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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 21 giugno 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    da oltre due secoli la minoranza hazara in Afghanistan – di confessione prevalentemente sciita – è vittima di una brutale repressione – in taluni casi sfociata in atti di vera e propria pulizia etnica – di violenze e discriminazioni su base identitaria, etnica e religiosa;

    autorevoli fonti storiche stimano che durante il regno dell'Emiro pashtun Abdur Rahman Khan, il 60 della popolazione hazara fu uccisa e tanti altri costretti a fuggire o catturati e poi venduti come schiavi;

    nel contesto della guerra civile successiva all'occupazione sovietica, gli Hazara sono tornati a essere vittime di atrocità, discriminazioni sistematiche e fenomeni di marginalizzazione, che si sono ulteriormente esacerbati nel periodo del primo regime talebano, culminato con il massacro di Mazar-e-Sharif dell'8 agosto del 1998, dove furono uccise tra le 5 mila e le 10 mila persone in meno di quarantotto ore, e altre migliaia furono massacrate nei giorni e nelle settimane successive;

    nel 2001, a seguito del rovesciamento del potere talebano per mano della coalizione Isaf, la situazione degli Hazara è parzialmente migliorata, ma con il ritorno al potere degli studenti coranici la repressione violenta nei riguardi di questa minoranza è nuovamente deflagrata: si calcola che dal 15 agosto 2021 – giorno del ritorno dei talebani – sino a oggi, gli Hazara hanno subito ben 31 attacchi terroristici, in cui sono stati uccise 397 persone;

    in particolare, il 21 aprile 2022 due attentati – probabilmente a opera del ramo locale di Daesh – hanno colpito la scuola superiore Abdul Rahim Shahid e il centro educativo Mumtaz Tuition Center, nella parte sud-occidentale di Kabul, quartiere simbolo della comunità hazara: particolarmente odiosa la tecnica utilizzata nel compound della scuola Abdul Rahim Shahid, tra le più frequentate e popolose di Kabul, con circa un migliaio di allievi: una prima esplosione sarebbe avvenuta all'uscita degli studenti e, poi, una seconda esplosione contro i soccorritori;

    in un comunicato pubblicato il 27 maggio scorso in esito alla sua prima visita in loco, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, Richard Bennett, ha evocato la definizione di «crimini contro l'umanità» per sottolineare la gravità e la sistematicità degli attacchi rivolti contro i membri delle comunità hazara;

    sia il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sia il Consiglio dell'Unione europea hanno più volte sollecitato l'istituzione in Afghanistan di un Governo con una rappresentanza inclusiva, che comprenda tutte le minoranze etniche e religiose, conforme a un modello di governance statuale che assicuri una partecipazione equa e significativa delle minoranze, oltre che delle donne;

    il 5 marzo 2020 la Camera d'appello della Corte penale internazionale ha deciso all'unanimità di autorizzare il Procuratore Fatou Bensouda ad avviare un'indagine su presunti reati di competenza della Corte, con riferimento a quanto accaduto nel territorio afgano e in altri territori connessi al conflitto armato in Afghanistan dal 1° luglio 2002; tuttavia, l'indagine è circoscritta a crimini di guerra e contro l'umanità, non a pratiche genocidarie che, in base al diritto internazionale, sono intese a distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso;

    il 4 novembre 2021, il Governo italiano e alcune organizzazioni — tra le quali la Conferenza episcopale italiana, la Federazione chiese evangeliche, la Tavola valdese, l'Alto commissariato ONU per i rifugiati (Unhcr), l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), la Comunità di Sant'Egidio e l'Arci – hanno siglato un accordo che prevede il trasferimento in sicurezza di 1.200 cittadini afgani bisognosi di protezione internazionale, attraverso l'attivazione di corridoi umanitari da Paesi vicini, a partire dal Pakistan e dall'Iran; rappresentanti di ONG hanno tuttavia denunciato difficoltà nel far partire il programma, fermo anche a causa di ostacoli tecnici e burocratici;

    il 16 giugno 2022 si è svolta l'audizione di rappresentanti dell'Associazione culturale degli afgani in Italia (ACAFI) presso il Comitato permanente sui diritti umani nel mondo, istituito nell'ambito della Commissione affari esteri e comunitari,

impegna il Governo:

   a promuovere e sostenere tutte le iniziative, in sede bilaterale, europea e internazionale, volte a indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse ai danni degli Hazara dalle autorità dei talebani e da altri gruppi fondamentalisti con intento genocidario, presentando il caso presso la Corte penale internazionale;

   ad adottare iniziative per assicurare che i programmi di cooperazione internazionale e l'erogazione degli aiuti umanitari in Afghanistan tengano nella debita considerazione la condizione di particolare vulnerabilità della comunità Hazara;

   a dare concreta attuazione alle iniziative di corridoi umanitari già varate, nonché a promuovere ogni sforzo per incrementarne il numero, garantendo agli Hazara una quota adeguata di posti per la peculiare condizione di rischio che si trovano ad affrontare.
(7-00857) «Boldrini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   nel Mugello un progetto fotografa la tortuosa strada dell'Italia verso la transizione energetica: sette pale eoliche da installare su un isolato crinale appenninico, consentirebbero di soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di 100 mila persone;

   a bloccare questo parco eolico è la posizione della Soprintendenza di Firenze che si oppone all'autorizzazione unica rilasciata dalla giunta regione Toscana il 7 febbraio 2022. Una situazione che si ripete in molti progetti e che impedisce il raggiungimento degli obiettivi europei energia e clima che per il 2030 richiedono la riduzione del 55 per cento delle emissioni rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72 per cento per la parte elettrica;

   su questa situazione Legambiente ha dichiarato: «Se solo il 50 per cento dei progetti in attesa di autorizzazione fosse realizzato, l'Italia avrebbe già raggiunto gli obiettivi Ue». Ma la realtà è ben diversa: lo scorso autunno le richieste di connessione di parchi eolici e fotovoltaici alla rete elettrica nazionale assommavano 130 gigawatt a terra e 22 gigawatt per impianti a mare. Per gli obiettivi europei ne basterebbero 80, con un'implementazione media per l'Italia di 8 gigawatt l'anno. Invece negli ultimi sette anni si sono aggiunti in media solamente 0,8 gigawatt l'anno, il risultato di un Paese che tergiversa «tra normative obsolete, discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, norme regionali disomogenee tra loro e contenziosi tra istituzioni»;

   l'impianto eolico «Monte Giogo di Villore» proposto dal gruppo Agsm Aim, con un investimento di 35 milioni di euro, prevede la installazione di sette aerogeneratori, per una potenza complessiva di 29,6 megawatt, da installare su un crinale appenninico a 10 chilometri dai capoluoghi dei comuni di Vicchio e Dicomano. L'impianto genererebbe 80 milioni di kWh annui contribuendo a tagliare le emissioni di CO2 di 40mila tonnellate l'anno e diminuendo l'uso di gas per 16 milioni di mc/anno;

   il progetto è sostenuto da associazioni come Cittadini per l'Italia rinnovabile ma anche da Legambiente e Kyoto club; è stato oggetto di un processo partecipativo pubblico («inchiesta pubblica») al quale hanno partecipato 200 fra cittadini, associazioni, esperti di energia e di ambiente;

   in conferenza di servizi la Soprintendenza ha espresso parere negativo, e lo ha mantenuto nonostante il proponente abbia recepito importanti modifiche progettuali richieste dalla Soprintendenza stessa. Tra queste lo stralcio di 1 aerogeneratore degli 8 iniziali, eliminazione della cabina impianto, nonché modifiche a molti allargamenti stradali;

   la conferenza di servizi, il 3 settembre 2021, vista la larghissima maggioranza di pareri positivi espressi, si è espressa per una valutazione di impatto ambientale positiva e, in data 10 gennaio 2022, a maggioranza degli interessi prevalenti, ha richiesto alla giunta regionale il rilascio della autorizzazione unica rilasciata il 7 febbraio 2022;

   il 18 febbraio 2022 il Ministro della cultura, su richiesta del Soprintendente di Firenze, ha mosso opposizione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;

   il 7 marzo 2022 l'ufficio preposto della Presidenza del Consiglio dei ministri ha convocato regione Toscana, Soprintendenza Firenze e i principali enti coinvolti e ha constatato la impossibilità di una mediazione. Ha perciò comunicato che la opposizione verrà rimessa al voto in Consiglio dei ministri;

   a termine di legge, il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto esprimersi entro 15 giorni dall'avvenuto incontro, ossia entro il 21 marzo 2022 ma al 20 giugno 2022, tutto tace –:

   a che punto sia l'istruttoria di cui in premessa ed eventualmente quando sia previsto l'esame in Consiglio dei ministri;

   quali iniziative si intendano intraprendere affinché casi come questo non si ripetano; nell'intento di realizzare la transizione ecologica e di contribuire al taglio delle emissioni di CO2, necessario a contrastare il global warming, come da impegni assunti in sede di Unione europea.
(5-08280)


   COSTANZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   stando a quanto si apprende da organi di stampa, nelle scorse settimane si sarebbe tenuto un incontro riservato fra il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi e il CEO mondiale di Uber, azienda che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato mettendo in collegamento diretto passeggeri e autisti;

   la riunione si sarebbe tenuta appena poche ore prima della presentazione alla stampa dell'accordo tra l'italiana «ItTaxi» e la multinazionale californiana e contestualmente all'esame parlamentare del disegno di legge «Concorrenza» che prevede, in uno dei suoi articoli, una vera e propria riforma del settore del trasporto pubblico che andrà a discapito del settore dei taxi;

   come si legge nel comunicato stampa congiunto delle sigle sindacali Ugl-taxi, Federtaxi-Cisal, Usb-taxi, Uritaxi, Ati-taxi, Unimpresa, Fast Confsal-taxi, Tam, Claai, Satam, Or.s.a.-taxi, Liti e Atlt «ad oggi, a sedici mesi dall'insediamento del Governo Draghi nessuno a livello istituzionale ha incontrato i rappresentanti dei lavoratori del mondo taxi, nonostante numerose e reiterate richieste di confronto e due inevitabili fermi nazionali di categoria, per chiedere la conclusione dell'iter normativo di riforma del comparto già avviato nel 2019, ed in particolare la regolamentazione dell'attività delle piattaforme di intermediazione digitale»;

   Uber è un'applicazione mobile nata nel 2009 per collegare gli utenti con gli «autisti pagati a cottimo come i rider» ed è del tutto evidente la differenza fra gli autisti di Uber e i tassisti che, ad esempio, in una città come Roma, devono sottostare a regole molto rigide e possono esercitare la professione soltanto se in possesso di una licenza il cui costo è molto elevato, requisito non richiesto agli autisti della multinazionale. Per tale ragione, a parere dell'interrogante, si tratterebbe di una vera e propria concorrenza sleale legalizzata quella esercitata ai danni della categoria dei tassisti;

   alle condizioni date, se si volesse realmente liberalizzare il mercato, senza favorire alcuna delle parti, si dovrebbe almeno rimborsare il costo della licenza a chi lo abbia già pagato o lo stia pagando, affinché il mercato possa realmente partire da una base concorrenziale;

   se la notizia del colloquio fra Draghi e il management di Uber, azienda che non paga le tasse in Italia e che in passato ha violato le norme dei Paesi in cui opera ricevendo anche diverse condanne, fosse confermata si disegnerebbe un quadro gravissimo, così come evidenziato anche nel comunicato sindacale –:

   se non intenda chiarire con urgenza sia la vicenda esposta in premessa sia la linea del Governo in materia di concorrenza e liberalizzazione del settore del trasporto.
(5-08282)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI GIORGI, PICCOLI NARDELLI, PRESTIPINO, ORFINI, NITTI, LATTANZIO, ROSSI, VISCOMI, PEZZOPANE, SANI, AVOSSA, DE MARIA, FASSINO, TOPO, FRAILIS, NAVARRA, BENAMATI, FIANO, SOVERINI, SIANI, DE FILIPPO, BONOMO, MURA, GAVINO MANCA, POLLASTRINI, CIAMPI, ALBERTO MANCA, VAZIO, CRITELLI, PELLICANI, BRUNO BOSSIO, CIAGÀ, D'ELIA, INCERTI, CARÈ, CENNI e CARNEVALI. — Al Ministro della cultura, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è in Europa tra i Paesi con il maggior numero di studenti iscritti a corsi di istruzione superiore dell'area culturale e, sebbene vanti uno dei patrimoni culturali più importante al mondo, ha una media di occupati nel settore inferiore a quella europea;

   i dati confermano che la cultura è un settore ad alta specializzazione, ma dalle analisi svolte negli ultimi anni, emerge una discrasia tra le competenze richieste dal mercato e la retribuzione;

   il 40 per cento sono imprenditori autonomi con partita Iva o regime forfettario che lavorano in cooperative;

   riportato a titolo esemplificativo, negli ultimi giorni, ha fatto molto scalpore sui giornali e sui social network la storia di un giovane archeologo che, dopo essere stato intervistato da una giornalista del programma televisivo Rai «Agorà Estate», in cui denunciava condizioni lavorative assolutamente inique, sarebbe stato rimosso dal circuito utilizzato dal committente responsabile dell'assegnazione dei cantieri;

   una recente indagine, avviata dall'Associazione nazionale degli archeologi Ana, evidenzia una particolare inadeguatezza della retribuzione dei professionisti del settore;

   a essere maggiormente colpiti, come denunciato nel servizio Rai, sarebbero i professionisti giovani, under 35;

   per oltre la metà degli archeologi italiani (52 per cento, sempre a titolo esemplificativo, l'archeologia non costituisce la fonte principale di reddito e la maggior parte non riesce a lavorare più di sei mesi complessivi all'anno (62 per cento);

   di pari passo appare grave la situazione retributiva: nel Paese con la più alta concentrazione di beni archeologici al mondo, ben il 70 per cento degli archeologi guadagna meno di 15.000 euro lordi all'anno;

   una parte significativa dei lavoratori occupati nel settore culturale svolge un lavoro autonomo o è inquadrato con forme di lavoro atipiche (partita Iva e forme contrattuali a tempo determinato), con tutto ciò che questo comporta in termini di negazione di tutele e diritti: da un lato, prelievi fiscali e previdenziali molto elevati, dall'altro nessun diritto ai congedi parentali, alle giornate di malattia retribuite, al sostegno in caso di perdita del lavoro, alla maternità e altro;

   condizioni economiche inadeguate sarebbero da imputare ad alcune committenze che sottopagherebbero le prestazioni dei lavoratori;

   anche in seguito alla pandemia, che ha dimostrato l'inadeguatezza delle tutele assistenziali e previdenziali, sono stati diversi gli interventi messi in atto dal Parlamento e dal Governo a sostegno dei lavoratori del settore culturale;

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suesposti e, in ogni caso, quali iniziative di competenza intendano avviare – anche attraverso attività ispettive – affinché l'attività svolta dai lavoratori impegnati nel settore culturale sia equamente retribuita.
(5-08281)

Interrogazione a risposta scritta:


   NAPOLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   Calabria è terra antica e affascinante, ricca di storia e di storie, e dispone di una risorsa preziosa rappresentata dal Parco archeologico nazionale di Scolacium, nel cuore del golfo di Squillace, in provincia di Catanzaro;

   il Parco archeologico nazionale di Scolacium è uno dei siti archeologici più importanti del Meridione d'Italia, che documenta la vita della colonia romana Scolacium, sorta dalle ceneri della greca Skylletion e custodisce i resti (visitabili) dell'unico anfiteatro romano in Calabria ed è bene ricordare che all'interno della città vi erano anche terme, due acquedotti, fontane e necropoli. Nel parco, si trova anche il Museo archeologico nazionale di Scolacium, allestito un edificio del 1800, dove sono conservati i reperti rinvenuti durante gli scavi nell'area. Si sta quindi parlando del principale sito storico-culturale dell'intera regione Calabria, nonché di uno dei più grandi attrattori turistici dell'intero Mezzogiorno;

   dal 7 giugno 2022, è entrata in vigore la nuova programmazione estiva in cui è stata dimezzata l'apertura al pubblico del sito;

   come documentato dall'assessore al turismo del comune di Squillace, con una denuncia che ha trovato ampio risalto sui mass media regionali e nazionali, la nuova articolazione degli orari di apertura del parco ha determinato grandi disagi e pesanti danni per le imprese ed i comuni del circondario, con la cancellazione di escursioni da parte dei tour operator, come si è verificato il 14 giugno 2022 in occasione dello scalo, nel porto di Crotone, della nave da crociera MS Viking;

   la richiamata riduzione degli orari di apertura del sito archeologico è causata dalla carenza di personale di cui, secondo quanto riferito dalla direzione regionale dei musei della Calabria, il Ministero della cultura è informato. Lo stesso Ministero è stato sollecitato da diversi mesi per l'invio delle figure necessarie –:

   in ragione di quanto sopra richiamato, quali iniziative intenda adottare, con carattere di estrema urgenza, il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per assicurare la regolarità di apertura del Parco Scolacium e per rilanciare una struttura che riveste un ruolo strategico per lo sviluppo turistico dell'intera regione Calabria.
(4-12406)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLINARI, FURGIUELE, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, ROMANÒ, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile n. 665 del 22 aprile 2020, è stata istituita un'unità sociosanitaria per l'attuazione delle misure di contrasto e contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   in particolare, l'ordinanza sopra citata ha previsto il reclutamento nell'ambito dell'unità stessa di 1.500 operatori sociosanitari, di cui 500 sono stati destinati presso le residenze sanitarie assistenziali per anziani e persone con disabilità e 1.000 presso gli istituti penitenziari individuati dal Ministero della giustizia;

   gli operatori sociosanitari reclutati ai sensi dell'ordinanza in esame hanno garantito un contributo fondamentale nelle carceri e nelle residenze sanitarie assistenziali, lavorando con grandi capacità, senza limitazione oraria, nelle fasi più dure e drammatiche della pandemia, in un momento nel quale i vaccini e la protezione da questi offerta non erano peraltro ancora disponibili;

   con ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile n. 892 del 16 maggio 2022 le regioni sono state autorizzate, fino al 31 maggio 2022, alla «prosecuzione dell'avvalimento degli operatori sociosanitari reclutati con l'ordinanza n. 665 del 2020 per le finalità di impiego ivi previste»;

   a partire dal 1° giugno 2022, con lo spirare del termine stabilito dalla sopra citata ordinanza, i 1.500 operatori sociosanitari facenti parte dell'unità sono stati improvvisamente lasciati a casa, senza il riconoscimento di alcun diritto, neppure dal punto di vista dell'anzianità di servizio e/o contributiva. Il tutto, peraltro, in contrasto con quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, dell'ordinanza n. 665 del 2020, ai sensi del quale l'attività da questi prestata avrebbe dovuto essere considerata «servizio utile a tutti gli effetti»;

   a quanto consta, le regioni avrebbero richiesto la proroga per questi operatori, anche a fronte della carenza di personale che si riscontra in ambito sanitario e sociosanitario, ma non risultano, almeno per il momento, iniziative in tal senso;

   il giorno 28 giugno 2022 una delegazione degli operatori sociosanitari si riunirà a Roma per far valere i propri diritti e ricercare una soluzione ad un problema che rischia di rimanere irrisolto sulla pelle di 1.500 famiglie –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di promuovere il riconoscimento pieno dei diritti e delle posizioni dei lavoratori in questione presso gli istituti penitenziari.
(3-03034)


   ANNIBALI, FERRI, VITIELLO, FREGOLENT, UNGARO, MARCO DI MAIO e OCCHIONERO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, ha presentato il 20 giugno 2022 la Relazione annuale al Parlamento, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella;

   secondo la relazione dei 53.793 detenuti (per una capienza pari a circa 47.000 posti effettivi disponibili) presenti nelle carceri italiane e dei 38.897 che stanno scontando una sentenza definitiva, «sono addirittura 1.319 coloro che sono in carcere per esecuzione di una sentenza di condanna a meno di un anno e altri 2.473 per una condanna da uno a due anni. In tutto il 7 per cento del totale»;

   si tratta di dati inquietanti che testimoniano come occorra un'inversione di rotta per consentire di abbattere la recidiva e garantire la reale sicurezza dei cittadini. Le recenti misure introdotte in occasione della pandemia da COVID-19 sulla libertà anticipata sono andate nella giusta direzione e sarebbe auspicabile renderle strutturali;

   le indicazioni contenute nella Relazione costituiscono uno stimolo e uno sprone per interventi immediati e incisivi a fronte delle misure normative e amministrative disposte sino ad ora, che si sono rilevate inadeguate per ridurre il sovraffollamento nelle carceri;

   nei mesi scorsi è stata istituita la cosiddetta «commissione Ruotolo», che ha elaborato proposte importanti per migliorare la quotidianità dei detenuti e degli operatori che lavorano in carcere, alcune delle quali possono divenire operative attraverso una modifica del regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario, senza necessariamente ricorrere allo strumento legislativo;

   oltre alle misure alternative al carcere, quali la depenalizzazione dei reati minori o la custodia cautelare, ad avviso degli interroganti sarebbe necessario introdurre l'istituto della liberazione anticipata speciale, proposta sostenuta anche dalla «commissione Ruotolo», che prevede una detrazione di 75 giorni, anziché 45, per ogni singolo semestre di pena scontata in carcere per i detenuti che tengono una buona condotta. Una misura importante, già applicata in passato in fase emergenziale a seguito della «sentenza Torreggiani»;

   sono ormai maturi i tempi per affrontare la riforma dell'ordinamento penitenziario e superare l'idea del carcere come unica soluzione punitiva, che ostacola la funzione che la Costituzione attribuisce alla pena –:

   quali iniziative intenda adottare, e in quali tempi, per contrastare il grave sovraffollamento delle carceri, recentemente denunciato dalla relazione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma, anche tramite un intervento diretto sul regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario e rendendo eventualmente strutturali le norme relative alla liberazione anticipata di cui in premessa.
(3-03035)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, BAZOLI e CIAGÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che il Comune di Treviglio ha deciso di chiudere l'ufficio del giudice di pace cittadino, motivando tale scelta sulla base di una «insostenibilità finanziaria del servizio»;

   l'ufficio del giudice di pace di Treviglio, aperto dal lunedì al venerdì con disponibilità il sabato, lavora con due giudici di pace per competenza su ben 41 comuni del territorio;

   nella giornata di oggi, 21 giugno, il consiglio comunale discuterà della chiusura con un'apposita delibera su cui il sindaco chiederà il voto alla sua maggioranza;

   già nel 2012 l'ufficio aveva rischiato di essere eliminato, ma l'Amministrazione comunale, con l'approvazione di una mozione, decise di mantenerlo;

   la riforma della geografia giudiziaria del 2014, prevedendo la chiusura della sede distaccata del tribunale, aveva coinvolto anche l'ufficio del giudice di pace, privandolo di tutto il personale amministrativo;

   il comune mise allora a disposizione quattro suoi dipendenti in distacco, che adesso intende revocare reintegrando il proprio organico;

   l'articolo 70, comma 12, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che «in tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici od altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare l'utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale, in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale»;

   la preoccupazione degli operatori della giustizia e di tutto il territorio è che, rinunciando all'ufficio del giudice di pace di Treviglio, si rinunci ad un servizio strategico, che oltretutto ha sempre dimostrato un ottimo grado di efficienza, rischiando, al medesimo tempo, di creare un sovraccarico di lavoro per l'ufficio di Bergamo, dove già siamo in presenza di carenza di spazi e di risorse umane –:

   se la Ministra interrogata non ritenga di dover adottare le necessarie ed opportune iniziative atte a scongiurare il depauperamento del servizio giustizia nel territorio di cui sopra, che sarebbe diretta conseguenza della scelta volta alla chiusura dell'ufficio del giudice di pace di Treviglio.
(5-08283)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 dispone la riduzione delle aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio impiegato come carburante, con un impegno per 588,25 milioni per l'anno 2022;

   l'articolo 6, secondo comma, del decreto-legge marzo 2022, n. 17 dispone l'incremento di 5 milioni di euro per l'anno 2022 dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 150, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Tali risorse sono destinate ad aumentare per il settore dell'autotrasporto la deduzione forfettaria, per il medesimo anno, di spese non documentate di cui all'articolo 1, comma 106, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;

   l'articolo 6, terzo comma, del decreto-legge 1o marzo 2022, n. 17, «Al fine di promuovere la sostenibilità d'esercizio nel settore del trasporto di merci su strada, alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, ed esercenti attività logistica e di trasporto delle merci in conto terzi con mezzi di trasporto di ultima generazione Euro VI/D a bassissime emissioni inquinanti» riconosce «per l'anno 2022, nel limite massimo di spesa di 29,6 milioni di euro, un contributo, sotto forma di credito d'imposta nella misura del 15 per cento del costo di acquisto al netto dell'imposta sul valore aggiunto del componente AdBlue necessario per la trazione dei predetti mezzi, comprovato mediante le relative fatture d'acquisto»;

   il quinto comma dell'articolo 6, del decreto-legge 1o marzo 2022, n. 17 riconosce «un contributo, sotto forma di credito d'imposta nella misura pari al 20 per cento delle spese sostenute, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, per l'acquisto di gas naturale liquefatto utilizzato per la trazione dei predetti mezzi, comprovato mediante le relative fatture d'acquisto»;

   l'articolo 3 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 ha riconosciuto agli autotrasportatori un contributo 4 straordinario, sotto forma di credito di imposta, nella misura del 28 per cento della spesa sostenuta nel primo trimestre dell'anno 2022 per l'acquisto del gasolio impiegato dai medesimi soggetti in veicoli, di categoria euro 5 o superiore, utilizzati per l'esercizio delle predette attività, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, comprovato mediante le relative fatture d'acquisto;

   allo stato attuale, le imprese del settore dell'autotrasporto non hanno beneficiato delle misure di sostegno già adottate e patiscono invece gli effetti di un vertiginoso incremento dei prezzi dei carburanti, che ha di fatto cancellato l'effetto dello sconto di 0,25 cent/litro gasolio alla pompa, alla luce di un prezzo finale superiore ai 2 euro/litro;

   le associazioni di categoria denunciano che tali incrementi avvengono in maniera sproporzionata rispetto a un prezzo del barile stabile;

   la crisi del settore dell'autotrasporto non solo colpisce un settore strategico per l'Italia ma riverbera i suoi effetti anche sugli altri comparti, con conseguenze gravissime sia per le aziende coinvolte che per le famiglie;

   occorre dare risposte compatibili con i tempi della vita delle aziende e dei lavoratori coinvolti –:

   quali iniziative intendano porre in essere al fine di accelerare l'attuazione delle misure già adottate per il sostegno del settore dell'autotrasporto e quali ulteriori iniziative intendano adottare per affrontare la crisi di un comparto strategico per l'economia nazionale.
(2-01545) «Cappellacci».

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   ZANELLA, MACCANTI, DONINA, FOGLIANI, FURGIUELE, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   sono in corso numerosi interventi volti alla digitalizzazione dei servizi pubblici, della pubblica amministrazione e delle imprese e per la realizzazione di infrastrutture in banda ultralarga;

   molti dei suddetti interventi risultano essere finanziati con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   le regioni e le autonomie locali risultano essere coinvolte nella programmazione e gestione dei suddetti interventi quasi sempre esclusivamente in maniera indiretta, vanificando in tal modo la possibilità che gli enti territoriali possano contribuire fattivamente alla transizione digitale e al raggiungimento degli obiettivi di modernizzazione del Paese;

   il coinvolgimento delle regioni, in particolare, potrebbe essere determinante soprattutto per le migliaia di piccoli comuni che di norma risultano essere privi di competenze digitali e di personale adeguato, sia in termini numerici che sotto il profilo della formazione;

   sul complesso dei programmi governativi di sviluppo digitale, a parere degli interroganti, non sempre le regioni e le autonomie locali vengono puntualmente informate;

   posto il macroscopico ritardo nel quale versa da anni il piano della banda ultralarga e considerato il sostanziale fallimento di una strategia eccessivamente centralizzata, a parere degli interroganti alle regioni dovrebbe essere riconosciuto un ruolo strategico nell'attuazione degli obiettivi di transizione al digitale del Pnrr –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di un maggior utilizzo delle risorse e delle competenze delle regioni che, sul piano dell'innovazione tecnologica e delle competenze digitali, potrebbero fornire un supporto importante per il raggiungimento dell'obiettivo comune della transizione digitale, e se sia stata prevista la realizzazione di una sede istituzionale per un raccordo tra la definizione delle misure in tema di digitalizzazione previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e la pianificazione degli interventi relativi ai piani regionali finanziati con i fondi strutturali comunitari.
(5-08306)


   TASSO e GIULIODORI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   in Italia l'infrastruttura della rete a banda ultralarga in fibra ottica è suddivisa principalmente tra due grandi società: FiberCop e OpenFiber;

   FiberGop è controllata al 58 per cento da Tim, al 37,5 per cento dal fondo americano Kkr e 4,5 per cento da Fastweb, OpenFiber è partecipata al 60 per cento da Cassa depositi e prestiti e al 40 per cento dal gruppo Macquarie;

   negli ultimi mesi sono state portate avanti diverse trattative tra FiberCop e OpenFiber per la costituzione della rete unica a banda ultralarga: a maggio è stata siglata una prima intesa, è stata concordata una prima lettera d'intenti per unire la rete tra Tim, OpenFiber e Cassa depositi e prestiti, i fondi Macquarie e Kkr. Non si conoscono i dettagli e l'accordo definitivo dovrà essere chiuso entro fine ottobre;

   esiste un accordo per l'implementazione della copertura in fibra delle cosiddette «aree bianche» per un controvalore di oltre 200 milioni di euro, che permetterà a OpenFiber di utilizzare le infrastrutture di FiberCop, già finanziata con fondi pubblici;

   al tempo stesso, Tim s'impegna a mettere a disposizione dei propri clienti nelle aree bianche la fibra ottica di OpenFiber. L'accordo rappresenta una volontà di collaborazione nell'ottica di coprire il Paese con reti Vhcn (Very high capacity network);

   il processo di implementazione della banda ultralarga nel Paese affida un ruolo strategico fondamentale a Cassa depositi e prestiti, che controlla sia il 60 per cento di OpenFiber che il 10 per cento di Tim;

   l'infrastruttura digitale rappresenta un asset strategico, la cui autonomia e indipendenza costituisce un fattore vitale per lo sviluppo e la sopravvivenza stessa del Paese;

   la posta in gioco è molto alta e ovviamente attira l'attenzione dei colossi finanziari stranieri;

   Tim attualmente ha come azionista di maggioranza la francese Vivendi con il 24 per cento, dietro OpenFiber c'è il gruppo di investimento Macquarie, dietro FiberCop c'è il colosso speculativo Kkr, che secondo indiscrezioni di stampa sarebbe interessato ad aumentare la partecipazione: aveva già manifestato interesse per acquisire Tim, trattativa sfumata negli ultimi mesi;

   Cassa depositi e prestiti resta in pratica l'ultimo baluardo italiano in grado di impedire alle multinazionali straniere di impadronirsi della nostra rete;

   nel prossimo futuro il rischio di lasciare il controllo della nostra rete in mano straniera è enorme e concreto –:

   quale sia la posizione del Ministro interrogato riguardo alla problematica esposta e conseguentemente quali iniziative di competenza intenda adottare per agevolare lo sviluppo della rete nazionale senza pregiudicare la sovranità dell'infrastruttura digitale del nostro Paese.
(5-08307)


   LIUZZI, GRIPPA, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE LORENZIS, FICARA, RAFFA, SCAGLIUSI, SERRITELLA e TRAVERSI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   il piano «Italia 5G» è una delle iniziative previste nella «Strategia italiana per la banda ultra larga» in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con il fine di soddisfare pienamente il fabbisogno di connettività mobile e di fornire servizi mobili innovativi e ad elevate prestazioni. Il piano ha infatti l'obiettivo di incentivare la diffusione di reti mobili 5G in grado di assicurare un significativo salto di qualità della connettività radiomobile mediante rilegamenti in fibra ottica e la densificazione delle infrastrutture di rete, al fine di garantire la velocità ad almeno 150 Mbit/s in downlink e 30 Mbit/s in uplink, in aree in cui non è presente, né lo sarà nei prossimi cinque anni, alcuna rete idonea a fornire connettività a 30 Mbit/s in tipiche condizioni di punta del traffico;

   nell'ambito del complessivo stanziamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinato al raggiungimento degli obiettivi della strategia, pari a circa 6,7 miliardi di euro, sono stati allocati 2,02 miliardi di euro per il piano «Italia 5G» finalizzati a rilegare in fibra ottica più di 10.000 siti radiomobili esistenti e a realizzare nuovi siti radiomobili 5G in più di 2.000 aree del Paese. Il primo bando prevedeva incentivi sugli investimenti per la realizzazione di rilegamenti in fibra ottica di siti radiomobili esistenti, il secondo incentivava la realizzazione di nuove infrastrutture di rete mobili (fibra, infrastrutture e componenti elettroniche) con velocità di trasmissione di almeno 150 Mbit/s in downlink e 30 Mbit/s in uplink. Entrambi i bandi prevedevano un sostegno pubblico fino al 90 per cento del costo degli stessi;

   il secondo bando faceva riferimento ad aree a «fallimento di mercato», che riguardava il 15 per cento del territorio nazionale, dunque aree molto periferiche. L'intento del Governo era quello di integrare le reti degli operatori privati con le infrastrutture necessarie a garantire un significativo salto di qualità entro il 2026. A maggio tuttavia, come già richiamato nell'atto 5-08077, la gara era andata deserta;

   da fonti di stampa si apprende che la gara parrebbe questa volta non essere andata deserta, difatti la rimodulazione proposta dall'esecutivo che ha rivisto i criteri della gara, che ha ridotto la richiesta di copertura e di conseguenza l'ammontare delle risorse, avrebbe convinto gli operatori –:

   con riferimento al bando, andato deserto in maggio, di cui in premessa, come verranno utilizzati i 400 milioni di euro che non sarebbero stati ancora impegnati.
(5-08308)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   già il 21 febbraio 2022 gli interpellanti presentavano un'interpellanza urgente al Ministro, denunciando le gravi condizioni di sicurezza degli alloggi popolari di Milano, in particolare con riferimento alle case popolari di via Quarti;

   già il 18 marzo veniva svolta l'interpellanza urgente, alla presenza del sottosegretario Scalfarotto, presentando la cronaca delle notizie raccolte dagli organi di stampa locale e dalla popolazione delle «sette torri» di via Quarti;

   a fronte delle notizie allarmanti provenienti da diversi complessi immobiliari della città di Milano, riportate nell'esposizione dell'interpellanza dal secondo interpellante del presente atto, il sottosegretario Scalfarotto rispondeva citando il Piano operativo stipulato nel 2020 da regione Lombardia, comune di Milano, prefettura di Milano, Aler di Milano e MM Spa, con l'obiettivo di provvedere alla manutenzione e alla riqualificazione del patrimonio abitativo pubblico, nonché allo snellimento delle procedure di assegnazione, segnalando i progressi delle operazioni di sgombero programmate;

   il sottosegretario Scalfarotto, di fronte alle problematiche esposte dal secondo firmatario del presente atto, concludeva il suo intervento assicurando «la massima attenzione del Ministero dell'interno rispetto alle problematiche in argomento»;

   la sera di venerdì 10 giugno 2022 una donna di 44 anni e il figlio di 2 anni e un altro ragazzino di 17 anni sono stati trasportati in pronto soccorso all'ospedale San Carlo con contusioni e ferite lievi per una rissa scoppiata tra gli abitanti delle case popolari di via Bolla: da un lato, gli abitanti italiani e dall'altro, quelli «rom» di origini bosniache;

   nei giorni successivi ai disordini, le forze di polizia procedevano agli sgomberi di alcuni appartamenti, rilevando situazioni di occupazione abusiva di diversi alloggi dove alloggiavano alcuni protagonisti degli scontri del 10 giugno;

   già nel novembre 2019, Aler aveva richiesto a Cassa depositi e prestiti alcune «proposte di rigenerazione urbana» dedicate agli immobili di edilizia popolare situati in via Bolla, area di proprietà del comune di Milano e in diritto di superficie in favore di Aler;

   le proposte redatte da Cassa depositi e prestiti per ovviare allo stato di decadenza degli immobili comprendevano il ricongiungimento della proprietà complessiva, mediante riscatto da parte di Aler (per euro 1,5 milioni) ovvero tramite protocollo di intesa preliminare tra Aler e Comune per procedere unitamente alla cessione/valorizzazione;

   la proposta economica avanzata dal comune di Milano per la cessione dell'area, presenta dopo lunghe interlocuzioni con Aler, è risultata insostenibile dal punto di vista finanziario e ha condotto Aler ad abbandonare le proposte di Cassa depositi e prestiti, elaborando invece interventi di riqualificazione che non necessitassero della cessione dell'area e dell'avallo del comune di Milano;

   lunedì 20 giugno 2022 regione Lombardia ha stanziato oltre 33 milioni di euro con importanti interventi di riqualificazione dedicati alle case popolari di via Bolla, mediante l'approvazione di specifiche «Linee di intervento per la rigenerazione urbana» dedicate –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, a supporto dei recenti provvedimenti e investimenti adottati da regione Lombardia, al fine di prevenire ulteriori episodi violenti e ovviare al fenomeno dell'occupazione abusiva degli alloggi popolari di Milano.
(2-01547) «Lupi, Colucci, Schullian».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'annunciato disegno di legge di riforma del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali potrebbe segnare un'importante svolta nel percorso che mira a riconoscere nuovamente una piena dignità istituzionale alle province della Repubblica italiana;

   la riforma contiene una delega legislativa al Governo per la revisione del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali su tematiche di assoluto rilievo e apporta una serie di modifiche immediatamente operative alla governance degli enti locali;

   in particolare, per le province prevede l'ampliamento delle funzioni fondamentali tra cui quelle relative all'adozione del piano strategico triennale, la gestione e l'organizzazione dei servizi pubblici di ambito provinciali, la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale, la pianificazione territoriale di protezione civile, la tutela e la valorizzazione dell'ambiente, reintroduce la giunta provinciale e allinea i mandati di consiglio e presidenza a cinque anni;

   in quest'ottica, il provvedimento di cui si tratta si pone come misura necessaria per restituire forza ai territori e per costruire uno sviluppo territoriale omogeneo;

   nonostante gli annunci, risalenti ai mesi passati, di una prossima discussione del provvedimento in Consiglio dei ministri e successivo svolgimento dell'iter parlamentare, alla data di presentazione della presente interrogazione il testo non risulta approdato in Consiglio dei ministri –:

   a che punto si trovi la predisposizione del disegno di legge di riforma del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali e quali iniziative si intendano porre in essere per dare un quadro giuridico rinnovato e certo alle autonomie locali.
(5-08286)


   MONTARULI e PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il presidio permanente a tutela della realizzazione della linea Torino-Lione, da parte degli agenti della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, risulta fondamentale per disincentivare gli attivisti ad ostacolare la prosecuzione dei lavori;

   il Ministero dell'interno, per il tramite delle prefetture, ha siglato diverse convenzioni per garantire il servizio alberghiero e di ristorazione per gli appartenenti alle forze di polizia che tutelano la realizzazione dell'opera;

   nonostante le convenzioni in essere, sono maturati importanti debiti che la Prefettura non ha saldato a causa di ritardi nei trasferimenti economici da parte del Ministero dell'interno;

   la convenzione, per pasti e pernottamento, è con la prefettura, ma i fondi ordinari erogati dai Ministero sono spesso in ritardo, a tal punto da costringere alcuni ristoratori a sciogliere la convenzione;

   tra Rivoli, Alpignano e Pianezza, ad esempio, risulterebbero essere almeno tre i locali in attesa del saldo a partire dall'autunno dello scorso anno, i pagamenti risultano irregolari e in ritardo dal luglio 2021 e, dunque, i titolari delle attività faticano a liquidare i fornitori e pagare le spese d'esercizio;

   il Sindacato italiano appartenenti polizia (Siap) ha rappresentato al Questore di Torino l'imminente possibilità, da parte di alcuni ristoratori, di sospendere il servizio di erogazione dei pasti a causa dell'assenza delle necessarie risorse economiche a liquidare le spese;

   risulta agli interroganti che una di esse, a causa dell'enorme credito non onorato dal Ministero, abbia dovuto addirittura chiudere la cessione e oggi attenda pagamenti di oltre 100 mila euro –:

   quali siano le ragioni dei gravi ritardi nel trasferire le risorse necessarie a liquidare i servizi di ristorazione e pernottamento degli agenti del servizio d'ordine di tutela del cantiere TAV di Chiomonte e quali i tempi previsti per il trasferimento all'Ufficio territoriale di Governo – Prefettura delle risorse a saldo dei debiti maturati con i ristoratori in parola in tempi celeri e certi.
(5-08287)


   DI MURO e IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i numeri degli ingressi via mare registrato verso l'Italia (da 5.696 il 17 giugno 2020 a 23.582 nello stesso periodo nel 2022) e il loro aumento esponenziale negli ultimi mesi riferiscono di una situazione drammatica e ormai fuori controllo nel contrasto all'immigrazione clandestina e alla tratta degli esseri umani, che investe non solo le zone di arrivo degli immigrati irregolari ma ancor di più le zone di confine con gli altri Paesi europei, tra cui principalmente Ventimiglia;

   è noto che la città di Ventimiglia è sede di arrivi continui di immigrati che bivaccano, nell'intento e in attesa di raggiungere illegalmente la Francia, creando notevoli problemi di ordine pubblico, sicurezza nonché di tipo igienico-sanitario, ai ventimigliesi e a tutto il territorio che, data la sua vocazioni turistica, si trova, soprattutto in questi mesi, a pagarne anche in termini economici;

   la gravità della situazione è altresì nota e confermata anche dalla necessità di uno specifico accordo, come il recente «Trattato del Quirinale», tuttavia, nonostante il profuso impegno e la professionalità delle forze dell'ordine nel delicato compito di verifica di persone, documenti e mezzi, lungo tutti i valichi di confine e nel controllo del territorio cittadino, Ventimiglia ancora oggi si trova a dover gestire da sola una situazione difficilissima ed esplosiva;

   la soluzione prospettata di creare un centro di accoglienza, ovunque collocato, in città non può rappresentare una valida soluzione, come peraltro già attestato dalla precedente esperienza del Campo Roja, che infatti venne poi chiuso, in quanto incoraggerebbe gli arrivi a Ventimiglia, aggravando la situazione già esistente e vanificando l'impegno delle forze dell'ordine già massicciamente impegnate sul territorio;

   Ventimiglia non rappresenta un punto di ingresso di flussi migratori irregolari bensì una destinazione per raggiungere illegalmente altri Paesi est europei e dunque sarebbe più necessario un centro di trattenimento degli irregolari per la successiva espulsione dal territorio nazionale o di quei migranti che sul territorio ventimigliese compiono reati, mentre chi ha titolo dovrebbe essere già assegnato ad una struttura ed essere immediatamente accompagnato nei centri già organizzati e finanziati dallo Stato per questo fine –:

   quali iniziative immediate intenda assumere con riguardo alla situazione in cui versa la città di Ventimiglia, evidenziata in premessa, in particolare al fine di procedere all'immediato trasferimento degli immigrati ivi presenti, anche ai fini dei rimpatrio.
(5-08288)


   GEBHARD e MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un percorso di procreazione medicalmente assistita o di gestazione per altri, praticata da una coppia di persone dello stesso sesso all'estero ai sensi delle normative locali, dopo l'avvenuta trasmissione al comune di residenza della coppia, da parte del consolato italiano dell'atto di nascita tradotto dalle autorità locali e legalizzato dal Ministero competente, presso alcuni comuni gli ufficiali di stato civile omettono arbitrariamente di trascrivere entrambi i genitori e procedono alla sola trascrizione del genitore biologico, con grave pregiudizio per il minore;

   la legge n. 40 del 2004 stabilisce, all'articolo 8, che i nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, hanno lo stato di figli della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere ad esse, e l'articolo 9 stabilisce che non possa essere proposta dai membri della coppia l'azione di disconoscimento di paternità né, per la madre, la richiesta di non essere menzionata nell'atto di nascita;

   nonostante l'articolo 5 della legge n. 40 del 2004 stabilisca che possano accedere alle tecniche di Pma coppie di persone di sesso diverso, l'articolo 12, recante divieti generali e sanzioni, non ha previsto in nessun caso deroghe al riconoscimento dello stato giuridico di figlio, di cui al summenzionato articolo 8, limitandosi a stabilire sanzioni a carico di chi applichi in Italia tecniche vietate;

   la trasmissione degli atti formati all'estero per la trascrizione nei registri dello stato civile è un procedimento imposto ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, non sussistendo alcuna discrezionalità in capo all'ufficiale di stato civile; ai sensi dell'articolo 236 del codice civile, l'atto di nascita è strumento idoneo a provare il possesso di uno status, in questo caso di figlio, che verrebbe quindi deliberatamente modificato dall'ufficiale dello stato civile, mettendo in atto una condotta di alterazione di stato, nonché una falsità materiale –:

   se non ritenga che i comuni abbiano l'obbligo di trascrivere integralmente presso l'anagrafe gli atti formati all'estero attestanti lo stato giuridico dei nati a seguito di percorsi di pma e gestazione per altri come figli dei genitori intenzionali, indipendentemente dal fatto che siano avvenuti o meno in osservanza dei requisiti di cui agli articoli 4 e 5 della legge n. 40 del 2004, e che, in ogni caso, qualsiasi difformità rispetto all'atto legittimamente formatosi all'estero può essere stabilita solo dall'autorità giudiziaria, alla quale l'ufficiale di stato civile non può sostituirsi.
(5-08289)


   BRESCIA, BALDINO, ALAIMO, AZZOLINA, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'ORSO, DE CARLO, DIENI, GIORDANO, FRANCESCO SILVESTRI e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'adozione dei decreti attuativi previsti da provvedimenti legislativi rappresenta una fondamentale azione del Governo per dare piena attuazione al contenuto delle disposizioni di legge;

   da un'elaborazione dei dati pubblicati sul sito dell'Ufficio del Programma di Governo presso la Presidenza dei Consiglio dei ministri, risultano non adottati, dal Ministero dell'interno, 34 provvedimenti attuativi, 27 contenuti in norme di iniziativa governativa e 7 in norme inserite attraverso l'iniziativa parlamentare;

   da decine di questi provvedimenti dipende lo sblocco di 565 milioni di euro;

   si citano, a titolo esemplificativo, i 300 milioni di euro in favore dei comuni che investono in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione dei fenomeni di marginalizzazione e di degrado sociale (legge n. 234 del 2021, articolo 1, comma 537), per il cui sblocco serve un decreto del Ministero dell'interno entro il 30 giugno;

   meritano attenzione anche il decreto ministeriale per l'inserimento delle liste elettorali nell'Anpr, essenziale per realizzare la digitalizzazione della tessera elettorale (decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla legge n. 108 del 2021, articolo 39, comma 1, lettera b)), il decreto ministeriale per il riparto del fondo di solidarietà comunale tra i comuni della regione Sicilia e della regione Sardegna (44 milioni di euro, di cui alla legge n. 234 del 2021, articolo 1, comma 563), il decreto ministeriale per il rimborso delle spese sostenute dai tutori dei minori stranieri non accompagnati (2 milioni di cui alla legge 160 del 2019, articolo 1, comma 883) e il decreto ministeriale recante modalità di accesso al Centro elaborazione dati interforze del Ministero dell'interno per il personale di polizia municipale (decreto-legge n. 113 del 2018, convertito dalla legge n. 132 del 2018, articolo 18, comma 2) –:

   se il Ministro interrogato non intenda indicare i tempi di adozione dei 34 decreti attuativi ancora non adottati.
(5-08290)


   CECCANTI e CIAMPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel comune di Calci, in Toscana, si sarebbero verificati alcuni ostacoli burocratici che avrebbero impedito una piena e adeguata accoglienza ad alcuni profughi provenienti dall'Ucraina, a seguito dello scoppio della guerra;

   come riportato dalla stampa, vi sarebbe ad esempio una coppia di pensionati che ha accolto nei 70 metri quadri in cui vive due donne e tre minori, pensando che si sarebbe trattato di una soluzione per breve tempo alla luce degli impegni assunti dal Governo sull'accoglienza e del grande impegno profuso dal comune di Calci nel reperire alloggi da mettere a disposizione dei profughi;

   in particolare, il comune aveva messo a disposizione alcuni alloggi, con allegato anche il certificato di abitabilità, e prontamente segnalato alla prefettura affinché venissero, inserite nel sistema di accoglienza, alcune famiglie ucraine che, come nel caso citato, erano già giunte in Italia ed erano state provvisoriamente ospitate presso privati, in attesa di una soluzione più adeguata e di lungo periodo;

   trascorsi tre mesi dai primi arrivi in Italia, dalla prefettura competente non sarebbero ancora giunti i necessari nulla osta, e gli appartamenti, sia pur regolarmente dotati dell'abitabilità, sarebbero ancora vuoti, mentre i profughi continuerebbero a vivere in sovraffollamento a casa dei privati come nel caso citato dove sette persone vivono da 3 mesi in 70 metri quadri e con un solo bagno a disposizione –:

   se i fatti riportati in premessa si siano verificati anche in comuni diversi da quello di Calci e quali iniziative di competenza intenda adottare per accelerare quanto prima la messa a disposizione di appartamenti dotati di abitabilità e garantire un'accoglienza adeguata ai profughi, già duramente provati dalla guerra che si sono lasciati alle spalle.
(5-08291)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   sono passati ormai 27 anni dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare», norma con la quale si è dato avvio al graduale passaggio dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo, ma ad oggi la previdenza complementare nel comparto sicurezza e difesa rappresenta uno dei tanti nodi irrisolti;

   se da un lato, infatti, si è immediatamente provveduto all'istituzione di differenti fondi pensione per il settore privato e pubblico privatizzato, altrettanto non è stato fatto per il personale appartenente alle Forze armate e di Polizia, i cui rapporti di lavoro, sulla scorta del decreto legislativo n. 165 del 2001, rimangono regolati dai rispettivi ordinamenti e che, per questo motivo, continuano a subire una disparità di trattamento del tutto ingiustificata;

   come per tutti i lavoratori, infatti, anche la pensione delle forze armate e di polizia si calcola fino al 31 dicembre 1995 (o al 31 dicembre 2011 per coloro che alla predetta data avevano maturato 18 anni di contributi) con il retributivo e per il periodo successivo con il contributivo; il problema, però, è che per le forze armate manca ancora una norma che preveda l'istituzione di un apposito fondo per coloro che vorrebbero integrare la loro pensione;

   in particolare, ad essere penalizzato è il personale che, alla data del 31 dicembre 1995, ha maturato un'anzianità contributiva non superiore a 18 anni, dal momento che la pensione viene calcolata con il sistema contributivo;

   la vicenda nasce dal ricorso presentato da un dipendente dell'Aeronautica militare dal 21 maggio 1989, e ancora in servizio, contro l'Inps – Gestione dipendenti pubblici e il Ministero della difesa per chiedere l'accertamento del diritto a vedersi calcolare il trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo (che, di fatto, è cessato di esistere dal 1° gennaio 1996), avanzando anche richiesta di risarcimento dei danni per il mancato avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del Tfr e della conseguente istituzione della previdenza complementare;

   il Tar Lazio, sez. I bis (sentenza n. 2122/2014 e n. 2123/2014), ha riconosciuto l'obbligo per le amministrazioni competenti di concludere, mediante l'emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo relativo all'introduzione della previdenza complementare e, di fronte alla perdurante inerzia, ha nominato un commissario ad acta, al quale ha assegnato l'onere «di attivare i procedimenti negoziali interessando allo scopo le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i Consigli Centrali di Rappresentanza, senza tralasciare di diffidare il Ministro della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione ad avviare le procedure di concertazione/contrattazione per l'intero Comparto Difesa e Sicurezza»;

   ciò, però, non è bastato; né il Ministero, né gli organi preposti, hanno dato avvio a un intervento incisivo; la stessa delibera del Co.Ce.R n. 2 del 2020, recante proposte migliorative per il sistema previdenziale del personale militare, sembrava aver aperto uno spiraglio per un mutamento del sistema previdenziale, ma nulla è accaduto e quel documento è rimasto una bozza di lavoro;

   in virtù della delicatezza del tema, è intervenuta anche la Corte dei conti (sentenza n. 207/2020), che ha riconosciuto come «il problema in argomento, a distanza di oltre vent'anni, non è stato ancora risolto. Lo strumento per compensare le negative ripercussioni economiche che il ricorrente denuncia di subire dall'inerzia nell'attuazione della previdenza complementare è rappresentato dal risarcimento del danno, in quanto la legittima aspettativa della estensione del regime di previdenza complementare per il comparto pubblico assurge a situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela anche innanzi al Giudice monocratico delle pensioni della Corte dei conti (...) È invece fondata la domanda risarcitoria relativa alla mancata istituzione della previdenza complementare. L'avvio della previdenza complementare, come secondo pilastro del sistema di previdenza pubblica, è da porre in relazione alla liquidazione delle prime pensioni calcolate con il sistema contributivo. Evidentemente, la permanenza di tassi di sostituzione piuttosto bassi per tali tipologie di pensioni – nonostante l'elevazione dell'età pensionabile – è circostanza che dovrebbe far riflettere sulla necessità di dare pratica attuazione alla riforma della previdenza complementare, avviata con la legge n. 335 del 1995 e proseguita con la legge delega n. 243/2004 e con il decreto attuativo n. 252/2005»;

   sotto il profilo sostanziale, la Corte dei conti non ha riconosciuto il diritto di ottenere il trattamento pensionistico retributivo – possibilità chiaramente preclusa, non essendo più in vigore tale trattamento – ma ha riconosciuto un danno derivante dalla mancata attivazione della previdenza complementare, che si configura come «danno futuro», dal momento che il tempestivo avvio dei fondi pensione avrebbe generato un montante più elevato rispetto al mancato esercizio dell'opzione, oltre a consentire al ricorrente un risparmio in termini di tassazione Irpef in virtù di una maggiore ammontare deducibile;

   in sostanza, il personale militare che alla data del 31 dicembre 1995 ha maturato un'anzianità contributiva non superiore a 18 anni può vedersi risarcito il danno derivante dalla mancata attivazione della previdenza complementare;

   pur avendo la Corte di Cassazione (Sezioni Unite, sentenza n. 22807/2020) dichiarato l'incompetenza del giudice della Corte dei conti in materia di previdenza complementare e al di là di questo rimbalzo di responsabilità, nomine di commissari e di sentenze che non hanno, di fatto, tutelato il personale del comparto difesa e sicurezza, l'orientamento giurisprudenziale è concorde nel riconoscimento di un diritto incontestabile in capo a tali lavoratori e, quindi, nella sussistenza di un obbligo della pubblica amministrazione rispetto all'istituzione del fondo complementare, accendendo un faro sulla discriminazione attuata e perpetrata ai danni di tale personale che, quotidianamente, si vede limitato nei propri diritti e nelle proprie aspettative –:

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire una soluzione chiara e definitiva in tema di previdenza complementare del comparto sicurezza e difesa.
(2-01546) «Galantino, Lollobrigida, Prisco».

Interrogazioni a risposta immediata:


   TRIPIEDI, COMINARDI e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 971, della legge di bilancio per l'anno 2022 (legge n. 234 del 2021) ha istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part time ciclico verticale, con una dotazione, che costituisce limite di spesa, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;

   l'istituzione del richiamato fondo è finalizzata a introdurre nell'ordinamento un sostegno economico in favore dei suddetti lavoratori, titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale;

   il contratto di lavoro a part time ciclico verticale (o multi-periodale) ha la caratteristica per cui la prestazione lavorativa si articola solo su alcuni giorni del mese o su alcuni mesi dell'anno: la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020, articolo 1, comma 350), recependo un indirizzo giurisprudenziale costante, ha incluso anche le settimane non interessate da attività lavorativa nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico per i titolari di contratti a part time ciclico verticale;

   l'istituzione del Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto part-time ciclico verticale prevista dalla legge di bilancio per il 2022 rappresenta sicuramente un'ulteriore risposta alle tante lavoratrici e lavoratori operanti in servizi che prevedono sospensioni e interruzioni dal lavoro;

   l'attuazione dell'intervento è, tuttavia, demandata a un apposito provvedimento normativo, nei limiti delle sopra citate risorse, che costituiscono il relativo limite di spesa;

   secondo le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, che con un comunicato del 22 aprile 2022 hanno lanciato l'allarme, «senza l'emanazione di un decreto attuativo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ad oggi tarda ad arrivare, il provvedimento non produrrà nessun effetto, con la conseguenza di lasciare senza alcun sostegno economico le migliaia di lavoratrici e lavoratori impiegati nei servizi che verranno sospesi nei periodi estivi»;

   con l'estate alle porte e la prevista sospensione dei servizi, migliaia di lavoratrici e lavoratori rischiano di non percepire alcun sostegno economico senza l'emanazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'atteso decreto –:

   quali iniziative intenda avviare il Governo al fine di dare attuazione alla norma della legge di bilancio di cui in premessa e quale sia la tempistica per l'adozione del suddetto decreto al fine di tutelare i lavoratori con part time ciclico verticale.
(3-03039)


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Istat, nel comunicato del 16 giugno 2022, segnala che l'inflazione, a maggio 2022, è in fase di netta crescita, essenzialmente per l'incremento dei prezzi dei beni energetici, con ricadute sui prezzi al consumo di quasi tutte le altre tipologie di prodotto; gli «alimentari lavorati» fanno salire la crescita dei prezzi del cosiddetto «carrello della spesa» al +6,7 per cento, come non accadeva dal marzo 1986;

   con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 17 novembre 2021, in materia di perequazione automatica delle pensioni, con decorrenza 1° gennaio 2022, è stato disposto che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2021 è determinata in misura pari a +1,7 per cento dal 1°° gennaio 2022, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l'anno successivo;

   l'articolo 1, comma 478, della legge n. 160 del 2019 ha previsto, infatti, che, a decorrere dal 1° gennaio 2022, l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni sia applicato, a norma della legge n. 448 del 1998, nella misura del 100 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a quattro volte il trattamento minimo Inps; nella misura del 90 per cento per quelle comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo Inps; nella misura del 75 per cento per quelle superiori a cinque volte il predetto trattamento minimo;

   a partire dal 2022 termina finalmente il prolungato periodo di applicazione della disciplina transitoria avviata dalla «riforma Fornero»; in sostanza, le pensioni dirette e ai superstiti erogate dalla previdenza pubblica saranno nel 2022 più consistenti rispetto agli anni precedenti per effetto sia della percentuale di variazione (1,7 per cento), sia del meccanismo di calcolo più favorevole;

   nell'intento di contenere gli oneri per la finanza pubblica del sistema previdenziale, gli interventi sull'indicizzazione hanno determinato, in passato, o il blocco della perequazione delle pensioni o una vera e propria riduzione strutturale del valore delle prestazioni; la Corte costituzionale, con sentenza n. 70 del 2015, nel censurare i profili di incostituzionalità dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 – «salva Italia» varato dal Governo Monti – sottolinea che «per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a brevi periodi, è, per sua natura, definitiva» –:

   in considerazione del marcato aumento del costo della vita, quali iniziative di competenza intenda assumere per disporre risorse adeguate per tutelare il potere d'acquisto delle pensioni, evitando sospensioni o riduzioni della percentuale di indicizzazione dell'assegno pensionistico.
(3-03040)


   ZANGRILLO, BARELLI, D'ATTIS, NEVI, SQUERI, MAZZETTI e MUSELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 30 marzo 2019 è entrato in vigore l'istituto denominato reddito di cittadinanza che il decreto-legge n. 4 del 2019 definisce, tra l'altro, come misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro;

   a tre anni di distanza e con oltre 24 miliardi di euro spesi è inevitabile registrare il fallimento del reddito di cittadinanza proprio come misura di politica attiva del lavoro;

   è lo stesso Governo a scrivere nel documento di economia e finanza per l'anno 2022 che «l'Inps, infatti, sottolinea che il 70 per cento dei beneficiari che hanno iniziato a percepire il reddito di cittadinanza tra aprile e giugno del 2019 è risultato essere ancora destinatario dell'assegno nel secondo semestre del 2021»;

   da quanto riportato da Inps nel report di aprile 2022, i beneficiari del reddito di cittadinanza nel 2019 sono stati 1,1 milioni di nuclei per un totale di 2,7 milioni di persone, nel 2020 1,6 milioni di nuclei per un totale di 3,7 milioni di persone, nel 2021 1,8 milioni di nuclei per un totale di circa 4 milioni di persone e nel primo trimestre del 2022 1,5 milioni di nuclei per un totale di 3,3 milioni di persone;

   a fronte di questa mole di percettori del beneficio, i ricollocamenti al lavoro si sono attestati al di sotto del 30 per cento;

   all'inefficienza della misura quale politica attiva del lavoro si è aggiunto un ulteriore fenomeno negativo che è al centro del dibattito mediatico e politico di questi mesi; si tratta dell'effetto fortemente disincentivante ad accettare offerte di lavoro, provenienti in particolare da determinati settori, quali l'edilizia, il turismo e l'agricoltura, da parte dei beneficiari del reddito di cittadinanza;

   anche alla luce di quest'ultimo dato le modifiche apportate con la legge di bilancio per l'anno 2022 non sembrano, almeno per ora, aver prodotto miglioramenti al funzionamento e all'efficienza dell'istituto –:

   se, a fronte di un finanziamento a regime di 7,2 miliardi di euro annui e delle criticità esposte in premessa, il Governo intenda adottare iniziative volte a ridurre lo stanziamento di risorse destinate al reddito di cittadinanza quale misura di politica attiva del lavoro e se intenda assumere iniziative concrete per evitare che tale misura ostacoli la domanda di forza lavoro proveniente da determinati settori produttivi.
(3-03041)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   turismo e agricoltura rappresentano settori strategici per l'economia della nostra Nazione, che rappresentano, rispettivamente, il 13 e il 15 per cento del prodotto interno lordo;

   tra le problematiche comuni che affliggono questi due comparti, già gravemente penalizzati dalla pandemia e ora, soprattutto l'agricoltura, in forte crisi a causa del conflitto russo-ucraino, quella più urgente è sicuramente la difficoltà nel reperimento della manodopera, soprattutto con riferimento ai profili operativi;

   con particolare riferimento alle imprese del comparto turistico, secondo i dati diffusi dalle associazioni maggiormente rappresentative del settore e dalla stessa Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, la mancanza di personale per i servizi di alloggio, ristorazione e accoglienza è stimata in circa duecentomila unità, mentre, secondo quanto dichiarato da Coldiretti, solo per garantire le campagne di raccolta estive mancano circa centomila unità;

   le carenze di personale rendicontate negli ultimi anni sono fortemente agevolate dall'istituzione del reddito di cittadinanza, che ha determinato una malsana concorrenza tra reddito da lavoro, soprattutto a carattere temporaneo o interinale, e fruizione del sussidio;

   come segnalato a più riprese anche dalle competenti associazioni di categoria, infatti, sono centinaia le testimonianze di imprenditori che si sono visti rifiutare delle proposte di assunzione proprio per non decadere dalla fruizione del reddito di cittadinanza;

   il 20 aprile 2022 il Gruppo di Fratelli d'Italia aveva già presentato un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema, alla quale il Ministro del turismo aveva risposto affermando di «condividere le considerazioni (...) circa l'evidenza e l'esigenza di rivedere la disciplina del reddito di cittadinanza», dichiarando di seguire «con particolare attenzione i contatti intercorsi tra alcune associazioni di categoria e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di individuare eventuali correttivi della misura del reddito di cittadinanza»;

   nelle more di una riforma organica della misura, appare urgente adottare provvedimenti volti a risolvere le criticità nell'immediato, attraverso l'impiego dei percettori del reddito di cittadinanza secondo il meccanismo dei progetti utili alla collettività a titolarità dei comuni anche in attività in favore delle imprese dei comparti di cui in premessa, ovvero attraverso la sospensione dell'erogazione del beneficio fino alla totale copertura dei posti di lavoro vacanti nei citati comparti, destinando le risorse rivenienti all'aumento delle pensioni sociali, degli assegni di invalidità e delle somme riconosciute a titolo di reddito di cittadinanza in favore dei soggetti che non possono lavorare –:

   quali siano gli interventi correttivi del reddito di cittadinanza allo studio e quando diventeranno operativi.
(3-03042)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   quello della signora G. P., addetta alle pulizie presso l'azienda ospedaliera G. Brotzu di Cagliari, appare come l'ennesimo caso di una lavoratrice madre costretta a scegliere fra il diritto di crescere e accudire i propri figli e il diritto di lavorare;

   come riportato dagli organi di informazione cagliaritani, dopo 18 anni di regolare lavoro, svolto negli ultimi 5 anni con il turno di servizio dalle 4.30 del mattino, il nuovo soggetto imprenditoriale che è subentrato nella gestione di dette attività ha comunicato alla signora G. P. il cambio di orario lavorativo che dovrà svolgersi nella fascia oraria 15,20-22,00;

   un orario che finora, in accordo con le rappresentanze sindacali, era stato riservato ai lavoratori che non avevano problemi di conciliazione con i carichi familiari e che, nel caso specifico, rende materialmente impossibile riuscire a continuare ad occuparsi della figlia di 3 anni che, dal prossimo settembre, inizierà a frequentare la locale scuola materna sino alle ore 13,00;

   nonostante una formale richiesta di cambio di orario inviata al datore di lavoro e alle organizzazioni sindacali, la suddetta lavoratrice non ricevuto alcuna risposta, mentre nel corso di un incontro sindacale l'azienda ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di rivedere la turnazione;

   a fronte di tale indisponibilità, non volendo rinunciare a un sano rapporto con la figlia, la signora G. P. ha annunciato l'intenzione di licenziarsi;

   a parere dell'interrogante, siffatti comportamenti si configurano, ai sensi del codice delle pari opportunità, come una fattispecie di discriminazione indiretta in quanto l'imposizione di uno specifico orario di lavoro mette la lavoratrice «in una posizione di particolare svantaggio», tanto da costringerla a lasciare il lavoro;

   il caso in questione è esemplificativo di come nello stabilire i tempi del lavoro, prescindendo totalmente dai carichi di cura delle donne in ambito familiare e senza che ciò determini alcun effetto sotto il profilo dell'efficienza aziendale o della qualità del servizio, si costituiscano inutili ostacoli per un armonioso rapporto lavorativo e familiare;

   la maternità, in una regione che invecchia sempre più, così come in gran parte del territorio nazionale, rappresenta un primario valore sociale e non può più costituire un fattore discriminatorio nei luoghi di lavoro –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare con riferimento ai fatti sommariamente illustrati in premessa e per favorire l'individuazione di soluzioni organizzative e giuridiche che non pregiudichino la conciliazione del diritto alla maternità e al lavoro della signora G. P., così come di tante altre lavoratrici nel nostro Paese.
(5-08284)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TESTAMENTO e MASSIMO ENRICO BARONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa (L'Eco di Bergamo, 13 giugno 2022) si apprende del recente decesso di un conducente di un veicolo aziendale di 45 anni, colto da malore mentre si trovava sul suo camion in un parcheggio nella zona industriale di Treviglio. Si tratta dell'ennesimo tragico episodio che vede coinvolto un «lavoratore isolato», cioè quei soggetti che prestano la propria opera lavorativa in completa solitudine e senza una sorveglianza vicina e diretta di altri soggetti che possano prestare soccorso immediato in caso di necessità;

   il conducente di veicoli aziendali, coincidendo perfettamente con l'identikit esposto, rientra a pieno titolo tra i «lavoratori isolati». Inoltre, a causa delle serrate scadenze dei tempi lavorativi imposti dai tachigrafi, dell'imprevedibilità dei flussi di traffico e della carenza di parcheggi, per tali lavoratori diventa complicato programmare il luogo di sosta e riposo e per questo sono costretti spesso a fermarsi in luoghi poco frequentati e illuminati, circostanza che li rende vulnerabile in caso di malore improvviso. Sono molti, infatti, i casi di cronaca in cui il conducente è stato trovato riverso senza vita sul vano motore del proprio mezzo senza riuscire, a causa dell'ergonomia strutturale della cabina, ad accedere al telefono cellulare e chiamare i soccorsi. Tragedie di questo tipo sono costantemente in aumento, ma non esistono statistiche ufficiali in merito che possano aiutare a inquadrare il fenomeno con maggiore precisione;

   a parere dell'interrogante, nel solco di quanto già avviene per le altre categorie di «lavoratori isolati», appare necessario individuare con estrema urgenza misure di protezione adeguate anche per i conducenti, prevedendo anche per loro la concreta adozione di dispositivi Man Down a oggi già caratterizzati da livelli tecnologici talmente avanzati da consentirne la personalizzazione sulla base delle specifica attività svolta dal lavoratore e capaci di monitorare, oltre alla postura del lavoratore, anche ulteriori parametri, attivando automaticamente un allarme quando quest'ultimo, a causa ovviamente di un malore o di incidente, assume una posizione orizzontale o abbia delle disfunzioni degli altri parametri monitorati. Si tratta di dispositivi che sarebbero molto comodi perché in grado di comunicare segnali di allarme sulla rete Gsm, nonché trasmettere le coordinate Gps dei lavoratori in pericolo, allertando, in caso di necessità tempestivamente i soccorsi mediante indicazione dell'esatta posizione;

   le criticità di cui sopra sono legate anche a una normativa vigente fortemente carente in termini di sicurezza. Se da una parte infatti il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, prevede a carico del lavoro e di valutazione del datore di lavoro tutta una serie di obblighi in materia di sicurezze sul lavoro e di valutazione dei rischi, compresi quelli derivanti da particolari condizioni lavorative, come quelle appunto dei «lavoratori isolati», dall'altra il comma 2 dell'articolo 5 del decreto del ministro della salute 15 luglio 2003, n. 388, fissa per lo stesso datore di lavoro l'obbligo di fornire il pacchetto di medicazione e pronto soccorso, ma, dal punto di vista del dispositivo realmente idoneo ad avviare in automatico e tempestivamente i soccorsi in caso di necessità, si fa riferimento solo a un generico «mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l'azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano urgentemente adottare per garantire adeguati dispositivi di protezione e soccorso ai conducenti di veicoli aziendali, a fronte anche delle mansioni lavorative da essi svolte, talmente complesse e logoranti da renderli particolarmente vulnerabili a improvvisi malori, in molti casi anche con sviluppi, purtroppo tragici.
(4-12405)


   NOVELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto nazionale di previdenza sociale, in qualità di sostituto d'imposta, è tenuto a determinare annualmente il conguaglio fiscale di fine anno e, entro il 16 marzo di ogni anno, a rilasciare ai percettori di redditi di lavoro dipendente (e assimilati) e di pensione, di redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, la Certificazione unica e a trasmetterla telematicamente all'Agenzia delle entrate, anche ai fini della predisposizione della dichiarazione precompilata;

   precompilata da Inps ai fini della dichiarazione dei redditi, la certificazione unica è scaricabile dal sito dell'Istituto accedendo ai servizi fiscali presenti all'interno della propria area personale «MyINPS»;

   con circolare 47 del 4 aprile 2022 Inps ha precisato che in caso di errori e richiesta di rettifica, il contribuente, ricevuta la notifica della correzione tramite posta elettronica, dovrà provvedere a modificare la dichiarazione dei redditi precompilata;

   a quanto consta, sulla base di segnalazioni dirette e indirette, riferite al 2021 e al 2022 sarebbero numerosi i casi di certificazione unica rettificata, spesso comunicati in prossimità della scadenza o, come pare sia avvenuto nel 2021, addirittura oltre;

   a quanto si legge in una delle comunicazioni giunte ai fruitori di prestazioni Inps «i dati fiscali e le somme riportate nella precedente Certificazione Unica non corrispondevano a quelle effettivamente spettanti nell'anno 2021»;

   essendo le somme citate prestazioni erogate dalla stessa Inps, appare evidente un problema di comunicazione interno dei dati potenzialmente causa di disguidi e problemi per l'utente, a partire dal ritardo nella consegna della dichiarazione dei redditi, con ammende a carico del cittadino –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa relativi al 2021 e, in caso affermativo, se sia intervenuto presso Inps per evitare il ripetersi della problematica;

   quante siano le comunicazioni di rettifica della certificazione unica inviate nel 2020, nel 2021 e nel 2022;

   se tali comunicazioni siano state inviate oltre il termine ultimo utile a non incorrere in sanzioni e in caso affermativo in quanti casi;

   se non ritenga di intervenire presso Inps affinché i problemi esposti non si ripetano in futuro.
(4-12407)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   GADDA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le conseguenze dei cambiamenti climatici negli ultimi mesi si sono avvertite su tutta la penisola italiana. Le situazioni più gravi, però, si sono registrate nelle regioni dell'Italia settentrionale, dove il bilancio idrico generale è negativo e la siccità è dilagante; basti pensare che i grandi laghi del Nord Italia si sono abbassati mediamente di 20 centimetri o che in Lombardia le riserve di neve sono oramai completamente esaurite con due mesi di anticipo rispetto all'estate precedente;

   il caldo torrido si è manifestato già dalla fine della primavera portando a una siccità costante in particolare in Emilia-Romagna. Lombardia, Piemonte e Veneto. In queste regioni, quel che preoccupa maggiormente è la situazione del Po, la cui portata è ai minimi storici e il cuneo salino è risalito per oltre 30 chilometri;

   un clima desertico che riflette le sue conseguenze negative non solo sulle riserve di acqua potabile, ma anche sul settore agricolo; secondo alcune stime si prevede una riduzione della produzione ortofrutticola dovuta alla siccità tra il 30 per cento e il 40 per cento, comparto fondamentale per le economie delle regioni. Si temono anche danni alle centrali idroelettriche a causa della mancanza di acqua e della difficoltà di raffreddamento causata dalle alte, temperature;

   temperature ben sopra la media, piogge scarse o assenti, neve esaurita sono i preoccupanti dati che non si registravano in Italia da 70 anni e che aggiungendosi all'impatto economico della, guerra, stanno creando un insieme di effetti negativi non più sostenibili;

   si tratta di una condizione che ha spinto molti presidenti di regione a chiedere il riconoscimento dello stato di emergenza –:

   attraverso quali modalità, oltre alla deliberazione dello stato di emergenza, il Ministro interrogato ritenga di intervenire per affrontare il problema.
(5-08309)


   L'ABBATE, GAGNARLI, GALLINELLA, BILOTTI, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, ALBERTO MANCA, MAGLIONE, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 522, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un fondo denominato «Fondo per l'agricoltura biologica», con una dotazione per il triennio 2020-2022 pari a 9 milioni di euro;

   tale fondo, per effetto dell'articolo 68, comma 15-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, è stato incrementato per l'anno 2021 di ulteriori 15 milioni di euro;

   l'erogazione delle risorse presuppone l'adozione di un decreto ministeriale che definisca le modalità di attuazione degli interventi previsti;

   a quanto apprende l'interrogante, il Ministero aveva inizialmente deciso di destinare tali risorse ad interventi volti ad incrementare la competitività delle imprese del settore biologico, conformando il quadro regolatorio necessario all'attuazione della misura allo strumento dei contratti di filiera e di distretto al settore biologico, tenendo conto della dimensione delle imprese e delle loro reali capacità di investimento;

   in considerazione delle risorse a disposizione, pari complessivamente a 24 milioni di euro nel triennio 2020-2022, mediante il ricorso allo strumento dei contratti di filiera e di distretto è, infatti, possibile promuovere investimenti materiali e immateriali pari ad almeno 48 mln di euro;

   allo stato attuale, tuttavia, il decreto non è ancora stato emanato e, a quanto si apprende, l'iniziale impostazione dello schema sarebbe stata modificata, optando per l'erogazione di una quota consistente delle risorse in favore delle «Associazioni biologiche»;

   se confermato, tale impianto andrebbe contro sia alla finalità del fondo, sia agli obiettivi esplicati dal legislatore nell'intervento del 2021 che intendeva mettere in campo interventi in favore delle forme di produzione agricola a ridotto impatto ambientale e promuovere le filiere e i distretti di agricoltura biologica;

   destinare risorse economiche direttamente alle organizzazioni di rappresentanza non può certo avere una ricaduta diretta sulle imprese, che operano quotidianamente sul mercato e che, oggi più che in passato, necessitano di risorse per innovarsi e lavorare in modo sinergico all'interno di filiere organizzate –:

   quando intenda emanare il decreto di cui in premessa e se intenda, in ogni caso, individuare quali beneficiari del fondo esclusivamente le imprese del settore biologico, mediante il ricorso allo strumento dei contratti di filiera e di distretto, così da incrementare la loro competitività, in coerenza con gli obiettivi della futura politica agricola comune.
(5-08310)


   SPENA, NEVI, ANNA LISA BARONI, BOND, CAON, SANDRA SAVINO e PAOLO RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 7 gennaio 2022, a Ovada, si è scoperto il primo caso di peste suina africana (Psa). Successivamente altri casi sono stati scoperti tra Piemonte, e Liguria. La zona infetta comprende 114 comuni dove sono state adottate misure di contenimento della malattia;

   durante l'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 9 del 2022 sono state previste delle recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili, idonee al contenimento dei cinghiali selvatici nella zona infetta per impedire la diffusione del contagio. Per riuscirci al meglio si dovrebbe ampliare l'area recintata, proteggendo tutti gli allevamenti suinicoli del Paese;

   il 4 maggio anche a Roma si è scoperto un caso di Psa. Ne sono stati scoperti numerosi altri compreso uno nel reatino, per un totale di 23. La Psa ha colpito anche pochi suini allevati, subito abbattuti dai servizi veterinari. Conseguentemente è stata disposta la macellazione dei suini di alcuni allevamenti situati nelle zone infette;

   si deve impedire con ogni mezzo che l'infezione si propaghi negli allevamenti per evitare danni irreparabili all'intera filiera degli allevatori – trasformatori, in particolare tutelando le produzioni dop e igp, fiore all'occhiello del made in Italy alimentare, il cui export vale 1,7 miliardi di euro annui;

   il 6 aprile 2022 il Governo si è impegnato con l'ordine del giorno n. 9/3547/005 presentato da Forza Italia a garantire «un incremento dei fondi stanziati al fine di realizzare le recinzioni o le altre strutture temporanee ed amovibili non solo nelle zone in cui la peste suina africana è già stata individuata, ma in tutto il territorio nazionale, o almeno nelle regioni limitrofe a quelle in cui i focolai sono già stati individuati, al fine di prevenire con maggior efficacia la diffusione nelle zone attualmente immuni, poiché le strutture realizzate dove la peste suina africana è già presente rischiano di avere scarsa efficacia preventiva, al contempo estendendo agli imprenditori zootecnici la possibilità di usufruire dei medesimi mezzi di contenimento per evitare ulteriori danni economici all'intera filiera produttiva, già in grande sofferenza a causa dell'aumento dei costi di produzione, delle materie prime e dell'energia in particolare, della spirale inflattiva conseguente e dalle difficoltà di approvvigionamento di materie prime a causa del conflitto in atto» –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare la filiera suinicola, anche tenuto conto dell'impegno assunto dal Governo con l'ordine del giorno richiamato in premessa.
(5-08311)


   GOLINELLI, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GERMANÀ, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e ROMANÒ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   i commi 980 e seguenti dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), prevedono il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia;

   con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con le altre amministrazioni, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2022 devono essere individuati i criteri e le modalità dell'indennizzo, unitamente alle modalità di detenzione e: dismissione degli animali vivi, processo che deve concludersi entro il 30 giugno 2022; dopo diversi mesi dall'entrata in vigore delle misure de quo non risultano all'interrogante passi in avanti per l'elaborazione del decreto attuativo che invece ha carattere e requisiti di necessità e urgenza, sia per ragioni economico-sociali e cioè ristorare gli allevatori, sia per motivazioni igienico-sanitarie, vale a dire la gestione e relativa dismissione degli animali vivi;

   il divieto all'attività lavorativa di allevamento e riproduzione di animali da pelliccia, introdotto nella legge di bilancio per l'anno finanziario 2022, rappresenta un impedimento alla libera iniziativa economica, tutelata dalla Costituzione, in uno specifico settore e, conseguentemente, presenta, secondo gli interroganti, profili di potenziale illegittimità;

   il Fondo costituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, finalizzato a indennizzare gli allevamenti di animali da pelliccia e costituito da 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, non è sufficiente per risarcire per intero gli allevamenti a cui si impone la chiusura sostanziale con decorrenza immediata –:

   quali iniziative urgenti, vista la delicatezza della vicenda, intenda intraprendere per addivenire con massima sollecitudine alla adozione del decreto attuativo di cui all'articolo 1, commi 980 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022).
(5-08312)


   CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   i fichi secchi di Carmignano sono un aumento d'eccellenza notò fin dall'epoca Etrusca e riconosciuto ufficialmente nel 1998 dalla regione Toscana come prodotto agroalimentare tradizionale;

   la produzione e la commercializzazione fu regolamentata nel 2005, attraverso l'approvazione del disciplinare presentato dal consiglio comunale di Carmignano;

   nel 2007 si costituisce l'Associazione produttori fichi secchi di Carmignano: ente che raggruppa i produttori locali e che registra un aumento di aziende associate fino al 2015;

   nel 2005 viene individuato per la prima volta in Toscana il Punteruolo Nero (Aclees taiwanensis): un coleottero che attacca le piante di fico giovani e adulte conducendole progressivamente alla morte;

   dal 2005 a oggi tale insetto si è diffuso su gran parte del territorio regionale causando danni nei vivai e nelle coltivazioni di fico;

   il curculionide non è considerato un parassita da «quarantena» e pertanto non sono mai stati messi in atto provvedimenti per limitarne la diffusione;

   a causa della diffusione del curculionide, dal 2015 a oggi molte aziende hanno cessato la propria attività. Il fatturato delle aziende dal 2015 al 2021 è infatti quasi dimezzato e la produzione è passata dai 19 quintali del 2015 ai 10 del 2021;

   questa crisi sta creando preoccupazione nei produttori e negli enti locali; in termini di fatturato il fico secco è interessante per lo sviluppo dell'economia del territorio, oltre a rappresentare un presidio culturale. Se non fosse apparso questo insetto la produzione sarebbe raddoppiata nel 2021 rispetto al 2015, come sostenuto da Dario Di Giacomo, assessore del comune di Carmignano;

   non sono ad oggi previste normative che dispongano misure di contrasto o di lotta obbligatoria all'Aclees taiwanensis né a livello comunitario né a livello nazionale;

   il Servizio fitosanitario centrale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sarebbe da tempo a conoscenza della presenza di questo organismo nocivo nelle regioni centro settentrionali;

   l'ultimo controllo sullo stato delle piante di fico nel territorio di Carmignano risale al 2019: il Crea ha proposto al comune di effettuare una nuova ricognizione ma la mancanza di risorse a disposizione non ha permesso, la realizzazione del nuovo progetto.— :

   se sia a conoscenza delle gravi ripercussioni negative causate dal punteruolo nero sulle imprese agricole del territorio nazionale e, in particolare, di quelle in cui insiste la produzione dei fichi secchi di Carmignano e quali iniziative urgenti intenda conseguentemente assumere al fine di contrastare il proliferare di tale organismo nocivo.
(5-08313)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è attualmente sottoposta ad un pesante e grave episodio di siccità, con numerose aree del Paese ad alta intensità di attività agricola prive di piogge da oltre tre mesi, l'episodio più grave negli ultimi 70 anni di storia recente;

   il livello idrico del fiume Po, è in secca, sceso di quasi quattro metri rispetto alla media, con il 28 per cento del territorio nazionale a rischio desertificazione ed il 30 per cento della produzione agricola nazionale, con particolare incidenza su Piemonte e Lombardia, interamente messa a repentaglio dalla siccità e dalla mancanza di risorsa idrica;

   il fenomeno ha portato ad una forte crisi idrica in Piemonte ed in Lombardia, con ricadute a cascata sulle altre regioni italiane da Nord a Sud, con evidenti ripercussioni sulla produzione agroalimentare nazionale;

   per far fronte all'emergenza numerose amministrazioni stanno paventando la possibilità di ricorrere a misure di razionamento della risorsa idrica;

   l'Italia è attualmente deficitaria per oltre il 50 per cento nella campagna di raccolta del grano e l'assenza di infrastrutture che permettano un efficiente utilizzo della risorsa idrica;

   i danni della siccità sull'agricoltura italiana sono stimati essere 2 miliardi di euro nel solo 2022, ed allo stato attuale il 30-40 per cento delle colture agricole di riso e mais rischiano di scomparire per via della mancanza d'acqua: dati 220.000 ettari coltivati a riso nel 2021, ad oggi si è ben sotto i 214.000 ettari;

   allo stato attuale la rete idrica nazionale perde oltre il 50 per cento dell'acqua trasportata, con una capacità di accumulo ancorata, all'11 per cento;

   l'assenza di infrastrutture di raccolta, distribuzione e gestione della risorsa idrica ad elevati livelli di efficienza pregiudica la sovranità alimentare nazionale e la tenuta del comparto agroalimentare italiano in un momento di crisi internazionale della massima gravità –:

   se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare a sostegno del comparto-agroalimentare nazionale per contenere i danni degli episodi siccità e prevenire ulteriori ricadute, anche tramite installazione di nuovi invasi ed infrastrutture di raccolta e distribuzione della risorsa idrica nonché anche con misure economiche di tutela della sostenibilità economica delle attività agricole colpite.
(5-08314)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la carenza di personale sanitario insieme ad una mancata organizzazione nell'allocazione delle risorse umane disponibili, negli ultimi anni, sta favorendo il ricorso da parte delle aziende sanitarie a cooperative e agenzie di servizi che forniscono medici esterni «a gettone» per gestire il regolare funzionamento dei reparti, dal pronto soccorso alle unità operative complesse ai servizi di specialistica ambulatoriale;

   questa pratica è contraria alle norme del pubblico impiego sanitario, dove si accede con concorso pubblico e con requisiti di specializzazione idonei ad uno specifico ruolo, e può destabilizzare un sistema sanitario già fragile;

   se il ricorso a questo «espediente» consente di colmare, temporaneamente, le carenze, occorre considerare, in primis, che tale prassi finisce per degradare il sistema sia in termini di qualità del servizio offerto al cittadino, sia mortificando il lungo percorso di studio e formazione dei medici specialisti, affidando il sistema in aree strategiche come quelle della emergenza urgenza a medici non specialisti; in secondo luogo, i costi onerosi di questi «gettoni» stanno creando un mercato privato di servizi «a cottimo» con spreco di risorse pubbliche –:

   inoltre, la disparità di trattamento economico tra medici dipendenti e medici esterni favorisce la scelta verso forme di sanità «a gettone» rispetto a quella con contratto pubblico sia per i giovani medici, perché sembra garantire nell'immediato un guadagno superiore e un impegno e responsabilità inferiori, allontanandosi dalla cultura sanitaria dell'équipe stabile e multi-professionale per la presa in carico del paziente, sia per i medici dipendenti più anziani che, sovraccaricati di lavoro e senza alcuna valorizzazione professionale, scelgono di dimettersi per orientarsi al «gettone»;

   appare necessario che il tavolo ministeriale delle professioni sanitarie affronti questo problema per «raccordare» il personale sanitario con i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza sia in ambito ospedaliero che territoriale, per una sanità del futuro con processi basati sulle competenze e sulla continuità delle équipe, onde evitare che si determinino, nella prassi, distorsioni e invasioni di campo;

  l'interrogante ritiene essenziale un'informativa al Parlamento sull'allarmante quadro delineato e su tali sistemi di reclutamento del personale – che reputa aberranti – adottati dalle regioni per fronteggiare l'attuale situazione di carenza di personale medico specializzato –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere onde evitare che la situazione diventi un'emergenza, con gravi rischi per la salute e l'assistenza dei cittadini, e irragionevole disparità di trattamento per i medici e per i pazienti, in violazione di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
(5-08292)


   NOVELLI, BAGNASCO, BOND e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Capo V dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale del 2005, dedicato all'emergenza sanitaria territoriale, demanda l'organizzazione di tale servizio alla programmazione regionale indicando, tra l'altro, il campo di applicazione, le modalità di individuazione e attribuzione degli incarichi, le attività espletabili;

   l'articolo 96 del citato accordo dispone che i medici che intendono esercitare le attività indicate debbano essere in possesso di un attestato di idoneità all'esercizio dell'attività di emergenza sanitaria territoriale, rilasciato dalle aziende;

   il citato articolo prevede che le regioni formulino un programma dei corsi della durata di almeno quattro mesi e non inferiore a 300 ore da svolgersi prevalentemente in forma di esercitazioni e tirocinio pratico;

   spetta alle singole aziende quantificare annualmente il fabbisogno di personale medico da utilizzare nell'ambito delle attività dell'emergenza sanitaria territoriale, organizzando di conseguenza corsi finalizzati a coprire tale fabbisogno;

   il già citato articolo indica i requisiti necessari e le priorità per la partecipazione ai corsi e demanda agli accordi regionali la definizione dei criteri di accesso e delle modalità di partecipazione ai corsi;

   i medici incaricati dell'emergenza sanitaria operano di norma nelle centrali operative, nelle postazioni, fisse o mobili, di soccorso avanzato e nei punti di primo intervento, nei Ps/Dea;

   è emersa e sta acuendosi sul territorio nazionale la carenza di medici dell'emergenza, con conseguenze sia sui servizi di 118 che nei punti di primo intervento;

   tale problematica può essere consequenziale a un'errata programmazione del fabbisogno così come a una modesta adesione dei medici ai corsi sopra citati;

   risulta che non tutte le aziende abbiano organizzato tali corsi e che talvolta chi ha completato il corso non venga impiegato, a seguita di una esternalizzazione dei servizi –:

   quanti siano, per singola regione i corsi per medici dell'emergenza sanitaria territoriale svolti nell'ultimo triennio e quanti siano quelli previsti per il 2022, anche con riferimento ai medici che hanno ottenuto l'attestazione nel medesimo periodo.
(5-08293)


   CARNEVALI, PAGANI, SIANI, RIZZO NERVO, DE FILIPPO e IANARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'ossigenoterapia è un trattamento che si basa sulla somministrazione di una miscela gassosa, composta per la maggior parte da ossigeno, a pazienti che soffrono di diverse patologie, sia croniche che acute. Molte malattie rare polmonari necessitano della somministrazione di una quantità supplementare di ossigeno a scopo terapeutico;

   l'articolo 5-ter «Disposizioni per garantire l'utilizzo di dispositivi medici per ossigenoterapia» del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, prevede la possibilità di ricaricare i presìdi portatili in tutte le strutture pubbliche dotate di impianti di dispensazione dell'ossigeno e in via sperimentale fino all'anno 2022 presso le farmacie territoriali con l'obiettivo di garantire, alle persone con insufficienze respiratorie acuto-croniche, la possibilità di avvalersi anche in ambiente non domestico del dispositivo che consente la ricarica dell'ossigeno liquido;

   l'attuazione di tale disposizione sarebbe dovuta avvenire con decreto dei Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentite la Federazione dei farmacisti titolari di farmacie private nonché la Federazione nazionale delle farmacie comunali, d'intesa con la Conferenza permanente Stato, regioni e province autonome, entro il 31 luglio 2020 e, nelle more dell'adozione del decreto, il Ministro avrebbe potuto provvedere, con ordinanza;

   a quasi due anni dal termine previsto per l'emanazione del decreto, questo non è stato ancora adottato né il Ministro ha esercitato la possibilità di provvedere con ordinanza, lasciando i pazienti in ossigenoterapia nell'impossibilità di ricaricare i propri presìdi portatili e limitando notevolmente la libertà di movimento delle persone che necessariamente utilizzano un supporto esterno per poter respirare agevolmente;

   l'impossibilità di ricaricare il dispositivo rappresenta un vero e proprio impedimento fisico a vivere una vita normale e ad allontanarsi in sicurezza dalla propria casa per lunghi periodi –:

  alla luce di quanto riportato in premessa, quali sia allo stato attuale l'iter per l'emanazione del decreto di cui all'articolo 5-ter del decreto-legge n. 18 del 2020, nell'ambito delle iniziative che il Ministro interrogato intende adottare affinché i pazienti che necessitano dell'ossigenoterapia possano vivere anche al di fuori delle mura domestiche una vita il più in sicurezza possibile.
(5-08294)


   BELLUCCI, GEMMATO e FERRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dopo Napoli, anche a Roma si parla di vera e propria emergenza ospedali, punta dell'iceberg di un sistema ospedaliero in affanno, risultato di 20 anni di tagli al Servizio sanitario nazionale, che hanno portato alla chiusura di 300 ospedali con 80 mila posti letto in meno e la perdita di 50 mila unità di personale;

   è emblematica la situazione del pronto soccorso dell'ospedale Santo Spirito, dove lo stato dei luoghi appare disdicevole; le barelle sono abbandonate ovunque e un'anziana signora con occlusione intestinale ha atteso 11 ore per essere visitata dall'unico medico di turno;

   è scioccante anche il racconto di Antonella, vittima di una caduta dal motorino, parcheggiata per ore in uno stanzone-bunker del San Camillo, struttura d'eccellenza, per molti versi: «Diciotto ore di pronto soccorso in condizioni disumane» con altre 60 barelle, tra pazienti sporche, lasciate nude sui materassi, a implorare una coperta, un pannolone, un antidolorifico e persino un signore deceduto portato via solo molte ore dopo;

   anche il Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani (Fossc) ha denunciato la condizione drammatica dei PS, definita «la cartina al tornasole della crisi profonda che stanno attraversando gli ospedali del nostro Paese. I posti di degenza ordinaria e di terapia intensiva sono insufficienti [...]. La situazione dei Pronto soccorso con centinaia di cittadini in attesa di ricovero, dunque, non è altro che la conseguenza di decenni di sottofinanziamenti e di mancanza di programmazione degli ospedali»;

   secondo il Forum, in particolare, gli operatori sanitari sono inadeguati in rapporto alla popolazione: i medici specialisti ospedalieri sono circa 130 mila, 60 mila unità in meno della Germania e 43 mila in meno della Francia; il numero di posti letto ordinari è molto più basso rispetto alla media europea (314 rispetto a 500 per 100 mila abitanti) e colloca l'Italia al 22esimo posto tra tutti i Paesi del vecchio continente;

   nonostante ciò, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) destina agli ospedali solo pochissime e insufficienti risorse e tale situazione è destinata ad aggravarsi, per i cittadini che si rivolgono agli ospedali per situazioni di emergenza, ma anche per tutti i pazienti affetti da patologie croniche –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere in merito, attraverso una verifica della copertura degli organici e della ripartizione tra i vari ospedali delle risorse finanziarie pubbliche ai fini del rispetto del decoro e della dignità dei pazienti.
(5-08295)


   NOJA e FREGOLENT. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 20 novembre 2017, n. 167, recante «Disposizioni in materia di tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati per il conseguimento degli obiettivi delle direttive 2001/82/CE e 90/167/CEE», all'articolo 3, prevede l'istituzione e l'adozione di un sistema informativo per la tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati, anche attraverso l'adozione della ricetta veterinaria elettronica;

   dal 16 aprile 2019 la ricetta elettronica veterinaria (Rev) è divenuta obbligatoria, consentendo un maggior controllo da parte delle Istituzioni in merito agli eventuali abusi di farmaci sugli animali e con indubbi benefici in termini di tracciabilità, efficienza e risparmio economico;

   tuttavia, il portale con cui si è data attuazione alle disposizioni di cui alla citata legge n. 167 del 2017, risulta particolarmente lento e poco efficiente, ed è stato spesso oggetto di blocchi informatici;

   il sistema, inoltre, oltre che assai poco intuitivo, presenta un database dei farmaci spesso non aggiornato e con errate registrazioni, tanto in termini di confezionamento che di pezzature e grammature e perfino con l'indicazione di farmaci non reperibili in commercio sul territorio nazionale;

   inoltre, in considerazione del fatto che la Rev è in uso anche per i «pet» e non solo per animali Dpa, la tracciabilità, al di fuori dell'antibiotico-resistenza, appare superflua e inutile;

   ancor più superfluo appare il fatto di dover utilizzare la Rev per alcuni prodotti quali antiparassitari o antielmintici;

   ulteriori problemi sono costituiti da una serie di deficienze del portale informatico all'interno del quale, da un lato, si impedisce di effettuare inserimenti multipli di medicinali veterinari e di farmaci uso umano in deroga, dall'altro non vi è la voce che indica (e vi è la impossibilità di introdurre) il numero di telefono della struttura veterinaria; inoltre, è stata eliminata l'opzione di default che indicava il farmaco «reperibile nel normale circuito distributivo» e appariva nel sistema come la migliore opzione per una più rapida ricerca ed individuazione del farmaco da prescrivere;

   in ogni caso, all'interno delle procedure del portale e delle modalità che consentono la compilazione della Rev, non sembrano rispettate le più elementari regole previste dalla disciplina della privacy, in quanto vengono apertamente trattati anche dati sensibili dei proprietari –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente delle criticità indicate in premessa e se non ritenga di dover adottare iniziative di competenza onde porvi rimedio, anche tramite uno snellimento delle procedure informatiche e un ammodernamento del portale e delle incombenze che esso prevede nell'ambito della compilazione della ricetta elettronica veterinaria.
(5-08296)


   TIRAMANI e PANIZZUT. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Organizzazione mondiale della sanità, anche a fronte della dichiarazione di allerta per la diffusione del COVID-19, ha più volte invitato gli Stati parte a rafforzare i propri sistemi sanitari, non solamente in termini di strutture ospedaliere ma anche di personale medico ed infermieristico;

   se si analizzano le conseguenze derivanti dall'allerta sanitaria in termini di «case study» e di «stress test», si evince che questa ha determinato pesanti ripercussioni al tessuto sociale ed economico dei Paesi interessati. Inoltre, ha rivelato alcune criticità strutturali nell'organizzazione del sistema sanitario, tra queste la carenza di personale medico, in particolar modo specializzato, da reperire in tempi rapidi e con continuità;

   sul punto, sebbene il legislatore nazionale sia intervenuto sulle modalità di reclutamento del personale sanitario da parte dei soggetti pubblici, in deroga rispetto alle ordinarie procedure, la situazione rimane complessa e deficitaria in termini di personale medico specializzato e viene tamponata dalle aziende sanitarie (per garantire il servizio pubblico essenziale) attraverso il ricorso, in crescita, allo strumento dell'esternalizzazione, solitamente svolta con applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e, pertanto, con individuazione del miglior equilibrio tra qualità tecnica e prezzo;

   permane una problematica estremamente rilevante, riguardante quelle imprese private solide ed affidabili che hanno in affidamento lo svolgimento di prestazioni sanitarie attraverso liberi professionisti medici presso strutture pubbliche: la disposizione di cui all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 che prevede che le prestazioni sanitarie siano esenti dall'Iva non trova applicazione per quelle società che forniscono attività sanitaria attraverso liberi professionisti medici;

   inoltre, nel caso in cui l'oggetto dell'appalto di servizio sia costituito da prestazioni mediche sarebbe opportuno operare una seria riflessione sulla necessità, urgente, di modifica dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003, in particolare del comma 1, nonché del sistema sanzionatorio di cui all'articolo 18, per sterilizzare la possibilità di contestare, sanzionandola, la cosiddetta «genuinità» di affidamenti, i quali sono decisivi e strategici nella gestione dell'emergenza in corso;

   senza lo svolgimento di prestazioni sanitarie attraverso liberi professionisti medici il sistema sanitario sul territorio nazionale è destinato ad entrare in crisi e collassare –:

   se il Ministro interrogato abbia contezza della problematica e se, per superarla, ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza.
(5-08297)


   MAMMÌ, SPORTIELLO, VILLANI, D'ARRANDO, MARZANA, LOREFICE, MISITI, NAPPI, PENNA, PROVENZA e RUGGIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Regione Lombardia si appresterebbe a deliberare l'avvio di corsi di formazione per operatori socio sanitari, della durata di 300 ore, per aumentare le loro competenze, orientandole verso quelle infermieristiche, tanto che la nuova figura sembrerebbe assumere la denominazione di «vice infermiere»;

   la predetta formazione dovrebbe rispondere alle esigenze delle strutture assistenziali per anziani, messe in difficoltà dalla pandemia e dalla fuga dei sanitari verso la sanità pubblica;

   non appare condivisibile fronteggiare la carenza di figure infermieristiche, attribuendo agli operatori socio-sanitari competenze e responsabilità proprie di questa professione al pari di quanto accaduto nella Regione Veneto, sulla cui delibera istitutiva del suddetto corso l'interrogante ha già espresso le proprie perplessità in un precedente atto;

   come fatto notare recentemente dal sindacato Nursing Up e come ribadito anche dalla Federazione OSS Migep, anziché ricercare soluzioni tampone, come quelle di delegare delle competenze professionali a delle figure sostitutive, il problema della carenza di organico andrebbe affrontato alla radice;

   all'attribuzione dei nuovi incarichi non corrisponderebbero delle nuove assunzioni e non si andrebbe a colmare la carenza di organico, bensì sarebbero i medesimi operatori in servizio ad essere riqualificati ai quali, a fronte di maggiori competenze, saranno attribuite maggiori responsabilità a salario invariato;

   nel frattempo anche altre regioni si sono rivolte al Ministero della salute per chiedere di appoggiare le proprie sperimentazioni sull'introduzione di una nuova qualificazione degli operatori socio-sanitari, in attesa della nuova figura che dovrebbe nascere a livello nazionale;

   pur non mostrando una contrarietà a priori all'evoluzione dell'operatore socio sanitario, tuttavia si ritiene che le stesse dovrebbero avvenire all'interno di un diverso inquadramento contrattuale del personale; il trasferimento di competenze tipiche degli infermieri agli operatori socio-sanitari, infatti, comporterebbe il rischio di nuocere ad entrambe le professioni, nonché agli stessi cittadini in termini di assistenza, senza tra l'altro risolvere il problema della carenza cronica di personale sanitario;

   tale processo di revisione potrebbe essere affrontato all'interno di un Osservatorio nazionale da attivarsi presso il Ministero della salute, ove sia prevista la presenza dei Ministeri competenti, dei referenti della Conferenza Stato-regioni, delle rappresentanze sindacali degli operatori socio-sanitari e delle figure infermieristiche –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza e in raccordo con le regioni, tese a salvaguardare i profili professionali dell'infermiere e dell'operatore socio-sanitario, e, conseguentemente, il diritto dei cittadini a ricevere prestazioni appropriate.
(5-08298)


   LAPIA e VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, è stato approvato il regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell'assistenza ospedaliera;

   il decreto ministeriale citato prevedeva che le regioni provvedessero ad adottare riprogrammazioni volte alla riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri a carico del Servizio sanitario nazionale, a un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, di cui 0,7 per la riabilitazione e alla lungodegenza post-acuzie rispettando un tasso di ospedalizzazione a 160x1.000 abitanti;

   il decreto classificava le strutture ospedaliere per complessità in: presidi di base, di I livello e di II livello;

   il Governo e le regioni, inoltre, hanno effettuato una riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1,000 all'anno, permettendo il mantenimento di punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui solo grazie a stringenti deroghe da richiedere al Comitato percorso nascita nazionale;

   tali riduzioni e classificazioni hanno di fatto ridotto sia resistenza stessa del presidi, molti riconvertiti o chiusi, sia l'operatività di quelli rimasti per via delle carenze di reparti specialisti;

   a seguito degli interventi del «decreto Balduzzi» si ha un rapporto PL/abitanti più basso della Germania (6 PL per acuti per 1000 abitanti), della media del Paesi del G7 (4,3 PL per acuti per mille abitanti) e della media dei Paesi Ocse Europa (3,3 PL per acuti per 1000 abitanti);

   l'assistenza ospedaliera è impoverita soprattutto in territori lontani dalle città o con caratteristiche orografiche complesse, come i comuni montani o isolani, nonostante la possibile presenza di presidi classificati come «zona disagiata»;

   a seguito di importanti carenze di figure specialistiche i cittadini della siciliani sono costretti a effettuare, a pagamento, prestazioni sanitarie fondamentali che dovrebbero essere garantite su tutto il territorio nazionale;

   secondo un'indagine dell'Anaao Assomed statisticamente a ogni posto letto in meno per 1.000 abitanti è associato un +2 per cento di aumento della mortalità generale legata ai primi 8 mesi della pandemia nel 2020 –:

   se il Governo, alla luce dei fatti in premessa e delle nuove disponibilità economiche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), intenda assumere iniziative per modificare gli standard minimi di qualità attualmente previsti, aumentando il numero di posti letto per numero di abitanti e colmare la carenza di personale sanitario e specialistico, in modo da garantire i livelli essenziali di assistenza.
(5-08299)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 21 ottobre del 2020, durante una fase cruenta dell'emergenza COVID, l'Asl Na3 Sud ha proceduto alla chiusura del Pronto soccorso dell'Ospedale «De Luca e Rossano» di Vico Equense al fine di riorganizzare i presìdi ospedalieri e le relative risorse umane durante la pandemia avendo la necessità di recuperare spazi e personale da destinare alla lotta contro il virus;

   a distanza di quasi due anni, benché la fase emergenziale si sia conclusa, il presidio rimane ancora chiuso, provocando enormi disagi a tutta la zona;

   Vico Equense ha una popolazione di circa 20 mila abitanti, con una superficie di quasi 30 chilometri quadrati: è il più vasto comune della penisola sorrentina, nonché l'ottavo dell'intera città metropolitana;

   la zona ha una sua specificità morfologica, sia rispetto all'altitudine (parte da quota zero e arriva a circa 1.444 metri sul livello del mare) sia turistica, che determina soprattutto in alcune fasi dell'anno una complessa e lenta percorrenza stradale con evidenti difficoltà per i mezzi di soccorso e il raggiungimento di altri presìdi di emergenza;

   la chiusura del Pronto soccorso determina gravissimi contraccolpi, e priva una fetta consistente della popolazione dell'accesso a cure e soccorsi, dello stesso diritto costituzionale alla salute;

   sul tema, per chiedere la riapertura del presidio sanitario, è stata lanciata una petizione popolare che fino a oggi ha raccolto già 800 firme;

   nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono stati previsti ingenti finanziamenti per l'allestimento, tra le altre cose, degli Ospedali di comunità e in tale ambito, un documento di indirizzo della regione Campania prevede un intervento anche presso il presidio «De Luca e Rossano» di Vico Equense, per il quale però non è indicata con chiarezza l'obiettivo della riapertura del Pronto soccorso –:

   se intenda assumere iniziative, nell'ambito delle sue competenze, e nel rispetto delle competenze regionali in materia, al fine di garantire ai cittadini di Vico Equense il diritto costituzionale alla salute, negato a causa della mancata riapertura del Pronto soccorso dell'Ospedale De Luca e Rossano.
(5-08285)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPPELLACCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   unità speciali di continuità assistenziale (Usca) sono state istituite nel marzo 2020, una ogni 50 mila abitanti, per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di un ricovero ospedaliero;

   la sospensione di questo servizio il 30 giugno rischia di «dirottare» numerosi pazienti dal proprio domicilio verso le strutture ospedaliere, con prevedibili conseguenze in ordine al sovraccarico del lavoro dei medici e soprattutto riguardo alla diffusione del virus;

   si rischia di aprire una nuova autostrada alla circolazione del virus, che invece è assolutamente evitabile con una proroga dell'attività delle Usca, anche una ogni 100 mila abitanti;

   ciò vale in particolare per quelle regioni, come la Sardegna, che durante il periodo estivo vedono un notevole incremento della popolazione per effetto dei flussi turistici;

   la proroga dell'attività delle Usca sarebbe invece in linea con una politica di contenimento del virus che non limiti la libertà dei cittadini e che eviti un ritorno al recente passato, caratterizzato da pesantissime restrizioni alla libertà e gravissime conseguenze per la salute e l'economia nazionale. Il presidio delle Usca può essere altresì un ulteriore strumento di protezione dei pazienti anche per altre patologie, in un momento storico in cui il COVID ha rallentato l'attività della sanità in tutto il territorio nazionale –:

   se ritenga opportuno adottare iniziative per prorogare il servizio delle Usca come strumento per tenere sotto controllo la diffusione del virus, tenerlo lontano dagli ospedali, presidiare il territorio e scongiurare nuove emergenze.
(4-12404)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORNARO e TIMBRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la crisi energetica, che si era già manifestata prima dell'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione russa, continua a determinare un notevole aumento dei costi dell'energia, tra cui quello dei carburanti cosiddetto «caro benzina»;

   le complessive azioni del Governo dirette ad affrontare la crisi energetica, anche contrastando fenomeni speculativi, comunque tuttora in atto, avevano raffreddato le spinte al rialzo; inoltre, l'intervento sulle aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio contenuto nel decreto-legge n. 21 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 51 del 2022, aveva ridotto i prezzi dei carburanti, che rimanevano comunque di molto superiore al periodo pre-crisi;

   nonostante questi interventi, l'aumento dei prezzi dei carburanti è di nuovo in rialzo, il 20 giugno 2022 la benzina in modalità self service ha raggiunto la media di euro 2,075 al litro e il diesel una media di euro 2,03 al litro, mentre in modalità «servito» la benzina ha raggiunto la media di euro 2,30 al litro, con un complessivo aumento rispetto allo stesso periodo del 2021 di circa il 30 per cento;

   già nella interrogazione a risposta immediata in Assemblea, sempre rivolta al Ministro interrogato del 20 aprile 2022, sulle consistenti diversità dei prezzi dei carburanti praticati dai distributori, il primo firmatario del presente atto aveva segnalato che, poco dopo l'intervento sulle aliquote di accisa dei carburanti e una riduzione dei prezzi di questi ultimi, si assisteva ad un nuovo rialzo;

   il primo firmatario del presente atto, in sede di replica, richiedeva di intervenire in maniera risoluta contro la speculazione o altrimenti di ricorrere ad interventi straordinari, quale il prezzo amministrato per un periodo temporale limitato;

   tale possibilità era prevista già nella deliberazione del Cipe del 31 luglio 1991, «Nuovi criteri di determinazione dei prezzi dei prodotti petroliferi», la quale permetteva a determinate condizioni di sospendere i listini delle aziende e di assoggettare i prezzi dei carburanti per un periodo di tempo limitato al regime di prezzo amministrato;

   le misure sino ad ora adottate dal Governo, peraltro, rischiano di non poter essere proseguite per i vincoli di finanza pubblica ampliati anche dall'aumento dei tassi di interesse annunciato e attuato dalla Banca centrale europea e, quindi, appaiono ancora più necessari interventi straordinari –:

   se il Ministro interrogato, d'intesa con gli altri Ministri competenti, intenda adottare iniziative per assoggettare i prezzi dei carburanti al regime di prezzo amministrato sino al 31 dicembre 2022, a fronte delle distorsioni del mercato e dell'evidente speculazione in corso che determinano un'incontrollata crescita dei prezzi degli stessi nonostante gli interventi del Governo.
(3-03036)


   ANDREA ROMANO, NARDI, BERLINGHIERI, LORENZIN e FIANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento siderurgico Jsw di Piombino si trova in uno stato di prolungata inerzia e assenza di prospettive di rilancio, in conseguenza di quanto accaduto dopo l'acquisizione degli impianti nel luglio 2018 da parte del gruppo indiano Jindal;

   il 24 luglio 2018, subito dopo l'acquisizione, fu sottoscritto tra le parti pubbliche e la Jsw steel Italy srl uno specifico accordo di programma dove Jsw si impegnava ad attuare un complesso piano industriale, dove nella fase 1 l'azienda aveva previsto il riavvio dei laminatoi e nella fase 2 la creazione di una moderna acciaieria integrata;

   ad oggi il piano industriale è stato totalmente disatteso e lo stabilimento si trova in una situazione di grave carenza manutentiva e produttiva, incluso il grave stato di decadimento delle infrastrutture portuali in concessione demaniale;

   recentemente l'azienda ha presentato un aggiornamento del piano industriale, i cui contenuti sono assai ridotti rispetto al piano precedente;

   nello stesso periodo sono emerse notizie circa l'interesse dell'operatore siderurgico Arvedi in merito ad una sua possibile acquisizione dello stabilimento di Piombino e di una trattativa in corso tra lo stesso Arvedi e Jindal;

   da tempo le istituzioni locali e la regione Toscana stanno insistendo per riunire presso il Ministero dello sviluppo economico il tavolo dei sottoscrittori degli specifici accordi di programma stipulati nel 2014 e nel 2018 per l'area di crisi industriale complessa di Piombino al fine del rilancio dello stabilimento e del territorio, della bonifica dell'area e dello sviluppo infrastrutturale e portuale;

   le concessioni demaniali marittime inerenti alle infrastrutture portuali e di altre aree produttive di pertinenza dello stabilimento sono ormai scadute (e anche quelle di competenza dell'Agenzia del demanio sono prossime alla scadenza) e in assenza di un piano industriale valido e condiviso con tutte le istituzioni non sarà possibile prorogarle o rinnovarle, con la conseguente apertura di un procedimento di incameramento da parte dello Stato di tutti i beni di non facile rimozione –:

   quali siano le azioni che si intendano mettere in campo per sbloccare una situazione in grave stallo, anche convocando i due operatori Jindal e Arvedi per una doverosa informazione e per condividere un percorso che veda tutte le istituzioni convergere su obiettivi e progetti per la sottoscrizione di un nuovo accordo per il rilancio e la riqualificazione economica, produttiva, occupazionale ed ambientale dello stabilimento, del territorio e dell'area portuale di Piombino.
(3-03037)


   LUPI, COLUCCI, SANGREGORIO e TONDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 31 maggio 2022 il Ministro interrogato ha concesso l'autorizzazione ai commissari straordinari del gruppo Ilva per sottoscrivere l'accordo di modifica del contratto quadro con le società del gruppo Acciaierie d'Italia;

   lo schema di accordo ha comportato una proroga di due anni fino al 31 maggio 2024 perché si verifichino le condizioni a cui è vincolato l'obbligo di acquisto dei complessi aziendali da parte di Acciaierie d'Italia;

   la quota posseduta da Acciaierie d'Italia rimarrà dunque del 38 per cento fino al 31 maggio 2024, quando aumenterà fino ad arrivare al 60 per cento;

   sempre il 31 maggio 2022, la corte d'assise di Taranto ha respinto la richiesta di dissequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento Acciaierie d'Italia (ex Ilva) presentata all'inizio di aprile 2022 dai legali dei commissari di Ilva;

   tra i piani che dovranno essere presentati dall'Italia per ottenere i fondi strutturali veicolati dall'Unione europea vi è anche quello che fa riferimento al «Just transition fund», il fondo stanziato per fare fronte ai costi della transizione verde, che prevede uno stanziamento di circa un miliardo di euro destinati anche alla riqualificazione ambientale dello stabilimento ex Ilva;

   per la giornata di mercoledì 22 giugno 2022 è previsto un incontro al Ministero dello sviluppo economico sulla vertenza dell'ex Ilva di Taranto, a cui sono stati convocati Acciaierie d'Italia, sindacati ed enti locali (regioni Puglia, Piemonte, Liguria), Invitalia e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   nonostante le rassicurazioni del Ministero dello sviluppo economico, diverse sigle sindacali hanno sollevato dubbi sulla possibilità di raggiungere il target di 5,7 milioni di tonnellate, nonostante una fase in cui la domanda di acciaio rimane molto alta in tutto il continente europeo –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare gli obiettivi di riqualificazione ambientale dello stabilimento ex Ilva e di rilancio produttivo di un polo siderurgico fondamentale per la produzione italiana ed europea.
(3-03038)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MAZZETTI e CORTELAZZO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la crisi Ucraina ha reso più evidente la dipendenza italiana dalla Russia e ha portato il Governo ad adottare misure di medio-lungo periodo per incentivare la produzione nazionale e aumentare l'autosufficienza energetica;

   il piano regolatore Pitesai pubblicato dal Ministero della transizione ecologica, però, va nella direzione opposta, in quanto limita di fatto l'uso del sottosuolo e quindi l'estrazione dai giacimenti nazionali ma anche in direzione opposta rispetto a ciò che il Consiglio europeo ha invitato a fare ovvero a sfruttare le risorse interne con precise raccomandazioni dello scorso 31 maggio;

   secondo le stime effettuate da geologi e ingegneri minerari, sotto il fondale dell'alto Adriatico ci sono in totale tra i 30 e i 40 miliardi di metri cubi di gas che non vengono estratti, e che potrebbero dare un contributo alla produzione nazionale di energia;

   il dibattito sull'opportunità di sfruttare questi giacimenti è stato trascurato per anni;

   secondo uno studio del novembre 2021 di Assorisorse, in Emilia-Romagna un investimento di 332 milioni di euro potrebbe raddoppiare la produzione annuale di gas da 800 milioni di metri cubi a 1,6 miliardi all'anno sui giacimenti già presenti;

   nel Pitesai si ricorda che con l'articolo 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, è stata vietata la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento ed il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, e che successivamente con il decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, è stato stabilito che tale divieto «si applica fino a quando il Consiglio dei ministri, d'intesa con la regione Veneto, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non abbia definitivamente accertato la non sussistenza di rischi apprezzabili di subsidenza sulle coste, sulla base di nuovi e aggiornati studi, che dovranno essere presentati dai titolari di permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione, utilizzando i metodi di valutazione più conservativi e prevedendo l'uso delle migliori tecnologie disponibili per la coltivazione» –:

   se intenda adottare iniziative per rimuovere ed entro quando gli ostacoli normativi al momento ostativi a una ripresa e a un incremento della produzione nazionale, attivandosi per assicurare che la produzione avvenga nel rispetto dei parametri ambientali e di sicurezza.
(5-08300)


   FREGOLENT. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'attività di Sogin, la società pubblica che si occupa della dismissione degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi ha fatto registrare numerose e gravi criticità a tal punto che è stata sollevata l'opportunità di commissariare l'ente;

   Sogin avrebbe infatti dovuto completare nel 2014 la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia entro il 1987, anno del referendum sul nucleare, e ultimare entro il biennio 2019-2020 lo smantellamento di tutte le strutture nucleari. Nonostante dal 2010 a oggi Sogin abbia utilizzato 4 miliardi di euro di finanziamenti pubblici, risulta che abbia completato solo il 3.5 per cento dei lavori previsti, non mettendo in sicurezza i rifiuti maggiormente problematici e non avendo iniziato lo smantellamento delle parti nucleari degli impianti;

   per quanto riguarda il piano industriale, Sogin nel 2017 ha rimandato il brownfield (le aree contaminate ma riconvertibili) al 2036, ma la società ha completato meno della metà dei lavori previsti nel periodo 2018-2020, ed il 40 per cento di quelli per il biennio 2020-2021;

   si tratta di gravissimi ritardi e criticità che sono stati di fatto confermati dal Governo nella discussione alla interrogazione a risposta immediata in Assemblea svolta in data 20 aprile 2022;

   si apprende da organi di stampa che il Governo avrebbe approvata, con un prossimo decreto legato alle semplificazioni fiscali, anche il commissariamento di Sogin. Sempre secondo i media tale norma sarebbe stata varata per «per accelerare lo smaltimento degli impianti nucleari italiani. L'organo commissariale sarà nominato con decreto dei presidente del Consiglio, su proposta dei ministeri dell'economia e della transizione ecologica, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto»;

   va ricordato in questo contesto che Sogin sta gestendo la delicata e complessa individuazione del sito nazionale delle scorie nucleari e va assolutamente evitato, che tale processo decisionale subisca ulteriori ritardi –:

   se le notizie che annunciano il commissariamento di Sogin corrispondano al vero e quali iniziative urgenti si intendano assumere al fine di garantire che la società porti a termine i compiti assegnati senza ulteriori ritardi.
(5-08301)


   MARAIA, PENNA, ZOLEZZI, VIGNAROLI e FEDERICO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese, al fine di raggiungere gli sfidanti obbiettivi di riciclo fissati dal legislatore europeo e recepiti dal nostro ordinamento, ha previsto, con la modifica all'articolo 219-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, l'istituzione obbligatoria di sistemi di deposito cauzionale di taluni imballaggi, nonché l'immissione in commercio di una quota minima di imballaggi riutilizzabili;

   il regolamento attuativo, indispensabile per la messa in esercizio del sistema, da adottarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della citata disposizione ad oggi, non è stato ancora emanato;

   nella risposta all'interrogazione presentata dagli interroganti n. 5-07499 è emerso che le ragioni del ritardo sono imputabili anche ai dubbi emersi sulla possibilità di costituire un sistema di deposito con cauzione (DRS) così come delineato dal nuovo articolo 219-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006, alla luce del potenziale contrasto con la direttiva UE/2018/852 che non consterebbe di estendere tale sistema anche al riciclo, con conseguente timore che possa aprirsi una procedura di infrazione;

   a parere degli interroganti, tuttavia, non è ravvisabile tale contrasto, dal momento che la citata direttiva è volta a promuovere e incrementare sia il riutilizzo che il riciclaggio al fine di arrivare ad escludere il conferimento in discarica, così come sistemi di cauzione volti ad assicurare la raccolta differenziata per il riciclaggio sono previsti dalla direttiva UE/2019/904;

   si aggiunga che nei confronti dei tredici Paesi europei che hanno adottato il sistema Drs non risulta siano state, ad oggi, avviate procedura di infrazione;

   si ritiene utile dirimere le perplessità rilevate, anche mediante un'analisi comparata dei sistemi Drs già adottati da altri Stati membri, avvalendosi del supporto degli istituti tecnici di riferimento –:

   se intenda avviare un apposito studio volto ad approfondire la disciplina dei sistemi Drs adottati da altri Paesi europei, al fine di pervenire alla tempestiva attuazione del citato articolo 219-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
(5-08302)


   PELLICANI, ROTTA, BRAGA, BURATTI, CIAGÀ, MORASSUT, MORGONI e PEZZOPANE. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   per scongiurare una catastrofe climatica occorre puntare con determinazione ad accelerare il phase out dalle fonti fossili e la transizione verso un futuro a zero emissioni nette entro il 2050, mantenendo al contempo la sicurezza e l'accessibilità dei sistemi energetici, anche attraverso la rapida espansione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica;

   si ricorda, infatti, che le fonti rinnovabili consentono la produzione di energia pulita e sostenibile senza, peraltro, problemi legati alla sicurezza e alto smaltimento delle scorie;

   per promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili, la direttiva (UE) 2018/2001 cosiddetta Red II ha introdotto nuove disposizioni per la promozione dell'autoconsumo di energia elettrica rinnovabile, recepite in Italia con il decreto legislativo n. 199 del 2021;

   tale decreto disciplina l'autoconsumo e le comunità energetiche rinnovabili nel Titolo IV, Capo I (articoli 30-33), demanda all'Autorità di regolazione per energia reti e ambienti (Arera) il compito di adottare i provvedimenti attuativi necessari al funzionamento di tale disciplina entro il 15 marzo 2022 (novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021) e, quanto al sistema incentivante (articolo 8), prevede l'adozione, entro il 13 giugno 2022 (180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo) di un decreto del Ministro della transizione energetica per l'aggiornamento dei meccanismi di incentivazione già previsti dal decreto-legge n. 162 del 2019;

   si ricorda infatti che, fino all'adozione di tali provvedimenti, continua ad applicarsi la disciplina sperimentale e transitoria di cui all'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019 che prevede che i consumatori finali e/o produttori di energia possano associarsi per «condividere» l'energia elettrica localmente prodotta da nuovi impianti alimentati da fonte rinnovabile di piccola taglia con riferimento a nuovi impianti alimentati a Fer con potenza complessiva non superiore ai 200 kW entrati in esercizio a partire dal 1° marzo 2020 è fino al 12 febbraio 2022 (60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 RED II, del decreto legislativo n. 199 del 2021) –:

   in considerazione del ruolo strategico svolto dalle energie rinnovabili per il contrasto ai cambiamenti climatici, quali siano i motivi che non hanno consentito la tempestiva adozione dei provvedimenti attuativi del decreto legislativo n. 199 del 2021 riguardanti la disciplina dell'autoconsumo e delle comunità energetiche entro i termini previsti dallo stesso e quale sia il nuovo cronoprogramma relativo alla loro adozione.
(5-08303)


   LUCCHINI, BENVENUTO, BADOLE, DARA, D'ERAMO, EVA LORENZONI, PATASSINI, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 42, commi 5-6, del decreto legislativo n. 28 del 2011 ha previsto l'adozione di uno specifico provvedimento «decreto ministeriale Controlli» volto a definire le regole e le modalità che il Gse deve seguire nell'effettuare i controlli sugli impianti rinnovabili che accedono agli incentivi e nell'applicazione di eventuali sanzioni;

   tale articolo 42 è stato in seguito modificato dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cosiddetto decreto-legge Semplificazioni) convertito dalla legge n. 120 del 2020, che ha stabilito come distinguere tra interventi sugli impianti rinnovabili che apportano modifiche sostanziali e necessitano quindi di un'autorizzazione unica, e interventi che introducono modifiche non sostanziali agli impianti, per i quali invece gli operatori devono ottenere la procedura abilitativa semplificata (Pas);

   il Ministero della transizione ecologica non ha ancora emanato un nuovo decreto «Controlli» che riveda le regole che il Gse deve seguire per i controlli sugli impianti rinnovabili;

   la distinzione fra le due tipologie di interventi sugli impianti esistenti, unita alla mancata revisione ovvero nuova emanazione del «decreto ministeriale Controlli» sulla base delle modifiche normative intervenute, genera grande incertezza fra gli operatori e in tutta la fase autorizzativa;

   fin dalla sua declinazione pratica, la disciplina dei controlli è apparsa sproporzionata in quanto, a fronte di irregolarità formali ovvero di fattispecie legittime sulla base della normativa rilevante applicabile al momento del rilascio ovvero del perfezionamento del titolo autorizzativo e successivamente ricaratterizzate nell'ambito di successive norme sopravvenute, e quindi di violazioni considerate «non rilevanti», il Gse ha, sovente, comminato la sanzione più severa disponendo la decadenza totale dall'incentivo e determinando situazioni sfavorevoli sul piano finanziario sia per gli operatori del settore che per gli istituti di credito che avevano finanziato la costruzione degli impianti;

   gli obiettivi e le norme attuali nel settore delle rinnovabili sono alquanto modificati ed è pertanto indispensabile e urgente una disciplina organica e aggiornata dei controlli, definita su parametri certi e verificabili, soprattutto alla luce dell'obiettivo «di salvaguardare la produzione dell'energia da fonti rinnovabili» da impianti «che al momento dell'accertamento della violazione percepiscono incentivi» come previsto dal comma 3 dell'articolo 42, del decreto legislativo n. 28 del 2011 come modificato dall'articolo 56 comma 7 del decreto-legge n. 76 del 2020 –:

   se il Ministro sia a conoscenza delle ripercussioni negative che il ritardo dell'emanazione del decreto ministeriale «Controlli» sta generando nei confronti del settore delle energie rinnovabili, oggi elemento chiave contro la crisi energetica, e quali siano i tempi previsti per l'adozione del decreto.
(5-08304)


   PLANGGER e VILLAROSA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Mazzarrà S. Andrea (ME), ritenuto permeabile a condizionamenti esterni della criminalità organizzata – cosiddetta cosca dei «mazzaroti», è stato commissariato dall'ottobre 2015 fino novembre 2017;

   la società TirrenoAmbiente Spa, gestore della discarica di Mazzarrà, già al centro di diverse inchieste giudiziarie, messa in liquidazione, continua ad essere in crisi finanziaria che non permette una corretta gestione post «mortem» della discarica;

   nel 2020 l'Ispra oltre a proporre e richiedere rapide soluzioni, riscontrava numerose e urgenti criticità presenti all'interno del sito come:

    il sistema di raccolta del percolato;

    la copertura del corpo rifiuti, che non è apparsa in grado di garantire l'impermeabilizzazione di tutto il corpo rifiuti;

    l'assenza e il parziale deterioramento dei teli su alcune porzioni;

    impianto di trattamento del percolato inattivo (pare mai entrato in esercizio);

    l'assenza di regimentazione delle acque meteoriche, convogliate direttamente all'interno di un torrente presente in prossimità della discarica;

    problematiche strutturali connesse alla presenza di fronti d'instabilità del corpo rifiuti, con stabilità garantita esclusivamente dalla presenza del telo di copertura; aree in collasso strutturale o in collasso strutturale incipiente;

    reti piezometrica interna di monitoraggio del percolato, inclino metrica e, almeno parzialmente, la rete sub-orizzontale di captazione del biogas e di drenaggio del percolato risultano essere totalmente inutilizzabili;

   negli ultimi anni sono noti gli interventi di somma urgenza deliberati, in sostituzione di società, comune e SRR, dalla Regione Siciliana per provare a mitigare gli evidenti e ancora persistenti pericoli per la cittadinanza;

   nell'aprile 2022 il Dipartimento regionale, ha richiesto l'attivazione dei Genio civile di Messina per l'esecuzione di nuovi interventi per evitare il rilascio incontrollato di percolato con conseguente contaminazioni ambientali;

   nel maggio 2022 venivano segnalati evidenti squarci nella copertura;

   il 14 giugno 2022, riscontrando l'attività dei Genio civile, viene deliberato dalla Regione un ulteriore stanziamento per «lavori di somma urgenza nella discarica per l'ampliamento della vasca di emergenza e contenimento dell'eventuale crollo di rifiuti»;

   la discarica risulta inserita tra gli interventi previsti nel programma di finanziamento per «siti orfani» e pare sia stata ammessa a finanziamento con un importo di 12 milioni di euro che dovrebbero garantire la chiusura definitiva –:

   quali urgenti iniziative di competenza siano state assunte e si intendano assumere per risolvere definitivamente questa situazione pericolosa che mette a repentaglio la salute dei cittadini e la salvaguardia dell'ambiente.
(5-08305)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei comuni di Sesto Campano (Molise), Galatina (Puglia) e Gubbio (Umbria) sorgono tre cementifici di proprietà della società Colacem;

   alcuni comitati di cittadini hanno realizzato un dossier relativo alla situazione sanitaria, ambientale e autorizzativa dei tre cementifici;

   tale documento dimostrerebbe l'esistenza di una emergenza sanitaria nelle comunità che abitano nel circondario e indica un modus operandi da parte dell'azienda che si ripeterebbe identico in ciascun luogo da decine di anni;

   il dossier «Emergenza sanitaria nelle aree urbane in prossimità dei cementifici Colacem di Galatina, Gubbio e Sesto Campano», presentato il 6 giugno 2022 alla Commissione Ambiente della Camera con richiesta di audizione, riporta dati e studi scientifici, che configurano alte concentrazioni di sostanze inquinanti e rischio di mortalità che mostrano un trend in peggioramento, come dimostra la consulenza tecnica d'ufficio depositata, per Galatina, nel processo innanzi al Tar Lecce;

   dove esiste un registro dei tumori i casi registrati nelle suddette località sono sopra i valori di aree urbane notoriamente inquinate; a Gubbio, unica città italiana con due cementifici, la Regione Umbria ha revocato nel 2020 il precedente registro tumori (Rtup), sostituendolo con una società informatica (ICT4Life srl 2020);

   per Galatina e Sesto Campano, Asl, associazioni mediche e comuni hanno ottenuto la realizzazione di una valutazione di impatto sanitario il cui risultato non è ancora noto, mentre l'Iss ha espresso allarme per le anomalie statistiche tumorali a Gubbio e ha classificato il distretto di Galatina «Area Cluster per neoplasie polmonari»;

   a Gubbio non è mai stata fatta la valutazione d'impatto ambientale (Via);

   tuttavia, il decreto legislativo n. 152 del 2006 (Testo Unico dell'Ambiente), inserisce, tra le opere soggette a Via, le «Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica pari o maggiore di 300 MW»;

   dal punto di vista ambientale, i cementifici sono industrie insalubri di prima classe; l'Agenzia europea per l'ambiente ha indicato due in questione tra i più inquinanti dell'Unione europea;

   i timori delle popolazioni locali sono cresciuti in seguito al sequestro delle polveri eseguito dalla Dda di Lecce presso lo stabilimento di Galatina, che ha evidenziato caratterizzazioni insufficienti nella composizione dei rifiuti, così come indicato nella Ctu per Colacem Galatina e da Ispra per Sesto Campano;

   laboratori accreditati hanno confermato la presenza di diossina nel latte materno e nella placenta umana, ed elevata concentrazione di metalli pesanti nella vegetazione, nella falda e nel suolo;

   secondo i comitati promotori del dossier, le iniziative normative promosse dai governi dal 2003 fino all'entrata in vigore dell'articolo 35 del decreto-legge n. 77 del 2021 («Decreto Semplificazioni»), rispetto all'utilizzo dei C.S.S. (la gran parte dei rifiuti indifferenziati) negli impianti che operano recupero rifiuti, tra cui anche le cementerie, hanno favorito l'allentamento delle procedure autorizzative: i limiti di emissione di carbonio di un cementificio che brucia rifiuti sono oggi meno restrittivi di quelli di un inceneritore in netto contrasto, a parere dell'interrogante, con gli obiettivi europei per la riduzione delle emissioni di carbonio e il recupero dei materiali scartati –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di verificare la sussistenza delle criticità ambientali e sanitarie evidenziate dal dossier richiamato in premessa e quindi anche le condizioni per giungere, in via cautelativa, al blocco dei suddetti impianti affrontando l'emergenza sanitaria e ambientale dei territori interessati;

   se non intendano assumere ogni iniziativa di competenza per procedere all'inibizione definitiva dell'utilizzo di qualunque tipologia di combustibile derivato da rifiuti e di ceneri industriali di qualunque provenienza nel ciclo di produzione del cemento.
(4-12408)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Fregolent n. 5-07610 del 25 febbraio 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione Novelli n. 5-07940 del 22 aprile 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione Bellucci n. 5-08174 del 27 maggio 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione Ciampi n. 5-08220 del 13 giugno 2022;

   interrogazione a risposta scritta Spena n. 4-12402 del 20 giugno 2022.