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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 24 giugno 2020

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 24 giugno 2020.

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Carbonaro, Carfagna, Castelli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Filippo, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantuz, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Fusacchia, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giacomoni, Giorgis, Grande, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mammì, Maniero, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Palmisano, Parolo, Perconti, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Carbonaro, Carfagna, Castelli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Filippo, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantuz, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Fusacchia, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giacomoni, Giorgis, Grande, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mammì, Maniero, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Palmisano, Parolo, Perconti, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 23 giugno 2020 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:
   BALDINI: «Disciplina delle attività subacquee e iperbariche» (2553).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge DELRIO ed altri: «Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi» (687) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello e Troiano.

  La proposta di legge CIRIELLI: «Istituzione di una fondazione per la promozione e la tutela del collezionismo minore» (2044) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Angiola.

  La proposta di legge MOLLICONE ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle connessioni del terrorismo interno e internazionale con la strage di Bologna del 2 agosto 1980 e sulle attività svolte da servizi segreti nazionali e stranieri a tale riguardo» (2067) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Angiola.

Adesione di deputati a proposte di inchiesta parlamentare.

  La proposta di inchiesta parlamentare DELMASTRO DELLE VEDOVE ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'esistenza di finanziamenti da parte della Repubblica del Venezuela nei riguardi di partiti italiani e su eventuali interferenze in scelte politiche e di governo» (Doc XXII, n. 43) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Silvestroni.

Trasmissione dal Senato.

  In data 24 giugno 2020 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   S. 1812. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19» (approvato dal Senato) (2554).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  DORI ed altri: «Disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione penale minorile» (2449) Parere delle Commissioni I, V, VII, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   DEL BASSO DE CARO: «Delega al Governo per la riforma della giustizia tributaria» (2526) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII e XI.
   III Commissione (Affari esteri):
  CARFAGNA ed altri: «Modifiche alla legge 11 agosto 2014, n. 125, in materia di sicurezza nella gestione degli interventi umanitari all'estero e di formazione del personale impiegato nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo in aree soggette a elevato rischio» (2528) Parere delle Commissioni I, II, V, VII, XI e XII.
   VIII Commissione (Ambiente):
  ROSPI ed altri: «Disposizioni concernenti la nomina di commissari straordinari per la realizzazione delle opere pubbliche, al fine di promuovere la ripresa economica nazionale» (2468) Parere delle Commissioni I, II, V, IX, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   X Commissione (Attività produttive):
  BENAMATI ed altri: «Delega al Governo per la riforma della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza» (1494) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, XI e XIV.
   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XII (Affari sociali):

  GAVA ed altri: «Modifica all'articolo 1, comma 653, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, e altre disposizioni per la promozione del riciclo della plastica» (2464) Parere delle Commissioni I, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e XIV.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e III (Affari esteri):

  DELMASTRO DELLE VEDOVE ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'esistenza di finanziamenti da parte della Repubblica del Venezuela nei riguardi di partiti italiani e su eventuali interferenze in scelte politiche e di governo» (Doc XXII, n. 43) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con lettera in data 22 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, la relazione concernente l'attività svolta sulla base dei poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, riferita all'anno 2019 (Doc. LXV, n. 2).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla IV Commissione (Difesa), alla V Commissione (Bilancio), alla VI Commissione (Finanze), alla IX Commissione (Trasporti) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 22 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), per l'esercizio 2018, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 293).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 23 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP), per l'esercizio 2018, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 294).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

  Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzata, in data 8 giugno 2020, ai sensi dell'articolo 33, comma 4-quinquies, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 19 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 29 ottobre 1997, n. 374, la relazione sullo stato di attuazione della medesima legge n. 374 del 1997, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona, riferita al secondo semestre del 2019 (Doc. CLXXXII, n. 5).
  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri), alla IV Commissione (Difesa) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Ministero dello sviluppo economico.

  Il Ministero dello sviluppo economico, con lettera in data 19 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2020/0205, avviata per mancato recepimento della direttiva (UE) 2018/844 che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica.
  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministero dello sviluppo economico, con lettera in data 19 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2020/0206, avviata per mancato recepimento della direttiva (UE) 2019/692 che modifica la direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale.
  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 23 giugno 2020, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Quattordicesima relazione annuale 2019 sull'attuazione dell'assistenza comunitaria ai sensi del regolamento (CE) n. 389/2006 del Consiglio, del 27 febbraio 2006, che istituisce uno strumento di sostegno finanziario per promuovere lo sviluppo economico della comunità turco-cipriota (COM(2020) 238 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Consiglio – Sedicesima relazione sull'attuazione del regolamento (CE) n. 866/2004 del Consiglio, del 29 aprile 2004, e sulla situazione derivante dalla sua applicazione nel periodo compreso tra il 1o gennaio e il 31 dicembre 2019 (COM(2020) 239 final), corredata dal relativo allegato (COM(2020) 239 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Libro bianco relativo all'introduzione di pari condizioni di concorrenza in materia di sovvenzioni estere (COM(2020) 253 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da assumere a nome dell'Unione europea in sede di comitato misto istituito dall'accordo tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera concernente il collegamento dei rispettivi sistemi di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, per quanto riguarda l'adozione di procedure operative comuni (COM(2020) 255 final), corredata dal relativo allegato (COM(2020) 255 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 22 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito al decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge del 28 febbraio 2020, n. 8, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica.
  Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia), alla VIII Commissione (Ambiente), alla IX Commissione (Trasporti) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettera in data 17 giugno 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di Girifalco (Catanzaro).
  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1786 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 30 APRILE 2020, N. 28, RECANTE MISURE URGENTI PER LA FUNZIONALITÀ DEI SISTEMI DI INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI E COMUNICAZIONI, ULTERIORI MISURE URGENTI IN MATERIA DI ORDINAMENTO PENITENZIARIO, NONCHÉ DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E DI COORDINAMENTO IN MATERIA DI GIUSTIZIA CIVILE, AMMINISTRATIVA E CONTABILE E MISURE URGENTI PER L'INTRODUZIONE DEL SISTEMA DI ALLERTA COVID-19 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2547)

A.C. 2547 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 162, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il Codice dei contratti pubblici, prevede che la Corte dei conti eserciti il controllo preventivo sulla legittimità e sulla regolarità dei contratti secretati tramite un proprio ufficio «organizzato in modo da salvaguardare le esigenze di riservatezza»;
    il comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, istitutivo della nuova Sezione centrale per il controllo dei contratti secretati, introdotto dal Senato della Repubblica in sede di prima lettura (A.S. 1786), ha stabilito che devono essere definiti «criteri e modalità per salvaguardare le esigenze di massima riservatezza nella scelta dei magistrati da assegnare alla Sezione centrale e nell'operatività della stessa»;
    il Consiglio di presidenza della Corte dei conti nell'esercizio della potestà regolamentare autonoma di cui all'articolo 4 della legge n. 20 del 1994, sarà chiamato a farsi carico dell'accresciuta esigenza di salvaguardare primariamente la sicurezza degli approvvigionamenti di carattere strategico, selezionando il relativo personale in modo tale da garantire il massimo grado di riservatezza, un'adeguata esperienza maturata nel controllo in generale e nella valutazione degli atti secretati in particolare, una specificità professionale pluriennale acquisita in funzioni peculiari di stretta attinenza ai settori della difesa e della sicurezza nazionale, una comprovata capacità di gestione della documentazione munita di classifica di segretezza, anche di alto livello, ciò anche integrando a tal fine i parametri generalmente utilizzati per il conferimento delle ordinarie funzioni d'istituto;
    analogamente l'articolo 984-bis del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il Codice dell'ordinamento militare, individua il personale magistratuale dotato di una particolare «specificità professionale» acquisita in relazione a peculiari funzioni svolte,

impegna il Governo

ad effettuare – nel pieno rispetto delle prerogative di autonomia e indipendenza tutelate dal terzo comma dell'articolo 100 della Costituzione – un attento monitoraggio dell'applicazione della disposizione richiamata in premessa in relazione alle sue finalità e ad adottare eventuali iniziative normative volte a rafforzare e specificare i summenzionati criteri, a garanzia delle esigenze di massima riservatezza prescritte dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto-legge in esame.
9/2547/1Potenti, Bisa, Cantalamessa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Tateo, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7-bis, introdotto nel corso dell'esame in Senato, dispone che i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica, disciplinati dal codice delle comunicazioni elettroniche devono prevedere, tra i servizi preattivati, sistemi di parental control o di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco dei contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto (comma 1)
   considerato che:
    si tratta di filtri che dovrebbero essere preimpostati dall'operatore sulla base dei contenuti che quest'ultimo considera essere inappropriati per i minori e disattivabili solo su richiesta dell'utente;
    sistemi di controllo e accesso ai contenuti in rete di questo tipo, preimpostati e attivati di default, rischiano di produrre impatti restrittivi sulla libertà di accesso alle informazioni, di espressione e sul principio della neutralità della rete, generando rischi di censura;
    la disposizione non contiene alcun riferimento a una fase implementativa che consenta la definizione dei dettagli tecnici per la realizzazione dei sistemi e non identifica un termine congruo entro cui gli operatori devono adeguarsi,
    rilevato che:
    anche la Commissione Trasporti della Camera ha evidenziato, nel parere sul provvedimento, la necessità che «in sede attuati va vengano dettagliate le procedure e previste adeguate tempistiche nella relazione tra gli operatori dei servizi di comunicazione elettronica e l'autorità preposta al controllo»,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare, ulteriori iniziative normative volte a:
   prevedere che i sistemi di controllo parentale o di filtro di contenuti inappropriati di cui al comma 1 non siano servizi preattivati ma servizi attivabili su richiesta del consumatore, titolare del contratto;
   prevedere che sia l'Autorità Garante delle Comunicazioni a disporre, tramite proprio regolamento, le procedure e specifiche tecniche che gli operatori dei servizi di comunicazione elettronica dovranno rispettare per l'implementazione delle misure di cui all'articolo 7-bis.
9/2547/2Bruno Bossio, Pini, Gribaudo, Quartapelle Procopio, Serracchiani, Carla Cantone, Frailis, Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 162, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il Codice dei contratti pubblici, prevede che la Corte dei conti eserciti il controllo preventivo sulla legittimità e sulla regolarità dei contratti secretati tramite un proprio ufficio «organizzato in modo da salvaguardare le esigenze di riservatezza»;
    il comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2020. n. 28, istitutivo della nuova Sezione centrale per il controllo dei contratti secretati, introdotto dal Senato della Repubblica in sede di prima lettura (A.S. 1786), ha stabilito che devono essere definiti «criteri e modalità per salvaguardare le esigenze di massima riservatezza nella scelta dei magistrati da assegnare alla Sezione centrale e nell'operatività della stessa»;
   ritenuto che:
    nella scelta dei magistrati da assegnare alla nuova Sezione, il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, nell'esercizio della potestà regolamentare autonoma di cui all'articolo 4 della legge n. 20 del 1994, debba tenere conto dell'esigenza di salvaguardare primariamente la sicurezza degli approvvigionamenti di carattere strategico, privilegiando personale che garantisca un'adeguata esperienza maturata nel controllo in generale e nella valutazione degli atti secretati in particolare, nonché una specificità professionale pluriennale acquisita in funzioni peculiari di stretta attinenza ai settori della difesa e della sicurezza nazionale;
   considerato che:
    l'articolo 984-bis del decreto legislativo 15 marzo 2010. n. 66, recante il Codice dell'ordinamento militare, individua il personale magistratuale dotato di una particolare «specificità professionale» acquisita in relazione a peculiari funzioni svolte,

impegna il Governo

ad adottare – nel pieno rispetto delle prerogative di autonomia e indipendenza tutelate dal terzo comma dell'articolo 100 della Costituzione – eventuali iniziative normative volte a rafforzare e specificare i summenzionati criteri, a garanzia delle esigenze di massima riservatezza prescritte dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto-legge in esame.
9/2547/3Gavino Manca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del decreto-legge del 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19, interveniva, nella formulazione originaria, sull'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, prolungando fino al 31 luglio 2020 la fase emergenziale, in cui i capi degli uffici giudiziari avrebbero potuto adottare specifiche misure organizzative per contenere la diffusione dell'epidemia;
    in sede di esame del provvedimento, in Senato, è stato modificato ed integrato nuovamente il testo, ripristinando – tra i tanti – il termine originario del 30 giugno per la fine della fase emergenziale negli uffici giudiziari, con la conseguenza che le disposizioni dell'articolo 83, relative alle misure organizzative da applicare negli uffici, al rinvio delle udienze, alla trattazione da remoto, sono destinate a trovare applicazione solo fino alla fine del mese di giugno. Dal 1o luglio 2020 il sistema giudiziario tornerà, quindi, alla normalità;
    la Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 aveva dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi (pertanto fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso alla diffusione dell'epidemia;
    in questi mesi è stata riconosciuta discrezionalità agli uffici giudiziari per adottare in autonomia provvedimenti organizzativi necessari a contenere la diffusione del virus e a consentire il funzionamento della macchina della giustizia; tuttavia, talvolta, tali provvedimenti hanno determinato il generarsi di situazioni di incertezza per gli operatori del diritto, in quanto differenti sul tutto il territorio nazionale, e talvolta diversi anche fra le varie sezioni all'interno del medesimo Tribunale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere specifiche misure per garantire l'espletamento in totale sicurezza delle attività giudiziarie in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale a partire dal 30 giugno p.v., attraverso, eventualmente, l'adozione di puntuali linee guida che stabiliscano la corretta ripresa delle attività, in termini sia di fissazione di un numero massimo di udienze al giorno e di persone consentite all'interno dei locali dei tribunali, sia di obblighi di sanificazione e prevenzione e di dispositivi di protezione individuale per il personale ed utenti.
9/2547/4Macina.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone misure in materia di ordinamento penitenziario e amministrazione della giustizia, nonché di tracciamento volontario delle persone, in relazione all'emergenza epidemiologica da Covid-19;
    in particolare, sono stabilite disposizioni finalizzate alla prevenzione dei contagi;
    la suddetta pandemia ha avuto un impatto enorme anche sulle carceri: si è ritenuta opportuna l'adozione di misure straordinarie in ambito penitenziario, allo scopo di ridurre la diffusione dell'infezione in un contesto dove, a causa dell'ambiente confinato e ristretto, le persone in una situazione di «convivenza forzata» sono potenzialmente ancora più vulnerabili;
    lo svolgimento di attività manuali e creative all'interno delle carceri rappresenta una risorsa insostituibile per il benessere della persona e per la promozione del reinserimento sociale dei detenuti: basti pensare, ad esempio, che già 25 strutture detentive italiane hanno prodotto una significativa quantità di mascherine protettive (stimate in circa 400 mila al giorno), dimostrando capacità e volontà del sistema penitenziario carcerario di operare nell'interesse della società civile;
    i laboratori creativi (musicali e teatrali), poi, costituiscono strumenti efficaci per lo sviluppo dell'individuo e per l'educazione alla gestione del proprio ruolo all'interno di un gruppo (ovvero di una piccola società) con cui collaborare, come sostenuto anche da molti direttori e operatori nel settore;
    ad oggi, i laboratori creativi attivi all'interno delle carceri sono pochi, e la loro attività è affidata al volontariato, o comunque a professionisti che accettano di lavorare in scarsità di risorse e sostegno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire fondi ad hoc affinché gli istituti detentivi possano avviare e sostenere i laboratori in modo permanente, considerando il ruolo fondamentale degli stessi nell'ambito del percorso riabilitativo dei detenuti.
9/2547/5Bruno, Dori, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito dell'emergenza sanitaria dovuta all'epidemia da Covid-19 e delle misure adottate per fronteggiarla, occorre richiamare l'attenzione delle Istituzioni anche sulla condizione dei bambini presenti, assieme alle madri detenute, nelle strutture penitenziarie: risulta, infatti, indispensabile l'adozione di provvedimenti straordinari, finalizzati a garantire loro sicurezza al di fuori del contesto carcerario;
    secondo i dati più recenti del Ministero della Giustizia (aggiornati al 31 maggio 2020), sarebbero 30 le detenute madri e 34 i bambini presenti nel circuito penitenziario;
    più nello specifico, 11 madri e 12 bambini sono collocati nelle sezioni nido delle case circondariali, mentre gli altri risultano tuttora all'interno degli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam);
    nonostante, nella fase emergenziale, la presenza dei bambini in carcere si sia progressivamente ridotta, in un'ottica di tutela della salute psicofisica dei più piccoli, è opportuno intervenire, predisponendo soluzioni definitive e durevoli che rimuovano tutti gli eventuali ostacoli di natura giuridica ed economica, impedendo in tal modo che i bambini, una volta superata la fase dell'emergenza, tornino a fare ingresso in carcere;
    è fondamentale un'assunzione concreta di responsabilità, affinché la tutela dei soggetti più fragili, (in questo caso i bambini) prevalga su ogni altra ragione, interesse o equilibrio politico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire, in materia di custodia cautelare, l'esecuzione della misura custodiale applicata a donne incinte o madri di prole di età fino a sei anni presso case famiglia protette e, in via subordinata, presso gli Icam.
9/2547/6Perantoni, Dori.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame tratta, tra l'altro, di misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario e di minori;
    la grave emergenza sanitaria da Covid-19 ha reso ancora più evidenti le criticità del nostro sistema penitenziario in ordine al trattamento dei minori in tenera età all'interno dei circuiti penitenziari e al difficile rapporto tra le madri e i propri figli, anche a causa delle necessarie e doverose restrizioni imposte dalle norme e dai provvedimenti governativi volte a prevenire il rischio di contagio;
    secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia, ed aggiornati al 31 maggio 2020, nel circuito penitenziario, a tale data, risultavano essere presenti 30 detenute madri con 34 figli al seguito;
    la tutela della salute psicofisica e degli affetti dei bambini, soprattutto nelle prime fasi della vita e dello sviluppo della personalità, è un principio fondamentale, costituzionalmente garantito, che rappresenta un criterio guida nella definizione delle misure adottate anche in questo drammatico momento storico che stiamo vivendo;
    benché attualmente il nostro sistema normativo preveda già alcune misure ad hoc, la tutela della salute psicofisica dei bambini richiede un maggior sforzo nel predisporre ed applicare misure e strumenti adeguati, che passano inevitabilmente da percorsi di recupero alternativi al carcere;
    considerato che nella maggior parte dei casi, si tratta di donne e minori provenienti da contesti di particolare disagio e marginalità sociale, è necessario che tali percorsi si realizzino presso strutture residenziali protette che garantiscano anche servizi dedicati sia ai piccoli sia alle mamme, al fine di favorirne il reinserimento nella società;
    tali percorsi richiedono l'individuazione e la valorizzazione di case famiglia protette attraverso la stipula di apposite convenzioni tra il Ministero della Giustizia e gli Enti locali, prevedendo un filone di finanziamento dedicato, anche tramite l'impiego delle risorse dell'Ente Cassa delle Ammende, che sia di sostegno agli Enti locali stessi e possa essere impiegato anche per il pagamento delle rette e delle spese correnti degli ospiti;
    una simile soluzione, inoltre, consentirebbe di realizzare economie di bilancio, rispetto ai costi diretti e indiretti derivanti dalla gestione e cura di queste persone all'interno del sistema penitenziario;
    tuttavia, attualmente, esistono soltanto due case famiglia protette su tutto il territorio nazionale, in quanto la normativa vigente (legge 21 aprile 2011, n. 62) ne prevede il carico interamente in capo agli Enti locali, senza alcun onere per lo Stato, e tale vincolo, di fatto, ne ha impedito in buona parte la realizzazione;
    sul territorio italiano sono presenti centinaia di immobili sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che rimangono tutt'oggi inutilizzati e privi di destinazione, nonostante la Pubblica Amministrazione e il terzo settore abbiamo un'urgente e comprovata necessità di strutture ove svolgere la propria attività;
    l'ONLUS Cittadinanzattiva, in questi ultimi mesi ha lanciato una campagna per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle criticità del sistema penitenziario e sulla necessità di consentire alle madri e ai loro figli e figlie l'accesso alle case famiglie protette;
    ferma restando l'indubbia preferenza per soluzioni interamente alternative al carcere, quali le case famiglie protette, è necessario intervenire anche nella definizione delle situazioni di genitorialità all'interno del sistema penitenziario, ivi compresi sezioni nido e ICAM, in particolare, valutando l'inserimento di una specifica norma che stabilisca che i minori oltre i tre anni di età escano dalle carceri, salvo casi particolari, al fine di poter crescere e svilupparsi al di fuori del sistema penitenziario;
    inoltre, pare opportuno, salvo casi particolari che suggeriscano interventi di segno opposto, indirizzare l'azione normativa e amministrativa verso un sistema che possa garantire lo sviluppo dei minori anche se all'interno del circuito penitenziario, tramite l'inserimento diurno obbligatorio, a partire dai nove mesi di età, nei servizi territoriali della primissima infanzia e tramite il contributo di un adeguato sistema socioassistenziale ed educativo di supporto alle madri e ai loro figli e figlie, anche eventualmente coinvolgendo, in forma consensuale, famiglie affidatarie diurne;
    vi sono numerose associazioni che da anni sono impegnate in prima linea nell'assistenza e nella tutela delle bambine e dei bambini presenti nel sistema penitenziario, tra cui l'Associazione La Gabbanella e altri animali, la quale ha anch'essa lanciato una petizione, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema;
    si rileva la necessità di promuovere, ad ogni livello, il coinvolgimento delle madri nella progettazione dell'educazione dei figli e intraprendere con esse la creazione di un percorso di responsabilizzazione ed educazione alla genitorialità,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    incentivare la stipula di convenzioni con gli Enti Locali, finalizzate a promuovere l'individuazione di case famiglia protette, anche valorizzando gli immobili confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata, eventualmente utilizzando le risorse nella disponibilità dell'Ente Casse delle Ammende presso il Ministero della Giustizia, al fine di meglio tutelare i diritti dei minori alla relazione con i genitori detenuti, nonché al fine di facilitare il reinserimento nella società dei suddetti nuclei familiari e intraprendere un percorso di responsabilizzazione ed educazione alla genitorialità;
    intervenire a livello normativo al fine di stabilire che i minori oltre i tre anni di età possano continuare il proprio percorso di crescita al di fuori del sistema penitenziario (salvo casi particolari), nonché prevedere l'inserimento diurno obbligatorio dei minori stessi, a partire dai nove mesi di età, nei servizi territoriali della primissima infanzia, unitamente ad un adeguato sistema socio-assistenziale ed educativo di supporto alle madri e ai loro figlie e figli, attraverso anche un eventuale coinvolgimento in forma consensuale delle famiglie affidatarie diurne.
9/2547/7Ascari, Dori.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca misure urgenti in materia di intercettazioni, di ordinamento penitenziario, di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile e per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    in particolare, l'articolo 6 istituisce presso il Ministero della salute una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che decidano di installare volontariamente, un'applicazione per dispositivi di telefonia mobile;
    la piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19;
    in pratica, l'app intercetta, attraverso il Bluetooth, i dispositivi aperti con lo stesso protocollo e, se il tempo di prossimità e la distanza sono adeguati, traccia il contatto. Sta di fatto che tale tecnologia può subire attacchi malware che, sfruttando API Bluetooth di Windows, potrebbe raccogliere informazioni sui dispositivi come nomi, indirizzi e modelli dei dispositivi stessi;
    ed ancora, il comma 6, dell'articolo 6, del disegno di legge in esame dispone che: «L'utilizzo dell'applicazione e della piattaforma, nonché ogni trattamento di dati personali effettuato ai sensi al presente articolo sono interrotti alla data di cessazione dello stato di emergenza disposto con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, ed entro la medesima data tutti i dati personali trattati devono essere cancellati o resi definitivamente anonimi». Pertanto, in caso di violazione di tale precetto non è prevista una punizione ad hoc per la tutela effettiva dei cittadini offesi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa di propria competenza, di carattere penale, volta a tutelare la riservatezza dei cittadini, nonché a porre in essere ulteriori iniziative finalizzate a blindare l'app da attacchi cyber.
9/2547/8Galantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame detta Misure urgenti in materia di intercettazioni, di ordinamento penitenziario, di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile e per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    tra le differenti misure trattate è prevista anche l'istituzione presso il Ministero della salute di una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che installino, su base volontaria, un'apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile complementare; la piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19;
    tutto ciò rende i dati personali passibili di essere tracciati, se non trattati con adeguata cautela attraverso tecnologie informatiche sempre più all'avanguardia, correndo il rischio di essere usati per finalità che esulano dall'intento per il quale sono stati raccolti;
    occorrono misure certe e pene effettive per chi contravviene alle disposizioni previste e relative all'applicazione del dispositivo in esame,

impegna il Governo

a impedire con ogni mezzo che i dati raccolti vengano divulgati, con qualsiasi modalità anche solo parzialmente, valutando la possibilità di prevedere sanzioni penali e pecuniarie per chi contravviene al divieto.
9/2547/9Bignami.


   La Camera,
   premesso che:
    i dati sanitari costituiscono, vista la delicatezza del loro contenuto, informazioni personali che hanno un potenziale grande valore commerciale per la cosiddetta «data-economy»;
    l'applicazione «Immuni», nata con il dichiarato scopo di aiutare le autorità competenti nella mappatura dell'evoluzione epidemica è basata sulla tecnologia bluetooth, ritenuta, dalla Commissione europea, la più idonea tra le tecnologie valide a perseguire una raccolta sufficientemente precisa e discreta rispetto alle applicazioni che si avvalgono della geolocalizzazione GPS;
    il funzionamento di Immuni si basa su TEK (Temporary Exposure Key) e, a partire da questi, viene generato un identificativo di prossimità del dispositivo mobile denominato RPI (Rolling Proximity Identifier);
    tali RPI vengono diffusi in modalità broadcast e sono ricevuti da altri dispositivi raggiungibili mediante interfaccia bluetooth, generando, in caso di prossimità, uno scambio reciproco di RPI tra i dispositivi su cui è installata l'app Immuni, registrandoli automaticamente nella loro memoria locale dei dispositivi degli altri utenti con cui si è entrati in contatto;
    il Garante della privacy, durante una recente audizione in IX Commissione Camera (Trasporti, poste e telecomunicazioni) dell'8 aprile, ha sottolineato l'importanza di sancire (con il presidio di sanzioni adeguate) l'obbligo di cancellazione dei dati decorso il periodo di potenziale utilizzo oltre che l'illiceità di qualsiasi riutilizzo dei dati per fini diversi da quelli di tracciamento dei contatti;
    l'articolo 6, comma 6, del presente provvedimento prevede che «l'utilizzo dell'applicazione e della piattaforma, nonché ogni trattamento di dati personali effettuato ai sensi al presente articolo sono interrotti alla data di cessazione dello stato di emergenza disposto con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, ed entro la medesima data tutti i dati personali trattati devono essere cancellati o resi definitivamente anonimi»;
    la Raccomandazione dell'UE dell'8 aprile 2020 ha invitato gli Stati membri a prevedere misure utili a garantire che il trattamento dei dati, una volta che non sia più strettamente necessario, sia effettivamente soppresso e i dati personali interessati siano irreversibilmente distrutti, a meno che, sulla base del parere dei comitati etici e delle autorità preposte alla protezione dei dati, il loro valore scientifico, al servizio dell'interesse pubblico, sia superiore all'impatto sui diritti in questione, purché nel rispetto di adeguate garanzie;
    così come descritto all'articolo 6, comma 1, il Ministero della Salute risulta essere il soggetto titolare del trattamento dei dati, rientrando, quindi, nella fattispecie di cui all'articolo 4, par. 1, n. 7 GDPR ovvero quella del data controller;
    la sopracitata norma descrive il data controller come «la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali»,

impegna il Governo

ad attribuire in capo al Ministero della Salute la responsabilità del corretto adempimento degli obblighi descritti all'articolo 6, comma 6, del decreto in esame e, in caso di uso illecito dei dati o della mancata cancellazione degli stessi, ad applicare quanto previsto all'articolo 167, comma 2, del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
9/2547/10Mantovani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone misure urgenti, tra le altre, «per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni», differendo ulteriormente l'entrata in vigore della nuova normativa in materia, di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2017. n. 216:
    il decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, in materia di intercettazioni, anch'esso volto a rinviare la vigenza della nuova normativa, disciplinava, inoltre, l'utilizzo dei captatori informatici nelle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche o delle comunicazioni tra presenti;
    tali modifiche hanno trovato spazio nell'articolo 266 del Codice penale, relativo ai limiti di ammissibilità delle intercettazioni, e consentono l'uso dei captatori informatici anche laddove si proceda per il delitto commesso da un incaricato di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione;
    la diffusa invasività dei captatori informatici, tuttavia, pone il grave rischio di violare il diritto alla riservatezza di soggetti estranei alla attività di indagine, e impone una riflessione ulteriore sui limiti di utilizzabilità degli stessi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle citate disposizioni al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a limitare il ricorso al captatore informatico ai delitti di criminalità organizzata ed ai più gravi delitti dei pubblici ufficiali.
9/2547/11Montaruli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, «misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario»;
    in particolare, all'articolo 2 del decreto-legge, il comma 1, alla lettera b), modifica la disciplina procedimentale della concessione o proroga della detenzione domiciliare cosiddetta «in deroga», in base alla quale nei casi in cui vi sono i presupposti per disporre, ai sensi degli articoli 146 e 147 del Codice penale, il rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione della pena (.), il tribunale di sorveglianza ha la facoltà di disporre l'applicazione della detenzione domiciliare «in deroga», cioè non vincolata da limiti edittali e concedibile anche ai detenuti in regime speciale ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e per quelli che in passato hanno subito la revoca di misure alternative,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle citate disposizioni al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a escludere i detenuti in regime speciale ex articolo 41-bis da qualunque possibilità di concessione della detenzione domiciliare.
9/2547/12Trancassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede «misure urgenti in materia di intercettazioni, di ordinamento penitenziario, di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile e per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19»;
    l'articolo 3, comma 1, lettera d) del provvedimento all'esame interviene sul comma 12-bis dell'articolo 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che prevede lo svolgimento mediante collegamenti da remoto delle udienze penali che non richiedono la presenza di soggetti diversi da PM, parti e difensori, ausiliari del giudice, polizia giudiziaria, interpreti, consulenti e periti;
    tale norma viene però ad essere inficiata dalla previsione di deroga che ne invalida la portata: la possibilità di esprimere consenso per le parti relativamente allo svolgimento da remoto delle suddette udienze; tale discrezionalità, infatti, non ha ragione d'essere, se lo scopo principale deve essere quello di aiutare il settore giustizia a far fronte in maniera congrua ed efficace all'emergenza,

impegna il Governo

al fine di valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata al fine di porre in essere una norma che espunga tale consenso delle parti sull'udienza da remoto per i processi penali di cui in premessa.
9/2547/13Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante «Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19» il Governo ha posto in essere, tra le altre, una proroga al 1o settembre 2020 dell'entrata in vigore della riforma della disciplina delle intercettazioni di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, cosiddetta «Riforma Orlando»;
    in tal senso, il predetto decreto-legge 28/2020 dispone altresì l'immediata applicazione di quella disposizione del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, relativa all'adozione del decreto del Ministro della giustizia con il quale vengono stabiliti le modalità da seguire per il deposito in forma telematica degli atti e dei provvedimenti riguardanti le intercettazioni, nonché i termini a decorrere dai quali il deposito in forma telematica sarà l'unico consentito;
    il decreto-legge 161/2019 ha esteso l'uso di captatori informatici atti a intercettare comunicazioni o conversazioni, cosiddetti Trojan, anche al di fuori delle fattispecie legate ai reati commessi contro la Pubblica Amministrazione, lasciando al Pubblico Ministero ampia discrezionalità per quanto attiene alla determinazione delle intercettazioni di rilievo per le indagini giudiziarie, fermo restando che ai fini della predetta fattispecie l'utilizzo del Trojan andrebbe al di là delle sole intercettazioni ambientali, ponendo sotto totale controllo tutti i dispositivi elettronici dei soggetti posti sotto osservazione;
    ne consegue che i risultati delle intercettazioni potranno essere usati in procedimenti diversi da quelli in cui sono stati disposti, purché siano giudicati «rilevanti», a discrezione di un magistrato, per l'accertamento dei reati per i quali è previsto l'arresto in flagranza e di quelli di particolare gravità, costituendo un grave danno alla tutela del diritto alla riservatezza dei cittadini, così come desunto dal combinato disposto degli articoli 15 e 21 della Costituzione italiana;
    nessun intervento normativo, financo il decreto-legge in esame, ha disposto tutele e guarentigie adeguate alla riservatezza dei cittadini nella fattispecie dei soggetti alle intercettazioni a mezzo «Trojan»,

impegna il Governo:

   a delimitare l'utilizzo del cosiddetto «Trojan horse» alle sole intercettazioni ambientali;
   a ripristinare l'utilizzo del Trojan unicamente alle ipotesi di reati associativi e con finalità di terrorismo, escludendo da tale ambito applicativo i reati contro la Pubblica Amministrazione;
   a garantire, anche con appositi interventi normativi, il rispetto del segreto d'ufficio in materia di pubblicazione delle intercettazioni.
9/2547/14Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante «Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19» il Governo ha posto in essere, tra le altre, varie normazioni in materia di concessione di permessi ed arresti domiciliari;
    il predetto decreto-legge 28/2020, all'articolo 2, apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale della detenzione domiciliare cosiddetto «in deroga», vale a dire sostitutiva del differimento d'esecuzione della pena ex articolo 47-ter, comma 1-ter dell'ordinamento penitenziario;
    con circolare 21 marzo 2020 del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) è stato fornito lo strumento normativo alla base delle scarcerazioni, anche di reclusi in alta sicurezza ed al 41-bis, di alcuni boss legati ad organizzazioni criminali di matrice mafiosa;
    il decreto-legge in esame, se da un lato pone modifiche normative in materia di detenzione domiciliare, dall'altro non agisce per garantire la certezza della pena, con particolare riguardo alle condanne per gravi reati,

impegna il Governo

ad adottare urgenti iniziative normative volte a escludere dalla concessione della detenzione domiciliare i condannati in via definitiva per reati gravi di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1976, n. 354 in materia di ordinamento penitenziario.
9/2547/15Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-bis del provvedimento in esame contiene disposizioni volte a conferire al Corpo della Polizia Penitenziaria ulteriori strumenti per la sorveglianza dei detenuti;
    il Corpo della Polizia Penitenziaria è gravemente sottorganico e l'implementazione di nuovi servizi comporterebbe necessariamente ripercussioni sui servizi già esistenti in termini di turni, attribuzioni di personale, ferie e assenze per periodi di formazione;
    esistono delle procedure concorsuali già bandite e che faticano a vedere la luce a causa dei rallentamenti dovuti all'emergenza Covid e all'espletamento delle procedure di ricorso;
    dalla norma, primo passo necessario ma insufficiente per migliorare le attrezzature e le tecnologie in dotazione al Corpo di Polizia Penitenziaria, scaturiscono ulteriori incombenze per un personale già oberato e che merita gratifiche e riconoscimenti,

impegna il Governo

a concludere in tempi brevi le procedure selettive in corso e a procedere quanto prima con nuove assunzioni nel Corpo della Polizia Penitenziaria.
9/2547/16Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,
   premesso che;
    il provvedimento in esame prevede «misure urgenti in materia di intercettazioni, di ordinamento penitenziario, di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile e per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19»;
    nello specifico l'articolo 3, comma 1-quater, introdotto dal Senato, modifica l'articolo 3 del decreto-legge n. 6 del 2020 (convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020 n. 13), aggiungendo un comma 6-ter. Il nuovo comma appare volto a prevedere che il preventivo esperimento del procedimento di mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda, nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali nelle quali il rispetto delle misure di contenimento adottate in relazione all'emergenza sanitaria possa essere valutato ai fini dell'esclusione della responsabilità del debitore per inadempimento o adempimento tardivo della prestazione dovuta (ai sensi del comma 6-bis dell'articolo 3 del decreto-legge n. 6 del 2020);
    l'esperimento della mediazione diventa, quindi, condizione di procedibilità anche per le controversie in materia di obbligazioni contrattuali derivanti dall'emergenza sanitaria: ad esempio, tutte le controversie del settore turistico-alberghiero (biglietti aerei, anticipi per viaggi, etc..), rimborsi per spettacoli non eseguiti, contratti di fornitura non rispettati, ritardi di consegna di merce e molte altre ancora;
    tale norma non appare di facile applicazione e crea alcuni dubbi di interpretazione che andrebbero chiariti. Ad esempio, non si capisce, vista l'espressione «può essere valutato» se e a quali condizioni il preventivo esperimento del procedimento costituisca un obbligo. Diversamente è il giudice che può valutare se l'esperimento del tentativo costituisca condizione di procedibilità della domanda, ma il magistrato possiede già un potere ad hoc, quindi la norma risulterebbe pressoché inutile o quanto meno fuorviante,

impegna il Governo

a chiarire quale sia la reale intenzione della norma e specificare tutti i casi specifici in cui essa va applicata; perché così costruita rischia di perdere la sua finalità ultima e inficiare il senso stesso del provvedimento che dovrebbe mirare invece a semplificare e agevolare il lavoro delle procure.
9/2547/17Frassinetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame detta Misure urgenti in materia di intercettazioni, di ordinamento penitenziario, di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile e per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    nello specifico il provvedimento dispone la regolamentazione dell'app anti-contagio immuni, che attraverso la tecnologia bluetooth è in grado di tracciare i contatti di coloro che, installato il dispositivo sul proprio cellulare, risultano positivi al coronavirus;
    nel testo si specifica che compete allo stesso Ministero della salute, sentito il Garante Privacy, l'adozione delle misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi per i diritti e le libertà degli interessati. La disposizione chiarisce che i dati raccolti non possono essere trattati per finalità diverse da quella specificate;
    tuttavia, appare opportuno, soprattutto in questo periodo in cui la grave emergenza sanitaria da Covid-19 ha reso urgente e indispensabile una puntuale applicazione della normativa vigente in materia di tutela della salute dei cittadini anche facendo ricorso a più efficaci c efficienti strumenti informatici che potrebbero minare, se non correttamente utilizzati, la privacy degli individui, che venga disposto l'obbligo di non utilizzare i dati raccolti per finalità diverse rispetto a quelle originariamente previste,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa al fine di escludere, nei provvedimenti di prossima emanazione, che i dati raccolti possano essere utilizzati per finalità statistiche o di ricerca scientifica.
9/2547/18Bucalo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame detta Misure urgenti in materia di intercettazioni, di ordinamento penitenziario, di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile e per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    tra le vane misure inserite è disposta la proroga del termine di entrata in vigore della disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, resa necessaria per effetto delle conseguenze negative che si sono avute anche nel settore della giustizia a causa del diffondersi della pandemia da Covid-19;
    entra invece immediatamente in vigore la disposizione di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 161 del 2019 (quindi senza alcuna proroga rispetto al termine del 30 aprile stabilito dalla legge di conversione del decreto-legge medesimo) relativa all'adozione del decreto del Ministro della giustizia con il quale vengono stabiliti le modalità da seguire per il deposito in forma telematica degli atti e dei provvedimenti riguardanti le intercettazioni, nonché i termini a decorrere dai quali il deposito in forma telematica sarà l'unico consentito;
    a tal proposito sarebbe opportuno la puntualizzazione dei sistemi di archiviazioni dei dati utilizzati. Ad esempio il sistema di archiviazione cloud è un servizio che consente di archiviare i dati trasferendoli tramite Internet o un'altra rete a un sistema di archiviazione esterno gestito da una terza parte. I sistemi di archiviazione al fine di soddisfare le esigenze di archiviazione dei dati di un utente o di un'organizzazione, sono accessibili da qualsiasi posizione e sono indipendenti dall'applicazione per garantire l'accessibilità da ogni dispositivo;
    le aziende possono scegliere diversi sistemi di archiviazione ad esempio su cloud pubblico adatto per i dati non strutturati, un servizio di archiviazione su cloud privato che può essere protetto da un firewall aziendale per garantire maggiore controllo sui dati e un servizio di archiviazione su cloud ibrido che combina i servizi di cloud pubblico e privato per offrire maggiore flessibilità;
    appare pertanto opportuno per ciò che concerne i dati acquisiti per le finalità descritte nel provvedimento in esame, al fine di tutelare la privacy degli utenti del servizio, impedire che l'acquisizione dei dati venga archiviata in sistemi cloud,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere, anche nei provvedimenti di prossima emanazione, tra i requisiti tecnici richiesti per la disciplina delle intercettazioni la disposizione che non venga alterato il contenuto del dispositivo in cui sono installati i programmi informatici utilizzati, che siano installati direttamente sul dispositivo del soggetto da sottoporre a intercettazione e che non venga consentita l'archiviazione dei dati acquisti in sistemi cloud, al fine di tutelare la privacy dei soggetti interessati.
9/2547/19Butti.


   La Camera,
   premesso che:
    con disegno di legge per la conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, a parziale modifica della normativa d'urgenza e, nello specifico, con l'aggiunta della lettera b-bis) al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge citato, veniva di fatto limitata al 30 Giugno la possibilità per i capi degli Uffici Giudiziari di predisporre le misure organizzative di trattazione delle udienze;
    tale modifica, per perseguire il corretto scopo di ripresa, deve essere coordinata con il complesso dell'attività giudiziaria e valutata alla luce del quadro più ampio di ripartenza della attività nei Tribunali italiani;
    ad oggi, gli uffici di cancelleria dei singoli Tribunali risultano di difficile accesso al pubblico e molte delle udienze fissate per il mese di Luglio 2020 sono già state rinviate d'ufficio, nel migliore dei casi ai mesi autunnali del 2020, nel peggiore al 2021;
    ne consegue che, oltre alla anticipazione della data di formale ripresa al 30 Giugno, occorre concretamente intervenire per imporre la riapertura degli Uffici di cancelleria dei singoli Tribunali e la concreta trattazione delle udienze civili e penali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre la riapertura completa degli uffici giudiziari dal 1o Luglio 2020, nonché di disporre la trattazione delle udienze civili e penali originariamente fissate al mese di Luglio 2020, nel rispetto delle normative di tutela della salute pubblica.
9/2547/20Gagliardi, Benigni, Pedrazzini, Silli, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, nonché in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    in particolare, l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni, introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (cosiddetto riforma Orlando), troverà applicazione, ma rimangono forti perplessità sull'intero impianto normativo;
    non è ancora chiaro quali siano i programmi che rispondono alle specifiche tecniche del Ministero, in cosa consistano ed in che modo debbano esercitarsi «i controlli costanti di integrità che assicurino l'integrale corrispondenza tra quanto intercettato, registrato e trasmesso» che sembrano incidere sull'utilizzabilità degli esiti delle captazioni; né siamo in condizione di affermare che i dati vengono trasferiti immediatamente, cioè senza mediazioni, all'archivio della procura o, comunque, trattati in tutto o in parte da altri soggetti;
    non si è ancora addivenuti, inoltre, alla formazione di un albo delle società accreditate presso il Ministero, anziché rimettere ogni iniziativa ai singoli uffici di Procura, con le conseguenze che talune recenti indagini hanno fatui emergere con riferimento proprio alla tutela della riservatezza dei dati acquisiti;
    sono diversi i procedimenti in cui le difese hanno sollevato perplessità su violazioni della corretta applicazione di quanto previsto dalle norme vigenti, nonché mancati accessi e verifiche di integrità delle tomi di prova generate dal captatore,

impegna il Governo

in attesa di avere un quadro ben definito e disposizioni di sistema più rassicuranti, a limitare l'uso del captatore ai soli procedimenti di criminalità organizzata o ai più gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, in considerazione della diffusa invasività di tale strumento informatico.
9/2547/21Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento penitenziario, nonché in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    in particolare, l'articolo 1-bis, introdotto dal Senato, consente alla polizia penitenziaria di utilizzare i droni per assicurare una più efficace vigilanza sugli istituti penitenziari e garantire la sicurezza al loro interno, mentre i successivi articoli, dal 2 al 2-sexies, apportano alcuno modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi cosiddetti di necessità di cui all'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario e della detenzione domiciliare cosiddetta «in deroga», intervengono sulla disciplina relativa ai colloqui in carcere e alla corrispondenza telefonica delle persone detenute;
    è di pochi mesi fa l'ormai tristemente nota circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che invitava tutti i direttori delle carceri a «comunicare con solerzia all'autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza», il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientrava fra le nove patologie indicate dai sanitari dell'amministrazione penitenziaria, ed inoltre, tutti i detenuti che superano i 70 anni, compresi quelli ristretti in regime di 41-bis e alta sicurezza, portando a scarcerazioni eccellenti;
    non è il sistema che va messo in discussione, è l'applicazione del sistema che non funziona e su questo bisogna intervenire,

impegna il Governo

a stanziare idonee risorse materiali ed umane per garantire l'efficacia del regime carcerario, a supporto della polizia penitenziaria.
9/2547/22(Versione corretta)Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    sono oltre tremila gli italiani detenuti all'estero, la maggior parte in Europa ma anche in paesi lontanissimi. A volte nello scontare la pena essi non godono di alcuna tutela dei diritti umani. Sovente privati di beni di prima necessità o assistenza sanitaria e, in alcune zone del mondo, non di rado vittime di ingiustizie e corruzione;
    nell'ambito dell'Unione europea la materia del trasferimento dei detenuti è regolata dalla decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio in data 27 novembre 2018, attuata dall'Italia col decreto legislativo del 7 settembre 2010 n. 161, entrato in vigore in data 16 ottobre 2010; secondo quando riferito dal Ministero della Giustizia negli ultimi anni detto Dicastero ha rafforzato le negoziazioni in materia di cooperazione internazionale in materia penale, con significativa attenzione verso gli accordi bilaterali sul trasferimento delle persone condannate, anche in ambito extra-europeo;
    la pandemia COVID-19 ha certamente peggiorato in tutto 11 mondo le condizioni di sicurezza nelle carceri, sia per 1 detenuti che per il personale di polizia penitenziaria. Le recenti e gravissime rivolte nelle carceri italiane lo testimoniano drammaticamente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intensificare l'esame dei fascicoli di procedura autorizzativa ai fini del trasferimento in Italia dei connazionali detenuti in Paesi aderenti alla Convenzione di Strasburgo o comunque con nazioni con i quali esiste un accordo bilaterale sul trasferimento di persone già in carcere; nonché considerare anche la sottoscrizione di nuovi accordi con stati con i quali la predetta materia non è ancora normata.
9/2547/23Ungaro, Carè.


   La Camera,
   premesso che:
    in merito agli istituti penitenziari è opportuno fare chiarezza in merito ai detenuti in regime di 41-bis considerato che, il giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo Francesco Bonura, 78 anni, condannato definitivamente per associazione mafiosa;
    sono 74 i boss che ad oggi sono al 41-bis e la gran parte di essi è ultrasettantenne. Fra loro si conta Leoluca Bagarella, i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello, Raffaele Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola e Benedetto Spera;
    nelle scorse settimane, sempre per l'emergenza Covid-19, è stato posto agli arresti domiciliari dai giudici della corte d'assise di Catanzaro, Vincenzino Iannazzo, 65 anni, ritenuto un boss della ’ndrangheta, Iannazzo, detto «il moretto», è indicato come il capo del clan di Lamezia Terme e adesso torna a casa proprio nel cuore di Lamezia;
    sempre con la motivazione dell'incompatibilità carceraria, attende di andare a casa anche il capomafia Benedetto «Nitto» Santapaola, condannato definitivamente per diversi omicidi fra cui quello del giornalista e scrittore Giuseppe Fava, assassinato a Catania il 6 gennaio 1984; anche il boss dell'Uditore Pino Sansone, 69 anni, l'ex vicino di casa di Totò Riina nel complesso di via Bemini, è andato ai domiciliari per decisione del tribunale del riesame di Palermo e ciò nonostante l'opposizione sostenuta dal sostituto procuratore della Dda,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, con ulteriori incisivi provvedimenti, misure atte a scongiurare che la pena detentiva residua per i soggetti condannati ai sensi dell'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 possa essere eseguita in abitazione ubicata nella regione di nascita o residenza del condannato medesimo, anche nei periodi di emergenza sanitaria.
9/2547/24Cantalamessa, Tateo, Di Muro, Bisa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 che reca «Disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia contabile», come modificato dal Senato, oltre ad estendere fino al 31 agosto a periodo di operatività della disciplina emergenziale prevista con riguardo alla giustizia contabile dal decreto-legge cosiddetto cura Italia – interviene sulla composizione del collegio delle Sezioni riunite detto Corte dei conti in sede di controllo. Si attribuisce inoltre la possibilità per il PM contabile di avvalersi di collegamenti da remoto, nell'ambito dell'attività istruttoria posta in essere. La disposizione prevede infine l'istituzione di una Sezione centrale per il controllo dei contratti secretati;
    il nuovo comma 1-bis prevede che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, in relazione all'accresciuta esigenza di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti pubblici di carattere strategico, l'ufficio di cui all'articolo 162, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, assume la denominazione di Sezione centrale per il controllo dei contratti secretati;
    il comma 5 dell'articolo 162 del decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede che la Corte dei conti, tramite un proprio ufficio organizzato in modo da salvaguardare le esigenze di riservatezza, eserciti il controllo preventivo sulla legittimità e sulla regolarità dei contratti secretati, nonché sulla regolarità, correttezza ed efficacia della gestione;
    alla Sezione centrale per il controllo la disposizione riconosce anche la funzione di controllo preventivo di cui all'articolo 42, comma 3-bis, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 novembre 2015, n. 5;
    tale disposizione prevede che ai fini degli adempimenti connessi al rilascio delle abilitazioni di sicurezza, le stazioni appaltanti, quando Indicono una gara o una procedura di affidamento che comporti l'accesso ad Informazioni con classifica riservatissimo o superiore, per il tramite dei rispettivi organi centrali di sicurezza ne danno tempestiva notizia all'UCSe, allegando il provvedimento motivato di segretazione, registrato dalla Corte dei conti. Le stazioni appaltanti comunicano altresì, al termine della fase di aggiudicazione, i nominativi degli operatori economici risultati aggiudicatari;
    la predetta Sezione centrale si avvale di una struttura di supporto di livello non dirigenziale, nell'ambito della vigente dotazione organica del personale amministrativo e della magistratura contabile;
    la definizione dei criteri e delle modalità per salvaguardare le esigenze di massima riservatezza nella scelta del magistrati da assegnare alto nuova sezione e nell'operatività della stessa 6 rimessa al Consiglio di presidenza della Corte dei conti, che decide su proposta del presidente;
    analoghi criteri e modalità sono osservati dal segretario generale nella scelta del personale di supporto da assegnare alla sezione. Con riguardo all'obbligo di relazione al Parlamento prevista dal comma 5 dell'articolo 162 dei codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016) la disposizione precisa che tale relazione debba essere trasmessa al Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica;
    ritenuto che i criteri e le modalità per la scelta dei magistrati da assegnare alla nuova sezione, di cui deve farsi carico il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, non possano non tenere conto dell'accresciuta esigenza di salvaguardare primariamente la sicurezza degli approvvigionamenti di carattere strategico, esigenza per fronteggiare la quale il personale selezionato deve garantire:
     a) la massima riservatezza;
     b) un'adeguata esperienza maturata nel controllo in generale e nella valutazione degli atti secretati in particolare;
     c) una specificità professionale pluriennale acquisita in funzioni peculiari di stretta attinenza al settori della difesa e della sicurezza nazionale;
     d) una comprovata capacità di gestione della documentazione munita di classifica di segretezza di alto livello;
   considerato, quindi, che l'estrema delicatezza di tale funzione richiede una particolare ed attenta selezione del personale cui affidarla, anche disancorando la specifica scelta dai parametri generalmente utilizzati per il conferimento delle ordinarie funzioni d'istituto,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative normative per la valorizzazione, nella scelta di cui alle premesse, del personale dotato delle citate caratteristiche.
9/2547/25Marchetti, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Morrone, Paolini, Potenti, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 recante «Misure per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19», istituisce presso il Ministero della salute una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che installino, su base volontaria, un'apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile complementare; la piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrato in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19. Compete allo stesso Ministero della salute, sentito il Garante Privacy, l'adozione delle misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi per i diritti e le libertà degli interessati. La disposizione chiarisce che i dati raccolti non possono essere trattati per finalità diverse da quella specificate, salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per soli fini di sanità pubblica, profilassi, finalità statistiche o di ricerca scientifica, e il mancato utilizzo dell'applicazione non comporterà alcuna conseguenza in ordine all'esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti interessati. Si prevede infine che la piattaforma venga realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale e gestite dalla Sogei (società a totale partecipazione pubblica) e tramite programmi informatici di titolarità pubblica. L'utilizzo di applicazione e piattaforma, nonché ogni trattamento di dati personali, devono essere interrotti alla data di cessazione dello stato di emergenza. Entro tale ultima data tutti i dati personali trattati devono essere cancellati o resi definitivamente anonimi;
    il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) in un documento di sedici pagine, ha espresso tutte le sue perplessità in merito all’app e che dovrebbero trovare una soluzione entro la data prevista per il lancio del servizio di notifica delle esposizioni, prevista il prossimo 29 maggio;
    il Comitato raccomanda che «l'attuazione della piattaforma avvenga con criteri univoci sul territorio nazionale, evitando la possibilità di interpretazioni restrittivo o comunque differenziate da parte delle Regioni ed Enti locali, tali da introdurre ingiustificate limitazioni alla libera circolazione dei cittadini»;
    il riferimento è al fatto che «il mancato utilizzo dell'applicazione [...] non comporta alcuna conseguenza pregiudizievole ed è assicurato il rispetto del principio di parità di trattamento». Una formulazione giudicata insufficiente da parte del Comitato, secondo a quale tale disposizione potrebbe «risultare insufficiente a escludere eventuali provvedimenti più restrittivi, da parte di soggetti istituzionali o da privati, volti a selezionare l'accesso delle persone (a luoghi, zone territoriali, locali pubblici o privati eccetera), sulla base dell'utilizzo o del mancato utilizzo dell'applicazione»;
    una delle principali regole informatiche è che un sistema aggiornato è anche più sicuro. Questo deriva dal fatto che ogni aggiornamento, sia per i sistemi operativi che per i singoli software, di norma viene rilasciato per correggere errori o apportare migliorie al sistema, rendendolo più sicuro a nuove vulnerabilità che potrebbero venire scoperte nel tempo. Secondo quanto previsto dall'ordinanza firmata dal commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri, sarà Bending Spoons, la società che sviluppa Immuni, a farsi carico degli aggiornamenti della piattaforma per almeno sei mesi. Una circostanza per la quale il Copasir «esprime preoccupazione», dal momento che questo determinerebbe una «potenziale dipendenza» dell’app da una società privata, senza che sia chiaro quale sarà il ruolo di PagoPa, società pubblica che ha l'incarico di affiancare Bending Spoons nello sviluppo dell’app di tracciamento;
    il Comitato esprime preoccupazione anche «per il fatto che dopo l'entrata in esercizio della app Immuni, che dovrà comunque essere preceduta da fasi di test, la Bending Spoons, secondo quanto previsto dal contratto, continuerà la sua attività di aggiornamento dell'applicazione per un periodo di sei mesi, determinando quindi una potenziale dipendenza del sistema posto in essere da tale sviluppo tecnologico, affidato anche in questo caso a una società privata. Sul punto non risulta chiaro se fattività di aggiornamento della app da parte di Bending Spoons possa svolgersi in sovrapposizione e/o congiuntamente con fattività di PagoPA»;
    per quanto riguarda la Cybersecurity non si deve sottovalutare «il rischio tecnologico, anch'esso difficilmente mitigabile, almeno nel breve periodo, consistente in possibili attacchi di tipo informatico da parte di hacker o altri soggetti o in possibili truffe ai danni degli utilizzatori della app. La tecnologia Bluetooth risulta infatti particolarmente vulnerabile a intrusioni i cui effetti, in questo contesto, potrebbero essere tali da diffondere allarme ingiustificato nella popolazione, ad esempio mediante rinvio di messaggi falsi o fraintendibili, relativi, inter alia, allo stato di salute o al possibile contagio dei destinatari»;
    dalle audizioni svolte, infine, «non sembra praticabile una interoperabilità con le soluzioni adottate, o in via di adozione, da parte degli altri principali Paesi europei, considerato anche che non è stata decisa una linea comune a livello di Unione europea. Questo aspetto appare decisivo per la piena funzionalità del sistema, soprattutto in un Paese a vocazione turistica come il nostro, che dovrebbe assicurare la libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione europea»;
    il tema della proiezione dei dati più rilevanti e delicati in termini di cybersecurity va considerato nella sua interezza. Qualunque server è vulnerabile, anche i più importanti, perciò va fatta una verifica generale. Tenga presente che i dati sulla salute valgono doppio dal punto di vista economico e della privacy. Nel mercato nero dei dati quelli sulla salute sono i più preziosi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme contenute all'articolo 6 per un periodo di sperimentazione di 3 mesi, durante il quale il garante della privacy verifichi le eventuali criticità comunicandole al Governo, e a disporre, in caso di risultanze negative in termini di privacy, con proprio provvedimento, la sospensione dell'applicazione e della piattaforma, nonché ogni trattamento di dati personali effettuato.
9/2547/26Turri, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    un tema fondamentale e delicato come il diritto di frequentazione dei figli da parte di genitori separati e divorziati è stato affrontato e regolamentato durante la fase epidemiologica e l'intento in materia di diritto di famiglia, è, da tempo, quello di preservare il rapporto dei figli con entrambi i genitori, e di dare attuazione al principio della bigenitorialità. Tale principio, cui fa da corollario il regime ordinario di affidamento condiviso, è espressione di una concreta attuazione dell'interesse del minore;
    nella copiosa normativa succedutasi da fine gennaio ad oggi è doveroso premettere che i decreti non hanno previsto espressamente la disciplina della frequentazione tra genitori e figli in costanza di separazione e divorzio da applicare nella fase emergenziale;
    con l'adozione della disciplina emergenziale per limitare gli spostamenti delle persone è emerso sin da subito, tra gli altri, il problema della frequentazione dei figli minori con il genitore non collocatario. Poiché il tema relativo al diritto di visita non è stato preso in considerazione dai provvedimenti adottati dal Governo, si è ipotizzato di rinvenire la soluzione al problema nella normativa generale dettata per gli «spostamenti», con riferimento al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020;
    da qui una situazione di confusione e incertezza per genitori separati e divorziati, i quali sono consapevoli che il diritto di visita e alla bigenitorialità del figlio minore è tutelato dal codice civile, ma anche che essi potrebbero incorrere in sanzioni penali in caso di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice o in caso di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 388 e 570, comma 1, del codice penale;
    questa volta la risposta alle domande dei cittadini non si è fatta attendere. Il 10 marzo 2020, infatti, a sito del Governo italiano chiariva: «sì, gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l'altro genitore o comunque presso l'affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio»;
    è doveroso anche analizzare la posizione assunta dalla giurisprudenza, interpellata nel medesimo arco temporale di riferimento e, soprattutto, sullo stesso tema, o per meglio dire, osservare la linea interpretativa adottata di volta in volta dai Tribunali chiamati a rispondere al seguente interrogativo: favorire o ostacolare la frequentazione genitori-figli ai tempi del coronavirus ?;
    la situazione di paura, creata dalla pandemia in corso, e quella di incertezza, derivante dalle difficoltà Interpretative dei decreti, ha provocato un frequente ricorso all'Autorità Giudiziaria e l'avvicendamento dei provvedimenti susseguitisi nel periodo dell'emergenza epidemiologica, che non si sono espressamente occupati del diritto di visita genitori-figli e, dunque, di regolamentare la frequentazione fra di essi, ha destato difficoltà interpretative, chiarendo il tema in esame solo attraverso lo strumento più volte richiamato delle FAQ;
    è stato poi osservato, attraverso la ricostruzione delle pronunce emesse dai Tribunali nell'arco di due mesi, come la giurisprudenza appaia divisa sull'argomento;
    alla luce delle pronunce appare, quindi, che l'interpretazione giurisprudenziale non sia univoca, e anzi spesso le pronunce finora emanate sembrano porsi in contrasto con la tutela del diritto fondamentale alla bigenitorialità, nonché con la stessa giurisprudenza, sia domestica sia europea, evidenziando un'attuale situazione di criticità, frammentarietà e disomogeneità in relazione ai diritti di visita e alla frequentazione genitori-figli,

impegna il Governo

al fine della tutela sia del minore che del genitore in relazione al diritto di salute da rischio di contagio epidemiologico da COVID-19, a prevedere, con apposita norma da inserire nel primo provvedimento utile, che uno dei due coniugi genitori, possa depositare ricorso al fine di ottenere l'affidamento condiviso paritetico in ugual periodo da trascorrere con i figli per 15 giorni consecutivi ciascun genitore e l'inserimento del mantenimento diretto da parte del genitore collocatario, nei confronti dei figli, salvo oggettive e non superabili condizioni ostative, fino alla fine dell'emergenza sanitaria o comunque fino alla riapertura a tempo pieno delle scuote o asili nido o plessi scolastici comunque denominati, indipendentemente dal tempi della frequentazione precedentemente stabiliti.
9/2547/27Bisa, Turri, Tateo, Di Muro, Cantalamessa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-bis introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, consente al personale abilitato del Corpo di polizia penitenziaria (attualmente escluso) la possibilità di utilizzo dei droni nell'ambito delle funzioni di polizia svolte dal predetto personale (previste dall'articolo 5 della legge n. 395 del 1990), per assicurare una più efficace vigilanza sugli istituti penitenziari e garantire la sicurezza al loro interno;
   considerato che:
    la sperimentazione, da parte delle Forze di Polizia, dell'arma comune ad impulsi elettrici (Taser) è iniziata il 5 settembre 2018 e si è conclusa il 5 giugno 2019 con esiti più che positivi senza riscontrare alcuna controindicazione;
    tale arma è stata data in dotazione alle Forze di Polizia di 12 città (Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi, Genova) ed è stato utilizzato 60 volte;
    in 47 casi gli interventi si sono risolti con la semplice estrazione dell'arma o con l'attivazione del « warming ark» la scarica di avvertimento, mentre nei restanti 13 il soggetto è stato colpito con i dardi;
    la Polizia Penitenziaria è stata sinora esclusa da tali sperimentazioni. Tuttavia, le aggressioni al personale operante all'interno delle strutture carcerarie sono costanti e, per giunta, in continua crescita. Si registrano infatti nell'anno in corso un numero di aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria pari a 800 circa con più di 1000 agenti feriti. Nell'anno 2018 si sono registrate ben 670 episodi e nell'anno 2017 le aggressioni accertate sono state oltre 590;
    a queste bisogna aggiungere gli atti turbativi dell'ordine e della sicurezza registrati all'interno delle strutture detentive: erano circa 500 nel 2017, circa 700 nel 2018 e sono diventati 892 nell'anno in corso. Come appare evidente, si tratta di un fenomeno in netta crescita e difficile da gestire per il personale di polizia operante,

impegna il Governo

per il tramite dell'Amministrazione Penitenziaria, ad avviare, con le necessarie cautele per la salute e l'incolumità pubblica, degli operatori penitenziari e delle persone detenute, secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute, la sperimentazione dell'arma comune ad impulsi elettrici per le esigenze dei compiti istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria.
9/2547/28Morrone, Turri, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Marchetti, Paolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 che reca «Disposizioni urgenti in materia di detenzione domiciliare e permessi» apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi cosiddetti di necessità (di cui all'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario) e della detenzione domiciliare cosiddetta «In deroga», cioè sostitutiva del differimento dell'esecuzione della pena (ex articolo 47-ter comma 1-ter dell'ordinamento penitenziario). Per entrambe le misure, la modifica consiste nella previsione di un parere obbligatorio che i giudici di sorveglianza devono richiedere al Procuratore antimafia in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto: solo al Procuratore distrettuale, se la decisione riguarda l'autore di uno del gravi reati elencati nell'articolo 51 comma 3-bis e comma 3-quater del codice di procedura penale, anche al Procuratore nazionale, se riguarda un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale del 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
    nel corso dell'esame in Senato è stata introdotta una disposizione (che riproduce il contenuto dell'articolo 1 dell'abrogando decreto-legge n. 29 del 2020), volta a prevedere l'obbligo di revoca del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare «in deroga» quando vengano meno le condizioni per le quali era stata concessa;
    sia la misura dei permessi di necessità sia quella della detenzione domiciliare in deroga, sono potenzialmente concedibili anche ad autori dei cosiddetti «reati ostativi» di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, e a soggetti in regime penitenziario differenziato di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, i quali risultino aggravati da un quadro patologico così grave da non consentire una prosecuzione della detenzione;
    l'articolo 123 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, noto come decreto «Cura Italia» introduce una serie di deroghe, valide dal 17 marzo 2020 e sino al 30 giugno 2020, alla disciplina della detenzione domiciliare (legge n. 199 del 26 novembre 2010) con l'intento di risolvere il problema annoso del sovraffollamento delle carceri italiane, ancora più esplosivo in tempi di Covid-19. In breve consente l'espiazione della pena della reclusione non superiore a 18 mesi, anche se residuo di maggior pena, presso il domicilio del detenuto, e lo fa tra l'altro in funzione di un procedimento applicativo estremamente accelerato (addirittura, da concedersi entro cinque giorni dalla richiesta) e di competenza del Magistrato di Sorveglianza, anziché del Tribunale di Sorveglianza;
    è vero che sono esclusi dal provvedimento alcune categorie di soggetti condannati per i delitti indicati dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, tra cui ci sono i detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare, ma è anche vero che prima dell'articolo 123 del decreto-legge n. 18 del 2020 nel nostro ordinamento era prevista la scarcerazione per gravi motivi di salute incompatibili con la detenzione, ma i motivi di salute erano attuali, nel senso che doveva essere in atto una grave patologia che non poteva essere curata efficacemente in carcere. Con l'articolo 123 si sancisce il principio che è sufficiente il rischio di contrarre una malattia. Nel senso che persino una persona sana ma anziana o con patologie compatibili con la detenzione, può beneficiare di una simile misura. Un vero stravolgimento del fondamento stesso dell'istituto. In tale prospettiva quindi, assume poca rilevanza il fatto che l'articolo 123 escluda dal beneficio certi reati. Una volta sancito che basta il rischio anziché la malattia, questo principio si deve applicare a tutti;
    la Circolare del Dap emanata il 21 marzo 2020, consequenziale all'articolo 123 del Cura Italia, che impone a tutti i direttori degli istituti penitenziari d'Italia di «comunicare all'autorità giudiziaria con la massima solerzia» eventuali condizioni di salute che sconsigliassero la prosecuzione della detenzione. La circolare non fa distinzione tra detenuti, lasciando ricompresi anche quelli al 41-bis;
    risulta evidente che l'articolo 123 abbia dispiegato la sua influenza ben oltre il perimetro assegnato dal legislatore e una disposizione come questa costituisce un clamoroso cedimento detto Stato alla criminalità, tanto più che è stata adottata in costanza e a ridosso di violente rivolte carcerarie che avrebbero dovuto indurre il Ministro della giustizia a risposte di tutt'altro segno e tenore, quali l'isolamento del rivoltosi e una ipotesi di revoca dei benefici per chiunque agevolasse, anche solo moralmente;
    i detenuti non dovevano essere scarcerati, ma andavano curati in sicurezza in altre strutture carcerarie, e doveva essere il Governo a prevenire una condizione di emergenza, ma soprattutto il sovraffollamento non si risolve liberando i peggiori delinquenti, ma utilizzando tutte le risorse disponibili (per esempio i tanti penitenziari costruiti, inaugurati e poi abbandonati come cattedrali nel deserto);
    con l'attuale formulazione usufruiscono delle misure alternative anche coloro che condannati e detenuti in regime di 41-bis siano ancora in carcere per altri reati,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, con norma da inserire nel primo provvedimento utile, che per i detenuti o internati per taluno dei delitti di cui articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nel caso di scioglimento di cumulo materiale di pene concorrenti irrorate con una o più sentenze di condanna, a reato per il quale è stata disposta l'applicazione della misura di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 sia ostativo.
9/2547/29Cavandoli, Turri, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, al comma 1, reca Modifiche all'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale. Il decreto-legge, anzitutto, prolunga fino al 31 luglio 2020 (rispetto al termine originario del 30 giugno 2020) la fase emergenziale, caratterizzata da specifiche misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari; tale fase ha preso avvio il 12 maggio, quando sono venuti meno il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione legale dei termini processuali. Inoltre, il provvedimento d'urgenza integra il catalogo delle udienze civili e penali che non possono essere rinviate, specifica alcune modalità per lo svolgimento da remoto di tali udienze, escludendo espressamente che nei procedimenti penali possano svolgersi a distanza le udienze di discussione finale e di esame di testimoni, e consente il deposito telematico di atti presso gli uffici del pubblico ministero;
    il Senato ha modificato ed integrato il testo, in primo luogo ripristinando il termine originario del 30 giugno per la fine della fase emergenziale negli uffici giudiziari;
    l'articolo 83 detta disposizioni urgenti per contenerne gli effetti negativi derivanti dall'emergenza epidemiologica sullo svolgimento delle attività giudiziarie civili e penali. In particolare, il provvedimento dispone in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020 nonché la possibilità, dal 16 aprile al 30 maggio, di adottare misure organizzative – che possono comprendere l'ulteriore rinvio delle udienze – volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. Specifiche disposizioni sono volte a potenziare il processo telematico;
    da anni oramai le pubbliche amministrazioni hanno avuto l'obbligo, come d'altronde i professionisti e tutte le aziende private che svolgono attività di impresa, della iscrizione di una PEC;
    gli Enti e tra questi i comuni, avrebbero dovuto dotarsi e, quindi, avrebbero dovuto comunicare anche la PEC presso cui poter ricevere con validità le notifiche telematiche degli atti. Tuttavia, mentre per i professionisti e le imprese v’è la possibilità di verificare sul sito INI-PEC l'effettiva presenza della PEC cui poter ricevere anche notifiche telematiche giuridicamente valide, ciò non vale per le P.A.;
    per gli enti e per l'Avvocatura dello stato è prevista l'iscrizione dell'indirizzo di PEC sia nel RegInDE sia nell'elenco o registro FA ai quali si accede unicamente mediante autenticazione da un punto di accesso o dal portale dei servizi telematici (PST) del Ministero della giustizia la cui consultazione è complessa;
    ciò determina certamente una disparità di trattamento soprattutto a carico degli avvocati che intendono eseguire la notifica a mezzo PEC di atti giudiziari, ma non rinvengono nei citati elenchi gli indirizzi di PEC della PA e dell'Avvocatura dello Stato pertanto lo strumento della notifica telematica diventa impossibile;
    risulta, quindi, necessario quindi snellire il sistema di ricerca delle PEC delle amministrazioni e dell'Avvocatura dello Stato,

impegna il Governo

a provvedere in tempi celeri a risolvere questa grave disfunzione snellendo il sistema di ricerca ed obbligando, gli enti e l'Avvocatura dello Stato ad iscrivere l'indirizzo PEC per la notifica di atti giudiziari nel sistema Inpec.
9/2547/30Tateo, Bisa, Cantalamessa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3-bis che reca «Disposizioni in materia di collaboratori di giustizia» introdotto dal Senato, modifica l'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, recante la disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia, aggiungendovi i commi da 3-bis a 3-quater. La modifica ha lo scopo di consentire a odoro che siano legati ad una persona nei cui confronti è stata disposta la revoca di un provvedimento di cambiamento delle generalità per effetto di un rapporto di matrimonio; unione civile o filiazione instauratosi successivamente all'emanazione del predetto provvedimento, di evitare che la revoca produca effetti anche nei loro confronti (comma 3-bis). È infine previsto (comma 3-quater) che quanto disposto dal comma 3-bis si applichi ai destinatari dei provvedimenti di revoca del cambiamento delle generalità «nonché a coloro nei cui confronti siano stati adottati i medesimi provvedimenti»;
    è in corso di esame presso la Commissione giustizia della Camera l'A.C. 2513 in materia di revoca del provvedimento di cambiamento della generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia;
    con riguardo all'ambito temporale di applicazione della disposizione, si deve specificare che la stessa si applica ai provvedimenti di revoca adottati nel 24 mesi antecedenti l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame fino al perdurare dello stato di emergenza relativa a COVID-19. Dalla formulazione letterale della disposizione sembrerebbe quindi che si tratti di una norma provvisoria che produca effetto solo per i provvedimenti adottati negli ultimi due anni e fino al perdurare dell'emergenza e che quindi al termine di essa perda efficacia,

impegna il Governo

valutata la coerenza dell'efficacia temporale delle nuove disposizioni delimitata fino al perdurare dell'emergenza sanitaria – con la quale le disposizioni stesse non appaiono peraltro avere alcuna relazione – a prevedere, nel primo provvedimento idoneo, la modifica della disciplina generale della revoca cambio delle generalità per coloro che collaborano con la giustizia.
9/2547/31Paolini, Turri, Bisa, Tateo, Cantalamessa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, al comma 1, reca Modifiche all'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale. Il decreto-legge, anzitutto, prolunga fino al 31 luglio 2020 (rispetto al termine originario del 30 giugno 2020) la fase emergenziale, caratterizzata da specifiche misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari; tale fase ha preso avvio il 12 maggio, quando sono venuti meno il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione legate dei termini processuali. Inoltre, il provvedimento d'urgenza integra il catalogo delle udienze civili e penali che non possono essere rinviate, specifica alcune modalità per lo svolgimento da remoto di tali udienze, escludendo espressamente che nei procedimenti penali possano svolgersi a distanza le udienze di discussione finale e di esame di testimoni, e consente il deposito telematico di atti presso gli uffici del pubblico ministero;
    per il periodo che va dal 9 marzo al 30 giugno, i nuovi commi da 12-bis a 12-quater introdotti al Senato nell'articolo 83 hanno previsto – al dichiarato fine di contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 – la possibilità di avvalersi di strumenti di collegamento da remoto per lo svolgimento del procedimento penale;
    più in dettaglio, in base alla richiamata disciplina, le udienze per cui non debbano partecipare soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti, possono svolgersi mediante collegamento da remoto;
    gli atti d'indagine che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, quando la loro presenza fisica non possa essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento del virus;
    per i giudizi in Cassazione, la Suprema Corte procede in camera di consiglio senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che la parte ricorrente faccia richiesta di discussione orale;
   considerato che:
    la «dematerializzazione» del procedimento penale, con la pretesa di svolgere indagini e dibattimento via etere, si pone in stridente frizione, prima ancora che con puntuali previsioni della nostra Costituzione, con la stessa logica garantiste che dovrebbe informare il procedimento penale in uno Stato di diritto;
    l'accertamento dei fatti deve avvenire in contraddittorio, nel confronto ad armi pari fra accusa e difesa, dinnanzi ad un giudice terzo ed imparziale, che possa apprezzare direttamente (senza pregiudizi o filtri) le tesi e gli elementi di prova; il processo telematico, in questa prospettiva, danneggia soprattutto la difesa, che proprio nel palcoscenico dell'aula può tentare di contrastare l'asimmetria di potere, la maggiore disponibilità di mezzi e la forza degli atti d'indagine della pubblica accusa;
    i principi di concentrazione, oralità e immediatezza che caratterizzano il processo accusatorio consentono tutta quella parte di conoscenza, apprendimento e valutazione legata al contatto (e al controllo) fisico, alla percezione sensoriale, alla comunicazione non verbale, una parte amplissima, e spesso addirittura decisiva, come dimostrano gli studi sia giuridici che psico-cognitivi, che viene del tutto cancellata o distorta tramite l'uso di strumenti a distanza. Il tono della voce, l'espressione del volto, il disagio o l'imbarazzo nella (e della) risposta – per citare alcuni esempi – costituiscono indici fondamentali circa la genuinità e attendibilità delle prove: gli strumenti telematici possono «inquinare» o frapporre mediazioni a elementi che devono necessariamente essere apprezzati dal vivo, in presenza;
    le esigenze di tutela della riservatezza e protezione dei dati personali sensibili, sottoposti alla massima pressione nel procedimento penale, vengono lasciati alfa mercé di strumenti telematici non definiti e senza garanzie, rispetto ai quali, per il poco che è dato sapere, ci si rivolgerà addirittura a Microsoft, cioè a una società privata e straniera, che non solo opera al di fuori delle regole nazionali ed europee, ma soggiace anche alle norme americane del Cloud Act (che come noto attribuisce allo autorità statunitensi di contrasto un ampio potere acquisitivo di dati e informazioni),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di prevedere, nel prossimo provvedimento utile, che il ricorso a strumenti telematici – processo da remoto – così come previsto dal decreto di cui in premessa non si applichi alle udienze di discussione e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti salvo diverso accordo tra le parti.
9/2547/32Di Muro, Tateo, Bisa, Turri, Cantalamessa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    lo stato di emergenza per ragioni di sanità in seguito all'epidemia da Coronavirus si è abbattuto sul sistema giudiziario,

impegna il Governo

   ad adottare ulteriori iniziative normative affinché, sino al 31 luglio 2020, anche in deroga alle previsioni dell'articolo 34 del decreto 21 febbraio 2011, n. 44, presso ciascun ufficio giudiziario in cui operi il processo civile telematico ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, i cancellieri siano autorizzati a ricevere atti e documenti in modalità telematica dal magistrato procedente e a darvi esecuzione, nella medesima modalità, mediante la modifica dei dati iscritti nei relativi registri di cancelleria presenti sul dominio giustizia. In applicazione dell'articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81, ai soggetti abilitati interni, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m), numero 1) del citato decreto n. 44 del 2011, dovranno essere conferite le credenziali necessarie alle attività di cui al primo periodo, secondo le disposizioni stabilite con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Le disposizioni di cui al secondo periodo dovranno essere adottate:
    a) su richiesta del presidente del tribunale o della Corte d'appello, che abbia attribuito al rispettivo cancelliere la qualifica di responsabile del trattamento in conformità alle norme rilevanti del Regolamento (UE) 2016/679 e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni;
    b) previo accertamento in concreto, da parte del predetto Direttore generale, della funzionalità, nell'ufficio giudiziario richiedente, dei servizi di comunicazione dei documenti informatici e dell'idoneità delle attrezzature informatiche a salvaguardare la genuinità delle operazioni di modifica dei registri, conseguenti alle conformi disposizioni del magistrato procedente.
9/2547/33Sasso, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    lo stato di emergenza per ragioni di sanità in seguito all'epidemia da Coronavirus, si è abbattuto sul sistema giudiziario,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative affinché, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale di cui al presente articolo e di cui agli articoli 84 e 85, si intendano per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater, 47 comma 3 e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall'articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia.
9/2547/34Legnaioli, Potenti, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Marchetti, Morrone, Paolini, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    lo stato di emergenza per ragioni di sanità in seguito all'epidemia da Coronavirus, si è abbattuto sul sistema giudiziario,

impegna il Governo

   a dare attuazione a quanto segue:
   all'articolo 5-septies del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, il comma 3 sia sostituito dai seguenti:
   «3. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nei limiti delle risorse di cui al comma 1, che costituiscono il relativo limite di spesa, si provvede a dare attuazione agli interventi previsti dal medesimo comma.
   3-bis. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nei limiti delle risorse di cui al comma 2, che costituiscono relativo limite di spesa, si provvede a dare attuazione agli interventi previsti al medesimo comma.»;
   i decreti di cui sopra siano adottati entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
9/2547/35Raffaelli, Morrone, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Marchetti, Paolini, Potenti, Turri.


   La Camera

impegna il Governo

a presentare entro il 31 dicembre di ogni anno una relazione al Parlamento contenente dati e rilevazioni statistiche relative all'applicazione della presente legge.
9/2547/36Furgiuele, Tateo, Di Muro, Bisa, Cantalamessa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 istituisce una piattaforma unica nazionale per la gestione del sistema di allerta dei soggetti che, al solo fine di allertare le persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi e tutelarne la salute attraverso le previste misure di prevenzione nell'ambito delle misure di sanità pubblica legate all'emergenza COVID-19, hanno installato, su base volontaria, un'apposita applicazione sui dispositivi di telefonia mobile;
    non risultano ancora accolte le misure di ulteriore sicurezza sollecitate dal Garante per la protezione dei dati personali e in particolare: adeguata informazione per l'utente in merito al funzionamento dell'algoritmo di calcolo utilizzato per la valutazione dei rischi di esposizione al contagio; consapevolezza del fatto che il sistema potrebbe generare notifiche di esposizione che non sempre riflettono una effettiva condizione di rischio; possibilità di disattivare temporaneamente l'applicazione attraverso una funzione facilmente accessibile nella schermata principale; divieto di trattare i dati raccolti per finalità non previste dalla norma che istituisce l'applicazione,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa al fine di recepire le misure di sicurezza già sollecitate dal Garante per la protezione dei dati personali.
9/2547/37Maccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 istituisce una piattaforma unica nazionale per la gestione del sistema di allerta dei soggetti che, al solo fine di allertare le persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi e tutelarne la salute attraverso le previste misure di prevenzione nell'ambito delle misure di sanità pubblica legate all'emergenza COVID-19, hanno installato, su base volontaria, un'apposita applicazione sui dispositivi di telefonia mobile;
    il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha rilevato che «l'unico dato da dover immettere nell’App dovrebbe essere un codice anonimo risultante dall'effettuazione di un tampone, escludendo quindi altre procedure che al momento non abbiano evidenza scientifica»;
    il medesimo Comitato ha denunciato che «non è emerso dalle audizioni svolte quale base numerica di volontari sia adeguata alla finalità per la quale è stata pensata la piattaforma» e che «se al numero di adesioni non corrispondesse la capacità organizzativa di effettuare tamponi, l'efficacia della misura sarebbe molto limitata a fronte di una rilevante cessione di dati personali»;
    il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha infine, evidenziato che «l'architettura decentralizzata richiede necessariamente l'utilizzo di un Content delivery network (CDN), unico strumento che consenta di gestire efficacemente la mole di connessioni che si prevede per il funzionamento della App. Questa tecnologia può essere oggi erogata sul territorio nazionale, tuttavia non essendo al momento disponibile presso aziende italiane dovrà essere acquisita ricorrendo a società estere»,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa al fine di recepire nel primo provvedimento utile successivo le misuro di sicurezza evidenziate dal Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica.
9/2547/38Capitanio.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato, in particolare, l'intervento recato dall'articolo 3, in tema di misure di contenimento dell'epidemia e della quarantena sul sistema giudiziario nazionale;
    preso atto che, al fine di contemperare le esigenze di salvaguardia della salute e continuità lavorativa si è individuato il lavoro agile come modalità primaria di svolgimento dell'attività lavorativa da parte del personale degli uffici giudiziari;
   considerato che i tempi della giustizia civile sogneranno ulteriormente il passo rispetto ai dati riportati nell'ultimo dossier della Commissione europea, otto anni di media per chiudere i tre gradi di giudizio a fronte dei due anni dei Paesi europei;
    rilevato che, in particolare, l'emergenza legata al coronavirus si è andata a sommare a quella dell'esiguo numero dei dipendenti come nel caso del Trentino Alto Adige,

impegna il Governo

ad autorizzare la Regione Autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol a ricorrere alle graduatorie dei concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale banditi dal Ministero della giustizia ponendo gli oneri a carico della Regione medesima.
9/2547/39Vanessa Cattoi, Binelli, Loss, Maturi, Piccolo, Sutto.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato, in particolare, l'intervento recato dall'articolo 3, in tema di misure di contenimento dell'epidemia e della quarantena sul sistema giudiziario nazionale;
    evidenziato il problema sentito, fortemente dal distretto giudiziario di Asti, relativo alla ripresa dell'attività giudiziaria civile e penale;
    considerato che il circondario del Tribunale di Asti comprende, oltre ovviamente all'intera provincia, anche le aree territoriali di Alba, Bra e Carmagnola;
    considerato che la ripresa delle attività giudiziarie civili e penali, dopo il fermo collegato al lockdown, si preannunci critica, oltre che tardiva per la sezione penale del Tribunale, in particolare, le condizioni al ritorno alla quotidianità post Covid dopo la pausa estiva si preannunciano drammatiche e senza precedenti nella storia giudiziaria astigiana,

impegna il Governo

a monitorare con la ripresa dell'attività giurisdizionale la situazione in particolare all'interno del circondario astigiano, ed intervenire a supporto dell'ordinato svolgimento delle attività di udienza, e tutela del cittadino restituendo, un giusto processo con modalità pubbliche e tempi che siano compatibili con la ragionevole durata del processo prevista dall'articolo 111 della Costituzione.
9/2547/40Giaccone, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7-bis introdotto nel corso dell'esame per la conversione dall'altro ramo del Parlamento, interviene in materia di sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio, imponendo agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche di prevedere, gratuitamente, fra i servizi preattivati e disattivabili solo su richiesta dell'utenza, l'attivazione di filtri, blocchi alla navigazione e di altri sistemi di parental control;
    in particolare la disposizione prevede che i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica, disciplinati dal codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, devono prevedere, tra i servizi preattivati, sistemi di parental control o di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco dei contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto,

impegna il Governo

ad attivarsi per la sottoscrizione di un protocollo condiviso con gli operatori del settore, l'Autorità Garante per le garanzie nelle Comunicazioni ed il Garante dell'infanzia e adolescenza, sottoposto al parere parlamentare delle Commissioni competenti, ai fini dell'attuazione della disposizione di cui in premessa.
9/2547/41Zordan, Capitanio, Turri, Bisa, Cantalamessa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Tateo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7-bis introdotto nel corso dell'esame per la conversione dall'altro ramo del Parlamento, interviene in materia di sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio, imponendo agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche di prevedere, gratuitamente, fra i servizi preattivati e disattivabili solo su richiesta dell'utenza, l'attivazione di filtri, blocchi alla navigazione e di altri sistemi di parental control;
    in particolare la disposizione prevede che i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica, disciplinati dal codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, devono prevedere, tra i servizi preattivati, sistemi di parental control o di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco dei contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto,

impegna il Governo

a promuovere all'interno delle lezioni di educazione civica, introdotte con legge n. 92 del 2019, momenti specifici di formazione sull'accesso responsabile alle nuove tecnologie rivolti a studenti ed insegnanti, coinvolgendo in specifici momenti di confronto anche i genitori.
9/2547/42Colmellere, Capitanio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 in materia di Disposizioni urgenti in materia di detenzione domiciliare e permessi apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi cosiddetti di necessità (di cui all'articolo 10-bis dell'ordinamento penitenziario) e della detenzione domiciliare cosiddetta «in deroga», cioè sostitutiva del differimento dell'esecuzione della pena (ex articolo 47-ter comma 1-ter dell'ordinamento penitenziario). Per entrambe le misure, la modifica consiste nella previsione di un parere obbligatorio che i giudici di sorveglianza devono richiedere al Procuratore antimafia in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto: solo al Procuratore distrettuale, se la decisione riguarda l'autore di uno dei gravi reati elencati nell'articolo 51 comma 3-bis e comma 3-quater del codice di procedura penale, anche al Procuratore nazionale, se riguarda un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale del 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
    nel corso dell'esame in Senato è stata introdotta una disposizione (che riproduce il contenuto dell'articolo 1 dell'abrogando decreto-legge n. 29 del 2020), volta a prevedere l'obbligo di revoca del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare «in deroga» quando vengano meno le condizioni per le quali era stata concessa;
    la disposizione non prevede un termine entro il quale i pareri debbano essere resi, ma stabilisce che la misura non possa essere concessa dal magistrato di sorveglianza prima di 24 ore dalla richiesta. Sono tuttavia fatte salve le ipotesi in cui «ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza», in relazione alle quali il giudice di sorveglianza potrà procedere anche prima dello spirare del termine delle 24 ore;
    sarebbe necessario modificare il termine delle 24 ore con un termine più ampio per consentire che le richieste siano valutate anche qualora arrivino nei fine settimana e a ridosso di giorni festivi in quanto molto spesso problemi di comunicazione possono portare a gravi conseguenze, come è accaduto nel caso della scarcerazione del boss Zagaria,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di prevedere, nel primo provvedimento utile, che il termine di 24 ore venga modificato in un termine più ampio.
9/2547/43Covolo, Turri, Cantalamessa, Tateo, Di Muro, Bisa, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione emergenziale che ha colpito il nostro Paese ha determinato gravissime ripercussioni anche nel settore Giustizia, destinate a perdurare nel tempo;
    nonostante i magistrati onorari, attualmente, continuino a svolgere numerose attività, con l'attuale sistema di pagamento a cottimo vincolato alla celebrazione dell'udienza, non percepiscono alcun compenso;
    è, pertanto, necessario prevedere un contributo integrativo, da cumularsi alle indennità previste per la magistratura onoraria nel periodo di emergenza che tenga conto, sia del pregiudizio economico subito per l'interruzione dell'attività giudiziaria, che non sarà limitato a pochi mesi ma si ripercuoterà almeno per l'intero anno in cui si è manifestata l'emergenza ma anche della circostanza che agli stessi verrà necessariamente richiesto un maggiore impegno per far fronte alla domanda di giustizia che avrà ad oggetto anche attività per le quali il disfunzionale sistema attuale di pagamento dei compensi, incentrato sul cottimo, non prevede alcuna retribuzione;
    un intervento in tal senso è stato auspicato anche dall'Associazione Nazionale Magistrati, con comunicato della CEC del 13 marzo 2020,

impegna il Governo

ad adottare ogni misura utile a compensare il pregiudizio economico subito dalla Magistratura onoraria per l'interruzione dell'attività giudiziaria dovuta all'epidemia da Covid-19.
9/2547/44Annibali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7-bis, dell'A.C. 2547, interviene in materia di sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio, prevedendo che i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica prevedano sistemi di controllo parentale ovvero di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco di contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volta a definire la disciplina di dettaglio della disposizione menzionata in premessa, nonché a prevedere adeguate tempistiche di comunicazione e informazione tra gli operatori dei servizi di comunicazione elettronica e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni preposta al controllo.
9/2547/45Nobili, Annibali.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare, l'articolo 2-bis stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020 o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute:
    nel sistema ordinario, a prescindere dalla emergenza sanitaria, il giudice, se applica la detenzione domiciliare per ragioni di salute, applica un termine: la novità sta, dunque, nell'aver fissato un confine temporale per la procedura di revisione e, inoltre, nell'aver richiesto che il giudice acquisisca una serie di pareri;
    al di là dell'utilità dei pareri stessi, che corrono il rischio di essere mere formulazioni di stile, per gli stessi non è previsto alcun termine,

impegna il Governo

a valutare la necessità di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre un termine per l'acquisizione dei pareri del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di condanna e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati e internati già sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis del codice di procedura penale.
9/2547/46Varchi, Maschio.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare, l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni, introdotti dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (cosiddetta riforma Orlando), troverà applicazione, ma rimangono forti perplessità sull'intero impianto normativo;
    come ben sappiamo, il trojan non è una periferica, bensì un programma che, una volta inoculato, si appropria del dispositivo, che essendo mobile, diventa un captatore permanente, accompagnando il target ovunque egli vada e chiunque incontri. Diventa, pertanto, difficile precedere i luoghi di privata dimora dove viene introdotto il dispositivo infettato e verificare il rispetto della condizione, prevista dalla legge, che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa, anche al fine di stabilire i tempi ed i luoghi di attivazione del microfono;
    se si combina tale strutturale invasività del captatore con la deposizione contenuta nell'articolo 270 comma 1-bis del codice di procedura penale, relativa all'utilizzabilità delle risultanze acquisite anche per reati diversi, siamo dinanzi alla concreta possibilità di intercettare aliti soggetti diversi dall'obiettivo e senza che vi sia un provvedimento del giudice;
    con sentenza n. 51/2020, le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto: «il divieto di cui all'articolo 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati di intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali siano state autorizzate le intercettazioni – salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza – non opera con riferimento ai risultati relativi a reati che risultino connessi ex articolo 12 cod. proc. pen. a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge»,

impegna il Governo

a valutare la necessità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere espressamente la possibilità di utilizzare i risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1 che risultino connessi ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale, in linea con quanto statuito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
9/2547/47Maschio, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante «misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19» nel corso dell'esame al Senato, è confluito in questo provvedimento anche il contenuto del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, recante misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa o con finalità di terrorismo, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati;
    la grave emergenza sanitaria da Covid-19 ha reso ancora più urgente e indispensabile fornire una completa e più attuale applicazione della normativa vigente in materia di tutela del rapporto tra genitori detenuti e figli minori, in particolare valorizzando e incrementando l'esperienza delle case famiglia protette, disciplinate dalla legge n. 62 del 2011;
    tale esperienza, pur estremamente positiva è attualmente ridotta a due sole case famiglia protette (quelle di Milano e Roma), mentre il resto del territorio nazionale ne è privo,

impegna il Governo

a incentivare ulteriormente la stipula da parte dell'amministrazione di convenzioni con gli enti locali volte a promuovere la realizzazione di nuove case famiglia protette, al fine di meglio tutelare i diritti dei minori alla relazione con i genitori detenuti.
9/2547/48Siani, Verini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1-bis, introdotto al Senato, consente alla polizia penitenziaria di utilizzare i droni per assicurare una più efficace vigilanza sugli istituti penitenziari e garantire la sicurezza al loro interno;
    la novità qui introdotta si inserisce nell'ambito di una previsione già vigente (precisamente, l'articolo 5, comma 3-sexies, del decreto-legge n. 7 del 2015) che consente alle Forze di polizia di utilizzare i droni ai fini del controllo del territorio per finalità di pubblica sicurezza con particolare riguardo al contrasto del terrorismo, alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale. Lo stesso articolo consente anche l'utilizzo dei droni alla Guardia di Finanza per le attività di contrasto delle frodi e degli illeciti nel settore economico finanziario (ad esempio frode, contraffazione). Rispetto a questo si possono formulare 3 osservazioni;
    appare condivisibile l'utilizzo dei droni per il controllo dei penitenziari: i detenuti, infatti, sono già soggetti a limitazioni della libertà personale e della riservatezza, e vista la loro condizione questo strumento non lede la loro posizione, ma anzi potrebbe addirittura garantirne in misura maggiore la sicurezza; così come potrebbe aumentare la sicurezza del personale penitenziario, chiamato da sempre a un lavoro assai complesso nella costante situazione di sovraffollamento delle carceri italiane;
    occorre nondimeno richiamare la massima attenzione verso il rischio di autorizzazione troppo disinvolta all'utilizzo dei droni: questi infatti implicano un controllo pubblico sui cittadini, un'invadenza rispetto a tutte le loro libertà enorme;
    lo dimostra l'esperienza recente del Coronavirus: si era consentito l'utilizzo dei droni per monitorare le misure di quarantena e lockdown anche alla polizia municipale: ma i rischi e gli abusi che questa estensione ha determinato hanno indotto il Capo della Polizia a sospenderne fino a nuovo ordine l'uso;
    giova peraltro evidenziare come l'eventuale allargamento ulteriore dell'uso dei droni vada valutato in combinato disposto con il trojan e le app di tracciamento: misure che vanno «pesate» nel complesso e insieme configurano una preoccupante deriva, verso quella che più volte abbiamo definito una deriva orwelliana dello Stato, una specie di panopticon;
    l'uso dei droni deve essere considerata dal legislatore un’extrema ratio, da applicarsi nei limiti della stretta ragionevolezza e proporzionalità, considerando la penetrante limitazione prodotta rispetto a un'ampia serie di diritti costituzionali fondamentali, praticamente tutti quelli contemplati dagli articoli da 13 a 21 della nostra Carta,

impegna il Governo

a non estendere ulteriormente l'ambito di impiego dei droni e ad assicurarne sempre, con opportune iniziative di carattere normativo e amministrativo, un uso delimitato da criteri di stretta ragionevolezza e proporzionalità.
9/2547/49Fasano.


   La Camera,
   premesso che:
    come noto, per il periodo dell'emergenza sanitaria, gli articoli 83 e 84 del decreto «Cura Italia» hanno previsto la possibilità di avvalersi di strumenti di collegamento da remoto per lo svolgimento dei processi civili, penali e amministrativi;
    la dematerializzazione del processo, accompagnata peraltro dalla stessa «delocalizzazione» del giudice o del collegio abilitati a collegarsi anche da luoghi diversi dall'aula, ha suscitato unanimi apprensioni e critiche da parte di tutti gli operatori del settore, delle rappresentanze forensi c di autorevoli voci della dottrina;
    critiche particolari si sono appuntate sulla giustizia penale;
    la dematerializzazione del procedimento penale, con la pretesa di svolgere indagini e dibattimento via etere, si pone in stridente frizione, prima ancora che con puntuali previsioni della nostra Costituzione, con la stessa logica garantista che dovrebbe informare il procedimento penale in uno Stato di diritto;
    l'accertamento dei fatti deve avvenire in contraddittorio, nel confronto ad anni pari fra accusa e difesa, dinnanzi ad un giudice terzo ed imparziale, che possa apprezzare direttamente (senza pregiudizi o filtri) le tesi e gli elementi di prova; il processo telematico, in questa prospettiva, danneggia soprattutto la difesa, che proprio nel palcoscenico dell'aula può tentare di contrastare l'asimmetria di potere, la maggiore disponibilità di mezzi e la forza degli atti d'indagine della pubblica accusa;
    i principi di concentrazione, oralità e immediatezza che caratterizzano il processo accusatorio consentono tutta quella parte di conoscenza, apprendimento e valutazione legata al contatto (e al controllo) fisico, alla percezione sensoriale, alla comunicazione non verbale: una parte amplissima, e spesso addirittura decisiva, come dimostrano gli studi sia giuridici che psico-cognitivi, che viene del tutto cancellata o distorta tramite l'uso di strumenti a distanza. Il tono della voce, l'espressione del volto, il disagio o l'imbarazzo nella (e della) risposta – per citare alcuni esempi – costituiscono indici fondamentali circa la genuinità e attendibilità delle prove: gli strumenti telematici possono «inquinare» o frapporre mediazioni a elementi che devono necessariamente essere apprezzati dal vivo, in presenza;
    le esigenze di tutela della riservatezza e protezione dei dati personali sensibili, sottoposti alla massima pressione nel procedimento penale, vengono lasciati alla mercé di strumenti telematici non definiti e senza garanzie, rispetto ai quali, per il poco che è dato sapere, ci si rivolgerà addirittura a Microsoft, cioè a una società privata e straniera, che non solo opera al di fuori delle regole nazionali ed europee, ma soggiace anche alle norme americane del Cloud Act (che come noto attribuisce alte autorità statunitensi di contrasto un ampio potere acquisitivo di dati e informazioni);
    simili preoccupazioni sono state comunque articolate – ovviamente secondo le peculiarità proprie di ciascuno – pure in riferimento al processo civile e amministrativo: è imminente, infatti, alla nozione stessa di processo il contraddittorio paritario ed effettivo fra i soggetti che vi intervengono, il quale risulta ampiamente depotenziato dal diaframma telematico;
    a tacere, poi, delle criticità legate alla scarsa copertura di rete di molte realtà territoriali, che rende ben poco sostenibile la contemporanea gestione di un numero così grande e costante di collegamenti. Non si contano più gli ormai numerosi episodi di connessioni cadute nel bel mezzo dell'udienza, interi tratti di intervento perduto, bassa risoluzione di immagini e audio. L'impossibilità materiale di tenere le udienze a causa di tali deficienze tecnologiche può determinare due conseguenze, entrambe problematiche: il rinvio delle stesse, così ledendo il diritto di agire e difendersi in giudizio e la ragionevole durata del processo; oppure il loro svolgimento fisico, con rischi dal punto di vista della salute, o quantomeno con difficoltà logistiche dato l'assetto confusorio delle regole;
    occorre osservare come – anche grazie all'importante lavoro svolto da Forza Italia – almeno per la giustizia penale l'impatto del processo da remoto sia stato fortemente mitigato, limitandosene l'applicazione alle udienze per cui non debbano partecipare soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti, possono svolgersi mediante collegamento da remoto;
    restano invece intatte le criticità per quanto attiene agli atti d'indagini penali e contabili, ai processi amministrativi e a quelli civili;
    in questo contesto, apprendiamo con preoccupazione da dichiarazioni del Ministro riportate da diversi quotidiani di stampa – e già ampiamente criticate, anch'esse, dagli esperti di settore – che il Governo sarebbe in procinto di presentare un emendamento al decreto Rilancio per prorogare al 31 dicembre 2021 l'applicazione del processo da remoto;
    come purtroppo a ragione si era paventato fin dall'inizio, queste dichiarazioni, se confermate, disvelano il reale intento del Governo, di sfruttare la congiuntura emergenziale come casus belli per inserire in pianta stabile nell'ordinamento istituti – quali, appunto, il processo da remoto – assolutamente incompatibili con lo Stato di diritto e altrimenti «indigeribili», poiché destinati a trovare la frontale contrapposizione di tutti gli operatori del settore;
    per tutti quanti gli aspetti sopra illustrati, però, è di palmare evidenza come, al di fuori delle condizioni straordinarie e urgenti che hanno giustificato (a mala pena) il processo da remoto nella congiuntura del Coronavirus, i profili d'illegittimità e distorsione delle garanzie rispetto allo statuto del processo (civile, penale, amministrativo) non possano consentire l'introduzione del processo da remoto a regime,

impegna il Governo

a non riproporre per il futuro, una volta terminata l'emergenza epidemiologica e comunque non oltre il termine già menzionato del 30 giugno, forme e strumenti comunque denominati di dematerializzazione del processo penale, poiché radicalmente incompatibili con il suo impianto.
9/2547/50Gelmini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2-ter, introdotto dal Senato, riproduce il contenuto dell'articolo 3 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione;
    l'articolo in esame, in analogia a quanto disposto dall'articolo 2-bis – prevede l'obbligo di una revisione periodica relativa alla effettiva permanenza dei motivi, legati all'emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari nei confronti di imputati per i medesimi gravi delitti di cui all'articolo 2;
    il comma 1, in particolare, affida la verifica della permanenza dei motivi legati alla emergenza epidemiologica, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare con la misura degli arresti domiciliari, al pubblico ministero che deve procedere entro il termine di quindici giorni dalla data di adozione di tale misura e, successivamente, con cadenza mensile;
    anche in questo caso i termini sono anticipati qualora il DAP comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute dell'imputato,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso gli opportuni interventi normativi, che il giudice prima di provvedere alla revisione periodica relativa alla effettiva permanenza dei motivi, legati all'emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari provveda ad avvisare il difensore dell'imputato della richiesta del pubblico ministero e degli elementi acquisiti dall'autorità sanitaria regionale e dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con possibilità di visionarli e di estrarne copia.
9/2547/51Saccani Jotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2-ter, introdotto dal Senato, riproduce il contenuto dell'articolo 3 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione;
    l'articolo in esame, in analogia a quanto disposto dall'articolo 2-bis, prevede l'obbligo di una revisione periodica relativa alla effettiva permanenza dei motivi, legati all'emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari nei confronti di imputati per i medesimi gravi delitti di cui all'articolo 2;
    il comma 2 disciplina l'istruttoria che il giudice deve effettuare in vista del provvedimento di revoca oppure della conferma della misura sostitutiva. In particolare il giudice dovrà, analogamente a quanto prescritto per il magistrato di sorveglianza sentire l'autorità sanitaria regionale, nella persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso gli opportuni interventi normativi, che il giudice prima di provvedere revisione periodica relativa alla effettiva permanenza dei motivi, legati all'emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari senta l'autorità regionale ove è stata disposta la misura degli arresti domiciliari.
9/2547/52Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2-ter, introdotto dal Senato, riproduce il contenuto dell'articolo 3 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione;
    l'articolo in esame, in analogia a quanto disposto dall'articolo 2-bis, prevede l'obbligo di una revisione periodica relativa alla effettiva permanenza dei motivi, legati all'emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari nei confronti di imputati per i medesimi gravi delitti di cui all'articolo 2;
    le disposizioni introdotte dall'articolo in esame trovano applicazione anche per i provvedimenti di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari emessi, in relazione all'emergenza epidemiologica Covid-19, a partire dal 23 febbraio 2020;
    il sistema di rivalutazioni previsto dall'articolo 2-ter, esteso anche ai provvedimenti adottati dopo il 23 febbraio 2020, per la serrata tempistica con la quale essi devono intervenire e per la complessità degli accertamenti da svolgere periodicamente, determinerà un notevole aggravio del lavoro della magistratura di sorveglianza, le cui attività hanno subito un notevole incremento in concomitanza dell'emergenza COVID-19;
    peraltro, la norma appena citata viola il principio d'irretroattività della norma come rilevato dalla Corte costituzionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di prevedere, attraverso gli opportuni interventi normativi, che le disposizioni in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 non abbiano più effetti retroattivi e si applichino, dunque, dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
9/2547/53Valentini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2-bis, introdotto dal Senato, riproduce in larga parte i contenuti degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione);
    in particolare l'articolo stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute;
    il comma 5 dell'articolo 2-bis – che riproduce il contenuto dell'articolo 5 del decreto-legge n. 29 del 2020 – specifica che le disposizioni introdotte dall'articolo in esame trovano applicazione anche per i provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare speciale o di differimento della pena, emessi in relazione all'emergenza epidemiologica Covid-19, a partire dal 23 febbraio 2020;
    il sistema di rivalutazioni previsto dall'articolo 2, esteso anche ai provvedimenti adottati dopo il 23 febbraio 2020, per la serrata tempistica con la quale essi devono intervenire e per la complessità degli accertamenti da svolgere periodicamente, determinerà un notevole aggravio del lavoro della magistratura di sorveglianza, le cui attività hanno subito un notevole incremento in concomitanza dell'emergenza COVID-19;
    peraltro, la norma appena citata viola il principio d'irretroattività della norma come rilevato dalla Corte costituzionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di prevedere, attraverso gli opportuni interventi normativi, che le disposizioni in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19 non abbiano più effetti retroattivi e si applichino, dunque, dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
9/2547/54Martino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2-bis, introdotto dal Senato, riproduce in larga parte i contenuti degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione);
    in particolare l'articolo stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute;
    il comma 4, il cui contenuto non è presente nell'articolo 2 del decreto-legge n. 29 del 2020 ma è stato introdotto nel corso dell'esame in Senato, interviene sui provvedimenti provvisori di ammissione alla detenzione domiciliare o del differimento della pena adottati dal magistrato di sorveglianza;
    nello specifico si prevede l'obbligo per il magistrato di sorveglianza che procede alla valutazione del provvedimento provvisorio, di trasmettere immediatamente al tribunale di sorveglianza, i pareri e le informazioni acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 e i provvedimenti adottati all'esito della valutazione. Tali atti si aggiungono a quelli inviati dal magistrato di sorveglianza ai sensi degli articoli 684, comma 2 del codice di procedura penale, e 47-ter, comma 1-quater, dell'ordinamento penitenziario;
    il procedimento delineato dalla disposizione citata non prevede che la rivalutazione debba svolgersi in udienza camerale partecipata che. tuttavia appare il rito più adeguato alla tutela del diritto di difesa, tenuto conto della necessità di garantire spazi di interlocuzione agli interessati in ordine all'avvalersi delle condizioni che possono determinare il ripristino della detenzione in carcere,

impegna il Governo

a specificare, attraverso gli opportuni interventi normativi, che la rivalutazione dell'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute si svolga in udienza camerale al fine di assicurare il principio del contraddittorio.
9/2547/55Anna Lisa Baroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 2-bis, introdotto dal Senato, riproduce in larga parte i contenuti degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione);
    in particolare l'articolo stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute;
    la nuova procedura, limitata all'emergenza epidemiologica in atto, prevede che il giudice di sorveglianza che ha disposto la scarcerazione, debba valutare la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria;
    la rivalutazione va effettuata: previa acquisizione del parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza di condanna (nella formulazione originaria del decreto-legge 29/20 il parere era richiesto al Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato) e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis O.P.; sentita l'autorità sanitaria regionale, nella persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale: acquisite dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena possa riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute;
    la norma in riferimento non prende in considerazione il colloquio con il difensore in merito all'adeguatezza delle strutture individuate, facendo così venire meno quel sistema di garanzie che è opportuno assicurare,

impegna il Governo

a specificare, attraverso gli opportuni interventi normativi, che il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza acquisiti i pareri e le informazioni utili per la rivalutazione sulla effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extramuraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute, ne diano avviso al difensore con possibilità per il medesimo di visionarli e di estrarne copia e di depositare entro un termine ragionevole le proprie deduzioni.
9/2547/56Ripani.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa c contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2-bis, introdotto dal Senato, riproduce in larga parte i contenuti degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione);
    in particolare l'articolo stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19. nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute;
    la nuova procedura, limitata all'emergenza epidemiologica in atto, prevede che il giudice di sorveglianza che ha disposto la scarcerazione, debba valutare la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria;
    la rivalutazione va effettuata; previa acquisizione del parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza di condanna (nella formulazione originaria del decreto-legge 29/20 il parere era richiesto al Procuratore distrettuale anti mafia del luogo in cui è stato commesso il reato) e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis O.P.; sentita l'autorità sanitaria regionale, nella persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale; acquisite dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena possa riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute;
    la norma in riferimento non prende in considerazione il colloquio con il difensore in merito all'adeguatezza delle strutture individuate, facendo così venire meno quel sistema di garanzie che è opportuno assicurare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di prevedere, attraverso gli opportuni interventi normativi, che i pareri del procuratore della Repubblica e del Procuratore distrettuale antimafia e antiterrorismo siano resi al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza nel termine rispettivamente di due giorni e di quattro giorni.
9/2547/57Mazzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2-bis, introdotto dal Senato, riproduce in larga parte i contenuti degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione);
    in particolare l'articolo stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19. nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute;
    la nuova procedura, limitata all'emergenza epidemiologica in atto, prevede che il giudice di sorveglianza che ha disposto la scarcerazione, debba valutare la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria. La rivalutazione va effettuata, tra le altre, sentita l'autorità sanitaria regionale, nella persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale;
    la disposizione, così come formulata, non chiarisce se si tratti della Regione ove era detenuto l'interessato o quella, eventualmente diversa, dove sia domiciliato,

impegna il Governo

a specificare, attraverso gli opportuni interventi normativi, che la rivalutazione sulla effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute avvenga sentita l'autorità regionale ove sia stato disposto il differimento della pena o la detenzione domiciliare del detenuto.
9/2547/58Prestigiacomo, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020. reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2-bis, introdotto dal Senato, riproduce in larga parte i contenuti degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 10 maggio 2020. n. 29, la cui abrogazione è prevista nel comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione (si rinvia al riguardo alla scheda relativa all'articolo 1 del disegno di legge di conversione);
    in particolare l'articolo stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (a partire dal 23 febbraio 2020) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell'esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l'obbligo di valutare l'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute;
    la disciplina fino ad oggi applicabile prevede che il Magistrato di Sorveglianza, una volta emesso il provvedimento provvisorio ex articolo 47, comma quarto, O.P. (richiamato dal comma 1-quater dell'articolo 47-ter), trasmette immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza, competente a decidere sul mantenimento o meno della misura concessa (nei medesimi termini, si veda anche l'articolo 684, cpv. c.p.p.);
    il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza ha, cioè, natura meramente interinale e anticipatoria, tanto da non essere autonomamente impugnabile, ferma restando la competenza del Tribunale a decidere in materia (v. Cass. Pen. Sez. I, 28.4.2017, n. 22182; Cass. Pen. Sez. I. 9.1.2014, n. 17650; Cass. Pen., Sez. I. 14.10.2014. n. 22182);
    al contempo, poiché fino ad oggi non era prevista la revoca della misura, il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza manteneva certamente i propri effetti fino alla pronuncia del Tribunale (v. ancora articolo 47, comma quarto, O.P., nonché articolo 684, cpv. c.p.p.);
    anche la Consulta, del resto, ha avuto modo di chiarire che: «L'ordinamento penitenziario, nel delineare l'articolazione e le competenze dei giudici di sorveglianza, attribuisce alcuni provvedimenti alla cognizione del magistrato di sorveglianza, giudice monocratico che, oltre ad esercitare la vigilanza sull'esecuzione della pena e sull'attuazione della rieducazione, decide sui reclami dei detenuti e provvede in materia di pericolosità sociale del condannato o di misure di sicurezza (articolo 69 della legge n. 354 del 1975). Altri provvedimenti, che riguardano la durata, l'estinzione o il rinvio dell'esecuzione della pena, sono attribuiti alla competenza del tribunale di sorveglianza, alla cui composizione il magistrato di sorveglianza ordinariamente concorre»;
    nel sistema delineato dal legislatore, contro i provvedimenti del magistrato di sorveglianza nelle materie che incidono sulle misure di sicurezza personali (articolo 69, comma 4, della legge n. 354 del 1975) è ammesso appello al tribunale di sorveglianza. In tal caso, il giudice che ha adottato la decisione sottoposta a gravame non fa parte del collegio (articolo 70, comma 2, della stessa legge);
    diversa è la situazione per il rinvio della esecuzione della pena, direttamente attribuita alla cognizione del tribunale di sorveglianza, alla cui composizione concorre, secondo la regola generale, il magistrato di sorveglianza che ha giurisdizione sul condannato (articolo 70, comma 6, della legge n. 354 del 1975);
    in tal caso non si ha un provvedimento del giudice monocratico che ha definito il merito del giudizio ed è sottoposto a gravame o riesame collegiale, ma, invece, una competenza propria del giudice collegiale;
    quanto sin qui esposto non esclude, tuttavia, che vi possa essere un provvedimento provvisorio ed urgente che, in attesa della definizione del giudizio, mantenga le condizioni perché il giudizio possa avere effetto, assicurando in concreto la protezione del bene tutelato suscettibile di rimanere irreparabilmente compromesso nell'attesa della decisione. Difatti le situazioni che legittimano il differimento della esecuzione della pena detentiva, in linea con il senso di umanità che deve essere rispettato dalla pena (articolo 27 della Costituzione), possono essere tali da rendere immediatamente incompatibile lo stato e le condizioni della detenzione con beni essenziali della persona, quali la maternità o la salute, la cui protezione si intende assicurare;
    da quanto fin qui esposto consegue che, nella disciplina vigente prima del decreto in esame, soltanto il Tribunale di Sorveglianza avrebbe potuto – all'esito della procedura instauratasi a seguito della trasmissione degli atti da parte del Magistrato – decidere la revoca della misura,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, attraverso gli opportuni interventi normativi, che la decisione riguardo all'effettiva permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute spetti soltanto al tribunale di sorveglianza, all'esito della procedura instauratasi a seguito della trasmissione degli atti da parte del magistrato.
9/2547/59Siracusano, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020. reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa c contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2, modificato nel corso dell'esame in Senato, apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi c.d. di necessità (di cui all'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario) e della detenzione domiciliare cosiddetto «in deroga», cioè sostitutiva del differimento dell'esecuzione della pena (ex articolo 47-ter comma 1-ter O.P.). Per entrambe le misure, la modifica consiste nella previsione di un parere obbligatorio che i giudici di sorveglianza devono richiedere al Procuratore antimafia in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto: solo al Procuratore distrettuale, se la decisione riguarda l'autore di uno dei gravi reati elencati nell'articolo 51 comma 3-bis e comma 3-quater c.p.p., anche al Procuratore nazionale, se riguarda un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale del 41-bis O.P.;
    a tal proposito, in considerazione degli ultimi avvenimenti, è necessario scongiurare la scarcerazione per i soggetti condannati per reati per i quali sia stata disposta l'applicazione della misura di cui all'articolo 41-bis salvo nel caso in cui le strutture sanitarie non siano in grado di garantire il diritto alle cure,

impegna il Governo

a prevedere che per i detenuti o internati per taluno dei delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. nel caso di scioglimento di cumulo di pene concorrenti, il reato per cui è stata disposta l'applicazione della misura di cui all'articolo 41-bis della citata legge è da considerarsi ostativo.
9/2547/60Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2, modificato nel corso dell'esame in Senato, apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi cosiddetti di necessità (di cui all'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario) e della detenzione domiciliare cosiddetta «in deroga», cioè sostitutiva del differimento dell'esecuzione della pena (ex articolo 47-ter comma 1-ter O.P.). Per entrambe le misure, la modifica consiste nella previsione di un parere obbligatorio che i giudici di sorveglianza devono richiedere al Procuratore antimafia in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto: solo al Procuratore distrettuale, se la decisione riguarda l'autore di uno dei gravi reati elencati nell'articolo 51 comma 3-bis e comma 3-quater c.p.p., anche al Procuratore nazionale, se riguarda un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale del 41-bis O.P.;
    il comma 1, lettera b), introducendo nell'articolo 47-ter O.P., un nuovo comma 1-quinquies, modifica la disciplina procedimentale della concessione o proroga della detenzione domiciliare cosiddetta «in deroga». Si tratta della misura – prevista dal comma 1-ter del suddetto articolo – in base alla quale nei casi in cui vi sono i presupposti per disporre il rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione della pena (ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale. il tribunale di sorveglianza ha la facoltà di disporre l'applicazione della detenzione domiciliare «in deroga» cioè non vincolata da limiti edittali (e concedibile anche ai detenuti in regime speciale ex articolo 41-bis O.P. e per quelli che in passato hanno subito la revoca di misure alternative);
    in tali casi il giudice di sorveglianza, pur ricorrendo i presupposti per il differimento dell'esecuzione (con particolare riguardo alle condizioni di salute del condannato, incompatibili col regime carcerario), effettua un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto – tali da non consentire un semplice differimento dell'esecuzione – e le condizioni complessive di salute di quest'ultimo;
    il nuovo comma 1-quinquies. contempla come obbligatoria la richiesta di un parere sull'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata c sulla pericolosità del soggetto. Tale parere deve essere richiesto dal giudice di sorveglianza: entro 2 giorni dalla richiesta, il parere del Procuratore distrettuale ed entro 15 giorni dalla richiesta, il parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;
    a tal proposito, nell'articolo 1, comma 1, lettera a), viene concesso un termine eccessivamente stringente di 24 ore per la richiesta di parere avanzata dal magistrato di sorveglianza e al Procuratore nazionale antimafia e al contrario il termine troppo lungo di quindici giorni per la sua formulazione;
    tali termine dovrebbero inserirsi in un sistema coerente, soprattutto se l'esigenza è quella di consentire al detenuto di accedere al permesso in tempi ragionevoli e di garantire il diritto del magistrato ad acquisire tutti gli atti necessari, concedendogli un tempo congruo per farlo,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso gli opportuni interventi normativi in materia di detenzione domiciliare, un termine congruo affinché il Procuratore distrettuale e il Procuratore nazionale antimafia possano rendere i pareri sull'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e sulla pericolosità del soggetto al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza.
9/2547/61Pittalis, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2, modificato nel corso dell'esame in Senato, apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi cosiddetta di necessità (di cui all'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario) e della detenzione domiciliare cosiddetto «in deroga», cioè sostitutiva del differimento dell'esecuzione della pena (ex articolo 47-ter comma 1-ter O.P.). Per entrambe le misure, la modifica consiste nella previsione di un parere obbligatorio che i giudici di sorveglianza devono richiedere al Procuratore antimafia in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto: solo al Procuratore distrettuale, se la decisione riguarda l'autore di uno dei gravi reati elencati nell'articolo 51 comma 3-bis e comma 3-quater c.p.p.. anche al Procuratore nazionale, se riguarda un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale del 41-bis O.P.;
    in particolare, il comma 1, lettera a), modifica l'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), nella parte in cui disciplina il procedimento per l'adozione del provvedimento relativo ai permessi c.d. di necessità, i quali trovano il presupposto applicativo «nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente» ovvero «eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità» (commi primo e secondo dell'articolo 30 O.P.);
    nello specifico, la disposizione citata non prevede un termine entro il quale i pareri debbano essere resi, ma stabilisce che la misura non possa essere concessa dal magistrato di sorveglianza prima di 24 ore dalla richiesta. Sono tuttavia fatte salve le ipotesi in cui «ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza», in relazione alle quali il giudice di sorveglianza potrà procedere anche prima dello spirare del termine delle 24 ore;
    in merito alla brevità del termine entro il quale i pareri dovranno essere espressi (24 ore), appare difficile che il loro rilascio possa essere preceduto da un'approfondita istruttoria, ma essi potranno risultare effettivamente utili all'autorità che dovrà decidere se conterranno informazioni di carattere concreto e attuale circa i collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata e la sua pericolosità,

impegna il Governo

    a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa al fine di prevedere attraverso gli opportuni interventi normativi, che il permesso di cui all'articolo 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 sia concesso in un tempo più congruo, rispetto alle ventiquattro ore dalla richiesta dei pareri di cui in premessa.
9/2547/62Cassinelli, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2, modificato nel corso dell'esame in Senato, apporta alcune modifiche alla disciplina procedimentale dei permessi cosiddetto di necessità (di cui all'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario) e della detenzione domiciliare cosiddetto «in deroga», cioè sostitutiva del differimento dell'esecuzione della pena (ex articolo 47-ter comma 1-ter O.P.). Per entrambe le misure, la modifica consiste nella previsione di un parere obbligatorio che i giudici di sorveglianza devono richiedere al Procuratore antimafia in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto: solo al Procuratore distrettuale, se la decisione riguarda l'autore di uno dei gravi reati elencati nell'articolo 51 comma 3-bis c comma 3-quater c.p.p., anche al Procuratore nazionale, se riguarda un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale del 41-bis O.P.;
    in particolare, il comma 1, lettera a), modifica l'articolo 30-bis dell'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), nella parte in cui disciplina il procedimento per l'adozione del provvedimento relativo ai permessi cosiddetto di necessità, i quali trovano il presupposto applicativo «nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente» ovvero «eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità» (commi primo e secondo dell'articolo 30 O.P.);
    il tenore testuale del periodo aggiunto al primo comma dell'articolo 30-bis Ord. Pen. limita l'obbligatorietà della richiesta di parere ai soli casi in cui il permesso debba essere concesso a persona già condannata, anche se con sentenza non definitiva, con esclusione, quindi, dei detenuti in stato di custodia cautelare ed in attesa di giudizio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di specificare, attraverso gli opportuni interventi normativi, che la disciplina procedimentale dei permessi c.d. di necessità di cui all'articolo 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 si applichino anche ad altre tipologie di detenuti, ovvero in stato di custodia cautelare e in stato di giudizio.
9/2547/63Cristina, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilattentistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti pelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, o palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni necessaria iniziativa legislativa volta a prevedere che il decreto che autorizza l'intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile indichi, tra gli altri elementi, le specifiche ragioni per le quali ritiene sia insufficiente l'utilizzo di altri mezzi di ricerca della prova.
9/2547/64Giacomoni.


   La Camera,
   premesso che,
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative c di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile c misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni c comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020. incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilattentistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione c sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa. la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020. con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alta libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ridurre il rischio dell'abuso dello strumento delle intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali, con maggiori controlli ed un inasprimento delle sanzioni nei confronti dei soggetti che non rispettano il divieto della pubblicazione degli atti di indagine preliminare e degli atti posti in essere dal pubblico ministero o dal difensore, fino a che non siano concluse le indagini preliminari.
9/2547/65Milanato.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa c contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilattentistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa. la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a riferire al Parlamento, con cadenza annuale, in merito ai dati relativi alle misure cautelari applicate sulla base delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti tramite captatori informatici e quelli relativi all'esito del relativo procedimento penale.
9/2547/66D'Attis.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa c contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse c perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilattentistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali c inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo c sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti c, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a riferire al Parlamento, con cadenza annuale, in merito ai dati relativi ai procedimenti penali nell'ambito dei quali sono state utilizzate intercettazioni di conversazioni o comunicazioni tra presenti tramite captatori informatici e il numero dei procedimenti e quelli relativi al loro esito (archiviazione, condanna, proscioglimento e assoluzione).
9/2547/67Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020. reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche c di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni c comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale; la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilattentistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020. con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia c della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa, anche di natura normativa volta a ridurre il rischio dell'abuso dello strumento delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni prevedendo un inasprimento delle sanzioni nei confronti di coloro che, recando ingiusto danno alle persone coinvolte, diffondano le intercettazioni in palese violazione della normativa vigente.
9/2547/68Nevi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile c misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa c contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 29 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse c perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilattentistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede. per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti; dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo c sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a far fronte all'impatto delle disposizioni del provvedimento in esame e al rilevante carico di lavoro che subiranno in particolar modo i tribunali prevedendo l'ampliamento dell'organico degli uffici dei magistrati.
9/2547/69Musella.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento, un'idonea iniziativa legislativa di delega volta a definire la normativa in materia di installazione ed utilizzazione di captatori informatici, sospendendone l'applicazione sino alla data del 31 dicembre 2023.
9/2547/70Ruggieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni c comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo. stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa. la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definita e di condanna,

impegna il Governo

ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento, un'idonea iniziativa legislativa di delega volta a definire la normativa in materia di installazione ed utilizzazione di captatori informatici, sospendendone l'applicazione sino alla data del 30 giugno 2023.
9/2547/71Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo:
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti; dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza: soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio:
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento, un'idonea iniziativa legislativa di delega volta a definire la normativa in materia di installazione cd utilizzazione di captatori informatici, sospendendone l'applicazione sino alla data del 30 giugno 2022.
9/2547/72Vietina.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19:
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale; la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella suite intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento, un'idonea iniziativa legislativa di delega volta a definire la normativa in materia di installazione ed utilizzazione di captatori informatici, sospendendone l'applicazione sino alla data del 30 giugno 2021.
9/2547/73Fascina.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile c misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 25 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, c palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento, un'idonea iniziativa legislativa di delega volta a definire la normativa in materia di installazione ed utilizzazione di captatori informatici, sospendendone l'applicazione sino alla data del 31 dicembre 2022.
9/2547/74Giacometto.


   La Camera,
   premesso che;
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale; la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti; dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti c, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento, un'idonea iniziativa legislativa di delega volta a definire la normativa in materia di installazione ed utilizzazione di captatori informatici, sospendendone l'applicazione sino alla data del 31 dicembre 2024.
9/2547/75Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020. incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, al l'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento, un'idonea iniziativa legislativa di delega volta a definire la normativa in materia di installazione ed utilizzazione di captatori informatici, sospendendone l'applicazione sino alla data del 31 dicembre 2021.
9/2547/76Porchietto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 25 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19:
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 c stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede. per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo:
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia c della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

a presentare alle Camere, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, e comunque entro il 31 gennaio di ogni anno, una relazione contenente dati, rilevazioni e statistiche relativi all'applicazione nell'anno precedente, delle disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, con specifico riferimento all'utilizzo del trojan: numero e tipologia dei casi, criteri, ragioni che ne giustificano l'utilizzo.
9/2547/77Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020. reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede. per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

a presentare alle Camere, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, e comunque entro il 31 gennaio di ogni anno, una relazione contenente dati, rilevazioni e statistiche relativi all'applicazione, nell'anno precedente, delle disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, con specifico riferimento ai casi in cui le intercettazioni vengono trascritte all'interno delle ordinanze di custodia cautelare.
9/2547/78Tartaglione.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa c contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio: dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa legislativa volta a prevedere che l'autorizzazione all'uso di intercettazioni, anche mediante l'utilizzo di captatori informatici, sia concessa dal tribunale competente per territorio, in composizione collegiale.
9/2547/79Palmieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziati e politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane c strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa legislativa volta a prevedere che l'autorizzazione all'uso di intercettazioni, anche mediante l'utilizzo di captatori informatici, sia concessa dal tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale.
9/2547/80Sandra Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa legislativa volta ad escludere l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni tra presenti, operati con il « Trojan» su dispositivi elettronici portatili, anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il relativo decreto di autorizzazione.
9/2547/81Cattaneo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a potenziare il personale degli Uffici di servizio sociale per minorenni (USSM) al fine di garantire una adeguata assistenza a tutti i minori.
9/2547/82Ruffino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose proscrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, a reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio: dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa di competenza volta a favorire, nelle sedi opportune, l'esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d'appello» con particolare riferimento alla disciplina delle intercettazioni.
9/2547/83Sarro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta ad istituire un tavolo di coordinamento tra il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ed i garanti comunali, provinciali e delle province autonome di Trento e Bolzano.
9/2547/84Biancofiore.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a rinnovare o sottoscrivere protocolli d'intesa e di collaborazione tra le amministrazioni penitenziarie e gli enti territoriali, con particolare riferimento al funzionamento dei garanti comunali, provinciali o delle aree metropolitane o figure analoghe.
9/2547/85Pella.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile affinché in ogni istituto di pena e o casa circondariale sia previsto un luogo protetto che favorisca la serenità degli incontri figli-genitori.
9/2547/86Versace.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere un monitoraggio esaustivo e tempestivo dei suicidi avvenuti negli istituti penitenziari durante l'emergenza sanitaria in corso.
9/2547/87Bond.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta ad adottare le opportune iniziative al fine di allineare l'Italia agli standard minimi comuni all'Unione europea sul sovraffollamento carcerario.
9/2547/88Rotondi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere per tutti il Corpo di polizia penitenziaria una specifica indennità in considerazione del lavoro svolto durante l'emergenza sanitaria in corso e con riferimento alle nuove funzioni di cui all'articolo 1-bis del provvedimento.
9/2547/89Napoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere specifici protocolli sull'adeguatezza degli istituti penitenziari al fine di garantire il diritto alla salute a tutti i detenuti.
9/2547/90Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili c verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità
    organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere l'attivazione di corsi specifici, rivolti a tutto il personale che opera negli istituti penitenziari, al fine di individuare e gestire comportamenti che tendono alla radicalizzazione estremistica volta al perseguimento di finalità terroristica.
9/2547/91Orsini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti c. quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere un monitoraggio in merito alla continuità degli incontri protetti tra genitori e figli già autorizzata dal tribunale per i minorenni per tutti i servizi residenziali, non residenziali e semi-residenziali per i minorenni attraverso una relazione da presentare alle Camere entro il 31 dicembre 2020.
9/2547/92Marrocco.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 2-quater, introdotto dal Senato, interviene sulla disciplina relativa ai colloqui in carcere limitatamente al periodo compreso tra il 19 maggio e il 30 giugno 2020: oltre ad essere prevista la possibilità di svolgere tali colloqui a distanza mediante apparecchiature e collegamenti, è reintrodotta la possibilità per i detenuti di poter vedere i propri congiunti almeno una volta al mese;
    in particolare comma 1, dispone che, dal 19 maggio al 30 giugno 2020, anche negli istituti penali per minorenni i colloqui dei condannati, internati e imputati con i congiunti o con altre persone possono essere svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti attualmente previsti;
    ai minorenni che vivono l'esperienza drammatica della detenzione, accentuata durante l'emergenza sanitaria, è fondamentale garantire l'affettività derivante dalla prosecuzione del legame familiare;
    per i minori detenuti è necessario promuovere azioni sinergiche al fine di prevedere il reinserimento nel tessuto sociale del Paese liberando i minori dall'emarginazione e dall'esclusione sociale;
    a tal proposito gli uffici locali per l'esecuzione penale esterna (U.E.P.E.) – uffici periferici del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità, svolgono un ruolo fondamentale a livello socio-educativo di tutti i soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà;
    l'emergenza sanitaria, ancora in corso, ha rilevato una serie di situazioni all'interno degli istituti penali per i minorenni che è opportuno correggere al fine di promuovere un adeguato percorso educativo e di crescita per i minori detenuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative al fine di prevedere specifici protocolli tra gli uffici locali per l'esecuzione penale esterna (U.E.P.E.), i servizi sociali territoriali e il personale civile che opera negli istituti penitenziari per i minorenni al fine di potenziare l'assistenza nei confronti dei minori e di favorirne il reinserimento sociale.
9/2547/93Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate ? dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020. incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa prevista dal presente decreto-legge in merito ai sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio attraverso una apposita relazione da inviare al Parlamento con cadenza almeno annuale.
9/2547/94Fiorini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti; dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare c proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa prevista dal presente decreto-legge in materia di giustizia amministrativa attraverso una apposita relazione da inviare al Parlamento entro il 31 dicembre 2020.
9/2547/95Della Frera.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione dei decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e dei decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa prevista dal presente decreto-legge in merito al tracciamento dei dati nella piattaforma per la gestione del sistema di allerta Covid-19 attraverso una apposita relazione da inviare al Parlamento entro il 31 dicembre 2020.
9/2547/96Ravetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a presentare una relazione da inviare al Parlamento entro il 31 dicembre 2020 sullo stato di salute dei detenuti in considerazione dell'emergenza sanitaria da COVID-19.
9/2547/97Brambilla.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 dei disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa prevista dal presente decreto-legge sull'utilizzo di aeromobili a pilotaggio remoto da parte del personale abilitato del Corpo di polizia penitenziaria attraverso una apposita relazione da inviare al Parlamento con cadenza almeno annuale.
9/2547/98Vito.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedi mentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose molte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa prevista dal presente decreto-legge in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 attraverso una apposita relazione da inviare al Parlamento entro il 31 dicembre 2020.
9/2547/99Casino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    l'articolo 3, comma 1, lettera f), ai capoversi 12-quater.1 e 12-quater.2, prevede l'adozione di decreti del Ministro della giustizia dei quali viene specificata la natura non regolamentare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere che per il deposito con modalità telematiche di atti presso gli uffici del pubblico ministero sia prevista l'adozione di decreti del Ministero della giustizia di natura regolamentare.
9/2547/100Cortelazzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti; dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa prevista dal presente decreto-legge sulla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni attraverso una apposita relazione da inviare al Parlamento con cadenza almeno annuale.
9/2547/101Carfagna.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere test sierologici per tutti gli agenti della polizia penitenziaria al fine di garantire il diritto alla salute ed evitare il diffondersi del contagio del Covid-19 nelle carceri.
9/2547/102Mugnai.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere che le corrispondenze telefoniche delle persone detenute siano svolte nel rispetto del diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali.
9/2547/103Elvira Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere negli istituti penitenziari azioni preventive e di profilassi relative alla salute mentale, alla prevenzione del suicidio e dell'autolesionismo al fine di salvaguardare il diritto alla salute dei detenuti e degli internati.
9/2547/104Novelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere corsi di formazione specifici per gli agenti del Corpo della polizia penitenziaria che prestano servizio negli istituti penali per minorenni.
9/2547/105Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 3 modifica l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale;
    com’è noto, l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha disposto in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020 nonché la possibilità, dal 16 aprile al 30 giugno, di adottare misure organizzative – che possono comprendere l'ulteriore rinvio delle udienze – volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. Mentre il Parlamento convertiva in legge il decreto-legge n. 18 del 2020, è entrato in vigore il decreto-legge n. 23 del 2020, convertito dalla legge n. 40 del 2020, che, senza novellare espressamente l'articolo 83, con l'articolo 36 ha prorogato fino all'11 maggio 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di atti nei procedimenti civili, tributari, penali e di competenza dei tribunali militari, con le eccezioni già previste dal decreto-legge n. 18 del 2020; conseguentemente, ha posticipato al 12 maggio 2020 l'avvio della seconda fase, nella quale è rimessa ai capi degli uffici giudiziari l'organizzazione dei lavori al fine di garantire le misure di distanziamento per prevenire la diffusione del contagio;
    tale sospensione ha provocato un ulteriore aggravio per la macchina della giustizia, che ha bisogno di recuperare l'accumulo di procedimenti non svolti in questo periodo,

impegna il Governo

al fine di accelerare i procedimenti sospesi ai fini del contenimento della diffusione del Covid-19, e di contenere il numero di vacanze di organico, ad adottare ogni iniziativa utile volta ad aumentare di due anni l'età di collocamento d'ufficio a riposo per raggiunti limiti di età, a seguito di dichiarazione dell'interessato, dei magistrati onorari in servizio alla data del 1o maggio 2020.
9/2547/106Casciello.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 3 modifica l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale;
    com’è noto, l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha disposto in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020 nonché la possibilità, dal 16 aprile al 30 giugno, di adottare misure organizzative – che possono comprendere l'ulteriore rinvio delle udienze – volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. Mentre il Parlamento convertiva in legge il decreto-legge n. 18 del 2020, è entrato in vigore il decreto-legge n. 23 del 2020, convertito dalla legge n. 40 del 2020, che, senza novellare espressamente l'articolo 83, con l'articolo 36 ha prorogato fino all'11 maggio 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di atti nei procedimenti civili, tributari, penali e di competenza dei tribunali militari, con le eccezioni già previste dal decreto-legge n. 18 del 2020; conseguentemente, ha posticipato al 12 maggio 2020 l'avvio della seconda fase, nella quale è rimessa ai capi degli uffici giudiziari l'organizzazione dei lavori al fine di garantire le misure di distanziamento per prevenire la diffusione del contagio;
    tale sospensione ha provocato un ulteriore aggravio per la macchina della giustizia, che ha bisogno di recuperare l'accumulo di procedimenti non svolti in questo periodo,

impegna il Governo

al fine di accelerare i procedimenti sospesi ai fini del contenimento della diffusione del Covid-19, e di contenere il numero di vacanze di organico, per far fronte al sopravvenuto carico di lavoro determinatosi sugli uffici giudiziari per effetto della sospensione dei procedimenti civili penali ed amministrativi e dei rinvii di cui all'articolo 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a sospendere, fino al 31 dicembre 2021, l'autorizzazione di ulteriori incarichi in posizione di fuori ruolo a magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato.
9/2547/107Enrico Costa.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (cosiddetta riforma Orlando) – troverà applicazione. In particolare, la lettera b) del comma 1 modifica il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017, prorogando al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (di cui all'articolo 114 del codice di procedura penale), tale da consentire la pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare (articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017),

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a prevedere un'ulteriore riforma delle disposizioni in materia di intercettazioni, in particolare in relazione alle norme sul divieto di pubblicazione di atti di indagine, prevedendo che, nei casi di iscrizione nel registro degli indagati di impiegati dello Stato o di persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale autorizzazione, per reati di pubblicazione di atti coperti dal segreto, il procuratore della Repubblica informi l'organo disciplinare competente che, nei successivi trenta giorni, sentito il presunto autore del fatto, può disporre la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a tre mesi.
9/2547/108Cannatelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvata dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti; dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (cosiddetta riforma Orlando) – troverà applicazione. In particolare, la lettera b) del comma 1 modifica il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017, prorogando al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (di cui all'articolo 114 del codice di procedura penale), tale da consentire la pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare (articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017),

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a prevedere un'ulteriore riforma delle disposizioni in materia di intercettazioni, in particolare in relazione alle norme sul divieto di pubblicazione di atti di indagine, prevedendo il divieto assoluto di pubblicazione degli atti di indagine preliminare, di quanto acquisito al fascicolo del pubblico ministero o al fascicolo delle investigazioni difensive, anche quando è venuto meno il cosiddetto «segreto istruttorio» (articolo 329 del codice di procedura penale) e fino alla conclusione delle indagini preliminari o, se prevista, dell'udienza preliminare, nonché il divieto assoluto di pubblicazione, anche dopo la conclusione delle indagini o dell'udienza preliminare, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione.
9/2547/109Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'Esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole di intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a dotare gli agenti del Corpo della polizia penitenziaria dello strumento del taser al fine di assicurare una maggiore sicurezza nelle carceri.
9/2547/110Perego Di Cremnago.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere un aumento della retribuzione degli agenti del Corpo della polizia penitenziaria, anche in considerazione del servizio svolto durante l'emergenza sanitaria in corso, al fine di garantire idonee misure di sicurezza a tutela dell'incolumità e della salute in considerazione dell'emergenza sanitaria in corso, anche alla luce delle nuove funzioni di cui all'articolo 1-bis del provvedimento.
9/2547/111Maria Tripodi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a dotare gli agenti del Corpo della polizia penitenziaria degli strumenti idonei al fine di garantire una maggiore sicurezza negli istituti penitenziari.
9/2547/112Gregorio Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile c misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a potenziare l'organico del Corpo di polizia penitenziaria per assicurare una più adeguata vigilanza negli istituti penitenziari.
9/2547/113Mulè.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020 è stato integrato nel corso dell'esame in Senato per fare salvi gli effetti di alcune disposizioni (abrogate) dello stesso decreto n. 28 e del decreto-legge n. 29 del 2020 non convertito;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo, è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa volta a prevedere una adeguata formazione per gli agenti del Corpo della polizia penitenziaria al fine di assicurare una più efficace vigilanza negli istituti penitenziari.
9/2547/114Marin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto sottoposto al nostro vaglio per la conversione in legge contiene norme che novellano la disciplina in materia di intercettazioni, di ordinamento penitenziario, di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile e per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    con ciò si è meritoriamente affrontato una serie di criticità emerse durante la fase emergenziale della pandemia, per provvedere a superare la situazione emergenziale e favorire il miglior rientro in sicurezza nella normalità della vita quotidiana;
    in particolare l'articolo 6 prevede l'adozione di misure per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19. A tal fine si istituisce presso il Ministero della salute una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che installino, su base volontaria, un'apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile complementare; la piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19;
    su tale aspetto il Garante per la protezione dei dati personali, in particolare, ha sollecitato il Governo a fornire una maggiore informazione ai cittadini che intendano installare l'app, sul tema del funzionamento dell'algoritmo di calcolo utilizzato per la valutazione dei rischi di esposizione al contagio. Il garante vuole ottenere l'obiettivo di garantire agli utenti la consapevolezza del fatto che il sistema potrebbe generare notifiche di esposizione che non sempre riflettono una effettiva condizione di rischio e, contemporaneamente, suggerisce di inserire la possibilità di disattivare temporaneamente l'applicazione attraverso una funzione facilmente accessibile nella schermata principale nonché prevedere il divieto di trattare i dati raccolti per finalità non previste dalla norma che istituisce l'applicazione;
    si consideri inoltre che rilevato che in fase di audizione in Commissione, il Ministro per l'innovazione tecnologica e il Commissario straordinario per l'emergenza COVID-19, hanno fornito garanzie che appaiono necessarie di ulteriori accorgimenti per fare in modo che gli utilizzatori siano ben certi che il trattamento dei dati sia esclusivamente dedicato a fini statistico-epidemiologici. Analoghe maggiori garanzie sarebbero necessarie riguardo alle tecniche di anonimizzazione proposte dal Governo. Si consideri che non sembra siano state adottate adeguate misure volte a garantire il tracciamento delle operazioni compiute dagli amministratori di sistema sui sistemi operativi, sulla rete e sulle basi dati. Per quanto riguarda il nesso tra l'installazione della app, sempre durante il ciclo di audizioni, sono emerse delle potenziali criticità riguardo i tempi effettivi intercorrenti tra il momento dell'allerta data dall'app stessa e la verifica della eventuale positività con test medici, poiché i tempi appaiono indeterminati o comunque non brevi a causa di una insufficiente capacità organizzativa relativa alla presa in carico dei cittadini «allertati», quindi non si è in grado di garantire gli utilizzatori dell'app stessa riguardo la garanzia della somministrazione in tempi brevi di tamponi;
    si consideri poi che il successivo articolo introdotto durante l'esame in Senato, l'articolo 7-bis, contiene disposizioni condivisibilissime in materia di sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio imponendo agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche di prevedere, gratuitamente, fra i servizi preattivati e disattivabili solo su richiesta dell'utenza, l'attivazione di filtri, blocchi alla navigazione e di altri sistemi di parental control. Si rileva però che il Governo non ha previsto norme, in sede attuativa, che indichino nel dettaglio quali siano le procedure adeguate, e con quali tempi, per garantire la relazione tra gli operatori dei servizi di comunicazione elettronica e l'autorità preposta al controllo,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di adottare, con i primi provvedimenti ritenuti utili al raggiungimento dello scopo, ulteriori misure al fine di:
   fornire le dovute rassicurazioni in merito alle perplessità evidenziate dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica;
   a prevedere o inasprire sanzioni civili e penali per chiunque illecitamente trattenga, divulghi, ceda, trasferisca, pubblichi o comunque tratti i dati raccolti in violazione di quanto previsto dalla norma;
   recepire quanto auspicato dal Garante per la protezione dei dati personali in merito alla effettiva ed efficace tutela dei dati;
   garantire una tempestiva presa in carico dei cittadini «allertati», attraverso una celere somministrazione dei tamponi;
   a prevedere in sede attuativa dettagliate procedure e la previsione di adeguate e certe tempistiche nella relazione tra gli operatori dei servizi di comunicazione elettronica e l'autorità preposta al controllo.
9/2547/115Pentangelo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 6 del provvedimento istituisce presso il Ministero della salute una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che installino, su base volontaria, un'apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile complementare; la piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19. Si prevede infine che la piattaforma venga realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale e gestite dalla Sogei (società a totale partecipazione pubblica) e tramite programmi informatici di titolarità pubblica. L'utilizzo di applicazione e piattaforma, nonché ogni trattamento di dati personali, devono essere interrotti alla data di cessazione dello stato di emergenza. Entro tale ultima data tutti i dati personali trattati devono essere cancellati o resi definitivamente anonimi;
    a tal proposito, è importante realizzare quanto previsto dal Piano della Commissione Europea in materia di sovranità digitale dei dati, presentato il 23 febbraio 2020, ed a tenere in debita considerazione quanto segnalato dal Copasir nella relazione sui profili di sicurezza del sistema di allerta COVID-19 previsto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020. L'Organo parlamentare aveva infatti segnalato che «Sulla base di quanto sopra esposto, si possono inoltre evidenziare rischi non trascurabili sul piano geopolitico, che secondo quanto emerso dalle audizioni sarebbero non mitigabili. Infatti, la definizione dettata da privati dell'architettura dell'intero sistema informatico, inclusa la App, nonché la necessità di ricorrere a soggetti privati non nazionali, per quanto da considerare affidabili, per il CDN destinato a contenere i dati raccolti, potrebbero prestarsi a manipolazioni dei dati stessi, per finalità di diversa natura: politica, militare, sanitaria o commerciale. Si sottolinea inoltre come la possibile alterazione dei dati potrebbe far sovrastimare o sottostimare l'entità stessa dell'epidemia»;
    in particolare si vuole evitare che eventuali soggetti privati che gestiscano l'intesa sistema della piattaforma nazionale delineata dall'articolo 6 del decreto-legge possano «trasportare» i dati sulla salute all'estero ed essere soggetti, a prevalenza su quanto previsto dalle norme europee ed italiane, ad una disciplina normativa di paesi diversi,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a prevedere che la piattaforma di cui in premessa sia realizzata esclusivamente con infrastrutture e server collocati sul territorio nazionale, disponendo altresì che il fornitore dei server e delle infrastrutture dichiari all'avvio della fornitura la conformità delle procedure adottate a quanto previsto dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, recante «Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)», a prevalenza su qualsiasi altra disposizione di Paesi esteri non soggetti all'ambito di applicabilità delle norme sopra citate.
9/2547/116Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 28 del 2020 reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 6 del decreto-legge detta norme in materia di introduzione di un sistema digitalizzato volto ad allertare le persone che possono essere entrate in contatto con soggetti risultati positivi al COVID-19;
    tale sistema funziona tramite una piattaforma digitalizzata e un'applicazione da scaricare volontariamente sui telefoni mobili, nota come «App Immuni»;
    l'adozione dell'applicazione ha creato una serie di polemiche riferite a diversi ordini di motivazioni. Uno di questi ha riguardato la garanzia e la tutela della privacy delle persone da utilizzi impropri del sistema di tracciamento, nonché la tutela dei dati immagazzinati a seguito del tracciamento. Un altro motivo di polemica ha invece riguardato le procedure amministrative in base alle quali il Governo ha ritenuto di adottare in via diretta la suddetta applicazione, in luogo di una sperimentazione effettuata in parallelo con un ulteriore applicazione;
    in data 1o giugno l'Autorità garante per la protezione dei dati personali ha autorizzato il Ministero della salute ad avviare il trattamento relativo al Sistema di allerta COVID-19 (app «Immuni»), chiedendo però di integrare una serie di misure per rafforzare la sicurezza dei dati degli utenti;
    tra i rilievi formulati il Garante ha chiesto: di fornire un'idonea informazione agli utenti in ordine al funzionamento dell'algoritmo di calcolo utilizzato per la valutazione del rischio di esposizione al contagio, prevedendo altresì la possibilità per i medesimi utenti di poter disattivare temporaneamente l'applicazione attraverso una funzione facilmente accessibile;
    di garantire la trasparenza del trattamento a fini statistico-epidemiologici dei dati raccolti e individuate modalità adeguate a proteggerli, evitando ogni forma di riassociazione a soggetti identificabili e adottando idonee misure di sicurezza e tecniche di anonimizzazione. Di introdurre misure volte ad assicurare il tracciamento delle operazioni compiute dagli amministratori di sistema sui sistemi operativi, sulla rete e sulle basi dati:
    il Garante ha chiesto inoltre che la conservazione degli indirizzi Ip dei cellulari sia commisurata ai tempi strettamente necessari per il rilevamento di anomalie e di attacchi, di adottare misure tecniche e organizzative per mitigare i rischi derivanti da falsi positivi, nonché di prestare particolare attenzione all'informativa e al messaggio di allerta, tenendo altresì conto del fatto che è previsto l'uso del Sistema anche da parte di minori ultra quattordicenni;
   considerato che la piena e pronta applicazione delle integrazioni richieste è di fondamentale importanza al fine di fornire adeguata tutela a diritti costituzionalmente garantiti,

impegna il Governo

a recepire e attuare integralmente le integrazioni formulate dall'Autorità garante per la protezione dei dati personali entro il 30 giugno 2020.
9/2547/117Zanella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 162, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il Codice dei contratti pubblici, prevede che la Corte dei conti esercita il controllo preventivo sulla legittimità e sulla regolarità dei contratti secretati tramite un proprio ufficio «organizzato in modo da salvaguardare le esigenze di riservatezza»;
    il comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto-legge in esame, istitutivo della nuova Sezione centrale per il controllo dei contratti secretati, introdotto dal Senato della Repubblica, prevede che devono essere definiti «criteri e modalità per salvaguardare le esigenze di massima riservatezza nella scelta dei magistrati da assegnare alla Sezione centrale e nell'operatività della stessa»;
    i criteri e le modalità per la scelta dei magistrati da assegnare alla nuova Sezione, di cui deve farsi carico il Consiglio di presidenza della Corte dei conti nell'esercizio della potestà regolamentare autonoma di cui all'articolo 4 della legge n. 20 del 1994, non possono non tenere conto dell'accresciuta esigenza di salvaguardare primariamente la sicurezza degli approvvigionamenti di carattere strategico, esigenza per fronteggiare la quale il personale selezionato deve garantire:
     a) il massimo grado di riservatezza;
     b) un'adeguata esperienza maturata nel controllo in generale e nella valutazione degli atti secretati in particolare;
     c) una specificità professionale pluriennale acquisita in funzioni peculiari di stretta attinenza ai settori della difesa e della sicurezza nazionale;
     d) una comprovata capacità di gestione della documentazione munita di classifica di segretezza, anche di alto livello;
    l'estrema delicatezza di tale funzione richiede una particolare ed attenta selezione del personale cui affidarla, anche disancorando la specifica scelta dai parametri generalmente utilizzati per il conferimento delle ordinarie funzioni d'istituto;
    l'articolo 984-bis del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il Codice dell'ordinamento militare, individua il personale magistratuale dotato di una particolare «specificità professionale» acquisita in relazione a peculiari funzioni svolte,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative normative volte a valorizzare, in sede di selezione, il personale dotato delle caratteristiche individuate in premessa, nel pieno rispetto delle prerogative di autonomia e indipendenza tutelate dal terzo comma dell'articolo 100 della Costituzione.
9/2547/118Barelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    l'articolo 6 del provvedimento istituisce presso il Ministero della salute una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che installino, su base volontaria, un'apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile complementare; la piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19. Si prevede infine che la piattaforma venga realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale e gestite dalla Sogei (società a totale partecipazione pubblica) e tramite programmi informatici di titolarità pubblica. L'utilizzo di applicazione e piattaforma, nonché ogni trattamento di dati personali, devono essere interrotti alla data di cessazione dello stato di emergenza. Entro tale ultima data tutti i dati personali trattati devono essere cancellati o resi definitivamente anonimi;
    dal punto di vista della normativa in materia di protezione dei dati sorgono dubbi sulla finalità del trattamento previsto dal comma 3, dell'articolo 6 laddove si stabilisce, da un lato, un divieto generale di trattamento dei dati personali raccolti con l'applicazione di tracciamento per finalità diverse da quella di avvisare le persone di essere entrate in contatto con un malato, e, da un altro lato, una – assai ridotta e da ritenersi tassativa serie di eccezioni allo stesso: si stabilisce infatti che è consentito comunque utilizzare siffatte informazioni;
    la disposizione non permette di capire se tra tali finalità vi siano anche quella di ricerca e repressione di eventuali reati, dal momento peraltro che nel sistema emergenziale, secondo quanto previsto dall'articolo 17-bis della legge n. 27 del 2020, oggetto di trattamento possono essere anche i dati di natura giudiziaria. Va ricordato in proposito l'orientamento della Cassazione in materia di protezione dei dati personali per cui «le disposizioni contenute nel codice della privacy sono [...] imposte a tutela della riservatezza, la cui tutela è sub-valente rispetto alle esigenze di accertamento del processo penale, non costituendo la disciplina sulla privacy (e le relative istruzioni del Garante) sbarramento all'esercizio dell'azione penale». Sulla base di tale orientamento non è da escludere che considerazioni analoghe possano essere applicate anche alla fattispecie in cui il materiale raccolto tramite una app di tracciamento anti-Covid venga utilizzata per finalità di repressione di reati;
    appare quindi necessario, come già avanzato da parte della dottrina, stabilire all'interno della previsione de qua un divieto normativo esplicitamente rivolto al processo penale, che rimuova ogni possibile dubbio circa l'inutilizzabilità processuale dei dati personali raccolti nell'ambito del processo di exposure notification,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a precisare l'inutilizzabilità processuale dei dati personali raccolti nell'ambito del processo di exposure notification.
9/2547/119Bergamini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 3 modifica l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale; per quanto riguarda le udienze penali, l'articolo 3 interviene escludendo che possano tenersi con modalità da remoto le udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e le udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti. Nei procedimenti penali in Cassazione consente, oltre che delle parti private, anche del Procuratore generale di chiedere la discussione orale, evitando così che la causa sia trattata in camera di consiglio, con modalità da remoto, senza la sua partecipazione;
    a tal proposito, si ricorda che l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, con le nuove disposizioni in materia di «processo da remoto» ha di fatto realizzato una inedita e pericolosa dematerializzazione del processo penale, incompatibile con le fondamentali caratteristiche ideali e strutturali del giusto processo penale, nonché in frontale ed insanabile contrasto con i principi costituzionali che lo presidiano, quali il diritto di difesa ed il contraddittorio, che per la loro effettività presuppongono la concentrazione, l'oralità e l'immediatezza dell'accertamento giudiziale. Immediatezza intesa nel senso autentico di non mediazione, a prescindere che il diaframma sia costituito dalla valutazione di altri soggetti o da mezzi e strumenti diversi dal contatto fisico e dalla viva vox. Peraltro, lungi dal confinarsi sul piano procedurale, la modifica incide sull'essenza stessa del processo, inteso come modalità d'accertamento dei fatti in contraddittorio pieno («isonomico»), creando, dietro alla reviviscenza surrettizia del principio inquisitorio, asimmetrie evidenti fra i soggetti del processo, a seconda che possano o meno essere ammessi al cospetto fisico dell'inquirente o del giudicante;
    pertanto, l'applicazione delle disposizioni citate non andrebbe in alcun modo prorogata in una fase successiva alla fine della fase emergenziale nel settore della giustizia civile e penale,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile ad escludere categoricamente che l'applicazione delle disposizioni relative alla possibilità di svolgere le udienze penali da remoto sia estesa oltre la fine della fase emergenziale nel settore della giustizia penale.
9/2547/120Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    è necessario implementare una nuova disciplina delle intercettazioni disposte nel procedimento penale, rendendo inoltre più rigorosi i divieti di pubblicazione degli atti, contemperando le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento;
    il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati sia nella Costituzione (articoli 13 e 15), sia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (articoli 8 e 10), firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955. Sulla base di tali princìpi, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che requisiti essenziali per garantire un'adeguata protezione del diritto alla privacy sono la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazione, la natura dei reati che vi possono dar luogo, la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni e la tutela degli interlocutori che siano casualmente attinti dalle intercettazioni senza aver alcun collegamento con l'oggetto delle indagini in corso di svolgimento,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative di natura normativa volte a rafforzare il sistema sanzionatorio in relazione alle condotte di diffusione di notizie inerenti gli atti di indagine e, in particolare, alle intercettazioni.
9/2547/121Calabria.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile dì una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    è necessario implementare una nuova disciplina delle intercettazioni disposte nel procedimento penale, rendendo inoltre più rigorosi i divieti di pubblicazione degli atti, contemperando le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento;
    il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati sia nella Costituzione (articoli 13 e 15), sia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (articoli 8 e 10), firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955. Sulla base di tali princìpi, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che requisiti essenziali per garantire un'adeguata protezione del diritto alla privacy sono la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazione, la natura dei reati che vi possono dar luogo, la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni e la tutela degli interlocutori che siano casualmente attinti dalle intercettazioni senza aver alcun collegamento con l'oggetto delle indagini in corso di svolgimento,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa volta a rivedere le disposizioni di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, relativamente all'ambito e alle regole generali in tema di segreto, prevedendo che oggetto del segreto siano non soltanto gli atti ma anche le attività di indagine.
9/2547/122Rossello.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata per decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    è necessario implementare una nuova disciplina delle intercettazioni disposte nel procedimento penale, rendendo inoltre più rigorosi i divieti di pubblicazione degli atti, contemperando le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento;
    il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati sia nella Costituzione (articoli 13 e 15), sia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (articoli 8 e 10), firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955. Sulla base di tali princìpi, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che requisiti essenziali per garantire un'adeguata protezione del diritto alla privacy sono la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazione, la natura dei reati che vi possono dar luogo, la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni e la tutela degli interlocutori che siano casualmente attinti dalle intercettazioni senza aver alcun collegamento con l'oggetto delle indagini in corso di svolgimento,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa volta a prevedere che l'ordinanza con la quale il giudice applica la misura cautelare non possa contenere il testo delle conversazioni intercettate, ma solo il loro contenuto, disponendo che il testo delle conversazioni integrali debba, invece, essere inserito in un apposito fascicolo allegato agli atti.
9/2547/123Rosso.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e  rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafioso, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    è necessario implementare una nuova disciplina delle intercettazioni disposte nel procedimento penale, rendendo inoltre più rigorosi i divieti di pubblicazione degli atti, contemperando le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento;
    il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati sia nella Costituzione (articoli 13 e 15), sia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (articoli 8 e 10), firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955. Sulla base di tali princìpi, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che requisiti essenziali per garantire un'adeguata protezione del diritto alla privacy sono la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazione, la natura dei reati che vi possono dar luogo, la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni e la tutela degli interlocutori che siano casualmente attinti dalle intercettazioni senza aver alcun collegamento con l'oggetto delle indagini in corso di svolgimento,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa volta a dare attuazione al principio generale secondo cui i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le operazioni sono state autorizzate e disposte, con la sola deroga per consentire l'utilizzazione dei risultati delle intercettazioni, come prova o indizio in un procedimento diverso, contro lo stesso indagato o contro altre persone, quando esse risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater del codice penale e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, a condizione che esse non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono state disposte.
9/2547/124D'Ettore.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e il decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    è necessario implementare una nuova disciplina delle intercettazioni disposte nel procedimento penale, rendendo inoltre più rigorosi i divieti di pubblicazione degli atti, contemperando le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento;
    il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati sia nella Costituzione (articoli 13 e 15), sia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (articoli 8 e 10), firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955. Sulla base di tali princìpi, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che requisiti essenziali per garantire un'adeguata protezione del diritto alla privacy sono la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazione, la natura dei reati che vi possono dar luogo, la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni e la tutela degli interlocutori che siano casualmente attinti dalle intercettazioni senza aver alcun collegamento con l'oggetto delle indagini in corso di svolgimento,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a prevedere una profonda innovazione relativamente agli impianti da utilizzare per lo svolgimento delle operazioni di intercettazione, che devono essere compiute per mezzo di impianti installati nei centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di corte d'appello, in modo da limitare i soggetti che hanno accesso alle intercettazioni e garantire il miglior livello di sicurezza nell'acquisizione e nel trattamento dei dati, consentendo, inoltre, un elevato risparmio di spesa-
9/2547/125Cappellacci.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma di interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa. la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    è necessario implementare una nuova disciplina delle intercettazioni disposte nel procedimento penale, rendendo inoltre più rigorosi i divieti di pubblicazione degli atti, contemperando le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento;
    il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati sia nella Costituzione (articoli 13 e 15), sia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (articoli 8 e 10), firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955. Sulla base di tali principi, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che requisiti essenziali per garantire un'adeguata protezione del diritto alla privacy sono la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazione, la natura dei reati che vi possono dar luogo, la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni e la tutela degli interlocutori che siano casualmente attinti dalle intercettazioni senza aver alcun collegamento con l'oggetto delle indagini in corso di svolgimento,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa volta a modificare i presupposti e la competenza ad autorizzare le operazioni di intercettazione, prevedendo che l'intercettazione può essere disposta quando sussistono gravi indizi di reato ed essa sia indispensabile per la prosecuzione delle indagini e sempreché risultino specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per cui si procede, rendendo più pregnante la motivazione del provvedimento che autorizza le operazioni di intercettazione.
9/2547/126Carrara.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (così detta riforma Orlando, integrata dalle modifiche della riforma Bonafede) – troverà applicazione. Il prossimo 1o settembre entreranno quindi in vigore le disposizioni che prevedono che i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possano essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti indicati dall'articolo 266, comma 2-bis,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa a prevedere che i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile non possano essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione.
9/2547/127Zanettin.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini:
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020. con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza:
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (così detta riforma Orlando) – troverà applicazione. In particolare, la lettera b) del comma 1 modifica il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017, prorogando al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (di cui all'articolo 114 del codice di procedura penale), tale da consentire la pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare (articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017),

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa volta a prevedere un ulteriore rinvio dell'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017, in materia di pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare, quantomeno al 1o luglio 2021.
9/2547/128Battilocchio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020. reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020. incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza.
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede. per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo:
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche:
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020. con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio: dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (così detta riforma Orlando, integrata dalle modifiche della riforma Bonafede) – troverà applicazione. Il prossimo 1o settembre entreranno quindi in vigore le disposizioni che prevedono che i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possano essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti indicati dall'articolo 266. comma 2-bis,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a fornire una adeguata assistenza medica, con particolare riguardo all'iniziativa di prevenzione e screening oncologici, a tutte le donne detenute negli istituti penitenziari.
9/2547/129Polidori.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa. la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 3 modifica l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale;
    com’è noto, l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha disposto in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020 nonché la possibilità, dal 16 aprile al 30 giugno, di adottare misure organizzative – che possono comprendere l'ulteriore rinvio delle udienze – volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. Mentre il Parlamento convertiva in legge il decreto-legge n. 18 del 2020, è entrato in vigore il decreto-legge n. 23 del 2020, convertito dalla legge n. 40 del 2020, che, senza novellare espressamente l'articolo 83, con l'articolo 36 ha prorogato fino all'11 maggio 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di atti nei procedimenti civili, tributari, penali e di competenza dei tribunali militari, con le eccezioni già previste dal decreto-legge n. 18 del 2020; conseguentemente, ha posticipato al 12 maggio 2020 l'avvio della seconda fase, nella quale è rimessa ai capi degli uffici giudiziari l'organizzazione dei lavori al fine di garantire le misure di distanziamento per prevenire la diffusione del contagio;
    tale sospensione ha provocato un ulteriore aggravio per la macchina della Giustizia, che ha bisogno di recuperare l'accumulo di procedimenti non svolti in questo periodo,

impegna il Governo

al fine di accelerare i procedimenti sospesi ai fini del contenimento della diffusione del Covid-19, e di contenere il numero di vacanze di organico, ad adottare ogni iniziativa utile volta ad aumentare di due anni l'età di collocamento d'ufficio a riposo per raggiunti limiti di età, a seguito di dichiarazione dell'interessato, dei magistrati onorari in servizio alla data del 1o maggio 2020, almeno fino alla data del 30 giugno 2025.
9/2547/130Aprea.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020. con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 3 modifica l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale;
    com’è noto, l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha disposto in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020 nonché la possibilità, dal 16 aprile al 30 giugno, di adottare misure organizzative – che possono comprendere l'ulteriore rinvio delle udienze – volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. Mentre il Parlamento convertiva in legge il decreto-legge n. 18/2020, è entrato in vigore il decreto-legge n. 23 del 2020, convertito dalla legge n. 40 del 2020, che, senza novellare espressamente l'articolo 83, con l'articolo 36 ha prorogato fino all'11 maggio 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di atti nei procedimenti civili, tributari, penali e di competenza dei tribunali militari, con le eccezioni già previste dal decreto-legge n. 18 del 2020; conseguentemente, ha posticipato al 12 maggio 2020 l'avvio della seconda fase, nella quale è rimessa ai capi degli uffici giudiziari l'organizzazione dei lavori al fine di garantire le misure di distanziamento per prevenire la diffusione del contagio. Il medesimo articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha poi determinato la sospensione della prescrizione per il periodo in cui sono stati sospesi tutti i termini processuali a causa dell'emergenza causata dal Covid-19 (9 marzo – 11 maggio 2020). La questione, tra l'altro, è stata oggetto di diverse ordinanze che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 83, comma 4, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, per contrasto con il principio di legalità in materia penale, espresso dall'articolo 25, comma 2, Cost. e, più in particolare, con il sotto-principio di irretroattività della legge penale sfavorevole al reo, laddove è previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali;
    alla luce delle nuove disposizioni in materia di prescrizione previste dall'articolo 83 del decreto-legge 18 del 2020 è necessaria una riscrittura dell'articolo 159 del codice penale, o, quantomeno, un rinvio dell'entrata in vigore della riforma della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a prevedere una nuova causa di sospensione del procedimento (di cui all'articolo 159 del codice penale) riferita alla disposizione di cui all'articolo 83, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, e, conseguentemente, a disporre una riforma complessiva dell'articolo 159 del codice penale, superando la riforma della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019, e ripristinando le disposizioni in vigore sino al 31 dicembre 2019.
9/2547/131Sisto, Costa.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa. la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020. con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (così detta riforma Orlando) – troverà applicazione. Prevede invece che entri immediatamente in vigore la disposizione di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 161 del 2019 (quindi senza alcuna proroga rispetto al termine del 30 aprile stabilito dalla legge di conversione del decreto-legge medesimo) relativa all'adozione del decreto del Ministro della giustizia con il quale vengono stabiliti le modalità da seguire per il deposito in forma telematica degli atti e dei provvedimenti riguardanti le intercettazioni, nonché i termini a decorrere dai quali il deposito in forma telematica sarà l'unico consentito,

impegna il Governo

ad adottare ogni ulteriore iniziativa di natura normativa volta a prevedere un ulteriore rinvio al 10 gennaio 2021 dell'entrata in vigore delle modifiche al codice di procedura penale in materia di intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico, così come previste, da ultimo, dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161.
9/2547/132Bagnasco.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (decreto-legge n. 161 del 2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (così detta riforma Orlando) – troverà applicazione. Prevede invece che entri immediatamente in vigore la disposizione di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 161 del 2019 (quindi senza alcuna proroga rispetto al termine del 30 aprile stabilito dalla legge di conversione del decreto-legge medesimo) relativa all'adozione del decreto del Ministro della giustizia con il quale vengono stabiliti le modalità da seguire per il deposito in forma telematica degli atti e dei provvedimenti riguardanti le intercettazioni, nonché i termini a decorrere dai quali il deposito in forma telematica sarà l'unico consentito,

impegna il Governo

ad adottare ogni ulteriore iniziativa volta a prevedere un ulteriore rinvio al 1o luglio 2021 dell'entrata in vigore delle modifiche al codice di procedura penale in materia di intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico, così come previste, da ultimo, dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161.
9/2547/133Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo:
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa, la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020. con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza;
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (DL 161/2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (così detta riforma Orlando) – troverà applicazione. In particolare, la lettera b) del comma 1 modifica il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017, prorogando al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (di cui all'articolo 114 del codice di procedura penale), tale da consentire la pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare (articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017),

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa volta a prevedere che la pubblicazione integrale dell'ordinanza di custodia cautelare non è consentita.
9/2547/134Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 28 del 2020, reca misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19;
    il provvedimento risultante dall'accorpamento del decreto-legge n. 28 del 2020 con il decreto-legge n. 29 del 2020 contiene un'ampia gamma d'interventi del più disparato oggetto, molti dei quali avrebbero richiesto riforme organiche e di sistema, da elaborare entro la più ampia cornice della legge parlamentare, anziché con lo strumento della decretazione d'urgenza: la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, numerose prescrizioni in materia di ordinamento penitenziario, previsioni relative alla giustizia civile, amministrativa e contabile, la ormai notissima App Immuni;
    a ciò si aggiunga che i due decreti-legge, il n. 28 del 30 aprile 2020 e il n. 29 del 10 maggio 2020, incidono su fasi procedimentali diverse e perseguono – in parte – finalità dissimili e verosimilmente anche una diversa estensione applicativa sotto il profilo temporale: la carenza di coordinamento tra la disciplina dettata nei due provvedimenti di urgenza che coinvolge, in parte, le medesime categorie di condannati e gli stessi procedimenti della magistratura di sorveglianza, sta attualmente comportando un inutile aggravio di lavoro per tutte le autorità giudiziarie ed amministrative coinvolte, chiamate ad esprimere pareri o adottare le decisioni di rispettiva competenza;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in esame si connotano, unitamente alla riforma della prescrizione, per la dilettantistica superficialità con cui si affrontano materie di tale complessità e rilevanza per i cittadini;
    nel vorticoso profluvio di disposizioni emergenziali emanate dal Governo, stanti le condizioni del tutto eccezionali e inedite legate alla pandemia, il Ministro Alfonso Bonafede, per fronteggiare le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sulla giustizia, con le sue iniziative politiche e legislative si è reso responsabile di una costante manipolazione dell'imparzialità della giustizia, dei diritti dei cittadini e dei principi del giusto processo;
    le vicende susseguitesi in merito alle numerose rivolte e proteste dei detenuti nelle carceri sono il risultato di una incapacità gestionale, sulle condizioni di detenzione e sull'impossibilità di garantire, all'interno degli istituti di pena, gli stessi standard di igiene e sicurezza previsti e imposti nelle altre strutture pubbliche;
    a ciò si aggiunga che riguardo alle scarcerazioni di alcuni imputati e condannati per reati di criminalità organizzata e mafiosa. la reazione dell'esecutivo è stata piuttosto contraddittoria, fino a giungere all'adozione del decreto-legge n. 29 del 2020, con effetto retroattivo sulle decisioni precedentemente adottate dai giudici di sorveglianza:
    il Ministro Bonafede si è rivelato altresì inadempiente con specifico riguardo agli impegni di riforma assunti: dopo più di un anno di annunci, è stato solo recentemente depositato alla Camera il disegno di legge di riforma del processo penale, che avrebbe dovuto precedere – anche a detta del Guardasigilli stesso – la mai troppo criticata, per metodo e sostanza, soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio;
    il Governo è responsabile per aver posto in essere una ragnatela di norme, prima tra tutte quella sulle intercettazioni, che hanno contribuito all'attuale imbarbarimento della giustizia e della sua comunicazione;
    nello specifico, la riforma delle intercettazioni presentata decreto da questo Governo (DL 161/2019), è palesemente illegittima, perché da un lato, autorizzando la pesca a strascico con il trojan, viola in modo irragionevole e sproporzionato un'ampia schiera di diritti fondamentali, dalla libertà e segretezza della corrispondenza alla libertà di domicilio; dall'altro lato, ignorando la cronica carenza di risorse umane e strumentali per raccogliere, gestire, conservare e proteggere l'immensa mole d'intercettazioni, finisce per condannare a un destino incerto i dati acquisiti e, quindi, le vicende più intime, costituzionalmente tutelate, di tantissimi cittadini, non colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna;
    tornando al contenuto del provvedimento in esame, si specifica che l'articolo 1 proroga al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale la riforma della disciplina delle intercettazioni – introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 (così detta riforma Orlando) – troverà applicazione. In particolare, la lettera b) del comma 1 modifica il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017, prorogando al 1o settembre 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (di cui all'articolo 114 del codice di procedura penale), tale da consentire la pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare (articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017),

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di natura normativa volta a prevedere un ulteriore rinvio dell'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 216 del 2017, in materia di pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare, quantomeno al 1o gennaio 2021.
9/2547/135Baratto.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in merito ai gravi fatti intimidatori occorsi in occasione della manifestazione del Circo Massimo del 6 giugno 2020 e iniziative volte a prevenire il ripetersi di analoghi episodi – 3-01625

   FIANO, MICELI, DELRIO, BAZOLI, BENAMATI, BERLINGHIERI, BOLDRINI, BONOMO, BORDO, ENRICO BORGHI, BRAGA, BRUNO BOSSIO, BURATTI, CAMPANA, CANTINI, CARLA CANTONE, CAPPELLANI, CARNEVALI, CECCANTI, CENNI, CIAMPI, CRITELLI, DAL MORO, DE LUCA, DE MARIA, DE MENECH, DEL BASSO DE CARO, DI GIORGI, FASSINO, FRAGOMELI, FRAILIS, GARIGLIO, GIACOMELLI, GRIBAUDO, INCERTI, LA MARCA, LACARRA, LEPRI, LOSACCO, LOTTI, LORENZIN, MADIA, GAVINO MANCA, MANCINI, MARTINA, MELILLI, MINNITI, MORGONI, MURA, NARDI, NAVARRA, ORFINI, ORLANDO, PADOAN, PAGANI, UBALDO PAGANO, PELLICANI, PEZZOPANE, PICCOLI NARDELLI, PINI, PIZZETTI, POLLASTRINI, PRESTIPINO, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, RIZZO NERVO, ANDREA ROMANO, ROSSI, ROTTA, SCHIRÒ, SENSI, SERRACCHIANI, SIANI, SOVERINI, TOPO, VAZIO, VERINI, VISCOMI, ZAN e ZARDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere — premesso che:
   il 6 giugno 2020 si è svolta a Roma, al Circo Massimo, la manifestazione organizzata da ultras di destra, cui si sono uniti Forza Nuova, i fuoriusciti della Rete delle Comunità Forzanoviste, Avanguardia e Rivolta Nazionale;
   tale mobilitazione, nata dagli ultras del Brescia della Brigata Leonessa, legata al network del Veneto fronte skinheads, e dagli Ultras Lazio, collegati agli Irriducibili dopo lo scioglimento del gruppo legato all'omicidio di Fabrizio Piscitelli, «Diabolik», è cresciuta sui social trovando consenso anche tra Lealtà Azione (presente nella curva nord dell'Inter) la veronese Fortezza Europa (vicina alla curva dell'Hellas), gli ultras del Varese, del Bologna, dell'Ascoli, della Juventus, della Roma;
   la manifestazione era stata preceduta da dichiarazioni minacciose quali l'invito a «togliere le mascherine ed indossare il passamontagna» e che «è vero la classe politica che ci governa dovrà pagarla, ma nessuno sconto alle Forze dell'Ordine che hanno dimostrato che non sono con il popolo ma con chi gli paga lo stipendio. Statene pure certi che fra poco le piazze diventeranno il vostro incubo»;
   all'esito della manifestazione le minacce si sono trasformate in realtà in intollerabili aggressioni ai danni di giornalisti e forze dell'ordine;
   una riunione di coordinamento è prevista per il 30 giugno dove «Mascherine tricolori», i «Ragazzi d'Italia» e i «Gilet arancioni» si salderanno con i no-vax, i no 5G e il Movimento R2020 di Sara Cunial;
   la Costituzione, nata dalla Resistenza al fascismo, garantisce la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero, ma dice anche, all'articolo 17, che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi;
   l'apologia del fascismo è reato, così come qualsiasi tentativo di riorganizzazione del disciolto partito fascista. A tal proposito preoccupa molto la saldatura tra gruppi ultras e frange di estrema destra finalizzate alla contestazione politica di piazza con modalità violente;
   episodi come quelli accaduti il 6 giugno e come si preannunciano per il prossimo 30 giugno non possono essere tollerati –:
   quali valutazioni abbiano permesso lo svolgimento della manifestazione del Circo Massimo, viste le premesse particolarmente preoccupanti per il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza, quali siano gli elementi di conoscenza circa i gravi fatti accaduti nel corso della stessa e quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare che episodi simili non si ripetano nelle prossime iniziative già annunciate. (3-01625)


Iniziative volte a prevenire e contrastare il fenomeno degli atti vandalici in danno degli istituti scolastici – 3-01626

   ALAIMO, BALDINO, BRESCIA, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, DIENI, FORCINITI, MACINA, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO, ELISA TRIPODI, D'ORSO, CASA, VARRICA, PENNA, TRIZZINO, DAVIDE AIELLO e GIARRIZZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere — premesso che:
   nel corso degli ultimi mesi, nella città di Palermo, si sono registrati numerosi atti di vandalismo e furti perpetrati a danno di istituti scolastici e asili nido comunali;
   si sono susseguiti una serie di episodi spiacevoli che hanno colpito molte strutture comunali tra le quali l'istituto comprensivo Sperone-Pertini, l'istituto comprensivo Giovanni Falcone, la scuola elementare Maneri-Ingrassia, gli asili nido Papavero a Borgo Nuovo e Rallo nella zona di Don Orione;
   i soggetti che si sono introdotti nelle scuole hanno causato non pochi danni: porte divelte, stanze messe a soqquadro, arredi scolastici danneggiati, furto di materiale didattico e di computer utilizzati per la didattica; neppure la presenza di impianti di videosorveglianza è stata un deterrente per evitare un gesto simile e per individuare i responsabili;
   in data 22 giugno 2020, a distanza solo di una settimana dall'ultimo assalto, si è verificato l'ennesimo raid a danno dell'Istituto Falcone, dove i docenti ed il personale scolastico, all'apertura della scuola, hanno trovato le aule nuovamente a soqquadro;
   tali episodi, oltre a causare danni sotto il profilo economico, hanno ingenerato allarme sociale tra i cittadini;
   ad avviso degli interroganti, si è di fronte ad attacchi vili e delinquenziali a carico di luoghi e spazi realizzati per garantire il diritto alla crescita e al benessere dei più piccoli;
   non si tratta di piccoli furti, ma di veri e propri atti di mafia che vedono negli istituti scolastici la presenza e il controllo dello Stato nei territori;
   i suddetti atti vandalici sono da considerarsi gravissimi in quanto puntano ad indebolire il valore simbolico della giustizia e della legalità; inoltre, non è un caso il fatto che le scuole colpite siano notoriamente impegnate nella costruzione di una significativa cultura della legalità, partendo proprio dall'accoglienza e dalla tutela dei diritti dei più deboli;
   considerata la gravità di quanto accaduto, sarebbe utile incrementare la presenza delle forze dell'ordine nei quartieri ad alta densità mafiosa e nei pressi degli istituti scolastici colpiti da tali atti vandalici;
   altresì, sarebbe auspicabile l'istituzione di un tavolo tecnico con la presenza delle altre autorità istituzionali competenti, al fine di analizzare il fenomeno e adottare le misure preventive più idonee e immediate –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di arrestare questi continui episodi di violenza a danno degli istituti scolastici e, conseguentemente, di rafforzare la sicurezza dei cittadini. (3-01626)


Iniziative volte alla realizzazione di un piano strutturale di investimenti per favorire la mobilità tra le regioni Liguria e Piemonte, nel quadro della messa in sicurezza del territorio – 3-01627

   FORNARO e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere — premesso che:
   la Liguria ha una concentrazione di viadotti e gallerie, con criticità note, in particolare sulla tratta appenninica dell'autostrada A26 Voltri-Gravellona Toce, relative a scarsa manutenzione, oggetto di ispezioni ministeriali e all'attenzione della procura della Repubblica;
   le gravi problematiche viabilistiche di queste settimane nelle infrastrutture autostradali e gli annosi problemi strutturali di quelle ferroviarie rischiano di rendere impossibile la vita degli utenti e di far perdere occasioni di sviluppo, determinate dalla possibilità di intercettare le modifiche in atto nelle grandi direttrici dei traffici portuali e della logistica, oltre a mettere a rischio il rilancio post Covid-19 di un settore primario per l'economia ligure come quello del turismo;
   è necessario avere certezze sul piano strutturale di investimenti che, oltre al dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza del territorio, affronti la questione della mobilità tra le regioni Liguria e Piemonte, sia essa autostradale che ferroviaria, tenuto conto delle criticità che continuano a verificarsi, nonché di procedere al passaggio all'Anas del tratto piemontese della ex statale 456 del Turchino;
   per Piemonte e Liguria il rischio isolamento è una realtà. Un problema che riguarda la Liguria, ma che investe l'economia del nord ovest, a partire dal basso Piemonte;
   ad oggi sono diciotto le gallerie chiuse in Liguria e lo saranno almeno fino al 30 giugno, le ispezioni ministeriali stanno determinando chiusure notturne di altre gallerie;
   nel fine settimana si sono verificati chilometri di file sulle autostrade A10 e A12 e i collegamenti ferroviari sono stati presi d'assalto rendendo inattuabili le vigenti regole di distanziamento sociale;
   gli abitanti del Gnocchetto di Ovada e della Val Stura da tempo subiscono pesanti disagi a seguito di una frana che incombe sulla ex statale 456, una strada che sconta i ritardi burocratici del passaggio dalla Provincia di Alessandria all'Anas che darebbe uniformità agli interventi di messa in sicurezza rispetto agli eventi alluvionali dello scorso anno;
   agli interroganti non risultano effettive interlocuzioni tra la regione Liguria e la provincia di Alessandria per affrontare efficacemente le criticità della ex statale 456 –:
   quali iniziative intenda assumere affinché siano affrontate con un piano strutturale di investimenti certi, contestualmente al dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza del territorio, la questione della mobilità tra le regioni Liguria e Piemonte, sia autostradale che ferroviaria, a fini commerciali nonché turistici, determinando in tempi rapidi il passaggio della parte piemontese della ex statale 456 all'Anas. (3-01627)


Iniziative volte alla messa in sicurezza delle gallerie autostradali e per lo sblocco delle opere relative alla «Gronda»
– 3-01628

   PAITA, NOBILI, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere — premesso che:
   la Liguria per le sue caratteristiche geomorfologiche ha una concentrazione di gallerie e ponti autostradali unica in Europa;
   le autostrade, ad eccezione della A7, sono state costruite nei primi decenni successivi al secondo dopoguerra e necessitano di importanti interventi di manutenzione, in molti casi straordinaria, che non sono ancora stati effettuati, come è chiaramente emerso dalla immane tragedia del ponte Morandi;
   una direttiva europea del 2004 sulla sicurezza delle gallerie impone i lavori di messa in sicurezza delle gallerie;
   le necessarie e improrogabili verifiche di interventi di manutenzione sono state recentemente avviate ma in una modalità che ha creato disagi ai cittadini, al porto, al turismo e all'economia nel suo complesso con file chilometriche, proprio alla ripresa del traffico autostradale, dopo mesi di lockdown durante i quali le autostrade sono state quasi completamente deserte;
   per fare fronte a tali disagi è indispensabile un intervento straordinario del Governo che predisponga treni, servizi sostitutivi, maggiore frequenza di voli aerei e un piano di realizzazioni infrastrutturali che non possono più attendere. Tra queste lo sblocco immediato della «Gronda», completamente finanziata nel contratto di programma Autostrade per l'Italia, opera il cui costo risulta essere 4,7 miliardi, così come prevede il progetto approvato in conferenza dei servizi nel 2015. Insieme alla «Gronda» è necessario realizzare il tunnel della Fontanabuona, il cui progetto è fermo da 5 anni;
   per evitare che anche in futuro la Liguria, in caso di manutenzioni straordinarie, resti isolata, è necessario programmare e finanziare anche la rete di strade Anas. I tratti prioritari dell'Aurelia bis da finanziare sono: Ventimiglia – Camporosso, completamento Sanremo verso Pian di Poma, Imperia, prosecuzione Savona, completamento La Spezia e variante di Sarzana;
   tutto ciò appare urgente, anche per consentire al sistema portuale ligure, principale motore economico della regione nonché il maggior sistema portuale italiano con 4 milioni di teus annui, la maggior parte dei quali destinati a Lombardia, Veneto, Emilia e Piemonte, di ripartire senza compromettere ulteriormente i traffici;
   le attuali condizioni del traffico hanno fatto emergere una potenziale situazione esplosiva: code interminabili sui tratti stradali e molto pericolose soste all'interno delle gallerie, che necessitano della presenza di presidi della protezione civile e totale sospensione delle tariffe autostradali in caso di ritardi rilevanti causati dai lavori in corso –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per avviare i lavori esposti in premessa, tra i quali lo sblocco immediato della «Gronda», potenziare il sistema di trasporto stradale, ferroviario, aereo e salvaguardare il sistema portuale, ricordando che la Liguria è anche una delle principali mete turistiche del Paese.
(3-01628)


Iniziative di competenza volte al ripristino dei voli Alitalia dallo scalo di Trieste – 3-01629

   SANDRA SAVINO, NOVELLI e GELMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   successivamente ad una lunga serie di voci che paventavano un possibile disimpegno di Alitalia dallo scalo di Trieste, a metà giugno si sono ufficialmente interrotte le trattative avviate tra la compagnia di bandiera e l'aeroporto di Trieste con la conseguenza che ad oggi la città capoluogo di regione del Friuli Venezia Giulia è rimasta priva di collegamenti aerei con Roma gestiti da Alitalia;
   come riportato da recenti notizie di stampa, Alitalia ha giustificato l'abbandono dell'aeroporto di Trieste alla luce del costo, a suo dire troppo elevato, delle tariffe aeroportuali;
   l'importante aeroporto del Friuli Venezia Giulia, fondamentale per i collegamenti dell'intera penisola con l'Europa centrale e per la presenza nella città giuliana della sede delle Assicurazioni Generali, non può essere penalizzato dalla difficile situazione del vettore italiano;
   l'abbandono dell'aeroporto di Trieste da parte di Alitalia, a giudizio degli interroganti, è inaccettabile alla luce delle risorse pubbliche versate a favore della compagnia aerea nel corso degli anni, alle quali da ultimo si è aggiunto lo stanziamento di ulteriori 3 miliardi di euro previsti dal decreto «rilancio» e che sono finalizzati alla nazionalizzazione definitiva della compagnia aerea;
   è necessario verificare che la gestione commissariale di Alitalia, così come la futura newco, non penalizzi i collegamenti dell'aeroporto Ronchi dei Legionari con il resto della penisola, collegamenti che risultano essenziali per garantire il rilancio economico nell'era post-Covid-19 –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo al fine di garantire il ripristino dei voli Alitalia presso l'aeroporto della città capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia. (3-01629)


Chiarimenti in merito alla posizione del Governo e allo stato delle trattative sul Meccanismo europeo di stabilità (MES), anche alla luce delle risultanze dell'ultimo Consiglio europeo – 3-01630

   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere — premesso che:
   l'articolo 5, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», prevede che il Governo assicuri che la posizione rappresentata dall'Italia nella fase di negoziazione degli accordi tra gli Stati membri dell'Unione europea che prevedano l'introduzione o il rafforzamento di regole in materia finanziaria o monetaria o comunque producano conseguenze rilevanti sulla finanza pubblica tenga conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere;
   sia in occasione del Consiglio europeo del 23 aprile che in quello del 19 giugno scorso, il Governo, adducendo il carattere informale di entrambe le riunioni, non ha acquisito un preventivo indirizzo parlamentare delle Camere sul punto e, in ogni caso, ad avviso degli interroganti, non ha mostrato adeguata considerazione del ruolo del Parlamento;
   inoltre, risulta tuttora incerta la posizione che il Governo intende portare avanti riguardo il MES, con una parte delle forze politiche di maggioranza che ne appoggia l'attivazione ed un'altra che, invece, continua a dichiarare che non vi farà ricorso;
   è indubbio che in assenza di modifiche dei Trattati, e nonostante dichiarazioni d'intenti in senso contrario, il ricorso al MES espone il Paese al rischio di intervento della Troika, con la possibile riapertura della stagione dell'austerità, che darebbe un colpo definitivo al sistema delle imprese;
   contro ogni ottimistica previsione di questa maggioranza, l'ultimo Consiglio europeo non ha registrato alcun progresso nella discussione relativa al Recovery fund rinviando ogni decisione – a quanto si apprende, alla seconda metà di luglio – sconfessando le dichiarazioni del Ministro interrogato di «essere vicino alla meta» –:
   quale sia lo stato delle trattative con l'Unione europea e come il Governo intenda garantire al Paese la necessaria liquidità senza comprometterne la sovranità nelle principali decisioni di politica economica, sociale e di welfare state. (3-01630)


Chiarimenti in merito alla posizione espressa dal Governo nel Consiglio europeo del 19 giugno in ordine all'eventuale rinnovo delle sanzioni dell'Unione europea nei confronti della Russia – 3-01631

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della comunicazione del Governo circa il carattere informale della riunione del Consiglio europeo del 19 giugno, da svolgersi in videoconferenza, il Governo non ha acquisito un preventivo indirizzo parlamentare delle Camere sul punto e, in ogni caso, ad avviso degli interroganti, con riferimento a tale vicenda l'Esecutivo non ha adeguatamente tenuto in conto il ruolo del Parlamento;
   il 19 giugno, nella conferenza stampa in esito ai lavori del Consiglio europeo, il Presidente Charles Michel ha dichiarato che «il Consiglio europeo può procedere con il rinnovo delle sanzioni alla Russia», annunciando un accordo tra i leader dell'Unione in questo senso, raggiunto proprio nel corso della riunione del Consiglio –:
   quale posizione abbia tenuto il nostro Governo in merito all'eventuale rinnovo delle sanzioni dell'Unione europea verso la Russia e su quali altri argomenti abbia espresso una posizione e sulla base di quale mandato. (3-01631)


Iniziative volte a promuovere la centralità dei programmi di mobilità studentesca e delle iniziative per il settore culturale e per la cittadinanza europea nell'ambito del negoziato sul Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 – 3-01632

   FUSACCHIA. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere — premesso che:
   il 18 giugno il Parlamento europeo ha approvato una nuova risoluzione sulla «Conferenza sul futuro dell'Europa», richiedendo al Consiglio di sciogliere quanto prima le riserve in modo da permetterne la convocazione già durante il prossimo semestre europeo;
   lo scorso 19 giugno si è svolta la prima riunione del Consiglio europeo per discutere la proposta relativa al Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, comprensiva del programma «Next Generation Eu»: come richiesto dalla Commissione e dal Parlamento tale discussione sarà collegata ad una riforma delle risorse proprie per il finanziamento del bilancio dell'Unione;
   come evidenziato dal Movimento europeo e da varie organizzazioni della società civile a mezzo stampa, nella proposta di Quadro finanziario pluriennale i fondi destinati a «Erasmus+», «Europa Creativa» e «Corpo europeo di solidarietà» sarebbero ridotti di quasi 6 miliardi di euro rispetto alla precedente proposta della Commissione europea del 2018;
   il prossimo 9 luglio ricorrerà il 40o anniversario del «Club del Coccodrillo», intergruppo di europarlamentari fondato da Altiero Spinelli per rilanciare il progetto costituente in seno al Parlamento europeo. Il dibattito generato da quell'iniziativa ha dato il via ad un processo di riforme istituzionali che hanno portato all'Unione europea contemporanea –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per ridare centralità e priorità ai temi della mobilità studentesca, della cultura, dei giovani e della costruzione di una vera cittadinanza europea all'interno del negoziato sul nuovo Quadro Finanziario Pluriennale e, più in generale, nelle decisioni che attengono alle risorse già programmate o in ipotesi di programmazione alla luce della ripartenza dell'Europa nel post Covid-19. (3-01632)