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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 13 settembre 2018

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: DDL NN. 850 E 851-A

Ddl n. 850 – Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017 e Ddl n. 851-A – Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018

Tempo complessivo: 13 ore e 30 minuti, di cui:
• discussione generale congiunta: 7 ore e 30 minuti;
• seguito dell'esame: 6 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 15 minuti 15 minuti
Governo 15 minuti 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 15 minuti
(con il limite massimo di 16 minuti per ciascun deputato)
57 minuti
(con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 35 minuti 4 ore e 13 minuti
 MoVimento 5 Stelle 1 ora e 9 minuti 51 minuti
 Lega – Salvini premier 52 minuti 40 minuti
 Partito Democratico 56 minuti 47 minuti
 Forza Italia – Berlusconi Presidente 54 minuti 45 minuti
 Fratelli d'Italia 37 minuti 26 minuti
Liberi e Uguali 33 minuti 21 minuti
 Misto: 34 minuti 23 minuti
  MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero 11 minuti 8 minuti
  Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica 6 minuti 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 6 minuti 4 minuti
  Noi Con l'Italia-USEI 6 minuti 4 minuti
  +Europa-Centro Democratico 5 minuti 3 minuti

COMUNICAZIONI

Comunicazioni del 13 settembre 2018.

Missioni valevoli nella seduta del 13 settembre 2018.

  Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Carfagna, Carinelli, Castiello, Ciprini, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Galizia, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Scoma, Carlo Sibilia, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valbusa, Valente, Villarosa, Raffaele Volpi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Caiata, Carfagna, Carinelli, Castiello, Ciprini, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Fusacchia, Galizia, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Sarti, Scoma, Carlo Sibilia, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valbusa, Valente, Villarosa, Raffaele Volpi.

(Alla ripresa notturna della seduta).

  Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Caiata, Carfagna, Carinelli, Castiello, Ciprini, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Fusacchia, Galizia, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Sarti, Scoma, Carlo Sibilia, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valbusa, Valente, Villarosa.

(Alla ripresa antimeridiana della seduta nella giornata del 14 settembre 2018).

  Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Caiata, Cancelleri, Carfagna, Carinelli, Castiello, Ciprini, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Fusacchia, Galizia, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molteni, Morelli, Morrone, Pastorino, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Scoma, Carlo Sibilia, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valbusa, Valente, Villarosa, Raffaele Volpi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 12 settembre 2018 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   VIANELLO ed altri: «Modifiche all'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, all'articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia di pianificazione delle aree e di estensione dei divieti relativi allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di deposito sotterraneo di gas naturale, nonché di valutazione dell'impatto sanitario dei progetti» (1155);
   DADONE: «Modifiche all'articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di valutazione della professionalità dei magistrati titolari di incarichi politici elettivi o di governo» (1156);
   DADONE: «Istituzione di un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche per i redditi derivanti dall'attività occasionale di raccolta di prodotti selvatici non legnosi e di piante officinali spontanee, nonché modifiche alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, concernenti l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto relativa ai tartufi» (1157);
   MURELLI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, concernenti l'ordinamento e la struttura organizzativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro» (1158);
   DI GIORGI: «Modifica all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione delle spese per l'iscrizione di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a corsi di danza, teatro e musica» (1159).

  In data 13 settembre 2018 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   FERRI: «Modifica all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, in materia di armonizzazione del trattamento economico del personale di magistratura nei casi di congedo straordinario e di aspettativa per malattia» (1161);
   TIRAMANI: «Modifiche alla legge 2 agosto 1999, n. 264, in materia di accesso ai corsi universitari, con particolare riguardo a quelli delle professioni mediche e dell'area sanitaria» (1162);
   POLVERINI e SANDRA SAVINO: «Abrogazione dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, nonché reintroduzione di disposizioni temporanee, per il periodo 2019-2021, concernenti la facoltà di rinunzia all'accredito contributivo da parte dei lavoratori che abbiano maturato i requisiti minimi per il pensionamento di anzianità» (1163);
   POLVERINI e SANDRA SAVINO: «Disposizioni in materia di libertà di scelta nell'accesso dei lavoratori al trattamento pensionistico nonché misure per il riconoscimento del lavoro di cura e di assistenza in ambito familiare» (1164).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge DAGA ed altri: «Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque» (52) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Molinari.

  La proposta di legge BENAMATI ed altri: «Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale» (452) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Cenni.

Modifica del titolo di proposte di legge.

  La proposta di legge n. 152, d'iniziativa dei deputati PAOLO RUSSO ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, in materia di esenzione dall'imposta sui redditi, dall'imposta municipale propria e dalla tassa sui rifiuti in favore degli ultranovantenni».

  La proposta di legge n. 1071, d'iniziativa dei deputati D'UVA ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni per favorire l'equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili».

Trasmissione dal Senato.

  In data 12 settembre 2018 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 536. – Senatori BOTTICI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”» (approvata dal Senato) (1160).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  ERMINI ed altri: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di frode patrimoniale in danno di soggetti vulnerabili e di circonvenzione di persona incapace» (241) Parere delle Commissioni I, V e IX;

  BRUNO BOSSIO ed altri: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di protezione dei minori i cui genitori siano tratti in arresto o sottoposti a pene detentive o a misure cautelari restrittive della libertà personale» (541) Parere delle Commissioni I, V, VII e XII.
   VI Commissione (Finanze):
  ZANETTIN ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario» (654) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.
   IX Commissione (Trasporti):

  DELRIO ed altri: «Disposizioni per il potenziamento e lo sviluppo dei sistemi di trasporto rapido di massa» (848) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII e XIV.
   XI Commissione (Lavoro):
  PAOLO RUSSO: «Modifiche alla legge 29 marzo 1985, n. 113, concernenti il collocamento al lavoro dei centralinisti telefonici e degli operatori della comunicazione minorati della vista» (162) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, IX, X, XII e XIV.
   Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro):

  CALABRIA ed altri: «Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale» (1066) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV.
   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive):
  BRAGA ed altri: «Disposizioni per il riordino e la promozione delle attività nel settore dei beni usati e del riuso dei prodotti» (978) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XI, XII e XIV;

  VIGNAROLI ed altri: «Disposizioni per la disciplina dell'economia dei beni usati e la promozione del settore del riutilizzo, nonché istituzione del Tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo» (1065) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XI, XII e XIV.
   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XIII (Agricoltura):
  BRAGA ed altri: «Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato» (809) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, IX, X, XI, XII e XIV.

Annunzio di una proposta di modificazione al Regolamento.

  In data 12 settembre 2018 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di modificazione al Regolamento d'iniziativa dei deputati:
   SCHULLIAN, GEBHARD, PLANGGER E ROSSINI: «Articolo 14: Autorizzazione alla costituzione di un gruppo composto da deputati appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute dalla legge»
(Doc. II, n. 4).

  Sarà pubblicata e trasmessa alla Giunta per il Regolamento.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 6 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 17/2018 del 12 luglio-5 settembre 2018, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente il Fondo integrativo speciale per la ricerca (2014-2017).

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 5 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la relazione – predisposta dal Ministero della giustizia – sulla consistenza, destinazione e utilizzo dei beni sequestrati o confiscati e sullo stato dei procedimenti di sequestro o confisca, aggiornata al mese di dicembre 2017 (Doc. CLIV, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 5 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, la relazione d'inchiesta dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo concernente l'incidente occorso a un aeromobile sull'aeroporto di Orio al Serio (Bergamo) il 5 agosto 2016.

  Questo documento è trasmesso alla IX Commissione (Trasporti)

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 11 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, le osservazioni formulate dalla Commissione europea in ordine al progetto di regola tecnica concernente il divieto di commercializzazione dei bastoncini per la pulizia delle orecchie non biodegradabili e non compostabili e dei prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche.

  Questo documento è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente), alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 11 settembre 2018, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, che il Governo ha attivato la predetta procedura in ordine allo schema di decreto ministeriale recante modifiche ed integrazioni all'allegato al decreto 16 maggio 1987, n. 246, recante «Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione».

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 11 settembre 2018, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, che il Governo ha attivato la predetta procedura in ordine al progetto di decreto ministeriale concernente la modifica dell'allegato 13 al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, recante «Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88».

  Questa comunicazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 11 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza dell'organico della Cassa di previdenza delle Forze armate, riferita all'anno 2017, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 11 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza dell'organico della Lega navale italiana, riferita all'anno 2017, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 11 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza dell'organico dell'Opera nazionale per i figli degli aviatori, riferita all'anno 2017, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa).

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 11 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza dell'organico dell'Unione italiana tiro a segno, riferita all'anno 2017, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) e alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 12 settembre 2018, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Centro europeo di competenza industriale, tecnologica e di ricerca sulla cibersicurezza e la rete dei centri nazionali di coordinamento – Contributo della Commissione europea per la riunione dei leader del 19-20 settembre 2018 a Salisburgo (COM(2018) 630 final), corredata dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2018) 404 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti);
   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla soppressione dei cambi stagionali dell'ora e che abroga la direttiva 2000/84/CE (COM(2018) 639 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 31 agosto e 3 e 4 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Gavardo (Brescia), Grotteria (Reggio Calabria), Oncino (Cuneo), Pavone Canavese (Torino), Potenza Picena (Macerata), Rodengo Saiano (Brescia), Santa Sofia d'Epiro (Cosenza) e Villa Santo Stefano (Frosinone).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Comunicazione di nomina governativa.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 5 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, la comunicazione relativa alla nomina del consigliere Carlo Schilardi a Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori dei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno dell'isola di Ischia, colpiti dall'evento sismico del 21 agosto 2017.

  Questa comunicazione è stata trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 13 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2016/2341 relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (47).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 23 ottobre 2018. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 3 ottobre 2018.

Comunicazioni del 14 settembre 2018.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   I Commissione (Affari costituzionali):
  BITONCI ed altri: «Modifica all'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, concernente la limitazione dei mandati per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti» (667) Parere della V Commissione.
   II Commissione (Giustizia):
  
DE LORENZIS: «Modifica all'articolo 1120 del codice civile, concernente la maggioranza necessaria per deliberare la destinazione di spazi comuni condominiali a posteggio per le biciclette» (658) Parere delle Commissioni I, VIII e IX;
  ZANOTELLI ed altri: «Modifica all'articolo 58 del codice civile, in materia di dichiarazione di morte presunta dell'assente» (685) Parere della I Commissione.
   III Commissione (Affari esteri):

  «Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010» (1123) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, XII, XIII e XIV;
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla protezione dell'ambiente marino e costiero di una zona del Mare Mediterraneo (Accordo RAMOGE), tra Italia, Francia e Principato di Monaco, fatto a Monaco il 10 maggio 1976 ed emendato a Monaco il 27 novembre 2003» (1125) Parere delle Commissioni I, V, VIII e XIII.
   VI Commissione (Finanze):

  PAOLO RUSSO ed altri: «Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, in materia di esenzione dall'imposta sui redditi, dall'imposta municipale propria e dalla tassa sui rifiuti in favore degli ultranovantenni» (152) Parere delle Commissioni I, V, VIII e XII;
  UNGARO: «Modifica all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di equiparazione dell'unita immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia dai cittadini italiani residenti all'estero alle abitazioni principali, a condizione che non risulti locata» (556) Parere delle Commissioni I, III, V e VIII.
   VII Commissione (Cultura):
  CAPITANIO ed altri: «Istituzione dell'insegnamento dell'educazione civica nella scuola primaria e secondaria e del premio annuale per l'educazione civica» (682) Parere delle Commissioni I, V e XI.
   VIII Commissione (Ambiente):
  COVOLO ed altri: «Modifica dell'articolo 6-ter del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, in materia di normale tollerabilità delle emissioni acustiche» (683) Parere delle Commissioni I, II, V, VII, XII e XIV.
   XIII Commissione (Agricoltura):

  PAROLO ed altri: «Delega al Governo per la razionalizzazione e la ricomposizione dei fondi agricoli e il riordino delle proprietà frammentate nei territori montani, nonché modifica all'articolo 97 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di funzioni dei segretari comunali e provinciali» (673) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII e XIV.
   Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
  S. 536. – Senatori BOTTICI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”» (approvata dal Senato) (1160) Parere delle Commissioni I, V e X.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 10 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 18/2018 del 31 luglio 2018, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente il Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici nelle zone a rischio sismico.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 8 agosto 2018, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e dell'articolo 33, comma 4-quinquies, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

  Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 12 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n. 135, la relazione sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV, riferita all'anno 2017 (Doc. XCVII, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 10 settembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'azione dell'Unione a seguito della sua adesione all'Atto di Ginevra dell'Accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche (COM(2018) 365 final).

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 717 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 25 LUGLIO 2018, N. 91, RECANTE PROROGA DI TERMINI PREVISTI DA DISPOSIZIONI LEGISLATIVE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1117-A)

A.C. 1117-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 29 del 2017 (cosiddetto decreto MOCA), recante la disciplina sanzionatoria per la violazione di disposizioni di cui ai regolamenti in materia di materiali e oggetti destinati a venire in contatto con prodotti e alimenti, si applica a livello sanzionatorio a tutti i materiali, da qualunque operatore economico vengano prodotti;
    l'articolo 6 del predetto decreto obbligava tutti gli operatori economici anche quelli che già producevano materiali e oggetti destinati a venire in contatto con prodotti e alimenti, a comunicare all'autorità sanitaria territorialmente competente gli stabilimenti che eseguono attività di cui al regolamento CE 2023/2006 entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso ossia 120 giorni dal 2 aprile 2017,
   considerato che:
    nel corso dell'esame del provvedimento da parte del Senato è stata stabilita, a favore dei soli produttori artigianali che già operano, la riapertura dei termini per la comunicazione all'autorità sanitaria degli stabilimenti che svolgono attività nel settore dei materiali e oggetti a contatto con gli alimenti (MOCA);
    il nuovo obbligo di comunicazione stabilito dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 29 del 2017 riguarda tutti gli operatori, non soltanto i produttori artigianali. La scelta di limitare a quest'unica categoria la riapertura dei termini per la comunicazione risulterebbe quindi discriminatoria;
    molte imprese, infatti, non sono riuscite a effettuare per tempo la comunicazione prevista. Ciò è vero, in particolare, per le imprese che non sono specializzate nei MOCA, ma che, ad esempio, si limitano a commercializzare all'ingrosso prodotti, anche confezionati, quali piatti e stoviglie di plastica e che inizialmente sembravano essere escluse dall'obbligo;
    al fine di evitare che le imprese che non hanno ancora effettuato la comunicazione preferiscano ometterla del tutto piuttosto che rischiare di essere sanzionate per averla effettuata tardivamente, impedendo così all'autorità sanitaria di disporre, secondo lo scopo della disposizione, di elenchi completi e aggiornati degli operatori del settore dei MOCA, è quindi opportuno prevedere che la riapertura dei termini riguardi tutti gli operatori e non soltanto i produttori artigianali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la riapertura dei termini per la comunicazione obbligatoria di cui in premessa a tutti gli operatori economici che svolgano attività nel settore dei materiali e oggetti che vanno in contatto con alimenti, non limitandola ai soli produttori artigianali.
9/1117-A/1Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 58 e 69, della legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, prevede che il presidente della provincia e il consiglio provinciale siano eletti dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia;
    il comma 62 del medesimo articolo dispone, altresì, che le elezioni per gli organi provinciali avvengano in unica giornata, presso un unico seggio elettorale, dalle ore otto alle ore venti,
   considerato che:
    l'articolo 1, comma 2, del decreto-legge in esame, nel testo trasmesso dal Senato della Repubblica, prevede che il mandato dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali in scadenza tra la data di entrata in vigore del decreto-legge e il 31 ottobre 2018 sia prorogato fino a tale data e che le elezioni per il rinnovo delle medesime cariche si tengano il 31 ottobre 2018, contestualmente alle elezioni del rispettivo consiglio provinciale o presidente di provincia, qualora sia in scadenza per fine mandato entro il 31 dicembre 2018;
    il 31 ottobre 2018 è un mercoledì,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di apportare le necessarie modifiche normative al fine di consentire che lo svolgimento delle operazioni elettorali, previste per il 31 ottobre 2018, sia protratto sino alle ore 23, in modo da permettere la partecipazione di tutti gli aventi diritto.
9/1117-A/2Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame intende prorogare di un anno, ovvero dal 1o luglio 2019 al 1o luglio 2020, l'entrata in vigore della liberalizzazione dei mercati di vendita di gas naturale ed energia elettrica;
    nella segnalazione del 4 luglio 2014, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha evidenziato la necessità di un intervento normativo per il completamento del processo di liberalizzazione del mercato della vendita di energia elettrica e gas ai clienti finali domestici e alle piccole imprese;
    all'articolo 1, commi 59 e 60, della legge 4 agosto 2017, n. 124 («Legge annuale per il mercato e la concorrenza») il Parlamento ha definito disposizioni volte a rimuovere ostacoli all'apertura del mercato dell'energia, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire le tutele ai consumatori finali, in particolare rimuovendo la disciplina transitoria delle tariffe del gas naturale e della energia elettrica;
    all'articolo 1, i commi 67-68, della «legge concorrenza» sono rimandate ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico la definizione delle misure necessarie a garantire l'ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali, secondo meccanismi che assicurino la concorrenza e la pluralità di fornitori e di offerte nel libero mercato;
    è evidente che gli investimenti per l'innovazione in un settore in continua evoluzione, come quello dell'energia, sono attuabili in presenza di regole stabili e di non equivoca interpretazione, a tal fine è essenziale individuare una data certa per la piena apertura del mercato al segmento residenziale, corredata da un percorso prestabilito di misure per il rafforzamento delle caratteristiche strutturali di mercato;
    una considerevole parte del lavoro implementativo della fase attuativa della «legge concorrenza» è sicuramente stato svolto, oltre ai provvedimenti già emanati dall'Autorità competente, si apprende che anche al Ministero dello sviluppo economico i decreti attuativi siano in stato avanzato di predisposizione, tra cui ad esempio il decreto sulla riforma del bonus sociale elettrico e gas, come riportato dalla sintesi delle attività pubblicata dal Ministero stesso il 24 maggio 2018,

impegna il Governo

a istituire, fermo restando il rispetto delle tempistiche previste per l'emanazione dei relativi provvedimenti, un tavolo di confronto cui parteciperanno i rappresentanti delle istituzioni coinvolte tra cui, in particolare, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente e l'Autorità Garante della Concorrenza e Mercato, e il Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti, al fine di valutare le migliori soluzioni per attuare la norma assicurando le tutele ai consumatori finali, la concorrenza e la pluralità di fornitori e offerte nel libero mercato, nel rispetto della diversità dei ruoli.
9/1117-A/3Ferrari.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca proroghe di termini previsti da disposizioni legislative;
    con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, l'Italia ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE, meglio nota come direttiva Bolkestein, volta alla creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    il decreto legislativo, tuttavia, ha esteso l'applicazione della direttiva anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, secondo un'interpretazione estensiva dell'articolo 12 della direttiva, ai sensi del quale, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i potenziali candidati;
    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la direttiva Bolkestein al commercio ambulante, oltre alla Spagna, che ha tuttavia istituito un regime transitorio a tutela delle imprese già presenti della durata di settantacinque anni;
    con la legge di bilancio per l'anno 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205, è stata disposta la proroga delle concessioni in essere per commercio su aree pubbliche sino al 31 dicembre 2020;
    tale lasso di tempo è troppo breve per ovviare alle criticità derivanti dall'applicazione delle norme del decreto legislativo 59/2010 al commercio ambulante, posto che vanno ad incidere su fattori economici, sociali e culturali, e riguardano la tutela dei mercati rionali – che rappresentano un elemento tipico e identitario del paese – dal rischio di concorrenza sleale,

impegna il Governo

ad individuare opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte ad escludere il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della direttiva Bolkestein o, quantomeno, a disporre un adeguato regime transitorio, garantendo le nostre specificità nazionali.
9/1117-A/4Rampelli, Lollobrigida, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame all'articolo 9 reca proroga di termini in materia di eventi sismici;
    con riferimento agli eventi sismici che hanno colpito le Regioni centrali dell'Italia nel 2016, i ritardi che si stanno determinando nelle operazioni di ricostruzione stanno determinando una dilazione dei tempi che rende assolutamente necessario concedere la possibilità di proroga delle assunzioni di personale tecnico amministrativo e contabile per esigenze connesse alla ricostruzione post-sisma, previste dall'articolo 50-bis del decreto-legge 189/2016;
    in particolare, occorre trattenere in servizio fino al termine del prossimo anno sia il personale assunto con contratti di lavoro a tempo determinato, sia i lavoratori autonomi con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
    l'assunzione di tale personale è stata prevista per garantire agli enti colpiti dal sisma di dotarsi di personale supplementare che non fosse possibile reclutare secondo le procedure ordinarie e la proroga della sua permanenza in servizio si rende necessaria in quanto spesso risulta difficile reperire personale con adeguate capacità professionali dalle graduatorie vigenti, mentre è di vitale importanza per gli enti mantenere in maniera prolungata tali professionalità all'interno dei propri uffici, anche tramite il ricorso a forme di lavoro flessibile,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a garantire che gli enti colpiti dagli eventi sismici possano continuare ad impiegare tutto il personale necessario a completare con rapidità il processo di ricostruzione.
9/1117-A/5Trancassini, Prisco, Acquaroli, Lollobrigida.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame al Senato dell'articolo 13 del disegno di legge in esame sono state inserite disposizioni in materia di finanziamento degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale del Paese;
    in particolare, il comma 02 del citato articolo 13 dispone che «l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge n. 232 del 2016, è differita all'anno 2020»;
    le citate convenzioni sono quelle adottate sulla base della prima ripartizione del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, che ha destinato ottocento milioni di euro ai progetti di riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie;
    privare i comuni dei finanziamenti previsti si rivelerà in un danno enorme per gli stessi, che si trovano peraltro costretti a rimodulare i propri impegni di spesa,

impegna il Governo

in sede di attuazione della citata normativa a prevedere norme di salvaguardia per le convenzioni stipulate dai comuni che presentino i relativi progetti entro la data del 31 dicembre 2018.
9/1117-A/6Fidanza, Prisco, Lollobrigida, Foti, Rotelli, Luca De Carlo, Acquaroli, Trancassini, Donzelli, Crosetto, Rampelli, Lucaselli, Delmastro Delle Vedove, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca proroghe di termini previsti da disposizioni legislative;
    nel 2010, con il decreto legislativo n. 59, l'Italia ha recepito la direttiva 2006/123/CE, nota come direttiva «Bolkestein» o «direttiva servizi»;
    secondo un'interpretazione estensiva dell'articolo 2 della suddetta direttiva, l'applicazione della stessa è prevista in Italia anche nei confronti delle circa trentamila imprese turistico balneari e delle relative concessioni demaniali;
    nel settore, il recepimento della direttiva Bolkestein ha portato all'abrogazione del rinnovo automatico delle concessioni agli imprenditori balneari, come invece previsto dall'articolo 10 della legge 88/2001;
    stanti le criticità prospettate dall'applicazione di tale norma, con la legge 30 dicembre 2009, n. 194, è stata disposta una proroga quinquennale delle concessioni attualmente in essere, che scadrà il 31 dicembre 2020;
    la proroga prevista non risolve affatto le criticità derivanti dall'applicazione delle norme del decreto legislativo 59/2010 alle concessioni demaniali marittime, che rischia di distruggere migliaia di imprese in un settore di spicco della nostra economia nazionale quale è quello turistico,

impegna il Governo

ad individuare opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte a disporre un adeguato regime transitorio per la vigenza delle concessioni demaniali marittime, salvaguardando le imprese del settore.
9/1117-A/7Zucconi, Fidanza, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge in esame reca proroghe di termini in materia di infrastrutture;
    in particolare, il comma 3 differisce al 1o gennaio 2019 l'applicazione dell'obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di unità aventi motore di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi;
    la previsione dell'obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di tali motori trova il suo fondamento nella recente riforma del Codice della nautica da diporto, effettuata con il decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229;
    la proroga alla data stabilita dal disegno di legge in esame dell'efficacia di tale obbligo non risolve le criticità che si stanno riscontrando nell'applicazione della stessa,

impegna il Governo

a effettuare una ricognizione volta ad appurare la congruità della proroga e, se del caso, a prevedere un'ulteriore posticipazione della applicazione della norma.
9/1117-A/8Deidda, Fidanza, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il provvedimento reca disposizioni che intervengono su numerosi ambiti materiali uniti tra loro dalla comune funzione di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti ovvero di operare comunque interventi regolatori di natura temporale;
    il testo posto in votazione dispone in merito alle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici, prorogando (dal 31 agosto 2018) al 31 dicembre 2018 il termine entro il quale deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone a rischio sismico classificate 1 e 2, con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati del decreto-legge 189/2016 (legge 229/2016), relativo alle regioni del centro Italia colpite dagli eventi sismici 2016 e 2017 (Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria);
    è necessario, anche ai fini dell'inizio dell'anno scolastico, tenere in considerazione sia i tempi tecnici necessari per le verifiche di vulnerabilità sismica, sia il fatto che, fino ad oggi, le risorse stanziate agli Enti locali per l'effettuazione delle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici nelle zone classificate a rischio sismico 1 e 2 non sono state assegnate; è stata solo pubblicata sul sito del MIUR, con il decreto direttoriale del 18 luglio 2018, la graduatoria degli interventi dei comuni beneficiari dei contributi;
    il tema della sicurezza dell'edilizia scolastica è un tema delicato e di importanza fondamentale, non solo in termini infrastrutturale, ma perché attiene alla sicurezza dei giovani;
    dai dati forniti dal Miur emerge che solo il 5 per cento delle scuole italiane sono state adeguate dal punto di vista sismico, e il 58 per cento degli istituti non è a norma neanche per quanto riguarda la normativa antincendio. Per le scuole situate in zona sismica (oltre la metà), la situazione non è incoraggiante: solo un quarto ha l'agibilità statica, poco meno della metà il collaudo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di dare ogni utile supporto agli enti locali affinché possano provvedere alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, riaggiornando la normativa sulla sicurezza nelle scuole, considerate le evidenti difficoltà per gli Enti locali di rispettare le scadenze previste anche a causa della mancata assegnazione delle risorse stanziate a tal scopo.
9/1117-A/9Bucalo, Mollicone, Lollobrigida, Frassinetti, Ciaburro, Caretta, Varchi, Rizzetto, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il provvedimento reca disposizioni che intervengono su numerosi ambiti materiali uniti tra loro dalla comune funzione di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti ovvero di operare comunque interventi regolatori di natura temporale;
    il testo posto in votazione dispone in merito alle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici, prorogando (dal 31 agosto 2018) al 31 dicembre 2018 il termine entro il quale deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone a rischio sismico classificate 1 e 2, con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati del decreto-legge 189/2016 (legge 229/2016), relativo alle regioni del centro Italia colpite dagli eventi sismici 2016 e 2017 (Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria);
    è necessario, anche ai fini dell'inizio dell'anno scolastico, tenere in considerazione sia i tempi tecnici necessari per le verifiche di vulnerabilità sismica, sia il fatto che, fino ad oggi, le risorse stanziate agli Enti locali per l'effettuazione delle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici nelle zone classificate a rischio sismico 1 e 2 non sono state assegnate; è stata solo pubblicata sul sito del MIUR, con il decreto direttoriale del 18 luglio 2018, la graduatoria degli interventi dei comuni beneficiari dei contributi;
    il tema della sicurezza dell'edilizia scolastica è un tema delicato e di importanza fondamentale, non solo in termini infrastrutturale, ma perché attiene alla sicurezza dei giovani;
    dai dati forniti dal Miur emerge che solo il 5 per cento delle scuole italiane sono state adeguate dal punto di vista sismico, e il 58 per cento degli istituti non è a norma neanche per quanto riguarda la normativa antincendio. Per le scuole situate in zona sismica (oltre la metà), la situazione non è incoraggiante: solo un quarto ha l'agibilità statica, poco meno della metà il collaudo,

impegna il Governo

compatibilmente con gli equilibri di bilancio, a valutare la possibilità di dare ogni utile supporto agli enti locali affinché possano provvedere alla messa in sicurezza degli edifici scolastici.
9/1117-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Bucalo, Mollicone, Lollobrigida, Frassinetti, Ciaburro, Caretta, Varchi, Rizzetto, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il provvedimento reca disposizioni che intervengono su numerosi ambiti materiali uniti tra loro dalla comune funzione di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti ovvero di operare comunque interventi regolatori di natura temporale;
    nel 2019 scadrà il periodo di applicazione dell'aliquota del 10 per cento della cedolare secca sugli affitti, applicabile ai contratti di locazione a canone agevolato;
    l'aliquota ridotta si applica ai contratti di locazione a canone concordato stipulati:
    nei comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 47/2014 (28 maggio 2014), lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi;
    nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del decreto-legge 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia;
    nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe);
    si tratta di una misura che ha una elevata importanza sociale: per questo motivo si rende necessario sin da subito procedere alla estensione temporale della sua applicazione. Per detta ragione è auspicabile che, fin dal 2019, la predetta agevolazione sia estesa a tutti i comuni del territorio nazionale e applicata anche agli immobili appartenenti alla categoria catastale C1 (negozi e botteghe);
    in ogni caso, la stabilizzazione del detto regime fiscale è indispensabile per mantenere un minimo di attrattività ad una modalità di locazione mortificata dall'aumento di tassazione patrimoniale avviato nel 2012;
    considerata la durata quinquennale dei contratti interessati, l'effetto incentivante dell'aliquota e il conseguente contenimento dei canoni possono aversi solo se la prospettiva dei proprietari-locatori è estesa nel tempo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prorogare per gli anni dal 2014 al 2021 la riduzione al 10 per cento dell'aliquota della cedolare secca per contratti a canone concordato, misura di rilevante importanza sociale, verificando anche la possibilità di estendere detta misura agli immobili ubicati su tutti i comuni del territorio nazionale, ivi compresi quelli appartenenti alla categoria catastale C1 (negozi e botteghe).
9/1117-A/10Foti, Butti, Osnato, Zucconi, Lollobrigida, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni recate dall'articolo 1 del disegno di legge in esame confermano ancora una volta l'urgenza di un intervento legislativo di profonda revisione della legge n. 56 del 2014 che superi la prospettiva di precarietà dell'assetto del governo provinciale per dare una prospettiva certa alle Province quali istituzioni costitutive della Repubblica, come previsto dall'articolo 114 della Costituzione;
    è necessario prendere atto dell'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ed essere consapevoli che le Province sono articolazioni della Repubblica al pari dei comuni e delle Regioni, sebbene con ruoli e funzioni diverse;
    la necessità del superamento della legge Delrio deriva dal fatto che essa non può essere attuata poiché le province sono ancora previste dalla Costituzione e mantengono le competenze sull'edilizia scolastica, la tutela e valorizzazione dell'ambiente, i trasporti, le strade provinciali;
    per esercitare tali funzioni le province necessitano urgentemente di risorse, posto che ad ora le strade e scuole provinciali sono lasciate senza manutenzione, non è garantita l'assistenza ai disabili, il personale trasferito e quello rimasto, a causa della permanente carenza di organico non sono in grado di svolgere i compiti loro assegnati, e i centri per l'impiego, che dovrebbero favorire il reinserimento dei disoccupati, rimangono in bilico tra la competenza «concorrente» tra Stato e Regioni;
    in sostanza la legge Delrio si è limitata ad abolire i compensi e l'elezione diretta degli organi provinciali e delle Città Metropolitane;
    questa brutta esperienza deve essere superata, e la parola deve tornare ai cittadini che dovranno essere di nuovo chiamati ad eleggere gli amministratori della propria provincia e della propria città metropolitana in osservanza dell'articolo 1 della Costituzione;
    le lacune, le contraddizioni e le criticità della «norma transitoria» rendono assai arduo il governo dei territori, come nel caso della diversa durata del mandato di Presidente e del Consiglio Provinciale, il primo in carica per 4 anni, il secondo solo per 2, che impedisce la programmazione triennale;
    il rilievo riconosciuto dalla Carta costituzionale alle province impone, inoltre, una chiara opposizione alle fusioni obbligatorie tra comuni, che si configurano come uno strumento anticostituzionale, che attenta alla democrazia impedendo ai cittadini di eleggere il proprio Sindaco;
    il lavoro dell'Intergruppo parlamentare denominato «Riordino territoriale e superamento della Delrio» da inizio legislatura, si è proposto l'obiettivo di rimuovere il carattere di incostituzionalità dei due commi della legge 56 che riguardano le città metropolitane e precisamente al comma 5 che recita: «in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della costituzione e delle relative norme di attuazione, le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono disciplinate dalla presente legge:...», e per le Provincie che il comma 51 che recita «in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della costituzione e delle relative norme di attuazione, le province sono disciplinate dalla presente legge:...»;
    appare del tutto evidente l'esigenza di definire le competenze costituzionali e le responsabilità legislative e finanziarie in grado di migliorare l'esercizio delle funzioni delle Province e delle Città Metropolitane,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche normative, volte a ripristinare l'elezione diretta dei Presidenti e dei Consiglieri Provinciali, a consentire l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano, e a rivedere la forma di governo di Provincie e Città Metropolitane.
9/1117-A/11Silvestroni, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni recate dall'articolo 1 del disegno di legge in esame confermano ancora una volta l'urgenza di un intervento legislativo di profonda revisione della legge n. 56 del 2014 che superi la prospettiva di precarietà dell'assetto del governo provinciale per dare una prospettiva certa alle Province quali istituzioni costitutive della Repubblica, come previsto dall'articolo 114 della Costituzione;
    è necessario prendere atto dell'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ed essere consapevoli che le Province sono articolazioni della Repubblica al pari dei comuni e delle Regioni, sebbene con ruoli e funzioni diverse;
    la necessità del superamento della legge Delrio deriva dal fatto che essa non può essere attuata poiché le province sono ancora previste dalla Costituzione e mantengono le competenze sull'edilizia scolastica, la tutela e valorizzazione dell'ambiente, i trasporti, le strade provinciali;
    per esercitare tali funzioni le province necessitano urgentemente di risorse, posto che ad ora le strade e scuole provinciali sono lasciate senza manutenzione, non è garantita l'assistenza ai disabili, il personale trasferito e quello rimasto, a causa della permanente carenza di organico non sono in grado di svolgere i compiti loro assegnati, e i centri per l'impiego, che dovrebbero favorire il reinserimento dei disoccupati, rimangono in bilico tra la competenza «concorrente» tra Stato e Regioni;
    in sostanza la legge Delrio si è limitata ad abolire i compensi e l'elezione diretta degli organi provinciali e delle Città Metropolitane;
    questa brutta esperienza deve essere superata, e la parola deve tornare ai cittadini che dovranno essere di nuovo chiamati ad eleggere gli amministratori della propria provincia e della propria città metropolitana in osservanza dell'articolo 1 della Costituzione;
    le lacune, le contraddizioni e le criticità della «norma transitoria» rendono assai arduo il governo dei territori, come nel caso della diversa durata del mandato di Presidente e del Consiglio Provinciale, il primo in carica per 4 anni, il secondo solo per 2, che impedisce la programmazione triennale;
    il rilievo riconosciuto dalla Carta costituzionale alle province impone, inoltre, una chiara opposizione alle fusioni obbligatorie tra comuni, che si configurano come uno strumento anticostituzionale, che attenta alla democrazia impedendo ai cittadini di eleggere il proprio Sindaco;
    il lavoro dell'Intergruppo parlamentare denominato «Riordino territoriale e superamento della Delrio» da inizio legislatura, si è proposto l'obiettivo di rimuovere il carattere di incostituzionalità dei due commi della legge 56 che riguardano le città metropolitane e precisamente al comma 5 che recita: «in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della costituzione e delle relative norme di attuazione, le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono disciplinate dalla presente legge:...», e per le Provincie che il comma 51 che recita «in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della costituzione e delle relative norme di attuazione, le province sono disciplinate dalla presente legge:...»;
    appare del tutto evidente l'esigenza di definire le competenze costituzionali e le responsabilità legislative e finanziarie in grado di migliorare l'esercizio delle funzioni delle Province e delle Città Metropolitane,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche normative, volte a ripristinare l'elezione diretta dei Presidenti e dei Consiglieri Provinciali, a consentire l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano, e a rivedere la forma di governo di Provincie e Città Metropolitane.
9/1117-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Silvestroni, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il provvedimento dispone in merito alla proroga termini in materia di finanziamento degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale del Paese, nello specifico interviene sulle modalità di utilizzo delle risorse del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese;
    è inoltre disposta la proroga di otto mesi, dal 1o marzo 2018 al 31 ottobre 2018, del termine per l'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto del Fondo, per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dalla legge di bilancio per il 2017;
    i decreti di utilizzo del Fondo, nella parte in cui individuano interventi rientranti nelle materie di competenza regionale o delle provincie autonome, e limitatamente agli stessi, sono adottati previa intesa con gli enti territoriali interessati, ovvero in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
    la modifica introdotta permette, per gli interventi rientranti nelle suddette materie individuati con i decreti adottati anteriormente alla data del 18 aprile 2018, il raggiungimento dell'intesa anche successivamente alla adozione degli stessi decreti,

impegna il Governo

ad assumere iniziative affinché sia anticipato il finanziamento all'annualità 2018 nei confronti degli enti che abbiamo presentato i progetti esecutivi entro la fine del 2018 o comunque entro il termine fissato dal Governo.
9/1117-A/12Prisco, Fidanza, Rotelli, Foti, Acquaroli, Luca De Carlo.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto «Realizzazione “Auditorium del Mare in Centr&chiocciola;le” presso la ex stazione ENEL» del comune di Roma;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Roma.
9/1117-A/13Giachetti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dei lavori del Senato è stato introdotto nel testo in esame l'articolo 11-ter recante «Proroga di termini in materia di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti esercitanti le attività di agente e rappresentante di commercio»;
    tale articolo prevede espressamente che «i termini per l'iscrizione e l'aggiornamento della propria posizione nel registro delle imprese e nel repertorio delle notizie economiche ed amministrative (REA), di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13 gennaio 2012, sono riaperti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente articolo e sino alla data del 31 dicembre 2018» facendo riferimento in generale al citato decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 ottobre 2011 e non al suo articolo 10 che nello specifico disciplina l'adempimento in oggetto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire, ai fini di una più certa interpretazione della disposizione contenuta all'articolo 11-ter del decreto-legge in esame, se la proroga dei termini in materia di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti esercitanti le attività di agente e rappresentante di commercio debba essere riferita alla riapertura dei soli termini previsti dall'articolo 10, commi 1 e 2, del citato decreto ministeriale 26 ottobre 2011.
9/1117-A/14Saltamartini, Andreuzza, Bazzaro, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del testo in esame reca la «Proroga Fondo di cui all'articolo 37, secondo comma, del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034» e, nello specifico, prevede il rifinanziamento fino al 2032 del Fondo istituito presso il Mediocredito centrale per la concessione dei contributi al pagamento degli interessi sui finanziamenti al fine di consentire il prosieguo per l'anno 2018 delle attività di sostegno alle esportazioni italiane;
    oggi più che mai appare necessario favorire ogni possibile iniziativa per incrementare e supportare l'export e il «Made in Italy» nel mondo attraverso risorse e incentivi che aiutino le aziende italiane a investire ed incrementare le esportazioni,

impegna il Governo

a valutare le promozioni di misure che incentivino sempre di più l'export italiano, valutando l'opportunità di investire maggiori risorse nelle attività di sostegno alle esportazioni, non solo in termini di contributi al pagamento di interessi sui finanziamenti, ma anche in un'ottica più generale di promozione e supporto del «Made in Italy» nel mondo.
9/1117-A/15Andreuzza, Saltamartini, Bazzaro, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il provvedimento reca disposizioni che intervengono su numerosi ambiti materiali con la finalità di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti ovvero di operare comunque interventi regolatori di natura temporale;
    dai dati forniti da Equitalia relativi a fine 2016, il 96 per cento circa dei contribuenti ha un debito inferiore a 100 mila euro, mentre il 54 per cento circa sotto i 1000 euro, cifre dalle quali si evince che circa un italiano su due è una sorta di micro-debitore;
    si tratta della maggioranza dei debitori, in attesa di pagare. Per quanto concerne le cartelle sotto i 100.000 euro ad essere interessato è in pratica circa il 94 per cento delle iscrizioni a ruolo inserite nelle cartelle esattoriali, vale a dire una percentuale considerevole dei crediti fiscali;
    inoltre, dalla relazione consegnata lo scorso anno in Parlamento da Equitalia e dalle informazioni diffuse all'inizio del 2018 dal Ministero dell'economia sullo stock del contenzioso fiscale rilevato alla fine del 2017, considerando le liti fiscali già avviate, invece, sotto la soglia dei 100 mila euro rientra l'86,4 per cento delle istanze presentate;
    il decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 convertito con modificazioni dalla Legge n. 172 del 2017 ha dato la possibilità di estinguere con modalità agevolate i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1o gennaio al 30 settembre 2017, riaprendo dunque i termini per accedere al beneficio (cd. definizione agevolata 2017), riammettendo alla definizione agevolata 2016 i carichi precedentemente esclusi – compresi in piani di dilazione – a causa del mancato pagamento delle rate scadute, per il pagamento delle quali, molti debitori che hanno iniziato a pagare, non sono ancora in regola,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, limitatamente alle cartelle esattoriali di importo inferiore a 100 mila euro, di agevolare il pagamento per quanti vogliono mettersi in regola, posticipando i pagamenti dovuti per la rottamazione.
9/1117-A/16Montaruli, Prisco, Donzelli, Lollobrigida.


   La Camera,
   premesso che:
    con riferimento alle società pubbliche, la categoria degli strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati diversi dalle azioni è categoria esistente sin dai decreti-legge n. 201 del 2011 (articolo 23-bis) e n. 69 del 2013 (articolo 84-ter). Numerose società pubbliche hanno colto tale possibilità di finanziamento a sostegno dei propri investimenti, alternativo ad un sistema strettamente bancario, assoggettandosi al rigido sistema di regole e trasparenza dei mercati. Tale rigido sistema di regole e trasparenza è posto a tutela degli investitori, garantendo piena e rigorosa trasparenza sulle informazioni relative alla situazione finanziaria, ai fatti rilevanti che le riguardano, alle caratteristiche relative agli strumenti finanziari e alla gestione societaria;
    la lettera p) del comma 1, dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 175 del 2016 (c.d. «Decreto Madia») concernente «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica», definisce le società quotate, come «le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati; le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati»;
    tuttavia, tutte le società che hanno emesso strumenti finanziari, essendo società di medio-piccole dimensioni, hanno optato per i mercati loro propri, a regolazione semplificata nell’iter di emissione dello strumento finanziario, ma con il medesimo regime sostanziale di pubblicità, trasparenza e vigilanza da parte di Consob o Borsa Italiana spa, ovvero di altri organismi di controllo europei, L'obiettivo del legislatore era di incentivare l'accesso a detti mercati dei capitali da parte delle società pubbliche, senza alcuna limitazione (che peraltro non troverebbe ragione) in riferimento a mercati con un tasso di regolazione di emissione più o meno elevato;
    di conseguenza non vi è mai stato un uso della locuzione in termini distintivi tra mercati «regolamentati» e «non regolamentati» ai sensi Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), in relazione al tasso di maggiore o minore rigidità della regolamentazione;
    l'articolo 68 dell'indirizzo (UE) 2015/510 della Banca Centrale Europea del 19 dicembre 2014 sull'attuazione del quadro di riferimento della politica monetaria dell'Eurosistema (BCE/2014/60) mira a limitare l'ambito degli strumenti finanziari ammessi a quelli valutati positivamente – in termini di sicurezza, trasparenza e accessibilità – dagli istituti bancari facenti parte dell'Eurosistema – costituito dalla BCE e dalle banche centrali degli Stati membri che hanno adottato l'euro – ed elencati annualmente sul sito della BCE;
    appare opportuno evitare che la definizione contenuta nella lettera p) del comma 1, dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 175 del 2013, possa essere interpretata in senso restrittivo e letterale, non coerente con la sua ratio, e riferita ai soli mercati regolamentati TUF. Diversamente, tutte le società pubbliche che hanno fatto affidamento sulla norma meno restrittivi, impegnandosi in costose attività di quotazione e trasparenza su mercati comunque regolati da Consob o da Borsa italiana o dagli altri organismi di controllo europei, risulterebbero lese nel relativo affidamento;
    l'articolo 26 del medesimo decreto legislativo n. 175 del 2016 prevede una disposizione transitoria per le società a partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati. Si tratta delle società che hanno dato avvio al procedimento di quotazione entro quella data e che, in caso di positiva conclusione dello stesso entro dodici mesi dall'entrata in vigore del Decreto Madia, sono sottratte, in forza della previsione del citato articolo 26, all'applicazione del decreto stesso al pari delle altre società quotate;
    la Commissione Ambiente, nel proprio parere, ha approvato una osservazione nella quale ha chiesto al Governo di valutare, in relazione alla necessità di sostenere gli investimenti nel settore idrico, l'opportunità di modificare la definizione di «società quotate» di cui all'articolo 2, lettera p) del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, al fine di ricomprendervi anche le società che hanno emesso strumenti finanziari cosiddetti hydrobond,

impegna il Governo:

   ad emanare norme interpretative della lettera p) del comma 1, dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 175 del 2016, in base alle quali si intendano come facenti parte dei «mercati regolamentati» anche i sistemi multilaterali di negoziazione ammessi e valutati positivamente dagli istituti bancari facenti parte dell'Eurosistema;
   a valutare la possibilità di spostare in avanti la data di accesso ai mercati regolamentati facendola coincidere con la data di pubblicazione del decreto legislativo n. 175 del 2016;
   a valutare la possibilità di introdurre una disposizione che dia corso alla osservazione contenuta nel parere della commissione Ambiente al provvedimento in esame, prevedendo di ricomprendere tra le società quotate anche quelle che abbiano emesso strumenti finanziari diversi dalle azioni per finanziare investimenti nel settore idrico in sistemi multilaterali di negoziazione riconosciuti dall'Eurosistema.
9/1117-A/17Cortelazzo, Bond, Baratto, Bendinelli, Milanato, Pettarin, Mazzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    la sentenza emessa in adunanza plenaria che dichiara il diploma magistrale titolo abilitante all'insegnamento, ma non all'inserimento nelle ex graduatorie permanenti, ora graduatorie ad esaurimento, a causa del ricorso tardivo
   ritenuto che:
    precedentemente alla plenaria circa 3000 docenti hanno ottenuto una sentenza di merito favorevole dallo stesso Consiglio di Stato e altre 2000 hanno ottenuto lo stesso parere favorevole dal giudice del lavoro senza che l'Avvocatura di Stato si appellasse, anche post plenaria, rendendo di fatto tali sentenze emesse passate in giudicato e quindi definitive:
    che tali situazioni hanno creato una palese diseguaglianza tra la categoria che con lo stesso titolo si trova spaccata da sentenze positive definitive e da sentenze che invece saranno negative a causa del parere della Plenaria e la situazione attuale, soprattutto per i 7000 docenti immessi in ruolo con clausola rescissoria, è destinata a trasformarsi in un licenziamento di massa;
   considerato che:
    l'articolo 6 del disegno di legge in esame reca proroghe di termini in materia di istruzione e università;
    nelle graduatorie ad esaurimento, strutturate su base provinciale, sono iscritti i docenti in possesso di abilitazione all'insegnamento, e le stesse sono aggiornate con cadenza triennale in relazione alla posizioni degli iscritti ma, per effetto di quanto disposto dalla legge n. 296 del 27 dicembre 2006, sono chiuse all'inserimento di nuovi aspiranti;
    il decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, ha disposto che il termine per aggiornare le graduatorie ad esaurimento sia prorogato all'anno scolastico 2018/2019 per il triennio successivo;
    le graduatorie ad esaurimento sono strutturate in tre fasce: nella prima fascia sono inseriti i docenti che all'atto della costituzione delle graduatorie risultavano iscritti nelle graduatorie per soli titoli; nella seconda fascia sono inseriti i docenti che all'atto della costituzione delle graduatorie, oltre al requisito dell'abilitazione, avevano maturato 360 giorni di insegnamento; nella terza fascia sono iscritti coloro che nel corso degli anni hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento;
    le graduatorie ad esaurimento sono utilizzate per l'assunzione in ruolo nel limite del 50 per cento dei posti conferibili annualmente autorizzati, nel rispetto della normativa vigente nonché per l'attribuzione dei contratti a tempo determinato,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte l'inserimento, a decorrere dall'aggiornamento previsto nell'anno scolastico 2017/2018, nelle ripristinate tre fasce delle graduatorie ad esaurimento secondo il seguente ordine:
    PRIMA FASCIA: DIPLOMATI MAGISTRALI vincitori e idonei del concorso del 99, abilitati DM85, laureati in SFP VO entro l'anno 2007;
    SECONDA FASCIA: DIPLOMATI MAGISTRALI in possesso dei tre anni di servizio e Laureati in SFP in possesso di tre anni di servizio;
    TERZA FASCIA: DIPLOMATI MAGISTRALI E SFP senza servizio che potranno passare in seconda fascia una volta maturati i 36 mesi.
9/1117-A/18Mollicone, Frassinetti, Bucalo, Rampelli, Ciaburro, Lollobrigida.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il testo posto in votazione, tra le altre misure, contiene norme in merito all'elezione dei presidenti di provincia e dei consiglieri provinciali e dispone in merito a proroghe di termini in materia di enti territoriali;
    il Segretario Comunale e il Segretario Provinciale nell'ordinamento italiano sono organi monocratici rispettivamente del comune e della provincia;
    l'articolo 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dispone che il comune e la provincia hanno un Segretario titolare che svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti;
    la mancanza di bandi di concorso per assumere i Segretari Comunali e Provinciali, ha causato la carenza di soggetti titolari all'interno degli enti locali;
    i comuni e le province hanno difficoltà a far svolgere le funzioni richieste dalla legge a Segretari Comunali «supplenti» e questo fenomeno ha generato delle carenze in ruolo soprattutto per i Segretari di classe «A», quelli più prossimi al pensionamento;
    far restare eccezionalmente in ruolo i Segretari Comunali e Provinciali di classe «A» oltre i limiti di età di pensionamento, fino alla scadenza naturale del mandato del comune in cui prestano servizio, risolverebbe i problemi degli enti locali nel prossimi anni, in attesa di nuovi concorsi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attuare ogni utile iniziativa atta a consentire ai Segretari Comunali e Provinciali che hanno raggiunto il pensionamento per limiti di età, qualora ne facciano richiesta, di prolungare il periodo lavorativo fino alla scadenza naturale del mandato del comune o provincia o Città Metropolitana in cui prestano servizio, comunque non superiore a quattro anni.
9/1117-A/19Frassinetti, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    la misura sperimentale cosiddetta «Opzione donna», prevista dalla legge n. 243 del 2004 e successive modifiche, riconosce alle lavoratrici di 57-58 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi, la facoltà di accedere al pensionamento con il calcolo dell'assegno con il sistema interamente contributivo, determinando nel tempo anche un risparmio di spesa pensionistica;
    si ritiene debba essere prorogato tale istituto di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro per le lavoratrici, posto che lo stesso viene applicato a fronte dei contributi effettivamente versati dall'interessata, in anni di lavoro;
    ciò anche in una visione più ampia, considerando gli effetti positivi che si otterrebbero sul welfare familiare e sul tasso di natalità, riconoscendo la possibilità di avvalersi di Opzione donna per svolgere il ruolo di nonne e/o di assistenza e supporto domestico, a fronte di specifiche esigenze familiari,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a prorogare, almeno fino all'anno 2019, il regime sperimentale Opzione donna.
9/1117-A/20Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3-quater dell'articolo 2 del provvedimento al nostro esame, proroga la disciplina transitoria per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. In particolare, modificando l'articolo 49, comma 1, della legge n. 247 del 2012, si prevede che per i primi sette anni dalla data di entrata in vigore della medesima legge, a fronte dei cinque previsti nel testo vigente, l'esame di abilitazione venga effettuato secondo le norme previgenti;
    pertanto le nuove modalità di svolgimento delle prove entreranno in vigore a partire dalla sessione d'esame 2020 anziché dalla sessione 2018;
    con la legge n. 247 del 2012 l'esame di Stato è stato ridisegnato con la finalità di renderlo più rigoroso e complesso, molte le novità introdotte inerenti la valutazione delle prove e le modalità esecutive dell'esame. Ad esempio si prevede che il voto numerico assegnato per ogni prova scritta al candidato debba essere accompagnato da una motivazione, che la commissione debba annotare le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, inoltre è stata vietata la consultazione dei codici commentati con la giurisprudenza;
    si tratta di interventi che creano non poche difficoltà ai tirocinanti e ai commissari d'esame;
    in data 17 luglio scorso con un'interrogazione a risposta immediata in Commissione Giustizia, la 5/00169, il Governo era stato sollecitato ad intervenire prorogando il termine previsto dall'articolo 49 della legge n. 247 del 2012. In quella sede il Governo aveva voluto «rassicurare l'Onorevole interrogante sottolineando in proposito che l'intenzione di questo dicastero è quella di mettere in discussione ed eventualmente rivedere nel suo complesso l'impianto normativo in esame nonché valutare favorevolmente una proroga della sua entrata in vigore che non sia limitata ad un mero spostamento temporale fine a se stesso ma che sia finalizzata ad una rivalutazione complessiva della normativa in oggetto»;
    si condivide totalmente quanto espresso dal Governo in quella sede e la proroga tempestivamente introdotta nel primo provvedimento utile, ma si ritiene necessario intervenire con urgenza per rivedere l'intero impianto normativo riguardante l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, come sostenuto nella citata risposta all'atto di sindacato ispettivo,

impegna il Governo

a procedere quanto prima ad una rivalutazione della normativa vigente inerente l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, al fine di presentare in Parlamento una modifica organica della normativa di settore.
9/1117-A/21Vitiello, Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3-quater dell'articolo 2 del provvedimento al nostro esame, proroga la disciplina transitoria per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. In particolare, modificando l'articolo 49, comma 1, della legge n. 247 del 2012, si prevede che per i primi sette anni dalla data di entrata in vigore della medesima legge, a fronte dei cinque previsti nel testo vigente, l'esame di abilitazione venga effettuato secondo le norme previgenti;
    pertanto le nuove modalità di svolgimento delle prove entreranno in vigore a partire dalla sessione d'esame 2020 anziché dalla sessione 2018;
    con la legge n. 247 del 2012 l'esame di Stato è stato ridisegnato con la finalità di renderlo più rigoroso e complesso, molte le novità introdotte inerenti la valutazione delle prove e le modalità esecutive dell'esame. Ad esempio si prevede che il voto numerico assegnato per ogni prova scritta al candidato debba essere accompagnato da una motivazione, che la commissione debba annotare le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, inoltre è stata vietata la consultazione dei codici commentati con la giurisprudenza;
    si tratta di interventi che creano non poche difficoltà ai tirocinanti e ai commissari d'esame;
    in data 17 luglio scorso con un'interrogazione a risposta immediata in Commissione Giustizia, la 5/00169, il Governo era stato sollecitato ad intervenire prorogando il termine previsto dall'articolo 49 della legge n. 247 del 2012. In quella sede il Governo aveva voluto «rassicurare l'Onorevole interrogante sottolineando in proposito che l'intenzione di questo dicastero è quella di mettere in discussione ed eventualmente rivedere nel suo complesso l'impianto normativo in esame nonché valutare favorevolmente una proroga della sua entrata in vigore che non sia limitata ad un mero spostamento temporale fine a se stesso ma che sia finalizzata ad una rivalutazione complessiva della normativa in oggetto»;
    si condivide totalmente quanto espresso dal Governo in quella sede e la proroga tempestivamente introdotta nel primo provvedimento utile, ma si ritiene necessario intervenire con urgenza per rivedere l'intero impianto normativo riguardante l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, come sostenuto nella citata risposta all'atto di sindacato ispettivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ipotesi di ulteriore riforma o modifica della disciplina vigente.
9/1117-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Vitiello, Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge al nostro esame, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, reca un complesso di disposizioni di proroga dei termini previsti da disposizioni di legge riguardanti svariate materie;
    l'articolo 2 del provvedimento introduce varie proroghe di termini in materia di giustizia;
    con alcune proposte emendative si è tentato di inserire anche una questione riguardante l'obbligo di presentare la documentazione e l'informazione antimafia per i titolari di terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25 mila euro. Obbligo che scatterà a partire dal 1o gennaio 2019;
    tale norma è stata introdotta dalla legge di Bilancio per il 2018, articolo 1, comma 1142, della legge n. 205 del 2017;
    la XIII Commissione nel parere favorevole espresso sul provvedimento in esame, ha rilevato la stessa preoccupazione che segnaliamo con il presente ordine del giorno. La disposizione potrebbe determinare un aggravio dal punto di vista procedimentale nella fruizione dei premi e dei contributi cui gli agricoltori hanno diritto e il conseguente rischio dell'interruzione delle erogazioni a causa delle difficoltà burocratiche che gli uffici delle Prefetture si troverebbero ad affrontare, non essendo ancora stata messa a punto un'adeguata piattaforma informatica comune;
    pertanto si ritiene necessario ed urgente intervenire sugli articoli 83, comma 3-bis, e 91, comma 1-bis, del codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011), come modificati dall'articolo 1, comma 1142, della legge n. 205 del 2017, che hanno stabilito tale obbligo, in maniera di garantire alle imprese agricole la corresponsione entro tempi certi dei premi e dei contributi ai quali hanno diritto,

impegna il Governo

in uno dei prossimi provvedimenti utili, a partire dalla legge di Bilancio di imminente presentazione, a intervenire nuovamente in materia di acquisizione dell'informazione e della documentazione antimafia per i terreni agricoli, modificando l'articolo 1, comma 1142, della legge n. 205 del 2017, al fine di evitare che gli agricoltori che usufruiscono di fondi europei di importo non superiore a 25.000 euro corrano rischi di interruzione delle erogazioni stesse.
9/1117-A/22Schullian, Gebhard, Plangger, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, dispone all'articolo 8 proroghe in materia di salute ed in particolare il comma 3 modifica la disciplina di una quota premiale nell'ambito del finanziamento del servizio sanitario nazionale;
    secondo quanto stabilito in sede di accordi raggiunti in seno alla Conferenza delle regioni e delle province autonome in merito al riparto delle risorse da destinare al servizio sanitario nazionale per l'anno 2018, cui concorre lo Stato, le risorse utilizzabili ammontano a poco meno di 113 miliardi;
    nonostante l'accordo risulti soddisfacente in termini di risorse programmate, i criteri e i parametri che determinano la ripartizione del fondo non appaiono ancora altrettanto apprezzabili né funzionali ad una corretta ed equilibrata suddivisione dei finanziamenti nelle singole regioni;
    l'attuale metodologia di ripartizione delle risorse da destinare al servizio sanitario nazionale prevede, infatti, indici di calcolo che contemplano prevalentemente l'anzianità dei singoli cittadini e, pertanto, una programmazione di spesa sanitaria così formulata rischia ancora una volta di determinare una forte sperequazione in ordine alle risorse distribuite ed utilizzabili dalle singole amministrazioni regionali;
    in particolare, così come si evince dai dati ufficiali di ripartizione del Fondo 2018, come da accordo raggiunto in sede di Conferenza Permanente Stato-regioni, sussistono, a parità di numero di cittadini residenti comparabile (ad esempio Puglia ed Emilia Romagna), evidenti sperequazioni che penalizzano le regioni meridionali ove si registra un indice di invecchiamento minore;
    l'adozione di criteri di perequazione, quali il coefficiente di deprivazione, consentirebbe di correggere la distribuzione delle risorse finanziarie che risulterebbe evidentemente più equilibrata e rispondente alla realtà e che consentirebbe una migliore programmazione della spesa sanitaria soprattutto alle regioni del Sud Italia che, come noto, evidenziano le maggiori criticità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un intervento normativo volto a ridefinire la metodologia di calcolo della ripartizione delle risorse da destinare al servizio sanitario nazionale e che, in particolare, preveda l'integrazione degli attuali criteri di riparto del Fondo con l'indice di deprivazione che risulterebbe più funzionale e certamente fondamentale per disegnare un prospetto della situazione di fabbisogno delle singole regioni quanto più prossimo alla realtà.
9/1117-A/23Gemmato, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede, tra l'altro, specifiche disposizioni, articolo 6, in materia di istruzione e università, il differimento di un anno, e cioè settembre 2019 dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 13, comma 2, lettere b) e c) del decreto legislativo n. 62 del 2017; norme in base alle quali sono previste come obbligatorie le prove INVALSI per l'ammissione dei candidati all'esame di Stato dell'a.s. 2018/19;
    si evince in maniera palese la mancanza di una linea programmatica che sia rivolta a valorizzare il merito dei nostri studenti in modo possibilmente oggettivo e univoco sul territorio nazionale;
    lo stesso Ministro Bussetti ha dichiarato che le prove servono ma vanno migliorate;
    il punteggio della maturità condiziona l'accesso all'università, la graduatoria nei concorsi, le chances di collocamento e la possibilità di accedere alle agevolazioni per il diritto allo studio. Pertanto, sembra ingiustificato rinviare ancora una volta queste importanti prove;
    occorre una necessaria ed obbiettiva valutazione generale del nostro patrimonio studentesco attraverso una prova comune a tutti, da Bolzano a Palermo che valga su tutto il territorio italiano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti, anche normativi, idonei affinché le prove Invalsi, come requisito per l'ammissione agli esami di Stato, restino obbligatorie e quindi non siano rinviate; valutando, nel contempo la possibilità di apportare alle stesse prove modalità di svolgimento, se necessario, le opportune migliorie.
9/1117-A/24Toccafondi.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole il senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Milano;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Milano.
9/1117-A/25Noja, Pollastrini.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Monza;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Monza.
9/1117-A/26Mauri, Pollastrini.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Bergamo;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Bergamo.
9/1117-A/27Mor, Martina.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Piacenza;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Piacenza.
9/1117-A/28De Micheli.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Sondrio;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Sondrio.
9/1117-A/29Del Barba.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Reggio Emilia;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Reggio Emilia.
9/1117-A/30Delrio, Rossi, Incerti.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Pisa;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Pisa.
9/1117-A/31Ceccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Firenze;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Firenze.
9/1117-A/32Cantini.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Foggia;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Foggia.
9/1117-A/33Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Parma;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Parma.
9/1117-A/34Annibali.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Massa;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Massa.
9/1117-A/35Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 73 del 2017 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2017 ha aggiornato il piano vaccinale nazionale introducendo 10 vaccinazioni obbligatorie e gratuite per i minori di 16 anni di età ai fini della frequenza scolastica;
    la circolare n. 0020546 del 6 luglio 2018 del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ha disposto che per il solo anno scolastico 2018/2019, in ipotesi di prima iscrizione alle istituzioni scolastiche, formative ed educative, nel caso in cui non fosse stata presentata la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni entro il 10 luglio 2018, i minori potevano comunque essere ammessi alla frequenza sulla base delle dichiarazioni sostitutive rese ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
    al Senato è stato presentato ed approvato dalla maggioranza un emendamento che prevede «la proroga dell'applicazione delle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito dall'articolo 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119, a decorrere dall'anno scolastico e dal calendario annuale 2019/2020» posticipando di fatto l'obbligatorietà delle vaccinazioni come requisito d'accesso per gli asili nido e le scuole dell'infanzia;
    dalle istituzioni scolastiche, oltre che dal settore sanità, è emersa la richiesta di reintrodurre l'obbligatorietà delle vaccinazioni così come previsto dal decreto Lorenzin a salvaguardia della salute pubblica;
    l'articolo 6, comma 3-quater, proroga per l'anno scolastico 2018/2019 la possibilità di presentare la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie entro il 10 marzo 2019 qualora si fosse nel frattempo presentata l'autocertificazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ponendo di fatto fine all'obbligatorietà vaccinale ancora per un anno creando preoccupazione tra i dirigenti,

impegna il Governo

a tutelare il ruolo del dirigente scolastico nell'applicazione del nuovo quadro normativo relativo al piano vaccinale.
9/1117-A/36Sensi, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso 8 marzo è stato adottato il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri in merito al progetto «Bellezz&chiocciola;-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», con il quale è stata disposta la documentazione che gli enti attuatori dei primi 271 interventi relativi al progetto, avrebbero dovuto presentare per poter accedere alla successiva fase di stipula della convenzione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, concernente le modalità di erogazione del finanziamento e di verifica sull'esecuzione delle opere;
    non risulta ancora data la comunicazione dei termini per l'invio della documentazione,

impegna il Governo

a prorogare al 31 ottobre 2018 il termine per l'invio della documentazione necessaria ad accedere alla successiva fase di stipula della convenzione con il Ministero dei beni e delle attività culturali per il progetto «Bellezz&chiocciola;-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati».
9/1117-A/37Berlinghieri, Ascani, Fragomeli, Piccoli Nardelli, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3-septies dell'articolo 6 – introdotti alla Camera nel corso dell'esame in sede referente con un emendamento del Relatore – differisce (dal 1o settembre 2018) al 1o settembre 2019 il termine (previsto dall'articolo 26, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2017) di entrata in vigore delle disposizioni del medesimo decreto legislativo (articolo 13, comma 2, lettere b) e c), e articolo 14, comma 3, sesto periodo) in base alle quali, per l'ammissione all'esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, a partire dall'a.s. 2018/2019, sarebbe stata necessaria la partecipazione, durante l'ultimo anno di corso, alle prove a carattere nazionale predisposte dall'INVALSI, volte a verificare i livelli di apprendimento in italiano, matematica e inglese;
    la finalità di effettuare verifiche sulle conoscenze e l'abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa rappresenta un importante strumento per migliorare il sistema scolastico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare il differimento dal 1o settembre 2018 al 1o settembre 2019 del termine di entrata in vigore delle disposizioni dell'articolo 13, comma 2, lettere b) e c), e articolo 14, comma 3, sesto periodo, in base alle quali, per l'ammissione all'esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, a partire dall'a.s. 2018/2019, sarebbe stata necessaria la partecipazione, durante l'ultimo anno di corso, alle prove a carattere nazionale predisposte dall'INVALSI, volte a verificare i livelli di apprendimento in italiano, matematica e inglese.
9/1117-A/38Piccoli Nardelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 27 dicembre 2017, n. 205, all'articolo 1, comma 23, ha previsto che la detrazione degli affitti per gli studenti universitari fuori sede spetti, in via strutturale, agli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un comune distante da quello di residenza almeno 100 chilometri e, comunque, in una provincia diversa, per case situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi, per un importo non superiore a 2.633 euro;
    la lettera b), del suddetto articolo ha previsto, solo per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2017 e al 31 dicembre 2018, che il requisito della distanza necessario per fruire della predetta agevolazione si intende rispettato anche all'interno della stessa provincia ed è ridotto a 50 km per gli studenti residenti in zone montane o disagiate,

impegna il Governo

a prorogare le disposizioni di cui alla legge 27 dicembre 2017, n. 205, relative alla detrazione degli affitti per gli studenti universitari fuori sede.
9/1117-A/39Scalfarotto, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Alternanza scuola-lavoro è una modalità didattica innovativa, che attraverso l'esperienza pratica aiuta a consolidare le conoscenze acquisite a scuola e testare sul campo le attitudini di studentesse e studenti, ad arricchirne la formazione e a orientarne il percorso di studio e, in futuro di lavoro, grazie a progetti in linea con il loro piano di studi;
    l'Alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per tutte le studentesse e gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, licei compresi, è una delle innovazioni più significative della legge n. 107 del 2015 (La Buona Scuola) in linea con il principio della scuola aperta;
    il comma 3-octies, dell'articolo 6, interviene, nelle more della revisione della disciplina dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, a differire (dal 1o settembre 2018) al 1o settembre 2019 il termine (previsto dall'articolo 26, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2017) di entrata in vigore delle disposizioni del medesimo decreto legislativo (articolo 13, comma 2, lettere b) e c), e articolo 14, comma 3, sesto periodo) in base alle quali, per l'ammissione all'esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, a partire dall'a.s. 2018/2019, sarebbero stati necessari la partecipazione alle INVALSI e lo svolgimento di attività di alternanza scuola-lavoro nel secondo biennio e nell'ultimo anno di corso per 400 ore negli istituti tecnici e professionali e per 200 ore nei licei,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare il differimento dal 1o settembre 2018 al 1o settembre 2019 del termine di entrata in vigore delle disposizioni dell'articolo 13, comma 2, lettere b) e c), e articolo 14, comma 3, sesto periodo, in base alle quali, per l'ammissione all'esame di Stato sarebbero necessari lo svolgimento di attività di alternanza scuola-lavoro nel secondo biennio e nell'ultimo anno di corso per 400 ore negli istituti tecnici e professionali e per 200 ore nei licei.
9/1117-A/40Rossi.


   La Camera,
   premesso che,
    il 22 dicembre 2014 la Commissione europea, nell'ambito della procedura EU Pilot 2079/11/EMPL, ha chiesto chiarimenti all'Italia circa la compatibilità dell'articolo 26, comma 3, della legge n. 240 del 30 dicembre 2010, che stabilisce l'automatica estinzione dei giudizi pendenti relativi al trattamento economico degli ex lettori, con l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che tutela il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale;
    l'articolo 11 della legge 20 novembre 2017, n. 167 Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017 ha stanziato risorse per consentire il superamento del contenzioso relativo alla ricostruzione di carriera degli ex lettori di lingua straniera assunti nelle università statali prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 120 del 1995 (legge n. 236 del 1995), con il quale è stata introdotta nell'ordinamento nazionale la nuova figura del «collaboratore esperto linguistico»;
    il comma 2, del medesimo articolo 11, stabilisce altresì i criteri di ripartizione dell'importo a copertura dei relativi oneri, esclusivamente tra le università che entro il 31 dicembre 2018 perfezionano i relativi contratti integrativi,

impegna il Governo

a prorogare 31 dicembre 2018 il termine previsto per il perfezionamento, da parte delle università statali, dei contratti integrativi di sede volti a superare il contenzioso in atto, nonché a prevenire l'instaurazione di nuovo contenzioso nei confronti delle medesime università da parte degli ex lettori di lingua straniera.
9/1117-A/41Quartapelle Procopio.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    in ambito di proroghe di efficacia di interventi legislativi appare necessario inserire quanto prima possibile le disposizioni riguardanti il differimento della data di entrata in vigore delle norme in materia di modifiche della disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato;
    la eccessiva prossimità tra l'entrata in vigore del provvedimento di riforma della nuova disciplina e dell'efficacia delle relative norme attuative ha infatti generato estrema confusione tra i datori di lavoro e i lavoratori,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di posporre al 1o gennaio 2019, la data di entrata in vigore dell'efficacia delle disposizioni riguardanti l'applicazione della nuova disciplina in materia di contratti di lavoro a tempo determinato.
9/1117-A/42Orfini.


   La Camera,
   premesso che,
    il comma 1 dell'articolo 7 estende anche ai soggetti che compiono diciotto anni nel 2018 l'assegnazione della Carta elettronica per i giovani – la c.d. Card cultura – introdotta dalla legge di stabilità 2016. A tal fine, interviene sul primo periodo del comma 626 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017;
    il provvedimento in esame esclude, invece, dalla proroga il secondo periodo del medesimo comma 626 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, che concede agli studenti iscritti ai licei musicali e agli studenti iscritti ai corsi preaccademici, ai corsi del precedente ordinamento e ai corsi di diploma di I e di II livello dei conservatori di musica, degli istituti superiori di studi musicali e delle istituzioni di formazione musicale e coreutica autorizzate a rilasciare titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica, un contributo una tantum pari al 65 per cento del prezzo finale, per un massimo di euro 2.500, per l'acquisto di uno strumento musicale nuovo,

impegna il Governo

a prorogare, almeno fino all'anno 2019, le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 626 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, che introducono un credito d'imposta del 65 per cento, per un massimo di 2.500 euro, per l'acquisto di uno strumento musicale nuovo, concesso agli studenti iscritti ai licei musicali e agli studenti iscritti ai corsi preaccademici, ai corsi del precedente ordinamento e ai corsi di diploma di I e di II livello dei conservatori di musica, degli istituti superiori di studi musicali e delle istituzioni di formazione musicale e coreutica autorizzate a rilasciare titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica.
9/1117-A/43Librandi.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame dispone la proroga dell'applicazione della disposizione di cui all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, all'anno scolastico 2018/2019 e al calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2018/2019; in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2019;
    viene così di fatto tolto l'obbligo vaccinale quando non solo ancora non si è raggiunta e consolidata la percentuale del 95 per cento quale percentuale che l'Organizzazione Mondiale della Sanità reputa percentuale minima per ottenere l'immunità di gregge e quindi la tutela anche delle persone più fragili ma quando ancora manca un'anagrafe nazionale vaccinale così come prevista dall'articolo 4-bis del decreto-legge 7 giugno 2017 n. 73 così come convertito dalla legge n. 119 del 31 luglio 2017;
    l'anagrafe vaccinale consente di acquisire dati precisi sulle coperture vaccinali per il monitoraggio dei programmi sul territorio e la gestione a livello centrale della comunicazione tra le regioni sulle vaccinazioni e, in caso di mobilità interregionale, ai fini dell'aggiornamento della scheda vaccinale individuale,

impegna il Governo

al fine di tutelare la salute pubblica, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a subordinare l'eventuale attenuazione dell'obbligo vaccinale alla istituzione dell'anagrafe nazionale vaccini così come prevista dal decreto n. 73 del 2017 (Decreto Lorenzin) nel caso in cui i dati raccolti evidenzino una copertura vaccinale pari o superiore al 95 per cento.
9/1117-A/44Carnevali, De Filippo, Siani, Rizzo Nervo, Ubaldo Pagano, Schirò, De Menech, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la proroga dell'applicazione della disposizione di cui all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, all'anno scolastico 2018/2019 e al calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2018/2019; in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2019;
    eliminare adesso l'obbligo, con un dietro front così improvviso andrebbe a scapito della credibilità del sistema e le scelte fatte non sono dettate dalla scienza ma da una posizione politica;
    per contrastare questo fenomeno occorre dialogare con i genitori, ascoltandoli con attenzione, manifestando comprensione per i loro dubbi e per le loro paure, e illustrando con chiarezza i danni causati dalle malattie e i rischi derivanti dai vaccini, che molti pensano che siano tenuti nascosti. Il processo deve iniziare durante il percorso-nascita, utilizzando i corsi preparto e i Servizi che accompagnano la donna durante la gravidanza (consultori familiari; ambulatori specialistici), e proseguire con le visite del pediatra e con gli incontri dei genitori con gli operatori dei centri vaccinali;
    è importante che non sia questo il momento di mettere in discussione l'obbligo vaccinale quanto piuttosto far sì che l'anagrafe vaccinale sia presente e attiva in tutte le regioni, che si garantiscano operatori numericamente sufficienti e formati, che si continui a monitorare gli eventuali eventi avversi, per arrivare nel tempo alla «spinta gentile» che potrà così superare definitivamente l'obbligo,

impegna il Governo

ai fini di tutelare la salute pubblica, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a mantenere l'obbligo vaccinale così come previsto dal decreto-legge n. 73 del 2017 (decreto Lorenzin) fino a che su tutto il territorio nazionale non si sia raggiunta e consolidata la soglia vaccinale del 95 per cento e a non prorogare la disciplina dell'autocertificazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 introdotta invia transitoria solo ed esclusivamente per l'anno scolastico 2017/2018.
9/1117-A/45Siani, De Filippo, Carnevali, Rizzo Nervo, Ubaldo Pagano, Schirò, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame proroga al 1ºaprile 2019 l'efficacia della riforma della disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017;
    la nuova disciplina delle intercettazioni avrebbe, quindi, acquistato efficacia il 26 luglio 2018;
    la disciplina della quale il Governo chiede, inspiegabilmente, la sospensione, non incide affatto sui presupposti per disporre le intercettazioni, anzi, potenziato questo efficace strumento investigativo per il contrasto ai più gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, che il decreto legislativo ha individuato in tutti quei delitti per i quali già oggi è consentita l'intercettazione, assimilando, in piena attuazione della legge delega, i delitti contro la pubblica amministrazione a quelli di criminalità organizzata, quanto all'uso dello strumento intercettativo, realizzando con dati concreti quella politica di contrasto alla corruzione a cui il Governo in carica dichiara di volersi ispirare;
    si è anche potenziato il ricorso alle intercettazioni ambientali con trojan horse, dispositivi estremamente moderni e sofisticati che consentono un'intercettazione ambientale a larghissimo spettro e che possono, di fatto, simulare la nostra stessa presenza su un dispositivo elettronico, rispetto a quanto avevano affermato le Sezioni unite in assenza di una disciplina legislativa della materia, anzitutto per i delitti di mafia e di terrorismo e, ancora una volta, per i delitti contro la pubblica amministrazione, estendendone l'uso alle indagini per tutti i delitti per i quali è possibile disporre le intercettazioni, facilitandone l'operatività concreta per il contrasto dei delitti di mafia e terrorismo;
    si rinvia, proditoriamente e sottraendosi del tutto al confronto sul merito, una disciplina che invece è necessaria in quanto fa ordine, scandisce tempi e modi di utilizzazione del materiale intercettato, si preoccupa dei diritti delle persone, anche di quelle che non hanno voce, senza intaccare l'efficacia dello strumento, che, anzi, rafforza e potenzia in alcuni settori di contrasto criminale, depotenziando una riforma ben fatta, che è stata ampiamente e lungamente discussa in parlamento e con gli attori principali coinvolti,

impegna il Governo

a predisporre tutte le misure necessarie, finanziarie e tecniche, affinché il ripristino dell'efficacia delle norme sospese relative alla disciplina delle intercettazioni venga garantito nel più breve tempo possibile e, comunque non oltre il termine stabilito dal decreto in esame al 1o aprile 2019.
9/1117-A/46Orlando, Verini, Morani, Bazoli, Ferri, Vazio, Annibali, Miceli.


   La Camera,
   premesso che,
    l'articolo 8 del provvedimento in esame pone una serie di proroghe in materia sanitaria tra cui quella relativa alla disciplina di una quota premiale alle regioni che abbiano istituito una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un determinato importo e per quelle che introducano misure idonee a garantire la piena applicazione delle norme in materia di equilibrio di bilancio delle strutture ospedaliere pubbliche, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione;
    attualmente la norma transitoria, oggetto della proroga in esame, prevede che, in attesa del decreto ministeriale contemplato dalla disciplina a regime, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, stabilisca il riparto della quota premiale, tenendo anche conto di criteri di riequilibrio, indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;
    la misura percentuale della quota premiale è pari allo 0,25 per cento delle risorse ordinarie per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale e per l'anno 2018, tale aliquota, come indicato nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto, corrisponde ad un importo di 283.510.328 euro;
    l'esigenza di operare una profonda revisione del sistema di riparto del Fondo Sanitario Nazionale, modificando i criteri per l'attribuzione delle quote tra le diverse regioni e province autonome e introducendone di ulteriori, resta una delle questioni più salienti nell'ambito della gestione del Servizio Sanitario Nazionale e molteplici, nell'ultimo decennio, sono state le iniziative intraprese in tal senso dai Presidenti delle regioni e province autonome;
    tra le varie proposte di modifica vi è quella di inserire, tra i criteri di riparto, un indicatore inerente le condizioni di deprivazione materiale della popolazione, in quanto ritenuta meritevole di attenzione da parte del decisore pubblico e, di conseguenza, degno di giustificare una ripartizione più agevole nei confronti delle regioni più interessate dal fenomeno,

impegna il Governo

a considerare l'indice di deprivazione tra i criteri del riparto del Fondo Sanitario Nazionale, in modo tale da permettere alle regioni beneficiarie di far fronte a situazioni di evidente necessità nei limiti sanciti dai criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
9/1117-A/47Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la proroga dell'applicazione della disposizione di cui all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, all'anno scolastico 2018/2019 e al calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2018/2019; in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2019;
    di fatto tale proroga rinvia l'obbligatorietà delle vaccinazioni per poter frequentare gli asili nido e le scuole materne nonostante durante il ciclo delle audizioni presso le Commissioni I e V della Camera è emerso in modo preponderante sia da parte del mondo delle istituzioni scolastiche che da quello della Sanità, la richiesta di reintrodurre l'obbligatorietà delle vaccinazioni così come previsto dal Decreto Lorenzin a salvaguardia della salute pubblica non essendo ancora stata raggiunta la percentuale che consente l'immunità di gregge;
    alcuni giorni fa è stata presentata una petizione al Ministro della salute e a tutti i parlamentari che ha raccolto oltre 250 mila firme per chiedere di evitare il rinvio di un anno dell'obbligo vaccinale in quanto ciò potrebbe avere conseguenze anche fatali sui bambini immunodepressi. L'autocertificazione, è riportato nella petizione, non è di per sé una garanzia di controllo e le conseguenze di un abuso ricadrebbero immediatamente sui bambini più fragili;
    sempre nel documento si legge «Ci battiamo per i nostri bambini e per tutti quelli che hanno diritto di vivere in un ambiente protetto – affermano i genitori firmatari – diritto che lo Stato ha il dovere di garantire. Crediamo fermamente che i nostri bambini abbiano il diritto di sentirsi sicuri e che questo diritto debba essere anche un impegno dello Stato e delle istituzioni: siamo la voce dei nostri bambini, siamo la loro forza»,

impegna il Governo

al fine di tutelare la salute pubblica e di rispettare le raccomandazioni poste dall'Organizzazione Mondiale della Sanità che indica in una copertura vaccinale non inferiore al 95 per cento della popolazione di riferimento come percentuale necessaria a che si verifichi l'immunità di gregge e quindi la tutela anche delle persone ed in particolare dei bambini immunodepressi a predisporre tutte le misure normative ed amministrative necessarie affinché sia raggiunta e stabilizzata tale percentuale anche valutando gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere il termine del 10 marzo quale data entro cui depositare la documentazione comprovante le vaccinazioni effettuate.
9/1117-A/48Fragomeli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede la proroga e la modifica di norme transitorie in materia di salute umana e di sanità veterinaria;
    in particolare viene prorogato al 1o gennaio 2019 la decorrenza dell'obbligo di redigere secondo il modello di ricetta elettronica le prescrizioni, ove necessarie, dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati (i quali sono prodotti a partire da premiscele medicate autorizzate)
    l'obbligo in esame e la contestuale cessazione della possibilità di ricetta cartacea sono stati previsti dalle novelle di cui all'articolo 3 della legge 20 novembre 2017, n. 167 («legge europea 2017») dove la relazione illustrativa governativa dell'originario disegno di legge europea 201721 osservava che «il sistema informatizzato di registrazione dei dati relativi alla produzione, alla commercializzazione e alla distribuzione dei medicinali veterinari» agevola il conseguimento degli obiettivi di tutela della salute pubblica, posti dalla direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, «recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari», e, in particolare, attua in maniera efficace l'obbligo di registrazione, previsto dalla medesima direttiva;
    la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che la proroga in esame è dovuta alla circostanza che è ancora in corso di emanazione il decreto del Ministro della salute relativo al modello di ricetta elettronica, in quanto è stato necessario, in via preliminare rispetto all'emanazione di tale decreto, lo svolgimento di un'istruttoria complessa e di un'attività di informazione e formazione degli operatori degli enti territoriali e delle categorie coinvolti;
    l'obbligatorietà della ricetta elettronica consente la massima tracciabilità e trasparenza dell'utilizzo corretto dei medicinali veterinari nonché il loro consumo reale, aumentando, di conseguenza la tutela della salute pubblica;
    al tempo stesso il documento digitale rende più efficiente l'attività di farmacosorveglianza e di analisi del rischio sanitario,

impegna il Governo

al fine di tutelare la salute pubblica a non posticipare ulteriormente la data prevista per l'introduzione nel nostro ordinamento dell'obbligo di redigere secondo il modello di ricetta elettronica le prescrizioni, ove necessarie, dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati.
9/1117-A/49Rizzo Nervo, De Filippo, Carnevali, Schirò, Siani, Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che,
    la legge n. 219 del 22 dicembre 2017 «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento» prevede all'articolo 4, in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte, la possibilità per ogni persona, maggiorenne e capace d'intendere e volere, di esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto su:
     accertamenti diagnostici;
     scelte terapeutiche;
     singoli trattamenti sanitari;
     nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare;
    con le medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Nei casi in cui «ragioni di emergenza e urgenza impedissero di procedere alla revoca delle DAT con le forme previste dai periodi precedenti, queste possono essere revocate con dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico, con l'assistenza di due testimoni»;
    la legge prevede all'articolo 4 comma 6 che «... Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all'annotazione in apposito registro, ove istituito»;
    nel contempo la legge n. 205 del 2017 «legge di bilancio 2018» ai commi 418-419 ha stanziato 2 milioni di euro per la realizzazione, entro i primi di luglio 2018 di una Banca dati nazionale delle DAT;
    ad oggi nonostante l’iter sia stato avviato la Banca dati Nazionale non è stata ancora istituita;
    la legge sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento è una conquista civile fondamentale che va accompagnata da una continua opera di promozione e informazione,

impegna il Governo:

   ad attivarsi per provvedere, nel più breve tempo possibile alla realizzazione della Banca dati Nazionale così come previsto dai commi 418-419 della legge n. 205 del 2017;
   a promuovere campagne di informazione e di sensibilizzazione a carattere nazionale e regionale dirette a diffondere una maggiore conoscenza dei contenuti previsti dalla normativa in vigore ed in particolare dalla possibilità di redigere le Dat.
9/1117-A/50Anzaldi, Schirò, De Filippo, Carnevali, Siani, Rizzo Nervo, Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle, quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tale norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Venezia-Porto Marghera,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Venezia-Porto Marghera.
9/1117-A/51Pellicani, Moretto, De Menech, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto Lorenzin decreto-legge n. 73 del 2017 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2017 ha aggiornato il piano vaccinale nazionale introducendo 10 vaccinazioni obbligatorie e gratuite per i minori di 16 anni di età ai fini della frequenza scolastica in quanto per alcune malattie era venuta meno quella percentuale di vaccinati pari al 95 per cento che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) reputa minima per il raggiungimento dell'immunità di gregge ovvero per poter tutelare anche quelle persone che per problemi di salute non si possono vaccinare;
    dall'entrata in vigore del decreto si sono raggiunti risultati positivi ma ancora insufficienti per recuperare i vecchi tassi di copertura;
    in particolare il decreto Lorenzin prevedeva in via transitoria per l'anno scolastico 2017/18 la possibilità di sostituire la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie con una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445 all'articolo 3, e di presentare poi la documentazione completa entro il 10 marzo 2018 mentre per gli anni scolastici successivi la documentazione comprovante l'avvenuta vaccinazione doveva essere presentata entro il 10 luglio di ogni anno;
    successivamente la circolare n. 0020546 del 6 luglio 2018 del Ministero della salute e del Ministro dell'istruzione ha disposto che per il solo anno scolastico 2018/2019, in ipotesi di prima iscrizione alle istituzioni scolastiche, formative ed educative, nel caso in cui non fosse stata presentata la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni entro il 10 luglio 2018, i minori potevano comunque essere ammessi alla frequenza sulla base delle dichiarazioni sostitutive rese ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445;
    tale circolare non solo consentiva di entrare in classe presentato una mera autocertificazione, con tutte le eventuali controindicazioni e conseguenze quali il rischio di autocertificazioni false (anche involontarie), controlli a campione in capo alle scuole, responsabilità penali (eventuali) sulle spalle dei genitori e dei presidi, oltre ovviamente ad un pericolo maggiore di infezioni ma si derogava ad un termine posto con legge primaria con una norma secondaria;
    per sanare tale situazione al Senato è stato presentato ed approvato dalla maggioranza un emendamento che prevede «la proroga dell'applicazione delle disposizioni dell'articolo 3, comma 3 del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito dall'articolo 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119, a decorrere dall'anno scolastico e dal calendario annuale 2019/2020» posticipando di fatto l'obbligatorietà delle vaccinazioni come requisito d'accesso per gli asili nido e le scuole dell'infanzia;
    durante il ciclo delle audizioni presso le Commissioni I e V della Camera è emerso in modo preponderante sia da parte del mondo delle istituzioni scolastiche che da quello della Sanità, la richiesta di reintrodurre l'obbligatorietà delle vaccinazioni così come previsto dal Decreto Lorenzin a salvaguardia della salute pubblica non essendo ancora stata raggiunta la percentuale che consente l'immunità di gregge;
    sull'onda di tali audizioni veniva presentato dai relatori l'emendamento 6.61 identico agli emendamenti 6.17., 6.18., 6.19., 6.20., 6.21., volto a sopprimere la modifica introdotta al Senato ovvero sia la proroga all'anno scolastico 2019/2020 dell'obbligatorietà vaccinale per poter accedere agli asili nido e alle scuole dell'infanzia;
    successivamente durante la discussione in Commissione in sede referente la maggioranza, ancora una volta, faceva dietrofront presentando ed approvando un nuovo emendamento con il quale prorogava per l'anno scolastico 2018/2019 la possibilità di presentare la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie entro il 10 marzo 2019 qualora si fosse nel frattempo presentata l'autocertificazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445; tale nuovo passo non solo ha aggravato la confusione già in corso ma di fatto pone fine all'obbligatorietà vaccinale ancora per un anno;
    si tratta di una scelta immotivata, irragionevole e pericolosa che lede la sicurezza sanitaria pubblica e non tutela i bambini immunodepressi e il loro diritto a frequentare come tutti i loro coetanei la scuola,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare l'obbligo della presentazione della documentazione attestante l'avvenuta vaccinazione entro i termini già previsti dal decreto-legge n. 73 del 2017;
   a predisporre tutte le misure necessarie, affinché si raggiunga nel più breve tempo possibile la percentuale di vaccinati che l'Organizzazione mondiale della Sanità definisce di gregge al fine di tutela la popolazione e di evitare il propagarsi di eventuali epidemie;
   ad attivarsi per il conseguimento degli impegni presi a livello internazionale dando priorità a recuperare la flessione delle vaccinazioni contro la polio nella prima infanzia, delle vaccinazioni contro morbillo è rosolia nell'infanzia, ma anche promuovendo campagne di recupero dei non vaccinati tra gli adolescenti ed i giovani adulti per interrompere la trasmissione di queste infezioni nel nostro Paese;
   a migliorare le modalità di informazione e comunicazione alla popolazione in modo particolare rafforzando la presenza sui social media e in interlocuzione attiva con i genitori o i cittadini interessati predisponendo, anche, nel breve periodo campagne nazionali sulle conseguenze delle malattie contro le quali ci si vaccina e che, erroneamente, vengono considerate non più presenti o non pericolose.
9/1117-A/52De Filippo, Carnevali, Siani, Rizzo Nervo, Ubaldo Pagano, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame dispone la sospensione fino al 15 febbraio 2019 dell'efficacia delle norme (legge n. 103 del 2017 cosiddetta «Legge Orlando») che modificano la disciplina della partecipazione al procedimento penale – da parte dell'imputato o del detenuto – con il sistema del collegamento audiovisivo a distanza (cosiddetta «videoconferenza»);
    prima dell'approvazione della Legge Orlando, solo i detenuti al regime di 41-bis potevano comparire nel processo, anche per ragioni di sicurezza, attraverso una videoconferenza. Dopo l'approvazione della riforma, la cui efficacia viene sospesa dal decreto in esame, tale modalità di partecipazione al procedimento penale è stata estesa anche ad altri detenuti in regime di massima sicurezza, per evitare che vi sia quella che viene chiamata la «traduzione», cioè gli spostamenti, anche a lunga distanza, tra le carceri di massima sicurezza e i luoghi dove si svolge il processo;
    la «traduzione» dei detenuti comporta infatti oneri significativi dal punto di vista finanziario e dell'impiego di uomini e spesso si riduce in una semplice comparizione o ad un rinvio del processo;
    sul tema della partecipazione al procedimento penale mediante video conferenze la legge Orlando ha in larga parte recepito le sollecitazioni provenienti dai lavori della cosiddetta commissione Gratteri, allo scopo di soddisfare le esigenze di sicurezza, celerità dei processi e risparmio delle risorse umane ed economiche;
    non possono essere altresì condivise le motivazioni addotte nella relazione illustrativa del decreto in esame a giustificazione della sospensione dell'efficacia delle norme. Parlare di una necessaria revisione organizzativa e informatica di tutta la precedente architettura giudiziaria, con necessità di aumento dei livelli di sicurezza informatica, quando la partecipazione al procedimento penale è già applicata ai detenuti in regime al 41-bis appare del tutto pretestuoso,

impegna il Governo

a predisporre tutte le misure necessarie, finanziarie e tecniche, affinché il ripristino dell'efficacia delle norme sospese relative alla «videoconferenza» venga garantito nel più breve tempo possibile e, comunque, non oltre il termine stabilito del decreto in esame al 15 febbraio 2019.
9/1117-A/53Verini, Orlando, Morani, Bazoli, Ferri, Vazio, Annibali, Miceli.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tale norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Livorno,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Livorno.
9/1117-A/54Andrea Romano.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse alcune importanti norme che hanno avuto riscontro positivo negli scorsi anni, consentendo di facilitare la possibilità di conciliare la vita professionale e privata delle persone e di promuovere una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia;
    tra queste è inclusa la disposizione che consente alle mamme lavoratrici dipendenti di ottenere, al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting o di asilo nido;
    nel corso dell'esame della legge di bilancio 2017, la maggioranza parlamentare rappresentata dal Partito Democratico ha approvato un emendamento che ha esteso l'efficacia della norma, per il biennio 2017-2018, anche alle lavoratrici autonome o imprenditoriali;
    tale intervento legislativo ha permesso di facilitare la conciliazione tra vita professionale e vita privata di molte donne impegnate in lavori non di tipo subordinato per le quali, fino ad allora, non erano stati approntati strumenti legislativi ed economici adeguati;
    alla luce di quanto esposto appare indispensabile operare al fine di prorogare la norma in oggetto,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia della disposizioni inerenti l'estensione, alle madri lavoratrici autonome o imprenditoriali, della possibilità di usufruire, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale, della corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting o di asilo nido.
9/1117-A/55Giacomelli, Gribaudo, Serracchiani, Pezzopane, Incerti.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Piombino,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Piombino.
9/1117-A/56Di Giorgi.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Gela,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Gela.
9/1117-A/57Raciti.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Termini Imerese,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Termini Imerese.
9/1117-A/58Miceli.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Portovesme,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Portovesme.
9/1117-A/59Schirò.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Porto Torres,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Porto Torres.
9/1117-A/60Gavino Manca.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Campochiaro, Bojano e Venafro,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Isernia Campochiaro, Bojano e Venafro.
9/1117-A/61Carè.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Val Vibrata – Valle del Tronto – Piceno,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Val Vibrata – Valle del Tronto – Piceno.
9/1117-A/62Morgoni.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Savona,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Savona.
9/1117-A/63Vazio.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Frosinone,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Frosinone.
9/1117-A/64Mancini.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Rieti,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Rieti.
9/1117-A/65Melilli.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Trieste,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Trieste.
9/1117-A/66Ungaro.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Battipaglia-Solofra,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Battipaglia-Solofra.
9/1117-A/67Campana, Mor.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Torre Annunziata-Castellammare,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Torre Annunziata-Castellammare.
9/1117-A/68Topo, Migliore.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Taranto,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Taranto.
9/1117-A/69Losacco.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tali norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Acerra-Marcianise-Airola,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Acerra-Marcianise-Airola.
9/1117-A/70Del Basso De Caro.


   La Camera,
   premesso che,
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte Conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento, delle convenzioni sospese ai sensi dell'articolo 13, comma 02, del presente provvedimento.
9/1117-A/71Padoan, Delrio, Fassino, Enrico Borghi, Fiano, Rotta, Gribaudo, De Menech, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza riveste l'articolo 42, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, in materia di prosecuzione dei trattamenti straordinari di integrazione salariale, che consente ai lavoratori impiegati in aziende impegnate a completare piani industriali relativi a casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale che comportino notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di sviluppo economico territoriale, di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tale disposizione sta consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori e la sua mancata proroga può provocare l'interruzione di questo processo virtuoso;
    si reputa quindi necessario operare al fine di prorogare l'efficacia della predetta norma,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni in materia di concessione di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, al fine di garantire il completamento dei piani industriali relativi a casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale che comportino notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di sviluppo economico territoriale.
9/1117-A/72Lepri, Serracchiani, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse alcune importanti interventi legislativi che hanno rappresentato un notevole miglioramento in materia di conciliazione della vita professionale e privata delle persone e di promozione di una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia;
    tra queste, le disposizioni introdotte in via sperimentale dall'articolo 25 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, finalizzate all'incentivazione della contrattazione di secondo livello destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, hanno contribuito ad ampliare il perimetro di riferimento della legislazione in materia e costituiscono un modello virtuoso;
    stante l'avvicinarsi del termine di efficacia della predetta norma, appare necessario operare al fine di disporne la proroga anche per il futuro,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni finalizzate all'incentivazione della contrattazione di secondo livello destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.
9/1117-A/73Carla Cantone, Serracchiani, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse alcune disposizioni che in questi anni hanno consentito di affrontare situazioni di grande criticità preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, rivestono particolare rilevanza gli interventi legislativi di cui agli articoli 1-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, e 1, comma 1167, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, relativi all'integrazione economica del trattamento straordinario di integrazione salariale a beneficio dei lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria;
    l'efficacia delle norme in oggetto scadrà al termine del 2018, si reputa necessario operare allo scopo di prorogarne il termine,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni riguardanti l'integrazione economica del trattamento straordinario di integrazione salariale a beneficio dei lavoratori di Ilva in AS.
9/1117-A/74Lacarra, Serracchiani.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame A.C. 1117 del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il decreto in oggetto dispone la sospensione, fino all'anno 2020, delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, che hanno destinato 1,6 miliardi di euro per assicurare il finanziamento dei progetti compresi nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie e delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, istituito dai commi da 974 a 978, dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015);
    le infrastrutture ferroviarie, l’asset demaniale e quello dell'edilizia residenziale pubblica svolgono un ruolo strategico per le città e la rigenerazione urbana in Italia vuol dire occuparsi soprattutto delle periferie e significa destinare nuove risorse per l'Edilizia residenziale pubblica;
    nessuna risposta efficace è stata data al problema nel milleproroghe anzi, all'opposto, come già detto sono state sospese la programmazione e le risorse per la riqualificazione delle periferie, ben 1,6 miliardi di euro – che si aggiungevano ai 500 milioni già erogati – per consentire ai comuni ed ai territori il necessario sostegno pubblico alle politiche abitative a partire dalle realtà più complesse;
    il tema dell'emergenza abitativa è sempre più attuale e riguarda milioni di cittadini che vivono al limite della soglia di povertà, e, quindi, è necessario trovare soluzioni quanto più efficaci e definitive;
    secondo i dati ISTAT, nel nostro Paese, la povertà assoluta ammonta per il 2017 a circa 1,7 milioni di nuclei familiari ai quali le politiche abitative ad oggi non riescono a dare una risposta;
    dai dati Nomisma sul mercato delle locazioni emerge un dato rilevante relativo alla forma di «domanda esclusa» dall'attuale mercato; essa si presenta alquanto considerevole, ben 9,2 milioni di famiglie pari al 35,5 per cento del totale, composto da famiglie che non riescono ad esprimere una domanda in quanto non dispongono di risorse economiche e non sono nelle condizioni di accedere ad un mutuo;
    ogni anno nel nostro Paese si eseguono mediamente oltre 30.000 sfratti, per la stragrande maggioranza causati dalla morosità; nei prossimi tre anni si stimano altre 200.000 sentenze di sfratto per morosità; nelle graduatorie per le case popolari ci sono oltre 600.000 famiglie in attesa da anni di un alloggio il cui affitto sia compatibile con il proprio reddito,

impegna il Governo:

   a rafforzare nella prossima legge di bilancio tutte le misure (semplificazioni amministrative, trattamento fiscale di vantaggio, contributi diretti, e altro) che favoriscono l'Housing Sociale;
   a dare concretezza al diritto all'abitazione mettendo in campo una strategia generale per la rigenerazione di significative porzioni urbane e, per fronteggiare una delle più gravi emergenze abitative che sta colpendo le nostre città, nella prossima legge di bilancio, a finanziare con risorse congrue il Fondo di sostegno all'affitto (articolo 11 legge n. 431 del 1998) e il Fondo per il sostegno alla morosità incolpevole.
9/1117-A/75Braga, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non è inclusa la disposizione che lo scorso anno ha consentito a decine di migliaia di giovani del Mezzogiorno di entrare stabilmente nel mondo del lavoro, grazie alle agevolazioni contributive concesse ai datori di lavoro,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia della disposizione riguardante l'esonero contributivo totale per i datori di lavoro privati del Mezzogiorno che assumano mediante contratto di lavoro a tempo indeterminato.
9/1117-A/76De Luca, Pezzopane, Serracchiani, Migliore.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non è inclusa la norma in materia di proroga di efficacia della cosiddetta Ape sociale;
    la predetta disposizione ha consentito a migliaia di lavoratori in condizioni non agiate di maturare il diritto al trattamento pensionistico in anticipo rispetto alla legislazione ordinaria e si reputa necessario operare allo scopo di prorogarne il termine di validità,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia della disposizione in materia di anticipo del trattamento pensionistico.
9/1117-A/77Serracchiani.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non è inclusa la norma in materia di proroga di efficacia dei lavori della Commissione tecnica di studio sulla classificazione e comparazione, a livello europeo e internazionale, della spesa pubblica nazionale per finalità previdenziali e assistenziali, istituita dalla legge di bilancio 2018 e i cui lavori dovrebbero concludersi nel settembre 2018 ma sono in forte ritardo per motivi a essa non imputabili,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare il termine di efficacia dei lavori della Commissione tecnica di studio sulla classificazione e comparazione, a livello europeo e internazionale, della spesa pubblica nazionale per finalità previdenziali e assistenziali.
9/1117-A/78Zan, Serracchiani.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse alcune importanti norme che hanno avuto riscontro positivo negli scorsi anni, consentendo di facilitare la possibilità di conciliare la vita professionale e privata delle persone e di promuovere una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia;
    tra queste, la disposizione – introdotta in via sperimentale per gli anni 2013-2015, dall'articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92, e oggetto di successive proroghe, efficaci fino all'anno 2018 – che consente al padre lavoratore dipendente di fruire di un periodo di congedo obbligatorio entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, riveste una particolare rilevanza sociale e politica;
    appare indispensabile operare al più presto allo scopo di colmare questa sorprendente lacuna legislativa,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia della norma relativa all'obbligo di astensione dal lavoro del padre, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, nelle modalità già previste per l'anno 2018.
9/1117-A/79Boschi, Viscomi, Serracchiani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse alcune importanti norme che hanno avuto riscontro positivo negli scorsi anni, consentendo di facilitare la possibilità di conciliare la vita professionale e privata delle persone e di promuovere una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia;
    tra queste è inclusa la disposizione che consente alle mamme lavoratrici dipendenti di ottenere, al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting o di asilo nido;
    tale strumento legislativo, di agevolazione alla conciliazione della vita professionale e privata, ha avuto un grande successo tra le mamme lavoratrici italiane e si reputa quindi necessaria la prosecuzione della sua efficacia,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, allo scopo di disporre la proroga dell'efficacia della norma che prevede la possibilità di concedere alle mamme lavoratrici dipendenti, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale, la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting o di asilo nido.
9/1117-A/80Romina Mura, Serracchiani.


   La Camera,
   premesso che:
    il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco costituisce una delle più importanti realtà per la sicurezza del Paese;
    permane la annosa questione concernente il concorso pubblico per titoli ed esami per l'accesso al ruolo iniziale di vigile del fuoco per 814 posti bandito con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, con emanazione della graduatoria definitiva nell'ottobre 2010;
    lo scorrimento della suddetta graduatoria ha subito diversi stop per una serie di decisioni assunte nel corso del tempo compreso il blocco totale delle assunzioni e la permanenza del blocco del turn over sbloccato solo nel 2017 per preciso impegno del governo di centrosinistra;
    il combinato disposto di queste decisioni con le disposizioni in materia di restrizione degli accessi al pensionamento legati ha determinato una situazione di mancato ricambio generazionale, ad un innalzamento dell'età media del Corpo accrescendo una serie di criticità come evidenziato anche dalle organizzazioni sindacali,

impegna il Governo

a prevedere l'opportunità prorogare suddetta graduatoria al fine di procedere allo scorrimento degli idonei del citato concorso per 814 vigili del fuoco al fine di procedere al potenziamento degli organici del Corpo dei VVFF.
9/1117-A/81Cardinale.


   La Camera,
   premesso che:
    da anni ha assunto centralità il tema delle periferie e del loro degrado. È con questa finalità che il Governo e Parlamento nella scorsa Legislatura hanno varato norme e progetti per un recupero urbanistico, edilizio e sociale intrecciati con il tema più generale della riqualificazione urbana e dei centri storici;
    con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) all'articolo 1, commi 974, 975, 976, 977 e 978, il Legislatore ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;
    il comune di Massa ha partecipato al bando rientrando nei 120 progetti vincitori al 55o posto in graduatoria (nome del progetto: «UP.oggi – Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle aree Poggi e attigue»);
    il comune di Carrara ha partecipato al bando rientrando nei 120 progetti vincitori al 110o posto in graduatoria (nome del progetto: «CARRARA A30»);
    i progetti sono stati presentati complessivamente da 13 Città metropolitane e 107 comuni capoluogo di provincia;
    il 18 dicembre è stata firmata con il Presidente del Consiglio la relativa convenzione, registrata poi alla Corte dei conti;
    i primi 24 comuni hanno beneficiato delle risorse previste all'articolo 1, comma 978 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Per i restanti 96 comuni il finanziamento è stato assicurato dalle risorse di cui ai commi 140 e 141 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (cd legge di bilancio 2017);
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017;
    questa scelta del Legislatore non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma determina, nei fatti, la revoca, e non la semplice sospensione del processo di realizzazione della convenzione sopracitata;
    le convenzioni relative ai progetti «UP.oggi – Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle aree Poggi e attigue» (Rinchiostra, Villette, Cervara e Stazione ferroviaria e «CARRARA A30», ed i relativi finanziamenti sono stati quindi revocati;
    una decisione arbitraria che danneggia i cittadini e la periferia delle città (e penalizza conseguentemente, progettisti e imprese con cui i comuni hanno contrattualizzato degli impegni);
    il progetto «UP.oggi – Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle aree Poggi e attigue» è finalizzato alla riqualificazione complessiva di tutta l'area che comprende i quartieri di Poggi, Rinchiostra, Cervara e Villette, fino alla stazione ferroviaria. Nel piano di recupero e riqualificazione, è prevista la sistemazione di piazza della Stazione e della viabilità, con l'eliminazione delle intersezioni semaforiche e l'aumento della sicurezza con implementazione del servizio di videosorveglianza. Nel quartiere dei Poggi, oltre all'abbattimento e la ricostruzione del Palazzo di via Pisacane, sarà messo in atto un intervento integrato di risanamento urbano con nuova area verde, orti urbani, area giochi e blocchi per l'arrampicata. Si realizzeranno isole ecologiche a scomparsa per la raccolta differenziata e saranno migliorate le infrastrutture sia per la mobilità dolce (piste ciclabili, bike sharing, colonnine per le ricariche) sia per il verde ed il decoro urbano (alberature, cestini e panchine). È previsto il recupero di tre scuole: le due dell'infanzia «Villette A» e quella di via Pisacane e la primaria «Villette B». Nel parco pubblico del viale Roma, alle Villette, sarà costruito uno skate park. L'ampliamento di Esselunga con un investimento privato da oltre 6 milioni contribuirà al miglioramento della viabilità con nuovi parcheggi e la creazione di due rotatorie lungo viale Roma, all'incrocio con via Romana e via Marchetti. Villa Rinchiostra sarà potenziata come polo culturale mentre in via Godola, in una struttura di proprietà del Gam, sorgerà il primo osservatorio astronomico della provincia. Alla Rinchiostra è previsto il recupero di 20 mila metri quadrati del parco attorno la Villa. La struttura del centro di aggregazione diventerà un percorso sensoriale Alzheimer e il punto ristoro sarà reso architettonicamente omogeneo al complesso;
    il progetto «CARRARA A30» prevede:
     interventi infrastrutturali e sulla viabilità:
    1. progettazione della pista ciclabile da Carrara a Marina sul tracciato dell'ex-ferrovia marmifera e sull'argine del Carrione;
    2. riqualificazione integrale di via Verdi;
     interventi rifunzionalizzazione di strutture edilizie esistenti:
    1. progettazione Ex Caserma Dogali per convitto della scuola del marmo;
    2. recupero Palazzo Pisani per cowork e casa delle associazioni:
    3. recupero Palazzo Rosso per aggregazione sociale tramite associazioni no profit;
    4. ristrutturazione ex CAT di Avenza destinata a Protezione civile e terzo settore;
    5. recupero dell'area esterna di scuola Gentili di Fessola:
     sono poi previsti contributi ai privati per il rifacimento delle facciate degli edifici mentre per Carrara Est e Marina Est sono previsti progetti per videosorveglianza e risparmio energetico. Sul versante sociale il progetto prevede iniziative a favore dello sport come veicolo dell'inclusione sociale ed interventi a sostegno alla mobilità pubblica delle famiglie (bus free pass);
    il valore finanziario complessivo della spesa per investimenti destinata a questi progetti ammonta:
     per il comune di Massa: 23.230.000 euro comprensivo dei cofinanziamenti a carico di altri bilanci pubblici, dello stesso ente partecipante, o di altri enti pubblici o privati. La quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a un valore di 14.734.400 euro;
     per il comune di Carrara: 19.549.986,22 euro comprensivo dei cofinanziamenti a carico di altri bilanci pubblici, dello stesso ente partecipante, o di altri enti pubblici o privati. La quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a un valore di 17.999.986,22 euro;
     il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dopo un incontro con l'Anci l'11 settembre 2018 ha promesso che «nel prossimo decreto del Governo, la prossima settimana, saranno stanziati i fondi nell'arco di un triennio, sulla base delle effettive necessità dei comuni» per ripristinare i finanziamenti relativi al «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»,

impegna il Governo

a dare concretamente seguito agli impegni assunti inserendo, nel primo provvedimento utile, i finanziamenti relativi ai progetti «UP.oggi – Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle aree Poggi e attigue» e «CARRARA A30» garantendo le risorse per necessarie per realizzare gli interventi previsti nella tempistica già stabilità.
9/1117-A/82Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    da anni ha assunto centralità il tema delle periferie e del loro degrado. È con questa finalità che il Governo e Parlamento nella scorsa Legislatura hanno varato norme e progetti per un recupero urbanistico, edilizio e sociale intrecciati con il tema più generale della riqualificazione urbana e dei centri storici;
    con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) all'articolo 1, commi 974, 975, 976, 977 e 978, il Legislatore ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;
    il comune di Pisa ha partecipato al bando rientrando nei 120 progetti vincitori al 110o posto in graduatoria (nome del progetto: «Binario 14-Sostenibilità e socialità»). I progetti sono stati presentati complessivamente da 13 Città metropolitane e 107 comuni capoluogo di provincia;
    il 18 dicembre è stata firmata con il Presidente del Consiglio la relativa convenzione, registrata poi alla Corte dei conti;
    i primi 24 comuni hanno beneficiato delle risorse previste all'articolo 1, comma 978 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Per i restanti 96 comuni il finanziamento è stato assicurato dalle risorse di cui ai commi 140 e 141 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (c.d. legge di bilancio 2017);
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017;
    questa scelta del Legislatore non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma determina, nei fatti, la revoca, e non la semplice sospensione del processo di realizzazione della convenzione sopracitata;
    la convenzione relativa al progetto «Binario 14-Sostenibilità e socialità» ed i relativi finanziamenti è stata quindi revocata;
    una decisione arbitraria che danneggia i cittadini e la periferia della città (e penalizza conseguentemente progettisti e imprese con cui il comune ha contrattualizzato degli impegni);
    tale progetto ha come obiettivo la riqualificazione del quartiere della stazione e del quartiere San Giusto, aree che hanno come fulcro comune lo scalo ferroviario;
    il progetto è composto da tre assi strategici:
     il primo è denominato «social house» e si pone l'obiettivo di rigenerare il villaggio popolare San Giusto. Comprende la realizzazione di 24 alloggi di edilizia residenziale pubblica, il recupero di 16 fabbricati, la costruzione di parcheggi pertinenziali. Sperimentando quindi un modello di animazione di comunità da esportare poi agli altri quartieri popolari della città;
     il secondo asse strategico viene chiamato «arcipelago» e comprende interventi mirati di riqualificazione degli spazi limitrofi alla stazione. L'obiettivo è attivare servizi ed interventi che favoriscano l'integrazione dei cittadini e rafforzino la loro sicurezza con nuovi modelli di welfare di comunità prevedendo anche l'istituzione di un presidio delle forze dell'ordine;
     il terzo asse strategico dal nome «binario 1-13», è esteso anche alle zone limitrofe e contempla per la sicurezza idrica di Pisa sud, oltre al recupero di spazi urbani pubblici ad uso civico e ricreativo. Sono parte integrante del progetto complessivo, che prevede anche la realizzazione di piazze e parchi urbani ed interventi per la «mobilità sostenibile», due protocolli d'intesa che da una parte chiamano in causa le Ferrovie e dall'altra Pisamo, Apes e Società della Salute;
    il valore finanziario complessivo della spesa per investimenti destinata a questo progetto ammonta a 43.423.668 euro comprensivo dei cofinanziamenti a carico di altri bilanci pubblici, dello stesso ente partecipante, o di altri enti pubblici o privati. La quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a un valore di 18.000.000 euro;
    il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dopo un incontro con l'Anci l'11 settembre 2018 ha promesso che «nel prossimo decreto del Governo, la prossima settimana, saranno stanziati i fondi nell'arco di un triennio, sulla base delle effettive necessità dei comuni» per ripristinare i finanziamenti relativi al «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»,

impegna il Governo

a dare concretamente seguito agli impegni assunti inserendo, nel primo provvedimento utile, i finanziamenti relativi al progetto «Binario 14-Sostenibilità e socialità» garantendo le risorse per necessarie per realizzare gli interventi previsti nella tempistica già stabilità.
9/1117-A/83Ciampi, Ceccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    da anni ha assunto centralità il tema delle periferie e del loro degrado. È con questa finalità che il Governo e Parlamento nella scorsa Legislatura hanno varato norme e progetti per un recupero urbanistico, edilizio e sociale intrecciati con il tema più generale della riqualificazione urbana e dei centri storici;
    con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) all'articolo 1, commi 974, 975, 976, 977 e 978, il Legislatore ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;
    il comune di Siena ha partecipato al bando rientrando nei 120 progetti vincitori al 39o posto in graduatoria (nome del progetto: CoheSlon «Connessioni e infrastrutture sociali tra le periferie di Siena»). I progetti sono stati presentati complessivamente da 13 Città metropolitane e 107 comuni capoluogo di provincia;
    il 18 dicembre è stata firmata con il Presidente del Consiglio la relativa convenzione, registrata poi alla Corte dei conti;
    i primi 24 comuni hanno beneficiato delle risorse previste all'articolo 1, comma 978 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Per i restanti 96 comuni il finanziamento è stato assicurato dalle risorse di cui ai commi 140 e 141 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (cd legge di bilancio 2017);
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017;
    questa scelta del Legislatore non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma determina, nei fatti, la revoca, e non la semplice sospensione del processo di realizzazione della convenzione sopracitata;
    la convenzione relativa al progetto CoheSlon «Connessioni e infrastrutture sociali tra le periferie di Siena» ed i relativi finanziamenti è stata quindi revocata;
    una decisione arbitraria che danneggia i cittadini e la periferia della città (e penalizza conseguentemente progettisti e imprese con cui il comune ha contrattualizzato degli impegni);
    tale progetto prevede nello specifico:
     interventi in località Taverna d'Arbia (messa in sicurezza del fiume Arbia), un sistema di percorsi pedonali e ciclabili nella stessa zona, fino a ricongiungersi con la città, il recupero di un immobile incompiuto per destinarlo a casa per le associazioni fino ad interventi sugli impianti sportivi;
     demolizione e ricostruzione di un vecchio magazzino comunale adattandolo a biblioteca-sala di lettura per l'Università degli Stranieri, aperto a tutti gli studenti così come è previsto un intervento per servizi sociali e ricreativi presso la sede della Pubblica Assistenza;
     interventi integrativi del Contratto di Quartiere di San Miniato e la realizzazione di Orti urbani;
     realizzazione dei percorsi ciclo-pedonali e riqualificazione delle valli verdi lungo le mura della città con collegamento ai parcheggi e alle aree periferiche, e percorso nel tratto strada Fiume-stazione ferroviaria-Due Ponti, inserito nell'itinerario ciclabile Poggibonsi-Siena-Buonconvento (sono inoltre previsti altre risorse per la «mobilità dolce»);
    il valore finanziario complessivo della spesa per investimenti destinata a questo progetto ammonta a 14.933.341,03 euro comprensivo dei cofinanziamenti a carico di altri bilanci pubblici, dello stesso ente partecipante, o di altri enti pubblici o privati. La quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a un valore di 9.452.080 euro;
    il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dopo un incontro con l'Anci l'11 settembre 2018 ha promesso che «nel prossimo decreto del Governo, la prossima settimana, saranno stanziati i fondi nell'arco di un triennio, sulla base delle effettive necessità dei comuni» per ripristinare i finanziamenti relativi al «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»,

impegna il Governo

a dare concretamente seguito agli impegni assunti inserendo, nel primo provvedimento utile, i finanziamenti relativi al progetto CoheSlon «Connessioni e infrastrutture sociali tra le periferie di Siena» garantendo le risorse per necessarie per realizzare gli interventi previsti nella tempistica già stabilità.
9/1117-A/84Cenni, Padoan.


   La Camera,
   premesso che:
    la conversione del decreto-legge in oggetto non contiene gli impegni presi dal Governo, con l'approvazione dell'ordine del giorno 9/804/66 in merito all'emergenza terremoto, di inserire al più presto nel nostro ordinamento giuridico una serie di proroghe e una serie di misure che andavano a specifico beneficio delle popolazioni e delle imprese dell'area del cratere quali, ad esempio, la proroga della struttura commissariale e dei tecnici che lavorano nella struttura commissariale, la proroga della zona franca, per dare un respiro economico a quei territori così pesantemente colpiti, la proroga della restituzione delle tasse sospese. Non c’è nessuna azione sui mutui, non c’è nessuna azione sul credito d'imposta;
    soltanto una delle nostre proposte è stata accolta dal Governo, quella della proroga dei contributi alle imprese delle zone sismiche, che hanno subito una perdita del fatturato maggiore del 30 per cento. È una misura importante, che come Partito Democratico avevamo proposto, ma che tuttavia viene decurtata nel budget a disposizione: dai 13 milioni di questi anni, come cifra annua, si scende a 5 milioni;
    di fronte a un'emergenza simile e di fronte a un impegno preciso del Governo, di approvare quelle misure di sostegno per le zone sismiche, non solo questo impegno è venuto meno ma non è stato nemmeno chiarito come si intende affrontare l'emergenza delle aree terremotate e la ricostruzione conseguente,

impegna il Governo

a dare piena attuazione agli impegni presi con l'ordine del giorno 9/804/66 nella prossima legge di bilancio 2019, nonché, in continuità con le misure assunte negli scorsi anni, ad intervenire nei confronti dei comuni dei crateri sismici per sopperire alle minori entrate e alle maggiori spese, riducendo l'onere per la contribuzione al fondo di solidarietà.
9/1117-A/85Pezzopane, Braga, Del Basso De Caro, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani.


   La Camera,
   premesso che:
    il 30 giugno 2015 è stato pubblicato il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2015 che dispone la revisione generale periodica obbligatoria delle macchine agricole soggette ad immatricolazione al fine di accertarne lo stato di efficienza, così come previsto dal Codice della Strada;
    il decreto riporta le indicazioni sulle modalità ed i tempi di revisione delle macchine agricole e operatrici in circolazione,

impegna il Governo

ad intraprendere le misure necessarie al fine di prorogare al 30 giugno 2019 il termine per la revisione obbligatoria delle macchine agricole in circolazione soggette ad immatricolazione in ragione del relativa stato di vetustà.
9/1117-A/86Critelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione agricoltura della Camera ha espresso parere favorevole sulla proroga, dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019, dell'applicazione delle disposizioni in materia di acquisizione della documentazione e dell'informazione antimafia per i terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro;
    l'introduzione dell'obbligo dal primo gennaio 2019, rischierebbe di produrre un impatto burocratico di dimensioni ancora più importanti se non accompagnata da una fase transitoria di durata opportuna, al fine di calibrare il nuovo sistema dei pagamenti in agricoltura,

impegna il Governo

ad intraprendere le misure necessarie al fine di assicurare che le disposizioni di cui agli articoli 83, comma 3-bis, e 91, comma 1-bis, del codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011), in materia di acquisizione dell'informazione e della documentazione antimafia per i terreni agricoli, non trovino applicazione – per coloro che usufruiscono di fondi europei di importo non superiore a 25.000 euro – fino al 31 dicembre 2019.
9/1117-A/87Dal Moro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in corso di conversione, recante la proroga di termini di disposizioni legislative, dispone la proroga dal 1o luglio 2019 al 1o luglio 2020 della cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore del gas naturale e dell'energia elettrica, stabilita dall'articolo 1, commi 59 e 60, della legge 4 agosto 2017, n. 124, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza»;
    la citata legge n. 124 del 2017, definendo il superamento della disciplina transitoria – che peraltro è diversificata in ragione del disomogeneo processo di liberalizzazione della vendita di energia ai clienti finali nei due settori dell'elettricità e del gas naturale – ha in particolare previsto per il settore dell'energia elettrica un «servizio di salvaguardia» volto a garantire la continuità della fornitura ai clienti finali domestici e alle imprese connesse in bassa tensione che, al superamento del regime di maggior tutela, si trovino senza fornitore, stabilendo che l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) adotti disposizioni per assicurare tale servizio, attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero;
    tale servizio di salvaguardia non è stato modificato dal provvedimento in esame,

impegna il Governo

ad assicurare che la proroga del regime di maggior tutela non comporti di fatto un mero slittamento temporale che vanifichi il processo di liberalizzazione, ottemperando alla procedura stabilita, e non modificata, dalla legge sulla concorrenza (legge n. 124 del 2017), nei termini temporali da essa previsti, per l'adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare la salvaguardia dei clienti finali e la continuità della fornitura.
9/1117-A/88Moretto, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4-quater del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 97, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità ha modificato la composizione del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale, organo istituito per il supporto dei compiti di alta direzione, indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri nel settore spaziale e aerospaziale, stabilendo che il presidente dell'Agenzia spaziale italiana (A.S.I.) non ne sia più componente di diritto e possa essere invitato a partecipare alle sue riunioni senza diritto di voto, con funzione esclusivamente di alta consulenza tecnico-scientifica;
    tale previsione, di cui peraltro non si ravvede la ragione, indebolisce il ruolo dell'A.S.I. e ostacola il coordinamento e l'organizzazione della politica spaziale e aerospaziale nazionale, in un contesto di sempre maggiore sviluppo e importanza del settore a livello globale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare l'applicazione della disposizione di cui al citato l'articolo 4-quater del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, al fine di assicurare celermente la piena operatività del Comitato.
9/1117-A/89Benamati, Moretto, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di bilancio 2018 – legge 27 dicembre 2017, n. 205 – è stato istituito un fondo di ristoro in favore dei risparmiatori delle «quattro banche» (Banca delle Marche spa, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio Soc. Coop., Cassa di Risparmio di Ferrara Cassa di Risparmio della provincia di Chieti spa) e delle due banche venete (Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza) che dimostrino di aver subito un danno ingiusto a causa della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza, relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari;
    la dotazione complessiva del Fondo è pari a 100 milioni di euro, di cui 25 milioni già stanziati per l'anno in corso ai sensi dell'articolo 1, comma 1106, della citata legge; l'operatività del Fondo deve essere stabilita, ai sensi del successivo comma 1107, con decreto del Presidente del Consiglio del ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze;
    da fonti stampa si è appreso che tali norme attuative – da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio – predisposte dal Governo uscente, hanno subito a marzo 2018 un arresto, per volontà di alcune forze politiche, che avrebbero chiesto di non procedere con l'emanazione dei citato decreto, per lasciare al successivo Esecutivo il compito di stabilire in che modo risarcire i risparmiatori;
    il decreto attuativo non risulta, ad oggi, ancora emanato: nei fatti, l'attuale Governo sta rallentando un processo che aveva invece conferito una concreta speranza ai risparmiatori colpiti, bloccando l'attuazione di una norma che era stata oggetto di una complicata trattativa a livello comunitario a causa della stringente disciplina sulle gestione delle risoluzioni bancarie;
    peraltro il decreto-legge in esame è intervenuto sul termine per l'emanazione, posticipandolo dapprima al 31 ottobre 2018 nel corso dell'esame al Senato e, infine, al 31 gennaio 2019, per effetto delle modifiche intercorse alla Camera, come risulta dall'articolo 11, comma 1-bis, lettera b), numero 1);
    il comma 1-bis dell'articolo 11, interviene inoltre sulla disciplina in materia di ristori di cui alla legge bilancio 2018; viene in particolare estesa l'operatività del Fondo anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF), strumento istituito dalla Consob in ottemperanza all'articolo 1, comma 46 della legge n. 208 del 2015, legge di stabilità 2016;
    nelle more dell'adozione del decreto di attuazione del Fondo, il ristoro in favore dei risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell'ACF viene però stabilito dal decreto in esame nella misura del 30 per cento dell'importo dovuto e con il limite massimo di 100 mila euro, relativamente alle decisioni prese dall'ACF entro il 30 novembre 2018;
    nessuna misura transitoria è invece stata prevista per le altre categorie di risparmiatori aventi diritto al ristoro, ossia chi ha subito un danno ingiusto riconosciuto ai sensi delle modalità già previste dall'articolo 1, comma 1106, della legge di bilancio 2018;
    per quanto concerne le risorse a copertura delle norme introdotte dal decreto in esame, viene ridotta la disponibilità, per l'anno in corso, dell'autorizzazione di spesa del Fondo di ristoro istituito dalla legge di bilancio 2018, senza prevedere per gli anni successivi ulteriori risorse che integrino quelle già presenti a bilancio, posticipando la necessità di trovare un'adeguata soluzione, anche in ragione dell'estensione della platea degli aventi diritto ai ristori,

impegna il Governo

ad emanare con la massima tempestività le norme attuative che stabiliscano requisiti, modalità e condizioni necessarie per l'operatività del Fondo, ai sensi dei commi da 1106 a 1109 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018, in favore dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto, con l'obiettivo di avviare celermente le procedure di ristoro, chiarendo che gli importi erogati nel 2018 in favore dei destinatari di pronunce favorevoli dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie ai sensi dell'articolo 11, comma 1-bis del decreto in esame costituiscono solo una quota parte del ristoro complessivo e prevedendo adeguate misure di ristoro per le altre categorie di risparmiatori aventi per legge diritto, e ad incrementare per gli anni successivi le risorse destinate all'operatività del citato Fondo, al fine di garantire a tutti i risparmiatori per i quali sia stato riconosciuto un danno ingiusto l'integrale ristoro di quanto dovuto.
9/1117-A/90Marattin, Moretto, Boccia, De Micheli, Madia, Melilli, Navarra, Padoan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 61 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, emanato nella scorsa legislatura dal Governo guidato dal Partito Democratico, così come modificato dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha previsto una serie di interventi necessari per assicurare la realizzazione delle finali di coppa del mondo e dei campionati mondiali di sci alpino che si terranno a Cortina d'Ampezzo, rispettivamente, nel marzo 2020 e nel febbraio 2021;
    in particolare, ha previsto la nomina di un commissario del Governo chiamato a predisporre un piano di interventi volto, tra l'altro, alla progettazione e realizzazione, ovvero all'adeguamento e al miglioramento, di impianti e i collegamenti viari secondari e del presidente pro tempore della società ANAS S.p.a. in qualità di commissario per la individuazione, progettazione e tempestiva esecuzione delle opere connesse all'adeguamento della viabilità statale nella provincia di Belluno, di competenza della medesima società;
    l'articolo 1, comma 876, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante la legge di bilancio 2018, prevede la possibilità per il Commissario per la realizzazione del piano di interventi citato di ridurre diversi termini previsti nelle procedure di affidamento e di aggiudicazione degli appalti pubblici e dei contratti di partenariato pubblico e privato (PPP), nonché di fare ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara per gli appalti relativi agli interventi attuativi del piano;
    per l'adeguamento della rete viaria interessata dai progetti sportivi l'articolo 1, comma 604 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante la legge di bilancio 2017, aveva già stanziato 100 milioni di euro per il periodo 2017-2021;
    il citato decreto-legge n. 50 del 2017 ha autorizzato l'ulteriore spesa di 40 milioni di euro per il medesimo periodo 2017-2021 che si aggiungono alle risorse rese disponibili dal comitato organizzatore, dal fondo dei comuni di confine, dalla regione Veneto, dalla provincia di Belluno e dal comune di Cortina d'Ampezzo;
    l'impianto normativo e le risorse stanziate dal precedente Governo guidato dal Partito Democratico dimostra l'attenzione per l'appuntamento mondiale attribuendogli rilevanza quale evento prioritario per il Paese;
    gran parte delle opere minori si trovano in una fase avanzata di realizzazione tuttavia si rilevano dei ritardi, secondo quanto dichiarato da ANAS S.p.a., per quanto riguarda l'adeguamento della viabilità statale e in particolare per le opere di maggiore entità,

impegna il Governo

a valutare lo stato dell'arte degli interventi programmati e delineare ogni utile iniziativa per superare lo stallo amministrativo che ha coinvolto le procedure di realizzazione di alcune delle opere necessarie, in particolare attinenti la viabilità statale e accelerare l’iter per riattribuire centralità al progetto, di caratura mondiale, di svolgimento delle finali di coppa del mondo e dei campionati mondiali di sci alpino che si terranno a Cortina d'Ampezzo, nel marzo 2020 e nel febbraio 2021.
9/1117-A/91De Menech, Lotti, Rotta, Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    la riorganizzazione della rete ospedaliera prevista dalla regione Abruzzo, con la progressiva chiusura dell'Ospedale di Penne a causa della soppressioni, mese dopo mese, di interi reparti ospedalieri, sta creando notevoli danni sia all'Ospedale Civile di Pescara che non riesce a reggere l'onda d'urto del surplus di accessi, sia nell'entroterra dell'Area vestina della provincia di Pescara il cui solo comune di Farindola è rientrato nel cratere previsto dall'allegato 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016 nonostante anche i comuni di Penne, Civitella Casanova e Catignano abbiano subito notevoli danni;
    analoghi problemi sono registrati e segnalati alle autorità competenti per quanto riguarda la rete ospedaliera della regione Marche, che ha visto una significativa contrazione delle prestazioni sanitarie;
    già in un precedente decreto-legge è stato approvato un ordine del giorno contenente il medesimo impegno che, però, non ha visto l'approvazione del relativo emendamento nell'odierno passaggio parlamentare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una deroga specifica limitata a situazioni particolari di necessità evidenziate dalle regioni interessate, che siano valutate poi dal tavolo di monitoraggio già previsto dal decreto ministeriale n. 70 del 2015.
9/1117-A/92Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    la riorganizzazione della rete ospedaliera prevista dalla regione Abruzzo, con la progressiva chiusura dell'Ospedale di Penne a causa della soppressioni, mese dopo mese, di interi reparti ospedalieri, sta creando notevoli danni sia all'Ospedale Civile di Pescara che non riesce a reggere l'onda d'urto del surplus di accessi, sia nell'entroterra dell'Area vestina della provincia di Pescara il cui solo comune di Farindola è rientrato nel cratere previsto dall'allegato 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016 nonostante anche i comuni di Penne, Civitella Casanova e Catignano abbiano subito notevoli danni;
    analoghi problemi sono registrati e segnalati alle autorità competenti per quanto riguarda la rete ospedaliera della regione Marche, che ha visto una significativa contrazione delle prestazioni sanitarie;
    già in un precedente decreto-legge è stato approvato un ordine del giorno contenente il medesimo impegno che, però, non ha visto l'approvazione del relativo emendamento nell'odierno passaggio parlamentare,

impegna il Governo

nel primo provvedimento utile riguardante gli eventi sismici occorsi dall'agosto 2016 al gennaio 2017, ad inserire all'interno dell'articolo 17-bis, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, la possibilità di deroga da parte delle regioni colpite dal terremoto del 2016 al cosiddetto decreto Lorenzin, al fine di farvi ricomprendere tutti quegli ospedali che ricadono nelle province ove è presente almeno un comune all'interno del cratere sismico.
9/1117-A/92. (Testo modificato nel corso della seduta)  Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8, comma 4-ter, del disegno di legge in esame, proroga dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 la scadenza della possibilità, per i medicinali omeopatici prodotti in un Paese dell'Unione europea e presenti sul mercato italiano alla data del 31 dicembre 1992, di essere mantenuti in commercio in base alla precedente autorizzazione, senza previo rinnovo della medesima;
    la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 novembre 2001 recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano — cui è stata data attuazione, nel nostro ordinamento, con il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 — ha classificato come farmaci i medicinali omeopatici, definiti, all'articolo 1, punto 5 della medesima direttiva come «ogni medicinale ottenuto da prodotti, sostanze o composti denominati “materiali di partenza omeopatici” secondo un processo di fabbricazione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee attualmente utilizzate ufficialmente dagli Stati membri»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di realizzare studi clinici ad hoc, finalizzati a testare l'efficacia terapeutica dei medicinali omeopatici.
9/1117-A/93Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento ha adottato diverse misure concernenti gli enti territoriali;
    il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, ha disposto, all'annesso Allegato 4/4, che il bilancio consolidato dei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, redatto secondo le modalità ivi indicate, si applichi a decorrere dal 2018, con riferimento all'esercizio finanziario del 2017;
    a fronte del disallineamento della normativa vigente, creatosi per l'anno in corso, tra il disposto di cui all'articolo 232 del Testo unico degli enti e la possibilità di non tenerne conto per i piccoli comuni che avessero esercitato la facoltà di rinviare l'adozione della contabilità economico-patrimoniale al 1o gennaio 2018,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, per il tramite di provvedimenti successivi, le iniziative legislative al fine di rinviare al 2019, con riferimento all'esercizio finanziario 2018, in modo univoco, per tutti i comuni con una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, l'adozione del bilancio consolidato.
9/1117-A/94Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    in ordine alle misure concernenti ammortizzatori sociali ed altre misure di sostegno al reddito dei lavoratori, l'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha ricompreso Termini Imerese nell'Area di crisi industriale complessa;
    l'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e l'articolo 1, comma 139, della Legge di bilancio 2018, ha previsto la concessione di interventi di integrazione salariale straordinaria, per circa mille lavoratori, di cui 700 dipendenti di FCA e 300 dell'indotto fino all'anno in corso;
    ventuno lavoratori dell'indotto — delle imprese BnSud, Lear e Klerprem — sono rimasti privi di ammortizzatori sociali perché beneficiari di un trattamento di mobilità in deroga, con scadenza al 31 dicembre del 2016, ma non al 1o gennaio 2017, come previsto, quale requisito di accesso alla proroga del trattamento di mobilità in deroga per i lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, dall'articolo 53-ter, comma 1, decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96;
    un solo giorno che ha, però, significato una disparità di trattamento tra lavoratori e che risulta ancora attuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di bilancio, anche con opportuni interventi normativi, di prorogare, per l'anno 2019, le disposizioni concernenti la concessione di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria di cui al decreto legislativo n. 148 del 2015 e all'articolo 1, comma 139, della Legge di bilancio 2018 e, al fine di garantire parità di trattamento tra i lavoratori, a valutare, altresì, l'opportunità di estendere tali interventi anche ai 21 lavoratori dell'indotto che beneficiavano dei trattamenti di mobilità in deroga al 31 dicembre 2016, ma non al 1o gennaio 2017, come richiesto dall'articolo 53-ter, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
9/1117-A/95Cancelleri, Davide Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    la realizzazione dei dettami contenuti nella legge n. 38 del 15 marzo 2010, recante «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», ha richiesto l'elaborazione di provvedimenti finalizzati a darne concreta attuazione e tra questi si richiama l'individuazione dei servizi e delle specializzazioni mediche equipollenti alla predetta disciplina, stabiliti dal decreto ministeriale 28 marzo 2013 e la definizione delle categorie dei professionisti che operano in tale disciplina oltre ai contenuti dei percorsi formativi obbligatori previsti dall'Accordo Stato-regioni del 10 luglio 2014;
    in attuazione dell'articolo 5, comma 2, della legge n. 38 del 2010, che introduceva l'elenco delle figure professionali con specifiche competenze in cure palliative, l'Accordo Stato-regioni del 10 luglio 2014 (rep. Atti 87/CSR) individuava le figure professionali operanti nelle reti di cure palliative, ponendo altresì la problematica relativa ai «medici, con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore» i quali, in assenza di specializzazione, non avrebbero potuto continuare a collaborare con il Servizio sanitario nazionale;
    tale problematica ha trovato parziale soluzione con la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità), contenente uno specifico emendamento necessario a garantire stabilità del sistema sanitario nazionale e, in particolare, una quota sufficiente di medici esperti in cure palliative, molti dei quali erano già attivi presso le strutture eroganti cure palliative; l'utilità del provvedimento, avente carattere straordinario, era connessa al parallelo adeguamento degli insegnamenti universitari;
    come già sancito dall'articolo 8 della legge n. 38 del 2010, l'esistenza di specifici percorsi formativi universitari in materia di cure palliative rappresenta la condizione necessaria affinché il fabbisogno nazionale di medici esperti in cure palliative e il relativo ricambio generazionale siano adeguatamente garantiti;
    ad oggi, tuttavia, non sono stati emanati i decreti interministeriali per l'attivazione di specifici percorsi formativi accademici ovvero per l'aggiornamento dei programmi didattici in materia di cure palliative;
    le gravi lacune, ovvero l'assenza generalizzata, di percorsi formativi universitari nella disciplina di cure palliative, sia nell'ambito del Corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia, sia nell'ambito delle Scuole di Specialità equipollenti alla disciplina delle cure palliative (in mancanza del settore scientifico disciplinare), in aggiunta alla nota carenza di medici specializzati in tali Scuole equipollenti, rendono molto difficoltoso, se non impossibile il reclutamento di un numero anche minimo di specialisti dotati delle caratteristiche necessarie ad essere inquadrati nelle strutture afferenti al Sistema sanitario nazionale;
    in assenza di personale in possesso di titoli accademici di una nuova disciplina medica ed in mancanza di una normativa di riferimento lo sviluppo delle Reti Locali di cure palliative è avvenuto negli anni ricorrendo a medici privi di specializzazione che tuttavia hanno maturato sul campo un patrimonio di conoscenze ed esperienza che ha consentito alle stesse reti di crescere e rispondere in modo crescente al bisogno di cure palliative nell'ambito delle malattie oncologiche e delle cronicità complesse ad evoluzione sfavorevole;
    le strutture di cure palliative non sono in grado di garantire il LEA cure palliative previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 in ambito ospedaliero, domiciliare e residenziale-hospice a causa della carenza di personale medico. Inoltre, la specialità equipollente di anestesia e rianimazione, storicamente riferimento principale per il reclutamento dei medici palliativisti, vede professionisti potenzialmente reclutabili già impegnati nell'ambito dei servizi ospedalieri di anestesia e rianimazione, che come noto faticano ad avere un organico adeguato;
    stime prudenziali, dichiarate nell'ambito delle audizioni delle regioni effettuate dalla Sezione O del Comitato tecnico sanitario del Ministero della salute, attestano ad almeno il 30-40 per cento la quota di medici palliativisti necessari a mantenere l'attuale livello assistenziale, attualmente sprovvisti dei titoli necessari a esercitare nell'ambito delle Reti di cure palliative;
    la maggior parte di questi medici sprovvisti di specializzazione o con specializzazione non idonea, ha acquisito un'anzianità triennale successivamente alla data indicata dalla soprarichiamata legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità);
    nelle more di intervenire in maniera organica sul settore tecnico disciplinare e sulla formazione accademica specifica, appare auspicabile una disposizione che consenta, in via transitoria, di regolamentare l'ammissione ai concorsi o il conferimento di incarichi anche ai medici in possesso di specialità diverse da quelle indicate nel decreto ministeriale 28 marzo 2013, senza rischiare che l'ampliamento delle discipline equipollenti alla disciplina cure palliative (inquadrata nell'area della medicina diagnostica e dei servizi), possa avere ripercussioni sul piano professionale e senza nuocere alle cure palliative che hanno acquisito la dignità di disciplina autonoma rispetto alle altre discipline,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di bilancio previsti a legislazione vigente, di adottare le iniziative legislative di proroga necessarie per consentire ai medici indicati in premessa di continuare ad operare nelle reti dedicate alle cure palliative, anche regolamentando l'accesso ai concorsi, al fine di assicurare, sul territorio nazionale, l'accesso capillare alle cure palliative e alla terapia del dolore, garantendo i livelli essenziali di assistenza.
9/1117-A/96Trizzino, D'Arrando, Massimo Enrico Baroni, Lorefice, Bologna, Chiazzese, Lapia, Leda Volpi, Mammì, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano.


   La Camera,
   premesso che:
    la DSU, la Dichiarazione Sostitutiva Unica, è un documento che riassume le informazioni anagrafiche, reddituali e patrimoniali necessarie al calcolo dell'ISEE, l'indicatore che serve a valutare la situazione economica delle famiglie per la richiesta di prestazioni sociali agevolate;
    il decreto legislativo n. 147 del 2017 ha previsto, a partire dal 1o settembre 2018, la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) precompilata dall'INPS e dall'Agenzia delle Entrate come unica modalità di presentazione di tale dichiarazione, con validità fino al successivo 31 agosto;
    con l'articolo 6 del decreto in esame viene differita dal 2018 al 2019 la possibilità di accedere alla Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) precompilata mediante i servizi telematici dell'INPS o il portale dell'Agenzia delle Entrate; a decorrere dal 1o gennaio 2019, la Dichiarazione Sostitutiva Unica avrà validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 agosto; ogni anno, a decorrere dal 2019, dal 1o settembre, inizio del periodo di validità di tale Dichiarazione, i dati sui redditi e i patrimoni inseriti in DSU dovranno essere aggiornati prendendo a riferimento l'anno precedente;
    il 31 agosto è una scadenza che coincide con altre, gravose per i cittadini; è infatti una data sovente indicata come termine ultimo per l'accesso a corsi universitari, per la richiesta di agevolazioni per alloggio e quanto altro;
    è opportuno che la scadenza ultima per l'aggiornamento dei dati in DSU non coincida con altre scadenze di particolare importanza, quali i termini utili per l'iscrizione alle scuole di ogni ordine e grado e all'università;
    per l'aggiornamento dei dati DSU autodichiarati e non precompilati, è necessario garantire assistenza adeguata ai cittadini, con uffici pubblici a pieno regime, escludendo che il termine ultimo per l'aggiornamento coincida con il periodo di ferie del personale di tali uffici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rimodulare, anche con successivi interventi normativi, la scadenza del 31 agosto come termine ultimo per il previsto aggiornamento dei dati della Dichiarazione Sostitutiva Unica.
9/1117-A/97Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, ha come obiettivo la proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il decreto legislativo n. 59 del 2017 all'articolo 1, comma 1: attua il riordino, l'adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli dei docenti, compresi quelli degli insegnanti tecnico-pratici, della scuola secondaria, per i posti comuni e per quelli di sostegno;
    il decreto legislativo n. 59 del 2017 all'articolo 17, dispone la disciplina transitoria per il reclutamento del personale docente riservata ai docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di titolo abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione;
    il decreto legislativo n. 59 del 2017 all'articolo 17, comma 5, dispone che l'ammissione al percorso transitorio comporti la cancellazione da tutte le graduatorie di merito regionali, nonché da tutte le graduatorie ad esaurimento e di istituto;
    il decreto legislativo n. 59 del 2017 all'articolo 13, comma 1, dispone che il terzo anno del percorso FIT non sia ripetibile e, qualora valutato positivamente, assolva agli obblighi di cui all'articolo 438 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nel rispetto del vincolo di cui all'articolo 1, comma 116, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
    il T.U. n. 297 del 1994 all'articolo 439 dispone che: «In caso di esito sfavorevole della prova, il provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, se trattasi di personale docente della scuola materna, elementare e media o sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, se trattasi di personale docente degli istituti o scuole di istruzione secondaria superiore, ovvero, il direttore generale o capo del servizio centrale competente, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, se trattasi di altro personale appartenente a ruoli nazionali, provvede: alla dispensa dal servizio o, se il personale proviene da altro ruolo docente o direttivo, alla restituzione al ruolo di provenienza, nel quale il personale interessato assume la posizione giuridica ed economica che gli sarebbe derivata dalla permanenza nel ruolo stesso; ovvero, a concedere la proroga di un altro anno scolastico al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione»;
    rebus sic stantibus, in caso di esito sfavorevole dell'anno di prova, il personale docente e Ata abbia sempre potuto godere della possibilità di prorogare di un altro anno scolastico la prova medesima, al fine di far acquisire all'organo giudicante maggiori elementi di valutazione;
    l'articolo 3 della Costituzione e la capitis deminutio che il personale docente ammesso al transitorio subirebbe se non fosse applicato l'articolo 439 del T.U. n. 297 del 1994;
    considerata altresì l'inutile complessità e lunghezza del percorso di formazione e immissione in ruolo; l'esiguità delle risorse impegnate per retribuire i tirocinanti (400 euro lordi dipendente per 10 mensilità) e per l'organizzazione dei percorsi (300 euro a tirocinante), inadeguate tanto al fine di garantire il sostentamento dei futuri docenti quanto al fine di predisporre percorsi di qualità; l'assenza di misure atte a dare risposta a diverse categorie di soggetti (docenti già abilitati che vogliano percorrere la strada concorsuale; idonei dei precedenti percorsi SSIS o TFA; docenti che vogliano conseguire un'altra abilitazione),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le misure concernenti la problematica esposta in premessa, disponendo l'applicazione dell'articolo 439 del T.U. n. 297 del 1994 anche al personale docente che è stato ammesso o sarà ammesso al percorso transitorio ex decreto legislativo n. 59 del 2017, concedendo la possibilità di ripetere, in caso di esito negativo del periodo di prova, la proroga di un anno scolastico.
9/1117-A/98Azzolina, Acunzo, Bella, Carbonaro, Casa, Frate, Gallo, Lattanzio, Mariani, Marzana, Melicchio, Nitti, Testamento, Torto, Tuzi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Ferrara;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Ferrara.
9/1117-A/99Franceschini, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti della città metropolitana di Torino che in particolare riguardano i seguenti comuni: Beinasco, Borgaro, Collegno e Grugliasco;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con la città metropolitana di Torino che in particolare riguardano i seguenti comuni: Beinasco, Borgaro, Collegno e Grugliasco.
9/1117-A/100Giorgis.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti della città metropolitana di Torino che in particolare riguardano i seguenti comuni: Rivoli, San Mauro, Settimo e Venaria;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con la città metropolitana di Torino che in particolare riguardano i seguenti comuni: Rivoli, San Mauro, Settimo e Venaria.
9/1117-A/101Fregolent.


   La Camera,
   premesso che
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni Capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti della città metropolitana di Torino che in particolare riguardano i seguenti comuni: Moncalieri Nichelino e Orbassano;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con la città metropolitana di Torino che in particolare riguardano i seguenti comuni: Moncalieri Nichelino e Orbassano
9/1117-A/102Gariglio.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Forlì;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Forlì.
9/1117-A/103Marco Di Maio.


   La Camera,
   premesso che
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Varese;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Varese.
9/1117-A/104Gadda.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Campania;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Campania.
9/1117-A/105Migliore, Topo, De Luca.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Puglia;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Puglia.
9/1117-A/106Boccia.


   La Camera,
   premesso che
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni Capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Basilicata;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Basilicata.
9/1117-A/107Minniti, De Filippo.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni di Cosenza e di Crotone;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni di Cosenza e di Crotone.
9/1117-A/108Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni Capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Sicilia;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Sicilia.
9/1117-A/109Navarra.


   La Camera,
   premesso che
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni Capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Lazio;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Lazio.
9/1117-A/110Madia.


   La Camera,
   premesso che
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni Capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Piemonte;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni della regione Piemonte.
9/1117-A/111Fassino, Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca — e non la semplice sospensione — del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Marche;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Marche
9/1117-A/112Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Umbria;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Umbria.
9/1117-A/113Ascani.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Sardegna;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Sardegna.
9/1117-A/114La Marca, Romina Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Toscana;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Toscana.
9/1117-A/115Lotti.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Emilia Romagna;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Emilia Romagna.
9/1117-A/116De Maria, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Veneto;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Veneto.
9/1117-A/117Rotta, Moretto, De Menech, Pellicani, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Friuli Venezia Giulia;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Friuli Venezia Giulia.
9/1117-A/118Rosato, Serracchiani.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Lombardia;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Lombardia.
9/1117-A/119Fiano.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni della regione Liguria;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni della regione Liguria.
9/1117-A/120Paita.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni delle regioni Abruzzo e Molise;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni dei comuni delle regioni Abruzzo e Molise.
9/1117-A/121D'Alessandro, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, prevede all'articolo 13, comma 02, così come approvato in sede di conversione presso il Senato della Repubblica, il differimento all'anno 2020 dell'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;
    tale previsione sospende e rinvia di un anno interventi di riqualificazione previsti dal Bando per la sicurezza urbana e la riqualificazione delle periferie, il quale metteva a disposizione delle città italiane 1,6 miliardi di euro da erogare su singoli progetti presentati dai comuni interessati, attraverso la firma di convenzioni con la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    il giorno 18 dicembre 2017 il comune di Cuneo, nella persona del sindaco Federico Borgna, ha firmato presso Palazzo Chigi la convenzione per il sostegno a 19 progetti fra cui la trasformazione di Piazza d'Armi in parco urbano della città, la riqualificazione di Piazza Europa, la costruzione di piste ciclabili, la riqualificazione di Cascina Vecchia, l'implementazione della smart city, interventi nei quartieri della parte sud della città, come Gramsci, Donatello, Sanpaolo, per un ammontare di risorse pari a circa 17,2 milioni di euro, i quali agendo da leva finanziaria avrebbero mobilitato altri 2,25 milioni a carico del comune di Cuneo e quasi altri 10 milioni a carico di privati;
    tali progetti, in virtù dell'emendamento approvato sul decreto in discussione, risulterebbero inevitabilmente bloccati, mettendo a rischio anche le ulteriori risorse connesse, inficiando la programmazione economica degli enti locali e prestandosi all'eventualità di contenzioso amministrativo e costituzionale;
    nella serata del giorno 11 settembre, al termine di un incontro fra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Presidente ANCI Antonio Decaro, è stato annunciato che i fondi saranno stanziati nell'arco di un triennio sulla base delle effettive necessità dei comuni;
    appare legalmente infondata la possibilità di stabilire nuove graduatorie sulla base del criterio, difficilmente misurabile, di una «effettiva necessità» per fondi la cui erogazione è già stata decisa attraverso la firma di apposite convenzioni fra i comuni e la Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base di un bando le cui procedure sono state già espletate,

impegna il Governo

ad erogare nel più breve tempo possibile al comune di Cuneo e a tutti i comuni italiani che hanno firmato con la Presidenza del Consiglio dei ministri le convenzioni strette sulla base del Bando per la sicurezza urbana e la riqualificazione delle periferie i fondi necessari all'avvio e alla realizzazione dei progetti, nel rispetto del principio di legalità, di buon andamento, di efficienza e di efficacia dell'azione amministrativa, al fine del miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini italiani che nelle aree interessate vivono, studiano o lavorano, contribuendo all'aumento degli investimenti pubblici e alla crescita del Paese.
9/1117-A/122Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Belluno;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Belluno.
9/1117-A/123Colaninno, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Ravenna;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Ravenna.
9/1117-A/124Pagani, Sgarbi.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Cesena;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Cesena.
9/1117-A/125Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Cremona;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Cremona.
9/1117-A/126Pizzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame è finalizzato a prorogare termini previsti da disposizioni legislative riguardanti numerosi ambiti materiali;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non sono incluse diverse e importanti norme in materia di ammortizzatori sociali, alcune delle quali hanno consentito di affrontare situazioni di crisi economica preservando il tessuto occupazionale e sociale dei territori;
    tra queste, notevole rilevanza rivestono le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori operanti nelle aree di crisi industriale complessa riconosciute ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la possibilità di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente;
    tale norme, come detto, stanno consentendo di garantire il completamento dei piani occupazionali delle imprese e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori impegnati presso le predette aree di crisi industriale complessa;
    la mancata proroga della disposizione in oggetto, prevista dagli articoli 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rischia di interrompere il processo di riqualificazione economica e sociale dei territori interessati;
    in particolare, si reputa necessario operare al fine di prorogare l'efficacia delle predette norme in riferimento all'area di crisi industriale di Terni-Narni,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia delle disposizioni che consentono ai lavoratori dell'area di crisi industriale complessa di beneficiare di ulteriori interventi di integrazione salariale straordinaria rispetto alla legislazione vigente, con particolare riferimento all'area di Terni- Narni.
9/1117-A/127Bazoli.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Pavia;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Pavia.
9/1117-A/128Pollastrini.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Viterbo;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Viterbo.
9/1117-A/129Prestipino.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto del comune di Verona;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito Democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Verona.
9/1117-A/130Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole il Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei progetti presentati dai comuni di Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo Valentia e dalla città metropolitana di Reggio Calabria;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalle convenzioni stipulate con i comuni di Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo Valentia e con la città metropolitana di Reggio Calabria.
9/1117-A/131Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca di proroghe di termini relative a un ampio ventaglio di materie, negli ambiti più svariati, e contiene diverse norme di natura finanziaria;
    non vi sono norme specifiche sul Mezzogiorno, un'area ancora fortemente penalizzata da ritardi infrastrutturali e disoccupazione;
    inoltre, per le modalità con cui è strutturato il meccanismo del fondo di solidarietà comunale, nella formula di determinazione di trasferimenti comunali, i fabbisogni standard e le capacità fiscali pesano soltanto per una quota minoritaria, mentre il peso preponderante, nei fatti, è attribuito ai trasferimenti storici;
    in questo modo le zone rimaste «indietro», per lo più al Sud d'Italia, sono condannate a vivere tale arretramento, dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si concretizzano non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata, per cui laddove si è speso poco si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario;
    per la ripartizione delle risorse del fondo perequativo si utilizza, dunque, l'inconcepibile criterio della spesa storica che premia proprio chi, potendo spendere di più grazie agli introiti delle imposte comunali, ha storicamente più servizi da offrire ai propri cittadini;
    il meccanismo delineato, quindi, tenderebbe a riconoscere maggiori fabbisogni ai comuni con maggiore spesa, sotto l'ipotesi che questi siano anche i comuni con il maggior numero di servizi offerti, e tale fattispecie si verifica principalmente nel caso dei servizi sociali,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a prevedere, nella ripartizione delle risorse del fondo di solidarietà comunale, la definizione di specifici criteri volti a incrementare progressivamente il peso della componente perequativa rispetto a quella compensativa storica, al fine di rovesciare il meccanismo vigente secondo il quale si attribuiscono maggiori risorse alle amministrazioni che offrono maggiori quantità di servizi.
9/1117-A/132Santelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il provvedimento reca disposizioni che intervengono su numerosi ambiti materiali con la finalità di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti ovvero di operare comunque interventi regolatori di natura temporale;
    il comma 3-quater, introdotto al Senato e poi modificato nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, interviene su una disposizione transitoria prevista dall'articolo 5 del decreto-legge n. 73 del 2017 (legge n. 119 del 2017) che aveva stabilito la possibilità, per dimostrare l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, di presentare presso i servizi educativi e le scuole per l'infanzia, incluse le private non paritarie, una dichiarazione sostitutiva della documentazione originale. La nuova disposizione, ha prorogato la possibilità di presentare la dichiarazione sostitutiva al presente anno scolastico 2018/2019, oltre che al calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi dei centri di formazione professionale 2018/2019; ha inoltre fissato il 10 marzo 2019 come nuovo termine di presentazione della documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni;
    con l'inizio del nuovo anno scolastico, tale situazione, dubbia e incerta, sta creando confusione tra gli addetti al settore e soprattutto tra i genitori;
    siamo di fronte a un rischio insicurezza per la salute dei nostri bambini, che non può essere sottovalutato o declassato a mero problema politico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare le opportune iniziative normative volte a ripristinare l'obbligo di presentare la certificazione della vaccinazione per l'iscrizione all'anno scolastico 2018-2019, sollevando da ogni valutazione in merito i presidi e i comuni.
9/1117-A/133Bellucci, Lucaselli, Rizzetto, Lollobrigida, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento presso le commissioni riunite I e V, la maggioranza di Governo ha soppresso la disposizione di cui all'articolo 6, comma 3-quinquies con l'intento, come espressamente dichiarato da autorevoli esponenti dello stesso Governo, di «porre rimedio» all'errore commesso dal Senato ove, su proposta dell'opposizione, era stato approvato un emendamento che apriva le fasce aggiuntive delle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui all'articolo 14, comma 2-ter del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, anche a tutti quei docenti che hanno conseguito l'abilitazione entro l'anno accademico 2017/2018, ivi inclusi i docenti in possesso di diploma magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 e d'insegnamento tecnico professionale;
    grazie alla suddetta soluzione di salvaguardia prevista dall'emendamento i docenti precari abilitati all'insegnamento, tutti già selezionati e formati all'uopo, sarebbero stati gradualmente assorbiti nei ruoli dello Stato, collocandosi sugli oltre 100.000 posti vacanti che ogni anno vengono quasi sempre assegnati ad un nuovo supplente, minando così la continuità didattica e l'organizzazione scolastico-amministrativa;
    già all'indomani della sua approvazione l'emendamento aveva alimentato tra i diretti interessati molte aspettative ma, allo stesso tempo, anche molta confusione poiché risultava in contraddizione ed incompatibile con le disposizioni contenute in un altro provvedimento recentemente varato dal Parlamento come il decreto-legge n. 87 del 2018 (c.d. «decreto dignità»);
    la sua soppressione ad opera delle commissioni riunite I e V della Camera, comporta che per i diplomati magistrali entro l'anno 2001/2002, che da tempo attendono una soluzione alla loro travagliata vicenda giudiziaria, resta pertanto in vigore quanto previsto dal suddetto «decreto dignità», ovvero il mantenimento della nomina in servizio fino al termine dell'imminente anno scolastico 2018/2019 ed il contestuale avvio di un concorso riservato (a cui potranno accedere anche i laureati in scienze della formazione primaria) per chi abbia svolto almeno due anni di servizio presso le scuole statali;
    è risaputo che le misure contenute nel decreto dignità non risolvono il loro problema rendendo, anzi, la loro posizione ancora più precaria, dal momento che prevedono la stipula di contratti, anche per gli insegnanti già passati di ruolo, con il termine del 30 giugno 2019: una soluzione che, al contrario, risulta poco dignitosa per i tanti docenti che aspettavano una risposta definitiva dal nuovo Governo, ma che di fatto il 30 giugno 2019 ne licenzia alcune migliaia di loro già arruolati;
    di più. Il c.d. decreto-dignità non offre una risposta adeguata ad un altro problema: la gestione degli incarichi di supplenza al 30 giugno ed al 31 agosto, che fino ad oggi sono stati attribuiti dagli uffici scolastici territoriali tramite le graduatorie ad esaurimento. Quando le GAE in molte province, soprattutto del nord Italia, si svuoteranno per effetto dell'esecutività delle sentenze, questi incarichi di supplenza ricadranno nella competenza delle scuole e delle graduatorie d'istituto, con conseguente sovraccarico di lavoro per le segreterie e frammentazione delle procedure di nomina;
    di contro, l'attuale fase avrebbe richiesto, anche al fine di abbattere il fenomeno della «supplentite» di cui è afflitto il sistema scolastico, il varo di un piano straordinario di stabilizzazione che permetta di assumere personale docente su quei posti sui quali da anni oramai si avvicendano lavoratori precari, e quindi di ridurre l'attuale forbice tra organico di diritto e organico di fatto;
    la soppressione tout-court della disposizione di cui al suddetto comma 3-quinquies dell'articolo 6 del provvedimento, lasciando campo libero a quanto stabilito dal decreto dignità, determinerà l'effetto di avviare il primo licenziamento di massa dalla scuola pubblica. Infatti circa 7.000 insegnanti diplomati magistrali ed altre figure di abilitati già assunte vedranno scadere il contratto di lavoro il 30 giugno 2019, e circa 45.000 insegnanti verranno espulsi dalle graduatorie ad esaurimento e vedranno sfumare la possibilità di prestare supplenze annuali con contratti a tempo determinato,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento che consenta a tutti a coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento entro l'anno accademico 2017/2018, ivi inclusi i docenti in possesso di diploma magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 e d'insegnamento tecnico professionale, di accedere alle fasce aggiuntive delle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui all'articolo 14, comma 2-ter del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, come convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14.
9/1117-A/134Fratoianni, Fornaro, Fassina, Bersani, Boldrini, Conte, Epifani, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, con i commi da 01 a 04, introdotti durante l'esame al Senato, interviene sulle modalità di utilizzo delle risorse del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (meglio noto come Fondo periferie). Nello specifico, il comma 02 dispone che l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sia differita all'anno 2020. Conseguentemente, le amministrazioni competenti provvedono, ferma rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo sviluppo e coesione;
    il Fondo in questione è stato istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della citata legge n. 232 del 2016 che stabilisce: «Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un apposito fondo da ripartire, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, anche al fine di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea, nei settori di spesa relativi a: a) trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie; b) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; c) ricerca; d) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche; e) edilizia pubblica, compresa, quella scolastica; f) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni; g) informatizzazione dell'amministrazione giudiziaria; h) prevenzione del rischio sismico; i) investimenti per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia; l) eliminazione delle barriere architettoniche. L'utilizzo del fondo di cui al primo periodo è disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data dell'assegnazione; decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza del predetto parere. Con i medesimi decreti sono individuati gli interventi da finanziare e i relativi importi, indicando, ove necessario, le modalità di utilizzo dei contributi, sulla base di criteri di economicità e di contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, con la Cassa depositi e prestiti Spa e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.»;
    le posizioni critiche espresse in maniera pressoché unanime da tutti i comuni italiani rispetto alle modifiche intervenute sulle modalità di utilizzo delle risorse del c.d. Fondo periferie mettono, tra l'altro, in evidenza il grave vulnus inferto alla piena attuazione del principio costituzionale della sussidiarietà;
    in vero, le disposizioni in esame determinano un secco taglio di risorse a carico degli enti territoriali per investimenti già destinati per progetti in delicati settori, senza prevederne la loro rimodulazione nel tempo successivo. Non è prevista, infatti, alcuna copertura finanziaria per la maggiore spesa che si verrebbe a determinare con lo spostamento di risorse da un periodo all'altro;
    si tratta spesso di progetti molto rilevanti, recanti per lo più interventi nel campo, ad esempio, dell'edilizia residenziale pubblica, che rappresenta nel nostro Paese una vera e propria emergenza sociale. L'Italia ha, infatti, circa un quarto dell'offerta di edilizia residenziale pubblica rispetto alla media europea;
    la disposizione sembra, in realtà, rispondere alla necessità di ottemperare a quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale che impone lo sblocco degli avanzi di amministrazione degli esercizi precedenti, provvedendo ad allocarli in un Fondo ad hoc istituito per favorire gli investimenti delle città metropolitane, delle province e dei comuni;
    appare evidente che la facoltà di utilizzare gli avanzi di amministrazione andrà prevalentemente a vantaggio dei comuni del Nord laddove i progetti di riqualificazione delle periferie urbane hanno come potenziali beneficiari soprattutto i comuni del Centro-Sud; spostare queste risorse dal Fondo periferie, che è distribuito in modo simmetrico rispetto alla dimensione territoriale del nostro Paese, al Fondo per finanziare gli avanzi di amministrazione significa che queste risorse andranno prevalentemente, larghissimamente, ai comuni del centro-nord. Infatti l'80 per cento degli avanzi di amministrazione riguarda i comuni del centro-nord. Si compie pertanto un'operazione di redistribuzione territoriale,

impegna il Governo

a prevedere, preferibilmente già con la prossima legge di bilancio, interventi atti ad implementare la bassa capacità di spesa attualmente registrata da parte degli enti locali e territoriali, e a stanziare le risorse compensative per finanziario sblocco degli avanzi di gestione.
9/1117-A/135Fassina, Fornaro, Bersani, Boldrini, Conte, Epifani, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di prima lettura in Aula, al Senato, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 fu approvato un emendamento all'articolo 6 diventato il comma 3-octies;
    il comma disponeva la proroga all'anno scolastico 2019-2020 del divieto di accesso ai servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia sia pubbliche che private per i minori che non avevano adempiuto agli obblighi di vaccinazioni disposto dall'articolo 3, comma 3, primo periodo del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 2017, n. 119;
    tale emendamento ha ricevuto fortissime critiche in particolare da parte dei presidi e pediatri che denunciavano i rischi derivanti dalla disposizione di cui all'articolo 6 comma 3-octies approvato dal Senato;
    in sede di esame alla Camera i Relatori dell'AC 1117 hanno presentato un emendamento, approvato, previa soppressione del comma 3-octies, il comma 3-quater dell'articolo 6, che prevede, in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva, che questa deve essere confermata da una documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie da presentare entro il 10 marzo 2019;
    quello dei vaccini è un tema di assoluta delicatezza che attiene al diritto alla salute a partire da quella dei bambini e non può esserci sul tema alcuna forma di deroga rispetto a vaccinazioni rese obbligatorie e previste dai piani nazionali di vaccinazione e finanziati nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza;
    la Corte costituzionale con sentenza 5 del 2018 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale da parte della Regione Veneto in materia di obbligo di vaccinazione,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni del provvedimento, al fine di adottare le ulteriori iniziative normative volte ad anticipare la data del 10 marzo 2019, al 30 novembre 2018, quale termine per presentare la documentazione attestante quanto dichiarato in sede di dichiarazione sostitutiva di adempimento agli obblighi di vaccinazione;
   a verificare che la documentazione attestante l'effettuazione delle vaccinazioni si riferisca a vaccinazioni effettuate entro il 10 settembre 2018;
   a presentare alle competenti commissioni parlamentari una relazione mensile relativa al monitoraggio delle dichiarazioni attestanti l'effettuazione delle vaccinazioni effettivamente presentate e la ripartizione territoriale delle stesse;
   a procedere in tempi rapidi alla istituzione della anagrafe nazionale dei vaccini in quanto strumento indispensabile.
9/1117-A/136Rostan, Fornaro, Bersani, Boldrini, Conte, Epifani, Fassina, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Speranza, Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge attualmente al nostro esame, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, reca all'articolo 3, commi 1-bis e 1-ter alcune norme di proroga di termini in materia di energia;
    si ricorda che l'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79, come modificato da ultimo dall'articolo 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, prevede al comma 1, una gara ad evidenza pubblica per le concessioni idroelettriche già scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2017 e una proroga di diritto fino al 31 dicembre 2017;
    il citato articolo, al comma 2, prevedeva altresì che il MISE, di concerto con il Ministero dell'ambiente determinasse con proprio provvedimento entro il 30 aprile 2012 i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara;
    questo decreto ministeriale non è mai stato emanato. Alla stato risulta in atto una procedura d'infrazione dalla C.E;
    entro il termine, già ampiamente scaduto, del 31 dicembre 2017 non sarebbe più stato tecnicamente fattibile emettere il decreto interministeriale di cui sopra, bandire le gare ad evidenza pubblica e fare l'aggiudicazione. Servono almeno da 3 a 5 anni per l'individuazione del vincitore della procedura concorrenziale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in una prossima iniziativa legislativa, di fissare quanto prima il termine entro il quale il MISE sia tenuto a determinare, con proprio provvedimento, i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara e al fine di consentire la ricognizione dello stato di fatto delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con l'obiettivo di ultimare le gare ad evidenza pubblica entro il 31 dicembre 2022.
9/1117-A/137Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, reca all'articolo 6, comma 3-quater la proroga della disposizione transitoria prevista dall'articolo 5 del decreto-legge 73/2017 che consentiva la presentazione presso gli istituti scolastici di una dichiarazione sostitutiva – cosiddetta autocertificazione – dell'avvenuta vaccinazione dello studente,

impegna il Governo

a far sì che il Ministero della Salute promuova controlli sistematici per verificare la veridicità dell'autocertificazione e una congrua composizione delle classi, sia nella scuola dell'infanzia che nella scuola dell'obbligo, oltre a controlli delle scuole private ed a un monitoraggio in relazione al tempestivo scambio di dati tra Asl e scuole nelle regioni in cui questo è tecnicamente possibile.
9/1117-A/138Lorenzin, Toccafondi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto del contenuto del presente provvedimento in materia di elezione dei Presidenti di Provincia, che stabilisce alla data del 31 ottobre il termine entro il quale provvedere secondo i disposti della legge Delrio al rinnovo dei vertici delle Province italiane;
    preso atto di quanto rappresentato in sede di audizione dall'Unione delle Province Italiane (UPI), che ha spiegato come tale disposizione crea un disallineamento tra il rinnovo del Presidente di Provincia e il rinnovo dei Consigli Provinciali, che in 34 province italiane è già stato previsto per il gennaio 2019;
    che appare incongruo e inopportuno una simile disallineamento, che crea in un terzo delle province italiane una situazione di in gestibilità e di mancanza di equilibrio di poteri,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare nel più breve tempo possibile un correttivo legislativo finalizzato ad allineare al 31 gennaio 2019 il rinnovo di tutti i Presidenti e i Consigli Provinciali italiani.
9/1117-A/139Enrico Borghi, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca di proroghe di termini relative a un ampio ventaglio di materie, negli ambiti più svariati, e contiene diverse norme di natura finanziaria;
    nessuna norma finanziaria introdotta recupera il fondamentale principio di riequilibrio territoriale (34 per cento di spesa pubblica ordinaria in conto capitale da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno), introdotto dal primo decreto Mezzogiorno del governo Gentiloni (di 243/2016);
    in particolare, l'articolo 13, commi 1-bis e 1-ter, interviene – sulla disciplina sugli spazi finanziari attribuiti alle regioni, prevista dalla legge di bilancio per il 2017, disponendo la ripartizione tra le regioni a statuto ordinario degli spazi finanziari per il 2018 e il 2019 già previsti dalla normativa vigente (comma 495 dell'articolo 1 della legge n. 232/2016) nel limite di 500 milioni di euro annui. Nell'ambito di tale somma, alle Regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno sono riservati per ciascuna programmazione 145 milioni e 622 mila euro. Che equivalgono a poco più del 28 per cento;
    nel corso del dibattito, sono state respinte diverse proposte emendative del Gruppo Forza Italia, che miravano ad introdurre chiaramente il principio di riequilibrio territoriale per il riparto di fondi per edilizia scolastica, trasporto locale, investimenti;
    il Ministro per il Sud ha più volte – anche recentemente – dichiarato che avrebbe garantito una «clausola di salvaguardia» per la spesa pubblica al Mezzogiorno, individuando la percentuale minima nel 34 per cento delle risorse. Tra l'altro si tratta della percentuale della popolazione che risiede nel Mezzogiorno, e costituisce quindi una misura di equità;
    ogni cittadino deve essere uguale nei confronti dello Stato e lo Stato deve assicurare a ciascuno lo stesso livello di prestazioni e possibilità; lo stesso articolo 119 della Costituzione, nel riconoscere la piena autonomia finanziaria di comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, prevede l'istituzione di un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di tipo normativo, per offrire concreta applicazione al principio di riequilibrio territoriale di cui dell'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, garantendo alle regioni del Mezzogiorno l'assegnazione del 34 per cento di spesa pubblica ordinaria in conto capitale.
9/1117-A/140Carfagna, Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame reca di proroghe di termini relative a un ampio ventaglio di materie, negli ambiti più svariati, e contiene diverse norme di natura finanziaria;
    nel corso del dibattito, si è discusso in merito ad un'eventuale proroga del termine di durata delle concessioni di commercio su aree pubbliche, nonché delle concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto, in scadenza al 31 dicembre 2020;
    il tema è legato all'applicazione della direttiva Bolkestein, e alla necessaria esclusione della materia delle concessioni di beni demaniali e del patrimonio dello Stato e degli enti pubblici territoriali dall'applicazione della direttiva 2006/123/ CE. Le attività svolte nell'ambito di tali concessioni non sono semplici attività economiche di carattere imprenditoriale o professionale, svolte senza vincolo di subordinazione, dirette alla fornitura di servizi (e quindi rientranti in astratto nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein). Nel caso di specie, in particolare per il comparto balneare, i soggetti coinvolti sono investiti anche di una fondamentale funzione di controllo e di tutela del bene demaniale affidato e della sicurezza degli utenti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per modificare il decreto legislativo n. 59 del 2010, che ha recepito la direttiva 2006/123/CE, escludendo il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della stessa, ovvero a delimitarne l'applicazione mediante l'individuazione di criteri per la concessione delle autorizzazioni, che tengano conto delle diverse caratteristiche e dimensioni degli operatori, al fine di contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, e a tutela dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante e degli operatori intestatari delle licenze e che lavorano direttamente o con personale dipendente nei mercati;
   ad assumere iniziative per ottenere, nell'ambito della direttiva Bolkestein, una deroga in favore delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, in modo da escluderle dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE, anche alla luce del fatto che tali concessioni si configurino più come «beni» che come «servizi»;
   in relazione alla normativa di applicazione della direttiva Bolkestein, ad assumere iniziative per prevedere una ulteriore proroga delle concessioni in essere.
9/1117-A/141Bergamini, D'Attis.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca «Proroghe di termini previsti da disposizioni legislative»;
    ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291 è stato costituito il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo; con decreto interministeriale 7 aprile 2016, n. 95269 del 21 maggio 2016, in attuazione degli articoli da 26 a 40 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, il richiamato Fondo speciale ha assunto la denominazione di «Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale»;
    ai sensi dei commi 47 e 48 dell'articolo 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, intervenuti sulle disposizioni dell'articolo 6-quater, decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, fino al 31 dicembre 2018 le somme derivanti dall'addizionale comunale sui diritti di imbarco sono destinate ad alimentare il predetto Fondo;
    a decorrere dal 1o gennaio 2019 le medesime risorse sono invece sono riversate alla generale gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS, di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni;
    il Fondo eroga una integrazione dei trattamenti di mobilità, cassa integrazione e guadagni straordinaria, cassa integrazione in deroga e solidarietà, sono destinatari della prestazione integrativa sia il personale di volo (piloti e assistenti di volo), sia il personale di terra;
    la crisi del settore aereo stenta a ridursi e nello specifico quella della compagnia Alitalia appare ancora di là dall'essere risolta, anche solo in via teorica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare le modalità di finanziamento del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale almeno fino alla fine dell'anno 2019.
9/1117-A/142Sozzani.


   La Camera,
   premesso che:
    a decorrere dal 1o luglio 2018, tutti i datori di lavoro privati avrebbero dovuto obbligatoriamente adottare metodologie di corresponsione delle retribuzioni ai propri dipendenti attraverso bonifico, assegno o altro strumento di pagamento elettronico comunque tracciabile;
    conseguentemente, al momento, effettuare pagamenti diretti per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore comporta pesanti sanzioni amministrative (da 1.000 a 5.000 euro);
    in considerazione delle conseguenze che l'introduzione di questa procedura avrebbe comportato dal punto di vista operativo sui datori di lavoro privati, la legge n. 205 del 2017 che ha introdotto l'obbligo di tracciabilità dell'erogazione delle retribuzioni, aveva contestualmente previsto la messa in atto di una serie di azioni informative da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri al fine di promuovere la conoscenza e la corretta attuazione delle nuove disposizioni;
    tali azioni avrebbero dovuto coinvolgere Governo, associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, ABI e Poste italiane mediante la sottoscrizione di una convenzione sulla materia in esame;
    tale convenzione, così come la campagna informativa che non sono stati mai posti in essere nonostante sia evidente quanto sia necessario informare capillarmente tutti i soggetti interessati, anche per dare loro il tempo necessario per i conseguenti adeguamenti organizzativi, al fine dell'applicazione della norma,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in considerazione degli effetti dell'applicazione delle disposizioni in premessa e alla luce delle pesanti sanzioni in esse previste che determinerebbero forti difficoltà per il mondo agricolo, di prevedere l'adozione di misure volte a definire una proroga dell'applicazione della norma e avviare, allo stesso tempo, la campagna informativa di cui in premessa.
9/1117-A/143Anna Lisa Baroni, Nevi, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 199 del 2016, all'articolo 8, comma 2, prevede che, nelle more dell'attuazione del Libro unico del lavoro (LUL) di cui all'articolo 39 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, l'adattamento del sistema Uniemens al settore agricolo abbia effetto sulle retribuzioni dovute a partire dal mese di gennaio 2018;
    ai sensi del decreto legislativo n. 151 del 2015 il Libro Unico del Lavoro deve essere tenuto in modalità telematica, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a decorrere dal 1o gennaio 2019;
    ad oggi non è stato ancora emanato il decreto del Ministro del lavoro, previsto dallo stesso decreto legislativo n. 151 del 2015 con cui si sarebbero dovute definire le modalità tecniche e organizzative per la tenuta del Libro unico del lavoro (interoperabilità, tenuta, aggiornamento, conservazione dei dati);
    tale circostanza determina conseguenze dirette anche sul settore agricolo le cui imprese non possono organizzare la tenuta telematica del Libro unico del lavoro (LUL) e conseguentemente non possono predisporre gli adempimenti previsti dalla legge n. 199 del 2016, con effetto sulle retribuzioni dovute a partire dal mese di gennaio 2019;
    il passaggio dal LUL cartaceo al LUL telematico rappresenta un adeguamento del tutto innovativo per le imprese in generale e per quelle agricole in particolare, per cui, anche al fine di evitare difficoltà di gestione sarebbe opportuno prevedere un tempo ragionevolmente adeguato per l'adattamento alle nuove modalità;
    il mancato coordinamento tra entrata in vigore del LUL telematico ed il passaggio all'Uniemens comporterebbe, per le imprese agricole, un duplice processo di adeguamento in quanto le imprese agricole si dovrebbero adattare prima all'Uniemens, per poi doverlo sostituire col LUL telematico con relative maggiori difficoltà e costi doppi per l'aggiornamento delle procedure,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la posticipazione dell'entrata in vigore delle disposizioni succitate a decorrere dal 1o gennaio 2020 al fine di offrire ai soggetti coinvolti un adeguato periodo transitorio.
9/1117-A/144Sandra Savino, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 161 del 2017 recante modifiche al codice delle leggi antimafia ha previsto l'obbligatorietà di presentazione della documentazione antimafia su tutti i terreni agricoli e zootecnici demaniali che usufruiscono di regimi di sostegno della politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei;
    la legge è entrata in vigore il 20 novembre 2017 e ha richiesto agli organismi pagatori la gestione, nel breve periodo, di più di un milione di certificazioni antimafia con conseguenti ripercussioni negative e immediate sui termini di pagamento stabiliti dalla normativa dell'Unione europea per le erogazioni agricole;
    per far fronte alle richieste provenienti dal settore agricolo e al fine di evitare il blocco delle erogazioni, il legislatore è intervenuto prevedendo nella legge di bilancio 2018 la proroga al 31 dicembre 2018 dell'applicazione della norma in materia di documentazione antimafia per i terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro,

impegna il Governo

stante la difficoltà degli uffici delle Prefetture e degli organismi pagatori a gestire le pratiche relative alla documentazione antimafia e il rischio concreto di un blocco delle erogazioni stante il numero ingente dei terreni agricoli che usufruiscono di importi di erogazione inferiore ai 25.000 euro, a valutare l'opportunità, sulla base del monitoraggio degli effetti che una mancata evasione di tutte le procedure comporterebbe per il settore agricolo coinvolto, di adottare misure di sostegno agli uffici coinvolti e/o di differimento dei termini previsti dalla legge di bilancio 2018.
9/1117-A/145Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento al Senato è stata introdotto, con un emendamento, il comma 3-octies dell'articolo 6 volto a prevedere la proroga dell'applicazione della norma di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 73 del 2017, in materia di obbligo vaccinale quale requisito necessario per l'ammissione alla scuola dell'infanzia e ai servizi educativi;
    nel corso dell'esame del provvedimento in Commissioni I e V della Camera, è stato presentato un emendamento dei relatori soppressivo della suddetta norma di proroga;
    successivamente, sempre nel corso dell'esame nelle Commissioni I e V, è stato presentato un ulteriore emendamento dei Relatori sostitutivo della disposizione di cui al comma 3-octies dell'articolo 6, volto a introdurre la proroga dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, dello stesso decreto-legge n. 73 del 2017, in materia di ammissione ai servizi educativi e alla scuola dell'infanzia a fronte della presentazione di una dichiarazione sostitutiva dell'avvenuto rispetto dell'obbligo vaccinale;
    la previsione nel decreto-legge n. 73 del 2017 di una fase transitoria nel corso della quale i genitori dei bambini 0-6 anni avrebbero potuto presentare una certificazione sostitutiva, che andava confermata con presentazione di documentazione ufficiale entro marzo 2018, si era resa necessaria in quanto il decreto-legge vaccini è stato adottato in un periodo dell'anno in cui solitamente le iscrizioni sono già state effettuate e si poneva la necessità di un intervallo di tempo per regolarizzare la posizione che probabilmente le Asl e le istituzioni scolastiche non avrebbero potuto rispettare;
    lo stesso decreto-legge n. 73 del 2017 prevede, all'articolo 4-bis, comma 1, l'istituzione dell'anagrafe nazionale vaccini che, ad oggi, non è stata ancora istituita,

impegna il Governo:

   a prevedere interventi volti, contestualmente: a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa al fine di ridurre l'intervallo di tempo oggetto di proroga adottando tutte le misure necessarie a rendere operative le strutture sanitarie coinvolte affinché sia possibile ricevere in tempi reali la certificazione di avvenuta vaccinazione;
   a velocizzare le procedure per l'istituzione dell'anagrafe nazionale vaccini;
   ad adottare misure di salvaguardia nei confronti dei dirigenti scolastici cui spetta di verificare la regolarità della documentazione relativa al rispetto degli obblighi vaccinali.
9/1117-A/146Marin, Gelmini, Aprea, Casciello, Marrocco, Palmieri, Saccani Jotti, Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento nelle Commissioni di merito I e V sono stati presentati e approvati due emendamenti (6.62 e 6.64) dei relatori che prorogano all'anno scolastico 2019/2020 l'applicazione delle disposizioni in materia di valutazione della partecipazione alle prove INVALSI dell'ultimo anno e dello svolgimento dell'attività di alternanza scuola-lavoro quali requisiti necessari per l'ammissione dei candidati all'esame di Stato;
    sia l'alternanza scuola-lavoro che la valutazione hanno introdotto nel sistema scolastico italiano, un processo di innovazione didattica sui quali si è deciso di intervenire nell'ambito dell'esame di un provvedimento di natura e competenza estranee alla disciplina dell'istruzione;
    il sistema di valutazione introdotto con l'INVALSI consente da una parte l'adozione di strumenti di misurazione oggettiva degli apprendimenti, a livello nazionale, in una situazione attuale che, sulla base di fonti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, vede il 96 per cento dei candidati scrutinati e il 99,6 per cento di promossi, e dall'altra parte fornisce gli strumenti per la realizzazione di percorsi di orientamento personalizzato finalizzati anche a scongiurare la disoccupazione giovanile;
    un sistema di misurazione del profitto meriterebbe, accanto alla valutazione formativa dei docenti, una valutazione nazionale finalizzata al controllo delle conoscenze/abilità e competenze in uscita della popolazione scolastica, in relazione sia ai risultati attesi a fronte delle risorse pubbliche impegnate che, soprattutto, per decidere quali investimenti adottare nel campo dell'istruzione sulla base di dati comparati e periodicamente rilevati;
    il testo della norma inerente l'alternanza scuola-lavoro fa esplicito riferimento ad una imminente revisione della disciplina complessiva di questo istituto che ha impegnato e impegna progettualità e risorse pubbliche da molti anni e che richiederebbe per essere modificate, rapporti, monitoraggi, misurazioni di efficacia, indicatori di successo e/o di criticità;
    l'alternanza scuola-lavoro è stata introdotta in Italia già in ritardo rispetto agli altri Paesi più avanzati e rappresenta, nell'ambito del percorso educativo e formativo, un fondamentale momento di intersezione della scuola con il mondo del lavoro che permette alle ragazze e ai ragazzi di crescere e di orientarsi con maggiore facilità, entrando in contatto nel concreto con le proprie ambizioni e di esplicitare le proprie abilità e competenze;
    il sistema va certamente migliorato ma non ridotto ed è necessario riflettere soprattutto sulle buone pratiche che sono state messe in campo e contemporaneamente individuare i problemi che sono sorti,

impegna il Governo:

   a prevedere che l'annunciato intervento di modifica della revisione della disciplina in materia di alternanza scuola-lavoro sia finalizzato ad un rafforzamento dell'istituto e ad un ampliamento della sua adozione sulla base anche delle buone pratiche già attive sul territorio nazionale e che, così come qualsiasi altro intervento in materia di istruzione, sia individuato e definito confrontandosi con le commissioni parlamentari competenti nonché con gli attori direttamente coinvolti quali istituzioni scolastiche, rappresentanti degli enti locali e del mondo imprenditoriale;
   a non interrompere il processo di innovazione legato al sistema di valutazione nazionale, con particolare riferimento alla misurazione degli esiti in uscita della popolazione scolastica che appare di fondamentale importanza e indispensabile non solo a livello nazionale ma anche ai fini della realizzazione delle analisi comparate con gli altri Paesi europei e dell'OCSE;
   ad avviare attività di monitoraggio, misurazioni di efficacia, indicatori di successo e/o di criticità e a predisporre, soprattutto nell'ambito del confronto con il Parlamento e al fine di individuare interventi mirati e investimenti adeguati da parte del legislatore, rapporti di sintesi sull'andamento dell'alternanza scuola-lavoro e del sistema di valutazione.
9/1117-A/147Aprea, Casciello, Marin, Marrocco, Palmieri, Saccani Jotti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018 n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni previste da disposizioni legislative;
    l'articolo 13, comma 2 del provvedimento in esame prevede la sospensione fino al 2020 dell'efficacia delle convenzioni del cosiddetto bando periferie per i 96 soggetti beneficiari per un totale di 1 miliardo e 600 milioni di euro;
    l'ANCI Nazionale, nel corso dell'audizione nelle Commissioni riunione I e V della Camera dei deputati del 4 settembre 2018 ha chiesto l'abrogazione della norma che unilateralmente sospende gli effetti giuridici di convenzioni che hanno già prodotto effetti a decorrere dalla data di registrazione da parte della Corte dei conti, sostenendone l'illegittimità costituzionale e paventando l'esistenza di profili di danno erariale a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri ed il rischio di contenziosi dinanzi al TAR promossi dagli enti beneficiari del finanziamento;
    rilevato che i 96 progetti oggetto delle relative convenzioni coinvolgono 326 comuni di cui 239 in 9 Città Metropolitane, per un totale di 1.625 interventi, 2 miliardi e 700 milioni di valore complessivo e 20 milioni di euro;
    che in data 11 settembre il Presidente dell'ANCI – con una folta delegazione di Sindaci – ha incontrato il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, che ha assicurato di voler intervenire al più presto, entro dieci giorni, con un decreto-legge che renda nuovamente efficaci le 96 convenzioni e individui un percorso per il finanziamento dei progetti in fase avanzata, come da cronoprogrammi, nonché dei progetti assistiti da co-finanziamenti privati, assicurando altresì di voler sanare la parziale illegittimità costituzionale dell'articolo 1 comma 140 della legge di bilancio n. 232 del 2016 acquisendo la mancata intesa nella prima Conferenza Unificata utile di settembre,

impegna il Governo

ad adottare, alla luce di quanto descritto in premessa, con la massima sollecitudine, ogni iniziativa normativa finalizzata ad introdurre una disposizione che ripristini il finanziamento dei 96 progetti del cosiddetto bando periferie, avviando contestualmente un monitoraggio sullo stato di avanzamento dei singoli interventi finalizzato ad una programmazione più efficace della spesa, attraverso il Comitato di Monitoraggio già previsto nelle Convenzioni sottoscritte.
9/1117-A/148Pella, Occhiuto, Prestigiacomo, Mandelli, D'Attis, D'Ettore, Paolo Russo, Cannizzaro, Sisto, Calabria, Milanato, Ravetto, Santelli, Silli, Sorte, Tartaglione, Nevi, Germanà, Fiano.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'articolo 1, comma 2, dispone che le elezioni dei presidenti di provincia e dei Consigli provinciali, il cui mandato sia in scadenza, si svolgano in una unica tornata il 31 ottobre 2018 (election day);
    si prevede inoltre che, in tale quadro, abbiano luogo contestualmente le elezioni del rispettivo consiglio provinciale o presidente di provincia, qualora sia in scadenza per fine mandato entro il 31 dicembre 2018. Solo per tale tornata elettorale sono eleggibili alla carica di presidente della provincia i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di 12 mesi dalle elezioni (in luogo della disciplina ordinaria che richiede che il mandato da sindaco scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni);
    ad essere interessati al rinnovo sono: a) i presidenti di provincia e i consigli provinciali il cui mandato scade tra la data di entrata in vigore del decreto-legge (26 luglio 2018) e il 31 ottobre 2018. Di conseguenza la durata dei relativi mandati è prorogata alla medesima data; b) i presidenti della medesima provincia in cui si tengono, ai sensi della lettera a), le elezioni o i consigli della stessa provincia in cui si svolgono elezioni ai sensi della lettera a), nel caso in cui il relativo mandato scada entro il 31 dicembre 2018;
    occorre però evidenziare che ad oggi, le scadenze dei mandati provinciali sono le seguenti: 47 presidenti di provincia scadono entro il mese di ottobre 2018, 12 consigli provinciali entro il 31 ottobre 2018, 15 consigli entro il 31 dicembre 2018, 43 consigli entro il gennaio 2019;
    il comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri ha spiegato che quest'intervento urgente di proroga degli organi di governo delle province è stato concepito «in attesa di una compiuta revisione della legge Delrio» e che ha l'obiettivo di semplificare le procedure e contenere i costi attraverso la previsione di un « election day» per le elezioni provinciali;
    stante le scadenze differenziate di presidenti di provincia e consiglio, è evidente che ciò non è realizzabile nella data del 31 ottobre, poiché la maggior parte delle province (43) delle regioni a statuto ordinario, in base alla disposizione introdotta, sarà costretta a convocare le elezioni per il rinnovo degli organi a ottobre (per il presidente della provincia) e a gennaio (per il consiglio provinciale) con una evidente duplicazione di procedure e di costi. Inoltre, la previsione dell’election day al 31 ottobre 2018 per le 15 province i cui consigli scadano entro il 31 dicembre 2018 comporta una interruzione anticipata del mandato che suscita dubbi di costituzionalità, soprattutto in mancanza di un intervento organico di revisione della legge n. 56 del 2014;
    la previsione di un « election day» nella giornata di domenica 25 novembre 2018 per tutte le province che devono procedere al rinnovo dei presidenti e dei consigli favorirebbe la partecipazione al voto dei sindaci e dei consiglieri del territorio e di concentrare in una sola data le elezioni contestuali per il rinnovo di tutti gli organi di governo in scadenza entro il 31 gennaio 2019. Inoltre si realizzerebbe l’election day nel rispetto di termini sostenibili per la presentazione delle liste (5 novembre 2018) e si risparmierebbero oltre 1,5 miliardi di euro evitando doppie elezioni a distanza di 80 giorni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti della disposizione richiamata in premessa al fine di prevedere che le elezioni dei presidenti di provincia e dei Consigli provinciali, il cui mandato sia in scadenza, si svolgano in una unica tornata il 25 novembre 2018.
9/1117-A/149D'Attis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame, prevede alcune misure per la proroga e l'estensione di termini in materia di eventi sismici, gran parte delle quali sono state introdotte durante l'esame del provvedimento al Senato;
    l'esame del testo alla Camera ha visto, invece, una totale chiusura da parte del Governo e della maggioranza ad accogliere qualunque altra norma che andasse incontro alle molte esigenze delle popolazioni dei territori colpiti dal sisma rimaste ancora in sospeso;
    Governo e maggioranza hanno perso un'altra occasione per prorogare la struttura commissariale e i circa 1000 contratti a tempo determinato di lavoratori impegnati anche sul territorio, rinunciando così a garantire da subito una indispensabile continuità d'azione,

impegna il Governo

a prendere quanto prima una decisione chiara sulla figura del commissario, superando l'attuale precarietà del regime di prorogatio, e ad intervenire al più presto sul piano normativo su temi di interesse centrale per le popolazioni colpite del terremoto, come quello della continuità della struttura commissariale, che scadrebbe il 31 dicembre 2018, e sui contratti dei lavoratori a tempo determinato, circa un migliaio, attualmente impegnati sull'emergenza nella struttura commissariale, negli Uffici speciali per la ricostruzione e nei comuni, e ai quali è necessario dare certezze professionali e continuità di servizio per i prossimi anni.
9/1117-A/150Baldelli, Nevi, Polidori, Martino, Rotondi, Spena, Polverini, Barelli, Battilocchio, Marrocco, Cortelazzo, Trancassini.


   La Camera,
   premesso che:
    con i commi da 179 a 186 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 (Stabilità 2017) è stata introdotta la misura sperimentale denominata Ape Sociale (anticipo pensionistico) consistente in una indennità erogata dall'INPS, a carico dello Stato, a quanti abbiano compiuto almeno 63 anni di età e si trovino in determinate condizioni come previste dalla medesima legge;
    l'Ape Sociale è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell'età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all'età per la vecchiaia di cui alla cosiddetta legge Fornero (articolo 24, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 2011);
    trattandosi di una misura sperimentale già al momento della sua introduzione il Governo si è espresso per un possibile prolungamento, anche in base alle rilevazioni e al monitoraggio degli effetti della misura stessa, successivamente al 31 dicembre 2018;
    secondo fonti giornalistiche e da svariate dichiarazioni rilasciate da membri del Governo in carica sarebbe previsto nel breve periodo un intervento di modifica dell'attuale disciplina pensionistica, non meglio specificata nei dettagli. In particolar modo, fatta salva la cosiddetta «quota 100» quale somma tra l'età contributiva e quella anagrafica, risulta che i rappresentanti dell'Esecutivo non hanno ancora individuato l'età di accesso alla pensione che oscillerebbe oggi tra 62 e 67 anni. Altresì, ad esclusione dell'età contributiva, attualmente non risulta che siano stati individuati i cosiddetti paletti, cioè le condizioni, i requisiti e i criteri in base ai quali eventualmente ciascun soggetto potrebbe godere del pensionamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare la durata dell'indennità di anticipo pensionistico di cui in premessa almeno fino al 31 dicembre 2019, nelle more della introduzione e della effettiva applicazione della riforma del sistema pensionistico italiano, come annunciato.
9/1117-A/151Fatuzzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula, al comma 3-quater introdotto al Senato e poi modificato nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, interviene su una disposizione transitoria prevista dall'articolo 5 del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119 che ha stabilito la possibilità, per dimostrare l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, di presentare presso i servizi educativi e le scuole per l'infanzia, incluse le private non paritarie, una dichiarazione sostitutiva della documentazione originale;
    la nuova disposizione proroga la possibilità di presentare la dichiarazione sostitutiva al presente anno scolastico 2018/2019, oltre che al calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi dei centri di formazione professionale 2018/2019 e fissa la data del 10 marzo 2019 come nuovo termine di presentazione della documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni;
    per quanto riguarda il personale che opera nelle scuole, la normativa attualmente in vigore si limita a stabilire all'articolo 3, comma 3-bis del decreto-legge 7 giugno 2017 che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, gli operatori scolastici, sanitari e socio-sanitari presentano agli istituti scolastici e alle aziende sanitarie nei quali prestano servizio una dichiarazione (resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445) comprovante la propria situazione vaccinale;
    quanto previsto dalla normativa attualmente in vigore evidenzia tutti i suoi limiti poiché circoscrivendo la sua applicazione ai soli operatori scolastici, sanitari e socio-sanitari non garantisce un alto livello di sicurezza e di salute pubblica, specie negli ambienti di lavoro ove sono presenti i minori, e non scongiura eventuali epidemie, come si sono verificate purtroppo negli anni passati,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative al fine di prevedere entro il 31 dicembre 2018 l'obbligo delle vaccinazioni per tutto il personale che opera a qualsiasi titolo nei servizi educativi per l'infanzia, nelle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, nei centri di formazione professionale regionale e nelle scuole private non paritarie nonché per gli operatori sanitari e socio-sanitari che possono essere omesse o differite in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale.
9/1117-A/152Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che,
    l'articolo 13 del provvedimento in esame al comma 02 dispone che l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge n. 232 del 2016, sia differita all'anno 2020. Conseguentemente, le amministrazioni competenti dovranno provvedere a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo sviluppo e coesione;
    al riguardo si evidenzia che la prima ripartizione del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese è avvenuta con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, che ha destinato alla finalità relativa alla riqualificazione urbana e alla sicurezza delle periferie, complessivamente 800 milioni di euro per il triennio 2017-2019 (270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e 260 milioni di euro per l'anno 2019), in relazione alla necessità ed urgenza di assicurare il finanziamento dei progetti compresi nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie e delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, istituito dai commi da 974 a 978, dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015). Con riferimento specifico al programma di riqualificazione delle periferie, la stessa legge 11 dicembre 2016, n. 232 prevede, al successivo comma 141 (dell'articolo 1) che – in aggiunta alle risorse già stanziate sull'apposito capitolo di spesa e di quelle assegnate in sede di riparto del Fondo di cui al comma 140 – con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) vengano destinati ulteriori finanziamenti, a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, al fine di garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di cui all'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. In attuazione di ciò, il CIPE, con delibera n. 2/201741 ha deliberato l'assegnazione di 798,17 milioni di euro di risorse FSC 2014-2020 al suddetto programma. Infine, la delibera CIPE n. 75/201742 (anch'essa richiamata dalla norma in commento) approva il Piano operativo della Città metropolitana di Bologna, ed assegna, a valere sulle risorse del FSC 2014- 2020, 107 milioni di euro per l'attuazione degli interventi strategici indicati in tale Piano operativo;
   considerato che tale disposizione di fatto interviene su rapporti convenzionali in corso sulla cui base sono stai assunti oneri, effettuate gare e avviati lavori e che in esecuzione degli obblighi convenzionali e a seguito dell'invio dei progetti esecutivi, molti comuni hanno già chiesto l'anticipazione del 20 per cento dell'importo dovuto e ammesso a finanziamento, senza ricevere riscontro e che molti comuni, per il solo finanziamento delle spese iniziali di progettazione, hanno usufruito dell'apposito Fondo rotativo costituito da Cassa Depositi e Prestiti;
    in buona sostanza, quindi, i comuni, facendo legittimo affidamento sulla piena ed effettiva titolarità del finanziamento e dell'efficacia degli obblighi convenzionali, hanno già provveduto a bandire appalti di gara per i lavori da realizzare e in alcuni casi hanno realizzato lavori;
    che nella giornata di ieri 11 settembre 2018, a seguito delle proteste sollevate dai Sindaci di tutta Italia e la dura presa di posizione da parte dell'ANCI, al termine di un incontro svoltosi presso Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha dichiarato di aver «ascoltato con grande disponibilità le istanze dell'Anci e con i sindaci presenti ho condiviso l'obiettivo di avviare un percorso per giungere alla migliore soluzione possibile e nei tempi più rapidi. La soluzione che intendiamo adottare è quella di inserire nel primo decreto utile (successivo alla conversione del Milleproroghe) una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata»;
    alla luce di quanto precede si ritiene auspicabile che tale dichiarazione si traduca in un impegno concreto e che già dalla prossima settimana, come dichiarato dal Presidente dell'ANCI, Antonio Decaro vengano recuperati integralmente quegli 800 milioni di euro che formano attualmente oggetto di una sentenza della Corte costituzionale, sanando l'incostituzionalità dell'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio 2017,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ogni iniziativa normativa finalizzata a dare soluzione tempestiva alle problematiche esposte in premessa sbloccando integralmente e sino a concorrenze delle risorse disponibili i citati 800 milioni di euro necessari per consentire ai comuni di recuperare la realizzabilità di tutti i progetti e non solo quelli già in fase avanzata.
9/1117-A/153Occhiuto, Baldelli, Nevi, Pella, Germanà.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame interviene sulla disciplina e sui termini per l'attuazione del Fondo per l'erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori, istituito dalla legge di bilancio 2018 e, seguito dell'approvazione degli emendamenti presentati in sede referente estende l'operatività del Fondo anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF, posticipando al 31 gennaio 2019 il termine per l'emanazione delle norme secondarie di attuazione della disciplina del Fondo;
   considerato che le misure normative sino ad oggi individuate a favore dei risparmiatori coinvolti nei procedimenti di risoluzione bancaria di liquidazione coatta amministrativa sono state inquadrate in modalità di ristoro che contemperassero i vincoli normativi posti dalle norme europee (in materia di bail-in e aiuti di stato) con quelli posti dalle esigenze della finanza pubblica nazionale;
    nel tentativo di dare una risposta legislativa alla tutela dei risparmiatori coinvolti nelle patologie delle suddette banche, anche in ottemperanza al dettato costituzionale, e in via di subordinazione rispetto all'iniziativa da parte dei singoli risparmiatori di attivare soluzioni di natura giurisdizionale, si sono susseguiti provvedimenti insistenti sull'attivazione di procedure paragiurisdizionali di natura arbitrale, limitate ad alcuni dei soggetti giuridici coinvolti, volte a ristorare parzialmente il danno patrimoniale subito tramite un Fondo di solidarietà alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi;
    con la legge di bilancio 2018, (legge 27 dicembre 2017, n. 205), all'articolo 1, commi 1106 e 1107, è stato introdotto anche un apposito Fondo di ristoro finanziario per quei risparmiatori «che hanno subito un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 210 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione ai sensi del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima della data di entrata in vigore della presente legge»;
    ad oggi, nonostante gli annunci, ad oltre otto mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2018, e ben oltre il termine dei 90 giorni previsti per dare attuazione alle disposizioni richiamate, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri necessario per rendere operativo tale fondo non è stato ancora emanato e alla luce di quanto previsto dal provvedimento in esame viene ulteriormente posticipato il termine per la sua emanazione;
    appare auspicabile estendere la disciplina degli indennizzi forfettari a carico del Fondo di solidarietà l'articolo 1, comma 855, della legge n. 208 del 2015 alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi ai risparmiatori e investitori coinvolti nella crisi delle due banche venete, così tutelare integralmente tutti coloro, risparmiatori e investitori, che versano in condizioni d'indigenza o comunque di vulnerabilità economica o sociale conseguenti all'azzeramento del valore dei titoli posseduti e quindi a tutelare tutti i soggetti possessori di azioni e obbligazioni subordinate, che, nelle more dei procedimenti di ristoro conseguenti alle procedure di risoluzione di Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti, nonché di liquidazione coatta amministrativa di Banca popolare di Vicenza Spa e Veneto Banca Spa, hanno subito una riduzione o un azzeramento del valore del capitale,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa di competenza finalizzata a rafforzare gli strumenti di tutela degli investitori coinvolti nella crisi bancarie e che versano in condizioni d'indigenza o comunque di vulnerabilità economica o sociale conseguenti all'azzeramento del valore dei titoli posseduti, considerando in ogni caso il diritto all'integrale rimborso.
9/1117-A/154Baratto, D'Ettore, Mugnai, Cortelazzo, Bond, Bendinelli.


   La Camera,
   premesso che,
    l'articolo 13 del provvedimento in esame al comma 02 dispone che l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge n. 232 del 2016, sia differita all'anno 2020. Conseguentemente, le amministrazioni competenti dovranno provvedere a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo sviluppo e coesione;
    tale disposizione di fatto interviene su rapporti convenzionali in corso sulla cui base sono stai assunti oneri, effettuate gare e avviati lavori;
    si tratta di 96 enti beneficiari diretti, 87 comuni Capoluogo, 9 Città metropolitane, 1.625 interventi che riguardano un totale di 326 comuni e che coinvolgono 19.803.099 cittadini per un valore complessivo degli investimenti bloccati pari a 2, 7 miliardi di euro;
    al riguardo appare opportuno evidenziare che in esecuzione degli obblighi convenzionali e a seguito dell'invio dei progetti esecutivi, molti comuni hanno già chiesto l'anticipazione del 20 per cento dell'importo dovuto e ammesso a finanziamento, senza ricevere riscontro e che molti comuni, per il solo finanziamento delle spese iniziali di progettazione, hanno usufruito dell'apposito Fondo rotativo costituito da Cassa Depositi e Prestiti;
    in buona sostanza, quindi, i comuni, facendo legittimo affidamento sulla piena ed effettiva titolarità del finanziamento e dell'efficacia degli obblighi convenzionali, hanno già provveduto a bandire appalti di gara per i lavori da realizzare e in alcuni casi hanno realizzato lavori,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione la portata generale di tale disposizione al fine adottare ogni iniziativa tesa ad escluderne l'applicazione nei confronti dei comuni e delle Città metropolitane che avranno rispettato il termine del 15 settembre 2018 indicato dal Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei ministri con sua comunicazione del 7 agosto 2018, sulla base di quanto disposto ai sensi del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017.
9/1117-A/155D'Ettore, Mugnai.


   La Camera,
   premesso che,
    il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative (C. 1117 Governo, approvato dal Senato);
    il provvedimento dispone che le elezioni dei presidenti di provincia e dei Consigli provinciali, il cui mandato sia in scadenza, si svolgano in una unica tornata il 31 ottobre 2018;
    si prevede inoltre che, in tale quadro, abbiano luogo contestualmente le elezioni del rispettivo consiglio provinciale o presidente di provincia, qualora sia in scadenza per fine mandato entro il 31 dicembre. 2018,

impegna il Governo

nell'ottica di sburocratizzazione e di riduzione di costi, in cui si muove l'attuale Governo, al fine, di semplificare le procedure per il rinnovo degli organi di governo delle Province e di contenere i relativi costi, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere un election day per le elezioni provinciali al 1o luglio 2019, per consentire l'accorpamento delle elezioni per 47 presidenti di Provincia e 70 consigli provinciali.
9/1117-A/156Ciaburro, Silvestroni, Prisco, Caretta, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il provvedimento reca disposizioni che intervengono su numerosi ambiti materiali con la finalità di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti ovvero di operare comunque interventi regolatori di natura temporale;
    il decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 convertito con modificazioni dalla Legge n. 172/2017 ha dato la possibilità di estinguere con modalità agevolate i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1o gennaio al 30 settembre 2017, riaprendo dunque i termini per accedere al beneficio (cosiddetta definizione agevolata 2017), riammettendo alla definizione agevolata 2016 i candidati precedentemente esclusi – compresi in piani di dilazione – a causa del mancato pagamento delle rate scadute, per il pagamento delle quali, molti debitori che hanno iniziato a pagare, non sono ancora in regola;
    la disciplina attualmente in vigore prevede che il pagamento delle somme dovute per la definizione agevolata debba essere effettuato in un numero massimo di cinque rate di uguale importo, da pagare, rispettivamente, nei mesi di luglio 2018, settembre 2018, ottobre 2018, novembre 2018 e febbraio 2019;
    per ragioni non legate alla volontà dei contribuenti, ma esclusivamente ai numerosi problemi riscontrati sia nell'adesione alla rottamazione entro il 15 maggio (giorno ultimo per aderire alla Definizione agevolata), sia a causa di rallentamenti e criticità al sito web dovute all'alto numero di richieste di adesione, nel mese di luglio si è verificato un vero e proprio ingorgo di scadenze che ha reso difficile il versamento della prima rata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di agevolare il pagamento per quanti vogliono mettersi in regola, riaprendo i termini di versamento della rata di luglio e posticipando i pagamenti dovuti per la rottamazione.
9/1117-A/157Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), approvato dal Senato, reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    il testo posto in votazione contiene una norma correttiva del Codice dell'amministrazione digitale che disponeva che non fosse dovuto alcun compenso al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, provvedendo alla copertura degli oneri;
    il decreto di nomina del Commissario straordinario prevede la nomina per due anni «a decorrere dalla data dell'emanazione del decreto» (16 settembre 2016), quindi l'incarico dovrebbe scadere il 16 settembre 2018, e soprattutto che per l'incarico non è previsto alcun compenso;
    il decreto di nomina dava conferma dell'attribuzione di sostanziosi poteri al top manager, come quello di esercitare poteri di impulso e coordinamento, nonché fornire indicazioni a soggetti pubblici e privati per la realizzazione delle azioni; emanare regole tecniche e linee guida, nonché sottoscrivere protocolli di intesa e convenzioni con soggetti pubblici e privati, per questi e gli altri poteri non era previsto alcun compenso;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di nomina del Commissario straordinario, conteneva specifiche disposizioni anche in merito alla struttura di supporto, composta da un team di esperti di specifica ed elevata qualificazione, nonché di significativa esperienza, della collaborazione dei quali il Commissario si è avvalso e per la quale erano previsti oneri fino a sette milioni di euro per l'anno 2016, che gravano sull'apposito capitolo istituito nell'ambito del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

nell'ottica di tagli alla spesa e di futura spending review in cui si muove l'attuale Governo, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative che ripristinino la disciplina di cui al decreto legislativo correttivo del Codice dell'amministrazione digitale, limitatamente al compenso previsto al Commissario straordinario, mantenendone lo spirito originario e non oneroso della norma, che prevedeva solo l'onere per la struttura.
9/1117-A/158Donzelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge in esame reca proroga di termini in materia di salute;
    in particolare, i commi 1 e 2 concernono le ricette dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati, il cui obbligo di redazione in formato elettronico è posticipato dal 1o settembre 2018 al 1o gennaio 2019;
    da più parti è stata segnalata l'esigenza di posticipare ulteriormente tale obbligo,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a valutare la compatibilità del termine temporale introdotto con le necessità della categoria, e, se del caso, disporre un ulteriore invio.
9/1117-A/159Caretta, Foti, Ciaburro, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del disegno di legge in esame reca proroga di termini in materia di giustizia;
    l'articolo 22 della legge 247/2012, «Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense», stabilisce le condizioni per l'iscrizione nell'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori;
    la disciplina previgente stabiliva che «gli avvocati, per essere ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni ... debbono essere iscritti in un albo speciale, che è tenuto dal Consiglio nazionale forense» e che per l'iscrizione in questo albo «devono dimostrare di avere esercitato per dodici anni almeno la professione di avvocato davanti alle Corti di appello e ai Tribunali»;
    le norme adottate negli ultimi anni per prorogare la disciplina previgente hanno confermato le perplessità emerse sin da subito in merito al nuovo criterio;
    si rende, quindi, necessario intervenire con una norma che disponga definitivamente il criterio temporale da adottare per l'iscrizione all'Albo per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, anche per evitare disparità di trattamento tra i professionisti in un ambito cruciale per lo svolgimento della Professione Forense,

impegna il Governo

a valutare l'adozione delle opportune iniziative volte a sollecitare l'adozione di una modifica normativa che preveda semplicemente la possibilità di iscrizione all'albo per il Patrocinio innanzi alle Giurisdizioni superiori, nel rispetto della normativa previgente, per tutti coloro i quali erano iscritti all'albo degli Avvocati al momento dell'entrata in vigore della vigente legge professionale.
9/1117-A/160Varchi, Maschio, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge reca modifiche rispetto all'applicazione della norma che comporta il divieto di accesso ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, sia pubbliche e paritarie, sia private, dei minori per i quali non siano stati adempiuti gli obblighi di vaccinazione;
    la versione attualmente contenuta nel testo del disegno di legge, nuovamente modificata durante l'esame in Commissione, prevede che la certificazione vaccinale possa essere sostituita da un'autocertificazione, fissando al 10 marzo 2019 la data per la presentazione della documentazione ufficiale;
    la fissazione di un termine così tardo permetterà, di fatto, l'aggiramento del divieto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di assumere, per quanto di competenza, ogni ulteriore iniziativa normativa utile a garantire la piena applicazione delle norme vigenti in materia di obblighi vaccinali per i minori.
9/1117-A/161Lucaselli, Rizzetto, Bellucci, Lollobrigida, Ciaburro, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del disegno di legge in esame reca proroga di termini in materia di giustizia;
    non si rinvengono negli attuali stanziamenti di bilancio destinati alle indennità da corrispondere ai magistrati onorari importi coerenti con i vincoli derivanti dal diritto comunitario e convenzionale, che impone una equiparazione retributiva, a parità di quantità di lavoro, tra personale di ruolo e personale assunto a tempo determinato,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a consentire una ridefinizione delle politiche relative all'utilizzo della magistratura onoraria e a rivalutare il fabbisogno di tale personale alla luce delle priorità rilevate in materia di giustizia.
9/1117-A/162Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio.


   La Camera,
   premesso che
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.» Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto dei Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte dei conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto «Riqualificazione contesti urbani periferici degradati (Santa Palomba e Borgo Santa Rita)» del comune di Roma;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Roma, con particolare riferimento al progetto «Riqualificazione contesti urbani periferici degradati».
9/1117-A/163Nobili.


   La Camera,
   premesso che:
    «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli.». Con queste parole in Senatore a vita Renzo Piano presentava il suo progetto di «rammendo» delle periferie;
    condividendo questo ragionamento, con l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, (legge di stabilità 2016), il Governo Renzi ha istituito un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;
    al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «Bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera CIPE n. 2 del 3 marzo 2017;
    con il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge all'esame ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere CIPE n. 2/2017 e n. 72/2017;
    la scelta del Governo non solo lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale ma presenta profili di grave illegittimità e di violazione degli obblighi convenzionali tra le parti, determinando, nei fatti, la revoca – e non la semplice sospensione – del processo di realizzazione delle 96 convenzioni che, va ricordato, sono state firmate il 18 dicembre 2017 e pienamente efficaci dal marzo 2018, termine della registrazione da parte della Corte Conti;
    in tal modo, sono stati lesi i diritti dei 19.803.099 cittadini dei 96 enti beneficiari diretti (87 comuni capoluogo e 9 Città metropolitane, per un totale di 326 comuni) che non vedranno la realizzazione dei 1.625 interventi, nonché dei progettisti e delle imprese che avrebbero dovuto realizzare i 2,7 miliardi di investimenti previsti;
    in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione del progetto «Rigenerazione urbana quartiere Massimina» del comune di Roma;
    l'unica risposta del Governo rispetto alla gravità dei rilievi evidenziati dal Partito Democratico è stato un vago impegno assunto durante un incontro con l'Associazione nazionale dei comuni italiani ad inserire nel primo decreto utile una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzabilità dei progetti già in fase avanzata;
    il Partito democratico ritiene assolutamente insufficiente questa promessa rispetto ad un intervento illegittimo,

impegna il Governo

ad approvare con la massima urgenza un provvedimento finalizzato a reintegrare le risorse necessarie ad assicurare l'integrale finanziamento delle opere previste dalla convenzione con il comune di Roma con particolare riferimento al progetto «Riqualificazione urbana quartiere Massimina».
9/1117-A/164Morassut.