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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 25 novembre 2021

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: PDL N. 2372 E ABB.,
DDL N. 3208 E DOC. LXXXVII, N. 4

Pdl n. 2372 e abb. – Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale

Tempo complessivo: 12 ore, di cui:

• discussione sulle linee generali: 7 ore;

• seguito dell'esame: 5 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 20 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti 42 minuti
(con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti 3 ore e 8 minuti
MoVimento 5 Stelle 39 minuti 35 minuti
Lega – Salvini premier 37 minuti 31 minuti
Partito Democratico 35 minuti 25 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente 34 minuti 22 minuti
Fratelli d'Italia 32 minuti 16 minuti
Italia Viva 31 minuti 15 minuti
Coraggio Italia 31 minuti 14 minuti
Liberi e Uguali 31 minuti 13 minuti
Misto: 32 minuti 17 minuti
  Alternativa 12 minuti 6 minuti
  MAIE-PSI-Facciamo eco 6 minuti 3 minuti
  Centro Democratico 5 minuti 2 minuti
  Noi con l'Italia – USEI-Rinascimento ADC 4 minuti 2 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti 2 minuti
  Azione – +Europa – Radicali Italiani 2 minuti 2 minuti

Ddl n. 3208– Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2021 e Doc. LXXXVII, n. 4 – Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2020

Discussione congiunta sulle linee generali

Tempo complessivo: 10 ore.

Relatori 40 minuti
(complessivamente)
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 36 minuti
Gruppi 7 ore e 19 minuti
MoVimento 5 Stelle 52 minuti
Lega – Salvini premier 50 minuti
Partito Democratico 49 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente 48 minuti
Fratelli d'Italia 57 minuti
Italia Viva 46 minuti
Coraggio Italia 46 minuti
Liberi e Uguali 45 minuti
Misto: 46 minuti
  Alternativa 17 minuti
  MAIE-PSI-Facciamo eco 9 minuti
  Centro Democratico 7 minuti
  Noi con l'Italia – USEI-Rinascimento ADC 6 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti
  Azione – +Europa – Radicali Italiani 3 minuti

Ddl n. 3208– Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2021

Seguito dell'esame: 6 ore e 30 minuti.

Relatore 20 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 45 minuti
Interventi a titolo personale 50 minuti
Gruppi 4 ore e 10 minuti
MoVimento 5 Stelle 41 minuti
Lega – Salvini premier 37 minuti
Partito Democratico 30 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente 27 minuti
Fratelli d'Italia 45 minuti
Italia Viva 18 minuti
Coraggio Italia 17 minuti
Liberi e Uguali 15 minuti
Misto: 20 minuti
  Alternativa 7 minuti
  MAIE-PSI-Facciamo eco 4 minuti
  Centro Democratico 3 minuti
  Noi con l'Italia – USEI-Rinascimento ADC 2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  Azione – +Europa – Radicali Italiani 2 minuti

Doc. LXXXVII, n. 4 – Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia
all'Unione europea, riferita all'anno 2020

Seguito dell'esame: 2 ore e 30 minuti.

Relatore 20 minuti
Governo 10 minuti
Richiami al Regolamento e tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 15 minuti
Gruppi 1 ora e 35 minuti
MoVimento 5 Stelle 16 minuti
Lega – Salvini premier 14 minuti
Partito Democratico 12 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente 11 minuti
Fratelli d'Italia 8 minuti
Italia Viva 7 minuti
Coraggio Italia 7 minuti
Liberi e Uguali 6 minuti
Misto: 14 minuti
  Alternativa 4 minuti
  MAIE-PSI-Facciamo eco 2 minuti
  Centro Democratico 2 minuti
  Noi con l'Italia – USEI-Rinascimento ADC 2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  Azione – +Europa – Radicali Italiani 2 minuti

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 25 novembre 2021.

  Amitrano, Ascani, Ascari, Barelli, Bergamini, Berlinghieri, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Casu, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Corda, Covolo, Davide Crippa, D'Arrando, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Angelis, De Carlo, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Frailis, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lacarra, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Gavino Manca, Mandelli, Mantovani, Marattin, Marin, Melilli, Migliore, Molinari, Molteni, Montaruli, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Orsini, Osnato, Paita, Palazzotto, Parolo, Perantoni, Pizzetti, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ribolla, Rizzetto, Rizzo, Andrea Romano, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Sodano, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Tondo, Vignaroli, Viscomi, Vito, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Amitrano, Ascani, Ascari, Barelli, Bergamini, Berlinghieri, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Casu, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Corda, Covolo, Davide Crippa, D'Arrando, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Angelis, De Carlo, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Frailis, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lacarra, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Gavino Manca, Mandelli, Mantovani, Marattin, Marin, Melilli, Migliore, Molinari, Molteni, Montaruli, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Orlando, Orsini, Osnato, Paita, Palazzotto, Parolo, Perantoni, Pizzetti, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ribolla, Rizzetto, Rizzo, Andrea Romano, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Sodano, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Tondo, Vignaroli, Viscomi, Vito, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 24 novembre 2021 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:

   CARNEVALI: «Istituzione del profilo professionale dell'assistente per l'autonomia e la comunicazione personale a favore degli alunni con disabilità» (3380).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge DONNO ed altri: «Disposizioni concernenti l'assegnazione e il rilascio degli immobili di edilizia residenziale pubblica nonché iniziative per la realizzazione di nuovi alloggi» (3178) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Manzo.

  La proposta di legge GRIMALDI ed altri: «Istituzione di una tassa fissa forfetaria e progressiva per i titolari di concessioni di aree pubbliche e di autorizzazioni per il commercio ambulante» (3228) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Manzo.

  La proposta di legge EHM ed altri: «Disposizioni per sostenere i livelli occupazionali e produttivi e per contrastare la pratica della delocalizzazione delle attività produttive» (3306) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Testamento.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali)

  CECCANTI ed altri: «Modifiche alla legge 25 maggio 1970, n. 352, in materia di anticipazione del controllo della Corte costituzionale sui referendum abrogativi dopo la raccolta di centomila firme» (3284) Parere della V Commissione.

   II Commissione (Giustizia)

  GALIZIA: «Disposizioni sulla mediazione nelle controversie civili e commerciali, in attuazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale» (3098) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X e XIV;

  PAOLINI ed altri: «Introduzione dell'articolo 624-ter del codice penale, in materia di tutela della inviolabilità del domicilio da occupazione arbitraria, nonché disposizioni concernenti la reintegrazione del proprietario o detentore legittimo nel possesso» (3359) Parere delle Commissioni I, V e VIII.

Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.

  La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti e che modifica i regolamenti (UE) n. 1257/2013 e (UE) 2020/1056 (COM(2021) 709 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 22 novembre 2021, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà. Il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 22 novembre 2021.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1662 - DELEGA AL GOVERNO PER L'EFFICIENZA DEL PROCESSO CIVILE E PER LA REVISIONE DELLA DISCIPLINA DEGLI STRUMENTI DI RISOLUZIONE ALTERNATIVA DELLE CONTROVERSIE E MISURE URGENTI DI RAZIONALIZZAZIONE DEI PROCEDIMENTI IN MATERIA DI DIRITTI DELLE PERSONE E DELLE FAMIGLIE NONCHÉ IN MATERIA DI ESECUZIONE FORZATA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3289) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: COLLETTI ED ALTRI; CATALDI; COLLETTI ED ALTRI; MELONI ED ALTRI; COLLETTI (A.C. 1424-1427-1475-1961-2466)

A.C. 3289 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata» all'articolo 1 comma 4 lettera a) riporta «a) riordinare e semplificare la disciplina degli incentivi fiscali relativi alle procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie prevedendo: l'incremento della misura dell'esenzione dall'imposta di registro di cui all'articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28; la semplificazione della procedura prevista per la determinazione del credito d'imposta di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e il riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al compenso dell'avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione, nei limiti previsti dai parametri professionali; l'ulteriore riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al contributo unificato versato dalle parti nel giudizio che risulti estinto a seguito della conclusione dell'accordo di mediazione; l'estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione assistita; la previsione di un credito d'imposta in favore degli organismi di mediazione commisurato all'indennità non esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato; la riforma delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione; un monitoraggio del rispetto del limite di spesa destinato alle misure previste che, al verificarsi di eventuali scostamenti rispetto al predetto limite di spesa, preveda il corrispondente aumento del contributo unificato»;

    valutato che l'aumento del contributo unificato non determinerà un miglioramento del «sistema giustizia», né garantirà il gettito atteso perché si tratta di una misura che avrà l'unico effetto di rendere più oneroso il ricorso ai Tribunali da parte di chi ne ha bisogno ed è già è stato penalizzato dalla lunga crisi economica;

    l'aumento del contributo unificato sicuramente diminuirà il contenzioso, discriminando i cittadini e le imprese in base alle disponibilità economiche e colpendo in modo grave ed ingiustificato tutto il settore dell'avvocatura, già da molto tempo in crisi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di considerare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a realizzare modalità di copertura alternativa a quanto detto in premessa.
9/3289/1. Albano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata» all'articolo 1 comma 4 lettera a) riporta «a) riordinare e semplificare la disciplina degli incentivi fiscali relativi alle procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie prevedendo: l'incremento della misura dell'esenzione dall'imposta di registro di cui all'articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28; la semplificazione della procedura prevista per la determinazione del credito d'imposta di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e il riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al compenso dell'avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione, nei limiti previsti dai parametri professionali; l'ulteriore riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al contributo unificato versato dalle parti nel giudizio che risulti estinto a seguito della conclusione dell'accordo di mediazione; l'estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione assistita; la previsione di un credito d'imposta in favore degli organismi di mediazione commisurato all'indennità non esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato; la riforma delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione; un monitoraggio del rispetto del limite di spesa destinato alle misure previste che, al verificarsi di eventuali scostamenti rispetto al predetto limite di spesa, preveda il corrispondente aumento del contributo unificato»;

    valutato che l'aumento del contributo unificato non determinerà un miglioramento del «sistema giustizia», né garantirà il gettito atteso perché si tratta di una misura che avrà l'unico effetto di rendere più oneroso il ricorso ai Tribunali da parte di chi ne ha bisogno ed è già è stato penalizzato dalla lunga crisi economica;

    l'aumento del contributo unificato sicuramente diminuirà il contenzioso, discriminando i cittadini e le imprese in base alle disponibilità economiche e colpendo in modo grave ed ingiustificato tutto il settore dell'avvocatura, già da molto tempo in crisi,

impegna il Governo

fatti salvi gli equilibri di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di considerare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a realizzare modalità di copertura alternativa a quanto detto in premessa.
9/3289/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Albano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    il tema delle spese di giustizia e del gratuito patrocinio è di attualità e viene trattato anche all'interno del provvedimento;

    l'introduzione dell'articolo 130-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 sulle spese di giustizia da parte dell'articolo 15 del decreto-legge n. 113 del 2018, che ha modificato il suddetto decreto, ha fatto sorgere un problema interpretativo in merito al grado di giudizio entro il quale ricorrere al gratuito patrocinio;

    molti tribunali amministrativi, quali i Tar del Molise e di Salerno, hanno respinto il ricorso in primo grado impedendo l'esercizio del diritto al patrocinio gratuito, interpretando erroneamente il concetto di impugnazione come riferito all'atto amministrativo e non alla sentenza di primo grado, respingendo altresì la richiesta dei difensori di liquidazione delle spese per gratuito patrocinio;

    l'impugnativa di cui all'articolo 130-bis deve necessariamente essere riferita al secondo grado di giudizio avendo riguardo al processo civile, tributario e amministrativo non all'atto processuale per assicurare ai soggetti non abbienti gli stessi diritti rispetto a chi ha gli strumenti economici per poter pagare un legale;

    in risposta ad un question time il Ministro della giustizia, dopo aver ricordato che l'origine dell'interrogazione dipendeva dal fatto che alcuni TAR hanno interpretato la parola «impugnazione» prevista dall'articolo 130-bis come applicabile anche al giudizio di primo grado nell'ambito del giudizio amministrativo e non soltanto all'impugnazione in secondo grado e in Cassazione, come avviene normalmente nei giudizi civili e penali, comprimendo il diritto costituzionale di difesa, ha risposto di non essere allo stato competente;

    il Ministro della giustizia ha ribadito inoltre di non poter dare indicazioni sull'interpretazione delle norme e, nel caso sopra esposto, perché il problema interpretativo è originato dai tribunali amministrativi dove si può verificare questo tipo di equivoco, nonostante la norma sia applicabile tanto nei giudizi amministrativi quanto in quelli civili e in quelli tributari. Il termine «impugnazione» nell'ambito dei giudizi civili e tributari è chiaramente riferita all'impugnazione di secondo grado, ed anche nei giudizi amministrativi non dovrebbe sorgere alcun equivoco;

    il Ministro ha dunque specificato di non poter allo stato intervenire nell'ambito della giustizia amministrativa, ricordando che la questione è anche di competenza della Presidenza del Consiglio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi provvedimenti normativi, le necessarie misure dirette a fare chiarezza a livello normativo, secondo la lettera della norma citata, per garantire l'esercizio del diritto costituzionale al gratuito patrocinio anche nell'ambito dei giudizi amministrativi.
9/3289/2. D'Ettore, Parisse, Mugnai.


   La Camera,

   premesso che:

    di fonte all'emergenza determinata dal diffondersi dell'epidemia da Covid-19, diversi sono stati gli interventi normativi adottati, in via di urgenza, in materia di giustizia;

    tali interventi, nella prima fase di emergenza erano prevalentemente volti a sospendere o rinviare tutte le attività processuali, allo scopo di ridurre al minimo le forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell'epidemia, mentre successivamente, nella seconda fase dell'emergenza, si sono potenziati gli strumenti del processo telematico;

    alcune di tali misure sono destinate ad operare fino al prossimo 31 dicembre, altre perdureranno, ove lo stato d'emergenza venisse prorogato, ovvero resteranno nell'ordinamento come parte integrante del nuovo processo telematico;

    in particolare, il combinato disposto dell'articolo 23 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 con l'articolo 221 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 e per effetto della proroga introdotta dal decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, è confermata fino al 31 dicembre 2021 l'efficacia di alcune disposizioni per il processo civile, tra le quali l'obbligo di deposito telematico di ogni atto e dei documenti che si offrono in comunicazione, con riguardo ai procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione;

    in relazione alle medesime controversie, il pagamento del contributo unificato, delle marche da bollo, nonché l'anticipazione forfettaria, connessi al deposito degli atti con le modalità telematiche, sono obbligatoriamente assolti con sistemi telematici di pagamento;

    per taluni di questi pagamenti la commissione bancaria risulta particolarmente onerosa, soprattutto in considerazione che la stessa è fissa e alcune delle spese previste hanno importi particolarmente esigui;

    a solo titolo di esempio, per l'acquisto di una marca da bollo da euro 3.92, la commissione richiesta può essere di 1 euro o addirittura superiore;

    in considerazione della obbligatorietà della modalità telematica del pagamento e del fatto che tali spese di commissione costituiscono costi vivi che si trasferiscono al Cliente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in un prossimo provvedimento legislativo e in considerazione della obbligatorietà del pagamento telematico, così come avviene per il pagamento dei mav, di prevedere la gratuità delle commissioni per l'acquisto di marche da bollo telematiche.
9/3289/3. Gadda, Marco Di Maio.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    come noto, la ratio del nuovo intervento, analogamente alla riforma del processo penale, è la razionalizzazione e velocizzazione dei tempi della giustizia: 50 per cento per il procedimento civile e 25 per cento per quello penale è l'ambizioso obiettivo che si rende necessario raggiungere per ottenere lo sblocco dei fondi europei stanziati per affrontare la crisi economica, e non solo, provocata dall'emergenza pandemica;

    i grandi dimenticati dalla riforma della giustizia sono i magistrati onorari che, invece di essere valorizzati, subiscono una costante mortificazione professionale da parte del Governo che persegue l'obiettivo di una distinzione funzionale tra i magistrati onorari e i cosiddetti togati;

    occorre ricordare che i magistrati onorari sono stati riconosciuti giudici europei dalla sentenza UX c. Italia della Corte di Giustizia dell'Unione europea e che l'Italia è attualmente sotto procedure d'infrazione per non aver ancora riconosciuto a questi i diritti collegati alla qualifica di lavoratore;

    sotto il profilo funzionale, i magistrati onorari, quanto a doveri e lavoro svolto, sono comparabili ai magistrati professionali e per questo la CGUE ha riconosciuto loro il diritto ad un trattamento previdenziale ed assistenziale, la tutela della maternità, della paternità e della salute;

    negli anni i magistrati onorari sono divenuti affidatari in maniera stabile e continuativa della gestione diretta di interi ruoli di cause ponendosi in una posizione collaterale, ma subordinata, rispetto all'opera dei magistrati togati;

    davanti al fallimento della sperimentazione dell'Ufficio del Processo sarebbe più opportuno percorrere la più logica alternativa della stabilizzazione dei magistrati onorari e destinare tali giudici allo smaltimento dell'arretrato,

impegna il Governo

anche tenuto conto delle nuove funzioni che il provvedimento attribuisce ai magistrati onorari, ad adottare ogni opportuna iniziativa legislativa volta a garantire la stabilizzazione, nelle rispettive funzioni, dei magistrati onorari in servizio fino al raggiungimento dell'età pensionabile, salvo il venir meno dei requisiti di idoneità, al fine di assicurare la regolare amministrazione della giustizia, l'ordinato svolgimento dei processi penali e civili, nonché lo smaltimento dell'arretrato.
9/3289/4. Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    come noto, la ratio del nuovo intervento, analogamente alla riforma del processo penale, è la razionalizzazione e velocizzazione dei tempi della giustizia: 50 per cento per il procedimento civile e 25 per cento per quello penale è l'ambizioso obiettivo che si rende necessario raggiungere per ottenere lo sblocco dei fondi europei stanziati per affrontare la crisi economica, e non solo, provocata dall'emergenza pandemica;

    è opportuno valorizzare il ruolo della magistratura onoraria;

    occorre ricordare che i magistrati onorari sono stati riconosciuti giudici europei dalla sentenza UX c. Italia della Corte di Giustizia dell'Unione europea e che l'Italia è attualmente sotto procedure d'infrazione per non aver ancora riconosciuto a questi i diritti collegati alla qualifica di lavoratore;

    sotto il profilo funzionale, i magistrati onorari, quanto a doveri e lavoro svolto, sono comparabili ai magistrati professionali e per questo la CGUE ha riconosciuto loro il diritto ad un trattamento previdenziale ed assistenziale, la tutela della maternità, della paternità e della salute;

    negli anni i magistrati onorari sono divenuti affidatari in maniera stabile e continuativa della gestione diretta di interi ruoli di cause ponendosi in una posizione collaterale, ma subordinata, rispetto all'opera dei magistrati togati,

impegna il Governo

anche tenuto conto delle nuove funzioni che il provvedimento attribuisce ai magistrati onorari, ad adottare ogni opportuna iniziativa legislativa volta a garantire la stabilizzazione, nelle rispettive funzioni, dei magistrati onorari in servizio fino al raggiungimento dell'età pensionabile, salvo il venir meno dei requisiti di idoneità, al fine di assicurare la regolare amministrazione della giustizia, l'ordinato svolgimento dei processi penali e civili, nonché lo smaltimento dell'arretrato.
9/3289/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,

   premesso che:

    considerato che l'A.C. 3289 «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata» interviene sull'articolo 403 C. C. che riguarda il provvedimento di allontanamento dei minori dalla famiglia;

    considerato che a gestire questi delicati provvedimenti che riguardano minori sarà previsto un magistrato che deciderà in veste monocratica e che, invece, la caratteristica qualificante dell'attuale sistema di giustizia minorile è data dalla partecipazione, in qualità di giudici, di esperti, ad esempio in psicologia o in pedagogia, così da consentire che le norme siano applicate tenendo conto della specifica condizione del minore come persona in via di sviluppo, l'ipotetico vantaggio dato da una maggiore celerità di un procedimento affidato ad un giudice monocratico non vale di certo la rinuncia alla partecipazione di esperti, valutata soprattutto la delicatezza della situazione in oggetto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di considerare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che queste decisioni sui minori vengano prese con la garanzia della collegialità necessaria per trattare tematiche che riguardano la vita dei minori relativamente a situazioni complicate e delicate quali la responsabilità genitoriale e l'allontanamento dalla famiglia.
9/3289/5. Frassinetti.


   La Camera,

   premesso che:

    considerato che l'A.C. 3289 «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata» interviene sull'articolo 403 C. C. che riguarda il provvedimento di allontanamento dei minori dalla famiglia;

    considerato che a gestire questi delicati provvedimenti che riguardano minori sarà previsto un magistrato che deciderà in veste monocratica e che, invece, la caratteristica qualificante dell'attuale sistema di giustizia minorile è data dalla partecipazione, in qualità di giudici, di esperti, ad esempio in psicologia o in pedagogia, così da consentire che le norme siano applicate tenendo conto della specifica condizione del minore come persona in via di sviluppo, l'ipotetico vantaggio dato da una maggiore celerità di un procedimento affidato ad un giudice monocratico non vale di certo la rinuncia alla partecipazione di esperti, valutata soprattutto la delicatezza della situazione in oggetto,

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal disegno di legge, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, e a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in questo ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Frassinetti.


   La Camera,

   premesso che:

    il lesto in esame reca delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    tale delega è stata oggetto di numerose riformulazioni, spesso contrastanti tra loro, anche a causa del cambio di esecutivo e dunque dell'indirizzo politico sotteso alla riforma stessa;

    a fronte della conclamata importanza della riforma in oggetto per l'ottenimento delle risorse di cui al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il Piano destina alla giustizia solo 2,3 miliardi di euro a fronte di circa 200 miliardi di euro di stanziamento definitivo, equivalenti a circa l'1.5 per cento del totale;

    tali risorse sono state impiegate principalmente per sostenere l'ufficio del processo, a fronte del fatto che le maggiori criticità organizzative, gestionali e temporali, anche sulla scorta di quanto definito in fase di audizione e consultazione parlamentare, sono da ritrovarsi nella mancanza di giudici, cancellieri e personale amministrativo;

    il personale dei tribunali, in Italia, è sottodimensionato rispetto alle esigenze della popolazione, come peraltro indicato nel rapporto della Commissione per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa (CEPEJ) del 2018, da cui emerge che il numero di magistrati, procuratori e cancellieri in Italia è pari a meno della metà della media europea;

    l'assunzione di personale ausiliario a tempo determinato non solo non è garanzia assoluta di una effettiva capacità di smaltimento delle pratiche arretrate, ma neanche una garanzia di un futuro contenimento dei ritardi della giustizia civile;

    si rappresenta e ravvisa la necessità di trasformare le procedure concorsuali ed assunzionali nazionali in veri e propri ampliamenti di personale, piuttosto che in misure atte a compensare il personale uscente in vista dei pensionamenti,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di ulteriori iniziative normative, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, per l'incremento assunzionale di giudici, cancellieri e personale amministrativo ai fini di un potenziamento delle capacità gestionali dei tribunali medesimi.
9/3289/6. Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il lesto in esame reca delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    tale delega è stata oggetto di numerose riformulazioni, spesso contrastanti tra loro, anche a causa del cambio di esecutivo e dunque dell'indirizzo politico sotteso alla riforma stessa;

    a fronte della conclamata importanza della riforma in oggetto per l'ottenimento delle risorse di cui al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il Piano destina alla giustizia solo 2,3 miliardi di euro a fronte di circa 200 miliardi di euro di stanziamento definitivo, equivalenti a circa l'1.5 per cento del totale;

    tali risorse sono state impiegate principalmente per sostenere l'ufficio del processo, a fronte del fatto che le maggiori criticità organizzative, gestionali e temporali, anche sulla scorta di quanto definito in fase di audizione e consultazione parlamentare, sono da ritrovarsi nella mancanza di giudici, cancellieri e personale amministrativo;

    il personale dei tribunali, in Italia, è sottodimensionato rispetto alle esigenze della popolazione, come peraltro indicato nel rapporto della Commissione per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa (CEPEJ) del 2018, da cui emerge che il numero di magistrati, procuratori e cancellieri in Italia è pari a meno della metà della media europea;

    l'assunzione di personale ausiliario a tempo determinato non solo non è garanzia assoluta di una effettiva capacità di smaltimento delle pratiche arretrate, ma neanche una garanzia di un futuro contenimento dei ritardi della giustizia civile;

    si rappresenta e ravvisa la necessità di trasformare le procedure concorsuali ed assunzionali nazionali in veri e propri ampliamenti di personale, piuttosto che in misure atte a compensare il personale uscente in vista dei pensionamenti,

impegna il Governo

fatti salvi gli equilibri di finanza pubblica, a valutare l'adozione di ulteriori iniziative normative, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, per l'incremento assunzionale di giudici, cancellieri e personale amministrativo ai fini di un potenziamento delle capacità gestionali dei tribunali medesimi.
9/3289/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    nell'ambito di una riforma organica del processo civile, un'attenzione particolare deve essere destinata alla tutela dei soggetti di minore età e del principio ispiratore di ogni norma del superiore interesse del minore;

    presupposto fondamentale perché i diritti dei minori non restino lettera morta è l'ascolto; ascoltare i bambini e i ragazzi significa dare attuazione a un diritto e non a un diritto qualsiasi, bensì a un diritto sancito dalla citata Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, che al paragrafo 2 dell'articolo 12 dispone che «si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale»;

    l'ascolto del minore è stato, inoltre, oggetto delle raccomandazioni che all'inizio del 2019 il Comitato ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ha rivolto all'Italia, rammentando l'importanza della partecipazione dei bambini e dei ragazzi a tutte le decisioni che li riguardano e chiedendo al Governo italiano di istituzionalizzare tale coinvolgimento;

    l'ascolto dei minori è un presupposto fondamentale perché i loro diritti non restino solo parole sulla carta; perché a ciascuno sia riconosciuto concretamente quello che nelle singole situazioni è il suo superiore interesse; ascoltare i bambini e i ragazzi è dare attuazione a un diritto;

    il principio è semplice e, insieme, impegnativo: le persone di minore età devono poter esprimere la propria opinione in tutte le situazioni che le riguardano. Il dovere degli adulti e delle istituzioni è, dunque, ascoltarli sempre, riconoscendo anche il più piccoli la loro centralità nella famiglia, nella scuola, nella comunità e nei tribunali, con modalità, condizioni e tempi adeguati alla loro età;

    in Italia, per una persona di minore età, nelle aule giudiziarie l'ascolto è previsto solo in caso di soggetti di età pari o superiore a dodici anni ed è lasciato, nella migliore delle ipotesi, all'opinione degli esperti, come se le parole dei bambini non bastassero da sole a spiegarne i drammi;

    è necessario dare attuazione al principio cardine della legislazione in materia di tutela dei minori, il principio del superiore interesse del minore, spostando l'asticella dell'intervento legislativo dal minore come esclusivo oggetto di tutele al minore come centro di interesse,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad introdurre l'obbligo di ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano, valutando l'opportunità di abbassare l'età di ascolto a otto anni e anche di età minore, qualora capace di discernimento, anche in presenza di uno psicologo infantile.
9/3289/7. Bellucci.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    in particolare, specifici principi di delega sono dedicati alla riforma dei procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

    uno dei temi più delicati del quale il nuovo tribunale sarà chiamato ad occuparsi riguarda il riconoscimento dei figli nati attraverso la tecnica della maternità surrogata all'estero, come i recenti fatti di cronaca dimostrano: il Tribunale di Milano per ben due volte negli ultimi mesi ha ordinato al comune di procedere con la trascrizione in anagrafe dei figli di due genitori uomini nato attraverso la maternità surrogata negli Stati Uniti;

    a Termini Imerese è stato il sindaco a riconoscere la genitorialità di una coppia omosessuale, che si era sposata civilmente nel 2019 ed era ricorsa alla procreazione medicalmente assistita eterologa all'estero; mentre ha veramente dell'assurdo la recente vicenda di una bimba di 15 mesi nata da maternità surrogata, ma rifiutata dalla sua famiglia italiana che l'ha riconosciuta e poi abbandonata, affidandola a una tata in Ucraina;

    siamo di fronte a un far west, in cui tutti decidono a proprio piacimento sul futuro di neonati, nati da una pratica medica che, è il caso di ricordare, è considerata illegale in Italia; una pratica che ha generato un vero e proprio traffico illegale di embrioni e che con la maternità ha poco o nulla a che fare;

    la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8029 del 2020, ha, infatti, statuito che «il riconoscimento di un minore concepito con il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma che non ha nessun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l'articolo 4, comma 3, della legge n. 40 del 2004 e con l'esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto», riconoscendo, peraltro, che «negare al genitore non biologico di essere “mamma” non viola il diritto del minore perché non gli nega di fare lo stesso parte di un nucleo familiare, e non gli nega il trattamento giuridico previsto per lo status di figlia»;

    la Corte Costituzionale, con la sentenza 33/2021, ha lanciato un monito al Legislatore affinché intervenga per garantire piena tutela ai bambini, individuando il «ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana», per fornire, in maniera organica, adeguata tutela ai diritti del minore «alla cura, all'educazione, all'istruzione, al mantenimento, alla successione e, più in generale, alla continuità e al conforto di abitudini condivise»;

    esiste il sacrosanto diritto del minore ad una famiglia, ma non esiste, invece, un diritto di una coppia (o di un single) al figlio; la finalità dei soggetti committenti la surrogazione di maternità è quella di potere tenere un bimbo nato da altra donna (che ne ha portato a termine la gestazione), ma «progettato» fin dall'inizio (rectius concepito) per essere loro consegnato alla nascita, al fine di soddisfare il loro desiderio di genitorialità;

    nella pratica della maternità surrogata il bimbo viene predestinato all'abbandono materno ancor prima del suo concepimento e così nasce già discriminato, senza le pari opportunità che la natura concede agli altri neonati, senza la possibilità di proseguire quella continuità relazionale esclusiva già sviluppata con 1 madre durante i nove mesi di gravidanza, senza la possibilità dell'allattamento al suo seno,

impegna il Governo

a procedere con urgenza, nell'ambito del processo di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie, ad una riforma organica della normativa in materia di riconoscimento di minori nati dalla pratica della maternità surrogata.
9/3289/8. Varchi, Maschio.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgente per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    la riforma del processo civile è uno degli obiettivi concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    nell'ambito degli obiettivi concordati con l'Unione Europea c'è anche l'annoso e irrisolto tema della magistratura onoraria: lo scorso 16 luglio la Corte di Giustizia europea ha, infatti, riconosciuto ai magistrati onorari lo status di Giudici europei e di lavoratori subordinati a tempo determinato con tutto ciò che ne consegue, ma, nonostante ciò e nonostante la sempre più crescente domanda di giustizia, continua ad essere ignorata la centralità della magistratura onoraria per una migliore efficienza della Giustizia;

    in particolare, l'articolo 17-ter differisce al 31 dicembre 2021 l'applicabilità del nuovo regime di attribuzione dell'indennità ai magistrati onorari in servizio «ante riforma»;

    lo scorso 16 agosto, infatti, è entrato in vigore il regime transitorio delineato dalla legge Orlando che, contrariamente a quanto sollecitato dalle istituzioni europee, rischia di cristallizzare la precarizzazione della categoria, prevedendo, tra gli altri, la riduzione dell'attività giurisdizionale del singolo magistrato onorario a tempo parziale, con conseguente drastica riduzione degli emolumenti percepiti oggi a cottimo;

    il nostro appare un sistema drammaticamente bipolare, che da un lato si serve, perché non può farne a meno, della magistratura onoraria per far funzionare la macchina della giustizia, ma dall'altro non è disposto a riconoscere ai giudici onorari i diritti spettanti;

    per raggiungere l'obiettivi o della riduzione del 25 per cento dei tempi attuali della giustizia penale e del 40 per cento dei tempi della giustizia civile, condicio sine qua non per accedere ai fondi europei, sen e, tra le altre, che si proceda finalmente alla stabilizzazione della magistratura onoraria, che ha continuato a lavorare in condizioni assolutamente precarie per garantire il funzionamento della macchina della giustizia, senza garanzie, diritti, previdenza, assistenza e un compenso decoroso,

impegna il Governo

a procedere con urgenza ad una riforma organica della magistratura onoraria che vada nel senso di una definitiva stabilizzazione dei relativi professionisti come lavoratori subordinati, con riconoscimento di emolumenti dignitosi e tutele coerenti con la funzione esercitata.
9/3289/9. Lucaselli, Varchi, Maschio, Ferro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    sul piano dell'accesso alla giurisdizione, l'intervento di revisione della geografia giudiziaria di primo grado, attuata con il decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 e ispirata a obiettivi di riduzione dei costi e di contenimento della spesa, ha dimostrato – con evidenze rafforzate nel periodo di emergenza sanitaria – come tale settore non possa essere riguardato soltanto in termini «di bilancio» e contenimento della spesa;

    le stesse «Linee guida sulla revisione della geografia giudiziaria per favorire le condizioni di accesso ad un sistema giudiziario di qualità» della Commissione europea per l'efficienza della giustizia (CEPEJ) del 23 giugno 2013 hanno sottolineato come la «giustizia di prossimità» costituisca un valore fondamentale di uno Stato di diritto;

    viene riconosciuto il valore dell'accesso alla giustizia come vicinanza dei tribunali ai cittadini ed inoltre prescrive che «dover presenziare a un'udienza fissata la mattina presto per una persona anziana, o per una persona che non guida o non è dotata di mezzo proprio, in assenza di adeguati mezzi di trasporto pubblico, rappresentano tutte situazioni problematiche che possono influire sul diritto di equo accesso alla giustizia»;

    è appena il caso di sottolineare come il diritto di ciascuno di agire in giudizio per la tutela delle proprie posizioni giuridiche soggettive, riconosciuto dall'articolo 24 comma 1° Cost., è assicurato anche attraverso la predisposizione di un adeguato sistema di accesso alla giustizia;

    in particolare, il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi ha sensibilizzato i Capi degli Uffici giudiziari sull'importanza del progetto in relazione all'esigenza, sempre più marcata, di avvicinamento del servizio giustizia ai cittadini, specie a seguito della citata riforma della geografia giudiziaria in virtù della quale, come noto, sono stati soppressi diversi uffici giudiziari;

    nell'ambito del processo di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari è stata, in particolare, prevista la nascita dell'attuale Tribunale di Napoli Nord, che nel corso degli anni, ha creato confusione e diffusi errori in merito alla sua effettiva localizzazione: sebbene il Tribunale di Napoli Nord sia il quinto tribunale d'Italia per numero di processi, ha competenza su 38 comuni dell'hinterland di Napoli e di Caserta, con grave pregiudizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito;

    i fondi disponibili in ragione del Recovery fund potrebbero costituire l'occasione per rivedere l'ultima riforma e garantire una giustizia di prossimità che, assieme agli Uffici di prossimità implementabili nell'ambito delle azioni del «PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020» e il giusto finanziamento agli Sportelli del cittadino costituirebbero un importante tassello per una giustizia a servizio effettivo del cittadino;

    ad oggi a seguito delle scelte soppressive attuate il principio di prossimità, come il diritto di equo accesso alla giustizia, in alcune realtà sono stati decisamente disattesi a scapito soprattutto di zone ad alto tasso di criminalità, prive di adeguate infrastrutture e assolutamente carenti di mezzi di trasporto,

impegna il Governo:

   a disporre una revisione della geografia giudiziaria di primo grado, che valorizzi la giustizia di prossimità e favorisca le condizioni di accesso ad un sistema giudiziario di qualità, con particolare riguardo alla necessità di disporre le migliori soluzioni finalizzate all'apertura di quei tribunali soppressi dalla riforma della geografia giudiziaria, che si trovano in territori in cui vi è un elevato tasso di impatto della criminalità organizzata e gravi carenze infrastrutturali e di collegamenti stradali, tali da rendere necessario un tempestivo intervento di ripristino;

   a cambiare la denominazione del tribunale di Napoli Nord, generica e non identificativa, in Tribunale di Aversa, per una più facile individuazione della competenza territoriale per la vocatio in jus.
9/3289/10. Giovanni Russo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo pur l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    come noto, la ratio del nuovo intervento, analogamente alla riforma del processo penale, è la razionalizzazione e velocizzazione dei tempi della giustizia: 50 per cento per il procedimento civile e 25 per cento per quello penale è l'ambizioso obiettivo che si rende necessario raggiungere per ottenere lo sblocco dei fondi europei stanziati per affrontare la crisi economica, e non solo, provocata dall'emergenza pandemica;

    accanto a quelle che sono le modifiche di merito ai due codici di rito, si inserisce anche un piano per migliorare l'organizzazione stessa degli Uffici di Giustizia, integrando un numero crescente di collaboratori e tecnici, sì da smaltire l'arretrato che da anni pesa sul Sistema Giudiziario;

    con l'Ufficio del Processo, introdotto con decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, si è inteso affiancare al magistrato un gruppo di collaboratori, giovani tirocinanti; l'esperimento, partito nel 2014, non ha fornito i risultati sperati, poiché i magistrati non si sono pienamente avvalsi del supporto fornito, dovendo controllare minutamente i lavori svolti dai tirocinanti che lo affiancavano, mantenendo pressoché invariata la capacità del proprio Ufficio di smaltire il carico di lavoro, anzi, forse addirittura appesantendolo dovendo il Giudice farsi anche parte attiva per la formazione del proprio staff;

    volendo perseguire un simile cambiamento in capo agli Uffici di Giustizia, è necessario operare su un doppio fronte: da un lato si avrà bisogno di modificare il metodo operativo dei magistrati e dunque il loro modo di approcciarsi alla redazione di una sentenza, dall'altra sarà parimenti necessario affiancare al Giudice del personale già di una certa competenza, al fine di evitare, come nel 2014, che il Giudice si debba trasformare in una sorta di dominus per i nuovi collaboratori;

    il rischio è che nuovamente i Giudici decidano di non avvalersi del supporto fornito con l'Ufficio del Processo, anche in considerazione della natura «a tempo» dello stesso,

impegna il Governo:

   ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:

    modificare l'attuale offerta formativa universitaria, al fine di formare giovani giuristi preparati ad affiancare i magistrati;

    ammodernare e migliorare la figura del cancelliere, da professione di mero impiegato a professione di giurisperito in grado di affiancare con efficacia la figura del magistrato, coadiuvandolo anche nella redazione delle sentenze.
9/3289/11. Ferro.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    finora pieno accesso dei cittadini alla giustizia ed efficienza del sistema si sono mostrati due principi non sempre destinati a incrociarsi ed è proprio sull'equilibrio tra effettività della tutela e celerità della risposta che si gioca l'intera riforma del processo e, più in generale, del sistema giustizia;

    in alcuni casi, l'esito della riforma civile è consistito in interventi sul rito, nel tentativo di costringere i tempi, in particolare nella fase introduttiva del giudizio, attraverso vincoli alle parti e agli avvocati; su altri versanti, invece, si è puntato alle soluzioni alternative delle controversie, al fine di potenziarne l'effetto;

    volendo citare un passaggio della relazione tecnica, nella parte relativa appunto al rafforzamento degli incentivi fiscali alla mediazione, si punta a «realizzare da un lato l'obiettivo di una più ampia adesione alle procedure stragiudiziali da parte dei singoli interessati ed in particolare all'istituto della mediazione sia come mezzo obbligatorio che preventivo di deflazione del contenzioso, e dall'altro», scrive il governo, a «garantire sia una risposta della giustizia che consenta un effettivo accesso al sistema sia un potenziamento di tale strumento, che svolga una funzione di filtro per la risoluzione delle controversie, con positivi effetti sulla celerità e sulla certezza del diritto»;

    in pratica, conciliare, per l'avvocato, è strumento di civiltà e di coesione civile, per lo Stato conciliare è invece soprattutto un'opportunità di sveltire la macchina, con numerosi interventi per incoraggiare il ricorso alla mediazione: per esempio, l'incremento dell'esenzione dall'imposta di registro, o un credito d'imposta esteso al compenso degli avvocati, oltre che agli organismi di mediazione o l'allargamento del patrocinio a spese dello Stato alle stesse procedure di mediazione e di negoziazione assistita, sempre attraverso un credito d'imposta;

    a fronte di tutto questo, però, si prefigura un monitoraggio sulla sostenibilità complessiva degli interventi con una «norma di chiusura» che non passa inosservata: qualora si verifichi uno scostamento finanziario rispetto alle previsioni di spesa si rimedia con un incremento del contributo unificato;

    si è, quindi, disposti ad avvicinare i cittadini alla giustizia attraverso il maggior uso delle Adr, ma solo se è economicamente vantaggiosa, altrimenti, il principio dell'accesso facilitato alla giustizia verrebbe subito rinnegato, con l'innalzamento di quella barriera economica, il contributo unificato, già oggetto di un illegittimo intervento in legge di Bilancio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative che permettano di non intervenire sul contributo unificato quale leva per avvicinare i cittadini alla giustizia, così da garantire l'accesso alla giurisdizione a tutti, senza discriminazioni di censo e senza che l'entità dei costi costituisca elemento dissuasivo, in ossequio all'articolo 24 della Costituzione.
9/3289/12. Maschio, Varchi.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce una sede di modifiche tanto al codice di procedura civile quanto di organizzazione degli Uffici giudiziari quale attività prodromica al perseguimento degli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile;

    stante le finalità perseguite dal provvedimento, si ravvisa l'opportunità di disporre una proroga delle piante organiche dei soppressi tribunali delle circoscrizioni dell'Aquila e Chieti; circoscrizioni particolarmente importanti e per il carico giurisdizionale della regione,

impegna il Governo

a introdurre, con il primo provvedimento utile, una proroga delle stesse fino al 2025, nonché a riaprire una pianta organica flessibile di tale personale.
9/3289/13. Trano, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia, Maschio.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce una serie di modifiche tanto al codice di procedura civile quanto di organizzazione degli Uffici giudiziari, quale attività prodromica al perseguimento degli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile;

    stante le finalità perseguite dal provvedimento, si ravvisa l'opportunità di mantenere in attività i Tribunali di Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto i quali oltre a essere un polo giudiziario particolarmente nevralgico per il carico giurisdizionale della regione, vista anche la conformazione geografica del territorio, costituiscono una forma di tutela per le economie locali, già duramente colpite dalla crisi conseguente alla pandemia,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a prevedere, nell'ottica di riordino della geografia giudiziaria, il mantenimento dell'attività giudiziaria dei cosiddetti Tribunali minori abruzzesi appartenenti alle circoscrizioni dell'Aquila e Chieti.
9/3289/14. Colletti, Forciniti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia, Grippa.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce disposizioni per l'efficienza dei procedimenti civili;

    in particolare, all'articolo 1, comma 4, lettera a), è previsto un aumento del contributo unificato qualora si verifichi uno scostamento del limite di spesa statale;

    posto che l'articolo 24 della Costituzione garantisce l'uguaglianza tra tutti i cittadini garantendo il diritto alla difesa e dunque l'accesso alla giustizia e attesa la situazione di crisi economica generalizzata,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative di competenza volte a far sì che nei prossimi 5 anni gli importi previsti dal Testo Unico sulle spese di giustizia non subiscano variazioni in aumento.
9/3289/15. Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce disposizioni per l'efficienza dei procedimenti civili;

    in particolare, sono previsti principi e criteri direttivi al fine di riformare il processo di cognizione di primo grado anche in un'ottica di celerità;

    a tal proposito, spesso si riscontrano lungaggini durante la fase istruttoria, pertanto, mutuando quanto previsto dal rito del lavoro – caratterizzato dalla concentrazione degli atti processuali e dagli incisivi poteri istruttori attribuiti al giudice – sarebbe opportuno traslare tali peculiarità all'interno del processo civile,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a prevedere che il giudice possa disporre d'ufficio l'ammissione di ogni mezzo di prova, fatta eccezione del giuramento decisorio.
9/3289/16. Costanzo, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce disposizioni atte alla semplicità, concentrazione e effettività della tutela;

    tali finalità potrebbero agevolmente essere perseguite prevedendo che le parti concordino di non partecipare personalmente all'udienza, il che eviterebbe inutili, ma anche onerose, trasferte senza che ciò pregiudichi quanto già richiesto in atti,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a prevedere che per i procedimenti civili dinanzi le corti di appello, le parti possano non presenziare avanzando richiesta congiunta fatta per pervenire almeno cinque giorni antecedenti alla data di udienza.
9/3289/17. Maniero, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce disposizioni atte a superare le criticità del giudizio di impugnazione, soprattutto in appello;

    tali finalità potrebbero agevolmente essere perseguite prevedendo il giudizio monocratico in appello per le cause entro un certo valore;

    in sostanza si investe un solo giudice togato sia della conduzione che della decisione;

    tale sistema aumenterebbe la produttività delle Corti d'Appello nonché sarebbe in linea con la dichiarazione di incostituzionalità a decorrere dal 2025 dei giudici ausiliari in appello,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a prevedere che la trattazione delle cause innanzi alla Corte di appello sia collegiale solo in casi residuali ossia nel caso in cui il valore sia superiore ad un certo importo nonché prevedere l'eliminazione della figura dei giudici ausiliari in appello, dichiarata incostituzionale con sentenza n. 41, depositata il 17 marzo 2021, della Corte costituzionale.
9/3289/18. Cabras, Forciniti, Colletti, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», importa modifiche alla normativa in materia di consulenti tecnici;

    l'articolo 1, comma 16, infatti oltre a rivedere il percorso di iscrizione dei consulenti presso i tribunali come quello di formazione, difetta di specificità rispetto alle eventuali incompatibilità nonché in tema di controllo della regolarità delle nomine,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a prevedere il divieto per il consulente di assumere incarichi professionali per conto di alcuna delle parti nei ventiquattro mesi successivi al giuramento.
9/3289/19. Raduzzi, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce disposizioni atte alla semplicità e efficienza dei processi civili;

    all'uopo, all'articolo 1, comma 17, vengono potenziati e ampliati i servizi telematici affinché il deposito, il pagamento del contributo unificato, le attestazioni di conformità siano quanto più celeri possibili;

    tuttavia, tali presupposti stridono con la previsione di cui all'articolo 125, primo comma, del codice di procedura civile relativa ai contenuti minimi di un atto processuale, in particolare con l'obbligo per i difensori di inserire nel primo atto difensivo, il proprio numero di fax al fine di agevolare le comunicazioni in via telematica;

    Appare del tutto anacronistica la previsione del fax, soprattutto se si considera il conseguente aumento dell'importo del contributo unificato in caso di mancata indicazione,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a eliminare la previsione di cui all'articolo 125, comma 1, del codice di procedura civile relativa all'obbligo di indicare il numero di fax.
9/3289/20. Giuliodori, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce modifiche alla cognizione del giudice di pace;

    l'articolo 1, comma 7, propone di uniformare il processo innanzi al giudice di pace a quello del tribunale in composizione monocratica oltre a rivedere la rideterminazione della competenza in materia civile;

    con riferimento a questo ultimo aspetto, il decreto legislativo n. 116 del 2017 ha notevolmente ampliato la competenza per valore oltre che per materia;

    una modifica che sarebbe dovuta entrare in vigore ad ottobre 2021 ma che è stata posticipata al 2025 e che così come pensata rischia di determinare criticità per gli operatori del diritto e soprattutto per i cittadini visto che non è accompagnata da un miglioramento degli uffici giudiziari, un'implementazione del personale di cancelleria ed una completa informatizzazione. Basti pensare al limite di valore per le controversie aventi ad oggetto beni mobili, oggi fissato a 5 mila euro, il quale con l'entrata in vigore della riforma sarà innalzato a 30 mila euro,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a prevedere che la cognizione del giudice di pace, per tutte le materie a esso attribuite, sia limitata ai giudizi aventi valore complessivo non superiore a 10 mila euro.
9/3289/21. Vallascas, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce modifiche alla cognizione del giudice di pace;

    l'articolo 1, comma 7, propone di uniformare il processo innanzi al giudice di pace a quello del tribunale in composizione monocratica oltre a rivedere la rideterminazione della competenza in materia civile;

    con riferimento a questo ultimo aspetto, il decreto legislativo n. 116 del 2017 ha notevolmente ampliato la competenza per valore oltre che per materia;

    una modifica che sarebbe dovuta entrare in vigore ad ottobre 2021 ma che è stata posticipata al 2025 e che così come pensata rischia di determinare criticità per gli operatori del diritto e soprattutto per i cittadini visto che non è accompagnata da un miglioramento degli uffici giudiziari, un'implementazione del personale di cancelleria ed una completa informatizzazione. Basti pensare al limite di valore per le controversie aventi ad oggetto beni mobili, oggi fissato a 5 mila euro, il quale con l'entrata in vigore della riforma sarà innalzato a 30 mila euro,

impegna il Governo

ad apportare, in sede di emanazione dei decreti legislativi attuativi del disegno di legge delega oggi all'esame dell'Assemblea, le modifiche normative all'attuale articolo 7 del codice di procedura civile prevedendo un aumento della competenza per valore del giudice di pace da valutare fino ad una soglia di 15 mila euro, qualunque sia la materia, compresi il procedimento monitorio e le procedure esecutive, con esclusione delle procedure esecutive immobiliari e mobiliari presso terzi, dei procedimenti di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, dei procedimenti cautelari e del procedimento per convalida di sfratto.
9/3289/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Vallascas, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», introduce modifiche in ordine alla materia delle impugnazioni;

    invero, l'articolo 1, comma 8, ha quale intento quello di rivedere la disciplina del cosiddetto filtro in appello quale soluzione all'accelerazione della definizione dei ricorsi;

    stante la necessità di decongestionare il carico di lavoro delle corti di appello, sarebbe auspicabile introdurre innanzi al giudice di prime cure un sistema di impugnazioni riferite alle sole parti di sentenza aventi ad oggetto il calcolo degli interessi e che nelle more di tale fase di impugnazione siano sospesi i termini per impugnare la sentenza di primo grado,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a introdurre una fase di impugnazione semplificata dinanzi allo stesso giudice che ha emesso la sentenza qualora il gravame abbia ad oggetto gli interessi e la svalutazione monetaria.
9/3289/22. Leda Volpi, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   considerato che:

    il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», interviene sugli istituti di risoluzione alternativa delle controversie, valorizzando e incentivando la mediazione demandata dal giudice;

    l'istituto della mediazione, creato per evitare di far decidere le controversie da un giudice in favore di organismi terzi a ciò deputati, come è emerso dalle statistiche ministeriali, si è rivelato del tutto fallimentare oltre ad essere un costoso strumento per il cittadino il quale, oltre a dover versare il contributo unificato per accedere al sistema giustizia, è tenuto anche al pagamento delle cosiddette spese di mediazione da sopportare per il solo fatto di essersi dovuti rivolgere a un mediatore e a prescindere dall'esito,

impegna il Governo

con il primo provvedimento utile, a introdurre un correttivo alla disciplina prevedendo che i costi della mediazione delegata, attualmente a carico delle parti, siano a carico del magistrato delegante che voglia spogliarsi della causa.
9/3289/23. Corda, Forciniti, Colletti, Cabras, Paolo Nicolò Romano, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo, Sapia.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 24, reca principi e criteri direttivi per l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, tramite la riorganizzazione del funzionamento e delle competenze del tribunale per i minorenni, in modo da risolvere l'attuale regime diarchico di competenze, scisso tra i tribunali ordinari e i tribunali per i minorenni e accentrare in capo ad un unico ufficio giudiziario articolato in una sezione distrettuale e più sezioni circondariali tutti i procedimenti in materia di stato delle persone, famiglia e minori;

    in particolare, tra i criteri di delega, quello di cui all'articolo 1, comma 24, lettera n) prevede che tanto i procedimenti in materia di separazione, divorzio e regolamentazione dell'affido di figli nati fuori dal matrimonio quanto quelli in tema di decadenza e sospensione dalla responsabilità genitoriale previsti dagli articoli 330 e seguenti del codice civile vengano trattati dalla sezione circondariale, che giudica in composizione monocratica;

    nonostante debba considerarsi assolutamente soddisfacente e meritevole di valutazione positiva la concentrazione delle tutele in capo ad un'unica autorità giudiziaria, al fine di superare le criticità derivanti dall'attuale frammentazione dei procedimenti tra tribunale per i minorenni, tribunale ordinario e giudice tutelare, e sia condivisibile la scelta di privilegiare in linea generale la composizione monocratica del tribunale, quale misura volta a garantire una migliore celerità ed efficienza dell'intervento in questo ambito, i criteri di delega appaiono tuttavia sottovalutare il valore della collegialità in alcuni ambiti particolarmente delicati, come avviene per l'area della tutela dei minori dalle situazioni di pregiudizio in cui gli stessi versano;

    la garanzia della collegialità appare infatti una risorsa per intervenire in materie che incidono in modo profondo sulla vita delle persone di minore età coinvolte, con particolare riferimento alle decisioni inerenti alla cosiddetta «area del pregiudizio», grazie al confronto tra i componenti del collegio nell'ambito della camera di consiglio;

    del pari, nell'ambito dei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni la presenza dei giudici onorari, componenti privati selezionati tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia e di sociologia, ha contribuito a un significativo apporto culturale trasversale che si è rivelato essere indispensabile per salvaguardare l'esigenza di un approccio multidisciplinare alla materia,

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal disegno di legge, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, e a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in questo ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/24. Annibali, Fregolent.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di esame del disegno di legge delega, A.C. 3289, che prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata. La riforma del processo civile è uno degli obiettivi concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), presenta un duplice contenuto delegando, da una parte, il Governo alla riforma del processo civile, dettando specifici principi e criteri direttivi, e dall'altra modifica alcune disposizioni sostanziali relative anche ad aspetti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

    all'articolo 1, comma 23 sono indicati i princìpi e criteri direttivi per l'introduzione, nel codice di procedura civile, di un rito unificato applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, attualmente attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare. In relazione a tale procedimento il Governo dovrà intervenire con riguardo ai criteri per l'attribuzione della competenza del giudice, alle norme procedurali in merito allo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti, alle domande riconvenzionali del convenuto, al tentativo obbligatorio di conciliazione alla prima udienza e alla possibilità da parte del giudice relatore di invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare. Ulteriori principi di delega concernono la razionalizzazione dei tempi delle fasi istruttoria e decisoria, nonché l'adozione di provvedimenti cautelari da parte del giudice relatore in costanza di lite. Specifici principi concernono l'abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, in presenza di segnalazioni di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore;

    il Governo dovrà inoltre introdurre specifiche disposizioni relative all'attività professionale del mediatore familiare; alla nomina di un professionista, dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare e alla regolamentazione della consulenza tecnica psicologica; alla disciplina delle modalità di nomina del curatore speciale del minore; al riordino delle disposizioni in materia di ascolto del minore; alla nomina del tutore del minore, anche d'ufficio, nel corso e all'esito dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale;

    specifici criteri organizzativi sono volti a regolamentare l'intervento dei servizi socioassistenziali e sanitari e delle attività di controllo, monitoraggio, verifica di situazioni in cui sono coinvolti minori;

    la delega al Governo concerne, inoltre, la revisione della disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori, con riguardo alle cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale, nonché alle incompatibilità per i giudici onorari e con riguardo all'introduzione del divieto di affidamento dei minori a talune categorie di persone;

    a completamento di questo disegno riformatore, il provvedimento enuncia princìpi e criteri direttivi per l'istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l'attuale tribunale per i minorenni assorbendo le competenze civili del tribunale ordinario in materia di stato e capacità delle persone e famiglia. Il tribunale si articolerà in una sezione distrettuale, costituita presso ciascuna sede di corte di appello, e sezioni circondariali, costituite presso ogni sede di tribunale ordinario del distretto; il disegno di delega prevede la riforma dell'articolo 336 del codice civile, che disciplina il procedimento per l'adozione dei provvedimenti in tema di responsabilità genitoriale, per garantire l'ascolto del minore e la valorizzazione del ruolo del suo curatore speciale;

    in merito a tali misure sono state evidenziate alcune criticità, a partire dal mancato confronto con alcune associazioni particolarmente rappresentative, quali, ad esempio, l'A.I.M.M.F. e quelle che compongono la rete «5 buone ragioni», che riunisce rilevanti associazioni come Agevolando, Coordinamento Italiano Servizi contro il Maltrattamento all'infanzia (CISMAI), il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), il Coordinamento Nazionale Comunità per i Minori (CNCM), e SOS Villaggi dei Bambini; l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, Carla Garlatti, a più riprese ha manifestato preoccupazione circa l'attribuzione ad un giudice monocratico (invece che «unico») di cause particolarmente delicate che coinvolgono direttamente la vita di bambini e ragazzi;

    la preoccupazione appare condivisibile, poiché una delle caratteristiche che impronta maggiormente di sé l'attuale sistema della giustizia minorile consiste nella partecipazione al procedimento e alla decisione di esperti, ad esempio nel campo della psicologia o della pedagogia, con l'obiettivo di consentire che le norme siano applicate tenendo conto della specifica condizione del minore come persona in via di sviluppo; l'ipotetico vantaggio dato da una maggiore celerità di un procedimento affidato ad un giudice monocratico, non vale, a nostro avviso, la rinuncia all'approccio multidisciplinare a tutela del minore stesso, né appare, tantomeno, un'alternativa altrettanto valida fa possibilità per il magistrato di attribuire ai giudici onorari – che opereranno nel costituendo ufficio per il processo – alcuni compiti ausiliari;

    tra i punti più critici vi è inoltre è l'istituzione del Tribunale unico per le persone, minorenni e per le famiglie, il quale non sembra superare l'attuale frammentazione delle competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni, atteso che la stessa si riproporrebbe tra sezione distrettuale e sezioni circondariali;

    suscita perplessità l'attribuzione a un giudice monocratico di tutti i provvedimenti di valutazione non solo della responsabilità genitoriale ma anche delle limitazioni o le decadenza della stessa, degli allontanamenti, delle decisioni delicate sugli affidi lascia delle perplessità rispetto l'attuale sistema che prevede l'attivazione di un organismo collegiale e interdisciplinare, in grado di assicurare tutte le competenze e le sensibilità necessarie per valutare situazioni complesse inerenti a condizioni di vita familiare e personale;

    la materia comporta, inoltre, tempistiche celeri sulla carta, che però, rischiano che rischiano di non rivelarsi tali, non potendo il giudice monocratico contare sulla competenza dei giudici onorari e di conseguenza, dovendosi affidare alle consulenze tecniche d'ufficio, i tempi si dilaterebbero, non perseguendo l'obiettivo, ovvero la ratio della riforma, che comunque non può, a fronte di tempi celeri, perdere di vista la tutela del minore,

impegna il Governo

ad attivare un tavolo di confronto interistituzionale con le parti e le associazioni che ne hanno fatta esplicita richiesta, anche al fine di monitorare l'applicazione e l'impatto delle nuove norme, nonché nell'ambito delle sue proprie prerogative, a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti, anche di carattere normativo, volti a prevedere che, nei procedimenti civili che rientrano nelle loro rispettive competenze, le sezioni circondariali giudichino in composizione collegiale con la presenza di un giudice togato e di due giudici onorari per i procedimenti di cui agli articoli 333 e 336 del codice civile, e che le sezioni distrettuali giudichino in composizione collegiale per i procedimenti di cui agli articoli 330 e 336 del codice civile e per i procedimenti di cui ai titoli I, I-bis, II, III e IV della legge 4 maggio 1983, n. 184, con la presenza di due giudici togati è di due giudici onorari, al fine di poter garantire una multidisciplinarietà a tutela dell'interesse del minore nelle cause più delicate per la vita dello stesso; a prevedere, inoltre, la possibilità di delega ai giudici onorari dell'ascolto del minore.
9/3289/25. Lattanzio, Siani, Di Giorgi, Verini, Bazoli, Lepri, Ruggiero, Grippa.


   La Camera,

   premesso che:

    in sede di esame del disegno di legge delega, A.C. 3289, che prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata. La riforma del processo civile è uno degli obiettivi concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), presenta un duplice contenuto delegando, da una parte, il Governo alla riforma del processo civile, dettando specifici principi e criteri direttivi, e dall'altra modifica alcune disposizioni sostanziali relative anche ad aspetti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

    all'articolo 1, comma 23 sono indicati i princìpi e criteri direttivi per l'introduzione, nel codice di procedura civile, di un rito unificato applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, attualmente attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare. In relazione a tale procedimento il Governo dovrà intervenire con riguardo ai criteri per l'attribuzione della competenza del giudice, alle norme procedurali in merito allo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti, alle domande riconvenzionali del convenuto, al tentativo obbligatorio di conciliazione alla prima udienza e alla possibilità da parte del giudice relatore di invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare. Ulteriori principi di delega concernono la razionalizzazione dei tempi delle fasi istruttoria e decisoria, nonché l'adozione di provvedimenti cautelari da parte del giudice relatore in costanza di lite. Specifici principi concernono l'abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, in presenza di segnalazioni di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore;

    il Governo dovrà inoltre introdurre specifiche disposizioni relative all'attività professionale del mediatore familiare; alla nomina di un professionista, dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare e alla regolamentazione della consulenza tecnica psicologica; alla disciplina delle modalità di nomina del curatore speciale del minore; al riordino delle disposizioni in materia di ascolto del minore; alla nomina del tutore del minore, anche d'ufficio, nel corso e all'esito dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale;

    specifici criteri organizzativi sono volti a regolamentare l'intervento dei servizi socioassistenziali e sanitari e delle attività di controllo, monitoraggio, verifica di situazioni in cui sono coinvolti minori;

    la delega al Governo concerne, inoltre, la revisione della disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori, con riguardo alle cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale, nonché alle incompatibilità per i giudici onorari e con riguardo all'introduzione del divieto di affidamento dei minori a talune categorie di persone;

    a completamento di questo disegno riformatore, il provvedimento enuncia princìpi e criteri direttivi per l'istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l'attuale tribunale per i minorenni assorbendo le competenze civili del tribunale ordinario in materia di stato e capacità delle persone e famiglia. Il tribunale si articolerà in una sezione distrettuale, costituita presso ciascuna sede di corte di appello, e sezioni circondariali, costituite presso ogni sede di tribunale ordinario del distretto; il disegno di delega prevede la riforma dell'articolo 336 del codice civile, che disciplina il procedimento per l'adozione dei provvedimenti in tema di responsabilità genitoriale, per garantire l'ascolto del minore e la valorizzazione del ruolo del suo curatore speciale;

    in merito a tali misure sono state evidenziate alcune criticità, a partire dal mancato confronto con alcune associazioni particolarmente rappresentative, quali, ad esempio, l'A.I.M.M.F. e quelle che compongono la rete «5 buone ragioni», che riunisce rilevanti associazioni come Agevolando, Coordinamento Italiano Servizi contro il Maltrattamento all'infanzia (CISMAI), il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), il Coordinamento Nazionale Comunità per i Minori (CNCM), e SOS Villaggi dei Bambini; l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, Carla Garlatti, a più riprese ha manifestato preoccupazione circa l'attribuzione ad un giudice monocratico (invece che «unico») di cause particolarmente delicate che coinvolgono direttamente la vita di bambini e ragazzi;

    la preoccupazione appare condivisibile, poiché una delle caratteristiche che impronta maggiormente di sé l'attuale sistema della giustizia minorile consiste nella partecipazione al procedimento e alla decisione di esperti, ad esempio nel campo della psicologia o della pedagogia, con l'obiettivo di consentire che le norme siano applicate tenendo conto della specifica condizione del minore come persona in via di sviluppo; l'ipotetico vantaggio dato da una maggiore celerità di un procedimento affidato ad un giudice monocratico, non vale, a nostro avviso, la rinuncia all'approccio multidisciplinare a tutela del minore stesso, né appare, tantomeno, un'alternativa altrettanto valida fa possibilità per il magistrato di attribuire ai giudici onorari – che opereranno nel costituendo ufficio per il processo – alcuni compiti ausiliari;

    tra i punti più critici vi è inoltre è l'istituzione del Tribunale unico per le persone, minorenni e per le famiglie, il quale non sembra superare l'attuale frammentazione delle competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni, atteso che la stessa si riproporrebbe tra sezione distrettuale e sezioni circondariali;

    suscita perplessità l'attribuzione a un giudice monocratico di tutti i provvedimenti di valutazione non solo della responsabilità genitoriale ma anche delle limitazioni o le decadenza della stessa, degli allontanamenti, delle decisioni delicate sugli affidi lascia delle perplessità rispetto l'attuale sistema che prevede l'attivazione di un organismo collegiale e interdisciplinare, in grado di assicurare tutte le competenze e le sensibilità necessarie per valutare situazioni complesse inerenti a condizioni di vita familiare e personale;

    la materia comporta, inoltre, tempistiche celeri sulla carta, che però, rischiano che rischiano di non rivelarsi tali, non potendo il giudice monocratico contare sulla competenza dei giudici onorari e di conseguenza, dovendosi affidare alle consulenze tecniche d'ufficio, i tempi si dilaterebbero, non perseguendo l'obiettivo, ovvero la ratio della riforma, che comunque non può, a fronte di tempi celeri, perdere di vista la tutela del minore,

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal disegno di legge, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, e a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in questo ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/25. (Testo modificato nel corso della seduta)Lattanzio, Siani, Di Giorgi, Verini, Bazoli, Lepri, Ruggiero, Grippa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca misure per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    il provvedimento prevede, in particolare, all'articolo 1, comma 4, lettera c), che decorsi cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto delegato che estenderà la mediazione come condizione di procedibilità si proceda a una verifica, alla luce delle risultanze statistiche, dell'opportunità della permanenza dell'istituto in questione come condizione di procedibilità dell'azione;

    a tal fine, già nel 2013 si prevedeva un monitoraggio dei dati statistici inserito nella legge di conversione del decreto-legge 24 aprile 2018, n. 50 (cosiddetta Manovrina) che disponeva, tra l'altro, la modifica dell'articolo 5, comma 1-bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, ai sensi del quale a decorrere daranno 2018, il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall'applicazione delle disposizioni in materia di mediazione obbligatoria;

    l'impianto complessivo della riforma attribuisce un ruolo fondamentale all'avvocato richiedendone, infatti, la necessaria presenza nella procedura di mediazione obbligatoria, in via preventiva, in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura, dimostrando di operare una scelta consapevole in relazione a tutte le ipotesi in cui la mediazione costituisca l'antitesi del giudizio;

    la previsione di una verifica sull'opportunità della permanenza dell'istituto, in senso diametralmente opposto alla ratio della riforma, non consentirebbe agli addetti ai lavori di percepire l'istituto come stabile approccio alla fase contenziosa, rischiando di ridimensionarne la portata innovativa,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative legislative al fine di rendere l'istituto della mediazione obbligatoria stabile e a consentirne il pieno sviluppo tra gli operatori del diritto, adoperandosi per assicurare, da parte degli operatori, una percezione strutturale dell'istituto.
9/3289/26. Ferri.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 24, reca principi e criteri direttivi per l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, tramite la riorganizzazione del funzionamento e delle competenze del tribunale per i minorenni, in modo da risolvere l'attuale regime diarchico di competenze, scisso tra i tribunali ordinari e i tribunali per i minorenni e accentrare in capo ad un unico ufficio giudiziario articolato in una sezione distrettuale e più sezioni circondariali tutti i procedimenti in materia di stato delle persone, famiglia e minori;

    in particolare, tra i criteri di delega, quello di cui all'articolo 1, comma 24, lettera n) prevede che tanto i procedimenti in materia di separazione, divorzio e regolamentazione dell'affido di figli nati fuori dal matrimonio quanto quelli in tema di decadenza e sospensione dalla responsabilità genitoriale previsti dagli articoli 330 e seguenti del codice civile vengano trattati dalla sezione circondariale, che giudica in composizione monocratica;

    nonostante debba considerarsi assolutamente soddisfacente e meritevole di valutazione positiva la concentrazione delle tutele in capo ad un'unica autorità giudiziaria, al fine di superare le criticità derivanti dall'attuale frammentazione dei procedimenti tra tribunale per i minorenni, tribunale ordinario e giudice tutelare, e sia condivisibile la scelta di privilegiare in linea generale la composizione monocratica del tribunale, quale misura volta a garantire una migliore celerità ed efficienza dell'intervento in questo ambito, i criteri di delega appaiono tuttavia sottovalutare il valore della collegialità in alcuni ambiti particolarmente delicati, come avviene per l'area della tutela dei minori dalle situazioni di pregiudizio in cui gli stessi versano;

    la garanzia della collegialità appare infatti una risorsa per intervenire in materie che incidono in modo profondo sulla vita delle persone di minore età coinvolte, con particolare riferimento alle decisioni inerenti alla cosiddetta «area del pregiudizio», grazie al confronto tra i componenti del collegio nell'ambito della camera di consiglio;

    del pari, nell'ambito dei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni la presenza dei giudici onorari, componenti privati selezionati tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia e di sociologia, ha contribuito a un significativo apporto culturale trasversale che si è rivelato essere indispensabile per salvaguardare l'esigenza di un approccio multidisciplinare alla materia,

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal disegno di legge, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, e a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in questo ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/27. Bazoli.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame reca delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    la predetta delega, sulla scorta delle varie riformulazioni proposte, mira a configurarsi quale riforma strategica per l'ottenimento ed investimento delle risorse di cui al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);

    tale riforma presenta tre grandi finalità, tra cui l'abbattimento del tempo di definizione dei processi civili, la valorizzazione delle forme di giustizia alternativa e degli strumenti di mediazione nonché un potenziamento della giustizia nell'ambito familistico;

    tra le altre, il testo in esame estende i casi di ricorso obbligatorio allo strumento della mediazione è obbligatorio, comprendendo anche i contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura;

    a fronte di una nuova ed incrementata portata dello strumento della mediazione, non è seguita una maggiore razionalizzazione dei requisiti necessari per diventare mediatore, attività di fatto permesso l'accesso a tale posizione semplicemente previa appositi corsi di formazione, senza valorizzare competenze conseguite tramite apposito percorso di studi;

    dato l'incremento del raggio applicativo dello strumento della mediazione anche a contratti di enorme valenza commerciale ed economica, ed il rinnovato profilo di responsabilità posto in capo ai soggetti adibiti all'esercizio della mediazione è opportuno, anche ai fini di incrementare la qualità del servizio offerto e per tutelare maggiormente le aziende, inserire dei titoli minimi di accesso all'esercizio dell'attività di mediazione,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al testo in esame, l'inserimento di titoli minimi, anche in termini di classi di laurea di indirizzo giuridico, politologico ed economico per l'esercizio della posizione di mediatore di cui all'articolo 1, comma 4, lettera 1) del testo in esame.
9/3289/28. Ciaburro, Caretta.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 24, reca principi e criteri direttivi per l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, tramite la riorganizzazione del funzionamento e delle competenze del tribunale per i minorenni;

    in particolare, tra i criteri di delega, quello di cui all'articolo 1, comma 24, lettera n) prevede che tanto i procedimenti in materia di separazione, divorzio e regolamentazione dell'affido di figli nati fuori dal matrimonio quanto quelli in tema di decadenza e sospensione dalla responsabilità genitoriale previsti dagli articoli 330 e seguenti del codice civile vengano trattati dalla sezione circondariale, che giudica in composizione monocratica;

    i criteri di delega appaiono tuttavia sottovalutare il valore della collegialità in alcuni ambiti particolarmente delicati, come avviene per l'area della tutela dei minori dalle situazioni di pregiudizio in cui gli stessi versano;

    la garanzia della collegialità appare infatti una risorsa per intervenire in materie che incidono in modo profondo sulla vita delle persone di minore età coinvolte, con particolare riferimento alle decisioni inerenti alla così detta «area del pregiudizio», grazie al confronto tra i componenti del collegio nell'ambito della camera di consiglio;

    del pari, nell'ambito dei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni la presenza dei giudici onorari, componenti privati selezionati tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia e di sociologia, ha contribuito a un significativo apporto culturale trasversale che si è rivelato essere indispensabile per salvaguardare l'esigenza di un approccio multidisciplinare alla materia;

    la Corte costituzionale, in linea con un consolidato orientamento della Consulta, nella sentenza n. 139 del 2020 al punto 4.6.1 scrive: «nella prospettiva dell'adeguata protezione della gioventù di cui all'articolo 31, secondo comma, Costituzione, la preminente funzione rieducativa del procedimento penale minorile trovi una fondamentale rispondenza nella particolare composizione “mista” del giudice specializzato, arricchito dalla dialettica interna tra la componente togata e quella esperta: “è infatti grazie alle competenze scientifiche dei soggetti che compongono il collegio giudicante che viene svolta una corretta valutazione delle particolari situazioni dei minori...” (sentenza n. 310 del 2008). Invero, “la specializzazione del giudice minorile, finalizzata alla protezione della gioventù sancita dalla Costituzione, è assicurata dalla struttura complessiva di tale organo giudiziario, qualificato dall'apporto degli esperti laici”» (ordinanza n. 330 del 2003),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti attualmente già attribuiti al Tribunale in composizione collegiale e a valutare le modalità attraverso le quali mantenere la presenza negli stessi procedimenti dei componenti esperti laici, considerato l'importante contributo multidisciplinare che hanno sinora apportato.
9/3289/29. Dori, Timbro.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 24, reca principi e criteri direttivi per l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, tramite la riorganizzazione del funzionamento e delle competenze del tribunale per i minorenni;

    in particolare, tra i criteri di delega, quello di cui all'articolo 1, comma 24, lettera n) prevede che tanto i procedimenti in materia di separazione, divorzio e regolamentazione dell'affido di figli nati fuori dal matrimonio quanto quelli in tema di decadenza e sospensione dalla responsabilità genitoriale previsti dagli articoli 330 e seguenti del codice civile vengano trattati dalla sezione circondariale, che giudica in composizione monocratica;

    i criteri di delega appaiono tuttavia sottovalutare il valore della collegialità in alcuni ambiti particolarmente delicati, come avviene per l'area della tutela dei minori dalle situazioni di pregiudizio in cui gli stessi versano;

    la garanzia della collegialità appare infatti una risorsa per intervenire in materie che incidono in modo profondo sulla vita delle persone di minore età coinvolte, con particolare riferimento alle decisioni inerenti alla così detta «area del pregiudizio», grazie al confronto tra i componenti del collegio nell'ambito della camera di consiglio;

    del pari, nell'ambito dei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni la presenza dei giudici onorari, componenti privati selezionati tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia e di sociologia, ha contribuito a un significativo apporto culturale trasversale che si è rivelato essere indispensabile per salvaguardare l'esigenza di un approccio multidisciplinare alla materia;

    la Corte costituzionale, in linea con un consolidato orientamento della Consulta, nella sentenza n. 139 del 2020 al punto 4.6.1 scrive: «nella prospettiva dell'adeguata protezione della gioventù di cui all'articolo 31, secondo comma, Costituzione, la preminente funzione rieducativa del procedimento penale minorile trovi una fondamentale rispondenza nella particolare composizione “mista” del giudice specializzato, arricchito dalla dialettica interna tra la componente togata e quella esperta: “è infatti grazie alle competenze scientifiche dei soggetti che compongono il collegio giudicante che viene svolta una corretta valutazione delle particolari situazioni dei minori...” (sentenza n. 310 del 2008). Invero, “la specializzazione del giudice minorile, finalizzata alla protezione della gioventù sancita dalla Costituzione, è assicurata dalla struttura complessiva di tale organo giudiziario, qualificato dall'apporto degli esperti laici”» (ordinanza n. 330 del 2003),

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal disegno di legge, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, e a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in questo ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/29. (Testo modificato nel corso della seduta)Dori, Timbro.


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 23, lettera gg), dell'articolo 1 del disegno di legge in esame mira a riformare la disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla legge 4 maggio 1983, n. 184;

    nel corso dei lavori e delle audizioni fin qui svolte dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, sono emerse diverse esigenze e criticità del sistema degli affidi;

    la situazione richiede misure correttive in particolare riguardo a tematiche quali l'affido familiare, la formazione dei soggetti coinvolti, il ruolo degli enti locali, il controllo delle comunità di tipo familiare, il legame tra i minori e la famiglia d'origine, nonché il sostegno delle famiglie che adottano,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile a favorire la formazione permanente di tutti i soggetti coinvolti nell'affido di minori, quali operatori dei servizi sociali, giudici minorili, avvocati e curatori dei minori;

   a promuovere e valorizzare l'istituto dell'affido familiare impegnando risorse per garantire formazione, sostegno economico e assistenza continua alle famiglie affidatarie;

   incentivare i comuni a incrementare l'offerta dei servizi per i minori collocati fuori dalla famiglia d'origine nell'ottica del miglior interesse del bambino e nel rispetto dell'autonomia degli enti locali;

   a introdurre l'obbligo per il giudice di sentire i genitori naturali, gli affidatari o i collocatari, nonché il tutore del minore in ogni procedimento riguardante l'allontanamento dei minori;

   a prevedere che i genitori possano sentire telefonicamente o a mezzo di videochiamata, ovvero incontrare almeno ogni 10 giorni i figli minori allontanati dalla famiglia d'origine, salvo diverse disposizioni dell'autorità giudiziaria;

   a mettere in atto politiche di sostegno e assistenza alle famiglie adottive che hanno figli in età adolescenziale.

   ad adottare iniziative di carattere normativo volte a conferire ai procuratori presso i tribunali per i minorenni poteri di controllo sulle comunità di tipo familiare che accolgono minori, compreso il potere di chiusura delle stesse o di sospensione dei servizi da queste erogati, nonché la facoltà di delegare i poteri di controllo a magistrati onorari o alle forze dell'ordine;
9/3289/30. Cavandoli.


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 23, lettera gg), dell'articolo 1 del disegno di legge in esame mira a riformare la disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla legge 4 maggio 1983, n. 184;

    nel corso dei lavori e delle audizioni fin qui svolte dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, sono emerse diverse esigenze e criticità del sistema degli affidi;

    la situazione richiede misure correttive in particolare riguardo a tematiche quali l'affido familiare, la formazione dei soggetti coinvolti, il ruolo degli enti locali, il controllo delle comunità di tipo familiare, il legame tra i minori e la famiglia d'origine, nonché il sostegno delle famiglie che adottano,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile a favorire la formazione permanente di tutti i soggetti coinvolti nell'affido di minori, quali operatori dei servizi sociali, giudici minorili, avvocati e curatori dei minori;

   a promuovere e valorizzare l'istituto dell'affido familiare impegnando risorse per garantire formazione, sostegno economico e assistenza continua alle famiglie affidatarie;

   incentivare i comuni a incrementare l'offerta dei servizi per i minori collocati fuori dalla famiglia d'origine nell'ottica del miglior interesse del bambino e nel rispetto dell'autonomia degli enti locali;

   a introdurre l'obbligo per il giudice di sentire i genitori naturali, gli affidatari o i collocatari, nonché il tutore del minore in ogni procedimento riguardante l'allontanamento dei minori;

   a mettere in atto politiche di sostegno e assistenza alle famiglie adottive che hanno figli in età adolescenziale.
9/3289/30. (Testo modificato nel corso della seduta)Cavandoli.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    in particolare, il comma 4 dell'articolo 1 stabilisce principi e criteri direttivi per la modifica delle discipline delle procedure di mediazione e di negoziazione assistita dagli avvocati che mirano inequivocabilmente a rafforzare e promuovere gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al contenzioso e a spostare la definizione dei conflitti tra le parti al di fuori del processo; alla stessa finalità di definire la controversia prima e altrove rispetto alla stesura della sentenza si ispira, senza dubbio, anche la disposizione di cui all'articolo 1, comma 5, lettera m), che prevede la modifica dell'attuale articolo 185-bis del codice di procedura civile nel senso di attribuire al giudice la possibilità di formulare una proposta di conciliazione fino al momento in cui trattiene la causa in decisione;

    ebbene, si ritiene che il medesimo obiettivo deflattivo del contenzioso possa essere efficacemente ottenuto anche attraverso modifiche normative che possano rafforzare gli strumenti di cui all'articolo 692 e 696-bis del codice di procedura civile nei termini che seguono:

     a) introdurre l'articolo 692-bis nel codice di procedura civile finalizzato a consentire l'assunzione preventiva di una prova testimoniale anche al di fuori delle condizioni di cui all'articolo 692 del codice di procedura civile al precipuo fine di addivenire alla composizione bonaria della lite. Si ritiene, infatti, che una volta cristallizzata la prova sull'andebeatur, le parti siano più propense ad addivenire ad una immediata soluzione transattiva della controversia evitando di intraprendere un processo ordinario di cognizione prevedibilmente lungo e costoso;

     b) nel procedimento di consulenza tecnica preventiva, introdurre all'articolo 696-bis del codice di procedura civile, un ulteriore comma che preveda che, a seguito del deposito della relazione del consulente tecnico d'ufficio, venga fissata un'udienza di comparizione personale delle parti in seno alla quale il Giudice formuli una proposta conciliativa sulla base degli esiti della consulenza tecnica. A tale ultimo fine, il Giudice potrà disporre di rinviare l'udienza, per una sola volta ed entro un termine non superiore ai giorni venti dall'ultima udienza, per consentire alle parti di aderire alla proposta conciliativa anche a mezzo di dichiarazione sottoscritta con firma digitale depositata telematicamente entro il medesimo termine;

    tali innovazioni normative sarebbero coerenti rispetto agli obiettivi che l'impianto della riforma del processo civile si prefigge, rispondendo alla esigenza di ridurre i tempi del processo civile e di garantire una maggiore efficienza nell'amministrazione della giustizia come richiesto dall'Unione europea e in conformità alle finalità del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per assicurare la ragionevole durata del processo civile, occorre non solo ridurre quantitativamente il contenzioso (attraverso i metodi alternativi di componimento della lite o la degiurisdizionalizzazione), o comprimere i tempi del processo ordinario di cognizione (incidendo su poteri delle parti e regime delle preclusioni), ma è necessario anche valorizzare e sfruttare tutte le potenzialità degli strumenti già presenti nel nostro ordinamento e già collaudati dagli operatori del diritto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di emanazione dei decreti legislativi attuativi del disegno di legge delega in esame, di introdurre modifiche normative, nell'ambito della disciplina dei procedimenti di istruzione preventiva di cui agli articoli 692 e seguenti del codice di procedura civile, nei termini e per la realizzazione degli obiettivi di cui in premessa.
9/3289/31. Giuliano, D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    in particolare, il comma 4 dell'articolo 1 stabilisce principi e criteri direttivi per la modifica delle discipline delle procedure di mediazione e di negoziazione assistita dagli avvocati che mirano inequivocabilmente a rafforzare e promuovere gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al contenzioso e a spostare la definizione dei conflitti tra le parti al di fuori del processo; alla stessa finalità di definire la controversia prima e altrove rispetto alla stesura della sentenza si ispira, senza dubbio, anche la disposizione di cui all'articolo 1, comma 5, lettera m), che prevede la modifica dell'attuale articolo 185-bis del codice di procedura civile nel senso di attribuire al giudice la possibilità di formulare una proposta di conciliazione fino al momento in cui trattiene la causa in decisione;

    ebbene, si ritiene che il medesimo obiettivo deflattivo del contenzioso possa essere efficacemente ottenuto anche attraverso modifiche normative che possano rafforzare gli strumenti di cui all'articolo 692 del codice di procedura civile nei termini che seguono: introdurre l'articolo 692-bis nel codice di procedura civile finalizzato a consentire l'assunzione preventiva di una prova testimoniale anche al di fuori delle condizioni di cui all'articolo 692 del codice di procedura civile al precipuo fine di addivenire alla composizione bonaria della lite. Si ritiene, infatti, che una volta cristallizzata la prova sull'andebeatur, le parti siano più propense ad addivenire ad una immediata soluzione transattiva della controversia evitando di intraprendere un processo ordinario di cognizione prevedibilmente lungo e costoso;

    tali innovazioni normative sarebbero coerenti rispetto agli obiettivi che l'impianto della riforma del processo civile si prefigge, rispondendo alla esigenza di ridurre i tempi del processo civile e di garantire una maggiore efficienza nell'amministrazione della giustizia come richiesto dall'Unione europea e in conformità alle finalità del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per assicurare la ragionevole durata del processo civile, occorre non solo ridurre quantitativamente il contenzioso (attraverso i metodi alternativi di componimento della lite o la degiurisdizionalizzazione), o comprimere i tempi del processo ordinario di cognizione (incidendo su poteri delle parti e regime delle preclusioni), ma è necessario anche valorizzare e sfruttare tutte le potenzialità degli strumenti già presenti nel nostro ordinamento e già collaudati dagli operatori del diritto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di emanazione dei decreti legislativi attuativi del disegno di legge delega in esame, di introdurre modifiche normative, nell'ambito della disciplina dei procedimenti di istruzione preventiva di cui agli articoli 692 e seguenti del codice di procedura civile, nei termini e per la realizzazione degli obiettivi di cui in premessa.
9/3289/31. (Testo modificato nel corso della seduta)Giuliano, D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    il disegno di legge in esame opera degli interventi anche sul codice civile. Ebbene, nell'ambito del codice civile, sarebbe necessario intervenire sull'articolo 58 c.c., in materia di dichiarazione di morte presunta dell'assente;

    la morte presunta è un particolare tipo di accertamento al quale si ricorre quando sono trascorsi almeno dieci anni dal giorno in cui risale l'ultima notizia della persona scomparsa. Può accadere che di un soggetto non si abbiano più notizie; a questa situazione può seguire la dichiarazione di assenza (nell'ipotesi in cui la scomparsa duri da almeno due anni) alla quale seguono una serie di effetti che vanno a vantaggio di coloro che potrebbero essere i successori dello scomparso o dell'assente. Tutti i provvedimenti sopraccitati, però, hanno un carattere temporaneo e sono finalizzati alla conservazione del patrimonio dell'assente. Quando però la scomparsa dura da molti anni, è necessario far cessare questa situazione d'incertezza e di temporaneità, e per questo la legge prevede l'ipotesi della morte presunta, consentendo ai soggetti interessati di rivolgersi al Tribunale per ottenere una sentenza che dichiari la morte presunta dello scomparso (si parla di morte «presunta» in quanto non si è riusciti ad ottenere la prova della morte naturale);

    per poter ottenere la dichiarazione di morte presunta dal Tribunale: devono essere trascorsi almeno dieci anni dal giorno in cui risale l'ultima notizia dell'assente; è necessario presentare un'istanza al Tribunale competente con la quale si chieda la dichiarazione di morte presunta; l'istanza deve essere presentata dal pubblico ministero o dai soggetti legittimati (eredi, legatari, donatari e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti dipendenti dalla morte dello scomparso nonché coloro che per effetto della morte dell'assente sarebbero liberati da obbligazioni quali debiti ecc.); la sentenza è pronunciata dal Tribunale del luogo dell'ultima residenza o dell'ultimo domicilio dello scomparso;

    può essere dichiarata anche se sia mancatala dichiarazione di assenza da parte del Tribunale; in definitiva, con la dichiarazione di morte presunta si attua un mezzo di accertamento indiretto della morte di un soggetto ed appare chiaro dalla lettura dell'articolo 58 che i presupposti richiesti dal legislatore sono: l'accertamento della sparizione di un soggetto a un dato momento e l'assoluta carenza di notizie per dieci anni;

    dalla disciplina così come configurata, attualmente all'interno del nostro ordinamento, emerge come il termine di dieci anni sia un termine troppo lungo che aggrava il dolore e la tragedia di tante famiglie di soggetti scomparsi che vedono le loro vite congelate per questo lungo periodo; il numero delle persone scomparse in Italia è in sensibile aumento, in particolare allarmano i dati riguardanti i minori. Il Ministero dell'Interno e il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse hanno diramato i dati relativi al periodo 1° agosto 2020-31 luglio 2021. Le persone scomparse denunciate sono state 17.156 e di queste ben 10,505 sono minori (rientrano tra i minori tutti coloro che alla data della scomparsa avevano un'età inferiore a 18 anni). Ad oggi, delle 17.156 persone scomparse denunciate ne sono state ritrovate 8.593, mentre continuano le ricerche di 8.563 persone di cui ben 6.297. sono minori. I freddi numeri lanciano un preoccupante allarme per il considerevole aumento delle persone scomparse nell'ultimo anno. Secondo i dati, dal 1° agosto del 2019 al 31 luglio del 2020 era stata denunciata la scomparsa di 13.138 persone, di queste 7.250 erano minori, le persone ritrovate sono state 8.299. Nell'anno in corso, si nota che sono aumentate le denunce di scomparsa di ben 4.018 unità (2019-2020 13.138; 2020-2021 17.156): il fenomeno riguarda in particolar modo i minori che segnano un aumento delle denunce degli scomparsi di 3,255 unità;

    dai dati sopra esposti, si evince che quello delle persone scomparse è un fenomeno di grave allarme sociale, nonostante la maggior parte venga ritrovata dopo pochi giorni. Sono numerose le famiglie che hanno vissuto e vivono l'esperienza della scomparsa di un proprio congiunto e del quale non si hanno più notizie;

    in ragione di quanto esposto, urge pertanto modificare il primo comma dell'articolo 58 del codice civile in modo da portare il termine dagli attuali dieci anni richiesti a cinque anni, periodo ritenuto più che congruo alle esigenze di migliaia di famiglie italiane che si trovano ad affrontare queste tragedie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il primo comma dell'articolo 58 del codice civile in modo da portare il termine dagli attuali dieci anni richiesti a cinque anni, periodo ritenuto più che congruo rispetto alle esigenze di migliaia di famiglie italiane che si trovano ad affrontare la tragedia di un proprio familiare scomparso.
9/3289/32. Ascari.


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 4 dell'articolo 1 individua principi e criteri direttivi per la modifica degli istituti di risoluzione alternativa delle controversie della mediazione delle controversie civili e commerciali e della negoziazione assistita;

    in particolare, il Governo è delegato ad incentivare il ricorso a tali strumenti, adottando un testo unico in materia di procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie, aumentando gli incentivi fiscali, estendendo a tali istituti l'applicabilità del gratuito patrocinio, estendendo l'ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, favorendo la partecipazione delle parti a tali procedure, anche con modalità telematiche, disciplinando le attività di istruzione stragiudiziale, potenziando la formazione e l'aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici;

    la lettera a) individua alcuni principi e criteri direttivi per il riordino e la semplificazione degli incentivi fiscali riconosciuti dall'ordinamento, a fronte delle spese sostenute nei procedimenti di stragiudiziali di risoluzione delle controversie;

    nello specifico, si delega il Governo a monitorare i limiti della spesa previsti per l'attuazione di queste disposizioni al fine di prevedere – al verificarsi di scostamenti dai predetti limiti di spesa – l'incremento del contributo unificato a copertura delle ulteriori spese emerse in sede di monitoraggio; l'onere, stimato in 4,4 milioni di euro per il 2022 e 60,6 milioni di euro a decorrere dal 2023, è coperto dall'articolo 1 comma 39;

    la norma suddetta prevede la seguente copertura: quanto a 4,4 milioni per il 2022 e a 15 milioni annui dal 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economia; quanto a 15 milioni annui dal 2023 mediante corrispondete riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili; quanto a 30,6 milioni annui dal 2023 mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di considerare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, per il caso di scostamenti rispetto al limite di spesa destinato alle misure previste dall'articolo 1, comma 4, lettera a), modalità di copertura alternative all'aumento del contributo unificato di iscrizione a ruolo.
9/3289/33. Martinciglio, D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    l'articolo 1, comma 17, reca principi e criteri direttivi per la modifica di disposizioni relative a tutti i procedimenti civili al fine di renderli più celeri ed efficienti. Specifiche disposizioni concernono inoltre il riordino e l'implementazione delle disposizioni in materia di processo civile telematico e, in particolare, in tema di udienze da remoto e a trattazione scritta, nonché di efficacia di provvedimenti emessi in via cautelare;

    in particolare, desta preoccupazione e perplessità la previsione di cui alla lettera p) per cui nei procedimenti di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno le udienze per l'esame dell'interdicendo, dell'inabilitando o della persona per la quale sia richiesta la nomina di amministratore di sostegno sia di regola prevista la comparizione personale del soggetto destinatario della misura di protezione, con facoltà per il giudice – nelle ipotesi in cui la comparizione personale potrebbe arrecare grave pregiudizio per il soggetto destinatario della misura – di disporre l'udienza con modalità di collegamento da remoto mediante collegamenti audiovisivi a distanza, individuati e regolati con provvedimento del Ministero della giustizia;

    gli istituti dell'interdizione, dell'inabilitazione e dell'amministrazione di sostegno, sono rivolti alla tutela delle persone che non sono in grado di provvedere da sole ai propri interessi o per infermità mentale o per altri motivi;

    ebbene, in tali casi in cui è necessaria una seria e ponderata valutazione degli interessi in gioco attinenti la condizione psico-fisica di ogni persona, dovrebbe essere il giudice a recarsi fisicamente presso il destinatario della misura, e non disporre l'udienza con modalità di collegamento da remoto, al fine di rendere una attenta ed equilibrata decisione sulla questione all'esame del giudice,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di considerare l'opportunità di modificare, attraverso ulteriori iniziative normative, la previsione di cui all'articolo 1, comma 17, lettera p), disponendo che, nell'ipotesi oggetto di tale previsione, sia il giudice a recarsi fisicamente presso il destinatario della misura, senza disporre l'udienza con modalità di collegamento da remoto.
9/3289/34. Sarti, D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    il comma 24 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, enuncia princìpi e criteri direttivi per l'istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l'attuale tribunale per i minorenni (acquisendo dunque competenze sia civili che penali) e ad assorbire le competenze civili del tribunale ordinario in materia di stato e capacità delle persone e famiglia. Il tribunale si articolerà in una sezione distrettuale, costituita presso ciascuna sede di corte di appello, e sezioni circondariali, costituite presso ogni sede di tribunale ordinario del distretto; in base alle nuove disposizioni, questo tribunale in alcuni procedimenti civili di propria competenza (lettera a) e successive, e in particolare lettera n) del comma 24), giudicherà in composizione monocratica; l'abbandono della collegialità e della multidisciplinarietà nella decisione di alcune delicatissime controversie in materia di famiglia e minori (si tratta dei procedimenti ai sensi degli articoli 330-333 del codice civile, riguardanti la tutela del minore mediante interventi limitativi o, nei casi più gravi, ablativi della responsabilità genitoriale o dei provvedimenti di allontanamento urgente del minore ex articolo 403 del codice civile, procedimenti che oggi sono trattati dai tribunali per i minorenni da 4 magistrati – due togati e due onorari – e che invece con la proposta di modifica verrebbero affidati a un solo giudice) non è condivisibile, e desta perplessità anche nella maggior parte dei soggetti auditi in Commissione Giustizia in occasione dell'esame della delega sulla riforma del processo civile, tra cui la stessa Autorità Garante per l'infanzia e l'Adolescenza;

    quest'ultima ha precisato che: «l'assegnazione delle delicatissime cause minorili a un giudice monocratico...priva l'organo giudicante delle garanzie della collegialità e della multidisciplinarietà, necessarie per interventi in materie così delicate che incidono in modo profondo sulla vita dei minori coinvolti. La delicatezza e la complessità della questione porta, infatti, a ritenere che le stesse debbono essere trattate in composizione collegiale, in modo da consentire il confronto dei giudici togati con i giudici onorari la cui funzione arricchisce di interdisciplinarietà e competenze specialistiche i procedimenti a tutela dell'infanzia, connotate sovente da multi problematicità. Neanche può ritenersi che la collegialità, nel senso della multidisciplinarietà, possa essere recuperata in appello, in quanto il gravame è meramente eventuale e, in ogni caso, secondo la proposta in esame, in tale fase del giudizio la componente onoraria sarebbe comunque assente. Inoltre secondo la lettera n) del comma 24, le sezioni distrettuali giudicano in prima istanza in composizione collegiale, con collegio composto da togati e onorari, solo per i procedimenti in materia di adozione di cui ai titoli IL, III, e IV, della legge n. 184 del 1983. Restano esclusi tutti gli altri procedimenti parimenti dedicati e incisivi per la vita dei minorenni, per i quali non viene garantita tale composizione rafforzata, quale garanzia delle diverse competenze necessarie per comprendere e assumere decisioni complesse che incidono sulla vita dei bambini e dei ragazzi e sulle loro famiglie. Si osserva infine che l'assegnazione dei suddetti procedimenti a un giudice monocratico potrebbe comportare un incremento delle consulenze tecniche d'ufficio con conseguente allungamento dei tempi e aggravio dei costi per le famiglie e per l'erario (nel sistema minorile molte famiglie fragili presentano i requisiti per essere ammesse al patrocinio a spese dello stato).»;

    il professore Giuliano Scarselli conferma anch'egli che «La delicatezza dei provvedimenti, sconsiglia che questi possano essere decisi da un giudice monocratico»;

    anche l'Associazione Amici dei bambini non trova condivisibile «la scelta del Giudice monocratico nelle sedi circondariali lasciando che collegialità e pluralismo di competenze, che caratterizza l'attuale lavoro dei Tribunali per i Minorenni, siano applicate dai Tribunali distrettuali solo in sede di “ricorso” per decisioni relative a minorenni (comprese quelle attinenti ai minorenni fuori famiglia per l'affidamento temporaneo e sue proroghe) in cui il fattore tempo è determinante»; il Tavolo di lavoro delle associazioni nazionali e delle reti nazionali e regionali di famiglie affidatarie – Tavolo nazionale affido saluta con favore «L'istituzione di un unico e specializzato organo giudicante e requirente, indirizzato a superare l'odierna frammentazione tra Tribunali ordinari e Tribunali per i minorenni, di competenze in materia minorile e della famiglia» ma «con il presupposto di garanzia dei principi della collegialità e della multidisciplinarietà, fondamentali per l'assunzione di decisioni delicate e complesse che segnano profondamente la vita dei minori coinvolti». E aggiunge che «trattasi di provvedimenti estremamente rilevanti e incisivi sulla vita del minore interessato e che, se assunti da un unico giudice, determinano la dispersione del complesso di saperi e professionalità coltivate nel tempo dai Tribunali per i minorenni. A tal proposito bisogna rilevare che il giudice monocratico, di prossimità, operando in un territorio circoscritto, di fronte a decisioni difficili e determinanti, dovrà essere capace di assumersi tutte le responsabilità, senza lasciarsi influenzare da eventuali rischi determinati anche dall'esposizione mediatica». E «in virtù di una eliminazione dell'interdisciplinarietà e della collegialità, vi sarà un proliferare generalizzato del ricorso alle consulenze tecniche d'ufficio (C.T.U.) che, non solo rendono i tempi di decisione più lunghi ed aggravano i costi sia per le famiglie che per l'erario (ovvero per tutti quei soggetti ammessi al patrocinio dello Stato), ma si caratterizza anche come un sistema che trascura la velocità del mutamento delle situazioni familiari»;

    l'A.I.M.M.F. (Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia) evidenzia le «criticità legate al mancato rispetto di principi costituzionali e delle indicazioni europee con specifico riferimento alla perdita della collegialità multidisciplinare che in questa legge delega scompare proprio in ordine alle scelte più gravi per la vita dei minori e delle loro famiglie». E precisa che «La ministra non ha accolto la richiesta di uno stralcio, tuttavia, nel condividere le nostre riflessioni, ha garantito il suo impegno personale nel trovare il modo di introdurre l'elemento della collegialità e della multidisciplinarietà, laddove assente nella legge delega, quantomeno in riferimento alle procedure più delicate e drammatiche». Esprimono, anche loro, «la preoccupazione sul fatto che un giudice da solo, senza il conforto del collegio e della componente onoraria, sarà costretto a decidere situazioni gravissime senza confrontarsi nella discussione in camera di consiglio, senza poter condividere con i colleghi togati e onorari il peso e la responsabilità di scelte legate a situazioni familiari estreme, scelte dolorose anche per il giudice, con il rischio di sbagliare per troppo interventismo o per inerzia. Non importa che sia previsto il reclamo: i bambini hanno bisogno di interventi protettivi ed equilibrati, non possono attendere le ragioni degli adulti, ne hanno bisogno subito come prima scelta, non dopo una impugnazione. Il giudice monocratico solo, senza la preziosa componente onoraria che grazie alla sua competenza facilita la comprensione della particolarità delle vicende umane, rischierà anche di appiattirsi sulle proposte dei servizi e di aderire acriticamente ai loro progetti, senza esercitare alcun controllo critico, o rischia al contrario di non decidere. In entrambi i casi si cagionerà la mancata tutela del minore. Aggiungo che la collocazione circondariale di un giudice che può assumere scelte anche molto incisive, tanto enfatizzata con riguardo alla prossimità, può creare al contrario pericolose contiguità con i servizi locali tanto da attenuarne il controllo e ne evidenzia l'esposizione a rischi personali. Lavorerà infatti non solo nelle sedi metropolitane, ma spesso in piccole città, dove tutti lo conoscono, sanno dove abita, dove manda i figli a scuola, in quale supermercato fa la spesa. Un conto è allontanare a Varese o a Lodi, un conto a Locri, Patti o Paola. Nel caso dovesse allontanare un minore da una famiglia criminale, o psichiatrica o gravemente reattiva, sarà facilmente raggiungibile e rischierà conseguenze gravi, potrebbe anche astenersi dall'allontanare, perché non gli si può chiedere di essere un eroe, ci sarà un reclamo del PMM, ma intanto chi ne farà le spese saranno i bambini non protetti adeguatamente e tempestivamente»;

    l'Anfaa, l'Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie «esprime in particolare la propria contrarietà ad una riforma che propone di eliminare l'attuale sistema presente all'interno dei Tribunali per i minorenni, laddove le decisioni sono sempre assunte da un collegio multidisciplinare composto da quattro giudici di cui due magistrati (giudici togati) e due esperti nelle scienze umane (giudici onorari). Decisioni difficilissime come allontanamenti, limitazioni della responsabilità genitoriale tali anche da determinare un affidamento e decadenza dalla responsabilità genitoriale, decisioni che incidono in modo profondo sulla vita dei minori coinvolti, sarebbero assunte da un giudice solo, arrivando a disperdere il patrimonio di conoscenze e di specializzazioni maturate nel tempo dai Tribunali per i minorenni, patrimonio professionale e culturale costruito in anni di attività di questo organo». Anche questa associazione si sofferma sul fatto che «l'assegnazione ad un giudice monocratico dei suddetti procedimenti, verosimilmente porterebbe ad un incremento delle consulenze tecniche d'ufficio (C.T.U.) che, oltre all'allungamento dei tempi e ad un aggravio dei costi per le famiglie e per l'erario (per tutti quei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato), è un sistema che non tiene conto della velocità con cui mutano le situazioni familiari»;

    e, infine, anche per il Forum delle Associazioni Familiari «la previsione del giudice monocratico è sicuramente uno degli aspetti di maggiore criticità del disegno di legge». E sottolinea che «nell'esperienza del passato la collegialità e la multidisciplinarietà, come confronto tra giudici togati ed onorari, ha caratterizzato l'attività dei Tribunali per i Minorenni, costruendo negli anni un patrimonio giurisdizionale e culturale significativo, come sottolineato anche dalla Ministra Marta Cartabia (Convegno nazionale AEMMF del 23/04/2021 ) e una specializzazione indispensabile riguardo le tematiche minorili, svolgendo il giudice minorile il proprio ruolo, anche decisionale, con il coinvolgimento di psicologi, psichiatri, educatori, assistenti sociali, considerati una risorsa imprescindibile. L'assegnazione al giudice monocratico delle decisioni in merito all'affidamento familiare come da titolo 1 e 1-bis legge n. 184 del 1983, sembra prefigurare una modalità in cui le situazioni dei minori siano definibili e statiche. L'esperienza di accoglienza dei minori in affidamento ci dimostra invece che le situazioni familiari dei minori in affido sono estremamente variabili e volubili. Avviene che, nell'ambito di un procedimento ex articolo 330 e seguenti del codice civile, emergano circostanze tali per cui il Pubblico Ministero proceda al deposito di ricorso per l'apertura di un procedimento di adottabilità. In questi casi la valutazione della storia del bambino, il suo percorso, la sua famiglia, i suoi legami passerà ad un altro giudice, precisamente al collegio competente per i procedimenti d'adottabilità, che dovrà riesaminare gli atti, le relazioni del territorio, le audizioni delle parti con inevitabile allungamento dei tempi processuali»;

    non si comprende, poi, questa scelta di abbandonare i principi della collegialità e della multidisciplinarietà, quando questi sono raccomandati dalle stesse Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 17 novembre 2010, ove ai punti da 16 a 18 delle linee guida si incoraggiano gli Stati membri a rafforzare l'approccio interdisciplinare quando si opera con i minori;

    pertanto alla luce di quanto esposto, abbandonare il principio della collegialità e della multidisciplinarietà sarebbe un grave errore. Serve, invece, ribadire la necessità che ad occuparsi dei minori siano persone particolarmente competenti, in grado di tenere conto della multi-fattorialità, di avere uno sguardo prognostico, di leggere i bisogni del bambino e i suoi legami, al fine di arrivare a formulare un progetto adeguato, in ordine all'età e al cammino di crescita;

    da qui la necessità che a decidere ci sia una pluralità di giudici e l'importanza della presenza dei giudici onorari all'interno del collegio giudicante;

    non si può tacere, inoltre, che nell'istituire il nuovo «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», la legge delega all'esame dimentica del tutto di disciplinare la sorte della competenza amministrativa pure propria del tribunale per i minorenni, giusto quanto previsto dal regio decreto-legge n. 1404 del 1934, Parte III, recante «Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di considerare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disposizione di cui all'articolo 1, comma 24, in conformità a quanto osservato in premessa.
9/3289/35. Palmisano, D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    il comma 24 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, enuncia princìpi e criteri direttivi per l'istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l'attuale tribunale per i minorenni (acquisendo dunque competenze sia civili che penali) e ad assorbire le competenze civili del tribunale ordinario in materia di stato e capacità delle persone e famiglia. Il tribunale si articolerà in una sezione distrettuale, costituita presso ciascuna sede di corte di appello, e sezioni circondariali, costituite presso ogni sede di tribunale ordinario del distretto; in base alle nuove disposizioni, questo tribunale in alcuni procedimenti civili di propria competenza (lettera a) e successive, e in particolare lettera n) del comma 24), giudicherà in composizione monocratica; l'abbandono della collegialità e della multidisciplinarietà nella decisione di alcune delicatissime controversie in materia di famiglia e minori (si tratta dei procedimenti ai sensi degli articoli 330-333 del codice civile, riguardanti la tutela del minore mediante interventi limitativi o, nei casi più gravi, ablativi della responsabilità genitoriale o dei provvedimenti di allontanamento urgente del minore ex articolo 403 del codice civile, procedimenti che oggi sono trattati dai tribunali per i minorenni da 4 magistrati – due togati e due onorari – e che invece con la proposta di modifica verrebbero affidati a un solo giudice) non è condivisibile, e desta perplessità anche nella maggior parte dei soggetti auditi in Commissione Giustizia in occasione dell'esame della delega sulla riforma del processo civile, tra cui la stessa Autorità Garante per l'infanzia e l'Adolescenza;

    quest'ultima ha precisato che: «l'assegnazione delle delicatissime cause minorili a un giudice monocratico...priva l'organo giudicante delle garanzie della collegialità e della multidisciplinarietà, necessarie per interventi in materie così delicate che incidono in modo profondo sulla vita dei minori coinvolti. La delicatezza e la complessità della questione porta, infatti, a ritenere che le stesse debbono essere trattate in composizione collegiale, in modo da consentire il confronto dei giudici togati con i giudici onorari la cui funzione arricchisce di interdisciplinarietà e competenze specialistiche i procedimenti a tutela dell'infanzia, connotate sovente da multi problematicità. Neanche può ritenersi che la collegialità, nel senso della multidisciplinarietà, possa essere recuperata in appello, in quanto il gravame è meramente eventuale e, in ogni caso, secondo la proposta in esame, in tale fase del giudizio la componente onoraria sarebbe comunque assente. Inoltre secondo la lettera n) del comma 24, le sezioni distrettuali giudicano in prima istanza in composizione collegiale, con collegio composto da togati e onorari, solo per i procedimenti in materia di adozione di cui ai titoli IL, III, e IV, della legge n. 184 del 1983. Restano esclusi tutti gli altri procedimenti parimenti dedicati e incisivi per la vita dei minorenni, per i quali non viene garantita tale composizione rafforzata, quale garanzia delle diverse competenze necessarie per comprendere e assumere decisioni complesse che incidono sulla vita dei bambini e dei ragazzi e sulle loro famiglie. Si osserva infine che l'assegnazione dei suddetti procedimenti a un giudice monocratico potrebbe comportare un incremento delle consulenze tecniche d'ufficio con conseguente allungamento dei tempi e aggravio dei costi per le famiglie e per l'erario (nel sistema minorile molte famiglie fragili presentano i requisiti per essere ammesse al patrocinio a spese dello stato).»;

    il professore Giuliano Scarselli conferma anch'egli che «La delicatezza dei provvedimenti, sconsiglia che questi possano essere decisi da un giudice monocratico»;

    anche l'Associazione Amici dei bambini non trova condivisibile «la scelta del Giudice monocratico nelle sedi circondariali lasciando che collegialità e pluralismo di competenze, che caratterizza l'attuale lavoro dei Tribunali per i Minorenni, siano applicate dai Tribunali distrettuali solo in sede di “ricorso” per decisioni relative a minorenni (comprese quelle attinenti ai minorenni fuori famiglia per l'affidamento temporaneo e sue proroghe) in cui il fattore tempo è determinante»; il Tavolo di lavoro delle associazioni nazionali e delle reti nazionali e regionali di famiglie affidatarie – Tavolo nazionale affido saluta con favore «L'istituzione di un unico e specializzato organo giudicante e requirente, indirizzato a superare l'odierna frammentazione tra Tribunali ordinari e Tribunali per i minorenni, di competenze in materia minorile e della famiglia» ma «con il presupposto di garanzia dei principi della collegialità e della multidisciplinarietà, fondamentali per l'assunzione di decisioni delicate e complesse che segnano profondamente la vita dei minori coinvolti». E aggiunge che «trattasi di provvedimenti estremamente rilevanti e incisivi sulla vita del minore interessato e che, se assunti da un unico giudice, determinano la dispersione del complesso di saperi e professionalità coltivate nel tempo dai Tribunali per i minorenni. A tal proposito bisogna rilevare che il giudice monocratico, di prossimità, operando in un territorio circoscritto, di fronte a decisioni difficili e determinanti, dovrà essere capace di assumersi tutte le responsabilità, senza lasciarsi influenzare da eventuali rischi determinati anche dall'esposizione mediatica». E «in virtù di una eliminazione dell'interdisciplinarietà e della collegialità, vi sarà un proliferare generalizzato del ricorso alle consulenze tecniche d'ufficio (C.T.U.) che, non solo rendono i tempi di decisione più lunghi ed aggravano i costi sia per le famiglie che per l'erario (ovvero per tutti quei soggetti ammessi al patrocinio dello Stato), ma si caratterizza anche come un sistema che trascura la velocità del mutamento delle situazioni familiari»;

    l'A.I.M.M.F. (Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia) evidenzia le «criticità legate al mancato rispetto di principi costituzionali e delle indicazioni europee con specifico riferimento alla perdita della collegialità multidisciplinare che in questa legge delega scompare proprio in ordine alle scelte più gravi per la vita dei minori e delle loro famiglie». E precisa che «La ministra non ha accolto la richiesta di uno stralcio, tuttavia, nel condividere le nostre riflessioni, ha garantito il suo impegno personale nel trovare il modo di introdurre l'elemento della collegialità e della multidisciplinarietà, laddove assente nella legge delega, quantomeno in riferimento alle procedure più delicate e drammatiche». Esprimono, anche loro, «la preoccupazione sul fatto che un giudice da solo, senza il conforto del collegio e della componente onoraria, sarà costretto a decidere situazioni gravissime senza confrontarsi nella discussione in camera di consiglio, senza poter condividere con i colleghi togati e onorari il peso e la responsabilità di scelte legate a situazioni familiari estreme, scelte dolorose anche per il giudice, con il rischio di sbagliare per troppo interventismo o per inerzia. Non importa che sia previsto il reclamo: i bambini hanno bisogno di interventi protettivi ed equilibrati, non possono attendere le ragioni degli adulti, ne hanno bisogno subito come prima scelta, non dopo una impugnazione. Il giudice monocratico solo, senza la preziosa componente onoraria che grazie alla sua competenza facilita la comprensione della particolarità delle vicende umane, rischierà anche di appiattirsi sulle proposte dei servizi e di aderire acriticamente ai loro progetti, senza esercitare alcun controllo critico, o rischia al contrario di non decidere. In entrambi i casi si cagionerà la mancata tutela del minore. Aggiungo che la collocazione circondariale di un giudice che può assumere scelte anche molto incisive, tanto enfatizzata con riguardo alla prossimità, può creare al contrario pericolose contiguità con i servizi locali tanto da attenuarne il controllo e ne evidenzia l'esposizione a rischi personali. Lavorerà infatti non solo nelle sedi metropolitane, ma spesso in piccole città, dove tutti lo conoscono, sanno dove abita, dove manda i figli a scuola, in quale supermercato fa la spesa. Un conto è allontanare a Varese o a Lodi, un conto a Locri, Patti o Paola. Nel caso dovesse allontanare un minore da una famiglia criminale, o psichiatrica o gravemente reattiva, sarà facilmente raggiungibile e rischierà conseguenze gravi, potrebbe anche astenersi dall'allontanare, perché non gli si può chiedere di essere un eroe, ci sarà un reclamo del PMM, ma intanto chi ne farà le spese saranno i bambini non protetti adeguatamente e tempestivamente»;

    l'Anfaa, l'Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie «esprime in particolare la propria contrarietà ad una riforma che propone di eliminare l'attuale sistema presente all'interno dei Tribunali per i minorenni, laddove le decisioni sono sempre assunte da un collegio multidisciplinare composto da quattro giudici di cui due magistrati (giudici togati) e due esperti nelle scienze umane (giudici onorari). Decisioni difficilissime come allontanamenti, limitazioni della responsabilità genitoriale tali anche da determinare un affidamento e decadenza dalla responsabilità genitoriale, decisioni che incidono in modo profondo sulla vita dei minori coinvolti, sarebbero assunte da un giudice solo, arrivando a disperdere il patrimonio di conoscenze e di specializzazioni maturate nel tempo dai Tribunali per i minorenni, patrimonio professionale e culturale costruito in anni di attività di questo organo». Anche questa associazione si sofferma sul fatto che «l'assegnazione ad un giudice monocratico dei suddetti procedimenti, verosimilmente porterebbe ad un incremento delle consulenze tecniche d'ufficio (C.T.U.) che, oltre all'allungamento dei tempi e ad un aggravio dei costi per le famiglie e per l'erario (per tutti quei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato), è un sistema che non tiene conto della velocità con cui mutano le situazioni familiari»;

    e, infine, anche per il Forum delle Associazioni Familiari «la previsione del giudice monocratico è sicuramente uno degli aspetti di maggiore criticità del disegno di legge». E sottolinea che «nell'esperienza del passato la collegialità e la multidisciplinarietà, come confronto tra giudici togati ed onorari, ha caratterizzato l'attività dei Tribunali per i Minorenni, costruendo negli anni un patrimonio giurisdizionale e culturale significativo, come sottolineato anche dalla Ministra Marta Cartabia (Convegno nazionale AEMMF del 23/04/2021 ) e una specializzazione indispensabile riguardo le tematiche minorili, svolgendo il giudice minorile il proprio ruolo, anche decisionale, con il coinvolgimento di psicologi, psichiatri, educatori, assistenti sociali, considerati una risorsa imprescindibile. L'assegnazione al giudice monocratico delle decisioni in merito all'affidamento familiare come da titolo 1 e 1-bis legge n. 184 del 1983, sembra prefigurare una modalità in cui le situazioni dei minori siano definibili e statiche. L'esperienza di accoglienza dei minori in affidamento ci dimostra invece che le situazioni familiari dei minori in affido sono estremamente variabili e volubili. Avviene che, nell'ambito di un procedimento ex articolo 330 e seguenti del codice civile, emergano circostanze tali per cui il Pubblico Ministero proceda al deposito di ricorso per l'apertura di un procedimento di adottabilità. In questi casi la valutazione della storia del bambino, il suo percorso, la sua famiglia, i suoi legami passerà ad un altro giudice, precisamente al collegio competente per i procedimenti d'adottabilità, che dovrà riesaminare gli atti, le relazioni del territorio, le audizioni delle parti con inevitabile allungamento dei tempi processuali»;

    non si comprende, poi, questa scelta di abbandonare i principi della collegialità e della multidisciplinarietà, quando questi sono raccomandati dalle stesse Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 17 novembre 2010, ove ai punti da 16 a 18 delle linee guida si incoraggiano gli Stati membri a rafforzare l'approccio interdisciplinare quando si opera con i minori;

    pertanto alla luce di quanto esposto, abbandonare il principio della collegialità e della multidisciplinarietà sarebbe un grave errore. Serve, invece, ribadire la necessità che ad occuparsi dei minori siano persone particolarmente competenti, in grado di tenere conto della multi-fattorialità, di avere uno sguardo prognostico, di leggere i bisogni del bambino e i suoi legami, al fine di arrivare a formulare un progetto adeguato, in ordine all'età e al cammino di crescita;

    da qui la necessità che a decidere ci sia una pluralità di giudici e l'importanza della presenza dei giudici onorari all'interno del collegio giudicante;

    non si può tacere, inoltre, che nell'istituire il nuovo «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», la legge delega all'esame dimentica del tutto di disciplinare la sorte della competenza amministrativa pure propria del tribunale per i minorenni, giusto quanto previsto dal regio decreto-legge n. 1404 del 1934, Parte III, recante «Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni»,

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal disegno di legge, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, e a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in questo ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/35. (Testo modificato nel corso della seduta)Palmisano, D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    il comma 7 dell'articolo 1 individua principi e criteri direttivi per la riforma del processo dinanzi al giudice di pace;

    in particolare, alla lettera a) si dispone che il processo davanti al giudice di pace venga uniformato al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (anch'esso oggetto di riforma da parte del comma 5 dell'articolo 1);

    inoltre, la lettera b) stabilisce che la riforma dovrà provvedere alla rideterminazione della competenza del giudice di pace in materia civile, anche attraverso la modifica dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 116 del 2017 in vigore dal 31 ottobre 2025 (concernenti, rispettivamente, l'ampliamento della competenza del giudice di pace in materia civile e in materia tavolare), ma non chiarisce se la rideterminazione riguarderà la competenza per valore o quella per materia o entrambe e se andrà nella direzione di un'estensione delle competenze ovvero in senso opposto, rappresentando dunque una delega in bianco al Governo;

    ebbene, poiché si ritiene necessario riempire di contenuto sostanziale il principio e criterio direttivo espresso dal Parlamento nella legge delega, si chiede al Governo di apportare modifiche all'attuale articolo 7 del codice di procedura civile prevedendo che il Giudice di pace sia competente per le cause di valore non superiore ai diecimila euro, qualunque sia la materia, compresi il procedimento monitorio e le procedure esecutive, con esclusione delle procedure esecutive immobiliari e presso terzi, dei procedimenti di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, dei procedimenti cautelari e del procedimento per convalida di sfratto;

    le suddette modifiche comporterebbero l'abrogazione della competenza per materia, come attualmente prevista, e l'attribuzione della sola competenza per valore, che verrebbe estesa dalle cause di valore sino ad euro 5.000 a quelle fino ad euro 10.000 euro, a prescindere dalla materia della controversia trattata, escludendo dalla competenza dello stesso giudice le procedure esecutive immobiliari e mobiliari presso terzi e i relativi giudizi di opposizione, i procedimenti cautelari e il procedimento per convalida di sfratto;

    si ritiene che le modifiche proposte possano meglio conciliare, rispetto all'impianto attuale, la natura ed entità delle controversie assegnate alla competenza del giudice di pace con i tempi di lavoro, i compensi e le responsabilità connesse all'esercizio della giurisdizione, come delineati nel decreto legislativo n. 116 del 2017, non ancora superato dalla riforma strutturale della magistratura onoraria tuttora in gestazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare l'attuale articolo 7 del codice di procedura civile, prevedendo che il Giudice di pace sia competente per le cause di valore non superiore ai diecimila euro, qualunque sia la materia, compresi il procedimento monitorio e le procedure esecutive, con esclusione delle procedure esecutive immobiliari e mobiliari presso terzi, dei procedimenti di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, dei procedimenti cautelari e del procedimento per convalida di sfratto.
9/3289/36. D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge, all'esame dell'assemblea, reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata;

    il comma 7 dell'articolo 1 individua principi e criteri direttivi per la riforma del processo dinanzi al giudice di pace;

    in particolare, alla lettera a) si dispone che il processo davanti al giudice di pace venga uniformato al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (anch'esso oggetto di riforma da parte del comma 5 dell'articolo 1);

    inoltre, la lettera b) stabilisce che la riforma dovrà provvedere alla rideterminazione della competenza del giudice di pace in materia civile, anche attraverso la modifica dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 116 del 2017 in vigore dal 31 ottobre 2025 (concernenti, rispettivamente, l'ampliamento della competenza del giudice di pace in materia civile e in materia tavolare), ma non chiarisce se la rideterminazione riguarderà la competenza per valore o quella per materia o entrambe e se andrà nella direzione di un'estensione delle competenze ovvero in senso opposto, rappresentando dunque una delega in bianco al Governo;

    ebbene, poiché si ritiene necessario riempire di contenuto sostanziale il principio e criterio direttivo espresso dal Parlamento nella legge delega, si chiede al Governo di apportare modifiche all'attuale articolo 7 del codice di procedura civile prevedendo che il Giudice di pace sia competente per le cause di valore non superiore ai diecimila euro, qualunque sia la materia, compresi il procedimento monitorio e le procedure esecutive, con esclusione delle procedure esecutive immobiliari e presso terzi, dei procedimenti di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, dei procedimenti cautelari e del procedimento per convalida di sfratto;

    le suddette modifiche comporterebbero l'abrogazione della competenza per materia, come attualmente prevista, e l'attribuzione della sola competenza per valore, che verrebbe estesa dalle cause di valore sino ad euro 5.000 a quelle fino ad euro 10.000 euro, a prescindere dalla materia della controversia trattata, escludendo dalla competenza dello stesso giudice le procedure esecutive immobiliari e mobiliari presso terzi e i relativi giudizi di opposizione, i procedimenti cautelari e il procedimento per convalida di sfratto;

    si ritiene che le modifiche proposte possano meglio conciliare, rispetto all'impianto attuale, la natura ed entità delle controversie assegnate alla competenza del giudice di pace con i tempi di lavoro, i compensi e le responsabilità connesse all'esercizio della giurisdizione, come delineati nel decreto legislativo n. 116 del 2017, non ancora superato dalla riforma strutturale della magistratura onoraria tuttora in gestazione,

impegna il Governo

ad apportare, in sede di emanazione dei decreti legislativi attuativi del disegno di legge delega oggi all'esame dell'Assemblea, le modifiche normative all'attuale articolo 7 del codice di procedura civile prevedendo un aumento della competenza per valore del giudice di pace da valutare fino ad una soglia di 15 mila euro, qualunque sia la materia, compresi il procedimento monitorio e le procedure esecutive, con esclusione delle procedure esecutive immobiliari e mobiliari presso terzi, dei procedimenti di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, dei procedimenti cautelari e del procedimento per convalida di sfratto.
9/3289/36. (Testo modificato nel corso della seduta)D'Orso.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    in particolare, l'articolo 1, al comma 24, lettera a), enuncia princìpi e criteri direttivi per l'istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l'attuale tribunale per i minorenni (acquisendo dunque competenze sia civili che penali) e ad assorbire le competenze civili del tribunale ordinario in materia di stato e capacità delle persone e famiglia;

    nello specifico, il tribunale si articolerà in una sezione distrettuale, costituita presso ciascuna sede di corte di appello o sezione di corte d'appello, e sezioni circondariali, costituite presso ogni sede di tribunale ordinario del distretto;

    la Relazione della Commissione Luiso afferma che l'intervento legislativo proposto risponde all'esigenza unitariamente avvertita di unificare le competenze in materia procedimenti relativi a persone, minori e famiglie;

    inoltre, la creazione di un unico tribunale altamente specializzato, con sezione distrettuale e più sezioni circondariali, permetterà l'adozione di orientamenti interpretativi uniformi nell'intero distretto, assicurando maggiore prevedibilità delle decisioni, con certa riduzione del contenzioso, potendo la prevedibilità dell'esito dei procedimenti (in particolari di quelli che non presentano particolari difficoltà) stimolare le parti a raggiungere accordi all'esito della crisi della relazione familiare, da concludere anche al di fuori delle aule giudiziarie, con certo incremento del ricorso alle convenzioni di negoziazione assistita in materia familiare;

    al riguardo, si osserva che le finalità di tutela dei minori e della famiglia perseguite dalla richiamata previsione, impongono di dare piena realizzazione al principio di prossimità, per cui – anche nell'ottica di un'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale – sarebbe opportuno chiarire pertanto, si ritiene necessario precisare che la sezione distrettuale sia costituita anche presso ciascuna sede distaccata di corte d'appello, laddove presente, e ciò in quanto sarebbe assolutamente impensabile che uffici a km di distanza possano garantire adeguatamente il rispetto dei diritti di cui sopra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di precisare che la previsione secondo cui «la sezione distrettuale sia costituita presso ciascuna sede di corte d'appello o di sezione di corte d'appello» vada intesa congiuntamente, per cui la competenza distrettuale è attribuita anche alle sezioni distaccate di corte d'appello, laddove presenti.
9/3289/37. Alberto Manca.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    in particolare, l'articolo 1, al comma 12 enuncia princìpi e criteri direttivi per la riforma di diversi ambiti del processo di esecuzione, tra cui la sostituzione dell'iter di rilascio della formula esecutiva con la mera attestazione di conformità della copia al titolo originale;

    nello specifico, la lettera a) dispone che nell'esercizio della delega venga previsto che per valere come titolo per l'esecuzione forzata, le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale devono essere formati in copia attestata conforme all'originale, abrogando le disposizioni del codice di procedura civile e le altre disposizioni legislative che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione in forma esecutiva;

    ciò nell'ottica di semplificazione e snellimento delle procedure;

    al riguardo, e nella medesima ottica, sarebbe opportuno prevedere che nella procedura di esecuzione per consegna o rilascio la significazione di giorno e ora vengano apposte in calce al precetto con atto dell'ufficiale e che il primo atto esecutivo coincida con il primo accesso,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del processo di esecuzione per consegna o rilascio, l'abolizione del preavviso di rilascio di bene immobile, di cui all'articolo 608 del codice di procedura civile, stabilendo che il giorno e l'ora dell'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario sia da quest'ultimo indicato in calce all'atto di precetto, di cui all'articolo 605 del codice di procedura civile, nelle forme di cui all'articolo 543 del codice di procedura civile e che il primo atto dell'esecuzione per consegna

   e rilascio coincida con il primo atto di accesso presso il bene immobile da parte dell'ufficiale giudiziario.
9/3289/38. Perantoni.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    in particolare, l'articolo 1, al comma 14, enuncia princìpi e criteri direttivi per la riforma relativa alle controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri, volta a conformare la legislazione nazionale alla normativa europea regolando i rapporti in alcune materie di ambito civilistico del diritto internazionale privato;

    a tal riguardo, sarebbe altresì opportuno individuare in particolare le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, anche di quelli nati da PMA praticata da coppie dello stesso sesso nei confronti anche della madre intenzionale;

    tale individuazione, oltre a semplificare e snellire le procedure e ad essere in linea con le più recenti sentenze di legittimità e costituzionali in materia, sarebbe peraltro conforme con l'impegno assunto dallo Stato italiano, in sede di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 (in specie agli articoli 2, 3, 4, 5, 7, 8 e 9), volto a considerare «l'interesse prevalente del minore» in tutte le decisioni relative ai bambini (articolo 3) e, comunque, ad adottare «tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, dalle opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari»;

    sebbene la fecondazione eterologa fra coppie dello stesso sesso non sia consentita in Italia per una scelta del legislatore non costituzionalmente censurabile (sentenza n. 221 del 2019), essa è comunque praticata e praticabile in altri Paesi. I nati a seguito del ricorso a queste tecniche sono, dunque, titolari di diritti, indipendentemente dalle modalità del loro concepimento;

    risulta evidente, infatti, che i nati a seguito di PMA eterologa praticata da due donne versano in una condizione deteriore rispetto a quella di tutti gli altri nati, solo in ragione dell'orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il progetto procreativo. Essi, destinati a restare incardinati nel rapporto con un solo genitore, proprio perché non riconoscibili dall'altra persona che ha costruito il progetto procreativo, vedono gravemente compromessa la tutela dei loro preminenti interessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito della riforma relativa alle controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri, le modalità più congrue di riconoscimento dello status filiationis in caso di adozione avvenuta all'estero da parte di una coppia dello stesso sesso, al fine di garantire i legami affettivi stabili del minore, anche di quello nato da PMA, praticata da coppie dello stesso sesso nei confronti della madre intenzionale.
9/3289/39. Businarolo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie;

    nonostante i numerosi interventi di modifica, l'istituto della mediazione appare viziato da molteplici criticità – contenute nel decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 – che di fatto lo hanno reso inefficace sia sotto il profilo della celerità della soluzione dei conflitti – in quanto le procedure pendono per non meno di 170 giorni davanti agli organismi di mediazione – sia per l'esiguità della percentuale dei procedimenti iscritti che hanno raggiunto l'accordo;

    in tal senso, i dati forniti dal Ministero della Giustizia sono eloquenti ed evidenziano l'elevata percentuale di aderenti non comparsi, che raggiunge il 46,8 per cento delle procedure; tale percentuale, sommata al 4,4 per cento di pendenze che si concludono per rinuncia del proponente, arriva a raggiungere addirittura il 51,2 per cento, a fronte del 48,7 per cento di aderenti comparsi;

    dato ancora più significativo, è che solo il 26,3 per cento degli aderenti comparsi raggiunge un accordo, mentre il 73,7 per cento riporta la lite alla cognizione della autorità giudiziaria ordinaria. A questo proposito lo stesso Ministero ha svolto una analisi a campione nella quale ha evidenziato che il tasso di successo sale al 44,8 per cento se le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione dopo il primo incontro;

    da questi dati emerge una generalizzata diffidenza da parte dei cittadini ad affidare la soluzione dei conflitti insorti per la tutela dei diritti disponibili a organizzazioni private, tanto più che anche la dottrina ha evidenziato numerosi effetti distorsivi di malpractice recepite in parte dal legislatore;

    l'istituzione presso il tribunale ordinario e l'ufficio del giudice di pace, nell'ambito della volontaria giurisdizione, di un ufficio di Mediazione, tramite l'affidamento della funzione di Mediatore a giudici onorari e rendendola obbligatoria per tutte le materie nella disponibilità delle parti, risolverebbe numerosi problemi di ordine pratico e risulterebbe in linea altresì con gli obiettivi previsti dalla direttiva 2008/52/CE del parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale;

    tale soluzione risulterebbe efficace dal momento che le parti tutte sarebbero obbligate ad aderire alla mediazione: se i dati elaborati dal Ministero nell'analisi a campione sono attendibili, il tasso di successo potrebbe risultare addirittura superiore a quello elaborato anche per le garanzie, offerte dai giudici onorari, di rispetto delle norme imperative e di ordine pubblico nonché di terzietà e imparzialità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a istituire un ufficio di mediazione presso la volontaria giurisdizione del Tribunale e del Giudice di Pace, affidando l'incarico di mediatore in via esclusiva ai giudici onorari adeguatamente formati presso la Scuola Superiore della Magistratura in sede distrettuale, al fine di far acquisire le adeguate conoscenze tecniche per guidare le parti a comporre amichevolmente le controversie, nonché di prevedere che, per tutte le controversie in materia di diritti disponibili, sia esperito il tentativo di mediazione, con la partecipazione obbligatoria delle parti e dei difensori, nel rispetto dell'obbligo di riservatezza per tutti gli attori della mediazione.
9/3289/40. Galizia.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 24, reca principi e criteri direttivi per l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, tramite la riorganizzazione del funzionamento e delle competenze del tribunale per i minorenni, in modo da risolvere l'attuale regime diarchico di competenze, scisso tra i tribunali ordinari e i tribunali per i minorenni e accentrare in capo ad un unico ufficio giudiziario articolato in una sezione distrettuale e più sezioni circondariali tutti i procedimenti in materia di stato delle persone, famiglia e minori;

    in particolare, tra i criteri di delega, quello di cui all'articolo 1, comma 24, lettera n) prevede che tanto i procedimenti in materia di separazione, divorzio e regolamentazione dell'affido di figli nati fuori dal matrimonio quanto quelli in tema di decadenza e sospensione dalla responsabilità genitoriale previsti dagli articoli 330 e seguenti del codice civile vengano trattati dalla sezione circondariale, che giudica in composizione monocratica;

    nonostante debba considerarsi assolutamente soddisfacente e meritevole di valutazione positiva la concentrazione delle tutele in capo ad un'unica autorità giudiziaria, al fine di superare le criticità derivanti dall'attuale frammentazione dei procedimenti tra tribunale per i minorenni, tribunale ordinario e giudice tutelare, e sia condivisibile la scelta di privilegiare in linea generale la composizione monocratica del tribunale, quale misura volta a garantire una migliore celerità ed efficienza dell'intervento in questo ambito, i criteri di delega appaiono tuttavia sottovalutare il valore della collegialità in alcuni ambiti particolarmente delicati, come avviene per l'area della tutela dei minori dalle situazioni di pregiudizio in cui gli stessi versano;

    la garanzia della collegialità appare infatti una risorsa per intervenire in materie che incidono in modo profondo sulla vita delle persone di minore età coinvolte, con particolare riferimento alle decisioni inerenti alla c.d. «area del pregiudizio», grazie al confronto tra i componenti del collegio nell'ambito della camera di consiglio;

    del pari, nell'ambito dei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni la presenza dei giudici onorari, componenti privati selezionati tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia e di sociologia, ha contribuito a un significativo apporto culturale trasversale che si è rivelato essere indispensabile per salvaguardare l'esigenza di un approccio multidisciplinare alla materia,

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal provvedimento in esame, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, nonché a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in tale ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/41. Saitta.


   La Camera,

   premesso che:

    con tale provvedimento, il Parlamento attua una prima riforma organica nell'ambito delle direttive del PNRR in tema di processo civile, il cui obiettivo è la velocizzazione dei processi grazie ad alcune positive novità di indubbio rilievo tra cui: la possibilità di approcciare a questioni di merito sin dalla prima udienza, la semplificazione dei procedimenti, la previsione di ulteriori incentivi fiscali per le ADR, nonché la maggiore tutela per le donne e i minori vittime di violenza, grazie alla creazione del Tribunale specializzato per la Famiglia e minori;

    la riforma, tuttavia, non affronta alcuni nodi irrisolti relativi alle attività di consulenza. Ci si riferisce, in particolare, all'esigenza di garantire la qualità dei consulenti, costi contenuti di consulenza, tempi ragionevoli e predeterminati nell'ambito dei quali la consulenza va espletata nonché, infine, la possibilità di vigilare sui consulenti stessi, al fine di scongiurare il rischio di abusi;

    si tratta di obiettivi non avulsi rispetto alle finalità del PNRR e della riforma in discussione, dal momento che la qualità e la professionalità del consulente sono fattori che concorrono direttamente alla celere definizione dei processi, permettendo di pervenire più rapidamente all'accertamento richiesto dall'ufficio e riducendo il rischio di contestazioni sulle sue risultanze;

    ad oggi non si può che ravvisare come la selezione dei consulenti del Tribunale abbia delle maglie piuttosto larghe che non tengono adeguatamente conto delle esigenze di elevata professionalità e competenza richieste dalla complessità degli accertamenti. Le ragioni sono varie, e risiedono nella carenza di norme che regolano il fenomeno, nella scarsità del personale togato e ausiliario che i Presidenti dei Tribunali destinano a comporre il comitato di cui all'articolo 14 disp. att. c.p.c., nonché, soprattutto, nell'orientamento permissivo di tali comitati, i quali alle volte ritengono sufficiente, al fine di ottenere l'iscrizione all'albo dei c.t.u., la sola dimostrazione che il richiedente eserciti legittimamente una professione liberale. Inoltre, manca una seria disciplina delle specializzazioni, e per l'effetto, può accadere che sia incaricato un gastroenterologo per svolgere una consulenza psichiatrica;

    l'obiettivo della qualità non può essere perseguito se non per tramite della corresponsione di adeguati onorari ai consulenti. Rispetto a ciò, si rileva che le tabelle spesso sono obsolete e recano compensi non attrattivi per professionalità di livello;

    rimane irrisolta la disciplina processuale dei tempi della consulenza d'ufficio, quale aspetto del tutto trascurato dalla riforma in discussione. Difatti, nessuna norma del codice civile stabilisce quale debba essere il termine per lo svolgimento dell'incarico, eccezion fatta per le consulenze in materia di lavoro (per le quali l'articolo 424, ultimo comma, c.p.c., fissa un termine massimo di 20 giorni). Ove siano fissati termini, la giurisprudenza è unanime nel considerarli ordinatori e mai perentori. Peraltro, si registra la prassi secondo cui la magistratura tende a fissare termini largamente sovradimensionati rispetto alla difficoltà oggettiva dell'incarico (ad esempio 90 giorni per stimare una invalidità micropermanente, o 120 giorni per accertare se il saggio degli interessi stabilito da un contratto di mutuo sia o non sia usurario);

    da ultimo, rimane irrisolto il nodo della vigilanza sull'operato degli ausiliari, che ad oggi è totalmente fallimentare, nonché la mancanza di un sistema di controllo sugli ausiliari. E infatti, solo tramite un sistema che garantisca al trasparenza e l'imparzialità degli ausiliari e delle loro valutazioni, può concorrersi al fine dell'equa giustizia e della celere durata dei procedimenti, riducendo il rischio di impugnazioni,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:

    individuare, anche attraverso norme regolamentari, un sistema di selezione efficace dei consulenti tecnici di tribunale, che garantisca all'ingresso un livello minimo di competenza e predisponga controlli e obblighi periodici al fine di attestare la formazione continua negli specifici ambiti professionali di riferimento, tenendo altresì conto delle specializzazioni, nonché di disciplinare espressamente le tempistiche della consulenza tecnica d'ufficio, individuando termini perentori e i casi eccezionali in cui il magistrato, mediante provvedimento motivato, possa autorizzare il consulente a discostarsene;

    rivedere e attualizzare i compensi recati nelle tabelle degli onorari da liquidare ai consulenti tecnici d'ufficio;

    introdurre specifici controlli sulla trasparenza, indipendenza e terzietà dei consulenti, sia rispetto alle parti del giudizio, che ai loro avvocati, che ai magistrati, con l'elencazione di conseguenze in caso di violazione dei propri doveri d'ufficio.
9/3289/42. Corneli.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 11 reca principi e criteri direttivi per la modifica della disciplina concernente l'arbitrato. Il predetto articolo è sostituito dall'articolo governativo 11.12 che disciplina in materia dettagliata i criteri di delega per la modifica di tale istituto;

    in particolare il predetto emendamento governativo reca criteri di delega volti a: 1) rafforzare le garanzie di imparzialità e indipendenza dell'arbitro, reintroducendo la facoltà di ricusazione per gravi ragioni di convenienza; 2) prevedere in modo esplicito l'esecutività del decreto con il quale il presidente della corte d'appello dichiara l'efficacia del lodo straniero con contenuto di condanna; 3) prevedere l'attribuzione agli arbitri rituali del potere di emanare misure cautelari nell'ipotesi di espressa volontà delle parti; 4) nel caso di decisione secondo diritto, il potere delle parti di indicazione e scelta della legge applicabile; 5) ridurre a sei mesi i termini d'impugnazione; 6) prevedere l'inserimento nel codice di procedura civile delle norme relative all'arbitrato societario, nonché, infine, disciplinare la translatio iudicii tra giudizio arbitrale e giudizio ordinario e viceversa;

    nonostante i criteri di delega siano assolutamente soddisfacenti e meritevoli di valutazione positiva, appaiono tuttavia privi di un importante riferimento: quello relativo ai costi; come noto, il costo elevato dell'istituto ne rende difficile una sua diffusa applicazione, laddove, invece, vista la natura deflattiva del predetto istituto, andrebbero introdotti incentivi volti a consentirne un utilizzo sempre maggiore;

    al riguardo, vai la pena evidenziare, a titolo esemplificativo, alcuni dati e indicazioni sul funzionamento e la diffusione dell'arbitrato amministrato dalle Camere Arbitrali, forniti dall'ISDACI (Istituto scientifico per l'arbitrato, la mediazione e il diritto commerciale) nei rapporti periodici sulla diffusione della giustizia alternativa – arbitrato, mediazione, conciliazione – in Italia;

    ebbene, l'Undicesimo Rapporto, pubblicato nel maggio 2019, con dati raccolti nell'anno 2017, rileva come l'arbitrato amministrato, solo nel 2017, ha visto contrarre il numero di domande rispetto all'anno precedente: 582 domande di arbitrato, in diminuzione rispetto alle 708 del 2016 (-17,7 per cento);

    come di tutta evidenza, dunque, meccanismi premiali, incentivi e diminuzione dei costi produrrebbero l'effetto virtuoso sia di rendere l'istituto accessibile ad un maggior numero di persone, sia di produrre un ulteriore effetto deflattivo del contenzioso,

impegna il Governo

ad introdurre, già in occasione del primo provvedimento utile, misure volte alla regolazione dei costi per il ricorso all'arbitrato, nonché meccanismi di incentivazione fiscale.
9/3289/43. Morani, Bazoli, Verini, Miceli.


   La Camera,

   premesso che:

    specifici principi di delega sono dedicati alla riforma dei procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. In particolare, (articolo 1, comma 23) il disegno di legge enuncia i princìpi e criteri direttivi per l'introduzione, nel codice di procedura civile, di un rito unificato applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, attualmente attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare. In relazione a tale procedimento il Governo dovrà intervenire con riguardo, tra l'altro: ai criteri per l'attribuzione della competenza del giudice, alle norme procedurali in merito allo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti, alle domande riconvenzionali del convenuto, al tentativo obbligatorio di conciliazione e alla mediazione alla prima udienza e alla possibilità da parte del giudice relatore di invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare. Ulteriori principi di delega concernono la razionalizzazione dei tempi delle fasi istruttoria e decisoria, nonché l'adozione di provvedimenti cautelari da parte del giudice relatore in costanza di lite. Specifici principi concernono l'abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, in presenza di segnalazioni di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a prevedere, nell'adozione dei decreti delegati, che, qualora il tentativo di conciliazione e di mediazione non riescano, il presidente, anche d'ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, assuma con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputi opportuni nell'interesse della prole e dei coniugi, nonché che il tentativo di conciliazione e di mediazione non siano mai esperiti nei casi in cui sia allegata qualsiasi forma di violenza prevista dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata e resa esecutiva con legge 27 giugno 2013, n. 77.
9/3289/44. Verini, Bazoli, Miceli.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento è stato approvato dal Senato lo scorso 21 settembre dopo un accurato e complesso lavoro iniziato nel marzo del 2020;

    il testo contiene disposizioni destinate ad incidere profondamente, attraverso la successiva adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo, sulla disciplina del processo civile e degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione, nel rispetto della garanzia del contraddittorio; il tutto nel contesto delle aspettative europee. Si opera, dunque, un intervento sul rito civile per renderlo più snello e più celere, migliorando l'arretrato e la gestione dei carichi di lavoro dei nostri tribunali. Specifici principi e criteri direttivi sono dettati per la riforma del processo di cognizione di primo grado;

    ulteriori principi di delega concernono la razionalizzazione dei tempi delle fasi istruttorie e decisorie, nonché l'adozione di provvedimenti cautelari da parte del giudice relatore in costanza di lite. Specifici principi concernono l'abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, in presenza di segnalazione di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore.

    il Governo, dovrà modificare alcune disposizioni inerenti al contenuto della comparsa di risposta e dovrà valorizzare delle fasi anteriori alla prima udienza, al fine di definire il quadro delle rispettive pretese delle parti e dei mezzi di prova richiesti. Inoltre, la riforma dovrà: valorizzare la prima udienza di comparizione, incentivando la partecipazione personale delle parti e disponendo che il giudice debba fissare la successiva udienza per l'assunzione delle prove entro 90 giorni; prevedere alcune modifiche riguardanti la fase decisoria, al fine di favorire la riduzione della durata dei procedimenti, imponendo termini temporali perentori acceleratori;

    è stato inserito per le parti del processo un sistema di decadenze e preclusioni per il mancato rispetto dei termini da parte loro finalizzate proprio allo snellimento dell'iter processuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte ad apportare modifiche legislative finalizzate a stabilire che i termini per il compimento degli atti del processo diventino perentori anche per i giudici.
9/3289/45. Tateo.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento è stato approvato dal Senato lo scorso 21 settembre dopo un accurato e complesso lavoro iniziato nel marzo del 2020;

    il testo contiene disposizioni destinate ad incidere profondamente, attraverso la successiva adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo, sulla disciplina del processo civile e degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione, nel rispetto della garanzia del contraddittorio; il tutto nel contesto delle aspettative europee. Si opera, dunque, un intervento sul rito civile per renderlo più snello e più celere, migliorando l'arretrato e la gestione dei carichi di lavoro dei nostri tribunali. Specifici principi e criteri direttivi sono dettati per la riforma del processo di cognizione di primo grado;

    ulteriori principi di delega concernono la razionalizzazione dei tempi delle fasi istruttorie e decisorie, nonché l'adozione di provvedimenti cautelari da parte del giudice relatore in costanza di lite. Specifici principi concernono l'abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, in presenza di segnalazione di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore.

    il Governo, dovrà modificare alcune disposizioni inerenti al contenuto della comparsa di risposta e dovrà valorizzare delle fasi anteriori alla prima udienza, al fine di definire il quadro delle rispettive pretese delle parti e dei mezzi di prova richiesti. Inoltre, la riforma dovrà: valorizzare la prima udienza di comparizione, incentivando la partecipazione personale delle parti e disponendo che il giudice debba fissare la successiva udienza per l'assunzione delle prove entro 90 giorni; prevedere alcune modifiche riguardanti la fase decisoria, al fine di favorire la riduzione della durata dei procedimenti, imponendo termini temporali perentori acceleratori;

    è stato inserito per le parti del processo un sistema di decadenze e preclusioni per il mancato rispetto dei termini da parte loro finalizzate proprio allo snellimento dell'iter processuale,

impegna il Governo

a prevedere che nella riforma dell'ordinamento giudiziario siano previsti tra i criteri di valutazione per gli avanzamenti di carriera dei magistrati o nella valutazione di professionalità benefici per i magistrati che rispettino i calendari di udienza e le scadenze processuali previste a carico degli uffici giudiziari.
9/3289/45. (Testo modificato nel corso della seduta)Tateo.


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 24, reca principi e criteri direttivi per l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, tramite la riorganizzazione del funzionamento e delle competenze del tribunale per i minorenni, in modo da risolvere l'attuale regime diarchico di competenze, scisso tra i tribunali ordinari e i tribunali per i minorenni e accentrare in capo ad un unico ufficio giudiziario articolato in una sezione distrettuale e più sezioni circondariali tutti i procedimenti in materia di stato delle persone, famiglia e minori;

    in particolare, tra i criteri di delega, quello di cui all'articolo 1, comma 24, lettera n) prevede che tanto i procedimenti in materia di separazione, divorzio e regolamentazione dell'affido di figli nati fuori dal matrimonio quanto quelli in tema di decadenza e sospensione dalla responsabilità genitoriale previsti dagli articoli 330 e seguenti del codice civile vengano trattati dalla sezione circondariale, che giudica in composizione monocratica;

    nonostante debba considerarsi assolutamente soddisfacente e meritevole di valutazione positiva la concentrazione delle tutele in capo ad un'unica autorità giudiziaria, al fine di superare le criticità derivanti dall'attuale frammentazione dei procedimenti tra tribunale per i minorenni, tribunale ordinario e giudice tutelare, e sia condivisibile la scelta di privilegiare in linea generale la composizione monocratica del tribunale, quale misura volta a garantire una migliore celerità ed efficienza dell'intervento in questo ambito, i criteri di delega appaiono tuttavia sottovalutare il valore della collegialità in alcuni ambiti particolarmente delicati, come avviene per l'area della tutela dei minori dalle situazioni di pregiudizio in cui gli stessi versano;

    la garanzia della collegialità appare infatti una risorsa per intervenire in materie che incidono in modo profondo sulla vita delle persone di minore età coinvolte, con particolare riferimento alle decisioni inerenti alla cosiddetta «area del pregiudizio», grazie al confronto tra i componenti del collegio nell'ambito della camera di consiglio,

impegna il Governo

fermo l'impianto generale già previsto dal disegno di legge, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere la collegialità della decisione nell'ambito dei procedimenti in tema di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale, e a valutare le modalità attraverso le quali garantire, in questo ambito, il contributo multidisciplinare sinora apportato dai componenti privati.
9/3289/46. Turri, Zanettin.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge A.C. 3289, approvato dal Senato lo scorso 21 settembre 2021, prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    la riforma, come indicato dall'articolo 1, comma 1, prevede un «riassetto formale e sostanziale» del processo civile, novellando il codice di rito e le leggi processuali speciali, nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei principi e criteri direttivi previsti dai successivi commi;

    obiettivi dichiarati del processo riformatore dovranno essere la semplificazione, la speditezza e la razionalizzazione del processo civile;

    negli ultimi anni, il fenomeno dell'occupazione abusiva degli immobili ha avuto diffusione sempre più crescente, anche in ragione del notevole aumento del degrado nelle periferie delle città e nei centri urbani di minori dimensioni, diventando una vera e propria emergenza sociale. Infatti, sono molte le vicende di persone – soprattutto fragili – che, dopo essersi allontanate anche solo temporaneamente dalle proprie abitazioni, non hanno più potuto farvi rientro proprio a causa della presenza di occupanti abusivi, identificati, nella maggior parte dei casi, come stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale;

    l'occupazione arbitraria di un immobile, in particolare quando esso è destinato a uso abitativo, rappresenta una grave violazione della Costituzione che, all'articolo 14, sancisce il principio dell'Inviolabilità del domicilio;

    gli strumenti ad oggi forniti dall'ordinamento – articolatisi su due livelli, penalistico e civilistico – non sono riusciti ad arginare il fenomeno e tutelare adeguatamente i diritti delle persone e famiglie vittime di tale odioso fenomeno;

    invero, la tutela penalistica può fornire ai legittimi proprietari, possessori o detentori delle case di abitazione occupate abusivamente, al termine del procedimento penale, la sola tutela risarcitoria, per lo più inutile dato il tendenziale stato di nulla-tenenti degli autori;

    la tutela civilistica, sia essa svolta in petitorio, oppure, ove possibile, con le forme dei procedimenti d'urgenza di cui all'articolo 700 c.p.c. o tramite l'azione di reintegra nel possesso di cui all'articolo 703 c.p.c., considerati i tempi «tecnici» per ottenere il provvedimento esecutivo che consenta di intraprendere l'esecuzione forzata per il rilascio dell'immobile, unitamente ai tempi di questa ulteriore procedura, è, all'evidenza, del pari inidonea a tutelare efficacemente – che in tal caso significa tempestivamente – i diritti delle persone illecitamente private delle proprie case di abitazione,

impegna il Governo

valutate le istanze di cui in premessa, ad adottare urgentemente le più idonee iniziative legislative, anche concernenti il relativo procedimento giurisdizionale, atte a tutelare efficacemente il diritto dei proprietari, possessori e detentori a qualunque titolo di unità immobiliari ad uso abitativo, a rientrare in tempi certi e celeri nel possesso degli immobili abusivamente occupati.
9/3289/47. Marrocco, Rossello.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge A.C. 3289, approvato dal Senato lo scorso 21 settembre 2021, prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    la riforma, come indicato dall'articolo 1, comma 1, prevede un «riassetto formale e sostanziale» del processo civile, novellando il codice di rito e le leggi processuali speciali, nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei principi e criteri direttivi previsti dai successivi commi;

    obiettivi dichiarati del processo riformatore dovranno essere la semplificazione, la speditezza e la razionalizzazione del processo civile;

    negli ultimi anni, il fenomeno dell'occupazione abusiva degli immobili ha avuto diffusione sempre più crescente, anche in ragione del notevole aumento del degrado nelle periferie delle città e nei centri urbani di minori dimensioni, diventando una vera e propria emergenza sociale. Infatti, sono molte le vicende di persone – soprattutto fragili – che, dopo essersi allontanate anche solo temporaneamente dalle proprie abitazioni, non hanno più potuto farvi rientro proprio a causa della presenza di occupanti abusivi, identificati, nella maggior parte dei casi, come stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale;

    l'occupazione arbitraria di un immobile, in particolare quando esso è destinato a uso abitativo, rappresenta una grave violazione della Costituzione che, all'articolo 14, sancisce il principio dell'Inviolabilità del domicilio;

    gli strumenti ad oggi forniti dall'ordinamento – articolatisi su due livelli, penalistico e civilistico – non sono riusciti ad arginare il fenomeno e tutelare adeguatamente i diritti delle persone e famiglie vittime di tale odioso fenomeno;

    invero, la tutela penalistica può fornire ai legittimi proprietari, possessori o detentori delle case di abitazione occupate abusivamente, al termine del procedimento penale, la sola tutela risarcitoria, per lo più inutile dato il tendenziale stato di nulla-tenenti degli autori;

    la tutela civilistica, sia essa svolta in petitorio, oppure, ove possibile, con le forme dei procedimenti d'urgenza di cui all'articolo 700 c.p.c. o tramite l'azione di reintegra nel possesso di cui all'articolo 703 c.p.c., considerati i tempi «tecnici» per ottenere il provvedimento esecutivo che consenta di intraprendere l'esecuzione forzata per il rilascio dell'immobile, unitamente ai tempi di questa ulteriore procedura, è, all'evidenza, del pari inidonea a tutelare efficacemente – che in tal caso significa tempestivamente – i diritti delle persone illecitamente private delle proprie case di abitazione,

impegna il Governo

valutate le istanze di cui in premessa, a valutare l'opportunità di vagliare iniziative legislative atte a tutelare efficacemente il diritto dei proprietari, possessori e detentori a qualunque titolo di unità immobiliari ad uso abitativo, a rientrare in tempi certi e celeri nel possesso degli immobili abusivamente occupati.
9/3289/47. (Testo modificato nel corso della seduta)Marrocco, Rossello.


   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge A.C. 3289, approvato dal Senato lo scorso 21 settembre 2021, prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    la riforma, come indicato dall'articolo 1, comma 1, prevede un «riassetto formale e sostanziale» del processo civile, novellando il codice di rito e le leggi processuali speciali, nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei principi e criteri direttivi previsti dai successivi commi;

    obiettivi dichiarati del processo riformatore dovranno essere la semplificazione, la speditezza e la razionalizzazione del processo civile;

    in tale ottica, il provvedimento amplia e incentiva il ricorso agli strumenti di risoluzione alternativa alle controversie della mediazione delle controversie civili e commerciali e della negoziazione assistita, estendendo la mediazione obbligatoria, fra gli altri, ai contratti di franchising;

    si rammenta che rientra nella competenza delle sezioni specializzate delle imprese istituite presso i tribunali la controversia in materia di franchising, quando questa non riguardi solo l'esecuzione del contratto, ma anche l'esercizio dei diritti relativi alla proprietà industriale, ovvero l'indebito utilizzo di privative registrate;

    attualmente per tali controversie è prevista la mediazione facoltativa, in ragione della peculiarità dei diritti compresi nel contratto di franchising che, per la loro specificità, sono devoluti alle sezioni specializzate delle imprese;

    tale iper-specializzazione non può essere posseduta dagli organismi di mediazione, con conseguente riduzione delle relative tutele. Pare, dunque, necessario affinché la promozione delle procedure di mediazione possa rispondere adeguatamente alle istanze di qualità, celerità, trasparenza, competenza e imparzialità, escludere tale tipologia di contratti dall'alveo di operatività della mediazione obbligatoria,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere i contratti di franchising dalle controversie oggetto di mediazione obbligatoria.
9/3289/48. Pittalis, Zanettin.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo all'esame dell'Aula prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata. La riforma del processo civile è uno degli obiettivi concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    specifici principi di delega sono dedicati alla riforma dei procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

    specifici criteri organizzativi sono volti a regolamentare l'intervento dei servizi socio-assistenziali e sanitari e delle attività di controllo, monitoraggio, verifica di situazioni in cui sono coinvolti minori. La delega al Governo concerne inoltre la revisione della disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori, con riguardo alle cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale, nonché alle incompatibilità per i giudici onorari e con riguardo all'introduzione del divieto di affidamento dei minori a talune categorie di persone;

    in particolare, alcune di queste previsioni sono finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. In merito, il disegno di legge: interviene sull'articolo 403 del codice civile, che disciplina il provvedimento di allontanamento dei minori dall'ambiente familiare, per modificare i presupposti per l'adozione della misura e disciplinare dettagliatamente il procedimento successivo all'intervento della pubblica autorità, che coinvolge il pubblico ministero, il tribunale per i minorenni e – eventualmente – la corte d'appello (articolo 1, comma 27);

    modifica l'articolo 80 del codice di procedura civile, in tema di curatore speciale del minore, per prevedere che egli debba procedere all'ascolto del minore e che possano essergli attribuiti specifici poteri di rappresentanza sostanziale;

    interviene sugli articoli 13 e 15 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, al fine di aggiungere, nell'albo dei consulenti tecnici tenuto da ciascun tribunale la categoria dei neuropsichiatri infantili, degli psicologi dell'età evolutiva e degli psicologi giuridici o forensi, individuando le specifiche caratteristiche richieste al professionista per accedere all'albo (articolo 1, comma 34);

    modifica l'articolo 709-ter del c.p.c. che è stato introdotto dalla legge n. 54 del 2006 con lo scopo di disciplinare la soluzione delle controversie tra genitori nell'esercizio della responsabilità genitoriale e sanzionare eventuali inadempimenti, prevedendo un procedimento azionabile sia in via incidentale che in via autonoma rispetto ad un giudizio di separazione o divorzio;

    l'articolo 709-ter c.p.c. conferisce al giudice il potere, da un lato, di assumere i «provvedimenti opportuni» per risolvere la controversia in corso – quindi, anche modificando i provvedimenti in vigore – e dall'altro di adottare, a fronte dell'accertamento positivo di un grave inadempimento ovvero del mancato rispetto del contenuto degli obblighi previsti nel provvedimento giudiziale, misure tipiche afflittive. L'articolo 709-ter c.p.c., al 2° comma, prevede: «il Giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento può modificare i provvedimenti in vigore e può anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di euro 75 a un massimo di euro 5.000,00 a favore della Cassa delle Ammende»;

    nella modifica apportata attraverso il testo in oggetto, si disciplina nello specifico come il giudice debba disporre il risarcimento dei danni individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione e inosservanza dei provvedimenti assunti dallo stesso. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute;

   tenuto conto che:

    la disciplina processuale dell'attività di consulenza d'ufficio ha due aspetti: un primo aspetto «ordinamentale»: stabilire come si diventa consulente d'ufficio, quali i controlli, quale la vigilanza, quali le sanzioni disciplinari, quali i compensi;

    il secondo aspetto è quello «funzionale»: la nomina del c.t.u., i suoi compiti e poteri, l'astensione e la ricusazione, i rapporti col giudice e con le parti;

    le nuove norme relative ai requisiti necessari per l'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici, aggiungono alle sei categorie di professionalità sinora previste dalla legge, anche quelle degli psicologi giuridici e dei neuropsichiatri infantili. L'aggiunta di questa ultima categoria è tuttavia un in più, in quanto la neuropsichiatria infantile è una specializzazione della laurea in medicina e chirurgia, pertanto i neuropsichiatri stessi hanno già la possibilità di iscriversi all'albo dei CTU in quanto laureati in medicina e chirurgia;

    per quanto riguarda invece la categoria degli psicologi giuridici attualmente sono professionisti laureati in psicologia che hanno svolto un master universitario in psicologia giuridica, un titolo che non è in alcun modo equiparabile ad un corso di laurea magistrale o ad una specializzazione universitaria;

    è pacifico che II ricorso all'intervento urgente ex 403 c.c. nella fase anteriore all'affidamento familiare dovrebbe essere limitato soltanto a situazioni di fatto in cui il minore è oggettivamente abbandonato o si trova esposto, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica e vi è dunque emergenza di provvedere;

    l'oggettività dello stato di abbandono del minore e della sua esposizione ad un grave pregiudizio e pericolo è fondamentale per evitare, come spesso purtroppo accade, che il minore sia allontanato dalla famiglia in base a valutazioni arbitrarie e soggettive degli organi di protezione dell'infanzia. Trattandosi di provvedimenti urgenti adottati prima dell'affidamento familiare, infatti, la discrezionalità diventa pericolosamente arbitrarietà, con il grave rischio di allontanare il minore ingiustamente dalla propria famiglia, provocando un trauma indelebile. Il minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia e tale diritto non può essere violato sulla base di valutazioni soggettive ed arbitrarie del personale addetto alla protezione dell'infanzia;

    oltre all'oggettività dello stato di abbandono e dell'esposizione al grave pregiudizio del minore, è importante che siano rispettati i rapporti psico-affettivi significativi del minore la cui presenza rappresenta il presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono;

    inoltre l'accertamento dello stato di abbandono del minore, dovrebbe basarsi su di una reale ed obiettiva situazione esistente in atto e la presenza di un legame familiare significativo dovrebbe impedire l'allontanamento coatto del minore per motivi di abbandono;

    la Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al secondo comma dell'articolo 12, prevede che «si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale»;

    il diritto all'ascolto rappresenta un tassello fondamentale del principio del superiore interesse del minore sancito all'articolo 3 della Convenzione, che ne costituisce il perno, finalità e insieme strumento di tutela delle persone di minore età, vale a dire la persona che non ha ancora compiuto 18 anni. Questa nozione di minore età è adottata ormai unitariamente a livello europeo: infatti minore è una persona di età inferiore agli anni 18 (articolo 2, parte 2, n. 6 del Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori);

    il diritto a esprimere liberamente la propria opinione si traduce nella possibilità, per il bambino e per l'adolescente, di poter condividere il proprio punto di vista, di essere parte attiva nei processi decisionali che lo riguardano e di poterli influenzare. Aspetto rilevante è la volontarietà di questo intervento. Il minore ha la facoltà di esprimere il proprio punto di vista. Ciò significa che si tratta di una scelta e non di un obbligo;

    l'ascolto del minore di età è un diritto espressamente disciplinato anche nell'ordinamento italiano e deve essere garantito nei procedimenti di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, in tutti i procedimenti civili finalizzati all'emissione di provvedimenti relativi all'affidamento ai genitori e alla responsabilità genitoriale, e comunque in tutti i procedimenti che incidono sullo status del minore, compresi i procedimenti di tutela;

    per i casi di inosservanza dei decreti emessi in ambito di separazione tra coniugi, ove vi sono controversie in ordine dell'esercizio di responsabilità genitoriale e delle modalità di affidamento, l'applicazione dell'articolo 709-ter cpc, al n. 3 del secondo comma, in base alla modifica prevista dal testo all'esame dell'Aula, prevede un risarcimento del danno giornaliero a carico di uno dei due genitori nei confronti dell'altro. La disposizione tuttavia non tiene conto delle situazioni di rifiuto dei minori di uno dei due genitori, rendendo difficoltoso se non impossibile, attenersi al rispetto del decreto disposto dal giudice. Nei casi di violenza domestica e violenza assistita ad esempio, è necessario tenere in conto della volontà espressa dal minore, il quale in quanto spettatore e/o vittima di reato, potrebbe rifiutarsi di attenersi alle disposizioni stabilite dal giudice in ambito di frequentazione del genitore presunto abusante. Determinando un'ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del genitore tenuto ad eseguire l'ordine del giudice,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per garantire l'ascolto della persona minorenne sia in fase istruttoria che a seguito dell'emissione di un provvedimento a sua tutela, informandola adeguatamente circa le decisioni che la riguardano e assicurando la sua partecipazione alla definizione del progetto educativo;

   ad adottare iniziative volte a garantire che il giudice esegua personalmente l'ascolto del minore e disponendo in ogni caso la videoregistrazione dell'audizione del minore d'età;

   ad inserire nell'albo dei consulenti tecnici la categoria dei neuropsichiatri infantili e degli psicologi dell'età evolutiva;

   ad adottare iniziative volte a garantire che l'allontanamento coatto del minore dall'ambiente familiare, venga disposto dal giudice esclusivamente nei casi di oggettivo e grave pregiudizio, escludendo l'abbandono di minore in tutti i casi in cui sia accertato un legame familiare significativo per il minore stesso;

   ad adottare ulteriori iniziative normative volte a escludere l'applicazione dell'articolo 709-ter cpc nei casi in cui a carico di uno od entrambi i genitori, vi siano procedimenti in corso relativi alle fattispecie di reati previsti dal cosiddetto «codice rosso».
9/3289/49. Giannone.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo all'esame dell'Aula prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata. La riforma del processo civile è uno degli obiettivi concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    specifici principi di delega sono dedicati alla riforma dei procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia e all'istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

    specifici criteri organizzativi sono volti a regolamentare l'intervento dei servizi socio-assistenziali e sanitari e delle attività di controllo, monitoraggio, verifica di situazioni in cui sono coinvolti minori. La delega al Governo concerne inoltre la revisione della disciplina nei procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori, con riguardo alle cause di incompatibilità all'assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale, nonché alle incompatibilità per i giudici onorari e con riguardo all'introduzione del divieto di affidamento dei minori a talune categorie di persone;

    in particolare, alcune di queste previsioni sono finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. In merito, il disegno di legge: interviene sull'articolo 403 del codice civile, che disciplina il provvedimento di allontanamento dei minori dall'ambiente familiare, per modificare i presupposti per l'adozione della misura e disciplinare dettagliatamente il procedimento successivo all'intervento della pubblica autorità, che coinvolge il pubblico ministero, il tribunale per i minorenni e – eventualmente – la corte d'appello (articolo 1, comma 27);

    modifica l'articolo 80 del codice di procedura civile, in tema di curatore speciale del minore, per prevedere che egli debba procedere all'ascolto del minore e che possano essergli attribuiti specifici poteri di rappresentanza sostanziale;

    interviene sugli articoli 13 e 15 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, al fine di aggiungere, nell'albo dei consulenti tecnici tenuto da ciascun tribunale la categoria dei neuropsichiatri infantili, degli psicologi dell'età evolutiva e degli psicologi giuridici o forensi, individuando le specifiche caratteristiche richieste al professionista per accedere all'albo (articolo 1, comma 34);

    modifica l'articolo 709-ter del c.p.c. che è stato introdotto dalla legge n. 54 del 2006 con lo scopo di disciplinare la soluzione delle controversie tra genitori nell'esercizio della responsabilità genitoriale e sanzionare eventuali inadempimenti, prevedendo un procedimento azionabile sia in via incidentale che in via autonoma rispetto ad un giudizio di separazione o divorzio;

    l'articolo 709-ter c.p.c. conferisce al giudice il potere, da un lato, di assumere i «provvedimenti opportuni» per risolvere la controversia in corso – quindi, anche modificando i provvedimenti in vigore – e dall'altro di adottare, a fronte dell'accertamento positivo di un grave inadempimento ovvero del mancato rispetto del contenuto degli obblighi previsti nel provvedimento giudiziale, misure tipiche afflittive. L'articolo 709-ter c.p.c., al 2° comma, prevede: «il Giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento può modificare i provvedimenti in vigore e può anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di euro 75 a un massimo di euro 5.000,00 a favore della Cassa delle Ammende»;

    nella modifica apportata attraverso il testo in oggetto, si disciplina nello specifico come il giudice debba disporre il risarcimento dei danni individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione e inosservanza dei provvedimenti assunti dallo stesso. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute;

   tenuto conto che:

    la disciplina processuale dell'attività di consulenza d'ufficio ha due aspetti: un primo aspetto «ordinamentale»: stabilire come si diventa consulente d'ufficio, quali i controlli, quale la vigilanza, quali le sanzioni disciplinari, quali i compensi;

    il secondo aspetto è quello «funzionale»: la nomina del c.t.u., i suoi compiti e poteri, l'astensione e la ricusazione, i rapporti col giudice e con le parti;

    le nuove norme relative ai requisiti necessari per l'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici, aggiungono alle sei categorie di professionalità sinora previste dalla legge, anche quelle degli psicologi giuridici e dei neuropsichiatri infantili. L'aggiunta di questa ultima categoria è tuttavia un in più, in quanto la neuropsichiatria infantile è una specializzazione della laurea in medicina e chirurgia, pertanto i neuropsichiatri stessi hanno già la possibilità di iscriversi all'albo dei CTU in quanto laureati in medicina e chirurgia;

    per quanto riguarda invece la categoria degli psicologi giuridici attualmente sono professionisti laureati in psicologia che hanno svolto un master universitario in psicologia giuridica, un titolo che non è in alcun modo equiparabile ad un corso di laurea magistrale o ad una specializzazione universitaria;

    è pacifico che II ricorso all'intervento urgente ex 403 c.c. nella fase anteriore all'affidamento familiare dovrebbe essere limitato soltanto a situazioni di fatto in cui il minore è oggettivamente abbandonato o si trova esposto, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica e vi è dunque emergenza di provvedere;

    l'oggettività dello stato di abbandono del minore e della sua esposizione ad un grave pregiudizio e pericolo è fondamentale per evitare, come spesso purtroppo accade, che il minore sia allontanato dalla famiglia in base a valutazioni arbitrarie e soggettive degli organi di protezione dell'infanzia. Trattandosi di provvedimenti urgenti adottati prima dell'affidamento familiare, infatti, la discrezionalità diventa pericolosamente arbitrarietà, con il grave rischio di allontanare il minore ingiustamente dalla propria famiglia, provocando un trauma indelebile. Il minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia e tale diritto non può essere violato sulla base di valutazioni soggettive ed arbitrarie del personale addetto alla protezione dell'infanzia;

    oltre all'oggettività dello stato di abbandono e dell'esposizione al grave pregiudizio del minore, è importante che siano rispettati i rapporti psico-affettivi significativi del minore la cui presenza rappresenta il presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono;

    inoltre l'accertamento dello stato di abbandono del minore, dovrebbe basarsi su di una reale ed obiettiva situazione esistente in atto e la presenza di un legame familiare significativo dovrebbe impedire l'allontanamento coatto del minore per motivi di abbandono;

    la Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al secondo comma dell'articolo 12, prevede che «si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale»;

    il diritto all'ascolto rappresenta un tassello fondamentale del principio del superiore interesse del minore sancito all'articolo 3 della Convenzione, che ne costituisce il perno, finalità e insieme strumento di tutela delle persone di minore età, vale a dire la persona che non ha ancora compiuto 18 anni. Questa nozione di minore età è adottata ormai unitariamente a livello europeo: infatti minore è una persona di età inferiore agli anni 18 (articolo 2, parte 2, n. 6 del Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori);

    il diritto a esprimere liberamente la propria opinione si traduce nella possibilità, per il bambino e per l'adolescente, di poter condividere il proprio punto di vista, di essere parte attiva nei processi decisionali che lo riguardano e di poterli influenzare. Aspetto rilevante è la volontarietà di questo intervento. Il minore ha la facoltà di esprimere il proprio punto di vista. Ciò significa che si tratta di una scelta e non di un obbligo;

    l'ascolto del minore di età è un diritto espressamente disciplinato anche nell'ordinamento italiano e deve essere garantito nei procedimenti di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, in tutti i procedimenti civili finalizzati all'emissione di provvedimenti relativi all'affidamento ai genitori e alla responsabilità genitoriale, e comunque in tutti i procedimenti che incidono sullo status del minore, compresi i procedimenti di tutela;

    per i casi di inosservanza dei decreti emessi in ambito di separazione tra coniugi, ove vi sono controversie in ordine dell'esercizio di responsabilità genitoriale e delle modalità di affidamento, l'applicazione dell'articolo 709-ter cpc, al n. 3 del secondo comma, in base alla modifica prevista dal testo all'esame dell'Aula, prevede un risarcimento del danno giornaliero a carico di uno dei due genitori nei confronti dell'altro. La disposizione tuttavia non tiene conto delle situazioni di rifiuto dei minori di uno dei due genitori, rendendo difficoltoso se non impossibile, attenersi al rispetto del decreto disposto dal giudice. Nei casi di violenza domestica e violenza assistita ad esempio, è necessario tenere in conto della volontà espressa dal minore, il quale in quanto spettatore e/o vittima di reato, potrebbe rifiutarsi di attenersi alle disposizioni stabilite dal giudice in ambito di frequentazione del genitore presunto abusante. Determinando un'ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del genitore tenuto ad eseguire l'ordine del giudice,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per garantire l'ascolto della persona minorenne sia in fase istruttoria che a seguito dell'emissione di un provvedimento a sua tutela, informandola adeguatamente circa le decisioni che la riguardano e assicurando la sua partecipazione alla definizione del progetto educativo;

   ad adottare iniziative volte a garantire che il giudice esegua personalmente l'ascolto del minore e disponendo in ogni caso la videoregistrazione dell'audizione del minore d'età;

   ad inserire nell'albo dei consulenti tecnici la categoria dei neuropsichiatri infantili e degli psicologi dell'età evolutiva;

   ad adottare iniziative volte a garantire che l'allontanamento coatto del minore dall'ambiente familiare, venga disposto dal giudice esclusivamente nei casi di oggettivo e grave pregiudizio, escludendo l'abbandono di minore in tutti i casi in cui sia accertato un legame familiare significativo per il minore stesso;

   ad escludere la diretta applicazione dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile nelle ipotesi in cui a carico di uno o entrambi i genitori vi siano procedimenti in corso relativi alle fattispecie di reati previsti dal cosiddetto «codice rosso» prevedendo che, ai fini dell'eventuale applicazione della misura sanzionatoria prevista dalla norma, il giudice abbia a tenere in considerazione le ragioni dell'eventuale rifiuto opposto dal minore nell'incontrare il genitore e, di conseguenza, l'impossibilità concreta per quest'ultimo di ottemperare ai provvedimenti impartiti dal giudice.
9/3289/49. (Testo modificato nel corso della seduta)Giannone.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    la digitalizzazione è ormai alla base di tutte le strutture amministrative ed è essenziale in tutti gli ambiti a garanzia di sicurezza, trasparenza e tempestività di utilizzo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad aumentare i fondi stanziati per la digitalizzazione nell'ambito giudiziario.
9/3289/50. Mollicone.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata;

    la digitalizzazione è ormai alla base di tutte le strutture amministrative ed è essenziale in tutti gli ambiti a garanzia di sicurezza, trasparenza e tempestività di utilizzo,

impegna il Governo

fatti salvi gli equilibri di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad aumentare i fondi stanziati per la digitalizzazione nell'ambito giudiziario.
9/3289/50. (Testo modificato nel corso della seduta)Mollicone.


PROPOSTA DI LEGGE: PELLA ED ALTRI: MODIFICHE AL TESTO UNICO DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 18 AGOSTO 2000, N. 267, IN MATERIA DI LIMITAZIONE DEL MANDATO DEI SINDACI E DI CONTROLLO DI GESTIONE NEI COMUNI DI MINORI DIMENSIONI, NONCHÉ AL DECRETO LEGISLATIVO 8 APRILE 2013, N. 39, IN MATERIA DI INCONFERIBILITÀ DI INCARICHI NEGLI ENTI PRIVATI IN CONTROLLO PUBBLICO (A.C. 1356-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: SILVESTRONI ED ALTRI; CIABURRO ED ALTRI (A.C. 2071-2240)

A.C. 1356-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE
NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 1.
(Inconferibilità di incarichi presso gli enti di diritto privato in controllo pubblico)

  1. All'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, dopo la parola: «locali» sono aggiunte le seguenti: «nonché negli enti di diritto privato in controllo pubblico».

PROPOSTE EMENDATIVE

EMENDAMENTI SEGNALATI
PER LA VOTAZIONE

ART. 1.
(Inconferibilità di incarichi presso gli enti di diritto privato in controllo pubblico)

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

  1-bis. All'articolo 7, commi 1 e 2, del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, le parole: «nei due anni precedenti» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «nei due mesi precedenti» e le parole: «nell'anno precedente» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «nel mese precedente».
1.100. Maschio, Varchi, Prisco, Donzelli, Montaruli, Bartolozzi, Deidda, Ferro, Ciaburro.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Disposizioni in materia di assunzione straordinaria di personale)

  1. Nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti sono ammesse nuove assunzioni nel limite del 50 per cento, arrotondato per eccesso, dei posti ancora vacanti rispetto al limite massimo di personale previsto dal decreto del Ministro dell'interno 10 aprile 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2017.
  2. Nei comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 3.000 abitanti sono ammesse nuove assunzioni sino al 35 per cento, arrotondato per eccesso, dei posti ancora vacanti rispetto al limite massimo di personale previsto dal decreto del Ministro dell'interno 10 aprile 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2017.
  3. Nei comuni con popolazione compresa tra 3.001 e 5.000 abitanti sono ammesse nuove assunzioni sino al 25 per cento, arrotondato per eccesso, dei posti ancora vacanti rispetto al limite massimo di personale previsto dal decreto del Ministro dell'interno 10 aprile 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2017.
  4. Nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono ammesse nuove assunzioni sino al 10 per cento, arrotondato per eccesso, dei posti ancora vacanti rispetto al limite massimo di personale previsto dal decreto del Ministro dell'interno 10 aprile 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2017.
  5. Qualora il rapporto dipendenti-popolazione previsto dal decreto del Ministro dell'interno 10 aprile 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2017, venisse ridotto in sede di rideterminazione triennale ai sensi dell'articolo 263, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le assunzioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 del presente articolo non possono essere considerate esuberi.
  6. Nei Comuni per i quali è prevista, nella programmazione triennale del fabbisogno, la cessazione per pensionamenti programmati di personale, le capacità assunzionali previste ai commi 2, 3 e 4, sono calcolate inserendo il pensionamento futuro, onde consentire la compresenza dei dipendenti per un periodo minimo di sei mesi.
1.0100. Ciaburro, Caretta, Ferro.

A.C. 1356-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE
NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 2.
(Semplificazione in materia di controllo di gestione per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti)

  1. All'articolo 196, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo le parole: «gli enti locali» sono inserite le seguenti: «, ad esclusione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti,».

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 2.
(Semplificazione in materia di controllo di gestione per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti)

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

  2-bis. All'articolo 3 della legge 25 marzo 1993, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

   «i-bis) da non meno di 10 e da non più di 25 elettori nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti»;

   b) il comma 2 è abrogato.
2.101. Silvestroni, Prisco, Trancassini, Donzelli, Lucaselli, Rampelli, Montaruli, Colletti, Ferro.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.
(Decurtazioni dal Fondo di solidarietà comunale per le attività di sgombero neve nei Comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti)

  1. La quota relativa all'imposta municipale propria del Fondo di solidarietà comunale, di cui alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 380-ter, di spettanza dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, classificati come montani, è decurtata dell'importo messo a bilancio dai Comuni medesimi per le attività ordinarie e straordinarie di sgombero neve.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con apposito decreto, le occorrenti variazioni a bilancio.
2.0102. Ciaburro, Caretta, Ferro.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.
(Disposizioni per la riduzione degli oneri relativi agli accessi stradali per le amministrazioni comunali)

  1. Con decreto da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, istituisce nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili un fondo, denominato «Fondo per il contenimento degli oneri per gli accessi stradali», con una dotazione di 3 milioni di euro, col fine di contenere i costi derivanti dagli accessi stradali gestiti da ANAS SpA gravanti sulle amministrazioni comunali.
  2. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
2.0105. Ciaburro, Caretta, Prisco, Ferro.

(Inammissibile)

A.C. 1356-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE
NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 3.
(Disposizioni concernenti la limitazione del mandato dei sindaci nei comuni di minori dimensioni)

  1. All'articolo 51 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 2:

    1) la parola: «rieleggibile» è sostituita dalla seguente: «ricandidabile»;

    2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del terzo mandato»;

   b) al comma 3, le parole: «È consentito» sono sostituite dalle seguenti: «Per l'ipotesi di cui al comma 2, primo periodo, è consentito».

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 3.
(Disposizioni concernenti la limitazione del mandato dei sindaci nei comuni di minori dimensioni)

  Al comma 1, lettera a), numero 2), sostituire le parole da: 5.000 fino a: primo periodo con le seguenti: 3.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del quarto mandato, per i sindaci dei comuni con popolazione compresa tra 3.001 e 5.000, tale limite.
3.104. Ciaburro, Caretta, Prisco, Ferro.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente

Art. 3-bis.
(Incompatibilità di funzioni)

  All'articolo 64 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, le parole: «comunale e» sono soppresse, ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'esercizio delle funzioni di assessore comunale è incompatibile con l'esercizio delle funzioni di consigliere comunale.»;

   b) al comma 2, le parole: «comunale o» sono soppresse, e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il consigliere comunale nominato assessore è sospeso dalla carica di consigliere per la durata dell'incarico da assessore. Il Consiglio comunale, nella prima seduta successiva al provvedimento di nomina ad assessore procede alla temporanea sostituzione del consigliere interessato, affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere al candidato che nella lista ha conseguito la cifra elettorale immediatamente successiva a quella ottenuta dal consigliere nominato assessore.».
3.0104. Donzelli, Prisco, Maschio, Montaruli, Ciaburro.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Limitazione delle liste collegate alla candidatura a sindaco)

  All'articolo 72 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 2, dopo le parole: «uno o più liste» sono aggiunte le seguenti: «, nei limiti di quanto previsto dal comma 2-bis,»;

   b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

   «2-bis. Nei comuni sino a 30.000 abitanti ogni candidato sindaco può dichiarare il collegamento con massimo due liste. Nei comuni tra 30.001 e 100.000 abitanti ogni candidato sindaco può dichiarare il collegamento con massimo tre liste. Nei comuni tra 100.001 e 300.000 abitanti ogni candidato sindaco può dichiarare il collegamento con massimo quattro liste. Nei comuni oltre 300.001 abitanti ogni candidato sindaco può dichiarare il collegamento con massimo cinque liste.»;

   c) al comma 7 dopo le parole: «ulteriori liste» aggiungere le seguenti: «, nel massimo di due,».
3.0105. Colletti, Forciniti.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Disposizioni in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare).

  1. All'articolo 143, comma 10, primo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole «fino ad un massimo di ventiquattro mesi» sono sostituite dalle seguenti: «fino ad un massimo di cinque anni.».
3.0108. Giovanni Russo.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Disposizioni in materia di utilizzo temporaneo di segretari comunali collocati in disponibilità)

  1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1 dell'articolo 270, dopo le parole: «I contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari competenti dell'Anci,» sono aggiunte le seguenti: «dell'Associazione nazionale dei piccoli comuni d'Italia (Anpci),»;

   b) all'articolo 271:

    1) al comma 1, dopo le parole: «Gli enti locali, le loro aziende e le associazioni dei comuni presso i quali hanno sede sezioni regionali e provinciali dell'Anci», sono aggiunte le seguenti: «dell'Anpci,»;

    2) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

   «2-bis. I segretari comunali collocati in disponibilità possono essere distaccati, a tempo pieno o parziale, presso l'Anci o l'Anpci ed essere autorizzati a prestare la loro collaborazione in favore di tali associazioni per costituire un nucleo di assistenza per i comuni fino a 5.000 abitanti. I segretari comunali distaccati ai sensi del presente comma mantengono la propria posizione giuridica e il corrispondente trattamento economico, a cui provvede il Ministero dell'interno. Il termine di cui al comma 4 dell'articolo 101 è sospeso per l'intera durata del distacco».

  2. All'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le parole: «ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani – UNCEM» sono sostituite dalle seguenti: «, il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani – UNCEM e il presidente dell'Associazione nazionale dei piccoli comuni d'Italia – ANPCI».
  3. Il Governo provvede ad apportare le necessarie modifiche all'articolo 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, prevedendo che, per i comuni aventi popolazione inferiore a 5.000 abitanti, nei quali sia vacante la sede di segreteria, la prefettura possa conferire le funzioni di segretario comunale a un funzionario di ruolo in servizio presso il comune, in possesso dei requisiti determinati con decreto del Ministro dell'interno, comunque per un periodo non eccedente centottanta giorni, salvo proroga motivata da mancanza di disponibilità di segretari comunali presso la sezione regionale.
3.0113. Ciaburro, Caretta, Ferro.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Modifiche alla legge 7 aprile 2014, n. 56, in materia di Giunte provinciali e giunte metropolitane)

  1. All'articolo 1 della legge 7 aprile 2014. n. 56 sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) dopo il comma 42 è inserito il seguente:

   «42-bis. Il sindaco metropolitano presiede la giunta metropolitana, la cui composizione e le cui competenze sono disciplinate dagli articoli 47 e 48 del testo unico.»;

   b) al comma 54, della dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:

   «c-bis) la giunta provinciale»;

   c) dopo il comma 56 è aggiunto il seguente:

   «56-bis. Il sindaco metropolitano presiede la giunta provinciale, la cui composizione e le cui competenze sono disciplinate dagli articoli 47 e 48 del testo unico.».
3.0110. Silvestroni, Lollobrigida, Prisco, Lucaselli, Donzelli, Montaruli, Ferro, Ciaburro.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Elezione diretta del presidente della provincia e del consiglio provinciale)

  1. All'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, i commi da 58 a 78 sono abrogati.
  2. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali sono eletti a suffragio universale e diretto con il sistema elettorale previsto dagli articoli 74 e 75 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
3.0111. Silvestroni, Lollobrigida, Prisco, Lucaselli, Donzelli, Montaruli, Ferro, Trancassini, Ciaburro.

EMENDAMENTI NON SEGNALATI
PER LA VOTAZIONE

ART. 2.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

  2-bis. Al testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, dopo l'articolo 60 è aggiunto il seguente:

Art. 60-bis.
(Proclamazione del sindaco nei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti)

   1. Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, nei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, il sindaco è eletto e si intendono eletti tutti i candidati compresi nella lista, purché il numero dei votanti non sia stato inferiore al 40 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune, restando esclusi dal computo del denominatore gli elettori iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero.
2.100. Ciaburro, Caretta, Prisco, Trancassini, Donzelli, Lucaselli, Rampelli, Montaruli.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.
(Razionalizzazione della ricognizione delle partecipazioni societarie ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2018, n. 175)

  1. Limitatamente ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti l'obbligo di ricognizione annuale delle partecipazioni societarie e la revisione del piano di razionalizzazione previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 19 agosto 2018, n. 175, vengono sostituiti da una comunicazione di conferma in caso di invarianza dell'assetto delle partecipazioni rispetto alla ricognizione e revisione del piano di razionalizzazione al 31 dicembre 2019. Qualora sopravvengano variazioni nell'assetto delle partecipazioni o in merito al piano di razionalizzazione si dovrà procedere agli ordinari adempimenti.
2.0100. Ciaburro, Caretta, Prisco, Trancassini, Donzelli, Lucaselli, Rampelli, Montaruli.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.
(Eliminazione dei limiti di spesa in materia di formazione del personale ed ulteriori semplificazioni amministrative per i piccoli Comuni)

  1. A decorrere dal 1° gennaio 2019, l'articolo 6, comma 13, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, non si applica ai comuni e alle città metropolitane.
  2. Il comma 8 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è abrogato.
  3. Il comma 1 dell'articolo 27 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è abrogato.
  4. Al comma 1-ter dell'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo periodo, le parole: «gli enti territoriali e» sono soppresse;

   b) il secondo e il terzo periodo sono soppressi.

  5. Ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti non si applicano:

   a) l'articolo 1, comma 173, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;

   b) i commi 7, 9, 12 e 14 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

   c) l'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;

   d) gli articoli 14 e 15 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;

   e) l'articolo 12, comma 1-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;

   f) l'articolo 2, commi 594 e 599, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

  6. Ai comuni non si applicano:

   a) i commi 4 e 5 dell'articolo 5 della legge 25 febbraio 1987, n. 67;

   b) il comma 7 dell'articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  7. In deroga all'articolo 4 del decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 31 gennaio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 1997, nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che gestiscono il servizio di scuolabus direttamente o in forma associata, la guida dello scuolabus può essere effettuata anche da un soggetto, in possesso della patente di guida e del certificato di abilitazione professionale, non legato da un rapporto di lavoro subordinato con l'ente. A tale fine non è richiesto il possesso dell'attestato di idoneità professionale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395.
  8. All'articolo 53, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

   «f-ter) dalla partecipazione a commissioni, comitati e organismi di altre pubbliche amministrazioni».

  9. Il comma 8 dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è abrogato.
  10. All'articolo 14, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «che regola» sono sostituite dalle seguenti: «che definisce e assegna».
  11. All'articolo 3, comma 1, della legge 25 marzo 1993, n. 81, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

   «i-bis) da non meno di 10 e da non più di 15 elettori nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti».

  12. L'articolo 3, comma 2, della legge 25 marzo 1993, n. 81, è abrogato.
2.0101. Ciaburro, Caretta, Prisco.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.
(Semplificazioni in materia di gestioni associate di servizi)

  1. All'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) il comma 28 è sostituito dal seguente:

   «28. I comuni possono esercitare in forma associata le funzioni fondamentali di cui al comma 27 del presente articolo mediante convenzione o unioni di comuni ai sensi degli articoli 30 e 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 456, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per la gestione associata dei servizi sociali in forma consortile.»;

   b) dopo il comma 29 è aggiunto il seguente:

   «29-bis. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, la ripartizione dei fondi statali e regionali di incentivazione e di premialità per le convenzioni di funzioni e servizi e per le unioni di comuni è effettuato tenendo conto in modo proporzionale del numero e della tipologia delle funzioni e dei servizi, del numero dei comuni partecipanti all'unione e della consistenza demografica raggiunta dalla forma associativa, sulla base di criteri operativi stabiliti mediante regolamento adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.»;

   c) al comma 30, primo periodo, la parola: «obbligatoriamente» è soppressa;

   d) i commi 31, 31-bis, 31-ter e 31-quater sono abrogati.
2.0103. Ciaburro, Caretta.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.
(Disciplina della TARI)

  1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 652, terzo periodo, le parole: «per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni dal 2014 al 2023».

   b) dopo il comma 683 è inserito il seguente:

   «683-bis. In considerazione della necessità di acquisire il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, a decorrere dall'anno 2019, i comuni, in deroga al comma 683 del presente articolo e all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, approvano le tariffe e i regolamenti relativi alla TARI entro il 30 aprile di ciascun anno di riferimento.».
2.0104. Ciaburro, Caretta, Prisco.

ART. 3.

  Al comma 1, lettera a), numero 2), sostituire le parole da: 5.000 fino a: primo periodo con le seguenti: 1.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del quarto mandato, per i sindaci dei comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000, tale limite.
3.102. Ciaburro, Caretta, Prisco.

  Al comma 1, lettera a), numero 2), sostituire le parole da: 5.000 fino a: primo periodo con le seguenti: 2.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del quarto mandato, per i sindaci dei comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 5.000, tale limite.
3.103. Ciaburro, Caretta, Prisco.

  Al comma 1, lettera a), numero 2), sostituire la parola: terzo con la seguente: quarto.
3.105. Ciaburro, Caretta, Prisco.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Semplificazioni in materia di revisione elettorale per i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti)

  1. Al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 6, sesto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, la revisione avviene, a discrezione della giunta municipale, in uno solo dei mesi di gennaio e di luglio.»;

   b) all'articolo 7, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, l'aggiornamento delle liste elettorali di cui al precedente periodo avviene, a discrezione della giunta municipale, con un'unica revisione semestrale.»;

   c) all'articolo 16, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, la Commissione elettorale, a sua discrezione, effettua la revisione di cui al precedente periodo in modalità annuale, entro il 10 aprile o entro il 10 ottobre di ciascun anno.»;

   d) all'articolo 18, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, il manifesto di cui al predetto manifesto è affisso entro l'11 aprile nel caso in cui la commissione elettorale abbia deciso di effettuare la revisione elettorale in modalità annuale entro il 10 aprile dello stesso anno, con possibilità di presentare ricorso unicamente non oltre il 20 aprile successivo, ed entro l'11 ottobre, nel caso in cui la Commissione elettorale abbia deciso di effettuare la revisione elettorale in modalità annuale entro il 10 ottobre dello stesso anno, con possibilità di presentare ricorso unicamente non oltre il 20 ottobre successivo»;

   e) all'articolo 30, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, la Commissione elettorale mandamentale provvede all'approvazione degli elenchi entro il 10 giugno o entro il 10 dicembre sulla base dell'esercizio di discrezionalità di cui all'articolo 7, comma 1.»;

   f) all'articolo 31, primo comma, dopo la parola: «semestrali» sono aggiunte le seguenti: «o annuali nel caso dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti»;

   g) all'articolo 32, primo comma, alinea, dopo le parole: «del semestre successivo» sono inserite le seguenti: «o dell'anno successivo, nel caso di comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti»;

   h) all'articolo 35, dopo le parole: «il 10 ottobre di ciascun anno» sono inserite le seguenti: «o, nei comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti, entro uno solo dei predetti termini»;

   i) all'articolo 40, primo comma, dopo le parole: «10 dicembre», sono inserite le seguenti: «o, nei comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti, entro uno solo dei predetti termini,».

  2. Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 8 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, sono applicate, se del caso, singolarmente, in base all'esercizio di discrezionalità da parte della Giunta Municipale di cui al comma 1 del presente articolo.
3.0112. Ciaburro, Caretta.

A.C. 1356-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il comma 4 dell'articolo 161 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 prescrive che, decorsi trenta giorni dal termine previsto per l'approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato, in caso di mancato invio, da parte dei comuni, delle province e delle città metropolitane, dei relativi dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, compresi i dati aggregati per voce del piano dei conti integrato, sono sospesi i pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute dal Ministero dell'interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale;

    alcune amministrazioni comunali sono impossibilitate a inviare questi dati a causa del mancato ricevimento del bilancio di esercizio da parte di una o più società partecipate dall'ente stesso, provocando criticità al comune stesso per fatti non direttamente imputabili alla propria volontà;

    alcuni comuni sono quindi penalizzati a causa della sospensione dei pagamenti delle risorse finanziare, provocando anche situazioni che conducono al ricorso ad anticipazioni di cassa, per i comuni in difficoltà finanziaria. Tali anticipazioni determinano un ulteriore aggravio per le casse comunali a causa dei costi derivanti dagli interessi maturati sulle anticipazioni di cassa;

    la sospensione dei pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute dal Ministero dell'interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale, a causa del mancato invio da parte dei comuni dei rendiconti e del bilancio consolidato corredata dalla situazione contabile delle società partecipate mette in ulteriore difficoltà i comuni con problemi finanziari o in procedura di predissesto, di dissesto controllato o di dissesto,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a revisionare la normativa che prevede la sospensione dei pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute a favore dei comuni che versano in condizioni finanziarie di difficoltà, in caso di mancato invio dei dati completi relativi al bilancio consolidato e dei rendiconti.
9/1356-A/1. Torto.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame reca modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni in materia di status e funzioni degli amministratori locali, di semplificazione dell'attività amministrativa e di finanza locale;

    a seguito delle modifiche emendative apportate al testo medesimo, il contenuto è stato completamente stravolto, limitandone ampiamente il margine applicativo e gli effetti normativi;

    il testo ha subito radicali modificazioni nell'ambito del dibattito parlamentare, mancando di recepire una serie di disposizioni chiave per la tutela dei piccoli Comuni;

    ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i Comuni con meno di 1.000 abitanti sono tenuti a rispettare il limite della spesa del personale accertato nel 2008, ormai oltre dieci anni fa, tale limite tuttavia non vale per gli altri Comuni, per cui è seguito un criterio di spesa storico basato sul triennio precedente;

    molti Comuni, a causa di questi limiti, nonché di condizioni di dissesto finanziario ed alla luce della crescente mole di servizi richiesti ai Comuni stessi, si trovano nelle condizioni di non poter offrire i propri servizi proprio per la carenza di personale o per l'impossibilità di effettuare spesa, anche a fini assunzionali, proprio per via dei limiti imposti dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), trovandosi spesso anche in un vero e proprio circolo vizioso tale per cui l'impossibilità di spendere in personale impedisce di erogare servizi che possono, in prospettiva, incrementare la prosperità dell'ente e della comunità su cui questo insiste,

impegna il Governo a:

   a) riformare la gestione della spesa per i Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, semplificando i criteri di spesa storica in modo tale da fornire maggiore flessibilità assunzionale alle amministrazioni comunali medesime;

   b) disporre misure straordinarie per l'assunzione del personale minimo necessario per garantire l'erogazione di tutti i servizi essenziali ai piccoli Comuni in dissesto, anche in deroga ai vincoli di spesa vigenti.
9/1356-A/2. Caretta, Ciaburro.


   La Camera,

   premesso che:

    il testo in esame reca modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni in materia di status e funzioni degli amministratori locali, di semplificazione dell'attività amministrativa e di finanza locale;

    a seguito delle modifiche emendative apportate al testo medesimo, il contenuto è stato completamente stravolto, limitandone ampiamente il margine applicativo e gli effetti normativi;

    il testo diventato oggetto del dibattito parlamentare reca così premesse e contenuti radicalmente diversi, perdendo tutta una serie di fondamentali modifiche in materia di enti locali e piccoli comuni;

    nei piccoli comuni, in particolar modo sotto i 3.000 abitanti, vi è enorme fatica a disporre di un vero e proprio ricambio politico ed amministrativo, portando spesso e volentieri le comunità a richiedere più mandati al medesimo sindaco, salvo poi incorrere in limiti legislativi che ne impediscono l'effettiva e potenziale messa al servizio del territorio;

    le vigenti disposizioni in materia di contabilità e procedure elettorali a carico dei piccoli comuni ne sottopongono la gestione amministrativa sotto i medesimi oneri gestionali vigenti per i grandi comuni, senza tenere di conto che le ridotte misure dei piccoli comuni permettono l'attuazione di un regime semplificato senza che questo pregiudichi la funzionalità delle procedure contabili o elettorali medesime;

    nel caso del bilancio di previsione, la sua natura pluriennale lo rende uno strumento di programmazione economico-finanziaria più che adeguato nei comuni al di sotto dei 1.000 abitanti, i quali devono in ogni caso avere a che fare con una versione del Documento unico di programmazione (DUP) tale da richiedere uno sforzo gestionale eccessivo per queste amministrazioni;

    l'utilizzo della sezione «amministrazione trasparente» dei portali informatici dei comuni italiani dovrebbe agevolare non solo la fruibilità dei dati per cittadini ed amministrazioni, ma anche semplificarne la gestione: di fatto numerosi dati contabili sono pubblicati più volte, spesso creando oneri ulteriori per le amministrazioni comunali e – in particolar modo – dei piccoli comuni, nonché confusione per i cittadini che si interfacciano con le amministrazioni stesse;

    con l'incremento delle responsabilità in capo ai Sindaci non è seguito un incremento delle dotazioni economiche e strumentali a favore dei piccoli comuni, con la conseguenza che questi sono spesso obbligati a fondersi o entrare in Unioni in cui non riescono in ogni caso a vedersi riconosciuti i necessari sostegni gestionali ed amministrativi di cui hanno bisogno per espletare le proprie attività quotidiane, creando e rinvigorendo l'esigenza di rafforzare lo strumento del consorzio tra piccoli comuni ed analoghe forme di associazione;

    molti degli obblighi e dei vincoli che limitano tuttora la gestione dei comuni, con conseguenze spesso ancora più di difficile tenuta per i piccoli comuni, derivano da un impianto normativo di oltre dieci anni fa, che è andato ad inanellare una serie di limiti del tutto anacronistici ed obsoleti in capo alle amministrazioni, come ad esempio i vincoli di spesa in ambito di formazione del personale o in spesa turistica, impedendo di poter operare con più libertà nel contesto della promozione turistica, particolarmente importante per i borghi storici, come già fatto da altri Paesi europei, primo tra tutti la Francia;

    la riforma della tassa dei rifiuti (TARI), in particolar modo considerata la sua concomitanza applicativa con l'emergenza pandemica da COVID-19, ha creato ulteriori oneri, lacci e lacciuoli in capo ai comuni e – soprattutto – ai piccoli comuni, tale da renderne non più procrastinabile una totale rimodulazione,

impegna il Governo:

   a valutare, considerati gli effetti applicativi delle disposizioni in esame, nell'ambito degli interventi normativi di riforma degli enti locali di prossima emanazione, anche collegati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);

   a) l'introduzione del quarto mandato per i Sindaci dei comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti;

   b) riorganizzare, ai fini di una radicale semplificazione, la gestione delle procedure contabili ed elettorali in relazione ai piccoli comuni, tenendo conto delle effettive esigenze e delle capacità gestionali effettivamente impiegabili;

   c) misure per incrementare la disponibilità di segretari comunali al servizio dei piccoli comuni, anche tenendo di conto delle attuali carenze in organico vigenti;

   d) il potenziamento dell'associazione consorziale tra comuni per l'erogazione di servizi e l'ottenimento di fondi per interventi strutturali;

   e) sospendere l'applicazione del nuovo regime legato alla TARI ed avviare una rimodulazione dell'imposta previa confronto con le associazioni di rappresentanza dei comuni e dei piccoli comuni;

   f) rimodulare il regime di limiti, oneri e competenze in carico ai comuni, razionalizzando ed eliminando le disposizioni maggiormente obsolete e lasciando alle amministrazioni comunali maggiore libertà di spesa per la formazione del personale e la promozione turistica;

   g) disporre una decurtazione strutturale dal Fondo di solidarietà comunale per le attività di sgombero neve nei comuni montani.
9/1356-A/3. Ciaburro, Caretta.


   La Camera,

   premesso che:

    coloro che ricoprono i massimi incarichi istituzionali nelle amministrazioni locali attendono da molti anni un'importante riforma del testo unico degli enti locali che tenga conto delle mutate condizioni politiche, sociali ed economiche, così come delle nuove esigenze delle comunità locali e delle responsabilità che ne discendono per gli 8 mila sindaci del nostro Paese;

    rispetto all'ampio respiro dell'impianto originario del provvedimento in oggetto, le forze parlamentari hanno pragmaticamente individuato un minimo comune denominatore di disposizioni di urgente modifica del testo unico enti locali, in vista di una iniziativa di riforma più organica che il Governo ha annunciato di voler adottare;

    a tale riguardo, assume un'importanza cruciale il tema del regime della responsabilità penale e amministrativo-contabile dei sindaci, questione che spesso determina l'indisponibilità ad assumere tale incarico, specie nei piccoli comuni, o una gestione amministrativa «difensiva» che nella gran parte dei casi porta all'inazione e alla paralisi amministrativa, a scapito delle legittime esigenze delle comunità locali;

    nello specifico, appaiono non più rinviabili interventi volti a rivedere, per rendere più ragionevoli e proporzionali, alcuni istituti quali il reato di abuso di ufficio, disponendone l'applicabilità solo a norme relative a competenze espressamente attribuite ai sindaci, o all'imputabilità del sindaco per condotte omissive improprie, temperandone l'automatismo insito nel secondo comma dell'articolo 40 del codice penale o, ancora, in materia di responsabilità amministrativo-contabile del sindaco, prevedendo la messa a regime delle norme che attualmente dispongono che «fino al 30 giugno 2023 la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità ... è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta»,

impegna il Governo

ad adottare le opportune misure, anche in vista dell'annunciata riforma organica del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nei termini prospettati in premessa.
9/1356-A/4. De Luca.


   La Camera,

   premesso che:

    rispetto all'iniziale ambizione di una revisione complessiva delle principali criticità presenti del Testo unico degli enti locali, il presente provvedimento porta all'attenzione dell'Aula tre norme specifiche: una previsione, in materia di inconferibilità degli incarichi presso gli enti privati di diritto pubblico, una disposizione contenuta in un emendamento sostitutivo dell'articolo 17, presentato a firma di tutti i rappresentanti di gruppo, che elimina, per i comuni con meno di 5.000 abitanti, l'obbligo di effettuare il controllo di gestione nonché una disposizione contenuta in un emendamento sostitutivo dell'articolo 20, presentato con il consenso di tutti i rappresentanti di gruppo, concernente la limitazione del mandato dei sindaci nei comuni di minori dimensioni;

    nel corso dell'esame in commissione, il partito democratico ha tentato di allargare la discussione almeno agli aspetti relativi alla disciplina della responsabilità penale del sindaci registrando però l'impossibilità di raggiungere una intesa unanime da parte dei gruppi;

    questa «occasione mancata» in nessun modo esime il parlamento dall'ascolto serio e attento delle voci dei sindaci delle oltre 8000 municipalità presenti nel Paese che proprio in questi giorni si sono confrontati, a Parma, durante l'assemblea annuale dell'ANCI;

    la crisi finanziaria che sta devastando gli enti locali va affrontata con interventi, coordinati ed urgenti, che scongiurino il rischio che i Comuni, in particolare quelli del sud Italia, non riescano ad accedere alle risorse e alle opportunità che il PNRR riserva al nostro Paese per uscire dalla crisi;

    gli Interventi da ultimo menzionati, in particolare, dovrebbero puntare, nel breve periodo, a scongiurare il rischio dissesto e predissesto per centinaia di Comuni, e, nel medio-lungo periodo, a costruire un sistema che consenta agli amministratori di fare una virtuosa operazione verità sul conti dei propri Enti senza incorrere in eventuali conseguenze erariali e amministrative e, al contempo, a salvaguardare le ragioni dei creditori degli Enti Locali, trovando rimedio ai limiti oggettivi del sistema di riscossione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, sin dalla legge di bilancio 2022, ogni misura utile, anche di carattere normativo, ad evitare il dissesto finanziario di centinaia di Comuni, ove possibile differendo al 31 dicembre 2021 il termine ultimo per l'approvazione del bilancio di previsione dell'anno 2021 e contraendo, se del caso in via progressiva, per il triennio 2021-2024, la percentuale di accantonamento del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità;

   ad individuare nel disegno di Legge di revisione del Testo Unico dell'ordinamento degli Enti Locali, collegato alla legge di bilancio dalla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza che si attende a breve per la presentazione alla Camere, il contesto per dare vita ad una normativa che intervenga in modo strutturale e risolutivo sulla crisi finanziaria conseguita alla armonizzazione dei bilanci degli Enti Locali.
9/1356-A/5. Miceli, Navarra, Raciti, Cappellani.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di limitazione del mandato dei sindaci e di controllo di gestione nei comuni di minori dimensioni, nonché al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico;

    l'articolo 1 dispone l'inconferibilità degli incarichi amministrativi di vertice negli enti di diritto privato in controllo pubblico in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione; attualmente l'inconferibilità è prevista per gli incarichi dirigenziali e di amministratore in tali enti;

    la legge Severino ha previsto, altresì, che a coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della regione o della provincia che conferisce l'incarico, ovvero nell'anno precedente siano stati componenti della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune della medesima regione, oppure siano stati presidente o amministratore delegato di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione ovvero da parte di uno degli enti locali interessati non possono essere conferiti incarichi di vertici della regione o nell'amministrazione regionale o di enti pubblici regionali;

    tale disposizione, si basa su un pregiudizio e un atteggiamento di sospetto nei confronti degli amministratori locali, perché presuppone che chi abbia ricoperto incarichi politici abbia un conflitto di interesse a prescindere dall'accertamento dello stesso. Andrebbe, invece, garantito ad ogni cittadino, senza disparità di trattamento, il diritto di mettere a disposizione della cittadinanza e del bene comune competenza e professionalità acquisite e, pertanto, di poter accedere ai citati incarichi,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a sopprimere o, in ogni caso, ridurre ad un massimo di due mesi i tempi previsti dai commi 1 e 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale.
9/1356-A/6. Maschio, Varchi, Prisco.


MOZIONI POLIDORI, ANNIBALI, ASCARI, BOLOGNA, SERRACCHIANI, TATEO, DE LORENZO, GEBHARD, BELLUCCI, SPESSOTTO ED ALTRI N. 1-00544 (NUOVA FORMULAZIONE), POLIDORI ED ALTRI N. 1-00544, ANNIBALI ED ALTRI N. 1-00546, ASCARI ED ALTRI N. 1-00549, BOLOGNA ED ALTRI N. 1-00550, SERRACCHIANI ED ALTRI N. 1-00553 E BELLUCCI ED ALTRI N. 1-00555 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A PREVENIRE E CONTRASTARE LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    sin dalla loro fondazione, le Nazioni Unite hanno svolto un ruolo indispensabile per l'avanzamento e la difesa dei diritti delle donne. Sotto l'egida dell'Onu, viene fondata la Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne, che si occupa di promuovere la parità di genere e della stesura sia della Dichiarazione universale dei diritti umani sia della Convenzione sui diritti politici delle donne: primo strumento giuridico riguardante i diritti della donna che enuncia il diritto a votare, ad essere elette e a poter svolgere qualsiasi impiego pubblico;

    punto di svolta per il mondo femminile è l'adozione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne adottata dall'Assemblea Generale con la Risoluzione 2263 (XXII) del 7 novembre 1967 essa elenca i diritti che devono essere garantiti alle donne e le misure che gli Stati devono mettere in atto per eliminare ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

    nell'ultimo decennio è stato compiuto un importante sforzo in termini di mutazione e innovazione del quadro normativo, così come nella pianificazione di interventi e strumenti più aderenti alle necessità emergenti;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e dall'altro con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha poi introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che: «Il Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità [...] elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta [...] un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” [...] con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-23 è appena stato adottato; il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare sul femminicidio, nella Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, approvata l'8 settembre 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;

    come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente. Tale considerazione deriva anche dal fatto che i dati che si trovano su tale fenomeno, vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché il fenomeno è sommerso, di cui è possibile effettuare mere stime e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    molte sono altresì le misure approvate in questa legislatura, da Governo e Parlamento, volte a promuovere con decisione politiche per garantire la parità di genere, incrementare l'occupazione femminile, sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    la parità di genere è stata assunta come una delle sfide principali dal Presidente Mario Draghi già nella richiesta di fiducia alle Camere;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte: la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per atti persecutori, di cui all'articolo 612-bis, del codice penale;

    il 19 luglio 2019 è stata approvata la legge n. 69 composta da 21 articoli dal titolo «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizione in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», cosiddetto «Codice Rosso». Questo provvedimento, tra le altre cose, ha contribuito alla compiuta attuazione della convenzione di Istanbul;

    la ratio sottostante alle disposizioni della legge de qua è quella di porre un'efficace e immediato argine della violenza contro le donne;

    l'obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è stato proprio quello di predisporre strumenti per consentire allo Stato, di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa evitando che la stessa, se non interrotta, produca conseguenze drammatiche;

    questa esigenza è perseguita mediante la predisposizione di un procedimento snello ed efficace capace di battere sul tempo gli eventi e di restituire sicurezza e vicinanza alle vittime;

    il cardine dell'intervento normativo è l'ascolto della persona offesa entro tre giorni dalla presentazione della denuncia. L'audizione della vittima, svolta senza ritardo dall'autorità giudiziaria ha lo scopo di evitare stasi procedimentali che causerebbero ritardi nell'adozione di provvedimenti a loro tutela. La chiave del codice rosso è la protezione delle vittime perseguita adottando misure il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne attraverso il perseguimento di tre obiettivi; prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime. In tale ambito si pone, in particolare, l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), volta a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica, prevedendo, peraltro, che il minore sia sempre considerato persona offesa del reato;

    in data 24 novembre 2020, il Ministero della giustizia ha pubblicato un primo bilancio (Il Rapporto: un anno di «Codice Rosso») della legge n. 69 del 2019, ad un anno dalla sua entrata in vigore, al fine di fornire un primo dato di conoscenza relativo all'applicazione della disciplina sia con riferimento ai nuovi reati introdotti, sia con riguardo ai corrispondenti elementi processuali di rilievo in termini di denunce, pendenze e condanne, anche per procedere ad ogni eventuale iniziativa di perfezionamento o intervento;

    è di primaria importanza istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce;

    non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni abbiano condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle Associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, non esclude il dovere irrinunciabile delle Istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di che le maltratta, offende, sevizia, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    invero, per intervenire in via preventiva ed evitare epiloghi drammatici, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene severe e certe, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dai territorio;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia. L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner, due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    la complessità del fenomeno, richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico e interistituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;

    particolarmente delicata, in questo quadro, è la situazione delle donne con disabilità, vittime di «discriminazioni multiple» che proprio i fattori sociali, culturali e la scarsa sicurezza hanno contribuito ad ingenerare e a consolidare nel tempo;

    nella mozione approvata dall'Assemblea della Camera, n. 1-00243, si evidenzia come «le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta»;

    la convenzione Onu ha dedicato un apposito articolo al tema in questione riconoscendo che le donne e i minori con disabilità sono soggetti a «discriminazioni multiple» e che per tale motivo è necessario adottare misure per garantire il loro pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali;

    la pandemia da Covid-19, le conseguenti misure di contenimento, in uno con la crisi economica senza precedenti che ha investito il nostro Paese, hanno ulteriormente evidenziato il tema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per una efficace tutela;

    fin dai primi giorni del lockdown la situazione è stata monitorata, garantendo la pronta accoglienza delle donne e la protezione: con la circolare del 21 marzo 2020 della Ministra dell'interno in accordo con la Ministra per le pari opportunità che ha impegnato le prefetture a supportare i centri antiviolenza e le case rifugio individuando soluzioni abitative temporanee da utilizzare per la quarantena prima di fare il loro ingresso nelle strutture. Con una seconda circolare (20 aprile 2020) i prefetti hanno potuto individuare un «punto di contatto» cui rivolgersi;

    il numero 1522 e l'App YouPol sono stati potenziati e le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le pari opportunità sui canali televisivi e rilanciate sui «social» hanno rinforzato il messaggio dell'importanza della richiesta di aiuto per uscire dalla violenza. Sono stati inoltre stanziati dal Dipartimento ulteriori 5,5 milioni di euro per il finanziamento di interventi urgenti determinati dalla pandemia per le case rifugio e i centri antiviolenza;

    nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5 per cento rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71 per cento). È quanto emerge dai dati pubblicati dall'Istat nell'ambito dello studio «Le richieste di aiuto durante la pandemia»;

    il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 per cento rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne, anche per effetto della campagna mediatica;

    durante i primi 5 mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza (Cav): l'8,6 per cento lo ha fatto proprio a causa di circostanze scatenate o indotte dall'emergenza dovuta al Covid-19, come ad esempio la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell'autore della violenza o della donna;

    non tutti i femminicidi sono prevedibili: molti si verificano non dove ci sono episodi di violenza fisica precedenti, ma dove c'è stata violenza psicologica. In questi casi è difficile prevenire con una migliore applicazione della legge e per questo si rende sempre più stringente l'esigenza di intervenire culturalmente con una sensibilizzazione a partire dalle nuove generazioni nelle scuole: una simile rivoluzione culturale passa per le parole, per il non ridere alle battute sessiste;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna, e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    l'esperienza della scuola segna tutto il periodo di crescita e di formazione dei minori: si parte dalla fase educativa dei nidi e delle scuole dell'infanzia per poi passare a quella delle scuole di ogni ordine e grado in cui ogni bambina e ogni bambino è accompagnato, anno dopo anno, nel lungo percorso di formazione della personalità, di cambiamento del corpo, di crescita intellettuale. In tale contesto la scuola si affianca ed è a sua volta affiancata dalle famiglie, un contesto articolato, quindi, nel quale la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti che entrano in relazione tra loro, scuola e famiglia, scuola e servizi socio-sanitari, docenti e alunni, che sia in grado di riconoscere un disagio o potenziali patologie, che funga da supporto ad un sano sviluppo di interessi e stili cognitivi;

    lo psicologo scolastico deve diventare un punto di riferimento stabile e costante per l'adolescente, non soltanto nei momenti di difficoltà, ma nel quotidiano confronto con le più varie forme di disagio e nel confronto con modelli sociali sempre più spesso distorsivi;

    sarebbe altresì opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    nella medesima direzione sono state presentate varie proposte di legge volte a introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari;

    il problema, come riportato nella citata relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    in un'ottica di prevenzione dei fatti di violenza contro le donne, al fine di fornire a queste ultime strumenti psicologici e caratteriali, ma anche forza fisica, che consentano di respingere eventuali atti di violenza, anche verbale, è molto utile la pratica di sport di autodifesa che dovrebbero essere offerte in forma gratuita, anche in collegamento con i centri anti-violenza, le cui risorse finanziarie dovrebbero essere implementate;

    inoltre, è necessario promuovere una campagna di sensibilizzazione per le donne che vedono lesi i loro diritti per fondamenti culturali e religiosi. Si ricordi il caso di Saman Abbas, giovane pakistana scomparsa il 30 aprile a Novellara della quale si ipotizza l'omicidio da parte di suoi familiari, a causa della volontà della giovane di sottrarsi a un matrimonio combinato piuttosto che al caso della donna di origini marocchine, che ha sporto denuncia per maltrattamenti in famiglia perpetrati da parte del marito che le aveva imposto l'uso del velo integrale e le aveva vietato di uscire di casa; parliamo dunque di imposizioni profondamente lesive di cui non possiamo ignorare le conseguenze, rispetto alle quali è necessario intervenire al fine di introdurre misure volte alla protezione delle vittime;

    al pari dei sopracitati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa piaga sociale resa possibilmente ancora più grave dall'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019, il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto all'8 per cento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali che crea un sistema di trasparenza e garanzia per le lavoratrici con un sistema di certificazione che premia le aziende virtuose. Senza sfruttamento nel mercato del lavoro e contribuendo al benessere delle donne e della stessa comunità;

    la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro paese, e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi: proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, e cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento il 27 ottobre 2021 ha licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base dell'ultimo rapporto sul gender gap del World Economic Forum, l'Italia si colloca ancora al 76° posto su 153 Paesi della classifica mondiale, con un tasso di occupazione femminile fermo al 48,9 per cento, agli ultimi posti in Europa;

    viene previsto l'ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale, prevedendo che lo stesso sia redatto dalle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto), nonché la previsione, tra l'altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere;

    per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i princìpi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    il 26 agosto 2021 si è svolta a Santa Margherita Ligure, per la prima volta nell'ambito di un G20, la Conferenza sull'empowerment femminile, cui hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, rappresentanti di organizzazioni internazionali, del mondo delle imprese, dell'accademia, con al centro Stem, alfabetizzazione finanziaria e digitale, ambiente e sostenibilità da un lato, lavoro ed empowerment economico ed armonizzazione dei tempi di vita dall'altro;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale, delle donne;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne, o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è dunque il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne, rivestono un ruolo estremamente importante;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà»: un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità» ed è stato poi rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022. L'8 novembre scorso, l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà;

    certamente, si tratta di una iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    sempre in tale direzione va il microcredito di libertà promosso dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito (Enm e la Caritas);

    nell'anno 2020, grazie ad una procedura accelerata connessa allo stato emergenziale, i fondi stanziati nel novembre del 2019 sono stati sbloccati velocemente, con tempi ridotti nel passaggio dal Dipartimento pari opportunità alle regioni. Sebbene a partire dal 2021 si sia tornati alla procedura ordinaria, che comporta l'esame della programmazione regionale e quindi una tempistica più lunga per l'erogazione dei fondi alle regioni, e di conseguenza ai Cav e alle Case Rifugio, il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri si sta adoperando per individuare possibili modalità di ulteriore riduzione della tempistica di erogazione delle risorse alle regioni, oltre che per il potenziamento del sistema di monitoraggio, introdotto con il riparto del 2019 con l'obiettivo di disporre di un quadro informativo puntuale sull'effettivo utilizzo delle risorse da parte delle regioni;

    nel disegno di legge di bilancio per l'anno 2022, attualmente all'esame del Parlamento, lo stanziamento delle risorse a favore dei centri antiviolenza e case rifugio è stato reso strutturale, evitando un rinnovo di volta involta che produce inevitabilmente ritardi e precarietà;

    nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, in questa legislatura, con l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), e con le riforme del processo civile e del processo penale che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;

    sul versante civile, proprio nella giornata odierna è stata approvata definitivamente «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata». Il provvedimento, grazie alle indicazioni e al lavoro svolto dalla Commissione sul femminicidio, ha ampliato il suo contenuto che attiene anche ai procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;

    con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste, si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;

    sempre la riforma, prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;

    si ricorda che la sindrome da alienazione parentale (Pas), non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata, in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio (Ctu) quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici, per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;

    la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà dunque il giudice ad accertare le cause del rifiuto considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come extrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;

    sul fronte penale, invece, il Parlamento ha approvato la legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, la riforma del processo penale. Tra le altre rileva una disposizione immediatamente precettiva, una previsione che integra le norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione Oil 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa, tra i Paesi che hanno ratificato la convenzione;

    i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale, non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato, e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve dunque una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    con il decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, si vietano affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;

    è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    resta centrale, in un'ottica di prevenzione, secondo quanto previsto all'articolo 16 della convenzione di Istanbul, il trattamento degli uomini violenti, il cui tasso di recidiva è estremamente elevato. Su questo tema è stato approvato un emendamento di Italia Viva alla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che autorizza la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, per garantire la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari, per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e il 29 ottobre 2021 è stato pubblicato sul sito del Dipartimento per le pari opportunità, il decreto di approvazione della graduatoria dei progetti finanziati a seguito dell'avviso pubblico del 18 dicembre 2020, con il quale è stata data attuazione all'articolo 26-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, per promuovere progetti volti all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti;

    sul piano della sicurezza delle donne occorre poi mettere in campo misure volte a monitorare e controllare la diffusione delle armi per uso di difesa personale. Secondo l'Opal, Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa, nel 2020 a fronte di 93 omicidi di donne, 23 sono stati commessi da legali detentori di armi o con armi da loro detenute. Si tratta di un omicidio su quattro;

    a fronte della crisi pandemica, le vittime di tratta e prostituzione forzata, sono diventate ancora più vulnerabili. Il Dipartimento per le pari opportunità ha dato continuità al Programma unico per l'emersione e la protezione per le vittime, per il quale nel mese di giugno 2021 ha impegnato 24 milioni di euro. Sono stati inoltre riattivati e resi operativi gli organismi di governance a presidio delle politiche di prevenzione e contrasto della tratta e del grave sfruttamento: la Cabina di regia politica e il Comitato tecnico che dovrà portare al nuovo Piano nazionale contro la tratta;

    nell'era del web, la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio online, il cosiddetto hate speech;

    il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione di includere la violenza di genere, sia online che offline, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto eurocrimini;

    sin dalla riconquista militare dell'Afghanistan da parte dei talebani, le donne afgane denunciano le terribili violazioni dei diritti umani che stanno subendo. È del 7 novembre 2021, la notizia dell'uccisione a colpi di arma da fuoco, dell'attivista per i diritti delle donne, Frozan Safi, e di altre tre giovani, l'evidenza che trattasi di un'emergenza irrisolta è confermata dai dati, seppur ancora parziali, in riferimento all'anno 2021 ancora in corso: attualmente, in base a dati aggiornati al 14 novembre, emerge che il numero di donne uccise dall'inizio dell'anno solare è pari a 103, numero a cui vanno aggiunte le migliaia di segnalazioni e denunce di molestie e violenze e, ancor più degni di nota e attenzione, gli episodi di violenza sommersa;

    troppo spesso, infatti, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psicoemotivo. È quindi importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul), e dunque una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto, è l'estrema durata del procedimento penale;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che, uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne, possono comportare una errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle Forze dell'Ordine, va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni, chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza di genere e la violenza domestica quali prioritarie dell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee e internazionali di riferimento al fine di raggiungere la piena applicazione della convenzione di Istanbul;

2) ad adottare le iniziative necessarie a promuovere e a sostenere, con azioni sistematiche e con garanzia che il personale che entra nelle scuole abbia i requisiti adeguati, percorsi formativi all'educazione al rispetto della donna finalizzati a: educare tutti i cittadini, a prescindere dalla loro cultura o pratica religiosa, al rispetto della donna, intesa come persona titolare di diritti e doveri al pari dell'uomo; a sensibilizzare gli studenti su comportamenti e forme di comunicazione che esprimano sessismo ovvero una divisione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

3) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative legislative di competenza, nel rispetto dell'autonomia scolastica, volte a istituire la figura professionale dello psicologo scolastico, al fine di contribuire alla sana formazione della personalità degli studenti, di prevenire i fattori di rischio o situazioni di disagio giovanile, di sostenere le famiglie e il personale scolastico nonché di favorire l'insegnamento dell'intelligenza emotiva per contrastare e prevenire l'acquisizione di modelli relazionali distorsivi;

4) ad adottare tutte le misure necessarie a mettere a sistema e rendere pienamente efficace e operativo il complesso degli strumenti e di tutele di cui il nostro Paese si è dotato, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul e di contrastare e prevenire la violenza sulle donne;

5) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

6) ad avviare tutte le iniziative utili volte a promuovere realmente e concretamente la non discriminazione nei confronti delle donne con disabilità, anche attraverso l'utilizzo delle risorse e dei fondi dell'Unione europea;

7) ad assumere iniziative per promuovere e favorire l'inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro, anche con riguardo ai congedi maternità e alla flessibilità degli orari, rafforzando la normativa vigente in materia o, se necessario, tramite l'elaborazione di nuove iniziative normative, anche promuovendo la partecipazione delle donne con disabilità ad attività di carattere sportivo;

8) a valutare l'opportunità di istituire all'Interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere, un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità;

9) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

10) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri antiviolenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

11) ad adottare le opportune iniziative volte a velocizzare l'erogazione dei fondi destinati alle case rifugio e strutture assimilate da parte delle regioni, anche sul modello delle procedure adottate per lo stato d'emergenza connesso all'epidemia da SarsCov-2, prevedendo idonei meccanismi di monitoraggio;

12) a valutare l'opportunità di proseguire e implementare lo stanziamento di risorse da destinare alla formazione delle Forze dell'ordine che si relazionano con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza;

13) ad adottare le opportune iniziative finalizzata alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

14) ad adottare iniziative di competenza volte ad istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce, compatibilmente con le dimensioni degli uffici giudiziari;

15) a promuovere iniziative al fine di sostenere la donna e garantirle la libera scelta e di rispettarne i tempi di elaborazione emotiva e psicologica, rispetto all'obbligo del magistrato di sentirla entro tre giorni dalla denuncia, assicurando altresì un adeguato contesto nell'audizione e il supporto di figure professionali in grado di sostenerla emotivamente;

16) a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative, volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla normativa che disciplina l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne di genere la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

17) a valutare l'opportunità di incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo anti-tratta nonché agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

18) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

19) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

20) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della XVII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;

21) ad adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, incrementando il ricorso all'utilizzo del braccialetto elettronico, e potenziandolo;

22) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per la revisione dei presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e dei criteri per il percorso degli uomini maltrattanti, nonché – al fine di contrastare la recidiva – per l'attivazione di programmi di trattamento per tali uomini nella fase di esecuzione della pena, predisponendo specifiche disposizioni di dettaglio e indirizzi operativi, e garantendo, su tutto il territorio nazionale, un adeguato numero di strutture preposte a fornire percorsi di recupero;

23) ad adottare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, nonché per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

24) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte all'istituzione di una banca dati nazionale che raccolga in modo uniforme le denunce di violenza di genere;

25) a proseguire le iniziative del Ministero della giustizia sull'aggiornamento e pubblicazione dei dati del rapporto sull'applicazione del «Codice Rosso»;

26) a promuovere nell'ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, la costituzione di un gruppo di lavoro interforze tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri per l'analisi, la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere;

27) a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale antiviolenza per il triennio 2021-2023;

28) a dare piena attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere;

29) ad adottare iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte ad implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerment e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

30) ad adottare iniziative volte a rendere strutturale il reddito di libertà, per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

31) a potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli anche attraverso modalità il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;

32) a promuovere iniziative utili a incoraggiare le donne a denunciare, garantendo loro una rete di protezione che nasca e operi nell'ambito di una fattiva ed effettiva collaborazione interistituzionale;

33) a prevedere adeguati stanziamenti e programmi volti alla formazione del personale coinvolto nel contrasto alla violenza di genere;

34) a rafforzare le politiche volte a garantire la piena parità di genere nel mondo del lavoro e a mettere in campo iniziative per incrementare l'occupazione femminile, obiettivi fondamentali per la liberazione delle donne dalla violenza;

35) a valutare l'opportunità di adottare iniziative specifiche per eliminare la violenza on-line, comprese le molestie on-line e l'istigazione all'odio verso le donne;

36) nel quadro del rafforzamento delle misure volte a prevenite e contrastare la violenza nei confronti delle donne, a definire il nuovo Piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani e ad adottare iniziative per stanziare le risorse necessarie per la protezione delle vittime;

37) sempre nell'ambito dello sviluppo degli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di costante monitoraggio e controllo della diffusione delle armi per uso di difesa personale, nonché a valutare l'opportunità di continuare ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio;

38) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

39) a proseguire e rafforzare progetti e protocolli delle Prefetture, delle Questure e delle Associazioni dedicati agli uomini maltrattanti coinvolgendoli e avviandoli a percorsi di cambiamento e di assunzione di responsabilità circa i loro maltrattamenti fisici, psicologici, economici, sessuali, offensivi, intimidatori nei confronti delle donne;

40) a proseguire nelle iniziative per verificare i costi economici e sociosanitari della violenza, nonché procedere alla raccolta dei dati relativi agli omicidi di donne con motivazione di genere;

41) a valutare l'opportunità di adottare opportune misure di esenzione sanitaria per le prestazioni collegate alla violenza subita e a prevedere un possibile rimborso delle spese legate al percorso psicologico che le donne dovranno intraprendere;

42) ad adottare tutte le iniziative possibili e ad utilizzare tutti gli strumenti diplomatici necessari, d'intesa con la comunità internazionale al fine di tutelare il futuro delle donne nel Paese e di dare la possibilità a chi rischia la vita di andarsene, anche dando seguito all'appello per la tutela delle donne in Afghanistan prodotto in occasione della Conferenza G20 sull'empowerment femminile.
(1-00544) (Nuova Formulazione) «Polidori, Annibali, Ascari, Bologna, Serracchiani, Tateo, De Lorenzo, Gebhard, Bellucci, Spessotto, Davide Aiello, Alaimo, Albano, Bignami, Anzaldi, Avossa, Azzolina, Bagnasco, Baldini, Baldino, Baratto, Bazoli, Benamati, Bendinelli, Berlinghieri, Berardini, Biancofiore, Bisa, Boccia, Boldrini, Bonafede, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Boschi, Braga, Brambilla, Brescia, Bruno Bossio, Bucalo, Buratti, Butti, Caiata, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cappellani, Carè, Carelli, Carnevali, Caretta, Caso, Casu, Cataldi, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Ceccanti, Cenni, Ciaburro, Ciagà, Ciampi, Cirielli, Colaninno, Corneli, Davide Crippa, Critelli, D'Attis, D'Ettore, Dal Moro, D'Alessandro, Dall'Osso, D'Arrando, De Carlo, De Filippo, De Girolamo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, De Toma, Deidda, Del Barba, Del Basso De Caro, Delmastro Delle Vedove, Della Frera, Delrio, Di Giorgi, Marco Di Maio, Di Sarno, Dieni, Donzelli, Dori, D'Orso, Fassino, Ferraresi, Ferri, Ferro, Fiano, Fornaro, Foscolo, Foti, Fragomeli, Frailis, Frassinetti, Fregolent, Gadda, Gagliardi, Galantino, Gariglio, Gemmato, Giordano, Giuliano, Giorgis, Gribaudo, Incerti, La Marca, Labriola, Lacarra, Lattanzio, Lepri, Letta, Lollobrigida, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lucaselli, Lucchini, Madia, Gavino Manca, Mancini, Mantovani, Marattin, Marin, Marrocco, Maschio, Mauri, Mazzetti, Melilli, Meloni, Miceli, Migliore, Migliorino, Mollicone, Montaruli, Osnato, Mor, Morani, Morassut, Moretto, Morgoni, Mugnai, Mura, Murelli, Napoli, Nardi, Navarra, Nitti, Nobili, Occhionero, Orfini, Pagani, Paita, Palmieri, Parisse, Pella, Pellicani, Perantoni, Pettarin, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pittalis, Pizzetti, Pollastrini, Porchietto, Prestipino, Prisco, Quartapelle Procopio, Raciti, Raffaelli, Rampelli, Ravetto, Prestigiacomo, Ripani, Rizzetto, Rizzo Nervo, Rizzone, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Rotelli, Rotondi, Rotta, Ruffino, Giovanni Russo, Saccani Jotti, Saitta, Salafia, Sarti, Sani, Sarro, Schirò, Scutellà, Sensi, Siani, Silli, Rachele Silvestri, Francesco Silvestri, Silvestroni, Soverini, Spadoni, Timbro, Tomasi, Topo, Torromino, Trancassini, Maria Tripodi, Elisa Tripodi, Turri, Ungaro, Varchi, Vazio, Verini, Versace, Vietina, Vinci, Viscomi, Vitiello, Zan, Zardini, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce a tutti gli individui gli stessi diritti, senza discriminazione di razza, lingua, religione o sesso. Nonostante questo, le donne subiscono numerose privazioni dei diritti fondamentali;

    sin dalla loro fondazione, le Nazioni Unite hanno svolto un ruolo indispensabile per l'avanzamento e la difesa dei diritti delle donne. Sotto l'egida dell'Onu, viene fondata la Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne, che si occupa di promuovere la parità di genere e della stesura sia della Dichiarazione universale dei diritti umani sia della Convenzione sui diritti politici delle donne: primo strumento giuridico riguardante i diritti della donna che enuncia il diritto a votare, ad essere elette e a poter svolgere qualsiasi impiego pubblico;

    punto di svolta per il mondo femminile è l'adozione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne: essa elenca i diritti che devono essere garantiti alle donne e le misure che gli Stati devono mettere in atto per eliminare ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

    nel 2013, il Parlamento italiano, con la legge n. 77 del 2013, ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 e ha approvato la legge n. 119 del 2013 che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 93 del 2013 recante «Disposizioni urgenti per il contrasto della violenza di genere» previste dal cosiddetto decreto anti-femminicidio. Lo stesso decreto-legge ha disposto l'adozione di un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia. L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner: due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    la quota di straniere che dichiara di aver subito violenza fisica o sessuale è pressoché identica a quella delle donne italiane (31,3 per cento contro 31,5 per cento). Le forme più gravi di violenza sessuale sono più spesso riportate dalle donne straniere (7,7 per cento di stupri o tentati stupri contro il 5,1 per cento delle italiane), e più frequentemente sono commesse da partner attuali o precedenti (68,3 per cento degli stupri e 42,6 per cento dei tentati stupri). Nella maggior parte dei casi, la violenza subita da parte del partner è iniziata nel Paese di origine (68,5 per cento), mentre per quasi il 20 per cento è relativa a una relazione iniziata in Italia;

    la previsione del reato di atti persecutori, il cosiddetto stalking, introdotto nel codice penale italiano all'articolo 612-bis nel 2009 e modificato dal decreto-legge anti-femminicidio nel 2013, ha provocato una crescente tendenza (in termini assoluti) alla denuncia, con conseguente aumento delle condanne;

    l'articolo 572 del codice penale punisce con la reclusione da 3 a 7 anni chiunque maltratta una persona della famiglia, o il convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte. Il decreto-legge anti-femminicidio ha introdotto l'aggravante della «violenza assistita» per maltrattamenti commessi davanti ai figli, cioè «in presenza o in danno di un minore di anni diciotto», oppure «in danno di persona in stato di gravidanza»;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    nonostante gli interventi legislativi repressivi e preventivi il fenomeno della violenza contro le donne subisce continue recrudescenze;

    la violenza contro le donne è certamente un fatto culturale. Nei femminicidi, infatti, l'uomo considera la donna un suo possesso, un oggetto, dunque l'educazione dei giovani costituisce una delle chiavi di volta per un reale cambio di passo della nostra società;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna, e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    sarebbe altresì opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    il problema, come riportato nella citata Relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    al pari dei sopracitati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa piaga sociale resa possibilmente ancora più grave dall'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019, il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto al 8 per cento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali. Per questo motivo, la riduzione del divario di genere nel mercato del lavoro, nelle retribuzioni, ai vertici delle imprese;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne, o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    una forma di violenza molto diffusa e difficile da riconoscere, esplicitamente citata nella Convenzione di Instabul, è la violenza economica. Una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare le violenze subite nello stesso ambito familiare sono le difficoltà economiche legate a percorsi di fuoriuscita dalla relazione, soprattutto quando il partner detiene il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari, cosicché molte donne, nel momento della denuncia nei confronti del partner, rischiano di perdere la casa senza più alcuna risorsa economica; in tal senso, l'avvio dello strumento «Microcredito di libertà», annunciato dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, rappresenta un importante primo passo nella direzione di promuovere libertà, autonomia e potenzialità delle donne. Il protocollo prevede l'attivazione di un sistema di micro credito (imprenditoriale e sociale) dedicato all'emancipazione delle donne vittime di violenza maschile da forme di sudditanza economica, che possono anche determinarsi o acuirsi nei casi in cui le donne denuncino le violenze subite e si allontanino da contesti di supporto economico basati sui rapporti familiari o sociali nei quali le violenze si sono manifestate;

    nella direzione del contrasto alla violenza di genere, mediante il supporto economico in favore delle donne vittime di violenza, il 20 luglio 2021, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, n. 172 del decreto del Presidente del Consiglio 17 dicembre 2020, è stato istituito il «Reddito di libertà» per le donne vittime di violenza;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità». Certamente, si tratta di una iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    il 5 agosto 2020 Forza Italia ha presentato una proposta di legge, già divenuta realtà in molte regioni italiane, come ad esempio la Sardegna, che istituisce il «Soccorso di libertà»: l'obiettivo è il sostegno economico e l'inserimento sociale delle donne vittime di violenza di genere esposte al rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro: una riforma strutturale, non temporanea né solo assistenzialista, che mira a garantire una sorta di contributo a fondo perduto alle vittime di violenza, e che potrebbe anche fungere da incentivo per le donne – spesso scoraggiate dalla condizione di inferiorità economica – a denunciare le violenze subite;

    al medesimo obiettivo assolve l'incentivo a favore delle imprese la cui titolare è una donna vittima di violenza di genere, inserita in percorsi di protezione, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio;

    del pari, si rende necessario prevedere anche un piano di interventi finalizzato ad attivare e promuovere progetti di educazione alla non discriminazione, alla parità tra donne e uomini, alla prevenzione e al contrasto di ogni forma di violenza sui temi della parità tra i sessi, al reciproco rispetto e alla soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali;

    le misure assistenziali e di emergenza non bastano. L'impegno di tutti per la lotta e la prevenzione di ogni forma di violenza nei confronti delle donne deve essere forte e convinto: lo si deve alle tante vittime, che devono avere risposte concrete e non si possono più trovare di fronte il muro dell'indifferenza: di violenza le donne continuano a morire,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative necessarie a promuovere e a sostenere, con azioni sistematiche e con garanzia che il personale che entra nelle scuole abbia i requisiti adeguati, percorsi formativi all'educazione al rispetto della donna nei curricula scolastici di ogni ordine e grado, finalizzati a:

   a) innescare un cambiamento culturale di trasformazione della società italiana nei riguardi del fenomeno della violenza maschile sulle donne;

   b) educare tutti i cittadini stranieri che arrivano nel nostro Paese, a prescindere dalla loro cultura o pratica religiosa, al rispetto della donna, intesa come individuo con pari diritti dell'uomo e non come essere inferiore;

   c) evidenziare il ruolo fondamentale che l'educazione al rispetto delle donne svolge per la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali;

2) a confermare che il contrasto alla violenza contro le donne e alla violenza domestica rientra fra le politiche prioritarie dell'azione di Governo;

3) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

4) ad adottare iniziative per implementare le misure di sostegno economico e d'inserimento sociale delle donne vittime di violenza di genere esposte al rischio di emarginazione sociale e lavorativa, mediante una riforma strutturale, finalizzata a garantire un contributo a fondo perduto alle vittime di violenza, mediante l'ampliamento dell'ambito di operatività del reddito di libertà.
(1-00544) «Polidori, Barelli, D'Attis, Bagnasco, Brambilla, Labriola, Marrocco, Mazzetti, Palmieri, Pella, Pittalis, Porchietto, Prestigiacomo, Rotondi, Saccani Jotti, Sarro, Maria Tripodi».


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre si celebra nel mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la quale precisa che «con l'espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata»;

    l'Italia è quindi fortemente impegnata per una piena applicazione della Convenzione di Istanbul, con la messa in campo di risorse per prevenzione, protezione, persecuzione e per le politiche integrate;

    come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    nella mozione approvata dall'Assemblea della Camera, n. 1-00243, a prima firma dell'onorevole Lisa Noja, si evidenzia come «le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta»;

    nella gran parte dei casi gli autori della violenza sono il partner, i parenti o gli amici. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare al femminicidio, quasi sempre epilogo drammatico di una storia di violenza e abusi, spesso vissuti in solitudine, che solitamente avviene quando la donna decide sulla sua autonomia e libertà;

    i dati del Viminale a settembre 2021, dicono che dall'inizio dell'anno sono state uccise 81 donne, di cui 70 in ambito familiare e affettivo e 50 per mano del partner o dell'ex partner;

    la violenza maschile sulle donne affonda le sue radici e si nutre della disuguaglianza di genere, della disparità di potere tra uomini e donne, dell'organizzazione patriarcale della società e degli stereotipi sui ruoli e sulle capacità delle donne, ancora molto diffusi e pervasivi;

    promuovere la parità di genere è, quindi, da un lato, uno strumento per combattere la violenza contro le donne, dall'altro lato è lo strumento che restituisce piena libertà ed eguaglianza alle donne per poterle affrancare dall'essere vittime di violenza;

    la complessità del fenomeno, richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico ed interistituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;

    l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e le misure di contenimento adottate per farvi fronte, hanno avuto innegabili ripercussioni anche sul piano della violenza basata sul genere, soprattutto in ambito domestico, comportando un rischio maggiore di esposizione alla violenza per le donne e per i loro figli e aggravando spesso situazioni preesistenti. La prolungata condivisione degli spazi con il maltrattante ha determinato un aumento del numero di episodi di violenza, e ha anche reso più difficoltoso l'accesso di donne e bambini a una protezione efficace, a servizi di sostegno e alla giustizia;

    la situazione ha richiesto un forte incremento della lotta alla violenza. Fin dai primi giorni del lockdown, è stata garantita la pronta accoglienza delle donne e la protezione: con la circolare del 21 marzo 2020 della Ministra dell'interno in accordo con la Ministra per le pari opportunità che ha impegnato le prefetture a supportare i centri antiviolenza e le case rifugio individuando soluzioni abitative temporanee da utilizzare per la quarantena prima di fare il loro ingresso nelle strutture. Con una seconda circolare (20 aprile 2020) i prefetti hanno potuto individuare un «punto di contatto» cui rivolgersi;

    il numero 1522 e l'App YouPol sono stati potenziati e le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le pari opportunità sui canali televisivi e rilanciate sui «social» hanno rinforzato il messaggio dell'importanza della richiesta di aiuto per uscire dalla violenza. Sono stati inoltre stanziati dal Dipartimento ulteriori 5,5 milioni di euro per il finanziamento di interventi urgenti determinati dalla pandemia per le case rifugio ed i centri antiviolenza;

    nonostante ciò, i dati Istat indicano che nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5 per cento rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71 per cento). Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 per cento rispetto a maggio 2019). Nei primi due trimestri del 2021 ci sono state in totale 25.570 chiamate, un numero quasi identico agli stessi trimestri del 2020 ma di 5-6.000 unità più alto del 2019 e del 2018;

    anche le conseguenze socio-economiche della pandemia si sono scaricate in particolare sulle donne, aggravando diseguaglianze già esistenti e creandone di nuove. Tale quadro ha avuto un impatto negativo anche sulla violenza economica, contribuendo alla sua diffusione, anche a seguito della perdita di lavoro e autonomia economica che sta riguardando molte donne;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è dunque il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne, rivestono un ruolo estremamente importante;

    è in questa direzione che va l'iniziativa di Italia Viva, che, attraverso un emendamento al decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «Rilancio», ha istituito il reddito di libertà: un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà. Il reddito, è stato poi rifinanziato con un emendamento di Italia Viva alla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022;

    a tal proposito, l'8 novembre scorso, l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà. Sempre in tale direzione va il microcredito di libertà promosso dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito (Enm e la Caritas);

    fondamentali sono le iniziative di prevenzione al fine di informare le donne sui loro diritti in ambito economico e finanziario, su come riconoscere la violenza economica ed eliminarla dalla propria vita. In tal senso, l'educazione finanziaria è uno strumento importante per accelerare il processo di uscita dalla violenza e per favorire percorsi di inclusione delle donne che vogliono riprendere in mano la loro vita;

    indagini recenti (2020) svolte dall'Ocse e dalla Banca d'Italia, confermano che le donne, rispetto agli uomini, sono meno alfabetizzate in materia economico-finanziaria. Una condizione, dunque, di maggiore vulnerabilità delle donne rispetto agli uomini, soprattutto in una fase di crisi come quella attuale;

    l'importanza dell'educazione finanziaria come leva di una fattiva partecipazione delle donne alla vita del nostro Paese è stata indicata con grande chiarezza nella Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2025, e nella Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale (2017-2019);

    molte sono altresì le misure approvate in questa legislatura, da Governo e Parlamento, volte a promuovere con decisione politiche per garantire la parità di genere, incrementare l'occupazione femminile, sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    la parità di genere è stata assunta come una delle sfide principali dal Presidente Mario Draghi già nella richiesta di fiducia alle Camere;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale, delle donne;

    per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i princìpi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    il 26 agosto 2021 si è svolta a Santa Margherita Ligure, per la prima volta nell'ambito di un G20, la Conferenza sull'empowerment femminile, cui hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, rappresentanti di organizzazioni internazionali, del mondo delle imprese, dell'accademia, con al centro Stem, alfabetizzazione finanziaria e digitale, ambiente e sostenibilità da un lato, lavoro ed empowerment economico ed armonizzazione dei tempi di vita dall'altro;

    il 27 ottobre 2021, è stato fatto un passo avanti concreto nel cammino della parità con l'approvazione, in via definitiva, della legge che introduce la parità salariale tra uomo e donna;

    è prossimo all'approvazione definitiva il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-23, approvato in Conferenza unificata il 3 novembre 2021; il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare sul femminicidio, nella Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, approvata l'8 settembre 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;

    nel disegno di legge di bilancio per l'anno 2022, attualmente all'esame del Parlamento, lo stanziamento delle risorse a favore dei centri antiviolenza e case rifugio è stato reso strutturale, evitando un rinnovo di volta in volta che produce inevitabilmente ritardi e precarietà;

    nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, in questa legislatura, con l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), e con le riforme del processo civile e del processo penale che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;

    sul versante civile, il 22 settembre 2021 è stato trasmesso alla Camera il disegno di legge A.C. 3289, approvato dal Senato, e recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata». Il provvedimento, grazie alle indicazioni e al lavoro svolto dalla Commissione sul femminicidio, ha ampliato il suo contenuto che attiene anche ai procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;

    con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste, si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;

    sempre la riforma, prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;

    si ricorda che la sindrome da alienazione parentale (Pas), non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata, in sede giudiziale dalle consulenza tecniche d'ufficio (Ctu) quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici, per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;

    la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà dunque il giudice ad accertare le cause del rifiuto considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come extrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;

    sul fronte penale, invece, il Parlamento ha approvato la legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, la riforma del processo penale. Tra gli emendamenti approvati in sede di esame, si rileva, con disposizione immediatamente precettiva, una previsione che integra le norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio. Con un altro emendamento di Italia Viva, si inserisce tra i delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, quello di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa colmando un vulnus presente nel codice rosso. Un vuoto che esponeva la vittima a un grave pericolo per la sua incolumità, stante il fatto che tali violazioni sono volte nella maggior parte dei casi a porre in atto comportamenti offensivi nei confronti della vittima, sfociando finanche nel tentato omicidio;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione Oil 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa, tra i Paesi che hanno ratificato la convenzione;

    i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale, non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato, e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve dunque una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    con l'emendamento di Italia Viva e Partito democratico, al decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, si vietano affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;

    è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    il 27 maggio 2021 l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione dell'articolo 8 della Cedu (diritto al rispetto della vita privata e familiare), non avendo tutelato l'immagine, la privacy e la dignità di una giovane donna che aveva denunciato di essere stata violentata da sette uomini: nella sentenza con cui sono stati definitivamente assolti tutti gli imputati, è stato infatti utilizzato, a parere dei giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo, un «linguaggio colpevolizzante e moraleggiante che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario» per la «vittimizzazione secondaria cui le espone». Una preoccupazione in questo senso era stata manifestata anche dal Grevio nel suo recente rapporto sull'applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia, laddove si sottolinea la «presenza di stereotipi persistenti nelle decisioni dei Tribunali sui casi di violenza»;

    resta centrale, in un'ottica di prevenzione, secondo quanto previsto all'articolo 16 della convenzione di Istanbul, il trattamento degli uomini violenti, il cui tasso di recidiva è estremamente elevato. Su questo tema è stato approvato un emendamento di Italia Viva alla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che autorizza la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, per garantire la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari, per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e il 29 ottobre 2021 è stato pubblicato sul sito del Dipartimento per le pari opportunità, il decreto di approvazione della graduatoria dei progetti finanziati a seguito dell'avviso pubblico del 18 dicembre 2020, con il quale è stata data attuazione all'articolo 26-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, per promuovere progetti volti all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti;

    sul piano della sicurezza delle donne occorre poi mettere in campo misure volte a monitorare e controllare la diffusione delle armi per uso di difesa personale. Secondo l'Opal, Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa, nel 2020 a fronte di 93 omicidi di donne, 23 sono stati commessi da legali detentori di armi o con armi da loro detenute. Si tratta di un omicidio su quattro;

    a fronte della crisi pandemica, le vittime di tratta e prostituzione forzata, sono diventate ancora più vulnerabili. Il Dipartimento per le pari opportunità ha dato continuità al Programma unico per l'emersione e la protezione per le vittime, per il quale nel mese di giugno 2021 ha impegnato 24 milioni di euro. Sono stati inoltre riattivati e resi operativi gli organismi di governance a presidio delle politiche di prevenzione e contrasto della tratta e del grave sfruttamento: la Cabina di regia politica e il Comitato tecnico che dovrà portare al nuovo Piano nazionale contro la tratta;

    nell'era del web, la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio online, il cosiddetto hate speech;

    il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione di includere la violenza di genere, sia online che offline, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto eurocrimini;

    sin dalla riconquista militare dell'Afghanistan da parte dei talebani, le donne afgane denunciano le terribili violazioni dei diritti umani che stanno subendo. È del 7 novembre 2021, la notizia dell'uccisione a colpi di arma da fuoco, dell'attivista per i diritti delle donne, Frozan Safi, e di altre tre giovani,

impegna il Governo:

1) a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a rendere più efficace il complesso sistema di strumenti e di tutele citati in premessa, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul nel nostro Paese;

2) ad approvare in tempi brevi e a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale antiviolenza per il triennio 2021-2023;

3) a potenziare e individuare, anche attraverso il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, azioni idonee a rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza non soltanto nella fase della denuncia ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e di individuazione di percorsi per l'uscita dalla violenza;

4) a dare piena attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere;

5) ad adottare iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte ad implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerment e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

6) ad adottare iniziative volte a rendere strutturale il reddito di libertà, per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

7) a rafforzare le politiche volte a garantire la piena parità di genere nel mondo del lavoro e a mettere in campo iniziative per incrementare l'occupazione femminile, obiettivi fondamentali per la liberazione delle donne dalla violenza;

8) a dare piena attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 al fine di garantire che il mondo del lavoro sia sicuro e libero dalla violenza e dalle molestie;

9) ad adottare iniziative volte a garantire che tutti i soggetti e i mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne siano adeguatamente finanziati, attrezzati e formati, per riconoscere la violenza sulle donne, valutare il rischio che corrono e garantire il pieno accesso a una protezione giuridica e ad un'assistenza adeguata;

10) a sostenere la costruzione di una rete solida tra università, professioni, magistratura, forze dell'ordine, associazioni delle donne, per fare sì che sempre di più si diffondano moduli e pratiche condivisi nella risposta per la prevenzione, l'accoglienza e la protezione ma anche ad adottare le iniziative di competenza per organizzare gli uffici giudiziari in maniera da valorizzare e utilizzare al meglio la specializzazione esistente;

11) a valutare l'opportunità di adottare iniziative specifiche per eliminare la violenza on-line, comprese le molestie on-line e l'istigazione all'odio verso le donne;

12) ad adottare iniziative per sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione rispettosa della rappresentazione di genere, e in particolare della figura femminile;

13) nel quadro del rafforzamento delle misure volte a prevenire e contrastare la violenza nei confronti delle donne, a definire il nuovo Piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani e ad adottare iniziative per stanziare le risorse necessarie per la protezione delle vittime;

14) sempre nell'ambito dello sviluppo degli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di costante monitoraggio e controllo della diffusione delle armi per uso di difesa personale, nonché a continuare ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio;

15) ad adottare le iniziative necessarie al fine di destinare le risorse necessarie a promuovere temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati e la violenza di genere, attraverso la formazione del personale della scuola e i programmi scolastici;

16) a rafforzare le iniziative necessarie al fine di destinare le risorse umane ed economiche necessarie per i programmi di trattamento per gli uomini autori di violenza contro le donne;

17) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte ad incrementare le risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo anti-tratta;

18) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

19) a valutare la possibilità di incrementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificando e velocizzando ulteriormente il percorso dei finanziamenti, verificandone l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace, potenziando la governance centrale del sistema e individuando un procedimento unico e snello per l'assegnazione dei fondi, al fine di evitare disparità di tutela del settore tra i vari territori regionali;

20) ad adottare tutte le iniziative possibili e ad utilizzare tutti gli strumenti diplomatici necessari, d'intesa con la comunità internazionale, per esercitare una pressione sul Governo afgano, al fine di tutelare il futuro delle donne nel Paese e di dare la possibilità a chi rischia la vita di andarsene, anche dando seguito all'appello per la tutela delle donne in Afghanistan prodotto in occasione della Conferenza G20 sull'empowerment femminile.
(1-00546) «Annibali, Boschi, Anzaldi, Colaninno, D'Alessandro, Marco Di Maio, Fregolent, Ferri, Gadda, Migliore, Moretto, Mor, Nobili, Occhionero, Paita, Rosato, Ungaro, Vitiello».


   La Camera,

   premesso che:

    in ricordo dell'uccisione delle tre sorelle Patria Mercedes, María Argentina Minerva e Antonia María Teresa Mirabal, assassinate nella Repubblica Dominicana il 25 novembre 1960 per la loro resistenza alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, nel 1999 le Nazioni Unite hanno istituito la giornata mondiale del 25 novembre per l'eliminazione della violenza contro le donne, per sensibilizzare la collettività sul fatto che in tutto il mondo le donne sono soggette a stupri, violenze domestiche e altre forme di violenza;

    «La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace», così diceva Kofi Atta Annan, il settimo Segretario generale delle Nazioni Unite;

    la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993 fornisce per la prima volta una definizione ampia della violenza contro le donne, definita come «qualunque atto di violenza sessista che produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata»;

    nel 2020, anno della pandemia, il tema della violenza contro le donne è riemerso in tutta la sua drammaticità;

    il 1° ottobre 2020 il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nel suo discorso a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare il 25° anniversario della quarta Conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino, ha sottolineato come la pandemia abbia enfatizzato la mancanza di tutela dei diritti delle donne, perché «sono proprio donne e ragazze a essere maggiormente colpite dalla crisi e a portare sulle proprie spalle il peso del fortissimo impatto sociale ed economico che essa sta determinando in tutto il mondo». Sempre lo stesso Segretario generale ha affermato che «Nelle fasi iniziali della pandemia, le Nazioni Unite previdero che quarantene e chiusure forzate avrebbero potuto portare all'allarmante numero di 15 milioni di casi di violenza di genere in più ogni tre mesi.» Previsioni che sembrano ora essersi avverate. «In dodici Paesi studiati dalle Nazioni Unite, il numero di casi di violenza contro le donne riferiti a varie istituzioni è aumentata dell'83 per cento dal 2019 al 2020, con l'aumento del 64 per cento di quelli denunciati alla polizia»;

    secondo l'Unfpa (United Nations Population Fund), l'agenzia delle Nazioni Unite che lavora per promuovere l'eguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne, in tutto il mondo si stima che una donna su tre sarà, nel corso della propria vita, oggetto di abusi fisici o sessuali;

    la maggior parte dei Paesi dell'Unione europea dispone di leggi per contrastare la violenza basata sul genere sull'orientamento sessuale. Tuttavia, l'assenza di una definizione unica e di regole comuni impedisce che venga affrontata in modo efficace. Per tale motivo il Parlamento europeo è tornato più volte a chiedere una normativa europea a tale riguardo che consentirebbe la definizione di standard giuridici comuni, nonché la previsione di sanzioni penali minime in tutta l'Unione europea;

    il completamento dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica resta una priorità;

    in Italia, la piaga dei femminicidi continua a popolare la cronaca italiana: secondo il report periodico elaborato dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno, nel periodo che va dal 1° gennaio al 14 novembre 2021 sono stati registrati 252 omicidi, con 103 vittime donne, di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 60 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Analizzando gli omicidi del periodo sopra indicato, rispetto a quello analogo dello scorso anno, si nota un lieve decremento (-2 per cento) nell'andamento generale degli eventi (da 256 a 252), con le vittime di genere femminile che invece mostrano un leggero aumento, passando da 100 a 103 (+3 per cento). La settimana 16-22 agosto 2021 è stata particolarmente drammatica sul fronte della violenza sulle donne, con ben quattro omicidi. Tra questi casi si ricordi il delitto di Aci Trezza: la giovane 26enne Vanessa uccisa con un colpo di pistola alla testa dal suo ex ragazzo mentre passeggiava con degli amici;

    nella maggior parte dei casi, i carnefici fanno parte della sfera affettiva delle vittime, spesso all'interno delle mura di casa, come emerge dallo stesso report citato. Nel 2020 è quasi raddoppiato, rispetto al 2019, il numero delle chiamate al numero antiviolenza 1522: complice la pandemia, con il lockdown durante il quale le famiglie sono state più a stretto contatto. Secondo i dati pubblicati dall'Istat nel Rapporto sui Sustainable Development Goals (SDGs), che offre le misure statistiche finalizzate al monitoraggio dell'Agenda 2030 dell'Onu, nel 2020 più di 49 donne ogni 100.000 si sono rivolte al numero verde 1522 perché vittime di violenza: nel 2019 la cifra era di circa 27. Un aumento, quello delle chiamate, che è stato diffuso tra tutte le regioni. Il tipo di violenza più segnalato è quella psicologica, che quasi sempre si accompagna a quella fisica;

    laddove le famiglie sono più a stretto contatto e trascorrono più tempo assieme, come avvenuto durante l'attuale pandemia, aumenta il rischio che le donne e i figli siano esposti alla violenza, soprattutto se in famiglia vi sono gravi perdite economiche o di lavoro; man mano che le risorse economiche diventano più scarse, possono aumentare anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner;

    nei primi cinque mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza, per l'8,6 per cento la violenza ha avuto origine proprio da situazioni legate alla pandemia (ad esempio la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell'autore della violenza o della donna) (fonte: Nota Istat del 17 maggio 2021 «Le richieste di aiuto durante la pandemia»);

    oltre ai delitti, rimane il problema dei cosiddetti «reati spia», quei reati che sono indicatori di violenza di genere, espressione dunque di abusi fisici, sessuali, psicologici o economici, diretti contro una donna in quanto tale. Secondo i dati del Ministero dell'interno, nel primo semestre del 2021 i reati spia sono stati 19.128, con l'incidenza delle vittime donne che rimane invariata, attestandosi al 79 per cento;

    tali dati preoccupano e dimostrano quanto ancora ci sia da fare per prevenire e contrastare tale grave fenomeno;

    la violenza contro le donne è certamente un fatto culturale. Nei femminicidi, infatti, l'uomo considera la donna un suo possesso, un oggetto, dunque l'educazione dei giovani costituisce una delle chiavi di volta per un reale cambio di passo della nostra società. E uno degli strumenti per prevenire e contrastare la violenza di genere sarebbe quello di introdurre l'educazione affettiva e sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado;

    in tale direzione va anche una proposta di legge, presentata il 7 maggio 2021, della prima firmataria del presente atto (atto Camera 3100), recante «Delega al Governo per l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari»;

    il nostro sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento. Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il pronto soccorso. È qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. In particolare, per la tempestiva e adeguata presa in carico delle donne vittime di violenza che si rivolgono al pronto soccorso, sono state adottate, nel 2017, le specifiche linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza;

    salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza (rosso o equivalente), alla donna deve essere riconosciuta una codifica di urgenza relativa (codice giallo o equivalente) così da garantire una visita medica tempestiva e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari. È previsto, inoltre, che la donna presa in carico debba essere accompagnata in un'area separata dalla sala d'attesa generale che le assicuri protezione, sicurezza e riservatezza. Poiché spesso, però, la violenza rimane nascosta, al fine di individuarne il più rapidamente possibile i segni è importante rafforzare le competenze degli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime, mediante specifici programmi di formazione;

    gli stessi ordini professionali degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali, nell'ambito della propria autonomia e delle rispettive competenze, devono costantemente integrare i programmi e le attività di formazione degli iscritti mediante la previsione dello sviluppo e dell'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, e resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e trattamento dei minori nei procedimenti giudiziari;

    il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la legge 27 giugno 2013, n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l'11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono, infatti, il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare tale fenomeno;

    nella XVIII legislatura il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne attraverso il perseguimento di tre obiettivi; prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime. In tale ambito si pone, in particolare, l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), volta a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica;

    tale legge ha evidentemente apportato miglioramenti al sistema di tutela delle donne; tuttavia, paiono necessari alcuni correttivi, anche proposti in un testo della prima firmataria del presente atto (atto Camera 2680) recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere e della violenza sui minori»;

    il Governo adotta, con cadenza biennale, piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne; dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è attualmente operativo il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, finanziato con la legge di bilancio per il 2021, che si prevede di rifinanziare con la legge di bilancio per il 2022;

    dopo molti anni dall'emanazione della direttiva europea in materia, il nostro Paese non è ancora riuscito ad approvare una legge che renda veramente giustizia a tutte le vittime di reati violenti, compresi i familiari, e che possa rispondere alle esigenze di equa e giusta riparazione provenienti dalle stesse; sarebbe quindi necessario provvedere, al più presto, ad una completa rivisitazione della disciplina vigente;

    è di recente istituzione il «reddito di libertà» per le donne vittime di violenza, tuttavia occorre fare di più per una piena emancipazione e indipendenza economica che consenta di poter denunciare senza paura i soprusi subiti;

    i dati ufficiali illustrati non tengono ovviamente conto del sommerso, vale a dire di tutte le vittime di violenza che decidono di non chiedere aiuto né denunciare;

    i dati inerenti ai casi di violenza, relativamente al periodo del lockdown conseguente alle misure anti COVID-19, evidenziano che la convivenza e il confinamento forzati hanno acutizzato situazioni di violenza preesistenti all'interno della famiglia;

    persiste una maggiore difficoltà per il raggiungimento dell'autonomia da parte delle donne vittime di violenza, che hanno intrapreso un percorso presso una casa rifugio nei centri antiviolenza, nel trovare una soluzione abitativa decorosa e capace di soddisfare le esigenze proprie ma, soprattutto, nella maggior parte dei casi, dei figli minori;

    le novità introdotte nella materia costituiscono passi importanti, ma ad essi dovrebbe necessariamente far seguito anche la creazione di una rete capillare di servizi che diminuisca il costo economico e psicologico dell'uscita della donna dal luogo in cui è vittima di violenze;

    il reinserimento nel mondo del lavoro per le vittime di violenza di genere risulta difficoltoso, compromettendo quel fattore determinante per l'emancipazione femminile che è l'indipendenza economica, elemento, quest'ultimo, decisivo anche per l'uscita definitiva dal terribile circolo delle violenze,

impegna il Governo:

1) ad attivare tempestivamente il nuovo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, nonché a valutare di assumere iniziative in relazione all'ormai improcrastinabile necessità di superare il carattere di straordinarietà del piano stesso a favore di azioni non improntate all'eccezionalità, ma di carattere sistemico;

2) a prevedere iniziative concrete tese a garantire una rete omogenea su tutto il territorio nazionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche, anche per garantire personale adeguatamente formato, assicurando l'aggiornamento costante della mappatura dei centri anti violenza del Dipartimento per le pari opportunità, e adottando, inoltre, le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali;

3) ad adottare iniziative per rendere omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne e per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

4) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

5) ad adottare le iniziative di competenza per contrastare la violenza di genere sui social network, in particolare le forme di istigazione che prendono di mira l'aspetto fisico, l'appartenenza religiosa o razziale, anche attraverso l'istituzione di un osservatorio sul fenomeno;

6) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

7) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della XVII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;

8) a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, l'educazione alla parità tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

9) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione delle Forze dell'ordine che si relazionano con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza, nonché alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

10) ad adottare iniziative per prevedere, nell'ambito del reddito di cittadinanza, misure volte al sostegno di donne che vogliono fuoriuscire dal circolo vizioso della violenza domestica, in modo da ottenere un'indipendenza economica;

11) ad adottare iniziative per destinare una percentuale del Fondo unico giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, all'imprenditoria femminile, privilegiando, nell'assegnazione, le donne vittime di violenza, al fine di incentivare un percorso di reinserimento sociale, oltre che l'indipendenza economica;

12) al fine di contrastare la recidiva, ad adottare iniziative per attivare programmi di trattamento per gli uomini maltrattanti nella fase di esecuzione della pena, predisponendo specifiche disposizioni di dettaglio ed indirizzi operativi rispetto a quanto previsto dall'articolo 6 della legge n. 69 del 2019, oltre a garantire, su tutto il territorio nazionale, un adeguato numero di strutture preposte a fornire percorsi di recupero;

13) ad adottare iniziative normative per introdurre – in caso di condanna per «femminicidio» – quale pena accessoria, l'«indegnità» del reo a succedere, nonché prevedere modifiche volte ad escludere, dall'applicabilità dell'istituto introdotto all'articolo 162-ter del codice penale, relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, tutti i reati che implichino violenza nei confronti delle donne, inasprendo, altresì, le pene per il reato di violenza sessuale, con l'introduzione di nuove aggravanti e aumenti di pena in riferimento alle condotte operate nei riguardi dei soggetti più vulnerabili;

14) ad assumere iniziative normative tese a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi finalizzati a rendere obbligatoria in caso di condanna per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro del reo in favore delle vittime o familiari delle stesse, quale risarcimento;

15) ad adottare le iniziative di competenza per garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime dello sfruttamento della prostituzione possano essere inserite in percorsi sociali efficaci per rompere definitivamente il legame con gli sfruttatori;

16) ad adottare iniziative normative per la revisione dell'articolo 165 del codice penale in tema di presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e dei criteri per il percorso degli uomini maltrattanti;

17) tramite il Ministero della giustizia, nella predisposizione delle linee programmatiche di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, a promuovere lo svolgimento di attività formative finalizzate allo sviluppo e all'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, nonché in materia di ascolto e di trattamento di minori in occasione di procedimenti giudiziari;

18) ad adottare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare;

19) ad adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento;

20) ad adottare iniziative normative per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

21) ad adottare iniziative per istituire una banca dati nazionale che raccolga in modo uniforme le denunce di violenza di genere tramite la modifica all'articolo 110 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di obblighi di comunicazione dei dati iscritti nel registro delle notizie di reato, prevedendo che la segreteria di ogni procura della Repubblica trasmetta tali informazioni, immediatamente dopo l'iscrizione nel registro, al Centro elaborazione dati istituito presso il Ministero dell'interno dalla legge 1° aprile 1981, n. 121;

22) a promuovere la costituzione di un gruppo di lavoro interforze tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri per l'analisi, la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere;

23) ad adottare iniziative per prevedere meccanismi più veloci per la distribuzione delle risorse economiche in favore dei centri anti-violenza e distribuire in modo uniforme i centri per gli uomini maltrattanti, prevedendo un organismo terzo che controlli il percorso e l'effettivo risultato dei maltrattanti in modo che quest'ultimi possano prendere consapevolezza, del crimine commesso e così ravvedersi;

24) ad adottare iniziative normative, al più presto, per una completa rivisitazione della disciplina di cui alla legge n. 122 del 2016 in materia di indennizzi in favore delle vittime dei reati violenti, nonché per la tutela delle vittime del reato di matrimonio forzato anche ai fini della disciplina in materia di immigrazione, e altresì per prevedere modalità per il cambio del cognome delle medesime vittime del reato di matrimonio forzato, di cui all'articolo 558-bis del codice penale;

25) a sostenere con determinazione, per quanto di competenza, l'esame delle proposte di legge in Parlamento recanti misure inerenti al contrasto alla violenza di genere e alla tutela delle vittime, al fine di velocizzarne l'iter e l'approvazione definitiva.
(1-00549) (Nuova formulazione) «Ascari, Davide Crippa, Elisa Tripodi, Spadoni, Perantoni, Bonafede, Cataldi, D'Orso, Di Sarno, Ferraresi, Giuliano, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Davide Aiello, Caso, Migliorino, Baldino, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, De Carlo, Dieni, Francesco Silvestri, Alaimo, Azzolina, Giordano, Businarolo».


   La Camera,

   premesso che:

    nella XVIII legislatura, il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza di genere attraverso il perseguimento di tre obiettivi: prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime; in quest'ambito si pone, in particolare, l'approvazione della legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto codice rosso), recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», e l'istituzione, al Senato della Repubblica, della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere;

    ciò nonostante, il tragico fenomeno della violenza sulle donne, uno dei principali meccanismi sociali per mezzo dei quali queste ultime vengono mantenute in condizioni di inferiorità rispetto agli uomini, continua a dilagare nel nostro Paese e desta, ogni giorno di più, particolare allarme sociale;

    la questione viene attenzionata, a più riprese, dall'opinione pubblica e dalle istituzioni, nazionali e sovranazionali, atteso che rappresenta un ostacolo per garantire il principio di autodeterminazione, l'uguaglianza sostanziale, il diritto alla vita e all'integrità psico-fisica, il principio di libertà personale e morale, la sicurezza, l'ordine pubblico e la pace;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    alle problematicità delle donne che subiscono violenza occorre aggiungere, poi, tutte le criticità con riferimento ai minori che vivono in situazioni di perdurante violenza e delle donne straniere o con disabilità che appartengono a realtà sociali ed economiche svantaggiate;

    talvolta, il pregiudizio e preconcetto secondo cui le donne «provocano la violenza» impedisce la necessaria presa di coscienza della gravità e della delicatezza di questo fenomeno strutturale, che costituisce una vera e propria emergenza sociale;

    pur con la consapevolezza che la violenza sulle donne si combatta soprattutto attraverso un cambiamento culturale, che educhi all'uguaglianza di genere, alla tolleranza e al reciproco rispetto già dall'infanzia, quindi in primis nelle formazioni sociali quali la famiglia e la scuola, appare necessario e doveroso un intervento a sostegno della normativa attualmente in vigore che, come testimoniato dai sempre più frequenti casi drammatici di cronaca nera, non risulta efficace al fine di prevenire episodi di violenza e il verificarsi di drammatici e funesti eventi;

    in particolare, per intervenire in via preventiva, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene severe e certe, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    inoltre, non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni hanno condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, non esclude il dovere irrinunciabile delle istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di che le maltratta, offende, sevizia, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    orbene, la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999), ricorre il 25 novembre;

    sul piano internazionale, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (Cedaw, Convention on the elimination all forms of discrimination againts women), adottata nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, costituisce il primario riferimento sui diritti delle donne;

    la successiva conferenza mondiale delle Nazioni Unite di Pechino, svoltasi nel 1995, ha segnato un ulteriore passaggio storico-culturale indispensabile, atteso che è stata l'occasione per affermare, in modo solenne, che i diritti delle donne rientrano nel novero dei diritti umani fondamentali e che la violenza di genere è una grave violazione degli stessi che i Governi hanno il compito di perseguire;

    il legislatore italiano, anche sulla scorta degli interventi a livello internazionale, con la legge 15 febbraio 1996, n. 66, recante «Norme contro la violenza sessuale», ha novellato il codice penale, introducendo gli articoli 609-bis–609-decies e sancendo che gli atti di violenza sessuale rappresentano non dei meri reati contro la moralità pubblica ed il buoncostume, ma reati contro la persona;

    nel 2000, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza) ha ribadito la parità di genere per il tramite dell'articolo 23, recante «Parità tra donne e uomini», secondo cui: «La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato»;

    il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», ha introdotto una nuova fattispecie di reato, segnatamente l'articolo 612-bis del codice penale, rubricato «Atti persecutori», in virtù del quale si punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante o grave stato di ansia o di paura, ovvero di ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria, di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva, o, da ultimo, lo costringa ad alterare le proprie abitudini di vita; si prevede, inoltre, un aumento di pena qualora il fatto sia commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, posto che, come noto, nella maggioranza dei casi il molestatore e potenziale aguzzino vive proprio tra le mura domestiche;

    ebbene, a fondamento del reato di stalking di cui all'articolo 612-bis del codice penale può ravvisarsi la ratio di tutelare la libertà morale della persona offesa, intesa quale facoltà di ogni persona di potersi autodeterminare liberamente, ed è sintomatico delle molteplici forme che la violenza può assumere, posto che essa si modula su più livelli e il femminicidio si inquadra in quello più grave, l'unico che giunge all'attenzione dell'opinione pubblica; nondimeno, dovrebbe focalizzarsi l'attenzione proprio su quelle manifestazioni quotidiane di violenza che potenzialmente ben potrebbero sfociare in un atto estremo e su cui occorre intervenire tempestivamente e preventivamente per evitare un epilogo drammatico;

    l'attenzione alla diversa modulazione con cui può presentarsi la violenza di genere è prevista ulteriormente nel decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», in attuazione della Convenzione di Istanbul, approvata dal Comitato dei ministri dei Paesi aderenti al Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011, la quale ha impegnato gli Stati firmatari alla prevenzione e al contrasto delle violenze contro le donne, grave forma di discriminazione;

    per il tramite del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, è stata prevista la modifica di alcune disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale ed è stato precisato che, per violenza domestica, debbano intendersi uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che: «Il Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (...) elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta (...) un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...) con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    il Piano di cui trattasi, la cui approvazione, con riferimento al periodo 2021-2023, è attesa di qui a breve, persegue molteplici obiettivi, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quello di: prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività; promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere; sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione rispettosa della rappresentazione di genere; garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere o di stalking; accrescere la protezione delle vittime attraverso il rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte; definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio;

    per completezza, occorre precisare che la parità di genere, prima che nelle fonti legislative primarie, è garantita a livello costituzionale; invero, la Costituzione, per il tramite dell'articolo 3, sancisce il diritto di uguaglianza senza alcuna distinzione in base al sesso; tale divieto, posto a tutela sia dell'uomo che della donna, trova diretta applicazione nell'ambito della famiglia – fondata sul principio dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi di cui all'articolo 29 –, nei rapporti di lavoro – stante il riconoscimento della parità di trattamento tra lavoratori di sesso diverso di cui all'articolo 37, primo comma –, nonché nelle previsioni dell'accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza di tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso di cui all'articolo 51;

    altresì, può osservarsi che il principio della parità di genere è attenzionato e deve essere promosso a più livelli, anche dalle autonomie locali, dato che l'articolo 117, settimo comma, della Costituzione precisa che: «le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisca la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive»;

    parimenti, l'articolo 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, recante «Divieto di discriminazione», precisa che il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Convenzione debba assicurarsi senza alcuna discriminazione fondata, tra le altre, sul sesso, come richiamato anche dall'articolo 5 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali secondo cui deve riconoscersi l'uguaglianza di diritti e di responsabilità tra coniugi;

    da ultimo, il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha provveduto all'adozione della risoluzione, recante «Riconoscimento della violenza di genere come nuova fattispecie di reato fra i reati di cui all'art. 83, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea», prevedendo che costituisce un compito e un impegno dell'Unione europea e, quindi, di tutti gli Stati membri, combattere i crimini di genere; la loro introduzione nell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea quali «euro-crimes» rappresenta un passo in questa direzione volta a debellare un fenomeno transnazionale diffuso su scala mondiale;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    invero, dall'ultimo rapporto Istat del 17 maggio 2021 circa «Le richieste di aiuto durante la pandemia. I dati dei centri antiviolenza, delle case rifugio e delle chiamate al 1522» si desume che, durante l'emergenza epidemiologica causata dal virus Sars-CoV-2, le chiamate effettuate al numero 1522 contro la violenza e lo stalking sono aumentate del 79,5 per cento rispetto all'anno precedente: nel 2020 se ne sono registrate ben 15.128 contro le 8.427 del 2019;

    in merito, molti studiosi e stakeholders hanno parlato di una emergenza nell'emergenza: UN Women, l'ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere, ha ravvisato una emergenza-ombra legata alla pandemia (shadow pandemic) o, ancora, una crisi nascosta (shadow crisis);

    dalla «Relazione sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l'emergenza da COVID-19», approvata nella seduta del 1° luglio 2021 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, è emerso quanto segue: «L'emergenza epidemiologica da COVID-19 e le misure di contenimento adottate hanno avuto delle innegabili ripercussioni anche sul piano della violenza basata sul genere, soprattutto in ambito domestico (...). Nel periodo gennaio-maggio 2020 rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente le vittime donne aumentano con riguardo alla violenza sessuale e all'omicidio (...). Dall'analisi dei dati è evidente che, se da un lato le limitazioni alla libertà di circolazione delle persone hanno determinato una significativa riduzione (in alcune settimane addirittura un dimezzamento) del numero di reati di stalking e di violenze sessuali, in quanto reati legati alla vita di relazione delle vittime e il più delle volte commessi da soggetti che non convivono con la vittima, dall'altro, è evidente che tale riduzione non si è rilevata per la violenza domestica (...)»; invero il periodo di lockdown ha determinato la difficoltà, talvolta impossibilità, di molte donne di denunciare le violenze, anche meramente con una telefonata al 1522, il numero gratuito antiviolenza;

    l'evidenza che trattasi di un'emergenza irrisolta è confermata dai dati, seppur ancora parziali, in riferimento all'anno 2021 ancora in corso: attualmente, in base a dati aggiornati al 14 novembre 2021, emerge che il numero di donne uccise dall'inizio dell'anno solare è pari a 103, numero a cui vanno aggiunte le migliaia di segnalazioni e denunce di molestie e violenze e, ancor più degni di nota e attenzione, gli episodi di violenza sommersa,

impegna il Governo:

1) a considerare la lotta contro la violenza sulle donne quale priorità del Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee ed internazionali di riferimento;

2) ad adottare iniziative volte a individuare percorsi idonei per trasmettere un'educazione alla parità di genere alle generazioni presenti e future, a partire dall'età infantile, e poi adolescenziale e adulta, nell'ambito familiare, scolastico, universitario, lavorativo e sociale, al fine di garantire una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali;

3) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza di genere per il tramite dei principali canali di comunicazione e dei social media;

4) ad adottare iniziative per realizzare quanto necessario per rendere effettivi ed efficaci gli strumenti previsti dall'ordinamento penale su tutto il territorio nazionale, al fine di arginare e prevenire gli episodi di violenza di genere, con interventi operativi e concreti da parte delle istituzioni e della comunità tutta in sinergia con le forze dell'ordine;

5) a provvedere, quanto prima, all'approvazione del Piano nazionale antiviolenza con riferimento al periodo 2021-2023;

6) ad adottare iniziative volte a sostenere le donne vittime di violenza e le loro famiglie, quali eventuali figli rimasti orfani o privi di figure genitoriali di riferimento, considerando un ampliamento delle risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta;

7) ad adottare iniziative per potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;

8) ad adottare iniziative per sostenere progetti e protocolli delle prefetture, delle questure e delle associazioni dedicati agli uomini maltrattanti, coinvolgendoli e avviandoli a percorsi di cambiamento e di assunzione di responsabilità del loro maltrattamento fisico, psicologico, economico, sessuale e di stalking verso le donne e i figli;

9) a considerare la violenza di genere quale evento sistemico che riguarda anche gli uomini, seppure fenomeno di minor rilevanza, soprattutto con riferimento a particolari contesti di vulnerabilità, quali quelli riguardanti minori, stranieri, uomini con disabilità e detenuti.
(1-00550) «Bologna, Marin, Mugnai, Baldini, Vietina, Silli, D'Ettore, Baratto, Parisse, Rizzone, Della Frera, Berardini, De Girolamo, Biancofiore, Carelli, Ripani, Napoli, Ruffino, Gagliardi, Pettarin, Dall'Osso, Pedrazzini, Cosimo Sibilia».


   La Camera,

   premesso che:

    la violenza degli uomini sulle donne – alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali – rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale;

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza degli uomini contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti – dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio – senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    nel 2020, nel pieno del lockdown dovuto alla pandemia da COVID-19, le cose non sono certo migliorate, anzi il tema della violenza degli uomini contro le donne si è manifestato in tutta la sua drammatica specificità;

    tra il 1° gennaio e il 7 novembre 2021, in Italia, sono stati registrati 247 omicidi, con 103 femminicidi (una uccisa ogni tre giorni per mano di chi avrebbe dovuto amarla), di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 60 hanno trovato la morte per mano del partner o dell'ex partner. Sono dati contenuti nell'ultimo report sugli «omicidi volontari» curato dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale;

    rispetto allo stesso periodo del 2020, si nota un lieve decremento (-2 per cento) nell'andamento generale degli eventi (da 251 a 247), mentre le vittime di genere femminile aumentano, così come i delitti commessi in ambito familiare/affettivo mostrano una leggera crescita; le vittime di genere femminile, da 83 nel periodo 1° gennaio-7 novembre 2020, arrivano a 87 nell'analogo periodo del 2021 (+5 per cento); stesso incremento (+5 per cento) per le donne vittime di partner o ex che passano da 57 a 60. In termini assoluti, le donne vittime di omicidi sono state 141 nel 2018, 111 nel 2019 e 116 nel 2020, ma la percentuale di vittime donne sul totale degli omicidi volontari è salita dal 35 per cento del 2019 al 40,5 per cento del 2020; nel 2021, fino al 7 novembre, risulta in ulteriore ascesa (41,7 per cento);

    nell'ultimo decennio è stato compiuto un importante sforzo in termini di mutazione e innovazione del quadro normativo, così come nella pianificazione di interventi e strumenti più aderenti alle necessità emergenti; tuttavia, poiché il fenomeno non accenna a diminuire, è evidente la presenza di un «baco» che impedisce la reale efficacia delle misure già predisposte per il contrasto alla violenza di genere;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    il primo atto parlamentare della XVII legislatura è stato la ratifica – con legge 27 giugno 2013, n. 77 – della cosiddetta Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    si è scelto, e bisogna proseguire sulla stessa direttrice, di far procedere in parallelo i piani della prevenzione, della protezione delle vittime, della formazione e della repressione, sulla scorta delle indicazioni e dei principi della Convenzione di Istanbul. Il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, (cosiddetto decreto contro il femminicidio) ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e, dall'altro, con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha poi introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte: la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per stalking;

    si è agito, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, quali l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking, l'allontanamento – anche d'urgenza – dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza dell'autore delle violenze. Per tentare di migliorare l'interazione tra chi subisce violenza e le autorità, sono stati poi inseriti specifici obblighi di comunicazione da parte dell'autorità e della polizia giudiziaria alla persona offesa e si sono previste modalità protette di assunzione della prova e della testimonianza di minori e di adulti particolarmente vulnerabili, inserendo, inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d'udienza, ed è stato esteso il gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito alle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili;

    con il decreto-legge n. 93 del 2013, la cosiddetta legge sul femminicidio, è stata estesa alle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili l'ammissione al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito;

    il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, in vigore dal 20 gennaio 2016, aveva infatti recepito la direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituiva norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e istituito il Fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime di reati intenzionali violenti, che nel 2017 era stato dai Governi incrementato e alimentato dalle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile;

    negli ultimi giorni della XVII legislatura, il Parlamento ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da: il coniuge, anche legalmente separato o divorziato; l'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata; una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima. La medesima legge, inoltre, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali. Rispetto alla norma vigente, che punisce l'uxoricidio (omicidio del coniuge) con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Modificando l'articolo 577 del codice penale, infatti, è prevista la pena dell'ergastolo se vittima del reato di omicidio è: il coniuge, anche legalmente separato; l'altra parte dell'unione civile; la persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente;

    con l'entrata in vigore della legge 17 ottobre 2017, n. 161, di riforma del codice antimafia, agli indiziati di stalking potranno essere applicate nuove misure di prevenzione e, in particolare, sarà applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, a cui può essere aggiunto, se le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province. Qualora le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee, può essere imposto all'indiziato di atti persecutori l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. Infine, con il consenso dell'interessato, anche allo stalker potrà essere applicato il cosiddetto braccialetto elettronico, una volta che ne sia stata accertata la disponibilità. La riforma del codice consente, inoltre, l'applicazione agli indiziati di stalking anche delle misure di prevenzione patrimoniali;

    questo complesso sistema di misure a oggi, però, non appare sufficientemente efficace a contrastare il problema;

    la prevenzione è infatti la via maestra per risolvere questo fenomeno. È necessario un radicale cambiamento culturale e sociale, che l'impianto normativo dovrebbe accompagnare e favorire;

    la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli, quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro Paese e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi, come riportato dall'Inps: proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, e cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento ha appena licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base dell'ultimo report sul gender gap del World economic forum, l'Italia si colloca ancora al 76° posto su 153 Paesi della classifica mondiale, con un tasso di occupazione femminile fermo al 48,9 per cento, agli ultimi posti in Europa, e che vede le donne che lavorano subire penalizzazioni di ogni tipo;

    la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025 e la Strategia nazionale italiana per la parità di genere di recente introdotta affrontano il problema e indicano le politiche per ottenere la parità di retribuzione. Tra queste, il sostegno all'educazione nelle materie Stem e digitali per le ragazze e le donne, così da facilitare l'accesso ai lavori del futuro negli ambiti green e digitali. Tra gli strumenti principali per contrastare questo fenomeno ci sono misure per l'armonizzazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, come quelle contenute nel Family Act, interventi per una maggiore trasparenza sulle retribuzioni e una legislazione a supporto delle donne nei consigli di amministrazione delle società;

    la crisi economica legata alla pandemia da COVID-19 ha colpito duramente tutti, ma in particolare le donne; solo a dicembre 2020, su 101 mila unità di lavoro perse, 99 mila sono donne. Ma se si guarda l'insieme dei dati relativi ai mesi di pandemia, il risultato è anche più grave: su 456 mila unità di lavoro perse, più di 315 mila sono donne;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta una grande occasione per intervenire sulle disuguaglianze e sul gender gap; la partecipazione all'economia italiana delle donne è ferma al 53 per cento, inferiore al resto dei Paesi europei (68 per cento), percentuali che si riflettono sul prodotto interno lordo: la Banca d'Italia, nei mesi scorsi, aveva calcolato un aumento del 7 per cento del prodotto interno lordo se si fossero raggiunti gli obiettivi europei di occupazione femminile (al 60 per cento) e di parità di salario;

    il Governo ha annunciato una Strategia nazionale per la parità di genere per gli anni 2021-2026 volta a scalare la classifica del Gender equality index, che vede oggi l'Italia ferma al 14° posto, con 63,5 punti su 100;

    le proposte del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevedono la digitalizzazione, l'innovazione, la competitività e la cultura, ovvero la promozione di posizioni dirigenziali di alto livello e incentivi per il corretto bilanciamento tra vita professionale e vita privata; investimenti nell'imprenditoria femminile digitale; un piano asili nido e di estensione del tempo pieno per semplificare la gestione della cura famigliare e l'occupazione femminile, uno specifico investimento nell'imprenditoria femminile, soprattutto nelle aree più critiche per la crescita professionale delle donne. In più, sono previste azioni per l'autonomia delle persone disabili che avranno effetti indiretti sull'occupazione femminile, nonché il rafforzamento dei servizi di prossimità e di supporto domiciliare;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede, inoltre, un investimento significativo per le giovani donne, che beneficeranno di progetti nei campi dell'istruzione e della ricerca, come pure dello stanziamento di risorse per l'estensione del tempo pieno scolastico e per il potenziamento delle infrastrutture sportive (a tal proposito, è promossa l'attività motoria nella scuola primaria, in funzione di contrasto alla dispersione scolastica), nonché la previsione di una clausola di condizionalità per l'assunzione di almeno il 30 per cento di donne e giovani;

    per sottrarre nutrimento alla sottocultura della violenza di genere è necessario educare e formare per sconfiggere l'ignoranza e combattere la diffusione di stereotipi e di notizie false: il ruolo della scuola appare, come sempre, centrale; si devono dunque predisporre e mettere a disposizione gli strumenti necessari a valorizzare le differenze ed educare i giovani alla cultura del rispetto e, proprio in questo senso, essa deve fornire strumenti e metodologie per il superamento di pregiudizi e stereotipi e per attivare tutti gli interventi di prevenzione, informazione e sensibilizzazione, anche per fornire maggiori strumenti per un uso consapevole del web e dei social network;

    sul piano della comunicazione viene ancora riservata poca attenzione al ruolo che i media possono avere per consolidare una coscienza sociale diffusa di condanna del fenomeno. Troppe volte, soprattutto nei casi di femminicidio, i media tendono a far passare un messaggio fuorviante e diseducativo, sia sul piano del linguaggio sia su quello della rappresentazione della notizia. Espressioni come «amore malato», «eccesso di amore», «raptus» rimandano a una sorta di giustificazionismo dell'azione violenta. Anche su questo punto la Convenzione di Istanbul interviene in maniera puntuale con l'articolo 17, prevedendo la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e di una informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere;

    il ruolo delle associazioni di donne va riconosciuto, valorizzato e potenziato quale strumento fondamentale per la lotta contro la violenza maschile sulle donne. In tal senso, va garantita su tutto il territorio la presenza di case rifugio e di case delle donne in linea con i parametri internazionali, privilegiando quelle che possono garantire la qualità dei servizi e la competenza di genere e professionale;

    anche il trattamento e il recupero in termini rieducativi degli uomini violenti deve rappresentare una priorità, per riuscire a coniugare – nel rispetto dei principi costituzionali di cui all'articolo 27 della Costituzione – sicurezza delle vittime e funzione rieducativa della pena;

    come si legge nel rapporto del Grevio sullo stato di attuazione della Convenzione di Istanbul nel nostro Paese, pubblicato nel gennaio 2020, è oggi quanto mai necessario che si correggano tutte quelle prassi applicative che vittimizzano ulteriormente la donna che denuncia gli abusi subiti e che si proceda all'introduzione di una norma volta a sanzionare le molestie sessuali. Così come nel rapporto redatto nel novembre del 2019, il Grevio ha espresso preoccupazione nei confronti dell'Italia per «l'emergere di una tendenza a reinterpretare le politiche d'uguaglianza tra i sessi come politiche della famiglia e della maternità», trascurando la sfera della parità nel lavoro e nella società. Vuol dire che le politiche di genere devono essere mirate all'avanzamento sociale delle donne, alla loro realizzazione come persone e al loro percorso professionale;

    troppo spesso, infatti, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È quindi importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul) e dunque una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria, di cui occorre tenere conto, è l'estrema durata del procedimento penale;

    in merito alla sicurezza delle donne, i dati dicono che la diffusione di armi comporta un rischio maggiore di omicidi e di vittime nei settori più indifesi, in particolare donne e minori;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che – uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne – possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle forze dell'ordine va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni, chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative necessarie per mettere a regime e rendere pienamente efficace e operativo il complesso sistema di strumenti e di tutele di cui il nostro Paese si è dotato, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul e di contrastare e prevenire la violenza degli uomini sulle donne;

2) a proseguire l'azione di promozione della parità tra i generi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, sensibilizzando e finanziando progetti specifici anche sull'uso consapevole del linguaggio e dei social network;

3) ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato a interagire con la vittima: forze dell'ordine, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

4) ad adottare iniziative normative per favorire il coordinamento tra processo penale, civile e tribunali per i minorenni, al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare del tutto l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica;

5) ad adottare iniziative volte a promuovere strumenti e procedure di valutazione del pericolo di letalità, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dall'esistenza di protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere e di protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine, con specifico riferimento a questa materia;

6) ad adottare iniziative per garantire adeguati stanziamenti finanziari per le case rifugio e per i centri di accoglienza, nonché per gli sportelli dedicati alle vittime di reati violenti, semplificando, velocizzando e rendendo stabile il percorso dei finanziamenti stessi, anche al fine di assicurare una loro adeguata distribuzione in tutto il territorio nazionale;

7) a monitorare l'applicazione omogenea di politiche e norme esistenti volte a garantire la parità di genere e a incrementare l'occupazione femminile, elemento, quest'ultimo, fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza, e a mettere in campo strategie efficaci volte a prevenire e perseguire ogni forma di violenza, fisica, psicologica e sessuale, che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro, così come in un percorso di studio o in un qualunque consesso sociale, dando così piena attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 contro le molestie e le violenze nei luoghi di lavoro;

8) a monitorare e garantire, per quanto di competenza, che le missioni indicate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza volte all'eliminazione del gender gap siano applicate concretamente in tutti i campi di azione indicati in premessa;

9) ad adottare nuove iniziative per introdurre strumenti volti a sostenere economicamente le donne nel loro percorso di fuoriuscita dalla violenza, nonché a favorirne l'inserimento nel mondo del lavoro e l'autonomia abitativa, con particolare attenzione alle fragilità legate alla povertà, alle migrazioni e alle vittime di persecuzione e di tratta;

10) ad adottare iniziative per contrastare con misure specifiche ogni forma di violenza di genere on line e di istigazione all'odio anche in rete nei confronti delle donne;

11) ad adottare iniziative per incrementare le forme di indennizzo per le vittime di reati violenti e gli orfani di femminicidio;

12) ad adottare iniziative necessarie a garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime di reati, come lo sfruttamento della prostituzione, possano essere inserite in percorsi sociali per metterle in sicurezza dalle reti criminali che le sfruttano;

13) nell'ambito dello sviluppo di tutti gli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di monitoraggio della diffusione di armi per uso di difesa personale, nonché ad assicurare che, alla detenzione legittima di un'arma, corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari e ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari;

14) a promuovere iniziative per incoraggiare le donne a denunciare, garantendo loro una rete di protezione che nasca e operi nell'ambito di una fattiva ed effettiva collaborazione interistituzionale.
(1-00553) «Serracchiani, Avossa, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Boldrini, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cappellani, Carè, Carnevali, Casu, Ceccanti, Cenni, Ciagà, Ciampi, Critelli, Dal Moro, De Filippo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Delrio, Di Giorgi, Fassino, Fiano, Fragomeli, Frailis, Gariglio, Giorgis, Gribaudo, Incerti, La Marca, Lacarra, Lattanzio, Lepri, Letta, Lorenzin, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Mauri, Melilli, Miceli, Morani, Morassut, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nitti, Orfini, Pagani, Ubaldo Pagano, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rossi, Rotta, Sani, Schirò, Sensi, Siani, Soverini, Topo, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini».


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, per invitare i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative a predisporre attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema;

    numerose convenzioni dell'Onu e carte regionali prescrivono responsabilità istituzionali e impegni precisi per gli Stati sottoscrittori, anche nell'adozione di misure atte a cambiare la cultura degli stereotipi e dei pregiudizi alla base delle violenze sulle donne, nonché l'adozione di strumenti di protezione delle vittime;

    i più recenti dati dell'Istat raccolti nelle «Informazioni statistiche per l'Agenda 2030 in Italia», evidenziano che la violenza sulle donne è un fenomeno sommerso e strutturale e che sono in aumento i casi; l'Eures stima un aumento degli omicidi di donne, che rappresentano frequentemente l'atto ultimo ed estremo di una catena persecutoria di violenze e di sopraffazioni di natura psicologica, fisica, sessuale, economica, lavorativa e sociale;

    i dati forniti annualmente dall'Organizzazione mondiale della sanità, inoltre, confermano che la violenza di genere costituisce una questione strutturale, un fenomeno di dimensioni globali, un flagello che rappresenta la prima causa di morte delle donne, una «malattia sociale», trasversale a tutte le latitudini geografiche, alle appartenenze etniche, ai ceti sociali, alle religioni ed alle età;

    dal 1o gennaio 2021 sono già 103 le vittime, delle quali 87 sono state uccise in ambito familiare e, tra queste, 60 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner;

   dall'inizio della pandemia, inoltre, in Europa si è manifestato un preoccupante aumento degli episodi di violenza sulle donne, e il fenomeno ha coinvolto anche l'Italia; nel contesto del lockdown le famiglie sono state più a stretto contatto e hanno trascorso più tempo assieme, aumentando così il rischio che le donne e i figli siano esposti alla violenza soprattutto se in famiglia si verificano gravi perdite economiche o di lavoro; più si riducono le risorse economiche, infatti, più aumentano anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner;

    nel 2020, spiega il Ministero della salute, le chiamate al 1522 sono aumentate del 79,5 per cento rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71 per cento), e il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo 2020, in piena emergenza Covid-19, con picchi ad aprile (+176,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 per cento rispetto a maggio 2019);

    è necessario promuovere una campagna di sensibilizzazione per le donne «vittime della lesione dei loro diritti a causa di fondamenti culturali religiosi e dei loro costumi consolidati»; si ricorda, solo come esempio, il «caso» di Saman Abbas, la giovane pakistana scomparsa il 30 aprile a Novellara di cui si ipotizza l'uccisione e il seppellimento nelle campagne del comune reggiano da parte di familiari; all'origine del presunto delitto ci sarebbe stato il tentativo della giovane di sottrarsi a un matrimonio combinato;

    il dramma delle «nozze forzate» è talmente esteso da rendere indispensabile l'inserimento nel cosiddetto codice rosso di un articolo che introduca nel codice penale il nuovo reato di «costrizione o induzione al matrimonio» attraverso violenze o minacce;

    un altro grave fatto di cronaca giudiziaria recente, inserito nel medesimo contesto della violenza sulle donne dovuta a fondamentalismi religiosi, è quello attinente ad una giovane ragazza di origini marocchine che ha sporto denuncia querela per maltrattamenti in famiglia nei confronti del marito dalle medesime origini il quale, oltre ad un episodio di maltrattamenti fisici, aveva imposto costrizioni alla moglie tra le quali l'uso del velo integrale e il divieto di uscire di casa applicando una vera e propria segregazione; ebbene, è di qualche giorno fa la notizia della richiesta di archiviazione a firma del pubblico ministero con la specifica motivazione secondo cui «... la condotta di costringerla a tenere il velo integrale rientra, pur non condivisibile in ottica occidentale, nel quadro culturale dei soggetti interessati (...)»;

    si tratta, invece, di una posizione a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo non condivisibile in una Nazione libera e democratica, nella quale i diritti fondamentali della persona debbono essere garantiti a chiunque; come giustamente già sottolineato da Fratelli d'Italia in altri contesti, questa archiviazione non è accettabile né giuridicamente né moralmente perché rappresenta un atto di sottomissione del nostro ordinamento e delle nostre leggi all'Islam, alle sue storie e tradizioni;

    è importante che la magistratura abbia polso fermo nei confronti di chi si dimostra recidivo nell'assumere comportamenti persecutori e lesivi della persona e della sua integrità psicofisica. È emblematico il caso di Juana Cecilia Hazana Loayza, assassinata da Mirko Genco, che era già stato arrestato poche settimane prima del delitto per atti persecutori e il giorno dopo scarcerato, nonostante la convalida dell'arresto e nonostante fosse sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento. Il 10 settembre era stato nuovamente arrestato per violazione alla misura del divieto di avvicinamento, violazione di domicilio e ulteriori atti vessatori, ottenendo il 23 settembre gli arresti domiciliari fino al 4 novembre, giorno in cui è decaduta la misura cautelare per la sentenza di patteggiamento emessa dal tribunale di Reggio Emilia il giorno prima. È stato un grande errore quello di non trattenere in carcere il giovane, considerando anche il suo profilo psicologico: sembrerebbe sia, infatti, a sua volta, figlio di una donna vittima. Trovare soluzioni per non alimentare le catene della violenza è un atto di fondamentale importanza. Lo Stato dovrebbe farsi carico di offrire il giusto sostegno psicologico anche ai familiari delle vittime di crimini domestici;

    da una fase iniziale che vedeva una presenza minima e sperimentale dei cosiddetti «centri per maltrattanti» oggi si assiste ad un numero sempre più crescente di uomini che seguono percorsi di cambiamento tramite sostegno psicologico e psichiatrico. Chi aderisce a questi percorsi termina il comportamento violento ed è meno propenso a cadere in recidiva. Diventa, pertanto, indispensabile, renderlo fruibile a tutti coloro che volontariamente, su invito del giudice o dei servizi sociali scelgono di diventare consapevoli della propria rabbia e di non perseguire più atteggiamenti aggressivi in famiglia. Questa forma di prevenzione diventa così la prima arma per salvare molte vite;

    in Italia sono oltre 2000 gli orfani di vittime di crimini domestici, ma possiamo affidarci solo a delle stime, perché i dati ufficiali non esistono. Ancora oggi non esiste la possibilità di un supporto psicologico per i ragazzi. L'80 per cento non ha possibilità di accedere all'aiuto di uno specialista, se non a pagamento;

    da dati Istat del 2019, in Italia, in 5 anni, ben 427 mila minori hanno vissuto situazioni di violenza domestica nei confronti delle proprie mamme e più di una vittima su 10 ha temuto per la propria vita o per quella dei propri figli. Assistere alla violenza significa guardare, ascoltare, vivere l'angoscia, esserne investiti, contagiati, sovrastati senza poter far nulla. Significa esporre un bambino a qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative all'interno di ambienti domestici e familiari. È un fenomeno ancora sommerso, quasi «invisibile», contraddistinto da segnali plurimi, i cui effetti possono essere devastanti sullo sviluppo fisico, cognitivo e comportamentale dei bambini;

    la terza indagine internazionale sull'educazione civica e per la cittadinanza «International Civic and Citizenship Education Study», promossa dalla International Association for the Evaluation of Educational Achievement, che si è posta l'obiettivo di identificare ed esaminare, all'interno di una dimensione comparativa, i modi in cui i giovani vengono preparati a svolgere in modo attivo il proprio ruolo di cittadini nelle società democratiche, ha rilevato che in Italia l'educazione alle competenze sociali ed emotive rappresenta il «pezzo mancante» dei curricula scolastici e della formazione degli insegnanti; prevedere un insegnamento nelle scuole è di certo un passo avanti verso la creazione di giovani cittadini emotivamente più consapevoli. Per questo il gruppo Fratelli d'Italia ha già presentato delle proposte di legge che vanno verso questa direzione: una riguarda l'istituzione di un servizio di psicologia scolastica che possa servire ad affrontare e contrastare, in maniera adeguata, il disagio educativo degli studenti attraverso un sostegno in ambito psicologico e relazionale in età evolutiva; un'altra proposta concerne l'insegnamento dell'intelligenza emotiva nelle scuole;

    l'Italia ha un corpo giuridico articolato e consolidato per combattere il fenomeno delle violenze di genere: la legge n. 66 del 1996, recante «Norme contro la violenza sessuale», sancisce che tali crimini non sono più «reati contro la moralità pubblica ed il buoncostume», ma «reati contro la persona»; la legge n. 38 del 2009, di conversione del decreto-legge n. 11 del 2009, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», introduce una nuova fattispecie di reato (articolo 612-bis del codice penale), punisce le minacce insistenti, le molestie assillanti e le violenze che, per la loro sequenza continuativa e modalità aggressiva, incidono sulla tranquillità e sull'incolumità personali e violano la sfera privata; la legge n. 119 del 2013, di conversione del decreto-legge n. 93 del 2013, reca norme per la prevenzione ed il contrasto della violenza domestica e di genere;

    la citata legge n. 119 del 2013, in attuazione dell'articolo 5 della Convenzione di Istanbul, prevede l'adozione di un Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere e relativi stanziamenti. Il Piano prevede una pluralità di azioni: campagne di pubblica informazione e sensibilizzazione; promozione in ambito scolastico delle corrette relazioni tra i sessi, nonché di tematiche antiviolenza e antidiscriminazione; potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza e protezione delle vittime di violenza e di stalking; formazione specializzata degli operatori; collaborazione tra istituzioni; raccolta ed elaborazione dei dati; previsione di specifiche azioni positive;

    il Piano straordinario prevede, altresì, il coinvolgimento delle associazioni impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza presenti sul territorio;

    da ultimo, la legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», ha modificato la disciplina penale, sia sostanziale che processuale, della violenza sulle donne, corredandola di inasprimenti di sanzione;

    a più di due anni dall'entrata in vigore del cosiddetto «codice rosso», però, il bilancio della dottrina e, in particolare, degli avvocati matrimonialisti, non è positivo e la media delle donne vittime di violenza domestica rimane ancora troppo alta. Alla base di questo amaro giudizio ci sono diverse considerazioni: le leggi non devono rappresentare un semplice pezzo di carta, ma devono essere accompagnate da grandi economici adeguati, che consentano di sanare, ad esempio, la carenza di personale, piaga irrisolta dell'Italia, perché se, da un lato, si accelerano le procedure e si inaspriscono le pene, dall'altro è indispensabile rafforzare gli organici;

    il codice rosso non potrà mai portare davvero risultati se i centri anti-violenza chiudono e se la pianta organica dei magistrati vede una carenza di almeno duemila unità. Il magistrato, di fatto, non ha la possibilità di sentire la vittima di violenza domestica entro tre giorni dalla denuncia, come disposto per legge, circostanza su cui, comunque, Fratelli d'Italia aveva chiesto l'introduzione della scelta da parte della vittima nell'applicazione del termine cogente al fine del rispetto dei temi emotivi della donna, se il carico di lavoro è eccessivo per il numero di magistrati in servizio;

    nel 2019 è stato finalmente introdotto l'uso della cavigliera elettronica per i reati di stalking, maltrattamenti, abusi e violenze. Il giudice che dispone l'allontanamento dalla casa familiare del colpevole può ordinare l'applicazione del braccialetto elettronico come ulteriore modalità di controllo e a tutela dell'incolumità psicofisica della vittima. In Spagna, questo meccanismo è in uso già dal 2009 e ha raggiunto obiettivi importanti: nella Comunità Autonoma di Madrid, ad esempio, gli omicidi legati alla violenza sulle donne sono diminuiti del 33 per cento ed inoltre, dato ancor più importante, «nessuna delle vittime sottoposte a controllo elettronico è stata nuovamente oggetto di violenza». Nel 2020 il Ministro della giustizia pro tempore ha richiesto «di aumentare l'attuale dotazione di braccialetti». È fondamentale, perciò, raccogliere questo appello e incrementare il numero di cavigliere elettroniche a doppio dispositivo Gps: il primo non rimovibile per lo stalker, il secondo rimovibile per la vittima che viene così avvertita in tempo utile nel caso il suo persecutore decidesse di avvicinarsi oltre i limiti consentiti,

impegna il Governo:

1) a continuare a elaborare e adottare strategie che possano rivelarsi efficaci per prevenire tutte le forme di violenza contro le donne: fisica, psicologica, sessuale, lavorativa ed economica;

2) a dare attuazione alle azioni concrete e agli impegni finanziari previsti nel Piano operativo coerentemente con le risorse finanziarie che le amministrazioni centrali e territoriali hanno dichiarato di mettere a disposizione;

3) a continuare ad intraprendere tutte le opportune iniziative di competenza al fine di garantire la protezione delle donne e dei loro figli;

4) ad adottare iniziative al fine di porre in essere le basi per l'introduzione nelle scuole della figura professionale dello psicologo scolastico e dell'insegnamento della intelligenza emotiva per aiutare i giovani studenti a superare forme di disagio e prevenire ogni possibile sentimento di discriminazione, affinché tali malesseri non si trasformino in età adulta in forme di violenza contro le donne;

5) a continuare ad assumere opportune iniziative volte a potenziare i percorsi di assistenza e di supporto psicologico per le donne che hanno subito una violenza e per i loro familiari anche attraverso lo sviluppo di una capillare rete di servizi socio-sanitari e assistenziali dotati di specifiche professionalità come psicologi e psicoterapeuti;

6) ad adottare le iniziative di competenza per sostenere la donna al fine di garantirle la libera scelta e di rispettarne i tempi di elaborazione emotiva e psicologica, rispetto all'obbligo del magistrato di sentirla entro tre giorni dalla denuncia, assicurando altresì un adeguato contesto nell'audizione e il supporto di figure professionali in grado di sostenerla emotivamente;

7) ad adottare iniziative per prevedere percorsi di specializzazione per avvocati, magistrati e forze dell'ordine;

8) a favorire specifiche iniziative per incentivare l'inserimento delle vittime di violenza nel mondo del lavoro;

9) ad adottare iniziative per garantire che le risorse ripartite nella Conferenza Stato-regioni (a cominciare da quelle stabilite nella Conferenza del maggio 2018) siano erogate con regolarità e puntualità, assicurando il funzionamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio presenti sul territorio ed eliminando le disparità regionali nell'offerta dei servizi alle vittime di violenza;

10) ad adottare iniziative per verificare i costi economici e socio-sanitari della violenza, nonché procedere alla raccolta dei dati relativi agli omicidi di donne con motivazione di genere;

11) ad informare il Parlamento con cadenza semestrale sulle attività della cabina di regia prevista per dare impulso alle politiche di prevenzione e contrasto della violenza, nonché sul neonato Comitato tecnico antiviolenza costituito con decreto del Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle pari opportunità e alle politiche giovanili;

12) ad adottare ogni iniziativa di competenza per favorire l'attuazione della legge n. 4 del 2018, che tutela gli orfani di crimini domestici, al fine di renderla pienamente operativa;

13) ad adottare iniziative per implementare le risorse destinate al fondo per le politiche relative alle pari opportunità e, più in generale, a tutte le politiche per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne e per la promozione di un'effettiva parità di genere;

14) ad indire, tramite un'apposita iniziativa del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, un censimento sul territorio nazionale di tutte le associazioni e dei centri antiviolenza che svolgono attività di sostegno a vittime di violenza, abusi psicofisici e stalking e le accompagnano con personale qualificato in un percorso verso l'autonomia relazionale, sociale ed economica, anche al fine della certificazione degli stessi;

15) a porre in essere le iniziative di competenza atte a velocizzare e de-burocratizzare la distribuzione delle risorse finanziarie statali e regionali alle associazioni e ai centri anti-violenza così certificati, nonché alle case rifugio in modo da consentire a tali strutture di svolgere efficacemente le attività cui sono preposte;

16) ad adottare iniziative per stanziare appositi fondi per il sostegno psicologico dei minori vittime di violenza assistita;

17) ad avviare una mappatura dei centri di terapia per soggetti maltrattanti e ad adottare iniziative per ampliarne la presenza in tutte le regioni;

18) ad aumentare il numero di cavigliere elettroniche a doppio dispositivo Gps e a metterle nelle disponibilità del Ministero della giustizia nel più breve tempo possibile;

19) ad adottare iniziative per prevedere opportune misure di esenzione sanitaria per le prestazioni collegate alla violenza subita e un possibile rimborso delle spese legate al percorso psicologico che le donne dovranno intraprendere.
(1-00555) «Bellucci, Gemmato, Meloni, Albano, Bucalo, Caretta, Ciaburro, Ferro, Frassinetti, Lucaselli, Mantovani, Montaruli, Rachele Silvestri, Varchi».