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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 21 marzo 2019

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: PDL N. 1012 E DOC LXXXVI, N. 2-A

Pdl n. 1012 – Avvio di un progetto sperimentale per la realizzazione di percorsi formativi in ambito militare per i cittadini di età compresa tra diciotto e ventidue anni

Tempo complessivo: 12 ore, di cui:
• Discussione sulle linee generali: 6 ore;
• Seguito dell'esame: 6 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 15 minuti
Governo 15 minuti 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 30 minuti
Interventi a titolo personale 57 minuti 53 minuti
(con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 18 minuti 3 ore e 57 minuti
 MoVimento 5 Stelle 47 minuti 57 minuti
 Lega – Salvini premier 40 minuti 40 minuti
 Partito Democratico 39 minuti 38 minuti
 Forza Italia – Berlusconi
 presidente
38 minuti 37 minuti
 Fratelli d'Italia 32 minuti 24 minuti
Liberi e Uguali 31 minuti 20 minuti
 Misto: 31 minuti 21 minuti
  Civica Popolare-AP-PSI-Area
  Civica
7 minuti 5 minuti
  Minoranze Linguistiche 7 minuti 5 minuti
  Noi Con l'Italia-USEI 7 minuti 5 minuti
  +Europa-Centro Democratico 5 minuti 3 minuti
  MAIE-Movimento Associativo
  Italiani all'Estero
5 minuti 3 minuti

Doc LXXXVI, n. 2-A – Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea nell'anno 2019, sul Programma di lavoro della Commissione per il 2019 e sul Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (1o gennaio 2019 – 30 giugno 2020)

Tempo complessivo, escluse le dichiarazioni di voto: 7 ore (*).

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento e tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 13 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti
 MoVimento 5 Stelle 1 ora e 13 minuti
 Lega – Salvini premier 51 minuti
 Partito Democratico 49 minuti
 Forza Italia – Berlusconi
 presidente
47 minuti
 Fratelli d'Italia 30 minuti
Liberi e Uguali 26 minuti
 Misto: 26 minuti
  Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica 6 minuti
  Minoranze Linguistiche 6 minuti
  Noi Con l'Italia-USEI 6 minuti
  +Europa-Centro Democratico 4 minuti
  MAIE-Movimento Associativo Italiani
  all'Estero
4 minuti

(*) Per le dichiarazioni di voto sono attribuiti a ciascun gruppo 10 minuti . Al gruppo Misto sono assegnati 10 minuti.

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli, nella seduta del 21 marzo 2019.

  Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bianchi, Bitonci, Bonafede, Borghese, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Campana, Carfagna, Castelli, Castiello, Cirielli, Colletti, Colucci, Cominardi, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Formentini, Fraccaro, Frusone, Fusacchia, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Parolo, Pastorino, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Spessotto, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zóffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 20 marzo 2019 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PORCHIETTO ed altri: «Disposizioni per la tutela dei marchi storici identitari italiani e agevolazioni fiscali per la promozione delle attività produttive ad essi riferite» (1689);
   PORCHIETTO ed altri: «Misure per il contrasto della dispersione del patrimonio industriale e produttivo nazionale e delega al Governo per l'integrazione della disciplina in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori di rilevanza strategica» (1690);
   UNGARO ed altri: «Disposizioni concernenti il riconoscimento dei titoli di studio scolastici e dell'istruzione superiore rilasciati all'estero» (1691);
   FRASSINI: «Istituzione del Fondo di compensazione per le regioni che azzerano l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive per le nuove imprese commerciali situate nei centri storici urbani» (1692);
   CECCHETTI: «Modifica all'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in materia di fruizione dei servizi audiovisivi da parte delle persone sorde» (1693).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge BORDONALI ed altri: «Disposizioni in materia di politiche integrate per la sicurezza e ordinamento della polizia locale» (451) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Fogliani.

Ritiro di proposte di legge.

  In data 20 marzo 2019 il deputato Ungaro ha comunicato di ritirare la seguente proposta di legge:
   UNGARO: «Disposizioni concernenti l'esercizio del voto da parte degli elettori che si trovano temporaneamente in un luogo diverso da quello di residenza per motivi di lavoro, studio o cure mediche» (1588).

  La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
  VII Commissione (Cultura):
   FRASSINETTI ed altri: «Disposizioni per la promozione della lettura di opere letterarie italiane da parte degli studenti» (1614) Parere delle Commissioni I, V, X e XIV.

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 8 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 45-bis, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione sull'adempimento degli obblighi derivanti da norme dell'Unione europea in materia di servizi di interesse economico generale, riferita agli anni 2014 e 2015 (Doc. CCXLV, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente), alla IX Commissione (Trasporti), alla X Commissione (Attività produttive), alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 8 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 39, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, un documento recante i dati sullo stato di recepimento delle direttive dell'Unione europea da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.

  Questo documento è trasmesso alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Ministro per la pubblica amministrazione.

  Il Ministro per la pubblica amministrazione, con lettera in data 11 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12 della legge 4 marzo 2009, n. 15, la relazione concernente l'andamento della spesa relativa all'applicazione degli istituti connessi alle prerogative sindacali in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, riferita all'anno 2017 (Doc. CCXLVI, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo ha trasmesso le seguenti risoluzioni, approvate nella tornata dal 28 al 29 novembre 2018, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 168/2013 per quanto riguarda l'applicazione della norma Euro 5 per l'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (Doc. XII, n. 215) – alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti (testo codificato) (Doc. XII, n. 216) – alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1008/2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (Doc. XII, n. 217) – alla IX Commissione (Trasporti);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa all'adesione di Samoa all'accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea, da una parte, e gli Stati del Pacifico, dall'altra (Doc. XII, n. 218) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sul progetto di decisione di esecuzione della Commissione riguardo alla concessione di un'autorizzazione per alcuni usi di dicromato di sodio a norma del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (Ilario Ormezzano Sai Srl) (Doc. XII, n. 219) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   Risoluzione sul ruolo dell'ente tedesco per la tutela dei minori (Jugendamt) nelle controversie familiari transfrontaliere (Doc. XII, n. 220) – alla II Commissione (Giustizia);
   Risoluzione sull'OMC: la via da seguire (Doc. XII, n. 221) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla relazione 2018 della Commissione sul Montenegro (Doc. XII, n. 222) – alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e XIV (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 14 marzo 2019, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nell'ambito della convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale in relazione alla richiesta di adesione a tale convenzione presentata dal Regno Unito (COM(2019) 140 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 19 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nell'ambito della convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale in relazione alla richiesta di adesione a tale convenzione presentata dal Regno Unito (COM(2019) 140 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sullo stato di espansione della produzione delle pertinenti colture alimentari e foraggere nel mondo (COM(2019) 142 final).

Annunzio di risoluzioni e raccomandazioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

  L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha trasmesso, in data 31 gennaio 2019, il testo delle seguenti raccomandazioni e risoluzioni, adottate dall'Assemblea stessa nel corso della prima parte della Sessione ordinaria, svoltasi a Strasburgo dal 21 al 25 gennaio 2019, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Raccomandazione n. 2144 – Internet e la governance dei diritti umani (Doc. XII-bis, n. 82) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti);
   Raccomandazione n. 2145 – Ritirare la cittadinanza quale misura per combattere il terrorismo: un approccio compatibile con i diritti umani ? (Doc. XII-bis, n. 83) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Raccomandazione n. 2146 – Migliorare i seguiti dati alle raccomandazioni CPT: un ruolo più incisivo per l'Assemblea parlamentare e i Parlamenti nazionali (Doc. XII-bis, n. 84) – alla II Commissione (Giustizia);
   Risoluzione n. 2251 – Aggiornamento delle linee guida per garantire referendum equi negli Stati membri del Consiglio d'Europa (Doc. XII-bis, n. 85) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Risoluzione n. 2252 – Sergei Magnitsky ed oltre – combattere l'impunità con sanzioni mirate (Doc. XII-bis, n. 86) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2253 – Sharia, la Dichiarazione del Cairo e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Doc. XII-bis, n. 87) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2254 – La libertà dei media come premessa per elezioni democratiche (Doc. XII-bis, n. 88) – alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti);
   Risoluzione n. 2255 – I media del servizio pubblico nel contesto della disinformazione e della propaganda (Doc. XII-bis, n. 89) – alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti);
   Risoluzione n. 2256 – Internet e la governance dei diritti umani (Doc. XII-bis, n. 90) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti);
   Risoluzione n. 2257 – Discriminazione nell'accesso al lavoro (Doc. XII-bis, n. 91) – alla XI Commissione (Lavoro);
   Risoluzione n. 2258 – Favorire l'inclusione dei disabili nel mondo del lavoro (Doc. XII-bis, n. 92) – alla XI Commissione (Lavoro);
   Risoluzione n. 2259 – L’escalation di tensioni attorno al Mare di Azov e allo Stretto di Kerch e le minacce per la sicurezza europea (Doc. XII-bis, n. 93) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2260 – Il peggioramento della situazione dei politici dell'opposizione in Turchia: cosa si può fare per proteggere i loro diritti fondamentali in uno Stato membro del Consiglio d'Europa (Doc. XII-bis, n. 94) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2261 – L'evoluzione della procedura di monitoraggio dell'Assemblea (gennaio-dicembre 2018) e l'esame periodico del rispetto degli obblighi di Islanda e Italia (Doc. XII-bis, n. 95) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e III (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2262 – Promuovere i diritti delle persone che appartengono alle minoranze nazionali (Doc. XII-bis, n. 96) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2263 – Ritirare la cittadinanza quale misura per combattere il terrorismo: un approccio compatibile con i diritti umani ? (Doc. XII-bis, n. 97) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Risoluzione n. 2264 – Migliorare i seguiti dati alle raccomandazioni CPT: un ruolo più incisivo per l'Assemblea parlamentare e i Parlamenti nazionali (Doc. XII-bis, n. 98) – alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio di sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 4 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lettera a-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, le seguenti sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, che sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla III Commissione (Affari esteri):
   sentenza 28 giugno 2018, GIEM Srl e altri contro Italia, n. 1828/06, n. 34163/07 e n. 19029/11, in materia di legalità dei reati e delle pene e di protezione della proprietà. Constata la violazione dell'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), in relazione a uno dei ricorsi, e la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della medesima Convenzione, in relazione a tutti i ricorsi, con riferimento ad alcuni profili di compatibilità con la Convenzione stessa della disciplina nazionale in materia di confisca urbanistica senza condanna, prevista dall'articolo 18 della legge 28 febbraio 1987, n. 45, e dall'articolo 30 del testo unico in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Doc. XX, n. 9) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   sentenza 27 settembre 2018, Brazzi contro Italia, n. 57278/11, in materia di diritto al rispetto della vita privata e familiare. Constata la violazione dell'articolo 8 della CEDU in relazione a una perquisizione domiciliare effettuata dalla polizia tributaria nell'ambito di un'indagine per evasione fiscale, ritenuta nel caso di specie ingiustificata in quanto il mandato di perquisizione emesso dal pubblico ministero non è stato assoggettato al controllo di legittimità di un giudice terzo (Doc. XX, n. 10) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 4 ottobre 2018, Therapic Center Srl e altri contro Italia, n. 39186/11 e altri 9 ricorsi, in materia di diritto a un equo processo. Constata la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU in relazione alla mancata esecuzione, da parte di un'azienda sanitaria locale, di decreti ingiuntivi emessi a favore dei ricorrenti (Doc. XX, n. 11) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 11 ottobre 2018, S.V. contro Italia, n. 55216/08, in materia di diritto al rispetto della vita privata e familiare. Constata la violazione dell'articolo 8 della CEDU in relazione al rifiuto delle autorità italiane di consentire il cambiamento del nome di una persona, registrata alla nascita come di sesso maschile ma che ha da sempre condotto una vita sociale come donna, prima dell'effettuazione dell'operazione chirurgica necessaria per armonizzare i caratteri sessuali primari con l'identità di genere femminile (Doc. XX, n. 12) – alla II Commissione (Giustizia);
   sentenza 25 ottobre 2018, Provenzano contro Italia, n. 55080/13, in materia di proibizione della tortura. Constata la violazione dell'articolo 3 della CEDU in relazione all'applicazione del regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, senza che siano state motivate in modo adeguatamente particolareggiato e convincente le esigenze di tale regime, nei confronti di un detenuto le cui condizioni di salute fisica e mentale si erano gravemente deteriorate (Doc. XX, n. 13) – alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 19 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito alla legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, con riferimento alle comunicazioni informative sanitarie e all'iscrizione all'albo territoriale dei direttori sanitari, all'affidamento di servizi di tesoreria e di cassa a Poste italiane Spa nonché alla disciplina del cosiddetto secondary ticketing.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1018 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 28 GENNAIO 2019, N. 4, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI REDDITO DI CITTADINANZA E DI PENSIONI (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1637-A/R)

A.C. 1637-AR – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 12, comma 3, stabilisce che: «Al fine di garantire l'avvio e il funzionamento del Rdc nelle fasi iniziali del programma, nell'ambito del Piano sono altresì previste azioni di sistema a livello centrale, nonché azioni di assistenza tecnica presso le sedi territoriali delle regioni, d'intesa con le medesime regioni, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'ANPAL, anche per il tramite dell'ANPAL Servizi Spa.», ossia autorizza l'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), attraverso la società in house Anpal Servizi SpA, ad assumere personale che possa svolgere tutte le attività di tutoraggio, affiancando i percettori del RdC nella ricerca di lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale (cosiddetti navigator);
    il medesimo articolo 12 al successivo comma 4, prevede che l'ANPAL Spa possa procedere alla stabilizzazione di personale già dipendente con contratto a tempo determinato mediante l'espletamento di procedure concorsuali riservate per titoli ed esami entro i limiti di spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall'anno 2019;
    i sindacati sono sul piede di guerra dal momento che, in vista dell'avvio della misura sul reddito di cittadinanza e della maxi campagna di recruiting del personale, non vi sono ancora certezze in merito alla possibilità di prevedere nell'immediato gli stanziamenti necessari a stabilizzare gli oltre 600 precari storici di ANPAL Servizi;
    il provvedimento, infatti, prevede ingenti somme per la contrattualizzazione di ulteriore personale in collaborazione per l'avvio del programma, senza contemplare al contempo alcuno stanziamento per il superamento delle situazioni di precarietà;
    il cosiddetto «decretone» stanzia infatti 500 milioni di euro per l'assunzione di 6.000 navigator, ma destina solamente 1 milione di euro – tra il 2019 e il 2022 – alla stabilizzazione dei lavoratori con contratto a tempo determinato. Una cifra insufficiente per stabilizzare tutto il personale precario di Anpal Servizi (composto per circa il 47 per cento da co.co.co e per il 12 per cento da contratti a tempo determinato), con la conseguenza che una volta assunti i 6.000 navigator, Anpal Servizi «vanterà» un organico composto al 94 per cento da tipologie contrattuali precarie e soltanto al 6 per cento da contratti di lavoro stabile: un bel paradosso per un ente che si occupa di politiche attive;
    altro dato rilevante è quello relativo all'anzianità del personale precario: in media gli addetti hanno superato circa 5 selezioni ciascuno (con relativi contratti a tempo) e non mancano tra i 654 precari, lavoratori con circa 18 anni di anzianità trascorsa tra le diverse compagini societarie e con un'ampia conoscenza del sistema economico dei territori e delle imprese che potrebbero offrire il lavoro;
    la salvaguardia del patrimonio di conoscenze e la valorizzazione della comunità professionale di ANPAL Servizi rappresenterebbe un passo importante verso il rafforzamento della rete dei servizi oltre che un atto propedeutico per gli obiettivi di consolidamento e di salvaguardia occupazionale di tutta la comunità professionale del driver nazionale delle politiche attive,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito della stabilizzazione del personale ANPAL di cui all'articolo 12, comma 4, del provvedimento, che la stessa avvenga prioritariamente per tutto il personale già dipendente di ANPAL servizi S.p.A in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, di contratti di collaborazione o di altre forme contrattuali per almeno 24 mesi anche non consecutivi.
9/1637-AR/1Fassina, Epifani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intero Capo II del provvedimento detta disposizioni in materia di trattamento di pensione anticipata ed altre disposizioni pensionistiche, prevedendo nello specifico alcuni articoli (nella fattispecie gli articoli 14, 15, 16 e 17) che stabiliscono requisiti differenziati di accesso ai trattamenti pensionistici ed operando una revisione della vigente disciplina sui requisiti e sui termini di decorrenza della pensione anticipata rispetto al conseguimento dell'età anagrafica per il trattamento di vecchiaia;
    secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 154, della legge n. 205 del 2017 (legge di Bilancio 2018): «è consentito l'accesso al pensionamento anticipato ai lavoratori dipendenti di aziende editoriali e stampatrici di periodici, collocati in CIGS e successivamente in mobilità dalle richiamate imprese che abbiano cessato l'attività anche in costanza di fallimento, e a cui sia stata accertata la crisi aziendale (ai sensi dell'articolo 35, comma 3, della legge n. 416 del 1981) sulla base di specifici accordi sottoscritti tra il 1o gennaio 2014 ed il 31 maggio 2015, con la disciplina antecedente al decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 2013, disciplinandone altresì il procedimento di concessione»;
    con la circolare n. 89 del 2018, l'INPS ha specificato che: «in ordine ai requisiti, vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 2013, prescritti per l'accesso al prepensionamento ai sensi del citato comma 154, si chiarisce che per accedere al prepensionamento occorre che i lavoratori di cui al presente punto abbiano maturato, entro il periodo di godimento del trattamento straordinario di integrazione salariale, un'anzianità contributiva pari a 32 anni e 3 mesi nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015 ovvero un'anzianità contributiva pari a 32 anni e 7 mesi nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2016 ed il 31 maggio 2017 (tenuto conto del 31 maggio 2015 quale ultima data utile per la sottoscrizione degli accordi di procedura e della durata massima biennale della CIGS), aumentata di un periodo non superiore a tre anni fino ad un massimo di 35 anni»;
    la suddetta esplicazione restrittiva esclude quanti, dopo il periodo di godimento del trattamento straordinario di integrazione salariale, siano stati collocati in mobilità, criterio invece previsto nel testo della legge n. 205 del 2017, determinando una lacuna normativa che richiederebbe un intervento del legislatore volto a colmarla,

impegna il Governo

ad adottare un'iniziativa legislativa finalizzata a garantire a tutti i lavoratori dipendenti di aziende editoriali e stampatrici di periodici di cui all'articolo 1, comma 154, della legge n. 205 del 2017 il diritto di accedere al prepensionamento, computando ai fini dei requisiti per l'accesso anche i periodi di fruizione del trattamento di mobilità.
9/1637-AR/2Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intero Capo II del provvedimento detta disposizioni in materia di trattamento di pensione anticipata ed altre disposizioni pensionistiche, prevedendo nello specifico alcuni articoli (nella fattispecie gli articoli 14, 15, 16 e 17) che stabiliscono requisiti differenziati di accesso ai trattamenti pensionistici ed operando una revisione della vigente disciplina sui requisiti e sui termini di decorrenza della pensione anticipata rispetto al conseguimento dell'età anagrafica per il trattamento di vecchiaia;
    secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 154, della legge n. 205 del 2017 (legge di Bilancio 2018): «è consentito l'accesso al pensionamento anticipato ai lavoratori dipendenti di aziende editoriali e stampatrici di periodici, collocati in CIGS e successivamente in mobilità dalle richiamate imprese che abbiano cessato l'attività anche in costanza di fallimento, e a cui sia stata accertata la crisi aziendale (ai sensi dell'articolo 35, comma 3, della legge n. 416 del 1981) sulla base di specifici accordi sottoscritti tra il 1o gennaio 2014 ed il 31 maggio 2015, con la disciplina antecedente al decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 2013, disciplinandone altresì il procedimento di concessione»;
    con la circolare n. 89 del 2018, l'INPS ha specificato che: «in ordine ai requisiti, vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 2013, prescritti per l'accesso al prepensionamento ai sensi del citato comma 154, si chiarisce che per accedere al prepensionamento occorre che i lavoratori di cui al presente punto abbiano maturato, entro il periodo di godimento del trattamento straordinario di integrazione salariale, un'anzianità contributiva pari a 32 anni e 3 mesi nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015 ovvero un'anzianità contributiva pari a 32 anni e 7 mesi nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2016 ed il 31 maggio 2017 (tenuto conto del 31 maggio 2015 quale ultima data utile per la sottoscrizione degli accordi di procedura e della durata massima biennale della CIGS), aumentata di un periodo non superiore a tre anni fino ad un massimo di 35 anni»;
    la suddetta esplicazione restrittiva esclude quanti, dopo il periodo di godimento del trattamento straordinario di integrazione salariale, siano stati collocati in mobilità, criterio invece previsto nel testo della legge n. 205 del 2017, determinando una lacuna normativa che richiederebbe un intervento del legislatore volto a colmarla,

impegna il Governo

ad adottare, compatibilmente con i limiti di finanza pubblica, un'iniziativa legislativa finalizzata a garantire a tutti i lavoratori dipendenti di aziende editoriali e stampatrici di periodici di cui all'articolo 1, comma 154, della legge n. 205 del 2017 il diritto di accedere al prepensionamento, computando ai fini dei requisiti per l'accesso anche i periodi di fruizione del trattamento di mobilità.
9/1637-AR/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, definisce i soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza;
    in particolare al comma 1, lettera a), n. 2, si indica come beneficiari coloro che sono residenti in Italia per almeno 10 anni di cui gli ultimi due considerati al momento della presentazione della domanda;
    il termine di 10 anni di fatto esclude dai beneficiari i senza fissa dimora che come noto non hanno una residenza stabile e spesso in moltissimi comuni non hanno avuto neanche la possibilità di iscriversi ai registri di residenza fittizia in quanto non sono stati istituiti, perdendo così qualsiasi diritto di cittadinanza;
    appare grave escludere dalla misura del reddito di cittadinanza proprio i senza fissa dimora per i quali il reddito di cittadinanza potrebbe costituire un elemento di sostegno concreto;
    sarebbe necessario consentire ai senza fissa dimora che non siano stati in grado di iscriversi ai registri di residenza fittizia perché il comune non li ha istituiti di poter accedere al beneficio della misura del reddito cittadinanza non applicando ad essi il requisito dei 10 anni qualora la loro residenza possa essere certificata da strutture socio-sanitarie pubbliche o enti assistenziali che operano in convenzione con gli enti locali,

impegna il Governo

a prevedere che il beneficio del reddito di cittadinanza sia erogato anche ai senza fissa dimora, non applicando il requisito previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera a), n. 2 a coloro ai quali non è possibile iscriversi al registro di residenza fittizia in quanto non istituito dal comune di riferimento ma potendo dimostrare la loro residenza attraverso apposita certificazione da parte da strutture socio-sanitarie pubbliche o enti assistenziali che operano in convenzione con gli enti locali.
9/1637-AR/3Conte, Rostan.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II, articolo 14, detta disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione anticipata con almeno 62 anni e 38 anni di contributi per il triennio 2019-2021, denominata «pensione quota 100»;
    la pensione quota 100 rischia di mettere in ginocchio il Servizio sanitario nazionale con ripercussioni gravissime sull'assistenza dei cittadini ai quali deve essere garantita la tutela della salute;
    secondo stime basate su dati elaborati da Quotidiano Sanità sulle possibili richieste di pensionamento a fine 2018, sarebbero 41 mila le unità del personale sanitario attualmente in servizio pronte ad aderire alla pensione anticipata;
    di questi 4,5 mila medici, 22,3 mila infermieri, 9 mila tecnici e tecnici di laboratorio, 2 mila operatori nel settore della riabilitazione, 1,2 mila dirigenti sanitari, 1,3 mila nel settore della vigilanza e delle pulizie e 306 medici veterinari;
    dalla pensione quota 100 potrebbe derivare un esodo insostenibile per il Servizio sanitario nazionale del nostro Paese, in assenza di misure per l'immediata sostituzione di chi ha scelto o sceglierà di aderire alla possibilità di andare subito in pensione;
    questo significa che il Servizio sanitario nazionale potrebbe trovarsi all'improvviso con il 25 per cento in meno dei medici e con il 30 per cento in meno degli infermieri, sul totale di coloro che hanno raggiunto i limiti stabiliti per aderire a quota 100;
    il rischio è che si metta in serio pericolo il diritto alla salute e il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza in tutte le regioni d'Italia;
    è necessario assumere immediatamente iniziative affinché si possa intervenire per prevedere la sostituzione del personale che aderirà alla pensione quota 100 con altrettanto personale in un settore che già registra una carenza di personale a causa dei tagli operati dalle leggi di bilancio degli anni precedenti;
    la tutela del diritto alla salute e la garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in maniera uniforme sull'intero territorio nazionale non può essere trattato con approssimazione tenuto conto anche dei tempi necessari a bandire i concorsi e definirne i vincitori,

impegna il Governo

a istituire con urgenza un tavolo tecnico, al quale partecipino i Ministri competenti, le regioni e le rappresentanze del personale sanitario al fine di valutare ed assumere, in tempi certi, tutte le azioni finalizzate all'immediata sostituzione del personale che aderirà a Quota 100 con altrettante unità.
9/1637-AR/4Rostan, Fornaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, al comma 1, lettera b), definisce i requisiti che i beneficiari di reddito di cittadinanza devono possedere in relazione ai redditi e ai patrimoni mobili ed immobiliari posseduti;
    il comma 1-bis dell'articolo 2, dispone che al fine dell'accoglimento della richiesta di reddito di cittadinanza i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea dovranno produrre apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana;
    è notorio che in molti Paesi non appartenenti all'Unione europea è impossibile ottenere la certificazione richiesta, come per esempio per la impossidenza o possidenza di beni immobili al fine di documentare l'eventuale valore del patrimonio immobiliare diverso dalla casa di abitazione di valore inferiore a 30 mila euro in quanto in molti Paesi di origine dei migranti non esiste alcun catasto immobiliare;
    il comma 1-ter dell'articolo 2, ha disposto che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sia definito l'elenco dei Paesi non appartenenti all'Unione europea nei quali non è possibile acquisire la documentazione necessaria ai fini Isee, e quindi esentare i cittadini provenienti da quei Paesi dal presentare la certificazione richiesta;
    nell'ambito della definizione dell'elenco dei Paesi non dell'Unione europea dai quali non è possibile acquisire la documentazione richiesta, è necessario da una parte definire l'elenco nei termini più rapidi possibili per evitare che a migliaia di migranti sia di fatto impedito di presentare richiesta di reddito di cittadinanza, dall'altra potrebbe essere utile il coinvolgimento delle associazioni e sindacati che intervengono su questioni inerenti l'immigrazione nonché delle comunità migranti che possono coadiuvare i Ministeri competenti a definire l'elenco dei Paesi non dell'Unione europea dai quali non è possibile ottenere la certificazione necessaria,

impegna il Governo:

   ad attivarsi immediatamente al fine di definire l'elenco dei Paesi non dell'Unione europea dai quali non è possibile ottenere la certificazione necessaria per ridurre il più possibile i termini della definizione dell'elenco dei citati Paesi;
   a coinvolgere nel percorso della definizione dell'elenco dei Paesi non dell'Unione europea come disposto dal comma 1-ter, le comunità dei migranti presenti in Italia, nonché le associazioni e i sindacati che operano nel campo sulla tutela dei diritti dei migranti, al fine di ricevere indicazioni utili al fine di procedere alla stesura dell'elenco di cui al citato comma.
9/1637-AR/5Boldrini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    con l'articolo 14 (Disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi) si introduce in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, con la cosiddetta «quota cento», il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni;
    il requisito contributivo richiesto rende assolutamente impraticabile l'accesso a chi ha carriere discontinue e a coloro che svolgono lavori pesanti. Tra questi ci sono gli operai edili, che accumulano mediamente 26-28 anni di contributi. Il settore dell'edilizia è, infatti, caratterizzato da lavorazioni particolarmente faticose, usuranti e rischiose e da una discontinuità lavorativa dovuta anche alle interruzioni dei rapporti di lavoro tipiche del settore (fine delle specifiche fasi lavorative o del cantiere). Inoltre, negli ultimi anni, per la consolidata crisi del mercato, molti periodi sono stati coperti da tutele in costanza di rapporto di lavoro e da trattamenti di disoccupazione involontaria;
    è indispensabile provvedere ad una specifica normativa per la categoria degli operai del settore dell'edilizia, che tenga anche conto delle novità introdotte dai contratti collettivi del comparto, che prevedono la costituzione di un Fondo dedicato ai prepensionamenti presso le locali Casse Edili, finanziato dalle imprese edili,

impegna il Governo

a valutare un intervento normativo per favorire la sottoscrizione di apposite convenzioni con l'Inps al fine di adeguare il versamento della contribuzione necessaria per il raggiungimento dei requisiti pensionistici dei lavoratori, anche con riferimento alle novità introdotte in materia dal provvedimento, laddove contratti collettivi prevedano risorse, versate dalle imprese, proprio a tal fine.
9/1637-AR/6Epifani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'evoluzione del lavoro autonomo ha creato nel settore del giornalismo due diverse figure: quella del giornalista lavoratore autonomo libero professionista (free lance) e quella del giornalista con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co);
    l'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183» ha previsto, in materia di collaborazioni organizzate dal committente, che, a far data dal 1o gennaio 2016, si dovesse applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro;
    questa previsione legislativa era finalizzata a impedire l'eccessivo ricorso, da parte delle imprese di qualsiasi natura, a l'utilizzo dei co.co.co. come espediente per eludere le normative di legge e contrattuali sul lavoro subordinato. Lo stesso articolo 2, al comma 2, lettera b), del citato decreto legislativo n. 81 del 2015, tuttavia, confermando la normativa previgente, precisa che tale disposizione non dovesse trovare applicazione nei confronti delle «collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali»;
    di conseguenza, la sopra richiamata norma non ha potuto trovare applicazione nel settore giornalistico in quanto la prestazione lavorativa del giornalista può essere esercitata soltanto dagli iscritti all'albo professionale dei giornalisti;
    sono circa 13 mila i giornalisti titolari di un contratto co.co.co., ma che, nella realtà, svolgono a tutti gli effetti un lavoro di natura dipendente;
    la legge 31 dicembre 2012, n. 233, sull'equo compenso nel settore giornalistico ha introdotto il concetto di equità retributiva per i giornalisti iscritti all'albo professionale, specificando che per equo compenso si deve intendere la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dal giornalista, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione. La legge ha anche previsto, presso il dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, un'apposita Commissione con il compito di definire l'equo compenso e di redigere un elenco delle aziende e delle testate che garantiscono il rispetto delle disposizioni definite. La successiva delibera governativa è stata annullata dal Consiglio di Stato in data 16 marzo 2016;
    per quanto riguarda la platea dei giornalisti interessata all'applicazione dell'equo compenso, il Consiglio di Stato ha sostenuto che la ratio della legge sia quella di «apprestare una disciplina retributiva per tutte le forme di lavoro autonomo giornalistico, in quanto connotate da alcuni caratteri del lavoro subordinato e per tanto meritevoli di tutele assimilabili a quelle ad esso assicurate». Sempre il Consiglio di Stato, a sostegno dell'opportunità di una specifica tutela di qualsiasi forma di lavoro giornalistico, ha ulteriormente precisato che, nel caso dell'editoria, non sussistono quegli elementi di «committenza ampia e variegata» che giustificherebbero la liberalizzazione dei compensi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire le collaborazioni coordinate e continuative che abbiano per oggetto prestazioni di lavoro di natura giornalistica nell'ambito del comma 1 dell'articolo 2 del richiamato decreto legislativo n. 81 del 2015, al fine di garantire la migliore tutela di chi esercita tali prestazioni lavorative.
9/1637-AR/7Fornaro, Epifani.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    l'articolo 9, comma 7, dispone la sospensione, fino al 31 dicembre 2021, dell'erogazione dell'assegno di ricollocazione ai soggetti di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2015;
    l'assegno di ricollocazione è stato istituito dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 150 del 2015 (decreto attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183 del 2014), riconosciuto ai soggetti disoccupati percettori della NASpI (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego), la cui durata di disoccupazione eccede i quattro mesi, e, in base a quanto disposto dalla legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 136, legge n. 205 del 2017), anche ai lavoratori coinvolti negli Accordi di ricollocazione rientranti negli ambiti e profili a rischio di esubero previsti dall'Accordo stesso;
    l'assegno di ricollocazione consiste in una somma (che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale e assistenziale), graduata in funzione del profilo personale di occupabilità, spendibile presso i centri per l'impiego o i servizi accreditati per ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. Il servizio ha una durata di sei mesi (prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l'intero suo ammontare) e deve essere richiesto dal disoccupato, a pena di decadenza dallo stato di disoccupazione e dalla prestazione a sostegno del reddito, entro due mesi dalla data di rilascio dell'assegno;
    l'assegno di ricollocazione è una buona pratica di politiche attive ed è ingiusto che venga sospeso per tre anni per i disoccupati ordinari a favore dei soli beneficiari del reddito di cittadinanza, in quanto entrambe le platee hanno spesso necessità simili per collocarsi o ricollocarsi nel mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la conferma della prestazione dell'assegno di ricollocazione nei confronti dei disoccupati percettori della Naspi.
9/1637-AR/8Occhionero.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    l'articolo 9, comma 7, dispone la sospensione, fino al 31 dicembre 2021, dell'erogazione dell'assegno di ricollocazione ai soggetti di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2015;
    l'assegno di ricollocazione è stato istituito dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 150 del 2015 (decreto attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183 del 2014), riconosciuto ai soggetti disoccupati percettori della NASpI (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego), la cui durata di disoccupazione eccede i quattro mesi, e, in base a quanto disposto dalla legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 136, legge n. 205 del 2017), anche ai lavoratori coinvolti negli Accordi di ricollocazione rientranti negli ambiti e profili a rischio di esubero previsti dall'Accordo stesso;
    l'assegno di ricollocazione consiste in una somma (che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale e assistenziale), graduata in funzione del profilo personale di occupabilità, spendibile presso i centri per l'impiego o i servizi accreditati per ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. Il servizio ha una durata di sei mesi (prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l'intero suo ammontare) e deve essere richiesto dal disoccupato, a pena di decadenza dallo stato di disoccupazione e dalla prestazione a sostegno del reddito, entro due mesi dalla data di rilascio dell'assegno;
    l'assegno di ricollocazione è una buona pratica di politiche attive ed è ingiusto che venga sospeso per tre anni per i disoccupati ordinari a favore dei soli beneficiari del reddito di cittadinanza, in quanto entrambe le platee hanno spesso necessità simili per collocarsi o ricollocarsi nel mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare, nell'ambito della compatibilità finanziaria, ulteriori iniziative normative volte a prevedere la conferma della prestazione dell'assegno di ricollocazione nei confronti dei disoccupati percettori della Naspi.
9/1637-AR/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Occhionero.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    l'articolo 4, comma 9, definisce i criteri di congruità dell'offerta di lavoro che, quindi, sostituiscono, per il reddito di cittadinanza, quelli previsti dal decreto ministeriale 10 aprile 2018: nei primi dodici mesi di fruizione del beneficio, è congrua un'offerta entro cento chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici se si tratta di prima offerta, entro duecentocinquanta chilometri di distanza se si tratta di seconda offerta, ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta. Dopo i dodici mesi di fruizione del beneficio, è congrua un'offerta entro duecentocinquanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario nel caso si tratti di prima o seconda offerta; in caso di terza offerta, ovunque collocata nel territorio italiano;
    l'articolo 6 del decreto ministeriale 10 aprile 2018, «Definizione dell'offerta di lavoro congrua, ai sensi degli articoli 3 e 25 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150» prevede che per i soggetti in stato di disoccupazione per un periodo fino a dodici mesi, l'offerta di lavoro è congrua quando il luogo di lavoro non dista più di 50 chilometri dal domicilio del soggetto o comunque è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici; per i soggetti in stato di disoccupazione da oltre dodici mesi, l'offerta di lavoro è congrua quando il luogo di lavoro non dista più di 80 chilometri dal domicilio del soggetto o comunque è raggiungibile mediamente in 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici;
    si riscontra una immotivata differenza di trattamento tra chi richiede la naspi e chi richiede il reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

ad equiparare i criteri di offerta congrua per i beneficiari del reddito di cittadinanza a quelle previste per gli altri disoccupati.
9/1637-AR/9Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    il requisito della residenza in Italia per almeno dieci anni, gli ultimi due dei quali in modo continuativo, impedisce l'accesso al beneficio del reddito di cittadinanza ai moltissimi italiani residenti all'estero;
    questo determina una ingiusta sperequazione tra cittadini italiani,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte alla concessione del reddito di cittadinanza anche agli italiani all'estero che presentino i requisiti reddituali e patrimoniali richiesti.
9/1637-AR/10Acquaroli, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    per quanto riguarda i soggetti affetti da disabilità e i loro nuclei familiari, tuttavia, le disposizioni in esame prevedono che per l'accesso al reddito di cittadinanza, ai fini della determinazione dei loro redditi, siano inclusi tutti i trattamenti assistenziali tranne quelli per cui non occorra la cosiddetta «prova dei mezzi»;
    questo determina che risulteranno impropriamente conteggiati nel reddito familiare di riferimento alcuni trattamenti assistenziali ricollegabili alla condizione di disabilità, quali, ad esempio, le pensioni di invalidità civile, cecità e sordità civile;
    in proposito, le sentenze emanate dal TAR nel 2015 e dal Consiglio di Stato nel 2016, hanno chiarito che, invece, tali provvidenze non dovrebbero essere conteggiate perché solo necessarie a far riportare la persona con disabilità nella medesima condizione di partenza di chi non presenta, a parità di tutte le altre condizioni, quella di disabilità, che di per sé stessa genera ulteriore impoverimento e condizioni di deprivazione,

impegna il Governo

ad intervenire con successivi provvedimenti normativi per escludere i trattamenti assistenziali dal computo per la determinazione del reddito familiare di riferimento delle persone con disabilità ai fini dell'accesso al reddito di cittadinanza, sanando un'ingiusta disparità di trattamento.
9/1637-AR/11Bellucci, Dall'Osso, Fatuzzo, Polverini, Fiano, Versace, Occhiuto, Epifani, Zanichelli, Murelli, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    per quanto riguarda i soggetti affetti da disabilità e i loro nuclei familiari, tuttavia, le disposizioni in esame prevedono che per l'accesso al reddito di cittadinanza, ai fini della determinazione dei loro redditi, siano inclusi tutti i trattamenti assistenziali tranne quelli per cui non occorra la cosiddetta «prova dei mezzi»;
    questo determina che risulteranno impropriamente conteggiati nel reddito familiare di riferimento alcuni trattamenti assistenziali ricollegabili alla condizione di disabilità, quali, ad esempio, le pensioni di invalidità civile, cecità e sordità civile;
    in proposito, le sentenze emanate dal TAR nel 2015 e dal Consiglio di Stato nel 2016, hanno chiarito che, invece, tali provvidenze non dovrebbero essere conteggiate perché solo necessarie a far riportare la persona con disabilità nella medesima condizione di partenza di chi non presenta, a parità di tutte le altre condizioni, quella di disabilità, che di per sé stessa genera ulteriore impoverimento e condizioni di deprivazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, con successivi provvedimenti normativi per escludere i trattamenti assistenziali dal computo per la determinazione del reddito familiare di riferimento delle persone con disabilità ai fini dell'accesso al reddito di cittadinanza, sanando un'ingiusta disparità di trattamento.
9/1637-AR/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Bellucci, Dall'Osso, Fatuzzo, Polverini, Fiano, Versace, Occhiuto, Epifani, Zanichelli, Murelli, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene, tra le altre, disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi. Nello specifico introduce, in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, il diritto a conseguire la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni (cosiddetta quota 100);
    tale regime pensionistico è destinato ad incidere sull'assetto organizzativo del Ministero dell'Università e della Ricerca, producendo effetti negativi sull'attuale situazione degli organici, già critica per la carenza di personale esistente;
    a tal proposito, il decreto legislativo n. 59 del 2017 (attuativo del percorso Formazione Iniziale Tirocinio), successivamente modificato dall'articolo 1, comma 792, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di Bilancio 2019), prevedeva un doppio canale di assunzione:
     a) concorso riservato ai docenti non abilitati con servizio pari a 180 giorni per 3 anni scolastici, che non avrebbero dovuto conseguire i 24 CFU (Crediti Formativi Universitari);
     b) concorso ordinario aperti a tutti i laureati con titoli idonei per insegnare determinate classi di concorso, previo conseguimento dei 24 CFU;
    con le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2019, esclusa la prima turnata, tutti dovranno possedere i 24 CFU;
    le prove previste per chi aveva tre anni di servizio sono passate da due, scritta (su una materia a scelta della classe di concorso) e orale (sull'Unità Didattica di Apprendimento), a tre, due scritte (sui 24 cfu e su tutte le materie della cdc) e una orale (su tutte le materie della cdc), come per i neolaureati, annullando la differenziazione tra lavoratori della conoscenza e neolaureati;
    si potrà concorrere per una sola cdc o posto di sostegno, mentre nell'articolo n. 17, comma 7 del decreto legislativo n. 59 del 2017 non si ponevano limiti in tal senso;
    le percentuali di posti riservati ai docenti non abilitati di terza fascia GI, solo dopo aver superato le prove, sono irrisorie (il 10 per cento del 20 per cento, in quanto la maggior parte dei posti è stata riservata ai colleghi abilitati con l'attuale concorso: 100 per cento i primi due anni e poi l'80 per cento per i successivi);
    gli idonei del concorso aperto a tutti, come stabilito nella legge di Bilancio 2019, non saranno assunti, ma considerati abilitati e potranno accedere alla seconda fascia delle graduatorie d'istituto, scavalcando i docenti di terza fascia con servizio, per i quali non è previsto nessun corso abilitante;
    mettere sullo stesso piano persone che da anni con il loro lavoro formano la futura società italiana e fanno funzionare la scuola con potenziali insegnanti che non hanno esperienza, equivale a bruciare delle risorse, che invece andrebbero tutelate attraverso il completamento della loro formazione con corsi abilitanti specifici, come lo è stato per i colleghi che ci hanno preceduto (SSIS speciali e PAS);
    i docenti precari che da anni permettono il funzionamento della scuola andrebbero valorizzati tutelando il loro lavoro e il loro impegno negli anni, anche attraverso un concorso riservato, sul modello del transitorio, in base al fabbisogno, come già previste per altre specifiche categorie nel provvedimento in votazione:-,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire, nell'ambito dei concorsi pubblici per docenti, un percorso accelerato, attraverso una prova orale, per quanti possano vantare un periodo di servizio non inferiore a tre anni scolastici, svolto nelle scuole statali, per lo stesso ordine e grado di scuola, al fine di tutelare e valorizzare il lavoro e l'impegno dei docenti che da anni lavorano nella scuola.
9/1637-AR/12Bucalo, Frassinetti, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari, nonché le cause di decadenza dal beneficio;
    in particolare, l'articolo 7, comma 3, del provvedimento in esame, inserisce tra le cause di decadenza dal beneficio del reddito di cittadinanza la condanna in via definitiva per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, per associazione con finalità di terrorismo o eversione dell'ordine democratico, per attentato per finalità terroristiche o di eversione, per sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione, per associazione di tipo mafioso, per scambio elettorale politico mafioso, per strage, nonché per i delitti compiuti avvalendosi delle condizioni attinenti alle associazioni mafiose ovvero al fine di agevolare l'attività di tali associazioni;
    non è previsto, invece, il vaglio preventivo, ai fini dell'ammissione al beneficio del reddito di cittadinanza o della pensione di cittadinanza, di eventuali condanne a carico del soggetto richiedente,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative volte ad escludere ab initio dalla concessione del beneficio i soggetti condannati in via definitiva.
9/1637-AR/13Butti, Delmastro Delle Vedove, Foti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari, nonché le cause di decadenza dal beneficio;
    in particolare, l'articolo 7, comma 3, del provvedimento in esame, inserisce tra le cause di decadenza dal beneficio del reddito di cittadinanza la condanna in via definitiva per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, per associazione con finalità di terrorismo o eversione dell'ordine democratico, per attentato per finalità terroristiche o di eversione, per sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione, per associazione di tipo mafioso, per scambio elettorale politico mafioso, per strage, nonché per i delitti compiuti avvalendosi delle condizioni attinenti alle associazioni mafiose ovvero al fine di agevolare l'attività di tali associazioni;
    non è previsto, invece, il vaglio preventivo, ai fini dell'ammissione al beneficio del reddito di cittadinanza o della pensione di cittadinanza, di eventuali condanne a carico del soggetto richiedente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative normative volte ad escludere ab initio dalla concessione del beneficio i soggetti condannati in via definitiva.
9/1637-AR/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Butti, Delmastro Delle Vedove, Foti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni»;
    all'articolo 2, comma 1, lettera a) vengono specificati i requisiti da possedere per poter usufruire del Reddito di Cittadinanza. Per beneficiare di quest'ultimo bisogna necessariamente essere «residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due, considerati al momento della presentandone della domanda e per tutta la durata dell'erogatorio del beneficio, in modo continuativo»;
    tale restrizione esclude di fatto dalla possibilità di fare richiesta per ottenere il Reddito di Cittadinanza tutti i cittadini italiani che per esigenze lavorative o di studio hanno trasferito in passato la propria residenza all'estero e sono rientrati in Italia negli ultimi 10 anni o hanno intenzione di rientrare;
    in base al requisito sopracitato un cittadino italiano in gravi difficoltà economiche che ha risieduto fuori dai confini e che intende tornare, o è già tornato nel nostro Paese, viene profondamente discriminato in quanto gli viene negato il diritto di richiedere il Reddito di Cittadinanza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere, attraverso ulteriori iniziative normative, all'eliminazione del requisito discriminatorio sopracitato per i cittadini italiani che abbiano trasferito, per esigenze di studio o di lavoro, la residenza all'estero e che rientrano o siano rientrati in Italia negli ultimi 10 anni.
9/1637-AR/14Caretta, Ciaburro, Schirò, Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza, e la Pensione di cittadinanza, riconoscendone l'accesso ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti con alcune espresse e limitate esclusioni, regolando, altresì, i rapporti tra il beneficio in esame ed altri strumenti di sostegno al reddito;
    si tratta di una misura di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale e si muove nella direttrice del reinserimento nel mercato del lavoro dei soggetti a rischio emarginazione;
    il reddito di cittadinanza ha una componente «sociale» che si sviluppa in continuità con il Reddito di Inclusione. Quello della povertà è un fenomeno sociale estremamente importante: nel 2017 l'incidenza della povertà assoluta è salita all'8,4 per cento, riguardando cicca 5 milioni di persone, mentre il 28,9% dei residenti in Italia è a rischio di povertà o di esclusione sociale;
    la misura in oggetto è stata pensata e normata a vantaggio di una platea all'interno della quale è possibile individuare non solo soggetti a rischio di povertà o che vivono in famiglie gravemente deprivate, ma anche coloro che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa;
    tuttavia, il testo posto in votazione, mette anche chi è stato condannato definitivamente per reati non colposi nella possibilità di godere di un beneficio sociale ed economico, pensato per chi è a rischio emarginazione e vive in una condizione di deprivazione dovuta a cause non dipendenti dalla propria volontà;
    per questi motivi non si ritiene opportuno, che dalle misure previste per il decreto in esame, che rappresenta uno degli interventi più rilevanti della manovra di bilancio appena approvata, possano trarre beneficio condannati non meritevoli di una misura pensata per i più bisognosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere, attraverso ulteriori iniziative normative, dai beneficiari del Reddito di Cittadinanza chi è stato condannato definitivamente per reati non colposi alla pena della reclusione superiore a due anni.
9/1637-AR/15Ciaburro, Rizzetto, Silvestroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame destina specifiche risorse per l'istituzione del reddito di cittadinanza per coloro che presentano determinati requisiti;
    a tal fine l'articolo 1, commi 255 e 256, della legge di bilancio per il 2019 ha istituito due distinti Fondi presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con possibilità per gli stessi di utilizzare reciprocamente a compensazione eventuali risparmi realizzati;
    per il raggiungimento degli scopi previsti dal presente disegno di legge, l'articolo 7, comma 15-quater, dispone un incremento di 65 unità del contingente di personale per la tutela del lavoro da reperire nell'ambito dell'Arma dei Carabinieri;
    al contempo, nulla sino ad oggi è stato previsto al fine di stabilizzare il personale precario delle Forze Armate, del Comparto Sicurezza e Soccorso pubblico che vivono in condizioni di precariato lavorativo ed economico;
    secondo i dati consultabili sul sito ufficiale MEF – Ragioneria dello Stato – Conto Annuale, nella sezione dedicata al personale delle Forze Armate e Corpi di Polizia si registrano circa 39.000 dipendenti precari ai quali si aggiungono quelli presenti nel comparto Soccorso pubblico;
    nonostante le molteplici dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi dai vari Governi in carica in merito alla necessità di garantire maggiore stabilità nei comparti richiamati, anche al fine di preservare la sicurezza del territorio, i provvedimenti adottati nel tempo si sono mostrati indifferenti rispetto agli innumerevoli solleciti;
    quanto sopra è confermato dalla circostanza secondo cui le risorse destinate sino ad oggi alla stabilizzazione professionale dei precari dei comparti richiamanti risultano, di tutta evidenza, esigue rispetto alle cospicue risorse stanziate a favore del reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

a valutare, nel corso dell'applicazione del provvedimento, l'effettivo utilizzo delle risorse del Fondo previsto in favore del reddito di cittadinanza, anche al fine di provvedere alla riduzione di tale fondo per destinare maggiori risorse economiche per la stabilizzazione professionale dei precari delle Forze Armate, del Comparto sicurezza e soccorso pubblico, analogamente a quanto già previsto nel settore privato con il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito, con modificazione, in legge 13 luglio 2018, n. 161.
9/1637-AR/16Cirielli, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame al comma 15 stabilisce che «il beneficiario del Rdc è tenuto ad offrire nell'ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l'inclusione sociale la propria disponibilità per la partecipazione a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non inferiore al numero di otto ore settimanali, aumentabili fino ad un numero massimo di sedici ore complessive settimanali con il consenso di entrambe le parti»;
    lo stipendio medio delle categorie b e c1 si aggira intorno ai 1200 euro mensili netti per 35 ore di lavoro settimanali per un importo orario di circa 8,00 euro l'ora;
    le condizioni generali di organizzazione dei piccoli comuni italiani, cui non necessariamente tali risorse possono risultare utili, ma piuttosto rischiano di non trovare la giusta collocazione complicando ulteriormente la gestione organizzativa di alcune realtà e vista l'ampia possibilità di impiego in altri enti limitrofi,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte:
   a rivedere il monte ore minimo e massimo per l'impiego in progetti utili alla collettività, non «compatibile con le altre attività del beneficiario» ma bensì proporzionato al reddito di cittadinanza percepito sulla base dell'inquadramento professionale e in virtù del CCNL che disciplina la gestione del personale negli enti locali, per un numero minimo di 8 ore a settimana ed un massimo di 30;
   a garantire al beneficiario del reddito di cittadinanza la possibilità di poter offrire la propria disponibilità per la partecipazione a progetti a titolarità dei comuni non necessariamente nell'ente di residenza ed altresì permettere ai Comuni di poter impiegare, qualora vi fosse particolare esigenza, anche personale residente altrove, purché sia data priorità ai cittadini residenti nel comune e cittadini compatibili per titolo e curriculum.
9/1637-AR/17Luca De Carlo, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in materia pensionistica;
    il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, poi convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122 per il triennio 2011-2013 e, successivamente, il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, hanno introdotto – nell'ambito delle misure per il contenimento della spesa pubblica – il cosiddetto «blocco retributivo» a mezzo del quale il legislatore ha sostanzialmente congelato il naturale maturarsi dei meccanismi di adeguamento retributivo, ferma restando la validità ai fini giuridici, con riferimento, precipuamente, al Personale del Comparto Sicurezza e Difesa;
    il citato blocco, a decorrere dal 1o gennaio 2015, è cessato, ma esclusivamente in favore del personale ancora in servizio, il quale si è visto riconoscere, correttamente, a tale data, gli effetti economici delle promozioni e progressioni di carriera maturate durante il quadriennio 2011-2014;
    ciò non è avvenuto – pur non essendo tale esclusione in alcun modo previsto dalla normativa suindicata – in favore del personale che nell'arco del medesimo quadriennio abbia lasciato perché collocato in quiescenza: infatti, il citato personale ha visto negarsi il riconoscimento degli effetti economici delle promozioni e progressioni di carriera maturate (e giuridicamente valide) durante il quadriennio, con conseguente decurtamento del trattamento pensionistico;
    le disposizioni normative suindicate, avente peraltro carattere eccezionale e necessariamente temporaneo, stanno invece, seppur indirettamente, mantenendo i loro effetti in modo assolutamente permanente: in particolare, impedendo il riconoscimento degli scatti maturati dal personale collocato in quiescenza nell'arco del periodo considerato, ai fini dell'adeguamento del trattamento pensionistico;
    il mancato adeguamento determinerà, quasi certamente, un sicuro, abnorme contenzioso giurisdizionale, con ulteriore aggravio di spese a carico dello Stato: ciò anche perché i soggetti interessati, a fronte di un'ingiusta penalizzazione, si vedrebbero costretti ad adire la competente Autorità Giudiziaria, al fine di scongiurare l'applicazione, in modo permanente, della misura di «congelamento» retributivo in questione;
    il provvedimento in discussione – pur ridiscutendo i parametri del sistema pensionistico – nulla ha previsto in favore di chi ha già maturato il diritto alla pensione, seppur col riconoscimento di un trattamento nettamente inferiore a quello effettivamente spettante e che, invece, avrebbe dovuto prevedersi, già in questa sede, l'adeguamento suindicato con la conseguente possibilità, ad opera degli interessati, se del caso anche a mezzo di apposita rateizzazione, di corrispondere la quota di contributi previsti a loro carico dalla legislazione vigente,

impegna il Governo

a porre in essere ogni necessario adempimento al fine di consentire l'adeguamento del trattamento pensionistico allo stato corrisposto al personale collocato in quiescenza nell'arco del quadriennio 2011/2014, in concomitanza con la vigenza del cosiddetto «blocco retributivo», ponendo così fine ad un ingiusto trattamento ed evitando, conseguentemente, l'instaurarsi di un considerevole contenzioso.
9/1637-AR/18Deidda, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in materia pensionistica;
    il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, poi convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122 per il triennio 2011-2013 e, successivamente, il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, hanno introdotto – nell'ambito delle misure per il contenimento della spesa pubblica – il cosiddetto «blocco retributivo» a mezzo del quale il legislatore ha sostanzialmente congelato il naturale maturarsi dei meccanismi di adeguamento retributivo, ferma restando la validità ai fini giuridici, con riferimento, precipuamente, al Personale del Comparto Sicurezza e Difesa;
    il citato blocco, a decorrere dal 1o gennaio 2015, è cessato, ma esclusivamente in favore del personale ancora in servizio, il quale si è visto riconoscere, correttamente, a tale data, gli effetti economici delle promozioni e progressioni di carriera maturate durante il quadriennio 2011 – 2014;
    ciò non è avvenuto – pur non essendo tale esclusione in alcun modo previsto dalla normativa suindicata – in favore del personale che nell'arco del medesimo quadriennio abbia lasciato perché collocato in quiescenza: infatti, il citato personale ha visto negarsi il riconoscimento degli effetti economici delle promozioni e progressioni di carriera maturate (e giuridicamente valide) durante il quadriennio, con conseguente decurtamento del trattamento pensionistico;
    le disposizioni normative suindicate, avente peraltro carattere eccezionale e necessariamente temporaneo, stanno invece, seppur indirettamente, mantenendo i loro effetti in modo assolutamente permanente: in particolare, impedendo il riconoscimento degli scatti maturati dal personale collocato in quiescenza nell'arco del periodo considerato, ai fini dell'adeguamento del trattamento pensionistico;
    il mancato adeguamento determinerà, quasi certamente, un sicuro, abnorme contenzioso giurisdizionale, con ulteriore aggravio di spese a carico dello Stato: ciò anche perché i soggetti interessati, a fronte di un'ingiusta penalizzazione, si vedrebbero costretti ad adire la competente Autorità Giudiziaria, al fine di scongiurare l'applicazione, in modo permanente, della misura di «congelamento» retributivo in questione;
    il provvedimento in discussione – pur ridiscutendo i parametri del sistema pensionistico – nulla ha previsto in favore di chi ha già maturato il diritto alla pensione, seppur col riconoscimento di un trattamento nettamente inferiore a quello effettivamente spettante e che, invece, avrebbe dovuto prevedersi, già in questa sede, l'adeguamento suindicato con la conseguente possibilità, ad opera degli interessati, se del caso anche a mezzo di apposita rateizzazione, di corrispondere la quota di contributi previsti a loro carico dalla legislazione vigente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di porre in essere, nei limiti di finanza pubblica, ogni necessario adempimento al fine di consentire l'adeguamento del trattamento pensionistico allo stato corrisposto al personale collocato in quiescenza nell'arco del quadriennio 2011/2014, in concomitanza con la vigenza del c.d. «blocco retributivo», ponendo così fine ad un ingiusto trattamento ed evitando, conseguentemente, l'instaurarsi di un considerevole contenzioso.
9/1637-AR/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Deidda, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari, nonché le cause di decadenza dal beneficio;
    in particolare, l'articolo 7, comma 3, del provvedimento in esame, inserisce tra le cause di decadenza dal beneficio del reddito di cittadinanza la condanna in via definitiva per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, per associazione con finalità di terrorismo o eversione dell'ordine democratico, per attentato per finalità terroristiche o di eversione, per sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione, per associazione di tipo mafioso, per scambio elettorale politico mafioso, per strage, nonché per i delitti compiuti avvalendosi delle condizioni attinenti alle associazioni mafiose ovvero al fine di agevolare l'attività di tali associazioni;
    tra quelli che determinano la decadenza dal beneficio non figurano molti reati di particolare gravità e di forte allarme sociale,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché siano causa di decadenza dal beneficio del reddito di cittadinanza tutti i reati corruttivi, i reati di pedofilia, pedopornografia e quelli sessuali, nonché per il reato di impiego di minori nell'accattonaggio.
9/1637-AR/19Delmastro Delle Vedove, Bartolozzi, Lucaselli, Prisco, Caretta, Ciaburro, Foti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento reca disposizioni concernenti l'istituto sperimentale per il pensionamento anticipato delle donne (cosiddetta opzione donna), introdotto dalla legge n. 243 del 2004, che dava la possibilità per le lavoratrici di pubblico e privato di andare in pensione anticipata a patto di accettare un assegno calcolato interamente su sistema contributivo;
    nello specifico, nel testo è previsto che il diritto al trattamento pensionistico anticipato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo venga riconosciuto, nei confronti delle lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2018, un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome);
    le lavoratrici autonome possono accedere alla pensione trascorsi 18 mesi dalla maturazione dei prescritti requisiti anagrafici e contributivi, a differenza delle lavoratrici dipendenti, che possono accedere al predetto trattamento dopo 12 mesi;
    è pertanto evidente una disparità di trattamento, oltre che di dubbia costituzionalità, ancora più incoerente in presenza del calcolo di pensione col sistema contributivo,

impegna il Governo

    a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad eliminare le disparità di trattamento attualmente esistenti tra le lavoratrici autonome rispetto alle lavoratrici dipendenti, per l'accesso alla cosiddetta «opzione donna», sia per quanto riguarda il requisito dell'età anagrafica che per quanto riguarda le finestre di accesso al trattamento pensionistico.
9/1637-AR/20Donzelli, Ferro, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame al Capo II reca disposizioni in materia pensionistica;
    in molte strutture ospedaliere pubbliche si sta registrando una carenza di personale medico specialistico dovuta al mancato espletamento dei concorsi alla quale appare opportuno porre rimedio,

impegna il Governo

a disporre in favore del personale medico specialistico la facoltà di rimanere in servizio fino al settantesimo anno di età anche a prescindere dagli anni di servizio maturati.
9/1637-AR/21Ferro, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza sono, tra gli altri, la cittadinanza Italiana o di paesi facenti parte dell'UE, ovvero un suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e un ISEE inferiore a 9360 euro annui:
    la direttiva 2004/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, (...) recita all'articolo 7 che:
    ciascun cittadino dell'Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:
     a) di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o
     b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o
     c) di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale, di disporre di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all'autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o
     d) di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell'Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c);
    per i cittadini comunitari che non rispettano le previsioni di cui sopra è previsto l'allontanamento dal territorio nazionale,

impegna il Governo:

   a indire celermente un censimento dei cittadini comunitari residenti sul territorio nazionale al fine di verificare il rispetto dei requisiti previsti dalla suddetta direttiva;
   a prevedere l'esclusione dal godimento del reddito dei cittadini comunitari non in possesso dei suddetti requisiti.
9/1637-AR/22Fidanza, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto n. 4/2019 prevede all'articolo 14 che possano beneficiare di «quota 100» tutti i lavoratori che abbiano compiuto 62 anni di età e che abbiano versato almeno 38 anni di contributi;
    tenuto conto che nel mondo della scuola l'età media dell'entrata in servizio supera spesso i 40 anni di età e che si continua a registrare un alto tasso di precarietà è evidente che non tutti potranno beneficiare di «quota 100»;
   considerato che abbiamo gli insegnanti più anziani d'Europa e che ai nostri ragazzi andrebbe garantito un insegnamento il più possibile aggiornato alle nuove tecnologie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a permettere ai docenti di raggiungere «quota 100» prescindendo dall'età anagrafica o contributiva, calcolando cioè esclusivamente la somma dei due indicatori.
9/1637-AR/23Frassinetti, Bucalo, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    con particolare riferimento al valore del reddito familiare, si prevede che quello del nucleo beneficiario del reddito di cittadinanza sia inferiore ad una soglia di seimila euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;
    la norma fissa, altresì, il valore massimo di tale parametro, ma, nonostante lo stesso sia stato innalzato durante l'esame in Commissione, esso risulta ancora essere pari ad un valore che penalizza i nuclei familiari numerosi,

impegna il Governo

di valutare, mediante l'adozione di successivi provvedimenti, normativi, un ulteriore innalzamento del limite massimo del parametro della scala di equivalenza al fine di riconoscere la giusta tutela ai nuclei familiari numerosi.
9/1637-AR/24Gemmato, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    con particolare riferimento al valore del reddito familiare, si prevede che quello del nucleo beneficiario del reddito di cittadinanza sia inferiore ad una soglia di seimila euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;
    la norma fissa, altresì, il valore massimo di tale parametro, ma, nonostante lo stesso sia stato innalzato durante l'esame in Commissione, esso risulta ancora essere pari ad un valore che penalizza i nuclei familiari numerosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, mediante l'adozione di successivi provvedimenti, normativi, di un ulteriore innalzamento del limite massimo del parametro della scala di equivalenza al fine di riconoscere la giusta tutela ai nuclei familiari numerosi.
9/1637-AR/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Gemmato, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame dispone che il Reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale;
    ai sensi del comma 7 del medesimo articolo il Patto per il lavoro è sottoscritto presso i centri per l'impiego, ovvero – laddove previsto da provvedimenti regionali – presso gli altri soggetti accreditati come servizi per il lavoro, e demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'ANPAL e previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, la definizione di appositi indirizzi e modelli nazionali per la redazione del Patto per il lavoro, anche in esito al primo periodo di applicazione del reddito di cittadinanza;
    occorre, tuttavia, definire regole e strumenti certi che consentano all'operatore, il cui intervento viene richiesto a valle del Patto di attivazione, di intervenire sullo stesso rivedendolo, integrandolo ed eventualmente rinviando il richiedente al CPI in caso di difformità di valutazione;
    disciplinare questa eventualità appare necessario sia in considerazione della natura multidisciplinare degli strumenti che identificano la reale occupabilità dei potenziali fruitori del RdC, sia a tutela dell'utenza per impedire forme di abuso nell'attribuzione degli impieghi,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a definire con maggiore accuratezza le prerogative del soggetto autorizzato o accreditato che effettua la presa in carico del richiedente successivamente alla stipula del Patto di Lavoro.
9/1637-AR/25Lollobrigida.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame dispone che il Reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale;
    ai sensi del comma 7 del medesimo articolo il Patto per il lavoro è sottoscritto presso i centri per l'impiego, ovvero – laddove previsto da provvedimenti regionali – presso gli altri soggetti accreditati come servizi per il lavoro, e demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'ANPAL e previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, la definizione di appositi indirizzi e modelli nazionali per la redazione del Patto per il lavoro, anche in esito al primo periodo di applicazione del reddito di cittadinanza;
    occorre, tuttavia, definire regole e strumenti certi che consentano all'operatore, il cui intervento viene richiesto a valle del Patto di attivazione, di intervenire sullo stesso rivedendolo, integrandolo ed eventualmente rinviando il richiedente al CPI in caso di difformità di valutazione;
    disciplinare questa eventualità appare necessario sia in considerazione della natura multidisciplinare degli strumenti che identificano la reale occupabilità dei potenziali fruitori del RdC, sia a tutela dell'utenza per impedire forme di abuso nell'attribuzione degli impieghi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative volte a definire con maggiore accuratezza le prerogative del soggetto autorizzato o accreditato che effettua la presa in carico del richiedente successivamente alla stipula del Patto di Lavoro.
9/1637-AR/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Lollobrigida.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame al Capo II reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    in particolare, l'articolo 9 dispone che, fino al 31 dicembre 2021, il beneficiario del reddito di cittadinanza riceva l'assegno di ricollocazione previsto dalla normativa vigente;
    un intervento che intenda significativamente incidere sulla possibilità per le famiglie di acquisire reddito deve anche prevedere una modifica delle dinamiche di accesso al lavoro per le persone con disabilità iscritte al collocamento mirato, che oggi risultano essere più di ottocentomila e sono ricomprese proprio nei nuclei familiari che, più di altri, entrano nel novero dei beneficiari della misura del reddito di cittadinanza;
    a tale fine non appare sufficiente l'esclusione dei benefici per i datori di lavoro non siano in regola con gli obblighi di assunzione di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, prevista dal testo del provvedimento,

impegna il Governo

a disporre una maggiorazione dell'assegno di ricollocazione nel caso si fornisca assistenza per l'inserimento lavorativo di persone con disabilità.
9/1637-AR/26Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame al Capo II reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    in particolare, l'articolo 9 dispone che, fino al 31 dicembre 2021, il beneficiario del reddito di cittadinanza riceva l'assegno di ricollocazione previsto dalla normativa vigente;
    un intervento che intenda significativamente incidere sulla possibilità per le famiglie di acquisire reddito deve anche prevedere una modifica delle dinamiche di accesso al lavoro per le persone con disabilità iscritte al collocamento mirato, che oggi risultano essere più di ottocentomila e sono ricomprese proprio nei nuclei familiari che, più di altri, entrano nel novero dei beneficiari della misura del reddito di cittadinanza;
    a tale fine non appare sufficiente l'esclusione dei benefici per i datori di lavoro non siano in regola con gli obblighi di assunzione di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, prevista dal testo del provvedimento,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di disporre una maggiorazione dell'assegno di ricollocazione nel caso si fornisca assistenza per l'inserimento lavorativo di persone con disabilità.
9/1637-AR/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone, tra le altre misure, un servizio di assistenza alla ricollocazione che preveda l'affiancamento di un tutor al soggetto beneficiario, con l'onere per quest'ultimo di svolgere le attività individuate dal tutor e di accettare l'offerta di lavoro congrua, inoltre, l'obbligo per il soggetto erogatore del servizio di comunicare al centro per l'impiego e all'ANPAL il rifiuto ingiustificato, da parte della persona interessata, di svolgere una delle attività individuate dal tutor, o di una offerta di lavoro congrua;
    la nozione di offerta di lavoro congrua, fa rinvio ai criteri attualmente posti dal decreto ministeriale 10 aprile 2018 –, relativamente alla coerenza (dell'offerta) con i profili professionali, alla tipologia contrattuale ed alla misura della retribuzione proposte;
    i criteri di congruità prendono in considerazione la distanza della residenza del beneficiario dal luogo di lavoro proposto nonché, esclusivamente nel caso di prima offerta entro i primi dodici mesi, anche il tempo di percorrenza massimo, stabilito nel limite temporale massimo di cento minuti, della suddetta distanza;
    decorsi 12 mesi di fruizione del beneficio, anche la prima offerta, oltre alla seconda, potrà arrivare entro 250 km di distanza, mentre la terza potrà arrivare da tutto il territorio nazionale. Si tratta di una misura penalizzante per quanti hanno famiglia e soprattutto per quanti vivono in zone disagiate dal punto di vista infrastrutturale, per le quali pensare di raggiungere il posto di lavoro percorrendo una distanza superiore ai 250 Km potrebbe avere un analisi costi benefici non vantaggioso, oltre che in termini economici soprattutto in termini di sradicamento del proprio nucleo familiare;
    in tal senso potrebbe essere determinante nell'accettare l'offerta di lavoro, se anche la terza fosse circoscritta all'interno dei 250 km di distanza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che anche la congruità della terza offerta di lavoro sia circoscritta entro i 250 Km di distanza dalla residenza del beneficiario.
9/1637-AR/27Maschio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina sull'ordinamento dell'INPS e dell'INAIL, prevedendo, tra le altre riforme, anche la reintroduzione del consiglio di amministrazione tra gli organi di tali enti;
    inoltre, è stata introdotta la figura del Vice Presidente tra gli organi degli enti. Nello specifico, il provvedimento dispone che ai sensi del testo finora vigente, sono organi dell'INPS e dell'INAIL: il presidente, il consiglio di indirizzo e vigilanza, il collegio dei sindaci, il direttore generale. È inserito, tra gli organi degli enti in oggetto il consiglio di amministrazione;
    viene rispristinato, quindi, tale organo, già previsto prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010. Per quanto riguarda i potrei attribuiti al Presidente si ripropone sostanzialmente la disciplina prevista dal decreto legislativo n. 479 del 1994. Il Presidente ha la rappresentanza legale dell'istituto, convoca e presiede il consiglio di amministrazione e può assistere alle sedute del consiglio di indirizzo e vigilanza;
    la nomina del consiglio di amministrazione è di fondamentale importanza, anche in considerazione della complessità della gestione di un Istituto che ha un movimento finanziario di ben 800 miliardi di euro l'anno, sarebbe assurdo il procrastinarsi della situazione attuale, vale a dire che un potere esclusivo sia affidato ad una sola persona;
    da più parti è stata formulata la richiesta della nomina di un consiglio di amministrazione, considerate anche le dimensioni dell'Ente, tantoché nella precedente legislatura la Commissione Lavoro aveva licenziato un testo unificato concordato tra i parlamentari e valutato positivamente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nell'ambito della riforma della struttura della governance del sistema previdenziale italiano, di costituire nell'organigramma dell'INPS un CDA con competenze di indirizzo strategico.
9/1637-AR/28Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    con particolare riferimento al valore del reddito familiare, si prevede che quello del nucleo beneficiario del reddito di cittadinanza sia inferiore ad una soglia di seimila euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;
    il comma 4 dell'articolo 2 determina l'incremento massimo del parametro della scala di equivalenza per ciascun componente il nucleo familiare affetto da disabilità grave o media, nonché il valore massimo di tale parametro;
    nonostante le modifiche intervenute durante l'esame in Commissione, che hanno innalzato il predetto limite massimo, peraltro esclusivamente con riferimento ai nuclei familiari in cui siano presenti componenti di disabilità grave o di non autosufficienza, lo stesso risulta ancora incongruo rispetto alle necessità dei nuclei familiari in cui siano presenti componenti in condizione di disabilità sia grave sia media,

impegna il Governo

a valutare, mediante l'adozione di successivi provvedimenti normativi, un ulteriore innalzamento del limite massimo del parametro della scala di equivalenza al fine di riconoscere la giusta tutela ai nuclei familiari in cui siano presenti componenti in condizione di disabilità.
9/1637-AR/29Montaruli, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    con particolare riferimento al valore del reddito familiare, si prevede che quello del nucleo beneficiario del reddito di cittadinanza sia inferiore ad una soglia di seimila euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;
    il comma 4 dell'articolo 2 determina l'incremento massimo del parametro della scala di equivalenza per ciascun componente il nucleo familiare affetto da disabilità grave o media, nonché il valore massimo di tale parametro;
    nonostante le modifiche intervenute durante l'esame in Commissione, che hanno innalzato il predetto limite massimo, peraltro esclusivamente con riferimento ai nuclei familiari in cui siano presenti componenti di disabilità grave o di non autosufficienza, lo stesso risulta ancora incongruo rispetto alle necessità dei nuclei familiari in cui siano presenti componenti in condizione di disabilità sia grave sia media,

impegna il Governo

a valutare, mediante l'adozione di successivi provvedimenti normativi, l'opportunità di un ulteriore innalzamento del limite massimo del parametro della scala di equivalenza al fine di riconoscere la giusta tutela ai nuclei familiari in cui siano presenti componenti in condizione di disabilità.
9/1637-AR/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Montaruli, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di cittadinanza e di pensioni;
    all'articolo 8 del suddetto decreto di conversione sono presenti disposizioni attinenti incentivi a favore dei datori di lavoro privati che assumono a tempo pieno e indeterminato soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza;
    in particolar modo, fermo restando l'aliquota di computo delle prestazioni previdenziali, sono previsti esoneri dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL);
    secondo il comma 1 dell'articolo 8 del provvedimento in esame, i datori di lavoro privati potranno godere del suddetto esonero per un periodo pari alla differenza tra 18 mensilità e quelle già godute dal beneficiario stesso (nonostante la presenza di un godimento di tali agevolazioni per un periodo non inferiore a 5 mensilità, e di 5 mensilità fisse in caso di rinnovo del reddito di cittadinanza);
    la presenza della disposizione precedentemente descritta, introduce un carattere di discriminazione fra i beneficiari del reddito di cittadinanza, in quanto al di là delle competenze curriculari e del know how lavorativo, un datore di lavoro sarà fortemente condizionato dall'assumere coloro che godono di un maggiore periodo di agevolazioni fiscali,

impegna il Governo

a monitorare che nell'erogazione del reddito di cittadinanza non ci siano discriminazioni da parte dei datori di lavoro nell'assunzione degli aventi diritto, dettate esclusivamente da differenziali di godimento degli esoneri fiscali.
9/1637-AR/30Osnato, Zucconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame al Capo II reca disposizioni in materia pensionistica;
    a seguito dell'introduzione della norma del decreto-legge n. 90 del 2014 che per i magistrati ha abrogato il diritto al trattenimento a domanda, fissando l'età di collocamento in quiescenza per limiti di età a settanta anni, si è determinato sin dal 2014 nei ruoli di tutte le magistrature il massiccio pensionamento forzoso di centinaia di magistrati di ogni ordine con conseguenti carenze di organico che incidono sulla funzionalità del servizio giustizia;
    tale brusca interruzione del normale turn over ha alterato l'equilibrio di sostituzione tra classi di età, con un numero di ingressi inferiore ai pensionamenti annui, determinando un effetto accumulo che avrà bisogno di almeno due decenni per essere smaltito;
    la lentezza dei concorsi, infatti, è tale che l'improvviso vuoto non può essere colmato in tempi ragionevoli ed anzi, per ragioni anagrafiche, si amplia ogni anno di più, e questo richiede un tempestivo intervento volto a evitare importanti vuoti di organico nei ruoli della magistratura;
    un simile intervento, inoltre, permetterebbe un risparmio di spesa dovuto da un lato a una minore spesa pensionistica, e, dall'altro, maggiori entrate per contributi previdenziali,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a permettere ai magistrati di rimanere in servizio, a domanda, sino al compimento del settantaduesimo anno di età.
9/1637-AR/31Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 1637, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, istituisce il reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, definendo puntualmente i requisiti che devono essere in possesso dei soggetti beneficiari;
    nello specifico, il nucleo familiare deve possedere un valore dell'indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) inferiore a 9.360 euro, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 ed è stabilito che, ai soli fini dell'accertamento dei requisiti per il mantenimento del Rdc, al valore dell'ISEE è sottratto l'ammontare del Rdc percepito dal nucleo beneficiario eventualmente incluso nell'ISEE, rapportato al corrispondente parametro della scala di equivalenza;
    da una misura prevista per il sostegno delle fasce di popolazione più bisognose e in difficoltà, ci si attendeva una maggiore considerazione della variabile disabilità come fenomeno che investe il singolo e come fattore condizionante i nuclei familiari;
    le politiche attive previste dal governo dovrebbero porre maggiore attenzione ed includere in maniera più efficace i cittadini e le famiglie con familiari disabili, vittime di esclusione sociale e spesso di discriminazione;
    il decreto non pondera, se non in maniera marginale la variabile della disabilità né per l'accesso alla pensione di cittadinanza, né per l'accesso al reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'innalzamento del parametro Isee, per accedere al Rdc, nel caso sia presente una persona con disabilità grave o non autosufficiente nel nucleo familiare.
9/1637-AR/32Rampelli, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 1637, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, istituisce il reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, definendo puntualmente i requisiti che devono essere in possesso dei soggetti beneficiari;
    nello specifico, il nucleo familiare deve possedere un valore dell'indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) inferiore a 9.360 euro, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 ed è stabilito che, ai soli fini dell'accertamento dei requisiti per il mantenimento del Rdc, al valore dell'ISEE è sottratto l'ammontare del Rdc percepito dal nucleo beneficiario eventualmente incluso nell'ISEE, rapportato al corrispondente parametro della scala di equivalenza;
    da una misura prevista per il sostegno delle fasce di popolazione più bisognose e in difficoltà, ci si attendeva una maggiore considerazione della variabile disabilità come fenomeno che investe il singolo e come fattore condizionante i nuclei familiari;
    le politiche attive previste dal Governo dovrebbero porre maggiore attenzione ed includere in maniera più efficace i cittadini e le famiglie con familiari disabili, vittime di esclusione sociale e spesso di discriminazione;
    il decreto non pondera, se non in maniera marginale la variabile della disabilità né per l'accesso alla pensione di cittadinanza, né per l'accesso al reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, l'innalzamento del parametro Isee, per accedere al Rdc, nel caso sia presente una persona con disabilità grave o non autosufficiente nel nucleo familiare.
9/1637-AR/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampelli, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    al fine di porre rimedio agli squilibri determinati dalle riforme pensionistiche introdotte negli ultimi anni, che hanno innalzato le soglie di accesso alla pensione di vecchiaia, è necessario adottare provvedimenti che garantiscano maggiore flessibilità di uscita dal mondo del lavoro per accedere all'assegno pensionistico, tenendo in considerazione, esclusivamente, del criterio che fa riferimento al numero di anni di contributi versati;
    pertanto, si ritiene virtuosa l'introduzione dell'istituto denominato «quota 41» che riconosce ad ogni lavoratore la possibilità di andare in pensione dopo aver versato ed accumulato quarantuno anni di contributi;
    il predetto requisito contributivo, dunque, si ritiene sia congruo, quale unico criterio da dover individuare per il riconoscimento del diritto alla pensione, escludendo la richiesta di ogni altra condizione, anche relativa all'età anagrafica,

impegna il Governo

ad assumere idonee iniziative al fine d'istituire urgenti provvedimenti normativi per introdurre la cosiddetta «quota 41» per tutti i lavoratori e lavoratrici, come esposto in premessa.
9/1637-AR/33Rizzetto, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    al fine di porre rimedio agli squilibri determinati dalle riforme pensionistiche introdotte negli ultimi anni, che hanno innalzato le soglie di accesso alla pensione di vecchiaia, è necessario adottare provvedimenti che garantiscano maggiore flessibilità di uscita dal mondo del lavoro per accedere all'assegno pensionistico, tenendo in considerazione, esclusivamente, del criterio che fa riferimento al numero di anni di contributi versati;
    pertanto, si ritiene virtuosa l'introduzione dell'istituto denominato «quota 41» che riconosce ad ogni lavoratore la possibilità di andare in pensione dopo aver versato ed accumulato quarantuno anni di contributi;
    il predetto requisito contributivo, dunque, si ritiene sia congruo, quale unico criterio da dover individuare per il riconoscimento del diritto alla pensione, escludendo la richiesta di ogni altra condizione, anche relativa all'età anagrafica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, idonee iniziative al fine d'istituire urgenti provvedimenti normativi per introdurre la cosiddetta «quota 41» per tutti i lavoratori e lavoratrici, come esposto in premessa.
9/1637-AR/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzetto, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce alcuni incentivi a favore dei datori di lavoro privati che assumono, a tempo pieno e indeterminato, anche mediante contratto di apprendistato soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza;
    nello specifico è previsto che se la suddetta assunzione avviene a seguito del percorso formativo e di riqualificazione professionale, svolto a favore del beneficiario di Rdc dagli Enti di formazione accreditati, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL) è riconosciuto sia al datore di lavoro che assume, sia all'Ente di formazione accreditato;
    tuttavia, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione dell'incentivo fruito limitatamente ai casi in cui il licenziamento avvenga nei trentasei mesi successivi all'assunzione;
    il divieto di licenziamento del soggetto beneficiario di reddito di cittadinanza entro i 36 mesi successivi all'assunzione, rappresenta un limite temporale eccessivo, esponendo il datore di lavoro ad incertezza in merito alla fruizione dell'incentivo e limitandolo anche nelle proprie scelte sulle assunzioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della normativa richiamata in premessa al fine di limitare il divieto di licenziamento nei 24 mesi successivi all'assunzione, anche nel caso in cui questa sia successiva ad un percorso formativo o di riqualificazione professionale.
9/1637-AR/34Rotelli, Zucconi, Silvestroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in votazione prevede, tra le diverse misure, anche agevolazioni per i nuclei familiari con disabili, quali quelle contenute all'articolo 2 comma 2 e all'articolo 4 comma 2;
    nonostante queste opportune misure introdotte nel testo, il reddito di cittadinanza, così come articolato nel provvedimento in votazione, penalizza le persone con disabilità e le loro famiglie e di fatto non potrà costituire uno strumento per migliorare le condizioni delle persone con disabilità;
    in Italia secondo i dati Istat esistono 1 milione 700 mila nuclei familiari in condizione di povertà assoluta, all'interno dei quei nuclei poveri assoluti vi sono anche quelle persone con quella forma di disabilità che è una delle prime cause di impoverimento;
    non sono comprese nel provvedimento, né disposizioni relative all'estensione della pensione di cittadinanza (attualmente riservata ai soli ultrasessantacinquenni che vivano soli o con un'altra persona coetanea o più anziana) anche ai casi di nuclei cui l'ultrasessantacinquenne viva con una persona con disabilità, né disposizioni inerenti i parametri aggiuntivi alle cosiddette «scale di equivalenza», fondamentali per il calcolo del reddito di cittadinanza, in modo tale da considerare maggiormente le persone con disabilità nel nucleo familiare;
    il rischio di questo provvedimento è trattare le persone con disabilità meno favorevolmente di quelle delle famiglie in cui, fortunatamente, non sia presente una persona non autosufficiente o con disabilità ed escludere una categoria già fragile di per sé;
    il testo iniziale proposto mediaticamente dal Governo, faceva esplicito riferimento a 255.000 nuclei familiari con disabili che avrebbero potuto usufruire del reddito di cittadinanza;
    il decreto-legge non prevede alcun aumento dei trattamenti assistenziali e non prevede una corretta ponderazione della variabile disabilità, che sappiamo essere fattore determinante di povertà relativa e assoluta;
    per dare adeguato sostegno agli oltre 4,5 milioni di persone con disabilità che vivono nella nostra Nazione serve più incisività, più risorse, più tutele normative,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare, attraverso futuri interventi normativi, misure economiche adeguate e atte a garantire la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità, assicurando un'attenzione particolare alle persone anziane colpite dalle patologie connesse alla senilità, facendo in modo che rientrino prioritariamente tra i beneficiari dei sostegni e delle agevolazioni previste in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.
9/1637-AR/35Silvestroni, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in votazione prevede, tra le diverse misure, anche agevolazioni per i nuclei familiari con disabili, quali quelle contenute all'articolo 2 comma 2 e all'articolo 4 comma 2;
    nonostante queste opportune misure introdotte nel testo, il reddito di cittadinanza, così come articolato nel provvedimento in votazione, penalizza le persone con disabilità e le loro famiglie e di fatto non potrà costituire uno strumento per migliorare le condizioni delle persone con disabilità;
    in Italia secondo i dati Istat esistono 1 milione 700 mila nuclei familiari in condizione di povertà assoluta, all'interno dei quei nuclei poveri assoluti vi sono anche quelle persone con quella forma di disabilità che è una delle prime cause di impoverimento;
    non sono comprese nel provvedimento, né disposizioni relative all'estensione della pensione di cittadinanza (attualmente riservata ai soli ultrasessantacinquenni che vivano soli o con un'altra persona coetanea o più anziana) anche ai casi di nuclei cui l'ultrasessantacinquenne viva con una persona con disabilità, né disposizioni inerenti i parametri aggiuntivi alle cosiddette «scale di equivalenza», fondamentali per il calcolo del reddito di cittadinanza, in modo tale da considerare maggiormente la persone con disabilità nel nucleo familiare;
    il rischio di questo provvedimento è trattare le persone con disabilità meno favorevolmente di quelle delle famiglie in cui, fortunatamente, non sia presente una persona non autosufficiente o con disabilità ed escludere una categoria già fragile di per sé;
    il testo iniziale proposto mediaticamente dal governo, faceva esplicito riferimento a 255.000 nuclei familiari con disabili che avrebbero potuto usufruire del reddito di cittadinanza;
    il decreto-legge non prevede alcun aumento dei trattamenti assistenziali e non prevede una corretta ponderazione della variabile disabilità, che sappiamo essere fattore determinante di povertà relativa e assoluta;
    per dare adeguato sostegno agli oltre 4,5 milioni di persone con disabilità che vivono nella nostra Nazione serve più incisività, più risorse, più tutele normative,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di individuare, attraverso futuri interventi normativi, misure economiche adeguate e atte a garantire la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità, assicurando un'attenzione particolare alle persone anziane colpite dalle patologie connesse alla senilità, facendo in modo che rientrino prioritariamente tra i beneficiari dei sostegni e delle agevolazioni previste in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.
9/1637-AR/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Silvestroni, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    valutate le finalità dell'articolo 18 del provvedimento, recante la proroga per il 2019 della misura cosiddetto Ape social;
    ricordato che l'Ape social è un istituto sperimentale rivolto a soggetti che si trovano in particolari condizioni, tra cui coloro che svolgono specifiche attività lavorative gravose, come individuate dall'allegato B della legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017) e come specificate dall'Allegato A del decreto del Ministero del lavoro 5 febbraio 2018, n. 47, ai sensi delle previsioni contenute nell'articolo 1, comma 153, della medesima legge n. 205 del 2017;
    ricordato, altresì, che la stessa legge di bilancio 2018, all'articolo 1, comma 155, non ritenendo esaustivo l'elenco delle attività indicate nel predetto allegato B, prevedeva l'istituzione, di una Commissione tecnica di studio sulla gravosità delle occupazioni, allo scopo di individuare ulteriori categorie di lavoratori che, in ragione della particolare gravosità del lavoro svolto, potessero essere ammessi a godere di particolari benefici previdenziali come, appunto, l'anticipo dell'età pensionabile;
    carattere di particolare faticosità riveste l'attività espletata dal personale della polizia locale, quotidianamente esposto a rischi per la propria incolumità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire il personale della polizia locale tra i lavoratori gravosi ai fini dei benefici pensionistici.
9/1637-AR/36Bordonali, Iezzi, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Piccolo, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Tiramani, Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    valutate le finalità dell'articolo 18 del provvedimento, recante la proroga per il 2019 della misura cosiddetto Ape social;
    ricordato che l'Ape social è un istituto sperimentale rivolto a soggetti che si trovano in particolari condizioni, tra cui coloro che svolgono specifiche attività lavorative gravose, come individuate dall'allegato B della legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017) e come specificate dall'Allegato A del decreto del Ministero del lavoro 5 febbraio 2018, n. 47, ai sensi delle previsioni contenute nell'articolo 1, comma 153, della medesima legge n. 205 del 2017;
    ricordato, altresì, che la stessa legge di bilancio 2018, all'articolo 1, comma 155, non ritenendo esaustivo l'elenco delle attività indicate nel predetto allegato B, prevedeva l'istituzione, di una Commissione tecnica di studio sulla gravosità delle occupazioni, allo scopo di individuare ulteriori categorie di lavoratori che, in ragione della particolare gravosità del lavoro svolto, potessero essere ammessi a godere di particolari benefici previdenziali come, appunto, l'anticipo dell'età pensionabile;
    carattere di particolare faticosità riveste l'attività espletata dal personale della polizia locale, quotidianamente esposto a rischi per la propria incolumità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, nei limiti di finanza pubblica, il personale della polizia locale tra i lavoratori gravosi ai fini dei benefici pensionistici.
9/1637-AR/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Bordonali, Iezzi, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Piccolo, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Tiramani, Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in votazione istituisce il reddito di cittadinanza e la Pensione di cittadinanza, riconoscendone puntualmente i beneficiari e stanziando le risorse finanziarie necessarie per l'attuazione del programma;
    nello specifico, nell'ambito delle disposizioni finanziarie per l'attuazione del programma del Rdc, al fine di rafforzare le politiche attive del lavoro e di garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia, si prevede l'adozione di un Piano straordinario triennale, di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro;
    si autorizzano, a tal fine, assunzioni di personale da destinare ai centri per l'impiego, con relativo aumento della dotazione organica delle pubbliche amministrazioni e si autorizza la spesa per a stabilizzazione di personale in favore di ANPAL S.p.A.;
    le politiche attive sono di competenza delle regioni, elemento determinante per l'aumento della dotazione organica del personale disposto nel provvedimento in esame. In tutte le regioni, nello specifico in Sicilia, esistono già figure specializzate in politiche attive che sono state anche riqualificate e che per 15 anni hanno svolto tale lavoro. Si tratta di personale qualificato degli ex Sportelli multifunzionali;
    questo personale è in grado di tornare a lavorare svolgendo un lavoro professionale e sono in grado, oggi, di dare risposte concrete non soltanto per l'erogazione corretta del Reddito di cittadinanza, ma anche nelle politiche attive del lavoro e nella Formazione professionale per disoccupati e inoccupati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che siano le Regioni ad assumere le professionalità necessarie per gestire il Rdc e che, nello specifico in Sicilia, il reclutamento delle professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del Rdc, avvenga attingendo dal personale qualificato degli ex Sportelli multifunzionali.
9/1637-AR/37Varchi, Bucalo, Miceli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
    all'articolo 8 del suddetto decreto di conversione sono presenti disposizioni attinenti incentivi a favore dei datori di lavoro privati che assumono a tempo pieno e indeterminato soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza;
    in particolar modo, fermo restando l'aliquota di computo delle prestazioni previdenziali, sono riconosciuti esoneri dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL);
    il settore economico e il comparto occupazionale, in particolar modo quello giovanile, vivono un periodo di crisi e di staticità, motivo per cui, al fine di ampliare un meccanismo virtuoso, sarebbe di fondamentale importanza prevedere misure agevolative analoghe a quelle precedentemente esposte anche per beneficiari assunti con altre forme contrattuali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche in provvedimenti normativi futuri, di introdurre ulteriori forme di decontribuzione per le aziende che assumono anche con contratto part-time o a tempo determinato soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza.
9/1637-AR/38Zucconi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame prevede norme in materia di accesso al trattamento pensionistico «quota 100» che potrebbe modificare la consistenza numerica del personale sanitario in servizio presso le strutture del servizio sanitario regionale;
    nelle more del Nuovo Patto Salute 2019 – 2021, si rende pertanto necessario contestualizzare la normativa in materia di spesa del personale, puntando su una valorizzazione e su una responsabilizzazione del programmatore e del regolatore regionale e territoriale, attraverso modalità alternative, rispettivamente, per le regioni in equilibrio di bilancio, in linea con gli adempimenti LEA e che abbiano avviato il processo di adeguamento al decreto ministeriale 70/2015, e per le regioni in piano di rientro, rispetto a valori storicizzati al 2004, ormai del tutto inconferenti;
    dall'anno 2004 si sono, infatti, susseguite diverse norme che hanno imposto al SSR un impatto sulla spesa del personale;
    da ultimo, la legge 30 ottobre 2014 n. 161, la quale ha previsto la necessità di rivedere gli assetti organizzativi al fine di rendere possibile il rispetto della normativa inerente l'orario di lavoro;
    il Patto della Salute già prevede, all'articolo 22 comma 5, di «effettuare un approfondimento tecnico ai fini dell'aggiornamento del parametro spesa 2004 – 1,4 per cento», che ovviamente, se non reso più aderente e attuale rispetto alle evoluzioni organizzative e di erogazione dei servizi sanitari ai cittadini non comparabile con l'anno 2004, rischia di far retrocedere di 16 anni un importante fattore chiave per lo sviluppo e la crescita del servizio sanitario nazionale quale quello delle risorse umane;
    sarebbe opportuno stabilire un parametro aggiornato di riferimento della spesa per il 2019, che si fondi sull'equilibrio economico finanziario e sulle erogazioni dei LEA. Esso potrebbe costituire anche la base per una possibile evoluzione della spesa per gli anni successivi non superiore al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale registrato nell'ultimo esercizio consolidato rispetto all'esercizio precedente,

impegna il Governo

sulla base di analisi delle effettive necessità di prevenzione, assistenza e cura alla base del processo di rilancio del nostro SSN di autentica tutela in chiave universalistica dei diritti di salute e di fragilità, a prevedere, anche alla luce dei possibili effetti derivanti dalle misure pensionistiche introdotte, la possibilità di procedere in una direzione normativa che dia garanzia di semplificazione e sostenibilità di pianificazione delle necessità di risorse umane, qualificando in chiave meritocratica e di governo della spesa i necessari investimenti in capitale umano nelle aziende sanitarie ed ospedaliere indispensabili all'erogazione LEA, secondo principi di corretta determinazione dei fabbisogni di personale di budget e di razionale riqualificazione delle risorse umane disponibili.
9/1637-AR/39Comaroli, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento reca un intervento di proroga per il 2019 dell'istituto dell'Ape sociale;
    tale misura è volta a consentire l'accesso anticipato a particolari categorie di soggetti cosiddetti «svantaggiati», tra i quali i lavoratori gravosi;
    sono considerate attività gravose quelle per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente rischioso e difficoltoso il loro svolgimento in modo continuativo;
    sono ritenute attività usuranti quelle che, a lungo andare, possono incidere sul benessere psico-fisico dei lavoratori, in quanto richiedono uno sforzo fisico e/o mentale particolarmente elevato o perché vengono svolti in condizioni ambientali difficili e particolari o ancora perché comportano rischi per la salute,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative normative volte a inserire il personale viaggiante degli autoferrotranvieri internavigatori del servizio di trasporto pubblico a Venezia, nelle categorie dei lavoratori già gravosi, da convertire in usuranti, alla pari di tutti gli autisti d'Italia.
9/1637-AR/40Fogliani, Andreuzza, Bazzaro, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento reca un intervento di proroga per il 2019 dell'istituto dell'Ape sociale;
    tale misura è volta a consentire l'accesso anticipato a particolari categorie di soggetti cosiddetti «svantaggiati», tra i quali i lavoratori gravosi;
    sono considerate attività gravose quelle per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente rischioso e difficoltoso il loro svolgimento in modo continuativo;
    sono ritenute attività usuranti quelle che, a lungo andare, possono incidere sul benessere psico-fisico dei lavoratori, in quanto richiedono uno sforzo fisico e/o mentale particolarmente elevato o perché vengono svolti in condizioni ambientali difficili e particolari o ancora perché comportano rischi per la salute,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nei limiti di finanza pubblica, opportune iniziative normative volte a inserire il personale viaggiante degli autoferrotranvieri internavigatori del servizio di trasporto pubblico a Venezia, nelle categorie dei lavoratori già gravosi, da convertire in usuranti, alla pari di tutti gli autisti d'Italia.
9/1637-AR/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Fogliani, Andreuzza, Bazzaro, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni volte a incrementare, in aggiunta alle relative piante organiche, i ruoli dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza per lo svolgimento delle funzioni connesse, rispettivamente, all'attività di contrasto del lavoro irregolare e al controllo dei soggetti richiedenti il reddito di cittadinanza;
    tali misure costituiscono un'anticipazione, negli specifici settori, della rideterminazione delle dotazioni organiche dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza prevista dall'articolo 1, comma 3, della legge 1 dicembre 2018, n. 132, di conversione del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113;
    analoghe esigenze si rinvengono, tuttavia, anche per la Polizia di Stato, negli ambiti di specialità di propria pertinenza, a cominciare da quello della Polizia Postale e delle Comunicazioni, chiamata ad assicurare, tra l'altro, la sicurezza delle infrastrutture critiche informatizzate del «Sistema Paese»,

impegna il Governo

ad individuare le ulteriori risorse finanziarie per procedere, nell'ambito dell'attuazione della delega sopracitata, all'incremento della dotazione organica della Polizia di Stato di almeno 100 unità di personale per le finalità di cui in premessa.
9/1637-AR/41Iezzi, Bordonali, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Piccolo, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Tiramani, Ziello, Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    con i decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103 si avvia la privatizzazione degli Enti di Previdenza e Assistenza dei Liberi Professionisti, attuazione dei propositi inseriti nella legge finanziaria del 1994, con le quali il Governo Ciampi si proponeva di attuare un riordino degli istituti e dei regimi previdenziali e assistenziali allora esistenti;
    tali enti svolgono la funzione di assicurare prestazioni pensionistiche di secondo livello che, correlate allo standard di reddito percepito nella vita attiva professionale, dovrebbero essere di maggior favore;
    nel giugno del 1994 suddetti Enti si consociano nell'Associazione degli Enti Previdenziali Privati – AdEPP –, struttura che oggi conta l'adesione di 19 Casse di previdenza privata e rappresenta oltre 1.5 milioni di professionisti. Soggetto non riconosciuto che si pone l'obiettivo di approssimare l'autonomia privata degli Enti stessi con la funzione pubblica esercitata;
    che l'insieme degli Enti associati all'Adepp vede al suo interno tra personale dirigente, personale amministrativo, personale tecnico, circa duemila ottocento impiegati;
   considerato che:
    il Quadro di Sintesi presentato dalla Covip nel mese di Ottobre 2018 segna una crescita delle attività totali delle Casse, dal 2011 al 2017, pari a complessivamente a +53,2 per cento da 55,7 a 85,3 miliardi di euro;
    alla fine del 2017, l'attivo delle Casse ammonta a 85,3 miliardi di euro, con un aumento rispetto al 2016 di 5,3 miliardi (+6,6 per cento);
    gli Enti di Previdenza privati sono sottoposti al controllo dei Ministeri vigilanti – Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell'economia e delle finanze –, della Corte dei conti, della Commissione parlamentare bicamerale di controllo sugli organismi gestori della previdenza obbligatoria, nonché per effetti del decreto-legge 98/2011, anche al controllo sulla gestione delle risorse finanziarie da parte della Covip;
    il CCNL del Personale dipendente è, ad oggi, in regime di prorogatio,

impegna il Governo

ad avviare una verifica del dettato normativo istituente il comparto della Previdenza Privata e a valutare le possibili iniziative volte a favorire una prossima apertura del negoziato tra l'Associazione degli Enti Previdenziali Privatizzati e le Organizzazioni Sindacali al fine di giungere quanto prima ad un nuovo testo contrattuale capace di adeguare le esigenze delle parti contraenti ad un contesto lavorativo e organizzativo profondamente mutato, dopo vent'anni dalla prima applicazione.
9/1637-AR/42Zicchieri, Gerardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 6 dell'articolo 20 interviene sulla disciplina del riscatto dei corsi di studio universitario al fine di agevolare il riscatto di tali periodi ai fini pensionistici;
    tale facoltà è riconosciuta per gli annidi studio successivi alla data del 31 dicembre 1995, per la condivisibile ragione della tenuta della stabilità finanziaria del sistema pensionistico correlata anche all'introduzione, a decorrere dal 1o gennaio 1996, del sistema di calcolo contributivo;
   considerato l'impegno profuso nelle Commissioni referenti concretizzatosi nel superamento del limite dei quarantacinque anni per coloro che potranno accedere al riscatto agevolato del corso di studi universitari;
   considerato che gli ultra quarantacinquenni sono nella stragrande maggioranza dei casi laureati ante 1996,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame al fine di considerare l'opportunità di riconoscere, con futuri provvedimenti di propria competenza, la facoltà di cui al comma 6 dell'articolo 20 del provvedimento in esame anche a periodi o frazioni di periodo anteriori al 1 gennaio 1996, anche al solo fine del riconoscimento della maggiore anzianità contributiva e non della misura dell'assegno.
9/1637-AR/43Patassini, Tomasi, Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento disciplina il reddito di cittadinanza quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura;
    il reddito di cittadinanza contempla diversi incentivi finalizzati al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro, costituendo «livello essenziale delle prestazioni»;
    nel corso dell'esame in sede referente, è stata disposta la sospensione dell'erogazione del reddito o della pensione di cittadinanza a seguito di specifici provvedimenti dell'autorità giudiziaria penale;
    nello specifico, l'articolo 7-ter, prevede che nei confronti del beneficiario o del richiedente cui è applicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, nonché del condannato con sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati all'articolo 7, comma 3, l'erogazione del beneficio è sospesa. La medesima sospensione si applica anche nei confronti del beneficiario o del richiedente dichiarato latitante ai sensi dell'articolo 296 del codice di procedura penale o che si è sottratto volontariamente all'esecuzione della pena,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame al fine di considerare l'opportunità di stabilire, attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, la sospensione del beneficio, anche in caso di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali, ai sensi del decreto legislativo 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione).
9/1637-AR/44Salafia, Businarolo, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame disciplina il Patto per il lavoro e il Patto per l'inclusione sociale e dispone che RdC sia subordinato alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro nonché all'adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all'inserimento nel mercato del lavoro e all'inclusione sociale;
    si prevede altresì che da tali obblighi/condizioni siano esonerati i beneficiari della Pensione di cittadinanza ovvero i beneficiari del Rdc titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a 65 anni, nonché i componenti con disabilità, fatta salva ogni iniziativa di collocamento mirato;
    i componenti con disabilità possono comunque manifestare la loro disponibilità al lavoro, con le percentuali previste dalla legislazione vigente in materia di collocazione al lavoro dei disabili;
    al fine di consentire l'attivazione e la gestione dei Patti per il lavoro e dei Patti per l'inclusione sociale e per finalità di analisi, monitoraggio, valutazione e controllo il provvedimento istituisce il sistema informativo del Reddito di cittadinanza, entro il quale operano due piattaforme digitali, rispettivamente presso l'ANPAL e presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
    le piattaforme rappresentano strumenti di condivisione delle informazioni, nel rispetto della riservatezza dei dati personali, sia tra le amministrazioni centrali e i servizi territoriali sia, nell'ambito di questi ultimi, tra i servizi per il lavoro e i servizi sociali;
    è demandato ad un successivo decreto, sentito anche il Garante della privacy e l'Anpal, il piano tecnico di attivazione delle piattaforme, anche al fine di individuare modalità specifiche del trattamento dei dati a tutela degli interessati, con intesa della Conferenza unificata, nonché è contemplata la necessaria implementazione e interoperabilità attraverso il sistema di cooperazione applicativa con i sistemi informativi regionali del lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che le piattaforme digitali citate in premessa siano implementate in modo da assicurare la raccolta, elaborazione e integrazione di specifici dati riguardanti le attitudini lavorative delle persone con disabilità, sulla base di test clinici, psicometrici o attitudinali, standardizzati per ciascuna patologia, al fine di rendere più semplice, mirato ed efficiente il collocamento della persona con disabilità, per realizzare una migliore inclusione sociale e perseguire un progetto di vita indipendente.
9/1637-AR/45Leda Volpi, Bologna, Nappi, D'Arrando, Sabrina De Carlo, Romaniello, Provenza.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame disciplina il Patto per il Lavoro e il Patto per l'inclusione sociale e dispone che il reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale;
    più in particolare si specifica che i due Patti costituiscono un percorso personalizzato di accompagnato all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale, che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti, intesi all'inserimento nel mercato del lavoro e all'inclusione sociale;
    il provvedimento è una misura volta a contrastare la povertà, la disuguaglianza e l'esclusione sociale, ma è anche espressione della volontà governativa di garantire il diritto al lavoro, il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche proiettate al sostegno economico e all'inserimento sociale di quei soggetti a rischio di emarginazione nel mondo del lavoro;
    il diritto al lavoro, il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura dovrebbero essere garantiti e riconosciuti a prescindere dalla condizione di essere beneficiari della misura del reddito di cittadinanza, ciò consentirebbe a tutti i componenti di nuclei familiari maggiorenni, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi o di formazione, di essere facilitati nella ricerca del lavoro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di considerare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative volte a garantire il diritto di tutti quei soggetti maggiorenni, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi o di formazione, esclusi dal beneficio del Reddito di cittadinanza perché non in possesso dei requisiti indicati all'articolo 2 del decreto, di essere inclusi nei percorsi personalizzati di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale.
9/1637-AR/46Troiano, Menga, Bologna, Nappi, D'Arrando, Sabrina De Carlo, Romaniello, Provenza.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni in materia di acconti di cassa integrazione guadagni straordinaria. In particolare si prevede che di fronte alla difficoltà di implementare i piani di riorganizzazione concordati in sede ministeriale per quelle imprese aventi gravi ricadute occupazionali nelle aree di crisi complessa si possano autorizzare acconti per sei mesi d'integrazione salariale straordinaria, al fine di garantire continuità di reddito ai lavoratori sospesi;
   considerato che:
    in sede di conversione del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, la legge 17 dicembre 2018, n. 136, prevede all'articolo 25-ter il «trattamento di mobilità in deroga per i lavoratori occupati in aziende localizzate nelle aree di crisi industriale complessa». Nello specifico al comma 1 del predetto articolo si stabilisce che «il trattamento di mobilità in deroga di cui all'articolo 1, comma 142, della legge 27 dicembre, n. 205, è concesso, nel limite massimo di dodici mesi, anche in favore dei lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018»;
    la disposizione di cui sopra amplia, dunque, notevolmente l'ambito di applicazione della mobilità in deroga di cui al citato comma 142, sia perché estende la platea dei lavoratori interessati anche a coloro che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018, sia perché prevede una durata massima di 12 mesi senza il limite temporale del 31 dicembre 2018, quale termine ultimo entro il quale usufruire della prestazione;
    nel messaggio n. 322 del 24 gennaio u.s. l'istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS) ha precisato che, nel liquidare la prestazione, le Strutture Territoriali dovranno controllare che «la prestazione concessa dalla Regione sia senza soluzione di continuità rispetto alla precedente mobilità ordinaria o in deroga». Tale precisazione fa sì che tra i beneficiari non possano esser ricompresi quei lavoratori che hanno cessato il trattamento di mobilità prima del 22 novembre 2017. È il caso ad esempio di una esigua platea di lavoratori, per la precisione 40, dello stabilimento ex Ittierre di Isernia il cui precedente trattamento di mobilità è cessato a gennaio 2017, marzo 2017 o maggio 2017 e, pertanto, per effetto della normativa di cui sopra, non possono beneficiare di un altro trattamento;
    ai fini dell'erogazione della mobilità in deroga, un intervallo temporale più ampio è stato appositamente previsto nell'articolo 25-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 per le aree di crisi industriale complessa di Termini Imerese e di Gela. Per queste aree, infatti, è stato deciso un prolungamento della mobilità in deroga per tutti quei lavoratori che «alla data del 31 dicembre 2016 risultano beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga»;
    la legge 30 dicembre 2018, n. 145, (ultima legge di Bilancio) ha stanziato cospicue risorse per i trattamenti di cassa integrazione e mobilità ordinaria e in deroga. Nello specifico l'articolo 1, comma 282, stabilisce che «al fine del completamento dei piani di recupero occupazionali previsti, le restanti risorse finanziarie di cui all'articolo 44, comma 11-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, nonché le restanti risorse finanziarie previste per le specifiche situazioni occupazionali esistenti nella Regione Sardegna dall'articolo 1, comma 1 del decreto-legge 9 maggio 2018, n. 44, convertito con modificazioni dalla legge 6 luglio 2018, n. 83, nonché ulteriori 117 milioni di euro a carico del Fondo Sociale per l'occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 sono ripartite proporzionalmente tra le regioni in base alle rispettive esigenze con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Allo stato attuale risulta che due regioni non abbiano ancora comunicato il loro fabbisogno»,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di mettere in atto ogni utile iniziativa volta a sollecitare le due regioni mancanti alla comunicazione dell'ammontare di risorse economiche necessarie alla copertura dei trattamenti di cassa integrazione e mobilità ordinaria o in deroga, nonché di procedere, altresì, il più rapidamente possibile all'adozione del decreto interministeriale di riparto dei 117 milioni di euro di cui sopra;
   a valutare l'opportunità di prevedere anche per l'area di crisi complessa di Isernia, sulla scia di quanto già previsto per le aree di crisi complessa di Termini Imerese e Gela, l'anticipo dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2016 della forbice temporale fissata dall'articolo 25-ter della legge 17 dicembre 2018, n. 136 per l'accesso a un ulteriore trattamento di mobilità in deroga, al fine di garantire anche ai 40 ex lavoratori dello stabilimento Ittierre di Isernia una continuità di reddito, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.
9/1637-AR/47Testamento.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni in materia di acconti di cassa integrazione guadagni straordinaria. In particolare si prevede che di fronte alla difficoltà di implementare i piani di riorganizzazione concordati in sede ministeriale per quelle imprese aventi gravi ricadute occupazionali nelle aree di crisi complessa si possano autorizzare acconti per sei mesi d'integrazione salariale straordinaria, al fine di garantire continuità di reddito ai lavoratori sospesi;
   considerato che:
    in sede di conversione del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, la legge 17 dicembre 2018, n. 136, prevede all'articolo 25-ter il «trattamento di mobilità in deroga per i lavoratori occupati in aziende localizzate nelle aree di crisi industriale complessa». Nello specifico al comma 1 del predetto articolo si stabilisce che «il trattamento di mobilità in deroga di cui all'articolo 1, comma 142, della legge 27 dicembre, n. 205, è concesso, nel limite massimo di dodici mesi, anche in favore dei lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018»;
    la disposizione di cui sopra amplia, dunque, notevolmente l'ambito di applicazione della mobilità in deroga di cui al citato comma 142, sia perché estende la platea dei lavoratori interessati anche a coloro che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018, sia perché prevede una durata massima di 12 mesi senza il limite temporale del 31 dicembre 2018, quale termine ultimo entro il quale usufruire della prestazione;
    nel messaggio n. 322 del 24 gennaio u.s. l'istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS) ha precisato che, nel liquidare la prestazione, le Strutture Territoriali dovranno controllare che «la prestazione concessa dalla Regione sia senza soluzione di continuità rispetto alla precedente mobilità ordinaria o in deroga». Tale precisazione fa sì che tra i beneficiari non possano esser ricompresi quei lavoratori che hanno cessato il trattamento di mobilità prima del 22 novembre 2017. È il caso ad esempio di una esigua platea di lavoratori, per la precisione 40, dello stabilimento ex Ittierre di Isernia il cui precedente trattamento di mobilità è cessato a gennaio 2017, marzo 2017 o maggio 2017 e, pertanto, per effetto della normativa di cui sopra, non possono beneficiare di un altro trattamento;
    ai fini dell'erogazione della mobilità in deroga, un intervallo temporale più ampio è stato appositamente previsto nell'articolo 25-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 per le aree di crisi industriale complessa di Termini Imerese e di Gela. Per queste aree, infatti, è stato deciso un prolungamento della mobilità in deroga per tutti quei lavoratori che «alla data del 31 dicembre 2016 risultano beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga»;
    la legge 30 dicembre 2018, n. 145, (ultima legge di Bilancio) ha stanziato cospicue risorse per i trattamenti di cassa integrazione e mobilità ordinaria e in deroga. Nello specifico l'articolo 1, comma 282, stabilisce che «al fine del completamento dei piani di recupero occupazionali previsti, le restanti risorse finanziarie di cui all'articolo 44, comma 11-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, nonché le restanti risorse finanziarie previste per le specifiche situazioni occupazionali esistenti nella Regione Sardegna dall'articolo 1, comma 1 del decreto-legge 9 maggio 2018, n. 44, convertito con modificazioni dalla legge 6 luglio 2018, n. 83, nonché ulteriori 117 milioni di euro a carico del Fondo Sociale per l'occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 sono ripartite proporzionalmente tra le regioni in base alle rispettive esigenze con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Allo stato attuale risulta che due regioni non abbiano ancora comunicato il loro fabbisogno»,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di mettere in atto ogni utile iniziativa volta a sollecitare le due regioni mancanti alla comunicazione dell'ammontare di risorse economiche necessarie alla copertura dei trattamenti di cassa integrazione e mobilità ordinaria o in deroga, nonché di procedere, altresì, il più rapidamente possibile all'adozione del decreto interministeriale di riparto dei 117 milioni di euro di cui sopra;
   a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere anche per l'area di crisi complessa di Isernia, sulla scia di quanto già previsto per le aree di crisi complessa di Termini Imerese e Gela, l'anticipo dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2016 della forbice temporale fissata dall'articolo 25-ter della legge 17 dicembre 2018, n. 136 per l'accesso a un ulteriore trattamento di mobilità in deroga, al fine di garantire anche ai 40 ex lavoratori dello stabilimento Ittierre di Isernia una continuità di reddito, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.
9/1637-AR/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Testamento.


   La Camera,
   premesso che:
    con la ratifica della Convenzione ONU i diritti delle persone con disabilità vengono annoverati nell'ambito dei diritti umani, da intendersi quali diritti di cittadinanza inviolabili;
    la nostra Carta Costituzionale, all'articolo 38, prevede che ciascun cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere abbia il diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. Di particolare rilievo, inoltre, la Legge 3 marzo 2009, n. 18, con cui il nostro paese ha ratificato la CRPD (Convention on the Rights of Persons with Disabilities);
    dapprima con il decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147 – Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà –, poi col decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 – Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni –, il Legislatore, in armonia con il quadro normativo europeo e internazionale, ha inteso pianificare politiche sociali volte al contrasto della povertà e dell'esclusione sociale;
    in base a quanto disposto dagli articoli 3, 4, 5 e 28, lettere b e c, della Convenzione ONU i cittadini disabili hanno diritto ad accomodamenti pensionistici ragionevoli e mirati: spetta all'ECOFIN il compito di monitorare che gli Stati Parte, e le stesse Istituzioni Europee, garantiscano la tutela piena e la completa esigibilità di tali diritti grazie a misure di spesa appropriate, sotto forma di «accomodamento ragionevole» così come indicato all'articolo 2 della Convenzione ONU;
    è importante rammentare che il soddisfacimento dei bisogni e la tutela della salute di una persona con disabilità, tanto più se non autosufficiente, implica una soglia di spesa tendenzialmente più alta a fronte di quella che deve sostenere una persona non disabile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare, nei limiti delle dotazioni finanziarie disponibili, tutte le prestazioni pensionistiche non contributive erogate, ovvero le pensioni di invalidi civili e l'assegno sociale degli over 65.
9/1637-AR/48Frate.


   La Camera,
   premesso che:
    alla Camera di Commercio di Bergamo sono iscritte oltre 95.000 imprese;
    presso la Sezione Fallimentare e delle Esecuzioni Forzate del Tribunale di Bergamo sono pendenti circa 1.500 fallimenti, oltre 200 procedure tra concordati preventivi, accordi di ristrutturazione, liquidazioni coatte e procedure di sovraindebitamento, oltre 7.000 procedure esecutive immobiliari;
    numero superiore a quello dei Tribunali di Roma e Milano – e oltre 4.000 procedure esecutive mobiliari;
    la stessa Sezione Fallimentare e delle Esecuzioni Forzate deve occuparsi anche di contenzioso civile ordinario;
    a fronte di circa 13.000 cause pendenti, la predetta Sezione Fallimentare e delle Esecuzioni Forzate ha in organico 10 giudici – 5 togati e 5 onorari – e un totale di 14 unità di personale amministrativo-giudiziario;
    un'efficace organizzazione delle Sezioni Fallimentari e delle Esecuzioni Forzate consente la riduzione dei tempi e del numero dei procedimenti pendenti in un ambito che ha un forte impatto sul sistema economico del Paese;
    vanno considerate le scoperture di personale negli uffici giudiziari derivanti dall'attuazione della nuova disciplina sull'accesso anticipato al trattamento pensionistico – Quota 100 – e le relative misure previste per rimediare alle predette criticità,

impegna il Governo

a valutare, anche alla luce dei possibili effetti derivanti dalle misure pensionistiche introdotte, attraverso gli uffici tecnici del Ministero della Giustizia, l'opportunità di provvedere, nei limiti di compatibilità con i vincoli di finanza pubblica, alla revisione delle piante organiche della magistratura e delle dotazioni organiche del personale amministrativo dei Tribunali, secondo opportuni criteri che tengano in considerazione le specifiche esigenze delle Sezioni fallimentari e delle Esecuzioni forzate.
9/1637-AR/49Dori, Bologna, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, disciplina le modalità di richiesta, riconoscimento ed erogazione del RdC e dispone che ai beneficiari del Rdc si applicano le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate, consistenti in uno sconto sulla bolletta (cosiddetto « bonus elettrico») e alla compensazione per la fornitura di gas naturale (cosiddetto bonus gas);
    in riferimento al cosiddetto « bonus elettrico» si ricorda che l'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 ha previsto l'applicazione ai clienti economicamente svantaggiati delle tariffe elettriche agevolate, consistente in uno sconto sulla bolletta, al fine di assicurare un risparmio sulla spesa per l'energia alle famiglie in condizione di disagio economico e fisico e alle famiglie numerose;
    in riferimento al cosiddetto « bonus gas» l'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 185 del 2008 ha esteso alle famiglie economicamente svantaggiate, a decorrere dal 1o gennaio 2009, le agevolazioni relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale, riconoscendo altresì la tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica, di cui al citato decreto ministeriale 28 dicembre 2007, anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute;
    l'articolo 1, comma da 75 a 77, della legge n. 124 del 2017 (legge annuale per il mercato e la concorrenza) ha demandato a un decreto del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'AEEGSI, la disciplina relativa all'erogazione del bonus elettrico e del bonus gas, ai fini di un migliore coordinamento delle politiche di sostegno ai clienti economicamente svantaggiati e ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita;
    il decreto del Ministero dello sviluppo economico ha anche la finalità di disciplinare le modalità di erogazione dei benefici economici individuali, anche alternative rispetto alla compensazione della spesa, con eventuale individuazione di una corresponsione congiunta delle misure di sostegno alla spesa per le forniture di energia elettrica e di gas naturale. Con il medesimo decreto si provvede a rimodulare l'entità dei benefici, tenendo conto dell'ISEE;
    le disposizioni relative ai bonus elettrico e del gas sono vigenti fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministero dello sviluppo economico che non risulta però ancora emanato;
    la legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, all'articolo 60 disciplina la tariffa sociale del servizio idrico integrato, prevedendo che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sentiti gli enti di ambito nelle loro forme rappresentative, sulla base dei principi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
    al fine di assicurare la copertura degli oneri derivanti dal citato articolo 60,l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le necessarie modifiche all'articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, determinando i criteri e le modalità per il riconoscimento delle agevolazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che, nell'ambito dell'eventuale individuazione di una corresponsione congiunta delle misure di sostegno alla spesa per le forniture di energia elettrica e di gas naturale, s'includa anche l'agevolazione relativa al servizio idrico integrato, affinché anche tale agevolazione sia estesa ai beneficiari del reddito di cittadinanza, unitamente a quelle della fornitura elettrica e del gas naturale.
9/1637-AR/50Sarli, Bologna, Nappi, D'Arrando, Suriano, Sportiello, Sabrina De Carlo, Romaniello, Provenza.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, disciplina le modalità di richiesta, riconoscimento ed erogazione del RdC e dispone che ai beneficiari del Rdc si applicano le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate, consistenti in uno sconto sulla bolletta (cosiddetto « bonus elettrico») e alla compensazione per la fornitura di gas naturale (cosiddetto bonus gas);
    in riferimento al cosiddetto « bonus elettrico» si ricorda che l'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 ha previsto l'applicazione ai clienti economicamente svantaggiati delle tariffe elettriche agevolate, consistente in uno sconto sulla bolletta, al fine di assicurare un risparmio sulla spesa per l'energia alle famiglie in condizione di disagio economico e fisico e alle famiglie numerose;
    in riferimento al cosiddetto « bonus gas» l'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 185 del 2008 ha esteso alle famiglie economicamente svantaggiate, a decorrere dal 1o gennaio 2009, le agevolazioni relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale, riconoscendo altresì la tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica, di cui al citato decreto ministeriale 28 dicembre 2007, anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute;
    l'articolo 1, comma da 75 a 77, della legge n. 124 del 2017 (legge annuale per il mercato e la concorrenza) ha demandato a un decreto del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'AEEGSI, la disciplina relativa all'erogazione del bonus elettrico e del bonus gas, ai fini di un migliore coordinamento delle politiche di sostegno ai clienti economicamente svantaggiati e ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita;
    il decreto del Ministero dello sviluppo economico ha anche la finalità di disciplinare le modalità di erogazione dei benefici economici individuali, anche alternative rispetto alla compensazione della spesa, con eventuale individuazione di una corresponsione congiunta delle misure di sostegno alla spesa per le forniture di energia elettrica e di gas naturale. Con il medesimo decreto si provvede a rimodulare l'entità dei benefici, tenendo conto dell'ISEE;
    le disposizioni relative ai bonus elettrico e del gas sono vigenti fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministero dello sviluppo economico che non risulta però ancora emanato;
    la legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, all'articolo 60 disciplina la tariffa sociale del servizio idrico integrato, prevedendo che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sentiti gli enti di ambito nelle loro forme rappresentative, sulla base dei principi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
    al fine di assicurare la copertura degli oneri derivanti dal citato articolo 60, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce le necessarie modifiche all'articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, determinando i criteri e le modalità per il riconoscimento delle agevolazioni,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito delle possibilità di finanza pubblica, l'opportunità che, nell'ambito dell'eventuale individuazione di una corresponsione congiunta delle misure di sostegno alla spesa per le forniture di energia elettrica e di gas naturale, s'includa anche l'agevolazione relativa al servizio idrico integrato, affinché anche tale agevolazione sia estesa ai beneficiari del reddito di cittadinanza, unitamente a quelle della fornitura elettrica e del gas naturale.
9/1637-AR/50. (Testo modificato nel corso della seduta) Sarli, Bologna, Nappi, D'Arrando, Suriano, Sportiello, Sabrina De Carlo, Romaniello, Provenza.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame prevede disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi e disciplina l'utilizzo delle graduatorie concorsuali per l'accesso al pubblico impiego;
    risulta imminente l'autorizzazione all'avvio di nuove ulteriori procedure concorsuali e la necessità e urgenza di operazioni di monitoraggio degli effetti dei pensionamenti quota 100 sul sistema scolastico al fine di garantire lo svolgimento dell'attività didattica;
    le procedure di cui ai decreti direttoriali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 febbraio 2016, nn. 105, 106, 107, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale (IV serie speciale – Concorsi) n. 16 del 26 febbraio 2016, tra contestazioni e ritardi, si sono concluse molto oltre la data del 31 agosto 2016 indicata come termine finale e pertanto non si è ancora proceduto alla nomina dei vincitori per numerose graduatorie e con particolare riferimento alle classi di concorso per la scuola dell'infanzia e scuola primaria, nonché alle regioni del sud del Paese;
    la proroga della vigenza di queste graduatorie prevista dalla legge n. 205/2017 articolo 1 comma 603 per un ulteriore anno è stata per lo più vanificata, non soltanto dal gravissimo ritardo nelle operazioni concorsuali, ma anche dal dato che molti dei posti che erano stati previsti come disponibili e da assegnare sono stati successivamente destinati alle procedure della mobilità straordinaria;
    rimane l'esigenza di parità di trattamento anche rispetto agli idonei, infatti sono state nel frattempo anche avviate altre procedure concorsuali, quali il concorso riservato di cui al bando n. 85 del 2017 che all'articolo 17, comma 5 prevede la natura ad esaurimento di quelle graduatorie di merito regionali, con gravissima disparità di trattamento, nonché il decreto del 17 ottobre 2018 Concorso straordinario, per titoli ed esami, per il reclutamento di personale docente per la scuola dell'infanzia e primaria su posto comune e di sostegno pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2018,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di attuare una puntuale verifica dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle graduatorie vigenti del predetto concorso pubblico per assunzioni a tempo indeterminato, nonché dei termini di vigenza delle diverse graduatorie relative alle varie classi di concorso e regioni;
   a valutare l'opportunità di disporre una ulteriore proroga, nei limiti delle disponibilità finanziarie, della vigenza delle stesse per un ulteriore anno successivo al triennio di cui all'articolo 400, comma 1, secondo periodo, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
9/1637-AR/51Casa, Azzolina, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame opera una revisione della disciplina sui requisiti e sui termini di decorrenza della pensione anticipata rispetto al conseguimento dell'età anagrafica per il trattamento di vecchiaia;
    in particolare, la disciplina novellata dal decreto concerne i lavoratori dipendenti, pubblici e privati – con esclusione di quelli iscritti a forme pensionistiche obbligatorie gestite da soggetti di diritto privato –, nonché gli altri lavoratori, diversi da quelli subordinati, iscritti alle relative gestioni pensionistiche
    le novelle prevedono la conferma, fino al 31 dicembre 2026, del requisito per il trattamento in esame operante già nel periodo 2016-2018, consistente in un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, ed introducono un termine dilatorio di decorrenza del trattamento;
    la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018) ha previsto per la categoria dei lavori gravosi e usuranti la domanda di esclusione per l'anno 2019 dall'applicazione delle aspettative di vita ai fini della pensione;
    con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 5 febbraio 2018, si è proceduto, ai sensi dell'articolo 1, comma 153, della legge n. 205/2017, a specificare ulteriormente le professioni di cui all'allegato B della predetta legge, anche ai fini di quanto stabilito dal successivo comma 163 e della immediata tutela delle platee di lavoratori interessate dal beneficio;
    con il successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 18 aprile 2018 recante Definizione delle procedure di presentazione della domanda di pensione, ai fini dell'applicazione del beneficio di cui all'articolo 1, commi 147 e 148, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e di verifica della sussistenza dei requisiti da parte dell'ente previdenziale, sono state quindi definite le procedure di presentazione della domanda di pensione, ai fini dell'applicazione del richiamato beneficio;
    l'Inps, con circolare INPS 11/2019 pubblicata a seguito del decreto-legge 04/2019, ha chiarito che restano ferme le speciali disposizioni di settore che prevedono requisiti anagrafici e contributivi più favorevoli per l'accesso al pensionamento. Dette disposizioni, di settore e speciali, non trovano applicazione ai fini del perfezionamento dei requisiti prescritti per il conseguimento della «pensione quota 100»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere specifici provvedimenti, di carattere normativo, volti a introdurre l'esclusione dalla finestra di accesso alla pensione anticipata per i lavori cosiddetti gravosi, di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 5 febbraio 2018, affinché possa continuare a trovare applicazione nei confronti delle suddette professioni la normativa più favorevole.
9/1637-AR/52Galizia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 (l'atto per il lavoro e Patto per l'inclusione sociale) del presente provvedimento dispone che il reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione dei componenti il nucleo familiare maggiorenni di immediata disponibilità al lavoro nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un patto per il lavoro ovvero di un patto per l'inclusione sociale. Quest'ultimi, stipulati tra i centri per l'impiego e i servizi sociali dei comuni con i beneficiari del Reddito di cittadinanza, si sostanziano in un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale che può riguardare attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti;
    ai sensi del combinato disposto dei commi 5 e 11 dell'articolo 4 del presente provvedimento, ai fini della valutazione preliminare rispetto alla stipulazione di uno dei Patti, entro il termine di 30 giorni dal riconoscimento del beneficio, il richiedente il reddito di cittadinanza è convocato dai centri per l'impiego nel caso in cui tale soggetto o almeno un membro del suo nucleo familiare (non escluso dagli obblighi ai sensi del comma 2 dell'articolo 4) rientri in una delle ipotesi (relative all'occupazione, al mercato del lavoro, agli ammortizzatori sociali o all'età anagrafica) di cui al citato comma 5. Qualora non si rientri in alcuna di tali fattispecie, il richiedente, ai sensi del comma 11, è invece convocato, entro lo stesso termine temporale, da parte dei servizi comunali competenti per il contrasto della povertà;
    ai sensi del comma 12 del citato articolo, in base all'esito della suddetta valutazione preliminare, e a prescindere dalla sede in cui essa sia stata effettuata, i beneficiari sottoscrivono un Patto per il lavoro ovvero un Patto per l'inclusione sociale, nel caso in cui, rispettivamente, i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano prevalentemente connessi alla situazione lavorativa ovvero siano complessi e multidimensionali;
    il Patto per il lavoro, il Patto per l'inclusione sociale, i sostegni in essi previsti e la valutazione multidimensionale (precedente la stipulazione del Patto per l'inclusione sociale) costituiscono livelli essenziali delle prestazioni che debbono essere forniti ai beneficiari del reddito di cittadinanza nel rispetto di un approccio multidimensionale alla povertà. A tal fine e per gestire meglio la platea dei potenziali beneficiari agevolando, al contempo, il lavoro dei servizi competenti non ancora del tutto strutturati per ciò, sarebbe opportuno sollecitare gli enti locali alla predisposizione di strutture miste ove siano contestualmente presenti addetti del centro per l'impiego e responsabili dei servizi sociali capaci di effettuare, già al primo incontro di orientamento, una valutazione multidimensionale della situazione complessiva del soggetto beneficiario, con particolare riferimento ai soggetti o nuclei familiari in possesso di certificazione ISEE pari a euro 0, o comunque sino ad euro 3.000,00 per i quali appare probabile che alla situazione economico-patrimoniale deficitaria si accompagni una condizione di marginalità o comunque un bisogno più complesso non esclusivamente riconducibile alla mancanza di lavoro. Ciò al fine di poter dare delle risposte maggiormente efficaci ed integrate ai bisogni di natura non solo occupazionale dello stesso, grazie alla collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti, a vario titolo, nella lotta alla povertà e all'emarginazione sociale;
    a ciò si aggiunge che ai sensi del comma 15 dell'articolo 4 del presente provvedimento, il beneficiario è tenuto ad offrire, nell'ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l'inclusione sociale la propria disponibilità per la partecipazione a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni da svolgere presso il medesimo comune di residenza. In questo senso, i comuni sono tenuti a predisporre le procedure amministrative utili per l'istituzione dei progetti di cui al presente comma. Ebbene, nel fare ciò sarebbe opportuno implementare la collaborazione tra enti locali e associazioni o organizzazioni non lucrative del terzo settore affinché siano coinvolti nelle attività di promozione degli interventi di lotta alla povertà e al contrasto dell'emarginazione sociale. Ciò attraverso una esplicita previsione che consenta la stipula di convenzioni relative ai progetti di cui al citato comma 15 tra comuni ed associazioni o organizzazioni non lucrative del terzo settore;
    e, sempre, in tale quadro si ritiene opportuno chiarire che, ove dovesse ritenersi che la previsione suddetta comprenda la possibilità di realizzare i progetti di cui al presente comma 15 presso le aziende municipalizzate, tali progetti abbiano ad oggetto attività di tipo straordinario onde evitare che le carenze di personale o le disfunzioni organizzative siano colmate facendo ricorso alla disponibilità al lavoro dei soggetti beneficiari della misura del presente provvedimento in luogo delle normali selezioni procedurali pubbliche in conformità al principio di legalità che governa la pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

   a valutare, attraverso gli uffici tecnici del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con le altre autorità istituzionali competenti, l'opportunità di provvedere, con idonee iniziative, anche legislative, a revisionare le modalità di svolgimento del primo incontro di orientamento per i beneficiari del reddito di cittadinanza;
   a valutare l'opportunità, con riferimento al comma 15 dell'articolo 4 del presente provvedimento, di prevedere espressamente, nei decreti attuativi, che i progetti di cui al presente comma possano essere realizzati dai Comuni anche attraverso la stipula di convenzioni con le associazioni o organizzazioni non lucrative del terzo settore, e di chiarire espressamente che, ove la norma dovesse interpretarsi nel senso di consentire che i progetti possano essere realizzati anche presso le aziende municipalizzate, che tali progetti abbiano ad oggetto esclusivamente attività di tipo straordinario e che la disponibilità al lavoro dei soggetti beneficiari del reddito non sia mai diretta a sopperire a carenze di personale o a disfunzioni organizzative.
9/1637-AR/53Penna, D'Orso, Alaimo, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame stabilisce gli obblighi inerenti al Patto per il lavoro e al Patto per l'inclusione sociale, relativi alla ricerca attiva del lavoro, all'orientamento lavorativo, alla formazione o riqualificazione professionale, alle accettazioni delle offerte di lavoro congrue, alla partecipazione a progetti dei comuni;
    più nel dettaglio per la nozione di offerta di lavoro congrua fa rinvio ai criteri individuati ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150 – criteri attualmente posti dal decreto ministeriale 10 aprile 2018 –, relativamente alla coerenza dell'offerta con i profili professionali, alla tipologia contrattuale ed alla misura della retribuzione proposte, e integrati con gli ulteriori criteri introdotti nel provvedimento all'esame;
    riguardo alla tipologia contrattuale e alla misura della retribuzione, secondo quanto sancito nel citato decreto ministeriale 2018, l'offerta si considera congrua quando ricorrono contestualmente i seguenti requisiti: si riferisca ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato oppure determinato o di somministrazione di durata non inferiore a tre mesi; si riferisca ad un rapporto a tempo pieno o con un orario di lavoro non inferiore all'80 per cento di quello dell'ultimo contratto di lavoro; preveda una retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81, e superiore (al netto dei contributi a carico del lavoratore) al 20 per cento del trattamento di disoccupazione percepito. In merito a quest'ultimo parametro il provvedimento all'esame fa riferimento, nel caso di titolari di Reddito di Cittadinanza, al 10 per cento della misura massima del beneficio fruibile dal singolo individuo;
    un'offerta di lavoro oltre 100 km di distanza dalla residenza del beneficiario e riferita ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato oppure determinato, o di somministrazione, di durata non inferiore a tre mesi non può essere ritenuta congrua nella misura in cui il soggetto interessato sia costretto a trasferirsi con l'intero nucleo familiare;
    si rischia, dunque, che una simile offerta di lavoro, per quanto lapalissianamente non conveniente, sia annoverata nelle prime tre offerte ricevute e ritenute congrue ai sensi del provvedimento all'esame, che il beneficiario ha l'obbligo di accettare pena la decadenza dal beneficio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, eventualmente anche intervenendo sul decreto ministeriale 10 aprile 2018, volte a parametrare la congruità dell'offerta di lavoro anche alla durata del contratto di lavoro laddove si superi la distanza di 100 chilometri dalla residenza del beneficiario, attraverso la previsione di un rapporto di lavoro a tempo determinato, o di somministrazione, di durata non inferiore a dodici mesi, al fine di evitare che i nuclei familiari siano costretti a trasferirsi per una durata contrattuale breve.
9/1637-AR/54Menga, Bologna, Nappi, D'Arrando, Sabrina De Carlo, Romaniello, Provenza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14-bis del provvedimento in esame interviene sulla disciplina vigente in materia di facoltà per le assunzioni delle regioni e degli Enti locali, di cui al decreto-legge n. 90 del 2014;
    viene modificato l'articolo 3, al comma 5, del suddetto decreto 90/2014. In sostanza viene prevista la possibilità per le Regioni e gli Enti locali di cumulare le risorse destinate per l'assunzione di personale a tempo indeterminato per un arco temporale non superiore ai 5 anni, invece dei 3 previsti dal decreto: a questi si aggiungono i residui derivanti dal quinquennio precedente, nel rispetto tuttavia della programmazione finanziaria e contabile, e di quella del fabbisogno;
    per l'attuazione di quanto in premessa, va tenuta in considerazione la data di decorrenza di attuazione del decreto in esame, e dunque possono essere utilizzati eventualmente solo i residui dell'ultimo quinquennio precedente (2014-2019), senza la possibilità di attingere ai residui di annualità precedenti a quest'ultimo quinquennio;
    con i commi 5-sexies e 5-septies aggiunti all'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2014, è previsto che nel triennio 2019-2021 gli Enti locali e le Regioni possano effettuare nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato per una spesa di contingente di personale pari al 100 per cento di quella del personale cessato nell'anno precedente o nello stesso anno in corso, solo a compimento del processo di turnover;
    all'articolo 14-bis del provvedimento in esame è stato altresì introdotto il comma 2, che in ottemperanza alle disposizioni di pensionamento anticipato relativo all'articolo 14 del decreto in esame, prevede che le aziende e gli enti del sistema sanitario nazionale possano assumere specifiche professionalità (anche tenendo conto del personale cessato nell'anno precedente o nell'anno in corso) a condizione che tali assunzioni rispettino la programmazione regionale, nonché i relativi piani di rientro ed il contenimento della spesa sanitaria prevista dal decreto- legge 98/2011;
    nonostante nello scorso ottobre Anaao-Assomed abbia lanciato l'allarme valutando in circa 70 mila unità le uscite dal sistema sanitario nazionale in termini di medici ed operatori sanitari (25 mila per il provvedimento in esame e 45 mila per la legge Fomeno), il pericolo sembra dunque scongiurato grazie al lavoro di Governo e Commissioni che come premesso, per le modifiche riportate al provvedimento ed al decreto-legge 90/2014, hanno arginato tale rischio;
    ci sono regioni, come la Sardegna il cui sistema sanitario non riesce a garantire pienamente i livelli essenziali di assistenza anche a causa della carenza di personale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto tutte le misure ed azioni necessarie ad intraprendere la strada per lo sblocco delle assunzioni per il servizio sanitario nazionale, arginando quanto più possibile le discrepanze tra le regioni in equilibrio di bilancio e quelle in regime di piano di rientro.
9/1637-AR/55Lapia, Bologna, Nappi, D'Arrando, Provenza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14-bis del provvedimento in esame interviene sulla disciplina vigente in materia di facoltà per le assunzioni delle regioni e degli Enti locali, di cui al decreto-legge n. 90 del 2014;
    viene modificato l'articolo 3, al comma 5, del suddetto decreto 90/2014. In sostanza viene prevista la possibilità per le Regioni e gli Enti locali di cumulare le risorse destinate per l'assunzione di personale a tempo indeterminato per un arco temporale non superiore ai 5 anni, invece dei 3 previsti dal decreto: a questi si aggiungono i residui derivanti dal quinquennio precedente, nel rispetto tuttavia della programmazione finanziaria e contabile, e di quella del fabbisogno;
    per l'attuazione di quanto in premessa, va tenuta in considerazione la data di decorrenza di attuazione del decreto in esame, e dunque possono essere utilizzati eventualmente solo i residui dell'ultimo quinquennio precedente (2014-2019), senza la possibilità di attingere ai residui di annualità precedenti a quest'ultimo quinquennio;
    con i commi 5-sexies e 5-septies aggiunti all'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2014, è previsto che nel triennio 2019-2021 gli Enti locali e le Regioni possano effettuare nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato per una spesa di contingente di personale pari al 100 per cento di quella del personale cessato nell'anno precedente o nello stesso anno in corso, solo a compimento del processo di turnover;
    all'articolo 14-bis del provvedimento in esame è stato altresì introdotto il comma 2, che in ottemperanza alle disposizioni di pensionamento anticipato relativo all'articolo 14 del decreto in esame, prevede che le aziende e gli enti del sistema sanitario nazionale possano assumere specifiche professionalità (anche tenendo conto del personale cessato nell'anno precedente o nell'anno in corso) a condizione che tali assunzioni rispettino la programmazione regionale, nonché i relativi piani di rientro ed il contenimento della spesa sanitaria prevista dal decreto-legge 98/2011;
    nonostante nello scorso ottobre Anaao-Assomed abbia lanciato l'allarme valutando in circa 70 mila unità le uscite dal sistema sanitario nazionale in termini di medici ed operatori sanitari (25 mila per il provvedimento in esame e 45 mila per la Legge Fomeno), il pericolo sembra dunque scongiurato grazie al lavoro di Governo e Commissioni che come premesso, per le modifiche riportate al provvedimento ed al decreto-legge 90/2014, hanno arginato tale rischio;
    ci sono regioni, come la Sardegna il cui sistema sanitario non riesce a garantire pienamente i livelli essenziali di assistenza anche a causa della carenza di personale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di mettere in atto tutte le misure ed azioni necessarie ad intraprendere la strada per lo sblocco delle assunzioni per il servizio sanitario nazionale, arginando quanto più possibile le discrepanze tra le regioni in equilibrio di bilancio e quelle in regime di piano di rientro.
9/1637-AR/55. (Testo modificato nel corso della seduta) Lapia, Bologna, Nappi, D'Arrando, Provenza.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame disciplina il reddito di cittadinanza quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale e quale misura diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura;
    il reddito di cittadinanza contempla diverse misure finalizzate al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro e costituisce «livello essenziale delle prestazioni»;
    al fine di creare un sistema costante e virtuoso tra domanda ed offerta di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, con provvedimenti successivi, misure finalizzate ad introdurre incentivi di tipo economico o fiscale per le aziende che assumono disoccupati o inoccupati iscritti ai centri per l'impiego non percettori di Naspi e non rientranti nei requisiti per l'accesso al reddito di cittadinanza.
9/1637-AR/56Alaimo, D'Orso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame disciplina il reddito di cittadinanza quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale e quale misura diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura;
    il reddito di cittadinanza contempla diverse misure finalizzate al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro e costituisce «livello essenziale delle prestazioni»;
    al fine di creare un sistema costante e virtuoso tra domanda ed offerta di lavoro,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito delle possibilità di finanza pubblica, l'opportunità di adottare, con provvedimenti successivi, misure finalizzate ad introdurre incentivi di tipo economico o fiscale per le aziende che assumono disoccupati o inoccupati iscritti ai centri per l'impiego non percettori di Naspi e non rientranti nei requisiti per l'accesso al reddito di cittadinanza.
9/1637-AR/56. (Testo modificato nel corso della seduta) Alaimo, D'Orso.


   La Camera,
   premesso che:
    le specifiche dinamiche del lavoro e del sistema previdenziale dei lavoratori dello spettacolo sono condizionate da tipologie di lavoro intrinsecamente intermittenti e con scarsissime tutele. Precarietà, discontinuità e lavoro informale costituiscono gli elementi costanti che accompagnano i lavoratori dello spettacolo lungo tutta la carriera lavorativa;
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, non prevede alcuna possibilità per i lavoratori dello spettacolo di poter accedere alla pensione utilizzando «Quota 100»;
    i vincoli fissati per accedere al trattamento di pensione anticipata «Quota 100» escludono categoricamente i lavoratori dello spettacolo. Il diritto d'autore e il diritto connesso, legati anche a opere realizzate anni prima o percepiti da eredi, costituiscono un ostacolo all'adesione al percorso dei lavoratori creativi italiani verso la pensione anticipata;
    a differenza di quanto avviene negli altri settori produttivi, nello spettacolo anche le collaborazioni occasionali (sotto i 5.000 euro annui e accompagnate da obbligo contributivo) escludono ogni possibilità di accesso al trattamento di pensione anticipata «Quota 100»,

impegna il governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di considerare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative che consentano ai lavoratori dello spettacolo di aderire al trattamento di pensione anticipata «Quota 100» in ragione delle specificità illustrate in premessa.
9/1637-AR/57Carbonaro, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    le specifiche dinamiche del lavoro e del sistema previdenziale dei lavoratori dello spettacolo sono condizionate da tipologie di lavoro intrinsecamente intermittenti e con scarsissime tutele. Precarietà, discontinuità e lavoro informale costituiscono gli elementi costanti che accompagnano i lavoratori dello spettacolo lungo tutta la carriera lavorativa;
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, non prevede alcuna possibilità per i lavoratori dello spettacolo di poter accedere alla pensione utilizzando «Quota 100»;
    i vincoli fissati per accedere al trattamento di pensione anticipata «Quota 100» escludono categoricamente i lavoratori dello spettacolo. Il diritto d'autore e il diritto connesso, legati anche a opere realizzate anni prima o percepiti da eredi, costituiscono un ostacolo all'adesione al percorso dei lavoratori creativi italiani verso la pensione anticipata;
    a differenza di quanto avviene negli altri settori produttivi, nello spettacolo anche le collaborazioni occasionali (sotto i 5.000 euro annui e accompagnate da obbligo contributivo) escludono ogni possibilità di accesso al trattamento di pensione anticipata «Quota 100»,

impegna il Governo

a valutare, nei limiti di finanza pubblica, gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di considerare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative che consentano ai lavoratori dello spettacolo di aderire al trattamento di pensione anticipata «Quota 100» in ragione delle specificità illustrate in premessa.
9/1637-AR/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Carbonaro, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 1, lettera a), punto n. 2 del presente provvedimento oggetto di esame dell'assemblea, prevede, quale requisito per ottenere il beneficio, che il componente richiedente sia residente in Italia per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due, considerati al momento di presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del benefìcio, in modo continuativo;
    con messaggio n. 689 del 20 febbraio 2019 la Direzione centrale Ammortizzatori sociali dell'INPS ha fornito delle istruzioni operative per la corretta gestione dell'istruttoria delle domande e dei pagamenti delle prestazioni a sostegno del reddito, ove riferiti a soggetti dichiarati irreperibili e senza fissa dimora. Secondo queste istruzioni, tra i requisiti necessari per il riconoscimento del diritto alle prestazioni a sostegno del reddito aventi carattere assistenziale, tra le quali va annoverata la misura del reddito di cittadinanza previsto dal provvedimento in oggetto, è prevista la residenza «effettiva» del beneficiario nel territorio dello Stato italiano, requisito che verrebbe meno in caso di dichiarazione di irreperibilità. In particolare, al fine di evitare il riconoscimento di prestazioni di tal genere a soggetti non aventi diritto, qualora il soggetto richiedente una delle prestazioni in esame, tra cui il reddito di cittadinanza, risulti registrato nell'Archivio Anagrafico Unico tenuto presso l'INPS (ARCA) come «irreperibile» o «senza fissa dimora», la domanda deve essere sospesa fintantoché il soggetto non regolarizzi la sua posizione presso il Comune;
    nelle istruzioni suddette, però, non vengono indicate le modalità con cui il soggetto possa regolarizzare la propria posizione;
    in generale i soggetti «senza fissa dimora», privi di alloggio ove stabilire la propria residenza effettiva, hanno diritto all'iscrizione anagrafica presso il Comune ove vivono abitualmente così come espressamente previsto dal combinato disposto degli articoli 1 e 2 della legge anagrafica n. 1228 del 24.12.1954. In particolare, l'articolo 1 della suddetta legge, dispone testualmente che «Nell'anagrafe della popolazione residente sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio, in conformità del regolamento per l'esecuzione della presente legge», e l'articolo 2, comma 3, ricorrendo ad una fictio iuris, stabilisce che «la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo nel comune di nascita»;
    pertanto secondo la normativa vigente, la residenza delle persone senza fissa dimora è regolata dall'articolo 2, comma 3, della citata legge, così come modificato dall'articolo 3, comma 38, della legge n. 94 del 2009, e secondo le disposizioni dettate dal Ministero degli Interni con Circolare n. 19 del 17 settembre 2009;
    con il riformato articolo 2 della legge anagrafica è stato istituito il registro nazionale delle persone senza fissa dimora e sono state modificate le modalità di iscrizione sulla base delle quali non è più sufficiente la «semplice» dichiarazione di elezione di domicilio, ma l'interessato dovrà anche indicare gli elementi necessari ad accertare l'effettiva sussistenza del domicilio. Ai fini dell'accertamento del domicilio andranno valutate caso per caso le situazioni personali del soggetto nonché quelle patrimoniali, sociali, esistenziali e relazionali. L'ufficiale d'anagrafe potrà in ogni caso acquisire prove documentali e dichiarazioni di parte che potranno risultare ugualmente idonee a dimostrare la sussistenza del domicilio. Sarà comunque necessario il consenso dei titolari del recapito. Se si tratta di persone assistite da enti assistenziali pubblici o privati, gli elementi per accertare il domicilio sono facilmente individuabili; salvo casi eccezionali, il domicilio di queste persone coinciderà con la sede della struttura assistenziale di riferimento. Per le persone senza assistenza occorrerà individuare almeno un recapito, con le caratteristiche minime del «domicilio»;
    tutto ciò alla luce della citata Circolare n. 19 del 7 settembre 2009 del Ministero dell'interno che ha chiarito come l'articolo 3, comma 38 della legge n. 94 del 2009 debba essere interpretato nel senso che le persone senza fissa dimora, iscritte in anagrafe presso un domicilio, devono essere reperibili. E il domicilio, per poter essere tale, necessita sempre e comunque dell'esistenza di un immobile o comunque di un luogo fisico in cui essere ubicato;
    in considerazione di tali disposizioni, pertanto, ogni Comune, per il tramite del proprio Ufficio Anagrafe – in qualità di ufficiale del Governo – tiene il Registro delle posizioni dei singoli, delle famiglie e delle convivenze nonché registra le posizioni relative alle persone senza dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio. E una volta iscritta una persona nell'anagrafe della popolazione residente, i comuni evidenziano la posizione anagrafica di senza fissa dimora nell'indice nazionale delle anagrafi (Ina). Tale informazione viene conservata nel Registro delle persone senza fissa dimora di cui è titolare il Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale per i servizi demografici presso il Ministero dell'interno;
    ebbene, atteso che la giurisprudenza considera il diritto all'iscrizione anagrafica un diritto soggettivo e non concessorio, l'ISTAT, nella sua qualità di organo superiore di vigilanza, è intervenuto in una materia non
    normata (in termini chiari almeno nella sua fase applicativa), con la Circolare Istat n. 29/1992 ed ha stabilito che ogni Ufficio Anagrafe deve registrare la persona senza tetto o senza dimora nel registro della popolazione residente, istituendo – in caso di assenza di domicilio o residenza – una via fittizia che non esiste dal punto di vista territoriale/toponomastico ma ha equivalente valore giuridico, e nella quale la persona elegge il proprio recapito. È bene precisare che, in questi casi, l'iscrizione nella via territorialmente non esistente costituirebbe residenza anagrafica a tutti gli effetti consentendo il rilascio della carta di identità, nonché l'accesso a tutti i diritti e alle prestazioni normalmente dipendenti dall'iscrizione anagrafica, ossia diritti civili, diritti sociali, diritto alla salute e alla cura di sé, etc.;
    in considerazione della normativa vigente e di quanto considerato finora, le persone, senza fissa dimora hanno diritto, quindi, a una sorta di residenza fittizia o virtuale;
    poiché le citate istruzioni dell'INPS non chiariscono se la segnalazione di soggetto «senza fissa dimora» riguardi anche i soggetti che, pur vivendo tale condizione, risultino comunque iscritti nel Comune dove vivono abitualmente per essere presi in carico, ad esempio, da associazioni di volontariato che li assistono (ed ove hanno posto il loro «domicilio») ovvero risultino iscritti tramite il meccanismo della c.d. «residenza fittizia o virtuale». Allo stesso modo l'INPS non chiarisce se per regolarizzare la posizione sia sufficiente che il soggetto «senza fissa dimora» ottenga l'iscrizione anagrafica ponendo il proprio domicilio presso l'ente assistenziale pubblico o privato che lo ha in carico ovvero, in alternativa, mediante l'assegnazione della c.d. residenza «fittizia o virtuale»;
    è dunque evidente che sussistono delle lacune normative e, soprattutto, operative riguardo alla concessione della misura del reddito di cittadinanza nei confronti delle persone senza fissa dimora;
    ritenuto che nelle intenzioni del Governo vi è inequivocabilmente il proposito di consentire l'accesso al Reddito di Cittadinanza proprio ai soggetti più poveri ed in condizione di marginalità, quali sono i «clochard»
    e, dunque, i «senza fissa dimora», pare opportuno esplicitare, quantomeno in un decreto attuativo ovvero con altra idonea iniziativa, i criteri e le norme giuridiche, nonché le modalità operative attraverso cui i soggetti «senza fissa dimora» possono accedere concretamente alla misura del reddito di cittadinanza, e nel caso di difficoltà tecnica di concessione della stessa prestazione assistenziale, in che modo potranno regolarizzare la loro posizione e sopperire alla mancanza del requisito della residenza «effettiva» per poter comunque beneficiare della misura,

impegna il Governo

a valutare, attraverso gli uffici tecnici del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con le altre autorità istituzionali competenti, l'opportunità di provvedere, con idonee iniziative, anche legislative, ad esplicitare i criteri, le norme giuridiche nonché le modalità operative attraverso cui i soggetti «senza fissa dimora» possono accedere concretamente alla misura del reddito di cittadinanza, e nel caso di difficoltà tecnica di concessione della stessa prestazione assistenziale, individuare le modalità operative attraverso le quali poter regolarizzare la loro posizione al fine di sopperire alla mancanza del requisito della residenza «effettiva» per poter comunque beneficiare della misura.
9/1637-AR/58D'Orso, Alaimo, Penna, Perantoni, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto che si converte si propone il fine primario di garantire un sostegno alle famiglie in difficoltà economica, contribuendo a promuovere un determinato tessuto socio-economico;
    è opportuno affiancare misure tese a realizzare un percorso sociale con misure di coesione economico-sociale, crescita del territorio, efficienza ambientale e democrazia energetica dal basso;
    ci si riferisce a misure che valorizzino il contributo di cittadini che non siano solo fruitori passivi ma anche produttori attivi di energia nel rispetto dell'ambiente e dei principi di equità ed etica, promuovendo un modello di generazione distribuita dell'energia ispirato alla trasformazione ecosostenibile dei processi produttivi, attraverso innovazioni tecnologiche e organizzative, per diffondere la cultura delle energie rinnovabili;
    il superamento delle fonti fossili deve intendersi, invero, una priorità che deve esser garantita con il coinvolgimento dei Governi a livello centrale e periferico, con ogni misura possibile, ricordando che il «Quadro per il clima e l'energia 2030» fissa tre obiettivi principali da conseguire entro l'anno indicato:
    una riduzione almeno del 40 per cento delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990);
    una quota almeno del 27 per cento di energia rinnovabile;
    un miglioramento almeno del 27 per cento dell'efficienza energetica;
    giova ricordare altresì che a fine 2017 con la Strategia Energetica Nazionale si è fissato al 2025 lo stop al carbone;
    in questa direzione militano le iniziative di quasi 8000 comuni di dotarsi di almeno un impianto alimentato da fonti rinnovabili; Più di 3000 sono già autosufficienti per i fabbisogni elettrici, 58 per quelli termici e 37 sono i Comuni 100 per cento rinnovabili. Tuttavia, negli ultimi cinque anni, la crescita delle installazioni ha subito un forte rallentamento e nel 2017 è perfino calato il contributo della produzione di rinnovabili rispetto ai consumi, e sono tornate ad aumentare le emissioni di CO2, per colpa di politiche che hanno guardato in una direzione opposta;
    eppure numerosi studi dimostrano che l'obiettivo di abbattere del 55 per cento le emissioni di CO2 entro il 2030 sia tecnicamente raggiungibile, portando al nostro Paese benefici pari a 5 miliardi e mezzo di euro ogni anno e alla creazione di quasi tre milioni di posti di lavoro;
    è nell'ambito di questo contesto che assumono valore misure come il cd. «Reddito energetico», secondo un'idea basata sulla creazione di un fondo pubblico per finanziare l'installazione di impianti fotovoltaici sulle case dei cittadini, a partire da quelli con redditi più bassi ma destinato a tutti, gratuitamente. L'energia prodotta viene usata dalla famiglia, che risparmia sulla bolletta, e quella eccedente viene ceduta alla rete, alimentando un fondo che servirà ad acquistare nuovi impianti;
    il Comune di Porto Torres è stato il primo in Italia a promuovere un'iniziativa del genere, basata sull'assegnazione degli impianti con affidamento pubblico, con un fondo rotativo di 250 mila l'anno per due anni per cittadini in difficoltà economica per l'acquisto in comodato di impianti fotovoltaici domestici (<20 kW di potenza), con la possibilità di riscattarli al termine dei 25 anni di contratto (9+9+7), a seguito di un accordo con il Gestore dei servizi energetici;
    è stato stimato che gli impianti permettono alle famiglie di ottenere un risparmio annuale medio di 150-200 euro sulla bolletta elettrica;
    successivamente la Puglia è stata la prima Regione che ha approvato la proposta di legge del M5S per l'istituzione del reddito energetico regionale, prevedendo la concessione di contributi da parte della Regione per l'installazione di impianti fotovoltaici sui tetti delle abitazioni delle famiglie meno abbienti;
    occorre replicare su scala nazionale queste iniziative che bene coniugano sviluppo sostenibile e inclusione sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dell'autonomia degli enti locali, di introdurre misure tese ad istituire il reddito di cittadinanza energetico.
9/1637-AR/59Vianello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 (Patto per il lavoro e Patto per l'inclusione sociale) condiziona l'erogazione del beneficio alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, nelle modalità di cui al medesimo articolo, nonché all'adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all'inserimento nel mercato del lavoro e all'inclusione sociale;
    nel provvedimento in esame è contenuta la possibilità che le persone che usufruiranno del «reddito di cittadinanza» svolgano alcune ore di lavoro a favore della comunità;
    nel Comune di Rodigo (MN) dal 2015 è in corso la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti «porta a porta» da parte del Comune stesso, in quanto «gestore ambientale» anche a seguito della Sentenza del Consiglio di Stato 2016 n. 1034 del 2016;
    il DM 266 del 2016 permette ai Comuni di istituire e regolamentare il compostaggio di comunità, come definito dall’ articolo 183, comma 1, lettera qq-bis) del decreto legislativo 3 Aprile 2006, n. 152. Considerato che gli impianti di compostaggio di prossimità autorizzabili ai sensi del predetto Decreto Ministeriale prevedono la necessità di un operatore per impianto a tonnellaggio massimo, il compostaggio di prossimità diffuso in maniera massiva potrebbe portare a oltre 80 mila posti di lavoro;
    recentemente Ancitel Energia Ambiente ha ammesso il Comune di Rodigo alla seconda fase della ricerca che prevede l'analisi delle dichiarazioni ambientali rilasciate negli ultimi anni dai municipi più virtuosi. La raccolta «porta a porta» nel metodo Rodigo si associa a elevata frequenza di raccolta, presenza quotidiana di operatori con recupero di rifiuti abbandonati e sentinelle del territorio, maggiore aderenza alla raccolta differenziata e percezione di sicurezza per la familiarità dei cittadini con gli operatori;
    le attività sostenibili per l'ambiente sono tutte a elevata intensità occupazionale: a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, si elencano, oltre al già citato compostaggio di Comunità, altre attività connesse al miglioramento dell'ambiente nelle quali potrebbero essere impiegati i percettori del RdC:
    manutenzione del verde pubblico
    manutenzione e pulizia dei litorali, delle spiagge, dei parchi e degli altri beni demaniali
    recupero e riqualificazione di aree urbane degradate;
   considerato, infine, che secondo i dati ISPRA, i gas serra emessi dal settore gestione rifiuti in Italia corrispondono al 3,6 per cento del totale nazionale, oltre il 5 per cento comprendendo il trasporto dei rifiuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative al fine di promuovere, anche attraverso adeguata informazione tecnica e normativa, tra i progetti predisposti dai comuni ai sensi dell'articolo 4, comma 15 del provvedimento in esame, le attività connesse alla tutela ambientale, come la raccolta rifiuti porta a porta e il compostaggio di comunità, al decoro urbano, alla manutenzione del verde pubblico, dei litorali, delle spiagge e degli altri beni demaniali, e al recupero di aree degradate, anche nell'ottica della riduzione della tassa rifiuti e dell'accorciamento della relativa filiera, della riduzione dei gas serra e dei cambiamenti climatici.
9/1637-AR/60Zolezzi, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 4, comma 15 del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4», viene previsto che: «In coerenza con il profilo professionale del beneficiario, con le competenze acquisite in ambito formale, non formale e informale, nonché in base agli interessi e alle propensioni emerse nel corso del colloquio sostenuto presso il centro per l'impiego ovvero presso i servizi dei comuni, il beneficiario è tenuto ad offrire nell'ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l'inclusione sociale la propria disponibilità per la partecipazione a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non superiore al numero di otto ore settimanali»;
    molti comuni ricadono nel perimetro di parchi nazionali, parchi regionali o aree marine protette, o nelle aree ad essi contigue,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative al fine di promuovere tra i progetti predisposti dai comuni, ai sensi dell'articolo 4 comma 15 citato in premessa, nel cui territorio siano presenti parchi nazionali, parchi regionali o aree marine protette, le attività previste all'interno delle suddette aree per finalità volte alla salvaguardia e alla riqualificazione delle stesse.
9/1637-AR/61Deiana.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce e disciplina le modalità e i requisiti per avere diritto ad usufruire del reddito di cittadinanza;
    in particolare stabilisce i beneficiari e dispone che i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea debbano produrre, ai fini del conseguimento del Reddito di Cittadinanza, una certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare. La certificazione deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana;
    sono esclusi dall'obbligo suddetto di certificazione: i soggetti aventi lo status di rifugiato politico, i casi in cui le convenzioni internazionali dispongano diversamente e i soggetti nei cui Paesi di appartenenza sia impossibile acquisire le certificazioni; la definizione dell'elenco di tali Paesi è demandata ad un successivo decreto ministeriale;
    il Capo III del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nel disciplinare l'istanza per l'ammissione al gratuito patrocinio, all'articolo 79 dispone sul contenuto dell'istanza prevedendo, tra le altre cose una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo nonché l'impegno a comunicare ogni variazione successiva; il medesimo articolo specifica che per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato;
    la Corte di Cassazione, con una recente sentenza del 22 febbraio 2018, n. 8617, accogliendo un ricorso avverso il provvedimento con cui era stata rigettata l'opposizione al decreto del giudice monocratico che aveva respinto l'istanza di ammissione al gratuito patrocinio in quanto corredata dell'autocertificazione dei redditi prodotti all'estero anziché dall'attestazione dell'autorità consolare, ha enunciato che l'impossibilità di produrre l'attestazione dell'autorità consolare relativa ai redditi prodotti all'estero può essere sopperita con la produzione dell'autocertificazione di tali redditi;
    in particolare il ricorrente adduceva una violazione di legge in relazione agli articolo 79 e 94 del decreto del Presidente della Repubblica 115/2002 (T.U. spese di giustizia), assumendo che il Tribunale non aveva valutato la tempestività della richiesta di attestazione all'Autorità Consolare, e la sua reiterazione prima della produzione dell'autocertificazione, configuratasi come scelta obbligata a fronte del mancato riscontro da parte dell'autorità consolare e della impossibilità di produrre quella documentazione;
    lo stesso Procuratore generale presso la Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato come l'attestazione delle condizioni di reddito possa comportare rigetto dell'istanza solo se dipenda dalla negligenza dell'interessato, mentre non debbano nuocergli le inadempienze non a lui direttamente imputabili;
    i giudici di legittimità hanno ricordato come l'articolo 94 comma 2 del T. U. delle spese di giustizia legittimi il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione, che non possa produrre la documentazione richiesta dall'articolo 79 comma 2 stesso T.U., alla produzione di una dichiarazione sostitutiva di certificazione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità d'includere, nel decreto che dovrà individuare i Paesi di appartenenza in cui sia impossibile acquisire le certificazioni, i paesi con conflitti armati in corso, in situazioni di guerra civile o comunque dove le vite umane sono in pericolo, così come indicati dall'UNHCR, esonerando quindi dall'obbligo di certificazione i soggetti provenienti. Inoltre a far rientrare nell'elenco, tutti i Paesi in cui sono messi in pericolo i diritti fondamentali di ogni individuo, in cui è vietata la libertà di espressione, la libertà sessuale, la libertà religiosa e politica, in cui sono violati i diritti delle donne e dei bambini ovvero, in ogni situazione personale in cui il potenziale beneficiario del RdC, potrebbe mettere a repentaglio la propria sicurezza anche solo mettendosi in contatto con le rappresentanze consolari del paese di provenienza;
   a valutare la possibilità di prevedere, nel decreto che dovrà individuare i Paesi di appartenenza in cui sia impossibile acquisire le certificazioni, che l'impossibilità di produrre l'attestazione dell'autorità consolare relativa ai redditi prodotti all'estero possa essere sopperita con la produzione dell'autocertificazione di tali redditi, assicurando che l'attestazione delle condizioni di reddito possa comportare rigetto dell'istanza solo se dipenda dalla negligenza dell'interessato, mentre non debbano nuocergli le inadempienze non a lui direttamente imputabili, in analogia e in conformità al consolidato indirizzo giurisprudenziale che legittima, ai sensi dell'articolo dell'articolo 94 comma 2 del T. U. delle spese di giustizia il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione, che non possa produrre la documentazione richiesta dall'articolo 79 comma 2 stesso T.U., alla produzione di una dichiarazione sostitutiva di certificazione.
9/1637-AR/62Sportiello, Sarli, Bologna, Nappi, D'Arrando, Barzotti, Sabrina De Carlo, Romaniello, Provenza, Ehm, Suriano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2-bis dell'articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, disciplina gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia;
    i controlli sono effettuati, sul territorio nazionale, in via esclusiva dall'Inps d'ufficio o su richiesta con oneri a carico dell'Inps che provvede nei limiti delle risorse trasferite delle Amministrazioni interessate. Il rapporto tra l'Inps e i medici di medicina fiscale è disciplinato da apposite convenzioni, stipulate dall'Inps con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. Le convenzioni garantiscono il prioritario ricorso ai medici iscritti nelle liste di cui all'articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, per tutte le funzioni di accertamento medico-legali sulle assenze dal servizio per malattia dei pubblici dipendenti, ivi comprese le attività ambulatoriali inerenti alle medesime funzioni. Il predetto atto di indirizzo stabilisce, altresì, la durata delle convenzioni, demandando a queste ultime, anche in funzione della relativa durata, la disciplina delle incompatibilità in relazione alle funzioni di certificazione delle malattie;
    ad oggi l'INPS dispone di 900 medici convenzionati esterni che affiancano i medici dipendenti interni dei Centri Medico Legali ma il loro mandato, terminato al 31 dicembre 2018, può essere prorogabile solo e soltanto fino al 31 maggio 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere iniziative volte risoluzione della problematica concernente i circa 900 medici convenzionati esterni INPS.
9/1637-AR/63Trizzino, Bologna, Nappi, D'Arrando.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle aree protette nazionali, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
    ai sensi dell'articolo 7 «Misure di incentivazione» della medesima legge quadro, ai comuni e alle province il cui territorio è compreso in tutto o in parte entro i confini di un parco nazionale o di un parco naturale regionale è, nell'ordine, attribuita priorità nella concessione di finanziamenti statali, regionali ed europei, richiesti per la realizzazione, sul territorio compreso entro i confini del parco stesso, dei seguenti interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco: a) restauro dei centri storici ed edifici di particolare valore storico e culturale; b) recupero dei nuclei abitati rurali; c) opere igieniche ed idropotabili e di risanamento dell'acqua, dell'aria e del suolo; d) opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio, ivi comprese le attività agricole e forestali; e) attività culturali nei campi di interesse del parco; f) agriturismo; g) attività sportive compatibili; h) strutture per l'utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale, nonché interventi volti a favorire l'uso di energie rinnovabili;
    a tal fine le aree protette possono agevolare i percorsi di inclusione sociale di cui all'articolo 4, comma 15, del decreto- legge in esame recante norme in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, le cui disposizioni prevedono che, in coerenza con le competenze professionali e con quelle acquisite in ambito formale, non formale e informale, nonché in base agli interessi e alle propensioni emerse nel corso del colloquio sostenuto presso il centro per l'impiego oppure presso i servizi dei comuni il beneficiario del reddito di cittadinanza è tenuto ad offrire nell'ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l'inclusione sociale la propria disponibilità per la partecipazione a progetti a titolarità dei comuni utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non superiore al numero di otto ore settimanali, aumentabili fino ad un massimo di sedici ore complessive settimanali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 15, del provvedimento in esame anche ai servizi offerti dalle aree protette in cui rientrano i comuni, prevedendo che i beneficiari del reddito di cittadinanza siano tenuti, nell'ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l'inclusione sociale, a dare la propria disponibilità anche per la partecipazione a progetti a titolarità delle medesime aree protette.
9/1637-AR/64Angiola.


   La Camera,
   premesso che:
    il capo II del decreto-legge in esame contiene disposizioni in materia di trattamento di pensione anticipata «quota 100» e altre disposizioni pensionistiche;
    l'articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88, reca norme in merito alla classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali;
    molte note di rettifica INPS derivano da uno errato calcolo della contribuzione dovuta dai datori di lavoro, comportando non soltanto ulteriori costi per le aziende a titolo di sanzioni ed interessi, ma anche un ulteriore carico di lavoro a scapito dell'ottimizzazione del sistema organizzativo e dei processi aziendali dell'istituto Nazionale della Previdenza Sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere appositi provvedimenti, anche di natura regolamentare, al fine di prevedere l'obbligo per l'INPS di fornire a ciascun datore di lavoro la misura dell'aliquota contributiva applicabile con la specifica delle singole gestioni a cui i lavoratori sono assicurati.
9/1637-AR/65Manzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il capo II del decreto legge in esame contiene disposizioni in materia di trattamento di pensione anticipata «quota 100» e altre disposizioni pensionistiche;
    l'articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88, reca norme in merito alla classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali;
    molte note di rettifica INPS derivano da uno errato calcolo della contribuzione dovuta dai datori di lavoro, comportando non soltanto ulteriori costi per le aziende a titolo di sanzioni ed interessi, ma anche un ulteriore carico di lavoro a scapito dell'ottimizzazione del sistema organizzativo e dei processi aziendali dell'istituto Nazionale della Previdenza Sociale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di porre in essere appositi provvedimenti, anche di natura regolamentare, al fine di prevedere l'obbligo per l'INPS di fornire a ciascun datore di lavoro la misura dell'aliquota contributiva applicabile con la specifica delle singole gestioni a cui i lavoratori sono assicurati.
9/1637-AR/65. (Testo modificato nel corso della seduta) Manzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il capo II del decreto-legge in esame contiene disposizioni in materia di trattamento di pensione anticipata «quota 100» e altre disposizioni pensionistiche;
    il turismo è un settore economico strategico per l'Italia che vanta un patrimonio storico, culturale e ambientale unico al mondo. Oggi il turismo incide per circa il 10 per cento sul PIL nazionale (dati Eurispes) e, nonostante la crisi economica ancora non superata, si stima che il suo valore crescerà nei prossimi anni, con ottime prospettive in campo occupazionale;
    sul fronte occupazionale il settore turistico conta quasi un milione di posti di lavoro in Italia, ovvero circa il 5 per cento dell'occupazione nazionale, ed è un traino per l'occupazione giovanile (i giovani rappresentano il 63 per cento degli occupati). Dall'industria dei viaggi all'alberghiero e alla ristorazione sono diversi i ruoli e i tipi di attività che possono essere svolti in questo settore che si sta fortemente evolvendo grazie ad internet, ai nuovi flussi provenienti dai paesi emergenti e alle nuove frontiere delle «esperienze» di viaggio;
    non possono non riconoscersi le specificità del comparto turistico stagionale, obbligato per la sua peculiare natura ad assumere i lavoratori con contratto a termine,
    il lavoro stagionale è quell'attività lavorativa che non si svolge in modo continuativo, ma solo in determinati periodi dell'anno. La legge e la contrattazione collettiva individuano dette tipologie di attività in modo tassativo, legandole per lo più al settore agricolo ed al turismo. Tuttavia, sarebbe opportuno riconoscere le peculiarità di alcuni settori produttivi attraverso la definizione di una specifica categoria professionale che ricomprenda tutti quei lavoratori la cui attività è strettamente connessa alle esigenze di carattere stagionale al fine di poter consentire anche ad essi l'accesso ad una specifica prestazione a sostegno al reddito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere gli adeguamenti normativi necessari al fine di definire lavoratori stagionali dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali quelli che svolgono la propria attività presso datori di lavoro classificati ai fini previdenziali ed assistenziali dall'INPS, ai sensi dell'articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88, con i codici statistici contributivi che indicano le attività economiche riconducibili ai settori del turismo e degli stabilimenti termali.
9/1637-AR/66Faro, Manzo.


   La Camera,
   premesso che:
    i centri per l'impiego (CPI) di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, assumono un ruolo centrale con l'introduzione del Reddito di Cittadinanza (RDC);
    vi è ampia disponibilità di professionalità maturate presso i Centri per l'impiego progressivamente smantellati nel corso di questi anni;
    si stima che circa 5.000.000 di cittadini saranno destinatari del Reddito di Cittadinanza;
    i Centri per l'impiego dovranno gestire la platea degli aventi diritto nella ricerca di un lavoro come previsto dal decreto-legge in esame, favorendo l'incontro tra domanda e offerta, e costruire i percorsi più adeguati per l'inserimento e il reinserimento nel mercato del lavoro;
    sarà quindi necessario un loro potenziamento come già previsto dall'articolo 12, comma 3, del presente provvedimento,

impegna il Governo:

   attraverso i Ministeri competenti, a valutare l'opportunità di predisporre le linee guida per l'assunzione del personale presso i Centri per l'impiego da parte delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano competenti in materia, in modo che tengano in debito conto dell'esperienza acquisita presso i medesimi centri da parte del personale che vi ha lavorato con contratti di collaborazione o a tempo determinato.
9/1637-AR/67Flati, Gabriele Lorenzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il capo I del decreto-legge in esame disciplina il reddito di cittadinanza (RdC) quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale e quale misura diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro. Il RdC costituisce «livello essenziale delle prestazioni». Per i nuclei familiari composti da uno o più componenti di età superiore o pari a 67 anni il Rdc assume la denominazione di Pensione di cittadinanza quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane;
    ai sensi dell'articolo 3 il Reddito e la Pensione di cittadinanza sono costituiti da un beneficio economico, su dodici mensilità, con un importo variabile a seconda della numerosità del nucleo familiare, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta RdC). Nel dettaglio, il beneficio economico del RdC, su base annua, si compone di: a) un'integrazione del reddito familiare (definito ai sensi dell'articolo 2, comma 6) fino alla soglia di 6.000 euro annui per un singolo (7.560 in caso di pensione di cittadinanza) riparametrata sulla base della composizione del nucleo familiare per mezzo della scala di equivalenza; b) un'integrazione del reddito dei nuclei familiari pari all'ammontare del canone annuo previsto nel contratto di locazione (come dichiarato a fini ISEE), fino ad un massimo di euro 3.360 annui (1.800 nel caso di pensione di cittadinanza) se residenti in abitazione in locazione, oppure nella misura della rata mensile del mutuo e fino ad un massimo di 1.800 euro annui se residenti in casa di proprietà per la quale sia stato concesso un mutuo. Il suddetto beneficio economico è esente dall'Irpef, non può essere superiore ad una soglia di 9.360 euro annui e inferiore a 480 euro annui, decorre dal mese successivo a quello della richiesta e il suo valore mensile è pari ad un dodicesimo del valore su base annua. Il beneficio economico del Rdc è riconosciuto per il periodo durante il quale il beneficiario si trova in una delle condizioni previste dall'articolo 2 e, comunque, per un periodo continuativo non superiore ai diciotto mesi. Il Rdc può essere rinnovato, previa sospensione della sua erogazione per un periodo di un mese prima di ciascun rinnovo. La sospensione non opera nel caso della Pensione di cittadinanza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un contratto di locazione speciale per il beneficiario del reddito o della pensione di cittadinanza residente in abitazione in affitto, della durata massima di diciotto mesi, da poter rescindere in qualsiasi momento senza penali e, corrispondentemente, un'agevolazione fiscale sotto forma di una cedolare secca al 10 per cento per il locatore a compensazione della possibilità di disdetta anticipata da parte dell'inquilino.
9/1637-AR/68Donno.


   La Camera,
   premesso che:
    la misura per il contrasto della povertà, il Reddito di cittadinanza, istituita dall'attuale Governo, ha previsto nel Bilancio di previsione dello stato per l'anno finanziario 2019, che «le risorse finora impegnate per il Rei vengano trasferite al nuovo Fondo per il Reddito di cittadinanza, per portarne la dotazione a 9 miliardi»;
    alla costituzione di tale fondo la denominazione Rei verrà soppressa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi tempestivamente per rendere cogente la succitata disposizione, relativa alla volontà del Governo di trasferire le risorse già assegnate al Reddito d'inclusione (Rei), al Fondo del reddito di cittadinanza.
9/1637-AR/69Segneri.


   La Camera,
   premesso che:
    la misura per il contrasto della povertà, il Reddito di cittadinanza, istituita dall'attuale Governo, ha previsto nel Bilancio di previsione dello stato per l'anno finanziario 2019, che «le risorse finora impegnate per il Rei vengano trasferite al nuovo Fondo per il Reddito di cittadinanza, per portarne la dotazione a 9 miliardi»;
    alla costituzione di tale fondo la denominazione Rei verrà soppressa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi tempestivamente per rendere cogente la succitata disposizione, relativa alla volontà del Governo di trasferire le risorse già assegnate al Reddito d'inclusione (Rei), al Fondo del reddito di cittadinanza, fatte salve le risorse del Fondo per la lotta alla povertà ed all'esclusione sociale destinate ai servizi sociali territoriali.
9/1637-AR/69. (Testo modificato nel corso della seduta) Segneri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16 del decreto-legge in esame prevede che l'istituto sperimentale di accesso al pensionamento anticipato (cd. Opzione donna) di cui all'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004, valutato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo, sia riconosciuto alle lavoratrici che al 31 dicembre 2018 abbiano conseguito un'anzianità contributiva minima di 35 anni ed un'età anagrafica minima di 58 anni se lavoratrici dipendenti, ovvero di 59 se lavoratrici autonome;
    la norma esclude dalla facoltà di accesso alla misura sperimentale le nate nel 1961, in possesso al 31 dicembre 2018 di 57 anni di età;
    che attualmente sussiste una platea di circa 1500 donne, prive di occupazione e di strumenti di sostegno al reddito, che rimarrebbero escluse dalla norma in esame,

impegna il Governo

a valutare, con ulteriori provvedimenti di carattere normativo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, l'opportunità di estendere il diritto alla pensione anticipata alle lavoratrici che abbiano maturato i requisiti di cui alla normativa in premessa entro il 31 dicembre 2019.
9/1637-AR/70Spadoni, Amitrano, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame dispone che l'erogazione del reddito di cittadinanza sia subordinata alla dichiarazione da parte del beneficiario di immediata disponibilità al lavoro, nonché alla sottoscrizione, da parte del medesimo, di un Patto per il lavoro o di un Patto per l'inclusione sociale;
    il medesimo articolo definisce gli obblighi inerenti al Patto per il lavoro e al Patto per l'inclusione sociale, relativi alla ricerca attiva del lavoro, all'orientamento lavorativo, alla formazione o riqualificazione professionale, alle accettazioni delle offerte di lavoro congrue, alla partecipazione a progetti dei comuni;
    nell'ambito dei criteri adottati per la definizione di congruità dell'offerta di lavoro sono presi in considerazione la distanza della residenza del beneficiario dal posto di lavoro proposto e, solo nel caso di prima offerta entro i primi dodici mesi, anche il tempo di percorrenza massimo della suddetta distanza. In particolare, nei primi dodici mesi di fruizione del beneficio è congrua un'offerta entro cento chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile in cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici, se si tratta di prima offerta, ovvero entro duecentocinquanta chilometri di distanza se si tratta di seconda offerta, oppure ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta; decorsi dodici mesi di fruizione del beneficio, è congrua un'offerta entro duecentocinquanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario nel caso si tratti di prima o seconda offerta, oppure ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta; in caso di rinnovo del beneficio è congrua un'offerta ovunque sia collocata nel territorio italiano anche nel caso si tratti di prima offerta;
    il decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, e successive modificazioni ed integrazioni, reca gli allegati 1,2 e 2-bis contenenti l'elenco dei comuni del centro Italia colpiti dal sisma del 2016 e del 2017;
    tali eventi sismici verificatisi nel centro Italia hanno accelerato il fenomeno dello spopolamento delle aree interne dell'Appennino, raddoppiando il regime di migrazione da questi luoghi;
    alla base di tale fenomeno ci sono la mancanza di prospettiva lavorativa per i residenti e la difficoltà di collegamento con le grandi città, dovute ad infrastrutture stradali e ferroviarie inadeguate, se non addirittura inesistenti;
    dai dati Istat aggiornati ad aprile 2018, dal 2016 al 2018 si è avuta un'impennata emigratoria dalle zone del cratere sismico verso le coste, misurabile in 11 abitanti ogni 100, mentre fino al 2015 era di 5 abitanti ogni 100;
    è invece importante adottare misure volte ad agevolare la possibilità di rimanere nei territori del cratere delle Regioni Lazio, Umbria, Marche ed Abruzzo,

impegna il Governo

al fine di contrastare lo spopolamento in atto dei territori del centro Italia colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017, a valutare l'opportunità di considerare congrua un'offerta di lavoro entro cinquanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario, se ricadente nei comuni del cratere sismico del centro Italia riconosciuti ai sensi del decreto-legge n. 189 del 2016, e successive modificazioni ed integrazioni, senza distinzione tra la quantità di offerte rifiutate e la decorrenza temporale dalla fruizione del reddito.
9/1637-AR/71Gabriele Lorenzoni, Terzoni, Zennaro, Cataldi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale Governo ha in parte confermato il «Piano Nazionale Industria 4.0», varato nel 2016, contenente le c.d. tecnologie abilitanti, ovvero finalizzate all'acquisizione o al consolidamento di competenze nelle tecnologie rilevanti per la realizzazione del processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese;
    dette tecnologie avranno un impatto profondo nell'ambito di quattro direttrici di sviluppo, che si declinano nei settori di seguito elencati:
     a) big data e analisi dei dati; b) cloud e fog computing; c) cyber security; d) simulazione e sistemi cyber-fisici; e) prototipazione rapida; f) sistemi di visualizzazione, realtà virtuale (RV) e realtà aumentata (RA); g) robotica avanzata e collaborativa; h) interfaccia uomo macchina; i) manifattura additiva (o stampa tridimensionale); l) internet delle cose e delle macchine; m) integrazione digitale dei processi aziendali;
    il suddetto «Piano Nazionale 4.0» prevede attività di formazione nei succitati settori;
    dalla ricerca «The Future of the Jobs», presentata al World Economie Forum 2016, è emerso che, nei prossimi anni, fattori tecnologici e demografici influenzeranno profondamente l'evoluzione del mercato del lavoro;
    secondo il Direttore Scientifico degli Osservatori «Digital Innovation» del Politecnico di Milano, «nel breve termine si possono prevedere saldi occupazionali negativi, nel medio-lungo termine non è assolutamente certa una contrazione degli occupati in numero assoluto, considerato anche l'impatto nell'indotto, in particolar modo nel terziario avanzato»;
    sarebbe necessario fornire ai lavoratori le competenze digitali per le mansioni del futuro,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere nell'ambito dell'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, l'avvio di percorsi di formazione e riqualificazione volti all'acquisizione delle competenze nel settore tecnologico, di cui in premessa;
   a incentivare nell'ambito del Patto di formazione previsto dai datori di lavoro di cui all'articolo 8 del provvedimento in titolo percorsi di formazione, già previsti nel «Piano Nazionale Industria 4.0».
9/1637-AR/72Invidia, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    le riforme pensionistiche degli ultimi vent'anni, con la reintroduzione del sistema contributivo, hanno contribuito, in modo peculiare, al peggioramento della situazione previdenziale dei suddetti pensionati, tra cui, in particolare gli agricoltori, coltivatori diretti e Iap;
    negli ultimi decenni, il potere d'acquisto delle pensioni, ha subito una perdita di oltre il 30 per cento;
    la cosiddetta indicizzazione, non ha infatti protetto fino ad oggi, le pensioni di importo basso;
    da tempo gli agricoltori coltivatori diretti e Iap chiedono un adeguamento del trattamento minimo degli attuali 513,01 euro a 650 euro, quale pensione base», di importo pari alla pensione minima;
    circa 700 mila agricoltori pensionati, continuano anche ultrasettantenni a lavorare nei campi per avere un reddito dignitoso, impedendo, loro malgrado, il necessario ricambio generazionale. Infatti nell'agricoltura italiana, il 41 per cento degli imprenditori agricoli ha un'età superiore a 65 anni,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di istituire una pensione base di importo pari al 40% del reddito medio nazionale, come previsto dalla Carta sociale europea in aggiunta alla pensione liquidata interamente con il sistema contributivo, che attualmente ammonta a 650 euro mensili.
9/1637-AR/73L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 introduce in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, il diritto a conseguire, per alcune categorie di lavoratori, la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni (cosiddetta quota 100).
    la circolare INPS n. 11 del 29 gennaio 2019 ha disposto i requisiti per l'accesso alla pensione anticipata cosiddetta quota 100, non prevedendo la cessazione di qualsiasi attività lavorativa ma soltanto la cessazione del rapporto di lavoro dipendente;
    il comma 3 dell'articolo 14 prevede che la pensione anticipata in oggetto non sia cumulabile, dal primo giorno di decorrenza e fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui;
    la maggiore problematica riguarda le modalità di accertamento della incumulabilità con i redditi da lavoro autonomo, in particolare nei casi in cui il lavoratore, pur non producendo reddito, mantenga l'iscrizione previdenziale e la qualifica di lavoratore autonomo, possibilità ammessa dall'istituto, nello specifico, quindi, per i soggetti iscritti alla Gestione Speciale dei CD/CM,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di chiarire, anche attraverso circolari INPS, se gli imprenditori agricoli hanno diritto alla pensione anticipata nelle seguenti ipotesi:
   nel caso in cui l'imprenditore continui a dichiarare il reddito agrario e se questo sia o meno cumulabile con la pensione;
   in caso di cessazione di attività, ma mantenimento della partita Iva e se la permanenza del reddito agrario in capo al soggetto si configuri o meno come reddito da lavoro con conseguente sospensione della pensione per incumulabilità;
   se sia rilevante, ai fini della valutazione dei requisiti, il Reddito Agrario prodotto da inizio anno e fino alla decorrenza della pensione e quali siano le modalità di accertamento.
9/1637-AR/74Cancelleri, L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25 del decreto-legge contiene disposizioni volte a modificare la governarne degli Enti previdenziali pubblici, esso ripristina il Consiglio di amministrazione dell'INPS, al fine di assicurare
    il perseguimento degli obiettivi strategici dell'Ente e di esercitare un controllo continuativo sulla gestione dell'istituto per ripianare la disastrosa situazione patrimoniale;
    secondo la previsione del bilancio Inps 2018, l'istituto ha speso ben 6 miliardi e 854 milioni in più rispetto al 2017, per un totale di spesa di 421 miliardi e 741 milioni;
    una delle voci di spesa maggiori è quella della gestione degli immobili di proprietà, l'INPS ha un patrimonio immobiliare di 3,1 miliardi di euro stimato alla fine del 2017, suddiviso in più di 30.000 proprietà. Di questi, 1,2 miliardi è il valore di circa 11.000 tra palazzi e appartamenti dei quali più di 4.000 sono sfitti o occupati abusivamente secondo le stime della Corte dei Conti;
    nonostante l'enorme valore del patrimonio immobiliare, gli affitti non coprono le spese di gestione per cui, secondo alcune stime, l'INPS ha accumulato una perdita di più di 655 milioni di euro;
    con due diverse operazioni di cartolarizzazione avviate nel 2001 e nel 2002, si sono modificate le disposizioni precedenti in materia di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, provvedendo a vendere agli inquilini gli immobili adibiti ad unità abitative e le unità libere, quelle inoptate e le nude proprietà sono state poste in vendita tramite asta pubblica;
    l'articolo 38 comma 2 del decreto- legge 2017, n. 50 ha modificato la disciplina sulla dismissione del patrimonio immobiliare da reddito dell'Ente, prevedendo che possa avvenire anche mediante conferimento di una parte del patrimonio immobiliare ai fondi costituiti dalla società Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A. (Invimit Sgr); tale norma intendeva avviare una nuova procedura di dismissioni immobiliari, stimando di realizzare dalla vendita degli immobili incassi per 90 milioni di euro;
    tali previsioni sono state drasticamente ridimensionate, dal momento che ad oggi i ricavi risulterebbero di appena 19 milioni, a fronte di spese documentate nel 2017 per la manutenzione del patrimonio immobiliare per più di 117 milioni annui;
    nell'ambito della normativa sulle dismissioni del patrimonio INPS, una particolare problematica riguarda gli immobili cosiddetti di pregio (così definiti in ragione della loro ubicazione nei centri urbani) che non possono essere dismessi tramite vendita con diritto di prelazione e relative condizioni di acquisto agevolato agli inquilini in ragione delle caratteristiche di pregio;
    tale situazione ha originato una serie di contenziosi (si contano più di 170 controversie) che di fatto hanno bloccato l'ulteriore prosecuzione del processo di dismissione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nel primo provvedimento utile, opportune iniziative normative volte a proseguire il processo di dismissione del patrimonio immobiliare dell'INPS, anche al fine di favorire una soluzione normativa per la chiusura dei contenziosi relativi alla situazione degli immobili di pregio.
9/1637-AR/75Amitrano.


   La Camera,
   premesso che:
    si definiscono lavoratori precoci i soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, si trovino in specifiche fattispecie e siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1o gennaio 1996;
    le riforme previdenziali, che si sono succedute nel tempo, hanno previsto per i suddetti lavoratori sia agevolazioni, sia penalizzazioni;
    in particolare, l'articolo 59 comma 7 della legge 449/1997 prevedeva, in materia di requisiti per il diritto al trattamento pensionistico, l'applicazione delle disposizioni di cui alla tabella B allegata alla legge n. 335/95 nei confronti dei lavoratori dipendenti appartenenti alla categoria dei Lavoratori precoci. In base a tale disposizione di legge erano valutabili tutti i periodi contributivi ricollegabili ad un'effettiva prestazione lavorativa (ancorché non continuativa) collocati temporalmente tra la data di compimento del 14o anno di età e quella di compimento del 19o anno;
    per determinare la data del pensionamento la tabella B della legge 335/95 stabiliva i criteri di accesso alla pensione di anzianità per i lavoratori cosiddetti «derogati», tra i quali rientravano, appunto, anche i lavoratori precoci. Il lavoratore precoce godeva, perciò, di una certa agevolazione per l'accesso alla pensione anche con meno di 40 anni di anzianità contributiva;
    successivamente è stato previsto il cambiamento delle decorrenze e delle regole di accesso al pensionamento di anzianità e a quelle di vecchiaia innalzando l'età pensionabile anche per le pensioni di anzianità il cui accesso al pensionamento, a prescindere dall'età anagrafica, è possibile con 40 anni di contribuzione, compresi i lavoratori precoci;
    il decreto-legge n. 201/2011 convertito nella legge 214/2011 ha aggravato la posizione dei lavoratori precoci, elevando i requisiti per l'accesso al diritto di quiescenza da 40 a 41 anni di contribuzione per le donne e fino a 42 per gli uomini, sottoposti peraltro all'incremento della cosiddetta speranza di vita, nonché prevedendo una penalizzazione in caso di accesso alla pensione anticipata prima dei 62 anni di età;
    per questa categoria di lavoratori l'articolo 1, comma 199 e seguenti, della legge di Bilancio 2017 (1. n. 232/2016) ha invece previsto la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con un requisito contributivo ridotto;
    tuttavia, i beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, si trovino in specifiche fattispecie e siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1o gennaio 1996. Le richiamate fattispecie sono:
     a) stato di disoccupazione, a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o (nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'articolo 7 della legge 604/1966) risoluzione consensuale, sempre che la relativa prestazione per la disoccupazione sia cessata integralmente da almeno tre mesi;
     b) svolgimento di assistenza, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, in favore del coniuge o di un parente di primo grado convivente, con handicap in situazione di gravità;
     c) riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, pari o superiore al 74 per cento;
     d) svolgimento, al momento del pensionamento, da almeno 6 anni in via continuativa, in qualità di lavoratore dipendente, nell’àmbito delle professioni indicate nell'allegato E, di attività lavorative per le quali sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltosa e rischiosa la loro effettuazione in modo continuativo;
     e) soddisfacimento delle nozioni di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, poste, ai fini pensionistici, dall'articolo 1, commi da 1 a 3, del decreto legislativo 67/2011 o ai lavoratori notturni con almeno 64 notti lavorate l'anno;
   considerato che:
    in base alla Circolare INPS n. 11 2019, i lavoratori precoci possono conseguire la pensione anticipata, qualora siano in possesso del requisito contributivo di 41 anni entro il 31 dicembre 2026, a prescindere dall'età anagrafica;
    a decorrere dal 1 gennaio 2027 il requisito contributivo sarà peraltro adeguato agli incrementi della speranza di vita,

impegna il Governo

a valutare, con ulteriori provvedimenti di carattere normativo, l'opportunità di anticipare, compatibilmente con le risorse disponibili nel triennio 2020-2022, rispetto alla data del 31 dicembre 2026, il diritto di accesso al trattamento pensionistico dei lavoratori precoci.
9/1637-AR/76Costanzo.


   La Camera,
   premesso che:
    la platea degli Italiani all'estero è in continuo aumento. Secondo le ultime rilevazioni effettuate nel 2018, infatti, gli italiani iscritti all'AIRE risultano essere 5,1 milioni;
    coloro che, trovandosi in condizioni di difficoltà economica, decidessero di rientrare in Italia, dovrebbero risiedere nel Paese continuativamente per due anni per poter accedere alla misura del reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

a valutare, con futuri interventi a carattere normativo, l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse disponibili, l'istituzione di un fondo per sostenere il rientro degli italiani all'estero, che si trovino in stato di disagiate condizioni economiche.
9/1637-AR/77Siragusa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del decreto-legge in esame prevede disposizione in materia di accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi;
    l'articolo 15 reca disposizioni in tema di riduzione dell'anzianità contributiva per l'accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall'età anagrafica;
    l'articolo 17 reca disposizioni in tema di abrogazione degli incrementi dell'età pensionabile per effetto dell'aumento della speranza di vita per i lavoratori precoci;
    l'articolo 18 introduce disposizione in tema di proroga del regime dell'Ape sociale;
    il legame tra requisiti previdenziali e aspettativa di vita, così come misurata dall'Istat, è stato introdotto in Italia per la prima volta nel 2009 e perfezionato nel 2010 sulla base di provvedimenti proposti dai Ministri prò tempore dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali Tremonti e Sacconi;
    in particolare, il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha previsto dal 2013 il progressivo innalzamento dei requisiti per l'accesso alla pensione (di vecchiaia ed anticipata); tale provvedimento è stato adottato con lo scopo di «sterilizzare gli effetti dell'allungamento della vita media della popolazione»;
    tuttavia l'innalzamento dell'età pensionabile in base al suddetto meccanismo ha interessato tutti i lavoratori ma in particolar modo è apparso iniquo soprattutto per alcune professioni e mestieri che risultano particolarmente «pesanti» e logoranti pur rivestendo un ruolo fondamentale nella nostra società: a titolo puramente esemplificativo, il conducente di mezzi pesanti, infermiere e altre figure; in particolare per tali categorie di lavoro e anche per altre attività di lavoro rientranti nella classificazione di «attività usurante» forte è l'iniquità prodotta dall'introduzione del parametro dell'aspettativa di vita che ne ha innalzato l'età pensionabile e appare opportuno almeno un approfondimento sulla individuazione dei lavori gravosi e usuranti e dell'eventuale applicazione dell'aspettativa di vita rispetto a tali tipologie di mansioni svolte durante la vita lavorativa;
    a tal fine, già l'articolo 1, comma 155, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 aveva previsto l'istituzione di una Commissione di studio sulla gravosità dei lavori che non è riuscita a terminare i lavori entro la scadenza prevista,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte alla ricostituzione, con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, della Commissione tecnica incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni di cui all'articolo 1, comma 155, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/1637-AR/78Ciprini, Sabrina De Carlo, Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    la categoria dei lavori gravosi, come noto, è stata declinata dalla legge 232/2016 (la cd. finanziaria 2017) per dare un ristoro parziale a quei soggetti che svolgono lavori faticosi e pesanti in misura tale, tuttavia, non poter godere dei benefici, ben più robusti, previsti per i lavori usuranti di cui al decreto legislativo numero 67 del 2011;
    a queste categorie dal 1o gennaio 2018 il legislatore con la legge 205/2017 (legge di bilancio 2018) ha aggiunto ulteriori quattro attività (i cui dettagli sono contenuti nel decreto del ministero del lavoro del 5 febbraio 2018) tra i quali i «Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare dipendenti o soci di cooperative»;
    la pesca ha un'alta mortalità e pericolosità ed è scientificamente dimostrato quanto i pescatori siano esposti ad altissimi rischi per la salute, derivanti dalla continua esposizione agli agenti atmosferici, spesso causa di serie e gravi malattie professionali che però non sono riconosciute come tali. Trascorrono, inoltre, lunghe stagioni isolati in mare, senza la possibilità di ricevere assistenza medica, lavorando molto spesso anche durante la notte;
    parliamo di un numero esiguo di addetti di un settore che da oltre 20 anni, soffre di una continua emorragia di imprese e occupati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare particolarmente usuranti le mansioni svolte dai pescatori della pesca costiera in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative già inclusi nell'elenco delle attività gravose di cui alla Tabella B dell'articolo 1, comma 148, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/1637-AR/79Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    la categoria dei lavori gravosi, come noto, è stata declinata dalla legge 232/2016 (la cd. finanziaria 2017) per dare un ristoro parziale a quei soggetti che svolgono lavori faticosi e pesanti in misura tale, tuttavia, non poter godere dei benefici, ben più robusti, previsti per i lavori usuranti di cui al decreto legislativo numero 67 del 2011;
    a queste categorie dal 1o gennaio 2018 il legislatore con la legge 205/2017 (legge di bilancio 2018) ha aggiunto ulteriori quattro attività (i cui dettagli sono contenuti nel decreto del ministero del lavoro del 5 febbraio 2018) tra i quali i «Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare dipendenti o soci di cooperative»;
    la pesca ha un'alta mortalità e pericolosità ed è scientificamente dimostrato quanto i pescatori siano esposti ad altissimi rischi per la salute, derivanti dalla continua esposizione agli agenti atmosferici, spesso causa di serie e gravi malattie professionali che però non sono riconosciute come tali. Trascorrono, inoltre, lunghe stagioni isolati in mare, senza la possibilità di ricevere assistenza medica, lavorando molto spesso anche durante la notte;
    parliamo di un numero esiguo di addetti di un settore che da oltre 20 anni, soffre di una continua emorragia di imprese e occupati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di considerare particolarmente usuranti le mansioni svolte dai pescatori della pesca costiera in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative già inclusi nell'elenco delle attività gravose di cui alla Tabella B dell'articolo 1, comma 148, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/1637-AR/79. (Testo modificato nel corso della seduta) Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cd. Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    l'introduzione di una misura di contrasto alla povertà, al pari di tutte le democrazie più avanzate, non può che essere positiva, anche se lo strumento individuato non fornisce le soluzioni che milioni di italiani in stato di povertà o disoccupati si aspettano, poiché questo si configura sia come misura di lotta alla povertà sia come misura di politica attiva del lavoro;
    la povertà non dipende solo dalla mancanza di un lavoro ma è un fenomeno molto più complesso che assume forme e intensità diverse e che dipende da decine di fattori che molto e spesso esulano dall'assenza di una occupazione;
    la persona in stato di povertà necessita di una presa in carico nella sua globalità, derivante da una visione multidimensionale che comprende cure, assistenza, politiche sociali, sanitarie, abitative, di un sistema integrato di interventi multidisciplinari che si sostanzi in percorsi specifici e personalizzati di cura e di reinserimento sociale;
    il vostro modello di presa in carico invece di partire dai servizi sociali dei comuni, da quei servizi più vicini alla persona che storicamente e operativamente sono i più idonei a fornire cura e assistenza alle persone in difficoltà, il naturale punto di approdo per valutare la condizione del cittadino in stato di povertà e provvedere alla sua cura e ai suoi bisogni, parte dai centri per l'impiego, un sistema caratterizzato da forti carenze strutturali e di personale, con specificità regionali e provinciali, la cui riforma ancora non ha visto la luce,

impegna il Governo:

   al fine di coadiuvare i servizi territoriali e sociali nello svolgimento delle attività previste dal Patto per l'inclusione sociale, d'intesa con la conferenza Stato- regioni, ad adottare, già a partire dal primo provvedimento utile e, comunque, a seguito delle risultanze del citato Rapporto annuale, le modalità idonee all'impiego delle professionalità assunte dagli ambiti territoriali e sociali nell'ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) Inclusione 2014-2020, nonché a provvedere quanto prima all'assegnazione agli Ambiti Territoriali delle risorse relative alla seconda triennalità del Programma Operativo Nazionale (PON) Inclusione 2014-2020, al fine di permettere agli stessi di poter progettare e avviare per tempo tutte le azioni finanziabili e garantire quindi il pieno utilizzo delle risorse assegnate e a disporre quanto occorrente per consentire agli Ambiti Territoriali di utilizzare le economie sulla prima triennalità del programma stesso;
   a predisporre un rafforzamento dei percorsi integrati di inclusione sociale attiva in favore dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza da parte dei comuni in collaborazione con tutte le istituzioni, associazioni, imprese, terzo settore, presenti sul territorio definendo una strategia condivisa in ambito territoriale degli interventi di presa in carico delle fragilità;
   al fine di realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, a prevedere il coinvolgimento degli attori socio-economici espressi dai territori, nei percorsi di sussidiarietà orizzontale fondati sulla partecipazione attiva di cittadini e di associazioni, sulla responsabilità sociale e civile delle imprese, sulle collaborazioni tra soggetti pubblici e soggetti privati, con particolare attenzione al settore del privato-sociale.
9/1637-AR/80Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà; secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun benefìcio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    in questo contesto è necessario prevedere misure specifiche per i territori montani in quanto la montagna è un bene sociale strategico ed è pertanto importante creare le condizioni per il superamento dell'abbandono dei territori di montagna, e la loro rivitalizzazione, prevedendo sia misure di miglioramento infrastrutturale dei collegamenti, sia miglioramenti delle condizioni di vita della popolazione,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure previste dal provvedimento a prevedere, per le popolazioni residenti nelle zone di montagna, condizioni migliorative per l'accesso ai benefici del reddito di cittadinanza e di quota 100 al fine di contrastare l'abbandono dei territori montani.
9/1637-AR/81De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà; secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun benefìcio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    in questo contesto è necessario prevedere misure specifiche per i territori montani in quanto la montagna è un bene sociale strategico ed è pertanto importante creare le condizioni per il superamento dell'abbandono dei territori di montagna, e la loro rivitalizzazione, prevedendo sia misure di miglioramento infrastrutturale dei collegamenti, sia miglioramenti delle condizioni di vita della popolazione,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure previste dal provvedimento a valutare l'opportunità di prevedere, per le popolazioni residenti nelle zone di montagna, condizioni migliorative per l'accesso ai benefici del reddito di cittadinanza e di quota 100 al fine di contrastare l'abbandono dei territori montani.
9/1637-AR/81. (Testo modificato nel corso della seduta) De Menech.


   La Camera,

impegna il governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a prevedere, in presenza di pluriennali piani di riorganizzazione già oggetto di specifico accordo stipulato in sede ministeriale ai sensi del comma 1, che coinvolgono imprese operanti in più Regioni con un organico superiore a 500 unità lavorative con gravi ricadute occupazionali concentrate nelle aree di crisi complessa, conseguenti alle difficoltà di implementazione delle azioni di riorganizzazione e di accesso alle fonti di finanziamento, ad autorizzare, valutate le problematiche di ordine occupazionale e la necessità di successive verifiche per accertare tutti i requisiti di cui al medesimo comma 1 sulla base della preventiva istruttoria da parte degli uffici competenti, per gli anni 2019 e 2020, la proroga per ulteriori 12 mensilità della durata della NASpI, calcolata ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori sospesi che hanno operato direttamente o indirettamente nella azienda che ha determinato la crisi.
9/1637-AR/82Miceli, Varchi, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

ad adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, misure volte a riconoscere un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per conduttori di mezzi pesanti e camion.
9/1637-AR/83Nobili, Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    con riferimento al requisito reddituale si prevede che il nucleo familiare del richiedente il beneficio abbia un reddito familiare inferiore a seimila euro annui moltiplicato per un parametro della scala di equivalenza, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi, vale a dire legate alla previsione di un limite di reddito;
    in base a tale disposizione assumono rilevanza ai fini del reddito di cittadinanza le pensioni di invalidità civile perché assistenziali e sottoposte a limite di reddito, mentre alcun effetto sembra poter derivare nei confronti dei trattamenti pensionistici di guerra diretti, che in nessun modo sono qualificabili come «assistenziali» e che comunque non sono sottoposti alla «prova dei mezzi»;
    appare, invece, diverso il caso dei trattamenti pensionistici di guerra indiretti che, sulla base dell'interpretazione fornita dal Ministero del lavoro, sono attualmente ricompresi nell'ISEE;
    l'articolo 5 della legge 8 agosto 1991, n. 261, recante «Norme concernenti misura e disciplina dei trattamenti pensionistici di guerra», dichiara in via generale i trattamenti pensionistici di guerra «irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali», stabilendo che «in nessun caso possono essere computate, a carico dei soggetti che le percepiscono e del loro nucleo familiare, nel reddito richiesto per la corresponsione di altri trattamenti pensionistici, per la concessione di esoneri ovvero di benefìci economici e assistenziali»,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte ad escludere dall'ISEE e, conseguentemente, anche dalla valutazione della situazione economica per il reddito di cittadinanza, tutti i trattamenti pensionistici di guerra.
9/1637-AR/84Foti, Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza e determina i parametri oggettivi e reddituali per l'individuazione dei beneficiari;
    con riferimento al requisito reddituale si prevede che il nucleo familiare del richiedente il beneficio abbia un reddito familiare inferiore a seimila euro annui moltiplicato per un parametro della scala di equivalenza, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi, vale a dire legate alla previsione di un limite di reddito;
    in base a tale disposizione assumono rilevanza ai fini del reddito di cittadinanza le pensioni di invalidità civile perché assistenziali e sottoposte a limite di reddito, mentre alcun effetto sembra poter derivare nei confronti dei trattamenti pensionistici di guerra diretti, che in nessun modo sono qualificabili come «assistenziali» e che comunque non sono sottoposti alla «prova dei mezzi»;
    appare, invece, diverso il caso dei trattamenti pensionistici di guerra indiretti che, sulla base dell'interpretazione fornita dal Ministero del lavoro, sono attualmente ricompresi nell'ISEE;
    l'articolo 5 della legge 8 agosto 1991, n. 261, recante «Norme concernenti misura e disciplina dei trattamenti pensionistici di guerra», dichiara in via generale i trattamenti pensionistici di guerra «irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali», stabilendo che «in nessun caso possono essere computate, a carico dei soggetti che le percepiscono e del loro nucleo familiare, nel reddito richiesto per la corresponsione di altri trattamenti pensionistici, per la concessione di esoneri ovvero di benefìci economici e assistenziali»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di assumere iniziative volte ad escludere dall'ISEE e, conseguentemente, anche dalla valutazione della situazione economica per il reddito di cittadinanza, tutti i trattamenti pensionistici di guerra.
9/1637-AR/84. (Testo modificato nel corso della seduta) Foti, Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza, definito come «misura unica di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, nonché a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro»;
    oltre alle misure di sostegno dirette nei confronti dei singoli cittadini è essenziale che funzionino anche i servizi ai cittadini, primi tra tutti quelli relativi all'assistenza alle categorie vulnerabili, quelli per la tutela della salute e i servizi sociali in generale;
    i tagli ai trasferimenti verso gli enti locali succedutisi negli ultimi anni hanno messo moltissimi Comuni e Regioni di fronte alla necessità di abbassare gli standard di assistenza fino ad allora resi ai cittadini,

impegna il Governo

a destinare maggiori trasferimenti ai Comuni affinché gli stessi siano posti nelle condizioni di garantire i servizi socioassistenziali alla cittadinanza.
9/1637-AR/85Trancassini, Acquaroli, Morani, Luca De Carlo, Musella, Fatuzzo, Ciaburro, Vietina, Polverini, Gemmato, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il reddito di cittadinanza, descrivendolo «quale misura unica di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, nonché a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.» una delle principali critiche, mosse da quasi tutti soggetti auditi dalle competenti commissioni parlamentari, all'impianto regolatorio del nuovo istituto per il contrasto alla povertà, discende proprio dalla sovrapposizione e confusione che rischia di ingenerare tra politiche e strutture sociali e politiche e strutture per il lavoro;
    una misura che non distingue tra strumento di contrasto alla povertà e strumento di politica attiva del lavoro, tra competenze dei servizi sociali e dei comuni e competenze delle agenzie che governano il mercato del lavoro, tra vincoli reddituali di carattere familiare e politiche di attivazione necessariamente individuali;
    tra le figure che potranno patire conseguenze negative a seguito di tale confusione concettuale, vi è la situazione dei tanti lavoratori, soprattutto di alcune aree del Paese che maggiormente hanno subito gli effetti recessivi degli anni passati che ancora, in parte, permangono – che sono stai beneficiari di speciali forme sostegno del reddito, quali le indennità di mobilità in deroga o misure di analoga finalità;
    il paradosso, che molto probabilmente si potrà determinare, è che tali lavoratori rischiano di essere esclusi dall'accesso al beneficio del reddito di cittadinanza in ragione degli importi percepiti per le suddette indennità di disoccupazione e, pertanto, verranno parimenti esclusi dai percorsi di reinserimento al lavoro che dovrebbero attivarsi con le nuove norme; proprio una platea di cittadini che versando in condizione di difficoltà economica e che, come tanti altri, necessiterebbero del sostegno delle politiche attive del lavoro, si vedranno invece esclusi dall'accesso a tali strumenti per il reinserimento lavorativo,

impegna il Governo:

   a monitorare l'applicazione del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
   prevedere, sin dal prossimo provvedimento utile, specifiche misure miranti ad escludere dal computo dei redditi disponibili ai fini dell'accesso al reddito di cittadinanza, in tutto o almeno in parte, quelli derivanti da speciali forme di ammortizzatori in deroga per disoccupazione, adottati in tante regioni del nostro Paese;
   garantire, comunque, anche nel caso di esclusione dal beneficio economico del reddito di cittadinanza, l'accesso per tali lavoratori agli interventi di sostegno nella ricerca del lavoro e alla rioccupazione che dovranno essere attivate con il presente provvedimento.
9/1637-AR/86Bruno Bossio, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, non affronta minimamente la questione del futuro previdenziale per le giovani generazioni che possa garantire un trattamento economico dignitoso anche durante il godimento dell'assegno pensionistico;
    come da più parti segnalato, ci troviamo di fronte a misure frammentarie e che per tanti lavoratori non rappresentano una reale possibilità di pensionamento anticipato, oltre ad essere prevalentemente misure di carattere sperimentale o di semplice proroga;
    manca ogni riferimento a meccanismi di solidarietà intergenerazionale attraverso i quali assicurare anche alle giovani generazioni opportunità per una pensione dignitosa; allo stesso tempo, non si sono volute accogliere le proposte, che pur non avrebbero comportato problemi di carattere finanziario, volte a diffondere una consapevolezza dell'importanza della continuità e regolarità contributiva tra le giovani generazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, sin dal primo provvedimento utile, specifiche misure volte ad attivare una posizione contributiva presso l'INPS per i giovani, al compimento del diciottesimo anno di età, in un'ottica di riconoscimento dello status di soggetto avente diritto alla previdenza, nell'interesse alla verifica della propria condizione contributiva e all'incentivazione al versamento di contributi.
9/1637-AR/87Fragomeli, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 2013, n. 157, è stato adottato il regolamento che prevede l'incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento per i soggetti iscritti a gestioni pensionistiche assoggettate a requisiti più favorevoli, rispetto a quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria e, quindi, per i lavoratori poligrafici dipendenti da aziende editoriali. In particolare sono state modificate le norme relative al prepensionamento dei lavoratori poligrafici dipendenti da aziende editoriali in crisi di cui all'articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416;
    il regolamento ha sostituito l'anzianità contributiva minima di 32 anni, aumentata di un periodo pari a tre anni fino ad un massimo di 35 anni – quale condizione valida per accedere al pensionamento anticipato fino al 31 dicembre 2013 e, con un requisito di almeno 35 anni a decorrere dal 1o gennaio 2014, 36 anni a decorrere dal 1o gennaio 2016, 37 anni a decorrere dal 1o gennaio 2018, da adeguare alle mutate aspettative di vita negli anni successivi;
    in sede di approvazione della Legge di bilancio del 2019 è passato un emendamento in favore dei poligrafici dipendenti di imprese editoriali in crisi, esentando tali lavoratori dall'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita Istat, destinatari della salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 154 della legge 205 del 2017 che, come noto, consente loro di far salve le regole di cui alla legge 416 del 1981 precedenti l'adozione del regolamento di armonizzazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 2013) adottato con la legge Fornero. A seguito della novella, pertanto, hanno potuto accedere alla pensione i lavoratori che hanno maturato 32 anni di contribuzione in costanza di CIGS in forza di accordi di procedura sottoscritti tra il 1o gennaio ed il 31 maggio 2015; sono tornati in vigore i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 2013, n. 157 che prevedono a partire dal 1o gennaio 2018 un'anzianità contributiva di 37 anni; siamo in presenza di uno stato di crisi senza precedenti che sta interessando l'intero comparto dell'editoria quotidiana con l'apertura di innumerevoli vertenze riguardanti prestigiose testate quotidiane, fra cui La Gazzetta del Mezzogiorno;
    vi è la necessità di affrontare la crisi della carta stampata attraverso strumenti di ammortizzazione sociale che favoriscano la fuoriuscita volontaria dei lavoratori di un settore che a livello nazionale ha un numero totale di addetti che non raggiunge le 3.000 unità,

impegna il Governo

a farsi carico della situazione evidenziata in premessa, affinché a fronte di situazioni di crisi conclamate, si possa ripristinare, sia pure per un tempo predefinito, il vecchio requisito dei 32 anni di anzianità contributiva per evitare ricadute traumatiche della crisi del settore poligrafico che nuocerebbero gravemente alle lavoratrici e ai lavoratori difficilmente ricollocabili sul mercato del lavoro.
9/1637-AR/88Lacarra, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Mura, Viscomi, Zan, Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 2013, n. 157, è stato adottato il regolamento che prevede l'incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento per i soggetti iscritti a gestioni pensionistiche assoggettate a requisiti più favorevoli, rispetto a quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria e, quindi, per i lavoratori poligrafici dipendenti da aziende editoriali. In particolare sono state modificate le norme relative al prepensionamento dei lavoratori poligrafici dipendenti da aziende editoriali in crisi di cui all'articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416;
    il regolamento ha sostituito l'anzianità contributiva minima di 32 anni, aumentata di un periodo pari a tre anni fino ad un massimo di 35 anni – quale condizione valida per accedere al pensionamento anticipato fino al 31 dicembre 2013 e, con un requisito di almeno 35 anni a decorrere dal 1o gennaio 2014, 36 anni a decorrere dal 1o gennaio 2016, 37 anni a decorrere dal 1o gennaio 2018, da adeguare alle mutate aspettative di vita negli anni successivi;
    in sede di approvazione della Legge di bilancio del 2019 è passato un emendamento in favore dei poligrafici dipendenti di imprese editoriali in crisi, esentando tali lavoratori dall'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita Istat, destinatari della salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 154 della legge 205 del 2017 che, come noto, consente loro di far salve le regole di cui alla legge 416 del 1981 precedenti l'adozione del regolamento di armonizzazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 2013) adottato con la legge Fornero. A seguito della novella, pertanto, hanno potuto accedere alla pensione i lavoratori che hanno maturato 32 anni di contribuzione in costanza di CIGS in forza di accordi di procedura sottoscritti tra il 1o gennaio ed il 31 maggio 2015; sono tornati in vigore i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 2013, n. 157 che prevedono a partire dal 1o gennaio 2018 un'anzianità contributiva di 37 anni; siamo in presenza di uno stato di crisi senza precedenti che sta interessando l'intero comparto dell'editoria quotidiana con l'apertura di innumerevoli vertenze riguardanti prestigiose testate quotidiane, fra cui La Gazzetta del Mezzogiorno;
    vi è la necessità di affrontare la crisi della carta stampata attraverso strumenti di ammortizzazione sociale che favoriscano la fuoriuscita volontaria dei lavoratori di un settore che a livello nazionale ha un numero totale di addetti che non raggiunge le 3.000 unità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di farsi carico, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, della situazione evidenziata in premessa, affinché a fronte di situazioni di crisi conclamate, si possa ripristinare, sia pure per un tempo predefinito, il vecchio requisito dei 32 anni di anzianità contributiva per evitare ricadute traumatiche della crisi del settore poligrafico che nuocerebbero gravemente alle lavoratrici e ai lavoratori difficilmente ricollocabili sul mercato del lavoro.
9/1637-AR/88. (Testo modificato nel corso della seduta) Lacarra, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Mura, Viscomi, Zan, Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo in esame stanzia, all'articolo 12 comma 4, 1 milione di euro l'anno a decorrere dall'anno 2019 al fine di stabilizzare il personale a tempo determinato di ANPAL servizi S.p.A.;
    come noto, ANPAL Servizi S.p.A., già Italia Lavoro, è una struttura « in house» dell'ANPAL, la quale è sottoposta all'indirizzo e alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; il Presidente di ANPAL è anche Amministratore Unico di ANPAL Servizi; ANPAL Servizi promuove azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale, fornendo assistenza tecnica a Centri per l'impiego ed Enti Locali; il personale a tempo determinato in forze ad ANPAL Servizi S.p.A. ammonta attualmente a 654 unità, le quali sono state selezionate con procedure ad evidenza pubblica, possiedono esperienza pluriennale e competenze specifiche nel campo delle politiche attive del lavoro; tuttavia le somme stanziate dal testo in esame permetterebbero la stabilizzazione soltanto di poche decine di lavoratori;
    il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, (cosiddetto «decreto Madia») all'articolo 1, comma 1 prevede per le amministrazioni pubbliche modalità di superamento del precariato e della riduzione del ricorso ai contratti a termine per valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con la possibilità nel triennio 2018-2020 di assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale con specifiche caratteristiche di servizio, reclutamento ed esperienza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di elevare con il primo provvedimento normativo utile i finanziamenti, previsti all'articolo 12, comma 4, ad un importo tale da consentire la stabilizzazione di tutto il personale precario in forze ad ANPAL Servizi S.p.A., quantificato in 654 unità, anche attraverso le procedure previste dal decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.
9/1637-AR/89Gribaudo, Serracchiani, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan, Miceli, Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori; tra questi, si segnala il caso degli edili, i quali, in ragione della stagionalità della prestazione lavorativa che caratterizza il comparto, difficilmente riescono a maturare il requisito contributivo dei 38 anni e, pertanto, sono costretti a lavorare fino ai 67 anni, con i rischi che tale condizione comporta;
    una ragionevole soluzione di tale problema sarebbe potuta derivare dalla possibilità per le imprese di versare, in deroga alla normativa vigente, la contribuzione volontaria ai lavoratori per raggiungere il diritto alla pensione, attraverso apposite risorse individuate dalla contrattazione e gestite da Enti Bilaterali di settore, pertanto, senza oneri per lo Stato; nei giorni scorsi, si è tenuta a Roma una importante manifestazione unitaria dei sindacati del settore dell'edilizia per richiamare l'attenzione del Governo sulla difficoltà del settore, per il rilancio degli investimenti e per il sostegno dell'occupazione edile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, ogni misura utile finalizzata a consentire e favorire la definizione di accordi contrattuali per il settore dell'edilizia, volti a colmare i periodi contributivi necessari per il conseguimento del requisito per l'accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori dell'edilizia.
9/1637-AR/90Carla Cantone, Serracchiani, Gribaudo, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori; tra questi, si segnala il caso degli edili, i quali, in ragione della stagionalità della prestazione lavorativa che caratterizza il comparto, difficilmente riescono a maturare il requisito contributivo dei 38 anni e, pertanto, sono costretti a lavorare fino ai 67 anni, con i rischi che tale condizione comporta;
    una ragionevole soluzione di tale problema sarebbe potuta derivare dalla possibilità per le imprese di versare, in deroga alla normativa vigente, la contribuzione volontaria ai lavoratori per raggiungere il diritto alla pensione, attraverso apposite risorse individuate dalla contrattazione e gestite da Enti Bilaterali di settore, pertanto, senza oneri per lo Stato; nei giorni scorsi, si è tenuta a Roma una importante manifestazione unitaria dei sindacati del settore dell'edilizia per richiamare l'attenzione del Governo sulla difficoltà del settore, per il rilancio degli investimenti e per il sostegno dell'occupazione edile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nei limiti di finanza pubblica, sin dal prossimo provvedimento utile, ogni misura utile finalizzata a consentire e favorire la definizione di accordi contrattuali per il settore dell'edilizia, volti a colmare i periodi contributivi necessari per il conseguimento del requisito per l'accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori dell'edilizia.
9/1637-AR/90. (Testo modificato nel corso della seduta) Carla Cantone, Serracchiani, Gribaudo, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori; emblematico il caso delle lavoratrici che, come noto, hanno più spesso una carriera lavorativa discontinua, ancora hanno una bassa percentuale di partecipazione al lavoro e ancora sono penalizzate da una forte disparità nella retribuzione e nella carriera;
    ancora una volta, ben lungi dalle promesse elettorali, non solo non si è «cancellata la riforma Fornero», ma non si è trovato il modo per ripristinare un minimo di equità di genere nel trattamento previdenziale, finalmente riconoscendo alle lavoratrici il valore sociale del carico discendendo dalla conciliazione tra i tempi di lavoro e di vita, con il corollario delle attività di cura che, ancora, gravano, quasi esclusivamente sulle donne;
    è del tutto evidente che le legittime aspettative delle lavoratrici non possono certo essere appagate dalla sola proroga di un anno della cosiddetta «opzione donna», stante la transitorietà di tale misura e, soprattutto, stante la forte penalizzazione economica che ne discende sui trattamenti pensionistici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, sin dal primo provvedimento utile, misure volte a riconoscere ai fini previdenziali i carichi di cura e familiari, attraverso una riduzione del requisito contributivo per tutte le forme pensionistiche vigenti, in ragione del numero dei figli delle donne lavoratrici.
9/1637-AR/91Mura, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori; emblematico il caso delle lavoratrici che, come noto, hanno più spesso una carriera lavorativa discontinua, ancora hanno una bassa percentuale di partecipazione al lavoro e ancora sono penalizzate da una forte disparità nella retribuzione e nella carriera;
    ancora una volta, ben lungi dalle promesse elettorali, non solo non si è «cancellata la riforma Fornero», ma non si è trovato il modo per ripristinare un minimo di equità di genere nel trattamento previdenziale, finalmente riconoscendo alle lavoratrici il valore sociale del carico discendendo dalla conciliazione tra i tempi di lavoro e di vita, con il corollario delle attività di cura che, ancora, gravano, quasi esclusivamente sulle donne;
    è del tutto evidente che le legittime aspettative delle lavoratrici non possono certo essere appagate dalla sola proroga di un anno della cosiddetta «opzione donna», stante la transitorietà di tale misura e, soprattutto, stante la forte penalizzazione economica che ne discende sui trattamenti pensionistici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di adottare, sin dal primo provvedimento utile, misure volte a riconoscere ai fini previdenziali i carichi di cura e familiari, attraverso una riduzione del requisito contributivo per tutte le forme pensionistiche vigenti, in ragione del numero dei figli delle donne lavoratrici.
9/1637-AR/91. (Testo modificato nel corso della seduta) Mura, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    la cosiddetta «quota 100» appare una soluzione molto distante dalla promessa elettorale della «cancellazione della Fornero», stante la sua sperimentalità per il solo triennio 2019-2021 e stante il fatto che, per chi non raggiunge i requisiti anagrafici e contributivi previsti, o non può permettersi di vedersi ridurre la futura pensione in ragione dell'anticipazione pensionistica, l'unica forma di uscita pensionistica è rappresentata ancora solo dalla legge Fornero;
    inoltre, per renderne finanziariamente sostenibili le misure previste con gli stanziamenti disposti dalla legge di bilancio, sono state surrettiziamente reintrodotte le finestre di uscita ed il divieto di cumulo con redditi da lavoro;
    come da più parti segnalato, per primi dai sindacati, è una misura rivolta prevalentemente ai lavoratori-maschi delle grandi imprese, soprattutto del nord, e del pubblico impiego che hanno potuto beneficiare della continuità lavorativa e contributiva;
    a differenza delle misure adottate nella scorsa legislatura, non distingue tra i lavoratori in ragione delle tipologie delle prestazioni lavorative o di particolari condizioni soggettive, senza offrire il dovuto riconoscimento per quei lavoratori impegnati in attività usuranti e gravose o che hanno una limitazione grave della capacità lavorativa o assistono familiari con disabilità o, ancora, sono disoccupati;
    altrettanto, nulla si è previsto per i cosiddetti lavoratori precoci né, tanto meno, per le pensioni delle giovani generazioni;
    difatti, la timida sperimentazione di quota 100 non rivede complessivamente le rigidità del nostro sistema previdenziale,

impegna il Governo

ad avviare una seria riflessione, con il coinvolgimento delle rappresentanze dei lavoratori e delle imprese, volto a definire un nuovo sistema di flessibilità strutturale del regime pensionistico e con una particolare attenzione alla condizione pensionistica dei giovani lavoratori.
9/1637-AR/92Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    la cosiddetta «quota 100» appare una soluzione molto distante dalla promessa elettorale della «cancellazione della Fornero», stante la sua sperimentalità per il solo triennio 2019-2021 e stante il fatto che, per chi non raggiunge i requisiti anagrafici e contributivi previsti, o non può permettersi di vedersi ridurre la futura pensione in ragione dell'anticipazione pensionistica, l'unica forma di uscita pensionistica è rappresentata ancora solo dalla legge Fornero;
    inoltre, per renderne finanziariamente sostenibili le misure previste con gli stanziamenti disposti dalla legge di bilancio, sono state surrettiziamente reintrodotte le finestre di uscita ed il divieto di cumulo con redditi da lavoro;
    come da più parti segnalato, per primi dai sindacati, è una misura rivolta prevalentemente ai lavoratori-maschi delle grandi imprese, soprattutto del nord, e del pubblico impiego che hanno potuto beneficiare della continuità lavorativa e contributiva;
    a differenza delle misure adottate nella scorsa legislatura, non distingue tra i lavoratori in ragione delle tipologie delle prestazioni lavorative o di particolari condizioni soggettive, senza offrire il dovuto riconoscimento per quei lavoratori impegnati in attività usuranti e gravose o che hanno una limitazione grave della capacità lavorativa o assistono familiari con disabilità o, ancora, sono disoccupati;
    altrettanto, nulla si è previsto per i cosiddetti lavoratori precoci né, tanto meno, per le pensioni delle giovani generazioni;
    difatti, la timida sperimentazione di quota 100 non rivede complessivamente le rigidità del nostro sistema previdenziale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, una seria riflessione, con il coinvolgimento delle rappresentanze dei lavoratori e delle imprese, volto a definire un nuovo sistema di flessibilità strutturale del regime pensionistico e con una particolare attenzione alla condizione pensionistica dei giovani lavoratori.
9/1637-AR/92. (Testo modificato nel corso della seduta) Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 prevede che i termini temporali per la corresponsione dei trattamenti di fine servizio dei dipendenti pubblici che accedano al pensionamento anticipato ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (cosiddetta «quota 100») decorrano dal momento in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 2014;
    lo stesso articolo 23 prevede altresì la possibilità, per i soggetti che accedono al pensionamento con i requisiti della cosiddetta «quota 100» o che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipato secondo le altre norme summenzionate, di richiedere una somma pari all'indennità di fine servizio maturata, mediante finanziamento bancario agevolato, nell'importo massimo di 30.000 euro;
    in data 28 febbraio 1998 l'ente Poste italiane è stato trasformato in società per azioni; l'articolo 53, comma 6, della legge del 27 dicembre 1997, n. 449, con la finalità di provvedere alla liquidazione delle indennità di buonuscita maturata fino alla data del 28 febbraio 1998 dai lavoratori dell'amministrazione postale prima del passaggio di Poste italiane in società per azioni, stabilisce quanto segue: «A decorrere dalla data di trasformazione dell'Ente Poste Italiane in società per azioni (...) al personale dipendente della società medesima spettano (...) il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e, per il periodo lavorativo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente comma», ovvero che la prestazione debba essere calcolata sulla base dei valori retributivi utili in vigore al 28 febbraio 1998;
   considerato che:
    a tutti i dipendenti, sia pubblici che privati, viene riconosciuta la rivalutazione monetaria dell'indennità di buonuscita, essendo questa riconosciuta per legge;
    ancora oggi l'importo della buonuscita viene liquidato ai lavoratori postali senza alcuna forma di rivalutazione;
    tenuto conto che:
    rispondendo all'interrogazione 5-11009 del 30 marzo 2017 presso la XI Commissione permanente della Camera il 18 maggio 2017, il Governo ha reso noto che i lavoratori postali in forza alla data del 28 febbraio 1998 erano 219.601, di questi 76.754 risultavano ancora dipendenti postali mentre agli altri 142.847 cessati dal servizio era già stata liquidata l'indennità di buonuscita non rivalutata dal 1998; l'ammontare della rivalutazione monetaria e degli interessi eventualmente riconoscibili a tutti gli interessati sarebbe pari a 907.261.000 euro, mentre l'ammontare complessivo delle indennità di buonuscita che dovranno essere liquidate fino al 2040 è di 939.972.000 euro;
    il Governo con l'approvazione, durante l’iter legislativo della legge di Bilancio 2019, dell'O.D.G. G/981 sezione I/8/11 si è già impegnato, non dando seguito all'impegno, a prevedere atti normativi che consentano ai lavoratori di Poste italiane S.p.A. di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso atti di propria competenza, misure che consentano ai lavoratori di Poste italiane S.p.A., sia a quelli cessati che a quelli ancora in servizio, di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita, al pari di tutti gli altri lavoratori, sia pubblici che privati.
9/1637-AR/93Zan, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 prevede che i termini temporali per la corresponsione dei trattamenti di fine servizio dei dipendenti pubblici che accedano al pensionamento anticipato ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (cosiddetta «quota 100») decorrano dal momento in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 2014;
    lo stesso articolo 23 prevede altresì la possibilità, per i soggetti che accedono al pensionamento con i requisiti della cosiddetta «quota 100» o che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipato secondo le altre norme summenzionate, di richiedere una somma pari all'indennità di fine servizio maturata, mediante finanziamento bancario agevolato, nell'importo massimo di 30.000 euro;
    in data 28 febbraio 1998 l'ente Poste italiane è stato trasformato in società per azioni; l'articolo 53, comma 6, della legge del 27 dicembre 1997, n. 449, con la finalità di provvedere alla liquidazione delle indennità di buonuscita maturata fino alla data del 28 febbraio 1998 dai lavoratori dell'amministrazione postale prima del passaggio di Poste italiane in società per azioni, stabilisce quanto segue: «A decorrere dalla data di trasformazione dell'Ente Poste Italiane in società per azioni (...) al personale dipendente della società medesima spettano (...) il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e, per il periodo lavorativo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente comma», ovvero che la prestazione debba essere calcolata sulla base dei valori retributivi utili in vigore al 28 febbraio 1998;
   considerato che:
    a tutti i dipendenti, sia pubblici che privati, viene riconosciuta la rivalutazione monetaria dell'indennità di buonuscita, essendo questa riconosciuta per legge;
    ancora oggi l'importo della buonuscita viene liquidato ai lavoratori postali senza alcuna forma di rivalutazione;
    tenuto conto che:
    rispondendo all'interrogazione 5-11009 del 30 marzo 2017 presso la XI Commissione permanente della Camera il 18 maggio 2017, il Governo ha reso noto che i lavoratori postali in forza alla data del 28 febbraio 1998 erano 219.601, di questi 76.754 risultavano ancora dipendenti postali mentre agli altri 142.847 cessati dal servizio era già stata liquidata l'indennità di buonuscita non rivalutata dal 1998; l'ammontare della rivalutazione monetaria e degli interessi eventualmente riconoscibili a tutti gli interessati sarebbe pari a 907.261.000 euro, mentre l'ammontare complessivo delle indennità di buonuscita che dovranno essere liquidate fino al 2040 è di 939.972.000 euro;
    il Governo con l'approvazione, durante l’iter legislativo della legge di Bilancio 2019, dell'O.D.G. G/981 sezione I/8/11 si è già impegnato, non dando seguito all'impegno, a prevedere atti normativi che consentano ai lavoratori di Poste italiane S.p.A. di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere, attraverso atti di propria competenza, misure che consentano ai lavoratori di Poste italiane S.p.A., sia a quelli cessati che a quelli ancora in servizio, di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita, al pari di tutti gli altri lavoratori, sia pubblici che privati.
9/1637-AR/93. (Testo modificato nel corso della seduta) Zan, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori; tra queste, la condizione forse più paradossale è quella degli esodati ancora non coperti dalle otto misure di salvaguardia approvate negli anni scorsi, ovvero una piccola platea di 6.000 lavoratori rimasti senza occupazione, senza ammortizzatori sociali e senza pensione; a dispetto delle tante promesse fatte durante la campagna elettorale, ripetute alla vigilia dell'approvazione del presente provvedimento e, ancora, durante tutto l'esame parlamentare, nessuna delle misure che avrebbero potuto rappresentare una soluzione per questa categorie di lavoratori è stata approvata, nonostante le molteplici proposte emendative avanzate da quasi tutte le forze di opposizione;
    in un provvedimento che complessivamente comporta oneri per circa 11 miliardi di euro nel 2019, 16,4 miliardi di euro nel 2020 e circa 17 miliardi di euro nel 2021, non si è riuscito a trovare i margini finanziari per consentire a soli 6.000 lavoratori di poter accedere alla pensione con le regole pre-Fornero,

impegna il Governo

ad adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere finalmente all'ultima platea di lavoratori rimasti esclusi dalle otto salvaguardie già approvate, l'accesso al trattamento pensionistico con le regole antecedenti alla riforma introdotta con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, così come sostenuto da tutte le forze politiche.
9/1637-AR/94Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento ha affrontato questioni reali e condivisibili: da una parte, la necessità di contrastare la povertà e di rendere anche più fluido il mercato del lavoro e più efficace; e, dall'altra, di andare incontro alle tante attese di persone che aspettano la pensione, che la guardano con sempre maggior attesa e anche con qualche fondamento di attesa;
    tuttavia, soprattutto per quanto riguarda l'introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza, molte sono le illogicità e le criticità dell'impianto normativo delineato, anche a seguito dell'esame parlamentare;
    tra le principali criticità si segnala quella relativa alla scala di equivalenza adottata per la definizione dell'entità del beneficio economico riconosciuto ai nuclei familiari che potranno accedere al reddito di cittadinanza;
    come evidenziato da tutti i soggetti auditi dalle competenti Commissioni parlamentari, la scala di equivalenza adottata penalizza i carichi familiari di famiglie numerose. Una scala di equivalenza peggiorativa rispetto a quella prevista ai fini ISEE e adottata per la concessione del ReI, e assai lontana da quella ipotizzata nei progetti di legge presentati da autorevoli esponenti della maggioranza nella passata e in questa Legislatura;
    l'altro grave limite del provvedimento in oggetto è rappresentato dalle disposizioni a favore delle persone con disabilità. Le persone con disabilità non sono da questa misura assolutamente sostenute, così come hanno denunciato le associazioni per la disabilità. Non solo non sono aumentate le pensioni di invalidità, ma di più, nel calcolo dell'ISEE l'assegno d'invalidità viene considerato reddito, in controtendenza rispetto a tutte le sentenze e tutte le leggi che sinora hanno affermato il principio che le considera come una misura compensativa del danno subito e, quindi, da escludersi dal reddito personale e familiare;
    l'articolo 10 del presente provvedimento attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la responsabilità del monitoraggio dell'attuazione del Reddito di cittadinanza, disponendo che il medesimo Dicastero, pubblichi un Rapporto annuale sull'applicazione delle nuove disposizioni,

impegna il Governo:

   ad adottare, già a partire dal primo provvedimento utile e, comunque, a seguito delle risultanze del citato Rapporto annuale:
    a) ogni misura utile a rendere più eque le misure di sostegno del reddito delle famiglie povere e numerose, in linea con quanto delineato con la disciplina del reddito di inclusione;
    b) specifiche disposizioni che escludano le pensioni di invalidità dal calcolo del reddito dei richiedenti il reddito di cittadinanza, nonché una revisione della scala di equivalenza volta a riconoscere il dovuto valore alla presenza di persone con disabilità nel nucleo familiare, a prescindere dal numero dei componenti.
9/1637-AR/95Lepri, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento ha affrontato questioni reali e condivisibili: da una parte, la necessità di contrastare la povertà e di rendere anche più fluido il mercato del lavoro e più efficace; e, dall'altra, di andare incontro alle tante attese di persone che aspettano la pensione, che la guardano con sempre maggior attesa e anche con qualche fondamento di attesa;
    tuttavia, soprattutto per quanto riguarda l'introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza, molte sono le illogicità e le criticità dell'impianto normativo delineato, anche a seguito dell'esame parlamentare;
    tra le principali criticità si segnala quella relativa alla scala di equivalenza adottata per la definizione dell'entità del beneficio economico riconosciuto ai nuclei familiari che potranno accedere al reddito di cittadinanza;
    come evidenziato da tutti i soggetti auditi dalle competenti Commissioni parlamentari, la scala di equivalenza adottata penalizza i carichi familiari di famiglie numerose. Una scala di equivalenza peggiorativa rispetto a quella prevista ai fini ISEE e adottata per la concessione del ReI, e assai lontana da quella ipotizzata nei progetti di legge presentati da autorevoli esponenti della maggioranza nella passata e in questa Legislatura;
    l'altro grave limite del provvedimento in oggetto è rappresentato dalle disposizioni a favore delle persone con disabilità. Le persone con disabilità non sono da questa misura assolutamente sostenute, così come hanno denunciato le associazioni per la disabilità. Non solo non sono aumentate le pensioni di invalidità, ma di più, nel calcolo dell'ISEE l'assegno d'invalidità viene considerato reddito, in controtendenza rispetto a tutte le sentenze e tutte le leggi che sinora hanno affermato il principio che le considera come una misura compensativa del danno subito e, quindi, da escludersi dal reddito personale e familiare;
    l'articolo 10 del presente provvedimento attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la responsabilità del monitoraggio dell'attuazione del Reddito di cittadinanza, disponendo che il medesimo Dicastero, pubblichi un Rapporto annuale sull'applicazione delle nuove disposizioni,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e già a partire dal primo provvedimento utile e, comunque, a seguito delle risultanze del citato Rapporto annuale:
    a) ogni misura utile a rendere più eque le misure di sostegno del reddito delle famiglie povere e numerose, in linea con quanto delineato con la disciplina del reddito di inclusione;
    b) specifiche disposizioni che escludano le pensioni di invalidità dal calcolo del reddito dei richiedenti il reddito di cittadinanza, nonché una revisione della scala di equivalenza volta a riconoscere il dovuto valore alla presenza di persone con disabilità nel nucleo familiare, a prescindere dal numero dei componenti.
9/1637-AR/95. (Testo modificato nel corso della seduta) Lepri, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori;
    tra queste, va ricordato che l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 ha demandato a uno specifico regolamento l'armonizzazione dei requisiti di accesso ai regimi pensionistici e alle gestioni pensionistiche con requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, armonizzazione poi effettuata con il decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 2013, n. 157; con tale decreto sono stati armonizzati i requisiti di accesso del personale viaggiante del trasporto pubblico locale (autisti di bus, macchinisti della metropolitana e dei treni del trasporto pubblico locale) per i quali è previsto un anticipo di cinque anni per l'accesso alla pensione di vecchiaia rispetto al requisito generale obbligatorio;
    al contrario, la formulazione del citato articolo 24, comma 18, all'ultimo periodo ha, tuttavia, disposto l'applicazione del nuovo regime previdenziale previsto in via generale dall'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 anche ai macchinisti e al personale viaggiante dell'ex Fondo pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato, in servizio anche sui treni ad alta velocità, pertanto escludendoli dal suddetto processo di armonizzazione e applicandogli il requisito generale obbligatorio; il trattamento del Fondo speciale permetteva particolari requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia ai lavoratori del settore dei trasporti ferroviari in considerazione della gravosità e peculiarità del lavoro svolto; in virtù del peculiare trattamento pensionistico riconosciuto dalla previgente disciplina questa categoria di lavoratori è stata esclusa dalla normativa previdenziale prevista per gli addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, regolamentati dalla legge 4 novembre 2012, dal decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67 e dal comma 17 del citato articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
    il consistente lavoro di correzione delle diverse antinomie presenti nell'originaria previsione del citato articolo 24 del decreto-legge 201, non è riuscito tuttavia a trovare una soluzione normativa alla peculiare condizione dei macchinisti ferroviari;
    come anche sancito da una recente sentenza della Corte dei conti, detto personale si è visto negare l'accesso al regime previgente alla riforma del dicembre 2011, in ragione di un evidente errore materiale della disposizione di cui all'articolo 24, comma 18, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, nonostante le reiterate segnalazioni ed iniziative parlamentari della passata legislatura volte a porre rimedio a tale formulazione materiale del testo ed alla altrettanto fuorviante applicazione da parte dell'ente previdenziale,

impegna il Governo

ad assumere tempestivamente, per quanto di competenza e previo approfondito confronto con le organizzazioni sindacali, urgenti ed idonee iniziative normative volte ad assicurare un regime previdenziale per i macchinisti ferroviari che tenga conto della gravosità di tale prestazione lavorativa, in coerenza con quanto a suo tempo disposto dalla disciplina previgente il decreto-legge 201 del 2011.
9/1637-AR/96Pizzetti, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori;
    tra queste, va ricordato che l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 ha demandato a uno specifico regolamento l'armonizzazione dei requisiti di accesso ai regimi pensionistici e alle gestioni pensionistiche con requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, armonizzazione poi effettuata con il decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 2013, n. 157; con tale decreto sono stati armonizzati i requisiti di accesso del personale viaggiante del trasporto pubblico locale (autisti di bus, macchinisti della metropolitana e dei treni del trasporto pubblico locale) per i quali è previsto un anticipo di cinque anni per l'accesso alla pensione di vecchiaia rispetto al requisito generale obbligatorio;
    al contrario, la formulazione del citato articolo 24, comma 18, all'ultimo periodo ha, tuttavia, disposto l'applicazione del nuovo regime previdenziale previsto in via generale dall'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 anche ai macchinisti e al personale viaggiante dell'ex Fondo pensioni del personale delle Ferrovie dello Stato, in servizio anche sui treni ad alta velocità, pertanto escludendoli dal suddetto processo di armonizzazione e applicandogli il requisito generale obbligatorio; il trattamento del Fondo speciale permetteva particolari requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia ai lavoratori del settore dei trasporti ferroviari in considerazione della gravosità e peculiarità del lavoro svolto; in virtù del peculiare trattamento pensionistico riconosciuto dalla previgente disciplina questa categoria di lavoratori è stata esclusa dalla normativa previdenziale prevista per gli addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, regolamentati dalla legge 4 novembre 2012, dal decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67 e dal comma 17 del citato articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
    il consistente lavoro di correzione delle diverse antinomie presenti nell'originaria previsione del citato articolo 24 del decreto-legge 201, non è riuscito tuttavia a trovare una soluzione normativa alla peculiare condizione dei macchinisti ferroviari;
    come anche sancito da una recente sentenza della Corte dei conti, detto personale si è visto negare l'accesso al regime previgente alla riforma del dicembre 2011, in ragione di un evidente errore materiale della disposizione di cui all'articolo 24, comma 18, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, nonostante le reiterate segnalazioni ed iniziative parlamentari della passata legislatura volte a porre rimedio a tale formulazione materiale del testo ed alla altrettanto fuorviante applicazione da parte dell'ente previdenziale,

impegna il Governo

ad assumere tempestivamente, nei limiti di finanza pubblica, per quanto di competenza e previo approfondito confronto con le organizzazioni sindacali, urgenti ed idonee iniziative normative volte ad assicurare un regime previdenziale per i macchinisti ferroviari che tenga conto della gravosità di tale prestazione lavorativa, in coerenza con quanto a suo tempo disposto dalla disciplina previgente il decreto-legge 201 del 2011.
9/1637-AR/96. (Testo modificato nel corso della seduta) Pizzetti, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori, oltre ad essere una misura solo sperimentale per il triennio 2019-2021;
    per di più, parte degli oneri conseguenti andranno a gravare sui trattamenti pensionistici in essere di milioni di pensionati italiani;
    infatti, durante l'esame della ultima legge di bilancio, fu inserita una norma che penalizza una vasta platea di pensionati: il comma 260, ha disposto, la piena rivalutazione automatica degli assegni pensionistici solo con riferimento ai trattamenti complessivamente pari o inferiori a 3 volte il trattamento minimo Inps, corrispondenti, quindi a circa 1.520 euro;
    per i trattamenti superiori alla suddetta soglia la rivalutazione sarà progressivamente decurtata: a partire dal 3 per cento per gli assegni fino a 4 volte il minimo, fino ad arrivare al 60 per cento per gli assegni superiori a 9 volte il minimo;
    tale misura, colpendo milioni di pensionati, la maggior parte dei quali in possesso di un assegno pensionistico non superiore ai 2.000/2.500 euro lordi e, quindi, non certo ascrivibili alla categoria dei cosiddetti «pensionati d'oro», sembra operare in palese contraddizione con gli obiettivi indicati dal Governo e rappresenta un ulteriore prova delle sue incongruenze e della sua inaffidabilità,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento utile, al fine di abrogare la suddetta disposizione in materia di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici.
9/1637-AR/97Melilli, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori, oltre ad essere una misura solo sperimentale per il triennio 2019-2021;
    per di più, non affronta minimamente la questione del futuro previdenziale per le giovani generazioni che possa garantire un trattamento economico dignitoso anche durante il godimento dell'assegno pensionistico;
    sembrerebbe opportuno affrontare tale tema attraverso meccanismi che possano conseguire un regime di solidarietà intergenerazionale, che veda prioritariamente la partecipazione della fiscalità generale;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie, non solo non affrontano il tema della previdenza per le giovani generazioni di lavoratori, ma proietta tutto il sistema pensionistico in una prospettiva di incertezza e di insostenibilità finanziaria di lungo termine,

impegna il Governo

ad adottare, sin dal primo provvedimento utile, specifiche misure volte ad assicurare condizioni minime per i futuri trattamenti pensionistici dei giovani lavoratori che dovessero trovarsi con carriere lavorative discontinue e importi pensionistici inferiori a 1,5 volte il trattamento minimo INPS.
9/1637-AR/98Madia, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori, oltre ad essere una misura solo sperimentale per il triennio 2019-2021;
    per di più, non affronta minimamente la questione del futuro previdenziale per le giovani generazioni che possa garantire un trattamento economico dignitoso anche durante il godimento dell'assegno pensionistico;
    sembrerebbe opportuno affrontare tale tema attraverso meccanismi che possano conseguire un regime di solidarietà intergenerazionale, che veda prioritariamente la partecipazione della fiscalità generale;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie, non solo non affrontano il tema della previdenza per le giovani generazioni di lavoratori, ma proietta tutto il sistema pensionistico in una prospettiva di incertezza e di insostenibilità finanziaria di lungo termine,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, nei limiti di finanza pubblica e sin dal primo provvedimento utile, specifiche misure volte ad assicurare condizioni minime per i futuri trattamenti pensionistici dei giovani lavoratori che dovessero trovarsi con carriere lavorative discontinue e importi pensionistici inferiori a 1,5 volte il trattamento minimo INPS.
9/1637-AR/98. (Testo modificato nel corso della seduta) Madia, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100 non può rappresentare una reale possibilità per tante categorie di lavoratori, oltre ad essere una misura solo sperimentale per il triennio 2019-2021;
    tra queste si segnala la situazione dei lavoratori e delle lavoratrici cui vengono applicati contratti di part-time ciclico. Questi lavoratori continuano a subire una ingiustificata penalizzazione sul piano del computo dei periodi contributivi validi per l'accesso al trattamento pensionistico, che perdura nonostante la sentenza della Corte di giustizia europea e i pareri ormai uniformi della magistratura italiana di ogni ordine e grado abbiano accertato i loro diritti e condannato l'INPS a riconoscere l'anzianità contributiva alle lavoratrici ricorrenti nonché a farsi carico delle spese di giudizio;
    anche in occasione dell'esame del presente provvedimento il Governo non ha voluto ascoltare le nostre proposte per correggere tale paradossale ingiustizia;
    addirittura, nella seduta del 2 agosto 2018, fu dato parere favorevole sull'analogo ordine del giorno 9/924-A/33 Lorenzoni, senza che a questo sia seguita una concreta azione normativa volta a dare una risposta alle legittime aspettative di tali lavoratrici e lavoratori,

impegna il Governo

ad adottare, sin dal primo provvedimento utile, specifiche misure volte ad assicurare l'integrale copertura contributiva per tutto l'anno alle lavoratrici e ai lavoratori impiegati con contratti di part-time ciclico, così come stabilito dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale.
9/1637-AR/99Berlinghieri, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame oltre alla misura del reddito di cittadinanza e nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna) prevede ulteriori misure quali la modifica della disciplina sulla governance dell'INPS e dell'INAIL, l'introduzione di incentivi per l'assunzione di beneficiari del Reddito di cittadinanza, il contrasto al gioco illegale, la detassazione del trattamento di fine servizio, la proroga della Cassa integrazione in deroga, assunzioni di personale dell'amministrazione giudiziaria, un incremento delle capacità assunzionali di regioni ed enti locali, un ampliamento della possibilità di ricorso alle graduatorie concorsuali per l'accesso al pubblico impiego, uno stanziamento di risorse per il sostegno al reddito di lavoratori dipendenti dei call center;
    niente però viene disposto per il personale medico e sanitario e per i posti che si renderanno vacanti a fronte della previsione di un esodo del personale medico verso la quiescenza: sono circa 140 mila operatori sanitari dipendenti del Servizio sanitario nazionale che a fine 2018 avevano raggiunto i requisiti per «Quota 100». E di questi oltre 40 mila sono tra i possibili «pensionandi» con il nuovo meccanismo, in particolare si parla di 4.500 medici e 22 mila infermieri;
    tutto ciò mette a rischio l'assistenza, in particolare in quelle regioni sottoposte ai piani di rientro dove le carenze di personale sono già gravi e pesano sui servizi,

impegna il Governo:

   a ridurre costi e tempi delle assunzioni prorogando la validità delle graduatorie concorsuali, almeno sull'ambito regionale, per un periodo di legge non inferiore a tre anni;
   ad assicurare un effettivo ricambio generazionale e una migliore organizzazione del lavoro nell'ambito del sistema sanitario nazionale, per rispondere, in via prioritaria, all'esigenza costituzionale di tutelare la salute all'interno di un sistema pubblico efficiente ed efficace;
   a predisporre tutte le misure economiche e normative necessarie per l'espletamento di nuovi concorsi per l'assunzione di personale nel servizio sanitario nazionale, a fronte, ormai, di una carenza cronica di organico del personale medico e sanitario che sta mettendo a rischio la funzionalità degli stessi servizi essenziali.
9/1637-AR/100Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame oltre alla misura del reddito di cittadinanza e nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna) prevede ulteriori misure quali la modifica della disciplina sulla governance dell'INPS e dell'INAIL, l'introduzione di incentivi per l'assunzione di beneficiari del Reddito di cittadinanza, il contrasto al gioco illegale, la detassazione del trattamento di fine servizio, la proroga della Cassa integrazione in deroga, assunzioni di personale dell'amministrazione giudiziaria, un incremento delle capacità assunzionali di regioni ed enti locali, un ampliamento della possibilità di ricorso alle graduatorie concorsuali per l'accesso al pubblico impiego, uno stanziamento di risorse per il sostegno al reddito di lavoratori dipendenti dei call center;
    niente però viene disposto per il personale medico e sanitario e per i posti che si renderanno vacanti a fronte della previsione di un esodo del personale medico verso la quiescenza: sono circa 140 mila operatori sanitari dipendenti del Servizio sanitario nazionale che a fine 2018 avevano raggiunto i requisiti per «Quota 100». E di questi oltre 40 mila sono tra i possibili «pensionandi» con il nuovo meccanismo, in particolare si parla di 4.500 medici e 22 mila infermieri;
    tutto ciò mette a rischio l'assistenza, in particolare in quelle regioni sottoposte ai piani di rientro dove le carenze di personale sono già gravi e pesano sui servizi,

impegna il Governo

nei limiti di finanza pubblica:
   a ridurre costi e tempi delle assunzioni prorogando la validità delle graduatorie concorsuali, almeno sull'ambito regionale, per un periodo di legge non inferiore a tre anni;
   ad assicurare un effettivo ricambio generazionale e una migliore organizzazione del lavoro nell'ambito del sistema sanitario nazionale, per rispondere, in via prioritaria, all'esigenza costituzionale di tutelare la salute all'interno di un sistema pubblico efficiente ed efficace;
   a predisporre tutte le misure economiche e normative necessarie per l'espletamento di nuovi concorsi per l'assunzione di personale nel servizio sanitario nazionale, a fronte, ormai, di una carenza cronica di organico del personale medico e sanitario che sta mettendo a rischio la funzionalità degli stessi servizi essenziali.
9/1637-AR/100. (Testo modificato nel corso della seduta) Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione e 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare tale misura presta scarsa attenzione alla povertà minorile e a quella giovanile nonostante siano il fenomeno più preoccupante all'interno della diffusione della povertà; bambini e ragazzi costituiscono poco meno di un quarto di tutti i poveri assoluti, a motivo del fatto che la povertà in Italia è particolarmente concentrata nelle famiglie con figli minori;
    una misura di contrasto alla povertà dovrebbe, per tanto, valutare con estrema attenzione i loro bisogni sia per quanto riguarda la parte monetaria sia per quanto riguarda le attività e i servizi di accompagnamento ed integrazione sociale là dove l'impostazione della misura sembra invece andare in direzione opposta;
    la scala di equivalenza adottata non solo è a discapito delle famiglie numerose ma attribuisce un valore doppio ad un adulto rispetto ad una minore (0,4 contro 0,2) ed inoltre cessa di crescere quando il parametro utilizzato arriva a 2,1 (ad esempio due adulti e due minorenni, o tre adulti e un minorenne) mentre la stessa scala utilizzata per calcolare l'Isee non distingue tra adulti e minori ma attribuisce un coefficiente aggiuntivo dello 0,2 alle famiglie con minori;
    inoltre, la misura prevede che una madre con figli sotto i tre anni possa essere esentata dal requisito della disponibilità al lavoro ma non prevede né che a questa madre siano offerti servizi di consulenza e opportunità formative in modo che, una volta che il bambino abbia raggiunto i 4 anni, lei sia eventualmente pronta ad entrare nel mercato del lavoro, né che a lei e al suo bambino possano essere offerti servizi di cura, socializzazione, sostegno alla genitorialità ed ancora da tutti i genitori di bambini dai quattro anni in su ci si aspetta che siano disponibili a lavorare anche a 250 chilometri di distanza senza che ci si preoccupi di chi si occuperà e materialmente educherà questi bambini,

impegna il Governo:

   a riequilibrare le due componenti del beneficio, rimodulando quella a favore del canone di locazione al fine di permette di coprire canoni di locazione più elevati necessari per le famiglie numerose, introducendo, eventualmente, il parametro di equivalenza Isee, partendo anche da un valore più basso per il nucleo composto da una sola persona al fine di favorire il nucleo familiare già nella sua composizione di tre persone;
   a rivedere la scala di equivalenza al fine di renderla più equa nei confronti delle famiglie più numerose, di quelle con minori e di quelle con persone disabili;
   a predisporre misure volte ad una presa in carico effettiva e reale, con percorsi adeguati da parte degli enti locali di tutte quelle famiglie con minori nonché una revisione della normativa della definizione di proposta di lavoro congrua là dove ci siano minori, in particolare in età prescolastica.
9/1637-AR/101Siani, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione e 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare tale misura presta scarsa attenzione alla povertà minorile e a quella giovanile nonostante siano il fenomeno più preoccupante all'interno della diffusione della povertà; bambini e ragazzi costituiscono poco meno di un quarto di tutti i poveri assoluti, a motivo del fatto che la povertà in Italia è particolarmente concentrata nelle famiglie con figli minori;
    una misura di contrasto alla povertà dovrebbe, per tanto, valutare con estrema attenzione i loro bisogni sia per quanto riguarda la parte monetaria sia per quanto riguarda le attività e i servizi di accompagnamento ed integrazione sociale là dove l'impostazione della misura sembra invece andare in direzione opposta;
    la scala di equivalenza adottata non solo è a discapito delle famiglie numerose ma attribuisce un valore doppio ad un adulto rispetto ad una minore (0,4 contro 0,2) ed inoltre cessa di crescere quando il parametro utilizzato arriva a 2,1 (ad esempio due adulti e due minorenni, o tre adulti e un minorenne) mentre la stessa scala utilizzata per calcolare l'Isee non distingue tra adulti e minori ma attribuisce un coefficiente aggiuntivo dello 0,2 alle famiglie con minori;
    inoltre, la misura prevede che una madre con figli sotto i tre anni possa essere esentata dal requisito della disponibilità al lavoro ma non prevede né che a questa madre siano offerti servizi di consulenza e opportunità formative in modo che, una volta che il bambino abbia raggiunto i 4 anni, lei sia eventualmente pronta ad entrare nel mercato del lavoro, né che a lei e al suo bambino possano essere offerti servizi di cura, socializzazione, sostegno alla genitorialità ed ancora da tutti i genitori di bambini dai quattro anni in su ci si aspetta che siano disponibili a lavorare anche a 250 chilometri di distanza senza che ci si preoccupi di chi si occuperà e materialmente educherà questi bambini,

impegna il Governo

   compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di:
   riequilibrare le due componenti del beneficio, rimodulando quella a favore del canone di locazione al fine di permette di coprire canoni di locazione più elevati necessari per le famiglie numerose, introducendo, eventualmente, il parametro di equivalenza Isee, partendo anche da un valore più basso per il nucleo composto da una sola persona al fine di favorire il nucleo familiare già nella sua composizione di tre persone;
   rivedere la scala di equivalenza al fine di renderla più equa nei confronti delle famiglie più numerose, di quelle con minori e di quelle con persone disabili;
   predisporre misure volte ad una presa in carico effettiva e reale, con percorsi adeguati da parte degli enti locali di tutte quelle famiglie con minori nonché una revisione della normativa della definizione di proposta di lavoro congrua là dove ci siano minori, in particolare in età prescolastica.
9/1637-AR/101. (Testo modificato nel corso della seduta) Siani, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione e 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    per quanto riguarda l'impianto della misura la principale criticità consiste nel non prevedere una valutazione preliminare dei bisogni dei nuclei beneficiari da parte dei servizi comunali non permettendo di tener conto così della multidimensionalità della povertà per tutti i beneficiari;
    è necessario che l'analisi preliminare dei nuclei sia effettuata dai servizi sociali comunali, adeguatamente rafforzati al fine di attivare gli interventi necessari a rispondere ai bisogni di tutti i componenti del nucleo (minori, disabili, eccetera);
    i criteri individuati per la convocazione da parte dei Centri per l'impiego, invece che dai servizi comunali, sono esclusivamente basati su requisiti di occupabilità e rischiano per questa ragione di pregiudicare una adeguata valutazione multidimensionale dei bisogni. In particolare, non si tiene conto dei nuclei con minori che dovrebbero in ogni caso essere indirizzati ai servizi comunali al fine di tutelarne maggiormente i bisogni;
    inoltre, il Reddito di Cittadinanza non riconosce ai comuni il ruolo di regia territoriale, ma i compiti loro affidati e gli oneri amministrativi che ne derivano, risultano gravosi. Infatti, seppure i comuni risultino «alleggeriti» degli oneri per l'attivazione dei punti di accesso per la raccolta delle domande, si prevede che la presa in carico e l'attivazione di progetti personalizzati riguarderà un numero maggiore di beneficiari dovuto all'aumento della platea della misura e dai rinvii di beneficiari ai comuni da parte dei CpI,

impegna il Governo:

   ad ampliare attraverso un decreto ministeriale da adottarsi previa intesa in Conferenza unificata la tipologia dei costi finanziabili (attivazione e gestione dei progetti di utilità sociale per tutti i beneficiari, controlli anagrafici su una platea più vasta, rilascio dei documenti anagrafici aggiornati necessari all'accesso alla misura, eccetera) dalle risorse del Fondo Povertà destinate al rafforzamento dei servizi sociali comunali, al fine di coprire anche gli ulteriori oneri amministrativi ed organizzativi che la misura RdC comporta;
   a prevedere un possibile rafforzamento delle progettualità, attraverso interventi di accompagnamento e sostegno, anche a beneficio dei richiedenti assistenza economica esclusi dal Rdc pur trovandosi in condizioni di fragilità economica.
9/1637-AR/102Pini, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Rizzo Nervo, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione e 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    sono quasi 6 milioni di cittadini italiani iscritti all'AIRE (l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero), e altre centinaia di migliaia i nostri connazionali, che anche se non iscritti hanno dimora e domicilio all'estero, dove vivono e lavorano spesso con le loro famiglie di cui il Governo italiano troppo spesso si dimentica della loro esistenza, dei loro problemi e quindi delle loro esigenze e dei loro diritti;
    esempio emblematico di questa dimenticanza è proprio il provvedimento in esame che pone come paletto per richiedere la misura del reddito e della pensione di cittadinanza, che il beneficiario sia residente in Italia da almeno 10 anni di cui gli ultimi due, considerati al momento della presentazione della domanda in modo continuativo;
    tale vincolo, non tutela i nostri connazionali emigrati iscritti all'AIRE, soprattutto i giovani che, per vari motivi, hanno deciso di andarsene all'estero per trovare il lavoro che non hanno trovato in Italia;
    infatti, questi nostri connazionali, se dovessero decidere di rientrare in Italia dopo uno sfortunato tentativo di ricerca di lavoro all'estero, o comunque dopo un'esperienza negativa all'estero non potrebbero usufruire del reddito di cittadinanza, pur avendone diritto, perché, ad esempio, privi di reddito, solo perché non possono far valere il requisito degli ultimi due anni di residenza continuativi in Italia;
    uguale sorte tocca agli anziani emigrati soprattutto nei Paesi dell'America Latina, i quali, rientrando in Italia per motivi economici e umanitari – basti pensare al Venezuela – non possono richiedere la pensione di cittadinanza poiché non hanno il requisito dei due anni continuativi di residenza in Italia al momento della domanda;
    anche la misura del pensionamento anticipato con «quota 100» non può essere fruita dai futuri titolari di pensione in regime internazionale, i quali non potranno cessare il lavoro, come richiesto dalla norma, per il semplice fatto che il misero pro rata italiano non consentirebbe loro di sopravvivere. Sarebbe stato più logico e giusto prevedere l'esclusione dei richiedenti «quota 100» in regime di convenzione e residenti all'estero dal vincolo della cessazione del rapporto di lavoro,

impegna il Governo:

   ad adottare, già a partire dal primo provvedimento utile e, comunque, a seguito delle risultanze del citato Rapporto annuale, ogni misura utile a rendere più eque le misure di sostegno del reddito degli italiani all'estero che si trovino in situazione di disagio economico;
   a rivedere l'applicazione, per gli italiani all'estero iscritti all'Aire i quali dovessero rientrare in Italia, del requisito degli ultimi due anni di residenza in Italia al momento della richiesta della misura del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza, al fine di consentire ai nostri connazionali, che si trovino in difficoltà economiche, di poter accedere a tale misura;
   ad adottare, già dal primo provvedimento utile, tutte le misure economiche e finanziarie necessarie ad aumentare l'importo minimale delle pensioni in convenzione, attualmente di circa 12 euro mensili per ogni anno di contribuzione versata in Italia, al fine di aiutare i nostri pensionati poveri che vivono all'estero.
9/1637-AR/103Schirò, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Siani, Fatuzzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione e 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    durante l’iter di approvazione al Senato è stato approvato l'emendamento cosiddetto «Lodo Lodi» cioè quello che prevede l'obbligo per i cittadini di paesi extra Unione europea di produrre documentazione del Paese di origine tradotta e legalizzata dall'autorità consolare italiana nel predetto Paese, che attesti la composizione del nucleo familiare e la situazione reddituale e patrimoniale nel Paese di origine, dopo l'introduzione del requisito dei 10 anni di residenza e della limitazione ai soli stranieri titolari di permesso di lungo periodo si tratta di una ulteriore misura volta a ridurre a livelli minimi l'accesso degli stranieri al reddito di cittadinanza;
    tale clausola è già stata dichiarata illegittima dal tribunale di Milano nella ordinanza sul caso Lodi, ricordando che:
    tutti i residenti, italiani e stranieri, devono denunciare redditi e patrimoni all'estero e devono comunque inserirli nella Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) che avvia il procedimento per il rilascio dell'ISEE, che costituisce una attestazione pubblica della condizione economica delle persone ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali;
    le possibilità di controllo dello Stato su dette dichiarazioni sono identiche per gli stranieri e per gli italiani (che ben possono possedere immobili o redditi all'estero) e passano necessariamente da doverosi accordi di cooperazione tra gli Stati sullo scambio di informazioni: dunque non vi è motivo per gravare lo straniero (e per di più lo straniero povero) di oneri documentali spesso impossibili o così gravosi da azzerare il beneficio economico richiesto;
    il controllo della ricchezza, per italiani e stranieri, in un mondo globalizzato ove le persone si spostano è un problema serio e complesso, ma non si risolve imponendo oneri irragionevoli alle persone bisognose,

impegna il Governo

a rivedere, anche alla luce della sentenza del tribunale di Milano sopracitata la normativa che impone ai cittadini stranieri la presentazione della documentazione dello stato di provenienza tradotta e legalizzata dall'autorità consolare italiana che attesti la composizione del nucleo familiare e la situazione reddituale nel luogo di nascita per ottenere il beneficio del reddito di cittadinanza o quanto meno a prevedere in via transitoria la sua non applicabilità fino a che non sia definito l'elenco dei Paesi nei quali non sia possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della DSU ai fini Isee.
9/1637-AR/104Rizzo Nervo, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Schirò, Boldrini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione dorma);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT, nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione e 308 mila famiglie, pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità sono trattati in modo meno favorevole di tutti gli altri non solo perché nella scala di equivalenza non viene attribuito nessun valore specifico alla persona con disabilità ma anche perché, al di là delle numerose e reiterate dichiarazioni governative, l'annunciato aumento delle pensioni di invalidità a 780 non c’è stato, anzi le stesse pensioni di invalidità, che ricordiamo ammontano oggi a solo 286 euro mensili, rientrano nel computo per il calcolo dei limiti di reddito familiare previsti per ottenere la misura del reddito di cittadinanza;
    non è certo sufficiente l'aumento della soglia di equivalenza massima da 2,1 a 2,2 con un aumento quindi dello 0,1 pari a 50 euro mensili nel caso in cui nella famiglia ci sia una persona disabile e la composizione del nucleo familiare raggiunga la soglia massima di equivalenza (ad esempio famiglie con almeno quattro componenti maggiorenni o famiglie con almeno tre maggiorenni e due minorenni. Non, però, una famiglia con tre figli, di cui uno disabile) a far dire che le famiglie con disabilità siano state tutelate;
    l'unica vera novità può essere vista nell'accettazione della richiesta che prevede che, in una famiglia in cui ci sono due genitori ultrasessantasettenni, che hanno a carico un figlio con disabilità, possano avere accesso alla pensione di cittadinanza, ma niente è stato previsto per riconoscere il principio base per cui, a parità di reddito, una famiglia che ha un componente con disabilità è più povera;
    anche nello stabilire le distanze dal luogo di residenza entro il quale un'offerta di lavoro deve ritenersi congrua, il provvedimento non ha tenuto in dovuta considerazione la disabilità, in particolare non avendo prestato sufficiente attenzione alle gravi difficoltà e alle esigenze dei genitori di un minore con disabilità, a prescindere dal ruolo di caregiver svolto e dal grado di gravità della disabilità del minore,

impegna il Governo

ferma l'esenzione prevista in generale per i caregiver dei componenti con disabilità grave o non autosufficienza e il trattamento più favorevole stabilito per i nuclei con un componente con disabilità, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disciplina dell'offerta congrua di lavoro che deve essere accettata dal beneficiario del reddito di cittadinanza per non perdere la misura stessa prevedendo che, nel caso in cui nel nucleo familiare vi sia un minore con disabilità, qualsiasi offerta formulata nei confronti dei soggetti che esercitano la potestà genitoriale su tale minore, non sia congrua se eccede la distanza di 30 chilometri dalla residenza, al fine di tutelare ulteriormente i minori con disabilità che hanno la stretta necessità di una presenza più assidua, intensa e costante dei genitori, anche a prescindere dal solo carico di cura e assistenza.
9/1637-AR/105Noja, Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione dorma);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT, nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione e 308 mila famiglie, pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità sono trattati in modo meno favorevole di tutti gli altri non solo perché nella scala di equivalenza non viene attribuito nessun valore specifico alla persona con disabilità ma anche perché, al di là delle numerose e reiterate dichiarazioni governative, l'annunciato aumento delle pensioni di invalidità a 780 non c’è stato, anzi le stesse pensioni di invalidità, che ricordiamo ammontano oggi a solo 286 euro mensili, rientrano nel computo per il calcolo dei limiti di reddito familiare previsti per ottenere la misura del reddito di cittadinanza;
    non è certo sufficiente l'aumento della soglia di equivalenza massima da 2,1 a 2,2 con un aumento quindi dello 0,1 pari a 50 euro mensili nel caso in cui nella famiglia ci sia una persona disabile e la composizione del nucleo familiare raggiunga la soglia massima di equivalenza (ad esempio famiglie con almeno quattro componenti maggiorenni o famiglie con almeno tre maggiorenni e due minorenni. Non, però, una famiglia con tre figli, di cui uno disabile) a far dire che le famiglie con disabilità siano state tutelate;
    l'unica vera novità può essere vista nell'accettazione della richiesta che prevede che, in una famiglia in cui ci sono due genitori ultrasessantasettenni, che hanno a carico un figlio con disabilità, possano avere accesso alla pensione di cittadinanza, ma niente è stato previsto per riconoscere il principio base per cui, a parità di reddito, una famiglia che ha un componente con disabilità è più povera;
    anche nello stabilire le distanze dal luogo di residenza entro il quale un'offerta di lavoro deve ritenersi congrua, il provvedimento non ha tenuto in dovuta considerazione la disabilità, in particolare non avendo prestato sufficiente attenzione alle gravi difficoltà e alle esigenze dei genitori di un minore con disabilità, a prescindere dal ruolo di caregiver svolto e dal grado di gravità della disabilità del minore,

impegna il Governo

ferma l'esenzione prevista in generale per i caregiver dei componenti con disabilità grave o non autosufficienza e il trattamento più favorevole stabilito per i nuclei con un componente con disabilità, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disciplina dell'offerta congrua di lavoro che deve essere accettata dal beneficiario del reddito di cittadinanza per non perdere la misura stessa prevedendo che, nel caso in cui nel nucleo familiare vi sia un minore con disabilità, qualsiasi offerta formulata nei confronti dei soggetti che esercitano la potestà genitoriale su tale minore, non sia congrua se eccede la distanza di 30 chilometri dalla residenza, al fine di tutelare ulteriormente i minori con disabilità che hanno la stretta necessità di una presenza più assidua, intensa e costante dei genitori, anche a prescindere dal solo carico di cura e assistenza.
9/1637-AR/105. (Testo modificato nel corso della seduta) Noja, Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    il comma 2 dell'articolo 8, prevede l'avvio di un Patto di formazione con il quale garantire al beneficiario del reddito di cittadinanza un percorso formativo o di riqualificazione professionale, anche mediante il coinvolgimento di università ed enti pubblici di ricerca;
    per la suddetta formazione non sono previste risorse, ma l'avvio sarà «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, utilizzando a tal fine, le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente»,

impegna il Governo

ad individuare risorse economiche necessarie a garantire al beneficiario del reddito di cittadinanza un percorso formativo o di riqualificazione professionale.
9/1637-AR/106Ascani, Piccoli Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Prestipino, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    il comma 2 dell'articolo 8, prevede l'avvio di un Patto di formazione con il quale garantire al beneficiario del reddito di cittadinanza un percorso formativo o di riqualificazione professionale, anche mediante il coinvolgimento di università ed enti pubblici di ricerca;
    per la suddetta formazione non sono previste risorse, ma l'avvio sarà «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, utilizzando a tal fine, le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare, nei limiti di finanza pubblica, risorse economiche necessarie a garantire al beneficiario del reddito di cittadinanza un percorso formativo o di riqualificazione professionale.
9/1637-AR/106. (Testo modificato nel corso della seduta) Ascani, Piccoli Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Prestipino, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 2, riconosce ai nuclei familiari in possesso di determinati requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza (Rdc) e alla Pensione di cittadinanza, con alcune espresse e limitate esclusioni;
    il beneficio può essere richiesto dai cittadini italiani e da una serie di altri soggetti (cittadini di Paesi dell'Unione europea o di Paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l'Italia o di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno dell'Unione europea di lungo periodo), a condizione che al momento della domanda concorrano cumulativamente diversi requisiti;
    con riferimento specifico al criterio della residenza, il componente richiedente il beneficio deve essere in modo cumulativo residente in Italia da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo;
    secondo quanto stabilito dal decreto-legge che siamo chiamati a convertire i cittadini italiani che, essendosi recati all'estero, anche in maniera non definitiva, ed avendo correttamente effettuato l'iscrizione all'Aire, possono dunque risultare esclusi dall'accesso a tale prestazione;
    chi attualmente si trova – ovvero negli ultimi 2 anni in particolare – all'estero e perde il posto di lavoro o chi decide di rientrare in Italia per altre ragioni, non rispetta il requisito della residenza così come fissato;
    secondo i dati ISTAT e della Fondazione Migrantes, a risultare potenzialmente esclusi dal beneficio unicamente a causa del criterio della residenza sarebbero centinaia di migliaia di italiani, i quali si sono recati all'estero negli ultimi anni anche solo per brevi esperienze formative o di lavoro, ma hanno infine deciso di far ritorno in Italia;
    quello della residenza risulta essere un requisito che appare iniquo e che solleva dei rilievi di incostituzionalità; si pensi inoltre ai connazionali che stanno lasciando zone di crisi del Sud America, come il Venezuela, con la speranza di trovare accoglienza nel Paese di origine, ma che non potranno beneficiare di questo strumento di sostegno al reddito;
    nei previsti patti per il lavoro tra i disoccupati richiedenti il reddito di cittadinanza e i centri per l'impiego, non si fa poi alcuna menzione a impegni sull'informazione, l'orientamento e la formazione professionale delle centinaia di migliaia di giovani che, non trovando lavoro in Italia, sono costretti ogni anno a recarsi all'estero, senza alcuna forma di tutela o accompagnamento;
    nel presente decreto-legge si prevede, da ultimo, all'articolo 20, comma 6, una modifica agevolativa della disciplina del riscatto dei corsi di studio universitario, relativamente ai periodi da valutare con il sistema contributivo, tale per cui si può optare per un calcolo dell'onere del riscatto secondo uno specifico meccanismo di favore; non si innova, altresì, la vigente disciplina relativa al riscatto della laurea per i cittadini italiani hanno conseguito il titolo all'estero,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre una deroga al criterio della residenza di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), finalizzata a consentire l'accesso al Reddito di cittadinanza anche agli italiani iscritti all'AIRE che sono rientrati in Italia ovvero che desiderano di far ritorno nel nostro Paese, e di garantire che il riscatto agevolato dei corsi di studio universitario ai fini previdenziali come previsto dall'articolo 20, comma 4, trovi un'efficace applicazione anche nei confronti dei cittadini italiani hanno conseguito il titolo all'estero.
9/1637-AR/107Ungaro, Schirò, Carè, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    che tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero della salute eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/108Sensi.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/109Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero dell'interno eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/110Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    che tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo Tesarne parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero Difesa eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/111Pagani.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    che tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero Economia e Finanze eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/112Losacco.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    che tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero Sviluppo Economico eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/113Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    che tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/114Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    che tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 7-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero Infrastrutture e trasporti eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/115Gariglio.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, le misure sulla cosiddetta quota 100 produrranno notevoli effetti sulla funzionalità di molte amministrazioni statali, soprattutto alla luce del contestuale blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici fino al 15 novembre prossimo, previsto dalla legge di bilancio;
    che tali preoccupazioni fossero fondate è dimostrato dalle diverse disposizioni contenute dal provvedimento in oggetto, dopo l'esame parlamentare, volte a prefigurare specifiche deroghe assunzionali per alcuni ambiti dell'amministrazione statale;
    al riguardo si considerino le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 1-bis, 10-bis e 10-octies relativi rispettivamente alle facoltà assunzionali nel comparto della scuola, del personale degli uffici giudiziari e del personale degli uffici preposti alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale;
    ai fini della buona amministrazione degli uffici statali, è di tutta evidenza che tali deroghe non possono considerarsi esaustive,

impegna il Governo

a monitorare costantemente gli effetti sugli organici delle diverse amministrazioni statali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni in materia di pensionamento anticipato, con particolare riguardo alle esigenze dell'amministrazione del Ministero Istruzione, Università e Ricerca eventualmente, adottando ogni misura utile al fine di porre rimedio ai suddetti effetti.
9/1637-AR/116Piccoli Nardelli.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per operai industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici.
9/1637-AR/117Cantini.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, entro i limiti di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per operai industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici.
9/1637-AR/117. (Testo modificato nel corso della seduta) Cantini.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni.
9/1637-AR/118Cardinale.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, entro i limiti di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni.
9/1637-AR/118. (Testo modificato nel corso della seduta) Cardinale.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per conciatori di pelli e di pellicce.
9/1637-AR/119Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, entro i limiti di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per conciatori di pelli e di pellicce.
9/1637-AR/119. (Testo modificato nel corso della seduta) Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante.
9/1637-AR/120Ciampi.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, entro i limiti di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante.
9/1637-AR/120. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciampi.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per professioni sanitarie.
9/1637-AR/121Critelli.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, entro i limiti di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per professioni sanitarie.
9/1637-AR/121. (Testo modificato nel corso della seduta) Critelli.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per addetti all'assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza.
9/1637-AR/122De Luca.


   La Camera,
   premesso che:
    come da più parti segnalato, per quanto riguarda le misure volte a favorire una riduzione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, la soluzione della cosiddetta quota 100, fissando i requisiti anagrafici e contributivi in maniera indistinta rispetto al tipo di attività lavorativa, finisce per offrire la medesima facoltà a fronte di condizioni materiali differenti;
    a differenza di quanto disposto con le misure di flessibilità selettiva approvate nel corso della scorsa legislatura, la citata misura, per quanto sperimentale, rischia di produrre effetti non perfettamente equilibrati in termini di equità;
    come è ormai appurato da diverse ricerche sociologiche e demografiche, le aspettative di vita dei lavoratori risultano fortemente differenziate e condizionate dal tipo di attività svolto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, entro i limiti di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare, sin dal prossimo provvedimento utile, le opportune misure volte a riconoscere, almeno a decorrere dalla fase sperimentale dell'applicazione di quota 100, un regime di favore per quanto riguarda il requisito anagrafico per addetti all'assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza.
9/1637-AR/122. (Testo modificato nel corso della seduta) De Luca.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cd. Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità sono trattati in modo meno favorevole di tutti gli altri non solo perché nella scala di equivalenza non viene attribuito nessun valore alla persona con disabilità ma anche perché, al di là delle numerose dichiarazioni governative, non solo non si sono aumentate le pensioni di invalidità ma queste sono entrate nel calcolo della soglia reddituale per percepire il RdC;
    con l'emendamento del Governo approvato durante i lavori in commissione si eleva la soglia di equivalenza massima da 2,1 a 2,2, con un aumento quindi dello 0,1 pari a 50 euro mensili nel caso in cui nella famiglia ci sia una persona disabile e la composizione del nucleo familiare raggiunga la soglia massima di equivalenza (ad esempio famiglie con almeno quattro componenti e con disabile a carico) deludendo così le legittime aspettative delle persone disabili e delle loro famiglie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere dal calcolo del reddito familiare ogni trattamento assistenziale, comprese le pensioni di invalidità, per altro già escluse dal computo dell'ISEE, per richiedere il beneficio del reddito di cittadinanza o della pensione di cittadinanza al fine di dare maggiore equità alla misura evitando non solo che i nuclei familiari ove siano presenti persone con disabilità vengano trattate meno favorevolmente ma anche così ogni possibile contenzioso.
9/1637-AR/123Rotta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cd. Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità sono trattati in modo meno favorevole di tutti gli altri non solo perché nella scala di equivalenza non viene attribuito nessun valore alla persona con disabilità ma anche perché, al di là delle numerose dichiarazioni governative, non solo non si sono aumentate le pensioni di invalidità ma queste sono entrate nel calcolo della soglia reddituale per percepire il RdC;
    con l'emendamento del Governo approvato durante i lavori in commissione si eleva la soglia di equivalenza massima da 2,1 a 2,2, con un aumento quindi dello 0,1 pari a 50 euro mensili nel caso in cui nella famiglia ci sia una persona disabile e la composizione del nucleo familiare raggiunga la soglia massima di equivalenza (ad esempio famiglie con almeno quattro componenti e con disabile a carico) deludendo così le legittime aspettative delle persone disabili e delle loro famiglie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere dal calcolo del reddito familiare ogni trattamento assistenziale, comprese le pensioni di invalidità, per altro già escluse dal computo dell'ISEE, per richiedere il beneficio del reddito di cittadinanza o della pensione di cittadinanza al fine di dare maggiore equità alla misura evitando non solo che i nuclei familiari ove siano presenti persone con disabilità vengano trattate meno favorevolmente ma anche così ogni possibile contenzioso.
9/1637-AR/123. (Testo modificato nel corso della seduta) Rotta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cd. Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità sono trattati in modo meno favorevole di tutti gli altri non solo perché nella scala di equivalenza non viene attribuito nessun valore alla persona con disabilità ma anche perché, al di là delle numerose dichiarazioni governative, non solo non si sono aumentate le pensioni di invalidità ma queste sono entrate nel calcolo della soglia reddituale per percepire il RdC;
    con l'emendamento del Governo approvato durante i lavori in commissione si eleva la soglia di equivalenza massima da 2,1 a 2,2, con un aumento quindi dello 0,1 pari a 50 euro mensili nel caso in cui nella famiglia ci sia una persona disabile e la composizione del nucleo familiare raggiunga la soglia massima di equivalenza (ad esempio famiglie con almeno quattro componenti e con disabile a carico) deludendo così le legittime aspettative delle persone disabili e delle loro famiglie,

impegna il Governo

nel primo provvedimento ad individuare le risorse economiche necessarie per attuare, con la cooperazione dei soggetti istituzionali competenti e utilizzando tutti gli strumenti previsti dalla normativa di settore, la revisione e l'incremento della prestazione per la pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 oggi pari a solo 285 euro mensili.
9/1637-AR/124Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cd. Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità sono trattati in modo meno favorevole di tutti gli altri non solo perché nella scala di equivalenza non viene attribuito nessun valore alla persona con disabilità ma anche perché, al di là delle numerose dichiarazioni governative, non solo non si sono aumentate le pensioni di invalidità ma queste sono entrate nel calcolo della soglia reddituale per percepire il RdC;
    con l'emendamento del Governo approvato durante i lavori in commissione si eleva la soglia di equivalenza massima da 2,1 a 2,2, con un aumento quindi dello 0,1 pari a 50 euro mensili nel caso in cui nella famiglia ci sia una persona disabile e la composizione del nucleo familiare raggiunga la soglia massima di equivalenza (ad esempio famiglie con almeno quattro componenti e con disabile a carico) deludendo così le legittime aspettative delle persone disabili e delle loro famiglie,

impegna il Governo

nel primo provvedimento ad individuare, entro i limiti di finanza pubblica, le risorse economiche necessarie per attuare, con la cooperazione dei soggetti istituzionali competenti e utilizzando tutti gli strumenti previsti dalla normativa di settore, la revisione e l'incremento della prestazione per la pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 oggi pari a solo 285 euro mensili.
9/1637-AR/124. (Testo modificato nel corso della seduta) Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in merito all'introduzione della misura del Reddito e della Pensione di cittadinanza, nonché alla disciplina relativa al pensionamento anticipato, attraverso l'introduzione di nuovi istituti (come la cd. Quota 100), la proroga di altri già esistenti (APE sociale e Opzione donna);
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    in particolare i nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità sono trattati in modo meno favorevole di tutti gli altri non solo perché nella scala di equivalenza non viene attribuito nessun valore alla persona con disabilità ma anche perché, al di là delle numerose dichiarazioni governative, non solo non si sono aumentate le pensioni di invalidità ma queste sono entrate nel calcolo della soglia reddituale per percepire il RdC;
    con l'emendamento del Governo approvato durante i lavori in commissione si eleva la soglia di equivalenza massima da 2,1 a 2,2, con un aumento quindi dello 0,1 pari a 50 euro mensili nel caso in cui nella famiglia ci sia una persona disabile e la composizione del nucleo familiare raggiunga la soglia massima di equivalenza (ad esempio famiglie con almeno quattro componenti e con disabile a carico) deludendo così le legittime aspettative delle persone disabili e delle loro famiglie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a revisionare la scala di equivalenza non solo inserendo una percentuale distinta anche per la persona con disabilità riconoscendoli così il dovuto valore e il dovuto peso ma anche innalzando la soglia finale visto che, per le particolari esigenze di un nucleo familiare con persone disabili, questi, a parità di reddito sono sicuramente più poveri.
9/1637-AR/125Prestipino, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

nel primo provvedimento utile ad individuare le risorse economiche necessarie ad indire procedure concorsuali riservate per la stabilizzazione di tutto il personale a tempo determinato e con contratto di collaborazione presente attualmente in Anpal servizi.
9/1637-AR/126Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizioni in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere l'attuale disciplina relativa all'abolizione dell'erogazione dell'assegno di ricollocazione per i percettori di Naspi, individuando anche eventuali risorse aggiuntive per aumentare l'importo nel caso si fornisca assistenza per l'inserimento lavorativo di persone con disabilità.
9/1637-AR/127Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a valutare, entro i limiti di finanza pubblica, gli effetti applicativi della disposizioni in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere l'attuale disciplina relativa all'abolizione dell'erogazione dell'assegno di ricollocazione per i percettori di Naspi, individuando anche eventuali risorse aggiuntive per aumentare l'importo nel caso si fornisca assistenza per l'inserimento lavorativo di persone con disabilità.
9/1637-AR/127. (Testo modificato nel corso della seduta) Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a predisporre tutte le misure necessarie affinché nel passaggio dal Rei al Rdc, non si vanifichino i processi di avviamento e di rafforzamento della rete del welfare locale per il contrasto alla povertà che con grande fatica sono stati avviati nei territori e che solo ora stanno iniziando a produrre i primi risultati.
9/1637-AR/128De Maria.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare, già a partire dal primo provvedimento utile e, comunque, a seguito delle risultanze del citato Rapporto annuale una revisione completa della disciplina dell'offerta congrua, in particolare per quanto attiene all'ammontare della retribuzione, allineandola alla normativa già prevista per i percettori di altri ammortizzatori sociali al fine di tenere conto dei salari percepiti da lavoratrici e lavoratori impegnati in alcuni settori, come ad esempio quello degli appalti di alcuni servizi.
9/1637-AR/129Anzaldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una revisione della disciplina dell'erogazione della misura del RdC con esclusione della suddivisione del beneficio economico nei confronti di colui che, appartenente al medesimo nucleo familiare, sia stato oggetto di un ordine di protezione contro gli abusi familiari al fine anche di tutelare la situazione economica della vittima vulnerabile e del suo nucleo familiare.
9/1637-AR/130Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una revisione della disciplina dell'erogazione della misura del RdC con esclusione della suddivisione del beneficio economico nei confronti di colui che, appartenente al medesimo nucleo familiare, sia stato oggetto di un ordine di protezione contro gli abusi familiari al fine anche di tutelare la situazione economica della vittima vulnerabile e del suo nucleo familiare.
9/1637-AR/130. (Testo modificato nel corso della seduta) Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disciplina della presa in carico prevedendo che nuclei familiari beneficiari del Rdc con figli di età minore di 18 anni abbiano accesso, in prima istanza, alla valutazione multidimensionale e al percorso di accompagnamento all'inclusione sociale.
9/1637-AR/131Buratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame istituisce il Reddito di cittadinanza sia come misura di contrasto alla povertà che come misura di politica attiva del lavoro con la quale, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, più volte, ha dichiarato che, in Italia, sarebbe stata sconfitta la povertà;
    secondo l'ISTAT, in Italia ci sono 1 milione e 778 mila famiglie pari ad oltre 5 milioni individui che vivono in condizioni di povertà assoluta, dato più alto dal 2005 (primo anno di rilevazione della povertà assoluta) in termini sia di famiglie che di singoli individui;
    sempre secondo le stime ISTAT nell'ipotesi di un tasso di utilizzo del provvedimento pari all'85 per cento del totale teorico delle famiglie potenzialmente beneficiare, il RdC potrebbe interessare un milione 308 mila famiglie pari a due milioni e 706 mila individui;
    tale misura non può certo essere inserita tra i livelli essenziali garantiti ed esigibili poiché i diritti del RdC sono garantiti solo e soltanto nei limiti delle risorse disponibili;
    la povertà sociale e la povertà di reddito vanno distinte, poiché la prima si combatte con la presa in carico, multidimensionale da parte dei servizi per la povertà degli enti territoriali, con la collaborazione del territorio e della comunità là dove la povertà di reddito si combatte con gli investimenti e con la creazione di posti di lavoro;
    i criteri per l'erogazione del beneficio colpiscono le famiglie più povere e più bisognose. Il vincolo dei dieci anni di residenza, due dei quali consecutivi, colpisce una platea di 300.000 persone, che hanno la sola colpa di essere famiglie straniere, pur regolari; si colpiscono 30.000 persone senza fissa dimora; si colpiscono gli italiani residenti all'estero, che tornando in Italia, in caso di bisogno non potranno accedere ad alcun beneficio;
    la scala di equivalenza risulta essere iniqua, ridotta sia rispetto a quella dell'Isee, sia a quella del REI, nonché penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose (un minore vale 0,2 un adulto 0,4, niente in più per una persona disabile) fino ad un massimo di 2,1 o di 2,2 se nel nucleo c’è una persona disabile mentre il Rei arrivava a 2,4;
    il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura e non è modulato all'aumentare del numero dei componenti la famiglia come se una famiglia più numerosa non necessitasse di maggior spazio per poter vivere dignitosamente;
    inoltre, nonostante i numerosi proclami, non solo non si aumentano le pensioni di invalidità, ma queste sono calcolate nel computo per la soglia reddituale anche se sul meccanismo analogo di calcolo dell'Isee la Sezione IV del Consiglio di Stato con ben tre sentenze ha stabilito l'esclusione dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» e quindi, pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);
    il sussidio economico è calcolato in base a una scala di equivalenza penalizzante per le persone disabili e per le famiglie numerose, in particolare per quelle con minori là dove i dati Istat e degli istituti di ricerca attestano che più di un milione di minori sono in povertà;
    infine, in seguito all'accordo con le Regioni si provvede all'assunzione di 3.000 «navigator», cioè di 3.000 persone, numero dimezzato rispetto alla previsione iniziale che con un contratto di collaborazione, quindi a loro volta precari, dovranno guidare, in stretta connessione con i centri per l'impiego, i beneficiari del reddito di cittadinanza all'inserimento nel mercato del lavoro;
    nella stessa Anpal ci sono 654 operatori precari che da un anno chiedono la stabilizzazione dei loro posti di lavoro prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disciplina della presa in carico prevedendo che nuclei familiari beneficiari del Rdc con figli di età minore di 18 anni abbiano accesso, in prima istanza, alla valutazione multidimensionale e al percorso di accompagnamento all'inclusione sociale.
9/1637-AR/131. (Testo modificato nel corso della seduta) Buratti.


   La Camera,
   premesso che:
    le organizzazioni sindacali da tempo hanno lanciato unitariamente un grave allarme relativo all'Arsenale e per gli Enti che gravitano intorno alla base navale;
    nonostante gli annunci il rischio è una grave fase di stallo e di indebolimento del comparto;
    attualmente in Arsenale lavorano 639 addetti con una dotazione organica teorica di 735 unità;
    l'età media è compresa tra i 57 e i 62 anni;
    al previsto blocco delle assunzioni si aggiunge ora l'effetto della introduzione della cosiddetta «quota cento» che provocherà la fuoriuscita di ulteriori unità lavorative;
    complessivamente tra pensionamenti previsti nel triennio 2019/20121 e l'applicazione di quota 100 secondo le organizzazioni sindacali saranno ben 170 le unità lavorative che verranno meno;
    il risultato finale rischia di essere un dimezzamento delle unità in servizio pregiudicando la funzionalità dell'importante base militare;
    ad oggi il Governo ha disatteso tutti gli impegni assunti per il rilancio dell'Arsenale,

impegna il Governo

considerati gli effetti della previsione normativa di «quota cento» di cui al presente provvedimento a provvedere in tempi rapidi misure finalizzate a sbloccare le nuove assunzioni per l'Arsenale di La Spezia assicurando adeguati investimenti per un polo strategico per la difesa italiana e per l'economia del territorio.
9/1637-AR/132Paita, Gagliardi.


   La Camera,
   premesso che:
    con i decreti Legislativi 30 giugno 1994. n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103 si avvia la privatizzazione degli Enti di Previdenza ed Assistenza dei Liberi Professionisti, attuazione dei propositi inseriti nella legge finanziaria del 1994, con le quali il Governo Ciampi si proponeva di attuare un riordino degli istituti e dei regimi previdenziali e assistenziali allora esistenti;
    tali enti svolgono la funzione di assicurare prestazioni pensionistiche di secondo livello che, correlate allo standard di reddito percepito nella vita attiva professionale, dovrebbero essere di maggior favore;
    nel giugno del 1994 suddetti Enti si consociano nell'Associazione degli Enti Previdenziali Privati – AdEPP –, struttura che oggi conta l'adesione di 19 Casse di previdenza privata e rappresenta oltre 1.5 milioni di professionisti. Soggetto non riconosciuto che si pone l'obiettivo di approssimare l'autonomia privata degli Enti stessi con la funzione pubblica esercitata;
    che l'insieme degli Enti associati all'Adepp vede al suo interno tra personale dirigente, personale amministrativo, personale tecnico, circa duemila ottocento impiegati.
    Premesso che:
    Il Quadro di Sintesi presentato dalla Covip nel mese di Ottobre 2018 segna una crescita delle attività totali delle Casse, dal 2011 al 2017, pari a complessivamente a +53,2 per cento, da 55,7 a 85,3 miliardi di euro.
    Alla fine del 2017, Fattivo delle Casse ammonta a 85,3 miliardi di euro, con un aumento rispetto al 2016 di 5,3 miliardi (+6,6 per cento).
    Gli Enti di Previdenza privati sono sottoposti al controllo dei Ministeri vigilanti – Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell'economia e delle finanze –, della Corte dei Conti, della Commissione parlamentare bicamerale di controllo sugli organismi gestori della previdenza obbligatoria, nonché per effetti del decreto-legge 98/2011, anche al controllo sulla gestione delle risorse finanziarie da parte della Covip.
    Il CCNL del Personale dipendente è, ad oggi, in regime di prorogatio,

impegna il Governo

ad avviare una verifica del dettato normativo istituente il comparto della Previdenza Privata e a valutare le possibili iniziative volte a favorire una prossima apertura del negoziato tra l'Associazione degli Enti Previdenziali Privatizzati e le Organizzazioni Sindacali al fine di giungere quanto prima ad un nuovo testo contrattuale capace di adeguare le esigenze delle parti contraenti ad un contesto lavorativo e organizzativo profondamente mutato, dopo vent'anni dalla prima applicazione.
9/1637-AR/133Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene, all'articolo 27, disposizioni in materia di giochi; il 4 luglio 2017 è stato firmato a Roma da parte dell'Agenzia delle dogane e dei Monopoli un protocollo d'intesa con i regolatori di Francia, Spagna e Portogallo per la costituzione di un «mercato unico» del poker on line, la cosiddetta «liquidità internazionale condivisa»;
    tale iniziativa ha trovato seguito applicativo negli Stati suddetti ma non in Italia. A detta degli operatori internazionali di poker on line, l'accordo ha determinato un rilancio importante di tale offerta di gioco poiché sono aumentati in misura significativa i montepremi massimi e la raccolta;
    secondo notizie di stampa uno dei principali operatori internazionali, intervenendo al salone del gaming «Ice VOX» di Londra, avrebbe raccontato gli effetti della liquidità condivisa in questo modo: «più giorni di attività, più giocatori unici ogni trimestre, più depositi netti»;
    l'attuazione in Italia della «liquidità internazionale condivisa» sul poker on line determinerebbe un effetto un effetto dirompente per i giocatori nazionali, abituati a piattaforme on line di concessionari italiani che offrono un gioco meno rischioso e con puntate più basse;
    tale eventuale offerta aumenterebbe il rischio di dipendenza di dipendenza da gioco d'azzardo per i clienti ed avrebbe un effetto negativo per la raccolta degli operatori nazionali con impatto negativo sul gettito e sull'occupazione di settore;
    la «liquidità internazionale condivisa» andrebbe palesemente contro le linee guida antiriciclaggio in materia di gioco legale appena varate dall'Agenzia delle dogane e dei Monopoli ed estremamente stringenti anche sulla rete fisica oltre sul gioco a distanza;
    l'attuazione dell'Accordo del 6 luglio 2017 sarebbe un atto politico palesemente in contrasto con le scelte del legislatore che negli ultimi mesi ha varato più provvedimenti finalizzati alla protezione del giocatore, della salute, alla riduzione dell'offerta, alla lotta al gioco illegale e al riciclaggio,

impegna il Governo

a dare mandato all'Agenzia delle dogane e dei monopoli di non attuare l'Accordo firmato in data 4 luglio 2017 con i regolatori di Francia, Spagna e Portogallo relativamente alla «liquidità internazionale condivisa» e di rescindere unilateralmente e formalmente lo stesso nei tempi più brevi possibile.
9/1637-AR/134Cortelazzo, Bond, Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento sottoposto al nostro esame ha introdotto, in via sperimentale, per il periodo 2019-2021 – una nuova fattispecie di conseguimento del trattamento pensionistico, in alternativa alla pensione di vecchiaia per la quale, attualmente, trova applicazione un requisito anagrafico di 67 anni, in aggiunta alle ipotesi già vigenti per le quali l'ordinamento riconosca il diritto alla pensione anticipata;
    in questo contesto gli enti previdenziali privati di cui al decreto legislativo 509/1994 e al decreto legislativo 103/96 dovrebbero poter gestire in maniera più autonoma ed incisiva le loro scelte in materia di «welfare integrato» a favore e tutela dei loro iscritti anche in considerazione di fattori concomitanti quali l'invecchiamento della platea degli iscritti, i cali di reddito dei liberi professionisti e le continue e radicali trasformazioni del mercato del lavoro;
    si ricorda che gli enti previdenziali privati di cui al decreto legislativo 509/1994 e al decreto legislativo 103/96 non beneficiano di alcun trasferimento e, o, finanziamento pubblico, e non godono di alcuna garanzia da parte dello Stato, per quanto attiene a un'eventuale situazione di disavanzo, essendo, anzi, previsto il ricorso alla liquidazione coatta amministrativa laddove sia impossibile ripristinare l'originario equilibrio economico-finanziario. Pertanto norme che introducono sanatorie o cancellazione dei crediti delle casse producono un danno importante, sia per le casse che avranno così minori entrate, sia per i singoli che, in base ai regolamenti, non potranno utilizzare gli anni «cancellati». In tale contesto occorrerebbe, sempre rinviare ai regolamenti delle singole Casse, aventi oggi sistemi e regole specifiche;
    quindi sono i contributi privati degli iscritti alle casse che garantiscono loro la pensione, e lo Stato non dovrebbe intervenire con esplicito divieto di legge, poiché i liberi professionisti che non versano i contributi per il numero preciso di anni previsti dalla legge, perdono contributi e diritto alla pensione, a differenza di quanto accade nel settore dei lavoratori dipendenti;
    in merito, le Casse hanno autonomia regolamentare nell'ambito dell'autosufficienza finanziaria e al contempo devono rispettare il vincolo della sostenibilità a 50 anni, tenendo conto dell'andamento demografico professionale delle proprie platee di riferimento. Inoltre, «agli enti stessi non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali» (decreto legislativo 509/1994). Pertanto, non si potrebbero imporre riforme in materia di previdenza ex lege dall'esterno, ma prevedere e autorizzare le singole Casse all'introduzione di strumenti di flessibilità pensionistica attraverso propri regolamenti, così da poter tener in conto i dati rilevabili dai propri bilanci tecnici;
    la normativa dovrebbe essere quindi armonizzata con quella introdotta dall'ultima legge di bilancio, la quale è stata approvata pur senza aver adeguato i regolamenti detti e senza aver svolto un'analisi di impatto sui bilanci tecnici. Mancanza a che rischia di far rimanere inattuata la normativa approvata con la legge di bilancio stessa;
    ci si riferisce al così detto saldo e stralcio in base al quale i lavoratori autonomi e i liberi professionisti possono versare i contributi previdenziali omessi negli anni in misura ridotta, solo nel caso in cui versino in una condizione di difficoltà economica,

impegna il Governo

ad adottare, con il primo provvedimento ritenuto utile, le opportune modifiche normative per consentire alla Casse in questione la possibilità di gestire con maggiore autonoma ed incisività le scelte in materia di welfare integrato a favore e a tutela dei propri iscritti e a modificare, altresì, il comma 185 dell'articolo 1 della legge 145/2018 consentendo un adeguamento dei regolamenti e l'analisi di impatto sui bilanci tecnici, per riconoscere alle casse previdenziali private la possibilità di verificare l'impatto della normativa stessa, ribadendo che né il decreto-legge 8 gennaio 2019, n. 4 né il progetto di legge di conversione in legge dispongono nel senso qui proposto.
9/1637-AR/135Pentangelo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    all'articolo 12, al fine di rafforzare le politiche attive del lavoro, è prevista l'adozione, entro quindici giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, di durata triennale e che può essere aggiornato con cadenza annuale, con il quale si individuano specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia e i connessi fabbisogni di risorse umane e strumentali delle regioni e delle province autonome, nonché gli obiettivi relativi alle politiche attive del lavoro in favore dei beneficiari del reddito di cittadinanza;
    con il Piano straordinario di cui sopra si disciplina il riparto e le modalità di utilizzo delle risorse di cui alla legge di Bilancio 2019 (Legge n. 145 del 2018, articolo 1 comma 258, primo periodo); a valere sulle medesime risorse, nel limite di 90 milioni di euro per l'anno 2019, di 130 milioni di euro per l'anno 2020 e di 50 milioni di euro per l'anno 2021, all'articolo 12 si autorizza la spesa a favore di ANPAL Servizi Spa, per consentire la selezione, mediante procedura selettiva pubblica, delle professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del reddito di cittadinanza, la stipulazione di contratti, nelle forme di incarichi di collaborazione, nonché la formazione e l'equipaggiamento dei soggetti selezionati, la gestione amministrativa e il coordinamento delle loro attività, al fine di svolgere le azioni di assistenza tecnica alle regioni e alle province autonome previste dal comma 3 del richiamato articolo 12;
    l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) istituita con decreto legislativo n. 150 del 2015 a decorrere dal 2017 è socio unico di ANPAL Servizi S.p.A.;
    ANPAL Servizi S.p.A. opera sotto il controllo di ANPAL che ne determina indirizzi e obiettivi per la promozione dell'occupazione in Italia e all'estero e supporta la medesima Agenzia nella realizzazione delle politiche attive del lavoro a favore di persone in cerca di occupazione; nel rafforzamento dei servizi per l'impiego a favore delle fasce particolarmente svantaggiate (migranti, vittime di tratta e sfruttamento lavorativo, persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381 del 1991 e del decreto legislativo n. 276 del 2003 e beneficiari del reddito di inclusione) e nella ricollocazione dei disoccupati in NASPI, in DIS-COLL per collaboratori e precari; attualmente in ANPAL Servizi S.p.A. sono impiegati oltre 650 lavoratrici e lavoratori che svolgono prevalentemente attività di assistenza tecnica presso i centri per l'impiego su tutto il territorio nazionale;
    questo personale è assunto in minima parte (poco più di 100) con contratti di lavoro a tempo determinato, per i quali è prevista una disposizione di reclutamento con una dotazione finanziaria comunque non sufficiente a garantire la stabilizzazione di tutti in tempo determinato, ma la restante e maggior parte è impiegata con contratti di collaborazione rappresentando così un evidente paradosso considerato che proprio chi opera nei centri per l'impiego a supporto dei servizi per il lavoro e per i disoccupati e i precari si trova ad essere egli stesso un precario dall'incerto futuro; nella seduta n. 97 dell'8 dicembre 2018, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/01334-AR/243 impegnandosi, con riguardo alle disposizioni di cui al comma 141 dell'articolo 1, della legge di Bilancio 2019, per l'assunzione di personale da parte delle regioni al fine di rafforzare i servizi per l'impiego, di prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, il reclutamento «in via prioritaria e con riserva di posti del personale in servizio presso ANPAL Servizi S.p.A.» impiegato con incarichi di collaborazione presso i centri per l'impiego nei vari territori regionali,

impegna il Governo

al fine di rafforzare con adeguata tempestività ed efficacia le politiche attive del lavoro e i servizi per l'impiego, a dare seguito all'impegno già assunto nel corso dell'esame della legge di Bilancio 2019, come richiamato in premessa e, nelle more di tale attuazione, a promuovere presso ANPAL Servizi S.p.A. l'avvio di un piano di stabilizzazioni delle lavoratrici e dei lavoratori attualmente impiegati con incarichi di collaborazione, individuando in via prioritaria i soggetti che già svolgono attività di assistenza tecnica presso i centri per l'impiego.
9/1637-AR/136Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo 1 le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    l'articolo 4 dispone che il Reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, nonché alla sottoscrizione, da parte degli stessi, di un Patto per il lavoro o di un Patto per l'inclusione sociale; il Patto per il lavoro è sottoscritto presso i centri per l'impiego, ovvero presso altri soggetti accreditati per l'erogazione dei servizi per il lavoro, laddove previsto dalle normative regionali;
    il Patto per l'inclusione sociale, invece, è sottoscritto coinvolgendo oltre che i centri per l'impiego anche i servizi sociali dei territori competenti;
    al comma 8, alle lettere a) e b) sono definiti i doveri cui sono tenuti i beneficiari del Reddito di cittadinanza che sottoscrivono il Patto per il lavoro: a) collaborare alla definizione del Patto per il lavoro; b) accettare espressamente gli obblighi e rispettare gli impegni previsti nel Patto per il lavoro;
    nello specifico, ai sensi della lettera b), ai numeri da 1) a 5) sono indicati gli obblighi per il beneficiario: 1) registrarsi sulla piattaforma digitale prevista all'articolo 6, anche per mezzo dei portali regionali, laddove presenti, con l'impegno di consultarla quotidianamente a dimostrazione della ricerca attiva del lavoro; 2) svolgere tale ricerca attiva verificando la presenza di nuove offerte di lavoro, secondo quanto definito dallo stesso Patto per il lavoro sottoscritto che individua, altresì, il diario delle attività che devono essere svolte settimanalmente; 3) accettare di essere avviato alle attività individuate nel Patto per il lavoro; 4) sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all'assunzione, con attinenza alle competenze certificate; 5) accettare almeno una offerta di lavoro sulle tre ricevute e individuate come congrue;
    i dati ISTAT al 1o marzo 2019 delineano un mercato del lavoro italiano ancora maglia nera in Europa su lavoro giovanile e femminile. Nonostante il tasso di occupazione risulti tendenzialmente stabile, resta preoccupante il dato della disoccupazione che si continua ad attestarsi al 10,5 per cento con quella giovanile che addirittura aumenta dello 0,3 per cento rispetto a dicembre 2018, attestandosi al 33 per cento;
    gli esperti disegnano un quadro fosco per l'economia del Paese, dopo la pubblicazione dei dati ISTAT che dimostrano come la crescita si sia fermata e che difficilmente si arriverà al +0,5 per cento di Pil che si stimava appena qualche mese fa a dicembre 2018;
    la rete pubblica dei servizi per il lavoro è composta da 552 centri per l'impiego (Cpi) la cui competenza è delle regioni e in alcuni casi demandata alle città metropolitane o alle province. Dalle rilevazioni risulta che solo il 3,4 per cento dei soggetti che si rivolgono ai Centri per l'impiego ha trovato lavoro attraverso i loro servizi. La metà dei Cpi risulta carente di strumentazioni informatiche e digitali (il 72 per cento si trova nel Sud e nelle Isole). Le misure di rafforzamento previste dal provvedimento prima di entrate a regime e permettere le previste ricadute positive sull'intero sistema necessiteranno di tempo;
    fatte salve tali premesse, è prevedibile e assai credibile che i beneficiari del Rdc non riceveranno le tre offerte di lavoro di cui all'articolo 4 del provvedimento in esame e che probabilmente le imprese continueranno a registrare rilevanti difficoltà ad effettuare assunzioni a tempo indeterminato e pieno, come previsto dall'articolo 8, ai fini dell'accesso agli incentivi;
    in tal senso appare opportuno prevedere tra gli obblighi di cui al richiamato articolo 4 comma 8 ulteriori tipologie di rapporto lavorativo e formativo volte a favorire e snellire l'inserimento dei beneficiari del Rdc al mondo del lavoro, in particolare di quelli più giovani o con necessità di riqualificazione professionale,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, l'introduzione tra gli obblighi di cui all'articolo 4, comma 8, lettera b) di accettare le offerte di stage formativo presso aziende che abbiano dichiarato la propria disponibilità ai centri per l'impiego di competenza, secondo specifiche modalità da individuare nel medesimo Patto per il lavoro sottoscritto.
9/1637-AR/137Zangrillo, Rosso, Zucconi, Fatuzzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo II le misure relative all'avvio di una misura pensionistica sperimentale per il triennio 2019-2021 volta a permettere l'accesso anticipato al trattamento previdenziale;
    in particolare all'articolo 23, si dispone il riconoscimento del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici, anticipato rispetto alla normativa vigente, attraverso l'accesso ad un importo finanziabile tramite istituti di credito;
    l'ammontare dell'importo finanziabile è limitato comunque a 45.000 euro, somma che per un dipendente medio della PA appare già oggi comunque finanziabile senza alcuna ulteriore misure legislativa;
    il comparto della pubblica amministrazione ha vissuto una stagione di forte compressione e di tagli, tendenzialmente lineari e indiscriminati a partire dal decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, adottato con urgenza in considerazione del quadro di instabilità finanziaria al quale il Paese è stato sottoposto, in principal modo dalle pressioni internazionali, passando per il decreto-legge n. 201 dello stesso anno, meglio noto come decreto «Salva Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, attraverso il quale il Governo Monti introdusse, all'articolo 24, la cosiddetta «riforma Fornero» del sistema pensionistico, fino al varo di numerose disposizioni successive, quali quelle contenute nel decreto-legge n. 95 del 2012, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e ancora nel decreto-legge n. 101 del 2013, per la razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (Governo Letta), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013. e il successivo decreto-legge n. 90 del 2014, di riforma della pubblica amministrazione (Governo Renzi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, e infine alla legge di stabilità dello stesso anno (legge n. 190 del 2014);
    la disciplina di erogazione del TFR o del TFS modificata ai sensi del combinato disposto dei provvedimenti citati rappresenta oggi, di fatto, un elemento di oggettiva disparità tra lavoratori del settore pubblico e del settore privato che, vale la pena sottolinearlo, la norma recata dall'articolo 23 non mira concretamente a disinnescare;
    per i lavoratori del pubblico impiego, infatti, come specificato ampiamente dalle circolari dell'INPS n. 73 del 5 giugno 2014 e n. 154 del 17 settembre 2015, a seconda delle cause di cessazione del rapporto di lavoro, i tempi di attesa per l'erogazione del TFR o del TFS variano da un minimo di 105 giorni, in caso di decesso o inabilità del lavoratore, ad un massimo di oltre due anni per una serie di casi, tra i quali la pensione anticipata. Per quanto riguarda i lavoratori del settore privato, invece, i tempi di attesa per l'erogazione del TFR variano in base alla contrattazione collettiva: ad esempio, nel settore terziario si dispone che venga erogato entro trenta giorni dal termine del rapporto, mentre nel settore del commercio il termine è fino al quarantacinquesimo giorno dalla cessazione del rapporto di lavoro;
    ulteriore profilo di discriminazione tra il settore pubblico e quello privato è rappresentato dalla previsione di tempi ampiamente dilatati nell'erogazione del TFS in considerazione dell'ammontare complessivo del trattamento stesso, ai sensi dei commi da 7 a 9 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010; previsione successivamente modificata, in via peggiorativa per i dipendenti del pubblico impiego, dall'articolo 1, comma 484, lettera a), della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014);
    in particolare, la disposizione di cui al richiamato articolo 12, comma 7, prevede le seguenti modalità e tempi di erogazione: a) un unico importo annuale se l'ammontare complessivo è pari o inferiore a 50.000 euro; b) due importi annuali se l'ammontare complessivo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro;
    in tal caso la prima tranche è pari a 50.000 euro e la seconda è pari al corrispettivo mancante; c) tre importi annuali se l'ammontare complessivo è superiore a 100.000 euro; in tal caso la prima e la seconda tranche sono entrambe pari a 50.000 euro, la terza è pari al corrispettivo mancante;
    presso la Camera dei deputati è stata presentata il 28 settembre 2018, e annunziata il successivo 1 o ottobre 2018, la proposta di legge n. 1212. Novelli e altri, recante Modifiche alla disciplina in materia di pagamento e di termini di erogazione dei trattamenti di fine rapporto e di fine servizio volta proprio a modificare in maniera sostanziale la normativa vigente al fine di dare effettiva e concreta parità di trattamento tra lavoratori del settore privato e lavoratori del pubblico impiego;
    sebbene taluni interventi possano ritenersi giustificati con riguardo alle specifiche e particolarmente critiche contingenze, appare oggi anacronistico e del tutto discriminatorio, quando non vessatorio, il diverso regime di trattamento vigente tra dipendenti del settore privato e dipendenti della PA,

impegna il Governo

a prevedere, in maniera strutturale e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la riduzione dei termini per la liquidazione dei TFS e rivederne la disciplina di rateizzazione degli importi al fine di ridurre la periodicità delle rate e incrementare gli importi di soglia massimi erogabili in ciascuna rata, così da rimuovere l'assurda discriminazione messa in atto nell'arco del tempo dai Governi.
9/1637-AR/138Novelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo II le misure relative all'avvio di una misura pensionistica sperimentale per il triennio 2019-2021 volta a permettere l'accesso anticipato al trattamento previdenziale;
    in particolare all'articolo 23, si dispone il riconoscimento del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici, anticipato rispetto alla normativa vigente, attraverso l'accesso ad un importo finanziabile tramite istituti di credito;
    l'ammontare dell'importo finanziabile è limitato comunque a 45.000 euro, somma che per un dipendente medio della PA appare già oggi comunque finanziabile senza alcuna ulteriore misure legislativa;
    il comparto della pubblica amministrazione ha vissuto una stagione di forte compressione e di tagli, tendenzialmente lineari e indiscriminati a partire dal decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, adottato con urgenza in considerazione del quadro di instabilità finanziaria al quale il Paese è stato sottoposto, in principal modo dalle pressioni internazionali, passando per il decreto-legge n. 201 dello stesso anno, meglio noto come decreto «Salva Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, attraverso il quale il Governo Monti introdusse, all'articolo 24, la cosiddetta «riforma Fornero» del sistema pensionistico, fino al varo di numerose disposizioni successive, quali quelle contenute nel decreto-legge n. 95 del 2012, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e ancora nel decreto-legge n. 101 del 2013, per la razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (Governo Letta), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013. e il successivo decreto-legge n. 90 del 2014, di riforma della pubblica amministrazione (Governo Renzi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, e infine alla legge di stabilità dello stesso anno (legge n. 190 del 2014);
    la disciplina di erogazione del TFR o del TFS modificata ai sensi del combinato disposto dei provvedimenti citati rappresenta oggi, di fatto, un elemento di oggettiva disparità tra lavoratori del settore pubblico e del settore privato che, vale la pena sottolinearlo, la norma recata dall'articolo 23 non mira concretamente a disinnescare;
    per i lavoratori del pubblico impiego, infatti, come specificato ampiamente dalle circolari dell'INPS n. 73 del 5 giugno 2014 e n. 154 del 17 settembre 2015, a seconda delle cause di cessazione del rapporto di lavoro, i tempi di attesa per l'erogazione del TFR o del TFS variano da un minimo di 105 giorni, in caso di decesso o inabilità del lavoratore, ad un massimo di oltre due anni per una serie di casi, tra i quali la pensione anticipata. Per quanto riguarda i lavoratori del settore privato, invece, i tempi di attesa per l'erogazione del TFR variano in base alla contrattazione collettiva: ad esempio, nel settore terziario si dispone che venga erogato entro trenta giorni dal termine del rapporto, mentre nel settore del commercio il termine è fino al quarantacinquesimo giorno dalla cessazione del rapporto di lavoro;
    ulteriore profilo di discriminazione tra il settore pubblico e quello privato è rappresentato dalla previsione di tempi ampiamente dilatati nell'erogazione del TFS in considerazione dell'ammontare complessivo del trattamento stesso, ai sensi dei commi da 7 a 9 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010; previsione successivamente modificata, in via peggiorativa per i dipendenti del pubblico impiego, dall'articolo 1, comma 484, lettera a), della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014);
    in particolare, la disposizione di cui al richiamato articolo 12, comma 7, prevede le seguenti modalità e tempi di erogazione: a) un unico importo annuale se l'ammontare complessivo è pari o inferiore a 50.000 euro; b) due importi annuali se l'ammontare complessivo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro;
    in tal caso la prima tranche è pari a 50.000 euro e la seconda è pari al corrispettivo mancante; c) tre importi annuali se l'ammontare complessivo è superiore a 100.000 euro; in tal caso la prima e la seconda tranche sono entrambe pari a 50.000 euro, la terza è pari al corrispettivo mancante;
    presso la Camera dei deputati è stata presentata il 28 settembre 2018, e annunziata il successivo 1 o ottobre 2018, la proposta di legge n. 1212. Novelli e altri, recante Modifiche alla disciplina in materia di pagamento e di termini di erogazione dei trattamenti di fine rapporto e di fine servizio volta proprio a modificare in maniera sostanziale la normativa vigente al fine di dare effettiva e concreta parità di trattamento tra lavoratori del settore privato e lavoratori del pubblico impiego;
    sebbene taluni interventi possano ritenersi giustificati con riguardo alle specifiche e particolarmente critiche contingenze, appare oggi anacronistico e del tutto discriminatorio, quando non vessatorio, il diverso regime di trattamento vigente tra dipendenti del settore privato e dipendenti della PA,

impegna il Governo

a prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, in maniera strutturale e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la riduzione dei termini per la liquidazione dei TFS e rivederne la disciplina di rateizzazione degli importi al fine di ridurre la periodicità delle rate e incrementare gli importi di soglia massimi erogabili in ciascuna rata, così da rimuovere l'assurda discriminazione messa in atto nell'arco del tempo dai Governi.
9/1637-AR/138. (Testo modificato nel corso della seduta) Novelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza; l'articolo 8 reca incentivi per l'impresa e per il lavoratore;
    i dati ISTAT al 1o marzo 2019 delineano un mercato del lavoro italiano ancora maglia nera in Europa su lavoro giovanile e femminile. Nonostante il tasso di occupazione risulti tendenzialmente stabile, resta preoccupante il dato della disoccupazione che si continua ad attestarsi al 10,5 per cento con quella giovanile che addirittura aumenta dello 0,3 per cento rispetto a dicembre 2018, attestandosi al 33 per cento; gli esperti disegnano un quadro fosco per l'economia del Paese, dopo la pubblicazione dei dati ISTAT che dimostrano come la crescita si sia fermata e che difficilmente si arriverà al +0,5 per cento di Pil che si stimava appena qualche mese fa, a dicembre 2018;
    la rete pubblica dei servizi per il lavoro è composta da poco più di 550 centri per l'impiego (Cpi) la cui competenza è delle regioni e in alcuni casi demandata alle città metropolitane o alle province; risulta che poco più del tre per cento dei soggetti che si rivolgono ai Centri per l'impiego ha trovato lavoro attraverso i loro servizi;
    più della metà dei Cpi è carente in termini di strumentazioni informatiche e digitali (la maggior parte nel Sud e nelle Isole);
    le misure di rafforzamento previste dal provvedimento prima di entrare a regime e permettere le presunte ricadute positive sull'intero sistema occupazionale necessiteranno di tempo; fatte salve tali premesse, è prevedibile e assai credibile che i beneficiari del Rdc non riceveranno le tre offerte di lavoro di cui all'articolo 4 del provvedimento in esame e che probabilmente le imprese continueranno a registrare rilevanti difficoltà ad effettuare assunzioni a tempo indeterminato e pieno, come previsto dall'articolo 8, ai fini dell'accesso agli incentivi,

impegna il Governo

introdurre percorsi di riqualificazione professionale, di così detto « reskilling», per i beneficiari di Reddito di cittadinanza, che prevedano un numero consistente di ore di formazione (almeno 300) per consentire alle persone di trovare un'occupazione anche in un settore diverso da quello in cui ha maturato esperienza o con più alte opportunità di inserimento lavorativo.
9/1637-AR/139Rosso, Zangrillo, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    il reddito di cittadinanza è definitivo altresì quale misura di contrasto alla povertà; l'articolo 2 del disegno di legge in esame, riconosce ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza. In particolare, per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, tra i quali quello del criterio della cittadinanza, residenza e del soggiorno;
    con riferimento al requisito della residenza appare evidente il rischio di esserne esclusi per la stragrande maggioranza di persone che versano in condizioni di povertà estrema e che sono senza fissa dimora, o vivono in fatiscenti abitazioni, spesso non definibili nemmeno tali: in tal senso a titolo esemplificativo vale la pena richiamare il caso della baraccopoli della città di Messina, una delle più vecchie realtà di questo tipo che, eredità del tragico terremoto nel 1908; la gravità in termini di degrado igienico sanitario, con riguardo specifico al caso messinese, è peggiorata con il forte implemento del numero di nuove baracche abusive che hanno creato in diverse zone di Messina vere e proprie «favelas», zone dove la latitanza dello Stato ha creato una sorta di «area franca»;
    è evidente che la situazione critica di illegalità e degrado estremo del caso messinese, come pure in altri casi su tutto il territorio nazionale, necessita di un immediato e massiccio intervento dello Stato che non può più rimanere inerte, e l'azione di contrasto alla povertà come lo stesso Governo reputa di poter promuovere nella mera misura del reddito di cittadinanza potrebbe rappresentare una valida occasione per dimostrare concretamente cosa si intende fare nei riguardi di chi versa in condizioni di povertà e disagio estremo,

impegna il Governo

ai fini di contrastare effettivamente la condizione di estrema povertà e disagio in cui vivono numerose famiglie, come nel caso di Messina di cui in premessa, di prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, che la misura del reddito di cittadinanza, nella componente relativa al sostegno delle spese di locazione, sia riconosciuto anche a quanti vivono in aree fatiscenti in assenza di immobili o abitazioni, strettamente definibili come tali, ovvero in baraccopoli come quella di Messina.
9/1637-AR/140Siracusano, Bucalo, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    l'articolo 1 al comma 2 prevede che l'istituto del reddito di cittadinanza assuma la denominazione di «pensione di cittadinanza» nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, adeguata agli incrementi della speranza di vita (vedi infra), fermi restando gli stessi requisiti di accesso e le stesse regole di definizione previsti per il reddito di cittadinanza, salva differente previsione. Nel caso di nuclei già beneficiari del Rdc, la Pensione di cittadinanza decorre dal mese successivo a quello del compimento del sessantasettesimo anno del componente del nucleo più giovane;
    come introdotto nel corso dell'esame nelle commissioni XI e XII della Camera, la Pensione di cittadinanza può essere concessa anche nei casi in cui il componente o i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni, adeguata agli incrementi della speranza di vita di cui al citato articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite dall'allegato 3 al regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 di età inferiore al predetto requisito anagrafico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che per le persone con età pari ovvero superiore a 70 anni la misura della pensione di cittadinanza venga riconosciuta, con eventuale incremento delle somme ricevute fino all'occorrenza dei 780 euro mensili, solo sulla base dell'età anagrafica e del reddito percepito senza ulteriori limitazioni.
9/1637-AR/141Fatuzzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1637, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni», all'articolo 2 contiene disposizioni inerenti l'accesso al reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza; il nostro Paese è caratterizzato da una forte componente di residenti all'estero, più di 5 milioni di cittadini iscritti all'AIRE, che pur essendo cittadini italiani a tutti gli effetti hanno la residenza in Paesi esteri. Tali cittadini, alcune volte tornano in Italia per svariati motivi ed anche per il periodo della vecchiaia;
    allo stato attuale, gli italiani all'estero, nel provvedimento al nostro esame, se tornano in Italia, devono aspettare gli stessi tempi di residenza degli stranieri per poter beneficiare del reddito e pensione di cittadinanza pur essendo cittadini italiani;
    in un contesto di globalizzazione non possiamo dimenticare il ruolo degli italiani all'estero per il nostro Sistema Paese,

impegna il Governo

valutare la possibilità che i cittadini italiani iscritti nel registro AIRE, dopo pochi mesi dall'aver ristabilito la residenza anagrafica sul territorio nazionale, accedano al reddito di cittadinanza ed alla pensione di cittadinanza, se in possesso dei requisiti richiesti, senza dover aspettare i tempi di residenza richiesti ai cittadini extracomunitari.
9/1637-AR/142Fitzgerald Nissoli, Fatuzzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo 1 le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    l'articolo 4 dispone gli obblighi inerenti al Patto per il lavoro e al Patto per l'inclusione sociale – relativi alla ricerca attiva del lavoro, all'orientamento lavorativo, alla formazione o riqualificazione professionale, alle accettazioni delle offerte di lavoro congrue, alla partecipazione a progetti dei comuni;
    nelle more del completamento dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, la verifica della sussistenza dei requisiti di residenza e di soggiorno richiesti spetta ai comuni, secondo modalità definite mediante accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali che devono comunicarne l'esito all'INPS per il tramite della Piattaforma digitale istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito del SIUSS, finalizzata al coordinamento dei comuni;
    le casse dei comuni italiani, in particolare quelli più piccoli, non presentano risorse tali da poter avviare i progetti specifici cui è richiesta l'adesione e la disponibilità ai beneficiari del Rdc. L'attività di controllo e verifica dei requisiti può rappresentare altresì un aggravio delle attività ordinarie già svolte,

impegna il Governo

a provvedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a destinare risorse apposite e adeguate in favore dei comuni ai fini dei controlli, delle verifiche nonché dei progetti di lavori socialmente utili attraverso cui impiegare i percettori di reddito di cittadinanza.
9/1637-AR/143Musella, Trancassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, prevede delle misure volte al contrasto della povertà e al sostegno dei nuclei familiari, attraverso l'erogazione di sussidi mensili;
    è importante prevedere misure specifiche volte a sostenere i nuclei familiari, attraverso trasferimenti monetari e mirate politiche di welfare che consentano ai medesimi nuclei, e in particolare quelli con figli e magari con una situazione economica più fragile, di affrontare la quotidianità con maggiore serenità;
    in questi anni, uno strumento utile e importante di sostegno a molte famiglie è stata la misura sperimentale, ma comunque prorogata negli anni, introdotta con la legge n. 92 del 2012, con la quale sono stati previsti dei contributi economici per l'acquisto di servizi di baby sitting in favore delle mamme al termine del periodo di congedo di maternità;
    la legge di bilancio 2019, approvata nel dicembre scorso non ha previsto alcuna proroga di detta misura, per cui da quest'anno non risulta più rifinanziata,

impegna il Governo

a ripristinare il contributo introdotto in via sperimentale con la legge n. 92 del 2012, di cui in premessa, quale importante misura di sostegno per i nuclei familiari.
9/1637-AR/144Fiorini, Palmieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 26-bis rifinanzia per gli anni 2019 e 2020 le misure in materia di ammortizzatori sociali previste dall'articolo 22-bis del decreto legislativo n. 148 del 2015 e successive modificazioni. In particolare, sono stanziati ulteriori 80 milioni di euro per l'anno 2019 e 50 milioni di euro per il 2020 per la prosecuzione di programmi di CIGS per riorganizzazione, crisi aziendali e contratto di solidarietà. Detti importi sono a carico del Fondo per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185;
    durante lo svolgimento dell'esame del provvedimento in sede consultiva presso la Commissione V (Bilancio), il Gruppo Forza Italia ha chiesto alla rappresentante del Governo di confermare che con la copertura del citato articolo 26-bis, relativo alla proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria, venga rispettato il vincolo di utilizzo nelle regioni del Mezzogiorno dell'85 per cento delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione;
    a tale richiesta la rappresentante del Governo ha fatto presente che in relazione al vincolo di utilizzo dell'85 per cento del Fondo sociale per occupazione e formazione nelle regioni meridionali sulla disposizione in questione è stato previamente acquisito il parere favorevole della Ministra per il Sud Barbara Lezzi, senza fornire ulteriori dettagli tecnici,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di garantire che con la copertura dell'articolo 26-bis del provvedimento in esame venga rispettato il vincolo di utilizzo nelle regioni del Mezzogiorno dell'85 per cento delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione.
9/1637-AR/145Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 20 comma 6 modifica la disciplina del riscatto dei corsi di studio universitario, relativamente a periodi da valutare con il sistema contributivo. Le norme concernono anche gli iscritti a cui si applichi il sistema di calcolo cosiddetto misto (cioè, sia retributivo sia contributivo, in base al criterio del pro rata), purché, come detto, i periodi oggetto di riscatto siano da valutare secondo il sistema contributivo (quindi, periodi o frazioni di periodo successivi al 31 dicembre 1995); l'ambito di applicazione non comprende i lavoratori autonomi iscritti a forme pensionistiche gestite da soggetti di diritto privato. La novella approvata in sede referente prevede che si possa optare per un calcolo dell'onere del riscatto secondo un meccanismo specifico, a prescindere dall'età anagrafica del richiedente, eliminando la previsione secondo cui la domanda deve essere presentata entro il compimento del quarantacinquesimo anno di età;
    durante lo svolgimento dell'esame del provvedimento in sede consultiva presso la Commissione V (Bilancio), il Gruppo Forza Italia ha chiesto alla rappresentante del Governo se la soppressione, all'articolo 20, comma 6, del limite di età di 45 anni per accedere al riscatto degli anni di laurea con modalità agevolate, sia priva di effetti pregiudizievoli dal punto di vista finanziario;
    a tale richiesta è stato risposto, senza che sia stata presentata alcuna relazione tecnica al riguardo, che con riferimento alla soppressione del limite di età per accedere al riscatto degli anni di laurea con modalità agevolate, per i prossimi 10 anni si prevedono esclusivamente maggiori entrate contributive, rappresentate dai contributi versati per effettuare il riscatto. Pertanto tale modifica introdotta in sede referente non dovrebbe richiedere alcuna copertura finanziaria;
    purtuttavia talune perplessità permangono in quanto la norma approvata consente il riscatto della laurea a condizioni agevolate anche a soggetti prossimi alla pensione, i quali potrebbero essere incentivati a valersene tanto per il conseguimento anticipato del diritto a pensione quanto per l'incremento della relativa misura. Inoltre, tenendo conto della rimozione del limite anagrafico, effetti onerosi ad oggi non quantificati potrebbero prodursi già nel primo decennio di applicazione delle disposizioni, ovvero entro l'orizzonte temporale prescritto per la stima di oneri pensionistici dall'articolo 17 della legge 196 del 2009,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine fornire quanto prima al Parlamento le opportune stime ed elementi di valutazione relativi agli effetti di onerosità conseguenti all'attuazione della disposizione sul riscatto laurea di cui all'articolo 20, comma 6 del provvedimento in esame.
9/1637-AR/146Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di reddito di cittadinanza e pensioni;
    rilevato che l'attuale sistema di controllo del requisito della residenza in Italia di soggetti extracomunitari presenta evidenti criticità, tali da non consentire, di fatto, alle autorità competenti di verificare, una volta concessa la residenza, la effettiva persistenza nel tempo dei requisiti sottesi alla concessione della residenza stessa alla persona interessata;
   considerato al requisito della residenza è strettamente correlata la concessione del reddito di cittadinanza, così come gli altri benefici sociali erogati dall'Inps,

impegna il Governo

a introdurre strumenti di verifica periodica dell'effettiva residenza in Italia di cittadini extracomunitari.
9/1637-AR/147Bignami.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame individua le modalità di richiesta, riconoscimento ed erogazione del beneficio del reddito di cittadinanza che può essere richiesto, tra gli altri, mediante modalità telematiche presso i Centri di assistenza fiscale (di cui all'articolo 32 del decreto legislativo n. 241 del 1997), previo convenzionamento con l'INPS e presso gli istituti di patronato, competenti per il ricevimento della domanda sia del Reddito di cittadinanza, sia della Pensione di cittadinanza (come definita dal precedente articolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rideterminare in positivo i compensi spettanti ai centri autorizzati di assistenza fiscale, nonché a incrementare la dotazione del così detto «Fondo partronati».
9/1637-AR/148Sarro, Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame individua le modalità di richiesta, riconoscimento ed erogazione del beneficio del reddito di cittadinanza che può essere richiesto, tra gli altri, mediante modalità telematiche presso i Centri di assistenza fiscale (di cui all'articolo 32 del decreto legislativo n. 241 del 1997), previo convenzionamento con l'INPS e presso gli istituti di patronato, competenti per il ricevimento della domanda sia del Reddito di cittadinanza, sia della Pensione di cittadinanza (come definita dal precedente articolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di rideterminare in positivo i compensi spettanti ai centri autorizzati di assistenza fiscale, nonché a incrementare la dotazione del così detto «Fondo patronati».
9/1637-AR/148. (Testo modificato nel corso della seduta) Sarro, Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    il provvedimento purtroppo, come denunciato con forza anche dalle diverse associazioni, non considera con la necessaria attenzione il mondo della disabilità, una realtà che necessiterebbe di una ben maggiore tutela;
    con riguardo al valore massimo del reddito familiare individuato per poter beneficiare del reddito di cittadinanza, questo deve essere moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, in relazione al numero di componenti del nucleo familiare, e se questi siano o no maggiorenni;
    durante l'esame nelle commissioni referenti, si è riusciti a far approvare un incremento, ma solamente da 2,1 a 2,2 del parametro massimo da utilizzare in presenza di famiglia numerosa e solo qualora nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza;
    un incremento dello 0,1 che risulta chiaramente insufficiente, visto che si tradurrebbe in circa 50 euro e solamente in caso di famiglia numerosa qualora vi sia un disabile grave o non autosufficiente,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del suddetto incremento dello 0,1, da 2,1 a 2,2 del parametro della scala di equivalenza nel solo caso di famiglia numerosa qualora vi sia un disabile grave o non autosufficiente, prevedendo un aumento del medesimo parametro al fine di riconoscere un doveroso maggiore beneficio ai nuclei familiari nei quali sia presente un disabile grave o non autosufficiente.
9/1637-AR/149D'Ettore, Pedrazzini, Polverini, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    il provvedimento purtroppo, come denunciato con forza anche dalle diverse associazioni, non considera con la necessaria attenzione il mondo della disabilità, una realtà che necessiterebbe di una ben maggiore tutela;
    con riguardo al valore massimo del reddito familiare individuato per poter beneficiare del reddito di cittadinanza, questo deve essere moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, in relazione al numero di componenti del nucleo familiare, e se questi siano o no maggiorenni;
    durante l'esame nelle commissioni referenti, si è riusciti a far approvare un incremento, ma solamente da 2,1 a 2,2 del parametro massimo da utilizzare in presenza di famiglia numerosa e solo qualora nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza;
    un incremento dello 0,1 che risulta chiaramente insufficiente, visto che si tradurrebbe in circa 50 euro e solamente in caso di famiglia numerosa qualora vi sia un disabile grave o non autosufficiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi del suddetto incremento dello 0,1, da 2,1 a 2,2 del parametro della scala di equivalenza nel solo caso di famiglia numerosa qualora vi sia un disabile grave o non autosufficiente, prevedendo un aumento del medesimo parametro al fine di riconoscere un doveroso maggiore beneficio ai nuclei familiari nei quali sia presente un disabile grave o non autosufficiente.
9/1637-AR/149. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Ettore, Pedrazzini, Polverini, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame non prevede, in alcuna forma e in alcun modo, alcun aumento dei trattamenti assistenziali per minorazioni civili di cui siano già titolari le persone in possesso del riconoscimento del relativo status e che rientrino in specifici limiti reddituali personali; in questi anni, fra i tanti interventi compiuti non si è mai provveduto ad impegnare risorse per cominciare ad aumentare le suddette tutele all'invalidità;
    peraltro la previsione di un sostegno agli invalidi deriva da una precisa disposizione costituzionale. La nostra Carta, infatti, all'articolo 38, primo comma, prevede che «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale». E dunque gli assegni di invalidità, nelle loro varie forme devono rispondere a questa esigenza;
    tutti gli studi hanno da tempo segnalato l'esistenza di una relazione tra disabilità e deprivazione socioeconomica, che richiede di essere affrontata con mirate politiche e misure di contrasto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare un programma finalizzato all'aumento delle pensioni di inabilità e degli assegni di invalidità, attualmente assolutamente insufficienti.
9/1637-AR/150Brambilla, Versace, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame non prevede, in alcuna forma e in alcun modo, alcun aumento dei trattamenti assistenziali per minorazioni civili di cui siano già titolari le persone in possesso del riconoscimento del relativo status e che rientrino in specifici limiti reddituali personali; in questi anni, fra i tanti interventi compiuti non si è mai provveduto ad impegnare risorse per cominciare ad aumentare le suddette tutele all'invalidità;
    peraltro la previsione di un sostegno agli invalidi deriva da una precisa disposizione costituzionale. La nostra Carta, infatti, all'articolo 38, primo comma, prevede che «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale». E dunque gli assegni di invalidità, nelle loro varie forme devono rispondere a questa esigenza;
    tutti gli studi hanno da tempo segnalato l'esistenza di una relazione tra disabilità e deprivazione socioeconomica, che richiede di essere affrontata con mirate politiche e misure di contrasto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di avviare un programma finalizzato all'aumento delle pensioni di inabilità e degli assegni di invalidità.
9/1637-AR/150. (Testo modificato nel corso della seduta) Brambilla, Versace, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    il disegno di legge, come denunciato con forza anche dalle diverse associazioni, non considera con la necessaria attenzione il mondo della disabilità, una realtà che necessiterebbe di una ben maggiore tutela;
    in particolare l'articolo 2, comma 3, prevede che sia escluso dal diritto al Reddito di cittadinanza il componente disoccupato del nucleo familiare, a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni;
    per una famiglia con in presenza una persona disabile non autosufficiente, escludere, come prevede il citato articolo 2, comma 3, dal reddito di cittadinanza chi si è licenziato volontariamente significa non avere piena consapevolezza delle difficoltà familiari conseguenti alla presenza di una persona non autosufficiente. E frequente infatti che familiari caregiver, impegnati nell'assistenza, siano costretti dalla scarsa offerta di servizi assistenziali, ad abbandonare il lavoro attivandosi nella sostituzione dello Stato per garantire sopravvivenza e vita dignitosa al proprio familiare con grave disabilità,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative al fine di integrare la norma di cui all'articolo 2, comma 3, affinché non sia prevista l'esclusione dal diritto al reddito di cittadinanza, per il soggetto che si è licenziato volontariamente qualora queste dimissioni volontarie siano state conseguenti a impellenti necessità assistenziali dovute alle condizioni di non autosufficienza personali o di un familiare convivente.
9/1637-AR/151Versace, Gelmini, Dall'Osso, Zangrillo, Polverini, Pedrazzini, Cortelazzo, Serracchiani, Bellucci, Zanichelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    il disegno di legge, come denunciato con forza anche dalle diverse associazioni, non considera con la necessaria attenzione il mondo della disabilità, una realtà che necessiterebbe di una ben maggiore tutela;
    in particolare l'articolo 2, comma 3, prevede che sia escluso dal diritto al Reddito di cittadinanza il componente disoccupato del nucleo familiare, a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni;
    per una famiglia con in presenza una persona disabile non autosufficiente, escludere, come prevede il citato articolo 2, comma 3, dal reddito di cittadinanza chi si è licenziato volontariamente significa non avere piena consapevolezza delle difficoltà familiari conseguenti alla presenza di una persona non autosufficiente. E frequente infatti che familiari caregiver, impegnati nell'assistenza, siano costretti dalla scarsa offerta di servizi assistenziali, ad abbandonare il lavoro attivandosi nella sostituzione dello Stato per garantire sopravvivenza e vita dignitosa al proprio familiare con grave disabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prendere le opportune iniziative al fine di integrare la norma di cui all'articolo 2, comma 3, affinché non sia prevista l'esclusione dal diritto al reddito di cittadinanza, per il soggetto che si è licenziato volontariamente qualora queste dimissioni volontarie siano state conseguenti a impellenti necessità assistenziali dovute alle condizioni di non autosufficienza personali o di un familiare convivente.
9/1637-AR/151. (Testo modificato nel corso della seduta) Versace, Gelmini, Dall'Osso, Zangrillo, Polverini, Pedrazzini, Cortelazzo, Serracchiani, Bellucci, Zanichelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    la suddetta misura, per come è stata pensata, va a penalizzare i nuclei familiari più numerosi: a) il provvedimento prevede invece un reddito minimo di 500 euro mensili più 280 euro nella forma di contributo per l'affitto, e la componente destinata all'affitto non aumenta all'aumentare dei componenti della famiglia. Motivo per cui il reddito di cittadinanza risulta meno generoso nei confronti delle famiglie numerose; b) il requisito del reddito familiare (inferiore ai 6 mila euro per un single) utilizza coefficienti della scala di equivalenza sviluppata per il reddito di cittadinanza. Questo rende relativamente più difficile per le famiglie numerose rispettare il requisito del reddito familiare, rispetto alle famiglie composte da una sola persona; c) Fra scala Ocse e scala ISEE, il governo ha deciso di sviluppare una nuova scala di equivalenza molto meno generosa con conseguente penalizzazione soprattutto per le famiglie più numerose,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme di cui in premessa, prevedendo dei correttivi sul parametro della scala di equivalenza e sul livello del patrimonio al fine di escludere o perlomeno ridurre le penalizzazioni per i nuclei familiari più numerosi.
9/1637-AR/152Palmieri, Polverini, Zangrillo, Bagnasco, Pedrazzini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    la suddetta misura, per come è stata pensata, va a penalizzare i nuclei familiari più numerosi: a) il provvedimento prevede invece un reddito minimo di 500 euro mensili più 280 euro nella forma di contributo per l'affitto, e la componente destinata all'affitto non aumenta all'aumentare dei componenti della famiglia. Motivo per cui il reddito di cittadinanza risulta meno generoso nei confronti delle famiglie numerose; b) il requisito del reddito familiare (inferiore ai 6 mila euro per un single) utilizza coefficienti della scala di equivalenza sviluppata per il reddito di cittadinanza. Questo rende relativamente più difficile per le famiglie numerose rispettare il requisito del reddito familiare, rispetto alle famiglie composte da una sola persona; c) Fra scala Ocse e scala ISEE, il governo ha deciso di sviluppare una nuova scala di equivalenza molto meno generosa con conseguente penalizzazione soprattutto per le famiglie più numerose,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi delle norme di cui in premessa, prevedendo dei correttivi sul parametro della scala di equivalenza e sul livello del patrimonio al fine di escludere o perlomeno ridurre le penalizzazioni per i nuclei familiari più numerosi.
9/1637-AR/152. (Testo modificato nel corso della seduta) Palmieri, Polverini, Zangrillo, Bagnasco, Pedrazzini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, istituisce il reddito di cittadinanza, descrivendolo «quale misura unica di contrasto alla povertà»;
    per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, con riferimento al criterio della residenza e del soggiorno, del reddito e del patrimonio e del godimento di beni durevoli;
    Il comma 6 dell'articolo 2, precisa che, ai soli fini del reddito di cittadinanza, il reddito familiare ricomprende anche il valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi (non correlate, in sostanza, alla condizione di reddito personale e familiare), come per esempio l'indennità di accompagnamento;
    in pratica si dispone che al reddito familiare concorrono anche gli assegni e le prestazioni economiche e assistenziali di cui beneficiano le persone con disabilità, compromettendo la possibilità di ottenere il reddito di cittadinanza. Pertanto le famiglie che hanno al loro interno uno o più disabili subiscono un trattamento penalizzante rispetto ai quelli che non ne hanno; peraltro la suddetta previsione contenuta al comma 6, è foriera di contenziosi. Su analoga previsione si è infatti pronunciata il 29 febbraio 2016 la Sezione IV del Consiglio di Stato con tre sentenze (n. 838, 841, 842). E il Consiglio di Stato, stabilì di escludere dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali, e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma di cui comma 6, articolo 2, in termini di probabili penalizzazioni per i nuclei familiari con persone con disabilità, prevedendo la possibilità, anche al fine di evitare probabili contenziosi dall'esito prevedibile, di escludere il valore dei trattamenti assistenziali erogate a titolo delle minorazioni civili dal calcolo del reddito familiare ai fini dell'erogazione del reddito di cittadinanza.
9/1637-AR/153Mugnai, Dall'Osso, Versace, Zangrillo, Polverini, Cortelazzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, istituisce il reddito di cittadinanza, descrivendolo «quale misura unica di contrasto alla povertà»;
    per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, con riferimento al criterio della residenza e del soggiorno, del reddito e del patrimonio e del godimento di beni durevoli;
    Il comma 6 dell'articolo 2, precisa che, ai soli fini del reddito di cittadinanza, il reddito familiare ricomprende anche il valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi (non correlate, in sostanza, alla condizione di reddito personale e familiare), come per esempio l'indennità di accompagnamento;
    in pratica si dispone che al reddito familiare concorrono anche gli assegni e le prestazioni economiche e assistenziali di cui beneficiano le persone con disabilità, compromettendo la possibilità di ottenere il reddito di cittadinanza. Pertanto le famiglie che hanno al loro interno uno o più disabili subiscono un trattamento penalizzante rispetto ai quelli che non ne hanno; peraltro la suddetta previsione contenuta al comma 6, è foriera di contenziosi. Su analoga previsione si è infatti pronunciata il 29 febbraio 2016 la Sezione IV del Consiglio di Stato con tre sentenze (n. 838, 841, 842). E il Consiglio di Stato, stabilì di escludere dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali, e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi della norma di cui comma 6, articolo 2, in termini di probabili penalizzazioni per i nuclei familiari con persone con disabilità, prevedendo la possibilità, anche al fine di evitare probabili contenziosi dall'esito prevedibile, di escludere il valore dei trattamenti assistenziali erogate a titolo delle minorazioni civili dal calcolo del reddito familiare ai fini dell'erogazione del reddito di cittadinanza.
9/1637-AR/153. (Testo modificato nel corso della seduta) Mugnai, Dall'Osso, Versace, Zangrillo, Polverini, Cortelazzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento all'esame dell'Aula, introduce alcuni incentivi a favore dei datori di lavoro che assumono, a tempo pieno e indeterminato, anche mediante contratto di apprendistato, soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza;
    in particolare si riconosce ai datori di lavoro che comunicano le disponibilità dei posti vacanti alla Piattaforma digitale dedicata al reddito di cittadinanza istituita presso l'Anpal e che su tali posti assumono a tempo pieno ed indeterminato il beneficiario del reddito di cittadinanza, l'esonero dal versamento dei contributi dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL);
    ai sensi del comma 6 de medesimo articolo 8, i datori di lavoro devono, tra l'altro, essere comunque in regola con gli obblighi di assunzione (relativi alle categorie protette) previsti dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sul collocamento mirato delle persone con disabilità; l'articolo 13 della legge 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», prevede specifici incentivi per un periodo di trentasei mesi, per i datori di lavoro che assumono lavoratori disabili,

impegna il Governo

a integrare le previsioni di cui al comma 5 del citato articolo 8, al fine di prevedere che la concessione degli incentivi alle aziende, subordinata al rispetto delle aliquote di riserva previste dalla legge n. 68 del 1999 sul collocamento mirato delle persone con disabilità, sia cumulabile con gli incentivi alle assunzioni previsti dall'articolo 13 della legge n. 68 del 1999, in modo da aumentare e rendere concorrenziale l'occupabilità delle persone iscritte alle liste speciali di cui alla medesima legge 68 del 1999.
9/1637-AR/154Dall'Osso, Versace, Zangrillo, Polverini, Pedrazzini, Cortelazzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento all'esame dell'Aula, introduce alcuni incentivi a favore dei datori di lavoro che assumono, a tempo pieno e indeterminato, anche mediante contratto di apprendistato, soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza;
    in particolare si riconosce ai datori di lavoro che comunicano le disponibilità dei posti vacanti alla Piattaforma digitale dedicata al reddito di cittadinanza istituita presso l'Anpal e che su tali posti assumono a tempo pieno ed indeterminato il beneficiario del reddito di cittadinanza, l'esonero dal versamento dei contributi dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL);
    ai sensi del comma 6 de medesimo articolo 8, i datori di lavoro devono, tra l'altro, essere comunque in regola con gli obblighi di assunzione (relativi alle categorie protette) previsti dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sul collocamento mirato delle persone con disabilità; l'articolo 13 della legge 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», prevede specifici incentivi per un periodo di trentasei mesi, per i datori di lavoro che assumono lavoratori disabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di integrare le previsioni di cui al comma 5 del citato articolo 8, al fine di prevedere che la concessione degli incentivi alle aziende, subordinata al rispetto delle aliquote di riserva previste dalla legge n. 68 del 1999 sul collocamento mirato delle persone con disabilità, sia cumulabile con gli incentivi alle assunzioni previsti dall'articolo 13 della legge n. 68 del 1999, in modo da aumentare e rendere concorrenziale l'occupabilità delle persone iscritte alle liste speciali di cui alla medesima legge 68 del 1999.
9/1637-AR/154. (Testo modificato nel corso della seduta) Dall'Osso, Versace, Zangrillo, Polverini, Pedrazzini, Cortelazzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del disegno di legge in esame, riconosce ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza. In particolare, per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, tra i quali quello del criterio della cittadinanza, residenza e del soggiorno;
    con riferimento al requisito della residenza e del soggiorno, il componente richiedente il beneficio deve essere: a) in possesso della cittadinanza italiana o di paesi facenti parte dell'UE, ovvero suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; b) residente in Italia da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo;
    il rischio legato ai suddetti requisiti ai fini dell'accesso al Reddito di cittadinanza, è che i troppi cittadini che vivono una situazione di povertà estrema e che sono senza fissa dimora, rischiano di non poter beneficiare del suddetto Reddito di cittadinanza;
    come emerso nel corso delle audizioni svolte, secondo il censimento fatto nel 2015, in Italia sono 50 mila le persone senza dimora,

impegna il Governo

ai fini dell'accoglimento della richiesta per il reddito di cittadinanza, e con specifico riferimento ai requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, a prevedere la possibilità di accesso al beneficio anche per i senza fissa dimora che, al fine del reddito di cittadinanza e dei patti di lavoro e di inclusione sociale, possono vedersi riconosciuta una residenza «figurativa» presso strutture ad hoc gestite da associazioni o amministrazioni pubbliche.
9/1637-AR/155Gelmini, Polverini, Bond, Zangrillo, Pedrazzini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del disegno di legge in esame, riconosce ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza. In particolare, per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, tra i quali quello del criterio della cittadinanza, residenza e del soggiorno;
    con riferimento al requisito della residenza e del soggiorno, il componente richiedente il beneficio deve essere: a) in possesso della cittadinanza italiana o di paesi facenti parte dell'UE, ovvero suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; b) residente in Italia da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo;
    il rischio legato ai suddetti requisiti ai fini dell'accesso al Reddito di cittadinanza, è che i troppi cittadini che vivono una situazione di povertà estrema e che sono senza fissa dimora, rischiano di non poter beneficiare del suddetto Reddito di cittadinanza;
    come emerso nel corso delle audizioni svolte, secondo il censimento fatto nel 2015, in Italia sono 50 mila le persone senza dimora,

impegna il Governo

ai fini dell'accoglimento della richiesta per il reddito di cittadinanza, e con specifico riferimento ai requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, a valutare l'opportunità di prevedere la possibilità di accesso al beneficio anche per i senza fissa dimora che, al fine del reddito di cittadinanza e dei patti di lavoro e di inclusione sociale, possono vedersi riconosciuta una residenza «figurativa» presso strutture ad hoc gestite da associazioni o amministrazioni pubbliche.
9/1637-AR/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Gelmini, Polverini, Bond, Zangrillo, Pedrazzini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento all'esame dell'Aula, riconosce ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza. In particolare, per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, tra i quali il requisito del reddito e del patrimonio; in particolare, il nucleo familiare deve possedere, tra le altre cose, un valore del reddito familiare entro una determinata soglia (6 mila euro, incrementabile a 7.560 o a 9.360 euro), moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, in modo di tenere conto della consistenza del nucleo familiare e della presenza o meno di minori;
    il citato parametro della scala di equivalenza, previsto dal comma 4, articolo 2, non ha subito alcuna modifica durante l'esame del provvedimento, ad esclusione del parametro massimo che è stato aumentato da 2,1 a 2,2 e che vale solo in caso di famiglie numerose e in presenza di una persona con disabilità grave;
    le associazioni dei disabili nel corso delle audizioni, hanno chiesto, di introdurre un ulteriore parametro della scala di equivalenza che tenesse conto della presenza nel nucleo familiare di una persona con disabilità grave,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che il parametro della scala di equivalenza di cui al comma 4, articolo 2, che attualmente considera il numero dei componenti del nucleo familiare e la presenza o meno di soggetti minorenni, venga integrato con un ulteriore parametro legato alla presenza di uno o più persone non autosufficienti nel nucleo familiare.
9/1637-AR/156Labriola, Versace, Dall'Osso, Polverini, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento all'esame dell'Aula, riconosce ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza. In particolare, per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, tra i quali il requisito del reddito e del patrimonio; in particolare, il nucleo familiare deve possedere, tra le altre cose, un valore del reddito familiare entro una determinata soglia (6 mila euro, incrementabile a 7.560 o a 9.360 euro), moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, in modo di tenere conto della consistenza del nucleo familiare e della presenza o meno di minori;
    il citato parametro della scala di equivalenza, previsto dal comma 4, articolo 2, non ha subito alcuna modifica durante l'esame del provvedimento, ad esclusione del parametro massimo che è stato aumentato da 2,1 a 2,2 e che vale solo in caso di famiglie numerose e in presenza di una persona con disabilità grave;
    le associazioni dei disabili nel corso delle audizioni, hanno chiesto, di introdurre un ulteriore parametro della scala di equivalenza che tenesse conto della presenza nel nucleo familiare di una persona con disabilità grave,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, che il parametro della scala di equivalenza di cui al comma 4, articolo 2, che attualmente considera il numero dei componenti del nucleo familiare e la presenza o meno di soggetti minorenni, venga integrato con un ulteriore parametro legato alla presenza di uno o più persone non autosufficienti nel nucleo familiare.
9/1637-AR/156. (Testo modificato nel corso della seduta) Labriola, Versace, Dall'Osso, Polverini, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14-bis del provvedimento in esame, interviene sulla disciplina vigente in materia di facoltà assunzionali di Regioni, aziende ed enti del Servizio Sanitario Nazionale, ed Enti locali; in particolare il comma 2 del citato articolo 14-bis, in considerazione delle disposizioni sul pensionamento anticipato (quota 100), prevede, al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, che le aziende e gli enti del SSN possano assumere specifiche professionalità (anche tenendo conto delle cessazioni di personale in corso d'anno), a condizione che tali assunzioni siano in linea con la programmazione regionale nonché nel rispetto dei piani triennali dei fabbisogni di personale approvati dalle regioni di appartenenza, nonché con le disposizioni vigenti concernenti il contenimento della spesa per il personale sanitario;
   la possibilità per le aziende e gli enti del SSN di poter assumere, seppur con limiti stringenti, in previsione dei prossimi pensionamenti anticipati conseguenti a «quota 100», è da valutare positivamente seppure è una disposizione del tutto insufficiente;
   «Quotidiano Sanità» ha elaborato i dati del conto annuale su tutto il personale del Ssn (esclusi amministrativi). I potenziali aventi diritto alla «Quota 100» sono circa 140 mila e di questi, tenendo conto della percentuale di domande fino ad oggi presentate, possiamo stimare in almeno 40 mila quelli che usciranno effettivamente prima del tempo. Si tratta del 7,72 per cento di tutti gli operatori sanitari del SSN;
   è vero che non è detto che tutti i possibili «pensionandi» decidano effettivamente di lasciare, ma una riduzione così drastica di personale, anche in attesa di possibili rimpiazzi, ma solo dopo aver bandito, espletato e chiuso i concorsi, ha effetti evidenti: liste di attesa più lunghe, carichi di lavoro per chi resta che se sono già al limite, impossibilità a garantire i LEA,

impegna il Governo

ad avviare, anche alla luce degli effetti derivanti dalle norme pensionistiche del provvedimento, tutte le iniziative legislative utili a consentire l'avvio di un piano di assunzioni di personale medico e sanitario nel nostro Servizio sanitario nazionale, per garantire anche nei prossimi anni l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute dei cittadini.
9/1637-AR/157Pedrazzini, Polverini, Zangrillo, Mugnai.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    la suddetta misura, per come è stata pensata, penalizza i nuclei familiari più numerosi: a) il provvedimento prevede invece un reddito minimo di 500 euro mensili più 280 euro nella forma di contributo per l'affitto, e la componente destinata all'affitto non aumenta all'aumentare dei componenti della famiglia. Inoltre il requisito del reddito familiare (inferiore ai 6 mila euro per un single) utilizza coefficienti della scala di equivalenza sviluppata per il reddito di cittadinanza. Questo rende relativamente più difficile per le famiglie numerose rispettare il requisito del reddito familiare, rispetto alle famiglie composte da una sola persona,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme di cui in premessa, prevedendo di incrementare il valore del patrimonio immobiliare diverso dalla casa di abitazione, di una quota per ogni figlio a partire dal terzo al fine di ridurre le penalizzazioni per i nuclei familiari più numerosi.
9/1637-AR/158Bagnasco, Palmieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    la suddetta misura, per come è stata pensata, penalizza i nuclei familiari più numerosi: a) il provvedimento prevede invece un reddito minimo di 500 euro mensili più 280 euro nella forma di contributo per l'affitto, e la componente destinata all'affitto non aumenta all'aumentare dei componenti della famiglia. Inoltre il requisito del reddito familiare (inferiore ai 6 mila euro per un single) utilizza coefficienti della scala di equivalenza sviluppata per il reddito di cittadinanza. Questo rende relativamente più difficile per le famiglie numerose rispettare il requisito del reddito familiare, rispetto alle famiglie composte da una sola persona,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, gli effetti applicativi delle norme di cui in premessa, prevedendo di incrementare il valore del patrimonio immobiliare diverso dalla casa di abitazione, di una quota per ogni figlio a partire dal terzo al fine di ridurre le penalizzazioni per i nuclei familiari più numerosi.
9/1637-AR/158. (Testo modificato nel corso della seduta) Bagnasco, Palmieri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 disciplina le modalità di calcolo del reddito e della pensione di cittadinanza, la relativa durata e decorrenza, nonché gli effetti sul godimento del beneficio economico derivanti da eventuali variazioni della composizione del nucleo familiare o della situazione occupazionale, il comma 15 del medesimo articolo 3, oltre a specificare che il beneficio è ordinariamente fruito entro il mese successivo a quello di erogazione, prevede delle penalizzazioni nel caso in cui il beneficio non sia speso interamente. In particolare, si dispone che l'ammontare di beneficio non speso ovvero non prelevato (ad eccezione di arretrati) è sottratto, nei limiti del 20 per cento del beneficio erogato, nella mensilità successiva a quella in cui il beneficio non è stato interamente speso; il suddetto meccanismo di decurtazione del beneficio qualora non venga speso interamente rischia di essere penalizzante per i casi in cui vi sia, per esempio, un ricovero in ospedale o in altre strutture sanitarie, in quanto in questo caso di ricovero diminuiscono inevitabilmente alcune spese,

impegna il Governo

a integrare le disposizioni di cui in premessa, al fine di prevedere che la riduzione del reddito di cittadinanza nel caso che parte dell'ammontare del beneficio economico non venga speso o non prelevato nel mese precedente, non si applichi nel caso di ricovero in ospedale o in centri sanitari per documentate condizioni sanitarie.
9/1637-AR/159Rossello, Versace, Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 disciplina le modalità di calcolo del reddito e della pensione di cittadinanza, la relativa durata e decorrenza, nonché gli effetti sul godimento del beneficio economico derivanti da eventuali variazioni della composizione del nucleo familiare o della situazione occupazionale, il comma 15 del medesimo articolo 3, oltre a specificare che il beneficio è ordinariamente fruito entro il mese successivo a quello di erogazione, prevede delle penalizzazioni nel caso in cui il beneficio non sia speso interamente. In particolare, si dispone che l'ammontare di beneficio non speso ovvero non prelevato (ad eccezione di arretrati) è sottratto, nei limiti del 20 per cento del beneficio erogato, nella mensilità successiva a quella in cui il beneficio non è stato interamente speso; il suddetto meccanismo di decurtazione del beneficio qualora non venga speso interamente rischia di essere penalizzante per i casi in cui vi sia, per esempio, un ricovero in ospedale o in altre strutture sanitarie, in quanto in questo caso di ricovero diminuiscono inevitabilmente alcune spese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di integrare le disposizioni di cui in premessa, al fine di prevedere che la riduzione del reddito di cittadinanza nel caso che parte dell'ammontare del beneficio economico non venga speso o non prelevato nel mese precedente, non si applichi nel caso di ricovero in ospedale o in centri sanitari per documentate condizioni sanitarie.
9/1637-AR/159. (Testo modificato nel corso della seduta) Rossello, Versace, Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge, dispone che il reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale;
    il comma 8, prevede, tra l'altro, che i beneficiari sono tenuti ad accettare almeno una di tre offerte congrue, e il successivo comma 9 prevede che qualora nel nucleo familiare vi sia una persona con disabilità, indipendentemente dal periodo di fruizione del beneficio, l'offerta è congrua se non eccede la distanza di cento chilometri dalla residenza del beneficiario,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme di cui in premessa, anche al fine di riconsiderare l'offerta congrua se non eccede la distanza di cento chilometri in caso di famiglia con disabile, prevedendo una sensibile riduzione di detta distanza, in quanto diversamente si rischia di compromettere la possibilità di continuare a prestare assistenza al familiare disabile in modo significativo.
9/1637-AR/160Gagliardi, Dall'Osso, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge, dispone che il reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale;
    il comma 8, prevede, tra l'altro, che i beneficiari sono tenuti ad accettare almeno una di tre offerte congrue, e il successivo comma 9 prevede che qualora nel nucleo familiare vi sia una persona con disabilità, indipendentemente dal periodo di fruizione del beneficio, l'offerta è congrua se non eccede la distanza di cento chilometri dalla residenza del beneficiario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di valutare gli effetti applicativi delle norme di cui in premessa, anche al fine di riconsiderare l'offerta congrua se non eccede la distanza di cento chilometri in caso di famiglia con disabile, prevedendo una sensibile riduzione di detta distanza.
9/1637-AR/160. (Testo modificato nel corso della seduta) Gagliardi, Dall'Osso, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento sottoposto al nostro esame stabilisce le cause di revoca e decadenza dal reddito di cittadinanza, ovvero di riduzione del medesimo, e alcune sanzioni penali in materia, oltre a prevedere alcuni obblighi di comunicazione e di controllo da parte di pubbliche amministrazioni;
    in particolare, il comma 1 punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque, al fine di ottenere indebitamente il Reddito di cittadinanza, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute; la disposizione non chiarisce se nella fattispecie delittuosa rientri anche il caso in cui la condotta sia posta in essere allo scopo di conseguire una misura differente da quella effettivamente spettante del beneficio. Tale finalità dovrebbe, invece, essere opportunamente oggetto di una specifica previsione nonché appare, opportuno valutare l'entità della pena prevista per tale ipotesi di reato, in considerazione della pena prevista per la fattispecie di cui all'articolo 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato),

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di modificare, con i primi provvedimenti utili, la normativa in oggetto adottando le misure integrative e correttive descritte.
9/1637-AR/161Ruffino, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 7, comma 3, del provvedimento sottoposto al nostro esame, si dispone la revoca del Reddito di cittadinanza con efficacia retroattiva, in conseguenza della condanna in via definitiva, o della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per le fattispecie delittuose introdotte dai commi precedenti, nonché per una serie di reati fatti oggetto di puntuale elencazione la sanzione della revoca degli eventuali ammortizzatori sociali in favore del condannato. Il beneficio non può essere di nuovo richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna, ma tale previsione contrasta con quanto previsto all'articolo 2 del provvedimento, che disciplina i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza. In particolare, dovrebbe essere specificato se la sentenza definitiva di condanna, o quella di applicazione della pena su richiesta delle parti, per i suddetti reati non comporta solo la revoca, ma anche la preclusione all'accesso al beneficio in questione, e dovrebbe, inoltre, essere chiarito se il predetto termine di dieci anni, in conformità con quanto previsto dal successivo comma 11, riguardi la nuova richiesta di accesso al beneficio da parte anche di altri componenti del nucleo familiare,

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di modificare, con i primi provvedimenti utili, la normativa in oggetto adottando le misure integrative e correttive descritte.
9/1637-AR/162Mazzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18-bis, del provvedimento in esame dispone la sospensione del pagamento dei trattamenti previdenziali di vecchiaia o anticipati, erogati dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, per alcuni soggetti condannati che si siano volontariamente sottratti all'esecuzione della pena detentiva nonché per i soggetti evasi o latitanti. Esso disciplina le modalità di adozione dei provvedimenti di sospensione, di comunicazione degli stessi provvedimenti agli enti interessati e di revoca della sospensione. Si prevede l'assegnazione delle risorse derivanti dall'applicazione delle suddette disposizioni al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura nonché agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (comma 5);
    la disposizione del comma 5 è mutuata dall'articolo 2, comma 63, della legge n. 92 del 2012. Si tratta però di un riferimento normativo datato in quanto il «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura», di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, è stato nel frattempo rinominato in «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura e dei reati intenzionali violenti» dall'articolo 14, comma 1, legge 7 luglio 2016, n. 122 e poi in «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici» dall'articolo 11, comma 4, legge 11 gennaio 2018, n. 4,

impegna il Governo

a monitorare l'applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di modificare, con i primi provvedimenti utili, la normativa in oggetto, adottando le misure integrative e correttive descritte, in particolare riassegnando le risorse al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225.
9/1637-AR/163Casino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Aula, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    l'attuazione delle misure per la concessione del reddito di cittadinanza avranno un consistente impatto sull'organizzazione degli uffici comunali. In particolare, tenendo conto delle specifiche competenze aggiuntive attribuite dal decreto-legge, saranno coinvolti i servizi anagrafici e i servizi sociali, che dovranno essere potenziati sia per le attività di sportello che di back-office; le attuali disposizioni di carattere finanziario volte al contenimento della spesa di personale rischiano in molti casi di impedire il potenziamento degli uffici sia attraverso nuove assunzioni di personale a tempo determinato o indeterminato che attraverso il maggiore utilizzo attraverso progetti o straordinario del personale in servizio;
    tale problematica è ancor più evidente nei Comuni, presenti in gran parte nelle Regioni che saranno maggiormente interessate dal RDC, che hanno avviato procedure di riequilibrio finanziario pluriennale o che hanno dichiarato il dissesto, per il quale vigono misure di riduzione della spesa di personale più severe. Si evidenzia come tali limitazioni valgono, secondo le indicazioni dei giudici contabili (Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie n. 21/2014) anche nel caso di etero-finanziamento della spesa di personale con risorse statali,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative volte a prevedere che le spese aggiuntive che i Comuni dovranno sostenere per porre in essere i nuovi adempimenti previsti per l'introduzione del Reddito di Cittadinanza non siano soggetti ai limiti di spesa vigenti.
9/1637-AR/164Pella, Polverini, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Aula, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    l'attuazione delle misure per la concessione del reddito di cittadinanza avranno un consistente impatto sull'organizzazione degli uffici comunali. In particolare, tenendo conto delle specifiche competenze aggiuntive attribuite dal decreto-legge, saranno coinvolti i servizi anagrafici e i servizi sociali, che dovranno essere potenziati sia per le attività di sportello che di back-office; le attuali disposizioni di carattere finanziario volte al contenimento della spesa di personale rischiano in molti casi di impedire il potenziamento degli uffici sia attraverso nuove assunzioni di personale a tempo determinato o indeterminato che attraverso il maggiore utilizzo attraverso progetti o straordinario del personale in servizio;
    tale problematica è ancor più evidente nei Comuni, presenti in gran parte nelle Regioni che saranno maggiormente interessate dal RDC, che hanno avviato procedure di riequilibrio finanziario pluriennale o che hanno dichiarato il dissesto, per il quale vigono misure di riduzione della spesa di personale più severe. Si evidenzia come tali limitazioni valgono, secondo le indicazioni dei giudici contabili (Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie n. 21/2014) anche nel caso di etero-finanziamento della spesa di personale con risorse statali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con i vincoli di spesa, le iniziative volte a prevedere che le spese aggiuntive che i Comuni dovranno sostenere per porre in essere i nuovi adempimenti previsti per l'introduzione del Reddito di Cittadinanza non siano soggetti ai limiti di spesa vigenti.
9/1637-AR/164. (Testo modificato nel corso della seduta) Pella, Polverini, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Aula, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    il provvedimento non considera con la necessaria attenzione il mondo della disabilità, una realtà che avrebbe bisogno di una ben maggiore tutela;
    l'articolo 10 del disegno di legge interviene sul Coordinamento, monitoraggio e valutazione del Reddito di cittadinanza, prevedendo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è responsabile del monitoraggio dell'attuazione del Rdc e predispone il Rapporto annuale sull'attuazione del Rdc, pubblicato nel sito internet istituzionale del medesimo Ministero; la suddetta previsione, necessaria al fine di monitorare gli effetti del reddito di cittadinanza, necessita di essere implementata con particolare riguardo al mondo della disabilità; considerata la novità della misura e la necessità di una attenta valutazione di impatto sulle persone con disabilità e dei caregiver familiari, nonché in termini generali la carenza di dati derivanti dal sistema informativo pubblico sulle persone con disabilità e sui caregiver familiari, risulta infatti essenziale garantire un monitoraggio dedicato attivando flussi di dati specificatamente inerenti le persone con disabilità e i caregiver familiari,

impegna il Governo

al fine di valutare l'impatto della misura sulle persone con disabilità e caregiver familiari, a definire flussi informativi specifici da far confluire in una sezione dedicata del Rapporto annuale, assicurando il coinvolgimento delle Associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità e dei caregiver familiari nel processo di monitoraggio, anche al fine di individuare congiuntamente aree di miglioramento e sviluppo dei processi e dei percorsi con particolare riferimento al raccordo delle misure previste dal provvedimento in esame con le politiche, programmi, misure dedicate alle persone con disabilità ed ai caregiver familiari.
9/1637-AR/165Nevi, Pedrazzini, Versace, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Aula, al Capo I introduce il reddito di cittadinanza quale misura che dovrebbe garantire un sussidio mensile per i soggetti meno abbienti e riservato a chi non supera determinate soglie di reddito;
    il provvedimento non considera con la necessaria attenzione il mondo della disabilità, una realtà che avrebbe bisogno di una ben maggiore tutela;
    l'articolo 10 del disegno di legge interviene sul Coordinamento, monitoraggio e valutazione del Reddito di cittadinanza, prevedendo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è responsabile del monitoraggio dell'attuazione del Rdc e predispone il Rapporto annuale sull'attuazione del Rdc, pubblicato nel sito internet istituzionale del medesimo Ministero; la suddetta previsione, necessaria al fine di monitorare gli effetti del reddito di cittadinanza, necessita di essere implementata con particolare riguardo al mondo della disabilità; considerata la novità della misura e la necessità di una attenta valutazione di impatto sulle persone con disabilità e dei caregiver familiari, nonché in termini generali la carenza di dati derivanti dal sistema informativo pubblico sulle persone con disabilità e sui caregiver familiari, risulta infatti essenziale garantire un monitoraggio dedicato attivando flussi di dati specificatamente inerenti le persone con disabilità e i caregiver familiari,

impegna il Governo

al fine di valutare l'impatto della misura sulle persone con disabilità e caregiver familiari, a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di definire flussi informativi specifici da far confluire in una sezione dedicata del Rapporto annuale, assicurando il coinvolgimento delle Associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità e dei caregiver familiari nel processo di monitoraggio, anche al fine di individuare congiuntamente aree di miglioramento e sviluppo dei processi e dei percorsi con particolare riferimento al raccordo delle misure previste dal provvedimento in esame con le politiche, programmi, misure dedicate alle persone con disabilità ed ai caregiver familiari.
9/1637-AR/165. (Testo modificato nel corso della seduta) Nevi, Pedrazzini, Versace, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento all'esame dell'Aula reca, tra l'altro, la quantificazione e la copertura delle maggiori spese derivanti dalle disposizioni che introducono il Reddito e la Pensione di cittadinanza e degli incentivi alle assunzioni;
    il comma 12, in particolare, dispone in ordine al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, di cui all'articolo 4, comma 13, ivi inclusi eventuali costi per l'adeguamento dei sistemi informativi dei comuni, in forma singola o associata. A tal fine, si provvede mediante l'utilizzo delle risorse residue della quota del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 147/2017, con il concorso delle risorse afferenti al Programma operativo nazionale Inclusione relativo all'obiettivo tematico della lotta alla povertà e della promozione dell'inclusione sociale,

impegna il Governo

ad ampliare la tipologia di costi finanziabili delle risorse del Fondo Povertà destinate al rafforzamento dei servizi sociali comunali, in modo da includere anche la copertura degli ulteriori oneri amministrativi ed organizzativi previsti dal Reddito di Cittadinanza, quali ad esempio, quelli inerenti all'attivazione e gestione dei progetti di utilità sociale, controlli anagrafici su una platea più vasta, rilascio dei documenti anagrafici aggiornati necessari all'accesso alla misura, eccetera.
9/1637-AR/166Ripani, Pella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento all'esame dell'Aula reca, tra l'altro, la quantificazione e la copertura delle maggiori spese derivanti dalle disposizioni che introducono il Reddito e la Pensione di cittadinanza e degli incentivi alle assunzioni;
    il comma 12, in particolare, dispone in ordine al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, di cui all'articolo 4, comma 13, ivi inclusi eventuali costi per l'adeguamento dei sistemi informativi dei comuni, in forma singola o associata. A tal fine, si provvede mediante l'utilizzo delle risorse residue della quota del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 147/2017, con il concorso delle risorse afferenti al Programma operativo nazionale Inclusione relativo all'obiettivo tematico della lotta alla povertà e della promozione dell'inclusione sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di ampliare la tipologia di costi finanziabili delle risorse del Fondo Povertà destinate al rafforzamento dei servizi sociali comunali, in modo da includere anche la copertura degli ulteriori oneri amministrativi ed organizzativi previsti dal Reddito di Cittadinanza, quali ad esempio, quelli inerenti all'attivazione e gestione dei progetti di utilità sociale, controlli anagrafici su una platea più vasta, rilascio dei documenti anagrafici aggiornati necessari all'accesso alla misura, eccetera.
9/1637-AR/166. (Testo modificato nel corso della seduta) Ripani, Pella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14-ter del provvedimento in esame, amplia, rispetto a quanto attualmente previsto, la possibilità di utilizzo delle graduatorie concorsuali per l'accesso al pubblico impiego;
    con riferimento alle procedure concorsuali delle P.A., bandite dopo il 1o gennaio 2019, si prevede che le relative graduatorie siano impiegate non più esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso (come attualmente previsto), ma anche per la copertura dei posti che si rendono disponibili a seguito della mancata costituzione o della estinzione del rapporto di lavoro con i candidati vincitori; nonché facoltativamente per effettuare assunzioni di soggetti titolari del diritto al collocamento obbligatorio, quali disabili e vittime del terrorismo;
    il comma 2 estende anche al personale educativo degli enti locali la deroga alla disciplina contenuta nei commi da 360 a 364 dell'articolo 1 della legge 145/2018 concernente le modalità delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni, deroga già prevista per le assunzioni del personale scolastico (ivi compresi i dirigenti) e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica;
    occorre tuttavia ripristinare la facoltà di utilizzo, da parte dei Comuni, dell'estensione temporale delle graduatorie prevista al comma 362 della medesima citata legge 145/2018, al fine di garantire la continuità dei servizi educativo-scolastici nell'anno scolastico 2019/2020, tenuto conto dei tempi eccessivamente ristretti per avviare nuove procedure di reclutamento,

impegna il Governo

anche alla luce degli effetti derivanti dall'applicazione delle norme pensionistiche del provvedimento, a ripristinare la facoltà di utilizzo, da parte dei Comuni, dell'estensione temporale delle graduatorie prevista dal comma 362, articolo 1 della legge n. 145 del 2018, al fine di garantire la continuità dei servizi educativo-scolastici nell'anno scolastico 2019/2020, tenuto conto dei tempi eccessivamente ristretti per avviare nuove procedure di reclutamento.
9/1637-AR/167Maria Tripodi, Pella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del provvedimento istituisce (comma 1) il Sistema informativo del Reddito di cittadinanza (RDC), prevedendo al comma 6 che il Ministero del lavoro di concerto con il Ministero dell'economia, stipuli apposite convenzioni con la Guardia di Finanza per l'accesso al suddetto sistema informativo e al sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS), di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 147 del 2017, nel quale confluiscono i dati trasmessi obbligatoriamente dai comuni dalle regioni e da ogni altro ente erogatore di prestazioni sociali;
    sempre a fini di controllo dei fruitori del RDC, ai sensi del comma 3 dell'articolo 5 l'INPS accede ai dati dell'Anagrafe tributaria, del Pubblico registro automobilistico e «dalle altre amministrazioni pubbliche detentrici di dati, le informazioni rilevanti ai fini della concessione del RDC»;
    in sede di audizione presso la Commissione dell'anagrafe tributaria il 6 marzo 2019, il Governo ha fornito un elenco della banche dati fiscalmente rilevanti (le banche dati del Sistema informativo della fiscalità (SIF), le banche dati della fiscalità immobiliare, i flussi informativi tra SIF ed enti locali, i flussi informativi tra SIF e operatori di giustizia tributaria, i dati SO GEI sulla fatturazione elettronica, pacificazione e semplificazione fiscale, tassonomia, andamento delle partite IVA), che servono tutta l'area della fiscalità, ovvero il Dipartimento delle finanze del MEF, le Agenzie fiscali, l'Agenzia delle entrate – Riscossione e la Guardia di finanza;
    secondo i dati dell'ultima indagine resa disponibile dalla Commissione Anagrafe tributaria medesima, datati 2013, e riportati dalla stampa si tratta di un totale di 31 banche dati principali e 129 complessive;
    appare evidente un processo di proliferazione e stratificazione delle banche dati della P.A. preposte al controllo dei vari aspetti fiscali e sociali della vita dei cittadini, le quali evidentemente hanno ciascuna un proprio costo operativo e gestionale. Una proliferazione di dati che ha evidenti riflessi sulla privacy;
    peraltro appare messo in discussione il principio generale che al cittadino non possono essere richiesti dati già in possesso della P.A., in quanto la dispersione dei dati in più ambiti, produce come risultato che la stessa P.A. possa non sapere di quali dati disponga,

impegna il Governo:

   a procedere, anche al fine di ridurre gli oneri di finanza pubblica, ad un complessivo riordino della banche dati contenenti di dati fiscali e relative a prestazioni sociali erogate a cittadini, nel rispetto dei principi della privacy, assicurando la piena interoperabilità tra le stesse;
   a garantire a ciascun cittadino la possibilità di conoscere quali siano i dati che lo riguardano, di cui la P.A. disponga.
9/1637-AR/168Giacometto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del provvedimento istituisce (comma 1) il Sistema informativo del Reddito di cittadinanza (RDC), prevedendo al comma 6 che il Ministero del lavoro di concerto con il Ministero dell'economia, stipuli apposite convenzioni con la Guardia di Finanza per l'accesso al suddetto sistema informativo e al sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS), di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 147 del 2017, nel quale confluiscono i dati trasmessi obbligatoriamente dai comuni dalle regioni e da ogni altro ente erogatore di prestazioni sociali;
    sempre a fini di controllo dei fruitori del RDC, ai sensi del comma 3 dell'articolo 5 l'INPS accede ai dati dell'Anagrafe tributaria, del Pubblico registro automobilistico e «dalle altre amministrazioni pubbliche detentrici di dati, le informazioni rilevanti ai fini della concessione del RDC»;
    in sede di audizione presso la Commissione dell'anagrafe tributaria il 6 marzo 2019, il Governo ha fornito un elenco della banche dati fiscalmente rilevanti (le banche dati del Sistema informativo della fiscalità (SIF), le banche dati della fiscalità immobiliare, i flussi informativi tra SIF ed enti locali, i flussi informativi tra SIF e operatori di giustizia tributaria, i dati SO GEI sulla fatturazione elettronica, pacificazione e semplificazione fiscale, tassonomia, andamento delle partite IVA), che servono tutta l'area della fiscalità, ovvero il Dipartimento delle finanze del MEF, le Agenzie fiscali, l'Agenzia delle entrate – Riscossione e la Guardia di finanza;
    secondo i dati dell'ultima indagine resa disponibile dalla Commissione Anagrafe tributaria medesima, datati 2013, e riportati dalla stampa si tratta di un totale di 31 banche dati principali e 129 complessive;
    appare evidente un processo di proliferazione e stratificazione delle banche dati della P.A. preposte al controllo dei vari aspetti fiscali e sociali della vita dei cittadini, le quali evidentemente hanno ciascuna un proprio costo operativo e gestionale. Una proliferazione di dati che ha evidenti riflessi sulla privacy;
    peraltro appare messo in discussione il principio generale che al cittadino non possono essere richiesti dati già in possesso della P.A., in quanto la dispersione dei dati in più ambiti, produce come risultato che la stessa P.A. possa non sapere di quali dati disponga,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
   procedere, anche al fine di ridurre gli oneri di finanza pubblica, ad un complessivo riordino della banche dati contenenti di dati fiscali e relative a prestazioni sociali erogate a cittadini, nel rispetto dei principi della privacy, assicurando la piena interoperabilità tra le stesse;
   garantire a ciascun cittadino la possibilità di conoscere quali siano i dati che lo riguardano, di cui la P.A. disponga.
9/1637-AR/168. (Testo modificato nel corso della seduta) Giacometto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza; i requisiti sono verificati da INPS,

impegna il Governo

ferma restando la possibilità di ricorrere in giudizio, a riconoscere esplicitamente la possibilità esplicita per il richiedente di procedere a ricorso amministrativo avverso la decisione dell'INPS entro 30 giorni dalla data di ricezione della comunicazione da parte dell'istituto, fatto salvo se spettante il diritto al reddito o alla pensione di cittadinanza.
9/1637-AR/169Cannatelli, Fatuzzo, Zangrillo, Zucconi.


   La Camera,
   premesso che:
    recenti provvedimenti normativi hanno previsto la progressiva adozione della tessera sanitaria sugli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro come strumento di prevenzione e lotta alla ludopatia;
    i tempi di adeguamento dei circa 260.000 apparecchi e gli impatti organizzativi sulla rete telematica sono stati stimati dalle associazioni di categoria in non meno di 24 mesi;
    in particolare gli elementi di allungamento dei tempi di realizzazione delle funzioni di rete e di adeguamento delle strutture negli esercizi sembrano dipendere da una serie di fattori quali l'ubicazione dei server centrali, il numero delle partite autorizzate, le abilitazioni e i blocchi sui sistemi di controllo, le modalità di gestione degli orari, l'identificazione della maggiore età del giocatore;
    le suddette problematiche sembrerebbero avere impatti significativi sulla sostituzione di non meno di 150.000 parti tecniche e sui processi di sostituzione degli apparecchi determinando quindi un forte rallentamento delle operazioni di aggiornamento delle macchine installate per la raccolta del gioco;
    le procedure previste potrebbero avere anche pesanti ricadute sul gettito oltre che, se non adeguatamente organizzate temporalmente, rendere impraticabile la fruizione degli apparecchi con il rischio dello scivolamento del giocatore dall'offerta legale a quella illegale con effetto esattamente opposto alla volontà del legislatore;
    non sono ancora stati chiariti presso gli organismi europei gli effetti applicativi dell'introduzione della tessera sanitaria rispetto ai diritti del cittadino italiano e alla possibilità di poter accedere all'offerta legale da parte di altri cittadini di paesi appartenenti all'unione europea;
    le suddette problematiche rischiano di determinare un progressivo disinteresse degli operatori privati trasparenti ad investire e gestire, ai sensi di un potere traslativo dello Stato, il gioco pubblico con vincita in denaro e quindi a non partecipare alle prossime gare lasciando quindi spazio libero alla criminalità organizzata,

impegna il Governo:

   al fine di tutelare la salute e i soggetti deboli, a rivedere i tempi di introduzione della tessera sanitaria secondo modalità industriali idonee perseguire il risultato atteso dal legislatore altrimenti vanificato;
   a valutare la possibilità di introdurre un dispositivo con forza di legge che autorizzi il Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ai fini della salvaguardia della salute del giocatore, della certezza e continuità erariale, del corretto funzionamento informativo nei confronti degli enti locali e degli organi di pubblica sicurezza, ad emettere uno o più decreti attuativi anche in deroga alla normativa vigente entro e non oltre la scadenza delle concessioni in essere previo parere delle commissioni parlamentari competenti.
9/1637-AR/170Bond.


   La Camera,
   premesso che:
    recenti provvedimenti normativi hanno previsto la progressiva adozione della tessera sanitaria sugli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro come strumento di prevenzione e lotta alla ludopatia;
    i tempi di adeguamento dei circa 260.000 apparecchi e gli impatti organizzativi sulla rete telematica sono stati stimati dalle associazioni di categoria in non meno di 24 mesi;
    in particolare gli elementi di allungamento dei tempi di realizzazione delle funzioni di rete e di adeguamento delle strutture negli esercizi sembrano dipendere da una serie di fattori quali l'ubicazione dei server centrali, il numero delle partite autorizzate, le abilitazioni e i blocchi sui sistemi di controllo, le modalità di gestione degli orari, l'identificazione della maggiore età del giocatore;
    le suddette problematiche sembrerebbero avere impatti significativi sulla sostituzione di non meno di 150.000 parti tecniche e sui processi di sostituzione degli apparecchi determinando quindi un forte rallentamento delle operazioni di aggiornamento delle macchine installate per la raccolta del gioco;
    le procedure previste potrebbero avere anche pesanti ricadute sul gettito oltre che, se non adeguatamente organizzate temporalmente, rendere impraticabile la fruizione degli apparecchi con il rischio dello scivolamento del giocatore dall'offerta legale a quella illegale con effetto esattamente opposto alla volontà del legislatore;
    non sono ancora stati chiariti presso gli organismi europei gli effetti applicativi dell'introduzione della tessera sanitaria rispetto ai diritti del cittadino italiano e alla possibilità di poter accedere all'offerta legale da parte di altri cittadini di paesi appartenenti all'unione europea;
    le suddette problematiche rischiano di determinare un progressivo disinteresse degli operatori privati trasparenti ad investire e gestire, ai sensi di un potere traslativo dello Stato, il gioco pubblico con vincita in denaro e quindi a non partecipare alle prossime gare lasciando quindi spazio libero alla criminalità organizzata,

impegna il Governo:

al fine di tutelare la salute e i soggetti deboli, a dare impulso alla verifica dei requisiti industriali necessari per la piena attuazione della verifica dell'identità del giocatore tramite introduzione della tessera sanitaria elettronica oppure di tessera elettronica che permetta l'inequivocabile identificazione del giocatore.
9/1637-AR/170. (Testo modificato nel corso della seduta) Bond.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di mia misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    nel corso dell'esame al Senato, a seguito di quanto esposto dal Garante della privacy sono state introdotte numerose disposizioni riguardanti il trattamento dei dati personali in considerazione dei flussi informativi e dei dati sensibili trattati;
    è previsto un controllo sui consumi effettuati per mezzo della carta Rdc,

impegna il Governo

prevedere l'istituzione di un osservatorio apposito per vigilare, di concerto con il Garante della privacy, sull'impiego dei dati in particolar modo quelli riguardanti i consumi effettuati con la Carta Rdc.
9/1637-AR/171Zanella, Fatuzzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    l'articolo 2 prevede una serie di requisiti necessari;
    l'articolo 5 della legge n. 261 del 1991 dichiara in via generale «irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali», stabilendo che «in nessun caso possono essere computate, a carico dei soggetti che le percepiscono e del loro nucleo familiare, nel reddito richiesto per la corresponsione di altri trattamenti pensionistici, per la concessione di esoneri ovvero di benefici economici e assistenziali»,

impegna il Governo

a prevedere che nei confronti del Reddito di cittadinanza non rilevino i trattamenti pensionistici di guerra di cui in premessa.
9/1637-AR/172Scoma, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2019 reca Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni prevede al Capo I le misure relative all'istituzione di una misura di politica attiva del lavoro definita Reddito di cittadinanza;
    l'articolo 2 prevede una serie di requisiti necessari;
    l'articolo 5 della legge n. 261 del 1991 dichiara in via generale «irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali», stabilendo che «in nessun caso possono essere computate, a carico dei soggetti che le percepiscono e del loro nucleo familiare, nel reddito richiesto per la corresponsione di altri trattamenti pensionistici, per la concessione di esoneri ovvero di benefici economici e assistenziali»,

impegna il Governo

a prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, che nei confronti del Reddito di cittadinanza non rilevino i trattamenti pensionistici di guerra di cui in premessa.
9/1637-AR/172. (Testo modificato nel corso della seduta) Scoma, Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione con modificazioni del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 reca disposizioni urgenti in materia di trattamento pensionistico, riguardante anche la Pubblica Amministrazione e il comparto scuola;
    l'articolo 14 introduce, in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, il diritto a conseguire la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni (cosiddetta quota 100);
    il comma 7 dell'articolo 14 prevede che per i dipendenti pubblici della sezione contrattuale «Istituzioni scolastiche ed educative» e di quella «Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica» (AFAM), che maturino i requisiti entro il 31 dicembre di un determinato anno, la decorrenza è posta dall'inizio dell'anno scolastico o accademico in cui ricadrà la suddetta data del 31 dicembre;
    con circolare del 1o febbraio 2019, il Ministero dell'Istruzione, Università e della Ricerca, ha definito le modalità operative per le cessazioni dal servizio del personale scolastico dal 1o settembre 2019 a seguito delle disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione anticipata introdotte dal provvedimento in esame;
    è evidente che con la dizione «Comparto Scuola e Afam» si è voluto fare riferimento a tutto il personale della Scuola, compreso i Dirigenti Scolastici che avevano una autonoma Area di contrattazione, l'Area V e che, parimenti al restante personale della Scuola, possono essere collocati in pensione solo a decorrere dall'inizio dell'anno scolastico;
    la predetta circolare il MIUR, condivisa anche dall'INPS, ha fornito indicazioni su come tutto il personale scolastico, docenti, non docenti personale educativo e dirigenti scolastici, possano accedere alle disposizioni di cui al richiamato decreto-legge n. 4 del 28/1/2019, presentando domanda di cessazione dal servizio entro il 28 febbraio 2019,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di sostituire, attraverso lo strumento normativo ritenuto idoneo, le parole «comparto scuola ed AFAM» con «comparto dell'area dell'istruzione e della ricerca».
9/1637-AR/173Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, oltre alle misure in materia di reddito di cittadinanza e quota 100, contiene anche una serie di disposizioni in materia di lavoro e ammortizzatori sociali;
    tuttavia, non hanno trovato spazio le richieste volte ad assicurare la continuità didattica alle attività connesse a progetti sperimentali didattici internazionali,

impegna il Governo

anche alla luce degli effetti che potrebbero derivare sull'organico della scuola dalle norme previdenziali del provvedimento, a valutare l'opportunità di adottare, sin dal primo provvedimento utile, misure finalizzate ad autorizzare, su richiesta del personale interessato, il trattenimento in servizio così come già disciplinato nelle precedenti leggi di Bilancio 2016 fino al 2021.
9/1637-AR/174Boccia.