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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 26 aprile 2022

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 26 aprile 2022.

  Ascani, Ascari, Azzolina, Baldelli, Barelli, Battelli, Bergamini, Berlinghieri, Berti, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Cantalamessa, Carfagna, Casa, Castelli, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Carlo, De Maria, Del Grosso, Delmastro Delle Vedove, Di Giorgi, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Flati, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Gobbato, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mancini, Mandelli, Marattin, Marin, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhionero, Orlando, Orsini, Paita, Parolo, Pastorino, Perantoni, Pignatone, Polidori, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ribolla, Rizzo, Romaniello, Rosato, Roberto Rossini, Rotta, Ruocco, Giovanni Russo, Sasso, Scalfarotto, Scerra, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Siragusa, Sisto, Spadoni, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Maria Tripodi, Vignaroli, Vito, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Ascani, Ascari, Azzolina, Baldelli, Barelli, Battelli, Bergamini, Berlinghieri, Berti, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Cominardi, Davide Crippa, D'Ettore, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Carlo, De Maria, Del Grosso, Delmastro Delle Vedove, Di Giorgi, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Flati, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Gobbato, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Madia, Maggioni, Magi, Mancini, Mandelli, Marattin, Marin, Melilli, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Orsini, Paita, Parolo, Pastorino, Perantoni, Pignatone, Polidori, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ribolla, Rizzo, Romaniello, Rosato, Rotta, Ruocco, Saitta, Sasso, Scalfarotto, Scerra, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Rachele Silvestri, Siragusa, Sisto, Spadoni, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Vito, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 22 aprile 2022 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   SGARBI: «Disposizioni per l'acquisto del castello di Sammezzano da parte dello Stato, per la sua tutela e per la destinazione di esso a fini di pubblico interesse» (3572);

   SGARBI: «Riconoscimento del tramonto sul cratere del vulcano Stromboli quale fenomeno naturale e paesaggio culturale immateriale d'interesse nazionale nonché istituzione di un fondo per la promozione turistica dei comuni dai quali esso è visibile» (3573);

   DORI: «Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di tutela degli animali e per la prevenzione dei processi di correlazione tra gli abusi sugli animali e la violenza contro le persone» (3574).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di sentenze
della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale, in data 22 aprile 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  sentenza n. 104 del 23 febbraio-22 aprile 2022 (Doc. VII, n. 868),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui all'articolo 22 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), tenuti all'obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), siano esonerati dal pagamento, in favore dell'ente previdenziale, delle sanzioni civili per l'omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore;

    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), come interpretato dall'articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011, come convertito, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Catania, in funzione di Giudice del lavoro:

   alla XI Commissione (Lavoro);

  sentenza n. 105 del 9 marzo-22 aprile 2022 (Doc. VII, n. 869),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 586-bis, settimo comma, del codice penale, introdotto dall'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103», limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti»:

   alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 22 aprile 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico meridionale, per gli esercizi 2019 e 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 549).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 22 aprile 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), per l'esercizio 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 550).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 22 aprile 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 (COM(2022) 71 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni delle proposte e le norme nazionali vigenti.

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 e 25 aprile 2022, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   relazione della Commissione al Consiglio – Tabella di marcia della Commissione per una migliore architettura finanziaria europea per lo sviluppo e relazione d'attività 2021 (COM(2022) 129 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel consiglio di associazione istituito dall'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno hashemita di Giordania, dall'altra, in merito all'adozione delle priorità del partenariato UE-Giordania (COM(2022) 164 final), corredata dal relativo allegato (COM(2022) 164 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nel comitato APE istituito dall'accordo di partenariato economico interinale tra il Ghana, da una parte, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altra, in riferimento all'adozione del regolamento di procedura per la risoluzione delle controversie (COM(2022) 176 final), corredata dal relativo allegato (COM(2022) 176 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   progetto di bilancio rettificativo n. 2 del bilancio generale 2022 che iscrive l'eccedenza dell'esercizio 2021 (COM(2022) 250 final), che è assegnato in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 21 aprile 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Giorgio Centurelli, ai sensi dei commi 4 e 6 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore della Direzione generale gestione finanziaria, monitoraggio, rendicontazione e controllo nell'ambito dell'Unità di missione per l'attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nell'ambito del Ministero della transizione ecologica.

  Questa comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: DELEGHE AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO E PER L'ADEGUAMENTO DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO MILITARE, NONCHÉ DISPOSIZIONI IN MATERIA ORDINAMENTALE, ORGANIZZATIVA E DISCIPLINARE, DI ELEGGIBILITÀ E RICOLLOCAMENTO IN RUOLO DEI MAGISTRATI E DI COSTITUZIONE E FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (A.C. 2681-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: CECCANTI ED ALTRI; CECCANTI ED ALTRI; ZANETTIN ED ALTRI; ROSSELLO; BARTOLOZZI E PRESTIGIACOMO; DADONE; COLLETTI ED ALTRI; DADONE; POLLASTRINI ED ALTRI; SISTO E MULÈ; ZANETTIN E COSTA; COSTA; COSTA (A.C. 226-227-489-976-989-1156-1919-1977-2233-2517-2536-2691-3017)

A.C. 2681-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 15 del provvedimento in discussione, dispone: «I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari non sono eleggibili alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia, di senatore o di deputato o a quella di presidente della giunta regionale, di consigliere regionale, di presidente delle province autonome di Trento e di Bolzano o di consigliere provinciale nelle medesime province autonome se prestano servizio, o lo hanno prestato nei tre anni precedenti la data di accettazione della candidatura, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nella regione nella quale è compresa la circoscrizione elettorale. Essi non sono, altresì, eleggibili alla carica di sindaco o di consigliere comunale se prestano servizio, o lo hanno prestato nei tre anni precedenti la data di accettazione della candidatura, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nel territorio della provincia in cui è compreso il comune, o in province limitrofe. Le disposizioni del primo periodo si applicano anche per l'assunzione dell'incarico di assessore e di sottosegretario regionale. Le disposizioni del secondo periodo si applicano anche per l'assunzione dell'incarico di assessore comunale.»;

    l'articolo 122 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa regionale — nei limiti dei principi fondamentali dello Stato — la determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità per l'accesso alle cariche regionali;

    i princìpi fondamentali sono posti dalla legge n. 165 del 2004 e in particolar modo l'articolo 2 reca disposizioni di principio in materia di ineleggibilità. Tra queste figura l'individuazione da parte delle regioni di cause di ineleggibilità;

    qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati;

    in assenza di una disciplina regionale le cause di ineleggibilità a livello regionale sono tuttora disciplinate dalla legge statale n. 154 del 1981 e in particolare l'articolo 2 dispone che non sono eleggibili a consigliere regionale nel territorio nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, alle preture ed ai tribunali amministrativi regionali nonché i vice pretori onorari e i giudici conciliatori;

    la causa di ineleggibilità non avrebbe effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca, collocamento in aspettativa entro il giorno fissato per la presentazione delle candidature;

    la regione Sicilia si è dotata di una propria disciplina ben prima della normativa nazionale del 2004 e in particolar modo l'articolo 9, comma 3 dello Statuto Regionale detta che tale indicazione avvenga «In armonia con la Costituzione ed i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con l'osservanza di quanto stabilito dal presente Statuto, l'Assemblea regionale, con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, stabilisce le modalità di elezione del Presidente della regione, di nomina e di revoca degli Assessori, l'eventuale incompatibilità con l'ufficio di deputato regionale e con la titolarità di altre cariche o uffici, nonché i rapporti tra l'Assemblea regionale e il Governo»;

    la legge regionale n. 29 del 1951, come novellata dalla legge regionale n. 7 del 2005, stabilisce all'articolo 1-quater che «possono candidarsi alla carica di Presidente della Regione gli elettori che hanno i requisiti per essere eletti alla carica di deputato regionale». A sua volta, l'articolo 8 della medesima legge prevede, in particolare, che non sono eleggibili alla carica di deputato regionale «salvo che si trovino in aspettativa all'atto di accettazione della candidatura, i magistrati, compresi quelli onorari ed esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, nonché i membri del Consiglio di Stato, del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e dei tribunali amministrativi regionali, nelle circoscrizioni elettorali sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali si sono trovati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura». Dunque, attualmente, quest'ultima è la disciplina di riferimento:

     1) magistrato ordinario in ruolo: ineleggibilità nel territorio in cui ha esercitato le sue funzioni (circoscrizione elettorale sottoposta alla giurisdizione del suo ufficio) nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura, salvo che si trovi in aspettativa all'atto di accettazione della candidatura.

     2) magistrato fuori ruolo: eleggibile sempre;

    la regione Sicilia è regione ad autonomia differenziata e nelle regioni a statuto speciale la potestà legislativa in materia elettorale è di tipo esclusivo (vincolata soltanto al rispetto dei limiti costituzionali e dei principi generali dell'ordinamento della Repubblica). Le leggi elettorali regionali sono soggette ad un procedimento di formazione aggravato che ne comporta la forma di atto paracostituzionale, laddove lo Statuto si caratterizza come atto costituzionale. Queste regioni dispongono, quindi, di una maggiore autonomia legislativa in relazione alle previsioni di ineleggibilità ed incompatibilità, laddove per le regioni ordinarie essa è invece vincolata alla legge statale di principio;

    a norma del combinato disposto degli articoli 116 della Costituzione e 3, comma 1, dello Statuto speciale (legge di rango costituzionale), alla Regione Siciliana — e per essa all'Assemblea regionale — è attribuita dunque potestà primaria in materia elettorale (Corte costituzionale, sentenze nn. 104/57, 20/85, 372/96, 306/03). Secondo il costante indirizzo della stessa Corte, (cfr. sentenza n. 276/97) l'ordinamento costituzionale, prevedendo che il sistema dell'ineleggibilità nelle regioni ad autonomia particolare sia regolato da leggi regionali, consente una regolamentazione differenziata (sentenza n. 162/95), dato che altrimenti si priverebbe il potere legislativo della regione della sua stessa ragion d'essere (sentenza n. 130/87),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare strumenti volti a escludere espressamente dall'applicazione dell'articolo 15 del testo in esame le regioni a statuto speciale, garantendo alle stesse, e quindi nella fattispecie alla regione Sicilia, l'applicabilità delle norme disposte dal proprio statuto, nel rispetto del rango costituzionale dello Statuto speciale, in relazione al rango ordinario della norma che lo modifica.
9/2681-A/1. Trizzino, Bartolozzi, Angiola.


   La Camera,

   premessa l'opportunità di valutare l'incidenza delle previsioni introdotte in materia di ineleggibilità sulla legislazione regionale relativa alle cariche elettive regionali sia con riferimento alle regioni a statuto ordinario che alle regioni a statuto e alle province autonome,

raccomanda al Governo

di valutare l'incidenza della disciplina introdotta in materia di ineleggibilità sulla legislazione regionale relativa alle cariche elettive regionali con particolare riferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome.
9/2681-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Trizzino, Bartolozzi, Angiola.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare e introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    una complessiva riforma dell'ordinamento della giustizia, quale quella che ambisce a realizzare il provvedimento in esame e che gli emendamenti governativi hanno mirato a rafforzare, non può essere efficacemente attuata senza un intervento sugli organici che renda adeguato il numero dei magistrati e del personale ausiliario rispetto alle funzioni che devono svolgere;

    l'insufficienza di organico che caratterizza il sistema della giustizia in Italia non incide soltanto sull'efficacia degli interventi di riforma del funzionamento del processo, posto che nessuna riforma è idonea a raggiungere i fini che si propone se non viene dotata dei mezzi idonei a farvi fronte; tale insufficienza incide anche e specificamente sul piano dell'indipendenza e autonomia della magistratura e dell'imparzialità del giudice, che il provvedimento in esame mira a rafforzare a garantite in conformità agli articoli 104 e 111 della Costituzione;

    in tanto la magistratura sarà in grado di esprimere una propria legittima indipendenza e autonomia rispetto agli altri poteri dello Stato e a rafforzare la propria autorevolezza e credibilità di fronte al corpo sociale, in quanto essa sarà capace di svolgere la propria funzione in modo efficace e puntuale, oltre che giuridicamente corretto; ed essa in tanto sarà in grado di farlo in quanto disponga dei mezzi idonei;

    in questo contesto, il disegno di legge in esame è assistito da una clausola di invarianza finanziaria (articolo 42), la quale denota non soltanto che l'incremento del numero dei membri del Consiglio superiore della magistratura dovrebbe esser compensata da risparmi su altri fronti del funzionamento di esso, ma anche e certamente l'assenza di interventi strutturali sull'incremento complessivo degli organici magistratuali. Incrementi di questo tipo non risultano, peraltro, significativamente presenti neppure in altri provvedimenti normativi che si inseriscono nel quadro complessivo della riforma della giustizia attualmente in corso e l'inserimento dell'ufficio per il processo non è idoneo a supplire a tale aspetto, specialmente nella misura in cui la gran parte degli innesti è configurata come straordinaria e temporanea; né appare incidere su tale aspetto la prospettiva di parziale stabilizzazione dei giudici onorari per il 2022,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire un potenziamento degli organici che renda adeguato il numero dei magistrati e del personale ausiliario rispetto alle funzioni che sono chiamati a svolgere e in proporzione al carico di lavoro che grava sulle singole procure.
9/2681-A/2. Ferro.


   La Camera,

   premesso che:

    già con l'articolo 2 della legge n. 134 del 2021 per l'ambito penale, ora in corso di estensione all'ambito civile con il decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri, si è appositamente costituito un organismo con il compito specifico di accertare con cadenza annuale l'evoluzione dei dati sullo smaltimento dell'arretrato pendente e i tempi di definizione dei processi;

    in conseguenza del monitoraggio indicato, il Ministro della giustizia è già impegnato ad assumere le conseguenti iniziative riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia necessari ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di ragionevole durata del processo e il Consiglio superiore della magistratura ad adottare le determinazioni di competenza in materia di amministrazione della giustizia e di organizzazione del lavoro giudiziario;

   ritenuto in ogni caso opportuno un costante monitoraggio anche delle scoperture degli organici sia dei magistrati che del personale ausiliario nonché delle idoneità degli organici attuali,

impegna il Governo

ad effettuare un costante monitoraggio delle scoperture degli organici sia dei magistrati che del personale ausiliario nonché delle idoneità degli organici attuali.
9/2681-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Ferro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca «Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura»;

    il Tribunale distrettuale di Venezia è il più importante del Nordest, con una sezione specializzata in materia di impresa, terza in Italia, una sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale con pendenze inferiori solo a Roma, Milano, Napoli e Bologna, una competenza in materia di criminalità organizzata, di reati in materia di terrorismo, di reati informatici, di reati in materia di pedopornografia;

    la situazione degli organici dei magistrati e del personale di Cancelleria del Tribunale distrettuale di Venezia ha raggiunto negli ultimi mesi un livello di carenza insostenibile, tale da richiedere l'adozione di soluzioni urgenti per tutelare i diritti dei cittadini ed evitare la paralisi degli uffici;

    la gravità della situazione è stata sottolineata da un recente e accorato appello lanciato per mezzo di un comunicato stampa congiunto del Presidente del Tribunale di Venezia Salvatore Laganà, della Presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Venezia Federica Santinon, del Presidente della camera penale veneziana Renzo Fogliata e del Presidente dell'unione veneta delle camere penali Federico Vianelli;

    in occasione di una conferenza stampa organizzata dagli stessi, si è appreso che «la pubblicazione dei posti vacanti, disposta dalla Terza Commissione del C.S.M., ha purtroppo registrato un bilancio totalmente negativo, posto che a fronte di una o forse due coperture dei cinque posti pubblicati, sono cinque i trasferimenti certi ad altra sede. In data 7 gennaio 2022 altri cinque giudici del Tribunale di Venezia, già assegnati alla Sezione GIP/GUP e alla Sezione Distrettuale per il Riesame, hanno lasciato il Tribunale di Venezia per assumere funzioni di Consigliere presso la Corte di Appello di Venezia. Nel contempo, la prima sezione penale registrava due nuove scoperture: in data 8 novembre 2021 un giudice ha preso possesso presso il Tribunale per i Minorenni di Venezia ed in data primo gennaio 2022 altro giudice è stato collocato in quiescenza anticipata»;

    dalle ultime ricognizioni effettuate si evince che il Tribunale di Venezia si trova sguarnito di oltre il 30 per cento dell'organico di Giudici. Un dato di scopertura che, se sommato alle assenze di alcuni magistrati in astensione per maternità e altri in condizioni di salute tali da non garantire il pieno esercizio delle funzioni giurisdizionali, raggiunge un totale di 20-21 magistrati nei prossimi mesi, pari al 40 per cento circa dell'organico complessivo;

    una situazione ancor più gravi se a queste carenze si aggiungono quelle del personale amministrativo, che si attestano tra il 40 e il 70 per cento dell'organico;

    citando il Presidente Vicario della Corte d'appello di Venezia, dottor Carlo Citterio, «il rischio è la paralisi per la giustizia veneziana e veneta, della Corte e del distretto di Venezia»;

    di recente sono stati assegnati alla sede di Venezia cinque nuovi magistrati onorari tirocinanti che però prenderanno funzioni solo a novembre 2022;

    la situazione suesposta è peraltro aggravata dalla cronica riluttanza di molti funzionari a trasferirsi nelle sedi giudiziarie di Venezia,

impegna il Governo

al fine di attuare in maniera efficace le misure recate dal provvedimento, ad adottare urgenti iniziative per risolvere la situazione emergenziale di carenza di organico in cui versa il Tribunale di Venezia, anche consentendo lo scorrimento di graduatorie attive per la copertura del personale amministrativo mancante.
9/2681-A/3. Pellicani, Baratto.


   La Camera,

   premesso che:

    già con l'articolo 2 della legge n. 134 del 2021 per l'ambito penale, ora in corso di estensione all'ambito civile con il decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri, si è appositamente costituito un organismo con il compito specifico di accertare con cadenza annuale l'evoluzione dei dati sullo smaltimento dell'arretrato pendente e i tempi di definizione dei processi;

    in conseguenza del monitoraggio indicato, il Ministro della giustizia è già impegnato ad assumere le conseguenti iniziative riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia necessari ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di ragionevole durata del processo e il Consiglio superiore della magistratura ad adottare le determinazioni di competenza in materia di amministrazione della giustizia e di organizzazione del lavoro giudiziario;

   ritenuto in ogni caso opportuno un costante monitoraggio anche delle scoperture degli organici sia dei magistrati che del personale ausiliario nonché delle idoneità degli organici attuali,

impegna il Governo

ad effettuare un costante monitoraggio delle scoperture degli organici sia dei magistrati che del personale ausiliario nonché delle idoneità degli organici attuali.
9/2681-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Pellicani, Baratto.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare e introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa c disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    come è noto, il sistema disegnato dalle norme dell'ordinamento giudiziario prevede che i magistrati, a semplice domanda, previo parere favorevole del Consiglio giudiziario e su delibera del Consiglio superiore della magistratura, possono indistintamente transitare nel corso della loro carriera, dall'esercizio delle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa;

    da decenni si dibatte sull'eventualità di dividere effettivamente le strade della magistratura requirente e della magistratura giudicante, impedendo il passaggio da pubblico ministero a giudice e viceversa, e proprio in questa legislatura era stato avviato in Commissione Giustizia della Camera dei deputati l'esame della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, recante «Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura», il cui iter si è arrestato nel settembre 2021;

    l'attuale prossimità tra il pubblico ministero e il giudice contraddice, infatti, l'idea che l'attività della parte che accusa (PM) debita restare distinta da quella di chi giudica, creando uno spirito corporativo tra le due figure e compromettendo un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema democratico;

    la stessa Corte Costituzionale, già nel 2000, nell'ammettere la domanda referendaria relativa all'abrogazione dell'articolo 190 ordinamento giudiziario, ha affermato (sentenza n. 37/2000) che la Costituzione, pur considerando la magistratura come unico ordine, soggetto ai poteri dell'unico Consiglio superiore ex articolo 104 della Costituzione, non prevede alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di un'unica carriera o di carriere separare dei magistrati addetti rispettivamente all'una o all'altra funzione, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni;

    da ultimo, la separazione delle carriere favorirebbe la maggiore specializzazione del pubblico ministero, richiesta dal codice di procedura penale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di assumere ogni iniziativa di competenza per garantire una effettiva separazione delle carriere, che prenda le mosse, in una logica di sistema, da concorsi separati e da organismi di autogoverni differenti per giudici e pubblici ministeri.
9/2681-A/4. Varchi.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame reca deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    il testo in esame, in fase di modifica in sede parlamentare, ha incluso un meccanismo di prevenzione del fenomeno delle cosiddette «porte girevoli», meccanismo per il quale chi ha ricoperto un incarico pubblico possa accedere immediatamente a professioni private, con eventuali ripercussioni sul piano del conflitto di interessi, sistema che, nel caso di specie, è atto a prevenire che un magistrato, eletto in Parlamento o nominato in capo a incarichi di Governo, possa, al termine del mandato, ritornare ad esercitare la funzione di magistrato;

    il testo risultante da tale processo di modifica ha portato ad un meccanismo per il quale i magistrati che accettino un incarico nelle varie amministrazioni come, ad esempio, capo di gabinetto, non si trovano sottoposti ai medesimi obblighi a cui sono soggetti i magistrati che assumono cariche elettive o incarichi di Governo, per i quali è previsto un inquadramento nella Pubblica Amministrazione, ma non il ripristino dell'attività di magistrato, creando un doppio binario che tradisce, in un certo qual modo, l'impianto della riforma stessa,

impegna il Governo

allo scopo di garantire l'applicazione del meccanismo di contrasto al fenomeno delle cosiddette «porte girevoli», a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a garantire l'applicazione uniforme delle misure di contrasto a tale fenomeno a tutte le fattispecie di incarico assunte dai magistrati, includendo anche le eccezioni delineate in premessa.
9/2681-A/5. Ciaburro, Caretta.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame reca deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    il testo in esame risponde alle esigenze di riforma di cui al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nonché alle esigenze di riforma del Consiglio superiore della magistratura (CSM) da lungo tempo attese in Italia;

    come noto, in Italia non esistono differenze tra magistratura giudicante e magistratura requirente al punto nel corso della carriera, gli stessi magistrati passano più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa alternandosi nelle diverse funzioni, al punto che in taluni casi tale alternanza si è verificata nel corso di medesimi processi;

    questa contiguità tra il pubblico ministero e il giudice contraddice l'idea che l'attività della parte che accusa (PM) debba restare distinta da quella di chi giudica, costituendo un unicum in tutta Europa;

    il modello seguito in vari Paesi europei è l'istituzione di due percorsi di carriera paralleli tra magistratura giudicante e requirente, con gradi di progressione identici;

    la separazione delle carriere tra magistrati è un requisito essenziale per garantire l'imparzialità della magistratura, eliminando condizionamenti che potrebbero pregiudicare la terzietà del giudice e l'imparzialità della sua decisione, evitando di omologare un soggetto con potere d'indagine (il pm) a un soggetto terzo (il giudice) che deve rimanere equidistante dalle parti processuali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative atte a disporre un processo di riforma adibito a sancire la separazione definitiva delle carriere tra magistratura giudicante e requirente.
9/2681-A/6. Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge C. 2681-A, reca deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente presso la II Commissione;

    nonostante un incalzante dibattito in Commissione sull'argomento, non si è riusciti ad arrivare ad una normativa per risolvere l'annoso problema delle «carriere parallele», di magistrati fuori ruolo e col doppio stipendio, cioè di una moltitudine di magistrati, soprattutto amministrativi e contabili, ma anche ordinari o avvocati dello Stato, che occupano posti spesso di vertice in Ministeri e authority, alla Consulta e al Csm, a Palazzo Chigi, nelle regioni e negli enti locali, in organismi internazionali, che, si mettono «fuori ruolo», mantenendo il primo stipendio e aggiungendo ricche indennità;

    si tratta di incarichi in cui i magistrati passano da un incarico di Presidente di un'autorità a quello di capo di gabinetto di un Ministro o di un sindaco e per anni e decenni non ritornano ad indossare la toga, ma ne conservano tutti i vantaggi e proseguono la carriera cumulando le retribuzioni;

    occorre perseguire la finalità di eliminare il cumulo dei compensi nel caso di collocamento fuori ruolo dei magistrati sia per una volontà di conseguire obiettivi di risparmio e, soprattutto in una fase delicata in cui si sente l'esigenza di tutelare le famiglie in condizione di difficoltà, si ritiene importante dare un segnale prevedendo che i magistrati fuori ruolo continuino a percepire esclusivamente la retribuzione loro spettante;

    nel segnalare, le tante situazioni nelle quali vige il divieto di cumulo dei compensi, ad esempio per amministratori locali che contemporaneamente svolgono un ruolo nei consigli di amministrazione di società regionali, si ritiene quindi opportuno intervenire per superare questa difformità di trattamento che riguarda i magistrati;

    nel corso dell'esame in Commissione non sono state comprese le ragioni per le quali l'Esecutivo abbia il timore di affrontare tale tema e si sottolinea che la legge di bilancio per il 2022 ha innalzato il tetto per le doppie indennità dei magistrati apicali a 267 mila euro. Nell'evidenziare come sia corretto che tali magistrati percepiscano una indennità adeguata alla loro alta professionalità, si sottolinea tuttavia come il cumulo delle indennità crei delle disparità, a scapito solo di alcune figure, determinando inoltre costi elevati per lo Stato;

    la disciplina generale sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, contenuta nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede la possibilità dell'attribuzione di incarichi di funzioni dirigenziali;

    ai sensi del comma 6 dell'articolo 19 del citato decreto legislativo, ciascuna amministrazione può infatti conferire tali incarichi, entro limiti percentuali determinati rispetto alla complessiva dotazione organica dei dirigenti e fornendone esplicita motivazione, a «persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato»;

    tale processo ha investito anche la funzione dirigenziale, alla cui disciplina sono state apportate modificazioni che hanno interessato, tra l'altro, le regole di reclutamento, con l'introduzione di forme di chiamata diretta anche di soggetti esterni alla pubblica amministrazione, la durata degli incarichi, la responsabilità e la valutazione delle prestazioni;

    nel corso del tempo, si sono tuttavia manifestati alcuni difetti del congegno normativo così predisposto, sia in taluni aspetti della sua concezione, sia nella concreta realizzazione che esso ha avuto nel contesto amministrativo nazionale e locale. In una lectio magistralis tenuta nel 2007 all'università Suor Orsola di Benincasa di Napoli, intitolata «L'ideale di una buona amministrazione. Il principio del merito e la stabilità degli impiegati », Sabino Cassese segnalava tra questi il fenomeno da lui denominato della «precarizzazione dei dirigenti», conseguenza delle norme che hanno collegato alla durata dei Governi la nomina e la permanenza dei dirigenti di più alto grado e hanno introdotto termini di durata e di rinnovo per gli altri incarichi dirigenziali. Di questo e dello speculare fenomeno della «stabilizzazione dei precari» attuata, per i livelli inferiori, con riserve di posti talvolta così elevate da divenire maggioritarie, procedure «selettive» riservate o addirittura stabilizzazioni dirette, Cassese individuava l'eadem ratio in un'esigenza unica, «quella di lasciare mano più libera alla classe politica, prima vincolata nella scelta del personale dal sistema dei concorsi e nella scelta dei dirigenti dalla durata in carica», ravvisandovi «il segno di un cambiamento dei rapporti tra politica e amministrazione, nel senso di una maggiore sottomissione della seconda alla prima»;

    per ovviare alle mancanze palesatesi, il legislatore, nel corso del tempo, ha adottato alcune misure correttive che hanno inteso delimitare i margini di discrezionalità nelle nomine e nelle valutazioni, richiedendo il rispetto di criteri la cui osservanza dovrebbe contenere il rischio di abusi o sviamenti. È probabilmente giunto il tempo di verificare se le regole e i limiti introdotti siano idonei ed efficaci, se abbiano avuto effettiva attuazione e se abbiano contribuito a migliorare nelle pubbliche amministrazioni la capacità professionale dei loro componenti e la qualità e la tempestività delle funzioni svolte e del servizio prestato alla cosa pubblica e ai cittadini,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a realizzare una disciplina unitaria, che ricomprenda anche il collocamento fuori ruolo dei magistrati, per disciplinare le procedure di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale, l'assunzione di incarichi apicali nelle pubbliche amministrazioni e i relativi cumuli di stipendi ed emolumenti.
9/2681-A/7. Turri, Bartolozzi.


   La Camera,

   considerato che:

    il provvedimento in esame prevede la facoltà per i magistrati di effettuare un solo passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa nell'arco della carriera, salvo eccezioni dettate dall'entrata in vigore del disegno di legge in discussione;

    anche l'assetto che la proposta di legge prospetta, pur rappresentando un passo avanti in termini di trasparenza, nonché un segnale di attenzione al tema da parte delle istituzioni, non può che costituire una tappa di un processo di riforma volto ad assicurare ai cittadini il principio del giusto processo che non può che passare attraverso un legittimo profilo di terzietà della funzione giudicante;

    anche dal punto di vista professionale e organizzativo, le funzioni e la carriera dei magistrati requirenti e quelle dei giudicanti non possono essere sovrapponibili, essendo ben distinti i compiti che questi sono tenuti a svolgere e, pertanto, anche le rispettive attitudini e capacità, a beneficio dell'esercizio della giurisdizione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di mettere in campo interventi normativi finalizzati a un progressivo e completo superamento della previsione che consente ai magistrati di passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.
9/2681-A/8. Morrone, Bartolozzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    l'articolo 3 contiene i principi e criteri direttivi per la razionalizzazione del funzionamento dei consigli giudiziari, con riferimento alla necessità di assicurare semplificazione, trasparenza e rigore nelle valutazioni di professionalità;

    l'articolo 4 detta principi e criteri direttivi per la riforma della disciplina dell'accesso alla magistratura, con l'intento dichiarato di ridurre i tempi che intercorrono tra la laurea dell'aspirante magistrato e la sua immissione in ruolo, prevedendo, nello specifico, che la Scuola superiore della magistratura debba organizzare, anche in sede decentrata, corsi di preparazione al concorso per magistrato ordinario per laureati che abbiano in corso o abbiano svolto il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari e per gli addetti all'ufficio del processo assunti a tempo determinato per l'attuazione degli obiettivi del PNRR;

    l'articolo 32 interviene in materia di eleggibilità dei membri togati del CSM,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative finalizzate ad assicurare la necessaria esperienza e maturità in alcuni ambiti di responsabilità e rappresentanza, quali il Consiglio superiore della magistratura, i Consigli giudiziari e la Scuola superiore della magistratura, garantendo un accesso riservato a quei magistrati che abbiano acquisito comprovata esperienza e abbiano svolto il proprio lavoro per un arco di tempo significativo.
9/2681-A/9. Di Sarno.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge all'esame dell'Assemblea reca «Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura»;

    tra le varie disposizioni, tale provvedimento predispone misure per il ricollocamento in ruolo dei magistrati, anche al fine di garantire la copertura degli organici di magistratura e l'efficienza degli uffici giudiziari;

    invero, gli organici di magistratura, già molto ridotti rispetto alla media degli altri Paesi europei, rimangono costantemente scoperti, anche a seguito del mancato svolgimento di un concorso durante l'epidemia COVID;

    inoltre, tali vuoti non potranno essere sanati a breve, tenuto conto che, dalle ultime notizie diffuse nei giorni scorsi, la correzione degli elaborati dei concorsi di svolgimento (stante l'elevatissimo numero di bocciature) porterà ad un numero di nuovi magistrati molto inferiore ai 320 posti banditi;

    la situazione più difficile è certamente quella delle Corti d'appello: un segmento questo decisamente critico, a seguito dell'approvazione delle recenti norme in materia di prescrizione, dove un cospicuo numero di magistrati è prossimo alla cessazione del servizio;

    a tal proposito, è stata sottolineata da più parti la necessità di limitare il livello delle scoperture, al fine di garantire l'efficienza della giustizia richiesta dal PNRR, attraverso la temporanea modifica delle disposizioni in materia di collocazione a riposo dei magistrati per raggiunti limiti di età, prevedendo, in particolare, il differimento, su richiesta dell'interessato, dell'età pensionabile dei magistrati dai 70 anni, attualmente previsti per legge, a 72 anni;

    recuperare professionalità, ancora in piena efficienza, potrebbe essere utile, assieme all'assunzione di nuovi magistrati attraverso i concorsi, agli obiettivi di accelerazione previsti dal PNRR per il settore giustizia,

impegna il Governo

nell'adozione dei successivi provvedimenti legislativi, al fine di assicurare l'espletamento dei compiti assegnati dalla legge e di contenere il numero di vacanze in organico, nonché di contribuire a ridurre l'arretrato, a valutare l'opportunità di introdurre misure, aventi un'efficacia limitata nel tempo, volte ad aumentare di due anni l'età di collocamento d'ufficio a riposo per raggiunti limiti di età, a richiesta degli interessati, per i magistrati ordinari, o che ricoprono incarichi semi direttivi, attualmente in servizio.
9/2681-A/10. Ascari.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Aula contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, oltre ad introdurre nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    l'articolo 11 apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di illeciti disciplinari dei magistrati;

    tra le nuove fattispecie delittuose disciplinari sono inoltre inserite le condotte relative alla violazione dei divieti concernenti i rapporti tra organi requirenti ed organi di informazione;

    nello specifico, viene stabilita la configurazione dell'illecito disciplinare in caso di violazione del divieto previsto dall'articolo 5, commi 1, 2, 2-bis e 3 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, con particolare riferimento ai rapporti con gli organi di informazione;

    secondo quanto disposto dalla norma suddetta «Il procuratore della Repubblica mantiene personalmente, ovvero tramite un magistrato dell'ufficio appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione, esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa. La determinazione di procedere a conferenza stampa è assunta con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che la giustificano. Ogni informazione inerente olle attività della procura della Repubblica deve essere fornita attribuendola in modo impersonale all'ufficio ed escludendo ogni riferimento ai magistrati assegnatari del procedimento. Lo diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentito solo quando è strettamente necessaria per lo prosecuzione delle indagini o ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico. Le informazioni sui procedimenti in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell'imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. È fatto divieto ai magistrati della procura della Repubblica di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria dell'ufficio» (commi 1, 2,1-bis e 3),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a circoscrivere l'illecito disciplinare previsto dal combinato disposto dell'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 4), e dell'articolo 5 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, esclusivamente alle condotte idonee a ledere i diritti dell'imputato o della persona sottoposta alle indagini.
9/2681-A/11. D'Orso, Sarti.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame all'articolo 1, lettera d), delega il Governo ad adottare, entro un anno, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni finalizzate alla trasparenza e all'efficienza dell'ordinamento giudiziario in relazione al riordino della disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

    l'articolo 5, detta principi e criteri direttivi per tale riordino prevedendo altresì che, nell'esercizio della delega, il Governo riduca il numero massimo di magistrati che possono essere collocati in posizione di fuori ruolo, sia in termini assoluti che in relazione alle diverse tipologie di incarico;

    un intervento incisivo su questo tema non comporta vantaggi solo in termini di efficienza del sistema giudiziario; come affermato dal Presidente dell'Unione delle Camere Penali Italiane Gian Domenico Caiazza, infatti, «il condizionamento che l'ordine giudiziario esercita fattivamente sul potere legislativo ed esecutivo è strategicamente organizzato, mediante il distacco di centinaia di magistrati presso i dicasteri governativi. Di particolare gravità è soprattutto la presenza di circa un centinaio di essi presso il Ministero della giustizia, quasi a rappresentare plasticamente una concezione proprietaria della giustizia stessa. Si tratta di un fenomeno del tutto abnorme e sconosciuto presso i governi delle democrazie liberali, che assicura alla magistratura un livello di ingerenza assolutamente decisivo nella politica giudiziaria del Paese, così vanificando il fondamentale principio della separazione tra i poteri dello Stato. Occorre dunque che venga pubblicamente percepita la grave anomalia di un controllo preventivo della amministrazione e della legislazione da parte della magistratura»,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative di competenza volte ad assicurare che all'ufficio legislativo del Ministero della giustizia non venga assegnata una quota di magistrati superiore al 50 cento del personale in essi impiegato.
9/2681-A/12. Ruffino, Costa, Napoli, Angiola.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame all'articolo 11 apporta una serie di modifiche al decreto legislativo n. 109 del 2005, in materia di illeciti disciplinari;

    l'articolo 16 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, prevede al comma 5-bis che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione procede all'archiviazione se il fatto addebitato non costituisce condotta disciplinarmente rilevante ai sensi dell'articolo 3-bis o forma oggetto di denuncia non circostanziata ai sensi dell'articolo 15, comma 1, ultimo periodo, o non rientra in alcuna delle ipotesi previste dagli articoli 2, 3 e 4 oppure se dalle indagini il fatto risulta inesistente o non commesso;

    il provvedimento di archiviazione è comunicato solamente al Ministro della giustizia, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione;

    la stragrande maggioranza delle segnalazioni che giungono al Procuratore Generale vengono archiviate de plano;

    è fondamentale comprendere le ragioni di tali scelte ed è inaccettabile che non vi siano regole certe che garantiscano la massima ostensibilità dei provvedimenti di archiviazione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere normativo volte a prevedere specificatamente che i provvedimenti relativi alle archiviazioni disciplinari da parte del Procuratore generale presso la Cassazione possano essere sempre richiesti ed ottenuti da chiunque ne abbia interesse.
9/2681-A/13. Costa, Angiola.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura e rientra tra le riforme trasversali previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    ai sensi della legge n. 247 del 2012, recante Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, è prerequisito indispensabile ai fini del conseguimento dell'abilitazione per l'esercizio della professione forense, aver svolto un tirocinio professionale per un periodo continuativo di diciotto mesi a decorrere dall'iscrizione nel registro dei praticanti avvocati;

    ad eccezione che negli enti pubblici e presso l'Avvocatura dello Stato, decorso il primo semestre, è prevista la possibilità di riconoscere con apposito contratto al praticante avvocato un'indennità o un compenso per l'attività svolta per conto dello studio legale;

    nell'ambito degli interventi di riordino del sistema giurisdizionale appare fondamentale garantire che il processo di formazione della nuova classe forense sia da subito valorizzi e incentivato,

impegna il Governo

a prevedere le necessarie iniziative volte ad assicurare ai praticanti avvocati presso gli studi legali un'indennità minima obbligatoria a partire dal periodo di svolgimento del tirocinio professionale e per tutta la sua durata.
9/2681-A/14. Ungaro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame riguarda la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura e fa parte di uno degli impegni più importanti contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    tra le altre, introduce anche nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del CSM;

    tra queste, l'articolo 12 apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, intervenendo sulle disposizioni in materia di indizione del concorso in magistratura, passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa e di limiti di età per il conferimento di funzioni direttive;

    per quel che concerne il passaggio di funzioni, in particolare prevede come regola generale che il magistrato possa chiedere il cambio delle funzioni una volta nel corso della carriera entro il termine di 6 anni dal maturare per la prima volta della legittimazione al tramutamento previsto dall'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario;

    tale termine, alla luce delle modifiche apportate all'articolo 194 del R.D. n. 12 del 1941, corrisponde a un periodo di 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni;

    è stato ammesso un referendum, sottoscritto da centinaia di migliaia di firme di cittadini italiani e da diversi consigli regionali, volto a non consentire alcun passaggio di funzioni e sul quale il popolo sarà chiamato a esprimersi il prossimo 12 giugno, tra pochissime settimane,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di introdurre modifiche volte a renderla coerente con il quesito referendario richiamato in premessa, anche valutando l'introduzione di un vero e proprio divieto al passaggio di funzioni fra giurisdizione requirente e giurisdizione giudicante, ovvero, in alternativa, a prevedere che l'opzione per una delle due funzione sia espressa al termine dell'uditorato di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26.
9/2681-A/15. Giachetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge reca la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, quale ulteriore tassello di revisione del sistema giurisdizionale italiano;

    il primo comma dell'articolo 2 del disegno di legge detta princìpi e criteri direttivi per la revisione dei criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi; il secondo comma del medesimo articolo introduce princìpi e criteri direttivi per la riforma del procedimento di approvazione delle tabelle organizzative degli uffici giudiziari e il terzo comma, infine, individua princìpi e criteri direttivi per la revisione dei criteri di accesso alle funzioni di consigliere di Cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione;

    lo svolgimento di attività giurisdizionale nelle sedi disagiate per un periodo di tempo duraturo comporta un surplus di lavoro per i magistrati e appare necessario, pertanto, valorizzare detta esperienza anche ai fini dell'assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, prevedendo un meccanismo premiale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a integrare i princìpi e criteri direttivi previsti dal disegno di legge di delega in relazione alla revisione dei criteri per l'assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, al fine di prevedere un sistema di assegnazione che tenga conto e favorisca i magistrati che hanno ricoperto incarichi nelle sedi disagiate per un periodo di almeno quattro anni.
9/2681-A/16. Frate.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame riguarda la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura nel contesto degli impegni del PNRR volti a ammodernare il sistema Paese in uno dei settori più importanti anche al fine di migliorarne l'efficienza, la trasparenza e l'attrattività;

    in particolare, contiene anche una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare e l'articolo 2 introduce diversi princìpi direttivi per l'esercizio di detta delega;

    il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa è stato introdotto dalla legge 27 aprile 1982, n. 186, il Consiglio di presidenza della Corte dei conti è stato introdotto dalla legge 13 aprile 1988, n. 117 e il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria è stato introdotto dal decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 istituendo così una netta separazione tra gli organi di autogoverno della magistratura amministrativa, contabile e tributaria;

    gli articoli 104, 105 e 106 della Costituzione nel definire compiti e funzioni del Consiglio Superiore della Magistratura fanno riferimento alla magistratura senza ulteriori differenziazioni,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che il Consiglio superiore della magistratura diventi l'unico organo di autogoverno delle magistrature, in modo da garantire, in linea con l'impianto costituzionale richiamato in premessa, maggiore coerenza, efficacia, economicità ed efficienza al sistema di tutela giurisdizionale nazionale nel suo complesso.
9/2681-A/17. Marco Di Maio.


   La Camera,

   premesso che:

    la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della Magistratura è stata inserita dal Piano nazionale di ripresa e resilienza tra le cosiddette riforme orizzontali ovvero tra le innovazioni tali da interessare in modo trasversale tutti i settori di intervento del Piano ed è precondizione per avere accesso ai finanziamenti europei;

    l'articolo 18 del presente disegno di legge di riforma prevede che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari candidatisi ma non eletti alla carica di parlamentare nazionale o europeo, di consigliere regionale o provinciale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, di sindaco o di consigliere comunale non possono essere ricollocati in ruolo con assegnazione a un ufficio avente competenza in tutto o in parte sul territorio di una regione compresa in tutto o in parte nella circoscrizione elettorale in cui hanno presentato la candidatura, né possono essere ricollocati in ruolo con assegnazione a un ufficio ubicato nella regione nel cui territorio ricade il distretto nel quale esercitavano le funzioni al momento della candidatura per una durata di tre anni;

    le condizioni previste per i magistrati non eletti, tuttavia, non garantiscono un'adeguata separazione tra magistratura e politica e non assicurano il buon andamento della giustizia, rendendo necessarie ulteriori limitazioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che i magistrati candidatisi, ma non eletti, vengano inquadrati in un ruolo autonomo del Ministero della giustizia o di altra amministrazione pubblica, sì da ritenerli estranei al sistema giurisdizionale ed evitare pericolose commistioni fra politica e magistratura.
9/2681-A/18. Annibali.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, in attuazione degli impegni assunti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e introduce nuove norme in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    l'articolo 19 del disegno di legge in esame interviene in materia di ricollocamento dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che abbiano svolto il mandato elettorale al Parlamento europeo o al Parlamento nazionale ovvero abbiano ricoperto la carica di componente del Governo, di consigliere regionale o provinciale nelle province autonome di Trento e Bolzano, di Presidente o assessore nelle giunte delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano, di sindaco o consigliere comunale;

    in particolare, a seguito della cessazione del mandato elettivo o della carica politica, i magistrati possono essere collocati fuori ruolo presso il ministero di appartenenza, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri oppure presso altre amministrazioni, ovvero possono essere ricollocati in ruolo e destinati dai rispettivi organi di autogoverno allo svolgimento di attività non direttamente giurisdizionali, né giudicanti né requirenti;

    l'imprescindibile esigenza di piena garanzia dei princìpi della separazione delle funzioni e dell'indipendenza della magistratura impone di escludere che i magistrati ministerializzati possano assumere incarichi di diretta collaborazione e di precludere ai magistrati la possibilità di rientrare in ruolo a seguito della cessazione del mandato elettivo o dell'incarico politico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di escludere, attraverso ulteriori iniziative normative, che i magistrati che abbiano ricoperto una carica politica possano assumere, al termine del mandato, incarichi di diretta collaborazione presso il ministero di appartenenza o presso la Presidenza del Consiglio e, inoltre, ad impedire che essi possano essere ricollocati in ruolo e destinati dai rispettivi organi di autogoverno allo svolgimento di attività non direttamente giurisdizionali.
9/2681-A/19. Baldini.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, la quale rientra tra le riforme trasversali previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 20 del disegno di legge di riforma prevede che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari collocati fuori ruolo per l'assunzione di incarichi di capo e di vicecapo dell'ufficio di gabinetto, di Segretario generale della Presidenza dei Consiglio dei ministri e dei Ministeri, di capo e di vicecapo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri, nonché presso i consigli e le giunte regionali possano essere ricollocati in ruolo e destinati dai rispettivi organi di autogoverno allo svolgimento di attività non giurisdizionali, né giudicanti né requirenti;

    tale disposizione però non assicura una separazione dei poteri né un periodo di «raffreddamento» nello svolgimento degli stessi, rendendo necessario introdurre ulteriori limitazioni al fine di tutelare l'imparzialità della funzione giudiziaria ed evitare l'insorgere di conflitto di interessi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare i necessari interventi volti a non ricollocare in ruolo i magistrati che abbiano assunto incarichi apicali e incarichi di governo non elettivi ovvero a ricollocarli in ruolo solo dopo un anno in posizione di studio e tre anni senza incarichi direttivi ovvero a ricollocarli in ruolo con la possibilità di svolgere funzioni giurisdizionali in distretto diverso da quello di provenienza ovvero ad inquadrarli presso l'Avvocatura dello Stato o il Ministero della giustizia, dando comunque ai magistrati attualmente collocati fuori ruolo la possibilità di optare, in tempi certi, per il rientro nei ruoli con la disciplina previgente.
9/2681-A/20. Boschi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene tra le altre norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare e di eleggibilità al Consiglio superiore della magistratura, che rientrano in una più complessiva riforma dell'ordinamento giudiziario e del CSM nel quadro delle riforme trasversali previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    con riguardo all'elettorato passivo, l'articolo 32 introduce modifiche alle cause di ineleggibilità relativa all'anzianità di servizio riconducendola al mancato conseguimento della terza valutazione di professionalità;

    una maggiore esperienza dei magistrati eletti al CSM sarebbe una ulteriore garanzia di autorevolezza ed efficienza dell'organo di autogoverno della magistratura, che si troverebbe a beneficiare dell'apporto di magistrati con ampia esperienza e piena cognizione delle criticità che caratterizzano il sistema giurisdizionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a elevare il requisito relativo alla anzianità di servizio.
9/2681-A/21. Librandi.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura e rientra tra le riforme trasversali previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 4 del presente provvedimento, recante modifiche alla disciplina dell'accesso in magistratura, individua tra i princìpi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega, quello di prevedere che i laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni possano essere immediatamente ammessi a partecipare al concorso per magistrato ordinario;

    la partecipazione al concorso per l'accesso in magistratura previo conseguimento della sola laurea in giurisprudenza non assicura la necessaria preparazione ed esperienza dei candidati, a discapito della qualità della giurisdizione,

impegna il Governo

a prevedere che possano accedere al concorso per magistrato ordinario esclusivamente gli avvocati con una specifica anzianità e che, all'esito del tirocinio previsto per i magistrati ordinari vincitori di concorso, sia prevista l'assegnazione alle funzioni giudicanti e, solo dopo un congruo lasso di tempo, sia consentito l'eventuale passaggio a quelle requirenti.
9/2681-A/22. Vitiello.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge prevede la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare nonché per la modifica delle norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    la riforma in esame assume fondamentale importanza ai fini della realizzazione degli obiettivi posti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    l'articolo 11 del predetto disegno di legge reca una serie di modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 in materia di illeciti disciplinari dei magistrati;

    in particolare, il comma 1, lettera a), interviene sull'articolo 2 del menzionato decreto legislativo, introducendo nuove ipotesi di illeciti disciplinari commessi nell'esercizio delle funzioni giudiziarie;

    l'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, prevede che i magistrati siano responsabili per gli atti e i provvedimenti posti in essere con dolo e colpa grave nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali;

    per favorire una piena assunzione di responsabilità da parte dei magistrati e per consentire un più ampio rispetto del principio dell'extrema ratio nell'applicazione della misura della custodia cautelare, appare necessario includere tra le condotte illecite, rilevanti sul piano disciplinare, l'aver concorso, con negligenza o superficialità, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare, all'adozione dei provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione;

    al fine di introdurre criteri più rigorosi in materia di responsabilità dei magistrati appare necessario, inoltre, prevedere che i magistrati possano essere ritenuti civilmente responsabili anche per colpa semplice e che possano essere considerati direttamente responsabili per i danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, quale condotta rilevante dal punto di vista disciplinare, l'adozione, con negligenza o superficialità, di provvedimenti restrittivi della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione nonché a prevedere la responsabilità civile dei magistrati anche per colpa semplice ovvero ad introdurre la responsabilità diretta dei magistrati.
9/2681-A/23. Nobili.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene una delega al Governo per la riforma e l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario, nonché, tra le altre, sul collocamento fuori ruolo e il ricollocamento in ruolo dei magistrati;

    in particolare, l'articolo 5, indica alcuni principi e criteri direttivi per il riordino della disciplina del fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili delegando il Governo a individuare tra i vari incarichi extragiudiziari, quelli che determinano obbligatoriamente il collocamento fuori ruolo e quelli che possono invece essere svolti ponendosi in aspettativa;

    l'articolo 17 del disegno di legge prevede altresì alcune norme precettive sul trattamento economico di quei magistrati che sono collocati fuori ruolo perché svolgono un mandato elettivo ovvero sono impegnati in incarichi di governo, stabilendo che possano scegliere tra la conservazione del trattamento economico in godimento in magistratura senza possibile cumulo con altra indennità, e la corresponsione della sola indennità di carica,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a scongiurare la possibile duplicazione o cumulo in ordine al trattamento economico e alle indennità corrisposte ai magistrati collocati fuori ruolo per l'esercizio del loro incarico, nonché a prevedere che i risparmi di spesa derivanti siano utilizzati per garantire un maggiore accesso agli incarichi di livello dirigenziale da parte di persone non appartenenti ai ruoli della pubblica amministrazione.
9/2681-A/24. Ferri, Rizzetto, Colletti, Trancassini, Forciniti, Lucaselli, Marino, Dall'Osso, Bartolozzi.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e introduce nuove norme in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, in attuazione degli impegni assunti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    l'articolo 2 del presente provvedimento individua tra i principi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega quello di introdurre i criteri per la formulazione del motivato parere espresso da parte di una apposita commissione nominata dal Consiglio superiore della magistratura per il conferimento delle funzioni giudicanti di legittimità e requirenti di legittimità, prevedendo che la valutazione espressa sia articolata nei seguenti giudizi: inidoneo, discreto, buono o ottimo;

    l'articolazione in giudizi della valutazione dei magistrati per il conferimento delle funzioni di cui sopra, tuttavia, rischia di incentivare la iperproduttività e favorisce la creazione di correnti all'interno della magistratura, le quali saranno portare a realizzare un sistema atto a garantire più alti livelli di valutazione ai magistrati che vi si riconoscano, il tutto a discapito della qualità della giurisdizione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'eliminazione del sistema di valutazione richiamato in premessa, allo scopo di evitare l'instaurazione di fenomeni correntizi all'interno della magistratura, i quali possono risultare favoriti da un meccanismo di assegnazione dei voti che incentiva l'appartenenza agli stessi.
9/2681-A/25. Gadda.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, in attuazione degli impegni assunti con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), reca la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura;

    l'articolo 3 del disegno di legge in esame contiene principi e criteri direttivi in merito alla valutazione di professionalità dei magistrati;

    in particolare, tramite l'articolo 3, comma 1, lettera a), il Governo è delegato ad intervenire per consentire ai componenti laici, ossia agli avvocati e ai professori universitari, di partecipare alle discussioni e di assistere alle deliberazioni relative all'esercizio delle competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari di cui, rispettivamente, agli articoli 7, comma 1, lettera b), e 15, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25;

    la disposizione in questione permette agli avvocati di esprimere il voto sulla valutazione di professionalità dei magistrati ma impedisce, irragionevolmente, ai professori universitari di esercitare la medesima facoltà,

impegna il Governo

a estendere, attraverso ulteriori iniziative normative, anche ai professori universitari che abbiano diritto di tribuna nei consigli giudiziari la possibilità di esprimere il voto in sede di deliberazione sulla valutazione di professionalità dei magistrati.
9/2681-A/26. Colaninno.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura e rientra tra le riforme trasversali previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 19 e l'articolo 20 del presente provvedimento prevedono che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che hanno ricoperto la carica di parlamentare nazionale o europeo, di consigliere regionale o provinciale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, di presidente nelle giunte delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, di sindaco o di consigliere comunale al termine del mandato ovvero che abbiano ricoperto la carica di componente del Governo, di assessore nelle giunte delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, o di assessore comunale sono collocati fuori ruolo, presso il Ministero di appartenenza o, per i magistrati amministrativi e contabili, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ovvero sono ricollocati in ruolo e destinati dai rispettivi organi di autogoverno allo svolgimento di attività non direttamente giurisdizionali, né giudicanti né requirenti;

    il ricollocamento in ruolo di un magistrato che abbia svolto un mandato elettivo o l'incarico di assessore in comuni con meno di 15.000 abitanti, anche alla luce del sistema elettorale che caratterizza tali enti locali, è meno incline a comportare l'insorgere di conflitto di interessi nell'esercizio delle sue funzioni e soprattutto tiene in considerazione il diverso grado di impegno che comporta l'esercizio delle predette attività in enti che possono avere anche milioni di abitanti rispetto a realtà estremamente più contenuti,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la disciplina del ricollocamento a seguito di cessazione di incarichi elettivi o di incarichi di governo non elettivi non si applichi laddove detti incarichi siano riferiti a realtà locali estremamente contenute.
9/2681-A/27. D'Alessandro.


   La Camera,

   premesso che:

    la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della Magistratura è stata inserita dal Piano nazionale di ripresa e resilienza tra le cosiddette riforme orizzontali che interessano in modo trasversale tutti i settori di intervento del Piano;

    l'articolo 3 del presente provvedimento, recante modifiche al sistema di funzionamento delle valutazioni di professionalità, prevede che i fatti accertati in via definitiva in sede di giudizio disciplinare siano oggetto di valutazione ai fini del conseguimento della valutazione di professionalità successiva all'accertamento, anche se il fatto si colloca in un quadriennio precedente, ove non sia già stato considerato ai fini della valutazione di professionalità relativa a quel quadriennio;

    la possibilità di considerare più volte i fatti accertati in via definitiva in sede di giudizio disciplinare nella valutazione di professionalità, esprimendo un «doppio giudizio» sul magistrato, contrasta con la necessità di assicurare le dovute garanzie individuali nonché l'efficienza del sistema di valutazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a garantire il rispetto del principio del ne bis idem nelle valutazioni di professionalità, con particolare riferimento alla commissione di illeciti disciplinari e alla loro incisività nell'ambito della medesima carriera.
9/2681-A/28. Noja.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e introduce nuove norme in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, in linea con gli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 3 del presente provvedimento, recante modifiche al sistema di funzionamento delle valutazioni di professionalità, prevede che i fatti accertati in via definitiva in sede di giudizio disciplinare siano oggetto di valutazione ai fini del conseguimento della valutazione di professionalità successiva all'accertamento, anche se il fatto si colloca in un quadriennio precedente, ove non sia già stato considerato ai fini della valutazione di professionalità relativa a quel quadriennio;

    ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo del 5 aprile 2006, n. 160, la valutazione di professionalità riguarda la capacità, la laboriosità, la diligenza e l'impegno mostrati dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni mentre la disciplina degli illeciti disciplinari e delle relative sanzioni è disciplinato nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, e le due discipline guardano, pertanto, a criteri del tutto differenti la cui commistione appare errata prima ancora che irragionevole,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative, volte ad escludere che i fatti accertati in sede di giudizio disciplinare possano essere oggetto di valutazione ai fini della valutazione della professionalità, in quanto diverse sono sia i parametri di riferimento che i criteri di valutazione e gli effetti ricollegati ai due istituti.
9/2681-A/29. Occhionero.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e introduce nuove norme in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, in linea con gli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 5 del presente provvedimento prevede che i magistrati ordinari, amministrativi e contabili non possono essere collocati fuori ruolo per un tempo che superi complessivamente sette anni salvo che per gli incarichi presso gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, gli organi del Governo e gli organismi internazionali, per i quali il tempo trascorso fuori ruolo non può superare complessivamente dieci anni;

    il periodo di sette anni previsto per il collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili rischia di favorire il dirottamento verso funzioni extra giurisdizionali e di lasciare eccessivo spazio ad una commistione di funzioni tra magistratura e politica, rendendo necessario pertanto ridurre il periodo di permanenza e prevedere un ulteriore periodo di «raffreddamento» prima di poter tornare in ruolo;

    nella stessa direzione si pone l'eccezione, prevista al medesimo articolo, che consente ai magistrati di trascorrere un periodo di dieci anni in posizione di fuori ruolo presso gli organi di Governo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare le necessarie iniziative volte a prevedere che i magistrati non possano essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo che superi complessivamente cinque anni e che per il ricollocamento in ruolo debbano decorrere ulteriori due anni in posizione di studio in distretto diverso da quello di assegnazione nonché ad eliminare l'eccezione prevista per i magistrati in posizione di fuori ruolo presso gli organi di Governo.
9/2681-A/30. Bendinelli.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge contiene la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, quale fondamentale pilastro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    l'articolo 5 del disegno di legge in esame individua principi e criteri direttivi per il riordino della disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

    in particolare, l'articolo 5, comma 1, lettera g) prevede, quale criterio ai fini della delega al Governo, che i magistrati ordinari, amministrativi e contabili non possano essere collocati fuori ruolo per un tempo che superi complessivamente sette anni, salvo che per gli incarichi, da indicare tassativamente, presso gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, gli organi del Governo e gli organismi internazionali, per i quali il tempo trascorso fuori ruolo non può superare complessivamente dieci anni, ferme restando le deroghe previste dall'articolo 1, comma 70, della legge 6 novembre 2012, n. 190;

    la disposizione, introducendo una deroga al periodo massimo di collocamento fuori ruolo, prevede un trattamento irragionevolmente differenziato in favore dei magistrati che hanno ricoperto incarichi presso gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, gli organi del Governo e gli organismi internazionali,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a estendere il termine di sette anni quale periodo massimo di collocamento fuori dal ruolo anche ai magistrati che abbiano ricoperto incarichi presso gli organi costituzionali, di rilevanza costituzionale ovvero presso gli organi del Governo e gli organismi internazionali.
9/2681-A/31. Moretto.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, nell'ambito di una più ampia riforma dell'ordinamento giudiziario, in linea con gli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 11 apporta una serie di modifiche alla normativa vigente in materia di illeciti disciplinari dei magistrati e sono, in particolare, oggetto di intervento gli illeciti commessi nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e quelli commessi fuori dell'esercizio delle funzioni;

    il regio decreto legislativo n. 511 del 1946, come modificato dall'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo n. 109 del 2006 norma il trasferimento per ragioni dipendenti dalla cosiddetta «incompatibilità ambientale» con una formula volta tutelare maggiormente l'indipendenza della magistratura, che è costituzionalmente tutelata, provando a impedire il protrarsi della prassi dell'utilizzo para-disciplinare del trasferimento amministrativo;

    anche la giurisprudenza costituzionale e quella amministrativa, dal canto loro, hanno avuto occasione di sottolineare l'importanza di tenere nettamente distinti i presupposti alla base del trasferimento per incompatibilità da quelli necessari per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari;

    ciò nonostante, il Consiglio superiore della magistratura ha sempre dato un'interpretazione decisamente riduttiva della citata riforma dell'articolo 2, a suo dire per non privarsi di «strumenti efficaci per ovviare a situazioni di grave crisi della credibilità della giurisdizione», interpretando la formula «cause indipendenti da colpa» come coincidente con quella di «cause non riferibili ad ipotesi disciplinarmente rilevanti» e così facendo, si ritaglia lo spazio necessario per utilizzare il trasferimento amministrativo anche in caso di comportamenti «colposi» non inquadrabili in alcuna fattispecie disciplinare;

    tale interpretazione è stata peraltro sconfessata dal Consiglio di Stato, che in occasione di un trasferimento d'ufficio (cosiddetto caso Forleo), ha annullato lo stesso proprio perché ritenuto accessorio rispetto alla fattispecie principale che è e rimane quella dell'illecito disciplinare,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa legislativa di modifica del regio decreto citato in premessa, utile a ridurre la discrezionalità interpretativa al fine di rendere effettiva la netta distinzione dei presupposti alla base del trasferimento per incompatibilità da quelli necessari per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari, a maggior tutela dell'indipendenza della magistratura.
9/2681-A/32. Fregolent.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di delega in esame reca disposizioni volte a realizzare una riforma complessiva del sistema giurisdizionale nazionale, anche in vista del rispetto dei traguardi e obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 2, comma 2, del provvedimento stabilisce principi e criteri direttivi per la riforma dei procedimenti di approvazione delle tabelle organizzative degli uffici giudicanti, quale corollario del meccanismo di riorganizzazione di detti uffici ai sensi dell'articolo 8;

    nella riorganizzazione complessiva del sistema di tutela giurisdizionale appare imprescindibile, anche nell'ottica di efficientamento e smaltimento dei processi civili e penali, l'introduzione di un sistema di trattazione delle udienze che definisca tempi rapidi e certi alla trattazione degli affari,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative legislative necessarie a introdurre un sistema di assegnazione degli affari alle singole sezioni, collegi e giudici che preveda che, ove non sia possibile esaurire il dibattimento in un sola udienza, questo sia proseguito nel giorno seguente non festivo, ferma restando la possibilità del giudice di prevederne la sospensione per ragioni di assoluta necessità e con la previsione di un termine massimo perentorio.
9/2681-A/33. Anzaldi.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge in esame contiene deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare e introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    gli articoli da 31 a 35 recano modifiche in materia di elezioni del Consiglio superiore della magistratura, sia sul piano della componente elettiva e laica, sia in materia di elettorato attivo e passivo;

    il nuovo sistema elettorale introdotto appare frammentato e poco coerente rispetto agli stessi princìpi e criteri direttivi che animano i primi capi del disegno di legge di delega in esame e non sembrano rispondere alle evidenze tratteggiate dai lavori della cosiddetta Commissione Luciani, istituita proprio al fine di elaborare proposte di interventi per la riforma dell'ordinamento giudiziario;

    in particolare, tra gli obiettivi indicati dalla Commissione Luciani che si dovrebbe prefiggere la disciplina concernente l'elezione della componente formata da magistrati sono da sottolineare: la massima apertura del confronto elettorale, che non può essere interamente condizionato dalle realtà associative della magistratura, pena il venir meno della ricchezza pluralistica del confronto medesimo; la promozione della massima possibile qualità delle candidature; la valorizzazione del potere di scelta dell'elettore,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il sistema elettorale per la componente togata del Consiglio superiore della magistratura optando per la soluzione indicata dalla Commissione Luciani, che meglio si presta a raggiungere gli obiettivi indicati in premessa.
9/2681-A/34. Del Barba.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario e introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati, nonché di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    l'articolo 11, in particolare, apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di illeciti disciplinari commessi sia nell'esercizio funzioni che al di fuori di esse, introducendo, altresì, gli istituti dell'estinzione dell'illecito e della riabilitazione;

    nell'ambito di tali modifiche appare importante limitare il potere di auto archiviazione posto in capo al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione;

    infatti tale prerogativa è palesemente in contrasto con l'articolo 105 della Costituzione, che attribuisce i provvedimenti disciplinari alla esclusiva competenza del CSM;

    in ragione del notevole numero di esposti aventi ad oggetto presunte scorrettezze dei singoli magistrati, potrebbe, al più, essere istituita una sezione disciplinare filtro;

    tale sezione, che potrebbe essere composta da consiglieri del CSM magistrati e laici non componenti della sezione disciplinare e coadiuvata da uno specifico ufficio del processo, sarebbe quindi in grado di esaminare tutti i casi, impedendo che casi, anche importanti, siano auto archiviati dal Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, cui la Costituzione non attribuisce tali competenze,

impegna il Governo

a prevedere tutte le iniziative necessarie affinché sia eliminata la prerogativa di auto archiviazione, ora posta in capo al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, prerogativa che, ad avviso della presentatrice, appare in contrasto con il dettato costituzionale e che spesso non consente all'organo di autogoverno dei magistrati di adempiere al proprio compito di esame e giudizio in relazione ai provvedimenti disciplinari in capo ai magistrati.
9/2681-A/35. Paita.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario e introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati, nonché di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

    l'articolo 11, in particolare, apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di illeciti disciplinari commessi sia nell'esercizio funzioni che al di fuori di esse, introducendo, altresì, gli istituti dell'estinzione dell'illecito e della riabilitazione;

    tali modifiche comporteranno sicuramente un surplus di attività in seno alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, che si rifletterà inevitabilmente su tutta l'attività dell'organo di autogoverno della magistratura,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative necessarie a prevedere l'istituzione di una sezione disciplinare «filtro» all'interno del Consiglio superiore della magistratura, composta per metà da membri laici e per l'altra metà da membri togati, al fine di consentire a detto organo di raccogliere o promuovere le varie istanze e valutare l'archiviazione ovvero là formulazione dell'incolpazione con richiesta al presidente della sezione disciplinare di avviare il processo, sì da scongiurare un aggravamento dei lavori che possa pregiudicare la funzionalità complessiva del CSM stesso.
9/2681-A/36. Rosato.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di delega in esame prevede la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, quale ulteriore tassello, insieme alla riforma del processo penale e civile, verso una revisione complessiva del sistema giurisdizionale italiano;

    l'articolo 2 prevede la revisione di diversi aspetti ordinamentali della magistratura e interviene, in particolare, sia sui criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi che sul procedimento di attribuzione delle stesse;

    la disposizione prevede un meccanismo di assegnazione temporale dei predetti incarichi che risponde a un criterio meramente burocratico-organizzativo che poco o nulla ha a che vedere con il reale apporto che i magistrati possono dare assumendo incarichi direttivi e semidirettivi, che proprio questo dovrebbero essere valorizzati attraverso un sistema di assegnazione degli stessi che guardi al merito piuttosto che all'idea di mero smaltimento delle richieste,

impegna il Governo

a introdurre un concorso per esami a cadenza almeno quadriennale per l'accesso agli incarichi direttivi e semidirettivi nell'ambito della magistratura, prevedendo, proprio per la delicatezza delle funzioni da assumere e in un'ottica di valorizzazione delle singole esperienze, che a detto concorso possano accedere esclusivamente i magistrati che abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità.
9/2681-A/37. Toccafondi.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di delega in esame riguarda riguarda la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, la cui approvazione rappresenta un passaggio fondamentale per il conseguimento dei traguardi e obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    l'articolo 5 disciplina il collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, dettando princìpi e criteri direttivi volti a individuare tra i vari incarichi extragiudiziari quelli che possono svolgersi mediante il ricorso all'aspettativa e quelli che determinano obbligatoriamente il collocamento fuori ruolo, fra cui si ricomprendono gli incarichi ricoperti negli uffici di diretta collaborazione;

    l'amministrazione giudiziaria, in particolare, nell'autorizzazione al collocamento fuori ruolo dovrebbe scongiurare possibili conflitti di interesse e/o situazioni di incompatibilità, nonché valutare con estrema attenzione le ricadute che lo svolgimento dell'incarico fuori ruolo potrebbe avere sul piano dell'imparzialità e indipendenza del magistrato,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative legislative necessarie a prevedere un limite massimo, preferibilmente pari a un terzo, del numero di magistrati che possono essere impiegati negli uffici di diretta collaborazione del Ministero della giustizia, proprio in quanto dicastero di afferenza del personale coinvolto e in ragione della delicatezza delle funzioni che, tradizionalmente, contraddistingue i predetti incarichi.
9/2681-A/38. Marattin.