poi rapidamente anche al Senato, questa nuova istituzione di Commissione parlamentare, perché riteniamo che su questo punto della lotta alle mafie e ai poteri criminali ci debba essere la guardia alta e non si debba arretrare nemmeno di un centimetro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, signora Presidente. Ci troviamo anche in questa legislatura davanti a quella che ormai è diventata l'istituzione rituale della Commissione antimafia.

Ebbene, se rituale è questo atto che il Parlamento fa all'inizio di ogni legislatura, irrituale può essere il lavoro che la Commissione è chiamata a svolgere.

Su questo mi permetta, Presidente, di fare un'osservazione. Anch'io accolgo l'appello della relatrice, che forse in questa legislatura sarebbe il caso di affrontare seriamente il fatto che la Commissione antimafia venga istituita come Commissione permanente del Parlamento e non più come una Commissione che ha la necessità di essere istituita per legge all'inizio di ogni legislatura.

Come dicevo, irrituale può essere il lavoro che questa Commissione è chiamata a svolgere. Io credo che questa Commissione dovrà avere il compito, in primo luogo, di indagare a fondo quelli che sono i mutamenti delle organizzazioni criminali. Che cosa è successo in questi anni? Come la mafia ha cambiato la sua forma? Come, forse, da un lato, la struttura militare della mafia si è indebolita, grazie al lavoro straordinario che hanno fatto magistratura e forze dell'ordine nel nostro Paese, andando a colpire le organizzazioni criminali, radicate soprattutto nel sud Italia, ma anche nel nord del Paese? E penso che, però, allo stesso tempo, dobbiamo andare a indagare come la mafia si è rafforzata, nell'aspetto che riguarda la sua capacità di infiltrare le istituzioni pubbliche, e di come si è ramificata dentro il sistema finanziario ed economico del nostro Paese e non solo.

Da questo punto di vista, i processi di finanziarizzazione e di globalizzazione dell'economia hanno tolto i confini alle organizzazioni criminali. Oggi noi ci troviamo davanti a vere e proprie holding criminali, che agiscono su scala globale. La 'ndrangheta controlla il traffico di droga e il traffico di armi, dal Sud America all'Asia.

Come le scelte - anche di politica estera dei Governi - hanno rafforzato questi traffici? Basta guardare i rapporti sulla produzione di oppio in Afghanistan, per vedere qual è il nesso tra l'inizio di un conflitto, che noi abbiamo generato, e la ramificazione di organizzazioni criminali. Oppio, che viene prodotto in Afghanistan e arriva, attraverso la rotta dei Balcani, sotto forma di eroina nelle nostre strade e che è sotto il controllo e alimenta la forza economica delle organizzazioni criminali.

Si deve indagare come, poi, i proventi di queste attività illecite diventano, invece, economia legale dentro il sistema finanziario, questo grande lavoro, diciamo di riciclaggio, che le regole del sistema finanziario permettono. E come quelle economie criminali si trasformino in economia legale, penso che questo noi dovremmo andare ad indagare a fondo, per provare a trovare strumenti innovativi di contrasto su quel terreno, e non solo sul terreno dell'aumento delle pene, che non credo sia oggi il tema principale, che è invece quali strumenti noi offriamo ai giudici e alle nostre forze di polizia, per contrastare un fenomeno che negli anni si è evoluto. E si è evoluto di pari passo con l'evoluzione anche del sistema economico.

Penso allo sviluppo delle ecomafie. Penso, per esempio, a quello che sta accadendo oggi, in buona parte del sud Italia, dove troviamo anche una parte delle organizzazioni criminali che ritorna a quelle che sono chiamate agro-mafie, che quindi torna al controllo della terra e dell'agricoltura, soprattutto per controllare i grandi investimenti e i grandi finanziamenti che arrivano per il sostegno all'agricoltura.

Ecco, noi abbiamo da fare questo lavoro. Abbiamo, però, nel lavoro di analisi e di indagine sull'evoluzione del fenomeno mafioso, anche da affrontare alcuni nodi irrisolti, che per troppo tempo sono rimasti non affrontati dalla politica. Penso al rapporto tra mafia e politica e lo dico pensando che, da questo punto di vista, sono stati sicuramente fatti passi avanti. Penso, appunto, a quello che veniva citato rispetto alla modifica del reato di voto di scambio politico-mafioso.

Ma penso che c'è una questione, che non riguarda solo strettamente le leggi e l'azione repressiva, ma riguarda l'etica della responsabilità della politica. Io su questo penso che il tema non sia istituire un tribunale separato, che giudica presentabile o impresentabile la politica, ma penso che ci sia un tema, che riguarda appunto, come dicevo, l'etica della responsabilità. Diceva Paolo Borsellino che ci sono dei comportamenti che sono rilevanti dal punto di vista penale e altri che non lo sono, ma che rilevano dal punto di vista etico e morale.

E allora io lo voglio dire, perché altrimenti noi non ci capiamo, rispetto anche al lavoro che dobbiamo fare e a una discussione che tra di noi dovrebbe essere franca. Rileva dal punto di vista etico e morale, se una persona che rappresenta un'istituzione pubblica frequenta o non frequenta mafiosi, perché un normale cittadino può frequentare un mafioso, senza compiere alcun reato; ma chi rappresenta le istituzioni pubbliche, in un Paese che ha pagato col sangue la lotta alla criminalità organizzata, non si può permettere di frequentarlo.

E io vengo da una regione, la regione Sicilia, che ha visto due presidenti di regione, non in un'epoca passata, quando si parlava della mafia con coppola e lupara, ma del penultimo e del terzultimo presidente della regione, i primi due eletti direttamente dal popolo, che sono stati, uno, condannato per reati di mafia e, l'altro, sotto processo. Guardate, non c'era bisogno di arrivare alla fine del processo, per comprendere che c'erano stati dei comportamenti, che non erano compatibili con la carica della principale istituzione pubblica di una regione come la Sicilia.

Su questo ci sono responsabilità delle forze politiche, che quei presidenti hanno sostenuto. E hanno continuato a sostenerli e li hanno anche votati, quando già le attività giudiziarie erano in corso. Appunto, dentro le carte di quel processo, magari ci sono delle questioni che non rilevano dal punto di vista penale, ma sicuramente, se un presidente della regione viene individuato a braccetto con il boss mafioso, che passeggia nella piazza di un paese, credo che da questo punto di vista non serva arrivare alla fine del processo, per decidere se può continuare o meno a fare il presidente della regione. Allora, noi su questo dobbiamo ragionare, sul fatto che, quando i partiti selezionano la propria classe dirigente, bisogna stabilire una linea di demarcazione. E noi non possiamo permetterci oggi di non affrontare questo tema.

E poi c'è un altro tema. E sempre su questo - mi permetta, Presidente, di dirlo - oggi il Ministro dell'interno Salvini ha detto chiaramente che la lotta alla mafia che farà lui sarà spietata. E ha aggiunto: la mafia mi fa schifo. Vorrei ricordare al Ministro Salvini che l'ultimo che ha fatto dei manifesti con la scritta “la mafia fa schifo” si chiamava Totò Cuffaro. Era sostenuto anche dal suo partito, nella mia terra. Probabilmente, prima di utilizzare slogan di questo tipo, bisogna mettere in campo atti concreti, perché la lotta alla mafia è fatta anche e soprattutto di fatti e meno di annunci. È che, sulla lotta alla mafia, non è il caso, essendo un argomento così serio, di trasformarlo in strumento di propaganda. Forse è il caso che il Ministro Salvini cominci a parlare di mafia quando avrà portato a casa qualche risultato.

Lo dico anche perché, appunto, veniva citato prima: comportamenti etici e morali. Non tutti i voti sono uguali e, quindi, se alle iniziative elettorali di un partito, come la Lega Nord, si presentano esponenti vicini alle famiglie della 'ndrangheta, io penso che quelle persone vadano allontanate, che bisogna prendere le distanze e che il silenzio su questo non è tollerabile.

Penso che questa Commissione abbia anche un altro compito e vado a concludere, Presidente. Ha un compito importante. È di questi giorni la sentenza che ci dice che, sulle stragi del 1992, in particolare sulla morte di Paolo Borsellino, c'è stato uno dei più grandi depistaggi della storia della Repubblica italiana. Io penso che noi non possiamo ignorare quello che è successo. Credo che questa Commissione abbia il compito di occuparsi di fare chiarezza rispetto a quella stagione politica, perché noi non possiamo andare avanti, se non si fa chiarezza su quella pagina oscura della nostra storia, su quali furono i rapporti tra la mafia e le più alte cariche istituzionali di questo Paese, su qual era il livello di infiltrazione e su come si è costituita ed è nata la Seconda Repubblica, perché altrimenti noi non potremo fino in fondo dire di avere onorato il nostro ruolo e il nostro lavoro.

Mi permetta, infine, Presidente, di dire che la lotta alla mafia non riguarda solo ed esclusivamente la parte repressiva e la parte legale. C'è una parte fondamentale. Io sono contento che nel testo sia introdotta questa parte, che riguarda l'analisi e lo studio di quelli che sono i fenomeni di contrasto alle mafie, dei movimenti antimafia e dell'associazionismo, perché, da questo punto di vista, c'è un terreno che riguarda la costruzione di un'antimafia sociale e culturale. C'è una parte che riguarda anche la responsabilità dello Stato, rispetto a zone periferiche del nostro Paese, dove lo Stato si è ritirato. E, laddove lo Stato si ritira, avanzano le mafie. E quindi, Presidente, io penso che noi dobbiamo tornare a parlare di un'antimafia sociale…

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). …che significa restituire speranza alle regioni del Sud, alle zone più povere del nostro Paese. E l'investimento in cultura: come diceva Gesualdo Bufalino, a sconfiggere la mafia sarà un esercito di maestri elementari e non sicuramente solo la Polizia (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Piera Aiello. Ne ha facoltà.

PIERA AIELLO (M5S). Presidente, egregi colleghi, nel corso delle precedenti legislature sono stati istituite per legge nove Commissioni parlamentari antimafia. La prima Commissione fu istituita nel corso della III legislatura, con la legge del 20 dicembre del 1962, con presidente l'onorevole Paolo Rossi; la seconda Commissione antimafia, istituita con la legge 13 settembre 1982, n. 646, non aveva poteri di inchiesta, ma fu istituita solo allo scopo di verificare l'attuazione delle leggi dello Stato in riferimento al fenomeno mafioso e alle sue connessioni; le Commissioni istituite successivamente avevano un potere di inchiesta, ma solo con la legge 4 agosto 2008, n. 132, si è amplificato tale potere, inserendo non solo il fenomeno mafia, ma anche tutte le altre associazioni similari.

Nell'arco del tempo si è cercato di aumentare il potere d'inchiesta delle Commissioni, al fine di adeguarle all'evoluzione dei fenomeni mafiosi. Una delle inchieste, permettetemi di dire l'inchiesta per eccellenza, che trova la piena giustificazione nell'istituzione di una Commissione parlamentare antimafia è quella riguardante la trattativa Stato-mafia, ossia la negoziazione tra importanti funzionari dello Stato italiano e il rappresentante di Cosa nostra, portata avanti nel periodo successivo alla stagione delle stragi del 1992, dove persero la vita i giudici Falcone e Borsellino, e del 1993, mi riferisco alle stragi di via dei Georgofili, a Firenze, dove per persero la vita cinque persone, e la strage di via Palestro, a Milano, dove rimasero uccise cinque persone, al fine di giungere a un accordo e, quindi, alla cessazione delle stragi. Trattativa confermata in data 20 aprile 2018, con la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'assise di Palermo, che ha condannato gli imputati Leoluca Biagio Bagarella, Antonino Cinà, Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno, Massimo Ciancimino e Marcello Dell'Utri a dodici anni, quest'ultimo da poche ore è ai domiciliari per motivi di salute, a pochi giorni dall'anniversario della strage di via D'Amelio. Assolto l'ex ministro Nicola Mancino, al quale veniva contestato il reato di falsa testimonianza.

Meritevole importanza ha avuto anche l'inchiesta tra mafia e massoneria, l'esistenza di forme di infiltrazione delle organizzazioni criminali mafiose nelle associazioni a carattere massonico, così come meritevoli tutte quelle inchieste portate avanti dalla Commissione, al fine di dare luce alle innumerevoli ombre che ancora annebbiano molte verità italiane.

Nondimeno importante è l'emanazione della legge 11 gennaio 2018, n. 6, Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia, una legge approvata in via definitiva dal Senato all'unanimità, che tutela con più efficacia questi cittadini coraggiosi, che, a differenza dei collaboratori di giustizia pentiti che hanno commesso il reato, testimoniano contro la mafia e la criminalità, denunciando reati come omicidi, reati di usura, estorsioni, traffici di stupefacenti.

Una riforma attesa da tempo, che permette, appunto, di superare l'ambiguità della normativa precedente, in cui, su diverse misure di trattamento, lo status di testimone era equiparato a quello di collaboratore di giustizia. A garantire reddito, casa e procedure chiare e percorsi personalizzati, che tengono conto dei rischi e dei contesti familiari. La legge deve essere interpretata non come punto di arrivo, bensì come punto di partenza, al fine di dare dignità a persone che hanno concepito la legalità come ragione di vita e che camminano sulle impronte di giudici come Falcone e Borsellino, persone che si sono affidate completamente allo Stato, uno Stato che fino adesso non le ha tutelate appieno.

Penso che sia inutile puntualizzare quanto questa legge sia stata importante e continua ad esserlo per la mia persona. Per me è un motivo in più per confermare quanto sia importante istituire una Commissione parlamentare antimafia.

Con la proposta di legge Anzaldi, Nesci, Verini, Santelli e Palazzotto, per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere, si vuol dar vita ad una Commissione che ha un raggio di azione molto più ampio.

In tale proposta di legge, la Commissione potrà: verificare l'attuazione e l'adeguatezza delle normative in materia di tutela di familiari di vittime di mafia, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie; verificare l'attuazione delle disposizioni di cui alla legge 23 dicembre 2002, n. 279, relativamente all'applicazione del regime carcerario previsto dagli articoli 4-bis e 41-bis della legge 29 luglio 1975, n. 354 e monitorare le scarcerazioni; accertare la congruità della normativa vigente e delle conseguenti azioni dei pubblici poteri per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, regioni ed enti locali, e più adeguate le intese internazionali; verificare l'adeguatezza e la congruità della normativa vigente e della sua attuazione in materia di sistemi informativi e dati bancari; indagare sul rapporto tra mafia e politica; accertare e valutare la natura, le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni; indagare sulle forme di accumulazione dei patrimoni illeciti e sulle modalità di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali; appalti pubblici; verificare l'impatto negativo delle attività delle associazioni mafiose o similari sul sistema produttivo; programmare un'attività volta a monitorare e a valutare il rapporto tra le mafie e l'informazione; valutare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione di patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell'impegno di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento delle attività di criminalità organizzata, con particolare attenzione alle intermediazioni finanziarie, alle reti di impresa, all'intestazione fittizia di beni a società collegate ad esse e al sistema lecito e illecito del gioco e delle scommesse; verificare l'inadeguatezza delle norme della confisca dei beni e del loro uso sociale e produttivo e proporre misure per renderle più efficaci; esaminare la natura e la caratteristica storica del movimento civile antimafia e monitorare tale attività; svolgere monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali; esaminare la possibilità di impegni istituiti e strumenti previsti dalla normativa per la lotta contro i territori ai fini del contrasto alle mafie; riferire alle Camere al termine dei propri lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

Con tale proposta di legge si è voluto ampliare il raggio d'azione della Commissione, estendendolo alla materia delle vittime di mafia e di estorsione o usura, nonché ai familiari delle vittime della mafia - e le assicuro, Presidente, che nel caso delle vittime di estorsione od usura, non si tratta di bassi numeri -, estendendolo, inoltre, al rapporto tra le mafie e l'informazione, alla verifica delle norme vigenti in merito a confisca e destinazione dei beni, all'ipotesi dell'estensione degli strumenti disposti per la lotta al terrorismo e al contrasto alle mafie.

Io sono Piera Aiello, sono una testimone di giustizia, la prima in Italia ad aver avuto l'onore e l'onere di entrare in Parlamento. Da ben 27 anni vivo sotto protezione, ho avuto il dono e il privilegio di lavorare con Paolo Borsellino. Quando iniziai a collaborare, non vi era il Servizio centrale di protezione, ma l'Alto commissariato, un'organizzazione poco funzionante e soprattutto poco attenta rispetto ad alcuni bisogni di una donna. Paolo Borsellino, anche se non gli competeva, cercava di sopperire a queste carenze, dandomi qualche soldo per arrivare alla fine del mese. Dopo la morte di Paolo, mi sono scontrata con una realtà paradossale: oltre alla mafia, dovevo combattere con i funzionari e appartenenti allo Stato per ottenere il mio diritto ad essere cittadina. Per anni ho subito bugie su bugie, umiliazioni su umiliazioni, sopraffazioni su sopraffazioni, macchine da tribunale sempre pronte a partire per arricchire verbali in seguito agli interrogatori. Sto finendo. Non persone, non cittadini, ma pesi da trascinare, pesi che di tanto in tanto vengono tirati fuori dagli armadi, vengono rispolverati da una telefonata ipocrita da parte di alcuni funzionari dello Stato. Poi il silenzio, il silenzio che uccide, che uccide le speranze, lo spirito, la voglia di vivere.

Dal 1991 l'Associazione Rita Atria intere vacanze di Natale a preparare un dossier per mettere in evidenza le violazioni dei diritti umani per quattro testimoni, due vivi e due morti, da parte dell'Alto Commissariato prima e dal Servizio centrale di protezione poi. Ecco l'importanza di istituire una Commissione parlamentare antimafia, una Commissione che stia dalla parte dei cittadini, che tuteli i cittadini onesti che hanno scelto di camminare sui passi della legalità, della verità e della giustizia, perché, come diceva Paolo Borsellino, l'impegno contro la mafia non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stellee Lega-SalviniPremier - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, due brevi riflessioni. Il primo punto che vorrei sottolineare è l'emendamento del nostro gruppo del Partito Democratico in Commissione sostenuto anche da Liberi e Uguali, che la maggioranza ha respinto. Si trattava di eleggere il presidente della Commissione tra le file dei gruppi di opposizione, come ad oggi è previsto solo per il Copasir. A questo proposito apro un inciso: opposizione significa votare contro la fiducia al Governo, chi si astiene decide deliberatamente di porsi in una posizione terza, non assimilabile né alla maggioranza né all'opposizione, come è sempre stato chiaro alla Camera e come ora è inconfutabilmente chiaro anche al Senato, dopo la recente riforma del Regolamento.

Perché questa proposta emendativa? Non c'è niente di estemporaneo, si tratta di codificare in norma una prassi che è stata ben praticata in alcune legislature, in particolare negli anni Ottanta, ma che viene anche da più lontano. Quando infatti all'Assemblea costituente Costantino Mortati propose di costituzionalizzare l'istituzione di Commissioni d'inchiesta, lo fece per due ragioni: la prima, quella che è rimasta, è quella di consentire l'istituzione anche con atti non legislativi, in particolare anche monocamerali; la seconda, venuta meno nel corso dei lavori, era quella di far scattare l'istituzione anche solo per un'iniziativa di una consistente minoranza, specificata poi in un terzo, come previsto anche in altri ordinamenti. In altri termini, Mortati collocava la costituzione delle Commissioni d'inchiesta dentro l'esigenza della protezione delle minoranze, come ebbe a chiarire nella seduta del 21 settembre 1946. Intendevamo quindi muoverci in questa chiave, che non è particolarmente rivoluzionaria, perché nella Commissione, rispecchiando la proporzione delle Aule, la maggioranza è comunque tale. Ma se non riconosciamo uno statuto a partire da poteri propri - come può essere l'istituzione di una Commissione o l'attribuzione di una presidenza - come pensiamo di poter realizzare un sistema equilibrato che nulla nega comunque alla maggioranza e al Governo, al loro legittimo diritto di applicare il proprio programma?

Il secondo punto è sul rapporto tra una Commissione d'inchiesta su un tema così delicato e il suo rapporto col potere giudiziario. Sia il potere politico, attraverso il legislativo e l'esecutivo, sia quello giudiziario hanno il dovere di combattere le mafie. C'è quindi una doppia natura dell'impegno antimafia, che va distinta per meglio unirla. Doppia natura senza confusione e senza divisione. Il rischio è duplice: per un verso, che si intenda contrapporre pregiudizialmente al potere giudiziario, ma questo resta astratto e non frequente in questo ambito; per altro verso, invece, che si intenda la sede istituzionale e politica come un luogo che funzioni solo da amplificatore acritico di inchieste in corso di sentenze spesso non definitive. Gerardo Chiaromonte, che fu apprezzato ed equilibrato presidente dell'Antimafia, ha scritto un testo, I miei anni all'Antimafia 1988-1992, che è centrato sui pericoli di quest'ultimo atteggiamento. Come ricorda nella prefazione il Presidente emerito Napolitano, Chiaromonte contesta la tendenza dilagante ad affidare al potere giudiziario il compito del risanamento del sistema politico; gli tocca difendersi con forza e con sdegno - prosegue il Presidente emerito - dall'accusa di “leso Montesquieu” per aver mosso critiche all'operato di questo o quel magistrato. Eppure, proprio Chiaromonte era stato stretto amico di Cesare Terranova, che aveva mostrato nella propria vita, in modo esemplare, l'associazione senza confusione di quella doppia natura dell'impegno antimafia, prima come magistrato poi come parlamentare eletto come indipendente dal Partito Comunista, senza esservi iscritto - lo sottolineo, specie dopo la recente sentenza della Corte: senza esservi iscritto -, ma non per questo meno efficace anche come segretario dell'Antimafia, e poi di nuovo come magistrato fino al suo assassinio. E proprio al Presidente Napolitano è toccato, in nome dell'equilibrio dei poteri, difendere con successo, di fronte alla Corte costituzionale, le prerogative non di una persona ma dell'istituzione della Presidenza della Repubblica rispetto ad alcune derive di populismo giudiziario sorte dal cosiddetto “processo trattativa”.

Ben venga quindi il lavoro della prossima Antimafia, nell'esaminare, al di là delle timidezze sbagliate del testo voluto dalla maggioranza, le modifiche relative allo scioglimento delle amministrazioni comunali o dell'uso sociale dei beni confiscati o di altri temi.

Questa è la nostra parte del dovere di parlamentari nel dare al Paese un riferimento politico e non solo legislativo nella lotta contro le mafie, che va esercitato sino in fondo per non ricadere nell'errore di confidare solo nel lavoro della magistratura e pertanto nel legittimare forme sbagliate di populismo giudiziario - secondo l'insegnamento di Gerardo Chiaromonte -, anche e soprattutto quando esso appaia controcorrente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vinci. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VINCI (LEGA). Presidente, volevo intervenire sull'istituzione della Commissione antimafia, ma non posso esimermi dall'iniziare prendendo le distanze dai colleghi che mi hanno preceduto e hanno fatto degli attacchi assolutamente sterili, infondati e generici nei confronti del mio movimento.

Io ho massima stima di questo organo del quale faccio parte, e mi dispiace sentir parlare degli esponenti del Partito Democratico che non hanno neanche letto l'ultima bozza, la versione definitiva portata in questa Camera del provvedimento, per l'istituzione della Commissione antimafia. Ho sentito solo poche decine di minuti fa parlare un esponente del PD e riferire di una bozza assolutamente datata, dove - faccio solo un breve cenno - si dice che la Commissione antimafia avrà le competenze limitate e non potrà esaminare le cause di scarcerazione se non quelle per fine pena, perché noi avremmo eliminato le altre cause. Beh, se solo prima di venire a parlare in quest'Aula si fosse letto il provvedimento, avrebbe evitato di fare una figuraccia e di venire davanti a tutti noi a raccontare qualcosa che non è vero, perché quella parte è stata modificata e c'è piena possibilità per la Commissione di valutare tutte le cause di scarcerazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

Un altro collega ha fatto degli attacchi, anche in questo caso gravissimi e generici, e poi è uscito da quest'Aula. È chiaro che entrambi i colleghi che mi hanno preceduto facendo degli attacchi e che poi ritengono di potersi assentare per non sentire neanche le risposte del mio gruppo o del sottosegretario hanno chiaramente quella disistima delle istituzioni delle quali in realtà sembravano difensori nei loro discorsi. Poi arriva l'ora di cena, però ci sono dei parlamentari, quelli della Lega, che rimangono qui, in quest'Aula, e invece altri, del Partito Democratico (Commenti dei deputati del gruppo del Partito Democratico), di Liberi e Uguali… non so, ho dato solo un'occhiata all'alto profilo dei colleghi che hanno osato attaccare la Lega, tra i quali c'è anche un ex no-global. Quindi, direi che il senso delle istituzioni… (Una voce dai banchi del gruppo Partito Democratico: Siamo qui!). Non parlavo del Partito Democratico, parlavo di Liberi e Uguali, in questo passaggio. Ritengo assolutamente ingiusto trattare degli argomenti così delicati come l'Antimafia e poi abbandonare l'Aula per andarsene a cena o comunque, alle 8 di sera, a fare altro dopo aver buttato del fango su chi invece fa della lotta alla criminalità, con un Ministro ad oggi in carica e che ci rappresenta tutti, una delle proprie bandiere; e poi si permette, dopo aver insultato, di assentarsi per andare a fare altro.

Non voglio neanche dilungarmi troppo su questo increscioso episodio di due colleghi che non meritano a mio avviso la nostra stima, voglio parlare molto brevemente di quello che è questo provvedimento, l'istituzione della Commissione antimafia, che con questa nuova legislatura vuole cambiare marcia. Vuole cambiare marcia perché, cosa proponiamo di fare? Proponiamo di fare un approfondimento maggiore per ciò che concerne la criminalità straniera. Molto spesso vediamo nelle aule di tribunale dei soggetti extracomunitari, la mafia nigeriana, la mafia cinese, la mafia russa, la mafia albanese e altre mafie ancora, solo per citarne alcune, con esponenti processati soltanto con l'associazione per delinquere e non l'associazione per delinquere di stampo mafioso, o addirittura con reati non associativi.

Noi vogliamo dare con questa Commissione un nuovo risalto a questo tipo di criminalità e anche una nuova pubblicità a questo tipo di fenomeno perché ci sia una nuova consapevolezza da parte delle istituzioni e della magistratura nel combattere con forza anche le associazioni transnazionali o comunque le associazioni che non riguardano direttamente la storia del nostro Paese ma che ormai si sono insediate da decenni nel Paese e stanno proliferando. Questo principalmente dovrà avvenire attraverso un controllo delle normative antiriciclaggio perché stiamo ad oggi esaminando il fenomeno della mafia che riguarda soprattutto l'utilizzo di quel denaro perché prima di tutto la mafia e le mafie sono un sistema economico che vive appositamente per creare e accaparrarsi quote di mercato e denaro e distribuirlo tra gli associati. Quindi andare a colpire queste fonti di approvvigionamento e riciclaggio, le rimesse estere per quanto riguarda le mafie straniere, è alla base della lotta che dobbiamo portare avanti. Ci sono alcune economie che sono forti, che sono già conosciute: noi abbiamo in questo Parlamento più volte rimesso mano alle normative sugli appalti; abbiamo una speciale attenzione per quello che riguarda l'edilizia ma bisogna pensare che la mafia è in continua evoluzione. Ci sono diversi campi che sono interessati dal fenomeno mafioso, tra i quali il traffico anche soltanto di ortofrutta, il commercio di ortofrutta, la grande e la piccola ristorazione, ogni settore della nostra economia va vagliato e bisogna vedere esattamente quali sono i punti nei quali la mafia si può inserire per colpirne in qualche modo e tagliarne le fonti di approvvigionamento. È necessario quindi dare maggiori strumenti. Sarà anche importantissimo per la Commissione valutare se gli strumenti attuali siano o meno idonei al contrasto. Ricordo soltanto che ad oggi il commissariamento dei comuni è determinato in prima persona dal Ministro dell'interno, poi dal Consiglio dei ministri. Le unioni dei comuni però non sono commissariabili da parte dello Stato ma solo dalle regioni e con diverse difficoltà. Probabilmente è un passaggio da cambiare. Ci sono i fondi sequestrati alla mafia che potrebbero essere riutilizzati sul singolo territorio per far vedere che lo Stato esiste in quel territorio e agli stessi commissari prefettizi può essere data la possibilità, che oggi non hanno, di licenziare puntualmente i dipendenti dei comuni che sentono in odore di mafia. Infatti quando un commissario prefettizio rappresenta lo Stato e arriva sul territorio deve far capire che lo Stato in quel territorio esiste. Molto spesso abbiamo mandato uomini a compiere lavori importanti e delicati ma senza i giusti mezzi per portare avanti tali provvedimenti che sono soprattutto le nostre battaglie. Quindi il lavoro da fare è davvero tanto, da monitorare ancora di più e soprattutto va portato un qualcosa di nuovo in questa lotta che ormai è estenuante, va avanti da decenni, sicuramente vinceremo ma bisogna dare una forte accelerata e l'accelerata non si fa di sicuro con demagogia per poi andare a cena (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Silli. Ne ha facoltà.

GIORGIO SILLI (FI). Grazie, signor Presidente. L'ora è tarda e faccio riferimento a quanto ho sentito dire poc'anzi cioè che l'Aula è semivuota ma proprio questo ci dimostra che chi è rimasto, i gruppi più numerosi rimasti sono assolutamente intenzionati a lavorare in una direzione senza se e senza ma. Che cos'è la mafia? Generazioni come la mia, chi è nato alla fine degli anni Settanta crescendo ha sempre sentito parlare di mafia a scuola, in famiglia, al telegiornale, a casa: mafia, mafia, questa parola.

Crescendo sostanzialmente abbiamo capito che è un qualcosa di negativo per certi versi e allora questa mattina, dopo la nostra Commissione affari costituzionali dove abbiamo continuato a discutere l'argomento, ho fatto una ricerca su Internet sulla definizione che viene data alla mafia sul sito più semplice e più abbordabile a tutti quanti che è Wikipedia, mettendomi nei panni di un giovane o di un ragazzetto delle scuole medie o superiori che vuole informarsi su che cosa è la mafia; e sono andato a leggere la definizione di mafia. Dunque, secondo il significato distintivo del termine, si indica una qualsiasi organizzazione criminale retta dall'omertà e regolata da riti, legami familiari e percorsi iniziatici peculiari che ciascun appartenente, detto affiliato, è tenuto a rispettare. Certo, sì, questa è una definizione a mio avviso completa per quanto riguarda la cosiddetta Cosa nostra, per quanto riguarda la cosiddetta mafia nostrana, che anche in Italia si divide in diverse sfaccettature.

Ma noi stiamo andando avanti, siamo nel terzo millennio, il mondo è globalizzato, è più piccolo e non a caso la proposta di legge non parla di mafia ma parla di mafie. Per chi si occupa come me da quasi un paio di decenni di immigrazione è facile capire che la nostra - passatemi il termine - mafia assume sfaccettature diverse in moltissimi Paesi del mondo ma sempre di mafia si tratta. Sempre su Wikipedia andiamo a vedere alla voce “mafia” quello che significa in venti- trenta Paesi diversi e alla definizione che ho letto poc'anzi aggiungerei anche la parola “liturgia” perché ogni mafia ha un modo di esistere, una gerarchia diversa, scopi diversi e liturgie diverse. Guardate che non è così semplice nel terzo millennio combattere tutte le mafie sul territorio del nostro Paese senza avere la reale contezza di quello che esse sono: la mafia cinese, la mafia russa, la mafia albanese corrispondono esattamente e sono sovrapponibili da un punto di vista di struttura gerarchica e meccanismi di funzionamento alla nostra? Lo sappiamo? Abbiamo gli strumenti per approfondire e per avere uno spaccato di tutte le mafie? L'obiettivo sostanzialmente è andare contro lo Stato e creare dell'utile con il contrabbando, con lo spaccio di droga, con lo sfruttamento della prostituzione, con la richiesta del classicissimo e ormai tristissimo “pizzo”, noto alle cronache nel nostro Paese. La domanda è la seguente: le mafie straniere che sostanzialmente si trovano ad aver penetrato il tessuto sociale del nostro Paese, che rapporto hanno con la mafia o con le mafie italiane? Si spalleggiano a vicenda? Sono complementari? Costruiscono insieme o cercano di costruire insieme un baluardo ancora più difficile da sconfiggere per lo Stato oppure, ancor peggio, confliggono sul nostro territorio e si sfidano in una guerra tra bande? Ebbene, come ho detto poc'anzi, ritengo che il mondo vada avanti e tutto cambi: sicuramente la mafia o le mafie qualche decennio fa non si sarebbero occupate di traffico di migranti o spaccio di droghe sintetiche, semplicemente perché qualche decennio fa le droghe sintetiche non esistevano; e probabilmente se oggi alcune mafie si occupano di traffico di esseri umani cercando di incunearsi nelle crepe all'interno della società che vede una società moderna come la nostra ed accogliente, cercando di sfruttare la disperazione delle persone, è perché oggigiorno siamo di fronte ad un fenomeno che qualche decennio fa non esisteva. Da qui l'assoluta necessità di uno strumento come una Commissione di inchiesta che deve essere uno strumento di approfondimento, uno strumento che serva allo Stato per cercare di approfondire e cercare realmente quelle che sono le necessità per arrivare a combattere e a sradicare la mafia. La Repubblica italiana, allo stato, ha abbastanza risorse, ha abbastanza fondi, ha gli strumenti necessari? Credo che a questo debba servire la Commissione. La Commissione non può e non deve servire, per alcune forze politiche, come una clava o come una scure per fare politica di parte.

Ho sentito degli interventi, questo pomeriggio, raccapriccianti. Ho sentito degli attacchi - e guardate, lo dico contro di me per certi versi, contro il mio gruppo, che è all'opposizione - , ho sentito degli attacchi nei confronti degli amici (per lo meno a livello di gestione di potere locale) della Lega, che sono attacchi che fanno rabbrividire. Ma si può, in un momento come questo, dove dovremmo essere tutti assolutamente compatti di fronte a un vero problema come quello della mafia, abbassarsi a cercare gli argomenti per una sterile e vile lotta di partito all'interno di quest'Aula?

Si può utilizzare la costituzione di una Commissione di inchiesta come questa per esaltare la cosiddetta ideologia grillina? E mi sembra che “ideologia e Grillo” francamente sia un ossimoro, perché come contenitore ideologico io non saprei dove posizionarlo. Il voler cercare la mafia a tutti i costi in certe associazioni o in certe realtà è stupido, come ho sentito nell'intervento, credo, di Liberi e Uguali parlare di una Commissione antimafia permanente. Ma di permanente c'è lo Stato, di permanente ci sono le forze dell'ordine, di permanente c'è la giustizia, i magistrati, i tribunali. Creare una Commissione di inchiesta permanente, come se fosse una Commissione come la I, la II, la III, come è la Commissione affari costituzionali, vorrebbe dire avere istituzionalizzato la mafia, vorrebbe dire avere chinato la testa e pensare che la mafia non sarà mai sconfitta da questo Stato. Vorrebbe dire pensare che i nostri figli e i nostri nipoti si troveranno di fronte, nei decenni prossimi, ancora la mafia.

Ma lo Stato è forte, lo Stato c'è; lo hanno dimostrato i Governi precedenti, l'ultimo Governo Berlusconi. Lo Stato c'è nella lotta contro la mafia, non c'è bisogno di queste pantomime per esaltare il populismo, per farsi belli alla televisione, per mischiare quella che è la realtà con quello che è il populismo e i sogni. E, allora, come si combatte la mafia? Si combatte solamente con le forze di Polizia, con la magistratura, con le leggi? Sì, per certi versi sì, ma la mafia si combatte con la formazione di una società consapevole; la mafia si combatte con la formazione, fino in tenera età, dei ragazzi; con la formazione nelle scuole; con la speranza che le scuole formino contro la mafia in maniera non ideologica o ideologizzata, ma che formino contro la mafia, insegnando la consapevolezza di che cosa è lo Stato, di che cosa è la comunità, pure essendo divisa, diversa, separata in diverse sfaccettature di pensiero politico.

La mafia si combatte con associazioni, con l'associazionismo, con la formazione a livello locale. Ho sentito poc'anzi, in un intervento, una frase attribuita, credo, a Caponnetto, che diceva che la mafia, sostanzialmente, non avrebbe potuto esistere o non potrebbe esistere laddove non trovasse attecchimento, la possibilità di attecchire nei ragazzi in tenera età. La mafia si combatte anche attraverso la lotta al terrorismo, perché il terrorismo e la mafia sono due aspetti, per certi versi, della stessa realtà, sono due realtà associative atte a sovvertire l'ordine dello Stato e a creare effettivamente terrore, perché la mafia così opera.

E, allora, spero davvero che questa che si va a formare sia una Commissione che non preveda la prassi di un ciclo istituzionale che si ripete allo scadere di ogni legislatura, come se fosse una sorta di refrain, perché, se le istituzioni formano i giovani, come ho detto poc'anzi, e sono presenti sul territorio, offrono sicurezza e protezione, si crea la condizione di uno Stato efficiente e giusto. Ma è la scuola e la società che deve spiegare che cosa significa “giusto”, perché forse nell'Italia del 2018, ancora oggi, non abbiamo chiaro chi sono i buoni e chi sono i cattivi. Sembra una stupidaggine, ma avere chiaro chi è il buono e chi è il cattivo fin dalla tenera età aiuta molto a formare una società migliore per il futuro, comunque la si pensi politicamente. Se la Commissione punta a questo, noi lavoreremo per essa e con essa. E permettetemi di chiudere con una citazione, ne ho sentite fare tante. È forte, ma secondo me è assolutamente calzante per questa discussione. Dice che due forze sullo stesso territorio o si fanno la guerra o coesistono. Noi alla mafia vogliamo fare la guerra (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Acquaroli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ACQUAROLI (FDI). Grazie Presidente, grazie sottosegretario, grazie a tutti gli onorevoli colleghi che sono rimasti fino a quest'ora tarda. L'occasione dell'istituzione della Commissione antimafia mi dà l'opportunità di parlare di un tema sicuramente molto importante e sentito dopo molti anni dalla prima istituzione di questa Commissione, ma sempre, purtroppo, di un'attualità preoccupante. È una Commissione che sicuramente dovrà concentrarsi, secondo il mio e il nostro punto di vista, soprattutto in un ruolo di analisi e di studio dei fenomeni tradizionali che conosciamo, ma anche di quelle che sono le mafie emergenti. Mafie emergenti portate dal fenomeno dell'immigrazione, che da tanti anni coinvolge ormai il nostro territorio nazionale.

Sicuramente, se per le mafie tradizionali c'è un'evoluzione che va tenuta d'occhio, bisogna guardare come e dove vogliono evolvere, dove vogliono arrivare e quelli che sono i pericoli da cui noi dobbiamo tutelarci, rispetto alle mafie emergenti credo che questa Commissione dovrà fare un lavoro importante. Un lavoro importante perché non ne conosciamo l'identità, non ne conosciamo le finalità, non conosciamo neanche quelli che sono gli strumenti che loro possono utilizzare. Io vengo dalle Marche, dalla provincia di Macerata, che è stata colpita qualche mese fa da un episodio veramente efferato, che credo abbia colpito tutta la nazione; credetemi, la città di Macerata, la provincia, ancora non riesce a superare quella triste vicenda che ha scolpito, penso, nel nostro cuore e nella nostra anima qualcosa che veramente non riuscivamo a immaginare nella nostra terra. Allora, dato che rispetto a quell'episodio si è parlato di mafia nigeriana, e credo che in questo ambito della Commissione sia importante capire e comprendere come questo pericolo, questa vicenda che è capitata alla nostra regione, alla nostra terra, possa con la stessa crudeltà ricapitare - anche perché in qualche maniera il fenomeno della criminalità organizzata c'è ed è presente, e nessuno di noi può negarlo -, credo che questa Commissione debba operare anche rispetto a queste mafie emergenti (e possiamo citare sicuramente la mafia cinese, che nel distretto produttivo di Prato è sicuramente presente e importante, ma non solo a Prato); e credo che noi non dobbiamo permettere che ci siano delle sacche di illegalità che crescono nella indifferenza da parte delle istituzioni.

E dobbiamo farlo perché questa Commissione o riesce ad essere una Commissione che studia, analizza e previene, che cerca di fare cultura contro le mafie, che cerca di dare e dettare nelle istituzioni e alle istituzioni, anche tramite le Forze armate e le altre ramificazioni dello Stato, un'opportunità di combattere e crescere insieme, oppure questa Commissione rischia di perdere la sua centralità e anche la sua attualità.

Ecco allora, dato che in Commissione sono stati respinti alcuni emendamenti che parlavano appunto della mafia cinese, della mafia nigeriana, il mio e il nostro appello è a far sì che la Commissione, che al suo interno stabilisce le priorità, tenga queste mafie emergenti in grande considerazione; che dia loro lo spazio che queste mafie emergenti meritano, perché la criminalità che oggi noi possiamo bloccare, queste sacche che noi oggi possiamo bloccare, magari se oggi le sottovalutiamo, fra qualche anno possiamo trovarci di fronte a situazioni molto più impegnative, molto più pericolose rispetto a quello che attualmente sono. Ecco, allora io credo che questa Commissione troverà la sua forza, troverà la sua capacità di contrastare questo fenomeno. In tanti degli interventi che ho ascoltato oggi ci sono degli spunti condivisibili; però credo che la priorità più importante sia affrontare quello che noi non conosciamo, sia affrontare quello che può rappresentare un problema in più; se invece oggi viene ad esso data la giusta considerazione, può essere fermato sul nascere. Il ruolo di questa Commissione è un ruolo importante: sarà utile se lascerà perdere la retorica, che a volte ha dimostrato anche oggi in quest'Aula, e andrà ad affrontare oggettivamente quelle che sono le questioni che invece devono preoccuparci sui territori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO (PD). Presidente, onorevoli colleghi, io credo che dobbiamo sottolineare come questo non sia un passaggio di routine, perché ogni volta il Parlamento valuta se istituire questa Commissione. Il fatto nuovo, credo positivo, è che in questo passaggio nessuno ha messo in discussione l'esigenza di una Commissione antimafia: fu un dibattito che segnò altre stagioni e altre fasi. Così credo anche che sia importante, però, evitare l'idea che questa sia una scelta irreversibile e strutturale, nel senso che io sono contrario all'idea di una Commissione antimafia permanente, perché questo significherebbe accettare l'idea di una permanenza del fenomeno stesso, e io credo che sia da respingere.

La Commissione è stata importante nel corso di questi anni, nonostante molti attacchi subiti dalla Commissione stessa. È stata importante perché è stata un punto d'incontro tra attività giurisdizionale e riflessione politica, e anche riflessione culturale e sociologica. E sarà io credo ancora più importante in un momento in cui la mafia sta assumendo, per così dire, una evoluzione che ne segna sempre meno i confini. Da un lato perché l'idea di mafia stessa si allarga, si afferma come metodo piuttosto che come organizzazione: non è stato infrequente nel corso di questi anni sentir parlare della nascita di nuove mafie nel nostro Paese, di mafie anche autoctone in regioni nelle quali la mafia non si è sviluppata nel corso del tempo. Sempre più spesso il metodo mafioso si mescola con il metodo corruttivo, e sempre più spesso le reti corruttive diventano vere e proprie organizzazioni criminali.

Contemporaneamente è più sfumato perché - è già stato detto - è un fenomeno sempre più globalizzato, dove i confini nazionali, economici, sociali si indeboliscono ed il fenomeno diventa pervasivo e anche integrato sul piano, appunto, globale. Allora io credo che sia importante questa riflessione, e sia anche importante riconoscere come la dimensione più strettamente militare non sia venuta meno nelle organizzazioni mafiose, ma abbia assunto un peso relativamente meno importante rispetto ad una crescita della sfera economica e della sfera finanziaria. La mafia è importante che sia affrontata in una sede politica perché è anche un fatto politico ed è un fatto sociale.

Per questo io credo sia stata scarsamente comprensibile la posizione di alcune forze di maggioranza, tesa a ridurre in qualche modo il perimetro di attività della Commissione. Invece io credo che ci si debba interrogare su quali nuovi campi debbano essere indagati nell'ambito dell'attività della Commissione stessa.

Il PD ha operato in questa direzione; non tutti gli obiettivi che ci eravamo posti sono stati raggiunti.

Io vorrei dire una cosa con molta nettezza: durante gli Stati generali della lotta alla mafia organizzati dal Ministero della giustizia lo scorso anno, i principali investigatori, i magistrati che si occupano del fenomeno hanno riconosciuto una ormai piena adeguatezza degli strumenti di repressione della mafia. Oggi c'è un lavoro da fare soprattutto sul fronte dell'amministrazione: un lavoro fatto di organizzazione, di investimenti, di risorse, che magari darà meno visibilità a chi oggi è chiamato a governare il Paese, ma non per questo va considerato meno efficace. Penso al pieno varo della nuova Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Credo che il lavoro che noi oggi abbiamo di fronte sia nell'ambito legislativo, sia nell'ambito più di indagine strettamente culturale e sociologica: riguarda il tema di come si costruiscono anticorpi nei soggetti che sono più frequentemente aggrediti dai fenomeni mafiosi. Quindi non quali nuovi reati prevediamo, ma quali elementi creiamo per consentire che i soggetti che normalmente sono più frequentemente infiltrati sappiano resistere all'aggressione della mafia.

Mi riferisco allo Stato, alla società, all'economia. È per questo che io ritengo che ci siano dei segnali sbagliati che sono stati dati in queste prime settimane di attività di Governo. Il primo è la messa in discussione del ruolo e della funzione dell'Autorità anticorruzione. La mafia non è soltanto corruzione, lo sappiamo, ma la prevenzione della corruzione è anche inevitabilmente prevenzione della mafia.

L'altro elemento, più di carattere culturale, è l'aggressione, o comunque il non riconoscimento del ruolo e della funzione dei testimoni e degli intellettuali che in qualche modo hanno svolto un ruolo contro la mafia. Se ne possono anche non condividere le opinioni, a me è capitato spesso; ma non si può mettere in discussione che in questo Paese, se non c'è più negazionismo, se alcuni fenomeni non vengono più rimossi, è anche merito di persone che hanno saputo assumersi una responsabilità pubblica e svolgere delle battaglie che credo siano state condotte nell'interesse di tutti. Si può essere di opinioni diverse, io riconosco che la lotta alla mafia non appartiene a uno schieramento soltanto, ma mettere in discussione il ruolo di chi oggettivamente ha fatto fare dei passi avanti io credo che sia un segnale assolutamente sbagliato.

Combattere la mafia oggi è creare una pubblica amministrazione più trasparente ed un mercato più trasparente. Credo che nei prossimi mesi sarà importante riprendere una questione che qui è stata posta, cioè quella di come si va oltre il mero scioglimento degli organi politici dei comuni e degli enti che sono sciolti, perché spesso, è stato detto, c'è una burocrazia che rimane e quella burocrazia è pervasa da elementi mafiosi o condizionata da elementi mafiosi che perdurano anche con il cambio delle amministrazioni. Sarebbe necessaria quasi una specie - scusatemi l'evocazione forse forzata - di genio civile in grado di bonificare per un periodo quelle amministrazioni, e di offrire le professionalità che sono necessarie a chi è chiamato a guidare quelle amministrazioni spesso in situazioni di vero e proprio accerchiamento.

Serve una scuola che sia in grado di formare i cittadini, servono dei corpi sociali e delle associazioni che siano in grado di favorire la crescita civile, individuale e collettiva delle persone, e credo che sia importante da questo punto di vista (può sembrare paradossale) costruire anche un carcere diverso da quello di oggi. Può sembrare paradossale, perché in apparenza l'idea dell'inasprimento delle pene, di un regime più duro, indiscriminato, può sembrare il presupposto necessario a in qualche modo dare un segnale di forza: in verità, se si trattano profili criminali diversi nello stesso modo, alla fine si agevola il reclutamento di soggetti all'interno del carcere nell'ambito delle organizzazioni criminali stesse. Se il carcere è la riproposizione delle gerarchie criminali esterne, se il carcere è in qualche modo un luogo nel quale il percorso di riscatto non è consentito, noi stiamo continuando a far sì che il carcere sia il luogo nel quale si realizza la formazione professionale dei criminali a spese dei contribuenti. Io credo che sia importante, per questo, non fare ciò che fa più effetto ma fare ciò che è più efficace, non fare ciò che colpisce di più l'opinione pubblica, ma fare ciò che effettivamente produce degli effetti duraturi e credo che questa tentazione la tentazione pan-penalistica e securitaria debba essere sorvegliata, perché non sempre un sistema nel quale non si riconosce la differenza dei comportamenti, non si dà proporzionalità alla reazione dello Stato è un sistema intelligente nel colpire i fenomeni carattere criminale. Non è un caso che hanno funzionato gli strumenti, per esempio, che incentivano la collaborazione di soggetti interni alle organizzazioni criminali. Se si fosse detto: comunque e qualunque cosa fai tu sarai comunque punito probabilmente la disgregazione di alcuni organizzazioni non sarebbe stata possibile.

Io credo che la mafia vada combattuta ponendo la questione in modo corretto nel discorso pubblico, questo significa anche partire da una correzione di un messaggio che è stato dato, nel corso di questi mesi, ma vorrei dire anche nel corso di questi anni, e che anche la mia parte politica forse non ha saputo contrastare, cioè l'idea che la principale insidia all'ordine pubblico nel nostro Paese sia la microcriminalità e l'immigrazione.

La mafia, lo dovremmo dire tutti insieme, resta la principale insidia alla sicurezza del nostro Paese, non c'è nessun altro fenomeno più pericoloso della mafia nel porre in questione la sicurezza dei cittadini, la trasparenza e il funzionamento del mercato, la buona amministrazione.

Ecco perché io credo che oggi dobbiamo evitare quello che ho sentito, tra le righe, in alcuni interventi, cioè l'idea di distinguere tra mafie straniere, mafie italiane, dicendo che in qualche modo quelle straniere sono più pericolose e inevitabilmente facendo passare il messaggio che quelle italiane lo sono diventate meno, anche perché non è vero che il reato di 416-bis è stato contestato soltanto alle organizzazioni autoctone, sempre più spesso le inchieste estendono l'utilizzo di questo strumento anche a organizzazioni criminali che vengono da altri Paesi, anche perché, lo dobbiamo dire, le mafie tra loro trovano sempre il modo di organizzarsi e di costruire delle alleanze, straniere o italiane che siano, trovando il modo di organizzarsi insieme.

Io credo, e concludo, che evitare, come è stato detto, gli slogan sia la cosa più importante ed importante è riuscire a creare una tensione unitaria nella lotta alla mafia e questo significa due cose; da un lato, non pensare che la lotta alla mafia possa essere monopolio di questa o quella forza politica e dall'altro non pensare che una forza politica o l'altra o tutte le forze politiche possono essere in assoluto impermeabili a fenomeni di infiltrazione mafiosa. Tutte le forze politiche sono soggette a questo tipo di rischi.

Noi abbiamo fatto dei passi importanti nella evoluzione normativa, anche in leggi che non erano strettamente legate al fenomeno mafioso, penso alla legge sugli eco-reati, penso alla legge di contrasto al caporalato, business importante della mafia, che vedo oggi si vuol rimettere in discussione. Facciamone un altro, e concludo, Presidente, per esempio approvando una legge che affronti il tema delle agro-mafie: c'è un disegno di legge depositato, e facciamone un altro, per esempio, affrontando un tema che noi abbiamo non ancora compiutamente risolto, penso ai nuovi strumenti finanziari e l'introduzione dei bitcoin in economia; abbiamo introdotto l'autoriciclaggio, abbiamo introdotto il falso in bilancio, ma per esempio questa è una cosa vuoto. e ultima questione e concludo veramente usiamo la Commissione antimafia, soprattutto in una fase nella quale c'è una volatilità fortissima dell'evoluzione delle forze politiche, per un'indagine seria sul rischio di rapporto tra forze politiche e mafia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 336-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice non ha intenzione di replicare, avendo peraltro esaurito il tempo a sua disposizione. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

NICOLA MOLTENI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente e colleghi, io intervengo brevemente dai banchi del Governo per fare alcune osservazioni alla luce del dibattito. Guardando ovviamente con interesse e rispetto a quella che è l'attività parlamentare sull'istituzione della Commissione antimafia, strumento evidentemente importante anche in sinergia con quella che sarà l'attività del Governo nel contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie, fondamentale appunto per poter contrastare questo fenomeno che ancora insiste e persiste nel nostro Paese.

Le poche riflessioni che faccio le inizio partendo dalle affermazioni che condivido e che ho condiviso, da parte dell'ex ministro Orlando, ovvero che il contrasto alle mafie e il contrasto alla criminalità organizzata non ha colore politico, il contrasto alle mafie contrasto alla criminalità organizzata non è un patrimonio né di destra né di sinistra, ma è un patrimonio che deve appartenere alla civiltà, alla cultura, al senso di appartenenza allo Stato di ogni forza politica e di ognuno di noi in qualità di rappresentanti di quest'Aula e questo è evidentemente il percorso che questo Governo vuole intraprendere.

Mi sia consentito, Presidente, al netto di alcune affermazioni che io ritengo assolutamente sgradevoli che sono state pronunciate in questa Aula da alcuni colleghi che hanno leso, secondo me, la dignità di un di un dibattito alto e importante su un tema tanto delicato e serio qual è il tema della istituzione della Commissione antimafia, perché, mi sia consentito, paragonare il Ministro Salvini che fa il Ministro da un mese a un ex governatore condannato per un reato di mafia credo che non sia assolutamente accettabile, e per la dignità del Ministro Salvini e per la dignità dei colleghi che sono qui presenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).

Al netto di quelle che possono essere le valutazioni politiche da parte di ogni rappresentante di queste forze politiche e dico questo proprio perché voglio rassegnare al Parlamento, semivuoto ovviamente solo ed esclusivamente per l'orario e non per la valenza che si dà a questo tema, il fatto che da parte del governo da parte del Governo tutto evidentemente e da parte del Ministro dell'interno, e non solo, il livello di attenzione e di contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie sarà altissimo, sarà altissimo per senso del dovere nei confronti del Paese, sarà altissimo per senso di responsabilità che il Governo e le forze politiche che rappresentano questa maggioranza hanno rassegnato in un contratto di Governo che vede il tema del contrasto alla criminalità organizzata come uno dei motivi principali e uno degli elementi fondamentali e fondanti di questa avventura di Governo. E lo dico proprio perché da parte del Governo vi sarà un contrasto alla criminalità organizzata senza se e senza ma, senza dubbi e senza incertezze. E non accettiamo e non tolleriamo, in qualità di rappresentanti del Governo, da poco meno di un mese che si possa anche lontanamente mettere in discussione o dubitare il riferimento a quella che sarà l'azione del Governo su questo tema.

Sono stati citati dai colleghi, in maniera assolutamente opportuna, alcuni temi e alcuni strumenti che sono stati introdotti per il contrasto alla criminalità organizzata: si è parlato del codice antimafia, si è parlato dell'Agenzia nazionale per la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, si è parlato di un piano nazionale antimafia; ebbene, questi strumenti, opportuni, adeguati, che evidentemente vanno migliorati, sono tutti strumenti che sono stati introdotti, dal 2008 in poi, da chi oggi ha la possibilità la fortuna di essere forza di Governo e mi riferisco ovviamente alla Lega; strumenti che devono essere migliorati, strumenti che in questi anni sono stati migliorati attraverso una interlocuzione, attraverso una collaborazione, attraverso un dialogo importante. Il contrasto alla criminalità organizzata lo si fa attraverso la collaborazione e il dialogo tra le forze politiche, tra il Parlamento e il Governo. Ad esempio, il tema dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata merita, e meriterà, attenzione da parte dal Governo e da parte del Parlamento. Evidentemente, serve un rafforzamento di questo strumento, evidentemente servirà un rafforzamento di questo strumento anche e in modo particolare in quelle che sono le sue articolazioni territoriali periferiche, che erano state introdotte e che evidentemente oggi necessitano di un potenziamento ulteriore. Io credo che questa attività e questo lavoro debba essere fatto attraverso il confronto, serio e collaborativo, tra le forze politiche, tra il Parlamento e il Governo; certamente il Governo questo lo farà. Lo farà perché?

Perché, come è stato ovviamente detto e come tutti ben sappiamo, il contrasto alla criminalità organizzata non lo si fa solo ed esclusivamente – anche, io dico – attraverso lo strumento repressivo e attraverso quel concetto di sicurezza o di “panpenalismo” che l'ex Ministro Orlando ha citato, ma lo si fa anche attraverso questo strumento perché gli arresti devono essere fatti, gli arresti vanno fatti e diventa uno strumento ovviamente dissuasivo rispetto alla criminalità organizzata, ma lo si fa anche in un altro modo che abbiamo imparato essere un modo particolarmente importante, utile e necessario, ovvero aggredendo il patrimonio dei mafiosi. L'utilizzo dello strumento amministrativo attraverso un adeguato sostegno finanziario e, quindi, attraverso delle risorse che servono diventa assolutamente fondamentale: sottrarre beni ai mafiosi, che possono essere soldi, che possono essere beni immobiliari, che possono essere aziende, diventa fondamentale e ancora più fondamentale una volta che questi beni tornano in pancia allo Stato e tornano a disposizione dello Stato questi beni poi devono essere riportati e rimessi a disposizione dalla società e del senso di appartenenza al nostro Stato, utilizzando tutte quelle associazioni e tutta quella società civile sana presente nel nostro Paese a cui, evidentemente, questi beni devono essere riportati proprio per ripristinare quel senso non solo di sicurezza e di giustizia ma, in modo particolare, quel senso di legalità rispetto al quale noi ovviamente vogliamo intraprendere un'azione assolutamente convinta e convincente.

Ovviamente, questo lo si fa in collaborazione con altri corpi del nostro Paese e questo mi porta a ringraziare evidentemente l'attività che quotidianamente forze dell'ordine, intelligence e inquirenti svolgono e per fare questo compito evidentemente gli strumenti normativi che il Parlamento e che il Governo metterà loro a disposizione saranno ovviamente fondamentali e, quindi, ciò per rassegnare quello che sarà l'impegno, un impegno importante, costante e continuo. È vero: il contrasto alla criminalità organizzata rappresenta una priorità per il Paese e rappresenta un'assoluta priorità da parte del Governo e questo lo diciamo in maniera chiara e non equivocabile perché ritengo - e concludo, Presidente - che a un'antimafia delle parole debba, invece, avere maggiore pregnanza un'antimafia dei fatti e l'antimafia dei fatti è, evidentemente, lo strumento che questo Governo, anche in questo dibattito sull'istituzione di una Commissione parlamentare di competenza esclusiva del Parlamento, vuole perseguire e vuole rassegnare a questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Suriano. Ne ha facoltà.

SIMONA SURIANO (M5S). Grazie, Presidente. Il mio intervento di stasera vuole porre l'attenzione dell'Aula a un fatto tristemente salito agli onori della cronaca locale riguardante una donna di Giarre, in provincia di Catania: si chiama Zineb Sailouh. A questa donna, madre di soli 32 anni, è stata purtroppo diagnosticata una malattia rara e grave, la granulomatosi con poliangite, una malattia che conduce alla necrosi dei vasi sanguigni e degli organi interni oltre ad altre varie sofferenze che la donna è costretta a vivere e che non ho qui il tempo di dire.

Zineb subito dopo i primi sintomi ha intrapreso un lungo percorso che l'ha portata a consultare diversi medici e ospedali e, infine, dopo un anno ad ottenere la diagnosi, ma è dovuta andare in Friuli, e per l'esattezza ad Udine, dove ha ottenuto un piano terapeutico. Quando è ritornata in Sicilia ha provato ad affidarsi alle strutture siciliane ma ha trovato ostacoli e, ahimè, un duro scontro con la realtà: in Sicilia non esistono strutture pronte e preparate per la presa in carico di malati gravi come Zineb.

Ma oltre al danno Zineb vive anche la beffa. Interpellate, infatti, le istituzioni locali responsabili in primo luogo a garantire l'accesso alle cure, queste non sono intervenute prontamente per avviare percorsi più rapidi al fine di garantire alla donna il suo diritto a curarsi in Sicilia o, ove mancanti, indicarle le strutture in loco o altri centri nazionali o internazionali. Eppure Zineb non si è arresa e ha chiesto di poter accedere alle cure transfrontaliere in un centro specializzato in Germania da lei stessa individuato che le permetterebbe di sperare in una vita migliore ma non ha ricevuto risposte. Si è rivolta al mediatore europeo ed è dovuta ricorrere alla stampa per far parlare di sé e ottenere il diritto alle cure.

Questo caso è emblematico di come un cittadino italiano, perché Zineb, a dispetto del nome, è italiana, viene spesso lasciato al suo destino e se la fortuna gli ha regalato uno status sociale di un certo livello può sicuramente accedere a cure migliori. Cosa deve fare un cittadino se le istituzioni non danno risposta? Sono certa che questo Governo farà il possibile per permettere a Zineb di accedere alle migliori cure e all'assistenza che la sua grave malattia le richiede e mi auguro che, come lei, tutti i cittadini siciliani e italiani che versano in queste condizioni possano a breve ritrovare fiducia nello Stato.

Chiedo che venga rimesso al centro dell'agenda politica l'essere umano in quanto tale, la dignità degli uomini e delle donne che, come Zineb, vogliono vivere nonostante il destino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Giorgi. Ne ha facoltà.

ROSALBA DE GIORGI (M5S). Presidente, con questo mio intervento desidero portare alla vostra attenzione quello che si appresta a diventare l'ennesimo problema occupazionale causato da una crisi che, continuando a non risparmiare alcun settore, sembra accanirsi su Taranto e il suo territorio. Fonti attendibili mi hanno informata che l'ippodromo Paolo VI, nato da un'intuizione dell'indimenticato imprenditore tarantino Donato Carelli, è ormai prossimo a chiudere i battenti dopo oltre quarant'anni di attività. In assenza di un intervento risolutivo, uno dei luoghi simbolo dell'intera provincia jonica dalla fine del prossimo mese di agosto andrà ad arricchire il già folto album dei ricordi e dei rimpianti della città dei due mari. Esteso su una superficie di 260.000 metri quadri, l'ippodromo Paolo VI è anche un centro sportivo polifunzionale, un luogo in cui le famiglie possono trascorrere il tempo libero immerse nel verde e a contatto con la natura. La struttura dispone di due centri congressi e di un'area che spesso ha ospitato importanti eventi culturali e musicali. Requisito da non trascurare, infine, dà lavoro a decine e decine di famiglie, rappresentando un'opportunità per tutto il territorio.

Purtroppo, nonostante gli sforzi profusi in questi ultimi anni dai proprietari dell'impianto per fronteggiare la crisi che sta letteralmente spazzando via il mondo dell'ippica, questo, che è uno degli ippodromi più importanti d'Italia, dovrà arrendersi fra l'indifferenza di molti. L'ippica nazionale paga questo stato di cose probabilmente per colpe proprie, per la drastica riduzione dei finanziamenti, per la crescente diminuzione degli spettatori ma anche a causa di coloro che non hanno saputo o voluto programmare un rilancio serio, efficace e duraturo che regalasse agli operatori del settore quelle certezze che, invece, con il trascorrere degli anni, sono venute sempre più a mancare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). La ringrazio, signora Presidente. Trentanove anni fa, proprio in queste ore, un sicario ingaggiato dalla mafia spegneva la vita di Giorgio Ambrosoli a Milano, quello che, per riprendere le parole dello scrittore Corrado Stajano, venne definito “un eroe borghese”. Giorgio Ambrosoli fu il commissario liquidatore della Banca privata italiana. Venne nominato nel 1974 dall'allora governatore della Banca d'Italia, Guido Carli, e nel suo lavoro di indagatore del crac finanziario di Michele Sindona scoprì un groviglio terribile, un intreccio tra cattiva politica, tra alta finanza, tra massoneria, tra criminalità organizzata che lo fece diventare oggetto di intimidazioni, di pressioni, di tentativi di corruzione. In buona sostanza, gli si chiedeva di accettare e abdicare ad un principio sulla base del quale lo Stato avrebbe dovuto farsi carico dei debiti, delle insolvenze e degli scoperti di quella banca e, conseguentemente, rendere indenne l'autore di quegli intrighi, Michele Sindona, da tutte le conseguenze e da tutti i coinvolgimenti penali. Giorgio Ambrosoli avrebbe potuto fare come si fa purtroppo in molti casi nella pubblica amministrazione: guardare da un'altra parte. Non lo fece e pagò con la vita il senso del dovere.

Signora Presidente, per riprendere, in conclusione, le parole di Isabel Allende che ha scritto che una persona muore solo quando viene dimenticata, noi abbiamo il dovere di non dimenticare questa storia italiana perché per noi, per l'esempio che ci ha dato e per quello che ci dice oggi e quello che può dire alle giovani generazioni di domani, Giorgio Ambrosoli è ancora vivo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi di fine seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 12 luglio 2018 - Ore 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73, recante misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari e la Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale. (C. 764)

Relatrice: GIULIANO.

2. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

ANZALDI; NESCI ed altri; VERINI; SANTELLI ed altri; PALAZZOTTO ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. (C. 336-513-664-805-807-A)

Relatrice: NESCI.

La seduta termina alle 21,15.