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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 13 aprile 2021

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 13 aprile 2021.

  Aresta, Ascani, Baldino, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Campana, Cappellacci, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Corda, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Menech, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Donina, Donzelli, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Invidia, Iovino, L'Abbate, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lotti, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Melilli, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Muroni, Nappi, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Palazzotto, Parolo, Perantoni, Pretto, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Stumpo, Tabacci, Tasso, Maria Tripodi, Varchi, Vignaroli, Villani, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Aresta, Ascani, Baldino, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Campana, Cappellacci, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Corda, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Menech, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Donina, Donzelli, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Invidia, Iovino, L'Abbate, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lotti, Lucchini, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Melilli, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Muroni, Nappi, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Palazzotto, Parolo, Perantoni, Pretto, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Maria Tripodi, Varchi, Vignaroli, Villani, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 12 aprile 2021 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SENSI ed altri: «Sospensione dell'installazione e dell'utilizzazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale operanti attraverso l'uso di dati biometrici in luoghi pubblici o aperti al pubblico» (3009);
   DI LAURO ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale della partecipazione e della cittadinanza digitale» (3010);
   RAMPELLI e ZUCCONI: «Disposizioni per il riconoscimento della professione di direttore di albergo e la disciplina del suo esercizio» (3011);
   TURRI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta su eventuali condizionamenti, incompatibili con l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, riguardanti il conferimento di incarichi e l'esercizio delle funzioni giurisdizionali» (3012);
   BITONCI ed altri: «Modifiche all'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in materia di condizioni di esclusione dall'applicazione della disciplina sul fallimento e sul concordato preventivo, e altre disposizioni concernenti la compensazione dei crediti relativi all'imposta sul valore aggiunto in caso di procedura concorsuale» (3013).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge CIABURRO ed altri: «Disposizioni per la promozione della dematerializzazione degli archivi comunali nei piccoli comuni» (2891) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Prisco.

Adesione di deputati a proposte di inchiesta parlamentare.

  La proposta di inchiesta parlamentare BERTI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave “Moby Prince”» (Doc. XXII, n. 51) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Currò.

Ritiro di proposte di legge.

  In data 12 aprile 2021 la deputata Ascari ha comunicato, anche a nome dei cofirmatari, di ritirare la seguente proposta di legge:
   ASCARI ed altri: «Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori» (2047).

  La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale, in data 13 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia della seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alla XI Commissione (Lavoro), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
  sentenza n. 63 del 25 febbraio-13 aprile 2021 (Doc. VII, n. 633),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 6, secondo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), nella parte in cui non prevede che, per le patologie aggravate da menomazioni preesistenti concorrenti, trovi applicazione la medesima disciplina contemplata dal primo periodo in aggiunta alla persistente erogazione della rendita di cui al terzo periodo del medesimo comma 6.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
  sentenza n. 64 del 25 febbraio-13 aprile 2021 (Doc. VII, n. 634),
   con la quale:
    dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 20, comma 1, della legge della Regione Emilia-Romagna 19 dicembre 2002, n. 37 (Disposizioni regionali in materia di espropri), promosse, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezione prima:
   alla VIII Commissione (Ambiente);

  sentenza n. 65 del 9 marzo-13 aprile 2021 (Doc. VII, n. 635),
   con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 34 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), nella formulazione originaria e in quella risultante a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 5, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 29 luglio 2015, n. 115 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014), e dell'articolo 1, comma 1, dell'Allegato n. 10 al medesimo decreto legislativo, nella formulazione originaria e in quella risultante a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 6, comma 4, lettere a), b) e c), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (Interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015), convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 2014, n. 9, e dall'articolo 5, comma 1, lettera b), numero 1), della legge n. 115 del 2015, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 97, nonché 11 e 117, primo comma, della Costituzione, questi ultimi in relazione ai considerando numeri 30 e 31 e all'articolo 12 della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), e altresì in relazione agli articoli 106, paragrafo 2, 288 e 291 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, all'articolo 1 del Protocollo n. 26 allegato al TFUE, e agli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, dal Tribunale ordinario di Roma, seconda sezione civile:
   alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 12 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Aero Club d'Italia, per l'esercizio 2019, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 404).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 12 aprile 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la relazione – predisposta dal Ministero della giustizia – sulla consistenza, destinazione e utilizzo dei beni sequestrati o confiscati e sullo stato dei procedimenti di sequestro o confisca, aggiornata al mese di dicembre 2020 (Doc. CLIV, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 12 aprile 2021, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'opportunità di concedere l'esenzione dall'obbligo di compensazione per i derivati OTC prevista dall'EMIR alle operazioni che derivano direttamente dai servizi di riduzione del rischio post-negoziazione (COM(2021) 172 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di comitato per il commercio dell'accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia, il Perù e l'Ecuador, dall'altra, per quanto riguarda le modifiche delle decisioni n. 1/2014, n. 2/2014, n. 3/2014, n. 4/2014 e n. 5/2014 del comitato per il commercio, per tener conto dell'adesione dell'Ecuador all'accordo commerciale e aggiornare gli elenchi degli arbitri e degli esperti per il commercio e lo sviluppo sostenibile (COM(2021) 173 final), corredata dal relativo allegato (COM(2021) 173 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Progetto di bilancio rettificativo n. 2 del bilancio generale 2021 per il finanziamento della risposta alla COVID-19, comprensivo di adeguamenti e aggiornamenti relativi all'adozione finale del quadro finanziario pluriennale (COM(2021) 200 final), che è assegnato in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per fornire assistenza alla Grecia e alla Francia in relazione a catastrofi naturali e ad Albania, Austria, Belgio, Cechia, Croazia, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Montenegro, Portogallo, Romania, Serbia, Spagna e Ungheria in relazione a un'emergenza di sanità pubblica (COM(2021) 201 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XII (Affari sociali).

Annunzio di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso, in data 1o aprile 2021, le seguenti sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, relative a cause in cui la Repubblica italiana è parte o adottate a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che sono inviate, ai sensi dell'articolo 127-bis del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Sentenza della Corte (Quinta sezione) del 3 marzo 2021, cause riunite C-434/19 e C-435/19, Poste Italiane Spa contro Riscossione Sicilia Spa agente riscossione per la provincia di Palermo e delle altre provincie siciliane e Agenzia delle entrate-Riscossione contro Poste italiane Spa. Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Corte suprema di cassazione. Aiuti di Stato – Concorrenza – Articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea – Condizioni di applicazione – Articolo 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea – Servizi di interesse economico generale – Gestione del servizio di conto corrente postale per la raccolta dell'imposta comunale sugli immobili – Imprese che beneficiano di diritti speciali o esclusivi concessi dagli Stati membri – Commissioni fissate unilateralmente dall'impresa beneficiaria – Abuso di posizione dominante – Articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea – Irricevibilità (Doc. XIX, n. 120) – alla VI Commissione (Finanze);

  Sentenza della Corte (Seconda sezione) del 17 marzo 2021, causa C-652/19, KO contro Consulmarketing Spa. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale di Milano. Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Principio di non discriminazione – Ragioni oggettive che giustificano un trattamento diverso dei lavoratori a tempo determinato – Direttiva 98/59/CE – Licenziamento collettivo – Normativa nazionale relativa alla tutela da accordare a un lavoratore vittima di un licenziamento collettivo illegittimo – Applicazione di un regime di tutela meno vantaggioso ai contratti a tempo determinato stipulati prima della data della sua entrata in vigore, convertiti in contratti a tempo indeterminato successivamente a tale data (Doc. XIX, n. 121) – alla XI Commissione (Lavoro);
   Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 10 marzo 2021, causa C-96/20, Ordine nazionale dei biologi e altri contro Presidenza del Consiglio dei ministri. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione. Salute – Articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea – Direttiva 2002/98/CE – Norme di qualità e di sicurezza del sangue umano e dei suoi componenti – Obiettivo volto ad assicurare un elevato livello di protezione della salute umana – Articolo 4, paragrafo 2, e articolo 9, paragrafo 2 – Servizi trasfusionali – Persona responsabile – Condizioni minime di qualificazione – Facoltà per uno Stato membro di prevedere un regime più restrittivo – Margine di discrezionalità riservato agli Stati membri (Doc. XIX, n. 122) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 24 marzo 2021, cause riunite C-870/19 e C-871/19, prefettura-ufficio territoriale del Governo di Firenze contro MI e TB. Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Corte suprema di cassazione. Ravvicinamento delle legislazioni – Apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada – Regolamento (CEE) n. 3821/85 – Articolo 15, paragrafo 7 – Regolamento (CE) n. 561/2006 – Procedura di controllo – Sanzione amministrativa – Omessa esibizione dei fogli di registrazione del cronotachigrafo relativi alla giornata in corso e ai ventotto giorni precedenti – Infrazione unica o multipla (Doc. XIX, n. 123) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti);
   Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 2 marzo 2021, causa C-425/19 P, Commissione europea contro Repubblica italiana e altri. Aiuti di Stato – Intervento di un consorzio di diritto privato tra banche a favore di uno dei suoi membri – Autorizzazione dell'intervento da parte della banca centrale dello Stato membro – Nozione di «aiuto di Stato» – Imputabilità allo Stato – Risorse statali – Indizi che consentono di concludere per l'imputabilità di una misura – Snaturamento degli elementi di diritto e di fatto – Decisione che dichiara l'aiuto incompatibile con il mercato interno (Doc. XIX, n. 124) – alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2133 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 13 MARZO 2021, N. 31, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI SVOLGIMENTO DELL'ESAME DI STATO PER L'ABILITAZIONE ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO DURANTE L'EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2989)

A.C. 2989 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo.

A.C. 2989 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento:

PARERE FAVOREVOLE

  sugli emendamenti trasmessi all'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.1, 1.2, 2.16, 2.17, 2.24, 2.29, 2.100, 4.6 e 4.7 e sull'articolo aggiuntivo 1.01, in quanto suscettibili di determinare nuovi maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative contenute nel fascicolo.

A.C. 2989 – Articolo unico

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.

  1. Il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
  2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE NEL TESTO DEL GOVERNO

Articolo 1.
(Disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato per la sessione 2020)

  1. L'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, limitatamente alla sessione indetta con decreto del Ministro della giustizia 14 settembre 2020, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.
  2. Per quanto non espressamente regolato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano le norme previgenti richiamate dall'articolo 49 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 in quanto compatibili. I termini che, nelle medesime norme previgenti, decorrono dall'inizio delle prove scritte sono computati dalla data di inizio della prima prova orale, come indicata con il decreto del Ministro della giustizia di cui all'articolo 3, comma 2.

Articolo 2.
(Esame di Stato)

  1. L'esame di Stato si articola in due prove orali.
  2. La prima prova orale è pubblica e ha ad oggetto l'esame e la discussione di una questione pratico-applicativa, nella forma della soluzione di un caso, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, in una materia scelta preventivamente dal candidato tra le seguenti: materia regolata dal codice civile; materia regolata dal codice penale; diritto amministrativo. Ciascun candidato esprime l'opzione per la materia prescelta mediante comunicazione da trasmettere secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministro della giustizia di cui all'articolo 3, comma 2.
  3. La sottocommissione, prima dell'inizio della prima prova orale, predispone per ogni candidato tre quesiti per la materia prescelta. Ogni quesito è collocato all'interno di una busta distinta e numerata. Il presidente della sottocommissione chiude le buste e appone la sua firma sui relativi lembi di chiusura. Il candidato indica il numero della busta prescelto e il presidente della sottocommissione dà lettura del quesito inserito nella busta da lui indicata.
  4. Per lo svolgimento della prima prova orale è assegnata complessivamente un'ora dal momento della dettatura del quesito: trenta minuti per l'esame preliminare del quesito e trenta minuti per la discussione. Durante l'esame preliminare del quesito, il candidato può consultare i codici, anche commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato. I testi che il candidato intende utilizzare, controllati e vistati prima dell'inizio della prova da un delegato della sottocommissione scelto tra i soggetti incaricati dello svolgimento delle funzioni di segretario, sono collocati sul banco su cui il candidato sostiene la prova. Scaduti i trenta minuti concessi per l'esame preliminare del quesito, il segretario provvede al ritiro dei testi di consultazione nella disponibilità dal candidato. Al candidato è consentito, per il mero utilizzo personale, prendere appunti e predisporre uno schema per la discussione del quesito utilizzando fogli di carta messi a disposizione sul banco, prima della prova, e vistati da un delegato della sottocommissione scelto tra i soggetti incaricati dello svolgimento delle funzioni di segretario. Ultimata la prova, i fogli utilizzati dal candidato restano nella sua disponibilità e non formano in alcun modo oggetto di valutazione da parte della sottocommissione.
  5. I candidati non possono portare con sé testi o scritti, anche in formato digitale, né telefoni cellulari, computer, e ogni sorta di strumenti di telecomunicazione, né possono conferire con alcuno, pena la immediata esclusione dall'esame disposta con provvedimento motivato del presidente della sottocommissione esaminatrice anche su immediata segnalazione del segretario. Esaurita la discussione, la sottocommissione si ritira in Camera di consiglio, quindi comunica al candidato l'esito della prova.
  6. Per la valutazione della prima prova orale ogni componente della sottocommissione d'esame dispone di dieci punti di merito. Alla seconda prova orale sono ammessi i candidati che hanno conseguito, nella prima prova orale, un punteggio di almeno 18 punti.
  7. La seconda prova orale è pubblica e deve durare non meno di quarantacinque e non più di sessanta minuti per ciascun candidato. Essa si svolge a non meno di 30 giorni di distanza dalla prima e consiste:
   a) nella discussione di brevi questioni relative a cinque materie scelte preventivamente dal candidato, di cui: una tra diritto civile e diritto penale, purché diversa dalla materia già scelta per la prima prova orale; una tra diritto processuale civile e diritto processuale penale; tre tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico. In caso di scelta della materia del diritto amministrativo nella prima prova orale, la seconda prova orale ha per oggetto il diritto civile e il diritto penale, una materia a scelta tra diritto processuale civile e diritto processuale penale e due tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico;
   b) nella dimostrazione di conoscenza dell'ordinamento forense e dei diritti e doveri dell'avvocato.

  8. Per la valutazione della seconda prova orale ogni componente della sottocommissione d'esame dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle sei materie di cui al comma 7, lettere a) e b).
  9. Sono giudicati idonei i candidati che ottengono nella seconda prova orale un punteggio complessivo non inferiore a 108 punti ed un punteggio non inferiore a 18 punti in almeno cinque materie.

Articolo 3.
(Composizione delle sottocommissioni)

  1. Le sottocommissioni di cui all'articolo 22, quarto comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 e all'articolo 47, commi 2 e 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 sono composte da tre membri effettivi e tre membri supplenti, dei quali due effettivi e due supplenti sono avvocati designati dal Consiglio nazionale forense tra gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori ed il residuo membro, effettivo e supplente, è individuato tra magistrati, anche militari, prioritariamente in pensione, o tra professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche, anche in pensione, o tra ricercatori a tempo determinato, in materie giuridiche, di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Ciascuna sottocommissione opera con la partecipazione di tre membri rappresentativi di almeno due categorie professionali. Il presidente è un avvocato.
  2. Con decreto del Ministro della giustizia da adottarsi entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto, si procede alla integrazione e rimodulazione, secondo i criteri di cui al comma 1, delle sottocommissioni già nominate con decreto del Ministro della giustizia 20 gennaio 2021. Con lo stesso decreto si forniscono le indicazioni relative alla data di inizio delle prove, alle modalità di sorteggio per l'espletamento delle prove orali, alla pubblicità delle sedute di esame, all'accesso e alla permanenza nelle sedi di esame, alle prescrizioni imposte ai fini della prevenzione e protezione dal rischio del contagio da COVID-19, nonché alle modalità di comunicazione della rinuncia alla domanda di ammissione all'esame e alle modalità di comunicazione delle materie scelte dal candidato per la seconda prova orale.
  3. Le funzioni di segretario di ciascuna sottocommissione possono essere esercitate da personale amministrativo in servizio presso qualsiasi pubblica amministrazione, purché in possesso di qualifica professionale per la quale è richiesta almeno la laurea triennale. I segretari sono designati dal presidente della Corte di appello presso la quale è costituita ciascuna sottocommissione e individuati tra il personale che presta servizio nel distretto, su indicazione dell'amministrazione interessata nel caso di personale non appartenente all'amministrazione della giustizia.

Articolo 4.
(Lavori delle sottocommissioni)

  1. La prima prova orale è sostenuta dinnanzi a una sottocommissione diversa da quella insediata presso la sede di cui all'articolo 45, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, individuata mediante sorteggio da effettuarsi, previo raggruppamento delle sedi che presentano un numero di domande di ammissione tendenzialmente omogeneo, entro il termine di dieci giorni prima dello svolgimento della prova, a cura della commissione centrale.
  2. La prima prova orale si svolge con modalità di collegamento da remoto ai sensi dell'articolo 247, comma 3, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ferma restando la presenza, presso la sede della prova di esame di cui all'articolo 45, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, del segretario della seduta e del candidato da esaminare, nel rispetto delle prescrizioni sanitarie, vigenti al momento dell'espletamento della prova, relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo.
  3. Lo svolgimento della prima prova orale può avvenire presso gli uffici giudiziari di ogni distretto di Corte di appello o presso i locali dei consigli dell'Ordine degli avvocati ivi ubicati secondo le disposizioni dei presidenti delle Corti di appello, sentiti i presidenti dei consigli dell'Ordine degli avvocati interessati. La sottocommissione cura l'assegnazione dei candidati alle singole sedi sulla base della residenza dichiarata nella domanda di ammissione all'esame di abilitazione.
  4. La seconda prova orale è sostenuta dinnanzi alla sottocommissione insediata presso la sede di cui all'articolo 45, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, e può svolgersi con le modalità di cui al comma 2. In tale ultima ipotesi, si applica la disposizione del comma 3.
  5. A ciascun candidato, almeno venti giorni prima, è data comunicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui dovrà presentarsi per le prove orali.
  6. La commissione centrale stabilisce le linee generali da seguire per la formulazione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e la coerenza dei criteri di esame.
  7. In caso di positività al virus COVID-19, di sintomatologia compatibile con l'infezione da COVID-19, quarantena o isolamento fiduciario, il candidato può richiedere, con istanza al presidente della sottocommissione distrettuale corredata da idonea documentazione, di fissare una nuova data per lo svolgimento della prova stessa. Il presidente può disporre la visita fiscale domiciliare secondo le disposizioni relative al controllo dello stato di malattia dei pubblici dipendenti. In ogni caso, quando l'istanza è accolta, la prova deve essere svolta entro dieci giorni dalla data di cessazione dell'impedimento.

Articolo 5.
(Verbale della prova di esame)

  1. Il segretario della sottocommissione redige il verbale della prova di esame, nel quale dà atto delle modalità di identificazione del candidato, delle modalità e del corretto funzionamento del collegamento con la sottocommissione, della identità dei membri della sottocommissione collegati, della materia prescelta dal candidato, del numero della busta dalla quale il quesito è prelevato, del contenuto integrale del quesito letto al candidato, dell'orario di inizio e della fine della prova.
  2. Al termine della prova, il segretario della sottocommissione dà atto nel verbale del punteggio conseguito dal candidato distintamente per ogni materia e dell'esito della prova, come comunicato dal presidente della sottocommissione, e dà lettura integrale del verbale alla presenza del candidato e in collegamento con la sottocommissione.
  3. Una volta approvato dal presidente della sottocommissione, il verbale è sottoscritto dal segretario della sottocommissione e dal candidato. In caso di rifiuto della sottoscrizione da parte del candidato, il segretario ne dà atto a verbale.

Articolo 6.
(Compensi)

  1. Ferma la corresponsione del compenso fisso di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 15 ottobre 1999, nonché, per la seconda prova orale di cui all'articolo 2, comma 7, del compenso variabile di cui all'articolo 1, comma 2, del predetto decreto, ai componenti e al segretario delle sottocommissioni, per la prima prova orale di cui all'articolo 2, comma 2, è corrisposto esclusivamente un gettone di presenza di euro 70, a titolo di rimborso forfetario, per ciascuna seduta della durata minima di ore quattro alla quale hanno effettivamente partecipato.

Articolo 7.
(Disposizioni finanziarie)

  1. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto è autorizzata la spesa di euro 1.820.000 per l'anno 2021, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo 8.
(Entrata in vigore)

  1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

A.C. 2989 - Modificazioni del Senato

MODIFICAZIONI APPORTATE DAL SENATO

  All'articolo 1:
   al comma 1, dopo le parole: «decreto del Ministro della giustizia 14 settembre 2020,» sono inserite le seguenti: «pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 72 del 15 settembre 2020,».

  All'articolo 2:
   dopo il comma 1 è inserito il seguente:
  «1-bis. Il presidente di ciascuna Corte d'appello estrae a sorte la lettera dell'alfabeto che determina l'ordine di svolgimento per le due prove orali»;
   al comma 4, primo periodo, dopo le parole: «dal momento della» sono inserite le seguenti: «fine della» e le parole: «del quesito: trenta minuti» sono sostituite dalle seguenti: «del quesito, suddivisa in trenta minuti»;
   al comma 7, lettera a), primo periodo, le parole da: «tre tra le seguenti» fino a: «diritto ecclesiastico» sono sostituite dalle seguenti: «tre fra le seguenti: diritto civile, diritto penale, diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico».

  All'articolo 3:
   al comma 1, dopo le parole: «regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578» sono inserite le seguenti: «, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36,» e le parole: «ed il residuo membro, effettivo e supplente, è individuato» sono sostituite dalle seguenti: «e uno effettivo e uno supplente sono individuati»;
   al comma 2, secondo periodo, le parole: «materie scelte dal candidato per la seconda prova orale» sono sostituite dalle seguenti: «materie scelte dal candidato per la prima e la seconda prova orale».

  All'articolo 4:
   al comma 2, le parole: «del segretario della seduta» sono sostituite dalle seguenti: «del segretario della sottocommissione»;
   al comma 7, primo periodo, le parole: «al virus COVID-19» sono sostituite dalle seguenti: «al COVID-19», le parole: «quarantena o isolamento fiduciario,» sono sostituite dalle seguenti: «di quarantena o di isolamento fiduciario,» e dopo le parole: «isolamento fiduciario,» sono inserite le seguenti: «oppure in caso di comprovati motivi di salute che impediscono al candidato di svolgere la prova d'esame,».

  All'articolo 5:
   al comma 1, le parole: «della materia prescelta dal candidato» sono sostituite dalle seguenti: «delle materie prescelte dal candidato».

  All'articolo 6:
   al comma 1, dopo le parole: «decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 15 ottobre 1999,» sono inserite le seguenti: «pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 29 ottobre 1999,».

A.C. 2989 – Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 1.
(Disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato per la sessione 2020)

  Al comma 1, dopo le parole: 15 settembre 2020, aggiungere le seguenti: e alla sessione immediatamente successiva,.
1.2. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. La domanda di ammissione all'esame di Stato di cui al comma 1 può essere presentata dai candidati che siano in possesso del certificato di compimento della pratica di cui all'articolo 10 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, alla data di entrata in vigore del presente decreto, dai candidati che abbiano conseguito il medesimo certificato entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, dai candidati che abbiano conseguito il medesimo certificato entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e dai candidati che avranno conseguito il medesimo certificato entro il 30 aprile 2021.
1.1. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Riapertura dei termini per la partecipazione all'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato)

  1. I termini per la presentazione delle domande di partecipazione alla sessione dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense per l'anno 2020 sono riaperti per un periodo non inferiore a 30 giorni. Le domande già presentate restano valide.
  2. Il Governo è autorizzato ad adeguare, entro 5 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la normativa vigente alle disposizioni contenute nel comma 1.
1.01. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

ART. 2.
(Esame di Stato)

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1.1. Al fine di garantire un equo espletamento delle prove orali su tutto il territorio nazionale, il Ministero della giustizia elabora n. 500 quesiti per ogni materia oggetto delle prove di esame di cui al comma 1.

  Conseguentemente, al comma 3, primo periodo, sostituire le parole: predispone per ogni candidato tre quesiti per la materia prescelta con le seguenti: estrae una busta contenente il quesito tra i quesiti preventivamente elaborati e depositati dal Ministero della Giustizia, nella materia prescelta dal candidato.
2.16. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 3, primo periodo, sostituire le parole: predispone per ogni candidato tre quesiti per la materia prescelta con le seguenti: estrae una busta contenente il quesito tra quesiti preventivamente elaborati e depositati dal Ministero della giustizia, nella materia prescelta dal candidato.
2.17. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 3, primo periodo, aggiungere, in fine, le seguenti parole: uguali su tutto il territorio nazionale.
2.28. Lucaselli, Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Cirielli, Frassinetti.

  Al comma 3, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: I tre quesiti sono scelti da un elenco di 100 quesiti per ciascuna materia di prova orale predisposti da ciascuna sottocommissione.
2.21. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 3, quarto periodo, sostituire le parole: dà lettura con le seguenti: consegna la stampa;

  Conseguentemente, al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: fine della dettatura con le seguenti: consegna della stampa.
2.1. Colletti.

  Al comma 3, quarto periodo, sostituire la parola: lettura con le seguenti: due letture.
2.30. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: un'ora con le seguenti: non più di un'ora e mezza.

  Conseguentemente, al medesimo periodo, sostituire le parole: in trenta minuti per l'esame preliminare del quesito con le seguenti: fino a un'ora, fatta salva la possibilità per il candidato di richiedere di passare anticipatamente alla discussione, per l'esame preliminare del quesito.
2.29. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 4, primo periodo, dopo le parole: un'ora aggiungere le seguenti: e mezza.

  Conseguentemente, al medesimo comma, medesimo periodo, sostituire la parola: trenta con la seguente: sessanta.
*2.24. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Galantino.

  Al comma 4, primo periodo, dopo le parole: un'ora aggiungere le seguenti: e mezza.

  Conseguentemente, al medesimo comma, medesimo periodo, sostituire la parola: trenta con la seguente: sessanta.
*2.100. Trano.

  Al comma 4, secondo periodo, dopo le parole: del quesito aggiungere le seguenti: e durante lo svolgimento della prova orale.

  Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere il quarto periodo.
2.18. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 4, sopprimere il quarto periodo.
2.19. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 5, primo periodo, dopo le parole: testi o scritti, aggiungere le seguenti: ad eccezione di quelli previsti dal comma 4,.
2.2. Colletti.

  Al comma 7, alinea, sopprimere le parole: di quarantacinque e non più.
2.31. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, alinea, sostituire le parole da: 30 giorni fino a: prima prova orale con le seguenti: 60 giorni di distanza dalla prima e consiste:
   a) nella discussione di brevi questioni relative a cinque materie scelte preventivamente dal candidato, di cui: una tra diritto civile e diritto penale;.
2.101. Trano.

  Al comma 7, alinea, sostituire le parole: 30 giorni con le seguenti: 60 giorni.
2.25. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, lettera a), primo periodo, sostituire le parole da: diritto civile e diritto penale fino a:; tre con le seguenti: diritto processuale civile e diritto processuale penale; quattro.
2.26. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, lettera a), primo periodo, sostituire le parole: e diritto penale con le seguenti:, diritto penale e diritto amministrativo;

  Conseguentemente, alla medesima lettera:
   al medesimo periodo, sopprimere le parole:, diritto ecclesiastico;
   sopprimere il secondo periodo.
2.3. Colletti.

  Al comma 7, lettera a), primo periodo, sopprimere le parole:, purché diversa dalla materia già scelta per la prima prova orale.

  Conseguentemente, alla medesima lettera:
   al medesimo periodo, sopprimere le parole: diritto civile, diritto penale,;
   sopprimere il secondo periodo.
2.20. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, lettera a), primo periodo, sopprimere le seguenti parole:, purché diversa dalla materia già scelta per la prima prova orale.
2.22. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, lettera a), sopprimere il secondo periodo.
2.23. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, lettera a), secondo periodo, sostituire la parola: due con la seguente: tre.
2.27. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, lettera a), secondo periodo, sopprimere le parole: diritto amministrativo,.
2.32. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, lettera b), sostituire le parole: dei diritti e doveri dell'avvocato con le seguenti: del codice deontologico.
2.4. Colletti.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.
(Criteri per la valutazione delle prove orali)

  1. Le prove orali sono valutate sulla base dei seguenti criteri:
   a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell'esposizione;
   b) capacità di soluzione di specifici problemi;
   c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;
   d) dimostrazione della capacità di cogliere profili interdisciplinari;
   e) padronanza delle tecniche di persuasione.
2.01. Lucaselli, Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Cirielli.

ART. 3.
(Composizione delle sottocommissioni)

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: o ricercatori fino alla fine del periodo con le seguenti:, anche in pensione.
3.1. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

ART. 4.
(Lavori delle sottocommissioni)

  Al comma 2, sopprimere le parole: con modalità di collegamento da remoto ai sensi dell'articolo 247, comma 3, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ferma restando la presenza, presso la sede della prova di esame di cui all'articolo 45, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, del segretario della sottocommissione e del candidato da esaminare,.
4.6. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
  2-bis. Avverso gli esiti della prima prova può essere proposta impugnazione davanti al giudice amministrativo, ai sensi della normativa vigente.
  2-ter. La prima prova è fonoregistrata, a cura del Segretario, mediante apparecchiature appositamente fornite dal Ministero della giustizia a ciascuna sottocommissione. Ciascun candidato può chiedere alla Commissione copia della propria fonoregistrazione solamente al fine di impugnarne gli esiti. La fonoregistrazione costituisce piena prova dei fatti e delle cose rappresentate e deve essere obbligatoriamente acquisita dal giudice, unitamente al verbale della prova. Le fonoregistrazioni non richieste devono essere distrutte entro 15 giorni dalla scadenza dei termini di impugnazione.
4.7. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 3, sostituire il secondo periodo con il seguente: La sottocommissione è deputata all'assegnazione dei candidati alle singole sedi sulla base della sede del Consiglio dell'Ordine che ha rilasciato il certificato di compiuta pratica.
4.2. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 5, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Al fine di evitare assembramenti nelle sedi di esame, la Commissione provvede a comunicare a ciascun candidato tempistiche di ingresso nella sede precise e scaglionate.
4.3. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, primo periodo, sopprimere le parole: di sintomatologia compatibile con l'infezione da COVID-19,.

  Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Qualora il candidato presenti sintomatologie compatibili con l'infezione da COVID-19, è tenuto a consegnare alla commissione il referto di un tampone con esito negativo svolto il giorno prima la data di convocazione per l'esame e uno svolto entro 24 ore dalla fine dell'esame.
4.5. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 7, primo periodo, sopprimere le parole: di sintomatologia compatibile con l'infezione da COVID-19,.
4.4. Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

ART. 5.
(Verbale della prova di esame)

  Al comma 2, dopo le parole: dell'esito della prova aggiungere le seguenti:, corredato da relativa motivazione,.
*5.1. Varchi, Maschio, Delmastro Delle Vedove, Vinci, Lucaselli, Cirielli, Frassinetti, Galantino.

  Al comma 2, dopo le parole: dell'esito della prova aggiungere le seguenti:, corredato da relativa motivazione,.
*5.100. Colletti.

A.C. 2989 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge esclude per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno la possibilità di svolgere prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    per la prima prova orale è prevista una durata complessiva di un'ora dalla fine della dettatura del quesito come specificato nel corso dell'esame in Senato;
    per la seconda prova, sempre orale e da svolgersi dopo almeno 30 giorni dopo la prima prova, sarà pubblica ed è previsto che essa abbia necessariamente una durata ricompresa tra i quarantacinque e i sessanta minuti per ciascun candidato;
    per consentire di svolgere le due prove orali entro tempistiche congrue è stato anche incrementato il numero delle sottocommissioni d'esame, ma non si comprende come mai non possano essere le stesse commissioni e sottocommissioni a modulare i tempi della seconda prova orale, che invece vengono stabiliti in termini assai stringenti;
    in ossequio a criteri di ragionevolezza, infatti, potrebbe essere utile attribuire alle stesse commissioni e sottocommissioni di una qualche discrezionalità in ordine alla definizione dei tempi di ciascuna delle seconde prove orali, così da consentire ai commissari di modulare ciascun esame in base alla preparazione e al grado di approfondimento di ciascun candidato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di considerare l'opportunità di prevedere, tramite ulteriori iniziative normative, che le commissioni esaminatrici possano modulare, secondo criteri di ragionevolezza e in base al principio di adeguatezza, il termine di durata della seconda prova orale.
9/2989/1Annibali, Ferri, Vitiello, Giuliano, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge esclude per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno la possibilità di svolgere prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    per la prima prova orale è prevista una durata complessiva di un'ora dalla fine della dettatura del quesito come specificato nel corso dell'esame in Senato;
    per la seconda prova, sempre orale e da svolgersi dopo almeno 30 giorni dopo la prima prova, sarà pubblica ed è previsto che essa abbia necessariamente una durata ricompresa tra i quarantacinque e i sessanta minuti per ciascun candidato;
    per consentire di svolgere le due prove orali entro tempistiche congrue è stato anche incrementato il numero delle sottocommissioni d'esame, ma non si comprende come mai non possano essere le stesse commissioni e sottocommissioni a modulare i tempi della seconda prova orale, che invece vengono stabiliti in termini assai stringenti;
    in ossequio a criteri di ragionevolezza, infatti, potrebbe essere utile attribuire alle stesse commissioni e sottocommissioni di una qualche discrezionalità in ordine alla definizione dei tempi di ciascuna delle seconde prove orali, così da consentire ai commissari di modulare ciascun esame in base alla preparazione e al grado di approfondimento di ciascun candidato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare inizative, anche di normazione secondaria, volte a prevedere la possibilità, in capo alle commissioni esaminatrici, di adeguare secondo criteri di ragionevolezza ed equità il termine di durata della seconda prova orale.
9/2989/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Annibali, Ferri, Vitiello, Giuliano, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge esclude per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno la possibilità di svolgere prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    il provvedimento in oggetto, nel disciplinare i lavori della commissione d'esame e delle sottocommissioni, stabilisce che spetta alla commissione centrale stabilire le linee generali da seguire per la definizione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e coerenza dei criteri di esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere la definizione di criteri omogenei per la definizione dei quesiti al fine di consentire una valutazione equa ed imparziale dei candidati.
9/2989/2Vitiello, Annibali, Ferri, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge esclude per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno la possibilità di svolgere prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    il provvedimento in oggetto, nel disciplinare i lavori della commissione d'esame e delle sottocommissioni, stabilisce che spetta alla commissione centrale stabilire le linee generali da seguire per la definizione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e coerenza dei criteri di esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in sede di normazione secondaria, la definizione di criteri per la formulazione dei quesiti, al fine di consentire la migliore valutazione dei candidati.
9/2989/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Vitiello, Annibali, Ferri, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge, infatti, esclude che per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno possa darsi corso a prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    già alla fine dello scorso anno l'evoluzione della situazione epidemiologica, il carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia e l'incremento dei casi sul territorio nazionale e della loro gravità non avevano consentito al Ministro della giustizia di individuare le date di espletamento delle prove, poste le difficoltà di assicurare adeguati standards di sicurezza e tutela per i candidati;
    tali difficoltà hanno portato moltissimi aspiranti avvocati, aventi titolo a partecipare all'esame di Stato, a non presentare domanda per il 2020, in ragione delle comprensibili preoccupazioni che potevano sorgere nell'immaginare di partecipare a tre giorni di scritti in sedi d'esame dove si arrivano a riunire, in media, più di 1300 candidati;
    per tali ragioni, con decreto del Ministro della giustizia del 10 novembre 2020 erano stati riaperti i termini per presentare la domanda di partecipazione all'esame ed era stato fissato il nuovo termine per il 12 febbraio 2021, cioè comunque prima che venissero modificate, col presente decreto, le modifiche di svolgimento delle prove di esame;
    nonostante il decreto-legge in esame abbia modificato in maniera sostanziale le modalità d'espletamento dell'esame e, dunque, abbia scongiurato gran parte dei rischi cui venivo esposti, sul piano epidemiologico, i candidati nell'espletare le prove scritte, esso non prevede né fa riferimento a una riapertura dei termini per la presentazione della domanda di partecipazione;
    non si comprende come mai debbano penalizzarsi tutti quegli aspiranti avvocati che, nel novembre scorso, sono arrivati a sacrificare l'esame di Stato 2020 e non presentare la relativa domanda per gli evidenti rischi di contagio escludendoli da una sessione d'esame che, ora, si presenta sicura sul piano epidemiologico;
    sul piano giurisprudenziale, peraltro, la sentenza n. 4731 del 12 ottobre del 2017 del Consiglio di Stato ha chiarito come, alla modifica sostanziale di una procedura concorsuale, debba far seguito la riapertura dei termini per la presentazione delle domande;
    la riapertura dei termini, inoltre, non si presterebbe a nessun abuso, poste che rimetterebbe in termini solo ed esclusivamente quegli aspiranti avvocati che avevano maturato i requisiti per partecipare all'esame di Stato già alla scadenza del termine originario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una riapertura dei termini per la presentazione della domanda di partecipazione all'esame di Stato per la sessione 2020, così da consentire a tutti gli aspiranti avvocati aventi i requisiti di partecipare al predetto esame secondo modalità e protocolli di sicurezza che ne tutelino, al contempo, salute e aspirazioni.
9/2989/3Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame muove dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense;
    secondo quanto disposto dall'articolo 2, la prima prova, di natura pubblica, ha per oggetto l'esame e la discussione di una questione pratico- applicativa, nella forma della soluzione di un caso, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, in una materia, scelta preventivamente dal candidato, tra le seguenti: materia regolata dal codice civile, materia regolata dal codice penale, diritto amministrativo. La sottocommissione, prima dell'inizio della prima prova orale, predispone per ogni candidato tre quesiti per la materia prescelta. Ogni quesito è collocato all'interno di una busta distinta e numerata. Il presidente della sottocommissione chiude le buste e appone la sua firma sui relativi lembi di chiusura. Il candidato indica il numero della busta prescelto e il presidente della sottocommissione dà lettura del quesito inserito nella busta da lui indicata. Per lo svolgimento della prima prova orale è assegnata complessivamente un'ora dal momento della fine della dettatura del quesito, suddivisa in trenta minuti per l'esame preliminare del quesito e trenta minuti per la discussione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che la commissione centrale istituita presso il Ministero della Giustizia fornisca alle sottocommissioni criteri rigorosi, eventualmente corredandoli con esemplificazioni, da applicare nella formulazione dei quesiti, al fine di ridurre, per quanto possibile, la discrezionalità nella formulazione dei quesiti e garantire, per quanto possibile, una omogeneità del livello di difficoltà della prima prova orale.
9/2989/4. (Nuova formulazione)Di Sarno.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame muove dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense;
    il provvedimento in esame muove dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove per l'esame di abilitazione forense, nella sessione 2020;
    in un quadro così problematico, dunque, è stata appurata la necessità di abbandonare l'ipotesi dello svolgimento delle prove scritte in presenza e di sostituirle con due prove orali, che richiedono tuttavia un intervento legislativo, sotto forma di decreto-legge;
    l'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 2021 n. 31, rubricato «Esame di Stato», stabilisce che l'esame, per la sessione 2020, si articoli in due prove orali;
    il Presidente di ciascuna Corte d'Appello estrae a sorte la lettera dell'alfabeto che costituisce l'ordine di svolgimento per le due prove orali;
    la prima prova, di natura pubblica, ha per oggetto l'esame e la discussione di una questione pratico-applicativa, nella forma della soluzione di un caso, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, in una materia, scelta preventivamente dal candidato, tra le seguenti: materia regolata dal codice civile, materia regolata dal codice penale, diritto amministrativo. La sottocommissione, prima dell'inizio della prima prova orale, predispone per ogni candidato tre quesiti per la materia prescelta. Ogni quesito è collocato all'interno di una busta distinta e numerata. Il presidente della sottocommissione chiude le buste e appone la sua firma sui relativi lembi di chiusura. Il candidato indica il numero della busta prescelto e il presidente della sottocommissione dà lettura del quesito inserito nella busta da lui indicata. Per lo svolgimento della prima prova orale è assegnata complessivamente un'ora dal momento della fine della dettatura del quesito, suddivisa in trenta minuti per l'esame preliminare del quesito e trenta minuti per la discussione;
    la seconda prova orale è pubblica, deve durare non meno di quarantacinque minuti e non più di sessanta minuti per ciascun candidato; essa deve svolgersi a non meno di trenta giorni di distanza dalla prima e consiste:
     a) nella discussione di brevi questioni relative a cinque materie scelte preventivamente dal candidato, di cui: una tra diritto civile e diritto penale, purché diversa dalla materia già scelta per la prima prova orale; una tra diritto processuale civile e diritto processuale penale; tre fra le seguenti: diritto civile, diritto penale, diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico. In caso di scelta della materia del diritto amministrativo nella prima prova orale, onde evitare che un candidato possa conseguire l'abilitazione alla professione forense senza aver sostenuto alcuna prova in diritto civile o in diritto penale, la seconda prova orale ha per oggetto il diritto civile e il diritto penale, una materia a scelta tra diritto processuale civile e diritto processuale penale e due tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell'unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico;
     b) nella dimostrazione di conoscenza dell'ordinamento forense e dei diritti e doveri dell'avvocato;
    quanto alla valutazione della seconda prova orale ogni componente della commissione d'esame dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle materie di esame (le cinque materie di cui all'articolo 2, comma 7, lettera a), oltre all'ordinamento forense e i diritti e doveri dell'avvocato di cui alla lettera b) dello stesso comma) e sono giudicati idonei i candidati che ottengono nella seconda prova orale un punteggio complessivo non inferiore a 108 punti ed un punteggio non inferiore a 18 punti in almeno cinque materie;
   considerato che:
    dall'interpretazione dell'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 2021 n. 31, emerge con chiarezza che l'impostazione e la suddivisione temporale delle due prove orali non consente al candidato nel caso della prima prova, di provvedere ad un'adeguata analisi del quesito e ad una predisposizione orale dello stesso, così come rilevato da numerose associazioni di categoria;
    il ridotto intervallo di tempo che intercorre fra le due prove orali, inoltre, non permette al candidato un accurato approfondimento delle materie oggetto della seconda prova orale tale da poterne assicurare una preparazione volta al superamento della prova,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere attraverso ulteriori iniziative normative che le commissioni esaminatrici possano modulare, nel rispetto di criteri di ragionevolezza e di adeguatezza, il termine di durata della seconda prova orale.
9/2989/5. (Nuova formulazione)Scutellà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge esclude per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno la possibilità di svolgere prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    il provvedimento in oggetto, nel disciplinare i lavori della commissione d'esame e delle sottocommissioni, stabilisce che spetta alla commissione centrale stabilire le linee generali da seguire per la definizione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e coerenza dei criteri di esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in sede di normazione secondaria, la definizione di criteri per la formulazione dei quesiti, al fine di consentire la migliore valutazione dei candidati.
9/2989/5. (Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) Scutellà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame muove dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove per l'esame di abilitazione forense, nella sessione 2020;
    in un quadro così problematico, dunque, è stata appurata la necessità di abbandonare l'ipotesi dello svolgimento delle prove scritte in presenza e di sostituirle con due prove orali, che richiedono tuttavia un intervento legislativo, sotto forma di decreto-legge;
    l'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 2021 n. 31, rubricato «Esame di Stato», stabilisce che l'esame, per la sessione 2020, si articoli in due prove orali;
    il Presidente di ciascuna Corte d'Appello estrae a sorte la lettera dell'alfabeto che costituisce l'ordine di svolgimento per le due prove orali;
    la prima prova, di natura pubblica, ha per oggetto l'esame e la discussione di una questione pratico-applicativa, nella forma della soluzione di un caso, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, in una materia, scelta preventivamente dal candidato, tra le seguenti: materia regolata dal codice civile, materia regolata dal codice penale, diritto amministrativo. La sottocommissione, prima dell'inizio della prima prova orale, predispone per ogni candidato tre quesiti per la materia prescelta. Ogni quesito è collocato all'interno di una busta distinta e numerata. Il presidente della sottocommissione chiude le buste e appone la sua firma sui relativi lembi di chiusura. Il candidato indica il numero della busta prescelto e il presidente della sottocommissione dà lettura del quesito inserito nella busta da lui indicata. Per lo svolgimento della prima prova orale è assegnata complessivamente un'ora dal momento della fine della dettatura del quesito, suddivisa in trenta minuti per l'esame preliminare del quesito e trenta minuti per la discussione;
    la seconda prova orale è pubblica, deve durare non meno di quarantacinque minuti e non più di sessanta minuti per ciascun candidato; essa deve svolgersi a non meno di trenta giorni di distanza dalla prima e consiste:
     a) nella discussione di brevi questioni relative a cinque materie scelte preventivamente dal candidato, di cui: una tra diritto civile e diritto penale, purché diversa dalla materia già scelta per la prima prova orale; una tra diritto processuale civile e diritto processuale penale; tre fra le seguenti: diritto civile, diritto penale, diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico, in caso di scelta della materia del diritto amministrativo nella prima prova orale, onde evitare che un candidato possa conseguire l'abilitazione alla professione forense senza aver sostenuto alcuna prova in diritto civile o in diritto penale, la seconda prova orale ha per oggetto il diritto civile e il diritto penale, una materia a scelta tra diritto processuale civile e diritto processuale penale e due tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico;
     b) nella dimostrazione di conoscenza dell'ordinamento forense e dei diritti e doveri dell'avvocato;
    quanto alla valutazione della seconda prova orale ogni componente della commissione d'esame dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle materie di esame (le cinque materie di cui all'articolo 2, comma 7, lettera a), oltre all'ordinamento forense e i diritti e doveri dell'avvocato di cui alla lettera b) dello stesso comma) e sono giudicati idonei i candidati che ottengono nella seconda prova orale un punteggio complessivo non inferiore a 108 punti ed un punteggio non inferiore a 18 punti in almeno cinque materie;
   considerato che:
    dall'interpretazione dell'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 2021 n. 31, emerge con chiarezza che l'impostazione e la suddivisione temporale delle due prove orali non consente al candidato nel caso della prima prova, di provvedere ad un'adeguata analisi del quesito e ad una predisposizione orale dello stesso, così come rilevato da numerose associazioni di categoria;
    il ridotto intervallo di tempo che intercorre fra le due prove orali, inoltre, non permette al candidato un accurato approfondimento delle materie oggetto della seconda prova orale tale da poterne assicurare una preparazione volta al superamento della prova,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di considerare l'opportunità di rivedere, tramite ulteriori iniziative normative, alcuni aspetti dell'esame di Stato descritti dal citato articolo 2, tenendo maggiormente in considerazione i tempi eccessivamente stringenti secondo cui le due prove orali si articolano.
9/2989/6Cimino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatorie rispetto a quella prevista a regime;
    i circa 26.000 candidati hanno provveduto ad effettuare una preparazione basata su un esame articolato in tre prove scritte ed in una prova orale, non compatibile con quella richiesta per affrontare solo prove orali, di cui nulla si conosce rispetto alle concrete modalità operative;
    oltre a ciò, l'articolo 2, al comma 3, entrando nel merito della seconda prova orale pubblica, specifica che in caso di scelta della materia del diritto amministrativo nella prima prova orale, la seconda prova orale ha per oggetto il diritto civile e il diritto penale, una materia a scelta tra diritto processuale civile e diritto processuale penale e due tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto commerciale, diritto al lavoro, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico;
    se un candidato, ad esempio, decidesse di portare alla prima prova materie di diritto penale, alla seconda prova orale dovrà portare il diritto civile ma potrà, se lo ritenesse opportuno, portare materie di diritto penale e lo stesso vale, viceversa, con la scelta del diritto civile; discorso diverso, invece, per i candidati che scegliessero di portare diritto amministrativo al primo orale, poiché alla seconda prova orale dovranno necessariamente portare sia materie di diritto civile che penale;
    per i praticanti amministrativi, quindi, la disciplina derogatoria del nuovo esame di Stato si prospetta molto più complessa e iniqua rispetto ai colleghi aspiranti avvocati «civilisti» o «penalisti»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rimodulare la seconda prova orale pubblica in caso di scelta della materia del diritto amministrativo nella prima prova orale, lasciando la possibilità di scegliere tra diritto penale e diritto civile.
9/2989/7Montaruli, Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    l'emergenza pandemica ha comportato lo stravolgimento dei progetti di migliaia di giovani praticanti, lasciando nel limbo tutti gli aspiranti avvocati;
    non c’è solo la questione della data di inizio a pesare sul nuovo esame di Stato di accesso alla professione forense, ma una serie di dubbi e incertezze, dal lasso di tempo che intercorrerà tra le due prove orali, alla modalità di svolgimento della seconda prova orale, solo per citare alcuni esempi;
    stando a quanto dichiarato dal Ministro Cartabia, nel corso dell'audizione a metà marzo davanti alla Camera, l'obiettivo è chiudere la prima prova entro luglio, ma ad oggi nessuna data è stata fissata con certezza;
    tale situazione di incertezza, sta mettendo in difficoltà i quasi 26.000 candidati, che stanno aspettando l'emanazione dei decreto attuativo per organizzare lo studio, compatibilmente con gli impegni professionali,

impegna il Governo

   a fissare tempestivamente e con congruo preavviso, in sede di prossima approvazione del decreto attuativo, le date delle due prove orali;
   a definire quanto prima i criteri di assegnazione del punteggio alle due prove di esame e le modalità di discussione delle stesse.
9/2989/8Bignami.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 dispone anche particolari modalità di svolgimento della prova orale del predetto esame;
    in modo particolare, l'articolo 4, ai commi 4 e 5, del provvedimento in esame, dispone le modalità attuative della seconda prova orale;
    nel caso di prova in presenza è infatti prevista una notifica, con almeno venti giorni di preavviso, del giorno, ora e luogo di svolgimento della prova;
   considerato che, almeno per quanto attiene i grandi Comuni, a tali esami sono iscritti migliaia di candidati, con eventuali ed imprevedibili rischi di contagi ed assembramenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre meccanismi di notifica immediati anche tramite short message service (SMS) delle turnazioni e dello svolgimento delle prove di esame orale, in modo da comunicare a ciascun candidato tempistiche di ingresso nella sede precise e scaglionate, in tempo reale.
9/2989/9Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da Covid-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    l'emergenza pandemica ha comportato lo stravolgimento dei progetti di migliaia di giovani praticanti, lasciando nel limbo tutti gli aspiranti avvocati;
    il provvedimento in esame deve contemperare due fondamentali esigenze: la tutela della salute e il completamento di un complesso e faticoso percorso professionale per migliaia di laureati in giurisprudenza, senza certezze sulle prospettive future;
    i 25.000 praticanti avvocati candidati hanno provveduto ad effettuare una preparazione basata su un esame articolato in tre prove scritte ed in una prova orale, non comparabile con quella richiesta per affrontare prove orali «abilitanti», di cui, peraltro, al momento, non si conoscono nel dettaglio né le modalità di svolgimento, né la complessità,

impegna il Governo

   a prevedere l'impiego, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela dei dati sensibili, di strumenti di fonoregistrazione delle due prove orali;
   a prevedere la stesura di verbali stenotipici, corredati di relativa motivazione della valutazione della sottocommissione esaminatrice.
9/2989/10Frassinetti, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    l'emergenza pandemica ha comportato lo stravolgimento dei progetti di migliaia di giovani praticanti, lasciando nel limbo tutti gli aspiranti avvocati;
    il provvedimento in esame deve contemperare date fondamentali esigenze, la tutela della salute e il completamento di un complesso e faticoso percorso professionale per migliaia di laureati in giurisprudenza, senza certezze sulle prospettive future;
    i circa 26.000 praticanti avvocati candidati hanno provveduto ad effettuare una preparazione basata su un esame articolato in tre prove scritte ed in una prova orale, non comparabile con quella richiesta per affrontare prove orali «abilitanti», di cui, peraltro, al momento, non si conoscono nel dettaglio né le modalità di svolgimento, né la complessità;
    l'eccezionalità della situazione che ha portato in estremis alla soluzione in esame richiede di riaprire i termini per la partecipazione all'esame di abilitazione alla professione di avvocato anche a coloro che non abbiano presentato la domanda di ammissione per la sessione indetta con decreto del Ministro della giustizia 14 settembre 2020;
    con sentenza n. 4731 del 12 ottobre del 2017 la Sezione quarta del Consiglio di Stato ha stabilito che, alla modifica sostanziale di una procedura concorsuale, debba far seguito la riapertura dei termini per la presentazione delle domande;
    inoltre, l'articolo 2, con riferimento alla prima prova prevede che i primi trenta minuti siano dedicati all'esame preliminare del quesito, durante il quale il candidato può consultare i codici, anche commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato. Scaduti i trenta minuti concessi per l'esame preliminare del quesito, il segretario provvede al ritiro dei testi di consultazione nella disponibilità del candidato;
    la prima prova orale deve essere considerata nel suo complesso, non potendosi scindere in maniera tassativa la fase di esame preliminare del quesito dalla successiva fase di discussione; così facendo in soli trenta minuti il candidato sarebbe costretto, peraltro, non solo ad esaminare il quesito posto, ma anche ad annotare gli eventuali riferimenti giurisprudenziali utili per l'esposizione della soluzione ipotizzata,

impegna il Governo

   a riaprire i termini per la presentazione delle domande di partecipazione alla sessione dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense per l'anno 2020;
   a consentire al candidato la possibilità di mantenere la disponibilità dei codici, anche commentati esclusivamente la giurisprudenza, a supporto anche nella fase di discussione della prima prova orale.
9/2989/11Maschio, Varchi, Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    in particolare, l'articolo 2, che entra nel merito delle due prove orali, per lo svolgimento della prima prova orale assegna complessivamente un'ora dal momento della fine della dettatura del quesito, suddivisa in trenta minuti per l'esame preliminare del quesito e trenta minuti per la discussione;
    i circa 26.000 candidati hanno provveduto ad effettuare una preparazione basata su un esame articolato in tre prove scritte ed in una prova orale, non comparabile con quella richiesta per affrontare solo prove orali, di cui nulla si conosce rispetto alle concrete modalità operative;
    in soli trenta minuti al candidato viene richiesto di memorizzare il quesito, rispetto al quale, peraltro, non si conosce ad oggi la complessità (ad es., se affronterà molteplici questioni di diritto sostanziale e processuale oppure singole questioni), di metabolizzarlo ed esaminarlo, annotando eventualmente i riferimenti giurisprudenziali utili per l'esposizione della soluzione ipotizzata;
    è facile comprendere come un discorso sia conoscere la nozione, altro discorso è saper ragionare intorno alla nozione e alla conoscenza delle regole, che non sono certo la soluzione del problema bensì lo strumento di ragionamento per risolverlo;
    ogni scostamento dalla disciplina ordinaria di accesso alla professione forense, seppur temporaneo e giustificato dalla necessità di contemperare le esigenze di tutela della salute con il completamento di un complesso e faticoso percorso professionale per migliaia di laureati in giurisprudenza, dovrà essere fatto secondo il «principio di proporzionalità» imposto dall'Unione europea, e recepito dall'Italia nell'ottobre scorso decreto legislativo n. 142 del 2020, nel normare l'accesso alle professioni regolamentate,

impegna il Governo

ad aumentare il numero delle sedi di esame per lo svolgimento della seconda prova orale pubblica, al fine di scongiurare il rischio di assembramenti.
9/2989/12Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    in particolare, l'articolo 2, che entra nel merito delle due prove orali, per lo svolgimento della prima prova orale assegna complessivamente un'ora dal momento della fine della dettatura del quesito, suddivisa in trenta minuti per l'esame preliminare del quesito e trenta minuti per la discussione;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adeguare il numero delle sedi di esame per lo svolgimento della seconda prova orale al fine di prevenire il rischio di assembramenti.
9/2989/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    gran parte dei candidati ha provveduto ad effettuare una preparazione basata sull'ordinario esame, strutturato in tre prove scritte, con sette ore a disposizione per strutturare e risolvere la questione giuridica e la preparazione impiegata per le prove scritte non è comparabile a quella richiesta per affrontare le prove orali;
    pur essendo consapevoli della necessità di adottare provvedimenti emergenziali per la risoluzione della situazione di totale incertezza nella quale versavano migliaia di candidati in tutta Italia, tale necessità non può trascurare l'altrettanto importante esigenza di garantire eque modalità di svolgimento delle prove dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, così come novellate in ragione dell'emergenza sanitaria in atto;
    in tale direzione si pone la richiesta di predisporre anticipatamente un numero di quesiti, sui quali poi le sottocommissioni si baseranno per formulare le domande ai candidati, al fine di garantire un trattamento equo ed uniforme dei candidati su tutto il territorio nazionale; così come si chiede di chiarire il criterio di scelta, della sede di esame;
    la stessa disciplina delineata dall'articolo 46 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 prevede espressamente che «Le prove scritte sono svolte sui temi formulati dal Ministro della giustizia»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in sede di normazione secondaria i criteri per la migliore valutazione dei candidati.
9/2989/13. (Nuova formulazione) Varchi, Maschio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge esclude per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno la possibilità di svolgere prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    il provvedimento in oggetto, nel disciplinare i lavori della commissione d'esame e delle sottocommissioni, stabilisce che spetta alla commissione centrale stabilire le linee generali da seguire per la definizione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e coerenza dei criteri di esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in sede di normazione secondaria, la definizione di criteri per la formulazione dei quesiti, al fine di consentire la migliore valutazione dei candidati.
9/2989/13. (Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame muove dalla necessità di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatorie rispetto a quella prevista a regime;
    gran parte dei candidati ha provveduto ad effettuare una preparazione basata su un esame articolato in tre prove scritte e una prova orale, non comparabile con quella richiesta per affrontare solo prove orali, di cui nulla si conosce rispetto alle modalità di svolgimento;
    in particolare, nulla sappiamo su come si svolgerà la prima prova orale, né quale sarà la sua complessità (ad es., se affronterà molteplici questioni di diritto sostanziale e processuale oppure singole questioni), motivo per cui non appare sufficiente il tempo di soli trenta minuti messo a disposizione del candidato per l'esame preliminare del quesito;
    analogamente, la disciplina ordinaria dell'esame di stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense, prevedeva un lasso temporale tra la prova scritta e la prova orale ben superiore ai trenta giorni previsti nel decreto in esame, seppur come indicazione di tempo «minima»: non è un mistero, infatti, che il tempo necessario alla correzione delle prove scritte era di molti mesi, nei quali il candidato aveva tutto il tempo per preparare le materie da presentare all'esame orale;
    la dilazione dei tempi tra le due prove orali non stravolgerà la portata del provvedimento in esame, ma certamente aiuterà migliaia di candidati che stanno affrontando una situazione molto difficile e particolarmente stressante,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad ampliare i tempi a disposizione del candidato per l'esame preliminare della prima prova orale;
   a fissare un adeguato lasso, di tempo certo tra le due prove di esame
9/2989/14Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    per consentire lo svolgimento della sessione d'esame, il provvedimento ha rimodulato sia le modalità di svolgimento delle prove che la distribuzione delle sedi di svolgimento delle stesse;
    l'organizzazione delle prove in situazione emergenziale impone di mettere a disposizione molti locali per evitare l'affollamento dei candidati in attesa di svolgere la prova. I locali potranno essere dislocati, all'interno dello stesso distretto di Corte di Appello, in uffici giudiziari situati in comuni diversi, anche distanti tra loro;
    logica conseguenza è la necessità di aumentare sensibilmente il numero di commissari per la prova d'esame, coinvolgendo professionisti che dovranno mettere temporaneamente in disparte la propria attività lavorativa per rendere un servizio alla Nazione;
    a queste categorie occorre riconoscere un giusto merito,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa idonea a esonerare tutti i commissari coinvolti nella sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense dal pagamento per un'annualità delle quote di iscrizione all'Albo.
9/2989/15Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 dispone anche particolari modalità di svolgimento della prova orale del predetto esame;
    la didattica a distanza e le modalità di esame mediante servizi di teleconferenza, come emerso a mezzo stampa e con numerose testimonianze, hanno spesso dato luogo ad esiti di scarsa trasparenza, con la conseguenza di una eventuale ricaduta in termini del livello di preparazione medio dei candidati;
    nel caso di esami di abilitazione all'esercizio di professioni di particolare rilevanza, come quella di avvocato, predette criticità possono compromettere irrimediabilmente la qualità dei candidati e dei nuovi avvocati risultanti dalla tornata concorsuale corrente;
    in modo particolare è stato riportato come gli esami e colloqui orali con modalità di interlocuzione a distanza si siano prestati a numerosi problemi applicativi, richiedendo un ripensamento generale delle modalità di valutazione e svolgimento delle prove,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere, tra gli elementi caratterizzanti e tra i criteri di valutazione delle prove orali, la dimostrazione della capacità di cogliere profili interdisciplinari, anche con profondo riferimento a tematiche di attualità corrente e padronanza di capacità oratoria, espositiva e persuasiva.
9/2989/16Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame scaturisce dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, introducendo una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    in particolare le prove scritte sono sostituite da una prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla canonica prova orale e viene incrementato il numero delle sottocommissioni d'esame;
    la normativa attuale prevede che l'esame di abilitazione sia preceduto da un periodo di tirocinio professionale presso gli studi legali;
    negli studi legali, al praticante avvocato è sempre dovuto il rimborso delle spese sostenute per conto dello studio presso il quale svolge il tirocinio e, in aggiunta, decorso il primo semestre, possono essere riconosciuti con apposito contratto al praticante avvocato un'indennità o un compenso per l'attività svolta per conto dello studio, commisurati all'effettivo apporto professionale dato nell'esercizio delle prestazioni,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    a) monitorare gli effetti applicativi della modalità di esame prevista dal decreto-legge in questo contesto emergenziale;
    b) modificare la disciplina di svolgimento del tirocinio della professione forense, prevedendo, decorso il primo semestre, il riconoscimento al praticante avvocato, con apposito contratto, di una indennità o un compenso per l'attività svolta per conto dello studio, commisurati all'effettivo apporto professionale dato nell'esercizio delle prestazioni.
9/2989/17Iovino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera n. 2989, già approvato al Senato (atto Senato 2133) ha introdotto il doppio esame orale, togliendo le prove scritte nell'esame per abilitazione da avvocato. Le due prove saranno entrambe orali e a distanza, i candidati dovranno recarsi nella sede prestabilita (Uffici giudiziari di ogni distretto di Corte d'Appello o nei locali destinati dal Consiglio dell'Ordine della propria città) e da lì si collegheranno con la sottocommissione composta da tre membri che provvederà ad interrogare il candidato da remoto. Pertanto, per garantire l'efficacia del collegamento va analizzato l'articolo 5 comma 1 del provvedimento dove si legge che «il segretariato della Sottocommissione redige il verbale delle prove di esame nel quale dà atto delle modalità di identificazione del candidato, delle modalità e del corretto funzionamento del collegamento con la sottocommissione...»;
    a questo proposito va rilevato che il termine «corretto funzionamento del collegamento» si presta a qualche legittimo dubbio in quanto per attribuire la definizione di corretto è necessario che, in questo caso il collegamento, sia esente da errori e difetti. Questa perfezione purtroppo non può essere garantita e pertanto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ampliare l'interpretazione del termine «corretto funzionamento» ai fini della validità della prova, con quella di un collegamento idoneo a garantire il contatto tra il candidato e la sottocommissione.
9/2989/18Bucalo, Varchi, Frassinetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera n. 2989, già approvato al Senato (atto Senato 2133) ha introdotto il doppio esame orale, togliendo le prove scritte nell'esame per abilitazione da avvocato. Le due prove saranno entrambe orali e a distanza, i candidati dovranno recarsi nella sede prestabilita (Uffici giudiziari di ogni distretto di Corte d'Appello o nei locali destinati dal Consiglio dell'Ordine della propria città) e da lì si collegheranno con la sottocommissione composta da tre membri che provvederà ad interrogare il candidato da remoto. Pertanto, per garantire l'efficacia del collegamento va analizzato l'articolo 5 comma 1 del provvedimento dove si legge che «il segretariato della Sottocommissione redige il verbale delle prove di esame nel quale dà atto delle modalità di identificazione del candidato, delle modalità e del corretto funzionamento del collegamento con la sottocommissione...»;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità acché il termine «corretto funzionamento» sia interpretato come collegamento idoneo a garantire il contatto tra il candidato e la sottocommissione.
9/2989/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Bucalo, Varchi, Frassinetti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge 2989 atto Camera già approvato al Senato è previsto che nella prima prova tecnica – applicativa il tempo necessario sia della durata di un'ora;
    sempre sulla durata della prova si rileva che non è stato previsto in modo esplicito un eventuale tempo aggiuntivo per i candidati diversamente abili;
    ad esempio la Corte d'Appello di Milano ha sempre concesso un tempo maggiore ai candidati portatori di handicap o la facoltà di essere accompagnati, ad esempio perché ipovedenti (i quali come è ovvio non possono consultare i codici commentati) o portatori di qualche forma di dislessia;
    considerando che anche l'articolo 20, comma 1, della legge 104/1992 prevede già che: «La persona handicappata sostiene le prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni con l'uso degli ausili necessari e nei tempi aggiuntivi eventualmente necessari in relazione allo specifico handicap»;
    si evidenzia la necessità di rafforzare espressamente detta eventualità anche nella presente norma di legge,

impegna il Governo

a consentire che ai candidati diversamente abili possa essere aggiunto il tempo facendo salvo quanto previsto dall'articolo 20 della legge 104/1992 secondo le indicazioni che verranno fornite dalla Commissione.
9/2989/19Albano, Varchi, Frassinetti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge 2989 atto Camera già approvato al Senato è previsto che nella prima prova tecnica – applicativa il tempo necessario sia della durata di un'ora;
    sempre sulla durata della prova si rileva che non è stato previsto in modo esplicito un eventuale tempo aggiuntivo per i candidati diversamente abili;
    ad esempio la Corte d'Appello di Milano ha sempre concesso un tempo maggiore ai candidati portatori di handicap o la facoltà di essere accompagnati, ad esempio perché ipovedenti (i quali come è ovvio non possono consultare i codici commentati) o portatori di qualche forma di dislessia;
    considerando che anche l'articolo 20, comma 1, della legge 104/1992 prevede già che: «La persona handicappata sostiene le prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni con l'uso degli ausili necessari e nei tempi aggiuntivi eventualmente necessari in relazione allo specifico handicap»;

impegna il Governo

a valutare la possibilità che ai candidati diversamente abili possa essere puntualmente applicato quanto previsto dall'articolo 20 della legge 104/1992, secondo le indicazioni che verranno fornite dalla Commissione.
9/2989/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Albano, Varchi, Frassinetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo ha inteso modificare lo svolgimento dell'esame di abilitazione allo svolgimento della professione forense per l'anno 2020, per consentirne lo svolgimento nel rispetto delle norme di tutela sanitaria per il contrasto dell'emergenza pandemica;
    il nuovo esame viene strutturato con una formula del tutto innovativa in cui viene abolita la tradizionale prova scritta, sostituita con un esame orale da svolgersi con modalità da remoto;
    la nuova impostazione, tuttavia, tiene poco conto di quelle che sono le maggiori difficoltà che si incontrano abitualmente in sede di esame all'abilitazione forense e va ad alterare diritti ormai cristallizzati degli esaminandi, quali quello alla predeterminazione ed imparzialità dei quesiti da svolgersi ed alla disponibilità di un tempo idoneo al corretto svolgimento della prova;
    nello specifico, il nuovo esame prevede che siano le singole sottocommissioni locali ad elaborare i quesiti delle prove attitudinali. Questa disposizione provoca evidentemente una notevole disparità di trattamento sia a livello nazionale che locale, anche alla luce del fatto che non sono indicati criteri da seguire nella redazione dei quesiti. La difficoltà delle singole prove deve essere la medesima per tutti gli esaminandi: ciò sarà possibile esclusivamente se le tracce vengono predisposte preliminarmente dal Ministero;
    altra criticità emerge dal tempo riservato agli esaminandi per lo svolgimento della prima prova e da quello concesso per prepararsi, eventualmente, alla prova successiva. I futuri Avvocati hanno a disposizione solo 60 minuti per il primo esame, un periodo che appare oggettivamente limitato per procedere ad un compiuto studio della questione pratico-applicativa predisposta dalla Sottocommissione (che, ricordiamo, non ha limiti prestabiliti di lunghezza e difficoltà) ed a una puntuale discussione della traccia;
    nel caso poi venga superato il primo esame, la prova orale «completa» dovrebbe essere sostenuta trascorsi non meno di trenta giorni. È certamente condiviso da chiunque abbia sostenuto l'esame da Avvocato che un termine così breve sia incompatibile con la preparazione della prova orale,

impegna il Governo

ad adoperarsi immediatamente per trovare soluzioni che consentano ai Dottori in procinto di affrontare l'esame di abilitazione alla professione forense di potere usufruire di un tempo idoneo a sostenere la prova orale e potersi compiutamente preparare per la seconda, oltre che garantire a tutti gli esaminandi sul territorio nazionale il medesimo livello di difficoltà delle tracce da risolvere.
9/2989/20Gagliardi, Ruffino, Silli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sulla procedura di espletamento dell'esame di abilitazione alla professione forense bandito con decreto del Ministro della Giustizia del 14 settembre 2020 le cui prove scritte erano state rimandate al 13, 14 e 15 aprile 2021 a causa dell'emergenza epidemiologica in atto;
    introduce disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense, prevedendo una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista a regime;
    in particolare le tre prove scritte vengono sostituite da una prova orale che si aggiunge all'ulteriore prova orale già prevista dalla normativa vigente;
    la previsione di un modello di prova atipico e derogatorio alla vigente normativa in cui non vi è la possibilità per l'aspirante avvocato di avere una prova documentale scritta dell'esame di abilitazione forense dovrebbe essere accompagnata dalla ulteriore ed indispensabile previsione dell'obbligo di motivazione da parte delle sottocommissioni che dia conto delle osservazioni positive e negative relative alla prova sostenuta dal candidato;
    l'obbligo di motivazione rappresenterebbe un elemento di garanzia fondamentale del rispetto principi dell'imparzialità, trasparenza e pubblicità della seduta di esame quanto meno nell'ipotesi di mancato superamento della prova;
    l'adozione di tale strumento, infatti, consentirebbe di limitare per quanto possibile critiche reali ovvero apparenti contro le valutazioni assunte dalle sottocommissioni ed eventuali impugnazioni innanzi al giudice amministrativo,

impegna il Governo

a prevedere che il segretario della sottocommissione dia atto nel verbale all'esito della prova non solo del punteggio conseguito dai candidato ma altresì della motivazione relativa all'osservazioni positive e negative riscontrate dalla sottocommissione nel corso dell'esame.
9/2989/21Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in conversione, sulla scorta dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alta pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense. Per tale sessione di esame è introdotta una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime: in luogo della prova scritta, i candidati sono chiamati a sostenere un'altra prova orale della durata complessiva di un'ora, dalla dettatura del quesito;
    per la seconda prova orale, il decreto-legge in conversione prevede un lasso di tempo compreso fra i quarantacinque e i sessanta minuti;
    durante i lavori parlamentari è stato implementato il numero delle sottocommissioni esaminatrici per consentire lo svolgimento delle prove in tempi celeri;
    non risulta, tuttavia, prevista in capo a queste ultime, la possibilità di calibrare la tempistica dell'esame sulla base delle inevitabili peculiarità della singola prova d'esame in corso di svolgimento, tenuto conto anche delle specifiche esigenze relative al livello di complessità del quesito rivolto ai singoli candidati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte a prevedere la possibilità in capo alle commissioni esaminatrici di adeguare, secondo criteri di ragionevolezza ed equità, il tempo di durata della seconda prova orale.
9/2989/22Zanettin, Turri, Annibali.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca la disciplina specifica per la sessione 2020 dell'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense prevedendo che i candidati siano chiamati a sostenere, al posto della prova scritta, un'ulteriore prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla consueta prova orale;
    il decreto-legge esclude per l'esame di abilitazione alla professione forense di quest'anno la possibilità di svolgere prove scritte, chiamando i candidati a sostenere due prove orali, in ragione delle evidenti difficoltà cui si andrebbe incontro sul piano del rispetto dei protocolli sanitari di contrasto al Covid-19;
    per la prima prova orale è prevista una durata complessiva di un'ora dalla fine della dettatura del quesito come specificato nel corso dell'esame in Senato;
    per la seconda prova, sempre orale e da svolgersi dopo almeno 30 giorni dopo la prima prova, sarà pubblica ed è previsto che essa abbia necessariamente una durata ricompresa tra i quarantacinque e i sessanta minuti per ciascun candidato;
    per consentire di svolgere le due prove orali entro tempistiche congrue è stato anche incrementato il numero delle sottocommissioni d'esame, ma non si comprende come mai non possano essere le stesse commissioni e sottocommissioni a modulare i tempi della seconda prova orale, che invece vengono stabiliti in termini assai stringenti;
    in ossequio a criteri di ragionevolezza, infatti, potrebbe essere utile attribuire alle stesse commissioni e sottocommissioni di una qualche discrezionalità in ordine alla definizione dei tempi di ciascuna delle seconde prove orali, così da consentire ai commissari di modulare ciascun esame in base alla preparazione e al grado di approfondimento di ciascun candidato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di normazione secondaria, volte a prevedere la possibilità, in capo alle commissioni esaminatrici, di adeguare secondo criteri di ragionevolezza ed equità il termine di durata della seconda prova orale.
9/2989/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Zanettin, Turri, Annibali.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in conversione, modificato dal Senato, muove dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendano possibile, nell'attuale contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell'esame di abilitazione forense. Per tale sessione di esame è introdotta una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere che, ai sensi dell'articolo 2 del presente decreto, la sottocommissione, prima dell'inizio della prima prova orale, predisponga giornalmente le tracce per ciascuna materia in numero pari a quello dei candidati da esaminare, dalle quali saranno estratti i quesiti da sottoporre al candidato per la materia prescelta dal medesimo.
9/2989/23Turri, Zanettin, Annibali, Giuliano.


MOZIONI MOLINARI, DAVIDE CRIPPA, SERRACCHIANI, OCCHIUTO, BOSCHI, FORNARO, LAPIA, MURONI ED ALTRI N. 1-00414 (ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE), MOLINARI ED ALTRI N. 1-00414 (NUOVA FORMULAZIONE), FREGOLENT ED ALTRI N. 1-00417, PRESTIGIACOMO ED ALTRI N. 1-00418, FORNARO ED ALTRI N. 1-00429, MURONI ED ALTRI N. 1-00440, VIANELLO ED ALTRI N. 1-00441, PEZZOPANE ED ALTRI N. 1-00442, VALLASCAS ED ALTRI N. 1-00450 E LAPIA ED ALTRI N. 1-00451 IN MATERIA DI INDIVIDUAZIONE DEL DEPOSITO NAZIONALE PER IL COMBUSTIBILE NUCLEARE IRRAGGIATO E I RIFIUTI RADIOATTIVI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    in seguito all'emanazione del nulla-osta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, la So.G.I.N. S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente Idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari;
    la Cnapi è stata sottoposta a classifica di segretezza a livello «riservato» nel dicembre del 2014 sulla base della a normativa di riferimento e, in particolare, dell'articolo 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni e integrazioni, «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 luglio 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del Segreto di Stato e delle informazioni classificate», abrogato e sostituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 novembre 2015 n. 5 e successive modificazioni e integrazioni, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del Segreto di Stato e delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva», finalizzata ad impedire che l'eventuale divulgazione non autorizzata di informazioni potesse causare danno alla sicurezza della Repubblica;
    la Cnapi deve costituire un percorso condiviso, partecipato e trasparente che porterà ad individuare il sito unico a livello nazionale, dove realizzare il deposito nazionale e parco tecnologico, sulla base delle disposizioni disciplinate dall'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010 e successive modificazioni e del criteri stabiliti nella Guida Tecnica n. 29 (Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività);
    la localizzazione definitiva del sito avverrà mediante una procedura di dibattito pubblico che, per legge, è basata su un processo di coinvolgimento del territori con l'obiettivo di arrivare ad una soluzione condivisa con le comunità locali attraverso un processo incentrato sul principi dell'informazione, della trasparenza e del coinvolgimento;
    la proposta della Carta comprende 67 aree potenzialmente Idonee con ordine di Idoneità differente, dislocate nelle regioni Piemonte (8 aree), Toscana (2 aree), Lazio (22 aree), Basilicata e Puglia (17 aree), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, ossia con la massima idoneità prioritaria, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1 sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;
    l'individuazione di un sito idoneo intende anche rispondere all'esigenza di attuare pienamente l'obiettivo fissato nel Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, di localizzazione, costruzione ed esercizio del Deposito nazionale e del Parco tecnologico;
    diversamente da quanto accade all'estero non esiste ancora in Italia una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi derivanti dai vari settori di produzione;
    alla presenza di rifiuti radioattivi derivanti dalla chiusura dei quattro siti nucleari presenti sul territorio nazionale, con cui tuttora da anni sono chiamate a fare i conti le comunità territoriali interessate dalla presenza delle ex centrali e degli altri impianti, devono essere aggiunte la fisiologica produzione di materiale radioattivo proveniente da attività mediche, industriali e di ricerca, nonché quello proveniente dalla bonifica dei siti oggetto di contaminazioni accidentali; occorre trovare una soluzione, visto che questi rifiuti sono da decenni in tanti depositi temporanei disseminati in tutta Italia;
    il deposito nazionale e il parco tecnologico della proposta di Cnapi si prevedono in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. L'impianto consiste in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, ove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all'interno i rifiuti radioattivi già condizionati; nel deposito saranno definitivamente smaltiti i rifiuti a molto bassa e bassa attività, ossia quelli che nell'arco di 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l'uomo e per l'ambiente. Inoltre, saranno stoccati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, ossia quelli che perdono la radioattività in migliaia di anni e che, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico;
    il Parco tecnologico ospiterà un centro di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico per lo svolgimento di attività connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato nonché lo svolgimento, secondo modalità definite con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, di tutte le attività di ricerca, di formazione e di sviluppo tecnologico connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e alla radioprotezione. La realizzazione e la gestione dell'infrastruttura sono affidate a Sogin, come previsto dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010;
    il deposito e il parco tecnologico prevedono un investimento di circa 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica, e che genererà più di 4.000 posti di lavoro (diretti e indiretti) per ciascuno dei 4 anni del cantiere e un migliaio per gli anni di esercizio successivi;

il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di superare la logica delle decine di depositi temporanei sparsi su tutto il territorio nazionale e ha l'obiettivo di conservare in assoluta sicurezza i materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività. Ciò risponde in primo luogo ad un'esigenza di sicurezza nazionale, peraltro sollecitata da tutte le autorità internazionali; lo scopo è pertanto quello della gestione e messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, consentendo così di completare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la bonifica di circa 20 depositi nucleari di bassa e media intensità sparsi lungo tutta la nostra penisola, cui si aggiungono decine di aree di stoccaggio temporanee: circa il 60 per cento dei rifiuti deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;
    la disponibilità del deposito nazionale permetterà, inoltre, in base ai contratti vigenti con gli operatori francese Orano e inglese Nda, il rientro dei residui da riprocessamento del combustibile nucleare esaurito inviato in Francia e Regno Unito. Tali residui saranno conferiti temporaneamente all'area per l’interim storage dei rifiuti a media e alta attività del deposito nazionale, denominata Csa, complesso stoccaggio alta attività, evitandone i cospicui costi di stoccaggio all'estero;
    va ricordato che i depositi temporanei presenti nelle installazioni nucleari attualmente in fase di smantellamento hanno una vita di progetto di circa 50 anni, in conformità alla specifica normativa tecnica nazionale ed internazionale in materia, volta alla garanzia della sicurezza dei depositi stessi, riguardo ai lavoratori, alla popolazione e all'ambiente. Tali depositi, sottoposti a periodici interventi di manutenzione e al termine della vita di progetto, stanno esaurendo le loro capacità ricettive e non possono più garantire l'isolamento dei rifiuti radioattivi dall'ambiente fino al decadimento della radioattività a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell'uomo e per l'ambiente;
    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché i benefici economici per i territori interessati, e prevede che la Sogin s.p.a. debba tenere conto del criteri indicati dalla Iaea e dall'ex Agenzia per la sicurezza nucleare (oggi autorità indipendente di regolamentazione ISIN) per la definizione di una proposta di Cnapi che nel 2014 sono stati definiti dall'Ispra (oggi autorità indipendente di regolamentazione Isin) con l'emanazione della Guida Tecnica n. 29. La proposta di Cnapi è stata più volte revisionata dalla Sogin S.p.A. nel corso degli anni, per adeguarla agli aggiornamenti che le cartografie di base utilizzare per la sua redazione hanno subito nel corso degli anni. La proposta di Cnapi pubblicata è stata validata dall'Isin il 5 marzo 2020;
    al fine di massimizzare le ricadute socio-economiche, occupazionali e culturali conseguenti alla realizzazione del parco tecnologico, è riconosciuto al territorio circostante il sito un contributo di natura economica agli enti locali interessati. Per le persone residenti e le imprese operanti all'interno di un'area definita dal centro dell'edificio del deposito, saranno gli enti locali a dover riversare una percentuale di quanto avuto come beneficio attraverso una corrispondente riduzione del tributo comunale sul rifiuti o altre misure analoghe;
    il decreto n. 31 del 2010 prevede che la pubblicazione della Cnapi dia l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di sessanta giorni, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei centoventi giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi, un seminario nazionale. Pertanto, dalla pubblicazione della Cnapi si avvia il dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali e regioni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti tecnici, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;
    i sopraccitati termini, di sessanta giorni per la consultazione e di centoventi giorni per la conclusione del seminario, sono stati differiti rispettivamente in centottanta giorni e duecentoquaranta giorni dall'articolo 12-bis, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, «milleproroghe», convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21;
    è rimasto, tuttavia, invariato l'ulteriore termine di trenta giorni per presentare osservazioni all'esito del Seminario, nel corso del quale sono approfonditi tutti gli aspetti tecnici relativi al Parco tecnologico e gli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente; in base alle osservazioni pervenute e alla discussione nel seminario nazionale, la So.G.I.N. s.p.a. aggiornerà la Cnapi che verrà trasmessa al Ministero della transizione ecologica. Il Ministro della transizione ecologica, dopo aver acquisito il parere tecnico dell'Isin, con proprio decreto, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, approva la Carta nazionale delle aree idonee alla localizzazione del Parco tecnologico che verrà pubblicata sui siti del suddetti Ministeri, della Sogin e dell'ISIN. La Cnai, pertanto, sarà il risultato dell'aggiornamento della Cnapi sulla base del contributi emersi durante la consultazione pubblica e, entro trenta giorni dall'approvazione della stessa, la Sogin s.p.a. inviterà gli enti territoriali interessati alla presentazione delle proprie candidature per ospitare l'impianto; è prevista una apposita procedura per l'acquisizione dell'intesa della regione nel cui territorio ricadono aree idonee:
    nella guida tecnica n. 29 dell'Ispra del 2014, sono stati stabiliti i criteri di «esclusione» e di «approfondimento» per la localizzazione dell'impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, basati anche sulle raccomandazioni elaborate da organismi internazionali ed in particolare dalla International Atomic Energy Agency (Iaea), utilizzati da So.G.I.N. s.p.a. per la redazione della Cnapi;
    l'applicazione del criteri di esclusione dovrebbe essere stata effettuata attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l'intero territorio nazionale, anche mediante l'utilizzo del Gis – Sistemi Informativi geografici e, in alcuni casi, di banche dati gestite da enti pubblici; l'applicazione dei criteri di approfondimento dovrebbe invece essere stata effettuata attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse;
    sono state escluse: le aree vulcaniche attive o quiescenti e quelle sismiche e interessate da fenomeni di fagliazione; le aree caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali e quelle contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica; le aree ubicate ad altitudine maggiore di 700 metri s.l.m., o caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10 per cento o ubicate sino alla distanza di 5 chilometri dalla linea di costa attuale, oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 metri s.l.m.; le aree interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes) o caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito, nonché tutte le aree naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati o che siano a distanza inferiore a 1 chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari; le aree caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo e quelle caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, di dighe e sbarramenti idraulici artificiali, aeroporti o poligoni di tiro militari operativi;
    i criteri di approfondimento valutano, inoltre, i seguenti aspetti: presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie; presenza di movimenti verticali significativi del suolo in conseguenza di fenomeni di subsidenza e di sollevamento (tettonico e/o isostatico); assetto geologico-morfostrutturale e presenza di litotipi con eteropia verticale e laterale; presenza di bacini imbriferi di tipo endoreico; presenza di fenomeni di erosione accelerata; condizioni meteo-climatiche; parametri fisico-meccanici dei terreni; parametri idrogeologici; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di habitat e specie animali e vegetali di rilievo conservazionistico, nonché di geositi; produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico; disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche;
    le premesse del nulla osta del 30 dicembre 2020 specificano che la Cnapi, l'ordine di idoneità delle aree sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali ed il progetto preliminare del Parco tecnologico sono definiti dalla So.G.I.N. s.p.a. a titolo di «proposta» e che, solo a seguito delle procedure di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni, verrà approvata la Carta nazionale delle aree idonee con decreto del Ministro della transizione ecologica; per tale motivo, l'articolo 3 citato prevede la pubblicazione della Cnapi sul sito internet della So.G.I.N. s.p.a. e il contestuale avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, successivamente alla pubblicazione, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin spa appositamente indicato;
    nonostante la realizzazione della Cnapi sia stata prevista già da 10 anni, e i criteri tecnici siano stati ben stabiliti da Ispra nel 2014, sul tema si sono generate tensioni sodali, divisioni conflittuali nella popolazione e rivolte da parte delle regioni e del comuni coinvolti;
    infatti, in seguito alla firma del nulla osta interministeriale del 30 dicembre 2020, sono state diffuse notizie sulla stampa e sul sodai sulle procedure fino ad oggi attivate per giungere alla redazione di tale carta e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per la scelta effettiva del sito;
    solo il 5 gennaio 2021 è apparso un comunicato stampa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha annunciato ufficialmente la notizia della pubblicazione della Cnapi da parte della So.G.I.N. s.p.a. e dell'avvio della consultazione pubblica, riportando il nulla osta Mise-Mattm e i riferimenti per tutte le informazioni sul sito appositamente indicato da So.G.I.N. « www.depositonazionale.it»;
    «no» categorici sono apparsi sulla stampa da parte di presidenti di regioni e province e di sindaci dei comuni individuati sulla Cnapi, nonché critiche pesanti provenienti da associazioni di comuni, come l'Anci, e da associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace, Wwf;
    nel prosieguo della procedura amministrativa per l'individuazione del sito e nell'ambito del seminario, occorrerebbe approfondire ulteriormente l'attualità del dati e l'aderenza di alcune proposte ai criteri definiti da Ispra (ora ISIN) – Guida tecnica n. 29 – e a quelli indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency), come le proposte dei siti ubicati nelle due isole maggiori, o la distanza da autostrade, ferrovie e infrastrutture di comunicazione principali e dai centri abitati molto piccoli, ovvero occorrerebbe chiarire maggiormente la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati o la distanza dai siti ad alto pregio agricolo, ad elevata pericolosità sismica e dai siti Unesco;
    non essendovi a disposizione rilievi cartografici tali da consentire calcoli esatti in merito alle distanze e considerando che il processo di consultazione pubblica per l'individuazione del sito prevede anche la possibilità per amministratori, comitati, associazioni e cittadini di recarsi direttamente sui siti ed effettuare rilievi e sopralluoghi, occorrerebbe tenere conto delle restrizioni imposte dall'emergenza pandemica;
    anche l'indizione del seminario nazionale, che dovrebbe svolgersi in presenza, con il perdurare dell'emergenza sanitaria, sembra di difficilissima realizzazione, anche in considerazione del fatto che, nella procedura di selezione dei sito e delle prescritte osservazioni, sono coinvolte associazioni, enti locali e territoriali e regioni, tutti soggetti a corto di personale, il quale in buona parte svolge ora i propri compiti in regime di lavoro agile;
    nella Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, viene sottolineata l'importanza di garantire idonei strumenti di partecipazione del pubblico nella fase iniziale del procedimento;
    la Consultazione pubblica si dovrebbe svolgere tenendo presente questi principi:
     chiarezza: gli obiettivi della consultazione, così come l'oggetto, i destinatari, i ruoli e i metodi devono essere definiti chiaramente prima dell'avvio della consultazione; al fine di favorire una partecipazione la più informata possibile, il processo di consultazione, deve essere corredato da informazioni pertinenti, complete e facili da comprendere anche per chi non possiede le competenze tecniche;
     imparzialità: la consultazione pubblica deve essere progettata e realizzata garantendo l'imparzialità del processo in modo tale da perseguire l'interesse generale;
     inclusione: l'amministrazione pubblica deve garantire che la partecipazione al processo di consultazione sia il più possibile accessibile, inclusiva e aperta, assicurando uguale possibilità di partecipare a tutte le persone interessate;
     tempestività: la consultazione, in quanto parte di un processo decisionale più ampio, deve dare ai partecipanti la possibilità effettiva di concorrere a determinare la decisione finale; pertanto deve essere condotta nelle fasi in cui i differenti punti di vista siano ancora in discussione e sussistano le condizioni per cui diversi approcci alla materia in oggetto possano essere presi in considerazione;
    per tutto questo, la consultazione pubblica deve garantire la completezza e facilità di comprensione anche a chi non possiede le competenze tecniche, posto che le informazioni messe a disposizione del pubblico in via telematica consistono in elaborati di progetto e disegni tecnici altamente specialistici (oltre 230 documenti per il deposito nazionale e più di 100 per la Cnapi) e che, qualora si desiderasse prendere visione di documenti più dettagliati, questi sono disponibili in cinque località distanti centinaia di chilometri dal comuni interessati come è il caso di quelli della Sardegna, Sicilia, Basilicata e Puglia, peraltro in costanza di divieto di spostamenti interregionali per l'emergenza Covid-19;
    oggi, in piena pandemia sanitaria da Covid-19, ove le amministrazioni locali e le regioni cercano con grande fatica di corrispondere agli impegni in corso tra le assenze di personale per malattia e lo smart working, occorre garantire a loro un periodo congruo di consultazione per esprimere osservazioni sulla mole di documentazione tecnica e complessa, pubblicata da So.G.I.N. sul sito www.depositonazionale.it; sia presso i cinque infopoint allestiti dalla Sogin presso le proprie centrali; risulterebbe, poi, che una serie di comunità territoriali, comuni ed enti locali avrebbero avanzato la candidatura dei propri territori per la realizzazione del sito unico, ma che tali candidature non verranno prese in considerazione, in quanto tali territori non sono ricompresi nella Cnapi; sarebbe auspicabile nell'ambito del percorso partecipativo valutare approfonditamente le istanze di comuni e comunità locali che fossero disponibili ad accogliere il sito sul proprio territorio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per assicurare che tutte le fasi procedimentali in cui si articola la scelta dei siti idonei e l'individuazione del sito ove ubicare il Parco tecnologico siano caratterizzate dalla concertazione e condivisione con le regioni, i territori e le comunità locali interessate, nel rispetto dei principi di trasparenza, leale collaborazione e cooperazione istituzionale prevedendo una tempistica adeguata che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sulla operatività delle strutture amministrative;

2) ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte del Ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), nonché riguardo all'individuazione del previsti benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere; ad esplicitare le intese raggiunte con le regioni interessate e gli enti locali coinvolti, nonché la corretta esecuzione delle fasi di chiusura e post chiusura dell'impianto nel rispetto delle prescrizioni emesse nel «periodo di controllo istituzionale», presentando a tal fine una relazione annuale alle Camere;

3) a provvedere alla pubblicazione sui siti istituzionali dei Ministeri coinvolti, della Sogin s.p.a., dell'Isin e sul sito dedicato depositonazionale.it di ogni documentazione ed informazione utile in merito al procedimento, dando particolare evidenza alle tempistiche relative agli strumenti di partecipazione e alle fasi decisionali, nonché ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché gli enti locali e le regioni individuate nella Cnapi rendano disponibili sui propri siti istituzionali, in una parte chiaramente identificabile della sezione «Amministrazione trasparente», il collegamento ipertestuale ai predetti siti, assicurando la qualità e l'aggiornamento delle informazioni secondo i criteri indicati dal decreto legislativo n. 33 del 2013;

4) a garantire che la consultazione pubblica e lo svolgimento del Seminario nazionale avvengano con modalità che consentano la massima accessibilità, assumendo, altresì, iniziative, anche normative, per disporre l'ampliamento dei termini per presentare osservazioni all'esito del Seminario nazionale;

5) ad adottare iniziative per prevedere che al Seminario pubblico possano partecipare anche i comuni non direttamente interessati ma comunque limitrofi rispetto alle aree individuate come potenzialmente idonee, che ne facciano richiesta, nonché enti parchi nazionali e regionali presenti nei territori interessati le associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, così come i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati e i soggetti portatori di interessi pubblici o privati che abbiano presentato richiesta di partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;

6) in un'ottica di trasparenza e leale collaborazione istituzionale, ad adottare iniziative per dare adeguata pubblicità ai criteri oggettivi e univoci in ordine alla quantificazione e alle modalità di assegnazione delle compensazioni economiche ed ambientali agli enti locali interessati;

7) ad assicurare che i criteri di approfondimento siano puntualmente esaminati e verificati in modo da garantire la massima sicurezza del sito che risulterà idoneo e ad adottare iniziative per ampliare ulteriormente le metodologie di indagine per una più corretta applicazione del criteri di approfondimento finalizzati alla localizzazione nonché i parametri di sicurezza finalizzati alla costruzione e gestione del deposito e, a tal fine:
a) ad avvalersi delle strutture universitarie competenti per i territori implicati e ad adottare i più moderni metodi e strumenti di conoscenza multidisciplinari del territorio, per le successive fasi esplorative contemplate nei criteri di approfondimento, riguardanti i siti che saranno scelti per la Cnapi;
b) a prevedere uno ietogramma di progetto quanto più cautelativo possibile, con piogge di progetto notevolmente incrementate in modo da resistere ad meteoclimatici estremi, non storicamente statisticamente prevedibili;
c) ad adottare strutture antisismiche per il deposito molto più cautelative di quelle previste dalle più rigorose norme vigenti per impianti nucleari;

8) ad assicurare che con l'istanza di valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 27, comma 13-bis, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, il proponente Sogin trasmetta la valutazione di impatto sanitario predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute del 27 marzo 2019;

9) ad adottare iniziative per assicurare sufficienti risorse, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, affinché l'Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) sia messo nelle condizioni di svolgere al meglio i propri compiti istituzionali, tecnici e di vigilanza connessi al deposito nazionale, affinché non sia pregiudicata la capacità operativa e di vigilanza del suddetto ente, anche in prospettiva del lavori dei prossimi anni;

10) ad informare gli enti territoriali sulle effettive e congrue compensazioni economiche e di riequilibrio ambientale e territoriale che dovranno essere assegnate ai territori che ospiteranno il deposito nucleare per tutto il periodo di giacenza di rifiuti nucleari, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale;

11) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

12) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 314 del 2003, valutando la previsione di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i medesimi rifiuti nucleari e ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle suddette compensazioni ai territori interessati;

13) ad adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza, affinché, nell'ambito del seminario, siano maggiormente approfondite le proposte relative all'ubicazione dei siti nelle due isole maggiori che inevitabilmente potrebbero richiedere un insieme di modalità combinate di trasporto di rifiuti radioattivi, con alti profili di rischio e a valutare l'esclusione di quei territori che non hanno già a disposizione porti industriali dedicati alla ricezione e stoccaggio di materiale radioattivo e alle basi militari insulari;

14) ad adottare le opportune iniziative di approfondimento, per quanto di competenza, affinché, nell'ambito del seminario, siano valutate le esclusioni delle proposte relative all'ubicazione delle aree nei siti definiti dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità» riconosciuti alla data del Seminario, nelle relative « buffer zone» e comuni contermini;

15) ad adottare iniziative per inserire, nei parametri di valutazione ai fini della individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico, l'indice di pressione ambientale calcolato a livello dei comuni nel raggio di 20 chilometri;

16) a far sì che, nella fase della definizione della Cnai, si tengano in considerazione i dati più recenti per i criteri di esclusione che riguardano i temi della mobilità e dell'accessibilità infrastrutturale ai siti individuati, con particolare riferimento ai materiali inquinanti e alle particolari evidenze paesaggistiche, culturali e in coerenza ai criteri di esclusione a valutare iniziative tese ad escludere le parti di territorio con particolari colture di pregio riconosciute a livello nazionale e locale e le aree naturali protette nazionali e regionali del nostro Paese alla data del Seminario;

17) a verificare con Sogin s.p.a. se siano state presi in considerazione nell'elaborazione della Cnapi le aree militari dismesse o in fase di dismissione, o aree destinate a siti produttivi dismessi o in corso di dismissione e, in caso contrario, a richiedere a Sogin s.p.a., senza interrompere o minimamente rallentare l’iter avviato, di effettuare tale verifica, al fine di integrare nella carta eventuali ulteriori siti potenzialmente idonei;

18) a valutare l'accoglimento delle eventuali manifestazioni di interesse pervenute dai comuni e dagli enti territoriali che intendono ospitare il deposito unico dei rifiuti radioattivi, purché vengano rispettati i criteri di esclusione e approfondimento già in vigore;

19) ad adottare iniziative volte ad avere un maggiore coinvolgimento e supporto da parte degli enti territoriali, specialmente da parte dei piccoli comuni sui cui territori sono state individuate aree idonee;

20) ad avviare tutte le iniziative utili, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a definire risorse, modalità e tempi certi relativamente allo smantellamento, alla messa in sicurezza, alla bonifica completa e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei, compresa la verifica per il finanziamento della rimozione degli ultimi fusti nella ex Cemerad, «sorgenti orfane» rinvenute in diversi luoghi e contenute in diverse tipologie di rifiuti, delle strutture del territorio nazionale che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare e affinché, contestualmente alla realizzazione del deposito unico, sia affrontato il tema delle «sorgenti orfane» rinvenute in diversi luoghi e contenute in diverse tipologie di rifiuti, anche abbandonati, che sono potenzialmente in grado di arrecare gravi danni alla salute di lavoratori e comunità residenti;

21) ad adottare senza ritardo i decreti attuativi in applicazione della normativa vigente con specifico riferimento al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, garantendo il necessario coordinamento dei soggetti chiamati ad assumere i provvedimenti.
(1-00414)
(Ulteriore nuova formulazione) «Molinari, Davide Crippa, Serracchiani, Occhiuto, Boschi, Fornaro, Lapia, Muroni, Vianello, Pezzopane, Prestigiacomo, Fregolent, Lucchini, Maraia, Giacometto, Rospi, Colucci, Plangger, De Filippo, Morassut, Braga, Masi».


   La Camera,
   premesso che:
    in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, la Sogin s.p.a. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;
    la Carta comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;
    tale passo intende anche rispondere all'infrazione comunitaria in atto sulla mancata trasmissione del Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, verso la realizzazione del deposito per la conservazione dei rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività e del parco tecnologico;
    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché i benefici economici per i territori interessati, e prevede i criteri per la scelta dei siti idonei, successivamente sviluppati da Ispra (oggi organo di controllo Isin) e da Sogin s.p.a. e più volte revisionati nel corso degli anni; le ultime revisioni della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, elaborate dalla Sogin s.p.a., contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e delle stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;
    la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, con l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, di fatto dà l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, un seminario nazionale. Pertanto, si avvia ora il dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali e regioni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;
    in base alle osservazioni pervenute e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin s.p.a. aggiornerà la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello sviluppo economico, dell'ente di controllo Isin, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In base a tali pareri, il Ministero dello sviluppo economico convaliderà la versione definitiva della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). La Carta nazionale delle aree idonee, pertanto, sarà il risultato dell'aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica, che verrà comunicata agli enti territoriali interessati ai fini della presentazione delle proprie candidature per ospitare l'impianto; è prevista un'apposita procedura per l'acquisizione dell'intesa della regione nel cui territorio ricadono aree idonee;
    nella guida tecnica n. 29 dell'Ispra del 2014, sono stati stabiliti i criteri di «esclusione» e di «approfondimento» per la localizzazione dell'impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, basati anche sulle raccomandazioni elaborate da organismi internazionali e, in particolare, dalla International atomic energy Agency (Iaea), utilizzati da Sogin s.p.a. per la redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;
    sono state escluse: le aree vulcaniche attive o quiescenti e quelle sismiche e interessate da fenomeni di fagliazione; le aree caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali e quelle contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica; le aree ubicate ad altitudine maggiore di 700 metri sul livello del mare, o caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10 per cento o ubicate sino alla distanza di 5 chilometri dalla linea di costa attuale, oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 metri sul livello del mare; le aree interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes) o caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito, nonché tutte le aree naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati o che siano a distanza inferiore a 1 chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari; le aree caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo e quelle caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, di dighe e sbarramenti idraulici artificiali, di aeroporti o poligoni di tiro militari operativi;
    i criteri di approfondimento valutano, inoltre, i seguenti aspetti: presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie; presenza di movimenti verticali significativi del suolo in conseguenza di fenomeni di subsidenza e di sollevamento (tettonico e/o isostatico); assetto geologico-morfostrutturale e presenza di litotipi con eteropia verticale e laterale; presenza di bacini imbriferi di tipo endoreico; presenza di fenomeni di erosione accelerata; condizioni meteo-climatiche; parametri fisico-meccanici dei terreni; parametri idrogeologici; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di habitat e specie animali e vegetali di rilievo conservazionistico, nonché di geositi; produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico; disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche;
    l'impianto, il cui finanziamento è previsto a carico della quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari, interessa un'area di circa 150 ettari, di cui 40 sono destinati al Parco tecnologico. Il deposito consiste in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, ove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all'interno i rifiuti radioattivi già condizionati; si tratta di circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività provenienti dal mondo civile, dagli impianti nucleari in dismissione nel nostro Paese, da combustibili inviati in Francia e Gran Bretagna e in special modo dal settore medico e ospedaliero; sono previste misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale per i territori che ospiteranno il deposito, da definire con trattative bilaterali;
    le premesse del nulla osta del 30 dicembre 2020 specificano che la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, l'ordine di idoneità delle aree sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali ed il progetto preliminare del Parco tecnologico sono definiti dalla Sogin s.p.a. a titolo di «proposta» e che, solo a seguito delle procedure di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni, verrà approvata la Carta nazionale delle aree idonee con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; in particolare, l'articolo 3 citato prevede la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sul sito internet della Sogin s.p.a. e il contestuale avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin s.p.a. appositamente indicato;
    nonostante la realizzazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sia stata prevista già da 10 anni e i criteri tecnici siano stati ben stabiliti da Ispra nel 2014, il modo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inquietante, adottato dal Governo per la presentazione di una questione di massima delicatezza, come quella della realizzazione di un deposito nucleare, ha creato tensioni sociali, divisioni conflittuali nella popolazione e rivolte da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;
    «no» categorici sono apparsi sulla stampa da parte di presidenti di regioni e province e di sindaci dei comuni individuati sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, nonché critiche pesanti provenienti da associazioni di comuni, come l'Anci, e da associazioni ambientaliste come Italia nostra, Greenpeace, Wwf;
    infatti, in seguito alla firma del nulla osta interministeriale del 30 dicembre 2020, sono state diffuse notizie sulla stampa e sui social, senza un minimo di ufficialità e senza alcun chiarimento sul valore effettivo della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, sulle procedure fino ad oggi attivate per giungere alla redazione di tale carta e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per la scelta effettiva del sito;
    le regioni e i comuni interessati hanno visto il proprio nome sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee senza un minimo di preavviso da parte del Governo, peraltro, in un momento particolare, laddove l'attenzione di tutti è posta sulla crisi pandemica da COVID-19 oltre che sulle tensioni nell'ambito della maggioranza di Governo;
    alcune proposte, come quelle dei siti ubicati nelle due isole della Sardegna e della Sicilia, contrastano chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e, inoltre, sembra discutibile la scelta della distanza di solo 1 chilometro da autostrade, ferrovie e infrastrutture di comunicazione principali e anche dai centri abitati molto piccoli e, in generale, non è assolutamente chiara la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, né la scala della cartografia permette calcoli esatti;
    alcune province presentano una massima concentrazione di siti idonei, come quella di Alessandria, che comprende 6 siti idonei, nei comuni di Alessandria, Castelletto Monferrato, Quargnento, Fubine, Oviglio, Bosco Marengo, Frugarolo, Novi Ligure, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, con ben 5 siti classificati in categoria A1, ossia con il massimo grado di priorità; in analoga situazione si trova anche la provincia di Viterbo; eppure le amministrazioni comunali non sono state informate preventivamente delle prerogative del proprio territorio;
    solo il 5 gennaio 2021 è apparso un comunicato stampa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha annunciato ufficialmente la notizia della pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee da parte della Sogin s.p.a. e dell'avvio della consultazione pubblica, riportando il nulla osta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i riferimenti per tutte le informazioni sul sito appositamente indicato da Sogin s.p.a. « www.depositonazionale.it»;
    tale comportamento dell'Esecutivo su un tema delicato e fortemente divisivo, come quello dei rifiuti nucleari, è stato giudicato sulla stampa pericoloso, arrogante e irresponsabile da parte di molti esponenti della classe politica, volto a creare ulteriori inaccettabili conflitti nella società, tra i territori e le comunità locali e accrescere l'ansia sociale e la paura;
    inoltre in piena pandemia sanitaria da COVID-19, ove le amministrazioni locali cercano con grande fatica di corrispondere agli impegni in corso tra le assenze di personale per malattia e lo smart working, un periodo di soli 60 giorni per esprimere osservazioni sulla mole di documentazione tecnica e complessa, pubblicata da Sogin s.p.a. sul sito www.depositonazionale.it, si presenta estremamente ridotto ed insufficiente e diventa impraticabile lo svolgimento del seminario nazionale in presenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le opportune iniziative, nell'ambito della leale collaborazione tra enti istituzionali, per porre rimedio alle carenze di informazione ufficiale intervenute e alla mancanza di una preventiva informazione delle regioni e degli enti locali in merito alle caratteristiche tecniche del proprio territorio, che lo hanno reso idoneo ad ospitare il deposito nazionale per il combustibile irraggiato e i rifiuti radioattivi e ad inserirsi nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

2) ad attivare la massima condivisione con i territori interessati e una strategia di effettivo coinvolgimento delle regioni in tutto il processo successivo per la scelta dei siti definitivamente idonei, da inserire nella Carta nazionale delle aree idonee, e ad escludere qualsiasi imposizione ai territori di scelte di livello governativo centrale;

3) ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte dei Ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee;

4) ad adottare iniziative per informare i cittadini sulla procedura tecnica fino ad oggi attivata per giungere alla redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per l'approvazione della Carta nazionale delle aree idonee e la scelta effettiva del sito per il deposito nazionale;

5) a promuovere iniziative di carattere normativo per prorogare i tempi a disposizione degli enti territoriali e dei soggetti interessati per la consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, almeno per sei mesi dalla cessazione dello stato di emergenza dovuta alla pandemia sanitaria per COVID-19;

6) nell'ambito della consultazione pubblica, ad informare gli enti territoriali sulle effettive e congrue compensazioni economiche e di riequilibrio ambientale e territoriale che dovranno essere assegnate ai territori che ospiteranno il deposito nucleare per tutto il periodo di giacenza di rifiuti nucleari, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale;

7) allo scopo di evitare tensioni sociali, nell'ambito della consultazione pubblica e in accordo con gli amministratori locali, a valutare l'opportunità di adottare maggiore attenzione nel coinvolgimento della popolazione per l'individuazione definitiva nella Carta nazionale delle aree idonee dei siti in territori con alta densità abitativa o particolare vocazione agricola;

8) anche in seguito alla consultazione pubblica, ad approfondire promuovendo l'eliminazione delle proposte che eventualmente presentano distanze di un solo chilometro da strade, ferrovie e centri abitati, come risulta da alcuni criteri Ispra-Sogin esposti nelle premesse, e ad esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

9) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte relative all'ubicazione dei siti nelle due isole maggiori che inevitabilmente richiederebbero trasporto di rifiuti radioattivi per via marittima o aerea, con alti profili di rischio;

10) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte che interessano aree prossime a siti definiti dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità», come quello de «I Sassi e Parco delle chiese rupestri di Matera» o quello de «I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato», o quello di Pienza Val d'Orcia e alle relative « buffer zone».
(1-00414)
(Nuova formulazione) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e, successivamente, dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile e dei rifiuti radioattivi e individua criteri generali per stilare una lista di siti idonei, sviluppati nel dettaglio da Ispra (oggi Isin) nella guida tecnica 29, in linea con gli standard della Iaea (International Atomic Energy Agency), tra i quali individuare, tramite apposita procedura, il sito unico su cui realizzare il deposito nazionale;
    i criteri sono stati formulati per individuare aree dove sia garantita l'integrità e la sicurezza nel tempo del Deposito nazionale e sono suddivisi in 15 criteri di esclusione, per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza. L'applicazione dei criteri d'esclusione porta all'individuazione delle «aree potenzialmente idonee» e ulteriori 13 criteri di approfondimento, per valutare le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione;
    l'applicazione dei criteri di esclusione dovrebbe essere stata effettuata attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l'intero territorio nazionale, anche mediante l'utilizzo dei Gis – Sistemi informativi geografici e, in alcuni casi, di banche dati gestite da enti pubblici;
    l'applicazione dei criteri di approfondimento dovrebbe invece essere stata effettuata attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse;
    ad interpretare, elaborare e applicare i criteri, individuando i siti idonei e redigendo la bozza di Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) è stata chiamata Sogin Spa e le ultime revisioni della Cnapi, contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;
    la redazione della Cnapi ha avuto una gestazione molto lunga, la versione conclusiva risalirebbe al 2015; pur se risultano da allora ad oggi alcuni innesti su cui sarebbe interessante individuare le procedure seguite, tuttavia è ragionevole ritenere che molti dei dati su cui si basano le valutazioni potrebbero non essere più attuali, così come molti territori, ora esclusi, potrebbero invece avere le caratteristiche opportune per avanzare le proprie candidature;
    la bozza di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) elaborata da Sogin, in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, ha ricevuto il nullaosta e il 5 gennaio è stato dato il via alla pubblicazione, togliendo il segreto che incideva sul documento;
    in seguito, la Sogin S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;
    con la pubblicazione della Cnapi, che contiene l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, si avvia la fase di consultazione dei documenti che ha una durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione, il prescritto seminario nazionale;
    benché il processo di redazione della Cnapi sia stato assai lungo e i criteri tecnici siano stati stabiliti da Ispra nel 2014, la sua pubblicazione ha creato forti tensioni sociali, e aspre contestazioni da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;
    non sono chiari, infatti, il processo e il metodo seguiti da Sogin, nell'individuare i siti e in che modo siano stati interpretati i criteri definiti da Ispra, ora Isin – Guida tecnica n. 29 – e quelli indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency), anche perché, nell'ambito di tale interpretazione non sembrano essere stati tenuti adeguatamente in considerazione diversi elementi, in ragione del fatto che nell'elenco compaiono siti ad alto pregio agricolo (Carmagnola), ad elevata pericolosità sismica (Alessandrino) ed aree adiacenti a siti Unesco (Pienza e Val d'Orcia);
    tra i siti individuati dalla Cnapi vi sarebbe perfino quello «Patrimonio dell'umanità» Unesco dei «sassi e Parco delle Chiese Rupestri di Matera», città capitale della cultura 2019 sul cui territorio sono stati impiegati consistenti investimenti in termini di restauro di beni culturali, di nuove infrastrutture e di riqualificazioni che rischierebbero seriamente di essere del tutto vanificati ove il sito unico andasse ad incidere su tale territorio;
    inoltre, alcune province sembrerebbero, a ben guardare, presentare una fortissima concentrazione di siti idonei, quella di Alessandria, in Piemonte, ad esempio, che comprende ben 6 siti idonei e quasi tutti in fascia A1 (ben 5 su 6) o quella del viterbese, nel Lazio;
    alcune altre proposte, poi, come quelle dei siti ubicati nelle due isole maggiori del Paese, Sardegna e Sicilia, sembrano contrastare chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e non è chiaro se i siti sardi e siciliani fossero già nella versione Cnapi del 2015 o siano parte delle integrazioni successive e, ancora, quali procedure fino ad oggi si siano attivate per addivenire a tali integrazioni;
    in ragione del fatto che non si comprende a fondo la scelta della distanza dei siti da autostrade, ferrovie e comunicazioni principali, né quale sia la distanza «adeguata» che si è presa a parametro dai centri abitati più vicini, né essendovi a disposizione rilievi cartografici tali da consentire un esame approfondito che possa definire calcoli esatti in merito alle distanze e considerando che il processo di consultazione pubblica per l'individuazione del sito prevede anche la possibilità per amministratori, comitati, associazioni e cittadini di recarsi direttamente sui siti ed effettuare rilievi e sopralluoghi, il termine di due mesi per la fase di consultazione, per di più in piena emergenza pandemica appare assolutamente inadeguato;
    anche l'indizione del seminario nazionale, che dovrebbe svolgersi in presenza, nei prossimi quattro mesi, con il perdurare dell'emergenza sanitaria, sembra di difficilissima realizzazione, anche in considerazione del fatto che, nella procedura di selezione dei sito e delle prescritte osservazioni, sono coinvolte associazioni, enti locali e territoriali e regioni, tutti soggetti a corto di personale, il quale in buona parte svolge ora i propri compiti in regime di lavoro agile;
    molte regioni, province, comuni e associazioni di comuni, a partire dall'Anci, oltre ad associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace e Wwf, solo per citarne alcune, hanno espresso forti perplessità tanto sull'elenco dei siti, quanto sulle procedure seguite e da seguire per individuare il sito unico;
    risulterebbe, poi, che una serie di comunità territoriali, comuni ed enti locali avrebbero avanzato la candidatura dei propri territori per la realizzazione del sito unico, ma che tali candidature non verranno prese in considerazione, in quanto tali territori non sono ricompresi nella Cnapi, che come si è ricordato, proviene da un percorso istruttorio assai lungo e complesso e potrebbe pertanto darsi il caso che, pur non inseriti nell'elaborato, essi presentino le caratteristiche per avanzare le suddette candidature,

impegna il Governo:

1) a favorire, promuovere e facilitare in ogni modo il coinvolgimento delle comunità territoriali, delle popolazioni, degli enti locali e territoriali, delle regioni e delle associazioni, anche al di fuori e al di là delle prescrizioni della consultazione pubblica, in modo da addivenire ad un piano che sia compatibile con le aspirazioni e le esigenze delle comunità locali e territoriali, consentendo anche una procedura di selezione e di consultazione pubblica che sia libera dai vincoli dettati dall'emergenza pandemica;

2) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa a prorogare i tempi previsti per lo svolgimento della consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, in considerazione tanto dell'emergenza pandemica, quanto dell'effettiva necessità di rivedere normativamente il processo e la carta stessa;

3) a ritirare il nullaosta rilasciato con il decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, in vista e in previsione di aggiornamenti tanto normativi che della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee stessa;

4) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa ad individuare un criterio di redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e, più in generale di individuazione del sito unico, che parta dal basso, come si è fatto in altri Paesi europei, ad esempio la Spagna, attraverso le candidature delle comunità locali, in luogo di un processo che parta da un censimento di siti idonei o presunti tali, redatto in maniera centralistica, attraverso un'applicazione quantomeno discutibile di criteri non aggiornati.
(1-00417) «Fregolent, Occhionero, Anzaldi, Paita, Nobili, Del Barba, Annibali, Migliore, Ferri, Toccafondi».


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010, emanato durante il Governo Berlusconi IV, ha previsto la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a., la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi. Il medesimo decreto riconosce altresì un contributo economico al territorio che ospiterà il deposito secondo modalità che gli enti locali interessati regoleranno attraverso la stipula di una specifica convenzione con la medesima Sogin;
    il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane spente a seguito del referendum del 1987 e dalle attività industriali e sanitarie annualmente prodotti nel nostro Paese. Il deposito ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese;
    il medesimo deposito nazionale e il parco tecnologico saranno realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. Nel deposito saranno definitivamente smaltiti i rifiuti a molto bassa e bassa attività, ossia quelli che nell'arco di 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l'uomo e per l'ambiente. Inoltre, saranno stoccati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, ossia quelli che perdono la radioattività in migliaia di anni e che, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico;
    il parco tecnologico ospiterà un centro di ricerca, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. La realizzazione e la gestione dell'infrastruttura sono affidate a Sogin, come previsto dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010;
    il deposito e il parco tecnologico prevedono un investimento di circa 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori, e che genererà più di 4.000 posti di lavoro (diretti e indiretti) per ciascuno dei 4 anni del cantiere e un migliaio per gli anni di esercizio successivi. Il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di superare la logica delle decine di depositi temporanei sparsi su tutto il territorio nazionale;
    il deposito definitivo ha l'obiettivo di conservare in assoluta sicurezza questi materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività. Ciò risponde in primo luogo ad un'esigenza di sicurezza nazionale, peraltro sollecitata da tutte le autorità internazionali, in primis l'Unione europea, che nell'autunno scorso ha aperto una procedura di infrazione a carico dell'Italia per non aver ancora definito il sito entro cui conferire i rifiuti radioattivi presenti sul nostro territorio nazionale;
    in base alle normative internazionali (direttiva europea 2011/70 Euratom), gli Stati membri sono obbligati a dotarsi di strutture e sistemi finalizzati alla gestione e al deposito, in condizioni di massima sicurezza, delle scorie radioattive prodotte dalle vecchie centrali nucleari nazionali e di quelle provenienti dalle attività industriali, mediche e di ricerca. Rifiuti che secondo la direttiva dell'Unione europea richiedono una gestione responsabile per garantire un elevato livello di sicurezza e proteggere i lavoratori e cittadini dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. L'obiettivo della misura è anche quello di evitare di imporre oneri indebiti alle generazioni future, visto che spesso questi materiali restano radioattivi per diverse centinaia di anni;
    il deposito nazionale è un'infrastruttura indispensabile per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, e la sua realizzazione consentirà così di completare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, nonché di gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca;
    le principali strutture in cui attualmente si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale che saranno poi conferiti al deposito nazionale sono: 4 centrali in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF – Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi – Università di Pavia, Università di Palermo); 3 centri del Servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del Servizio integrato non più attivo (Cemerad);
    per volume e livello di radioattività dei rifiuti prodotti, i principali centri sono comunque i siti nucleari in fase di smantellamento. Di tutti i rifiuti radioattivi che saranno conferiti nel deposito nazionale, circa il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;
    la scelta di un deposito definitivo ha una grande valenza ambientale, perché un solo deposito realizzato in un luogo idoneo con tutti gli standard di sicurezza ha il merito di superare l'attuale situazione italiana, caratterizzata da circa 20 depositi nucleari di bassa e media intensità sparsi lungo tutta la nostra penisola, cui si aggiungono decine di aree di stoccaggio temporanee. Siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;
    già nel giugno 2014 l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), rendeva nota la Guida tecnica n. 29 «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», elaborati stalla base degli standard dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), mediante la quale sono stati individuati i requisiti fondamentali e gli elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della Sogin s.p.a., per la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) poi validata da Isin;
    la Carta delle aree potenzialmente idonee è stata per diversi anni volutamente tenuta segreta; impedendo così, perlomeno alle istituzioni locali e centrali, di poter essere messe a conoscenza, sia pure in via preliminare, dei territori individuati dalla medesima Sogin per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;
    l'elenco delle aree potenzialmente idonee era pronto dal 2015, e i Governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e l'attuale Governo, per oltre un anno, hanno perso anni di tempo prezioso per far partire la procedura per scegliere il luogo dove costruire in sicurezza il deposito nazionale nucleare;
    la Carta nazionale è infatti a disposizione dei Ministeri da oltre 5 anni. Come dichiarava il rappresentante del Governo pro tempore il 30 settembre 2015, in risposta ad una interrogazione (n. 5-06515) presentata alla Camera, «il 20 luglio 2015 la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee è pervenuta agli uffici dei Ministeri competenti (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico) che si sono immediatamente messi al lavoro perché possano essere compiute al più presto le valutazioni necessarie al fine di comunicare il nulla osta alla pubblicarne della Cnapi»;
    nel marzo 2018, l'allora Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, prometteva che avrebbe pubblicato a giorni il decreto per la Carta nazionale per le aree potenzialmente idonee al deposito nucleare di superficie. Così non è stato;
    il 30 dicembre 2020, così come previsto dall'articolo 27, comma 3, del citato decreto legislativo n. 31 del 2010, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, hanno finalmente dato il proprio nulla osta alla società Sogin s.p.a., la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la pubblicazione sul sito internet della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito nazionale di scorie radioattive per conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività;
    il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la suddetta Carta nazionale, dove vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;
    la suddetta pubblicazione della Cnapi, ha dato di fatto l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi, il seminario nazionale a cui parteciperanno vari soggetti tra cui Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca, portatori di interesse qualificati;
    alla luce dello stato di emergenza sanitaria conseguente alla drammatica pandemia da Sars-CoV-2 in atto, i suddetti tempi di consultazione pubblica e di confronto tra i tanti portatori di interesse, previsti dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010, rischiano di risultare inadeguati ed estremamente stretti, proprio perché l'attuale stato di emergenza sanitaria sta comportando tra l'altro fortissime restrizioni della normale attività amministrativa, economica, sociale ed individuale, oltre a gravi evidenti ripercussioni sulla salute delle persone, alla tenuta dei posti di lavoro e alla crisi del sistema produttivo;
    attualmente l’iter prevede un dibattito pubblico e quindi una fase successiva che vedrà la partecipazione di enti territoriali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere. Dopodiché saranno necessari almeno 4 anni per costruire il deposito e parco tecnologico;
    in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di Cnai (Carta nazionale delle aree idonee). Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnai, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnai, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;
    le 67 aree potenzialmente idonee individuate per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, sono situate in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, e sono state individuate senza alcuna comunicazione e coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale. La Cnapi individua 8 aree nella regione Piemonte; 24 aree complessive nelle regioni Toscana e Lazio; 17 nelle regioni Basilicata e Puglia, 14 nella regione Sardegna e 4 aree nella regione Sicilia;
    vale peraltro la pena chiedersi se, riguardo alle regioni Sardegna e Sicilia, sia stato preso in debita considerazione il rischio connesso al trasferimento via nave delle scorie radioattive;
    vale ricordare che attualmente il Piemonte, che conta 8 siti potenziali di cui 7 definiti «molto buoni – A1» e 1 definito «buono – A2»: due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria, già oggi è la regione depositaria del maggior numero di scorie radioattive. Se si prendesse come riferimento l'indice di radioattività dei rifiuti (che è alla base delle compensazioni economiche erogate dal Cipe per i comuni sede e confinanti con impianti di questo tipo e che rappresenta l'indicatore internazionalmente utilizzato), per il Piemonte la soluzione di un deposito unico nazionale – alla quale corrisponderebbe il completo recupero ambientale e socioeconomico delle aree che attualmente ospitano i rifiuti radioattivi – rappresenterebbe finalmente un importante miglioramento della situazione esistente: da più di trent'anni, infatti, all'interno dei suoi sei depositi sono stoccati rifiuti i nucleari che arrivano al 74 per cento rispetto all'indicatore di radioattività (circa 2,3 milioni di Gigabequerel, su un totale di circa 3,1 milioni in Italia), quasi totalmente stoccati nell'area Eurex di Saluggia, in una zona esondabile per la contiguità con il letto del fiume Dora Baltea e nei pressi delle falde acquifere che alimentano i pozzi dell'Acquedotto del Monferrato (che eroga il servizio idrico a 107 comuni piemontesi, principalmente delle province di Asti e Alessandria, con una piccola quota di comuni della città metropolitana di Torino);
    una situazione precaria e pericolosa che dura da anni, e simile, seppur in misura maggiore, a quelle tante strutture (circa 20) sparse sul territorio nazionale in cui si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi, a cui solo il deposito nazionale può finalmente porre rimedio. Da qui la necessità ineludibile di realizzare il deposito nazionale per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per prorogare per lo stretto necessario, alla luce della grave pandemia in atto, i tempi attualmente previsti dalla normativa vigente per il dibattito pubblico e il seminario nazionale, anche valutando di prevedere che dette scadenze partano dal termine dello stato di emergenza;

2) a garantire, al netto dell'eventuale suddetta breve proroga dei termini conseguente all'emergenza sanitaria, il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando di ripetere l'atteggiamento, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, colpevolmente dilatorio che ha caratterizzato in questi anni i Governi che si sono succeduti e che non ha consentito l'avvio dell’iter per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;

3) a garantire che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, e comprenda tutta quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;

4) a tenere aggiornate e a informare le Commissioni parlamentari competenti sugli sviluppi dell’iter che porterà all'individuazione del sito per il deposito nazionale e del parco tecnologico, nonché riguardo all'individuazione dei previsti benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

5) a definire e quantificare le risorse e i benefici economici per gli enti e le comunità residenti nel territorio dove sarà localizzato il deposito nazionale;

6) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

7) ad adottare iniziative per chiarire e dare una misurazione oggettiva alla definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, relativamente all'individuazione dell'ubicazione del futuro deposito nazionale e parco tecnologico;

8) ad avviare tutte le iniziative utili, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a definire prima della conclusione dell’iter che dovrà portare all'individuazione del deposito definitivo, risorse, modalità e tempi certi relativamente allo smantellamento, alla messa, in sicurezza, alla bonifica completa e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare;

9) a verificare con Sogin s.p.a. se siano state presi in considerazione nell'elaborazione della Cnapi le aree militari dismesse o in fase di dismissione, o aree destinate a siti produttivi dismessi o in corso di dismissione e, in caso contrario, a richiedere a Sogin s.p.a., senza interrompere o minimamente rallentare l’iter avviato, di effettuare tale verifica, al fine di integrare nella carta eventuali ulteriori siti potenzialmente idonei;

10) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge 314 del 2003, al fine di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i medesimi rifiuti nucleari;

11) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle suddette compensazioni ai territori interessati.
(1-00418) «Prestigiacomo, Cortelazzo, Barelli, Mazzetti, Baldini, Giacometto, Della Frera, Labriola, Polidori, Ruffino, Squeri, Casino, Torromino, Ferraioli, Porchietto».


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, ha demandato alla Sogin spa la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), ossia l'individuazione delle aree con le caratteristiche che corrispondono sia ai criteri di localizzazione definiti dall'ex Ispra, oggi Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, nella guida tecnica n. 29, che ai requisiti indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency);
    la guida tecnica n. 29, «per aree potenzialmente idonee» ha indicato i criteri di esclusione e le caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito attraverso indagini tecniche specifiche e sulla base degli esiti di analisi di sicurezza condotte tenendo conto delle caratteristiche progettuali della struttura del deposito;
    la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) con tutta evidenza deve costituire un percorso condiviso, partecipato e trasparente che porterà a individuare il sito unico a livello nazionale, dove realizzare il deposito nazionale e parco tecnologico;
    il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha elaborato e conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la Carta nazionale, validata da Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) e dai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La sua pubblicazione, è stata autorizzata con il nulla osta ministeriale del 30 dicembre 2020, insieme a quella del progetto preliminare del deposito nazionale e parco tecnologico, attraverso la quale vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella Guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;
    con la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee si è aperta ufficialmente la fase di consultazione pubblica, un primo passo per procedere alla scelta del sito, unico nazionale, idoneo per ospitare il deposito;
    critiche alla definizione dei 67 siti sono state espresse dalle regioni, dai comuni, dalle province nonché da associazioni e comitati, critiche non solo riguardanti le scelte dei siti in elenco ma anche le modalità, i criteri e le procedure nella scelta dei siti;
    inizialmente dal giorno della pubblicazione della stessa erano previsti dall'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, al comma 3, 60 giorni per poter presentare le osservazioni e, dal comma 4 del citato articolo, entro 120 giorni dal termine delle osservazioni si doveva promuovere il seminario nazionale;
    i termini che erano originariamente previsti sono stati portati, attraverso modifiche all'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, con il decreto-legge «milleproroghe», convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2, al comma 3, da sessanta giorni a centottanta giorni e, al comma 4, da centoventi giorni a duecentoquaranta giorni;
    al fine di massimizzare le ricadute socio-economiche, occupazionali e culturali conseguenti alla realizzazione del parco tecnologico, è riconosciuto al territorio circostante il sito un contributo di natura economica. Tale contributo è destinato per il 10 per cento alla provincia o alle provincie nel cui territorio è ubicato il sito, per il 55 per cento al comune nel cui territorio è ubicato il sito e per il 35 per cento ai comuni limitrofi in un'area compresa nei 25 chilometri dal sito destinato a tale parco;
    per le persone residenti e le imprese operanti all'interno di un'area ricompresa entro i 20 chilometri dal centro dell'edificio del deposito saranno gli enti locali a dover riversare una percentuale di quanto avuto come beneficio attraverso una corrispondente riduzione del tributo comunale sui rifiuti o altre misure analoghe;
    dalla lettura della Cnapi, redatta dalla Sogin, si intravedono delle incongruenze che si riferiscono al metodo utilizzato per individuare i 67 siti, con una interpretazione dei criteri definiti da Isin, tenuto conto che sono indicati siti riconosciuti come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, ma anche siti di pregio agricolo o ad alto rischio sismico;
    desta perplessità, nonché dubbi di trasparenza, l'aver inserito tra i criteri di valutazione quello della distanza autostradale e ferroviaria che ha avuto come conseguenza, ad esempio, l'inserimento nella Cnapi di numerosi siti idonei in Piemonte, che conta 8 siti di cui 7 classificati A1, quindi molto buoni, e 1 classificato A2, quindi buono, due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria che conquista il «primato» con sei siti dei quali cinque in fascia A1;
    Sogin non ha, inoltre, ritenuto di prendere in considerazione candidature di comuni che hanno dato la disponibilità a realizzare nel proprio territorio il sito unico, per il solo fatto che non figurano nell'elenco predisposto, mentre sarebbe auspicabile nel percorso partecipativo prendere in considerazione comuni e comunità locali che fossero disponibili ad accogliere il sito sul proprio territorio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire la piena trasparenza sia nei criteri che nelle procedure di individuazione del sito sul quale sarà realizzato il deposito nazionale e l'annesso parco tecnologico;

2) ad adottare iniziative per chiarire e fornire una chiara indicazione su cosa si intenda per adeguata distanza dai centri abitati, al fine della individuazione trasparente dell'ubicazione del deposito nazionale e parco tecnologico;

3) ad adottare iniziative per valutare le candidature da parte di amministrazioni comunali per la realizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico anche non presenti nella Cnapi qualora in possesso di requisiti e caratteristiche che le rendono idonee e, a tal fine, a prevedere la possibilità di integrazione e aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

4) ad escludere dalla lista della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee le aree di alto pregio agricolo, quelle definite dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità» nonché le zone di rispetto (buffer zone), dei siti Unesco;

5) ad adottare iniziative per inserire, nei parametri di valutazione ai fini dell'individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico, l'indice di pressione ambientale calcolato a livello dei comuni nel raggio di 20 chilometri;

6) ad adottare iniziative per escludere dai criteri per l'individuazione delle aree potenzialmente idonee il criterio della distanza autostradale e ferroviaria;

7) ad informare dettagliatamente i cittadini e le competenti commissioni parlamentari sui criteri e sulle procedure adottate per la definizione dei 67 siti inseriti nella Cnapi nonché a pubblicare sul sito della Sogin tutta la documentazione acquisita al fine di definire la lista dei 67 siti pubblicata il 5 gennaio 2021.
(1-00429) «Fornaro, Bersani, Conte, De Lorenzo, Epifani, Fassina, Palazzotto, Pastorino, Stumpo».


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010 ha stabilito la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree, potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a.;
    il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane dismesse e dalle attività industriali e sanitarie prodotti nel nostro Paese;
    il deposito nazionale e il parco tecnologico dovranno essere realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 destinati al deposito e 40 al parco;
    con decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica) del 30 dicembre 2020, la Sogin s.p.a. ha pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;
    la Cnapi comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;
    la procedura per l'individuazione dell'area dove sarà realizzato il deposito nazionale prevede un dibattito pubblico e successivamente un seminario nazionale al quale parteciperanno gli enti territoriali, associazioni di categoria, sindacali, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefìci economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;
    in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di una nuova Cnapi. Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnapi, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnapi, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;
    a tal proposito, si ricorda che l'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, al comma 3, stabiliva in 60 giorni il tempo massimo per poter presentare le osservazioni, mentre il comma 4 stabiliva che entro 120 giorni dal termine delle osservazioni si doveva promuovere il seminario nazionale;
    questi termini sono stati prorogati, attraverso modifiche apportate all'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, con il decreto-legge «milleproroghe», convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2, passando da sessanta giorni a centottanta giorni per presentare le osservazioni e da centoventi giorni a duecentoquaranta giorni per il promuovere il seminario nazionale;
    lo smaltimento in sicurezza dei nostri rifiuti radioattivi è fondamentale per mettere la parola fine alla stagione del nucleare italiano e per gestire i rifiuti di origine medica, industriale e della ricerca che produciamo ancora oggi. La partita è aperta da tempo, non è semplice, ma è urgente trovare una soluzione, visto che questi rifiuti sono da decenni in tanti depositi temporanei disseminati in tutta Italia;
    fin dal 2015 è stato più volte denunciato, dalle associazioni ambientaliste il ritardo da parte dei Ministeri competenti nella pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Ora è necessario che si attivi un vero percorso partecipato, che è mancato finora, per individuare l'area in cui realizzare un unico deposito nazionale, che ospiti esclusivamente le nostre scorie di bassa e media intensità, che l'Italia continua a produrre, mentre i rifiuti ad alta attività, lascito delle centrali ormai spente grazie al referendum che vide la vittoria del fronte contrario al nucleare nel 1987, devono essere collocate in un deposito europeo, deciso a livello dell'Unione, su cui è urgente trovare un accordo;
    già nel 1999 con il dossier «L'eredità radioattiva» di Legambiente era stato evidenziato come la stagione del nucleare italiano non fosse finita, alla luce della pesante eredità delle scorie nucleari collocate in depositi temporanei situati in aree assolutamente inidonee e delle operazioni di smantellamento e bonifica delle vecchie centrali ancora da completare. Per questo nel passato l'associazione ambientalista ha più volte ricordato come il problema degli attuali siti nucleari a rischio non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti ma individuando, con trasparenza e oggettività, il sito per una diversa e sicura collocazione di tutti i materiali radioattivi presenti in quelle aree. Il Deposito nazionale (che secondo il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dovrà essere realizzato entro il 2025) sarà inoltre funzionale allo smantellamento e alla bonifica delle vecchie centrali nucleari ancora presenti sul territorio nazionale e per gestire i rifiuti prodotti annualmente negli ospedali, dall'industria e dai centri di ricerca;
    tutti ricordano quello che successe nel 2003 quando l'allora commissario della Sogin e il Governo Berlusconi scelsero, con un colpo di mano e senza fare indagini puntuali, il sito di Scanzano Jonico in Basilicata che, dopo le sollevazioni popolari, fu ritirato. Si tratta di un'esperienza davvero terribile da non ripetere. La pubblicazione della Cnapi è solo il primo passo. È infatti evidente che i troppi ritardi e la poca chiarezza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso, rischiano di far partire il tutto con il piede sbagliato;
    è oramai urgente e necessario avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso col territorio che coinvolga i cittadini, le associazioni, le amministrazioni locali e la comunità scientifica, a partire dalle informazioni contenute nella Cnapi;
    emerge, inoltre, un aspetto che andrebbe corretto, che è quello di aver affidato alla Sogin, che appare non adatta, lo svolgimento di questa consultazione pubblica;
    oltre alla realizzazione della Cnapi sarebbe importante realizzare una mappatura dettagliata dei territori, anche in forma digitale, colpiti dagli ecoreati, quali ad esempio il traffico illecito di rifiuti e gli incendi dolosi che, a dispetto di qualsiasi criterio di tutela della sicurezza, dell'ambiente e della salute, continuano ad essere in mano alle ecomafie;
    la consultazione pubblica si dovrebbe svolgere tenendo presente questi princìpi:
     a) chiarezza: gli obiettivi della consultazione, così come l'oggetto, i destinatari, i ruoli e i metodi devono essere definiti chiaramente prima dell'avvio della consultazione; al fine di favorire una partecipazione la più informata possibile, il processo di consultazione, deve essere corredato da informazioni pertinenti, complete e facili da comprendere anche per chi non possiede le competenze tecniche;
     b) imparzialità: la consultazione pubblica deve essere progettata e realizzata garantendo l'imparzialità del processo in modo tale da perseguire l'interesse generale;
     c) inclusione: l'amministrazione pubblica deve garantire che la partecipazione al processo di consultazione sia il più possibile accessibile, inclusiva e aperta, assicurando uguale possibilità di partecipare a tutte le persone interessate;
     d) tempestività: la consultazione, in quanto parte di un processo decisionale più ampio, deve dare ai partecipanti la possibilità effettiva di concorrere a determinare la decisione finale; pertanto deve essere condotta nelle fasi in cui i differenti punti di vista siano ancora in discussione e sussistano le condizioni per cui diversi approcci alla materia in oggetto possano essere presi in considerazione;
    per tutto questo la consultazione pubblica deve garantire la completezza e facilità di comprensione anche a chi non possiede le competenze tecniche, posto che le informazioni messe a disposizione del pubblico in via telematica consistono in elaborati di progetto e disegni tecnici altamente specialistici (oltre 230 documenti per il deposito nazionale e più di 100 per la Cnapi) e che, qualora si desiderasse prendere visione di documenti più dettagliati, questi sono disponibili solo in cinque località distanti centinaia di chilometri dai comuni interessati come è il caso di quelli della Sardegna, Sicilia, Basilicata e Puglia, peraltro in costanza di divieto di spostamenti interregionali per l'emergenza Covid-19;
    sembra difficile che possa essere rispettato il principio dell'imparzialità, quando a gestire la consultazione pubblica è la stessa società che ha redatto il progetto preliminare del deposito, essendo già investita della sua realizzazione e gestione, nonché della somministrazione dei benefìci economici previsti per le comunità che ospiteranno il deposito;
    oggi, dopo aver perso sei preziosi anni che si sarebbero potuti impiegare per informare la popolazione, viene chiesto di esprimere le osservazioni su una mole di documenti impressionante in poco tempo e per di più in presenza di una ridotta agibilità sociale dovuta alle misure anti Covid-19,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire sia la piena partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, compresi le associazioni ambientaliste, gli enti parchi nazionali e regionali presenti nei territori interessati, le associazioni di cittadini presenti nei territori interessati nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, prevedendo che possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin s.p.a. appositamente indicato, sia la trasparenza attraverso nuovi criteri e nuove procedure di individuazione del sito sul quale saranno realizzati il deposito nazionale e l'annesso parco tecnologico;

2) ad informare dettagliatamente i cittadini e le competenti Commissioni parlamentari nonché a pubblicare sul sito della Sogin e dei Ministeri competenti tutta la documentazione acquisita, compresi gli esiti della consultazione pubblica e del dibattito pubblico.
(1-00440) «Muroni, Fioramonti, Fusacchia, Cecconi, Lombardo, Schullian».


   La Camera,
   premesso che:
    dal lontano 1987, anno in cui a seguito del referendum fu stabilita la chiusura dei quattro siti nucleari presenti sul territorio nazionale, ma in realtà sin dalla realizzazione degli impianti, il nostro Paese si porta dietro l'annosa questione dell'individuazione di un sito idoneo alla sistemazione definitiva delle scorie nucleari almeno in riferimento ai rifiuti a molto bassa e bassa radioattività;
    l'abbandono dell'esperienza legata alla produzione di energia elettrica da energia nucleare non ha infatti risolto in re ipsa il problema dello stoccaggio del materiale radioattivo precedentemente trattato negli impianti;
    a tale pesante eredità, con cui tuttora da anni sono chiamate a fare i conti le comunità territoriali interessate dalla presenza delle ex centrali e degli altri impianti, devono essere aggiunte la fisiologica produzione di materiale radioattivo proveniente da attività mediche, industriali e di ricerca, sebbene queste ultime all'evidenza presentino minori criticità di impatto ambientale e sulla salute dei cittadini in relazione ai minori tempi di decadimento della loro radioattività, al netto di taluni materiali provenienti dalla ricerca, nonché quello proveniente dalla bonifica dei siti oggetto di contaminazioni accidentali;
    si prospetta dunque non solo l'opportunità, bensì la necessità, di affrontare congiuntamente problemi risalenti quanto futuri;
    il procedimento per l'individuazione del sito unico per il deposito dei rifiuti radioattivi, nonché per la localizzazione del parco tecnologico muove i passi da lontano, almeno per quel che riguarda l'individuazione di un sito di smaltimento superficiale per i rifiuti;
    risale al 2014 la guida tecnica n. 29 emanata dall'Ispra, recante «criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», sottoposta ad un processo di revisione internazionale da parte della IAEA, nonché a una fase di consultazione degli enti e degli organismi tecnici nazionali interessati;
    nel 2015, la So.g.i.n. S.p.a. (Società gestione impianti nucleari) quale soggetto responsabile degli impianti a fine vita, del mantenimento in sicurezza degli stessi, nonché della realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico, ha trasmesso all'Ispra (oggi Isin) la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari incluso in un parco tecnologico;
    come noto, l'Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) è stato istituito nel 2014, quale Autorità nazionale di regolazione tecnica in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione, indipendente ai sensi delle direttive 2009/71/Euratom e 2011/70/Euratom, assumendo le competenze della soppressa Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare, istituita nel 2009 e mai divenuta operativa (competenze medio tempore trasferite a Ispra). Lo stesso Isin è divenuto pienamente operativo solo nel gennaio 2019;
    la proposta di Cnapi è stata più volte aggiornata dalla So.g.i.n. s.p.a. e l'Isin ha validato i risultati cartografici e verificato la coerenza degli stessi con i criteri di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni;
    nel frattempo, in attuazione degli articoli 7 e 8 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno congiuntamente avviato la procedura per la predisposizione di un programma nazionale contenente una panoramica programmatica della politica italiana di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, nell'ambito della quale è stata svolta, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche la procedura di valutazione ambientale strategica (Vas), con la relativa consultazione pubblica e transfrontaliera, e che nell'ambito di tale programma è stato dato un ruolo centrale alla realizzazione del su citato deposito nazionale;
    come noto, nel 2019, è stato approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;
    le ultime proposte di Cnapi (rev.08 e rev.09), complete dei risultati di ulteriori aggiornamenti, sono state presentate dalla So.g.i.n. S.p.a. nel mese di gennaio 2020 e sono state entrambe validate dall'Isin, con nota del 5 marzo 2020;
    espletati gli adempimenti previsti all'articolo 27, comma 1-bis, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, connessi alla validazione dei risultati cartografici e alla verifica della coerenza degli stessi con i criteri predisposti dall'Aiea e dall'Agenzia per la sicurezza nucleare, la Sogin ha ricevuto il 30 dicembre 2020 da parte del Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il nulla osta alla pubblicazione sul proprio sito internet della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del parco tecnologico e del progetto preliminare proposto;
    a tale riguardo, va evidenziato che tale provvedimento di nulla osta, che ha interessato i due dicasteri sopra menzionati, è stato opportunamente assunto congiuntamente, pur in costanza di diversi profili di competenza, ed ha consentito la pubblicazione della documentazione tecnica fino ad allora secretata da parte di Sogin s.p.a. e resa accessibile, ai fini dell'avvio della consultazione pubblica, solo dopo essere stata opportunamente verificata;
    il 5 gennaio 2021 è – come noto – avvenuta la pubblicazione della menzionata Cnapi dando così il via alla fase di consultazione pubblica nel pieno rispetto del procedimento disciplinato dal predetto decreto basato sul coinvolgimento di amministrazioni locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca e cittadini al fine di garantire non solo la massima condivisione delle informazioni e delle decisioni ma anche di giungere a una soluzione concordata con il territorio;
    si tratta di un passaggio fondamentale non solo verso la sistemazione definitiva di rifiuti radioattivi italiani di media e bassa attività e ad oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, ma anche di un atto di trasparenza circa le scelte e il coinvolgimento delle comunità locali per scongiurare l'instaurarsi di un clima di contrapposizione e mobilitazione popolare che coinvolse tutto il sud in più di un'occasione: nel 2003, allorché in Basilicata la cittadinanza si oppose alla volontà del Governo di centrodestra di collocare a Scanzano jonico un deposito di profondità dei rifiuti nucleari delle centrali italiane in via di smantellamento e nel 2011 allorché in Sardegna il 97 per cento dei cittadini espresse, nel corso di un referendum regionale consultivo, il proprio «no» all'installazione di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive, portando i governi dell'epoca a cedere e rinviare il problema;
    l'importanza di coinvolgere le comunità locali nella fase iniziale del processo decisionale è tanto più rilevante nei territori ad alta vocazione agricola e turistica, interessati negli ultimi anni dalla realizzazione di impianti e infrastrutture che hanno registrato un forte dissenso da parte dei cittadini e delle stesse amministrazioni locali, e nei quali sono state individuate numerose aree potenzialmente idonee ad accogliere il deposito nazionale, come il caso della provincia di Viterbo, con 22 siti potenzialmente idonei su 67 totali. Un territorio, quello dell'alta Tuscia, che presenta note criticità dal punto di vista geologico e un delicato equilibrio idrogeologico, e interessato nel 1971 da un terremoto (di magnitudo prossima a 5.0) le cui origini e caratteristiche sismologiche devono essere ancora chiarite;
    è bene ricordare che il lavoro congiunto portato avanti dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla Cnapi testimonia non solo la forte assunzione di responsabilità da parte del Governo sul tema della gestione dei rifiuti radioattivi, ma si pone, altresì, come obiettivo la risoluzione di una procedura di infrazione europea a carico dell'Italia;
    infatti, 30 ottobre 2020, è stata aperta dall'Unione europea nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione 2020/2266 (messa in mora ex articolo 258 Tfue) per la «mancata osservanza da parte dell'Italia di alcune disposizioni della direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio con riferimento al programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi»;
    la predetta procedura 2020/2266 del 30 ottobre 2020 fa seguito alla procedura n. 2018/2021 aperta sulla medesima direttiva (messa in mora ex articolo 258 Tfue) per la «non corretta trasposizione della direttiva 2011/70/EURATOM che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi»;
    appare dunque necessario affrontare la questione del deposito nazionale per porre fine ai problemi legati alla produzione dei rifiuti radioattivi prodotti attualmente dalla sanità e dall'industria e per risolvere definitivamente la situazione precaria dei 19 siti temporanei di stoccaggio attualmente presenti sul territorio, oltre che per allineare la normativa nazionale alle disposizioni europee pena la conferma del procedimento di infrazione che comporterebbe ingenti multe da pagare oltre alle ingenti somme, già in carico agli utenti, per lo stoccaggio temporaneo in altri Paesi europei delle scorie radioattive ad alta intensità;
    va ricordato che i depositi temporanei presenti nelle installazioni nucleari attualmente in fase di smantellamento hanno una vita di progetto di circa 50 anni, in conformità alla specifica normativa tecnica nazionale ed internazionale in materia, volta alla garanzia della sicurezza dei depositi stessi, riguardo ai lavoratori, alla popolazione e all'ambiente. Tali depositi, sottoposti a periodici interventi di manutenzione e al termine della vita di progetto, stanno esaurendo le loro capacità ricettive e non possono più garantire l'isolamento dei rifiuti radioattivi dall'ambiente fino al decadimento della radioattività a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell'uomo e per l'ambiente;
    peraltro, l'accelerazione dei costi di decommissioning è – come noto – in grado di contenere i costi della gestione dei rifiuti nucleari;
    a tale riguardo si considerino le situazioni legate ai siti Saluggia (Vercelli) e le criticità connesse al sito di Itrec di Rotondella in provincia di Matera e al sito ex Cemerad di Statte (TA), ove a causa della carenza di risorse economiche non è stato possibile proseguire il servizio di vigilanza armata e stipulare l'atto integrativo tra il Commissario Straordinario e la So.g.i.n. S.p.a. per procedere alla rimozione dei fusti rimanenti e alla bonifica dell'area;
    nella Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, viene sottolineata l'importanza di garantire idonei strumenti di partecipazione del pubblico nella fase iniziale del procedimento, quando la partecipazione può avere un'influenza effettiva nel processo decisionale;
    in sede di conversione del decreto-legge cosiddetto Milleproroghe (decreto-legge n. 183 del 2020) sono state introdotte modifiche alla disciplina della consultazione pubblica di cui al citato articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010 al fine di differire il termine per la formulazione di osservazioni sulla proposta di Carta nazionale da parte delle regioni, degli enti locali e dei soggetti portatori di interessi qualificati, nonché il termine entro il quale la Sogin spa promuove il Seminario nazionale. È rimasto, tuttavia, invariato l'ulteriore termine di trenta giorni per presentare osservazioni all'esito del Seminario, nel corso del quale sono approfonditi tutti gli aspetti tecnici relativi al Parco tecnologico e gli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente,

impegna il Governo:

1) ad assicurare che tutte le fasi procedimentali in cui si articola la scelta dei siti idonei e l'individuazione del sito ove ubicare il Parco tecnologico siano caratterizzate dalla massima ed effettiva concertazione e condivisione con i territori e le comunità locali interessate, nel rispetto dei principi di trasparenza, leale collaborazione e cooperazione istituzionale;

2) a prevedere la puntuale informazione del Parlamento sull'attività svolta nelle diverse fasi in cui si articola la procedura di individuazione del deposito nazionale, con particolare riferimento all'aggiornamento e successiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee, alle intese raggiunte con le regioni interessate e gli enti locali coinvolti, nonché alla corretta esecuzione delle fasi di chiusura e post chiusura dell'impianto nel rispetto delle prescrizioni emesse nel «periodo di controllo istituzionale», presentando a tal fine una relazione annuale alle Camere;

3) a provvedere alla pubblicazione sui siti istituzionali dei Ministeri coinvolti, della Sogin s.p.a., dell'Isin e sul sito dedicato depositonazionale.it di ogni documentazione ed informazione utile in merito al procedimento, dando particolare evidenza alle tempistiche relative agli strumenti di partecipazione e alle fasi decisionali, nonché ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché gli enti locali e le regioni individuate nella Cnapi rendano disponibili sui propri siti istituzionali, in una parte chiaramente identificabile della sezione «Amministrazione trasparente», il collegamento ipertestuale ai predetti siti, assicurando la qualità delle informazioni secondo i criteri indicati dal decreto legislativo n. 33 del 2013;

4) a garantire che la consultazione pubblica e lo svolgimento del Seminario nazionale avvengano con modalità che consentano la massima accessibilità e partecipazione ai lavori, assumendo, altresì, iniziative, anche normative, per disporre l'ampliamento dei termini per presentare osservazioni all'esito del Seminario nazionale;

5) ad adottare iniziative per prevedere che la consultazione pubblica sia estesa a tutti i soggetti, portatori di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, a prescindere dalla necessità di dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, come previsto per le consultazioni nei procedimenti di Via/Vas;

6) ad adottare iniziative per prevedere che al Seminario pubblico possano partecipare anche i comuni non direttamente interessati ma comunque limitrofi rispetto alle aree individuate come potenzialmente idonee, che ne facciano richiesta, nonché le associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, così come i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati e i soggetti portatori di interessi pubblici o privati che abbiano presentato richiesta di partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;

7) in un'ottica di trasparenza e leale collaborazione istituzionale, ad adottare iniziative per dare adeguata pubblicità ai criteri oggettivi e univoci in ordine alla quantificazione e alle modalità di assegnazione delle compensazioni economiche ed ambientali agli enti locali interessati, prevedendo che i relativi contributi economici siano prioritariamente finalizzati ad interventi di riqualificazione dei contesti urbani ed ambientali;

8) ad assicurare che i criteri di esclusione e approfondimento siano puntualmente esaminati e verificati in modo da garantire la massima sicurezza del sito che risulterà idoneo;

9) ad adottare iniziative per ampliare ulteriormente i parametri di sicurezza finalizzati alla localizzazione, costruzione e gestione del deposito e, a tal fine:
   a) ad avvalersi delle strutture universitarie competenti per i territori implicati e ad adottare i più moderni metodi e strumenti di conoscenza multidisciplinari del territorio, per le successive fasi esplorative contemplate nei criteri di approfondimento, riguardanti i siti che saranno scelti per la Cnai;
   b) a prevedere uno ietogramma di progetto quanto più cautelativo possibile, con piogge di progetto notevolmente incrementate in modo da resistere ad eventi meteoclimatici molto estremi, non ancora storicamente noti o statisticamente prevedibili;
   c) ad adottare strutture antisismiche per il deposito molto più cautelative di quelle previste dalle più rigorose norme vigenti per impianti nucleari;

10) a prevedere l'istituzione di un apposito osservatorio finalizzato a garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza alle prescrizioni tecniche a cui sarà soggetto il deposito nazionale indicate in fase di istruttoria;

11) ad adottare iniziative per prevedere che, contestualmente all'istanza per il rilascio dell'autorizzazione unica, sia presentata anche l'istanza finalizzata all'avvio della valutazione di impatto sanitario (Vis) predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministero della salute del 27 marzo 2019;

12) ad adottare iniziative per assicurare sufficienti risorse affinché l'Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) sia messo nelle condizioni di svolgere al meglio i propri compiti istituzionali, tecnici e di vigilanza connessi al deposito nazionale, affinché non sia pregiudicata la capacità operativa e di vigilanza del suddetto ente, anche in prospettiva dei lavori dei prossimi anni, provvedendo, altresì, ad aggiornare la normativa di riferimento, e in particolare il decreto legislativo n. 31 del 2010, al fine di tener conto delle modifiche intervenute nella individuazione dell'Isin quale Autorità competente, subentrata all'Agenzia per la sicurezza nucleare;

13) ad assumere iniziative affinché contestualmente alla localizzazione e alla realizzazione del deposito unico sia affrontato il tema delle «sorgenti orfane» rinvenute in diversi luoghi e contenute in diverse tipologie di rifiuti, anche abbandonati, che sono potenzialmente in grado di arrecare gravi danni alla salute di lavoratori e comunità residenti;

14) ad adottare senza ritardo i decreti attuativi in applicazione della normativa vigente, con specifico riferimento al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, garantendo il necessario coordinamento dei soggetti chiamati ad assumere i provvedimenti;

15) ad adottare quanto prima, in attesa dell'individuazione del deposito unico, idonee iniziative per garantire sotto il profilo tecnico e finanziario la messa in sicurezza e la gestione dei siti che presentano criticità nel territorio nazionale, verificando altresì la necessità di stanziare ulteriori fondi da destinare al commissario straordinario per l'attuazione degli interventi nel deposito ex Cemerad di cui in premessa, affinché si proceda alla rimozione dei fusti rimanenti mediante la sottoscrizione dell'atto integrativo con So.g.i.n. s.p.a.
(1-00441) «Vianello, Cillis, Davide Crippa, Maraia, Sut, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Licatini, Micillo, Terzoni, Traversi, Varrica, Vignaroli, Zolezzi, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Scanu».


   La Camera,
   premesso che:
    attualmente i rifiuti radioattivi presenti in Italia sono stoccati in una ventina di siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;
    sono diversi i centri che producono e detengono rifiuti radioattivi. Molti di questi, come gli ospedali, ne trattengono la maggior parte fino al loro completo decadimento, per poi smaltirli come rifiuti convenzionali o speciali. La restante parte viene conferita agli operatori del servizio integrato – il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti radioattivi sanitari e industriali – che provvedono a gestirli nei propri depositi temporanei in attesa del conferimento al deposito nazionale;
    oltre ai depositi del servizio integrato, sono presenti in Italia altre strutture di stoccaggio (all'interno di installazioni nucleari in smantellamento o di impianti di ricerca nucleare) che detengono rifiuti radioattivi da conferire al deposito nazionale: 4 centrali nucleari in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca Ccr Ispra-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (CCR Ispra, Enea Casaccia, deposito Avogadro, LivaNova Cesnef (Centro energia e studi nucleari Enrico Fermi, Università di Pavia, Università Palermo); 3 centri del servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del servizio integrato non più attivo (Camerad);
    i rifiuti radioattivi non possono però essere smaltiti nei depositi già presenti presso gli impianti nucleari italiani in dismissione, poiché i siti che ospitano i depositi temporanei non sono geologicamente adatti alla sistemazione definitiva dei rifiuti. Inoltre, le strutture di deposito presenti nelle installazioni nucleari italiane, attualmente in fase di smantellamento, sono progettate per gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi per un periodo che non copre l'intero tempo di decadimento della radioattività in essi contenuta;
    per la sistemazione definitiva è invece necessario un deposito dotato di barriere multiple, in grado di assicurare l'isolamento della radioattività per almeno 300 anni;
    il deposito nazionale è un'infrastruttura ambientale di superficie destinata alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia, generati dall'esercizio e dallo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari, dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca; sarà costituito dalle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio di lungo periodo dei rifiuti a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico, idoneo alla loro sistemazione definitiva;
    insieme al deposito nazionale sarà realizzato il parco tecnologico: un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile;
    l'infrastruttura, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard della Iaea (International Atomic Energy Agency dell'Onu), comprensiva delle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti a molto bassa e bassa attività, lo stoccaggio dei rifiuti a media e alta attività, le strutture ausiliarie e il parco tecnologico, sarà costruita all'interno di un'area che occuperà complessivamente circa 150 ettari, di cui 40 dedicati al parco tecnologico;
    nel deposito nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 95.000 metri cubi di rifiuti radioattivi. Di questi, circa 78.000 metri cubi sono rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell'arco di 300 anni; di questi rifiuti, circa 50.000 metri cubi derivano dall'esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell'industria. Sul totale di circa 78.000 metri cubi, circa 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti circa 45.000 metri cubi verranno prodotti in futuro. Inoltre, nel deposito nazionale sarà compreso anche il complesso stoccaggio Alta attività (Csa), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 m3 di rifiuti a media e alta attività;
    l'investimento complessivo di circa 900 milioni di euro per la realizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico sarà finanziato dalla componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica. La parte di investimento relativa ai rifiuti medicali, industriali e di ricerca, sarà anticipata e poi restituita all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) attraverso i ricavi generati dall'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico. Per i rifiuti derivanti dalla produzione di energia elettrica, invece, è previsto che il costo sia direttamente sostenuto dall'utente elettrico, come avviene per lo smantellamento delle installazioni nucleari. Anche i costi di esercizio del deposito nazionale, per la quota parte relativa alla sistemazione dei rifiuti derivanti dalle installazioni nucleari, saranno finanziati mediante la componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica, mentre per la gestione degli altri rifiuti il finanziamento avverrà attraverso una tariffa di conferimento, che i produttori privati corrisponderanno all'esercente del deposito per lo smaltimento dei loro rifiuti. Per quanto riguarda il parco tecnologico, a seconda delle attività, si prevedono due diversi modelli di finanziamento: per i progetti di ricerca e sviluppo legati alle attività di decommissioning e alla gestione dei rifiuti radioattivi si attingerà direttamente a una minima quota della componente A2RIM della bolletta elettrica, mentre per l'attivazione degli altri progetti si ipotizzano diverse fonti di finanziamento, sia pubbliche sia private;
    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, norma l’iter di localizzazione, costruzione ed esercizio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico che permetteranno di dare sistemazione definitiva ai rifiuti radioattivi italiani;
    la Sogin la Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, che ai sensi degli articoli 25, 26 e 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, è il soggetto responsabile della localizzazione, realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico, ha pubblicato sul sito internet depositonazionale.it il 5 gennaio 2021, la Carta nazionale aree potenzialmente idonee (Cnapi), l'ordine di idoneità delle aree identificate sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali, il progetto preliminare e la relativa documentazione, avviando così la fase di consultazione pubblica;
    la proposta di Cnapi, è stata predisposta dalla Sogin a partire dal giugno 2014 e trasmessa all'organismo di vigilanza e controllo il 2 gennaio 2015, sulla base dei criteri definiti dall'Ispra nella guida tecnica n. 29, pubblicata il 4 giugno 2014;
    le aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale sono infatti il risultato di un complesso processo di selezione su scala nazionale svolto in conformità ai criteri di localizzazione stabiliti nella guida tecnica n. 29 e ai requisiti indicati nelle linee-guida della Iaea (International Atomic Energy Agency);
    tali caratteristiche favorevoli si determinano sulla base di: 15 criteri di esclusione (CE), per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza a tutela dell'uomo e dell'ambiente; 13 criteri di approfondimento (CA), per valutare in dettaglio le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione. Questi criteri verranno poi utilizzati anche per la pianificazione delle indagini tecniche di caratterizzazione nelle aree oggetto d'intesa;
    i criteri elaborati rappresentano un insieme di requisiti fondamentali e di elementi di valutazione per arrivare, con un livello di dettaglio progressivo, all'individuazione delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale, che garantiscano l'integrità e la sicurezza nel tempo del deposito nazionale;
    la Cnapi identifica 67 aree potenzialmente idonee dislocate in 7 regioni: 22 nel Lazio, 14 in Basilicata e in Sardegna, 8 in Piemonte, 4 in Sicilia, 3 in Puglia e 2 in Toscana; le aree sono pubblicate secondo un ordine di idoneità determinato sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali emerse nell'applicazione dei diversi criteri;
    la Cnapi è stata sottoposta a classifica di segretezza a livello «riservato» nel dicembre del 2014 sulla base della normativa di riferimento e, in particolare, dell'articolo 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni e integrazioni, «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 luglio 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del Segreto di Stato e delle informazioni classificate», abrogato e sostituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 novembre 2015, n. 5, e successive modificazioni e integrazioni, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva», finalizzata ad impedire che l'eventuale divulgazione non autorizzata di informazioni potesse causare danno alla sicurezza della Repubblica;
    con la pubblicazione della Cnapi, di cui è stato anche dato contestualmente avviso su cinque quotidiani a diffusione nazionale è stata quindi avviata la procedura di consultazione pubblica, prevista dalla legge;
    si rammenta che la Cnap è una Carta che identifica le aree «potenzialmente» idonee, rimandando ad un iter condiviso e partecipato che porterà a individuare il sito unico a livello nazionale dove realizzare il deposito nazionale e parco tecnologico;
    il decreto legislativo n. 31 del 2010, come modificato dall'articolo 12-bis del decreto-legge cosiddetto «Milleproroghe» n. 183 del 2020 prevede, allo stato, una fase di consultazione pubblica della durata di 180 giorni, decorrente dalla pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del parco tecnologico annesso al deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, durante la quale tutti i soggetti portatori di interessi qualificati – partendo dal singolo cittadino fino alle Associazioni organizzate e alle Istituzioni sia nazionali, che regionali e locali – hanno la possibilità di formulare osservazioni e proposte tecniche;
    tutte le attività inerenti alla Consultazione pubblica sono svolte in conformità alle norme del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e nel rispetto dei principi e delle previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo, nonché della direttiva n. 2 del 2017 della Presidenza del Consiglio dei ministri – Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione recante le linee guida per la consultazione pubblica in Italia;
    entro 240 giorni dalla medesima pubblicazione, Sogin promuove il seminario nazionale al quale sono invitati a partecipare tutti i portatori di interesse qualificati indicati dal decreto legislativo n. 31 del 2010, per approfondire gli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, alla rispondenza delle aree individuate ai requisiti della Guida Tecnica n. 29 emessa dall'ente di controllo, agli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente e i possibili benefici economici e di sviluppo territoriali connessi alla realizzazione dell'opera;
    nei 30 giorni successivi al seminario verranno raccolte le ulteriori osservazioni trasmesse formalmente a Sogin e al Ministero dello sviluppo economico. Nei successivi 60 giorni, Sogin redige la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) e la trasmette al Ministero dello sviluppo economico. Una volta pubblicata la Cnai, le regioni e gli enti locali, nei cui territori ricadono le aree idonee, potranno esprimere manifestazioni di interesse, volontarie e non vincolanti, per proseguire l’iter di localizzazione. La procedura prevista prevede, infatti, passaggi di confronto territoriale, con l'eventuale avvio di trattative bilaterali e garantendo il massimo livello di coinvolgimento istituzionale per giungere a una soluzione condivisa;
    per la prima volta in Italia la localizzazione di una grande opera avviene mediante una procedura di dibattito pubblico che, per legge, è basata su un processo di coinvolgimento dei territori con l'obiettivo di arrivare a una soluzione condivisa con le comunità locali attraverso un processo incentrato sui principi dell'informazione, della trasparenza e del coinvolgimento;
    diversamente da quanto accade all'estero non esiste ancora in Italia una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi derivanti dai vari settori di produzione. Il deposito nazionale consentirà quindi all'Italia di allinearsi ai Paesi europei che dispongono di depositi analoghi, o che li stanno costruendo, come richiesto dalla normativa comunitaria. La sua disponibilità permetterà, infatti, di sistemare definitivamente i rifiuti prodotti dalle installazioni nucleari e di chiudere così il ciclo nucleare italiano, con la restituzione dei siti privi di ogni vincolo radiologico alle comunità locali per altri usi;
    l'infrastruttura consentirà, inoltre, la sistemazione in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi prodotti, compresi quelli che quotidianamente si continuano a produrre nei settori dell'industria, della medicina e della ricerca, attualmente stoccati in depositi temporanei distribuiti in decine di siti a livello nazionale;
    il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un'unica struttura darà perciò luogo a una loro gestione in sicurezza più razionale, efficiente ed economica e consentirà la conclusione del decommissioning degli impianti nucleari, rilasciando i siti privi da vincoli di natura radiologica;
    la disponibilità del deposito nazionale permetterà, inoltre, in base ai contratti vigenti con gli operatori francese Orano e inglese Nda, il rientro dei residui da riprocessamento del combustibile nucleare esaurito inviato in Francia e Regno Unito. Tali residui saranno conferiti temporaneamente all'area per l’interim storage dei rifiuti a media e alta attività del deposito nazionale, denominata Csa, Complesso stoccaggio alta attività, evitandone i cospicui costi di stoccaggio all'estero;
    il 17 maggio 2018 l'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia dell'Unione europea per la mancata adozione del programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi ed il 30 ottobre 2020 ha ricevuto una lettera di costituzione in mora per non aver adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi conforme ai requisiti della direttiva per la gestione dei combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;
    la pubblicazione della Cnapi, ed il conseguente avvio della consultazione pubblica, è frutto di un lavoro congiunto dei due Ministeri competenti, supportato dagli enti tecnici, che testimonia la forte assunzione di responsabilità da parte del Governo su un tema delicato come quello della gestione dei rifiuti radioattivi, rimandato per troppi anni,

impegna il Governo:

1) a favorire il massimo grado di coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni, delle associazioni e dei portatori di interesse durante la cadenzata fase delle consultazioni, prevedendo anche la possibilità di una maggiore flessibilità della tempistica che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sull'operatività delle strutture amministrative;

2) ad adottare iniziative per far sì che, nella fase della definizione della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), i rigorosi requisiti delle linee guida siano integrati da ulteriori criteri selettivi legati ai temi della mobilità e dell'accessibilità infrastrutturale per i materiali inquinanti e delle particolari evidenze paesaggistiche, culturali ed agricole del nostro Paese;

3) a favorire, per quanto di competenza, il coinvolgimento sulla questione dei competenti organi parlamentari, prima e dopo la pubblicazione della Carta nazionale delle aree idonee;

4) a promuovere un'adeguata campagna di informazione, anche di ordine tecnico, che consenta di rendere conosciuto il dettaglio delle operazioni fin qui espletate e quelle che seguiranno dalla pubblicazione della Carta nazionale delle aree idonee alla progettazione e alla realizzazione del deposito unico e del parco tecnologico.
(1-00442) «Pezzopane, Benamati, Braga, Buratti, Gavino Manca, Morassut, Morgoni, Nardi, Pellicani, Rotta, Soverini, Zardini, De Filippo, Cenni».


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito del nullaosta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 30 dicembre 2020, la Società gestioni impianti nucleari spa (Sogin), società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31;
    ai sensi della citata disposizione di legge, il deposito è destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitari e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari in un Parco tecnologico;
    la proposta di carta è stata stilata in base ai criteri emanati dall'Ispra (oggi Isin) nella Guida tecnica n. 29 del 4 giugno 2014, recante «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», Guida tecnica sottoposta a un processo di revisione internazionale da parte della Iaea nonché a una fase di consultazione degli enti e degli organismi tecnici nazionali interessati;
    nella Cnapi vengono individuati 67 siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, raggruppati in quattro insiemi con ordine di idoneità decrescente (A1, A2, R e C), individuati, in base all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, considerando aspetti socio-ambientali, logistici e di classificazione sismica;
    in base a questi criteri, sono state individuale 8 zone potenzialmente idonee in Piemonte, 2 in Toscana. 22 nel Lazio, 12 in Basilicata, 1 in Puglia, 4 in Basilicata-Puglia, 14 in Sardegna. 4 in Sicilia. Su 67 aree, 12 sono in classe A1 (Aree continentali, molto buone). 15 in classe A2 (Aree continentali, buone), 15 in classe B (aree insulari), 29 in classe C (Aree in zona sismica 2);
    la pubblicazione della proposta di Cnapi ha generato nei territori e tra le comunità interessate sentimenti di forte preoccupazione e di generale allarme — reazioni in molti casi sfociate in dure manifestazioni di protesta — per le conseguenze che potrebbero derivare dalla realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, anche in considerazione del fatto che le attività di informazione e coinvolgimento delle popolazioni sono state del tutto insufficienti, se non assenti;
    nell'arco dei dieci anni che sono stati necessari per giungere alla pubblicazione della proposta di Cnapi, le attività di comunicazione pubblica e istituzionale sono state un esempio negativo di tutto quello che non si dovrebbe fare quando si devono sensibilizzare territori in merito a progetti destinati a modificare le dinamiche delle comunità interessate, soprattutto quando si trattano temi come i rifiuti nucleari che necessitano, viceversa, di un'ampia e chiara informazione tra i cittadini;
    quello adottato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stato un approccio sconsiderato, fatto di ritardi, rinvii, molti silenzi, indiscrezioni e mezze verità, che ha contribuito a produrre un clima di generale sospetto e preoccupazione attorno al progetto, accentuando naturali contrarietà e resistenze sino a determinare un «effetto Nimby» che risulta difficile da controllare;
    in questo contesto, amministratori locali e cittadini hanno scoperto, da un giorno all'altro, dal sito della Sogin, che il loro territorio era stato ricompreso nella Cnapi;
    con la pubblicazione della proposta di Cnapi, si apre una nuova fase che prevede, in base all'articolo 27, commi 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, un coinvolgimento maggiore dei soggetti interessati: fase nella quale sarebbe auspicabile recuperare il tempo perso e i ritardi nelle attività di informazione, comunicazione e coinvolgimento;
    le citate disposizioni prevedono che nei centottanta giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche alla Sogin ed entro i duecentoquaranta giorni dalla pubblicazione la Sogin promuove un Seminario nazionale a cui possono partecipare, oltre ai Ministeri e all'Agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, le province ed i comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta di Cnapi nonché le associazioni di categoria, i sindacati, gli enti di ricerca, le università;
    a seguito della pubblicazione della proposta di Cnapi, sono state sollevate molteplici perplessità in merito al fatto che i criteri siano stati definiti nel 2014 e che la stessa proposta di carta sia stata completata nel 2015 (seppure successivamente sia stata in minima parte integrata), quindi, molto tempo prima della pubblicazione del 30 dicembre 2020. Nel frattempo, potrebbero essere mutate le condizioni oggettive che nel 2015 avevano portato all'inclusione di alcuni siti e all'esclusione di altri. Sarebbe pertanto opportuno verificare se i territori ricompresi nella carta siano ancora da considerarsi potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, e se altri, precedentemente esclusi, possano essere oggi compresi;
    tra i criteri di esclusione delle aree potenzialmente idonee figura quello delle «aree che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati», senza tuttavia specificare cosa si debba intendere per adeguatezza della distanza;
    perplessità sono state sollevate anche in merito all'inclusione della categoria B (aree insulari), che interessa 14 siti in Sardegna e 1 in Sicilia, in considerazione del fatto che il trasporto via mare, l'unico fattibile, incontrerebbe numerosi ostacoli, come l'adeguamento delle infrastrutture portuali e delle navi e la copertura assicurativa per i rischi ambientali;
    in Piemonte, diverse aree individuate tra le otto potenzialmente idonee ad ospitare il deposito risultano adiacenti a zone in cui si coltivano e si producono prodotti certificati da marchi di qualità (di origine controllata, protetta, di origine controllata e garantita), nonché prodotti agroalimentari tradizionali, di denominazione comunale o certificati dal comitato scientifico di slow-food,

impegna il Governo:

1) a favorire il massimo grado di coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni, delle associazioni e dei portatori di interesse durante la cadenzata fase delle consultazioni, prevedendo anche la possibilità di una maggiore flessibilità della tempistica che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sull'operatività delle strutture amministrative;

2) a promuovere un'adeguata campagna di informazione, anche di ordine tecnico, che consenta di rendere conosciuto il dettaglio delle operazioni fin qui espletate e quelle che seguiranno dalla pubblicazione della Cnai (Carta nazionale delle aree idonee) alla progettazione e alla realizzazione del deposito unico e del Parco tecnologico;

3) ad adottare iniziative volte a integrare i rigorosi requisiti delle linee guida con ulteriori criteri selettivi legati ai temi della mobilità e dell'accessibilità infrastrutturale per i materiali inquinanti e delle particolari evidenze paesaggistiche, culturali ed agricole del nostro Paese, effettuando uno studio particolare dei carichi ambientali già esistenti sui territori;

4) ad adottare iniziative per esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

5) a valutare e ad approfondire nel corso delle procedure di consultazione e in occasione del seminario nazionale l'opportunità di riesaminare la posizione dei siti ricompresi nella proposta di Carta, al fine di verificare la sussistenza della validità dei criteri alla luce di possibili mutazioni del contesto locale, visto anche il tempo trascorso dalla definizione di una prima proposta di Carta;

6) a valutare e ad approfondire nel corso delle procedure di consultazione e in occasione del seminario nazionale l'opportunità di escludere dalla carta le aree insulari, considerata l'impraticabilità del trasporto via mare, per gli alti rischi ambientali e gli alti costi di adeguamento delle infrastrutture di trasporto;

7) a promuovere l'esclusione delle aree prossime a quelle di produzione di prodotti certificati da marchi di qualità (di origine d.o.c. o altra origine denominata) nonché prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), di denominazione comunale (DeCO) o certificati dal comitato scientifico di slow-food;

8) a garantire il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando lo stoccaggio in siti provvisori inidonei a tale scopo;

9) a monitorare che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, compresa quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;

10) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

11) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 314 del 2003, al fine di includere anche i comuni contermini per i quali dovrà essere comunicata la carta dei rischi derivanti dagli impianti di stoccaggio provvisorio;

12) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle compensazioni ai territori interessati, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via).
(1-00450) «Vallascas, Costanzo, Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Giuliodori, Maniero, Paxia, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano».


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito del nullaosta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 30 dicembre 2020, la Società gestioni impianti nucleari spa (Sogin), società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31;
    ai sensi della citata disposizione di legge, il deposito è destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitari e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari in un Parco tecnologico;
    la proposta di carta è stata stilata in base ai criteri emanati dall'Ispra (oggi Isin) nella Guida tecnica n. 29 del 4 giugno 2014, recante «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», Guida tecnica sottoposta a un processo di revisione internazionale da parte della Iaea nonché a una fase di consultazione degli enti e degli organismi tecnici nazionali interessati;
    nella Cnapi vengono individuati 67 siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, raggruppati in quattro insiemi con ordine di idoneità decrescente (A1, A2, R e C), individuati, in base all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, considerando aspetti socio-ambientali, logistici e di classificazione sismica;
    in base a questi criteri, sono state individuale 8 zone potenzialmente idonee in Piemonte, 2 in Toscana. 22 nel Lazio, 12 in Basilicata, 1 in Puglia, 4 in Basilicata-Puglia, 14 in Sardegna. 4 in Sicilia. Su 67 aree, 12 sono in classe A1 (Aree continentali, molto buone). 15 in classe A2 (Aree continentali, buone), 15 in classe B (aree insulari), 29 in classe C (Aree in zona sismica 2);
    la pubblicazione della proposta di Cnapi ha generato nei territori e tra le comunità interessate sentimenti di forte preoccupazione e di generale allarme — reazioni in molti casi sfociate in dure manifestazioni di protesta — per le conseguenze che potrebbero derivare dalla realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, anche in considerazione del fatto che le attività di informazione e coinvolgimento delle popolazioni sono state del tutto insufficienti, se non assenti;
    nell'arco dei dieci anni che sono stati necessari per giungere alla pubblicazione della proposta di Cnapi, le attività di comunicazione pubblica e istituzionale sono state un esempio negativo di tutto quello che non si dovrebbe fare quando si devono sensibilizzare territori in merito a progetti destinati a modificare le dinamiche delle comunità interessate, soprattutto quando si trattano temi come i rifiuti nucleari che necessitano, viceversa, di un'ampia e chiara informazione tra i cittadini;
    quello adottato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stato un approccio sconsiderato, fatto di ritardi, rinvii, molti silenzi, indiscrezioni e mezze verità, che ha contribuito a produrre un clima di generale sospetto e preoccupazione attorno al progetto, accentuando naturali contrarietà e resistenze sino a determinare un «effetto Nimby» che risulta difficile da controllare;
    in questo contesto, amministratori locali e cittadini hanno scoperto, da un giorno all'altro, dal sito della Sogin, che il loro territorio era stato ricompreso nella Cnapi;
    con la pubblicazione della proposta di Cnapi, si apre una nuova fase che prevede, in base all'articolo 27, commi 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, un coinvolgimento maggiore dei soggetti interessati: fase nella quale sarebbe auspicabile recuperare il tempo perso e i ritardi nelle attività di informazione, comunicazione e coinvolgimento;
    le citate disposizioni prevedono che nei centottanta giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche alla Sogin ed entro i duecentoquaranta giorni dalla pubblicazione la Sogin promuove un Seminario nazionale a cui possono partecipare, oltre ai Ministeri e all'Agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, le province ed i comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta di Cnapi nonché le associazioni di categoria, i sindacati, gli enti di ricerca, le università;
    a seguito della pubblicazione della proposta di Cnapi, sono state sollevate molteplici perplessità in merito al fatto che i criteri siano stati definiti nel 2014 e che la stessa proposta di carta sia stata completata nel 2015 (seppure successivamente sia stata in minima parte integrata), quindi, molto tempo prima della pubblicazione del 30 dicembre 2020. Nel frattempo, potrebbero essere mutate le condizioni oggettive che nel 2015 avevano portato all'inclusione di alcuni siti e all'esclusione di altri. Sarebbe pertanto opportuno verificare se i territori ricompresi nella carta siano ancora da considerarsi potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, e se altri, precedentemente esclusi, possano essere oggi compresi;
    tra i criteri di esclusione delle aree potenzialmente idonee figura quello delle «aree che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati», senza tuttavia specificare cosa si debba intendere per adeguatezza della distanza;
    perplessità sono state sollevate anche in merito all'inclusione della categoria B (aree insulari), che interessa 14 siti in Sardegna e 1 in Sicilia, in considerazione del fatto che il trasporto via mare, l'unico fattibile, incontrerebbe numerosi ostacoli, come l'adeguamento delle infrastrutture portuali e delle navi e la copertura assicurativa per i rischi ambientali;
    in Piemonte, diverse aree individuate tra le otto potenzialmente idonee ad ospitare il deposito risultano adiacenti a zone in cui si coltivano e si producono prodotti certificati da marchi di qualità (di origine controllata, protetta, di origine controllata e garantita), nonché prodotti agroalimentari tradizionali, di denominazione comunale o certificati dal comitato scientifico di slow-food,

impegna il Governo:

1) a favorire il massimo grado di coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni, delle associazioni e dei portatori di interesse durante la cadenzata fase delle consultazioni, prevedendo anche la possibilità di una maggiore flessibilità della tempistica che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sull'operatività delle strutture amministrative;

2) a promuovere un'adeguata campagna di informazione, anche di ordine tecnico, che consenta di rendere conosciuto il dettaglio delle operazioni fin qui espletate e quelle che seguiranno dalla pubblicazione della Cnai (Carta nazionale delle aree idonee) alla progettazione e alla realizzazione del deposito unico e del Parco tecnologico;

3) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

4) a valutare e ad approfondire nel corso delle procedure di consultazione e in occasione del seminario nazionale l'opportunità di riesaminare la posizione dei siti ricompresi nella proposta di Carta, al fine di verificare la sussistenza della validità dei criteri alla luce di possibili mutazioni del contesto locale, visto anche il tempo trascorso dalla definizione di una prima proposta di Carta;

5) a garantire il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando lo stoccaggio in siti provvisori inidonei a tale scopo;

6) a monitorare che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, compresa quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;

7) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

8) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 314 del 2003, valutando la previsione di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i medesimi rifiuti nucleari e ad adottare le opportune iniziative volete a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle suddette compensazioni ai territori interessati;

9) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle compensazioni ai territori interessati, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via).
(1-00450)
(Testo modificato nel corso della seduta). «Vallascas, Costanzo, Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Giuliodori, Maniero, Paxia, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano».


   La Camera,
   premesso che:
    come già stabilito dal decreto legislativo n. 31 del 2010, la Sogin s.p.a., quale soggetto responsabile della realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico, nel 2015 ha trasmesso all'ex Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), oggi Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari, incluso in un parco tecnologico;
    la stessa società Sogin s.p.a., con il nulla osta del Ministero dello sviluppo economico (Mise) e del Ministero dell'ambiente e della tutela de territorio e del mare (Mattm), ha dunque pubblicato il 5 gennaio 2021 sul sito www.depositonazionale.it la suddetta carta nazionale Cnapi, che fornisce in definitiva una mappa completa dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi come descritto in premessa. L'avvenuta pubblicazione, ha avviato il periodo di consultazione pubblica come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 (e i cui termini di discussione e valutazione sono stati modificati dal decreto-legge «Milleproroghe» convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2);
    ai territori che ospiteranno il sito di stoccaggio, verrà riconosciuto un ristoro in termini economici: per il 10 per cento spetterà alla provincia nel cui territorio il sito verrà ubicato, per il 55 per cento al comune nel cui territorio il sito verrà ubicato e per il 35 per cento ai comuni limitrofi in un'area compresa nei 25 chilometri dal sito destinato al parco tecnologico;
    come riportato dalla guida tecnica n. 29 dell'ex Ispra, che definisce i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, «le caratteristiche del sito nel quale viene localizzato un impianto di smaltimento di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, unitamente a quelle del condizionamento dei rifiuti e delle strutture ingegneristiche dell'installazione, devono garantire il confinamento e l'isolamento dei radionuclidi dalla biosfera, al fine di assicurare nel tempo la protezione della popolazione, dell'ambiente e dei beni». A ciò si aggiunge la raccomandazione che «il processo di localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale, di seguito denominato “deposito”, avviene, anche con riferimento alle raccomandazioni emanate dagli organismi internazionali, attraverso fasi successive di indagini e valutazioni»;
    secondo le medesime linee della guida tecnica n. 29, durante la prima fase vengono individuate le aree «potenzialmente idonee», con eventuale ordine di idoneità. Il tutto è definito anche attraverso «criteri di esclusione» che sono stati fissati al fine di escludere le aree del territorio nazionale che non rispondano ai requisiti riportati nella guida tecnica. Vengono tenute in considerazione, tra le altre caratteristiche, anche valutazioni che riguardano:
     a) la stabilità geologica, geomorfologica ed idraulica dell'area al fine di garantire la sicurezza e la funzionalità delle strutture ingegneristiche da realizzare secondo barriere artificiali multiple;
     b) il confinamento dei rifiuti radioattivi mediante barriere naturali offerte dalle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno, atte a contrastare il possibile trasferimento di radionuclidi nella biosfera;
     c) la compatibilità della realizzazione del deposito con i vincoli normativi, non derogabili, di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale e culturale;
     d) l'isolamento del deposito da infrastrutture antropiche ed attività umane, tenendo conto dell'impatto reciproco derivante dalla presenza del deposito e dalle attività di trasporto dei rifiuti;
     e) l'isolamento del deposito da risorse naturali del sottosuolo;
     f) la protezione del deposito da condizioni meteorologiche estreme;
    ai «criteri di esclusione» si affiancano i «criteri di approfondimento», definiti per consentire la valutazione delle aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione. Pertanto, ad esempio, come si evince dalla guida tecnica «la loro applicazione può condurre all'esclusione di ulteriori porzioni di territorio all'interno delle aree potenzialmente idonee e ad individuare siti di interesse»;
    come riportato nella carta nazionale Cnapi pubblicata nel mese di gennaio 2021, sono stati individuati 67 potenziali siti che potrebbero dunque ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi del nostro Paese: essi risultano dislocati nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree). 12 aree sono state classificate in classe A1 (zona a massima priorità), 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C;
    trascorso il periodo di consultazione pubblica come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 (e i cui termini di discussione e valutazione sono stati modificati dal decreto-legge «Milleproroghe» convertito dalla legge 26 febbraio 2021 n. 2) della durata di 180 giorni, si avvierà (nell'arco di duecentoquaranta giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi), un seminario nazionale che vede l'espletamento di azioni di confronto coordinate con regioni, amministrazioni locali, poli universitari, associazioni di settore, enti di ricerca e tutti quegli organi che possano dare un supporto significativo;
    proprio quest'ultimo risulta essere un passaggio quanto mai necessario e fondamentale, che contribuirà a definire non solo le scelte dei siti più idonei ad ospitare i rifiuti nucleari stoccati nei relativi depositi, ma a garantire azioni di massima trasparenza delle informazioni che dovranno essere trasmesse a tutti i soggetti interessati dai provvedimenti di cui in narrativa, compresi i cittadini delle aree indicate nella carta nazionale Cnapi;
    stando alle osservazioni e alle indicazioni che saranno fornite durante l'attuale iter di consultazione, la Sogin s.p.a. dovrà elaborare una nuova proposta di carta nazionale Cnapi. Pertanto, sarà poi compito del Ministero dello sviluppo economico approvare, sentito il parere dell'Isin, la versione definitiva della carta che individuerà i siti di stoccaggio;
    è evidente come qualsiasi amministrazione locale possa essere interessata ad evitare che i siti del deposito nazionale ricadano nei territori di propria competenza, poiché tali azioni, se non efficacemente valutate prima ancora di essere messe in atto, potrebbero seriamente pregiudicare le economie locali soprattutto di quelle aree che basano la loro produttività interna sulla qualità dell'ambiente e delle acque, delle produzioni agroalimentari, delle esportazioni del settore agroalimentare e della tutela del settore turistico-ricettivo;
    l'annuncio della pubblicazione della carta nazionale Cnapi del mese di gennaio 2021, ha suscitato indignazione da parte di molti sindaci d'Italia, oltre che di presidenti di regione, i quali si dicono pronti a contrastare con ogni mezzo a loro disposizione, eventuali scelte che saranno assunte nei prossimi mesi e, a maggior ragione, se le stesse saranno assunte in maniera poco o per nulla condivisa,

impegna il Governo:

1) a mettere in atto ogni iniziativa utile e necessaria a garantire la massima collaborazione tra tutti gli enti istituzionali impegnati nel processo di valutazione e definizione dei possibili siti di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, al fine di garantire la totale trasparenza e tempestività della trasmissione delle informazioni necessarie, colmando di fatti possibili asimmetrie informative tra tutti gli attori in campo;

2) ad analizzare in maniera approfondita l'individuazione delle possibili aree di deposito, al fine di valutare tutte le problematiche esposte in premessa e giungere, in tempi ben definiti, a soluzioni che siano condivise e che tengano in conto gli interessi e delle principali vocazioni territoriali dell'intero Paese;

3) a garantire, nell'ambito dell’iter di approvazione definitiva della carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare siti di stoccaggio, la massima tutela di quei territori considerati «Patrimonio dell'umanità» dall'Unesco e, ove possibile, a valutarne l'esclusione dalla carta nazionale Cnapi;

4) a favorire il massimo coinvolgimento dei competenti organi parlamentari, per quanto di competenza, sia in vista della pubblicazione definitiva della carta nazionale delle aree idonee, sia successivamente al completamento del processo descritto in premessa;

5) a sostenere la promozione di adeguate campagne informative, che possano garantire la massima conoscenza ai soggetti istituzionali interessati, incluse le amministrazioni locali, e soprattutto ai cittadini, delle decisioni assunte e di eventuali conseguenze che le stesse potrebbero avere in fase di progettazione e realizzazione del deposito dei rifiuti e del relativo parco tecnologico;

6) a valutare ogni rischio connesso al trasferimento delle scorie radioattive, sia via terra che soprattutto via mare, mettendo in campo ogni iniziativa necessaria volta a tutelare l'ecosistema, con maggiore attenzione verso quelle aree ad alto rischio ed impatto ambientale, tenuto conto che il trasporto via mare richiederebbe la costruzione di depositi imbarco e sbarco delle scorie nei porti di partenza e arrivo, di un naviglio dedicato, e che si tratterebbe di viaggiare sulle stesse rotte dedicate al turismo;

7) a valutare l'opportunità di escludere la localizzazione dei siti in territori la cui economia è legata alla valorizzazione di zone di alto pregio ambientale e paesaggistico e si basa prevalentemente sull'allevamento, attività strettamente legata alle caratteristiche e alla qualità del suolo e delle acque;

8) a escludere i territori già gravati dalla percentuale più alta di servitù militari dello Stato italiano e altresì quelle regioni che ospitano i poligoni di tiro più grandi ed importanti a livello europeo;

9) a valutare l'esclusione di quei territori che non hanno già a disposizione porti industriali dedicati alla ricezione e allo stoccaggio di materiale radioattivo.
(1-00451)
(Nuova formulazione) «Lapia, Berardini, Rizzone, Cardinale, Tondo, Ermellino, De Girolamo, Piera Aiello, Acunzo, Menga».


MOZIONI LATTANZIO, CASA, GOBBATO, MARROCCO, OCCHIONERO, STUMPO, MURONI ED ALTRI N. 1-00405 E LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00460 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DEFINIZIONE DEL PIANO NAZIONALE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA E ULTERIORI MISURE IN CAMPO EDUCATIVO ED ECONOMICO A FAVORE DEI MINORI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, dall'inizio della pandemia, è impegnato nella definizione di misure destinate a contenere la diffusione del virus, aggiornate in relazione all'andamento della curva epidemiologica e con l'implicazione – necessaria per la sicurezza e la salute pubblica – di forti limitazioni alle attività di cittadini e imprese. D'altro canto, tali misure sono state supportate dalla definizione di altrettante politiche – principalmente di natura economica – a sostegno della popolazione. Questo sforzo orientato a definire la realizzazione di forme di supporto alle più diverse categorie sociali, lavorative ed economiche, nel suo tentativo di raccogliere una quanto più ampia possibile porzione di cittadine e cittadini, ha però lasciato spesso in secondo piano una componente importante: i bambini, le bambine e gli adolescenti;
    la forzata chiusura delle scuole statali e paritarie a partire dal 5 marzo 2020 e l'implementazione delle più varie forme di didattica a distanza hanno reso necessaria ed urgente la definizione da parte del Governo di proposte legate all'edilizia scolastica per il miglioramento e l'ampliamento degli spazi educativi, come pure al miglioramento dell'accesso ai device e alle infrastrutture digitali. Tali fondamentali misure non sono state però associate alla considerazione di tutta una serie di aspetti fondamentali della vita dei più piccoli: l'emotività, la socialità, il gioco, la scoperta, la crescita in una comunità educante, l'educazione in senso più ampio, oltre la formazione scolastica. Fino all'inizio della pandemia, il percorso educativo scolastico non prevedeva l'utilizzo della didattica a distanza, portando dunque ad una sua prima applicazione «improvvisata», che a causa dell'emergenza pandemica non ha permesso lo svolgimento di adeguati test, analisi e conseguenti correttivi. A distanza di molti mesi, il sistema della didattica a distanza continua a presentare numerose disfunzionalità che rischiano di alimentare, nel breve termine, l'abbandono scolastico e la crescita delle disuguaglianze, non solo per gli studenti con disabilità, ma anche per quelli in famiglie numerose, senza adeguati spazi casalinghi o senza un opportuno sostegno dei genitori o ancora semplicemente vittime del digital divide;
    il Censis, nella sua indagine «La scuola e i suoi esclusi – Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020», ha riportato che «il 74,8 per cento dei dirigenti scolastici ha verificato come l'utilizzo emergenziale di modalità di didattica a distanza abbia ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti, a seconda del livello di disponibilità di strumenti e di supporti informatici, ma anche più in generale in base al livello di cultura tecnologica delle famiglie italiane. Particolarmente toccate dalle conseguenze del gap tecnologico sembrano essere le scuole del primo ciclo, che alle difficoltà comuni, aggiungono anche la più giovane età degli studenti che, per quanto nativi digitali, a parità di condizione socioeconomica e culturale hanno meno disponibilità di dispositivi adatti alla didattica e sono sicuramente ancora lontani da un utilizzo diverso da quello soprattutto ludico degli stessi»;
    l'Unesco evidenzia che la pandemia ha provocato il più grande sconvolgimento dei sistemi educativi della storia, colpendo nel mondo quasi 1,6 miliardi di bambini in età scolare. Le stime attuali indicano che 24 milioni di bambini molto probabilmente non torneranno più in classe;
    nella «Indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia» – promossa dall'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Giannina Gaslini di Genova e guidata dal neurologo Lino Nobili, che dirige il dipartimento di neuropsichiatria infantile dell'istituto, con il supporto del Ministero della salute – si porta in evidenza che le restrizioni imposte dalle misure governative hanno determinato nei bambini e negli adolescenti (età 6-18 anni) disturbi della «componente somatica» (come disturbi d'ansia) e disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa), con una significativa alterazione del ritmo del sonno. Per i più grandi, invece, è stata inoltre riscontrata un'aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell'umore. Tali esempi portano ad evidenziare che l'assenza di proposte legate al benessere anche psicologico, pedagogico ed emotivo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi è diventata nei mesi via via più ingombrante, assumendo le dimensioni di vuoto normativo di notevole impatto, senza previsioni in risposta ai bisogni e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
    nel rapporto «Proteggiamo i bambini», Save the Children evidenzia che in Italia si registravano già prima della pandemia percentuali di deprivazione economica e materiale dei minori tra le più alte d'Europa. L'aumento della disoccupazione, registrato dall'Istat già a giugno 2020 come pari all'8,3 per cento e stimato dal Fondo monetario internazionale per il 2020 al 12,7 per cento, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l'incidenza della povertà materiale tra i bambini e gli adolescenti. Il risultato potrebbe essere quello di un aumento di diversi punti percentuali del tasso di povertà assoluta tra i minorenni: si stima che 1 milione di bambini in più possano scivolare nella povertà assoluta, ritrovandosi in una condizione priva dell'indispensabile per condurre una vita dignitosa;
    un altro aspetto critico conseguente alla chiusura delle scuole statali e paritarie è l'emergenza alimentare correlata alla chiusura delle mense: si stima – secondo Save the Children e il monitoraggio dei suoi Punti luce sparsi sul territorio – che 160 mila alunni sono rimasti senza cibo e/o senza pasti bilanciati. Alla povertà alimentare, infatti, si associa, quale altra faccia della medesima medaglia, il disagio alimentare ed il fenomeno del junk food, ovverosia del cibo spazzatura: la mensa, infatti, è da considerarsi luogo ove avvicinare i bambini ai prodotti locali e promuovere una vera educazione alimentare, diversamente da merendine e snack consumati durante le ore di didattica a distanza;
    il Governo è tuttora impegnato nello sforzo di definizione di nuove misure emergenziali che avranno innegabilmente un impatto sul futuro della società e del Paese e, contemporaneamente, sulla progettazione per l'utilizzo delle risorse europee provenienti da Next generation EU. In tale contesto, il Parlamento sta contribuendo in maniera rilevante nel porre l'accento sugli aspetti che risultano più dirimenti per l'infanzia e l'adolescenza e, dunque, nell'orientare il Governo;
    il 9 giugno 2020, con decreto ministeriale della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, è stato istituito il «Gruppo di esperti» con il compito di elaborare azioni strategie e politiche a favore della tutela e della promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nel quadro dell'emergenza epidemiologica del COVID-19. Gli esiti del lavoro individuano le seguenti quattro direzioni di intervento come prioritarie: a) investire nella scuola e nelle infrastrutture materiali e umane-educative, b) garantire continuità educativa anche in condizione di emergenza, c) contrastare la povertà minorile materiale ed educativa, d) sostenere i diritti di chi è in condizione di vulnerabilità;
    in particolare, sono all'attenzione del gruppo: a) il tema del disagio adolescenziale e preadolescenziale, con specifico riguardo alla valutazione degli impatti e delle conseguenze circa gli apprendimenti, le diseguaglianze e il benessere complessivo nel quadro pandemico, nonché rispetto all'abbandono scolastico e alle difficoltà, in particolare per le fasce svantaggiate, del contrasto alla dispersione scolastica, b) le modalità per come tornare a consentire a ragazze/i esperienze che coinvolgano anche la fisicità, contrastando esperienze di crescita personale basate esclusivamente sullo strumento tecnologico e digitale, c) la necessità di un rinnovato coinvolgimento delle ragazze e dei ragazzi, dando loro maggiori possibilità di esprimersi, coinvolgendoli e amplificando la loro voce all'interno di un percorso educativo di valore;
    dunque, questo «domani» che si intende costruire e a cui si guarda incessantemente ha innegabilmente un profilo ben definito: le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi sono i protagonisti principali del futuro, messo però a rischio dalla pandemia;
    la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite ricorda che gli Stati parte «si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati» e che «riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale». Tali principi devono essere di profonda ispirazione in tutte le fasi: dalla predisposizione all'effettiva implementazione di nuove norme e strategie. Nel general comment n. 7 del 2005 alla stessa Convenzione («Attuare i diritti del fanciullo nella prima infanzia») si afferma inoltre che «Gli Stati devono garantire un supporto appropriato a genitori, affidatari e famiglie per consentire loro di svolgere adeguatamente le loro funzioni genitoriali» e che «i primi anni di vita costituiscono il periodo dove le responsabilità parentali riguardano tutti gli aspetti del benessere dei bambini affrontati dalla Convenzione. Di conseguenza, la realizzazione di questi diritti dipende in grande misura dal benessere e dalle risorse a disposizione di quanti portano queste responsabilità»;
    nel territorio dell'Unione europea sono più di un quarto i bambini a rischio di povertà o esclusione sociale. Per questo motivo, nel 2015, il Parlamento europeo ha sollecitato l'adozione di un'iniziativa europea, che si è concretizzata nel Sistema di garanzia per i bambini vulnerabili (European Child Guarantee) che rappresenta l'impegno europeo finalizzato a garantire che ogni bambino che vive in condizioni di povertà all'interno dell'Unione europea possa avere accesso all'assistenza sanitaria gratuita, a servizi educativi gratuiti, a servizi gratuiti per la prima infanzia, a condizioni abitative di qualità e a una nutrizione adeguata, come parte di un piano integrato europeo per combattere la povertà infantile;
    nell'ambito della terza fase relativa alla creazione di un sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili, l'Italia è stata scelta (insieme a Germania, Croazia, Bulgaria, Grecia, Lituania e Spagna) dalla Commissione europea per la realizzazione di un progetto pilota finalizzato a testare la Child Guarantee in previsione della Raccomandazione del Consiglio europeo che sarà prevedibilmente adottata nel 2021 (una bozza di Raccomandazione è stata adottata dalla Commissione lo scorso 24 marzo) e per la diffusione dei modelli proposti tra tutti gli Stati Membri. Il progetto pilota italiano sulla Child Guarantee avrà una durata di 24 mesi e sarà realizzato da Unicef in collaborazione con le pubbliche amministrazioni centrali competenti per le politiche dell'infanzia e dell'adolescenza;
    la già citata Child Guarantee consiglia due forti raccomandazioni, un nuovo indicatore specifico sui bambini a rischio di povertà o di esclusione sociale e la istituzione di un coordinatore nazionale della child guarantee dotato di risorse, e della possibilità di coordinare i vari interventi e fare in modo che i finanziamenti vengano utilizzati in maniera ottimale;
    se la sostenibilità rappresenta una delle linee guida nell'utilizzo delle risorse europee di Next generation EU, è fondamentale tenere bene a mente che nella sua accezione originale, quella del rapporto Brundtland del 1987, lo sviluppo sostenibile attiene alla fondamentale presa di coscienza che tutto ciò che viene fatto nel presente avrà impatto nel futuro, sulle nostre figlie e sui nostri figli. Tale considerazione implica, dunque, la necessità di porre, tra i cardini guida delle scelte politiche, gli interessi ed i bisogni dell'infanzia e dell'adolescenza;
    il Governo è chiamato a pianificare una visione strategica composta di politiche che siano in grado di garantire che i miglioramenti applicati al benessere delle bambine e dei bambini siano duraturi e generalizzati. Significa, dunque, progettare e implementare accuratamente delle politiche che pongano delle solide basi per l'infanzia e l'adolescenza e, di conseguenza, per la società nella sua interezza, partendo dalle sue fondamenta. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, nel quadro dell'Agenda globale 2030, rappresentano una guida eccellente per orientare le politiche pubbliche e intensificare e accelerare i miglioramenti del benessere dei più piccoli nella comunità e nel sistema Paese. In tale quadro, ci si riferisce, in particolare, ad un sistema di azioni interdipendenti per:
     a) ridurre la disuguaglianza di reddito e la povertà, assicurando così che tutti i bambini abbiano accesso alle risorse di cui necessitano;
     b) migliorare l'accesso di tutti i bambini ai servizi di cura della prima infanzia; in particolare l'accesso ai servizi di follow-up del neonato, specie quelli a rischio sanitario, che si configuri come una rete di servizi specifica per soddisfare le complesse esigenze post-dimissione del neonato a rischio evolutivo e della sua famiglia e costituire in ogni regione una rete di servizi di follow-up per seguire i neonati prematuri o con patologia cronica in modo duraturo nel loro percorso di crescita e per sostenere le loro famiglie anche con un'assistenza domiciliare adeguata; va considerato che, complessivamente, in un anno, sono circa 16.500 i neonati «fragili» (il 3,5 per cento), ad elevato rischio di sviluppare problemi durante la crescita e che necessitano di un preciso e intenso programma di follow-up clinico e psicologico e di sostegno alle famiglie;
     c) migliorare i servizi di supporto psicologico per bambini e adolescenti;
     d) implementare e ampliare le politiche dedicate alla famiglia che sostengano la work-life balance;
    con riferimento al Piano di ripresa e resilienza dell'Italia (PNRR), il Governo sta lavorando a un'ipotesi di investimento, nell'ambito della missione «Istruzione e ricerca», per il potenziamento dell'offerta nidi e scuole dell'infanzia. In particolare, il piano di investimento per la fascia 0-6 è finalizzato alla costruzione, alla riqualificazione e messa in sicurezza di nidi e scuole dell'infanzia, al fine di garantire un incremento dell'offerta educativa e dei posti disponibili con riferimento alla fascia di età 0-6, migliorando la qualità dell'insegnamento attraverso l'innovazione degli ambienti di apprendimento. L'obiettivo è quello di raggiungere e superare il 33 per cento su base nazionale fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002, relativamente ai servizi per la prima infanzia;
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 dicembre 2020, a seguito di intesa raggiunta il 16 ottobre 2020, in sede di Conferenza unificata, è stato disciplinato per i primi cinque anni, il Fondo «Asili nido e scuole dell'infanzia», finalizzato a finanziare progetti di costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, con priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane. Il suddetto Fondo prevede complessivamente 2,5 miliardi di euro a partire dall'anno 2021 e sino al 2034. In data 23 marzo 2021 è stato pubblicato l'avviso che consente ai comuni di accedere ai primi 700 milioni di euro del citato Fondo;
    il Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef ha diffuso, a settembre 2020, lo studio «Sfere di influenza – Un'analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei Paesi ricchi», all'interno del quale si specifica, innanzitutto, che «quella che è iniziata come una crisi sanitaria si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti delle economie e delle società. Se da un lato i bambini sembrano non subire gli effetti diretti più gravi sulla salute provocati dal virus, dall'altro, come ci hanno insegnato crisi precedenti, saranno uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine»;
    si distinguono tre tipologie principali di effetti che il COVID-19 ha prodotto sulle bambine e sui bambini: 1) gli effetti sulla salute fisica, che saranno a breve e lungo termine. A breve termine, i sistemi sanitari ridotti allo stremo potrebbero annullare le priorità dedicate alle immunizzazioni programmate o alle terapie per le patologie croniche. A lungo termine, i crescenti livelli di povertà potrebbero alterare le condizioni di alimentazione, abitative e di vita, andando a influire sulla salute dei bambini; 2) gli effetti sul benessere mentale, per cui le crisi emotive già manifeste nei bambini probabilmente si intensificheranno. L'isolamento, il lutto e le continue tensioni nelle relazioni familiari, causate dall'incertezza economica, possono danneggiare il benessere mentale di molti bambini, provocando ansia, insicurezza e paura del futuro; 3) gli effetti sull'istruzione, in quanto nella maggior parte dei Paesi i bambini hanno perso mesi di istruzione e contatto sociale. Come evidenziato dalle crisi precedenti, molti bambini non riusciranno mai a recuperare questa perdita di apprendimento, che sortirà effetti a lungo termine sulla loro vita e sulle società in cui vivono. Secondo un recente studio condotto dalla Banca mondiale (Simulating the potential impacts of the Covid-19 school closures on schooling and learning outcomes) la perdita di diversi mesi, se non addirittura di un anno di scuola a causa del COVID-19, può tradursi per gli studenti e le studentesse in future perdite di reddito che variano da 355 a 1.408 dollari l'anno;
    a tutte queste considerazioni si aggiunge il tema delle disuguaglianze sociali, già presenti con forza nel nostro Paese, ma profondamente acuite dalla pandemia in termini economici, culturali, sociali, educativi per i più piccoli. La riduzione dei servizi scolastici rischia di minare la salute psicofisica, l'apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili;
    la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza è profondamente cambiata nel corso delle ultime decadi, come viene riportato nel documento «Senza confini» del Centro salute del bambino, soprattutto in relazione a gran parte dei Paesi a reddito medio o elevato – tra i quali si colloca l'Italia;
    i problemi di salute si sono in gran parte trasferiti dalle acuzie alle patologie croniche e rare e ai problemi di neurosviluppo e di salute mentale. Le problematiche sociali e quelle educative sono sempre più evidenti e intrecciate con quelle di salute. Le diseguaglianze sociali, territoriali e tra generazioni si sono aggravate, aspetto – quest'ultimo – che caratterizza l'Italia in modo particolarmente drammatico. Su tutto incombono le minacce derivanti dal degrado ambientale e dal cambiamento climatico, come testimoniato con assoluta evidenza anche nel quadro della pandemia da COVID-19; inoltre, determinano un impatto rilevante anche i cambiamenti nei comportamenti riproduttivi che, in combinazione con la progressiva restrizione delle coorti in età fertile, determinano un trend di denatalità molto accentuato;
    i bambini con genitori in condizioni socioeconomiche più compromesse dall'età di 4 anni accumulano un significativo svantaggio in termini educativi e di sviluppo rispetto ai coetanei provenienti da situazioni familiari più favorevoli;
    allarmano i dati per cui quasi 1 minore su 7 lascia prematuramente gli studi e meno di un bambino su 4 può frequentare un nido, dato che diventa inferiore ad uno su 10 nel Mezzogiorno;
    ancora prima che il COVID-19 le rendesse ulteriormente evidenti, erano già emerse molte inadeguatezze infrastrutturali, di risorse umane e di contenuti pedagogici e didattici della scuola, baluardo fondamentale delle pari opportunità educative, della formazione del capitale umano e della mobilità sociale e riferimento fondamentale per la vita di bambini e ragazzi e delle loro stesse comunità di appartenenza. Tagli di spesa e mancati investimenti, oltre ad una frequente mancanza di visione strategica in grado di porre istruzione e inclusione al centro del disegno di crescita del Paese, ne hanno intaccato qualità, performance e prestigio, anche con riferimento agli standard europei. La Commissione europea nella «Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2019» per l'Italia evidenzia che «gli investimenti dell'Italia nell'istruzione sono ridotti e distribuiti in modo disomogeneo tra i vari gradi di istruzione. La spesa pubblica per l'istruzione, sia in percentuale del prodotto interno lordo (3,8 per cento) che in percentuale della spesa pubblica totale (7,9 per cento), è stata tra le più basse dell'Unione europea nel 2017. Mentre la quota di prodotto interno lordo assegnata all'educazione della prima infanzia e all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard dell'Unione europea, la spesa per l'istruzione terziaria è la più bassa dell'Unione europea, appena lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2017, ben al di sotto della media dell'Unione europea dello 0,7 per cento»;
    chi si occupa della salute di bambini e ragazzi non può non identificare nella crisi delle istituzioni educative un fattore di acutizzazione di diversi fattori di rischio, che vanno oltre la perdita di opportunità di apprendimento e di socializzazione e investono la salute mentale nel suo senso più lato;
    nel quadro della definizione delle misure emergenziali, la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza è stata affrontata innanzitutto guardando alla scuola: tanta attenzione è stata dedicata all'edilizia, agli spazi, alle norme sanitarie, alle infrastrutture digitali, ma sono state spesso tralasciate le dinamiche emotive, empatiche, pedagogiche, sociali e di crescita più intime, che fanno parte del benessere psicologico e della crescita sana dei bambini e delle bambine, delle ragazze e dei ragazzi e sono parte integrante di tutto il percorso educativo e di formazione;
    inoltre, appare chiaro che il focus per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza rappresenta un terreno estremamente vasto, che non può fermarsi al tema della didattica o alla definizione di politiche «residuali»;
    è necessario iniziare a occuparsi di infanzia con un programma di accoglienza del neonato alla nascita, in maniera organica e strutturata. Perché, come dimostrano studi scientifici, investire un euro alla nascita di un bambino produce 11 euro quando quel bambino avrà 18 anni. E prima si investe, in particolar modo tra gli 0 e i 5 anni, più l'investimento sarà fruttuoso;
    la produttività dell'investimento in capitale umano è assai elevata nei primi anni di vita, quando lo sviluppo è più rapido e si pongono le basi delle capacità che influenzano i successivi risultati scolastici e socioeconomici. Con l'età, il rendimento decresce. Le analisi costi-benefici, mostrano come i programmi a favore delle famiglie e dei bambini più svantaggiati abbiano impatti positivi e di lunga durata: migliorano i risultati nel percorso educativo, riducono i tassi di criminalità, accrescono la produttività sul lavoro e incidono su altri aspetti, come la probabilità di divenire ragazze madri. I benefìci superano ampiamente i costi sostenuti;
    il Fondo per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'anno 2020, è stato incrementato di 150 milioni di euro (articolo 105 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», cosiddetto «decreto rilancio») destinati ai comuni, mediante trasferimento diretto pari a 135 milioni di euro per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa e per progetti presentati da comuni italiani per l'attuazione di interventi, anche sperimentali, nonché per il contrasto della povertà educativa, mediante avviso pubblico «Educare in comune» per un importo pari a 15 milioni di euro;
    è necessaria una svolta verso un approccio strategico «bambinocentrico», capace di porre l'infanzia al centro di una visione integrata della tutela dei bambini, che implica il prendere atto dei nessi e degli scambi tra ciò che produce benessere per i più piccoli e le condizioni di contesto sociale, economico, culturale, educativo, in modo da coordinare adeguatamente le politiche pubbliche. Per essere efficaci ed efficienti, gli interventi devono dunque riconoscere il modo in cui le azioni politiche a un dato livello andranno a influire su di un altro. Normalmente si valuta l'impatto economico delle leggi e delle politiche: a questo punto sarebbe però anche necessario prendere in considerazione la possibilità di integrare sistematicamente una valutazione relativa all'impatto di leggi e politiche sul benessere dei bambini. Un child mainstreaming;
    un esempio pratico di un approccio capace di porre il superiore interesse dei bambini lo si trova concretamente nel caso della Nuova Zelanda, dove nel 2019 la Premier Jacinta Adem – recentemente eletta per il suo secondo mandato – ha promosso la stesura di una legge di bilancio basata sul benessere umano ed emotivo, inserendo come obiettivo primario la lotta alla povertà infantile. Già a partire dal 2018 era stata promossa dal Governo del Paese la creazione di un gruppo specifico di lavoro sul benessere dell'infanzia e sulla povertà infantile, con l'obiettivo di rendere effettive le azioni previste nel Child poverty reduction's Act. All'indomani della sua rielezione, la Premier neozelandese ha riconfermato nuovamente la sua profonda attenzione alla lotta alla povertà infantile. Il focus centrale sul principale benessere dell'infanzia si consolida anche nell'esempio di tutti quei Paesi europei che oggi – nel quadro delle rispettive misure di lockdown – hanno deciso di lasciare le scuole aperte, prevedendo tutte le necessarie misure di sicurezza;
    la seconda ondata di contagi, che si sta attualmente affrontando, pone nuovamente di fronte all'emergenza il tema di una pianificazione e di una strategia che possano adeguatamente preservare una forma di «normalità» per i più piccoli, a partire proprio dalla salvaguardia della didattica in presenza. Senza dubbio questa rappresenta una priorità, proprio perché è impensabile privare nuovamente le bambine e i bambini della socialità, della crescita e dell'apprendimento attraverso un confronto diretto con i propri coetanei e docenti: tutti elementi che hanno pesato enormemente sul benessere psicologico dei più piccoli durante i primi mesi di lockdown. Certamente è fondamentale lavorare su politiche in risposta alla situazione emergenziale, ma risulta quanto mai fondamentale progettare su quello che è un orizzonte futuro di medio-lungo termine: se l'obiettivo del presente è quello di superare gli effetti immediati della pandemia, risulta essenziale la previsione di misure progettuali che siano in grado di supportare un «rimbalzo in avanti», come lo definisce Enrico Giovannini – portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile e già presidente dell'Istat – nella lungimiranza di prevedere e anticipare le sfide future per l'infanzia, per l'adolescenza e per il Paese;
    si sottolinea il chiaro bisogno di avere a disposizione i dati disaggregati relativi ai contagi per le fasce 0-6, 6-10, 11-14, 14-18, permettendo così di sostanziare in maniera scientifica le scelte politiche inerenti alle decisioni sull'apertura o chiusura delle scuole. Inoltre, i dati così composti permetterebbero senza dubbio una più attenta pianificazione da parte degli ospedali pediatrici, perché siano in grado di attrezzarsi – in previsione dell'ondata di influenza stagionale – per la gestione dei contagiati da COVID-19 e per garantire le adeguate cure ai pazienti più piccoli;
    l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha messo in luce diverse fragilità del nostro sistema di welfare anche a causa della scarsità di risorse umane e di strutture pubbliche adeguate. I servizi sociali in particolare si sono dimostrati non in grado di fronteggiare al meglio le aumentate necessità delle famiglie, esposte ad un crescente impoverimento economico, offrendo servizi insufficienti sia sul piano quantitativo, che qualitativo, soprattutto ai minori;
    è prioritario perseguire il contrasto alla povertà materiale, attraverso misure che possano portare ristoro e supporto alle famiglie in difficoltà. Gli interventi trovano appoggio fondamentale nell'approvazione dell'assegno unico ed il Family act;
    la povertà assoluta colpisce maggiormente le famiglie con figli minori e, tra queste, cresce con l'aumentare del numero di figli non maggiorenni: la povertà economica è fortemente connessa alla povertà educativa dove l'educazione, la formazione, l'istruzione sono invece la chiave per lo sviluppo dei singoli e per la crescita economica e civile di una società: il contrasto della povertà economica ha implicazioni dirette anche sul fronte della povertà educativa, permettendo un più semplice accesso a prodotti, beni e servizi culturali;
    è del tutto evidente che non tutte le bambine e i bambini possono contare su famiglie solide e risulta imprescindibile dedicare puntuale attenzione a tutti quelli che presentano maggiori fragilità: bisogna avere particolare cura delle disabilità, con indirizzi specifici per la didattica digitale e con la garanzia di avere assistenza scolastica domiciliare ed un adeguato supporto ai genitori;
    è importante monitorare e salvaguardare le condizioni dei minori vittima di violenza domestica, poiché, a causa della quarantena forzata, tali situazioni possono facilmente degenerare; la crisi epidemiologica da COVID-19 sta infatti dispiegando evidenti ripercussioni sul fenomeno della violenza, facendo registrare, da un lato, un aumento del numero di reati commessi attraverso l'uso della rete e, dall'altro, influendo sulla costante e prolungata coabitazione che molto spesso porta ad episodi di violenza: sono aumentati gli abusi, i maltrattamenti e le violenze domestiche su donne e minori;
    nel febbraio del 2019 il Comitato Onu ha infatti reso le sue Osservazioni sull'attuazione della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, relative al quinto e al sesto rapporto presentati dallo Stato italiano, segnalando l'esistenza nel nostro Paese di molteplici disfunzioni e lacune nel sistema di assistenza ai minori. Tra queste spiccano la carenza di risorse economiche destinate all'infanzia e il permanere di importanti livelli di povertà minorile;
    è fondamentale riconoscere il ruolo strategico anche dei servizi territoriali che, dopo anni di pesanti e continui tagli, devono essere potenziati e riqualificati attribuendo agli enti locali un ruolo determinante e destinando loro, necessariamente, maggiori risorse finanziarie volte ad attivare percorsi di inclusione per i più esposti al rischio di povertà e povertà educativa; nell'ambito del sostegno agli enti locali, particolare attenzione deve essere rivolta al sostegno ai piccoli e piccolissimi comuni delle aree interne e montane che si stanno progressivamente svuotando per un effetto circolare che vede, da una parte la riduzione dei servizi per la riduzione della popolazione e, dall'altra, il corrispondente abbandono da parte dei più giovani, soprattutto famiglie, proprio a causa della carenza di servizi: è necessario sostenere queste aree disagiate affinché possano mantenere aperti i servizi per l'infanzia e i presidi scolastici;
    durante il periodo di stato di emergenza, tuttora in atto, e più precisamente dal mese di marzo ad agosto 2020, sono stati ridotti tutti gli incontri protetti genitori-figli, sia presso le strutture residenziali che presso i centri diurni, per la dichiarata difficoltà degli stessi a rendere sicuri gli incontri, e le previste videochiamate sostitutive in molti casi non sono state effettuate;
    in tale contesto, ancora oggi non esiste una banca dati nazionale e, anche a causa di tale carenza, le procure minorili non riescono a seguire i percorsi dei minori;
    bisogna includere, inoltre, misure che guardino alle condizioni degli adolescenti nelle carceri minorili, di tutti i minorenni stranieri che hanno bisogno di cura ed assistenza, dei figli che subiscono l'allontanamento dal genitore malato di COVID-19, nonché dei cosiddetti bambini e adolescenti perduti che fuoriescono da qualsiasi possibilità di controllo e supporto perché sprovvisti di un qualsiasi apparecchio digitale per il contatto con la scuola e la collettività e soggetti ad un elevatissimo rischio di dispersione scolastica;
    la comunità e il territorio rappresentano un presidio irrinunciabile per la concreta attuazione delle previsioni sinora elencate: la prossimità diventa un elemento importante laddove sia necessario monitorare e comprendere esattamente i bisogni di determinate realtà, ancora di più nel caso in cui ci si riferisca ai contesti periferici. È dunque necessario contemplare un approccio quanto più possibile legato al territorio. In questo contesto si deve riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come protagonisti della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente anche gli attori istituzionali e di prossimità. Inoltre, sono fondamentali la sinergia ed un maggiore supporto agli enti locali: bisogna stanziare maggiori risorse a loro favore, perché proprio i comuni e le regioni sono tra i primi presidi istituzionali a rendere possibile l'attivazione di servizi per l'infanzia e l'adolescenza;
    in una visione di azione politica integrata occorre lavorare per azioni di sistema che garantiscano una reale integrazione socioeducativa-sanitaria, che dia priorità di accesso e di presa in carico alle situazioni di fragilità e vulnerabilità. È importante allora dedicare ampio spazio alla dimensione psicologica e pedagogica e valorizzare le figure di educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie;
    il quadro di misure e di indirizzi sinora elencati deve rappresentare il contenuto di quello che si è definito come un approccio integrato «bambinocentrico», che deve essere trasformato in politiche ed azioni organiche e sistemiche capaci di rispondere in maniera coordinata ai bisogni e ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in previsione della programmazione e dell'utilizzo delle risorse nazionali ed europee;
    il Governo ha accolto l'ordine del giorno in assemblea 9/02790-bis-AR/127 volto alla realizzazione di un Piano straordinario dedicato all'infanzia e all'adolescenza in risposta alla crisi da COVID-19, che abbia come obiettivo la protezione dei bambini, delle bambine e degli adolescenti dagli effetti sociali, educativi e psicologici negativi provocati dalla pandemia, soprattutto con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni ed alla genitorialità, in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1.000 giorni di vita elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni;
    la reazione dei bambini alla prolungata assenza di attività motoria è sotto gli occhi di tutti: paura, spaesamento e sensazione di isolamento dai propri coetanei. Le attività motorie e sportive hanno un'importante componente legata alla socialità, al corretto sviluppo neuromotorio e l'inattività fisica rappresenta uno dei fattori di rischio più importanti per le patologie non trasmissibili (diabete, malattie cardiocircolatorie, cancro, malattie metaboliche) e responsabile di sovrappeso e obesità. Scuola e sport, per bambini e ragazzi, sono due basi esistenziali fondamentali: secondo quanto raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità i bambini e gli adolescenti di età compresa tra 5 e 17 anni dovrebbero praticare almeno 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata almeno tre volte a settimana. Alle palestre chiuse e le attività bloccate si aggiunga che per molto tempo non sono stati consentiti neanche momenti di gioco o di svago all'aperto, anche in conseguenza della chiusura degli spazi dedicati ai più piccoli all'interno dei parchi, giardini e ville, registrando la totale assenza di attività di diverso genere che, pur nel distanziamento sociale, si sarebbero comunque potute svolgere. In questo contesto è opportuno intervenire con attività di sostegno cognitivo e motorio prima che le conseguenze dell'isolamento possano procurare danni irreversibili ai bambini di oggi e adulti di domani;
    la chiusura prolungata delle scuole, dei luoghi di aggregazione, dei presidi culturali ed educativi ha creato una desertificazione sociale e culturale che ha colpito in primo luogo i minori, aumentando i rischi di abbandono scolastico e di avvicinamento da parte della criminalità organizzata;
    il rapporto fra infiltrazioni mafiose e pandemia da COVID-19 ha aumentato le preoccupazioni sui minori in termini di rischio devianza; ulteriore deprivazione e marginalità culturale; mancanza di consultazione e partecipazione; esposizione non mediata ad organizzazioni criminali,

impegna il Governo:

1) a creare un capitolo specifico nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicato a tutti gli investimenti a favore dell'infanzia;

2) a garantire, in linea con il provvedimento del Ministro dell'istruzione del 12 marzo 2021, agli alunni con disabilità motorie o intellettive e/o con bisogni educativi speciali, nell'ottica di assicurare un'adeguata assistenza alle famiglie, l'azione didattico-pedagogica tesa sempre a favorire l'inclusione dell'alunno e l'interazione con i compagni di classe;

3) ad assumere iniziative per definire con urgenza il prossimo Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza;

4) a fornire dati disaggregati sul piano epidemiologico relativi alle diverse fasce di età associate ad ogni livello educativo e 0-6, 6-10, 11-14, 14-18 al fine di supportare scientificamente le misure indirizzate all'infanzia e all'adolescenza in questa fase emergenziale, posto che tali dati rappresentano uno strumento propedeutico per il bilanciamento del diritto alla salute e per il diritto all'istruzione, poiché permettono la definizione di decisioni ragionate e consapevoli relative alla ripresa in sicurezza della didattica in presenza, al tracciamento, alla programmazione dei trasporti e all'utilizzo ed organizzazione degli spazi dedicati alle attività educative;

5) in relazione al contrasto alla povertà educativa, ad adottare iniziative per investire nella misura europea della Child guarantee, per cui l'Italia rientra tra i Paesi capofila per la sperimentazione a partire dal 2021;

6) nell'ambito delle politiche di sostegno alla genitorialità, ad adottare iniziative di competenza volte alla rimodulazione del sistema dei servizi territoriali finalizzata al miglioramento della loro funzionalità in un'ottica bambinocentrica, assicurando ai minori il basilare diritto a un'infanzia serena e la dovuta attenzione all'equilibrio psico-fisico nella crescita; a tal fine prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali e la revisione dei percorsi di formazione del personale;

7) allo scopo di favorire la genitorialità, ad adottare efficaci politiche di supporto alle famiglie mediante il potenziamento della rete dei servizi sociali, anche d'intesa con i comuni e con una maggiore partecipazione degli enti del Terzo settore, al fine di dar vita a una rete permanente di protezione sociale, garantire la diffusione e l'ampliamento dell'offerta, e assicurare ai minori il basilare diritto a un'infanzia serena e la dovuta attenzione all'equilibrio psico- fisico nella crescita del minore; a tal fine a prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali;

8) con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni e alla genitorialità, ad adottare iniziative per indirizzare maggiori investimenti al periodo compreso tra il concepimento e la prima infanzia (act early), in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1000 giorni («Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita»), elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni; ad adottare iniziative per estendere i servizi educativi per bambini di età compresa tra 0-3 anni potenziando la rete dei servizi pubblici e prevedendo interventi dedicati a promuovere la genitorialità responsiva mediante la sinergia tra pubblico e privato nell'ambito dei piani educativi 0-6 anni previsti dal decreto legislativo n. 65 del 2017; a promuovere, in collaborazione con i servizi educativi, l'inserimento di contenuti relativi allo sviluppo del bambino e alla genitorialità; a tal fine prevedere il potenziamento della rete dei consultori con particolare attenzione per i servizi di sostegno alla genitorialità;

9) ad adottare iniziative di competenza per promuovere in ogni regione una rete di servizi di follow-up per seguire i neonati prematuri o con patologia cronica in modo duraturo nel loro percorso di crescita e per sostenere le loro famiglie anche con un'assistenza domiciliare adeguata;

10) a dare seguito agli impegni previsti dalla mozione 1-00215, approvata dall'Aula della Camera dei deputati il 2 luglio 2019, al fine di contrastare il fenomeno della violenza sui minori e a prevedere strumenti efficaci di prevenzione e sostegno alla genitorialità a rischio;

11) ad adottare iniziative per finanziare la realizzazione e la gestione degli asili nido pubblici per raggiungere nel breve periodo almeno il 33 per cento di posti su base regionale su tutto il territorio nazionale e a promuovere la gratuità del servizio, secondo quanto già previsto per le scuole dell'infanzia; a predisporre, in un'ottica di lungo periodo, un piano nazionale asili nido finalizzato a garantire l'accesso a dette istituzioni a tutti i bambini da 0 a 3 anni, realizzando le necessarie e adeguate strutture, soprattutto nel Sud, e prevedendo un conseguente piano di assunzione di personale qualificato; a tal fine, adottare le necessarie iniziative di competenza per permettere ai comuni di trasformare in asili nido, adottando le necessarie modifiche degli spazi, strutture ed edifici di loro proprietà, in particolare se collocati in aree verdi, che non siano utilizzati o che siano impiegati per finalità diverse da quelle previste da atti di concessione; per i comuni a vocazione agricola incentivare l'istituzione di agrinido;

12) ad adottare iniziative volte a valutare la quantificazione dell'assegno unico per le famiglie con uno o più figli, in particolare laddove sussistano situazioni di maggiore disagio e povertà educativa;

13) a riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come coprotagonisti responsabili della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente gli attori istituzionali; a sostenere una semplificazione dei processi di riconversione delle progettualità bloccate dalla diffusione della pandemia, al fine di indirizzare il potenziale del terzo settore verso servizi destinati all'educazione e all'infanzia in fase emergenziale, anche nell'eventualità di pensare ad un utilizzo degli spazi di luoghi culturali oggi chiusi, come musei, cinema e teatri per fini educativi;

14) a prevedere il ricorso ai patti educativi territoriali finalizzato al contrasto di situazioni di emergenza e di disagio sociale anche prevedendo iniziative educative come i nuclei educativi di prossimità; nelle situazioni di maggiore difficoltà e di rischio di dispersione scolastica, a promuovere la realizzazione di presidi educativi di prossimità, in sinergia tra le scuole del sistema pubblico di istruzione che agiscono sul territorio interessato ed educatori qualificati al fine di sostenere i bambini e ragazzi in didattica a distanza e di preservare momenti di socialità; a promuovere e finanziare la realizzazione di piani territoriali integrati di contrasto alla povertà educativa minorile nelle zone a più alto rischio, come le periferie urbane e le aree interne individuate sulla base dei parametri e degli indicatori definiti da Istat in base al comma 230 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana volti a recuperare spazi pubblici abbandonati da destinare ad attività educative e culturali gratuite per bambini e adolescenti;

15) ad adottare iniziative per sostenere la diffusione di interventi a favore della tutela della sfera emotiva e psicologica, anche attraverso la valorizzazione di figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale – coerentemente con i livelli essenziali – a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie; in tale contesto a prevedere l'istituzione, negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, di sportelli di ascolto psicologico a sostegno dei bambini, degli studenti, dei lavoratori e delle famiglie nell'ambito del patto educativo scuola-genitori, che svolgano attività di prevenzione, informazione, sostegno e consulenza con l'ausilio di personale specializzato e di guida verso eventuali servizi territoriali;

16) a investire sul capitale umano delle giovani generazioni e a sostenere il loro diritto allo studio e ad una educazione di qualità, fin dai primi anni di vita, anche utilizzando le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per arrivare gradualmente a regime allo standard europeo di un investimento in educazione del 4,5-5 per cento sul prodotto interno lordo;

17) ad adottare iniziative per contrastare il rischio di un arretramento e di una diminuzione nell'offerta educativa – in termini di livelli di copertura e di tempo trascorso nella scuola primaria e secondaria – agendo sull'aumento dei servizi dedicati alla prima infanzia e delle attività extrascolastiche ed incrementando le ore di tempo pieno, mantenendo alto lo standard della qualità dell'insegnamento;

18) ad adottare iniziative, nelle sedi opportune, al fine di istituire tempestivamente una banca dati dei minori allontanati dal proprio nucleo familiare in cui sia tracciata la loro collocazione;

19) ad adottare iniziative per incentivare, anche mediante contributi economici, la pratica sportiva di bambini e ragazzi, incrementando la partecipazione alle attività motorie organizzate sul territorio nel rispetto della normativa per la prevenzione del contagio, con l'obbiettivo di ridurre la sedentarietà e l'inattività fisica causata dalla pandemia;

20) ad adottare iniziative volte a promuovere l'interlocuzione con le ragazze e con i ragazzi, realizzando momenti di ascolto e incentivando la loro partecipazione quali cittadini attivi, sostenendo l'associazionismo tra pari mediante la messa a disposizione da parte delle istituzioni centrali e territoriali di adeguati servizi, di strutture, luoghi e strumenti che realizzino in concreto la centralità dei giovani superando la visione adulto-centrica dell'azione politica e amministrativa;

21) a promuovere il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze in questo periodo di crisi, sostenendo le reti associative di giovani attive, anche in rete, e realizzando momenti di ascolto e confronto tra bambine, bambini e adolescenti con le istituzioni centrali e territoriali;

22) ad adottare tempestivamente le opportune iniziative volte ad attuare un costante monitoraggio ed interventi di educazione ai linguaggi del digitale, al fine di prevedere un uso consapevole dei social network ed un'educazione all'uso critico dei media;

23) ad adottare iniziative volte ad includere in tutte le politiche sociali ed educative rivolte a bambini e bambine, ragazzi e ragazze e loro famiglie, percorsi di prevenzione rispetto alla criminalità organizzata e di educazione alla legalità.
(1-00405)
(Ulteriore nuova formulazione) «Lattanzio, Casa, Gobbato, Marrocco, Occhionero, Stumpo, Muroni, Siani, Nitti, Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Quartapelle Procopio, Lorenzin, Serracchiani, Viscomi, Schirò, Rizzo Nervo, Gribaudo, Pezzopane, Ciampi, Spena, Versace, Fioramonti, Fusacchia, Vizzini, Ruocco, Villani, Fantuz, Zanella, Boldi».


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, dall'inizio della pandemia, è impegnato nella definizione di misure destinate a contenere la diffusione del virus, aggiornate in relazione all'andamento della curva epidemiologica e con l'implicazione – necessaria per la sicurezza e la salute pubblica – di forti limitazioni alle attività di cittadini e imprese. D'altro canto, tali misure sono state supportate dalla definizione di altrettante politiche – principalmente di natura economica – a sostegno della popolazione. Questo sforzo orientato a definire la realizzazione di forme di supporto alle più diverse categorie sociali, lavorative ed economiche, nel suo tentativo di raccogliere una quanto più ampia possibile porzione di cittadine e cittadini, ha però lasciato spesso in secondo piano una componente importante: i bambini, le bambine e gli adolescenti;
    la forzata chiusura delle scuole statali e paritarie a partire dal 5 marzo 2020 e l'implementazione delle più varie forme di didattica a distanza hanno reso necessaria ed urgente la definizione da parte del Governo di proposte legate all'edilizia scolastica per il miglioramento e l'ampliamento degli spazi educativi, come pure al miglioramento dell'accesso ai device e alle infrastrutture digitali. Tali fondamentali misure non sono state però associate alla considerazione di tutta una serie di aspetti fondamentali della vita dei più piccoli: l'emotività, la socialità, il gioco, la scoperta, la crescita in una comunità educante, l'educazione in senso più ampio, oltre la formazione scolastica. Fino all'inizio della pandemia, il percorso educativo scolastico non prevedeva l'utilizzo della didattica a distanza, portando dunque ad una sua prima applicazione «improvvisata», che a causa dell'emergenza pandemica non ha permesso lo svolgimento di adeguati test, analisi e conseguenti correttivi. A distanza di molti mesi, il sistema della didattica a distanza continua a presentare numerose disfunzionalità che rischiano di alimentare, nel breve termine, l'abbandono scolastico e la crescita delle disuguaglianze, non solo per gli studenti con disabilità, ma anche per quelli in famiglie numerose, senza adeguati spazi casalinghi o senza un opportuno sostegno dei genitori o ancora semplicemente vittime del digital divide;
    il Censis, nella sua indagine «La scuola e i suoi esclusi – Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020», ha riportato che «il 74,8 per cento dei dirigenti scolastici ha verificato come l'utilizzo emergenziale di modalità di didattica a distanza abbia ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti, a seconda del livello di disponibilità di strumenti e di supporti informatici, ma anche più in generale in base al livello di cultura tecnologica delle famiglie italiane. Particolarmente toccate dalle conseguenze del gap tecnologico sembrano essere le scuole del primo ciclo, che alle difficoltà comuni, aggiungono anche la più giovane età degli studenti che, per quanto nativi digitali, a parità di condizione socioeconomica e culturale hanno meno disponibilità di dispositivi adatti alla didattica e sono sicuramente ancora lontani da un utilizzo diverso da quello soprattutto ludico degli stessi»;
    l'Unesco evidenzia che la pandemia ha provocato il più grande sconvolgimento dei sistemi educativi della storia, colpendo nel mondo quasi 1,6 miliardi di bambini in età scolare. Le stime attuali indicano che 24 milioni di bambini molto probabilmente non torneranno più in classe;
    nella «Indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia» – promossa dall'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Giannina Gaslini di Genova e guidata dal neurologo Lino Nobili, che dirige il dipartimento di neuropsichiatria infantile dell'istituto, con il supporto del Ministero della salute – si porta in evidenza che le restrizioni imposte dalle misure governative hanno determinato nei bambini e negli adolescenti (età 6-18 anni) disturbi della «componente somatica» (come disturbi d'ansia) e disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa), con una significativa alterazione del ritmo del sonno. Per i più grandi, invece, è stata inoltre riscontrata un'aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell'umore. Tali esempi portano ad evidenziare che l'assenza di proposte legate al benessere anche psicologico, pedagogico ed emotivo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi è diventata nei mesi via via più ingombrante, assumendo le dimensioni di vuoto normativo di notevole impatto, senza previsioni in risposta ai bisogni e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
    nel rapporto «Proteggiamo i bambini», Save the Children evidenzia che in Italia si registravano già prima della pandemia percentuali di deprivazione economica e materiale dei minori tra le più alte d'Europa. L'aumento della disoccupazione, registrato dall'Istat già a giugno 2020 come pari all'8,3 per cento e stimato dal Fondo monetario internazionale per il 2020 al 12,7 per cento, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l'incidenza della povertà materiale tra i bambini e gli adolescenti. Il risultato potrebbe essere quello di un aumento di diversi punti percentuali del tasso di povertà assoluta tra i minorenni: si stima che 1 milione di bambini in più possano scivolare nella povertà assoluta, ritrovandosi in una condizione priva dell'indispensabile per condurre una vita dignitosa;
    un altro aspetto critico conseguente alla chiusura delle scuole statali e paritarie è l'emergenza alimentare correlata alla chiusura delle mense: si stima – secondo Save the Children e il monitoraggio dei suoi Punti luce sparsi sul territorio – che 160 mila alunni sono rimasti senza cibo e/o senza pasti bilanciati. Alla povertà alimentare, infatti, si associa, quale altra faccia della medesima medaglia, il disagio alimentare ed il fenomeno del junk food, ovverosia del cibo spazzatura: la mensa, infatti, è da considerarsi luogo ove avvicinare i bambini ai prodotti locali e promuovere una vera educazione alimentare, diversamente da merendine e snack consumati durante le ore di didattica a distanza;
    il Governo è tuttora impegnato nello sforzo di definizione di nuove misure emergenziali che avranno innegabilmente un impatto sul futuro della società e del Paese e, contemporaneamente, sulla progettazione per l'utilizzo delle risorse europee provenienti da Next generation EU. In tale contesto, il Parlamento sta contribuendo in maniera rilevante nel porre l'accento sugli aspetti che risultano più dirimenti per l'infanzia e l'adolescenza e, dunque, nell'orientare il Governo;
    il 9 giugno 2020, con decreto ministeriale della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, è stato istituito il «Gruppo di esperti» con il compito di elaborare azioni strategie e politiche a favore della tutela e della promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nel quadro dell'emergenza epidemiologica del COVID-19. Gli esiti del lavoro individuano le seguenti quattro direzioni di intervento come prioritarie: a) investire nella scuola e nelle infrastrutture materiali e umane-educative, b) garantire continuità educativa anche in condizione di emergenza, c) contrastare la povertà minorile materiale ed educativa, d) sostenere i diritti di chi è in condizione di vulnerabilità;
    in particolare, sono all'attenzione del gruppo: a) il tema del disagio adolescenziale e preadolescenziale, con specifico riguardo alla valutazione degli impatti e delle conseguenze circa gli apprendimenti, le diseguaglianze e il benessere complessivo nel quadro pandemico, nonché rispetto all'abbandono scolastico e alle difficoltà, in particolare per le fasce svantaggiate, del contrasto alla dispersione scolastica, b) le modalità per come tornare a consentire a ragazze/i esperienze che coinvolgano anche la fisicità, contrastando esperienze di crescita personale basate esclusivamente sullo strumento tecnologico e digitale, c) la necessità di un rinnovato coinvolgimento delle ragazze e dei ragazzi, dando loro maggiori possibilità di esprimersi, coinvolgendoli e amplificando la loro voce all'interno di un percorso educativo di valore;
    dunque, questo «domani» che si intende costruire e a cui si guarda incessantemente ha innegabilmente un profilo ben definito: le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi sono i protagonisti principali del futuro, messo però a rischio dalla pandemia;
    la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite ricorda che gli Stati parte «si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati» e che «riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale». Tali principi devono essere di profonda ispirazione in tutte le fasi: dalla predisposizione all'effettiva implementazione di nuove norme e strategie. Nel general comment n. 7 del 2005 alla stessa Convenzione («Attuare i diritti del fanciullo nella prima infanzia») si afferma inoltre che «Gli Stati devono garantire un supporto appropriato a genitori, affidatari e famiglie per consentire loro di svolgere adeguatamente le loro funzioni genitoriali» e che «i primi anni di vita costituiscono il periodo dove le responsabilità parentali riguardano tutti gli aspetti del benessere dei bambini affrontati dalla Convenzione. Di conseguenza, la realizzazione di questi diritti dipende in grande misura dal benessere e dalle risorse a disposizione di quanti portano queste responsabilità»;
    nel territorio dell'Unione europea sono più di un quarto i bambini a rischio di povertà o esclusione sociale. Per questo motivo, nel 2015, il Parlamento europeo ha sollecitato l'adozione di un'iniziativa europea, che si è concretizzata nel Sistema di garanzia per i bambini vulnerabili (European Child Guarantee) che rappresenta l'impegno europeo finalizzato a garantire che ogni bambino che vive in condizioni di povertà all'interno dell'Unione europea possa avere accesso all'assistenza sanitaria gratuita, a servizi educativi gratuiti, a servizi gratuiti per la prima infanzia, a condizioni abitative di qualità e a una nutrizione adeguata, come parte di un piano integrato europeo per combattere la povertà infantile;
    nell'ambito della terza fase relativa alla creazione di un sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili, l'Italia è stata scelta (insieme a Germania, Croazia, Bulgaria, Grecia, Lituania e Spagna) dalla Commissione europea per la realizzazione di un progetto pilota finalizzato a testare la Child Guarantee in previsione della Raccomandazione del Consiglio europeo che sarà prevedibilmente adottata nel 2021 (una bozza di Raccomandazione è stata adottata dalla Commissione lo scorso 24 marzo) e per la diffusione dei modelli proposti tra tutti gli Stati Membri. Il progetto pilota italiano sulla Child Guarantee avrà una durata di 24 mesi e sarà realizzato da Unicef in collaborazione con le pubbliche amministrazioni centrali competenti per le politiche dell'infanzia e dell'adolescenza;
    la già citata Child Guarantee consiglia due forti raccomandazioni, un nuovo indicatore specifico sui bambini a rischio di povertà o di esclusione sociale e la istituzione di un coordinatore nazionale della child guarantee dotato di risorse, e della possibilità di coordinare i vari interventi e fare in modo che i finanziamenti vengano utilizzati in maniera ottimale;
    se la sostenibilità rappresenta una delle linee guida nell'utilizzo delle risorse europee di Next generation EU, è fondamentale tenere bene a mente che nella sua accezione originale, quella del rapporto Brundtland del 1987, lo sviluppo sostenibile attiene alla fondamentale presa di coscienza che tutto ciò che viene fatto nel presente avrà impatto nel futuro, sulle nostre figlie e sui nostri figli. Tale considerazione implica, dunque, la necessità di porre, tra i cardini guida delle scelte politiche, gli interessi ed i bisogni dell'infanzia e dell'adolescenza;
    il Governo è chiamato a pianificare una visione strategica composta di politiche che siano in grado di garantire che i miglioramenti applicati al benessere delle bambine e dei bambini siano duraturi e generalizzati. Significa, dunque, progettare e implementare accuratamente delle politiche che pongano delle solide basi per l'infanzia e l'adolescenza e, di conseguenza, per la società nella sua interezza, partendo dalle sue fondamenta. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, nel quadro dell'Agenda globale 2030, rappresentano una guida eccellente per orientare le politiche pubbliche e intensificare e accelerare i miglioramenti del benessere dei più piccoli nella comunità e nel sistema Paese. In tale quadro, ci si riferisce, in particolare, ad un sistema di azioni interdipendenti per:
     a) ridurre la disuguaglianza di reddito e la povertà, assicurando così che tutti i bambini abbiano accesso alle risorse di cui necessitano;
     b) migliorare l'accesso di tutti i bambini ai servizi di cura della prima infanzia; in particolare l'accesso ai servizi di follow-up del neonato, specie quelli a rischio sanitario, che si configuri come una rete di servizi specifica per soddisfare le complesse esigenze post-dimissione del neonato a rischio evolutivo e della sua famiglia e costituire in ogni regione una rete di servizi di follow-up per seguire i neonati prematuri o con patologia cronica in modo duraturo nel loro percorso di crescita e per sostenere le loro famiglie anche con un'assistenza domiciliare adeguata; va considerato che, complessivamente, in un anno, sono circa 16.500 i neonati «fragili» (il 3,5 per cento), ad elevato rischio di sviluppare problemi durante la crescita e che necessitano di un preciso e intenso programma di follow-up clinico e psicologico e di sostegno alle famiglie;
     c) migliorare i servizi di supporto psicologico per bambini e adolescenti;
     d) implementare e ampliare le politiche dedicate alla famiglia che sostengano la work-life balance;
    con riferimento al Piano di ripresa e resilienza dell'Italia (PNRR), il Governo sta lavorando a un'ipotesi di investimento, nell'ambito della missione «Istruzione e ricerca», per il potenziamento dell'offerta nidi e scuole dell'infanzia. In particolare, il piano di investimento per la fascia 0-6 è finalizzato alla costruzione, alla riqualificazione e messa in sicurezza di nidi e scuole dell'infanzia, al fine di garantire un incremento dell'offerta educativa e dei posti disponibili con riferimento alla fascia di età 0-6, migliorando la qualità dell'insegnamento attraverso l'innovazione degli ambienti di apprendimento. L'obiettivo è quello di raggiungere e superare il 33 per cento su base nazionale fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002, relativamente ai servizi per la prima infanzia;
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 dicembre 2020, a seguito di intesa raggiunta il 16 ottobre 2020, in sede di Conferenza unificata, è stato disciplinato per i primi cinque anni, il Fondo «Asili nido e scuole dell'infanzia», finalizzato a finanziare progetti di costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, con priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane. Il suddetto Fondo prevede complessivamente 2,5 miliardi di euro a partire dall'anno 2021 e sino al 2034. In data 23 marzo 2021 è stato pubblicato l'avviso che consente ai comuni di accedere ai primi 700 milioni di euro del citato Fondo;
    il Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef ha diffuso, a settembre 2020, lo studio «Sfere di influenza – Un'analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei Paesi ricchi», all'interno del quale si specifica, innanzitutto, che «quella che è iniziata come una crisi sanitaria si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti delle economie e delle società. Se da un lato i bambini sembrano non subire gli effetti diretti più gravi sulla salute provocati dal virus, dall'altro, come ci hanno insegnato crisi precedenti, saranno uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine»;
    si distinguono tre tipologie principali di effetti che il COVID-19 ha prodotto sulle bambine e sui bambini: 1) gli effetti sulla salute fisica, che saranno a breve e lungo termine. A breve termine, i sistemi sanitari ridotti allo stremo potrebbero annullare le priorità dedicate alle immunizzazioni programmate o alle terapie per le patologie croniche. A lungo termine, i crescenti livelli di povertà potrebbero alterare le condizioni di alimentazione, abitative e di vita, andando a influire sulla salute dei bambini; 2) gli effetti sul benessere mentale, per cui le crisi emotive già manifeste nei bambini probabilmente si intensificheranno. L'isolamento, il lutto e le continue tensioni nelle relazioni familiari, causate dall'incertezza economica, possono danneggiare il benessere mentale di molti bambini, provocando ansia, insicurezza e paura del futuro; 3) gli effetti sull'istruzione, in quanto nella maggior parte dei Paesi i bambini hanno perso mesi di istruzione e contatto sociale. Come evidenziato dalle crisi precedenti, molti bambini non riusciranno mai a recuperare questa perdita di apprendimento, che sortirà effetti a lungo termine sulla loro vita e sulle società in cui vivono. Secondo un recente studio condotto dalla Banca mondiale (Simulating the potential impacts of the Covid-19 school closures on schooling and learning outcomes) la perdita di diversi mesi, se non addirittura di un anno di scuola a causa del COVID-19, può tradursi per gli studenti e le studentesse in future perdite di reddito che variano da 355 a 1.408 dollari l'anno;
    a tutte queste considerazioni si aggiunge il tema delle disuguaglianze sociali, già presenti con forza nel nostro Paese, ma profondamente acuite dalla pandemia in termini economici, culturali, sociali, educativi per i più piccoli. La riduzione dei servizi scolastici rischia di minare la salute psicofisica, l'apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili;
    la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza è profondamente cambiata nel corso delle ultime decadi, come viene riportato nel documento «Senza confini» del Centro salute del bambino, soprattutto in relazione a gran parte dei Paesi a reddito medio o elevato – tra i quali si colloca l'Italia;
    i problemi di salute si sono in gran parte trasferiti dalle acuzie alle patologie croniche e rare e ai problemi di neurosviluppo e di salute mentale. Le problematiche sociali e quelle educative sono sempre più evidenti e intrecciate con quelle di salute. Le diseguaglianze sociali, territoriali e tra generazioni si sono aggravate, aspetto – quest'ultimo – che caratterizza l'Italia in modo particolarmente drammatico. Su tutto incombono le minacce derivanti dal degrado ambientale e dal cambiamento climatico, come testimoniato con assoluta evidenza anche nel quadro della pandemia da COVID-19; inoltre, determinano un impatto rilevante anche i cambiamenti nei comportamenti riproduttivi che, in combinazione con la progressiva restrizione delle coorti in età fertile, determinano un trend di denatalità molto accentuato;
    i bambini con genitori in condizioni socioeconomiche più compromesse dall'età di 4 anni accumulano un significativo svantaggio in termini educativi e di sviluppo rispetto ai coetanei provenienti da situazioni familiari più favorevoli;
    allarmano i dati per cui quasi 1 minore su 7 lascia prematuramente gli studi e meno di un bambino su 4 può frequentare un nido, dato che diventa inferiore ad uno su 10 nel Mezzogiorno;
    ancora prima che il COVID-19 le rendesse ulteriormente evidenti, erano già emerse molte inadeguatezze infrastrutturali, di risorse umane e di contenuti pedagogici e didattici della scuola, baluardo fondamentale delle pari opportunità educative, della formazione del capitale umano e della mobilità sociale e riferimento fondamentale per la vita di bambini e ragazzi e delle loro stesse comunità di appartenenza. Tagli di spesa e mancati investimenti, oltre ad una frequente mancanza di visione strategica in grado di porre istruzione e inclusione al centro del disegno di crescita del Paese, ne hanno intaccato qualità, performance e prestigio, anche con riferimento agli standard europei. La Commissione europea nella «Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2019» per l'Italia evidenzia che «gli investimenti dell'Italia nell'istruzione sono ridotti e distribuiti in modo disomogeneo tra i vari gradi di istruzione. La spesa pubblica per l'istruzione, sia in percentuale del prodotto interno lordo (3,8 per cento) che in percentuale della spesa pubblica totale (7,9 per cento), è stata tra le più basse dell'Unione europea nel 2017. Mentre la quota di prodotto interno lordo assegnata all'educazione della prima infanzia e all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard dell'Unione europea, la spesa per l'istruzione terziaria è la più bassa dell'Unione europea, appena lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2017, ben al di sotto della media dell'Unione europea dello 0,7 per cento»;
    chi si occupa della salute di bambini e ragazzi non può non identificare nella crisi delle istituzioni educative un fattore di acutizzazione di diversi fattori di rischio, che vanno oltre la perdita di opportunità di apprendimento e di socializzazione e investono la salute mentale nel suo senso più lato;
    nel quadro della definizione delle misure emergenziali, la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza è stata affrontata innanzitutto guardando alla scuola: tanta attenzione è stata dedicata all'edilizia, agli spazi, alle norme sanitarie, alle infrastrutture digitali, ma sono state spesso tralasciate le dinamiche emotive, empatiche, pedagogiche, sociali e di crescita più intime, che fanno parte del benessere psicologico e della crescita sana dei bambini e delle bambine, delle ragazze e dei ragazzi e sono parte integrante di tutto il percorso educativo e di formazione;
    inoltre, appare chiaro che il focus per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza rappresenta un terreno estremamente vasto, che non può fermarsi al tema della didattica o alla definizione di politiche «residuali»;
    è necessario iniziare a occuparsi di infanzia con un programma di accoglienza del neonato alla nascita, in maniera organica e strutturata. Perché, come dimostrano studi scientifici, investire un euro alla nascita di un bambino produce 11 euro quando quel bambino avrà 18 anni. E prima si investe, in particolar modo tra gli 0 e i 5 anni, più l'investimento sarà fruttuoso;
    la produttività dell'investimento in capitale umano è assai elevata nei primi anni di vita, quando lo sviluppo è più rapido e si pongono le basi delle capacità che influenzano i successivi risultati scolastici e socioeconomici. Con l'età, il rendimento decresce. Le analisi costi-benefici, mostrano come i programmi a favore delle famiglie e dei bambini più svantaggiati abbiano impatti positivi e di lunga durata: migliorano i risultati nel percorso educativo, riducono i tassi di criminalità, accrescono la produttività sul lavoro e incidono su altri aspetti, come la probabilità di divenire ragazze madri. I benefìci superano ampiamente i costi sostenuti;
    il Fondo per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'anno 2020, è stato incrementato di 150 milioni di euro (articolo 105 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», cosiddetto «decreto rilancio») destinati ai comuni, mediante trasferimento diretto pari a 135 milioni di euro per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa e per progetti presentati da comuni italiani per l'attuazione di interventi, anche sperimentali, nonché per il contrasto della povertà educativa, mediante avviso pubblico «Educare in comune» per un importo pari a 15 milioni di euro;
    è necessaria una svolta verso un approccio strategico «bambinocentrico», capace di porre l'infanzia al centro di una visione integrata della tutela dei bambini, che implica il prendere atto dei nessi e degli scambi tra ciò che produce benessere per i più piccoli e le condizioni di contesto sociale, economico, culturale, educativo, in modo da coordinare adeguatamente le politiche pubbliche. Per essere efficaci ed efficienti, gli interventi devono dunque riconoscere il modo in cui le azioni politiche a un dato livello andranno a influire su di un altro. Normalmente si valuta l'impatto economico delle leggi e delle politiche: a questo punto sarebbe però anche necessario prendere in considerazione la possibilità di integrare sistematicamente una valutazione relativa all'impatto di leggi e politiche sul benessere dei bambini. Un child mainstreaming;
    un esempio pratico di un approccio capace di porre il superiore interesse dei bambini lo si trova concretamente nel caso della Nuova Zelanda, dove nel 2019 la Premier Jacinta Adem – recentemente eletta per il suo secondo mandato – ha promosso la stesura di una legge di bilancio basata sul benessere umano ed emotivo, inserendo come obiettivo primario la lotta alla povertà infantile. Già a partire dal 2018 era stata promossa dal Governo del Paese la creazione di un gruppo specifico di lavoro sul benessere dell'infanzia e sulla povertà infantile, con l'obiettivo di rendere effettive le azioni previste nel Child poverty reduction's Act. All'indomani della sua rielezione, la Premier neozelandese ha riconfermato nuovamente la sua profonda attenzione alla lotta alla povertà infantile. Il focus centrale sul principale benessere dell'infanzia si consolida anche nell'esempio di tutti quei Paesi europei che oggi – nel quadro delle rispettive misure di lockdown – hanno deciso di lasciare le scuole aperte, prevedendo tutte le necessarie misure di sicurezza;
    la seconda ondata di contagi, che si sta attualmente affrontando, pone nuovamente di fronte all'emergenza il tema di una pianificazione e di una strategia che possano adeguatamente preservare una forma di «normalità» per i più piccoli, a partire proprio dalla salvaguardia della didattica in presenza. Senza dubbio questa rappresenta una priorità, proprio perché è impensabile privare nuovamente le bambine e i bambini della socialità, della crescita e dell'apprendimento attraverso un confronto diretto con i propri coetanei e docenti: tutti elementi che hanno pesato enormemente sul benessere psicologico dei più piccoli durante i primi mesi di lockdown. Certamente è fondamentale lavorare su politiche in risposta alla situazione emergenziale, ma risulta quanto mai fondamentale progettare su quello che è un orizzonte futuro di medio-lungo termine: se l'obiettivo del presente è quello di superare gli effetti immediati della pandemia, risulta essenziale la previsione di misure progettuali che siano in grado di supportare un «rimbalzo in avanti», come lo definisce Enrico Giovannini – portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile e già presidente dell'Istat – nella lungimiranza di prevedere e anticipare le sfide future per l'infanzia, per l'adolescenza e per il Paese;
    si sottolinea il chiaro bisogno di avere a disposizione i dati disaggregati relativi ai contagi per le fasce 0-6, 6-10, 11-14, 14-18, permettendo così di sostanziare in maniera scientifica le scelte politiche inerenti alle decisioni sull'apertura o chiusura delle scuole. Inoltre, i dati così composti permetterebbero senza dubbio una più attenta pianificazione da parte degli ospedali pediatrici, perché siano in grado di attrezzarsi – in previsione dell'ondata di influenza stagionale – per la gestione dei contagiati da COVID-19 e per garantire le adeguate cure ai pazienti più piccoli;
    l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha messo in luce diverse fragilità del nostro sistema di welfare anche a causa della scarsità di risorse umane e di strutture pubbliche adeguate. I servizi sociali in particolare si sono dimostrati non in grado di fronteggiare al meglio le aumentate necessità delle famiglie, esposte ad un crescente impoverimento economico, offrendo servizi insufficienti sia sul piano quantitativo, che qualitativo, soprattutto ai minori;
    è prioritario perseguire il contrasto alla povertà materiale, attraverso misure che possano portare ristoro e supporto alle famiglie in difficoltà. Gli interventi trovano appoggio fondamentale nell'approvazione dell'assegno unico ed il Family act;
    la povertà assoluta colpisce maggiormente le famiglie con figli minori e, tra queste, cresce con l'aumentare del numero di figli non maggiorenni: la povertà economica è fortemente connessa alla povertà educativa dove l'educazione, la formazione, l'istruzione sono invece la chiave per lo sviluppo dei singoli e per la crescita economica e civile di una società: il contrasto della povertà economica ha implicazioni dirette anche sul fronte della povertà educativa, permettendo un più semplice accesso a prodotti, beni e servizi culturali;
    è del tutto evidente che non tutte le bambine e i bambini possono contare su famiglie solide e risulta imprescindibile dedicare puntuale attenzione a tutti quelli che presentano maggiori fragilità: bisogna avere particolare cura delle disabilità, con indirizzi specifici per la didattica digitale e con la garanzia di avere assistenza scolastica domiciliare ed un adeguato supporto ai genitori;
    è importante monitorare e salvaguardare le condizioni dei minori vittima di violenza domestica, poiché, a causa della quarantena forzata, tali situazioni possono facilmente degenerare; la crisi epidemiologica da COVID-19 sta infatti dispiegando evidenti ripercussioni sul fenomeno della violenza, facendo registrare, da un lato, un aumento del numero di reati commessi attraverso l'uso della rete e, dall'altro, influendo sulla costante e prolungata coabitazione che molto spesso porta ad episodi di violenza: sono aumentati gli abusi, i maltrattamenti e le violenze domestiche su donne e minori;
    nel febbraio del 2019 il Comitato Onu ha infatti reso le sue Osservazioni sull'attuazione della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, relative al quinto e al sesto rapporto presentati dallo Stato italiano, segnalando l'esistenza nel nostro Paese di molteplici disfunzioni e lacune nel sistema di assistenza ai minori. Tra queste spiccano la carenza di risorse economiche destinate all'infanzia e il permanere di importanti livelli di povertà minorile;
    è fondamentale riconoscere il ruolo strategico anche dei servizi territoriali che, dopo anni di pesanti e continui tagli, devono essere potenziati e riqualificati attribuendo agli enti locali un ruolo determinante e destinando loro, necessariamente, maggiori risorse finanziarie volte ad attivare percorsi di inclusione per i più esposti al rischio di povertà e povertà educativa; nell'ambito del sostegno agli enti locali, particolare attenzione deve essere rivolta al sostegno ai piccoli e piccolissimi comuni delle aree interne e montane che si stanno progressivamente svuotando per un effetto circolare che vede, da una parte la riduzione dei servizi per la riduzione della popolazione e, dall'altra, il corrispondente abbandono da parte dei più giovani, soprattutto famiglie, proprio a causa della carenza di servizi: è necessario sostenere queste aree disagiate affinché possano mantenere aperti i servizi per l'infanzia e i presidi scolastici;
    durante il periodo di stato di emergenza, tuttora in atto, e più precisamente dal mese di marzo ad agosto 2020, sono stati ridotti tutti gli incontri protetti genitori-figli, sia presso le strutture residenziali che presso i centri diurni, per la dichiarata difficoltà degli stessi a rendere sicuri gli incontri, e le previste videochiamate sostitutive in molti casi non sono state effettuate;
    in tale contesto, ancora oggi non esiste una banca dati nazionale e, anche a causa di tale carenza, le procure minorili non riescono a seguire i percorsi dei minori;
    bisogna includere, inoltre, misure che guardino alle condizioni degli adolescenti nelle carceri minorili, di tutti i minorenni stranieri che hanno bisogno di cura ed assistenza, dei figli che subiscono l'allontanamento dal genitore malato di COVID-19, nonché dei cosiddetti bambini e adolescenti perduti che fuoriescono da qualsiasi possibilità di controllo e supporto perché sprovvisti di un qualsiasi apparecchio digitale per il contatto con la scuola e la collettività e soggetti ad un elevatissimo rischio di dispersione scolastica;
    la comunità e il territorio rappresentano un presidio irrinunciabile per la concreta attuazione delle previsioni sinora elencate: la prossimità diventa un elemento importante laddove sia necessario monitorare e comprendere esattamente i bisogni di determinate realtà, ancora di più nel caso in cui ci si riferisca ai contesti periferici. È dunque necessario contemplare un approccio quanto più possibile legato al territorio. In questo contesto si deve riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come protagonisti della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente anche gli attori istituzionali e di prossimità. Inoltre, sono fondamentali la sinergia ed un maggiore supporto agli enti locali: bisogna stanziare maggiori risorse a loro favore, perché proprio i comuni e le regioni sono tra i primi presidi istituzionali a rendere possibile l'attivazione di servizi per l'infanzia e l'adolescenza;
    in una visione di azione politica integrata occorre lavorare per azioni di sistema che garantiscano una reale integrazione socioeducativa-sanitaria, che dia priorità di accesso e di presa in carico alle situazioni di fragilità e vulnerabilità. È importante allora dedicare ampio spazio alla dimensione psicologica e pedagogica e valorizzare le figure di educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie;
    il quadro di misure e di indirizzi sinora elencati deve rappresentare il contenuto di quello che si è definito come un approccio integrato «bambinocentrico», che deve essere trasformato in politiche ed azioni organiche e sistemiche capaci di rispondere in maniera coordinata ai bisogni e ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in previsione della programmazione e dell'utilizzo delle risorse nazionali ed europee;
    il Governo ha accolto l'ordine del giorno in assemblea 9/02790-bis-AR/127 volto alla realizzazione di un Piano straordinario dedicato all'infanzia e all'adolescenza in risposta alla crisi da COVID-19, che abbia come obiettivo la protezione dei bambini, delle bambine e degli adolescenti dagli effetti sociali, educativi e psicologici negativi provocati dalla pandemia, soprattutto con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni ed alla genitorialità, in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1.000 giorni di vita elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni;
    la reazione dei bambini alla prolungata assenza di attività motoria è sotto gli occhi di tutti: paura, spaesamento e sensazione di isolamento dai propri coetanei. Le attività motorie e sportive hanno un'importante componente legata alla socialità, al corretto sviluppo neuromotorio e l'inattività fisica rappresenta uno dei fattori di rischio più importanti per le patologie non trasmissibili (diabete, malattie cardiocircolatorie, cancro, malattie metaboliche) e responsabile di sovrappeso e obesità. Scuola e sport, per bambini e ragazzi, sono due basi esistenziali fondamentali: secondo quanto raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità i bambini e gli adolescenti di età compresa tra 5 e 17 anni dovrebbero praticare almeno 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata almeno tre volte a settimana. Alle palestre chiuse e le attività bloccate si aggiunga che per molto tempo non sono stati consentiti neanche momenti di gioco o di svago all'aperto, anche in conseguenza della chiusura degli spazi dedicati ai più piccoli all'interno dei parchi, giardini e ville, registrando la totale assenza di attività di diverso genere che, pur nel distanziamento sociale, si sarebbero comunque potute svolgere. In questo contesto è opportuno intervenire con attività di sostegno cognitivo e motorio prima che le conseguenze dell'isolamento possano procurare danni irreversibili ai bambini di oggi e adulti di domani;
    la chiusura prolungata delle scuole, dei luoghi di aggregazione, dei presidi culturali ed educativi ha creato una desertificazione sociale e culturale che ha colpito in primo luogo i minori, aumentando i rischi di abbandono scolastico e di avvicinamento da parte della criminalità organizzata;
    il rapporto fra infiltrazioni mafiose e pandemia da COVID-19 ha aumentato le preoccupazioni sui minori in termini di rischio devianza; ulteriore deprivazione e marginalità culturale; mancanza di consultazione e partecipazione; esposizione non mediata ad organizzazioni criminali,

impegna il Governo:

1) a creare un capitolo specifico nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicato a tutti gli investimenti a favore dell'infanzia;

2) a garantire, in linea con il provvedimento del Ministro dell'istruzione del 12 marzo 2021, agli alunni con disabilità motorie o intellettive e/o con bisogni educativi speciali, nell'ottica di assicurare un'adeguata assistenza alle famiglie, l'azione didattico-pedagogica tesa sempre a favorire l'inclusione dell'alunno e l'interazione con i compagni di classe;

3) ad assumere iniziative per definire con urgenza il prossimo Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza;

4) a proseguire nell'analisi dei dati disaggregati sul piano epidemiologico relativi alle diverse fasce di età associate ad ogni livello educativo e 0-6, 6-10, 11-14, 14-18 al fine di supportare scientificamente le misure indirizzate all'infanzia e all'adolescenza in questa fase emergenziale, posto che tali dati rappresentano uno strumento propedeutico per il bilanciamento del diritto alla salute e per il diritto all'istruzione, poiché permettono la definizione di decisioni ragionate e consapevoli relative alla ripresa in sicurezza della didattica in presenza, al tracciamento, alla programmazione dei trasporti e all'utilizzo ed organizzazione degli spazi dedicati alle attività educative;

5) in relazione al contrasto alla povertà educativa, ad adottare iniziative per investire nella misura europea della Child guarantee, per cui l'Italia rientra tra i Paesi capofila per la sperimentazione a partire dal 2021;

6) nell'ambito delle politiche di sostegno alla genitorialità, ad adottare iniziative di competenza volte alla rimodulazione del sistema dei servizi territoriali finalizzata al miglioramento della loro funzionalità in un'ottica bambinocentrica, assicurando ai minori il basilare diritto a un'infanzia serena e la dovuta attenzione all'equilibrio psico-fisico nella crescita; a tal fine prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali e la revisione dei percorsi di formazione del personale;

7) allo scopo di favorire la genitorialità, a rafforzare le politiche di supporto alle famiglie mediante il potenziamento della rete dei servizi sociali, anche d'intesa con i comuni e con una maggiore partecipazione degli enti del Terzo settore, al fine di dar vita a una rete permanente di protezione sociale, garantire la diffusione e l'ampliamento dell'offerta, e assicurare ai minori il basilare diritto a un'infanzia serena e la dovuta attenzione all'equilibrio psico- fisico nella crescita del minore; a tal fine a valutare l'opportunità dello stanziamento di maggiori risorse per regioni ed enti locali;

8) con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni e alla genitorialità, ad adottare iniziative per indirizzare maggiori investimenti al periodo compreso tra il concepimento e la prima infanzia (act early), in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1000 giorni («Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita»), elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni; ad adottare iniziative per estendere i servizi educativi per bambini di età compresa tra 0-3 anni potenziando la rete dei servizi pubblici e prevedendo interventi dedicati a promuovere la genitorialità responsiva mediante la sinergia tra pubblico e privato nell'ambito dei piani educativi 0-6 anni previsti dal decreto legislativo n. 65 del 2017; a promuovere, in collaborazione con i servizi educativi, l'inserimento di contenuti relativi allo sviluppo del bambino e alla genitorialità; a tal fine prevedere il potenziamento della rete dei consultori con particolare attenzione per i servizi di sostegno alla genitorialità;

9) a valutare l'opportunità di promuovere, d'intesa con le regioni, una rete di servizi di follow-up per seguire i neonati prematuri o con patologia cronica in modo duraturo nel loro percorso di crescita e per sostenere le loro famiglie anche con un'assistenza domiciliare adeguata;

10) a dare seguito agli impegni previsti dalla mozione 1-00215, approvata dall'Aula della Camera dei deputati il 2 luglio 2019, al fine di contrastare il fenomeno della violenza sui minori e a prevedere strumenti efficaci di prevenzione e sostegno alla genitorialità a rischio;

11) ad accelerare la realizzazione degli asili nido pubblici per raggiungere almeno il 33 per cento di posti su base regionale su tutto il territorio nazionale e a promuovere la gratuità del servizio, secondo quanto già previsto per le scuole dell'infanzia; a predisporre, in un'ottica di lungo periodo, un piano nazionale asili nido finalizzato a garantire l'accesso a dette istituzioni a tutti i bambini da 0 a 3 anni, realizzando le necessarie e adeguate strutture, soprattutto nel Sud, e prevedendo un conseguente piano di assunzione di personale qualificato; a tal fine, adottare le necessarie iniziative di competenza per permettere ai comuni di trasformare in asili nido, adottando le necessarie modifiche degli spazi, strutture ed edifici di loro proprietà, in particolare se collocati in aree verdi, che non siano utilizzati o che siano impiegati per finalità diverse da quelle previste da atti di concessione; per i comuni a vocazione agricola incentivare l'istituzione di agrinido;

12) ad adottare iniziative volte a valutare la quantificazione dell'assegno unico per le famiglie con uno o più figli, in particolare laddove sussistano situazioni di maggiore disagio e povertà educativa;

13) a rafforzare il sostegno al terzo settore e l'associazionismo civico come coprotagonisti responsabili della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente gli attori istituzionali; a sostenere una semplificazione dei processi di riconversione delle progettualità bloccate dalla diffusione della pandemia, al fine di indirizzare il potenziale del terzo settore verso servizi destinati all'educazione e all'infanzia in fase emergenziale, anche nell'eventualità di pensare ad un utilizzo degli spazi di luoghi culturali oggi chiusi, come musei, cinema e teatri per fini educativi;

14) a prevedere il ricorso ai patti educativi territoriali finalizzato al contrasto di situazioni di emergenza e di disagio sociale anche prevedendo iniziative educative come i nuclei educativi di prossimità; nelle situazioni di maggiore difficoltà e di rischio di dispersione scolastica, a promuovere la realizzazione di presidi educativi di prossimità, in sinergia tra le scuole del sistema pubblico di istruzione che agiscono sul territorio interessato ed educatori qualificati al fine di sostenere i bambini e ragazzi in didattica a distanza e di preservare momenti di socialità; a valutare l'opportunità di promuovere e finanziare la realizzazione di piani territoriali integrati di contrasto alla povertà educativa minorile nelle zone a più alto rischio, come le periferie urbane e le aree interne individuate sulla base dei parametri e degli indicatori definiti da Istat in base al comma 230 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana volti a recuperare spazi pubblici abbandonati da destinare ad attività educative e culturali gratuite per bambini e adolescenti;

15) ad adottare iniziative per sostenere la diffusione di interventi a favore della tutela della sfera emotiva e psicologica, anche attraverso la valorizzazione di figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale – coerentemente con i livelli essenziali – a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie; in tale contesto a valutare l'opportunitò di prevedere l'istituzione, negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, di sportelli di ascolto psicologico a sostegno dei bambini, degli studenti, dei lavoratori e delle famiglie nell'ambito del patto educativo scuola-genitori, che svolgano attività di prevenzione, informazione, sostegno e consulenza con l'ausilio di personale specializzato e di guida verso eventuali servizi territoriali;

16) a investire sul capitale umano delle giovani generazioni e a sostenere il loro diritto allo studio e ad una educazione di qualità, fin dai primi anni di vita, anche utilizzando le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per arrivare gradualmente a regime allo standard europeo di un investimento in educazione del 4,5-5 per cento sul prodotto interno lordo;

17)  a valutare l'opportunità di adottare iniziative per contrastare il rischio di un arretramento e di una diminuzione nell'offerta educativa – in termini di livelli di copertura e di tempo trascorso nella scuola primaria e secondaria – agendo sull'aumento dei servizi dedicati alla prima infanzia e delle attività extrascolastiche ed incrementando le ore di tempo pieno, mantenendo alto lo standard della qualità dell'insegnamento;

18) ad attivarsi nelle sedi opportune, al fine di valutare l'opportunità di istituire tempestivamente una banca dati dei minori allontanati dal proprio nucleo familiare in cui sia tracciata la loro collocazione;

19) ad incentivare, anche valutando la possibilità di contributi economici, la pratica sportiva di bambini e ragazzi, incrementando la partecipazione alle attività motorie organizzate sul territorio nel rispetto della normativa per la prevenzione del contagio, con l'obbiettivo di ridurre la sedentarietà e l'inattività fisica causata dalla pandemia;

20) ad adottare iniziative volte a promuovere l'interlocuzione con le ragazze e con i ragazzi, realizzando momenti di ascolto e incentivando la loro partecipazione quali cittadini attivi, sostenendo l'associazionismo tra pari mediante la messa a disposizione da parte delle istituzioni centrali e territoriali di adeguati servizi, di strutture, luoghi e strumenti che realizzino in concreto la centralità dei giovani superando la visione adulto-centrica dell'azione politica e amministrativa;

21) a promuovere il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze in questo periodo di crisi, sostenendo le reti associative di giovani attive, anche in rete, e realizzando momenti di ascolto e confronto tra bambine, bambini e adolescenti con le istituzioni centrali e territoriali;

22) a valutare quali opportune iniziative possono essere prese per attuare un costante monitoraggio e interventi di educazione ai linguaggi del digitale, al fine di prevedere un uso consapevole dei social network ed un'educazione all'uso critico dei media;

23) a valutare l'opportunità di includere in tutte le politiche sociali ed educative rivolte a bambini e bambine, ragazzi e ragazze e loro famiglie, percorsi di prevenzione rispetto alla criminalità organizzata e di educazione alla legalità.
(1-00405)
(Ulteriore nuova formulazione) «Lattanzio, Casa, Gobbato, Marrocco, Occhionero, Stumpo, Muroni, Siani, Nitti, Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Quartapelle Procopio, Lorenzin, Serracchiani, Viscomi, Schirò, Rizzo Nervo, Gribaudo, Pezzopane, Ciampi, Spena, Versace, Fioramonti, Fusacchia, Vizzini, Ruocco, Villani, Fantuz, Zanella, Boldi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'ultimo rapporto di Save the Children «Proteggiamo i bambini. Whatever it takes» ha tracciato un preoccupante quadro dell'impatto dell'emergenza pandemica sulle giovani generazioni, soprattutto su coloro che vivono in contesti e situazioni di fragilità e in condizioni di svantaggio economico, educativo e socio-relazionale;
    secondo quanto evidenziato dal rapporto, il confinamento imposto in questi mesi ha mostrato il lato più duro dell'impatto socioeconomico della crisi sanitaria: nel mese di aprile, più di 4 famiglie su 10 (46,7 per cento) con bambini tra gli 8 e i 17 anni, in Italia, hanno visto ridursi le risorse economiche; il 44,7 per cento ha dovuto tagliare le spese alimentari, mentre una su tre (32,7 per cento) ha dovuto rimandare il pagamento delle bollette (37,1 per cento al Sud, e 43,8 per cento nelle Isole) e una su quattro (26,3 per cento) anche quello dell'affitto o del mutuo;
    l'aumento della disoccupazione, stimata dal Fondo monetario internazionale per il 2020 al 12,7 per cento, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l'incidenza della povertà tra i minori: secondo una ricerca condotta dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, dei circa 9,5 milioni di lavoratori impossibilitati a lavorare nel mese di marzo, 3,7 milioni vivono in famiglie monoreddito, dove quindi è venuta a mancare l'unica fonte di reddito; la metà di queste famiglie è composta anche da figli a carico e tra loro sono 439 mila i monogenitori (12 per cento). Se nel 2018 i bambini e gli adolescenti che vivevano in povertà assoluta in Italia erano il 12,6 per cento, la stima odierna dei minori sotto la soglia di povertà assoluta è del 20 per cento, un ragazzo su cinque;
    alla deprivazione materiale si aggiungono le preoccupazioni legate all'aumento della povertà educativa e culturale: in questi lunghi mesi bambini/e e ragazzi/e hanno dovuto rinunciare alla socialità, allo sport, al gioco all'aria aperta e tale mancanza ha avuto un impatto tanto più devastante tra i minorenni con grave disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico o problematiche psicologiche e comportamentali; bambini/e e ragazzi/e sono stati costretti a rimodulare il modo di relazionarsi con i propri pari e con la scuola e hanno dovuto affrontare situazioni familiari complesse; si sono adattati con grande spirito di sacrificio alla didattica online, ma non tutti con le stesse opportunità;
    la «necessità» di proseguire l'anno scolastico con il ricorso alla didattica a distanza, infatti, ha messo in luce il divario nell'accesso a internet e alle nuove tecnologie per i ragazzi/e che vivono nelle aree più svantaggiate. In Italia, il 12,3 percento dei ragazzi/e tra 6 e 17 anni vive in abitazioni prive di dispositivi quali computer o tablet (850 mila in termini assoluti), percentuale che raggiunge quasi il 20 per cento nel Mezzogiorno; il 57 per cento di coloro che ne dispongono li deve, comunque, condividere con altri componenti della famiglia per esigenze di studio o di lavoro e più di 2 minorenni su 5 (42 per cento) vivono in case prive di spazi adeguati allo studio;
    tutti questi fattori rappresentano ingranaggi di una pericolosa bomba sociale, poiché hanno accresciuto in modo esponenziale le diseguaglianze sociali e territoriali nei livelli di apprendimento, già molto forti, con il rischio di aggravare irrimediabilmente il tasso di dispersione scolastica, che in Italia, negli ultimi cinque anni, è oscillato tra il 14 per cento e il 15 per cento, con particolare incidenza sui minori in condizione di svantaggio socioeconomico. E se è vero che subito dopo il primo lockdown nazionale, tutti noi abbiamo sperato che sarebbe stato più chiaro l'orizzonte temporale delle misure di emergenza, oggi, a distanza di oltre un anno, ancora si discute di nuove misure restrittive da mettere in campo per limitare i contagi, inclusa l'ennesima chiusura delle scuole;
    le «disuguaglianze educative» sono ancora più gravi per i bambini con bisogni educativi speciali o con disturbi nell'apprendimento, che in questo periodo si sono trovati privati dei loro riferimenti, e per i quali è indispensabile attivare percorsi e strumenti ad hoc per rendere la didattica digitale effettivamente inclusiva;
    tutti gli sforzi messi in campo da insegnanti e dirigenti scolastici per garantire una continuità allo sviluppo e all'apprendimento, non possono sostituire l'azione educativa che si fonda sulla relazione, sull'accoglienza e sull'organizzazione quotidiana della vita dei bambini/e e degli adolescenti;
    il diritto all'istruzione e il diritto alla salute sono due diritti tutelati dalla Costituzione e bisogna trovare un bilanciamento; la didattica a distanza poteva essere una soluzione all'inizio della fase emergenziale perché ha rappresentato per molti ragazzi una possibilità di continuare la fase di crescita e di apprendimento, però ha amplificato anche molte disuguaglianze sociali, all'interno delle stesse regioni, ad esempio nelle aree periferiche o nei comuni montani non raggiunti dalla banda larga;
    ci sono, poi, minorenni che vivono in situazioni familiari «a rischio» e per i quali stare a casa, senza andare a scuola, senza contatti sociali e, dunque, senza essere adeguatamente supportati, ha avuto gravi ripercussioni sulla loro quotidianità e sulla possibilità di favorire percorsi di prevenzione e di accompagnamento;
    preoccupazione è stata espressa anche per i procedimenti minorili in quanto è indispensabile garantire lo svolgimento dell'attività giurisdizionale laddove la stessa si rivolga alla protezione dei minori, soggetti per definizione fragili, senza interrompere la trattazione delle cause di carattere urgente. La sospensione delle attività giudiziarie ha rischiato di creare irreparabili danni soprattutto nell'ambito delle relazioni familiari, dove c’è bisogno di risposte immediate, soprattutto quando si tratta di tutela dei diritti dei minori, per i quali, ad esempio, essere privati della presenza di uno o entrambi i genitori, perché magari affidati «temporaneamente» alle comunità, produce conseguenze lesive del supremo interesse del minore;
    inoltre, a causa dell'emergenza sanitaria quasi tutti i servizi non residenziali sono stati sospesi con gravi ripercussioni per gli adolescenti seguiti dai servizi di Neuropsichiatria Infantile (Npia) in ambito terapeutico-riabilitativo ambulatoriale, in ambito semiresidenziale, residenziale terapeutico, ospedaliero; numerosi sono i bambini/e e ragazzi/e che, pur non avendo patologie psichiatriche, stanno soffrendo disagi profondi sul piano psicologico, dall'aumento di ansia e depressione, fino ad arrivare a casi più gravi come il ritiro sociale; ad avere severe ripercussioni sono stati i minori con disabilità perché in tutto questo periodo, soprattutto nella fase iniziale, sono mancati i supporti educativi e socio-sanitari che non hanno ricevuto a causa dell'emergenza; le famiglie non erano in grado, anche per difficoltà oggettive, di colmare la mancanza di aiuti esterni, facendo registrare una rapida perdita dei progressi faticosamente ottenuti nel tempo;
    con l'emergenza sanitaria da Covid-19 il disagio psichico dei minori è esploso, come ha spiegato Emanuele Trapolino, portavoce dell’équipe medica del reparto di neuropsichiatria infantile dell'ospedale pediatrico Giovanni di Cristina di Palermo: «Il virus ha fatto da cassa di risonanza: non possiamo più ignorare la gravità della situazione nella quale ci ritroviamo. Ma serve un nuovo sistema di monitoraggio che faccia scattare prima il campanello d'allarme: a scuola, in famiglia, dal pediatra»;
    i numeri parlano da soli: se nel biennio 2018-2019 i ricoveri per patologie psichiatriche erano stati il 9 per cento del totale, nel 2020 la percentuale è salita al 16 per cento e nelle prime settimane del 2021 supera il 26 per cento e 11 pazienti su 41 hanno tra i 9 e i 14 anni, con soprattutto disturbi alimentari e dipendenze ma anche atti di autolesionismo e depressione; sono quasi tutti bambini che sembrano adulti, «come se oggi l'infanzia fosse un fastidio da scrollarsi di dosso il prima possibile»;
    l'eccessiva esposizione e la permanenza dei ragazzi davanti ai computer hanno creato anche un serio problema, sicuramente sottovalutato, di dipendenza e di sovraesposizione ai pericoli della rete. Secondo l'indagine «Minori e percezione dei rischi» realizzata da Ipsos per Save the Children e pubblicata nel mese di febbraio 2020, il «luogo» più a rischio per circa 7 ragazzi su 10 è Internet; mentre secondo l'Osservatorio nazionale adolescenza, i più piccoli vedono la prima immagine pornografica già a 7 anni e un adolescente su cinque subisce molestie in rete;
    la pedopornografia on-line continua a prosperare indisturbata, con profitti in costante crescita: quasi 7 milioni e 100 mila le foto segnalate nel 2019, il doppio rispetto al 2018 quando il contatore si è fermato a 3 milioni e 50 mila circa. Quasi stabili i video (992.300 contro 1.123.793 del 2018), in aumento le chat (323 contro 234) e, solo nel 2019, sono state individuate 325 cartelle complesse;
    dati confermati anche dalle segnalazioni alle forze dell'ordine e dai numerosi casi di cronaca, soprattutto in questo momento storico in cui i ragazzi hanno, di fatto, trasferito la loro vita in rete e lo smartphone ha mediato gran parte delle loro relazioni: negli ultimi mesi, infatti, si sono ampliati i fattori e le condizioni di rischio che espongono alla pedopornografia on-line, tra i quali, in particolare, l'aumento delle vulnerabilità a cui sono esposti i più piccoli; la diminuzione della supervisione genitoriale con l'aumento delle responsabilità che le famiglie hanno dovuto fronteggiate; la mancanza di reti extra familiari a cui rivolgersi, prima fra tutte la scuola; l'aumento della fruizione di contenuti sessuali autoprodotti e scambiati, di cui si può facilmente perdere il controllo;
    a questi rischi vanno aggiunti quelli relativi alla salute, causati dall'uso eccessivo degli stessi dispositivi, che vanno dall'affaticamento oculare al mal di testa o al mal di schiena, fino ad arrivare allo sviluppo di una vera e propria dipendenza patologica, con ripercussioni negative sulla vita sociale e di relazione;
    forti preoccupazioni desta anche l'ampia diffusione tra gli studenti di 15-19 anni, delle cosiddette nuove droghe (Nps – Nuove sostanze psicoattive, molto potenti, spesso di origine sintetica, che sfuggono ai controlli perché non censite nelle tabelle ufficiali delle droghe illegali) e per il consumo di sostanze stupefacenti, in primis la cannabis, unitamente all'allarme costituito dall'utilizzo dei cosiddetti psicofarmaci senza prescrizione medica da parte del 10 per cento dei ragazzi italiani. Secondo i risultati del Report Espad 2019, in Italia si riscontrano percentuali di utilizzo di cannabis tra le più alte in Europa. Mentre gli studenti italiani che hanno provato questa sostanza almeno una volta nella vita (27 per cento) sono secondi solo a quelli della Repubblica Ceca (28 per cento), gli utilizzatori italiani di cannabis nel corso dell'ultimo mese (15 per cento) sono i primi, davanti a francesi e olandesi (13 per cento). Anche sul fronte dell'uso ad alto rischio, l'Italia rileva uno tra i livelli più alti (6,2 per cento);
    a lanciare l'allarme sulle gravi conseguenze che stanno vivendo i minori in questo periodo storico è stata anche la nuova Autorità garante per l'infanzia e adolescenza, Carla Garlatti, che ha parlato di «seri segnali di allarme per salute mentale, abbandono scolastico, ritiro sociale, diritti dei disabili, minori vulnerabili, impoverimento educativo e culturale dei minorenni»;
    di fatto, però, la pandemia ha portato alla luce, aggravandole e dilatandole, le criticità registrate nel corso degli anni e che si riassumono nell'assenza della piena tutela e promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
    le difficoltà contingenti, dovute all'emergenza, si sono sommate, infatti, alle carenze storiche del nostro sistema scolastico ed educativo, che presenta ancora troppe sacche di esclusione. Da un lato, è ormai acclarato da tutti gli studi che un periodo decisivo per lo sviluppo educativo dei bambini è quello della prima infanzia e che l'accesso a servizi educativi di qualità nei primi anni di vita ha un impatto rilevante anche sul rischio di dispersione scolastica; dall'altro lato, in materia di servizi educativi, gli ultimi rilevamenti indicano l'assenza di progressi sostanziali dal 2015 ad oggi: in 10 anni, la percentuale di presa in carico è aumentata, in Italia, soltanto di 2 punti percentuali; dal 2009 oscilla costantemente tra il 13 per cento ed il 14 per cento, un dato ben lontano dall'obiettivo dell'Unione europea del 33 per cento e tra i più bassi a livello europeo. Se nel Nord-Ovest, Nord-Est e Centro Italia, la copertura di asili nido e servizi integrativi pubblici si attesta in media rispettivamente al 15,9 per cento, 19,6 per cento e 18,8 per cento, al Sud cala fino al 5,1 per cento e nelle isole al 6,5 per cento e dato ancor più rilevante è che non si è registrato alcun progresso nell'accesso ai servizi educativi per la prima infanzia per i minori in condizioni di svantaggio socioeconomico;
    tagli di spesa e mancati investimenti, oltre ad una mancanza di visione strategica in grado di porre istruzione e inclusione al centro delle strategie politiche nazionali, ne hanno intaccato qualità, prestazioni e prestigio anche con riferimento agli standard europei. La Commissione europea nella «Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2019» per l'Italia evidenzia che «gli investimenti dell'Italia nell'istruzione sono ridotti e distribuiti in modo disomogeneo tra i vari gradi di istruzione. La spesa pubblica per l'istruzione, sia in percentuale del prodotto interno lordo (3,8 per cento) che in percentuale della spesa pubblica totale (7,9 per cento), è stata tra le più basse dell'Unione europea nel 2017. Mentre la quota di prodotto interno lordo assegnata all'educazione della prima infanzia e all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard dell'Unione europea, la spesa per l'istruzione terziaria è la più bassa dell'Unione europea, appena lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2017, ben al di sotto della media dell'Unione europea dello 0,7 per cento»;
    altri aspetti fondamentali, in particolar modo nel pianificare la futura riapertura delle scuole, ma che continuano ad essere ignorati dalla politica nazionale, è il tempo pieno e la presenza di infrastrutture adeguate: elementi cruciali per ripensare lo spazio ed il tempo educativo, garantire il distanziamento fisico e favorire l'attività extracurricolare, rafforzando, o, forse, sarebbe meglio dire, recuperando le competenze motivazionali, emotive e sociali, che al pari delle competenze cognitive, completano il percorso educativo dei minori e che sono state messe a dura prova dalle misure di isolamento;
    anche con l'emergenza Covid-19 le misure di sostegno alle famiglie messe in atto, dal voucher babysitter al congedo parentale straordinario, sono state principalmente di tipo emergenziale e/o individuale e tutti gli interventi messi in campo, in generale, hanno seguito logiche compensative e dinamiche spot disarticolate, senza la pianificazione di un'azione strategica per l'infanzia e l'adolescenza; occorre un sistema di azioni che coltivino il terreno delle opportunità, non solo per investire nell'istruzione o per rimodulare gli spazi e i tempi scolastici, ma anche per rinsaldare il legame della scuola con le famiglie, la comunità e il territorio; per ridurre la disuguaglianza di reddito e la povertà, assicurando che tutti i bambini abbiano accesso alle risorse di cui necessitano; migliorare l'accesso di tutti i bambini ai servizi di cura della prima infanzia; migliorare i servizi di supporto psicologico per bambini e adolescenti; implementare e ampliare le politiche dedicate alla famiglia che consentano di contemperare esigenze familiari e di lavoro;
    da tempo Fratelli d'Italia ha denunciato la condizione di invisibilità per le istituzioni dei quasi 10 milioni di bambini/e e adolescenti che vivono in Italia, dei quali finora si è parlato solo come «figli», «alunni» o come possibili fonti di contagio e non invece come titolari di diritti. Quanto occorso durante l'emergenza da Covid-19 ha evidenziato un significativo divario nella cultura complessiva dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, a partire dall'esclusione quasi completa della centralità dei minorenni come «soggetti» e non solo «oggetti» di attenzione delle politiche e delle prassi: in Italia l'assenza, più volte denunciata, di misure legislativo-procedurali che garantiscano alle persone di età minore il diritto di essere ascoltate, con modalità, condizioni e tempi adeguati alla loro età, in tutti gli ambiti, da quello famigliare a quello scolastico, nei procedimenti amministrativi e giudiziari che li riguardano si è riflessa in una totale assenza istituzionale di coinvolgimento e attenzione ai bambini/e e ai ragazzi/e, come soggetti portatori di idee, istanze e proposte «proprie». L'ascolto dei minori è un presupposto fondamentale perché i loro diritti non restino solo semplici «parole sulla carta» e perché a ciascuno di essi sia riconosciuto concretamente quello che nelle singole situazioni è il loro superiore interesse. Ascoltare i bambini e i ragazzi è dare attuazione a un diritto. Il dovere degli adulti e delle istituzioni, è, dunque, di ascoltarli sempre e di riconoscere anche ai più piccoli una centralità;
    in tale contesto, non stupiscono i recentissimi dati Istat, che dipingono un quadro desolante sulla natalità in Italia: nel 2020 si sono registrate 16 mila nascite in meno rispetto al 2019, un nuovo minimo storico di nascite dall'Unità d'Italia. Un problema che si lega a filo diretto con la capacità dell'Italia di investire sulle giovani generazioni; con le condizioni economiche delle famiglie che hanno figli; con la sostenibilità a lungo termine del nostro stesso sistema economico e sociale;
    è impensabile uscire dalla attuale crisi economica e sociale senza avviare un Piano straordinario per l'infanzia e l'adolescenza per il rafforzamento delle infrastrutture sociali ed educative territoriali, tenendo ben presente la necessità di misure mirate per i minorenni più vulnerabili. I finanziamenti del Fondo Next Generation dell'Unione europea per l'emergenza sono l'occasione per porre in pratica tali princìpi, con una visione di nuovo strategica rispetto alle giovani generazioni: il tema delle risorse dedicate direttamente e indirettamente a bambini/e e adolescenti è dirimente, poiché viviamo in una Nazione in cui la spesa sociale è sempre fortemente sbilanciata e il diritto di ogni bambino/a all'istruzione, alla casa, all'accudimento, all'ascolto non sempre è percepito come questione strategica e responsabilità sociale, e quindi a carico della finanza pubblica;
    le Linee guida per il nuovo ambizioso Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e soprattutto la strategia di impiego di ingenti risorse europee, dal nome evocativo «Next Generation», potrebbero rappresentare un'opportunità per un cambio di passo con misure strutturali, organiche e un orizzonte temporale più lungo, che finalmente guardi al futuro delle giovani generazioni;
    l'auspicio è che da questa crisi, straordinaria sotto ogni punto di vista, si possa ripartire con una consapevolezza ritrovata rispetto alla centralità e necessità di investire sull'infanzia e l'adolescenza, perché una Nazione che non investe sui minori è una Nazione senza futuro,

impegna il Governo:

1) a definire con urgenza il prossimo Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che fornisca una cornice unitaria all'impegno delle istituzioni ad ogni livello per riscrivere il futuro dei nostri bambini/e e adolescenti e preveda, in particolare:
   a) incisive politiche attive a sostegno della famiglia e della genitorialità che includano:
    1) iniziative per finanziare la realizzazione e la gestione degli asili nido pubblici per raggiungere almeno il 33 percento di posti su base regionale su tutto il territorio nazionale e per promuovere la gratuità e il tempo pieno del servizio;
    2) iniziative per l'istituzione del reddito di infanzia da almeno 400 euro al mese per ogni figlio fino ai sei anni, e di almeno 250 euro al mese sino alla maggiore età, al fine di favorire la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata, con particolare attenzione alle fasce sociali più a rischio di esclusione in ragione della presenza di situazioni di fragilità;
    3) iniziative per una profonda revisione del sistema fiscale, con particolare riguardo al complesso delle detrazioni e delle deduzioni, prevedendo misure di agevolazione in favore delle famiglie con figli a carico, al fine di assicurare un prelievo più equo e progressivo basato sul concetto di «quoziente familiare», elevando parallelamente le tutele per entrambi i genitori lavoratori;
    4) iniziative per l'applicazione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 4 per cento a tutti i prodotti di prima necessità per l'infanzia;
    5) iniziative per promuovere maggiori investimenti per iniziative dedicate al periodo compreso tra il concepimento e la prima infanzia, in sinergia con istituzioni, associazioni, famiglie, nella consapevolezza che, sin dalla fase preconcezionale, è possibile costruire il bagaglio di salute che caratterizza la vita di ogni cittadino, in linea con quanto previsto dal documento sui primi 1000 giorni («Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita») elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di febbraio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni;
    6) iniziative specifiche per supportare l'affido famigliare, quale contesto relazionale e affettivo adeguato ai bisogni delle persone di minore età;
    7) iniziative, per quanto di competenza, volte al potenziamento dei consultori familiari, dei servizi materno-infantili e dei servizi sociali comunali;
   b) un importante investimento sull'istruzione, come leva per lo sviluppo della Nazione, con l'obiettivo di lungo termine di passare dal 3,8 per cento attuale del prodotto interno lordo al 5 per cento, raggiungendo così la media europea e, in particolare prevedendo:
    1) l'attivazione tempestiva delle risorse del Pon Istruzione, per finanziare interventi educativi extracurricolari pomeridiani, mettendo a disposizione, anche nei mesi estivi e il sabato, gli spazi scolastici, dai locali ai cortili e alle palestre per l'attivazione di iniziative educative, motorie, musicali e culturali, anche al fine di contrastare le conseguenze psicologiche dovute all'isolamento sociale, soprattutto per i bambini/e e ragazzi/e con maggiori vulnerabilità psichiche, disabilità e altri bisogni educativi speciali;
    2) la presenza di un numero di docenti sufficiente a supportare la ripresa della didattica secondo i modelli in discussione tra distanziamento fisico, didattica per piccoli gruppi e possibili turnazioni e, in ogni caso, garantire la continuità didattica e in presenza, anche per alunni e studenti con disabilità;
    3) l'attivazione di programmi di sostegno individuale mirati agli studenti più in difficoltà e con bisogni educativi speciali, prevedendo per loro l'accompagnamento di un tutor, che li affianchi anche nello studio a distanza, attraverso una stretta collaborazione tra scuole e terzo settore;
    4) l'aggiornamento delle linee guida per la fruizione della didattica a distanza, prestando maggiore attenzione alle sempre più emergenti necessità rispetto alla salute dei minorenni connessi on line per periodi troppo prolungati;
    5) l'introduzione della figura dello psicologo scolastico nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di poter intercettare tempestivamente le prime forme di disagio in età evolutiva, garantire il benessere e supportare dal punto di vista psicologico, emotivo e relazionale gli studenti, gli insegnanti e i genitori, con interventi capaci di ridurre il tasso di abbandono scolastico e favorire l'inclusione delle fasce più emarginate, anche ai fini del contrasto all'esclusione sociale dell'infanzia e dell'adolescenza, alla valorizzazione del potenziale di bambini/e e ragazzi/e;
    6) l'introduzione dell'ora curricolare di intelligenza emotiva per contrastare in modo efficace il bullismo, la povertà educativa, la dispersione scolastica e altri fenomeni devianti, favorendo il recupero del vocabolario emotivo perduto, il miglioramento del clima relazionale tra studenti, insegnanti e famiglie, il miglioramento degli ambienti di apprendimento, la distensione dei rapporti tra istituzione scolastica e famiglie e la prevenzione dei casi di isolamento e di insorgenza precoce di patologie tra gli adolescenti, nonché la diffusione di progetti e strumenti di prevenzione che rafforzino l'autostima specialmente in ambito scolastico;
    7) l'inserimento nel piano dell'offerta formativa delle scuole di ogni ordine e grado di progetti per un’«educazione civica digitale» con il coinvolgimento delle famiglie, al fine di permettere ad adulti e minori di incrementare la conoscenza delle tecnologie digitali e dei pericoli correlati alla rete e ai social network affinché possano autodeterminarsi e sviluppare liberamente le proprie potenzialità;
   c) un forte investimento a favore di quei territori colpiti da vecchie e nuove povertà, in particolare prevedendo:
    1) iniziative per creare un sistema di coordinamento degli interventi di welfare a favore dei minori in condizione di maggior svantaggio, con una coprogettazione territoriale sulla scorta della legge 28 agosto 1997, n. 285, e della legge 8 novembre 2000, n. 328, con la partecipazione di istituzioni e associazioni e verso un'integrazione dei vari interventi di supporto al reddito, abitativo, servizi socio-educativi e sanitari;
    2) iniziative per mappare le aree a maggiore rischio di povertà educativa ed elaborare piani strategici territoriali di intervento sulla base di indicatori comuni, che rilevino per ogni area lo stato delle scuole, le caratteristiche socio-economiche e l'offerta di servizi educativi e culturali extrascolastici del territorio;
    3) iniziative per utilizzare efficacemente almeno il 5 per cento delle risorse Fondo sociale europeo per contrastare la povertà minorile, attraverso la definizione chiara e trasparente delle azioni da finanziare, impegnandosi, al contempo, ad aumentare tale percentuale e a stanziare adeguate risorse nazionali;
2) ad adottare iniziative volte a destinare, sin da subito, almeno il 15 per cento del totale degli investimenti programmati nel quadro del Recovery fund ad iniziative a sostegno del diritto allo studio e ad una educazione di qualità fin dai primi anni di vita, per arrivare gradualmente a regime allo standard europeo di un investimento in educazione del 4,5-5 per cento sul prodotto interno lordo;
3) ad adottare iniziative per prevedere congedi parentali retribuiti all'80 per cento per uno dei due genitori, in caso di nuovo lockdown, sospensione delle attività didattiche in presenza o quarantena obbligatoria del figlio convivente fino a 16 anni per contatti scolastici del minore;
4) a rendere disponibili dati epidemiologici disaggregati per fasce di età associate ad ogni livello educativo (0-6 anni, 7-10 anni e 11-18 anni), che permettano proiezioni scientificamente avvalorate al fine di individuare e attivare misure indirizzate all'infanzia e all'adolescenza il più possibile funzionali per il contenimento del virus e, parallelamente, per limitare le ripercussioni di natura psicologica ed educativa;
5) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a potenziare, in termini di risorse economiche e umane, i servizi di neuropsichiatria infantile, al fine di poter definire adeguate équipe multidisciplinari, in grado di intercettare tempestivamente i sintomi del disagio in età evolutiva, garantire le terapie appropriate e azzerare le drammatiche liste d'attesa;
6) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a potenziare i servizi territoriali sociali e sanitari, con particolare riguardo agli aspetti d'integrazione socio-sanitaria in materia di disturbi psicologici e dipendenze patologiche, prevedendo specifiche iniziative volte a favorire l'accesso al supporto psicologico alle persone di minore età anche mediante inserimento di psicologi nelle unità complesse di cure primarie (Uccp);
7) ad adottare iniziative per riconoscere alle famiglie con figli minori di anni 18 a carico un voucher destinato a favorire l'accesso ai servizi psicologici e psicoterapeutici alle fasce più vulnerabili della popolazione;
8) a promuovere riforme organiche in ambito minorile volte a sistematizzare il principio cardine del superiore interesse del minore, a partire dall'effettivo riconoscimento del diritto del minore, già dall'età di otto anni o anche meno, qualora capace di discernimento, ad essere ascoltato in tutte le situazioni che lo riguardano, con modalità, condizioni e tempi adeguati all'età;
9) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per garantire la continuità relazionale ed affettiva in presenza con i genitori naturali o affidatari ai bambini collocati fuori famiglia;
10) a promuovere campagne di sensibilizzazione e d'informazione nazionali sull'uso corretto delle nuove tecnologie, di internet e sui rischi correlati, in particolare specifiche per l'infanzia e l'adolescenza;
11) a sostenere le reti associative di giovani attive, anche in rete, adottando iniziative di competenza per destinare altresì locali sottratti alla mafia o edifici pubblici inutilizzati, per favorire momenti di ascolto e confronto tra bambine, bambini e adolescenti con le istituzioni centrali e territoriali, promuovendo attività culturali, artistiche, ricreative, sportive e a carattere di solidarietà sociale, e ad adottare iniziative per riconoscere e sostenere il ruolo primario del terzo settore e dell'associazionismo civico nella formazione ed educazione delle future generazioni, in sussidiarietà con la famiglia e la scuola, considerando assolutamente necessario costruire nei territori alleanze durature con la scuola, per venire incontro ai bisogni di soggetti fragili e bambini in povertà, alle situazioni di persone con disabilità, alle realtà dei territori più difficili;
12) a monitorare e garantire, per quanto di competenza, l'immediata attuazione delle leggi in materia di tutela e promozione dell'infanzia e dell'adolescenza.
(1-00460) «Lollobrigida, Meloni, Bellucci, Albano, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'ultimo rapporto di Save the Children «Proteggiamo i bambini. Whatever it takes» ha tracciato un preoccupante quadro dell'impatto dell'emergenza pandemica sulle giovani generazioni, soprattutto su coloro che vivono in contesti e situazioni di fragilità e in condizioni di svantaggio economico, educativo e socio-relazionale;
    secondo quanto evidenziato dal rapporto, il confinamento imposto in questi mesi ha mostrato il lato più duro dell'impatto socioeconomico della crisi sanitaria: nel mese di aprile, più di 4 famiglie su 10 (46,7 per cento) con bambini tra gli 8 e i 17 anni, in Italia, hanno visto ridursi le risorse economiche; il 44,7 per cento ha dovuto tagliare le spese alimentari, mentre una su tre (32,7 per cento) ha dovuto rimandare il pagamento delle bollette (37,1 per cento al Sud, e 43,8 per cento nelle Isole) e una su quattro (26,3 per cento) anche quello dell'affitto o del mutuo;
    l'aumento della disoccupazione, stimata dal Fondo monetario internazionale per il 2020 al 12,7 per cento, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l'incidenza della povertà tra i minori: secondo una ricerca condotta dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, dei circa 9,5 milioni di lavoratori impossibilitati a lavorare nel mese di marzo, 3,7 milioni vivono in famiglie monoreddito, dove quindi è venuta a mancare l'unica fonte di reddito; la metà di queste famiglie è composta anche da figli a carico e tra loro sono 439 mila i monogenitori (12 per cento). Se nel 2018 i bambini e gli adolescenti che vivevano in povertà assoluta in Italia erano il 12,6 per cento, la stima odierna dei minori sotto la soglia di povertà assoluta è del 20 per cento, un ragazzo su cinque;
    alla deprivazione materiale si aggiungono le preoccupazioni legate all'aumento della povertà educativa e culturale: in questi lunghi mesi bambini/e e ragazzi/e hanno dovuto rinunciare alla socialità, allo sport, al gioco all'aria aperta e tale mancanza ha avuto un impatto tanto più devastante tra i minorenni con grave disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico o problematiche psicologiche e comportamentali; bambini/e e ragazzi/e sono stati costretti a rimodulare il modo di relazionarsi con i propri pari e con la scuola e hanno dovuto affrontare situazioni familiari complesse; si sono adattati con grande spirito di sacrificio alla didattica online, ma non tutti con le stesse opportunità;
    la «necessità» di proseguire l'anno scolastico con il ricorso alla didattica a distanza, infatti, ha messo in luce il divario nell'accesso a internet e alle nuove tecnologie per i ragazzi/e che vivono nelle aree più svantaggiate. In Italia, il 12,3 percento dei ragazzi/e tra 6 e 17 anni vive in abitazioni prive di dispositivi quali computer o tablet (850 mila in termini assoluti), percentuale che raggiunge quasi il 20 per cento nel Mezzogiorno; il 57 per cento di coloro che ne dispongono li deve, comunque, condividere con altri componenti della famiglia per esigenze di studio o di lavoro e più di 2 minorenni su 5 (42 per cento) vivono in case prive di spazi adeguati allo studio;
    tutti questi fattori rappresentano ingranaggi di una pericolosa bomba sociale, poiché hanno accresciuto in modo esponenziale le diseguaglianze sociali e territoriali nei livelli di apprendimento, già molto forti, con il rischio di aggravare irrimediabilmente il tasso di dispersione scolastica, che in Italia, negli ultimi cinque anni, è oscillato tra il 14 per cento e il 15 per cento, con particolare incidenza sui minori in condizione di svantaggio socioeconomico. E se è vero che subito dopo il primo lockdown nazionale, tutti noi abbiamo sperato che sarebbe stato più chiaro l'orizzonte temporale delle misure di emergenza, oggi, a distanza di oltre un anno, ancora si discute di nuove misure restrittive da mettere in campo per limitare i contagi, inclusa l'ennesima chiusura delle scuole;
    le «disuguaglianze educative» sono ancora più gravi per i bambini con bisogni educativi speciali o con disturbi nell'apprendimento, che in questo periodo si sono trovati privati dei loro riferimenti, e per i quali è indispensabile attivare percorsi e strumenti ad hoc per rendere la didattica digitale effettivamente inclusiva;
    tutti gli sforzi messi in campo da insegnanti e dirigenti scolastici per garantire una continuità allo sviluppo e all'apprendimento, non possono sostituire l'azione educativa che si fonda sulla relazione, sull'accoglienza e sull'organizzazione quotidiana della vita dei bambini/e e degli adolescenti;
    il diritto all'istruzione e il diritto alla salute sono due diritti tutelati dalla Costituzione e bisogna trovare un bilanciamento; la didattica a distanza poteva essere una soluzione all'inizio della fase emergenziale perché ha rappresentato per molti ragazzi una possibilità di continuare la fase di crescita e di apprendimento, però ha amplificato anche molte disuguaglianze sociali, all'interno delle stesse regioni, ad esempio nelle aree periferiche o nei comuni montani non raggiunti dalla banda larga;
    ci sono, poi, minorenni che vivono in situazioni familiari «a rischio» e per i quali stare a casa, senza andare a scuola, senza contatti sociali e, dunque, senza essere adeguatamente supportati, ha avuto gravi ripercussioni sulla loro quotidianità e sulla possibilità di favorire percorsi di prevenzione e di accompagnamento;
    preoccupazione è stata espressa anche per i procedimenti minorili in quanto è indispensabile garantire lo svolgimento dell'attività giurisdizionale laddove la stessa si rivolga alla protezione dei minori, soggetti per definizione fragili, senza interrompere la trattazione delle cause di carattere urgente. La sospensione delle attività giudiziarie ha rischiato di creare irreparabili danni soprattutto nell'ambito delle relazioni familiari, dove c’è bisogno di risposte immediate, soprattutto quando si tratta di tutela dei diritti dei minori, per i quali, ad esempio, essere privati della presenza di uno o entrambi i genitori, perché magari affidati «temporaneamente» alle comunità, produce conseguenze lesive del supremo interesse del minore;
    inoltre, a causa dell'emergenza sanitaria quasi tutti i servizi non residenziali sono stati sospesi con gravi ripercussioni per gli adolescenti seguiti dai servizi di Neuropsichiatria Infantile (Npia) in ambito terapeutico-riabilitativo ambulatoriale, in ambito semiresidenziale, residenziale terapeutico, ospedaliero; numerosi sono i bambini/e e ragazzi/e che, pur non avendo patologie psichiatriche, stanno soffrendo disagi profondi sul piano psicologico, dall'aumento di ansia e depressione, fino ad arrivare a casi più gravi come il ritiro sociale; ad avere severe ripercussioni sono stati i minori con disabilità perché in tutto questo periodo, soprattutto nella fase iniziale, sono mancati i supporti educativi e socio-sanitari che non hanno ricevuto a causa dell'emergenza; le famiglie non erano in grado, anche per difficoltà oggettive, di colmare la mancanza di aiuti esterni, facendo registrare una rapida perdita dei progressi faticosamente ottenuti nel tempo;
    con l'emergenza sanitaria da Covid-19 il disagio psichico dei minori è esploso, come ha spiegato Emanuele Trapolino, portavoce dell’équipe medica del reparto di neuropsichiatria infantile dell'ospedale pediatrico Giovanni di Cristina di Palermo: «Il virus ha fatto da cassa di risonanza: non possiamo più ignorare la gravità della situazione nella quale ci ritroviamo. Ma serve un nuovo sistema di monitoraggio che faccia scattare prima il campanello d'allarme: a scuola, in famiglia, dal pediatra»;
    i numeri parlano da soli: se nel biennio 2018-2019 i ricoveri per patologie psichiatriche erano stati il 9 per cento del totale, nel 2020 la percentuale è salita al 16 per cento e nelle prime settimane del 2021 supera il 26 per cento e 11 pazienti su 41 hanno tra i 9 e i 14 anni, con soprattutto disturbi alimentari e dipendenze ma anche atti di autolesionismo e depressione; sono quasi tutti bambini che sembrano adulti, «come se oggi l'infanzia fosse un fastidio da scrollarsi di dosso il prima possibile»;
    l'eccessiva esposizione e la permanenza dei ragazzi davanti ai computer hanno creato anche un serio problema, sicuramente sottovalutato, di dipendenza e di sovraesposizione ai pericoli della rete. Secondo l'indagine «Minori e percezione dei rischi» realizzata da Ipsos per Save the Children e pubblicata nel mese di febbraio 2020, il «luogo» più a rischio per circa 7 ragazzi su 10 è Internet; mentre secondo l'Osservatorio nazionale adolescenza, i più piccoli vedono la prima immagine pornografica già a 7 anni e un adolescente su cinque subisce molestie in rete;
    la pedopornografia on-line continua a prosperare indisturbata, con profitti in costante crescita: quasi 7 milioni e 100 mila le foto segnalate nel 2019, il doppio rispetto al 2018 quando il contatore si è fermato a 3 milioni e 50 mila circa. Quasi stabili i video (992.300 contro 1.123.793 del 2018), in aumento le chat (323 contro 234) e, solo nel 2019, sono state individuate 325 cartelle complesse;
    dati confermati anche dalle segnalazioni alle forze dell'ordine e dai numerosi casi di cronaca, soprattutto in questo momento storico in cui i ragazzi hanno, di fatto, trasferito la loro vita in rete e lo smartphone ha mediato gran parte delle loro relazioni: negli ultimi mesi, infatti, si sono ampliati i fattori e le condizioni di rischio che espongono alla pedopornografia on-line, tra i quali, in particolare, l'aumento delle vulnerabilità a cui sono esposti i più piccoli; la diminuzione della supervisione genitoriale con l'aumento delle responsabilità che le famiglie hanno dovuto fronteggiate; la mancanza di reti extra familiari a cui rivolgersi, prima fra tutte la scuola; l'aumento della fruizione di contenuti sessuali autoprodotti e scambiati, di cui si può facilmente perdere il controllo;
    a questi rischi vanno aggiunti quelli relativi alla salute, causati dall'uso eccessivo degli stessi dispositivi, che vanno dall'affaticamento oculare al mal di testa o al mal di schiena, fino ad arrivare allo sviluppo di una vera e propria dipendenza patologica, con ripercussioni negative sulla vita sociale e di relazione;
    forti preoccupazioni desta anche l'ampia diffusione tra gli studenti di 15-19 anni, delle cosiddette nuove droghe (Nps – Nuove sostanze psicoattive, molto potenti, spesso di origine sintetica, che sfuggono ai controlli perché non censite nelle tabelle ufficiali delle droghe illegali) e per il consumo di sostanze stupefacenti, in primis la cannabis, unitamente all'allarme costituito dall'utilizzo dei cosiddetti psicofarmaci senza prescrizione medica da parte del 10 per cento dei ragazzi italiani. Secondo i risultati del Report Espad 2019, in Italia si riscontrano percentuali di utilizzo di cannabis tra le più alte in Europa. Mentre gli studenti italiani che hanno provato questa sostanza almeno una volta nella vita (27 per cento) sono secondi solo a quelli della Repubblica Ceca (28 per cento), gli utilizzatori italiani di cannabis nel corso dell'ultimo mese (15 per cento) sono i primi, davanti a francesi e olandesi (13 per cento). Anche sul fronte dell'uso ad alto rischio, l'Italia rileva uno tra i livelli più alti (6,2 per cento);
    a lanciare l'allarme sulle gravi conseguenze che stanno vivendo i minori in questo periodo storico è stata anche la nuova Autorità garante per l'infanzia e adolescenza, Carla Garlatti, che ha parlato di «seri segnali di allarme per salute mentale, abbandono scolastico, ritiro sociale, diritti dei disabili, minori vulnerabili, impoverimento educativo e culturale dei minorenni»;
    di fatto, però, la pandemia ha portato alla luce, aggravandole e dilatandole, le criticità registrate nel corso degli anni e che si riassumono nell'assenza della piena tutela e promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
    le difficoltà contingenti, dovute all'emergenza, si sono sommate, infatti, alle carenze storiche del nostro sistema scolastico ed educativo, che presenta ancora troppe sacche di esclusione. Da un lato, è ormai acclarato da tutti gli studi che un periodo decisivo per lo sviluppo educativo dei bambini è quello della prima infanzia e che l'accesso a servizi educativi di qualità nei primi anni di vita ha un impatto rilevante anche sul rischio di dispersione scolastica; dall'altro lato, in materia di servizi educativi, gli ultimi rilevamenti indicano l'assenza di progressi sostanziali dal 2015 ad oggi: in 10 anni, la percentuale di presa in carico è aumentata, in Italia, soltanto di 2 punti percentuali; dal 2009 oscilla costantemente tra il 13 per cento ed il 14 per cento, un dato ben lontano dall'obiettivo dell'Unione europea del 33 per cento e tra i più bassi a livello europeo. Se nel Nord-Ovest, Nord-Est e Centro Italia, la copertura di asili nido e servizi integrativi pubblici si attesta in media rispettivamente al 15,9 per cento, 19,6 per cento e 18,8 per cento, al Sud cala fino al 5,1 per cento e nelle isole al 6,5 per cento;
    la Commissione europea nella «Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2019» per l'Italia evidenzia che «gli investimenti dell'Italia nell'istruzione sono ridotti e distribuiti in modo disomogeneo tra i vari gradi di istruzione. La spesa pubblica per l'istruzione, sia in percentuale del prodotto interno lordo (3,8 per cento) che in percentuale della spesa pubblica totale (7,9 per cento), è stata tra le più basse dell'Unione europea nel 2017. Mentre la quota di prodotto interno lordo assegnata all'educazione della prima infanzia e all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard dell'Unione europea, la spesa per l'istruzione terziaria è la più bassa dell'Unione europea, appena lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2017, ben al di sotto della media dell'Unione europea dello 0,7 per cento»;
    altri aspetti fondamentali, in particolar modo nel pianificare la futura riapertura delle scuole, è il tempo pieno e la presenza di infrastrutture adeguate: elementi cruciali per ripensare lo spazio ed il tempo educativo, garantire il distanziamento fisico e favorire l'attività extracurricolare, rafforzando, o, forse, sarebbe meglio dire, recuperando le competenze motivazionali, emotive e sociali, che al pari delle competenze cognitive, completano il percorso educativo dei minori e che sono state messe a dura prova dalle misure di isolamento;
    anche con l'emergenza Covid-19 le misure di sostegno alle famiglie messe in atto, dal voucher babysitter al congedo parentale straordinario, sono state principalmente di tipo emergenziale e/o individuale e tutti gli interventi messi in campo, in generale, hanno seguito logiche compensative e dinamiche spot disarticolate, senza la pianificazione di un'azione strategica per l'infanzia e l'adolescenza; occorre un sistema di azioni che coltivino il terreno delle opportunità, non solo per investire nell'istruzione o per rimodulare gli spazi e i tempi scolastici, ma anche per rinsaldare il legame della scuola con le famiglie, la comunità e il territorio; per ridurre la disuguaglianza di reddito e la povertà, assicurando che tutti i bambini abbiano accesso alle risorse di cui necessitano; migliorare l'accesso di tutti i bambini ai servizi di cura della prima infanzia; migliorare i servizi di supporto psicologico per bambini e adolescenti; implementare e ampliare le politiche dedicate alla famiglia che consentano di contemperare esigenze familiari e di lavoro;
    da tempo Fratelli d'Italia ha denunciato la condizione di invisibilità per le istituzioni dei quasi 10 milioni di bambini/e e adolescenti che vivono in Italia, dei quali finora si è parlato solo come «figli», «alunni» o come possibili fonti di contagio e non invece come titolari di diritti. Quanto occorso durante l'emergenza da Covid-19 ha evidenziato un significativo divario nella cultura complessiva dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, a partire dall'esclusione quasi completa della centralità dei minorenni come «soggetti» e non solo «oggetti» di attenzione delle politiche e delle prassi: in Italia l'assenza, più volte denunciata, di misure legislativo-procedurali che garantiscano alle persone di età minore il diritto di essere ascoltate, con modalità, condizioni e tempi adeguati alla loro età, in tutti gli ambiti, da quello famigliare a quello scolastico, nei procedimenti amministrativi e giudiziari che li riguardano si è riflessa in una totale assenza istituzionale di coinvolgimento e attenzione ai bambini/e e ai ragazzi/e, come soggetti portatori di idee, istanze e proposte «proprie». L'ascolto dei minori è un presupposto fondamentale perché i loro diritti non restino solo semplici «parole sulla carta» e perché a ciascuno di essi sia riconosciuto concretamente quello che nelle singole situazioni è il loro superiore interesse. Ascoltare i bambini e i ragazzi è dare attuazione a un diritto. Il dovere degli adulti e delle istituzioni, è, dunque, di ascoltarli sempre e di riconoscere anche ai più piccoli una centralità;
    in tale contesto, non stupiscono i recentissimi dati Istat, che dipingono un quadro desolante sulla natalità in Italia: nel 2020 si sono registrate 16 mila nascite in meno rispetto al 2019, un nuovo minimo storico di nascite dall'Unità d'Italia. Un problema che si lega a filo diretto con la capacità dell'Italia di investire sulle giovani generazioni; con le condizioni economiche delle famiglie che hanno figli; con la sostenibilità a lungo termine del nostro stesso sistema economico e sociale;
    è impensabile uscire dalla attuale crisi economica e sociale senza avviare un Piano straordinario per l'infanzia e l'adolescenza per il rafforzamento delle infrastrutture sociali ed educative territoriali, tenendo ben presente la necessità di misure mirate per i minorenni più vulnerabili. I finanziamenti del Fondo Next Generation dell'Unione europea per l'emergenza sono l'occasione per porre in pratica tali princìpi, con una visione di nuovo strategica rispetto alle giovani generazioni: il tema delle risorse dedicate direttamente e indirettamente a bambini/e e adolescenti è dirimente, poiché viviamo in una Nazione in cui la spesa sociale è sempre fortemente sbilanciata e il diritto di ogni bambino/a all'istruzione, alla casa, all'accudimento, all'ascolto non sempre è percepito come questione strategica e responsabilità sociale, e quindi a carico della finanza pubblica;
    le Linee guida per il nuovo ambizioso Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e soprattutto la strategia di impiego di ingenti risorse europee, dal nome evocativo «Next Generation», potrebbero rappresentare un'opportunità per un cambio di passo con misure strutturali, organiche e un orizzonte temporale più lungo, che finalmente guardi al futuro delle giovani generazioni;
    l'auspicio è che da questa crisi, straordinaria sotto ogni punto di vista, si possa ripartire con una consapevolezza ritrovata rispetto alla centralità e necessità di investire sull'infanzia e l'adolescenza, perché una Nazione che non investe sui minori è una Nazione senza futuro,

impegna il Governo:

1) a definire con urgenza il prossimo Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che fornisca una cornice unitaria all'impegno delle istituzioni ad ogni livello per riscrivere il futuro dei nostri bambini/e e adolescenti e a prevedere:
   a) il rafforzamento di politiche attive a sostegno della famiglia e della genitorialità che includano:
    1) iniziative per accelerare la realizzazione e la gestione degli asili nido pubblici per raggiungere almeno il 33 percento di posti su base regionale su tutto il territorio nazionale e per promuovere la gratuità e il tempo pieno del servizio;
    2) iniziative per accelerare l'adozione dei decreti attuativi per l'introduzione dell'assegno unico e universale;
    3) iniziative per valutare l'opportunità di una profonda revisione del sistema fiscale, con particolare riguardo al complesso delle detrazioni e delle deduzioni, prevedendo misure di agevolazione in favore delle famiglie con figli a carico, al fine di assicurare un prelievo più equo e progressivo basato sul concetto di «quoziente familiare», elevando parallelamente le tutele per entrambi i genitori lavoratori;
    4) iniziative per valutare l'opportunità dell'applicazione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 4 per cento a tutti i prodotti di prima necessità per l'infanzia;
    5) iniziative per promuovere maggiori investimenti per iniziative dedicate al periodo compreso tra il concepimento e la prima infanzia, in sinergia con istituzioni, associazioni, famiglie, nella consapevolezza che, sin dalla fase preconcezionale, è possibile costruire il bagaglio di salute che caratterizza la vita di ogni cittadino, in linea con quanto previsto dal documento sui primi 1000 giorni («Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita») elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di febbraio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni;
    6) iniziative specifiche per supportare l'affido famigliare, quale contesto relazionale e affettivo adeguato ai bisogni delle persone di minore età;
    7) iniziative, per quanto di competenza, volte al potenziamento dei consultori familiari, dei servizi materno-infantili e dei servizi sociali comunali;
   b) iniziative volte ad aumentare l'investimento sull'istruzione, come leva per lo sviluppo della Nazione, con l'obiettivo di lungo termine di passare dal 3,8 per cento attuale del prodotto interno lordo al 5 per cento, raggiungendo così la media europea e, in particolare, valutando l'opportunità di prevedere:
    1) l'attivazione tempestiva delle risorse del Pon Istruzione, per finanziare interventi educativi extracurricolari pomeridiani, mettendo a disposizione, anche nei mesi estivi e il sabato, gli spazi scolastici, dai locali ai cortili e alle palestre per l'attivazione di iniziative educative, motorie, musicali e culturali, anche al fine di contrastare le conseguenze psicologiche dovute all'isolamento sociale, soprattutto per i bambini/e e ragazzi/e con maggiori vulnerabilità psichiche, disabilità e altri bisogni educativi speciali;
    2) la presenza di un numero di docenti sufficiente a supportare la ripresa della didattica secondo i modelli in discussione tra distanziamento fisico, didattica per piccoli gruppi e possibili turnazioni e, in ogni caso, garantire la continuità didattica e in presenza, anche per alunni e studenti con disabilità;
    3) l'attivazione di programmi di sostegno individuale mirati agli studenti più in difficoltà e con bisogni educativi speciali, prevedendo per loro l'accompagnamento di un tutor, che li affianchi anche nello studio a distanza, attraverso una stretta collaborazione tra scuole e terzo settore;
    4) l'aggiornamento delle linee guida per la fruizione della didattica a distanza, prestando maggiore attenzione alle sempre più emergenti necessità rispetto alla salute dei minorenni connessi on line per periodi troppo prolungati;
    5) l'introduzione della figura dello psicologo scolastico nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di poter intercettare tempestivamente le prime forme di disagio in età evolutiva, garantire il benessere e supportare dal punto di vista psicologico, emotivo e relazionale gli studenti, gli insegnanti e i genitori, con interventi capaci di ridurre il tasso di abbandono scolastico e favorire l'inclusione delle fasce più emarginate, anche ai fini del contrasto all'esclusione sociale dell'infanzia e dell'adolescenza, alla valorizzazione del potenziale di bambini/e e ragazzi/e;
    6) l'introduzione dell'ora curricolare di intelligenza emotiva per contrastare in modo efficace il bullismo, la povertà educativa, la dispersione scolastica e altri fenomeni devianti, favorendo il recupero del vocabolario emotivo perduto, il miglioramento del clima relazionale tra studenti, insegnanti e famiglie, il miglioramento degli ambienti di apprendimento, la distensione dei rapporti tra istituzione scolastica e famiglie e la prevenzione dei casi di isolamento e di insorgenza precoce di patologie tra gli adolescenti, nonché la diffusione di progetti e strumenti di prevenzione che rafforzino l'autostima specialmente in ambito scolastico;
    7) l'inserimento nel piano dell'offerta formativa delle scuole di ogni ordine e grado di progetti per un’«educazione civica digitale» con il coinvolgimento delle famiglie, al fine di permettere ad adulti e minori di incrementare la conoscenza delle tecnologie digitali e dei pericoli correlati alla rete e ai social network affinché possano autodeterminarsi e sviluppare liberamente le proprie potenzialità;
   c) un forte investimento a favore di quei territori colpiti da vecchie e nuove povertà, in particolare valutando l'opportunità di prevedere:
    1) iniziative per creare un sistema di coordinamento degli interventi di welfare a favore dei minori in condizione di maggior svantaggio, con una coprogettazione territoriale sulla scorta della legge 28 agosto 1997, n. 285, e della legge 8 novembre 2000, n. 328, con la partecipazione di istituzioni e associazioni e verso un'integrazione dei vari interventi di supporto al reddito, abitativo, servizi socio-educativi e sanitari;
    2) iniziative per mappare le aree a maggiore rischio di povertà educativa ed elaborare piani strategici territoriali di intervento sulla base di indicatori comuni, che rilevino per ogni area lo stato delle scuole, le caratteristiche socio-economiche e l'offerta di servizi educativi e culturali extrascolastici del territorio;
    3) iniziative per utilizzare efficacemente almeno il 5 per cento delle risorse Fondo sociale europeo per contrastare la povertà minorile, attraverso la definizione chiara e trasparente delle azioni da finanziare, impegnandosi, al contempo, ad aumentare tale percentuale e a stanziare adeguate risorse nazionali;
2) a valutare l'opportunità di destinare, sin da subito, almeno il 15 per cento del totale degli investimenti programmati nel quadro del Recovery fund ad iniziative a sostegno del diritto allo studio e ad una educazione di qualità fin dai primi anni di vita, per arrivare gradualmente a regime allo standard europeo di un investimento in educazione del 4,5-5 per cento sul prodotto interno lordo;
3) a valutare l'opportunità di prevedere congedi parentali retribuiti all'80 per cento per uno dei due genitori, in caso di nuovo lockdown, sospensione delle attività didattiche in presenza o quarantena obbligatoria del figlio convivente fino a 16 anni per contatti scolastici del minore;
4) a proseguire nell'analisi dei dati epidemiologici disaggregati per fasce di età associate ad ogni livello educativo (0-6 anni, 7-10 anni e 11-18 anni), che permettano proiezioni scientificamente avvalorate al fine di individuare e attivare misure indirizzate all'infanzia e all'adolescenza il più possibile funzionali per il contenimento del virus e, parallelamente, per limitare le ripercussioni di natura psicologica ed educativa;
5) a valutare l'opportunità di adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a potenziare, in termini di risorse economiche e umane, i servizi di neuropsichiatria infantile, al fine di poter definire adeguate équipe multidisciplinari, in grado di intercettare tempestivamente i sintomi del disagio in età evolutiva, garantire le terapie appropriate e azzerare le drammatiche liste d'attesa;
6) a valutare l'opportunità di adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a potenziare i servizi territoriali sociali e sanitari, con particolare riguardo agli aspetti d'integrazione socio-sanitaria in materia di disturbi psicologici e dipendenze patologiche, prevedendo specifiche iniziative volte a favorire l'accesso al supporto psicologico alle persone di minore età anche mediante inserimento di psicologi nelle unità complesse di cure primarie (Uccp);
7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per riconoscere alle famiglie con figli minori di anni 18 a carico un voucher destinato a favorire l'accesso ai servizi psicologici e psicoterapeutici alle fasce più vulnerabili della popolazione;
8) a valutare l'opportunità di promuovere riforme organiche in ambito minorile volte a sistematizzare il principio cardine del superiore interesse del minore, a partire dall'effettivo riconoscimento del diritto del minore, già dall'età di otto anni o anche meno, qualora capace di discernimento, ad essere ascoltato in tutte le situazioni che lo riguardano, con modalità, condizioni e tempi adeguati all'età;
9) a valutare l'opportunità di adottare iniziative, per quanto di competenza, per garantire la continuità relazionale ed affettiva in presenza con i genitori naturali o affidatari ai bambini collocati fuori famiglia;
10) a promuovere campagne di sensibilizzazione e d'informazione nazionali sull'uso corretto delle nuove tecnologie, di internet e sui rischi correlati, in particolare specifiche per l'infanzia e l'adolescenza;
11) a sostenere le reti associative di giovani attive, anche in rete, anche valutando l'opportunità di adottare iniziative di competenza per destinare altresì locali sottratti alla mafia o edifici pubblici inutilizzati, per favorire momenti di ascolto e confronto tra bambine, bambini e adolescenti con le istituzioni centrali e territoriali, promuovendo attività culturali, artistiche, ricreative, sportive e a carattere di solidarietà sociale, e ad adottare iniziative per rafforzare il sostegno al ruolo primario del terzo settore e dell'associazionismo civico nella formazione ed educazione delle future generazioni, in sussidiarietà con la famiglia e la scuola, considerando assolutamente necessario costruire nei territori alleanze durature con la scuola, per venire incontro ai bisogni di soggetti fragili e bambini in povertà, alle situazioni di persone con disabilità, alle realtà dei territori più difficili;
12) a monitorare e garantire, per quanto di competenza, l'immediata attuazione delle leggi in materia di tutela e promozione dell'infanzia e dell'adolescenza.
(1-00460)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Lollobrigida, Meloni, Bellucci, Albano, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».