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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 4 luglio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XIII,

   premesso che:

    l'Italia sta affrontando un'emergenza idrica senza soluzione di continuità da Nord a Sud: i pochi millimetri di pioggia caduti nel mese di giugno non sono stati, infatti, minimamente sufficienti ad evitare le conseguenze di una crisi i cui possibili effetti sono sotto gli occhi di tutti: sono a rischio, infatti, miliardi di euro di produzioni agroalimentari e decine di migliaia di posti di lavoro. Inoltre, i piani di emergenza ipotizzati sembra contemplino il razionamento dell'acqua anche per usi domestici;

   ad essere colpito dalla siccità è l'intero territorio nazionale ma particolarmente grave è la situazione nella Pianura Padana dove, per la mancanza di acqua, è minacciato oltre il 30 per cento della produzione agricola nazionale e il 50 per cento delle attività zootecniche;

   in particolare, i grandi bacini del Nord sono ormai ai livelli minimi della serie storica, con l'aggravante che ciò accade all'inizio della stagione più calda. I laghi di Como (13,5 per cento di riempimento) e d'Iseo sono ormai vicini al record negativo, già più volte superato invece dal lago Maggiore che risulta riempito solo al 20 per cento. Anche l'anno scorso la situazione non era facile, a causa di una ricorrente siccità al Nord, ma allora i bacini settentrionali erano ancora oltre il 90 per cento del riempimento e la neve sui monti era abbondante mentre oggi risulta drammaticamente esaurita. Il fiume Po continua a registrare una magra preoccupante lungo tutto il corso: il simbolo negativo è dato dal cosiddetto cuneo salino – la risalita dell'acqua marina salata lungo il fiume Po – che è arrivato a 20 chilometri di profondità e procede, seminando distruzione, poiché interviene su terreni che dovrebbero essere fertilizzati dall'acqua dolce del fiume e non seccati dal mare;

   in alcuni territori non piove da tre mesi e in decine di comuni di Piemonte e Lombardia sono già in azione le autobotti per l'approvvigionamento di acqua poiché i serbatoi locali afferiscono a sorgenti che non ci sono più;

   la regione Lombardia è ricca di laghi. Nel suo territorio si trovano il 40 per cento delle superfici lacustri e oltre il 65 per cento dei volumi d'acqua italiani complessivi. È molto importante, quindi, lavorare sui progetti che si occupano di laghi e sul loro monitoraggio al fine della gestione delle grosse problematiche che ci sono ed è fondamentale avere degli strumenti tecnologici finalizzati a capire quali sono le criticità per cercare di intervenire in tempo utile e affrontare i problemi che si presentano;

   il Lario ha da sempre rappresentato una grande risorsa e valore, non solo in senso turistico. Si tratta, tuttavia, di una risorsa tanto importante quanto lo è la protezione della qualità delle sue acque, continuamente esposte a rischi quali il cambiamento climatico e l'eccessivo sfruttamento antropico;

   per il torrente Pioverna, affluente del lago di Como, che si innesta a Bellano (LC), nelle ultime 72 ore si segnala un continuo calo con il valore di meno 23 cm con tratti di alveo praticamente in secca. Inoltre, la stazione lago di Como/Cernobbio osserva un calo nelle ultime 72 ore di meno 11,5 cm, così come la stazione a Lavello (LC) di meno 16 cm;

   la Lombardia si conferma da diversi anni la prima regione agricola d'Italia, producendo – tra i vari – il 37 per cento del latte italiano, il 42 per cento del riso, il 40 per cento dei prodotti suinicoli; è prima anche per superficie dedicata all'agricoltura, le cui attività coprono il 69 per cento del territorio;

   la forte siccità ha colpito anche l'approvvigionamento idrico del Canale emiliano romagnolo, una delle più importanti opere idrauliche della regione Emilia-Romagna e d'Italia, con fondamentali funzioni di vettore d'acqua di superficie ad uso irriguo per un territorio caratterizzato da agricoltura idro esigente e da servizi di insediamenti civili ed industriali;

   le conseguenze della crisi sono evidenti: a preoccupare è la riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni in campo come girasole, mais, grano e degli altri cereali ma anche quella dei foraggi per l'alimentazione degli animali. Inoltre, ortaggi e frutta hanno bisogno dell'acqua per potere poi essere commestibili. Una situazione pesante, dunque, in un momento già difficile a causa della guerra in Ucraina e dei forti rincari nel carrello della spesa;

   nel Piano nazionale di ripresa e resilienza M2C4-Linea d'investimento 4.1 – sono previsti investimenti in infrastrutture idriche prima per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico;

   con decreto del 16 dicembre 2021 n. 517 il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in relazione alla M2C4-linea di investimento 4.1 del Pnrr, ha individuato 124 interventi, per un investimento complessivo pari a 2 miliardi di euro finalizzati all'aumento della sicurezza dell'approvvigionamento idrico e della resilienza dell'infrastruttura idrica;

   detto decreto individua risorse per progetti da programmare e rendicontare con interventi imputabili al Piano Nazionale settore idrico – sezione «Invasi» e sezione «Acquedotti» per un totale di 710 milioni;

   i fondi previsti nel Pnrr per il solo piano «Invasi» sono pari a circa 400 milioni di euro e non sono assolutamente sufficienti ad approntare un piano, che è oggi fondamentale per il Paese al fine di aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici, indispensabile sia per gli usi civili, agricoli, industriali e ambientali;

   poiché in Italia si perde ogni anno l'89 per cento dell'acqua piovana, appare indispensabile approntare con estrema urgenza una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, per conservare l'acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all'industria e all'agricoltura, con una' ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione;

   l'Italia ha bisogno di risorse da investire nelle reti idriche al fine di efficientare quelle dei comuni, realizzare depuratori (oggi in molti luoghi ancora assenti), pianificare invasi nell'ottica di una programmazione a livello territoriale e su vasta scala, rinnovare concessioni idroelettriche delle grandi derivazioni, ripensare alle modalità di utilizzo della risorsa – anche all'interno delle case e degli edifici pubblici – nonché predisporre l'installazione di strumenti e meccanismi volti al recupero ed al riuso delle acque. È inoltre necessario, al fine di migliorare il ciclo idrico integrato, che le regioni chiedano la convocazione di tavoli di interazione e concertazione del sistema degli enti locali con le associazioni e i gestori di acquedotto, fognature, depurazione e le ulteriori multiutilities;

   la progettazione di nuovi invasi ad uso plurimo della risorsa idrica (potabile, energetica, irriguo, e altro) è indispensabile anche per far fronte alla grande siccità che incombe sul Paese e per mitigarne i conseguenziali danni;

   il Politecnico di Milano dal 2019 ha attivato il progetto «Simile – Sistema informativo per il monitoraggio integrato dei laghi insubrici e dei loro ecosistemi» in partenariato con Supsi (Scuola Universitaria professionale della Svizzera italiana), Fondazione Politecnico di Milano, regione Lombardia DG Ambiente e Clima, Cnr – istituto di ricerca sulle acque, Repubblica e Cantone Ticino – Upaai. Finanziato nell'ambito del programma Interreg Italia Svizzera 2014-2020, il progetto ha come obiettivo la salvaguardia dei laghi di Como, Maggiore e di Lugano la cui collocazione geografica, che li vede posti tra due Paesi, ha reso necessaria un'azione parallela e coordinata su tutto il territorio transfrontaliero;

   il Politecnico propone di intervenire per la tutela dei tre bacini lacustri attraverso la creazione di un sistema di monitoraggio avanzato delle loro acque. Il progetto Simile, iniziato a gennaio del 2019 e che terminerà nel luglio 2022, si propone infatti di integrare gli attuali strumenti regionali di monitoraggio non solo con i dati satellitari già presenti (come quelli provenienti dai satelliti Sentinel dell'Unione europea), ma anche con quelli nuovi, provenienti dall'istallazione di sensori innovativi su boe e piattaforme, che permettono un monitoraggio frequente e a basso costo;

   scopo di questi sistemi è quello di affiancare e supportare il monitoraggio tradizionale o discreto, estendendo le scale spaziali e temporali di indagine e sviluppando sistemi di early warning rispetto ad alcune criticità che interessano i laghi quali i bloom algali. Il progetto della durata di 36 mesi vede lavorare a stretto contatto Enti tecnici e di ricerca ed enti gestionali, attraverso un processo partecipato di partner, cittadini associazioni ed enti locali;

   il Governo ha, come detto, individuato delle risorse nel Pnrr, ma queste sono palesemente scarse e totalmente insufficienti a far fronte alla grave carenza di risorse idriche che sta subendo il Paese e che rischia di diventare ancor più grave nel prossimo futuro, fino a rappresentare una vera e propria minaccia di dissesto idrogeologico in Italia;

   appare dunque opportuno che il Governo promuova senza indugio una programmazione di «invasi» da realizzare a livello territoriale per far fronte all'attuale modificata situazione climatica che sta generando forti ripercussioni negative in ogni ambito, da quello agricolo a quello civile nonché a quello industriale;

   in alcune regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte) risultano adottati idonei provvedimenti volti all'applicazione, in aree definite, del deflusso minimo vitale estivo, che consentirà di prelevare e accumulare più acqua in caso di precipitazioni;

   non solo, la siccità sta provocando situazioni di preoccupazione anche per quanto riguarda il profilo energetico: è il caso di alcune centrali idroelettriche. Giusto quanto riportato da fonti del settore, gli impianti idroelettrici, per lo più ubicati sulle montagne del Nord Italia, forniscono quasi il 20 per cento del fabbisogno energetico nazionale. Al riguardo, secondo un portavoce di Utilitalia «da gennaio a maggio 2022 la produzione idroelettrica sarebbe diminuita di circa il 40 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2021» proprio in ragione della grave carenza di acqua. A riprova, proprio di recente Enel ha chiuso a tempo indeterminato dal 21 giugno l'impianto di Isola Serafini (in provincia di Piacenza) in ragione degli insufficienti livelli del fiume Po che lo alimenta;

   a fronte di una crisi idrica la cui gravità appare di gran lunga superiore a quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso, è necessario che, con la massima urgenza, il Governo dichiari lo stato di emergenza nei territori interessati con l'intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti (ad iniziare da regioni interessate e autorità di bacino) e cooperare per una gestione unitaria del bilancia idrico,

impegnano il Governo:

   a deliberare con la massima urgenza – quanto meno per le regioni che ne abbiano fatto richiesta – lo stato di emergenza per siccità, assumendo ogni iniziativa utile a ridurre l'impatto territoriale della stessa, prevedendo inoltre lo stanziamento di risorse economiche idonee a favore dei comparti oltremodo penalizzati quali risultano essere quello agricolo e quello della produzione di energia idroelettrica;

   ad assumere le necessarie iniziative per rendere più rapida e coordinata la progettazione e realizzazione di un «piano invasi» a livello territoriale prevedendo inoltre lo stanziamento di ulteriori risorse, oltre a quelle già individuate nel Pnrr ma del tutto insufficienti, per realizzare concretamente e nel più breve tempo possibile lo stesso, atteso che l'Italia ne ha estrema necessità;

   a valutare tempestivamente la possibilità di individuare – d'intesa con le organizzazioni sindacali del settore agricolo – pratiche sostenibili finalizzate al minore consumo della risorsa idrica, anche favorendo con specifiche agevolazioni economiche il ricorso all'utilizzo delle migliori tecnologie di cui il settore dispone, e comunque verificando, d'intesa con le regioni, la possibilità che le acque reflue siano recuperate per fini irrigui, in linea con quanto stabilito dalle norme comunitarie;

   ad adottare ogni utile iniziativa di competenza volta:

    a) per il presente, a preservare il consumo di acqua, anche attraverso l'emissione di ordinanze, da parte dei soggetti legittimati a farlo, volte a ridurre e/o sospendere i prelievi idrici e, comunque, ottimizzando l'invasamento di acqua;

    b) per il futuro, a potenziare il riutilizzo dell'acqua piovana, sia per scopi industriali che irrigui e apportare ristrutturazioni della rete idrica nazionale, che registra perdite ingenti superiori talvolta al 30 per cento dell'acqua immessa;

   a valutare l'opportunità di promuovere, nelle forme individuate e nel rispetto delle competenze, il potenziamento delle autorità di bacino in un'ottica di efficacia ed efficienza dell'utilizzo delle risorse economiche già stanziate o da stanziare per una migliore programmazione e realizzazione degli investimenti.
(7-00861) «Foti, Caretta, Butti, Rachele Silvestri, Ciaburro».


   La V Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 974, della legge n. 208 del 2015, ha istituito il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualità del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana, al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilità sostenibile, allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati;

    tuttavia, alla luce della mutata congiuntura economica nazionale e internazionale e della crisi dei prezzi del mercato edilizio, molti degli interventi avviati rischiano di non essere portati a termine;

    una soluzione potrebbe consistere nel riconoscere agli enti assegnatari delle risorse stanziate per il Programma straordinario la possibilità di utilizzare i ribassi d'asta e le economie relative ai progetti inseriti nel programma medesimo di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di cui all'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, per far fronte al rincaro dei prezzi, anche per opere migliorative dei progetti, purché tale utilizzo risulti adeguatamente motivato: alcuni enti assegnatari hanno infatti accumulato risparmi che consentirebbero di fronteggiare la crisi del settore edilizio imposta dal caro materiali;

    tale possibilità attualmente negata dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 913, della legge n. 145 del 2018 (Finanziaria 2019) che prevedono che le risorse finanziarie derivanti dalle eventuali economie di gestione o comunque realizzate in fase di appalto, o in corso d'opera, nonché quelle costituite dagli eventuali ulteriori residui relativi ai finanziamenti assegnati per la realizzazione dei progetti inseriti nel programma, sono revocate e rimangono acquisite al fondo a tale scopo istituito nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

ad attivarsi, per quanto di competenza e con apposite disposizioni normative, al fine di rimuovere il vincolo di inutilizzabilità delle risorse di cui all'articolo 1 comma 913 della legge n. 145 del 2018 per gli enti assegnatari delle risorse stanziate per il Programma straordinario di cui all'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge n. 208 del 2015.
(7-00862) «Trancassini, Prisco, Montaruli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BARBUTO, VILLANI, NAPPI e MANZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le prefetture italiane sono in affanno, perché oberate dal lavoro che deriva dalle molteplici e variegate funzioni attribuitegli, a cui vanno ad aggiungersi le verifiche antimafia sugli appalti da 222 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

   da quanto riportato dall'articolo de Il Sole 24 Ore del 27 giugno 2022, le scoperture di organico a livello nazionale, registrano la mancanza del 45 per cento di viceprefetti e viceprefetti aggiunti, pari a 414 unità, del 30 per cento di dirigenti contrattualizzati e del 20 per cento del personale non dirigenziale, che complessivamente ammontano 5.161 posti vacanti;

   al fine di sopperire a tali scoperture di organico, nel maggio 2022 era stato presentato un emendamento al cosiddetto decreto Pnrr 2, condiviso da tutte le forze politiche, che prevedeva l'assunzione di un massimo di 800 interinali (se ne stimavano 500) per un periodo di diciotto mesi e una spesa di 18,4 milioni di euro per il 2022 e 36,9 milioni di euro per il 2023;

   dalla lettura della relazione illustrativa che accompagnava l'emendamento, il provvedimento doveva rendere più agevoli le verifiche «Pnrr», proprio per evitare eventuali infiltrazioni mafiose;

   tuttavia, la misura è stata «bocciata» per mancanza della copertura finanziaria da parte del Ministero dell'interno;

   le interdittive antimafia negli ultimi anni sono passate dalle 510 del 2006 alle 2.263 del 2021, con un incremento percentuale del 344 per cento mentre le certificazioni totali rilasciate nel solo 2021 sono state 506.203;

   nel Sud Italia, dove la carenza di viceprefetti arriva al 50 per cento è più forte la presenza di imprese infiltrate dalla mafia e l'auspicata, ma non deliberata, assunzione dei 500 interinali rischia di ostacolare la buona riuscita delle necessarie verifiche previste dalla circolare sui controlli antimafia del Pnrr;

   al notevole carico di lavoro di cui devono farsi carico già le prefetture, vanno, pertanto, ora ad aggiungersi le verifiche imposte dal Pnrr che dovranno essere gestite dal personale in forza nei singoli uffici –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per potenziare i controlli antimafia relativi al Pnrr e se, allo scopo, intenda adottare iniziative per rinvenire le necessarie risorse nel bilancio dello Stato per l'assunzione di almeno 500 interinali da destinare alle prefetture maggiormente in carenza di organico.
(3-03060)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   una delle problematiche che mette a rischio le concrete possibilità di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è la carenza di personale nelle amministrazioni, che è conseguenza di un decennio di austerità nelle assunzioni;

   sebbene i limiti al turn over siano stati poi eliminati non si è ancora riusciti a ripristinare una «capacità amministrativa» adeguata, soprattutto considerando l'aumento della mole di lavoro in relazione agli interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

   in particolare, emerge una grave mancanza di organico nelle prefetture italiane su cui, alle molteplici e diverse funzioni che sono proprie delle stesse; adesso gravano le complesse verifiche antimafia sugli appalti da 222 miliardi di euro del Pnrr;

   a quanto è dato sapere, è mancante il 45 per cento di viceprefetti e viceprefetti aggiunti, il 30 per cento dei dirigenti contrattualizzati e il 20 per cento del personale non dirigenziale. Si tratta di risorse amministrative essenziali per consentire il normale funzionamento delle prefetture;

   è dunque necessario assumere iniziative per colmare questa carenza di organico nelle prefetture, individuando le risorse economiche necessarie, con l'obiettivo di assicurare lo svolgimento degli accertamenti richiesti per l'attuazione del Pnrr. Ciò soprattutto per evitare che nell'ambito dei lavori ci possano essere infiltrazioni mafiose –:

   se e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per sopperire alla carenza di organico, come descritta in premessa, affinché vengano garantiti tutti gli adempimenti di competenza connessi al Pnrr, soprattutto rispetto ai controlli antimafia.
(5-08351)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLIN, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, PATELLI, SUTTO e TIRAMANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° settembre 2021 Mons. Paglia ha presentato al Presidente del Consiglio dei ministri la «Carta dei Diritti degli Anziani e dei Doveri della Società», lavoro svolto dalla «Commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana», istituita dal Ministro della salute con decreto dell'8 settembre 2020;

   il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto in data 26 maggio 2021, ha istituito, a sua volta, un gruppo di lavoro denominato «Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza», presieduto dall'ex Ministro Livia Turco. All'articolo 1, comma 2, di tale decreto si prevede che: «il gruppo di lavoro ... svolge attività di esame e di approfondimento, propedeutiche alla stesura del Piano sociale nazionale, nonché alla definizione del Piano per la non autosufficienza, triennio 2022-2024, nell'ambito della Rete della protezione e dell'inclusione sociale»;

   il 28 gennaio 2022 è stata inviata al Governo la bozza del disegno di legge delega intitolata «Norme per la promozione della dignità delle persone anziane e per la presa in carico delle persone non autosufficienti», elaborata dal Gruppo di lavoro presieduto dalla dottoressa Turco;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2022 è stata istituita una nuova Commissione («Commissione per le politiche in favore della popolazione anziana»), presieduta dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, nella quale sono confluiti i lavori sia della Commissione presieduta da Monsignor Paglia che del Gruppo di lavoro presieduto dalla dottoressa Livia Turco;

   ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: «La Commissione, all'atto del suo insediamento, definisce le modalità del proprio funzionamento. Entro 90 giorni dalla definizione di tali modalità, predispone una relazione per il Presidente del Consiglio dei ministri sulle attività svolte»;

   in data 11 maggio 2022 il giornale «Vita» ha pubblicato un articolo dal titolo «Delega non autosufficienza, il testo è finalmente pronto», nel quale si riporta che il testo del disegno di legge delega per la riforma dell'assistenza sanitaria per la popolazione anziana, ultimato dalla suddetta Commissione sarebbe stato esaminato, da lì a pochi giorni, dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi;

   nel medesimo articolo, Mons. Vincenzo Paglia, già Presidente della Commissione istituita presso il Ministero della salute e coordinatore della Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha anticipato che per attuare la riforma dell'assistenza sanitaria per la popolazione anziana è prevista l'assunzione di «almeno centomila nuovi OSSS» (operatori sociosanitari specializzati);

   ad oggi, nonostante gli annunci, il testo del disegno di legge delega non risulta approdato in Consiglio dei ministri per l'approvazione –:

   se intendano fornire aggiornamenti in merito ai tempi di approvazione, ai contenuti e ai punti chiave del disegno di legge delega per la riforma dell'assistenza sanitaria per la popolazione anziana anche alla luce dei ritardi registrati nella predisposizione di detta riforma e delle scadenze connesse con l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

   se corrisponda al vero che per attuare la succitata riforma sia prevista l'assunzione di ben centomila operatori sociosanitari specializzati e in che modo si ritenga di reclutare tali figure, vista la grave carenza di operatori sociosanitari che si riscontra a livello nazionale.
(4-12490)

CULTURA

Interrogazione a risposta scritta:


   COLLETTI. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'informativa del mese di maggio 2020 del Ministro interrogato alla Camera, con cui è stata lanciata l'idea della «Netflix della cultura italiana», il decreto «rilancio», all'articolo 183, comma 10, è stata autorizzata una spesa di dieci milioni di euro per la realizzazione di una «piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e di spettacoli»;

   è nata dunque la società ITsART, partecipata da Cassa depositi e prestiti (51 per cento) e da Chili (49 per cento);

   il contenuto della piattaforma replica — per la maggior parte — quanto riprodotto su RaiPlay, che non è stata coinvolta nell'operazione;

   nel corso del primo anno, 2021, si sono succeduti ben tre amministratori delegati;

   dalla pubblicazione del bilancio 2021 di ITsART emerge, alla chiusura del 31 dicembre 2021, una perdita di circa 7,5 milioni di euro, dimezzando così la liquidità che prevedeva un budget di 15 milioni di euro;

   anche i ricavi sono stati deboli, attestandosi in euro 245.928,00, a fronte di costi di circa 7,7 milioni di euro;

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza al fine di evitare il perdurare di tale situazione e scongiurare ulteriori perdite della società ITsART, nel pubblico interesse promuovendo i provvedimenti necessari per porvi rimedio.
(4-12485)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   la Corte di Cassazione, I Sez. civ., con ordinanza n. 286/2022 pubblicata in data 24 marzo 2022, si è pronunciata in modo decisivo in favore dei diritti dei minori. Lo ha fatto in base a tre principi: l'illegittimità dell'alienazione parentale, la superiorità dell'interesse dei bambini rispetto al diritto alla bigenitorialità e la condanna dell'uso della forza nei confronti dei minori;

   la Corte, proprio sull'uso della forza, si esprime sull'esecuzione coattiva, consistente nell'uso di una certa forza fisica diretta a sottrarre il minore dal luogo ove risiede, per collocarlo in una casa-famiglia, ritenendo la suddetta misura «non conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall'età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore»;

   la stessa Commissione d'inchiesta sul femminicidio, nella relazione depositata nel mese di maggio 2022, ha ribadito che occorre vietare il prelievo forzoso dei minori, limitandolo alle ipotesi di rischio di attuale e grave pericolo per l'incolumità fisica del minore stesso. Anche il Ministro interpellato, proprio con la riforma del processo civile, ha dato un chiaro segnale in questa direzione;

   proprio qualche giorno fa, la stampa ha riportato l'ennesima notizia riguardante modalità violente di prelevamento di minori. Nella provincia di Lodi, si legge sul Corriere della Sera e sulla Dire, una mamma è stata trattenuta contro la sua volontà nell'ufficio del sindaco mentre il bambino, che l'aspettava sotto con un'amica, veniva preso con la forza e portato via per essere collocato in una casa famiglia. «Sono stata al pronto soccorso perché mi hanno immobilizzata fisicamente nell'ufficio del sindaco mentre portavano via mio figlio sotto il mio naso», racconta la madre. «È assurdo. Quella stessa mattina abbiamo avuto un colloquio online con gli assistenti sociali ed era tutto tranquillo. (...) Poi, dopo dieci minuti, mi arriva la telefonata del sindaco che mi chiede di portare nel suo ufficio le chiavi della casa popolare di mia madre deceduta da poco – continua la donna –, perché devono fare lavori urgenti. Ero molto perplessa di questa richiesta, ma sono andata in tutta buona fede. Entro nell'ufficio del sindaco e oltre a lui, dopo poco, arrivano 10 o 11 persone, tra cui il capo della polizia municipale, gli assistenti sociali, e polizia in borghese. Mi dicono che mi devono leggere il decreto del tribunale in cui c'è scritto che il bambino deve andare in comunità: lì capisco che si tratta di un tranello»;

   «Mi sono piombati addosso e non so neanche da dove sono usciti», racconta la donna che aveva in custodia il minore e che è corsa anch'essa al Pronto soccorso per farsi medicare, «Io ero con il bambino e aspettavamo che la mamma tornasse dopo aver parlato con il sindaco, e a un certo punto mi si è avvicinato uno sconosciuto che ha cominciato a parlare con il bambino senza presentarsi. A quel punto faccio per allontanarmi e cinque persone mi arrivano addosso, immobilizzano, prendono il bambino, e lo portano via. Forze dell'ordine in borghese che si dichiarano solo dopo avermi aggredita: il tesserino l'ho visto dopo»;

   la situazione attuale denota una gravissima mancanza di regolamentazione, nonostante esistano precise delle linee guida, e dei principi cardine stabiliti dalle convenzioni internazionali – seppure non obbligatorie, previste sia per le forze di polizia e sia per gli assistenti sociali che devono eseguire materialmente i provvedimenti di allontanamento;

   secondo quanto pubblicato dal Ministero dell'interno è operativo per le forze di polizia un vademecum per rendere l'allontanamento stesso il meno traumatico possibile per il minore; in particolare:

    a) l'esecuzione dei citati provvedimenti giudiziari è delegata ai servizi sociali territoriali, che si impegnano ad attivare gli interventi professionali ritenuti opportuni e a utilizzare tutti gli strumenti atti a realizzare l'allontanamento con la collaborazione dei genitori, tenendo in debita considerazione le esigenze di rispetto ed informazione dei soggetti coinvolti e cercando di individuare le modalità esecutive più opportune anche in relazione alla tempistica;

    b) l'intervento della forza pubblica è sempre disposto dall'autorità giudiziaria minorile e ha carattere di eccezionalità. In tali situazioni gli operatori di polizia devono agire in stretta collaborazione con gli operatori dei servizi sociali, non devono essere in uniforme e devono utilizzare modalità che rendano l'evento il meno traumatico possibile per il minorenne e i familiari;

   il Consiglio nazionale ordine assistenti sociali (Cnoas) definisce linee guida nazionali sui processi di sostegno e allontanamento dei minori che prevedono le seguenti modalità, a «tutela» dei minorenni e delle loro famiglie:

    a) l'allontanamento dovrebbe essere accompagnato da un'opportuna e approfondita indagine psicologica e sociale nell'interesse della persona di età minore, dei suoi genitori, della famiglia allargata e del gruppo dei pari;

    b) al minore devono essere garantiti, in ogni fase, diritti d'informazione e di ascolto, e se fornito della capacità di discernimento, deve essere sentita la sua opinione;

    c) devono essere coltivate e privilegiate modalità spontanee di allontanamento, favorendo la collaborazione dei genitori e di altri familiari coinvolti;

    d) il provvedimento di allontanamento deve stabilire quindi quali siano i servizi sociali incaricati, evitando il ricorso alla forza pubblica, se non come modalità residuale ed estrema e, comunque, se indispensabile, al fine del mantenimento dell'ordine pubblico o della necessità di salvaguardare la sicurezza pubblica e l'incolumità fisica delle persone anche estranee, da attuarsi con il coinvolgimento di personale in borghese e idoneamente informato –:

    se il Ministro interpellato intenda adottare urgenti iniziative di competenza, anche normative, volte a intervenire sulle modalità di prelievo del minore, affinché i prelievi assumano carattere di eccezionalità nel rispetto della salute psico-fisica del minore, prevedendo altresì meccanismi di sospensione immediata del prelievo irrituale, con segnalazione alle autorità competenti.
(2-01553) «Giannone, D'Attis».

Interrogazioni a risposta orale:


   NARDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a firma del Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Massa, sono già state inviate al Ministero della giustizia presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – Direzione generale del personale e della formazione –, nonché al Sig. Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Genova, specifiche e documentate segnalazioni di scoperture dell'organico in riferimento al personale amministrativo impiegato presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Massa, con note del 16 agosto 2019, 03 febbraio 2020, 23 ottobre 2020, 19 febbraio 2021, 14 maggio 2021, 07 giugno 2021 e da ultimo 05 gennaio 2022. A tali note non è seguito alcun riscontro o alcun provvedimento;

   come specificato nelle suddette note e confermato dalla relazione conseguente all'ispezione ministeriale per il periodo dal 1o ottobre 2014 al 30 settembre 2019, trasmessa in data 28 dicembre 2020, si evidenzia in primis l'inadeguatezza dell'attuale pianta organica del personale, che non prevede la figura del dirigente e non risulta più conforme al carico di lavoro, anche per l'esiguo numero previsto dei profili apicali di due direttori e di quattro funzionari; alla suddetta inadeguatezza si affianca l'insufficienza dell'organico del personale amministrativo;

   nello specifico nella relazione ispettiva relativa al periodo 1/10/2014-30/09/2019 viene testualmente riportato: «anche la scopertura di due sole unità nei profili apicali (un direttore e un funzionario), a fronte dell'esiguo numero previsto in pianta organica (due direttori e quattro funzionari) – unita alle circostanze che non è contemplata la figura del dirigente, che il personale in sovrannumero è costituito in maggior parte da unità in assegnazione temporanea e che l'età media del personale è elevata – è apparso aver inciso sulla complessiva funzionalità dell'Ufficio, determinando un quotidiano affanno nell'espletamento degli incombenti ordinari ed ingenerando possibili rischi di rallentamento/blocchi dei servizi in caso di assenze prolungate delle unità presenti»;

   sempre a causa della grave carenza di personale il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Massa dr. Piero Capizzoto si attivava con una richiesta di interpello in data 22 marzo 2022, spedita alla Procura Generale presso la Corte di Appello di Genova, per l'applicazione di un direttore amministrativo e/o funzionario giudiziario, stante la vacanza di entrambi i posti di direttore previsti dalla pianta organica e la prossima messa a riposo per raggiunti limiti di età di un funzionario giudiziario e il trasferimento al Tribunale di Lucca di un funzionario, ferma restando la vacanza del quarto posto in pianta per tale ultima categoria; a tale richiesta l'Ufficio adìto dava, in data 5 aprile 2022, comunicazione dell'esito negativo del proposto interpello;

   presso la Procura della Repubblica di Massa sono poi vacanti i tre posti di conducenti automezzi, previsti in pianta organica e che l'Ufficio inquirente apuano è posto nella giurisdizione del Distretto di Corte di Appello di Genova, il cui capoluogo dista più di 100 km dalla città di Massa. È inoltre assente la figura dell'Assistente informatico ministeriale (CISIA) e che l'unico tecnico informatico presente presso l'Ufficio è dipendente della Datagraf Servizi, distaccato da CAP-Gemini Italia S.p.A., ed impiegato per soli 3 giorni settimanali;

   in questo contesto va aggiunto che tra breve tempo saranno vacanti 2 dei 4 posti di funzionario giudiziario e sono vacanti 3 dei 5 posti di assistente giudiziario; delle 2 unità rimaste una andrà in maternità da giugno/luglio 2022; degli 8 posti di operatore giudiziario ne sono al momento coperti soltanto 6, di cui 4 andranno in pensione tra il 1o maggio 2022 e il 1o febbraio 2023. Altra operatrice lavora part time 7 mesi l'anno e pertanto, in difetto di nuovi arrivi la scopertura del personale in servizio presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Massa al 1o novembre 2022 passerà dall'attuale 37 per cento al 55 per cento (con 11 posti coperti sui 29 previsti);

   sono state già intraprese dal personale in servizio presso la Procura della Repubblica del capoluogo manifestazioni sindacali di protesta, nonché richiesto un incontro sul tema con il Prefetto della Provincia di Massa-Carrara, svoltosi il 29 aprile 2022 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di risolvere le perduranti e gravi criticità di organico che insistono presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Massa.
(3-03056)


   FERRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   all'esito della procedura di rideterminazione delle piante organiche della magistratura, in attuazione dell'articolo 1, comma 379, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, il Ministero della giustizia non ha attribuito alcun posto in aumento al tribunale di Massa (distretto della corte d'appello di Genova), nonostante che detto tribunale vanti il maggior numero di iscrizioni pro capite nell'ambito del distretto, con il maggior numero di procedimenti definiti pro capite;

   una volta predisposto lo schema di decreto ministeriale recante la nuova pianta organica della magistratura, il Ministero ha richiesto il parere al Consiglio superiore della magistratura, il quale a sua volta, ha chiesto ai consigli giudiziari di esprimersi in proposito;

   il consiglio giudiziario presso la corte d'appello di Genova ha incaricato la Commissione per l'analisi dei flussi e delle pendenze, cosiddetta «Commissione flussi» istituita presso lo stesso consiglio di svolgere uno studio sullo schema di decreto ministeriale; all'esito, il parere della commissione ha evidenziato come «Risulta pertanto incomprensibile il mancato aumento dell'organico al Tribunale di Massa che – alla luce del criterio delle sopravvenienze – indicato come prevalente nelle premesse analitiche della Relazione, è quello tra i Tribunali del Distretto che avrebbe maggiore necessità di un aumento di organico» (cfr. relazione Commissione Flussi 19 febbraio 2020), ed ha proposto di assegnare al tribunale di Massa i due giudici previsti in aumento per il distretto della corte d'appello di Genova e destinati dal Ministero al tribunale di Genova;

   nella seduta del 26 febbraio 2021 il consiglio giudiziario di Genova è pervenuto a conclusioni solo parzialmente difformi da quelle della commissione flussi, e comunque favorevoli al tribunale di Massa, proponendo di ripartire i due giudici proposti tra il tribunale di Massa e il tribunale di Genova;

   è seguito il conforme parere del Consiglio superiore della magistratura, contrario alla proposta ministeriale, con il quale si richiedeva al Ministero – sulla scorta delle inequivocabili conclusioni dell'approfondito studio compiuto dalla commissione flussi – di destinare al tribunale di Massa almeno uno dei due giudici;

   al contrario, il Ministero ha perseverato nella sua proposta originaria, nonostante il parere contrario del Consiglio superiore della magistratura, del consiglio giudiziario del distretto interessato e nonostante le evidenze oggettive risultanti dallo studio della commissione flussi, ed ha destinato i due giudici in aumento al tribunale di Genova con la motivazione di «una progressiva distrettualizzazione delle competenze»;

   tuttavia, i criteri indicati nella relazione di accompagnamento alla proposta ministeriale militano tutti in favore del tribunale di Massa, a cominciare dal criterio delle sopravvenienze, considerato prioritario, che vede prevalere nettamente le sopravvenienze pro capite nel tribunale di Massa rispetto al tribunale di Genova –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per porre rimedio a quella che appare all'interrogante l'evidente disparità compiuta dal precedente Guardasigilli, con l'approvazione della nuova pianta organica della magistratura, per consentire un incremento dell'organico dei giudici del tribunale di Massa che possa garantire allo stesso di esercitare, senza le attuali enormi difficoltà, la propria funzione giurisdizionale e portare avanti gli ingenti carichi giudiziari ad esso assegnati, al fine ultimo di soddisfare la domanda di giustizia del circondario in tempi che siano compatibili con il principio costituzionale della ragionevole durata dei processi.
(3-03057)


   GALANTINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   gli articoli 291 e seguenti del codice civile disciplinano l'istituto dell'adozione del maggiorenne, disponendo, tra l'altro che tale adozione «è permessa alle persone che non hanno, discendenti legittimi o legittimati»;

   già previsto dal codice del 1865, infatti, l'istituto dell'adozione del maggiorenne nasce con una finalità essenzialmente patrimoniale, nello spirito di difendere le «esigenze dell'adottante di dare continuità al proprio nome e al proprio patrimonio»;

   il fondamento del divieto di adottare persona maggiorenni in presenza di figli minori si ravvisa nella tutela di questi ultimi, i quali, non sono in grado di esprimere il consenso in merito a una decisione che incide direttamente sulla loro sfera giuridica personale e patrimoniale;

   l'adozione di persona maggiorenne crea un vincolo che non si sostituisce, come invece accade nell'adozione di minorenne, ma si aggiunge a quello derivante dalla filiazione di sangue, e, pertanto, 1'adottato conserva i diritti e i doveri verso la famiglia di origine, tra i quali anche i diritti successori; pur essendo la questione dibattuta in ambito dottrinario, non è ancora stata affrontata dal legislatore l'ipotesi della sopravvenienza di figli minori dell'adottante in un momento successivo al perfezionamento, da parte dello stesso, dell'adozione di un maggiorenne;

   in proposito giova ricordare che la Corte europea dei diritti dell'uomo, con una sentenza del 2015, ha ritenuto che il venir meno del vincolo dell'adozione sia ammissibile purché sussistano ragioni sufficienti ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare;

   in tale quadro, la Corte ha ritenuto che ai fini del venir meno del vincolo dell'adozione sia necessario un interesse prevalente rispetto all'interesse e alla stabilità creatisi con l'adozione;

   con particolare riguardo all'ipotesi di sopravvenienza di figli si deve rilevare che la presenza di interessi prevalenti, di cui sono portatori i figli minori sopravvenuti, potrebbe giustificare il venir meno del vincolo con l'adottato maggiorenne: l'interferenza nella vita dell'adottato sarebbe controbilanciata, ai sensi dell'articolo 8 della CEDU, dall'esigenza di salvaguardare il superiore interesse dei minori sopravvenuti;

   l'interesse del minore costituisce, infatti, un valore fondamentale sia nel nostro ordinamento nazionale sia in quello sovranazionale –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito alla problematica esposta in premessa e se intenda assumere iniziative normative al riguardo.
(3-03058)


   BOLDRINI, APRILE, ASCARI, BARBUTO, BERLINGHIERI, BRUNO BOSSIO, CANCELLERI, CARNEVALI, CASA, CENNI, CIAGÀ, CIAMPI, D'ARRANDO, D'ELIA, DE LORENZO, EHM, FLATI, GIANNONE, GRIBAUDO, IANARO, LORENZIN, MARTINCIGLIO, MURONI, PAPIRO, PEZZOPANE, QUARTAPELLE PROCOPIO, SARLI, SPADONI, SPORTIELLO, TIMBRO, ELISA TRIPODI e VILLANI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di due articoli di stampa pubblicati sul sito DonnexDiritti in data 29 giugno 2022 e sulla 27sima ora del «Corriere della Sera» in data 30 giugno 2022, si è appreso che una madre è stata trattenuta contro la propria volontà nell'ufficio del sindaco di un comune del lodigiano, mentre il figlio di nove anni, che l'aspettava fuori del palazzo comunale con una conoscente della madre stessa, veniva preso con la forza e portato via per essere collocato in una casa-famiglia;

   va specificato che – secondo quanto riportato negli articoli di cui sopra – la madre sarebbe stata convocata con l'inganno presso il predetto ufficio del sindaco, al solo scopo di separarla dal figlio minore perché questi potesse essere prelevato;

   tutto ciò è avvenuto in esecuzione di una decisione del Tribunale di Lodi, costruita sulla base di una relazione della Ctu incaricata della perizia e fondata sulla cosiddetta alienazione parentale, altrimenti detta Pas;

   questa teoria ascientifica è stata rigettata dall'organizzazione mondiale della sanità, e la sua applicazione è in palese contrasto con la Convenzione di Istanbul, ratificata all'unanimità dal nostro Parlamento con legge n. 77 del 2013. Nel maggio 2020, il Ministro della salute, Roberto Speranza, rispondendo a un'interrogazione parlamentare, ha affermato che la Pas «non è riconosciuta (...) dalla grande maggioranza della comunità scientifica». La stessa affermazione è stata fatta dalla Ministra della giustizia, Marta Cartabia, durante un question time alla Camera;

   va inoltre sottolineato che la Corte di cassazione si è espressa più volte al riguardo, e in una sentenza del 24 marzo 2022 ha affermato che «il richiamo alla sindrome d'alienazione parentale e a ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori»;

   nella stessa sentenza, inoltre, la Corte di cassazione evidenzia che l'esecuzione coattiva di decisioni assunte nelle sedi giudiziarie, «consistente nell'uso di una certa forza fisica diretta a sottrarre il minore dal luogo ove risiede con la madre, per collocarlo in una casa-famiglia, [...] non appare misura conforme ai principi dello Stato di diritto [...] e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi [...] anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona»;

   dello stesso parere è la Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio del Senato, la quale sui prelievi forzosi dei minori e sull'alienazione parentale si è di recente espressa all'interno di una relazione da cui emerge chiaramente l'entità della vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza, nonché dei loro figli, nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e la responsabilità genitoriale –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;

   quali iniziative di competenza intendano assumere per dare concreta applicazione alla sentenza della Corte di cassazione n. 9691 del 24 marzo 2022.
(3-03061)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VITIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che il presidente del Tribunale di Napoli nord, in una nota al Ministero della giustizia, ha chiesto la soppressione dell'ufficio del giudice di pace di Marano di Napoli;

   i motivi attengono alla suddivisione delle spese dei comuni aderenti alla Convenzione per la gestione associata dell'ufficio del giudice di pace che sono risultati inadempienti negli ultimi mesi, alla mancanza di personale e a problemi inerenti allo stabile, che è risultato di proprietà del comune di Marano di Napoli solo per il 21 per cento mentre per l'altro 73 per cento ne è stata affermata la proprietà di 2 soggetti privati;

   l'officio del giudice di pace rappresenta un importante presidio di legalità e garantisce alla cittadinanza un servizio essenziale, come quello della giustizia. La chiusura dell'ufficio del giudice di pace in questione comporterebbe un sovraccarico di lavoro per l'ufficio del giudice di pace di Napoli nord con un grave rallentamento delle cause assegnate;

   l'iniziativa del presidente del Tribunale di Napoli nord è stata presa in maniera unilaterale, senza tenere in considerazione tutti i soggetti coinvolti, e in particolare i sindaci dell'area aderenti alla Convenzione e l'Ordine degli avvocati;

   tra le soluzioni individuate per garantire la presenza del giudice di pace della zona vi è la possibilità di una diversa collocazione degli uffici in in questione al fine di eliminare la problematica relativa alla proprietà privata dell'edificio che attualmente ospita gli uffici;

   a giudizio dell'interrogante comunque, il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati rappresenta l'unica soluzione per l'individuazione condivisa dei problemi emersi alla gestione degli uffici del giudice di pace in questione –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire il mantenimento degli uffici del giudice di pace di Marano di Napoli quale importante presidio di legalità e di garanzia di un servizio essenziale alla cittadinanza dell'area.
(5-08350)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa circondariale di Napoli Poggioreale lamenta da anni una grave situazione di criticità in relazione alla carenza di organico del personale di polizia penitenziaria in servizio presso la struttura, nonché di sovraffollamento di popolazione detenuta;

   in particolare, a fronte di una pianta organica di n. 912 unità di personale di polizia penitenziaria (come previsto da decreto ministeriale del 2 ottobre 2017), attualmente risultano effettivamente in servizio soltanto n. 731 unità (181 agenti in meno);

   ne consegue che il personale è costretto a svolgere numerose ore di lavoro straordinario e perfino ad occupare più posti di servizio al giorno, con evidenti ripercussioni negative sia sull'ordine e la sicurezza del penitenziario sia sul benessere psicofisico dei poliziotti;

   il personale di polizia penitenziaria è spesso costretto a rinunciare alla fruizione del riposo settimanale e delle ferie;

   inoltre, nella struttura sono presenti circa 2.300 detenuti a fronte di 1.571 posti previsti;

   negli ultimi anni sono state avanzate numerose segnalazioni e denunce da parte dei sindacati di polizia penitenziaria, senza che si avesse un intervento da parte dell'Amministrazione –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza per garantire una maggiore copertura dell'organico di polizia penitenziaria presso la Casa circondariale di Napoli Poggioreale.
(4-12480)


   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende della violenta aggressione verificatasi, il 27 giugno 2022, nel carcere di Parma. Un detenuto di origini magrebine, appartenente al circuito detentivo della Media Sicurezza, uscito dalla propria camera di pernottamento, si sarebbe scagliato contro il personale di polizia penitenziaria, per futili motivi pretendendo la somministrazione di una terapia aggiuntiva rispetto a quella prescrittagli dai sanitari;

   ben sei poliziotti penitenziari sarebbero rimasti contusi, nel tentativo di contenere l'aggressività del detenuto, tanto da essere costretti a raggiungere il pronto soccorso dell'Ospedale Maggiore, dove sono state riscontrate prognosi dai 6 ai 10 giorni, salvo la necessità, per un paio di loro, di ritornare in Ospedale per ulteriori accertamenti diagnostici;

   in una nota del sindacato di polizia penitenziaria Asppe si legge «Tali episodi continuano a verificarsi a causa della discutibile organizzazione del lavoro dell'istituto ducale, che non consente al personale di Polizia Penitenziaria di operare in condizioni, anche numeriche, ottimali, al cospetto di detenuti particolarmente facinorosi e violenti. A dimostrazione di ciò, vi sarebbe anche l'indebito ricorso alla sorveglianza a vista (che, al limite, andrebbe assicurata da personale sanitario e non certo di Polizia Penitenziaria) a cui sarebbe attualmente sottoposto un detenuto particolarmente problematico, il quale sarebbe solito lanciare, verso il malcapitato poliziotto impiegato in tale servizio (tra l'altro, della durata di otto ore e non sei, come previsto dalle vigenti norme contrattuali), alimenti e bevande (acqua, latte, ecc.) nonché materiale fecale e urina»;

   alla data del 20 giugno 2022 sono notevoli le criticità operative in cui opera la polizia penitenziaria negli istituti penitenziari di Parma:

    pianta organica inadeguata perché non è stata aumentata con l'apertura del nuovo reparto (avvenuta nell'estate 2020) ferma peraltro all'organico previsto dal decreto ministeriale 2017; inoltre, la copertura è di circa 365 unità a fronte di 416 posti di polizia penitenziaria previsti;

    attualmente sono ospitati 696 detenuti nei 655 posti regolamentari (di cui 30 non disponibili);

    dirigenza incompleta: mancano entrambi i 2 vice-direttori e tutti e 3 i funzionari di polizia penitenziaria: attualmente c'è solo il direttore e il comandante degli agenti;

    manca la qualifica di «carcere nazionale di primo livello» – che hanno maggiore organico, anche nell'amministrazione, ed emolumenti maggiori per i ruoli apicali – nonostante il ricorrere dei requisiti in base al numero di oltre 600 detenuti, alle dimensioni e alle caratteristiche, compresi il reparto massima sicurezza 41-bis e il centro clinico;

   a parere degli interroganti una vera osservazione del detenuto non può di certo attuarsi da remoto e/o in vigilanza dinamica –:

   se il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda quanto prima adottare iniziative al fine di assicurare fattivo rimedio alle gravi problematiche di copertura dell'organico nel carcere di Parma, rivedere la pianta organica considerando il nuovo padiglione ed in particolare riconoscere la qualifica di carcere nazionale, in considerazione del fatto che i detenuti ristretti sono di numero superiore a 600 e che il carcere suddetto ne ha tutti i requisiti;

   se il Ministro, nell'ambito della riforma in corso del sistema penitenziario italiano, abbia approfondito e tenuto in considerazione il problema concreto della gestione operativa delle carceri, ovvero come prevenire gli eventi dannosi attraverso una reale osservazione del detenuto, come rispondere al fenomeno delle aggressioni e, soprattutto, come gestire le emergenze attraverso dei protocolli operativi standard, a cui i reparti di polizia penitenziaria possano fare riferimento.
(4-12481)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la situazione all'interno del carcere di Torino ha raggiunto livelli di gravità tali da risultare oramai ingestibile per il personale penitenziario ivi in servizio;

   nel solo mese di giugno 2022, infatti, si sono registrate ben quattro aggressioni a danno degli agenti di Polizia penitenziaria, spesso perpetrate da soggetti con disturbi psichiatrici;

   il 4 giugno, un detenuto, senza alcun motivo, ha tentato di assalire un coordinatore di padiglione. L'assistente capo di Polizia penitenziaria, intervenuto a sostegno del collega, ha riportato una lussazione alla spalla sinistra a seguito di una rovinosa caduta avvenuta durante la colluttazione;

   portato nel pronto soccorso dell'ospedale Maria Vittoria, è stato dimesso con una prognosi di 20 giorni;

   nel giorno del 16 giugno, invece, un recluso straniero, il quale pretendeva che la propria cella rimanesse aperta, ha prima spintonato e successivamente colpito all'altezza della tempia un agente intervenuto sul posto: in questo caso, la prognosi rilasciata dall'ospedale era di 14 giorni;

   quattro giorni dopo, il 20 giugno, un detenuto straniero ha dapprima devastato la propria cella, rompendo i sanitari presenti al suo interno da cui ha ricavato dei frammenti con i quali si è autoinflitto delle lesioni sulle braccia e sul collo, riversando poi il sangue addosso all'agente in servizio senza alcun motivo. Infine, lo ha colpito ripetutamente, rendendosi necessario il trasporto dell'agente offeso nel pronto soccorso dell'ospedale torinese, da cui è stato dimesso con una prognosi di 5 giorni salvo complicazioni;

   il medesimo ristretto, inoltre, si è reso artefice, nei giorni precedenti, della devastazione di altre celle in cui vi era stato collocato;

   infine, il 30 giugno, due detenuti di nazionalità straniera hanno aggredito senza motivo con calci, pugni e spintoni un ispettore e quattro agenti, i quali si trovano tuttora all'interno dell'ospedale in cui sono stati portati per gli accertamenti e le cure necessarie;

   a nulla sono valse le doglianze delle organizzazioni sindacali di categoria, le quali lamentano la situazione oramai ingestibile regnante all'interno del carcere, dovuto, come già accennato, anche dalla presenza di numerosi detenuti con patologie psichiatriche al suo interno, laddove, tuttavia, la struttura e il suo personale non possiedono gli spazi né le competenze adeguate per poterli gestire in modo congruo;

   le criticità presenti nel penitenziario in questione comportano un aggravio gestionale a carico dei poliziotti in servizio ben oltre il limite dell'accettabile, sottoposti costantemente a situazioni di tensione e pericolo per la propria incolumità, il tutto nell'assoluto ingiustificabile silenzio del Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia, i quali, ad avviso dell'interrogante, perdurano nel tardare a predisporre gli interventi necessari, comportando in tal modo la permanenza di una condizione paragonabile ad una vera e propria tortura quotidiana a danno della Polizia penitenziaria –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di risolvere le gravi criticità presenti nel carcere di Torino.
(4-12483)


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di cassazione con ordinanza n. 286/2022 pubblicata in data 24 marzo 2022 si è pronunciata in modo decisivo in favore dei diritti dei minori. Lo ha fatto in base a tre principi: l'illegittimità dell'alienazione parentale, la superiorità dell'interesse dei bambini rispetto al diritto alla bigenitorialità e la condanna dell'uso della forza nei confronti dei minori;

   il giudice di legittimità, accogliendo le doglianze mosse dalla ricorrente, ha riconosciuto in capo all'organo giudicante il dovere di effettuare approfondite valutazioni circa la personalità e la vita del genitore definito alienante prima di assumere qualunque decisione limitativa della responsabilità genitoriale che potrebbe risultare pregiudizievole per il minore;

   il Corriere della Sera ha riportato nei giorni scorsi la storia di una madre di 42 anni di Roma che non vede suo figlio da ottobre 2021 quando il bambino è stato prelevato da scuola e collocato a casa del padre, con cui non aveva mai vissuto e che aveva conosciuto solo attraverso incontri protetti;

   il bambino, si legge, è nato nel 2016 quando i rapporti tra la donna e il suo compagno erano già deteriorati. Lui era collerico e violento. Spesso spariva per lunghi periodi. Quando il bambino aveva quattro mesi, in un'esplosione di rabbia, ha preso a mazzate l'automobile in cui erano la madre e il figlio. I vicini hanno chiamato la polizia e da lì un crescendo fino ad una denuncia per maltrattamenti. Nel 2019, quando il processo per violenza era ancora in corso, l'uomo presenta un'istanza di affido condiviso che viene respinta. Il bambino resta con la mamma, ma inizia a vedere il padre presso i servizi sociali: «L'ha conosciuto per la prima volta nel 2019»;

   successivamente, la donna – continua il Corriere della sera – registra un crescendo di atti vandalici davanti alla sua casa: versamenti di acido muriatico in giardino, reti divelte del giardino perimetrale, pipì sulla porta d'ingresso, pipì sul passeggino di mio figlio. La donna ha paura e decide di cambiare casa e trasferirsi vicino Roma, in una zona più tranquilla. Poi, il 22 ottobre 2021, il fulmine a ciel sereno: appellandosi all'articolo 403 del codice civile il sindaco, su indicazione dei servizi sociali, ordina il prelevamento coatto del bambino a scuola e l'affidamento al padre perché la madre sarebbe in preda di deliri persecutori. Il minore viene quindi collocato nella casa di un uomo che, in quel momento, era sotto processo per violenza in famiglia. Cinque giorni dopo la giudice convoca tutti d'urgenza: decide l'affido ai servizi sociali e non al padre ma la collocazione del bambino rimane nella casa paterna. Nel frattempo il processo per violenza si chiude, come nell'80 per cento dei casi, con un'assoluzione «perché non si è riusciti a delineare il quadro della convivenza»;

   «La seconda Ctu – racconta la donna alla stampa – conferma che sarei preda di deliri persecutori ma da tutti i test che ho fatto risulto sana di mente. Lavoro, sono una donna stimata e sono sempre stata considerata una madre adeguata. Ora abbiamo chiesto la ricusazione della psichiatra e stiamo aspettando la decisione della giudice»;

   a maggio la signora ha scritto anche una lettera al sindaco di Roma con la preghiera di intercedere con il servizio sociale del Primo municipio di Roma, affinché si adoperino per l'applicazione delle indicazioni del giudice per riavvicinare madre e figlio così brutalmente separati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda di competenza intenda adottare, anche a carattere normativo, per garantire il supremo interesse del minore, alla luce delle più recenti decisioni della Corte di cassazione.
(4-12488)


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, recante la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, prevede – al comma 5-bis – che il procuratore generale presso la Corte di cassazione proceda all'archiviazione del procedimento nei casi in cui il fatto addebitato non costituisca condotta disciplinarmente rilevante, non formi oggetto di denuncia circostanziata, non rientri in una delle ipotesi previste dagli articoli da 2 a 4 del medesimo provvedimento, risulti inesistente ovvero, infine, non commesso;

   la medesima disposizione, inoltre, prevede che il provvedimento di archiviazione venga comunicato solamente al Ministro della giustizia, il quale, a sua volta ed entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni successivi alla ricezione degli stessi, domandare al Presidente della Sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando altresì l'incolpazione disciplinare;

   la normativa appena richiamata, dunque, attribuisce significativi poteri valutativi ed operativi al Ministero della giustizia, potendo lo stesso, nonostante l'adozione di un provvedimento di archiviazione, valutare la necessità di proseguire nell'azione disciplinare e formulare un capo di incolpazione;

   ogni anno, in media, il Procuratore generale presso la cassazione riceve quasi 2.000 segnalazioni disciplinari, ne archivia oltre il 90 per cento e solo per il 5 per cento dei casi promuove l'azione disciplinare. In totale, le condanne sono appena l'1,4 per cento delle denunce;

   non è noto, invece, in quanti casi il Ministero della giustizia abbia promosso l'azione disciplinare pur in presenza di un provvedimento di archiviazione del Procuratore generale;

   tuttavia, uno dei principi informatori dell'agire amministrativo è quello della trasparenza, che lo stesso legislatore – a più riprese – ha configurato come principio di carattere generale, e non può dunque non applicarsi al settore della giustizia –:

   quante comunicazioni di archiviazione del procuratore generale presso la Corte di cassazione abbia ricevuto il Ministero della giustizia dal 2018 ad oggi, in quanti casi a seguito di tale comunicazione abbia avviato l'azione disciplinare ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 16 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 106, ed in quanti abbia richiesto copia degli atti senza poi procedere ad una formale incolpazione.
(4-12489)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la nuova diga del porto di Genova è un'opera imponente quanto essenziale per mantenere l'operatività dei bacini, garantire la sicurezza della navigazione e fornire un'adeguata protezione contro fenomeni meteomarini avversi;

   la nuova diga ha quindi la funzione di creare una nuova configurazione degli accessi portuali che garantisca i transiti e le manovre delle navi di ultima generazione in totale sicurezza, una migliore protezione dei bacini interni dalle mareggiate e da possibili cambiamenti climatici, e una più razionale separazione fra traffico commerciale e passeggeri, riparazioni navali e area nautica da diporto;

   il commissario straordinario nominato dal Governo per la realizzazione dell'opera è Paolo Emilio Signorini, l'attuale presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale;

   il costo stimato complessivo per la realizzazione del progetto è di circa 1 miliardo e 300 milioni di euro (950 milioni di euro per la fase A); l'inizio lavori è stato previsto per il gennaio del 2023 e il termine per il mese di dicembre 2026;

   la nuova diga verrà finanziata con le risorse del Pnrr e fa parte delle dieci opere prioritarie per cui è prevista una procedura accelerata di approvazione di cui al decreto-legge n. 77 del 2021;

   nello scorso mese di aprile Piero Silva, direttore tecnico per il Pmc (Project Management Consulting) dell'opera, si è dimesso segnalando gravi criticità tecniche relative al progetto e conseguentemente l'aumento vertiginoso di costi e tempistica che tale opera necessiterebbe: «ritengo che – posto e non concesso che il consolidamento geotecnico si riveli fattibile – ci vorranno almeno 2 miliardi di euro e 15 anni di lavori» ha dichiarato;

   il 27 maggio 2022 il Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ha approvato il progetto della diga foranea di Genova, consentendo all'Autorità di sistema portuale di avviare le procedure di gara per l'aggiudicazione dell'opera;

   il 1° giugno sono state trasmesse le lettere di invito per presentare offerte per l'appalto integrato complesso per la realizzazione della fase A dell'opera e ai concorrenti erano stati dati 30 giorni di tempo per la presentazione delle proposta, cui avrebbe dovuto fare seguito la fase di negoziazione con l'aggiudicazione entro il mese di luglio e l'avvio lavori stimato a gennaio 2023;

   già a metà giugno sia Federlogistica-Conftrasporto che Ance avevano pubblicamente espresso forti perplessità sull'opera chiedendo di posticipare il bando. In particolare, era stato chiesto che all'appalto fosse applicato l'ultimo prezzario dei materiali per far fronte al recente rincaro delle materie prime;

   al 1° luglio 2022, nessuna cordata di costruttori ha presentato offerte per realizzare la prima fase della nuova diga del porto di Genova;

   appare evidente che le criticità rimarcate nei mesi scorsi sul progetto stiano compromettendo la realizzazione dell'opera nei tempi stabiliti e, conseguentemente, l'utilizzo dei fondi comunitari del Pnrr –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere al fine di garantire che la nuova diga del porto di Genova venga realizzata nei tempi previsti;

   se i costi del progetto abbiano avuto ad oggi variazioni rispetto alla sua approvazione il 27 maggio 2022 da parte del Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e se eventuali ritardi sulla realizzazione della diga rischino di compromettere l'utilizzo dei fondi già stanziati del Pnrr;

   se l'Autorità di sistema portuale del Mar ligure occidentale intenda prendere in esame i pesanti rilievi critici sollevati sul progetto a base di gara da autorevoli esperti del settore nonché dai rappresentanti del comparto dello shipping e delle costruzioni.
(5-08347)


   FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   numerose sono le contraddizioni sulla destinazione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per dare una spinta decisiva alla realizzazione di opere infrastrutturali strategiche per il Mezzogiorno;

   come emerge dall'allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza, su 280 miliardi di euro destinati alla mobilità sostenibile, legati principalmente alla realizzazione di interventi sulle reti stradali, ferroviarie, portuali e viarie, solo 4 sono quelli toccati alla Calabria, lasciando senza copertura economica molte opere ritenute di interesse strategico per la regione;

   uno degli esempi più evidenti è rappresentato dal porto di Gioia Tauro; 16,5 milioni che, stando al documento, proverrebbero dal Pnrr, sono destinati al finanziamento dei lavori di completamento della banchina di ponente lato nord del Porto, lavori, però, già contemplati nell'Accordo di programma quadro siglato nel 2018 tra regione, Autorità portuale, Corap e lo stesso Ministero e finanziato con risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020; analogo discorso per gli interventi di adeguamento e risanamento della banchina «Margottini» di Reggio, per i quali si parla di 6,5 milioni provenienti dal Pnrr, ma, in realtà, somme già previste nell'Apq del 2018 con risorse Fsc 2014-2020;

   e ancora, per la banchina del porto di Villa San Giovanni nel Pnrr sono contemplati 4 milioni, ma già finanziati con risorse Fsc 2014-2020;

   di contro, nulla è previsto per la strada Statale 106, il cui completamento, in più occasioni, è stato sbandierato dal Governo quale priorità; eppure, ad oggi le uniche somme certe e disponibili sono quelle relative (1,3 miliardi) al completamento del terzo megalotto Sibari-Roseto; altri 220 milioni sarebbero disponibili per la tratta Catanzaro-Crotone, anche se per completarla servirebbero 1,5 miliardi; per il segmento Crotone-Sibari e il completamento sino a Reggio Calabria, invece, nell'allegato si parla genericamente della «programmazione e la realizzazione di interventi di potenziamento e di messa in sicurezza, per un importo stimato di oltre 3 miliardi di euro»;

   i docenti di trasporti delle università calabresi e siciliane, riuniti in un coordinamento permanente, sostengono la necessità di concentrare gli sforzi su tre interventi della rete europea di primo livello, irrinunciabili per la Calabria: alta velocità ferroviaria che colleghi Roma e lo Stretto in 3 ore; trasformazione in autostrada intelligente della Salerno-Reggio Calabria; realizzazione di banchina e piazzale lato Sud nel porto di Gioia Tauro;

   sull'annosa questione dell'alta velocità duro è stato il commento dell'ex assessore all'urbanistica di Reggio Calabria, Richichi, dopo gli ultimi rinvii: «Sull'Alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria si rischia un bluff», ricordando come «È dal 2020 che denuncio i comportamenti di Rfi nei confronti di un'opera che dovrebbe essere volano di sviluppo per la nostra regione e, in particolare modo, per la provincia di Reggio Calabria. Gli allungamenti di percorrenza, il dovere salire e scendere bucando l'Appennino porterà a ritardi incalcolabili che terranno l'opera ferma o rallentata e ci vorranno, almeno, cinquant'anni di tempo per poterla completare, ove si completi»;

   ancora più impietosa è la situazione per quanto riguarda le città metropolitane, dove le risorse assegnate per realizzare sistemi di trasporto rapido di massa ammonterebbero complessivamente a 3,6 miliardi: a Reggio risultano assegnati appena 23 milioni di euro per potenziare e valorizzare le linee su rotaie esistenti –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti di cui in premessa e a quanto emerso dall'allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza, con particolare riguardo al mancato finanziamento di numerose opere infrastrutturali strategiche per la regione Calabria e alla previsione nel Pnrr di interventi già finanziati;

   quale sia lo stato dell'arte della realizzazione dell'alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria e quali siano gli intendimenti del Governo al riguardo.
(5-08348)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAPIA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la Capitaneria di porto – Guardia Costiera di Olbia, con due avvisi datati 21 giugno 2022 e 28 giugno 2022, ha reso noto che le società «Zefiro Vento S.r.l.» e «Nurax Wind Power S.r.l.» hanno rispettivamente chiesto il rilascio della concessione demaniale marittima di durata trentennale, finalizzata all'installazione di due impianti eolici offshore per la produzione di energia;

   i suddetti impianti troverebbero allocazione nel mar Tirreno, al largo della costa nordorientale della Sardegna, interessando le acque antistanti il comune di Olbia;

   il progetto della società «Zefiro Vento» prevede l'installazione di 210 aerogeneratori della potenza di 15 megawatt cadauno, per un totale di 1.747.501.960 metri quadri di specchio acqueo impiegato per la realizzazione dell'impianto. Il progetto della società «Nurax Wind Power», invece, prevede l'installazione di 33 aerogeneratori della potenza di 14 megawatt cadauno, per un totale di 2.579.910 metri quadri di specchio acqueo;

   le istanze di concessione demaniale di cui sopra, seguono quella già predisposta dalla società «Tibula Energia S.r.l.» per la realizzazione di un parco eolico nel medesimo tratto di costa: in merito a quest'ultima richiesta di concessione demaniale, inoltre, l'interrogante aveva presentato l'interrogazione parlamentare n. 4-12399 (in attesa di risposta);

   si fa notare ancora una volta che le aree interessate dalla possibile nascita dei nuovi impianti si caratterizzano per un elevato grado di biodiversità ambientale e paesaggistica, nonché da siti di interesse naturale, culturale e storico;

   la realizzazione dei suddetti progetti, per un totale di 308 pale eoliche, avrebbe pesanti ricadute dal punto di vista di impatto ambientale sia sugli ecosistemi di terra che sugli ecosistemi marini, oltre a causare un impatto socio-economico con ricadute fortemente negative sull'immagine del territorio e sullo sviluppo dell'intera comunità, la cui economia è fondata principalmente sul turismo di qualità e sull'offerta data dalla elevata valenza delle risorse naturalistico-ambientali, paesaggistiche, storiche e culturali;

   l'approvazione di tali opere, pertanto, altererebbe in maniera grave il paesaggio e l'ambiente circostante, dal momento che va tenuto altresì conto dell'impatto visivo che causerebbe la costruzione di un impianto eolico a pochi chilometri dalla costa;

   l'interrogante in data 30 giugno 2022, ha provveduto a depositare presso la Capitaneria di Olbia – Ufficio del demanio formale richiesta di opposizione a tutti e tre i progetti, con documentazione corredata dalle relative osservazioni/ragioni di contrarietà;

   quanto sta accadendo in tutta la Sardegna, ormai mirino di diverse multinazionali interessate a costruire impianti di produzione di energia eolica nelle acque antistanti le coste della regione, sta altresì generando all'interno delle relative comunità – e delle rispettive amministrazioni – la convinzione che l'isola possa divenire ben presto «colonia di affari» dei cui benefici, i cittadini sardi, non godranno affatto, né in termini di riduzione delle tariffe dell'energia elettrica, né in termini di creazione di nuovi posti di lavoro –:

   se non si intenda bloccare e revocare, con urgenza, le procedure avviate dalla Capitaneria di porto – Guardia costiera di Olbia, per evitare inutili contenzioni alle pubbliche amministrazioni che si sono già pubblicamente opposte a questa procedura;

   se non si intenda, con immediatezza, revocare motu proprio i procedimenti relativi alle richieste di concessione e alla convocazione di conferenze di servizio che impegnano oltremisura le strutture della Capitaneria di porto della Sardegna, per progetti che appaiono all'interrogante destituiti di un fondamento giuridico, tecnico, ambientale e paesaggistico, capaci di deturpare a dismisura il mare della Sardegna, provocando danni gravissimi sul piano della sicurezza marina, della navigabilità e della stessa economia legata alla pesca;

   quali iniziative si intendano adottare, nell'immediato, per fermare la costruzione di questa opera, sollevando dinanzi alla società proponente tutte le eccezioni rappresentate nel presente atto.
(4-12486)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   LEGNAIOLI, LOLINI, PICCHI, POTENTI e BILLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella serata di giovedì 30 giugno 2022 la sede cittadina della Lega di viale Corsica a Firenze è stata vittima di un atto incendiario;

   come si evince dalle dichiarazioni degli attivisti che in quel momento occupavano le sale per una riunione, tra cui vi era lo stesso segretario comunale della Lega-Salvini Premier Federico Bussolin, verso le 21:45 qualcuno avrebbe bussato alla porta-finestra della sede; una volta usciti, i militanti hanno notato che il campanello della sede stava prendendo fuoco e hanno spento le fiamme prima che prendessero vigore;

   sebbene le indagini siano ancora in corso, sembra che, anche a seguito del vaglio delle telecamere installate nella zona, si sia in presenza con ogni evidenza di un atto doloso, probabilmente a scopo intimidatorio;

   l'attentato potrebbe, infatti, inserirsi, a parere degli interroganti, all'interno di una serie di intimidazioni che ormai da tempo hanno preso di mira il coordinamento fiorentino della Lega; a seguito delle aggressive contromanifestazioni di anarchici e centri sociali che hanno accompagnato, il 24 dicembre 2021, giorno dell'inaugurazione della sede di viale Corsica da parte del segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini, sulla pagine Instagram del vicino centro sociale di Ponte di Mezzo, chiamato «Occupazione Corsica», è apparso un post – ancora visibile – di chiara minaccia alla sede leghista: «possiamo promettere che non ci sarà pace per la sede di un partito politico che alimenta l'odio razzista e omofobo»;

   sebbene non sia possibile ricondurre automaticamente la responsabilità dell'accaduto al vicino centro sociale abusivo «Occupazione Corsica», le minacce da questo provenienti appaiono un motivo di preoccupazione per i militanti fiorentini della Lega e non devono essere in alcun modo sottovalutate –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare con la massima urgenza per individuare i responsabili del gesto e garantire la sicurezza della sede fiorentina della Lega-Salvini Premier, così come l'indisturbato esercizio del diritto fondamentale di riunione da parte degli attivisti.
(4-12484)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale n. 170 del 2022 vengono individuati i criteri di riparto delle risorse per le azioni di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica in attuazione della linea di investimento 1.4, nell'ambito degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

   la somma complessiva destinata alle predette azioni di contrasto e prevenzione alla dispersione nella scuola secondaria di primo e secondo grado ammonta a euro 500.000.000,00, quale prima azione di attuazione dell'investimento 1.4;

   come rilevato anche delle organizzazioni sindacali, solo un terzo delle scuole siciliane ha ricevuto la prima parte di fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonostante assolvano a numerosi dei criteri indicati dal decreto ministeriale menzionato;

   tra queste non sono ricompresi diversi istituti, che registrano una dispersione scolastica più alta della media nazionale;

   l'anomala distribuzione vede prevalere le scuole secondarie rispetto agli istituti comprensivi, con esclusione dei circoli didattici e dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, nonostante nello stesso decreto ministeriale si annoveri, alla lettera d) dell'articolo 1, un tasso di popolazione priva di diploma di scuola secondaria nella fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni pari al 5 per cento;

   il criterio adottato per la ripartizione dei fondi che prende in considerazione solo i dati rilevati dall'Invalsi nelle prove di italiano e matematica, restituisce un quadro assai distorto delle realtà scolastiche, dove, invece, i livelli di dispersione sono assai diversi e maggiori;

   anche diversi dirigenti scolastici, sempre in prima linea nella lotta alla dispersione scolastica, notano con spiacevole sorpresa che gli istituti scolastici da loro gestiti non siano stati destinatari dei suddetti fondi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa grave situazione e quali iniziative, intenda intraprendere per porre rimedio all'esclusione dei numerosi istituti scolastici e per evitare che si ripetano scelte che aumentano, immotivatamente e ingiustamente, il divario tra regioni a scapito delle zone più colpite dalla dispersione scolastica.
(5-08352)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 62 del 2017, in ordine alla valutazione, certificazione delle competenze ed esame di Stato nel primo ciclo di istruzione, così dispone: «La valutazione è effettuata collegialmente dai docenti contitolari della classe ovvero dal consiglio di classe. I docenti che svolgono insegnamenti curricolari per gruppi di alunne e di alunni, i docenti incaricati dell'insegnamento della religione cattolica e di attività alternative all'insegnamento della religione cattolica partecipano alla valutazione delle alunne e degli alunni che si avvalgono dei suddetti insegnamenti»;

   la circolare del Ministero dell'istruzione n. 49 del 2010 dispone quanto segue: «Partecipano al consiglio di classe il Dirigente scolastico [o un suo delegato], i docenti che hanno impartito un insegnamento destinato a tutti gli studenti della classe, compresi i docenti di educazione fisica [per questi ultimi cfr. decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2009, articolo 14, comma 5], i docenti di sostegno, contitolari della classe. I docenti che non hanno impartito un insegnamento destinato a tutti gli allievi [ad esempio i docenti di religione cattolica] partecipano alla valutazione solo per gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento [...]»;

   gli insegnanti di strumento musicale della classe di concorso A-56 strumento musicale nella scuola secondaria di I grado erogano la prestazione di insegnamento solo ad un numero limitato di alunni all'interno di ogni classe;

   il principio del collegio perfetto delle commissioni d'esame ai fini degli esami di Stato del I ciclo di istruzione postula, quale limite esterno, la presenza dei soli docenti aventi titolo a partecipare al processo di formazione della valutazione collegiale;

   in sede di esame di Stato del I ciclo di istruzione, taluni presidenti di commissione impongono ai docenti di strumento musicale la partecipazione ai lavori delle commissioni anche nel caso in cui tali docenti non siano titolari del predetto insegnamento in riferimento agli alunni da valutare (per esempio docenti di violino della classe di concorso AM56 a cui sia imposto di partecipare ai lavori in riferimento ad alunni che studiano il pianoforte e che rientrano nella competenza esclusiva del docente della classe di concorso AJ77);

   la presenza durante i lavori delle commissioni d'esame di docenti di strumento musicale non aventi titolo a partecipare ai predetti lavori rischia di invalidare la legittimità dei provvedimenti emessi dalle commissioni d'esame;

   allo stato attuale, sebbene l'insegnamento dello strumento musicale nella scuola media sia stato ricondotto a ordinamento dal 1999, ai sensi e per effetto del decreto ministeriale 6 agosto 1999, il Ministero dell'istruzione non ha ancora impartito disposizioni per dirimere la questione –:

   quali iniziative intenda adottare per disciplinare la prestazione dei docenti di strumento musicale, classe di concorso A-56, in ordine agli obblighi e alle relative competenze, con particolare riferimento alla partecipazione ai lavori delle commissioni degli esami di Stato del I ciclo di istruzione.
(4-12487)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi a Bologna la Guardia di finanza ha portato alla luce una presunta truffa pari ad almeno 850.000 euro indebitamente percepiti da 44 persone, tutte residenti nei principali campi nomadi di Bologna e di alcuni comuni della provincia, le quali in sede di autocertificazione, all'atto di presentazione della domanda per la percezione del reddito, avrebbero omesso di dichiarare di essere titolari di auto di lusso, conti correnti ed altri dati che li avrebbero privati del reddito;

   questa vicenda dimostra per l'ennesima volta i limiti del reddito di cittadinanza e ancor più l'assoluta incapacità delle istituzioni, già all'atto di presentazione della domanda, di attivare collaborazioni e dialoghi interistituzionali utili a verificare già in fase preliminare la sussistenza, o meno, del diritto ad ottenere la misura;

   difatti, i campi nomadi dove queste persone vivono sono tutti di proprietà pubblica e comunque le persone che ci abitano sono tutte persone note, o dovrebbero esserlo in ragione della normativa vigente, agli uffici comunali, nonché ai soggetti coinvolti sulle numerose attività di mediazione e di inserimento sociale che insistono su questa realtà e che pertanto dovrebbero essere a conoscenza, se ben operanti, delle condizioni anche economiche, ma non solo, di costoro. A titolo di esempio, si pensi che l'inchiesta dalla Guardia di finanza trae le mosse dal fatto che una di queste persone, quando ha presentato la domanda, doveva trovarsi agli arresti domiciliari;

   è pertanto evidente che, se il primo presidio di conoscenza di queste situazioni non si attiva e non opera, benché tenuto a farlo se non altro in ragione di una basilare attuazione del principio di collaborazione tra istituzioni, è sintomo di un malfunzionamento su cui è necessario intervenire –:

   quali iniziative di competenza abbia intrapreso negli anni al fine di garantire un effettivo dialogo tra i soggetti coinvolti nelle politiche connesse al reddito di cittadinanza e gli enti locali, al fine di attuare un'efficace realizzazione della misura in questione;

   se esistano ulteriori forme di controllo, all'atto della presentazione della domanda del reddito di cittadinanza, da parte degli uffici pubblici, che operino in maniera automatica;

   come sia possibile che decine e decine di persone, appartenenti alle stesse comunità, ottengano con così disarmante semplicità il reddito di cittadinanza e, solo grazie ad una inchiesta delle autorità giudiziarie e di polizia, si giunga ad una interruzione delle erogazioni.
(4-12479)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   come noto, negli ultimi quindici anni il prezzo del pellet è rimasto sostanzialmente stabile, con un preoccupante, gravoso e quanto più evidente rincaro a decorrere dal mese di agosto 2021;

   tale rincaro trova, tra le altre, ragione nella chiusura dell'attività di numerose aziende produttrici di pellet, nonché nell'incremento generico dell'inflazione e dei costi energetici e di trasporto dovuti a una contingenza tra crisi delle catene di distribuzione;

   come conseguenza del timore di un ulteriore rincaro dei costi di produzione e di trasporto del pellet, numerosi produttori che avevano firmato contratti di fornitura a prezzi prefissati hanno deciso di restituire gli acconti ai rivenditori;

   l'Italia è il primo consumatore di pellet al mondo per usi domestici (circa 3,5 tonnellate annue consumate), ma ne importa per l'85 per cento del totale;

   come evidente, il conflitto armato tra Russia e Ucraina ha aggravato i rincari registrati nel settore;

   secondo i dati raccolti dalle associazioni di rappresentanza di categoria attive nell'ambito dell'energia agroforestale, i prezzi del pellet sono incrementati fino a oltre il 30 per cento rispetto al 2021, con picchi anche del 40 per cento come registrato nel territorio veneziano, rincaro particolarmente importante considerato che il fabbisogno giornaliero individuale è di 15 chilogrammi di pellet;

   secondo gli ultimi rilievi, il prezzo è passato da 3,95 a oltre 5,70 euro per un sacco di 15 chilogrammi, prezzo che, secondo ulteriori evidenze, sono arrivati a oltre 9 euro –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per:

   a) contenere il fenomeno di rincaro dei prezzi del pellet data anche l'enorme predisposizione al consumo da parte dei cittadini, con interventi finalizzati a sostenere la filiera e ridurre le speculazioni;

   b) elaborare una strategia di rilancio della filiera lignicola in modo da ridurre l'indipendenza nazionale da produttori esteri per l'approvvigionamento di pellet e legname lavorato;

   c) approfondire il potenziale del pellet per destinazioni di tipo energetico.
(4-12491)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'articolo 4 del decreto-legge n. 44 del 2021 introduce l'obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie, stabilendo che gli esercenti le professioni sanitarie «per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute»;

   il Ministro della salute, con nota del 29 marzo 2022, ha chiarito che «per soggetti mai vaccinati che hanno contratto l'infezione da SARS-CoV-2 documentata da un test diagnostico positivo, è indicata la vaccinazione, a partire da tre mesi (90 giorni) dalla data del test diagnostico positivo» e che «il professionista sanitario deve essere considerato inadempiente all'obbligo vaccinale qualora non effettui la dose in questione alla prima data utile (90 giorni) indicata nelle circolari menzionate»;

   nella medesima nota è stato inoltre precisato che «nei soggetti che hanno contratto una infezione da SARS-CoV-2 successivamente al completamento del ciclo primario, è comunque raccomandata la dose di richiamo (booster) a distanza di almeno 4 mesi (120 giorni) dalla data del test diagnostico positivo» e che «l'intervenuta infezione non rientra tra le ipotesi di insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale» (cfr. art. 4, comma 3, decreto-legge n. 44 del 2021) documentabili in corso di contraddittorio, al fine di escludere la necessità di ulteriori dosi e non fa pertanto venire meno la condizione di soggetti inadempimenti in capo a coloro che non hanno assolto all'obbligo nelle tempistiche a tal fine previste;

   con ordinanze cautelari il Tar Lombardia, sezioni Brescia e Milano, rispettivamente 13 maggio e 27 maggio 2022, ha ritenuto che per i professionisti sanitari guariti mai vaccinati sia applicabile il termine semestrale di differimento della vaccinazione obbligatoria individuato nella circolare ministeriale n. 32884 del 21 luglio 2021 in luogo di quello trimestrale di cui alla circolare ministeriale n. 8284 del 3 marzo 2021, diversamente da quanto indicato nella predetta nota del 29 marzo 2022;

   a seguito, delle predette ordinanze cautelari gli Ordini delle diverse professioni sanitarie sono stati interessati da numerosi ricorsi giurisdizionali e diffide a ritirare in autotutela i provvedimenti di sospensione ex articolo 4 del decreto-legge n. 44 del 2021;

   alcuni Ordini si sono adeguati alle ordinanze cautelari del Tar Lombardia, talora anche a seguito di indicazioni delle Federazioni nazionali;

   altri Ordini non hanno revocato le sospensioni nei confronti dei soggetti mai vaccinati e guariti da più di novanta giorni, continuando a seguire le indicazioni fornite nella nota del 29 marzo 2022 del Capo di Gabinetto del Ministro della salute;

   molti professionisti sanitari che hanno completato il ciclo vaccinale primario e che successivamente si sono ammalati di Covid-19, hanno chiesto agli Ordini professionali di non essere sospesi decorsi 120 giorni dal primo/secondo test diagnostico positivo, reputando irragionevole e non fondata scientificamente l'imposizione di un obbligo vaccinale in tali fattispecie a fronte della situazione dei professionisti mai vaccinati guariti a cui si consente la vaccinazione decorsi 180 giorni dall'infezione;

   il Tar Lazio, con ordinanza del 27 giugno 2022, ha ribadito che l'Amministrazione è tenuta, una volta accertata l'inottemperanza all'obbligo vaccinale, a disporre la sospensione dall'Albo, trattandosi di attività interamente vincolata e che «la norma costituisce il frutto di un'attenta ponderazione dei diversi interessi pubblici e privati, operato in modo ragionevole, superando tutti e tre i test di proporzionalità»; l'imposizione dell'obbligo vaccinale costituisce, infatti, una misura «idonea» per prevenire le forme gravi della malattia e per contenere la diffusione dell'epidemia (i soggetti vaccinati sono meno contagiosi); è «assolutamente necessaria», in quanto non sono allo stato disponibili misure alternative altrettanto efficaci; nel bilancio sacrifici/benefici risulta «giustificata» dal valore del bene perseguito;

   nonostante le numerose note congiunte inviate al Ministero della salute dalle Federazioni delle professioni sanitarie (30 novembre 2021, 26 febbraio e 9 giugno 2022) e le interlocuzioni informali dei Presidenti e degli uffici delle Federazioni con il medesimo Ministero volte ad ottenere riscontro e indicazioni utili a superare i dubbi interpretativi e a sollecitare soluzioni alle criticità determinatesi, ad oggi non sono state fornite ancora indicazione in merito –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per dare soluzione e porre fine alle incertezze sorte dall'applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, e successive modifiche e integrazioni e alle gravi difficoltà in cui versano gli Ordini professionali a fronte delle richieste dei professionisti – anche risarcitorie – e delle interpretazioni giurisprudenziali di questi ultimi, anzitutto in merito ai termini di differimento dell'obbligo vaccinale per i professionisti guariti e mai vaccinati e per quelli che hanno contratto l'infezione – spesso anche più di una volta – a seguito del completamento del ciclo vaccinale primario.
(2-01552) «Bagnasco».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI e NAPPI. — Al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il 2022 risulta l'anno più siccitoso da 70 anni a questa parte in Italia, in alcune zone d'Italia come Torino il deficit di precipitazioni è del 70 per cento, in altre oltre il 60 per cento (come la zona dei Castelli Romani). In pianura Padana il volume delle falde acquifere è meno del 50 per cento della media degli ultimi 5 anni. Nel 2021 i rilievi dei nitrati in falda acquifera in provincia di Brescia risultavano al di sotto dei 10 milligrammi per litro solo nel 40 per cento dei comuni. Tale limite, anche se per sole le acque minerali, è indicato dal decreto ministeriale (Ministro della salute) 29 dicembre 2003 in 10 milligrammi per litro in età pediatrica (45 milligrammi per litro negli adulti), che ha aggiornato il decreto ministeriale 12 novembre 1992, n. 542;

   è in corso una competizione per gli usi idrici; la zootecnia assorbe il 50 per cento della risorsa idrica nazionale;

   con la riduzione dei volumi in falda quest'anno i valori dei nitrati in falda e in acqua potabile potrebbero essere peggiorati. In base all'articolo 17 e all'allegato IV della direttiva (UE) 2020/2184 deve essere pubblicata la concentrazione dei nitrati in acqua potabile sul sito dei gestori idrici o indicato in bolletta. Tale situazione può comportare un differimento informativo potenzialmente foriero di patologie, in particolare nell'infanzia, dove l'eccesso di nitrati può portare a riduzione del trasporto di ossigeno, metaemoglobinemia e alterazioni del corretto sviluppo –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare le iniziative di competenza per prevedere la pubblicazione della concentrazione dei nitrati o altri inquinanti aggiornata settimanalmente (o più frequentemente in caso di emergenza idrica) sul sito di ciascun gestore idrico;

   se intendano adottare iniziative per disporre il medesimo limite di 10 milligrammi per litro per i nitrati previsto per il consumo infantile di acque minerali per tutte le acque potabili;

   se intendano promuovere processi informativi sia in corso di emergenza idrica sia in altri periodi per evitare il consumo di acque potabili potenzialmente pericolose nell'infanzia, in gravidanza e durante l'allattamento e avviare campagne specifiche di tutela delle acque potabili in relazione alla competizione in corso fra captazione per attività produttive, energetiche e per usi primari (produzione di cibo e uso potabile).
(5-08349)


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 25 giugno si è celebrata la Giornata mondiale della vitiligine, istituita nel 2011 con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica su questa malattia della pelle che colpisce circa 100 milioni di persone nel mondo, di cui circa 1 milione solo in Italia;

   numerose testimonianze riportate da diverse testate giornalistiche di primo piano mostrano come questa patologia, nonostante negli ultimi anni sia stata ampiamente sdoganata, condizioni significativamente la qualità di vita dei pazienti e la capacità di relazione e di interazione sociale; cittadini e pazienti affetti da vitiligine sottolineano come l'attenzione orientata sul risvolto estetico, causato dalle macchie bianche sulla superficie cutanea, metta in ombra le vere conseguenze di questa patologia autoimmune cronica e degenerativa, ossia quelle psicologiche;

   risulta pertanto fondamentale non banalizzare la vitiligine semplicemente come una forma di malattia estetica o di malattia esterna, ma risulta importante affrontare il problema degenerativo della patologia da un punto di vista biologico, trattandosi molto spesso di una condizione associata a comorbidità con altre malattie autoimmuni o a problemi tiroidei;

   al congresso 2022 dell'American Academy of Dermatology (Aad) sono stati presentati risultati interessanti su nuove prospettive di cura, che aprono scenari importanti per una patologia ritenuta fino a oggi orfana di opportunità terapeutiche –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di promuovere una maggiore sensibilizzazione sulla patologia, in particolare sugli aspetti clinici e psicologici della vitiligine; se non intenda attivare un tavolo di confronto con le società scientifiche di riferimento, le associazioni dei pazienti e le altre parti interessate, per definire una visione strutturata sui bisogni organizzativi, per migliorare la presa in carico dei pazienti attraverso team multidisciplinari e per favorire l'adeguato supporto, clinico e psicologico, a pazienti affetti da vitiligine;

   se l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) si sia attivata con attività di horizon scanning per valutare la prossima disponibilità di nuovi trattamenti e consentire l'accesso precoce a farmaci di nuova generazione per questa patologia a tutti i pazienti candidabili.
(5-08353)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno in Italia, durante la stagione calda, numerosi cavalli vengono impiegati, a temperature spesso proibitive, nel traino delle carrozze utilizzate come attrazione turistica;

   il tema di come garantire il benessere degli equidi adibiti al trasporto urbano, soprattutto in considerazione delle alte temperature estive, viene posto da diversi anni e ancora oggi non si è pervenuti ad una piena e compiuta disciplina della materia;

   il silenzio normativo appare sempre più evidente ogni qualvolta le cronache locali riportano notizie di cavalli che stramazzano al suolo o che fuggono terrorizzati per le vie centrali delle città, come accaduto ad esempio a Palermo;

   ancora oggi, per la garanzia del diritto specifico alla salute dei cavalli da traino si fa riferimento al «Codice per la tutela e la gestione degli equidi» emanato dal Ministero della salute, il quale tuttavia si limita a fissare i parametri essenziali per una corretta gestione degli equidi in locali di stabulazione, dove la temperatura non dovrebbe superare i 35 gradi;

   durante i periodi estivi però, in città come Palermo, nelle quali il termometro supera anche abbondantemente i 35°, gli equidi sono costretti a lavorare in situazioni estenuanti, con il concreto rischio che il limite delle 8 ore lavorative al giorno venga superato rendendo lampante come i vincoli imposti dalla normativa nazionale non siano sufficienti a salvaguardare la salute dell'animale, in quanto le condizioni di stress variano in base a diversi fattori;

   gli unici strumenti utili che gli amministratori locali possono utilizzare per affrontare tale annosa questione, al momento sono le ordinanze comunali che possono sopperire al gap normativo esistente, contraendo i limiti imposti dalla legislazione nazionale;

   il Sindaco di Palermo ad esempio, il 3 agosto 2021 con l'ordinanza sindacale n. 134, sulla scia della normativa nazionale, ha imposto dei limiti più specifici consistenti nel divieto di circolazione con temperature al di sopra dei 35 gradi, pausa di circolazione nelle ore di punta e durata lavorativa massima di 8 ore;

   anche tali ulteriori restrizioni, però, si sono rivelate insufficienti, anche perché gli esperti hanno sottolineato che non può essere definito un intervallo di temperatura standard idoneo a delimitare la zona di comfort termico, in quanto lo stesso varia in considerazione di disparate componenti soggettive, come età, razza, peso ed umidità relativa e dunque risulterebbe arduo e generalizzante stabilire un limite massimo in gradi centigradi che assicuri il benessere dell'animale durante il traino;

   anche in attesa che si completino studi sperimentali in corso, come quelli che stanno portando avanti le università di Palermo e Messina, che possano fungere da supporto per la definizione di linee guida basate su evidenze scientifiche e di una misura concreta e sostenibile che possa tutelare, a livello nazionale, il benessere dei cavalli e allo stesso tempo i diritti dei lavoratori del settore, sarebbe necessario che il Ministro interrogato, anche attraverso lo strumento dell'ordinanza o di altro atto ritenuto opportuno, fornisca delle indicazioni più precise sulla tutela e sul benessere degli equidi adibiti al trasporto urbano che sappiano coniugare la salvaguardia dell'animale con la valorizzazione delle identità culturali delle città, prevedendo anche quei casi in cui diventa necessario sospendere tale attività –:

   se, nelle more della definizione di una disciplina concreta e sostenibile che possa tutelare, a livello nazionale, il benessere dei cavalli e i diritti dei lavoratori del settore, non intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative, se del caso tramite una ordinanza ministeriale, che, sulla base delle valutazioni espresse da esperti in materia, individuino chiari parametri entro i quali è consentito adibire gli equidi al trasporto urbano e al di fuori dei quali è invece vietato sulla base delle temperature percepite, delle fasce orarie e delle stagioni.
(4-12482)


   BILOTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia i cani randagi sono diverse centinaia di migliaia. I dati del 2020 sul randagismo, condivisi dal Ministero della salute, registrano 76.192 ingressi in canili sanitari, 42.665 in canili rifugio e 42.360 adozioni di cani randagi. Ma il numero di quelli fuori dalle strutture sarebbe più alto, si attesterebbe, infatti, tra i 500.000 e i 700.000;

   si tratta di un fenomeno diffuso soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno dove prosperano colonie di animali vaganti e dove soprattutto nel periodo estivo si intensificano abbandoni e incidenti stradali che spesso mettono a rischio l'incolumità anche dei cittadini;

   in Regione Campania il fenomeno del randagismo è sotto controllo nei centri urbani, ma risulta drammaticamente presente nelle aree periferiche e interne dove i presidi sanitari sono meno presenti e dove gli amministratori locali devono fronteggiare la gestione di territori vastissimi e spesso impervi con mezzi e disponibilità limitati;

   in particolare, nella Provincia di Salerno, una delle più estese d'Italia, si rincorrono le segnalazioni e le denunce da parte di privati cittadini e associazioni sulla difficoltà di contenere il fenomeno del randagismo, a causa della mancanza di un numero adeguato di ricoveri pubblici e di risorse;

   da fonti di stampa si apprende, infatti, che l'azienda sanitaria provinciale abbia sospeso le sterilizzazioni dei cani randagi con ripercussioni gravissime per le cucciolate in aumento e l'inevitabile proliferare del randagismo;

   ogni anno, seguendo le direttive della legge n. 281 del 1991, il Ministero ripartisce il fondo per la tutela del benessere e per la lotta all'abbandono degli animali da compagnia. Nel 2020, il Ministero ha messo a disposizione un milione di euro da distribuire a regioni e province autonome, perché individuassero le priorità di intervento ed elaborassero il piano operativo di prevenzione del randagismo;

   ai fini della ripartizione del fondo, regioni e province autonome trasmettono ogni anno al Ministero i seguenti dati: numero di ingressi dei cani nei canili (cioè il numero di cani vaganti catturati sul territorio), numero dei cani dati in adozione, numero di gatti sterilizzati nell'anno dal Servizio sanitario nazionale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno fornire il numero complessivo di cani e felini sterilizzati negli ultimi 5 anni, suddivisi per singola regione e singola provincia, al fine di monitorare più nel dettaglio l'andamento del fenomeno e utilizzare in modo ancora più efficiente le limitate risorse a disposizione.
(4-12492)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   ALBANO e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel maggio scorso la direzione aziendale della multinazionale americana Whirlpool aveva dichiarato, attraverso un comunicato stampa datato 25 aprile, di aver avviato un processo di revisione strategica in Europa, Medio Oriente e Africa, il che potrebbe comportare una vendita dell'attività, il mantenimento della stessa o opzioni ibride, attribuendo tale decisione alle crescenti tensioni geopolitiche e commerciali, con correlata crisi degli approvvigionamenti, oltre che al calo delle vendite. A quanto risulta, il termine della revisione aziendale è previsto alla fine del terzo trimestre dell'anno, ma tale termine appare del tutto inadeguato rispetto alla gravità degli scenari che si potrebbero aprire, e fortemente lesivo dei diritti e delle prerogative dei lavoratori, che, a quanto risulta, non hanno avuto modo di conoscere il piano industriale della multinazionale del prossimo triennio;

   inoltre, le motivazioni aziendali dichiarate dal gruppo appaiono strettamente legate all'incipiente crisi economica, che il perdurare del conflitto in Ucraina ha già innescato in Europa; nelle sue dichiarazioni Whirlpool parla difatti in modo esplicito di un mondo meno globale, nonché della opportunità di concentrarsi nelle regioni profittevoli del pianeta, escludendo implicitamente l'Europa da queste;

   da recenti notizie apprese a mezzo stampa, le voci di un addio di Whirlpool all'Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) girano da tempo e la conferma è venuta da Milano in occasione del Salone del mobile di Milano e di Eurocucina, alla quale la multinazionale americana ha rinunciato per la prima volta; assenza che rientrerebbe a pieno titolo nella annunciata strategia di «revisione strategica» in Europa;

   già nel recente passato il gruppo Whirlpool ha dato gravi segnali di disimpegno nei confronti degli insediamenti in Italia; ora il ritorno della crisi nel nostro continente sta facendo evidentemente valutare alla direzione americana la possibilità dell'abbandono, una possibilità quasi senza precedenti per una grande multinazionale leader del suo settore. Particolare preoccupazione si esprime per gli stabilimenti produttivi nelle Marche, regione che sarebbe seriamente interessata al fenomeno, e segnatamente per gli insediamenti di Comunanza e Fabriano, con un importante numero di addetti e un rilevante indotto produttivo –:

   se si siano poste in essere iniziative volte a verificare le reali intenzioni del gruppo Whirlpool circa l'abbandono del continente europeo; quali elementi abbia all'esame e quali iniziative intenda intraprendere, visti i numerosi insediamenti in Italia e nelle Marche ed alla luce dei recenti sviluppi del conflitto in Ucraina, al fine di salvaguardare gli approvvigionamenti, mantenere la produzione e tutelare l'occupazione in un settore strategico ed identitario della nostra nazione.
(4-12493)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   CASU. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 29 novembre 2007, la società Terna - Rete elettrica nazionale S.p.a., la società Acea Distribuzione S.p.a. e il comune di Roma sottoscrivevano il Protocollo d'intesa per il riassetto della rete elettrica di trasmissione nazionale e di distribuzione dell'Alta tensione (At) sul territorio comunale e, in data 17 marzo 2010, sottoscrivevano l'aggiornamento di tale protocollo;

   la società Terna – Rete elettrica nazionale S.p.a. veniva costituita in attuazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 sul riassetto della rete elettrica di trasmissione nazionale ed è, della stessa, proprietaria quasi in toto;

   con il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, veniva inoltre disposto che Enel S.p.a. costituisse il Grtn (Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a.), una società per azioni finalizzata a gestire le attività di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica;

   ai sensi del medesimo decreto e della concessione ministeriale del 2 maggio 2001, Acea Distribuzione S.p.a. risulta unico gestore della distribuzione elettrica nel territorio del comune di Roma e, conseguentemente all'aggregazione con il ramo d'azienda di Enel Distribuzione S.p.a., elaborava un nuovo Piano regolatore della propria rete elettrica ad alta tensione;

   tale piano regolatore veniva redatto allo scopo di programmare interventi di razionalizzazione, potenziamento e sviluppo della rete elettrica ad alta tensione;

   in particolare, l'intervento per il riassetto della rete elettrica e della Variante aerea linea 220 KV S. Lucia - fino al chilometro 5 della provinciale Sacrofanese già rappresentava, sul piano programmatico e ambientale, una priorità delle amministrazioni capitoline precedenti alla consiliatura 2008-2013 e, pertanto, risultava all'uopo debitamente finanziato;

   ad oggi, tale intervento, perdendo di fatto la propria specificità, risulta inserito tra i più vari previsti dall'Allegato 2-bis del Protocollo d'intesa aggiornato, ovvero tra quelli previsti per il Quadrante Nord Ovest di Roma tra le stazioni elettriche Roma Ovest e Roma Nord;

   a quanto risulta all'interrogante, relativamente al suddetto intervento, sono stati avviati sia l'iter autorizzativo che la procedura di Valutazione di impatto ambientale presso il Ministero della transizione ecologica;

   tuttavia, solo a seguito del buon esito della Via potrà essere avviata la conferenza dei servizi presso il Ministero dello sviluppo economico, al fine del rilascio del decreto autorizzativo per gli interventi dell'intero pacchetto;

   il riassetto della rete elettrica e della Variante aerea linea 220 KV S. Lucia - fino al chilometro 5 della provinciale Sacrofanese rappresenta un'opera necessaria ai fini della qualità della vita e della salute dei cittadini –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quale sia lo stato di avanzamento dell'iter autorizzativo e quali iniziative di competenza intendano assumere, e in quali tempi, al fine di rilasciare le autorizzazioni necessarie al riassetto della rete elettrica e della Variante aerea linea 220 KV S. Lucia – fino al chilometro 5 della provinciale Sacrofanese.
(3-03059)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-08339, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 716 del 29 giugno 2022.

   FERRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Sanac di Massa, operativo dal 1972 è una delle quattro unità produttive del Gruppo Sanac s.p.a., e nel 1995 è entrato nel gruppo Riva in concomitanza con l'acquisto della società Ilva di cui Sanac faceva parte;

   lo stabilimento di Massa è attivo nella produzione e nell'assistenza tecnica di refrattari e un'azienda da sempre all'avanguardia nei processi produttivi siderurgici, tra le realtà più solide del polo industriale della provincia e a livello nazione;

   nel corso degli anni l'Ilva ha rappresentato il maggior cliente di Sanac, realizzando uno scambio commerciale costante e solido che ha garantito continuità all'azione di Sanac e materiali di primissima qualità agli stabilimenti di Taranto;

   con decreto del 20 febbraio 2015, Sanac è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, in quanto controllata da Ilva s.p.a., ed è stata dichiarata in stato di insolvenza dal Tribunale di Milano in data 5 marzo 2015;

   è noto che Sanac abbia subito un considerevole calo di ordini in ragione delle questioni giudiziarie che hanno coinvolto l'impianto di Taranto e delle difficoltà finanziarie del Gruppo Riva;

   con l'ingresso di Invitalia in Ilva, il neocostituito gruppo Acciaierie d'Italia s.p.a. (da qui Adi) è rimasto il principale cliente di Sanac;

   per superare la situazione di crisi in cui versa Sanac risulta necessario un diretto intervento dello Stato finalizzato a impartire una linea di rilancio del futuro industriale dell'azienda, analogamente a quanto avvenuto per Adi, che rappresenta tutt'oggi il principale acquirente di Sanac e che, nonostante la partecipazione statale, continua ad accumulare verso il predetto gruppo gravi ritardi nei pagamenti delle commesse, aggravando la situazione di Sanac che invece mantiene vive le proprie linee di approvvigionamento;

   nella seduta n. 12 del 19 ottobre 2021 presso la X Commissione della Camera, in sede di audizione sulla situazione del settore siderurgico, il Ministro dello sviluppo economico ha ipotizzato che Adi partecipasse a una nuova gara che i commissari straordinari di Sanac avrebbero indetto in funzione della cessione dei relativi complessi aziendali;

   nel corso della successiva audizione resa in data 3 novembre 2021, presso la medesima Commissione, la Viceministra Todde ha confermato come i commissari straordinari di Sanac, nel corso della fase preparatoria della nuova gara, avessero raccolto la volontà informale di Adi a parteciparvi e presentare un'offerta;

   ciononostante, risulta che tale procedura di gara si sia rivelata infruttuosa e, in particolare, che Adi, dopo la formulazione di una iniziale manifestazione di interesse, abbia rinunciato a partecipare;

   non è chiaro se il Ministero dello sviluppo economico, a suo tempo, avesse sondato un reale impegno di Acciaierie d'Italia a presentare un'offerta alla predetta gara e soprattutto se nel bando sia stato contemplato l'inserimento di importanti strutture di Sanac site nel territorio di Taranto, anche al fine di incentivare la partecipazione di Adi alla stessa, che comunque in qualità di maggiore cliente di Sanac avrebbe avuto tutto l'interesse a parteciparvi –:

   per quale ragione Adi, dopo aver dichiarato il proprio interesse, non abbia partecipato alla gara per l'acquisto dei complessi aziendali di Sanac, nonostante la partecipazione statale (in futuro prevalente) in Adi, il rilevante interesse strategico per il gruppo siderurgico e il fatto che Sanac rappresenti per quest'ultimo il principale fornitore rendessero l'offerta quantomeno auspicabile;

   se gli immobili di Sanac nel territorio di Taranto siano stati inclusi nel bando di gara e se la loro mancata inclusione abbia pregiudicato la partecipazione di Adi.
(5-08339)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interrogazione a risposta in Commissione Gariglio n. 5-08336 del 29 giugno 2022.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

  Interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-05807 del 20 aprile 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-03057.

  Interrogazione a risposta scritta Casu n. 4-10741 del 18 novembre 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-03059.

  Interrogazione a risposta in Commissione Galantino n. 5-07770 del 25 marzo 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-03058.

  Interrogazione a risposta in Commissione Nardi n. 5-08059 del 10 maggio 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-03056.