Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 9 maggio 2022

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 9 maggio 2022.

  Amitrano, Andreuzza, Ascani, Ascari, Baldelli, Barelli, Battelli, Bellucci, Bergamini, Bianchi, Biancofiore, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Maria, Del Grosso, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Marin, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Orsini, Paita, Parolo, Perantoni, Rampelli, Ripani, Rizzo, Romaniello, Rosato, Rotta, Ruocco, Saitta, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scutellà, Serracchiani, Carlo Sibilia, Siragusa, Sisto, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Tateo, Leda Volpi, Zanettin, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 6 maggio 2022 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   MARROCCO: «Disposizioni sulla sepoltura dei feti umani» (3596);

   NOVELLI: «Istituzione della Giornata nazionale della democrazia» (3597).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge SIANI ed altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» (2298) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Sarli.

  La proposta di legge CARABETTA: «Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per favorire l'ingresso e il soggiorno dei lavoratori stranieri il cui reddito prevalente derivi da attività estere» (3445) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Orrico.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  BIANCOFIORE ed altri: «Modifica all'articolo 28 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, in materia di acquisto di equipaggiamenti militari non letali di protezione da parte dei giornalisti professionisti, dei pubblicisti, dei fotoreporter e dei videoperatori che esercitano la loro attività in zone di guerra o di conflitto armato» (3537) Parere delle Commissioni III, V e VII.

   II Commissione (Giustizia):

  MARCO DI MAIO: «Disciplina dell'attività di tutela e di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi» (2276) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII, X, XI, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali;

  LUCASELLI ed altri: «Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in materia di assegnazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata» (3478) Parere delle Commissioni I, V, X e XII;

   CONSIGLIO REGIONALE DELLA CALABRIA: «Modifiche al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero» (3560) Parere delle Commissioni I, V, XI, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VII Commissione (Cultura):

   BARBUTO ed altri: «Modifiche all'articolo 2 della legge 20 agosto 2019, n. 92, concernenti l'introduzione dell'insegnamento di diritto ed economia politica nelle scuole secondarie di secondo grado e l'attribuzione del coordinamento dell'insegnamento dell'educazione civica ai docenti di discipline giuridiche ed economiche» (3566) Parere delle Commissioni I, II, V, XI e Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):

  CASU ed altri: «Disposizioni per il contrasto delle forme di dipendenza dal gioco d'azzardo lecito mediante l'applicazione delle tecniche di “spinta gentile”» (3543) Parere delle Commissioni I, V, VI e XIV;

  CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO: «Modifiche all'articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265» (3550) Parere delle Commissioni I, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e Commissione parlamentare per le questioni regionali;

  RIZZETTO ed altri: «Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone guarite da malattie oncologiche» (3563) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, XI, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di
atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla conclusione, a nome dell'Unione, e alla firma, a nome dell'Unione, dell'accordo globale sul trasporto aereo tra gli Stati membri dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico e l'Unione europea e i suoi Stati membri (COM(2022) 193 final e COM(2022) 194 final), corredata dai relativi allegati (COM(2022) 193 final – Annex e COM(2022) 194 final – Annexes 1 to 2), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Uno spazio europeo dei dati sanitari: sfruttare il potenziale dei dati sanitari per le persone, i pazienti e l'innovazione (COM(2022) 196 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali).

  La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui gas fluorurati a effetto serra, che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e che abroga il regolamento (UE) n. 517/2014 (COM(2022) 150 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 5 maggio 2022, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà. Il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 6 maggio 2022.

   La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi («azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica») (COM(2022) 177 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 5 maggio 2022, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla II Commissione (Giustizia), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà. Il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 6 maggio 2022.

Richieste di parere parlamentare
su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 14, commi 1 e 2, lettere a), b), g), h), i) e p), della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di sistema di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429 (381).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 14, commi 1 e 2, lettere a), b), e), f), h), i), l), n), o) e p), della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 14 comma 2, lettere a), b), e), f), h), i), l), n), o) e p), della legge 22 aprile 2021, n. 53, per adeguare e raccordare la normativa nazionale in materia di prevenzione e controllo delle malattie animali che sono trasmissibili agli animali o all'uomo, alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429 (382).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 14, commi 1 e 2, lettere a), b), n), o), p) e q), della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni di attuazione del regolamento (UE) 2016/429 in materia di commercio, importazione, conservazione di animali della fauna selvatica ed esotica e formazione per operatori e professionisti degli animali, anche al fine di ridurre il rischio di focolai di zoonosi, nonché l'introduzione di norme penali volte a punire il commercio illegale di specie protette (383).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 15 della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/745, relativo ai dispositivi medici, che modifica la direttiva 2001/83/CE, il regolamento (CE) n. 178/2002 e il regolamento (CE) n. 1223/2009 e che abroga le direttive 90/385/CEE e 93/42/CEE, nonché per l'adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2020/561, che modifica il regolamento (UE) 2017/745 relativo ai dispositivi medici, per quanto riguarda le date di applicazione di alcune delle sue disposizioni (384).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 15 della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/746, relativo ai dispositivi medico-diagnostici in vitro e che abroga la direttiva 98/79/CE e la decisione 2010/227/UE, nonché per l'adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2022/112 che modifica il regolamento (UE) 2017/746 per quanto riguarda le disposizioni transitorie per determinati dispositivi medico-diagnostici in vitro e l'applicazione differita delle condizioni concernenti i dispositivi fabbricati internamente (385).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 16 della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1991 che modifica il regolamento (UE) n. 345/2013 relativo ai Fondi europei per il venture capital e il regolamento (UE) n. 346/2013 relativo ai Fondi europei per l'imprenditoria sociale (386).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 17 della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2019/518, come successivamente codificato nel regolamento (UE) 2021/1230, relativamente alle commissioni applicate sui pagamenti transfrontalieri nell'Unione europea e le commissioni di conversione valutaria (387).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 18 della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del titolo III «Quadro di certificazione della cibersicurezza» del regolamento (UE) 2019/881 relativo all'ENISA, l'Agenzia dell'Unione europea per la cibersicurezza, e alla certificazione della cibersicurezza per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e che abroga il regolamento (UE) n. 526/2013 («regolamento sulla cibersicurezza») (388).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti) e, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 20 della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione del regolamento (UE) 2019/1238 sul prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP) (389).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 6 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 25 della legge 22 aprile 2021, n. 53, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/2402, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012. Modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (390).

  Questa richiesta, in data 7 maggio 2022, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 16 giugno 2022. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 27 maggio 2022.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI NAPPI ED ALTRI N. 1-00618, CARNEVALI ED ALTRI N. 1-00643, GEMMATO ED ALTRI N. 1-00645 E MANDELLI ED ALTRI N. 1-00647 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA RIORGANIZZAZIONE DELL'ASSISTENZA SANITARIA TERRITORIALE

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da COVID-19 ha creato gravi problemi sanitari, economici e sociali in tutto il mondo; questa emergenza sanitaria ha drammaticamente amplificato le fragilità del nostro Servizio sanitario nazionale, mettendolo a dura prova per carenza di strutture, di personale, per disomogeneità regionali;

    in quest'ultimo anno sono stati adottati numerosi provvedimenti per rafforzare la nostra sanità, specialmente all'interno dei reparti ospedalieri maggiormente coinvolti nell'emergenza, finalizzati ad implementare l'organico ed assumere tra personale sanitario, infermieristico e socio-sanitario, secondo quanto riferito dal ministero della salute, più di 36.000 unità;

    l'ultima legge di bilancio ha previsto fondi per investimenti in edilizia e attrezzature sanitarie, delineando un percorso di miglioramento non solo strutturale e nell'ambito della sicurezza ma anche impiantistico e di ammodernamento tecnologico;

    dopo un ampio ciclo di audizioni si è giunti ad individuare quali siano le necessità prioritarie da affrontare attraverso l'utilizzo dei fondi del Recovery fund, con i quali si auspica che si potranno finalmente apportare le giuste riforme sui punti deboli del nostro Ssn, emersi anche a seguito di questa pandemia;

    tra le linee d'intervento e i progetti in cui si articola la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), relativa alla salute, si evidenzia, in particolare il potenziamento della rete di assistenza territoriale, sanitaria e socio-sanitaria, quale elemento imprescindibile per garantire una risposta assistenziale appropriata ed efficace, in grado di demandare agli ospedali le attività di maggiore complessità, concentrando a livello territoriale le prestazioni meno complesse, attraverso lo sviluppo delle case di comunità, l'assistenza domiciliare integrata (Adi), la telemedicina, nonché implementando la presenza sul territorio degli ospedali di comunità;

    nel mese di febbraio 2022 il Ministro della salute ha trasmesso alla Conferenza Stato-regioni il documento, cosiddetto «DM71», recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, standard che le regioni e province autonome saranno tenute a garantire, in coerenza con la Missione 6 del Pnrr, attraverso l'adozione di un provvedimento generale di programmazione dell'assistenza territoriale, analogamente a quanto avvenuto con il cosiddetto «DM 70» con riferimento alla assistenza ospedaliera;

    il 16 marzo 2022 la Conferenza Stato-regioni ha esaminato lo schema di decreto ministeriale cosiddetto «DM 71» e, pur rinviando l'intesa sul provvedimento in attesa dell'esame da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, ha posto alcune condizioni: progressività nell'attuazione in relazione anche alle risorse; un'adeguata implementazione e potenziamento del fabbisogno del personale e un'adeguata copertura finanziaria; costituzione di un Tavolo di lavoro per la determinazione delle risorse necessarie; riforma urgente ed indifferibile delle disposizioni in materia di medici di medicina generale e un aggiornamento del percorso formativo; assunzione di medici di comunità e delle cure primarie e di medici dei servizi territoriali da impiegare nelle case della comunità, a seguito di appositi corsi abilitanti organizzati a cura delle regioni; impiego di tutto il personale sanitario e amministrativo necessario e risorse correlate; adozione di un successivo provvedimento per ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile; secondo quanto si evince dalla bozza del «DM71», nell'ambito del distretto, quale un'articolazione organizzativo-funzionale dell'Azienda sanitaria locale (Asl) sul territorio di circa 100.000 abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio, la programmazione deve prevedere i seguenti standard:

     a) almeno una casa della comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;

     b) case della comunità spoke e ambulatori di medici di medicina generale (Mmg) e pediatri di libera scelta (Pls) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei Mmg e Pls (Aft e Uccp) sono ricomprese nelle case della comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;

     c) almeno un infermiere di famiglia o comunità ogni 2.000-3.000 abitanti. Tale standard è da intendersi come numero complessivo di infermieri di famiglia o comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l'assistenza territoriale si articola;

     d) almeno un'unità di continuità assistenziale (un medico e un infermiere) ogni 100.000 abitanti;

     e) una centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore;

     f) almeno un ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000-100.000 abitanti;

    nell'ambito dell'anzidetto potenziamento dell'assistenza territoriale, quindi, le case della comunità rappresentano, secondo quanto riportato nella bozza del «DM71», il modello organizzativo che rende concreta l'assistenza di prossimità e il luogo fisico al quale l'assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria;

    la casa della comunità promuove un modello di intervento integrato e multidisciplinare, in qualità di sede privilegiata per la progettazione e l'erogazione di interventi sanitari. L'attività, infatti, deve essere organizzata in modo tale da permettere un'azione d'équipe tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali interni – anche nelle loro forme organizzative – infermieri di famiglia o comunità, altri professionisti della salute disponibili a legislazione vigente nell'ambito delle aziende sanitarie, quali ad esempio psicologi, ostetrici, professionisti dell'area della prevenzione, della riabilitazione e tecnica, e assistenti sociali, anche al fine di consentire il coordinamento con i servizi sociali degli enti locali del bacino di riferimento;

    trattandosi di una impostazione innovativa, come si evince dal Pnrr e dal documento «DM71», è necessario individuare un layout e indicatori utili a verificare se gli obiettivi previsti vengono raggiunti e in quale misura, non solo sotto l'aspetto della sostenibilità economica ma, soprattutto, dei risultati in termini di miglioramento dello stato di salute della comunità nonché della sua coesione sociale;

    con il rafforzamento dell'assistenza domiciliare integrata (Adi), quale servizio a valenza distrettuale, previsto anche nel «DM71» secondo lo standard del 10 per cento della popolazione over 65 da prendere carico progressivamente, e finalizzato all'erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell'ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza, attraverso prestazioni professionali del personale sanitario e socio-sanitario oltre che mediante il potenziamento dei supporti tecnologici e digitali per una sanità che utilizzi la telemedicina per le cure a distanza, la presa in carico dovrà essere personalizzata e globale, nei confronti di ogni fragilità tale da consentire risposte adeguate attraverso la presenza di operatori che siano punto di riferimento certo nel tempo per i soggetti coinvolti l'affiancamento e sostegno dedicato a caregivers familiari e badanti;

    il rafforzamento delle cure intermedie è perseguito attraverso la realizzazione di ospedali di comunità, quali presìdi sanitari a lunga degenza con funzioni «intermedie» tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, anche attraverso la riconversione o la riqualificazione di progetti e strutture già esistenti nonché la valorizzazione e il coinvolgimento delle strutture pubbliche e private convenzionate o convenzionabili con il Servizio sanitario nazionale;

    l'ammodernamento delle tecnologie ospedaliere, la digitalizzazione dei processi clinico-assistenziali, il completamento e la diffusione del fascicolo sanitario elettronico (Fse), saranno finalizzati a rafforzare ulteriormente anche l'assistenza territoriale;

    i problemi esistenti del nostro sistema sanitario sono riconducibili a: alto costo per prestazione con risorse economiche limitate; incremento costante delle richieste di intervento; strutture di ricovero non del tutto idonee (50 per cento degli ospedali hanno meno di 120 posti letto); vetustà del patrimonio edilizio e tecnologie disponibili obsolete; ricoveri non appropriati per degenze prolungate; pronto soccorso con eccesso di utenza e tempi di risposta inadeguati; livelli di sicurezza non sempre appropriati; tempi di attesa elevati per le prestazioni sanitarie; scarsità di personale in termini quali/quantitativi; sede di ricovero non appropriata; copertura completa in ricovero tipici su 5/6 giorni per 8-12 ore/die; bisogni dell'utenza variati e risposte non sempre personalizzate o non sufficientemente personalizzate; elevato livello di burocratizzazione con processi particolarmente complessi per esigenze amministrative; modello organizzativo e normativo ante riforma di cui alla legge n. 833 del 1978 con base organizzativa e gestionale derivata dai modelli mutualistici ante riforma;

    dinanzi alle suddette criticità si indicano, come elenco non esaustivo, anche tutti quegli elementi che potrebbero configurarsi come azioni qualificanti di politica sanitaria, adeguate al nostro sistema sociale ossia; alto livello di appropriatezza e di sicurezza; riduzione della frequenza delle patologie e della loro gravità; riduzione degli sprechi; riduzione delle degenze medie; qualità e tempestività della risposta; semplificazione clinica, organizzativa ed amministrativa; ottimizzazione del numero delle strutture e dei posti letto; costo moderato per prestazione; attività di servizio sette giorni su sette e per 24 ore; elevato utilizzo degli impianti tecnologici; remunerazione mista, per risultato, per prestazione, per quota capitaria e per servizio; risposte personalizzate; partecipazione e coinvolgimento attivo del cittadino; organizzazione di un servizio sanitario e socio sanitario integrato; migliore qualità di vita per il singolo e per la comunità; compatibilità economica con le risorse disponibili;

    nell'ambito di una riorganizzazione efficace del nostro sistema sanitario, buona parte delle azioni qualificanti su indicate potrebbero essere riconducibili all'attribuzione al medico di famiglia della responsabilità di analisi clinico-terapeutica e di valutazione clinica, in una visione olistica della persona, dei suoi bisogni sanitari, assistenziali e sociali e per un risultato di sintesi che non sia solo medico;

    il medico di famiglia, in tale ottica, si colloca al centro dalle attività territoriali, come filtro della domanda e come mantenimento dello stato di benessere o di selezione degli interventi per l'assistenza di pazienti acuti o cronici, nell'ambito di una struttura di servizi, una vera e propria Società sanitaria integrata di servizi (Ssis), che coincide nelle progettualità del Pnrr con una casa della comunità e che sia in grado di semplificare, in modo radicale, il sistema organizzativo sanitario territoriale e offrire adeguate risposte ai bisogni effettivi di assistenza territoriale al cittadino;

    la Ssis, quale idoneo modello di gestione della casa di comunità, governa le risorse economiche destinate alla assistenza della comunità, con un budget specifico e ben definito sulla base della popolazione assistita, dei servizi offerti e dei risultati attesi; si fa carico di tutte le esigenze preventive, cliniche, mediche, infermieristiche, riabilitative, amministrative, socio sanitarie del proprio gruppo di assistiti, sia gestendo direttamente i servizi, che acquistando risorse da altri erogatori di attività, specialistiche, sociali e altro, con un meccanismo assistenziale del prendersi cura della persona nella sua complessità e non soltanto nell'intervenire al momento del bisogno, e coordinando l'intervento nei confronti degli stessi, anche nei settori amministrativi, socio sanitari, e altro, nell'intero arco della giornata per tutta la settimana;

    la Ssis comprende dunque medici e pediatri di famiglia, specialisti delle diverse discipline con le relative tecnologie disponibili, infermieri, riabilitatori, amministrativi e assistenti sociali e segue tutte le diverse esigenze della comunità a cui deve prestare assistenza, avendo particolare attenzione alla valutazione e alla selezione nell'utilizzo delle risorse consumate (visite, farmaci, ricoveri, prestazioni varie) che alla verifica dei risultati ottenuti;

    questi modelli di gestione delle case di comunità dovranno avere a disposizione le tecnologie di base (Ecg-spirometro-pulsiossimetro-ecografo-punto prelievi e altro) per dare una risposta tempestiva e più coerente con le esigenze immediate dei propri assistiti e dovrebbero essere composti da almeno 10-15 medici che siano in grado di organizzare un servizio, anche su sedi decentrate, adeguato alle esigenze di una popolazione di almeno 25.000 abitanti, fermo restando che nei centri urbani le dimensioni potrebbero essere anche più importanti;

    in tale contesto è evidente come il sistema informativo, e in particolare il fascicolo sanitario elettronico, sia essenziale laddove puntualmente integrato da tutti i livelli sanitari ed assistenziali, compresi quelli privati, tenuto conto che con gli strumenti di elevata tecnologia, informatici e telematici, e con la telemedicina, molti dei processi amministrativi e assistenziali potranno essere superati o agevolati, facilitando il cittadino;

    per una organizzazione sanitaria che costa oltre 120-130 miliardi di euro all'anno, appare quasi stupefacente l'assenza di obiettivi di risultato di salute e, se da un lato il nostro sistema sanitario è dotato di strumenti di gestione, come ad esempio il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza, e di obiettivi prevalentemente quantitativi, dall'altro è incredibilmente privo di elementi di valutazione del risultato e di indicatori di salute;

    eppure indicare ad esempio, come obiettivo, la riduzione del 25 per cento dei pazienti affetti da diabete o colpiti da ictus, da patologie respiratorie o da tumori al polmone, avrebbe consentito, in questi anni, migliori e più concreti risultati economici e uno stato di salute della comunità mediamente migliore rispetto all'attuale, con migliori prospettive per il futuro;

    in tale ottica, dunque, la remunerazione dovrà modificarsi in modo significativo, così da consentire il raggiungimento del migliore risultato clinico possibile al costo più basso e per la medicina generale, al fianco della remunerazione in base alla quota capitaria, definita dal numero di pazienti al mese iscritti al medico, dovrebbe esserci anche la remunerazione per risultato clinico o di salute, così da attivare azioni virtuose e promozionali del risultato atteso;

    il sistema di remunerazione per risultato applicato alle prestazioni mediche o sanitarie, denominato pay-for-performance – P4P ha esperienze già realizzate in altri Paesi, come ad esempio in Germania, dove la sua attivazione ha prodotto risultati clinici significativi e una riduzione della spesa, diretta ed in prospettiva, molto significativa; ed anche in Italia, è stato sviluppato il progetto Take Care per la prevenzione primaria dei tumori nelle Asl di Bergamo e di Lodi;

    la pianificazione della sanità territoriale deve partire da un'analisi attenta dei bisogni che devono essere soddisfatti e le proposte del Pnrr devono garantire migliori servizi e maggiore efficacia, economicamente sostenibili nel tempo sia dal punto di vista strutturale che delle risorse umane; è necessario dunque rivedere la modalità di finanziamento delle attività e proporre, nel sistema, una retribuzione che non favorisca solo il riconoscimento delle prestazioni ma anche i risultati ottenuti;

    il sistema dei servizi territoriali ha uno scarso coordinamento e una forte dispersione, poiché sono mancati riferimenti organizzativi territoriali ed efficaci strumenti di gestione in cui prevenzione, educazione ed informazione sanitaria, riabilitazione ed autoaiuto non hanno avuto il necessario sviluppo e attenzione nel tempo;

    è necessaria un'organizzazione senza limitazioni funzionali e barriere fisiche, al fine di garantire una risposta pronta e precoce, in grado di migliorare e qualificare l'intervento e ridurre l'evoluzione e le conseguenze della patologia;

    l'organizzazione dei servizi territoriali, che oggi presenta innumerevoli vincoli formali e spesso non utili, deve consentire di facilitare una distribuzione più equa dei servizi e offrire l'opportunità a tutti i cittadini di accedere alle prestazioni in modo semplice e senza tempi di attesa inadeguati, con una appropriatezza elevata ed un'offerta che deve garantire un reale coordinamento ed una integrazione nelle indicazioni diagnostiche dei differenti indirizzi specialistici;

    la gestione dei malati deve essere in grado di operare in un ambiente integrato, con facilità di comunicazione e interazione per la valutazione dei bisogni assistenziali, naturalmente altamente informatizzato;

    è necessaria una struttura operativa organica e integrata che, grazie ad una responsabilità condivisa, potrà garantire una risposta complessiva e di qualità che dia soddisfazione alle necessità mediche e sociosanitarie grazie ad una maggiore sicurezza e appropriatezza clinica ed una qualificazione della attività con minori errori diagnostici e terapeutici;

    bisogna implementare un modello funzionale che garantisca un riconoscimento del risultato ottenuto (pay for result) e non solo il pagamento per prestazione, assicurando dunque un valore pregnante al risultato ottenuto;

    la prevenzione primaria può consentire di ottenere risultati significativi con una spesa decisamente modesta ma con un contributo al benessere generale molto elevato;

    una diversa organizzazione territoriale, che crei un filtro di alto livello e ad indirizzo preventivo, può ridurre in modo importante il fabbisogno sanitario per le patologie acute e cronico degenerative, attraverso la gestione precoce di molte patologie direttamente a domicilio;

    la presenza di medici di famiglia e di specialisti che lavorano e operano per risultato (e quindi tempestivamente quando necessario) e con tutte le tecnologie necessarie rendere la diagnostica territoriale tempestiva e qualificata;

    la gestione domiciliare, con un organico significativo, garantisce un'assistenza di alto livello sia per quanto riguarda le attività mediche che infermieristiche e riabilitative;

    l'erogazione di servizi ambulatoriali integrati comprensivi di servizi socio-sanitari può svolgersi nei medesimi ambienti, ovvero nelle case di comunità, attraverso il coordinamento con tutti gli operatori sanitari e amministrativi operanti nella struttura semplificando i percorsi sanitari ai cittadini;

    la rete telematica favorirà un utilizzo intensivo dei servizi presenti, una continuità assistenziale e una forte attenzione ai malati, a domicilio in particolare, con la creazione di reti di gestione ed ascolto delle esigenze che man mano verranno sviluppate;

    la telemedicina appare finalmente matura per garantire servizi di alto livello per diagnosi, terapia e follow up di pazienti cronici anche in condizioni di scompenso cronico, per mantenere in equilibrio il paziente, garantirgli una gestione domiciliare monitorata e un intervento tempestivo in caso di necessità;

    la sburocratizzazione dell'organizzazione consentirà di reinvestire fondi per prestazioni sanitarie carenti sul territorio come l'odontoiatria convenzionata, la cura della salute mentale e la riabilitazione,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza, anche normative, per assicurare che le case di comunità si avvalgano di modelli organizzativi e di gestione che rispondano alla logica come descritta in premessa, al fine di garantire l'effettiva integrazione e l'omogeneità nell'erogazione dei servizi, attuati come modello in vari distretti, valutabili nel tempo su tutto il territorio nazionale;

2) ad adottare le iniziative di competenza per recuperare e valorizzare il ruolo del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta nell'ambito della riorganizzazione territoriale, in quanto medici con assistiti in carico, assicurando agli stessi la centralità dell'assistenza territoriale, anche nell'ambito delle case della comunità, rafforzandone il ruolo in merito all'accoglienza, all'orientamento e alla valutazione dei bisogni;

3) ad adottare iniziative per favorire la gestione del servizio sanitario territoriale in convenzione da parte di aggregazioni tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti, medici di continuità assistenziale, collaboratori di studio, strutturati in una società di servizi integrati che operino per l'assistenza mediamente di una comunità di circa 20.000 abitanti, prevedendo che la popolazione sia gestita 24 ore su 24 per le necessità di primo livello e primo soccorso (codici bianchi o verdi) con la presa in carico del cittadino attraverso il medico di medicina generale che lo seguirà nel percorso assistenziale conservando il rapporto di fiducia medico-paziente;

4) ad adottare iniziative per introdurre meccanismi remunerativi innovativi, così da consentire il raggiungimento del migliore risultato clinico possibile al costo più basso, contemplando, al fianco della remunerazione in base alla quota capitaria, definita in relazione al numero di pazienti-mese in carico al medico, anche la remunerazione per risultato clinico o di salute, così da attivare azioni corresponsabili e virtuose in relazione al risultato atteso;

5) ad adottare iniziative normative per dare la possibilità alla società di servizi sociosanitari integrati (Sssi) di acquistare dalle Asl prestazioni da erogare per un anno, con valutazione finale e con responsabilità sia per i costi che per risultato;

6) ad adottare iniziative per favorire, al fine di ovviare alla mancanza di personale medico di medicina generale all'interno delle aree carenti di tale figura, anche per i corsisti dell'ultimo anno, la possibilità di accedere alle graduatorie della medicina generale;

7) ad adottare le iniziative di competenza affinché sia attivato, all'interno della casa di comunità, il piano operativo per il sostegno con una presa in carico multidisciplinare e multidimensionale dei soggetti più fragili, sia pazienti anziani che affetti da malattie invalidanti, inclusi i pazienti con malattie rare per una presa in carico globale e con assistenza domiciliare;

8) ad adottare iniziative normative che possano colmare le soluzioni organizzative per rendere attuativo un modello di sanità con valorizzazione economica delle predette professioni in modo che sia concorrenziale e vantaggioso lavorare presso queste strutture;

9) ad adottare iniziative per favorire economicamente i medici che svolgono a tempo pieno la loro attività presso la casa di comunità quale luogo di accesso unitario e integrato all'assistenza sanitaria e sociosanitaria;

10) ad adottare le iniziative di competenza per agevolare l'integrazione tra i servizi sanitari e socioassistenziali da parte dell'équipe multidisciplinare all'interno della casa di comunità, attraverso l'attivazione, per gli individui con condizione di fragilità o cronicità, degli interventi clinici e assistenziali di cui necessitano con controlli e valutazione costanti;

11) ad adottare iniziative per promuovere, con la popolazione a rischio, incontri di prevenzione in relazione all'evoluzione delle malattie croniche in modo da ridurre l'evoluzione verso la grave disabilità e il rischio di perdita dell'autonomia;

12) ad adottare iniziative normative per assicurare, al fine di ovviare alla carenza dei medici di medicina generale, l'accesso alla carriera di medico di medicina generale anche ai medici di comunità e delle cure primarie, anche a seguito dell'adeguamento dei percorsi formativi;

13) a valutare l'adozione di iniziative normative affinché il corso di medicina generale diventi un vero corso di specializzazione universitaria, equiparandola a tutte le altre specializzazioni;

14) ad adottare iniziative per prevedere che la riorganizzazione territoriale, come delineata nella bozza di decreto cosiddetto «DM71» sia sostenuta da un'adeguata implementazione e dal potenziamento del fabbisogno del personale sanitario e amministrativo, da un'idonea copertura finanziaria, da una riforma delle disposizioni in materia di medici di medicina generale nonché dall'implementazione di ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile e assistenza psicologica di base.
(1-00618) «Nappi, Villani, D'Arrando, Lorefice, Mammì, Marzana, Misiti, Penna, Provenza, Ruggiero, Sportiello».


   La Camera,

   premesso che:

    gli effetti pandemici dovuti al nuovo coronavirus Sars-CoV-2 hanno provocato un'emergenza sanitaria su tutto il territorio nazionale che ha messo in evidenza le diverse criticità regionali della sanità territoriale ed ospedaliera evidenziando ancora di più il divario tra le singole realtà;

    da parte del Governo vi è stata una risposta immediata alla pandemia con una serie di misure urgenti fin dalla dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020 e con l'adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, ordinanze regionali e del Ministero della salute per determinare un contenimento degli effetti epidemiologici e contestualmente incrementando il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard che dai 114 miliardi di euro di poco più di due anni fa con l'ultima legge di bilancio destina 124 miliardi e per ogni anno del triennio fino al 2024 altri due miliardi;

    il Ministero della salute ha impegnato le regioni e le province autonome a redigere programmi operativi per utilizzare e amministrare oltre a tali risorse incrementali anche lo snellimento delle liste di attesa, con gli oltre 10 miliardi di euro di finanziamento straordinario per emergenza Covid attraverso un monitoraggio congiunto dello stesso Ministero della salute con il Ministero dell'economia e delle finanze;

    sanità non è solo emergenza pandemica da Covid-19 ma anche garantire a tutta la comunità nel suo insieme quell'assistenza quotidiana attraverso il rafforzamento dell'assistenza primaria, dei dipartimenti di prevenzione, dell'assistenza territoriale oltre all'attività ospedaliera ordinaria che consenta alla popolazione di poter vivere, rispetto al proprio stato di salute, in condizioni ottimali;

    c'è bisogno, quindi, a fianco dell'irrinunciabile percorso di tutela e promozione della persona umana, dell'ambiente animale, del clima in una logica «One Health» di attuare, come l'adottando «DM 71» prevede, politiche sanitarie indirizzate al rafforzamento dei sistemi di salute territoriali. Numerose evidenze hanno chiaramente dimostrato la maggior efficacia, economicità ed equità dei sistemi basati sulla «Primary Health Care»; come dimostra il documento dell'OMS «salute 2020» che prevede, confermando il ruolo centrale e strategico dell'assistenza primaria e territoriale, l'assunzione in tutti i sistemi sanitari del XXI secolo;

    inoltre, è dimostrato come, in termini di costo/efficacia, la «Primary Health Care» prevede un investimento iniziale per spostare l'accento dalla performance sanitaria alla prevenzione e partecipazione in salute producendo poi un forte risparmio di prestazioni sanitarie a medio e lungo termine, soprattutto rispetto ai ricoveri ospedalieri e agli accessi in pronto soccorso. La partecipazione in salute e l'utilizzo delle risorse già presenti sul territorio determinano inoltre un aumento dell'equità in salute;

    in questa direzione si è mossa la legge di bilancio 2022 che, nel proseguire l'azione a sostegno dell'economia e della società in questa fase di contrasto alla pandemia, non solo ha finanziato con risorse significative la Missione 6 Salute e, più in generale, la risposta all'emergenza sanitaria, ma ha anche in parallelo definito i nuovi interventi a medio e lungo termine che mirano a consolidare con l'azione intrapresa dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) attraverso la missione 1,4 e 5 gli interventi sociali, educativi e di innovazione digitale e tecnologica;

    oltre alla legge di bilancio, dopo un'ampia discussione all'interno del Parlamento è stato approvato il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), inviato il 30 aprile 2021 alla Commissione europea e approvato il 22 giugno 2021 dalla Commissione europea e il 13 luglio 2021 dal Consiglio economia e finanza (Ecofin). Un Piano che prevede 192 miliardi finanziati attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza e 13 miliardi di ReactEU; a questi si aggiungono 30,64 miliardi di «fondo complementare» (stanziamenti dello Stato) arrivando quindi a un totale di 235,15 miliardi, dove tra le linee d'intervento la Missione 6 è dedicata alla salute con uno stanziamento di 15,63 miliardi, così divisi tre le due componenti della Missione:

     1. reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale: 7 miliardi di stanziamenti;

     2. innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale: 8 miliardi e 63 milioni di euro; inoltre, vengono aumentate le risorse per i contratti di formazione specialistica dei medici (194 milioni di euro per il 2022, 319 milioni per il 2023, 347 milioni per il 2024, 425 milioni per il 2025, 517 milioni per il 2026 e 543 milioni dal 2027); viene incrementato di 2 miliardi di euro il finanziamento del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico;

    inoltre, allineare i servizi ai bisogni di cura dei pazienti in ogni area del Paese; migliorare le dotazioni infrastrutturali e tecnologiche; promuovere la ricerca e l'innovazione e lo sviluppo di competenze tecnico-professionale, digitale e manageriali del personale. Questa la strategia generale tracciata dal PNRR in tema di salute;

    nel mese di febbraio 2022, il Ministero della salute ha inviato alle regioni una prima bozza del decreto relativo ai nuovi modelli e standard per l'assistenza sanitaria territoriale (Missione 6, Componente 1, Riforma 1) il cosiddetto «DM 71»;

    il 16 marzo 2022 la Conferenza Stato-regioni ha esaminato lo schema di decreto ministeriale «Modelli e standard organizzativi per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel SSN» cosiddetto «Dm 71» e, pur rinviando l'intesa sul provvedimento in attesa dell'esame da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, ha posto alcune condizioni: progressività nell'attuazione in relazione anche alle risorse; un'adeguata implementazione e potenziamento del fabbisogno del personale e un'adeguata copertura finanziaria; costituzione di un Tavolo di lavoro per la determinazione delle risorse necessarie; riforma urgente e indifferibile delle disposizioni in materia di medici di medicina generale e un aggiornamento del percorso formativo; assunzione di medici di comunità e delle cure primarie e di medici dei servizi territoriali da impiegare nelle case della comunità, a seguito di appositi corsi abilitanti organizzati a cura delle regioni; impiego di tutto il personale sanitario e amministrativo necessario e risorse correlate; adozione di un successivo provvedimento per ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile;

    il testo del decreto sottoposto all'esame della Conferenza è stato aggiornato e riformulato a seguito delle interlocuzioni con le regioni e in sede di Conferenza Stato-regioni è stata raggiunta l'unanime posizione in merito alla progressività nell'implementazione degli standard e dei modelli organizzativi in relazione alla disponibilità delle risorse finanziarie;

    con la delibera del Consiglio dei ministeri del 21 aprile 2022 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 maggio 2032 è autorizzata l'adozione del decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» cosiddetto «DM 71»;

    per il raggiungimento dei nuovi standard alla Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza con un finanziamento di 8.042,960.665,58 euro, si affiancano le risorse per il potenziamento dell'assistenza territoriale destinate alla spesa per il personale in deroga agli attuali tetti con l'autorizzazione di 90,9 milioni per l'anno 2022, 150,1 per il 2023, 328,3 milioni per il 2024, 591,5 milioni per l'anno 2025 e 1.015 a decorrere dall'anno 2026;

    in data 20 gennaio 2022, dopo l'intesa Stato-Regioni è stato firmato il decreto di riparto delle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza al fine di garantirne la programmazione. Nell'assegnazione del riparto alle regioni del Sud sono andate circa il 41 per cento delle risorse a cui si aggiungono i circa 625 milioni del Pon che possono sostenere e compensare la richiesta, spesso reiterata, di introdurre un coefficiente di deprivazione che individui la popolazione a rischio sociale che, come è noto, consuma più risorse e presenta peggiori performance di salute;

    inoltre, la legge di bilancio 2022 è intervenuta riguardo ai Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps) e gli Ambiti territoriali Sociali (Ats) al fine di favorire l'integrazione tra gli ambiti sanitari, sociosanitari e sociali, ferme restando le rispettive competenze e ferme restando le risorse umane e strumentali di rispettiva competenza;

    secondo quanto si evince dal «DM71», il distretto ritrova una sua centralità e costituisce un'articolazione organizzativa-funzionale dell'ASL sul territorio. In media è previsto un distretto ogni 100 mila abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio, ma non inferiori a 60 mila abitanti e comprende una casa della comunità hub ogni 40,000-50.000 abitanti; un infermiere di famiglia e comunità ogni 3.000 abitanti; una unità speciale di continuità assistenziale (un medico e un infermiere) ogni 100.000 abitanti; una centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore; un ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti;

    a sua volta, la casa di comunità Hub con standard di personale identificati prevede la presenza di servizi indicati come obbligatori tra cui: servizi di cure primarie erogati attraverso l'équipe multiprofessionali, punti unici di accesso, assistenza domiciliare integrata, servizi specialistici ambulatoriali per la patologia ad alta prevalenza, servizi infermieristici, Cup, integrazione con i servizi sociali, partecipazione della comunità e valorizzazione della co-produzione, presenza medica h24 7/7gg, presenza infermieristica h12 7/7gg, servizi diagnostici di base, continuità assistenziale, punto prelievi. Inoltre, sono previsti servizi facoltativi come attività consultoriali, interventi di salute pubblica 0-18, programmi di screening e servizi raccomandati: servizi di salute mentale, dipendenze e neuropsichiatria infantile e medicina dello sport;

    la diffusione sul territorio delle case della comunità spoke nonché degli ambulatori di medici di Medicina Generale (Mmg) e dei pediatri di libera scelta (Pls) devono tener conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali;

    tutte le aggregazioni dei Mmg e Pls (Aft e Uccp) sono ricomprese nelle case della comunità avendo in esse la sede fisica oppure a queste collegate «funzionalmente»;

    la casa della comunità promuove, quindi, «un modello di intervento integrato e multidisciplinare, in qualità di sede privilegiata per la progettazione e l'erogazione di interventi sanitari. L'attività, infatti, deve essere organizzata in modo tale da permettere un'azione d'équipe tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali interni – anche nelle loro forme organizzative – infermieri di famiglia o comunità, altri professionisti della salute disponibili a legislazione vigente nell'ambito delle aziende sanitarie, quali a esempio psicologi, ostetrici, professionisti dell'area della prevenzione, della riabilitazione e tecnica, e assistenti sociali, anche al fine di consentire il coordinamento con i servizi sociali degli enti locali del bacino di riferimento»; oltre all'imprescindibile apporto degli assistenti sociali e attività degli ambiti territoriali legge n. 328 del 2000;

    come si evince dalla delibera del Consiglio dei ministri del 21 aprile 2022 la riorganizzazione delle attività dei medici di medicina generale, delle reti specialistiche multidisciplinari, oltre che il potenziamento ulteriore di ADI e dell'assistenza residenziale rappresentano una scelta obbligata verso la quale si è mosso anche il Piano nazionale della cronicità;

    la parola chiave della riforma è, quindi, prossimità ovvero una sanità più vicina ai cittadini proponendo nuovi modelli organizzativi centrali sulle cure territoriali e sull'assistenza domiciliare, portandola entro il 2026 al 10 per cento per gli over 65 attraverso un servizio garantito con la presenza di personale sanitario (infermieri, OSS, tecnici e medici) 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 con il supporto anche della telemedicina specialmente per quei pazienti che hanno patologie croniche e con disabilità delegando all'assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti/complessi non gestibili dagli operatori sanitari delle cure primarie;

    l'adozione, quindi, di un modello di stratificazione comune su tutto il territorio nazionale permette da un lato lo sviluppo di un linguaggio uniforme che vuole garantire equità di accesso e omogeneità di presa in carico anche se è importante che nell'applicazione siano rispettate le caratteristiche oro-geografiche al fine di avere una distribuzione capillare dell'assistenza primaria e una diffusa medicina di iniziativa;

    il dipartimento di prevenzione, come previsto dagli articoli 7, 7-bis, 7-ter e 7-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992 ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e aziende ospedaliere prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline con uno standard massimo di popolazione di 1 ogni 500 mila abitanti;

    nel panorama dei servizi socio-sanitari presenti sul territorio, i consultori familiari si caratterizzano per l'offerta attiva di una molteplicità di azioni e interventi, volta a ridurre l'effetto delle diseguaglianze sociali sulla salute. L'assistenza al percorso nascita, la prevenzione oncologica e le attività di promozione della salute rivolte agli adolescenti/giovani sono le aree programmatiche prioritarie dei consultori familiari;

    il buon successo delle case di comunità dipende dalla capacità di superare la sola logica «prestazionistica» e diventare un luogo dove si considera il ruolo del terzo settore non profit e del volontariato organizzato come co-progettazione e co-protagonista della Cdc (vedi sentenza della Corte costituzionale 131 del 2020) sviluppando percorsi di inclusione sociale e richiede la centralità del distretto sociale (legge n. 328 del 2000) e sanitario come struttura di governo insieme ai sindaci che condividono la programmazione definendo obbiettivi attesi ed effettuando la valutazione:

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza, anche normative, per assicurare che le case di comunità si avvalgano di modelli organizzativi e di gestione al fine di garantire una effettiva integrazione e omogeneità nell'erogazione dei servizi, nei vari distretti, valutabili nel tempo su tutto il territorio nazionale;

2) a indicare, per il rispetto degli obiettivi indicati dalla missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, risorse economiche e finanziarie adeguate volte a stabilizzare il Fondo Sanitario Nazionale al fine di poter garantire un adeguato fabbisogno di personale sanitario a tempo indeterminato;

3) a prevedere, per quanto di competenza, iniziative volte a una reale integrazione tra i servizi sanitari e socioassistenziali da parte dell'équipe multidisciplinare all'interno della casa di comunità affinché vi sia una presa in carico globale della persona con particolare attenzione ai casi di fragilità e cronicità;

4) ad adottare iniziative volte a prevedere adeguati sistemi di valutazione delle prestazioni cliniche e assistenziali, orientati a raccogliere e dettagliare le attività sanitarie e sociosanitarie di un percorso o episodio di cura territoriale e/o domiciliare;

5) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per lo sviluppo e la predisposizione di un modello istituzionale-organizzativo delle cure primarie il più possibile uniforme in tutte le regioni, basato su una cornice istituzionale-organizzativa legata del distretto sociale e sanitario, della casa della comunità e possibilmente coincidente con l'Ambito territoriale sociale;

6) a sostenere iniziative affinché la casa di comunità promuova il ruolo del terzo settore non profit e del volontariato organizzato come co-progettazione e co-protagonista della Cdc, come indicato nella sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020, sviluppando percorsi di inclusione sociale integrati con i distretti sanitario e sociale (legge n. 328 del 2000), valorizzando il ruolo dei sindaci, definendo gli obiettivi attesi ed effettuando la valutazione;

7) ad adottare iniziative volte a prevedere una programmazione nella formazione dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e del personale infermieristico che consenta la copertura degli ambiti territoriali, comprese le sedi dislocate in aree geografiche disagiate al fine di assicurare un'assistenza primaria e assistenziale;

8) a valutare l'opportunità di prevedere meccanismi «compensativi» per le aree più svantaggiate e deprivate del Paese al fine di rispondere ai bisogni e alle diverse disparità territoriali anche attraverso le risorse del PON Coesione;

9) ad adottare iniziative di competenza volte ad organizzare il lavoro delle cure primarie in équipe interdisciplinari e in rete con territorio e con gli ospedali con la presenza di tutte le figure professionali della salute (sanitarie e sociali) adeguatamente formate, in numero congruo, operanti su definiti segmenti di territorio e opportunamente organizzate su tre livelli (distretto casa della comunità microarea), integrate con i professionisti ospedalieri, in rete con il territorio e partecipate dalle comunità;

10) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per la previsione di standard di personale per i servizi dei Dipartimenti oltre al coordinamento con i laboratori di prevenzione e di sanità pubblica;

11) ad adottare iniziative per sviluppare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;

12) a sostenere, all'interno del Servizio Sanitario Nazionale, l'incremento del numero e della presenza degli specialisti nei reparti di neuropsichiatria infantile;

13) a valutare l'opportunità di prevedere, in sinergia con il Ministero dell'istruzione e con gli enti locali, all'interno degli istituti scolastici e nei servizi educativi un presidio socio-sanitario, non solo per far fronte alle nuove problematiche indotte dalla pandemia COVID-19 ma anche al fine di una implementazione della prevenzione, protezione e promozione della salute individuale dei bambini e degli adolescenti con particolare attenzione all'educazione nutrizionale, ambientale e, per i ragazzi più grandi, alla salute mentale, all'uso di sostanze stupefacenti e alla salute riproduttiva;

14) ad adottare le iniziative di competenza affinché sia attivata all'interno della casa di comunità, la presa in carico attraverso progetti personalizzati multidisciplinare e multidimensionale delle persone con disabilità o con patologie croniche complesse, ivi inclusi i pazienti con malattie rare;

15) ad adottare iniziative per implementare e garantire la funzione dell'assistente sanitario e dell'infermiere di famiglia e/o comunità, quali professionisti con un forte orientamento alla gestione proattiva della salute, coinvolto in attività di promozione, prevenzione e gestione partecipativa dei processi di salute individuali, familiari e di comunità, all'interno dell'assistenza territoriale, in una logica di presa in carico delle persone e delle famiglie, con un'attenzione particolare alla formazione e al supporto dei caregiver;

16) a valutare la possibilità di inserire tra i servizi indicati come obbligatori all'interno delle case di comunità Hub i servizi, ora facoltativi e raccomandati, di salute mentale, dipendenza e neuropsichiatria, creando così una rete capillare sul territorio, che possa garantire, almeno, per la fascia più giovane della popolazione una presa in carico immediata;

17) ad assicurare, per quanto di competenza, grazie a una piena integrazione sociosanitaria, una rete capillare di assistenza domiciliare, con personale adeguatamente formato e strutture idonee in grado di garantire una presa in carico globale, rispondendo anche ai bisogni della vita quotidiana delle persone malate croniche e non autosufficienti;

18) a promuovere un'evoluzione della professione infermieristica in termini di competenze specialistiche, attraverso la revisione e attualizzazione dei percorsi formativi universitari, di base e magistrali, in base alle risposte necessarie ai bisogni della popolazione e la revisione dei modelli organizzativi assistenziali, in una logica di integrazione multidisciplinare e multiprofessionale;

19) a potenziare la possibilità per i medici di medicina generale di prescrivere i farmaci ospedalieri attualmente a distribuzione diretta attuando un monitoraggio attivo e ai farmacisti la facoltà di dispensarli;

20) a valutare, anche alla luce dell'introduzione del nuovo ruolo sociosanitario nonché delle mansioni e del lavoro svolto durante la pandemia, una revisione della formazione dell'operatore sociosanitario affinché venga garantita una migliore risposta ai bisogni di salute dei cittadini e non si abbia più una diversificazione e una frammentazione dei percorsi formativi a seconda della regione di appartenenza né una diversa definizione delle loro mansioni;

21) a potenziare e innovare la struttura tecnologica e digitale del SSN a livello statale e regionale, al fine di garantire un'evoluzione significativa delle modalità di assistenza sanitaria, migliorando la qualità e la tempestività delle cure, valorizzando il ruolo della persona assistita come parte attiva del processo clinico-assistenziale, e garantendo una maggiore capacità di governance e programmazione sanitaria guidata dalla analisi dei dati, nel pieno rispetto della sicurezza e della tutela dei dati e delle informazioni;

22) ad adottare iniziative volte a prevedere, in una logica di risposte integrate di comunità, la declinazione e l'impiego delle professioni sanitarie ad alta valenza comunitaria (ad esempio fisioterapista di comunità, psicologo di comunità, ostetrica di comunità, dietista di comunità), oltre al coinvolgimento attivo dei tecnici sanitari per le competenze specifiche sui temi di sanità digitale e di Connected Health;

23) ad adottare iniziative per prevedere, nel rispetto dagli articoli 7, 7-bis, 7-ter e 7-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992 la definizione di standard di personale nei Servizi dei Dipartimenti di prevenzione sia in riferimento ai laboratori di prevenzione che di sanità pubblica.
(1-00643) «Carnevali, Siani, Rizzo Nervo, Lorenzin, De Filippo, Ianaro, Lepri, Pini, Delrio, Morassut, Mura, Carla Cantone, Viscomi, Lacarra, Nitti, Lattanzio, Soverini».


   La Camera,

   premesso che:

    durante la pandemia da SARS-Cov-2, Il nostro Paese è stato lungamente al primo posto per tasso di mortalità e al terzo posto per tasso di letalità, dimostrando, da un lato, che il Sistema sanitario nazionale è carente di strutture e personale e, dall'altro, che la rete di assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria non funziona;

    già prima dell'emergenza sanitaria, nel 2018, del resto, i dati nazionali rivelavano che solo il 2,9 per cento della popolazione anziana avesse ricevuto interventi, con una media di 18 ore di trattamento all'anno invece delle 240 ore circa che i riferimenti internazionali stimano necessarie, nonché le marcate disparità regionali nell'offerta dell'assistenza domiciliare integrata (in seguito anche «ADI»);

    come risulta anche dal rapporto della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica del 2020, queste drammatiche lacune nell'offerta di salute pubblica sono il frutto dell'opera di destrutturazione delle strutture ospedaliere seguita al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, alla quale non è corrisposta la necessaria strutturazione dell'assistenza territoriale: il decreto, infatti, ha programmato la chiusura di diversi presidi ospedalieri, ma non è stato accompagnato dal potenziamento del servizi territoriali in modo uniforme sul territorio nazionale;

    alle lacune descritte ha contribuito poi il de-finanziamento della spesa sanitaria di oltre 37 miliardi di euro a partire dal decennio precedente al 2019, secondo il report dell'Osservatorio Gimbe, che ha interessato strutture, personale, presidi, medicina del territorio e specializzazioni delle professioni mediche, che soffrono la stortura dell'«imbuto formativo» dovuto alla differenza tra laureati in medicina e posti di specialità disponibili;

    l'intervento, anche di revisione, nel settore sanitario non è più procrastinabile;

    in primo luogo, perché in un Servizio sanitario nazionale impreparato alla gestione della pandemia e già in affanno per tagli e de-finanziamenti, all'impatto del Covid-19 si sta aggiungendo quello derivante dai ritardi nell'accesso ai servizi sanitari e dall'annullamento di prestazioni urgenti o differibili, la cui mancata diagnosi precoce e cura ha causato e aggravato patologie in maniera allarmante;

    in secondo luogo, perché, secondo quanto risulta dalle indagini Istat, la popolazione italiana è destinata ad invecchiare. Si prevede, infatti, che tra il 2015 e il 2065 la popolazione di età superiore ai 65 anni crescerà dal 21,7 per cento al 32,6 per cento, con il 10 per cento di età superiore agli 85 anni, in modo che l'indice di vecchiaia della popolazione, cioè il rapporto di composizione tra la popolazione anziana (65 anni e oltre) e la popolazione più giovane (0-14 anni), si incrementerà da 157,7 a 257,9;

    in terzo luogo, perché questo intervento costituisce una tappa necessaria dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (in seguito anche «Pnrr»). Infatti, la Missione 6 ha ad oggetto la salute ed è focalizzata sul rafforzamento della rete territoriale e l'ammodernamento delle dotazioni tecnologiche del Servizio sanitario nazionale con il potenziamento, tra l'altro, del fascicolo sanitario elettronico e della telemedicina. Nel più generale ambito sociosanitario, si affianca una componente di riforma rivolta alla non autosufficienza, con l'obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani;

    allo scopo è stato previsto l'impiego di circa 15,6 miliardi di euro a valere sul RRF, 1,71 miliardi dal React-EU, 2,89 miliardi dai Fondo complementare, per un totale di circa 20 miliardi di euro;

    tuttavia, le misure contenute nel Pnrr e nello schema di decreto ministeriale recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» (cosiddetto «DM71», di cui il Consiglio dei ministri ha autorizzato l'adozione nonostante la mancata intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, non sono sufficienti per la transizione verso un modello di sanità di prossimità sia per la quantità di risorse destinate sia per la tipologia di interventi previsti;

    dal punto di vista degli interventi previsti, infatti, è indispensabile che la definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale non si basi solo sulla creazione di nuove strutture, oltretutto costose, ma anche sulla valorizzazione e riqualificazione di quelle già esistenti nonché su un congruo Investimento sulle figure professionali;

    in particolare, a livello strutturale, appare opportuno recuperare e ammodernare strutture esistenti ed eventualmente dismesse nonché, in una visione ospedalocentrica, valorizzare il ruolo delle farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale e pubbliche. Queste, infatti, possono costituire un ottimo supporto all'interno del Sistema sanitario territoriale, ponendosi quali «unità elementari sanitarie» in grado di intercettare e assistere direttamente i bisogni di salute di bacini di utenza e fungendo così da «demoltiplicatore» rispetto alle attività assicurate dalle cosiddette «Case della Salute» e dai poli ospedalieri di riferimento;

    a livello organico, invece, di fronte alla carenza di medici che la pandemia ha messo in evidenza occorre investire sulla formazione e sull'assunzione di personale medico e di altri professionisti sanitari. Le professioni, infatti, sono fuori dal Pnrr e devono, pertanto, essere disciplinate con riforme apposite e di sistema, che, tra le altre cose, siano intese a restituire centralità ai medici di medicina generale, che, conoscendo la storia sanitaria della famiglia del paziente, fungono da trait d'union tra il cittadino e la sanità;

    questa condizione di carenza di personale si registra anche nell'ambito della medicina di urgenza. Oltre ai pensionamenti la medicina d'urgenza sembra essere in crisi per il mancato cambio generazionale: i concorsi vanno deserti in tutte le regioni italiane e nell'anno accademico 2021/2022 circa la metà delle borse di studio della specialità di emergenza-urgenza non sono state assegnate per disinteresse dei neolaureati, un dato confermato anche dalla Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, che ha rilevato come «la scarsa attrattiva che la disciplina ha sui giovani laureati è stata evidenziata da una scuola di specialità che registra abbandoni, di anno in anno superiori, e borse di studio non assegnate»;

    la costruzione di una efficace rete territoriale di assistenza sanitaria deve basarsi altresì sullo sviluppo della telemedicina, che supporta l'interazione dei diversi professionisti sanitari con l'assistito nelle diverse fasi di valutazione del bisogno assistenziale, di erogazione delle prestazioni e di monitoraggio delle cure;

    pertanto, per risolvere e prevenire le inefficienze del sistema sanitario, tenuto conto anche dei problemi derivanti dalla mancata diagnosi precoce e dall'invecchiamento della popolazione, è necessario predisporre adeguate alternative alla presa in carico ospedaliera e riorganizzare i percorsi diagnostico-terapeutici, creando nuovi modelli di welfare basati sulle cosiddette strutture di prossimità, su équipe multiprofessionali, sugli enti del terzo settore, sull'assistenza familiare e domiciliare, sulla valorizzazione delle farmacie private convenzionate e pubbliche e sui professionisti sanitari, nonché sulla telemedicina e teleassistenza;

    solo così possono essere garantiti i Lea (livelli essenziali di assistenza), riducendo le disuguaglianze attraverso un modello di erogazione dei servizi condiviso ed omogeneo sui territorio, che supera la sperequazione tra regioni in tema di offerta di salute;

    il rafforzamento dell'Adi, poi, comporterebbe evidenti benefici sotto il profilo dei costi, dato che la spesa sanitaria per l'assistenza domiciliare integrata è nettamente inferiore alla spesa per un ricovero ospedaliero, e dell'efficacia del trattamento. È stato scientificamente dimostrato, infatti, che questa modalità di assistenza può migliorare sia la qualità della vita che la sopravvivenza stessa di pazienti;

    per realizzare gli scopi indicati, la legge di bilancio ha previsto per i prossimi 6 anni l'incremento del tetto del personale del Servizio sanitario nazionale;

    in particolare, l'articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, al fine di assicurare l'implementazione degli standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dal Pnrr per il potenziamento dell'assistenza territoriale, ha autorizzato la spesa massima di 90,9 milioni di euro per l'anno 2022, 150,1 milioni di euro per l'anno 2023, 328,3 milioni di euro per l'anno 2024, 591,5 milioni di euro per l'anno 2025 e 1.015,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026 a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. La predetta autorizzazione decorre dalla data di entrata in vigore del regolamento per la definizione di standard organizzativi, quantitativi, qualitativi, tecnologici e omogenei per l'assistenza territoriale, da adottare con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2022. Con successivo decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le somme di cui al primo periodo sono ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base ai criteri definiti con il medesimo decreto anche tenendo conto degli obiettivi previsti dal Pnrr,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, necessarie a garantire lo sviluppo di una migliore assistenza territoriale con promozione della telemedicina e del telemonitoraggio domiciliare per decongestionare gli ospedali, anche collocando la televisita all'interno di un percorso clinico che preveda l'alternanza di prestazioni in presenza e prestazioni a distanza;

2) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire lo sviluppo di modelli predittivi e proattivi che consentano la stratificazione della popolazione, il monitoraggio dei fattori di rischio e la gestione integrata di patologie croniche o altre situazioni complesse derivanti anche da condizioni di fragilità e disabilità, anche mediante lo stanziamento di risorse economiche e/o di incentivi;

3) nell'ambito della progressiva definizione di un sistema di prevenzione e diagnosi precoce, ad adottare iniziative per predisporre o incrementare sul territorio nazionale il numero di centri di screening per la diagnosi di patologie e disturbi;

4) a valutare l'opportunità di prevedere la deducibilità delle spese sostenute dai soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni, dalle piccole e medie imprese o dai titolari di partita Iva operanti nell'ambito sanitario nel territorio dello Stato per l'attivazione o il potenziamento dei sistemi di teleassistenza o telemedicina;

5) ad adottare le iniziative necessarie a garantire la piena operatività del Fascicolo sanitario elettronico e la digitalizzazione dei dati sanitari, corredandolo del cosiddetto «dossier farmaceutico», che ripercorre la storia farmaceutica di ogni paziente e la rende fruibile a tutto il sistema sanitario;

6) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il potenziamento dei servizi di cura in termini di risorse umane, anche generalizzando il ricorso al cosiddetto case manager, figura di riferimento in ambito sanitario che si occupa della predisposizione di un piano di trattamento individualizzato e coordinato di cure e servizi sanitari e socio-assistenziali;

7) ad adottare iniziative per rivedere i criteri di accesso alla facoltà di medicina e agli altri corsi di istruzione universitaria per le professioni sanitarie, privilegiando il merito;

8) ad adottare iniziative per risolvere definitivamente il problema del cosiddetto «imbuto formativo»;

9) ad adottare iniziative per ampliare la possibilità per le regioni di distribuire agli assistiti per il tramite delle farmacie pubbliche e private convenzionate e in regime di distribuzione per conto alcune tipologie di farmaci generalmente erogati in regime di distribuzione diretta da parte delle strutture pubbliche;

10) ad adottare le opportune iniziative per inserire le farmacie pubbliche e private convenzionate tra i pilastri della rete di assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria;

11) ad adottare iniziative per rivedere i criteri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, partendo, come più volte espresso dalle regioni, dalla Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) e dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), da nuovi criteri di ripartizione e, in primis, dal cosiddetto «coefficiente di deprivazione», in modo da omogeneizzare il livello di assistenza sanitaria su tutto li territorio nazionale, tenendo conto dei problemi delle regioni con maggior tasso di mobilità sanitaria, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione;

12) ad adottare le opportune iniziative per potenziare la rete di emergenza-urgenza, anche alla luce del fatto che la metà delle borse di studio della specialità di emergenza-urgenza noti sono state assegnate per disinteresse dei neolaureati.
(1-00645) «Gemmato, Lollobrigida, Ferro, Bellucci».


   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da COVID-19 ha evidenziato diverse problematiche del nostro sistema sanitario nazionale e ha fatto emergere lo squilibrio tra i sistemi sanitari delle singole regioni;

    i due Governi che si sono succeduti durante l'emergenza pandemica hanno dovuto affrontare in un breve lasso di tempo le criticità relative alla carenza di personale sanitario, alla mancanza di posti letto – anzitutto nelle terapie intensive – e alla inadeguatezza dei sistemi informatici;

    gli esperti dell'Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari (Altems) della facoltà di economia dell'Università Cattolica, hanno calcolato in un report che due anni di pandemia, dal primo paziente italiano a oggi, hanno determinato in Italia una spesa di 19 miliardi di euro; 11,5 miliardi di questi legati all'incremento della spesa sanitaria delle regioni, 4,3 miliardi per l'acquisto di dispositivi di protezione (Dpi), anticorpi monoclonali, fiale remdesivir, gel, siringhe, tamponi, ventilatori, monitor, software, voli, (acquisti direttamente e gestiti dalla struttura commissariale dell'emergenza COVID); infine 3,2 miliardi di euro per l'acquisto dei vaccini;

    la maggior parte dei provvedimenti adottati hanno cercato di intervenire sulle carenze infrastrutturali e sull'adeguamento degli organici grazie anche all'approvazione di 6 scostamenti di bilancio;

    i decreti adottati hanno rafforzato soprattutto la rete ospedaliera, assumendo più di 36 mila unità tra personale sanitario, infermieristico e socio-sanitario e l'ultima legge di bilancio ha previsto fondi per investimenti in infrastrutture sanitarie, per adeguare l'impianto tecnologico, nonché per l'implementazione dei sistemi digitali sia in ambito nazionale che regionale;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede uno stanziamento totale di 15,6 miliardi di euro di risorse aggiuntive da destinare al Servizio sanitario nazionale nella Missile 6 «Salute»;

    il Governo ha strutturato la Missione 6 del Pnrr su due aspetti considerati prioritari:

     component 1 sulle reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale;

     component 2 sull'innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale;

     il 12 gennaio 2022 è stata approvata in Conferenza Stato-regioni la proposta di riparto dei primi 8 miliardi dei fondi della missione 6 Salute del Pnrr che verranno destinati alle regioni responsabili dell'attuazione di specifiche linee progettuali;

    per quel che concerne la Missione M6 – C1 vengono stanziati 2 miliardi per 1.350 case della comunità e presa in carico della persona, 204.517.588 per telemedicina – sub investimenti COT, Interconnessione aziendale, device, e un miliardo per il rafforzamento dell'assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture – ospedali di comunità (almeno 400). Le regioni avevano tempo fino al 28 febbraio 2022 per presentare i piani regionali al fine di sottoscrivere il contratto istituzionale di sviluppo che in ogni caso dovrà essere firmato entro il 31 maggio 2022. A vigilare sarà il Ministero della salute;

    in questo contesto si colloca lo schema di regolamento trasmesso dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, alla Conferenza Stato-regioni, recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, standard che le regioni e province autonome saranno tenute a garantire, in coerenza con la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per assicurare una risposta assistenziale appropriata ed efficace, che riesca a deflazionare il carico degli ospedali;

    dopo una serie di modifiche all'allegato tecnico richieste dalle regioni, perdurando la mancata intesa in Conferenza Stato-regioni, il 21 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato una delibera motivata che autorizza il Ministero della salute ad adottare il decreto ministeriale (di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze) sui «modelli e standard per lo sviluppo dell'Assistenza territoriale», tenuto conto che l'entrata in vigore del predetto provvedimento costituisce una tappa necessaria, secondo quanto previsto dalla programmazione comunitaria, da raggiungere entro il 30 giugno 2022;

    lo schema di Regolamento è ora all'esame del Consiglio di Stato per il prescritto parere, poi dovrà essere sottoposto al vaglio della Corte dei conti e poi sarà definitivamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale;

    per la prima volta vengono definiti degli standard dell'assistenza territoriale che dovranno essere assicurati dai servizi sanitari territoriali di ogni regione, sui quali a vigilare sarà l'Agenas che presenterà una relazione semestrale;

    il perno del sistema sarà il distretto sanitario al cui interno rivestirà un ruolo fondamentale la Casa della comunità dove i cittadini potranno trovare assistenza 24 ore su 24 ogni giorno della settimana;

    rimangono operativi gli ambulatori di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta (definiti spoke delle case della comunità) che, tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio, saranno collegati in rete per garantire aperture di 12 ore, sei giorni su sette, al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali;

    all'interno del distretto vi saranno poi gli ospedali di comunità con una forte assistenza infermieristica e saranno decisivi ad esempio per la presa in carico dei pazienti nelle fasi post ricovero ospedaliero e in tutti quei casi dove c'è bisogno di una particolare assistenza vicina al domicilio del paziente;

    nel nuovo sistema un forte ruolo rivestiranno gli infermieri di famiglia che saranno impiegati in molte delle nuove strutture definite dal decreto;

    a coordinare i vari servizi presenti nel distretto vi saranno poi le centrali operative territoriali e forte impulso verrà dato al numero di assistenza territoriale europeo 116117 che i cittadini potranno chiamare per richiedere tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale; vengono poi fissati gli standard per l'assistenza domiciliare e viene definito l'utilizzo dei servizi di telemedicina;

    restano operative, dopo la sperimentazione in pandemia le unità speciali di continuità assistenziale (Usca);

    vengono fissati gli standard per i servizi delle cure palliative (ad esempio, gli hospice), per i dipartimenti di prevenzione e consultori familiari;

    nel nuovo sistema di cure primarie, ruolo rilevante avranno anche le farmacie che sono identificate a tutti gli effetti come presidi sanitari di prossimità dove il cittadino potrà trovare sempre più servizi aggiuntivi rispetto alla dispensazione del farmaco;

    gli standard del distretto sono in media un distretto ogni circa 100 mila abitanti, mentre quelli previsti per le case della comunità sono di almeno 1 casa della comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;

    nella casa della comunità hub lo standard è di 7-11 infermieri e 5-8 unità di personale di supporto (sociosanitario, amministrativo);

    è poi previsto tra gli standard la presenza di almeno 1 Infermiere di Famiglia e Comunità ogni 3.000 abitanti;

    per l'Usca, équipe mobile distrettuale per la gestione di situazioni condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico sia in favore di individui che di comunità, si prevede la presenza di almeno 1 medico e 1 infermiere ogni 100.000 abitanti;

    quindi dovrebbe essere realizzata una Centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore con uno standard di personale di 1 COT per 100.000 abitanti: 1 coordinatore infermieristico, 3-5 infermieri, 1-2 unità di personale di supporto;

    è inoltre prevista la presenza di una Centrale operativa numero europeo armonizzato (Nea) 116117 ogni 1-2 milioni di abitanti o comunque a valenza regionale (se con popolazione inferiore allo standard), incrementabile sulla base della numerosità della popolazione, per raccogliere le chiamate di uno o più distretti telefonici in funzione delle dimensioni dei distretti stessi e delle modalità organizzative delle Regioni/pubblica amministrazione;

    per l'assistenza domiciliare è previsto un servizio a valenza distrettuale che copra 10 per cento della popolazione over 65 da prendere in carico progressivamente;

    ogni regione dovrà garantire almeno 1 ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti di cui 0,4 posti letto per 1.000 abitanti da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale; lo standard minimo di personale per 1 ospedale di comunità dotato di 20 posti letto è fissato in 7-9 infermieri, 4-6 operatori sociosanitari, almeno 1-2 unità di altro personale sanitario e un medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7;

    per la rete delle cure palliative occorre garantire 1 unità di cure palliative domiciliari (UCP – DOM) ogni 100.000 abitanti, nonché 1 hospice con almeno 8-10 posti letto ogni 100.000 abitanti;

    sarà presente un consultorio familiare ogni 20.000 abitanti con la possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali; l'attività consultoriale può svolgersi all'interno delle case della comunità, privilegiando soluzioni logistiche che tutelino la riservatezza;

    deve essere garantito un dipartimento di prevenzione (DP) per ogni 500.000 abitanti (necessario per mantenere efficienza organizzativa e conoscenza del territorio che ha identità, omogeneità culturale e socioeconomica imprescindibili nell'azione preventiva);

    dovrà, inoltre, essere potenziata la telemedicina e la dotazione dei sistemi per darne piena attuazione;

    le farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, ubicate uniformemente sull'intero territorio nazionale, vengono definite presidi sanitari di prossimità e rappresentano un elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale; in particolare, la rete capillare, delle farmacie assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari a presidio della salute della cittadinanza; in tale ambito vanno inquadrate la dispensazione del farmaco, per i pazienti cronici la possibilità di usufruire di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci, la farmacovigilanza, le attività riservate alle farmacie dalla normativa sulla cosiddetta «farmacia dei servizi» e l'assegnazione delle nuove funzioni tra le quali le vaccinazioni anti-COVID e antinfluenzali, la somministrazione di test diagnostici a tutela della salute pubblica;

    i fondi del Pnrr non sono a fondo perduto, ma devono essere considerati un investimento;

    le misure previste per l'attuazione dell'assistenza sanitaria territoriale si concentrano sulle case della salute e gli ospedali di comunità, che dovranno essere realizzati ex novo in buona parte del Paese;

    appare necessario dotare tutte le infrastrutture presenti nel progetto di personale sanitario, secondo gli standard minimi previsti, e di impianti tecnologici di nuova generazione, adeguando allo stesso tempo i percorsi formativi,

impegna il Governo:

1) ad adottare le necessarie iniziative volte ad assicurare che la rete di assistenza sanitaria territoriale, così come definita attraverso gli standard che verranno adottati nell'ambito della prima componente della missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sia attuata uniformemente su tutto il territorio nazionale;

2) ad adottare iniziative per potenziare le infrastrutture del Sistema sanitario nazionale già esistenti e valorizzare il ruolo dei professionisti e degli operatori sanitari in esse operanti, anche utilizzando gli specializzandi delle professioni sanitarie;

3) ad adottare le opportune iniziative per adeguare i percorsi di studio all'utilizzo delle nuove tecnologie esistenti;

4) ad avviare tutte le iniziative per potenziare, anche organizzando momenti formativi, le équipe multiprofessionali, individuate nel regolamento sugli standard dell'assistenza territoriale;

5) a valorizzare la rete territoriale di assistenza e presa in carico del paziente anzitutto cronico, in modo da individuare i bisogni di cura anche attraverso attività di screening e sviluppare terapie adeguate, partendo dalla piena valorizzazione dei presidi di prossimità già esistenti, a cominciare dalla erogazione delle prestazioni di cui all'articolo 11 della legge n. 69 del 2009 e dalla loro piena inclusione nei Livelli essenziali di assistenza dando così finalmente attuazione all'articolo 8, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;

6) ad adottare le opportune iniziative per garantire un costante monitoraggio dell'attuazione degli obiettivi previsti dal Pnrr e delle riforme di adeguamento a livello regionale.
(1-00647) «Mandelli, Bagnasco, Novelli, Saccani Jotti, Bond, Brambilla, Elvira Savino, D'Attis».


MOZIONI MOLINARI ED ALTRI N. 1-00639, INCERTI ED ALTRI N. 1-00642, LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00644 E NEVI ED ALTRI N. 1-00646 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AD INCREMENTARE LE MISURE PER IL CONTRASTO DELLA PESTE SUINA AFRICANA E PER IL SOSTEGNO DELLA FILIERA SUINICOLA

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia infettiva altamente contagiosa causata da un virus che colpisce solo i suini domestici e selvatici; è altamente contagiosa con un tasso di letalità del 90-100 per cento, capace di sterminare interi allevamenti suinicoli;

    la peste suina africana è una malattia virale che, non essendo una zoonosi, non minaccia direttamente la salute umana e non crea alcun tipo di contagio o ripercussioni sull'uomo e quindi non deve creare un allarmismo ingiustificato per i consumatori e le persone;

    sono i suini selvatici a rivestire un ruolo di primo piano, diventando uno dei fattori di persistenza dell'infezione soprattutto nei paesi del Nord e dell'Est Europa;

    dal 7 gennaio 2022, è stata accertata la presenza della peste suina africana nelle popolazioni di cinghiali nei territori delle regioni Piemonte e Liguria; il Piemonte, alla luce degli ultimi aggiornamenti, veste la «maglia nera» di regione più colpita con 61 positività accertate su un totale complessivo di 101, dei quali 40 in Liguria;

    le conseguenze legate alla diffusione del virus su tutto il territorio nazionale hanno effetti economici ingentissimi e a lungo termine, mettendo in seria crisi il lavoro degli allevatori italiani, degli agricoltori nonché delle attività con finalità turistico-ricettive;

    in Italia, come in larga parte d'Europa, la popolazione dei cinghiali risulta in costante aumento da almeno venti anni, e appaiono evidenti i problemi che possono derivare da tale situazione anche in relazione al rischio di introduzione del virus peste suina africana nelle regioni attualmente indenni;

    la diffusione della peste suina africana e il grande rischio di espansione della stessa sono infatti legati prevalentemente al proliferare dei cinghiali, riconosciuti come principali vettori della malattia; si contano alcuni milioni di esemplari, con un sostanziale decuplicamento della presenza della specie sul territorio rispetto al 2010-2011;

    l'eccessivo aumento di alcune specie di fauna selvatica è un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale che, oltre a essere un rischio per la sicurezza delle persone nei centri abitati, nelle campagne comporta gravi danni alle colture agricole, ai campi e agli allevamenti; i cinghiali allo stato brado e in branchi si aggirano nelle aree rurali invadendo i campi e devastando i raccolti;

    ad oggi il problema dei danni alle coltivazioni, arrecati dagli ungulati, sta assumendo una rilevanza notevole a livello nazionale, soprattutto per l'impatto economico per le attività agricole delle zone interessate maggiormente dal fenomeno della loro proliferazione;

    gli agricoltori lamentano la necessità di interventi concreti che vadano anche al di là dei rimborsi dei danni seppur fondamentali per continuare l'attività e compensare i mancati guadagni; le misure fin ora adottate si stanno rivelando però insufficienti rispetto all'entità del problema;

    allo scopo di prevenire ed eliminare i gravi pericoli per l'incolumità pubblica e la sicurezza della circolazione, e di limitare i danni causati dalla fauna selvatica alle attività agricole e zootecniche, nonché alle attività con finalità turistico-ricettive, è necessaria l'adozione di un piano di gestione della fauna selvatica che abbia l'obiettivo di rendere compatibile la presenza degli ungulati con le attività agricole, umane ed il paesaggio circostante;

    un'azione tempestiva e coordinata di monitoraggio e controllo della peste suina africana risulta fondamentale per avere maggiori probabilità di contenere il contagio, atteso che la diffusione della malattia, soprattutto nelle fasi iniziali, può dipendere dalla densità delle popolazioni di cinghiali, oltre che dalla presenza di corridoi che consentono di superare eventuali barriere geografiche;

    è necessario intervenire per fermare il proliferare dei cinghiali per scongiurare pesanti ripercussioni sull'attività agricola ma soprattutto sulla sicurezza degli allevamenti di suini, in quanto esiste un reale rischio che la malattia si propaghi e infligga gravi danni al comparto suinicolo italiano, che conta circa 9 milioni di capi;

    la diffusione della peste suina africana, causata dai cinghiali, deve essere contrastata anche tramite un'opportuna gestione faunistico-venatoria, improntata sulla riduzione generalizzata della loro densità, sia numerica che spaziale, svolta tramite le attività venatorie, modificando le azioni di controllo previste dalla legge n. 157 del 1992;

    la propagazione della peste suina africana sta creando un danno incalcolabile agli allevamenti e conseguenze sul commercio delle carni suine italiane, con la possibilità che i Paesi che non riconoscono il principio di regionalizzazione possano imporre il divieto di importazione di tutti i prodotti suini dell'intero Paese in cui la peste suina africana si è manifestata;

    a preoccupare gli allevatori di suini e l'industria di trasformazione, infatti, è il fatto che i canali di commercializzazione e i Paesi terzi destinatari delle esportazioni di carni e prodotti a base di carne suina non riconoscano, in maniera ingiustificata, il principio della regionalizzazione vietando l'ingresso delle produzioni suine italiane; è fondamentale che i Paesi terzi riconoscano che le misure adottate dalle autorità italiane e comunitarie sono sufficienti a fornire tutte le garanzie necessarie per mantenere aperto il canale commerciale con il nostro Paese;

    le regole del commercio internazionale e la stessa Commissione europea prevedono, infatti, l'applicazione di severe restrizioni in caso di infezioni da virus peste suina africana, quali il blocco delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati dalla suinicoltura, con un evidente impatto sul nostro settore zootecnico nonché sulla possibilità di commercializzare ed esportare prodotti di eccellenza del made in Italy;

    il 75-80 per cento dei suini è allevato nell'Italia settentrionale, e le regioni a più intensa suinicoltura sono, nell'ordine, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Piemonte e il Veneto; nel comparto suinicolo italiano operano circa 25.000 aziende agricole e circa 3.500 aziende di trasformazione. Il patrimonio suinicolo italiano è costituito da circa 8,5 milioni di capi, di cui 1 milione e 350 mila solo in Piemonte; la produzione italiana di carne è di circa 1,4 milioni di tonnellate, quella importata dall'estero è di 1,1 milioni di tonnellate;

    il comparto in Italia vanta un fatturato di circa 3 miliardi di euro per la fase agricola e di circa 8 miliardi di euro per quella industriale, incidendo per il 5,8 per cento sul totale agricolo e agroindustriale nazionale. Nel solo Piemonte operano circa 3.500 aziende che producono un fatturato di circa 400 milioni di euro annui; c'è bisogno di arginare un fenomeno che, se si diffondesse ai grandi allevamenti di suini del Nord Italia, potrebbe mettere a rischio 1 punto o 2 del prodotto interno lordo, circa 6 miliardi di euro solo per l'esportazione della carne suina italiana;

    il decreto-legge n. 4 del 2022 (cosiddetto decreto Sostegni-ter), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 28 marzo 2022, prevede all'articolo 26, ristori per un totale di 50 milioni di euro, dei quali: 35 milioni di euro per tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio di contaminazione dal virus responsabile della peste suina africana e ad indennizzare gli operatori della filiera suinicola danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati, e 15 milioni di euro per il rafforzamento degli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza e biosorveglianza;

    il decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 29 del 7 aprile 2022 recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana (Psa), prevede, oltre alla nomina di un commissario straordinario con compiti di coordinamento e monitoraggio delle azioni e delle misure poste in essere per prevenire contenere ed eradicare la peste suina africana, altre disposizioni, tra le quali il contrasto all'espansione del virus attraverso la costruzione di recinzioni attorno all'area infetta, una vera e propria regionalizzazione dell'area; inoltre, per prevenire ed evitare l'espansione del focolaio, anche in altre aree, viene prevista una delega alle regioni di programmazione e attuazione di piani di contenimento e, infine, misure volte a tutelare gli allevamenti attraverso l'implementazione della biosicurezza e, quindi, mettere un freno a quella che può essere una pandemia devastante per il comparto suinicolo nazionale;

    in particolare, il comma 2-bis dell'articolo 2 del suddetto decreto-legge prevede che le regioni e le province autonome, unitamente agli interventi urgenti previsti dal decreto, attuino le ulteriori misure disposte dal commissario straordinario, ivi inclusa la messa in opera di recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili idonee al contenimento dei cinghiali selvatici, autorizzando la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2022; tali risorse, però, non sono nuovi stanziamenti bensì si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola, previsto dall'articolo 26, comma 1, del suddetto decreto-legge cosiddetto Sostegni-ter, ovvero i 35 milioni di euro previsti per indennizzare gli operatori della filiera suinicola danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati;

    è indispensabile attuare immediatamente le misure adottate a sostegno delle imprese della filiera suinicola, interessate dalla crisi legata alla peste suina africana e che ne stanno subendo gli effetti, nonché incrementare le risorse da mettere a disposizione del settore, in quanto, solo per fare un esempio, se dovesse comparire un caso di peste suina africana nella provincia di Cuneo, che è composta da 950 mila suini, si avrebbe un costo, in regime di fermo stalla, di un milione di euro al giorno solo per l'alimentazione dei maiali, senza considerare poi i danni causati dal blocco delle esportazioni verso Paesi terzi, come Cina, Taiwan e Giappone, i danni alla silvicoltura, i danni al turismo e alle attività ludiche della zona compresa nel focolaio;

    se la malattia dovesse sconfinare nelle regioni limitrofe, e quindi in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, i danni sarebbero devastanti non solo per il comparto suinicolo italiano ma anche per le attività e l'indotto ad esso collegato;

    da una stima fatta sulla base dei dati forniti dal Ministero della salute e dall'Ismea, nel caso in cui si dovesse verificare tale sconfinamento, sarebbe necessario stanziare risorse pari a circa 1.441.490.120, a titolo di indennità di abbattimento degli animali;

    il comparto suinicolo, a causa in primo luogo della presenza della peste suina africana, e anche dell'incessante aumento dei costi dell'energia e delle materie prime, e della crisi derivante dal conflitto tra Russia e Ucraina, sta subendo danni per circa 20 milioni di euro a settimana;

    per salvaguardare dalle minacce della peste suina africana lo sviluppo del comparto suinicolo italiano, che è uno tra i riferimenti più importanti per la promozione dell'agroalimentare «made in Italy» in tutto il mondo, nonché le attività e l'indotto, sarebbero opportuni adeguati indennizzi rivolti a tutte quelle attività economiche e professionali della filiera agricola e zootecnica, ma anche per quelle silvo-pastorale e per quelle con finalità turistico-ricettive, che operano che operano nelle «zone infette», che risultano provate dagli effetti della diffusione della peste suina africana;

    tramite un'ordinanza del Ministro della salute del 13 gennaio 2022, emanata dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il coinvolgimento di Ministero della transizione ecologica, regioni, province autonome di Trento e Bolzano, Protezione civile, forze di polizia ed istituti tecnici di supporto, è stato disposto sul territorio del Piemonte e della Liguria, il divieto dell'attività venatoria nella zona stabilita come infetta, salvo la caccia di selezione al cinghiale; inoltre, non si possono raccogliere funghi e tartufi, la pesca è interdetta, e più in generale sono vietate le attività sportive e ludiche, come il trekking e la mountain bike, e le altre attività che prevedono un'interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti o potenzialmente infetti, nonché le attività connesse alla salute e cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali, in quanto ogni forma di disturbo favorisce lo spostamento dei cinghiali e di conseguenza la diffusione dell'epidemia di peste suina africana;

    nelle «zone infette» esiste anche un problema legato alla socialità delle persone. Si sta uscendo, malgrado tutto, dalla pandemia da COVID-19, ma in quelle zone ci sono restrizioni per i nostri concittadini, e ciò sta diventando realmente qualcosa che non si riesce più a sopportare;

    le chiusure conseguenti all'adozione delle misure di contenimento della peste suina africana danneggiano fortemente, seppur in modo indiretto, il turismo. Il settore del turismo e dell'outdoor è messo a dura prova dalle disposizioni dettate dalla suddetta ordinanza, soprattutto dopo avere affrontato le enormi difficoltà durante i periodi di lockdown nell'emergenza da COVID-19;

    la chiusura prolungata di interi territori montani, per le misure adottate per il contenimento della peste suina africana, stanno causando un impatto economico significativo soprattutto per le attività alberghiere e di ristorazione, che sono site nelle «zone infette», in quanto nonostante queste continuino, per la maggior parte, a lasciare aperte le proprie attività la preoccupazione principale degli operatori è quella della possibile mancanza di fruitori di tali servizi, soprattutto adesso che si sta avvicinando la stagione estiva, che porterebbe alla chiusura di innumerevoli attività;

    la regione Piemonte sta valutando di stanziare circa 8 milioni di euro per la messa in sicurezza delle aree a rischio ed in particolare per il posizionamento delle reti di recinzione; ciò consentirà di riattivare non solo le attività outdoor ma anche quelle lavorative che, per effetto delle ordinanze nazionali, sono state di fatto bloccate. Le risorse potranno essere successivamente rimborsate dal Commissario per la peste suina africana, con gli specifici finanziamenti previsti dal decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9;

    la regione Piemonte, inoltre, ha già stanziato 1,8 milioni di euro di aiuti straordinari a ristoro dei danni subiti dalle aziende piemontesi suinicole operanti nelle aree ricomprese nella zona infetta (zona rossa) e nella zona buffer interessate dalla peste suina africana, stanziamento finalizzato a ricoprire le perdite di reddito dovute al deprezzamento dei capi macellati a causa della peste suina africana, compensando la differenza tra il prezzo di mercato registrato a dicembre (ex-ante l'evento infettivo) e quello effettivamente realizzato al momento della macellazione e il divieto di ripopolamento per 6 mesi dopo l'abbattimento a causa della peste suina africana,

impegna il Governo:

1) al fine di sostenere la suinicoltura italiana e tenuto conto della gravità degli effetti lungo tutta la filiera, scaturiti anche dagli effetti dell'aumento dei prezzi energetici e delle materie prima in particolare quelle per l'alimentazione degli animali, nonché dal conflitto Russia-Ucraina, ad adottare iniziative per stanziare ulteriori risorse per reintegrare il Fondo di parte corrente, di cui all'articolo 26 del decreto-legge n. 4 del 2022, necessarie ad indennizzare gli operatori della filiera colpiti dalle restrizioni sulla movimentazione degli animali e sulla commercializzazione dei prodotti derivati;

2) ad adottare iniziative per incrementare gli stanziamenti previsti all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 9 del 2022, in quanto 10 milioni di euro risultano essere una dotazione esigua a disposizione del commissario straordinario, visto che le regioni Piemonte e Liguria, per installare le recinzioni fondamentali per contenere la diffusione della peste suina africana anche alle regioni limitrofe, potrebbero avere necessità di somme ben al di sopra di quelle stanziate dal suddetto decreto-legge;

3) ad adottare iniziative per prevedere misure di ristoro ad hoc rivolte a tutte le attività economiche, professionali e turistico-ricettive, comprese quelle relative alle attività outdoor e legate all'ospitalità, che operano nelle «zone infette» e che hanno subito un danno economico diretto o indiretto con le chiusure dovute alle misure via via adottate per arginare la diffusione della peste suina africana e che rischiano gravi ripercussioni economiche, che si andranno ad aggiungere a quelle subite nell'ultimo biennio per le restrizioni dovute alla pandemia da COVID-19;

4) ad adottare iniziative per attuare un'incisiva politica di prevenzione per il contenimento dei cinghiali, anche attraverso una revisione organica della legge n. 157 del 1992 che, in un'ottica di salvaguardia della biodiversità e di ripristino del corretto equilibrio dei rapporti tra fauna selvatica, uomo e ambiente circostante, adotti strumenti di contrasto all'eccessiva proliferazione di cinghiali, ritenuti i principali vettori della peste suina africana;

5) ad adottare iniziative per prevedere misure finanziarie per ristorare i danni causati alle aziende agricole e zootecniche dal proliferare incontrollato della fauna selvatica, in particolare per quelle site nelle zone maggiormente colpite dal fenomeno;

6) ad adottare iniziative per prevedere che le recinzioni, di cui al comma 2-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 9 del 2022 possano essere posizionate anche nelle aree di restrizione I di cui all'allegato I del regolamento di esecuzione (UE) 2021/605 (zona di sorveglianza), al fine utilizzando la dotazione finanziaria, allo scopo integrata, affidata al commissario e di intesa con le regioni interessate;

7) ad adottare iniziative per garantire la massima trasparenza nella determinazione dei prezzi indicativi da parte delle commissioni uniche nazionali (Cun) del settore suinicolo, al fine di assicurare una stabilizzazione del mercato e scongiurare le eventuali e dannose speculazioni che si possano venire a creare, che potrebbero generare un grave squilibrio del mercato;

8) ad adottare iniziative per rafforzare i rapporti di filiera nel settore suinicolo anche attraverso il sostegno dei contratti di filiera e delle organizzazioni interprofessionali e professionali del settore;

9) ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di liberare il mercato agroalimentare da limitazioni, per evitare ripercussioni sulla percezione della sicurezza della filiera della carne suina da parte dei consumatori e le ricadute economiche sui settori danneggiati;

10) ad adottare, nelle opportune sedi, iniziative diplomatiche per sostenere le esportazioni nei confronti dei Paesi stranieri che hanno adottato ingiustificate misure precauzionali, a tutela del comparto suinicolo italiano, contro le speculazioni di mercato, del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale, del sistema economico ed occupazionale e degli interessi economici connessi allo scambio extra Unione europea e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati.
(1-00639) «Molinari, Viviani, Gastaldi, Liuni, Golinelli, Bubisutti, Lolini, Loss, Manzato».


   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale che colpisce i suini domestici e quelli selvatici, causando livelli di mortalità fino al 100 per cento nelle popolazioni di suini colpite. La peste suina africana è estremamente pericolosa per i suini, in quanto risulta fortemente resistente nell'ambiente, così come nei prodotti contaminati;

    il virus, oltre a muoversi per contiguità, è anche capace di compiere veri e propri «balzi» e trasferire la malattia a centinaia di chilometri dal fronte endemico, come dimostrato dalle recenti analisi svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e confermate dal Centro di referenza nazionale per le pesti suine dell'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche;

    nel corso del 2021 la suinicoltura italiana stava gradualmente uscendo da una fase congiunturale sfavorevole. L'esplosione dei costi delle materie prime per l'alimentazione e dell'energia e gli effetti dell'emergenza sanitaria per la comparsa in Piemonte e Liguria, nel gennaio 2022, del virus della peste suina africana nella popolazione dei cinghiali e la necessità di trovare nuovi sbocchi per l'export hanno mutato le condizioni in cui operano gli allevatori e determinato uno scenario allarmante, che rischia di mettere a rischio la prosecuzione dell'attività nei prossimi mesi di numerosi allevamenti, con conseguenti ripercussioni anche sul commercio internazionale;

    dall'inizio del 2022 sono giunti i primi stop alle importazioni di carni suine e prodotti derivati made in Italy. A bloccare precauzionalmente gli acquisti dall'Italia sono stati Cina, Giappone, Taiwan, Kuwait, Cuba. Per i Paesi terzi, che hanno riconosciuto la regionalizzazione come Usa e Canada o che non hanno formalizzato alcuna sospensione, è possibile sottoscrivere certificazioni di attestazione sanitaria integrativa per gli allevamenti e certificazione export/pre-export di carni e prodotti;

    nella prima settimana di maggio 2022 i casi notificati giornalmente all'Unione europea da parte del Ministero della salute risultano essere 76 in Piemonte e 42 in Liguria. Anche se si tratta di un'area a bassa densità suinicola, la preoccupazione principale è legata alla possibile diffusione nelle regioni limitrofe. Gli effetti di una sua diffusione in altre regioni sarebbero devastanti in termini economici, considerata l'elevata diffusione dei suini in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. Un comparto strategico per l'agroalimentare italiano che non può essere messo a rischio dalla minaccia della diffusione del virus della peste suina africana;

    gli allevamenti professionali censiti nella banca dati nazionale del Ministero della salute risultano essere 28.525, quelli aderenti ai circuiti dop che rappresentano circa l'80 per cento della produzione nazionale sono 3.640 e quelli all'aperto e quindi più vulnerabili che conservano il patrimonio di biodiversità delle razze suine autoctone sono circa 500;

    il comparto suinicolo italiano produce un fatturato di circa 3 miliardi di euro per la fase agricola e di circa 8 miliardi di euro per quella industriale, incidendo per il 5,8 per cento sul totale agricolo e agroindustriale nazionale;

    l'ordinanza del 13 gennaio 2022 – adottata dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – recante «Misure urgenti per il controllo della diffusione della peste suina africana a seguito della presenza del virus nei selvatici», ha disposto il divieto di attività venatoria e di altre attività all'aperto in diversi comuni in Piemonte e Liguria maggiormente interessate dalla diffusione del virus della peste suina africana. Con circolare del Ministero della salute del 18 gennaio 2022 sono state definite ulteriori misure di controllo e prevenzione della diffusione della peste suina africana;

    l'articolo 26 del decreto-legge n. 4 del 2022 ha previsto ristori per un totale di 50 milioni di euro, introducendo fondi finalizzati a tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio contaminazione dal virus responsabile della peste suina africana e ad indennizzare gli operatori della filiera suinicola danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati;

    il decreto-legge 17 febbraio 2022 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, ha stabilito ulteriori misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana;

    il 29 aprile 2022 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, in seguito all'intesa raggiunta in Conferenza Stato-regioni, ha sottoscritto il decreto di ripartizione del «Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza» per il controllo della diffusione della peste suina africana, con un finanziamento pari a 15 milioni di euro. Il decreto, oltre a stabilire i criteri per la ripartizione del fondo di parte capitale, distribuisce le risorse in Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, per arginare le gravi ripercussioni sulla salute della popolazione animale dei suini e le pesantissime perdite economiche per tutta la filiera suinicola italiana. Sono stati, inoltre, definiti i criteri specifici per la ripartizione dei contributi concessi come aiuti de minimis, quali la consistenza del patrimonio suinicolo, le differenti tipologie di allevamenti di suini e la classificazione dei territori interessati;

    le misure sopra citate risultano significative ma vanno ulteriormente rafforzate attraverso una maggiore sinergia tra i diversi rami dell'amministrazione pubblica, a livello nazionale, regionale e locale, e le parti interessate. Per rafforzare i meccanismi di prevenzione e controllo della peste suina africana è necessaria l'integrazione di diverse competenze professionali che fanno capo alla sanità, all'ambiente e all'agricoltura,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per stanziare ulteriori risorse a sostegno della filiera suinicola italiana;

2) ad adottare iniziative per incrementare gli stanziamenti previsti nel decreto-legge n. 9 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2002, n. 29, al fine di rafforzare le misure di contrasto ed eradicazione della peste suina africana;

3) ad adottare iniziative a favore delle regioni interessate affinché dispongano di risorse necessarie per realizzare le attività di controllo e prevenzione richieste;

4) ad intraprendere in sede europea iniziative tese a cofinanziare l'eradicazione della peste suina africana;

5) a rafforzare l'attività negoziale per giungere a regole condivise con i Paesi che non riconoscono il principio di regionalizzazione;

6) ad adottare iniziative tese ad affrontare la diffusione di ungulati nel nostro Paese, in particolare del cinghiale, tenendo conto dei gravi rischi sanitari generati dalla crescente diffusione della specie sus scrofa e delle possibili ricadute economiche negative sugli allevamenti;

7) ad adottare iniziative di competenza per attuare una politica di controllo della fauna selvatica, nel caso in cui gli interventi di prevenzione dei danni e le misure ordinarie di controllo della fauna stessa siano inefficaci a realizzare gli scopi di contenimento della medesima.
(1-00642) «Incerti, Carnevali, Casu, Avossa, Cappellani, Cenni, Critelli, Frailis, De Filippo, Ianaro, Lepri, Pini, Rizzo Nervo, Siani, Pizzetti, Zardini, Ciampi».


   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, ad elevata contagiosità, non trasmissibile all'uomo, con una letalità del 90-100 per cento, priva di vaccini o cure, i cui ceppi più aggressivi prevedono la morte dei capi entro 10 giorni dall'insorgenza dei primi sintomi;

    la diffusione di tale malattia può avere gravi ripercussioni sul sistema socio-economico delle aree colpite per via dell'alta letalità e contagiosità, che implicano costi gestionali e di contenimento non indifferenti, inclusi quelli derivanti dal totale sterminio degli allevamenti suinicoli;

    maiali e cinghiali sani vengono infettati solitamente tramite contatto con animali infetti, compreso il contatto tra suini che pascolano all'aperto e cinghiali selvatici, ingestione di prodotti a base di carne infetta, contatto con oggetti contaminati dal virus e morsi di zecche infette;

    la circolazione di animali infetti e la presenza di carcasse infette sul territorio sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia, nonché il principale fattore di persistenza della stessa;

    come evidenziato dalle analisi svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e confermate dal Centro di referenza nazionale per le pesti suine – Cerep – dell'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche, il virus è anche capace di compiere veri e propri «balzi» e trasferire la malattia a centinaia di chilometri dal fronte endemico, pervenendo per l'appunto in Europa da un'origine di prima ondata inizialmente africana e da una seconda ondata proveniente dall'Est Europa;

    la malattia si è infatti diffusa nel territorio dell'Unione europea partendo dell'Est Europa, nella sua seconda ondata, colpendo la Georgia nel 2007 e propagandosi successivamente in tutti i Paesi dell'Europa orientale;

    la Lituania ha segnalato casi di peste suina africana nei cinghiali selvatici per la prima volta a gennaio del 2014, la Polonia le ha fatto seguito a febbraio del 2014 e la Lettonia e l'Estonia a giugno e a settembre 2014;

    la malattia ha poi continuato a diffondersi e, alla fine del 2019, era presente in nove Stati membri dell'Unione europea: Belgio, Bulgaria, Slovacchia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania;

    più recentemente, la peste suina africana ha trovato ampia diffusione in Germania ed in Cina, con relative ripercussioni sull'intero mercato suinicolo internazionale;

    la peste suina africana si è radicata in modo epidemico nel territorio della regione Sardegna, a partire dal 1978, a seguito della diffusione della stessa in Spagna e Portogallo, riuscendo a venire estirpata dopo decenni di attività di contenimento e di embargo sulle esportazioni di carne di maiale, al punto che in 42 anni non è mai stato esportato un sierotipo dal territorio sardo e che da 4 anni non sono stati più aperti focolai di peste suina africana nel territorio regionale;

    nonostante le efficaci attività di contenimento ed eradicazione della peste suina africana nel territorio sardo, l'embargo sulle esportazioni di carne suina al di fuori del territorio insulare continua a perdurare, costituendo un persistente disagio agli allevamenti e alle filiere suinicole in tutto il territorio sardo;

    l'impatto della peste suina africana a livello locale, ma anche globale, ha portato ad un cambiamento dei flussi commerciali non solo legati allo scambio di suini vivi, di carni e prodotti derivati, ma anche ai mangimi e alle fonti alimentari proteiche alternative, i cui valori di mercato e catene di distribuzione sono stati stravolti dalla guerra tra Russia e Ucraina scoppiata il 24 febbraio 2022;

    una crisi legata alla diffusione della peste suina africana, stante anche il diffondersi dell'emergenza aviaria nel Nordest italiano, può comportare danni ulteriormente ingenti al settore zootecnico;

    il 7 gennaio 2022 sono stati rilevati tre casi di peste suina africana nel territorio della provincia di Alessandria, in Piemonte, con ulteriori casi al confine, in Liguria;

    in tal senso, l'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta ha rilevato, al 5 maggio 2022, 113 casi di peste suina africana, di cui 69 in Piemonte e 44 in Liguria;

    in data 4 maggio 2022, con successiva conferma in data 5 maggio 2022, l'Istituto zooprofilattico del Lazio e della Toscana e l'Istituto zooprofilattico dell'Umbria e delle Marche hanno confermato la presenza di un caso di peste suina africana in un cinghiale all'interno del territorio di Roma, estendendo la portata del contagio al di fuori del perimetro di Piemonte e Liguria;

    considerando che nella provincia di Roma si stima la presenza di circa 20.000 cinghiali, le prospettive di diffusione della peste suina africana sono estremamente elevate, con un quantitativo così elevato di cinghiali che, oltre ad un rischio sanitario, prospettano danni derivanti dal danneggiamento dei raccolti ed eventuali disagi per i cittadini;

    tenendo conto della presenza di 12.000 allevamenti per circa 43.000 capi nella regione Lazio, la diffusione della peste suina africana può portare all'intero tracollo del settore suinicolo del territorio, con prospettive di propagazione nel resto d'Italia, in particolar modo in territori dove si concentra la norcineria nazionale;

    l'assenza di misure incisive di contenimento dell'emergenza epidemica da peste suina africana reca il rischio di danneggiare in modo permanente l'export nazionale in ambito suinicolo e in generale di pregiudicare la qualità del marchio made in Italy nel mondo;

    il comparto venatorio, tra gli altri, se adeguatamente coordinato rappresenta un presidio fondamentale per il contenimento e controllo della diffusione della peste suina africana sul territorio, in quanto composto da esperti conoscitori dell'ambiente selvatico frequentato dai cinghiali, facilitando la segnalazione e lo smaltimento delle carcasse presenti sul territorio;

    la popolazione dei cinghiali ha superato ampiamente i 2,5 milioni, riportando un sostanziale decuplicamento della presenza della specie sul territorio rispetto al 2010;

    il proliferare incontrollato dei cinghiali in tutto il territorio nazionale può costituire un drammatico vettore di propagazione della peste suina africana, con eventuali ripercussioni su tutto il comparto suinicolo nazionale, che conta ad oggi circa 9 milioni di capi, i cui numeri possono venire drammaticamente ridimensionati dalla diffusione della peste suina;

    con decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, il Governo ha finalmente adottato alcune misure finalizzate ad arrestare la diffusione della peste suina africana, dopo lo scoppio di un primo focolaio epidemico tra Piemonte e Liguria e dopo due anni di diffusione della peste suina africana in Germania;

    tale decreto-legge ha istituito la figura di un commissario straordinario con compito di coordinamento e monitoraggio delle misure di prevenzione della peste suina africana, delle misure di contenimento dell'epidemia mediante la costruzione di recinzioni attorno all'area infetta, con lo scopo di perimetrare i focolai, nonché delle misure di delega alle amministrazioni regionali per la programmazione e l'attuazione di piani di contenimento e misure di garanzia della biosicurezza degli allevamenti suinicoli;

    tale misura, in sede di conversione, è stata integrata, tra le altre, anche con risorse economiche, con l'obiettivo di rendere maggiormente impattante il ruolo del commissario e agevolare l'installazione delle recinzioni destinate a contenere la diffusione della peste suina africana;

    a fronte di tale necessità, il citato decreto-legge n. 9 del 2022 ha previsto un'autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2022, ottenuti non tramite nuovo stanziamento di spesa, ma tramite la riduzione del fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola, istituito dal decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, cosiddetto «decreto sostegni ter», creando la paradossale situazione in cui misure di contrasto e contenimento della peste suina africana sono state finanziate riducendo il fondo di sostegno al settore suinicolo, colpito su due fronti non solo dalla diffusione della peste suina africana, ma anche dal rincaro di materie prime ed energia conseguente alla guerra russo-ucraina;

    le varie proposte emendative, nonché gli ordini del giorno finalizzati a mantenere integra la dotazione del fondo a sostegno della filiera suinicola, non sono stati accolti da parte della maggioranza, né da parte del Governo;

    nella fase di conversione del citato decreto-legge non sono state accolte ulteriori proposte emendative finalizzate a potenziare la capacità predittiva e preventiva della gestione della peste suina africana in seno alla struttura commissariale, tale per cui ad ora esiste un doppio binario dove vi è un determinato regime di intervento emergenziale all'interno delle aree di contenimento perimetrate ed un regime differente, di stampo non emergenziale, all'esterno di queste, con la conseguenza che le modalità di gestione di cinghiali che riescono ad eludere il perimetro predisposto dalle varie recinzioni sono differenti, con evidenti ripercussioni sulla capacità di contenere effettivamente il fenomeno della peste suina africana;

    il già menzionato rinvenimento di un caso di cinghiale positivo alla peste suina africana nel territorio di Roma attesta un potenziale fallimento delle misure di controllo sinora disposte dal Governo, sollevando numerosi profili di rischio circa l'effettiva diffusione della malattia in tutto il territorio nazionale;

    la necessità di operare in un'ottica di prevenzione è fondamentale in quanto, come indicato da dati Ismea, in caso di diffusione della peste suina africana nelle aree limitrofe al focolaio di Piemonte e Liguria, dunque Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, sarebbe necessario stanziare oltre 1,4 milioni di euro unicamente per l'indennità di abbattimento degli animali;

    una diffusione a macchia d'olio della peste suina africana pregiudicherebbe, peraltro, la tenuta di produzioni pregiate come la dop di Parma e la dop San Daniele, nonché, di conseguenza, tutta l'industria legata alla trasformazione dei prodotti suinicoli, ma anche le attività turistiche, ricettive e di ristorazione delle aree interessate dal fenomeno;

    le misure di contenimento e perimetrazione del contagio prevedono, tra le altre, il divieto delle attività di allevamento brado e semibrado, nonché il blocco delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati della suinicoltura;

    tra le altre misure di contenimento sono anche disposti divieti di attività come il trekking e tutte quelle attività che naturalmente implicano la presenza di persone nelle aree infette, provocando di fatto la chiusura prolungata di intere aree montane, spesso di forte interesse turistico, con gravi ripercussioni anche sul turismo all'aperto, sulla vivibilità delle aree coinvolte, nonché sulla tenuta delle attività alberghiere e di ristorazione sul territorio, già messe a dura prova dalla crisi economica conseguente alla guerra russo-ucraina;

    le misure di contenimento disposte in Italia seguono la prassi, diffusa, condivisa e riconosciuta all'interno del mercato interno dell'Unione europea, della regionalizzazione, per la quale la diffusione della peste suina africana all'interno di un determinato territorio di un Paese membro non determina ipso facto la necessità di bloccare la movimentazione di prodotti suinicoli da tutto il territorio nazionale;

    nel caso della diffusione della peste suina africana in Germania tra 2020 e 2021, nonostante i numerosi abbattimenti e restrizioni disposte dalle autorità tedesche, la Cina ha disposto il blocco delle importazioni di qualsiasi prodotto suinicolo proveniente dalla Germania stessa, con evidenti ripercussioni sul mercato tedesco, europeo ed internazionale;

    il mancato riconoscimento del principio della regionalizzazione implica pertanto che Paesi terzi possano bloccare le importazioni di prodotti suinicoli di un determinato Paese al netto della diffusione della peste suina africana unicamente in determinate aree dello stesso;

    il comparto suinicolo, come il resto delle filiere agroalimentari e in generale tutti i settori dell'economia nazionale, sta subendo le pesanti ripercussioni e i rincari conseguenti al conflitto tra Russia e Ucraina, che ha portato ad un incremento dei costi di energia e delle materie prime, con danni stimati, a partire da gennaio 2022, superiori a 20 milioni di euro a settimana, dovuti anche ai maggiori costi di mangimi e ai rincari che hanno colpito la filiera zootecnica;

    il comparto vale, tra produzione, allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione, 20 miliardi di euro, rappresentando un'eccellenza della produzione agroalimentare nazionale, e il fallimento delle attività per il combinato disposto di peste suina africana e rincaro di energia e materie prime potrebbe portare ad una riduzione permanente della capacità produttiva e dell'economicità del settore;

    in tal senso, è improcrastinabile l'adozione non solo di misure compensative a favore dell'intero comparto suinicolo nazionale, in ragione sia del danno sopravvenuto che del mancato guadagno conseguenti alla diffusione della peste suina africana e alle misure di contenimento, ma anche di misure di contenimento preventive tali da poter ostacolare e arrestare il diffondersi della peste suina africana in modo radicale, prevedendo anche il coinvolgimento del comparto venatorio e di tutti gli attori chiave nelle attività di contenimento della malattia,

impegna il Governo:

1) al fine di fornire effettivo sostegno alla filiera, alla luce non solo della diffusione della peste suina africana, ma anche della guerra russo-ucraina e di quella che i firmatari del presente atto giudicano l'immotivata riduzione del previgente stanziamento di risorse previsto nell'ambito del decreto-legge n. 4 del 2022, ad adottare iniziative per ripristinare e incrementare la dotazione del fondo di parte corrente a sostegno della filiera suinicola di cui al «decreto sostegni ter» nel primo atto normativo utile, da adottare con carattere di urgenza;

2) ad adottare iniziative per integrare le modalità di gestione dell'emergenza da peste suina africana, prevedendo modalità di gestione ed esecuzione delle opportune misure di contenimento che operino in modo ambivalente sia nelle aree di contenimento perimetrate, che al di fuori delle stesse, anche previo coinvolgimento degli operatori qualificati del comparto venatori;

3) ad adottare, sulla scorta dell'esperienza normativa di cui all'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le opportune misure per consentire un'effettiva prevenzione e contenimento del dilagare dei cinghiali su tutto il territorio nazionale, con finalità di conservazione degli habitat, di tutela dell'incolumità dei cittadini, di contenimento della peste suina africana e di protezione delle attività economiche sul territorio;

4) ad adottare iniziative per disporre nuove ed immediate misure indennitarie a favore del comparto suinicolo, che tengano in considerazione sia la possibile permanenza e diffusione della peste suina africana, sia l'impatto del mancato guadagno sull'esercizio dell'attività e dunque delle conseguenze di lungo periodo che la diffusione della peste suina africana può comportare economicamente e socialmente su tutti gli attori interessati dal fenomeno;

5) ad adottare iniziative per disporre misure indennitarie e di tutela per le attività economiche, con riferimento ad attività turistiche, ricettive e legate al mondo della ristorazione, colpite dalle misure di contenimento della peste suina africana nel territorio nazionale;

6) ad adottare iniziative per incrementare le misure indennitarie a favore delle aziende agricole e zootecniche colpite dalla proliferazione della fauna selvatica, parametrando non solo il danno di breve periodo, ma integrando in tali misure le ripercussioni economiche di tali danni sull'attività economica dell'azienda, tenendo conto anche del mutato scenario economico-internazionale dovuto al rincaro di materie prime ed energia in conseguenza della guerra russo-ucraina;

7) ad adottare iniziative per stanziare nuove risorse, a favore delle aziende della filiera suinicola, per l'acquisto di strutture e macchinari necessari a garantire la biosicurezza degli allevamenti;

8) ad adottare iniziative per intervenire, anche presso i competenti tavoli europei, affinché le zone della Sardegna indenni dalla peste suina africana siano escluse dalle restrizioni alle esportazioni di carne suina, superando il quadro restrittivo di cui al regolamento di esecuzione (UE) n. 2021/605 della Commissione europea, che stabilisce misure speciali di controllo della peste suina africana;

9) ad adottare tutte le necessarie misure di controllo e contenimento per prevenire in modo definitivo la diffusione della peste suina africana sul territorio italiano, indagando sulle cause dietro la propagazione della stessa nel territorio di Roma;

10) ad adottare le necessarie iniziative, presso i tavoli europei ed internazionali, finalizzate a sostenere e garantire le esportazioni di prodotti suinicoli nazionali nei confronti di Paesi terzi che abbiano adottato o siano in procinto di arrestare le importazioni di prodotti suinicoli e derivati di origine italiana, preservando il principio di contenimento regionalizzato della peste suina africana;

11) ad adottare tutte le adeguate iniziative di competenza per scongiurare attività ed influenze speculative nella formazione dei prezzi relativi ai prodotti suinicoli, nonché di contenere gli squilibri sul mercato;

12) ad adottare le necessarie iniziative per potenziare le filiere del comparto suinicolo, nonché per contenere l'impatto dei rincari e delle speculazioni di mercato sui prodotti della mangimistica, andando a sostenere la filiera a monte.
(1-00644) «Lollobrigida, Caretta, Ciaburro, Deidda, Foti, Lucaselli, Montaruli, Butti».


   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale, altamente contagiosa, che colpisce suini e cinghiali, ma non è trasmissibile agli esseri umani. Ha un vasto potenziale di diffusione e in caso di epidemia metterebbe a rischio il patrimonio zootecnico suino nazionale;

    a differenza di altre influenze o patologie, uccide quasi il 100 per cento degli animali che ne vengono colpiti. Ha un alto tasso di diffusione a causa della notevole capacità di resistenza nell'ambiente esterno;

    si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori come le zecche. La trasmissione avviene anche in modo indiretto attraverso la mediazione umana che può veicolare il virus con attrezzature e indumenti contaminati, oppure nel caso in cui i cinghiali si nutrano di scarti di cucina contenenti carni contaminate;

    nel 2014 è esplosa un'epidemia in alcuni Paesi dell'Est Europa. Da allora la malattia si è diffusa in altri Stati, tra cui Belgio e Germania;

    il 7 gennaio 2022 è stata confermata la positività in un cinghiale trovato morto in Piemonte, nel comune di Ovada, in provincia di Alessandria. Altri casi sono stati scoperti e la malattia si è estesa in Liguria e Valle d'Aosta. Sono state, quindi, adottate misure di sicurezza sanitaria da parte del Governo e degli altri enti interessati, circoscrivendo l'area contagiata che comprende oltre 100 comuni;

    l'aumento esponenziale del numero dei cinghiali è divenuto, quindi, un pericolo anche sanitario. L'incremento ha molte cause, fra cui l'introduzione di specie non autoctone e l'abbandono delle aree montane e di campagna. I danni all'agricoltura sono diventati, nel tempo, sempre maggiori e i cinghiali rappresentano ora un problema ancor più grande, proprio perché diffondono la malattia sul territorio;

    sono tristemente noti e divenuti consuetudinari i casi di cinghiali che raggiungono le città per nutrirsi cercando alimenti tra i cassonetti della spazzatura, spesso ritratti in immagini che li vedono aggirarsi nelle periferie delle grandi città come Roma, rovistando indisturbati fra la spazzatura;

    il 5 maggio 2022 è stato scoperto proprio a Roma un cinghiale morto a causa della peste suina africana. Il caso è stato segnalato e individuato dall'Istituto zooprofilattico del Lazio e confermato poi da quello di Umbria e Marche, il centro di riferimento nazionale per questa malattia. Si è ancora in attesa dell'esito dell'autopsia sul corpo dell'ungulato per capire se si tratti dello stesso ceppo che ha già colpito i cinghiali nel Nord Italia;

    nel frattempo è stato attivato il monitoraggio sull'intera area. Si tratta del primo caso di peste suina nel Lazio, una regione lontana da quelle in cui si è originariamente scoperta la malattia. Ciò ha fatto immediatamente scattare l'allarme negli oltre dodicimila allevamenti di suini attivi in regione, per un totale di quarantatremila capi;

    il 7 maggio 2022 è stata quindi emanata un'ordinanza regionale per adottare le prime misure di «regolamentazione per il contenimento della peste suina africana nel territorio del Lazio». È stata disposta la recinzione dei cassonetti per l'immondizia «per inibirne l'accesso ai cinghiali» e frenare la diffusione ulteriore della peste suina africana, dichiarando parte del territorio capitolino come «zona infetta provvisoria». Al di fuori della zona infetta la regione ha istituito una «zona di attenzione», estesa a tutto il territorio dell'azienda sanitaria locale Roma 1;

    nell'area, pari a circa 5.000 ettari, sono stati vietati gli eventi all'aperto in aree agricole e naturali. Si spera che il focolaio di peste suina africana del Lazio sia causato da scarti alimentari infetti di cui si è nutrito l'animale, poiché, se così non fosse, le misure di contenimento adottate per circoscrivere la malattia scoperta a gennaio 2022 nelle regioni del Nord sarebbero state superate, risultando inefficaci, col rischio di propagazione sull'intero territorio nazionale della malattia;

    come detto, in Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria, per fronteggiare la situazione sono state adottate misure necessarie e urgenti per il suo contenimento, per la salvaguardia della sanità animale e per la tutela del patrimonio suinicolo;

    le più efficaci sono le recinzioni e le altre strutture temporanee necessarie a contenere la circolazione dei cinghiali e la peste suina africana. Le reti di contenimento tutelano i capi maggiormente a rischio, quelli allevati all'aperto, che hanno più occasioni di contatto con i cinghiali perché vivono in ampi spazi spesso delimitati da semplici nastri elettrificati. È necessario un ulteriore intervento del Governo per realizzare delle recinzioni attorno agli allevamenti all'aperto per mettere in sicurezza gli animali nelle aree di pascolo. Le recinzioni adottate per delimitare le zone rosse devono essere estese per evitare che, nel caso in cui animali infetti superino gli ostacoli attualmente predisposti, diffondano la peste suina africana ovunque col rischio di perdere i suini allevati;

    la spesa autorizzata a questo fine è pari a soli 10 milioni di euro per l'anno 2022. Risorse, lo si segnala, che non sono ulteriori, poiché provengono dal fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola;

    si ricorda un ordine del giorno presentato da Forza Italia, il n. 673, accolto nella recente seduta del 6 aprile 2022, con il quale il Governo si è impegnato a «un incremento dei fondi stanziati al fine di realizzare le recinzioni o le altre strutture temporanee ed amovibili non solo nelle zone in cui la peste suina africana è già stata individuata, ma in tutto il territorio nazionale, o almeno nelle regioni limitrofe a quelle in cui i focolai sono già stati individuati, al fine di prevenire con maggior efficacia la diffusione nelle zone attualmente immuni, poiché le strutture realizzate dove la peste suina africana è già presente rischiano di avere scarsa efficacia preventiva, al contempo estendendo agli imprenditori zootecnici la possibilità di usufruire dei medesimi mezzi di contenimento per evitare ulteriori danni economici all'intera filiera produttiva, già in grande sofferenza a causa dell'aumento dei costi di produzione, delle materie prime e dell'energia in particolare, della spirale inflattiva conseguente e dalle difficoltà di approvvigionamento di materie prime a causa del conflitto in atto»;

    in base all'esperienza fatta in questi tre mesi, i sistemi di sorveglianza, di monitoraggio e di intervento potrebbero poi essere modificati, prevedendo una diversa e più snella modalità operativa delle azioni poste in essere dai vari soggetti istituzionali coinvolti, al fine di adottare azioni più rapide, quindi maggiormente efficaci, grazie a una maggiore interconnessione e coordinamento tra i vari soggetti responsabili del contenimento della peste suina africana;

    i danni, gravissimi e attuali da peste suina africana, si aggiungono quelli ordinari, storicamente causati dall'eccessivo numero di cinghiali alle coltivazioni agricole. Forza Italia ha sempre sostenuto le giuste richieste di intervento degli agricoltori, proponendo misure per limitare la proliferazione dei cinghiali;

    ad esempio, all'aumentata presenza di cinghiali in zone abitate è corrispondentemente aumentato anche il numero di incidenti stradali provocati, che spesso pongono le vittime anche nell'ingiusta condizione di dover affrontare lunghi, complessi e costosi iter processuali, caratterizzati da aleatorietà e lunghezza del giudizio per poter ottenere un risarcimento dei danni subiti. Inoltre, la presenza contemporanea, in una data area, di più soggetti preposti al risarcimento dei danni causati dal cinghiale può comportare notevoli disomogeneità per quanto concerne i parametri di rilevamento, la quantificazione e il risarcimento del danno ordinario;

    Forza Italia, fra le proposte di contenimento fatte, ha suggerito il ricorso alla caccia con abbattimento selettivo combinato con la sterilizzazione e il controllo di popolazione basato su metodi scientifici;

    si segnala che i problemi di carattere ecologico ed economico posti dalla presenza del cinghiale derivano anche dalla rigida suddivisione del territorio in istituti di gestione faunistica con differenti finalità: da una parte quelli in cui è prevista l'attività venatoria e dall'altra quelli in cui la caccia è del tutto vietata. La situazione attuale si è venuta a determinare anche per la gestione venatoria a cui la specie è sottoposta, non amministrata sulla base di piani di abbattimento determinati dall'autorità pubblica sulla base di stime annuali, come avviene per gli altri ungulati, né su una programmazione degli interventi;

    dopo la scoperta della peste suina africana nella capitale, è ancor più necessario adottare misure di contenimento sanitario e di ristoro per tutti i protagonisti della filiera;

    si teme un danno irreparabile per il tessuto produttivo ed economico legato alla filiera suinicola, in particolare per la produzione di prodotti dop e igp che rappresentano il fiore all'occhiello del made in Italy. Molti Stati hanno bloccato le importazioni di carne di maiale e prodotti derivati provenienti da tutte le regioni italiane, non solo quelle in cui la peste suina africana è conclamata. Si tratta di acquirenti importanti per volumi di affari, come Cina, Giappone, Taiwan;

    si ricorda l'importanza economica dell'export di salumi e carni suine, poiché vale circa 1,7 miliardi di euro, con un incremento nel 2021 del 12,2 per cento rispetto al 2020;

    per questo motivo deve essere ulteriormente intensificato lo sforzo diplomatico per scongiurare che venga procrastinato il divieto generalizzato di importazione dall'Italia, senza riconoscere il principio di regionalizzazione;

    inoltre, la scoperta del caso di peste suina africana a Roma rende ulteriormente preoccupante la situazione perché, se la zona di presenza della malattia dovesse estendersi fino ai territori a maggior vocazione salumiera, ovvero Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, regioni che rappresentano complessivamente più del 75 per cento dei suini allevati in Italia, il danno procurato sarebbe pari a circa 60 milioni di euro al mese per mancato export. Le mancate transazioni comprometterebbero le quote di mercato e i posizionamenti concorrenziali raggiunti dai nostri imprenditori sui mercati esteri, lasciando campo libero all'Italian sounding, fenomeno che, si sa, colpisce principalmente i migliori prodotti alimentari del nostro settore;

    anche la domanda interna potrebbe subire un'ulteriore forte battuta di arresto. Sarebbe, quindi, necessario predisporre messaggi informativi dedicati alla cittadinanza per fornire un servizio pubblico che li rassicuri sull'innocuità della peste suina africana per l'uomo;

    si consideri che, per il momento, gli interventi dedicati a risarcire i danni sono stati limitati alle misure contenute nella legge di conversione del «decreto sostegni ter», con la quale si sono stanziati solo 35 milioni di euro per riconoscere indennizzi agli allevatori della filiera suinicola;

    questi stanziamenti appaiono del tutto insufficienti, considerando il numero di allevamenti potenzialmente interessati. Si tratta di 28.525 aziende, di cui quelli aderenti ai circuiti dop, che rappresentano circa l'80 per cento della produzione nazionale, sono 3.640. Le aziende che allevano suini all'aperto, quelle più vulnerabili ma anche le più preziose perché conservano il patrimonio di biodiversità delle razze suine autoctone, sono circa 500. Vista l'importanza strategica della messa in sicurezza degli allevamenti italiani, appare necessario stanziare, con urgenza, ulteriori adeguate risorse necessarie per la realizzazione di idonee recinzioni in tutte le aziende che allevano all'aperto, adottando ulteriori misure di biosicurezza degli allevamenti e, soprattutto, garantendo indennizzi effettivi e tempestivi ai danneggiati;

    nel complesso la filiera suinicola è lunga e composita, a partire dai produttori di mangimi, passando per gli allevamenti, per poi articolarsi negli stadi di prima e seconda lavorazione, carni fresche ed elaborate e salumi, fino ad arrivare alla distribuzione e al consumo finale. L'ultimo anello della filiera sul mercato interno è rappresentato dalla fase di distribuzione finale, distinta tra «retail» e «horeca». Dopo le lunghe sofferenze subite a causa del COVID-19, si devono garantire a tutti gli attori della filiera ulteriori misure di contenimento sanitarie, soprattutto i fondi necessari a proseguire tutte le l'attività di impresa della filiera, per non perdere alcuna delle nostre eccellenze alimentari, per non perdere quote di mercato e ricchezza nazionale, per non perdere preziosi posti di lavoro,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire forme adeguate di ristori a imprenditori e lavoratori del settore suinicolo a causa della riduzione delle vendite conseguenti al divieto di esportazione in alcuni Paesi che rappresentano un'importante quota di mercato e, più in generale, per compensare le perdite subite a causa della generalizzata diminuzione delle esportazioni;

2) ad adottare le iniziative di competenza per intensificare lo sforzo diplomatico con i Paesi terzi che hanno vietato l'importazione dei nostri prodotti per invitarli al ritiro di misure che limitano le importazioni da tutto il territorio nazionale, senza considerare anche la provenienza regionale;

3) ad adottare, per quanto di competenza e in relazione al settore di cui in premessa, iniziative di contrasto all'aumento del fenomeno detto Italian sounding a causa della mancata esportazione dei migliori prodotti della dieta mediterranea, per tutelare le quote di mercato e i posizionamenti concorrenziali ottenuti sui mercati esteri;

4) ad adottare iniziative per garantire adeguati sostegni economici a imprese e lavoratori del settore suinicolo a causa delle perdite subite per la riduzione delle vendite nel mercato domestico e dell'Unione europea;

5) ad adottare iniziative per garantire adeguati sostegni economici per compensare i costi sostenuti dai produttori per garantire il controllo e la vigilanza sulle produzioni, in particolare le dop, e per assicurare la minor esposizione possibile al contatto con materie prime delle zone a rischio, al fine di preservare la vitalità di un comparto che partecipa attivamente alla produzione della ricchezza nazionale e garantisce decine di migliaia di posti di lavoro;

6) ad adottare iniziative per garantire un più efficace contenimento della peste suina africana, incrementando adeguatamente le risorse necessarie per il posizionamento di reti di contenimento elettrosaldate o altre misure di comprovata equivalente efficacia, estendendone il posizionamento non solo nelle zone rosse, ma proteggendo direttamente le imprese suinicole, in particolare gli allevamenti di maiali bradi e semibradi in tutto il Paese o almeno nelle regioni in cui è presente una particolare concentrazione di imprese suinicole, in particolare realizzando gli impegni assunti con l'ordine del giorno n. 673 citato in premessa;

7) ad adottare le iniziative di competenza per assicurare un'accelerazione delle incombenze burocratiche o per sospenderle temporaneamente, limitatamente ai casi di acquisto delle reti necessarie a erigere le protezioni e nel caso di impiego di ulteriore personale necessario alla realizzazione delle opere di protezione stesse;

8) ad adottare iniziative per incrementare le risorse economiche necessarie a eradicare la peste suina africana da tutto il territorio nazionale interessato dal fenomeno, evitandone l'espansione ulteriore;

9) a farsi portatori in sede di Unione europea delle iniziative di competenza per un'azione comune finalizzata all'eradicazione della peste suina africana dal territorio degli Stati dell'Unione europea cofinanziata dagli Stati membri;

10) ad adottare iniziative per prevedere forme di ristori per il settore suinicolo a causa delle perdite dovute al deprezzamento delle carni con modalità automatiche e facilmente computabili, prevedendo, ad esempio, delle cifre forfetarie per unità di misura, determinabili anche in base ai listini delle Cun nazionali della suinicoltura;

11) ad adottare iniziative per prevedere contributi commisurati all'unita di peso della carne di suino prodotta, calcolata sulla media degli ultimi 3 anni, da destinare a tutti gli anelli attori della filiera produttiva;

12) in ragione della perdurante condizione di difficoltà e costante esposizione a rischi, ad adottare iniziative per erogare prontamente una quota di contribuzione ai costi di certificazione delle dop e igp del settore;

13) a promuovere contratti di filiera nel settore per superare la specifica crisi;

14) ad adottare le iniziative di competenza per prevenire forme di speculazione;

15) a farsi portatore di una campagna di informazione pubblica dedicata alla peste suina africana al fine di tranquillizzare la popolazione ed evitare timori infondati di rischi per la salute umana, garantendo alla cittadinanza la sicurezza della produzione nazionale;

16) ad adottare, per quanto di competenza, ulteriori misure urgenti al fine contenere effettivamente la proliferazione dei cinghiali portatori della peste suina africana, eventualmente adottando norme che consentano l'attività venatoria e selettiva su tutto il territorio nazionale, estendendo il novero dei soggetti autorizzati, compresi gli agricoltori, su tutto il territorio nazionale, da attuare in modo capillare, in combinazione con la sterilizzazione e altri sistemi di controllo della popolazione basati su metodi scientifici;

17) ad adottare iniziative per garantire ordinariamente un efficace controllo faunistico con misure di prevenzione maggiormente efficaci, necessarie per il soddisfacimento di un legittimo e primario interesse pubblico, secondo principi di efficacia ed economicità delle modalità di attuazione, perseguendo il minimo impatto ecologico, disciplinando in modo puntuale l'aspetto della prevenzione dei danni da fauna selvatica, stabilendo adeguati regimi di sostegno finanziario, modificando in tal senso le norme della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

18) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per modificare la legislazione sul risarcimento dei danni ordinariamente causati dal cinghiale come indicato in premessa, in particolare introducendo precisi criteri di stima e di valutazione.
(1-00646) «Nevi, Spena, Anna Lisa Baroni, Bond, Caon, Sandra Savino, Paolo Russo, D'Attis, Elvira Savino».