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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 23 ottobre 2018

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 ottobre 2018.

  Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Cardinale, Carfagna, Castelli, Castiello, Ciprini, Cirielli, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Galli, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guerini, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Pella, Picchi, Rampelli, Rixi, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Carlo Sibilia, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valbusa, Valente, Villarosa, Raffaele Volpi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Cardinale, Carfagna, Castelli, Castiello, Ciprini, Cirielli, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Galli, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guerini, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Pella, Picchi, Rampelli, Rixi, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valbusa, Valente, Villarosa, Raffaele Volpi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 22 ottobre 2018 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
  BIGNAMI ed altri: «Ripristino della festività nazionale del 4 novembre come giorno festivo» (1289);
  CANCELLERI: «Disposizioni concernenti l'applicazione della contabilità semplificata alle imprese minori costituite in forma di società di capitali» (1290);
  APREA: «Disposizioni per il riconoscimento degli alunni con alto potenziale cognitivo o plusdotazione» (1291);
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE FASSINA: «Modifiche agli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, concernenti l'eliminazione del principio del pareggio di bilancio e la salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone nelle decisioni finanziarie e nell'organizzazione dei pubblici uffici» (1292);
  PELLA ed altri: «Disposizioni generali in materia di interventi di ricostruzione e rilancio produttivo a seguito di calamità naturali, nonché deleghe al Governo per la disciplina della concessione di contributi per il ristoro dei danni e dell'istituzione di zone franche urbane nei territori colpiti» (1293).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   X Commissione (Attività produttive):
  PALMIERI ed altri: «Istituzione della Commissione parlamentare per l'innovazione tecnologica» (775) Parere delle Commissioni I, V, VII e IX.

   XII Commissione (Affari sociali):
  D'ETTORE ed altri: «Modifica all'articolo 17 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di incompatibilità nell'attività di volontariato» (825) Parere delle Commissioni I, V e XI.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 19 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione «La Quadriennale di Roma», per l'esercizio 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 71).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 19 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione «Rossini Opera Festival», per l'esercizio 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 72).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 19 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 9, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione, approvata dalle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte stessa il 15 ottobre 2018, sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativamente alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2018 (Doc. XLVIII, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 12 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 24-bis, comma 5, del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2017, n. 15, la prima relazione sullo stato di attuazione della strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, riferita all'anno 2017 e al primo semestre del 2018 (Doc. CCXXXIII, n. 1).
  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 12 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 25-bis, comma 8, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione in merito all'efficacia dell'introduzione delle azioni nel bilancio dello Stato per l'anno finanziario anno 2017 (Doc. XXVII, n. 2).
  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 12 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 38-septies, comma 3-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione sulla sperimentazione dell'adozione di un bilancio di genere, riferita all'esercizio finanziario 2017 (Doc. XXVII, n. 3).
  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettera pervenuta in data 15 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 536, comma 1, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2018-2020 (Doc. CCXXXIV, n. 1).

  Questo documento è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti

  Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 18 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2018/2079, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per violazione del diritto dell'Unione europea in relazione all'assenza del «progressive report» sulle informazioni minime universali sulla viabilità connesse alla sicurezza stradale previsto dalla direttiva 2010/40/UE.
  Questa relazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo ha trasmesso le seguenti risoluzioni, approvate nella tornata dal 10 al 13 settembre 2018, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 2003/17/CE del Consiglio per quanto riguarda l'equivalenza delle ispezioni in campo effettuate in Brasile sulle colture di sementi di piante foraggere e di cereali e l'equivalenza delle sementi di piante foraggere e di cereali prodotte in Brasile, e per quanto riguarda l'equivalenza delle ispezioni in campo effettuate in Moldova sulle colture di sementi di piante di cereali, di ortaggi e di piante oleaginose e da fibra e all'equivalenza delle sementi di piante di cereali, di ortaggi e di piante oleaginose e da fibra prodotte in Moldova (Doc. XII, n. 129) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il regime speciale per le piccole imprese (Doc. XII, n. 130) – alla VI Commissione (Finanze);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa il quadro giuridico del corpo europeo di solidarietà e che modifica i regolamenti (UE) n. 1288/2013, (UE) n. 1293/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1305/2013, (UE) n. 1306/2013 e la decisione n. 1313/2013/UE (Doc. XII, n. 131) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/825 per aumentare la dotazione finanziaria del programma di sostegno alle riforme strutturali e adattarne l'obiettivo generale (Doc. XII, n. 132) – alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 110/2008 per quanto riguarda le quantità nominali per l'immissione sul mercato dell'Unione di shochu prodotto mediante distillazione singola in alambicco e imbottigliato in Giappone (Doc. XII, n. 133) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dall'Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (Doc. XII, n. 134) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta al riciclaggio di denaro mediante il diritto penale (Doc. XII, n. 135) – alla II Commissione (Giustizia);
   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione di esecuzione del Consiglio che approva la conclusione, da parte di Eurojust, dell'accordo di cooperazione tra Eurojust e l'Albania (Doc. XII, n. 136) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi, degli uffici e delle agenzie dell'Unione, nonché la libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (Doc. XII, n. 137) – alla II Commissione (Giustizia);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno sportello digitale unico di accesso a informazioni, procedure e servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (Doc. XII, n. 138) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e X (Attività produttive);
   Risoluzione concernente la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 4/2018 dell'Unione europea per l'esercizio 2018 che accompagna la proposta di mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per fornire assistenza alla Bulgaria, alla Grecia, alla Lituania e alla Polonia (Doc. XII, n. 139) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   Risoluzione sull'impatto della politica di coesione dell'Unione europea sull'Irlanda del Nord (Doc. XII, n. 140) – alla V Commissione (Bilancio);
   Risoluzione sul rafforzamento della crescita e della coesione nelle regioni frontaliere dell'Unione europea (Doc. XII, n. 141) – alla V Commissione (Bilancio);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, della modifica 1 del memorandum di cooperazione NAT-I-9406 tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea (Doc. XII, n. 142) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativo alla conclusione, a nome dell'Unione e dei suoi Stati membri, di un protocollo che modifica l'accordo sui trasporti aerei tra il Canada e la Comunità europea e i suoi Stati membri per tenere conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (Doc. XII, n. 143) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione su una proposta recante l'invito al Consiglio a constatare, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, del trattato sull'Unione europea, l'esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell'Ungheria dei valori su cui si fonda l'Unione (Doc. XII, n. 144) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sui sistemi d'arma autonomi (Doc. XII, n. 145) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sullo stato delle relazioni UE-USA (Doc. XII, n. 146) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sullo stato delle relazioni UE-Cina (Doc. XII, n. 147) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sul Myanmar/Birmania, in particolare il caso dei giornalisti Wa Lone e Kyaw Soe Oo (Doc. XII, n. 148) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla Cambogia, in particolare il caso di Kem Sokha (Doc. XII, n. 149) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla minaccia di demolizione di Khan al-Ahmar e di altri villaggi beduini (Doc. XII, n. 150) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione su una strategia europea per la plastica nell'economia circolare (Doc. XII, n. 151) – alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il rapporto annuale della Banca centrale europea sulle attività di vigilanza, riferito all'anno 2017, di cui è già stato dato annuncio nell'allegato A ai resoconti della seduta del 10 aprile 2018, è assegnato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 19 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento alla dottoressa Elisa Grande, ai sensi dei commi 3 e 5-bis del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di capo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla IX Commissione (Trasporti).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 17 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante ripartizione delle risorse del Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (51).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 22 novembre 2018.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

Iniziative per fronteggiare il sovraffollamento e la carenza del personale di polizia penitenziaria nelle carceri del Lazio, con particolare riguardo a quelle di Velletri e Rebibbia – 3-00093 e 3-00258

A) Interrogazioni

   SILVESTRONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel Lazio dal 2016 al 2017 l'aumento di detenuti è stato calcolato in 108 unità;
   il sovraffollamento nei 14 istituti penitenziari del Lazio, dove al 31 dicembre 2017 sono stati contati 6.237 detenuti rispetto a una capienza regolamentare di 5.258 unità, è diventata una questione di sicurezza;
   il bilancio delle aggressioni negli istituti penitenziari risulta direttamente proporzionale al sovraffollamento, e, in particolare, preoccupa il sovraffollamento negli istituti di: Viterbo (+176); Cassino (+121); Frosinone (+76); Civitavecchia (+62); Rebibbia (+53 per la sezione femminile); Rebibbia (+250); Regina Coeli (+318); Velletri (+139); Latina (+51); Rieti (+69);
   le ragioni di tale situazione, così come nel resto delle carceri italiane, oltre al sovraffollamento, sono da ricercarsi principalmente nell'inadeguatezza delle strutture e nella ormai cronica carenza di personale della polizia penitenziaria;
   a Velletri, come anche a Roma, gli istituti penitenziari sono ormai prossimi al collasso e la situazione lavorativa degli agenti di polizia penitenziaria è diventata inaccettabile, come confermato anche dagli ultimi fatti di cronaca relativi alle continue aggressioni a danno degli agenti;
   i più colpiti da questa situazione emergenziale, oltre agli agenti di polizia penitenziaria, sono i pochi addetti impiegati nelle carceri, gli educatori e gli psicologi, continuamente sotto pressione e a rischio per l'incolumità personale;
   nel carcere di Velletri, addirittura, a causa della carenza di personale non si è potuto provvedere all'apertura di un nuovo padiglione appena completato;
   è recentissima l'ennesima aggressione nel carcere di Velletri da parte di un detenuto di nazionalità algerina a scapito di tre agenti, refertati con 10 giorni di prognosi. A dare la notizia questa volta è stato direttamente il segretario Ospp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) che ribadisce che, senza interventi dalla parte politica al fine di ripristinare l'ordine e la sicurezza negli istituti penitenziari, si corre il rischio di trascorrere un'estate di fuoco;
   la legge 15 dicembre 1990, n. 395, ha istituito il Corpo di polizia penitenziaria, che svolge compiti di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, partecipa al mantenimento dell'ordine pubblico e svolge attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza, anche al di fuori dell'ambiente penitenziario;
   il quadro normativo sinteticamente descritto assegna al personale della polizia penitenziaria funzioni ben più ampie di quelle di sicurezza dei centri detentivi; addirittura il personale viene a volte impiegato per garantire la sicurezza dei varchi dei palazzi di giustizia, sottraendo le poche unità alla sicurezza delle carceri –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere in danno del personale della polizia penitenziaria di Velletri;
   quali iniziative abbia adottato o ritenga di adottare al fine di garantire negli istituti penitenziari italiani un'adeguata dotazione di agenti di polizia penitenziaria, con priorità nelle carceri del Lazio di Velletri e Rebibbia;
   in che modo intenda intervenire per tamponare, nell'immediato, il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e per prevenire il verificarsi di eventi tragici. (3-00093)


   SILVESTRONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel Lazio dal 2016 al 2017 l'aumento di detenuti è stato calcolato in 108 unità; il sovraffollamento nei 14 istituti penitenziari del Lazio, dove al 31 dicembre 2017 sono stati contati 6.237 detenuti rispetto a una capienza regolamentare di 5.258 unità, è diventato una questione di sicurezza;
   il bilancio delle aggressioni negli istituti penitenziari risulta direttamente proporzionale al sovraffollamento, e, in particolare, preoccupa il sovraffollamento negli istituti di: Viterbo (+ 176); Cassino (+ 121); Frosinone (+ 76); Civitavecchia (+ 62); Rebibbia (+ 53 per la sezione femminile); Rebibbia (+ 250); Regina Coeli (+ 318); Velletri (+ 139); Latina (+ 51); Rieti (+ 69);
   le ragioni di tale situazione, così come nel resto delle carceri italiane, sono da ricercarsi, oltre che nel sovraffollamento, principalmente nell'inadeguatezza delle strutture e nella ormai cronica carenza di personale della polizia penitenziaria;
   a Velletri, come anche a Roma, gli istituti penitenziari sono ormai prossimi al collasso e la situazione lavorativa degli agenti di polizia penitenziaria è diventata inaccettabile, come confermato anche dagli ultimi fatti di cronaca relativi alle continue aggressioni a danno degli agenti;
   i più colpiti da questa situazione emergenziale, oltre gli agenti di polizia penitenziaria, sono i pochi addetti impiegati nelle carceri, gli educatori e gli psicologi, continuamente sotto pressione e che rischiano la propria incolumità personale;
   nel carcere di Velletri, addirittura, a causa della carenza di personale non si è potuto provvedere all'apertura di un nuovo padiglione appena completato;
   la legge 15 dicembre 1990, n. 395, ha istituito il Corpo di polizia penitenziaria, che svolge compiti di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, partecipa al mantenimento dell'ordine pubblico e adempie attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza, anche al di fuori dell'ambiente penitenziario;
   il quadro normativo sinteticamente descritto assegna al personale della polizia penitenziaria funzioni ben più ampie di quelle di sicurezza dei centri detentivi; addirittura il personale viene a volte impiegato per garantire la sicurezza dei varchi dei palazzi di giustizia, sottraendo il poco personale alla sicurezza delle carceri –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere in danno al personale della polizia penitenziaria;
   quali iniziative ritenga di adottare, al fine di garantire negli istituti penitenziari un'adeguata dotazione di agenti di polizia penitenziaria, con priorità per le carceri del Lazio di Velletri e Rebibbia;
   in che modo intenda intervenire per tamponare nell'immediato il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e per prevenire il verificarsi di eventi tragici. (3-00258)


Elementi in merito alla trasformazione delle sedi dell'Istituto nazionale di previdenza sociale di Castel San Giovanni e Fiorenzuola d'Arda in «Punti Inps» – 3-00259

B) Interrogazione

   MURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione di Castel San Giovanni (Piacenza) è allarmata per il progetto di trasformazione della sede Inps di Castello in «Punto Inps»;
   stando a quanto si legge sul sito dell'istituto alla voce «punto Inps», «trattasi di moduli organizzativi caratterizzati da particolare snellezza e flessibilità, la cui previsione offre la concreta possibilità di realizzare il miglior equilibrio possibile tra le istanze dei cittadini utenti e i principi di efficienza, efficacia ed economicità che ispirano l'azione amministrativa dell'istituto»;
   l'amministrazione locale è preoccupata, in particolare, per il rischio che tale «economicità» possa tradursi in un orario di apertura al pubblico più ridotto o in meno addetti agli sportelli, comunque in una riduzione di servizi che possa indurre i tanti utenti di tutta la Val Tidone – oggi, per l'appunto, serviti dall'agenzia di Castello – a rivolgersi alla sede di Piacenza;
   secondo l'assessore al welfare, Federica Ferrari, la soppressione della sede Inps di Castello rappresenterebbe un disservizio per i 75 mila abitanti di tutti e 21 i comuni della Val Tidone;
   oltre agli amministratori hanno espresso la propria contrarietà anche i sindacati, convinti tutti che depotenziando Castello e Fiorenzuola (altra sede Inps destinata alla trasformazione) si congestionerebbe l'agenzia di Piacenza;
   l'incremento occupazionale registratosi a Castel San Giovanni, in particolare nei servizi logistici, dovuto all'insediamento di nuove aziende, rende peraltro fondamentali la presenza e l'operatività dell'agenzia per tutte le pratiche connesse all'occupazione –:
   se trovino conferma le preoccupazioni di cui in premessa, se sia a conoscenza di tale progetto dell'Inps e in cosa consista;
   quali siano, nello specifico, le conseguenze della trasformazione delle citate sedi in «punti Inps» in termini di riduzione di dipendenti, di orari di apertura al pubblico e di servizi offerti e resi agli utenti. (3-00259)


Iniziative di competenza volte a garantire, per l'anno scolastico 2018/2019, l'avvio della prima classe presso la sede distaccata dell'istituto agrario «Emilio Sereni» di San Vito Romano – 3-00190

C) Interrogazione

   MANCINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto agrario «Emilio Sereni» è una realtà scolastica attiva dal 1978 nel territorio di Roma capitale e provincia e, proprio quest'anno, compie 40 anni di attività;
   nel 2010, dopo la grande crisi ambientale che ha interessati la Valle del Sacco, è nata la sede distaccata di San Vito Romano;
   il comune di San Vito Romano, facente parte della comunità montana dei Monti Sabini, Tiburtini, Cornicolani e Prenestini, è un paese situato a circa 700 metri su livello del mare, con circa 3.000 abitanti;
   l'istituto oggi ivi rappresenta un riferimento dal punto di vista scolastico e sociale sia per il comune di San Vito Romano, sia per tutti i 31 comuni della Valle dell'Aniene, oltre che per i comuni di Genazzano e Paliano: un territorio a forte vocazione rurale e agroalimentare, ma carente di scuole superiori facilmente raggiungibili;
   la formazione di perito agrario è una risorsa preziosa per la comunità, anche al fine di aumentare le occasioni lavorative, ripartendo dalla terra e dalle eccellenze dei luoghi in questione;
   14 ragazzi, di cui uno in situazione di disabilità, originari del territorio hanno presentato richiesta di iscrizione alla prima classe della sede dell'istituto agrario «Emilio Sereni» di San Vito Romano per l'anno 2018/2019;
   ritenendo esiguo il numero di iscrizioni pervenute, l'ufficio scolastico regionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a quanto consta all'interrogante, ha comunicato alla dirigente scolastica il diniego per l'avvio della prima classe dell'istituto;
   per consentire l'avvio della classe e assicurare a tali giovani l'inizio di un percorso scolastico-lavorativo, 7 tra madri e sorelle di alcuni dei 14 ragazzi hanno richiesto l'iscrizione alla prima classe, portando a 21 il numero degli iscritti;
   con note del 30 luglio 2018, previ contatti con l'ufficio scolastico regionale, la dirigente dell'istituto ha dovuto comunicare il rigetto delle 7 richieste di iscrizione, perché non sarebbe consentita la contestuale presenza, nella stessa classe e in qualità di alunni, di persone minorenni e maggiorenni;
   di fatto, allo stato, non viene consentito a 14 giovani del territorio di iniziare il percorso di studi di perito agrario;
   le 7 madri e sorelle che si sono viste rifiutare le rispettive richieste di iscrizione hanno interessato gli uffici competenti al fine di ottenere l'annullamento dei provvedimenti di rigetto;
   nel territorio in argomento non v’è un centro per l'istruzione degli adulti che consenta alle stesse di esercitare il diritto, costituzionalmente tutelato, di frequentare la scuola pubblica;
   con nota del 31 luglio 2018, la regione Lazio si è fatta parte attiva per individuare una soluzione condivisa della problematica e il 20 settembre 2018 è stata approvata dal consiglio della regione Lazio una mozione che impegna il presidente e la giunta regionale ad attivarsi presso le competenti amministrazioni statali affinché, insieme all'istituto, al comune di San Vito Romano, ai comuni limitrofi, a Roma Capitale, ai cittadini, alla conferenza provinciale, all'ufficio scolastico regionale, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, siano trovate soluzioni che garantiscano alla sede scolastica di San Vito Romano di avviare la prima classe dell'anno scolastico 2018/2019;
   in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, è possibile derogare ai limiti numerici richiesti per la formazione delle classi ove tra gli iscritti vi sia un alunno disabile, ovvero la classe si trovi in comuni montani –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e della mozione del 20 settembre 2018 e quali iniziative urgenti intenda intraprendere anche alla luce dell'allegato A della delibera della giunta regionale n. 644 del 12 ottobre 2017, punti 2.1 e 2.2, pagine 3-4, e del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;
   se e quali iniziative, anche di medio e lungo periodo, intenda adottare per evitare il ripetersi della predetta situazione. (3-00190)


Iniziative di competenza volte a ripristinare la cinta muraria di San Gimignano, in provincia di Siena, e a garantire adeguate risorse economiche per prevenire e riparare eventuali danni al patrimonio culturale pubblico – 2-00013

D) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   martedì 3 aprile 2018 è crollato un tratto della cinta muraria di San Gimignano (provincia di Siena) edificata nel XIII secolo dopo Cristo. Secondo le rilevazioni tecniche di vigili del fuoco e dei tecnici comunali e della soprintendenza, il tratto interessato dal crollo è lungo 15 metri ed alto sei;
   il centro storico di San Gimignano è stato dichiarato dal 1990 patrimonio mondiale dell'Unesco e rappresenta una delle più significative testimonianze nazionali dell'architettura medievale. Per le sue peculiarità artistiche e paesaggistiche è oggi uno dei luoghi maggiormente visitati al mondo con circa 3 milioni di visitatori annui;
   le istituzioni, secondo quanto si apprende dagli organi di informazione, si sono già attivate per cercare di ripristinare il tratto murario danneggiato. La regione Toscana ha proclamato lo stato di emergenza, mentre il Ministero per i beni e le attività culturali ha autorizzato lo stanziamento, da parte della soprintendenza di Arezzo, Siena e Grosseto, di 300 mila euro per i primi interventi necessari;
   secondo fonti stampa i primi sopralluoghi tecnici hanno evidenziato, ad oggi, che il crollo potrebbe essere stato causato da un avvallamento del terreno sopra le mura causato dalle forti piogge dei giorni scorsi;
   negli ultimi anni sono stati numerosi i danni che si sono verificati, a seguito di avversità atmosferiche, al patrimonio storico ed architettonico regionale. Come ad esempio nel 2012 a Monticchiello (in provincia di Siena nel comune di Pienza), un borgo che ricade nella Val d'Orcia che, dal 2004, è patrimonio dell'Unesco, dove sono crollate alcune sezioni della cinta muraria e nel 2014 a Volterra (in provincia di Pisa) dove il crollo interessò circa 30 metri delle mura, costringendo anche all'evacuazione di alcune abitazioni. Danni si sono verificati anche a Magliano in Toscana (in provincia di Grosseto), Poggio a Caiano (in provincia di Prato), San Casciano in Val di Pesa (in provincia di Firenze);
   appare evidente, come anche confermato da alcune dichiarazioni del sindaco di San Gimignano Giacomo Bassi, che sia necessario approfondire la natura di questi crolli per capire i motivi per cui strutture edificate numerosi secoli fa siano andate in grave sofferenza soprattutto negli ultimi anni;
   il direttivo di Anci Toscana ha recentemente lanciato un appello alle istituzioni nazionali per tutelare e preservare il patrimonio storico, artistico e culturale della regione: «I crolli che si sono verificati negli ultimi anni e che hanno interessato importanti testimonianze del passato pongono con assoluta urgenza la necessità di un piano regionale per il monitoraggio e la tutela almeno del patrimonio a rischio, che veda la partecipazione e l'apporto della regione, delle soprintendenze, del Ministero per i beni e le attività culturali, dei comuni e degli ordini professionali competenti»;
   è infatti evidente che i finanziamenti necessari sia per prevenire episodi simili, sia per mettere in sicurezza i danni subiti non possono ricadere esclusivamente sugli enti territoriali. Si tratta di beni culturali riconosciuti dall'ordinamento nazionale (ricadenti in alcuni casi all'interno di siti Unesco) che, oltre a rappresentare una straordinaria ricchezza dal punto di vista artistico ed architettonico, attraggono ogni anno milioni di visitatori e contribuiscono alla crescita del prodotto interno lordo turistico e ricettivo del nostro Paese;
   le fortificazioni e le cinte murarie di origine medievale sono spesso di proprietà del demanio pubblico e date in gestione alle amministrazioni comunali, senza però adeguate risorse per la manutenzione ordinaria;
   molto spesso i vincoli di bilancio dei comuni interessati dai crolli ai beni culturali pubblici non consentono di utilizzare risorse economiche a disposizione per prevenire e riparare i danni, a causa dei vincoli stessi di bilancio;
   la legge 20 febbraio 2006, n. 77, «Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell'Unesco», nonostante abbia finanziato in questi anni numerosi progetti, ha una dotazione finanziaria non sufficiente per salvaguardare e valorizzare adeguatamente i numerosi e diversificati siti italiani;
   all'articolo 4 della Convenzione Unesco di Parigi del 1972, con la quale è stata costituita la World Heritage List, è scritto testualmente che «ciascuno Stato partecipe della presente Convenzione riconosce che l'obbligo di garantire l'identificazione, protezione, conservazione, valorizzazione e trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale di cui agli articoli 1 e 2, situato sul suo territorio, gli incombe in prima persona. Esso si sforza di agire a tal fine sia direttamente con il massimo delle sue risorse disponibili, sia, all'occorrenza, per mezzo dell'assistenza e della cooperazione internazionale di cui potrà beneficiare, segnatamente a livello finanziario, artistico, scientifico e tecnico»; ciò esplicita, in modo inequivocabile, che la protezione e la conservazione spetta agli Stati nazionali ed ai Governi e alle comunità locali –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, nel dettaglio, al fine di ripristinare la cinta muraria di San Gimignano interessata dal crollo e prevenire ulteriori episodi di questa natura;
   se il Governo ritenga utile, per quanto di competenza, promuovere norme specifiche che permettano alle amministrazioni comunali di poter utilizzare risorse economiche in deroga ai vincoli del pareggio di bilancio per prevenire e riparare eventuali danni arrecati al patrimonio culturale pubblico;
   se ritengano necessario assumere iniziative per istituire un apposito fondo nazionale a sostegno degli interventi di prevenzione, manutenzione e riparazione di eventuali danni delle fortificazioni medievali riconosciute patrimonio storico e culturale, con particolare riferimento a quelle ricadenti sui siti Unesco.
(2-00013) «Cenni».


PROPOSTA DI LEGGE: CALABRIA ED ALTRI: MISURE PER PREVENIRE E CONTRASTARE CONDOTTE DI MALTRATTAMENTO O DI ABUSO, ANCHE DI NATURA PSICOLOGICA, IN DANNO DEI MINORI NEI SERVIZI EDUCATIVI PER L'INFANZIA E NELLE SCUOLE DELL'INFANZIA E DELLE PERSONE OSPITATE NELLE STRUTTURE SOCIO-SANITARIE E SOCIO-ASSISTENZIALI PER ANZIANI E PERSONE CON DISABILITÀ E DELEGA AL GOVERNO IN MATERIA DI FORMAZIONE DEL PERSONALE (A.C. 1066-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: BRAMBILLA; RAMPELLI ED ALTRI; CALABRIA ED ALTRI; DALL'OSSO ED ALTRI (A.C. 20-329-480-552)

A.C. 1066-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:

  Sopprimere l'articolo 2.

  All'articolo 7, apportare le seguenti modificazioni:
   al comma 2, primo periodo, sostituire le parole: 2017, 2018 e 2019 con le seguenti: 2019, 2020 e 2021;
   al comma 2, secondo periodo, sopprimere le parole: e i criteri per la ripartizione del fondo di cui al primo periodo da destinare prioritariamente a iniziative di formazione continua di carattere professionale, emotivo-relazionale e attitudinale del personale;
   al medesimo comma 2, sopprimere il terzo e il quarto periodo;
   al comma 3, dopo le parole: che ne facciano richiesta, aggiungere le seguenti: con destinazione prioritaria a iniziative di formazione continua di carattere professionale, emotivo-relazionale e attitudinale del personale,;
   sostituire il comma 4 con il seguente:
  4. Agli oneri derivanti dal comma 2, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019,2020 e 2021, si provvede;
   a) quanto ad euro 5 milioni per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per il medesimo anno dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito dei programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
   b) quanto ad euro 5 milioni, per ciascuno degli anni 2020 e 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

e con la seguente osservazione:
  Si valuti l'opportunità di prevedere all'articolo 7, comma 2, secondo periodo, un termine per l'adozione del decreto del Ministro della salute ivi previsto che sia inferiore a quello indicato al successivo comma 3 del medesimo articolo 7.

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 2.50, 3.11, 4.10, 3.52, 3.53 e 7.1, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 1066-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 1.
(Finalità).

  1. La presente legge, fermi restando il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico degli anziani e delle persone con disabilità, ha la finalità di prevenire e contrastare, in ambito pubblico e privato, condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori nei servizi educativi per l'infanzia e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno, nonché di disciplinare la raccolta di dati utilizzabili a fini probatori in sede di accertamento di tali condotte.

A.C. 1066-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 2
(Piano straordinario di ispezioni).

  1. Ai fini della presente legge e per garantire il miglioramento complessivo della qualità dei servizi socio-assistenziali, per il triennio 2018-2020 il Ministro della salute, d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per la famiglia e le disabilità, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, con le regioni, con le province autonome di Trento e di Bolzano e con le aziende sanitarie locali, attua, in aggiunta all'ordinaria attività di vigilanza e di controllo, per quanto di sua competenza, un piano straordinario di ispezioni presso i servizi educativi per l'infanzia, le scuole dell'infanzia e le strutture socio-assistenziali di carattere residenziale e semiresidenziale per anziani, persone disabili e minori in situazione di disagio, gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali, convenzionate o non convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, in particolare allo scopo di accertare il grado di accoglienza e di salubrità delle stesse, nonché di valutare, anche in collaborazione con l'ispettorato regionale del lavoro competente, le condizioni generali di sicurezza del lavoro, il benessere organizzativo del personale impiegato e l'efficacia delle misure adottate dai datori di lavoro per la prevenzione dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Resta ferma l'applicazione della relativa disciplina sanzionatoria in caso di inadempimento da parte dei medesimi datori di lavoro.
  2. Le ispezioni di cui al comma 1, effettuate in modo sia occasionale sia programmato, con periodicità almeno semestrale, sono disposte nell'intero territorio nazionale e articolate su base provinciale tenendo conto del rapporto tra il numero dei minori in situazione di disagio, degli anziani e delle persone disabili e la popolazione residente, nonché del numero dei servizi educativi per l'infanzia, delle scuole dell'infanzia e delle strutture di cui al medesimo comma 1 esistenti nel territorio di riferimento.
  3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 marzo di ciascun anno, trasmettono al Ministero della salute una relazione, riferita all'anno precedente, nella quale sono esposti i dati aggregati sui controlli effettuati presso i servizi educativi per l'infanzia, le scuole e le strutture di cui al comma 1, nonché le informazioni trasmesse dalle aziende sanitarie locali relativamente ai provvedimenti adottati.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 2.
(Piano straordinario di ispezioni).

  Sopprimere l'articolo 2.
2. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del Regolamento).
(Approvato)

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: qualità dei servizi aggiungere le seguenti: educativi e.

  Conseguentemente,
   al medesimo comma, medesimo periodo:
    sostituire la parola:
disabili con le seguenti: con disabilità;
    dopo le parole: condizioni generali di aggiungere le seguenti: salute e;
   al comma 2, sostituire la parola: disabili con le seguenti: con disabilità.
2. 50. Casa, Gallo, Acunzo, Azzolina, Bella, Carbonaro, Frate, Lattanzio, Mariani, Marzana, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani, Dadone, Macina, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Perconti, Davide Aiello, Vizzini, Siragusa, Invidia, De Lorenzo, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri.

A.C. 1066-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 3.
(Delega al Governo in materia di formazione del personale dei servizi educativi per l'infanzia, delle scuole dell'infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità).

  1. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, in materia di istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino al termine della scuola dell'infanzia, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la definizione di modalità della valutazione attitudinale per l'accesso alle professioni educative e di cura, nonché delle modalità della formazione obbligatoria iniziale e permanente del personale delle strutture di cui all'articolo 1, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) prevedere che gli operatori socio-sanitari, gli infermieri e gli altri soggetti che operano con mansioni di assistenza diretta presso strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, di carattere residenziale, semiresidenziale o diurno, nonché gli educatori e il personale docente e non docente dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia, in aggiunta all'idoneità professionale, siano in possesso di adeguati requisiti di carattere attitudinale, individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, con il quale sono altresì stabiliti i criteri e le modalità per lo svolgimento della loro valutazione;
   b) prevedere che la valutazione dei requisiti di carattere attitudinale di cui alla lettera a) sia effettuata al momento dell'assunzione e, successivamente, con cadenza periodica, anche in relazione al progressivo logoramento psico-fisico derivante dallo svolgimento di mansioni che richiedono la prestazione di assistenza continuativa a soggetti in condizioni di vulnerabilità;
   c) prevedere che tra il personale di cui alla lettera a) possa essere indicato un soggetto preposto alla prevenzione nonché al controllo di eventuali condotte di maltrattamento o di abuso, anche reiterate, di cui all'articolo 1, in particolare nei confronti delle persone impossibilitate a mostrare il proprio stato d'animo verbalmente o attraverso la mimica facciale;
   d) prevedere, nel rispetto delle competenze regionali, percorsi di formazione professionale continua dei lavoratori di cui alla lettera a), svolti eventualmente con modalità telematica, anche in collaborazione con le università, e finalizzati, in particolare, all'apprendimento delle pratiche e delle tecniche della relazione empatica, che valorizzino le migliori pratiche sviluppate nelle diverse realtà operanti nel territorio nazionale, assicurando il coinvolgimento delle famiglie, degli operatori e degli enti territoriali, nonché procedendo, ove necessario, al coordinamento con la disciplina vigente in materia di educazione continua in medicina (ECM) del personale sanitario;
   e) prevedere incontri periodici e regolari di équipe di operatori, allo scopo di verificare precocemente l'insorgenza di eventuali criticità e di individuare le possibili soluzioni innanzitutto all'interno della medesima équipe, favorendo la condivisione e la crescita professionale del personale;
   f) prevedere colloqui individuali o incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, finalizzati a potenziare il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico di anziani e persone con disabilità, quali principali strumenti per migliorare il benessere delle persone destinatarie di interventi educativi o di cura, oltre a rafforzare il coinvolgimento e la fiducia dei familiari nelle relazioni con il personale educativo e di cura;
   g) prevedere adeguati percorsi di sostegno e ricollocamento del personale dichiarato non idoneo allo svolgimento delle mansioni nelle strutture di cui all'articolo 1, prevedendo in particolare, con riferimento all'ambito educativo, un'azione preventiva attuata da équipe psico-pedagogiche territoriali, anche al fine di sostenere i docenti e gli educatori nell'acquisizione degli strumenti utili alla gestione delle situazioni educative difficili;
   h) prevedere misure di rilevamento precoce dei casi di stress lavoro-correlato per il personale addetto ai servizi educativi dell'infanzia e alle scuole dell'infanzia, nonché misure per il recupero delle condizioni di benessere, anche attraverso attività di assistenza e consulenza specifiche per tale personale.

  2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Lo schema del decreto legislativo, corredato della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è successivamente trasmesso alle Camere, entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine di delega previsto dal comma 1 del presente articolo, per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari possono esprimersi entro il termine di quindici giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato.
  3. Dall'attuazione della delega di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di rispettiva competenza con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora il decreto legislativo di cui al comma 1 del presente articolo determini nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, il decreto stesso è emanato solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 3.

(Delega al Governo in materia di formazione del personale dei servizi educativi per l'infanzia, delle scuole dell'infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità).

  Al comma 1, lettera a), aggiungere, in fine, le parole: psicologica e attitudinale.
3. 13. Bellucci, Ferro, Bucalo, Zucconi, Mollicone.

  Al comma 1, lettera a), sostituire la parola: attitudinale con la seguente: psicoattitudinali.
3. 13.(Testo modificato nel corso della seduta) Bellucci, Ferro, Bucalo, Zucconi, Mollicone.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera b), sostituire la parola: attitudinale con la seguente: psicoattitudinale.
3. 5. Bucalo, Bellucci, Rizzetto, Prisco, Zucconi, Mollicone.
(Approvato)

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).
*3. 50. Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Zan.
(Approvato)

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).
*3. 51. Macina, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Perconti, Davide Aiello, Vizzini, Siragusa, Invidia, De Lorenzo, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera d), dopo le parole: relazione empatica aggiungere le seguenti: e allo sviluppo delle competenze emotive.

  Conseguentemente,
   al medesimo comma:
    lettera g), sostituire le parole da:
adeguati percorsi fino a: e gli educatori con le seguenti:, in via preventiva, con particolare riferimento all'ambito educativo, adeguati percorsi, attuati da équipe socio-psico-pedagogiche territoriali, costituite da professionisti quali sociologi, psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, mediatori culturali, educatori, per sostenere il personale;
   dopo la lettera g, aggiungere la seguente:
    g-bis) prevedere percorsi di ricollocamento del personale dichiarato non idoneo allo svolgimento delle mansioni nelle strutture di cui all'articolo 1;.
3. 52. Marzana, Gallo, Acunzo, Azzolina, Bella, Carbonaro, Casa, Frate, Lattanzio, Mariani, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani, Dadone, Macina, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Perconti, Davide Aiello, Vizzini, Siragusa, Invidia, De Lorenzo, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri.

  Al comma 1, lettera e), dopo le parole: di operatori aggiungere le seguenti: condotti da uno psicologo,.
3. 8. Bellucci, Ferro, Bucalo.

  Al comma 1, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
   f-bis) prevedere il rinnovo degli arredi interni dei locali dei servizi educativi dell'infanzia, per migliorare le condizioni ambientali dell'apprendimento e il benessere dei bambini.

  Conseguentemente, all'articolo 7, comma 2, primo periodo, dopo le parole: di cui all'articolo 1 aggiungere le seguenti: e dal rinnovo degli ambienti di apprendimento di cui all'articolo 3,.
3. 53. Gallo, Marzana, Acunzo, Azzolina, Bella, Carbonaro, Casa, Frate, Lattanzio, Mariani, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani, Dadone, Macina, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Perconti, Davide Aiello, Vizzini, Siragusa, Invidia, De Lorenzo, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri.

  Al comma 1, dopo la lettera f) aggiungere la seguente:
   f-bis) prevedere un sistema di monitoraggio e valutazione degli asili nido, delle scuole dell'infanzia, delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale e semi-residenziale, attuato da un’équipe psico-pedagogica territoriale.
3. 11. Bellucci, Ferro, Bucalo.

  Al comma 1, lettera g, dopo le parole: di sostegno e ricollocamento aggiungere le seguenti:, anche mediante la possibilità di ricorrere a mutamenti di mansione,.
3. 9. Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Zan.

  Al comma 1, lettera h), dopo la parola: prevedere aggiungere le seguenti:, sulla base di apposite linee guida omogene emanate dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute,
3. 54. Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Zan.

  Al comma 2, dopo le parole: Ministro dell'economia e delle finanze, inserire le seguenti: sentito il Ministro per la famiglia e le disabilità.
3. 200. Le Commissioni.
(Approvato)

A.C. 1066-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI

Art. 4.
(Linee guida sulle modalità di visita nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali).

  1. Anche al fine di favorire la prevenzione delle condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, di cui all'articolo 1, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa consultazione delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale e sentite le associazioni dei familiari degli ospiti delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, come individuate dal Ministero della salute e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, emana linee guida sulle modalità di accesso nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per garantire, ove possibile, le visite agli ospiti lungo l'intero arco della giornata.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 4.
(Linee guida sulle modalità di visita nelle strutture socio-sanitarie e socio assistenziali).

  Al comma 1, sostituire le parole: ove possibile, le visite agli ospiti lungo l'intero arco della giornata con le seguenti: nel rispetto del corretto svolgimento delle attività di assistenza e cura, le visite agli ospiti nel corso delle 24 ore giornaliere.
4. 10. Carla Cantone, Serracchiani, Gribaudo, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  2. Allo scopo di assicurare un contesto ambientale sano ed equilibrato, favorendo le migliori condizioni di svolgimento dell'attività lavorativa, anche tenuto conto della peculiarità del servizio erogato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emana le linee guida in merito alla redazione del documento di valutazione dei rischi, di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, riguardante il personale comunque impiegato nelle strutture di cui all'articolo 1 della presente legge.

  Conseguentemente, alla rubrica, dopo le parole: socio assistenziali aggiungere le seguenti: nonché di redazione del documento di valutazione dei rischi riguardante il personale impiegato nelle strutture di cui alla presente legge.
4. 12. Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Zan.

A.C. 1066-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 5.
(Regolamentazione dell'utilizzo di sistemi di videosorveglianza nei servizi educativi per l'infanzia, nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità).

  1. Per assicurare il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, nelle strutture di cui al medesimo articolo possono essere installati sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso, le cui immagini sono criptate e conservate per sei mesi, decorrenti dalla data della registrazione, all'interno di un server dedicato, appositamente installato nella struttura, con modalità atte a garantire la sicurezza dei dati trattati e la loro protezione da accessi abusivi. Il Garante per la protezione dei dati personali adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i provvedimenti e definisce gli adempimenti e le prescrizioni da applicare in relazione alla tutela e al trattamento dei dati personali, nonché alla installazione dei sistemi di cui al primo periodo del presente comma, ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e dell'articolo 2-quinquiesdecies del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il Garante è altresì competente, ai sensi dell'articolo 2-quinquiesdecies del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, alla verifica preliminare dell'idoneità tecnica dei dispositivi adottati. L'esito della verifica preliminare è comunicato al richiedente entro novanta giorni dalla richiesta. Trascorso tale termine senza che sia stata effettuata la verifica o ne sia stato comunicato l'esito, la verifica si intende avere avuto esito positivo.
  2. L'accesso alle registrazioni dei sistemi di cui al comma 1 è vietato, salva la loro acquisizione, su iniziativa della polizia giudiziaria o del pubblico ministero, come prova documentale nel procedimento penale.
  3. I sistemi di cui al comma 1 possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero, laddove queste non siano costituite, dalle rappresentanze sindacali territoriali. In alternativa, nel caso di strutture con sedi ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, i sistemi di cui al comma 1 possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.
  4. La presenza dei sistemi di cui al comma 1 è adeguatamente segnalata a tutti i soggetti che accedono all'area videosorvegliata. Gli utenti e il personale delle strutture di cui all'articolo 1 hanno diritto a una informativa sulla raccolta delle registrazioni dei sistemi di cui al comma 1, sulla loro conservazione nonché sulle modalità e sulle condizioni per accedervi.
  5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, stabilisce con proprio decreto le modalità per assicurare la partecipazione delle famiglie alle decisioni relative all'installazione e all'attivazione dei sistemi di videosorveglianza nei servizi educativi per l'infanzia e nelle scuole dell'infanzia.
  6. Nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali di cui all'articolo 1, l'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza è consentito nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, e previo consenso degli interessati o di chi legalmente li rappresenta.
  7. Nelle strutture di cui all'articolo 1 è vietato l'utilizzo di webcam.
  8. In caso di violazione delle disposizioni di cui al presente articolo o dei provvedimenti adottati ai sensi del secondo periodo del comma 1, si applicano le sanzioni previste dall'articolo 166 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dall'articolo 83 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 5.
(Regolamentazione dell'utilizzo di sistemi di videosorveglianza nei servizi educativi per l'infanzia, nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità).

  Sopprimerlo.
5. 50. Toccafondi, Soverini, Fusacchia.

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: possono essere installati aggiungere le seguenti: , in presenza di fattori di rischio specifici e per periodi di tempo limitati,.
*5. 2. Emanuela Rossini, Gebhard.

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: possono essere installati aggiungere le seguenti: , in presenza di fattori di rischio specifici e per periodi di tempo limitati,.
*5. 51. Toccafondi, Soverini.

  Al comma 1, sopprimere il terzo, il quarto e il quinto periodo.
5. 200. Le Commissioni.
(Approvato)

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  9. In ogni caso, per il perseguimento delle finalità di cui alla presente legge, nell'utilizzo di sistemi di videosorveglianza nelle strutture di cui al presente articolo deve essere garantito il rispetto della normativa europea e nazionale in materia di liceità della finalità perseguita e proporzionalità del trattamento secondo i princìpi di necessità e proporzionalità stabiliti a livello nazionale ed europeo e fermo restando il monitoraggio del Garante per la protezione dei dati personali.
5. 15. Emanuela Rossini, Gebhard.

A.C. 1066-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 6.
(Relazione alle Camere).

  1. Il Governo trasmette alle Camere, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sull'attuazione della presente legge, nella quale dà conto anche dei dati rilevati dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell'interno, nell'ambito delle rispettive competenze, in ordine all'andamento, nell'anno di riferimento, dei reati commessi in danno dei minori e delle persone ospitate nelle strutture di cui all'articolo 1, nonché dei relativi procedimenti giudiziari.
  2. Il Governo, sulla base delle relazioni annuali di cui al comma 1, procede, con cadenza biennale, alla verifica degli effetti derivanti dalle disposizioni della presente legge e dell'adeguatezza delle risorse finanziarie destinate alle sue finalità.

A.C. 1066-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 7.
(Norme finanziarie).

  1. Fermo restando quanto previsto all'articolo 3, comma 3, terzo periodo, le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'attuazione della presente legge nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo.
  2. Nelle more dell'attuazione del decreto legislativo di cui all'articolo 3, al fine di condurre una sperimentazione delle misure previste dalla presente legge, a partire dalla formazione del personale delle strutture di cui all'articolo 1, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è costituito un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono determinate le modalità per lo svolgimento della sperimentazione e i criteri per la ripartizione del fondo di cui al primo periodo, da destinare prioritariamente a iniziative di formazione continua di carattere professionale, emotivo-relazionale e attitudinale del personale. Le somme non impegnate nell'esercizio di competenza possono esserlo in quelli successivi. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per la famiglia e le disabilità e con il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri per l'assegnazione delle risorse del fondo di cui al comma 2 alle strutture pubbliche e paritarie che ne facciano richiesta, nei limiti delle risorse di cui al medesimo comma 2.
  4. Agli oneri derivanti dal comma 2, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto all'anno 2017, l'accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto agli anni 2018 e 2019, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 7.
(Norme finanziarie).

  Al comma 2, primo periodo, sostituire le parole: ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 con le seguenti: l'anno 2018 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020;

  Conseguentemente, al comma 4, sostituire le parole: ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 con le seguenti: l'anno 2018 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
7. 1. Ferro, Bellucci, Bucalo.

  All'articolo 7, apportare le seguenti modificazioni:
   al comma 2, primo periodo, sostituire le parole: 2017, 2018 e 2019 con le seguenti: 2019, 2020 e 2021;
   al comma 2, secondo periodo, sopprimere le parole: e i criteri per la ripartizione del fondo di cui al primo periodo da destinare prioritariamente a iniziative di formazione continua di carattere professionale, emotivo-relazionale e attitudinale del personale;
   al medesimo comma 2, sopprimere il terzo e il quarto periodo;
   al comma 3, dopo le parole: che ne facciano richiesta, aggiungere le seguenti: con destinazione prioritaria a iniziative di formazione continua di carattere professionale, emotivo-relazionale e attitudinale del personale,;
   sostituire il comma 4 con il seguente:
  4. Agli oneri derivanti dal comma 2, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, si provvede:
   a) quanto ad euro 5 milioni per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per il medesimo anno dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
   b) quanto ad euro 5 milioni, per ciascuno degli anni 2020 e 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
7. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del Regolamento)

(Approvato)

  Al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: di concerto con aggiungere le seguenti: il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e.
7. 50. Marzana, Gallo, Acunzo, Azzolina, Bella, Carbonaro, Casa, Frate, Lattanzio, Mariani, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani, Dadone, Macina, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Perconti, Davide Aiello, Vizzini, Siragusa, Invidia, De Lorenzo, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri.

(Approvato)

  Al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: delle politiche sociali, inserire le seguenti: da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. 200. Le Commissioni.
(Approvato)

  Al comma 2, secondo periodo, sopprimere le parole: e attitudinale.
7. 51. Marzana, Gallo, Acunzo, Azzolina, Bella, Carbonaro, Casa, Frate, Lattanzio, Mariani, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani, Dadone, Macina, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Perconti, Davide Aiello, Vizzini, Siragusa, Invidia, De Lorenzo, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri.

  Al comma 2, dopo il secondo periodo, aggiungere il seguente: La copertura finanziaria è destinata con priorità alla formazione professionale continua di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d) e ai percorsi di cui all'articolo 3, comma 1, lettera g).
7. 52. Marzana, Gallo, Acunzo, Azzolina, Bella, Carbonaro, Casa, Frate, Lattanzio, Mariani, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani, Dadone, Macina, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Elisa Tripodi, Francesco Silvestri, Perconti, Davide Aiello, Vizzini, Siragusa, Invidia, De Lorenzo, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri.
(Approvato)

A.C. 1066-A – Articolo 8

ARTICOLO 8 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI

Art. 8.
(Clausola di salvaguardia).

  1. Le disposizioni della presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

A.C. 1066-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo dispone in ordine alla prevenzione di fenomeni di abuso e maltrattamenti, anche di natura psicologica, in danno dei minori nei luoghi e nei servizi educativi per l'infanzia e nelle scuole dell'infanzia, a tal fine prevedendo un'adeguata e costante formazione del personale addetto, nonché la verifica del possesso di determinati requisiti;
    il fine preventivo appare senz'altro il miglior approccio a tutela del benessere dei minori e, a tal proposito, preme ai firmatari del presente atto segnalare che esso si esplica anche con riguardo agli spazi vitali disponibili ed il vigente limite massimo di bambini, in termini numerici, che possono essere ospitati in una classe della scuola dell'infanzia appare eccessivo, anche con riguardo alla funzione degli educatori ed alle loro capacità di resistenza e di vigilanza,

impegna il Governo

per quanto di competenza e ferma restando l'iniziativa parlamentare, a valutare l'opportunità di adottare, con successivi provvedimenti e compatibilmente con le disponibilità finanziarie, una disposizione che riduca il limite esposto in premessa.
9/1066-A/1Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto per la delicatezza della materia che norma dev'essere in grado di garantire una adeguata tutela e protezione dei dati personali sensibili;
    il testo risulta essere ancora lacunoso sotto questo profilo e necessita nel suo iter legislativo di un opportuno intervento a rafforzamento della richiamata prerogativa di protezione dei dati personali; Anche nell'ambito dei pareri espressi al provvedimento quanto richiamato in premessa è emerso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire in tempi rapidi che i server di cui all'articolo 5, comma 1, non possono in alcun caso essere connessi alla rete internet, al fine di garantire una adeguata protezione dei dati personali ai sensi del Regolamento n. 2016/679 del Parlamento Europeo del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE.
9/1066-A/2De Luca, Lotti, Viscomi, Giacomelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto per la delicatezza della materia che norma dev'essere in grado di garantire una adeguata tutela e protezione dei dati personali sensibili;
    il testo risulta essere ancora lacunoso sotto questo profilo e necessita nel suo iter legislativo di un opportuno intervento a rafforzamento della richiamata prerogativa di protezione dei dati personali; Anche nell'ambito dei pareri espressi al provvedimento quanto richiamato in premessa è emerso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire che i server di cui all'articolo 5, comma 1, non possono in alcun caso essere connessi alla rete internet, al fine di garantire una adeguata protezione dei dati personali ai sensi del Regolamento n. 2016/679 del Parlamento Europeo del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE.
9/1066-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta) De Luca, Lotti, Viscomi, Giacomelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula reca misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture sociosanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità;
    il provvedimento in questione dispone all'articolo 2, comma 1 che le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio, convenzionate o non convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, nonché le strutture di carattere residenziale o semiresidenziale gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali possono dotarsi di un sistema di videosorveglianza costituito da telecamere a circuito chiuso con immagini criptate, al fine di garantire una maggiore tutela degli ospiti delle medesime strutture;
    anche il problema delle aggressioni al personale medico e infermieristico nei pronti soccorso e nei reparti ospedalieri è diventato un'emergenza sociale: da Nord a Sud le cronache ci parlano spesso di episodi di violenza subita nei confronti del personale sanitario;
    le conseguenze degli episodi di aggressione testé menzionati si ripercuotono sugli operatori sanitari che, per tutelarsi sono obbligati a stipulare un'idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale, poiché l'azienda ospedaliera non copre colpa grave, inoltre, le conseguenze di tali episodi si ripercuotono, inevitabilmente, sul senso di sicurezza dei cittadini, che proprio presso le strutture ospedaliere chiedono di essere protetti e al sicuro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere la possibilità per le aziende sanitarie di stipulare convenzioni con gli istituti di vigilanza per la fornitura di un sistema di videosorveglianza attraverso sistemi di connettività con rete wireless esterna ad alta velocità nonché un network di videoregistrazione che sia dotato di una vasta gamma di servizi connessi.
9/1066-A/3Minardo.


MOZIONI CONTE ED ALTRI N. 1-00061, PEZZOPANE ED ALTRI N. 1-00063, LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00064, D'UVA E MOLINARI N. 1-00065 E CARFAGNA ED ALTRI N. 1-00066 CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RILANCIO DEL MEZZOGIORNO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    lo Stato negli ultimi 25 anni si è progressivamente ritratto nei confronti del lavoro e del Mezzogiorno e ha determinato, subendo la logica del mercato e del liberismo imposta dai grandi poteri, una diffusione delle disuguaglianze ai più alti livelli d'Europa: non è un caso che il coefficiente di Gini, utilizzato per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza, collochi l'Italia al penultimo posto in Europa, proprio a causa dei dati del Sud, che a sua volta è ultimo;
    la contrazione del ruolo dello Stato verso il Mezzogiorno si è verificata ancor di più in coincidenza con l'avvento della globalizzazione, con il trionfo del mercato e con il decollo dell'Unione europea: tre elementi che vanno perciò monitorati e diversamente coniugati sia nell'interesse generale che in particolare del Mezzogiorno;
    la mancanza di una politica attiva ha determinato nel Sud:
     a) il blocco del reddito pro capite a circa il 56-57 per cento di quello del Nord;
     b) la perdita di oltre 500 mila posti di lavoro rispetto al 2008, a danno prevalentemente dei giovani, nel mentre, rispetto allo stesso anno, gli occupati delle regioni del Centro-Nord sono aumentati di 242 mila unità;
     c) l'aumento del numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila);
     d) l'aumento del numero delle famiglie in povertà assoluta a 845 mila (145 mila in più del 2016), gran parte delle quali con un capo famiglia under 35 anni;
     e) una rivoluzione demografica che, entro il 2070, determinerà la perdita di 5 milioni di abitanti, con un ridimensionamento del numero e di ruolo delle giovani generazioni e uno spopolamento incontenibile nelle zone interne che farà del Sud la zona più vecchia d'Italia e tra le più anziane d'Europa, con un'età media di 51,6 anni rispetto agli attuali 42;
    rispetto al fenomeno dell'immigrazione, il Sud è segnato da migrazioni verso il Centro-Nord e verso l'estero di tipo biblico, con una perdita di capitale umano e sociale senza precedenti: negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti, la metà aveva un'età tra i 15 e i 34 anni e un quinto di essi era laureato; ben 800 mila non sono più tornati, neppure quando, nel 2016, si sono registrati segni di una piccola ripresa economica; anzi, in piena ripresa, ne sono andati altri 131 mila residenti, un quarto dei quali verso Paesi stranieri;
    la responsabilità principale, nonostante la resilienza della piccola e media impresa meridionale, è dell'apparato pubblico incapace di erogare servizi di scopo alle imprese e ai cittadini;
    la quota di risorse ordinarie della pubblica amministrazione centrale destinate al Mezzogiorno è, allo stato, di poco superiore al 28 per cento, a fronte del 34,4 per cento di popolazione. Al Centro-Nord è del 71,6 per cento, contro il 65,6 per cento di popolazione;
    nel 2016, la pubblica amministrazione ha investito 35,2 miliardi di euro (il 2,2 per cento del prodotto interno lordo nazionale), 3 miliardi in meno rispetto al 2015, taglio che ha riguardato essenzialmente le regioni meridionali; a questo si aggiunge il programma di investimento delle principali aziende pubbliche del Paese, tra le quali Ferrovie dello Stato italiane, che hanno localizzato a Sud solo il 19 per cento dei propri investimenti;
    il decreto-legge del 29 dicembre del 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, contenente interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno, ha sancito l'obbligo per le amministrazioni centrali di riservare al Sud un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale del 34 per cento, pari alla percentuale della popolazione residente. Ma, ad oggi, non è stata ancora emanata la direttiva di attuazione del Presidente del Consiglio dei ministri;
    se tra il 2009 e il 2015 fosse stata attivata, per le risorse da destinare al Sud, la clausola del 34 per cento, il prodotto interno lordo del Mezzogiorno avrebbe praticamente dimezzato la perdita accusata, che sarebbe stata pari al –5,4 per cento, mentre il calo effettivo è stato del –10,7 per cento; quanto all'occupazione, la diminuzione sarebbe stata pari a –2,8 per cento, invece del –6,8 per cento; vale a dire che si sarebbero persi circa 200 mila posti di lavoro e non mezzo milione e, dunque, di fatto, ne sarebbero stati salvati 300 mila;
    questo avrebbe comportato anche maggiori entrate per lo Stato, generando un circolo virtuoso: invece, la spesa per investimenti è calata per il Sud dai 22 miliardi di euro del 2009 ai 13 miliardi di euro del 2016 e ha determinato a cascata anche minori investimenti dall'estero: tra il 2009 e il 2017 sono stati pari a 25,3 miliardi di euro, di cui solo 4,7 miliardi al Sud;
    le risorse europee, come già era avvenuto per l'intervento straordinario, sono diventate sostitutive di quelle ordinarie e non sono finalizzate a una politica di riequilibrio sociale e d'integrazione territoriale, ma, come emerge dalle ultime manovre finanziarie, ad altre finalità;
    dai conti pubblici territoriali 2017 redatti dall'Agenzia per la coesione emerge che nel triennio 2013-2015, su 691 euro di spesa in conto capitale che la pubblica amministrazione ha effettuato per un singolo cittadino meridionale solo 239 euro sono arrivati dai fondi ordinari, cioè quelli esclusivamente statali, mentre il resto è arrivato dai fondi europei; queste proporzioni risultano ribaltate per il Centro-Nord: qui 508 euro sono stai prelevati dai fondi statali e solo 87 euro da fondi straordinari;
    secondo i dati dell'Osservatorio sui conti pubblici, se il reddito pro capite del Sud fosse pari a quello del resto del Paese sarebbe di 32.500 euro contro i 27.500 attuali (2016), quindi del 18 per cento più alto, quasi pari a quello della Francia, con un miglioramento del saldo tra entrate e uscite di 6-7 punti percentuali del prodotto interno lordo;
    il Mezzogiorno, se sostenuto, poteva essere la dinamo del proprio autosviluppo e di quello nazionale; invece, come segnala la Svimez con le anticipazioni del suo rapporto 2018, l'economia meridionale, malgrado un triennio di crescita consolidata pari se non superiore alla media nazionale, sconta, per la mancanza di investimenti produttivi, di nuovo un forte ritardo dal resto dell'Europa e dal resto del Paese: nel 2019 subirà un ulteriore rallentamento, con una crescita prevista dello +0,7 per cento rispetto al + 1,2 per cento nel Centro-Nord;
    sul versante della formazione il sistema scolastico e universitario del Meridione esprime professionalità che il tessuto produttivo locale, anche perché scollegato dall'alta formazione e dalla ricerca universitaria, non riesce ad assorbire e valorizzare, relegando molti giovani nella condizione di dover scegliere fra l'emigrazione, l'arrangiarsi e l'inattività;
    sul fronte dei servizi, tutti gli indicatori di qualità segnalano un divario crescente, con un riferimento marcato al socio-sanitario, alla cura, alla vivibilità, alla sicurezza e all'istruzione primaria che interessa i grandi e i piccoli centri;
    Svimez, Banca d'Italia, Istat e Unioncamere concordano nell'analisi di una realtà meridionale in profonda regressione dal punto di vista sociale, economico, culturale e civile, aggravata dalla situazione relativa a procedure fallimentari, liquidazione e scioglimenti di società di persone e di capitale;
    nonostante ciò l'apparato produttivo rimasto al Sud sembra essere in condizioni di ricollegarsi alla ripresa nazionale e internazionale, come dimostra anche l'andamento delle esportazioni. Tuttavia, permane il rischio che in carenza di adeguate politiche di sostegno non riesca a mantenere neppure gli standard attuali;
    la questione meridionale è stata considerata da alcuni come la legittima aspirazione del Sud a farsi Stato, da altri come un problema tecnico-amministrativo da risolvere con rimedi della stessa natura; la diversità di impostazione ha segnato e tuttora segna un diverso modo di concepire lo Stato: una sola cosa con la società e il territorio di cui si compone o come un'entità sovrastante, rispetto alla quale c’è chi ne fa parte a pieno titolo e chi no, come il Mezzogiorno;
    le cause della questione meridionale non sono riconducibili a un destino cinico, né tantomeno ai meridionali in quanto popolo subordinato per indole e appartenenza territoriale o per una storica inferiorità civile, ma allo Stato che, come imprenditore, ha oscillato tra la massimizzazione del profitto e il monopolio pubblico, come responsabile dell'amministrazione pubblica ha perpetuato le inefficienze del passato, e come programmatore non è riuscito a dare continuità ed efficienza agli interventi più tipici per lo sviluppo: Mezzogiorno, infrastrutture, politica industriale, politica energetica e ambientale;
    lo Stato si è disposto positivamente, almeno in parte, verso il Mezzogiorno, come imprenditore e programmatore, solo in due periodi: nel dopoguerra con la Cassa per il Mezzogiorno e tra gli anni ’80 e ’90 fino al Governo Ciampi, con il nuovo meridionalismo; a queste politiche si deve molto, pur con tutte le riserve e la diversità di giudizio sulla loro gestione e sul fatto che abbiano oscillato tra due paradigmi, quello assistenziale e quello compensativo, in funzione della diminuzione più o meno graduale del gap con il Centro-Nord (si è rivelato fallimentare quello assistenziale e non premiante quello imitativo);
    ora, i punti di riferimento per lo sviluppo e i modelli economici sono diventati la modernità, la globalizzazione e l'Europa, che vanno condivisi, a condizione che si coniughino questi nuovi riferimenti dal punto di vista del Sud, nel contesto di cui è stato ed è espressione;
    la politica dell'austerità, che è uno dei pilastri della strategia economica europea, è negativa per l'Italia e, in particolare, per il Mezzogiorno, perché valuta tutti gli investimenti, i cattivi come i buoni, improduttivi, se vanno oltre i parametri stabiliti; in tal modo non contiene la congiuntura economica, ma la peggiora: con la crisi del 2007, la produzione industriale è calata del 25 per cento per mancanza d'investimenti;
    dopo la crisi del 2008, l'Unione europea per contenere lo spread, che esprime il disvalore tra i diversi titoli di Stato dei Paesi che hanno aderito all'euro rispetto ai bond tedeschi, ha varato quattro manovre di finanziamento con conseguenze inique e inaccettabili. E l'Italia ha visto passare la sua posizione da un saldo positivo di 54,8 miliardi di euro del 2009, a un saldo negativo di 411,6 miliardi di euro ad aprile 2017, mentre, nello stesso periodo, il saldo positivo della Germania è passata da 115,3 miliardi di euro a 843,4 miliardi di euro;
    il consolidamento finanziario e la riduzione del debito pubblico, i due pilastri su cui si regge la politica economica dell'Unione europea, impedisce lo sviluppo e le politiche redistributive e avvalora la tesi che, di fatto, «l'Europa è già a due velocità», con l'Italia in seconda fila e il Mezzogiorno che segue in terza fila. E hanno, sia l'Italia sia il Mezzogiorno, scarse possibilità di scalare in avanti per ragioni strutturali;
    il modello economico sul quale si regge l'Europa è quello tedesco: si basa sulla stabilità dei prezzi e sul rigore dei conti pubblici, una visione diversa da quella delineata nella Costituzione basata sull'equilibrio tra democrazia, economia e lavoro, che si ispira alla politica keynesiana e individua negli investimenti infrastrutturali lo strumento per contrastare la recessione e la disoccupazione; inoltre, consiglia di provvedervi, in mancanza di risorse sufficienti con la politica del deficit spending: indebitarsi per investire in sviluppo e ricostruire, così, le condizioni per un incremento del reddito nazionale e dell'occupazione;
    in Italia è prevalsa, lo dimostrano anche il programma e i primi atti di questo Governo, la filosofia del modello europeo, secondo il quale la produttività va sostenuta comprimendo il costo del lavoro, favorendo con le riforme le grandi imprese e riducendo il debito pubblico; una politica che, attuata senza tenere conto della realtà e senza misure compensative, ha avuto un impatto devastante sul Mezzogiorno;
    il prodotto interno lordo pro capite del Sud è il 55,6 per cento di quello del Centro-Nord, la percentuale delle persone a rischio di povertà è al 33,8 per cento rispetto al 13,8 del Centro-Nord, quella giovanile è oltre il doppio;
    dal 2001 al 2016 l'aspettativa di vita al Sud, che attiene al tenore sociale nel suo complesso, è passata da +1 anno a –4 anni rispetto alla media nazionale;
    il nodo è il livello di indebitamento che l'Unione europea ha fissato medio tempore per i Paesi membri al 60 per cento dei rispettivi prodotti interni lordi. Sicché, l'Italia che ha superato quel limite di molto (133,1 per cento), è chiamata a ridurlo destinandogli tutti gli avanzi annuali del proprio bilancio;
    è un problema che non si risolve con l'uscita dall'euro: sarebbe come scegliere di andare in serie B e competere con i Paesi in via di sviluppo e non con quelli più progrediti, coltivando l'illusione di tornare in alto con la lira e la svalutazione competitiva;
    la mappa della crisi italiana – circostanza da non sottovalutare – è quasi completamente sovrapponibile, socialmente e territorialmente, alle zone in cui maggiore è stata la diffusione elettorale del populismo: il Mezzogiorno e le periferie urbane, ovvero le aree di maggiore sofferenza del Paese;
    i partiti euroscettici premiati dal Sud, in ragione della rappresentanza acquisita, non dovrebbero limitarsi alla protesta qualunquista, magari per ottenere qualche linea di flessibilità in più, che come è stato verificato nel recente passato non avrebbe effetti decisivi, ma proporre in maniera credibile e responsabile una riforma dell'architettura istituzionale dell'Unione europea, che è essenziale ad ogni cambiamento, almeno quanto il capitale umano e le conoscenze, mettendo in conto sia la necessità di tempi lunghi per il raggiungimento di tali obiettivi sia l'esigenza di un coinvolgimento della Germania, condizionando e non contraddicendo il suo ruolo, come spesso viene fatto solo a parole, per orientarlo verso una prospettiva di riforma delle istituzioni europee, accompagnata da un programma a medio termine di nuovi investimenti in cui sia centrale il Mezzogiorno;
    la nuova questione meridionale sta nell'apertura delle nuove frontiere mediterranee e il suo destino è strettamente connesso a questo processo, che va indirizzato con il potenziamento di un asse di sviluppo verso i Paesi del Sud: un progetto strategico che ne rimodelli l'assetto e la struttura produttiva e connetta nelle forme possibili tutti i Paesi del bacino Mediterraneo che, per storia, cultura e interessi economici, può rendere europee anche le regioni africane confinanti, dando, così, una risposta alta e risolutiva anche al problema delle migrazioni;
    Mediterraneo significa logistica, grandi infrastrutture e scambi commerciali, da animare e servire differenziando la rotta che per circumnavigare l'Europa, passa da Rotterdam e Amburgo con l'inclusione di Gioia Tauro e della nostra rete portuale, nel suo percorso;
    un progetto che unisca, attraverso il Mediterraneo, il Mezzogiorno d'Italia, l'immenso continente africano e lo spazio europeo appare necessario; se non si collegano questi due mondi, il destino dell'Italia meridionale è rimanere uno dei «Mezzogiorni dell'Europa» e quello dell'Europa di essere irreversibilmente sbilanciata verso i Paesi dell'Est che, alla lunga, la renderebbe marginale rispetto al mondo esterno, Asia e Africa comprese;
    l'area del Mediterraneo non è fuori dalla logica della globalizzazione; nel suo ambito si sono articolate e convivono tre aree omogenee: il Mediterraneo comunitario, con Spagna, Francia, Grecia e Italia; il Mediterraneo arabo, con Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Libano, Siria; il Mediterraneo orientale, cui possono ascriversi Malta, i Balcani con le loro articolazioni, fino alla Turchia, Cipro e Israele. Rappresentano un mondo, attraversato da dinamiche sociali ed economiche, demografiche e culturali caratterizzate da grandi diversità; tuttavia, i livelli di interdipendenza fisica, funzionale, economica e di scambi sono largamente prevalenti e cospirano per l'integrazione;
    la politica estera dell'Italia è essenziale per i commerci e l'economia, ma non può prescindere dall'Europa e dall'esigenza che essa si espanda verso l'asse meridionale e non ceda alle interferenze della Russia e degli Usa, le due principali potenze che a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo ne insidiano l'unità e lo sviluppo;
    il Governo in carica, pur avendo un Ministro senza portafoglio per il Sud, manca di una proposta organica; nel «contratto di governo» al Sud sono state destinate poche righe, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo evasive e blande da cui non si evince alcuna strategia, che non è emersa né con il documento di economia e finanza, né con la nota di aggiornamento allo stesso documento di economia e finanze approvati in Parlamento;
    il Veneto, la Lombardia e sulla loro scia altre undici regioni si sono di recente attivate per ottenere maggiori poteri e risorse; in particolare è stata formalizzata, con un referendum, dal Veneto e dalla Lombardia una richiesta di nuove competenze ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, che secondo i firmatari del presente atto di indirizzo avrebbe un chiaro tratto secessionista;
    la richiesta mira ad ottenere insieme alle nuove competenze, il trasferimento delle risorse ritenute necessarie calcolate in base ai «fabbisogni standard» che tengano conto dei bisogni della popolazione e dei territori e, soprattutto, del gettito fiscale territoriale: di fatto, il livello dei diritti dei cittadini di quelle regioni verrebbero garantiti, a seconda del reddito dei loro residenti;
    la proposta, che replica in peius il federalismo fiscale, va, ancora una volta, a discapito delle regioni del Sud e in favore di quelle del Centro-Nord, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo in aperta violazione con i principi di uguaglianza sanciti dalla Costituzione;
    dal 2001 nessun Governo ha fissato i livelli essenziali delle prestazioni sociali e civili da garantire in misura omogenea su tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla localizzazione geografica; senza i livelli essenziali delle prestazioni sociali e civili diventa più agevole immaginare forme di distribuzione delle risorse legate alla ricchezza territoriale e di fatto discriminatorie;
    sarebbe auspicabile, in vista della sessione di bilancio, un impegno da parte del Governo a ricomprendere nella sua agenda politica specifiche misure per sostenere e rilanciare le tante forze vive presenti nel tessuto sociale ed imprenditoriale del Mezzogiorno, partendo dalla presa d'atto che molte leggi sono valide per il Nord e non lo sono per il Sud e viceversa, e vanno, quindi, armonizzate,

impegna il Governo:

1) a concordare, nell'ambito di una più complessiva azione politica per arrivare ad una riforma istituzionale ed economica dell'Unione europea, il calcolo, per l'immediato e per un periodo limitato, del pareggio di bilancio con riferimento a spese correnti e a imposizione tributaria, accettando per gli investimenti non solo la tassazione di scopo ma anche l'emissione flessibile, contrattata e regolamentata di titoli di Stato, o l'emissione «misurata» di Eurobond, collocata sul mercato in conto dell'Unione, da destinare prioritariamente a un progetto strategico, per l'integrazione del bacino del Mediterraneo con l'Europa;

2) al fine di consentire una spesa efficiente dei fondi europei destinati quantomeno agli enti locali, senza intaccare la competenza delle regioni, ad adottare iniziative per costituire presso la Cassa depositi e prestiti un fondo in cui far confluire le risorse europee, integrate delle somme previste per la compartecipazione dello Stato, che le regioni meridionali intendono destinare ai comuni e agli altri enti locali sulla base di un piano di investimenti in cui si distinguono i progetti di interesse locale da quelli di interesse regionale;

3) ad adottare iniziative per prevedere nel bilancio dello Stato un capitolo in cui far confluire le somme destinate al Mezzogiorno che non risultino spese nell'anno di competenza, in particolare quelle che siano inferiori alla clausola del 34 per cento per modo che possano essere impegnate e spese per l'anno successivo;

4) ad adottare iniziative normative perché sia presentato in allegato al documento di economia e finanza annuale il monitoraggio della ricaduta nel Mezzogiorno dei provvedimenti finanziari, economici e sociali, compresi quelli agevolativi e di fiscalità di vantaggio rispetto al Centro-Nord, specificandone l'ammontare e le cause e indicando gli eventuali rimedi correttivi;

5) a definire con le singole regioni meridionali un piano per innalzare gli standard dei servizi al livello della media nazionale, programmandone costi e tempi di realizzazione, in quanto presupposto di ogni possibile politica di sviluppo a scala nazionale ed europea;

6) a non effettuare nessun trasferimento di poteri e risorse a una o più regioni finché non siano definiti e garantiti i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» (articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione) e ad ancorare il trasferimento di risorse sulle materie assegnate alle regioni esclusivamente a oggettivi fabbisogni dei territori, escludendo ogni riferimento a indicatori collegati all'introito fiscale;

7) ad adottare iniziative per prevedere, a decorrere dal 1o gennaio 2019, l'attuazione della no tax area per cinque anni per persone fisiche e imprese, con un reddito inferiore a 25 mila euro, ricadenti nei parchi nazionali e regionali e nelle aree protette delle regioni meridionali, limitatamente ai comuni che hanno subito negli ultimi dieci anni uno spopolamento superiore al 30 per cento dei residenti;

8) ad adottare iniziative per il rinvio al 2021 della riforma delle banche di credito cooperativo, con sede legale nel Mezzogiorno, onde consentire il loro adeguamento strutturale per evitare che vengano assorbite dal sistema del Centro-Nord, come è successo con le banche di credito ordinario, accompagnandone il decollo con adeguate misure organizzative che, soprattutto nel Mezzogiorno, preservino gli impieghi sul territorio a favore delle famiglie e delle imprese;

9) ad adottare iniziative per coordinare, regione per regione, il ruolo delle università pubbliche e private, nel rispetto della loro autonomia, per favorirne da un lato l'internalizzazione e, dall'altro, l'integrazione con il sistema produttivo locale, sia sotto il profilo della didattica sia della ricerca e della sperimentazione, onde farne un volano per la formazione del capitale umano, iniziativa che va accompagnata con un ripensamento del rapporto scuola/lavoro/famiglia.
(1-00061) «Conte, Speranza, Fornaro, Bersani, Boldrini, Epifani, Fassina, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Stumpo».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2015, come testimoniano i rapporti Svimez, il Mezzogiorno è tornato a crescere, dopo ben 7 anni di crisi che lo hanno portato a livelli rapportabili a quelli degli anni 70;
    il prodotto interno lordo è cresciuto, l'occupazione ha fatto registrare oltre 90 mila posti in più rispetto all'anno precedente, i consumi finali interni in questa macro-area sono tornati a crescere così come gli investimenti privati, anche nei settori industriali e nell'edilizia;
    durante gli anni di crisi, il ritardo del Mezzogiorno rispetto alla restante parte del Paese si è però gradualmente ampliato e differenziato territorialmente: i differenziali di crescita tra le regioni del nostro Paese hanno nel tempo consolidato la presenza di due Italie dal punto di vista socio-economico sempre più diverse tra loro, generando forti squilibri che purtroppo continuano a produrre effetti dannosi per le prospettive di sviluppo non soltanto per il Mezzogiorno, ma anche per l'intero Paese;
    la competitività di un Paese è sempre la somma di quella di tutti i suoi territori: per il benessere nazionale, infatti, è necessario e utile puntare ad accrescere in tutte le regioni la capacità di creare impresa, occupazione e reddito. L'alternativa a questo scenario è esacerbare un dualismo, con il suo necessario carico di trasferimenti compensativi che diviene sempre più pesante economicamente, ma sempre meno sostenibile politicamente;
    dall'avvio della crisi economica si è verificata una persistente divergenza tra Nord e Sud, a sfavore delle regioni meridionali, nell'andamento della domanda interna, e in particolare dei consumi e della spesa in beni e servizi della pubblica amministrazione, ancora più accentuato per effetto del valore del moltiplicatore dei consumi collettivi al Sud, che risulta essere significativamente maggiore che nel resto del Paese;
    l'occupazione, nonostante la ripresa nel triennio 2015-2017, resta nelle regioni del Sud ancora lontana dai livelli antecedenti alla crisi economica, ancora una volta con una dinamica differente rispetto al Nord;
    il mercato del lavoro del Mezzogiorno è fortemente squilibrato a sfavore dei giovani, che nel 2007 rappresentavano il 30 per cento del totale degli occupati e nel 2017 il 22 per cento, mentre gli ultra cinquantenni sono cresciuti dal 13 per cento del 2007 al 22 per cento nel 2017;
    a livello demografico il Sud, con una riduzione continua nel numero di nascite e con un più debole contributo delle immigrazioni, e in assenza di interventi, è destinato ad essere l'area più vecchia d'Italia e tra le più vecchie d'Europa. Le aspettative sull'andamento dell'età media prevedono un incremento dagli attuali 43,3 anni ai 51,6 anni nel 2065. Questo dato indica una inevitabile riduzione della popolazione in età da lavoro e il conseguente effetto negativo sulle potenzialità di crescita del sistema economico e un ulteriore aggravio sui sistema di welfare;
    l'offerta degli asili nido nel nostro Paese è, ancora, insufficiente e diseguale. I posti censiti nelle strutture pubbliche e private riescono ad assicurare un posto al nido a poco più dei 20 per cento dei bambini sotto i 3 anni (l'Europa prevede che tale percentuale sia almeno del 33 per cento) e nelle regioni del Sud in alcune aree la percentuale non supera il 4 per cento. La ricerca in campo economico ed educativo dimostra che i servizi educativi per l'infanzia rappresentano l'investimento migliore che un Paese possa compiere, anche per sostenere l'occupazione femminile;
    la sistematica mobilità di capitale umano dal Sud verso il Nord del Paese e verso l'estero ha provocato un grave depauperamento della struttura demografica e del tessuto sociale. Tali flussi dal Mezzogiorno al Centro-nord hanno interessato in misura rilevante persone con un elevato titolo di studio: la quota dei laureati che si sposta dal Sud verso il Centro-nord è sempre superiore al 27 per cento;
    per sostenere l'istruzione, che è una delle principali leve per la promozione dell'innovazione e della crescita e, quindi, della competitività di un'area geografica con le conseguenti implicazioni in termini di prospettive occupazionali e di reddito degli individui, e affrontare la diminuzione del personale docente, particolarmente incisiva nelle regioni del Mezzogiorno, sono stati adottati negli anni più recenti numerosi interventi e stanziate specifiche risorse, sia per la riqualificazione dell'edilizia scolastica che, in chiave occupazionale, per lo sblocco degli scorrimenti di graduatoria dei docenti;
    il divario Nord-Sud è aumentato anche in relazione agli indicatori sugli standard dei servizi pubblici di base che impattano significativamente sulla qualità della vita e incidono sui redditi delle famiglie;
    la povertà assoluta è ulteriormente cresciuta nel corso del 2017: le famiglie in stato di povertà assoluta, che nel 2016 nel Mezzogiorno erano 700 mila, sono divenute 845 mila nel 2017. L'incidenza sul totale delle famiglie dell'area è passata dall'8,5 per cento al 10,3 per cento, valore circa doppio rispetto a quello del Nord (5,4 per cento);
    per il contrasto della povertà, in particolare al Sud, i Governi a guida del Partito Democratico nel corso dell'ultima legislatura hanno adottato specifiche misure: in particolare con l'approvazione della legge n. 33 dei 2017 e della sua disciplina attuativa (decreto legislativo n. 147 del 2017), è stata introdotta per la prima volta in Italia e in maniera strutturale una misura unica nazionale di contrasto alla povertà, il reddito di inclusione (Rei), derivata dal confronto istituzionale con le regioni e con i rappresentanti dell'ANCI e con l'alleanza contro la povertà, che costituisce livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente in tutto il territorio nazionale e che prevede, oltre al beneficio economico, anche l'attivazione di servizi personalizzati per la ricerca di occupazione;
    secondo l'Agenzia per la coesione nel periodo 2013-2015 i fondi strutturali comunitari e il Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex FAS) anziché andare a ridurre i divari territoriali in Italia hanno di fatto sostituito la spesa pubblica ordinaria in conto capitale rendendola sempre più irrilevante nel Mezzogiorno;
    uno studio Svimez ha stimato l'effetto di una redistribuzione della spesa pubblica in conto capitale effettuata in quota proporzionale alla dimensione della popolazione delle regioni italiane. Tale principio è già previsto dall'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, (cosiddetto decreto Mezzogiorno), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18: se il criterio di distribuzione della spesa fosse esteso a tutti i livelli della pubblica amministrazione (e non solo all'amministrazione centrale in senso stretto) determinerebbe per il Mezzogiorno un aumento annuo degli investimenti pubblici di circa 4,5 miliardi di euro. Più prudentemente la relazione sui conti pubblici territoriali dell'Agenzia per la coesione territoriale, limitandosi al perimetro fissato dalla norma del decreto Mezzogiorno, calcola un impatto nell'ordine di 1,6 miliardi medi annui;
    al citato articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2017 è stata data parziale attuazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2017 relativo alle modalità di monitoraggio della spesa ma è necessario emanare al più presto il secondo e determinante atto, ovvero la direttiva del Presidente dei Consiglio che dovrebbe individuare annualmente i programmi di spesa attraverso cui perseguire l'obiettivo del riequilibrio territoriale;
    relativamente alle politiche per l'innovazione tecnologica, che sono tra le principali fonti di vantaggio competitivo di un Paese ad economia avanzata, si registra un divario significativo tra il Mezzogiorno e il Centro-nord in termini di ricettività da parte delle imprese meridionali all'introduzione di innovazioni avanzate, all'assorbimento delle conoscenze e delle innovazioni che accompagnano tali innovazioni e, conseguentemente, alla propensione a investire risorse in attività di ricerca e sviluppo;
    la netta flessione delle agevolazioni concesse alle imprese durante gli anni della crisi ha investito il Mezzogiorno in misura più rilevante rispetto al centro-nord;
    secondo valutazioni contenute nel rapporto Svimez 2018 la crescita del Centro-nord è fortemente legata dagli andamenti dell'economia del Mezzogiorno per le seguenti principali considerazioni:
     a) 20 dei 50 miliardi di euro circa di residuo fiscale trasferito alle regioni meridionali dal bilancio pubblico ritornano al Centro-nord sotto forma di domanda di beni e servizi;
     b) gli stimoli della domanda provenienti dal Mezzogiorno producono effetti di traboccamento largamente superiori rispetto a quelli provenienti dal Centro-nord: più del 30 per cento dell'effetto moltiplicativo della domanda interna all'area del Mezzogiorno va a beneficio del Centro-nord;
     c) i flussi di capitale umano provenienti dal Mezzogiorno generano flussi di reddito in entrata significativi per le regioni del Centro-nord: si stima una perdita secca per il Mezzogiorno di circa 2 miliardi di euro l'anno in termini di spesa pubblica investita in istruzione per effetto della migrazione dei laureati ai quali si somma il valore dei consumi pubblici e privati annui attivati dall'emigrazione studentesca pari a circa 3 miliardi di euro;
    il masterplan per il rilancio del Mezzogiorno posto in essere dai Governi nel corso dell'ultima legislatura e i patti per lo sviluppo che ne sono derivati e che hanno interessato le otto regioni e le città metropolitane del Sud hanno consentito di promuovere interventi e di mobilitare risorse finalizzate alla crescita e al superamento di logiche meramente assistenziali ponendo la questione Mezzogiorno come politica per la crescita;
    alla concertazione tra Governo e amministrazioni regionali e locali si è aggiunta anche la spinta nel corso del 2017 data da misure varate attraverso la decretazione d'urgenza;
    in particolare il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, ha previsto, con la misura «Resto al sud» forme di incentivazione per i giovani volte a promuovere la costituzione di nuove imprese nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
    sono state introdotte le Zes (zone economiche speciali) per la promozione delle aree portuali e retro portuali del Mezzogiorno;
    infrastrutture, capacità di connessione, regole dei mercati, sostegno al credito, servizi, beni culturali, turismo sono i punti sui quali si è concentrata l'attenzione nell'ambito della declinazione territoriale dei patti;
    95 miliardi di euro di investimenti sono stati previsti entro il 2023, derivanti dai fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-2020 pari a 56,2 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi di euro europei e 24 miliardi di euro nazionali, dai fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro e dal fondo sviluppo e coesione;
    l'obiettivo è stato quello di un'articolazione territorio per territorio, nella misura maggiormente aderente, possibile e meno astratta rispetto al passato;
    negli anni precedenti è stato introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali in favore di impianti produttivi ubicati nelle regioni del Mezzogiorno;
    l'attuale Esecutivo sembra voler ridurre le politiche per il Mezzogiorno alla introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza;
    tale marginalizzazione del Sud era prevedibile anche in consideratone di quanto previsto nel cosiddetto contratto di Governo che al capitolo 25 recitava testualmente: «Con riferimento alle Regioni del Sud, si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio ”Mezzogiorno”, nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno al reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l'obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud»;
    questo approccio costituisce la premessa ad un progressivo disimpegno dalle politiche di sviluppo,

impegna il Governo:

1) a presentare una relazione al Parlamento sull'andamento dei masterplan sottoscritti entro il 31 dicembre 2018;

2) ad adottare iniziative per confermare misure strategiche come «resto al Sud» e il credito d'imposta per gli investimenti effettuati al Sud;

3) a promuovere misure incentivanti per l'assunzione dei giovani e delle donne da parte delle imprese che operano nel Mezzogiorno, anche attraverso misure di decontribuzione pluriennali non inferiori al 50 per cento;

4) allo scopo di realizzare politiche realmente incisive contro la povertà, a non smantellare il processo avviato con il reddito di inclusione, i cui beneficiari sono distribuiti in larga parte nelle regioni del Mezzogiorno, per dar vita a una nuova misura con un profilo radicalmente differente, come recentemente richiesto dalla Caritas e dall'Alleanza contro le povertà, assumendo tutte le iniziative di competenza per:
   a) incrementare l'ammontare del beneficio economico;
   b) allargare la platea dei beneficiari fino a raggiungere tutte le famiglie che secondo le stime dell'Istat si trovano in condizioni di povertà;
   c) favorire l'occupabilità e l'inserimento nel mercato del lavoro dei beneficiari del reddito di inclusione;
   d) potenziare i centri per l'impiego e la rete nazionale delle politiche attive del lavoro assicurando stanziamenti adeguati per innalzare la quota del fondo povertà destinata al rafforzamento delle misure e dei servizi sociali in ossequio al carattere peculiare del reddito di inclusione;
   e) rafforzare i programmi di reinserimento sociale attraverso le istituzioni pubbliche;

5) ad assumere tutte le iniziative di competenza al fine di attuare una redistribuzione di spesa pubblica per investimenti tra le diverse circoscrizioni territoriali in rapporto alla popolazione, dando applicazione all'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, che prevede una quota tra il 30 per cento e il 40 per cento di spesa pubblica ordinaria in conto capitale da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno;

6) tenuto conto delle carenze del Mezzogiorno nell'offerta per i servizi all'infanzia e delle sue criticità infrastrutturali, ad adottare iniziative per:
   a) assicurare disponibilità e accessibilità negli asili nido almeno al 33 per cento dei bambini come da parametri europei;
   b) assicurare risorse pluriennali per la messa a norma e l'ammodernamento degli edifici scolastici, proseguendo a proseguire nel piano di investimenti previsto da «Italia sicura» per la messa a norma e l'ammodernamento degli edifici scolastici;

7) ad assumere tutte le iniziative idonee per la lotta alle disuguaglianze territoriali in tema di formazione dei giovani e di diritto all'istruzione superiore attraverso una revisione dei criteri di finanziamento del sistema universitario nazionale incentrata:
   a) su una revisione dei parametri per il calcolo dei costi standard per studente;
   b) sul rifinanziamento del fondo di finanziamento ordinario in cui la quota premiale (oggi la principale causa di divaricazione tra aree geografiche) che deve essere aggiuntiva rispetto al finanziamento dell'anno precedente;

8) ad adottare iniziative per incrementare le risorse del fondo sanitario nazionale da destinare alle regioni del Mezzogiorno per ammodernamento delle strutture sanitarie e per implementazione di personale e macchinari funzionali a migliorare l'erogazione delle prestazioni, anche per ridurre il fenomeno della cosiddetta «emigrazione sanitaria»;

9) ad assumere tutte le iniziative di competenza al fine di:
   a) sfruttare il vantaggio competitivo naturale che il Mezzogiorno possiede quale piattaforma strategica nel Mediterraneo per intercettare i flussi commerciali in un'area sempre più al centro degli interessi dell'economia globale specie dopo il raddoppio del Canale di Suez e per proiettare l'Italia e l'Europa verso l'Africa e il Medio Oriente;
   b) irrobustire il vantaggio logistico attraverso un piano di investimenti pluriennale per il potenziamento e l'ammodernamento delle grandi infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali;

10) ad adottare le iniziative di competenza per promuovere il vantaggio fiscale attraverso la realizzazione di zone economiche speciali al fine di:
   a) attrarre importanti investimenti di logistica e industriali nei principali porti e interporti del Sud così da dotarli delle infrastrutture necessarie per farne snodi fondamentali per i nuovi flussi commerciali nel Mediterraneo;
   b) attrarre imprese nazionali ed estere per favorire la costruzione di filiere radicate sul territorio in grado di far crescere le piccole e medie imprese meridionali;
   c) sostenere il riposizionamento strategica delle imprese meridionali attraverso un maggiore orientamento verso l’export;

11) ad adottare le iniziative di competenza per autorizzare entro il 31 dicembre 2018 le Zes individuate nel Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123;

12) ad adottare le iniziative di competenza per rifinanziare gli incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185 in relazione alla situazione del Mezzogiorno;

13) ad adottare iniziative per sostenere il sistema produttivo meridionale con politiche industriali che puntano sull'innovazione tecnologica al fine di offrire ai giovani concrete prospettive di occupazione nel Mezzogiorno, invertendo così la «fuga» di talenti al Nord del Paese e all'estero, attraverso interventi utili a:
   a) implementare l'innovazione tecnologica e organizzativa sia a livello di singole imprese che di gruppi di imprese e filiere produttive in linea con i paradigmi dell'industria 4.0;
   b) sostenere investimenti dal Centro-nord e dall'estero verso settori industriali e dei servizi innovativi tesi a sfruttare il patrimonio di conoscenze, competenze e know-how accumulati nel capitale umano formato nel Mezzogiorno, ma scarsamente utilizzato dal sistema produttivo locale;
   c) recuperare alla produttività le aree industriali in declino con programmi, anche sperimentali, di partenariato in grado di attrarre investimenti con vantaggi allocativi;
   d) indirizzare e promuovere lo sviluppo di iniziative imprenditoriali innovative a base tecnologica per farne una leva di rinnovamento dell'intero tessuto industriale più tradizionale;
   e) incentivare e sostenere le grandi e medie imprese high e med-tech operanti nel Mezzogiorno a dar vita a interventi di open innovation aprendo ponti e sinergie con il meglio del sistema della ricerca e dell'alta formazione locale;
   f) sostenere e semplificare la nascita e la crescita di spin-off e start-up come tipiche espressioni di una nuova cultura imprenditoriale innovativa;
   g) declinare a livello territoriale le misure del piano «Industria 4.0» prevedendo un rafforzamento delle intensità agevolative e/o una riserva di risorse nell'implementazione delle agevolazioni fiscali automatiche («nuova Sabatini», «super/iper ammortamento» credito d'imposta per le spese in ricerca e sviluppo;

14) ad adottare iniziative per prevedere un piano di manutenzione straordinaria della viabilità minore nonché sbloccare interventi infrastrutturali di particolare rilievo per la Sicilia e per l'ammodernamento e la messa in sicurezza della strada statale 106 Jonica a partire dal terzo macrolotto, come da delibera del Cipe n. 3 del 2018;

15) a potenziare l'alta velocità confermando il crono-programma per la Napoli-Bari e il prosieguo dell'alta velocità fino a Reggio Calabria;

16) a conseguire un miglioramento complessivo della qualità del sistema dei trasporti e di mobilità nel Mezzogiorno prevedendo un monitoraggio permanente che coinvolga compagnie aeree, società ferroviarie, autolinee e compagnie navali, con attenzione anche al traffico merci e alla intermodalità;

17) ad adottare, in relazione al particolare contesto del Mezzogiorno, iniziative per consolidare gli interventi previsti dalla legge 6 ottobre 2017, n. 158, in favore dei piccoli comuni a salvaguardia dei servizi essenziali nonché implementare le risorse per le aree interne anche come politica di contrasto al fenomeno dello spopolamento;

18) a promuovere nelle regioni del sud piani di rigenerazione urbana articolati in base alle dimensioni delle realtà urbane, partendo dalla messa in sicurezza e dalla valorizzazione dei centri storici per un recupero socio-economico dei contesti anche in ottica di promozione turistica;

19) a prevedere per l'anno 2019 un piano straordinario di interventi pubblici a sostegno dell'alfabetizzazione digitale finalizzato a superare un evidente ritardo accumulato dal Mezzogiorno in questo settore imprescindibile per il rilancio dell'economia;

20) a prevedere un piano straordinario di assunzioni di giovani esperti nel settore digitale all'interno della pubblica amministrazione, perché la nuova e piena cittadinanza digitale, in particolare al Sud, ha bisogno di competenze per attuarsi, necessarie anche per accompagnare tutte le misure poste in essere dagli ultimi Governi per rendere più efficiente la pubblica amministrazione;

21) ad adottare iniziative per accelerare lo sblocco delle risorse per i progetti in materia di edilizia scolastica ed impiantistica sportiva già finanziati nonché a rifinanziare il programma «sport e periferie» con una quota degli investimenti nella misura non inferiore al 34 per cento destinati al Mezzogiorno;

22) a promuovere nel Mezzogiorno ulteriori investimenti nell'ambito della manutenzione e messa in sicurezza del territorio, contrastando il gravissimo fenomeno del dissesto idrogeologico;

23) a rafforzare nelle regioni meridionali i presìdi di sicurezza e le piante organiche delle forze dell'ordine e del personale degli uffici giudiziari per un maggiore controllo del territorio e un più efficace contrasto della criminalità organizzata;

24) a non adottare iniziative che indeboliscano il quadro normativo di contrasto del caporalato nel sud;

25) a promuovere, con investimenti, le filiere agroalimentari e le produzioni di qualità del Mezzogiorno;

26) a promuovere, nel quadro del rafforzamento della promozione turistica del Sud e in collaborazione con le regioni meridionali, progetti di promozione e «pacchetti» di incentivi finalizzati al «turismo di ritorno», rivolto agli italiani all'estero, con particolare attenzione alle aree interne del Mezzogiorno.
(1-00063) «Pezzopane, Viscomi, Delrio, Enrico Borghi, Carnevali, De Maria, Gribaudo, Fiano, Lepri, Morani, Rotta, Annibali, Anzaldi, Ascani, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Bonomo, Bordo, Boschi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cardinale, Carè, Ceccanti, Cenni, Ciampi, Colaninno, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, De Filippo, De Luca, De Menech, De Micheli, Del Barba, Del Basso De Caro, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, Fragomeli, Franceschini, Fregolent, Gadda, Gariglio, Giachetti, Giacomelli, Giorgis, Guerini, Incerti, La Marca, Lacarra, Librandi, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Marattin, Martina, Mauri, Melilli, Miceli, Migliore, Minniti, Mor, Morassut, Moretto, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nobili, Noja, Orfini, Orlando, Padoan, Pagani, Ubaldo Pagano, Paita, Pellicani, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Portas, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Scalfarotto, Schirò, Sensi, Serracchiani, Siani, Topo, Ungaro, Vazio, Verini, Zan, Zardini».


   La Camera,
   premesso che:
    nello scenario economico italiano, aggravato dalle conseguenze della situazione finanziaria internazionale, continua a porsi in primo piano la questione di una Nazione ancorata a due differenti velocità di sviluppo, la cui più diretta evidenza sia l'inasprimento dei divari tra le regioni settentrionali e quelle meridionali, sia le diseguaglianze interne alle stesse aree del Mezzogiorno;
    l'obiettivo di ottenere un tasso di crescita del Mezzogiorno significativamente e stabilmente superiore a quello medio dell'Unione europea e del resto della Nazione è lontano dall'essere raggiunto;
    la crisi economica ha inciso e sta incidendo in misura significativa sulla produzione, sui consumi, sull'attività delle piccole e medie imprese, soprattutto allocate nel Mezzogiorno d'Italia e, pertanto, si estrinseca, ogni giorno di più, l'esigenza di una rinnovata e prioritaria attenzione per il Sud rispetto alle tematiche delle infrastrutture, dell'istruzione, del welfare e del lavoro, della salute e dell'ambiente; temi impegnativi che rappresentano, però, diritti fondamentali delle persone ispirati al rispetto dei bisogni generali della Nazione, e non di particolari tendenze politiche o regionali;
    è un dato di fatto che le regioni del Sud Italia hanno subìto, con molta più forza, i segni della crisi economica, e ciò lo evidenziano anche i dati relativi alla disoccupazione giovanile e la conseguente emigrazione, come anche quelli relativi al reddito e alla povertà;
    le cause primarie possono essere rinvenute in una condizione complessiva del Mezzogiorno che è data dalle infrastrutture, dall'impianto economico produttivo, dalla crisi imprenditoriale, e che rende questi territori particolarmente vulnerabili;
    la distanza tra il Centro-nord e il Sud non si limita al Pil pro-capite (la quota di Pil generata nel Nord è aumentata di 1,2 punti percentuali, mentre quella del Sud e delle isole è diminuita di 0,9 punti percentuali), ma riguarda tanti altri indicatori, come la continua migrazione delle forze giovanili verso altri regioni e verso l'estero, l'elevato numero di giovani che abbandonano gli studi in ragione delle condizioni di disagio complessivamente percepite, l'irrilevante capacità di attrazione di investimenti dall'estero, il peso ancor maggiore rispetto al resto della Nazione della burocrazia, dell'inefficienza istituzionale, della corruzione, della lentezza giudiziaria, dell'economia sommersa, della mancanza di strutture sanitarie adeguate;
    inoltre, sul mancato sviluppo delle regioni meridionali, incide pesantemente la criminalità organizzata;
    le anticipazioni al Rapporto Svimez 2018 sull'economia e la società del Mezzogiorno hanno evidenziato che «L'occupazione, nella media del 2017 nel Mezzogiorno, è di 310 mila unità inferiore al 2008 mentre nel complesso delle regioni del Centro-nord è superiore di 242 mila unità. Il tasso di occupazione è ancora due punti al di sotto del 2008 nelle regioni meridionali (44 per cento nel 2017, era 46 per cento nel 2008), mentre ha recuperato i livelli 2008 nel Centro-nord»;
    nell'ultimo decennio, nell'ambito del sistema infrastrutturale e dei trasporti nel Mezzogiorno si è assistito a una forte perdita di competitività, anche a causa del fatto che a fronte di un incremento della dotazione infrastrutturale nel Centro-nord per autostrade, nel Mezzogiorno si è assistito ad una progressiva diminuzione tanto in termini quantitativi quanto qualitativi;
    inoltre, nello stesso periodo, la dotazione ferroviaria ordinaria ha registrato una contrazione concentrata nel Mezzogiorno;
    il Sud della Nazione presenta, nel complesso, una dotazione infrastrutturale, in ferrovie e autostrade, addirittura inferiore rispetto ai Paesi dell'est dell'Europa e ciò rappresenta un formidabile freno alla possibilità di esportare, di attrarre turisti, di crescere;
    ai sensi della vigente normativa, in forza del criterio che lega gli investimenti pubblici ordinari, da destinare alle singole regioni, alla popolazione residente, già previsto dalla legge di bilancio per il 2017, è assegnato alle regioni meridionali una quota pari al 34 per cento di tali investimenti; tale quota appare insufficiente a recuperare il descritto divario con la parte settentrionale della Nazione;
    i patti per il Sud ed il masterplan per il Mezzogiorno assegnano alle città metropolitane cospicue risorse ma, a seguito della riforma «Delrio», tali enti si trovano, di fatto, nell'impossibilità di gestire le risorse ad essi assegnate;
    sinanche i profili ambientali destano maggiore preoccupazione nel Mezzogiorno: gli ultimi Governi hanno dovuto nominare diversi commissari straordinari a seguito delle pesanti pene pecuniarie inflitte dalla Corte di giustizia dell'Unione europea per il mancato rispetto della vigente normativa europea in materia ambientale;
    il Commissario straordinario unico per la realizzazione degli interventi in materia di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue a seguito della sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 31 maggio 2018, ad esempio, si occupa di impianti di depurazione situati per l'ottanta per cento nel Mezzogiorno; a fronte di tale inadempimento, l'Italia ha dovuto pagare una somma forfettaria pari a 25 milioni di euro e una penalità di 165.000 euro al giorno, pari a 30.112.500 euro, per ciascun semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per adeguare gli impianti alla normativa europea;
    analogo discorso vale per il Commissario per la bonifica delle discariche abusive, oggetto della sentenza di condanna del 2 dicembre 2014 con la quale la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia al pagamento di una sanzione forfettaria di circa quaranta milioni di euro e di una penalità semestrale di oltre quarantadue milioni di euro, a seguito dell'accertamento della non conformità alla normativa europea di duecento discariche abusive esistenti sul territorio italiano, in particolare, nel Mezzogiorno;
    dall'ultimo Rapporto dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane risulta che l'aspettativa di vita «è diseguale e nel Mezzogiorno si vive in media fino a 4 anni in meno»;
    i dati sono chiari: in Campania si registra un +28 per cento di mortalità per tumori e malattie croniche rispetto alla media nazionale del 2,3 per cento in Sicilia la mortalità del +10 per cento in Sardegna è del +7 per cento e in Calabria è del +4,7 per cento;
    nel Sud, inoltre, 1 persona su 5 dichiara di non aver soldi per pagarsi le cure; si tratta di quattro volte la percentuale osservata nelle regioni settentrionali; ciò a fronte di una spesa da parte dei cittadini per la salute che, negli ultimi anni, è aumentata, mediamente, di circa l'8,3 per cento (2012-2016) ma in maniera disuguale in ambito nazionale;
    continua, inoltre, la «migrazione sanitaria» dei meridionali verso il Nord, con tassi che, negli anni 2016-2018, hanno portato oltre duecentomila pazienti ogni anno – ossia l'8 per cento del totale dei ricoveri – dal Sud al Centro-nord, per esigenze di assistenza ospedaliera;
    secondo l'indice di performance sanitaria, realizzato dall'istituto Demoskopika in Italia circa cinquecentomila persone hanno rinunciato a curarsi a causa delle liste d'attesa, e il fenomeno è radicato soprattutto al Sud: accedere alle prestazioni sanitarie presenta i tempi di attesa più rilevanti in Calabria che con l'1,9 per cento di tasso di rinuncia rilevato e 37 mila residenti rinunciatari, ottiene il punteggio più basso (5,3 punti), a seguire la Puglia (5,8 punti) con ben 69 mila soggetti che hanno rinunciato a curarsi, pari all'1,7 per cento;
    inoltre, attualmente il riparto dei fondi del Servizio sanitario nazionale, basato prevalentemente su parametri di anzianità delle popolazioni residenti nelle singole regioni, penalizza quelle meridionali, nelle quali l'età media è nettamente inferiore alla media nazionale;
    nonostante il fatto che già in sede di riparto del Fondo sanitario per il 2017 la Conferenza delle regioni avesse approvato all'unanimità la proposta di introdurre, tra i criteri per il riparto, il coefficiente di deprivazione, ancora nel riparto per l'anno in corso tale coefficiente non è stato, invece, considerato;
    la valorizzazione e il rilancio del Meridione d'Italia non possono prescindere dal rilancio del settore turistico, posto l'immenso patrimonio artistico, architettonico e culturale che detengono e che deve essere trasformato in linfa vitale per creare occupazione, favorire lo sviluppo, applicare all'antico le nuove tecnologie, imprimere a ciò che è statico la velocità della modernità, aggiungere a ciò che è locale la dimensione della globalità;
    l'imprenditoria legata al turismo nel Sud soffre di debolezze strutturali imputabili a fattori come l'assenza di pianificazione concertata, la mancanza di un'efficace strategia di comunicazione, le dimensioni ridotte, la frammentarietà dei modelli di gestione, lo sbilanciamento nella distribuzione territoriale, l'inadeguatezza degli standard di qualità nei servizi e nella formazione degli addetti, la mancanza delle infrastrutture che consenta l'accessibilità dei luoghi per attrarre turisti;
    in questo ambito, appaiono di fondamentale importanza sia il sostegno agli operatori, attraverso la formazione del personale a quella cultura dell'accoglienza indispensabile per attrarre turisti sempre più globalizzati, sia la tutela e la salvaguardia dei prodotti tipici e delle tradizioni locali di cui proprio il Meridione è così ricco, sia la salvaguardia ambientale e paesaggistica e il contrasto dell'abusivismo edilizio, anche attraverso un processo di riqualificazione immobiliare e delle aree interne progressivamente abbandonate;
    il peso demografico del Sud continua, inoltre, lentamente a diminuire ed è ora pari al 34,3 per cento, due punti percentuali in meno dall'inizio del nuovo millennio;
    a fronte di tale decremento va, invece, evidenziato l'aumento del numero di immigrati che ha interessato il Sud negli ultimi anni, rispetto al quale i dati forniti dal Ministero dell'interno rivelano che i migranti sbarcati in Italia, al 19 ottobre 2018, sono stati 21.839, 110.636 nel 2017 e 146.287 nel 2016, arrivati principalmente nei porti di Pozzallo, Catania, Messina, Augusta, Trapani, Lampedusa, Palermo, Porto Empedocle, Crotone, Reggio Calabria e Cagliari;
    l'accoglienza dei migranti sbarcati, al netto dei ricollocamenti effettuati in altri Stati, ha avuto impatti notevoli su tutto il territorio nazionale, ma maggiormente sui territori meridionali già interessati da evidenti problematiche socio-economiche, e, se da un lato, si sono generati pregevoli esempi di integrazione sociale, culturale e imprenditoriale, dall'altro, si sono create spiacevoli situazioni di conflittualità e di malessere;
    la vigente legislazione per il sostegno alle regioni del Meridione offre molteplici incentivi, strumenti fiscali e amministrativi per accompagnare gli investimenti, ma manca una cultura omogenea dell'impresa che costituisca il motore della ripresa della crescita nel Mezzogiorno;
    troppo spesso, inoltre, distorsioni e malfunzionamenti delle procedure di assegnazione hanno determinato un uso scellerato delle risorse, senza garantire una ricaduta efficace sul tessuto produttivo locale in termini occupazionali e di innesco di un sistema economico virtuoso;
    la ripresa del Mezzogiorno non dipende solo dall'entità dei trasferimenti pubblici, ma dal grado di efficienza delle istituzioni e dalla capacità di mobilitare le risorse disponibili, determinando una crescita delle imprese e della loro capacità concorrenziale nei mercati, nonché ristabilendo una capacità di attrazione di capitali esteri, fondamentali nel processo di generazione del reddito oltre ad essere lo specchio della credibilità internazionale di una Nazione;
    in questo quadro, i fondi nazionali ed europei, pur mantenendo un ruolo centrale nell'ambito delle politiche di sostegno ad occupazione e sviluppo dei territori, non possono costituire l'unica risorsa, ma vanno inseriti in un piano più generale, governato dallo Stato, al fine di un migliore e più spedito impiego delle risorse disponibili con il coinvolgimento e una forte responsabilizzazione delle amministrazioni locali e regionali interessate;
    l'analisi delle difficoltà strutturali che opprimono il Sud italiano, sia in termini di struttura produttiva che di assetto istituzionale, evidenzia una situazione complessiva di fragilità che impone la ricerca di radicali elementi di discontinuità nelle politiche di sviluppo;
    appare indispensabile ed urgente disegnare nuove e più efficaci azioni che consentano al Mezzogiorno di intraprendere un percorso di sviluppo, autonomo e responsabile, in grado di valorizzare i tanti elementi positivi comunque presenti in questi territori, al contempo dando nuovo slancio al tessuto economico e produttivo del Mezzogiorno;
    a fronte di questa situazione disastrosa l'impegno del Governo per il Mezzogiorno è rappresentato dalla Ministra per il sud e dalla clausole del «Contratto per il Governo del Cambiamento»; la Ministra, nell'illustrare qualche giorno fa in Commissione Bilancio del Senato le linee programmatiche del suo Ministero, non ha dichiarato niente di più che una generica volontà di «ridurre l'insostenibile e ingiustificato divario Nord-Sud», mentre il «Contratto per il Governo del Cambiamento», privo di una reale strategia per lo sviluppo del Sud, non prevede altro che la mancetta assistenzialista rappresentata dal reddito di cittadinanza;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'attuale politica governativa sembra non avere una strategia indirizzata al miglioramento e all'innovazione del contesto, con un evidente vuoto d'iniziativa che emerge come grave di fronte ad una crisi che colpisce particolarmente l'economia meridionale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative per garantire la sicurezza e il rispetto della legalità – delle norme civili, penali e fiscali – in quanto prerequisito per lo sviluppo del Mezzogiorno;

2) ad assumere iniziative per prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio agevolazioni fiscali e contributi statali per le attività imprenditoriali presenti nel Sud Italia che assumono personale a tempo indeterminato, quali esenzioni triennali del 100 per cento degli oneri previdenziali, contributi per la trasformazione dei contratti da tempo determinato o da tirocini a tempo indeterminato, sostegno ai percorsi formativi finalizzati alle assunzioni sia a tempo determinato che indeterminato, credito d'imposta automatico pari al 100 per cento degli investimenti in aziende del Sud e finalizzati alle assunzioni;

3) ad assumere iniziative per prevedere nel disegno di legge di bilancio agevolazioni fiscali mirate ad attrarre nelle regioni meridionali i pensionati provenienti dal Centro-nord e dall'estero, stabilendo, tra l'altro, la riduzione dell'aliquota Iva al 10 per cento per gli stabilimenti balneari;

4) ad assumere iniziative per prevedere, quale criterio per l'assegnazione di finanziamenti a opere infrastrutturali, la quantificazione dell'impatto sul potenziale di sviluppo del Mezzogiorno, nonché l'obiettivo di dotare il Sud di un sistema portuale ed aeroportuale efficiente, di una rete ferroviaria AV/AC (alta velocità – alta capacità) moderna e priva di fonti di pericolo come i passaggi a livello, di un moderno sistema logistico intermodale;

5) ad adottare iniziative per destinare alle regioni meridionali il 50 per cento degli investimenti pubblici nazionali in luogo del 34 per cento attualmente previsto;

6) ad adottare iniziative, in relazione alla situazione del Mezzogiorno, per dare un immediato avvio alle zone economiche speciali (ZES);

7) ad assumere iniziative, alla luce delle criticità infrastrutturali del Mezzogiorno, per prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio misure per la messa in sicurezza degli edifici, con particolare riguardo a quelli scolastici, di recupero dei centri urbani, attraverso il finanziamento del restauro degli edifici storici, nonché misure atte a finanziare il completamento dei programmi già avviati nei settori dell'edilizia sanitaria, universitaria, carceraria nel Sud del Paese;

8) ad assumere iniziative per anticipare l'ultimazione della realizzazione delle infrastrutture tecnologiche collegate al Piano strategico nazionale sulla Banda ultra larga, elemento essenziale per lo sviluppo del Mezzogiorno;

9) al fine di ridurre la corruzione nel Mezzogiorno, ad adottare iniziative per la centralizzazione delle procedure di gara per l'affidamento di contratti pubblici;

10) ad adottare misure urgenti per consentire all'Agenzia per la coesione di prestare assistenza tecnica alle amministrazioni locali e regionali meridionali per contrastare la lentezza nelle procedure di spesa dei fondi europei;

11) a presentare ogni anno al Parlamento un rapporto inerente le criticità riscontrate nelle fasi di spesa delle risorse finanziarie destinate dallo Stato e dall'Unione europea in favore dello sviluppo delle regioni meridionali con le proposte dei necessari correttivi normativi;

12) ad avviare interlocuzioni con l'Unione europea per ottenere misure di «fiscalità di vantaggio» nel Mezzogiorno nonché la rimodulazione e la semplificazione delle procedure di spesa dei fondi europei;

13) a predisporre un programma per la conservazione e la valorizzazione delle risorse naturali delle Regioni del Sud, al fine di rilanciare il turismo;

14) ad elaborare una serie di iniziative normative collegate al disegno di legge di bilancio per la messa in sicurezza del territorio del Sud attraverso interventi complessivi di bonifica, di gestione dei rifiuti e del ciclo delle acque, di mitigazione del dissesto idrogeologico;

15) ad adottare un piano di investimenti straordinari in materia sanitaria per eliminare il gap esistente nelle regioni meridionali conseguendo, in tal modo, la riduzione della mobilità sanitaria;

16) a valutare i risultati ottenuti dai commissari straordinari nelle regioni del Sud sottoposte a piano di rientro dal debito sanitario e ad assumere le conseguenti iniziative di competenza qualora gli uffici commissariali non abbiano raggiunto gli obiettivi fissati;

17) ad adottare iniziative per introdurre il coefficiente di deprivazione tra i criteri di riparto del Fondo sanitario, al fine di consentire una maggiore equità nella distribuzione delle risorse, che tenga conto dei problemi delle regioni più disagiate e con maggior tasso di mobilità sanitaria;

18) ad elaborare un programma di gestione dei flussi migratori che consideri il Sud come «Porta del Mediterraneo» anche in una ottica di incremento dell'interscambio commerciale;

19) ad adottare iniziative per prevedere aree detassate per gli agricoltori del Sud in modo tale da sostenere la ripresa dell'agricoltura anche attraverso la creazione del marchio « made in sud» che certifichi la qualità dei prodotti tipici regionali, adottando iniziative normative per l'incremento delle pene previste per i reati di contraffazione e l'elaborazione di un sistema di controlli e verifica dei prodotti agricoli certificati;

20) ad adottare le iniziative di competenza per potenziare gli organici delle forze dell'ordine nel Mezzogiorno, sia ai fini del controllo del territorio che del rafforzamento dell'apparato investigativo, e della magistratura, salvaguardando i presìdi di polizia e gli uffici giudiziari sul territorio;

21) ad adottare iniziative per prevedere, nel prossimo disegno di legge di bilancio, norme per favorire l'accesso al credito bancario da parte degli imprenditori del Mezzogiorno, in particolare quelli dei settori agricolo, agroalimentare e zootecnico, per incentivare gli investimenti.
(1-00064) «Lollobrigida, Meloni, Ferro, Gemmato, Bucalo, Varchi, Lucaselli, Deidda, Acquaroli, Bellucci, Ciaburro, Frassinetti, Butti, Caretta, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Fidanza, Foti, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati pubblicati dall'Istat relativi all'anno 2017 evidenziano ancora un grande divario tra Nord e Sud del Paese in termini di produttività delle imprese e benessere degli abitanti: il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno (19,4 per cento) è tre volte quello del Nord (6,9 per cento) e circa il doppio di quello del Centro (10 per cento); mentre diverse aree d'Italia, soprattutto quelle settentrionali, hanno avviato un percorso di ripresa dalla crisi, con livelli di occupazione tornati vicini a quelli del 2008 (66,7 per cento al Nord e 62,8 per cento nel Centro), il Sud resta ancora indietro di due punti (44 per cento) rispetto alle percentuali del 2008. Il divario occupazionale tra Nord e Sud è di oltre 20 punti, come quello che esiste tra Grecia e Germania. Sempre secondo i dati Istat 2017 le persone che vivono in povertà assoluta in Italia superano i 5 milioni, e la situazione più drammatica si registra al Sud dove oltre uno su dieci vive in condizione di indigenza;
    i dati Istat rilevano che nel 2017 il Pil ha registrato una crescita superiore alla media nazionale nel Nord, con un rialzo dell'1,8 per cento, un incremento lievemente inferiore nel Mezzogiorno, con un aumento dell'1,4 per cento, e un incremento più modesto nel Centro, dove la risalita non è andata oltre lo 0,9 per cento;
    secondo il rapporto Svimez, presentato ad agosto 2018, la crescita dell'economia meridionale, nel triennio 2015-2017, ha solo parzialmente recuperato il patrimonio economico e anche sociale disperso dalla crisi nel Sud; tale ripresa è stata trainata dagli investimenti privati, ma non dal contributo della spesa pubblica. I principali punti contenuti nel rapporto sono la forte disomogeneità di ripresa tra le regioni del Mezzogiorno (nel 2017 Calabria, Sardegna e Campania registrano il più alto tasso di sviluppo), l'incremento occupazionale debole e precario, l'ampliamento del disagio sociale, il divario nei servizi pubblici;
   secondo valutazioni di preconsuntivo elaborate dalla Svimez, nel 2017 il Pil è aumentato nel Mezzogiorno dell'1,4 per cento, con un incremento rilevante rispetto al 2016 (0,8 per cento). La crescita è stata solo marginalmente superiore nel Centro-Nord (1,5 per cento), accelerando anche in quest'area rispetto al 2016 (0,9 per cento). L'incremento è stato quindi inferiore di 0,1 punti a quello rilevato nel resto del Paese in entrambi gli anni. Nonostante questa lieve crescita dopo sette anni di recessione interrotta (2008-2014), l'economia delle regioni meridionali soffre ancora degli effetti della crisi e sconta un forte ritardo non solo dal resto dell'Europa, ma anche dal resto del Paese: il prodotto è ancora inferiore del 10 per cento rispetto al 2007, con un recupero inferiore a oltre la metà di quello registrato nel Centro-Nord (-4,1 per cento);
    nel corso del 2017 l'incremento dell'occupazione meridionale è dovuto quasi esclusivamente alla crescita dei contratti a termine (+61 mila, pari al +7,5 per cento), mentre sono stazionari quelli a tempo indeterminato (+0,2 per cento). Vi è stata una brusca frenata di questi ultimi rispetto alla crescita del 2,5 per cento nel 2016, il che dimostra che sono venuti meno gli effetti positivi degli sgravi contributivi per le nuove assunzioni al Sud, introdotto nel 2016 e confermato negli anni successivi ma in un clima di incertezza. I dati relativi al primo trimestre 2018, anno in cui lo sgravio è stato ampliato nella platea dei beneficiari, mostrano un nuovo incremento delle stabilizzazioni e dimostrano che le misure di decontribuzione hanno un effetto significativo solo se certe nel tempo;
    negli ultimi anni il peggioramento qualitativo del mercato del lavoro e la crescente precarizzazione hanno determinato, soprattutto nel Mezzogiorno, livelli di povertà crescenti, nonché un incremento delle occupazioni a bassa qualifica e a bassa retribuzione;
    il rapporto Svimez evidenzia, altresì, un peggioramento del saldo migratorio dal Mezzogiorno, che è passato da –51,1 mila nel 2015 a –56,4 mila nel 2016, con una perdita di oltre 131 mila residenti. Gli emigranti che dal Sud si trasferiscono nel Centro-Nord sono individui prevalentemente in età lavorativa e con elevato titolo di studio. Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Meridione 1 milione e 883 mila residenti, di cui la metà giovani tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto di laureati, il 16 per cento si è trasferito all'estero;
    particolarmente significativo risulta il dato relativo alle immatricolazioni universitarie: 175 mila studenti, soltanto nel 2017, secondo lo Svimez, hanno scelto atenei del Centro-Nord che hanno registrato un flusso inverso di appena 18 mila studenti. Questo dato evidenzia un ulteriore massiccio fenomeno migratorio, che incide sui processi di desertificazione delle fasce demografiche meridionali giovanili, con una incidenza peraltro maggiore nelle grandi aree urbane e nei nuclei familiari con capacità di spesa medio-alte, contribuendo alla sottrazione di importanti indici di consumo interno;
    secondo l'Anvur, l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca, il motivo principale non consiste tanto nel fatto che gli studenti ritengano gli atenei del Nord migliori di quelli del Sud, quanto nel fatto che il tessuto economico nel quale sono inseriti è molto più ricettivo di quello nel quale insistono le università meridionali in termini di servizi e di occupazione. Inoltre, le università meridionali sono state costrette in molti casi a ridurre l'offerta di corsi di studio a causa del progressivo venir meno dei finanziamenti. Questo evidenzia, ancora una volta, l'insufficienza infrastrutturale e delle politiche per il diritto allo studio nelle regioni meridionali, caratterizzate da una scarsa offerta di social housing e di borse di studio;
    oggi, nello stato generale di rallentata crescita in cui, purtroppo, si ritrova il nostro Paese, anche grazie alle scarse politiche espansive dei governi precedenti, la migrazione, per gli italiani, in larga parte residenti nel Sud Italia, è diventata nuovamente, come in passato, l'unica possibilità per assicurarsi un'occupazione e un maggiore benessere economico;
    in questo modo, la mobilità, nel nostro Paese, diventa esclusivamente unidirezionale, dall'Italia del Sud verso il Nord Italia e verso l'estero. L'esigenza, quindi, non è solo quella di agire sull'esodo, ma anche di favorire il rientro del nostro straordinario «Capitale Umano»;
    a conferma della unidirezionalità del fenomeno migratorio è sufficiente citare alcuni numeri: dal 2006 al 2017 la mobilità italiana è aumentata del 60,1 per cento, passando da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni di iscritti. Al 1o gennaio 2017, infatti, gli italiani residenti fuori dei confini nazionali e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) sono 4.973.942, l'8,2 per cento degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data. I numeri dell'emorragia sono impressionanti e in crescita: i dati Istat parlano di 114.000 uscite nel 2016 (e quelli Ocse di 172.000 nel 2017), ma si tratta di dati basati sulle cancellazioni dalle anagrafi nazionali che quindi sottostimano pesantemente il fenomeno, e dovrebbero essere aumentate di almeno 2,5 volte: calcoli incrociati sull'emigrazione reale spaziano da 125 mila a 300 mila persone. Il problema è aggravato dal fatto che il 30 per cento di chi si trasferisce all'estero per lavoro è laureato; i giovani, la fascia dai 18-39 anni, rappresentano il 40 per cento. Quanto al titolo di studi si può stimare, per il 2016, un totale di 34 mila laureati e 39 mila diplomati. Tutto ciò non può lasciare indifferente il legislatore chiamato a trovare soluzioni finalizzate a far ritornare il Sud un polo di attrazione economico, culturale e intellettuale (il cosiddetto «Rientro dei Cervelli»);
    gli indicatori sugli standard dei servizi pubblici documentano un ampliamento delle diseguaglianze territoriali e del divario tra Nord e Sud, soprattutto in relazione al settore dei servizi socio-sanitari che maggiormente impatta sulla qualità della vita e sui redditi delle famiglie;
    ancora oggi, nel Mezzogiorno, mancano o sono carenti i diritti fondamentali in termini di vivibilità dell'ambiente locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura. In particolare, nel comparto socio-assistenziale il ritardo delle regioni meridionali riguarda sia i servizi per l'infanzia, che quelli per gli anziani e per i non autosufficienti; l'intero comparto sanitario presenta differenziali in termini di prestazioni che sono al di sotto dello standard minimo nazionale. I dati sulla mobilità ospedaliera interregionale testimoniano le carenze del sistema sanitario meridionale, soprattutto in alcuni specifici campi di specializzazione, e la lunghezza dei tempi di attesa per i ricoveri e per le prestazioni specialistiche e ambulatoriali, che sono anche alla base della crescita della spesa sostenuta dalle famiglie con il conseguente impatto sui redditi;
    questa carenza e questo indebolimento della qualità dei servizi pubblici e di prestazioni essenziali incidono sulla tenuta sociale dell'area meridionale e rappresentano il primo vincolo all'espansione del tessuto produttivo, facendo emergere un malessere economico, sociale, lavorativo, educativo e sanitario sempre più diffuso;
    anche la mobilità delle persone e delle merci registra per chi vive e produce nel Sud costi privati più alti, talvolta proibitivi specialmente per le isole, le quali, da questo punto di vista, presentano condizioni di ulteriore svantaggio anche rispetto al resto del Mezzogiorno;
    il Contratto per il Governo del cambiamento, capitolo «Sud», recita: «con riferimento alle regioni del Sud, si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio Mezzogiorno, nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno del reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l'obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud»;
    obiettivo del Governo è, quindi, mettere in campo tutte le politiche necessarie per ridurre l'ormai insostenibile e ingiustificato divario tra Nord e Sud e per favorire lo sviluppo omogeneo di un Paese che è attualmente a due velocità;
    i fondi della coesione sono risorse preziose per l'Italia e, in particolare, per il Mezzogiorno, al fine di favorirne la trasformazione verso un'economia intelligente e inclusiva, per dare ai giovani l'opportunità di vivere e lavorare nei luoghi in cui sono nati, per innalzare la qualità dei servizi (scuole, sanità, trasporti), per rendere l'ambiente più verde e più resiliente rispetto ai rischi. Tuttavia la politica di coesione non può essere uno strumento risolutivo delle problematiche in cui versano le aree in ritardo se non accompagnata da investimenti nazionali adeguati; pertanto, affinché essa possa essere in grado di dispiegare pienamente i suoi effetti, occorre agevolarne e non ostacolarne i meccanismi di spesa;
    occorre, pertanto, potenziare le capacità di programmazione e progettazione da parte delle Amministrazioni e rimuovere gli ostacoli di natura burocratica, nonché rendere tutti i soggetti, anche a livello locale, più consapevoli delle opportunità e delle procedure da attivare, puntando sulla qualità della spesa, in un quadro di regole più semplificato e più armonizzato rispetto a quello attuale;
    la premessa essenziale per un rinnovato impegno pubblico per lo sviluppo del Mezzogiorno passa tuttavia per la riqualificazione, l'ammodernamento e la razionalizzazione delle istituzioni preposte all'amministrazione dello sviluppo e della coesione, per colmare i deficit in termini di risorse umane qualificate, in particolare sul versante della progettazione degli interventi, delle inefficienze organizzative a livello locale, della carenza di coordinamento strategico a livello nazionale e di volontà e/o capacità di attivare efficaci poteri sostitutivi;
    la politica di coesione territoriale rappresenta, in questo quadro, uno dei principali assi portanti delle politiche regionali di sviluppo, in grado di favorire la convergenza tra le varie zone del Paese, e uno tra i pilastri fondamentali dell'integrazione europea dal punto di vista della funzione di politica di investimento che essa rivesta;
    con riferimento ai fondi destinati al nostro Paese, nel quadro della nuova politica di coesione, le regioni svolgono un ruolo strategico e il loro coinvolgimento attivo è fondamentale per la realizzazione e la condivisione, insieme al livello nazionale, delle scelte programmatiche, in linea con l'attuazione del principio di sussidiarietà;
    malgrado l'accelerazione intervenuta negli ultimi mesi, l'Italia è ancora lontana dal centrare gli obiettivi di spesa prefissati per le politiche di coesione, così come successo nel resto dell'Europa; tale ritardo costituisce un fattore assai grave considerato che questi fondi aggiuntivi rappresentano risorse fondamentali per il Sud da impiegare in modo più celere ed efficace;
    in particolare, l'attuazione dei programmi europei sconta oggi un ritardo che interessa sia i Programmi operativi nazionali, sia quelli regionali, coinvolgendo, sebbene in misura differente, sia le regioni del Mezzogiorno, sia le regioni del Centro Nord: dai dati più aggiornati forniti dal Ministro per il Sud, le spese certificate ammonterebbero a 4,6 miliardi di euro, circa la metà degli obiettivi di spesa complessiva fissati dai regolamenti comunitari e che l'Italia è tenuta a certificare per evitare il rischio del disimpegno automatico, compreso, secondo le ultime stime, tra i 650 e i 750 milioni di euro;
    per il ciclo di programmazione economica europea 2014-2020, la politica di coesione cofinanziata dai fondi strutturali, ha assegnato all'Italia un importo complessivo di risorse – compresa la quota di cofinanziamento nazionale e la quota addizionale di 2,4 miliardi di euro, attribuita all'Italia per effetto della crisi economica e finanziaria – pari a 54,2 miliardi di euro nell'ambito dell'obiettivo «Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione»;
    in particolare, le regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) possono beneficiare di una quota complessiva pari a 20,9 miliardi di euro di fondi strutturali, di cui 13,6 miliardi di euro di risorse provenienti dal bilancio dell'Unione europea e 7,3 miliardi a titolo di cofinanziamento nazionale, mentre le regioni in transizione (Sardegna, Abruzzo e Molise) possono contare su poco meno di 1 miliardo di euro di quota europea e 1 miliardo di cofinanziamento nazionale;
    le risorse a valere sul Fondo sviluppo e coesione per il medesimo periodo 2014-2020 ammontano a oltre 59 miliardi di euro, di cui l'80 per cento è destinato, per legge, alle aree del Mezzogiorno, cui si aggiungono le risorse ancora disponibili in attuazione dei cicli di programmazione dei Fondi sviluppo e coesione per gli anni 2000-2006 pari a 16,6 miliardi di euro (3,6 per il Centro Nord e 13 per il Sud) e 2007-2013, pari a 6,6 miliardi di euro (1,8 per il Centro Nord e 4,8 per il Sud). A queste risorse vanno inoltre aggiunte quelle destinate ai programmi complementari – che ammontano a 7,4 miliardi di euro per i Programmi operativi complementari (Poc) delle Amministrazioni centrali e per le regioni Sicilia, Calabria e Campania – e quelle del Piano azione e coesione pari a circa 8,9 miliardi di euro, quasi totalmente destinate al Sud. Ulteriori risorse, pari a 13,46 miliardi di euro hanno riguardato, nel 2016, interventi da realizzarsi nelle regioni e nelle città metropolitane del Mezzogiorno mediante appositi accordi inter-istituzionali denominati Patti per il Sud;
    al perseguimento delle strategie e degli obiettivi dei Pon e dei Por concorrono infine le risorse dei Programmi operativi complementari 2014-2020, di cui una quota è utilizzata per il completamento dei progetti inseriti nella programmazione a valere sui fondi strutturali europei 2007-2013 non conclusi alla data del 31 dicembre 2015;
    a seguito della presentazione, il 2 maggio scorso, dell'iniziativa sul nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di cinque nuove proposte di regolamento, relative alla futura Politica di coesione dell'Unione europea per gli anni 2021-2027, attualmente in piena fase negoziale. Tale proposta va nella direzione di aumentare la flessibilità nell'utilizzo dei fondi, sia con riferimento alle procedure di programmazione e riprogrammazione sia con riferimento alle possibilità di trasferire una parte dei fondi verso altri programmi e strumenti previsti dal bilancio europeo, inclusi i programmi a gestione diretta della Commissione;
    per favorire il coinvolgimento delle autorità competenti a livello locale e territoriale nella futura gestione dei fondi destinati al nostro Paese è stato di recente istituito dal Governo un gruppo di lavoro tecnico sulla programmazione 2021-2027, che prevede un confronto costante tra Regioni e Dipartimento per le Politiche di coesione, che si impegnano a cooperare insieme per la formulazione di istanze e proposte condivise, da presentarsi in sede di negoziato UE;
    l'obiettivo è quello di utilizzare in maniera più corretta ed efficiente la gestione dei fondi comunitari destinati in primis alle Regioni del Mezzogiorno, accelerando la spesa attraverso un controllo costante sulla capacità di investire la totalità dei fondi a disposizione dell'Italia e il confronto con le istituzioni locali, per sostenere le eccellenze e portare nel nostro Paese crescita, servizi e occupazione;
    l'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante «Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno» dispone che le Amministrazioni Centrali si conformino all'obiettivo di destinare agli interventi nei territori del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento. L'obiettivo è quello di riequilibrare il rapporto tra i due principali canali finanziari che compongono la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno: le risorse ordinarie e quelle derivanti dalla politica aggiuntiva, sia comunitaria (Fondi Strutturali e relativo Cofinanziamento nazionale) che nazionale (Fondo di Sviluppo e Coesione). In particolare, le risorse ordinarie verrebbero orientate al rispetto del principio di equità, finalizzato a far sì che il cittadino, a qualunque area del Paese appartenga, possa potenzialmente disporre di un ammontare di risorse equivalente, mentre le risorse della politica aggiuntiva, prevalentemente destinate al Sud, hanno la funzione di garantire la copertura del divario ancora esistente, dando attuazione al comma 5 dell'articolo 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per rafforzare ed estendere, sotto molteplici profili, l'efficacia del regime agevolativo previsto dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, comunemente chiamato «Controesodo» al fine di facilitare il ritorno e il radicamento dei lavoratori che trasferiscono la loro residenza in Italia e in particolare nelle regioni meridionali e di trattenere quelli già rientrati, tenuto conto che il «capitale umano» del nostro Paese è indispensabile per la crescita economica;

2) ad adottare iniziative per definire progetti finalizzati al rientro di giovani ad alta qualificazione e specializzazione nelle regioni di provenienza, al fine di invertire i consistenti flussi di migrazione verso il Nord e l'estero;

3) a promuovere specifiche misure in favore delle università aventi sede nelle regioni meridionali, al fine di far loro recuperare, con risorse economiche contenute, le potenzialità di crescita dell'offerta formativa venute meno a causa della riduzione dei trasferimenti finanziari, per renderle nuovamente attrattive per tutti quei giovani che oggi si trasferiscono altrove per l'assenza di corsi di laurea innovativi, magari introducendo processi di internazionalizzazione degli atenei del Sud, con particolare riferimento ad accordi di partnership con le più importanti ed avanzate università del mondo;

4) ad adottare iniziative per potenziare e rendere più efficaci le misure di incentivazione agli investimenti nel Mezzogiorno, soprattutto in settori innovativi, al fine di favorire la ripresa del sistema produttivo meridionale;

5) ad adottare iniziative per prevedere per il Mezzogiorno misure di sostegno per la creazione di giovani start up specializzate in business emergenti capaci di reggere la sfida internazionale e per il rafforzamento delle scale up, in specie se operanti in settori di interesse generale, anche non aventi carattere industriale o commerciale e realizzati mediante progetti di partenariato pubblico/privato;

6) ad adottare iniziative per avviare e/o potenziare la costituzione di uno o più cluster tecnologici al fine di favorire l'insediamento nel Mezzogiorno di imprese scientifiche e tecnologiche operanti in specie nei settori sanitario, informatico, delle telecomunicazioni, dell'agricoltura e ricerca, in raccordo con le università;

7) ad accelerare, in relazione alla situazione del Mezzogiorno, l'avvio delle zone economiche speciali istituite ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, per creare condizioni più vantaggiose in termini economici, finanziari e amministrativi per lo sviluppo di imprese già operanti o che si insedieranno in tali aree;

8) a promuovere in sede nazionale e in ambito europeo specifiche misure per la salvaguardia della «continuità territoriale», in particolare mediante l'incentivazione del trasporto integrato e intermodale e l'efficientamento degli hub aeroportuali e ferroviari, al fine di calmierare gli attualmente elevati costi della mobilità;

9) ad adottare iniziative per potenziare le misure relative agli sgravi contributivi per i neo assunti, estendendo e rendendo permanenti le disposizioni concernenti la riduzione dei contributi in favore dei datori di lavoro privati che assumono con contratto di lavoro dipendente giovani disoccupati, introdotte dalla legge di bilancio n. 205 del 2017 e confermate per le nuove assunzioni nel biennio 2019-2020 dal decreto-legge n. 87 del 2018, anche alle assunzioni di personale over 35 nelle regioni del Mezzogiorno;

10) ad adottare specifiche iniziative, in particolar modo di trattamento fiscale, in favore dei pensionati italiani e stranieri che intendano trasferire o recuperare la propria residenza nelle regioni meridionali, invertendo al contempo il fenomeno della cosiddetta «fuga dei pensionati italiani» verso l'estero, per la sola ragione di rinvenirvi normative fiscali e finanziarie di favore, come quella vigente in alcuni Paesi anche europei, per i cittadini stranieri che decidano di trasferirvisi dall'estero;

11) ad adottare iniziative per estendere gli incentivi fiscali dell'intervento «Resto al Sud», introdotti dal decreto-legge n. 91 del 2017, che sono misure di sostegno per la nascita di nuove attività imprenditoriali avviate da giovani under 35 nelle regioni del Mezzogiorno, anche ai professionisti, con innalzamento dell'età di coloro che effettuano richiesta di accesso alle agevolazioni;

12) ad avviare una specifica programmazione infrastrutturale, di concerto con le regioni del Mezzogiorno, relativa alla realizzazione di specifici interventi di importanza strategica, anche mediante apposite procedure speciali che ne consentano la tempestiva esecuzione, al fine di colmare il divario esistente nei collegamenti tra Nord e Sud;

13) ad adottare iniziative per valorizzare e potenziare i sistemi logistico-intermodali del Meridione, in specie quelli portuali, così da ampliare la competitività delle aree interessate nel più ampio bacino del Mediterraneo, anche al fine di facilitare la creazione di economie di scala;

14) ad adottare iniziative per potenziare le strutture ospedaliere territoriali del Sud colmando le insufficienze di personale qualificato, strutturali e la carenza di tecnologie avanzate, evitando così l'incremento della mobilità ospedaliera nelle regioni del Centro-Nord con conseguenti ripercussioni sulla spesa delle famiglie;

15) ad adottare le iniziative di competenza per migliorare la gestione dei rifiuti nel Mezzogiorno, potenziando i sistemi di raccolta differenziata e di riutilizzazione dei materiali e di chiusura del ciclo dei rifiuti;

16) ad avviare, implementare, coordinare i sistemi di monitoraggio nell'ambito dei progetti delle cosiddette smart city, con particolare riguardo al Sud;

17) a qualificare il rapporto tra la filiera della produzione agricola del Mezzogiorno e la grande distribuzione commerciale, valorizzando in specie le produzioni DOP e IGP, anche al fine di assicurare ai produttori un equilibrato tasso di remunerazione;

18) a sostenere gli interventi di ripristino delle coltivazioni e delle aree boschive del Mezzogiorno, al fine di contenere il consumo del territorio e di contrastare i fenomeni di desertificazione e di erosione dei suoli;

19) sulla scia di quanto già attuato con l'istituzione della cabina di regia del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, ad adottare tutte le opportune iniziative, anche attraverso il ricorso ai necessari strumenti di semplificazione normativa e amministrativa, per potenziare le capacità di programmazione e progettazione da parte delle amministrazioni competenti nell'ambito della politica di coesione, rimuovendo gli ostacoli di natura burocratica, al fine di assicurare una maggiore e più stretta integrazione tra gli attori istituzionali coinvolti nell'attuazione delle politiche di coesione territoriale; in tale direzione, anche in relazione ai gravi ritardi accumulati nella spesa comunitaria e nei cosiddetti patti per il Sud, a prevedere apposite gestioni straordinarie ed emergenziali per quegli interventi che, di concerto con le regioni, fossero ritenuti essenziali e urgenti per il Sud;

20) a rafforzare il ruolo di supporto svolto dall'Agenzia di coesione territoriale a favore delle autorità di gestione e delle singole amministrazioni interessate nel raggiungimento degli obiettivi di spesa, affinché si persegua l'obiettivo di un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse a disposizione, anche mediante il ricorso a specifiche azioni di supporto amministrativo e l'implementazione di un'attività di monitoraggio rafforzato finalizzata a verificare lo stato effettivo della programmazione attuativa dei programmi operativi regionali – POR del fondo europeo di sviluppo regionale (FESR);

21) ad adottare iniziative per procedere nell'opera di semplificazione delle modalità di gestione amministrativa del fondo per lo sviluppo e la coesione, attraverso la concentrazione e la standardizzazione delle procedure e dei compiti degli organismi tecnici e facilitando il ricorso alla digitalizzazione dei flussi dei dati, evitando la proliferazione di strumenti che determino inefficienze nella realizzazione degli interventi finanziari e situazioni di incertezza per le amministrazioni;

22) a continuare il dialogo già in corso con le istituzioni dell'Unione europea, anche attraverso la partecipazione ai consessi comunitari, a partire dal Consiglio affari generali formazione e coesione, al fine di sostenere, con azioni concrete e nelle opportune sedi comunitarie, il perseguimento degli obiettivi fissati dal Trattato di funzionamento dell'Unione europea sulla politica di coesione economica, sociale e territoriale, per eliminare il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni europee;

23) ad adottare tutte le iniziative necessarie per assicurare, con particolare riguardo al Mezzogiorno, il corretto ed efficace impiego dei fondi strutturali europei a disposizione per il periodo di programmazione 2014-2020, al fine di raggiungere i target prefissati per il nostro Paese e migliorarne il loro utilizzo anche attraverso il ricorso a un sistema di regole più armonizzato tra i diversi fondi e strumenti del bilancio dell'Unione europea;

24) a rispettare il principio della destinazione territoriale nel caso dei fondi strutturali di cui sopra che risultino utilizzabili in base al meccanismo del disimpegno automatico, ovvero in seguito a riduzione del cofinanziamento nazionale o a riprogrammazione, facendo confluire tali risorse nei programmi complementari dei territori a cui sono stati precedentemente assegnati;

25) ad adottare iniziative per rispettare la destinazione di una quota pari ad almeno il 34 per cento della spesa pubblica alle regioni del Sud, in attuazione a quanto disposto dall'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243;

26) ad avviare le iniziative di competenza per il potenziamento e la riqualificazione della rete stradale interna del Mezzogiorno al fine di consentire una mobilità regolare e senza disagi, e di invertire la tendenza negativa allo spopolamento di intere aree, determinata da collegamenti inadeguati ovvero caratterizzati da standard di sicurezza ridotti;

27) ad elaborare, di concerto con le regioni e con gli operatori del settore, un piano strategico per la mobilità urbana nel Meridione, al fine di prevedere specifiche misure di incentivazione per enti locali e/o soggetti privati che intendano realizzare progetti – anche sperimentali – nelle città del Sud Italia;

28) ad adoperarsi nelle apposite sedi per un adeguamento e potenziamento dell'infrastruttura ferroviaria nel Mezzogiorno e nelle isole, per la realizzazione dei collegamenti veloci, anche nelle aree più remote o disagiate;

29) a promuovere misure straordinarie di intervento volte a ridurre significativamente il digital divide, specie in tema di banda larga, che interessa le aree del Mezzogiorno, soprattutto quelle più interne, anche al fine di consentire alle amministrazioni locali l'espletamento di tutte le funzioni e l'erogazione di tutti i servizi per la cittadinanza.
(1-00065) «D'Uva, Molinari».


   La Camera,
   premesso che:
    nel dibattito in corso sulla manovra di imminente presentazione, come del resto nelle discussioni interne all'attuale maggioranza di Governo, risuona assordante il silenzio in merito ad una qualsiasi strategia per il Mezzogiorno del Paese, che ancora sconta forti insufficienze e gravi ritardi. Le politiche degli ultimi anni non hanno infatti agevolato un rilancio dell'economia del Sud d'Italia, che ha visto, da parte dei Governi della passata legislatura, solo il susseguirsi di piccoli interventi, incapaci di innescare un processo virtuoso di ripresa, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo totalmente inadeguati a sostenere il quanto mai necessario rilancio degli investimenti, e, quindi, la crescita di reddito capace di generare gettito;
    l'onere di sostenere la crescita economica al Sud è rimasto soprattutto a carico della politica di coesione e dei fondi strutturali europei, e i dati continuano a confermare l'immagine di un Paese diviso per gli investimenti, la crescita, il reddito pro capite, l'occupazione e il lavoro. È quindi ancora necessario agire concretamente con interventi immediati, implementando una serie di azioni volte a risollevare il Mezzogiorno, che può costituire una punta di diamante per il rilancio economico e sociale del nostro Paese, in Europa e sul piano internazionale;
    il rilancio del Sud richiede però interventi organici e razionali, improntati innanzitutto a logiche di valorizzazione delle risorse umane e materiali già presenti sul territorio, volti a consentire alla realtà locale di esprimere appieno le sue grandi potenzialità endogene;
    sembrano maturi i tempi, anche a livello culturale, per abbandonare i vecchi paradigmi basati su misure di tipo «assistenziale», e affidare al Sud e alla sua popolazione gli strumenti in grado di rilanciare il territorio nell'ottica di principi liberali, moderni e meritocratici;
    in questa prospettiva, da tempo Forza Italia ha individuato una serie di problematiche strutturali da risolvere in via prioritaria, attraverso soluzioni e proposte d'intervento elaborate anche grazie al confronto serio e quotidiano con le realtà locali, con gli amministratori del territorio, con autorevoli studiosi di ambito economico, giuridico e politologico, nonché con le esperienze più virtuose registrate a livello europeo e internazionale;
    sul tema «impresa» e sulle necessarie misure volte a promuovere la rinascita industriale e occupazionale delle regioni del Mezzogiorno, è importante partire dal riconoscimento nei confronti delle imprese ivi operanti della possibilità di fruire dell'integrale esenzione dell'imposta sul reddito delle società (IRES): un vero e proprio shock fiscale teso a centrare innanzitutto l'obiettivo dell'aumento e del miglioramento della qualità degli investimenti delle imprese in capitale fisico e umano. I vantaggi di questa misura sono presto detti: carattere automatico e diretto del beneficio; niente intermediazione della burocrazia; niente infiltrazioni della criminalità organizzata; attrazione degli investimenti e delle imprese, internazionali e italiane, che oggi delocalizzano in altri Paesi; piena compatibilità con i Trattati europei, grazie all'articolo 107 del Tfue;
    sempre con riguardo alle imprese, un altro nodo nevralgico riguarda l'estrema difficoltà nell'accesso al credito per le piccole e medie imprese del Mezzogiorno, che ne impedisce lo sviluppo. Da tale angolo visuale, è necessario rafforzare il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, incrementando la sua dotazione anche con l'intervento della Cassa depositi e prestiti, oltre che mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Sace. Inoltre, l'ulteriore intervento che si intende proporre per rafforzare l'operatività del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è quello di destinare alle regioni del Mezzogiorno una quota pari al 45 per cento delle risorse erogate dalla Cassa depositi e prestiti al fondo, in analogia con quanto a suo tempo previsto con la cosiddetta clausola Ciampi in materia di destinazione della spesa complessiva in conto capitale. In questo modo, le piccole e medie imprese del Sud potranno ottenere finanziamenti per gli investimenti necessari a rinnovarsi, crescere e competere sul mercato;
    per quanto riguarda il lavoro, è centrale innanzitutto il tema dei giovani. Al Sud, ci sono 1,8 milioni di Neet under 35; 2 donne su 3 sono disoccupate; esiste un elevato tasso di dispersione scolastica e un basso numero di studenti che conseguono la laurea. È necessario quindi mutare la prospettiva delle misure in grado di «cambiare rotta», attraverso il finanziamento di una formazione effettiva, attiva e on the job, realmente calibrata sullo sviluppo delle professionalità e sul collocamento lavorativo, magari a valere sui fondi europei, destinata agli under 35 e alle donne under 40, da utilizzare per alternanza scuola/lavoro, ricerca e sviluppo in università e in azienda, formazione e orientamento all'occupazione, impiego e autoimpiego;
    sempre sul fronte lavoro, per mitigare in modo efficace e concreto la questione legata alla forte disoccupazione femminile, potrebbe essere utile riconoscere all'impresa, per ogni nuova assunzione di una donna a tempo pieno o parziale, con contratto almeno annuale, un credito d'imposta pari al costo del relativo contributo Irpef. Studi autorevolissimi svolti a livello europeo e internazionale dimostrano ormai, al di là di ogni ragionevole dubbio, che più donne occupate significano più crescita;
    altro allarme che riveste il Mezzogiorno, riguarda il tema delle reti infrastrutturali dei trasporti, la cui carenza ricopre, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà, provocando notevoli disagi ai cittadini e all'intera economia del Sud;
    l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviari passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita, a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi. Basti pensare che in Sicilia sono 429 le corse regionali giornaliere, contro le 2.396 della Lombardia; la media di età dei convogli passa dai 19,2 anni del meridione ai 13,3 del Nord (a fronte di una media nazionale di 16,8 anni), con comprensibili ripercussioni negative sia sulla velocità degli spostamenti che sul comfort dei passeggeri. Per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto seguito;
    tali servizi rivestono un interesse strategico e di cruciale importanza non solo sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini, ma anche per lo sviluppo dell'economia dell'intero Paese, nonché per la forte vocazione turistica del Mezzogiorno che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;
    è quindi assolutamente necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema, anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali, energetici e operativi. Non può essere poi trascurato ciò che accade a livello di accordi internazionali, e la recente esclusione – di fatto – delle infrastrutture del Mezzogiorno nell'ambito degli accordi con la Cina, per promuovere la cooperazione economica e gli investimenti sulla cosiddetta «Via della Seta»; è infatti fondamentale la promozione internazionale dei porti meridionali e delle loro Zes, e, a livello europeo, operare, nell'ambito della prossima revisione della Rete dei trasporti transeuropea (Ten-T), per favorire i corridoi meridionali e riportare i porti del Sud nella mappa dei porti strategici;
    a livello infrastrutturale, un'altra fondamentale criticità attiene alle strutture idriche: esse risalgono a più di 30 anni fa e le perdite nella rete si aggirano al Sud intorno al 45 per cento, a fronte del 26 per cento rilevato al Nord. È giunto il momento di riammodernare il sistema infrastrutturale attraverso una rete e un sistema di micro invasi: il costo stimato è pari a 5 miliardi di euro annui, molto inferiore a quanto oggi si spende per gli sprechi e le sanzioni europee. Gli obiettivi, oltre a salvaguardare le risorse idriche, sono quelli di assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, nonché di consentire il rilancio dell'agricoltura, settore strategico per il Sud;
    con riferimento ai diritti, è evidente come siano presenti in Italia forti divari territoriali nei servizi di assistenza all'infanzia (strutture nido), di assistenza sociale, in quelli accessori di istruzione (refezione scolastica, trasporto studenti, assistenza disabili), in quelli del trasporto pubblico locale e delle strutture sanitarie. Un primo allarme riguarda gli asili. In particolare, la copertura dei servizi di asilo e nido per l'infanzia nel Meridione è scarsissima, coprendo solo il 7 per cento circa dei bambini, a fronte di una media nazionale del 20 per cento, e di una media europea del 40 per cento circa. In questa prospettiva, è necessario lo stanziamento di fondi per realizzare strutture e servizi pubblici di asili-nido, affidando l'operazione a una società di gestione del risparmio pubblica (ad esempio, Invimit o Cassa depositi e prestiti immobiliare) e prevedendo costi contenuti del servizio in base al reddito. I vantaggi sono enormi e si colgono su due piani: da un lato, i benefici occupazionali immediati per le donne-madri lavoratrici, che avrebbero finalmente la possibilità di affidare i propri bambini a strutture dedicate, a costi nulli o comunque contenuti; dall'altro lato, i benefici sociali e culturali di medio-lungo periodo, sia sotto il profilo della crescita demografica e della natalità, sia sotto il profilo dell'affermazione del ruolo della donna-lavoratrice nella nostra società;
    parlando di diritti, è impossibile non parlare di diritto alla salute. Le forti disomogeneità territoriali nelle prestazioni sanitarie hanno creato una situazione di costante lesione, al Sud, del diritto costituzionale alla salute. È necessario un piano integrato finalizzato a ristabilire la piena osservanza dell'articolo 32 della Costituzione, da svilupparsi sui seguenti versanti: introduzione immediata dei costi e fabbisogni standard nella sanità; istituzione di un'Agenzia nazionale che controlli in modo più stringente l'operato dei singoli servizi regionali e delle province autonome, assicurandone l'efficienza e l'efficacia, anche con funzioni sostitutive e commissariali; introduzione immediata del reddito di salute, cioè di un bonus sanità da attribuire in base all'isee ai residenti nelle regioni dove è minore l'aspettativa di vita;
    nel capitolo dei diritti rientra anche il dossier «pensioni». È noto come il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, preveda che i requisiti anagrafici per l'accesso al sistema pensionistico italiano debbano essere adeguati all'incremento della speranza di vita accertato dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) e convalidato dall'Eurostat; da ultimo, la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 146-153) è nuovamente intervenuta sulla materia, sia modificando il meccanismo di adeguamento alla speranza di vita, sia escludendo dall'adeguamento specifiche categorie di lavoratori e i lavoratori impegnati nelle cosiddette attività usuranti. Sul territorio nazionale esistono forti disomogeneità fra Nord e Sud sull'aspettativa di vita, con differenziali anche di 4 anni. In Campania nel 2017 gli uomini sono vissuti mediamente 78,9 anni e le donne 83,3; nella provincia autonoma di Trento 81,6 gli uomini e 86,3 anni le donne. La maggiore sopravvivenza si è registrata nelle regioni del nord-est, dove la speranza di vita è stata per gli uomini 81,2 anni e per le donne 85,6; nelle regioni del Mezzogiorno, si attesta a 79,8 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne. In Italia, infatti, si vive più a lungo a seconda del luogo di residenza o del livello d'istruzione: hanno una speranza di vita più bassa le persone che nascono al sud, in particolare in Campania, o che non raggiungono la laurea. Inoltre, chi ha un titolo di studio basso ha anche peggiori condizioni di salute. Queste disuguaglianze sono acuite dalle difficoltà di accesso ai servizi sanitari che penalizzano la popolazione di livello sociale più basso con un impatto significativo sulla capacità di prevenire o di diagnosticare rapidamente le patologie. Pertanto, si ritiene opportuna la modifica dell'attuale meccanismo di adeguamento dell'accesso al sistema pensionistico italiano all'incremento della speranza di vita accertato dall'Istat, introducendo elementi di differenziazione rispetto all'età pensionabile in base alle diversità nella speranza di vita;
    sempre sul fronte dei diritti, forti disuguaglianze si registrano sul fronte delle tariffe delle polizze assicurative obbligatorie per la responsabilità civile (cosiddette RC auto), che nel Mezzogiorno sono più alte rispetto ad altre parti d'Italia: un altro balzello per famiglie e imprese. La differenza, anche per gli automobilisti virtuosi (senza incidenti) è data dalla sola sigla di residenza e, quindi, dalla presunta sinistrosità complessiva. Nella XVII legislatura in un ramo del Parlamento fu già approvata l’«offerta unica» a prescindere dalla residenza per gli automobilisti virtuosi. Un passo avanti ma, di fatto, inefficace, che è bene riproporre ed attuare;
    a livello istituzionale, la governance degli investimenti e della gestione dei fondi di coesione nazionali ed europei è ad oggi troppo complessa, e dispersa fra una miriade di istituzioni, livelli territoriali e procedimenti, che creano ritardi e inefficienze. I firmatari del presente atto di indirizzo propongono di accentrare tutte le competenze in un nuovo soggetto, la Cassa per le infrastrutture e i diritti del Sud (Caid), che funga da collettore, gestore e controllore unico dei fondi (nazionali ed europei) e delle attività, che fra l'altro assorbe la vecchia Agenzia per la coesione. Per alimentare la Cassa, si dovrebbe modificare l'attuale sistema della quota «De Vincenti» e, sul modello della «quota Ciampi», prevedere che ad essa sia le amministrazioni centrali che le società partecipate pubbliche conferiscano il 45 per cento dei propri stanziamenti ordinari in conto capitale;
    sono inattuate dal 2001 parti importanti della Costituzione quali l'indicazione dei Lep, cioè i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (articolo 117, secondo comma, lettera m), e l'istituzione del fondo di perequazione (articolo 119 quarto comma) indispensabile per consentire ai territori con minore capacità fiscale per abitante, come i territori del Mezzogiorno, il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite. In particolare, sono rimasti «lettera morta» i condivisibili criteri enunciati nella legge sul federalismo fiscale n. 42 del 2009 che avrebbero dovuto presiedere alle misure perequative: capacità fiscale, densità demografica, sviluppo infrastrutturale, gettito dei tributi, stato dei servizi;
    in tale vuoto normativo, il processo di attuazione dei fabbisogni standard che si è realizzato a partire dal 2015 per i comuni delle regioni a statuto ordinario mostra quindi evidenti anomalie quali l'assegnazione di un fabbisogno zero dove il servizio non è erogato (caso asili nido e trasporto pubblico locale), l'assegnazione di un fabbisogno ridotto nei comuni che si trovano in territori poveri di servizi regionali (caso assistenza sociale), nonché l'individuazione di un « target perequativo» molto lontano da quello previsto in Costituzione e cioè pari al 50 per cento invece che integrale;
    nell'attuale quadro, le risorse straordinarie (provenienti da fondi strutturali europei, piano di azione coesione e risorse nazionali del fondo di sviluppo e coesione) sono destinate in via prevalente al Sud, ma quelle ordinarie risultano invece prevalentemente allocate al Nord: su 691 euro di spesa in conto capitale che la pubblica amministrazione effettua per un singolo cittadino meridionale solo 239 euro arrivano dai fondi ordinari, cioè quelli che lo Stato – semplificando il concetto – mette a disposizione completamente «di tasca sua». Al Centro-nord il rapporto è ribaltato: 508 euro di spesa ordinaria pro capite e 87 di spesa straordinaria;
    oltre agli evidenti riflessi negativi sulle popolazioni, la mancata attuazione di tali previsioni preclude quindi alle regioni del Sud di sfruttare le virtualità autonomistiche speciali consentite dall'articolo 116 terzo comma della Costituzione; è chiaro, infatti, che nessuna condizione ulteriore d'autonomia può essere acquisita, senza le correlative risorse; ed è altrettanto chiaro che queste non saranno mai sufficienti, nelle realtà in questione, senza l'effettiva attuazione del Fondo perequativo. L'autonomia, senza il supporto delle risorse, è solo un fantasma, sia per l'esercizio delle funzioni attribuite direttamente dalla Costituzione, sia, a maggior ragione, per quelle ulteriori che le regioni volessero eventualmente intestarsi ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione,

impegna il Governo:

1) al fine di promuovere la rinascita industriale e occupazionale delle regioni ricomprese nell'obiettivo europeo «Convergenza» (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) realizzando gli obiettivi dell'aumento e del miglioramento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano e dell'adattabilità ai cambiamenti economici e sociali, ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a introdurre un'esenzione integrale dell'imposta sul reddito delle società (Ires), per le imprese in attività ivi ubicate e per le nuove imprese che avviano in tali regioni un'attività economica;

2) ad adottare iniziative normative per riprendere il modello della cosiddetta clausola «De Vincenti», innalzando la soglia prevista dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016 e portandola al 45 per cento, in analogia con quanto a suo tempo previsto con la cosiddetta clausola Ciampi in materia di destinazione della spesa complessiva in conto capitale, ed estendendo il vincolo non solo agli investimenti delle amministrazioni centrali, come avviene attualmente, ma a tutte le amministrazioni pubbliche e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, e a Cassa depositi e prestiti;

3) ad adottare iniziative per rafforzare l'operatività del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, destinando alle regioni del Mezzogiorno (Campania, Basilicata, Molise, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Abruzzo) una quota pari al 45 per cento delle risorse erogate dalla Cassa depositi e prestiti al fondo;

4) ad adottare iniziative normative per istituire la Cassa per le infrastrutture e i diritti del Sud (Caid), che funga da collettore, gestore e controllore unico dei fondi (nazionali ed europei) e delle attività, prevedendo che all'alimentazione della Cassa provvedano le amministrazioni centrali, nonché le società partecipate pubbliche, conferendo il 45 per cento dei propri stanziamenti ordinari in conto capitale;

5) a prevedere, nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019, il rifinanziamento del cosiddetto «bonus Sud», nonché ad adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a favorire l'istituzione di un «conto giovani» per il Mezzogiorno, a valere sui fondi europei, destinato agli under 35 e alle donne under 40, da utilizzare per alternanza scuola/lavoro, ricerca e sviluppo in università e in azienda, formazione e orientamento all'occupazione impiego e autoimpiego;

6) ad adottare iniziative per riconoscere, quantomeno alle imprese operanti nel Mezzogiorno, un credito d'imposta pari al costo del contributo Irpef, per ogni nuova assunzione di una donna a tempo pieno o parziale, con contratto almeno annuale;

7) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta al riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico del Mezzogiorno, attraverso una rete e un sistema di micro invasi, al fine di contenere gli sprechi, assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, e consentire il rilancio dell'agricoltura;

8) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse volte alla realizzazione di strutture e servizi pubblici di asili-nido nel Mezzogiorno, anche affidando l'operazione a una società di gestione del risparmio pubblica e prevedendo costi contenuti del servizio in base al reddito;

9) ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza per assegnare risorse specifiche alla realizzazione dell'alta velocità nel Mezzogiorno agevolandone la realizzazione;

10) ad adottare iniziative per rilanciare gli investimenti in infrastrutture e l'ammodernamento della rete dei trasporti e tutti gli interventi in grado di aumentare la competitività delle aree meridionali: gli assi viari, i collegamenti ferroviari tra le città del Mezzogiorno, le opere di consolidamento idrogeologico;

11) ad assumere, nelle sedi di competenza, ogni iniziativa volta a sostenere l'inserimento delle infrastrutture del Mezzogiorno nell'ambito degli accordi con la Cina, per promuovere la cooperazione economica e gli investimenti sulla cosiddetta «via della Seta»;

12) a sostenere la promozione internazionale dei porti meridionali e delle loro zone economiche speciali, avvalendosi di Ita ed Invitalia, considerato che i porti meridionali vanno promossi presso i Governi stranieri e soprattutto il Governo cinese e le società armatoriali di quel Paese, come è stato fatto finora solo per i porti di Genova e Trieste;

13) ad adottare iniziative per confermare il finanziamento delle opere incluse nel programma di investimenti relativo alle aree logistiche integrate candidate dalle regioni meridionali e dalle rispettive autorità di sistema portuale come previsto dal Pon infrastrutture e reti 2014-2020;

14) ad operare, nelle sedi di competenza, nell'ambito della prossima revisione della Rete dei trasporti transeuropea (Ten-T), per favorire i corridoi meridionali e riportare i porti del Sud nella mappa dei porti strategici;

15) ad adottare iniziative per provvedere al completamento della disciplina relativa alle Zone economiche speciali, alla luce della loro rilevanza per il rilancio del Mezzogiorno, e in particolare all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo alle semplificazioni, in quanto è opinione comune che l'attrattività degli investimenti nelle aree Zes sarà in funzione della effettiva semplificazione delle procedure amministrative per la realizzazione degli stessi investimenti;

16) ad adottare le iniziative di competenza per l'estensione della normativa del nuovo codice doganale dell'Unione, Regolamento (Ue) 952/2013, più semplice di quella nazionale, alle operazioni doganali nell'ambito delle Zes, quanto meno con riferimento a quelle del Mezzogiorno;

17) ad adottare iniziative a favore dell'elisione di tutti gli ostacoli allo sviluppo del traffico intermodale, in particolare estendendo il regime di favore previsto per Trieste al traffico dei rotabili da e per i porti del Mezzogiorno, e, a tal fine, a promuovere la liberalizzazione dei permessi di transito (dosvole) per i rotabili stranieri e l'esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per gli stessi per le regioni con maggiore traffico da e per i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa (Mena), tanto al fine di soddisfare le richieste di maggiori approdi da parte degli imprenditori dei suddetti Paesi, disponibili ad investire in infrastrutture logistiche (terminal);

18) a sostenere, con specifiche iniziative, l'insediamento nel Mezzogiorno di impianti di rifornimento Lng per navi ed autotrazione al fine di ridurre l'inquinamento e decarbonizzare le aree produttive paesaggisticamente ed ecologicamente attrezzate;

19) ad adottare specifiche iniziative di competenza volte introdurre, per gli automobilisti virtuosi, tariffe delle polizze assicurative obbligatorie per la responsabilità civile (cosiddette RC auto) uniche per tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla residenza, per restituire equità al premio assicurativo, in particolare per il Sud del Paese, dove un automobilista può arrivare a pagare, in media, più del doppio rispetto ad un automobilista del Nord;

20) ad adottare iniziative, anche normative, in maniera organica, per ristabilire la garanzia del diritto costituzionale alla salute, in particolare nel Mezzogiorno, con una serie di misure sinergiche: l'introduzione immediata dei costi e fabbisogni standard nella sanità; l'istituzione di un'Agenzia nazionale che controlli in modo più stringente l'operato dei singoli servizi regionali e delle province autonome, assicurandone l'efficienza e l'efficacia, anche con funzioni sostitutive e commissariali; l'introduzione immediata del reddito di salute, cioè di un bonus sanità da attribuire in base all'Isee ai residenti nelle regioni dove è minore l'aspettativa di vita;

21) a promuovere iniziative tese a rimodulare i criteri anagrafici di accesso alla pensione, calcolandoli su base regionale anche alla luce della speranza di vita, tenendo conto che vi sono attualmente forti sperequazioni tra aree geografiche, in particolare a danno di quelle meridionali;

22) ad adottare iniziative per definire i livelli essenziali delle prestazioni per tutte le materie d'interesse degli enti territoriali, quale premessa per una corretta attuazione dell'autonomia, nonché per garantire un calcolo oggettivo dei fabbisogni standard regionali, provinciali e comunali, adottando altresì iniziative per completare il percorso di attuazione della legge n. 42 del 2009, in particolare per quanto riguarda i fondi di perequazione e la perequazione infrastrutturale, al fine di correggere incongruenze come il target perequativo inferiore al 100 per cento, che non consentono alle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno di sfruttare le virtualità autonomistiche speciali consentite dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, e superando così l'istituzionalizzata (e censurabile) prassi di sostenere il fabbisogno del Sud con i fondi straordinari, anziché, come sarebbe fisiologico, con i fondi ordinari.
(1-00066) «Carfagna, Paolo Russo, Occhiuto, D'Attis, Elvira Savino».