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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 14 febbraio 2022

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta
del 14 febbraio 2022.

  Amitrano, Ascani, Baldelli, Barelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Bruno Bossio, Butti, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cecconi, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Carlo, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Foti, Fraccaro, Fragomeli, Franceschini, Frusone, Galantino, Galli, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Gusmeroli, Invernizzi, Iovino, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lucaselli, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Marin, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Nitti, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Pezzopane, Rampelli, Rizzo, Romaniello, Rosato, Rotta, Ruocco, Sangregorio, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani, Carlo Sibilia, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Leda Volpi, Zanettin, Zoffili.

Trasmissione dal Senato.

  In data 11 febbraio 2022 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:

   S. 2488. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, recante proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19» (approvato dal Senato) (3467).

  Sarà stampato e distribuito.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali della Corte dei conti, con lettera in data 9 febbraio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, la deliberazione n. 1/2022, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione annuale 2021 sui rapporti finanziari con l'Unione europea e sull'utilizzazione dei fondi europei.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 10 febbraio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti (CIPAG), per l'esercizio 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 528).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 11 febbraio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani Spa, per l'esercizio 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 529).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 11 febbraio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la relazione sullo stato di avanzamento dei provvedimenti di ristrutturazione delle Forze armate, riferita all'anno 2021 (Doc. XXXVI-bis, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa).

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 11 febbraio 2022, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio recante modifica della decisione di esecuzione 2013/54/UE relativamente all'autorizzazione concessa alla Repubblica di Slovenia di continuare ad applicare la misura speciale di deroga all'articolo 287 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (COM(2022) 40 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);

   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, in occasione della sessantacinquesima sessione della commissione Stupefacenti sull'aggiunta di sostanze all'elenco nella tabella I della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope (COM(2022) 41 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);

   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2021/953 su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell'UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (COM(2022) 50 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2021, il testo dell'ordine del giorno Frati n. 10 alle pagine 230 e 231 è stato riformulato nel senso di sostituire, a pagina 231, prima colonna, sedicesima riga, la parola: «ad» con le seguenti: «a valutare l'opportunità di».
  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2022, a pagina 13, prima colonna, le righe dalla nona alla diciannovesima devono intendersi soppresse.

MOZIONE MELONI ED ALTRI N. 1-00581 CONCERNENTE INIZIATIVE RELATIVE ALL'APPLICAZIONE DELLA COSIDDETTA DIRETTIVA BOLKESTEIN

Mozione

   La Camera,

   premesso che:

    la materia delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, previste dal comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, originariamente regolata esclusivamente dal codice della navigazione, è stata oggetto di numerosi interventi normativi e giurisprudenziali soprattutto in seguito all'approvazione, nel dicembre del 2006 da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, della direttiva 2006/123/CE, volta alla creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;

    tali interventi si sono intrecciati – e talvolta ne sono stati la conseguenza diretta – con la normativa, la giurisprudenza e le procedure di contenzioso registrate in sede europea, relative essenzialmente ai profili della durata e del rinnovo automatico delle concessioni, previsti dall'articolo 10 della legge 16 marzo 2001, n. 88, e alla liceità della clausola di preferenza per il concessionario uscente, ovvero il cosiddetto diritto di insistenza, previsto dall'articolo 37, comma 2, del codice della navigazione, poi abrogato nel 2009;

    la direttiva 2006/123/CE, nota come direttiva Bolkestein, è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ma soltanto in seguito alla procedura di infrazione comunitaria n. 2008/4908 e alla lettera di messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010 della Commissione europea, lo Stato italiano è intervenuto sulla materia delle concessioni demaniali marittime proprio per quanto riguarda il diritto di insistenza e la durata e la procedura di rinnovo delle concessioni, abrogando il diritto di prelazione ex articolo 37 del codice della navigazione prima e il regime di rinnovo automatico previsto dalla cosiddetta legge Baldini poi;

    il recepimento della direttiva Bolkestein da parte dell'Italia si è da subito presentato come molto complesso, perché il sistema consolidato, su cui gli imprenditori del settore avevano fatto affidamento, si basava su questi due elementi fondamentali: la durata base di sei anni delle concessioni, con proroghe automatiche consecutive, e il diritto di insistenza, ovvero, a parità di condizioni, la preferenza riconosciuta al concessionario uscente in caso di nuovo affidamento;

    per questo motivo l'Italia ha adottato un nuovo assetto normativo solo a seguito dell'avvio delle iniziative europee di cui sopra, senza affrontare, tuttavia, il riordino complessivo della materia: il Governo pro tempore ha adottato una serie di provvedimenti di proroga: con l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, ha prorogato la durata delle concessioni in essere al 30 dicembre 2009 sino 31 dicembre 2015, e, successivamente, con l'articolo 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha prorogato le stesse sino al 31 dicembre 2020;

    in seguito, la legge di bilancio per il 2019, legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto, per le concessioni demaniali in essere alla sua approvazione, una proroga di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa legge, quindi fino al 31 dicembre 2033, e l'esclusione del commercio al dettaglio su aree pubbliche dal perimetro di applicazione della direttiva, nel tentativo di sostenere anche il comparto del commercio ambulante, egualmente danneggiato dalle nuove norme europee;

    la norma – pur prorogando, nella sostanza, la durata delle concessioni in essere – non utilizzava in alcuna sua parte il termine «proroga», limitandosi ad individuare una nuova durata delle concessioni stesse, ed emergeva dal contenuto programmatico della stessa come tale proroga transitoria sarebbe stata l'ultima, in quanto prodromica al riassetto definitivo della materia;

    detto periodo transitorio si prospettava necessario per individuare le modalità idonee ad accogliere gli indirizzi comunitari nel rispetto delle esigenze e delle singole specificità e peculiarità interne, provvedendo «ad una ricognizione e mappatura del litorale e del demanio costiero-marittimo», nonché all'individuazione di criteri per una gestione delle imprese operanti sul demanio marittimo valorizzandone la più proficua utilizzazione, ma allo stesso tempo tutelando gli investimenti già effettuati dai concessionari, in buona fede, in ragione del legittimo affidamento degli stessi sul rinnovo della concessione e delle tempistiche di ammortamento connesse, elaborando procedure di gara che tenessero conto di questi tipi di affidamenti e adottando processi idonei ad evitare il degrado o l'abbassamento del livello quantitativo e qualitativo dei servizi offerti e degli investimenti privati;

    sulla base della certezza fornita dalla nuova normativa, molti imprenditori del settore hanno acquistato le subconcessioni e fatto notevoli investimenti;

    il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto decreto rilancio, corroborando la normativa nazionale, e in particolare la legge n. 145 del 2018, ha previsto una sospensione dei procedimenti amministrativi volti alla nuova assegnazione delle concessioni demaniali marittime o alla riacquisizione al patrimonio pubblico delle aree demaniali, impedendo l'avvio delle aste prima del 1° gennaio 2034;

    tuttavia, in sede di applicazione, la legge n. 145 del 2018 è stata messa in discussione sia da alcune amministrazioni comunali sia da alcune sentenze, che ritenendola contrastante con la direttiva comunitaria, la hanno disapplicata, facendo rivivere la scadenza al 2020;

    soprattutto i comuni sono intervenuti in modo non univoco, alcuni concedendo la proroga fino al 31 dicembre 2033, altri disapplicando la norma nazionale e quindi non riconoscendo la proroga, in casi sporadici addirittura avviando le gare, altri ancora con proroghe limitate nel tempo in attesa del riordino della materia, altri, infine, hanno lasciato inevase le istanze dei concessionari;

    in data 3 dicembre 2020 la Commissione europea ha indirizzato al Governo la lettera di costituzione in mora 2020/4118 7826 final, ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi;

    nella lettera la Commissione europea ha ribadito che «Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi», e ha affermato che «il quadro giuridico nazionale che prevede la reiterata proroga della durata delle concessioni balneari compromette gravemente la certezza del diritto a danno di tutti gli operatori in Italia, compresi gli attuali concessionari, che non possono contare sulla validità delle loro concessioni esistenti. A causa dell'illegalità del quadro normativo italiano, le concessioni prorogate dalla legislazione italiana sono impugnabili e soggette ad annullamento da parte dei tribunali italiani. Le autorità locali hanno il dovere di rifiutarsi di rinnovare le concessioni in linea con l'obbligo, che incombe a tutte le autorità nazionali, di adoperarsi al massimo per dare attuazione al diritto dell'UE e conformarsi alle sentenze della CGUE. Questa situazione di incertezza giuridica e rischio di contenzioso, che è stata protratta per molto tempo dalle autorità italiane, costituisce una minaccia reale per gli attuali concessionari nello svolgimento delle loro attività e ha gravi implicazioni, portando ad un aumento del contenzioso e del malcontento nelle comunità locali. La reiterata proroga della durata delle concessioni balneari prevista dalla legislazione italiana scoraggia inoltre gli investimenti in un settore chiave per l'economia italiana»;

    nel quadro sin qui delineato si inseriscono le sentenze n. 17 e n. 18 del 9 novembre 2021, con le quali il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha stabilito che la disciplina nazionale che prevede le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, inclusa la moratoria pandemica disposta dal decreto rilancio, «sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l'articolo 49 TFUE e con l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione»;

    le sentenze hanno quindi disposto che le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continueranno ad essere valide solo fino al 31 dicembre 2023, «fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento dell'U.E.»;

    inoltre, il Consiglio di Stato ha chiarito che «ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari»;

    e, altresì, nell'auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento;

    le sentenze, ancora una volta, pur asserendo che la ragione della proroga al 2023 concessa dal supremo organo della giustizia amministrativa risieda nella finalità di «evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste», non hanno tenuto in considerazione le ragioni che vorrebbero tali concessioni non rientranti nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein, e rispetto alle quali, altre Nazioni europee come la Spagna e il Portogallo hanno disposto proroghe lunghissime senza incorrere in alcuna sanzione da parte della Commissione europea;

    condizione imprescindibile di applicabilità della direttiva Bolkestein è prevista nel suo articolo 12 che stabilisce: «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento [...]»; la scarsità di risorsa non è mai stata verificata, ma il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 ha previsto, all'articolo 2, una delega al Governo per provvedere alla mappatura dei beni pubblici e dei relativi rapporti concessori;

    il turismo balneare italiano rappresenta un unicum nel panorama europeo e mondiale, soprattutto grazie agli investimenti sostenuti negli anni dai concessionari e la decisione del Consiglio di Stato rischia di danneggiare in modo gravissimo migliaia di imprese che su tutto il territorio nazionale gestiscono da sempre stabilimenti balneari, porti turistici, alberghi e altri pubblici esercizi, che si troverebbero di fatto espropriate e che non riusciranno verosimilmente a fronteggiare gli appetiti di grandi investitori stranieri, con il conseguente devastante esito in termini di impatto sociale che ne deriverebbe;

    un intervento di taglio lineare di questa portata non può che comportare il rischio di fallimento per quelle migliaia di imprenditori che hanno creduto in una norma dello Stato, nonché il rischio connesso e conseguente di abbandono e degrado del patrimonio più prezioso che si ha, le nostre coste;

    altra categoria messa in grande difficoltà dalle previsioni della direttiva Bolkestein, in forza di un'interpretazione estensiva del citato articolo 12 della direttiva, è quella relativa le concessioni per l'esercizio delle attività di commercio ambulante su aree pubbliche;

    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la direttiva Bolkestein al commercio ambulante oltre alla Spagna, la quale ha tuttavia istituito un regime transitorio a tutela delle imprese già presenti della durata di settantacinque anni;

    lo stesso Parlamento europeo, con la risoluzione n. 2010/2109 (INI), ha preso atto della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti in relazione all'ipotesi che la direttiva Bolkestein possa essere applicata negli Stati membri estendendo il concetto di «risorsa naturale» anche al suolo pubblico, producendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche che sarebbero gravemente dannose per l'occupazione, la libertà di scelta dei consumatori e l'esistenza stessa dei tradizionali mercati rionali;

    in merito, è di recente intervenuto il tribunale amministrativo del Lazio, che, con la sentenza n. 539 del 2022, pubblicata il 18 gennaio 2022, ha respinto il ricorso presentato dagli operatori del commercio ambulante di Roma contro la decisione dell'ex sindaco di mettere a gara le licenze scadute di occupazione del suolo pubblico con attività commerciale, nonostante una norma nazionale a fronte dell'emergenza pandemica avesse prorogato le licenze fino al 2032, differendo a quella data anche l'applicazione della direttiva europea al settore;

    nello stabilire che la direttiva Bolkestein vale anche per le concessioni dei mercati ambulanti, che vanno riassegnate tramite gare pubbliche, il Tar si è richiamato ai principi stabiliti dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, relativa proprio alle concessioni demaniali con finalità turistico ricreative e si è espresso, quindi, in senso contrario anche alla legge n. 145 del 2018 che, oltre ad aver disposto la proroga al 2033 delle concessioni di spiaggia poi annullata dal Consiglio di Stato, aveva anche del tutto escluso le concessioni degli ambulanti dall'applicazione della direttiva europea Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi;

    secondo il tribunale amministrativo laziale, che ha respinto il ricorso della titolare di una concessione per il commercio sulle aree pubbliche, «è indiscutibile che i posteggi per l'esercizio del commercio nel Comune di Roma Capitale siano un bene limitato, considerato anche il ristretto carattere territoriale del Comune concedente, l'attuale assenza di concorrenzialità del settore e l'elevata attrattività che rivestono per gli operatori di tali attività, specie nel contesto caratterizzato da profili di unicità e assoluta particolarità quale è quello di Roma»;

    anche la professione di guida turistica, una delle più antiche professioni riconosciute in Italia, con il recepimento della direttiva «servizi» 2006/123/CE è stata erroneamente considerata un servizio a libera prestazione su tutto il territorio nazionale;

    nel considerando 33 della direttiva, infatti, sono disciplinati i servizi turistici dei «tour guides», che sono quelli offerti dagli «accompagnatori turistici», addetti alla supervisione e all'organizzazione del viaggio. Questo termine è stato erroneamente tradotto come «guide turistiche», e ciò ha creato confusione tra due professioni, che sebbene in Italia siano entrambe regolamentate, risultano tuttavia ben distinte: l'accompagnatore e la guida turistica;

    la guida turistica, intesa come «persona che guida i visitatori nella loro lingua ed interpreta il patrimonio culturale e naturale di un'area per la quale si possiede una qualifica specifica, riconosciuta e certificata dall'autorità preposta», esula pertanto dal campo dei servizi organizzativi, rientrando a tutti gli effetti nell'ambito di applicazione della direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali;

    nel considerando 31 della direttiva servizi, è chiaramente affermato che la direttiva 2006/123/CE riguarda questioni diverse da quelle relative alle qualifiche professionali e per quanto concerne la libera prestazione di servizi quanto stabilito nella direttiva 2005/36/CE resta impregiudicato;

    nella stessa relazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione della direttiva 92/51/CEE conformemente all'articolo 18 della direttiva 92/51/CEE, si sostiene la delimitazione dei campi di attività delle due professioni: accompagnatori e guide turistiche, al fine di non creare confusione nell'esercizio di tali professioni in regime di libera circolazione;

    la direttiva europea, nell'ottica di favorire la libera circolazione delle guide turistiche, ha di fatto consentito a soggetti che esercitano l'attività in altri Stati membri di operare in Italia senza una specifica abilitazione, quest'ultima non prevista in molti Paesi dell'Unione europea, con una conseguente dequalificazione della professione, che ha poi contribuito alla nascita di fenomeni di abusivismo nel settore;

    la professione di guida turistica è essenziale per la valorizzazione delle specificità territoriali ed in base al decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1995 (atto di indirizzo e coordinamento in materia di guide turistiche), le guide sono gli unici professionisti specializzati per illustrare correttamente ai visitatori il patrimonio culturale italiano, migliorando la sua divulgazione e contribuendo così alla sua valorizzazione e tutela,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi in sede europea al fine di sostenere l'inapplicabilità della direttiva 2006/123 al settore delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per finalità turistico-ricreative, poiché trattasi di concessioni di beni e non di servizi, rilevando altresì che ex articolo 195 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in materia di turismo, l'Unione europea può limitarsi soltanto ad una politica di accompagnamento e richiedendo un trattamento equo e non discriminatorio rispetto ad altri Stati europei come Spagna e Portogallo, che hanno prorogato le concessioni senza alcuna contestazione da parte dell'Unione europea;

2) a individuare tutte le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte a disporre l'esclusione definitiva dal campo di applicazione della cosiddetta direttiva servizi delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per finalità turistico-ricreative;

3) nelle more, ad assumere tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo e nella forma più urgente possibile, per garantire la pedissequa e automatica applicazione, in tutti i comuni italiani, della proroga di cui all'articolo 1, commi 682, 683 e 684 della legge 30 dicembre 2018, n. 145;

4) ad adottare ogni iniziativa di competenza, a fronte delle richiamate sentenze n. 17 e n. 18 del 2021 del Consiglio di Stato, anche mediante la costituzione in tutti i giudizi pendenti presso la Corte costituzionale, compresi quelli di impugnazione, in modo da assicurare la stabilità e lo sviluppo del settore il quale non può essere altrimenti garantito da continue interpretazioni giurisprudenziali o di dottrina che comportano pesanti incertezze agli operatori nonché agli enti territoriali;

5) ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a riconoscere il legittimo affidamento degli attuali concessionari che hanno sviluppato la propria attività d'impresa e i propri investimenti, contando su certezze normative, anche attraverso l'adozione di iniziative normative volte a riformare i parametri di preferenzialità e la disciplina relativa alla devoluzione delle opere non amovibili attualmente previsti dal codice della navigazione;

6) ad adottare iniziative volte a tutelare il comparto del commercio su aree pubbliche, garantendo il legittimo affidamento dei suoi operatori, nel rispetto delle disposizioni in materia di cui alla legge 30 dicembre 2018, e delle successive linee guida del Ministero che hanno definito i criteri per il rinnovo «condizionato» e non automatico delle concessioni, in conformità, dunque, con la normativa europea, salvaguardando le procedure già avviate nei comuni d'Italia che hanno ottemperato al rinnovo delle concessioni secondo le condizioni e i requisiti richiesti dalle suddette linee guida ministeriali recepite a livello regionale, garantendo a tal fine i principi di pubblicità e trasparenza e salvaguardando i livelli occupazionali di questa categoria del commercio su strada, già messa a dura prova dalla pandemia;

7) ad assumere ogni iniziativa di competenza per escludere le guide turistiche dall'ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE, a salvaguardia dell'interesse prevalente alla tutela del patrimonio artistico-culturale della Nazione e delle competenze professionali che vi operano.
(1-00581) «Meloni, Lollobrigida, Rampelli, Zucconi, De Toma, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci».


MOZIONI MOLINARI ED ALTRI N. 1-00572, PORCHIETTO ED ALTRI N. 1-00580, BENAMATI ED ALTRI N. 1-00582 E CHIAZZESE ED ALTRI N. 1-00583 CONCERNENTI MISURE A SOSTEGNO DEL COMPARTO AUTOMOBILISTICO

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    il mercato dell'auto ha una storia e tradizione in Italia, lunga più di un secolo, lungo la quale ha dimostrato di essere uno strumento essenziale nella crescita del Paese e volano dell'economia nei momenti di crisi;

    l'inizio della motorizzazione privata in Italia si rinviene intorno al 1893 (anno in cui Gaetano Rossi, uno dei titolari delle «Industrie Lanerossi» e grande appassionato di automobilismo, acquista la prima autovettura circolante in Italia); un fenomeno che si sviluppa in notevole ritardo rispetto ad altri Paesi europei, un gap che rimane tale per diversi anni e che si colma solamente un cinquantennio più tardi. L'Italia è un Paese a propensione prettamente agricola e l'auto non è un mezzo di trasporto, ma un lusso; sul finire del XIX secolo, gli esemplari di vetture circolanti sul suolo nazionale sono solamente 111, ma, nonostante tutto, alcuni lungimiranti industriali comprendono come quel prodotto di lusso possa trasformarsi in una straordinaria fonte di arricchimento e crescita. È così che si assiste sia alla nascita ex novo di piccole fabbriche automobilistiche, ma anche alla riconversione di aziende specializzate perlopiù nella produzione di biciclette. Nel giro di pochi anni la nascente industria automobilistica italiana, fra fabbricanti di chassis e vere e proprie auto, può enumerare oltre 120 soggetti interessati, fra questi spiccano marchi quali Fiat, Lancia, Aquila, Alfa, Ardita, Isotta Fraschini, Itala e Bianchi, nomi che diventeranno, nei decenni successivi, punti di riferimento assoluti nell'alveo dell'industria automobilistica, nazionale e internazionale;

    l'industria automobilistica italiana si dimostrò formidabile nei periodi bellici e post bellici durante i quali, grazie alle costanti innovazioni nel settore, permise la creazione e un forte incremento di posti di lavoro a cui conseguì un'esponenziale crescita per l'intera economia nazionale;

    finalmente, con il sopraggiungere del boom economico, il settore dell'automotive italiano colma l'iniziale gap industriale rispetto ai competitor europei. L'industria italiana delle auto risultò essere sempre più conosciuta e vide un periodo di espansione entusiasmante guidata dall'eccellenza del design e delle auto sportive «made in Italy»; iniziarono a entrare nel mercato Italiano e mondiale auto ancora oggi simbolo di eccellenza sportiva, tecnologica e stilistica come la Ferrari e la Lamborghini, nate dall'iniziativa di facoltosi industriali e grandi appassionati che vollero cimentarsi in un settore in continua espansione;

    l'industria automobilistica italiana, dunque, durante gli anni floridi del «boom economico», divenne un settore estremamente importante per l'economia del Paese, ma non solo; questo settore industriale portò il nome dell'Italia nel mondo tramite piccole aziende specializzate nella creazione di speciali carrozzerie applicate ai prodotti dei grandi marchi mondiali, come Zagato, Bertone e Pininfarina che, grazie all'enorme sviluppo del mercato mondiale dell'auto, aiutarono l'industria Italiana ad esportare sia i prodotti delle marche nostrane, sia l'eccellenza del design italiano, tenendo alto l'orgoglio e il nome dell'intera industria italiana;

    questa premessa riassume chiaramente l'importanza dell'industria automobilistica italiana e difficilmente si potrà ragionare in materia di crescita e sviluppo nazionale senza un concreto sostegno a questo settore;

    purtroppo, gli ultimi anni sono stati segnati da un lento deperimento del mercato nazionale delle auto, che ha trovato il suo peggior trend ovviamente negli anni 2020 e 2021, segnati dalla pandemia;

    volendo riportare alcuni brevi dati statistici, è possibile evidenziare che in Italia, a ottobre 2021, sono state immatricolate – secondo i dati del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili – 101.015 auto, il 35,7 per cento in meno dello stesso mese del 2020. Nei dieci mesi le immatricolazioni sono in tutto 1.266.629, pari a una crescita del 12,7 per cento sull'analogo periodo dell'anno 2020. Questo secondo dato positivo deve però tenere conto del fatto che i primi mesi del 2020 sono caratterizzati da periodi di lockdown totale e forti limitazioni, mesi in cui le immatricolazioni hanno registrato minimi storici. Il gruppo Stellantis ha immatricolato a ottobre 35.664 vetture, il 41,7 per cento in meno dello stesso mese del 2020. La quota scende dal 38,9 per cento al 35,3 per cento. Nei dieci mesi le immatricolazioni del gruppo italo-francese sono 481.653, in crescita dell'11,3 per cento, con la quota al 38 per cento a fronte del 38,5 per cento. La pesantissima contrazione del mercato italiano dell'auto è dovuta soprattutto alla crisi nelle forniture di microchip, che attualmente sembra lontana da una soluzione definitiva;

    secondo Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica – focus mercato autovetture Italia – novembre 2021) a novembre 2021, in Italia sono state immatricolate 104.502 nuove autovetture, in calo del 24,6 per cento rispetto a quelle di novembre 2020, mentre sono il 30,8 per cento in meno rispetto a novembre 2019. Nei primi undici mesi del 2021, le immatricolazioni sono aumentate dell'8,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020, in cui, a causa delle misure restrittive di contrasto alla diffusione della pandemia, si era assistito ad un forte calo delle vendite. Rispetto al 2019, il mercato di gennaio-novembre risulta in calo del 22,8 per cento. Le autovetture diesel, in calo a novembre del 52 per cento rappresentano il 18,1 per cento del mercato del mese e il 22,3 per cento del mercato nei primi undici mesi del 2021 (era il 33,4 per cento nello stesso periodo del 2020). Da inizio anno, le autovetture diesel sono quelle che hanno visto maggiormente calare il proprio mercato, con una riduzione delle immatricolazioni del 27,5 per cento. In calo è anche il mercato di autovetture a benzina, –34,4 per cento e 27,3 per cento di quota a novembre e –14,3 per cento nei primi undici mesi, con il 30,2 per cento di quota;

    le immatricolazioni delle autovetture ad alimentazione alternativa, di contro, rappresentano il 54,6 per cento del mercato di novembre 2021 e rappresentano il 47,5 per cento nei primi undici mesi, in crescita del 2,4 per cento nel mese e dell'82,4 per cento da inizio anno. Le autovetture elettrificate rappresentano il 43,4 per cento del mercato di novembre ed il 38,1 per cento nei primi undici mesi. Tra queste, le ibride non ricaricabili aumentano dell'1,6 per cento a novembre e raggiungono il 31,2 per cento di quota, mentre crescono del 102 per cento nel cumulato, con una quota del 28,9 per cento. Le ricaricabili, in crescita del 30,1 per cento nell'undicesimo mese dell'anno, raggiungono il 12,1 per cento di quota a novembre e il 9,2 per cento nei primi undici mesi (le ibride plug-in il 5,5 per cento nel mese ed il 4,7 per cento nel cumulato e le elettriche il 6,6 per cento nel mese ed il 4,5 per cento nel cumulato);

    da questo quadro emerge una fortissima crescita per il settore elettrico, anche in una situazione di crisi economica. Ciò è dovuto sia all'introduzione di incentivi per il mercato auto, sia alle politiche europee e mondiali, tutte fortemente indirizzate ad uno sviluppo massiccio di questo settore;

    l'elettrificazione dei trasporti è un trend assoluto; è di tutta evidenza che tutte le produzioni stiano andando in questa direzione. L'argomento è di vitale importanza per la politica nazionale e non può essere sottovalutato. Secondo le stime previsionali, le vendite di veicoli elettrici in Cina, Europa e Stati Uniti entro il 2033 dovrebbero superare le vendite di tutti gli altri propulsori. Analizzando i fattori abilitanti per la crescita dei veicoli elettrici e il conseguente sviluppo sul mercato, viene indicato come il trend mondiale si stia orientando sempre di più verso un'economia de-carbonizzata nel settore automotive ed energetico. Dagli studi effettuati nelle nazioni più virtuose (Cina, Svezia e Germania) dell'e-mobility, emergono alcuni fattori chiave: vi è un significativo impegno sia pubblico che privato nella predisposizione di un ecosistema produttivo e di una supply-chain il più possibile integrata e nazionale, elementi base per un vantaggio competitivo e di costo; si segnala una maggiore propensione nei consumatori verso un veicolo elettrico; infine, lo slancio governativo combinato ad azioni regolatorie e ad incentivi oltre ad iniziative di supporto alle imprese sono fondamentali per l'ecosistema mobilità;

    in siffatto quadro risulta, quindi, evidente attivare delle politiche di studio, confronto e valutazione sul tema, che possano concretamente avviare progettualità, sostegno dello Stato in materia di sviluppo e incentivi, ripercussioni sul mercato, sui consumatori e sui posti di lavoro;

    è necessario avviare iniziative concrete a tutela di un comparto che in Italia conta centinaia di aziende e dà lavoro a oltre 250 mila persone,

impegna il Governo:

1) a promuovere un tavolo di confronto nazionale, con il più ampio coinvolgimento delle forze parlamentari, dei rappresentanti delle regioni e delle parti sociali, a sostegno del settore auto, incentrando il lavoro su un Piano nazionale per l'Italia e per l'industria automobilistica italiana;

2) a promuovere iniziative di concreto sostegno per lo sviluppo di politiche industriali per il settore in grado di generare ricadute occupazionali e produttive;

3) a valutare di adottare iniziative per porre in essere progetti che possano coniugare innovazione, ricerca e competitività anche, e soprattutto, al fine di evitare di disperdere il notevole capitale umano, di competenze e conoscenze che l'industria automobilistica italiana può vantare.
(1-00572) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Germanà, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Mariani, Maturi, Micheli, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Scoma, Snider, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zennaro, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,

   premesso che:

    nel 2021 il mercato italiano dell'auto si è chiuso con 1.457.952 autovetture immatricolate; rispetto al 2020, anno della pandemia, il volume delle registrazioni è cresciuto del 5,5 per cento, ma, a confronto col 2019, il mercato ha accusato un calo del 23,9 per cento, con ben 460 mila auto perse. Secondo i calcoli del centro studi Promotor si tratta di un numero insufficiente a consentire un'adeguata sostituzione delle auto giunte a fine vita, che dovrebbe essere di almeno 2 milioni di nuovi veicoli l'anno, necessari per evitare un ulteriore decadimento del nostro parco auto;

    il parco circolante italiano, quasi 40 milioni di auto, resta il più vecchio d'Europa: nel 2020 l'età media delle auto nel nostro Paese è stata pari a 11 anni e 10 mesi (5 mesi in più rispetto al 2019), a fronte di un'età media europea di 10,8 anni. 1 auto su 5 (il 20 per cento circa del totale) è una Euro 0-2, con almeno 18 anni di anzianità. Questa situazione ha conseguenze pesanti per la sicurezza e per l'inquinamento atmosferico;

    sotto il profilo delle alimentazioni delle auto vendute nel 2021, benzina e diesel rappresentano rispettivamente il 29,7 per cento e il 22,6 per cento di quota di mercato. Il Gpl sale al 7,3 per cento, le ibride al 29 per cento, con le «full hybrid» (con doppio motore termico ed elettrico) al 6,9 per cento e le «mild hybrid» (con motore termico, sostenuto dall'elettrico) al 22,1 per cento. Le elettriche vere e proprie hanno una quota del 4,6 per cento le ibride ricaricabili del 4,7 per cento;

    oltre alla situazione economica, le cause del crollo di immatricolazioni sono diverse; la crisi dei microchip sta fortemente ostacolando la produzione di auto con la conseguenza di carenze di prodotto per soddisfare la domanda. Un altro fenomeno fortemente penalizzante è costituito dal disorientamento degli acquirenti che non ritengono ancora di poter passare all'elettrico per il loro tipo di utilizzo dell'auto e per la carenza di infrastrutture di ricarica, ma che comunque si astengono dall'acquistare auto tradizionali;

    occorre sottolineare anche gli impatti delle politiche governative, tramite le quali sono stati adottati incentivi che, per quanto consistenti, sono apparsi ispirati ad una logica «stop and go», a fronte del ripetuto esaurimento delle risorse disponibili. L'articolo 7 del decreto-legge n. 146 del 21 ottobre 2021 ha rifinanziato con 100 milioni di euro per l'anno 2021, la dotazione del Fondo per l'incentivazione della mobilità a basse emissioni (istituito dal comma 1041 della legge di bilancio 2019). Tali somme si sono aggiunte ai 350 milioni per il 2021 stanziati a fine luglio dall'articolo 73-quinquies del decreto-legge n. 73 e ai 420 milioni di euro provenienti legge di bilancio 2021;

    tali risorse si sono rapidamente esaurite, prima dello spirare dell'anno. Tuttavia, nulla è previsto per l'anno 2022, se non un sostegno per le imprese di settore consistente in una quota parte di un fondo di 150 milioni di euro (comma 486 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2022), da condividere con turismo e spettacolo;

    nel dicembre 2021, il Cite, Comitato interministeriale per la transizione ecologica, formato dai Ministri della transizione ecologica, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dello sviluppo economico, ha stabilito che la produzione dei motori a combustione interna è destinato a cessare entro il 2035, con una proroga al 2040 per furgoni e veicoli commerciali leggeri, ribadendo le scadenze tracciate dal Fit for 55 per cento, un atto europeo che è ancora oggetto di discussione;

    sono state immediate le reazioni negative delle imprese di settore: l'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia) che rappresenta la filiera produttiva nazionale ha dichiarato che la decisione: «(...) ha sorpreso e messo in allarme tutti gli imprenditori e le decine di migliaia di lavoratori che rischiano il posto a causa di un'accelerazione troppo spinta verso l'elettrificazione». Confindustria ha rilevato la «mancanza di una progettualità chiara che consenta a migliaia di aziende italiane del settore di adeguarsi gradualmente all'imposizione dell'Ue»;

    l'industria dell'automotive è uno dei fiori all'occhiello dell'industria italiana e rappresenta un'importante quota del nostro prodotto interno lordo. Il comparto auto, nel 2019, ha fatturato circa 93 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del prodotto interno lordo. Secondo gli ultimi dati dell'Anfia, tra attività dirette e indirette, il comparto è costituito da oltre 5.500 imprese e impiega circa 274.000 addetti, il 7 per cento della forza lavoro del manifatturiero italiano. In tale contesto, la filiera italiana della componentistica dell'industria automobilistica è costituita da più di 2.000 imprese e impiega più di 150.000 dipendenti. Con l'indotto, il settore dà lavoro a circa un milione di persone;

    la Clepa, l'associazione europea della componentistica, ha pubblicato uno studio che quantifica i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla possibile messa al bando dei motori a combustione interna al 2035. In termini occupazionali l'impatto è quantificato in mezzo milione di posti di lavoro persi in Europa, 275 mila al netto delle nuove occasioni generate dallo sviluppo della mobilità elettrica. Tra i Paesi europei produttori di componenti l'Italia è quello che in percentuale rischia di perdere il maggior numero di addetti, circa 73.000 posti di lavoro al 2040, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030;

    alcune vicende industriali stanno evidenziando forti difficoltà direttamente collegate al ridimensionamento del comparto della componentistica automobilistica tradizionale, diesel e benzina. La Speedline di Venezia è solo l'ultimo caso in ordine di tempo. A questa vicenda si affiancano numerose altre vertenze quali Baomark, Bekaert, Gkn, Bosch, Blutec, Vitesco, Marelli, Timken e Gianetti Ruote, con oltre 21 mila lavoratori coinvolti. Secondo i sindacati le istituzioni e la politica non stanno assumendo decisioni all'altezza del dramma sociale che si sta consumando;

    a inizio febbraio 2022 Federmeccanica, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm hanno elaborato un documento unitario, rivolto al Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministeri competenti (sviluppo economico, transizione ecologica e lavoro e politiche sociali), per l'adozione di un complesso di interventi volte ad accompagnare con misure di politica industriale la sfida della transizione green nell'automotive per evitare effetti drammatici sull'occupazione e sulle filiere industriali. Il documento conferma i dati Clepa e sottolinea anche che nel comparto nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione e nel 2021 quasi 60 milioni, mentre si annunciano migliaia di tagli del personale;

    nel corso del tavolo sull'automotive, tenutosi a fine ottobre 2021 presso il Ministero dello sviluppo economico, era stata valutata l'ipotesi di stanziare almeno 1 miliardo di euro all'anno per tre anni, con l'obiettivo di rendere la misura strutturale ed evitare che il mercato vada avanti in un clima di incertezza, indicato dagli intervenuti come una delle cause del rallentamento delle immatricolazioni;

    i partecipanti al tavolo hanno evidenziato la necessità di intervenire su tutto il parco auto e di non chiudere le linee di finanziamento nei confronti delle auto tradizionali a motore endotermico con basse emissioni di anidride carbonica, al fine di conseguire il doppio obiettivo di abbattere le emissioni legate al parco circolante e di garantire al settore risorse proprie, necessarie a intraprendere un percorso di progressiva decarbonizzazione;

    oggi una vettura a gasolio Euro 6 D-Temp, in grado di percorrere fino a 30 chilometri con un litro di gasolio, emette il 95 per cento in meno di NOx (ossidi di azoto) rispetto al passato e 96 per cento in meno di PM (particolato). Percentuali impressionanti che fanno capire quanta strada abbia percorso questa motorizzazione negli ultimi anni. Viceversa, sia le auto «full hybrid» e che quelle «mild hybrid» scontano presenza della doppia motorizzazione (motore termico a benzina e batterie) che le rende veicoli molto pesanti. Questo porta a un consumo superiore quando l'auto, esaurita la carica elettrica, viaggia solo spinta dal motore tradizionale. Si tratta di mezzi non performanti nella guida fuori città;

    le auto puramente elettriche, invece, scontano le difficoltà di ricarica, sia in termini lunghezza dei tempi, che di presenza sul territorio di colonnine dedicate. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), prevede fino a 750 milioni di euro per l'installazione, entro il 2026, di 21.400 punti di ricarica elettrica fast e super-fast (con potenza minima di 50 kW) accessibili al pubblico. Ma a fine 2020 in Italia erano presenti solo 1.231 colonnine, su circa 12 mila, con una potenza superiore a 22kW;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza comprende la componente (M2C2), «Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile» con risorse pari a 23,78 miliardi di euro. Il Piano per la transizione ecologica (Pte), che accompagna gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, prevede l'uso di carburanti a minor impatto e, a partire dal 2030, che almeno il 50 per cento delle motorizzazioni sia elettrico. Inoltre, in seno al Piano nazionale di ripresa e resilienza sono inserite due misure finalizzate ad incentivare, tramite lo strumento agevolativo dei contratti di sviluppo, la capacità delle filiere produttive più innovative, ivi compresa quella dell'automotive;

    l'industria automobilistica, come anche la filiera della componentistica, necessitano di interventi specifici, come stanno facendo altri Paesi europei con alta vocazione in questo comparto, nei quali si prevedano sia il sostegno alla ricerca e lo sviluppo di prodotti e tecnologie innovative in grado di competere a livello globale, sia interventi mirati per l'ammodernamento, la riconversione produttiva e la riqualificazione professionale. Francia e Germania stanno già mettendo in campo politiche industriali per affrontare la transizione. Viceversa, nel corso degli ultimi anni, l'Italia è scesa dal secondo all'ottavo posto per la produzione di auto in Europa. La produzione nazionale di veicoli è passata dagli oltre 1,8 milioni del 1997 ai 700 mila nel 2021, di cui le autovetture sono meno di 500 mila,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per rifinanziare, in un prossimo provvedimento urgente, su base triennale, il Fondo per l'incentivazione della mobilità a basse emissioni, istituito dal comma 1041 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, al fine di consentire il sollecito ricambio del parco veicoli italiano e di dare certezza agli operatori del settore;

2) ad adottare iniziative per prevedere, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, l'istituzione di un fondo pluriennale per la riconversione dell'industria automotive, destinato ad accompagnare l'aggiornamento tecnologico e la riconversione delle imprese, nonché la professionalizzazione dei lavoratori del comparto automobilistico nazionale;

3) a rinviare l'applicazione di quanto stabilito dalla decisione del Cite di cui in premessa, posponendola agli esiti definitivi della discussione sul FIT for 55 per cento in sede unionale, nonché alle opportune consultazioni con le organizzazioni di settore nell'ambito del «Tavolo automotive» attualmente operativo, quale sede opportuna nella quale stabilire le corrette modalità della transizione ecologica per la filiera;

4) ad attivarsi, nelle sedi istituzionali europee, per sostenere e valorizzare l'industria automobilistica e la relativa componentistica, intese come il comparto strategico dell'Unione europea, con politiche e risorse aggiuntive rispetto a quelle finora stanziate, promuovendo altresì proposte che consentano una transizione sostenibile in termini sociali ed industriali e prevedano target realisticamente raggiungibili per il settore;

5) ad adottare ogni iniziativa utile per rafforzare le capacità di ricerca e sviluppo in ambito tecnologico, nonché produttive del nostro Paese nel settore della mobilità sia individuale che collettiva, prevedendo semplificazioni burocratiche ed incentivi adeguati per l'attrazione di investimenti stranieri.
(1-00580) «Porchietto, D'Attis, Giacometto, Squeri, Polidori, Sorte, Torromino, Sessa, Cattaneo».


   La Camera,

   premesso che:

    la filiera dell'automotive, che ricomprende tutte le imprese coinvolte nella produzione di autoveicoli, a partire dalle imprese che producono materie prime (plastiche, coloranti, prodotti chimici, vernici, tessuti ed altro) e macchine utensili, passando per le imprese più strettamente produttive, fino ad arrivare alle aziende che si occupano di imballaggi, trasporto merci e servizi legati agli autoveicoli, e quella dei servizi automotive, occupa nel suo insieme circa 1,23 milioni di lavoratori e nel solo comparto industriale sostiene una spesa di circa 9 miliardi di euro in salari e stipendi. Nel 2017 il settore dell'industria dell'automotive fatturava 105,9 miliardi di euro e, a seguito della crisi indotta dall'emergenza sanitaria da Covid-19, il fatturato del settore ha subito un forte rallentamento;

    il solo settore dell'industria automotive, secondo gli ultimi dati dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia), tra attività dirette e indirette, è costituita da oltre 5.500 imprese e impiega circa 274.000 addetti. In tale contesto, la filiera italiana dell'industria automobilistica e della sua componentistica è costituita da più di 2.000 imprese, impiega più di 150.000 dipendenti e rappresenta un settore strategico per l'economia nazionale che deve essere accompagnato nel suo complesso verso la transizione ecologica, in modo non solo da evitare la perdita di competenze e di posti di lavoro – a cui per altro si è costantemente assistito nell'arco di questi ultimi 30 anni – ma facendo di questo passaggio un'opportunità di rilancio del settore;

    per quanto riguarda la filiera industriale la competitività del settore automotive risulta essere superiore rispetto a quella del comparto manifatturiero nella sua interezza: la filiera automotive italiana si posiziona nei segmenti a più elevato valore aggiunto grazie non solo alle eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e di autoveicoli commerciali, ma anche in virtù delle specializzazioni produttive che caratterizzano in particolare i distretti della componentistica: circa il 20 per cento del valore aggiunto generato dal settore della componentistica in Italia viene indirettamente incorporato nei prodotti esportati da altri partner commerciali, segnalando una significativa capacità di penetrazione nei mercati internazionali. In tal senso, diventa importante immaginare strumenti di sostegno che supportino anche gli investimenti di dimensioni maggiori, rispetto a quelli previsti attualmente, tali da rendere attraenti i grandi investimenti (dalla produzione dei veicoli a quella dei componenti) in modo da legare sempre meglio i fornitori, anche di piccole e medie dimensioni, con grandi integratori o costruttori;

    il settore industriale dell'automotive è stato interessato nel corso degli ultimi anni da una forte spinta all'aggregazione tra storiche imprese dell'industria automobilistica, altrimenti destinate in ragione dell'accresciuta concorrenza nel settore ad una difficile sopravvivenza. Vicenda che ha portato alla creazione di circa 10 grandi gruppi automobilistici in grado di competere a livello globale e che detengono attualmente più di tre quinti del mercato automobilistico mondiale. Tali aggregazioni, dettate da molteplici ragioni – ingresso nel settore di nuove aziende low cost asiatiche e dell'est europeo; esigenza di ridurre i costi di produzione; incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo; diversificazione della domanda – hanno comportato una profonda riorganizzazione aziendale che ha interessato sia gli stabilimenti di produzione e il personale addetto sia le imprese dell'indotto, e di conseguenza una profonda trasformazione della filiera dei servizi automotive a valle della produzione, con particolare riguardo alle attività di vendita degli autoveicoli, leasing, noleggio, commercio dei componenti, manutenzione e riparazione. Tale processo di aggregazione purtroppo si è realizzato in misura ridotta in Italia fra le imprese della componentistica, rendendole più vulnerabili ai grandi cambiamenti;

    nel corso degli ultimi mesi si stanno manifestando nuovi scenari di ulteriore cambiamento per il settore dell'automotive nel suo complesso, dettati principalmente dal combinato disposto tra la grande fase di transizione in atto conseguente alla pandemia da Covid-19 e all'emergenza climatica, le novità introdotte nel contesto normativo europeo, l'evoluzione tecnologica nella propulsione elettrica, delle batterie di ricarica e dei circuiti, e le nuove esigenze di mobilità dei cittadini. Fattori, questi, che impongono alle grandi aziende automobilistiche l'avvio immediato di un processo di ulteriore profonda trasformazione del loro assetto produttivo e della filiera di distribuzione;

    l'insieme di questi nuovi scenari iniziano a produrre nel contesto internazionale i primi effetti nelle scelte strategiche delle aziende automobilistiche, che si apprestano ad una profonda riorganizzazione interna e allo sviluppo di piani industriali che prevedono una crescente produzione di mezzi ibridi o interamente a propulsione elettrica, con effetti non soltanto sugli stabilimenti di produzione ma indirettamente sull'intera filiera dell'automotive. Proprio però alla luce delle vicissitudini degli ultimi 20 anni del settore italiano, che ha vissuto una contrazione della produzione di autoveicoli e dei posti di lavoro ma in cui è anche cresciuto un nuovo tessuto produttivo contraddistinto da marchi di altissima gamma, questa fase di trasformazione, se ben supportata, potrebbe rappresentare un'opportunità di ritornare a crescere;

    nel 2020, a causa dell'emergenza sanitaria in corso, il crollo del mercato dell'auto è stato pesantissimo registrando 1.381.629 immatricolazioni con un calo del 27,9 per cento corrispondenti a 535.000 unità in meno;

    per far fronte alla crisi in atto, Governo e Parlamento, con un'incisiva azione di politica industriale per il settore, hanno introdotto con il cosiddetto «Decreto rilancio», e successivamente confermato con il cosiddetto «Decreto agosto» e con la legge di bilancio 2021, una serie di incentivi per l'acquisto di auto nuove, riuscendo a coniugare l'azione positiva per l'ambiente con l'eliminazione di vetture circolanti altamente inquinanti, l'incremento della sicurezza del parco circolante e il deciso sostegno ad un settore strategico per l'economia ed il lavoro italiani;

    l'aver favorito il ritmo di sostituzione delle vetture con oltre 10 anni di vita ha fatto risparmiare all'ambiente decine di migliaia di tonnellate di anidride carbonica, grazie alla vendita di circa 100.000 vetture che non sarebbero state vendute in assenza degli incentivi: gli incentivi varati con la legge di bilancio per il 2021, in particolare quelli con emissioni di anidride carbonica contenute tra 61 e 135 gr/km hanno infatti evitato, come per la seconda parte del 2020, che il mercato italiano crollasse. Nel primo trimestre 2021 l'andamento del mercato italiano, pur registrando un calo del 12,7 per cento, è risultato essere migliore di quello dei principali Paesi dell'Unione europea grazie al fatto che si erano previsti incentivi per il primo semestre 2021 anche per sostenere le vendite di vetture ad alimentazione tradizionale;

    la caduta delle immatricolazioni di autoveicoli registrata nei mesi di ottobre e novembre 2021 rispetto ai corrispondenti mesi del 2020, e il calo del 34,8 per cento a gennaio 2022 sullo stesso mese del 2019, precedente la pandemia, sono indicatori del protrarsi della gravità della crisi del settore che, secondo alcuni studi, potrebbe portare, se si proietta il dato di gennaio 2022 sull'intero 2022, ad un volume di immatricolazioni, per l'intero 2022, di 1.198.000 autovetture con un calo del 17,8 per cento sul 2021;

    le enormi difficoltà che attraversa il settore, a cui si vanno ad aggiungere quelle non meno importanti determinate dalla carenza dei componenti elettronici, hanno messo in allarme gruppi come Stellantis, Toyota e Volkswagen. Numerosi stabilimenti (Pomigliano, Sevel, Melfi), nel corso degli ultimi mesi, hanno più volte infatti interrotto, seppur temporaneamente, la produzione di autoveicoli per mancanza di microchip. L'azienda taiwanese Tsmc, la più grande produttrice al mondo di semiconduttori, ha annunciato l'intenzione di innalzare i prezzi dei microchip fino al 20 per cento, prefigurando con tutta probabilità un forte rincaro in vista sui prodotti finali;

    nelle scorse settimane, Stellantis, ha manifestato l'intenzione di procedere ad una complessiva riorganizzazione degli impianti di produzione presenti nel nostro territorio, i cui effetti ancora non sono noti in ragione di un piano industriale che, secondo le dichiarazioni rese dall'amministratore delegato del gruppo, sarà reso pubblico a marzo 2022. Per alcuni stabilimenti, come la VM Motori di Cento operante dal 1947 nella produzione dei motori diesel, le prospettive appaiono incerte anche in ragione della specializzazione in un settore tecnologico tradizionale il cui futuro appare segnato dalla transizione in atto;

    le ricadute di tali trasformazioni, oltre a destare forti preoccupazioni ai numerosi addetti del settore automotive, iniziano a produrre i primi effetti in particolare sull'indotto della componentistica italiana, anche in situazioni aziendali di conseguimento di fatturato e utili, con la manifestazione di alcune crisi industriali che vedono il coinvolgimento di importanti e storiche aziende e il rischio di licenziamento per numerosi lavoratori;

    le politiche di accompagnamento alla transizione del settore automotive nel nostro Paese rappresentano, quindi, uno dei passaggi cardine non soltanto per il conseguimento degli obiettivi condivisi in seno alle organizzazioni internazionali e sovranazionali che l'Italia si è impegnata a rispettare, a partire dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dagli accordi di Parigi sul clima nell'ambito della COP 21 del 2015, ma soprattutto per il raggiungimento degli obiettivi di crescita economica e di sviluppo e competitività del nostro sistema produttivo;

    in merito alle politiche di accompagnamento, la filiera della componentistica dell'industria automobilistica necessita di interventi ad hoc, come fatto da altri Paesi con alta vocazione automotive, che prevedono sostegno: a) alla riconversione produttiva (senza discrimini territoriali, soprattutto per le aziende che «subiscono» normativamente uno «stop» produttivo), b) alla ricerca e allo sviluppo di prodotti e tecnologie innovative in grado di assecondare la domanda emergente nel mercato di riferimento e di competere a livello globale, c) alla riqualificazione professionale degli addetti, in assenza delle quali si prefigura il rischio, già a partire dai prossimi mesi, di ulteriori chiusure e licenziamenti di personale; tra le politiche di accompagnamento, un ruolo particolarmente importante può essere rappresentato dal possibile sviluppo di nuove filiere di produzione quali quello delle batterie e dei semiconduttori,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere, nel primo provvedimento utile, tutte le misure ritenute necessarie a sostenere la filiera dell'automotive nel superamento dell'attuale fase di crisi, sia sul fronte della produzione e dell'approvvigionamento sia su quello della vendita di autoveicoli, a partire dal rifinanziamento degli incentivi all'acquisto di veicoli elettrici o a basse emissioni di anidride carbonica in ottica pluriennale, anche associata ad una progressiva riduzione negli anni degli importi dell'incentivo a fronte dello sviluppo tecnologico, della riduzione dei costi dei veicoli e della crescita dei volumi di vendita;

2) ad adoperarsi per favorire il rapido superamento delle situazioni di crisi industriale emerse nel corso degli ultimi mesi nella filiera dell'automotive, in particolare nel settore della componentistica, al fine di evitare licenziamenti di addetti e la delocalizzazione di importanti aziende operanti nel settore e ad affrontare, per tempo, con adeguati strumenti e risorse, le situazioni di potenziale crisi che stanno per emergere e che rischiano di avere pesanti ricadute occupazionali nei territori coinvolti, in particolare nella filiera della componentistica tradizionale;

3) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per istituire un fondo pluriennale dedicato ad accompagnare la transizione del settore dell'automotive, che abbia almeno le seguenti linee di intervento:

   a) sostenere la trasformazione dell'industria automobilistica e tutti gli interventi di carattere industriale necessari ad accompagnare e sostenere il processo di trasformazione industriale e di innovazione settoriale, a partire dalla digitalizzazione fino al cambio delle motorizzazioni e allo sviluppo delle nuove tecnologie, alle attività di ricerca e sviluppo (anche aumentando la copertura dedicata nella ricerca e sviluppo di prodotto e processo), al trasferimento tecnologico e alla nascita di nuove imprese innovative, e gli investimenti nazionali ed esteri, favorendo anche i progetti basati su aggregazioni tra imprese;

   b) sostenere la riqualificazione professionale degli addetti nel settore dell'automotive, con particolare riguardo a quelli della filiera della componentistica, al fine di garantirne la continuità occupazionale o il ricollocamento professionale durante le fasi di transizione del settore ed evitare quanto più possibile il ricorso agli ammortizzatori sociali;

   c) sostenere, altresì, la graduale transizione della filiera dei servizi dell'automotive, con particolare riguardo alle imprese operanti nel settore della componentistica, con appositi e mirati interventi finalizzati a favorire la riconversione delle produzioni o la realizzazione di prodotti innovativi in grado di rispondere alla domanda emergente nel mercato dell'automotive e del trasporto pubblico locale, di generare fatturato e di garantire la continuità occupazionale agli addetti al settore;

4) ad attivarsi nelle sedi istituzionali europee per sostenere e valorizzare il ruolo strategico della filiera dell'automotive, affinché l'intero settore sia adeguatamente supportato nei prossimi anni, con politiche e risorse aggiuntive rispetto a quelle finora stanziate, rivalutando i criteri di assegnazione tra i diversi Paesi comunitari rispetto a quanto avvenuto negli ultimi anni;

5) a farsi, altresì, promotore di proposte nell'ambito dell'Unione europea che disegnino una strada verso la decarbonizzazione che sia sostenibile in termini ambientali, sociali ed industriali, favoriscano la neutralità tecnologica e prevedano target realisticamente raggiungibili per il settore dell'automotive;

6) ad adottare, in tale quadro, ogni iniziativa volta a favorire l'Italia come sede di attività di lavorazione di semiconduttori e di produzione di batterie e del loro riuso e riciclo, e a valutare l'opportunità di prevedere semplificazioni burocratiche ed incentivi adeguati per l'attrazione di investimenti stranieri e lo stabilimento sul territorio nazionale di nuove attività produttive, al fine di rafforzare l'autonomia strategica nell'approvvigionamento di semiconduttori e batterie e di garantire adeguati livelli di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici, della microelettronica e dell'intelligenza artificiale.
(1-00582) «Benamati, Serracchiani, Braga, Frailis, Bazoli, Berlinghieri, Bonomo, Enrico Borghi, Carla Cantone, Carnevali, Critelli, D'Elia, De Filippo, De Maria, Delrio, Gariglio, Incerti, Gavino Manca, Nardi, Pagani, Rizzo Nervo, Soverini, Topo, Zardini, Boldrini».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Unione europea si è impegnata a diventare a «impatto climatico zero» entro il 2050. A tal fine, il settore dei trasporti deve subire una trasformazione che richiederà una riduzione del 90 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, assicurando soluzioni a prezzi accessibili per i cittadini;

    i trasporti sostenibili rappresentano un'opportunità per contribuire alla ripresa e alla crescita dell'economia. Un sistema di trasporto efficiente e affidabile, infatti, è essenziale per il buon funzionamento del mercato interno europeo e, in questo ambito, la tariffazione stradale può svolgere un ruolo chiave nell'incentivare opzioni più pulite ed efficienti, garantendo, al contempo, un trattamento equo degli utenti della strada e il finanziamento di infrastrutture sostenibili;

    il settore dei trasporti contribuisce per circa il 5 per cento al prodotto interno lordo europeo e dà lavoro a oltre 10 milioni di persone. Allo stesso tempo, è un settore che rappresenta un quarto delle emissioni totali di gas serra dell'Unione europea ed è dunque un settore prioritario d'intervento per raggiungere l'obiettivo europeo di ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030, per essere il primo continente neutro dal punto di vista climatico entro il 2050;

    al fine di raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica per il 2050, il settore dei trasporti deve fare la sua parte e subire una trasformazione che richiederà una drastica riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (il 90 per cento entro il 2050), garantendo allo stesso tempo soluzioni ambientalmente sostenibili e a prezzi accessibili per i cittadini;

    l'Italia è la nazione europea con il maggior numero di veicoli in proporzione agli abitanti: ciò è aggravato dal fatto che il parco auto è molto «anziano», con oltre il 50 per cento di mezzi con più di 10 anni;

    nei prossimi anni, pertanto, il comparto dell'automotive dovrà mostrare la sua capacità di raccogliere le sfide legate ai grandi cambiamenti che lo attendono;

    è inoltre noto come la crescente diffusione di veicoli elettrici porti con sé l'esigenza di una capillare e diffusa rete di punti di ricarica: lo sviluppo della mobilità elettrica, infatti, presuppone, per una sua adeguata espansione, l'installazione di infrastrutture di ricarica innovative e superveloci distribuite e localizzate, sia in sede pubblica che privata, di concerto con gli enti locali, con i gestori delle stazioni ferroviarie, i concessionari di autostrade e superstrade e i distributori di energia elettrica;

    a tal fine, occorre accelerare sull'aggiornamento del Piano nazionale di infrastrutturazione per la ricarica dei veicoli elettrici (Pnire), redatto in ottemperanza al comma 2 dell'articolo 17-septies dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, il quale prevede al 2030, sulla base del target di 6 milioni di auto elettriche previsto dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec), 1.850 colonnine di ricarica veloci per le aree di servizio autostradali, 10 mila in area extraurbana e oltre 20.000 in area urbana, nonché 78.600 colonnine di ricarica lente nei centri urbani;

    da non sottovalutare, inoltre, è il ruolo che, in un contesto che coinvolge tutti i settori e che presuppone dei cambiamenti negli stili di vita verso la sostenibilità, possono rivestire le stazioni di rifornimento e la vendita al dettaglio di carburanti grazie alle loro caratteristiche ideali in termini di capillarità e di spazi a disposizione. Riconvertire le stazioni di distribuzione in luoghi multi-servizio e multi-prodotto, infatti, oltre a riqualificare e ammodernare punti vendita altrimenti obsoleti o dismessi, consentirebbe di offrire ai clienti finali un'offerta qualitativamente migliore, nonché spazi e servizi ad hoc che coniughino mobilità sostenibile, economia circolare e risparmio energetico mediante la proposta di carburanti a bassa o zero emissione di anidride carbonica (gpl, metano, idrogeno e ricarica elettrica) e il ricorso a soluzioni di efficientamento energetico, di recupero e risparmio delle risorse idriche e di installazione di impianti a fonti rinnovabili;

    negli ultimi dieci anni, le emissioni di gas a effetto serra in Europa sono diminuite significativamente in tutti i settori dell'economia, anche in relazione alla crisi economico-finanziaria globale, con l'unica eccezione dei trasporti che ad oggi rimangono il primo settore per emissioni di gas a effetto serra in Europa, superando persino il settore elettrico;

    nel nostro Paese, già con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019), si è avviata una politica di incentivi per l'acquisto di veicoli elettrici e non inquinanti, di detrazioni fiscali per le spese per le infrastrutture di ricarica e la previsione di un'imposta sull'acquisto di nuovi autoveicoli più inquinanti (cosiddetto malus o ecotassa);

    in particolare, i commi da 1031 a 1041 della citata legge di bilancio per il 2019 disciplinano le misure incentivanti sia a carattere fiscale che extra fiscale; il comma 1039 ha introdotto una detrazione fiscale per l'acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica per i veicoli alimentati a energia elettrica di cui all'articolo 16-ter del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, con la possibilità per i contribuenti di detrarre dall'imposta lorda le spese relative all'acquisto e alla posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, ivi inclusi i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino ad un massimo di 7 kilowatt; i commi da 1042 a 1045 concernono invece disposizioni disincentivanti sotto forma di imposta per l'acquisto di autovetture nuove con emissioni di anidride carbonica superiori ad una certa soglia;

    a far data dal 1° gennaio 2021, inoltre, sulle vetture di nuova immatricolazione è riportato, nel libretto di circolazione, esclusivamente il ciclo di omologazione Wltp e, per tale ragione, l'ecotassa auto è stata calcolata su questo nuovo valore e non più sulla scorta dei dati emersi dal ciclo Nedc, con esclusione dal pagamento dell'ecotassa delle vetture con emissioni da 161 a 190 grammi per chilometro;

    consapevoli delle complessità e delle difficoltà attuali che si stanno affrontando per poter accelerare un modello di mobilità eco-sostenibile sollecitato anche dai nuovi target europei sulle emissioni di anidride carbonica dei veicoli, le scelte di politica industriale nel nostro Paese dovranno indirizzarsi in maniera chiara ed inequivocabile su incentivi che promuovano un cambio di paradigma dell'intera filiera automotive verso soluzioni e business più sostenibili e sull'installazione capillare su tutto il territorio nazionale di infrastrutture di ricarica elettrica;

    risulta cruciale riconvertire gradualmente l'intero indotto che fa capo all'automotive per supportare sempre più imprese verso la produzione di batterie, che, nei prossimi anni, diventerà il settore strategico per il lancio definitivo della mobilità elettrica nei Paesi europei. È un settore nel quale l'Italia potrebbe diventare leader all'interno dell'Unione incrementando la produzione e investendo in ricerca per la realizzazione di sistemi di accumulo più potenti, efficienti, duraturi e meno inquinanti. A ciò si aggiunge la necessità di intervenire per riqualificare e aggiornare le competenze dei lavoratori del settore e rendere il comparto maggiormente competitivo a livello internazionale nel medio e lungo periodo;

    a sostegno del mondo aziendale, poi, è stato rilevato che le flotte di veicoli M1 aziendali sono una categoria particolarmente adatta all'elettrificazione per diversi motivi: la media di chilometri per anno è maggiore di quella dei veicoli privati e, inoltre, data la necessaria pianificazione dei percorsi, è più agevole verificare la compatibilità dell'autonomia del veicolo con le tratte di servizio e quindi programmare le ricariche dei mezzi durante la giornata di lavoro o alla fine della stessa. I veicoli di servizio vengono poi solitamente parcheggiati in autorimesse o in parcheggi comuni dove è più semplice installare e gestire l'infrastruttura di ricarica;

    è auspicabile intervenire a livello normativo per introdurre, per un periodo almeno di 3 anni, un sistema di agevolazione fiscale per l'acquisto o il noleggio di veicoli a zero emissioni nei principali canali flotte, quali, ad esempio, vetture in pool, ad uso promiscuo, per liberi professionisti e agenti di commercio;

    fin dalla loro introduzione, la ratio alla base degli incentivi per l'acquisto o il noleggio di auto a zero emissioni di anidride carbonica è stata quella non solo di indirizzare il comportamento di consumo e di utilizzo dei mezzi da parte di cittadini e aziende, ma anche di dare certezze a produttori e consumatori sui disincentivi alla circolazione di mezzi inquinanti e consentire all'industria di pianificare gli investimenti;

    nonostante, infatti, le immatricolazioni in crescita rispetto a gennaio 2021, quando similmente a oggi non erano ancora resi disponibili gli incentivi 2021, l'assenza di supporti all'acquisto di veicoli a zero emissioni ha sicuramente frenato le vendite di nuove auto. Inoltre, si devono considerare anche i ritardi di consegna dovuti alla crisi delle materie prime, dei semiconduttori e dei microchip e alla possibilità di immatricolare entro il 30 giugno 2022 le vetture con gli incentivi prenotati. Quest'ultimo elemento, in particolare, ha tuttavia permesso di raggiungere dei numeri mensili bassi ma non drammatici, tanto che le 3.651 Bev vendute si possono per lo più considerare mezzi che hanno usufruito di incentivi nel 2021 ma che non erano ancora stati immatricolati;

    risulta cruciale, pertanto, dare agli incentivi per l'acquisto di autoveicoli a zero emissioni un orizzonte stabile e di lungo periodo; un orizzonte capace di condurre il nostro Paese verso un parco macchine elettrico più ampio, che oggi si attesta solo attorno a un 0,25 per cento circa del parco circolante;

    occorre, per di più, intervenire, a livello normativo, per reintrodurre, almeno per tutto il 2022, la detrazione per l'acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, ivi inclusi i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino ad un massimo di 7 kilowatt;

    inoltre, è indispensabile reintrodurre, con una modifica all'articolo 1, comma 1042-bis, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nuovi scaglioni disincentivanti e relativi nuovi importi, per l'acquisto di autovetture nuove con emissioni di anidride carbonica superiori ad una soglia minima di 161 grammi di anidride carbonica per chilometro, anche al fine di utilizzare i proventi per finanziare il fondo per l'acquisto di veicoli elettrici di cui al citato articolo 1, comma 1031, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;

    le sopra menzionate disposizioni relative agli incentivi per l'acquisto di veicoli elettrici, in materia di detrazioni fiscali per le spese per le infrastrutture di ricarica e d'imposta sull'acquisto di autoveicoli nuovi più inquinanti (cosiddetto malus o ecotassa) non sono state prorogate e riconfermate per il 2022,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per stanziare nuovi e adeguati incentivi, su base pluriennale ed esclusivamente per la fascia 0-20 grammi di anidride carbonica per chilometro, modificando la struttura attualmente prevista per l'ecobonus di cui all'articolo 1, comma 1031, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nel senso di aumentare la differenza di incentivo tra acquisto con rottamazione e senza rottamazione, valutando altresì una progressiva riduzione degli stessi nel tempo, sulla base dei progressi tecnologici, del minor costo delle autovetture e dell'incremento dei volumi di vendita;

2) ad adottare iniziative per prevedere un meccanismo di finestre temporali nel corso di ogni anno finalizzato a valutare l'andamento temporale dell'assorbimento delle risorse stanziate per il supporto al settore che tenga conto, inter alia, dell'esigenza delle case costruttrici di implementare la propria produzione di modelli incentivabili;

3) ad adottare iniziative per revisionare e rendere maggiormente efficiente, mediante la previsione di nuovi scaglioni disincentivanti e relativi nuovi importi, la cosiddetta ecotassa o malus di cui all'articolo 1, comma 1042-bis, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, concernente il sistema di riscossione dell'imposta parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro eccedenti la soglia di 161 grammi di anidride carbonica per chilometro, con lo scopo di utilizzare i proventi per finanziare gli incentivi destinati all'acquisto di auto a zero emissioni di ultima generazione;

4) ad adottare iniziative tese alla ristrutturazione, alla riqualificazione e all'ammodernamento delle stazioni di distribuzione dei carburanti che contemplino non solo la riconversione tecnologica della rete distributiva, anche attraverso il ricorso a strumenti agevolativi e a rimborsi per la bonifica ambientale e il definitivo smantellamento, ma anche l'implementazione di servizi dedicati ai combustibili alternativi e alla mobilità elettrica, nel rispetto degli obblighi e ai sensi della disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE (cosiddetta direttiva Dafi), e di soluzioni di efficientamento energetico, di recupero e risparmio delle risorse idriche e di installazione di impianti a fonti rinnovabili;

5) a programmare ed accompagnare la riconversione dell'industria automobilistica e i settori produttivi ad essa collegati tramite investimenti in nuove tecnologie ed ecoinnovazione per lo sviluppo di una filiera nazionale di veicoli elettrici (gigafactory per la produzione di celle, produzione componentistica e assemblaggio, impianti di recupero e riciclo di batterie), anche al fine di consentire alle imprese del settore di pianificare la riqualificazione e l'aggiornamento delle competenze dei propri lavoratori e rendere il comparto maggiormente competitivo a livello internazionale nel medio e lungo periodo;

6) ad adottare iniziative per incentivare la ricerca sul riuso, il riciclo e lo smaltimento delle batterie di veicoli elettrici, anche sotto il profilo della manodopera specializzata, per la produzione di nuove tecnologie per sistemi di accumulo di energia per veicoli, nonché per la diffusione di carburanti alternativi;

7) a proseguire nel sostenere, con adeguate risorse statali, l'acquisto di veicoli commerciali di categoria N1 per la logistica, la consegna e la distribuzione dell'ultimo miglio a zero emissioni di anidride carbonica e M1 speciali;

8) ad adottare iniziative per prevedere i necessari strumenti incentivanti volti a stimolare l'acquisto da parte delle di imprese private di flotte aziendali (vetture in pool, ad uso promiscuo, per liberi professionisti e agenti di commercio), anche valutando un aumento della deducibilità fiscale e del limite di detraibilità dell'Iva per tutti i veicoli a zero emissioni;

9) ad adottare iniziative per stanziare adeguate risorse finanziarie tese ad orientare le scelte di business dei produttori di veicoli verso lo sviluppo di nuovi modelli elettrici per il trasporto pubblico locale urbano ed extraurbano;

10) ad adoperarsi per la risoluzione delle varie crisi aziendali afferenti al settore automobilistico e individuare le strategie più idonee a sostenere il rilancio del comparto nel processo di transizione verso la produzione di nuovi mezzi di trasporto sostenibili, di concerto con le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nonché con le parti sociali, le istituzioni interessate e i sindacati, garantendo al contempo continuità occupazionale e produttiva;

11) a proseguire con le associazioni di categoria, le parti sociali e le case produttrici, anche attraverso il tavolo di confronto sull'automotive, già operativo presso il Ministero dello sviluppo economico, per sostenere l'intera filiera nazionale nel passaggio verso produzioni sempre più ecologiche, in coerenza con i nuovi e più ambiziosi obiettivi europei e le esigenze dei cittadini, nonché per favorire la realizzazione degli investimenti necessari e la progressiva conversione degli impianti industriali e così evitare la contrazione della produzione e i conseguenti impatti negativi sui livelli occupazionali dell'intero comparto;

12) ad assumere iniziative per reintrodurre, almeno per tutto il 2022, la detrazione per l'acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica di cui all'articolo 1, comma 1039, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;

13) ad assumere iniziative per ridurre le imposte per operatori di vehicle sharing con veicoli ad emissioni zero;

14) al fine di accelerare il passaggio verso una mobilità a zero emissioni, ad adottare iniziative per prevedere, per un periodo transitorio, tariffe agevolate per le tratte autostradali a pedaggio.
(1-00583) «Chiazzese, Sut, Davide Crippa, Scagliusi, Ficara, Serritella, Alemanno, Carabetta, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Federico, D'Ippolito, Zolezzi, Terzoni, Luciano Cantone, De Lorenzis, Grippa».


MOZIONI VILLANI ED ALTRI N. 1-00543, SIANI ED ALTRI N. 1-00584 E NOJA ED ALTRI N. 1-00585 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA DIAGNOSI E LA CURA DEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    il disturbo dello spettro autistico è una condizione che determina difficoltà nell'interazione sociale reciproca e nella comunicazione, accanto a comportamenti ripetitivi e a interessi insolitamente ristretti (come definito nei manuali «DSM-5» e «ICD-11»): la posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, considera l'autismo una condizione dipendente da uno sviluppo atipico del sistema neurobiologico, con esordio nei primi tre anni di vita, alla cui insorgenza contribuiscono fattori eziopatogenetici, sia genetici che ambientali, che possono comportare anche complesse compromissioni clinico-organiche, la cui evidenza è supportata da una consolidata documentazione scientifica nazionale ed internazionale;

    l'autismo determina, tuttavia, caratteristiche molto differenti alle quali possono essere associate compromissioni che comportano livelli di autosufficienza variabili e, conseguentemente, carichi assistenziali da minimi a estremamente complessi, che determinano l'esigenza di un supporto costante e molto elevato e che, proprio a causa della grande variabilità all'interno dello spettro, necessita di interventi in modo mirato, appropriato e, soprattutto, personalizzato;

    da studi e indagini è emersa un'incidenza della sindrome da autismo molto elevata sulla popolazione: 1:54 persone nate (dati USA 2019) e 1:77 (dati Italia – Iss 2019);

    in Italia si stima che il disturbo dello spettro autistico abbia una prevalenza di almeno uno su 100 e che riguardi all'incirca 600.000 famiglie; la condizione, pertanto, richiede interventi terapeutici e socio-assistenziali particolarmente dedicati;

    la comunità scientifica ha affermato, altresì, che la diagnosi precoce (entro i primissimi anni di vita) e un trattamento «evidence based» mirato, tempestivo, intensivo e continuativo possano ridurre considerevolmente quelle disabilità funzionali e comportamentali proprie dei disturbi dello spettro autistico;

    una prima risposta concreta di tutela e sensibilizzazione a livello legislativo nazionale si è avuta con la legge 18 agosto 2015, n. 134, recante «disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», entrata in vigore il 12 settembre 2015 come prima legge nazionale sull'autismo, che prevede l'inserimento dei trattamenti per l'autismo nei livelli essenziali di assistenza (Lea), l'aggiornamento delle linee guida per la prevenzione, la diagnosi e la cura, la necessità di un efficace coordinamento tra le diverse strutture che hanno in carico soggetti la cui diagnosi rientra nell'ambito delle condizioni del neuro-sviluppo;

    la suddetta legge prevede altresì l'adeguamento, da parte delle regioni, dei servizi di assistenza sanitaria e l'individuazione di percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

    la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) ha poi istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione di 5 milioni di euro all'anno, incrementati di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018);

    un'altra risposta alle persone con disabilità grave è giunta con l'approvazione della legge 22 giugno 2016, n. 112, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare; tale legge ha istituito un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave per attivare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità e per realizzare interventi innovativi di residenzialità, con l'importante obiettivo per i disabili di una vita il più possibile autonoma;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ha recepito, all'articolo 60, le disposizioni della legge n. 134 del 2015, prevedendo peraltro che il Servizio sanitario nazionale «garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico specifiche prestazioni di diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»; nel decreto l'autismo rientra nell'elenco individuato all'allegato 8 (basato sull'ormai superato ICD 9), cui fa rinvio l'articolo 53 che garantisce il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per le persone affette da malattie croniche e invalidanti; più nello specifico, il disturbo autistico è fatto rientrare (erroneamente) fra le condizioni di psicosi per le quali lo stesso allegato 8 riporta l'elenco delle prestazioni sanitarie (tra cui visite e sedute psicoterapiche, dosaggi di farmaci, esami clinici, eccetera) in esenzione dalla partecipazione al costo per i soggetti interessati;

    il 10 maggio 2018 la Conferenza unificata ha approvato, infine, l'intesa sul documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico» secondo il quale il Ministero della salute in collaborazione con il Gruppo tecnico interregionale salute mentale (Gism) ha condotto una valutazione sul recepimento delle precedenti linee d'indirizzo (del 2012), dalla quale è emerso un diverso grado di recepimento e differenti implementazioni a livello regionale e locale;

    proprio come conseguenza del «modesto» recepimento delle linee d'indirizzo del 2012, l'intesa medesima ha ribadito quanto previsto all'articolo 4 della legge n. 134 del 2015, ossia che l'attuazione delle linee d'indirizzo, come aggiornate, costituisce adempimento ai fini della verifica del comitato permanente per la verifica dei Lea inserendo, nel medesimo documento, l'invarianza finanziaria secondo la quale all'attuazione dell'intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

    vieppiù nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato l'obiettivo di redigere, attraverso il Servizio sanitario nazionale, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico più appropriato e a creare una rete di sostegno e assistenza per i familiari e caregiver nella presa in carico integrata del minore, che deve coinvolgere l'intero contesto di vita (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione, servizi territoriali sociali e sociosanitari), al fine di offrire un insieme di risposte mirate ai bisogni di natura abilitativa ed educativa e garantire altresì livelli omogenei di presa in carico e trattamento su tutto il territorio nazionale;

    al progredire delle conoscenze in campo scientifico e clinico e all'aumento dell'attenzione posta dal legislatore nei confronti dell'autismo negli ultimi anni, non sempre è corrisposto un aumento delle responsabilità delle istituzioni tanto che si sono spesso etichettate come «invisibili» le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, sulle quali ricade quasi per intero l'onere dell'assistenza, con il conseguente impoverimento sociale, relazionale ed economico;

    nonostante gli importanti passi in avanti fatti grazie alla legge approvata nel corso della XVII legislatura e alle citate leggi e decreti successivi è ancora necessario dare attuazione alle linee guida e maggiore omogeneità di trattamento in tutte le regioni;

    la famiglia continua oggi a essere la vera e unica forma di welfare su cui grava il maggiore peso psicologico della difficile fragilità che ci si trova a dover affrontare quando ci siano persone con disturbi dello spettro autistico, bambini, adolescenti e adulti, ma anche economico, posto che è la famiglia che si trova sempre più spesso a gestire in solitudine, con rilevanti oneri, il familiare con disturbo dello spettro autistico;

    è necessario pertanto arrivare ad una presa in carico omogenea su tutto il territorio nazionale della persona autistica e della sua famiglia, con azioni finalizzate a garantire una vita migliore per le persone autistiche, indipendentemente dalla condizione di partenza;

    va rilevato che costituisce un'esigenza inderogabile la definizione dei contributi figurativi relativi a una professione sicuramente assai usurante quale è quella del caregiver familiare. È necessario offrire sostegno economico commisurato al lavoro di cura, servizi territoriali per la persona disabile accudita e per il caregiver familiare, reinserimento lavorativo laddove possibile con servizi sostitutivi e mirati per la persona disabile, pensionamento anticipato; è necessario promuovere servizi di assistenza e supporto ai genitori e ai fratelli-sorelle di persona con disabilità (siblings) per affrontare nel modo migliore la diagnosi e il percorso di vita del proprio congiunto disabile, in special modo nei casi in cui la condizione comporti un carico assistenziale gravoso e un importante impatto dal punto di vista psicologico e dell'organizzazione della vita quotidiana;

    si rileva che, contro le «Raccomandazioni della linea guida per la diagnosi e il trattamento di bambini e adolescenti con disturbo delle spettro autistico», pubblicate dall'Istituto superiore della sanità il 25 febbraio 2021, è pendente un ricorso straordinario al Capo dello Stato ex articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza al fine di prevedere la creazione di poli ad alta specializzazione per una diagnosi accurata e completa attraverso l'istituzione di équipe multidisciplinari e interdisciplinari per una presa in carico attraverso il modello bio-psico-sociale, al fine di evitare l'inadeguatezza della presa in carico delle persone autistiche e delle loro famiglie che determina, e ha troppo spesso determinato, i casi di acuzie e post acuzie, aumentati e amplificati in modo preoccupante durante il periodo della pandemia da Covid-19 anche con i trattamenti sanitari obbligatori;

2) ad adottare iniziative di competenza per garantire percorsi ospedalieri dedicati con personale formato a gestire le persone autistiche complesse e, in generale, le persone non collaboranti e/o non autosufficienti per le cure mediche e le indagini cliniche, prendendo spunto dalla Rete D.a.m.a. – Disabled Advanced Medical Assistance, prevedendo, per tali percorsi, la presenza del caregiver familiare e/o dell'assistente domiciliare e/o dell'educatore operatore dedicato, ed estendendo la rete a tutti gli ospedali del territorio nazionale e alle case di cura territoriali che verranno allestite e potenziate grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) approvato a giugno 2021, da destinare a tal fine;

3) ad adottare iniziative di competenza per prevedere che, anche nei pronto soccorso di tutto il territorio nazionale, siano predisposti percorsi preferenziali dedicati per la cura delle persone autistiche complesse e, in particolare, per le persone non elaboranti e/o non autosufficienti, anche per gestire in modo adeguato gli eventuali casi di acuzie;

4) ad adottare iniziative per definire, in attuazione dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 10 maggio 2018, nell'ambito della stipula del nuovo patto per la salute 2019-2021, di cui all'articolo 1, comma 516, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, un sistema di valutazione secondo indicatori oggettivi e misurabili di garanzia dei puntuali adempimenti delle linee di indirizzo su tutto il territorio nazionale, a valere come obiettivo strategico del Servizio sanitario nazionale, per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico;

5) ad adottare iniziative affinché sia perfezionata, con l'ausilio dell'Istituto superiore di sanità, l'elaborazione delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, ai sensi dalla legge n. 134 del 2015, e del decreto ministeriale 30 dicembre 2016, nel più breve tempo possibile;

6) ad adottare le iniziative di competenza per provvedere alle necessità dei centri per l'autismo per gli adulti e per promuovere un adeguamento delle competenze in psichiatria nel trattamento di persone nello spettro autistico, che, attualmente, risultano essere spesso vittime di un abuso ricorrente alla farmacoterapia e di diagnosi errate, considerato altresì che tali centri, in continuità con quelli dell'età evolutiva (disturbi Dsm 5), dovrebbero includere équipe multidisciplinari e interdisciplinari per una presa in carico attraverso il modello bio-psico-sociale;

7) ad adottare le iniziative di competenza per sostenere e migliorare la presa in carico domiciliare da parte dei servizi assistenziali, riabilitativi e sociali della persona con esiti da grave cerebrolesione acquisita (Gca) e della sua famiglia, anche attraverso il budget di salute, promuovendo e incrementando, per quanto di competenza su tutto il territorio nazionale, la realizzazione e l'attivazione di servizi territoriali adeguati e capillari affinché ogni persona possa trovare assistenza all'interno della propria regione, nonché sostegni economici, psicologici e di sollievo alle famiglie, valutando altresì, a tal fine, l'opportunità di garantire i Lep (livelli essenziali delle prestazioni) che integrano gli interventi socio-sanitari con quelli socio-assistenziali (legge n. 328 del 2000);

8) ad adottare le iniziative di competenza per dare pratica attuazione alla legge n. 328 del 2000 sul «Progetto di vita», affinché, a partire dal profilo funzionale della persona, dai bisogni e dalle legittime aspettative nel rispetto della propria autonomia e capacità di autodeterminazione, si individui sulla base del combinato disposto della Convenzione Onu e della classificazione Icf, quale sia il ventaglio di possibilità, servizi, supporti e sostegni, formali (istituzionali) e informali, che possano permettere alla stessa di migliorare la qualità della propria vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di poter partecipare alla vita sociale e di avere, laddove possibile, una vita indipendente e di poter vivere in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri;

9) ad adottare iniziative di competenza per completare il censimento delle persone autistiche, anche promuovendo una digitalizzazione delle diagnosi e dei bisogni, al fine di tracciare una mappa di servizi, capillarmente distribuiti sui territorio nazionale, a misura delle esigenze e delle prospettive di vita, finalizzando così gli investimenti in funzione non soltanto assistenziale, ma di recupero di un ruolo sociale attivo;

10) ad adottare iniziative di competenza per prevedere l'accesso permanente delle associazioni delle persone autistiche, delle famiglie e dei comitati che svolgono attività di indirizzo per supportare la famiglia nella scelta del luogo di cura e nel percorso da avviare, ai tavoli istituzionali di riferimento e coordinamento, promuovendo, altresì, percorsi di fattiva collaborazione tra gli enti, le associazioni del terzo settore, le famiglie e le persone autistiche, per la promozione e realizzazione di progetti e buone prassi che ridisegnino il welfare sociale italiano finalizzato a garantire pari opportunità e prospettive di vita dignitosa e realizzata a ogni persona indipendentemente dalla condizione di partenza;

11) ad adottare iniziative di competenza per prevedere che in ogni polo diagnostico venga istituito un Pua (punto unico di accesso) per fornire alle famiglie e alle persone autistiche tutte le indicazioni relative alle cure e agli interventi psicoeducativi, le indennità, i servizi assistenziali e altre utili informazioni alle quali si ha diritto;

12) ad adottare iniziative per rivedere la definizione di autismo del Dsm 5, che è stato erroneamente inserito nell'allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, che ha aggiornato i Lea tra le psicosi, prevedendo l'inserimento del disturbo dello spettro autistico all'interno dei disordini del neuro-sviluppo, aggiornando, pertanto, i Lea;

13) a riconoscere, attraverso un'iniziativa normativa ad hoc, il ruolo fondamentale del caregiver familiare, cioè di colui che molto spesso si occupa a tempo pieno, in totale solitudine, di un familiare con grave disabilità;

14) ad adottare iniziative per garantire un puntuale aggiornamento della Linea guida 21 sui disturbi dello spettro autistico in età evolutiva dell'Istituto superiore di sanità e il ritiro delle «Raccomandazioni della Linea guida per la diagnosi e il trattamento di bambini e adolescenti con disturbo dello spettro autistico», pubblicate dall'Istituto superiore di sanità il 25 febbraio 2021, che raccomandano antipsicotici di vecchia generazione in età evolutiva;

15) ad adottare iniziative per prevedere personale competente nelle scuole, ovvero docenti formati, in materia di spettro autistico, di disturbi del neuro-sviluppo e delle disabilità intellettive, che statisticamente sono più del 70 per cento degli alunni disabili e/o con bisogni educativi speciali (Bes), considerato che la formazione del personale scolastico e parascolastico dovrebbe essere multidisciplinare (scienze dell'apprendimento, scienze sociali e altre) e dovrebbe permettere di approfondire gli aspetti sensoriali, i differenti stili relazionali, comunicativi e cognitivi, stabilendo, altresì, percorsi formativi di una nuova classe di educatori-assistenti-tutor-mediatori neuro-culturali per supportare in modo professionale e competente le persone autistiche nell'arco della vita;

16) ad adottare iniziative per garantire percorsi lavorativi per le persone autistiche in virtù della legge n. 168 del 1999 sul collocamento mirato delle persone disabili applicata principalmente alle disabilità motorie e assicurandone l'operatività capillare in tutto il territorio nazionale, nonché l'accessibilità, di strumenti che facilitino l'inserimento nel mercato del lavoro, come la certificazione delle competenze lavorative (di cui al sistema nazionale di certificazione delle competenze previsto dall'articolo 4, comma 58, della legge n. 92 del 2012);

17) ad adottare iniziative di competenza, in raccordo con le regioni, per garantire e prevedere azioni di controllo capillare dei centri diurni e delle strutture residenziali presenti sul nostro territorio per verificarne la corretta gestione e tutela delle persone autistiche, disabili e non autosufficienti seguite, atte a verificare e individuare situazioni segreganti, abusi fisici e/o psicologici, mancata o inadeguata gestione dei programmi psicoeducativi, abilitativi, occupazionali e assistenziali;

18) ad adottare iniziative, anche normative, per trasformare gli attuali servizi per le persone disabili in servizi sociali di qualità, in grado di promuovere l'indipendenza delle persone disabili nei loro luoghi di residenza, anche in aree rurali, promuovendo, in luogo dei tradizionali centri diurni, laboratori delle arti e dei mestieri in grado di promuovere attività occupazionali e/o lavorative, posto che occorre favorire e finanziare la creazione di esperienze di piccole comunità di tipo familiare e modelli di cohousing, villaggi polifunzionali integrati e fattorie sociali polivalenti, andando incontro alle scelte individuali delle persone e delle famiglie interessate, anche attraverso lo snellimento degli iter burocratici e prevedendo agevolazioni fiscali.
(1-00543) «Villani, Nappi, Barbuto, Manzo, Penna, Bella, Grippa, Del Sesto, Segneri, Melicchio, Lorefice, Del Monaco, Sportiello, Provenza, Federico, Misiti, Ianaro, D'Uva, Grillo, Ricciardi, Ruggiero, Flati, Invidia, Grimaldi, Bonafede, D'Arrando, Barzotti, Ciprini, Olgiati, Tuzi, Sut, Masi, Micillo, Orrico, Spadafora, Sarti, Mammì, Dall'Osso».


   La Camera,

   premesso che:

    il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzato da esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale, associata a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti (definizione secondo DSM-5 e ICD-11);

    come per altri disturbi del neurosviluppo, si è tutti chiamati a superare il concetto limitato di «malattia» per approdare a quello più attuale di «condizione di neurodiversità», caratterizzata certamente da limiti funzionali, ma anche da importanti opportunità adattive;

    esistono diversi modelli di presa in carico della persona con un disturbo dello spettro autistico (abbreviato in Dsa o Asd, dall'inglese Autism spectrum disorder) – bambino, adolescente e adulto – che poggiano su prove di efficacia di differente solidità, ma i risultati dei numerosi studi condotti negli ultimi anni hanno indicato che la diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita del bambino, dell'adolescente ma anche dei genitori;

    la posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, considera l'autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello e della mente, con esordio nei primi tre anni di vita; si ritiene, inoltre, che i fattori eziopatogenetici siano sia genetici che ambientali. I disturbi dello spettro autistico comportano una disabilità permanente che accompagna il soggetto che ne è affetto per tutta la durata della vita;

    nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato la necessità di redigere, attraverso il sistema nazionale delle linee guida, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a: formulare diagnosi accurate nei bambini e negli adulti, riconoscere i casi e indirizzarli al trattamento, indicare terapie personalizzate a seconda delle caratteristiche individuali della persona, creare una rete di sostegno e assistenza, favorire l'interazione tra medico, paziente e familiari, rendere omogenea tra le regioni la qualità delle cure;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione a elevato costo sanitario e impatto sociale, con riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    gli studi epidemiologici internazionali hanno riportato un incremento generalizzato della prevalenza di disturbi dello spettro autistico, probabilmente dovuto alla maggiore formazione dei medici, alle modifiche dei criteri diagnostici, all'aumentata conoscenza del disturbo da parte della popolazione generale connessa altresì al contesto socio-economico: secondo i dati diffusi dalla comunità scientifica, a livello mondiale, un bambino su 100 presenta un disturbo dello spettro autistico, con una frequenza quattro volte più alta fra i maschi, e in Italia si stima che il problema possa riguardare almeno 500.000 famiglie;

    riguardo alle cause del disturbo dello spettro autistico, esse non sono note. Si può soltanto escludere che ci siano rapporti con le vaccinazioni o con il consumo di alcuni cibi. «La salute mentale è il risultato di interazioni complesse tra genetica, neurobiologia e ambiente – spiega Maurizio Bonati – nella maggior parte dei casi la componente genetica non determina in modo lineare il rischio di malattia, ma implica semplicemente una maggiore sensibilità agli effetti dell'ambiente»;

    la legge n. 134 del 2015 prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico, in conformità a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012, sui bisogni delle persone con autismo;

    la citata legge dispone anche l'aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali e internazionali;

    anche se molti bambini con autismo vengono diagnosticati dopo i tre anni, molti bambini presentano i primi sintomi già intorno ai dodici mesi. I primi a comparire sono i segni che riguardano aspetti comunicativi e sociali, come l'assenza di contatto oculare, la mancata comparsa di alcuni gesti comunicativi e la mancata risposta al nome. Durante la prima infanzia emergono inoltre anomalie nel comportamento di gioco e, nei bambini che sviluppano abilità verbali, anomalie nell'uso del linguaggio, come l'utilizzo di ecolalia, inversione pronominale e linguaggio idiosincratico. Per questo, diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita dell'intero nucleo familiare. Di solito, invece, la diagnosi si fa intorno ai cinque anni, con circa tre anni di ritardo rispetto ai primi dubbi dei genitori. Sarebbe un grande risultato se una maggiore consapevolezza del problema suggerisse ai genitori di porre il quesito ai medici entro i diciotto mesi per giungere a una diagnosi entro i due anni. A questo obiettivo potrebbero contribuire anche i pediatri di libera scelta osservando i segnali di rischio di disturbo dello spettro autistico, inviando i piccoli pazienti tempestivamente e con accesso prioritario ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza per la conferma diagnostica;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, al comma 1 dell'articolo 60 recita: «Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale, alle persone con disturbi dello spettro autistico, garantisce le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    il comma 2 dell'articolo 60 del suddetto decreto dispone espressamente: «Ai sensi dell'articolo 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale»;

    alla luce di tale disposizione, il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata ha approvato il documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico»;

    il suddetto atto della Conferenza unificata, tuttavia, ha squalificato, di fatto, la legge 18 agosto 2015, n. 134, e l'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, inserendo la seguente clausola: «All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica»;

    in ragione di ciò, i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendone di fatto difficile la piena attuazione;

    i predetti limiti, altresì, rendono inattuabile un ulteriore obbligo sancito dalla legge n. 134 del 2015, relativo all'istituzione di residenze specifiche per l'autismo o con operatori specializzati per l'autismo;

    nel documento approvato in sede di Conferenza unificata si dispone, peraltro, la definizione di équipe specialistiche multidisciplinari, nell'ambito della neuropsichiatria infantile, sempre senza maggiori e nuovi oneri per la finanza pubblica, seppure attualmente le risorse economiche siano insufficienti e tali da poter garantire l'accesso a meno di un bambino o adolescente su quattro che necessitino di cure e riabilitazione;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, negli ultimi dieci anni il numero dei pazienti seguiti dai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è quasi raddoppiato, mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10 per cento) (e la pandemia da COVID-19 ha messo ancora più in crisi i servizi di neuropsichiatria infantile), costringendo le famiglie a dover ricorrere sempre di più al settore privato, con costi rilevanti che, ancor più in tempi di crisi economica, sono sempre meno in grado di sostenere;

    dal suddetto rapporto emerge, altresì, che l'Italia ha buoni modelli, normative e linee di indirizzo, ma assai poco applicati e con ampie diseguaglianze tra una regione e l'altra. Lo stanziamento di risorse da parte delle regioni continua ad essere insufficiente per garantire alle aziende sanitarie locali e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero che, in alcuni ambiti, appare addirittura in significativa diminuzione. Continuano ad esservi regioni in cui mancano gli stessi servizi territoriali o il personale è gravemente insufficiente o non si dispone di tutte le figure multidisciplinari necessarie per i percorsi terapeutici;

    con riferimento ai servizi di neuropsichiatria dell'età evolutiva, le vigenti normative sulla riorganizzazione ospedaliera prevedono un'unità operativa di neuropsichiatria infantile solo per bacini di utenza molto grandi (da 2 a 4 milioni di abitanti): questo significa che negli ospedali di primo e secondo livello può mancare completamente la figura dello specialista in neuropsichiatria infantile;

    uguali considerazioni si possono estendere alle équipe analoghe con riferimento all'età adulta nell'ambito dei dipartimenti di salute mentale, mancanti di risorse sufficienti a consentire la presa in carico di tutti i pazienti; l'Italia, rispetto alla presenza in organico del numero di psichiatri, si posiziona soltanto al 20° posto in Europa e al 14° per numero di psicologi e infermieri; per quanto attiene alla spesa dedicata alla salute mentale, si investe solamente il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale, a fronte di percentuali di altri Paesi, come Francia, Germania e Regno Unito, superiori fino a quattro volte (10-15 per cento);

    un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi e di servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un vero e proprio atto di indirizzo;

    in definitiva la famiglia continua ancora ad essere la vera ed unica forma di welfare su cui grava il maggiore peso materiale e psicologico causato dalle difficoltà che si incontrano nella gestione di familiari con disturbi dello spettro autistico;

    sarebbe necessario, invece, che ai ragazzi ai quali viene diagnosticato l'autismo siano riconosciuti gli aiuti, anche di carattere economico, atti ad assicurare loro una vita completa, insieme agli altri, nei loro contesti naturali, favorendo le relazioni nel contesto scolastico, prima, con l'aiuto dei compagni di scuola, e, successivamente, nel mondo del lavoro;

    nella consapevolezza della complessità del fenomeno, dell'impatto sulla qualità della vita delle persone coinvolte e sulla tenuta del contesto familiare nonché delle ricadute di ordine sociale, si ritiene fondamentale garantire, a coloro che abbiano bisogni speciali, di svolgere una vita in maniera autodeterminata, ove ciò sia possibile, affinché si possa riuscire a superare il progressivo processo che li conduce in frequenti e quasi obbligati percorsi di esclusione sociale, da cui conseguono l'isolamento e la segregazione, troppo spesso sfocianti in diverse forme di istituzionalizzazione;

    la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione iniziale di 5 milioni di euro per i primi due anni e di 10 milioni di euro per i successivi due a cui poi si sono aggiunti ulteriori stanziamenti pari a 50 milioni di euro per il 2021 e 27 milioni di euro per il 2022 destinato, come previsto poi dalla legge di bilancio per il 2021 a tre specifiche aree di intervento:

     a) progetti di ricerca di natura clinico-organizzativa;

     b) realizzazione di strutture per l'autismo;

     c) finanziamento delle neuropsichiatrie infantili degli ospedali;

    alcuni fattori sono comuni a tutti i modelli di trattamento di documentata efficacia: la precocità (l'intervento deve iniziare non appena sussista il forte sospetto di diagnosi di autismo); l'intensività (il bambino deve essere attivamente coinvolto in attività psicoeducative sistematicamente pianificate ed evolutivamente adeguate, da predisporre nei diversi contesti di vita: centro terapeutico, famiglia e scuola); l'adattamento delle strategie educative e degli obiettivi di apprendimento all'età cronologica e all'età di sviluppo del bambino; l'utilizzo di strumenti di valutazione per determinare il profilo di punti di forza e punti di debolezza e, conseguentemente, le esigenze educative e gli obiettivi di apprendimento del bambino; un basso rapporto operatori-alunni; il coinvolgimento della famiglia; l'enfasi su obiettivi di apprendimento nelle aree di comunicazione, socializzazione e del comportamento adattivo; il riferimento a strategie educative ispirate al modello cognitivo-comportamentale, ma all'interno di una visione che tenga conto delle caratteristiche e preferenze del bambino e della sua famiglia; l'utilizzo di strategie di generalizzazione e mantenimento delle abilità acquisite; e la predisposizione di periodiche valutazioni e aggiustamenti del piano educativo. Gli interventi devono essere personalizzati sui bisogni di ogni bambino, condivisi con la famiglia e strutturati secondo intensità differenziate per ogni fascia d'età e profilo funzionale. I metodi e le strategie utilizzati devono essere di provata efficacia, indicata nelle linee guida nazionali o internazionali. Deve essere garantita la formazione dell'ambiente in cui si troverà il bambino (scuola, luoghi di aggregazione e altro), perché sappia come rapportarsi con lui e offrirgli positive occasioni di sviluppo. Serve il sostegno alla famiglia, che ha bisogno di informazioni chiare, precise, continuative per poter affrontare con consapevolezza ogni evento e scegliere il percorso più opportuno per il proprio figlio, in dialogo continuo con gli operatori,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica coordinata a livello nazionale che, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, promuova studi e ricerche finalizzati a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati e il monitoraggio delle traiettorie di sviluppo e della presa in carico delle persone autistiche e il censimento delle buone pratiche terapeutiche ed educative dedicate a questo tema;

2) a utilizzare la mappatura dei servizi effettuata dall'Istituto superiore di sanità su mandato del Ministero della salute per valutare la qualità dei servizi erogati e adottare opportuni adeguamenti affinché sia garantita un'appropriata presa in carico su tutto il territorio nazionale;

3) ad adottare il protocollo di sorveglianza evolutiva sviluppato dall'Istituto superiore di sanità e dalle principali sigle professionali e scientifiche della pediatria, neuropsichiatria infantile e neonatologia, per un efficace coordinamento tra pediatri di base, personale che lavora negli asili nido, neonatologie e unità di neuropsichiatria infantile, al fine di intercettare precocemente l'emergere di anomalie comportamentali in bambini ad alto rischio e nella popolazione generale e per fornire una diagnosi provvisoria a 18 mesi e una diagnosi stabile a 24 mesi di età;

4) a promuovere il lavoro di aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, per supportare quanto prima i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo più appropriato, condiviso con le persone con disturbo dello spettro autistico e i loro familiari/caregiver, nella formulazione di diagnosi accurate nei bambini e negli adulti e nell'individuazione di terapie adeguate e aggiornate;

5) ad adottare le iniziative di competenza per assicurare nei dipartimenti di salute mentale adeguati percorsi di presa in carico delle persone adulte con disturbi dello spettro autistico, con personale specificatamente formato e aggiornato;

6) ad adottare le iniziative normative necessarie ai fini della revisione dei modelli organizzativi dei servizi ospedalieri di neuropsichiatria dell'età evolutiva, includendo la neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza tra le strutture che devono essere presenti negli ospedali di primo livello, almeno con un'attività di consulenza specialistica diurna, nonché a rivedere gli standard previsti per le unità operative complesse con posti letto di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza e per le strutture semiresidenziali e residenziali, tenendo conto dell'aumento degli accessi e dei bisogni;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per istituire una rete di servizi che sia organizzata in centri con struttura hub e spoke, dove ogni regione individua uno o più centri di riferimento (le regioni sprovviste di centri di alto livello – hub – faranno riferimento ad un centro hub di un'altra regione contigua), prevedendo che il centro hub abbia il compito di supervisione scientifica e tecnica sui centri periferici (spoke), di formazione per il personale, in modo che la diagnosi e la presa in carico terapeutica siano garantite in ogni azienda sanitaria locale e allineate alle più recenti evidenze scientifiche;

8) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire il potenziamento, in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e di dipartimenti di salute mentale, al fine di definire adeguate équipe multidisciplinari e garantire una diagnosi e un trattamento precoce e tempestivo in grado di incidere e migliorare la prognosi;

9) ad adottare iniziative per assicurare una presa in carico precoce di tutto il nucleo familiare e del contesto scolastico e sociale dove vive il bambino, predisponendo, per quanto di competenza, misure volte all'adozione di terapie personalizzate a seconda delle caratteristiche individuali del bambino che si basino sulla conoscenza della storia naturale del disturbo e della storia individuale di quel disturbo in quel bambino e nel suo contesto;

10) a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato da persone autistiche e dai loro familiari, per la realizzazione di progetti di vita autonoma, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria, mediante, ad esempio, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

11) ad assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a garantire la continuità delle attività implementate dal Ministero della salute attraverso il fondo sull'autismo su tutto il territorio nazionale per la diagnosi e gli interventi precoci dirette alle persone nello spettro autistico, oltre a percorsi di inclusione sociale al fine di aumentare le potenzialità di bambini e ragazzi, migliorandone così la qualità della loro vita e delle famiglie;

12) ad adottare le iniziative di competenza per garantire la continuità delle progettualità delle regioni e delle province autonome finalizzate alla definizione e all'implementazione di percorsi differenziati per la formulazione del piano individualizzato e a seguire del progetto di vita basati sui costrutti di «qualità di vita», tenendo conto delle preferenze della persona, delle diverse necessità di supporto, del livello di funzionamento adattivo e dei disturbi associati delle persone nello spettro autistico;

13) ad adottare iniziative per realizzare, attraverso il «budget di salute», quale strumento indispensabile di integrazione tra interventi sociosanitari, educativi, socio-assistenziali, relazionali, occupazionali, percorsi di vita personalizzati (ex articolo 14 della legge n. 328 del 2000), assicurando anche un raccordo tra Ministeri competenti, regioni e comuni, affinché cessi la parcellizzazione e l'inadeguatezza dei servizi rivolti alle persone con disturbi dello spettro autistico e la loro mancata diffusione e distribuzione su tutto il territorio nazionale;

14) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per definire percorsi di abilitazione e di occupazione anche in raccordo con le scuole secondarie di secondo grado e gli enti del terzo settore che hanno già esperienza in materia, come le cooperative sociali di tipo B, al fine di favorire una più ampia inclusione lavorativa delle persone con disturbi dello spettro autistico.
(1-00584) «Siani, Carnevali, Lorenzin, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Lepri».


   La Camera,

   premesso che:

    ai sensi delle classificazioni Dsm-5 e Icd-11, per «disturbi dello spettro autistico» (Dsa) si intende un insieme di disturbi del neurosviluppo a carattere estremamente eterogeneo, i quali incidono sul comportamento e possono variamente manifestarsi, sia per entità sia per differenti sintomatologie comportamentali. Infatti, distribuzione e frequenza di un dato comportamento possono variare notevolmente da persona a persona, nonché nel corso del tempo;

    il Center for disease control di Atlanta ha stimato un'incidenza di nuovi nati con disturbo dello spettro autistico negli Usa pari a 1 ogni 54 persone (Cdc, 2016) ed un più recente studio, condotto da Autisme Europe, prendendo in esame diversi Stati europei, ha stimato una incidenza pari a 1 su 89 nuovi nati (Asdeu, 2018);

    quanto al nostro Paese – come denunciato dalle associazioni rappresentative per i diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico – non vi sono purtroppo strumenti di raccolta dati in materia, né studi epidemiologici condotti su scala nazionale. Pertanto, gli unici dati attualmente disponibili in Italia (prevalenza di 1 su 100 nati, circa 600 mila nuclei familiari interessati) sono il frutto di deduzioni, a partire dai sopra citati studi internazionali, nonché di proiezioni statistiche che si innestano su ricerche condotte in alcune realtà territoriali italiane, in quelle regioni che si sono dotate di strumenti di raccolta dati epidemiologici (ad esempio, Emilia-Romagna e Piemonte);

    di conseguenza, gli stessi risultano frammentati e poco attendibili, inadeguati a definire target di azione, nonché a monitorare con precisione bisogni e interventi di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico, al fine di predisporre progetti di vita indipendente, personalizzati e partecipati, che accompagnino la persona nel suo percorso di vita, valorizzandone le capacità e scongiurando interventi di tipo medicalizzante, quale in primo luogo l'istituzionalizzazione, in contrasto con l'articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite, ratificata dall'Italia con legge n. 18 del 2009;

    le cause dei disturbi dello spettro autistico sono in parte ancora ignote. Alla luce dei più recenti studi scientifici, si può comunque affermare che non si tratta affatto – come erroneamente sostenuto da alcuni – di «malattia», bensì di condizione di neurodiversità o differente profilo di funzionamento, le cui cause sono in parte epigenetiche, cioè derivanti da modifiche che influiscono sul livello di espressione dei geni e, in altra parte, di natura contestuale o ambientale (Archives of general psychiatry, 2011; Cell, 2016);

    l'autismo, i cui segnali insorgono entro i primi tre anni di vita, perdura lungo tutto l'arco della vita della persona (cosiddetta lifelong syndrome). Anche in ragione di ciò, gli studi scientificamente più accreditati sottolineano l'importanza di interventi personalizzati, tempestivi e continuativi, che vedano una stretta integrazione tra ambito sanitario e sociale, mediante la strutturazione e attuazione di progetti di vita indipendente, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 328 del 2000, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», nonché secondo quanto previsto dalla recente legge n. 227 del 2021, «Delega al Governo in materia di disabilità», i cui decreti attuativi devono ancora essere adottati;

    la linea guida dell'Istituto superiore di sanità n. 21, «Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti», si occupa di fornire raccomandazioni per la pratica clinica, evidenziando – all'interno dell'ampia gamma di offerte terapeutiche – i soli trattamenti scientificamente validati come efficaci; tra questi, vi sono quelli di natura cognitivo-comportamentale, in linea con l'approccio bio-psico-sociale (Organizzazione mondiale della sanità 2001, International classification of functioning, disability and health);

    le evidenze scientifiche dimostrano come una diagnosi precoce e interventi scientificamente validati (evidence based), tempestivi ed appropriati possano migliorare notevolmente la qualità di vita delle persone con disturbi dello spettro autistico, riducendo le disabilità funzionali o comportamentali associate e consentendo loro di sviluppare le proprie capacità e autonomie;

    a tal fine, è necessario operare una distinzione tra gestione emergenziale dei disturbi dello spettro autistico e progetto personalizzato di vita: mentre la prima, come previsto dai livelli essenziali di assistenza, vede la presa in carico da parte dei servizi sanitari per la gestione delle acuzie – presa in carico che deve durare per il tempo strettamente necessario alla remissione dell'emergenza –, il progetto personalizzato di vita, al contrario, deve necessariamente accompagnare la persona con disturbi dello spettro autistico per tutto l'arco della vita, al fine di autonomizzarla: emerge così la necessità di un approccio non squisitamente medico-clinico, bensì di natura socio-sanitaria;

    la legge n. 134 del 2015, «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», rappresenta la prima legge nazionale sui disturbi dello spettro autistico e prevede – tra le altre disposizioni – l'«aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili» (articolo 3, comma 1), nonché, quanto alle politiche regionali, la promozione del coordinamento degli interventi e dei servizi, al fine di assicurare la continuità dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali nel corso della vita della persona con disturbi dello spettro autistico (ivi, comma 2, lettera e));

    la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), al dichiarato fine di dare compiuta attuazione alla sopra citata legge nazionale in materia di autismo, ha istituito nello stato di previsione del Ministero della salute il «Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico»;

    l'anno successivo è stata approvata la legge n. 112 del 2016 (cosiddetta «legge sul dopo di noi»), di particolare importanza per la garanzia dei diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico grave, concernente il «Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», volto all'attivazione e al potenziamento – tra gli altri interventi previsti – di percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità, nonché di residenzialità per la creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare e co-housing, di programmi di empowerment, di abilitazione e di sviluppo delle competenze necessarie alla gestione del quotidiano e al raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile (articolo 4, comma 1, lettere a), c) e d));

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 sull'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza ha recepito le disposizioni di cui alla legge n. 134 del 2015, prevedendo che sia il Servizio sanitario nazionale a dover garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato (articolo 60, comma 1) e statuendo che «entro centoventi giorni (...) il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico» (ivi, comma 2);

    di conseguenza, in data 18 maggio 2018, la Conferenza unificata ha approvato il documento «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico», al fine di «fornire indicazioni omogenee per la programmazione, attuazione e attività della rete dei servizi per le persone nello spettro autistico in tutte le età della vita, favorendo il raccordo e il coordinamento tra tutte le aree operative coinvolte» e sottolineando che tale «coordinamento delle diverse agenzie e servizi pubblici nelle aree della sanità, istruzione, sociale, lavoro, sono necessari per realizzare interventi appropriati e congrui rispetto ai bisogni delle persone nello spettro autistico in tutte le epoche di vita, garantendo la continuità dei servizi dall'età evolutiva all'età adulta e lo sviluppo coerente di un percorso di vita»;

    tuttavia, a tali importanti interventi non hanno fatto seguito adeguati stanziamenti, con la conseguenza che – a causa della scarsità delle risorse rese disponibili negli anni – non è stato possibile approntare un sistema di servizi idoneo a rispondere al progressivo aumento dei bisogni delle persone con disturbi dello spettro autistico;

    nello stesso anno, l'Istituto superiore di sanità ha ribadito la necessità di dare attuazione a tale documento, mediante l'aggiornamento delle linee guida in materia di disturbi dello spettro autistico, a cui – tuttavia – non è stato ancora dato seguito;

    la conseguenza del quadro appena delineato è un'estrema disomogeneità territoriale nella presa in carico dei bisogni delle persone con disturbi dello spettro autistico da parte servizi competenti (aziende sanitarie locali), nonché una diffusa scarsità di risorse, del tutto insufficienti a far fronte a tali bisogni: i dati relativi all'ultimo decennio testimoniano il progressivo aumento delle persone che necessitano della presa in carico da parte dei servizi di neuropsichiatria e di salute mentale, a fronte della costante diminuzione del numero degli operatori, con differenze marcate tra regioni, in alcune delle quali gli stessi servizi territoriali sono assolutamente insufficienti o il personale non risulta adeguatamente formato in materia di disturbi dello spettro autistico, specie con riferimento all'età adulta (VIII Rapporto sulla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; Rapporto italiano sulla salute mentale, 2018);

    parimenti, la legge n. 112 del 2016 rimane ad oggi applicata in modo ancora largamente carente e molto disomogeneo del punto di vista territoriale, spesso non solo per insufficienza dei fondi, ma anche per mancanza di progettualità inclusive sui territori (Rapporto «Dopo di noi»: l'attuazione della legge n. 112 del 2016 – monitoraggio 2019-2020), così come accade relativamente alla legge n. 68 del 1999, in materia di inclusione lavorativa delle persone con disabilità: in Italia, lavora una percentuale pari soltanto al 10 per cento delle persone con disturbi dello spettro autistico (Censis, 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese), anche a causa della carenza di servizi sostitutivi o integrativi del tradizionale approccio assistenziale proprio dei centri residenziali e semi-residenziali, a favore di percorsi di inserimento personalizzati con personale qualificato;

    come sottolineato dal mondo dell'associazionismo, uno dei momenti più delicati della vita delle persone con disturbi dello spettro autistico riguarda il passaggio dalla scuola all'età adulta: al fine di scongiurare il riprodursi di situazioni di abbandono, isolamento e istituzionalizzazione, occorre porre in essere programmi educativi e didattici di qualità e personalizzati, nonché potenziare i tirocini e i progetti di alternanza scuola-lavoro e di formazione professionale, con il supporto di professionisti adeguatamente formati in materia di disturbi dello spettro autistico;

    oltre a ciò, spesso le famiglie non sono a conoscenza di tutti i servizi presenti sul territorio, a causa di una «frammentazione» degli stessi e della scarsità, dell'eterogeneità e della pluralità dei canali informativi in materia di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico;

    più in generale, se, da un lato, occorre stanziare adeguate risorse per un'attuazione della normativa nazionale che risulti uniforme, tempestiva e realmente rispondente ai bisogni delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie, dall'altro lato, tale normativa – ed il conseguente stanziamento di risorse adeguate – non può concentrarsi solo piano clinico-sanitario, senza che vi sia una reale e paritaria integrazione tra ambito medico e sociale, come invece richiesto dalla classificazione Icf dell'Organizzazione mondiale della sanità, che – recepita anche dalla Convenzione delle Nazioni Unite – definisce la disabilità quale «la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive», ovverosia con «menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la (...) piena ed effettiva partecipazione»;

    come dimostrano i risultati dei trattamenti scientifici evidence based, di cui alla linea guida n. 21 dell'Istituto superiore di sanità, i trattamenti elettivi in materia di autismo sono soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale, di stretta integrazione socio-sanitaria, presupposto imprescindibile per attuare i progetti di vita indipendente, realizzare la progressiva deistituzionalizzazione e prevenire nuove future istituzionalizzazioni di persone con disturbi dello spettro autistico (nel rispetto dell'articolo 19 della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, dell'articolo 8 della legge n. 104 del 1992, delle missioni 5 e 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dell'articolo 2, comma 2, lettera c), n. 12, della legge n. 227 del 2021);

    ciò è stato reso ancor più evidente dall'impatto prodotto dalle restrizioni imposte dalla pandemia da COVID-19, che ha comportato – a causa dell'interruzione dei servizi socio-sanitari e di assistenza, dell'estrema difficoltà da parte degli studenti con DSA di frequentare la scuola in presenza, quanto meno in «prima ondata», nonché di aver accesso alla didattica a distanza e integrata in maniera rispondente ai loro bisogni – un aumento dei casi di acuzie e post-acuzie, nonché un ulteriore aumento del carico di cura sui familiari delle persone con disturbi dello spettro autistico, sui quali già in via ordinaria spesso grava tale assistenza quasi in via esclusiva, a causa della scarsità di servizi adeguati nei diversi territori,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il tempestivo aggiornamento e la piena applicazione su tutto il territorio nazionale della linea guida n. 21 sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, nonché per l'elaborazione di linee di indirizzo relative al trattamento dei disturbi dello spettro autistico anche in età adulta, in entrambi i casi facendo esclusivo riferimento ai trattamenti cosiddetti «evidence based», che hanno cioè ricevuto validazione da parte della comunità scientifica internazionale;

2) ad adottare tutte le iniziative normative di competenza volte a potenziare – anche con stanziamenti adeguati a tal fine – i servizi di neuropsichiatria e salute mentale, nonché tutti i servizi di inclusione sociale, con particolare riferimento a quelli educativi volti alla formazione professionale e all'inserimento lavorativo, specie nel passaggio delle persone con disturbi dello spettro autistico dall'età scolare all'età adulta;

3) ad adottare le iniziative normative di competenza volte ad assicurare che, anche in condizioni di emergenza, non si verifichi l'interruzione dei servizi educativi, socio-sanitari e di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico e le loro famiglie, nonché siano poste in essere misure volte a garantire alle prime lo svolgimento di attività – scolastiche, educative o di altra natura – necessarie allo sviluppo delle proprie competenze, ad evitare la regressione delle stesse, nonché situazioni di crisi acuta o post-acuta;

4) ad adottare tutte le iniziative normative di competenza affinché sia assicurata la raccolta periodica e su scala nazionale di dati ed evidenze epidemiologiche in materia di persone con disturbi dello spettro autistico, nonché per consentire che – sulla base di tali dati e di uno scambio informativo virtuoso con analoghe esperienze europee e internazionali – siano definiti precisi ed aggiornati target di azione e siano monitorati bisogni e qualità degli interventi di presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico, anche ai fini dell'accesso a fondi e investimenti;

5) ad adottare le iniziative di competenza volte alla creazione su tutto il territorio nazionale di una rete di centri o poli altamente specializzati nel riconoscimento e nella diagnosi tempestiva e accurata dei disturbi dello spettro autistico, che possano – attraverso il lavoro di équipe multidisciplinari, composte in modo da assicurare la stretta integrazione tra componente sanitaria e componente sociale – prendere efficacemente in carico la persona con disabilità nelle diverse età della vita, nonché i suoi familiari;

6) a promuovere, anche mediante l'adozione del protocollo di sorveglianza evolutiva sviluppato – tra gli altri enti – dall'Istituto superiore di sanità, un coordinamento effettivo ed efficace tra pediatri di libera scelta, operatori degli asili nido e unità di neuropsichiatria infantile, ai fini della corretta decodificazione dei sintomi e della tempestiva diagnosi e presa in carico del bambino con disturbi dello spettro autistico;

7) ad adottare le iniziative di competenza volte a formare le figure professionali di cui al capoverso n. 4) del dispositivo, nonché gli operatori scolastici e i professionisti che operano nei dipartimenti di salute mentale sulla corretta presa in carico di bambini, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico, anche al fine di evitare diagnosi errate e l'abuso di farmacoterapia;

8) ad adottare tutte le iniziative normative di competenza volte ad assicurare la progressiva deistituzionalizzazione e a prevenire la futura istituzionalizzazione delle persone con disabilità, in attuazione della legge n. 227 del 2021 e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (missioni 5 e 6), mediante la stretta integrazione tra ambito sociale e sanitario e l'attuazione del progetto di vita indipendente, di cui all'articolo 14 della legge n. 328 del 2000, avendo particolare riguardo ai bisogni specifici delle persone con disturbi dello spettro autistico;

9) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, percorsi ospedalieri di presa in carico idonei ad affrontare i bisogni di supporto e assistenza specifici delle persone con disturbi dello spettro autistico e di tutte le persone non collaboranti e/o non autosufficienti, sulla base della ricca esperienza già maturata alla rete D.a.m.a., prevedendo, tra l'altro, l'accompagnamento e la presenza del caregiver, familiare o professionale (ad esempio, educatore, assistente alla comunicazione e altro);

10) ad adottare le iniziative di competenza volte a garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico percorsi di effettiva inclusione lavorativa, ai sensi della legge n. 68 del 1999, anche mediante lo strumento della certificazione delle competenze, di cui alla legge n. 92 del 2012 (articolo 4, comma 58), la promozione di laboratori delle arti e dei mestieri, il rafforzamento dei tirocini e di percorsi di abilitazione e occupazione in raccordo con le istituzioni scolastiche (ad esempio, alternanza scuola-lavoro, percorsi duali), nonché attraverso la formazione delle aziende e degli operatori del tessuto economico territoriale di riferimento sulle differenti competenze delle persone con disturbi dello spettro autistico;

11) a promuovere e supportare iniziative del terzo settore, composto anche di organizzazioni di persone con disturbi dello spettro autistico e loro familiari, che siano volte a realizzare l'inclusione delle persone con disturbi dello spettro autistico, sia sul piano lavorativo, sia sul piano della garanzia della piena accessibilità spazio-temporale (per esempio, della città e dei suoi spazi), prerequisito essenziale all'acquisizione di autonomia da parte di persone con disturbi dello spettro autistico che determinano stereotipie, iper o ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi apparentemente insoliti verso aspetti sensoriali dell'ambiente;

12) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative tese a garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico e alle loro famiglie la conoscenza dei servizi, sanitari e sociali presenti sul territorio, anche mediante campagne di informazione;

13) a porre in essere campagne di sensibilizzazione e informazione che, alla luce degli studi scientifici evidence based, diffondano informazioni in materia di disturbi dello spettro autistico attendibili, scientificamente fondate e, soprattutto, volte alla promozione di una cultura non stigmatizzante e inclusiva di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico.
(1-00585) «Noja, Boschi, Rosato, Marco Di Maio, Fregolent, Ungaro, Occhionero, Vitiello, Baldini, Annibali, Bendinelli, Colaninno, Del Barba, Ferri, Gadda, Giachetti, Librandi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Paita».


DISEGNO DI LEGGE: S. 2488 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 24 DICEMBRE 2021, N. 221, RECANTE PROROGA DELLO STATO DI EMERGENZA NAZIONALE E ULTERIORI MISURE PER IL CONTENIMENTO DELLA DIFFUSIONE DELL'EPIDEMIA DA COVID-19 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3467)

A.C. 3467 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1 del provvedimento in esame ha ulteriormente prorogato, fino al 31 marzo 2022, lo stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, ravvisandone il presupposto nel rischio sanitario connesso al protrarsi della diffusione degli agenti virali da COVID-19;

    la ulteriore proroga in argomento rappresenta l'ultima di una lunga serie di provvedimenti (precisamente, deliberazioni del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2020, seguita dalle successive del 13 gennaio 2021, del 24 aprile 2021 e dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105) che, in soluzione di continuità, hanno reso possibile, in questo lungo e perdurante lasso di tempo, l'ampio e per certi versi spropositato ricorso alle misure di limitazione della libertà personale, adottate nei provvedimenti che hanno di volta in volta accompagnato il perdurante stato di emergenza;

    la nostra Costituzione non contempla l'ipotesi di clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi in tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell'assetto dei poteri, né tantomeno essa contiene alcun riferimento a ipotesi di dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario;

    inoltre, le misure che comprimono diritti costituzionali devono essere caratterizzate anche dai requisiti di proporzionalità e ragionevolezza, nell'ambito del bilanciamento con il diritto fondamentale alla salute riconosciuto dall'articolo 32 della Costituzione;

    è proprio il requisito della temporaneità che caratterizza la legittimità dello stato di emergenza come deroga allo Stato di diritto, e nessuno spazio giuridico può essere lasciato alla normalizzazione dell'emergenza;

    oltre ai molteplici e persistenti profili di dubbia legittimità e compatibilità costituzionale che hanno accompagnato sin dall'origine tale percorso normativo, divenendo oggetto di acceso dibattito sia sul piano politico-parlamentare sia su quello della dottrina costituzionale, l'ultima proroga disposta dal provvedimento pone l'ulteriore e rilevante questione della forzatura delle tempistiche stabilite dalla legge;

    la norma sulla quale si fonda lo stato di emergenza di rilievo nazionale attualmente in corso, precisamente, l'articolo 24, comma 3 del Codice della Protezione civile di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, proprio in ordine alla durata, espressamente stabilisce che essa non possa superare i 12 mesi, prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi;

    la ulteriore proroga in argomento, che ha dunque esteso la durata dello stato di emergenza ad un termine superiore a quello dei due anni previsto dalla legge, oltre a porre dubbi in ordine alla cogenza della legge dello Stato, concorrerebbe a trasformare un istituto, come quello dello stato di emergenza (connotato per natura dai caratteri della temporaneità e transitorietà) in una sorta di «stato di eccezione permanente», con ciò protraendo in capo al Governo l'esercizio di strumenti e poteri straordinari e alterando e destabilizzando quell'assetto istituzionale improntato al criterio dell'equilibrio tra i poteri dello Stato;

    sulla scorta delle considerazioni esposte, appare dunque evidente come la proroga disposta dal provvedimento in esame si ponga in contrasto sia con la tutela delle libertà personali, sia con l'attribuzione del potere legislativo sanciti e garantiti dalla Costituzione;

    inoltre il provvedimento contiene anche norme prive dei requisiti che dovrebbero connotare l'adozione e la struttura di un decreto-legge, stabiliti, in primis, dall'articolo 77 della Carta costituzionale e più volte definiti e ribaditi dalla Consulta, quali la necessità e l'urgenza,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3467.
N. 1. Lollobrigida, Bellucci, Ferro, Gemmato, Foti, Galantino, Zucconi, Prisco, Montaruli, Lucaselli.

   La Camera,

   premesso che:

    il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, recante «Proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19», prorogando ulteriormente, fino al 31 marzo 2022, lo «Stato di emergenza», dichiarato il 31 gennaio, scelta motivata sul presupposto del rischio sanitario connesso al «protrarsi degli agenti virali da COVID-19»;

    tale decreto-legge, quindi, origina dalla dichiarata necessità di prorogare lo stato di emergenza sanitaria, consentendo, tra l'altro, l'accesso sull'intero territorio nazionale, e fino alla cessazione dello stato di emergenza, esclusivamente ai soggetti in possesso delle certificazioni verdi COVID-19 da vaccinazione o guarigione (cosiddetto Green pass rafforzato o Super Green Pass), a una serie di servizi, luoghi e attività (ristorazione al banco o al tavolo, alberghi e strutture ricettive, musei, mostre e altri centri e luoghi della cultura, piscine, palestre, centri benessere, sagre e fiere, convegni e congressi, centri termali, eventi sportivi);

    nelle premesse di tale decreto, il Governo dichiara di ritenere ancora persistenti, nonostante l'evolversi della situazione epidemiologica, le condizioni che hanno reso «necessaria» l'imposizione reiterata di misure di carattere straordinario e urgente, prorogando lo stato di emergenza ed estendendo l'obbligo di Super Green Pass per le suddette attività, tuttavia, proprio la durata di tale dichiarata «emergenza» e le ingiuste discriminazioni, scaturite dal contenuto di alcune norme, sollevano ora gravi dubbi di incostituzionalità;

    tale decreto, infatti, ponendosi in continuità con tutti i precedenti e successivi provvedimenti d'urgenza adottati sul punto dal Governo, arreca gravi limitazioni alle libertà personali dei cittadini, lasciando emergere evidenti profili di incostituzionalità, sia in generale sulla legittimità della proroga dello stato di emergenza, sia nel merito di alcune scelte, in particolare riferite all'estensione del cosiddetto Super Green Pass ad una serie di attività, andando così a ledere, ancora una volta, i diritti fondamentali e sociali dei cittadini;

    sul piano della durata dello stato di emergenza, infatti, risulta di palmare evidenza che due anni rappresentano un periodo ormai troppo lungo, sia sul piano normativo che della tenuta socio-economica, per sospendere lo «Stato di diritto» e i diritti costituzionalmente riconosciuti, venendo clamorosamente meno il requisito della «temporaneità», indispensabile per poter derogare a tali regole, stabilite all'articolo 24, comma 3, del Codice di Protezione civile di cui al decreto legislativo n. 1/2018, n. 1, dove si prescrive che «lo stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi»;

    si va configurando e concretizzando il rischio, segnalato da autorevoli giuristi, di uno «stato di emergenza permanente», creando così un grave vulnus nell'assetto costituzionale complessivo e nell'equilibrio tra poteri dello Stato anche per quanto riguarda l'abuso dello strumento del decreto-legge da parte del Governo (articolo 77 Costituzione), infatti, i requisiti della «necessità e dell'urgenza» ormai non si ravvisano più da tempo;

    l'estensione del cosiddetto Super Green pass, come requisito essenziale per l'esercizio delle succitate attività, limiterebbe la pratica di diritti fondamentali come la cultura o l'attività sportiva, che trovano fondamento nella Costituzione (articoli 9, 32, 33, 34, 117), entrando in forte contrasto con i canoni di «proporzionalità e ragionevolezza», costituendo un ulteriore elemento discriminatorio tra cittadini, e rischiando di introdurre, altresì, effetti paragonabili ad una sorta di intollerabile «obbligo surrettizio generalizzato», che costituirebbe una grave violazione dell'articolo 32 della Costituzione, perché farebbe venire meno l'opzione, che invece resterebbe con il green pass base, di fare i tamponi rispettando la scelta di non vaccinarsi, secondo una logica che va assumendo sempre più una natura «ricattatoria» che condiziona, limita e subordina diritti, servizi e attività;

    il decreto in esame, in particolare per gli aspetti emersi riguardanti l'estensione del cosiddetto Super Green pass, si pone in evidente contrasto con numerosi articoli della Costituzione (articoli 1, 2, 3, 4, 13, 16, 32, 33 e 34, 41) posti a tutela del diritto al lavoro, alla salute e alla libertà di circolazione, costituendo un grave vulnus rispetto al diritto all'autodeterminazione delle scelte individuali in campo lavorativo, sanitario e sociale;

    nel nostro ordinamento il possesso di tale «documento», e tutto ciò che sta conseguendo dalla sua natura certificatoria e dai suoi profili discriminatori, sta ormai stravolgendo il principio della tutela della dignità umana, sancito all'articolo 2 della Costituzione, e il principio dell'uguaglianza sostanziale, articolo 3 della Costituzione, comma 2, che costituiscono proprio i fondamenti giuridici e valoriali dei diritti sociali dei cittadini, così riconosciuti per il legame indissolubile con la collettività e in quanto richiedono un intervento statale per renderli effettivi;

    i princìpi costituzionali succitati, sono riconosciuti e ribaditi a più riprese dalla Corte costituzionale, che ha sancito che la libertà di scelta e di autodeterminazione dell'individuo non possono essere sacrificate sull'altare di un presunto e non dimostrato preminente interesse collettivo, al contrario, tali principi e valori vanno sempre necessariamente «bilanciati» con il diritto alla salute del singolo individuo, tale «bilanciamento» tra libertà individuali e principio solidaristico, risulta corretto a condizione che il pericolo per la salute collettiva «non deve essere evitabile con misure alternative all'imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio», pertanto, deve sempre prevalere nelle scelte del legislatore un «criterio prudenziale»;

    il dibattito sulla costituzionalità dell'obbligo vaccinale è stato sempre alimentato dall'evidente impatto sui fondamentali principi costituzionali, sia afferenti al diritto alla salute in senso stretto, sia alle libertà individuali, e la Corte costituzionale ne ha sempre garantito il rispetto nel «corretto bilanciamento reciproco»;

    urge ormai la necessità di tornare a una «normalità costituzionale» che garantisca lo Stato di diritto in quanto un'emergenza, se si protrae per oltre due anni, non può più essere considerata tale, rappresentando un tempo troppo lungo per sospendere i diritti dei cittadini e perpetuare discriminazioni e disuguaglianze;

    questo Governo, non solo non ha evidentemente considerato in modo adeguato le forti criticità relative all'introduzione del cosiddetto Super Green Pass, emerse anche dalle autorevoli opinioni di giuristi, medici e scienziati, espresse anche nel dibattito pubblico, ma ora ha addirittura prorogato ed esteso tali norme;

    alle obiezioni nel merito della incostituzionalità di tale provvedimento si aggiunge l'aggravante, sul piano procedurale e metodologico, che ha visto il Governo sottrarre un tema così importante e controverso ad un dibattito aperto e trasparente e ad un contraddittorio pieno, elementi fondamentali e imprescindibili che dovrebbero sempre caratterizzare la normale dialettica parlamentare e democratica, scelta sicuramente ancora più censurabile su una decisione che implica valutazioni di politica sanitaria nazionale, con evidenti e inevitabili ricadute sull'esercizio di diritti fondamentali costituzionalmente riconosciuti;

    risulta elevato anche il rischio dei rilievi che potrebbe sollevare l'Unione europea rispetto a tale intervento normativo, in evidente violazione dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia in materia, nonché al punto 36 del Regolamento UE n. 953/2021, disciplinante il cosiddetto green pass europeo, secondo cui il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l'uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, «non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l'esercizio del diritto di libera circolazione o per l'utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto», inoltre, la ratio del green pass europeo è proprio quella di armonizzazione la libertà di circolazione, coerentemente con i valori fondanti l'Unione, limitandosi a descrivere una situazione individuale di fatto, proprio per non fornire ai Paesi membri la possibilità di imporre ulteriori aggravi di accesso e di circolazione ai detentori del green pass, che dovrebbe risultare piuttosto uno strumento di natura meramente informativa e certificatoria, senza arrivare a produrre effetti plurimi di discriminazione e trattamento differenziato nello svolgere determinate attività e nell'accesso ad una serie di luoghi, che contribuiscono al benessere psico-fisico della persona ed alla tutela della dignità umana;

    tale provvedimento risulta, pertanto, in evidente contrasto con il nostro assetto costituzionale, fondato sullo stato di diritto e sulla tutela delle libertà individuali e sociali, prorogando in maniera non più accettabile lo «stato di emergenza», con l'aggravante di abusare di strumenti come il Super Green Pass, evidentemente inadeguati e fortemente discriminatori che limitano diritti costituzionalmente riconosciuti, condizionando la libertà di scelta a livello lavorativo, sanitario e sociale, l'accesso a luoghi, attività e servizi essenziali, condizionando il pieno sviluppo della personalità e calpestando la tutela della dignità umana,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3467.
N. 2. Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Costanzo, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi, Massimo Enrico Baroni, Piera Aiello, Sodano, Benedetti, Ehm, Menga, Sarli, Suriano.