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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 3 marzo 2022

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 3 marzo 2022.

  Amitrano, Ascani, Baldelli, Barelli, Battelli, Bellucci, Bergamini, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Cabras, Cancelleri, Cappellacci, Carelli, Caretta, Carfagna, Casa, Castelli, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Corda, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Giachetti, Giacomoni, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Mantovani, Marattin, Marin, Melilli, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Rampelli, Ribolla, Rizzo, Romaniello, Rosato, Rotta, Ruocco, Saltamartini, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Stumpo, Suriano, Tabacci, Tasso, Tateo, Vignaroli, Vito, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 2 marzo 2022 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   DI GIORGI e VISCOMI: «Disciplina dell'attività di tirocinio formativo o stage» (3500);

   RAVETTO: «Istituzione di un emolumento mensile di maternità e delega al Governo in materia di riconoscimento dei servizi educativi essenziali per l'infanzia» (3501);

   BALDELLI: «Istituzione della Giornata nazionale della tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori» (3502).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di proposte
di inchiesta parlamentare.

  In data 2 marzo 2022 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati:

   FORNARO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati» (Doc. XXII, n. 63).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge D'ATTIS ed altri: «Interventi per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza» (1972) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Mandelli.

  La proposta di legge CARNEVALI ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento dell'apnea ostruttiva nel sonno come malattia cronica e invalidante nonché per la diagnosi e la cura di essa» (3219) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Menga.

  La proposta di legge costituzionale VITO: «Modifiche agli articoli 7 e 8 della Costituzione concernenti l'abolizione del principio concordatario nei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica» (3470) è stata successivamente sottoscritta dalle deputate Costanzo, Sarli, Siragusa e Termini.

Trasmissione dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 25 febbraio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, concernente l'esercizio di poteri speciali in materia di servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G, l'estratto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 febbraio 2022, recante l'esercizio di poteri speciali, con prescrizioni, in relazione alla notifica della società Wind Tre Spa concernente la proroga del contratto «Frame agreement for the testing use of 5G frequencies» fra Wind Tre Spa e ZIRC (società controllata di ZTE) (procedimento n. 427/2021).

  Questo decreto è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro.

  Il Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), con lettera in data 1° marzo 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 28, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i seguenti pareri relativi a progetti di atti dell'Unione europea o ad atti preordinati alla formulazione degli stessi, espressi dal CNEL nella seduta del 23 febbraio 2022, che sono trasmessi alle sottoindicate Commissioni:

   Parere n. 275 sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Creare un'economia al servizio delle persone: un piano d'azione per l'economia sociale (COM(2021) 778 final) – alla XII Commissione (Affari sociali);

   Parere n. 276 sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Una visione a lungo termine per le zone rurali dell'Unione europea: verso zone rurali più forti, connesse, resilienti e prospere entro il 2040 (COM(2021) 345 final) - alla XIII Commissione (Agricoltura).

Annunzio di sentenze
della Corte costituzionale.

  Il Presidente della Corte costituzionale, con lettere in data 2 marzo 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

   Sentenza n. 49 del 16 febbraio-2 marzo 2022 (Doc. VII, n. 827), con la quale:

    dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per la parziale abrogazione della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), dichiarata legittima con ordinanza del 29 novembre 2021 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione:

  alla II Commissione (Giustizia);

   Sentenza n. 50 del 15 febbraio-2 marzo 2022 (Doc. VII, n. 828), con la quale:

    dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per la parziale abrogazione dell'articolo 579 del codice penale (Omicidio del consenziente), dichiarata legittima dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 15 dicembre 2021:

  alla II Commissione (Giustizia):

   Sentenza n. 51 del 16 febbraio-2 marzo 2022 (Doc. VII, n. 829), con la quale:

    dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per la parziale abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), richiesta dichiarata legittima con ordinanza del 10 gennaio 2022, pronunciata dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione:

  alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari Sociali).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente aggiunto della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 1° marzo 2022, ha trasmesso la deliberazione n. 2/2022 del 17-28 febbraio 2022, con la quale la Sezione stessa ha approvato il rapporto concernente l'attività dell'Ispettorato della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.

  Questo documento è trasmesso alla XIII Commissione (Agricoltura).

  Il Presidente della Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali della Corte dei conti, con lettera in data 3 marzo 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, la deliberazione n. 3/2022 del 23 febbraio 2022, con la quale la Sezione stessa ha approvato il programma delle attività di controllo per l'anno 2022.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Ministro
per i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 2 marzo 2022, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, che il Governo, con notifica 2022/0108/I, ha attivato la predetta procedura in ordine al progetto di regola tecnica relativa allo schema di regolamento recante determinazione delle condizioni per l'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata, ai sensi dell'articolo 214-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 2 marzo 2022, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme transitorie per l'imballaggio e l'etichettatura dei medicinali veterinari autorizzati a norma della direttiva 2001/82/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (COM(2022) 76 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

PROPOSTA DI LEGGE: ORLANDO E FRANCESCHINI: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI REATI CONTRO IL PATRIMONIO CULTURALE (APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 893-B)

A.C. 893-B – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo.

A.C. 893-B – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

A.C. 893-B – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Modifiche al codice penale)

  1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 240-bis, primo comma, le parole: «e 517-quater» sono sostituite dalle seguenti: «, 517-quater, 518-quater, 518-quinquies, 518-sexies e 518-septies»;

   b) dopo il titolo VIII del libro secondo è inserito il seguente:

«TITOLO VIII-bis
DEI DELITTI CONTRO
IL PATRIMONIO CULTURALE

   Art. 518-bis.(Furto di beni culturali). – Chiunque si impossessa di un bene culturale mobile altrui, sottraendolo a chi lo detiene, al fine di trarne profitto, per sé o per altri, o si impossessa di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.
   La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 o se il furto di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è commesso da chi abbia ottenuto la concessione di ricerca prevista dalla legge.
   Art. 518-ter.(Appropriazione indebita di beni culturali). – Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 516 a euro 1.500.
   Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.
   Art. 518-quater. – (Ricettazione di beni culturali). – Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta beni culturali provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.000.
   La pena è aumentata quando il fatto riguarda beni culturali provenienti dai delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, e di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma.
   Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
   Art. 518-quinquies.(Impiego di beni culturali provenienti da delitto). – Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 518-quater e 518-sexies, impiega in attività economiche o finanziarie beni culturali provenienti da delitto è punito con la reclusione da cinque a tredici anni e con la multa da euro 6.000 a euro 30.000.
   Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
   Art. 518-sexies.(Riciclaggio di beni culturali). – Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce beni culturali provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da cinque a quattordici anni e con la multa da euro 6.000 a euro 30.000.
   La pena è diminuita se i beni culturali provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
   Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
   Art. 518-septies.(Autoriciclaggio di beni culturali). – Chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, beni culturali provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 6.000 a euro 30.000.
   Se i beni culturali provengono dalla commissione di un delitto non colposo, punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni, si applicano la reclusione da due a cinque anni e la multa da euro 3.000 a euro 15.000.
   Fuori dei casi di cui ai commi primo e secondo, non sono punibili le condotte per cui i beni vengono destinati alla mera utilizzazione o al godimento personale.
   Si applica il terzo comma dell'articolo 518-quater.
   Art. 518-octies.(Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali). – Chiunque forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa o, in tutto o in parte, altera, distrugge, sopprime od occulta una scrittura privata vera, in relazione a beni culturali mobili, al fine di farne apparire lecita la provenienza, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
   Chiunque fa uso della scrittura privata di cui al primo comma, senza aver concorso nella sua formazione o alterazione, è punito con la reclusione da otto mesi a due anni e otto mesi.
   Art. 518-novies.(Violazioni in materia di alienazione di beni culturali). – È punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da euro 2.000 a euro 80.000:

    1) chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena o immette sul mercato beni culturali;

    2) chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine di trenta giorni, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali;

    3) l'alienante di un bene culturale soggetto a prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento.

   Art. 518-decies.(Importazione illecita di beni culturali). – Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati previsti dagli articoli 518-quater, 518-quinquies, 518-sexies e 518-septies, importa beni culturali provenienti da delitto ovvero rinvenuti a seguito di ricerche svolte senza autorizzazione, ove prevista dall'ordinamento dello Stato in cui il rinvenimento ha avuto luogo, ovvero esportati da un altro Stato in violazione della legge in materia di protezione del patrimonio culturale di quello Stato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 258 a euro 5.165.
   Art. 518-undecies.(Uscita o esportazione illecite di beni culturali). – Chiunque trasferisce all'estero beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa fino a euro 80.000.
   La pena prevista al primo comma si applica altresì nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale, alla scadenza del termine, beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, per i quali siano state autorizzate l'uscita o l'esportazione temporanee, nonché nei confronti di chiunque rende dichiarazioni mendaci al fine di comprovare al competente ufficio di esportazione, ai sensi di legge, la non assoggettabilità di cose di interesse culturale ad autorizzazione all'uscita dal territorio nazionale.
   Art. 518-duodecies.(Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici). – Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000.
   Chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000.
   La sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi o all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
   Art. 518-terdecies. (Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici). – Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio aventi ad oggetto beni culturali o paesaggistici ovvero istituti e luoghi della cultura è punito con la reclusione da dieci a sedici anni.
   Art. 518-quaterdecies.(Contraffazione di opere d'arte). – È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 3.000 a euro 10.000:

    1) chiunque, al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un'opera di pittura, scultura o grafica ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;

    2) chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, detiene per farne commercio, introduce a questo fine nel territorio dello Stato o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura o grafica, di oggetti di antichità o di oggetti di interesse storico o archeologico;

    3) chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti;

    4) chiunque, mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette o con qualsiasi altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti.
    È sempre ordinata la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel primo comma, salvo che si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato. Delle cose confiscate è vietata, senza limiti di tempo, la vendita nelle aste dei corpi di reato.

   Art. 518-quinquiesdecies.(Casi di non punibilità). – Le disposizioni dell'articolo 518-quaterdecies non si applicano a chi riproduce, detiene, pone in vendita o altrimenti diffonde copie di opere di pittura, di scultura o di grafica, ovvero copie o imitazioni di oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico, dichiarate espressamente non autentiche, mediante annotazione scritta sull'opera o sull'oggetto o, quando ciò non sia possibile per la natura o le dimensioni della copia o dell'imitazione, mediante dichiarazione rilasciata all'atto dell'esposizione o della vendita. Non si applicano del pari ai restauri artistici che non abbiano ricostruito in modo determinante l'opera originale.
   Art. 518-sexiesdecies.(Circostanze aggravanti). – La pena è aumentata da un terzo alla metà quando un reato previsto dal presente titolo:

    1) cagiona un danno di rilevante gravità;

    2) è commesso nell'esercizio di un'attività professionale, commerciale, bancaria o finanziaria;

    3) è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, preposto alla conservazione o alla tutela di beni culturali mobili o immobili;

    4) è commesso nell'ambito dell'associazione per delinquere di cui all'articolo 416.
    Se i reati previsti dal presente titolo sono commessi nell'esercizio di un'attività professionale o commerciale, si applicano la pena accessoria di cui all'articolo 30 e la pubblicazione della sentenza penale di condanna ai sensi dell'articolo 36.

   Art. 518-septiesdecies(Circostanze attenuanti). – La pena è diminuita di un terzo quando un reato previsto dal presente titolo cagioni un danno di speciale tenuità ovvero comporti un lucro di speciale tenuità quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità.
   La pena è diminuita da un terzo a due terzi nei confronti di chi abbia consentito l'individuazione dei correi o abbia fatto assicurare le prove del reato o si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa fosse portata a conseguenze ulteriori o abbia recuperato o fatto recuperare i beni culturali oggetto del delitto.
   Art. 518-duodevicies.(Confisca). – Il giudice dispone in ogni caso la confisca delle cose indicate all'articolo 518-undecies, che hanno costituito l'oggetto del reato, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato. In caso di estinzione del reato, il giudice procede a norma dell'articolo 666 del codice di procedura penale. La confisca ha luogo in conformità alle norme della legge doganale relative alle cose oggetto di contrabbando.
   Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dal presente titolo, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persone estranee al reato.
   Quando non è possibile procedere alla confisca di cui al secondo comma, il giudice ordina la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore corrispondente al profitto o al prodotto del reato.
   Le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili, le autovetture e i motocicli sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria a tutela dei beni culturali sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di tutela dei beni medesimi.
   Art. 518-undevicies. – (Fatto commesso all'estero). – Le disposizioni del presente titolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all'estero in danno del patrimonio culturale nazionale»;

   c) dopo l'articolo 707 è inserito il seguente:

   «Art. 707-bis.(Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli). – È punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da euro 500 a euro 2.000 chi è colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, dei quali non giustifichi l'attuale destinazione, all'interno di aree e parchi archeologici, di zone di interesse archeologico, se delimitate con apposito atto dell'amministrazione competente, o di aree nelle quali sono in corso lavori sottoposti alle procedure di verifica preventiva dell'interesse archeologico secondo quanto previsto dalla legge».

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 1.
(Modifiche al codice penale)

  Al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 518-octies», secondo comma, dopo la parola: Chiunque aggiungere le seguenti: , al fine di trarne profitto o altra utilità,.
1.4. Zanettin, Pittalis.

  Al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 518-octies», secondo comma, sostituire le parole: otto mesi a due anni e otto mesi con le seguenti: sei mesi a un anno.
1.3. Zanettin, Pittalis.

  Al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 518-undecies», primo comma, sostituire le parole: due a otto con le seguenti: uno a quattro.
1.5. Zanettin, Pittalis.

  Al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 518-sexiesdecies», primo comma, numero 3), aggiungere, in fine, le parole: astenendosi dallo svolgere le proprie funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per altri.
1.2. Zanettin, Pittalis.

A.C. 893-B – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Modifica all'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, in materia di operazioni sotto copertura)

  1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

   «b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore dei beni culturali, nell'attività di contrasto dei delitti di cui agli articoli 518-sexies e 518-septies del codice penale, i quali nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova, anche per interposta persona, compiono le attività di cui alla lettera a)».

A.C. 893-B – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Modifica al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità delle persone giuridiche)

  1. Dopo l'articolo 25-sexiesdecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono inseriti i seguenti:

   «Art. 25-septiesdecies. – (Delitti contro il patrimonio culturale). – 1. In relazione alla commissione del delitto previsto dall'articolo 518-novies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a quattrocento quote.
   2. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518-ter, 518-decies e 518-undecies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote.
   3. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518-duodecies e 518-quaterdecies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a settecento quote.
   4. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518-bis, 518-quater e 518-octies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a novecento quote.
   5. Nel caso di condanna per i delitti di cui ai commi da 1 a 4, si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni.
   Art. 25-duodevicies. – (Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici). – 1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518-sexies e 518-terdecies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cinquecento a mille quote.
   2. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati al comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3».

A.C. 893-B – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Abrogazioni)

  1. All'articolo 635, secondo comma, numero 1, del codice penale, le parole: «o cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate» sono soppresse.
  2. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

   a) il secondo periodo del secondo comma dell'articolo 639 del codice penale;

   b) gli articoli 170, 173, 174, 176, 177, 178 e 179 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

A.C. 893-B – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    la Costituzione, all'articolo 9, pone in capo alla Repubblica il compito di tutelare «il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», elevando tale difesa a un livello superiore rispetto a quella del diritto all'integrità del patrimonio individuale;

    uno dei fenomeni politici e culturali che più hanno fatto parlare di sé in anni recenti è la cosiddetta «cultura della cancellazione», più conosciuta come «cancel culture», un assurdo revisionismo storico contro i monumenti di epoche da rimuovere;

    con l'arrivo della «cancel culture» in Italia in molti hanno sostenuto l'utilità di rimuovere la statua che celebra la memoria di Montanelli come grande giornalista a Milano;

    la statua di Montanelli è stata più volte imbrattata di vernice e scritte accusatorie nel corso degli ultimi anni;

    i monumenti sono le tracce della memoria di ciò che gli uomini hanno fatto in vita, una traccia che va oltre il tempo e il politicamente corretto, permettetemi. Le opere di un uomo sono ciò che rimane della grandezza di un personaggio, di una generazione, di una cultura, di un'epoca, di un genio, di un popolo, di una civiltà, anche della sua tragicità e dei suoi errori, che non si possono cancellare, come in Orwell attraverso il Ministero della Verità, andando a riscrivere i libri di storia ex post, anche qui come il mirabile romanzo profetico ci ricorda;

    già nel 2017 veniva denunciata, su Il Tempo, la campagna di rimozione delle statue di Cristoforo Colombo;

    sono ancora migliaia i beni culturali che ogni anno subiscono danneggiamenti o sono sottratti allo Stato e questo impone la modifica del quadro sanzionatorio penale, dimostratosi sin qui inadeguato a garantire una tutela efficace del patrimonio artistico, come immaginata dalla Carta costituzionale;

    le stesse modifiche si dimostrano, altresì, urgenti perché è notizia di attualità che alcune opere d'arte di valore inestimabile sono state oggetto di vandalizzazione – come ad esempio la statua di Indro Montanelli a Milano o quella di Vittorio Emanuele II a Torino — durante manifestazioni più o meno autorizzate e perché numerose discussioni sulla stampa e sui social sono volte a propagandare l'eliminazione coatta di una parte del patrimonio storico-culturale italiano che, invece, è parte della ricchezza materiale e immateriale dell'Italia e quindi deve essere tutelato anche inasprendo le sanzioni previste dal codice penale,

impegna il Governo:

a garantire, considerati gli effetti applicativi della disciplina in esame, nei provvedimenti di prossima emanazione, l'introduzione di una fattispecie autonoma di reato volta a punire «chiunque deteriora, disperde, parzialmente distrugge o comunque in qualsiasi modo danneggia cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate», con conseguenti sanzioni pecuniarie pari ad almeno 10 mila euro e, in caso il bene sia irrecuperabile o fortemente depauperato, a prevedere la reclusione dai 3 agli 8 anni e una sanzione pecuniaria di almeno 30 mila euro.
9/893-B/1. Mollicone.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame – approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati, in data 18 ottobre 2018 – anche a seguito delle modifiche apportate dal Senato lo scorso 14 dicembre, riforma le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, attualmente contenute prevalentemente nel Codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42 del 2004), e le inserisce nel codice penale, abrogando alcune disposizioni;

    l'obiettivo del provvedimento è quello di operare una profonda riforma della materia, ridefinendo l'assetto della disciplina nell'ottica di un tendenziale inasprimento del trattamento sanzionatorio;

    ciò al fine di dare attuazione ai principi costituzionali in forza dei quali il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata,

    in particolare, l'articolo 5 abroga – tra l'altro – gli articoli 733 e 734 del codice penale;

    a tal proposito, si rileva che la disposizione di cui all'articolo 30, comma 3, della legge quadro sulle aree protette (legge 6 dicembre 1991, n. 394) stabilisce che, in caso di violazioni costituenti ipotesi di reati perseguiti ai sensi degli articoli 733 e 734 del codice penale possa essere disposto il sequestro preventivo di quanto adoperato per commettere gli illeciti ad essi relativi, dal giudice o, in caso di flagranza – per evitare l'aggravamento o la continuazione del reato – dagli addetti alla sorveglianza dell'area protetta;

    la giurisprudenza ha avuto modo di affermare, in linea con la dottrina, che la richiamata disposizione appare ultronea rispetto alla previsione di cui all'articolo 321 del codice di procedura penale, che già prevede la possibilità del sequestro preventivo, oltre che mal coordinata rispetto alla medesima. Infatti, il legislatore della disciplina quadro ha omesso di considerare la precedente modifica della norma processuale, ad opera dell'articolo 15, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12, che ha introdotto il comma 3-bis, estendendo la possibilità di procedere al sequestro preventivo anche al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria. Pertanto, la disposizione manterrebbe una sua operatività, limitatamente alla parte in cui attribuisce il potere di sequestro anche agli addetti alla sorveglianza dell'area protetta;

    al fine di un più puntuale coordinamento e una tutela più ampia, considerato il quadro normativo e l'abrogazione delle disposizioni di cui agli articoli 733 e 734 del codice penale, sarebbe opportuno intervenire anche su tale norma, prevedendo che il sequestro di quanto adoperato per commettere gli illeciti possa essere disposto, in caso di violazioni costituenti ipotesi di reati perseguiti ai sensi degli articoli 518-bis e seguenti del codice penale, dagli addetti alla sorveglianza dell'area protetta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare adeguate iniziative, anche normative, al fine di prevedere che, in caso di violazioni costituenti ipotesi di reati perseguiti ai sensi degli articoli 518-bis e seguenti del codice penale, il sequestro di quanto adoperato per commettere gli illeciti possa essere disposto dagli addetti alla sorveglianza dell'area protetta.
9/893-B/2. Perantoni.


MOZIONI VILLANI, SIANI, NOJA, BOLOGNA, BOLDI, VERSACE, STUMPO, LAPIA ED ALTRI N. 1-00543 (NUOVA FORMULAZIONE), VILLANI ED ALTRI N. 1-00543, SIANI ED ALTRI N. 1-00584, NOJA ED ALTRI N. 1-00585, PANIZZUT ED ALTRI N. 1-00589, VERSACE ED ALTRI N. 1-00593 E LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00597 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA DIAGNOSI E LA CURA DEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    i disturbi dello spettro autistico costituiscono un insieme di alterazioni del neurosviluppo a carattere estremamente eterogeneo che determinano difficoltà nell'interazione sociale reciproca e nella comunicazione, accanto a comportamenti ripetitivi e a interessi insolitamente ristretti (come definito nelle classificazioni «DSM-5» e «ICD-11»);

    ancorché le cause dei disturbi dello spettro autistico siano in parte ancora ignote, la posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, è che non si tratti di una «malattia», bensì di una condizione di neurodiversità o di differente profilo di funzionamento dipendente da uno sviluppo atipico del sistema neurobiologico alla cui insorgenza contribuiscono fattori eziopatogenetici, sia genetici che ambientali, che possono comportare anche complesse compromissioni clinico-organiche, la cui evidenza è supportata da una consolidata documentazione scientifica nazionale ed internazionale; nella generalità dei casi, i disturbi in questione si manifestano precocemente, entro i primi tre anni di vita, ma l'evoluzione del pensiero scientifico, come ripresa anche nell'ambito del Dsm-5, considera la possibilità che i sintomi vengano riconosciuti successivamente, oltre i primi tre anni, a seconda del rapporto intercorrente tra esigenze sociali e capacità;

    i disturbi dello spettro autistico determinano caratteristiche molto differenti alle quali possono essere associate compromissioni che comportano livelli di autosufficienza variabili e, conseguentemente, carichi assistenziali da minimi a estremamente complessi, che determinano l'esigenza di un supporto costante e molto elevato e che, proprio a causa della grande variabilità all'interno dello spettro, necessita di interventi mirati, appropriati e, soprattutto, personalizzati;

    da studi e indagini è emersa un'incidenza della sindrome da autismo molto elevata sulla popolazione: il Center for disease control di Atlanta ha stimato un'incidenza di nuovi nati con disturbo dello spettro autistico negli Usa pari a 1 ogni 54 persone (Cdc, 2016); peraltro, le ultime e più recenti stime del Cdc – Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta hanno registrato un dato ancora superiore, pari a 1 bambino su 44, con un ulteriore incremento rispetto alle precedenti rilevazioni, a conferma di una tendenza in aumento che non si è ancora assestata definitivamente; mentre in Europa, un più recente studio, condotto da Autisme Europe, prendendo in esame diversi Stati europei, ha stimato una incidenza pari a 1 su 89 nuovi nati (Asdeu, 2018);

    quanto al nostro Paese – come denunciato dalle associazioni rappresentative per i diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico – non vi sono purtroppo strumenti di raccolta dati in materia, né studi epidemiologici condotti su scala nazionale. Pertanto, gli unici dati attualmente disponibili in Italia sono il frutto di deduzioni, a partire dai sopra citati studi internazionali, nonché di proiezioni statistiche che si innestano su ricerche condotte in alcune realtà territoriali italiane; sulla base di tali proiezioni, in Italia, si stima che l'incidenza sia di 1:77 persone nate (dati Italia – Iss 2019) e che i disturbi dello spettro autistico abbiano una prevalenza di almeno uno su 100 e che riguardino all'incirca 600.000 famiglie;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione a elevato costo sanitario e impatto sociale, con riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, negli ultimi dieci anni il numero dei pazienti seguiti dai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è quasi raddoppiato, mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10 per cento) (e la pandemia da COVID-19 ha messo ancora più in crisi i servizi di neuropsichiatria infantile), costringendo le famiglie a dover ricorrere sempre di più al settore privato, con costi rilevanti che, ancor più in tempi di crisi economica, sono sempre meno in grado di sostenere;

    dal suddetto rapporto emerge, altresì, che l'Italia ha buoni modelli, normative e linee di indirizzo, ma assai poco applicati e con ampie diseguaglianze tra una regione e l'altra. Lo stanziamento di risorse continua ad essere insufficiente per garantire alle aziende sanitarie locali e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero che, in alcuni ambiti, appare addirittura in significativa diminuzione. Continuano ad esservi realtà in cui mancano gli stessi servizi territoriali o il personale è gravemente insufficiente o non si dispone di tutte le figure multidisciplinari necessarie per i percorsi terapeutici; tuttavia, nonostante le risorse ancora insufficienti, regioni virtuose hanno implementato, già da diverso tempo, una rete funzionale di servizi per la diagnosi, la cura e la presa in carico globale della persona con disturbi dello spettro autistico, coerente con le linee di indirizzo approvate dalla Conferenza unificata nell'anno 2018;

    la comunità scientifica ha affermato, altresì, che la diagnosi precoce (entro i primissimi anni di vita) e un trattamento «evidence based» mirato, tempestivo, intensivo e continuativo possano ridurre considerevolmente quelle disabilità funzionali e comportamentali proprie dei disturbi dello spettro autistico;

    anche se molti bambini con disturbi dello spettro autistico vengono diagnosticati dopo i tre anni, molti bambini presentano i primi segnali già intorno ai dodici mesi. I primi a comparire sono i segni che riguardano aspetti comunicativi e sociali, come l'assenza di contatto oculare, la mancata comparsa di alcuni gesti comunicativi e la mancata risposta al nome. Durante la prima infanzia emergono inoltre anomalie nel comportamento di gioco e, nei bambini che sviluppano abilità verbali, anomalie nell'uso del linguaggio, come l'utilizzo di ecolalia, inversione pronominale e linguaggio idiosincratico. Per questo, diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita dell'intero nucleo familiare. Di solito, invece, la diagnosi si fa intorno ai cinque anni, con circa tre anni di ritardo rispetto ai primi dubbi dei genitori. Sarebbe un grande risultato se una maggiore consapevolezza del problema suggerisse ai genitori di porre il quesito ai medici entro i diciotto mesi per giungere a una diagnosi entro i due anni. A questo obiettivo potrebbero contribuire anche i pediatri di libera scelta osservando i segnali di rischio di disturbo dello spettro autistico, inviando i piccoli pazienti tempestivamente e con accesso prioritario ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza per la conferma diagnostica;

    un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi e di servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema, ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un vero e proprio atto di indirizzo;

    come sottolineato dal mondo dell'associazionismo, infatti, uno dei momenti più delicati della vita delle persone con disturbi dello spettro autistico riguarda proprio il passaggio dalla scuola all'età adulta: al fine di scongiurare il riprodursi di situazioni di abbandono, isolamento e istituzionalizzazione, occorre quindi porre in essere programmi educativi e didattici di qualità e personalizzati, nonché potenziare i tirocini e i progetti di alternanza scuola-lavoro e di formazione professionale, con il supporto di professionisti adeguatamente formati in materia di disturbi dello spettro autistico;

    a tal fine, è necessario operare una distinzione tra gestione emergenziale dei disturbi dello spettro autistico e progetto personalizzato di vita: mentre la prima, come previsto dai livelli essenziali di assistenza, vede la presa in carico da parte dei servizi sanitari per la gestione delle acuzie – presa in carico che deve durare per il tempo strettamente necessario alla remissione dell'emergenza –, il progetto personalizzato di vita, al contrario, deve necessariamente accompagnare la persona con disturbi dello spettro autistico per tutto l'arco della vita, al fine di autonomizzarla: emerge così la necessità di un approccio non squisitamente medico-clinico, bensì di natura socio-sanitaria;

    una prima risposta concreta di tutela e sensibilizzazione a livello legislativo nazionale si è avuta con la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante «disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», entrata in vigore il 12 settembre 2015 come prima legge nazionale sull'autismo, che prevede l'inserimento dei trattamenti per l'autismo nei livelli essenziali di assistenza (Lea), l'aggiornamento delle linee guida per la prevenzione, la diagnosi e la cura, la necessità di un efficace coordinamento tra le diverse strutture che hanno in carico persone la cui diagnosi rientra nell'ambito delle condizioni del neurosviluppo;

    la suddetta legge prevede altresì l'adeguamento, da parte delle regioni, dei servizi di assistenza sanitaria e l'individuazione di percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

    la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) ha poi istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per la cura dei soggetti con disturbi dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro all'anno, incrementati di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018); da ultimo, la dotazione del suddetto Fondo è stata incrementata di 27 milioni di euro per l'anno 2022, al fine di favorire iniziative e progetti di carattere socioassistenziale e abilitativo per le persone con disturbo dello spettro autistico (articolo 1, commi 181-182, legge 30 dicembre 2021, n. 234, legge di bilancio per l'anno 2022);

    un'altra risposta alle persone con disabilità grave è giunta con l'approvazione della legge 22 giugno 2016, n. 112, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare; tale legge ha istituito un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave per attivare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità e per realizzare interventi innovativi di residenzialità e programmi di empowerment, abilitazione e sviluppo delle competenze necessarie alla gestione del quotidiano, con l'importante obiettivo per le persone con disabilità di una vita il più possibile autonoma;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ha recepito, all'articolo 60, le disposizioni della legge n. 134 del 2015, prevedendo peraltro che il Servizio sanitario nazionale «garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico specifiche prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»; nel decreto l'autismo rientra nell'elenco individuato all'allegato 8 (basato sull'ormai superato ICD 9), cui fa rinvio l'articolo 53 che garantisce il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per le persone affette da malattie croniche e invalidanti; più nello specifico, il disturbo autistico è fatto rientrare (erroneamente) fra le condizioni di psicosi per le quali lo stesso allegato 8 riporta l'elenco delle prestazioni sanitarie (tra cui visite e sedute psicoterapiche, dosaggi di farmaci, esami clinici, eccetera) in esenzione dalla partecipazione al costo per i soggetti interessati;

    il 10 maggio 2018 la Conferenza unificata ha approvato, infine, l'intesa sul documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico» secondo il quale il Ministero della salute in collaborazione con il Gruppo tecnico interregionale salute mentale (Gism) ha condotto una valutazione sul recepimento delle precedenti linee d'indirizzo (del 2012), dalla quale è emerso un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale;

    proprio come conseguenza del «modesto» recepimento delle linee d'indirizzo del 2012, l'intesa medesima ha ribadito quanto previsto all'articolo 4 della legge n. 134 del 2015, ossia che l'attuazione delle linee d'indirizzo, come aggiornate, costituisce adempimento ai fini della verifica del comitato permanente per la verifica dei Lea;

    vieppiù nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obiettivo di redigere, attraverso il Servizio sanitario nazionale, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato e a creare una rete di sostegno e assistenza per i familiari e caregiver nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari), al fine di offrire un insieme di risposte mirate ai bisogni di natura abilitativa ed educativa e garantire altresì livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale;

    come dimostrano i risultati dei trattamenti scientifici evidence based, di cui alla linea guida n. 21 dell'Istituto superiore di sanità, i trattamenti elettivi in materia di autismo sono soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale, di stretta integrazione socio-sanitaria, presupposto imprescindibile per attuare i progetti di vita indipendente, realizzare la progressiva deistituzionalizzazione e prevenire nuove future istituzionalizzazioni di persone con disturbi dello spettro autistico (nel rispetto dell'articolo 19 della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, dell'articolo 8 della legge n. 104 del 1992, delle missioni 5 e 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dell'articolo 2, comma 2, lettera c), n. 12, della legge n. 227 del 2021, «Delega al Governo in materia di disabilità», i cui decreti attuativi devono ancora essere adottati);

    ad oggi gli interventi psicoeducativi per i disturbi dello spettro autistico, validati da evidenze empiriche e di letteratura, fanno riferimento a una cornice teorica di stampo cognitivo-comportamentale, finalizzati a modificare il comportamento generale per renderlo funzionale ai compiti della vita di ogni giorno (alimentazione, igiene personale, capacità di vestirsi). La maggior parte di questi interventi si basano sulla tecnica ABA per l'autismo (Applied Behavioural Analysis). Il metodo ABA, in italiano «Analisi del comportamento applicata», si basa sull'uso della scienza del comportamento per la modifica di atteggiamenti socialmente significativi. Il punto di partenza è che ogni comportamento è scomponibile ed è caratterizzato da una causa antecedente ed una conseguenza, entrambi controllabili attraverso un'attenta analisi degli stessi ed un loro addestramento;

    l'onerosità del trattamento ABA è tale per cui le famiglie si trovano in maggiore difficoltà dovendo sopportare il costo senza nessun aiuto, in quanto il Servizio sanitario nazionale, attualmente, non riconosce questa cura come necessaria e indispensabile ai soggetti richiedenti;

    al progredire delle conoscenze in campo scientifico e clinico e all'aumento dell'attenzione posta dal legislatore nei confronti dell'autismo negli ultimi anni, non sempre hanno fatto seguito adeguati stanziamenti, né è sempre corrisposto un aumento della capacità di un'adeguata presa in carico da parte delle istituzioni dei bisogni complessi e crescenti legati all'autismo tanto che si sono spesso etichettate come «invisibili» le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, sulle quali ricade quasi per intero l'onere dell'assistenza, con il conseguente impoverimento sociale, relazionale ed economico;

    ciò è stato reso ancor più evidente dall'impatto prodotto dalle restrizioni imposte dalla pandemia da COVID-19, che ha comportato – a causa dell'interruzione dei servizi socio-sanitari e di assistenza e dell'estrema difficoltà da parte degli studenti con disturbi dello spettro autistico di frequentare la scuola in presenza, quanto meno in «prima ondata», nonché di aver accesso alla didattica a distanza e integrata in maniera rispondente ai loro bisogni — un aumento dei casi di acuzie e post-acuzie, nonché un ulteriore aumento del carico di cura sui familiari delle persone con disturbi dello spettro autistico, sui quali già in via ordinaria spesso grava tale assistenza quasi in via esclusiva, a causa della scarsità di servizi adeguati nei diversi territori;

    pertanto, nonostante gli importanti passi in avanti fatti grazie alla legge approvata nel corso della XVII legislatura e alle citate leggi e decreti successivi, è ancora necessario dare attuazione alle linee guida e garantire un'attuazione della normativa nazionale uniforme e tempestiva, assicurando una maggiore omogeneità di trattamento in tutte le regioni con un'attenzione che non sia limitata al solo piano clinico-sanitario, ma che si basi su una reale e paritaria integrazione tra ambito medico e sociale, come richiesto dalla Classificazione ICF dell'Oms, recepita anche dalla Convenzione delle Nazioni Unite;

    la famiglia continua oggi a essere spesso la forma di welfare su cui grava il maggiore peso psicologico della difficile fragilità che ci si trova a dover affrontare quando ci siano persone con disturbi dello spettro autistico, bambini, adolescenti e adulti, ma anche economico, posto che è la famiglia che si trova sempre più spesso a gestire in solitudine, con rilevanti oneri, il familiare con disturbo dello spettro autistico;

    oltre a ciò, spesso le famiglie non sono a conoscenza di tutti i servizi presenti sul territorio, a causa di una «frammentazione» degli stessi e della scarsità, della eterogeneità e della pluralità dei canali informativi in materia di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico;

    è necessario pertanto arrivare ad una presa in carico omogenea su tutto il territorio nazionale della persona autistica e della sua famiglia, con azioni finalizzate a garantire una vita migliore per le persone autistiche, indipendentemente dalla condizione di partenza;

    è importante, inoltre, che la progettualità abbia una regia nel case manager, che attraverso un intervento a rete coinvolga l'insieme delle figure necessarie a portare avanti il progetto individuale in modo specifico per la persona e per la fase dell'età e a tal fine occorre potenziare i servizi pubblici sanitari e sociali, rafforzare l'integrazione con i servizi socioassistenziali di comuni e consorzi, nonché creare delle interazioni con il mondo della scuola, del terzo settore e dell'inserimento lavorativo;

    va rilevato che costituisce un'esigenza inderogabile anche la definizione di interventi di sostegno ai caregiver familiari commisurato al lavoro di cura, promuovendo anche servizi di assistenza e supporto al genitori e ai fratelli-sorelle di persona con disabilità (siblings) per affrontare nel modo migliore la diagnosi e il percorso di vita del proprio congiunto disabile, in special modo nei casi in cui la condizione comporti un carico assistenziale gravoso e un importante impatto dal punto di vista psicologico e dell'organizzazione della vita quotidiana,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica coordinata a livello nazionale che, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, promuova studi e ricerche finalizzati a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati e il monitoraggio delle traiettorie di sviluppo e della presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico, nonché il censimento delle buone pratiche terapeutiche, di inserimento lavorativo ed educative dedicate a questo tema;

2) ad adottare iniziative di competenza volte a favorire il potenziamento, in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e dei dipartimenti di salute mentale, al fine di assicurare, anche con la creazione di poli ad alta specializzazione, distinti per minori e per adulti e articolati secondo modelli hub and spoke, diagnosi e trattamenti accurati, precoci, tempestivi e completi, l'istituzione di équipe multidisciplinari e interdisciplinari idonee a consentire la stretta integrazione tra componente sanitaria, sociale ed educativa e una presa in carico adeguata attraverso il modello bio-psico-sociale nelle diverse età della vita, così da evitare i casi di acuzie e post acuzie, aumentati e amplificati in modo preoccupante durante il periodo della pandemia da COVID-19;

3) a promuovere il coordinamento della progettualità attraverso la figura del case manager, al fine di assicurare una valutazione complessiva dei bisogni dell'assistito e del relativo nucleo familiare, un'adeguata pianificazione dei supporti necessari, la continuità della presa in carico e la messa in rete delle figure professionali afferenti all'ambito sanitario, sociale, scolastico e/o lavorativo;

4) ad assumere iniziative per incrementare in maniera strutturale, possibilmente entro il prossimo disegno di legge di bilancio, la dotazione del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare di cui all'articolo 3 della legge 22 giugno 2016, n. 112;

5) ad adottare iniziative di competenza per garantire sull'intero territorio nazionale in tutti gli ospedali, ivi inclusi i pronto soccorso, e nelle case di cura, da allestire e potenziare coi fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, percorsi dedicati con personale formato a gestire le persone con disturbi dello spettro autistico complessi e, in generale, le persone non collaboranti e/o non autosufficienti per le cure mediche e le indagini cliniche, prendendo spunto dalla Rete D.a.m.a. – Disabled Advanced Medical Assistance, prevedendo, per tali percorsi, la presenza del caregiver familiare e/o dell'assistente domiciliare e/o dell'educatore operatore e/o assistente alla comunicazione dedicato;

6) ad adottare iniziative per definire, in attuazione dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 10 maggio 2018, nell'ambito della stipula del nuovo patto per la salute 2019-2021, di cui all'articolo 1, comma 516, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia dei puntuali adempimenti delle linee di indirizzo su tutto il territorio nazionale, a valere come obiettivo strategico del Servizio sanitario nazionale, per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico;

7) ad adottare iniziative affinché, facendo esclusivo riferimento ai trattamenti cosiddetti «evidence based», che hanno cioè ricevuto validazione da parte della comunità scientifica internazionale, da un lato, sia riveduta la definizione di autismo del Dsm 5, che è stato incluso tra le psicosi nell'allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, prevedendone invece l'inserimento all'interno dei disordini dei neuro-sviluppo con conseguente aggiornamento dei Lea e, dall'altro lato, sia assicurato un puntuale aggiornamento e la successiva piena applicazione della Linea guida 21 sui disturbi dello spettro autistico in età evolutiva dell'Istituto superiore di sanità e al contempo l'elaborazione delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, ai sensi dalla legge n. 134 del 2015, e del decreto ministeriale 30 dicembre 2016, nonché l'adozione del protocollo di sorveglianza evolutiva sviluppato dall'Istituto superiore di sanità e dalle principali sigle professionali e scientifiche della pediatria, neuropsichiatria infantile e neonatologia, per un efficace coordinamento tra pediatri di base e personale che lavora negli asili nido, neonatologie e unità di neuropsichiatria infantile, al fine di intercettare precocemente l'emergere di anomalie comportamentali in bambini ad alto rischio e nella popolazione generale e per fornire una diagnosi provvisoria a 18 mesi e una diagnosi stabile a 24 mesi di età;

8) a garantire che le raccomandazioni delle linee guida sulle terapie sull'autismo di prossima pubblicazione dell'Istituto superiore di sanità vengano approvate nel più breve tempo possibile e ad adottare iniziative per assicurare, inoltre, l'accessibilità, in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, attraverso il Servizio sanitario nazionale, ove scientificamente validate, alle terapie, anche comportamentali, e ai percorsi assistenziali, riabilitativi, educativi, sociali;

9) ad adottare le iniziative di competenza per promuovere un adeguamento delle competenze in psichiatria nel trattamento di persone nello spettro autistico, nonché iniziative di formazione di tutte le figure professionali coinvolte nella presa in carico attraverso il modello bio-psico-sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico adulte, anche al fine di evitare un abuso di farmacoterapia e diagnosi errate, adottando iniziative, di concerto con le regioni e le università, per assicurare un'adeguata programmazione del fabbisogno di neuropsichiatri infantili, psicologi dell'età evolutiva, fisioterapisti, terapisti della neuro psicomotricità dell'età evolutiva, logopedisti, educatori professionali e assistenti sociali, al fine di garantire la completezza e il corretto funzionamento delle equipe multidisciplinari anche in situazioni emergenziali;

10) ad adottare le iniziative di competenza per sostenere e migliorare l'assistenza domiciliare da parte dei servizi assistenziali, riabilitativi e sociali della persona con disturbi dello spettro autistico, anche nelle forme più gravi, e della sua famiglia, anche attraverso il budget di salute, promuovendo e incrementando, per quanto di competenza su tutto il territorio nazionale, la realizzazione e l'attivazione di servizi territoriali adeguati e capillari affinché ogni persona possa trovare assistenza all'interno della propria regione, nonché sostegni economici, psicologici e di sollievo alle famiglie, valutando altresì, a tal fine, l'opportunità di garantire i Lep (livelli essenziali delle prestazioni) che integrano gli interventi socio-sanitari con quelli socio-assistenziali (legge n. 328 del 2000);

11) ad adottare le iniziative di competenza volte ad assicurare la progressiva deistituzionalizzazione e prevenire la futura istituzionalizzazione delle persone con disabilità, offrendo loro possibilità di vivere nei loro luoghi di residenza, anche in aree rurali, promuovendo – anche attraverso lo snellimento degli iter burocratici e agevolazioni fiscali – la creazione di esperienze di piccole comunità di tipo familiare e modelli di cohousing, villaggi polifunzionali integrati e fattorie sociali polivalenti e dando pratica attuazione al «Progetto di vita» in attuazione della legge n. 328 del 2000, della legge n. 227 del 2021 e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) (Missioni 5 e 6), affinché, a partire dal profilo funzionale della persona, dai bisogni e dalle legittime aspettative nel rispetto della propria autonomia e capacità di autodeterminazione, si individui in coerenza con la Convenzione Onu e la classificazione Icf, quale sia il ventaglio di possibilità, servizi, supporti e sostegni, formali (istituzionali) e informali, che possano permettere alla stessa di migliorare la qualità della propria vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di partecipare alla vita sociale e di avere, laddove possibile, una vita indipendente e di poter vivere in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri;

12) ad adottare iniziative di competenza per implementare i dati epidemiologici e promuovere la digitalizzazione delle diagnosi e dei bisogni, al fine di tracciare una mappa dei servizi, capillarmente distribuiti sul territorio nazionale, a misura delle esigenze e delle prospettive di vita, finalizzando così gli investimenti in funzione non soltanto assistenziale, ma di recupero di un ruolo sociale attivo;

13) ad adottare iniziative per prevedere personale competente nelle scuole, ovvero psicopedagogisti e docenti formati, in materia di spettro autistico, di disturbi del neuro-sviluppo e delle disabilità intellettive, che statisticamente sono più del 70 per cento degli alunni con disabilità e/o con bisogni educativi speciali (Bes), considerato che la formazione del personale scolastico e parascolastico dovrebbe essere multidisciplinare (scienze dell'apprendimento, scienze sociali e altre) e dovrebbe permettere di approfondire gli aspetti sensoriali, i differenti stili relazionali, comunicativi e cognitivi, stabilendo, altresì, percorsi formativi di una nuova classe di educatori-assistenti-tutor-mediatori neuro-culturali per supportare in modo professionale e competente le persone autistiche nell'arco della vita;

14) ad adottare iniziative per garantire percorsi lavorativi per le persone con disturbo dello spettro autistico in virtù della legge n. 68 del 1999 sul collocamento mirato delle persone con disabilità, assicurando l'operatività capillare in tutto il territorio nazionale, nonché l'accessibilità, di strumenti che facilitino l'inserimento nel mercato del lavoro, come la certificazione delle competenze lavorative (di cui al sistema nazionale di certificazione delle competenze previsto dall'articolo 4, comma 58, della legge n. 92 del 2012) e promuovendo l'attivazione di laboratori delle arti e dei mestieri, il rafforzamento dei tirocini e di percorsi di abilitazione e occupazione in raccordo con le istituzioni scolastiche (esempio alternanza scuola-lavoro, percorso duale, tirocini lavorativi di terzo tipo a scopo inclusivo), nonché attraverso la formazione delle aziende e degli operatori del tessuto economico territoriale di riferimento sulle differenti competenze delle persone con disturbo dello spettro autistico;

15) a riconoscere, attraverso un'iniziativa normativa ad hoc, il ruolo fondamentale del caregiver familiare, cioè di colui che molto spesso si occupa a tempo pieno, in totale solitudine, di un familiare con grave disabilità;

16) ad adottare iniziative di competenza, in raccordo con le regioni, per garantire e prevedere, ove non siano già previste, azioni di monitoraggio capillare dei centri diurni e delle strutture assistenziali presenti sul nostro territorio in relazione alla tutela delle persone autistiche, con disabilità e non autosufficienti seguite, nell'ottica di migliorare i criteri per l'accreditamento, anche in chiave di specializzazione rispetto ai bisogni specifici delle persone con disturbi dello spettro autistico e di prevenire situazioni segreganti o la mancata o inadeguata gestione dei programmi psicoeducativi, abilitativi, occupazionali e assistenziali;

17) ad adottare iniziative di competenza per promuovere la partecipazione delle associazioni delle persone autistiche, delle famiglie e dei comitati ai tavoli istituzionali di riferimento e coordinamento e per supportare il mondo associativo, del volontariato e in generale del Terzo settore impegnato nella realizzazione di progetti di vita autonoma volti a realizzare l'inclusione delle persone con disturbi dello spettro autistico, sia sul piano lavorativo, sia sul piano della garanzia della piena accessibilità spazio-temporale (per esempio, della città e dei suoi spazi), anche assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria, mediante, ad esempio, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

18) ad adottare le iniziative normative di competenza volte ad assicurare che, anche in condizioni di emergenza, non si verifichi l'interruzione dei servizi educativi, socio-sanitari e di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, nonché siano poste in essere misure volte a garantire alle prime lo svolgimento di attività – scolastiche, educative o di altra natura – necessarie allo sviluppo delle proprie competenze, ad evitare la regressione delle stesse, nonché situazioni di crisi acuta o post-acuta;

19) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative affinché in ogni polo diagnostico venga istituito un Pua (punto unico di accesso) per fornire alle famiglie e alle persone con disturbo dello spettro autistico tutte le indicazioni relative alle cure e agli interventi psicoeducativi, le indennità, i servizi assistenziali, sanitari, sociali a tutti gli strumenti di supporto disponibili sul territorio, a garantire in ogni caso la conoscenza di tali servizi anche mediante campagne di informazione e a porre in essere iniziative di sensibilizzazione che, alla luce degli studi scientifici evidence based, diffondano informazioni in materia di disturbi dello spettro autistico attendibili, scientificamente fondate e, soprattutto, volte alla promozione di una cultura non stigmatizzante e inclusiva di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico.
(1-00543) (Nuova formulazione) «Villani, Siani, Noja, Bologna, Boldi, Versace, Stumpo, Lapia, Nappi, Barbuto, Manzo, Penna, Bella, Grippa, Del Sesto, Segneri, Melicchio, Lorefice, Del Monaco, Sportiello, Provenza, Federico, Misiti, Ianaro, D'Uva, Grillo, Ricciardi, Ruggiero, Flati, Invidia, Grimaldi, Bonafede, D'Arrando, Barzotti, Ciprini, Olgiati, Tuzi, Sut, Masi, Micillo, Orrico, Spadafora, Sarti, Mammì, Dall'Osso, Carnevali, Lorenzin, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Lepri, Boschi, Rosato, Marco Di Maio, Fregolent, Ungaro, Occhionero, Vitiello, Baldini, Annibali, Bendinelli, Colaninno, Del Barba, Ferri, Gadda, Giachetti, Librandi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Paita, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Paolin, Patelli, Gava, Sutto, Tiramani, Polidori, Bagnasco, Bond, Brambilla, Novelli, Giannone».


   La Camera,

   premesso che:

    i disturbi dello spettro autistico costituiscono un insieme di alterazioni del neurosviluppo a carattere estremamente eterogeneo che determinano difficoltà nell'interazione sociale reciproca e nella comunicazione, accanto a comportamenti ripetitivi e a interessi insolitamente ristretti (come definito nelle classificazioni «DSM-5» e «ICD-11»);

    ancorché le cause dei disturbi dello spettro autistico siano in parte ancora ignote, la posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, è che non si tratti di una «malattia», bensì di una condizione di neurodiversità o di differente profilo di funzionamento dipendente da uno sviluppo atipico del sistema neurobiologico alla cui insorgenza contribuiscono fattori eziopatogenetici, sia genetici che ambientali, che possono comportare anche complesse compromissioni clinico-organiche, la cui evidenza è supportata da una consolidata documentazione scientifica nazionale ed internazionale; nella generalità dei casi, i disturbi in questione si manifestano precocemente, entro i primi tre anni di vita, ma l'evoluzione del pensiero scientifico, come ripresa anche nell'ambito del Dsm-5, considera la possibilità che i sintomi vengano riconosciuti successivamente, oltre i primi tre anni, a seconda del rapporto intercorrente tra esigenze sociali e capacità;

    i disturbi dello spettro autistico determinano caratteristiche molto differenti alle quali possono essere associate compromissioni che comportano livelli di autosufficienza variabili e, conseguentemente, carichi assistenziali da minimi a estremamente complessi, che determinano l'esigenza di un supporto costante e molto elevato e che, proprio a causa della grande variabilità all'interno dello spettro, necessita di interventi mirati, appropriati e, soprattutto, personalizzati;

    da studi e indagini è emersa un'incidenza della sindrome da autismo molto elevata sulla popolazione: il Center for disease control di Atlanta ha stimato un'incidenza di nuovi nati con disturbo dello spettro autistico negli Usa pari a 1 ogni 54 persone (Cdc, 2016); peraltro, le ultime e più recenti stime del Cdc – Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta hanno registrato un dato ancora superiore, pari a 1 bambino su 44, con un ulteriore incremento rispetto alle precedenti rilevazioni, a conferma di una tendenza in aumento che non si è ancora assestata definitivamente; mentre in Europa, un più recente studio, condotto da Autisme Europe, prendendo in esame diversi Stati europei, ha stimato una incidenza pari a 1 su 89 nuovi nati (Asdeu, 2018);

    quanto al nostro Paese – come denunciato dalle associazioni rappresentative per i diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico – non vi sono purtroppo strumenti di raccolta dati in materia, né studi epidemiologici condotti su scala nazionale. Pertanto, gli unici dati attualmente disponibili in Italia sono il frutto di deduzioni, a partire dai sopra citati studi internazionali, nonché di proiezioni statistiche che si innestano su ricerche condotte in alcune realtà territoriali italiane; sulla base di tali proiezioni, in Italia, si stima che l'incidenza sia di 1:77 persone nate (dati Italia – Iss 2019) e che i disturbi dello spettro autistico abbiano una prevalenza di almeno uno su 100 e che riguardino all'incirca 600.000 famiglie;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione a elevato costo sanitario e impatto sociale, con riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, negli ultimi dieci anni il numero dei pazienti seguiti dai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è quasi raddoppiato, mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10 per cento) (e la pandemia da COVID-19 ha messo ancora più in crisi i servizi di neuropsichiatria infantile), costringendo le famiglie a dover ricorrere sempre di più al settore privato, con costi rilevanti che, ancor più in tempi di crisi economica, sono sempre meno in grado di sostenere;

    dal suddetto rapporto emerge, altresì, che l'Italia ha buoni modelli, normative e linee di indirizzo, ma assai poco applicati e con ampie diseguaglianze tra una regione e l'altra. Lo stanziamento di risorse continua ad essere insufficiente per garantire alle aziende sanitarie locali e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero che, in alcuni ambiti, appare addirittura in significativa diminuzione. Continuano ad esservi realtà in cui mancano gli stessi servizi territoriali o il personale è gravemente insufficiente o non si dispone di tutte le figure multidisciplinari necessarie per i percorsi terapeutici; tuttavia, nonostante le risorse ancora insufficienti, regioni virtuose hanno implementato, già da diverso tempo, una rete funzionale di servizi per la diagnosi, la cura e la presa in carico globale della persona con disturbi dello spettro autistico, coerente con le linee di indirizzo approvate dalla Conferenza unificata nell'anno 2018;

    la comunità scientifica ha affermato, altresì, che la diagnosi precoce (entro i primissimi anni di vita) e un trattamento «evidence based» mirato, tempestivo, intensivo e continuativo possano ridurre considerevolmente quelle disabilità funzionali e comportamentali proprie dei disturbi dello spettro autistico;

    anche se molti bambini con disturbi dello spettro autistico vengono diagnosticati dopo i tre anni, molti bambini presentano i primi segnali già intorno ai dodici mesi. I primi a comparire sono i segni che riguardano aspetti comunicativi e sociali, come l'assenza di contatto oculare, la mancata comparsa di alcuni gesti comunicativi e la mancata risposta al nome. Durante la prima infanzia emergono inoltre anomalie nel comportamento di gioco e, nei bambini che sviluppano abilità verbali, anomalie nell'uso del linguaggio, come l'utilizzo di ecolalia, inversione pronominale e linguaggio idiosincratico. Per questo, diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita dell'intero nucleo familiare. Di solito, invece, la diagnosi si fa intorno ai cinque anni, con circa tre anni di ritardo rispetto ai primi dubbi dei genitori. Sarebbe un grande risultato se una maggiore consapevolezza del problema suggerisse ai genitori di porre il quesito ai medici entro i diciotto mesi per giungere a una diagnosi entro i due anni. A questo obiettivo potrebbero contribuire anche i pediatri di libera scelta osservando i segnali di rischio di disturbo dello spettro autistico, inviando i piccoli pazienti tempestivamente e con accesso prioritario ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza per la conferma diagnostica;

    un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi e di servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema, ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un vero e proprio atto di indirizzo;

    come sottolineato dal mondo dell'associazionismo, infatti, uno dei momenti più delicati della vita delle persone con disturbi dello spettro autistico riguarda proprio il passaggio dalla scuola all'età adulta: al fine di scongiurare il riprodursi di situazioni di abbandono, isolamento e istituzionalizzazione, occorre quindi porre in essere programmi educativi e didattici di qualità e personalizzati, nonché potenziare i tirocini e i progetti di alternanza scuola-lavoro e di formazione professionale, con il supporto di professionisti adeguatamente formati in materia di disturbi dello spettro autistico;

    a tal fine, è necessario operare una distinzione tra gestione emergenziale dei disturbi dello spettro autistico e progetto personalizzato di vita: mentre la prima, come previsto dai livelli essenziali di assistenza, vede la presa in carico da parte dei servizi sanitari per la gestione delle acuzie – presa in carico che deve durare per il tempo strettamente necessario alla remissione dell'emergenza –, il progetto personalizzato di vita, al contrario, deve necessariamente accompagnare la persona con disturbi dello spettro autistico per tutto l'arco della vita, al fine di autonomizzarla: emerge così la necessità di un approccio non squisitamente medico-clinico, bensì di natura socio-sanitaria;

    una prima risposta concreta di tutela e sensibilizzazione a livello legislativo nazionale si è avuta con la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante «disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», entrata in vigore il 12 settembre 2015 come prima legge nazionale sull'autismo, che prevede l'inserimento dei trattamenti per l'autismo nei livelli essenziali di assistenza (Lea), l'aggiornamento delle linee guida per la prevenzione, la diagnosi e la cura, la necessità di un efficace coordinamento tra le diverse strutture che hanno in carico persone la cui diagnosi rientra nell'ambito delle condizioni del neurosviluppo;

    la suddetta legge prevede altresì l'adeguamento, da parte delle regioni, dei servizi di assistenza sanitaria e l'individuazione di percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

    la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) ha poi istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per la cura dei soggetti con disturbi dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro all'anno, incrementati di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018); da ultimo, la dotazione del suddetto Fondo è stata incrementata di 27 milioni di euro per l'anno 2022, al fine di favorire iniziative e progetti di carattere socioassistenziale e abilitativo per le persone con disturbo dello spettro autistico (articolo 1, commi 181-182, legge 30 dicembre 2021, n. 234, legge di bilancio per l'anno 2022);

    un'altra risposta alle persone con disabilità grave è giunta con l'approvazione della legge 22 giugno 2016, n. 112, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare; tale legge ha istituito un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave per attivare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità e per realizzare interventi innovativi di residenzialità e programmi di empowerment, abilitazione e sviluppo delle competenze necessarie alla gestione del quotidiano, con l'importante obiettivo per le persone con disabilità di una vita il più possibile autonoma;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ha recepito, all'articolo 60, le disposizioni della legge n. 134 del 2015, prevedendo peraltro che il Servizio sanitario nazionale «garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico specifiche prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»; nel decreto l'autismo rientra nell'elenco individuato all'allegato 8 (basato sull'ormai superato ICD 9), cui fa rinvio l'articolo 53 che garantisce il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per le persone affette da malattie croniche e invalidanti; più nello specifico, il disturbo autistico è fatto rientrare (erroneamente) fra le condizioni di psicosi per le quali lo stesso allegato 8 riporta l'elenco delle prestazioni sanitarie (tra cui visite e sedute psicoterapiche, dosaggi di farmaci, esami clinici, eccetera) in esenzione dalla partecipazione al costo per i soggetti interessati;

    il 10 maggio 2018 la Conferenza unificata ha approvato, infine, l'intesa sul documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico» secondo il quale il Ministero della salute in collaborazione con il Gruppo tecnico interregionale salute mentale (Gism) ha condotto una valutazione sul recepimento delle precedenti linee d'indirizzo (del 2012), dalla quale è emerso un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale;

    proprio come conseguenza del «modesto» recepimento delle linee d'indirizzo del 2012, l'intesa medesima ha ribadito quanto previsto all'articolo 4 della legge n. 134 del 2015, ossia che l'attuazione delle linee d'indirizzo, come aggiornate, costituisce adempimento ai fini della verifica del comitato permanente per la verifica dei Lea;

    vieppiù nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obiettivo di redigere, attraverso il Servizio sanitario nazionale, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato e a creare una rete di sostegno e assistenza per i familiari e caregiver nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari), al fine di offrire un insieme di risposte mirate ai bisogni di natura abilitativa ed educativa e garantire altresì livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale;

    come dimostrano i risultati dei trattamenti scientifici evidence based, di cui alla linea guida n. 21 dell'Istituto superiore di sanità, i trattamenti elettivi in materia di autismo sono soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale, di stretta integrazione socio-sanitaria, presupposto imprescindibile per attuare i progetti di vita indipendente, realizzare la progressiva deistituzionalizzazione e prevenire nuove future istituzionalizzazioni di persone con disturbi dello spettro autistico (nel rispetto dell'articolo 19 della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, dell'articolo 8 della legge n. 104 del 1992, delle missioni 5 e 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dell'articolo 2, comma 2, lettera c), n. 12, della legge n. 227 del 2021, «Delega al Governo in materia di disabilità», i cui decreti attuativi devono ancora essere adottati);

    ad oggi gli interventi psicoeducativi per i disturbi dello spettro autistico, validati da evidenze empiriche e di letteratura, fanno riferimento a una cornice teorica di stampo cognitivo-comportamentale, finalizzati a modificare il comportamento generale per renderlo funzionale ai compiti della vita di ogni giorno (alimentazione, igiene personale, capacità di vestirsi). La maggior parte di questi interventi si basano sulla tecnica ABA per l'autismo (Applied Behavioural Analysis). Il metodo ABA, in italiano «Analisi del comportamento applicata», si basa sull'uso della scienza del comportamento per la modifica di atteggiamenti socialmente significativi. Il punto di partenza è che ogni comportamento è scomponibile ed è caratterizzato da una causa antecedente ed una conseguenza, entrambi controllabili attraverso un'attenta analisi degli stessi ed un loro addestramento;

    l'onerosità del trattamento ABA è tale per cui le famiglie si trovano in maggiore difficoltà dovendo sopportare il costo senza nessun aiuto, in quanto il Servizio sanitario nazionale, attualmente, non riconosce questa cura come necessaria e indispensabile ai soggetti richiedenti;

    al progredire delle conoscenze in campo scientifico e clinico e all'aumento dell'attenzione posta dal legislatore nei confronti dell'autismo negli ultimi anni, non sempre hanno fatto seguito adeguati stanziamenti, né è sempre corrisposto un aumento della capacità di un'adeguata presa in carico da parte delle istituzioni dei bisogni complessi e crescenti legati all'autismo tanto che si sono spesso etichettate come «invisibili» le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, sulle quali ricade quasi per intero l'onere dell'assistenza, con il conseguente impoverimento sociale, relazionale ed economico;

    ciò è stato reso ancor più evidente dall'impatto prodotto dalle restrizioni imposte dalla pandemia da COVID-19, che ha comportato – a causa dell'interruzione dei servizi socio-sanitari e di assistenza e dell'estrema difficoltà da parte degli studenti con disturbi dello spettro autistico di frequentare la scuola in presenza, quanto meno in «prima ondata», nonché di aver accesso alla didattica a distanza e integrata in maniera rispondente ai loro bisogni — un aumento dei casi di acuzie e post-acuzie, nonché un ulteriore aumento del carico di cura sui familiari delle persone con disturbi dello spettro autistico, sui quali già in via ordinaria spesso grava tale assistenza quasi in via esclusiva, a causa della scarsità di servizi adeguati nei diversi territori;

    pertanto, nonostante gli importanti passi in avanti fatti grazie alla legge approvata nel corso della XVII legislatura e alle citate leggi e decreti successivi, è ancora necessario dare attuazione alle linee guida e garantire un'attuazione della normativa nazionale uniforme e tempestiva, assicurando una maggiore omogeneità di trattamento in tutte le regioni con un'attenzione che non sia limitata al solo piano clinico-sanitario, ma che si basi su una reale e paritaria integrazione tra ambito medico e sociale, come richiesto dalla Classificazione ICF dell'Oms, recepita anche dalla Convenzione delle Nazioni Unite;

    la famiglia continua oggi a essere spesso la forma di welfare su cui grava il maggiore peso psicologico della difficile fragilità che ci si trova a dover affrontare quando ci siano persone con disturbi dello spettro autistico, bambini, adolescenti e adulti, ma anche economico, posto che è la famiglia che si trova sempre più spesso a gestire in solitudine, con rilevanti oneri, il familiare con disturbo dello spettro autistico;

    oltre a ciò, spesso le famiglie non sono a conoscenza di tutti i servizi presenti sul territorio, a causa di una «frammentazione» degli stessi e della scarsità, della eterogeneità e della pluralità dei canali informativi in materia di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico;

    è necessario pertanto arrivare ad una presa in carico omogenea su tutto il territorio nazionale della persona autistica e della sua famiglia, con azioni finalizzate a garantire una vita migliore per le persone autistiche, indipendentemente dalla condizione di partenza;

    è importante, inoltre, che la progettualità abbia una regia nel case manager, che attraverso un intervento a rete coinvolga l'insieme delle figure necessarie a portare avanti il progetto individuale in modo specifico per la persona e per la fase dell'età e a tal fine occorre potenziare i servizi pubblici sanitari e sociali, rafforzare l'integrazione con i servizi socioassistenziali di comuni e consorzi, nonché creare delle interazioni con il mondo della scuola, del terzo settore e dell'inserimento lavorativo;

    va rilevato che costituisce un'esigenza inderogabile anche la definizione di interventi di sostegno ai caregiver familiari commisurato al lavoro di cura, promuovendo anche servizi di assistenza e supporto al genitori e ai fratelli-sorelle di persona con disabilità (siblings) per affrontare nel modo migliore la diagnosi e il percorso di vita del proprio congiunto disabile, in special modo nei casi in cui la condizione comporti un carico assistenziale gravoso e un importante impatto dal punto di vista psicologico e dell'organizzazione della vita quotidiana,

impegna il Governo:

1) nei limiti delle risorse disponibili, ad attivarsi per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica coordinata a livello nazionale che, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, promuova studi e ricerche finalizzati a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati e il monitoraggio delle traiettorie di sviluppo e della presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico, nonché il censimento delle buone pratiche terapeutiche, di inserimento lavorativo ed educative dedicate a questo tema;

2) ad adottare iniziative di competenza volte a favorire il potenziamento, in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e dei dipartimenti di salute mentale, al fine di assicurare, anche con la creazione di poli ad alta specializzazione, distinti per minori e per adulti e articolati secondo modelli hub and spoke, diagnosi e trattamenti accurati, precoci, tempestivi e completi, l'istituzione di équipe multidisciplinari e interdisciplinari idonee a consentire la stretta integrazione tra componente sanitaria, sociale ed educativa e una presa in carico adeguata attraverso il modello bio-psico-sociale nelle diverse età della vita, così da evitare i casi di acuzie e post acuzie, aumentati e amplificati in modo preoccupante durante il periodo della pandemia da COVID-19;

3) a promuovere il coordinamento della progettualità attraverso la figura del case manager, al fine di assicurare una valutazione complessiva dei bisogni dell'assistito e del relativo nucleo familiare, un'adeguata pianificazione dei supporti necessari, la continuità della presa in carico e la messa in rete delle figure professionali afferenti all'ambito sanitario, sociale, scolastico e/o lavorativo;

4) a valutare la possibilità di assumere iniziative per incrementare in maniera strutturale, possibilmente entro il prossimo disegno di legge di bilancio, la dotazione del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare di cui all'articolo 3 della legge 22 giugno 2016, n. 112;

5) ad adottare iniziative di competenza per garantire sull'intero territorio nazionale in tutti gli ospedali, ivi inclusi i pronto soccorso, e nelle case di cura, da allestire e potenziare coi fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, percorsi dedicati con personale formato a gestire le persone con disturbi dello spettro autistico complessi e, in generale, le persone non collaboranti e/o non autosufficienti per le cure mediche e le indagini cliniche, prendendo spunto dalla Rete D.a.m.a. – Disabled Advanced Medical Assistance, prevedendo, per tali percorsi, la presenza del caregiver familiare e/o dell'assistente domiciliare e/o dell'educatore operatore e/o assistente alla comunicazione dedicato;

6) ad adottare iniziative per definire, in attuazione dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 10 maggio 2018, nell'ambito della stipula del nuovo patto per la salute 2019-2021, di cui all'articolo 1, comma 516, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia dei puntuali adempimenti delle linee di indirizzo su tutto il territorio nazionale, a valere come obiettivo strategico del Servizio sanitario nazionale, per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico;

7) ad adottare iniziative affinché, facendo esclusivo riferimento ai trattamenti cosiddetti «evidence based», che hanno cioè ricevuto validazione da parte della comunità scientifica internazionale, da un lato, sia riveduta la definizione di autismo del Dsm 5, che è stato incluso tra le psicosi nell'allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, prevedendone invece l'inserimento all'interno dei disordini dei neuro-sviluppo con conseguente aggiornamento dei Lea e, dall'altro lato, sia assicurato un puntuale aggiornamento e la successiva piena applicazione della Linea guida 21 sui disturbi dello spettro autistico in età evolutiva dell'Istituto superiore di sanità e al contempo l'elaborazione delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, ai sensi dalla legge n. 134 del 2015, e del decreto ministeriale 30 dicembre 2016, nonché l'adozione del protocollo di sorveglianza evolutiva sviluppato dall'Istituto superiore di sanità e dalle principali sigle professionali e scientifiche della pediatria, neuropsichiatria infantile e neonatologia, per un efficace coordinamento tra pediatri di base e personale che lavora negli asili nido, neonatologie e unità di neuropsichiatria infantile, al fine di intercettare precocemente l'emergere di anomalie comportamentali in bambini ad alto rischio e nella popolazione generale e per fornire una diagnosi provvisoria a 18 mesi e una diagnosi stabile a 24 mesi di età;

8) a garantire che le raccomandazioni delle linee guida sulle terapie sull'autismo di prossima pubblicazione dell'Istituto superiore di sanità vengano approvate nel più breve tempo possibile e ad adottare iniziative per assicurare, inoltre, l'accessibilità, in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, attraverso il Servizio sanitario nazionale, ove scientificamente validate, alle terapie, anche comportamentali, e ai percorsi assistenziali, riabilitativi, educativi, sociali;

9) ad adottare le iniziative di competenza per promuovere un adeguamento delle competenze in psichiatria nel trattamento di persone nello spettro autistico, nonché iniziative di formazione di tutte le figure professionali coinvolte nella presa in carico attraverso il modello bio-psico-sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico adulte, anche al fine di evitare un abuso di farmacoterapia e diagnosi errate, adottando iniziative, di concerto con le regioni e le università, per assicurare un'adeguata programmazione del fabbisogno di neuropsichiatri infantili, psicologi dell'età evolutiva, fisioterapisti, terapisti della neuro psicomotricità dell'età evolutiva, logopedisti, educatori professionali e assistenti sociali, al fine di garantire la completezza e il corretto funzionamento delle equipe multidisciplinari anche in situazioni emergenziali;

10) ad adottare le iniziative di competenza per sostenere, migliorare e implementare l'assistenza domiciliare da parte dei servizi assistenziali, riabilitativi e sociali della persona con disturbi dello spettro autistico, anche nelle forme più gravi, e della sua famiglia, anche attraverso il budget di salute, promuovendo e incrementando, per quanto di competenza su tutto il territorio nazionale, la realizzazione e l'attivazione di servizi territoriali adeguati e capillari affinché ogni persona possa trovare assistenza all'interno della propria regione, nonché sostegni economici, psicologici e di sollievo alle famiglie, valutando altresì, a tal fine, l'opportunità di garantire i Lep (livelli essenziali delle prestazioni) che integrano gli interventi socio-sanitari con quelli socio-assistenziali (legge n. 328 del 2000);

11) nei limiti delle risorse disponibili, ad adottare le iniziative di competenza volte ad assicurare la progressiva deistituzionalizzazione e prevenire la futura istituzionalizzazione delle persone con disabilità, offrendo loro possibilità di vivere nei loro luoghi di residenza, anche in aree rurali, promuovendo – anche attraverso lo snellimento degli iter burocratici e agevolazioni fiscali – la creazione di esperienze di piccole comunità di tipo familiare e modelli di cohousing, villaggi polifunzionali integrati e fattorie sociali polivalenti e dando pratica attuazione al «Progetto di vita» in attuazione della legge n. 328 del 2000, della legge n. 227 del 2021 e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) (Missioni 5 e 6), affinché, a partire dal profilo funzionale della persona, dai bisogni e dalle legittime aspettative nel rispetto della propria autonomia e capacità di autodeterminazione, si individui in coerenza con la Convenzione Onu e la classificazione Icf, quale sia il ventaglio di possibilità, servizi, supporti e sostegni, formali (istituzionali) e informali, che possano permettere alla stessa di migliorare la qualità della propria vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di partecipare alla vita sociale e di avere, laddove possibile, una vita indipendente e di poter vivere in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri;

12) ad adottare iniziative di competenza per implementare i dati epidemiologici e promuovere la digitalizzazione delle diagnosi e dei bisogni, al fine di tracciare una mappa dei servizi, capillarmente distribuiti sul territorio nazionale, a misura delle esigenze e delle prospettive di vita, finalizzando così gli investimenti in funzione non soltanto assistenziale, ma di recupero di un ruolo sociale attivo;

13) ad adottare iniziative per prevedere azioni formative per il personale scolastico in materia di spettro autistico, di disturbi del neuro-sviluppo e delle disabilità intellettive, che statisticamente sono una percentuale rilevante degli alunni con disabilità;

14) ad adottare iniziative per rafforzare le misure atte a garantire percorsi lavorativi per le persone con disturbo dello spettro autistico in virtù della legge n. 68 del 1999 sul collocamento mirato delle persone con disabilità, assicurando l'operatività capillare in tutto il territorio nazionale, nonché l'accessibilità, di strumenti che facilitino l'inserimento nel mercato del lavoro, come la certificazione delle competenze lavorative (di cui al sistema nazionale di certificazione delle competenze previsto dall'articolo 4, comma 58, della legge n. 92 del 2012) e promuovendo l'attivazione di laboratori delle arti e dei mestieri, il rafforzamento dei tirocini e di percorsi di abilitazione e occupazione in raccordo con le istituzioni scolastiche (esempio alternanza scuola-lavoro, percorso duale, tirocini lavorativi di terzo tipo a scopo inclusivo), nonché attraverso la formazione delle aziende e degli operatori del tessuto economico territoriale di riferimento sulle differenti competenze delle persone con disturbo dello spettro autistico;

15) a valutare l'opportunità di riconoscere, attraverso un'iniziativa normativa ad hoc, il ruolo fondamentale del caregiver familiare, cioè di colui che molto spesso si occupa a tempo pieno, in totale solitudine, di un familiare con grave disabilità, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 334, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021) e dalla legge n. 234 del 2021, che ha incrementato la dotazione del fondo dedicato e in coerenza con gli indirizzi del PNRR in materia di disabilità;

16) ad adottare iniziative di competenza, in raccordo con le regioni, per garantire e prevedere, ove non siano già previste, azioni di monitoraggio capillare dei centri diurni e delle strutture assistenziali presenti sul nostro territorio in relazione alla tutela delle persone autistiche, con disabilità e non autosufficienti seguite, nell'ottica di migliorare i criteri per l'accreditamento, anche in chiave di specializzazione rispetto ai bisogni specifici delle persone con disturbi dello spettro autistico e di prevenire situazioni segreganti o la mancata o inadeguata gestione dei programmi psicoeducativi, abilitativi, occupazionali e assistenziali;

17) ad adottare iniziative di competenza per promuovere la partecipazione delle associazioni delle persone autistiche, delle famiglie e dei comitati ai tavoli istituzionali di riferimento e coordinamento e per supportare il mondo associativo, del volontariato e in generale del Terzo settore impegnato nella realizzazione di progetti di vita autonoma volti a realizzare l'inclusione delle persone con disturbi dello spettro autistico, sia sul piano lavorativo, sia sul piano della garanzia della piena accessibilità spazio-temporale (per esempio, della città e dei suoi spazi), anche assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria, mediante, ad esempio, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

18) ad adottare iniziative anche normative di competenza volte ad assicurare che, anche in condizioni di emergenza, non si verifichi l'interruzione dei servizi educativi, socio-sanitari e di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, nonché siano poste in essere misure volte a garantire alle prime lo svolgimento di attività – scolastiche, educative o di altra natura – necessarie allo sviluppo delle proprie competenze, ad evitare la regressione delle stesse, nonché situazioni di crisi acuta o post-acuta;

19) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative affinché in ogni polo diagnostico venga istituito un Pua (punto unico di accesso) per fornire alle famiglie e alle persone con disturbo dello spettro autistico tutte le indicazioni relative alle cure e agli interventi psicoeducativi, le indennità, i servizi assistenziali, sanitari, sociali a tutti gli strumenti di supporto disponibili sul territorio, a garantire in ogni caso la conoscenza di tali servizi anche mediante campagne di informazione e a porre in essere iniziative di sensibilizzazione che, alla luce degli studi scientifici evidence based, diffondano informazioni in materia di disturbi dello spettro autistico attendibili, scientificamente fondate e, soprattutto, volte alla promozione di una cultura non stigmatizzante e inclusiva di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico.
(1-00543) (Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Villani, Siani, Noja, Bologna, Boldi, Versace, Stumpo, Lapia, Nappi, Barbuto, Manzo, Penna, Bella, Grippa, Del Sesto, Segneri, Melicchio, Lorefice, Del Monaco, Sportiello, Provenza, Federico, Misiti, Ianaro, D'Uva, Grillo, Ricciardi, Ruggiero, Flati, Invidia, Grimaldi, Bonafede, D'Arrando, Barzotti, Ciprini, Olgiati, Tuzi, Sut, Masi, Micillo, Orrico, Spadafora, Sarti, Mammì, Dall'Osso, Carnevali, Lorenzin, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Lepri, Boschi, Rosato, Marco Di Maio, Fregolent, Ungaro, Occhionero, Vitiello, Baldini, Annibali, Bendinelli, Colaninno, Del Barba, Ferri, Gadda, Giachetti, Librandi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Paita, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Paolin, Patelli, Gava, Sutto, Tiramani, Polidori, Bagnasco, Bond, Brambilla, Novelli, Giannone, Spena, D'Attis».


   La Camera,

   premesso che:

    il disturbo dello spettro autistico è una condizione che determina difficoltà nell'interazione sociale reciproca e nella comunicazione, accanto a comportamenti ripetitivi e a interessi insolitamente ristretti (come definito nei manuali «DSM-5» e «ICD-11»): la posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, considera l'autismo una condizione dipendente da uno sviluppo atipico del sistema neurobiologico, con esordio nei primi tre anni di vita, alla cui insorgenza contribuiscono fattori eziopatogenetici, sia genetici che ambientali, che possono comportare anche complesse compromissioni clinico-organiche, la cui evidenza è supportata da una consolidata documentazione scientifica nazionale ed internazionale;

    l'autismo determina, tuttavia, caratteristiche molto differenti alle quali possono essere associate compromissioni che comportano livelli di autosufficienza variabili e, conseguentemente, carichi assistenziali da minimi a estremamente complessi, che determinano l'esigenza di un supporto costante e molto elevato e che, proprio a causa della grande variabilità all'interno dello spettro, necessita di interventi in modo mirato, appropriato e, soprattutto, personalizzato;

    da studi e indagini è emersa un'incidenza della sindrome da autismo molto elevata sulla popolazione: 1:54 persone nate (dati USA 2019) e 1:77 (dati Italia – Iss 2019);

    in Italia si stima che il disturbo dello spettro autistico abbia una prevalenza di almeno uno su 100 e che riguardi all'incirca 600.000 famiglie; la condizione, pertanto, richiede interventi terapeutici e socio-assistenziali particolarmente dedicati;

    la comunità scientifica ha affermato, altresì, che la diagnosi precoce (entro i primissimi anni di vita) e un trattamento «evidence based» mirato, tempestivo, intensivo e continuativo possano ridurre considerevolmente quelle disabilità funzionali e comportamentali proprie dei disturbi dello spettro autistico;

    una prima risposta concreta di tutela e sensibilizzazione a livello legislativo nazionale si è avuta con la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante «disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», entrata in vigore il 12 settembre 2015 come prima legge nazionale sull'autismo, che prevede l'inserimento dei trattamenti per l'autismo nei livelli essenziali di assistenza (Lea), l'aggiornamento delle linee guida per la prevenzione, la diagnosi e la cura, la necessità di un efficace coordinamento tra le diverse strutture che hanno in carico soggetti la cui diagnosi rientra nell'ambito delle condizioni del neuro-sviluppo;

    la suddetta legge prevede altresì l'adeguamento, da parte delle regioni, dei servizi di assistenza sanitaria e l'individuazione di percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

    la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) ha poi istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro all'anno, incrementati di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018);

    un'altra risposta alle persone con disabilità grave è giunta con l'approvazione della legge 22 giugno 2016, n. 112, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare; tale legge ha istituito un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave per attivare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità e per realizzare interventi innovativi di residenzialità, con l'importante obiettivo per i disabili di una vita il più possibile autonoma;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ha recepito, all'articolo 60, le disposizioni della legge n. 134 del 2015, prevedendo peraltro che il Servizio sanitario nazionale «garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico specifiche prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»; nel decreto l'autismo rientra nell'elenco individuato all'allegato 8 (basato sull'ormai superato ICD 9), cui fa rinvio l'articolo 53 che garantisce il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per le persone affette da malattie croniche e invalidanti; più nello specifico, il disturbo autistico è fatto rientrare (erroneamente) fra le condizioni di psicosi per le quali lo stesso allegato 8 riporta l'elenco delle prestazioni sanitarie (tra cui visite e sedute psicoterapiche, dosaggi di farmaci, esami clinici, eccetera) in esenzione dalla partecipazione al costo per i soggetti interessati;

    il 10 maggio 2018 la Conferenza unificata ha approvato, infine, l'intesa sul documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico» secondo il quale il Ministero della salute in collaborazione con il Gruppo tecnico interregionale salute mentale (Gism) ha condotto una valutazione sul recepimento delle precedenti linee d'indirizzo (del 2012), dalla quale è emerso un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale;

    proprio come conseguenza del «modesto» recepimento delle linee d'indirizzo del 2012, l'intesa medesima ha ribadito quanto previsto all'articolo 4 della legge n. 134 del 2015, ossia che l'attuazione delle linee d'indirizzo, come aggiornate, costituisce adempimento ai fini della verifica del comitato permanente per la verifica dei Lea inserendo, nel medesimo documento, l'invarianza finanziaria secondo la quale all'attuazione dell'intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

    vieppiù nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obiettivo di redigere, attraverso il Servizio sanitario nazionale, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato e a creare una rete di sostegno e assistenza per i familiari e caregiver nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari), al fine di offrire un insieme di risposte mirate ai bisogni di natura abilitativa ed educativa e garantire altresì livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale;

    al progredire delle conoscenze in campo scientifico e clinico e all'aumento dell'attenzione posta dal legislatore nei confronti dell'autismo negli ultimi anni, non sempre è corrisposto un aumento delle responsabilità delle istituzioni tanto che si sono spesso etichettate come «invisibili» le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, sulle quali ricade quasi per intero l'onere dell'assistenza, con il conseguente impoverimento sociale, relazionale ed economico;

    nonostante gli importanti passi in avanti fatti grazie alla legge approvata nel corso della XVII legislatura e alle citate leggi e decreti successivi è ancora necessario dare attuazione alle linee guida e maggiore omogeneità di trattamento in tutte le regioni;

    la famiglia continua oggi a essere la vera e unica forma di welfare su cui grava il maggiore peso psicologico della difficile fragilità che ci si trova a dover affrontare quando ci siano persone con disturbi dello spettro autistico, bambini, adolescenti e adulti, ma anche economico, posto che è la famiglia che si trova sempre più spesso a gestire in solitudine, con rilevanti oneri, il familiare con disturbo dello spettro autistico;

    è necessario pertanto arrivare ad una presa in carico omogenea su tutto il territorio nazionale della persona autistica e della sua famiglia, con azioni finalizzate a garantire una vita migliore per le persone autistiche, indipendentemente dalla condizione di partenza;

    va rilevato che costituisce un'esigenza inderogabile la definizione dei contributi figurativi relativi a una professione sicuramente assai usurante quale è quella del caregiver familiare. È necessario offrire sostegno economico commisurato al lavoro di cura, servizi territoriali per la persona disabile accudita e per il caregiver familiare, reinserimento lavorativo laddove possibile con servizi sostitutivi e mirati per la persona disabile, pensionamento anticipato; è necessario promuovere servizi di assistenza e supporto ai genitori e ai fratelli-sorelle di persona con disabilità (siblings) per affrontare nel modo migliore la diagnosi e il percorso di vita del proprio congiunto disabile, in special modo nei casi in cui la condizione comporti un carico assistenziale gravoso e un importante impatto dal punto di vista psicologico e dell'organizzazione della vita quotidiana;

    si rileva che, contro le «Raccomandazioni della linea guida per la diagnosi e il trattamento di bambini e adolescenti con disturbo delle spettro autistico», pubblicate dall'Istituto superiore della sanità il 25 febbraio 2021, è pendente un ricorso straordinario al Capo dello Stato ex articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza al fine di prevedere la creazione di poli ad alta specializzazione per una diagnosi accurata e completa attraverso l'istituzione di équipe multidisciplinari e interdisciplinari per una presa in carico attraverso il modello bio-psico-sociale, al fine di evitare l'inadeguatezza della presa in carico delle persone autistiche e delle loro famiglie che determina, e ha troppo spesso determinato, i casi di acuzie e post acuzie, aumentati e amplificati in modo preoccupante durante il periodo della pandemia da Covid-19 anche con i trattamenti sanitari obbligatori;

2) ad adottare iniziative di competenza per garantire percorsi ospedalieri dedicati con personale formato a gestire le persone autistiche complesse e, in generale, le persone non collaboranti e/o non autosufficienti per le cure mediche e le indagini cliniche, prendendo spunto dalla Rete D.a.m.a. – Disabled Advanced Medical Assistance, prevedendo, per tali percorsi, la presenza del caregiver familiare e/o dell'assistente domiciliare e/o dell'educatore operatore dedicato, ed estendendo la rete a tutti gli ospedali del territorio nazionale e alle case di cura territoriali che verranno allestite e potenziate grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) approvato a giugno 2021, da destinare a tal fine;

3) ad adottare iniziative di competenza per prevedere che, anche nei pronto soccorso di tutto il territorio nazionale, siano predisposti percorsi preferenziali dedicati per la cura delle persone autistiche complesse e, in particolare, per le persone non elaboranti e/o non autosufficienti, anche per gestire in modo adeguato gli eventuali casi di acuzie;

4) ad adottare iniziative per definire, in attuazione dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 10 maggio 2018, nell'ambito della stipula del nuovo patto per la salute 2019-2021, di cui all'articolo 1, comma 516, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia dei puntuali adempimenti delle linee di indirizzo su tutto il territorio nazionale, a valere come obiettivo strategico del Servizio sanitario nazionale, per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico;

5) ad adottare iniziative affinché sia perfezionata, con l'ausilio dell'Istituto superiore di sanità, l'elaborazione delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, ai sensi dalla legge n. 134 del 2015, e del decreto ministeriale 30 dicembre 2016, nel più breve tempo possibile;

6) ad adottare le iniziative di competenza per provvedere alle necessità dei centri per l'autismo per gli adulti e per promuovere un adeguamento delle competenze in psichiatria nel trattamento di persone nello spettro autistico, che, attualmente, risultano essere spesso vittime di un abuso ricorrente alla farmacoterapia e di diagnosi errate, considerato altresì che tali centri, in continuità con quelli dell'età evolutiva (disturbi Dsm 5), dovrebbero includere équipe multidisciplinari e interdisciplinari per una presa in carico attraverso il modello bio-psico-sociale;

7) ad adottare le iniziative di competenza per sostenere e migliorare la presa in carico domiciliare da parte dei servizi assistenziali, riabilitativi e sociali della persona con esiti da grave cerebrolesione acquisita (Gca) e della sua famiglia, anche attraverso il budget di salute, promuovendo e incrementando, per quanto di competenza su tutto il territorio nazionale, la realizzazione e l'attivazione di servizi territoriali adeguati e capillari affinché ogni persona possa trovare assistenza all'interno della propria regione, nonché sostegni economici, psicologici e di sollievo alle famiglie, valutando altresì, a tal fine, l'opportunità di garantire i Lep (livelli essenziali delle prestazioni) che integrano gli interventi socio-sanitari con quelli socio-assistenziali (legge n. 328 del 2000);

8) ad adottare le iniziative di competenza per dare pratica attuazione alla legge n. 328 del 2000 sul «Progetto di vita», affinché, a partire dal profilo funzionale della persona, dai bisogni e dalle legittime aspettative nel rispetto della propria autonomia e capacità di autodeterminazione, si individui sulla base del combinato disposto della Convenzione Onu e della classificazione Icf, quale sia il ventaglio di possibilità, servizi, supporti e sostegni, formali (istituzionali) e informali, che possano permettere alla stessa di migliorare la qualità della propria vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di poter partecipare alla vita sociale e di avere, laddove possibile, una vita indipendente e di poter vivere in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri;

9) ad adottare iniziative di competenza per completare il censimento delle persone autistiche, anche promuovendo una digitalizzazione delle diagnosi e dei bisogni, al fine di tracciare una mappa di servizi, capillarmente distribuiti sui territorio nazionale, a misura delle esigenze e delle prospettive di vita, finalizzando così gli investimenti in funzione non soltanto assistenziale, ma di recupero di un ruolo sociale attivo;

10) ad adottare iniziative di competenza per prevedere l'accesso permanente delle associazioni delle persone autistiche, delle famiglie e dei comitati che svolgono attività di indirizzo per supportare la famiglia nella scelta del luogo di cura e nel percorso da avviare, ai tavoli istituzionali di riferimento e coordinamento, promuovendo, altresì, percorsi di fattiva collaborazione tra gli enti, le associazioni del terzo settore, le famiglie e le persone autistiche, per la promozione e realizzazione di progetti e buone prassi che ridisegnino il welfare sociale italiano finalizzato a garantire pari opportunità e prospettive di vita dignitosa e realizzata a ogni persona indipendentemente dalla condizione di partenza;

11) ad adottare iniziative di competenza per prevedere che in ogni polo diagnostico venga istituito un Pua (punto unico di accesso) per fornire alle famiglie e alle persone autistiche tutte le indicazioni relative alle cure e agli interventi psicoeducativi, le indennità, i servizi assistenziali e altre utili informazioni alle quali si ha diritto;

12) ad adottare iniziative per rivedere la definizione di autismo del Dsm 5, che è stato erroneamente inserito nell'allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, che ha aggiornato i Lea tra le psicosi, prevedendo l'inserimento del disturbo dello spettro autistico all'interno dei disordini del neuro-sviluppo, aggiornando, pertanto, i Lea;

13) a riconoscere, attraverso un'iniziativa normativa ad hoc, il ruolo fondamentale del caregiver familiare, cioè di colui che molto spesso si occupa a tempo pieno, in totale solitudine, di un familiare con grave disabilità;

14) ad adottare iniziative per garantire un puntuale aggiornamento della Linea guida 21 sui disturbi dello spettro autistico in età evolutiva dell'Istituto superiore di sanità e il ritiro delle «Raccomandazioni della Linea guida per la diagnosi e il trattamento di bambini e adolescenti con disturbo dello spettro autistico», pubblicate dall'Istituto superiore di sanità il 25 febbraio 2021, che raccomandano antipsicotici di vecchia generazione in età evolutiva;

15) ad adottare iniziative per prevedere personale competente nelle scuole, ovvero docenti formati, in materia di spettro autistico, di disturbi del neuro-sviluppo e delle disabilità intellettive, che statisticamente sono più del 70 per cento degli alunni disabili e/o con bisogni educativi speciali (Bes), considerato che la formazione del personale scolastico e parascolastico dovrebbe essere multidisciplinare (scienze dell'apprendimento, scienze sociali e altre) e dovrebbe permettere di approfondire gli aspetti sensoriali, i differenti stili relazionali, comunicativi e cognitivi, stabilendo, altresì, percorsi formativi di una nuova classe di educatori-assistenti-tutor-mediatori neuro-culturali per supportare in modo professionale e competente le persone autistiche nell'arco della vita;

16) ad adottare iniziative per garantire percorsi lavorativi per le persone autistiche in virtù della legge n. 168 del 1999 sul collocamento mirato delle persone disabili applicata principalmente alle disabilità motorie e assicurandone l'operatività capillare in tutto il territorio nazionale, nonché l'accessibilità, di strumenti che facilitino l'inserimento nel mercato del lavoro, come la certificazione delle competenze lavorative (di cui al sistema nazionale di certificazione delle competenze previsto dall'articolo 4, comma 58, della legge n. 92 del 2012);

17) ad adottare iniziative di competenza, in raccordo con le regioni, per garantire e prevedere azioni di controllo capillare dei centri diurni e delle strutture residenziali presenti sul nostro territorio per verificarne la corretta gestione e tutela delle persone autistiche, disabili e non autosufficienti seguite, atte a verificare e individuare situazioni segreganti, abusi fisici e/o psicologici, mancata o inadeguata gestione dei programmi psicoeducativi, abilitativi, occupazionali e assistenziali;

18) ad adottare iniziative, anche normative, per trasformare gli attuali servizi per le persone disabili in servizi sociali di qualità, in grado di promuovere l'indipendenza delle persone disabili nei loro luoghi di residenza, anche in aree rurali, promuovendo, in luogo dei tradizionali centri diurni, laboratori delle arti e dei mestieri in grado di promuovere attività occupazionali e/o lavorative, posto che occorre favorire e finanziare la creazione di esperienze di piccole comunità di tipo familiare e modelli di cohousing, villaggi polifunzionali integrati e fattorie sociali polivalenti, andando incontro alle scelte individuali delle persone e delle famiglie interessate, anche attraverso lo snellimento degli iter burocratici e prevedendo agevolazioni fiscali.
(1-00543) «Villani, Nappi, Barbuto, Manzo, Penna, Bella, Grippa, Del Sesto, Segneri, Melicchio, Lorefice, Del Monaco, Sportiello, Provenza, Federico, Misiti, Ianaro, D'Uva, Grillo, Ricciardi, Ruggiero, Flati, Invidia, Grimaldi, Bonafede, D'Arrando, Barzotti, Ciprini, Olgiati, Tuzi, Sut, Masi, Micillo, Orrico, Spadafora, Sarti, Mammì, Dall'Osso».


   La Camera,

   premesso che:

    il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzato da esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale, associata a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti (definizione secondo DSM-5 e ICD-11);

    come per altri disturbi del neurosviluppo, si è tutti chiamati a superare il concetto limitato di «malattia» per approdare a quello più attuale di «condizione di neurodiversità», caratterizzata certamente da limiti funzionali, ma anche da importanti opportunità adattive;

    esistono diversi modelli di presa in carico della persona con un disturbo dello spettro autistico (abbreviato in Dsa o Asd, dall'inglese Autism spectrum disorder) – bambino, adolescente e adulto – che poggiano su prove di efficacia di differente solidità, ma i risultati dei numerosi studi condotti negli ultimi anni hanno indicato che la diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita del bambino, dell'adolescente ma anche dei genitori;

    la posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, considera l'autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello e della mente, con esordio nei primi tre anni di vita; si ritiene, inoltre, che i fattori eziopatogenetici siano sia genetici che ambientali. I disturbi dello spettro autistico comportano una disabilità permanente che accompagna il soggetto che ne è affetto per tutta la durata della vita;

    nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato la necessità di redigere, attraverso il sistema nazionale delle linee guida, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a: formulare diagnosi accurate nei bambini e negli adulti, riconoscere i casi e indirizzarli al trattamento, indicare terapie personalizzate a seconda delle caratteristiche individuali della persona, creare una rete di sostegno e assistenza, favorire l'interazione tra medico, paziente e familiari, rendere omogenea tra le regioni la qualità delle cure;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione a elevato costo sanitario e impatto sociale, con riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    gli studi epidemiologici internazionali hanno riportato un incremento generalizzato della prevalenza di disturbi dello spettro autistico, probabilmente dovuto alla maggiore formazione dei medici, alle modifiche dei criteri diagnostici, all'aumentata conoscenza del disturbo da parte della popolazione generale connessa altresì al contesto socio-economico: secondo i dati diffusi dalla comunità scientifica, a livello mondiale, un bambino su 100 presenta un disturbo dello spettro autistico, con una frequenza quattro volte più alta fra i maschi, e in Italia si stima che il problema possa riguardare almeno 500.000 famiglie;

    riguardo alle cause del disturbo dello spettro autistico, esse non sono note. Si può soltanto escludere che ci siano rapporti con le vaccinazioni o con il consumo di alcuni cibi. «La salute mentale è il risultato di interazioni complesse tra genetica, neurobiologia e ambiente – spiega Maurizio Bonati – nella maggior parte dei casi la componente genetica non determina in modo lineare il rischio di malattia, ma implica semplicemente una maggiore sensibilità agli effetti dell'ambiente»;

    la legge n. 134 del 2015 prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico, in conformità a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012, sui bisogni delle persone con autismo;

    la citata legge dispone anche l'aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali e internazionali;

    anche se molti bambini con autismo vengono diagnosticati dopo i tre anni, molti bambini presentano i primi sintomi già intorno ai dodici mesi. I primi a comparire sono i segni che riguardano aspetti comunicativi e sociali, come l'assenza di contatto oculare, la mancata comparsa di alcuni gesti comunicativi e la mancata risposta al nome. Durante la prima infanzia emergono inoltre anomalie nel comportamento di gioco e, nei bambini che sviluppano abilità verbali, anomalie nell'uso del linguaggio, come l'utilizzo di ecolalia, inversione pronominale e linguaggio idiosincratico. Per questo, diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita dell'intero nucleo familiare. Di solito, invece, la diagnosi si fa intorno ai cinque anni, con circa tre anni di ritardo rispetto ai primi dubbi dei genitori. Sarebbe un grande risultato se una maggiore consapevolezza del problema suggerisse ai genitori di porre il quesito ai medici entro i diciotto mesi per giungere a una diagnosi entro i due anni. A questo obiettivo potrebbero contribuire anche i pediatri di libera scelta osservando i segnali di rischio di disturbo dello spettro autistico, inviando i piccoli pazienti tempestivamente e con accesso prioritario ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza per la conferma diagnostica;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, al comma 1 dell'articolo 60 recita: «Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale, alle persone con disturbi dello spettro autistico, garantisce le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    il comma 2 dell'articolo 60 del suddetto decreto dispone espressamente: «Ai sensi dell'articolo 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale»;

    alla luce di tale disposizione, il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata ha approvato il documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico»;

    il suddetto atto della Conferenza unificata, tuttavia, ha squalificato, di fatto, la legge 18 agosto 2015, n. 134, e l'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, inserendo la seguente clausola: «All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica»;

    in ragione di ciò, i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendone di fatto difficile la piena attuazione;

    i predetti limiti, altresì, rendono inattuabile un ulteriore obbligo sancito dalla legge n. 134 del 2015, relativo all'istituzione di residenze specifiche per l'autismo o con operatori specializzati per l'autismo;

    nel documento approvato in sede di Conferenza unificata si dispone, peraltro, la definizione di équipe specialistiche multidisciplinari, nell'ambito della neuropsichiatria infantile, sempre senza maggiori e nuovi oneri per la finanza pubblica, seppure attualmente le risorse economiche siano insufficienti e tali da poter garantire l'accesso a meno di un bambino o adolescente su quattro che necessitino di cure e riabilitazione;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, negli ultimi dieci anni il numero dei pazienti seguiti dai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è quasi raddoppiato, mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10 per cento) (e la pandemia da COVID-19 ha messo ancora più in crisi i servizi di neuropsichiatria infantile), costringendo le famiglie a dover ricorrere sempre di più al settore privato, con costi rilevanti che, ancor più in tempi di crisi economica, sono sempre meno in grado di sostenere;

    dal suddetto rapporto emerge, altresì, che l'Italia ha buoni modelli, normative e linee di indirizzo, ma assai poco applicati e con ampie diseguaglianze tra una regione e l'altra. Lo stanziamento di risorse da parte delle regioni continua ad essere insufficiente per garantire alle aziende sanitarie locali e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero che, in alcuni ambiti, appare addirittura in significativa diminuzione. Continuano ad esservi regioni in cui mancano gli stessi servizi territoriali o il personale è gravemente insufficiente o non si dispone di tutte le figure multidisciplinari necessarie per i percorsi terapeutici;

    con riferimento ai servizi di neuropsichiatria dell'età evolutiva, le vigenti normative sulla riorganizzazione ospedaliera prevedono un'unità operativa di neuropsichiatria infantile solo per bacini di utenza molto grandi (da 2 a 4 milioni di abitanti): questo significa che negli ospedali di primo e secondo livello può mancare completamente la figura dello specialista in neuropsichiatria infantile;

    uguali considerazioni si possono estendere alle équipe analoghe con riferimento all'età adulta nell'ambito dei dipartimenti di salute mentale, mancanti di risorse sufficienti a consentire la presa in carico di tutti i pazienti; l'Italia, rispetto alla presenza in organico del numero di psichiatri, si posiziona soltanto al 20° posto in Europa e al 14° per numero di psicologi e infermieri; per quanto attiene alla spesa dedicata alla salute mentale, si investe solamente il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale, a fronte di percentuali di altri Paesi, come Francia, Germania e Regno Unito, superiori fino a quattro volte (10-15 per cento);

    un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi e di servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un vero e proprio atto di indirizzo;

    in definitiva la famiglia continua ancora ad essere la vera ed unica forma di welfare su cui grava il maggiore peso materiale e psicologico causato dalle difficoltà che si incontrano nella gestione di familiari con disturbi dello spettro autistico;

    sarebbe necessario, invece, che ai ragazzi ai quali viene diagnosticato l'autismo siano riconosciuti gli aiuti, anche di carattere economico, atti ad assicurare loro una vita completa, insieme agli altri, nei loro contesti naturali, favorendo le relazioni nel contesto scolastico, prima, con l'aiuto dei compagni di scuola, e, successivamente, nel mondo del lavoro;

    nella consapevolezza della complessità del fenomeno, dell'impatto sulla qualità della vita delle persone coinvolte e sulla tenuta del contesto familiare nonché delle ricadute di ordine sociale, si ritiene fondamentale garantire, a coloro che abbiano bisogni speciali, di svolgere una vita in maniera autodeterminata, ove ciò sia possibile, affinché si possa riuscire a superare il progressivo processo che li conduce in frequenti e quasi obbligati percorsi di esclusione sociale, da cui conseguono l'isolamento e la segregazione, troppo spesso sfocianti in diverse forme di istituzionalizzazione;

    la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione iniziale di 5 milioni di euro per i primi due anni e di 10 milioni di euro per i successivi due a cui poi si sono aggiunti ulteriori stanziamenti pari a 50 milioni di euro per il 2021 e 27 milioni di euro per il 2022 destinato, come previsto poi dalla legge di bilancio per il 2021 a tre specifiche aree di intervento:

     a) progetti di ricerca di natura clinico-organizzativa;

     b) realizzazione di strutture per l'autismo;

     c) finanziamento delle neuropsichiatrie infantili degli ospedali;

    alcuni fattori sono comuni a tutti i modelli di trattamento di documentata efficacia: la precocità (l'intervento deve iniziare non appena sussista il forte sospetto di diagnosi di autismo); l'intensività (il bambino deve essere attivamente coinvolto in attività psicoeducative sistematicamente pianificate ed evolutivamente adeguate, da predisporre nei diversi contesti di vita: centro terapeutico, famiglia e scuola); l'adattamento delle strategie educative e degli obiettivi di apprendimento all'età cronologica e all'età di sviluppo del bambino; l'utilizzo di strumenti di valutazione per determinare il profilo di punti di forza e punti di debolezza e, conseguentemente, le esigenze educative e gli obiettivi di apprendimento del bambino; un basso rapporto operatori-alunni; il coinvolgimento della famiglia; l'enfasi su obiettivi di apprendimento nelle aree di comunicazione, socializzazione e del comportamento adattivo; il riferimento a strategie educative ispirate al modello cognitivo-comportamentale, ma all'interno di una visione che tenga conto delle caratteristiche e preferenze del bambino e della sua famiglia; l'utilizzo di strategie di generalizzazione e mantenimento delle abilità acquisite; e la predisposizione di periodiche valutazioni e aggiustamenti del piano educativo. Gli interventi devono essere personalizzati sui bisogni di ogni bambino, condivisi con la famiglia e strutturati secondo intensità differenziate per ogni fascia d'età e profilo funzionale. I metodi e le strategie utilizzati devono essere di provata efficacia, indicata nelle linee guida nazionali o internazionali. Deve essere garantita la formazione dell'ambiente in cui si troverà il bambino (scuola, luoghi di aggregazione e altro), perché sappia come rapportarsi con lui e offrirgli positive occasioni di sviluppo. Serve il sostegno alla famiglia, che ha bisogno di informazioni chiare, precise, continuative per poter affrontare con consapevolezza ogni evento e scegliere il percorso più opportuno per il proprio figlio, in dialogo continuo con gli operatori,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica coordinata a livello nazionale che, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, promuova studi e ricerche finalizzati a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati e il monitoraggio delle traiettorie di sviluppo e della presa in carico delle persone autistiche e il censimento delle buone pratiche terapeutiche ed educative dedicate a questo tema;

2) a utilizzare la mappatura dei servizi effettuata dall'Istituto superiore di sanità su mandato del Ministero della salute per valutare la qualità dei servizi erogati e adottare opportuni adeguamenti affinché sia garantita un'appropriata presa in carico su tutto il territorio nazionale;

3) ad adottare il protocollo di sorveglianza evolutiva sviluppato dall'Istituto superiore di sanità e dalle principali sigle professionali e scientifiche della pediatria, neuropsichiatria infantile e neonatologia, per un efficace coordinamento tra pediatri di base, personale che lavora negli asili nido, neonatologie e unità di neuropsichiatria infantile, al fine di intercettare precocemente l'emergere di anomalie comportamentali in bambini ad alto rischio e nella popolazione generale e per fornire una diagnosi provvisoria a 18 mesi e una diagnosi stabile a 24 mesi di età;

4) a promuovere il lavoro di aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, per supportare quanto prima i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo più appropriato, condiviso con le persone con disturbo dello spettro autistico e i loro familiari/caregiver, nella formulazione di diagnosi accurate nei bambini e negli adulti e nell'individuazione di terapie adeguate e aggiornate;

5) ad adottare le iniziative di competenza per assicurare nei dipartimenti di salute mentale adeguati percorsi di presa in carico delle persone adulte con disturbi dello spettro autistico, con personale specificatamente formato e aggiornato;

6) ad adottare le iniziative normative necessarie ai fini della revisione dei modelli organizzativi dei servizi ospedalieri di neuropsichiatria dell'età evolutiva, includendo la neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza tra le strutture che devono essere presenti negli ospedali di primo livello, almeno con un'attività di consulenza specialistica diurna, nonché a rivedere gli standard previsti per le unità operative complesse con posti letto di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza e per le strutture semiresidenziali e residenziali, tenendo conto dell'aumento degli accessi e dei bisogni;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per istituire una rete di servizi che sia organizzata in centri con struttura hub e spoke, dove ogni regione individua uno o più centri di riferimento (le regioni sprovviste di centri di alto livello – hub – faranno riferimento ad un centro hub di un'altra regione contigua), prevedendo che il centro hub abbia il compito di supervisione scientifica e tecnica sui centri periferici (spoke), di formazione per il personale, in modo che la diagnosi e la presa in carico terapeutica siano garantite in ogni azienda sanitaria locale e allineate alle più recenti evidenze scientifiche;

8) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire il potenziamento, in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e di dipartimenti di salute mentale, al fine di definire adeguate équipe multidisciplinari e garantire una diagnosi e un trattamento precoce e tempestivo in grado di incidere e migliorare la prognosi;

9) ad adottare iniziative per assicurare una presa in carico precoce di tutto il nucleo familiare e del contesto scolastico e sociale dove vive il bambino, predisponendo, per quanto di competenza, misure volte all'adozione di terapie personalizzate a seconda delle caratteristiche individuali del bambino che si basino sulla conoscenza della storia naturale del disturbo e della storia individuale di quel disturbo in quel bambino e nel suo contesto;

10) a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato da persone autistiche e dai loro familiari, per la realizzazione di progetti di vita autonoma, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria, mediante, ad esempio, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

11) ad assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a garantire la continuità delle attività implementate dal Ministero della salute attraverso il fondo sull'autismo su tutto il territorio nazionale per la diagnosi e gli interventi precoci dirette alle persone nello spettro autistico, oltre a percorsi di inclusione sociale al fine di aumentare le potenzialità di bambini e ragazzi, migliorandone così la qualità della loro vita e delle famiglie;

12) ad adottare le iniziative di competenza per garantire la continuità delle progettualità delle regioni e delle province autonome finalizzate alla definizione e all'implementazione di percorsi differenziati per la formulazione del piano individualizzato e a seguire del progetto di vita basati sui costrutti di «qualità di vita», tenendo conto delle preferenze della persona, delle diverse necessità di supporto, del livello di funzionamento adattivo e dei disturbi associati delle persone nello spettro autistico;

13) ad adottare iniziative per realizzare, attraverso il «budget di salute», quale strumento indispensabile di integrazione tra interventi sociosanitari, educativi, socio-assistenziali, relazionali, occupazionali, percorsi di vita personalizzati (ex articolo 14 della legge n. 328 del 2000), assicurando anche un raccordo tra Ministeri competenti, regioni e comuni, affinché cessi la parcellizzazione e l'inadeguatezza dei servizi rivolti alle persone con disturbi dello spettro autistico e la loro mancata diffusione e distribuzione su tutto il territorio nazionale;

14) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per definire percorsi di abilitazione e di occupazione anche in raccordo con le scuole secondarie di secondo grado e gli enti del terzo settore che hanno già esperienza in materia, come le cooperative sociali di tipo B, al fine di favorire una più ampia inclusione lavorativa delle persone con disturbi dello spettro autistico.
(1-00584) «Siani, Carnevali, Lorenzin, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Lepri».


   La Camera,

   premesso che:

    ai sensi delle classificazioni Dsm-5 e Icd-11, per «disturbi dello spettro autistico» (Dsa) si intende un insieme di disturbi del neurosviluppo a carattere estremamente eterogeneo, i quali incidono sul comportamento e possono variamente manifestarsi, sia per entità sia per differenti sintomatologie comportamentali. Infatti, distribuzione e frequenza di un dato comportamento possono variare notevolmente da persona a persona, nonché nel corso del tempo;

    il Center for disease control di Atlanta ha stimato un'incidenza di nuovi nati con disturbo dello spettro autistico negli Usa pari a 1 ogni 54 persone (Cdc, 2016) ed un più recente studio, condotto da Autisme Europe, prendendo in esame diversi Stati europei, ha stimato una incidenza pari a 1 su 89 nuovi nati (Asdeu, 2018);

    quanto al nostro Paese – come denunciato dalle associazioni rappresentative per i diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico – non vi sono purtroppo strumenti di raccolta dati in materia, né studi epidemiologici condotti su scala nazionale. Pertanto, gli unici dati attualmente disponibili in Italia (prevalenza di 1 su 100 nati, circa 600 mila nuclei familiari interessati) sono il frutto di deduzioni, a partire dai sopra citati studi internazionali, nonché di proiezioni statistiche che si innestano su ricerche condotte in alcune realtà territoriali italiane, in quelle regioni che si sono dotate di strumenti di raccolta dati epidemiologici (ad esempio, Emilia-Romagna e Piemonte);

    di conseguenza, gli stessi risultano frammentati e poco attendibili, inadeguati a definire target di azione, nonché a monitorare con precisione bisogni e interventi di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico, al fine di predisporre progetti di vita indipendente, personalizzati e partecipati, che accompagnino la persona nel suo percorso di vita, valorizzandone le capacità e scongiurando interventi di tipo medicalizzante, quale in primo luogo l'istituzionalizzazione, in contrasto con l'articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite, ratificata dall'Italia con legge n. 18 del 2009;

    le cause dei disturbi dello spettro autistico sono in parte ancora ignote. Alla luce dei più recenti studi scientifici, si può comunque affermare che non si tratta affatto – come erroneamente sostenuto da alcuni – di «malattia», bensì di condizione di neurodiversità o differente profilo di funzionamento, le cui cause sono in parte epigenetiche, cioè derivanti da modifiche che influiscono sul livello di espressione dei geni e, in altra parte, di natura contestuale o ambientale (Archives of general psychiatry, 2011; Cell, 2016);

    l'autismo, i cui segnali insorgono entro i primi tre anni di vita, perdura lungo tutto l'arco della vita della persona (cosiddetta lifelong syndrome). Anche in ragione di ciò, gli studi scientificamente più accreditati sottolineano l'importanza di interventi personalizzati, tempestivi e continuativi, che vedano una stretta integrazione tra ambito sanitario e sociale, mediante la strutturazione e attuazione di progetti di vita indipendente, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 328 del 2000, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», nonché secondo quanto previsto dalla recente legge n. 227 del 2021, «Delega al Governo in materia di disabilità», i cui decreti attuativi devono ancora essere adottati;

    la linea guida dell'Istituto superiore di sanità n. 21, «Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti», si occupa di fornire raccomandazioni per la pratica clinica, evidenziando – all'interno dell'ampia gamma di offerte terapeutiche – i soli trattamenti scientificamente validati come efficaci; tra questi, vi sono quelli di natura cognitivo-comportamentale, in linea con l'approccio bio-psico-sociale (Organizzazione mondiale della sanità 2001, International classification of functioning, disability and health);

    le evidenze scientifiche dimostrano come una diagnosi precoce e interventi scientificamente validati (evidence based), tempestivi ed appropriati possano migliorare notevolmente la qualità di vita delle persone con disturbi dello spettro autistico, riducendo le disabilità funzionali o comportamentali associate e consentendo loro di sviluppare le proprie capacità e autonomie;

    a tal fine, è necessario operare una distinzione tra gestione emergenziale dei disturbi dello spettro autistico e progetto personalizzato di vita: mentre la prima, come previsto dai livelli essenziali di assistenza, vede la presa in carico da parte dei servizi sanitari per la gestione delle acuzie – presa in carico che deve durare per il tempo strettamente necessario alla remissione dell'emergenza –, il progetto personalizzato di vita, al contrario, deve necessariamente accompagnare la persona con disturbi dello spettro autistico per tutto l'arco della vita, al fine di autonomizzarla: emerge così la necessità di un approccio non squisitamente medico-clinico, bensì di natura socio-sanitaria;

    la legge n. 134 del 2015, «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», rappresenta la prima legge nazionale sui disturbi dello spettro autistico e prevede – tra le altre disposizioni – l'«aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili» (articolo 3, comma 1), nonché, quanto alle politiche regionali, la promozione del coordinamento degli interventi e dei servizi, al fine di assicurare la continuità dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali nel corso della vita della persona con disturbi dello spettro autistico (ivi, comma 2, lettera e));

    la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), al dichiarato fine di dare compiuta attuazione alla sopra citata legge nazionale in materia di autismo, ha istituito nello stato di previsione del Ministero della salute il «Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico»;

    l'anno successivo è stata approvata la legge n. 112 del 2016 (cosiddetta «legge sul dopo di noi»), di particolare importanza per la garanzia dei diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico grave, concernente il «Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», volto all'attivazione e al potenziamento – tra gli altri interventi previsti – di percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità, nonché di residenzialità per la creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare e co-housing, di programmi di empowerment, di abilitazione e di sviluppo delle competenze necessarie alla gestione del quotidiano e al raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile (articolo 4, comma 1, lettere a), c) e d));

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 sull'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza ha recepito le disposizioni di cui alla legge n. 134 del 2015, prevedendo che sia il Servizio sanitario nazionale a dover garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato (articolo 60, comma 1) e statuendo che «entro centoventi giorni (...) il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico» (ivi, comma 2);

    di conseguenza, in data 18 maggio 2018, la Conferenza unificata ha approvato il documento «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico», al fine di «fornire indicazioni omogenee per la programmazione, attuazione e attività della rete dei servizi per le persone nello spettro autistico in tutte le età della vita, favorendo il raccordo e il coordinamento tra tutte le aree operative coinvolte» e sottolineando che tale «coordinamento delle diverse agenzie e servizi pubblici nelle aree della sanità, istruzione, sociale, lavoro, sono necessari per realizzare interventi appropriati e congrui rispetto ai bisogni delle persone nello spettro autistico in tutte le epoche di vita, garantendo la continuità dei servizi dall'età evolutiva all'età adulta e lo sviluppo coerente di un percorso di vita»;

    tuttavia, a tali importanti interventi non hanno fatto seguito adeguati stanziamenti, con la conseguenza che – a causa della scarsità delle risorse rese disponibili negli anni – non è stato possibile approntare un sistema di servizi idoneo a rispondere al progressivo aumento dei bisogni delle persone con disturbi dello spettro autistico;

    nello stesso anno, l'Istituto superiore di sanità ha ribadito la necessità di dare attuazione a tale documento, mediante l'aggiornamento delle linee guida in materia di disturbi dello spettro autistico, a cui – tuttavia – non è stato ancora dato seguito;

    la conseguenza del quadro appena delineato è un'estrema disomogeneità territoriale nella presa in carico dei bisogni delle persone con disturbi dello spettro autistico da parte servizi competenti (aziende sanitarie locali), nonché una diffusa scarsità di risorse, del tutto insufficienti a far fronte a tali bisogni: i dati relativi all'ultimo decennio testimoniano il progressivo aumento delle persone che necessitano della presa in carico da parte dei servizi di neuropsichiatria e di salute mentale, a fronte della costante diminuzione del numero degli operatori, con differenze marcate tra regioni, in alcune delle quali gli stessi servizi territoriali sono assolutamente insufficienti o il personale non risulta adeguatamente formato in materia di disturbi dello spettro autistico, specie con riferimento all'età adulta (VIII Rapporto sulla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; Rapporto italiano sulla salute mentale, 2018);

    parimenti, la legge n. 112 del 2016 rimane ad oggi applicata in modo ancora largamente carente e molto disomogeneo del punto di vista territoriale, spesso non solo per insufficienza dei fondi, ma anche per mancanza di progettualità inclusive sui territori (Rapporto «Dopo di noi»: l'attuazione della legge n. 112 del 2016 – monitoraggio 2019-2020), così come accade relativamente alla legge n. 68 del 1999, in materia di inclusione lavorativa delle persone con disabilità: in Italia, lavora una percentuale pari soltanto al 10 per cento delle persone con disturbi dello spettro autistico (Censis, 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese), anche a causa della carenza di servizi sostitutivi o integrativi del tradizionale approccio assistenziale proprio dei centri residenziali e semi-residenziali, a favore di percorsi di inserimento personalizzati con personale qualificato;

    come sottolineato dal mondo dell'associazionismo, uno dei momenti più delicati della vita delle persone con disturbi dello spettro autistico riguarda il passaggio dalla scuola all'età adulta: al fine di scongiurare il riprodursi di situazioni di abbandono, isolamento e istituzionalizzazione, occorre porre in essere programmi educativi e didattici di qualità e personalizzati, nonché potenziare i tirocini e i progetti di alternanza scuola-lavoro e di formazione professionale, con il supporto di professionisti adeguatamente formati in materia di disturbi dello spettro autistico;

    oltre a ciò, spesso le famiglie non sono a conoscenza di tutti i servizi presenti sul territorio, a causa di una «frammentazione» degli stessi e della scarsità, dell'eterogeneità e della pluralità dei canali informativi in materia di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico;

    più in generale, se, da un lato, occorre stanziare adeguate risorse per un'attuazione della normativa nazionale che risulti uniforme, tempestiva e realmente rispondente ai bisogni delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie, dall'altro lato, tale normativa – ed il conseguente stanziamento di risorse adeguate – non può concentrarsi solo piano clinico-sanitario, senza che vi sia una reale e paritaria integrazione tra ambito medico e sociale, come invece richiesto dalla classificazione Icf dell'Organizzazione mondiale della sanità, che – recepita anche dalla Convenzione delle Nazioni Unite – definisce la disabilità quale «la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive», ovverosia con «menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la (...) piena ed effettiva partecipazione»;

    come dimostrano i risultati dei trattamenti scientifici evidence based, di cui alla linea guida n. 21 dell'Istituto superiore di sanità, i trattamenti elettivi in materia di autismo sono soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale, di stretta integrazione socio-sanitaria, presupposto imprescindibile per attuare i progetti di vita indipendente, realizzare la progressiva deistituzionalizzazione e prevenire nuove future istituzionalizzazioni di persone con disturbi dello spettro autistico (nel rispetto dell'articolo 19 della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, dell'articolo 8 della legge n. 104 del 1992, delle missioni 5 e 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dell'articolo 2, comma 2, lettera c), n. 12, della legge n. 227 del 2021);

    ciò è stato reso ancor più evidente dall'impatto prodotto dalle restrizioni imposte dalla pandemia da COVID-19, che ha comportato – a causa dell'interruzione dei servizi socio-sanitari e di assistenza, dell'estrema difficoltà da parte degli studenti con DSA di frequentare la scuola in presenza, quanto meno in «prima ondata», nonché di aver accesso alla didattica a distanza e integrata in maniera rispondente ai loro bisogni – un aumento dei casi di acuzie e post-acuzie, nonché un ulteriore aumento del carico di cura sui familiari delle persone con disturbi dello spettro autistico, sui quali già in via ordinaria spesso grava tale assistenza quasi in via esclusiva, a causa della scarsità di servizi adeguati nei diversi territori,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il tempestivo aggiornamento e la piena applicazione su tutto il territorio nazionale della linea guida n. 21 sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, nonché per l'elaborazione di linee di indirizzo relative al trattamento dei disturbi dello spettro autistico anche in età adulta, in entrambi i casi facendo esclusivo riferimento ai trattamenti cosiddetti «evidence based», che hanno cioè ricevuto validazione da parte della comunità scientifica internazionale;

2) ad adottare tutte le iniziative normative di competenza volte a potenziare – anche con stanziamenti adeguati a tal fine – i servizi di neuropsichiatria e salute mentale, nonché tutti i servizi di inclusione sociale, con particolare riferimento a quelli educativi volti alla formazione professionale e all'inserimento lavorativo, specie nel passaggio delle persone con disturbi dello spettro autistico dall'età scolare all'età adulta;

3) ad adottare le iniziative normative di competenza volte ad assicurare che, anche in condizioni di emergenza, non si verifichi l'interruzione dei servizi educativi, socio-sanitari e di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, nonché siano poste in essere misure volte a garantire alle prime lo svolgimento di attività – scolastiche, educative o di altra natura – necessarie allo sviluppo delle proprie competenze, ad evitare la regressione delle stesse, nonché situazioni di crisi acuta o post-acuta;

4) ad adottare tutte le iniziative normative di competenza affinché sia assicurata la raccolta periodica e su scala nazionale di dati ed evidenze epidemiologiche in materia di persone con disturbi dello spettro autistico, nonché per consentire che – sulla base di tali dati e di uno scambio informativo virtuoso con analoghe esperienze europee e internazionali – siano definiti precisi ed aggiornati target di azione e siano monitorati bisogni e qualità degli interventi di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico, anche ai fini dell'accesso a fondi e investimenti;

5) ad adottare le iniziative di competenza volte alla creazione su tutto il territorio nazionale di una rete di centri o poli altamente specializzati nel riconoscimento e nella diagnosi tempestiva e accurata dei disturbi dello spettro autistico, che possano – attraverso il lavoro di équipe multidisciplinari, composte in modo da assicurare la stretta integrazione tra componente sanitaria e componente sociale – prendere efficacemente in carico la persona con disabilità nelle diverse età della vita, nonché i suoi familiari;

6) a promuovere, anche mediante l'adozione del protocollo di sorveglianza evolutiva sviluppato – tra gli altri enti – dall'Istituto superiore di sanità, un coordinamento effettivo ed efficace tra pediatri di libera scelta, operatori degli asili nido e unità di neuropsichiatria infantile, ai fini della corretta decodificazione dei sintomi e della tempestiva diagnosi e presa in carico del bambino con disturbi dello spettro autistico;

7) ad adottare le iniziative di competenza volte a formare le figure professionali di cui al capoverso n. 4) del dispositivo, nonché gli operatori scolastici e i professionisti che operano nei dipartimenti di salute mentale sulla corretta presa in carico di bambini, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico, anche al fine di evitare diagnosi errate e l'abuso di farmacoterapia;

8) ad adottare tutte le iniziative normative di competenza volte ad assicurare la progressiva deistituzionalizzazione e a prevenire la futura istituzionalizzazione delle persone con disabilità, in attuazione della legge n. 227 del 2021 e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (missioni 5 e 6), mediante la stretta integrazione tra ambito sociale e sanitario e l'attuazione del progetto di vita indipendente, di cui all'articolo 14 della legge n. 328 del 2000, avendo particolare riguardo ai bisogni specifici delle persone con disturbi dello spettro autistico;

9) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, percorsi ospedalieri di presa in carico idonei ad affrontare i bisogni di supporto e assistenza specifici delle persone con disturbi dello spettro autistico e di tutte le persone non collaboranti e/o non autosufficienti, sulla base della ricca esperienza già maturata alla rete D.a.m.a., prevedendo, tra l'altro, l'accompagnamento e la presenza del caregiver, familiare o professionale (ad esempio, educatore, assistente alla comunicazione e altro);

10) ad adottare le iniziative di competenza volte a garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico percorsi di effettiva inclusione lavorativa, ai sensi della legge n. 68 del 1999, anche mediante lo strumento della certificazione delle competenze, di cui alla legge n. 92 del 2012 (articolo 4, comma 58), la promozione di laboratori delle arti e dei mestieri, il rafforzamento dei tirocini e di percorsi di abilitazione e occupazione in raccordo con le istituzioni scolastiche (ad esempio, alternanza scuola-lavoro, percorsi dualo), nonché attraverso la formazione delle aziende e degli operatori del tessuto economico territoriale di riferimento sulle differenti competenze delle persone con disturbi dello spettro autistico;

11) a promuovere e supportare iniziative del terzo settore, composto anche di organizzazioni di persone con disturbi dello spettro autistico e loro familiari, che siano volte a realizzare l'inclusione delle persone con disturbi dello spettro autistico, sia sul piano lavorativo, sia sul piano della garanzia della piena accessibilità spazio-temporale (per esempio, della città e dei suoi spazi), prerequisito essenziale all'acquisizione di autonomia da parte di persone con disturbi dello spettro autistico che determinano stereotipie, iper o ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi apparentemente insoliti verso aspetti sensoriali dell'ambiente;

12) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative tese a garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico e alle loro famiglie la conoscenza dei servizi, sanitari e sociali presenti sul territorio, anche mediante campagne di informazione;

13) a porre in essere campagne di sensibilizzazione e informazione che, alla luce degli studi scientifici evidence based, diffondano informazioni in materia di disturbi dello spettro autistico attendibili, scientificamente fondate e, soprattutto, volte alla promozione di una cultura non stigmatizzante e inclusiva di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico.
(1-00585) «Noja, Boschi, Rosato, Marco Di Maio, Fregolent, Ungaro, Occhionero, Vitiello, Baldini, Annibali, Bendinelli, Colaninno, Del Barba, Ferri, Gadda, Giachetti, Librandi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Paita».


   La Camera,

   premesso che:

    il disturbo dello spettro autistico è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da una compromissione qualitativa nelle aree della comunicazione e dell'interazione sociale, associato a schemi di comportamento, interessi o attività ristretti e/o ripetitivi (definizione secondo la quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell'American Psychiatric Association, noto come DSM-5, ripresa in parte qua anche dall'undicesima revisione della classificazione internazionale delle malattie dell'Organizzazione mondiale della sanità, ICD-11); negli ultimi aggiornamenti delle classificazioni sopra richiamate, i sottotipi nei quali venivano precedentemente suddivisi i predetti disturbi – Disturbo autistico, Sindrome di Asperger, Sindrome di Rett, Disturbo disintegrativo della fanciullezza e Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato – sono stati sostituiti con l'individuazione di un'etichetta diagnostica unica, appunto denominata «Disturbi dello spettro autistico», con l'obiettivo di snellire il processo di diagnosi e agevolare l'avvio del trattamento nel più breve tempo possibile;

    nella generalità dei casi, i disturbi in questione si manifestano precocemente, entro i primi tre anni di vita, ma l'evoluzione del pensiero scientifico, come ripresa anche nell'ambito del Dsm-5, considera la possibilità che i sintomi vengano riconosciuti successivamente, oltre i primi tre anni, a seconda del rapporto intercorrente tra esigenze sociali e capacità;

    gli studi epidemiologici nazionali e internazionali mostrano un aumento generalizzato della prevalenza dei disturbi dello spettro autistico nella popolazione, al quale hanno sicuramente contribuito una pluralità di fattori, tra i quali la maggiore formazione dei medici, la revisione dei criteri diagnostici e l'aumentata consapevolezza da parte della popolazione;

    in Italia, in base alle rilevazioni del «Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico», si stima che 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi che sono 4,4 volte più colpiti rispetto alle femmine;

    le ultime e più recenti stime del Cdc – Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta hanno registrato un dato ancora superiore a quello italiano, pari a 1 bambino su 44, con un ulteriore incremento rispetto alle precedenti rilevazioni, a conferma di una tendenza in aumento che non si è ancora assestata definitivamente;

    l'elevato impatto dei disturbi dello spettro autistico sulla qualità della vita, sugli equilibri familiari e le correlate ricadute di ordine sociale e sanitario richiedono un impegno coordinato da parte delle istituzioni centrali e regionali;

    a livello nazionale, un primo intervento si è avuto con l'approvazione della legge 18 agosto 2015, n. 134, recante «disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico», con la quale è stato previsto – tra le altre misure – l'aggiornamento delle linee guida previgenti, l'inserimento dei trattamenti dei disturbi dello spettro autistico nei livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'individuazione degli obiettivi di carattere sanitario e sociosanitario che devono essere conseguiti a livello regionale;

    il percorso di attuazione della legge n. 134 del 2015 è passato attraverso l'approvazione di una serie di decreti e atti di indirizzo che di seguito si riepilogano sinteticamente;

    con il decreto del Ministero della salute del 30 dicembre 2016, in particolare, sono stati individuati i criteri e le modalità di utilizzo del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito dall'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Lo stesso decreto, all'articolo 2, ha dato mandato all'Istituto superiore di sanità di elaborare, attraverso un percorso condiviso e partecipato, le «Linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico degli adulti» e le «Linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico dei bambini e adolescenti», che risultano attualmente in dirittura di approvazione;

    con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, nell'ambito della complessiva operazione di definizione e aggiornamento dei Lea, si è provveduto all'inserimento dei disturbi dello spettro autistico nei livelli essenziali di assistenza, prevedendosi all'articolo 60 che «il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    in data 10 maggio 2018, in attuazione dell'articolo 60, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra citato, la Conferenza unificata ha sancito l'intesa sul documento di «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico», la cui implementazione a livello regionale costituisce adempimento soggetto a valutazione da parte del Comitato permanente per la verifica dei Lea;

    con il decreto del Ministero della salute 10 aprile 2017, inoltre, si è istituita una cabina di regia con funzioni di coordinamento e monitoraggio di tutte le attività previste dalla citata legge n. 134 del 2015;

    per l'attuazione dei citati interventi, il richiamato articolo 1, comma 401, della legge n. 208 del 2015, ha istituito il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione strutturale pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016;

    da ultimo, grazie a un emendamento del Gruppo Lega – Salvini Premier, la dotazione del suddetto Fondo è stata incrementata di 27 milioni di euro per l'anno 2022, al fine di favorire iniziative e progetti di carattere socioassistenziale e abilitativo per le persone con disturbo dello spettro autistico (articolo 1, commi 181-182, legge 30 dicembre 2021, n. 234, cosiddetta legge di bilancio per l'anno 2022);

    nell'ambito delle misure emergenziali di contrasto della pandemia da COVID-19, è stato istituito il Fondo per l'inclusione delle persone con disabilità, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2021 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, da destinare al finanziamento di specifici progetti che interessano vari ambiti, tra cui uno dedicato specificamente «alle persone con disturbo dello spettro autistico» (articolo 34, decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69);

    l'iniziale dotazione del Fondo nazionale sull'autismo, meramente simbolica per i primi anni di operatività, ha limitato in maniera significativa le possibilità e i margini di intervento a livello regionale;

    nonostante quanto sopra, numerose regioni hanno implementato, già da diverso tempo, una rete funzionale di servizi per la diagnosi, la cura e la presa in carico globale della persona con disturbi dello spettro autistico, coerente con le linee di indirizzo approvate dalla Conferenza unificata nell'anno 2018;

    anticipando gli interventi statali sopra richiamati, inoltre, alcune regioni hanno sperimentato modelli innovativi di presa in carico, già dai primi anni del 2000. Si cita, tra questi, il progetto Dama, acronimo di Disabled advanced medical assistance, finalizzato a definire percorsi di accoglienza per l'assistenza medica avanzata e la cura delle persone con deficit intellettivo, comunicativo e neuromotorio, tra cui ovviamente le persone con disturbi dello spettro autistico. Il progetto in questione, nato all'ospedale San Paolo di Milano, è stato successivamente implementato in altre realtà e ha trovato recentemente riconoscimento, anche sul piano giuridico e legislativo, nella riforma sanitaria della regione Lombardia e nel Piano operativo autismo approvato dalla giunta della regione Lombardia in data 25 ottobre 2021;

    sotto la guida e la supervisione della Cabina di regia ministeriale, inoltre, sono stati predisposti progetti volti ad attivare percorsi di diagnosi e intervento precoce sui minori, nella consapevolezza – confortata dalle evidenze scientifiche – che un intervento tempestivo e appropriato è in grado di migliorare notevolmente la qualità della vita delle persone con disturbi dello spettro autistico, riducendo le disabilità funzionali o comportamentali associate e consentendo lo sviluppo di maggiori capacità e autonomie;

    accanto alla diagnosi precoce, l'approccio strategico di sanità pubblica deve prevedere l'implementazione di una rete di servizi coordinata in modo intersettoriale, capace di mettere al centro la persona con disturbi dello spettro autistico, la famiglia e il caregiver, calibrare gli interventi in maniera individualizzata, adattare gli stessi alle varie fasi della vita e formulare anche progettualità lifetime per l'età adulta, proiettata nel futuro del cosiddetto dopo di noi di cui alla legge 22 giugno 2016, n. 112, assicurando il coinvolgimento di tutte le figure afferenti agli ambiti della salute, del sociale dell'istruzione e del lavoro;

    è in tale ottica che risulta fondamentale la predisposizione e l'attuazione dei progetti di vita indipendente, in conformità a quanto prevedono l'articolo 14 della legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (legge n. 328 del 2000) e, ora, la nuova legge 22 dicembre 2021, n. 227, recante «Delega al Governo in materia di disabilità»;

    è importante, inoltre, che la progettualità abbia una regia nel case manager, che attraverso un intervento a rete coinvolga l'insieme delle figure necessarie a portare avanti il progetto individuale in modo specifico per la persona e per la fase dell'età. Per fare questo, occorre potenziare i servizi pubblici sanitari e sociali, sostenere i centri autismo per il minore e per l'adulto a livello delle strutture sanitarie, rafforzare l'integrazione degli stessi con i servizi socioassistenziali di comuni e consorzi, nonché, di nuovo, creare delle interazioni con il mondo della scuola, del terzo settore e dell'inserimento lavorativo;

    l'omogenea implementazione di queste iniziative su scala nazionale risulta indispensabile per venire incontro alle esigenze delle famiglie delle persone con disturbi dello spettro autistico. Proprio le famiglie, d'altro canto, hanno subito più di chiunque altro le ripercussioni determinate dalla pandemia da COVID-19, in specie nel corso delle prime e più drammatiche ondate del virus, a causa dell'interruzione o della riorganizzazione di molti servizi che hanno modificato routine quotidiane, punti di riferimento e causato regressi rispetto ai risultati faticosamente conseguiti negli anni,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per sostenere le regioni nella creazione e nel potenziamento di centri per l'autismo ad alta specializzazione, dotati di équipe multidisciplinari, distinti per minori e per adulti e articolati secondo modelli hub and spoke per favorire la diagnosi precoce e la diffusione dell'intervento validato scientificamente in maniera omogenea e capillare sull'intero territorio regionale;

2) ad adottare iniziative di competenza per garantire, in attuazione dei principi e criteri direttivi definiti dalla legge 22 dicembre 2021, n. 227, l'elaborazione di un progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, predisposto su base scientifica e attuato secondo una progettualità concordata di tipo sociosanitaria;

3) a promuovere il coordinamento della progettualità attraverso la figura del case manager, al fine di assicurare una valutazione complessiva dei bisogni dell'assistito e del relativo nucleo familiare, un'adeguata pianificazione dei supporti necessari, la continuità della presa in carico e la messa in rete delle figure professionali afferenti all'ambito sanitario, sociale, scolastico e/o lavorativo;

4) ad assumere iniziative per incrementare in maniera strutturale, possibilmente entro il prossimo disegno di legge di bilancio, la dotazione del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare di cui all'articolo 3 della legge 22 giugno 2016, n. 112;

5) ad adottare iniziative volte a garantire l'implementazione all'interno delle strutture sanitarie, sociosanitarie e dei pronto soccorso di percorsi di accoglienza dedicati all'assistenza medica avanzata delle persone con disabilità di tipo intellettivo e comunicativo, incluse quelle con disturbi dello spettro autistico, preferibilmente attraverso modelli organizzativi già consolidati, quali in particolare il modello Disabled advanced medical assistance (Dama) e assicurando in ogni caso l'accompagnamento del caregiver familiare;

6) ad adottare le iniziative di competenza volte a potenziare i servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e dell'adolescenza, anche attraverso la revisione degli attuali modelli organizzativi e l'incremento dei posti letto dedicati, al fine di garantire un'adeguata risposta nei vari setting assistenziali che tenga conto dell'aumentato numero degli accessi e dei bisogni;

7) ad adottare iniziative, di concerto con le regioni e le università, per assicurare un'adeguata programmazione del fabbisogno di neuropsichiatri infantili, psicologi dell'età evolutiva, fisioterapisti, terapisti della neuro psicomotricità dell'età evolutiva, logopedisti, educatori professionali e assistenti sociali, al fine di garantire la completezza e il corretto funzionamento delle équipe multidisciplinari anche in situazioni emergenziali;

8) a promuovere un adeguamento delle competenze delle figure professionali coinvolte nell'ambito del trattamento delle persone con disturbi dello spettro autistico, al fine di ridurre le diagnosi errate e/o ritardate, scongiurare l'abuso della farmacoterapia e promuovere il ricorso al modello bio-psico-sociale;

9) ad adottare iniziative volte a semplificare e incentivare, da un punto di vista burocratico e fiscale, l'attivazione da parte dei centri diurni e degli enti del terzo settore di attività inclusive rivolte alle persone con disturbi dello spettro autistico, quali ad esempio laboratori delle arti e dei mestieri, tirocini e percorsi di abilitazione e attività socioeducative e progetti di imprenditoria, favorendo la creazione di sinergie con le aziende del territorio e le istituzioni scolastiche;

10) a predisporre progetti, incentivi e strumenti finalizzati a favorire l'inserimento dei soggetti con disturbi dello spettro autistico nel mondo lavorativo, al fine di valorizzarne le capacità a supporto dell'autonomia, in coerenza con gli obiettivi della legge 12 marzo 1999, n. 68.
(1-00589) «Panizzut, Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Germanà, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Mariani, Maturi, Micheli, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Scoma, Snider, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zennaro, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,

   premesso che:

    l'autismo rappresenta una delle sindromi più complesse e, nelle forme più gravi, difficilmente gestibili che emergono nell'età evolutiva;

    i disturbi dello spettro autistico (dall'inglese Autism Spectrum Disorders, ASD) sono un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione sociale e nell'interazione sociale. Il disturbo si presenta in modo molto variabile da caso a caso, ma in generale è caratterizzato, oltre che dalla compromissione della comunicazione e dell'interazione sociale, come già evidenziato, anche dalla presenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi. I bambini e le bambine con autismo presentano infatti importanti difficoltà nell'interazione reciproca, nella comunicazione e nelle attività di gioco;

    l'ASD è un disturbo con esordio in età evolutiva, e rappresenta una condizione che colpisce circa l'1 per cento della popolazione, con stime simili in campioni di bambini e adulti;

    il «Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico» coordinato dall'Istituto superiore di sanità e dal Ministero della salute, ha stimato che in Italia 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine;

    i sintomi di autismo in genere vengono riconosciuti nel secondo anno di vita (12-24 mesi di età), ma possono essere osservati segnali di autismo prima dei 12 mesi se il ritardo dello sviluppo è grave o dopo i 24 mesi se i sintomi di autismo sono attenuati. Le caratteristiche comportamentali del disturbo dello spettro dell'autismo iniziano comunque a diventare evidenti nella prima infanzia, con alcuni casi di individui che presentano uno scarso interesse per le interazioni sociali già nel primo anno di vita;

    i primi sintomi comportano frequentemente uno sviluppo del linguaggio ritardato, spesso associato a scarsi interessi sociali o a insolite interazioni sociali, a modalità di gioco stravaganti e a modalità di comunicazione insolite. Durante il secondo anno, i comportamenti stravaganti e ripetitivi e l'assenza di giochi abituali diventano più evidenti;

    l'autismo è una condizione da cui non si può guarire, ma su cui si può e si deve intervenire. L'identificazione precoce dell'autismo rappresenta una sfida importante, poiché apre delle possibilità di presa a carico a un'età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora venire modificati;

    le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale;

    le caratteristiche della sintomatologia clinica possono essere estremamente eterogenee sia in termini di complessità che di severità e possono presentare un'espressione variabile nel tempo. Inoltre, le persone nello spettro autistico molto frequentemente presentano diverse co-morbilità neurologiche, psichiatriche e mediche di cui è fondamentale tenere conto per l'organizzazione degli interventi;

    sebbene negli ultimi anni la ricerca abbia mostrato un grado di avanzamento, ad oggi non è stata del tutto chiarita la complessità delle cause. Numerose evidenze scientifiche indicano un ruolo importante della componente genetica ed è noto che, nelle famiglie in cui è presente un bambino con disturbo dello spettro autistico, il rischio di avere un secondo figlio con ASD è circa 20 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Tuttavia, anche il ruolo dei fattori ambientali è ritenuto rilevante e tra questi si riportano le infezioni contratte dalla madre in gravidanza, lo status immunologico materno-fetale, l'esposizione a farmaci o agenti tossici e l'età avanzata dei genitori al momento del concepimento;

    da una analisi delle linee guida (Practice Guidelines) stilate dall'American Psychiatric Association (APA) secondo l'Evidence Based Medicine, e dalle Linee guida autismo redatte dall'Istituto superiore di sanità (2011) emerge che la terapia cognitivo-comportamentale rappresenta ad oggi l'intervento di prima scelta per molti disturbi psichiatrici;

    ad oggi gli interventi psicoeducativi per i disturbi dello spettro autistico, validati da evidenze empiriche e di letteratura, fanno riferimento a una cornice teorica di stampo cognitivo-comportamentale, finalizzata a modificare il comportamento generale per renderlo funzionale ai compiti della vita di ogni giorno (alimentazione, igiene personale, capacità di vestirsi) e tentano di ridurre i comportamenti disfunzionali. La maggior parte di questi interventi si basano sulla tecnica ABA per l'autismo (Applied Behavioural Analysis). Il metodo ABA per l'autismo interviene sulle competenze cognitive, linguistiche e di adattabilità;

    il metodo ABA, in italiano «Analisi del comportamento applicata», si basa sull'uso della scienza del comportamento per la modifica di atteggiamenti socialmente significativi. Il punto di partenza è che ogni comportamento è scomponibile ed è caratterizzato da una causa antecedente ed una conseguenza, entrambi controllabili attraverso un'attenta analisi degli stessi ed un loro addestramento;

    questa terapia, di derivazione USA, permette la progettazione ed attuazione di interventi per il cambiamento di comportamento inadeguati e l'apprendimento di nuove abilità. La terapia comportamentale risulta continuativa in tutto l'arco della giornata e per la sua attuazione necessita di un'équipe di intervento esperta: un professionista in analisi del comportamento, un operatore a stretto contatto con il bambino sia in ambito scolastico che in ambito familiare ed un terapista;

    l'onerosità del trattamento ABA è tale per cui le famiglie si trovano in maggiore difficoltà dovendo sopportare il costo senza nessun aiuto, in quanto il Servizio sanitario nazionale, attualmente, non riconosce questa cura come necessaria e indispensabile ai soggetti richiedenti;

    prima il tribunale di Teramo (ordinanza del 13 aprile 2017), successivamente il Tribunale di Velletri (ordinanza dell'11 gennaio 2018), Cosenza (ordinanza del 22 febbraio 2018), Roma (ordinanza del 9 ottobre 2018), Brindisi (ordinanza del 7 novembre 2018), ed infine Reggio Calabria (ordinanza del 18 febbraio 2019) hanno confermato come l'analisi comportamentale applicata (metodo ABA) sia conforme ad una prestazione socio-sanitaria per la quale sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute ed hanno condannato le rispettive aziende sanitarie a sostenere le spese per la terapia ABA;

    ad acuire enormemente i problemi di salute mentale, ha contribuito in maniera decisiva l'emergenza sanitaria conseguente alla pandemia da SARS-Cov2 ha avuto inevitabilmente un impatto negativo pesantissimo sulla salute mentale e fisica delle persone, interferendo in maniera sostanziale sulla qualità della vita;

    le restrizioni, il confinamento in casa, la limitazione dei contatti sociali, la riduzione delle possibilità di svago e di socializzazione, conseguenti alle misure imposte soprattutto nella prima e più dura fase della pandemia per cercare di contrastare la diffusione rapida dei contagi del nuovo Coronavirus, hanno provocato un profondo cambiamento anche all'interno delle famiglie e in particolare di quelle che hanno un bambino o un ragazzo con autismo o altre disabilità. Improvvisamente e senza poterne esattamente capire i motivi, questi bambini hanno visto la chiusura delle loro scuole e dei centri educativi e riabilitativi che spesso frequentano, trovandosi da un giorno all'altro senza il contatto con i propri compagni di scuola e i propri educatori. E l'annullamento di questa rete di supporto ne ha aumentato conseguentemente il senso di frustrazione e di disagio;

    la gestione di questo periodo è stata particolarmente critica per le persone con disturbo dello spettro dell'autismo (ASD), e durante la fase di lockdown, a seguito alla sospensione del modello integrato delle attività di cura e del sostegno socio educativo, le famiglie si sono ritrovate da sole nella gestione dei propri figli, sperimentando una condizione di difficoltà e di maggiore stress psicofisico;

    per molti giovani adulti con ASD, la condizione attuale ha rappresentato un blocco dei percorsi formativi o lavorativi avviati. Per i piccoli, in molti casi, è stato ritardato l'accesso ai servizi per la prima diagnosi e conseguentemente negato l'avvio di interventi precoci. In ogni caso, la sospensione dei servizi riabilitativi ha alimentato nei genitori la preoccupazione di poter perdere i progressi raggiunti o indebolire le competenze acquisite con grande fatica, nonché la conseguente insorgenza di nuovi comportamenti problematici;

    in questa fase di lockdown sono state messe in atto dal nostro servizio sanitario, modalità di lavoro e di presa in carico diverse per supportare i genitori e le persone con ASD. La specifica competenza delle figure professionali ha permesso di attivare, laddove possibile, modalità di intervento da remoto a garanzia della continuità assistenziale, per cercare di garantire il più possibile un intervento adeguato alle persone con ASD e alle loro famiglie;

    per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, l'articolo 3, comma 1, della legge 18 agosto 2015, n. 134, ha previsto l'inserimento nei nuovi Lea delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili;

    in attuazione del suddetto articolo 3 della legge n. 134 del 2015, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea), all'articolo 60, ha conseguentemente disposto che «il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    la citata legge n. 134 del 2015 prevede altresì che le regioni debbano garantire il funzionamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con disturbi dello spettro autistico, dando facoltà alle medesime regioni di individuare centri di riferimento con compiti di coordinamento dei servizi stessi nell'ambito della rete sanitaria regionale e delle province autonome, stabilendo percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

    il problema è che la medesima legge n. 134, non avendo previsto lo stanziamento di alcuna risorsa a favore delle regioni, mette queste ultime nella condizione di provvedervi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, con il risultato di veder aumentare ancora di più le differenze territoriali in materia di erogazione di servizi socio-sanitari: con le regioni con maggiore disponibilità di bilancio e più «volenterose» in grado di tradurre in pratica le indicazioni contenute in questa legge, e altre regioni (soprattutto quelle in deficit di bilancio) che invece non possono attuare – se non parzialmente – le misure sul proprio territorio per (a cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro apistico;

    attualmente i Lea per le persone con disturbo dello spettro autistico, sono di fatto erogati dalle aziende sanitarie locali unicamente sulla base delle loro risorse disponibili, che sono insufficienti, con evidenti conseguenze negative in termini di garanzia delle prestazioni,

impegna il Governo:

1) a garantire, con riferimento alla gestione e alla cura delle persone con disagio mentale, che una quota delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza venga effettivamente destinata al rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale, dei servizi sociosanitari, all'assistenza distrettuale e alla riduzione degli squilibri territoriali, con particolare attenzione ai soggetti con disturbi dello spettro autistico;

2) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di adeguate risorse alle regioni, per dare piena attuazione dell'articolo 3 della legge n. 134 del 2015, al fine di metterle finalmente in condizione di garantire il funzionamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con disturbi dello spettro autistico, anche attraverso l'individuazione di centri di riferimento con compiti di coordinamento dei servizi stessi nell'ambito della rete sanitaria regionale e delle province autonome, stabilendo percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

3) ad aggiornare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha definito i livelli essenziali di assistenza, al fine di includere la tecnica ABA di cui in premessa, quale terapia comportamentale per il trattamento dell'autismo a carico del Servizio sanitario nazionale;

4) ad adottare iniziative per rafforzare l'accesso a servizi appropriati e alle pari opportunità, al fine dell'inclusione e della partecipazione sociale delle persone con disordini dello spettro autistico, prevedendo a tal fine un costante coinvolgimento del volontariato e del mondo associativo;

5) a potenziare la formazione e prevedere una preparazione specifica per gli insegnanti di sostegno che seguono alunni con disturbi dello spettro autistico, favorendo la permanenza dei suddetti insegnanti per l'intero ciclo scolastico;

6) a implementare i programmi di istruzione inclusivi, ritagliati sui bisogni di bambini, ragazzi e degli altri soggetti affetti da autismo;

7) ad adottare iniziative per prevedere un potenziamento della formazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, quali anello di congiunzione con gli specialisti sanitari coinvolti nella presa in carico dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, anche al fine prioritario di favorire la diagnosi tempestiva dell'autismo.
(1-00593) «Versace, Polidori, Bagnasco, Novelli, D'Attis, Elvira Savino, Dall'Osso, Bond, Spena, Marrocco, Brambilla, Giannone».


   La Camera,

   premesso che:

    con l'unica espressione «Disturbi dello spettro autistico» si designano il disturbo autistico, la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo della fanciullezza e il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato;

    secondo la definizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell'American Psychiatric Association, noto come Dsm-5, ripresa anche dall'undicesima revisione della classificazione internazionale delle malattie dell'Organizzazione mondiale della sanità, Icd-11, si tratta di disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da una compromissione qualitativa nelle aree della comunicazione e dell'interazione sociale, associati a schemi di comportamento, talvolta anche aggressivi e autolesionistici, di interessi o di attività ristretti e/o ripetitivi, nonché a problemi nell'apprendimento;

    nella generalità dei casi, tali compromissioni si manifestano con frequenza più elevata nei primi tre anni di vita del bambino: in Italia, in base alle rilevazioni del «Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico», in particolare, si stima che 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza maggiore nei maschi, 4,4 volte più colpiti rispetto alle femmine;

    secondo i dati diffusi dagli esperti dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, a livello mondiale, un bambino su 100 presenta un disturbo dello spettro autistico e in Italia si stima che il problema possa riguardare almeno 500.000 famiglie;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione ad elevato costo sanitario e impatto sociale, in riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    le cause specifiche dei disturbi predetti non sono del tutto note. Tuttavia, nonostante questa incertezza scientifica, sono diventati più riconoscibili grazie al contribuito di una pluralità di fattori, tra i quali la maggiore formazione dei medici e la revisione dei criteri diagnostici;

    di conseguenza, il numero conclamato dei soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico è cresciuto notevolmente;

    per questo motivo, sono stati adottati diversi provvedimenti a livello nazionale;

    in primo luogo, è stata approvata la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico», con cui sono stati previsti, tra le altre cose, l'inserimento dei trattamenti di questi disturbi nei livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'individuazione degli obiettivi di carattere sanitario e sociosanitario che devono essere conseguiti a livello regionale;

    in secondo luogo, con la successiva legge di bilancio 28 dicembre 2015, n. 208, è stato istituito il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico (articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), con una dotazione strutturale pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016;

    in attuazione della citata normativa primaria, sono stati approvati decreti ed atti di indirizzo;

    con il decreto del Ministero della salute del 30 dicembre 2016, sono stati individuati i criteri e le modalità di utilizzo del Fondo ed è stato conferito mandato all'Istituto superiore di sanità di elaborare, attraverso un percorso condiviso e partecipato, le «Linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico degli adulti» e le «Linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico dei bambini e adolescenti»;

    attraverso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, nell'ambito di una complessiva opera di definizione e aggiornamento dei Lea, si è provveduto all'inserimento dei disturbi dello spettro autistico nei livelli essenziali di assistenza, prevedendosi all'articolo 60 che «il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    il comma 2 dell'articolo 60 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dispone espressamente: «Ai sensi dell'articolo 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza Unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale». In attuazione del predetto articolo, la Conferenza unificata ha sancito l'intesa sul documento di «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico», la cui implementazione a livello regionale costituisce adempimento soggetto a valutazione da parte del Comitato permanente per la verifica dei Lea;

    alla luce di tale disposizione il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata Governo, regioni, province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali ha approvato il documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico»;

    il suddetto atto di intesa della Conferenza unificata, tuttavia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha squalificato, di fatto, la legge n. 134 del 18 agosto 2015 e l'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, inserendo la seguente clausola: «All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica»;

    in ragione di ciò, i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali (Asl) solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendo di fatto difficile la piena attuazione e a garanzia degli stessi;

    i predetti limiti, altresì, rendono inattuabile un ulteriore obbligo sancito dalla legge n. 134 del 2015 relativo all'istituzione di residenze specifiche per l'autismo e/o con operatori specializzati per l'autismo;

    nel documento approvato in sede di Conferenza unificata si dispone, peraltro, la definizione di équipe specialistiche multidisciplinari, nell'ambito della neuropsichiatria infantile, sempre senza maggiori e nuovi onori per la finanza pubblica, seppure attualmente le risorse economiche siano insufficienti e tali da poter garantire l'accesso a meno di 1 bambino/adolescente su 4 necessitanti di cure e riabilitazione;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, in particolare, lo stanziamento di risorse da parte delle regioni continua ad essere insufficiente per garantire alle asl e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Npia) di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero;

    uguali considerazioni si possono estendere alle équipe analoghe, previste dal documento di aggiornamento citato, per quanto riferito all'età adulta nell'ambito dei dipartimenti di salute mentale, poiché già mancanti di risorse sufficienti a consentire la presa in carico di tutti i pazienti; l'Italia, a tal uopo, rispetto alla presenza in organico del numero di psichiatri, si posiziona soltanto al 20° posto in Europa e al 14° per numero di psicologi e infermieri; per quanto attiene la spesa dedicata alla salute mentale, si investe solamente il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale, a fronte di percentuali di altri Paesi, come Francia, Germania e Regno Unito, superiori fino a quattro volte (10-15 per cento);

    dunque un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi/servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un atto di indirizzo;

    con il decreto del Ministero della salute 10 aprile 2017, inoltre, è stata istituita una cabina di regia con funzioni di coordinamento e monitoraggio di tutte le attività previste dalla citata legge 18 agosto 2015, n. 134;

    sempre a livello di normazione primaria, sono state approvate la legge 22 giugno 2016, n. 112, recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», così detta sul «Dopo di Noi» e, nell'ambito delle misure emergenziali di contrasto della pandemia da COVID-19, il decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, con cui è stato istituito il Fondo per l'inclusione delle persone con disabilità, da destinare al finanziamento di specifici progetti che interessano vari ambiti, tra cui uno dedicato specificamente «alle persone con disturbo dello spettro autistico»;

    Fratelli d'Italia ha sempre rivolto massima attenzione al tema dei disturbi dello spettro autistico e della disabilità in generale, promuovendo misure volte a tutelare tanto i soggetti affetti da tali patologie quanto le loro famiglie, le quali svolgono un ruolo fondamentale nel percorso di individuazione della malattia, cura e assistenza;

    sotto il primo profilo, in particolare, risulta che in circa l'80 per cento dei casi i primi sospetti siano stati formulati dalle madri, prevalentemente nel corso del secondo anno di vita (42 per cento);

    moltissime famiglie, infatti, hanno dovuto attendere anni per ottenere la diagnosi corretta, a causa di un grande ritardo temporale tra l'insorgenza delle prime avvisaglie, la prima consultazione e l'età in cui viene fatta la diagnosi, che si aggira attualmente intorno ai 4-5 anni;

    il Sistema sanitario nazionale italiano prevede controlli sanitari di routine a tempi prestabiliti durante l'infanzia (bilanci di salute);

    di fronte alla lunghezza e all'eccessiva complessità del percorso diagnostico, appare evidente l'opportunità di predisporre una rete di centri di screening dei disturbi dello spettro autistico;

    l'individuazione precoce dei soggetti affetti da tali patologie e la loro immediata presa in carico consentono, del resto, una maggiore percentuale di risultati ottimali, agevolando il riconoscimento di eventuali segnali predittivi di miglioramento nel singolo bambino;

    per altro verso, la diagnosi precoce rappresenta il primo passo per la definizione di un programma di trattamento individualizzato utile altresì a favorire l'integrazione del minore in ogni settore della società, compresa quella scolastica;

    appare, tuttavia, chiaro che gli interventi richiesti non possano essere sostenuti solo dalle famiglie, comportando per queste ultime un carico troppo gravoso sia in termini di assistenza sia in termini di costi;

    i tempi necessari alla cura della persona affetta da disturbi dello spettro autistico sono tali o da incidere negativamente sulla vita lavorativa dei familiari o da costringere le famiglie medesime a rivolgersi a centri, prevalentemente privati, all'uopo destinati;

    infatti, da un lato, diminuisce progressivamente il numero degli operatori (-10 per cento) e, dall'altro, le poche strutture abilitate sono distribuite in modo diseguale sul territorio nazionale;

    nel quadro appena delineato, la diagnosi precoce, la formazione degli operatori sanitari e degli educatori, la riorganizzazione dei servizi sanitari e socio-educativi, anche attraverso lo sviluppo di registri di Dsa, sono strumenti da implementare per favorire l'integrazione e il miglioramento della qualità della vita delle persone colpite e per il sostegno alle loro famiglie, anche per preparare il minore ad una vita adulta indipendente,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per predisporre una rete di centri di screening per la diagnosi dei disturbi dello spettro autistico, favorendo una sorveglianza attiva dello sviluppo tra i 18 e 24 mesi da parte dei pediatri e il loro coordinamento con le unità specialistiche di neuropsichiatria infantile;

2) a garantire la diffusione di campagne nazionali d'informazione e sensibilizzazione circa la promozione del benessere del bambino, con particolare riguardo al neurosviluppo, e a favorire la conoscenza delle caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico oltre che dei sintomi precoci;

3) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire la piena attuazione della legge n. 134 del 18 agosto 2015 in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con disturbo dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie;

4) ad assumere iniziative volte ad implementare il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito presso il Ministero della salute, e a garantire i livelli essenziali di assistenza come definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, anche mediante la destinazione delle risorse economiche necessarie;

5) ad assumere iniziative per implementare il Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, istituito con la legge 22 giugno 2016, n. 112;

6) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire un potenziamento in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e dei dipartimenti di salute mentale, al fine di poter definire adeguate équipe multidisciplinari e garantire una diagnosi ed un trattamento precoce e tempestivo in grado di incidere e migliorare la prognosi, anche individuando una figura di riferimento, assimilabile al case manager in ambito sanitario, che si occupi della predisposizione di un piano di trattamento individualizzato volto a favorire l'inclusione in ogni ambito della vita sociale;

7) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare la possibilità che la diagnosi e le cure siano erogati da specialisti o strutture accreditate secondo le linee guida nazionali nelle regioni in cui non sia possibile effettuarle nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal Servizio sanitario nazionale;

8) a promuovere progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico, al fine di poterne valorizzare le capacità, così da dare piena attuazione all'articolo 14 della legge n. 328 del 2000;

9) ad elaborare le linee di indirizzo sui disturbi dello spettro autistico per l'età adulta, così da definire gli essenziali servizi alla persona e gli adeguati strumenti di supporto al progetto di vita e all'autonomia della persona;

10) a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato da persone autistiche e dai loro familiari, per la realizzazione di progetti di vita indipendenti, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria mediante, a titolo esemplificativo, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

11) ad adottare opportune iniziative normative per tutelare il lavoro dei genitori con figli affetti da tali disturbi;

12) ad adottare opportune iniziative per lo sviluppo e l'utilizzo di registri di disturbi dello spettro autistico;

13) a prevedere, per il periodo di emergenza sanitaria, iniziative a tutela degli alunni disabili nelle scuole, garantendo loro la didattica digitale integrata, con una parte della classe a casa e l'alunno affetto da disturbi in classe con compagni a rotazione;

14) a porre in essere iniziative normative volte all'istituzione della classe di laurea triennale in scienze e tecniche del comportamento e magistrale in analisi applicata del comportamento volte alla formazione di laureati e professionisti sanitari con competenze tali da applicare le scienze comportamentali nelle disabilità intellettive e comportamentali del neurosviluppo (spettro autistico o Asd, deficit di attenzione-iperattività o Adhd) e nell'educazione generale e speciale, nella sicurezza sul lavoro e negli altri ambienti di vita, nell'educazione alla genitorialità, nello sport e nell'educazione sanitaria in genere;

15) a porre in essere iniziative normative volte all'incremento del personale del Servizio sanitario nazionale preposto all'erogazione degli interventi di diagnosi e di trattamento dei disturbi dello spettro autistico in possesso di documentazione che attesti adeguata formazione teorica e pratica nella disciplina dell'analisi del comportamento secondo i processi supportati dal più alto grado di evidenza scientifica indicati dalla Evidence Based Medicine (Ebm) e in linea con quanto previsto dai criteri internazionali indicati dalla società scientifica internazionale di riferimento per la disciplina ovvero l'Association for Behavior Analysis International – Abai, criteri recepiti totalmente anche dalla federazione delle società scientifiche italiane Iacabai (Italy Associate Chapter of ABAI, fondata da Aiamc e Aarba) referente della società scientifica internazionale in Italia;

16) a porre in essere iniziative normative volte ad aumentare le risorse economiche destinate a garantire l'adeguata erogazione dei livelli essenziali di assistenza in favore di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico, così come disposto dall'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 che assicura a queste persone le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche;

17) a porre in essere iniziative normative volte ad aumentare le risorse economiche destinate allo sviluppo di progetti di ricerca che implementino:

   a) ricerca di base ovvero eziologia, biologia, genetica, diagnosi/valutazione, tratti comportamentali;

   b) ricerca applicata ovvero interventi farmacologici, interventi educativi precoci, modello di presa in carico e pratiche terapeutiche per approfondire le conoscenze sull'autismo e i disturbi dello sviluppo e misurare e potenziare l'efficacia dei trattamenti somministrati ai soggetti che hanno questa diagnosi;

18) a porre in essere iniziative normative volte ad istituire in tutte le regioni il sistema di sorveglianza e il registro di patologia afferente alla sindrome del disturbo dello spettro autistico, così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017 «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», al fine di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici e sanitari volti ad assicurare adeguati sistemi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, di programmazione sanitaria, di verifica della qualità delle cure, di valutazione dell'assistenza sanitaria e di ricerca scientifica;

19) a porre in essere iniziative di competenza volte a garantire il finanziamento in tutti i centri sanitari pubblici e privati solo ed esclusivamente dei trattamenti dimostratisi efficaci, sostenuti da prove scientifiche, ovvero studi randomizzati e controllati (Rct), studi quasi-sperimentali e studi di metanalisi comparativa, in sintonia con quanto raccomandato relativamente allo sviluppo di abilità verbali-cognitive dalla comunità scientifica di riferimento (Aba International) e dalle linee guida internazionali;

20) a porre in essere iniziative di competenza volte a garantire che l'elaborazione delle linee guida afferenti al disturbo dello spettro autistico sia effettuata anche dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, così come previsto dall'articolo 5 della legge 8 marzo 2017, n. 24.
(1-00597) «Lollobrigida, Meloni, Bellucci, Gemmato, Albano, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    con l'unica espressione «Disturbi dello spettro autistico» si designano il disturbo autistico, la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo della fanciullezza e il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato;

    secondo la definizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell'American Psychiatric Association, noto come Dsm-5, ripresa anche dall'undicesima revisione della classificazione internazionale delle malattie dell'Organizzazione mondiale della sanità, Icd-11, si tratta di disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da una compromissione qualitativa nelle aree della comunicazione e dell'interazione sociale, associati a schemi di comportamento, talvolta anche aggressivi e autolesionistici, di interessi o di attività ristretti e/o ripetitivi, nonché a problemi nell'apprendimento;

    nella generalità dei casi, tali compromissioni si manifestano con frequenza più elevata nei primi tre anni di vita del bambino: in Italia, in base alle rilevazioni del «Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico», in particolare, si stima che 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza maggiore nei maschi, 4,4 volte più colpiti rispetto alle femmine;

    secondo i dati diffusi dagli esperti dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, a livello mondiale, un bambino su 100 presenta un disturbo dello spettro autistico e in Italia si stima che il problema possa riguardare almeno 500.000 famiglie;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione ad elevato costo sanitario e impatto sociale, in riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    le cause specifiche dei disturbi predetti non sono del tutto note. Tuttavia, nonostante questa incertezza scientifica, sono diventati più riconoscibili grazie al contribuito di una pluralità di fattori, tra i quali la maggiore formazione dei medici e la revisione dei criteri diagnostici;

    di conseguenza, il numero conclamato dei soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico è cresciuto notevolmente;

    per questo motivo, sono stati adottati diversi provvedimenti a livello nazionale;

    in primo luogo, è stata approvata la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico», con cui sono stati previsti, tra le altre cose, l'inserimento dei trattamenti di questi disturbi nei livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'individuazione degli obiettivi di carattere sanitario e sociosanitario che devono essere conseguiti a livello regionale;

    in secondo luogo, con la successiva legge di bilancio 28 dicembre 2015, n. 208, è stato istituito il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico (articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), con una dotazione strutturale pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016;

    in attuazione della citata normativa primaria, sono stati approvati decreti ed atti di indirizzo;

    con il decreto del Ministero della salute del 30 dicembre 2016, sono stati individuati i criteri e le modalità di utilizzo del Fondo ed è stato conferito mandato all'Istituto superiore di sanità di elaborare, attraverso un percorso condiviso e partecipato, le «Linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico degli adulti» e le «Linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico dei bambini e adolescenti»;

    attraverso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, nell'ambito di una complessiva opera di definizione e aggiornamento dei Lea, si è provveduto all'inserimento dei disturbi dello spettro autistico nei livelli essenziali di assistenza, prevedendosi all'articolo 60 che «il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    il comma 2 dell'articolo 60 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dispone espressamente: «Ai sensi dell'articolo 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza Unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale». In attuazione del predetto articolo, la Conferenza unificata ha sancito l'intesa sul documento di «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico», la cui implementazione a livello regionale costituisce adempimento soggetto a valutazione da parte del Comitato permanente per la verifica dei Lea;

    alla luce di tale disposizione il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata Governo, regioni, province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali ha approvato il documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico»;

    il suddetto atto di intesa della Conferenza unificata, tuttavia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha squalificato, di fatto, la legge n. 134 del 18 agosto 2015 e l'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, inserendo la seguente clausola: «All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica»;

    in ragione di ciò, i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali (Asl) solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendo di fatto difficile la piena attuazione e a garanzia degli stessi;

    i predetti limiti, altresì, rendono inattuabile un ulteriore obbligo sancito dalla legge n. 134 del 2015 relativo all'istituzione di residenze specifiche per l'autismo e/o con operatori specializzati per l'autismo;

    nel documento approvato in sede di Conferenza unificata si dispone, peraltro, la definizione di équipe specialistiche multidisciplinari, nell'ambito della neuropsichiatria infantile, sempre senza maggiori e nuovi onori per la finanza pubblica, seppure attualmente le risorse economiche siano insufficienti e tali da poter garantire l'accesso a meno di 1 bambino/adolescente su 4 necessitanti di cure e riabilitazione;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, in particolare, lo stanziamento di risorse da parte delle regioni continua ad essere insufficiente per garantire alle asl e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Npia) di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero;

    uguali considerazioni si possono estendere alle équipe analoghe, previste dal documento di aggiornamento citato, per quanto riferito all'età adulta nell'ambito dei dipartimenti di salute mentale, poiché già mancanti di risorse sufficienti a consentire la presa in carico di tutti i pazienti; l'Italia, a tal uopo, rispetto alla presenza in organico del numero di psichiatri, si posiziona soltanto al 20° posto in Europa e al 14° per numero di psicologi e infermieri; per quanto attiene la spesa dedicata alla salute mentale, si investe solamente il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale, a fronte di percentuali di altri Paesi, come Francia, Germania e Regno Unito, superiori fino a quattro volte (10-15 per cento);

    dunque un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi/servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un atto di indirizzo;

    con il decreto del Ministero della salute 10 aprile 2017, inoltre, è stata istituita una cabina di regia con funzioni di coordinamento e monitoraggio di tutte le attività previste dalla citata legge 18 agosto 2015, n. 134;

    sempre a livello di normazione primaria, sono state approvate la legge 22 giugno 2016, n. 112, recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», così detta sul «Dopo di Noi» e, nell'ambito delle misure emergenziali di contrasto della pandemia da COVID-19, il decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, con cui è stato istituito il Fondo per l'inclusione delle persone con disabilità, da destinare al finanziamento di specifici progetti che interessano vari ambiti, tra cui uno dedicato specificamente «alle persone con disturbo dello spettro autistico»;

    Fratelli d'Italia ha sempre rivolto massima attenzione al tema dei disturbi dello spettro autistico e della disabilità in generale, promuovendo misure volte a tutelare tanto i soggetti affetti da tali patologie quanto le loro famiglie, le quali svolgono un ruolo fondamentale nel percorso di individuazione della malattia, cura e assistenza;

    sotto il primo profilo, in particolare, risulta che in circa l'80 per cento dei casi i primi sospetti siano stati formulati dalle madri, prevalentemente nel corso del secondo anno di vita (42 per cento);

    moltissime famiglie, infatti, hanno dovuto attendere anni per ottenere la diagnosi corretta, a causa di un grande ritardo temporale tra l'insorgenza delle prime avvisaglie, la prima consultazione e l'età in cui viene fatta la diagnosi, che si aggira attualmente intorno ai 4-5 anni;

    il Sistema sanitario nazionale italiano prevede controlli sanitari di routine a tempi prestabiliti durante l'infanzia (bilanci di salute);

    di fronte alla lunghezza e all'eccessiva complessità del percorso diagnostico, appare evidente l'opportunità di predisporre una rete di centri di screening dei disturbi dello spettro autistico;

    l'individuazione precoce dei soggetti affetti da tali patologie e la loro immediata presa in carico consentono, del resto, una maggiore percentuale di risultati ottimali, agevolando il riconoscimento di eventuali segnali predittivi di miglioramento nel singolo bambino;

    per altro verso, la diagnosi precoce rappresenta il primo passo per la definizione di un programma di trattamento individualizzato utile altresì a favorire l'integrazione del minore in ogni settore della società, compresa quella scolastica;

    appare, tuttavia, chiaro che gli interventi richiesti non possano essere sostenuti solo dalle famiglie, comportando per queste ultime un carico troppo gravoso sia in termini di assistenza sia in termini di costi;

    i tempi necessari alla cura della persona affetta da disturbi dello spettro autistico sono tali o da incidere negativamente sulla vita lavorativa dei familiari o da costringere le famiglie medesime a rivolgersi a centri, prevalentemente privati, all'uopo destinati;

    infatti, da un lato, diminuisce progressivamente il numero degli operatori (-10 per cento) e, dall'altro, le poche strutture abilitate sono distribuite in modo diseguale sul territorio nazionale;

    nel quadro appena delineato, la diagnosi precoce, la formazione degli operatori sanitari e degli educatori, la riorganizzazione dei servizi sanitari e socio-educativi, anche attraverso lo sviluppo di registri di Dsa, sono strumenti da implementare per favorire l'integrazione e il miglioramento della qualità della vita delle persone colpite e per il sostegno alle loro famiglie, anche per preparare il minore ad una vita adulta indipendente,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per predisporre una rete di centri di screening per la diagnosi dei disturbi dello spettro autistico, favorendo una sorveglianza attiva dello sviluppo tra i 18 e 24 mesi da parte dei pediatri e il loro coordinamento con le unità specialistiche di neuropsichiatria infantile;

2) nei limiti delle risorse disponibili, a garantire la diffusione di campagne nazionali d'informazione e sensibilizzazione circa la promozione del benessere del bambino, con particolare riguardo al neurosviluppo, e a favorire la conoscenza delle caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico oltre che dei sintomi precoci;

3) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire la piena attuazione della legge n. 134 del 18 agosto 2015 in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con disturbo dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie;

4) ad assumere iniziative volte ad implementare il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito presso il Ministero della salute, e a garantire i livelli essenziali di assistenza come definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, anche mediante la destinazione delle risorse economiche necessarie;

5) ad assumere iniziative per implementare il Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, istituito con la legge 22 giugno 2016, n. 112;

6) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire un potenziamento in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e dei dipartimenti di salute mentale, al fine di poter definire adeguate équipe multidisciplinari e garantire una diagnosi ed un trattamento precoce e tempestivo in grado di incidere e migliorare la prognosi, anche individuando una figura di riferimento, assimilabile al case manager in ambito sanitario, che si occupi della predisposizione di un piano di trattamento individualizzato volto a favorire l'inclusione in ogni ambito della vita sociale;

7) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare la possibilità che la diagnosi e le cure siano erogati da specialisti o strutture accreditate secondo le linee guida nazionali nelle regioni in cui non sia possibile effettuarle nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal Servizio sanitario nazionale;

8) a promuovere progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico, al fine di poterne valorizzare le capacità, così da dare piena attuazione all'articolo 14 della legge n. 328 del 2000;

9) ad elaborare le linee di indirizzo sui disturbi dello spettro autistico per l'età adulta, così da definire gli essenziali servizi alla persona e gli adeguati strumenti di supporto al progetto di vita e all'autonomia della persona;

10) a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato da persone autistiche e dai loro familiari, per la realizzazione di progetti di vita indipendenti, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria mediante, a titolo esemplificativo, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

11) ad adottare opportune iniziative normative per tutelare il lavoro dei genitori con figli affetti da tali disturbi;

12) ad adottare opportune iniziative per lo sviluppo e l'utilizzo di registri di disturbi dello spettro autistico;

13) a valutare l'opportunità di prevedere, per il periodo di emergenza sanitaria, iniziative a tutela degli alunni disabili nelle scuole, garantendo loro la didattica digitale integrata, con una parte della classe a casa e l'alunno affetto da disturbi in classe con compagni a rotazione;

14) a porre in essere iniziative normative volte all'incremento del personale del Servizio sanitario nazionale preposto all'erogazione degli interventi di diagnosi e di trattamento dei disturbi dello spettro autistico in possesso di documentazione che attesti adeguata formazione teorica e pratica nella disciplina dell'analisi del comportamento secondo i processi supportati dal più alto grado di evidenza scientifica indicati dalla Evidence Based Medicine (Ebm) e in linea con quanto previsto dai criteri internazionali indicati dalla società scientifica internazionale di riferimento per la disciplina ovvero l'Association for Behavior Analysis International – Abai, criteri recepiti totalmente anche dalla federazione delle società scientifiche italiane Iacabai (Italy Associate Chapter of ABAI, fondata da Aiamc e Aarba) referente della società scientifica internazionale in Italia;

15) nei limiti delle risorse di bilancio, a porre in essere iniziative normative volte ad aumentare le risorse economiche destinate a garantire l'adeguata erogazione dei livelli essenziali di assistenza in favore di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico, così come disposto dall'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 che assicura a queste persone le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche;

16) nel rispetto delle autonomie regionali, a porre in essere iniziative normative volte ad aumentare le risorse economiche destinate allo sviluppo di progetti di ricerca che implementino:

   a) ricerca di base ovvero eziologia, biologia, genetica, diagnosi/valutazione, tratti comportamentali;

   b) ricerca applicata ovvero interventi farmacologici, interventi educativi precoci, modello di presa in carico e pratiche terapeutiche per approfondire le conoscenze sull'autismo e i disturbi dello sviluppo e misurare e potenziare l'efficacia dei trattamenti somministrati ai soggetti che hanno questa diagnosi;

17) anche tenendo conto delle competenze regionali in materia, nel rispetto dei vincoli di bilancio, a porre in essere iniziative normative volte ad istituire in tutte le regioni il sistema di sorveglianza e il registro di patologia afferente alla sindrome del disturbo dello spettro autistico, così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017 «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», al fine di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici e sanitari volti ad assicurare adeguati sistemi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, di programmazione sanitaria, di verifica della qualità delle cure, di valutazione dell'assistenza sanitaria e di ricerca scientifica;

18) anche tenendo conto delle competenze regionali in materia e nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare la possibilità di porre in essere iniziative di competenza volte a garantire il finanziamento in tutti i centri sanitari pubblici e privati solo ed esclusivamente dei trattamenti dimostratisi efficaci, sostenuti da prove scientifiche, ovvero studi randomizzati e controllati (Rct), studi quasi-sperimentali e studi di metanalisi comparativa, in sintonia con quanto raccomandato relativamente allo sviluppo di abilità verbali-cognitive dalla comunità scientifica di riferimento (Aba International) e dalle linee guida internazionali;

19) a porre in essere iniziative di competenza volte a garantire che l'elaborazione delle linee guida afferenti al disturbo dello spettro autistico sia effettuata anche dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, così come previsto dall'articolo 5 della legge 8 marzo 2017, n. 24.
(1-00597) (Testo modificato nel corso della seduta) «Lollobrigida, Meloni, Bellucci, Gemmato, Albano, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».


MOZIONI BOLOGNA, CARNEVALI, MANDELLI, BOLDI, NAPPI, NOJA, GEMMATO, FORNARO ED ALTRI N. 1-00211 (SECONDA ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE), BOLOGNA, CARNEVALI, BOLDI, NAPPI, NOJA ED ALTRI N. 1-00211 (ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE), MANDELLI, GEMMATO ED ALTRI N. 1-00559 (NUOVA FORMULAZIONE) E MANDELLI, GEMMATO ED ALTRI N. 1-00559 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELLE MALATTIE REUMATICHE

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito le malattie reumatologiche come la prima causa di dolore e di disabilità in Europa, sottolineando come queste, da sole, rappresentino la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità che colpiscono la popolazione di tutte le età maggiormente tra i 35/40 anni e in pazienti di età superiore ai 65 anni;

    molte delle malattie reumatologiche sono particolarmente gravi e presentano un carattere sistemico, coinvolgendo più organi e apparati vitali. Si tratta, nello specifico, delle malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni e che riguardano, generalmente, gli individui più giovani nelle fasi più produttive della vita;

    in Italia, circa il 10 per cento della popolazione è affetto da malattie reumatologiche e la spesa per queste malattie è stimata in circa 5 miliardi di euro l'anno, di cui una parte consistente – circa i due terzi – è riferita a costi indiretti legati a perdita di produttività dei lavoratori affetti;

    un progetto chiamato Fit For Work Italia, realizzato dalla Società italiana di reumatologia, ha evidenziato che le persone affette dalle patologie reumatologiche sono ad alto rischio di invalidità e sono spesso costrette ad abbandonare il lavoro. Un censimento dell'associazione Amrer onlus del 2015 e dati Istat, in riferimento al medesimo anno, evidenziano che le malattie reumatiche rappresentano la seconda causa di invalidità in Italia, pari al 27 per cento delle pensioni di invalidità erogate;

    la diffusione del virus COVID-19 e la portata della pandemia, soprattutto in termini di conseguenze sulla tenuta del servizio sanitario nazionale, hanno aggravato notevolmente la condizione dei pazienti reumatologici. Oltre alle mancate diagnosi, si rileva una crescita sensibile dei numeri delle liste di attesa e la sospensione delle terapie da parte di pazienti che non hanno effettuato le visite presso i centri erogatori delle terapie;

    la prima indagine dell'Osservatorio nazionale dell'associazione persone con patologie reumatologiche e rare (Apmarr) ha rivelato come una persona con patologia reumatologica su due, nell'ultimo anno, non sia mai riuscita ad usufruire dei servizi di assistenza a cura sul territorio, mentre 7 persone su 10 non siano mai state contattate dal medico di medicina generale e dallo specialista per poter effettuare una visita di controllo;

    la pandemia ha reso necessaria una riflessione su un nuovo modo di concepire il rapporto medico-paziente, che parte dal rafforzamento della medicina territoriale e che utilizza lo strumento della telemedicina all'interno dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per superare le difficoltà legate ad una ridotta mobilità da parte dei pazienti, anche a causa della circolazione del virus;

    il rafforzamento della medicina territoriale, attraverso una riforma complessiva legata alla creazione delle case di comunità e degli ospedali di comunità, è parte integrante della missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza che include, altresì, anche il rafforzamento della digitalizzazione (telemedicina, fascicolo sanitario elettronico);

    nell'ultimo ventennio, l'introduzione di nuovi farmaci biologici nell'area reumatologica ha modificato drasticamente la storia naturale di molte gravi patologie, consentendo di ottenere la remissione stabile e prolungata di molte malattie, prima tra tutte l'artrite reumatoide;

    tali farmaci hanno determinato un netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti da un punto di vista sociale e lavorativo, contribuendo, sul piano economico, ad un'importante riduzione dei costi indiretti legati alla disabilità (Anis A., Rheumatology 2009);

    la perdita della copertura brevettuale dei farmaci biologici ha permesso l'ingresso nel mercato dei farmaci cosiddetti «biosimilari», medicinali simili per qualità, sicurezza ed efficacia ai farmaci biologici originatori, che possono essere prodotti secondo procedure e normative espresse da specifiche linee guida europee e commercializzati a prezzi inferiori rispetto ai prodotti originatori;

    il legislatore ha stabilito che un farmaco biosimilare può essere utilizzato nel rispetto di tre principi fondamentali: autonomia prescrittiva del medico, diritto alla continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, non sostituibilità automatica tra farmaco originator e farmaco biosimilare;

    la legge di bilancio per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) stabilisce, infatti, all'articolo 1, comma 407, che: «non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento ed un suo biosimilare, né tra biosimilari»; pertanto, è compito del medico specialista la decisione di proporre il passaggio da biologico a biosimilare e di fornire al paziente le adeguate e complete informazioni che gli consentano di condividere tale scelta ed approvarla, anche al fine di ribadire quel «contratto terapeutico» posto alla base di una corretta aderenza e persistenza alle terapie e dell'eliminazione di una delle principali fonti di inefficienza della spesa farmaceutica;

    a tale riguardo, anche l'Agenzia italiana del farmaco ha precisato, nel secondo position paper del marzo 2018, che la scelta del trattamento rimane una decisione clinica affidata esclusivamente al medico prescrittore;

    negli ultimi anni, inoltre, diverse sentenze della giustizia amministrativa hanno consolidato i principi previsti nell'utilizzo dei farmaci biosimilari; da ultimo, la sentenza n. 400 del 2019 del tribunale amministrativo regionale della Toscana ha ribadito che il principio dell'autonomia decisionale del medico non può in alcun modo essere limitata, né direttamente, né indirettamente;

    ciononostante, giungono sempre più frequentemente da diverse regioni italiane, tra cui Piemonte, Sardegna, Sicilia e Toscana, segnalazioni di difficoltà nel proseguire la terapia attualmente in corso con farmaco biologico ed il tentativo di sostituirlo in maniera automatica con il relativo biosimilare;

    è necessario un adeguato bilanciamento tra i principi previsti dalla normativa statale di razionalizzazione della spesa pubblica, da un lato e, al contempo, di garanzia della libertà prescrittiva attraverso la compresenza di un numero adeguato di opzioni terapeutiche. Nella costruzione di meccanismi di gara bisognerebbe evitare la restrizione della disponibilità di farmaci prescrivibili dal medico e prevedere la fissazione di basi d'asta che consentano di avere almeno tre aggiudicatari, come previsto dalla normativa; bisognerebbe evitare, inoltre, indirizzi prescrittivi o procedure – formali o sostanziali – con esclusiva finalità economicistica, volti a concentrare la scelta prescrittiva sul primo classificato, esponendo i pazienti a switch multipli e frequenti che possono creare disagio e disorientamento, a fronte di risparmi non sostanziali;

    su altro versante, la pandemia da COVID-19, che da due anni imperversa nel mondo, ha fatto emergere la necessità di garantire continuità assistenziale ai malati affetti da patologie croniche come quelle reumatologiche attraverso l'intelligenza artificiale e la telemedicina sia nelle situazioni emergenziali, che nelle ipotesi di pazienti collocati in territori disagiati. I malati reumatologici hanno, infatti, avuto, in tutto questo periodo, difficoltà di accesso ai centri specialistici e ritardi nelle diagnosi e nelle cure, come dimostrato da una recente ricerca realizzata dalle associazioni di pazienti Anmar e Apmarr in collaborazione con il Centro di telemedicina dell'Istituto superiore di sanità e confermato dal XVIII Rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità;

    la diagnosi precoce delle patologie reumatologiche, effettuata anche attraverso il medico di medicina generale ed il pediatra di libera scelta, consente al malato un trattamento precoce e una più alta probabilità di remissione della malattia;

    i pazienti reumatici sono spesso affetti da altre comorbidità ed è pertanto necessario investire in strumenti digitali che garantiscano assistenza multidisciplinare e interoperabilità dei sistemi informatici;

    emerge la necessità di garantire un'assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale per evitare che al disagio della malattia si aggiunga la difficoltà dello spostamento – talvolta anche in una regione diversa da quella di appartenenza – per ottenere le terapie farmacologiche indicate dal medico ed il cui approvvigionamento, in alcuni territori, non viene assicurato per ragioni finanziarie che contrastano con la tutela della salute del paziente reumatico;

    è necessario garantire a medici e pazienti, attraverso rappresentanze qualificate, società scientifiche in ambito reumatologico e associazioni dei pazienti organizzate, la partecipazione ai processi decisionali della politica sanitaria inerenti ai percorsi e alle terapie farmacologiche per la cura delle patologie reumatologiche;

    a tale ultimo scopo, risulta fondamentale implementare i tavoli di discussione regionali sulle patologie reumatologiche e la creazione, a livello nazionale, di un tavolo di lavoro che comprenda tutte le parti interessate e che orienti la politica ad interventi, anche legislativi, per soddisfare tutte le esigenze ed i bisogni di cura al fine di realizzare in concreto la migliore presa in carico e gestione del paziente;

    occorre cogliere la grande opportunità rappresentata dall'arrivo di finanziamenti per la sanità italiana attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziamenti che si otterranno solo attraverso l'attuazione di un piano di recupero e ammodernamento del sistema, avviando una riflessione condivisa con tutti gli attori del settore per discutere delle azioni da intraprendere e per delineare le linee di indirizzo per un nuovo modello di gestione della cronicità;

    occorre attivare percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali che rappresentino, mediante l'adattamento alle linee guida internazionali, uno strumento di orientamento della pratica clinica, coinvolgendo e integrando tutte le parti interessate al processo, primi tra tutti i malati reumatologici, lo specialista reumatologo, il medico di medicina generale e il farmacista territoriale. Tale intervento mira a conseguire un progressivo passaggio da una gestione per specialità a una gestione per processi, indispensabile per superare la variabilità di presa in carico nei diversi territori, mantenendo i percorsi più appropriati e virtuosi, e da una medicina di attesa a una medicina di iniziativa, attuabile con un potenziamento del personale sanitario specializzato con il supporto della telemedicina e della digitalizzazione, con il monitoraggio dei dati clinici, radiologici e di laboratorio relativi al paziente, che tenga conto anche delle complicazioni e delle comorbilità,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per sviluppare progetti innovativi nell'ambito della ricerca scientifica, della formazione e dell'assistenza sanitaria in campo reumatologico;

2) ad adottare iniziative di competenza che incentivino l'utilizzo della telemedicina e dell'intelligenza artificiale in campo reumatologico, sfruttando le opportunità offerte dai finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a garanzia della continuità assistenziale sia in periodi emergenziali come quello attuale, sia in territori poco accessibili, favorendo la creazione e lo sviluppo di un'assistenza sanitaria multi-professionale e multi-specialistica, coadiuvata da sistemi digitali interoperabili per assicurare cure adeguate anche in caso di comorbidità;

3) a prevedere specifiche linee di indirizzo nazionali, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, volte ad incentivare iniziative per la prevenzione, la diagnosi precoce e l'assistenza, favorendo la creazione, su base regionale, delle reti assistenziali nel cui ambito poter rendere operativi specifici percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (Pdta) per specifiche malattie o gruppi di esse;

4) ad adottare iniziative per prevedere la possibilità di un'implementazione dell'utilizzo del fascicolo sanitario elettronico, contenente la storia clinica dei pazienti, rendendo disponibili informazioni e documenti prodotti dal sistema sanitario al fine di rendere più efficiente l'erogazione dei servizi sanitari e la continuità di cura, garantendo l'accesso in sicurezza del medico ai dati del paziente ed evitando duplicazioni di esami;

5) a identificare, attraverso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, specifici indicatori di performance e risultato volti a valutare lo stadio di implementazione e realizzazione degli obiettivi di salute per patologia nell'ambito del rinnovo del piano nazionale delle cronicità;

6) a promuovere presso il Ministero della salute un tavolo sulle patologie reumatologiche, coinvolgendo le principali società scientifiche ed associazioni di pazienti (Amrer, Anmar, Apmarr), al fine di esaminare lo stato dell'arte e di fornire linee di indirizzo volte al miglioramento della presa in carico complessiva del paziente reumatologico;

7) ad adottare iniziative in favore della formazione continua e informazione dei medici, in particolare dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, che sono il primo filtro per i pazienti, e dei medici Inps che si occupano degli accertamenti degli stati invalidanti, per garantire nuove conoscenze e competenze nell'approccio alla patologia reumatologica;

8) ad adottare iniziative per garantire l'appropriatezza nell'utilizzo dei farmaci biotecnologici, sia originator che biosimilari e innovativi, per consentire la sostenibilità del sistema sanitario;

9) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare quanto previsto all'articolo 1, comma 407, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), per mantenere in equilibrio la razionalizzazione di spesa per il servizio sanitario nazionale con la garanzia a fornire un'ampia disponibilità di terapie, tutelando il diritto alla continuità terapeutica per i pazienti e alla non sostituibilità automatica del farmaco di riferimento con il suo biosimilare né tra biosimilari, monitorando, altresì, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, affinché tali principi siano applicati in modo conforme su tutto il territorio nazionale, per evitare disomogeneità nell'accesso alle cure con farmaci biologici ed innovativi e, in particolare, assicurando che la costruzione e l'implementazione delle gare escludano meccanismi che limitino la libertà prescrittiva del medico;

10) ad adottare iniziative di competenza per favorire l'istituzione di tavoli in tutte le regioni, con la partecipazione dei portatori d'interesse sulle patologie reumatologiche, comprese le associazioni dei pazienti, attraverso cui elaborare indicazioni e raccomandazioni condivise che generino, da un lato, appropriatezza di gestione della presa in carico e delle risorse e, dall'altro, sicurezza delle cure e pieno soddisfacimento dei bisogni dei malati reumatici;

11) ad adottare linee guida e protocolli specifici, con la partecipazione delle parti sociali e datoriali, al fine di investire sulla salute nei luoghi di lavoro e di indirizzare i datori di lavoro, pubblici e privati, in favore di un equilibrato contemperamento tra le esigenze di salute dei lavoratori con malattie croniche, quali quelle reumatologiche, e il conseguimento degli obiettivi aziendali, valorizzando il potenziale delle persone con malattia cronica e un'occupazione maggiormente sostenibile;

12) ad adottare tutte le iniziative di competenza per garantire il coinvolgimento dei farmacisti nell'ambito dello sviluppo e del potenziamento di una rete assistenziale dedicata alla cura delle patologie reumatiche, considerando l'apporto che tali professionisti possono fornire al paziente tramite il servizio professionale di monitoraggio e gestione della terapia reso nelle farmacie di comunità.
(1-00211) (Seconda ulteriore nuova formulazione) «Bologna, Carnevali, Mandelli, Boldi, Nappi, Noja, Gemmato, Fornaro, Mugnai, Marin, Baldini, Baratto, Berardini, Biancofiore, Carelli, Dall'Osso, De Girolamo, D'Ettore, Gagliardi, Napoli, Parisse, Pedrazzini, Pettarin, Ripani, Rizzone, Silli, Vietina, Carrara, De Filippo, Siani, Lorefice, D'Arrando, Ianaro, Mammì, Misiti, Penna, Provenza, Ruggiero, Sportiello, Villani».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito le malattie reumatologiche come la prima causa di dolore e di disabilità in Europa, sottolineando come queste, da sole, rappresentino la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità che colpiscono la popolazione di tutte le età maggiormente tra i 35/40 anni e in pazienti di età superiore ai 65 anni;

    molte delle malattie reumatologiche sono particolarmente gravi e presentano un carattere sistemico, coinvolgendo più organi e apparati vitali. Si tratta, nello specifico, delle malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni e che riguardano, generalmente, gli individui più giovani nelle fasi più produttive della vita;

    in Italia, circa il 10 per cento della popolazione è affetto da malattie reumatologiche e la spesa per queste malattie è stimata in circa 5 miliardi di euro l'anno, di cui una parte consistente – circa i due terzi – è riferita a costi indiretti legati a perdita di produttività dei lavoratori affetti;

    un progetto chiamato Fit For Work Italia, realizzato dalla Società italiana di reumatologia, ha evidenziato che le persone affette dalle patologie reumatologiche sono ad alto rischio di invalidità e sono spesso costrette ad abbandonare il lavoro. Un censimento dell'associazione Amrer onlus del 2015 e dati Istat, in riferimento al medesimo anno, evidenziano che le malattie reumatiche rappresentano la seconda causa di invalidità in Italia, pari al 27 per cento delle pensioni di invalidità erogate;

    la diffusione del virus COVID-19 e la portata della pandemia, soprattutto in termini di conseguenze sulla tenuta del servizio sanitario nazionale, hanno aggravato notevolmente la condizione dei pazienti reumatologici. Oltre alle mancate diagnosi, si rileva una crescita sensibile dei numeri delle liste di attesa e la sospensione delle terapie da parte di pazienti che non hanno effettuato le visite presso i centri erogatori delle terapie;

    la prima indagine dell'Osservatorio nazionale dell'associazione persone con patologie reumatologiche e rare (Apmarr) ha rivelato come una persona con patologia reumatologica su due, nell'ultimo anno, non sia mai riuscita ad usufruire dei servizi di assistenza a cura sul territorio, mentre 7 persone su 10 non siano mai state contattate dal medico di medicina generale e dallo specialista per poter effettuare una visita di controllo;

    la pandemia ha reso necessaria una riflessione su un nuovo modo di concepire il rapporto medico-paziente, che parte dal rafforzamento della medicina territoriale e che utilizza lo strumento della telemedicina all'interno dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per superare le difficoltà legate ad una ridotta mobilità da parte dei pazienti, anche a causa della circolazione del virus;

    il rafforzamento della medicina territoriale, attraverso una riforma complessiva legata alla creazione delle case di comunità e degli ospedali di comunità, è parte integrante della missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza che include, altresì, anche il rafforzamento della digitalizzazione (telemedicina, fascicolo sanitario elettronico);

    nell'ultimo ventennio, l'introduzione di nuovi farmaci biologici nell'area reumatologica ha modificato drasticamente la storia naturale di molte gravi patologie, consentendo di ottenere la remissione stabile e prolungata di molte malattie, prima tra tutte l'artrite reumatoide;

    tali farmaci hanno determinato un netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti da un punto di vista sociale e lavorativo, contribuendo, sul piano economico, ad un'importante riduzione dei costi indiretti legati alla disabilità (Anis A., Rheumatology 2009);

    la perdita della copertura brevettuale dei farmaci biologici ha permesso l'ingresso nel mercato dei farmaci cosiddetti «biosimilari», medicinali simili per qualità, sicurezza ed efficacia ai farmaci biologici originatori, che possono essere prodotti secondo procedure e normative espresse da specifiche linee guida europee e commercializzati a prezzi inferiori rispetto ai prodotti originatori;

    il legislatore ha stabilito che un farmaco biosimilare può essere utilizzato nel rispetto di tre principi fondamentali: autonomia prescrittiva del medico, diritto alla continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, non sostituibilità automatica tra farmaco originator e farmaco biosimilare;

    la legge di bilancio per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) stabilisce, infatti, all'articolo 1, comma 407, che: «non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento ed un suo biosimilare, né tra biosimilari»; pertanto, è compito del medico specialista la decisione di proporre il passaggio da biologico a biosimilare e di fornire al paziente le adeguate e complete informazioni che gli consentano di condividere tale scelta ed approvarla, anche al fine di ribadire quel «contratto terapeutico» posto alla base di una corretta aderenza e persistenza alle terapie e dell'eliminazione di una delle principali fonti di inefficienza della spesa farmaceutica;

    a tale riguardo, anche l'Agenzia italiana del farmaco ha precisato, nel secondo position paper del marzo 2018, che la scelta del trattamento rimane una decisione clinica affidata esclusivamente al medico prescrittore;

    negli ultimi anni, inoltre, diverse sentenze della giustizia amministrativa hanno consolidato i principi previsti nell'utilizzo dei farmaci biosimilari; da ultimo, la sentenza n. 400 del 2019 del tribunale amministrativo regionale della Toscana ha ribadito che il principio dell'autonomia decisionale del medico non può in alcun modo essere limitata, né direttamente, né indirettamente;

    ciononostante, giungono sempre più frequentemente da diverse regioni italiane, tra cui Piemonte, Sardegna, Sicilia e Toscana, segnalazioni di difficoltà nel proseguire la terapia attualmente in corso con farmaco biologico ed il tentativo di sostituirlo in maniera automatica con il relativo biosimilare;

    è necessario un adeguato bilanciamento tra i principi previsti dalla normativa statale di razionalizzazione della spesa pubblica, da un lato e, al contempo, di garanzia della libertà prescrittiva attraverso la compresenza di un numero adeguato di opzioni terapeutiche. Nella costruzione di meccanismi di gara bisognerebbe evitare la restrizione della disponibilità di farmaci prescrivibili dal medico e prevedere la fissazione di basi d'asta che consentano di avere almeno tre aggiudicatari, come previsto dalla normativa; bisognerebbe evitare, inoltre, indirizzi prescrittivi o procedure – formali o sostanziali – con esclusiva finalità economicistica, volti a concentrare la scelta prescrittiva sul primo classificato, esponendo i pazienti a switch multipli e frequenti che possono creare disagio e disorientamento, a fronte di risparmi non sostanziali;

    su altro versante, la pandemia da COVID-19, che da due anni imperversa nel mondo, ha fatto emergere la necessità di garantire continuità assistenziale ai malati affetti da patologie croniche come quelle reumatologiche attraverso l'intelligenza artificiale e la telemedicina sia nelle situazioni emergenziali, che nelle ipotesi di pazienti collocati in territori disagiati. I malati reumatologici hanno, infatti, avuto, in tutto questo periodo, difficoltà di accesso ai centri specialistici e ritardi nelle diagnosi e nelle cure, come dimostrato da una recente ricerca realizzata dalle associazioni di pazienti Anmar e Apmarr in collaborazione con il Centro di telemedicina dell'Istituto superiore di sanità e confermato dal XVIII Rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità;

    la diagnosi precoce delle patologie reumatologiche, effettuata anche attraverso il medico di medicina generale ed il pediatra di libera scelta, consente al malato un trattamento precoce e una più alta probabilità di remissione della malattia;

    i pazienti reumatici sono spesso affetti da altre comorbidità ed è pertanto necessario investire in strumenti digitali che garantiscano assistenza multidisciplinare e interoperabilità dei sistemi informatici;

    emerge la necessità di garantire un'assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale per evitare che al disagio della malattia si aggiunga la difficoltà dello spostamento – talvolta anche in una regione diversa da quella di appartenenza – per ottenere le terapie farmacologiche indicate dal medico ed il cui approvvigionamento, in alcuni territori, non viene assicurato per ragioni finanziarie che contrastano con la tutela della salute del paziente reumatico;

    è necessario garantire a medici e pazienti, attraverso rappresentanze qualificate, società scientifiche in ambito reumatologico e associazioni dei pazienti organizzate, la partecipazione ai processi decisionali della politica sanitaria inerenti ai percorsi e alle terapie farmacologiche per la cura delle patologie reumatologiche;

    a tale ultimo scopo, risulta fondamentale implementare i tavoli di discussione regionali sulle patologie reumatologiche e la creazione, a livello nazionale, di un tavolo di lavoro che comprenda tutte le parti interessate e che orienti la politica ad interventi, anche legislativi, per soddisfare tutte le esigenze ed i bisogni di cura al fine di realizzare in concreto la migliore presa in carico e gestione del paziente;

    occorre cogliere la grande opportunità rappresentata dall'arrivo di finanziamenti per la sanità italiana attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziamenti che si otterranno solo attraverso l'attuazione di un piano di recupero e ammodernamento del sistema, avviando una riflessione condivisa con tutti gli attori del settore per discutere delle azioni da intraprendere e per delineare le linee di indirizzo per un nuovo modello di gestione della cronicità;

    occorre attivare percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali che rappresentino, mediante l'adattamento alle linee guida internazionali, uno strumento di orientamento della pratica clinica, coinvolgendo e integrando tutte le parti interessate al processo, primi tra tutti i malati reumatologici, lo specialista reumatologo, il medico di medicina generale e il farmacista territoriale. Tale intervento mira a conseguire un progressivo passaggio da una gestione per specialità a una gestione per processi, indispensabile per superare la variabilità di presa in carico nei diversi territori, mantenendo i percorsi più appropriati e virtuosi, e da una medicina di attesa a una medicina di iniziativa, attuabile con un potenziamento del personale sanitario specializzato con il supporto della telemedicina e della digitalizzazione, con il monitoraggio dei dati clinici, radiologici e di laboratorio relativi al paziente, che tenga conto anche delle complicazioni e delle comorbilità,

impegna il Governo:

1) nei limiti delle risorse disponibili, ad adottare iniziative per sviluppare progetti innovativi nell'ambito della ricerca scientifica, della formazione e dell'assistenza sanitaria in campo reumatologico;

2) ad adottare iniziative di competenza che incentivino l'utilizzo della telemedicina e dell'intelligenza artificiale in campo reumatologico, sfruttando le opportunità offerte dai finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a garanzia della continuità assistenziale sia in periodi emergenziali come quello attuale, sia in territori poco accessibili, favorendo la creazione e lo sviluppo di un'assistenza sanitaria multi-professionale e multi-specialistica, coadiuvata da sistemi digitali interoperabili per assicurare cure adeguate anche in caso di comorbidità;

3) a prevedere che, nell'attuazione del Piano nazionale della cronicità, siano incentivate iniziative per la prevenzione, la diagnosi precoce e l'assistenza, favorendo la creazione, su base regionale, delle reti assistenziali nel cui ambito poter rendere operativi specifici percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (Pdta) per specifiche malattie o gruppi di esse;

4) ad adottare iniziative per prevedere la possibilità di un'implementazione dell'utilizzo del fascicolo sanitario elettronico, contenente la storia clinica dei pazienti, rendendo disponibili informazioni e documenti prodotti dal sistema sanitario al fine di rendere più efficiente l'erogazione dei servizi sanitari e la continuità di cura, garantendo l'accesso in sicurezza del medico ai dati del paziente ed evitando duplicazioni di esami;

5) a valutare l'opportunità di identificare, attraverso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, specifici indicatori di performance e risultato volti a valutare lo stadio di implementazione e realizzazione degli obiettivi di salute per patologia nell'ambito del rinnovo del piano nazionale delle cronicità;

6) a promuovere presso il Ministero della salute un tavolo sulle patologie reumatologiche, coinvolgendo le principali società scientifiche ed associazioni di pazienti (Amrer, Anmar, Apmarr), al fine di esaminare lo stato dell'arte e di fornire linee di indirizzo volte al miglioramento della presa in carico complessiva del paziente reumatologico;

7) ad adottare iniziative in favore della formazione continua e informazione dei medici, in particolare dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, che sono il primo filtro per i pazienti, e dei medici Inps che si occupano degli accertamenti degli stati invalidanti, per garantire nuove conoscenze e competenze nell'approccio alla patologia reumatologica;

8) ad adottare iniziative per garantire l'appropriatezza nell'utilizzo dei farmaci biotecnologici, sia originator che biosimilari e innovativi, per consentire la sostenibilità del sistema sanitario;

9) nel rispetto dell'autonomia regionale, ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare quanto previsto all'articolo 1, comma 407, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), per mantenere in equilibrio la razionalizzazione di spesa per il servizio sanitario nazionale con la garanzia a fornire un'ampia disponibilità di terapie, tutelando il diritto alla continuità terapeutica per i pazienti e alla non sostituibilità automatica del farmaco di riferimento con il suo biosimilare né tra biosimilari, monitorando, altresì, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, affinché tali principi siano applicati in modo conforme su tutto il territorio nazionale, per evitare disomogeneità nell'accesso alle cure con farmaci biologici ed innovativi e, in particolare, assicurando che la costruzione e l'implementazione delle gare escludano meccanismi che limitino la libertà prescrittiva del medico;

10) nel rispetto dell'autonomia regionale, ad adottare iniziative di competenza per favorire l'istituzione di tavoli in tutte le regioni, con la partecipazione dei portatori d'interesse sulle patologie reumatologiche, comprese le associazioni dei pazienti, attraverso cui elaborare indicazioni e raccomandazioni condivise che generino, da un lato, appropriatezza di gestione della presa in carico e delle risorse e, dall'altro, sicurezza delle cure e pieno soddisfacimento dei bisogni dei malati reumatici;

11) a favorire l'adozione di protocolli specifici da parte delle parti sociali, al fine di investire sulla salute nei luoghi di lavoro e di indirizzare i datori di lavoro, pubblici e privati, in favore di un equilibrato contemperamento tra le esigenze di salute dei lavoratori con malattie croniche, quali quelle reumatologiche, e il conseguimento degli obiettivi aziendali, valorizzando il potenziale delle persone con malattia cronica e un'occupazione maggiormente sostenibile;

12) ad adottare tutte le iniziative di competenza per garantire il coinvolgimento dei farmacisti nell'ambito dello sviluppo e del potenziamento di una rete assistenziale dedicata alla cura delle patologie reumatiche, considerando l'apporto che tali professionisti possono fornire al paziente tramite il servizio professionale di monitoraggio e gestione della terapia reso nelle farmacie di comunità.
(1-00211) (Seconda ulteriore nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Bologna, Carnevali, Mandelli, Boldi, Nappi, Noja, Gemmato, Fornaro, Mugnai, Marin, Baldini, Baratto, Berardini, Biancofiore, Carelli, Dall'Osso, De Girolamo, D'Ettore, Gagliardi, Napoli, Parisse, Pedrazzini, Pettarin, Ripani, Rizzone, Silli, Vietina, Carrara, De Filippo, Siani, Lorefice, D'Arrando, Ianaro, Mammì, Misiti, Penna, Provenza, Ruggiero, Sportiello, Villani».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito le malattie reumatologiche come la prima causa di dolore e di disabilità in Europa, sottolineando come queste, da sole, rappresentino la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità che colpiscono la popolazione di tutte le età maggiormente tra i 35/40 anni e in pazienti di età superiore ai 65 anni;

    molte delle malattie reumatologiche sono particolarmente gravi e presentano un carattere sistemico, coinvolgendo più organi e apparati vitali. Si tratta, nello specifico, delle malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni e che riguardano, generalmente, gli individui più giovani nelle fasi più produttive della vita;

    in Italia, circa il 10 per cento della popolazione è affetto da malattie reumatologiche e la spesa per queste malattie è stimata in circa 5 miliardi di euro l'anno, di cui una parte consistente – circa i due terzi – è riferita a costi indiretti legati a perdita di produttività dei lavoratori affetti;

    un progetto chiamato Fit For Work Italia, realizzato dalla Società italiana di reumatologia, ha evidenziato che le persone affette dalle patologie reumatologiche sono ad alto rischio di invalidità e sono spesso costrette ad abbandonare il lavoro. Un censimento dell'associazione Amrer onlus del 2015 e dati Istat, in riferimento al medesimo anno, evidenziano che le malattie reumatiche rappresentano la seconda causa di invalidità in Italia, pari al 27 per cento delle pensioni di invalidità erogate;

    la diffusione del virus COVID-19 e la portata della pandemia, soprattutto in termini di conseguenze sulla tenuta del servizio sanitario nazionale, hanno aggravato notevolmente la condizione dei pazienti reumatologici. Oltre alle mancate diagnosi, si rileva una crescita sensibile dei numeri delle liste di attesa e la sospensione delle terapie da parte di pazienti che non hanno effettuato le visite presso i centri erogatori delle terapie;

    la prima indagine dell'Osservatorio nazionale dell'associazione persone con patologie reumatologiche e rare (Apmarr) ha rivelato come una persona con patologia reumatologica su due, nell'ultimo anno, non sia mai riuscita ad usufruire dei servizi di assistenza a cura sul territorio, mentre 7 persone su 10 non siano mai state contattate dal medico di medicina generale e dallo specialista per poter effettuare una visita di controllo;

    la pandemia ha reso necessaria una riflessione su un nuovo modo di concepire il rapporto medico-paziente, che parte dal rafforzamento della medicina territoriale e che utilizza lo strumento della telemedicina all'interno dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per superare le difficoltà legate ad una ridotta mobilità da parte dei pazienti, anche a causa della circolazione del virus;

    il rafforzamento della medicina territoriale, attraverso una riforma complessiva legata alla creazione delle case di comunità e degli ospedali di comunità, è parte integrante della missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza che include, altresì, anche il rafforzamento della digitalizzazione (telemedicina, fascicolo sanitario elettronico);

    nell'ultimo ventennio, l'introduzione di nuovi farmaci biologici nell'area reumatologica ha modificato drasticamente la storia naturale di molte gravi patologie, consentendo di ottenere la remissione stabile e prolungata di molte malattie, prima tra tutte l'artrite reumatoide;

    tali farmaci hanno determinato un netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti da un punto di vista sociale e lavorativo, contribuendo, sul piano economico, ad un'importante riduzione dei costi indiretti legati alla disabilità (Anis A., Rheumatology 2009);

    la perdita della copertura brevettuale dei farmaci biologici ha permesso l'ingresso nel mercato dei farmaci cosiddetti «biosimilari», medicinali simili per qualità, sicurezza ed efficacia ai farmaci biologici originatori, che possono essere prodotti secondo procedure e normative espresse da specifiche linee guida europee e commercializzati a prezzi inferiori rispetto ai prodotti originatori;

    il legislatore ha stabilito che un farmaco biosimilare può essere utilizzato nel rispetto di tre principi fondamentali: autonomia prescrittiva del medico, diritto alla continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, non sostituibilità automatica tra farmaco originator e farmaco biosimilare;

    la legge di bilancio per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) stabilisce, infatti, all'articolo 1, comma 407, che: «non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento ed un suo biosimilare, né tra biosimilari»; pertanto, è compito del medico specialista la decisione di proporre il passaggio da biologico a biosimilare e di fornire al paziente le adeguate e complete informazioni che gli consentano di condividere tale scelta ed approvarla, anche al fine di ribadire quel «contratto terapeutico» posto alla base di una corretta aderenza e persistenza alle terapie e dell'eliminazione di una delle principali fonti di inefficienza della spesa farmaceutica;

    a tale riguardo, anche l'Agenzia italiana del farmaco ha precisato, nel secondo position paper del marzo 2018, che la scelta del trattamento rimane una decisione clinica affidata esclusivamente al medico prescrittore;

    negli ultimi anni, inoltre, diverse sentenze della giustizia amministrativa hanno consolidato i principi previsti nell'utilizzo dei farmaci biosimilari; da ultimo, la sentenza n. 400 del 2019 del tribunale amministrativo regionale della Toscana ha ribadito che il principio dell'autonomia decisionale del medico non può in alcun modo essere limitata, né direttamente, né indirettamente;

    ciononostante, giungono sempre più frequentemente da diverse regioni italiane, tra cui Piemonte, Sardegna, Sicilia e Toscana, segnalazioni di difficoltà nel proseguire la terapia attualmente in corso con farmaco biologico ed il tentativo di sostituirlo in maniera automatica con il relativo biosimilare;

    è necessario un adeguato bilanciamento tra i principi previsti dalla normativa statale di razionalizzazione della spesa pubblica, da un lato e, al contempo, di garanzia della libertà prescrittiva attraverso la compresenza di un numero adeguato di opzioni terapeutiche. Nella costruzione di meccanismi di gara bisognerebbe evitare la restrizione della disponibilità di farmaci prescrivibili dal medico e prevedere la fissazione di basi d'asta che consentano di avere almeno tre aggiudicatari, come previsto dalla normativa; bisognerebbe evitare, inoltre, indirizzi prescrittivi o procedure – formali o sostanziali – con esclusiva finalità economicistica, volti a concentrare la scelta prescrittiva sul primo classificato, esponendo i pazienti a switch multipli e frequenti che possono creare disagio e disorientamento, a fronte di risparmi non sostanziali;

    su altro versante, la pandemia da COVID-19, che da due anni imperversa nel mondo, ha fatto emergere la necessità di garantire continuità assistenziale ai malati affetti da patologie croniche come quelle reumatologiche attraverso l'intelligenza artificiale e la telemedicina sia nelle situazioni emergenziali, che nelle ipotesi di pazienti collocati in territori disagiati. I malati reumatologici hanno, infatti, avuto, in tutto questo periodo, difficoltà di accesso ai centri specialistici e ritardi nelle diagnosi e nelle cure, come dimostrato da una recente ricerca realizzata dalle associazioni di pazienti Anmar e Apmarr in collaborazione con il Centro di telemedicina dell'Istituto superiore di sanità e confermato dal XVIII Rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità;

    la diagnosi precoce delle patologie reumatologiche, effettuata anche attraverso il medico di medicina generale ed il pediatra di libera scelta, consente al malato un trattamento precoce e una più alta probabilità di remissione della malattia;

    i pazienti reumatici sono spesso affetti da altre comorbidità ed è pertanto necessario investire in strumenti digitali che garantiscano assistenza multidisciplinare e interoperabilità dei sistemi informatici;

    emerge la necessità di garantire un'assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale per evitare che al disagio della malattia si aggiunga la difficoltà dello spostamento – talvolta anche in una regione diversa da quella di appartenenza – per ottenere le terapie farmacologiche indicate dal medico ed il cui approvvigionamento, in alcuni territori, non viene assicurato per ragioni finanziarie che contrastano con la tutela della salute del paziente reumatico;

    è necessario garantire a medici e pazienti, attraverso rappresentanze qualificate, società scientifiche in ambito reumatologico e associazioni dei pazienti organizzate, la partecipazione ai processi decisionali della politica sanitaria inerenti ai percorsi e alle terapie farmacologiche per la cura delle patologie reumatologiche;

    a tale ultimo scopo, risulta fondamentale implementare i tavoli di discussione regionali sulle patologie reumatologiche e la creazione, a livello nazionale, di un tavolo di lavoro che comprenda tutte le parti interessate e che orienti la politica ad interventi, anche legislativi, per soddisfare tutte le esigenze ed i bisogni di cura al fine di realizzare in concreto la migliore presa in carico e gestione del paziente;

    occorre cogliere la grande opportunità rappresentata dall'arrivo di finanziamenti per la sanità italiana attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziamenti che si otterranno solo attraverso l'attuazione di un piano di recupero e ammodernamento del sistema, avviando una riflessione condivisa con tutti gli attori del settore per discutere delle azioni da intraprendere e per delineare le linee di indirizzo per un nuovo modello di gestione della cronicità;

    occorre attivare percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali che rappresentino, mediante l'adattamento alle linee guida internazionali, uno strumento di orientamento della pratica clinica, coinvolgendo e integrando tutte le parti interessate al processo, primi tra tutti i malati reumatologici, lo specialista reumatologo, il medico di medicina generale e il farmacista territoriale. Tale intervento mira a conseguire un progressivo passaggio da una gestione per specialità a una gestione per processi, indispensabile per superare la variabilità di presa in carico nei diversi territori, mantenendo i percorsi più appropriati e virtuosi, e da una medicina di attesa a una medicina di iniziativa, attuabile con un potenziamento del personale sanitario specializzato con il supporto della telemedicina e della digitalizzazione, con il monitoraggio dei dati clinici, radiologici e di laboratorio relativi al paziente, che tenga conto anche delle complicazioni e delle comorbilità,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per sviluppare progetti innovativi nell'ambito della ricerca scientifica, della formazione e dell'assistenza sanitaria in campo reumatologico;

2) ad adottare iniziative di competenza che incentivino l'utilizzo della telemedicina e dell'intelligenza artificiale in campo reumatologico, sfruttando le opportunità offerte dai finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a garanzia della continuità assistenziale sia in periodi emergenziali come quello attuale, sia in territori poco accessibili, favorendo la creazione e lo sviluppo di un'assistenza sanitaria multi-professionale e multi-specialistica, coadiuvata da sistemi digitali interoperabili per assicurare cure adeguate anche in caso di comorbidità;

3) a prevedere specifiche linee di indirizzo nazionali, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, volte ad incentivare iniziative per la prevenzione, la diagnosi precoce e l'assistenza, favorendo la creazione, su base regionale, delle reti assistenziali nel cui ambito poter rendere operativi specifici percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (Pdta) per specifiche malattie o gruppi di esse;

4) ad adottare iniziative per prevedere la possibilità di un'implementazione dell'utilizzo del fascicolo sanitario elettronico, contenente la storia clinica dei pazienti, rendendo disponibili informazioni e documenti prodotti dal sistema sanitario al fine di rendere più efficiente l'erogazione dei servizi sanitari e la continuità di cura, garantendo l'accesso in sicurezza del medico ai dati del paziente ed evitando duplicazioni di esami;

5) a identificare, attraverso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, specifici indicatori di performance e risultato volti a valutare lo stadio di implementazione e realizzazione degli obiettivi di salute per patologia nell'ambito del rinnovo del piano nazionale delle cronicità;

6) a promuovere presso il Ministero della salute un tavolo sulle patologie reumatologiche, coinvolgendo le principali società scientifiche ed associazioni di pazienti (Amrer, Anmar, Apmarr), al fine di esaminare lo stato dell'arte e di fornire linee di indirizzo volte al miglioramento della presa in carico complessiva del paziente reumatologico;

7) ad adottare iniziative in favore della formazione continua e informazione dei medici, in particolare dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, che sono il primo filtro per i pazienti, e dei medici Inps che si occupano degli accertamenti degli stati invalidanti, per garantire nuove conoscenze e competenze nell'approccio alla patologia reumatologica;

8) ad adottare iniziative per garantire l'appropriatezza nell'utilizzo dei farmaci biotecnologici, sia originator che biosimilari e innovativi, per consentire la sostenibilità del sistema sanitario;

9) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare quanto previsto all'articolo 1, comma 407, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), per mantenere in equilibrio la razionalizzazione di spesa per il servizio sanitario nazionale con la garanzia a fornire un'ampia disponibilità di terapie, tutelando il diritto alla continuità terapeutica per i pazienti e alla non sostituibilità automatica del farmaco di riferimento con il suo biosimilare né tra biosimilari, monitorando, altresì, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, affinché tali principi siano applicati in modo conforme su tutto il territorio nazionale, per evitare disomogeneità nell'accesso alle cure con farmaci biologici ed innovativi e, in particolare, assicurando che la costruzione e l'implementazione delle gare escludano meccanismi che limitino la libertà prescrittiva del medico;

10) ad adottare iniziative di competenza per favorire l'istituzione di tavoli in tutte le regioni, con la partecipazione dei portatori d'interesse sulle patologie reumatologiche, comprese le associazioni dei pazienti, attraverso cui elaborare indicazioni e raccomandazioni condivise che generino, da un lato, appropriatezza di gestione della presa in carico e delle risorse e, dall'altro, sicurezza delle cure e pieno soddisfacimento dei bisogni dei malati reumatici;

11) ad adottare linee guida e protocolli specifici, con la partecipazione delle parti sociali e datoriali, al fine di investire sulla salute nei luoghi di lavoro e di indirizzare i datori di lavoro, pubblici e privati, in favore di un equilibrato contemperamento tra le esigenze di salute dei lavoratori con malattie croniche, quali quelle reumatologiche, e il conseguimento degli obiettivi aziendali, valorizzando il potenziale delle persone con malattia cronica e un'occupazione maggiormente sostenibile.
(1-00211) (Ulteriore nuova formulazione) «Bologna, Carnevali, Boldi, Nappi, Noja, Mugnai, Marin, Baldini, Baratto, Berardini, Biancofiore, Carelli, Dall'Osso, De Girolamo, D'Ettore, Gagliardi, Napoli, Parisse, Pedrazzini, Pettarin, Ripani, Rizzone, Silli, Vietina, Carrara, De Filippo, Siani, Lorefice, D'Arrando, Ianaro, Mammì, Misiti, Penna, Provenza, Ruggiero, Sportiello, Villani».


   La Camera,

   premesso che:

    secondo recenti dati, oltre 5 milioni di italiani sono affetti da malattie, reumatologiche. Si tratta di circa centocinquanta forme di patologie infiammatorie e croniche che interessano le ossa, le articolazioni, i muscoli e in alcuni casi anche gli organi e i tessuti, provocando dolore e progressiva difficoltà nei movimenti. Le sole artriti e artrosi interessano il 16 per cento degli italiani e rappresentano le due malattie croniche più diffuse dopo l'ipertensione. Colpiscono sempre di più anche a causa dell'aumento dell'età media della popolazione. Anche se non vanno considerate come patologie solo ed esclusivamente, della terza età, gli anziani risultano comunque particolarmente esposti. In Italia il 32 per cento delle persone con più di 65 anni, utilizza farmaci antinfiammatori ed antireumatici per la cura, tra gli altri disturbi, di artriti e artrosi;

    poiché il termine «reumatismo» racchiude qualsiasi dolore articolare e altri dolori alle strutture connesse alle articolazioni, si può oscillare da semplici dolori passeggeri fino a malattie vere e proprie. Sono patologie molto differenti, tra di loro sia per come si manifestano (sintomi) sia per le cause che le determinano, e i disturbi più severi, se non controllati e, curati adeguatamente, possono portare con sempre maggiore frequenza a ricoveri ospedalieri;

    queste malattie frequentemente non danno segni subito e se non trattate adeguatamente possono portare nei casi più gravi anche all'invalidità;

    per impedire che queste patologie abbiano un impatto negativo sulla qualità di vita della persona, è fondamentale la prevenzione. Grazie a diagnosi precoci, e a terapie mirate è possibile trattare queste malattie fin dall'inizio, evitando così che evolvano verso forme più severe;

    si stima che in 3 casi su 10 di artrite reumatoide (una delle forme più comuni di reumatismo), diagnosticare la malattia nelle prime 16 settimane può ridurre il rischio di danni permanenti. La diagnosi è invece spesso tardiva in queste malattie, anche a causa della genericità dei sintomi, comuni a tante altre, al «fai da te» troppo diffuso e ai disturbi dovuti all'età;

    la diagnosi precoce e quindi il tempestivo intervento terapeutico, oltre chiaramente alla prevenzione, se non quindi fondamentali contro le malattie reumatologiche e sono in grado di limitare notevolmente e in alcuni casi annullare la progressione del danno, con conseguente miglioramento della qualità di vita e della sopravvivenza delle persone colpite;

    di fronte a questa vera e propria emergenza, la SIR (Società italiana di reumatologia) ha lanciato la prima campagna nazionale sulla Diagnosi Precoce, con l'obiettivo di raggiungere milioni di cittadini ancora ignari della propria patologia per indirizzarli al reumatologo, ricevere la corretta diagnosi e, se è il caso, la giusta terapia;

    sotto questo aspetto è necessario valorizzare la figura del reumatologo, per consentire alle persone che soffrono di questa patologia, un accesso alle migliori terapie. Questi malati, infatti, passano troppo frequentemente da un medico all'altro e si sottopongono spesso a esami inutili e superflui. L'importanza della diagnosi precoce, in queste patologie è ormai certificata da centinaia di studi e permette di intervenire con estrema efficacia grazie alle nuove terapie che in questi anni hanno arricchito l'armamentario a nostra disposizione;

    fondamentale diventa quindi anche il ruolo del medico di famiglia, nel saper individuare i sintomi e indirizzare il paziente nel modo migliore;

    dal 2° Rapporto APMARR-WeResearch: «Vivere con una malattia reumatica», del 2019, è emerso che sono oltre 5 milioni gli italiani, che convivono con malattie reumatiche, ma di questi sono ben 700 mila quelli colpiti da patologie severe, che comportano gravi problemi di disabilità;

    in Italia 7 persone su 10 con patologie reumatologiche, hanno difficoltà a svolgere le attività abituali: studio, lavoro, attività familiari o di svago;

    lunghi sono i tempi di attesa prima di poter fare una visita o un esame specialistico in una struttura pubblica: lo denunciano 7 persone su 10 affette da patologie reumatologiche. Oltre la metà delle persone (57 per cento) lamenta l'insufficienza nel numero di centri di reumatologia presenti sul territorio. Quasi 4 persone su 10 faticano a trovare uno specialista reumatologo per le cure;

    la ragione di questi lunghi tempi di attesa è la scarsa diffusione sul territorio dei Centri di reumatologia: nel 69 per cento dei casi sono completamente assenti o presenti in numero insufficiente;

    il problema della lunghezza delle liste d'attesa è particolarmente grave nel Centro-Sud dove in 9 casi su 10 (90,6 per cento) i tempi di attesa sono eccessivamente lunghi. Ciò costringe le persone a doversi rivolgere a strutture private o a strutture lontane dal luogo di residenza, con conseguente aggravio di costi e sviluppo del fenomeno delle migrazioni sanitarie. Lo stesso discorso vale per la diffusione sul territorio dei centri di reumatologia: al Centro-Sud nell'84,4 per cento dei casi sono assenti o in numero insufficiente, con le persone costrette a dover percorrere lunghe distanze;

    per superare tali criticità occorre valorizzare, in un'ottica di deospedalizzazione, le strutture ed i professionisti che operano sul territorio anche in ragione del vantaggio della prossimità che consente l'effettiva presa in carico del paziente e la migliore gestione dello stesso;

    in tale ambito risulta fondamentale il servizio reso dalle farmacie di comunità capillarmente distribuite sul territorio ed il ruolo del farmacista che, in funzione delle specifiche competenze di cui è in possesso, è oggi in grado di proporsi come autorevole referente del percorso di cura, assumendo una posizione strategica nelle attività di potenziamento della sanità territoriale;

    quanto all'approccio terapeutico, occorre considerare che i farmaci biosimilari rappresentano un'opzione di grande valore per i pazienti affetti da malattie reumatiche, consentendo il trattamento di un numero maggiore di pazienti e garantendo più salute a parità di risorse;

    la scelta di prescrivere una cura con un farmaco biologico di riferimento o con un biosimilare rimane oggi una decisione affidata al medico specialista al quale è anche affidato il compito di contribuire a un utilizzo appropriato delle risorse ai fini della sostenibilità del sistema sanitario e la corretta informazione del paziente sull'uso dei biosimilari;

    come precisato dall'AIFA, infatti, i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati sic et simpliciter alla stregua dei prodotti generici, o equivalenti, e perciò sostituibili automaticamente dal farmacista senza consultare il medico prescrittore;

    peraltro, incentivare il ricorso ai farmaci biosimilari significa assicurare vantaggi ai pazienti in termini di salute ma anche di economicità in generale del sistema di assistenza e la diffusione di informazioni corrette, che possano generare affidamento nella sicurezza e nell'efficacia di tali farmaci, è fondamentale per promuoverne un maggiore utilizzo;

    in tal senso occorre sostenere lo svolgimento di specifiche campagne di educazione terapeutica volte a promuovere, con il coinvolgimento dei medici e dei farmacisti, l'uso sicuro dei farmaci biosimilari,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative di competenza volte a dare soluzione alle esigenze delle persone affette da patologie reumatologiche, affinché possano essere garantite loro corrette; diagnosi precoci, anche attraverso il potenziamento dei centri per la diagnosi e la cura, garantendo cure di prossimità o domiciliari e una rete organizzativa e assistenziale che le supporti;

2) ad adottare tutte le iniziative di competenza per garantire il coinvolgimento dei farmacisti nell'ambito dello sviluppo e del potenziamento di una rete assistenziale dedicata alla cura delle patologie reumatiche, considerando l'apporto che tali professionisti: possono fornire in termini di presa in carico del paziente tramite il servizio professionale di monitoraggio e gestione della terapia reso nelle farmacie di comunità;

3) a prevedere il coinvolgimento dei farmacisti in specifiche campagne di educazione sanitaria volte a promuovere l'uso sicuro dei farmaci biosimilari;

4) ad adottare iniziative di competenza, per prevedere un potenziamento nella medicina territoriale con particolare riguardo ai reparti di reumatologia e degli ambulatori, che rappresentano il presidio decisivo per i pazienti reumatici nonché a valorizzare la figura del reumatologo, per consentire alle persone che soffrono di questa patologia, un accesso alle migliori terapie;

5) ad adottare le opportune iniziative di competenza volte a potenziare e accelerare i tempi di attuazione del Piano nazionale delle cronicità (PNC), garantendone omogeneità su tutto il territorio nazionale, e far sì che ogni Regione abbia a disposizione risorse dedicate al PNC, al fine di garantire le tutele per i malati cronici, dei quali fanno parte coloro che sono affetti da malattie reumatologiche;

6) ad adottare iniziative di competenza per prevedere un potenziamento della formazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, quali anello di congiunzione con gli specialisti sanitari coinvolti nella cura delle malattie reumatologiche, e al fine di favorire la diagnosi precoce e indirizzare il paziente nel modo migliore;

7) ad adottare le iniziative più opportune per coinvolgere le principali società scientifiche e associazioni di pazienti per individuare iniziative utili al miglioramento della presa in carico delle persone affette da malattie reumatiche;

8) ad adottare tutte le iniziative di competenza volte a favorire sempre di più innovativi e utili strumenti di diagnosi precoce e cura quali il teleconsulto e la telemedicina.
(1-00559) (Nuova formulazione) «Mandelli, Gemmato, Bagnasco, Elvira Savino, Novelli, Bond, Brambilla, D'Attis, Bellucci, Ferro, Marrocco».


   La Camera,

   premesso che:

    secondo recenti dati, oltre 5 milioni di italiani sono affetti da malattie reumatologiche. Si tratta di circa centocinquanta forme di patologie infiammatorie e croniche che interessano le ossa, le articolazioni, i muscoli e in alcuni casi anche gli organi e i tessuti, provocando dolore e progressiva difficoltà nei movimenti. Le sole artriti e artrosi interessano il 16 per cento degli italiani e rappresentano le due malattie croniche più diffuse dopo l'ipertensione. Colpiscono sempre di più anche a causa dell'aumento dell'età media della popolazione. Anche se non vanno considerate come patologie solo ed esclusivamente della terza età, gli anziani risultano comunque particolarmente esposti. In Italia il 32 per cento delle persone con più di 65 anni utilizza farmaci antinfiammatori ed antireumatici per la cura, tra gli altri disturbi, di artriti e artrosi;

    poiché il termine «reumatismo» racchiude qualsiasi dolore articolare e altri dolori alle strutture connesse alle articolazioni, si può oscillare da semplici dolori passeggeri fino a malattie vere e proprie. Sono patologie molto differenti tra di loro sia per come si manifestano (sintomi) sia per le cause che le determinano, e i disturbi più severi, se non controllati e curati adeguatamente, possono portare con sempre maggiore frequenza a ricoveri ospedalieri;

    queste malattie frequentemente non danno segni subito e se non trattate adeguatamente possono portare nei casi più gravi anche all'invalidità;

    per impedire che queste patologie abbiano un impatto negativo sulla qualità di vita della persona, è fondamentale la prevenzione. Grazie a diagnosi precoci, e a terapie mirate è possibile trattare queste malattie fin dall'inizio, evitando così che evolvano verso forme più severe;

    si stima che in 3 casi su 10 di artrite reumatoide (una delle forme più comuni di reumatismo), diagnosticare la malattia nelle prime 16 settimane può ridurre il rischio di danni permanenti. La diagnosi è invece spesso tardiva in queste malattie, anche a causa della genericità dei sintomi, comuni a tante altre, al «fai da te» troppo diffuso e ai disturbi dovuti all'età;

    la diagnosi precoce e quindi il tempestivo intervento terapeutico, oltre chiaramente alla prevenzione, sono quindi fondamentali contro le malattie reumatologiche e sono in grado di limitare notevolmente e in alcuni casi annullare la progressione del danno, con conseguente miglioramento della qualità di vita e della sopravvivenza delle persone colpite;

    di fronte a questa vera e propria emergenza, la Sir (Società italiana di reumatologia) ha lanciato la prima campagna, nazionale sulla diagnosi precoce, con l'obiettivo di raggiungere milioni di cittadini ancora ignari della propria patologia per indirizzarli al reumatologo, ricevere la corretta diagnosi e, se è il caso, la giusta terapia;

    sotto questo aspetto è necessario valorizzare la figura del reumatologo, per consentire alle persone che soffrono di questa patologia, un accesso alle migliori terapie. Questi malati, infatti, passano troppo frequentemente da un medico all'altro e si sottopongono spesso a esami inutili e superflui. L'importanza della diagnosi precoce in queste patologie è ormai certificata da centinaia di studi e permette di intervenire con estrema efficacia grazie alle nuove terapie che in questi anni hanno arricchito l'armamentario a nostra disposizione;

    fondamentale diventa quindi anche il ruolo del medico di famiglia, nel saper individuare i sintomi e indirizzare il paziente nel modo migliore;

    dal 2° Rapporto Apmarr-WeResearch: «Vivere con una malattia reumatica», del 2019, è emerso che sono oltre 5 milioni gli italiani, che convivono con malattie reumatiche, ma, di questi, sono ben 700 mila quelli colpiti da patologie severe, che comportano gravi problemi di disabilità;

    in Italia, 7 persone su 10 con patologie reumatologiche hanno difficoltà a svolgere le attività abituali: studio, lavoro, attività familiari o di svago;

    lunghi sono i tempi di attesa prima di poter fare una visita o un esame specialistico in una struttura pubblica: lo denunciano 7 persone su 10 affette da patologie reumatologiche. Oltre la metà delle persone (57 per cento) lamenta l'insufficienza nel numero di centri di reumatologia presenti sul territorio. Quasi 4 persone su 10 faticano a trovare uno specialista reumatologo per le cure;

    la ragione di questi lunghi tempi di attesa è la scarsa diffusione sul territorio dei centri di reumatologia: nel 69 per cento dei casi sono completamente assenti o presenti in numero insufficiente;

    il problema della lunghezza delle liste d'attesa è particolarmente grave nel Centro-Sud dove in 9 casi su 10 (90,6 per cento) i tempi di attesa sono eccessivamente lunghi. Ciò costringe le persone a doversi rivolgere a strutture private o a strutture lontane dal luogo di residenza, con conseguente aggravio di costi e sviluppo del fenomeno delle migrazioni sanitarie. Lo stesso discorso vale per la diffusione sul territorio dei centri di reumatologia: al Centro-Sud nell'84,4 per cento dei casi sono assenti o in numero insufficiente, con le persone costrette a dover percorrere lunghe distanze;

    per superare tali criticità occorre valorizzare, in un'ottica di deospedalizzazione, le strutture e i professionisti che operano sul territorio anche in ragione del vantaggio della prossimità che consente l'effettiva presa in carico del paziente e la migliore gestione dello stesso;

    in tale ambito, risulta fondamentale il servizio reso dalle farmacie di comunità capillarmente distribuite sul territorio e il ruolo del farmacista che, in funzione delle specifiche competenze di cui è in possesso, è oggi in grado di proporsi come autorevole referente del percorso di cura, assumendo una posizione strategica nelle attività di potenziamento della sanità territoriale;

    quanto all'approccio terapeutico, occorre considerare che i farmaci biosimilari rappresentano un'opzione di grande valore per i pazienti affetti da malattie reumatiche, consentendo il trattamento di un numero maggiore di pazienti e garantendo più salute a parità di risorse;

    la scelta di prescrivere una cura con un farmaco biologico di riferimento o con un biosimilare rimane, oggi, una decisione affidata al medico specialista al quale è anche affidato il compito di contribuire a un utilizzo appropriato delle risorse ai fini della sostenibilità del sistema sanitario e la corretta informazione del paziente sull'uso dei biosimilari;

    come precisato dall'Aifa, infatti, i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati sic et simpliciter alla stregua dei prodotti generici, o equivalenti, e perciò sostituibili automaticamente dal farmacista senza consultare il medico prescrittore;

    peraltro, incentivare il ricorso ai farmaci biosimilari significa assicurare vantaggi ai pazienti in termini di salute ma anche di economicità in generale del sistema di assistenza e la diffusione di informazioni corrette, che possano generare affidamento nella sicurezza e nell'efficacia di tali farmaci, è fondamentale per promuoverne un maggiore utilizzo;

    in tal senso, occorre sostenere lo svolgimento di specifiche campagne di educazione terapeutica volte a promuovere, con il coinvolgimento dei medici e dei farmacisti, l'uso sicuro dei farmaci biosimilari,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative di competenza volte a dare soluzione alle esigenze delle persone affette da patologie reumatologiche, affinché possano essere garantite loro corrette diagnosi precoci, anche attraverso il potenziamento dei centri per la diagnosi e la cura, garantendo cure di prossimità o domiciliari e una rete organizzativa e assistenziale che le supporti;

2) ad adottare tutte le iniziative di competenza per garantire il coinvolgimento dei farmacisti nell'ambito dello sviluppo e del potenziamento di una rete assistenziale dedicata alla cura delle patologie reumatiche, considerando l'apporto che tali professionisti possono fornire in termini di presa in carico del paziente tramite il servizio professionale di monitoraggio e gestione della terapia reso nelle farmacie di comunità;

3) a prevedere il coinvolgimento dei farmacisti in specifiche campagne di educazione sanitaria volte a promuovere l'uso sicuro dei farmaci biosimilari;

4) ad adottare iniziative di competenza per prevedere un potenziamento della medicina territoriale, con particolare riguardo ai reparti di reumatologia e degli ambulatori, che rappresentano il presidio decisivo per i pazienti reumatici, nonché per valorizzare la figura del reumatologo, per consentire alle persone che soffrono di questa patologia, un accesso alle migliori terapie;

5) ad adottare le opportune iniziative di competenza volte a potenziare e accelerare i tempi di attuazione del Piano nazionale delle cronicità (Pnc), garantendone l'omogeneità su tutto il territorio nazionale, e far sì che ogni regione abbia a disposizione risorse dedicate al Pnc al fine di garantire le tutele per i malati cronici, dei quali fanno parte coloro che sono affetti da malattie reumatologiche;

6) ad adottare iniziative di competenza per prevedere un potenziamento della formazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, quali anello di congiunzione con gli specialisti sanitari coinvolti nella cura delle malattie reumatologiche, e al fine di favorire la diagnosi precoce e indirizzare il paziente nel modo migliore;

7) ad adottare tutte le iniziative di competenza volte a favorire sempre di più innovativi e utili strumenti di diagnosi precoce e cura quali il teleconsulto e la telemedicina.
(1-00559) «Mandelli, Gemmato, Bagnasco, Elvira Savino, Novelli, Bond, Brambilla, D'Attis, Bellucci, Ferro».