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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 9 maggio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    gli effetti pandemici dovuti al nuovo coronavirus Sars-CoV-2 hanno provocato un'emergenza sanitaria su tutto il territorio nazionale che ha messo in evidenza le diverse criticità regionali della sanità territoriale ed ospedaliera evidenziando ancora di più il divario tra le singole realtà;

    da parte del Governo vi è stata una risposta immediata alla pandemia con una serie di misure urgenti fin dalla dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020 e con l'adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, ordinanze regionali e del Ministero della salute per determinare un contenimento degli effetti epidemiologici e contestualmente incrementando il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard che dai 114 miliardi di euro di poco più di due anni fa con l'ultima legge di bilancio destina 124 miliardi e per ogni anno del triennio fino al 2024 altri due miliardi;

    il Ministero della salute ha impegnato le regioni e le province autonome a redigere programmi operativi per utilizzare e amministrare oltre a tali risorse incrementali anche lo snellimento delle liste di attesa, con gli oltre 10 miliardi di euro di finanziamento straordinario per emergenza Covid attraverso un monitoraggio congiunto dello stesso Ministero della salute con il Ministero dell'economia e delle finanze;

    sanità non è solo emergenza pandemica da Covid-19 ma anche garantire a tutta la comunità nel suo insieme quell'assistenza quotidiana attraverso il rafforzamento dell'assistenza primaria, dei dipartimenti di prevenzione, dell'assistenza territoriale oltre all'attività ospedaliera ordinaria che consenta alla popolazione di poter vivere, rispetto al proprio stato di salute, in condizioni ottimali;

    c'è bisogno, quindi, a fianco dell'irrinunciabile percorso di tutela e promozione della persona umana, dell'ambiente animale, del clima in una logica «One Health» di attuare, come l'adottando «DM 71» prevede, politiche sanitarie indirizzate al rafforzamento dei sistemi di salute territoriali. Numerose evidenze hanno chiaramente dimostrato la maggior efficacia, economicità ed equità dei sistemi basati sulla «Primary Health Care»; come dimostra il documento dell'OMS «salute 2020» che prevede, confermando il ruolo centrale e strategico dell'assistenza primaria e territoriale, l'assunzione in tutti i sistemi sanitari del XXI secolo;

    inoltre, è dimostrato come, in termini di costo/efficacia, la «Primary Health Care» prevede un investimento iniziale per spostare l'accento dalla performance sanitaria alla prevenzione e partecipazione in salute producendo poi un forte risparmio di prestazioni sanitarie a medio e lungo termine, soprattutto rispetto ai ricoveri ospedalieri e agli accessi in pronto soccorso. La partecipazione in salute e l'utilizzo delle risorse già presenti sul territorio determinano inoltre un aumento dell'equità in salute;

    in questa direzione si è mossa la legge di bilancio 2022 che, nel proseguire l'azione a sostegno dell'economia e della società in questa fase di contrasto alla pandemia, non solo ha finanziato con risorse significative la Missione 6 Salute e, più in generale, la risposta all'emergenza sanitaria, ma ha anche in parallelo definito i nuovi interventi a medio e lungo termine che mirano a consolidare con l'azione intrapresa dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) attraverso la missione 1,4 e 5 gli interventi sociali, educativi e di innovazione digitale e tecnologica;

    oltre alla legge di bilancio, dopo un'ampia discussione all'interno del Parlamento è stato approvato il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), inviato il 30 aprile 2021 alla Commissione europea e approvato il 22 giugno 2021 dalla Commissione europea e il 13 luglio 2021 dal Consiglio economia e finanza (Ecofin). Un Piano che prevede 192 miliardi finanziati attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza e 13 miliardi di ReactEU; a questi si aggiungono 30,64 miliardi di «fondo complementare» (stanziamenti dello Stato) arrivando quindi a un totale di 235,15 miliardi, dove tra le linee d'intervento la Missione 6 è dedicata alla salute con uno stanziamento di 15,63 miliardi, così divisi tre le due componenti della Missione:

     1. reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale: 7 miliardi di stanziamenti;

     2. innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale: 8 miliardi e 63 milioni di euro; inoltre, vengono aumentate le risorse per i contratti di formazione specialistica dei medici (194 milioni di euro per il 2022, 319 milioni per il 2023, 347 milioni per il 2024, 425 milioni per il 2025, 517 milioni per il 2026 e 543 milioni dal 2027); viene incrementato di 2 miliardi di euro il finanziamento del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico;

    inoltre, allineare i servizi ai bisogni di cura dei pazienti in ogni area del Paese; migliorare le dotazioni infrastrutturali e tecnologiche; promuovere la ricerca e l'innovazione e lo sviluppo di competenze tecnico-professionale, digitale e manageriali del personale. Questa la strategia generale tracciata dal PNRR in tema di salute;

    nel mese di febbraio 2022, il Ministero della salute ha inviato alle regioni una prima bozza del decreto relativo ai nuovi modelli e standard per l'assistenza sanitaria territoriale (Missione 6, Componente 1, Riforma 1) il cosiddetto «DM 71»;

    il 16 marzo 2022 la Conferenza Stato-regioni ha esaminato lo schema di decreto ministeriale «Modelli e standard organizzativi per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel SSN» cosiddetto «Dm 71» e, pur rinviando l'intesa sul provvedimento in attesa dell'esame da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, ha posto alcune condizioni: progressività nell'attuazione in relazione anche alle risorse; un'adeguata implementazione e potenziamento del fabbisogno del personale e un'adeguata copertura finanziaria; costituzione di un Tavolo di lavoro per la determinazione delle risorse necessarie; riforma urgente e indifferibile delle disposizioni in materia di medici di medicina generale e un aggiornamento del percorso formativo; assunzione di medici di comunità e delle cure primarie e di medici dei servizi territoriali da impiegare nelle case della comunità, a seguito di appositi corsi abilitanti organizzati a cura delle regioni; impiego di tutto il personale sanitario e amministrativo necessario e risorse correlate; adozione di un successivo provvedimento per ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile;

    il testo del decreto sottoposto all'esame della Conferenza è stato aggiornato e riformulato a seguito delle interlocuzioni con le regioni e in sede di Conferenza Stato-regioni è stata raggiunta l'unanime posizione in merito alla progressività nell'implementazione degli standard e dei modelli organizzativi in relazione alla disponibilità delle risorse finanziarie;

    con la delibera del Consiglio dei ministeri del 21 aprile 2022 pubblicata in Gazzetta ufficiale il 3 maggio 2032 è autorizzata l'adozione del decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» cosiddetto «DM 71»;

    per il raggiungimento dei nuovi standard alla Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza con un finanziamento di 8.042,960.665,58 euro, si affiancano le risorse per il potenziamento dell'assistenza territoriale destinate alla spesa per il personale in deroga agli attuali tetti con l'autorizzazione di 90,9 milioni per l'anno 2022, 150,1 per il 2023, 328,3 milioni per il 2024, 591,5 milioni per l'anno 2025 e 1,1015 a decorrere dall'anno 2026;

    in data 20 gennaio 2022, dopo l'intesa Stato-Regioni è stato firmato il decreto di riparto delle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza al fine di garantirne la programmazione. Nell'assegnazione del riparto alle regioni del Sud sono andate circa il 41 per cento delle risorse a cui si aggiungono i circa 625 milioni del Pon che possono sostenere e compensare la richiesta, spesso reiterata, di introdurre un coefficiente di deprivazione che individui la popolazione a rischio sociale che, come è noto, consuma più risorse e presenta peggiori performance di salute;

    inoltre, la legge di bilancio 2022 è intervenuta riguardo ai Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps) e gli Ambiti territoriali Sociali (Ats) al fine di favorire l'integrazione tra gli ambiti sanitari, sociosanitari e sociali, ferme restando le rispettive competenze e ferme restando le risorse umane e strumentali di rispettiva competenza;

    secondo quanto si evince dal «DM71», il distretto ritrova una sua centralità e costituisce un'articolazione organizzativa-funzionale dell'ASL sul territorio. In media è previsto un distretto ogni 100 mila abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio, ma non inferiori a 60 mila abitanti e comprende una casa della comunità hub ogni 40,000-50.000 abitanti; un infermiere di famiglia e comunità ogni 3.000 abitanti; una unità speciale di continuità assistenziale (un medico e un infermiere) ogni 100.000 abitanti; una centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore; un ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti;

    a sua volta, la casa di comunità Hub con standard di personale identificati prevede la presenza di servizi indicati come obbligatori tra cui: servizi di cure primarie erogati attraverso l'équipe multiprofessionali, punti unici di accesso, assistenza domiciliare integrata, servizi specialistici ambulatoriali per la patologia ad alta prevalenza, servizi infermieristici, Cup, integrazione con i servizi sociali, partecipazione della comunità e valorizzazione della co-produzione, presenza medica h24 7/7gg, presenza infermieristica h12 7/7gg, servizi diagnostici di base, continuità assistenziale, punto prelievi. Inoltre, sono previsti servizi facoltativi come attività consultoriali, interventi di salute pubblica 0-18, programmi di screening e servizi raccomandati: servizi di salute mentale, dipendenze e neuropsichiatria infantile e medicina dello sport;

    la diffusione sul territorio delle case della comunità spoke nonché degli ambulatori di medici di Medicina Generale (Mmg) e dei pediatri di libera scelta (Pls) devono tener conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali;

    tutte le aggregazioni dei Mmg e Pls (Aft e Uccp) sono ricomprese nelle case della comunità avendo in esse la sede fisica oppure a queste collegate «funzionalmente»;

    la casa della comunità promuove, quindi, «un modello di intervento integrato e multidisciplinare, in qualità di sede privilegiata per la progettazione e l'erogazione di interventi sanitari. L'attività, infatti, deve essere organizzata in modo tale da permettere un'azione d'équipe tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali interni – anche nelle loro forme organizzative – infermieri di famiglia o comunità, altri professionisti della salute disponibili a legislazione vigente nell'ambito delle aziende sanitarie, quali a esempio psicologi, ostetrici, professionisti dell'area della prevenzione, della riabilitazione e tecnica, e assistenti sociali, anche al fine di consentire il coordinamento con i servizi sociali degli enti locali del bacino di riferimento»; oltre all'imprescindibile apporto degli assistenti sociali e attività degli ambiti territoriali legge n. 328 del 2000;

    come si evince dalla delibera del Consiglio dei ministri del 21 aprile 2022 la riorganizzazione delle attività dei medici di medicina generale, delle reti specialistiche multidisciplinari, oltre che il potenziamento ulteriore di ADI e dell'assistenza residenziale rappresentano una scelta obbligata verso la quale si è mosso anche il Piano nazionale della cronicità;

    la parola chiave della riforma è, quindi, prossimità ovvero una sanità più vicina ai cittadini proponendo nuovi modelli organizzativi centrali sulle cure territoriali e sull'assistenza domiciliare, portandola entro il 2026 al 10 per cento per gli over 65 attraverso un servizio garantito con la presenza di personale sanitario (infermieri, OSS, tecnici e medici) 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 con il supporto anche della telemedicina specialmente per quei pazienti che hanno patologie croniche e con disabilità delegando all'assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti/complessi non gestibili dagli operatori sanitari delle cure primarie;

    l'adozione, quindi, di un modello di stratificazione comune su tutto il territorio nazionale permette da un lato lo sviluppo di un linguaggio uniforme che vuole garantire equità di accesso e omogeneità di presa in carico anche se è importante che nell'applicazione siano rispettate le caratteristiche oro-geografiche al fine di avere una distribuzione capillare dell'assistenza primaria e una diffusa medicina di iniziativa;

    il dipartimento di prevenzione, come previsto dagli articoli 7, 7-bis, 7-ter e 7-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992 ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e aziende ospedaliere prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline con uno standard massimo di popolazione di 1 ogni 500 mila abitanti;

    nel panorama dei servizi socio-sanitari presenti sul territorio, i consultori familiari si caratterizzano per l'offerta attiva di una molteplicità di azioni e interventi, volta a ridurre l'effetto delle diseguaglianze sociali sulla salute. L'assistenza al percorso nascita, la prevenzione oncologica e le attività di promozione della salute rivolte agli adolescenti/giovani sono le aree programmatiche prioritarie dei consultori familiari;

    il buon successo delle case di comunità dipende dalla capacità di superare la sola logica «prestazionistica» e diventare un luogo dove si considera il ruolo del terzo settore non profit e del volontariato organizzato come co-progettazione e co-protagonista della Cdc (vedi sentenza della Corte costituzionale 131 del 2020) sviluppando percorsi di inclusione sociale e richiede la centralità del distretto sociale (legge n. 328 del 2000) e sanitario come struttura di governo insieme ai sindaci che condividono la programmazione definendo obbiettivi attesi ed effettuando la valutazione:

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza, anche normative, per assicurare che le case di comunità si avvalgano di modelli organizzativi e di gestione al fine di garantire una effettiva integrazione e omogeneità nell'erogazione dei servizi, nei vari distretti, valutabili nel tempo su tutto il territorio nazionale;

2) a indicare, per il rispetto degli obiettivi indicati dalla missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, risorse economiche e finanziarie adeguate volte a stabilizzare il Fondo Sanitario Nazionale al fine di poter garantire un adeguato fabbisogno di personale sanitario a tempo indeterminato;

3) a prevedere, per quanto di competenza, iniziative volte a una reale integrazione tra i servizi sanitari e socioassistenziali da parte dell'équipe multidisciplinare all'interno della casa di comunità affinché vi sia una presa in carico globale della persona con particolare attenzione ai casi di fragilità e cronicità;

4) ad adottare iniziative volte a prevedere adeguati sistemi di valutazione delle prestazioni cliniche e assistenziali, orientati a raccogliere e dettagliare le attività sanitarie e sociosanitarie di un percorso o episodio di cura territoriale e/o domiciliare;

5) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per lo sviluppo e la predisposizione di un modello istituzionale-organizzativo delle cure primarie il più possibile uniforme in tutte le regioni, basato su una cornice istituzionale-organizzativa legata del distretto sociale e sanitario, della casa della comunità e possibilmente coincidente con l'Ambito territoriale sociale;

6) a sostenere iniziative affinché la casa di comunità promuova il ruolo del terzo settore non profit e del volontariato organizzato come co-progettazione e co-protagonista della Cdc, come indicato nella sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020, sviluppando percorsi di inclusione sociale integrati con i distretti sanitario e sociale (legge n. 328 del 2000), valorizzando il ruolo dei sindaci, definendo gli obiettivi attesi ed effettuando la valutazione;

7) ad adottare iniziative volte a prevedere una programmazione nella formazione dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e del personale infermieristico che consenta la copertura degli ambiti territoriali, comprese le sedi dislocate in aree geografiche disagiate al fine di assicurare un'assistenza primaria e assistenziale;

8) a valutare l'opportunità di prevedere meccanismi «compensativi» per le aree più svantaggiate e deprivate del Paese al fine di rispondere ai bisogni e alle diverse disparità territoriali anche attraverso le risorse del PON Coesione;

9) ad adottare iniziative di competenza volte ad organizzare il lavoro delle cure primarie in équipe interdisciplinari e in rete con territorio e con gli ospedali con la presenza di tutte le figure professionali della salute (sanitarie e sociali) adeguatamente formate, in numero congruo, operanti su definiti segmenti di territorio e opportunamente organizzate su tre livelli (distretto casa della comunità microarea), integrate con i professionisti ospedalieri, in rete con il territorio e partecipate dalle comunità;

10) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per la previsione di standard di personale per i servizi dei Dipartimenti oltre al coordinamento con i laboratori di prevenzione e di sanità pubblica;

11) ad adottare iniziative per sviluppare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;

12) a sostenere, all'interno del Servizio Sanitario Nazionale, l'incremento del numero e della presenza degli specialisti nei reparti di neuropsichiatria infantile;

13) a valutare l'opportunità di prevedere, in sinergia con il Ministero dell'istruzione e con gli enti locali, all'interno degli istituti scolastici e nei servizi educativi un presidio socio-sanitario, non solo per far fronte alle nuove problematiche indotte dalla pandemia COVID-19 ma anche al fine di una implementazione della prevenzione, protezione e promozione della salute individuale dei bambini e degli adolescenti con particolare attenzione all'educazione nutrizionale, ambientale e, per i ragazzi più grandi, alla salute mentale, all'uso di sostanze stupefacenti e alla salute riproduttiva;

14) ad adottare le iniziative di competenza affinché sia attivata all'interno della casa di comunità, la presa in carico attraverso progetti personalizzati multidisciplinare e multidimensionale delle persone con disabilità o con patologie croniche complesse, ivi inclusi i pazienti con malattie rare;

15) ad adottare iniziative per implementare e garantire la funzione dell'assistente sanitario e dell'infermiere di famiglia e/o comunità, quali professionisti con un forte orientamento alla gestione proattiva della salute, coinvolto in attività di promozione, prevenzione e gestione partecipativa dei processi di salute individuali, familiari e di comunità, all'interno dell'assistenza territoriale, in una logica di presa in carico delle persone e delle famiglie, con un'attenzione particolare alla formazione e al supporto dei caregiver;

16) a valutare la possibilità di inserire tra i servizi indicati come obbligatori all'interno delle case di comunità Hub i servizi, ora facoltativi e raccomandati, di salute mentale, dipendenza e neuropsichiatria, creando così una rete capillare sul territorio, che possa garantire, almeno, per la fascia più giovane della popolazione una presa in carico immediata;

17) ad assicurare, per quanto di competenza, grazie a una piena integrazione sociosanitaria, una rete capillare di assistenza domiciliare, con personale adeguatamente formato e strutture idonee in grado di garantire una presa in carico globale, rispondendo anche ai bisogni della vita quotidiana delle persone malate croniche e non autosufficienti;

18) a promuovere un'evoluzione della professione infermieristica in termini di competenze specialistiche, attraverso la revisione e attualizzazione dei percorsi formativi universitari, di base e magistrali, in base alle risposte necessarie ai bisogni della popolazione e la revisione dei modelli organizzativi assistenziali, in una logica di integrazione multidisciplinare e multiprofessionale;

19) a potenziare la possibilità per i medici di medicina generale di prescrivere i farmaci ospedalieri attualmente a distribuzione diretta attuando un monitoraggio attivo e ai farmacisti la facoltà di dispensarli;

20) a valutare, anche alla luce dell'introduzione del nuovo ruolo sociosanitario nonché delle mansioni e del lavoro svolto durante la pandemia, una revisione della formazione dell'operatore sociosanitario affinché venga garantita una migliore risposta ai bisogni di salute dei cittadini e non si abbia più una diversificazione e una frammentazione dei percorsi formativi a seconda della regione di appartenenza né una diversa definizione delle loro mansioni;

21) a potenziare e innovare la struttura tecnologica e digitale del SSN a livello statale e regionale, al fine di garantire un'evoluzione significativa delle modalità di assistenza sanitaria, migliorando la qualità e la tempestività delle cure, valorizzando il ruolo della persona assistita come parte attiva del processo clinico-assistenziale, e garantendo una maggiore capacità di governance e programmazione sanitaria guidata dalla analisi dei dati, nel pieno rispetto della sicurezza e della tutela dei dati e delle informazioni;

22) ad adottare iniziative volte a prevedere, in una logica di risposte integrate di comunità, la declinazione e l'impiego delle professioni sanitarie ad alta valenza comunitaria (ad esempio fisioterapista di comunità, psicologo di comunità, ostetrica di comunità, dietista di comunità), oltre al coinvolgimento attivo dei tecnici sanitari per le competenze specifiche sui temi di sanità digitale e di Connected Health;

23) ad adottare iniziative per prevedere, nel rispetto dagli articoli 7, 7-bis, 7-ter e 7-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992 la definizione di standard di personale nei Servizi dei Dipartimenti di prevenzione sia in riferimento ai laboratori di prevenzione che di sanità pubblica.
(1-00643) «Carnevali, Siani, Rizzo Nervo, Lorenzin, De Filippo, Ianaro, Lepri, Pini, Delrio, Morassut, Mura, Carla Cantone, Viscomi, Lacarra, Nitti, Lattanzio, Soverini».


   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, ad elevata contagiosità, non trasmissibile all'uomo, con una letalità del 90-100 per cento, priva di vaccini o cure, i cui ceppi più aggressivi prevedono la morte dei capi entro 10 giorni dall'insorgenza dei primi sintomi;

    la diffusione di tale malattia può avere gravi ripercussioni sul sistema socio-economico delle aree colpite per via dell'alta letalità e contagiosità, che implicano costi gestionali e di contenimento non indifferenti, inclusi quelli derivanti dal totale sterminio degli allevamenti suinicoli;

    maiali e cinghiali sani vengono infettati solitamente tramite contatto con animali infetti, compreso il contatto tra suini che pascolano all'aperto e cinghiali selvatici, ingestione di prodotti a base di carne infetta, contatto con oggetti contaminati dal virus e morsi di zecche infette;

    la circolazione di animali infetti e la presenza di carcasse infette sul territorio sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia, nonché il principale fattore di persistenza della stessa;

    come evidenziato dalle analisi svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e confermate dal Centro di referenza nazionale per le pesti suine – Cerep – dell'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche, il virus è anche capace di compiere veri e propri «balzi» e trasferire la malattia a centinaia di chilometri dal fronte endemico, pervenendo per l'appunto in Europa da un'origine di prima ondata inizialmente africana e da una seconda ondata proveniente dall'Est Europa;

    la malattia si è infatti diffusa nel territorio dell'Unione europea partendo dell'Est Europa, nella sua seconda ondata, colpendo la Georgia nel 2007 e propagandosi successivamente in tutti i Paesi dell'Europa orientale;

    la Lituania ha segnalato casi di peste suina africana nei cinghiali selvatici per la prima volta a gennaio del 2014, la Polonia le ha fatto seguito a febbraio del 2014 e la Lettonia e l'Estonia a giugno e a settembre 2014;

    la malattia ha poi continuato a diffondersi e, alla fine del 2019, era presente in nove Stati membri dell'Unione europea: Belgio, Bulgaria, Slovacchia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania;

    più recentemente, la peste suina africana ha trovato ampia diffusione in Germania ed in Cina, con relative ripercussioni sull'intero mercato suinicolo internazionale;

    la peste suina africana si è radicata in modo epidemico nel territorio della regione Sardegna, a partire dal 1978, a seguito della diffusione della stessa in Spagna e Portogallo, riuscendo a venire estirpata dopo decenni di attività di contenimento e di embargo sulle esportazioni di carne di maiale, al punto che in 42 anni non è mai stato esportato un sierotipo dal territorio sardo e che da 4 anni non sono stati più aperti focolai di peste suina africana nel territorio regionale;

    nonostante le efficaci attività di contenimento ed eradicazione della peste suina africana nel territorio sardo, l'embargo sulle esportazioni di carne suina al di fuori del territorio insulare continua a perdurare, costituendo un persistente disagio agli allevamenti e alle filiere suinicole in tutto il territorio sardo;

    l'impatto della peste suina africana a livello locale, ma anche globale, ha portato ad un cambiamento dei flussi commerciali non solo legati allo scambio di suini vivi, di carni e prodotti derivati, ma anche ai mangimi e alle fonti alimentari proteiche alternative, i cui valori di mercato e catene di distribuzione sono stati stravolti dalla guerra tra Russia e Ucraina scoppiata il 24 febbraio 2022;

    una crisi legata alla diffusione della peste suina africana, stante anche il diffondersi dell'emergenza aviaria nel Nordest italiano, può comportare danni ulteriormente ingenti al settore zootecnico;

    il 7 gennaio 2022 sono stati rilevati tre casi di peste suina africana nel territorio della provincia di Alessandria, in Piemonte, con ulteriori casi al confine, in Liguria;

    in tal senso, l'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta ha rilevato, al 5 maggio 2022, 113 casi di peste suina africana, di cui 69 in Piemonte e 44 in Liguria;

    in data 4 maggio 2022, con successiva conferma in data 5 maggio 2022, l'Istituto zooprofilattico del Lazio e della Toscana e l'Istituto zooprofilattico dell'Umbria e delle Marche hanno confermato la presenza di un caso di peste suina africana in un cinghiale all'interno del territorio di Roma, estendendo la portata del contagio al di fuori del perimetro di Piemonte e Liguria;

    considerando che nella provincia di Roma si stima la presenza di circa 20.000 cinghiali, le prospettive di diffusione della peste suina africana sono estremamente elevate, con un quantitativo così elevato di cinghiali che, oltre ad un rischio sanitario, prospettano danni derivanti dal danneggiamento dei raccolti ed eventuali disagi per i cittadini;

    tenendo conto della presenza di 12.000 allevamenti per circa 43.000 capi nella regione Lazio, la diffusione della peste suina africana può portare all'intero tracollo del settore suinicolo del territorio, con prospettive di propagazione nel resto d'Italia, in particolar modo in territori dove si concentra la norcineria nazionale;

    l'assenza di misure incisive di contenimento dell'emergenza epidemica da peste suina africana reca il rischio di danneggiare in modo permanente l'export nazionale in ambito suinicolo e in generale di pregiudicare la qualità del marchio made in Italy nel mondo;

    il comparto venatorio, tra gli altri, se adeguatamente coordinato rappresenta un presidio fondamentale per il contenimento e controllo della diffusione della peste suina africana sul territorio, in quanto composto da esperti conoscitori dell'ambiente selvatico frequentato dai cinghiali, facilitando la segnalazione e lo smaltimento delle carcasse presenti sul territorio;

    la popolazione dei cinghiali ha superato ampiamente i 2,5 milioni, riportando un sostanziale decuplicamento della presenza della specie sul territorio rispetto al 2010;

    il proliferare incontrollato dei cinghiali in tutto il territorio nazionale può costituire un drammatico vettore di propagazione della peste suina africana, con eventuali ripercussioni su tutto il comparto suinicolo nazionale, che conta ad oggi circa 9 milioni di capi, i cui numeri possono venire drammaticamente ridimensionati dalla diffusione della peste suina;

    con decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, il Governo ha finalmente adottato alcune misure finalizzate ad arrestare la diffusione della peste suina africana, dopo lo scoppio di un primo focolaio epidemico tra Piemonte e Liguria e dopo due anni di diffusione della peste suina africana in Germania;

    tale decreto-legge ha istituito la figura di un commissario straordinario con compito di coordinamento e monitoraggio delle misure di prevenzione della peste suina africana, delle misure di contenimento dell'epidemia mediante la costruzione di recinzioni attorno all'area infetta, con lo scopo di perimetrare i focolai, nonché delle misure di delega alle amministrazioni regionali per la programmazione e l'attuazione di piani di contenimento e misure di garanzia della biosicurezza degli allevamenti suinicoli;

    tale misura, in sede di conversione, è stata integrata, tra le altre, anche con risorse economiche, con l'obiettivo di rendere maggiormente impattante il ruolo del commissario e agevolare l'installazione delle recinzioni destinate a contenere la diffusione della peste suina africana;

    a fronte di tale necessità, il citato decreto-legge n. 9 del 2022 ha previsto un'autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2022, ottenuti non tramite nuovo stanziamento di spesa, ma tramite la riduzione del fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola, istituito dal decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, cosiddetto «decreto sostegni ter», creando la paradossale situazione in cui misure di contrasto e contenimento della peste suina africana sono state finanziate riducendo il fondo di sostegno al settore suinicolo, colpito su due fronti non solo dalla diffusione della peste suina africana, ma anche dal rincaro di materie prime ed energia conseguente alla guerra russo-ucraina;

    le varie proposte emendative, nonché gli ordini del giorno finalizzati a mantenere integra la dotazione del fondo a sostegno della filiera suinicola, non sono stati accolti da parte della maggioranza, né da parte del Governo;

    nella fase di conversione del citato decreto-legge non sono state accolte ulteriori proposte emendative finalizzate a potenziare la capacità predittiva e preventiva della gestione della peste suina africana in seno alla struttura commissariale, tale per cui ad ora esiste un doppio binario dove vi è un determinato regime di intervento emergenziale all'interno delle aree di contenimento perimetrate ed un regime differente, di stampo non emergenziale, all'esterno di queste, con la conseguenza che le modalità di gestione di cinghiali che riescono ad eludere il perimetro predisposto dalle varie recinzioni sono differenti, con evidenti ripercussioni sulla capacità di contenere effettivamente il fenomeno della peste suina africana;

    il già menzionato rinvenimento di un caso di cinghiale positivo alla peste suina africana nel territorio di Roma attesta un potenziale fallimento delle misure di controllo sinora disposte dal Governo, sollevando numerosi profili di rischio circa l'effettiva diffusione della malattia in tutto il territorio nazionale;

    la necessità di operare in un'ottica di prevenzione è fondamentale in quanto, come indicato da dati Ismea, in caso di diffusione della peste suina africana nelle aree limitrofe al focolaio di Piemonte e Liguria, dunque Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, sarebbe necessario stanziare oltre 1,4 milioni di euro unicamente per l'indennità di abbattimento degli animali;

    una diffusione a macchia d'olio della peste suina africana pregiudicherebbe, peraltro, la tenuta di produzioni pregiate come la dop di Parma e la dop San Daniele, nonché, di conseguenza, tutta l'industria legata alla trasformazione dei prodotti suinicoli, ma anche le attività turistiche, ricettive e di ristorazione delle aree interessate dal fenomeno;

    le misure di contenimento e perimetrazione del contagio prevedono, tra le altre, il divieto delle attività di allevamento brado e semibrado, nonché il blocco delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati della suinicoltura;

    tra le altre misure di contenimento sono anche disposti divieti di attività come il trekking e tutte quelle attività che naturalmente implicano la presenza di persone nelle aree infette, provocando di fatto la chiusura prolungata di intere aree montane, spesso di forte interesse turistico, con gravi ripercussioni anche sul turismo all'aperto, sulla vivibilità delle aree coinvolte, nonché sulla tenuta delle attività alberghiere e di ristorazione sul territorio, già messe a dura prova dalla crisi economica conseguente alla guerra russo-ucraina;

    le misure di contenimento disposte in Italia seguono la prassi, diffusa, condivisa e riconosciuta all'interno del mercato interno dell'Unione europea, della regionalizzazione, per la quale la diffusione della peste suina africana all'interno di un determinato territorio di un Paese membro non determina ipso facto la necessità di bloccare la movimentazione di prodotti suinicoli da tutto il territorio nazionale;

    nel caso della diffusione della peste suina africana in Germania tra 2020 e 2021, nonostante i numerosi abbattimenti e restrizioni disposte dalle autorità tedesche, la Cina ha disposto il blocco delle importazioni di qualsiasi prodotto suinicolo proveniente dalla Germania stessa, con evidenti ripercussioni sul mercato tedesco, europeo ed internazionale;

    il mancato riconoscimento del principio della regionalizzazione implica pertanto che Paesi terzi possano bloccare le importazioni di prodotti suinicoli di un determinato Paese al netto della diffusione della peste suina africana unicamente in determinate aree dello stesso;

    il comparto suinicolo, come il resto delle filiere agroalimentari e in generale tutti i settori dell'economia nazionale, sta subendo le pesanti ripercussioni e i rincari conseguenti al conflitto tra Russia e Ucraina, che ha portato ad un incremento dei costi di energia e delle materie prime, con danni stimati, a partire da gennaio 2022, superiori a 20 milioni di euro a settimana, dovuti anche ai maggiori costi di mangimi e ai rincari che hanno colpito la filiera zootecnica;

    il comparto vale, tra produzione, allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione, 20 miliardi di euro, rappresentando un'eccellenza della produzione agroalimentare nazionale, e il fallimento delle attività per il combinato disposto di peste suina africana e rincaro di energia e materie prime potrebbe portare ad una riduzione permanente della capacità produttiva e dell'economicità del settore;

    in tal senso, è improcrastinabile l'adozione non solo di misure compensative a favore dell'intero comparto suinicolo nazionale, in ragione sia del danno sopravvenuto che del mancato guadagno conseguenti alla diffusione della peste suina africana e alle misure di contenimento, ma anche di misure di contenimento preventive tali da poter ostacolare e arrestare il diffondersi della peste suina africana in modo radicale, prevedendo anche il coinvolgimento del comparto venatorio e di tutti gli attori chiave nelle attività di contenimento della malattia,

impegna il Governo:

1) al fine di fornire effettivo sostegno alla filiera, alla luce non solo della diffusione della peste suina africana, ma anche della guerra russo-ucraina e di quella che i firmatari del presente atto giudicano l'immotivata riduzione del previgente stanziamento di risorse previsto nell'ambito del decreto-legge n. 4 del 2022, ad adottare iniziative per ripristinare e incrementare la dotazione del fondo di parte corrente a sostegno della filiera suinicola di cui al «decreto sostegni ter» nel primo atto normativo utile, da adottare con carattere di urgenza;

2) ad adottare iniziative per integrare le modalità di gestione dell'emergenza da peste suina africana, prevedendo modalità di gestione ed esecuzione delle opportune misure di contenimento che operino in modo ambivalente sia nelle aree di contenimento perimetrate, che al di fuori delle stesse, anche previo coinvolgimento degli operatori qualificati del comparto venatori;

3) ad adottare, sulla scorta dell'esperienza normativa di cui all'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le opportune misure per consentire un'effettiva prevenzione e contenimento del dilagare dei cinghiali su tutto il territorio nazionale, con finalità di conservazione degli habitat, di tutela dell'incolumità dei cittadini, di contenimento della peste suina africana e di protezione delle attività economiche sul territorio;

4) ad adottare iniziative per disporre nuove ed immediate misure indennitarie a favore del comparto suinicolo, che tengano in considerazione sia la possibile permanenza e diffusione della peste suina africana, sia l'impatto del mancato guadagno sull'esercizio dell'attività e dunque delle conseguenze di lungo periodo che la diffusione della peste suina africana può comportare economicamente e socialmente su tutti gli attori interessati dal fenomeno;

5) ad adottare iniziative per disporre misure indennitarie e di tutela per le attività economiche, con riferimento ad attività turistiche, ricettive e legate al mondo della ristorazione, colpite dalle misure di contenimento della peste suina africana nel territorio nazionale;

6) ad adottare iniziative per incrementare le misure indennitarie a favore delle aziende agricole e zootecniche colpite dalla proliferazione della fauna selvatica, parametrando non solo il danno di breve periodo, ma integrando in tali misure le ripercussioni economiche di tali danni sull'attività economica dell'azienda, tenendo conto anche del mutato scenario economico-internazionale dovuto al rincaro di materie prime ed energia in conseguenza della guerra russo-ucraina;

7) ad adottare iniziative per stanziare nuove risorse, a favore delle aziende della filiera suinicola, per l'acquisto di strutture e macchinari necessari a garantire la biosicurezza degli allevamenti;

8) ad adottare iniziative per intervenire, anche presso i competenti tavoli europei, affinché le zone della Sardegna indenni dalla peste suina africana siano escluse dalle restrizioni alle esportazioni di carne suina, superando il quadro restrittivo di cui al regolamento di esecuzione (UE) n. 2021/605 della Commissione europea, che stabilisce misure speciali di controllo della peste suina africana;

9) ad adottare tutte le necessarie misure di controllo e contenimento per prevenire in modo definitivo la diffusione della peste suina africana sul territorio italiano, indagando sulle cause dietro la propagazione della stessa nel territorio di Roma;

10) ad adottare le necessarie iniziative, presso i tavoli europei ed internazionali, finalizzate a sostenere e garantire le esportazioni di prodotti suinicoli nazionali nei confronti di Paesi terzi che abbiano adottato o siano in procinto di arrestare le importazioni di prodotti suinicoli e derivati di origine italiana, preservando il principio di contenimento regionalizzato della peste suina africana;

11) ad adottare tutte le adeguate iniziative di competenza per scongiurare attività ed influenze speculative nella formazione dei prezzi relativi ai prodotti suinicoli, nonché di contenere gli squilibri sul mercato;

12) ad adottare le necessarie iniziative per potenziare le filiere del comparto suinicolo, nonché per contenere l'impatto dei rincari e delle speculazioni di mercato sui prodotti della mangimistica, andando a sostenere la filiera a monte.
(1-00644) «Lollobrigida, Caretta, Ciaburro, Deidda, Foti, Lucaselli, Montaruli, Butti».


   La Camera,

   premesso che:

    durante la pandemia da SARS-Cov-2, Il nostro Paese è stato lungamente al primo posto per tasso di mortalità e al terzo posto per tasso di letalità, dimostrando, da un lato, che il Sistema sanitario nazionale è carente di strutture e personale e, dall'altro, che la rete di assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria non funziona;

    già prima dell'emergenza sanitaria, nel 2018, del resto, i dati nazionali rivelavano che solo il 2,9 per cento della popolazione anziana avesse ricevuto interventi, con una media di 18 ore di trattamento all'anno invece delle 240 ore circa che i riferimenti internazionali stimano necessarie, nonché le marcate disparità regionali nell'offerta dell'assistenza domiciliare integrata (in seguito anche «ADI»);

    come risulta anche dal rapporto della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica del 2020, queste drammatiche lacune nell'offerta di salute pubblica sono il frutto dell'opera di destrutturazione delle strutture ospedaliere seguita al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, alla quale non è corrisposta la necessaria strutturazione dell'assistenza territoriale: il decreto, infatti, ha programmato la chiusura di diversi presidi ospedalieri, ma non è stato accompagnato dal potenziamento del servizi territoriali in modo uniforme sul territorio nazionale;

    alle lacune descritte ha contribuito poi il de-finanziamento della spesa sanitaria di oltre 37 miliardi di euro a partire dal decennio precedente al 2019, secondo il report dell'Osservatorio Gimbe, che ha interessato strutture, personale, presidi, medicina del territorio e specializzazioni delle professioni mediche, che soffrono la stortura dell'«imbuto formativo» dovuto alla differenza tra laureati in medicina e posti di specialità disponibili;

    l'intervento, anche di revisione, nel settore sanitario non è più procrastinabile;

    in primo luogo, perché in un Servizio sanitario nazionale impreparato alla gestione della pandemia e già in affanno per tagli e de-finanziamenti, all'impatto del Covid-19 si sta aggiungendo quello derivante dai ritardi nell'accesso ai servizi sanitari e dall'annullamento di prestazioni urgenti o differibili, la cui mancata diagnosi precoce e cura ha causato e aggravato patologie in maniera allarmante;

    in secondo luogo, perché, secondo quanto risulta dalle indagini Istat, la popolazione italiana è destinata ad invecchiare. Si prevede, infatti, che tra il 2015 e il 2065 la popolazione di età superiore ai 65 anni crescerà dal 21,7 per cento al 32,6 per cento, con il 10 per cento di età superiore agli 85 anni, in modo che l'indice di vecchiaia della popolazione, cioè il rapporto di composizione tra la popolazione anziana (65 anni e oltre) e la popolazione più giovane (0-14 anni), si incrementerà da 157,7 a 257,9;

    in terzo luogo, perché questo intervento costituisce una tappa necessaria dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (in seguito anche «Pnrr»). Infatti, la Missione 6 ha ad oggetto la salute ed è focalizzata sul rafforzamento della rete territoriale e l'ammodernamento delle dotazioni tecnologiche del Servizio sanitario nazionale con il potenziamento, tra l'altro, del fascicolo sanitario elettronico e della telemedicina. Nel più generale ambito sociosanitario, si affianca una componente di riforma rivolta alla non autosufficienza, con l'obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani;

    allo scopo è stato previsto l'impiego di circa 15,6 miliardi di euro a valere sul RRF, 1,71 miliardi dal React-EU, 2,89 miliardi dai Fondo complementare, per un totale di circa 20 miliardi di euro;

    tuttavia, le misure contenute nel Pnrr e nello schema di decreto ministeriale recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» (cosiddetto «DM71», di cui il Consiglio dei ministri ha autorizzato l'adozione nonostante la mancata intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, non sono sufficienti per la transizione verso un modello di sanità di prossimità sia per la quantità di risorse destinate sia per la tipologia di interventi previsti;

    dal punto di vista degli interventi previsti, infatti, è indispensabile che la definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale non si basi solo sulla creazione di nuove strutture, oltretutto costose, ma anche sulla valorizzazione e riqualificazione di quelle già esistenti nonché su un congruo Investimento sulle figure professionali;

    in particolare, a livello strutturale, appare opportuno recuperare e ammodernare strutture esistenti ed eventualmente dismesse nonché, in una visione ospedalocentrica, valorizzare il ruolo delle farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale e pubbliche. Queste, infatti, possono costituire un ottimo supporto all'interno del Sistema sanitario territoriale, ponendosi quali «unità elementari sanitarie» in grado di intercettare e assistere direttamente i bisogni di salute di bacini di utenza e fungendo così da «demoltiplicatore» rispetto alle attività assicurate dalle cosiddette «Case della Salute» e dai poli ospedalieri di riferimento;

    a livello organico, invece, di fronte alla carenza di medici che la pandemia ha messo in evidenza occorre investire sulla formazione e sull'assunzione di personale medico e di altri professionisti sanitari. Le professioni, infatti, sono fuori dal Pnrr e devono, pertanto, essere disciplinate con riforme apposite e di sistema, che, tra le altre cose, siano intese a restituire centralità ai medici di medicina generale, che, conoscendo la storia sanitaria della famiglia del paziente, fungono da trait d'union tra il cittadino e la sanità;

    questa condizione di carenza di personale si registra anche nell'ambito della medicina di urgenza. Oltre ai pensionamenti la medicina d'urgenza sembra essere in crisi per il mancato cambio generazionale: i concorsi vanno deserti in tutte le regioni italiane e nell'anno accademico 2021/2022 circa la metà delle borse di studio della specialità di emergenza-urgenza non sono state assegnate per disinteresse dei neolaureati, un dato confermato anche dalla Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, che ha rilevato come «la scarsa attrattiva che la disciplina ha sui giovani laureati è stata evidenziata da una scuola di specialità che registra abbandoni, di anno in anno superiori, e borse di studio non assegnate»;

    la costruzione di una efficace rete territoriale di assistenza sanitaria deve basarsi altresì sullo sviluppo della telemedicina, che supporta l'interazione dei diversi professionisti sanitari con l'assistito nelle diverse fasi di valutazione del bisogno assistenziale, di erogazione delle prestazioni e di monitoraggio delle cure;

    pertanto, per risolvere e prevenire le inefficienze del sistema sanitario, tenuto conto anche dei problemi derivanti dalla mancata diagnosi precoce e dall'invecchiamento della popolazione, è necessario predisporre adeguate alternative alla presa in carico ospedaliera e riorganizzare i percorsi diagnostico-terapeutici, creando nuovi modelli di welfare basati sulle cosiddette strutture di prossimità, su équipe multiprofessionali, sugli enti del terzo settore, sull'assistenza familiare e domiciliare, sulla valorizzazione delle farmacie private convenzionate e pubbliche e sui professionisti sanitari, nonché sulla telemedicina e teleassistenza;

    solo così possono essere garantiti i Lea (livelli essenziali di assistenza), riducendo le disuguaglianze attraverso un modello di erogazione dei servizi condiviso ed omogeneo sui territorio, che supera la sperequazione tra regioni in tema di offerta di salute;

    il rafforzamento dell'Adi, poi, comporterebbe evidenti benefici sotto il profilo dei costi, dato che la spesa sanitaria per l'assistenza domiciliare integrata è nettamente inferiore alla spesa per un ricovero ospedaliero, e dell'efficacia del trattamento. È stato scientificamente dimostrato, infatti, che questa modalità di assistenza può migliorare sia la qualità della vita che la sopravvivenza stessa di pazienti;

    per realizzare gli scopi indicati, la legge di bilancio ha previsto per i prossimi 6 anni l'incremento del tetto del personale del Servizio sanitario nazionale;

    in particolare, l'articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, al fine di assicurare l'implementazione degli standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dal Pnrr per il potenziamento dell'assistenza territoriale, ha autorizzato la spesa massima di 90,9 milioni di euro per l'anno 2022, 150,1 milioni di euro per l'anno 2023, 328,3 milioni di euro per l'anno 2024, 591,5 milioni di euro per l'anno 2025 e 1.015,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026 a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. La predetta autorizzazione decorre dalla data di entrata in vigore del regolamento per la definizione di standard organizzativi, quantitativi, qualitativi, tecnologici e omogenei per l'assistenza territoriale, da adottare con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2022. Con successivo decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le somme di cui al primo periodo sono ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base ai criteri definiti con il medesimo decreto anche tenendo conto degli obiettivi previsti dal Pnrr,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, necessarie a garantire lo sviluppo di una migliore assistenza territoriale con promozione della telemedicina e del telemonitoraggio domiciliare per decongestionare gli ospedali, anche collocando la televisita all'interno di un percorso clinico che preveda l'alternanza di prestazioni in presenza e prestazioni a distanza;

2) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire lo sviluppo di modelli predittivi e proattivi che consentano la stratificazione della popolazione, il monitoraggio dei fattori di rischio e la gestione integrata di patologie croniche o altre situazioni complesse derivanti anche da condizioni di fragilità e disabilità, anche mediante lo stanziamento di risorse economiche e/o di incentivi;

3) nell'ambito della progressiva definizione di un sistema di prevenzione e diagnosi precoce, ad adottare iniziative per predisporre o incrementare sul territorio nazionale il numero di centri di screening per la diagnosi di patologie e disturbi;

4) a valutare l'opportunità di prevedere la deducibilità delle spese sostenute dai soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni, dalle piccole e medie imprese o dai titolari di partita Iva operanti nell'ambito sanitario nel territorio dello Stato per l'attivazione o il potenziamento dei sistemi di teleassistenza o telemedicina;

5) ad adottare le iniziative necessarie a garantire la piena operatività del Fascicolo sanitario elettronico e la digitalizzazione dei dati sanitari, corredandolo del cosiddetto «dossier farmaceutico», che ripercorre la storia farmaceutica di ogni paziente e la rende fruibile a tutto il sistema sanitario;

6) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il potenziamento dei servizi di cura in termini di risorse umane, anche generalizzando il ricorso al cosiddetto case manager, figura di riferimento in ambito sanitario che si occupa della predisposizione di un piano di trattamento individualizzato e coordinato di cure e servizi sanitari e socio-assistenziali;

7) ad adottare iniziative per rivedere i criteri di accesso alla facoltà di medicina e agli altri corsi di istruzione universitaria per le professioni sanitarie, privilegiando il merito;

8) ad adottare iniziative per risolvere definitivamente il problema del cosiddetto «imbuto formativo»;

9) ad adottare iniziative per ampliare la possibilità per le regioni di distribuire agli assistiti per il tramite delle farmacie pubbliche e private convenzionate e in regime di distribuzione per conto alcune tipologie di farmaci generalmente erogati in regime di distribuzione diretta da parte delle strutture pubbliche;

10) ad adottare le opportune iniziative per inserire le farmacie pubbliche e private convenzionate tra i pilastri della rete di assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria;

11) ad adottare iniziative per rivedere i criteri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, partendo, come più volte espresso dalle regioni, dalla Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) e dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), da nuovi criteri di ripartizione e, in primis, dal cosiddetto «coefficiente di deprivazione», in modo da omogeneizzare il livello di assistenza sanitaria su tutto li territorio nazionale, tenendo conto dei problemi delle regioni con maggior tasso di mobilità sanitaria, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione;

12) ad adottare le opportune iniziative per potenziare la rete di emergenza-urgenza, anche alla luce del fatto che la metà delle borse di studio della specialità di emergenza-urgenza noti sono state assegnate per disinteresse dei neolaureati.
(1-00645) «Gemmato, Lollobrigida, Ferro, Bellucci».


   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale, altamente contagiosa, che colpisce suini e cinghiali, ma non è trasmissibile agli esseri umani. Ha un vasto potenziale di diffusione e in caso di epidemia metterebbe a rischio il patrimonio zootecnico suino nazionale;

    a differenza di altre influenze o patologie, uccide quasi il 100 per cento degli animali che ne vengono colpiti. Ha un alto tasso di diffusione a causa della notevole capacità di resistenza nell'ambiente esterno;

    si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori come le zecche. La trasmissione avviene anche in modo indiretto attraverso la mediazione umana che può veicolare il virus con attrezzature e indumenti contaminati, oppure nel caso in cui i cinghiali si nutrano di scarti di cucina contenenti carni contaminate;

    nel 2014 è esplosa un'epidemia in alcuni Paesi dell'Est Europa. Da allora la malattia si è diffusa in altri Stati, tra cui Belgio e Germania;

    il 7 gennaio 2022 è stata confermata la positività in un cinghiale trovato morto in Piemonte, nel comune di Ovada, in provincia di Alessandria. Altri casi sono stati scoperti e la malattia si è estesa in Liguria e Valle d'Aosta. Sono state, quindi, adottate misure di sicurezza sanitaria da parte del Governo e degli altri enti interessati, circoscrivendo l'area contagiata che comprende oltre 100 comuni;

    l'aumento esponenziale del numero dei cinghiali è divenuto, quindi, un pericolo anche sanitario. L'incremento ha molte cause, fra cui l'introduzione di specie non autoctone e l'abbandono delle aree montane e di campagna. I danni all'agricoltura sono diventati, nel tempo, sempre maggiori e i cinghiali rappresentano ora un problema ancor più grande, proprio perché diffondono la malattia sul territorio;

    sono tristemente noti e divenuti consuetudinari i casi di cinghiali che raggiungono le città per nutrirsi cercando alimenti tra i cassonetti della spazzatura, spesso ritratti in immagini che li vedono aggirarsi nelle periferie delle grandi città come Roma, rovistando indisturbati fra la spazzatura;

    il 5 maggio 2022 è stato scoperto proprio a Roma un cinghiale morto a causa della peste suina africana. Il caso è stato segnalato e individuato dall'Istituto zooprofilattico del Lazio e confermato poi da quello di Umbria e Marche, il centro di riferimento nazionale per questa malattia. Si è ancora in attesa dell'esito dell'autopsia sul corpo dell'ungulato per capire se si tratti dello stesso ceppo che ha già colpito i cinghiali nel Nord Italia;

    nel frattempo è stato attivato il monitoraggio sull'intera area. Si tratta del primo caso di peste suina nel Lazio, una regione lontana da quelle in cui si è originariamente scoperta la malattia. Ciò ha fatto immediatamente scattare l'allarme negli oltre dodicimila allevamenti di suini attivi in regione, per un totale di quarantatremila capi;

    il 7 maggio 2022 è stata quindi emanata un'ordinanza regionale per adottare le prime misure di «regolamentazione per il contenimento della peste suina africana nel territorio del Lazio». È stata disposta la recinzione dei cassonetti per l'immondizia «per inibirne l'accesso ai cinghiali» e frenare la diffusione ulteriore della peste suina africana, dichiarando parte del territorio capitolino come «zona infetta provvisoria». Al di fuori della zona infetta la regione ha istituito una «zona di attenzione», estesa a tutto il territorio dell'azienda sanitaria locale Roma 1;

    nell'area, pari a circa 5.000 ettari, sono stati vietati gli eventi all'aperto in aree agricole e naturali. Si spera che il focolaio di peste suina africana del Lazio sia causato da scarti alimentari infetti di cui si è nutrito l'animale, poiché, se così non fosse, le misure di contenimento adottate per circoscrivere la malattia scoperta a gennaio 2022 nelle regioni del Nord sarebbero state superate, risultando inefficaci, col rischio di propagazione sull'intero territorio nazionale della malattia;

    come detto, in Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria, per fronteggiare la situazione sono state adottate misure necessarie e urgenti per il suo contenimento, per la salvaguardia della sanità animale e per la tutela del patrimonio suinicolo;

    le più efficaci sono le recinzioni e le altre strutture temporanee necessarie a contenere la circolazione dei cinghiali e la peste suina africana. Le reti di contenimento tutelano i capi maggiormente a rischio, quelli allevati all'aperto, che hanno più occasioni di contatto con i cinghiali perché vivono in ampi spazi spesso delimitati da semplici nastri elettrificati. È necessario un ulteriore intervento del Governo per realizzare delle recinzioni attorno agli allevamenti all'aperto per mettere in sicurezza gli animali nelle aree di pascolo. Le recinzioni adottate per delimitare le zone rosse devono essere estese per evitare che, nel caso in cui animali infetti superino gli ostacoli attualmente predisposti, diffondano la peste suina africana ovunque col rischio di perdere i suini allevati;

    la spesa autorizzata a questo fine è pari a soli 10 milioni di euro per l'anno 2022. Risorse, lo si segnala, che non sono ulteriori, poiché provengono dal fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola;

    si ricorda un ordine del giorno presentato da Forza Italia, il n. 673, accolto nella recente seduta del 6 aprile 2022, con il quale il Governo si è impegnato a «un incremento dei fondi stanziati al fine di realizzare le recinzioni o le altre strutture temporanee ed amovibili non solo nelle zone in cui la peste suina africana è già stata individuata, ma in tutto il territorio nazionale, o almeno nelle regioni limitrofe a quelle in cui i focolai sono già stati individuati, al fine di prevenire con maggior efficacia la diffusione nelle zone attualmente immuni, poiché le strutture realizzate dove la peste suina africana è già presente rischiano di avere scarsa efficacia preventiva, al contempo estendendo agli imprenditori zootecnici la possibilità di usufruire dei medesimi mezzi di contenimento per evitare ulteriori danni economici all'intera filiera produttiva, già in grande sofferenza a causa dell'aumento dei costi di produzione, delle materie prime e dell'energia in particolare, della spirale inflattiva conseguente e dalle difficoltà di approvvigionamento di materie prime a causa del conflitto in atto»;

    in base all'esperienza fatta in questi tre mesi, i sistemi di sorveglianza, di monitoraggio e di intervento potrebbero poi essere modificati, prevedendo una diversa e più snella modalità operativa delle azioni poste in essere dai vari soggetti istituzionali coinvolti, al fine di adottare azioni più rapide, quindi maggiormente efficaci, grazie a una maggiore interconnessione e coordinamento tra i vari soggetti responsabili del contenimento della peste suina africana;

    i danni, gravissimi e attuali da peste suina africana, si aggiungono quelli ordinari, storicamente causati dall'eccessivo numero di cinghiali alle coltivazioni agricole. Forza Italia ha sempre sostenuto le giuste richieste di intervento degli agricoltori, proponendo misure per limitare la proliferazione dei cinghiali;

    ad esempio, all'aumentata presenza di cinghiali in zone abitate è corrispondentemente aumentato anche il numero di incidenti stradali provocati, che spesso pongono le vittime anche nell'ingiusta condizione di dover affrontare lunghi, complessi e costosi iter processuali, caratterizzati da aleatorietà e lunghezza del giudizio per poter ottenere un risarcimento dei danni subiti. Inoltre, la presenza contemporanea, in una data area, di più soggetti preposti al risarcimento dei danni causati dal cinghiale può comportare notevoli disomogeneità per quanto concerne i parametri di rilevamento, la quantificazione e il risarcimento del danno ordinario;

    Forza Italia, fra le proposte di contenimento fatte, ha suggerito il ricorso alla caccia con abbattimento selettivo combinato con la sterilizzazione e il controllo di popolazione basato su metodi scientifici;

    si segnala che i problemi di carattere ecologico ed economico posti dalla presenza del cinghiale derivano anche dalla rigida suddivisione del territorio in istituti di gestione faunistica con differenti finalità: da una parte quelli in cui è prevista l'attività venatoria e dall'altra quelli in cui la caccia è del tutto vietata. La situazione attuale si è venuta a determinare anche per la gestione venatoria a cui la specie è sottoposta, non amministrata sulla base di piani di abbattimento determinati dall'autorità pubblica sulla base di stime annuali, come avviene per gli altri ungulati, né su una programmazione degli interventi;

    dopo la scoperta della peste suina africana nella capitale, è ancor più necessario adottare misure di contenimento sanitario e di ristoro per tutti i protagonisti della filiera;

    si teme un danno irreparabile per il tessuto produttivo ed economico legato alla filiera suinicola, in particolare per la produzione di prodotti dop e igp che rappresentano il fiore all'occhiello del made in Italy. Molti Stati hanno bloccato le importazioni di carne di maiale e prodotti derivati provenienti da tutte le regioni italiane, non solo quelle in cui la peste suina africana è conclamata. Si tratta di acquirenti importanti per volumi di affari, come Cina, Giappone, Taiwan;

    si ricorda l'importanza economica dell'export di salumi e carni suine, poiché vale circa 1,7 miliardi di euro, con un incremento nel 2021 del 12,2 per cento rispetto al 2020;

    per questo motivo deve essere ulteriormente intensificato lo sforzo diplomatico per scongiurare che venga procrastinato il divieto generalizzato di importazione dall'Italia, senza riconoscere il principio di regionalizzazione;

    inoltre, la scoperta del caso di peste suina africana a Roma rende ulteriormente preoccupante la situazione perché, se la zona di presenza della malattia dovesse estendersi fino ai territori a maggior vocazione salumiera, ovvero Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, regioni che rappresentano complessivamente più del 75 per cento dei suini allevati in Italia, il danno procurato sarebbe pari a circa 60 milioni di euro al mese per mancato export. Le mancate transazioni comprometterebbero le quote di mercato e i posizionamenti concorrenziali raggiunti dai nostri imprenditori sui mercati esteri, lasciando campo libero all'Italian sounding, fenomeno che, si sa, colpisce principalmente i migliori prodotti alimentari del nostro settore;

    anche la domanda interna potrebbe subire un'ulteriore forte battuta di arresto. Sarebbe, quindi, necessario predisporre messaggi informativi dedicati alla cittadinanza per fornire un servizio pubblico che li rassicuri sull'innocuità della peste suina africana per l'uomo;

    si consideri che, per il momento, gli interventi dedicati a risarcire i danni sono stati limitati alle misure contenute nella legge di conversione del «decreto sostegni ter», con la quale si sono stanziati solo 35 milioni di euro per riconoscere indennizzi agli allevatori della filiera suinicola;

    questi stanziamenti appaiono del tutto insufficienti, considerando il numero di allevamenti potenzialmente interessati. Si tratta di 28.525 aziende, di cui quelli aderenti ai circuiti dop, che rappresentano circa l'80 per cento della produzione nazionale, sono 3.640. Le aziende che allevano suini all'aperto, quelle più vulnerabili ma anche le più preziose perché conservano il patrimonio di biodiversità delle razze suine autoctone, sono circa 500. Vista l'importanza strategica della messa in sicurezza degli allevamenti italiani, appare necessario stanziare, con urgenza, ulteriori adeguate risorse necessarie per la realizzazione di idonee recinzioni in tutte le aziende che allevano all'aperto, adottando ulteriori misure di biosicurezza degli allevamenti e, soprattutto, garantendo indennizzi effettivi e tempestivi ai danneggiati;

    nel complesso la filiera suinicola è lunga e composita, a partire dai produttori di mangimi, passando per gli allevamenti, per poi articolarsi negli stadi di prima e seconda lavorazione, carni fresche ed elaborate e salumi, fino ad arrivare alla distribuzione e al consumo finale. L'ultimo anello della filiera sul mercato interno è rappresentato dalla fase di distribuzione finale, distinta tra «retail» e «horeca». Dopo le lunghe sofferenze subite a causa del COVID-19, si devono garantire a tutti gli attori della filiera ulteriori misure di contenimento sanitarie, soprattutto i fondi necessari a proseguire tutte le l'attività di impresa della filiera, per non perdere alcuna delle nostre eccellenze alimentari, per non perdere quote di mercato e ricchezza nazionale, per non perdere preziosi posti di lavoro,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire forme adeguate di ristori a imprenditori e lavoratori del settore suinicolo a causa della riduzione delle vendite conseguenti al divieto di esportazione in alcuni Paesi che rappresentano un'importante quota di mercato e, più in generale, per compensare le perdite subite a causa della generalizzata diminuzione delle esportazioni;

2) ad adottare le iniziative di competenza per intensificare lo sforzo diplomatico con i Paesi terzi che hanno vietato l'importazione dei nostri prodotti per invitarli al ritiro di misure che limitano le importazioni da tutto il territorio nazionale, senza considerare anche la provenienza regionale;

3) ad adottare, per quanto di competenza e in relazione al settore di cui in premessa, iniziative di contrasto all'aumento del fenomeno detto Italian sounding a causa della mancata esportazione dei migliori prodotti della dieta mediterranea, per tutelare le quote di mercato e i posizionamenti concorrenziali ottenuti sui mercati esteri;

4) ad adottare iniziative per garantire adeguati sostegni economici a imprese e lavoratori del settore suinicolo a causa delle perdite subite per la riduzione delle vendite nel mercato domestico e dell'Unione europea;

5) ad adottare iniziative per garantire adeguati sostegni economici per compensare i costi sostenuti dai produttori per garantire il controllo e la vigilanza sulle produzioni, in particolare le dop, e per assicurare la minor esposizione possibile al contatto con materie prime delle zone a rischio, al fine di preservare la vitalità di un comparto che partecipa attivamente alla produzione della ricchezza nazionale e garantisce decine di migliaia di posti di lavoro;

6) ad adottare iniziative per garantire un più efficace contenimento della peste suina africana, incrementando adeguatamente le risorse necessarie per il posizionamento di reti di contenimento elettrosaldate o altre misure di comprovata equivalente efficacia, estendendone il posizionamento non solo nelle zone rosse, ma proteggendo direttamente le imprese suinicole, in particolare gli allevamenti di maiali bradi e semibradi in tutto il Paese o almeno nelle regioni in cui è presente una particolare concentrazione di imprese suinicole, in particolare realizzando gli impegni assunti con l'ordine del giorno n. 673 citato in premessa;

7) ad adottare le iniziative di competenza per assicurare un'accelerazione delle incombenze burocratiche o per sospenderle temporaneamente, limitatamente ai casi di acquisto delle reti necessarie a erigere le protezioni e nel caso di impiego di ulteriore personale necessario alla realizzazione delle opere di protezione stesse;

8) ad adottare iniziative per incrementare le risorse economiche necessarie a eradicare la peste suina africana da tutto il territorio nazionale interessato dal fenomeno, evitandone l'espansione ulteriore;

9) a farsi portatori in sede di Unione europea delle iniziative di competenza per un'azione comune finalizzata all'eradicazione della peste suina africana dal territorio degli Stati dell'Unione europea cofinanziata dagli Stati membri;

10) ad adottare iniziative per prevedere forme di ristori per il settore suinicolo a causa delle perdite dovute al deprezzamento delle carni con modalità automatiche e facilmente computabili, prevedendo, ad esempio, delle cifre forfetarie per unità di misura, determinabili anche in base ai listini delle Cun nazionali della suinicoltura;

11) ad adottare iniziative per prevedere contributi commisurati all'unita di peso della carne di suino prodotta, calcolata sulla media degli ultimi 3 anni, da destinare a tutti gli anelli attori della filiera produttiva;

12) in ragione della perdurante condizione di difficoltà e costante esposizione a rischi, ad adottare iniziative per erogare prontamente una quota di contribuzione ai costi di certificazione delle dop e igp del settore;

13) a promuovere contratti di filiera nel settore per superare la specifica crisi;

14) ad adottare le iniziative di competenza per prevenire forme di speculazione;

15) a farsi portatore di una campagna di informazione pubblica dedicata alla peste suina africana al fine di tranquillizzare la popolazione ed evitare timori infondati di rischi per la salute umana, garantendo alla cittadinanza la sicurezza della produzione nazionale;

16) ad adottare, per quanto di competenza, ulteriori misure urgenti al fine contenere effettivamente la proliferazione dei cinghiali portatori della peste suina africana, eventualmente adottando norme che consentano l'attività venatoria e selettiva su tutto il territorio nazionale, estendendo il novero dei soggetti autorizzati, compresi gli agricoltori, su tutto il territorio nazionale, da attuare in modo capillare, in combinazione con la sterilizzazione e altri sistemi di controllo della popolazione basati su metodi scientifici;

17) ad adottare iniziative per garantire ordinariamente un efficace controllo faunistico con misure di prevenzione maggiormente efficaci, necessarie per il soddisfacimento di un legittimo e primario interesse pubblico, secondo principi di efficacia ed economicità delle modalità di attuazione, perseguendo il minimo impatto ecologico, disciplinando in modo puntuale l'aspetto della prevenzione dei danni da fauna selvatica, stabilendo adeguati regimi di sostegno finanziario, modificando in tal senso le norme della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

18) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per modificare la legislazione sul risarcimento dei danni ordinariamente causati dal cinghiale come indicato in premessa, in particolare introducendo precisi criteri di stima e di valutazione.
(1-00646) «Nevi, Spena, Anna Lisa Baroni, Bond, Caon, Sandra Savino, Paolo Russo, D'Attis, Elvira Savino».


   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da COVID-19 ha evidenziato diverse problematiche del nostro sistema sanitario nazionale e ha fatto emergere lo squilibrio tra i sistemi sanitari delle singole regioni;

    i due Governi che si sono succeduti durante l'emergenza pandemica hanno dovuto affrontare in un breve lasso di tempo le criticità relative alla carenza di personale sanitario, alla mancanza di posti letto – anzitutto nelle terapie intensive – e alla inadeguatezza dei sistemi informatici;

    gli esperti dell'Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari (Altems) della facoltà di economia dell'Università Cattolica, hanno calcolato in un report che due anni di pandemia, dal primo paziente italiano a oggi, hanno determinato in Italia una spesa di 19 miliardi di euro; 11,5 miliardi di questi legati all'incremento della spesa sanitaria delle regioni, 4,3 miliardi per l'acquisto di dispositivi di protezione (Dpi), anticorpi monoclonali, fiale remdesivir, gel, siringhe, tamponi, ventilatori, monitor, software, voli, (acquisti direttamente e gestiti dalla struttura commissariale dell'emergenza COVID); infine 3,2 miliardi di euro per l'acquisto dei vaccini;

    la maggior parte dei provvedimenti adottati hanno cercato di intervenire sulle carenze infrastrutturali e sull'adeguamento degli organici grazie anche all'approvazione di 6 scostamenti di bilancio;

    i decreti adottati hanno rafforzato soprattutto la rete ospedaliera, assumendo più di 36 mila unità tra personale sanitario, infermieristico e socio-sanitario e l'ultima legge di bilancio ha previsto fondi per investimenti in infrastrutture sanitarie, per adeguare l'impianto tecnologico, nonché per l'implementazione dei sistemi digitali sia in ambito nazionale che regionale;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede uno stanziamento totale di 15,6 miliardi di euro di risorse aggiuntive da destinare al Servizio sanitario nazionale nella Missile 6 «Salute»;

    il Governo ha strutturato la Missione 6 del Pnrr su due aspetti considerati prioritari:

     component 1 sulle reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale;

     component 2 sull'innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale;

     il 12 gennaio 2022 è stata approvata in Conferenza Stato-regioni la proposta di riparto dei primi 8 miliardi dei fondi della missione 6 Salute del Pnrr che verranno destinati alle regioni responsabili dell'attuazione di specifiche linee progettuali;

    per quel che concerne la Missione M6 – C1 vengono stanziati 2 miliardi per 1.350 case della comunità e presa in carico della persona, 204.517.588 per telemedicina – sub investimenti COT, Interconnessione aziendale, device, e un miliardo per il rafforzamento dell'assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture – ospedali di comunità (almeno 400). Le regioni avevano tempo fino al 28 febbraio 2022 per presentare i piani regionali al fine di sottoscrivere il contratto istituzionale di sviluppo che in ogni caso dovrà essere firmato entro il 31 maggio 2022. A vigilare sarà il Ministero della salute;

    in questo contesto si colloca lo schema di regolamento trasmesso dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, alla Conferenza Stato-regioni, recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, standard che le regioni e province autonome saranno tenute a garantire, in coerenza con la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per assicurare una risposta assistenziale appropriata ed efficace, che riesca a deflazionare il carico degli ospedali;

    dopo una serie di modifiche all'allegato tecnico richieste dalle regioni, perdurando la mancata intesa in Conferenza Stato-regioni, il 21 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato una delibera motivata che autorizza il Ministero della salute ad adottare il decreto ministeriale (di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze) sui «modelli e standard per lo sviluppo dell'Assistenza territoriale», tenuto conto che l'entrata in vigore del predetto provvedimento costituisce una tappa necessaria, secondo quanto previsto dalla programmazione comunitaria, da raggiungere entro il 30 giugno 2022;

    lo schema di Regolamento è ora all'esame del Consiglio di Stato per il prescritto parere, poi dovrà essere sottoposto al vaglio della Corte dei conti e poi sarà definitivamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale;

    per la prima volta vengono definiti degli standard dell'assistenza territoriale che dovranno essere assicurati dai servizi sanitari territoriali di ogni regione, sui quali a vigilare sarà l'Agenas che presenterà una relazione semestrale;

    il perno del sistema sarà il distretto sanitario al cui interno rivestirà un ruolo fondamentale la Casa della comunità dove i cittadini potranno trovare assistenza 24 ore su 24 ogni giorno della settimana;

    rimangono operativi gli ambulatori di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta (definiti spoke delle case della comunità) che, tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio, saranno collegati in rete per garantire aperture di 12 ore, sei giorni su sette, al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali;

    all'interno del distretto vi saranno poi gli ospedali di comunità con una forte assistenza infermieristica e saranno decisivi ad esempio per la presa in carico dei pazienti nelle fasi post ricovero ospedaliero e in tutti quei casi dove c'è bisogno di una particolare assistenza vicina al domicilio del paziente;

    nel nuovo sistema un forte ruolo rivestiranno gli infermieri di famiglia che saranno impiegati in molte delle nuove strutture definite dal decreto;

    a coordinare i vari servizi presenti nel distretto vi saranno poi le centrali operative territoriali e forte impulso verrà dato al numero di assistenza territoriale europeo 116117 che i cittadini potranno chiamare per richiedere tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale; vengono poi fissati gli standard per l'assistenza domiciliare e viene definito l'utilizzo dei servizi di telemedicina;

    restano operative, dopo la sperimentazione in pandemia le unità speciali di continuità assistenziale (Usca);

    vengono fissati gli standard per i servizi delle cure palliative (ad esempio, gli hospice), per i dipartimenti di prevenzione e consultori familiari;

    nel nuovo sistema di cure primarie, ruolo rilevante avranno anche le farmacie che sono identificate a tutti gli effetti come presidi sanitari di prossimità dove il cittadino potrà trovare sempre più servizi aggiuntivi rispetto alla dispensazione del farmaco;

    gli standard del distretto sono in media un distretto ogni circa 100 mila abitanti, mentre quelli previsti per le case della comunità sono di almeno 1 casa della comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;

    nella casa della comunità hub lo standard è di 7-11 infermieri e 5-8 unità di personale di supporto (sociosanitario, amministrativo);

    è poi previsto tra gli standard la presenza di almeno 1 Infermiere di Famiglia e Comunità ogni 3.000 abitanti;

    per l'Usca, équipe mobile distrettuale per la gestione di situazioni condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico sia in favore di individui che di comunità, si prevede la presenza di almeno 1 medico e 1 infermiere ogni 100.000 abitanti;

    quindi dovrebbe essere realizzata una Centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore con uno standard di personale di 1 COT per 100.000 abitanti: 1 coordinatore infermieristico, 3-5 infermieri, 1-2 unità di personale di supporto;

    è inoltre prevista la presenza di una Centrale operativa numero europeo armonizzato (Nea) 116117 ogni 1-2 milioni di abitanti o comunque a valenza regionale (se con popolazione inferiore allo standard), incrementabile sulla base della numerosità della popolazione, per raccogliere le chiamate di uno o più distretti telefonici in funzione delle dimensioni dei distretti stessi e delle modalità organizzative delle Regioni/pubblica amministrazione;

    per l'assistenza domiciliare è previsto un servizio a valenza distrettuale che copra 10 per cento della popolazione over 65 da prendere in carico progressivamente;

    ogni regione dovrà garantire almeno 1 ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti di cui 0,4 posti letto per 1.000 abitanti da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale; lo standard minimo di personale per 1 ospedale di comunità dotato di 20 posti letto è fissato in 7-9 infermieri, 4-6 operatori sociosanitari, almeno 1-2 unità di altro personale sanitario e un medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7;

    per la rete delle cure palliative occorre garantire 1 unità di cure palliative domiciliari (UCP – DOM) ogni 100.000 abitanti, nonché 1 hospice con almeno 8-10 posti letto ogni 100.000 abitanti;

    sarà presente un consultorio familiare ogni 20.000 abitanti con la possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali; l'attività consultoriale può svolgersi all'interno delle case della comunità, privilegiando soluzioni logistiche che tutelino la riservatezza;

    deve essere garantito un dipartimento di prevenzione (DP) per ogni 500.000 abitanti (necessario per mantenere efficienza organizzativa e conoscenza del territorio che ha identità, omogeneità culturale e socioeconomica imprescindibili nell'azione preventiva);

    dovrà, inoltre, essere potenziata la telemedicina e la dotazione dei sistemi per darne piena attuazione;

    le farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, ubicate uniformemente sull'intero territorio nazionale, vengono definite presidi sanitari di prossimità e rappresentano un elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale; in particolare, la rete capillare, delle farmacie assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari a presidio della salute della cittadinanza; in tale ambito vanno inquadrate la dispensazione del farmaco, per i pazienti cronici la possibilità di usufruire di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci, la farmacovigilanza, le attività riservate alle farmacie dalla normativa sulla cosiddetta «farmacia dei servizi» e l'assegnazione delle nuove funzioni tra le quali le vaccinazioni anti-COVID e antinfluenzali, la somministrazione di test diagnostici a tutela della salute pubblica;

    i fondi del Pnrr non sono a fondo perduto, ma devono essere considerati un investimento;

    le misure previste per l'attuazione dell'assistenza sanitaria territoriale si concentrano sulle case della salute e gli ospedali di comunità, che dovranno essere realizzati ex novo in buona parte del Paese;

    appare necessario dotare tutte le infrastrutture presenti nel progetto di personale sanitario, secondo gli standard minimi previsti, e di impianti tecnologici di nuova generazione, adeguando allo stesso tempo i percorsi formativi,

impegna il Governo:

1) ad adottare le necessarie iniziative volte ad assicurare che la rete di assistenza sanitaria territoriale, così come definita attraverso gli standard che verranno adottati nell'ambito della prima componente della missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sia attuata uniformemente su tutto il territorio nazionale;

2) ad adottare iniziative per potenziare le infrastrutture del Sistema sanitario nazionale già esistenti e valorizzare il ruolo dei professionisti e degli operatori sanitari in esse operanti, anche utilizzando gli specializzandi delle professioni sanitarie;

3) ad adottare le opportune iniziative per adeguare i percorsi di studio all'utilizzo delle nuove tecnologie esistenti;

4) ad avviare tutte le iniziative per potenziare, anche organizzando momenti formativi, le équipe multiprofessionali, individuate nel regolamento sugli standard dell'assistenza territoriale;

5) a valorizzare la rete territoriale di assistenza e presa in carico del paziente anzitutto cronico, in modo da individuare i bisogni di cura anche attraverso attività di screening e sviluppare terapie adeguate, partendo dalla piena valorizzazione dei presidi di prossimità già esistenti, a cominciare dalla erogazione delle prestazioni di cui all'articolo 11 della legge n. 69 del 2009 e dalla loro piena inclusione nei Livelli essenziali di assistenza dando così finalmente attuazione all'articolo 8, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;

6) ad adottare le opportune iniziative per garantire un costante monitoraggio dell'attuazione degli obiettivi previsti dal Pnrr e delle riforme di adeguamento a livello regionale.
(1-00647) «Mandelli, Bagnasco, Novelli, Saccani Jotti, Bond, Brambilla, Elvira Savino, D'Attis».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   VARCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del turismo, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   l'obiettivo del 40 per cento dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza da investire nel Sud Italia è ancora molto lontano, come rivela uno studio Svimez a seguito della prima Relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente del Piano nazionale di ripresa e resilienza del Fondo complementare (FoC);

   gli enti enti decentrati sono già fiaccati da anni di mancato turnover, assenza di vincoli di destinazione dei fondi destinati al Mezzogiorno per i bandi con scarsa partecipazione e un'adesione spontanea ai programmi di incentivo da parte delle imprese spesso deludente: sono soprattutto questi i motivi per i quali la destinazione del 40 per cento dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza al Sud è «tutt'altro che un risultato acquisito»;

   in particolare, dallo studio emerge che il Pnrr, con gli oltre 200 miliardi di euro ottenuti dall'Europa per ridurre i divari territoriali dell'Italia, rischia di non raggiungere l'obiettivo principale, non garantendo al Sud nemmeno la soglia minima stabilita in base alla popolazione;

   le uniche risorse «certe», secondo la Svimez, sono i 24,8 miliardi di euro che finanziano progetti già identificati e con localizzazione territoriale e costi definiti; meno di un terzo degli 86 miliardi della «quota Sud». Queste risorse sono per oltre la metà (14,6 miliardi) di titolarità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e in buona parte finanziano «progetti in essere», ovvero interventi per i quali già esistevano coperture nel bilancio dello Stato poi sostituite da quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I rimanenti 61,2 miliardi di euro rappresentano risorse «potenziali», la cui destinazione effettiva alle regioni del Mezzogiorno dovrà realizzarsi in fase di attuazione superando diverse criticità che la Relazione tecnica porta all'attenzione del decisore politico;

   le due Amministrazioni centrali che riportano «quote Sud» molto distanti dall'obiettivo sono il Ministero dello sviluppo economico (24,8 per cento) e il Ministero del turismo (28,6 per cento). Nel complesso risulta che, rispetto alla soglia minima del 40 per cento (pari a 84,4 miliardi di euro), la fase di attuazione del Piano può avvalersi di un «margine di sicurezza» piuttosto limitato: 1,6 miliardi, appena 320 milioni di euro annui dal 2022 al 2026. È questo, da solo, un dato che qualifica la «quota Sud» come un obiettivo che non sarà facile conseguire, a meno di non introdurre azioni correttive e di accompagnamento «in corsa»;

   gli aggiustamenti necessari riguarderebbero, in particolare, due ambiti: gli interventi che vedono come soggetti attuatori gli enti decentrati beneficiari di risorse distribuite su base competitiva dalle amministrazioni centrali e gli interventi di incentivazione a favore delle imprese;

   degli 86 miliardi di euro potenzialmente allocabili al Mezzogiorno, ben 62 finanziano misure per le quali è stato espletato almeno un atto formale che già sta orientando l'allocazione territoriale delle risorse nelle fasi successive dell'attuazione;

   la Relazione del Dipartimento per le politiche di coesione porta all'attenzione un aspetto particolarmente critico per il conseguimento dell'obiettivo del 40 per cento: in ben 15 su 28 procedure attive, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi, non è stata disposta nessuna modalità di salvaguardia della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili –:

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per raggiungere l'obiettivo della destinazione del 40 per cento dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza alle regioni del Mezzogiorno, rimuovendo le diverse criticità citate e avvalendosi di tutti gli strumenti di cui si è dotata la governance del Pnrr.
(3-02948)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la strategia Farm to Fork (F2F) costituisce un nuovo approccio globale al valore che la Commissione europea attribuisce alla sostenibilità alimentare ed è vista come un'opportunità per migliorare gli stili di vita, la salute e l'ambiente;

   tra gli obiettivi fondamentali che la strategia si prefigge di raggiungere spiccano la riduzione della dipendenza da agrofarmaci e antimicrobici, la riduzione del ricorso ai fertilizzanti, il potenziamento dell'agricoltura biologica, il miglioramento del benessere degli animali, l'inversione della perdita di biodiversità;

   come da più parti rilevato, tuttavia, il documento presenta non poche contraddizioni, sollevando dubbi e perplessità su alcune affermazioni programmatiche, così come sulle modalità attuative. In particolare, relativamente alla strategia riguardante la riduzione del 50 per cento dell'uso degli agrofarmaci entro il 2030, non risulta chiaro come s'intenda sopperire a tale calo, venendo menzionati vari approcci, ma senza alcun rimando a fonti scientifiche ufficiali che illustrino e dimostrino l'efficacia e la scientificità di tali alternative;

   altrettanto vago appare l'obiettivo finalizzato a ridurre le perdite di nutrienti (soprattutto azoto e fosforo) di almeno il 50 per cento attraverso la riduzione del 20 per cento dell'uso dei fertilizzanti entro il 2030, garantendo contemporaneamente che non si abbia un deterioramento della fertilità del suolo;

   ulteriore punto focale della strategia riguarda il potenziamento dell'agricoltura biologica, con l'obiettivo di raggiungere almeno il 25 per cento della superficie agricola dell'Unione europea entro il 2030. Ciò avrebbe notevoli effetti anche in termini di ridistribuzione delle risorse economiche erogate in accordo alla Pac; inoltre si tradurrebbe una riduzione complessiva della produttività agricola dell'Unione europea, con la conseguente necessità di incrementare le importazioni di prodotti agricoli;

   per quanto riguarda gli allevamenti il documento invita gli agricoltori a sfruttare le possibilità di ridurre le emissioni di metano provenienti dall'allevamento del bestiame puntando sulla produzione di energia rinnovabile e investendo sui digestori anaerobici per la produzione di biogas da rifiuti e residui agricoli. La riduzione dell'impatto ambientale degli allevamenti dovrebbe passare anche attraverso l'immissione sul mercato di additivi per rendere i mangimi sostenibili e innovativi, riducendo la dipendenza da materie prime per mangimi considerate «critiche», promuovendo le proteine vegetali coltivate nell'Unione europea e altre materie prime «alternative», quali gli insetti, le alghe e alcuni sottoprodotti biologici;

   la guerra in Ucraina ha cambiato drammaticamente gli scenari comportando un aumento sensibile dei prezzi energetici ed agricoli. Il prezzo del grano è salito di oltre il 34 per cento in poche settimane così come quello del mais, delle sementi, dei mangimi e dei fertilizzanti i cui prezzi sono lievitati dopo lo «stop» di importazioni dalla Russia;

   tali rincari, a cui si aggiungono quelli dell'energia e dei mezzi tecnici per l'agricoltura pongono il settore primario in grave difficoltà;

   diverse associazioni, tra le quali «Cibo per la Mente» hanno da tempo evidenziato i rischi di un approccio troppo programmatico e privo di una valutazione di impatto come quello proposto dalla Commissione europea;

   i produttori hanno evidenziato (anche nel corso di audizioni parlamentari) l'assoluta impossibilità di raggiungere gli obiettivi posti dalla Commissione europea e i rischi che un'adozione tout court di questa strategia potrebbe comportare per la sostenibilità economica ed ambientale dei sistemi agricoli;

   a livello di Commissione, il Vice Presidente Timmermans, ad avviso dell'interrogante, non pare intenzionato a confrontarsi con gli operatori del settore e a rivalutare la strategia F2F anche alla luce dei nuovi scenari –:

   se il Governo non ritenga di dover adottare iniziative in sede comunitaria, ricercando un possibile sostegno anche di altri Stati membri, al fine di rivedere gli obiettivi e le modalità del Farm to Fork (F2F), alla luce della mutata situazione internazionale.
(5-08051)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE GIORGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la Corte europea dei diritti umani (Cedu) il 5 maggio 2022 ha emesso nei confronti dell'Italia una nuova sentenza di condanna, poiché le emissioni provenienti dallo stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto continuano a rappresentare un rischio per la salute dei cittadini;

   nel sanzionare il nostro Paese in relazione a quattro distinti ricorsi presentati per episodi verificatisi fra il 2016 ed il 2019, la Cedu ha anche sottolineato di non aver ricevuto alcuna nuova informazione dallo Stato italiano riguardo al Piano ambientale e alle misure da intraprendere per far cessare l'emergenza sanitaria che il capoluogo ionico affronta da decenni e salvaguardare l'incolumità dei tarantini;

   il pronunciamento della Cedu va ad affiancarsi ad altri precedenti verdetti giudiziari registratisi fra il 2019 ed il 2021. Il riferimento è alle sentenze della stessa Corte europea dei diritti umani, della Corte d'assise di Taranto e del Consiglio di Stato che, pur trattando questioni diverse, hanno determinato come risultato quello secondo cui può ritenersi pacifico che nel capoluogo ionico vi sia una problematica di carattere sanitario ed ambientale correlata all'attività industriale dello stabilimento dell'ex Ilva, oggi denominato «Acciaierie d'Italia»;

   gli esiti di importanti studi scientifici, uniti alle decisioni della magistratura e alle prese di posizione della cittadinanza e di associazioni ambientaliste, hanno contribuito a «nazionalizzare» i problemi causati dall'inquinamento a Taranto, l'origine dei quali è stata individuata negli effetti della produzione industriale;

   l'esigenza di dare attuazione a massicce opere di bonifica del territorio e all'adozione di misure in grado di garantire la salute dei cittadini, la salvaguardia dell'ambiente e la tutela dell'incolumità dei lavoratori della fabbrica non può essere ulteriormente elusa in attesa che prenda vita il progetto finalizzato alla riconversione dell'attuale ciclo integrale dello stabilimento di Taranto secondo tecnologie ecologicamente compatibili;

   nonostante l'urgenza di procedere, le operazioni di bonifica di cui il territorio tarantino necessita sono praticamente bloccate; il mandato del commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto è ormai scaduto dal 31 marzo 2022, dopo una precedente proroga; in occasione dell'audizione tenuta il 21 aprile 2022 dinanzi alla Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, lo stesso ex commissario straordinario ha annunciato che il Ministero della transizione ecologica avrebbe chiesto la disponibilità di proseguire l'incarico per altri tre anni;

   l'assenza di una linea operativa certa ed efficace in tema di bonifiche di siti inquinati non fa altro che penalizzare oltremodo il territorio tarantino –:

   entro quali tempi il Governo intenda procedere alla nomina del nuovo commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, di ambientalizzazione e di riqualificazione dell'area di Taranto, attesa la grave situazione che continua a registrarsi a livello sanitario ed ambientale nel territorio del capoluogo ionico.
(4-12032)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel tragico incidente avvenuto presso Freginals, in Catalogna, il 20 marzo 2016, hanno perso la vita tredici studentesse, tra le quali sette ragazze italiane che si trovavano in Spagna nell'ambito del progetto Erasmus: Francesca Bonello, Lucrezia Borghi, Valentina Gallo, Elena Maestrini, Serena Saracino, Elisa Scarascia Mugnozza ed Elisa Valent;

   il Governo italiano ha subito chiesto che venisse accertata in tempi brevi la verità sulle cause del sinistro e che fossero chiarite le eventuali responsabilità sia personali dell'autista della corriera sia della compagnia proprietaria del veicolo;

   al fine di fare piena luce sull'accaduto, il juzgado de primera instancia e instrucción di Amposta (equivalente al giudice per le indagini preliminari italiano) ha disposto un'istruttoria penale e l'iscrizione nel registro degli indagati, con l'accusa di omicidio colposo plurimo, del conducente del veicolo, Santiago Rodrigues Jimenez;

   nel novembre 2016, il magistrato titolare del procedimento ha deciso di archiviare la causa penale senza acquisire la deposizione del citato autista. Tale decisione ha prodotti sconcerto tra le famiglie delle vittime, che hanno presentato appello;

   successivamente, il 10 marzo 2017, l'audienda provincial di Tarragona (equivalente alla corte d'appello italiana) si è riunita per esprimersi sul ricorso presentato dal legale dell'autista contro la riapertura dell'attività istruttoria. La fase istruttoria si concluse il 19 settembre 2017 con la decisione del giudice spagnolo di archiviare il caso, ritenendo non vi fossero elementi sufficienti per procedere in via penale. I legali delle famiglie hanno quindi ripresentato ricorso contro il decreto di archiviazione;

   non appena appresa la notizia, l'ambasciatore d'Italia a Madrid è intervenuto immediatamente nei confronti del Ministro della giustizia spagnolo ribadendo la particolare attenzione con la quale il caso era seguito in Italia;

   il 19 gennaio 2018, il tribunale, in risposta ai ricorsi presentati da alcuni familiari delle vittime, ha confermato tuttavia l'archiviazione dell'istruttoria, con immediate reazioni da parte del consolato a Barcellona e dell'ambasciata a Madrid, ai più alti livelli politici e giudiziari;

   l'8 giugno 2018, la Corte d'Appello di Tarragona ha deciso di accogliere il ricorso presentato dai legali delle famiglie delle ragazze. La procura ha quindi accusato di omicidio l'autista chiedendo quattro anni di reclusione;

   ad oggi però, dopo quasi quattro anni, la data del processo non è stata accora fissata e sembra che il tribunale penale di Amposta, a causa del sovraccarico di procedimenti e delle poche risorse e mezzi disponibili, sia costretto a rimandare ulteriormente il processo;

   nel corso dell'attuale legislatura sono stati presentati e atti di sindacato ispettivo che sollecitavano il Governo ad «assumere iniziative per sostenere le richieste delle famiglie innanzi alle autorità spagnole al fine di pervenire quanto prima all'accertamento della verità processuale», che si auspica corrisponda a quella sostanziale, rappresentando anche ai più alti livelli istituzionali spagnoli l'aspettativa di giustizia di tutta la comunità italiana (interpellanza urgente n. 2-00298 del 7 marzo 2019). Nell'attuale legislatura è stata inoltre presentata la Proposta d'inchiesta parlamentare (Doc. XXII, n. 50) relativa alla «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause e sulle responsabilità dell'incidente avvenuto presso Freginals, in Spagna, il 20 marzo 2016, nel quale morirono sette studentesse italiane»;

   quello che oggi è purtroppo acclarato è che, a distanza di oltre sei anni, la strage di Tarragona non solo non ha ancora un colpevole ma anche che nessun processo in merito è stato avviato. Rimangono, quindi, molte domande senza risposta. La prima è quella fondamentale: perché l'autista non ha sentito la necessità di fermarsi a riposare se, almeno un'ora e mezza prima dell'incidente (il colpo di sonno è stato già ammesso dallo stesso autista e comprovato dalla scatola nera del veicolo), già viaggiava «a zig zag», con continue e brusche sterzate, dovuti ai colpi di sonno? E perché ha continuato a guidare, pur avendo superato il monte orario settimanale?;

   occorre sostenere e dare risposte alle famiglie delle giovani vittime, impegnate da anni in una logorante battaglia giudiziaria. È altrettanto prioritario garantire sicurezza e tutela a tutti i giovani italiani che ogni anno decidono di studiare all'estero –:

   se sia a conoscenza di ulteriori recenti informazioni relative alla tragica vicenda espressa in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire lo svolgimento di un rapido e giusto processo.
(5-08053)

CULTURA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATELLI, MOLINARI, BELOTTI, COLMELLERE, DE ANGELIS, MARIANI, RACCHELLA, BENVENUTO, BOLDI, GASTALDI, GIACCONE, GUSMEROLI, MACCANTI, GIGLIO VIGNA e TIRAMANI. — Al Ministro della cultura, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa risulta che in Italia vi sono più di 400 teatri chiusi di cui la metà è di proprietà pubblica e occupa edifici storici, vincolati dalle sovrintendenze ai beni culturali. Queste ultime dovrebbero preservarne la funzione culturale, oltre che il valore architettonico e artistico, invece spesso li chiudono in attesa di un restauro che poi non viene avviato, lasciando così le città prive del luogo di aggregazione più importante nella storia d'Italia;

   l'ultimo censimento dei teatri chiusi in Italia risale al 2008 per merito dell'Associazione teatri aperti, presieduta da Francesco Giambrone (attualmente sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma) che motivava così l'impegno di creare una sorta di mappa dei teatri destinati all'oblio: «Portare avanti una grande battaglia di civiltà, finalizzata a restituire alla fruizione una rete straordinaria di luoghi di teatro che rappresentava (e potrebbe rappresentare ancora) uno dei collanti capaci di tenere insieme il nostro paese»;

   aggiornare il censimento dovrebbe essere un dovere dello Stato che ha il compito di tutelare il suo patrimonio storico e culturale, mentre sembrerebbe regnare quella che l'interrogante giudica l'indifferenza di amministrazioni incapaci e insensibili in luoghi in cui spesso sorgono teatri di notevole pregio;

   le cose non vanno meglio per il settore cinematografico, in quanto su tutto il nostro territorio sono stati chiusi più di 2.000 cinema nell'ultimo ventennio;

   quello del cinema è già da tempo un patrimonio fortemente insidiato e penalizzato da diverse e complesse criticità: costi di gestione spesso insostenibili rispetto a margini di entrata sempre più ridotti; risorse ingentissime assorbite dalla necessità dell'adeguamento tecnologico delle sale a seguito della digitalizzazione dei film; concorrenza del tutto illegale ma di fatto incontrastata da parte di una diffusissima pirateria audiovisiva;

   le sale cinematografiche e i teatri rappresentano un «bene comune» di altissimo valore socio-relazionale-culturale e acquisire e condividere la consapevolezza di tale valore sono una precondizione indispensabile per avviarne un concreto processo di salvaguardia, recupero e valorizzazione –:

   se il Governo intenda avviare un monitoraggio su tutto il territorio nazionale al fine di ottenere una fotografia dello stato di salute attuale, considerando la situazione pre e post pandemia, di teatri e sale cinematografiche pubbliche e private;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere per avviare il restauro e la valorizzazione di questi luoghi di cultura.
(4-12029)


   IEZZI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   nella piazza antistante il Castello Sforzesco a Milano sono in corso i lavori di scavo per la piantumazione di 186 nuovi alberi secondo quanto previsto dal progetto di restyling promosso dalla giunta comunale e vincitore del Concorso internazionale per la riqualificazione e rifunzionalizzazione dell'ambito di Piazza Castello – Foro Buonaparte indetto dall'amministrazione nel 2017;

   stando anche alle vecchie mappe catastali del 1722 è risaputo che sotto gli attuali parterre e sotto il manto stradale della piazza ci sono ancora i resti delle opere difensive accessorie del Castello medievale e della Real Fortezza bastionata;

   nonostante ciò e nonostante l'affioramento nel corso degli scavi davanti al castello meneghino di numerosi reperti riconducibili probabilmente ai vecchi bastioni l'amministrazione comunale avrebbe però deciso di procedere con i lavori di piantumazione anziché interromperli, rivedere il progetto e valorizzare piuttosto i ritrovamenti delle antiche mura;

   tale decisione, presa dal sindaco Sala e dalla Giunta, è, secondo l'interrogante, di una gravità assoluta, poiché ciò sta comportando la sconsiderata distruzione di un importantissimo patrimonio storico, artistico e archeologico della città e la perdita di una parte importante della storia di Milano;

   come è possibile vedere recandosi nella piazza, le ruspe hanno già distrutto diverse rovine e i mattoni continuano ad affiorare e ad essere asportati per finire in discarica;

   quanto sopra è già stato ampiamente denunciato dall'Associazione speleologia cavità artificiali Milano – Progetto Down Town, per il tramite del suo Presidente Gianluca Padovan, Presidente, e segnalato altresì alla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio di Milano dal consigliere comunale Samuele Piscina, affinché il comune fermi subito i lavori e rifaccia il progetto, valorizzando le rovine sforzesche –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, con la massima urgenza, a tale riguardo, al fine di impedire la distruzione e la perdita di un importante patrimonio storico, artistico e archeologico non solo per la città di Milano ma anche a livello nazionale.
(4-12031)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   SILLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in molte regioni del nostro Paese le forze dell'ordine e le forze militari usufruiscono di apposite convenzioni e protocolli di intesa tra lo Stato Maggiore e le singole regioni, che prevedono la possibilità dell'utilizzo, in maniera gratuita, dei mezzi di trasporto pubblico regionale e locale, da parte degli appartenenti a tali categorie, con l'obbligo di indossare la divisa o uniforme (o, in borghese, dietro apposita segnalazione al capotreno) ed intervenire nei casi in cui si rendesse necessario, a tutela della sicurezza dei viaggiatori e degli addetti a bordo del treno;

   tale misura rappresenta da una parte un segno di gratitudine verso i lavoratori in divisa, dall'altra costituisce un aiuto concreto verso tanti lavoratori appartenenti alle forze dell'ordine o alle forze armate, che come pendolari si spostano quotidianamente per svolgere il proprio lavoro;

   ad oggi sussiste una frammentazione tra le varie regioni rispetto alla conclusione ed applicazione di convenzioni che, in alcuni casi, sono terminate nel 2020 o addirittura nel 2021, mentre in alcune regioni, tra cui Sicilia, Lazio e Lombardia, risultano pienamente operative –:

   se i Ministri interrogati, sulla base di quanto esposto in premessa, ritengano opportuno adottare le iniziative di competenza, in raccordo con le regioni per pervenire alla stipula delle succitate convenzioni, anche al fine di tutelare la sicurezza durante il viaggio di tutti coloro che sono presenti all'interno del mezzo di trasporto.
(4-12037)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da fonti giornalistiche recenti (www.ilmattinodipadova.it del 12 aprile 2022) si apprende della presentazione di un esposto indirizzato ad Anac da parte di Diego Boscarolo, consigliere di minoranza del Consorzio di bonifica Adige Euganeo, che si occupa di gestione delle bonifiche, dell'irrigazione, della qualità delle acque distribuite (il cui Consiglio di amministrazione è gestito da Cia, Coldiretti e Confagricoltura) e di Luca Martinello, consigliere comunale del M5S del Comune di Conselve (Padova), in cui si illustra il sistema di partecipate che gira intorno al Consorzio sopracitato. Si tratta delle seguenti società:

    a) la società Casa dell'Agricoltore Srl, l'unica dismessa lo scorso anno dal Consorzio, che non svolge attività di produzione di beni e servizi per il Consorzio ma che gestisce il patrimonio immobiliare di Confagricoltura, stimato in 2,3 milioni di euro e il cui cda è composto da Michele Barbetta, che siede contemporaneamente nel cda della Casa dell'Agricoltore ed è consigliere nell'assemblea del Consorzio di Bonifica Adige Euganeo;

    b) la Boniter S.r.l., che gestisce una proprietà a Venezia, 350 metri quadrati all'interno del Palazzo Calbo Grotta, dove ospita la sede regionale di Anbi Veneto, di cui fanno parte i dieci consorzi di bonifica veneti e che non svolge attività di beni produzione di beni o servizi per il Consorzio, il quale possiede il 16,70 per cento delle quote della società, per un totale di 57 mila euro ed è composta da un dipendente e un amministratore Giuseppe Romani, presidente Anbi Veneto, consigliere nel consiglio direttivo della Coldiretti di Treviso;

    c) la Società Immobiliare di via Santa Teresa, che gestisce la proprietà di un immobile a Roma, risultante essere la sede nazionale di Anbi, con due dipendenti. Il presidente Giorgio Piazza, allo stesso tempo, riveste il ruolo di Presidente di Enpaia e nel consiglio direttivo di Snebi;

    d) Nero servizi Srl, che non svolge alcuna attività di produzione di beni o servizi per il Consorzio sopracitato, cancellata nel novembre del 2021 dal registro delle imprese mentre nel 2019 il cda era composto da Giorgio Piazza (presidente), Marsilio Baiotta (vicepresidente), Caterina Truglia (consigliere della società ma anche vicepresidente Anbi nazionale) e Katia Guerrieri (consulente di Anbi Lazio ma anche sindaco della società immobiliare di via Santa Tersa s.r.l.);

    e) Attiva spa (ex Cosecon), società dei comuni della Bassa Padovana fallita nel 2013 con un indebitamento pari a 100 milioni di euro, verso cui il Consorzio risulta ancora detenere la partecipazione;

   nell'esposto è stato evidenziato che, poiché nel passato si sono verificati diversi scandali che hanno coinvolto molte società partecipate, create ad hoc per inserire esponenti di partito e amministratori pubblici, il Governo è intervenuto con il decreto legislativo n. 175 del 2016, che prevede la dismissione delle società partecipate ritenute inutili –:

   se il Ministro interrogato, sulla base di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno, per quanto di competenza, disporre un approfondimento relativo all'esistenza delle società partecipate satellite del Consorzio di bonifica Adige euganeo, al fine di verificare la giustificazione della sussistenza delle suddette società, anche alla luce di quanto previsto dalla normativa in materia.
(5-08057)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   è veramente una vicenda surreale quella denunciata dal giudice Salvatore Di Vitale, presidente in pensione del tribunale di Palermo, al quale il Comune ha chiesto di pagare l'Imu relativa a beni confiscati alla mafia nel 2016;

   secondo quanto si apprende da articoli di stampa, che riportano la denuncia di Di Vitale, infatti, l'amministrazione cittadina, il 24 marzo 2022, ha inviato una notifica al magistrato chiedendogli di pagare 261.929,08 euro: a tanto ammonterebbe l'imposta municipale per 501 immobili che il tribunale ha sequestrato o confiscato alla mafia;

   come ha spiegato l'ex Presidente di Tribunale, però, «quei beni, come è noto, non possono essere tassati ma c'è di più: la notifica è stata inviata a me come contribuente privato e se non provvedessi al pagamento entro 60 giorni, il Comune potrebbe avviare gli atti per la riscossione. Una situazione assurda. Perciò ho pensato a uno scherzo»;

   nonostante la situazione paradossale, il giudice è stato, comunque, costretto a presentare un ricorso in autotutela e ha scritto all'amministrazione municipale nella speranza che si rendesse conto dell'errore, ma così non è stato, come si è appreso dalla risposta arrivata dalla dirigente comunale dell'area Entrate e tributi: «Sotto il profilo formale la notifica dell'accertamento risulta corretta», e per quanto concerne la sostanza della richiesta sono «in corso le attività di verifica della corretta intestazione di ogni singolo cespite»;

   nessuno di quei cespiti, però, potrà essere riscosso perché gli immobili, sequestrati o confiscati, prima che vengano assegnati o restituiti non sono tassabili; circostanza che l'attuale presidente del tribunale e poi l'Avvocatura dello Stato sono stati costretti a ricordare per iscritto e con lettere protocollate all'amministrazione municipale;

   in particolare, citando il codice antimafia, l'Avvocatura ha ricordato al Comune che «Durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca e, comunque, fino alla assegnazione o destinazione dei beni a cui si riferiscono, è sospeso il versamento di imposte, tasse e tributi»; e, in ogni caso, mai l'onere potrebbe cadere sull'ufficio giudiziario che ha proceduto al sequestro o alla confisca;

   l'amministrazione cittadina non sembra aver ancora cambiato idea, ma, nel frattempo, tre dei 501 immobili sono stati assegnati allo stesso Comune che a questo punto dovrebbe mandare un avviso di riscossione a se stesso;

   tutto questo accade, mentre è in corso una delicata interlocuzione tra l'amministrazione comunale e il Ministero dell'economia e delle finanze per sanare il disavanzo del capoluogo siciliano; la proposta di piano di riequilibrio economico-finanziario, dal punto di vista contabile, partiva dalla certezza di maggiori entrate che oggi sembrano vacillare, mettendo a rischio la tenuta finanziaria del Comune –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti di cui in premessa e se anche la riscossione dei citati cespiti sia stato iscritto nel bilancio dell'amministrazione comunale;

   se e quali iniziative di competenza il Governo ritenga necessario assumere a riguardo.
(4-12034)


   CANCELLERI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel 2019, la Federazione del pubblico impiego (ossia la DirPubblica) aveva rilevato, attraverso l'attività di accesso agli atti, che un dirigente dell'Agenzia delle entrate (dottor Antonio Dorrello) era stato nominato, con atto n. 264911 del 17 ottobre 2018, componente della commissione incaricata di elaborare i quesiti per le prove scritte nell'ambito della procedura per il conferimento delle posizioni organizzative di elevata responsabilità (Poer);

   nel contempo, la Federazione rilevava che il dottor Domenico Dorrello, fratello del suddetto dirigente, risultava aver superato la prova scritta delle stesse Poer. Nel prosieguo della propria attività, DirPubblica denunciava che la dichiarazione di insussistenza di situazioni di incompatibilità del dottor Antonio Dorrello fosse arrivata lo stesso giorno della richiesta di accesso agli atti e quindi successivamente anche all'atto con cui lo stesso veniva in data 17 ottobre 2018 nominato;

   al riguardo, il responsabile della prevenzione, della corruzione e della trasparenza dell'Agenzia delle entrate rispondeva alla Federazione di non aver adottato alcun provvedimento in merito alla vicenda, perché la dichiarazione del dottor Antonio Dorrello era stata tempestiva e che l'incarico allo stesso affidato non aveva interferito con le prove svolte dal fratello;

   tuttavia, quanto sopra esposto pone diversi dubbi che l'Agenzia non ha saputo fugare attraverso le motivazioni rese dal responsabile della prevenzione, della corruzione e della trasparenza e ad avviso dell'interrogante potrebbe indurre a ritenere che vi siano stati comportamenti potenzialmente non conformi alla legge o non propriamente legittimi e che necessitano pertanto di opportuni approfondimenti e chiarimenti –:

   in riferimento alla vicenda relativa alla presunta sussistenza di situazioni di incompatibilità di cui in premessa, se non ritenga di specificare quali verifiche ha svolto l'Agenzia delle entrate ed eventualmente quali iniziative siano state adottate.
(4-12039)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dalla relazione del presidente della corte di appello dell'Aquila del 25 gennaio 2022 è emersa una situazione allarmante in merito alla carenza di personale amministrativo e di magistrati del tribunale di Teramo, che comporta la pendenza di due terzi dell'arretrato dei processi dell'intero distretto, il maggior numero di turn over di magistrati in uscita, il maggior numero di procedimenti iscritti da più di 10 anni, una tempistica media di definizione delle cause civili di circa 1.000 giorni;

   relativamente a questo ultimo dato, emerge che i tempi medi di definizione dello stesso distretto, nello specifico il tribunale di Chieti ed il tribunale di Pescara si attestano rispettivamente a 296 giorni e a 368 giorni;

   tale situazione è stata più volte denunciata anche dall'ordine degli avvocati di Teramo che ha evidenziato la cronica carenza di organico, un carico di lavoro individuale di ciascun magistrato superiore al 17 per cento della media distrettuale e strutture non adeguate;

   nell'ultimo anno, a seguito dell'incontro tra l'ordine degli avvocati di Teramo ed il Ministro della giustizia, sono stati assegnati al tribunale di Teramo 9 nuovi cancellieri (6 in tribunale e 3 in procura) ed un nuovo magistrato;

   pur con detta integrazione la situazione è critica, come evidenziato nella recente relazione del presidente della corte d'appello dell'Aquila –:

   se il Ministro della giustizia sia a conoscenza di elementi riguardanti i fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe e se intenda promuovere iniziative di competenza in relazione a quanto evidenziato, nel pubblico interesse e nel rispetto dei principi costituzionali, e se intenda adottare, conseguentemente, le necessarie iniziative di competenza per porvi rimedio, come l'applicazione di nuovi magistrati presso il tribunale di Teramo.
(3-02944)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAGGIONI, TURRI, BISA, DI MURO, MARCHETTI, MORRONE, PAOLINI, TATEO e TOMASI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante in data 8 aprile 2022 ha inviato una e-mail alla direzione della casa di reclusione di Vigevano per comunicare che giovedì 14 aprile alle ore 11 avrebbe incontrato presso la suddetta struttura il personale di polizia penitenziaria;

   in data 12 aprile 2022 la direzione della casa di reclusione ha risposto con e-mail, nella quale scriveva testualmente: «A norma dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 le visite delle autorità ex articolo 67 dell'ordinamento penitenziario sono rivolte particolarmente alla verifica delle condizioni di vita dei detenuti, per cui non ne prevista altra forma o diversa finalità»;

   il 14 aprile 2022 l'interrogante ha risposto via e-mail alla direzione, precisando che il citato articolo 117 dispone che le visite agli istituti di pena, le quali devono svolgersi nel rispetto della personalità dei detenuti e degli internati, «sono rivolte particolarmente alla verifica delle condizioni di vita degli stessi, compresi quelli in isolamento giudiziario», evidenziando come la norma non escluda la possibilità di visite per interloquire con il personale della polizia penitenziaria, stante la dicitura «particolarmente» e non «esclusivamente»;

   ha infine ribadito che l'articolo 67, comma 1, lettera b), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), preveda che i membri del Parlamento possano visitare gli istituti penitenziari senza autorizzazione;

   non è sindacabile la valutazione sul metodo prescelto dall'interrogante per conoscere le condizioni di detenzione dei detenuti, facendo ricorso a fonti interne al carcere che si ritengono maggiormente attendibili e privilegiate –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire la corretta interpretazione dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, nella parte in cui prevede che le visite agli istituti ex articolo 67 dell'ordinamento penitenziario sono rivolte «particolarmente» alla verifica delle condizioni di vita dei detenuti;

   se intenda adottare iniziative di competenza al fine di garantire che gli istituti, penitenziari operino sempre nel rispetto della normativa vigente e in alcun modo vengano lese le prerogative dei membri del Parlamento.
(5-08047)


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è il Paese dove i giudici, sulla base di una circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che invitava i direttori delle carceri a segnalare all'autorità giudiziaria i detenuti a rischio COVID, hanno iniziato a disporre i domiciliari anche per detenuti per mafia, con problemi di salute, verificata l'assenza di posti idonei nei centri sanitari penitenziari, concedendo la scarcerazione a 376 detenuti per reati gravi; ma è anche il Paese dove un giudice ha negato i domiciliari a un malato di Sla, rigettando ogni istanza;

   Massimiliano Cinieri, condannato per estorsione e usura, e affetto da sclerosi amiotrofica di tipo bulbare, non potrà tornare a casa, nonostante i ripetuti appelli della sua famiglia per la scarcerazione, o almeno per la detenzione agli arresti domiciliari, considerata «l'incompatibilità delle sue condizioni fisiche con la detenzione», come certificato dallo stesso medico del penitenziario, che in una sua relazione di fine marzo ha dichiarato espressamente che «il carcere non è la collocazione idonea per un detenuto con le caratteristiche cliniche di Cinieri» (articolo 147 del codice penale), e anzi la sua gestione sarebbe per il carcere «estremamente complessa e metterebbe in difficoltà tutta l'area sanitaria»;

   della stessa idea il primario di Neurologia dell'ospedale di Alessandria, lo specialista del Cresla di Torino (Centro di riferimento europeo per i malati di Sla e il neurologo incaricato dalla famiglia, il dottor Gianluca Novellone, che ha definito la sua malattia «una sicura condanna a morte» perché la forma che lo affligge, neurodegenerativa del primo e secondo motoneurone di tipo midollare e bulbare, è particolarmente grave e fulminante, capace di portare alla morte nel giro di tre, massimo cinque, anni;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, Massimiliano è molto limitato nei movimenti degli arti, cammina a fatica e solo con una stampella; ha una ridottissima funzionalità delle braccia, le mani sono già quasi del tutto atrofizzate, non riesce ad allacciarsi le scarpe oltre che a deglutire e assumere liquidi, anche l'acqua gli viene somministrata in forma di gel; a tale quadro clinico gravemente compromesso si aggiungono, inoltre, altre patologie particolarmente importanti come il diabete e una cardiopatia post infarto;

   e non solo, perché Max Cinieri, come è più conosciuto, è detenuto nel carcere alessandrino Don Soria per una misura di custodia cautelare e, secondo quanto denunciato dal legale di fiducia, «Il mio cliente ha sempre tenuto un comportamento ineccepibile in carcere, ha risarcito tre delle vittime e inviato a tutti una lettera di scuse» –:

   accertata la veridicità e gravità dei fatti di cui in premessa, se e quali immediate iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere a riguardo, al fine di garantire al detenuto Massimiliano Cineri l'assistenza e le cure necessarie.
(5-08055)


   D'ETTORE e PARISSE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come denunciato in un articolo su «l'Espresso» del 1° maggio 2022 da Lirio Abbate, nei carceri di San Vittore a Milano, di Rebibbia e Regina Coeli a Roma esistono dei piccoli reparti dove sono chiusi decine di pazienti psichiatrici a volte segregati in celle singole o doppie e spesso legati per non far male a sé e agli altri;

   la situazione di degrado, che sembrava essere stata risolta cancellando i manicomi, era stata già denunciata in un'inchiesta pubblicata sullo stesso settimanale nel 1988, relativamente a 375 ricoverati nell'ospedale di Agrigento;

   durante l'informativa urgente del Ministro interrogato del 21 luglio 2021 sulla situazione drammatica verificatasi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, l'interrogante ha ricordato che le REMS sono pochissime, con pochissimi posti e allora molti soggetti, o subiscono le misure cautelari in carcere, oppure stanno fuori in libertà vigilata e vengono poi sottoposti, con prescrizione, a centri di salute mentale, che però non hanno la dotazione della Polizia penitenziaria e quindi si crea una situazione rischiosa trattandosi di soggetti che possono avere pericolosità sociale;

   ci si deve domandare se non si tratti di una mancanza di civiltà per un Paese quando le misure cautelari vengono applicate a soggetti che hanno disturbi mentali;

   l'urgenza della situazione è stata messa in risalto dalla stessa Corte costituzionale che ha evidenziato la necessità di una riforma relativa alle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) dove bisogna colmare un vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti;

   nel gennaio 2022 la Corte costituzionale ha denunciato che l'estromissione del Guardasigilli dalla gestione delle Rems, dunque in materia di esecuzione di misure di sicurezza disposte dal giudice penale, non è compatibile con l'articolo 110 della Costituzione che attribuisce al Ministro della giustizia la responsabilità dell'organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia ma non ha dichiarato illegittima la normativa esistente sollevando invece l'urgenza di una riforma –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di assicurare un'adeguata base legislativa alla misura di sicurezza di cui in premessa e un buon funzionamento sull'intero territorio nazionale di un numero di Rems sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni per garantire interventi adeguati alle necessità di cura e a quelle di tutela della collettività.
(5-08056)

Interrogazione a risposta scritta:


   BILOTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 maggio 2022 il Garante delle persone private della libertà della regione Campania, in collaborazione con l'Osservatorio regionale sulla detenzione, illustrava presso il Consiglio regionale l'ultimo rapporto relativo all'anno 2021. Nei 15 istituti penitenziari campani per adulti e in quello militare di Santa Maria Capua Vetere al 31 dicembre 2021 è stata rilevata la presenza di 6747 detenuti, 971 in più del previsto e 320 in più rispetto al 2020 quando il numero si assestava a 6420;

   sempre nel 2022 sono stati 1189 gli atti di autolesionismo, 829 gli scioperi della fame o della sete, 3425 le infrazioni disciplinari, 6 i suicidi (9 nell'anno precedente) e 155 i tentativi di suicidio. «Non c'è stata una strage — ha affermato pubblicamente il garante — soltanto grazie al pronto intervento degli agenti di polizia penitenziaria e i suicidi che purtroppo si sono verificati hanno riguardato per lo più detenuti giovani in attesa di giudizio»;

   è palese che, anche a seguito dell'emergenza sanitaria, siano emersi con ancora più drammaticità i limiti delle strutture della Campania –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati e quali iniziative intenda assumere per finanziare nuovi interventi di edilizia penitenziaria nella regione Campania, in particolare nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno, afferente al circondario del tribunale di Lagonegro, privo di istituti di pena dopo la chiusura del carcere di Sala Consilina.
(4-12041)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PLANGGER e VILLAROSA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il Consorzio per le autostrade siciliane – di seguito Cas – è stato costituito nel 1997 dall'unificazione dei tre distinti Consorzi concessionari Anas operanti in Sicilia per la costruzione e gestione delle autostrade Messina Catania Siracusa, Messina Palermo e Siracusa Gela;

   come risulta dalla relazione sull'attività del Ministero relativa al 2017 l'attività di verifica e controllo dell'operato del Consorzio è proseguita e sono state contestate allo stesso le molteplici non conformità periodicamente rilevate sulle autostrade gestite. Nel gennaio 2013 era stata avviata un'ulteriore procedura di contestazione formale per mancati adempimenti, relativi al quinquennio 2009-2013, formalizzata poi il 4 dicembre 2014 con atto di diffida e messa in mora. In aggiunta a tale contestazione formale e per fatti successivi alla stessa, sono state avanzate ulteriori contestazioni per inadempimenti di natura tecnica e amministrativa, al 30 giugno 2014 (relativi al 20131), al 30 giugno 2015 (relativi al 2014), al 30 giugno 2016 (relativi all'anno 2015), al 30 giugno 2017 (relativi all'anno 2016) e al 30 giugno 2018 (relativi all'anno 2017) per gli inadempimenti alla vigente convenzione;

   negli ultimi anni sono diverse le indagini penali, contabili e i sequestri che hanno interessato direttamente l'ente per presunti sprechi di denaro pubblico, per omissione di manutenzione di strutture in rovina o per la mancanza adeguatezza dei sistemi di sicurezza e di manutenzione nei tratti autostradali in gestione;

   risultano essere comunque diverse le criticità sanate, interessate dal piano di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria presentato al Ministero, negli ultimi due - tre anni di gestione e pare che l'ente, anche grazie a fondi nazionali ed europei legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), stia provando a risolvere le varie annose problematiche causate da anni di gestioni discutibili rilanciando la propria attività;

   nonostante tutto sono ancora diversi i disservizi lungo le tratte autostradali che interessano i viaggiatori esposti a concreti rischi durante i loro viaggi ma anche interessati dal pagamento di pedaggi che, a giudizio dell'interrogante, potrebbero essere calmierati, se non sospesi, proprio per lo stato delle tratte in questione perennemente coinvolte in lavori e/o rallentamenti –:

   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti di cui in premessa, intenda adottare iniziative affinché venga garantita un adeguato livello di sicurezza ai viaggiatori e venga conseguentemente loro concessa, almeno per un periodo transitorio legato ai lavori che interessano le tratte autostradali, una sospensione dei pedaggi.
(5-08052)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta da un documento elaborato dall'Osservatorio delle associazioni europee di professionisti e imprese (Aepi), nell'ambito dei progetti elaborati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, in relazione agli obiettivi raggiunti dei progetti presentati, emerge un quadro ancora da definire, considerato che, se da un lato, alcuni traguardi risultano raggiunti, dall'altro invece si evidenziano gravi criticità legate ai ritardi dei progetti riferiti all'energia rinnovabile, l'idrogeno, la rete e la mobilità sostenibile;

   il suesposto documento rileva, al riguardo, come non siano ancora partite significative iniziative da parte del Governo, in merito ai predetti settori infrastrutturali e ambientali, a causa della mancanza di una visione d'insieme da parte dei Ministri interrogati e dell'assenza di un coordinamento in grado di accelerare gli interventi previsti per sostenere tali comparti;

   tal fine, l'interrogante evidenzia come, proprio con riferimento alla filiera dell'idrogeno, si evidenzino effettivamente numerose difficoltà derivanti da una carenza organizzativa, in relazione alle procedure informative nei riguardi delle imprese del settore, relative ai progetti previsti del Pnrr, (per lo sviluppo nel settore dei trasporti e del processo di decarbonizzazione), che appaiono spesso «sigillati» e che a volte subiscono imprevedibili accelerazioni che disorientano gli operatori del settore, i quali, non solo non sono coinvolti inizialmente, ma non ricevono neanche adeguate anticipazioni delle informazioni necessarie ai fini preparatori;

   l'interrogante rileva, altresì, come i ritardi per lo sviluppo della filiera dell'idrogeno verde si riscontrano in particolare, nell'utilizzo nei settori hard-to-abate, nell'ambito degli elettrolizzatori in grado di produrre idrogeno verde e nelle stazioni di rifornimento per i mezzi pesanti alimentati ad idrogeno verde;

   in tale scenario, risulta pertanto evidente, a parere dell'interrogante, oltre alle inefficienze organizzative e procedurali in precedenza richiamate, l'assenza di un coordinamento da parte dei Ministri interrogati, nelle strategie da adottare, al fine di rendere chiari ed efficienti i progetti previsti per sostenere lo sviluppo dell'idrogeno verde in Italia, la cui importanza è stata considerata da parte del Governo, non solo per la decarbonizzazione degli usi finali, ma anche come opportunità di sviluppo di una filiera italiana competitiva, valutato che in termini sostanziali i ritardi e le difficoltà, tuttora esistenti, non consentono concretamente alle imprese e agli operatori del settore in generale di competere in maniera efficiente ed efficace, rispetto agli altri partner europei –:

   quali orientamenti per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se non convengano sul fatto che le criticità in premessa richiamate, rischiano fortemente di rallentare le decisioni intraprese in ambito comunitario, riferite alle scadenze previste per l'erogazione dei fondi previsti di cui al Pnrr, sullo sviluppo dell'idrogeno verde e della mobilità sostenibile;

   quali siano gli avvisi pubblici di prossima pubblicazione, finalizzati allo sviluppo della filiera dell'idrogeno verde, elemento fondamentale nel processo di decarbonizzazione dell'industria, dei trasporti e del terziario;

   quali iniziative urgenti e indifferibili, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri interrogati intendano infine adottare, al fine di migliorare il quadro complessivo organizzativo, procedurale e informativo, relativamente ai progetti previsti dal Pnrr, in favore dell'idrogeno verde, anche attraverso un maggiore coinvolgimento degli operatori del settore, in grado di fornire un sostegno tecnico più attivo e puntuale e consentire pertanto al nostro Paese di raggiungere gli obiettivi prefissati e competere in un contesto europeo, in un settore altamente innovativo quale il mercato dell'idrogeno, attraverso nuove competenze e posti di lavoro.
(5-08048)


   BARBUTO, ASCARI, GRIPPA, PARENTELA e VILLANI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con Atto del Governo n. 241, sottoposto al parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 32 del 2019 (cosiddetto decreto sblocca cantieri), convertito con modificazioni dalla legge n. 55 del 2019, sono stati individuati, nell'allegato elenco 1, gli interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale, per la cui realizzazione o il cui completamento si è resa necessaria la nomina di uno o più Commissari straordinari, i cui nominativi sono stati indicati nell'allegato elenco 2;

   tra le opere commissariate è prevista, tra le altre, la realizzazione a Crotone, per un costo stimato di 31 milioni di euro, finanziati dall'articolo 1, comma 1072, della legge n. 205 del 2017, di un corpo di fabbrica per ospitare gli Uffici della Questura, della Polizia Stradale e della Polizia Postale, attualmente disseminati in città ed allocati in edifici privati detenuti a titolo oneroso;

   l'articolo n. 6 dell'Atto del Governo n. 364, apportando modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 aprile 2021, ha sostituito la nomina del Commissario Straordinario ingegnere Gianluca Ievolella, provveditore pro-tempore alle opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, poiché collocato in quiescenza, nominando quale nuovo Commissario straordinario l'ingegnere Tommaso Colabufo, provveditore alle opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria, per la realizzazione degli interventi riguardanti il centro polifunzionale «Bocca di Falco» di Palermo, il centro polifunzionale «Librino» di Catania, la caserma «Manganelli» di Reggio Calabria, il nuovo fabbricato della questura di Crotone e la riorganizzazione dei presidi di Reggio Calabria, consentendogli di assumere le funzioni di stazione appaltante, autorizzando l'apertura di apposite contabilità speciali per le spese di funzionamento e di realizzazione degli interventi previsti, consentendogli, altresì, di avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un supporto tecnico per lo svolgimento delle attività connesse alla realizzazione delle opere previste, per un importo pari a 200.000,00 euro annui, suscettibili di aumento, in ragione dell'anno di riferimento, del 50 per cento a carico del quadro economico dell'opera, previa autorizzazione della Direzione Generale per l'edilizia statale, le politiche abitative, la riqualificazione urbana e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sulla base di specifiche e motivate esigenze prospettate dal Commissario;

   nonostante sia trascorso oltre un anno dalla nomina del Commissario Straordinario e non siano emerse criticità per la realizzazione della questura di Crotone, non esiste ancora un cronoprogramma dei lavori;

   per come apparso nell'articolo di stampa pubblicato dal quotidiano «Verità&Affari» del 27 aprile 2022, delle 102 opere commissariate per sveltirne la realizzazione, una su dieci risulta bloccata per le complicate procedure burocratiche e le norme sull'impatto ambientale e in molti casi non esiste nemmeno un cronoprogramma dei lavori, mentre a volte la data stimata per le varie fasi di realizzazione non corrisponde a quella effettiva oppure le scadenze sono così a lungo termine che i lavori non sono mai stati iniziati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare affinché vengano superate le criticità che tutt'ora impediscono la celere realizzazione delle opere commissariate e in particolare la realizzazione della questura di Crotone.
(5-08054)

Interrogazione a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 31 agosto 2018 veniva presentata alla Camera l'interrogazione a risposta scritta n. 4-00987 avente per oggetto l'anomalia del pedaggio autostradale nella tratta Reggio Emilia-Bergamo;

   l'interrogazione evidenziava che il pedaggio autostradale tra Reggio Emilia e Bergamo ha un costo smisuratamente più elevato rispetto al tratto fino a Seriate, uscita lungo la A4 che dista solo 7 chilometri dal capoluogo orobico;

   il pedaggio Reggio Emilia-Bergamo, lungo la A1-A21-A4, per un totale di 180,3 chilometri ha un costo di 17,80 euro, mentre il tratto fino a Seriate, lungo il medesimo tragitto, per un totale di 173,7 chilometri prevede una tariffa di 13,20 euro;

   la medesima anomalia si registra tra i caselli di Terre di Canossa (Reggio Emilia) e Parma con una differenza costante di 5 euro tra l'uscita di Seriate e quella di Bergamo;

   il pedaggio tra Seriate e Bergamo ammonta a 0,60 euro;

   l'uscita di Bergamo ha un volume di traffico molto superiore rispetto a quella di Seriate;

   in un tragitto andata e ritorno, quindi, l'addebito maggiorato è di ben 10 euro, pari a quasi al 40 per cento in più, se si utilizza l'uscita di Bergamo rispetto a quella di Seriate;

   come emerso da notizie di stampa in occasione della presentazione dell'interrogazione del 2018, la tariffa viene calcolata su percorso più breve che prevede il passaggio sulla Tangenziale est esterna Milano (Teem), che però ha pedaggi più elevati, anche se in effetti si utilizza la A21 nel tratto Brescia-Cremona-Fiorenzuola, che però ha 7 chilometri in più rispetto all'altro tragitto;

   nei giorni scorsi sulla stampa bergamasca è stato nuovamente riportata la notizia del pedaggio anomalo;

   all'interrogazione del 2018 non è mai stata data risposta e, come pubblicato dalla stampa locale, l'anomalia è ancora in essere a danno degli utenti costretti a pagare il 40 per cento in più di una tariffa solo perché optano per il casello di Bergamo, distante nemmeno 7 chilometri da quello di Seriate –:

   se il Ministro interrogato ritenga di adottare iniziative nei confronti dei concessionari autostradali affinché finalmente vengano eliminate queste anomalie che ingannano gli utenti ormai da circa 7 anni, ovvero dall'apertura della Teem.
(4-12042)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   MENGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del 9 ottobre 2021, il Ministero dell'interno definiva le modalità di presentazione delle richieste di ammissione ai finanziamenti da parte dei comuni finalizzati a potenziare gli interventi in materia di sicurezza urbana;

   27 milioni di euro sono i fondi stanziati per l'anno 2021, 2078 sono le istanze pervenute dai comuni di tutta Italia e 416 i progetti che godranno del contributo statale per la realizzazione degli impianti di videosorveglianza;

   nonostante la graduatoria stilata per l'anno 2021 tenga conto della quota di riserva in favore dei comuni del Mezzogiorno, per ciò che concerne la provincia di Foggia, città della Puglia, il Comune di Peschici è il solo che beneficerà del contributo statale, diretto a sostenere gli oneri sopportati dalle amministrazioni municipali, per l'installazione dei sistemi previsti nell'ambito dei «Patti per la sicurezza urbana» sottoscritti tra i prefetti e i sindaci;

   ciò desta sconforto ma soprattutto «meraviglia» tra i cittadini della Capitanata, poiché solo pochi mesi fa la Ministra interrogata rimarcava a gran voce dalla prefettura di Foggia l'indispensabilità e la necessità di «sistemi di videosorveglianza ad alta definizione», quali strumenti atti a garantire la prevenzione e il contrasto di episodi criminosi che continuano a perpetrarsi in danno di un territorio noto sempre più spesso alla cronaca per l'escalation di criminalità e violenza;

   comuni sciolti per forme di ingerenza e condizionamenti da parte delle organizzazioni mafiose, omicidi tentati e consumati, agguati, attentati dinamitardi, furti, rapine, narcotraffico sono solo alcuni dei mali che attanagliano la Capitanata ma che non sono valsi all'accoglimento delle richieste dei comuni della Provincia di Foggia, nonostante tra i criteri di valutazione delle richieste individuati dall'articolo 6 del citato decreto ministeriale, alle lettere a), b) e c), rispettivamente, campeggino l'indice di delittuosità della provincia e del comune riferiti all'anno precedente e l'incidenza dei fenomeni di criminalità diffusa registrati nell'area urbana da sottoporre a vigilanza –:

   se il Ministro interrogato, in considerazione dell'esclusione di tanti comuni con un alto indice di delittuosità e criminalità ed in vista della procedura di selezione per l'anno 2022, non ritenga di adottare iniziative per ridefinire i criteri di valutazione delle richieste, inserendo tra i principali criteri attributivi di punteggio quelli di cui all'articolo 6, comma 3, lettera a) e b), del richiamato decreto, nonché prevedere una quota di riserva per i comuni del Mezzogiorno più ampia di quella del 2021.
(3-02947)


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i quotidiani hanno riportato la notizia di un sedicente imam che a Torino sarebbe stato condannato in primo grado per il reato di maltrattamenti in famiglia in particolare a danno della moglie;

   l'articolo 18-bis, comma 4-bis, del testo unico sull'immigrazione consente l'espulsione dello straniero condannato anche in via non definitiva per uno dei reati inclusi nel novero della violenza domestica;

   il soggetto in questione successivamente reperito e intervistato, avrebbe provato a giustificare alla trasmissione «Dritto e Rovescio» il proprio comportamento, rilasciando dichiarazioni sul trattamento della donna assolutamente incompatibili con il nostro ordinamento;

   il comportamento e l'episodio nel suo complesso risulta tanto più grave se si considera che il soggetto si vanta di un ruolo di guida spirituale della comunità mussulmana –:

   se il soggetto in questione sia cittadino italiano, in caso negativo se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per procedere con la sua espulsione, se risulti effettivamente essere imam, se in qualità di imam sia mai stato coinvolto direttamente o indirettamente in rapporti con la pubblica amministrazione.
(3-02949)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE CARLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'operazione denominata «Strade sicure» nasce, in prima battuta, dopo le tristi e note vicende del 1992 con lo scopo di offrire testimonianza e concreta azione di controllo del territorio e con la legge n. 125 del 2008 l'operazione «Strade sicure» ha previsto la possibilità di impiego dei militari «per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità(...) in aree metropolitane o densamente popolate»;

   le dichiarazioni del Ministro della difesa rilasciate in data 20 aprile 2022 ovvero: «Strade Sicure è un'esperienza che nasce da alcune situazioni specifiche. Non è e non può essere l'ordinarietà(...). Dobbiamo essere molto prudenti nel maneggiare questo strumento, che ha caratteristiche di sviluppo in relazione a situazioni particolari che il Paese sta vivendo. Il controllo del territorio e dell'ordine pubblico – ha aggiunto il Ministro – è compito delle forze dell'ordine»;

   l'impiego del personale in forze presso Strade Sicure è stato finalizzato con l'attività di prevenzione dei fenomeni di terrorismo dopo gli attentati jihadisti nelle capitali europee, e negli ultimi due anni nella gestione dell'emergenza da Covid-19;

   il Ministro stesso ha dichiarato: «se c'è bisogno di ulteriore e maggiore capacità di controllo del territorio, questo dev'essere colto con la capacità di incrementare i numeri delle forze di polizia sul territorio. Le forze armate fanno un altro lavoro, possono cooperare, ma non dobbiamo trasformare ciò che nasce da logica emergenziale a qualcosa di ordinario»;

   il contingente attualmente autorizzato dalla legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020, commi 1023-1024) è di: 7.050 unità fino al 30 giugno 2021; 6.000 unità dal 1o luglio 2021 al 30 giugno 2022; 5.000 unità dal 1o luglio 2022 al 31 dicembre 2022. La legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021 articolo 1, comma 620) ha prorogato l'impiego di quest'ultimo contingente di 5.000 unità dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023;

   c'è bisogno di ulteriore e maggiore capacità di controllo del territorio, questo dev'essere colto con la capacità di incrementare i numeri delle forze di polizia sul territorio;

   gli organici delle Forze di polizia continuano a essere in sofferenza con una carenza di personale che sfiora le 20.000 unità a fronte delle nuove assunzioni previste dal piano pluriennale 2018-2025, con l'organizzazione di concorsi pubblici per l'immissione di circa 5.000 poliziotti entro il 2025;

   in un momento storico in cui i cittadini chiedono maggiori tutele in termini di convivenza civile, la sicurezza diventa un aspetto estremamente importante anche a fronte dell'emergenza profughi provenienti dall'Ucraina e, soprattutto in Friuli Venezia Giulia, con la ripresa, particolarmente nei mesi primaverili ed estivi, del flusso migratorio proveniente dalla cosiddetta «Rotta Balcanica»;

   negli ultimi anni, al fine di fare fronte a tale flusso proveniente attraverso i Paesi della ex Jugoslavia, il Ministero dell'interno aveva aumentato il personale di controllo sul territorio della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia in capo all'Operazione Strade sicure;

   le assunzioni in Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco e Guardia di finanza previste dal «Milleproroghe» sono finalizzate, in dettaglio, alla copertura dei seguenti posti: Polizia – 1510 posti, Carabinieri – 1733 posti, Guardia di finanza – 1497 posti; Polizia penitenziaria – 793 posti; Vigili del fuoco – 766 posti –:

   quando ed in quale modo il Governo intenda colmare il deficit di presenze nell'organico delle Forze di polizia;

   quando ed in quale modo il Governo intenda supplire alla riduzione del numero dei militari impiegati nell'Operazione «Strade sicure»;

   di quante unità verrà ridotta la presenza nel territorio del Friuli Venezia Giulia;

   come il Governo intenda operare al fine di garantire la sicurezza di tutti i cittadini.
(4-12027)


   FURGIUELE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la ormai celeberrima riforma cosiddetta «Delrio» ha rivisto profondamente ruolo ed organizzazione delle province individuando alcune funzioni fondamentali, tra cui la gestione dell'edilizia scolastica delle medie superiori, la costruzione e gestione delle strade provinciali, nonché una serie di altri compiti finanziariamente gravosi tra i quali la pianificazione territoriale di coordinamento, la tutela e valorizzazione dell'ambiente, la pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, l'assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali e le funzioni di stazione appaltante e l'organizzazione di concorsi e procedure selettive;

   le province, tuttavia, non sono state messe finanziariamente in grado di fare fronte a tutte queste funzioni; secondo i dati dell'Upi la manovra del 2014 ha tagliato 3 miliardi di euro di finanziamenti nel triennio 2015-17 e del 50 per cento il personale delle 76 province;

   tale situazione ha portato negli ultimi anni a situazioni di dissesto o predissesto in numerosissime province su tutto il territorio nazionale, da nord a sud;

   stando ai dati forniti dal Ministero dell'interno, su 7.904 enti, ad oggi, sono 120 i comuni e le province italiane in dissesto finanziario, mentre 266 sono quelli in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, per una percentuale degli enti in sofferenza finanziaria pari al 4,88 per cento del totale;

   il caso della Calabria, come emerge anche dai dati, è particolarmente delicato: la situazione in alcune aree è talmente grave che le pubbliche amministrazioni faticano anche a pagare gli stipendi dei dipendenti;

   il contesto della provincia di Catanzaro merita un'attenzione particolare: sebbene essa abbia messo in campo un piano di riequilibrio e si stia dimostrando affidabile, non è stata in grado di pagare a molti dipendenti lo stipendio di aprile;

   il 2 maggio 2022 il Consiglio dei ministri ha stanziato 30 milioni di euro per il 2022 e 15 milioni di euro per il 2023 per favorire il riequilibrio finanziario delle province e delle città metropolitane in procedura di riequilibrio o in dissesto finanziario;

   tale intervento, sebbene utile, non è sufficiente né tanto meno risolutivo per stabilizzare la grave situazione di precarietà finanziaria di molte province, tra cui quella di Catanzaro che si trova in una situazione eccezionale anche rispetto alle altre province in sofferenza finanziaria e che, tuttavia, ha dimostrato un atteggiamento responsabile nell'affrontare la procedura di rientro;

   sulla provincia di Catanzaro gravano tuttora mutui per circa 210 milioni di euro, senza contare i contratti di swap che pesano per altri 50 milioni di euro; si tratta di una massa debitoria eccezionale che il piano di riequilibrio non può governare senza un aiuto consistente dall'esterno;

   per la provincia di Catanzaro il palliativo approvato dal Governo il 2 maggio 2022 dovrebbe essere accompagnato, a parere dell'interrogante, da altre e più consistenti misure finanziarie di sostegno, quali, ad esempio, lo sblocco dei 2,5 milioni di euro di debiti arretrati per l'anno 2021, come suggerito dal prefetto di Catanzaro Maria Teresa Cucinotta –:

   se il Governo non ritenga di dover intervenire per assicurare in via ordinaria alle province adeguate risorse finanziarie, strumentali e umane;

   quali ulteriori iniziative il Governo voglia adottare per sostenere la procedura di riequilibrio finanziario delle province e, in particolare, della provincia di Catanzaro;

   se il Governo non ritenga, infine, alla luce della delicatezza della situazione della provincia di Catanzaro, di dover riservare a quest'ultima una quota più alta rispetto agli altri enti di area vasta nella somma stanziata nel Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2022.
(4-12033)


   SURIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del Prefetto di Roma datato 1° aprile 2022, è stato redatto un elenco comprendente n. 29 stabili occupati, oggetto di sgombero;

   in gran parte, gli immobili sono occupati abusivamente da nuclei familiari e da persone singole che versano in condizioni tali da non consentire altra e diversa soluzione abitativa, né poter provvedere al pagamento di canoni di locazione nell'ambito del mercato immobiliare privato;

   il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 1879/2022 relativa alla richiesta di sgombero di uno degli immobili di cui all'elenco Prefettizio – quello sito in V.le delle Province –, nella parte della motivazione in diritto, ha statuito che «il Prefetto di Roma non può dare esecuzione allo sgombero in assenza di contestuali azioni di tutela delle fragilità economico sociali degli occupanti, alla cui realizzazione sono chiamate Regione Lazio e Roma Capitale», ed ancora che «gli ostacoli che si frappongono all'esecuzione degli sgomberi non rispondono al profilo strettamente tecnico dell'impiego delle forze di polizia, (...) bensì ai contestuali indispensabili interventi di assistenza abitativa, dai quali non è possibile prescindere»;

   la motivazione della citata sentenza ha carattere generale ed i principi enunciati sono estensibili a tutte le analoghe occupazioni abusive per il soddisfacimento dell'esigenza abitativa;

   il diritto all'abitazione è un diritto fondamentale di ciascun individuo, riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nella Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, all'articolo 31, e nel Trattato di Lisbona, all'articolo 34, e previsto indirettamente anche dalla nostra Costituzione, che all'articolo 47, secondo periodo, stabilisce che «la Repubblica favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione», la cui finalità può essere realizzata tramite agevolazioni economiche, in particolar modo nei confronti degli indigenti;

   è elevatissimo il numero di persone in attesa di assegnazione di un alloggio popolare e numerosissimi sono gli sfratti in corso di esecuzione, a seguito dei quali moltissime persone, a causa della crisi economica e della precarietà reddituale, non potranno reperire altra e diversa abitazione –:

   quali iniziative, per quanto di competenza del Ministro dell'interno, si intendano assumere, al fine di adottare ogni provvedimento necessario alla sospensione dei provvedimenti di sgombero, se non preceduti da idonei provvedimenti di collocazione abitativa adeguata, a favore dei nuclei familiari e di tutte le persone attualmente abitanti negli immobili in oggetto;

   quali iniziative, per quanto di competenza del Ministro delle infrastrutture, si intendano assumere, al fine di predisporre e destinare fondi per la costruzione o il recupero di alloggi da assegnare ai soggetti di cui in premessa, di garantire loro una soluzione abitativa adeguata, eventualmente destinando una parte delle risorse derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza a favore dell'edilizia popolare, nonché il passaggio da casa a casa a tutti coloro che sono soggetti all'esecuzione di sfratti e sgomberi.
(4-12035)


   VITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Rieti ha nei giorni scorsi concluso una pubblica manifestazione con il motto «Boia chi molla»;

   la pronuncia di tale frase da parte di un primo cittadino appare incompatibile con il suo dovere di rappresentare i sentimenti e i valori democratici, antifascisti e di legalità –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere rispetto al grave episodio in premessa.
(4-12038)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ha del vergognoso l'esibizione della band P-38-La Gang nel circolo Arci Tunnel di Reggio Emilia 1° maggio 2022, i cui testi musicali deliranti inneggiavano alle Brigate rosse, con tanto di bandiera con la stella asimmetrica a cinque punte esposta;

   le parole più dolorose sono state quelle di chi ha «conosciuto» le Nuove Brigate Rosse da bambino, Lorenzo Biagi, che ha scritto sulla sua pagina social: «Le cose più schifose a mio parere sono due: la prima è che il titolare di questo locale che li ha invitati li ha pure difesi in seguito alla loro esibizione (in tre col passamontagna per cercare di non farsi riconoscere), dicendo che è “solo” una provocazione. La seconda cosa schifosa è che non è la prima volta che questo “gruppo” viene invitato nei locali ad esibirsi»;

   Lorenzo è il figlio del giuslavorista e docente all'Università di Modena e Reggio, Marco Biagi, assassinato il 19 marzo 2002 dalle Nuove Brigate Rosse sotto casa, a Bologna;

   sull'esibizione del gruppo, che sulla propria pagina Facebook si definisce «collettivo musicale artistico insurrezionale», anche le forze dell'ordine hanno avviato accertamenti, su disposizione dell'autorità giudiziaria per l'ipotesi di reato di apologia del terrorismo;

   il presidente di Arci Tunnel, il locale dove si è svolto il concerto, ha vergognosamente minimizzato l'accaduto, parlando di semplice «provocazione e dissacrazione», mentre l'Arci provinciale ha preso le distanze dall'esibizione: «La stagione degli anni di piombo e dei suoi protagonisti rappresenta una delle pagine più buie della storia del nostro Paese e la sua condanna, di qualunque colore sia, non prevede se e ma»;

   non c'è provocazione o esibizione artistica che possa legittimare questo tipo di messaggio, nella totale mancanza di rispetto verso i familiari e le vittime barbaramente uccise dai brigatisti, riportandoci tristemente indietro negli anni bui del terrorismo rosso, rosso perché ideologicamente ispirato al comunismo e rosso come il sangue che quel metodo ha fatto scorrere;

   su una delle pagine più buie della nostra storia, che ancora fa male, non si può permettere di fare ironia, né si possono tollerare canzoni che evocano il passato buio degli Anni di piombo, ridicolizzando il rapimento e l'esecuzione di Aldo Moro fino a esaltare la violenza;

   nei testi del gruppo rap «P38-La Gang», un nome già di per sé tristemente evocativo, c'è un armamentario ideologico trasformato in ritornelli agghiaccianti, se non in vera e propria esaltazione delle Brigate Rosse, come recitano i loro testi musicali: "Zitto zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4", e ancora: «Di auto ne nascono molte, ma poche per la soddisfazione e la simpatia che suscitano in chi la scelse, sono capaci di vivere tanti anni da entrare nel quotidiano. Per questo P38 si affida alla Renault4», ma anche «Piazzo una carica dentro al Senato. Scappo veloce fra resto basso» –:

   accertata la veridicità e gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali immediate iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere a riguardo, a fini di prevenzione e contrasto di ogni forma di apologia del terrorismo, e anche al fine di valutare se sussistano i presupposti per l'applicazione della legge 25 giugno 1993, n. 205, cosiddetta Legge Mancino.
(4-12040)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   MONTARULI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   a distanza di poco tempo gli organi di stampa hanno riportato due casi gravissimi nei quali bambini con disabilità sarebbero stati oggetto di scherno, derisione, isolamento da parte delle maestre delle scuole frequentate, rispettivamente a Roma e Torino;

   gli episodi sono ad avviso dell'interrogante di una gravità inaudita in considerazione proprio della disabilità dei minori e del ruolo di inclusione e di tutela dei diritti che la scuola tramite gli insegnanti dovrebbe interpretare;

   sebbene i casi siano minoritari, è evidente come l'analogia dei comportamenti a poco periodo di distanza sia quantomeno un campanello d'allarme circa l'effettivo trattamento dei bambini disabili da parte di alcuni insegnanti che con il proprio inammissibile comportamento vanno a vanificare il lavoro di tanti docenti che con passione e costanza si occupano dei propri alunni;

   in ogni caso, anche solo davanti un singolo episodio, è doverosa da parte delle istituzioni una presa di posizione netta di condanna e al contempo l'adozione di misure quanto più efficaci per garantire allo studente disabile ogni diritto ivi incluso quello di avere docenti idonei –:

   quali urgenti iniziative siano state assunte circa gli insegnanti coinvolti negli incresciosi episodi riportati in premessa, quale sia l'esito delle stesse, quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire, a tutela dei minori e delle loro famiglie, istruzione e inclusione e quali iniziative, in ottica anche di prevenzione, intenda adottare nei confronti del corpo docente per un'adeguata formazione nei confronti delle disabilità.
(3-02950)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   alcuni organi di informazione hanno dato la notizia secondo la quale alcuni uffici scolastici regionali avrebbero inviato note e circolari per istruire gli istituti scolastici sulle modalità e le regole da adottare circa la gestione del personale scolastico con certificato verde Covid-19 da guarigione, ma con ciclo vaccinale incompleto o non iniziato;

   in particolare, il sito di informazione per il personale della scuola «Orizzonte scuola» ha diffuso la notizia che «L'USR Marche, con la nota n. 9653, dà indicazioni sulla gestione del personale scolastico con certificato verde COVID-19 da guarigione»;

   nell'articolo vengono riportati alcuni stralci della nota dell'ufficio scolastico, dove sono fornite indicazioni secondo le quali «Il personale scolastico, che ottiene il certificato verde a seguito di guarigione da Covid-19, risulterà inadempiente agli obblighi trascorsi 90 giorni, dalla data di certificazione di positività, nel caso in cui non abbia ricevuto alcuna dose di vaccino o nel caso in cui abbia contratto l'infezione entro 14 giorni dalla somministrazione di una dose di vaccino»;

   per quanto riguarda il «personale che abbia concluso il ciclo vaccinale primario, l'inadempienza all'obbligo vaccinale si configura decorsi 120 giorni dalla data del test diagnostico positivo»;

   viene precisato che «Decorsi tali termini il personale scolastico sarà considerato inadempiente e, qualora docente, non potrà prestare servizio a contatto con gli alunni dovendosi adottare provvedimento di impiego in mansioni alternative, con decorrenza immediata»;

   nell'articolo si osserva che questa disposizione contrasterebbe con le disposizioni di legge, visto «che, per il Ministero della salute, la validità del green pass attribuito ai docenti non vaccinati guariti dal Covid è, allo stato attuale della normativa, di 6 mesi (180 giorni)»;

   le disposizioni dell'ufficio scolastico, secondo quanto si legge nella nota pubblicata sul sito di Orizzontescuola, «traggono origine dal combinato disposto dal comma 3 dell'articolo 4-ter del decreto-legge n. 44 del 2021 e dal comma 5 dell'articolo 4 del medesimo decreto-legge n. 44 del 2021 congiuntamente alla lettura della nota del Ministero della salute rivolta alle federazioni dei lavoratori della sanità che chiarisce i dubbi interpretativi sul punto»;

   è il caso di osservare che le citate disposizioni di legge sono specificatamente rivolte al personale della sanità, pertanto l'Ufficio scolastico regionale avrebbe tratto la regola di comportamento da una disposizione rivolta a un ambito funzionale, amministrativo e professionale diverso, compiendo in questo modo un'analogia che risulterebbe a giudizio dell'interrogante del tutto arbitraria e non accettabile visto anche il carattere sanzionatorio delle disposizioni sull'obbligo vaccinale e sul cosiddetto green pass, che, comportando limitazioni a diritti costituzionalmente garantiti, necessiterebbero di specifiche e puntuali disposizioni di legge;

   lo stesso Ministero dell'istruzione, in una nota esplicativa del 1° aprile 2022, non ha fornito indicazioni temporali sulla validità del certificato verde, ma ha ribadito che «In ogni caso, per tutti l'accesso alle strutture scolastiche è subordinato, fino al 30 aprile 2022, al possesso del green pass base ed è consentito, fino al 15 giugno 2022, lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni soltanto al personale docente ed educativo non inadempiente con l'obbligo vaccinale, che risulti quindi in possesso di green pass rafforzato, nonché ai soggetti esentati dalla vaccinazione»;

   appare necessario una pronunciamento urgente del Ministero, al fine di evitare interpretazioni che, oltre a risultare inappropriate, potrebbero determinare inaccettabili situazioni di discriminazione e demansionamento dei lavoratori della scuola –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative di competenza, anche di natura normativa, volte a chiarire che la validità del green pass attribuito al personale scolastico con certificato verde Covid-19 da guarigione ai docenti non vaccinati guariti dal Covid-19 è di 6 mesi, al fine di evitare diversità di trattamento, oltre a forme di discriminazione e demansionamento del personale scolastico.
(5-08049)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si è appreso che, in una scuola secondaria di secondo grado della Provincia di Forlì-Cesena, la lezione di un docente di letteratura è stata annullata a seguito della richiesta di due alunni musulmani di non procedere all'ascolto di alcuni brani musicali di supporto poiché, ricadendo periodo di Ramadan, l'ascolto di musica sarebbe loro vietato;

   la scelta di integrare la lezione di letteratura con musica consisterebbe in una scelta didattica compiuta nella piena e legittima autonomia formativa del docente;

   da quanto si apprende, il docente si è quindi rivolto al dirigente scolastico per avere indicazioni su come comportarsi. Il dirigente, a sua volta, avrebbe deciso di demandare la decisione se svolgere la lezione con ascolto di musica alla volontà dei genitori, ritenendo di non disporre di una attività didattica alternativa per i due studenti di fede islamica per non «discriminarli»;

   risulta così all'interrogante che la lezione non si sia tenuta, evidentemente in ragione di un riscontro negativo dei genitori, compiendo così di fatto una discriminazione ai danni della maggioranza degli studenti i quali non hanno potuto sostenere la lezione come il docente l'aveva pensata in ragione di un non meglio precisato principio di non discriminazione che la dirigente scolastica avrebbe ritenuto di perseguire, evidentemente confusa e poco preparata sui principi giuridici, ordinamentali nonché costituzionali che delineano la funzione della scuola in Italia;

   a ragione dell'interrogante, ammesso e non concesso che debba essere oggetto di condizionamento didattico l'osservanza da parte di studenti islamici del periodo di ramadan e sempre ammesso e non concesso che davvero in questo periodo particolare sia effettivamente precluso l'ascolto di musica agli islamici, è finanche banale evidenziare come sarebbe stato sufficiente disporre per questi studenti una attività didattica alternativa consentendo così lo svolgimento della lezione come pensata dal professore;

   senza qui soffermarsi sulla basilare considerazione che nella scuola italiana dovrebbero essere insegnati, pure ai fini di una piena ed effettiva integrazione, gli usi e i costumi della nostra Nazione –:

   se si intendano assumere iniziative di competenza per tutelare il diritto e il dovere degli studenti di seguire le lezioni come decise dai docenti nell'esercizio della piena ed effettiva tutela dei principi di laicità dello Stato e dell'autonomia scolastica prevista dal nostro ordinamento;

   se e quali ulteriori iniziative intenda assumere a riguardo.
(4-12036)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SIRAGUSA, DORI, ROMANIELLO, PAOLO NICOLÒ ROMANO e MENGA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 224-bis del cosiddetto «decreto Rilancio», pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel luglio 2021, il legislatore ha istituito il «Sistema di qualità nazionale per il benessere animale» (SQNBA); tale Sistema prevede – per gli operatori che, su base volontaria, decidano di aderirvi – un impegno ad osservare «requisiti di salute e di benessere animale superiori a quelli delle pertinenti norme europee e nazionali». Il progetto vedrà il suo avvio a seguito dell'emanazione di uno o più decreti dei Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e della salute, previa intesa presso la Conferenza Stato-regioni;

   come rilevato dalla «Coalizione contro le #BugielnEtichetta» (di cui fanno parte svariate associazioni non governative, tra le quali Animalisti Italiani, Animal Law Italia, Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Greenpeace, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, The Good Lobby) tra i prodotti di origine animale che rispetterebbero i requisiti fissati dalla bozza di decreto interministeriale, figurerebbero però anche «tutti i prodotti provenienti da scrofe in gabbia e suini che hanno subito il taglio della coda». Riceverebbero quindi una certificazione che prevederebbe di etichettare con il claim «benessere animale» anche pratiche che violerebbero «disposizioni contenute nella direttiva europea di protezione dei suini se effettuata in via sistematica». Inoltre, la certificazione prenderebbe in considerazione solo gli ultimi mesi di vita degli animali;

   è sempre la Coalizione, inoltre, ad osservare come «tale certificazione garantirebbe priorità di accesso ai fondi PAC e PNRR, favorendo ancora una volta gli allevamenti di tipo intensivo, invece che stimolare la transizione verso sistemi più sostenibili». Ma non solo: verrebbe tradita «la fiducia dei consumatori, poiché non fornisce loro informazioni chiare e trasparenti sul metodo di allevamento degli animali, risultando al contrario estremamente ingannevole»; il consumatore, inoltre, si troverebbe paradossalmente a dover «pagare di più per prodotti ottenuti con metodi di allevamento intensivo, esattamente gli stessi di oggi»;

   le associazioni menzionate propongono quindi la revisione del decreto in alcuni punti ritenuti essenziali, quali «l'introduzione di almeno cinque livelli diversificati per ogni specie, chiaramente visibili in etichetta; la cancellazione dei riferimenti alla diminuzione delle emissioni di gas serra nella definizione di benessere animale – azione importante e necessaria ma del tutto scollegata da questa certificazione; la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale» –:

   se i Ministri interrogati abbiano intenzione di modificare l'attuale schema di decreto, al fine di impedire che alcuni prodotti di origine animale, ottenuti attraverso pratiche tra le più crudeli dell'industria alimentare, possano fregiarsi di un'etichettatura impropria, quale è quella prevista dal suddetto Sistema Sqnba («benessere animale»); istituendo quindi un sistema di certificazione trasparente e all'avanguardia che preveda controlli regolari, da effettuarsi senza preavviso, alle strutture aderenti al medesimo.
(4-12030)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   Zolgensma è un medicinale di terapia genica per il trattamento dell'atrofia muscolare spinale. È indicato in pazienti con mutazioni ereditarie a carico di geni noti come SMN1, cui è stata diagnosticata l'atrofia muscolare spinale di tipo 1 o hanno fino a 3 copie di un altro gene noto come SMN2. L'atrofia muscolare spinale è rara e Zolgensma è stato qualificato come «medicinale orfano» il 19 giugno 2015;

   Zolgensma è tra i farmaci più costosi al mondo e, secondo fondi di stampa, il suo prezzo sarebbe di circa 2 milioni di dollari per singolo trattamento;

   secondo l'Ema, lo studio principale di Zolgensma mostra che una singola infusione può migliorare la sopravvivenza dei pazienti e può aiutare a raggiungere importanti tappe nello sviluppo;

   in data 18 maggio 2020, la Commissione europea ha formalizzato la decisione dell'Ema di concedere un'autorizzazione (cosiddetta Cma ovvero subordinata a condizioni) per il farmaco Zolgensma per il trattamento dei pazienti con atrofia muscolare spinale (Sma) 5q con una mutazione biallelica nel gene SMN1 e una diagnosi clinica di Sma tipo 1, oppure dei pazienti con Sma 5q con una mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a 3 copie del gene SMN2;

   secondo quanto si evince dall'Epar relativo al farmaco Zolgensma approvato dall'Ema, e in particolare nel paragrafo relativo alla posologia, il farmaco risulterebbe «raccomandato per pazienti con peso compreso tra 2,6 chilogrammi e 21,0 chilogrammi»;

   con determina 12 novembre 2020, l'Aifa ha inserito il medicinale Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi 6 mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a 2 copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA 1);

   secondo fonti di stampa, sono da tempo in corso proteste da parte di genitori di alcuni bambini con SMAI che hanno superato i primi 6 mesi di vita e che non avrebbero dunque diritto alla somministrazione del farmaco. I genitori si lamentano del fatto che in altri Paesi del mondo, così come riportano alcune fonti di stampa, il farmaco si somministra tenendo conto del parametro del peso (entro i 21 chilogrammi) e non dell'età del bambino;

   da fonti di stampa si apprende infatti che «...il SSN al momento se ne fa carico solo per i neonati che non abbiano superato il sesto mese. Diverso lo scenario negli Stati Uniti e in Europa, dove si raggiunge una platea più ampia grazie a un criterio che valuta il peso del bambino da curare, che deve rientrare nei 21 chilogrammi...»;

   secondo un comunicato della Avexis che produce il farmaco, infatti, pare che la Commissione europea abbia «... concesso l'approvazione condizionale per Zolgensma ... L'approvazione copre neonati e bambini piccoli con SMA fino a 21 chilogrammi secondo la posologia approvata» –:

   se i fatti esposti in premessa trovino conferma e, in caso affermativo:

    a) quali siano le motivazioni sottese alla scelta di somministrare il farmaco solo entro i primi sei mesi di vita;

    b) se la somministrazione del farmaco oltre i 6 mesi di vita ed entro i 21 chilogrammi, così come da posologia approvata dall'Ema, sia possibile ed efficace e, se così fosse, quali iniziative di tipo normativo e urgenti intenda adottare per consentire la somministrazione del medicinale ai pazienti che risultino in condizioni di poterlo ricevere;

    c) qualora la somministrazione del farmaco non risulti efficace e possibile entro i 21 chilogrammi, se intenda indicarne le motivazioni.
(3-02943)


   MANDELLI e BAGNASCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'atrofia muscolare spinale (Sma) è una malattia genetica rara causata da una mutazione nel gene di sopravvivenza del motoneurone 1 (Smn1); il gene codifica per la proteina del motoneurone di sopravvivenza (Smn), una proteina presente in tutto il corpo, fondamentale per il mantenimento e la funzione di cellule nervose specializzate, chiamate motoneuroni; i motoneuroni nel cervello e nel midollo spinale controllano il movimento muscolare in tutto il corpo; se non c'è abbastanza proteina Smn funzionale, i motoneuroni muoiono, portando a debolezza muscolare debilitante e spesso fatale; la Sma causata da mutazioni nel gene Smn1 è generalmente classificata in diversi sottotipi, in base all'età di insorgenza e alla gravità;

   la Sma ad esordio infantile è il sottotipo più grave e più comune; i bambini con questa condizione hanno problemi a tenere la testa alta, deglutire e respirare e la maggior parte dei bambini con questa malattia non sopravvive dopo la prima infanzia a causa di insufficienza respiratoria;

   il 24 maggio 2019, la Food and Drug Administration (Fda) statunitense ha approvato Zolgensma (onasemnogene abeparvovec), la prima terapia genica approvata per il trattamento di bambini di età inferiore a due anni con atrofia muscolare spinale (Sma), la forma più grave di Sma e una delle principali cause genetiche di mortalità infantile;

   Zolgensma è una terapia genica basata su vettori di virus adeno-associati che ha come obiettivo quello di incidere sulla causa della Sma; il vettore fornisce una copia completamente funzionale del gene Smn umano nelle cellule dei motoneuroni bersaglio; una somministrazione endovenosa una tantum di Zolgensma provoca l'espressione della proteina Smn nei neuroni motori di un bambino, che migliora il movimento e la funzione muscolare e la sopravvivenza di un bambino con Sma; il dosaggio è determinato in base al peso del paziente;

   lo studio principale su Zolgensma ha dimostrato che una singola infusione può migliorare la sopravvivenza in questi pazienti e ridurre la necessità di respirare con un ventilatore permanente; può anche aiutarli a raggiungere traguardi di sviluppo;

   per quanto riguarda la sua sicurezza, gli effetti collaterali di Zolgensma sono considerati gestibili; l'effetto indesiderato più comune nello studio, l'aumento degli enzimi epatici, si è risolto dopo il trattamento con uno steroide;

   per tali ragioni l'Agenzia europea per i medicinali (Ema), il 18 maggio 2020, ha autorizzato l'immissione in commercio condizionata del farmaco Zolgensma, non prevedendo limiti di età;

   l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), con determina del 12 novembre 2020, ha inserito onasemnogene abeparvovec nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge del 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione bi-allelica del gene Smn1 e fino a 2 copie del gene Smn2) o diagnosi clinica di Sma di tipo 1; la terapia genica per la Sma rappresenta una svolta radicale per la patologia: è infatti concepita per affrontare la causa genetica della malattia, agisce sostituendo la funzione del gene mancante o non funzionante Smn1 e si somministra una sola volta nella vita del paziente per via endovenosa;

   sono stati segnalati casi di bambini a cui è stato negato l'accesso al farmaco perché avevano superato i sei mesi di vita, a volte anche solo da pochi giorni –:

   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere, al fine dell'ampliamento dei criteri per l'accesso alla terapia genica per l'atrofia muscolare spinale, ad oggi in Italia negata ai bimbi che hanno più di 6 mesi di vita.
(3-02946)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   tra le malattie rare riconosciute dal Servizio sanitario nazionale vi è la beta talassemia, una malattia ereditaria del sangue, caratterizzata da un'anemia cronica dovuta alla sintesi ridotta o assente di catene di beta-polipeptidi. L'assenza o riduzione delle catene di beta-globina si traduce in una ridotta produzione di emoglobina A, proteina responsabile del trasporto di ossigeno attraverso tutto l'organismo;

   in Italia, vi sono oltre 5.000 persone affette da talassemia trasfusione-dipendente, ovvero la forma più grave di questa malattia, che causa una ridotta o totale assenza di emoglobina, costringendo i pazienti a sottoporsi a continue trasfusioni, la cui cura ad oggi disponibile consiste nel trapianto di midollo osseo;

   la Rete clinico-assistenziale rappresenta un modello organizzativo che assicura la presa in carico del paziente, ponendo in relazione professionisti, strutture e servizi che erogano interventi sanitari e sociosanitari di tipologia e livelli diversi, nel rispetto della continuità e dell'appropriatezza clinica e organizzativa;

   l'articolo 1, comma 437, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha previsto l'istituzione, da parte del Ministero della salute, con decreto da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge e con lo stanziamento di risorse economiche apposite, della Rete nazionale della talassemia e delle emoglobinopatie, oltre all'adozione di linee guida specifiche per la corretta applicazione dei protocolli terapeutici e dei percorsi di assistenza;

   a luglio 2020, il Ministro della Salute firmava la proposta di decreto ministeriale per l'istituzione della Rete nazionale della talassemia e delle emoglobinopatie, su iniziativa anche delle associazioni di pazienti;

   la proposta di decreto prevede l'articolazione delle Rete secondo il modello hub and spoke, con l'individuazione di un Centro di coordinamento regionale o provinciale per il collegamento funzionale dei presidi della Rete e un Tavolo di lavoro permanente istituto presso il Ministero della Salute, costituito da rappresentanti del medesimo Ministero, dell'Istituto Superiore di Sanità, del Centro nazionale sangue, dell'Agenas, oltre che dai Referenti Regionali, da esperti e rappresentanti delle società scientifiche di riferimento e della Federazione nazionale delle associazioni dei pazienti;

   in un recente atto di sindacato ispettivo il Ministero della salute ha affermato che «All'esito del confronto regionale ed in particolare a talune osservazioni formulate dalle regioni in merito allo schema di decreto, si è reso necessario un supplemento di attività istruttoria, volto ad individuare una soluzione praticabile ai fini del perfezionamento dell'iter per l'adozione del provvedimento»;

   il raggiungimento di un'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale costituirebbero un primo passo fondamentale per avviare i lavori di realizzazione della Rete nazionale della talassemia e delle emoglobinopatie e i pazienti attendono con impazienza la costituzione di un modello organizzativo che assicuri una migliore presa in carico ed un'assistenza territoriale più omogenea –:

   se si intendano intraprendere iniziative per la tempestiva adozione e pubblicazione del decreto, a beneficio dei pazienti affetti da beta talassemia ed emoglobinopatie, e se si intenda valutare lo stanziamento di ulteriori risorse per l'istituzione della Rete nazionale della talassemia e delle emoglobinopatie, in linea con quanto fatto per il triennio 2018-2020, ai sensi dell'articolo 1, comma 438, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
(5-08050)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'UVA e PAPIRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa locali raccontano la storia di un bambino di 6 anni di Milazzo, affetto da atrofia muscolare spinale di tipo 1, purtroppo la forma più aggressiva di questa malattia, giacché nel tempo comporta le progressiva perdita di funzioni fondamentali per la vita;

   l'unica speranza di sopravvivenza per questo bambino e di altri con lo stesso problema è l'assunzione di un farmaco molto costoso (circa 2.100.000 dollari), di terapia genica, lo Zolgensma, prodotto da AveXis, società del gruppo Novartis e approvato nel 2019 dalla Food and drug administration statunitense (FDA). La terapia prevede una sola dose in grado di curare in maniera definitiva questa patologia letale;

   lo Zolgensma, in Italia, è concesso gratuitamente solo a bambini fino ai 6 mesi, nonostante il 19 maggio 2020 la sua somministrazione sia stata autorizzata dalla Commissione europea per bambini fino al secondo anno di età ed entro i 21 chilogrammi. In alcuni Stati europei, quali la Germania, già si prevede tale fornitura gratuita fino al suddetto range di età;

   alcuni colleghi del Movimento 5 stelle già da tempo si sono impegnati con la presentazione di interrogazioni al Ministero della salute e attraverso interlocuzioni con l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per ottenere in tempi brevi l'estensione alla fornitura gratuita ai bambini fino a 21 chilogrammi di peso, di questo farmaco, evidenziamo, unica cura genica al mondo per fronteggiare la Sma di tipo 1;

   si sa che il Ministero della salute e l'Aifa stanno lavorando per mettersi alla pari con gli altri Paesi europei, ma è necessario arrivare a questo traguardo con maggiore velocità, considerando che questo bambino di Milazzo, Luca, si sta avvicinando al peso massimo e rischia a breve di non rientrare più nei criteri previsti per l'efficacia del farmaco;

   nel frattempo la famiglia ha lanciato una raccolta fondi presso la società civile per l'acquisto in forma privata dello Zolgensma, ma sarebbe giusto in uno Stato di diritto, in cui la salute è un bene tutelato a livello costituzionale, che fosse il servizio sanitario nazionale a salvare la vita di questo giovane cittadino e di tanti altri bambini nelle sue medesime condizioni –:

   se il Ministro interrogato, ritenga di attivare tutte le iniziative di competenza al fine di pervenire rapidamente alla somministrazione gratuita del farmaco per la cura della Sma di tipo 1, a bambini fino a 21 chilogrammi di peso, allineando così la disciplina italiana a quanto già previsto da altri Paesi europei, autorevoli in campo medico e scientifico.
(4-12026)


   ROBERTO ROSSINI e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la continuità assistenziale è organizzata nell'ambito della programmazione regionale ed è strutturata a livello locale dall'azienda competente per territorio;

   la legge regionale 30 ottobre 1998, n. 36, della regione Marche, avente ad oggetto il «Sistema di emergenza sanitaria», all'articolo 12, disciplina il servizio di continuità assistenziale;

   il servizio di continuità assistenziale, grazie alla figura della guardia medica, garantisce l'assistenza medica di base sui territori per i problemi di salute che si verificano al di fuori degli orari di attività del medico di base, ruolo fondamentale specialmente nelle aree marginali;

   ormai da mesi i servizi di guardia medica nell'area vasta 1 non sono più garantiti con regolarità per una carenza sempre più grave di medici nelle postazioni;

   dopo la chiusura delle postazioni di Vallefoglia, Gabicce-Gradara, Pesaro, Mondavio, Cagli, da marzo sono a rischio di chiusura anche le guardie mediche di Fano e Mondolfo, dove dal 1o marzo sono passati da 13 medici a 4. La situazione è talmente critica che, al momento, il presidio di Fano riesce a garantire il servizio di assistenza medica solo nel fine settimana, mentre Mondolfo è chiuso; persino la postazione di Pesaro continuerà ad essere attiva solo nei giorni prefestivi e festivi, mentre per il resto della settimana l'unica postazione di continuità assistenziale dell'area vasta 1 sarà quella di Urbino;

   la conseguenza inevitabile sarà l'aumento di richieste di intervento alla rete di emergenza non appropriate, o comunque evitabili, e l'aumento degli accessi impropri ai pronto soccorso, già in difficoltà a causa della carenza di personale, in particolare a Pesaro;

   il servizio di continuità assistenziale nella guardia medica rappresenta un incarico poco ambito per gli svantaggi rispetto ad altre alternative di medicina territoriale: turni notturni, rischi per l'incolumità personale, rischi professionali, trattamenti economici non adeguati;

   attualmente è assegnato alla guardia medica nel territorio pesarese soltanto il 20 per cento circa dei medici che sarebbero necessari per garantire il servizio in base alla popolazione;

   durante l'emergenza pandemica medici che potenzialmente avevano una condizione professionale compatibile con il servizio di guardia medica hanno scelto altri incarichi come le Usca o la campagna di vaccinazione anti Covid-19, che hanno orari migliori e un trattamento economico nettamente più alto;

   si registra la disponibilità da parte di alcuni medici di medicina generale a coprire turni di guardia medica, ma il loro impiego attualmente non è possibile a causa delle incompatibilità. Infatti, la legge 30 dicembre 1991, n. 412, all'articolo 4 (assistenza sanitaria), comma 7, disciplina le situazioni di incompatibilità prevedendo che: «con il Servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. Il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale è altresì incompatibile con l'esercizio di altre attività o con la titolarità o con la compartecipazione delle quote di imprese che possono configurare conflitto di interessi con lo stesso»;

   per ritornare a livelli adeguati di servizi di guardia medica non si può aspettare l'entrata a regime della riorganizzazione dei servizi di assistenza territoriale in corso di definizione a livello nazionale, come previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

   è necessario e urgente ripristinare il prima possibile un livello adeguato del servizio di continuità assistenziale, per garantire ai cittadini del territorio pesarese il diritto alla salute sancito dalla Costituzione –:

   se il Governo sia a conoscenza del grave problema che sta vivendo la provincia di Pesaro, problema che comunque riguarda tutto il territorio nazionale, e quali iniziative di competenza intenda adottare per risolvere la situazione.
(4-12028)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   DE LORENZO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Logista Italia S.p.a., che è tra le imprese leader del confezionamento e distribuzione dei prodotti del tabacco ed operante nel mercato protetto dai Monopoli di Stato, ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Maddaloni in provincia di Caserta per il 20 ottobre 2022, delocalizzando le attività presso la struttura di Anagni, in provincia di Frosinone;

   per i 108 lavoratori, di cui 24 sono dipendenti diretti di Logista e 84 dipendenti di «GLD», azienda cui è stata affidata in appalto la logistica interna nell'impianto campano, si prospetta una drammatica incertezza lavorativa;

   i sindacati, in una nota firmata da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, hanno già annunciato per il 21 febbraio 2022 uno sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori di tutti i siti produttivi di Logista ed altre iniziative di mobilitazione pubblica contro questa inaspettata decisione perché non cagionata da alcuna contrazione di mercato, né di volumi produttivi e nemmeno di perdite finanziarie di bilancio della Società;

   a parere dell'interrogante, in una fase socio-economica particolarmente delicata e caratterizzata ancora dalla crisi pandemica, per un'impresa multinazionale, che operi in un rapporto strategico con il monopolio statale e che non manifesti alcuna significativa crisi aziendale, ma con utili cresciuti in maniera esponenziale negli ultimi anni, è doveroso mantenere in attività i quattro siti produttivi collocati in Italia e porre in essere tutte le iniziative necessarie per conservare gli attuali livelli occupazionali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di un piano industriale di Logista Italia o comunque intenda adoperarsi presso la stessa, anche in relazione al rapporto strategico con il monopolio statale, idoneo a salvaguardare i livelli occupazionali di tutti i siti e supportato da adeguati investimenti per consolidare i volumi produttivi e quali iniziative di competenza intenda adottare, con la massima urgenza, per scongiurare le gravi conseguenze sociali che l'eventuale chiusura dello stabilimento di Maddaloni produrrebbe per un territorio già drammaticamente penalizzato dalla mancanza di opportunità lavorative.
(3-02945)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCIANO CANTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è attualmente all'esame della 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato, l'Atto Senato n. 2469, il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021;

   dalla relazione illustrativa al disegno di legge citato emerge che le aree di intervento siano state individuate senza il coinvolgimento preventivo delle associazioni dei consumatori iscritte nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo n. 206 del 2005, codice del consumo;

   la legge n. 31 del 2019 ha modificato il decreto legislativo n. 206 del 2005 e introdotto gli articoli 840-bis e 840-sexiesdecies del codice di procedura civile, attribuendo la legittimazione ad agire per la proposizione delle azioni di classe e delle azioni inibitorie collettive alle sole organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia: «ferma la legittimazione di ciascun componente della classe, possono proporre l'azione di cui al presente articolo esclusivamente le organizzazioni e le associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia»;

   il testo del decreto che istituisce tale elenco non risulta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;

   la mancata attuazione della citata legge n. 31 del 2019 impedisce agli enti del terzo settore, ed in particolare alle associazioni dei consumatori riconosciute come rappresentative a livello nazionale, ai sensi del citato articolo 137, di agire a tutela degli interessi collettivi rappresentati con le azioni di classe ed inibitorie;

   l'Italia, inoltre, è chiamata a recepire entro il 25 dicembre 2022 la direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2020 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE;

   al considerando 8 della citata direttiva (UE) 2020/1828 si legge che «La presente direttiva mira a contribuire al funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori consentendo a enti legittimati che rappresentano gli interessi collettivi dei consumatori di proporre azioni rappresentative per provvedimenti inibitori e provvedimenti risarcitori nei confronti di professionisti che violano le disposizioni del diritto dell'Unione. Tali enti legittimati dovrebbero poter chiedere la cessazione o il divieto di tale comportamento illecito e chiedere risarcimenti, a seconda di quanto opportuno e previsto dal diritto dell'Unione o dal diritto nazionale, per esempio sotto forma di indennizzo, riparazione o riduzione del prezzo»;

   al considerando 24, poi, si afferma che «Le organizzazioni dei consumatori, in particolare dovrebbero svolgere un ruolo attivo nell'assicurare che le pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione siano rispettate. Esse dovrebbero essere considerate nella posizione ideale per richiedere lo status di ente legittimato conformemente al diritto nazionale»;

   il 16 dicembre 2021 la Camera dei deputati ha approvato, in prima lettura, il disegno di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2021» (Atto Camera: 3208) che contiene, inter alia, la delega per il recepimento della citata direttiva (UE) 2020/1828 ed attualmente il disegno di legge è all'esame della 14a Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea) Atto Senato 2481 –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale ritardo nell'emanazione degli atti necessari al fine di rendere effettiva la tutela dei diritti individuali omogenei attraverso l'azione di classe;

   quali iniziative di competenza si intendano avviare al fine ottemperare al citato dettato normativo.
(4-12025)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Incerti e altri n. 1-00642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 maggio 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Casu, Pizzetti, Zardini, Ciampi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza D'Uva n. 2-01103 del 17 febbraio 2021;

   interrogazione a risposta in Commissione Fregolent n. 5-07948 del 26 aprile 2022.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Gemmato n. 5-05326 del 26 gennaio 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02943;

   interrogazione a risposta scritta Mandelli n. 4-08347 del 23 febbraio 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02946;

   interrogazione a risposta scritta De Lorenzo n. 4-11382 del 16 febbraio 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-02945;

   interrogazione a risposta in Commissione Luciano Cantone n. 5-07687 del 10 marzo 2022 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12025;

   interrogazione a risposta in Commissione Colletti n. 5-07811 del 30 marzo 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-02944;

   interrogazione a risposta scritta Maggioni e altri n. 4-12006 del 5 maggio 2022 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08047.