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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 31 ottobre 2019

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 31 ottobre 2019.

  Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Carfagna, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Menech, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Maniero, Marrocco, Marzana, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Pastorino, Pedrazzini, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Sodano, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 30 ottobre 2019 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   ALESSANDRO PAGANO ed altri: «Modifiche alla tabella A allegata all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e altre disposizioni per lo spostamento del tribunale di Agrigento dal distretto della corte di appello di Palermo al distretto della corte di appello di Caltanissetta e la rideterminazione del circondario del tribunale di Sciacca» (2223);
   DEL MONACO ed altri: «Disposizioni in materia di trattamento previdenziale e di invalidità per il personale appartenente al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico nonché di benefìci in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e delle vittime del dovere» (2224);
   ALBERTO MANCA ed altri: «Norme sulla costituzione di pegno rotativo sui prodotti agricoli a lunga maturazione, sui prodotti vitivinicoli e sulle bevande spiritose a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta» (2225);
   MURONI: «Modifiche alla disciplina in materia di immigrazione e condizione dello straniero. Ratifica ed esecuzione del capitolo C della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992» (2226);
   BISA ed altri: «Modifica all'articolo 590-bis del codice penale, concernente il delitto di lesioni personali stradali gravi o gravissime, in materia di punibilità a querela della persona offesa» (2227);
   GELMINI e COSTA: «Istituzione della Giornata nazionale delle vittime di errori giudiziari» (2228).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge FRASSINETTI ed altri: «Istituzione del Giorno del ricordo della strage dei piccoli martiri di Gorla» (1278) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Caretta.

  La proposta di legge BRUNETTA ed altri: «Disposizioni per la valorizzazione della produzione enologica e gastronomica italiana» (1682) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Caon.

  La proposta di legge DEIDDA ed altri: «Disposizioni per la concessione di una promozione a titolo onorifico agli ufficiali e ai sottufficiali di complemento delle Forze armate e del Corpo della guardia di finanza collocati in congedo assoluto» (2001) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Caretta.

  La proposta di legge CIRIELLI: «Istituzione di una fondazione per la promozione e la tutela del collezionismo minore» (2044) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Caretta.

Modifica del titolo di proposte di legge.

  La proposta di legge n. 2025, d'iniziativa dei deputati BOLDI ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni in materia di accesso ai concorsi pubblici per dirigente medico odontoiatra e alle funzioni di specialista odontoiatra ambulatoriale del Servizio sanitario nazionale».

Trasmissione dal Senato.

  In data 30 ottobre 2019 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
   S. 1140. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Mozambico, fatto a Maputo l'11 luglio 2007» (approvato dal Senato) (2229);
   S. 1141. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall'altra, fatto a Monaco il 18 febbraio 2017» (approvato dal Senato) (2230);
   S. 1142. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Kirghisa sulla cooperazione culturale, scientifica e tecnologica, fatto a Bishkek il 14 febbraio 2013» (approvato dal Senato) (2231);
   S. 1143. – «Ratifica ed esecuzione della Carta istitutiva del Forum internazionale dell'Energia (IEF), con Allegato, fatta a Riad il 22 febbraio 2011» (approvato dal Senato) (2232).

  Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   VIII Commissione (Ambiente):
  PATASSINI ed altri: «Introduzione dell'articolo 44-bis del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, e altre disposizioni in favore delle persone lese e dei familiari delle vittime di eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo» (2093) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti):
  LATTANZIO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione massiva di informazioni false attraverso il sistema dell'informazione e della comunicazione, sulla garanzia del diritto all'informazione e sull'utilizzo critico dei mezzi e delle tecnologie della comunicazione» (2213) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 2 ottobre 2019, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, che il Governo ha attivato la predetta procedura in ordine al progetto di regola tecnica recante decreto ministeriale concernente la modifica degli Allegati 1 e 7 al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, recante riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88.
  Questa comunicazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 10 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, le osservazioni formulate dalla Commissione europea in ordine allo schema di decreto ministeriale di aggiornamento del decreto del Ministro dell'interno 3 agosto 2015, recante approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 15 ottobre 2019, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, che il Governo ha attivato la predetta procedura in ordine sistema di qualità nazionale «Acquacoltura sostenibile».
  Questa comunicazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 27 settembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti relazioni concernenti progetti di atti dell'Unione europea, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1309/2013 sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (2014-2020) (COM(2019) 397 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti – alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   relazione in merito alla proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 2013/755/UE del Consiglio, del 25 novembre 2013, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare all'Unione europea («decisione sull'associazione d'oltremare») (COM(2019) 359 final), alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e XIV (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 7 e 8 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti relazioni concernenti progetti di atti dell'Unione europea, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (UE) 2019/501 e (UE) 2019/502 per quanto riguarda i rispettivi periodi di applicazione (COM(2019) 396 final) – alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   relazione in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 573/2014/UE su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l'impiego (SPI) (COM(2019) 620 final) – alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione dell'avvio di procedure d'infrazione.

  Il Ministro per gli affari europei, con lettera in data 1o ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti comunicazioni concernenti l'avvio di procedure d'infrazione, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, notificate in data 20 settembre 2019, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni, nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   comunicazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2019/0279, avviata per mancato recepimento della direttiva (UE) 2017/1371 relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale – alla VI Commissione (Finanze);
   comunicazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2019/0280, avviata per mancato recepimento della direttiva di esecuzione (UE) 2019/523 che modifica gli allegati da I a V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o a prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità – alla XIII Commissione (Agricoltura).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 24 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'anno 2019, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (129).
  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 20 novembre 2019.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1476 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 3 SETTEMBRE 2019, N. 101, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LA TUTELA DEL LAVORO E PER LA RISOLUZIONE DI CRISI AZIENDALI (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2203)

A.C. 2203 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    in particolar modo, al Capo II del suddetto provvedimento si intende far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori della Nazione;
    nel maggio 2018 l'Azienda Whirlpool, pubblicando i dati relativi al Piano industriale 2015-2018, denunzia risultati negativi, e comunque al di sotto degli obiettivi previsti da detto Piano, riaprendo la discussione sul futuro aziendale del gruppo in Italia e ingenerando così e nuovamente forti preoccupazioni tra le maestranze, gli operatori economici, il territorio che, ad esempio come quello marchigiano, è già in sofferenza a seguito degli eventi sismici del 2016;
    il 30 ottobre 2018, l'allora Ministro dello sviluppo economico, Onorevole Di Maio, dichiarava pubblicamente che l'Azienda Whirlpool non avrebbe licenziato nessuno e che avrebbe riportato in Italia parte della sua produzione che aveva spostato in Polonia;
    il 15 ottobre 2019 l'attuale Ministro dello sviluppo economico Onorevole Stefano Patuanelli, a seguito di un nuovo incontro tra l'azienda e il Ministero, dichiara che non c’è stata nessuna apertura da parte dell'Azienda Whirlpool e l'incontro non è stato positivo;
    il mancato accordo tra il Ministero dello sviluppo economico e l'Azienda Whirlpool crea un grave danno alla nostra economia ed ai tanti dipendenti distribuiti nei diversi stabilimenti che rischiano di perdere il posto di lavoro,

impegna il Governo

a mettere in essere tutte le iniziative utili a garantire i livelli occupazionali, salvaguardando la produzione in Italia negli stabilimenti esistenti che l'Azienda Whirlpool aveva acquisito.
9/2203/1Acquaroli, Latini, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    i processi di deindustrializzazione in atto nel nostro Paese hanno comportato non solo crisi economico-sociali ma, come noto, anche problemi di riqualificazione delle aree industriali dismesse all'interno delle città;
    il territorio del Verbano Cusio Ossola e la città di Verbania in particolare, rientrano pienamente in questo fenomeno;
    all'interno della città sin dal 1929 su un'area di 160.000 metri quadrati si è insediato un impianto industriale per la produzione del nylon e di acetato di cellulosa;
    in seguito ad una prima grave crisi industriale, l'impianto già della società Montefibre è stato ceduto negli anni ’90 alla società Acetati S.p.A. del Gruppo Mossi&Ghisolfi; nel dicembre 2010 in seguito alle profonde trasformazioni economiche internazionali, anche la società Acetati, leader per la produzione di acetato di cellulosa, ha cessato l'attività trasferendo le tecnologie e la produzione in parte in Cina ed in parte negli USA;
    da allora è stata avviata una complessa attività di decommissioning e di caratterizzazione del sito produttivo dismesso, nell'ambito della procedura amministrativa di bonifica del sito, ai sensi del Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006;
    il 18 giugno 2019 con sentenza n. 38 il Tribunale di Alessandria ha dichiarato il fallimento della Acetati Immobiliare S.p.A., già Acetati S.p.A., interrompendo il completamento della fase di caratterizzazione del sito e conseguentemente della procedura amministrativa inerente la bonifica;
    considerata la posizione strategica del sito all'interno dell'abitato di Verbania, città che vede nel turismo il suo futuro, è vitale per la città e per tutta la sponda occidentale del Lago Maggiore, procedere al completamento delle attività di caratterizzazione, alla bonifica e alla riqualificazione, attraverso un piano strategico complessivo che disegni il futuro dell'area, sia sotto il profilo urbanistico che socio-economico,

impegna il Governo

e in particolare il Ministero dello sviluppo economico, attraverso i propri strumenti di intervento specificatamente orientati al rilancio delle aree di crisi, a intervenire affinché si realizzino detti processi in collaborazione con la città di Verbania e con la regione Piemonte.
9/2203/2Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede, all'articolo 5-ter, l'assunzione a tempo indeterminato di un contingente di personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, all'articolo 6-bis, un'armonizzazione dei termini di validità di graduatorie di pubblici concorsi;
    il decreto legislativo di riforma del lavoro pubblico n. 75 del 25 maggio 2017 nel quadro della più ampia delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (legge n. 124 del 2015), punta all'obiettivo dichiarato di ridurre il precariato;
    l'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75 del 2017 rubricato «superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni», al comma 1, consente alle pubbliche amministrazioni di stabilizzare attraverso la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato personale non dirigenziale in possesso di tutti i seguenti requisiti: a) risulti in servizio successivamente alla data in entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione; b) sia stato reclutato a tempo determinato in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione; c) abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione di cui alla lettera a) che procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;
    il comma 2 dell'articolo 20, invece, ammette a partecipare alle procedure concorsuali riservate (con riserva nei limiti del 50 per cento dei posti messi a concorso) chiunque risulti essere titolare, alla data di entrata in vigore della «legge Madia», di un contratto di lavoro flessibile;
    le disposizioni di cui alla citata lettera c) implicano che coloro che abbiano maturato i predetti 36 mesi anche solo dopo due mesi, nei due giorni, successivi alla data del 31 dicembre 2017, siano esclusi dalla partecipazione a qualunque procedura concorsuale di stabilizzazione;
    in questa fattispecie rientrano molti lavoratori tra cui circa 500 precari della ASL di Lecce che a seguito di una procedura concorsuale svoltasi nel 2014, sono stati inseriti in una graduatoria, dalla quale la Asl ha attinto per l'assunzione degli idonei a tempo determinato dei vincitori e degli idonei;
    la diversificazione dei contratti di lavoro (della durata di 12 e 18 mesi prorogati rispettivamente fino al raggiungimento dei 36 mesi di servizio) ha creato disparità tra i suddetti operatori, per cui solo chi ha lavorato, con contratti di 18 mesi, è riuscito a maturare i requisiti previsti dal citato articolo 20;
    molti lavoratori, tra cui i circa 500 precari della Asl di Lecce che lavorano da oltre 36 mesi su posto vacante, non dovrebbero più avere proroghe avendo superato i tre anni di servizio. Si evidenzia che tali lavoratori, a seguito di una procedura concorsuale svoltasi nel 2014, sono stati inseriti in una graduatoria dalla quale la ASL ha attinto per l'assunzione;
    è opportuno salvaguardare attraverso la stabilizzazione i precari che hanno maturato evidenti e comprovati requisiti professionali lavorando con la dovuta efficienza all'interno dell'amministrazione pubblica. Senza tale stabilizzazione molte professionalità andrebbero «perse» e ciò comporterebbe una diminuzione dell'efficienza dell'apparato pubblico che svolge un servizio fondamentale per i cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative nei confronti dei lavoratori che hanno maturato 36 mesi anche non continuativi alle dipendenze dell'amministrazione pubblica, successivamente alla data del 31 dicembre 2017, e che hanno già sostenuto una selezione a evidenza pubblica, di accedere, anche se non in servizio, alle imminenti procedure concorsuali volte all'assunzione di personale a tempo indeterminato, in applicazione dell'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017; a valutare altresì la possibilità di inserire nelle procedure concorsuali, una riserva di posti per il precariato, proporzionale alla quota percentuale data ai riservatari della mobilità.
9/2203/3Giannone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede, all'articolo 5-ter, l'assunzione a tempo indeterminato di un contingente di personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, all'articolo 6-bis, un'armonizzazione dei termini di validità di graduatorie di pubblici concorsi;
    il decreto legislativo di riforma del lavoro pubblico n. 75 del 25 maggio 2017 nel quadro della più ampia delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (legge n. 124 del 2015), punta all'obiettivo dichiarato di ridurre il precariato;
    l'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75 del 2017 rubricato «superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni», al comma 1, consente alle pubbliche amministrazioni di stabilizzare attraverso la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato personale non dirigenziale in possesso di tutti i seguenti requisiti: a) risulti in servizio successivamente alla data in entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione; b) sia stato reclutato a tempo determinato in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione; c) abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione di cui alla lettera a) che procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;
    il comma 2 dell'articolo 20, invece, ammette a partecipare alle procedure concorsuali riservate (con riserva nei limiti del 50 per cento dei posti messi a concorso) chiunque risulti essere titolare, alla data di entrata in vigore della «legge Madia», di un contratto di lavoro flessibile;
    le disposizioni di cui alla citata lettera c) implicano che coloro che abbiano maturato i predetti 36 mesi anche solo dopo due mesi, nei due giorni, successivi alla data del 31 dicembre 2017, siano esclusi dalla partecipazione a qualunque procedura concorsuale di stabilizzazione;
    in questa fattispecie rientrano molti lavoratori tra cui circa 500 precari della ASL di Lecce che a seguito di una procedura concorsuale svoltasi nel 2014, sono stati inseriti in una graduatoria, dalla quale la Asl ha attinto per l'assunzione degli idonei a tempo determinato dei vincitori e degli idonei;
    la diversificazione dei contratti di lavoro (della durata di 12 e 18 mesi prorogati rispettivamente fino al raggiungimento dei 36 mesi di servizio) ha creato disparità tra i suddetti operatori, per cui solo chi ha lavorato, con contratti di 18 mesi, è riuscito a maturare i requisiti previsti dal citato articolo 20;
    molti lavoratori, tra cui i circa 500 precari della Asl di Lecce che lavorano da oltre 36 mesi su posto vacante, non dovrebbero più avere proroghe avendo superato i tre anni di servizio. Si evidenzia che tali lavoratori, a seguito di una procedura concorsuale svoltasi nel 2014, sono stati inseriti in una graduatoria dalla quale la ASL ha attinto per l'assunzione;
    è opportuno salvaguardare attraverso la stabilizzazione i precari che hanno maturato evidenti e comprovati requisiti professionali lavorando con la dovuta efficienza all'interno dell'amministrazione pubblica. Senza tale stabilizzazione molte professionalità andrebbero «perse» e ciò comporterebbe una diminuzione dell'efficienza dell'apparato pubblico che svolge un servizio fondamentale per i cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nel rispetto dei limiti di finanza pubblica, iniziative nei confronti dei lavoratori che hanno maturato 36 mesi anche non continuativi alle dipendenze dell'amministrazione pubblica, successivamente alla data del 31 dicembre 2017, e che hanno già sostenuto una selezione a evidenza pubblica, di accedere, anche se non in servizio, alle imminenti procedure concorsuali volte all'assunzione di personale a tempo indeterminato, in applicazione dell'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017; a valutare altresì la possibilità di inserire nelle procedure concorsuali, una riserva di posti per il precariato, proporzionale alla quota percentuale data ai riservatari della mobilità.
9/2203/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Giannone.


   La Camera,
   premesso che:
    la particolare condizione in cui versano alcuni lavoratori di società più volte aggiudicatarie dell'appalto di Poste Italiane S.p.A. e di fatto sotto la direzione, il controllo e le esigenze organizzative della società committente, pare inquadrarsi nelle condotte, ormai ricorrenti, adottate dalle società aggiudicatrici di appalti o sub-appalti; ad avviso della presentatrice dell'atto in oggetto, tali società sono solite inquadrare in modo degradante i propri dipendenti in aperta violazione di principi costituzionali oltre che, ovviamente, della normativa contrattualistica nazionale di categoria,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa idonea allo scopo di garantire ai lavoratori sopracitati una regolarizzazione del rapporto di lavoro direttamente con Poste Italiane S.p.A. con trattamenti economici conformi al Contratto Collettivo di categoria, anche al fine di salvaguardare la situazione occupazionale.
9/2203/4Bucalo, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    la particolare condizione in cui versano alcuni lavoratori di società più volte aggiudicatarie dell'appalto di Poste Italiane S.p.A. e di fatto sotto la direzione, il controllo e le esigenze organizzative della società committente, pare inquadrarsi nelle condotte, ormai ricorrenti, adottate dalle società aggiudicatrici di appalti o sub-appalti; ad avviso della presentatrice dell'atto in oggetto, tali società sono solite inquadrare in modo degradante i propri dipendenti in aperta violazione di principi costituzionali oltre che, ovviamente, della normativa contrattualistica nazionale di categoria,

impegna il Governo

a valutare ogni iniziativa idonea a favorire la stabilità occupazionale dei lavoratori in subappalto con Poste Italiane S.p.A..
9/2203/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Bucalo, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    Selta S.p.A. è un'azienda che opera nell'ambito della cyber security e degli impianti ad alta tecnologia digitale (quali – ad esempio – l'automazione delle reti di telecomunicazione, elettriche e ferroviarie) e ha proprie sedi a Cadeo (in provincia di Piacenza), Tortoreto Lido (Teramo), Roma e Avellino, presso le quali sono impiegate complessivamente 250 persone;
    in ragione di una forte esposizione debitoria, Selta spa presentava ricorso ai sensi dell'articolo 161, comma 6, della legge fallimentare davanti il tribunale di Milano, sezione fallimentare di Milano. Veniva, quindi, nominato un commissario giudiziale con il compito di vigilare sull'attività di Selta S.p.A. fino alla scadenza del 1o aprile 2019 per la presentazione di concordato preventivo o di domanda di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti;
    il 21 marzo 2019 l'allora Sottosegretario di Stato, si impegnava in risposta allo atto di sindacato ispettivo n. 5-01120 a convocare un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico per discutere della situazione della società Selta;
    con provvedimento dell'11 aprile 2019, il Tribunale di Milano dichiarava lo stato di insolvenza della società Selta, ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e nominava tre Commissari Giudiziali, affidando loro la gestione dell'impresa;
    il 13 maggio 2019 veniva depositata in cancelleria al tribunale di Milano la relazione ex articolo 28 del decreto legislativo n. 270 del 1999;
    il 7 maggio 2019 si riuniva al Mise un tavolo di crisi con la partecipazione dei rappresentanti delle regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Campania, Lazio e Lombardia, i Commissari Giudiziali, i rappresentanti di Federmanager, le rappresentanze sindacali e le RSU;
    con decreto del 12 giugno 2019 il tribunale di Milano dichiarava l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria della società «Selta Spa»;
    con decreto 27 giugno 2019 il Ministro dello sviluppo economico provvedeva alla nomina dei commissari straordinari di Selta S.p.A. nelle persone degli stessi professionisti già designati quali commissari giudiziali in data 10 aprile 2019 «al fine di garantire la continuità dell'attività gestoria nonché nell'ottica di ottimizzare le risorse e valorizzare l'esperienza acquisita»;
    il 7 agosto 2019, i Commissari Straordinari depositavano il programma della procedura, redatto secondo l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali;
    come risulta dalla risposta resa dal Governo allo atto di sindacato ispettivo n. 5-02669, i Commissari Giudiziali, ai quali il Tribunale di Milano aveva conferito funzioni di gestione ordinaria e di vigilanza dell'azienda, nonché delega a compiere tutti quegli atti di ordinaria amministrazione finalizzati a salvaguardare le attività aziendali, riscontravano punti deboli nella situazione di immobilità (che aveva causato perdite di mercato). Per contro, gli stessi Commissari sottolineavano che le professionalità presenti in azienda rappresentavano un importante asset da valorizzare e apparivano fiduciosi sulla ripresa aziendale,

impegna il Governo:


   a monitorare periodicamente l'evolversi della situazione, mantenendo attivo presso il Ministero dello sviluppo economico il tavolo di cui in premessa, al fine di una opportuna convocazione dello stesso nel caso in cui dovessero manifestarsi ulteriori criticità, anche successivamente all'aggiornamento della procedura e fermo restando il ruolo e le competenze dei Commissari Giudiziali in tale fase;
   ad assumere ogni utile iniziativa, al di là del monitoraggio dell'operato dei Commissari Giudiziali da parte del Ministero dello sviluppo economico, affinché sia resa con la urgenza che il caso richiede l'espressione del parere del Comitato di Sorveglianza per il completamento dell'istruttoria del Ministero, finalizzata all'autorizzazione all'esecuzione del predetto programma della procedura.
9/2203/5Foti, Butti, Silvestroni, Zucconi, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    Selta S.p.A. è un'azienda che opera nell'ambito della cyber security e degli impianti ad alta tecnologia digitale (quali – ad esempio – l'automazione delle reti di telecomunicazione, elettriche e ferroviarie) e ha proprie sedi a Cadeo (in provincia di Piacenza), Tortoreto Lido (Teramo), Roma e Avellino, presso le quali sono impiegate complessivamente 250 persone;
    in ragione di una forte esposizione debitoria, Selta spa presentava ricorso ai sensi dell'articolo 161, comma 6, della legge fallimentare davanti il tribunale di Milano, sezione fallimentare di Milano. Veniva, quindi, nominato un commissario giudiziale con il compito di vigilare sull'attività di Selta S.p.A. fino alla scadenza del 1o aprile 2019 per la presentazione di concordato preventivo o di domanda di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti;
    il 21 marzo 2019 l'allora Sottosegretario di Stato, si impegnava in risposta allo atto di sindacato ispettivo n. 5-01120 a convocare un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico per discutere della situazione della società Selta;
    con provvedimento dell'11 aprile 2019, il Tribunale di Milano dichiarava lo stato di insolvenza della società Selta, ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e nominava tre Commissari Giudiziali, affidando loro la gestione dell'impresa;
    il 13 maggio 2019 veniva depositata in cancelleria al tribunale di Milano la relazione ex articolo 28 del decreto legislativo n. 270 del 1999;
    il 7 maggio 2019 si riuniva al Mise un tavolo di crisi con la partecipazione dei rappresentanti delle regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Campania, Lazio e Lombardia, i Commissari Giudiziali, i rappresentanti di Federmanager, le rappresentanze sindacali e le RSU;
    con decreto del 12 giugno 2019 il tribunale di Milano dichiarava l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria della società «Selta Spa»;
    con decreto 27 giugno 2019 il Ministro dello sviluppo economico provvedeva alla nomina dei commissari straordinari di Selta S.p.A. nelle persone degli stessi professionisti già designati quali commissari giudiziali in data 10 aprile 2019 «al fine di garantire la continuità dell'attività gestoria nonché nell'ottica di ottimizzare le risorse e valorizzare l'esperienza acquisita»;
    il 7 agosto 2019, i Commissari Straordinari depositavano il programma della procedura, redatto secondo l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali;
    come risulta dalla risposta resa dal Governo allo atto di sindacato ispettivo n. 5-02669, i Commissari Giudiziali, ai quali il Tribunale di Milano aveva conferito funzioni di gestione ordinaria e di vigilanza dell'azienda, nonché delega a compiere tutti quegli atti di ordinaria amministrazione finalizzati a salvaguardare le attività aziendali, riscontravano punti deboli nella situazione di immobilità (che aveva causato perdite di mercato). Per contro, gli stessi Commissari sottolineavano che le professionalità presenti in azienda rappresentavano un importante asset da valorizzare e apparivano fiduciosi sulla ripresa aziendale,

impegna il Governo:


   a monitorare periodicamente l'evolversi della situazione, anche mantenendo attivo presso il Ministero dello sviluppo economico il tavolo di cui in premessa, qualora ne sussistano le condizioni, al fine di una opportuna convocazione dello stesso nel caso in cui dovessero manifestarsi ulteriori criticità, anche successivamente all'aggiornamento della procedura e fermo restando il ruolo e le competenze dei Commissari Giudiziali in tale fase;
   a valutare l'opportunità di assumere ogni utile iniziativa, al di là del monitoraggio dell'operato dei Commissari Giudiziali da parte del Ministero dello sviluppo economico e nei limiti di propria competenza, affinché sia resa con la urgenza che il caso richiede l'espressione del parere del Comitato di Sorveglianza per il completamento dell'istruttoria del Ministero, finalizzata all'autorizzazione all'esecuzione del predetto programma della procedura.
9/2203/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Foti, Butti, Silvestroni, Zucconi, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca una serie di misure urgenti volte a contenere le crisi aziendali, in particolare dispone stanziamenti per le aeree di crisi complesse delle regioni Sardegna e Sicilia;
    mancano, tuttavia, disposizioni in favore della regione Campania dove nell'ultimo anno si sono registrati numerosi casi di crisi aziendali generando notevoli conseguenze negative sui livelli produttivi e occupazionali della Regione;
    basti osservare la nota vicenda della società Whirlpool che, dopo aver ricevuto circa 27 milioni di euro di fondi pubblici, ha deciso di cedere lo stabilimento di Napoli con circa 410 dipendenti, ritenendolo non produttivo, alla società Passive Refrigeration Solutions, nonostante gli accordi sottoscritti al MISE in data 25 ottobre 2018 sul piano industriale 2019-2021;
    un'altra vicenda che ha riguardato la Campania è quella relativa alla azienda Treofan che dopo la sua cessione ad un nuovo proprietario straniero, la società indiana Jindal, ha deciso improvvisamente di chiudere il suo stabilimento di Battipaglia avviando le procedure di licenziamento collettivo per circa cento lavoratori e sino ad oggi le trattative avviate dai vertici con le organizzazioni sindacali si sono rivelate infruttuose;
    pertanto, tutt'oggi risultano irrisolte le crisi aziendali richiamate, sebbene si tratti di una situazione che incide sulle attività di produzione e su tantissimi lavoratori che inaspettatamente si sono ritrovati senza lavoro e privi di garanzie economiche,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad assicurare le risorse necessarie per le imprese della regione Campania per evitare ulteriori cessioni societarie e supportare la continuità produttiva e i livelli occupazionali dei dipendenti.
9/2203/6Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    tra le mission originarie del provvedimento vi era quella di individuare strumenti di risoluzione per le molteplici crisi aziendali del Paese: malgrado allo stato attuale siano 158 i tavoli di crisi attivi presso il MISE che coinvolgono crisi aziendali in riferimento alle quali sono circa 300 mila lavoratori a rischio, escludendo gli indotti, buona parte di queste non trovano spazio, in termini di adeguate misure di intervento, nel provvedimento in esame;
    tra le crisi aziendali particolarmente complesse si evidenzia il caso di Whirlpool, di cui la proprietà ha annunciato la cessione dello stabilimento di Napoli, operando una decisione unilaterale attraverso cui ha disatteso l'accordo sul piano industriale 2019-2021 siglato nel mese di ottobre 2018, nel quale si impegnava a non dismettere la struttura produttiva;
    a tal riguardo si evidenzia che l'articolo 11 del provvedimento prevede che le imprese che fabbricano elettrodomestici, pertanto tra queste anche Whirlpool, con riferimento a quelle che occupano più di 4 mila lavoratori e che hanno unità di produzione nel territorio nazionale, di cui almeno una in un'area di crisi complessa, e che hanno stipulato un contratto di solidarietà, siano esonerate dal versamento «del contributo addizionale dovuto in caso di ricorso al trattamento di integrazione salariale nel limite di spesa di 10 milioni di euro per il 2019 e di 6,9 milioni di euro per il 2020»;
    malgrado il riconoscimento di cui all'articolo 11, la multinazionale ha evidenziato che le misure contenute nel provvedimento in oggetto non sono risolutive e che non possono incidere sul mantenimento del sito di Napoli;
    si evidenzia nel percorso di confronto con l'Esecutivo, la Whirlpool, ha stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un accordo per la proroga cosiddetta «complessa» del contratto di solidarietà, ai sensi dell'articolo 22-bis del decreto n. 148 del 2015, per il periodo dal 1o gennaio al 31 dicembre 2019;
    in data 10 dicembre 2018, sono stati ulteriormente stipulati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali accordi di solidarietà, per il periodo dal 1o gennaio 2019 al 6 aprile 2020, riferiti ai lavoratori dipendenti delle aziende Whirlpool Emea e Whirlpool Italia;
    malgrado la definizione dei suddetti accordi, il 17 settembre 2019 la proprietà ha annunciato l'avvio della procedura di cessione dello stabilimento campano alla Prs-Passive Refrigeration, successivamente è stato interrotto presso il Ministero dello sviluppo economico il tavolo con Whirlpool, in ragione della richiesta ministeriale rivolta all'azienda di ritirare la procedura di cessione;
    Whirlpool ha comunicato di voler sospendere la cessione dei rami d'azienda di Napoli fino al 31 ottobre 2019, decisione motivata dall'azienda in ragione della «mancata disponibilità» del Governo a discutere della cessione degli stabilimenti alla Prs-Passive Refrigeration,

impegna il Governo

a predisporre ogni utile ed urgente iniziativa atta a garantire tutele adeguate per i lavoratori degli stabilimenti Whirlpool, oggetto di cessione e dismissione da parte della proprietà, unitamente al rilancio economico e produttivo degli stessi.
9/2203/7Bellucci, Meloni, Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    l'articolo 6-bis del provvedimento in oggetto introdotto dal Senato, prevede una revisione della disciplina in materia di validità delle graduatorie delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni;
    nello specifico si è inteso operare un ripristino graduale del termine triennale di validità delle graduatorie, con riferimento a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;
    il comma 361 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018 n. 145 prevede che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 siano utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso;
    sarebbe auspicabile armonizzare la novella di cui all'articolo 6-bis del provvedimento in esame alle disposizioni previgenti in materia di validità e gestione delle graduatorie dei concorsi, al fine di ottimizzare i risultati degli stessi consentendo il reclutamento anche degli idonei ove sussiste un'esigenza legata al fabbisogno di personale in capo alle amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a consentire lo scorrimento delle graduatorie degli idonei nei concorsi banditi nel 2019 attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative volte alla revisione della disciplina vigente in materia di validità delle graduatorie di concorso.
9/2203/8Prisco, Rizzetto, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    è necessario adottare iniziative per agevolare e sostenere l'inserimento delle persone con disturbo dello spettro autistico nel mondo del lavoro, poiché l'attuale organizzazione sociale e lavorativa non ne consente una concreta inclusione. Sul punto, la legge 12 marzo 1999, n. 68, che contiene disposizioni per il diritto al lavoro dei disabili, si è rivelata del tutto insufficiente;
    alcune persone autistiche, con l'assistenza dei familiari e dell'amministratore di sostegno, che ne hanno identificato le capacità utili, per crearsi delle alternative lavorative, hanno provato ad avviare un'attività di lavoro autonomo con la conseguente apertura di partita IVA. Tuttavia, hanno riscontrato non poche problematiche, poiché non è prevista alcuna agevolazione di avvio all'attività. Diversamente, per i datori di lavoro che assumono un lavoratore disabile sono notoriamente previsti degli sgravi;
    pertanto, è necessario introdurre delle misure a favore delle persone con disturbo dello spettro autistico, che avviano un'attività di lavoro autonomo, come l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per un periodo di 5 anni,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per agevolare l'inclusione lavorativa delle persone autistiche, prevedendo delle agevolazioni e sgravi adeguati per l'avvio di un'attività di lavoro autonomo, svolta con il supporto di familiari ed amministratori di sostegno.
9/2203/9Rizzetto, Prisco, Ciaburro, Caretta, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    è necessario adottare iniziative per agevolare e sostenere l'inserimento delle persone con disturbo dello spettro autistico nel mondo del lavoro, poiché l'attuale organizzazione sociale e lavorativa non ne consente una concreta inclusione. Sul punto, la legge 12 marzo 1999, n. 68, che contiene disposizioni per il diritto al lavoro dei disabili, si è rivelata del tutto insufficiente;
    alcune persone autistiche, con l'assistenza dei familiari e dell'amministratore di sostegno, che ne hanno identificato le capacità utili, per crearsi delle alternative lavorative, hanno provato ad avviare un'attività di lavoro autonomo con la conseguente apertura di partita IVA. Tuttavia, hanno riscontrato non poche problematiche, poiché non è prevista alcuna agevolazione di avvio all'attività. Diversamente, per i datori di lavoro che assumono un lavoratore disabile sono notoriamente previsti degli sgravi;
    pertanto, è necessario introdurre delle misure a favore delle persone con disturbo dello spettro autistico, che avviano un'attività di lavoro autonomo, come l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per un periodo di 5 anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative per agevolare l'inclusione lavorativa delle persone con spettro autistico.
9/2203/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzetto, Prisco, Ciaburro, Caretta, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    in seguito al fallimento del gruppo Thomas Cook, uno dei principali tour operator europei, i dipendenti di quelle aziende che avevano conferito allo stesso l'intera capacità ricettiva o una sua quota rilevante, si trovano ad affrontare gravi difficoltà, già dal mese di ottobre dell'anno in corso, a causa dell'inevitabile calo del flusso di clientela;
    pertanto, è necessario adottare iniziative a tutela di tali dipendenti e dei lavoratori di imprese turistiche che subiscano una significativa riduzione di attività, determinata da situazioni di oggettiva difficoltà dell'impresa committente dei servizi o dalla contrazione di importanti segmenti di mercato, o da calamità naturali o condizioni meteorologiche avverse. Si pensi ai casi verificatisi in passato di considerevoli cali di mercato connessi alla situazione geopolitica (attentati terroristici, tensioni internazionali, e altro ed a calamità naturali e fenomeni meteorologici estremi (ad esempio terremoti, e altro);
    in particolare, nei predetti casi, vanno previste specifiche misure di integrazione salariale ai lavoratori dipendenti, che potrebbero essere finanziate dal Fondo di integrazione salariale di cui all'articolo 29 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, anche in deroga ai requisiti di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 3 febbraio 2016, n. 94343,

impegna il Governo

ad adottare iniziative a tutela dei lavoratori del settore turistico, affinché sia prevista un'integrazione salariale nel caso in cui si verifichi una significativa riduzione di attività che determini la sospensione del rapporto di lavoro o la riduzione dell'orario di lavoro.
9/2203/10Lollobrigida, Rizzetto, Prisco, Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, già approvato in prima lettura dal Senato, reca un complesso di interventi in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni, di ISEE, di risoluzione di crisi aziendali e di conversione ambientale;
    dopo i picchi del 2013 e del 2014, la regione Veneto ha registrato nel 2019 una tendenza generale positiva, che sembra certificare il superamento, almeno iniziale, delle difficoltà incontrate dal tessuto imprenditoriale veneto negli anni della crisi;
    nonostante i dati positivi, la Regione non abbassa la guardia perché sono ancora troppe le aziende interessate da almeno un evento di crisi: tra aprile 2018 e marzo 2019, sono state complessivamente 244;
    in particolare, l'azienda Elcograf, ex Mondadori Printing passata nel 2008 nelle mani del gruppo Pozzoni di Verona, avrebbe un margine operativo lordo in perdita, per il taglio delle commesse proprio da parte della Mondadori con periodici e libri assegnati ad altri stampatori;
    a seguito dell'ulteriore pesante flessione registrata dal mercato dell'editoria, Mondadori avrebbe deciso di diversificare i propri fornitori, valutando unilateralmente non valida la clausola di esclusiva perché non rispetta le condizioni di libertà del mercato. Di qui il taglio delle commesse;
    l'azienda ha comunicato che l'andamento del margine operativo lordo dei primi due mesi del 2019 è in perdita per oltre 3,5 milioni euro e che, se questo trend dovesse continuare, non ci sarà altra scelta che ridurre il perimetro aziendale, con la chiusura di uno o più stabilimenti produttivi, tra i quali in primis Verona Rotative e Melzo, nel milanese;
    forte preoccupazione desta la situazione di incertezza in cui vivono le famiglie dei 440 lavoratori coinvolti, alcuni dei quali già collocati in cassa integrazione,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza volta ad affrontare la grave crisi che ha investito la società Elcograf anche attraverso l'accesso alle soluzioni previste per le aziende editoriali in difficoltà, dagli ammortizzatori sociali ai prepensionamenti, al fine di tutelare il tessuto produttivo veneto e i connessi livelli occupazionali.
9/2203/11Maschio, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge contiene disposizioni urgenti per la tutela dei lavoratori oltre che disposizioni per fare fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    a tre anni dal sisma del centro Italia, la prima misura degli effetti del terremoto sull'economia del centro Italia sembra essere il silenzio. Economia crollata in alcune aree; in lenta ripresa in altre; delocalizzata quasi ovunque; sostenuta da incentivi, ma soffocata dalla burocrazia. In ogni caso, legata ai tempi di una ricostruzione, ferma «al campo delle buone intenzioni» e dove il fatturato delle imprese del cratere è crollato di sette punti;
    in attuazione dell'Accordo di programma sottoscritto il 31 ottobre 2017 tra Ministero dello sviluppo economico, regione Abruzzo, regione Lazio, regione Marche, regione Umbria e Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A., è stato attivato, con circolare del Direttore generale per gli incentivi alle imprese 12 marzo 2018, n. 149937, l'intervento di aiuto ai sensi della legge n. 181 del 1989. La misura, in sintesi, promuove la realizzazione di iniziative imprenditoriali nel territorio dei comuni interessati dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, finalizzate al rafforzamento del tessuto produttivo locale e all'attrazione di nuovi investimenti, nei limiti delle risorse effettivamente disponibili, del regime di aiuto della legge n. 181 del 1989, come disciplinato dal decreto ministeriale 9 giugno 2015, appare chiaro che queste misure non sono stati sufficienti a salvare imprese ed economia delle aree del centro Italia;
    nel suo discorso per la fiducia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che dare un futuro ai terremotati dell'Italia centrale sarebbe stata «la priorità» del suo, secondo, governo. Parole ovviamente condivisibili, ma dei quali anche in questo provvedimento mancano i fatti;
    nella nota di aggiornamento al DEF per i terremotati c’è poco anzi solo un riferimento alla viabilità a pagina 102, un impegno sulle assunzioni del personale tecnico, sui contributi ai comuni con più di 30 mila abitanti e sulla messa in sicurezza di infrastrutture e scuole a pagina 82. Il decreto in esame poteva essere un primo, seppur timido passo;
    i provvedimenti inerenti allo sviluppo economico e sociale del Paese, con particolare riferimento alla politica industriale e alle attività produttive, messi in atto finora dal Governo, non hanno neanche lontanamente raggiunto gli obiettivi prefissati e, anzi, hanno generato effetti negativi e recessivi, nonostante i clamorosi annunci dell'ex Ministro allo sviluppo economico che, ancora a gennaio 2019, intervenendo agli stati generali dei consulenti del lavoro, vedeva addirittura, a «recessione tecnica» già certificata, nel futuro del Paese un nuovo boom economico come negli anni ’60; invece che in un «miracolo produttivo», oggi, la recessione è strutturale e gli italiani soprattutto quelli del centro Italia colpiti dal sisma si ritrovano in una fase di piena stagnazione della produzione industriale, con enorme pregiudizio per le famiglie e le imprese,

impegna il Governo

a individuare misure economiche e normative volte a consentire alle imprese ubicate nei territori colpite dal sisma, di beneficiare di aiuti finanziari ad hoc volte a contrastare le inevitabili crisi imprenditoriali e industriali post sisma.
9/2203/12Silvestroni, Trancassini, Prisco, Caretta.


   La Camera

impegna il Governo

a individuare misure economiche e normative volte a consentire alle imprese ubicate nei territori colpite dal sisma, di beneficiare di aiuti finanziari ad hoc volte a contrastare le inevitabili crisi imprenditoriali e industriali post sisma.
9/2203/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Silvestroni, Trancassini, Prisco, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    il settore lapideo, segnatamente nel distretto del Apuo-versiliese, si configura come un complesso industriale di eccellenza che ha subito un'evoluzione, in termini produttivo-occupazionali significativa nel corso degli anni, alternando momenti di crescita in termini occupazionali;
    si evidenzia che nel primo trimestre 2019, è stato registrato un calo del materiale lapideo esportato;
    fino agli anni 90, l'esportazione di lapidei si basava quasi esclusivamente sulla trasformazione in Italia dei prodotti delle cave, pertanto è andata definendosi una filiera, dall'estrazione alla trasformazione del prodotto locale, andando a consolidare una cultura del marmo sul territorio contraddistinto da una storia che ha reso i luoghi noti a livello internazionale;
    ad oggi risulta che la maggior parte del materiale estratto sia esportato come materiale grezzo ed è oggetto di trasformazione delocalizzata in territori extra europei, compromettendo significativamente le potenzialità nel comparto in termini produttivi ed occupazionali;
    sebbene le tecniche, il know how e la qualità mantenute dalle realtà del suddetto distretto risultino indiscutibili, queste rischiano di essere compromesse dalle dinamiche del mercato che in ragione della delocalizzazione della trasformazione finale rischiano di inficiare l'immagine del prodotto e la sua collocazione nel mercato come prodotto di eccellenza;
    sarebbe auspicabile garantire la promozione dei marmi italiani, valorizzando la specificità del prodotto rispetto ad altri prodotti presenti sul mercato internazionale, consentendo nel contempo il mantenimento di una filiera esclusivamente italiana,

impegna il Governo

a predisporre adeguate iniziative volte alla tutela del distretto del marmo Apuo-versiliese, nella prospettiva di salvaguardarne sul territorio la filiera dall'estrazione alla trasformazione e lavorazione del marmo e i relativi livelli occupazionali e produttivi, consentendo nel contempo la salvaguardia del patrimonio culturale e storico legato al territorio.
9/2203/13Baldini, Ferri, Mugnai, Donzelli.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 16 aprile 2019 l'allora Ministro allo sviluppo economico Luigi Di Maio firmava il decreto che proclamava Torino area di crisi complessa, menzionando come unica fonte di risorse disponibili a copertura 156.800.000 euro previsti dall'Accordo di Programma sottoscritto il 27 dicembre 2017 tra il Mise, le regioni Piemonte, Campania, Abruzzo, la provincia autonoma di Trento ed FCA SPA;
    il citato Accordo di programma prevede il finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo concentrati esclusivamente su stabilimenti FCA siti in Torino, Orbassano (To), Pomigliano (Na) e Trento, finalizzati alla realizzazione di sistemi di propulsione sostenibile;
    il contributo massimo stanziato dal Mise nel citato Accordo di programma ammonta a complessivi 31.600.000 euro, da suddividere tra le quattro Regioni coinvolte;
    la DGR 20 del 10 novembre 2017 approvata dalla Giunta della regione Piemonte, che stanzia il cofinanziamento di 8.765.000 euro previsto dal citato Accordo, precisa nel contempo che il contributo complessivo del Mise alla regione Piemonte ammonta a soli 18.860.000 euro, invece che 156.800.000 euro;
    nella riunione tenutasi nel Palazzo civico di Torino e dedicata al tema «Area di crisi industriale complessa» il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, alla presenza del sindaco Chiara Appendino e del Presidente della regione Alberto Cirio, ha affermato testualmente che «Dalla legge 181 in base agli accordi di programma possiamo ottenere già 50 milioni subito, e possiamo arrivare fino a 100 con ulteriori progetti che verranno presentati»;
   considerato che l'unico Accordo di programma tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione Piemonte e l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa-Invitalia S.p.A., che preveda risorse ai sensi della legge n. 181 del 1989 risale al 27 luglio 2018 e stanziava complessivamente euro 5.915.576,00, di cui euro 4.915.576,00 a valere sulle risorse della legge n. 181 del 1989 ed euro 1.000.000,00 resi disponibili dalla regione Piemonte,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito delle proprie prerogative, a sottoscrivere entro il corrente anno 2019 un nuovo Accordo di Programma con la regione Piemonte che preveda risorse ai sensi della legge n. 181 del 1989 pari a 50 milioni, destinate a finanziare le proposte progettuali connesse a Torino area di crisi complessa, come garantito dal Presidente del Consiglio in carica.
9/2203/14Montaruli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e la risoluzione di crisi aziendali;
    in data 10 luglio 2019 presso il Ministero dello sviluppo economico si è svolto l'incontro riguardante lo stabilimento di Vittuone della società ABB S.p.A.;
    la riunione è stata presieduta dal Vice Capo di Gabinetto del Ministero e hanno partecipato i dirigenti di ABB, Assolombarda, regione Lombardia, FIM-CISL, FIOM-CGIL, UILM-UIL, nazionali e territoriali, unitamente alle RSU;
    il 30 maggio 2019 la società aveva avviato la procedura di licenziamento collettivo per 108 dipendenti, dopo aver riscontrato l'impossibilità di raggiungere con le organizzazioni sindacali un accordo diretto a gestire gli annunciati esuberi;
    ABB ha dato mandato alla Sofit (Gruppo Randstad) per tentare l'auspicata reindustrializzazione delle aree dello stabilimento di Vittuone rese disponibili dalla cessazione parziale di attività (motori a media tensione);
    ABB si è resa disponibile a valutare il ricorso alla Cigs ex articolo 44 del decreto-legge n. 109 del 2018 con il richiamato percorso di reindustrializzazione e con le Politiche attive del lavoro della Regione; la FIOM CGIL ha accolto positivamente la proposta di ricorrere al citato ammortizzatore sociale registrando che rispetto ai precedenti incontri, anche in sede locale, l'azienda ha messo in campo una nuova possibile via per gestire gli esuberi;
    per UILM UIL e FIM CISL la ricollocazione all'interno dell'azienda è lo strumento principale per la soluzione della problematica, concordano nella possibilità di ricorrere alla CIGS;
    Uilm Uil e Fim Cisl hanno proposto ad ABB di provare a ricollocare i lavoratori presso altre aziende, visto anche il mandato conferito ad un advisor per la ricerca di un nuovo partner,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa per favorire la reindustrializzazione della parte di stabilimento di Vittuone rimasta inutilizzata affinché si garantisca la continuità produttiva e dei posti di lavoro.
9/2203/15Mantovani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    in particolar modo al Capo II del suddetto provvedimento si intende far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori della Nazione;
    il 18 luglio 2018, alla Camera dei deputati, l'allora Ministro dello sviluppo economico Onorevole Di Maio, rendendo l'informativa urgente richiesta sullo stato dei tavoli di crisi aperti presso il Ministero, ha dichiarato che i tavoli di crisi aperti al 30 giugno 2018 erano ben 144 e vedevano coinvolti 189.000 lavoratori che vedevano la loro serenità economica e il loro futuro a rischio;
    dopo un anno esatto non esiste un elenco aggiornato e ufficiale in merito ai tavoli di crisi aziendale attualmente aperti. Secondo quanto risulta ai sindacati, e riportato da « Il Sole 24 ore» il 2 luglio 2019, i tavoli aperti al Ministero risulterebbero aumentati rispetto allo scorso anno, raggiungendo la cifra di 158 tavoli che coinvolgono circa 210.000 lavoratori;
    in data 3 settembre 2019 la dirigenza generale di Sanac S.p.A. ha ufficializzato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico e ai sindacati la richiesta di attivazione della Cassa integrazione straordinaria (Cigs), raggiungendo un accordo per un numero massimo di 343 dipendenti dell'azienda (pari all'organico attuale) e l'impegno a non utilizzarne oltre il 70 per cento come media sull'intero periodo, con una partenza effettiva della stessa tra novembre e dicembre prossimi per tutti e 4 gli stabilimenti in Italia;
    la situazione economico-lavorativa di Sanac S.p.A. risulta essere grave se consideriamo come dal 2011 vi è stata una contrazione continua della produzione (178 mila nel 2011 – 100 mila nel 2019) e dei fatturati, ancor di più se teniamo da conto la difficile situazione di ArcelorMittal (la ex Ilva di Taranto) che ad oggi assorbe il 62 per cento di quanto prodotto dalla Sanac S.p.A.;
    il futuro della Sanac S.p.A., che conta poco meno di un terzo dei suoi dipendenti nel solo stabilimento di Massa Carrara, risulta essere fortemente legato a quello di ArcelorMittal e allo stabilimento di Taranto, un impianto in forte crisi e dal futuro incerto;
    durante la discussione del suddetto provvedimento in Senato è stato approvato un emendamento che ha comportato la cancellazione delle tutele legali (cosiddetto «scudo penale»), fattore decisivo ai fini dei precedenti accordi fra lo Stato e l'ArcelorMittal, dichiarato fondamentale dall'attuale proprietà ai fini dell'investimento perché gli impianti di cui dispongono in questo momento non sono adeguati alle norme ambientali vigenti;
    scelte politiche come quella precedentemente evidenziata, non solo metterebbero in crisi la presenza di ArcelorMittal e la sopravvivenza dello stabilimento ex Ilva di Taranto, ma l'intero indotto che genera l'impianto siderurgico più grande d'Europa, tra cui quello proveniente dalla Sanac S.p.A.,

impegna il Governo

a garantire i livelli occupazionali e la realizzazione di un piano di risanamento di Sanac S.p.A. che vada di pari passo con un rilancio economico-produttivo definitivo dell'impianto ex Ilva di ArcelorMittal a Taranto.
9/2203/16Zucconi, Baldini, Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    in particolar modo al Capo II del suddetto provvedimento si intende far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori della Nazione;
    il 18 luglio 2018, alla Camera dei deputati, l'allora Ministro dello sviluppo economico Onorevole Di Maio, rendendo l'informativa urgente richiesta sullo stato dei tavoli di crisi aperti presso il Ministero, ha dichiarato che i tavoli di crisi aperti al 30 giugno 2018 erano ben 144 e vedevano coinvolti 189.000 lavoratori che vedevano la loro serenità economica e il loro futuro a rischio;
    dopo un anno esatto non esiste un elenco aggiornato e ufficiale in merito ai tavoli di crisi aziendale attualmente aperti. Secondo quanto risulta ai sindacati, e riportato da « Il Sole 24 ore» il 2 luglio 2019, i tavoli aperti al Ministero risulterebbero aumentati rispetto allo scorso anno, raggiungendo la cifra di 158 tavoli che coinvolgono circa 210.000 lavoratori;
    in data 3 settembre 2019 la dirigenza generale di Sanac S.p.A. ha ufficializzato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico e ai sindacati la richiesta di attivazione della Cassa integrazione straordinaria (Cigs), raggiungendo un accordo per un numero massimo di 343 dipendenti dell'azienda (pari all'organico attuale) e l'impegno a non utilizzarne oltre il 70 per cento come media sull'intero periodo, con una partenza effettiva della stessa tra novembre e dicembre prossimi per tutti e 4 gli stabilimenti in Italia;
    la situazione economico-lavorativa di Sanac S.p.A. risulta essere grave se consideriamo come dal 2011 vi è stata una contrazione continua della produzione (178 mila nel 2011 – 100 mila nel 2019) e dei fatturati, ancor di più se teniamo da conto la difficile situazione di ArcelorMittal (la ex Ilva di Taranto) che ad oggi assorbe il 62 per cento di quanto prodotto dalla Sanac S.p.A.;
    il futuro della Sanac S.p.A., che conta poco meno di un terzo dei suoi dipendenti nel solo stabilimento di Massa Carrara, risulta essere fortemente legato a quello di ArcelorMittal e allo stabilimento di Taranto, un impianto in forte crisi e dal futuro incerto;
    durante la discussione del suddetto provvedimento in Senato è stato approvato un emendamento che ha comportato la cancellazione delle tutele legali (cosiddetto «scudo penale»), fattore decisivo ai fini dei precedenti accordi fra lo Stato e l'ArcelorMittal, dichiarato fondamentale dall'attuale proprietà ai fini dell'investimento perché gli impianti di cui dispongono in questo momento non sono adeguati alle norme ambientali vigenti;
    scelte politiche come quella precedentemente evidenziata, non solo metterebbero in crisi la presenza di ArcelorMittal e la sopravvivenza dello stabilimento ex Ilva di Taranto, ma l'intero indotto che genera l'impianto siderurgico più grande d'Europa, tra cui quello proveniente dalla Sanac S.p.A.,

impegna il Governo

a garantire i livelli occupazionali e la realizzazione di un piano di risanamento di Sanac S.p.A..
9/2203/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Zucconi, Baldini, Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    in data 24 maggio 2019 il Tribunale di Milano ha emesso la sentenza n. 414/2019 dichiarando il fallimento della Shernon Holding S.r.l., società che subentrò al Gruppo Mercatone Uno a seguito di procedura di amministrazione straordinaria rilevando insieme alla società Cosmo spa i punti vendita e garantendo la tenuta dei livelli occupazionali e la continuità dell'azienda;
    il 18 giugno 2019, in esito all'estrazione a sorte tenutasi in seduta pubblica presso il Ministero dello sviluppo economico, sono stati nominati, in sostituzione dei precedenti dimissionari, i nuovi Commissari straordinari del Gruppo Mercatone Uno;
    in data 17 luglio 2019, il Ministero ha autorizzato i Commissari ad avviare la procedura di vendita a trattativa privata per la cessione dei complessi aziendali delle società che comprendono i 55 rami d'azienda aventi ad oggetto i punti di vendita, unitamente ai relativi immobili di proprietà delle Società, nonché agli immobili di proprietà destinati ad uso magazzino, il marchio «Mercatone Uno» e altri marchi delle Società, e la sede amministrativa di Imola che congiuntamente rappresentano il «Perimetro di Vendita»;
    il predetto bando invitava a presentare offerte vincolanti per l'acquisto dell'intero o parte del Perimetro di Vendita entro il termine perentorio delle ore 18.00 del giorno 31 ottobre 2019;
    in data 8 ottobre 2019 i commissari hanno illustrato le attività condotte nella sede del Mise e alla presenza dei sindacati, dei rappresentanti delle regioni e dei comuni coinvolti;
    in particolare, l'analisi dei commissari ha evidenziato che a seguito di dimissioni e ad alcuni licenziamenti individuali il numero dei dipendenti risulta 1731 rispetto ai 1824 iniziali; con riferimento al perimetro di vendita, l'amministrazione straordinaria ha comunicato che può disporre attualmente di 48 strutture rispetto alle 55 totali delle quali una parte è di proprietà, una parte sotto sequestro per procedura penale contro Cve, una parte in affitto. I mancanti sono stati oggetto di sfratto esecutivo precedente all'amministrazione straordinaria;
    con riferimento al processo di vendita, i commissari hanno evidenziato che sono stati contattati 144 potenziali investitori. Di questi 24 hanno manifestato interesse mentre solo 11 hanno richiesto accesso e sono ancora attivi nella data room. I Commissari, e lo stesso Ministero dello sviluppo economico, hanno confermato che entro il 31 ottobre dovranno essere presentate le offerte vincolanti ed entro il 31 dicembre dovrà terminare il processo di vendita;
    i dati evidenziati dai commissari straordinari sono oggetto di analisi e osservazioni degli organi di stampa di settore che registrano a più riprese la complessità della gestione da parte dell'amministrazione straordinaria del fallimento Shernon Holding S.r.l.;
    il quadro di analisi illustrato dai commissari desta preoccupazione non solo nei lavoratori e nei rappresentanti dei sindacati ma anche nei potenziali acquirenti. In particolar modo, il numero elevato di problematiche che devono affrontare i commissari e la complessità delle stesse si ripercuote inevitabilmente e negativamente sulla percezione, da parte dei potenziali acquirenti, di attendibilità, sicurezza e validità di eventuali rilevamenti di tutti o parte degli elementi che compongono il perimetro di vendita. Lo conferma il numero esiguo (solo 11 rispetto ai 144 potenziali) di manifestazioni di interesse concrete e di soggetti che attualmente partecipano all'analisi degli elementi nella data room;
    tra le preoccupazioni maggiori, di conseguenza, vi è certamente quella relativa al fatto che i pochi soggetti che hanno manifestato interesse e che eventualmente presenteranno offerte vincolanti potrebbero anche rilevare un numero ridotto di elementi del perimetro di vendita lasciando in condizioni di crisi i restanti e i relativi livelli occupazionali;
    ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dalla attuale condizione reddituale dei lavoratori: l'esiguo contributo mensile percepito attualmente dai dipendenti, a valere sulla cassa integrazione e rapportato al ridotto orario di lavoro, infatti, si attesta mediamente sui 400 euro mentre la relativa scadenza è fissata al 31 dicembre 2019; successivamente a tale data, l'ammortizzatore sociale di cui potranno beneficiare sarà la NASPI che, ovviamente, non risulta appropriata né garantisce un futuro stabile ed una degna ricollocazione per i dipendenti coinvolti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni utile iniziativa di propria competenza volta a garantire la tenuta dei livelli occupazionali per i dipendenti di tutte le unità del perimetro di vendita, e non solo per quelle che saranno oggetto di offerte vincolanti e di relative acquisizioni, nonché a tutelare il sostegno al reddito dei lavoratori prevedendo, nell'eventualità di futuri licenziamenti collettivi, la proroga della cassa integrazione, eventualmente rapportata agli orari di lavoro precedenti alla cessione del Mercatone Uno alla Shernon Holding Srl avvenuta il 10 agosto 2018, e l'elaborazione di progetti adeguati di politiche attive volti ad una futura ricollocazione occupazionale dei dipendenti.
9/2203/17Gemmato, Rotelli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    l'articolo 12 del provvedimento in oggetto al fine di consentire il potenziamento delle attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali introduce norme funzionali al potenziamento della struttura di cooperazione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro, di cui all'articolo 1, comma 852, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), per il monitoraggio delle politiche volte a contrastare il declino dell'apparato produttivo, consentendo, in deroga alla dotazione organica del Ministero dello sviluppo economico, l'assegnazione di un contingente di personale, fino ad un massimo di 12 unità, dotato di specifiche e necessarie competenze ed esperienze nel settore della politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di impresa;
    il comma 1-bis dell'articolo suindicato prevede l'ipotesi di coinvolgimento dei parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi, che possono essere invitati a partecipare ai lavori della struttura;
    si ritiene auspicabile superare la discrezionalità del coinvolgimento dei parlamentari territoriali alle attività della struttura in oggetto, in ragione del ruolo di rappresentanza delle istanze degli interlocutori coinvolti e della conoscenza delle dinamiche territoriali ed economiche del territorio entro cui insiste la situazione di crisi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che i parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento partecipino di diritto ai lavori della struttura di cooperazione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro di cui all'articolo 1, comma 852, della legge n. 296 del 2006.
9/2203/18Rotelli, Rizzetto, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il ddl di conversione del decreto-legge n. 101 del 2019 recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, contiene misure inerenti la tutela economica e normativa di determinate categorie di lavoratori particolarmente deboli e specifiche misure in materia di politiche attive per la gestione delle crisi aziendali;
    presso il Ministero dello sviluppo economico è rimasta in sospeso, tra le numerose altre, la gestione dalla pratica MERCATONE UNO, attualmente in carico a tre nuovi commissari incaricati dal Ministero per gestire l'amministrazione straordinaria del colosso della vendita di mobili ed elettrodomestici, dopo il clamoroso flop della gestione precedente, che aveva affidato l'azienda alla Shernon Holding srl, fallita nel giro di 9 mesi accumulando circa 90 milioni di euro di debiti e lasciando oltre 1.800 lavoratori senza prospettive;
    in Brianza, a Cesano Maderno, c’è uno dei più grandi stabilimenti del MERCATONE UNO a livello nazionale con i suoi 52 dipendenti, che dal 25 maggio 2018 si trovano in cassa integrazione, con un sussidio calcolato sull'orario di lavoro, già ridotto in accordo con i sindacati durante la crisi dell'azienda per poter continuare a lavorare;
    in nuovo bando di vendita di Mercatone Uno si chiuderà alle ore 18 del 31 ottobre. Tra i punti vendita messi a disposizione nel bando quello di Cesano Maderno, di via Don Luigi Viganò, è stato erroneamente indicato dal regolamento stilato dai commissari in provincia di Milano. A parte l'errore materiale sui confini della Brianza monzese, che comunque segnalo, resta meritoria l'iniziativa dell'amministrazione straordinaria di trovare un acquirente dello storico marchio che dovrà garantire di rimanere aperto almeno per un biennio e garantire i livelli occupazionali definiti all'atto della vendita;
    nella gestione della crisi aziendale appare evidente operare, come richiesto dai lavoratori all'amministrazione straordinaria e al Ministero stesso, una integrazione al reddito per far tornare le buste paga dei lavoratori alle condizioni precedenti a quelle dell'ultima gestione dei negozi, in quanto i tagli assecondati a suo tempo dai lavoratori per sostenere la ripresa dell'azienda non sono stati annullati ed oggi diventano la base per calcolare una cassa integrazione che mensilmente arriva a soli 400 euro lordi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare e stanziare, sin dalla prossima manovra di bilancio, le risorse necessarie per ripristinare i contratti di lavoro alle condizioni precedenti la cessione di Mercatone Uno a Shernon Holding per liberare dalla povertà 1860 lavoratrici destinati, altrimenti, a percepire una CIGS da 400 euro mensili.
9/2203/19Frassinetti, Bucalo, Rizzetto, Silvestroni, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il ddl di conversione del decreto-legge n. 101 del 2019 recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, contiene misure inerenti la tutela economica e normativa di determinate categorie di lavoratori particolarmente deboli e specifiche misure in materia di politiche attive per la gestione delle crisi aziendali;
    presso il Ministero dello sviluppo economico è rimasta in sospeso, tra le numerose altre, la gestione dalla pratica MERCATONE UNO, attualmente in carico a tre nuovi commissari incaricati dal Ministero per gestire l'amministrazione straordinaria del colosso della vendita di mobili ed elettrodomestici, dopo il clamoroso flop della gestione precedente, che aveva affidato l'azienda alla Shernon Holding srl, fallita nel giro di 9 mesi accumulando circa 90 milioni di euro di debiti e lasciando oltre 1.800 lavoratori senza prospettive;
    in Brianza, a Cesano Maderno, c’è uno dei più grandi stabilimenti del MERCATONE UNO a livello nazionale con i suoi 52 dipendenti, che dal 25 maggio 2018 si trovano in cassa integrazione, con un sussidio calcolato sull'orario di lavoro, già ridotto in accordo con i sindacati durante la crisi dell'azienda per poter continuare a lavorare;
    in nuovo bando di vendita di Mercatone Uno si chiuderà alle ore 18 del 31 ottobre. Tra i punti vendita messi a disposizione nel bando quello di Cesano Maderno, di via Don Luigi Viganò, è stato erroneamente indicato dal regolamento stilato dai commissari in provincia di Milano. A parte l'errore materiale sui confini della Brianza monzese, che comunque segnalo, resta meritoria l'iniziativa dell'amministrazione straordinaria di trovare un acquirente dello storico marchio che dovrà garantire di rimanere aperto almeno per un biennio e garantire i livelli occupazionali definiti all'atto della vendita;
    nella gestione della crisi aziendale appare evidente operare, come richiesto dai lavoratori all'amministrazione straordinaria e al Ministero stesso, una integrazione al reddito per far tornare le buste paga dei lavoratori alle condizioni precedenti a quelle dell'ultima gestione dei negozi, in quanto i tagli assecondati a suo tempo dai lavoratori per sostenere la ripresa dell'azienda non sono stati annullati ed oggi diventano la base per calcolare una cassa integrazione che mensilmente arriva a soli 400 euro lordi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei limiti di finanza pubblica, di adottare iniziative per salvaguardare i lavoratori di Mercatone Uno.
9/2203/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Frassinetti, Bucalo, Rizzetto, Silvestroni, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, contiene tra le altre, disposizioni urgenti relative alle crisi aziendali e agli ammortizzatori sociali per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese;
    la multinazionale Bekaert, dopo la minaccia di delocalizzazione già scongiurata nell'estate del 2018, ha avviato una nuova procedura di licenziamento collettivo. Oggi 224 lavoratori della fabbrica di Figline Valdarno (Firenze) sono in cassa integrazione straordinaria fino a fine anno. L'azienda ha spiegato di aver avviato «come già previsto nell'accordo di ottobre scorso, e cioè entro i 75 giorni precedenti la scadenza della Cigs;
    la nuova procedura di licenziamento collettivo per il personale che sarà ancora in forze al 31 dicembre 2019» per «eccedenza occupazionale», sottolineando che finora «sono stati raggiunti risultati positivi in termini di ricollocamenti, ma i contatti avviati con potenziali investitori non hanno ancora portato a una proposta concreta o alla presentazione di un business plan in grado di assicurare l'occupazione dei lavoratori rimanenti». La decisione della multinazionale ha scatenato l'immediata reazioni dei lavoratori, dei sindacati e delle istituzioni locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare per un anno la cassa integrazione ai lavoratori e a individuare sistemi di tassazione finalizzati a scoraggiare le delocalizzazioni.
9/2203/20Donzelli, Rizzetto, Silvestroni, Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    la Mahle, multinazionale tedesca del settore automotive, ha recentemente annunciato la chiusura dei due siti piemontesi, uno stabilimento produttivo a La Loggia, alle porte di Torino, e una fonderia a Saluzzo, nel Cuneese, nei quali lavorano almeno 450 addetti. L'azienda è legata alla storica Mondial Piston che ha dato lavoro a molte famiglie da decenni e ha il suo core business nella produzione di pistoni;
    i vertici della Mahle hanno fornito le motivazioni in una nota dove si parla di «anni critici dal punto di vista economico» e che «la riduzione degli ordini a livello europeo, principalmente nella produzione di motori diesel, ha notevolmente ridotto la capacità produttiva»;
    una crisi quella dell'automobile in Piemonte, la cui produzione è calata dell'80 per cento in 10 anni, che non si arresta e che dopo l'ex Embraco, la Olisistem e la Lear, non ha risparmiato nemmeno la Mahle;
    non mancano però le voci che parlano di un probabile spostamento della produzione in Polonia, che hanno messo chiaramente in allerta i sindacati a proposito del futuro dell'azienda stessa. Il Ministro dello sviluppo economico nell'aprile di quest'anno aveva fornito rassicurazioni sul fatto che il Ministero avrebbe seguito la vicenda in questione, dichiarando inoltre la totale disponibilità ad avviare un tavolo di confronto con le parti, al fine di risolvere la problematica;
    il problema in questione riguarda tutto il territorio italiano, cioè quello delle multinazionali che vengono e poi se ne vanno, come già successo per esempio con Pernigotti, Whirlpool e Ventures, e tante altre. Le principali conseguenze di queste situazioni si ripercuotono però principalmente sui lavoratori italiani i quali perdono il lavoro repentinamente, oltre alle speranze di un futuro, per se e per la propria famiglia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare, da subito, iniziative concrete per salvaguardare il futuro dei lavoratori dell'azienda nei due stabilimenti di Saluzzo e La Loggia.
9/2203/21Ciaburro, Rizzetto, Bucalo, Silvestroni, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il trattamento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) è un ammortizzatore sociale avente la funzione di sostituire e/o integrare la retribuzione dei lavoratori sospesi o a orario ridotto di aziende in situazione di difficoltà produttiva o per consentire alle stesse di sostenere processi di riorganizzazione o qualora abbiano stipulato contratti di solidarietà;
    i tempi di erogazione delle somme sono lunghi oltremodo e incongrui rispetto alle finalità assistenziali dello strumento;
    la regione Piemonte, per sopperire a tali lungaggini e per garantire un sostegno concreto alle famiglie già in grave difficoltà, è riuscita a velocizzare l'erogazione delle somme della CIGS, per una platea di circa 20 mila persone, attraverso la stipula di due protocolli di intesa con due istituti di credito che permettono l'anticipo bancario delle somme esigibili a titolo di CIGS, senza spese per i lavoratori interessati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei provvedimenti di prossima emanazione governativa, di estendere il modello adottato dalla regione Piemonte di anticipo bancario delle somme esigibili a titolo di CIGS a tutte le Regioni d'Italia.
9/2203/22Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Silvestroni, Rizzetto, Bucalo, Prisco, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto persegue la duplice finalità di tutelare il lavoro delle categorie maggiormente disagiate e di fare fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    nel reatino, ci sono circa 500 lavoratori in bilico a causa del procrastinarsi di vertenze e tavoli di crisi ancora aperti al Mise relativi a varie aziende e tra queste all'azienda Elexos, nonostante l'ottimo risultato ottenuto con l'accordo raggiunto per la proroga della cassa integrazione ancora per un anno, non ha esaurito il suo percorso visto che adesso, insieme al Ministero, vertici dell'azienda e istituzioni locali, si doveva individuare un percorso per la riconversione industriale del sito stesso e portare al definitivo ricollocamento gli stessi lavoratori tenuto conto che i dipendenti dell'azienda hanno contribuito al salvataggio del sito produttivo rinunciando ad una serie di strumenti quantificati in circa 3 milioni di euro, tra TFR, mobilità e incentivi all'esodo;
    per il mese di settembre era stata garantita dal precedente Governo, la cassa integrazione per un altro anno ai 42 lavoratori della Elexos (ex Schneider) si era fatto riferimento alla supervisione del ministero dello Sviluppo economico in una situazione in cui la maggioranza delle partite aziendali aperte restano ancora in crisi, con gravi conseguenze per i lavoratori reatini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare ogni misura necessaria finalizzata a garantire i livelli occupazionali e la realizzazione di un piano di risanamento del sito produttivo reatino.
9/2203/23Trancassini, Rizzetto, Silvestroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, già approvato in prima lettura dal Senato, reca un complesso di interventi in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni, di ISEE, di risoluzione di crisi aziendali e di conversione ambientale;
    ad oggi risultano attivi presso il Ministero dello sviluppo economico ben 158 tavoli di crisi concernenti la situazione di oltre 220.000 lavoratori «a rischio», dipendenti di aziende in crisi già in cassa integrazione o prossimi al licenziamento, e tali cifre non possono essere considerate ufficiali perché non esiste un elenco aggiornato;
    i lavoratori con prospettive future incerte sono quelli di colossi storici come Alitalia, Alcoa, Almaviva, Acciai speciali Terni, Blutec, Ilva, Whirlpool o società di rilievo della grande distribuzione, come Mercatone Uno;
    in particolare, il settore dei call-center, che in Italia occupa circa 80.000 lavoratori, da anni attraversa una crisi significativa, che negli ultimi mesi ha assunto caratteristiche di irreversibilità, e solo in Sicilia sono a rischio 20 mila posti di lavoro;
    Almaviva Contact in Italia ha sedi a Palermo, Catania, Rende, Napoli e Milano, fa parte del quinto Gruppo privato italiano per numero di occupati al mondo, con un fatturato nel 2018 pari a 823 milioni di euro;
    tale settore è fortemente esposto alle delocalizzazioni e alla concorrenza sleale in materia di costo del lavoro, fattori che provocano gratti crisi occupazionali affrontate ricorrendo a continui accordi sofferti con pesanti ricadute sul piano sociale, economico e, soprattutto, sui diritti per i lavoratori e le lavoratrici;
    oggi i lavoratori della sede palermitana di Almaviva ricevono sostegno al reddito attraverso il Fondo d'Integrazione Salariale la cui scadenza è prevista per il prossimo 30 novembre. Da dicembre, stando all'accordo, partiranno altri quattro mesi di cigs;
    due dei maggiori committenti, Wind-Tre e Tim, avrebbero annunciato un taglio sostanzioso dei volumi di traffico, si parla addirittura del 70 per cento, che ha portato all'applicazione degli ammortizzatori sociali ai lavoratori del sito compresi fra il 35 e il 60 per cento;
    senza un intervento deciso da parte delle istituzioni nazionali la crisi Almaviva potrebbe avere drammatici risvolti economici e sociali, soprattutto sulla città di Palermo,

impegna il Governo:


   ad attuare un piano coordinato di rilancio per il settore che preveda:
    1) soluzioni di riqualificazione e riconversione anche dal punto di vista delle nuove tecnologie e della formazione degli addetti ai lavori;
    2) risoluzione delle problematiche in materia di dumping salariale, delocalizzazione, contrazione dei volumi e costo del lavoro;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza per garantire più trasparenza sui volumi di traffico delocalizzato all'estero.
9/2203/24Varchi, Meloni, Maschio, Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, già approvato in prima lettura dal Senato, reca un complesso di interventi in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni, di ISEE, di risoluzione di crisi aziendali e di conversione ambientale;
    ad oggi risultano attivi presso il Ministero dello sviluppo economico ben 158 tavoli di crisi concernenti la situazione di oltre 220.000 lavoratori «a rischio», dipendenti di aziende in crisi già in cassa integrazione o prossimi al licenziamento, e tali cifre non possono essere considerate ufficiali perché non esiste un elenco aggiornato;
    i lavoratori con prospettive future incerte sono quelli di colossi storici come Alitalia, Alcoa, Almaviva, Acciai speciali Terni, Blutec, Ilva, Whirlpool o società di rilievo della grande distribuzione, come Mercatone Uno;
    in particolare, il settore dei call-center, che in Italia occupa circa 80.000 lavoratori, da anni attraversa una crisi significativa, che negli ultimi mesi ha assunto caratteristiche di irreversibilità, e solo in Sicilia sono a rischio 20 mila posti di lavoro;
    Almaviva Contact in Italia ha sedi a Palermo, Catania, Rende, Napoli e Milano, fa parte del quinto Gruppo privato italiano per numero di occupati al mondo, con un fatturato nel 2018 pari a 823 milioni di euro;
    tale settore è fortemente esposto alle delocalizzazioni e alla concorrenza sleale in materia di costo del lavoro, fattori che provocano gratti crisi occupazionali affrontate ricorrendo a continui accordi sofferti con pesanti ricadute sul piano sociale, economico e, soprattutto, sui diritti per i lavoratori e le lavoratrici;
    oggi i lavoratori della sede palermitana di Almaviva ricevono sostegno al reddito attraverso il Fondo d'Integrazione Salariale la cui scadenza è prevista per il prossimo 30 novembre. Da dicembre, stando all'accordo, partiranno altri quattro mesi di cigs;
    due dei maggiori committenti, Wind-Tre e Tim, avrebbero annunciato un taglio sostanzioso dei volumi di traffico, si parla addirittura del 70 per cento, che ha portato all'applicazione degli ammortizzatori sociali ai lavoratori del sito compresi fra il 35 e il 60 per cento;
    senza un intervento deciso da parte delle istituzioni nazionali la crisi Almaviva potrebbe avere drammatici risvolti economici e sociali, soprattutto sulla città di Palermo,

impegna il Governo:


   a valutare l'opportunità di attuare un piano coordinato di rilancio per il settore che preveda:
    1) soluzioni di riqualificazione e riconversione anche dal punto di vista delle nuove tecnologie e della formazione degli addetti ai lavori;
    2) risoluzione delle problematiche in materia di dumping salariale, delocalizzazione, contrazione dei volumi e costo del lavoro;
   a valutare l'opportunità di adottare ogni opportuna iniziativa di competenza per garantire più trasparenza sui volumi di traffico delocalizzato all'estero.
9/2203/24. (Testo modificato nel corso della seduta)  Varchi, Meloni, Maschio, Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, già approvato in prima lettura dal Senato, reca un complesso di interventi in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni, di ISEE, di risoluzione di crisi aziendali e di conversione ambientale;
    in particolare, l'articolo 14, soppresso nel corso dell'esame al Senato, interveniva sulla disposizione che esclude la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell'Ilva di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale, sia in merito all'ambito oggettivo dell'esonero da responsabilità, con riguardo alle condotte scriminate, sia in merito all'ambito temporale dell'esimente da responsabilità penale e amministrativa che, per i soli acquirenti o affittuari (e per i soggetti da questi delegati), viene prorogata alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano ambientale alle quali la condotta è riconducibile;
    l'area di Taranto vive da anni una crisi ambientale e sanitaria gravissima, conseguenza di una notevole concentrazione di insediamenti industriali ad alto impatto ambientale, e della presenza, appunto, dell'ex-Ilva;
    non meno importante è la crisi occupazionale, che è anche grave crisi sociale;
    tali emergenze sono state affrontate e trattate negli ultimi sette anni con numerosi decreti d'urgenza, a partire dal 2012 con l'emanazione del decreto-legge n. 129, che ha dettato norme concernenti la realizzazione degli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione dell'area di Taranto, affidati a un Commissario straordinario;
    con successivo decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, l'ILVA è stata dichiarata stabilimento di interesse strategico nazionale e sono state dettate specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale e la commercializzazione dei prodotti;
    nel 2013 (decreto-legge n. 61) sono state dettate disposizioni volte, tra le altre, a disciplinare una specifica procedura per l'approvazione di un «Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria». Tale piano ambientale (adottato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014) ha previsto le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'AIA nonché la conclusione di tutti i procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e dall'AIA del 26 ottobre 2012;
    con il successivo decreto-legge n. 1 del 2015 è stata estesa alle imprese dichiarate di interesse strategico nazionale, quali l'Ilva, la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e, in attuazione di tali norme, sono stati nominati i commissari straordinari, a cui è stata riconosciuta una sorta di immunità penale ed amministrativa per le condotte poste in essere in attuazione del citato piano ambientale;
    successivamente, sono state dettate disposizioni finalizzate alla cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo Ilva, nonché, tra l'altro, è stato fissato al 30 giugno 2017 il termine ultimo per l'attuazione del «piano ambientale», prorogato di ulteriori 18 mesi e, da ultimo, fissato al 23 agosto 2023;
    in data 5 giugno 2017, l'allora Ministro Carlo Calenda ha firmato il decreto che autorizza i Commissari straordinari a procedere alla aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo Ilva S.p.A. ad ArcelorMittal, la cui offerta prevede la realizzazione entro il 2023 degli interventi rientranti nel piano ambientale;
    il 6 settembre 2018 presso il Ministero dello sviluppo economico è stato siglato da sindacati, ArcelorMittal e commissari, l'accordo sull'Ilva, approvato il 12 settembre dai lavoratori del gruppo siderurgico con referendum indetto dai sindacati. Il 1o novembre 2018, a seguito della chiusura della transazione, ArcelorMittal ha assunto il controllo direzionale di Ilva;
    l'accordo prevede che il personale Ilva (circa 13.500 lavoratori tra Taranto, Genova, Novi Ligure e Paderno Dugnano) debba essere ripartito in due: i 10.700 che transitano a Mittal, nelle quattro società costituite allo scopo, e quelli che beneficeranno dell'esodo volontario incentivato e anticipato. Incentivato con un « bonus» finanziato dai canoni di affitto – 180 milioni all'anno – che Mittal, prima dell'acquisizione dell'Ilva, deve versare all'amministrazione straordinaria dei commissari. ArcelorMittal ha, infatti, firmato un contratto d'affitto, che diventerà acquisto solo se l'azienda avrà raggiunto, entro il 23 agosto 2023, gli obiettivi del piano di risanamento ambientale;
    riguardo agli aspetti ambientali, l'accordo si sostanzia in tempi più stretti, ulteriori interventi e nuovi obiettivi da raggiungere come l'abbattimento di emissioni, ma ancora molti sono gli aspetti che rimangono oscuri e che non consentono di avere piena contezza della situazione ambientale e produttiva dello stabilimento dopo l'acquisizione da parte di ArcelorMittal;
    il 5 giugno 2019, la società che ha rilevato le attività del siderurgico, ha annunciato che, pur confermando il proprio impegno su tutti gli interventi previsti per rispettare il piano industriale e ambientale, in conseguenza di una crisi di mercato, dovrà ricorrere temporaneamente alla cassa integrazione guadagni ordinaria. Un provvedimento che interesserà lo stabilimento di Taranto per un numero massimo al giorno di circa 1.400 dipendenti per 13 settimane;
    è di questi giorni la notizia, che sta trapelando dai principali organi di stampa nazionali, circa le intenzioni dell'azienda di cancellare l'accordo del 6 settembre del 2018 e quindi il piano industriale e ambientale concordato;
    la prospettiva di licenziare 5 mila persone, quasi il 50 per cento dei lavoratori dell'Ilva, creerebbe un disagio sociale di enormi proporzioni;
    la proposta della decarbonizzazione, assolutamente condivisibile, deve andare di pari passo con provvedimenti adeguati che non permettano la riduzione dei posti di lavoro e un conseguente impoverimento del tessuto economico e sociale;
    le vicende del complesso siderurgico investono anche l'aspetto sanitario, con risvolti, purtroppo, drammatici: i dati del registro tumori di Taranto hanno dimostrato che a Taranto e provincia ci si ammala molto di più che nel resto d'Italia di mesotelioma e di carcinoma epatico, vescicale e polmonare;
    i dati resi pubblici in queste settimane, relativi all'ultimo aggiornamento dello studio «Sentieri» parlano di un eccesso di mortalità tra il 4 e il 5 per cento nei territori ad alto inquinamento intorno a 45 aree sito di interesse nazionale, e tra queste anche quella di Taranto;
    come gli studi epidemiologici hanno confermato, in quest'area è una maggiore incidenza di ritardi cognitivi dei bambini derivanti dall'inquinamento; nell'arco di 14 anni, dal 2002 al 2015, nel Sin di Taranto sono nati 600 bambini malformati, con una prevalenza superiore all'atteso calcolato su base regionale. E si sono registrati oltre 40 tumori in età pediatrica e nel primo anno di vita;
    l'Arpa Puglia ha accertato un superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione nell'area delle «collinette», nelle cui vicinanze si trovano delle scuole, in particolare valori di policloro-dibenzo-p-diossine, 4,5 volte superiore al valore limite,

impegna il Governo:


   ad adottare ogni opportuna e tempestiva iniziativa volta a garantire l'adozione di modalità produttive orientate ad una progressiva decarbonizzazione dell'impianto, garantendo il rispetto da parte di ArcelorMittal di tutti gli impegni sottoscritti in sede di accordo per la permanenza dell'attività produttiva del complesso siderurgico dell'ex Ilva e la salvaguardia dei livelli occupazionali;
   ad adottare ogni iniziativa necessaria a garantire la realizzazione del Piano di risanamento ambientale, al fine di garantire la tutela della salute e dell'ambiente ai lavoratori e a tutta la popolazione dell'area interessata;
   a prevedere gli opportuni stanziamenti, anche in occasione della prossima legge di bilancio, per implementare le attività di prevenzione e di diagnosi delle patologie correlate all'inquinamento ambientale.
9/2203/25Lucaselli, Gemmato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, già approvato in prima lettura dal Senato, reca un complesso di interventi in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni, di ISEE, di risoluzione di crisi aziendali e di conversione ambientale;
    le aziende che operano nella Regione Calabria soffrono, purtroppo, enormi difficoltà derivanti da un contesto sociale ed economico non florido;
    in particolare, Abramo Customer Care spa è un'azienda primaria nella fornitura di strategie di esternalizzazione dei servizi (servizi Bpo-Business Process Outsourcing), presente anche a Crotone, con una sede che gestisce un call center;
    la vicenda di Abramo Customer care parte circa un anno fa con il mancato di rinnovo dei primi contratti per effetto del decreto dignità. Tutti quei lavoratori che avevano superato i 36 mesi di lavoro continuativo sono rimasti a casa;
    successivamente è subentrata la problematica delle commesse Tim, diminuite drasticamente al punto da costringere Abramo a chiudere interi reparti dell'azienda;
    in particolare, le riduzioni di volumi del committente Tim hanno comportato una perdita di fatturato di circa 10 milioni sul primo semestre 2019 rispetto al 2018. Questo a completamento del quadro disastroso che ha visto il mancato rinnovo del contratto per centinaia di lavoratori precari calabresi;
    l'ulteriore taglio di volumi preannunciato da Tim comporterebbe per l'azienda Abramo Customer care un calo complessivo del fatturato di circa 20 milioni di euro e un esubero di circa 600 unità sull'attuale personale in organico;
    gli strumenti in mano alla contrattazione sono stati, tutti usati, la gestione temporanea della crisi ha finora salvaguardato l'occupazione con pesanti decurtazioni salariali per effetto degli ammortizzatori sociali ordinari, ma senza un intervento deciso e risolutivo delle istituzioni nazionali il rischio di mettere in ginocchio un intero tessuto economico della Calabria diventa sempre più concreto;
    l'attuale sistema degli ammortizzatori per quanto riguarda il settore dei call center non è in grado di assicurate il necessario sostegno utile ad accompagnare i processi di trasformazione che sempre più interessano le aziende del settore,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta ad affrontare in modo organico la grave crisi che ha investito il settore dei call center in Italia, anche attraverso la costituzione di un fondo di solidarietà in grado di supportare le specificità del settore.
9/2203/26Ferro, Rizzetto, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    Il provvedimento in esame introduce disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    da anni presso lo stabilimento Bosch di Modugno (Bari) va avanti la vertenza che interessa circa 2 mila addetti ai lavori, in ragione esubero di oltre 600 unità addette allo stabilimento di Modugno, annunciato dalla proprietà;
    sotto il profilo economico-produttivo, i volumi sono in continuo calo e la diversificazione della produzione su cui la proprietà si è impegnata procede in maniera timida, pertanto sono vigenti da mesi in capo ai lavoratori dei «contratti di solidarietà», al fine di consentire il prosieguo della continuità occupazionale,

impegna il Governo


   a porre in essere, per quanto di competenza, ogni utile iniziative volte a fare chiarezza sulle strategie aziendali Bosch, con particolare riferimento al futuro dei lavoratori dello stabilimento ubicato in Modugno (Bari), territorio notoriamente colpito, sul piano economico e sociale;
   a porre in essere ogni utile iniziativa, per quanto di competenza, al fine di fronteggiare la grave e inesorabile crisi occupazionale che rischia di compromettere.
9/2203/27Galantino, Gemmato, Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    la Sardegna vive, ormai da anni, un grave stato di crisi, in particolare con riferimento sia al polo minerario e metallurgico del Sulcis, dove, le imprese attive, nell'ultimo decennio, si sono ridotte ad un terzo; sia ai siti di produzione di derivati dal petrolio, Ottana nel Nuorese e Porto Torres nel Sassarese, oggi ridotti, in pratica, ad un unico impianto che produce energia mediante l'utilizzo del carbone; sia al Porto Canale di Cagliari, il quale ha visto, da ultimo, il collocamento in cassa integrazione dei dipendenti della società terminalista;
    un recente studio della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, ha individuato una contrazione del PIL regionale del 10 per cento rispetto ai valori registrati nel 2008: dato, quest'ultimo che colloca l'economia sarda ben al di sotto della media nazionale e che si aggiunge al netto calo delle imprese attive nell'isola, nonché dell'interscambio con l'estero, con conseguenti, gravi ripercussioni in termini d'occupazione;
    tale situazione ha determinato un incredibile flusso emigratorio, al punto che nel 2018 sono stati oltre tremila i sardi, soprattutto giovani, costretti a lasciare la regione in cerca di lavoro, con conseguente, pesante accelerazione del declino demografico della stessa regione;
    l'attuale sistema industriale sardo non è più in grado, senza i dovuti investimenti anche ad opera dello Stato, di sostenere lo sviluppo economico dell'isola: in particolare, i predetti investimenti dovrebbero riguardare, soprattutto, il campo dell'infrastruttura energetica, permettendo l'abbattimento del costo dell'energia, con conseguente, notevole vantaggio per le aziende che intendano investire nel territorio in questione;
    sarebbe opportuno prevedere, tra le altre cose: a) la riqualificazione ambientale ed energetica delle aree industriali; b) l'incentivazione all'uso delle fonti rinnovabili per le aziende energivore; c) la promozione dell'aggregazione della domanda elettrica per imprese e cittadini, anche con contratti di fornitura energetica a lungo termine; d) l'incentivazione all'utilizzo di apparecchi elettrici ad alta efficienza, in sostituzione di apparecchi alimentati a gas; e) la promozione della cultura industriale e incentivazione delle professioni tecniche nell'area industriale e ambientale;
    in particolare, appare opportuno valutare la dismissione di alcune delle centrali elettriche esistenti nel territorio regionale sardo, prevedendo, al contempo, la loro conversione – con conseguente recupero ambientale e salvaguardia dei livelli occupazionali – se del caso, anche, con l'installazione di impianti fotovoltaici/solari termodinamici, nonché a gas di nuova generazione, incentivando altresì l'attuale gestore/proprietario a cedere porzioni di rete di distribuzione ai consorzi industriali interessati, consentendo la realizzazione di distretti energetici autonomi e potenzialmente autosufficienti, in grado di produrre l'energia necessaria alle attività consortili;
    appare, altresì, necessario consentire ai comuni della Sardegna, nonché a gruppi spontanei di cittadini, di poter presentare autonomi progetti energetici per il territorio di competenza, prevedendo il totale sgravio degli oneri di sistema avuto riguardo all'utilizzo della quota di energia localmente prodotta,

impegna il Governo:


   a valutare l'opportunità di prevedere investimenti adeguati nel territorio regionale sardo, in particolare per l'adeguamento delle infrastrutture e reti energetiche, nonché per l'avvio delle opere di dismissione e riqualificazione, anche ambientale, e di conversione delle aree interessate dalla presenza di centrali elettriche, se del caso, anche promuovendo l'installazione di impianti fotovoltaici/solari termodinamici, nonché a gas di nuova generazione, salvaguardando, conseguentemente, gli attuali livelli occupazionali;
   ad individuare e destinare nella legge di Bilancio le risorse economiche necessarie per l'attivazione della medesima misura, allo stato quantificabili in 1 miliardo di euro.
9/2203/28Deidda.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca «disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali»;
    il distretto del vetro di Murano vive in un equilibrio di perenne fragilità: uno dei più antichi d'Italia, nato ufficialmente nel 1291 con un'ordinanza della Serenissima, è da tempo in crisi, con chiusure di fornaci e richieste di cassa integrazione per i mastri vetrai si susseguono, mentre anche nei negozi di Venezia si spacciano per muranesi vetri fatti in Cina. Tuttavia, Murano continua a dar vita a opere d'arte e continua ad essere un vero e proprio simbolo del made in Italy;
    numeri alla mano, la crisi del settore vetrario, dal 1990 ad oggi, è certificata dal crollo del fatturato medio delle imprese, il quale è sceso di 270 mila euro (meno 37 per cento). I ricavi crollano a un ritmo del 12 per cento annuo, in poco tempo sono sparite 125 imprese e altre 17 sono in bilico. Le cause di tale crisi sono molteplici, e vanno dal mantenimento delle produzioni in laguna alla concorrenza sleale delle produzioni estere, passando per i vincoli ambientali sempre più restrittivi;
    Antica Murrina Venezia è una delle aziende più note del distretto, grazie ai suoi mosaici colorati, ma è anche uno degli esempi di azienda in crisi di questo settore. L'azienda ha chiesto ed è stato autorizzato un anno di cassa integrazione straordinaria per la riorganizzazione,

impegna il Governo

a porre in essere, da subito, iniziative concrete per il rilancio delle aziende del distretto del vetro di Murano, in modo tale da tutelare e proteggere non solo i lavoratori e gli artigiani di tali imprese, ma anche un intero settore così importante per l'intera economia del nostro Paese.
9/2203/29Caretta, Ciaburro, Maschio.


   La Camera,
   premesso che:
    il Gruppo cinese Wanbao nel 2014 acquisisce Acc Compressors, storica azienda produttrice di compressori per frigoriferi fiore all'occhiello della metalmeccanica bellunese, dando vita al sito produttivo italiano di Italia Wanbao-Acc;
    nel corso della propria attività a Mel, la multinazionale cinese ha ricevuto tutto il supporto possibile da parte dei lavoratori e delle istituzioni, beneficiando peraltro anche di aiuti finanziari: ammortizzatori sociali e formazione per i dipendenti;
    in data 24 ottobre, presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico la Proprietà ha annunciato la propria decisione di disimpegno nella gestione del sito bellunese, venendo meno alle promesse di valorizzazione e rilancio industriale fatte ai lavoratori e alle Istituzioni nazionali e territoriali in tutti questi anni, Wanbao ha inoltre limitato a soli 7 mesi la propria disponibilità a ricercare un eventuale acquirente, prima di procedere alla chiusura;
    in relazione a tale situazione di crisi del sito di Mel operante in un comparto produttivo strategico per il Territorio nazionale, quale è quello dell'Elettrodomestico, e al rischio occupazionale di oltre 280 lavoratori,

impegna il Governo

a porre in essere, da subito, iniziative concrete per la tutela del sito produttivo bellunese, al fine di individuare, in un tempo congruo, una soluzione condivisa e sostenibile in grado di garantire la continuità produttiva del sito e la salvaguardia dei lavoratori.
9/2203/30Luca De Carlo, Osnato, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, prevede al suo interno misure urgenti per la tutela del lavoro e di intervento relative alle crisi aziendali e agli ammortizzatori sociali per fare fronte alle importanti crisi aziendali in corso nei vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli minimi occupazionali e garantire il sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    il decreto-legge detta disposizioni specifiche a tutela delle aree sottoposte a crisi industriali fortemente danneggiate, attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie destinate alla proroga del trattamento di integrazione salariale straordinario concesso per riorganizzazione, crisi aziendale e contratto di solidarietà;
    in questo contesto si inserisce e rappresenta un caso di rilevante interesse sociale la Ferrosud S.p.A. di Matera, impresa italiana di costruzioni meccaniche del settore ferrotranviario e di ristrutturazioni rotabili che ha offerto in passato lavoro a tantissimi cittadini lucani e che nel corso degli ultimi anni ha sempre dimostrato potenzialità di espansione;
    dalle procedure avviate per discutere sul fitto del ramo d'azienda da Ferrosud a Ferrocos e per la presentazione del piano industriale della Ferrocos alla presenza dell'Amministratore Unico della Coseco, società che controlla la Ferrocos, risulterebbe un piano industriale che secondo i responsabili di Fim, Fiom e Uilm, sarebbe caratterizzato da tutta una serie di interrogativi e limiti specialmente per la tenuta occupazionale dell'intera forza lavoro del sito;
    tuttavia, le maggiori organizzazioni Sindacali hanno fatto rilevare con forza che, solo facendo investimenti seri e mirati nel settore ferroviario e nel nuovo core business della Coseco, cioè quello dei compattatori per rifiuti, si possono salvaguardare tutti i posti di lavoro;
    il sito di Matera va salvaguardato e rilanciato al fine di dare un futuro certo ai circa 90 artigiani che da anni hanno fatto non solo la storia ma che potranno ancora contribuire al rilancio di un progetto industriale serio e credibile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare e destinare risorse finanziarie adeguate e finalizzate alla tutela dei lavoratori e a garanzia della sopravvivenza di un settore produttivo di eccellenza, quale quello ferroviario di Matera.
9/2203/31Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    le crisi aziendali si concludono, molto spesso, con la chiusura degli stabilimenti produttivi la disoccupazione dei lavoratori coinvolti;
    la legge prevede lo strumento del cosiddetto «workers buyout», ossia il recupero delle aziende da parte dei lavoratori attraverso il conferimento delle somme percepite a titolo di ammortizzatore sociale, al fine di salvaguardare il capitale umano e quello tecnologico dell'azienda;
    nello specifico, la cosiddetta «Legge Marcora» ha previsto il regime di aiuto finalizzato a sostenere la crescita di attività economiche e dei livelli occupazionali attraverso lo sviluppo di società cooperative,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di fare ricorso, all'interno dei tavoli di crisi aziendali, in via prioritaria, agli strumenti previsti dalla cosiddetta «Legge Marcora» per addivenire all'acquisto e al recupero degli stabilimenti produttivi da parte dei lavoratori.
9/2203/32Osnato, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame contiene disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per fare fronte a importanti crisi aziendali;
    in sede di esame del decreto-legge in Senato è stata disposta la soppressione dell'articolo 14 del decreto, che interveniva sulla disposizione (comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 1/2015) che esclude la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell'Ilva di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale;
    il 6 settembre 2018 ArcelorMittal ha ufficialmente acquisito Ilva con un piano di investimenti di 2,4 miliardi di euro tra componente ambientale e industriale, cui si aggiungono 1,3 miliardi in dotazione ai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria destinati alle bonifiche delle aree non produttive, escluse o non acquisite da ArcelorMittal;
    nell'accordo siglato al Ministero dello sviluppo economico tra sindacati, commissari e ArcelorMittal si prevedeva l'assunzione di 10.700 persone;
    ad oggi si sono svolti già due cicli di cassa integrazione ordinaria, ciascuno di 13 settimane, uno chiuso il 28 settembre per 1.395 addetti ed un altro in corso, dal 30 settembre, per 1.276 lavoratori;
    è di poche settimane fa la notizia del cambio ai vertici di ArcelorMittal Italia, con l'arrivo di Lucia Morselli come presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato;
    tra i lavoratori e i sindacati la preoccupazione per il futuro dell'azienda è sempre crescente,

impegna il Governo

a garantire che le parti rispettino gli impegni presi con l'accordo del 6 settembre 2018 sul piano industriale, sul piano ambientale e sulla salvaguardia dell'occupazione, assicurando la permanenza dell'attività produttiva del complesso siderurgico dell'impianto di Taranto, con l'obiettivo di produrre acciaio pulito e di garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e dell'indotto.
9/2203/33Epifani, Fornaro.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 4 modificano la disciplina sull'impiego di uno stanziamento già vigente, pari ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019, relativo ad ulteriori spese di personale di ANPAL Servizi Spa. Inoltre, con l'inserimento, da parte del Senato, dei commi 2-bis e 2-ter si prevedono la stabilizzazione del personale che abbia già prestato servizio nella suddetta società con contratto a tempo determinato e l'adozione di specifiche procedure concorsuali per il personale titolare, entro il 1o gennaio 2019, di rapporti di collaborazione con la medesima società;
    il capitale di ANPAL Servizi Spa (originariamente denominata Italia Lavoro Spa) è posseduto dall'ANPAL e che tale società opera come soggetto strumentale per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale;
    il comma 2-bis, inserito, come detto, dal Senato, consente che l'ANPAL Servizi Spa: proceda ad assunzioni a tempo indeterminato di tutto il personale che abbia già prestato servizio con contratto a tempo determinato; bandisca, nel triennio 2019-2021, specifiche procedure concorsuali per l'assunzione a tempo indeterminato per il personale che abbia maturato entro il 1o gennaio 2019 specifiche esperienze professionali con contratto di collaborazione presso la medesima società (ivi i compresi i rapporti intercorsi nel periodo in cui la società aveva la denominazione di Italia lavoro Spa;
    si consente, quindi, la conversione dei rapporti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, purché detti rapporti siano stati sottoposti all'origine alle medesime regole selettive richieste per l'assunzione del personale a tempo indeterminato, in presenza dei relativi fabbisogni e previa valutazione positiva delle risorse;
    il personale a tempo determinato e con contratto di collaborazione presso ANPAL Servizi Spa, pari a 654 lavoratori, è stato a suo tempo selezionato con le suddette regole selettive,

impegna il Governo

ad agire affinché si avviino nel più breve tempo possibile le trasformazioni a tempo indeterminato dei 654 lavoratori precari di ANPAL Servizi.
9/2203/34Gribaudo, Serracchiani, Carla Cantone, Lepri, Mura, Soverini, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 4 modificano la disciplina sull'impiego di uno stanziamento già vigente, pari ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019, relativo ad ulteriori spese di personale di ANPAL Servizi Spa. Inoltre, con l'inserimento, da parte del Senato, dei commi 2-bis e 2-ter si prevedono la stabilizzazione del personale che abbia già prestato servizio nella suddetta società con contratto a tempo determinato e l'adozione di specifiche procedure concorsuali per il personale titolare, entro il 1o gennaio 2019, di rapporti di collaborazione con la medesima società;
    il capitale di ANPAL Servizi Spa (originariamente denominata Italia Lavoro Spa) è posseduto dall'ANPAL e che tale società opera come soggetto strumentale per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale;
    il comma 2-bis, inserito, come detto, dal Senato, consente che l'ANPAL Servizi Spa: proceda ad assunzioni a tempo indeterminato di tutto il personale che abbia già prestato servizio con contratto a tempo determinato; bandisca, nel triennio 2019-2021, specifiche procedure concorsuali per l'assunzione a tempo indeterminato per il personale che abbia maturato entro il 1o gennaio 2019 specifiche esperienze professionali con contratto di collaborazione presso la medesima società (ivi i compresi i rapporti intercorsi nel periodo in cui la società aveva la denominazione di Italia lavoro Spa;
    si consente, quindi, la conversione dei rapporti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, purché detti rapporti siano stati sottoposti all'origine alle medesime regole selettive richieste per l'assunzione del personale a tempo indeterminato, in presenza dei relativi fabbisogni e previa valutazione positiva delle risorse;
    il personale a tempo determinato e con contratto di collaborazione presso ANPAL Servizi Spa, pari a 654 lavoratori, è stato a suo tempo selezionato con le suddette regole selettive,

impegna il Governo

ad assicurare che ANPAL Servizi Spa proceda con un percorso di assunzioni a tempo indeterminato nel rispetto delle procedure previste dalla normativa vigente.
9/2203/34. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gribaudo, Serracchiani, Carla Cantone, Lepri, Mura, Soverini, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore siderurgico ha fortemente caratterizzato il tessuto produttivo dell'area di Taranto: l'impianto siderurgico ex ILVA, il più grande d'Europa, rientra fra i siti di interesse strategico per il nostro Paese;
    la crisi del comparto siderurgico, con le connesse criticità ambientali, ha influito negativamente sulla sostenibilità di questo modello di sviluppo, ed è stata riconosciuta l'area di crisi industriale complessa per il territorio dei Comuni di Taranto, Statte, Montemesola, Massafra e Crispiano con il decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129;
    il medesimo decreto-legge ha inoltre affrontato la questione dell'emergenza ambientale dell'area dell'ILVA, dettando norme concernenti la realizzazione degli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione dell'area di Taranto e nominando un Commissario straordinario, dopo che nel marzo 2012 il Ministero dell'ambiente aveva disposto l'adeguamento dell'AIA alle conclusioni delle migliori tecniche disponibili europee (BAT) relative al settore siderurgico; il riesame dell'AIA per mantenere in esercizio lo stabilimento era stato poi concluso nell'ottobre 2012;
    gli interventi per l'area si sono succeduti numerosi nel tempo: ILVA è stata dichiarata stabilimento di interesse strategico nazionale e sono state dettate specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale; nel 2013 è stato disciplinato, con specifico riguardo allo stabilimento ILVA, il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli all'ambiente e alla salute, disciplinando in particolare la procedura per l'approvazione di un «Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria»; il piano ambientale, adottato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014, ha previsto le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'AIA;
    nel 2015, con il decreto-legge n. 1 del 2015, è stata estesa alle imprese dichiarate di interesse strategico nazionale, quali l'ILVA, la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi; sono stati così nominati i commissari straordinari della procedura di amministrazione straordinaria; ai commissari, e ai soggetti da questi funzionalmente delegati, è stata riconosciuta una sorta di immunità penale ed amministrativa per le condotte poste in essere in attuazione del cosiddetto piano ambientale;
    sempre nel 2015, sono state dettate disposizioni finalizzate alla cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, e fissato al 30 giugno 2017 il termine ultimo per l'attuazione del «piano ambientale»; con il successivo decreto-legge n. 98 del 2016, per garantire la tutela ambientale nell'ambito del processo di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, sono state introdotte disposizioni volte a porre in stretta correlazione la procedura di scelta del contraente con quella della realizzazione del «piano ambientale»;
    il medesimo decreto n. 98 del 2016 ha consentito la proroga di ulteriori 18 mesi del termine ultimo per l'attuazione del Piano ambientale, ed esteso all'affittuario o all'acquirente, nonché ai soggetti da questi delegati, l'esclusione dalla responsabilità penale o amministrativa a fronte di condotte poste in essere in attuazione del medesimo Piano, con il limite temporale delle condotte poste in essere fino al 30 giugno 2017 ovvero fino all'ulteriore termine di 18 mesi eventualmente concesso; la decorrenza dei 18 mesi è stata poi fissata, con il decreto-legge n. 244 del 2016, dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di approvazione delle modifiche del «piano ambientale»;
    a seguito del trasferimento, nel giugno 2017, dei complessi aziendali del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria alla società AM InvestCo Italy s.r.l., cordata di ArcelorMittal e Marcegaglia, e alla presentazione da parte di questa della domanda di AIA è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2017 di approvazione delle modifiche al «piano ambientale» del 2014; con il decreto-legge n. 244 del 2016, il termine di 18 mesi per l'attuazione del Piano, in scadenza a marzo 2019, è stato prorogato al 23 agosto 2023, collegandolo alla data di scadenza dell'AIA;
    dunque, pur a fronte di una proroga per l'attuazione del Piano ambientale fino al 2023, restava ferma l'esimente dalla responsabilità penale e amministrativa per i dirigenti di ILVA solo fino alla scadenza di 18 mesi dall'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017, ovvero al marzo 2019; interpellata in merito dal MiSE, l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto che l'esimente avrebbe invece operato «per tutto l'arco temporale in cui l'aggiudicatario sarà chiamato ad attuare le prescrizioni ambientali impartite dall'amministrazione», risultando dunque coincidente con la data di scadenza dell'AIA in corso di validità, ovvero al 23 agosto 2023;
    è intervenuto poi, a contrario, l'articolo 46 del decreto-legge n. 34 del 2019, che ha limitato dal punto di vista oggettivo l'esonero da responsabilità alle attività di esecuzione del cosiddetto piano ambientale, escludendo l'impunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ed ha individuato nel 6 settembre 2019 il termine ultimo di applicazione dell'esonero da responsabilità, considerato che:
    il piano industriale di ArcelorMittal prevedeva investimenti per 2,4 miliardi di euro finalizzati al risanamento ambientale della fabbrica, alla copertura dei parchi minerari e all'adozione di nuove tecnologie per ammodernare gli impianti, nonché un rimborso per 1,8 miliardi di euro a favore dello Stato e dei creditori;
    nel settembre 2018 era stato raggiunto e siglato al Ministero dello sviluppo economico l'accordo sull'Ilva tra sindacati, commissari e la multinazionale ArcelorMittal, che prevedeva l'assunzione di 10.700 persone dell'ex ILVA (8.200 a Taranto) da parte di ArcelorMittal, mentre 2.586 esuberi erano rimasti in capo all'amministrazione straordinaria in cassa integrazione straordinaria a zero ore;
    già nel giugno 2019, tuttavia, ArcelorMittal aveva comunicato la decisione di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria per un numero di circa 1.400 dipendenti al giorno per 13 settimane a seguito della riduzione della produzione primaria nello stabilimento di Taranto;
    alla prosecuzione dell'attività produttiva del polo siderurgico di Taranto, con 90 milioni di tonnellate di produzione annua, è legato il futuro industriale di una filiera strategica nonché il destino di 20.000 lavoratori; la chiusura dell'ex ILVA determinerebbe conseguenze estremamente gravi per l'intero Paese: costerebbe un punto di Pil, la perdita di 14.000 posti di lavoro diretti, più quelli dell'indotto, e la fine della produzione dell'acciaio a Taranto, con le ricadute economico-produttive che ciò avrebbe,
   considerato altresì che:
    in sede di esame del decreto-legge nell'altro ramo del Parlamento, è stata disposta la soppressione dell'articolo 14 del decreto, facendo venire meno l'intervento ivi previsto sulla norma del decreto-legge n. 1 del 2015 che esclude la responsabilità penale e amministrativa del Commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente, e dei loro delegati, dell'ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale; in particolare, è stata soppressa la novella che interviene sia in merito all'ambito oggettivo dell'esonero da responsabilità, con riguardo alle condotte scriminate, sia in merito all'ambito temporale dell'esimente da responsabilità penale e amministrativa che, per i soli acquirenti o affittuari (e per i soggetti da questi delegati), viene prorogata dal 6 settembre 2019 alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano ambientale alle quali la condotta è riconducibile;
    ciò si lega alla già avvenuta riduzione della produzione primaria nello stabilimento di Taranto e alla decisione di ArcelorMittal di ricorrere dal giugno 2019 alla cassa integrazione guadagni ordinaria per 1.400 dipendenti;
    ulteriore motivo di preoccupazione tra i lavoratori e i sindacati è rappresentato dal recente cambio ai vertici del Gruppo franco-indiano,

impegna il Governo:


   a garantire, in tempi rapidi e mediante ogni azione opportuna a tali fini, la permanenza dell'attività produttiva del complesso siderurgico dell'ex ILVA di Taranto, garantendo altresì, per questa via, la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e di quelli legati all'indotto, attraverso l'adozione, nel quadro generale anche comunitario di ristrutturazione dei processi industriali, di modalità produttive orientate ad una progressiva decarbonizzazione dell'impianto;
   a porre in essere ogni iniziativa tesa a garantire, in tempi congruenti con quanto già previsto, la completa realizzazione del Piano di risanamento ambientale al fine di fornire piena tutela sanitaria ed ambientale ai lavoratori e alla popolazione dell'area interessata;
   a favorire la completa realizzazione del progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area di crisi industriale complessa dichiarata per i territori dei comuni di Taranto, Statte, Montemesola, Massafra e Crispiano, destinando ulteriori risorse per il finanziamento degli interventi di sviluppo imprenditoriale ricadenti nei predetti comuni;
   ad accelerare le azioni e l'esecuzione delle misure all'esame del Tavolo Istituzionale Permanente per Taranto volte a garantire un futuro sostenibile per lo sviluppo industriale dell'area e per la popolazione ivi residente.
9/2203/35Serracchiani, Carla Cantone, Gribaudo, Lepri, Mura, Soverini, Viscomi, Benamati.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, finalizzato alla tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, affronta, tra l'altro, il tema dei costi energetici per alcune realtà di impresa, questione che da sempre al centro delle strategie per il rilancio della produzione di alluminio degli impianti ex Alcoa;
    alla fine del 2017 sono state definite le condizioni normative relative al costo dell'energia e quelle attinenti ai soggetti pubblici e privati disponibili a rilevare proprietà degli impianti e a farsi carico dei relativi investimenti, necessarie per il rilancio della ex Alcoa;
    per quanto attiene alle condizioni normative e al costo dell'energia, con l'approvazione della legge europea 2017 e dei relativi decreti attuativi, si è intervenuti sulla disciplina delle agevolazioni previste per le imprese a forte consumo di energia elettrica con un intervento di detassazione che abbassa di almeno 5 euro per MWh il valore economico delle tariffe;
    relativamente ai costi energetici si è proceduto poi a siglare il Memorandum of Understanding con le condizioni di competitività per rendere appetibile lo stabilimento. All'interno di tale protocollo, oltre ad alcune condizioni infrastrutturali (in particolare, dragaggio del porto e ripartizione delle responsabilità sulle tematiche ambientali) venivano previste risorse economiche (20 milioni) messe a disposizione da Alcoa per riavviare lo stabilimento e si ipotizzavano strumenti per riequilibrare le tariffe energetiche:
     a) la interrompibilità ovvero la possibilità di interrompere l'erogazione di energia in ogni momento in cambio di importanti sconti sulle tariffe (circa 25 milioni di euro all'anno di compensazioni da parte di Tema);
     b) lo strumento dell'interconnector (funzionale all'acquisto di energia da Paesi stranieri come la Francia, previa installazione da parte del beneficiario di una infrastruttura ai confini);
     c) un accordo bilaterale con l'ente energetico (secondo la logica del «più consumo, meno pago»);
   considerato il nuovo quadro normativo e tariffario, a fine 2015, la svizzera Sider Alloys ha presentato manifestazione di interesse e nel marzo 2017 ha formalizzato l'offerta di acquisto e presentato un piano industriale al Ministero dello sviluppo economico che, valutato positivamente il piano industriale medesimo, ha avviato la procedura per l'accordo di programma recante interventi di bonifica e reindustrializzazione con Invitalia, regione Sardegna, Alcoa e Sider Alloys;
    il tutto è stato inserito all'interno del contratto di sviluppo (55,7 milioni di euro), il cosiddetto «Piano Sulcis»;
    a dicembre 2017 risultano definiti i seguenti atti:
     1) protocollo ambientale per interventi di bonifica e reindustrializzazione (tra Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Invitalia, Alcoa, regione autonoma della Sardegna – provincia della Sardegna del Sud Consorzio industriale provinciale Carbonia-Iglesias);
     2) risoluzione del contenzioso Alcoa – Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico;
     3) master agreement Alcoa – Invitalia per la cessione dello stabilimento di Portovesme;
     4) accordo di programma tra Ministero dello sviluppo economico, Invitalia, regione Sardegna per la riattivazione e il rilancio del complesso industriale ex Alcoa Portovesme;
    a partire da marzo 2018, Sider Alloys, come da impegni assunti, ha ingaggiato un gruppo iniziale di lavoratori esperti, già dipendenti dello stabilimento, per eseguire attività di test e verifiche sui macchinari al fine di definire il migliore revamping a garanzia di performance tecniche e costi operativi adeguati,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative utili al fine di garantire l'attuazione dell'impianto normativo definito nella scorsa legislatura attraverso il Memorandum of Understanding (interrompibilità, interconnector e accordi bilaterali) quale indispensabile condizione per la ripresa delle attività produttive presso lo stabilimento Sider Alloys a Portovesme.
9/2203/36Mura, Serracchiani, Carla Cantone, Gribaudo, Lepri, Soverini, Viscomi, Frailis, Gavino Manca, Benamati.


   La Camera,
   premesso che
    l'articolo 6 del provvedimento in oggetto dispone misure urgenti in favore dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità;
    la proroga dei termini previsti nonché l'estensione della platea delle amministrazioni potenzialmente interessate alle procedure di stabilizzazione vanno incontro alle esigenze effettive degli enti locali;
    tali innovazioni andrebbero integrate con altri interventi volti a restituire più ampi margini di flessibilità per le capacità assunzionali degli enti pubblici interessati, anche per quanto riguarda le procedure selettive o concorsuali, nonché un adeguato supporto finanziario costante nel tempo mediante storicizzazione delle risorse,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, per quanto di competenza, misure idonee ad assicurare agli enti locali la disponibilità delle risorse necessarie, mediante relativa storicizzazione, nonché margini di flessibilità assunzionale, anche per quanto riguarda le procedure concorsuali, a beneficio degli enti locali interessati alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità, con le finalità del percorso già indicato ai sensi dell'articolo 1 commi 209, 211 e 212 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e ai sensi del citato articolo 1, commi da 446 a 449, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
9/2203/37Viscomi, Serracchiani, Carla Cantone, Gribaudo, Lepri, Mura, Soverini, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che
    l'articolo 6 del provvedimento in oggetto dispone misure urgenti in favore dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità;
    la proroga dei termini previsti nonché l'estensione della platea delle amministrazioni potenzialmente interessate alle procedure di stabilizzazione vanno incontro alle esigenze effettive degli enti locali;
    tali innovazioni andrebbero integrate con altri interventi volti a restituire più ampi margini di flessibilità per le capacità assunzionali degli enti pubblici interessati, anche per quanto riguarda le procedure selettive o concorsuali, nonché un adeguato supporto finanziario costante nel tempo mediante storicizzazione delle risorse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei limiti di finanza pubblica, di proseguire nel percorso di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità, già individuato dall'articolo 1, commi 446 e 449, della legge n. 145 del 2008.
9/2203/37. (Testo modificato nel corso della seduta)  Viscomi, Serracchiani, Carla Cantone, Gribaudo, Lepri, Mura, Soverini, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che
    il provvedimento in oggetto presenta importanti innovazioni in materia di validità delle graduatorie di pubblici concorsi, intervenendo sulla disciplina transitoria prevista dall'articolo 1, comma 362, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;
    alla luce dell'esigenza delle pubbliche amministrazioni di godere dei necessari margini di flessibilità e al contempo di provvedere al ricambio generazionale che le recenti modifiche in materia previdenziale hanno introdotto, appare necessario un ulteriore intervento volto a superare gli attuali limiti per quel che riguarda lo scorrimento delle suddette graduatorie e che impediscono la possibilità di accesso nei casi di fabbisogno di personale emergente e non programmabile, così pregiudicando in tal modo le facoltà assunzionali degli enti pubblici con gravi ripercussioni sull'efficienza e il corretto funzionamento dei relativi uffici e sulle legittime aspettative di migliaia di persone, soprattutto giovani, che hanno investito competenze e professionalità alla ricerca di una occupazione in grado di garantirgli un'attività lavorativa solida e dignitosa;
    appare perciò necessario un intervento legislativo volto a modificare anche il comma 361, dell'articolo 1, della citata legge 145/2018, finalizzato a estendere l'ambito di efficacia delle graduatorie, prevedendo che esse siano utilizzabili nei casi di avvenuta cessazione dal servizio di personale dipendente nonché di previsioni contenute nel budget assunzionale stabilito dal Piano Triennale del Fabbisogno di Personale, che ciascuna amministrazione pubblica è tenuta a predisporre ai sensi del Decreto del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione 8 Maggio 2018,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, di intervenire o, comunque, favorire, per quanto di competenza, sin dai prossimi provvedimenti utili, al fine di rivedere l'attuale disciplina in materia di utilizzazione delle graduatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, consentendo di potervi far ricorso qualora si verifichino cessazioni dal servizio di personale dipendente nonché in ragione delle previsioni contenute nel budget assunzionale stabilito dal Piano Triennale del Fabbisogno di Personale.
9/2203/38De Luca.


   La Camera,
   premesso che:
    il Contratto del Governo del Cambiamento, principale documento teorico del precedente esecutivo, composto da una delle forze attualmente nel perimetro della maggioranza, indicava che «Con riferimento ad Alitalia siamo convinti che questa non vada semplicemente salvata in un'ottica di mera sopravvivenza economica bensì rilanciata, nell'ambito di un piano strategico nazionale dei trasporti che non può prescindere dalla presenza di un vettore nazionale competitivo»;
   considerato che nel programma dell'attuale Governo non sono inserite indicazioni specifiche sul tema Alitalia;
    dato che l'allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e il suo successore Stefano Patuanelli hanno più volte garantito il mantenimento dei livelli di occupazione dell'azienda;
    il Ministro Patuanelli ha precisato che la disponibilità di ulteriori 350 milioni prevista nel decreto fiscale è una sorta di riserva straordinaria pronta all'uso con l'obiettivo estremo di scongiurare il fallimento della compagnia aerea, le cui perdite sono costanti ed erodono la restante liquidità di cassa, frutto di anticipazioni sui servizi di viaggio;
   considerato che, come richiesto dai principali sindacati del Trasporto Aereo, il nostro vettore nazionale può diventare competitivo sul mercato anche grazie alla sua consolidata storia internazionale investendo nella flotta di lungo raggio, nella manutenzione leggera e pesante e in una gestione aeroportuale industriale non affidata alla sola logica dei facili incassi commerciali;
    che il settore del trasporto aereo italiano va riformato nell'ottica specialmente di eliminare gli squilibri contrattuali e salariali attualmente esistenti, mantenendo la competitività delle aziende italiane nel contesto internazionale, ridefinendo il rapporto con le compagnie a basso costo che troppo spesso, a causa di una cronica mancanza di visione sussidiaria si trovano, loro malgrado, a esercitare una concorrenza sleale su Alitalia, minandone la competitività sulle tratte interne ed estere a corto e medio raggio;
    la mancata ristrutturazione aziendale di Alitalia potrebbe portare alla perdita di eccellenze industriali,

impegna il Governo

a intraprendere ogni opportuna iniziativa per la definizione finale, urgente e immediata, del nuovo consorzio societario di Alitalia, del varo di un progetto industriale che determini il rilancio dell'azienda e tuteli contestualmente gli interessi strategici nazionali legati al traffico economico, commerciale, culturale e turistico.
9/2203/39Rampelli, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    Alitalia Maintenance Systems (Ams) era una società creata da Alitalia nel 2003, esternalizzando l'attività di manutenzione e revisione dei propri motori e fallita il 30 settembre 2015. Tale azienda, al momento della costituzione, occupava oltre 450 tecnici specializzati già dipendenti di Alitalia, un'azienda pubblica;
    gli asset aziendali della ex Ams sono stati acquistati a seguito di asta pubblica dalla International Aerospace Group (Iag), che aveva formalizzato la previsione di un sostanziale rilancio degli investimenti dell'attività aziendale, nel maggio 2016;
    nonostante le promesse e i propositi espressi da Iag in sede istituzionale in cui è ancora oggi aperta la vertenza, non è seguito alcun significativo incremento degli investimenti, né la salvaguardia dei livelli occupazionali, dato che i dipendenti sono ridotti a una settantina, dopo aver toccato il livello di oltre 450 alla nascita dell'azienda e di 240 al momento del fallimento, dipendenti di un'azienda che era eccellenza nel settore della componentistica e motoristico aeronautico;
    attualmente, la Iag, dopo la cessione della gestione dell'officina ex AMS ad Adr – Aeroporti di Roma da parte dei commissari di Alitalia Lai, ha dovuto rivedere lo status degli affitti di locazione, dopo che per 3 anni non aveva ottemperato quanto dovuto ai commissari della vecchia Alitalia Lai. Risorse che avrebbero e sarebbero dovute andare ai creditori della vecchia Alitalia Lai;
    il 14 aprile 2019 è terminata anche l'erogazione a carico del fondo speciale del trasporto aereo;
   considerato che, come richiesto da Uiltrasporti, dalla Ugl Trasporto Aereo e dagli altri sindacati, il nostro vettore nazionale va rilanciato, mantenendo il perimetro attuale ed anzi espanderlo, investendo nella flotta di lungo raggio, nella manutenzione leggera e pesante e nell’handling,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni opportuna iniziativa per evitare le gravi ed immediate conseguenze economiche per gli ex lavoratori di Ams e le loro famiglie, anche alla luce delle trattative per la costituzione della nuova Alitalia e della possibile reinternalizzazione di funzioni centrali quali la manutenzione, anche attraverso la costituzione di un Polo Manutentivo Nazionale in seno alla compagnia di bandiera, e se sia prevista quella dei motori, per ricollocare adeguatamente gli ex dipendenti, con elevata capacità professionale, rimasti ancora senza occupazione.
9/2203/40Mollicone, Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, prevede al suo interno misure urgenti per la tutela del lavoro e di intervento relative alle crisi aziendali e agli ammortizzatori sociali per fare fronte alle importanti crisi aziendali in corso nei vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli minimi occupazionali e garantire il sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    nello specifico, il decreto-legge detta disposizioni urgenti per la tutela dei lavoratori, in particolare per garantire la tutela economica e normativa di alcune categorie di lavoratori particolarmente deboli quali i cosiddetti riders non adeguatamente tutelati sul piano della sicurezza personale nello svolgimento della propria attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei provvedimenti di prossima emanazione, di rendere obbligatorio, ai fini dell'ottenimento di maggiori forme di intervento a tutela della sicurezza sugli impianti stradali della categoria di lavoratori coinvolta nella specificità dei riders, che il committente si impegni nell'assicurato a ciascun lavoratore l'adeguata formazione in materia di sicurezza e circolazione stradale, nonché fornisca allo stesso i dispositivi necessari di protezione individuale.
9/2203/41Butti, Caiata, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    le finalità, perseguite dal decreto-legge, risultano essere quelle di rafforzare i meccanismi di tutela dei lavoratori meno garantiti e di incrementare l'efficacia degli strumenti per il superamento delle situazioni di crisi aziendale, delle politiche attive del lavoro e degli ammortizzatori sociali, nonché di migliorare la sostenibilità ambientale del sistema produttivo nazionale;
    che il decreto-legge consta di ventinove articoli, suddivisi in due Capi, il primo dei quali reca disposizioni riguardanti la tutela del lavoro e il secondo, invece, disposizioni relative a crisi aziendali;
    l'editoria in questi anni si è profondamente trasformata; in questa rivoluzione i media tradizionali sono stati oggetto della maggiore mutazione sia in termini di numero di lettori che di fatturato;
    i giornalisti e i redattori sono stati richiamati a ripensare il loro ruolo, modificare le proprie competenze e a ridurre i costi e le retribuzioni per adeguare il loro operato al mercato del lavoro attuale, impoverendo la professione, a discapito dell'informazione e della qualità della stessa, e aumentando incertezza e precariato;
    appare opportuno incentivare la qualità del giornalismo e dei media italiani, per difendere la pluralità dell'informazione e per disincentivare ed eliminare la diffusione di fake news;
    nei giorni scorsi, precisamente il 22 ottobre, è stato presentato il piano di riorganizzazione aziendale di Poligrafici Editoriale S.p.A., che comprende 4 testate nazionali (Qn; il Resto del Carlino; La Nazione; Il Giorno), 38 edizioni locali e Quotidiano.net;
    il piano sembrerebbe prevedere un totale di 112 esuberi su 283 redattori; la richiesta di un contratto di solidarietà di 48 giorni concentrati in 6 mesi all'anno (8 giorni al mese), per le annualità 2020 e 2021; lo smaltimento forzato delle ferie nei restanti 6 mesi dell'anno;
    il piano di riorganizzazione aziendale mette a rischio l'operabilità delle redazioni stesse e della realizzazione dei giornali cartacei e dei siti web; nelle ultime settimane esacerbata dalla decisione aziendale di cambiare grafica e di sopprimere il Qs;
    la Federazione nazionale della Stampa italiana ha espresso «piena solidarietà ai giornalisti della Poligrafici editoriale, alle ragioni della loro protesta e alle loro azioni di lotta»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare – in fase di approvazione della prossima Legge di Bilancio – iniziative urgenti per la salvaguardia dell'informazione, per promuovere il sistema dell'editoria e il rilancio del settore e per tutelare la professione di tanti professionisti, come nel caso dell'azienda dei Poligrafici Editoriale S.p.A.
9/2203/42Rossi, Ciampi, Di Giorgi, Critelli, Benamati, De Maria, Rizzo Nervo, Fassino, Carla Cantone, Incerti, Fragomeli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attesa presentazione del piano industriale riguardante lo stabilimento industriale Ferrosud avvenuta lo scorso 9 ottobre da parte dei vertici aziendali prevederebbe la chiusura dell'attività dell'impianto presente a Matera e la riduzione complessiva del 50 per cento della forza lavoro;
    tale prospettiva per i lavoratori e le organizzazioni sindacali risulta inaccettabile;
    è aperto un tavolo ministeriale presso il Ministero dello sviluppo economico,

impegna il Governo

a prevedere in tempi rapidi la riconvocazione del suddetto tavolo al fine di individuare nuove soluzioni che puntino a salvaguardare la produttività dell'impianto Ferrosud di Matera e i livelli occupazionali.
9/2203/43Losacco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attesa presentazione del piano industriale riguardante lo stabilimento industriale Ferrosud avvenuta lo scorso 9 ottobre da parte dei vertici aziendali prevederebbe la chiusura dell'attività dell'impianto presente a Matera e la riduzione complessiva del 50 per cento della forza lavoro;
    tale prospettiva per i lavoratori e le organizzazioni sindacali risulta inaccettabile;
    è aperto un tavolo ministeriale presso il Ministero dello sviluppo economico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in tempi rapidi la riconvocazione del suddetto tavolo al fine di individuare nuove soluzioni che puntino a salvaguardare la produttività dell'impianto Ferrosud di Matera e i livelli occupazionali.
9/2203/43. (Testo modificato nel corso della seduta)  Losacco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    tra le mission del provvedimento vi è quella di individuare strumenti di risoluzione per le molteplici crisi aziendali del Paese: malgrado allo stato attuale siano 158 i tavoli di crisi attivi presso il Ministero dello sviluppo economico che coinvolgono crisi aziendali in riferimento alle quali sono circa 300 mila lavoratori a rischio, escludendo gli indotti, buona parte di queste non trovano spazio, in termini di adeguate misure di intervento, nel provvedimento in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione di un Fondo per le aree di crisi industriale, al fine di garantirne l'accesso alle imprese in crisi per la tutela dei livelli occupazionali.
9/2203/44Bignami, Rizzetto, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    uno dei principali strumenti di tutela del lavoratore riguarda la sua formazione professionale, strumento indispensabile per i lavoratori già occupati al fine di rimanere aggiornati alla luce delle innovazioni che lo sviluppo tecnologico produce e mette a disposizione in tutti i settori professionali, sia per i lavoratori, soprattutto i più giovani che sono in cerca di occupazione;
    i dati sulla disoccupazione giovanile in Italia sono quelli che destano più preoccupazione anche alla luce del fatto che l'Italia è al terzo posto della classifica europea per il numero di giovani disoccupati dopo Grecia e Spagna;
    oltre alla formazione scolastica e universitaria è di fondamentale importanza per un giovane poter accumulare esperienza pratica di natura specialistica con periodi di stage in aziende;
    la carenza di formazione ed esperienza specifica in alcuni settori lavorativi rende impossibile coprire posti di lavoro con figure di cui avrebbero grande bisogno ma che non riescono a trovare nel mercato del lavoro,

impegna il Governo

ad individuare opportuni strumenti che aumentino la possibilità per i giovani lavoratori di effettuare periodi di formazione specifica tramite stage presso aziende che abbiano dichiarato la loro disponibilità, anche prevedendo iniziative di natura normativa finalizzate ad inserire le offerte di stage formativo presso aziende tra gli obblighi previsti per i sottoscrittori del «Patto per il lavoro» di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4.
9/2203/45Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    l'articolo 5 del decreto reca misure urgenti in materia di personale INPS rideterminando, con un incremento pari a 1.003 unità, la dotazione organica dell'istituto al fine di procedere ad altrettante assunzioni di personale;
    dal 1o maggio 2013 l'INPS per assolvere ad una riduzione delle spese sostenuta ha ridotto in una percentuale che sfiora quasi il novanta per cento le visite mediche d'ufficio, inserendo in una lista ad esaurimento i medici fiscali che operano in regione di convenzione con l'istituto;
    dal 2013, anno di costituzione delle liste ad esaurimento la situazione di incertezza e precarietà in cui versano molti medici fiscali non è mutata, neppure alla luce dell'istituzione nel 2017 del così detto Polo unico per le visite mediche di controllo che attribuisce ad INPS la competenza esclusiva ad effettuare visite fiscali;
    nonostante sia stata più volte richiesta da parte delle associazioni di categoria non si è arrivati da una rimodulazione della disciplina che regolamenta il rapporto tra INPS e medici fiscali tramite la stipula di un accordo collettivo nazionale;
    l'assenza di tale accordo conferma una situazione in cui circa 1.200 medici fiscali, dopo oltre 25 anni di attività sono ancora privi di una stabilità d'incarico,

impegna il Governo

ad individuare soluzioni, anche attraverso l'attuazione di opportune iniziative normative da adottare nella prossima legge di bilancio, finalizzate a risolvere la situazione di incertezza e precarietà in cui versano da anni i medici fiscali inseriti nelle liste ad esaurimento di cui all'articolo 4, comma 10-bis del decreto-legge n. 101 del 2013.
9/2203/46Polverini.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula interviene con misure per fronteggiare alcune importanti crisi aziendali con lo scopo di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire il sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    le PMI, soprattutto quelle del Mezzogiorno, sono in forte crisi viste le note difficoltà legate alla diminuzione delle vendite – all'aumento dei prezzi praticati dai fornitori – all'accesso al credito con la conseguenza dell'abbassamento del livello di competitività delle PMI meridionali nei confronti della concorrenza nazionale ed internazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, di introdurre misure per favorire l'accesso al credito alle imprese del Mezzogiorno, per rafforzare il sistema delle forme di garanzia collettiva dei fidi; per migliorare i tempi relativi al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, tempi particolarmente elevati soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese del Sud; per introdurre forme di fiscalità di vantaggio per le piccole e medie imprese del Mezzogiorno.
9/2203/47Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    tra le disposizioni recate sono previste norme che autorizzano ad effettuare assunzioni enti pubblici quali l'INPS e L'ANPAL e sono previste assunzioni di personale presso l'ispettorato nazionale del lavoro, ancorché a decorrere dal 2021;
    una degli aspetti di criticità del mondo del lavoro è rappresentato da lavoratori così detti precari che, non avendo un rapporto di lavoro stabile, non sono in grado di programmare il proprio futuro e che possono trovarsi in una condizione di disoccupazione in un lasso di tempo relativamente ristretto;
    lavoratori così detti precari si registrano in numero elevato anche all'interno della pubblica amministrazione a tutti i livelli, e dove i blocchi del così detto turn over hanno fortemente limitato le capacità assunzionali in particolare degli enti locali;
    l'articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, cosiddetto «decreto crescita», ha introdotto significative novità in materia di assunzioni di personale nelle regioni a statuto ordinario e nei comuni;
    precisamente il comma 2 del suindicato articolo ha introdotto una modifica significativa del sistema di calcolo della capacità assunzionale dei comuni, prevedendo il superamento delle attuali regole del turn-over e l'introduzione di un sistema basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale;
    la nuova disciplina non è immediatamente applicabile, in quanto è demandata all'adozione di due provvedimenti attuativi;
    lo sblocco delle assunzioni da parte degli enti locali previsto dal decreto-legge 34/2019 contribuirebbe in parte a dare occupazione a persone in cerca di lavoro, tra i quali anche i lavoratori precari della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a procedere all'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 34 del 2019, procedendo all'adozione dei provvedimenti attuativi.
9/2203/48Musella.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    tra le disposizioni recate sono previste norme che autorizzano ad effettuare assunzioni enti pubblici quali l'INPS e L'ANPAL e sono previste assunzioni di personale presso l'ispettorato nazionale del lavoro, ancorché a decorrere dal 2021;
    una degli aspetti di criticità del mondo del lavoro è rappresentato da lavoratori così detti precari che, non avendo un rapporto di lavoro stabile, non sono in grado di programmare il proprio futuro e che possono trovarsi in una condizione di disoccupazione in un lasso di tempo relativamente ristretto;
    lavoratori così detti precari si registrano in numero elevato anche all'interno della pubblica amministrazione a tutti i livelli, e dove i blocchi del così detto turn over hanno fortemente limitato le capacità assunzionali in particolare degli enti locali;
    l'articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, cosiddetto «decreto crescita», ha introdotto significative novità in materia di assunzioni di personale nelle regioni a statuto ordinario e nei comuni;
    precisamente il comma 2 del suindicato articolo ha introdotto una modifica significativa del sistema di calcolo della capacità assunzionale dei comuni, prevedendo il superamento delle attuali regole del turn-over e l'introduzione di un sistema basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale;
    la nuova disciplina non è immediatamente applicabile, in quanto è demandata all'adozione di due provvedimenti attuativi;
    lo sblocco delle assunzioni da parte degli enti locali previsto dal decreto-legge 34/2019 contribuirebbe in parte a dare occupazione a persone in cerca di lavoro, tra i quali anche i lavoratori precari della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere all'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 34 del 2019, procedendo all'adozione dei provvedimenti attuativi.
9/2203/48. (Testo modificato nel corso della seduta)  Musella.


   La Camera,
   premesso che:
    nel decreto-legge in esame, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali, nel corso dell'esame in Senato è stato inserito l'articolo 14-bis recante disposizioni in materia di cessazione della qualifica di rifiuto;
    la nuova normativa introdotta è da considerare un passo avanti nell'ambito del settore della così detta economia circolare;
    tuttavia permangono ancora perplessità e criticità in ordine alla normativa approvato, come manifestato pubblicamente dalle associazioni di categoria degli operatori di settore;
    il profilo di criticità sollevato riguarda la nuova e stratificata procedura di controlli, che è avviata su base discrezionale senza individuare i criteri in base ai quali dovrà essere applicata, sembra non essere improntata all'efficienza e alla semplificazione, ma al contrario getta un'alea di incertezza sull'atto amministrativo, prevedendo tempi estremamente lunghi, con la possibilità che dal momento in cui viene avviato il controllo, l'impresa debba attendere per l'esito finale fino 325 giorni ed oltre,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di individuare forme di consultazione degli operatori del settore finalizzate ad un successivo intervento, anche di natura normativa, volto alla modifica, anche parziale, delle criticità segnalate e di quelle che dovessero emergere in fase attuativa.
9/2203/49Mazzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    nel testo varato dal governo l'articolo 14 recava una norma che riconosceva l'immunità penale nei confronti dell'affittuario o l'acquirente per le condotte poste in essere in applicazione del Piano Ambientale sino alla scadenza dei termini di attuazione previsti dal piano stesso, relativa alla gestione commissariale di Ilva S.p.A;
    l'articolo 14 è stato soppresso nel corso dell'esame svolto al Senato a seguito dell'approvazione di un emendamento in tal senso;
    come denunciato con forza dalle organizzazioni sindacali l'assenza di una norma volta a garantire uno scudo ad Arcelor Mittal nell'attuazione del piano ambientale mette a fortissimo rischio la permanenza nella proprietà e gestione dell'Ilva di Taranto. Tale ipotesi era stata già paventata da Arcelor Mittal e la norma contenuta dall'articolo 14 del decreto era finalizzata proprio a scongiurare tale ipotesi;
    in caso di abbandono da parte di Arcelor Mittal, per lo stabilimento dell'Ilva di Taranto si produrrebbe immediatamente conseguenze gravissime che potrebbero portare alla sua chiusura con ricadute devastanti in termini occupazionali e di indotto della zona,

impegna il Governo

ad attuare con urgenza ogni iniziativa utile ad evitare, anche alla luce del nuovo contesto normativo prodotto dalla soppressione dell'articolo 14 del decreto 101/2019, la chiusura dello stabilimento Ilva o di Taranto.
9/2203/50D'Attis, Zanella.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il fenomeno delle morti sul lavoro rappresenta un'emergenza che deve essere affrontata con la massima urgenza;
    i dati ufficiali continuano a registrare un numero sempre crescente di incidenti ad esito infausto. Sulla base dei dati INAIL nel corso del 2018 le denunce di infortunio con esito mortale sono state 1.218, contro le 1.148 dell'anno 2017, facendo registrare un aumento del 6 per cento delle così dette morti bianche rispetto all'anno precedente;
    nei primi sette mesi dell'anno in corso la tendenza delle morti sul lavoro risulta purtroppo ulteriormente in crescita, con 599 denunce presentate, 12 in più rispetto a quelle registrate nello stesso periodo dell'anno precedente,

impegna il Governo

a prevedere un piano di interventi urgenti, anche di natura normativa, finalizzato a contrastare il drammatico fenomeno delle morti sui luoghi di lavoro.
9/2203/51Gregorio Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il fenomeno delle morti sul lavoro rappresenta un'emergenza che deve essere affrontata con la massima urgenza;
    i dati ufficiali continuano a registrare un numero sempre crescente di incidenti ad esito infausto. Sulla base dei dati INAIL nel corso del 2018 le denunce di infortunio con esito mortale sono state 1.218, contro le 1.148 dell'anno 2017, facendo registrare un aumento del 6 per cento delle così dette morti bianche rispetto all'anno precedente;
    nei primi sette mesi dell'anno in corso la tendenza delle morti sul lavoro risulta purtroppo ulteriormente in crescita, con 599 denunce presentate, 12 in più rispetto a quelle registrate nello stesso periodo dell'anno precedente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nel rispetto dei limiti di finanza pubblica, di prevedere un piano di interventi urgenti, anche di natura normativa, finalizzato a contrastare il drammatico fenomeno delle morti sui luoghi di lavoro.
9/2203/51. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gregorio Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in materia di crisi di impresa;
    Italia Wanbao-ACC è stata fondata con l'acquisizione di ACC Compressors da parte del Gruppo Wanbao nel 2014. ACC Compressors era una società storica situata nell'area di Belluno, fondata nel 1968 e leader nella produzione di compressori per uso domestico. Con l'ingresso di Wanbao i dipendenti sono passati da 438 ai 270 attuali; appena un anno fa l'ultima riduzione di personale con 90 licenziamenti e 40 esodi incentivati;
    in un vertice su Wanbao-Acc tenutosi nel mese di settembre presso il Ministero dello Sviluppo economico (MISE), la proprietà cinese ha chiesto un mese di tempo per valutare la possibilità di nuovi investimenti o decidere la cessione a un altro soggetto: secondo la dirigenza si sono registrate perdite 68 milioni di dollari in soli cinque anni;
    nell'incontro al MISE tra la delegazione aziendale cinese, le federazioni di categoria nazionali e territoriali di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, Regione Veneto e Governo — i rappresentanti della Fim Cisl territoriale e nazionale presenti al tavolo, hanno chiesto ai vertici aziendali «chiarezza, una volta per tutte, sulla possibilità di realizzazione degli obiettivi annunciati nel piano industriale del 2017»;
    il 24 ottobre si è tenuto un altro tavolo al MISE nel quale gli amministratori hanno annunciato la vendita o la chiusura. La proprietà si è data 12 mesi per realizzare il piano di vendita o si procederà a cessare l'attività produttiva;
    di fatto, si rischia di chiudere Punico stabilimento italiano di compressori per frigoriferi, ed uno dei pochi europei. Il lavoro attualmente non manca: l'azienda in questi giorni ha chiesto ai lavoratori gli straordinari;
    appare opportuno individuare un ruolo istituzionale per soggetti di comprovata esperienza nel processo di ricerca di un possibile acquirente, e di vendita, di ACC WANBAO,

impegna il Governo:


   al fine di salvaguardare i livelli occupazionali della società di cui in premessa, a verificare la sussistenza di un possibile ruolo di Invitalia per la redazione di un Contratto o Accordo di sviluppo da proporre ad un possibile acquirente di ACC WANBAO, e nella partecipazione iniziale al capitale sociale, al fine di governare il suddetto Accordo, secondo il modello già sviluppato per la cessione di Embraco.
9/2203/52Bond, Novelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    all'articolo 12 del decreto-legge in esame che prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico è stato aggiunto un comma 1-bis, nel quale si prevede un maggior coinvolgimento, in sede di risoluzione di crisi industriali, del Parlamento, per il tramite delle commissioni competenti ed eventualmente dei singoli parlamentari del territorio interessati;
    tale disposizione, che pure è opportuna e apprezzabile, si pone in contrasto netto con la linea tenuta del precedente governo ed in particolare dal precedente ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, on. Luigi Di Maio che, nonostante le reiterate richieste avanzate dal gruppo parlamentare Forza Italia di svolgere un'informativa sulle circa 158 crisi aziendali attualmente aperte, non ha mai svolto l'informativa richiesta;
    ad oggi neppure il l'attuale governo ha ritenuto di informare compiutamente il parlamento in merito ai tanti tavoli di crisi aperti,

impegna il Governo

ad informare quanto prima le Camere sulla situazione delle numerose crisi aziendali attualmente aperte in Italia e sulle misure che sono state adottate e su quelle che intenda adottare al fine di una loro risoluzione positiva.
9/2203/53Gelmini, Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    all'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Liguria.
9/2203/54Bagnasco, Cassinelli, Mulè.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    all'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/54. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bagnasco, Cassinelli, Mulè.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale del Piemonte.
9/2203/55Porchietto, Zangrillo, Costa, Giacometto, Napoli, Pella, Rosso, Ruffino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/55. (Testo modificato nel corso della seduta)  Porchietto, Zangrillo, Costa, Giacometto, Napoli, Pella, Rosso, Ruffino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Lombardia.
9/2203/56Squeri, Gelmini, Aprea, Anna Lisa Baroni, Brambilla, Cannatelli, Cattaneo, Della Frera, Fatuzzo, Gregorio Fontana, Mandelli, Musella, Orsini, Palmieri, Perego Di Cremnago, Ravetto, Rossello, Saccani Jotti, Valentini, Versace, Zanella.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale
9/2203/56. (Testo modificato nel corso della seduta)  Squeri, Gelmini, Aprea, Anna Lisa Baroni, Brambilla, Cannatelli, Cattaneo, Della Frera, Fatuzzo, Gregorio Fontana, Mandelli, Musella, Orsini, Palmieri, Perego Di Cremnago, Ravetto, Rossello, Saccani Jotti, Valentini, Versace, Zanella.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo:


   a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale del Veneto.
9/2203/57Baratto, Bendinelli, Bond, Brunetta, Caon, Marin, Milanato, Zanettin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo:


   a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/57. (Testo modificato nel corso della seduta)  Baratto, Bendinelli, Bond, Brunetta, Caon, Marin, Milanato, Zanettin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale del Friuli Venezia Giulia.
9/2203/58Sandra Savino, Novelli, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/58. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sandra Savino, Novelli, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale dell'Emilia Romagna.
9/2203/59Fiorini, Vietina, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 Ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/59. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fiorini, Vietina, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale delle Marche.
9/2203/60Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/60. (Testo modificato nel corso della seduta)  Baldelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale dell'Umbria.
9/2203/61Polidori, Nevi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/61. (Testo modificato nel corso della seduta)  Polidori, Nevi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Toscana.
9/2203/62Mugnai, Bergamini, Carrara, D'Ettore, Mazzetti, Ripani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/62. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mugnai, Bergamini, Carrara, D'Ettore, Mazzetti, Ripani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento è delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale del Lazio.
9/2203/63Barelli, Angelucci, Battilocchio, Calabria, Giacomoni, Marrocco, Ruggieri, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento è delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/63. (Testo modificato nel corso della seduta)  Barelli, Angelucci, Battilocchio, Calabria, Giacomoni, Marrocco, Ruggieri, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale dell'Abruzzo.
9/2203/64Martino, Rotondi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24 ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/64. (Testo modificato nel corso della seduta)  Martino, Rotondi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Campania.
9/2203/65Paolo Russo, Carfagna, Casciello, Fasano, Ferraioli, Pentangelo, Fascina, Sibilia, Sarro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/65. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paolo Russo, Carfagna, Casciello, Fasano, Ferraioli, Pentangelo, Fascina, Sibilia, Sarro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Basilicata.
9/2203/66Casino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/66. (Testo modificato nel corso della seduta)  Casino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale del Molise.
9/2203/67Tartaglione.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/67. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tartaglione.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Puglia.
9/2203/68Sisto, D'Attis, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/68. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sisto, D'Attis, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Calabria.
9/2203/69Occhiuto, Santelli, Cannizzaro, Maria Tripodi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/69. (Testo modificato nel corso della seduta)  Occhiuto, Santelli, Cannizzaro, Maria Tripodi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Sicilia.
9/2203/70Scoma, Bartolozzi, Germanà, Minardo, Prestigiacomo, Siracusano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/70. (Testo modificato nel corso della seduta)  Scoma, Bartolozzi, Germanà, Minardo, Prestigiacomo, Siracusano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano il territorio regionale della Sardegna.
9/2203/71Cappellacci, Pittalis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione delle crisi aziendali;
    il capo secondo del provvedimento è interamente dedicato alle «crisi aziendali»;
    l'articolo 12 del decreto-legge in esame prevede il potenziamento della struttura per le crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico per potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali;
    da un recente studio pubblicato da il Sole 24ore il 30 agosto scorso emerge che dal 2016 solo il 38 per cento delle crisi in corso si è concluso con una soluzione positiva, mentre il 34 per cento di esse si sono chiuse in maniera negativa ed il restante 27 per cento è ancora in corso;
    ad oggi sono circa 158 le crisi industriali aperte su tutto il territorio nazionale con circa 250 mila lavoratori che rischiano il posto,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per tentare di favorire soluzioni positive sul piano produttivo ed occupazionale in relazione ai tavoli di crisi che riguardano l'intero territorio nazionale.
9/2203/71. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cappellacci, Pittalis.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, recante «Attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra», i proventi delle aste delle quote CO2 sono raccolti dal Gestore Servizi Energetici – GSE, in quanto soggetto responsabile del collocamento, e da quest'ultimo trasferiti in apposito conto acceso presso la Tesoreria dello Stato. Detti proventi sono successivamente versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati secondo quanto stabilito dai commi 5 e 6 dell'articolo 19 del medesimo decreto legislativo e da altre disposizioni in materia finanziaria e fiscale, introdotte con successivi decreti legge (decreto-legge n. 148 del 2017, decreto-legge n. 119 del 2018) e legge di bilancio (legge n. 205 del 2017);
    in particolare, ai sensi dell'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 30 del 2013 il 50 per cento delle risorse è destinato al «fondo ammortamento dei titoli di Stato», mentre il rimanente 50 per cento è a sua volta suddiviso e assegnato nella misura del 70 per cento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per interventi per la decarbonizzazione, e per il 30 per cento al Ministero dello sviluppo economico per interventi di promozione dell'efficienza energetica e dello sviluppo sostenibile;
    l'articolo 13 del decreto-legge 101 del 2019 ha previsto che all'articolo 19 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, sia aggiunta una disposizione volta a utilizzare parte delle risorse derivanti dai proventi delle future aste delle quote di CO2, aggiuntive rispetto a un tetto prestabilito di entrata, pari a 1000 milioni di euro l'anno, per accompagnare la trasformazione verso la decarbonizzazione delle imprese ad alta intensità elettrica tramite creazione di un Fondo per la transizione energetica nel settore industriale per un importo pari a 100 milioni di euro per il 2021 e 150 milioni di euro per gli anni successivi e di un Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone, per un importo pari a 20 milioni di euro l'anno a partire dal 2021;
    le imprese italiane a forte consumo di energia risentono ormai da anni di una distorsione del mercato interno dovuta alla mancata compensazione a livello nazionale dei costi indiretti delle stesse quote che vengono poi trasferiti sui prezzi dell'energia elettrica (Carbon Leakage indiretto);
    la mancata successiva definizione, sulla base dei criteri dettati dalla Commissione, di tali misure finanziarie compensative determina una chiara distorsione della concorrenza nella forma di una differente implementazione della normativa ETS nei diversi Stati membri dell'Unione europea ed in particolare non assicura la piena efficacia del sistema stesso sia nel senso di attribuire un prezzo adeguato al carbonio sia nel senso di indirizzare in modo efficace gli investimenti delle imprese verso la decarbonizzazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare iniziative, anche di carattere normativo, per le compensazioni alle industrie più energivore dei costi «indiretti» derivanti dalla applicazione dell'EU-ETS (cosiddetto carbon leakage indiretto) utilizzando i proventi d'asta non destinati a finalità ambientali, in misura massima pari al 25 per cento, in linea con quanto stabilito dalla Direttiva ETS 2018/410/UE e tenendo in debita considerazione le misure volte a ridurre in modo sostenibile i costi indiretti del carbonio a medio-lungo termine.
9/2203/72Davide Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa); il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159 (Regolamento concernente la revisione, delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);
    in particolare:
    l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 prevede che: «Le disposizioni del presente testo unico si applicano ai cittadini italiani e dell'Unione europea, alle persone giuridiche, alle società di persone, alle pubbliche amministrazioni e agli enti, alle associazioni e ai comitati aventi sede legale in Italia o in uno dei Paesi dell'Unione europea. I cittadini di Stati non appartenenti all'Unione regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani. Al di fuori dei casi previsti al comma 2, i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione autorizzati a soggiornare nel territorio dello Stato possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 nei casi in cui la produzione delle stesse avvenga in applicazione di convenzioni internazionali fra l'Italia ed il Paese di provenienza del dichiarante. 4. Al di fuori dei casi di cui ai commi 2 e 3 gli stati, le qualità personali e i fatti, sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall'autorità consolare italiana che ne attesta la conformità all'originale, dopo aver ammonito l'interessato sulle conseguenze penali della produzione di atti o documenti non veritieri»;
    il suddetto Testo Unico si applica alle persone fisiche aventi cittadinanza italiana o dell'Unione Europea o a persone giuridiche aventi sede legale in Italia o in uno dei Paesi dell'Unione Europea;
    la normativa richiamata prevede che i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione autorizzati a soggiornare nel territorio dello Stato possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 nei casi in cui la produzione delle stesse avvenga in applicazione di convenzioni internazionali fra l'Italia ed il Paese di provenienza del dichiarante;
    il Testo Unico dispone altresì che le qualità personali e i fatti, ai sensi del Testo Unico stesso sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall'autorità consolare italiana che ne attesta la conformità all'originale, dopo aver ammonito l'interessato sulle conseguenze penali della produzione di atti o documenti non veritieri;
    l'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159/013 detta disposizioni circa le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) prevedendo in particolare che:
    1. L'indicatore della situazione reddituale è determinato sulla base dei redditi e delle spese e franchigie di cui ai commi seguenti, riferite a ciascun componente ovvero al nucleo familiare. Ai fini del calcolo dell'indicatore, il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando i redditi di cui al comma 2 al netto degli importi di cui al comma 3. Dalla somma dei redditi di cui al periodo precedente per l'insieme dei componenti sono detratte le spese o le franchigie riferite al nucleo familiare di cui al comma 4. I redditi e gli importi di cui ai commi 2 e 3 sono riferiti al secondo anno solare precedente la presentazione della DSU. Le spese o le franchigie di cui al comma 4 sono riferite all'anno solare precedente la presentazione della DSU.
    2. Il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando le seguenti componenti: a) reddito complessivo ai fini IRPEF; b) redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d'imposta; c) ogni altra componente reddituale esente da imposta, nonché i redditi da lavoro dipendente prestato all'estero tassati esclusivamente nello stato estero in base alle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni; d) i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche informa associata, per le quali sussiste l'obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA; a tal fine va assunta la base imponibile determinata ai fini dell'IRAP, al netto dei costi del personale a qualunque titolo utilizzato; e) assegni per il mantenimento di figli effettivamente percepiti; f) trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a); g) redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell'IMU, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, se compatibili con la predetta disciplina, non indicati nel reddito complessivo di cui alla lettera a), comma 1, del presente articolo. A tal fine i redditi dei fabbricati si assumono rivalutando la rendita catastale del 5 per cento e i redditi dei terreni si assumono rivalutando il reddito dominicale e il reddito agrario, rispettivamente, dell'80 per cento e del 70 per cento. Nell'importo devono essere considerati i redditi relativi agli immobili all'estero non locati soggetti alla disciplina dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero di cui al comma 15 dell'articolo 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, non indicati nel reddito complessivo di cui alla lettera a), comma 1, del presente articolo, assumendo la base imponibile determinata ai sensi dell'articolo 70, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
    di conseguenza, l'accesso alle prestazioni sociali avviene sulla base di un accertamento preliminare operato, in occasione del rilascio dell'attestazione ISEE secondo la vigente disciplina fiscale, la quale impone l'obbligo di denuncia delle attività patrimoniali e reddituali, detenute all'estero;
    ai sensi dell'articolo 2 del succitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159/13 l'ISEE costituisce livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) Cost.;
    l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 potrebbe essere interpretato come fonte di un obbligo aggiuntivo a carico dei soli stranieri, di dare prova con ulteriore documentazione di redditi e patrimoni-eventualmente detenuti all'estero, in contraddizione con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159/13, che già viene rilasciato sulla base delle risultanze dell'Agenzia delle entrate, alla quale devono confluire i dati sulle eventuali attività estere;
   considerato che:
    quanto sopra esplicitato rischia di porre in contraddizione le due norme,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di fornire un chiarimento relativamente all'ambito di applicazione delle due norme citate in premessa (articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013), in modo tale che non vi siano interpretazioni errate riguardo all'accesso alle prestazioni sociali sulla base dell'ISEE, come disciplinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, e relative nuove norme attuative, salvo ogni successivo controllo.
9/2203/73Ehm, Barzotti, Fratoianni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si prefigge, tra i suoi obiettivi, in primo luogo quelli di: assicurare protezione economica e normativa ad alcune categorie di lavoratori particolarmente deboli, quali i lavoratori impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, i lavoratori precari, i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità e i lavoratori con disabilità, nonché consentire la piena attuazione delle procedure connesse al riconoscimento del reddito di cittadinanza; fronteggiare rilevanti crisi industriali in corso in diverse aree del Paese al fine di garantire i livelli occupazionali e il sostegno al reddito dei lavoratori;
    si rende necessario un intervento normativo finalizzato ad incentivare i processi produttivi delle imprese, in particolare quelle piccole e medie che operano nel campo delle energie rinnovabili, oltre che, più in genere, orientato a dare impulso alla cosiddetta green economy, anche coerentemente a quanto esposto nelle linee programmatiche del Governo nel quadro della strategia più ampia del Green New Deal,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, fermo restando quanto stabilito dal decreto-legge n. 243 del 2016, nonché dall'articolo 18-quater del decreto-legge n. 8 del 2017 e dall'articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2017, adeguati strumenti normativi destinati alle piccole e medie imprese che operano nel settore dell'efficientamento energetico nel Mezzogiorno sia per favorire l'accesso al credito, anche mediante garanzia pubblica, sia per sostenere lo sviluppo di tali imprese con agevolazioni quali il credito di imposta, favorendone la cessione e valutando l'opportunità di introdurre meccanismi di rimborso del credito.
9/2203/74Maraia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, fra gli altri, interventi per fronteggiare le crisi occupazionali presenti nelle aree di crisi industriale complessa;
    le aree di crisi industriale complessa riguardano territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, non risolvibili con risorse e strumenti di sola competenza regionale;
    la materia è disciplinata dall'articolo 27, comma 8, del decreto-legge 83/2012 («riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa») e, in sua attuazione, dal DM 31 gennaio 2013, che disciplina le procedure di riconoscimento di area di crisi industriale complessa e che prevede che il Ministero adotti i Progetti per la Riconversione e la Riqualificazione Industriale (PRRI);
    nella regione Sardegna sono state riconosciute due aree di crisi complessa: l'area di Porto Torres ricomprendente i Comuni di Porto Torres e Sassari, riconosciuta ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 ottobre 2016, e l'area di Portovesme, con i SLL di Carbonia, Iglesias e Teulada, riconosciuta ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 13 settembre 2016,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di destinare alle aree di crisi industriale complessa della regione Sardegna ulteriori risorse per fronteggiare eventuali e specifiche situazioni di crisi occupazionale.
9/2203/75Scanu, Perantoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10-bis reca disposizioni finalizzate ad implementare il sistema di collegamento stradale tra le aree del cratere del sisma del 2016;
    considerata la necessità di istituire una zona economica speciale (Zes) nei comuni delle Regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016 al fine di contrastare i fenomeni di spopolamento e di svantaggio sociale e di favorire nuovi insediamenti produttivi nei territori interessati dai citati eventi sismici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli adeguati strumenti normativi finalizzati all'istituzione di una zona economica speciale nei comuni delle Regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016.
9/2203/76Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, fra gli altri, interventi per fronteggiare le crisi occupazionali presenti nelle aree di crisi industriale complessa;
    le aree di crisi industriale complessa riguardano territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, non risolvibili con risorse e strumenti di sola competenza regionale;
    la materia è disciplinata dall'articolo 27, comma 8, del decreto-legge 83/2012 («riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa») e, in sua attuazione, dal decreto ministeriale 31 gennaio 2013, che disciplina le procedure di riconoscimento di area di crisi industriale complessa e che prevede che il Ministero adotti i Progetti per la riconversione e la riqualificazione industriale (PRRI);
    nella regione Marche sono state riconosciute due aree di crisi industriale complessa: l'area della Val Vibrata-Valle del Tronto-Piceno che ricomprende i Sistemi Locali del lavoro di Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto, Comunanza e Martinsicuro, riconosciuta ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 febbraio 2016 e l'area del distretto Fermo – Macerata ricomprendente i Comuni di Tolentino e Corridonia e i Sistemi Locali del Lavoro di Fermo, Montegiorgio, Montegranaro, Porto Sant'Elpidio e Civitanova Marche, riconosciuta con decreto 12 dicembre 2018;
    altri Accordi di Programma e Protocolli di Intesa per lo sviluppo e la riconversione di aree industriali, riguardano Fabriano, Gaifana/Nocera Umbra, Matelica (MC), Sassoferrato (AN), Ancona,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di destinare alle aree di crisi industriale complessa della regione Marche ulteriori risorse per fronteggiare eventuali e specifiche situazioni di crisi occupazionale nonché per avviare e completare l'ammodernamento del sistema infrastrutturale regionale esistente già oggetto di Accordi di programma e protocolli d'intesa.
9/2203/77Rachele Silvestri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 9 prevede specifiche risorse destinate alle Regioni Sicilia e Sardegna per consentire la prosecuzione degli interventi a sostegno dei lavoratori occupati nelle aree di crisi industriale complessa, a condizione che siano contestualmente applicate le misure di politica attiva stabilite dalla normativa vigente;
   considerato che:
    gli eventi atmosferici dello scorso 25 ottobre hanno colpito duramente la Sicilia orientale e la provincia di Ragusa, causando danni ingenti alle infrastrutture, alle coltivazioni, con consistenti perdite in termine di produzione, gravissimi danni strutturali e la scomparsa di numerosi capi di bestiame. Al già disastroso bilancio dell'evento si è aggiunta una vittima nel Siracusano, a Rosolini: un uomo è stato travolto da un'ondata di fango provocata dall'esondazione del fiume Tellaro. L'alluvione ha inoltre causato difficoltà nei collegamenti stradali, ferroviari ed aerei;
    ad Ispica (RG), in particolare, le forti piogge hanno provocato lo straripamento del fiume Favara, che non ha sopportato gli oltre 250 millimetri di pioggia caduti in sole tre ore. 60 gli ovini annegati, con grave danno per le aziende locali produttrici di ricotta e formaggi. Nel corso della notte, a causa di una frana verificatasi lungo il costone adiacente via Socrate, nella zona di Cava Mortilla, sono state evacuate otto famiglie. La voragine qui apertasi, più di ogni altra, rende il senso di gravità della situazione, al pari della distruzione di impianti serricoli e coltivazioni a pieno campo. La situazione nel ragusano resta critica a Modica, Pozzallo e Scicli dove si fatica a tornare alla normalità per l'allagamento di strade e abitazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi provvedimenti normativi, congrue misure finanziarie finalizzate alla ricostruzione dei territori danneggiati dall'alluvione che ha coinvolto le zone sud orientali della Sicilia e in particolare la provincia di Ragusa, e a supporto delle persone che hanno subito danni materiali ed economici, così da consentire una ripresa rapida delle attività produttive, un ripristino della regolare situazione dei trasporti e delle infrastrutture.
9/2203/78Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    alla luce della normativa vigente in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro, il decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67 consente, ai lavoratori addetti a mansioni particolarmente pesanti e faticose, cosiddetti lavori usuranti, di andare in pensione in anticipo rispetto ai tempi normali;
    le lavorazioni oggetto di questo beneficio sono i lavori usuranti di cui all'articolo 2 del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 19 maggio 1999;
    nel 2020, in base al già citato quadro normativo, rientreranno nell'elenco dei lavori usuranti e mansioni particolarmente gravose, ai fini anche del diritto all'anticipo pensionistico, soltanto coloro che: svolgono lavori in gallerie, cave o miniere; ad alte temperature; in cassoni aria compressa; in catena di montaggio; palombari; in spazi ristretti; in asportazione di amianto; in lavorazioni del vetro cavo lavorano all'interno di un processo produttivo in serie, in attività con ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo; sono addetti al controllo computerizzato della produzione e al controllo qualità; effettuano un lavoro a turno, volgendo altresì un lavoro notturno per almeno 6 ore non meno di 64 giorni lavorativi l'anno; sono conducenti di veicoli adibiti al trasporto pubblico purché di capienza complessiva non inferiore a nove posti;
    tra i lavoratori svolgenti mansioni particolarmente usuranti, così come su individuate, non sono contemplati i conducenti di automezzi speciali, quali risultano essere i lavoratori del Ministero della Giustizia adibiti alla guida delle auto-blindate, di scorta ai magistrati, le cui mansioni non dovrebbero sfuggire dalla previsione normativa che tutela le «lavorazioni» particolarmente faticose e pesanti ai fini del riconoscimento dell'accesso anticipato al pensionamento;
    appare del tutto ingiustificato, anche sotto un profilo della diseguaglianza di trattamento, il mancato riconoscimento della natura di lavoro usurante per le prestazioni rese da questi dipendenti del comparto Giustizia, in quanto è ormai dato acquisito – come segnalato anche dalle OO.SS. – che i conduttori di mezzi di trasporto siano una categoria caratterizzata da molti eccessi di morbosità (e tale circostanza è tanto più vera quando si faccia riferimento agli autisti di mezzi speciali) tanto che si è assistito nel corso degli anni ad un ampliamento del riconoscimento della fattispecie di lavoro usurante a varie tipologie di conducenti, sia ad opera del decreto legislativo n. 67 del 2011 che ne ha introdotto il riconoscimento per i conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, sia ad opera della legge 27 dicembre 2017, n. 205 che riconosce tale caratteristica alle prestazioni rese dai conducenti dei mezzi pesanti e camion,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in occasione della prossima manovra di bilancio e nei limiti di finanza pubblica, di considerare particolarmente usuranti le mansioni svolte dai conducenti di automezzi speciali presso il Ministero della giustizia.
9/2203/79Perconti.


   La Camera,
   premesso che:
    il lavoro con contratto part-time di tipo verticale ciclico viene svolto in alcune settimane del mese o in alcuni mesi dell'anno ed è caratterizzato da prestazione lavorativa alternata a periodi di non attività;
    la suddetta tipologia lavorativa si caratterizza quindi per un orario, stabilito dal contratto individuale di lavoro, inferiore all'orario «normale» di lavoro. Quest'ultimo è individuato dall'articolo 3, comma 1 del decreto legislativo n. 66 del 2003 in 40 ore settimanali, ovvero nel minor orario previsto dal contratto collettivo di lavoro applicabile nella fattispecie; per i lavoratori del settore privato l'applicazione della disciplina in vigore ai rapporti di lavoro a tempo parziale verticale di tipo ciclico comporta che le settimane ricadenti nei periodi di esonero dall'attività lavorativa, non essendo coperte da versamenti contributivi, non vengano considerate nel calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto al trattamento pensionistico;
    l'istituto del part-time è usato come leva di «flessibilità» dalle aziende, per risolvere situazioni lavorative che non richiedono il pieno impegno del lavoratore, oppure per quei lavori che devono essere svolti solo in alcuni periodi dell'anno. Con la riforma Biagi, la precedente normativa (decreto legislativo n. 61 del 2001) è stata in parte integrata e in parte profondamente innovata;
    in particolare, i suddetti lavoratori in part-time ciclico verticale sono costretti a ricorrere alla via giudiziaria per vedersi riconoscere tutta l'anzianità contributiva, inclusa quella relativa ai periodi di non lavoro. L'Inps ha imposto da sempre un'interpretazione restrittiva, che penalizza pesantemente chi non per scelta, ma per imposizione delle aziende, è costretto a pause di inattività, pur essendo titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato; finora tutti i ricorsi legali hanno portato a un identico risultato, cioè alla condanna dell'istituto previdenziale pubblico a ricalcolare l'anzianità contributiva dei lavoratori ricorrenti con contratto part-time ciclico verticale;
    al riguardo la Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 8772 ribadendo il principio di non discriminazione nei trattamenti tra i lavoratori con contratto full-time e quelli in part-time ciclico verticale, ma l'elenco dei verdetti è ben più nutrito: solo dalla Corte di legittimità in meno di due anni ne sono stati emessi ben 8. Se a queste sentenze si aggiungono quelle emesse dai tribunali territoriali, l'elenco si allunga ulteriormente, in modo sufficiente per parlare di un orientamento giurisprudenziale univoco, ben consolidato; inoltre la Corte di Giustizia europea, con la pronuncia n. 395 del 10 giugno 2010, ha ribadito che «l'esclusione dei periodi di non lavoro dall'anzianità contributiva può essere giustificata solo se la prestazione lavorativa sia stata interrotta o sospesa per un impedimento, tale da giustificare l'accredito limitato della contribuzione»;
    in tutti i dispositivi finora acquisiti, si richiama peraltro quanto già stabilito nel 2010 dalla Corte Europea di giustizia, nella sentenza C-395/08 e C-396/08, laddove ha affermato che «la disciplina italiana sul trattamento pensionistico prevista per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico è sfavorita rispetto a quelle concernenti gli altri lavoratori» secondo la suddetta Corte, il principio di non discriminazione scaturente dalla Direttiva n. 97/81 – che l'Italia ha fatto propria con il decreto legislativo n. 61 del 2000 – fa sì che l'anzianità contributiva necessaria per l'individuazione della data relativa al diritto della pensione debba essere calcolata, per chi è a tempo parziale, come se avesse lavorato a tempo pieno. Da ciò discende che debbano essere prese in considerazione, in via integrale, anche periodi di non lavoro. Alla luce di queste considerazioni, conclude la sentenza, «osta una normativa nazionale la quale, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, esclude i periodi non lavorati dal calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, salvo che una tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni obiettive»;
    la questione investe tutti i dipendenti che svolgono attività «ciclica», vale a dire intervallata da periodi di sosta dovuti a specifiche caratteristiche del ciclo produttivo (per esempio: la pulizia degli spazi e la gestione delle mense scolastiche, che chiudono nella pausa estiva; i servizi di ausiliariato e assistenza ad personam; attività tipiche del settore del trasporto aereo, soggetto a un calendario ben preciso, e turistico-alberghiero);
    sulla base di una recente indagine attuariale, basata sui dati registrati negli archivi amministrativi dell'INPS, sono stati stimati gli oneri derivanti dalla valorizzazione ai fini pensionistici dei periodi prestati con rapporti di lavoro part-time di tipo verticale ciclico. Per l'anno 2020 si stima che:
     a) il numero di pensioni anticipate sia di 3,5 milioni;
     b) non vi siano richieste di pensione di vecchiaia;
     c) il maggiore onere corrisponda a 21,7 milioni di euro; complessivamente, in base ai dati attuariali, si stimano, dal 2019 al 2028:
     a) 3,3 milioni di soggetti interessati alla pensione anticipata;
     b) 0,1 milioni di soggetti che raggiungeranno la pensione di vecchiaia (con un onere stimato a 3,4 milioni di euro);
     c) maggiori oneri per entrambe le fattispecie di pensioni, stimabili a 56,0 milioni di euro,

impegna il Governo

anche alla luce delle sentenze citate in premessa, a valutare l'opportunità di intervenire con provvedimenti a carattere normativo, al fine di tutelare il lavoratore in part-time ciclico verticale, disponendo che il periodo prestato con contratto di lavoro a tempo parziale sia da considerare intero, ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione, nei limiti previsti dall'applicazione del minimale retributivo, di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 463 del 1983.
9/2203/80Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13-ter del provvedimento in discussione incrementa la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile al fine di sostenere sull'intero territorio nazionale la nascita e lo sviluppo di società cooperative di piccole e medie dimensioni costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi;
    tra le priorità del Fondo, definite dal decreto interministeriale 8 marzo 2013, vengono individuati infatti interventi diretti a progetti speciali finalizzati alla creazione di nuova occupazione o alla salvaguardia dell'occupazione esistente;
    priorità assoluta della Commissione Europea è «rilanciare la crescita in Europa e creare nuovi posti di lavoro senza far crescere il debito»;
    la strategia Europa 2020 riconosce nell'imprenditorialità e nel lavoro autonomo due elementi essenziali per conseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Nel fornire sostegno a imprenditori e lavoratori autonomi, la Commissione europea concentra l'attenzione su nuove imprese (start-up) costituite da disoccupati e gruppi vulnerabili, sostegno agli imprenditori sociali; nel documento pubblicato il 5 giugno «Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2019 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2019 dell'Italia», il Consiglio Europeo chiede tra l'altro all'Italia di intervenire a favore dei lavoratori autonomi, che rappresentano (dato 2017) il 20,8 per cento della forza lavoro (contro una media UE del 13,7 per cento) e che sono generalmente meno tutelati contro i rischi sociali rispetto ai lavoratori dipendenti; il dipartimento Finanze del Ministero dell'economia ha recentemente diffuso i dati relativi alle aperture di Partite Iva con regime forfettario nel secondo trimestre 2019 che, rispetto allo stesso periodo sono aumentate del 35 per cento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere programmi di interventi, attraverso il Fondo per la crescita sostenibile o altro strumento di finanziamento, a favore dei lavoratori autonomi sia per il sostegno di attività imprenditoriali, sia per la tutela dei rischi sociali.
9/2203/81Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    nel bacino di crisi di Caserta ci sono ex lavoratori provenienti da realtà aziendali diverse che componevano il comparto industriale casertano;
    gli ex dipendenti di questi importanti comparti industriali per anni sono rimasti legati a progetti di ricollocazione illusori e mai portati avanti;
    il sostegno al reddito è divenuto negli anni di vitale importanza per le famiglie;
    gli ultimi interventi in termini di ammortizzatori sociali, come il decreto-legge 20 marzo 2014 n. 34, convertito dalla legge 16 maggio 2014, n. 78, hanno ristretto la platea dei beneficiari, ma soprattutto hanno creato numerose discriminazioni, nei confronti di lavoratori non solo appartenenti allo stesso bacino, quindi legati dallo stesso progetto, ma anche alla stessa azienda;
    la Regione Campania con decreto dirigenziale n. 236/2016 pubblicato sul BURC n. 44 del 04 luglio 2016 vincolava l'accesso alla formazione e quindi al sostegno ai soli lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga triennio 2012 – 2014, lasciando fuori tutti coloro che, avendo terminato gli ammortizzatori ordinari nello stesso triennio 2012 – 2014, sono ad oggi privi di sostegno al reddito;
    ad oggi, a tutti quei lavoratori che hanno terminato la mobilità ordinaria nel 2015 e nel 2016 non viene riconosciuto più alcun tipo di ammortizzatore sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere con un prossimo provvedimento di carattere normativo, nell'area di crisi individuata in premessa, l'adozione di un piano strategico di investimenti volto a favorire politiche di occupazione e reindustrializzazione, nonché misure straordinarie di sostegno al reddito per i lavoratori ai quali non è riconosciuto alcun tipo di ammortizzatore sociale.
9/2203/82Buompane.


   La Camera,
   premesso che:
    nel bacino di crisi di Caserta ci sono ex lavoratori provenienti da realtà aziendali diverse che componevano il comparto industriale casertano;
    gli ex dipendenti di questi importanti comparti industriali per anni sono rimasti legati a progetti di ricollocazione illusori e mai portati avanti;
    il sostegno al reddito è divenuto negli anni di vitale importanza per le famiglie;
    gli ultimi interventi in termini di ammortizzatori sociali, come il decreto-legge 20 marzo 2014 n. 34, convertito dalla legge 16 maggio 2014, n. 78, hanno ristretto la platea dei beneficiari, ma soprattutto hanno creato numerose discriminazioni, nei confronti di lavoratori non solo appartenenti allo stesso bacino, quindi legati dallo stesso progetto, ma anche alla stessa azienda;
    la Regione Campania con decreto dirigenziale n. 236/2016 pubblicato sul BURC n. 44 del 04 luglio 2016 vincolava l'accesso alla formazione e quindi al sostegno ai soli lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga triennio 2012 – 2014, lasciando fuori tutti coloro che, avendo terminato gli ammortizzatori ordinari nello stesso triennio 2012 – 2014, sono ad oggi privi di sostegno al reddito;
    ad oggi, a tutti quei lavoratori che hanno terminato la mobilità ordinaria nel 2015 e nel 2016 non viene riconosciuto più alcun tipo di ammortizzatore sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere con un prossimo provvedimento di carattere normativo, nell'area di crisi individuata in premessa, l'adozione di un piano strategico di investimenti volto a favorire politiche di occupazione e reindustrializzazione, nonché misure straordinarie di sostegno al reddito per i lavoratori ai quali non è riconosciuto alcun tipo di ammortizzatore sociale.
9/2203/82. (Testo modificato nel corso della seduta)  Buompane.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca un complesso di interventi in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni, di ISEE, di risoluzione di crisi aziendali e di conversione ambientale; l'articolo 1, comma 243, della Legge n. 232 del 2016 ha modificato il testo dell'articolo 24-bis contenuto nel decreto-legge n. 83/2012, introducendo l'obbligo di comunicazione per gli operatori economici che decidano di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l'attività di call center in un Paese non membro dell'Unione europea;
    in caso di omessa o tardiva comunicazione si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie nei casi e nei modi stabiliti dalla normativa citata; la comunicazione deve essere inviata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nonché all'ispettorato nazionale del lavoro, al Ministero dello sviluppo economico e al Garante per la protezione dei dati personali, almeno trenta giorni prima del trasferimento indicando le informazioni relative ai lavoratori coinvolti dalla delocalizzazione secondo le istruzioni operative impartite dalla nota operativa del 1o marzo 2017 (prot.n.33/1328) del Ministero del lavoro;
    tale nota precisa, inoltre, che le disposizioni citate non possono più ritenersi limitate alle sole aziende che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di call center, in quanto l'ambito di applicazione soggettivo è riferibile all'operatore economico, indipendentemente dal numero di dipendenti occupati, che svolge attività di call center utilizzando numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico, a prescindere dalla prevalenza o meno dell'attività di call center rispetto al complesso delle proprie attività. Si aggiunge, altresì che la nozione di operatore economico è riconducibile alla definizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera p) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, che individua coloro che offrono beni e servizi sul mercato a prescindere dalla forma giuridica di riferimento;
    la nuova formulazione dell'articolo 24-bis, in vigore dal 1o gennaio 2017, comporta, dunque, un ampliamento della platea dei soggetti nei cui confronti la norma viene applicata (operatore economico che eroga servizi di call center, indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati, tanto tramite una struttura interna all'azienda quanto in outsourcing), nonché delle fattispecie di violazioni sanzionabili e dell'importo delle sanzioni;
    successivamente, con l'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, sono state introdotte delle norme destinate a sanzionare le imprese italiane o estere che operano sul territorio nazionale e che, dopo aver avuto accesso ad aiuti di Stato per gli investimenti, decidono di delocalizzare in Stati extra Ue l'attività produttiva, oppure di ridurre i livelli occupazionali, con la decadenza dal beneficio fruito e la restituzione maggiorata degli interessi; nonostante tale normativa, alcune imprese vengono meno agli obblighi prescritti dalle disposizioni appena citate, ciò a detrimento della tutela dei diritti dei lavoratori;
    inoltre, le attività di call center, come noto, sono state oggetto negli ultimi decenni di ampie forme di esternalizzazione del servizio anche e, soprattutto, da parte delle pubbliche amministrazioni; nell'ambito di tali operazioni è, infatti, tipico il ricorso alla stipula di contratti di appalto per l'affidamento del servizio ad una nuova impresa, con conseguente problematica di garantire la prosecuzione dell'attività lavorativa dei lavoratori coinvolti, una volta scaduto il contratto;
    a tutela della stabilità occupazionale dei lavoratori coinvolti, nel caso di cambi di appalto nel settore dei call center, vige la cosiddetta «clausola sociale», di cui all'articolo 1, comma 10, della legge n. 11/2016, secondo cui: «In caso di successione nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro continua con l'appaltatore subentrante...». Si elimina così il rischio, spesso frequente nella pratica, di esclusione dell'obbligo di riassunzione qualora il nuovo appaltatore applichi un contratto collettivo non contenente l'obbligo di riassunzione; la norma però prosegue affermando che ciò avverrà «secondo le modalità e le condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati e vigenti alla data del trasferimento, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale». Ebbene, la disposizione de qua rinviando ai CCNL, sembra smentire la possibilità di configurare un passaggio diretto dei lavoratori alle dipendenze del nuovo appaltatore, visto che (per giurisprudenza pacifica) le clausole sociali di origine negoziale comportano sempre comunque la cessazione del rapporto di lavoro e la successiva riassunzione da parte del nuovo datore;
    è evidente, quindi, che la norma pone una serie di problemi applicativi della clausola sociale. In primo luogo, occorre, infatti, capire quali contratti collettivi devono essere considerati, visto che la disposizione non specifica alcun parametro per individuarli (ad esempio, il settore cui si riferiscono le prestazioni di call center). Bisogna, tra l'altro, considerare che le attività di call center non sono interessate da specifiche forme di contrattazione collettiva, ma rientrano in settori più generali come quello delle telecomunicazioni o, se si guarda alle aziende che normalmente offrono tali servizi, nel multiservizi;
    in ragione della portata dispositiva della norma, sembrerebbe vigere non un obbligo, ma una libertà di scelta dell'appaltatore confermata dall'espressione utilizzata dal comma 10, ove fa riferimento ai contratti collettivi «applicati» dallo stesso, e non a quelli che a questi dovrebbero essere applicati;
    a riprova di ciò, il secondo periodo del comma 10 in questione stabilisce che: «In assenza di specifica disciplina nazionale collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto adottato sentite le organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, definisce i criteri generali per l'attuazione del presente comma». Si prevede, quindi, una procedura concertativa al termine della quale il Ministero del lavoro adotterà un decreto per definire quelle modalità e quelle condizioni secondo le quali si realizzerà il passaggio di personale. Il problema, tuttavia, rimane il parametro di riferimento per individuare il CCNL cui fare riferimento, da cui dipende, del resto, anche l'intervento «sussidiario» del Ministero appena citato. La procedura ministeriale, infatti, opera solo «in assenza di specifica disciplina nazionale collettiva». Ecco dunque che, in assenza di chiarimenti circa la esatta portata della norma, sussisterebbe un margine per l'impresa subentrante di applicare un contratto collettivo con condizioni di riassunzione più vantaggiose per la stessa, in modo anche da evitare l'intervento sussidiario del Ministero;
    la previsione in commento, in conclusione, se da un lato fa un passo importante sul fronte della tutela occupazionale negli appalti (seppur solo quelli relativi ai servizi di call center), garantendo la continuazione dei rapporti di lavoro, dall'altro lato pone grosse problematiche sulle condizioni e sulle modalità con le quali tale continuazione dovrà realizzarsi, specialmente quando il nuovo appalto risulta ridotto rispetto al precedente, con conseguente pericolo di non mantenere tutta l'occupazione e tutte le precedenti condizioni contrattuali individuali (orario di lavoro, eccetera);
    alla luce di ciò appare, quindi, opportuno operare uno sforzo maggiore a livello legislativo, per chiarire precisamente le condizioni e le modalità (tra questi i criteri da seguire nella gestione degli esuberi) con le quali debba avvenire la continuazione dell'attività lavorativa in caso di cambio appalto, e quali rimedi utilizzare nel caso in cui non sia possibile garantire i soliti livelli occupazionali. Rebus sic stantibus, a poco sembra, dunque, servire l'utilizzo dell'espressione per cui il rapporto «continua» – che lascerebbe intendere una sorta di continuità giuridica del rapporto di lavoro – nel momento in cui, come esposto, le condizioni e le modalità del passaggio sono rimesse alla contrattazione collettiva o al decreto ministeriale. Da qui, pertanto, appare più facile la violazione sistematica della cosiddetta clausola sociale in sede di contrattazione collettiva ad opera dei soggetti committenti e imprese affidatarie del servizio di call center, a tutto discapito della tutela dei diritti dei lavoratori;
   premesso e ritenuto tutto ciò,

impegna il Governo:


   a valutare – in merito all'obbligo di comunicazione per gli operatori economici che decidano di localizzare – attraverso gli uffici tecnici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con le altre autorità istituzionali competenti, l'opportunità di provvedere, con idonee iniziative, anche legislative, a rafforzare l'attività di monitoraggio (eventualmente esistente) di tale procedura, oltre che dei vincoli stabiliti dai commi 1 e 2 dell'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (cosiddetto Decreto Dignità), e a revisionare le modalità di effettuazione dei controlli, nonché il loro grado di pervasività, nei confronti dei soggetti economici destinatari degli obblighi citati in premessa, ai fini dell'attuazione e dell'efficacia della disciplina che ha introdotto l'obbligo di comunicazione da parte degli operatori economici in materia di delocalizzazioni, oltre che alla luce del rafforzamento della normativa contro le delocalizzazioni così come disposto dall'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (cosiddetto Decreto Dignità) che ha stabilito dei limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti;
   a valutare, altresì, con riferimento al fenomeno delle esternalizzazioni delle attività dei call center, l'opportunità di chiarire l'esatta portata interpretativa e applicativa della cosiddetta «clausola sociale», di cui all'articolo 1, comma 10, della legge n. 11/2016, con particolare riguardo alla definizione esatta del carattere precettivo della stessa, nonché delle condizioni e delle modalità con le quali la continuazione dell'attività lavorativa dovrà realizzarsi in caso di cambio di appalto, ciò a tutela della stabilità occupazionale dei lavoratori.
9/2203/83D'Orso, Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    nel quadro dei processi di innovazione del lavoro pubblico, le legislazioni regionali, comprese quelle delle Regioni a statuto speciale, nel corso degli anni hanno valorizzato le attività di informazione e comunicazione all'interno delle proprie organizzazioni, anche mediante la stipula di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con giornalisti professionisti;
    il ricorso a figure professionali è stato necessario per svolgere attività qualificate e deontologicamente certificate, spesso svolte al di fuori degli orari standard della pubblica amministrazione, quali rassegne stampa, comunicati stampa, organizzazione di conferenze stampa, gestione di testate registrate in tribunale, promozione dell'informazione attraverso moderni canali sociali;
    occorre tenere conto, altresì, delle peculiarità legate all'alto grado di autonomia nello svolgimento delle attività, alla complessità dei compiti, al livello di responsabilità e competenza professionale, agli stessi richiesti;
    l'articolo 19 del CCNL Comparto Funzioni Locali per il triennio 2016-18 ha stabilito che, nel quadro dei processi di innovazione del lavoro pubblico, al fine di valorizzare e migliorare le attività di informazione e di comunicazione svolte dalle pubbliche amministrazioni, sono previsti distinti specifici profili professionali idonei a garantire l'ottimale attuazione dei compiti e funzioni connessi alle specifiche attività, stabilendo altresì i contenuti professionali di base e l'inquadramento nell'attuale sistema di classificazione professionale;
    con apposita dichiarazione congiunta al predetto contratto collettivo relativo alla tornata contrattuale 2016-2018 per il comparto delle funzioni locali, è stata espressamente prevista un'apposita sequenza contrattuale, definita di raccordo, volta a disciplinare l'applicazione dell'articolo 19 del predetto CCNL, nei confronti del personale al quale, in forza di specifiche vigenti norme di legge regionale in materia, sia stata applicata una diversa disciplina contrattuale nazionale, seppure in via transitoria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, le iniziative volte a promuovere l'avvio, per le Regioni ordinarie presso l'Aran, dell'apposita sequenza negoziale prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro per le funzioni locali, relativi alla tornata 2016-2018, che preveda, per il personale della categorie di personale addette alle attività di informazione e comunicazione, opportune forme di valorizzazione professionale ed economica in vista della prossima contrattazione collettiva per il triennio 2019-2021, con adeguata collocazione nei profili omogenei e l'attribuzione del corrispondente trattamento economico, nella sostanziale salvaguardia delle relative prerogative già maturate, nonché a definire, le funzioni del Giornalista pubblico e dello Specialista in Comunicazione istituzionale.
9/2203/84De Lorenzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    le Zone Economiche Speciali (ZES) sono state istituite dagli articoli 4 e 5 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 con la finalità di favorire la creazione di condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese già operanti, nonché l'insediamento di nuove imprese in dette aree;
    alle imprese che già operano in una ZES e a quelle che decidono di avviare in quella zona la propria attività, la normativa vigente riconosce vantaggi in termini di adempimenti amministrativi e misure di vantaggio fiscale sotto forma di credito di imposta;
    il Meridione d'Italia è la parte del Paese che registra il maggior tasso di disoccupazione con circa 1,5 milioni di disoccupati e con un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti dell'intera Europa;
    appare quanto mai necessario incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro nelle aree più depresse e a più alta disoccupazione del paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare misure finalizzate a prevedere che le imprese operanti all'interno di una ZES e quelle che in tale zona avviano la propria attività possano assumere parte del loro personale tra i residenti nei comuni delle province ricomprese all'interno della ZES, anche al fine di tutelare i livelli occupazionali nelle aree in cui tali imprese insistono.
9/2203/85Manzo, Faro, Alberto Manca.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    la legge 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) all'articolo 1, commi 910-914, ha introdotto il divieto per il datore di lavoro di pagare in contanti i propri lavoratori al fine di evitare abusi che vedevano i lavoratori essere costretti a dichiarare di percepire uno stipendio, tramite la firma per ricevuta della busta paga, ma incassarne effettivamente uno stipendio più basso di quello dichiarato;
    il comma 914 della citata legge individua alcune categorie di lavoratori che, pur nella condivisibilità della normativa generale, sono esentati dalla medesima perché per le caratteristiche peculiari del lavoro svolto, il divieto di percepire lo stipendio in contanti avrebbe potuto arrecare un danno anziché una tutela e un beneficio;
    tra le categorie di cui al comma 914 non figurano i lavoratori marittimi, lavoratori che per la specificità del lavoro svolto in navigazione, si trovano sovente in situazioni in cui le navi da carico approdano in porti «disagiati» ove non è possibile effettuare prelievi bancomat ovvero utilizzare carte di pagamento elettroniche. Prima dell'entrata in vigore delle citate disposizioni normative era di uso abituale chiedere al Capitano della nave anticipi sullo stipendio per assolvere alle loro necessità quando sbarcavano in «franchigia». Dopo l'entrata in vigore delle nuove norme tali anticipi non sono stati più corrisposti ai marittimi;
    tale situazione di oggettivo disagio è stata riconosciuta dallo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, con una nota (protocollo n. 17034) del 26 giugno 2018 ha auspicato un'esclusione dei lavoratori marittimi dal campo dell'applicazione della normativa di cui ai commi 910-914 dell'articolo 1 della legge 205/2017;
    in tal senso è opportuno rilevare la condizione paradossale in cui si vengono a trovare le imprese armatoriali, le quali per rispettare la legge, si vedono comminare delle così dette «non conformità» in sede di ispezioni da parte della Capitanerie di Porto ai sensi del Maritime Labour Convention 2006, per aver privato i marittimi del diritto di ricevere anticipi sullo stipendio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'esenzione dei lavoratori marittimi dall'applicazione dei commi da 910 a 914 dell'articolo 1 della legge 205/2017, anche limitatamente alla possibilità di ricevere anticipi sullo stipendio nei periodi di navigazione.
9/2203/86Alberto Manca, Manzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2203, di conversione in legge del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, reca un complesso di disposizioni per la tutela del lavoro di alcune categorie di lavoratori precari quali i cosiddetti Riders, lavoratori con disabilità, lavoratori socialmente utili e lavoratori di pubblica utilità oltre alle disposizioni relative alle crisi aziendali;
    con l'evoluzione tecnologica anche l'economia italiana è entrata nell'epoca caratterizzata dal dominio del digitale e la conseguente nascita di nuove pratiche di lavoro;
    i cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro, con la crescente digitalizzazione e la nascita di nuovi modelli di impresa, in cui le posizioni a tempo determinato sono comuni e le organizzazioni stipulano contratti con lavoratori autonomi per assunzioni a breve termine – la gig economy o economia dei lavoretti – hanno portato alla progressiva comparsa dei cosiddetti «lavori atipici»;
    oggi, il mercato del lavoro richiede «contratti di lavoro flessibile» e tale flessibilità deve poter godere di una protezione minima, la progressiva diffusione delle piattaforme digitali, quali sistemi di organizzazione del lavoro volti a favorire e facilitare l'acquisizione di beni e servizi attraverso il ricorso alle tecnologie informatiche, comporta anche il coinvolgimento di varie figure di lavoratori, i quali necessitano di misure normative di tutele specifiche in materia lavoristica per ciò che concerne la salute e sicurezza del lavoratore e delle lavoratrici, diverse da quelle che hanno caratterizzato l'ordinamento sino ad oggi consolidatosi,
   considerato che:
    nella società contemporanea, la gig economy è una forma efficiente di impresa capitalistica che opera su lavori che scontano flessibilità e intermittenza e che necessita, ad oggi di interventi normativi volti ad individuare misure di tutela nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che vi prestano servizio;
    il Parlamento europeo ha approvato, in data 15 aprile 2019 una legge, già concordata con i ministri UE, volta a garantire una serie di diritti minimi ai lavoratori occasionali, a chiamata, intermittenti, ed inoltre a tirocinanti e apprendisti retribuiti se lavorano in media almeno tre ore alla settimana e 12 ore su quattro settimane, gli Stati membri disporranno di tre anni per implementare le nuove norme, considerando che l'assenza di un quadro normativo volto a favorire la salute e sicurezza lavorativa nell'inquadramento della gig economy è globale e non riguarda solo il mercato lavorativo italiano;
    l'Esecutivo ha già manifestato forme di sensibilizzazione poste in essere verso tutti i lavoratori e le lavoratrici delle piattaforme digitali, attivando anche un apposito tavolo tecnico di confronto con i sindacati, le rappresentanze dei lavoratori delle piattaforme digitali e le imprese del settore, al fine di poter definire e garantire al meglio, le misure di tutela contenute negli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge in esame a favore di tale categoria di lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, di assumere nel primo provvedimento utile, iniziative normative di competenza, affinché i rapporti di lavoro della gig economy possano essere svolti con modalità di misure tecniche ed organizzative specifiche, indispensabili per garantire non solo un salario minimo ed un'inquadratura contrattuale ma anche forme di tutela e di protezione dai rischi che possono verificarsi attraverso la continua connessione alle piattaforme digitali al fine di favorire il diritto alla disconnessione al di fuori degli orari di lavoro per consentire gli adeguati tempi di riposo a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici, contrastando e implementando altresì le sanzioni per l'utilizzo improprio di ogni tipologia contrattuale priva di tutele, con particolare riguardo a quelle relative alla salute e sicurezza sul lavoro, da parte dei propri datori di lavoro.
9/2203/87Amitrano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca al Capo II alcune modifiche al decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 (cosiddetto decreto-legge crescita). In sede di esame presso le Commissioni riunite 10a e 11a sono stati presentati da tutti i gruppi parlamentari numerosi emendamenti volti ad abrogare o a modificare l'articolo 10 del decreto-legge 34 del 2019;
    l'articolo 10 del decreto-legge in oggetto, ha apportato alcune modifiche alla disciplina riguardante gli incentivi per gli interventi di efficienza energetica e di riduzione del rischio sismico, prevedendo la possibilità per il soggetto che sostiene le spese per gli interventi di cui agli articoli 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 (rispettivamente, interventi di efficienza energetica e di riduzione del rischio sismico), di ricevere, in luogo dell'utilizzo della detrazione, un contributo anticipato dal fornitore che ha effettuato l'intervento, sotto forma di sconto sul corrispettivo spettante. Tale contributo è recuperato dal fornitore sotto forma di credito d'imposta, di pari ammontare, da utilizzare in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, senza l'applicazione dei limiti di compensabilità;
    i fornitori che hanno effettuato le due tipologie di intervento a loro volta hanno facoltà di cedere il credito d'imposta ai propri fornitori di beni e servizi. Con ulteriore modifica, analoga facoltà è stata concessa ai beneficiari di detrazioni per interventi di realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, con installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia, nonché ai relativi fornitori;
    il comma 3-ter dell'articolo 10 consente altresì ai beneficiari della detrazione per gli interventi di realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo al l'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia (di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, testo unico delle imposte sui redditi), di cedere il proprio credito ai fornitori di beni e servizi necessari alla realizzazione degli stessi interventi; tali soggetti possono a loro volta cedere il credito ai propri fornitori, con l'esclusione di ulteriori cessioni da parte di questi ultimi. Come per gli altri interventi disciplinati dalle norme in esame, è esclusa la cessione dei crediti a istituti di credito e intermediari finanziari;
    le modifiche introdotte dall'articolo 10 del decreto-legge crescita hanno mostrato criticità in fase applicativa, destando forti preoccupazioni nella filiera delle imprese della riqualificazione energetica e della ristrutturazione del patrimonio immobiliare a uso residenziale, in particolare nelle piccole e medie imprese operanti nei settori degli impianti, del legno e dell'arredamento;
    oltre sessanta imprese dei predetti settori, associate alla Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA), hanno avviato un procedimento amministrativo davanti alla Commissione europea e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) affinché venga accertata l'illegittimità dell'articolo 10 del decreto crescita, per violazione della disciplina della concorrenza;
    l'AGCM, nella segnalazione del 17 giugno 2019 inviata a Governo e Parlamento, pubblicata nel Bollettino settimanale n. 26 del 1o luglio, ha evidenziato che la norma, nella sua attuale formulazione, appare suscettibile di creare restrizioni della concorrenza nell'offerta di servizi di riqualificazione energetica a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di più grandi dimensioni. Il nuovo sistema di incentivazione fiscale, di particolare appetibilità per la domanda, si pone, in ragione delle modalità prescelte per il trasferimento dei crediti fiscali dai soggetti aventi diritto ai fornitori, quale meccanismo realmente fruibile solo dalle imprese di grande dimensione, che risultano le uniche in grado di praticare gli sconti corrispondenti alle detrazioni fiscali, potendo compensare i correlativi crediti d'imposta in ragione del consistente volume di debiti fiscali, godendo anche di un minor costo finanziario connesso al dimezzamento da 10 a 5 anni del periodo di compensazione del credito d'imposta;
    in tale contesto, particolarmente destabilizzante per le piccole e medie imprese che operano nel settore è anche il disposto di cui al comma 3-ter, che, come già detto in precedenza, ha introdotto, anche per gli interventi di vendita e installazione di impianti fotovoltaici residenziali, la possibilità della cessione ai fornitori del credito IRPEF per detrazione fiscale da parte dei clienti. Anche tale beneficio può essere proposto ai clienti solo da grandi gruppi industriali, perché possiedono sia capienza di imposte a debito sufficientemente ampia per la compensazione dei crediti fiscali acquisiti dai clienti, sia la capacità di ricorrere al credito bancario, ovvero di imporre il timing dei pagamenti ai propri fornitori per colmare i gap di liquidità connessi con l'acquisizione dei crediti;
    il Ministro dello sviluppo economico, nel corso della seduta del Senato del 10 ottobre 2019, dedicata allo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, in risposta agli atti nn. 3-01170 e 3-01173, relativi ai profili di criticità della recente normativa in tema di interventi per la riqualificazione energetica e antisismica e, in particolare, delle modalità di compensazione delle spese, ha ribadito «l'esigenza evidente di modificare il testo» e ha altresì evidenziato la necessità di aprire «un tavolo di confronto per arrivare alla soluzione migliore», sentendo «i diversi portatori di interesse, quindi tutte le associazioni di categoria dei diversi settori», ritenendo la legge di bilancio «il provvedimento più consono dove proporre e produrre una modifica completa e congrua dell'articolo 10 del decreto crescita»,

impegna il Governo

ad adottare ogni più opportuna iniziativa di carattere normativo al fine di addivenire ad una rapida soluzione delle criticità emerse a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 10 del decreto-legge crescita alla normativa in tema di interventi per la riqualificazione energetica e antisismica, nonché di installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia, da inserire nel primo provvedimento utile all'esame delle Camere, successivo alla chiusura del tavolo di confronto ministeriale.
9/2203/88D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore siderurgico ha fortemente caratterizzato il tessuto produttivo dell'area di Taranto: l'impianto siderurgico ex ILVA, il più grande d'Europa, rientra fra i siti di interesse strategico per il nostro Paese;
    la crisi del comparto siderurgico, con le connesse criticità ambientali, ha influito negativamente sulla sostenibilità di questo modello di sviluppo, ed è stata riconosciuta l'area di crisi industriale complessa per il territorio dei comuni di Taranto, Statte, Montemesola, Massafra e Crispiano con il decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129;
    il medesimo decreto-legge ha inoltre affrontato la questione dell'emergenza ambientale dell'area dell'ILVA, dettando norme concernenti la realizzazione degli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione dell'area di Taranto e nominando un Commissario straordinario, dopo che nel marzo 2012 il Ministero dell'ambiente aveva disposto l'adeguamento dell'AIA alle conclusioni delle migliori tecniche disponibili europee (BAT) relative al settore siderurgico; il riesame dell'AIA per mantenere in esercizio lo stabilimento era stato poi concluso nell'ottobre 2012;
    gli interventi per l'area si sono succeduti numerosi nel tempo: ILVA è stata dichiarata stabilimento di interesse strategico nazionale e sono state dettate specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale; nel 2013 è stato disciplinato, con specifico riguardo allo stabilimento ILVA, il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli all'ambiente e alla salute, disciplinando in particolare la procedura per l'approvazione di un «Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria»; il piano ambientale, adottato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014, ha previsto le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'AIA;
    nel 2015, con il decreto-legge n. 1 del 2015, è stata estesa alle imprese dichiarate di interesse strategico nazionale, quali l'ILVA, la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi; sono stati così nominati i commissari straordinari della procedura di amministrazione straordinaria; ai commissari, e ai soggetti da questi funzionalmente delegati, è stata riconosciuta una sorta di immunità penale ed amministrativa per le condotte poste in essere in attuazione del cosiddetto piano ambientale;
    sempre nel 2015, sono state dettate disposizioni finalizzate alla cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, e fissato al 30 giugno 2017 il termine ultimo per l'attuazione del «piano ambientale»; con il successivo decreto-legge n. 98 del 2016, per garantire la tutela ambientale nell'ambito del processo di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, sono state introdotte disposizioni volte a porre in stretta correlazione la procedura di scelta del contraente con quella della realizzazione del «piano ambientale»;
    il medesimo decreto n. 98 del 2016 ha consentito la proroga di ulteriori 18 mesi del termine ultimo per l'attuazione del Piano ambientale, ed esteso all'affittuario o all'acquirente, nonché ai soggetti da questi delegati, l'esclusione dalla responsabilità penale o amministrativa a fronte di condotte poste in essere in attuazione del medesimo Piano, con il limite temporale delle condotte poste in essere fino al 30 giugno 2017 ovvero fino all'ulteriore termine di 18 mesi eventualmente concesso; la decorrenza dei 18 mesi è stata poi fissata, con il decreto-legge n. 244 del 2016, dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di approvazione delle modifiche del «piano ambientale»;
    a seguito del trasferimento, nel giugno 2017, dei complessi aziendali del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria alla società AM InvestCo Italy s.r.l., cordata di ArcelorMittal e Marcegaglia, e alla presentazione da parte di questa della domanda di AIA è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2017 di approvazione delle modifiche al «piano ambientale» del 2014; con il decreto-legge n. 244 del 2016, il termine di 18 mesi per l'attuazione del Piano in scadenza a marzo 2019, è stato prorogato al 23 agosto 2023, collegandolo alla data di scadenza dell'AIA;
    dunque, pur a fronte di una proroga per l'attuazione del Piano ambientale fino al 2023, restava ferma l'esimente dalla responsabilità penale e amministrativa per i dirigenti di ILVA solo fino alla scadenza di 18 mesi dall'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017, ovvero al marzo 2019; interpellata in merito dal MiSE, l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto che l'esimente avrebbe invece operato «per tutto l'arco temporale in cui l'aggiudicatario sarà chiamato ad attuare le prescrizioni ambientali impartite dall'amministrazione», risultando dunque coincidente con la data di scadenza dell'AIA in corso di validità, ovvero al 23 agosto 2023;
    è intervenuto poi, a contrario, l'articolo 46 del decreto-legge n. 34 del 2019, che ha limitato dal punto di vista oggettivo l'esonero da responsabilità alle attività di esecuzione del c.d. piano ambientale, escludendo l'impunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ed ha individuato nel 6 settembre 2019 il termine ultimo di applicazione dell'esonero da responsabilità;
   considerato che:
    il piano industriale di ArcelorMittal prevedeva investimenti per 2.4 miliardi di euro finalizzati al risanamento ambientale della fabbrica, alla copertura dei parchi minerari e all'adozione di nuove tecnologie per ammodernare gli impianti, nonché un rimborso per 1,8 miliardi di euro a favore dello Stato e dei creditori;
    nel settembre 2018 era stato raggiunto e siglato al Ministero dello sviluppo economico l'accordo sull'ILVA tra sindacati, commissari e la multinazionale ArcelorMittal, che prevedeva l'assunzione di 10.700 persone dell'ex ILVA (8,200 a Taranto) da parte di ArcelorMittal, mentre 2.586 esuberi erano rimasti in capo all'amministrazione straordinaria in cassa integrazione straordinaria a zero ore;
    già nel giugno 2019, tuttavia, ArcelorMittal aveva comunicato la decisione di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria per un numero di circa 1.400 dipendenti al giorno per 13 settimane a seguito della riduzione della produzione primaria nello stabilimento di Taranto;
    alla prosecuzione dell'attività produttiva del polo siderurgico di Taranto, con 90 milioni di tonnellate di produzione annua, è legato il futuro industriale di una filiera strategica nonché il destino di 20.000 lavoratori; la chiusura dell'ex ILVA determinerebbe conseguenze estremamente gravi per l'intero Paese;
    costerebbe un punto di Pil, la perdita di 14.000 posti di lavoro diretti, più quelli dell'indotto, e la fine della produzione dell'acciaio a Taranto, con le ricadute economico-produttive che ciò avrebbe;
   considerato altresì che:
    in sede di esame del decreto-legge al Senato, è stata disposta la soppressione dell'articolo 14 del decreto, facendo venire meno l'intervento ivi previsto sulla norma del decreto-legge n. 1 del 2015 che esclude la responsabilità penale e amministrativa del Commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente, e dei loro delegati, dell'ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale; in particolare, è stata soppressa la novella che interviene sia in merito all'ambito oggettivo dell'esonero da responsabilità, con riguardo alle condotte scriminate, sia in merito all'ambito temporale dell'esonero da responsabilità penale e amministrativa che, per i soli acquirenti o affittuari (e per i soggetti da questi delegati), viene prorogata dal 6 settembre 2010 alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano ambientale alle quali la condotta è riconducibile;
    ciò si lega alla già avvenuta riduzione della produzione primaria nello stabilimento di Taranto e alla decisione di Arcelor Minai di ricorrere dal giugno 2019 alla cassa integrazione guadagni ordinaria per 1.400 dipendenti;
    ulteriore motivo di preoccupazione tra i lavoratori e i sindacati è rappresentato dal recente cambio ai vertici del Gruppo franco-indiano,

impegna il Governo:


   a garantire, in tempi rapidi e mediante ogni azione opportuna a tali fini, la permanenza dell'attività produttiva del complesso siderurgico dell'ex ILVA di Taranto, garantendo altresì, per questa via, la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e di quelli legati all'indotto, attraverso l'adozione, nel quadro generale anche comunitario di ristrutturazione dei processi industriali, di modalità produttive orientate ad una progressiva decarbonizzazione dell'impianto;
   a porre in essere ogni iniziativa tesa a garantire, in tempi congruenti con quanto già previsto, la completa realizzazione del Piano di risanamento ambientale al fine di fornire piena tutela sanitaria ed ambientale ai lavoratori e alla popolazione dell'area interessata;
   a favorire la completa realizzazione del progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area di crisi industriale complessa dichiarata per i territori dei comuni di Taranto, Statte, Montemesola, Massafra e Crispiano, destinando ulteriori risorse per il finanziamento degli interventi di sviluppo imprenditoriale ricadenti nei predetti comuni;
   ad accelerare le azioni e l'esecuzione delle misure all'esame del Tavolo Istituzionale Permanente per Taranto volte a garantire un futuro sostenibile per lo sviluppo industriale dell'area e per la popolazione ivi residente.
9/2203/89Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono presenti disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    il provvedimento destina inoltre determinate risorse a territori specifici e ad aree di crisi industriale complessa delle Regioni Sardegna e Sicilia;
    con decreto del 16 aprile 2019 il ministero dello Sviluppo economico ha riconosciuto il Sistema locale del lavoro di Torino quale area di crisi industriale complessa. Il Sistema locale del lavoro di Torino, comprende ben 112 Comuni;
    sono molteplici le industrie piemontesi attualmente in crisi tra cui Bluetec, ex Embraco, Lear, Olistem, Mahle Group, New Holland, Pernigotti. Secondo i sindacati il solo settore della metalmeccanica e dell'indotto auto ha oggi circa 2 mila lavoratori a rischio;
    nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, presente a Torino per discutere del dossier sull'area di crisi complessa, ha dichiarato che il Piemonte potrà beneficiare di circa 150 milioni di euro per il rilancio delle aree industriali e che «cinquanta milioni andranno a finanziare le misure dell'area di crisi, fondi che potrebbe essere a disposizione già a gennaio e destinati alle piccole e medie imprese»,

impegna il Governo

ad assicurare risorse adeguate e strumenti normativi efficaci all'area di crisi industriale complessa riconosciuta con decreto del 16 aprile 2019 e promuovere il rilancio del sistema economico e produttivo complessivo del Piemonte salvaguardando gli attuali livelli occupazionali.
9/2203/90Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono presenti disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    il provvedimento destina inoltre determinate risorse a territori specifici e ad aree di crisi industriale complessa delle Regioni Sardegna e Sicilia;
    con decreto del 16 aprile 2019 il ministero dello Sviluppo economico ha riconosciuto il Sistema locale del lavoro di Torino quale area di crisi industriale complessa. Il Sistema locale del lavoro di Torino, comprende ben 112 Comuni;
    sono molteplici le industrie piemontesi attualmente in crisi tra cui Bluetec, ex Embraco, Lear, Olistem, Mahle Group, New Holland, Pernigotti. Secondo i sindacati il solo settore della metalmeccanica e dell'indotto auto ha oggi circa 2 mila lavoratori a rischio;
    nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, presente a Torino per discutere del dossier sull'area di crisi complessa, ha dichiarato che il Piemonte potrà beneficiare di circa 150 milioni di euro per il rilancio delle aree industriali e che «cinquanta milioni andranno a finanziare le misure dell'area di crisi, fondi che potrebbe essere a disposizione già a gennaio e destinati alle piccole e medie imprese»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere risorse adeguate e strumenti normativi efficaci all'area di crisi industriale complessa riconosciuta con decreto del 16 aprile 2019 e promuovere il rilancio del sistema economico e produttivo complessivo del Piemonte salvaguardando gli attuali livelli occupazionali.
9/2203/90. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 101 del 2019 oggi in esame reca misure in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni e di risoluzione di crisi aziendali;
    da diverso tempo si prolunga uno stato di crisi della Gazzetta del Mezzogiorno, sottoposta al sequestro con confisca delle quote societarie dell'editore disposto dal Tribunale di Catania. La risoluzione di tale crisi è diventata oggetto di tavoli interistituzionali volti a verificare le condizioni per il superamento delle criticità rilevate e la tutela dei lavoratori;
    particolarmente rilevante è stata la riunione voluta dal Presidente del Consiglio dello scorso 17 ottobre 2019 a cui ha partecipato il Sottosegretario con delega all'editoria Martella in cui si è evidenziata la necessità di riportare il tema nell'agenda di Governo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre quanto necessario al fine di tutelare le professionalità della Gazzetta del Mezzogiorno.
9/2203/91Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 101 del 2019 oggi in esame reca misure in materia di tutela dei lavoratori, di assunzioni e di risoluzione di crisi aziendali;
    da diverso tempo si prolunga uno stato di crisi della Gazzetta del Mezzogiorno, sottoposta al sequestro con confisca delle quote societarie dell'editore disposto dal Tribunale di Catania. La risoluzione di tale crisi è diventata oggetto di tavoli interistituzionali volti a verificare le condizioni per il superamento delle criticità rilevate e la tutela dei lavoratori;
    particolarmente rilevante è stata la riunione voluta dal Presidente del Consiglio dello scorso 17 ottobre 2019 a cui ha partecipato il Sottosegretario con delega all'editoria Martella in cui si è evidenziata la necessità di riportare il tema nell'agenda di Governo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere quanto necessario al fine di tutelare le professionalità della Gazzetta del Mezzogiorno.
9/2203/91. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza ADS Solution S.r.l. di Pomezia, Roma, una società del gruppo ADS controllata dalla società A.D.S. Assembly Data System che aveva ad oggetto la prestazione e l'erogazione di servizi nel settore delle «comunicazioni elettroniche» e nel settore delle c.d. «Utilities»;
    nonostante l'enorme sviluppo maturato nel giro di pochi anni, a partire dall'inizio del 2017, a causa di una situazione di crescente tensione finanziaria della società A.D.S., quest'ultima decideva di conferire alla ADS Solution anche la propria azienda in un'ottica di rilancio avendo manifestato interesse alla sua acquisizione un operatore nazionale quotato al Mercato telematico Azionario;
    pertanto, l'azienda, in dipendenza della menzionata operazione di conferimento, sarebbe divenuta responsabile dei debiti relativi all'azienda ADS e che all'inizio del 2018 notificazioni di debiti avrebbero portato all'interruzione di ogni trattativa con la società quotata;
    per l'effetto di quanto sopra ad oggi la ADS Solution si venne a trovare in stato di crisi con il conseguente licenziamento di 67 lavoratori, costituito per il 21 per cento da manodopera femminile e così anche ADS con oltre 280 lavoratori a rischio,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/92Basini, Durigon, Gerardi, Maturi, Zicchieri, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza ADS Solution S.r.l. di Pomezia, Roma, una società del gruppo ADS controllata dalla società A.D.S. Assembly Data System che aveva ad oggetto la prestazione e l'erogazione di servizi nel settore delle «comunicazioni elettroniche» e nel settore delle c.d. «Utilities»;
    nonostante l'enorme sviluppo maturato nel giro di pochi anni, a partire dall'inizio del 2017, a causa di una situazione di crescente tensione finanziaria della società A.D.S., quest'ultima decideva di conferire alla ADS Solution anche la propria azienda in un'ottica di rilancio avendo manifestato interesse alla sua acquisizione un operatore nazionale quotato al Mercato telematico Azionario;
    pertanto, l'azienda, in dipendenza della menzionata operazione di conferimento, sarebbe divenuta responsabile dei debiti relativi all'azienda ADS e che all'inizio del 2018 notificazioni di debiti avrebbero portato all'interruzione di ogni trattativa con la società quotata;
    per l'effetto di quanto sopra ad oggi la ADS Solution si venne a trovare in stato di crisi con il conseguente licenziamento di 67 lavoratori, costituito per il 21 per cento da manodopera femminile e così anche ADS con oltre 280 lavoratori a rischio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/92. (Testo modificato nel corso della seduta)  Basini, Durigon, Gerardi, Maturi, Zicchieri, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Alitalia la Sea di Milano, Meridiana e aeroporti di molte città italiane;
    già nel corso del 2017, per stigmatizzare il susseguirsi delle crisi aziendali nel settore aereo e per chiedere una riforma complessiva del settore, con l'apertura di un vero contratto nazionale applicabile ai lavoratori di tutte le aziende, sono stati indetti una serie di scioperi nel trasporto;
    la scorsa legislatura è stata presentata dal primo firmatario del presente atto l'interrogazione n. 4-15647 in cui si sottolineavano le problematiche riscontrate costantemente in tutti gli aeroporti nazionali: l'annuncio di Sea di Milano di procedere a nuovi licenziamenti, la disdetta da parte delle principali aziende di handling dei contratti integrativi vigenti, come Aviation Services a Bologna, o comunque l'applicazione in maniera riduttiva dei principi della clausola sociale;
    questa situazione, sommata ad un'assenza di regole precise, alla svendita ingiustificata di asset strategici per gli interessi nazionali e ad una imponente crisi occupazionale, ha impedito alle aziende nazionali di competere a pari condizioni con quelle estere;
    pertanto, è necessario che ci siano regole uguali per tutti gli operatori, dai contratti alle tutele sociali, passando per lo statuto dei lavoratori, senza tralasciare la garanzia della sicurezza;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-00366 tuttora privo di risposta, il firmatario chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e le problematiche relative al settore aereo in maniera complessiva ed esaustiva, al fine di limitare gli effetti drammatici della crisi occupazionale che ha interessato le aziende del comparto e di rilanciare un settore strategico per il nostro Paese,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/93Grimoldi, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Guidesi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Alitalia la Sea di Milano, Meridiana e aeroporti di molte città italiane;
    già nel corso del 2017, per stigmatizzare il susseguirsi delle crisi aziendali nel settore aereo e per chiedere una riforma complessiva del settore, con l'apertura di un vero contratto nazionale applicabile ai lavoratori di tutte le aziende, sono stati indetti una serie di scioperi nel trasporto;
    la scorsa legislatura è stata presentata dal primo firmatario del presente atto l'interrogazione n. 4-15647 in cui si sottolineavano le problematiche riscontrate costantemente in tutti gli aeroporti nazionali: l'annuncio di Sea di Milano di procedere a nuovi licenziamenti, la disdetta da parte delle principali aziende di handling dei contratti integrativi vigenti, come Aviation Services a Bologna, o comunque l'applicazione in maniera riduttiva dei principi della clausola sociale;
    questa situazione, sommata ad un'assenza di regole precise, alla svendita ingiustificata di asset strategici per gli interessi nazionali e ad una imponente crisi occupazionale, ha impedito alle aziende nazionali di competere a pari condizioni con quelle estere;
    pertanto, è necessario che ci siano regole uguali per tutti gli operatori, dai contratti alle tutele sociali, passando per lo statuto dei lavoratori, senza tralasciare la garanzia della sicurezza;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-00366 tuttora privo di risposta, il firmatario chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e le problematiche relative al settore aereo in maniera complessiva ed esaustiva, al fine di limitare gli effetti drammatici della crisi occupazionale che ha interessato le aziende del comparto e di rilanciare un settore strategico per il nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/93. (Testo modificato nel corso della seduta)  Grimoldi, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Guidesi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Arkad-ABB (Oil and Gas EPC);
    Arkad è la più grande compagnia di EPC di proprietà privata saudita con US$ 500 milioni di ricavi annui, US$ 2 miliardi di commesse e 9.000 dipendenti;
    ABB Italia e Arkad hanno firmato un accordo per formare una joint venture per realizzare progetti di engineering, procurement and construction nel settore oil & gas;
    Arkad-ABB opererà commercialmente a Milano, base per le operazioni internazionali, mentre è previsto un ulteriore potenziamento del sito come centro internazionale di eccellenza ingegneristica per soluzioni modulari, specializzato in EPC LSTK;
    tuttavia nell'ultima riunione di luglio le organizzazioni sindacali hanno espresso preoccupazione per l'andamento della situazione aziendale (gli esiti delle partecipazioni alle gare infatti non sono certi, considerando anche i tempi lunghi legati a questa tipologia di business) e quindi hanno chiesto un incontro di verifica da fare entro il prossimo novembre,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa di propria competenza, anche di carattere normativo, nell'interesse dei lavoratori della ABB Italia e nell'ottica di salvaguardare i posti di lavoro in Italia interessati dalla joint venture di cui in premessa.
9/2203/94Iezzi, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Arkad-ABB (Oil and Gas EPC);
    Arkad è la più grande compagnia di EPC di proprietà privata saudita con US$ 500 milioni di ricavi annui, US$ 2 miliardi di commesse e 9.000 dipendenti;
    ABB Italia e Arkad hanno firmato un accordo per formare una joint venture per realizzare progetti di engineering, procurement and construction nel settore oil & gas;
    Arkad-ABB opererà commercialmente a Milano, base per le operazioni internazionali, mentre è previsto un ulteriore potenziamento del sito come centro internazionale di eccellenza ingegneristica per soluzioni modulari, specializzato in EPC LSTK;
    tuttavia nell'ultima riunione di luglio le organizzazioni sindacali hanno espresso preoccupazione per l'andamento della situazione aziendale (gli esiti delle partecipazioni alle gare infatti non sono certi, considerando anche i tempi lunghi legati a questa tipologia di business) e quindi hanno chiesto un incontro di verifica da fare entro il prossimo novembre,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere ogni utile iniziativa di propria competenza, anche di carattere normativo, nell'interesse dei lavoratori della ABB Italia e nell'ottica di salvaguardare i posti di lavoro in Italia interessati dalla joint venture di cui in premessa.
9/2203/94. (Testo modificato nel corso della seduta)  Iezzi, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza artigiani sugherieri;
    il settore sugheriero ha rappresentato in passato per il territorio sardo un indotto produttivo fondamentale con 150 aziende artigiane di trasformazione e oltre 5.000 persone occupate direttamente o impiegate in attività terziarie mentre attualmente le realtà produttive ancora attive nel comparto sughero in Sardegna sono poco più di 20 e contano circa 700 addetti;
    difatti, purtroppo, il mercato del sughero ormai da alcuni anni è colpito da una gravissima crisi e le piccole-medie imprese si ritrovano a fare i conti con problematiche legate al costo della materia prima, alle difficoltà di accesso al credito, alla perdita di clienti produttori vinicoli;
    già con una lettera aperta dei primi di gennaio, indirizzata a tutte le istituzioni, gli artigiani sugherieri hanno presentato un documento di denuncia sulla situazione diventata insostenibile per le poche aziende rimaste sul territorio, puntando ancora una volta il dito contro la passività dell'allora giunta regionale sarda che non ha fatto nulla per salvaguardare quello che era il settore trainante dell'economia locale soprattutto in alcuni centri come Calangianus e Tempio di Pausania;
    il prepotente ingresso dei competitor portoghesi ha messo in ginocchio l'intero comparto attraverso una strategia di massiccio acquisto ed esportazione di sughero dalla Sardegna: oggi infatti circa il 70 per cento del sughero prodotto in territorio sardo è venduto all'estero e il dato è destinato a salire se non si interviene immediatamente;
    tutto ciò ha comportato un'impennata del costo della materia prima per gli artigiani locali e sempre meno lavoro, a causa del conseguente aumento dei prezzi del prodotto finito;
    in uno scenario europeo, in cui i numeri di produzione sono i più bassi ma la tassazione è più alta e maggiori sono i costi di produzione rispetto al Portogallo è necessario adottare politiche di tutela e valorizzazione di questa preziosa risorsa che potrebbe rappresentare un'eccellenza artigianale del nostro Paese;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-01960, tuttora privo di risposta, il sottoscritto firmatario chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali del comparto, per rilanciare l'economia del sughero e supportare le aziende sarde e gli artigiani sugherieri,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa al fine di preservare ed incentivare il settore sugheriero della Sardegna, considerato tra le eccellenze produttive del nostro Paese.
9/2203/95De Martini, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Atitech S.p.A.;
    la Atitech è una MRO (Maintenande, Repair ad Overhaul) indipendente, specializzata nel settore aeronautico ed in particolare nei servizi di manutenzione di aeromobili, operativa presso l'aeroporto internazionale di Capodichino, Napoli;
    da anni i diversi piani di intervento di riorganizzazione aziendale che la Atitech ha messo in campo, al fine di rimanere competitiva all'interno del mercato europeo e internazionale a causa della grave crisi che sta interessando il settore aeronautico in Campania e in Italia, in particolare di Alitalia, hanno comportato anche la messa in CIGS di numerosi lavoratori dell'azienda;
    la Atitech è tra le prime compagnie di manutenzione aeronautica al mondo e la società è impresa a rilevanza economica strategica per il territorio regionale e nazionale,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per tutelare per tutelare il comparto aeronautico anche a salvaguardia dei livelli occupazionali del settore, in particolare la centralità strategica dello stabilimento di Capodichino, a Napoli.
9/2203/96Castiello, Cantalamessa.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Toscana Aeroporti S.p.a.;
    Toscana Aeroporti S.p.a. è la società di gestione degli scali aeroportuali di Firenze e Pisa il cui azionariato è così composto: 62,28 per cento Corporation America Italia S.p.a., 5,79 per cento SO.G.IM. S.p.a., 5,03 per cento regione Toscana, 26,9 per cento altri;
    nel 2017 Toscana Aeroporti S.p.a. ha redatto e presentato ai sindacati dei lavoratori un progetto di cessione ed esternalizzazione di una fetta importante delle lavorazioni, svolte negli scali di Pisa e Firenze (della security a Pisa e dell’handling dei due aeroporti, ovvero il complesso dei servizi per l'assistenza a terra agli aerei e ai passeggeri, durante la sosta negli aeroporti), che potrebbe coinvolgere circa 800 lavoratori;
    Toscana Aeroporti motivò la scelta di cui sopra in primo luogo sul piano economico (risparmiare sui costi di tali servizi) e, in secondo luogo, sul piano giuridico (stando a quanto riferiscono i vertici dell'azienda, ci sarebbe infatti la necessità di adempiere ad alcuni obblighi normativi secondo cui i servizi di handling devono essere affidati a terzi, a causa del fatto che due scali hanno superato i 2 milioni di passeggeri l'anno);
    i sindacati dei lavoratori hanno espresso, fin dal primo momento, una decisa contrarietà nei confronti delle suddette scelte aziendali, affermando che queste «oltre a mettere a rischio i livelli occupazionali, peggioreranno le condizioni normative e salariali di centinaia di dipendenti»;
    nel giugno 2018, Toscana Aeroporti, con una comunicazione rivolta a 880 lavoratori impiegati su Pisa e Firenze, ha annunciato la volontà di disdire i contratti integrativi e gli accordi sindacali interni che, oltre alla parte salariale, andranno ad intaccare alcuni aspetti normativi che regolano i rapporti di lavoro all'interno della società;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-01203 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e convocare azienda e rappresentanti dei lavoratori, anche auspicando la partecipazione di parlamentari del territorio, al fine di conoscere quali siano gli intendimenti dell'azienda circa il mantenimento dei livelli occupazionali, salariali e, più in generale, circa le condizioni contrattuali che in futuro potrebbero regolare i rapporti con i lavoratori,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese tra cui la Toscana Aeroporti S.p.a. avuto riguardo anche alle ricadute occupazionali sul territorio di interesse dell'azienda.
9/2203/97Claudio Borghi, Potenti, Legnaioli, Ziello, Lolini, Picchi.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dell'azienda di Pinerolo, la Pmt di via Martiri del XXI, storica fabbrica produttrice di macchina da carta;
    l'azienda è in procinto di essere venduta, il fondo di investimento Bhm, che ne è proprietario, sta trattando la cessione che, da fonti stampa, sembra debba concludersi a breve;
    grande preoccupazione è espressa per i livelli occupazionali e per il know how, trattandosi di una storica fabbrica produttrice di macchina da carta che già in passato ha subito un doloroso fallimento;
    la crisi aziendale iniziata nell'agosto 2016, con il deposito da parte dell'azienda di domanda di concordato preventivo e l'apertura di un tavolo istituzionale di confronto, cui fece seguito a dicembre dello stesso anno l'autorizzazione del tribunale di Torino ad una procedura competitiva per la cessione dell'azienda conclusasi il 31 gennaio 2017. Dalla primavera del 2017 la situazione aziendale era migliorata: mai un ritardo nei pagamenti delle retribuzioni, né il ricorso ad ammortizzatori sociali
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-03758 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e per la tutela dei posti di lavoro e la valorizzazione e conservazione di un importante know how,

impegna il Governo:


   ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese salvaguardando l'importante know how che l'azienda porta sul territorio;
   ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa nonché garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti.
9/2203/98Gastaldi, Maccanti, Caffaratto, Boldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Murelli, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Auchan;
    Auchan Retail Italia gestisce direttamente 269 punti vendita, di cui 46 ipermercati Auchan e 223 supermercati Simply, e conta circa 18.000 dipendenti diretti, che si traducono in oltre 24.000 se si tiene conto dell'indotto complessivo;
    il 13 maggio 2019 è stato sottoscritto il contratto preliminare per l'acquisizione da parte di Conad del pacchetto azionario di controllo di Auchan Retail Italia spa, società controllante di Simply/Sma e Auchan spa;
    negli ultimi anni i dipendenti delle insegne del gruppo francese hanno subito il ricorso agli ammortizzatori sociali come solidarietà e cassa integrazione guadagni oltre a pesanti tagli occupazionali a seguito della chiusura di parecchi ipermercati Auchan;
    ad oggi, da notizie stampa, risulta che Conad non ha presentato alcun piano industriale né dato certezza sulle future condizioni contrattuali di lavoro che rischiano di far entrare le lavoratrici e i lavoratori nel mondo del precariato con l'applicazione di contratti esternalizzati e stagionalizzati in quanto la realtà Conad affida alcuni punti vendita a società esterne;
    a Roma e nel Lazio sono 42 i punti vendita Sma-Simply, 4 gli ipermercati Auchan,

impegna il Governo:


   ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa;
   a mettere in campo ogni utile iniziativa per la tutela dei trattamenti retributivi e dell'occupazione penalizzati dal piano di acquisizione del gruppo Conad.
9/2203/99De Angelis, Basini, Gerardi, Saltamartini, Zicchieri, Durigon, Murelli, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    la società Cnh Industrial ha comunicato che procederà alla ristrutturazione dello stabilimento di San Mauro Torinese e alla chiusura della sede di Pregnana Milanese entro giugno 2020;
    il responsabile delle relazioni industriali della società ha spiegato che per la sede milanese saranno coinvolti circa 150 lavoratori e complessivamente – per tutte le sedi – gli esuberi sono di 260 lavoratori;
    la società, che produce nella sede milanese motori marini e gruppi elettrogeni con attività di packaging, ha stabilito un piano di riconversione che prevede il riassorbimento solo di due terzi dei lavoratori;
    inoltre, le attività produttive saranno trasferite, a partire dal 2020, a Torino – per completarsi nel 2021 con la logistica – senza lasciare nessuna attività, quindi, a Pregnana Milanese;
    appare evidente il forte impatto negativo sull'occupazione del territorio milanese, oltre alle criticità che deriveranno sui lavoratori dell'indotto;
    saranno, dunque, coinvolte centinaia di famiglie e la società non ha fornito, ancora, sufficienti garanzie circa le forme di ricollocazione interna o esterna;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-03724 tuttora privo di risposta, si chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione volta a garantire gli attuali livelli occupazionali,

impegna il Governo:


   ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa;
   ad avviare un confronto con l'azienda per rivedere, in chiave costruttiva, il piano industriale, ovverosia ogni utile strumento per favorire il reinserimento lavorativo e l'avvio di misure di sostegno sociale, ricevendo eventualmente, dalla citata società, garanzie sulla ricollocazione interna o esterna di tutti i lavoratori.
9/2203/100Cecchetti, Murelli, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    la società Cnh Industrial ha comunicato che procederà alla ristrutturazione dello stabilimento di San Mauro Torinese e alla chiusura della sede di Pregnana Milanese entro giugno 2020;
    il responsabile delle relazioni industriali della società ha spiegato che per la sede milanese saranno coinvolti circa 150 lavoratori e complessivamente – per tutte le sedi – gli esuberi sono di 260 lavoratori;
    la società, che produce nella sede milanese motori marini e gruppi elettrogeni con attività di packaging, ha stabilito un piano di riconversione che prevede il riassorbimento solo di due terzi dei lavoratori;
    inoltre, le attività produttive saranno trasferite, a partire dal 2020, a Torino – per completarsi nel 2021 con la logistica – senza lasciare nessuna attività, quindi, a Pregnana Milanese;
    appare evidente il forte impatto negativo sull'occupazione del territorio milanese, oltre alle criticità che deriveranno sui lavoratori dell'indotto;
    saranno, dunque, coinvolte centinaia di famiglie e la società non ha fornito, ancora, sufficienti garanzie circa le forme di ricollocazione interna o esterna;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-03724 tuttora privo di risposta, si chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione volta a garantire gli attuali livelli occupazionali,

impegna il Governo:


   a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa;
   a valutare l'opportunità, nei limiti di finanza pubblica, di prevedere l'avvio di un confronto con l'azienda per rivedere, in chiave costruttiva, il piano industriale, ovverosia ogni utile strumento per favorire il reinserimento lavorativo e l'avvio di misure di sostegno sociale, ricevendo eventualmente, dalla citata società, garanzie sulla ricollocazione interna o esterna di tutti i lavoratori.
9/2203/100. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cecchetti, Murelli, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    è notizia ufficiale oramai quella della multinazionale ”Nike”, produttrice di calzature, abbigliamento e accessori sportivi, di chiudere la sede di Casalecchio (Bologna), in via Isonzo, entro luglio 2020;
    in soli dieci anni Nike Italia è passata dai 250 dipendenti bolognesi del 2009 ai 30 attuali, che ora dovranno scegliere tra il trasferimento a Milano o la perdita del posto di lavoro;
    i primi licenziamenti avvennero proprio nel 2009, cui fece seguito nel 2012 una seconda procedura di mobilità, quando il personale era già calato di 50 unità, per poi ridursi di ulteriori 50 unità nel 2013; iniziò poi la fase delle riorganizzazioni interne e del trasferimento dei lavoratori nelle sedi di Milano e Roma e, persino; in quelle olandesi;
    sembra che per chi dei 30 dipendenti fosse Impossibilitato a trasferirsi a Milano, la sola opzione sarebbe quella delle dimissioni volontarie, che non garantisce alcuna copertura reddituale da ammortizzatore, giacché, occorrendo meno di 80 minuti di viaggio per raggiungere Milano, mancano i presupposti per le dimissioni per giusta causa;
    la logica puramente numerica e di larga scala delle multinazionali non può sempre e ovunque prevalere su un generale diritto di tutela dei lavoratori e delle rispettive famiglie, queste ultime talvolta alle prese anche con la cura di soggetti anziani e/o fragili,
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5/02900 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

ad avviare, qualora non fosse già stato istituito, un Tavolo istituzionale di confronto, con la partecipazione dei vertici aziendali, delle rappresentanze sindacali e delle istituzioni locali, al fine di valutare tutte le possibili misure a salvaguardia dei lavoratori.
9/2203/101Piastra, Tonelli, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Vinci, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    è notizia del 22 ottobre scorso quella della decisione della multinazionale «Mahle», che si occupa di produzione di pistoni, di traslocare la produzione in Polonia;
    tale scelta pone a rischio la sopravvivenza di due fabbriche piemontesi, i siti di la Loggia e Saluzzo, e l'occupazione di ben 400 lavoratori;
    la situazione in cui sembra versare l'azienda non è delle migliori, a causa della crisi dei motori diesel e del negativo scenario a livello globale del settore automotive;
    già lo scorso maggio le aspettative per il 2019 mostravano un peggioramento rispetto alle previsioni fatte a dicembre 2018 e l'azienda aveva anche preannunciato la necessità di ricorrere alla cassa integrazione guadagni per far fronte al calo produttivo;
    ora la multinazionale tedesca pensa addirittura alla chiusura degli stabilimenti e al trasferimento della produzione in Polonia, con una, notevole riduzione dei costi;
    nel mese di aprile 2019 l'allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico, rispondendo in Senato ad un atto di sindacato ispettivo vertente sulla vicenda, aveva assicurato «totale disponibilità del Ministero dello sviluppo economico ad avviare un tavolo di confronto con le parti interessate, ovviamente con richiesta delle parti coinvolte»,

ritenuto che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5/02982, i firmatari chiedono al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte alla salvaguardia degli stabilimenti piemontesi sopra richiamati e delle centinaia di posti di lavoro, anche avviando, qualora non fosse già stato, un tavolo istituzionale con tutte le parti coinvolte.
9/2203/102Maccanti, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Murelli, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    la bufera che ha colpito la Bio-on, società di bio-plastiche quotata in borsa con sede a Bologna, 100 dipendenti e la fresca inaugurazione di una fabbrica a Castel San Pietro, desta non poche preoccupazioni per i risvolti occupazionali;
    la Bio-on, è considerata una specie di stella del mercato Aim, il settore delle piccole e medie imprese della Borsa italiana, ma nel suo dossier Quintessential metteva in dubbio la sua reale capacità produttiva, ritenendo che il fatto che la maggior parte dei ricavi derivassero da contratti con società controllate da Bio-on stessa rappresentavano un modo per manipolare il mercato;
    la società oltre che ai sequestri per 150 milioni di euro, operati dalla Guardia di Finanza, ha visto l'azzeramento dei vertici societari dall'inchiesta della Procura di Bologna con l'accusa di false comunicazioni sociali e manipolazioni del mercato,
    con atto di sindacato ispettivo n. 3-01064 i firmatari chiedono al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per la salvaguardia dei centinaia di posti di lavoro, scongiurando così che le colpe – ove accertate – di pochi trascinino con sé il destino di centinaia di lavoratori ed altrettante famiglie.
9/2203/103Tonelli, Piastra, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Vinci, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    la bufera che ha colpito la Bio-on, società di bio-plastiche quotata in borsa con sede a Bologna, 100 dipendenti e la fresca inaugurazione di una fabbrica a Castel San Pietro, desta non poche preoccupazioni per i risvolti occupazionali;
    la Bio-on, è considerata una specie di stella del mercato Aim, il settore delle piccole e medie imprese della Borsa italiana, ma nel suo dossier Quintessential metteva in dubbio la sua reale capacità produttiva, ritenendo che il fatto che la maggior parte dei ricavi derivassero da contratti con società controllate da Bio-on stessa rappresentavano un modo per manipolare il mercato;
    la società oltre che ai sequestri per 150 milioni di euro, operati dalla Guardia di Finanza, ha visto l'azzeramento dei vertici societari dall'inchiesta della Procura di Bologna con l'accusa di false comunicazioni sociali e manipolazioni del mercato,
    con atto di sindacato ispettivo n. 3-01064 i firmatari chiedono al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative per la salvaguardia dei centinaia di posti di lavoro, scongiurando così che le colpe – ove accertate – di pochi trascinino con sé il destino di centinaia di lavoratori ed altrettante famiglie.
9/2203/103. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tonelli, Piastra, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Vinci, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    nel 2013 la Pernigotti spa, azienda piemontese specializzata in cioccolato e nocciolati, era entrata tra le proprietà del gruppo turco Sanset, controllato dalla famiglia Toksoz, e terminava così un lungo capitolo della storica azienda dolciaria di Novi Ligure, 150 anni di storia, 75 milioni di euro di fatturato annuo e 150 dipendenti;
    nel 2018, la Pernigotti, dacché avrebbe dovuto rilanciarsi e svilupparsi, diventa un caso di emergenza aziendale e occupazionale di livello nazionale, avendo subito lo spostamento di molte produzioni in Turchia e l'annuncio da parte dei fratelli Toksoz di chiudere definitivamente lo stabilimento, lasciando a casa un centinaio dei 200 dipendenti in organico;
    da recenti notizie stampa si apprende che, per lo stabilimento Pernigotti di Novi Ligure, dopo mesi di incertezze e proteste, ci si trovi di fronte ad un nuovo cambio di prospettiva. Infatti, il Gruppo turco Toksoz ha ceduto il ramo d'azienda gelati a Optima, leader nel settore, continuando a produrre cioccolato, praline e torrone, oltre che ingredienti per il gelato, nello stabilimento piemontese;
    la prospettiva di avviare una partnership di lunga durata con il gruppo Optima, sta alla base della decisione della Pernigotti di rivedere il precedente piano industriale che prevedeva, lo scorso anno, la chiusura del sito piemontese; l'azienda ha annunciato che presenterà nel dettaglio il nuovo piano industriale entro il mese di ottobre;
    riguardo ai lavoratori è stata annunciata una riorganizzazione che possa contare su diversi strumenti, a partire dagli ammortizzatori sociali, per rendere economicamente sostenibile lo stabilimento,

impegna il Governo:


   ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, in quanto, con queste operazioni si rischiano di perdere non solo le aziende fisiche, importanti per il tessuto produttivo, ma anche l'identità culturale, la reputazione, la rinomanza e l'enorme valore immateriale di taluni marchi storici aziendali collegati con le aziende e con i prodotti che realizzano;
   ad adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione, che rappresenta uno dei principali fattori di crisi economico-industriale, nell'intento di arginare il paventato rischio della chiusura o del trasferimento all'estero di aziende storiche italiane con esternalizzazione dei relativi prodotti e marchi identificativi e commerciali;
   a monitorare il percorso per il salvataggio industriale dello stabilimento di Novi ligure affinché siano definiti tutti i dettagli del nuovo Piano industriale ponendo la massima attenzione sull'effettivo rilancio delle attività produttive nello stabilimento e alla salvaguardia occupazionale di tutti i lavoratori, inclusi gli stagionali.
9/2203/104Molinari, Benvenuto, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giaccone, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Patelli, Pettazzi, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali;
    nel 2013 la Pernigotti spa, azienda piemontese specializzata in cioccolato e nocciolati, era entrata tra le proprietà del gruppo turco Sanset, controllato dalla famiglia Toksoz, e terminava così un lungo capitolo della storica azienda dolciaria di Novi Ligure, 150 anni di storia, 75 milioni di euro di fatturato annuo e 150 dipendenti;
    nel 2018, la Pernigotti, dacché avrebbe dovuto rilanciarsi e svilupparsi, diventa un caso di emergenza aziendale e occupazionale di livello nazionale, avendo subito lo spostamento di molte produzioni in Turchia e l'annuncio da parte dei fratelli Toksoz di chiudere definitivamente lo stabilimento, lasciando a casa un centinaio dei 200 dipendenti in organico;
    da recenti notizie stampa si apprende che, per lo stabilimento Pernigotti di Novi Ligure, dopo mesi di incertezze e proteste, ci si trovi di fronte ad un nuovo cambio di prospettiva. Infatti, il Gruppo turco Toksoz ha ceduto il ramo d'azienda gelati a Optima, leader nel settore, continuando a produrre cioccolato, praline e torrone, oltre che ingredienti per il gelato, nello stabilimento piemontese;
    la prospettiva di avviare una partnership di lunga durata con il gruppo Optima, sta alla base della decisione della Pernigotti di rivedere il precedente piano industriale che prevedeva, lo scorso anno, la chiusura del sito piemontese; l'azienda ha annunciato che presenterà nel dettaglio il nuovo piano industriale entro il mese di ottobre;
    riguardo ai lavoratori è stata annunciata una riorganizzazione che possa contare su diversi strumenti, a partire dagli ammortizzatori sociali, per rendere economicamente sostenibile lo stabilimento,

impegna il Governo:


   a valutare l'opportunità di:
    adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, in quanto, con queste operazioni si rischiano di perdere non solo le aziende fisiche, importanti per il tessuto produttivo, ma anche l'identità culturale, la reputazione, la rinomanza e l'enorme valore immateriale di taluni marchi storici aziendali collegati con le aziende e con i prodotti che realizzano;
    adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione, che rappresenta uno dei principali fattori di crisi economico-industriale, nell'intento di arginare il paventato rischio della chiusura o del trasferimento all'estero di aziende storiche italiane con esternalizzazione dei relativi prodotti e marchi identificativi e commerciali;
    monitorare il percorso per il salvataggio industriale dello stabilimento di Novi ligure affinché siano definiti tutti i dettagli del nuovo Piano industriale ponendo la massima attenzione sull'effettivo rilancio delle attività produttive nello stabilimento e alla salvaguardia occupazionale di tutti i lavoratori, inclusi gli stagionali.
9/2203/104. (Testo modificato nel corso della seduta)  Molinari, Benvenuto, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giaccone, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Patelli, Pettazzi, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    evidenziato che la multinazionale Continental colosso delle automotive, quarto al mondo nel settore della componentistica per automobili, ha presentato un piano di ristrutturazione aziendale decennale per fronteggiare la crisi che ha investito il comparto a causa della contrazione del mercato automobilistico e della trasformazione in atto del settore, sempre più orientato alla sostituzione dei motori diesel e benzina con quelli elettrici;
    preso atto che l'attuazione piena di tale piano comporterà, nei prossimi anni, circa 500 esuberi negli stabilimenti pisani di San Pietro a Grado e Faglia, il che rappresenterebbe una vera e propria catastrofe per i livelli occupazionali del territorio;
    ricordato che già con atto di sindacato ispettivo n. 4-03675, ad oggi ancora privo di risposta, i firmatari richiamavano l'attenzione del Governo sulla problematica in questione, evidenziando l'opportunità di coinvolgere nel processo di conversione delle componentistiche per le automobili (da benzina/gasolio/metano ad elettrico) le eccellenze scientifiche territoriali italiane quali l'università di Pisa, la Scuola normale superiore e la Scuola superiore Sant'Anna,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per scongiurare il rischio di una grossa crisi occupazionale nel territorio pisano, conseguente all'attuazione del piano industriale della Continentale e valutare la possibilità di promuovere intese tra Continental e le eccellenze accademiche e scientifiche dal territorio pisano, funzionale al rilancio, alla stabilizzazione e alla valorizzazione degli stabilimenti produttivi pisani.
9/2203/105Ziello, Durigon, Dara, Andreuzza, Binelli, Caffaratto, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Murelli, Patassini, Pettazzi.


   La Camera,
   premesso che:
    evidenziato che la multinazionale Continental colosso delle automotive, quarto al mondo nel settore della componentistica per automobili, ha presentato un piano di ristrutturazione aziendale decennale per fronteggiare la crisi che ha investito il comparto a causa della contrazione del mercato automobilistico e della trasformazione in atto del settore, sempre più orientato alla sostituzione dei motori diesel e benzina con quelli elettrici;
    preso atto che l'attuazione piena di tale piano comporterà, nei prossimi anni, circa 500 esuberi negli stabilimenti pisani di San Pietro a Grado e Faglia, il che rappresenterebbe una vera e propria catastrofe per i livelli occupazionali del territorio;
    ricordato che già con atto di sindacato ispettivo n. 4-03675, ad oggi ancora privo di risposta, i firmatari richiamavano l'attenzione del Governo sulla problematica in questione, evidenziando l'opportunità di coinvolgere nel processo di conversione delle componentistiche per le automobili (da benzina/gasolio/metano ad elettrico) le eccellenze scientifiche territoriali italiane quali l'università di Pisa, la Scuola normale superiore e la Scuola superiore Sant'Anna,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per scongiurare il rischio di una grossa crisi occupazionale nel territorio pisano, conseguente all'attuazione del piano industriale della Continentale e valutare la possibilità di promuovere intese tra Continental e le eccellenze accademiche e scientifiche dal territorio pisano, funzionale al rilancio, alla stabilizzazione e alla valorizzazione degli stabilimenti produttivi pisani.
9/2203/105. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ziello, Durigon, Dara, Andreuzza, Binelli, Caffaratto, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Murelli, Patassini, Pettazzi.


   La Camera,
   premesso che:
    al Mise sono aperti più di 150 tavoli di crisi (dato approssimativo perché al Ministero non esiste un elenco aggiornato) ed il numero sembra destinato a crescere in maniera esponenziale causa l'ingresso continuo di nuove vertenze e la mancata chiusura di quelle già aperte;
    tra queste si evidenzia l'ex Embraco di Riva di Chieri (TO), oggetto di un recente tentativo di vertice lo scorso 23 ottobre che ha deluso molto i 200 operai giunti appositamente a Roma per manifestare dinanzi al Ministero;
    dopo 14 mesi l'attività produttiva non è affatto ripartita e, ad oggi, non sembra esserci alcun segnale positivo per i 409 lavoratori della ex Embraco, ceduta dalla Whirlpool al gruppo cino-israeliano Ventures;
    in mancanza di una svolta, gli oltre 400 lavoratori rischiano fra meno di una decina di mesi di andare in mobilità,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa a salvaguardia del futuro occupazionale dei lavoratori nello stabilimento della ex Embraco.
9/2203/106Caffaratto, Boldi, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Murelli, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    al Mise sono aperti più di 150 tavoli di crisi (dato approssimativo perché al Ministero non esiste un elenco aggiornato) ed il numero sembra destinato a crescere in maniera esponenziale causa l'ingresso continuo di nuove vertenze e la mancata chiusura di quelle già aperte;
    tra queste si evidenzia l'ex Embraco di Riva di Chieri (TO), oggetto di un recente tentativo di vertice lo scorso 23 ottobre che ha deluso molto i 200 operai giunti appositamente a Roma per manifestare dinanzi al Ministero;
    dopo 14 mesi l'attività produttiva non è affatto ripartita e, ad oggi, non sembra esserci alcun segnale positivo per i 409 lavoratori della ex Embraco, ceduta dalla Whirlpool al gruppo cino-israeliano Ventures;
    in mancanza di una svolta, gli oltre 400 lavoratori rischiano fra meno di una decina di mesi di andare in mobilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa a salvaguardia del futuro occupazionale dei lavoratori nello stabilimento della ex Embraco.
9/2203/106. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caffaratto, Boldi, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Murelli, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    una grave crisi ha colpito la SELTA SpA, azienda che occupa circa 250 dipendenti con diverse sedi operative sul territorio nazionali tra le quali quella di Roveleto di Cadeo, in provincia di Piacenza;
    la SELTA è un'azienda tecnologica italiana che opera nell'ambito delle infrastrutture critiche nazionali, con 45 anni di esperienza nei settori dell'Automazione, Telecomunicazioni e Cyber Security; la sede di Cadeo ospita il laboratorio dedicato alla produzione di griglie di potenza ad alte prestazioni e di basso consumo;
    con il decreto del Tribunale di Milano dello scorso aprile sono stati indicati tre commissari giudiziali e nel giugno scorso lo stesso Tribunale ha decretato l'apertura della fase di amministrazione straordinaria, con conferma dei tre commissari giudiziali quali commissari straordinari;
    la crisi è dovuta soprattutto all'enorme passivo di 47 milioni di euro accumulato dall'azienda, frutto di sbagliate scelte gestionali che non possono e non devono essere pagate dai lavoratori;
    lo scorso agosto i Commissari straordinari hanno depositato il programma della procedura, redatto secondo l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali, riconoscendo le professionalità presenti in azienda un importante asset da valorizzare,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali interessati dalla crisi della Selta SpA esposta in premessa ed a scongiurare l'ipotesi di parziali cessioni delle attività aziendali che preluderebbero la fine di un'eccellenza produttiva del nostro Paese.
9/2203/107Murelli, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    una grave crisi ha colpito la SELTA SpA, azienda che occupa circa 250 dipendenti con diverse sedi operative sul territorio nazionali tra le quali quella di Roveleto di Cadeo, in provincia di Piacenza;
    la SELTA è un'azienda tecnologica italiana che opera nell'ambito delle infrastrutture critiche nazionali, con 45 anni di esperienza nei settori dell'Automazione, Telecomunicazioni e Cyber Security; la sede di Cadeo ospita il laboratorio dedicato alla produzione di griglie di potenza ad alte prestazioni e di basso consumo;
    con il decreto del Tribunale di Milano dello scorso aprile sono stati indicati tre commissari giudiziali e nel giugno scorso lo stesso Tribunale ha decretato l'apertura della fase di amministrazione straordinaria, con conferma dei tre commissari giudiziali quali commissari straordinari;
    la crisi è dovuta soprattutto all'enorme passivo di 47 milioni di euro accumulato dall'azienda, frutto di sbagliate scelte gestionali che non possono e non devono essere pagate dai lavoratori;
    lo scorso agosto i Commissari straordinari hanno depositato il programma della procedura, redatto secondo l'indirizzo della cessione dei complessi aziendali, riconoscendo le professionalità presenti in azienda un importante asset da valorizzare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali interessati dalla crisi della Selta SpA esposta in premessa ed a scongiurare l'ipotesi di parziali cessioni delle attività aziendali che preluderebbero la fine di un'eccellenza produttiva del nostro Paese.
9/2203/107. (Testo modificato nel corso della seduta)  Murelli, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    la vertenza della VDC SpA – ex fonderia Anseimi – di Camposampiero è l'emblema delle crisi aziendali, caratterizzate da errate scelte gestionali e/o da sguardi rivolti solo al profitto le cui conseguenze ricadono sempre inevitabilmente sui lavoratori e le loro famiglie;
    i lavoratori della VDC – si ricorda sono in sciopero dallo scorso 12 ottobre, allorquando quattro di loro – due invalidi, una impiegata ed una delegata sindacale- hanno ricevuto la lettera di avvio delle procedure di licenziamento individuale;
    da allora tutti i dipendenti sono in presidio permanente in attesa di un incontro con la proprietà per conoscere il proprio futuro occupazionale, incontro che la dirigenza continua a negare;
    addirittura lo scorso 22 ottobre la proprietà improvvisamente ne ha revocato uno programmato, spingendo i lavoratori esasperati ad occupare la strada S.R 307 «Del Santo», davanti l'azienda, bloccando il traffico,

impegna il Governo

ad assumere ogni utile iniziativa a tutela dei livelli occupazionali, delle professionalità e delle competenze dei lavoratori della Vdc ex fonderie Anselmi.
9/2203/108Stefani, Bitonci, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    la vertenza della VDC SpA – ex fonderia Anseimi – di Camposampiero è l'emblema delle crisi aziendali, caratterizzate da errate scelte gestionali e/o da sguardi rivolti solo al profitto le cui conseguenze ricadono sempre inevitabilmente sui lavoratori e le loro famiglie;
    i lavoratori della VDC – si ricorda sono in sciopero dallo scorso 12 ottobre, allorquando quattro di loro – due invalidi, una impiegata ed una delegata sindacale- hanno ricevuto la lettera di avvio delle procedure di licenziamento individuale;
    da allora tutti i dipendenti sono in presidio permanente in attesa di un incontro con la proprietà per conoscere il proprio futuro occupazionale, incontro che la dirigenza continua a negare;
    addirittura lo scorso 22 ottobre la proprietà improvvisamente ne ha revocato uno programmato, spingendo i lavoratori esasperati ad occupare la strada S.R 307 «Del Santo», davanti l'azienda, bloccando il traffico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni utile iniziativa a tutela dei livelli occupazionali, delle professionalità e delle competenze dei lavoratori della Vdc ex fonderie Anselmi.
9/2203/108. (Testo modificato nel corso della seduta)  Stefani, Bitonci, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    evidenziato che lo scorso 20 settembre Opel Italia, ha notificato alle rappresentanze sindacali l'avvio di una procedura di licenziamento collettivo, preliminare alla vendita dello stabilimento di Fiumicino;
    ricordato che l'obiettivo del gruppo Peugeot S.A. è quello di dismettere lo stabilimento entro il 31 dicembre prossimo;
    preso atto che tale decisione mette a rischio il futuro occupazionale di 62 operai del magazzino ricambi Opel di Fiumicino, con una età media di 47 anni;
    ritenuta la vertenza di Opel Fiumicino sintomatica delle crisi aziendali che affliggono il nostro Paese: errate scelte manageriali, difficoltà gestionali e visioni poco lungimiranti a scapito dei lavoratori dipendenti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per scongiurare il rischio di una grossa crisi occupazionale nel territorio di Fiumicino valutando tutte le possibili ipotesi di ricollocazione lavorativa degli operai coinvolti nella decisione aziendale di chiusura dello stabilimento Opel di Fiumicino.
9/2203/109Zicchieri, Durigon, Basini, De Angelis, Gerardi.


   La Camera,
   premesso che:
    evidenziato che lo scorso 20 settembre Opel Italia, ha notificato alle rappresentanze sindacali l'avvio di una procedura di licenziamento collettivo, preliminare alla vendita dello stabilimento di Fiumicino;
    ricordato che l'obiettivo del gruppo Peugeot S.A. è quello di dismettere lo stabilimento entro il 31 dicembre prossimo;
    preso atto che tale decisione mette a rischio il futuro occupazionale di 62 operai del magazzino ricambi Opel di Fiumicino, con una età media di 47 anni;
    ritenuta la vertenza di Opel Fiumicino sintomatica delle crisi aziendali che affliggono il nostro Paese: errate scelte manageriali, difficoltà gestionali e visioni poco lungimiranti a scapito dei lavoratori dipendenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per scongiurare il rischio di una grossa crisi occupazionale nel territorio di Fiumicino valutando tutte le possibili ipotesi di ricollocazione lavorativa degli operai coinvolti nella decisione aziendale di chiusura dello stabilimento Opel di Fiumicino.
9/2203/109. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zicchieri, Durigon, Basini, De Angelis, Gerardi.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato nello specifico l'articolo 13-ter del provvedimento, volto a sostenere lo sviluppo di società cooperative costituite prevalentemente da lavoratori provenienti da aziende in crisi;
    ritenuto il fenomeno c.d. workers buyout (WBO) un ottimo strumento di salvaguardia dell'attività di impresa e dei posti di lavoro;
    ricordato tuttavia che le vere cooperative subiscono pesanti danneggiamenti dalle «false cooperative», altrimenti dette anche «cooperative spurie», che inquinano l'economia con fenomeni distorsivi del mercato, dumping salariale ed irregolarità varie,

impegna il Governo:


   ad adottare ogni utile iniziativa di contrasto al proliferare di cooperative spurie, anche intensificando le attività di controllo;
   ad assumere iniziative normative atte ad introdurre l'obbligo di prestazione, da parte delle cooperative con titolari o soci che siano cittadini non comunitari, di una garanzia fideiussoria, bancaria o assicurativa, ovvero di un deposito cauzionale in favore dell'Agenzia delle entrate.
9/2203/110Eva Lorenzoni, Guidesi, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato nello specifico l'articolo 13-ter del provvedimento, volto a sostenere lo sviluppo di società cooperative costituite prevalentemente da lavoratori provenienti da aziende in crisi;
    ritenuto il fenomeno c.d. workers buyout (WBO) un ottimo strumento di salvaguardia dell'attività di impresa e dei posti di lavoro;
    ricordato tuttavia che le vere cooperative subiscono pesanti danneggiamenti dalle «false cooperative», altrimenti dette anche «cooperative spurie», che inquinano l'economia con fenomeni distorsivi del mercato, dumping salariale ed irregolarità varie,

impegna il Governo:


   a valutare l'opportunità di:
     adottare ogni utile iniziativa di contrasto al proliferare di cooperative spurie, anche intensificando le attività di controllo;
    assumere iniziative normative atte ad introdurre l'obbligo di prestazione, da parte delle cooperative con titolari o soci che siano cittadini non comunitari, di una garanzia fideiussoria, bancaria o assicurativa, ovvero di un deposito cauzionale in favore dell'Agenzia delle entrate.
9/2203/110. (Testo modificato nel corso della seduta)  Eva Lorenzoni, Guidesi, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali; presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza «La Perla»;
    il grande marchio La Perla nel febbraio 2018 è stato ceduto da Silvio Scaglia alla società d'investimento olandese Sapinda Holding;
    lo scorso giugno la direzione di «La Perla», ha comunicato l'intenzione di procedere a dichiarare un esubero di personale, impiegato nel sito di Bologna, pari a 100-120 unità;
    secondo quanto riportato dalle organizzazioni sindacali questo potrebbe essere solo un primo passo verso un disimpegno totale dall'Italia da parte della holding olandese. Per i rappresentanti dei lavoratori infatti è preoccupante che a essere interessati dai tagli siano professionalità che detengono il saper fare dell'azienda;
    l'apertura delle procedure di mobilità per 126 dipendenti di due società del gruppo «La Perla» è un fatto grave. Si tratta di un intervento che inspiegabilmente, su 1200 dipendenti nel mondo, la cui unica manifestazione negativa si ha nei confronti di cento persone impiegate nel sito di Bologna, più della metà delle aree di campionario, dove risiede il Know How, il saper fare, del prodotto leader del mercato;
    ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02777 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali e di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, anche con riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/111Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali; presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza «La Perla»;
    il grande marchio La Perla nel febbraio 2018 è stato ceduto da Silvio Scaglia alla società d'investimento olandese Sapinda Holding;
    lo scorso giugno la direzione di «La Perla», ha comunicato l'intenzione di procedere a dichiarare un esubero di personale, impiegato nel sito di Bologna, pari a 100-120 unità;
    secondo quanto riportato dalle organizzazioni sindacali questo potrebbe essere solo un primo passo verso un disimpegno totale dall'Italia da parte della holding olandese. Per i rappresentanti dei lavoratori infatti è preoccupante che a essere interessati dai tagli siano professionalità che detengono il saper fare dell'azienda;
    l'apertura delle procedure di mobilità per 126 dipendenti di due società del gruppo «La Perla» è un fatto grave. Si tratta di un intervento che inspiegabilmente, su 1200 dipendenti nel mondo, la cui unica manifestazione negativa si ha nei confronti di cento persone impiegate nel sito di Bologna, più della metà delle aree di campionario, dove risiede il Know How, il saper fare, del prodotto leader del mercato;
    ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02777 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali e di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, anche con riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/111. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza «Terreal Italia S.r.l.»;
    la Terreal Italia S.r.l. è controllata dal Gruppo francese Terreal che è leader mondiale nell'industria dei laterizi con stabilimenti in: Francia, Spagna, Malesia e Stati Uniti. In Italia, Terreal ha stabilimenti a Valenza (AL), Noale (VE), Castiglion Fiorentino (AR) e Pesaro, ha evidenziato che a seguito della crisi generale che ha colpito il settore delle costruzioni, la capacità produttiva dell'azienda si è ridotta e nel 2018 sono stati chiusi alcuni stabilimenti;
    a fronte del persistere della crisi nel settore l'azienda ha deciso di abbandonare la produzione di pavimenti che poteva essere effettuata solo nello stabilimento di Pesaro e trasferire a Castiglion Fiorentino e a Valenza la produzione di tegole che viene fatta a Pesaro. La decisione di chiudere le produzioni a Pesaro, a causa delle perdite è stata comunicata il 28 marzo. Il primo aprile sono state interrotte le attività e avviato la procedura di licenziamento collettivo,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese ed a tutela dei 55 posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/112Paolini, Patassini, Latini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza «Terreal Italia S.r.l.»;
    la Terreal Italia S.r.l. è controllata dal Gruppo francese Terreal che è leader mondiale nell'industria dei laterizi con stabilimenti in: Francia, Spagna, Malesia e Stati Uniti. In Italia, Terreal ha stabilimenti a Valenza (AL), Noale (VE), Castiglion Fiorentino (AR) e Pesaro, ha evidenziato che a seguito della crisi generale che ha colpito il settore delle costruzioni, la capacità produttiva dell'azienda si è ridotta e nel 2018 sono stati chiusi alcuni stabilimenti;
    a fronte del persistere della crisi nel settore l'azienda ha deciso di abbandonare la produzione di pavimenti che poteva essere effettuata solo nello stabilimento di Pesaro e trasferire a Castiglion Fiorentino e a Valenza la produzione di tegole che viene fatta a Pesaro. La decisione di chiudere le produzioni a Pesaro, a causa delle perdite è stata comunicata il 28 marzo. Il primo aprile sono state interrotte le attività e avviato la procedura di licenziamento collettivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese ed a tutela dei 55 posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/112. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paolini, Patassini, Latini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza “Titagarh Firema TFA”;
    Titagarh Firema S.p.A è una delle più importanti aziende italiane nel settore dell'industria ferroviaria. Fondata a Caserta, in Campania, TFA vanta una lunga storia industriale di oltre 90 anni nella progettazione e produzione di veicoli ferroviari. La Società è stata fondata nel 2015 a seguito dell'acquisizione, da parte del gruppo ferroviario multinazionale Titagarh, della Firema Trasporti S.p.A.;
    nella sua storia, l'Azienda ha sviluppato progetti prestigiosi, con la produzione di treni utilizzati in Italia per le linee metropolitane di Milano e Napoli, i treni a due piani per Ferrovie Nord Milano e Trenitalia, così come i treni ad alta velocità per Trenitalia. Molte altre produzioni destinate all'estero;
    durante l'ultima convocazione del tavolo di crisi, l'azienda ha precisato che si prevede che tra la situazione attuale ed il 2021 ci possa essere un periodo di non completa saturazione delle capacità produttive in conseguenza della conclusione di talune commesse. Il calo dell'attività, in attesa dell'avvio di nuovi ordini, comporterebbe, di fatto, un minor utilizzo degli stabilimenti e la decisione di far ricorso agli ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali e produttivi con riguardo alla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/113Galli, Cantalamessa, Castiello, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza “Titagarh Firema TFA”;
    Titagarh Firema S.p.A è una delle più importanti aziende italiane nel settore dell'industria ferroviaria. Fondata a Caserta, in Campania, TFA vanta una lunga storia industriale di oltre 90 anni nella progettazione e produzione di veicoli ferroviari. La Società è stata fondata nel 2015 a seguito dell'acquisizione, da parte del gruppo ferroviario multinazionale Titagarh, della Firema Trasporti S.p.A.;
    nella sua storia, l'Azienda ha sviluppato progetti prestigiosi, con la produzione di treni utilizzati in Italia per le linee metropolitane di Milano e Napoli, i treni a due piani per Ferrovie Nord Milano e Trenitalia, così come i treni ad alta velocità per Trenitalia. Molte altre produzioni destinate all'estero;
    durante l'ultima convocazione del tavolo di crisi, l'azienda ha precisato che si prevede che tra la situazione attuale ed il 2021 ci possa essere un periodo di non completa saturazione delle capacità produttive in conseguenza della conclusione di talune commesse. Il calo dell'attività, in attesa dell'avvio di nuovi ordini, comporterebbe, di fatto, un minor utilizzo degli stabilimenti e la decisione di far ricorso agli ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali e produttivi con riguardo alla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/113. (Testo modificato nel corso della seduta)  Galli, Cantalamessa, Castiello, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza delle società Linkra S.r.l. e Compel Electronics s.p.a., specializzate nell’hi-tech per il settore delle telecomunicazioni e della difesa;
    dalla loro costituzione fino al 2016 hanno registrato una crescita produttiva costante e progressiva, raggiungendo eccellenti livelli occupazionali pari a circa 450 dipendenti nelle sole sedi di Cornate d'Adda ed Agrate Brianza, comuni entrambi in provincia di Monza e della Brianza;
    purtroppo a causa di una grave crisi che ha colpito l'intero settore, a giugno del 2017 le due aziende sono state ammesse dal tribunale di Monza alla procedura di amministrazione straordinaria e, nello stesso anno, presso la sede del Ministero dello sviluppo economico, è stato sottoscritto un accordo tra i rappresentanti delle società, le sigle sindacali e il Ministero, al fine di evitare la definitiva chiusura delle aziende e tutelare il maggior numero possibile di posti di lavoro;
    il suddetto accordo prevedeva una continuità dell'attività produttiva e il mantenimento di una parte dei livelli occupazionali, per un totale di 147 dipendenti su quasi 450, attraverso la cessione in affitto di tre rami d'azienda della Compel Linkra alla Cordon Group inerenti ai settori Interconnections Solutions Sales & R&D, Microtech, Hardware Service e Interconnections Operations;
    sono passati due anni e si pone l'esigenza di coinvolgere tutto il personale attualmente occupato in Cordon, anche con il ricorso ad ammortizzatori sociali e alla riduzione degli orari di lavoro, per superare la congiunturale difficoltà di mercato e procedere ad una riorganizzazione produttiva ed aziendale attraverso un nuovo piano di investimenti e di rilancio industriale;
    ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-02757 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e per trovare soluzioni concrete di sviluppo e rilancio industriale dell'azienda Cordon, anche attraverso l'istituzione di un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico con la partecipazione di tutti gli attori coinvolti, rappresentanze datoriali, dei lavoratori e della regione Lombardia,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/114Capitanio, Ferrari, Centemero, Colla, Andreuzza, Binelli, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza delle società Linkra S.r.l. e Compel Electronics s.p.a., specializzate nell’hi-tech per il settore delle telecomunicazioni e della difesa;
    dalla loro costituzione fino al 2016 hanno registrato una crescita produttiva costante e progressiva, raggiungendo eccellenti livelli occupazionali pari a circa 450 dipendenti nelle sole sedi di Cornate d'Adda ed Agrate Brianza, comuni entrambi in provincia di Monza e della Brianza;
    purtroppo a causa di una grave crisi che ha colpito l'intero settore, a giugno del 2017 le due aziende sono state ammesse dal tribunale di Monza alla procedura di amministrazione straordinaria e, nello stesso anno, presso la sede del Ministero dello sviluppo economico, è stato sottoscritto un accordo tra i rappresentanti delle società, le sigle sindacali e il Ministero, al fine di evitare la definitiva chiusura delle aziende e tutelare il maggior numero possibile di posti di lavoro;
    il suddetto accordo prevedeva una continuità dell'attività produttiva e il mantenimento di una parte dei livelli occupazionali, per un totale di 147 dipendenti su quasi 450, attraverso la cessione in affitto di tre rami d'azienda della Compel Linkra alla Cordon Group inerenti ai settori Interconnections Solutions Sales & R&D, Microtech, Hardware Service e Interconnections Operations;
    sono passati due anni e si pone l'esigenza di coinvolgere tutto il personale attualmente occupato in Cordon, anche con il ricorso ad ammortizzatori sociali e alla riduzione degli orari di lavoro, per superare la congiunturale difficoltà di mercato e procedere ad una riorganizzazione produttiva ed aziendale attraverso un nuovo piano di investimenti e di rilancio industriale;
    ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-02757 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e per trovare soluzioni concrete di sviluppo e rilancio industriale dell'azienda Cordon, anche attraverso l'istituzione di un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico con la partecipazione di tutti gli attori coinvolti, rappresentanze datoriali, dei lavoratori e della regione Lombardia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/114. (Testo modificato nel corso della seduta)  Capitanio, Ferrari, Centemero, Colla, Andreuzza, Binelli, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza maglificio, Cose di Lana;
    il maglificio, Cose di Lana, a Sansepolcro (AR) da 70 anni continua una tradizione importante con marchi quali «Il Granchio», «Bramante» e «Francesca Dei» che costituiscono esempi di pregiata maglieria italiana;
    a seguito di vicissitudini giudiziarie legate alla crisi derivante dalla perdurante congiuntura economica negativa, l'azienda ha avuto garantita la continuità produttiva con l'aggiudicazione del ramo aziendale a Supermaglia, operazione fondamentale per il successivo passaggio alla cooperativa Maglificio 38, nata dal sacrificio e dalla volontà di 38 dipendenti, per provare a dare continuità a questa realtà storica e fondamentale per la Valtiberina, cercando di preservare tutti i posti di lavoro e di garantire le ottanta famiglie direttamente coinvolte e al momento della crisi i dipendenti, confluiti in Supermaglia, erano 140, ma tra licenziamenti, pensionamenti ed esodi volontari si sono ridotti ad 82;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-02456 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e di adottare ogni utile iniziativa tesa a favorire la continuità della produzione di maglieria di qualità a Sansepolcro,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa mediante l'adozione di ogni utile iniziativa tesa a favorire la continuità della produzione di maglieria di qualità a Sansepolcro.
9/2203/115Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza maglificio, Cose di Lana;
    il maglificio, Cose di Lana, a Sansepolcro (AR) da 70 anni continua una tradizione importante con marchi quali «Il Granchio», «Bramante» e «Francesca Dei» che costituiscono esempi di pregiata maglieria italiana;
    a seguito di vicissitudini giudiziarie legate alla crisi derivante dalla perdurante congiuntura economica negativa, l'azienda ha avuto garantita la continuità produttiva con l'aggiudicazione del ramo aziendale a Supermaglia, operazione fondamentale per il successivo passaggio alla cooperativa Maglificio 38, nata dal sacrificio e dalla volontà di 38 dipendenti, per provare a dare continuità a questa realtà storica e fondamentale per la Valtiberina, cercando di preservare tutti i posti di lavoro e di garantire le ottanta famiglie direttamente coinvolte e al momento della crisi i dipendenti, confluiti in Supermaglia, erano 140, ma tra licenziamenti, pensionamenti ed esodi volontari si sono ridotti ad 82;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-02456 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e di adottare ogni utile iniziativa tesa a favorire la continuità della produzione di maglieria di qualità a Sansepolcro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa mediante l'adozione di ogni utile iniziativa tesa a favorire la continuità della produzione di maglieria di qualità a Sansepolcro.
9/2203/115. (Testo modificato nel corso della seduta)  Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dello stabilimento Bekaert di Figline Valdarno (Arezzo) dove tutti e 318 i dipendenti hanno ricevuto, dall'oggi al domani, una lettera di licenziamento per la chiusura dello stabilimento nei 75 giorni previsti dalla normativa;
    nel giugno 2018 la multinazionale belga Bekaert Group, azienda del comparto dei prodotti fabbricati con fili metallici, comunicò la chiusura del sito italiano di Figline e Incisa Valdarno (ex Pirelli);
    va considerato che la crisi della Bekaert, di proprietà belga, è stata il primo caso in cui è stata applicata la cassa integrazione guadagni straordinaria, per cessazione di attività, ai 318 lavoratori e che proprio la cassa integrazione fungerà da cuscinetto ammortizzatore in vista del piano di reindustrializzazione;
    il 17 luglio 2019 fu convocato al Ministero dello sviluppo economico il relativo tavolo tecnico;
    un advisor specializzato, Sernet spa di Milano, avrebbe dovuto ricercare e selezionare uno o più soggetti aziendali per subentrare con un piano di reindustrializzazione degli impianti dismessi, indicando tempistiche e ricomprendendo tutti i lavoratori o una parte consistente;
    dal verbale di riunione del tavolo al Ministero dello sviluppo economico del 17 luglio 2019, si apprende che «2 aziende indiane del settore hanno manifestato interesse. C’è inoltre una azienda italiana, con esperienza nella lavorazione del metallo, che sta preparando un piano sviluppo industriale ed occupazionale; e una azienda bielorussa con cui dallo scorso marzo sono stati avviati i contatti e che attualmente sta anch'essa elaborando un piano industriale ed occupazionale»,

impegna il Governo

in vista della scadenza della cassa integrazione straordinaria, ad assumere iniziative, in linea con gli impegni presi dal governo precedente nella riunione del luglio 2019, accelerando la soluzione della crisi della multinazionale Bekaert di Figline Valdarno (Arezzo) attraverso la definizione di un piano di industrializzazione o promuovendo altre misure di solidarietà a titolo di indennizzo per i 224 lavoratori interessati.
9/2203/116Lolini, Legnaioli, Picchi, Potenti, Ziello, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dello stabilimento Bekaert di Figline Valdarno (Arezzo) dove tutti e 318 i dipendenti hanno ricevuto, dall'oggi al domani, una lettera di licenziamento per la chiusura dello stabilimento nei 75 giorni previsti dalla normativa;
    nel giugno 2018 la multinazionale belga Bekaert Group, azienda del comparto dei prodotti fabbricati con fili metallici, comunicò la chiusura del sito italiano di Figline e Incisa Valdarno (ex Pirelli);
    va considerato che la crisi della Bekaert, di proprietà belga, è stata il primo caso in cui è stata applicata la cassa integrazione guadagni straordinaria, per cessazione di attività, ai 318 lavoratori e che proprio la cassa integrazione fungerà da cuscinetto ammortizzatore in vista del piano di reindustrializzazione;
    il 17 luglio 2019 fu convocato al Ministero dello sviluppo economico il relativo tavolo tecnico;
    un advisor specializzato, Sernet spa di Milano, avrebbe dovuto ricercare e selezionare uno o più soggetti aziendali per subentrare con un piano di reindustrializzazione degli impianti dismessi, indicando tempistiche e ricomprendendo tutti i lavoratori o una parte consistente;
    dal verbale di riunione del tavolo al Ministero dello sviluppo economico del 17 luglio 2019, si apprende che «2 aziende indiane del settore hanno manifestato interesse. C’è inoltre una azienda italiana, con esperienza nella lavorazione del metallo, che sta preparando un piano sviluppo industriale ed occupazionale; e una azienda bielorussa con cui dallo scorso marzo sono stati avviati i contatti e che attualmente sta anch'essa elaborando un piano industriale ed occupazionale»,

impegna il Governo

in vista della scadenza della cassa integrazione straordinaria, a valutare l'opportunità di assumere iniziative, in linea con gli impegni presi dal governo precedente nella riunione del luglio 2019, accelerando la soluzione della crisi della multinazionale Bekaert di Figline Valdarno (Arezzo) attraverso la definizione di un piano di industrializzazione o promuovendo altre misure di solidarietà a titolo di indennizzo per i 224 lavoratori interessati.
9/2203/116. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lolini, Legnaioli, Picchi, Potenti, Ziello, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dell'azienda Blutec, newco del gruppo Metec, per il sito ex Fiat di Termini Imerese (Palermo);
    lo stabilimento Fiat sorse nel territorio «termitano» nel 1970 grazie ad un consistente contributo della Regione Siciliana. In poco meno di venti anni passò da 1500 a 3200 dipendenti. Perfino Marchionne lo definì uno «stabilimento modello». Nel 1993 inizia la crisi. La Fiat comincia a ridurre volumi di lavoro destinati all'impianto siciliano perché ritenuto poco produttivo. Così parte un lungo tira e molla tra il Lingotto e gli operai siciliani;
    nel 2016 lo stabilimento passa alla newco Blutec, società del gruppo Metec (Stola). Da quando la nuova proprietà ha riaperto la fabbrica, solo un centinaio di ex metalmeccanici su 700 ex Fiat sono rientrati al lavoro, gli altri sono ancora in cassa integrazione. Eppure le prospettive erano ben altre. L'accordo di programma quadro, siglato cinque anni fa, destinava 360 milioni di euro tra fondi statali e regionali per la riqualificazione dell'area. Termini Imerese doveva diventare la sede di un centro di ricerca e sviluppo per la mobilità sostenibile e un centro di produzione di batterie a ioni per le autovetture elettriche;
    l'advisor del ministero dello Sviluppo Economico ha messo nero su bianco la revoca dell'anticipo di 20 milioni di euro (su 70) di finanziamenti pubblici concessi a Blutec per riconvertire l'impianto in seguito all'accordo stretto con l'ex ministro Federica Guidi il 23 dicembre 2014;
    a preoccupare gli ex metalmeccanici della Fiat c’è la scadenza della cassa integrazione. Quindi seicento persone rischiano di rimanere a spasso in un contesto con un livello di disoccupazione altissima;
    sul sito di Invitalia si continua a leggere che al Mise «è attivo un tavolo di coordinamento, con il compito di monitorare lo stato di avanzamento del piano di sviluppo dello stabilimento e che la struttura del Mise, incaricata di sviluppare strumenti di contrasto al declino dell'apparato produttivo italiano, sta valutando nuovi percorsi di insediamento industriale»,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale nell'area di crisi di Termini Imerese a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/117Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Alessandro Pagano, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dell'azienda Blutec, newco del gruppo Metec, per il sito ex Fiat di Termini Imerese (Palermo);
    lo stabilimento Fiat sorse nel territorio «termitano» nel 1970 grazie ad un consistente contributo della Regione Siciliana. In poco meno di venti anni passò da 1500 a 3200 dipendenti. Perfino Marchionne lo definì uno «stabilimento modello». Nel 1993 inizia la crisi. La Fiat comincia a ridurre volumi di lavoro destinati all'impianto siciliano perché ritenuto poco produttivo. Così parte un lungo tira e molla tra il Lingotto e gli operai siciliani;
    nel 2016 lo stabilimento passa alla newco Blutec, società del gruppo Metec (Stola). Da quando la nuova proprietà ha riaperto la fabbrica, solo un centinaio di ex metalmeccanici su 700 ex Fiat sono rientrati al lavoro, gli altri sono ancora in cassa integrazione. Eppure le prospettive erano ben altre. L'accordo di programma quadro, siglato cinque anni fa, destinava 360 milioni di euro tra fondi statali e regionali per la riqualificazione dell'area. Termini Imerese doveva diventare la sede di un centro di ricerca e sviluppo per la mobilità sostenibile e un centro di produzione di batterie a ioni per le autovetture elettriche;
    l'advisor del ministero dello Sviluppo Economico ha messo nero su bianco la revoca dell'anticipo di 20 milioni di euro (su 70) di finanziamenti pubblici concessi a Blutec per riconvertire l'impianto in seguito all'accordo stretto con l'ex ministro Federica Guidi il 23 dicembre 2014;
    a preoccupare gli ex metalmeccanici della Fiat c’è la scadenza della cassa integrazione. Quindi seicento persone rischiano di rimanere a spasso in un contesto con un livello di disoccupazione altissima;
    sul sito di Invitalia si continua a leggere che al Mise «è attivo un tavolo di coordinamento, con il compito di monitorare lo stato di avanzamento del piano di sviluppo dello stabilimento e che la struttura del Mise, incaricata di sviluppare strumenti di contrasto al declino dell'apparato produttivo italiano, sta valutando nuovi percorsi di insediamento industriale»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale nell'area di crisi di Termini Imerese a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/117. (Testo modificato nel corso della seduta)  Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Alessandro Pagano, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del gruppo industriale canadese Bombardier di Vado Ligure;
    il gruppo industriale Bombardier è una delle principali società al mondo che opera nel settore dei trasporti aerei e ferroviari. Fondata nel 1942 da Joseph Armand Bombardier in una cittadina del Québec (anche se oggi la sede principale si trova a Montréal), l'azienda è il quarto produttore al mondo per gli aerei di linea e addirittura il primo di aircraft e aerei regionali. Altri settori industriali nei quali Bombardier ha specializzato la sue produzioni sono quelli della costruzione di veicoli spaccaghiaccio e spazzaneve, di trivelle e di macchinari da lavoro tra i ghiacci, di veicoli militari e di metropolitane;
    nel settore ferroviario Bombardier è attiva anche in Italia: nel 2001 infatti ha acquisito la Daimler-Chrysler-Adtranz di Vado Ligure, costituendo quindi la nuova Bombardier Transportation Italy, azienda specializzata nella costruzione di rotabili e impianti ferroviari. Grazie a tutti questi interessi industriali Bombardier è il terzo gruppo mondiale per forza lavoro poiché impiega direttamente circa 60.000 collaboratori;
    Franco Beretta, nuovo presidente e amministratore delegato di Bombardier Transportation Italy, nei giorni scorsi, durante l'assemblea dei dipendenti dello stabilimento di Vado, ormai da anni in crisi, ha annunciato che dieci locomotive Traxx Dc3, precedentemente assegnate all'impianto tedesco di Kassel, saranno costruite a Vado;
    è stata confermata una trattativa, definita «in fase avanzata», con un nuovo cliente per la produzione di ulteriori sei macchine della stessa serie;
    ma i problemi della filiale italiana della multinazionale canadese non sono ancora risolti, perché fra poco più di un mese termineranno i carichi di lavoro della commessa per le quaranta locomotive ordinate da Mercitalia Rail e c’è il rischio di un periodo di fermo prima dell'avvio delle nuove produzioni, che saranno inoltre ancora in quantità limitate,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i livelli occupazionali, con particolare riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/118Viviani, Rixi, Di Muro, Foscolo, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Tombolato, Zordan, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del gruppo industriale canadese Bombardier di Vado Ligure;
    il gruppo industriale Bombardier è una delle principali società al mondo che opera nel settore dei trasporti aerei e ferroviari. Fondata nel 1942 da Joseph Armand Bombardier in una cittadina del Québec (anche se oggi la sede principale si trova a Montréal), l'azienda è il quarto produttore al mondo per gli aerei di linea e addirittura il primo di aircraft e aerei regionali. Altri settori industriali nei quali Bombardier ha specializzato la sue produzioni sono quelli della costruzione di veicoli spaccaghiaccio e spazzaneve, di trivelle e di macchinari da lavoro tra i ghiacci, di veicoli militari e di metropolitane;
    nel settore ferroviario Bombardier è attiva anche in Italia: nel 2001 infatti ha acquisito la Daimler-Chrysler-Adtranz di Vado Ligure, costituendo quindi la nuova Bombardier Transportation Italy, azienda specializzata nella costruzione di rotabili e impianti ferroviari. Grazie a tutti questi interessi industriali Bombardier è il terzo gruppo mondiale per forza lavoro poiché impiega direttamente circa 60.000 collaboratori;
    Franco Beretta, nuovo presidente e amministratore delegato di Bombardier Transportation Italy, nei giorni scorsi, durante l'assemblea dei dipendenti dello stabilimento di Vado, ormai da anni in crisi, ha annunciato che dieci locomotive Traxx Dc3, precedentemente assegnate all'impianto tedesco di Kassel, saranno costruite a Vado;
    è stata confermata una trattativa, definita «in fase avanzata», con un nuovo cliente per la produzione di ulteriori sei macchine della stessa serie;
    ma i problemi della filiale italiana della multinazionale canadese non sono ancora risolti, perché fra poco più di un mese termineranno i carichi di lavoro della commessa per le quaranta locomotive ordinate da Mercitalia Rail e c’è il rischio di un periodo di fermo prima dell'avvio delle nuove produzioni, che saranno inoltre ancora in quantità limitate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i livelli occupazionali, con particolare riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/118. (Testo modificato nel corso della seduta)  Viviani, Rixi, Di Muro, Foscolo, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Tombolato, Zordan, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Industria Italiana Autobus;
    la società Industria Italiana Autobus necessita di sostegno nella produzione di autobus e nell'implementazione delle direttrici del piano industriale negli stabilimenti di Bologna: la nuova compagine societaria, guidata a maggioranza da Invitalia e Leonardo, ha l'obiettivo di salvaguardare l'attività produttiva attraverso il consolidamento di un polo italiano di autobus che punti a favorire la reinternalizzazione nel nostro Paese delle produzioni e delle forniture rispetto a quelle realizzate all'estero,

impegna il Governo:


   ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, con particolare riferimento alla società di cui in premessa;
   ad adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione, con particolare riferimento alla società di cui in premessa.
9/2203/119Tombolato, Piastra, Tonelli, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Raffaelli, Tomasi, Vinci, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Industria Italiana Autobus;
    la società Industria Italiana Autobus necessita di sostegno nella produzione di autobus e nell'implementazione delle direttrici del piano industriale negli stabilimenti di Bologna: la nuova compagine societaria, guidata a maggioranza da Invitalia e Leonardo, ha l'obiettivo di salvaguardare l'attività produttiva attraverso il consolidamento di un polo italiano di autobus che punti a favorire la reinternalizzazione nel nostro Paese delle produzioni e delle forniture rispetto a quelle realizzate all'estero,

impegna il Governo:


   a valutare l'opportunità di:
     adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, con particolare riferimento alla società di cui in premessa;
    adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione, con particolare riferimento alla società di cui in premessa.
9/2203/119. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tombolato, Piastra, Tonelli, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Raffaelli, Tomasi, Vinci, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza sulla Marangoni;
    nel corso di un incontro è stata espressa preoccupazione per la procedura di mobilità, avviata a gennaio, nei confronti dei 55 lavoratori dello stabilimento di Ferentino (Frosinone) – scongiurata per il momento con la turnazione di 120 dipendenti messi in cassa integrazione – e, al contempo, è stata chiesta una maggiore chiarezza sul progetto industriale dello stabilimento di Rovereto, dove sono in bilico 200 lavoratori, già in contratto di solidarietà,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/120Gerardi, Vanessa Cattoi, Binelli, Basini, De Angelis, Durigon, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza sulla Marangoni;
    nel corso di un incontro è stata espressa preoccupazione per la procedura di mobilità, avviata a gennaio, nei confronti dei 55 lavoratori dello stabilimento di Ferentino (Frosinone) – scongiurata per il momento con la turnazione di 120 dipendenti messi in cassa integrazione – e, al contempo, è stata chiesta una maggiore chiarezza sul progetto industriale dello stabilimento di Rovereto, dove sono in bilico 200 lavoratori, già in contratto di solidarietà,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/120. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gerardi, Vanessa Cattoi, Binelli, Basini, De Angelis, Durigon, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Elexos (ex Schneider Electric);
    tra i mesi di maggio e settembre 2015 sono stati siglati due accordi presso il Ministero dello sviluppo economico per la reindustrializzazione dello stabilimento reatino della società Schneider Electric attraverso la sua cessione alla newco Elexos;
    in base agli accordi, Schneider avrebbe dovuto garantire a Elexos commesse per 29 milioni di euro in 7 anni, infrastrutture e contributi nonché una «dote» di 70 mila euro per ciascuno dei 43 dipendenti assunti (60 mila per la società, 10 mila per il lavoratore); Elexos, dal canto suo, si sarebbe dovuta impegnare a trasferire presso lo stabilimento di Rieti commesse per un controvalore di 7,6 milioni di euro, portando il fatturato a circa 12,6 milioni di euro entro il 2017;
    si stima che i dipendenti abbiano contribuito con 3 milioni di euro al rilancio del sito, rinunciando ad una serie di strumenti tra TFR, mobilità e incentivi all'esodo;
    a quanto consta, i citati accordi sono stati disattesi. Nei mesi scorsi, l'azienda Elexos aveva avviato le procedure di licenziamento collettivo e si è riusciti solamente in extremis, dopo la mobilitazione dei lavoratori, a raggiungere l'accordo per la cassa integrazione straordinaria;
    lo stabilimento di cui si discute rappresenta una realtà produttiva estremamente importante per il tessuto economico della provincia di Rieti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per rilanciare lo stabilimento di Rieti, favorendo la ripartenza delle attività produttive e salvaguardando la posizione e il futuro dei molti lavoratori coinvolti attraverso soluzioni concrete di medio e lungo termine.
9/2203/121Saltamartini, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Elexos (ex Schneider Electric);
    tra i mesi di maggio e settembre 2015 sono stati siglati due accordi presso il Ministero dello sviluppo economico per la reindustrializzazione dello stabilimento reatino della società Schneider Electric attraverso la sua cessione alla newco Elexos;
    in base agli accordi, Schneider avrebbe dovuto garantire a Elexos commesse per 29 milioni di euro in 7 anni, infrastrutture e contributi nonché una «dote» di 70 mila euro per ciascuno dei 43 dipendenti assunti (60 mila per la società, 10 mila per il lavoratore); Elexos, dal canto suo, si sarebbe dovuta impegnare a trasferire presso lo stabilimento di Rieti commesse per un controvalore di 7,6 milioni di euro, portando il fatturato a circa 12,6 milioni di euro entro il 2017;
    si stima che i dipendenti abbiano contribuito con 3 milioni di euro al rilancio del sito, rinunciando ad una serie di strumenti tra TFR, mobilità e incentivi all'esodo;
    a quanto consta, i citati accordi sono stati disattesi. Nei mesi scorsi, l'azienda Elexos aveva avviato le procedure di licenziamento collettivo e si è riusciti solamente in extremis, dopo la mobilitazione dei lavoratori, a raggiungere l'accordo per la cassa integrazione straordinaria;
    lo stabilimento di cui si discute rappresenta una realtà produttiva estremamente importante per il tessuto economico della provincia di Rieti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per rilanciare lo stabilimento di Rieti, favorendo la ripartenza delle attività produttive e salvaguardando la posizione e il futuro dei molti lavoratori coinvolti attraverso soluzioni concrete di medio e lungo termine.
9/2203/121. (Testo modificato nel corso della seduta)  Saltamartini, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Acc-Wanbao;
    Italia Wanbao-Acc è stata fondata nel 2014, quando la multinazionale cinese Wanbao Group Compressor Co Ltd, all'esito di una gara internazionale, ha acquisito la Acc Compressors, all'epoca il maggior produttore italiano di compressori ermetici per refrigerazione domestica;
    il piano industriale prevedeva la trasformazione dello stabilimento di Belluno «nel più importante insediamento produttivo in Europa di un grande gruppo indipendente nel settore della refrigerazione domestica»;
    a quanto consta, invece, la proprietà cinese ha innanzitutto ridotto il numero dei dipendenti, che sono passati dagli originari 438 ai 270 attuali, e successivamente ha chiuso i rubinetti, interrompendo i finanziamenti e comunicando da ultimo la propria intenzione di voler procedere alla cessione dello stabilimento bellunese,

impegna il Governo


    ad adottare ogni utile iniziativa per assicurare la continuità produttiva del sito, salvaguardando gli asset aziendali e la posizione dei lavoratori coinvolti, nelle more dell'individuazione di un nuovo soggetto industriale che sia veramente in grado di rilanciarne le potenzialità.
9/2203/122Badole, Andreuzza, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Acc-Wanbao;
    Italia Wanbao-Acc è stata fondata nel 2014, quando la multinazionale cinese Wanbao Group Compressor Co Ltd, all'esito di una gara internazionale, ha acquisito la Acc Compressors, all'epoca il maggior produttore italiano di compressori ermetici per refrigerazione domestica;
    il piano industriale prevedeva la trasformazione dello stabilimento di Belluno «nel più importante insediamento produttivo in Europa di un grande gruppo indipendente nel settore della refrigerazione domestica»;
    a quanto consta, invece, la proprietà cinese ha innanzitutto ridotto il numero dei dipendenti, che sono passati dagli originari 438 ai 270 attuali, e successivamente ha chiuso i rubinetti, interrompendo i finanziamenti e comunicando da ultimo la propria intenzione di voler procedere alla cessione dello stabilimento bellunese,

impegna il Governo


    a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per assicurare la continuità produttiva del sito, salvaguardando gli asset aziendali e la posizione dei lavoratori coinvolti, nelle more dell'individuazione di un nuovo soggetto industriale che sia veramente in grado di rilanciarne le potenzialità.
9/2203/122. (Testo modificato nel corso della seduta)  Badole, Andreuzza, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Cmc, società ravennate specializzata nella realizzazione di opere tecnologicamente molto complesse nei settori dei trasporti, dell'idroelettrico e dei lavori in sotterraneo; la Cmc ha in appalto opere di rilevanza strategica per la Regione Sicilia, tra cui i lavori sulle strade Agrigento – Caltanissetta e Agrigento – Palermo, nonché la realizzazione della Metropolitana di Catania;
    gli effetti della crisi aziendale, legata allo storico contenzioso con Anas, si sono tragicamente riversati su un centinaio di imprese partner di Cmc, subappaltatori e fornitori, con il rischio di fallimento delle migliori aziende della Sicilia, le quali hanno accumulato crediti per lavorazioni, forniture di materiali e servizi, per decine di milioni di euro;
    la Cmc ha presentato un piano concordatario finalizzato a garantire la continuità aziendale e la soddisfazione dei creditori e, sulla base di esso, ha ottenuto l'ammissione alla procedura di concordato preventivo da parte del Tribunale di Ravenna; nel mese di luglio, è stato annunciato un accordo transattivo dal valore di 52 milioni di euro per risolvere il contenzioso con Anas;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-02232, tuttora privo di risposta, venivano richiesti chiarimenti in merito alla vicenda esposta in premessa,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per monitorare la situazione di tensione finanziaria che vede coinvolta la Cmc, mantenendo attivo il tavolo istituzionale di confronto e salvaguardando la posizione dei lavoratori e dei creditori coinvolti, anche nell'ottica del celere completamento della opere citate in premessa, aventi un'importanza strategica fondamentale per la viabilità della Regione Sicilia.
9/2203/123Alessandro Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Cmc, società ravennate specializzata nella realizzazione di opere tecnologicamente molto complesse nei settori dei trasporti, dell'idroelettrico e dei lavori in sotterraneo; la Cmc ha in appalto opere di rilevanza strategica per la Regione Sicilia, tra cui i lavori sulle strade Agrigento – Caltanissetta e Agrigento – Palermo, nonché la realizzazione della Metropolitana di Catania;
    gli effetti della crisi aziendale, legata allo storico contenzioso con Anas, si sono tragicamente riversati su un centinaio di imprese partner di Cmc, subappaltatori e fornitori, con il rischio di fallimento delle migliori aziende della Sicilia, le quali hanno accumulato crediti per lavorazioni, forniture di materiali e servizi, per decine di milioni di euro;
    la Cmc ha presentato un piano concordatario finalizzato a garantire la continuità aziendale e la soddisfazione dei creditori e, sulla base di esso, ha ottenuto l'ammissione alla procedura di concordato preventivo da parte del Tribunale di Ravenna; nel mese di luglio, è stato annunciato un accordo transattivo dal valore di 52 milioni di euro per risolvere il contenzioso con Anas;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-02232, tuttora privo di risposta, venivano richiesti chiarimenti in merito alla vicenda esposta in premessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per monitorare la situazione di tensione finanziaria che vede coinvolta la Cmc, mantenendo attivo il tavolo istituzionale di confronto e salvaguardando la posizione dei lavoratori e dei creditori coinvolti, anche nell'ottica del celere completamento della opere citate in premessa, aventi un'importanza strategica fondamentale per la viabilità della Regione Sicilia.
9/2203/123. (Testo modificato nel corso della seduta)  Alessandro Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    la società Porto Industriale Cagliari s.p.a., nota col marchio commerciale CICT, ovvero Cagliari International container terminal, ha operato nel settore del carico scarico delle navi e della movimentazione dei container, in qualità di concessionaria delle banchine del porto industriale di Cagliari;
    nei mesi scorsi, l'azienda ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per i 210 dipendenti in servizio nel Porto di Cagliari, in vista della cessazione definitiva dell'attività;
    si è, quindi, aperto un Tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico, a margine del quale sono stati ratificati gli accordi per l'erogazione della cassa integrazione, nell'ottica di salvaguardare i lavoratori coinvolti;
    con i mutamenti in atto nel settore transhipment e la concentrazione dei traffici, Il porto industriale di Cagliari, importante infrastruttura strategica per il nostro Paese, anche in virtù della sua centralità nel Mediterraneo, ha subito una drastica riduzione dei container movimentati, che ha determinato la situazione di attuale crisi,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa al fine di rilanciare il Porto industriale di Cagliari e il suo settore transhipment, salvaguardando il livello occupazionale, nella consapevolezza dell'importanza strategica che lo stesso riveste nell'equilibrio complessivo dell'economia dell'isola.
9/2203/124Zoffili, De Martini, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    la società Porto Industriale Cagliari s.p.a., nota col marchio commerciale CICT, ovvero Cagliari International container terminal, ha operato nel settore del carico scarico delle navi e della movimentazione dei container, in qualità di concessionaria delle banchine del porto industriale di Cagliari;
    nei mesi scorsi, l'azienda ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per i 210 dipendenti in servizio nel Porto di Cagliari, in vista della cessazione definitiva dell'attività;
    si è, quindi, aperto un Tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico, a margine del quale sono stati ratificati gli accordi per l'erogazione della cassa integrazione, nell'ottica di salvaguardare i lavoratori coinvolti;
    con i mutamenti in atto nel settore transhipment e la concentrazione dei traffici, Il porto industriale di Cagliari, importante infrastruttura strategica per il nostro Paese, anche in virtù della sua centralità nel Mediterraneo, ha subito una drastica riduzione dei container movimentati, che ha determinato la situazione di attuale crisi,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti della finanza pubblica, ogni utile iniziativa al fine di rilanciare il Porto industriale di Cagliari e il suo settore transhipment, salvaguardando il livello occupazionale, nella consapevolezza dell'importanza strategica che lo stesso riveste nell'equilibrio complessivo dell'economia dell'isola.
9/2203/124. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zoffili, De Martini, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ex Magneti Marelli – oggi solo «Marelli» da quando a maggio è stata ceduta ai giapponesi Calsonic Kansei – è un'azienda leader nel settore della fornitura di prodotti e componentistica ad alta tecnologia per l'industria automobilistica; nelle scorse settimane, la proprietà giapponese ha annunciato la cassa integrazione per 910 lavoratori nei due stabilimenti di Bologna e Crevalcore;
    nelle giornate di lunedì 7 ottobre, a Bologna, e giovedì 10 ottobre, a Crevalcore, si sono tenuti gli incontri con i rappresentanti sindacali e sono stati siglati i relativi accordi;
    sin dalla formalizzazione dell'acquisto da parte della proprietà giapponese, i sindacati lamentano la mancanza di un piano industriale convincente sul futuro aziendale, specie in un momento delicato per il settore dell'auto alle prese con la transizione verso l'elettrico; il timore è che la richiesta della cassa integrazione possa rappresentare un primo segnale di disimpegno della nuova proprietà nel nostro Paese,
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02828, tuttora privo di risposta, i firmatari hanno interrogato il Governo per ottenere chiarimenti in merito alla situazione descritta in premessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di convocare, in tempi rapidi, un tavolo istituzionale con l'azienda citata in premessa al fine di verificare la sussistenza di una strategia aziendale idonea, nel medio e nel lungo periodo, a salvaguardare i livelli occupazionali e le realtà produttive coinvolte.
9/2203/125Cestari, Murelli, Cavandoli, Golinelli, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dei lavori nelle Commissioni riunite Industria e Lavoro del Senato della Repubblica è stato approvato un emendamento del Gruppo Lega «Misure urgenti per la tutela delle attività sociali e assistenziali dell'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù e per la salvaguardia del relativo livello occupazionale» che prevedeva il tanto atteso riordino della normativa in materia di ostelli della gioventù;
    la norma è stata inserita anche nel maxiemendamento trasmesso all'Assemblea del Senato dalla Presidenza del Consiglio in data 23 ottobre 2019 ma poi stralciata dal testo su cui il Governo ha posto la fiducia, lasciando ancora una volta questa importante risorsa del settore turistico priva di una normativa adeguata;
    a livello internazionale e negli altri Paesi europei – si pensi ad esempio ai Paesi Scandinavi – gli ostelli della gioventù ricevono appositi finanziamenti statali mentre in Italia queste strutture sono in completo stato di abbandono e rischiano la chiusura definitiva;
    la scorsa settimana abbiamo assistito a commenti trionfalistici da parte di diversi esponenti della maggioranza sull'inserimento della norma relativa agli Alberghi per la Gioventù: si evidenziava come tali misure possano portare «linfa al turismo giovanile» (ANSA – martedì 22 ottobre 2019 12.07.27 «Dl imprese: Lanzi (M5S), porta linfa a turismo giovanile»);
    purtroppo, come emerso anche dalle ricostruzioni giornalistiche degli ultimi giorni, questa linfa per il Governo non è poi così vitale se posta a confronto con problemi interni al Movimento 5 Stelle (https://www.ilfattoquotidiano.it/p2019/10/23/decreto-salva-imprese-senato-approva-lafìducia-con-168-voti-a-favore-salta-la-norma-salva-ostelli-dopo-accuse-di-conflitto-interessi-a-castelli/m5s/5529449/),

impegna il Governo

ad adottare il prima possibile quelle Misure urgenti per la tutela delle attività sociali e assistenziali dell'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù e per la salvaguardia del relativo livello occupazionale, già approvate nel corso dei lavori delle Commissioni riunite del Senato e poi stralciate per ragioni di natura politica tutte interne alle maggioranza, che nulla hanno a che fare con l'importante settore del turismo giovanile.
9/2203/126Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, ai commi 2-bis e 2-ter, prevede delle misure in favore del «personale addetto agli impianti di trasporto a fune destinati ad attività sportive in località sciistiche e montane e alla gestione delle piste da sci» precisando espressamente che la finalità di tali disposizioni è quella di «contenere lo spopolamento delle aree di montagna, sostenendone l'economia e incrementando l'offerta di lavoro»;
    l'Associazione Nazionale Esercenti Funiviari ha presentato un avviso comune al Ministero del Lavoro che prevede per alcune figure quali gli addetti all'esercizio, ispezione e manutenzione degli impianti a fune, i conduttori di mezzi battipista e motoslitte, gli addetti agli impianti di innevamento artificiale, gli addetti alla manutenzione delle piste e del soccorso, la possibilità di rientrare tra le attività usuranti previste dall'articolo 2 del decreto interministeriale del 19 maggio 1999 o, in subordine, di implementare ed aggiornare l'elenco delle attività gravose;
    tale inserimento tra le attività usuranti permetterebbe a questi lavoratori di andare in pensione con quota 97, ovvero a 61 anni e 6 mesi di età e 36 anni di contributi, o se riconosciuti tra i gravosi, con 41 anni di contributi indipendentemente dall'età anagrafica se lavoratori precoci;
    come evidenziato anche nell'avviso sottoscritto da tutti gli addetti ai lavori, molte operazioni che attengono le mansioni dei funiviari sono svolte in condizioni svantaggiate, per altitudine e clima, ed è difficile pensare di poterle fare in età avanzata: ad esempio nel comparto fune molte attività sono svolte in quota, spesso in a temperature invernali proibitive, con numerosi sbalzi di altitudine e con lavorazioni pesanti su piloni che possono raggiungere altezze elevate;
    dai dati forniti dalla Filt del Trentino, insieme ai territori del Piemonte, Lombardia, Val d'Aosta e Veneto il riconoscimento dell'attività dei funiviari tra i lavori usuranti coinvolgerebbe circa 7000 lavoratori degli impianti a fune, di cui un migliaio nel solo Trentino, e ciò consentirebbe anche un ricambio generazionale degli operatori del comparto evitando l'aumento di malattie professionali ed infortuni dovuti all'elevata età anagrafica degli addetti a tali mansioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire nell'elenco dei lavori usuranti di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 19 maggio 1999 anche l'attività svolta dagli addetti all'esercizio, ispezione e manutenzione degli impianti a fune, dai conduttori di mezzi battipista e motoslitte, dagli addetti agli impianti di innevamento artificiale, dagli addetti alla manutenzione delle piste e del soccorso per ringiovanire l'età media del settore ed evitare che tali mansioni siano troppo gravose per i soggetti in età più avanzata ma ancora non sufficiente a conseguire la giusta pensione.
9/2203/127Binelli, Vanessa Cattoi, Loss, Sutto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame, ai commi 2-bis e 2-ter, prevede delle misure in favore del «personale addetto agli impianti di trasporto a fune destinati ad attività sportive in località sciistiche e montane e alla gestione delle piste da sci» precisando espressamente che la finalità di tali disposizioni è quella di «contenere lo spopolamento delle aree di montagna, sostenendone l'economia e incrementando l'offerta di lavoro»;
    l'Associazione Nazionale Esercenti Funiviari ha presentato un avviso comune al Ministero del Lavoro che prevede per alcune figure quali gli addetti all'esercizio, ispezione e manutenzione degli impianti a fune, i conduttori di mezzi battipista e motoslitte, gli addetti agli impianti di innevamento artificiale, gli addetti alla manutenzione delle piste e del soccorso, la possibilità di rientrare tra le attività usuranti previste dall'articolo 2 del decreto interministeriale del 19 maggio 1999 o, in subordine, di implementare ed aggiornare l'elenco delle attività gravose;
    tale inserimento tra le attività usuranti permetterebbe a questi lavoratori di andare in pensione con quota 97, ovvero a 61 anni e 6 mesi di età e 36 anni di contributi, o se riconosciuti tra i gravosi, con 41 anni di contributi indipendentemente dall'età anagrafica se lavoratori precoci;
    come evidenziato anche nell'avviso sottoscritto da tutti gli addetti ai lavori, molte operazioni che attengono le mansioni dei funiviari sono svolte in condizioni svantaggiate, per altitudine e clima, ed è difficile pensare di poterle fare in età avanzata: ad esempio nel comparto fune molte attività sono svolte in quota, spesso in a temperature invernali proibitive, con numerosi sbalzi di altitudine e con lavorazioni pesanti su piloni che possono raggiungere altezze elevate;
    dai dati forniti dalla Filt del Trentino, insieme ai territori del Piemonte, Lombardia, Val d'Aosta e Veneto il riconoscimento dell'attività dei funiviari tra i lavori usuranti coinvolgerebbe circa 7000 lavoratori degli impianti a fune, di cui un migliaio nel solo Trentino, e ciò consentirebbe anche un ricambio generazionale degli operatori del comparto evitando l'aumento di malattie professionali ed infortuni dovuti all'elevata età anagrafica degli addetti a tali mansioni,

impegna il Governo

a valutare, nei limiti di finanza pubblica, la possibilità di inserire nell'elenco dei lavori usuranti di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 19 maggio 1999 anche l'attività svolta dagli addetti all'esercizio, ispezione e manutenzione degli impianti a fune, dai conduttori di mezzi battipista e motoslitte, dagli addetti agli impianti di innevamento artificiale, dagli addetti alla manutenzione delle piste e del soccorso per ringiovanire l'età media del settore ed evitare che tali mansioni siano troppo gravose per i soggetti in età più avanzata ma ancora non sufficiente a conseguire la giusta pensione.
9/2203/127. (Testo modificato nel corso della seduta)  Binelli, Vanessa Cattoi, Loss, Sutto.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo il fallimento del tour operator Thomas Cook gli operatori del settore turistico avranno grandi difficoltà a recuperare quanto dovuto per i mesi di agosto, settembre e ottobre in quanto il tour operator, una volta incassati i soldi dai clienti, pagava gli alberghi a 30 giorni, e gli ultimi pagamenti sono stati effettuati alla fine di agosto per saldare le prenotazioni del mese di luglio;
    purtroppo anche molti alberghi italiani, lavorando con il gruppo inglese, non hanno ricevuto il saldo delle prenotazioni di camere e pacchetti di soggiorno per i mesi estivi: le strutture più colpite sono quelle nelle località di mare delle regioni del Sud ma si registrano danni anche in Toscana, Liguria e Lombardia (per il turismo sui laghi);
    la portata complessiva dei mancati pagamenti non è calcolata ma Federalberghi, associazione a cui in Italia fanno capo 27 mila hotel su un totale di 33 mila, ha già effettuato una prima ricognizione su una vicenda che si configura come una mina per i conti del settore. Il fallimento di Thomas Cook, del resto, ha fatto perdere tutti gli incassi per le prenotazioni dei clienti inglesi e, soprattutto, dei turisti tedeschi che hanno acquistato un pacchetto vacanze in Italia attraverso la controllata del tour operator in Germania;
    come spiega il presidente di Federalberghi, da una prima stima «il buco è già oltre i 100 milioni di euro, perciò è probabile che il calcolo finale porti la cifra vicino ai 300 milioni. Il danno è intuibile. Thomas Cook pagava in media a 30 giorni, significa che dopo il saldo per il mese di luglio sono rimasti in sospeso agosto e i primi venti giorni di settembre, ma andranno perdute anche le prenotazioni residue di questo mese e quelle di ottobre»;
    tale vicenda rischia di mettere in ginocchio le strutture più piccole e gli alberghi a conduzione familiare traducendosi in perdite di oltre il 70 per cento del giro di affari annuo,

impegna il Governo

a stanziare già nella prossima legge di Bilancio 2020 apposite risorse per supportare il settore ricettivo e soprattutto quelle strutture fortemente colpite dal fallimento del tour operator Thomas Cook.
9/2203/128Dara, Colla, Andreuzza.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo il fallimento del tour operator Thomas Cook gli operatori del settore turistico avranno grandi difficoltà a recuperare quanto dovuto per i mesi di agosto, settembre e ottobre in quanto il tour operator, una volta incassati i soldi dai clienti, pagava gli alberghi a 30 giorni, e gli ultimi pagamenti sono stati effettuati alla fine di agosto per saldare le prenotazioni del mese di luglio;
    purtroppo anche molti alberghi italiani, lavorando con il gruppo inglese, non hanno ricevuto il saldo delle prenotazioni di camere e pacchetti di soggiorno per i mesi estivi: le strutture più colpite sono quelle nelle località di mare delle regioni del Sud ma si registrano danni anche in Toscana, Liguria e Lombardia (per il turismo sui laghi);
    la portata complessiva dei mancati pagamenti non è calcolata ma Federalberghi, associazione a cui in Italia fanno capo 27 mila hotel su un totale di 33 mila, ha già effettuato una prima ricognizione su una vicenda che si configura come una mina per i conti del settore. Il fallimento di Thomas Cook, del resto, ha fatto perdere tutti gli incassi per le prenotazioni dei clienti inglesi e, soprattutto, dei turisti tedeschi che hanno acquistato un pacchetto vacanze in Italia attraverso la controllata del tour operator in Germania;
    come spiega il presidente di Federalberghi, da una prima stima «il buco è già oltre i 100 milioni di euro, perciò è probabile che il calcolo finale porti la cifra vicino ai 300 milioni. Il danno è intuibile. Thomas Cook pagava in media a 30 giorni, significa che dopo il saldo per il mese di luglio sono rimasti in sospeso agosto e i primi venti giorni di settembre, ma andranno perdute anche le prenotazioni residue di questo mese e quelle di ottobre»;
    tale vicenda rischia di mettere in ginocchio le strutture più piccole e gli alberghi a conduzione familiare traducendosi in perdite di oltre il 70 per cento del giro di affari annuo,

impegna il Governo

a stanziare, nei limiti di finanza pubblica, già nella prossima legge di Bilancio 2020 apposite risorse per supportare il settore ricettivo e soprattutto quelle strutture fortemente colpite dal fallimento del tour operator Thomas Cook.
9/2203/128. (Testo modificato nel corso della seduta)  Dara, Colla, Andreuzza.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    in particolare, gli articoli 9 e 10 recano rispettivamente misure in favore delle aree di crisi complessa delle Regioni Sardegna e Sicilia e dell'area di crisi complessa di Isernia ma nulla viene disposto circa l'area di crisi industriale complessa del savonese che coinvolge 21 Comuni della Provincia;
    la struttura produttiva del Savonese, area strategica di collegamento tra Italia, Francia e Spagna, ha pesantemente subito le conseguenze della crisi economica degli ultimi anni, con ripercussioni sul mercato del lavoro e sull'intero sistema sociale;
    con decreto ministeriale 8 febbraio 2017 è stato costituito, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto ministeriale 31 gennaio 2013, il Gruppo di Coordinamento e Controllo per l'area di crisi industriale complessa di Savona con il compito di definire e attuare il Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI). Quest'ultimo fonda la strategia per il rilancio dell'intera area sul sostegno finanziario agli investimenti nel settore manifatturiero, sul potenziamento della logistica connessa alle attività portuali e sul rilancio dell'occupazione;
    il PRRI prevede l'impegno di risorse pubbliche per complessivi 40,7 milioni di euro ed è stato approvato con Accordo di Programma del 30 marzo 2018 siglato da: Ministero dello sviluppo economico, Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, Ministero delle infrastrutture, Regione Liguria, Provincia di Savona e Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure Occidentale;
    occorre finanziare i programmi d'investimento diretti allo sviluppo delle attività dell'impresa per favorire il rafforzamento del tessuto produttivo e la salvaguardia dei livelli occupazionali dell'area di crisi industriale complessa del savonese,

impegna il Governo

a destinare, nella imminente legge di bilancio per l'anno 2020, nuove ed ulteriori risorse alla regione Liguria finalizzate al completamento dei progetti già avviati nelle aree di crisi industriale complessa collocate nei 21 Comuni della provincia savonese.
9/2203/129Foscolo, Di Muro, Rixi, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    in particolare, gli articoli 9 e 10 recano rispettivamente misure in favore delle aree di crisi complessa delle Regioni Sardegna e Sicilia e dell'area di crisi complessa di Isernia ma nulla viene disposto circa l'area di crisi industriale complessa del savonese che coinvolge 21 Comuni della Provincia;
    la struttura produttiva del Savonese, area strategica di collegamento tra Italia, Francia e Spagna, ha pesantemente subito le conseguenze della crisi economica degli ultimi anni, con ripercussioni sul mercato del lavoro e sull'intero sistema sociale;
    con decreto ministeriale 8 febbraio 2017 è stato costituito, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto ministeriale 31 gennaio 2013, il Gruppo di Coordinamento e Controllo per l'area di crisi industriale complessa di Savona con il compito di definire e attuare il Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI). Quest'ultimo fonda la strategia per il rilancio dell'intera area sul sostegno finanziario agli investimenti nel settore manifatturiero, sul potenziamento della logistica connessa alle attività portuali e sul rilancio dell'occupazione;
    il PRRI prevede l'impegno di risorse pubbliche per complessivi 40,7 milioni di euro ed è stato approvato con Accordo di Programma del 30 marzo 2018 siglato da: Ministero dello sviluppo economico, Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, Ministero delle infrastrutture, Regione Liguria, Provincia di Savona e Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure Occidentale;
    occorre finanziare i programmi d'investimento diretti allo sviluppo delle attività dell'impresa per favorire il rafforzamento del tessuto produttivo e la salvaguardia dei livelli occupazionali dell'area di crisi industriale complessa del savonese,

impegna il Governo

a destinare, nei limiti di finanza pubblica, nella imminente legge di bilancio per l'anno 2020, nuove ed ulteriori risorse alla regione Liguria finalizzate al completamento dei progetti già avviati nelle aree di crisi industriale complessa collocate nei 21 Comuni della provincia savonese.
9/2203/129. (Testo modificato nel corso della seduta)  Foscolo, Di Muro, Rixi, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo I del provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e in particolare per garantire la tutela economica e normativa di alcune categorie di lavoratori particolarmente deboli, tra i quali rientrano senz'altro i cosiddetti lavoratori frontalieri ossia quei cittadini che vivono in Italia ma prestano il loro lavoro in Francia o nel Principato di Monaco;
    i continui interventi normativi di riduzione delle agevolazioni fiscali in favore di tale categoria di lavoratori hanno portato e tuttora portano questi ultimi a trasferire la propria residenza in Francia o nel Principato di Monaco al fine di essere fiscalmente equiparati ai colleghi già cittadini di quei Paesi, determinando così una grave perdita di gettito per l'Italia;
    sarebbe pertanto auspicabile reintrodurre a regime una disciplina che definisca con certezza lo status fiscale dei lavoratori frontalieri e che, soprattutto, renda equo ed omogeneo il loro trattamento fiscale rispetto a quello degli altri lavoratori residenti in Francia,

impegna il Governo

a introdurre regimi fiscali più favorevoli per i redditi da lavoro e per quelli da pensione derivanti da attività lavorativa frontaliera prestata, con rapporto di lavoro dipendente in via continuativa ed esclusiva, in Francia o presso il Principato di Monaco da residenti nel territorio dello Stato italiano per evitare un vero e proprio esodo dei nostri concittadini nel Paesi confinanti dove vigono imposizioni fiscali meno gravose.
9/2203/130Di Muro, Foscolo, Rixi, Viviani, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    in particolare, gli articoli 9 e 10 recano rispettivamente misure in favore delle aree di crisi complessa delle Regioni Sardegna e Sicilia e dell'area di crisi complessa di Isernia ma nulla viene disposto circa l'area di crisi industriale complessa della Val Vibrata – Valle del Tronto – Piceno e del Distretto fermano-maceratese, nonché le aree coinvolte dalla crisi della Antonio Merloni S.p.A. che coinvolgono complessivamente il 60 per cento dei comuni marchigiani;
    la zona industriale di «Val Vibrata – Valle del Tronto Piceno» è stata riconosciuta «area di crisi industriale complessa» per le problematiche legate alla grave crisi che ha colpito le principali aziende, più l'indotto, operanti nell'area e comprende 53 Comuni (decreto ministeriale 10 febbraio 2016) nei Sistemi Locali del Lavoro di Ascoli Piceno, Comunanza, Martinsicuro e San Benedetto del Tronto (40 Comuni della Regione Marche, province di Ascoli Piceno e Fermo, e 13 Comuni della Regione Abruzzo, provincia di Teramo);
    con l'Accordo di Programma del 28 luglio 2017 Ministero dello sviluppo economico, Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Regione Marche, Regione Abruzzo, Provincia di Ascoli Piceno, Provincia di Teramo e Invitalia si sono impegnati ad attuare il Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI) dell'area che prevede l'impiego di risorse pubbliche per complessivi 61,557 milioni di euro, di cui 31,807 milioni di euro per la Valle del Tronto Piceno (Marche) e 29,750 milioni di euro per Val Vibrata (Abruzzo);
    nel Progetto di riconversione e riqualificazione industriale da parte dei soggetti sottoscrittori dell'Accordo sono previsti interventi, quali: la promozione di iniziative imprenditoriali in grado di sostenere l'economia locale e tracciare traiettorie di sviluppo sostenibile; il ricollocamento lavorativo del personale appartenente a uno specifico bacino tramite azioni volte alla riqualificazione e reimpiego dei lavoratori; interventi infrastrutturali prioritari per l'area di crisi per i quali individuare percorsi di attuabilità e risorse da attivare, al fine di completare la Pedemontana Marche-Abruzzo, asset considerato strategico per i collegamenti della macro-area;
    l'avviso di cui alla legge n. 181 del 1989 per l'area di crisi si è concluso il 21 dicembre 2017 ed è stata individuata una graduatoria delle imprese ammesse alla valutazione per ottenere gli incentivi;
    in data 12 dicembre 2018 è stato emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico con il quale, ai sensi dell'articolo 1 del decreto ministeriale 31 gennaio 2013 e dell'articolo 27 del decreto-legge n. 83 del 2012, sono state accertate le condizioni per il riconoscimento di crisi industriale complessa, con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, per il territorio di Fermo-Macerata ricomprendente i comuni di Tolentino e Corridonia e i sistemi locali del lavoro di Fermo, Montegiorgio, Montegranaro, Porto Sant'Elpidio e Civitanova Marche;
    nell'ambito del ciclo di audizioni svoltosi l'8 luglio 2019 sono stati ascoltati, presso la prefettura di Ancona, i presidenti delle province di Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Teramo, i sindaci di Fermo e Comunanza, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e datoriali e quelli delle piccole e medie imprese (PMI);
    con l'accordo di programma per la disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree coinvolte dalla crisi del Gruppo Merloni del 19 marzo 2010 e con i successivi atti integrativi di rimodulazione del 18 ottobre 2012 e di proroga del 18 marzo 2015, si è inteso prevedere interventi di reindustrializzazione delle aree coinvolte dalla crisi di tale Gruppo, nelle quali ricadono i comuni di Fabriano, Gaifana/Nocera Umbra, Matelica, Sassoferrato e Ancona,

impegna il Governo

a destinare, nella imminente legge di bilancio per l'anno 2020, nuove ed ulteriori risorse alle regioni Marche e Abruzzo finalizzate al completamento dei progetti già avviati nelle aree di crisi industriale complessa di quei territori – individuando anche meccanismi automatici che assicurino l'utilizzo delle risorse destinate alla cassa integrazione in deroga per i lavoratori coinvolti nei processi di ristrutturazione o riconversione industriale e produttiva – e ad implementare il sistema infrastrutturale regionale, in particolare nel sud delle Marche dove è necessario un potenziamento dei collegamenti tra costiera e fascia appenninica.
9/2203/131Patassini, Latini, Paolini, Bellachioma.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    in particolare, gli articoli 9 e 10 recano rispettivamente misure in favore delle aree di crisi complessa delle Regioni Sardegna e Sicilia e dell'area di crisi complessa di Isernia ma nulla viene disposto circa l'area di crisi industriale complessa della Val Vibrata – Valle del Tronto – Piceno e del Distretto fermano-maceratese, nonché le aree coinvolte dalla crisi della Antonio Merloni S.p.A. che coinvolgono complessivamente il 60 per cento dei comuni marchigiani;
    la zona industriale di «Val Vibrata – Valle del Tronto Piceno» è stata riconosciuta «area di crisi industriale complessa» per le problematiche legate alla grave crisi che ha colpito le principali aziende, più l'indotto, operanti nell'area e comprende 53 Comuni (decreto ministeriale 10 febbraio 2016) nei Sistemi Locali del Lavoro di Ascoli Piceno, Comunanza, Martinsicuro e San Benedetto del Tronto (40 Comuni della Regione Marche, province di Ascoli Piceno e Fermo, e 13 Comuni della Regione Abruzzo, provincia di Teramo);
    con l'Accordo di Programma del 28 luglio 2017 Ministero dello sviluppo economico, Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Regione Marche, Regione Abruzzo, Provincia di Ascoli Piceno, Provincia di Teramo e Invitalia si sono impegnati ad attuare il Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI) dell'area che prevede l'impiego di risorse pubbliche per complessivi 61,557 milioni di euro, di cui 31,807 milioni di euro per la Valle del Tronto Piceno (Marche) e 29,750 milioni di euro per Val Vibrata (Abruzzo);
    nel Progetto di riconversione e riqualificazione industriale da parte dei soggetti sottoscrittori dell'Accordo sono previsti interventi, quali: la promozione di iniziative imprenditoriali in grado di sostenere l'economia locale e tracciare traiettorie di sviluppo sostenibile; il ricollocamento lavorativo del personale appartenente a uno specifico bacino tramite azioni volte alla riqualificazione e reimpiego dei lavoratori; interventi infrastrutturali prioritari per l'area di crisi per i quali individuare percorsi di attuabilità e risorse da attivare, al fine di completare la Pedemontana Marche-Abruzzo, asset considerato strategico per i collegamenti della macro-area;
    l'avviso di cui alla legge n. 181 del 1989 per l'area di crisi si è concluso il 21 dicembre 2017 ed è stata individuata una graduatoria delle imprese ammesse alla valutazione per ottenere gli incentivi;
    in data 12 dicembre 2018 è stato emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico con il quale, ai sensi dell'articolo 1 del decreto ministeriale 31 gennaio 2013 e dell'articolo 27 del decreto-legge n. 83 del 2012, sono state accertate le condizioni per il riconoscimento di crisi industriale complessa, con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, per il territorio di Fermo-Macerata ricomprendente i comuni di Tolentino e Corridonia e i sistemi locali del lavoro di Fermo, Montegiorgio, Montegranaro, Porto Sant'Elpidio e Civitanova Marche;
    nell'ambito del ciclo di audizioni svoltosi l'8 luglio 2019 sono stati ascoltati, presso la prefettura di Ancona, i presidenti delle province di Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Teramo, i sindaci di Fermo e Comunanza, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e datoriali e quelli delle piccole e medie imprese (PMI);
    con l'accordo di programma per la disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree coinvolte dalla crisi del Gruppo Merloni del 19 marzo 2010 e con i successivi atti integrativi di rimodulazione del 18 ottobre 2012 e di proroga del 18 marzo 2015, si è inteso prevedere interventi di reindustrializzazione delle aree coinvolte dalla crisi di tale Gruppo, nelle quali ricadono i comuni di Fabriano, Gaifana/Nocera Umbra, Matelica, Sassoferrato e Ancona,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare, nella imminente legge di bilancio per l'anno 2020, nuove ed ulteriori risorse alle regioni Marche e Abruzzo finalizzate al completamento dei progetti già avviati nelle aree di crisi industriale complessa di quei territori – individuando anche meccanismi automatici che assicurino l'utilizzo delle risorse destinate alla cassa integrazione in deroga per i lavoratori coinvolti nei processi di ristrutturazione o riconversione industriale e produttiva – e ad implementare il sistema infrastrutturale regionale, in particolare nel sud delle Marche dove è necessario un potenziamento dei collegamenti tra costiera e fascia appenninica.
9/2203/131. (Testo modificato nel corso della seduta)  Patassini, Latini, Paolini, Bellachioma.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi (cosiddetto Decreto Crescita), convertito con modificazione dalla legge n. 58 del 2019, è una norma fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e nella sua formulazione iniziale si poneva come obiettivo quello di incentivare la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico, introducendo la possibilità per il soggetto che sostiene le spese di ricevere un contributo, anticipato dal fornitore che ha effettuato l'intervento, sotto forma di sconto sul corrispettivo spettante. Tale contributo nella versione originaria doveva essere recuperato dal fornitore esclusivamente sotto forma di credito d'imposta, di pari ammontare, da utilizzare in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, senza l'applicazione dei limiti di compensabilità;
    a fronte delle numerosissime critiche sollevate in merito alla citata norma da parte dei piccoli imprenditori – che spesso non hanno introiti tali da poter usufruire del credito d'imposta previsto dall'articolo 10 del Decreto Crescita e, soprattutto, non sono in grado di effettuare sconti così significativi da recuperare nel corso di un intero anno – il Gruppo Lega della Camera dei deputati ha insistito per l'approvazione della modifica, oggi in vigore, che consente al fornitore che ha effettuato gli interventi di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico perlomeno di cedere il credito d'imposta ai propri fornitori di beni e servizi;
    sin dall'approvazione del Decreto Crescita la Lega, accogliendo le richieste della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa, ha comunque espresso la necessità di modificare l'articolo 10 del Decreto Crescita e, sia al Senato che alla Camera, ha presentato un emendamento al provvedimento in esame – purtroppo respinto dalla maggioranza – proponendo la soppressione dei commi 1, 2 e 3 del citato articolo 10 del Decreto Crescita,

impegna il Governo

ad intervenire, mediante le opportune iniziative normative, sul predetto articolo 10 del Decreto Crescita, al fine di sostenere maggiormente le piccole imprese che effettuano gli interventi di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico, attraverso meccanismi agevolativi diversi in favore dei clienti finali.
9/2203/132Guidesi, Dara, Andreuzza, Binelli, Colla, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi (cosiddetto Decreto Crescita), convertito con modificazione dalla legge n. 58 del 2019, è una norma fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e nella sua formulazione iniziale si poneva come obiettivo quello di incentivare la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico, introducendo la possibilità per il soggetto che sostiene le spese di ricevere un contributo, anticipato dal fornitore che ha effettuato l'intervento, sotto forma di sconto sul corrispettivo spettante. Tale contributo nella versione originaria doveva essere recuperato dal fornitore esclusivamente sotto forma di credito d'imposta, di pari ammontare, da utilizzare in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, senza l'applicazione dei limiti di compensabilità;
    a fronte delle numerosissime critiche sollevate in merito alla citata norma da parte dei piccoli imprenditori – che spesso non hanno introiti tali da poter usufruire del credito d'imposta previsto dall'articolo 10 del Decreto Crescita e, soprattutto, non sono in grado di effettuare sconti così significativi da recuperare nel corso di un intero anno – il Gruppo Lega della Camera dei deputati ha insistito per l'approvazione della modifica, oggi in vigore, che consente al fornitore che ha effettuato gli interventi di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico perlomeno di cedere il credito d'imposta ai propri fornitori di beni e servizi;
    sin dall'approvazione del Decreto Crescita la Lega, accogliendo le richieste della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa, ha comunque espresso la necessità di modificare l'articolo 10 del Decreto Crescita e, sia al Senato che alla Camera, ha presentato un emendamento al provvedimento in esame – purtroppo respinto dalla maggioranza – proponendo la soppressione dei commi 1, 2 e 3 del citato articolo 10 del Decreto Crescita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, mediante le opportune iniziative normative, sul predetto articolo 10 del Decreto Crescita, al fine di sostenere maggiormente le piccole imprese che effettuano gli interventi di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico, attraverso meccanismi agevolativi diversi in favore dei clienti finali.
9/2203/132. (Testo modificato nel corso della seduta)  Guidesi, Dara, Andreuzza, Binelli, Colla, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza de il Molino Rossi, storica realtà produttiva di San Giuliano Terme;
    dopo 120 di gloriosa attività è entrata in una crisi irreversibile sfociata nel licenziamento di numerosi dipendenti;
    cinque generazioni di imprenditori della famiglia hanno guidato, e stanno guidando, ininterrottamente il molino da quando Giovanni Rossi, nel lontano 1898, acquistò il Molino di Ripafratta, proseguendo e incrementando l'attività iniziata nel molino di famiglia situato nella vicina Quosa;
    l'azienda si è affacciata al nuovo millennio con la determinazione d'imporsi tra le maggiori aziende nazionali del settore, attuando un programma di totale controllo della filiera e della rintracciabilità, dall'acquisto del grano al prodotto finito ed avvalendosi della maggiore qualificazione del personale, uniti alla serietà, la cura e l'impegno, che sono per tradizione il punto di forza della società;
   ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02829 tuttora giacente privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/133Picchi, Legnaioli, Lolini, Potenti, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza de il Molino Rossi, storica realtà produttiva di San Giuliano Terme;
    dopo 120 di gloriosa attività è entrata in una crisi irreversibile sfociata nel licenziamento di numerosi dipendenti;
    cinque generazioni di imprenditori della famiglia hanno guidato, e stanno guidando, ininterrottamente il molino da quando Giovanni Rossi, nel lontano 1898, acquistò il Molino di Ripafratta, proseguendo e incrementando l'attività iniziata nel molino di famiglia situato nella vicina Quosa;
    l'azienda si è affacciata al nuovo millennio con la determinazione d'imporsi tra le maggiori aziende nazionali del settore, attuando un programma di totale controllo della filiera e della rintracciabilità, dall'acquisto del grano al prodotto finito ed avvalendosi della maggiore qualificazione del personale, uniti alla serietà, la cura e l'impegno, che sono per tradizione il punto di forza della società;
   ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02829 tuttora giacente privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/133. (Testo modificato nel corso della seduta)  Picchi, Legnaioli, Lolini, Potenti, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza ex BredaMenariniBus;
    la BredaMenariniBus rappresenta una realtà d'eccellenza nel panorama industriale europeo, con una filiera di progettazione e produzione completamente italiana;
    BredaMenariniBus, è in grado di produrre un'ampia gamma di veicoli per il trasporto pubblico a basso impatto ambientale (autobus elettrici, a metano e filobus bimodali);
    nel 2011, Finmeccanica ha dichiarato di volersi disfare del comparto pubblico del gruppo, BredaMenariniBus compresa;
    la decisione scaturiva dalla fallita ricerca di partner a livello internazionale che potesse supplire al cronico problema «dimensionale», strategico per sopravvivere alle richieste del mercato;
    questa decisione ha comportato un calo rilevante delle quote di mercato nazionale, nonché ad una forte preoccupazione dei livelli occupazionali;
    l'elaborazione di un piano industriale per l'ex BredamenariniBus, oggi Industria Italiana Autobus, è ancora lontana, nonostante i vari tavoli ministeriali, l'ultimo svoltosi a Gennaio u.s con l'allora Ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, anche con riferimento alle crisi aziendali di cui in premessa.
9/2203/134Raffaelli, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza ex BredaMenariniBus;
    la BredaMenariniBus rappresenta una realtà d'eccellenza nel panorama industriale europeo, con una filiera di progettazione e produzione completamente italiana;
    BredaMenariniBus, è in grado di produrre un'ampia gamma di veicoli per il trasporto pubblico a basso impatto ambientale (autobus elettrici, a metano e filobus bimodali);
    nel 2011, Finmeccanica ha dichiarato di volersi disfare del comparto pubblico del gruppo, BredaMenariniBus compresa;
    la decisione scaturiva dalla fallita ricerca di partner a livello internazionale che potesse supplire al cronico problema «dimensionale», strategico per sopravvivere alle richieste del mercato;
    questa decisione ha comportato un calo rilevante delle quote di mercato nazionale, nonché ad una forte preoccupazione dei livelli occupazionali;
    l'elaborazione di un piano industriale per l'ex BredamenariniBus, oggi Industria Italiana Autobus, è ancora lontana, nonostante i vari tavoli ministeriali, l'ultimo svoltosi a Gennaio u.s con l'allora Ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, anche con riferimento alle crisi aziendali di cui in premessa.
9/2203/134. (Testo modificato nel corso della seduta)  Raffaelli, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Comdata Group;
    c’è molta preoccupazione tra gli oltre mille lavoratori di Comdata Group, di cui un centinaio interinali, per il clima di grande incertezza generato dall'andamento altalenante delle commesse;
    Comdata Group nasce a Torino nel 1987 per offrire servizi di gestione e archiviazione documentale basati su tecnologia microfilm. Nel corso degli anni novanta, Comdata amplia l'offerta puntando sulla gestione elettronica dei documenti e sulla gestione dei processi di business delle imprese (settori telecomunicazioni, finanza, energia, industria);
    in Italia opera con 19 sedi e più di 10.000 dipendenti;
    c’è molta preoccupazione tra gli oltre mille lavoratori di Comdata Group, di cui un centinaio interinali, per il clima di grande incertezza generato dall'andamento altalenante delle commesse;
    il settore è da oltre un anno ostaggio di un perverso meccanismo di aggiudicazione delle gare al massimo ribasso e Comdata, quindi, è alla costante ricerca di un equilibrio costi/ricavi: poiché la principale componente del costo è il dipendente, ne consegue che è sempre quest'ultimo a fare le spese di questa strategia,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/135Boldi, Patelli, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Pettazzi, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Comdata Group;
    c’è molta preoccupazione tra gli oltre mille lavoratori di Comdata Group, di cui un centinaio interinali, per il clima di grande incertezza generato dall'andamento altalenante delle commesse;
    Comdata Group nasce a Torino nel 1987 per offrire servizi di gestione e archiviazione documentale basati su tecnologia microfilm. Nel corso degli anni novanta, Comdata amplia l'offerta puntando sulla gestione elettronica dei documenti e sulla gestione dei processi di business delle imprese (settori telecomunicazioni, finanza, energia, industria);
    in Italia opera con 19 sedi e più di 10.000 dipendenti;
    c’è molta preoccupazione tra gli oltre mille lavoratori di Comdata Group, di cui un centinaio interinali, per il clima di grande incertezza generato dall'andamento altalenante delle commesse;
    il settore è da oltre un anno ostaggio di un perverso meccanismo di aggiudicazione delle gare al massimo ribasso e Comdata, quindi, è alla costante ricerca di un equilibrio costi/ricavi: poiché la principale componente del costo è il dipendente, ne consegue che è sempre quest'ultimo a fare le spese di questa strategia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/135. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boldi, Patelli, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Pettazzi, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Conad;
    nello specifico il gruppo Auchan sta per essere acquisito dal gruppo Conad da ottobre 2019;
    l'accordo per la cessione dei negozi Auchan Retail Italia a Conad è stato siglato nel maggio scorso, ed è stato formalizzato a fine luglio: oggetto dell'acquisizione un totale di circa 1.600 punti vendita in Italia. Secondo quanto concordato tra i due gruppi, gli ex store Auchan dovrebbero essere assorbiti da Conad e i lavoratori integrati. Una transazione che ha di poco sfiorato il miliardo di euro e che darà vita a un colosso con una quota di mercato intorno al 19 per cento: il 6 per cento realizzato da Auchan, e il restante da Conad, per un giro d'affari che si aggira intorno ai 17 miliardi. Lo scorso anno Auchan Retail Italia ha segnato ricavi per circa 3,7 miliardi di euro, mentre Conad ha toccato quota 13,5 miliardi di euro;
    un passaggio epocale che rischia però di essere fatto sulla pelle di tantissimi lavoratori;
    dopo mesi di trattative, ancora, infatti, non ci sono garanzie sul mantenimento dei posti di lavoro della catena Auchan-Sma;
    il caso è noto in realtà da mesi, ma è esploso nei giorni scorsi, quando si è consumata la rottura al tavolo tra i sindacati e la stessa Conad sul passaggio dei punti vendita: solo un terzo della rete vendita al momento avrebbe un futuro e anche su questo limitato perimetro non è garantita l'occupazione;
    tale operazione, infatti, mette a rischio l'indotto, calcolabile in un terzo dei 18.000 dipendenti diretti e le loro famiglie,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a favorire tale operazione e allo stesso tempo a tutelare i migliaia di posti di lavoro che ad oggi sono seriamente a rischio.
9/2203/136Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili, Bellachioma.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Conad;
    nello specifico il gruppo Auchan sta per essere acquisito dal gruppo Conad da ottobre 2019;
    l'accordo per la cessione dei negozi Auchan Retail Italia a Conad è stato siglato nel maggio scorso, ed è stato formalizzato a fine luglio: oggetto dell'acquisizione un totale di circa 1.600 punti vendita in Italia. Secondo quanto concordato tra i due gruppi, gli ex store Auchan dovrebbero essere assorbiti da Conad e i lavoratori integrati. Una transazione che ha di poco sfiorato il miliardo di euro e che darà vita a un colosso con una quota di mercato intorno al 19 per cento: il 6 per cento realizzato da Auchan, e il restante da Conad, per un giro d'affari che si aggira intorno ai 17 miliardi. Lo scorso anno Auchan Retail Italia ha segnato ricavi per circa 3,7 miliardi di euro, mentre Conad ha toccato quota 13,5 miliardi di euro;
    un passaggio epocale che rischia però di essere fatto sulla pelle di tantissimi lavoratori;
    dopo mesi di trattative, ancora, infatti, non ci sono garanzie sul mantenimento dei posti di lavoro della catena Auchan-Sma;
    il caso è noto in realtà da mesi, ma è esploso nei giorni scorsi, quando si è consumata la rottura al tavolo tra i sindacati e la stessa Conad sul passaggio dei punti vendita: solo un terzo della rete vendita al momento avrebbe un futuro e anche su questo limitato perimetro non è garantita l'occupazione;
    tale operazione, infatti, mette a rischio l'indotto, calcolabile in un terzo dei 18.000 dipendenti diretti e le loro famiglie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a favorire tale operazione e allo stesso tempo a tutelare i migliaia di posti di lavoro che ad oggi sono seriamente a rischio.
9/2203/136. (Testo modificato nel corso della seduta)  Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili, Bellachioma.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Brandamour Spa;
    lo stato di agitazione che da mesi caratterizza la storica azienda tessile del Biellese, si è concluso a fine maggio u.s., dopo una lunga trattativa di oltre cinque ore tra azienda e rappresentanze sindacali, con la sospensione dello sciopero da parte dei 103 lavoratori e lavoratrici;
    in quella occasione l'azienda ha comunicato di aver specifico mandato da parte degli azionisti nel trovare una soluzione in continuità per il futuro aziendale;
    l'accordo prevedeva, per l'amministratore delegato, dottore Silvio Musso, un mese di tempo per fare una valutazione complessiva dello stato di crisi e, per i dipendenti, l'obbligo di utilizzare le ferie ancora in essere fino al 26 aprile 2019, in attesa di una verifica reale finanziaria; l'azienda, nel mentre, si sarebbe attivata per la richiesta della cassa integrazione guadagni straordinaria;
    è stata, dunque, ribadita l'impossibilità per l'azienda di pagare i dipendenti prima del completamento della verifica della situazione economico-finanziaria dell'azienda, fatte salve nuove ed impreviste entrate nelle casse della società;
    per i 103 dipendenti, 16 dei quali con contratto a termine, è stato un pugno nello stomaco, perché vuol dire intere famiglie senza stipendio, senza alcuna copertura economica per fronteggiare le spese quotidiane come cibo, bollette e rate mensili, considerato anche che i tempi di erogazione del trattamento di Cigs oscillano dai tre ai cinque mesi;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02192, tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali, soprattutto segnalando l'opportunità di accelerare i tempi di erogazione del trattamento di integrazione salariale straordinaria alla luce della situazione di estrema difficoltà economica in cui si ritrovano i dipendenti e le relative famiglie,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/137Patelli, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Piccolo, Boldi, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Brandamour Spa;
    lo stato di agitazione che da mesi caratterizza la storica azienda tessile del Biellese, si è concluso a fine maggio u.s., dopo una lunga trattativa di oltre cinque ore tra azienda e rappresentanze sindacali, con la sospensione dello sciopero da parte dei 103 lavoratori e lavoratrici;
    in quella occasione l'azienda ha comunicato di aver specifico mandato da parte degli azionisti nel trovare una soluzione in continuità per il futuro aziendale;
    l'accordo prevedeva, per l'amministratore delegato, dottore Silvio Musso, un mese di tempo per fare una valutazione complessiva dello stato di crisi e, per i dipendenti, l'obbligo di utilizzare le ferie ancora in essere fino al 26 aprile 2019, in attesa di una verifica reale finanziaria; l'azienda, nel mentre, si sarebbe attivata per la richiesta della cassa integrazione guadagni straordinaria;
    è stata, dunque, ribadita l'impossibilità per l'azienda di pagare i dipendenti prima del completamento della verifica della situazione economico-finanziaria dell'azienda, fatte salve nuove ed impreviste entrate nelle casse della società;
    per i 103 dipendenti, 16 dei quali con contratto a termine, è stato un pugno nello stomaco, perché vuol dire intere famiglie senza stipendio, senza alcuna copertura economica per fronteggiare le spese quotidiane come cibo, bollette e rate mensili, considerato anche che i tempi di erogazione del trattamento di Cigs oscillano dai tre ai cinque mesi;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02192, tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali, soprattutto segnalando l'opportunità di accelerare i tempi di erogazione del trattamento di integrazione salariale straordinaria alla luce della situazione di estrema difficoltà economica in cui si ritrovano i dipendenti e le relative famiglie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/137. (Testo modificato nel corso della seduta)  Patelli, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Piccolo, Boldi, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Brioni, azienda di abbigliamento maschile del gruppo della holding francese Kering;
    la crisi aziendale riguarda i siti produttivi di Penne, Montebello di Bertona e Civitella Casanova della provincia di Pescara, e il sito di Curno in provincia di Bergamo, per un totale di circa 1.200 lavoratori;
    al tavolo che si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico 12 aprile 2019, al quale erano presenti i rappresentanti dell'azienda, della regione Lombardia, della regione Abruzzo e le sigle sindacali, l'azienda ha presentato il nuovo piano industriale;
    in quella sede i sindacati hanno espresso preoccupazione per una strategia che, a fronte di un aumento della produttività, non avrebbe tutelato i lavoratori, tanto che si è deciso di lasciare aperto il tavolo presso il Ministero per consentire alle parti di monitorare l'andamento dell'azienda e il suo posizionamento sul mercato;
    infatti, a settembre, i sindacati lamentavano un piano di rilancio del marchio e una strategia per salvaguardare i livelli occupazionali, visto che gli operai lavorano ancora ad orario ridotto,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/138Bellachioma, D'Eramo, Latini, Paolini, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Brioni, azienda di abbigliamento maschile del gruppo della holding francese Kering;
    la crisi aziendale riguarda i siti produttivi di Penne, Montebello di Bertona e Civitella Casanova della provincia di Pescara, e il sito di Curno in provincia di Bergamo, per un totale di circa 1.200 lavoratori;
    al tavolo che si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico 12 aprile 2019, al quale erano presenti i rappresentanti dell'azienda, della regione Lombardia, della regione Abruzzo e le sigle sindacali, l'azienda ha presentato il nuovo piano industriale;
    in quella sede i sindacati hanno espresso preoccupazione per una strategia che, a fronte di un aumento della produttività, non avrebbe tutelato i lavoratori, tanto che si è deciso di lasciare aperto il tavolo presso il Ministero per consentire alle parti di monitorare l'andamento dell'azienda e il suo posizionamento sul mercato;
    infatti, a settembre, i sindacati lamentavano un piano di rilancio del marchio e una strategia per salvaguardare i livelli occupazionali, visto che gli operai lavorano ancora ad orario ridotto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/138. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bellachioma, D'Eramo, Latini, Paolini, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Ferrosud Spa, azienda che produce materiale rotabile ferroviario;
    la crisi dello stabilimento di Matera, che dà lavoro a circa 100 operai, riguarda la mancanza di liquidità dell'azienda che ha lo stabilimento nella zona di Jesce, sottoposta a procedura di concordato, avrebbe una commessa già acquisita per circa 12 milioni di euro per realizzare nuove carrozze ferroviarie in Campania, ma non può farvi fronte perché non ha la somma necessaria per la fideiussione da versare, come prevede la procedura a garanzia di tutti gli obblighi assunti, così come non riesce a far fronte al pagamento degli stipendi per le maestranze;
    peraltro l'azienda attende ancora il pagamento da Trenitalia per i lavori della precedente realizzazione di due carrozze ferroviarie;
    il 9 luglio 2019, presso il Ministero dello sviluppo economico si è svolta la riunione, alla quale erano presenti le rappresentanze sindacali ma non l'azienda e il Ministero, in quella sede, ha preso l'impegno a convocare un nuovo tavolo per la presentazione del piano industriale per il rilancio dello stabilimento di Matera,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/139Colla, Latini, Patassini, Bellachioma, D'Eramo, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Ferrosud Spa, azienda che produce materiale rotabile ferroviario;
    la crisi dello stabilimento di Matera, che dà lavoro a circa 100 operai, riguarda la mancanza di liquidità dell'azienda che ha lo stabilimento nella zona di Jesce, sottoposta a procedura di concordato, avrebbe una commessa già acquisita per circa 12 milioni di euro per realizzare nuove carrozze ferroviarie in Campania, ma non può farvi fronte perché non ha la somma necessaria per la fideiussione da versare, come prevede la procedura a garanzia di tutti gli obblighi assunti, così come non riesce a far fronte al pagamento degli stipendi per le maestranze;
    peraltro l'azienda attende ancora il pagamento da Trenitalia per i lavori della precedente realizzazione di due carrozze ferroviarie;
    il 9 luglio 2019, presso il Ministero dello sviluppo economico si è svolta la riunione, alla quale erano presenti le rappresentanze sindacali ma non l'azienda e il Ministero, in quella sede, ha preso l'impegno a convocare un nuovo tavolo per la presentazione del piano industriale per il rilancio dello stabilimento di Matera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/139. (Testo modificato nel corso della seduta)  Colla, Latini, Patassini, Bellachioma, D'Eramo, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dell'azienda G.A.M. srl, Gestione Agroalimentare Molisana;
    il 1o aprile 2019 si è tenuta presso il Ministero dello Sviluppo Economico la riunione, alla quale erano presenti tutte le parti sociali coinvolte;

    la Società Agricola Vicentina, che ha rilevato la G.A.M., ha fatto presente che l'incubatorio, nel sito produttivo di Bojano, ha iniziato le attività e che si sta procedendo a fare le assunzioni in base all'accordo del 2017; non essendosi, invece, avverate le condizioni previste dal medesimo con riguardo al sito in cui avviare la riqualificazione del macello, gli organi decisionali della Società hanno deliberato di non procedere alla realizzazione del progetto, precisando che, essendo necessari 36 mesi per la realizzazione del macello, la società è costretta a prevedere soluzioni alternative per la realizzazione del business;

    le organizzazioni sindacali e il Presidente della regione Molise hanno manifestato forti preoccupazioni alla luce di quanto annunciato in quella sede dalla Società Agricola Vicentina, tanto che il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto alla società Agricola Vicentina di sospendere temporaneamente la decisione annunciata affinché si potessero fare ulteriori verifiche in tempi brevi per la creazione delle condizioni necessarie alla realizzazione del progetto di riqualificazione del macello, a cui si lega la riqualificazione della filiera avicola molisana, nonché lo sviluppo del territorio e del settore, e per il quale sono state impegnate importanti risorse pubbliche,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/140D'Eramo, Colla, Latini, Patassini, Bellachioma, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dell'azienda G.A.M. srl, Gestione Agroalimentare Molisana;
    il 1o aprile 2019 si è tenuta presso il Ministero dello Sviluppo Economico la riunione, alla quale erano presenti tutte le parti sociali coinvolte;

    la Società Agricola Vicentina, che ha rilevato la G.A.M., ha fatto presente che l'incubatorio, nel sito produttivo di Bojano, ha iniziato le attività e che si sta procedendo a fare le assunzioni in base all'accordo del 2017; non essendosi, invece, avverate le condizioni previste dal medesimo con riguardo al sito in cui avviare la riqualificazione del macello, gli organi decisionali della Società hanno deliberato di non procedere alla realizzazione del progetto, precisando che, essendo necessari 36 mesi per la realizzazione del macello, la società è costretta a prevedere soluzioni alternative per la realizzazione del business;

    le organizzazioni sindacali e il Presidente della regione Molise hanno manifestato forti preoccupazioni alla luce di quanto annunciato in quella sede dalla Società Agricola Vicentina, tanto che il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto alla società Agricola Vicentina di sospendere temporaneamente la decisione annunciata affinché si potessero fare ulteriori verifiche in tempi brevi per la creazione delle condizioni necessarie alla realizzazione del progetto di riqualificazione del macello, a cui si lega la riqualificazione della filiera avicola molisana, nonché lo sviluppo del territorio e del settore, e per il quale sono state impegnate importanti risorse pubbliche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/140. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Eramo, Colla, Latini, Patassini, Bellachioma, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla situazione in cui si trova la CSP Spa, attiva nel settore delle consulenze informatiche in tutto il territorio nazionale, con sedi operative a Torino, Milano, Terni, Cosenza, Pescara, Roma e Arezzo;
    nei confronti di CSP Spa è in atto una procedura fallimentare presso il Tribunale di Napoli, dove la società ha la propria sede legale dalla fine del 2017;
    sono frequenti le agitazioni dei circa 600 dipendenti, il cui futuro è a rischio,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/141Giaccone, Giglio Vigna, Maccanti, Cecchetti, Capitanio, Iezzi, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla situazione in cui si trova la CSP Spa, attiva nel settore delle consulenze informatiche in tutto il territorio nazionale, con sedi operative a Torino, Milano, Terni, Cosenza, Pescara, Roma e Arezzo;
    nei confronti di CSP Spa è in atto una procedura fallimentare presso il Tribunale di Napoli, dove la società ha la propria sede legale dalla fine del 2017;
    sono frequenti le agitazioni dei circa 600 dipendenti, il cui futuro è a rischio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/141. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giaccone, Giglio Vigna, Maccanti, Cecchetti, Capitanio, Iezzi, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla situazione che riguarda la Federazione Moda del Confartigianato Veneto;
    il settore risulta essere in effetti in grave difficoltà, come prova la circostanza che si stima non inferiore a 40 il numero delle imprese che chiuderanno entro la fine del 2019 nella sola provincia di Treviso, anche a causa della concorrenza sleale dei laboratori cinesi, che sottopagano la propria manodopera;
    la moda costituisce un'eccellenza del Made in Italy da salvaguardare e proteggere, se si intende assicurare un futuro al sistema produttivo del nostro Paese,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile a prevenire chiusure di impianti nel comparto, in particolare nel territorio trevigiano, anche con energiche iniziative di contrasto all'attività dei laboratori clandestini, che rappresentano forme illegali di concorrenza sleale, anche al fine di tutelare i livelli occupazionali e di salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, a partire dal comparto tessile e moda.
9/2203/142Fantuz, Bitonci, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla situazione che riguarda la Federazione Moda del Confartigianato Veneto;
    il settore risulta essere in effetti in grave difficoltà, come prova la circostanza che si stima non inferiore a 40 il numero delle imprese che chiuderanno entro la fine del 2019 nella sola provincia di Treviso, anche a causa della concorrenza sleale dei laboratori cinesi, che sottopagano la propria manodopera;
    la moda costituisce un'eccellenza del Made in Italy da salvaguardare e proteggere, se si intende assicurare un futuro al sistema produttivo del nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile a prevenire chiusure di impianti nel comparto, in particolare nel territorio trevigiano, anche con energiche iniziative di contrasto all'attività dei laboratori clandestini, che rappresentano forme illegali di concorrenza sleale, anche al fine di tutelare i livelli occupazionali e di salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, a partire dal comparto tessile e moda.
9/2203/142. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fantuz, Bitonci, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alle prospettive della Candy Hoover Group Srl, recentemente rilevata dal gruppo cinese Qindao Haier, quotato a Shanghai e leader mondiale nel settore delle lavatrici, per 475 milioni di euro;
    la cessione, perfezionatasi l'8 gennaio scorso, ha in effetti generato viva preoccupazione tra i dipendenti dello stabilimento brianzolo di Brugherio, un migliaio di persone il cui futuro lavorativo dipende criticamente dalle strategie che adotterà la nuova proprietà;
    i lavoratori chiedono garanzie sul piano di rilancio del sito brianzolo di Brugherio,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile a sostenere il rilancio del sito produttivo di Brugherio, incoraggiando gli investitori cinesi del gruppo Qindao Haier ad investirvi, allo scopo di salvaguardare i livelli occupazionali e tutelare le capacità produttive italiane nel settore degli elettrodomestici.
9/2203/143Ribolla, Capitanio, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Tarantino, Toccalini, Leda Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alle prospettive della Candy Hoover Group Srl, recentemente rilevata dal gruppo cinese Qindao Haier, quotato a Shanghai e leader mondiale nel settore delle lavatrici, per 475 milioni di euro;
    la cessione, perfezionatasi l'8 gennaio scorso, ha in effetti generato viva preoccupazione tra i dipendenti dello stabilimento brianzolo di Brugherio, un migliaio di persone il cui futuro lavorativo dipende criticamente dalle strategie che adotterà la nuova proprietà;
    i lavoratori chiedono garanzie sul piano di rilancio del sito brianzolo di Brugherio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa utile a sostenere il rilancio del sito produttivo di Brugherio, incoraggiando gli investitori cinesi del gruppo Qindao Haier ad investirvi, allo scopo di salvaguardare i livelli occupazionali e tutelare le capacità produttive italiane nel settore degli elettrodomestici.
9/2203/143. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ribolla, Capitanio, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Tarantino, Toccalini, Leda Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza concernente la Invatec Spa;
    la Invatec Spa opera nel comparto biomedicale e vanta una presenza produttiva rilevante nel bresciano, dove tuttavia si prospetta la chiusura degli impianti situati a Roncadelle e Torbole Casaglia, decisa dalla multinazionale statunitense Medtronic, che ne ha rilevato la proprietà nel 2010, a dispetto di ottimi risultati di bilancio;
    a causa della ventilata chiusura degli impianti di Roncadelle e Torbole Casaglia sono a rischio 314 posti di lavoro, circostanza che è destinata a ripercuotersi negativamente sull'economia e gli equilibri sociali del territorio provinciale bresciano,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela dei 314 posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa, inclusa la facilitazione di eventuali trattative con soggetti interessati a rilevare gli impianti interessati dal provvedimento di chiusura e disponibili a mantenere i relativi livelli occupazionali.
9/2203/144Donina, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Leda Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza concernente la Invatec Spa;
    la Invatec Spa opera nel comparto biomedicale e vanta una presenza produttiva rilevante nel bresciano, dove tuttavia si prospetta la chiusura degli impianti situati a Roncadelle e Torbole Casaglia, decisa dalla multinazionale statunitense Medtronic, che ne ha rilevato la proprietà nel 2010, a dispetto di ottimi risultati di bilancio;
    a causa della ventilata chiusura degli impianti di Roncadelle e Torbole Casaglia sono a rischio 314 posti di lavoro, circostanza che è destinata a ripercuotersi negativamente sull'economia e gli equilibri sociali del territorio provinciale bresciano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela dei 314 posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa, inclusa la facilitazione di eventuali trattative con soggetti interessati a rilevare gli impianti interessati dal provvedimento di chiusura e disponibili a mantenere i relativi livelli occupazionali.
9/2203/144. (Testo modificato nel corso della seduta)  Donina, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Leda Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato in particolare l'intervento recato dall'articolo 10-bis, volto a finanziare il progetto stradale «Mare Monti» per favorire l'area crisi industriale complessa del distretto fermano-maceratese;
    evidenziato il forte rischio di una recessione del comparto produttivo dell'area di crisi non complessa della provincia di Imperia, definitiva con decreto 19 dicembre 2016, derivante dall'assenza di fondamentali infrastrutture, necessarie al mantenimento dei livelli occupazionali ed allo sviluppo industriale del territorio,

impegna il Governo

al fine di contrastare una possibile recessione del comparto produttivo dell'area di crisi della provincia di Imperia e garantire i livelli occupazionali, a reperire le occorrenti risorse finanziarie, pari a 5 milioni di euro, da destinare a interventi infrastrutturali, con particolare riferimento alla realizzazione dell'impianto di depurazione e collettamento delle acque reflue, all'intervento di collettamento fognario e alla realizzazione della rete di distribuzione del gas metano.
9/2203/145Furgiuele, Di Muro, Foscolo, Rixi, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato in particolare l'intervento recato dall'articolo 10-bis, volto a finanziare il progetto stradale «Mare Monti» per favorire l'area crisi industriale complessa del distretto fermano-maceratese;
    evidenziato il forte rischio di una recessione del comparto produttivo dell'area di crisi non complessa della provincia di Imperia, definitiva con decreto 19 dicembre 2016, derivante dall'assenza di fondamentali infrastrutture, necessarie al mantenimento dei livelli occupazionali ed allo sviluppo industriale del territorio,

impegna il Governo

al fine di contrastare una possibile recessione del comparto produttivo dell'area di crisi della provincia di Imperia e garantire i livelli occupazionali, a valutare l'opportunità di reperire le occorrenti risorse finanziarie, pari a 5 milioni di euro, da destinare a interventi infrastrutturali, con particolare riferimento alla realizzazione dell'impianto di depurazione e collettamento delle acque reflue, all'intervento di collettamento fognario e alla realizzazione della rete di distribuzione del gas metano.
9/2203/145. (Testo modificato nel corso della seduta)  Furgiuele, Di Muro, Foscolo, Rixi, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il decreto-legge in titolo con particolare riguardo alle disposizioni urgenti in materia di tutela del lavoro;
    valutato nello specifico l'articolo 13-ter del provvedimento, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, teso a sostenere lo sviluppo e la nascita di società cooperative costituite prevalentemente da lavoratori provenienti da aziende in crisi;
    preso atto che per tali finalità si prevede l'incremento delle risorse per il rifinanziamento delle agevolazioni di cui al decreto Mise 4 dicembre 2014;
    constatato che l'operazione c.d. « workers buyout» di acquisto di una società da parte dei dipendenti dell'impresa stessa coinvolge oggigiorno 8 mila lavoratori (15 mila l'indotto) a dimostrazione che le aziende italiane fallite e rigenerate dai dipendenti stessi con la trasformazione in cooperative rappresenta un'importante strada da perseguire a salvaguardia sia dell'occupazione che dell'attività produttiva;
    ritenuto che l'opportunità per i dipendenti di aziende in crisi di utilizzare il trattamento di fine rapporto ovvero il trattamento di disoccupazione per la sottoscrizione di capitale sociale può favorire il fenomeno WBO,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta a prevedere che il trattamento Naspi e l'erogazione del TFR possa essere utilizzato dai lavoratori dipendenti da aziende in crisi che intendano dar vita ad una cooperativa per la sottoscrizione del capitale sociale, nell'ottica di salvaguardare l'occupazione e dare continuità all'esercizio delle attività imprenditoriali.
9/2203/146Moschioni, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    i Comitati di redazione di Quotidiano Nazionale-il Resto del Carlino e Q.net hanno deciso di proclamare due giorni di sciopero nelle giornate di domenica 27 ottobre e lunedì 28 ottobre, a seguito della presentazione del nuovo piano industriale da parte dell'editore Poligrafici Editoriale, che prevede dal primo gennaio 2020 la richiesta di un contratto di solidarietà di 48 giorni all'anno concentrati in sei mesi. Il piano, prevede, inoltre 112 esuberi su 283 redattori e potrebbe essere affiancato dall'accorpamento di edizioni e dalla chiusura di varie redazioni oltre lo smaltimento forzato delle ferie nei restanti 6 mesi nel 2020 e nel 2021;
    il presidente dell'Associazione lombarda dei giornalisti Paolo Perucchini ha chiesto una mobilitazione generale e permanente della categoria a sostegno dei giornalisti delle testate interessate;
   considerato che:
    il numero di copie dei quotidiani e delle riviste venduto si è dimezzato con una conseguente diminuzione della perdita dei posti di lavoro del 30 per cento negli ultimi 5 e quindi l'indifferibile necessità di rilanciare il settore, favorire la ripresa dell'occupazione, contrastare il lavoro precario e sostenere la tenuta dell'Inpgi;
   considerato che:
    la diffusione delle notizie attraverso i social network può portare in molte occasioni a distorsioni della realtà, è ancora più importante la presenza dei giornali come strumento di informazione, siano essi cartacei o digitali. Per questo la presenza di professionisti che svolgono con passione e competenza il proprio lavoro di giornalista deve essere tutelata, soprattutto in sede locale, dove i canali informativi sono meno numerosi,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/147Vinci, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tombolato, Tonelli, Capitanio, Cecchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    i Comitati di redazione di Quotidiano Nazionale-il Resto del Carlino e Q.net hanno deciso di proclamare due giorni di sciopero nelle giornate di domenica 27 ottobre e lunedì 28 ottobre, a seguito della presentazione del nuovo piano industriale da parte dell'editore Poligrafici Editoriale, che prevede dal primo gennaio 2020 la richiesta di un contratto di solidarietà di 48 giorni all'anno concentrati in sei mesi. Il piano, prevede, inoltre 112 esuberi su 283 redattori e potrebbe essere affiancato dall'accorpamento di edizioni e dalla chiusura di varie redazioni oltre lo smaltimento forzato delle ferie nei restanti 6 mesi nel 2020 e nel 2021;
    il presidente dell'Associazione lombarda dei giornalisti Paolo Perucchini ha chiesto una mobilitazione generale e permanente della categoria a sostegno dei giornalisti delle testate interessate;
   considerato che:
    il numero di copie dei quotidiani e delle riviste venduto si è dimezzato con una conseguente diminuzione della perdita dei posti di lavoro del 30 per cento negli ultimi 5 e quindi l'indifferibile necessità di rilanciare il settore, favorire la ripresa dell'occupazione, contrastare il lavoro precario e sostenere la tenuta dell'Inpgi;
   considerato che:
    la diffusione delle notizie attraverso i social network può portare in molte occasioni a distorsioni della realtà, è ancora più importante la presenza dei giornali come strumento di informazione, siano essi cartacei o digitali. Per questo la presenza di professionisti che svolgono con passione e competenza il proprio lavoro di giornalista deve essere tutelata, soprattutto in sede locale, dove i canali informativi sono meno numerosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/147. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vinci, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tombolato, Tonelli, Capitanio, Cecchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Mercatone Uno;
    Mercatone Uno è una catena di ipermercati della grande distribuzione organizzata non alimentare nata nel 1975 e presente su quasi tutto il territorio nazionale con oltre 80 punti vendita specializzati nella vendita di mobili, arredamento ed elettrodomestici gestiti dalla società M. Business Srl, ora in amministrazione straordinaria;
    dopo un lungo periodo di crescita nel quale il gruppo era arrivato ad avere un fatturato di oltre 800 milioni di euro, 500.000 metri quadri di superficie di vendita ed oltre 3.700 dipendenti, in aggiunta ad altre insegne in altri settori, il gruppo ha subito, anche a seguito della crisi finanziaria del 2007, sostanziali perdite economiche che hanno determinato un'importante crisi aziendale sfociata, nel corso dell'anno 2015, nella richiesta di concordato preventivo presso il Tribunale di Bologna;
    con decreto del 7 aprile 2015, il Ministero dello sviluppo economico ha ammesso parte delle società del gruppo alla procedura di amministrazione straordinaria con la nomina di tre commissari straordinari: Stefano Coen, Ermanno Sgaravato e Vincenzo Tassinari;
    a partire da tale data i dipendenti sono entrati in cassa integrazione, in alcuni casi arrivata anche fino al 30 per cento, con conseguente perdita di potere di acquisto ed evidenti difficoltà economiche;
    il 16 giugno 2016, è stato pubblicato il bando di vendita dell'intero gruppo Mercatone Uno, che non ha ricevuto offerte;
    il 15 febbraio 2017, i commissari straordinari, dopo l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, hanno pubblicato un nuovo bando di vendita per il gruppo, con maggiore flessibilità sul prezzo e sul perimetro di vendita;
    il 21 maggio 2018, il Ministero ha dato l'autorizzazione all'aggiudicazione dei compendi aziendali relativa a 68 punti vendita in tutta Italia, sui 74 oggetto del bando di cessione: 55 (di cui 47 attivi e 8 attualmente chiusi) sono stati ceduti alla Shernon holding Srl, società con sede a Milano, mentre 13 punti vendita sono stati ceduti alla Cosmo SpA, che si distingue attraverso il marchio di abbigliamento Globo;
    i punti vendita della Toscana (Colle Val d'Elsa, Altopascio e Lucca) insieme ad altri (Genova, Palermo, Catania, Castelfranco Veneto, Castelfranco Emilia e Pieve di Fissiraga), che sono nei primi 20 posti per vendita del mobile nella rete su un totale di 59 punti vendita che in questi anni di amministrazione straordinaria hanno continuato l'attività di vendita con ottime performance, sono stati, inspiegabilmente, ceduti alla società Cosmo SpA, la quale preannuncia di cambiare radicalmente il core business dell'attività;
    relativamente ai rapporti di lavoro, Shernon sarebbe orientata ad acquisire 1.867 unità (di cui 171 full time e 1.696 part time) sui 2.179 occupati nel perimetro di riferimento, mentre Cosmo SpA prevede di acquisirne 196 (di cui 144 full time e 52 part time) su 566 occupati nel perimetro di riferimento;
    dal giorno 22 maggio 2018 i lavoratori, impiegati presso i negozi della Toscana e di altre regioni coinvolte in questa cessione di ramo d'azienda, sono in stato d'agitazione supportati dalle categorie sindacali che hanno già coinvolto le istituzioni locali;
    l'11 aprile 2019 la Shernon ha presentato al Tribunale di Milano richiesta di concordato in continuità, nel corso di un incontro presso il Ministero (18 aprile) il giudice delegato del Tribunale di Milano ha esposto la situazione di Shernon, precisando che in mancanza di un piano credibile e sostenibile da parte della stessa non vi potranno essere le condizioni per concedere il concordato, in quanto in 9 mesi di attività l'indebitamento ammonta a 90 milioni di euro;
    con sentenza del 23 maggio 2019 il Tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento della Shernon Holding Srl: sono coinvolti 1.842 lavoratori, i quali da sabato 24 maggio 2019 sono sospesi da qualsiasi attività lavorativa senza retribuzione e senza nessuna copertura di ammortizzatori sociali;
    la richiesta dei sindacati al Ministero dello sviluppo economico, cui fa capo il tavolo di crisi aziendale Mercatone Uno, è di agire immediatamente per attivare gli ammortizzatori sociali e per dare copertura ai lavoratori coinvolti e che l'amministrazione straordinaria si impegni alla riapertura dei punti vendita, così da mantenere il valore delle attività commerciali per il rilancio del marchio con l'obiettivo di individuare nuovi acquirenti per procedere alla cessione dell'attività e garantire la salvaguardia dei posti di lavoro;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-00213 presentato presso il Senato della Repubblica tuttora privo di risposta, si chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quale fosse la strategia che i commissari intendano perseguire ai fini della cessione dei punti vendita per i quali non sia stato trovato un acquirente,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/148Lazzarini, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan, Bellachioma.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Mercatone Uno;
    Mercatone Uno è una catena di ipermercati della grande distribuzione organizzata non alimentare nata nel 1975 e presente su quasi tutto il territorio nazionale con oltre 80 punti vendita specializzati nella vendita di mobili, arredamento ed elettrodomestici gestiti dalla società M. Business Srl, ora in amministrazione straordinaria;
    dopo un lungo periodo di crescita nel quale il gruppo era arrivato ad avere un fatturato di oltre 800 milioni di euro, 500.000 metri quadri di superficie di vendita ed oltre 3.700 dipendenti, in aggiunta ad altre insegne in altri settori, il gruppo ha subito, anche a seguito della crisi finanziaria del 2007, sostanziali perdite economiche che hanno determinato un'importante crisi aziendale sfociata, nel corso dell'anno 2015, nella richiesta di concordato preventivo presso il Tribunale di Bologna;
    con decreto del 7 aprile 2015, il Ministero dello sviluppo economico ha ammesso parte delle società del gruppo alla procedura di amministrazione straordinaria con la nomina di tre commissari straordinari: Stefano Coen, Ermanno Sgaravato e Vincenzo Tassinari;
    a partire da tale data i dipendenti sono entrati in cassa integrazione, in alcuni casi arrivata anche fino al 30 per cento, con conseguente perdita di potere di acquisto ed evidenti difficoltà economiche;
    il 16 giugno 2016, è stato pubblicato il bando di vendita dell'intero gruppo Mercatone Uno, che non ha ricevuto offerte;
    il 15 febbraio 2017, i commissari straordinari, dopo l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, hanno pubblicato un nuovo bando di vendita per il gruppo, con maggiore flessibilità sul prezzo e sul perimetro di vendita;
    il 21 maggio 2018, il Ministero ha dato l'autorizzazione all'aggiudicazione dei compendi aziendali relativa a 68 punti vendita in tutta Italia, sui 74 oggetto del bando di cessione: 55 (di cui 47 attivi e 8 attualmente chiusi) sono stati ceduti alla Shernon holding Srl, società con sede a Milano, mentre 13 punti vendita sono stati ceduti alla Cosmo SpA, che si distingue attraverso il marchio di abbigliamento Globo;
    i punti vendita della Toscana (Colle Val d'Elsa, Altopascio e Lucca) insieme ad altri (Genova, Palermo, Catania, Castelfranco Veneto, Castelfranco Emilia e Pieve di Fissiraga), che sono nei primi 20 posti per vendita del mobile nella rete su un totale di 59 punti vendita che in questi anni di amministrazione straordinaria hanno continuato l'attività di vendita con ottime performance, sono stati, inspiegabilmente, ceduti alla società Cosmo SpA, la quale preannuncia di cambiare radicalmente il core business dell'attività;
    relativamente ai rapporti di lavoro, Shernon sarebbe orientata ad acquisire 1.867 unità (di cui 171 full time e 1.696 part time) sui 2.179 occupati nel perimetro di riferimento, mentre Cosmo SpA prevede di acquisirne 196 (di cui 144 full time e 52 part time) su 566 occupati nel perimetro di riferimento;
    dal giorno 22 maggio 2018 i lavoratori, impiegati presso i negozi della Toscana e di altre regioni coinvolte in questa cessione di ramo d'azienda, sono in stato d'agitazione supportati dalle categorie sindacali che hanno già coinvolto le istituzioni locali;
    l'11 aprile 2019 la Shernon ha presentato al Tribunale di Milano richiesta di concordato in continuità, nel corso di un incontro presso il Ministero (18 aprile) il giudice delegato del Tribunale di Milano ha esposto la situazione di Shernon, precisando che in mancanza di un piano credibile e sostenibile da parte della stessa non vi potranno essere le condizioni per concedere il concordato, in quanto in 9 mesi di attività l'indebitamento ammonta a 90 milioni di euro;
    con sentenza del 23 maggio 2019 il Tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento della Shernon Holding Srl: sono coinvolti 1.842 lavoratori, i quali da sabato 24 maggio 2019 sono sospesi da qualsiasi attività lavorativa senza retribuzione e senza nessuna copertura di ammortizzatori sociali;
    la richiesta dei sindacati al Ministero dello sviluppo economico, cui fa capo il tavolo di crisi aziendale Mercatone Uno, è di agire immediatamente per attivare gli ammortizzatori sociali e per dare copertura ai lavoratori coinvolti e che l'amministrazione straordinaria si impegni alla riapertura dei punti vendita, così da mantenere il valore delle attività commerciali per il rilancio del marchio con l'obiettivo di individuare nuovi acquirenti per procedere alla cessione dell'attività e garantire la salvaguardia dei posti di lavoro;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-00213 presentato presso il Senato della Repubblica tuttora privo di risposta, si chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quale fosse la strategia che i commissari intendano perseguire ai fini della cessione dei punti vendita per i quali non sia stato trovato un acquirente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/148. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lazzarini, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan, Bellachioma.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del Gruppo Valtur S.p.a.
    il gruppo, fondato nel 1964, è uno dei brand più conosciuti del panorama turistico italiano. Nei villaggi turistici lavorano ogni stagione circa 1.200 persone in totale e nella sede di Milano lavorano un centinaio di tour operator e amministrativi;
    nel 2016 il gruppo veniva acquisito dal fondo Investindustrial dell'investitore Andrea Bonomi dopo le travagliate vicende che hanno riguardato la famiglia Patti prima e l'imprenditore Franjo Ljuljdjuraj poi;
    nell'autunno 2017 la Valtur raggiungeva un accordo con la Sgr Investimenti Cdp (Cassa depositi e prestiti) per la vendita alla stessa di alcuni villaggi, con un impegno contestuale di investimento sulle strutture per un importo complessivo di 75 milioni di euro;
    nel marzo 2018 Valtur avviava una procedura di concordato liquidatorio presso il tribunale di Milano;
    poco prima del deposito della domanda di concordato da parte di Valtur, TH Resorts, operatore turistico partecipato al 46 per cento dalla Cassa depositi e prestiti, annunciava il proprio interessamento alla gestione dei villaggi di proprietà di Cassa depositi e prestiti;
    il piano di liquidazione ha visto la cessione dei singoli villaggi a vari operatori, in primis la stessa TH Resorts, e successivamente, nei primi giorni di luglio 2018, la vendita del solo marchio al gruppo pugliese Nicolaus;
    a nulla sono valsi i tentativi di frenare il piano di liquidazione, operati anche grazie all'attivazione, presso il Ministero dello sviluppo economico, del tavolo di crisi richiesto dalle organizzazioni sindacali, né le iniziative dei lavoratori e delle lavoratrici volte a sottolineare il successo del modello aziendale al netto dei debiti accumulati dalla cattiva gestione delle proprietà che si sono succedute;
    l'attuale proprietaria del marchio Valtur, il gruppo Nicolaus, ha annunciato un piano di sviluppo del marchio, ma non ha accettato di incontrare le organizzazioni sindacali che chiedevano di avere notizie su tale piano;
    all'esito degli accadimenti sono stati licenziati oltre 100 lavoratori della sede di Milano, il cui rapporto di lavoro è cessato da giugno 2018, tre strutture ricettive ex Valtur risultano ancora chiuse e altre sono state ridimensionate, con un conseguente minor impiego di lavoratori stagionali quantificabili in circa 500 unità;
    nel 2018 Valtur ha presentato al tribunale di Milano la richiesta di concordato in bianco, così come era accaduto nel 2011 per un passivo di 300 milioni di euro. La richiesta di concordato doveva preludere alla presentazione di un piano di rilancio e risanamento. Piano che però, stando a quanto riferito dai sindacati, non è stato neanche nominato,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/149Maggioni, Tateo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del Gruppo Valtur S.p.a.
    il gruppo, fondato nel 1964, è uno dei brand più conosciuti del panorama turistico italiano. Nei villaggi turistici lavorano ogni stagione circa 1.200 persone in totale e nella sede di Milano lavorano un centinaio di tour operator e amministrativi;
    nel 2016 il gruppo veniva acquisito dal fondo Investindustrial dell'investitore Andrea Bonomi dopo le travagliate vicende che hanno riguardato la famiglia Patti prima e l'imprenditore Franjo Ljuljdjuraj poi;
    nell'autunno 2017 la Valtur raggiungeva un accordo con la Sgr Investimenti Cdp (Cassa depositi e prestiti) per la vendita alla stessa di alcuni villaggi, con un impegno contestuale di investimento sulle strutture per un importo complessivo di 75 milioni di euro;
    nel marzo 2018 Valtur avviava una procedura di concordato liquidatorio presso il tribunale di Milano;
    poco prima del deposito della domanda di concordato da parte di Valtur, TH Resorts, operatore turistico partecipato al 46 per cento dalla Cassa depositi e prestiti, annunciava il proprio interessamento alla gestione dei villaggi di proprietà di Cassa depositi e prestiti;
    il piano di liquidazione ha visto la cessione dei singoli villaggi a vari operatori, in primis la stessa TH Resorts, e successivamente, nei primi giorni di luglio 2018, la vendita del solo marchio al gruppo pugliese Nicolaus;
    a nulla sono valsi i tentativi di frenare il piano di liquidazione, operati anche grazie all'attivazione, presso il Ministero dello sviluppo economico, del tavolo di crisi richiesto dalle organizzazioni sindacali, né le iniziative dei lavoratori e delle lavoratrici volte a sottolineare il successo del modello aziendale al netto dei debiti accumulati dalla cattiva gestione delle proprietà che si sono succedute;
    l'attuale proprietaria del marchio Valtur, il gruppo Nicolaus, ha annunciato un piano di sviluppo del marchio, ma non ha accettato di incontrare le organizzazioni sindacali che chiedevano di avere notizie su tale piano;
    all'esito degli accadimenti sono stati licenziati oltre 100 lavoratori della sede di Milano, il cui rapporto di lavoro è cessato da giugno 2018, tre strutture ricettive ex Valtur risultano ancora chiuse e altre sono state ridimensionate, con un conseguente minor impiego di lavoratori stagionali quantificabili in circa 500 unità;
    nel 2018 Valtur ha presentato al tribunale di Milano la richiesta di concordato in bianco, così come era accaduto nel 2011 per un passivo di 300 milioni di euro. La richiesta di concordato doveva preludere alla presentazione di un piano di rilancio e risanamento. Piano che però, stando a quanto riferito dai sindacati, non è stato neanche nominato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/149. (Testo modificato nel corso della seduta)  Maggioni, Tateo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Heinz Italia S.p.a;
    la Società Kraft Heinz Italia (Plasmon), stabilimento di Latina, costituisce uno degli insediamenti industriali più rappresentativi del tessuto imprenditoriale della provincia, operando da decenni nel contesto della produzione e vendita di alimenti per l'infanzia in particolar modo nel settore biscotti ed omogeneizzati;
    in qualità di principale produttore italiano di alimenti per l'infanzia di prima scelta, interamente Made in Italy, Plasmon ha dovuto far fronte, negli ultimi cinque anni, ad un mercato sempre più competitivo e caratterizzato da una contrazione dei consumi in Italia;
    i fattori principali che hanno determinato tale andamento sono riconducibili, oltre che alla crisi economica che ha attraversato il paese, anche e soprattutto al crollo delle nascite ed alle diverse abitudini alimentari che hanno caratterizzato i consumi alimentari negli ultimi anni;
    l'azienda ha intrapreso nell'ultimo anno una serie di iniziative per cercare rimedio alla riduzione dei volumi, anche con il ricorso a brevi periodi di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, ma senza sortire gli effetti previsti ed auspicati;
    in questo contesto, si è evidenziata la necessità di affrontare una riorganizzazione/riduzione della forza lavoro che coinvolge 95 unità,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, con particolare riferimento alla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/150Vanessa Cattoi, Gerardi, Basini, De Angelis, Durigon, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Heinz Italia S.p.a;
    la Società Kraft Heinz Italia (Plasmon), stabilimento di Latina, costituisce uno degli insediamenti industriali più rappresentativi del tessuto imprenditoriale della provincia, operando da decenni nel contesto della produzione e vendita di alimenti per l'infanzia in particolar modo nel settore biscotti ed omogeneizzati;
    in qualità di principale produttore italiano di alimenti per l'infanzia di prima scelta, interamente Made in Italy, Plasmon ha dovuto far fronte, negli ultimi cinque anni, ad un mercato sempre più competitivo e caratterizzato da una contrazione dei consumi in Italia;
    i fattori principali che hanno determinato tale andamento sono riconducibili, oltre che alla crisi economica che ha attraversato il paese, anche e soprattutto al crollo delle nascite ed alle diverse abitudini alimentari che hanno caratterizzato i consumi alimentari negli ultimi anni;
    l'azienda ha intrapreso nell'ultimo anno una serie di iniziative per cercare rimedio alla riduzione dei volumi, anche con il ricorso a brevi periodi di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, ma senza sortire gli effetti previsti ed auspicati;
    in questo contesto, si è evidenziata la necessità di affrontare una riorganizzazione/riduzione della forza lavoro che coinvolge 95 unità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, con particolare riferimento alla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/150. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vanessa Cattoi, Gerardi, Basini, De Angelis, Durigon, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Honeywell Italia s.r.l.;
    la Garrett Motion Italia S.r.l. «Honeywell Italia», con stabilimento ad Atessa (Chieti) costituisce uno degli insediamenti industriali più rappresentativi del tessuto imprenditoriale della provincia, operando da decenni nel contesto della produzione e vendita di turbocompressori per motori diesel;
    i vertici della multinazionale hanno deciso una ricomposizione delle divisioni in Europa, privilegiando l'impianto di Presov, in Slovacchia e un altro in Romania;
    Honeywell ha deciso di chiudere il proprio sito perché «da diversi anni si trova ad affrontare problemi di sovraccapacità a causa del declino dei motori diesel»,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionale, anche con riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/151Latini, Bellachioma, D'Eramo, Paolini, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Honeywell Italia s.r.l.;
    la Garrett Motion Italia S.r.l. «Honeywell Italia», con stabilimento ad Atessa (Chieti) costituisce uno degli insediamenti industriali più rappresentativi del tessuto imprenditoriale della provincia, operando da decenni nel contesto della produzione e vendita di turbocompressori per motori diesel;
    i vertici della multinazionale hanno deciso una ricomposizione delle divisioni in Europa, privilegiando l'impianto di Presov, in Slovacchia e un altro in Romania;
    Honeywell ha deciso di chiudere il proprio sito perché «da diversi anni si trova ad affrontare problemi di sovraccapacità a causa del declino dei motori diesel»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionale, anche con riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/151. (Testo modificato nel corso della seduta)  Latini, Bellachioma, D'Eramo, Paolini, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Husqvarna Motorcycles S.r.l;
    la Husqvarna è una multinazionale svedese che opera in diversi settori merceologici nello stabilimento di Valmadrera (Lecco), è presente la divisione relativa alla fabbricazione di macchine per l'agricoltura, la silvicoltura e la zootecnia, specializzata nella produzione di motoseghe e tosaerbe a marchio «McCulloch», ove sono occupati complessivamente 102 dipendenti, di cui 39 impiegati e 63 operai;
    la decisione di procedere alla riduzione di personale sembra sia dovuta sia a un crescente andamento involutivo dei dati di bilancio degli ultimi esercizi, dovuto alla scarsa profittabilità del prodotto, che a una strutturale e irreversibile negatività degli scenari dei mercati, sia nazionale che esteri, anche a causa della concorrenza cinese;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02400 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e convocare un tavolo istituzionale per valutare la situazione dello stato di crisi e quali iniziative adottare per favorire la ricollocazione occupazionale dei lavoratori interessati dal licenziamento collettivo,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali anche con riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/152Parolo, Ferrari, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Maggioni, Molteni, Morelli, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Husqvarna Motorcycles S.r.l;
    la Husqvarna è una multinazionale svedese che opera in diversi settori merceologici nello stabilimento di Valmadrera (Lecco), è presente la divisione relativa alla fabbricazione di macchine per l'agricoltura, la silvicoltura e la zootecnia, specializzata nella produzione di motoseghe e tosaerbe a marchio «McCulloch», ove sono occupati complessivamente 102 dipendenti, di cui 39 impiegati e 63 operai;
    la decisione di procedere alla riduzione di personale sembra sia dovuta sia a un crescente andamento involutivo dei dati di bilancio degli ultimi esercizi, dovuto alla scarsa profittabilità del prodotto, che a una strutturale e irreversibile negatività degli scenari dei mercati, sia nazionale che esteri, anche a causa della concorrenza cinese;
    già con atto di sindacato ispettivo n. 5-02400 tuttora privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e convocare un tavolo istituzionale per valutare la situazione dello stato di crisi e quali iniziative adottare per favorire la ricollocazione occupazionale dei lavoratori interessati dal licenziamento collettivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa di contrasto al fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali anche con riferimento alla crisi aziendale di cui in premessa.
9/2203/152. (Testo modificato nel corso della seduta)  Parolo, Ferrari, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Maggioni, Molteni, Morelli, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Italiaonline;
    Italiaonline, è attiva in tutta la filiera delle soluzioni di marketing digitale e comunicazione online nata dalla fusione per incorporazione della vecchia Italiaonline S.p.A. in Seat Pagine Gialle S.p.A.;
    l'imprenditore Naguib Sawiris è divenuto azionista di maggioranza e nel 2016 ha attuato il progetto di fusione per incorporazione di Italia online in Seat Pagine Gialle che è stata ridenominata Italia online spa;
    nel dicembre 2016 Italia online siglava un accordo con le organizzazioni sindacali – sottoscritto anche dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel corso di un incontro tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico; l'accordo prevedeva principalmente il ricorso alla cassa integrazione straordinaria fino a giugno 2018, oltre a 100 uscite incentivate; nell'arco dei tre anni, in linea con la strategia di rilancio, Italia online prevedeva l'assunzione di circa 100 «nativi digitali», con competenze specifiche per supportare il conseguimento degli obiettivi previsti dal business plan;
    in data 6 aprile 2017 Italia online annunciava la «Distribuzione di parte delle riserve distribuibili risultanti dal Bilancio d'esercizio di Italia online S.p.A. chiuso al 31 dicembre 2016 attraverso il pagamento agli azionisti di un dividendo straordinario complessivo di Euro 79.419.475,38...»;
    con comunicazione del 16 aprile 2018 l'azienda avviava una procedura collettiva di licenziamento per complessivi n. 400 lavoratori impiegati sull'intero territorio nazionale in conseguenza di un piano di riorganizzazione aziendale, determinando il venir meno di una gran quantità di posti di lavoro nonché il trasferimento collettivo n. 182 lavoratori da Torino ad Assago, in conseguenza della prevista cessazione della gran parte delle attività aziendali svolte a Torino;
    in data 2 luglio 2018 le parti raggiungevano presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che prevedeva il ricorso alla Cigs per i lavoratori coinvolti negli esuberi, il trasferimento collettivo di n. 90 lavoratori dalla sede di Torino a quella di Assago e ulteriori misure di gestione degli esuberi;
    ad oggi Italia online spa, a seguito delle procedure di riorganizzazione, il numero dei dipendenti si è ridotto a circa 698 a fronte degli originari 1.200 dipendenti, mentre i lavoratori delle controllate ammontano a circa 350;
    il 30 luglio Sunrise ha proceduto all'acquisto di 3.605.302 azioni di Italiaonline al prezzo unitario di 2,82 euro. Un'operazione che ha portato l'offerente a possedere – unitamente a Libero Acquisition, GL Europe Luxembourg e GoldenTree Asset Management Lux – 105.710.007 azioni ordinarie (incluse le 66.130 azioni proprie possedute da Italiaonline), pari al 92,11 per cento delle azioni ordinarie di Italiaonline emesse ieri ed al 90,24 per cento del totale del capitale sociale ordinario massimo;
    con questa operazione l'azionista di riferimento si pone un triplice obiettivo: delisting, razionalizzazione dei costi e semplificazione della struttura societaria per agevolare il raggiungimento degli obiettivi delineati dal nuovo piano industriale, che prevede una transizione completa al business digitale da realizzarsi entro il 2022,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/153Andrea Crippa, Boniardi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Italiaonline;
    Italiaonline, è attiva in tutta la filiera delle soluzioni di marketing digitale e comunicazione online nata dalla fusione per incorporazione della vecchia Italiaonline S.p.A. in Seat Pagine Gialle S.p.A.;
    l'imprenditore Naguib Sawiris è divenuto azionista di maggioranza e nel 2016 ha attuato il progetto di fusione per incorporazione di Italia online in Seat Pagine Gialle che è stata ridenominata Italia online spa;
    nel dicembre 2016 Italia online siglava un accordo con le organizzazioni sindacali – sottoscritto anche dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel corso di un incontro tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico; l'accordo prevedeva principalmente il ricorso alla cassa integrazione straordinaria fino a giugno 2018, oltre a 100 uscite incentivate; nell'arco dei tre anni, in linea con la strategia di rilancio, Italia online prevedeva l'assunzione di circa 100 «nativi digitali», con competenze specifiche per supportare il conseguimento degli obiettivi previsti dal business plan;
    in data 6 aprile 2017 Italia online annunciava la «Distribuzione di parte delle riserve distribuibili risultanti dal Bilancio d'esercizio di Italia online S.p.A. chiuso al 31 dicembre 2016 attraverso il pagamento agli azionisti di un dividendo straordinario complessivo di Euro 79.419.475,38...»;
    con comunicazione del 16 aprile 2018 l'azienda avviava una procedura collettiva di licenziamento per complessivi n. 400 lavoratori impiegati sull'intero territorio nazionale in conseguenza di un piano di riorganizzazione aziendale, determinando il venir meno di una gran quantità di posti di lavoro nonché il trasferimento collettivo n. 182 lavoratori da Torino ad Assago, in conseguenza della prevista cessazione della gran parte delle attività aziendali svolte a Torino;
    in data 2 luglio 2018 le parti raggiungevano presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che prevedeva il ricorso alla Cigs per i lavoratori coinvolti negli esuberi, il trasferimento collettivo di n. 90 lavoratori dalla sede di Torino a quella di Assago e ulteriori misure di gestione degli esuberi;
    ad oggi Italia online spa, a seguito delle procedure di riorganizzazione, il numero dei dipendenti si è ridotto a circa 698 a fronte degli originari 1.200 dipendenti, mentre i lavoratori delle controllate ammontano a circa 350;
    il 30 luglio Sunrise ha proceduto all'acquisto di 3.605.302 azioni di Italiaonline al prezzo unitario di 2,82 euro. Un'operazione che ha portato l'offerente a possedere – unitamente a Libero Acquisition, GL Europe Luxembourg e GoldenTree Asset Management Lux – 105.710.007 azioni ordinarie (incluse le 66.130 azioni proprie possedute da Italiaonline), pari al 92,11 per cento delle azioni ordinarie di Italiaonline emesse ieri ed al 90,24 per cento del totale del capitale sociale ordinario massimo;
    con questa operazione l'azionista di riferimento si pone un triplice obiettivo: delisting, razionalizzazione dei costi e semplificazione della struttura societaria per agevolare il raggiungimento degli obiettivi delineati dal nuovo piano industriale, che prevede una transizione completa al business digitale da realizzarsi entro il 2022,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/153. (Testo modificato nel corso della seduta)  Andrea Crippa, Boniardi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Italpreziosi S.p.a.
    Italpreziosi, fondata nel 1984, è uno dei principali operatori nell'affinazione, nel trading e commercio di metalli preziosi, lingotti e monete di oro da investimento. La sede centrale e gli stabilimenti di raffinazione sono situati ad Arezzo;
    l'azienda si è trovata in una situazione di estrema difficoltà finanziaria a seguito della necessità di definire una transazione con l'Agenzia delle entrate;
    in data 1o agosto 2019 la Italpreziosi ha sottoscritto un accordo con l'Agenzia delle Entrate finalizzato a definire «l'intero contenzioso inerente l'indeducibilità dei costi di acquisto per importazioni di metalli preziosi, regolarmente transitati dalla dogana e fatturati, da alcuni Paesi come Svizzera e Hong-Kong, e relativo alle annualità dal 2007 al 2012»,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, anche con riferimento alla crisi aziendale richiamata in premessa.

9/2203/154Potenti, Legnaioli, Lolini, Picchi, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Italpreziosi S.p.a.
    Italpreziosi, fondata nel 1984, è uno dei principali operatori nell'affinazione, nel trading e commercio di metalli preziosi, lingotti e monete di oro da investimento. La sede centrale e gli stabilimenti di raffinazione sono situati ad Arezzo;
    l'azienda si è trovata in una situazione di estrema difficoltà finanziaria a seguito della necessità di definire una transazione con l'Agenzia delle entrate;
    in data 1o agosto 2019 la Italpreziosi ha sottoscritto un accordo con l'Agenzia delle Entrate finalizzato a definire «l'intero contenzioso inerente l'indeducibilità dei costi di acquisto per importazioni di metalli preziosi, regolarmente transitati dalla dogana e fatturati, da alcuni Paesi come Svizzera e Hong-Kong, e relativo alle annualità dal 2007 al 2012»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, anche con riferimento alla crisi aziendale richiamata in premessa.

9/2203/154. (Testo modificato nel corso della seduta)  Potenti, Legnaioli, Lolini, Picchi, Ziello.


   La Camera,

   premesso che:

    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Iveco Defence Vehicles;

    l'Iveco Defence Vehicle è la divisione di Iveco che produce veicoli per scopi militari e di protezione civile. Ha sede principale a Bolzano e sedi secondarie a Piacenza, a Sete Lagoas in Brasile e Vittorio Veneto. Dal 2013 è una delle società controllate da CNH Industrial;

   ricordato che:

    il Ministero dello sviluppo economico il 13 giugno 2019 ha comunicato «l'impegno preso insieme al Ministero della Difesa, a finanziare un piano complessivo di circa 7,2 miliardi di euro di investimenti relativi ai programmi del settore Difesa»;

    quello annunciato sarebbe solo un impegno politico e non di un'allocazione di fondi reale, allocazione che dovrebbe invece essere concretizzata con la prossima Legge di Bilancio,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, anche con riferimento alla crisi aziendale richiamata in premessa.

9/2203/155Ferrari, Vanessa Cattoi, Andreuzza, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Jabil Circuit Italia;
    Jabil Circuit Italia Srl è la filiale italiana di Jabil Circuit Ine, multinazionale americana attiva nel settore della manifattura elettronica, ed è presente nel Paese con il suo centro di eccellenza a Marcianise, Caserta;
    il volume della produzione è calato negli anni e le risorse a disposizione, 700 in totale, sarebbero sottoutilizzate: in particolare l'azienda da diversi anni a questa parte si è dovuta confrontare con un contesto economico sfidante. In ragione di tale dinamica, i volumi si sono ridotti e le risorse sono rimaste sottoutilizzate. Per affrontare la situazione, collaborando con le organizzazioni sindacali e gli stakeholder locali e nazionali, Jabil ha intrapreso un programma di outplacement volontario per offrire ai propri dipendenti opportunità di reimpiego in altre aziende che si sono dimostrate disponibili ad assumerli. Lo scopo di questa iniziativa era quello di minimizzare l'impatto sociale della ristrutturazione. Nonostante questi sforzi e a seguito di una lunga ed estesa disamina della capacità produttiva attuale e prospettica, si è resa necessaria un'ulteriore riduzione della forza lavoro;
    i sindacati hanno osservato che aprire una procedura di licenziamento per 350 lavoratori su 700, vuol dire colpire pesantemente la prospettiva industriale e l'occupazione di un territorio già martoriato negli anni;
   ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-01893 depositato presso il Senato della Repubblica tuttora privo di risposta, si chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quali interventi intendesse promuovere per il ricollocamento nel mercato del lavoro dei dipendenti licenziati,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/156Sutto, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Cantalamessa, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Jabil Circuit Italia;
    Jabil Circuit Italia Srl è la filiale italiana di Jabil Circuit Ine, multinazionale americana attiva nel settore della manifattura elettronica, ed è presente nel Paese con il suo centro di eccellenza a Marcianise, Caserta;
    il volume della produzione è calato negli anni e le risorse a disposizione, 700 in totale, sarebbero sottoutilizzate: in particolare l'azienda da diversi anni a questa parte si è dovuta confrontare con un contesto economico sfidante. In ragione di tale dinamica, i volumi si sono ridotti e le risorse sono rimaste sottoutilizzate. Per affrontare la situazione, collaborando con le organizzazioni sindacali e gli stakeholder locali e nazionali, Jabil ha intrapreso un programma di outplacement volontario per offrire ai propri dipendenti opportunità di reimpiego in altre aziende che si sono dimostrate disponibili ad assumerli. Lo scopo di questa iniziativa era quello di minimizzare l'impatto sociale della ristrutturazione. Nonostante questi sforzi e a seguito di una lunga ed estesa disamina della capacità produttiva attuale e prospettica, si è resa necessaria un'ulteriore riduzione della forza lavoro;
    i sindacati hanno osservato che aprire una procedura di licenziamento per 350 lavoratori su 700, vuol dire colpire pesantemente la prospettiva industriale e l'occupazione di un territorio già martoriato negli anni;
   ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-01893 depositato presso il Senato della Repubblica tuttora privo di risposta, si chiedeva al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quali interventi intendesse promuovere per il ricollocamento nel mercato del lavoro dei dipendenti licenziati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/156. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sutto, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Cantalamessa, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Demm di Porretta Terme;
    la Demm S.p.A. è uno stabilimento industriale operante nel settore della manifattura metalmeccanica in cui sono attualmente occupati 191 lavoratori;
    faceva parte del gruppo Paritei a seguito del fallimento del quale, ai sensi della «legge Marzano» (decreto-legge n. 347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 2014) per i grandi gruppi industriali e strategici in situazione di dissesto finanziario, dall'ottobre 2015 è in amministrazione straordinaria;
    con decreto del Tribunale di Bologna in data 20 novembre 2015, la società è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo n. 270 del 1999. In tale contesto, il commissario straordinario ha avviato una procedura volta alla cessione a terzi dei complessi aziendali facenti capo a Demm, coerentemente con quanto previsto nel programma di amministrazione straordinaria della società ed in conformità con le applicabili disposizioni del decreto legislativo, invitando chiunque fosse interessato all'acquisto dei complessi aziendali a presentare manifestazioni d'interesse;
    nel mese di marzo 2018 la multinazionale tedesca Certina holding, attraverso la propria controllata Svc Srl, ha formalmente presentato una manifestazione d'interesse vincolante per l'acquisto della Demm SpA;
    l'accordo avrebbe dovuto prevedere la presa in carico dei circa 170 lavoratori. Di questi, 40 sarebbero a zero ore, perché in uscita volontaria, mentre per i restanti 130 l'accordo era che ne venissero impiegati a rotazione almeno un centinaio;
    i sindacati però, a distanza di sei mesi, hanno chiesto un tavolo di confronto urgente presso il Ministero dello sviluppo economico per fare chiarezza sul rispetto dei piani industriali. Stando a quanto segnalato dalle organizzazioni sindacali, infatti, vi sarebbe stata una riduzione dei volumi produttivi e poco più di 50 dipendenti sarebbero stati impiegati su due turni; si sarebbe inoltre registrata una difficoltà di dialogo con la proprietà;
    a ciò si aggiunge la preoccupazione relativa alla chiusura di uno stabilimento considerato «gemello» a Varese da parte della Scv, società che ha comprato la Demm;
    attualmente risultano in Cassa Integrazione 174 dipendenti della società,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/157Tomasi, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Demm di Porretta Terme;
    la Demm S.p.A. è uno stabilimento industriale operante nel settore della manifattura metalmeccanica in cui sono attualmente occupati 191 lavoratori;
    faceva parte del gruppo Paritei a seguito del fallimento del quale, ai sensi della «legge Marzano» (decreto-legge n. 347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 2014) per i grandi gruppi industriali e strategici in situazione di dissesto finanziario, dall'ottobre 2015 è in amministrazione straordinaria;
    con decreto del Tribunale di Bologna in data 20 novembre 2015, la società è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo n. 270 del 1999. In tale contesto, il commissario straordinario ha avviato una procedura volta alla cessione a terzi dei complessi aziendali facenti capo a Demm, coerentemente con quanto previsto nel programma di amministrazione straordinaria della società ed in conformità con le applicabili disposizioni del decreto legislativo, invitando chiunque fosse interessato all'acquisto dei complessi aziendali a presentare manifestazioni d'interesse;
    nel mese di marzo 2018 la multinazionale tedesca Certina holding, attraverso la propria controllata Svc Srl, ha formalmente presentato una manifestazione d'interesse vincolante per l'acquisto della Demm SpA;
    l'accordo avrebbe dovuto prevedere la presa in carico dei circa 170 lavoratori. Di questi, 40 sarebbero a zero ore, perché in uscita volontaria, mentre per i restanti 130 l'accordo era che ne venissero impiegati a rotazione almeno un centinaio;
    i sindacati però, a distanza di sei mesi, hanno chiesto un tavolo di confronto urgente presso il Ministero dello sviluppo economico per fare chiarezza sul rispetto dei piani industriali. Stando a quanto segnalato dalle organizzazioni sindacali, infatti, vi sarebbe stata una riduzione dei volumi produttivi e poco più di 50 dipendenti sarebbero stati impiegati su due turni; si sarebbe inoltre registrata una difficoltà di dialogo con la proprietà;
    a ciò si aggiunge la preoccupazione relativa alla chiusura di uno stabilimento considerato «gemello» a Varese da parte della Scv, società che ha comprato la Demm;
    attualmente risultano in Cassa Integrazione 174 dipendenti della società,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/157. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tomasi, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Mediamarket S.p.a.;
    Mediamarket S.p.a., società italiana del Gruppo tedesco Metro A.G. che in Italia conta circa 6 mila dipendenti ed opera con le insegne Media World, Saturn e Media World Compra On Line;
    nel quadro del processo di riorganizzazione sul mercato italiano – anche a seguito del perdurare della crisi dei consumi e della necessità di operare sulla strada dell'omnicanalità – Mediamarket, nell'incontro dello scorso 24 aprile con le parti sociali, ha comunicato la decisione di procedere alla chiusura di sette dei punti vendita che attualmente compongono la rete di 114. Si tratta dei seguenti negozi con insegna Media World: Roma 1, Milano 3, Settimo Milanese (Mi), Brescia 2, Nola e Napoli 2,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/158Morelli, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Mediamarket S.p.a.;
    Mediamarket S.p.a., società italiana del Gruppo tedesco Metro A.G. che in Italia conta circa 6 mila dipendenti ed opera con le insegne Media World, Saturn e Media World Compra On Line;
    nel quadro del processo di riorganizzazione sul mercato italiano – anche a seguito del perdurare della crisi dei consumi e della necessità di operare sulla strada dell'omnicanalità – Mediamarket, nell'incontro dello scorso 24 aprile con le parti sociali, ha comunicato la decisione di procedere alla chiusura di sette dei punti vendita che attualmente compongono la rete di 114. Si tratta dei seguenti negozi con insegna Media World: Roma 1, Milano 3, Settimo Milanese (Mi), Brescia 2, Nola e Napoli 2,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/158. (Testo modificato nel corso della seduta)  Morelli, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del Gruppo Natuzzi;
    il Gruppo Natuzzi, fondato nel 1959 da Pasquale Natuzzi, è un gruppo industriale italiano specializzato nella produzione e vendita di divani, poltrone, mobili e complementi d'arredo per uso residenziale;
    il direttore operativo del gruppo industriale ha annunciato che nei prossimi mesi saranno avviate le procedure per licenziare quasi mille dipendenti, circa la metà dell'organico complessivo. A questa situazione si è arrivati dopo anni di crisi e tensioni. Solo attraverso ammortizzatori sociali e diversi sacrifici chiesti ai lavoratori sono stati scongiurati i 1.700 licenziamenti annunciati nel 2013. Tre anni dopo, nel 2016, gli esuberi erano tornati a quota 330;

   considerato che:
    la Puglia figura tutt'oggi tra le otto regioni italiane del distretto del mobile come rilevato dall'indagine sui distretti italiani del mobile realizzata dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, del gennaio 2019, dalla quale emerge, altresì, come il 60 per cento degli addetti dell'industria del mobile trova impiego nei distretti industriali, che coprono i tre quarti dell'avanzo commerciale dell'industria del mobile italiana,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.

9/2203/159Sasso, Tateo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del Gruppo Natuzzi;
    il Gruppo Natuzzi, fondato nel 1959 da Pasquale Natuzzi, è un gruppo industriale italiano specializzato nella produzione e vendita di divani, poltrone, mobili e complementi d'arredo per uso residenziale;
    il direttore operativo del gruppo industriale ha annunciato che nei prossimi mesi saranno avviate le procedure per licenziare quasi mille dipendenti, circa la metà dell'organico complessivo. A questa situazione si è arrivati dopo anni di crisi e tensioni. Solo attraverso ammortizzatori sociali e diversi sacrifici chiesti ai lavoratori sono stati scongiurati i 1.700 licenziamenti annunciati nel 2013. Tre anni dopo, nel 2016, gli esuberi erano tornati a quota 330;

   considerato che:
    la Puglia figura tutt'oggi tra le otto regioni italiane del distretto del mobile come rilevato dall'indagine sui distretti italiani del mobile realizzata dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, del gennaio 2019, dalla quale emerge, altresì, come il 60 per cento degli addetti dell'industria del mobile trova impiego nei distretti industriali, che coprono i tre quarti dell'avanzo commerciale dell'industria del mobile italiana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.

9/2203/159. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sasso, Tateo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    con la legge di bilancio per il 2018 il legislatore è intervenuto per superare le criticità che fino ad allora hanno impedito il riconoscimento di un contributo in favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994, che nel triennio 1995-1997 abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi per un importo superiore a quanto previsto dalla legge n. 289 del 2002;
    nonostante siano trascorsi ben dieci mesi dall'entrata in vigore del citato intervento normativo ad oggi non c’è ancora traccia del relativo decreto attuativo;
    il timore delle imprese piemontesi – a parere degli interroganti oltremodo fondato – è che trascorso l'anno 2019 le risorse già assegnate vadano perdute e dirottate dal Ministero per altre finalità,

impegna il Governo

ad emanare al più presto il decreto citato in premessa in quanto ulteriori ritardi determinerebbero un perdurante ed ingiusto danno per le imprese piemontesi colpite dagli eventi alluvionali del 1994.
9/2203/160Pettazzi, Boldi, Giaccone, Benvenuto, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Tiramani, Fornaro, Costa, Gribaudo, Costanzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    con la legge di bilancio per il 2018 il legislatore è intervenuto per superare le criticità che fino ad allora hanno impedito il riconoscimento di un contributo in favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994, che nel triennio 1995-1997 abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi per un importo superiore a quanto previsto dalla legge n. 289 del 2002;
    nonostante siano trascorsi ben dieci mesi dall'entrata in vigore del citato intervento normativo ad oggi non c’è ancora traccia del relativo decreto attuativo;
    il timore delle imprese piemontesi – a parere degli interroganti oltremodo fondato – è che trascorso l'anno 2019 le risorse già assegnate vadano perdute e dirottate dal Ministero per altre finalità,

impegna il Governo

ad emanare al più presto, nei limiti della finanza pubblica, il decreto citato in premessa in quanto ulteriori ritardi determinerebbero un perdurante ed ingiusto danno per le imprese piemontesi colpite dagli eventi alluvionali del 1994.
9/2203/160. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pettazzi, Boldi, Giaccone, Benvenuto, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Tiramani, Fornaro, Costa, Gribaudo, Costanzo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre ISO tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Next-era Prima S.p.a.;
    Next-Era Prime s.r.l. è un'azienda di soluzioni e servizi tecnologici che progetta, installa, gestisce e supporta soluzioni business e servizi di comunicazione nel settore pubblico e privato;
    l'azienda è stata recentemente messa in difficoltà da eventi imprevisti, tra i quali, l'uscita dalla società di alcuni dirigenti apicali che hanno causato la perdita di clienti e di un elevato numero di personale tecnico ad alta professionalità e commerciale con conseguente perdita di certificazioni tecniche essenziali per le partnership, che hanno limitato fortemente la possibilità della Next-Era Prime S.r.l, di gestire ed eseguire la totalità dei contratti in essere;
    il numero dei lavoratori si è, così ridotto ad 80 (di cui 45 in capo alla Next-Era Prime S.p.A e n. 35 temporaneamente assegnati alla Next-Era Prime S.r.l.) a seguito delle dimissioni rassegnate nell'ultimo mese da 10 dipendenti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/161Maturi, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Saltamartini, Zicchieri, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre ISO tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Next-era Prima S.p.a.;
    Next-Era Prime s.r.l. è un'azienda di soluzioni e servizi tecnologici che progetta, installa, gestisce e supporta soluzioni business e servizi di comunicazione nel settore pubblico e privato;
    l'azienda è stata recentemente messa in difficoltà da eventi imprevisti, tra i quali, l'uscita dalla società di alcuni dirigenti apicali che hanno causato la perdita di clienti e di un elevato numero di personale tecnico ad alta professionalità e commerciale con conseguente perdita di certificazioni tecniche essenziali per le partnership, che hanno limitato fortemente la possibilità della Next-Era Prime S.r.l, di gestire ed eseguire la totalità dei contratti in essere;
    il numero dei lavoratori si è, così ridotto ad 80 (di cui 45 in capo alla Next-Era Prime S.p.A e n. 35 temporaneamente assegnati alla Next-Era Prime S.r.l.) a seguito delle dimissioni rassegnate nell'ultimo mese da 10 dipendenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/161. (Testo modificato nel corso della seduta)  Maturi, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Saltamartini, Zicchieri, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Keller Elettromeccanica S.p.a.;
    la Keller, fabbrica di materiale rotabile con impianti in Sicilia e Sardegna, ha avviato la procedura di mobilità per 204 lavoratori dello stabilimento di Carini, in provincia di Palermo;
    fondata nel 1985 dall'imprenditore Giovanni Salatiello. Dopo pochi anni dalla sua creazione, la Keller Meccanica si aggiudicò diverse commesse da parte delle Ferrovie dello Stato per costruire vagoni e carrozze, acquisendo anche clienti all'estero;
    la Keller Elettromeccanica, nelle sue due sedi di Villacidro (Medio Campidano – Sardegna) e Carini (Palermo), occupava quasi 500 operai nella produzione di materiale rotabile e ferroviario;
    dopo anni di cassa integrazione, ammortizzatori sociali e progetti di riassunzione tramontati, i dipendenti da 7 mesi non percepiscono più neanche l'indennità di mobilità,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/162Racchella, Latini, Paolini, Patassini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Claudio Borghi, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Keller Elettromeccanica S.p.a.;
    la Keller, fabbrica di materiale rotabile con impianti in Sicilia e Sardegna, ha avviato la procedura di mobilità per 204 lavoratori dello stabilimento di Carini, in provincia di Palermo;
    fondata nel 1985 dall'imprenditore Giovanni Salatiello. Dopo pochi anni dalla sua creazione, la Keller Meccanica si aggiudicò diverse commesse da parte delle Ferrovie dello Stato per costruire vagoni e carrozze, acquisendo anche clienti all'estero;
    la Keller Elettromeccanica, nelle sue due sedi di Villacidro (Medio Campidano – Sardegna) e Carini (Palermo), occupava quasi 500 operai nella produzione di materiale rotabile e ferroviario;
    dopo anni di cassa integrazione, ammortizzatori sociali e progetti di riassunzione tramontati, i dipendenti da 7 mesi non percepiscono più neanche l'indennità di mobilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/162. (Testo modificato nel corso della seduta)  Racchella, Latini, Paolini, Patassini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Claudio Borghi, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del decreto-legge, è intervenuto sulla disposizione del comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 1 del 2015, già modificato dall'articolo 46 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, in merito alla responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell'ILVA di Taranto;
    in particolare, il testo del decreto-legge presentato dal Governo per la conversione alle Camere ripristina, parzialmente, l'esclusione della responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente dell'ex ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale per lo stabilimento di Taranto, prorogando tale esclusione di responsabilità esclusivamente per l'affittuario o acquirente, dal 6 settembre 2019 alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano ambientale alle quali la condotta è riconducibile, esplicitando, altresì che l'esonero da responsabilità penale e amministrativa, nonché da responsabilità civile, non copre le violazioni di norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
    l'articolo 14 del decreto-legge è stato soppresso nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione in Senato;
    pertanto, in seguito alla conversione in legge del decreto, resterebbe in vigore il citato articolo 46 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che limita la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente dell'ILVA di Taranto alle sole condotte strettamente connesse all'attuazione dell'AIA, eliminando ogni riferimento alle norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumità pubblica e fino alla data del 6 settembre 2019;
    Ilva, in amministrazione straordinaria dal 2015, è entrata ufficialmente a far parte della multinazionale ArcelorMittal il primo novembre 2018, dopo l'apertura nel 2016 della procedura per il trasferimento degli asset aziendali attraverso un bando internazionale che ha visto la cordata Am Investco Italy (joint venture formata dal gruppo Marcegaglia con una quota del 15 per cento e da ArcelorMittal con il restante 85 per cento) aggiudicarsi la gara;
    l'intervento normativo in senso restrittivo, stante le notizie riportate a mezzo stampa, è stato oggetto di tensione tra il Ministero dello sviluppo economico e la neoproprietà, che peraltro aveva già comunicato nel mese di giugno 2019 la decisione di porre in cassa integrazione 1.400 dipendenti dello stabilimento Ilva di Taranto con decorrenza 1o luglio 2019;
    tali tensioni e la conseguente riduzione dell'attività a Taranto, avranno ripercussioni negative anche sui restanti livelli occupazionali degli stabilimenti ex Ilva, come ad esempio quelli a Genova in Liguria, Novi Ligure e Racconigi in Piemonte, Marghera in Veneto, in quanto lo stabilimento di Taranto è l'unico impianto con forni a caldo che fornisce acciaio da lavorare a freddo ai restanti stabilimenti siderurgici sul territorio nazionale, oltre che su tutta Europa;
    complessivamente, a livello nazionale, sono a rischio ventimila addetti della siderurgia, che diventano 50 mila con l'indotto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di adottare iniziative urgenti a livello normativo per ripristinare il testo originario del comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 1 del 2015, prima delle modifiche subite dall'articolo 46 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 2019, in coerenza con gli accordi intervenuti in sede di cessione dei compensi aziendali ILVA ad ArcelorMittal Italia e con le previsioni contenute nell'ambito delle procedure di individuazione dell'acquirente, allo scopo di garantire le prospettive di crescita aziendale e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
9/2203/163Rixi, Molinari, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Sasso, Lucchini, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Paternoster, Bellachioma, Covolo.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
   premesso che:
    l'articolo 14-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica ed integra la disciplina relativa alla cessazione della qualifica di rifiuto (cosiddetto end of waste) contenuta nell'articolo 184-ter del Codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006;
    il nuovo testo prevede che, in mancanza di criteri specifici definiti nei decreti ministeriali, le autorizzazioni ex articoli 208, 209, 211 e titolo III-bis sono rilasciate sulla base delle condizioni di cui all'articolo 6, della direttiva 2008/98/CE e di «criteri dettagliati», definiti nell'ambito dei procedimenti autorizzatori, che includono i criteri previsti dalla direttiva. Pertanto, la dimostrazione dell'esistenza dei criteri specifici trova luogo, in realtà, nell'ambito di ciascun procedimento autorizzatorio specifico svolto, quindi, anche da parte delle regioni e province autonome;
    la possibilità per le regioni di rilasciare le autorizzazioni sulla base delle condizioni e criteri stabiliti dall'articolo 6, della direttiva 2008/98/CE, è contenuta in specifici emendamenti presentati da tutti i gruppi parlamentari ed in particolare dal gruppo Lega-Salvini Premier, sin dall'inizio della legislatura, anche per superare il blocco creato dalla sentenza n. 1229/2018, con la quale il Consiglio di Stato, sulla base del comma 2 dell'articolo 184-ter del codice dell'ambiente, ha negato che enti e organizzazioni interne allo Stato possano vedersi riconosciuto potere alcuno di «declassificazione» del rifiuto, caso per caso, in sede di autorizzazione;

    in altre parole, secondo il Consiglio di Stato, «pur essendo le Regioni titolate del potere di concedere le autorizzazioni per il recupero di rifiuti, esse tuttavia sono sprovviste di quello di individuare autonomamente i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in base ai quali concedere tali autorizzazioni»;

    l'articolo 14-bis del decreto in esame, anche in considerazione dell'intervenuta direttiva 2008/98/CE, che ha modificato la base dei criteri su cui si basa il comma 2 dell'articolo 184-ter del codice dell'ambiente, supera il vuoto legislativo creatosi dalla citata sentenza del Consiglio di Stato;
    tuttavia, i commi aggiuntivi al comma 3, proposti dal testo approvato dal Senato, introducono una serie di norme che limitano l'autonomia dalle regioni e delle province delegate;
    si tratta di controlli a campione sull'operato delle regioni da parte dell'ISPRA o dell'ARPA, e in contraddittorio con il soggetto interessato, in merito ad autorizzazioni rilasciate, processi, materiali eccetera, affinché il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possa adottare le proprie conclusioni e, ai sensi del comma 3-quinquies, qualora la regione non provveda ad emanare un provvedimento per l'adeguamento dell'impianto, diffidare la regione e procedere alla nomina di un Commissario ad acta;
    tali norme espropriano le regioni delle proprie competenze in materia di autorizzazioni degli impianti di recupero dei rifiuti, in deroga a quanto già previsto dal Codice dell'ambiente, e, secondo i sottoscrittori del presente atto, incidono anche sui principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione,

impegna il Governo

a seguito alla prima applicazione dei commi da 3-ter a 3-sexies, introdotti dal Senato, a valutare gli impatti prodotti sull'attività della pubblica amministrazione, riconsiderando la compatibilità delle nuove norme con le competenze e le funzioni delle regioni e delle province, al fine di assicurare il necessario raccordo funzionale nell'ambito della ripartizione delle competenze tra Stato ed enti territoriali.
9/2203/164Lucchini, Raffaelli, Valbusa, Gava, Badole, Gobbato, Vallotto, Parolo, D'Eramo, Benvenuto, Covolo.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
   premesso che:
    la provincia di Brescia rappresenta un contesto territoriale caratterizzato da una particolare pressione ambientale, determinata da un'alta presenza di impianti industriali e di smaltimento dei rifiuti;
    la provincia di Brescia è, infatti, una delle aree nazionali di antica industrializzazione e sconta l'eredità di un'industria pesante che ha operato senza le necessarie norme giuridiche di tutela ambientale, che ha generato benessere economico ma anche gravi danni alla salute e all'ambiente;
    negli ultimi anni, si è aggiunto un allarmante fenomeno di conferimento di rifiuti speciali in quantità oltremodo superiore alla media dei rifiuti conferiti nelle discariche delle altre province lombarde e in misura superiore di quanto conferito in tutti gli impianti d'Italia;
    dal rapporto ISPRA 2018, su dati 2016, risulta che in provincia di Brescia sono stati seppelliti in discarica una quantità di rifiuti speciali pari a 2.578.169 tn/anno, su 3.371.250 tn/anno conferiti in tutta la regione Lombardia che, per chilometro quadrato, rappresenta una quantità di rifiuti di circa 13 volte superiore della media di tutto il territorio nazionale e più del doppio di quelli interrati in altre province con simili criticità come, ad esempio, Savona, Verona, Livorno, Terni, Taranto;
    tenuto conto dei contenuti della proposta di legge A.C. 1855 «Modifiche all'articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernenti l'introduzione del fattore di pressione tra i criteri di valutazione per la localizzazione delle discariche e degli impianti di recupero dei rifiuti urbani», presentata dal Gruppo Lega-Salvini Premier,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti per introdurre una moratoria di 3 anni al conferimento di rifiuti speciali in discarica e all'approvazione di nuovi impianti di smaltimento di rifiuti nella provincia di Brescia, adottando, nel contempo, tutti i provvedimenti di competenza, affinché sia introdotto un criterio a livello nazionale che consenta alle regioni, ai fini dell'autorizzazione di nuovi impianti di discarica sul proprio territorio o di aumento di quelli già esistenti o di modifica della tipologia delle discariche in categorie superiori, di prevedere un fattore di pressione tra i criteri localizzativi, inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale, che impedisce la realizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti nelle aree in cui questi risultino già presenti con elevata concentrazione.
9/2203/165Bordonali, Formentini, Eva Lorenzoni, Lucchini, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Fujitsu Technology Solutions;
    sono a rischio gli oltre 190 dipendenti italiani di Fujitsu Technology Solution dopo che la multinazionale giapponese ha comunicato l'intenzione di abbandonare il nostro Paese, a seguito del piano di riorganizzazione globale. Sono a rischio di chiusura la sede milanese e quella romana;
    secondo i piani aziendali è prevista l'uscita graduale di Fujitsu Technology Solutions e il passaggio di tutte le competenze logistiche e di supporto tecnico-commerciale ai distributori ufficiali di Fujitsu. Le attività che ora vengono svolte dalle due sedi aperte circa vent'anni fa verrebbero affidate a società esterne. E per i dipendenti scatterebbe il licenziamento collettivo,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle decine di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/166Frassini, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Fujitsu Technology Solutions;
    sono a rischio gli oltre 190 dipendenti italiani di Fujitsu Technology Solution dopo che la multinazionale giapponese ha comunicato l'intenzione di abbandonare il nostro Paese, a seguito del piano di riorganizzazione globale. Sono a rischio di chiusura la sede milanese e quella romana;
    secondo i piani aziendali è prevista l'uscita graduale di Fujitsu Technology Solutions e il passaggio di tutte le competenze logistiche e di supporto tecnico-commerciale ai distributori ufficiali di Fujitsu. Le attività che ora vengono svolte dalle due sedi aperte circa vent'anni fa verrebbero affidate a società esterne. E per i dipendenti scatterebbe il licenziamento collettivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle decine di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/166. (Testo modificato nel corso della seduta)  Frassini, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza concernente la DXC Technology, nata dalla fusione a livello globale tra due storiche protagoniste del mondo della consulenza tecnologica: CSC e Hewlett Packard Enterprise (HPE) Services;
    DXC Technology rappresenta un colosso che conta più di 170.000 dipendenti in 70 Paesi, ha solide radici in Italia (con sede a Cernusco sul Naviglio) e punta a guidare le più importanti aziende italiane nella loro trasformazione digitale;
    nello specifico, la società offre al mercato otto tipologie di servizi: cloud & workload platforms, workplace & mobility, application services, enterprise & cloud Apps, business process services, big data & analytics, security & consulting. Inoltre, investe in modo particolare in quattro settori in cui propone soluzioni innovative: insurance, travel & transportation, banking & capital markets, life sciences & healthcare;
    tuttavia, ondata di decine di migliaia di licenziamenti nel settore dell’information technology interessano anche la DXC Technology. Si calcola saranno più di 56.000 dipendenti – di cui tanti ingegneri e alta manodopera altamente specializzata – a perdere il posto di lavoro;
    il Ministero dello sviluppo economico ha ricevuto le delegazioni di Fiom Cgil, Fim Cisl, Ugl Metalmeccanici, le quali, in modo unanime, hanno rappresentato diversi aspetti di criticità in ordine all'attuazione del piano industriale presentato in sede ministeriale nel 2017, compreso l'avvio della procedura di licenziamento collettivo,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa di propria competenza, a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/167Tarantino, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, con particolare riguardo alle disposizioni recate dal Capo II in materia di crisi aziendali;
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza concernente la DXC Technology, nata dalla fusione a livello globale tra due storiche protagoniste del mondo della consulenza tecnologica: CSC e Hewlett Packard Enterprise (HPE) Services;
    DXC Technology rappresenta un colosso che conta più di 170.000 dipendenti in 70 Paesi, ha solide radici in Italia (con sede a Cernusco sul Naviglio) e punta a guidare le più importanti aziende italiane nella loro trasformazione digitale;
    nello specifico, la società offre al mercato otto tipologie di servizi: cloud & workload platforms, workplace & mobility, application services, enterprise & cloud Apps, business process services, big data & analytics, security & consulting. Inoltre, investe in modo particolare in quattro settori in cui propone soluzioni innovative: insurance, travel & transportation, banking & capital markets, life sciences & healthcare;
    tuttavia, ondata di decine di migliaia di licenziamenti nel settore dell’information technology interessano anche la DXC Technology. Si calcola saranno più di 56.000 dipendenti – di cui tanti ingegneri e alta manodopera altamente specializzata – a perdere il posto di lavoro;
    il Ministero dello sviluppo economico ha ricevuto le delegazioni di Fiom Cgil, Fim Cisl, Ugl Metalmeccanici, le quali, in modo unanime, hanno rappresentato diversi aspetti di criticità in ordine all'attuazione del piano industriale presentato in sede ministeriale nel 2017, compreso l'avvio della procedura di licenziamento collettivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa di propria competenza, a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/167. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tarantino, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza concernente Peg Pérego, azienda leader nella produzione di passeggini e prodotti per l'infanzia che, da sempre, rappresenta un'eccellenza tutta italiana;
    purtroppo, la globalizzazione e la concorrenza selvaggia di altri marchi, soprattutto nel mercato orientale, ha portato negli ultimi anni una significativa riduzione delle commesse per la storica azienda di Arcore, con conseguente contrazione della produzione ed esuberi del personale;
    in particolare, il 2018 è stato l'anno peggiore dalla creazione della Peg Pérego, con un calo delle vendite di circa il 25 per cento;
    l'azienda ha affrontato anche in passato situazioni difficili dal punto di vista occupazionale, tant’è che già nel 2013 sono stati attivati i contratti di solidarietà, fortemente voluti dalle organizzazioni sindacali e dalla rappresentanza sindacale unitaria interna, per impedire il licenziamento di 105 lavoratori e lavoratrici su 515 allora in forza presso le sedi lombarde,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese, atteso che la Peg Pérego, centrale nell'economia locale, ha da sempre contribuito all'affermazione nel mondo di un prodotto per l'infanzia «Made in Italy».
9/2203/168Centemero, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6-bis, introdotto al Senato in sede di conversione del decreto-legge, modificando l'articolo 1, comma 352, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), prevede una revisione della disciplina transitoria in materia di validità delle graduatorie delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni;
    la norma, oltre a confermare le norme transitorie vigenti, con riferimento ai termini di validità delle graduatorie approvate, rispettivamente, nel 2016, nel 2017 e nel 2018, consente anche lo scorrimento delle graduatorie fino al 30 settembre 2020 per quelle approvate tra il 1o gennaio 2012 e il 31 dicembre 2015, fino al 31 marzo 2020 per quelle approvate nel 2011, previa frequenza obbligatoria di corsi di formazione e aggiornamento organizzati da ciascuna amministrazione e previo superamento di un apposito esame-colloquio, diretto a verificarne la perdurante idoneità;
    nulla è stato previsto, invece, con riguardo allo scorrimento delle graduatorie del 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non escludere lo scorrimento delle graduatorie anche del 2010, prevedendo nel prossimo provvedimento utile un intervento normativo in tal senso.
9/2203/169Cantalamessa, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Omba Impianti & Engineering S.p.A. Omba S.p.a., rappresenta ancora una delle poche aziende italiane che si occupa della realizzazione e della progettazione di opere infrastrutturali metalliche;
    la società ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 119 dipendenti dell'unico stabilimento produttivo della stessa, sito nel territorio del comune di Torri di Quartesolo (VI). Si tratta di un'azienda storica con circa 70 anni di vita e che assume un ruolo strategico per il tessuto produttivo locale,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/170Covolo, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Omba Impianti & Engineering S.p.A. Omba S.p.a., rappresenta ancora una delle poche aziende italiane che si occupa della realizzazione e della progettazione di opere infrastrutturali metalliche;
    la società ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 119 dipendenti dell'unico stabilimento produttivo della stessa, sito nel territorio del comune di Torri di Quartesolo (VI). Si tratta di un'azienda storica con circa 70 anni di vita e che assume un ruolo strategico per il tessuto produttivo locale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/170. (Testo modificato nel corso della seduta)  Covolo, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Piaggio Aerospace S.p.a; il gruppo aeronautico Piaggio Aerospace, occupa circa 1.300 lavoratori tra la sede principale e l'indotto, ed è impegnato sul versante dell'aviazione civile e militare, specializzato nella produzione del velivolo commerciale P.180 e del velivolo a pilotaggio remoto P.IHH, un drone progettato per scopi militari e per la sorveglianza e la ricognizione aerea, marittima e del territorio; il gruppo è attualmente di proprietà del Fondo Mubadala di Abu Dhabi, che nel 2017, in conseguenza del nuovo piano industriale approvato dall'azienda, ha rifinanziato la Piaggio Aerospace con oltre 250 milioni di euro. Partner principale della Piaggio Aerospace nel programma per la produzione e la vendita dei droni è Leonardo;
    nel tempo, la situazione è andata peggiorando, visto che oltre al disimpegno della Mubadala Development, si è registrato anche quello dello stesso Governo emiratino suo azionista, che avrebbe bloccato tutti gli ordini di droni, sia vecchi sia nuovi;
    con decreto in data 3.12.2018 il Ministro dello sviluppo economico ha ammesso Piaggio Aero Industries S.p.A. («Piaggio Aerospace») alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23.12.2003, n. 347, convertito con modificazioni nella legge 18 febbraio 2004, n. 39 e successive modifiche (la «Legge Marzano»). Con lo stesso decreto, l'Avvocato Vincenzo Nicastro è stato nominato Commissario Straordinario;
    il 26 febbraio 2019 si è svolto un vertice presso il Ministero dello sviluppo economico tra alcuni rappresentanti del Ministero, dell'Aeronautica militare, del Ministero della difesa, il presidente della Provincia di Savona, della Regione Liguria e rappresentanti dei Comuni di Albenga, Villanova d'Albenga e Finale Ligure;
    durante il vertice il Ministero ha annunciato l'avvio del finanziamento per la commessa sul PIHH, dal valore di 250 milioni di euro, e confermato l'interesse industriale per l'aereo da trasporto executive P180, che avrebbe consentito importanti carichi di lavoro per l'azienda;
    in un secondo tavolo di monitoraggio sulla situazione occupazionale e produttiva di Piaggio Aerospace, svoltosi il 24 aprile 2019 presso il Ministero stesso, che ha coinvolto rappresentanti del Governo, rappresentanti degli enti locali e diverse sigle sindacali, si è confermato l'impegno per l'ammodernamento di 19 velivoli P180 e l'acquisizione di 10 P180evo e la conferma della certificazione del progetto P1HH e l'acquisto di 2 sistemi;
    nonostante ciò, diverse sigle sindacali esprimono preoccupazione per la mancanza di contratti e dell'incertezza delle tempistiche;
    il 1o maggio è iniziata la cassa integrazione, fino al 31 luglio, per 504 dipendenti della Piaggio Aerospace;
    il Governo ha inviato al Parlamento lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di armamento e le commissioni Difesa di Camera e Senato dovranno esprimere il parere consultivo, entro il 28 ottobre p.v.;
    il Ministero della difesa ha deciso di acquisire un sistema di aerei a pilotaggio remoto composto da due droni Piaggio P1HH e una stazione di terra con una spesa complessiva prevista di 160 milioni di euro, spalmata negli anni dal 2020 (17 milioni) al 2026 (52 milioni);
    la Commissione al Bilancio alla Camera ha dato parere favorevole al provvedimento di acquisto del sistema P.IHH di Piaggio Aerospace;
   considerato che:
    il Ministero dello sviluppo economico deve poi ancora autorizzare l'esecuzione del programma per il rilancio di Piaggio Aerospace e Piaggio Aviation presentato il 12 agosto dal Commissario Straordinario,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/171Pretto, Ferrari, Boniardi, Castiello, Fantuz, Piccolo, Toccalini, Raffaele Volpi, Zicchieri, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Piaggio Aerospace S.p.a; il gruppo aeronautico Piaggio Aerospace, occupa circa 1.300 lavoratori tra la sede principale e l'indotto, ed è impegnato sul versante dell'aviazione civile e militare, specializzato nella produzione del velivolo commerciale P.180 e del velivolo a pilotaggio remoto P.IHH, un drone progettato per scopi militari e per la sorveglianza e la ricognizione aerea, marittima e del territorio; il gruppo è attualmente di proprietà del Fondo Mubadala di Abu Dhabi, che nel 2017, in conseguenza del nuovo piano industriale approvato dall'azienda, ha rifinanziato la Piaggio Aerospace con oltre 250 milioni di euro. Partner principale della Piaggio Aerospace nel programma per la produzione e la vendita dei droni è Leonardo;
    nel tempo, la situazione è andata peggiorando, visto che oltre al disimpegno della Mubadala Development, si è registrato anche quello dello stesso Governo emiratino suo azionista, che avrebbe bloccato tutti gli ordini di droni, sia vecchi sia nuovi;
    con decreto in data 3.12.2018 il Ministro dello sviluppo economico ha ammesso Piaggio Aero Industries S.p.A. («Piaggio Aerospace») alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23.12.2003, n. 347, convertito con modificazioni nella legge 18 febbraio 2004, n. 39 e successive modifiche (la «Legge Marzano»). Con lo stesso decreto, l'Avvocato Vincenzo Nicastro è stato nominato Commissario Straordinario;
    il 26 febbraio 2019 si è svolto un vertice presso il Ministero dello sviluppo economico tra alcuni rappresentanti del Ministero, dell'Aeronautica militare, del Ministero della difesa, il presidente della Provincia di Savona, della Regione Liguria e rappresentanti dei Comuni di Albenga, Villanova d'Albenga e Finale Ligure;
    durante il vertice il Ministero ha annunciato l'avvio del finanziamento per la commessa sul PIHH, dal valore di 250 milioni di euro, e confermato l'interesse industriale per l'aereo da trasporto executive P180, che avrebbe consentito importanti carichi di lavoro per l'azienda;
    in un secondo tavolo di monitoraggio sulla situazione occupazionale e produttiva di Piaggio Aerospace, svoltosi il 24 aprile 2019 presso il Ministero stesso, che ha coinvolto rappresentanti del Governo, rappresentanti degli enti locali e diverse sigle sindacali, si è confermato l'impegno per l'ammodernamento di 19 velivoli P180 e l'acquisizione di 10 P180evo e la conferma della certificazione del progetto P1HH e l'acquisto di 2 sistemi;
    nonostante ciò, diverse sigle sindacali esprimono preoccupazione per la mancanza di contratti e dell'incertezza delle tempistiche;
    il 1o maggio è iniziata la cassa integrazione, fino al 31 luglio, per 504 dipendenti della Piaggio Aerospace;
    il Governo ha inviato al Parlamento lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di armamento e le commissioni Difesa di Camera e Senato dovranno esprimere il parere consultivo, entro il 28 ottobre p.v.;
    il Ministero della difesa ha deciso di acquisire un sistema di aerei a pilotaggio remoto composto da due droni Piaggio P1HH e una stazione di terra con una spesa complessiva prevista di 160 milioni di euro, spalmata negli anni dal 2020 (17 milioni) al 2026 (52 milioni);
    la Commissione al Bilancio alla Camera ha dato parere favorevole al provvedimento di acquisto del sistema P.IHH di Piaggio Aerospace;
   considerato che:
    il Ministero dello sviluppo economico deve poi ancora autorizzare l'esecuzione del programma per il rilancio di Piaggio Aerospace e Piaggio Aviation presentato il 12 agosto dal Commissario Straordinario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/171. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pretto, Ferrari, Boniardi, Castiello, Fantuz, Piccolo, Toccalini, Raffaele Volpi, Zicchieri, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Agile s.r.l,
    nel 1998 il gruppo Olivetti vende l'area di assistenza tecnica alla «Getronics», specializzata in ICT; la filiale italiana di Getronics entra in crisi nel 2003 e nel 2006 viene acquisita da Eutelia SpA di Arezzo;
    nel gennaio 2009 il consiglio di amministrazione di Eutelia decide la cessione del ramo dell’information technology del gruppo in ragione del fatto che l'esercizio 2008 registra un rosso di 178 milioni di euro rispetto alla perdita di 41 milioni del 2007 e nel giugno del 2009, i lavoratori del ramo IT di Eutelia vengono trasferiti alla Agile Srl, controllata della stessa Eutelia e passati con l'intera Agile al gruppo Omega;
    ad aprile 2010, il Tribunale di Roma certifica l'insolvenza di Agile Srl e, nel luglio dello stesso anno, dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria per cessione del complesso aziendale e procede alla nomina di due commissari;
    nel maggio 2010 il Ministero dello sviluppo economico concede la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per un massimo di 1.118 lavoratori;
    nel settembre 2010 viene sottoscritto presso il Ministero del lavoro l'accordo per la richiesta di concessione del trattamento di CIGS per procedura concorsuale. Infine, a luglio 2011, al fine di agevolare la ricollocazione dei lavoratori presso aziende terze, i commissari straordinari aprono la procedura di mobilità a favore di 1.340 lavoratori avviando la procedura di vendita della società;
    a gennaio 2012 i rami d'azienda IT e call center di Agile S.r.l. vengono acquistati dalla società TBS (It Telematic Biomedical Srl) di Trieste. L'accordo prevede l'assunzione immediata di 270 lavoratori (in parte a tempo indeterminato in parte a tempo determinato) e l'impegno all'assunzione dei restanti nei tre anni successivi, per gli 854 lavoratori non trasferiti all'azienda acquirente è stata prorogata la cassa integrazione (tre anni per i lavoratori del nord Italia, quattro anni per i lavoratori del sud Italia);
    i lavoratori rimanenti non sono mai stati reinseriti in TBS, e a dicembre 2014 i commissari governativi hanno liquidato la società collocando in mobilità i lavoratori che erano oramai scesi a 600 circa;
    nel dicembre 2017 terminano gli ammortizzatori sociali e il Governo nega la proroga della mobilità per 550 dipendenti, di cui circa 370 in posizione di pensionamento tra il 2018 e il 2021;
    il 17 settembre 2018 si è svolto al Ministero dello sviluppo economico un incontro, a seguito del quale i rappresentanti istituzionali si sono impegnati a valutare tutte le possibili soluzioni e a riconvocare un incontro con la presenza delle regioni interessate per provare a definire un percorso che provi a risolvere l'annosa vertenza,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/172Giglio Vigna, Bubisutti, Panizzut, Gava, Moschioni, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Agile s.r.l,
    nel 1998 il gruppo Olivetti vende l'area di assistenza tecnica alla «Getronics», specializzata in ICT; la filiale italiana di Getronics entra in crisi nel 2003 e nel 2006 viene acquisita da Eutelia SpA di Arezzo;
    nel gennaio 2009 il consiglio di amministrazione di Eutelia decide la cessione del ramo dell’information technology del gruppo in ragione del fatto che l'esercizio 2008 registra un rosso di 178 milioni di euro rispetto alla perdita di 41 milioni del 2007 e nel giugno del 2009, i lavoratori del ramo IT di Eutelia vengono trasferiti alla Agile Srl, controllata della stessa Eutelia e passati con l'intera Agile al gruppo Omega;
    ad aprile 2010, il Tribunale di Roma certifica l'insolvenza di Agile Srl e, nel luglio dello stesso anno, dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria per cessione del complesso aziendale e procede alla nomina di due commissari;
    nel maggio 2010 il Ministero dello sviluppo economico concede la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per un massimo di 1.118 lavoratori;
    nel settembre 2010 viene sottoscritto presso il Ministero del lavoro l'accordo per la richiesta di concessione del trattamento di CIGS per procedura concorsuale. Infine, a luglio 2011, al fine di agevolare la ricollocazione dei lavoratori presso aziende terze, i commissari straordinari aprono la procedura di mobilità a favore di 1.340 lavoratori avviando la procedura di vendita della società;
    a gennaio 2012 i rami d'azienda IT e call center di Agile S.r.l. vengono acquistati dalla società TBS (It Telematic Biomedical Srl) di Trieste. L'accordo prevede l'assunzione immediata di 270 lavoratori (in parte a tempo indeterminato in parte a tempo determinato) e l'impegno all'assunzione dei restanti nei tre anni successivi, per gli 854 lavoratori non trasferiti all'azienda acquirente è stata prorogata la cassa integrazione (tre anni per i lavoratori del nord Italia, quattro anni per i lavoratori del sud Italia);
    i lavoratori rimanenti non sono mai stati reinseriti in TBS, e a dicembre 2014 i commissari governativi hanno liquidato la società collocando in mobilità i lavoratori che erano oramai scesi a 600 circa;
    nel dicembre 2017 terminano gli ammortizzatori sociali e il Governo nega la proroga della mobilità per 550 dipendenti, di cui circa 370 in posizione di pensionamento tra il 2018 e il 2021;
    il 17 settembre 2018 si è svolto al Ministero dello sviluppo economico un incontro, a seguito del quale i rappresentanti istituzionali si sono impegnati a valutare tutte le possibili soluzioni e a riconvocare un incontro con la presenza delle regioni interessate per provare a definire un percorso che provi a risolvere l'annosa vertenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/172. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giglio Vigna, Bubisutti, Panizzut, Gava, Moschioni, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza delle Acciaierie di Terni;
    Acciai Speciali Terni SpA (nota anche come AST) è una società italiana operante nel settore della metallurgia, siderurgia, informatica e ingegneria. Dal 1994 l'AST è controllata dalla ThyssenKrupp AG e quindi la denominazione è divenuta ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni (TKAST). Con sede a Terni e attraverso società controllate e partecipate in Italia e all'estero, è specializzata nella lavorazione e distribuzione di acciai (inox, basso legati e al carbonio) destinati principalmente ai settori alimentari, edili, casalinghi, elettrodomestici, energetici e all'industrie di base, siderurgiche e meccaniche;
    attualmente gli impianti italiani producono circa un milione di tonnellate di acciai speciali l'anno, coprendo l'intero ciclo di produzione in modo integrato, dalla fusione fino all'imballaggio;
    dopo un accordo di ristrutturazione con i sindacati, che ha individuato nel 2014 circa 300 esuberi, l'azienda sta attraversando una fase di assestamento registrando un utile per due anni consecutivi;
    il 29 giugno 2018 l'indiana Tata Acciai e la tedesca ThyssenKrupp hanno annunciato la fusione delle loro attività europee, dando vita al secondo colosso europeo nel mercato dell'acciaio piano dopo ArcelorMittal, creando un soggetto da 21 milioni di tonnellate prodotte ribattezzato ThyssenKrupp Tata Steel, con sede in Olanda;
    dal 30 settembre, per un periodo di oltre 3 mesi, la metà dei dipendenti della Ast verrà coinvolto in un piano di cassa integrazione ordinaria. Il motivo risiederebbe in una riduzione significativa delle commesse di lavoro a cui, immediatamente, viene fatta seguire una riduzione dell'attività produttiva,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/173Piccolo, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri, Latini, Paolini, Patassini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza delle Acciaierie di Terni;
    Acciai Speciali Terni SpA (nota anche come AST) è una società italiana operante nel settore della metallurgia, siderurgia, informatica e ingegneria. Dal 1994 l'AST è controllata dalla ThyssenKrupp AG e quindi la denominazione è divenuta ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni (TKAST). Con sede a Terni e attraverso società controllate e partecipate in Italia e all'estero, è specializzata nella lavorazione e distribuzione di acciai (inox, basso legati e al carbonio) destinati principalmente ai settori alimentari, edili, casalinghi, elettrodomestici, energetici e all'industrie di base, siderurgiche e meccaniche;
    attualmente gli impianti italiani producono circa un milione di tonnellate di acciai speciali l'anno, coprendo l'intero ciclo di produzione in modo integrato, dalla fusione fino all'imballaggio;
    dopo un accordo di ristrutturazione con i sindacati, che ha individuato nel 2014 circa 300 esuberi, l'azienda sta attraversando una fase di assestamento registrando un utile per due anni consecutivi;
    il 29 giugno 2018 l'indiana Tata Acciai e la tedesca ThyssenKrupp hanno annunciato la fusione delle loro attività europee, dando vita al secondo colosso europeo nel mercato dell'acciaio piano dopo ArcelorMittal, creando un soggetto da 21 milioni di tonnellate prodotte ribattezzato ThyssenKrupp Tata Steel, con sede in Olanda;

    dal 30 settembre, per un periodo di oltre 3 mesi, la metà dei dipendenti della Ast verrà coinvolto in un piano di cassa integrazione ordinaria. Il motivo risiederebbe in una riduzione significativa delle commesse di lavoro a cui, immediatamente, viene fatta seguire una riduzione dell'attività produttiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/173. (Testo modificato nel corso della seduta)  Piccolo, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri, Latini, Paolini, Patassini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Tecnis S.p.a.;
    Tecnis è una delle realtà più significative nel panorama italiano delle imprese di costruzioni generali, di ingegneria e general contracting, attiva nel settore della realizzazione di grandi opere infrastrutturali e nel settore della finanza di progetto sia in Italia sia all'estero;
    nel 2015 l'azienda etnea viene interessata dall'inchiesta giudiziaria sull'ANAS denominata Dama Nera aperta dalla Procura della Repubblica di Roma. All'inchiesta della procura capitolina, fa seguito il provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Catania, che delibera il sequestro di tutte le aziende riconducibili a Bosco e Costanzo, tra cui la stessa Tecnis. Le vicende giudiziarie, destituite di ogni fondamento, hanno però avuto ripercussioni sulle attività dell'azienda, cagionando il blocco dei cantieri e la cassa integrazione guadagni per i suoi dipendenti;
    nel 2017 il Tribunale di Catania, su richiesta della Procura, dispone il dissequestro dell'azienda che viene così restituita ai legittimi proprietari, dopo che accurate indagini, hanno ritenuto del tutto infondate le accuse a loro carico, scagionandoli da ogni accusa.  (6) ; dopo il dissequestro deciso dal tribunale siciliano, il Ministero dello sviluppo economico ha ammesso l'azienda all'amministrazione straordinaria per il salvataggio e rilancio delle grandi aziende in crisi in applicazione del decreto-legge n. 347 del 2003,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/174Loss, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Tecnis S.p.a.;
    Tecnis è una delle realtà più significative nel panorama italiano delle imprese di costruzioni generali, di ingegneria e general contracting, attiva nel settore della realizzazione di grandi opere infrastrutturali e nel settore della finanza di progetto sia in Italia sia all'estero;
    nel 2015 l'azienda etnea viene interessata dall'inchiesta giudiziaria sull'ANAS denominata Dama Nera aperta dalla Procura della Repubblica di Roma. All'inchiesta della procura capitolina, fa seguito il provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Catania, che delibera il sequestro di tutte le aziende riconducibili a Bosco e Costanzo, tra cui la stessa Tecnis. Le vicende giudiziarie, destituite di ogni fondamento, hanno però avuto ripercussioni sulle attività dell'azienda, cagionando il blocco dei cantieri e la cassa integrazione guadagni per i suoi dipendenti;
    nel 2017 il Tribunale di Catania, su richiesta della Procura, dispone il dissequestro dell'azienda che viene così restituita ai legittimi proprietari, dopo che accurate indagini, hanno ritenuto del tutto infondate le accuse a loro carico, scagionandoli da ogni accusa.  (6) ; dopo il dissequestro deciso dal tribunale siciliano, il Ministero dello sviluppo economico ha ammesso l'azienda all'amministrazione straordinaria per il salvataggio e rilancio delle grandi aziende in crisi in applicazione del decreto-legge n. 347 del 2003,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/174. (Testo modificato nel corso della seduta)  Loss, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della ENTERPRISE SERVICES ITALIA S.R.L.;
    HP Enterprise (precedentemente nota anche come HP Enterprise Services e poi Enterprise Services) è una multinazionale che si occupa dell'erogazione di servizi tecnologici e di business in outsourcing;
    a seguito della fusione nel 2017 tra la Computer Science Corporation e della divisione Enterprise Services di Hewlett-Packard Enterprise, nasce ENTERPRISE SERVICES ITALIA S.R.L, nota sul mercato come DXC, una delle maggiori realtà globali del settore dei servizi IT, con circa 2.200 dipendenti nel nostro paese con sedi a Roma, Pomezia, Bari e Milano;
    in data 13 luglio 2019 le Organizzazioni Sindacali hanno ricevuto da ES Italia il testo di apertura della procedura di riduzione del personale per 36 addetti ai sensi della legge n. 223 del 1991;
    HP, ha reso noto che è intenzionata a procedere ad una riduzione di personale tra i 7.000 ed i 9.000 dipendenti, circa il 16 per cento della sua forza lavoro globale, in un maxi-piano di ristrutturazione con cui la multinazionale americana dei personal computer e delle stampanti mira a ridurre i costi e rilanciare l'attività;
    in data 28 agosto ES Italia ha inviato comunicazione al Ministero del lavoro e alle Organizzazioni Sindacali FIOM, FIM e UILM in cui si dichiara la conclusione, «senza alcuno accordo», dell'esame congiunto previsto dalla legge nei casi di procedura di licenziamento collettivo;
    il Ministero del lavoro ha chiesto che l'azienda sospenda la procedura, accetti l'invito a presentarsi al Mise e provi a mettere in campo soluzioni diverse dal licenziamento anche in ragione del numero di lavoratori interessati dalla procedura;
    l'incontro convocato per il 26 settembre 2019, presso il Ministero dello Sviluppo economico, non si è svolto per l'impossibilità a parteciparvi sia dei rappresentanti della Società Enterprice Services Italia S.r.l.,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/175Locatelli, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Basini, De Angelis, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della ENTERPRISE SERVICES ITALIA S.R.L.;
    HP Enterprise (precedentemente nota anche come HP Enterprise Services e poi Enterprise Services) è una multinazionale che si occupa dell'erogazione di servizi tecnologici e di business in outsourcing;
    a seguito della fusione nel 2017 tra la Computer Science Corporation e della divisione Enterprise Services di Hewlett-Packard Enterprise, nasce ENTERPRISE SERVICES ITALIA S.R.L, nota sul mercato come DXC, una delle maggiori realtà globali del settore dei servizi IT, con circa 2.200 dipendenti nel nostro paese con sedi a Roma, Pomezia, Bari e Milano;
    in data 13 luglio 2019 le Organizzazioni Sindacali hanno ricevuto da ES Italia il testo di apertura della procedura di riduzione del personale per 36 addetti ai sensi della legge n. 223 del 1991;
    HP, ha reso noto che è intenzionata a procedere ad una riduzione di personale tra i 7.000 ed i 9.000 dipendenti, circa il 16 per cento della sua forza lavoro globale, in un maxi-piano di ristrutturazione con cui la multinazionale americana dei personal computer e delle stampanti mira a ridurre i costi e rilanciare l'attività;
    in data 28 agosto ES Italia ha inviato comunicazione al Ministero del lavoro e alle Organizzazioni Sindacali FIOM, FIM e UILM in cui si dichiara la conclusione, «senza alcuno accordo», dell'esame congiunto previsto dalla legge nei casi di procedura di licenziamento collettivo;
    il Ministero del lavoro ha chiesto che l'azienda sospenda la procedura, accetti l'invito a presentarsi al Mise e provi a mettere in campo soluzioni diverse dal licenziamento anche in ragione del numero di lavoratori interessati dalla procedura;
    l'incontro convocato per il 26 settembre 2019, presso il Ministero dello Sviluppo economico, non si è svolto per l'impossibilità a parteciparvi sia dei rappresentanti della Società Enterprice Services Italia S.r.l.,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/175. (Testo modificato nel corso della seduta)  Locatelli, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Basini, De Angelis, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Galimberti S.p.a.;
    la società opera nel settore del commercio di elettrodomestici ed elettronica di consumo al dettaglio mediante la gestione di 28 punti vendita e svolgendo la propria attività con il marchio «Euronics» su licenza concessa da Euronics SpA;
    la Galimberti S.p.a. con 480 dipendenti, a maggio 2018 aveva aperto una procedura di licenziamento, che prevedeva la chiusura di 11 punti vendita dei 28 esistenti a livello nazionale, dichiarando un primo esubero di 128 lavoratori e una riduzione ulteriore di altri 101 dipendenti;
    la società, che opera da 70 anni nel settore, è gravata da 82 milioni di euro di debiti, con ricavi netti in contrazione nel 2017 a 182 milioni di euro (dal picco a 236,3 milioni nel 2015), un ebitda negativo per 25 milioni, una perdita netta di 38,6 milioni, un debito finanziario netto di 24,6 milioni e un patrimonio netto negativo per 29 milioni;
    a seguito della crisi de La Galimberti, considerata uno dei punti di riferimento dei milanesi per l'elettronica e gli elettrodomestici, rischiano il licenziamento di 250 lavoratori prevalentemente negli 11 negozi tra Lombardia e Veneto,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/176Colmellere, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Galimberti S.p.a.;
    la società opera nel settore del commercio di elettrodomestici ed elettronica di consumo al dettaglio mediante la gestione di 28 punti vendita e svolgendo la propria attività con il marchio «Euronics» su licenza concessa da Euronics SpA;
    la Galimberti S.p.a. con 480 dipendenti, a maggio 2018 aveva aperto una procedura di licenziamento, che prevedeva la chiusura di 11 punti vendita dei 28 esistenti a livello nazionale, dichiarando un primo esubero di 128 lavoratori e una riduzione ulteriore di altri 101 dipendenti;
    la società, che opera da 70 anni nel settore, è gravata da 82 milioni di euro di debiti, con ricavi netti in contrazione nel 2017 a 182 milioni di euro (dal picco a 236,3 milioni nel 2015), un ebitda negativo per 25 milioni, una perdita netta di 38,6 milioni, un debito finanziario netto di 24,6 milioni e un patrimonio netto negativo per 29 milioni;
    a seguito della crisi de La Galimberti, considerata uno dei punti di riferimento dei milanesi per l'elettronica e gli elettrodomestici, rischiano il licenziamento di 250 lavoratori prevalentemente negli 11 negozi tra Lombardia e Veneto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/176. (Testo modificato nel corso della seduta)  Colmellere, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Colla, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della società GCA – Gruppo Commercianti Associati – Generalmarket s.r.l.;
    la società si occupa della gestione di cash and carry, ipermercati, magazzini a prezzo fisso, supermercati, discount, superettes ed esercizi commerciali in genere per il commercio di prodotti alimentari e non, anche mediante contratti di franchising, affiliazione e simili;
    la società, fondata nel 1994, conta attualmente circa 45 punti vendita IperDì e SuperDì sparsi fra Piemonte, Liguria e Lombardia e da lavoro a 1045 dipendenti;
    nel 2017 la società ha dovuto far fronte a una pesante crisi di liquidità avendo chiuso il bilancio 2016 con 154,2 milioni di euro di ricavi, un margine operativo di 3,3 milioni di euro, un debito lordo con le banche di circa 30,5 milioni e di 49,7 milioni verso i fornitori, a fronte di crediti dai clienti per 67,8 milioni;
    il 1o ottobre 2018 si è svolta una riunione presso il Ministero dello sviluppo economico e, in base a quanto dichiarato dall'azienda GCA e riportato dai sindacati della Filcams-Cgil di Milano alcuni dei punti vendita saranno acquistati da player che hanno manifestato un interesse, altri sono ancora oggetto di trattative e altri sono destinati alla chiusura. In particolare, come si apprende dalle notizie di stampa dodici punti vendita dovrebbero essere ceduti a un nuovo player del settore: si tratta di quelli di Treviglio, Bregnano, Paderno Dugnano, Lodi, Porto Ceresio, Trezzano, Rho, Cesano Maderno, Barlassina, Robbio, Lomazzo e Novi Ligure. I punti vendita di Vittuone, Bollate, Desio, Cogliate, Cornate, Via Molise Milano, Pavia, San Colombano, Cislago, Guzzano e Cameri sono invece ancora in una fase di trattativa con altre due aziende che, a dire della GCA, vedrà la sua conclusione positiva entro massimo due settimane. Per gli ultimi sei punti vendita — quelli di Maffucci, Gessate, Gallarate, Oleggio, Milano via Ornato e Antegnate — non ci sono trattative in corso e vi è il concreto rischio di una chiusura definitiva;
    altro aspetto preoccupante è quello che riguarda il futuro sia delle aziende commerciali che orbitano intorno alla galassia GCA sia dei dipendenti della Nuova distribuzione s.p.a., di cui è stato dichiarato un esubero di circa un terzo;
   ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-01448 tuttora privo di risposta, 1 firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quali iniziative avesse già adottato ed intendesse adottare in futuro per tutelare lavoratori e imprese di fronte alla grave crisi della Nuova distribuzione s.p.a.,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/177Boniardi, Cecchetti, Capitanio.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della società GCA – Gruppo Commercianti Associati – Generalmarket s.r.l.;
    la società si occupa della gestione di cash and carry, ipermercati, magazzini a prezzo fisso, supermercati, discount, superettes ed esercizi commerciali in genere per il commercio di prodotti alimentari e non, anche mediante contratti di franchising, affiliazione e simili;
    la società, fondata nel 1994, conta attualmente circa 45 punti vendita IperDì e SuperDì sparsi fra Piemonte, Liguria e Lombardia e da lavoro a 1045 dipendenti;
    nel 2017 la società ha dovuto far fronte a una pesante crisi di liquidità avendo chiuso il bilancio 2016 con 154,2 milioni di euro di ricavi, un margine operativo di 3,3 milioni di euro, un debito lordo con le banche di circa 30,5 milioni e di 49,7 milioni verso i fornitori, a fronte di crediti dai clienti per 67,8 milioni;
    il 1o ottobre 2018 si è svolta una riunione presso il Ministero dello sviluppo economico e, in base a quanto dichiarato dall'azienda GCA e riportato dai sindacati della Filcams-Cgil di Milano alcuni dei punti vendita saranno acquistati da player che hanno manifestato un interesse, altri sono ancora oggetto di trattative e altri sono destinati alla chiusura. In particolare, come si apprende dalle notizie di stampa dodici punti vendita dovrebbero essere ceduti a un nuovo player del settore: si tratta di quelli di Treviglio, Bregnano, Paderno Dugnano, Lodi, Porto Ceresio, Trezzano, Rho, Cesano Maderno, Barlassina, Robbio, Lomazzo e Novi Ligure. I punti vendita di Vittuone, Bollate, Desio, Cogliate, Cornate, Via Molise Milano, Pavia, San Colombano, Cislago, Guzzano e Cameri sono invece ancora in una fase di trattativa con altre due aziende che, a dire della GCA, vedrà la sua conclusione positiva entro massimo due settimane. Per gli ultimi sei punti vendita — quelli di Maffucci, Gessate, Gallarate, Oleggio, Milano via Ornato e Antegnate — non ci sono trattative in corso e vi è il concreto rischio di una chiusura definitiva;
    altro aspetto preoccupante è quello che riguarda il futuro sia delle aziende commerciali che orbitano intorno alla galassia GCA sia dei dipendenti della Nuova distribuzione s.p.a., di cui è stato dichiarato un esubero di circa un terzo;
   ricordato che:
    già con atto di sindacato ispettivo n. 4-01448 tuttora privo di risposta, 1 firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quali iniziative avesse già adottato ed intendesse adottare in futuro per tutelare lavoratori e imprese di fronte alla grave crisi della Nuova distribuzione s.p.a.,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/177. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boniardi, Cecchetti, Capitanio.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Novolegno SpA.;
    la Novolegno, azienda del gruppo Fantoni con sede a Montefredane in provincia di Avellino, è interamente dedicata alla produzione di pannelli MDF. Fondata nel 1980, si estende su una superficie di 140 mila metri quadri e vanta tre linee di produzione per un volume totale annuo che raggiunge i 220 mila mc;
    lo stabilimento è interamente dedicato alla produzione di pannelli mdf che vengono utilizzati in una vasta gamma di settori. In particolare l'azienda produce dei pannelli sottili, idrofughi per il settore delle porte esterne ed ignifughi per le porte taglia fuoco;
    già da tempo la linea produttiva Novolegno è stata fermata, lasciando in funzione solo il secondo impianto; a febbraio 2019 la proprietà ha comunicato la chiusura definitiva dello stabilimento, con conseguente messa in mobilità di 117 dipendenti;
    la previsione di perdita per l'anno 2019 comunicata al Ministero dello sviluppo economico nella misura di 4 milioni di euro aggraverebbe lo stato di crisi già conclamato della Novolegno, «causato dalla contrazione del proprio mercato di riferimento, la produzione di imballaggi da legno riciclato, che ha determinato negli ultimi anni notevoli riduzioni di fatturato». Di qui, l'intenzione di procedere alla chiusura dello stabilimento campano e di proseguire con la procedura di licenziamento collettivo già avviata. La chiusura del sito produttivo coinvolge 117 lavoratori più l'indotto. Da tempo era in corso un contratto di solidarietà per evitare il licenziamento di 55 unità. La proprietà ha affermato che lo stabilimento non ha più un futuro per i mancato successo di tutte le soluzioni sperimentate. Proseguire il riciclo del legno in mancanza di alcune condizioni fondamentali, per gli analisti del Gruppo non avrebbe basi economiche sostenibili. Tra gli ostacoli indicati, gli oneri del trasporto per un sito industriale nato ad Avellino in una fase in cui non era possibile rifornirsi di materia prima all'estero, mentre nell'attuale contesto, fermo restando la carenza di una offerta forestale competitiva in termini di quantità e costi, l'azienda considera poco conveniente realizzare a mille chilometri di distanza un processo industriale che può risultare più conveniente altrove;
    il Sindacato ha auspicato una riconversione industriale degli stabilimenti, ma il Governo non ha ancora confermato la praticabilità di tale ipotesi,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale dello stabilimento citato in premessa.
9/2203/178Paternoster, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Latini, Paolini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Claudio Borghi, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Novolegno SpA.;
    la Novolegno, azienda del gruppo Fantoni con sede a Montefredane in provincia di Avellino, è interamente dedicata alla produzione di pannelli MDF. Fondata nel 1980, si estende su una superficie di 140 mila metri quadri e vanta tre linee di produzione per un volume totale annuo che raggiunge i 220 mila mc;
    lo stabilimento è interamente dedicato alla produzione di pannelli mdf che vengono utilizzati in una vasta gamma di settori. In particolare l'azienda produce dei pannelli sottili, idrofughi per il settore delle porte esterne ed ignifughi per le porte taglia fuoco;
    già da tempo la linea produttiva Novolegno è stata fermata, lasciando in funzione solo il secondo impianto; a febbraio 2019 la proprietà ha comunicato la chiusura definitiva dello stabilimento, con conseguente messa in mobilità di 117 dipendenti;
    la previsione di perdita per l'anno 2019 comunicata al Ministero dello sviluppo economico nella misura di 4 milioni di euro aggraverebbe lo stato di crisi già conclamato della Novolegno, «causato dalla contrazione del proprio mercato di riferimento, la produzione di imballaggi da legno riciclato, che ha determinato negli ultimi anni notevoli riduzioni di fatturato». Di qui, l'intenzione di procedere alla chiusura dello stabilimento campano e di proseguire con la procedura di licenziamento collettivo già avviata. La chiusura del sito produttivo coinvolge 117 lavoratori più l'indotto. Da tempo era in corso un contratto di solidarietà per evitare il licenziamento di 55 unità. La proprietà ha affermato che lo stabilimento non ha più un futuro per i mancato successo di tutte le soluzioni sperimentate. Proseguire il riciclo del legno in mancanza di alcune condizioni fondamentali, per gli analisti del Gruppo non avrebbe basi economiche sostenibili. Tra gli ostacoli indicati, gli oneri del trasporto per un sito industriale nato ad Avellino in una fase in cui non era possibile rifornirsi di materia prima all'estero, mentre nell'attuale contesto, fermo restando la carenza di una offerta forestale competitiva in termini di quantità e costi, l'azienda considera poco conveniente realizzare a mille chilometri di distanza un processo industriale che può risultare più conveniente altrove;
    il Sindacato ha auspicato una riconversione industriale degli stabilimenti, ma il Governo non ha ancora confermato la praticabilità di tale ipotesi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale dello stabilimento citato in premessa.
9/2203/178. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paternoster, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Latini, Paolini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Claudio Borghi, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Semitec s.r.l.;
    la Semitec s.r.l., di proprietà della multinazionale francese Siram s.p.a., è un'azienda che si occupa della installazione e della manutenzione di impianti telefonici. Ha copertura nazionale con le sue filiali dislocate su tutto il territorio e con un personale complessivo di 365 dipendenti;
    la Semitec da alcuni anni sta attraversando una difficile crisi che ha esposto i lavoratori a pesanti sacrifici a partire dalla cassa integrazione, fino ai tagli nel contratto integrativo, condizioni, queste, che hanno portato la capogruppo francese Siram a maturare l'intenzione di cedere questo ramo d'azienda;
    la società ha rappresentato che il piano industriale di rilancio redatto e presentato nelle passate sessione e che prevede, tra le altre misure, sul fronte dei costi, una razionalizzazione delle sedi aziendali con la creazione di 4 sedi HUB in luogo delle 15 attualmente esistenti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/179Bisa, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Cantalamessa, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Semitec s.r.l.;
    la Semitec s.r.l., di proprietà della multinazionale francese Siram s.p.a., è un'azienda che si occupa della installazione e della manutenzione di impianti telefonici. Ha copertura nazionale con le sue filiali dislocate su tutto il territorio e con un personale complessivo di 365 dipendenti;
    la Semitec da alcuni anni sta attraversando una difficile crisi che ha esposto i lavoratori a pesanti sacrifici a partire dalla cassa integrazione, fino ai tagli nel contratto integrativo, condizioni, queste, che hanno portato la capogruppo francese Siram a maturare l'intenzione di cedere questo ramo d'azienda;
    la società ha rappresentato che il piano industriale di rilancio redatto e presentato nelle passate sessione e che prevede, tra le altre misure, sul fronte dei costi, una razionalizzazione delle sedi aziendali con la creazione di 4 sedi HUB in luogo delle 15 attualmente esistenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/179. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bisa, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Cantalamessa, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Treofan Jindal Italia;
    la Treofan è un'azienda leader nella produzione di film di polipropilene biorientato (Bopp), distribuiti con i marchi Treofan e TreoPore; prodotti utilizzati in vari settori relativi soprattutto al confezionamento e all'imballaggio di alimenti, tabacchi, ed etichettature;
    il gruppo impiega circa 1.100 persone, gestisce quattro siti produttivi in Germania, Italia e Messico e vende i suoi prodotti in oltre 90 mercati in tutto il mondo;
    la divisione italiana (Treofan Italy spa) ha attivi due stabilimenti: uno a Terni e uno a Battipaglia, in provincia di Salerno;
    nel 2018 la Treofan Holdings è stata ceduta dalla Management & Capitali di Carlo De Benedetti alla Jindal Films Europe per soli 500.000 euro, a condizione di effettuare investimenti finanziari fino al 2020;
    i primi segnali di preoccupazione risalgono a fine novembre 2018 quando, a fronte di una normale contrazione degli ordini, venivano privilegiati lo stabilimento tedesco di Treofan e quello brindisino di Jindal, bloccando una linea di produzione allo stabilimento di Terni. Quest'ultimo rappresenta un sito strategico per la Treofan, in quanto può produrre un'ampia gamma di prodotti che coprono la quasi totalità del portafoglio aziendale. Negli ultimi dieci anni, peraltro, tale stabilimento è stato interessato da tre ristrutturazioni che hanno migliorato gli standard produttivi, consentendo la chiusura in attivo dei bilanci consolidati degli ultimi 4 anni della Treofan Italy;
    a fronte delle indiscrezioni sul futuro degli stabilimenti italiani della Treofan, il 21 dicembre 2018, veniva convocato un tavolo al Ministero dello sviluppo economico quale Jindal non partecipava, dichiarandosi però disponibile ad un incontro a fine gennaio 2019 e impegnandosi a non assumere decisioni strutturali sulla produzione italiana. A tale nota seguivano le dimissioni dell'intero consiglio di amministrazione della Treofan Italy;
    l'8 gennaio 2019, dopo l'improvviso blocco della produzione a Battipaglia, si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico il primo tavolo di crisi con i rappresentanti dell'azienda, gli enti locali e le organizzazioni sindacali. Durante l'incontro il Ministero ha ribadito l'importanza degli stabilimenti di Battipaglia e Terni ai fini della regolare acquisizione da parte di Jindal e quest'ultima ha rinviato alla successiva riunione l'illustrazione del piano industriale sul futuro delle due strutture;
    il 24 gennaio 2019 Jindal non si presentava al tavolo convocato dal Ministero dello sviluppo economico contemporaneamente comunicava alle organizzazioni sindacali di Battipaglia la cessazione della produzione e la chiusura dello stabilimento. Nell'apprendere tale decisione, il Ministero dello sviluppo economico ha denunciato possibili speculazioni da parte del gruppo Jindal, chiamando in causa Consob e Antitrust, ed ha convocato per il 28 gennaio 2019 l'ambasciatrice indiana a Roma per riferire circa le intenzioni di Jindal sul futuro degli stabilimenti italiani;
   ricordato che:
    in sede di risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01331 col quale i firmatari chiedevano di sapere quali iniziative intendesse adottare per rilanciare gli stabilimenti di Battipaglia e Terni e, con essi, un intero indotto siderurgico capace di realizzare un fatturato di 18 miliardi di dollari, il Governo si era già impegnato ad individuare un percorso diverso e di predisporre le eventuali azioni per la tutela dei lavoratori coinvolti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/180Bazzaro, Saltamartini, Caparvi, Marchetti, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Treofan Jindal Italia;
    la Treofan è un'azienda leader nella produzione di film di polipropilene biorientato (Bopp), distribuiti con i marchi Treofan e TreoPore; prodotti utilizzati in vari settori relativi soprattutto al confezionamento e all'imballaggio di alimenti, tabacchi, ed etichettature;
    il gruppo impiega circa 1.100 persone, gestisce quattro siti produttivi in Germania, Italia e Messico e vende i suoi prodotti in oltre 90 mercati in tutto il mondo;
    la divisione italiana (Treofan Italy spa) ha attivi due stabilimenti: uno a Terni e uno a Battipaglia, in provincia di Salerno;
    nel 2018 la Treofan Holdings è stata ceduta dalla Management & Capitali di Carlo De Benedetti alla Jindal Films Europe per soli 500.000 euro, a condizione di effettuare investimenti finanziari fino al 2020;
    i primi segnali di preoccupazione risalgono a fine novembre 2018 quando, a fronte di una normale contrazione degli ordini, venivano privilegiati lo stabilimento tedesco di Treofan e quello brindisino di Jindal, bloccando una linea di produzione allo stabilimento di Terni. Quest'ultimo rappresenta un sito strategico per la Treofan, in quanto può produrre un'ampia gamma di prodotti che coprono la quasi totalità del portafoglio aziendale. Negli ultimi dieci anni, peraltro, tale stabilimento è stato interessato da tre ristrutturazioni che hanno migliorato gli standard produttivi, consentendo la chiusura in attivo dei bilanci consolidati degli ultimi 4 anni della Treofan Italy;
    a fronte delle indiscrezioni sul futuro degli stabilimenti italiani della Treofan, il 21 dicembre 2018, veniva convocato un tavolo al Ministero dello sviluppo economico quale Jindal non partecipava, dichiarandosi però disponibile ad un incontro a fine gennaio 2019 e impegnandosi a non assumere decisioni strutturali sulla produzione italiana. A tale nota seguivano le dimissioni dell'intero consiglio di amministrazione della Treofan Italy;
    l'8 gennaio 2019, dopo l'improvviso blocco della produzione a Battipaglia, si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico il primo tavolo di crisi con i rappresentanti dell'azienda, gli enti locali e le organizzazioni sindacali. Durante l'incontro il Ministero ha ribadito l'importanza degli stabilimenti di Battipaglia e Terni ai fini della regolare acquisizione da parte di Jindal e quest'ultima ha rinviato alla successiva riunione l'illustrazione del piano industriale sul futuro delle due strutture;
    il 24 gennaio 2019 Jindal non si presentava al tavolo convocato dal Ministero dello sviluppo economico contemporaneamente comunicava alle organizzazioni sindacali di Battipaglia la cessazione della produzione e la chiusura dello stabilimento. Nell'apprendere tale decisione, il Ministero dello sviluppo economico ha denunciato possibili speculazioni da parte del gruppo Jindal, chiamando in causa Consob e Antitrust, ed ha convocato per il 28 gennaio 2019 l'ambasciatrice indiana a Roma per riferire circa le intenzioni di Jindal sul futuro degli stabilimenti italiani;
   ricordato che:
    in sede di risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01331 col quale i firmatari chiedevano di sapere quali iniziative intendesse adottare per rilanciare gli stabilimenti di Battipaglia e Terni e, con essi, un intero indotto siderurgico capace di realizzare un fatturato di 18 miliardi di dollari, il Governo si era già impegnato ad individuare un percorso diverso e di predisporre le eventuali azioni per la tutela dei lavoratori coinvolti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/180. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bazzaro, Saltamartini, Caparvi, Marchetti, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Errebi S.r.l.;
    la società svolge principalmente attività di consulenza nel campo pubblicitario e promozionale anche presso punti vendita e consulenze nel campo del marketing;
    la Società ha occupato mediamente circa 114 dipendenti;
    secondo quanto riportato dal quotidiano La Stampa del 14 giugno 2019, la società in data 1o aprile 2019 aveva comunicato ai dipendenti la cessazione del rapporto di lavoro,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/181Gusmeroli, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Errebi S.r.l.;
    la società svolge principalmente attività di consulenza nel campo pubblicitario e promozionale anche presso punti vendita e consulenze nel campo del marketing;
    la Società ha occupato mediamente circa 114 dipendenti;
    secondo quanto riportato dal quotidiano La Stampa del 14 giugno 2019, la società in data 1o aprile 2019 aveva comunicato ai dipendenti la cessazione del rapporto di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/181. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gusmeroli, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza relativa alla Manitalidea S.p.a.;
    Manitalidea spa è un'azienda di servizi alle imprese con sede a Ivrea che lavora con appalti pubblici e privati su tutto il territorio nazionale, in particolare nel settore delle pulizie, occupando circa 5.000 lavoratori;
    gli appalti coinvolti nella provincia di Torino riguardano Fca spa, Fpt spa, Alutek spa, Telecom, Iveco, Inps, Inali, Guardia di finanza. Agenzia del demanio Piemonte e Valle d'Aosta, Equitalia, e Trenitalia, Aci di Asti;
    l'11 giugno 2019 si è svolto un presidio di 150 persone davanti alla prefettura di Torino, come riportato dal sito TorinOggi, per protestare contro il ritardo di due mesi (aprile e maggio 2019) nel pagamento dello stipendio da parte della società Manitalidea e consorziate (Euralba e Mr. Job);
    come riportato dal sito BlogSicilia in data 13 giugno 2019 la situazione d'incertezza legata ai mancati pagamenti di Manitalidea coinvolge appalti su tutto il territorio nazionale: solo a Palermo e provincia 400 lavoratori denunciano ritardi nei pagamenti da parte di Manitalidea;
    anche in Liguria, secondo quanto riportato dalla stampa locale, si è concluso con un mancato accordo tra le parti un vertice in prefettura a Genova convocato dalle sigle sindacali per il mancato pagamento degli stipendi di trenta lavoratori della Manitalidea in tutta la regione, che ha in appalto la pulizia delle stazioni ferroviarie liguri,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/182Liuni, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Di Muro, Foscolo, Rixi, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza relativa alla Manitalidea S.p.a.;
    Manitalidea spa è un'azienda di servizi alle imprese con sede a Ivrea che lavora con appalti pubblici e privati su tutto il territorio nazionale, in particolare nel settore delle pulizie, occupando circa 5.000 lavoratori;
    gli appalti coinvolti nella provincia di Torino riguardano Fca spa, Fpt spa, Alutek spa, Telecom, Iveco, Inps, Inali, Guardia di finanza. Agenzia del demanio Piemonte e Valle d'Aosta, Equitalia, e Trenitalia, Aci di Asti;
    l'11 giugno 2019 si è svolto un presidio di 150 persone davanti alla prefettura di Torino, come riportato dal sito TorinOggi, per protestare contro il ritardo di due mesi (aprile e maggio 2019) nel pagamento dello stipendio da parte della società Manitalidea e consorziate (Euralba e Mr. Job);
    come riportato dal sito BlogSicilia in data 13 giugno 2019 la situazione d'incertezza legata ai mancati pagamenti di Manitalidea coinvolge appalti su tutto il territorio nazionale: solo a Palermo e provincia 400 lavoratori denunciano ritardi nei pagamenti da parte di Manitalidea;
    anche in Liguria, secondo quanto riportato dalla stampa locale, si è concluso con un mancato accordo tra le parti un vertice in prefettura a Genova convocato dalle sigle sindacali per il mancato pagamento degli stipendi di trenta lavoratori della Manitalidea in tutta la regione, che ha in appalto la pulizia delle stazioni ferroviarie liguri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/182. (Testo modificato nel corso della seduta) Liuni, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Di Muro, Foscolo, Rixi, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Solvay S.p.a.;
    il Gruppo Solvay è attivo a livello internazionale nel settore dei materiali avanzati e delle specialità chimiche. Con headquarters situato a Bruxelles, è presente in 61 Paesi, con 115 siti e una forza lavoro di circa 24.500 unità. Nel 2018 ha realizzato un fatturato di 10.3 miliardi di euro;
    la forza lavoro italiana è di 1900 unità, nei 7 siti produttivi che sono localizzati a: Ospiate (Milano), Spinetta Marengo (Alessandria), Mondovì (Cuneo), Livorno, Massa, Rosignano Solvay (Livorno) e Bollate (Milano). Qui è basata la direzione nazionale e uno dei più importanti centri di ricerca del Gruppo su scala mondiale;
    le varie aziende Solvay italiane hanno realizzato nel 2018 un fatturato di 1.549 milioni di euro. Gli investimenti complessivi nei vari siti italiani si quantificano in oltre 100 milioni/anno di euro, divisi fra modernizzazione delle tecnologie, interventi per l'impatto ambientale, manutenzioni mirate all'eccellenza produttiva, progetti speciali per la realizzazione di nuovi impianti, produzione e gestione dell'energia;
    Alkeemia, parte di Fluorsid Group, ha siglato un accordo preliminare con Solvay Specialty Polymers per l'acquisizione dell'impianto chimico di Porto Marghera;
    Fluorsid Group, realtà imprenditoriale italiana specializzata nella produzione dei derivati dell'acido fluoridrico con sede nell'area industriale di Cagliari, subentrerà alla società Solvay Specialty Polymers rilevando l'insieme di tutte le attività e le risorse presenti nel sito;
    la scelta di lasciare Porto Marghera – secondo i sindacati – arriva a valle delle decisioni del governo di inserire il sito nell'area di crisi complessa, che dovrebbe facilitare il reinsediamento delle produzioni esistenti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/183Tiramani, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Ministero dello sviluppo economico sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Solvay S.p.a.;
    il Gruppo Solvay è attivo a livello internazionale nel settore dei materiali avanzati e delle specialità chimiche. Con headquarters situato a Bruxelles, è presente in 61 Paesi, con 115 siti e una forza lavoro di circa 24.500 unità. Nel 2018 ha realizzato un fatturato di 10.3 miliardi di euro;
    la forza lavoro italiana è di 1900 unità, nei 7 siti produttivi che sono localizzati a: Ospiate (Milano), Spinetta Marengo (Alessandria), Mondovì (Cuneo), Livorno, Massa, Rosignano Solvay (Livorno) e Bollate (Milano). Qui è basata la direzione nazionale e uno dei più importanti centri di ricerca del Gruppo su scala mondiale;
    le varie aziende Solvay italiane hanno realizzato nel 2018 un fatturato di 1.549 milioni di euro. Gli investimenti complessivi nei vari siti italiani si quantificano in oltre 100 milioni/anno di euro, divisi fra modernizzazione delle tecnologie, interventi per l'impatto ambientale, manutenzioni mirate all'eccellenza produttiva, progetti speciali per la realizzazione di nuovi impianti, produzione e gestione dell'energia;
    Alkeemia, parte di Fluorsid Group, ha siglato un accordo preliminare con Solvay Specialty Polymers per l'acquisizione dell'impianto chimico di Porto Marghera;
    Fluorsid Group, realtà imprenditoriale italiana specializzata nella produzione dei derivati dell'acido fluoridrico con sede nell'area industriale di Cagliari, subentrerà alla società Solvay Specialty Polymers rilevando l'insieme di tutte le attività e le risorse presenti nel sito;
    la scelta di lasciare Porto Marghera – secondo i sindacati – arriva a valle delle decisioni del governo di inserire il sito nell'area di crisi complessa, che dovrebbe facilitare il reinsediamento delle produzioni esistenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela dei posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/183. (Testo modificato nel corso della seduta) Tiramani, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Maccanti, Molinari, Patelli, Pettazzi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Ledvance S.p.a.;
    LEDVANCE è tra i leader mondiali nel settore dell'illuminazione generale per i professionisti e per gli utenti finali. Nata dall'attività di OSRAM nel campo dell'illuminazione generale, l'azienda appartiene attualmente alla compagnia di illuminazione cinese MLS Co., LTD. (MLS). Con i suoi uffici in più di 50 paesi e le sue attività commerciali in oltre 140 paesi e nell'anno fiscale 2017, LEDVANCE ha conseguito un fatturato di circa 1.9 miliardi di Euro;
    la proprietà ha dichiarato che a seguito della riorganizzazione della multinazionale a livello globale sarebbe stata presa in considerazione la cessione del sito produttivo di Bari, pur confermando sia la permanenza degli uffici commerciali a Milano, sia quella del plant di Bari per un periodo di transizione di due anni;
    in particolare, la società ha precisato che pochi giorni prima dell'incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, il 9 febbraio u.s. è stato siglato un preliminare a seguito della decisione della proprietà di reindustrializzare lo stabilimento di Bari cedendo ad un investitore che ne riconvertisse le attività salvaguardando l'occupazione delle maestranze. Le attuali attività, gli addetti e il plant di Ledvance-Bari verranno trasferite a una new-co appositamente costituita e successivamente passeranno sotto il controllo del nuovo acquirente. Entro i prossimi due mesi si dovrebbe arrivare alla finalizzazione del closing. Le produzioni continueranno fino a tutto il 2019 e al 2020 grazie ad un contratto di fornitura con il nuovo investitore che garantirà ordinativi di lampade per il valore di almeno 35 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale del sito produttivo di Bari della Ledvance.
9/2203/184Tateo, Sasso, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Ledvance S.p.a.;
    LEDVANCE è tra i leader mondiali nel settore dell'illuminazione generale per i professionisti e per gli utenti finali. Nata dall'attività di OSRAM nel campo dell'illuminazione generale, l'azienda appartiene attualmente alla compagnia di illuminazione cinese MLS Co., LTD. (MLS). Con i suoi uffici in più di 50 paesi e le sue attività commerciali in oltre 140 paesi e nell'anno fiscale 2017, LEDVANCE ha conseguito un fatturato di circa 1.9 miliardi di Euro;
    la proprietà ha dichiarato che a seguito della riorganizzazione della multinazionale a livello globale sarebbe stata presa in considerazione la cessione del sito produttivo di Bari, pur confermando sia la permanenza degli uffici commerciali a Milano, sia quella del plant di Bari per un periodo di transizione di due anni;
    in particolare, la società ha precisato che pochi giorni prima dell'incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, il 9 febbraio u.s. è stato siglato un preliminare a seguito della decisione della proprietà di reindustrializzare lo stabilimento di Bari cedendo ad un investitore che ne riconvertisse le attività salvaguardando l'occupazione delle maestranze. Le attuali attività, gli addetti e il plant di Ledvance-Bari verranno trasferite a una new-co appositamente costituita e successivamente passeranno sotto il controllo del nuovo acquirente. Entro i prossimi due mesi si dovrebbe arrivare alla finalizzazione del closing. Le produzioni continueranno fino a tutto il 2019 e al 2020 grazie ad un contratto di fornitura con il nuovo investitore che garantirà ordinativi di lampade per il valore di almeno 35 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale del sito produttivo di Bari della Ledvance.
9/2203/184. (Testo modificato nel corso della seduta) Tateo, Sasso, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Sider Alloys S.p.a.;
    SiderAlloys International S.a. è una società svizzera operativa nel settore della siderurgia e della lavorazione di leghe;
    lo stabilimento industriale per la produzione di alluminio di Portovesme (Sud Sardegna), dopo la cessione da parte dell'Alcoa, è attualmente oggetto di un piano di rilancio condiviso tra le istituzioni e il nuovo proprietario, la Sider Alloys;
    per la completa realizzazione delle azioni previste è di vitale importanza lo scioglimento di uno dei nodi più rilevanti: quello relativo alla definizione del costo dell'energia;
    a distanza di quasi tre mesi ancora non è ancora stato definito il prezzo né è stato firmato alcun contratto né è stato fissato il valore della interrompibilità;
    in seguito a questi ritardi l'azienda subentrata all'Alcoa si trova dinanzi a un quadro di incertezza, che di fatto impedisce una programmazione degli investimenti in linea con i piani precedentemente approvati e che, se dovesse protrarsi ancora nel tempo, rischia di pregiudicare l'intera operazione di rilancio del polo industriale di Portovesme;
    tale situazione di incertezza rischia di incidere anche sulla situazione lavorativa delle oltre 135 unità lavorative già presenti nello stesso stabilimento e mette a rischio l'obiettivo di arrivare a oltre 600 occupati;
    dall'insediamento la Sider Alloys – che ha un progetto di investimenti per 135 milioni di euro (8 a fondo perduto, 84 finanziati con un tasso agevolato, 20 messi a disposizione dall'Alcoa e il resto in capo al nuovo proprietario) l'inserimento di circa 370 lavoratori diretti e 70 a contratto, più eventuali altri 50 in caso di riavvio di un ulteriore impianto, la cosiddetta «fabbrica degli anodi» – ha già speso una trentina di milioni di euro per gli interventi di pre revamping, l'acquisto di trasformatori e le azioni propedeutiche alla ristrutturazione. All'interno della fabbrica operano circa 140 persone e l'azienda ha già comunicato che «a decorrere dal 25 ottobre, SiderAlloys Italia Spa darà corso ad un programma di fruizione delle ferie arretrate attualmente in capo a ciascuno dei dipendenti». «Tale programma si rende necessario per fronteggiare l'insufficienza dei programmi di lavoro relativi alla fase attuale del progetto di revamping – aggiunge il responsabile del personale della SiderAlloys Italia Spa –. Inoltre, stante l'attuale situazione, la fruizione delle ferie consentirà alla scrivente di ottemperare ai requisiti di legge previsti per la richiesta di un provvedimento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria in Deroga, in tal senso, siamo a chiedervi la disponibilità ad effettuare un incontro sindacale a carattere d'urgenza per l'esame preliminare della problematica esposta.»,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/185Formentini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Sider Alloys S.p.a.;
    SiderAlloys International S.a. è una società svizzera operativa nel settore della siderurgia e della lavorazione di leghe;
    lo stabilimento industriale per la produzione di alluminio di Portovesme (Sud Sardegna), dopo la cessione da parte dell'Alcoa, è attualmente oggetto di un piano di rilancio condiviso tra le istituzioni e il nuovo proprietario, la Sider Alloys;
    per la completa realizzazione delle azioni previste è di vitale importanza lo scioglimento di uno dei nodi più rilevanti: quello relativo alla definizione del costo dell'energia;
    a distanza di quasi tre mesi ancora non è ancora stato definito il prezzo né è stato firmato alcun contratto né è stato fissato il valore della interrompibilità;
    in seguito a questi ritardi l'azienda subentrata all'Alcoa si trova dinanzi a un quadro di incertezza, che di fatto impedisce una programmazione degli investimenti in linea con i piani precedentemente approvati e che, se dovesse protrarsi ancora nel tempo, rischia di pregiudicare l'intera operazione di rilancio del polo industriale di Portovesme;
    tale situazione di incertezza rischia di incidere anche sulla situazione lavorativa delle oltre 135 unità lavorative già presenti nello stesso stabilimento e mette a rischio l'obiettivo di arrivare a oltre 600 occupati;
    dall'insediamento la Sider Alloys – che ha un progetto di investimenti per 135 milioni di euro (8 a fondo perduto, 84 finanziati con un tasso agevolato, 20 messi a disposizione dall'Alcoa e il resto in capo al nuovo proprietario) l'inserimento di circa 370 lavoratori diretti e 70 a contratto, più eventuali altri 50 in caso di riavvio di un ulteriore impianto, la cosiddetta «fabbrica degli anodi» – ha già speso una trentina di milioni di euro per gli interventi di pre revamping, l'acquisto di trasformatori e le azioni propedeutiche alla ristrutturazione. All'interno della fabbrica operano circa 140 persone e l'azienda ha già comunicato che «a decorrere dal 25 ottobre, SiderAlloys Italia Spa darà corso ad un programma di fruizione delle ferie arretrate attualmente in capo a ciascuno dei dipendenti». «Tale programma si rende necessario per fronteggiare l'insufficienza dei programmi di lavoro relativi alla fase attuale del progetto di revamping – aggiunge il responsabile del personale della SiderAlloys Italia Spa –. Inoltre, stante l'attuale situazione, la fruizione delle ferie consentirà alla scrivente di ottemperare ai requisiti di legge previsti per la richiesta di un provvedimento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria in Deroga, in tal senso, siamo a chiedervi la disponibilità ad effettuare un incontro sindacale a carattere d'urgenza per l'esame preliminare della problematica esposta.»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/185. (Testo modificato nel corso della seduta) Formentini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Stefanel S.p.a.;
    il consiglio di amministrazione della società Stefanel ha deliberato di avviare l’iter per la procedura di ammissione all'amministrazione straordinaria;
    la decisione si è resa necessaria stante la mancata definizione di un accordo con i propri investitori, dell'assenza di altri interlocutori interessati a supportare la società nella formalizzazione dell'ipotizzata proposta concordataria e dell'impercorribilità di ipotesi autonome di rafforzamento patrimoniale e ristrutturazione dell'indebitamento complessivo;
    l'azienda è gravata da un debito complessivo di 88,7 milioni di euro, di cui 17,12 debiti commerciali residui;
    il 7 febbraio 2019, il Ministero dello sviluppo economico, comunicava che era stato definito il piano industriale per il rilancio della Stefanel e la salvaguardia dei lavoratori. Successivamente, è stato sottoscritto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'accordo per la concessione della cassa integrazione a decorrere dalla data dell'11 febbraio 2019;
    in conseguenza dei suddetti termini il Ministero dello sviluppo economico si era impegnato a mantenere un tavolo di monitoraggio periodico sul percorso di rilancio dell'azienda,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/186Giacometti, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Stefanel S.p.a.;
    il consiglio di amministrazione della società Stefanel ha deliberato di avviare l’iter per la procedura di ammissione all'amministrazione straordinaria;
    la decisione si è resa necessaria stante la mancata definizione di un accordo con i propri investitori, dell'assenza di altri interlocutori interessati a supportare la società nella formalizzazione dell'ipotizzata proposta concordataria e dell'impercorribilità di ipotesi autonome di rafforzamento patrimoniale e ristrutturazione dell'indebitamento complessivo;
    l'azienda è gravata da un debito complessivo di 88,7 milioni di euro, di cui 17,12 debiti commerciali residui;
    il 7 febbraio 2019, il Ministero dello sviluppo economico, comunicava che era stato definito il piano industriale per il rilancio della Stefanel e la salvaguardia dei lavoratori. Successivamente, è stato sottoscritto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'accordo per la concessione della cassa integrazione a decorrere dalla data dell'11 febbraio 2019;
    in conseguenza dei suddetti termini il Ministero dello sviluppo economico si era impegnato a mantenere un tavolo di monitoraggio periodico sul percorso di rilancio dell'azienda,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/186. (Testo modificato nel corso della seduta) Giacometti, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Tecnologie Diesel S.p.A.;
    Tecnologie Diesel S.p.A., è una società del gruppo Bosch, leader nella produzione di componenti per sistemi di iniezione Diesel Common Rail dove sono impiegati 1.840 lavoratori, per lo più addetti alla produzione di motori diesel;
    lo stabilimento di Modugno (Bari) è attualmente interessato da uno stato di crisi dovuto alla significativa contrazione che ha subito il mercato del diesel, sia in Italia che in Europa. Stando alle stime prospettate, tale tendenza proseguirà nei prossimi anni sino a far registrare, nel 2030, una perdita pari addirittura al 90 per cento circa della quota di mercato «diesel» in Europa, con inevitabile contrazione dei livelli occupazionali;
    il gruppo Bosch sarebbe quindi impegnato in una fase di riconversione della sua produzione, da un lato, verso la mobilità elettrica e, dall'altro, verso settori diversi rispetto all’automotive;
    per perseguire tali obiettivi la Bosch ha dichiarato la volontà di avviare un percorso di riconversione che dovrà interessare anche il personale, attraverso una capillare e mirata attività di formazione;
    il piano di investimento prospettato dai vertici della Bosch durante l'incontro presso il Ministero dello sviluppo economico e relativo all'impianto di Bari-Modugno, ammonterebbe, complessivamente, a circa 40 milioni di euro con la previsione di 620 esuberi entro il 2020,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale dello stabilimento Bosch di Bari.
9/2203/187Toccalini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Tateo, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza di Tecnologie Diesel S.p.A.;
    Tecnologie Diesel S.p.A., è una società del gruppo Bosch, leader nella produzione di componenti per sistemi di iniezione Diesel Common Rail dove sono impiegati 1.840 lavoratori, per lo più addetti alla produzione di motori diesel;
    lo stabilimento di Modugno (Bari) è attualmente interessato da uno stato di crisi dovuto alla significativa contrazione che ha subito il mercato del diesel, sia in Italia che in Europa. Stando alle stime prospettate, tale tendenza proseguirà nei prossimi anni sino a far registrare, nel 2030, una perdita pari addirittura al 90 per cento circa della quota di mercato «diesel» in Europa, con inevitabile contrazione dei livelli occupazionali;
    il gruppo Bosch sarebbe quindi impegnato in una fase di riconversione della sua produzione, da un lato, verso la mobilità elettrica e, dall'altro, verso settori diversi rispetto all’automotive;
    per perseguire tali obiettivi la Bosch ha dichiarato la volontà di avviare un percorso di riconversione che dovrà interessare anche il personale, attraverso una capillare e mirata attività di formazione;
    il piano di investimento prospettato dai vertici della Bosch durante l'incontro presso il Ministero dello sviluppo economico e relativo all'impianto di Bari-Modugno, ammonterebbe, complessivamente, a circa 40 milioni di euro con la previsione di 620 esuberi entro il 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa volta a favorire i processi di riconversione industriale dello stabilimento Bosch di Bari.
9/2203/187. (Testo modificato nel corso della seduta) Toccalini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Tateo, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza de la Vesuvius di Assemini;
    la multinazionale inglese «Vesuvius», leader mondiale nella produzione e commercializzazione di materiali per l'industria siderurgica, ha chiuso il 31 dicembre 2016 gli stabilimenti di Assemini (Cagliari) e Avezzano (L'Aquila) con il licenziamento di tutti i lavoratori: rispettivamente 105 e 90 diretti, più almeno altrettanti nell'indotto;
    da quanto emerso nei mesi scorsi sarebbe stata presentata una manifestazione di interesse da parte della Lumatech ad acquisire lo stabilimento di Macchiareddu per realizzare un'attività manifatturiera incentrata sull'utilizzo della fibra di carbonio, aggiornata al 9 gennaio per capire quale sia il piano industriale che, allo stato attuale, sembra prevedere un investimento di 15 milioni, da realizzare con il contributo della Regione, e l'impiego di circa 200 lavoratori,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/188Billi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza de la Vesuvius di Assemini;
    la multinazionale inglese «Vesuvius», leader mondiale nella produzione e commercializzazione di materiali per l'industria siderurgica, ha chiuso il 31 dicembre 2016 gli stabilimenti di Assemini (Cagliari) e Avezzano (L'Aquila) con il licenziamento di tutti i lavoratori: rispettivamente 105 e 90 diretti, più almeno altrettanti nell'indotto;
    da quanto emerso nei mesi scorsi sarebbe stata presentata una manifestazione di interesse da parte della Lumatech ad acquisire lo stabilimento di Macchiareddu per realizzare un'attività manifatturiera incentrata sull'utilizzo della fibra di carbonio, aggiornata al 9 gennaio per capire quale sia il piano industriale che, allo stato attuale, sembra prevedere un investimento di 15 milioni, da realizzare con il contributo della Regione, e l'impiego di circa 200 lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/188. (Testo modificato nel corso della seduta) Billi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Whirlpool;
    nel mese di settembre 2019 la multinazionale Whirlpool ha comunicato la cessione dello stabilimento di Napoli, in quanto non produttivo, alla società Prs (Passive Refrigeration Solutions) con sede a Lugano. L'acquirente, secondo fonti giornalistiche, avrebbe intenzione di riconvertire la fabbrica, passando dalla produzione di lavatrici di nuova generazione all'assemblaggio di container refrigeranti, annunciando al tempo stesso di non poter assorbire tutta l'attuale forza lavoro e di dover ricorrere alla cassa integrazione per alcuni addetti;
    la decisione della proprietà è arrivata, del tutto inaspettatamente, dopo che il 25 ottobre 2018 Whirlpool aveva annunciato un piano industriale che prevedeva investimenti per 250 milioni di euro da distribuire tra il 2019 e il 2021, dei quali circa 17 milioni destinati allo stabilimento di Napoli, ottenendo così, nell'accordo firmato dal Governo presso il Ministero dello sviluppo economico, l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che avevano lo scopo di supportare proprio il piano di investimenti;
    in particolare, oltre il sito napoletano, crea allarme tra i lavoratori, i sindacati e gli enti locali la situazione dello stabilimento Whirlpool di Siena la cui condizione è analoga a quella del capoluogo campano: produce, infatti, congelatori a pozzetto la cui richiesta sul mercato è in sensibile calo;
    lo stabilimento di Siena vive, in particolare, da anni una situazione di grave, precarietà: la produzione è calata dagli 800 mila elettrodomestici ed i 600 operai del 2008, ai 320 mila elettrodomestici ed ai 350 dipendenti del 2018;
    il 9 ottobre 2019 si è tenuto a Palazzo Chigi un incontro sulla vicenda Whirlpool nel corso del quale le associazioni sindacali hanno chiesto al Presidente del Consiglio ed al Ministro dello sviluppo economico, di far rispettare alla multinazionale gli accordi assunti con il piano industriale;
    dall'incontro sarebbe emersa la disponibilità da parte di Whirlpool di «riprendere il confronto» e sospendere a procedura di cessione di ramo d'azienda dello stabilimento di Napoli «non oltre il 31 ottobre». Per i sindacati la proposta della multinazionale, che «vorrebbe comunque mantenere» la riconversione industriale della fabbrica campana, non è accettabile,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/189Invernizzi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Bellachioma, Latini, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza Whirlpool;
    nel mese di settembre 2019 la multinazionale Whirlpool ha comunicato la cessione dello stabilimento di Napoli, in quanto non produttivo, alla società Prs (Passive Refrigeration Solutions) con sede a Lugano. L'acquirente, secondo fonti giornalistiche, avrebbe intenzione di riconvertire la fabbrica, passando dalla produzione di lavatrici di nuova generazione all'assemblaggio di container refrigeranti, annunciando al tempo stesso di non poter assorbire tutta l'attuale forza lavoro e di dover ricorrere alla cassa integrazione per alcuni addetti;
    la decisione della proprietà è arrivata, del tutto inaspettatamente, dopo che il 25 ottobre 2018 Whirlpool aveva annunciato un piano industriale che prevedeva investimenti per 250 milioni di euro da distribuire tra il 2019 e il 2021, dei quali circa 17 milioni destinati allo stabilimento di Napoli, ottenendo così, nell'accordo firmato dal Governo presso il Ministero dello sviluppo economico, l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che avevano lo scopo di supportare proprio il piano di investimenti;
    in particolare, oltre il sito napoletano, crea allarme tra i lavoratori, i sindacati e gli enti locali la situazione dello stabilimento Whirlpool di Siena la cui condizione è analoga a quella del capoluogo campano: produce, infatti, congelatori a pozzetto la cui richiesta sul mercato è in sensibile calo;
    lo stabilimento di Siena vive, in particolare, da anni una situazione di grave, precarietà: la produzione è calata dagli 800 mila elettrodomestici ed i 600 operai del 2008, ai 320 mila elettrodomestici ed ai 350 dipendenti del 2018;
    il 9 ottobre 2019 si è tenuto a Palazzo Chigi un incontro sulla vicenda Whirlpool nel corso del quale le associazioni sindacali hanno chiesto al Presidente del Consiglio ed al Ministro dello sviluppo economico, di far rispettare alla multinazionale gli accordi assunti con il piano industriale;
    dall'incontro sarebbe emersa la disponibilità da parte di Whirlpool di «riprendere il confronto» e sospendere a procedura di cessione di ramo d'azienda dello stabilimento di Napoli «non oltre il 31 ottobre». Per i sindacati la proposta della multinazionale, che «vorrebbe comunque mantenere» la riconversione industriale della fabbrica campana, non è accettabile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale richiamata in premessa.
9/2203/189. (Testo modificato nel corso della seduta) Invernizzi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Bellachioma, Latini, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Società delle Terme S.p.A.;
    l'azienda abruzzese opera nelle terme di Popoli, di Caramanico e sulla Maiella con un resort;
    la Terme S.p.A. offrono una scelta differenziata che va dalle cure termali tradizionali, a quelle di lusso e alla riabilitazione;
    a fronte di grossi investimenti realizzati nel corso degli anni, ha visto i suoi bilanci chiudere in perdita a causa dell'elevato debito;
    nel 2018 non si è potuto evitare la volontaria messa in liquidazione della società;
    la crisi aziendale tocca direttamente circa 150 lavoratori, sia a tempo indeterminato che stagionali, e un indotto di circa 200 addetti,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati alla crisi aziendale affinché si possano salvaguardare i lavoratori e quella che è una realtà imprenditoriale importante per un territorio già provato dagli eventi sismici.
9/2203/190Vallotto, Latini, Paolini, Patassini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Claudio Borghi, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza della Società delle Terme S.p.A.;
    l'azienda abruzzese opera nelle terme di Popoli, di Caramanico e sulla Maiella con un resort;
    la Terme S.p.A. offrono una scelta differenziata che va dalle cure termali tradizionali, a quelle di lusso e alla riabilitazione;
    a fronte di grossi investimenti realizzati nel corso degli anni, ha visto i suoi bilanci chiudere in perdita a causa dell'elevato debito;
    nel 2018 non si è potuto evitare la volontaria messa in liquidazione della società;
    la crisi aziendale tocca direttamente circa 150 lavoratori, sia a tempo indeterminato che stagionali, e un indotto di circa 200 addetti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati alla crisi aziendale affinché si possano salvaguardare i lavoratori e quella che è una realtà imprenditoriale importante per un territorio già provato dagli eventi sismici.
9/2203/190. (Testo modificato nel corso della seduta) Vallotto, Latini, Paolini, Patassini, Sasso, Tateo, Alessandro Pagano, De Martini, Furgiuele, Claudio Borghi, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti, Ziello, Bellachioma, D'Eramo, Cantalamessa, Castiello, Caparvi, Marchetti, Basini, De Angelis, Durigon, Gerardi, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del gruppo Ferrarini S.p.A.;
    il Gruppo Ferrarini – nota eccellenza reggiana dell'agroalimentare che conta 800 dipendenti e sedi in diverse località emiliane e lombarde – vive da tempo una pesante crisi di liquidità: in particolare, l'azienda soffre di un ingente indebitamento (nel bilancio 2016 ammontava a 280 milioni di euro) anche a causa di una pregressa esposizione nei confronti di diversi istituti di credito cui in passato si era affidata per sostenere un piano di crescita aziendale. Ad aggravare ulteriormente la situazione è subentrata anche la crisi di Veneto Banca, di cui il gruppo possiede un cospicuo numero di azioni (intorno ai 15 milioni di euro) che erano state poste a garanzia dei prestiti accordati;
    nel 2016 per far fronte a questi primi segnali di crisi il Gruppo si è scisso in due parti: da un lato, le produzioni industriali di prosciutto e salumi, ossia le aziende Ferrarini e Vismara; dall'altro la Società agricola Ferrarini, cui fa capo il resto delle attività (come la produzione di parmigiano, vino e aceto balsamico, per marchi come Le Corti di Filippo Re, Latterie di montagna Matilde di Canossa e Ferrarini Shop) e che possiede la maggior parte del patrimonio del gruppo. Da alcuni mesi purtroppo Ferrarini Vismara e la Società Agricola Ferrarini sono tutte in regime di concordato con riserva. Per Ferrarini S.p.A. entro il 28 dicembre 2018 dovevano essere presentatela proposta concordataria, il piano e la documentazione di cui all'articolo 160, commi 2 e 3, della legge fallimentare, ma con decreto del tribunale di Reggio Emilia del 4 dicembre 2018, tale termine è stato prorogato di 60 giorni; per Società Agricola Ferrarini S.p.A. tale termine scadeva il 16 ottobre 2018 ed è stato prorogato di 120 giorni;
    in vista di tali scadenze presso il Ministero dello sviluppo economico si sono svolti due incontri – il 3 agosto e il 24 ottobre 2018 – nel corso dei quali sono stati individuati tre punti principali della vertenza riguardante il Gruppo Ferrarini: contratto di solidarietà per i lavoratori Ferrarini di Rivaltella (Reggio Emilia) e Lesignano Bagni (Parma), e cassa integrazione straordinaria per quelli della Vismara di Casatenovo (Lecco), oltre al termine di 150 giorni per l'elaborazione dei piani industriali delle aziende derivanti dal concordato (affidati alla società di consulenza aziendale Roland Berger), quindi in accordo con i commissari giudiziali nominati;
    a seguito degli incontri tra azienda e parti sociali e di quelli promossi presso il suddetto Ministero, in data 19 novembre 2018, si è tenuto, nella sede dell'Unione Montana Appennino Parma Est, un tavolo istituzionale sulla crisi dell'azienda Ferrarini presieduto dai sindaci dei territori coinvolti, nel corso del quale è emersa grande preoccupazione per la situazione in cui versa il gruppo ed è stato chiesto «ai parlamentari del territorio un concreto interessamento alla vertenza e ribadire l'importanza delle prossime riunioni al Mise coinvolgendo le istituzioni locali»;
    già con atto ispettivo n. 4-02062, tuttora giacente privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quali iniziative il Governo intendesse promuovere per favorire la ripresa delle aziende che fanno capo al gruppo Ferrarini, al fine di preservare questa eccellenza del made in Italy agro-alimentare e, con essa, i livelli occupazionali che fino ad oggi ha garantito sul territorio emiliano e della Brianza lecchese,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/191Morrone, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del gruppo Ferrarini S.p.A.;
    il Gruppo Ferrarini – nota eccellenza reggiana dell'agroalimentare che conta 800 dipendenti e sedi in diverse località emiliane e lombarde – vive da tempo una pesante crisi di liquidità: in particolare, l'azienda soffre di un ingente indebitamento (nel bilancio 2016 ammontava a 280 milioni di euro) anche a causa di una pregressa esposizione nei confronti di diversi istituti di credito cui in passato si era affidata per sostenere un piano di crescita aziendale. Ad aggravare ulteriormente la situazione è subentrata anche la crisi di Veneto Banca, di cui il gruppo possiede un cospicuo numero di azioni (intorno ai 15 milioni di euro) che erano state poste a garanzia dei prestiti accordati;
    nel 2016 per far fronte a questi primi segnali di crisi il Gruppo si è scisso in due parti: da un lato, le produzioni industriali di prosciutto e salumi, ossia le aziende Ferrarini e Vismara; dall'altro la Società agricola Ferrarini, cui fa capo il resto delle attività (come la produzione di parmigiano, vino e aceto balsamico, per marchi come Le Corti di Filippo Re, Latterie di montagna Matilde di Canossa e Ferrarini Shop) e che possiede la maggior parte del patrimonio del gruppo. Da alcuni mesi purtroppo Ferrarini Vismara e la Società Agricola Ferrarini sono tutte in regime di concordato con riserva. Per Ferrarini S.p.A. entro il 28 dicembre 2018 dovevano essere presentatela proposta concordataria, il piano e la documentazione di cui all'articolo 160, commi 2 e 3, della legge fallimentare, ma con decreto del tribunale di Reggio Emilia del 4 dicembre 2018, tale termine è stato prorogato di 60 giorni; per Società Agricola Ferrarini S.p.A. tale termine scadeva il 16 ottobre 2018 ed è stato prorogato di 120 giorni;
    in vista di tali scadenze presso il Ministero dello sviluppo economico si sono svolti due incontri – il 3 agosto e il 24 ottobre 2018 – nel corso dei quali sono stati individuati tre punti principali della vertenza riguardante il Gruppo Ferrarini: contratto di solidarietà per i lavoratori Ferrarini di Rivaltella (Reggio Emilia) e Lesignano Bagni (Parma), e cassa integrazione straordinaria per quelli della Vismara di Casatenovo (Lecco), oltre al termine di 150 giorni per l'elaborazione dei piani industriali delle aziende derivanti dal concordato (affidati alla società di consulenza aziendale Roland Berger), quindi in accordo con i commissari giudiziali nominati;
    a seguito degli incontri tra azienda e parti sociali e di quelli promossi presso il suddetto Ministero, in data 19 novembre 2018, si è tenuto, nella sede dell'Unione Montana Appennino Parma Est, un tavolo istituzionale sulla crisi dell'azienda Ferrarini presieduto dai sindaci dei territori coinvolti, nel corso del quale è emersa grande preoccupazione per la situazione in cui versa il gruppo ed è stato chiesto «ai parlamentari del territorio un concreto interessamento alla vertenza e ribadire l'importanza delle prossime riunioni al Mise coinvolgendo le istituzioni locali»;
    già con atto ispettivo n. 4-02062, tuttora giacente privo di risposta, i firmatari chiedevano al Governo di attivarsi per una soluzione a salvaguardia dei livelli occupazionali e quali iniziative il Governo intendesse promuovere per favorire la ripresa delle aziende che fanno capo al gruppo Ferrarini, al fine di preservare questa eccellenza del made in Italy agro-alimentare e, con essa, i livelli occupazionali che fino ad oggi ha garantito sul territorio emiliano e della Brianza lecchese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/191. (Testo modificato nel corso della seduta) Morrone, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del gruppo Grancasa S.p.A.;
    il gruppo Grancasa è un'azienda nata negli anni ’80 e leader nella grande distribuzione in vari settori, tra i quali arredamenti, casalinghi ed elettrodomestici;
    Grancasa ha sede in Legnano e conta ben 18 punti vendita dislocati nelle province di La Spezia, Savona, Torino, Cuneo, Verbania, Como, Varese, Milano, Pavia, Vicenza con oltre 700 addetti complessivi;
    negli ultimi anni la situazione si è ulteriormente aggravata con evidenti problemi di liquidità che si sono riverberati a danno dei lavoratori del gruppo;
    la società, con lettera, datata 20 marzo 2019, ha avviato una procedura di licenziamento collettivo, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, dichiarando un esubero totale pari a 111 unità lavorative;
    il 7 maggio 2019, con nota protocollata dal Ministero dello sviluppo economico, la società aveva reso nota la conclusione della fase sindacale con esito negativo e, pertanto, l'azienda e le organizzazioni sindacali erano state convocate per l'espletamento della fase amministrativa per la data del 27 maggio 2019;
    il 7 giugno presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e della Regione Lombardia, si è svolta una riunione finale sulla procedura di licenziamento collettivo avviato da Grancasa, nel corso della quale l'azienda, dopo aver ribadito le ragioni che l'hanno condotta all'avvio della procedura di licenziamento collettivo, ha precisato che le unità lavorative in esubero sono 100, essendosi ridotto il numero a causa di dimissioni intervenute nelle more della convocazione ministeriale;
    sono stati inutili i diversi tentativi finora messi in atto per trovare soluzioni alternative alle procedure di licenziamento collettivo: il gruppo ha confermato tutti i complessivi 158 esuberi e la volontà di proseguire nella procedura di licenziamento collettivo, nonostante la direzione aziendale abbia confermato che anche maggio 2019 si è chiuso con un +7 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, il che testimonia una crescita in termini di fatturato;
    secondo i sindacati siffatte riduzioni di personale sono mirate non tanto e non solo a un contenimento dei costi, bensì anche e soprattutto a ridurre le dimensioni dell'azienda per renderla più appetibile per una vendita;
   in sede risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-02219, con il quale i firmatari chiedevano di convocare un tavolo di conforto con le società Grancasa S.p.A., Mercatone di Desenzano, S.r.l., Mercatone dell'Umbria S.r.l. e Gest Due S.r.l., del gruppo Grancasa per definire – come alternativa alle procedure di licenziamento collettivo – un percorso di rilancio e ampliamento dell'azienda, anche con il ricorso a eventuali incentivi messi a punto nella scorsa sessione di bilancio e introdotti con il «decreto Crescita», il Governo si era impegnato ad avviare un dibattito attraverso l'apertura di un tavolo di confronto finalizzato a valutare la possibilità di percorsi alternativi al paventato licenziamento collettivo, anche in considerazione delle misure che verranno introdotte con il decreto crescita, al fine di limitare il più possibile l'impatto negativo che le strategie aziendali potrebbero avere sull'occupazione,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/192Fogliani, Dara, Cecchetti, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza del gruppo Grancasa S.p.A.;
    il gruppo Grancasa è un'azienda nata negli anni ’80 e leader nella grande distribuzione in vari settori, tra i quali arredamenti, casalinghi ed elettrodomestici;
    Grancasa ha sede in Legnano e conta ben 18 punti vendita dislocati nelle province di La Spezia, Savona, Torino, Cuneo, Verbania, Como, Varese, Milano, Pavia, Vicenza con oltre 700 addetti complessivi;
    negli ultimi anni la situazione si è ulteriormente aggravata con evidenti problemi di liquidità che si sono riverberati a danno dei lavoratori del gruppo;
    la società, con lettera, datata 20 marzo 2019, ha avviato una procedura di licenziamento collettivo, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, dichiarando un esubero totale pari a 111 unità lavorative;
    il 7 maggio 2019, con nota protocollata dal Ministero dello sviluppo economico, la società aveva reso nota la conclusione della fase sindacale con esito negativo e, pertanto, l'azienda e le organizzazioni sindacali erano state convocate per l'espletamento della fase amministrativa per la data del 27 maggio 2019;
    il 7 giugno presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e della Regione Lombardia, si è svolta una riunione finale sulla procedura di licenziamento collettivo avviato da Grancasa, nel corso della quale l'azienda, dopo aver ribadito le ragioni che l'hanno condotta all'avvio della procedura di licenziamento collettivo, ha precisato che le unità lavorative in esubero sono 100, essendosi ridotto il numero a causa di dimissioni intervenute nelle more della convocazione ministeriale;
    sono stati inutili i diversi tentativi finora messi in atto per trovare soluzioni alternative alle procedure di licenziamento collettivo: il gruppo ha confermato tutti i complessivi 158 esuberi e la volontà di proseguire nella procedura di licenziamento collettivo, nonostante la direzione aziendale abbia confermato che anche maggio 2019 si è chiuso con un +7 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, il che testimonia una crescita in termini di fatturato;
    secondo i sindacati siffatte riduzioni di personale sono mirate non tanto e non solo a un contenimento dei costi, bensì anche e soprattutto a ridurre le dimensioni dell'azienda per renderla più appetibile per una vendita;
   in sede risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-02219, con il quale i firmatari chiedevano di convocare un tavolo di conforto con le società Grancasa S.p.A., Mercatone di Desenzano, S.r.l., Mercatone dell'Umbria S.r.l. e Gest Due S.r.l., del gruppo Grancasa per definire – come alternativa alle procedure di licenziamento collettivo – un percorso di rilancio e ampliamento dell'azienda, anche con il ricorso a eventuali incentivi messi a punto nella scorsa sessione di bilancio e introdotti con il «decreto Crescita», il Governo si era impegnato ad avviare un dibattito attraverso l'apertura di un tavolo di confronto finalizzato a valutare la possibilità di percorsi alternativi al paventato licenziamento collettivo, anche in considerazione delle misure che verranno introdotte con il decreto crescita, al fine di limitare il più possibile l'impatto negativo che le strategie aziendali potrebbero avere sull'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/192. (Testo modificato nel corso della seduta) Fogliani, Dara, Cecchetti, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    la produzione della ceramica è una delle realtà industriali più rilevanti dell'Emilia Romagna, un'arte antichissima i cui primi manufatti risalirebbero al periodo del Neolitico;
    l'Emilia Romagna è da sempre un territorio che ben si presta alla lavorazione della ceramica lo si deve principalmente alle caratteristiche del sottosuolo di alcune zone della regione si contraddistinguono da sempre per il terreno argilloso;
    la situazione infrastrutturale delle strade limitrofe alla zona di produzione delle Ceramiche è molto poco efficiente anche a causa dei continui movimenti franosi che vanno ad interessare le sedi viarie delle strade provinciali come la SP 325 R interrotta da 6 mesi all'altezza di Gardelletta con disagi enormi per l'intera vallata, per le famiglie, i pendolari, gli studenti e le aziende che collegano tra loro i distretti produttivi della Ceramica,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese ripristinando i normali livelli di traffico e di sicurezza stradale nel territorio della regione Emilia Romagna, nell'ottica di sostenere le crisi aziendali del settore della ceramica fortemente penalizzate dalle carenze dei collegamenti stradali dovuti ai movimenti franosi che hanno interessato le strade SP 325 R, la Cispadana nel tratto Gualtieri-Bresciello, la SP 33 tra Polinago e Miceno di Pavullo e la SP 486 R nel tratto Toano- Cerredolo e Frassinoro-Passo Radici.
9/2203/193Golinelli, Cavandoli, Cestari, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    la produzione della ceramica è una delle realtà industriali più rilevanti dell'Emilia Romagna, un'arte antichissima i cui primi manufatti risalirebbero al periodo del Neolitico;
    l'Emilia Romagna è da sempre un territorio che ben si presta alla lavorazione della ceramica lo si deve principalmente alle caratteristiche del sottosuolo di alcune zone della regione si contraddistinguono da sempre per il terreno argilloso;
    la situazione infrastrutturale delle strade limitrofe alla zona di produzione delle Ceramiche è molto poco efficiente anche a causa dei continui movimenti franosi che vanno ad interessare le sedi viarie delle strade provinciali come la SP 325 R interrotta da 6 mesi all'altezza di Gardelletta con disagi enormi per l'intera vallata, per le famiglie, i pendolari, gli studenti e le aziende che collegano tra loro i distretti produttivi della Ceramica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese ripristinando i normali livelli di traffico e di sicurezza stradale nel territorio della regione Emilia Romagna, nell'ottica di sostenere le crisi aziendali del settore della ceramica fortemente penalizzate dalle carenze dei collegamenti stradali dovuti ai movimenti franosi che hanno interessato le strade SP 325 R, la Cispadana nel tratto Gualtieri-Bresciello, la SP 33 tra Polinago e Miceno di Pavullo e la SP 486 R nel tratto Toano- Cerredolo e Frassinoro-Passo Radici.
9/2203/193. (Testo modificato nel corso della seduta) Golinelli, Cavandoli, Cestari, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    nel Cremasco quest'anno, tra le stazioni di Castellone e Capralba, sono state almeno una decina le segnalazioni fatte per casi di passaggi a livello rimasti aperti durante il passaggio di convogli ferroviari;
    i passaggi a livello si caratterizzano per la presenza di apparecchiature elettromeccaniche a protezione dei punti di attraversamento, che sono regolate da apparati delle stazioni o da automatismi gestiti dal treno in avvicinamento, presegnalato in forma sonora e visiva;
    molto spesso i dispositivi di segnalazione o gli stessi congegni elettromeccanici non entrano in funzione, mettendo a repentaglio l'incolumità dei soggetti che attraversano l'intersezione: da ultimo, nei comuni di Capralba e Castelleone (provincia di Cremona) in più passaggi a livello le barriere del passaggio a livello non si sarebbero abbassate al passaggio del treno, costituendo un serio pericolo per i soggetti in transito (in un caso addirittura uno scuolabus),

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e tutelare la logistica del trasporto merci su ferro in entrata ed uscita dalle aziende locali e per ripristinare il livello di sicurezza ferroviaria per i tanti pendolari che quotidianamente percorrono la tratta Cremona-Treviglio.
9/2203/194Gobbato, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    nel Cremasco quest'anno, tra le stazioni di Castellone e Capralba, sono state almeno una decina le segnalazioni fatte per casi di passaggi a livello rimasti aperti durante il passaggio di convogli ferroviari;
    i passaggi a livello si caratterizzano per la presenza di apparecchiature elettromeccaniche a protezione dei punti di attraversamento, che sono regolate da apparati delle stazioni o da automatismi gestiti dal treno in avvicinamento, presegnalato in forma sonora e visiva;
    molto spesso i dispositivi di segnalazione o gli stessi congegni elettromeccanici non entrano in funzione, mettendo a repentaglio l'incolumità dei soggetti che attraversano l'intersezione: da ultimo, nei comuni di Capralba e Castelleone (provincia di Cremona) in più passaggi a livello le barriere del passaggio a livello non si sarebbero abbassate al passaggio del treno, costituendo un serio pericolo per i soggetti in transito (in un caso addirittura uno scuolabus),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e tutelare la logistica del trasporto merci su ferro in entrata ed uscita dalle aziende locali e per ripristinare il livello di sicurezza ferroviaria per i tanti pendolari che quotidianamente percorrono la tratta Cremona-Treviglio.
9/2203/194. (Testo modificato nel corso della seduta) Gobbato, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    da tempo l'Umbria sta elaborando, insieme alle altre regioni dell'Italia Centrale, le sue strategie di assetto strategico, sia territoriale che infrastrutturale per favorire al meglio uno sviluppo aziendale importante sul territorio;
    strettamente connessa a questa visione a lungo termine era pensata la Ferrovia Centrale Umbra, affidando a quest'ultima un ruolo importante nell'integrazione della dimensione locale e regionale, anche nella prospettiva di un potenziamento a scala interregionale che rendesse più veloce il trasporto di merci e pendolari anche tenuto conto che alcune tratte sono ancora a binario unico come la tratta San Giustino-Perugia;
    tale circostanza rappresenta un'importante concausa delle difficoltà che si pongono allo sviluppo delle relazioni socioeconomiche e logistiche della regione con il nord Italia e con il contesto europeo, segnatamente con i territori costieri dei versanti adriatico e tirrenico;
    questa forte carenza infrastrutturale blocca inevitabilmente gli imprenditori che vogliono investire in Umbria poiché viene meno l'accessibilità territoriale a scapito della competitività e attrattività economica della regione,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare, le eccellenze produttive del nostro Paese ed implementare il sistema di Infrastrutture Ferroviarie dell'Umbria al fine di dare una prospettiva concreta e realizzabile per lo sviluppo aziendale sul territorio.
9/2203/195Marchetti, Caparvi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    da tempo l'Umbria sta elaborando, insieme alle altre regioni dell'Italia Centrale, le sue strategie di assetto strategico, sia territoriale che infrastrutturale per favorire al meglio uno sviluppo aziendale importante sul territorio;
    strettamente connessa a questa visione a lungo termine era pensata la Ferrovia Centrale Umbra, affidando a quest'ultima un ruolo importante nell'integrazione della dimensione locale e regionale, anche nella prospettiva di un potenziamento a scala interregionale che rendesse più veloce il trasporto di merci e pendolari anche tenuto conto che alcune tratte sono ancora a binario unico come la tratta San Giustino-Perugia;
    tale circostanza rappresenta un'importante concausa delle difficoltà che si pongono allo sviluppo delle relazioni socioeconomiche e logistiche della regione con il nord Italia e con il contesto europeo, segnatamente con i territori costieri dei versanti adriatico e tirrenico;
    questa forte carenza infrastrutturale blocca inevitabilmente gli imprenditori che vogliono investire in Umbria poiché viene meno l'accessibilità territoriale a scapito della competitività e attrattività economica della regione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare, le eccellenze produttive del nostro Paese ed implementare il sistema di Infrastrutture Ferroviarie dell'Umbria al fine di dare una prospettiva concreta e realizzabile per lo sviluppo aziendale sul territorio.
9/2203/195. (Testo modificato nel corso della seduta) Marchetti, Caparvi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    la realtà territoriale e trasportistica dell'Umbria evidenzia un assetto delle principali infrastrutture stradali e ferroviarie configurato su una maglia portante costituita da un sistema primario che corre lungo la valle del Tevere, la valle umbra e la conca ternana e da collegamenti radiali che interconnettono le realtà urbane centrali;
    la maglia infrastrutturale portante serve direttamente la quasi totalità delle «località centrali», concentrandosi su di essa circa il 70 per cento dell'intera popolazione e delle attività economiche aziendali della regione Umbria. Le infrastrutture primarie di questa maglia, pur efficace in termini di posizionamento (anche se con evidenti carenze), non presenta in alcune tratte caratteristiche prestazionali adeguate, sia per la componente ferroviaria che per quella stradale;
    la rete stradale primaria e principale dell'Umbria, imperniata sull'Autostrada A1 e sull'itinerario E45, avente funzioni di collegamento nazionale ma anche regionale di media e breve percorrenza è critica per i numerosi cantieri presenti e viadotti chiusi per instabilità strutturale che hanno generato deviazioni del traffico pesante sulla viabilità secondaria rallentando notevolmente la mobilità ordinaria di merci e pendolari,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese ed implementare il sistema di Infrastrutture stradali della Regione Umbria per velocizzare lo scambio di merci delle aziende locali sia per il mercato interno che per le merci in uscita.
9/2203/196Caparvi, Marchetti, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    la realtà territoriale e trasportistica dell'Umbria evidenzia un assetto delle principali infrastrutture stradali e ferroviarie configurato su una maglia portante costituita da un sistema primario che corre lungo la valle del Tevere, la valle umbra e la conca ternana e da collegamenti radiali che interconnettono le realtà urbane centrali;
    la maglia infrastrutturale portante serve direttamente la quasi totalità delle «località centrali», concentrandosi su di essa circa il 70 per cento dell'intera popolazione e delle attività economiche aziendali della regione Umbria. Le infrastrutture primarie di questa maglia, pur efficace in termini di posizionamento (anche se con evidenti carenze), non presenta in alcune tratte caratteristiche prestazionali adeguate, sia per la componente ferroviaria che per quella stradale;
    la rete stradale primaria e principale dell'Umbria, imperniata sull'Autostrada A1 e sull'itinerario E45, avente funzioni di collegamento nazionale ma anche regionale di media e breve percorrenza è critica per i numerosi cantieri presenti e viadotti chiusi per instabilità strutturale che hanno generato deviazioni del traffico pesante sulla viabilità secondaria rallentando notevolmente la mobilità ordinaria di merci e pendolari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese ed implementare il sistema di Infrastrutture stradali della Regione Umbria per velocizzare lo scambio di merci delle aziende locali sia per il mercato interno che per le merci in uscita.
9/2203/196. (Testo modificato nel corso della seduta) Caparvi, Marchetti, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    solo per le tre opere (Passante, Cispadana, Campogalliano-Sassuolo) sono a rischio oltre 2,5 miliardi di euro di investimenti. Risorse che, unite agli altri cantieri programmati nel biennio 2019-2020, fanno salire a 5 miliardi l'importo degli investimenti complessivi per le opere infrastrutturali in Emilia-Romagna;
    dal 2015 ad oggi sono stati 3 mila i posti di lavoro creati da cantieri per oltre 1 miliardo di euro. Numeri che spiegano da soli l'importanza per l'economia e lo sviluppo del territorio;
    i distretti emiliano romagnoli e le tante aree produttive della regione meritano una politica attenta. Dissesto, mancanza di manutenzione adeguata, assenza di collegamenti, mettono in difficoltà gli operatori di tanti poli produttivi che avrebbero bisogno di poter accedere agevolmente alle maggiori arterie stradali a beneficio dell'economia regionale,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese al fine di ripristinare i livelli di traffico e la sicurezza stradale nel territorio della regione Emilia Romagna, nell'ottica di sostenere le aziende in crisi del territorio mettendo in sicurezza gli assi stradali fortemente danneggiati come le strade: Cispadana nel tratto Gualtieri-Brescello, SP 73 San Polo-Canossa-Castello, SP 7 Pratissolo-Felina, SP 63 Albinea-Regnano-Cesina, SP 76 Carpineti-Castello-Colombaia, SP 79 Cerezzola-Trinità-Gombio-Feriolo SP 61 per Ponte Dolo, SP 27 Baudo-Roteglia, SP 54 Canossa.
9/2203/197Zordan, Piastra, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    solo per le tre opere (Passante, Cispadana, Campogalliano-Sassuolo) sono a rischio oltre 2,5 miliardi di euro di investimenti. Risorse che, unite agli altri cantieri programmati nel biennio 2019-2020, fanno salire a 5 miliardi l'importo degli investimenti complessivi per le opere infrastrutturali in Emilia-Romagna;
    dal 2015 ad oggi sono stati 3 mila i posti di lavoro creati da cantieri per oltre 1 miliardo di euro. Numeri che spiegano da soli l'importanza per l'economia e lo sviluppo del territorio;
    i distretti emiliano romagnoli e le tante aree produttive della regione meritano una politica attenta. Dissesto, mancanza di manutenzione adeguata, assenza di collegamenti, mettono in difficoltà gli operatori di tanti poli produttivi che avrebbero bisogno di poter accedere agevolmente alle maggiori arterie stradali a beneficio dell'economia regionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese al fine di ripristinare i livelli di traffico e la sicurezza stradale nel territorio della regione Emilia Romagna, nell'ottica di sostenere le aziende in crisi del territorio mettendo in sicurezza gli assi stradali fortemente danneggiati come le strade: Cispadana nel tratto Gualtieri-Brescello, SP 73 San Polo-Canossa-Castello, SP 7 Pratissolo-Felina, SP 63 Albinea-Regnano-Cesina, SP 76 Carpineti-Castello-Colombaia, SP 79 Cerezzola-Trinità-Gombio-Feriolo SP 61 per Ponte Dolo, SP 27 Baudo-Roteglia, SP 54 Canossa.
9/2203/197. (Testo modificato nel corso della seduta) Zordan, Piastra, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    la Regione Emilia-Romagna, con quasi 80.000 fenomeni censiti, è la seconda in Italia dopo la Lombardia per diffusione ed estensione di frane sul proprio territorio;
    la fragilità morfologica del territorio non è esclusiva solo delle aree su cui le frane sono conclamate ma interessa anche lunghi tratti di infrastrutture viarie, che, in occasione di fenomeni meteorologici particolarmente intensi, subiscono con notevole frequenza danni di varia gravità per smottamenti di larga estensione;
    l'Emilia-Romagna tra le regioni più a rischio frane e alluvioni l'Emilia-Romagna è annoverata anche tra i territori con i valori più elevati di popolazione a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media e con il numero più elevato di imprese a rischio pericolosità idraulica media;
    non sistemare la rete viaria e le infrastrutture, danneggiate dall'alluvione del 2015 e bisognose di continue attenzioni, a causa del forte rischio idrogeologico, significa impedire alle imprese in difficoltà di riprendersi,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese al fine di ripristinare i collegamenti tra le aree abitative e produttive nel territorio della regione Emilia Romagna in particolare con l'ammodernamento e messa in sicurezza delle Strade della Val Trebbia, Alta Val d'Arda, Val Mura, Valtidone e SP 587 per sostenere le aziende in crisi anche a causa del dissesto idrogeologico.
9/2203/198Valbusa, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    la Regione Emilia-Romagna, con quasi 80.000 fenomeni censiti, è la seconda in Italia dopo la Lombardia per diffusione ed estensione di frane sul proprio territorio;
    la fragilità morfologica del territorio non è esclusiva solo delle aree su cui le frane sono conclamate ma interessa anche lunghi tratti di infrastrutture viarie, che, in occasione di fenomeni meteorologici particolarmente intensi, subiscono con notevole frequenza danni di varia gravità per smottamenti di larga estensione;
    l'Emilia-Romagna tra le regioni più a rischio frane e alluvioni l'Emilia-Romagna è annoverata anche tra i territori con i valori più elevati di popolazione a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media e con il numero più elevato di imprese a rischio pericolosità idraulica media;
    non sistemare la rete viaria e le infrastrutture, danneggiate dall'alluvione del 2015 e bisognose di continue attenzioni, a causa del forte rischio idrogeologico, significa impedire alle imprese in difficoltà di riprendersi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese al fine di ripristinare i collegamenti tra le aree abitative e produttive nel territorio della regione Emilia Romagna in particolare con l'ammodernamento e messa in sicurezza delle Strade della Val Trebbia, Alta Val d'Arda, Val Mura, Valtidone e SP 587 per sostenere le aziende in crisi anche a causa del dissesto idrogeologico.
9/2203/198. (Testo modificato nel corso della seduta) Valbusa, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il Gruppo Kipre impiega 500 lavoratori tra San Daniele del Friuli e Trieste ed anche in Veneto ed Emilia Romagna ed è una delle aziende simbolo del comparto agroalimentare del Friuli Venezia Giulia. Esporta in Austria, Germania, Regno Unito e nei mercati scandinavi ma anche Giappone e Stati Uniti per un fatturato di circa 170 milioni di euro;
    in data 28 dicembre 2018 attraverso un avviso a pagamento diffuso dal quotidiano il Sole 24 Ore, ha annunciato la rinuncia al progetto del piano industriale per un rilancio dei rispettivi stabilimenti, a causa del mancato sostegno economico da parte di un istituto di credito all'interno del gruppo di banche che invece erano pronte ad investire;
    in particolare l'azienda ha annunciato il mancato investimento da parte del fondo QuattroR, che si era impegnato a ricapitalizzare il gruppo con un importò di circa 30 milioni di euro;
    la Kipre Holding S.p.A., capogruppo, e le società controllate King's S.p.A., Principe di San Daniele S.p.A. e Sia.Mo.Ci. s.r.l. hanno reso noto di aver confermato il cosiddetto concordato in bianco ai legali incaricati, a tutela del patrimonio aziendale e degli interessi dei creditori;
    ad oggi non è stata avanzata ancora alcuna istanza per attivare la cassa integrazione o un altro ammortizzatore sociale,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro Paese e tutelare centinaia di posti di lavoro, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/199Bubisutti, Gava, Panizzut, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    la vertenza della Lavinox S.p.A, azienda tra i maggiori produttori europei di componenti, assiemi e prodotti finiti in lamiera di acciaio inox e altri metalli, preoccupa non poco lavoratori e sindacati;
    Lavinox, si ricorda, è stata salvata dopo il fallimento grazie all'impegno delle maestranze; dopo il crac, infatti, è ripartita grazie al milione e mezzo di euro garantito col Tfr dei dipendenti;
    nella prima metà di febbraio 2019 si sono conclusi l'attuazione di un preesistente contratto di solidarietà, raggiungendo così i limiti massimi di utilizzo della Cigs;
    la Regione Friuli Venezia Giulia, con uno specifico protocollo d'intesa, si è resa disponibile a realizzare interventi di politica attiva del lavoro a favore dei dipendenti della Lavinox;
    le modalità di collaborazione prevedono che la Regione si impegni a prendere in carico i lavoratori della Lavinox, ai quali verranno proposti colloqui di orientamento al lavoro personalizzati. Inoltre, saranno messi a loro disposizione percorsi formativi programmati, tenendo in considerazione le necessità occupazionali dell'azienda di Villetta conseguenti all'adozione del nuovo piano industriale;
    la società nel 2019 è passata dagli attuali 139 dipendenti a 119. Ulteriori venti operai in meno: in circa cinque anni i dipendenti del Gruppo Sassoli sono passati dai circa 500 ai previsti 119. Il piano industriale non prevede però nessun investimento e non fornisce alcuna risposta sul futuro dell'occupazione e dello stabilimento;
    a seguito dell'accordo raggiunto tra azienda e sindacati, 116 dipendenti potranno utilizzare il contratto di solidarietà fino a metà febbraio del 2020,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali della Lavinox.
9/2203/200Gava, Panizzut, Bubisutti, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    la vertenza della Lavinox S.p.A, azienda tra i maggiori produttori europei di componenti, assiemi e prodotti finiti in lamiera di acciaio inox e altri metalli, preoccupa non poco lavoratori e sindacati;
    Lavinox, si ricorda, è stata salvata dopo il fallimento grazie all'impegno delle maestranze; dopo il crac, infatti, è ripartita grazie al milione e mezzo di euro garantito col Tfr dei dipendenti;
    nella prima metà di febbraio 2019 si sono conclusi l'attuazione di un preesistente contratto di solidarietà, raggiungendo così i limiti massimi di utilizzo della Cigs;
    la Regione Friuli Venezia Giulia, con uno specifico protocollo d'intesa, si è resa disponibile a realizzare interventi di politica attiva del lavoro a favore dei dipendenti della Lavinox;
    le modalità di collaborazione prevedono che la Regione si impegni a prendere in carico i lavoratori della Lavinox, ai quali verranno proposti colloqui di orientamento al lavoro personalizzati. Inoltre, saranno messi a loro disposizione percorsi formativi programmati, tenendo in considerazione le necessità occupazionali dell'azienda di Villetta conseguenti all'adozione del nuovo piano industriale;
    la società nel 2019 è passata dagli attuali 139 dipendenti a 119. Ulteriori venti operai in meno: in circa cinque anni i dipendenti del Gruppo Sassoli sono passati dai circa 500 ai previsti 119. Il piano industriale non prevede però nessun investimento e non fornisce alcuna risposta sul futuro dell'occupazione e dello stabilimento;
    a seguito dell'accordo raggiunto tra azienda e sindacati, 116 dipendenti potranno utilizzare il contratto di solidarietà fino a metà febbraio del 2020,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti delle risorse disponibili, ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali della Lavinox.
9/2203/200. (Testo modificato nel corso della seduta) Gava, Panizzut, Bubisutti, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    non risulta ancora conclusa la vertenza del gruppo Burgo Group S.p.a;
    Burgo Group S.p.a, già Cartiere Burgo, è un'azienda italiana produttrice di carta fondata nel 1905 a Verzuolo, oggi controllata dal gruppo vicentino Marchi; è uno dei principali produttori europei di carte grafiche e speciali e nel 2016 ha avuto ricavi per 1,9 miliardi di euro, producendo principalmente oltre 2 milioni di tonnellate di carte grafiche e speciali, oltre a cellulosa, altri derivati del legno ed energia;
    la situazione occupazionale della cartiera del Tivano, lo stabilimento situato nel comune di Duino Aurisina al confine tra le province di Trieste e Gorizia, ad oggi è oltremodo preoccupante: 11 sono trasferiti, 87 quelli licenziati con la vecchia procedura nel 2018 e 225 a rischio di licenziamento nel breve periodo,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali e dell'attività produttiva dell'azienda citata in premessa.
9/2203/201Panizzut, Gava, Bubisutti, Moschioni, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    non risulta ancora conclusa la vertenza del gruppo Burgo Group S.p.a;
    Burgo Group S.p.a, già Cartiere Burgo, è un'azienda italiana produttrice di carta fondata nel 1905 a Verzuolo, oggi controllata dal gruppo vicentino Marchi; è uno dei principali produttori europei di carte grafiche e speciali e nel 2016 ha avuto ricavi per 1,9 miliardi di euro, producendo principalmente oltre 2 milioni di tonnellate di carte grafiche e speciali, oltre a cellulosa, altri derivati del legno ed energia;
    la situazione occupazionale della cartiera del Tivano, lo stabilimento situato nel comune di Duino Aurisina al confine tra le province di Trieste e Gorizia, ad oggi è oltremodo preoccupante: 11 sono trasferiti, 87 quelli licenziati con la vecchia procedura nel 2018 e 225 a rischio di licenziamento nel breve periodo,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti delle risorse disponibili, ogni utile iniziativa a salvaguardia dei livelli occupazionali e dell'attività produttiva dell'azienda citata in premessa.
9/2203/201. (Testo modificato nel corso della seduta) Panizzut, Gava, Bubisutti, Moschioni, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto che il provvedimento reca modifiche al Jobs Act, inserendo le prestazioni di lavoro organizzate mediante piattaforme anche digitali tra i rapporti di lavoro subordinato;
    ricordato che il cosiddetto «decreto dignità» ha previsto una stretta sui contratti a termine, modificando la durata massima, il numero dei rinnovi e reintroducendo le causali;
   considerato che gli interventi normativi in funzione anti-precariato non devono imporre una disciplina del lavoro più rigida, altrimenti ne consegue un impatto negativo sulla crescita e sul mercato del lavoro, con una contrazione dell'offerta ed un aumento del ricorso al nero;
    ritenuto, pertanto, che forme flessibili di lavoro non possono essere paragonate ad una cattiva occupazione, perché molte attività sono caratterizzate da stagionalità e fisiologici picchi di incremento, difficilmente governabili diversamente,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta a prevedere, nell'ottica di semplificare la gestione dei rapporti di lavoro, che i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possano introdurre nuove ipotesi di causali che permettano la stipula di contratti a termine.
9/2203/202Durigon, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Murelli, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto che il provvedimento intervenendo, sulla normativa relativa al Jobs Act, inserisce le prestazioni di lavoro organizzate mediante piattaforme anche digitali tra i rapporti di lavoro subordinato;
    constatato che necessita di tutela e di supporto anche e soprattutto il lavoro autonomo, ricordando che sono 1,4 milioni i liberi professionisti in Italia (6 per cento della forza lavoro), con un indotto di 2,3 milioni di occupati, che contribuiscono al Pil nazionale per circa il 15 per cento;
    denunciato che l'elevata tassazione ed i continui cambiamenti normativi costituiscono la principale minaccia cui i liberi professionisti si sentono esposti, rappresentando, in concreto, per la categoria un aumento di oneri ed adempimenti burocratici;
    ricordato che il regime forfettario con tetto a 65 mila euro di ricavi introdotto dalla legge di bilancio scorsa ha prodotto un'apertura media mensile di oltre 40 mila nuove partite iva, che vuol dire crescita occupazionale;
    ritenuto pertanto che la categoria dei liberi professionisti merita attenzione e tutele da parte del Governo al pari di qualunque altra categoria considerata «precaria»,

impegna il Governo

a confermare la vigente normativa in materia di regime forfettario per le partite IVA e start up, mantenendo l'aliquota flat già vigente al 15 per cento per i ricavi fino a 65 mila euro ed al 5 per cento per le start up, senza introdurre nessuna modifica peggiorativa in termini di limitazioni e adempimenti e confermare, altresì, l'entrata in vigore dal 1o gennaio prossimo dell'imposta al 20 per cento per i ricavi compresi tra 65 mila e 100 mila euro.
9/2203/203Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    da un recente studio realizzato da Ernst & Young per Confindustria è emerso che l'istituzione di una Zona Economica Speciale nella Regione Veneto, che ricomprenda tutta l'area industriale e portuale veneziana fino alla provincia di Rovigo, porterebbe – entro la fine del 2020 – 2,4 miliardi di investimenti, 26.600 nuovi posti di lavoro e il recupero di 385 ettari di ex fabbriche oggi quasi in stato di abbandono, con enormi vantaggi anche per le entrate dello Stato;
    per Zona Economica Speciale (ZES) si intende un'area geograficamente delimitata che presenti un nesso economico funzionale e comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal Regolamento UE n. 1315 dell'11 dicembre 2013;
    secondo alcune stime nel mondo esistono circa 2700 ZES distribuite in aree molto diverse tra loro per collocazione geografica, assetto politico e modello economico. In Europa, il caso probabilmente più emblematico è quello della Polonia che vanta 14 ZES, i cui effetti positivi si sono manifestati non solo all'interno delle aree sottoposte al regime economico speciale, ma sull'intera economia del Paese generando un effetto propulsivo che tende a prolungarsi e a creare condizioni economiche migliori e più stabili. Tra i risultati più significativi si annoverano la crescita dell'occupazione, la disponibilità ad investire nell'innovazione tecnologica, l'insediamento nell'area di nuove attività produttive e la promozione delle esportazioni;
    in Italia un'accelerazione alla realizzazione delle ZES si è registrata con l'emanazione del Decreto-legge n. 91 del 20 giugno 2017, il cosiddetto «Decreto Mezzogiorno», che ha previsto l'istituzione di Zone Economiche Speciali (ZES) connettendo zone a vocazione industriale/logistica con aree portuali di rilevanza nazionale ed internazionale, dislocate esclusivamente nelle Regioni del Mezzogiorno. In particolare, la nuova legge ha introdotto regimi fiscali agevolati e misure di semplificazione burocratica e amministrativa per le aree del Paese meno sviluppate e in transizione – come definite dalla normativa europea – e, con l'entrata in vigore del successivo Regolamento attuativo del 5 gennaio 2018, n. 12, recante istituzione di Zone economiche speciali, si prevede l'applicazione di tali misure in favore delle sole Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia con l'obiettivo di rilanciare la competitività dei porti di tali Regioni, attraendo nuovi investimenti anche alla luce dell'aumento del traffico marittimo nel Mediterraneo;
    sul punto giova evidenziare che il trasporto per mare è considerato, in primis dall'Unione Europea, come un settore peculiare per lo sviluppo dell'economia degli Stati membri e di conseguenza capace di contribuire alla crescita delle varie aree regionali e non solo di quelle maggiormente depresse. L'Italia data la sua configurazione geografia e i suoi numerosi porti si appresta, o comunque ha le potenzialità per diventare un polo importante nel mezzo dell'Europa, e tra i diversi programmi previsti per lo sviluppo di determinate aree geografiche, le ZES costituiscono una occasione da non lasciarsi sfuggire, una misura che si concentra proprio sulle aree portuali volendone potenziare lo sviluppo e l'attrattività degli investimenti;
    negli ultimi 10 anni, la politica di coesione europea ha aiutato le Regioni a riprendersi dallo shock della crisi economica, ma le disparità territoriali in campi come la disoccupazione e l'innovazione industriale sono aumentate invece di assottigliarsi. Anche per questo motivo, nel corso della quarantacinquesima Assemblea generale della Conference Peripherical Maritime Regions (CPMR) – tenutasi a Helsinki il 18-20 ottobre 2017 – e successivamente nel Consiglio dell'Unione europea su «Sinergie e semplificazione per la politica di coesione post-2020» del 15 novembre 2017, è emersa l'esigenza di sostenere con ogni mezzo la strategia UE per la crescita e l'occupazione. In particolare, al riguardo, si è osservato che le priorità della politica di coesione dovrebbero interessare prevalentemente o le aree dove aggiungono più valore o quelle dove sono più efficienti: proprio in base a questa linea è utile sostenere con forza la creazione di una ZES in un'area con solide strutture e grandi potenzialità industriali come quella della Regione Veneto;
    la finalità delle misure incentivanti è, infatti, quella di rilanciare gli investimenti strategici nelle aree portuali e retroportuali del territorio veneto, per aumentare il livello occupazionale, incrementare l'attrattività delle zone interessate, creare nuovi modelli di produzione, anche attraverso una diversificazione economica, e, più in generale, un sistema che possa fungere da vera e propria leva per l'economia non solo di quel territorio ma di tutto il Paese;
    l'istituzione di una ZES nella Regione Veneto si ripropone in definitiva di avviare una nuova forma di governo economico in quella specifica area geografica, consentendo che le procedure amministrative e di accesso alle infrastrutture per le imprese che si insediano o già operano nel territorio, siano coordinate da un soggetto gestore in rappresentanza dell'Amministrazione centrale, della Regione interessata e della relativa Autorità portuale, al fine di consentire una progettualità integrata di sviluppo e parallelamente di rilanciare la competitività dell'intera area portuale già oggi strategica per l'economia nazionale,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione di una zona economica speciale nella Regione Veneto, cui si applichi la disciplina contenuta nel decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, al fine di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano il rilancio occupazionale e lo sviluppo delle imprese già operanti in quell'area, nonché l'insediamento nel medesimo territorio veneto di nuove realtà produttive che fungano da volano, grazie anche alla presenza di un'area portuale strategica, per l'economia dell'intero Paese.
9/2203/204Coin, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Giacometti, Lazzarini, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    la Cooperativa di Produttori Bieticoli (Coprob) fondata nel 1962, è oggi unico player nazionale di zucchero con il marchio Italia Zuccheri prodotto nei due stabilimenti di Minerbio (BO) e Ponte Longo (PD), che può contare su 7 mila aziende agricole associate, 270 dipendenti e 280 milioni di fatturato e una quota di mercato del 23 per cento;
    a fronte di una riforma europea dell'OCM zucchero entrata in vigore il 1 ottobre 2017, senza clausole di salvaguardia e disegnata per favorire i grandi produttori del nord Europa, Francia e Germania in testa, nel mese di maggio 2019 la Coprob ha rivolto un appello all'Ue per la difesa del comparto saccarifero per approvare un'equa ripartizione di quote e utili per i nostri bieticoltori, tutelando i posti di lavoro e il Made in Italy;
    in un contesto di consumo di zucchero in Italia nelle bevande in netto calo, non sono accettabili ulteriori interventi penalizzanti, discriminatori, come una eventuale sugar tax che ha l'unico obiettivo di fare cassa, senza affrontare la tematica salute, favorendo esclusivamente l'uso di edulcoranti chimici al posto di un prodotto coltivato nel territorio nazionale;
    In Italia sono 7.000 le aziende agricole che conferiscono barbabietole agli zuccherifici con 30.000 ettari coltivati, garantendo una corretta rotazione agronomica e contribuendo alla sostenibilità dei territori. Tali aziende, che rappresentano circa 20-25.000 persone concentrate in Veneto ed Emilia Romagna, con le proprie circa 250.000 tonnellate di zucchero prodotto (pari circa ad un 15 per cento della domanda italiana) sono l'ultimo baluardo di una produzione locale, di qualità, che rispetta ogni regola sociale e ambientale, sicura e stabile, in grado di soddisfare la crescente domanda di prodotti alimentari made in Italy,

impegna il Governo

a prevedere nella prossima manovra di bilancio misure per supportare il marchio Italia Zuccheri favorendo un approccio integrato, controllato e sicuro dal campo alla tavola che permetta alle Istituzioni di riconoscere il valore delle eccellenze del Made in Italy ed eviti di arrecare un danno ingiustificato e gravissimo, anche sul piano occupazionale, a questa eccellenza produttiva del nostro Paese.
9/2203/205Bianchi, Piastra, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Bitonci, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    la Cooperativa di Produttori Bieticoli (Coprob) fondata nel 1962, è oggi unico player nazionale di zucchero con il marchio Italia Zuccheri prodotto nei due stabilimenti di Minerbio (BO) e Ponte Longo (PD), che può contare su 7 mila aziende agricole associate, 270 dipendenti e 280 milioni di fatturato e una quota di mercato del 23 per cento;
    a fronte di una riforma europea dell'OCM zucchero entrata in vigore il 1 ottobre 2017, senza clausole di salvaguardia e disegnata per favorire i grandi produttori del nord Europa, Francia e Germania in testa, nel mese di maggio 2019 la Coprob ha rivolto un appello all'Ue per la difesa del comparto saccarifero per approvare un'equa ripartizione di quote e utili per i nostri bieticoltori, tutelando i posti di lavoro e il Made in Italy;
    in un contesto di consumo di zucchero in Italia nelle bevande in netto calo, non sono accettabili ulteriori interventi penalizzanti, discriminatori, come una eventuale sugar tax che ha l'unico obiettivo di fare cassa, senza affrontare la tematica salute, favorendo esclusivamente l'uso di edulcoranti chimici al posto di un prodotto coltivato nel territorio nazionale;
    In Italia sono 7.000 le aziende agricole che conferiscono barbabietole agli zuccherifici con 30.000 ettari coltivati, garantendo una corretta rotazione agronomica e contribuendo alla sostenibilità dei territori. Tali aziende, che rappresentano circa 20-25.000 persone concentrate in Veneto ed Emilia Romagna, con le proprie circa 250.000 tonnellate di zucchero prodotto (pari circa ad un 15 per cento della domanda italiana) sono l'ultimo baluardo di una produzione locale, di qualità, che rispetta ogni regola sociale e ambientale, sicura e stabile, in grado di soddisfare la crescente domanda di prodotti alimentari made in Italy,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nella prossima manovra di bilancio misure per supportare il marchio Italia Zuccheri favorendo un approccio integrato, controllato e sicuro dal campo alla tavola che permetta alle Istituzioni di riconoscere il valore delle eccellenze del Made in Italy ed eviti di arrecare un danno ingiustificato e gravissimo, anche sul piano occupazionale, a questa eccellenza produttiva del nostro Paese.
9/2203/205. (Testo modificato nel corso della seduta) Bianchi, Piastra, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Bitonci, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    l'Italia è il secondo maggior produttore dopo la Germania dei prodotti packaging con 12 miliardi di fatturato l'anno e 3 mila aziende che operano nel settore;
    l'eventuale introduzione della « plastic tax» nella manovra di bilancio metterebbe a repentaglio duemila piccole e medie aziende del settore che danno lavoro a 50.000 addetti, come ha anche ricordato il sindacato dei lavoratori chimici Filctem Cgil (leggi articolo), mentre la Federazione nazionale dei consumatori (Federconsumatori) stima che la plastic tax italiana potrebbe portare ad un aumento della spesa delle famiglie di ben 140 euro all'anno (https://www.polimerica.it/articolo.asp ?id=22690);
    anche le federazioni europee dell'industria delle materie plastiche hanno preso posizione contro la tassa di 1 euro al chilogrammo sugli imballaggi in plastica, inserita nel Documento programmatico di Bilancio 2020, che il Governo vorrebbe introdurre a partire dal 1o giugno 2020;
    in un incontro tenutosi al K2019 di Düsseldorf, i tre presidenti delle associazioni europee Renato Zelcher (European Plastics Converters, trasformatori), Javier Constante (PlasticsEurope, produttori) e Tom Emans (Plastic Recyclers Europe, riciclatori), hanno concordato una posizione comune contro il provvedimento, paventando danni per le aziende e l'occupazione, oltre al trasferimento dei maggiori oneri sui consumatori finali;
    la nuova tassa potrebbe pertanto minare la sopravvivenza di un settore di eccellenza, penalizzando i prodotti e non i comportamenti e, nei fatti, rallentando tutti gli sforzi compiuti in questi anni per rendere la plastica più circolare. Inoltre gli imballaggi in materiale plastico sono fondamentali per evitare sprechi alimentari, abbassare i costi di trasporto, risparmiare energia e ridurre le emissioni di CO2. I materiali alternativi, molto spesso, hanno un impatto ambientale peggiore in quanto più pesanti e ingombranti rispetto in quelli prodotti con materiali polimerici,

impegna il Governo

a supportare le aziende italiane attive nel packaging affinché riescano ad incrementare entro il 2025 la produzione di 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata da utilizzare in prodotti distribuiti sul mercato UE senza imporre nuove tasse su questa strategica filiera produttiva che impiega migliaia di lavoratori su tutto il territorio nazionale.
9/2203/206Manzato, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato che il provvedimento intende applicare ai riders il contratto di lavoro a tempo indeterminato, inserendo le prestazioni di lavoro organizzate mediante piattaforme anche digitali tra i rapporti di lavoro subordinato;
    ritenuto che tale intervento deve considerarsi anche alla luce della riforma sul salario minimo in corso presso l'altro ramo del Parlamento;
    ricordato che il decreto-legge 4/2019 ha introdotto il reddito di cittadinanza, prevedendo l'obbligo per il beneficiario della misura, pena la decadenza del diritto al Rdc, di accettare almeno una delle tre offerte di lavoro congrue ricevute nel corso dell'anno e dopo i successivi dodici mesi l'obbligo di accettare la prima offerta di lavoro congrua;
   considerato opportuno coordinare i diversi interventi del legislatore in materia di occupazione nell'ottica di una piena e inequivocabile tutela del lavoro,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, per sostituire i parametri della congruità dell'offerta di lavoro, ai fini del diritto al mantenimento del beneficio del reddito di cittadinanza, da mensile in giornaliera.
9/2203/207Garavaglia, Durigon, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni per far fronte a importanti crisi industriali in corso in vari territori del Paese, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti;
    l'olandese Shell e le francesi Total ed Edison, così come altre società internazionali e l'italiana ENI, hanno stanziato ingenti somme per l'estrazione di gas nel mare Adriatico, ma il blocco delle concessioni estrattive ha fatto sì che buona parte di questi investimenti sia congelato o addirittura dirottato nelle aree estrattive di altri paesi europei;
    è recente la notizia (http://www.ravennatoday.it/economia/dopo-il-blocco-delle-trivelle-eni-blocca-gli-investimenti-una-parte-e-congelata.html) che dopo il blocco delle trivelle Eni ha congelato parte degli investimenti promessi, con terribili ricadute sull'occupazione, e ancora con la previsione nel decreto fiscale dell'applicazione dell'IMU sulle piattaforme si preannuncia una gravissima crisi del distretto off shore di Ravenna;
    come evidenziato dalla ROCA, associazione ravennate dei contrattisti che operano nell'estrazione marittima degli idrocarburi, si assiste al paradosso per cui tale divieto ha costretto le grandi aziende che operano nel settore dell'energia ad avviare opere di prospezione, ricerca e coltivazione in altri paesi come Grecia, Croazia, etc., sfruttando il giacimento di metano che si estende anche al di sotto delle nostre acque territoriali;
    negli anni Novanta il settore estrattivo occupava solo a Ravenna oltre diecimila persone. Oggi ne impiega a malapena tremila, cui ne vanno aggiunte altrettante nell'indotto, con una previsione di riduzione di oltre duemila unità qualora il Governo non cambiasse la sua politica in materia estrattiva;
    lentamente, dopo la perdita del know-how e delle professionalità nel settore della ricerca nucleare, della chimica di base, delle biotecnologie in cui l'Italia era leader negli anni passati si cederanno anche per l'attività estrattiva le nostre maestranze e le competenze tecnologiche all'estero dove le imprese italiane potranno ancora lavorare,

impegna il Governo

a prevedere nella prossima manovra di bilancio misure di sostegno per il settore estrattivo italiano e una deroga al cosiddetto «blocco delle trivelle» per il distretto off-shore di Ravenna al fine di supportare le nostre aziende che operano nel settore degli idrocarburi, considerato che il persistere in questa politica suicida di divieto di attività estrattive finirà col favorire gli altri Paesi europei a discapito delle nostre realtà produttive anche elaborando eventuali progetti di raccolta dei rifiuti in mare che coinvolgano gli operatori del settore estrattivo.
9/2203/208Comencini, Morrone, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo il fallimento del tour operator Thomas Cook gli operatori del settore turistico avranno grandi difficoltà a recuperare quanto dovuto per i mesi di agosto, settembre e ottobre in quanto il tour operator, una volta incassati i soldi dai clienti, pagava gli alberghi a 30 giorni, e gli ultimi pagamenti sono stati effettuati alla fine di agosto per saldare le prenotazioni del mese di luglio;
    purtroppo anche molti alberghi italiani, lavorando con il gruppo inglese, non hanno ricevuto il saldo delle prenotazioni di camere e pacchetti di soggiorno per i mesi estivi: le strutture più colpite sono quelle nelle località di mare delle regioni del Sud ma si registrano danni anche in Toscana, Liguria e Lombardia (per il turismo sui laghi);
    la portata complessiva dei mancati pagamenti non è calcolata ma Federalberghi, associazione a cui in Italia fanno capo 27 mila hotel su un totale di 33 mila, ha già effettuato una prima ricognizione su una vicenda che si configura come una mina per i conti del settore. Il fallimento di Thomas Cook, del resto, ha fatto perdere tutti gli incassi per le prenotazioni dei clienti inglesi e, soprattutto, dei turisti tedeschi che hanno acquistato un pacchetto vacanze in Italia attraverso la controllata del tour operator in Germania;
    come spiega il presidente di Federalberghi, da una prima stima «il buco è già oltre i 100 milioni di euro, perciò è probabile che il calcolo finale porti la cifra vicino ai 300 milioni. Il danno è intuibile. Thomas Cook pagava in media a 30 giorni, significa che dopo il saldo per il mese di luglio sono rimasti in sospeso agosto e i primi venti giorni di settembre, ma andranno perdute anche le prenotazioni residue di questo mese e quelle di ottobre»;
    tale vicenda rischia di mettere in ginocchio le strutture più piccole e gli alberghi a conduzione familiare traducendosi in perdite di oltre il 70 per cento del giro di affari annuo;
    come spiegato anche dall'assessore al Turismo, Marketing Territoriale e Moda della Regione Lombardia, risulta «sempre più urgente ed improrogabile l'istituzione di una cabina di regia nazionale per individuare misure adeguate al sostegno dei turisti e dei servizi a loro dedicati» (https://regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/lombardia-notizie/DettaglioNews/2019/09-settembre/23-29/fallimento-thomas-cook-assessore-magoni),

impegna il Governo

ad istituire il prima possibile una cabina di regia a livello nazionale che offra un immediato supporto alle strutture ricettive danneggiate dal Fallimento Thomas Cook e individui misure adeguate al sostegno dei turisti e dei servizi a loro dedicati per evitare che quanto accaduto negli scorsi mesi torni a verificarsi.
9/2203/209Turri, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo il fallimento del tour operator Thomas Cook gli operatori del settore turistico avranno grandi difficoltà a recuperare quanto dovuto per i mesi di agosto, settembre e ottobre in quanto il tour operator, una volta incassati i soldi dai clienti, pagava gli alberghi a 30 giorni, e gli ultimi pagamenti sono stati effettuati alla fine di agosto per saldare le prenotazioni del mese di luglio;
    purtroppo anche molti alberghi italiani, lavorando con il gruppo inglese, non hanno ricevuto il saldo delle prenotazioni di camere e pacchetti di soggiorno per i mesi estivi: le strutture più colpite sono quelle nelle località di mare delle regioni del Sud ma si registrano danni anche in Toscana, Liguria e Lombardia (per il turismo sui laghi);
    la portata complessiva dei mancati pagamenti non è calcolata ma Federalberghi, associazione a cui in Italia fanno capo 27 mila hotel su un totale di 33 mila, ha già effettuato una prima ricognizione su una vicenda che si configura come una mina per i conti del settore. Il fallimento di Thomas Cook, del resto, ha fatto perdere tutti gli incassi per le prenotazioni dei clienti inglesi e, soprattutto, dei turisti tedeschi che hanno acquistato un pacchetto vacanze in Italia attraverso la controllata del tour operator in Germania;
    come spiega il presidente di Federalberghi, da una prima stima «il buco è già oltre i 100 milioni di euro, perciò è probabile che il calcolo finale porti la cifra vicino ai 300 milioni. Il danno è intuibile. Thomas Cook pagava in media a 30 giorni, significa che dopo il saldo per il mese di luglio sono rimasti in sospeso agosto e i primi venti giorni di settembre, ma andranno perdute anche le prenotazioni residue di questo mese e quelle di ottobre»;
    tale vicenda rischia di mettere in ginocchio le strutture più piccole e gli alberghi a conduzione familiare traducendosi in perdite di oltre il 70 per cento del giro di affari annuo;
    come spiegato anche dall'assessore al Turismo, Marketing Territoriale e Moda della Regione Lombardia, risulta «sempre più urgente ed improrogabile l'istituzione di una cabina di regia nazionale per individuare misure adeguate al sostegno dei turisti e dei servizi a loro dedicati» (https://regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/lombardia-notizie/DettaglioNews/2019/09-settembre/23-29/fallimento-thomas-cook-assessore-magoni),

impegna il Governo

ad istituire il prima possibile, nei limiti delle risorse disponibili, una cabina di regia a livello nazionale che offra un immediato supporto alle strutture ricettive danneggiate dal Fallimento Thomas Cook e individui misure adeguate al sostegno dei turisti e dei servizi a loro dedicati per evitare che quanto accaduto negli scorsi mesi torni a verificarsi.
9/2203/209. (Testo modificato nel corso della seduta) Turri, Belotti, Bianchi, Boniardi, Bordonali, Capitanio, Cecchetti, Centemero, Comaroli, Andrea Crippa, Dara, Donina, Ferrari, Formentini, Frassini, Galli, Garavaglia, Giorgetti, Gobbato, Grimoldi, Guidesi, Iezzi, Invernizzi, Locatelli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maggioni, Molteni, Morelli, Parolo, Ribolla, Tarantino, Toccalini, Raffaele Volpi, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dei lavoratori dell'Arsenale militare di La Spezia;
    l'Arsenale della Marina Militare rappresenta un punto fortemente strategico per il nostro Paese e da sempre nella città ha sede la Base Navale della Marina Militare dove viene destinato parte del naviglio militare, mentre nell'Arsenale vengono essere effettuate le manutenzioni delle Unità Navali;
    in questi ultimi anni però, almeno dal 2013 in poi, con l'applicazione delle disposizioni previste dalla Legge 244/2012, la c.d. Legge Di Paola e con i due decreti legislativi discendenti, si è dato corso alla progressiva riduzione degli organici del personale civile e del personale militare che complessivamente al 2024 verranno ridotti di 42.000 unità (10.000 civili e 32.000 militari in meno);
    parallelamente si è dato il via al connesso processo di riorganizzazione, sempre in chiave riduttiva, dell'ex area industriale della Difesa (Arsenali e Centri Tecnici della Marina Militare e Poli di Mantenimento dell'Esercito Italiano);
    una riorganizzazione che ha visto il blocco delle assunzioni e la riduzione degli stanziamenti di fonte governativa a disposizione delle FF.AA., perdurando in parallelo il blocco dei contratti di lavoro per i pubblici dipendenti;
    l'arsenale spezzino, infatti, dovrebbe occupare 735 lavoratori, ma a oggi i dipendenti civili sono solamente 635 e i possibili pensionamenti dell'immediato futuro sono all'incirca 175. La carenza di organico è evidente: servirebbero 100 assunzioni nell'immediato solamente per consentire l'operatività;
    gli arsenali sono fondamentali per l'intero sistema della Difesa ed è per questo che nell'ultima Legge di bilancio era stato presentato un emendamento per l'assunzione straordinaria di 1.200 lavoratori a livello nazionale per il biennio 2019 – 2020. Il contenuto della proposta è stato ridotto a 294 assunzioni straordinarie, che si uniscono alle 500 previste dal piano ordinario,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/210Benvenuto, Viviani, Di Muro, Foscolo, Rixi.


   La Camera,
   premesso che:
    presso il Mise sono aperti oltre 150 tavoli di crisi aziendali, tra cui quello relativo alla vertenza dei lavoratori dell'Arsenale militare di La Spezia;
    l'Arsenale della Marina Militare rappresenta un punto fortemente strategico per il nostro Paese e da sempre nella città ha sede la Base Navale della Marina Militare dove viene destinato parte del naviglio militare, mentre nell'Arsenale vengono essere effettuate le manutenzioni delle Unità Navali;
    in questi ultimi anni però, almeno dal 2013 in poi, con l'applicazione delle disposizioni previste dalla Legge 244/2012, la c.d. Legge Di Paola e con i due decreti legislativi discendenti, si è dato corso alla progressiva riduzione degli organici del personale civile e del personale militare che complessivamente al 2024 verranno ridotti di 42.000 unità (10.000 civili e 32.000 militari in meno);
    parallelamente si è dato il via al connesso processo di riorganizzazione, sempre in chiave riduttiva, dell'ex area industriale della Difesa (Arsenali e Centri Tecnici della Marina Militare e Poli di Mantenimento dell'Esercito Italiano);
    una riorganizzazione che ha visto il blocco delle assunzioni e la riduzione degli stanziamenti di fonte governativa a disposizione delle FF.AA., perdurando in parallelo il blocco dei contratti di lavoro per i pubblici dipendenti;
    l'arsenale spezzino, infatti, dovrebbe occupare 735 lavoratori, ma a oggi i dipendenti civili sono solamente 635 e i possibili pensionamenti dell'immediato futuro sono all'incirca 175. La carenza di organico è evidente: servirebbero 100 assunzioni nell'immediato solamente per consentire l'operatività;
    gli arsenali sono fondamentali per l'intero sistema della Difesa ed è per questo che nell'ultima Legge di bilancio era stato presentato un emendamento per l'assunzione straordinaria di 1.200 lavoratori a livello nazionale per il biennio 2019 – 2020. Il contenuto della proposta è stato ridotto a 294 assunzioni straordinarie, che si uniscono alle 500 previste dal piano ordinario,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti delle risorse disponibili, ogni utile iniziativa per salvaguardare le eccellenze produttive del nostro paese e i relativi livelli occupazionali, con particolare riferimento all'azienda citata in premessa.
9/2203/210. (Testo modificato nel corso della seduta) Benvenuto, Viviani, Di Muro, Foscolo, Rixi.


   La Camera,
   premesso che:
    da una recente analisi condotta dal Sole 24 Ore su oltre 150 casi trattati dal 2016 ad oggi emerge che poco più di un terzo delle vertenze si è chiuso in modo positivo, circa il 34 per cento in modo negativo, mentre il 27 per cento delle crisi aperte risulta ancora in corso;
    una cinquantina le crisi naufragate: spiccano i fallimenti, le chiusure dell'attività con perdita totale dei posti di lavoro, con utilizzo massiccio della CIGS;
    da qui l'emergenza dell'approvazione del disegno di legge A.C. 2203, di conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di formare e promuovere il reinserimento lavorativo di coloro che usufruiscono della CIGS, attraverso le aziende pubbliche o private, senza costi aggiuntivi per esse; d'intesa con i centri per l'impiego territorialmente competenti, avvalendosi delle prestazioni dei lavoratori in CIGS, durante l'intero periodo.
9/2203/211Gagliardi, Benigni, Pedrazzini, Silli, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    da una recente analisi condotta dal Sole 24 Ore su oltre 150 casi trattati dal 2016 ad oggi emerge che poco più di un terzo delle vertenze si è chiuso in modo positivo, circa il 34 per cento in modo negativo, mentre il 27 per cento delle crisi aperte risulta ancora in corso;
    una cinquantina le crisi naufragate: spiccano i fallimenti, le chiusure dell'attività con perdita totale dei posti di lavoro, con utilizzo massiccio della CIGS;
    da qui l'emergenza dell'approvazione del disegno di legge A.C. 2203, di conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei limiti delle risorse disponibili, di formare e promuovere il reinserimento lavorativo di coloro che usufruiscono della CIGS, attraverso le aziende pubbliche o private, senza costi aggiuntivi per esse; d'intesa con i centri per l'impiego territorialmente competenti, avvalendosi delle prestazioni dei lavoratori in CIGS, durante l'intero periodo.
9/2203/211. (Testo modificato nel corso della seduta) Gagliardi, Benigni, Pedrazzini, Silli, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    da una recente analisi condotta dal Sole 24 Ore su oltre 150 casi trattati dal 2016 ad oggi emerge che poco più di un terzo delle vertenze si è chiuso in modo positivo, circa il 34 per cento in modo negativo, mentre il 27 per cento delle crisi aperte risulta ancora in corso;
    una cinquantina le crisi naufragate: spiccano i fallimenti, le chiusure dell'attività con perdita totale dei posti di lavoro, con utilizzo massiccio della CIGS;
    da qui l'emergenza dell'approvazione del disegno di legge A.C. 2203, di conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali;
    diversi sono stati i casi di aziende italiane che per motivi legati al costo del lavoro hanno delocalizzato le loro attività e/o si sono trovati loro malgrado in una situazione di grave crisi anche a causa di sanzioni imposte dall'ONU verso paesi dove esportavano i loro prodotti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere alle imprese italiane che a causa di sanzioni imposte dall'ONU, subiscono una perdita documentata di fatturato, un indennizzo pari al 50 per cento del danno subito e di poter detrarre il costo delle polizze assicurative eventualmente stipulate da imprese italiane che operano all'estero qualora subiscono una perdita documentata a causa di sanzioni imposte dall'ONU.
9/2203/212Silli, Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    il recente fallimento del tour operator britannico «Thomas Cook» ha creato una situazione di preoccupante crisi nel settore del turistico-ricettivo in tutta Europa, determinando gravi difficoltà a molte imprese in conseguenza del mancato pagamento dei servizi resi nel corso dell'estate 2019 e della cancellazione di tutte le prenotazioni per i prossimi mesi a fronte delle quali erano stati assunti rilevanti impegni economici;
    il tour operator «Thomas Cook», sulla base delle prime rilevazioni, risulterebbe debitore nei confronti dei fornitori per oltre 2 miliardi di euro e, per quanto riguardo il nostro Paese, secondo le stime delle maggiori associazioni di categoria del settore alberghiero, le strutture turistico-ricettive coinvolte sarebbero più di 4.000 con un danno economico diretto oscillante tra i 400 e i 600 milioni di euro, a cui si aggiungono i danni sull'indotto legato a tali strutture ricettive;
    i Governi dei diversi Paesi Europei, a partire da quello spagnolo, hanno annunciato o messo in atto specifici piani di intervento finalizzati, da un lato, al sostegno diretto delle imprese del settore turistico direttamente colpite dal fallimento del tour operator «Thomas Cook» e, dall'altro, al contenimento del brusco calo delle prenotazioni attraverso la promozione di accordi con le compagnie aeree e il miglioramento dei collegamenti con il proprio territorio;
    la vicenda «Thomas Cook» rischia di provocare un effetto a catena nel settore delle imprese turistico-ricettive del nostro Paese e di determinare, oltre al fallimento di quelle più esposte con l'operatore britannico e dei loro fornitori, anche la perdita di numerosi posti di lavoro;
    la procedura fallimentare relativa al tour operator «Thomas Cook» si svolgerà in tempi inevitabilmente lunghi e richiederà l'avvio di dispendiose azioni legali, per recuperare solo una minima parte dei crediti vantati, da parte delle imprese coinvolte;
    per sostenere nell'immediato le imprese italiane coinvolte dal fallimento del tour operator «Thomas Cook» appare necessario: a) prevedere l'attivazione di un credito d'imposta, di importo proporzionale al credito vantato verso «Thomas Cook», per evitare che le imprese vadano in crisi di liquidità e da restituire appena le stesse entreranno in possesso delle somme di loro spettanza; b) definire un regime di Iva per cassa per tutte le fatture emesse e da emettere nei confronti di Thomas Cook, per evitare che le stesse debbano anticipare un'imposta che non hanno incassato e che non incasseranno in futuro; c) rifinanziare il tax credit per garantire alle imprese del settore turistico-alberghiero coinvolte le risorse necessarie per effettuare investimenti;
    il tempestivo intervento del Governo italiano nella vicenda consentirebbe alle imprese coinvolte dal fallimento del tour operator «Thomas Cook» di far fronte agli impegni già assunti nei confronti dei fornitori, di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e di garantire i servizi ai propri clienti, a partire dalla stagione turistica invernale in arrivo,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza tutte le iniziative necessarie, a partire dalla prossima legge di bilancio, al fine di garantire la continuità operativa delle imprese del settore turistico-ricettive del nostro Paese coinvolte dal fallimento del tour operator britannico «Thomas Cook», ivi comprese quelle dell'indotto, e di salvaguardare i livelli occupazionali nelle imprese medesime.
9/2203/213Plangger.